ANNO V -N. 8-9 AGOSTO-SETTEMBRE 1952 RASSEGNA MENSILE DELL'AVVOCATURA DELLO STATO PUBBLICAZIONE DI SERVIZIO SOMMARIO I. ARTICOLI ORIGINALI La finanza straordinaria, dell'avv. G. BELLI, pag. 125-131. II. NOTE DI DOTTRINA I) R. O. KHALFINA: Atto amministrativo e contratto di diritto civile, traduzione e recensione critica di A. Salvatori, pag. 132-134. 2) MEUCCIO RUINI; La controfirma ministeriale degli atti del Capo dello Stato, recensione critica di C. Carbone, pag. 134-135. III. RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA I) Cassazione -Difetto di giurisdizione-Irregolare composizione del Collegio giudicante -Consiglio di Stato -Adunanza plenaria -Numero dei componenti. (Corte di Cassazione), pag. 136-141 2) Competenza e giurisdizione -Impiego pubblico -Impiegati del Poligrafico dello Stato -Controversie del .lavoro -Competenza del Magistrato ordinario (Corte di Cassazione), pag. 141-142. 3) Competenza e giurisdizione -Regolamento di giurisdizione -Procedimento dinanzi a giudice speciale (Corte di Cassazione), pag. 142-143. 4) Contabilit dello Stato -Deroga delle norme del Codice civile -Valore della norma -Pagamenti dello Stato -Decorrenza degli interessi (Corte di Cassazione), pag. 143-144. 5) Demanio -Beni patrimonialiindisponibili-Macchinari officine militariPossei: jso di pezzi smontati -Acquisto della propriet (Corte di Cassazione),, pag. 144. 6) Ferrovie -Responsabilit civile -Passaggio a livello -Custodia-D iscrezionalit della Amministrazione ferroviaria (Corte di Cassazione), pag. 144-145. 7) Responsabilit della Pubblica Amministrazione -Azione dolosa del funzionario -Irriferibilit -Esclusione della responsabilit indiretta (Crte di Cassazione), pag. 145. 8) Sequestro penale -Art. 624 C. P. P. -Restituzione di cose sequestrate -Contestazione sulla propriet -Corn,petenza del giudice civile (Corte di Cassazione), pag. 145-147. IV. ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI 1) Contabilit generale dello Stato -Contratti dello Stato -Cessione di credito prima del collaudo -Inefficacia (Tribunale di Roma), pag. 148. 2) Imposte e tasse -Ente Metano -Contributo per l'uso delle bombole (Tribunale di Roma), pag. 148. 3) Monopoli -Vendita di sigarette adulterate -Azione contrattuale per risarcimento danni proposta dall'acquirente contro l'Amministrazione (Pretura di Firenze, pag. 148-149. V. RASSEGNA DI LEGISLAZIONE, pag. 150. VI. INDICE SISTEMATICO DELLE CONSULTAZIONI, pag. 151-154. ANNO V -N. 8-9 AGOSTOSETTEMBRE 1952 RASSEGNA MENSILE DELL'AVVOCATURA DELLO STATO PUBBLICAZIONE DI SERVIZIO LA FINANZA STRAORDINARIA (RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA) SOMMARIO. -a) L'imposta sui maggiori ut1'.li di guerra: 1) Generalit; 2) Reddito ordinario d extra profitto; 3) La responsabilit solidale degli amministratori e liquidatori. -b) L'imposta sugli utili di contingenza: 1) Generalit; 2) L'avocazione dei profitti derivanti da improvvisato affarismo; 3) Gli illeciti costituenti reato; 4) La rivalutazione delle merci; 5) I poteri della CommisRione centrale delle imposte; 6) Il sequestro cautelare; 7) Effetti della mancata trascrizione dell'avviso di accertamento. a) L'imposta sui maggiori utili di guerra 1) Generalit. -I/influenza della guerra, sui fenomeni economici generalmente stata studiata dagli economisti e dai cultori di scienze delle Finanze. Se la guerra distruttrice di ricchezze, causa di miserie e sofferenze per il maggior numero dei cittadini, provoca ugualmente un aumento considerevole di alcuni redditi in conseguenza non soltanto della rarefazione di alcuni prodotti, ma altres del fatto che lo Stato, per le stesse esigenze belliche, diventa il maggior cliente: le commesse dello Stato per i bisogni dell'esercito e della popolazione civile turbano profondamente il mercato, determinando il verifi.carsi di sopraprofi. tti ed extraprofi,tti a favore di almeno una parte del ceto industriale e commerciale. L'imposta sui maggiori utili di guerra risponde non soltanto ad una necessit tributaria, di assicurare allo Stato una maggiore entrata in relazione all'aumento delle spese pubbliche determinato dalla guerra, ma soprattutto ad una esigenza di giustizia sociale: cercare di limitare i guadagni, molte volte eccezionali, di coloro che proprio per effetto delle contingenze belliche hanno avuto notevolmente accresciuto il proprio reddito. Durante la prima guerra mondiale fra i tributi straordinari, introdotti per fronteggiare la imperiosa necessit degli ingenti oneri fi,nanziari della guerra, fu l'imposta straordinaria sui profi,tti di guerra (disciplinata da ultimo dalle norme convenute nel T. U., all. A, approvato con R. D. 9 giugno 1948, n. 857), e nelle precedenti Relazioni per gli anni 1912-1925 (p. 188-192) e 1926-1929 (pagine 204-208) si ,~ riferito circa le pi importanti controversie giudiziarie, cui aveva dato luogo tale imposta. In occasione della pi recente guerra si provvide subito alla istituzione di una imposta sui maggiori utili di guerra: la legge istitutiva del 10 luglio 1940, n. 813, alla quale fecero seguito vari provvedimenti legislativi, che hanno apportato notevoli modifi.cazioni alla legge fondamentale. Con R. D. 3 giugno 1943, n. 598, fu approvato poi un testo unico, al quale successivamente vennero apportate modifi.cazioni, quali notevoli quelle convenute nel D. L. L. 10 agosto 1944, n. 199, nel R. D. L. 27 maggio 1946, n. 436~ nei DD. LL. C. p. S. 23 agosto 1946, n. 145,~22 dicembre 1946, n. 626, 2 luglio 1917, n. 685 e nella legge 23 dicembre 1948, n. 1451. Oggetto dell'imposta sono gli utili prodotti da nazionali o stranieri dal 1 gennaio 1939"'a tutto il 1945 nell'esercizio di attivit industriali o commerciaJi (cio quelli classifi.ca,ti in categoria B ai fi.ni dell'imposta di ricchezza mobile, compresi, dal 10 gennaio 1941, quelli derivanti da affittanza agraria) o in affari derivanti dall'esercizio di attivit, intermediarie, per la parte eccedente il reddito ordinario. Con l'art. 14 del R. D. L. 27 maggio 1946, n. 436 stata poi estesa l'applicazione della imposta ai redditi provenienti da intermediazione in affari civili, con disposizione di evidente carattere interpretativo, avente, quindi, efficacia retroattiva. Per vero si cercato di contestare il carattere interpretativo di tale norma; ma alla contraria tesi del contribuente si opposto che esso risultava: a) dalla Relazione ministeriale che esplicitamente chiariva che la norma era stata resa necessaria da talune interpretazioni restrittive date alla locuzione attivit intermediaria contenuta nell'art. 1 del T. U., s che era divenuta necessaria << una interpretazione autentica ; b) dalla logica delle cose, perch, ove avesse disposto solo per l'avvenire, la disposizione sarebbe stata assolutamente inutile, posto che l'imposta de qua cessava di avere applicazione dal 1 gennaio 1946 (art. 17), cio da data precedente alla emanazione del R. D. L. in esame. E il Tribunale di Firenze queste argomentazioni accolse e fece proprie con la sentenza 28 dicembrf' 1950 in causa Fremura c. Finanze (in Mon. Trib., 1951, 243, D. 448). L'imposta ha carattere territoriale, co.me si evince dalla espressione nel regno ii i redditi dei -nazionali prodotti all'estero in tanto sono assoggettati al tributo straordinario in quanto gi considerati ai fi.ni dell'imposta di R. M. come soggetti a tale tributo. L'imposta colpisce il maggior reddito che con presunzione assoluta si ritiene de g; g; -126 terminato dalla guerra; occorre quindi stabilire il reddito ordinario, dato che gli utili soggetti alla imposta straordinaria sono quelli prodotti per ciascun anno per la parte eccedente il reddito ordinario. La legge ha dettagliatamente stabiliti i criteri per la determinazione del reddito ordinario, f.ssando criteri diversi -sui quali non il caso di diffondersi -per le societ ed altri contribuenti, e stabilendo norme particolari per i contratti di appalto, soggetti a tassazione una tantum. 2) Reddito ordinario ed extraprofitto. -La pi notevole differenza fra l'imposta in esame e quella analoga istituita nel corso della guerra 1915-1918, sta in ci: che mentre questa ultima considerava, con presunzione f.no a prova contraria, extraprof. tti di guerra quelli verificatisi per aumenti di produzione o di commercio o per aumenti di prezzo, la legge del 1940 ha stabilito un criterio automatico: accertato cio un reddito maggiore di quello ordinario, stabilito per ciascuna categoria di contribuenti a termine dei criteri fissati dal legislatore, la differenza tra i due redditi, qualunque sia la causa dell'aumento del reddito, costituisce extraprofi, tto, assoggettabile all'imposta, salvo le detrazioni della legge stessa prevista. La relazione che ha accompagnato alla Camera dei deputati il progetto di legge assai esplicita: <>. Con la stessa sentenza la Corte ha anche deciso che l'art. 16 del D. L. 27 maggio 1946, n. 436, il quale commina per gli amministratori, liquidatori, ecc. una responsabilit pi grave di. quella stabilita nell'art. 22 del T. U. 3 giugno 1943, n. 598, ha carattere innovativo e non interpretativo. b) L'imposta sugli utili di contingenza 1) Generalit. -La situazione della Nazione durante la guerra, ed in particolare le vicende successive all'armistizio con la crisi dei pubblici poteri, e l'occupazione alleata, determinarono un rapido processo di inflazione ed una rarefazione delle merci sui mercati; fu questo il terreno pi adatto per il sorgere di attivit speculative, pi o meno illecite, cui seguirono dei rapidi ed ingiusti -128 ficati arricchimenti a favore di eoloro che approfittastraordinaria sui profitti di guerra, la cui applicarono della congiuntura economica: all'impoverimenzione limitata dal reddito eccPdente quello ordito ed al disagio di gran parte della popolazione nario sottratto anche all'avocazione stabilita con faceva riscontro l'arricchimento degli speculatori. Mentre l'imposta sui maggiori utili di guerra colpiva gli extra profitti derivanti da attivit normali (nell'esercizio di attivit industriali e commerciali), l'attivit speculativa presa in considerazione dal legislatore per l'imposta straordinaria, di cui in seguito si indicheranno le fonti legislative, mir a colpire quanti, con la loro attivit economica, avevano in modo particolare approfittato della situazione contingente, realizzando cospicui guadagni. Il D. L. L. 10 agosto 1944, n. 199, dichiar soggetti alla imposta sui profitti di guerra le attivit di scambio e di intermediazione in deroga alle disposizioni concernenti il conferimento obbligatorio o il blocco delle merci oppure la limitazione dei prezzi n (art. 8); ma la norma suddetta rivel ben presto la sua insufficienza in relazione al macroscopico fenomeno della speculazione pi o meno illecita: ragioni non soltanto di ordine fiscale, volte cio a dare allo Stato i mezzi per risanare il bilancio sconvolto dalla guerra e per venire entro certi limiti incontro alle sofferenze di coloro che maggiormente avevano sofferto, ma soprattutto profonde esigenze sociali e morali imponevano che venissero avocate allo Stato le ricchezze accumulate da limitate categorie, approfittando limitazione o disciplina dei prezzi, giacenti presso importatori, assegnatari, grossisti e distributori, a seguito di concessione di aumento dei prezzi. La stessa norma si applica in confronto dei produttori, limitatamente ai quantitativi che eccedono la consistenza necessaria per assicurare il normale andamento del ciclo produttivo; cc e) della realizzazione, a prezzo di libero mercato, delle merci, dei prodotti e dei materiali di propriet od interesse statale, provenienti anche da requisizioni o da raccolta, ceduti a prezzo bloccato e non utilizzati per le forniture e per gii scopi, in genere, cui erano destinati; nonch daUa realizzazione, a prezzo di libero mercato delle merci, prodotti e materiali ceduti cou determinazione 3 ottobre 1943, n. 752, del Commissario alla produzione bellica; cc d) della libera vendita delle merci soggette a regime vincolistico dei prezzi, in seguito a ces sazione del regime stesso, limitatamente ai quan titativi in giacenza al momento di tale cessazione. Sono altres avocati allo Stato i profitti ecce zionali di contingenza, che, pur non rientrando nei casi previsti nel comma precedente, prendano origine da ogni attivit diretta a trarre particolare vantaggio dai bisogni e dalle privazioni determi nate dalla guerra e dagli eventi con la medesima connessi, o siano il frutto di un improvvisato affa rismo, sorto in relazione agli eventi suddetti n. Come rilev la Commissione centrale delle imposte nella decisione 29 marzo 1949 (in Foro It., 1949, III, 188) cc la legge fa quattro distinte ipotesi con gravit via via degradante; la prima si riferisce ai profitti derivanti dall'esercizio di qualsiasi attivit in contrasto con le disposizioni concernenti il conferimento obbligatorio e il blocco delle merci e delle derrate, e la limitazidne dei prezzi; per essa evidente il concorso di un illecito, con carattere addirittura penale. La seconda concerne i profitti che derivano da ogni attivit diretta a trarre particolare vantaggio dai bisogni e-dalle privazioni determinate dalla guerra e dagli eventi con la medesima connessi, dove l'illecito soltanto di carattere morale. La 'terza riguarda i profitti che sono il frutto di un improvvisato affarismo sorto in relazione agli eventi connessi con la guerra -129 nella quale pu o non ricorrere l'elemento dell'illecito, essendo sufficiente che il reddito sia il pro. dotto di quella speciale forma di speculazione che la legge denomina improvvisato affarismo. La quarta, in:fi,ne, di cui alle lettere b), c) e d) dell'art. 1 della legge, riguarda i profitti derivanti dalla rivalutazione delle merci per effetto della cessazione della limitazione e disciplina dei prezzi, nella quale ogni carattere d'illiceit escluso >>. 2) L'amocazione dei profitti derivanti da improvvisato affarismo. -Particolare attenzione fra le ipotesi considerare dal legislatore merita quella dei profitti prodotti da quella attivit che il legislatore ha definito <(improvvisato affarismo; e le Commissioni tributarie -non si sono avute sinora cause decise dall'autorit giudiziaria hanno dovuto pi volte provvedere a fissare della nozione di improvvisato affarismo. AI riguardo va segnalata, per la precisione assoluta dei concetti, la decisione della Commissione centrale riportata al numero precedente; la quale, sul punto in esame, cos motivata: ((Venendo dopo ci all'esame particolare del- l'ipotesi che interessa, e pi propriamente al quesito che concerne il significato e la portata del- l'espressione di "improvvisato affarismo sorto in relazione agli eventi connessi con la guerra " non pare debba esservi difficolt ad individuare gli estremi atti a configurarlo. Escluso sotto un aspetto generale, che per la ricorrenza in genere di un profitto di contingenza l'attivit che lo produce debba essere necessariamente illecita, non sembra dubbio doversi egualmente escludere che il termine stesso di affarismo come pur si sostiene racchiuda un carattere di illiceit. Infatti, per affarismo, devesi intendere, secondo la comune eccezione, niente altro che ogni speculazione in genere, la quale si attua, bens senza discriminazione di mezzi leciti o illeciti, ma non con concorso necessario di una attivit disonesta. L'affarista non altri che la persona di affari che affannosamente va alla. ricerca di ogni genere di speculazione, che di questa vive e fa la sua professione: persona per lo pi scaltra e senza scrupoli, che non va tanto per il sottile, ma non sempre necessariamente un disonesto. Ed in questo senso, e non diversamente, che il termine stato adoperato dal legislatore, nulla autorizzando a ritenere che si sia voluto circoscriverlo agli affari illeciti essendo questo concetto estraneo, come si visto, alla ratio legis. (( Quello che invece delimita in termini precisi. questa forma speciale di speculazione l'aggettivo che accompagna il termine ((l'improvvisato affarismo espressione che, con le parole che seguono sorto in relazione agli eventi connessi con la guerra l> scolpisce con sufficiente chiarezza il significato della norma; deve cio trattarsi di una attivit che non soltanto non sia stata per l'innanzi esercitata, anche se egualmente aggiunta ad altra preesistente, ma che sia stata iniziata non per farne oggetto di una professione abituale, sebbene con l'unica finalit di trarre profitto dalla congiuntura bellica; per cui non varrebbe a completarla, difetto questo spiccato carattere dello sfruttamento di circostanze transitorie, giacch diversamente sarebbe Io stesso che frapporre ingiustifi,cati ostacoli al libero sviluppo di ogni proficua ed utile iniziativa per un lungo periodo. ((In altri termini, perch si abbia improvvisato affarismo necessario e sufficiente che si tratti di un esercizio sorto per lo sfruttamento della congiuntura, e destinato normalmente a cessare col finire di questa e che appunto perci ha tutti i caratteri dell'improvvisazione, sia per quanto attiene alla competenza tecnica sia alla adeguatezza dei mezzi e dell'organizzazione . E a questi concetti, che rispecchiano quelli che gi si era avuto occasione di formulare in sede consultiva, l'Avvocatura presta piena adesione. Si veda anche in questa Rassegna (1950, pagina 199) la critica ad un'altra decisione della Commissione centrale che devia dai princip1 sopra esposti. 3) Gli illeciti costituenti reato. -Nella Relazione 1926-1929 (pag. 205), si era riferito del tentativo fatto, senza fortuna, da alcuni contribuenti, i quali sostenevano non essere applicabile l'imposta straordinaria sui profitti di guerra quando il profitto fosse derivato da una attivit dalla legge vietata o considerata penalmente illecita. Uguale tentativo stato fatto ora in relazione alla imposta di che trattasi. A carico di Pettinella Antonio l'Ufficio delle imposte di Popoli procedette all'accertamento di utili di contingenza ricavati dal commercio clandestino dei tabacchi. Dopo avere adito, senza fortuna, le Oommis sioni tributarie il contribuente fece ricorso alla autorit giudiziaria sostenendo la illegittimit dell'accertamento, in quanto la })l'etesa attivit relativa al commercio dei tabacchi costituente contrabbando avrebbe potuto formare oggetto di denuneia in sede penale e di confisca del provento del reato, da disporsi esclusivamente dal giudice penale, ma non mai materia di accertamento tributario. L'Avvocatura, richiamatasi anche alla precedente giurisprudenza, non manc di fare presente che la questione era legislativamente risolta dalla disposizione dell'art. 1, secondo comma, della legge 23 dicembre 1948, n. 1451, che stabilisce: (( Nel caso in cui i profitti eccezionali di contingenza traggono origine da attivit od operazioni implicanti comunque violazioni di legge o di regolamenti, essi, indipendentemente daJI'eventuale esercizio dell'azione penale, sono soggetti ad avocazione >l. N appariva fondata la tesi del contribuente, volta a sostenere che le disposizioni avessero carattere innovativo, e come tale non applicabile agli accertamenti gi eseguiti, trattandosi di norma evidentemente interpretativa, applicabile anche agli accertamenti in corso; tanto piu che dallo stesso art. 1 a) del citato decreto n. 330 del 1947 risultava chiaramente che le ipotesi in esse previste per attivit in contrasto con le disposizioni concernenti il conferimento obbligatorio e la semplice coincidenza di una attivit intrapresa il blocco delle merci e derrate, facevano riferimento ! ==::ve:.~=::!TI~.c~t:~:: ,i~ecit~~a!e. _J -130 E alla tesi dell'Avvocatura fece adesione, con sentenza 23 agosto 1950, il Tribunale dell'Aquila, che rigett la domanda del Pettinella, ritenendo che gli utili derivanti dal commercio clandestino dei tabacchi fossero avocabili come profitti di contingenza, inqipendcntementc> clall'osercizio della azione penale. 4) La rivalutazione delle merci. -Il Tl'ibunale di Torino, con sentenza 3 maggio 1950, Ministero Tesoro c. Beltramino ed altri (in Rasb. Avv. Stato, 1950, 158) ha avuto occasione di precisare la differenza fra l'avocazione dei profitti derivanti dalla rivalutazione delle merci (art. 1 D. L. C. p. S. 27 aprile 1947, n. 330), e il recupero delle differenze di prezzo sulle giacenze di cereali e derivati, disposto con il D. L. L. 22 febbraio 1945, n. 38. Si pretendeva, infatti, dalle controparti di ottenere la detrazione del 20 % inerente ai profitti di speculazione, ma la tesi era affatto insostenibile, assolutamente diversi essendo i presupposti delle due disposizioni: quelle del 1945, tendevano ad alleggerire l'onere del prezzo politico del pane e della pasta, gravante sull'Erario, dal che derivava il carattere meramente patrimoniale del disposto recupero; quella del 1947, invece, venendo ad incidere, in forza di una imposizione straordinaria, sulla capacit contributiva di coloro che per avventura si erano venuti a trovare in particolari situazioni. E il Tribunale, con la sentenza surriferita, non manc di accogliere le ragioni prospettate dall'Avvocatura. 5) I poteri della Commissione centrale delle iJnposte. -Vart. 21 del D. R. L. 27 maggio J946, n. 436, attribuisce, in materia di utili di contingenza, alla Commissione centrale competenza anehe per il merito, ammettendo il ricorso del contribuente quando l'utile accertato dalla Commissione provinciale supera il doppio del reddito dichiarato, e quello dell'Ufficio nei e.asi in c>ui ilreddito determinato dalla Commissione surldettfL &ia inferiore alla met di quello accertato dall'Ufficio st,esso. U11a import.ante vertenza, nella quale la, deci sione della Commissione centrale venne impu gnata con ricorso alle Sezioni unite della, Corte Suprema dal contribuente ha dato modo alla Cas sazione di precisare i poteri della Commissione centrale nei giudizi di merito. Nel 1943, quando l'Italia meridionale venne occupata dagli alleati, ebbe a verifi,carsi una grande scarsezza di bevande alcooliche, dovuta sia all'au mentato consumo che alla separazione dall'Italia settentrionale, dove esistevano la maggior parte delle distillerie. Fra le improvvisate distillerie sorse in Napoli quella gestita da tal Raccuglia, che da medico si trasform in fabbricante di liquori. L'Ufficio delle imposte di Napoli, in base ai dati forniti dall'Ufficio imposte di fabbricazione, no tific, a termine dell'art. 18 del R. D. L. 27 mag gio 1946, n. 436, due accertamenti per utili di speculazione per gli anni 1944 e 1945. Il contribuente ricorse alla Commissione distrettuale sostenendo non sussistere gli estremi per la avocazione, in quanto il caso, secondo la sua tesi, non rientrava nell'improvvisato affarismo previsto dall'art. 18 avendo egli ottenuto nel 1940 una licenza, peraltro non sfruttata, per la fabbricazione di un certo liquore di sua invenzione, il Marlovo. La Commissione dis1rettuale accolse la tesi dell'Ufficio, ritenendo che la circostanza che l'attivit, fosse stata iniziata soltanto alla fine del 1943, tmsformandosi improvvisamente il contribuente da medico in produttore di liquori, solo i)erch i liquori andavano a ruba, costituiva proprio una ipotesi caratteristica di attivit speculatrice diretta a trarre profi.tto dalla contingenza economica; conferm pertanto l'accertamento dell'Ufficio, riducendone soltanto l'ammontare. La tesi del contribuente venne invece accolta dalla Commissione provinciale; ma, su ricorso dell'Ufficio, la .Commissione centrale, riconoscendo trattarsi di improvvisato affarismo, procedette all'accertamento dei profitti per gli anni 1944 e 1945. Avverso la decisione, il Raccuglia propose ricorso alle Sezioni unite per preteso difetto di giurisdizione della Commissione centrale; sotto il profilo che, avendo la Commissione. Provinciale esclusa la avocabilit dei profitti, non fosse proponibile il ricorso, non ricorrendo le ipotesi tassativamente previste dal secondo comma del citato art. 21. Non fu difficile all'Avvocatura osservare che, se la Commissione centrale ha il potere di deci dere nel merito quanto la provinciale, abbia ri dotto oltre una certa percentuale l'accertamento, a maggior ragione tale potere essa ha quando la provinciale abbia del tutto escluso l'esistenza di un reddito avocabile. E ci perch il ricorso in merito dato in relazione ad una grave sperequa zione fra redditi dichiarati, o accertati, e redditi riconosciuti, dalle Commissioni. E tale tesi fu ac colta dalla Corte Suprema (29 luglio 1950, in Foro It., 1951, I, 585). 6) Il sequestro cautelare. -L'art. 19 del 2 aprile approvato con R. D. 3 giugno 1943, n. 598, appli cabile ai profi,tti di contingenza a termini dell'ar ticolo 3 del D. L. C. p. S. 2 luglio 1947, n. 683, d facolt all'Intendente di finanza, qualora ab bia motivo di ritenere che il contri]?uente possa sottrarsi al pagamento dell'imposta, di domandare all'autorit giudiziaria il sequestro conservativo su tutte le somme ed i beni mobili e immobili di pertinenza del contribuente. Una controversia di particolare rilievo si svolta, in proposito, avanti al Tribunale di Milano e ha dato occasione di precisare i poteri dell'autorit giudiziaria circa i sequestri conservativi concessi a cautela dei crediti dello Stato per profitti di guerra ed utili di contingenza. In occasione di una causa svolta tra privati, l'Amministrazione delle finanze dello Stato venne a conoscenza di ingentissimi prontti di contingenza realizzati dall'industriale milanese Bnisactelli. L'Intendente di finanza richiese allora al Presi dente del Tribunale il sequestro, che fu concesso, dei beni mobili ed immobili del Brusadelli. Il Bru sadelli fece ricorso al presidente del Tribunale, e chiese in via :principale la :revoca del provvedi -131 mento di sequestro, contestando la esigenza dei presupposti per la concessione della misura cautelare; e subordinatamente la riduzione del sequestro, anche perch, a suo avviso, sugli utili che fossero stati accertati si sarebbe dovuta operare dal detrazione del 20 %. La difesa . della Finanza rilev che la domanda era giuridicamente infondata dato che per la sussistenza del fumus boni iuris, che autorizza la Finanza a chiedere il sequestro, sufficiente prova un accertamento in corso per l'imposta di contingenza; e che l'esame del magistrato sulla domanda deve limitarsi all'indagine sull'effettivo pericolo che il contribuente possa sottrarsi al pagamento dell'imposta e sulla esistenza di un accertamento in corso, ma non pu estendersi mai all'esame sulla esistenza o meno dei presupposti di imposta, come pretendeva il Brusadelli, perch su ci non competente il giudice ordinario, ma, dopo l'avviso di accertamento ed a seguito di ricorso del contribuente, soltanto la competente Oommissione tributaria. Faceva inoltre presente I'Avvocatura che la revoca del decreto di sequetro, emesso a garanzia dell'imposta di contingenza, non ammessa nel nostro sistema legislativo; l'art. 19, comma S0 , del T. U. approvato con R. D. 3 giugno 1933, n. 59S, dopo aver disposto che il decreto di sequestro non richiede un giudizio di convalida, aggiunge che il sequestro efficace finch sono attivati gli atti di esecuzione fiscale, sempre che segua la notifica dell'avviso di accertamento entro sessanta giorni dal decreto di sequestro. Si rilevava, altresi, che il principio, chiarissimo nella formula del citato art. 19, riceveva ulteriore conferma in base ad un esame comparativo dei DD. LL. LL. 27 luglio 1944, n. 159, e 26 marzo 1946, n. 134, entrambi relativi ai profitti di regime. Infatti mentre nel primo di tali decreti si conteneva un semplice richiamo alle disposizioni del 7 ed S0 comma dell'art. 19 del T. U. in esame, nel decreto successivo si chiari che il Presidente del Tribunale poteva disporre, <. Continuando nella sua critiea all'opinione con. traria sopra esposta il K. mette in rilievo come la necessit del contratto come presupposto indis:rensabile per la nascita della obbligazione di effettuare la fornitura di merci scaturisca da tutto il sistema di direzione dell'economia socialista e sia strettamente connessa con il mecanismo della c.d. contabilit economica (che una manifestazionP dell'autonomia contabile amministrativa delle sin.gole organizzazioni -n. d. t.). Infatti, questo sistema di direzione economica, e questo meccanismo di contabilit e di autonomia economico-amministrativa creano un.a serie di possibilit di azioni varie allo scopo di assicurare il compimento dei piani assegnati alle organizzazioni socialiste. Un.a di queste possibilit di azione costituita dal contratto tra le organizzazioni indicate nel piano. Ritenere che tutti gli obblighi di queste organizzazioni sorgano immediatamente dall'atto amministrativo, indipendentemente dal con.tratto, significa rinunziare a servirsi di questo che uno dei mezzi pi potenti per assicurare la perfetta esecuzione del piano. Ed infatti, mentre l'obbligo nascente dall'atto amministrativo di pianificazione vale solo nei confronti dell'autorit che ha emanato l'atto stesso, gli obblighi di diritto civile relativi alla fornitura da valere nei con.fronti delle organizzazioni che nell'atto amministrativo sono indicate come quelle alle quali la fornitura dev'essere fatta non possono fondarsi che sul con.tratto. invero nel contratto che dovranno essere sta biliti dettagliamente i termini di esecuzione della fornitura, la qualit delle merci da fornire, ecc-. tutti elementi questi che sono si contenuti nei vari atti del piano (piano generale, piani particolari per ogni branca della produzione, per regioni ecc.) ma non sono in questi atti stabiliti nei minuti particolari, ci che pu essere fatto solo nei con tratti con le singole organizzazioni. In questo modo il contratto diviene anche un mezzo per impedire la mancata o la imperfetta esecuzion.e del piano, ci che potrebbe avvenire se le modificazioni agli obblighi di fornitura potessero essere stabilite solo mediante atti amministrativi indipendente mente dai contratti. Data questa importanza del contratto, logico che sia stabilita una sanzione di diritto civile per la mancata o ritardata stipulazione di esso, sanzione consistente in una multa proporzionale al ritardo, da pagarsi dalla parte che in mora vero l'altra parte che pretende la stipulazione. In questi sensi ormai anche la giurisprudenza arbitrale. Ed infine, un'altra decisiva prova della impor tanza autonoma del contratto di fronte all'atto amministrativo di pianificazione si ha nella circo stanza che qualsiasi modificazione in questo atto amministrativo non si ripercuote immediatamente sull'obbligazione di fornitura disciplinata e rego lata dal contratto, ma solo obbliga le parti con traenti a stipulare un nuovo contratto per la modifi cazione del contratto precedente. 2 f::::: 7= ;;,, & dii& ;;m &L j li& il &174 M"I B DIEl; &i !BFWWW wg i& -134 .Abbiamo ritenuto ohe un'ampia recensione dello studio del Khalfina fosse interessante per due motivi: 1) per aggiornare i nostri lettori sugli sviluppi della scienza giuridica in un paese la oui organizzazione politico-eoonomioa completamente diversa dalla nostra; 2) peroh l'oggetto dell'articolo recensito concerne un campo del diritto del quale, specie in questi tempi, la nostra scienza giuspubblioistica si dovuta particolarmente occupare. Per quanto riguarda il punto primo, riteniamo opportuno precisare ohe la scienza giuridica sovietica ha avuto in questi ultimi anni un notevole sviluppo, dopo, cio, ohe oon la risoluzione del 5 ottobre 1946, il Oomitato centrale del partito comunista sovietico riconobbe la necessit e la importanza di allargare e migliorare la formazione di una scuola giuridica nel Paese. In questa risoluzione si riconobbe che allo sviluppo della nuova struttura economica statale non aveva fatto riscontro un corrispondente sviluppo nelle forme giuridiche adeguate al funzionamento della struttura stessa e si invitavano gli studiosi di diritto a perfezionare la loro preparazione e le loro ricerche in questo campo. Da allora il numero degli articoli, dei libri, e degli studi pubblicati in materia giuridica sensibilmente cresciuto e tra essi un'importanza notevole rivestono quelli relativi ai rapporti tra diritto amministrat.ivo e diritto privato, intesi gli istituti dell'uno e dell'altro come mezzi coordinati per il pi perfetto compimento del piano economico statale. Per quanto riguarda il punto secondo, riteniamo ohe il sunto da noi fatto dell'articolo (nel quale abbiamo trascurato elementi di contorno, per limitarci al problema centrale da esso trattato) abbia sufficientemente chiarito la portata della questione esaminata dal Khalfina. In sostanza, si tratta di un problema attinente alle interferenze tra diritto pubblico e diritto privato, ohe si verificano oon sempre maggiore frequenza anche negli ordinamenti giuridici degli stati ohe hanno un'organizzazione politico-economica diversa. Ed invero, tutta la materia degli ammassi, dei contingentamenti, ecc., istituti questi ohe non sono pi propri della economia di guerra, d luogo ad una serie di manifestazioni di interferenza del diritto pubblico nel diritto privato ohe hanno determinato una necessaria modificazione degli schemi e dei paradigmi tradizionali. Non sembra, invero, ohe possa ormai continuare a sostenersi la tesi, riaffermata da ultimo energicamente dal MESSINEO (Dottrina generale del Contratto, Editore Giuffr, 1946, pag. 12 e passim) secondo la quale dove non esiste libert di con.trarre (distinta dalla libert cntrattuale che riguarda il contenuto del contratto) e manca la spontaneit dell'agire delle parti, esula la figura del contratto . Infatti, non pare ohe altri scrittori (vedi ad esempio il FERRARA Senior: Teoria dei contratti, pag. 30 e pag. 382) condividano la tesi suesposta, la quale, d'altronde, stata nettamente ripudiata dalla giurisprudenza della Oorte Suprema, laddove questa ha giudicato in materia di commercio di generi oontigentati. Si veda, per tutte la sentenza n. 755 del 31 marzo 1949, Mass. f!'oro It., 1949, 161) secondo la quale l'assegnazione fatta dal Ministero, mediante emissione di buoni o in altra forma, di quantitativi del prodotto d'acquistarsi dall'assegnatario presso la ditta detentrice della merce vincolata non incide sulla natura dei successivi rapporti trd l'assegnatario e la ditta, ohe continuano ad essere regolati dalle comuni norme di dii'itto privato attinenti al contratto di compravendita Pare perci che possa ritenersi che la tendenza dottrinale e giurisprudenziale che si va affermando sia quella di riconoscere nel contratto semplicemente uno strumento pratico 1egolato dal diritto che consente di raggiungere determinati fini posti da un particolare ordinamento politico-economico, strumento che serve, essenzialmente, a creare obbligazioni tra parti che si trovano in condizione di parit giuridica, le quali, senza il contratto, non sarebbero reciprocamente vincolate in alcun modo. Ora, se il contratto si intende in questi sensi non sembra dubitabile che esso si adatti, come figura generale anche ad un ordinamento giuridico che non riconosca la proprit privata, quando si 'l'Ogliano raggiungere quei fin~ indicati appunto vello studio del Kalfina. A. SATNATORI RUINI MEuccro : La controfirma ministeriale degli atti del Capo dello Stato. (Il] Foro Padano, 1952, IV, 17 segg.). L'art. 89 della Costituzione, per il quale nessun atto del Presidente della Repubblica valido se non controfirmato dai ministri proponenti che ne assumono la responsabilit, continua ad essere oggetto di esame da parte della dottrina nell'intento di stabilire il valore della controfirma ministeriale per taluni atti del Presidente della Repubblica i quali si presentano come manifestazione di un potere d'iniziativa di quest'organo costituzionale. Il problema -che di recente stato esaminato ampiamente dal LETTIERI (cc La controfirma degli atti del Presidente della Repubblica nell'attuale ordinamento costituzionale>>, Roma, 1951)ed stato oggetto di acute osservazioni da parte del VITTA , (cc Atti presidenziali e proposte ministeriali nella vigente Costituzione, in Rivista .Amministrativa, 1951, pag. 279 segg.) -si presenta assai delicato, investendo la posizione del Presidente della Repubblica nell'attuale ordinamento costituzionale, dato che la risoluzione di esso discende logicamente dalla estensione che si attribuisce al potere d'iniziativa che il Presidente della Repubblica ha per talune materie. Il Ruini si pone il problema del valore della controfirma ministeriale negli atti del Capo dello Stato al fine di accertare il grado di partecipazione del Ministro in quegli atti, problema ehe sostanzialmente involge l'esame dei rapporti fra il Presidente della Repubblica ed il Governo. Per risolvere questo problema l'autore prende le mosse dai lavori preparatori sull'art. 89, accennando ad alcuni interventi che si ebbero in seno all'Assemblea costituente da parte di autorevoli parlamentari e dai quali dato dedurre l'orienta l!M&H&&&&?W&:i! >m.t&L&i -135 mento politico manifestatosi nella formulazione della norma in esame. Passa poi all'esame dello sviluppo storico dell'istituto della controfirma degli atti del Capo dello Stato, osservando che, mentre in una prima fase della monarchia assoluta la controfirma ha solo lo scopo di registrare o attestare la decisione regia, in un secondo momento, caratterizzato dal sistema costituzionale inglese, cui si avvicinano nell'ottocento le monarchie parlamentari del continente e la repubblica francese, si ha un effettivo trasferimento di poteri del Capo dello Stato al Gabinetto e la controfirma adempie aUa funzione di fare assumere al Ministro controfirmante la responsabilit dell'atto. Esaminato l'art. 89 attraverso i lavori preparatori ed i suoi precedenti storici, prima di prendere delle conclusioni sulla natura della controfirma, passa in rassegna le varie funzioni del Presidente della Repubblica, ponendo in rilievo per ciascuna di esse il grado dell'intervento del Governo. Quest'indagine condotta con riguardo agli organi costituzionali nei cui confronti si svolge la funzione del Capo dello Stato, perch in tanto dato assumere i limiti dell'intervento del Governo nella formazione dell'atto del Capo dello Stato in quanto sia chiarita preventivamente la natura dei rapporti fra il Capo dello Stato e quegli orga,ni costituzionali. Relativamente all'atto di nomina del Presidente del Consiglio dei ministri, l'autore osserva che la controfirma dell'atto stesso, sia essa apposta da quello uscente o da quello subentrante (su questo problema egli non prende posizione), equivale, cc ad un controllo di costituzionali, nel senso che il controfirmante dovrebbe accertare che sono state osservate le procedure e le norme stabilite dalla Costituzione. Uguale valore giuridico attribuisce aUa controfirma apposta al messaggio che il Presidente della Repubblica invia alle .Assemblee parlamentari qualora chieda una nuova deliberazione RU una legge che gli sia pervenuta per la promulgazione, con l'avvertenza, tuttavia, che questi rapporti sono materia pi che di definizione giuridica, di prassi e di correttezza costituzionale . Per lo scioglimento delle .Assemblee parlamentari, ritiene che ci si trova di fronte ad un atto proprio del Capo dello Stato, senza escludere per che l'iniziativa e la proposta possa partire in particolnri situazioni dal Presidente del Consiglio, cos come avvenuto nel passato. Circa il potere del Presidente della Repubblica di nominare cinque senatori a vita (argomento questo che, assieme all'altro della nomina di cinque giudici della Corte costituzionale, ha dato luogo di recente ad ampi dibattiti in seno alle .Assemblee parlamentari), l'autore pensa che al Presidente del Consiglio controfirmante spetti un controllo sostanziale nella nomina. In senso diverso, invece, opina per la nomina dei cinque giudici della Corte costituzionale, considerando che alla nomina dei cinque del Presidente su proposta del Governo, si oppone l'esigenza di evitare gli eccessi della partitocrazia >> in un organismo fondamentalmente giurisdizionale. Sulla base delle considerazioni svolte nell'esatn delle varie funzioni del Presidente della Repubblica, conclude, quindi, che gli atti di quest'organo costituzionale, i quali devono essere sempre controfirmati, si possono distinguere nelle Seguenti categorie: a) atti predisposti e proposti dal Governo; b) atti propri del Capo dello Stato, l'iniziativa e la proposta dei. quali in alcuni casi pu partire e conviene che parta dal Governo; e) atti del Capo dello Stato alla cui emanazione occorre il consenso sostanziale del Presidente del Consiglio; d) atti che per la loro natura non possono essere subordinati al Governo, ma sui quali questo ha diritto di riscontrare la costituzionalit e la legittimit formale. .A complemento delle riserve fatte nella determinazione di queste categorie, aggiunge che, comunque, l'argomento non tale da potersi facilmente configurare e fissare in norme giuridiche scritte nel testo costituzionale , riferendosi esso a rapporti nei quali deve essere lasciato largo margine alla prassi ed al costume. Quest'ultima osservazione individua secondo noi i giusti limiti del problema. Le norme costituzionali in linea di massima sono caratterizzate da formule generiche e scheletriche onde non siano irrigiditi rapporti giuridici che hanno bisogno di svilupparsi con una certa elasticit per potersi adeguare alle mutevoli esigenze politiche. Ci ha luogo per l'art. 89, il quale statuisce un principio che s' affermato decisamente con il sorgere del sistema parlamentare, ma stato varia. mente inteso nei vari ordinamenti costituzionali che l'hanno accolto. La diversa estensione di quel principio, pi che per la diversit di formula legislativa che Io contemplava -formula che molte volte uguale -s' affermata in relazione aIIe direttive di particolari regimi politici ed al formarsi di regole consuetudinarie e di correttezza costituzionale ad integrazione di quel principio stesso. Per cui, per determinare il valore della controfirma ministeriale, per quegli atti del Capo deIIo Stato che si presentano come manifestazione di una iniziativa propria, non si pu procedere per schemi fissi, ma bisogna avere riguardo ai vari fattori di natura giuridica e metagiuridica (principi del regime politico, consuetudinario, regole di correttezza costituzionale, ecc.) che completano il principio deIIa controfirma da parte dei ministri con conseguente assunzione della responsabilit che Io rendono flessibile a particolari contingenze. La recente applicazione della costituzione non rende sempre possibile il ricorso a taluni di questi fattori in seno al nostro ordinamento costituzionale. .A ci si pu ov-Viare mediante un'indagine storico-comparativa, con l'avvertenza, secondo noi, che il principio il quale risulter da questa prima fase d'interpretazione si pu assumere come principio regolatore di quei rapporti solo se s'inquadri nel regime politico che caratterizza il nostro ordinamnto costituzionale. C. CARBONE ::f.ffi:::::::;filifumH:: ::f.ffi:::::::;filifumH:: RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA CASSAZIONE -Difetto di giurisdizione -Irregolare composizione del collegio giudicante -Consiglio di Stato -Adunanza plenaria -Numero dei componenti. (Corte di Cass., Sez. Unite, Sent. n. 3C08 dell'll ottobre 1952 -Pres. : Anichini, Est. : Lorizio, P.M. : Eula (concl. conf.) -Tesauro contro Mortati ed altri). La pronuncia emessa dall'organo giurisdizionale (nella specie: adunanza plenaria del Consiglio di Stato) irregolarmente costituito per numero e qualit, considerata quale atto a s e sotto l'aspetto della sua rilevanza per il diritto inesistente-con . . ' s1derata mvece con riguardo alla potest dell'organo irregolare che emise la pronuncia affetta del vizio di assoluto difetto di -giurisdizione. La composizione numerica dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato sta,bilita dall'art.. 37 del T. T. delle leggi sul Consiglio di Stato, approvato con R.D. 17 agosto 1907, n. 638, venne modificata dal D.L. 5 maggio 1948, n. 642 con lo stabilire la partecipazione della VI Sezione all'Adunanza stessa, aumentandosi cosi da nove a tredici il numero dei componenti. Riportiamo integralmente la motivazione della sentenza: <>; e nell'attribuire alla stessa adunanza plenaria la potest di regolare la competenza in caso di conflitti fra le due sezioni, stabil che, a tale effetto, fossero, al principio di ogni anno, designati con decreto reale il presidente e quattro consiglieri per ciascuna sezione giurisdizionale, che dovevano costituire lAdunanza plenaria. E l'art. 70 del Regolamento di procedura 17 a,gosto 1907, n. 642, dispose che al principio di ogni anno fossero designati, con decreti reali, due consiglieri supplenti -uno per ciascuna delle fdue sezioni giurisdizionali -per l'eventuale sostituzione nell'Adunanza plenaria dei consiglieri assenti o impediti. I comma 20 e 3 dell'art. 45 del T. U. 26 giugno 1924, n. 1054, riprodussero testualmente le menzionate anteriori disposizioni del T. U. del 1907, salvo pel presidente dell'Adunanza plenaria che si stabil fosse il presidente del Consiglio di Stato. L'avere, pertanto, la legge disposto, sino dalla istituzione della V Sezione giurisdizionale, che lAdunanza plenaria fosse composta -oltre che dal presidente -da quattro consiglieri per ciascuna delle due sezioni giurisdizionali nominativamente designati dal Capo dello Stato; e l'avere disposto altres che fossero nominativamente designati dal Capo dello Stato anche i consiglieri supplenti, dimostrano nel modo pi evidente la precisa volont del legislatore che l'Adunanza plenaria fosse formata (oltre che dal presidente) da quegli otto determinati consiglieri e non da pi o da meno. E se tale fu la volont del legislatore, c~ntrasta con essa la tesi che debba restar fermo per I'adu-_ nanza plenaria il numero di nove votariti anche dopo l'istituzione, avvenuta col D.L. 5 maggio 1948, n. 642, della VI Sezione giurisdizionale del Consiglio di Stato. Per vero, disponendo detto D.L. che i componenti della VI Sezione devono concorrere a -140 costituire !'.Adunanza plenaria secondo le disposizioni del 3 comma dell'art. 45 del T. U. del 1924, e cio mediante la designazione da parte del Capo dello Stato, al principio di ogni anno, di quattro consiglieri della sezione stessa; e dovendo pertanto il Capo dello Stato designare, al principio di ogni anno, non pi otto, ma dodici consiglieri (quattro per ciascuna delle tre sezioni giurisdizionali), dai detti dodici consiglieri dovrebbero esser tratti -secondo l'opinione dei resistenti -gli otto occorrenti per costituire, in unione al presidente del Consiglio di Stato, I' .Adunanza plenaria di nove votanti. Cosi tale .Adunanza :risulterebbe costituita non da tutti i componenti designati, ma da una parte di esso; e per di pi sarebbe inattuabile una loro partecipazione paritaria (sia pure di tre consiglieri anzich di quattro) delle tre sezioni giurisdizionali, non essendo fondata su alcuna disposizione di legge la prassi, seguita dal Consiglio di Stato, di comporre il collegio con dieci membri (il presidente e nove consiglieri) e farne intervenire alla decisione soltanto nove (il presidente ed otto consiglieri, rimanendone fuori il consigliere meno anziano). Orbene un'.Adunanza plenaria composta soltanto di parte dei componenti designati e nella quale non sia possibile ilconcorso paritario delle tre sezioni giurisdizionali, non si concilia con le disposizioni delle citate leggi in testi unici del 1907 e del 1924, le quali vollero che !'.Adunanza plenaria fosse costituita da un numero di componenti immutabili durante l'anno, nominativamente determinati e paritari fra le Sezioni giurisdizionali. Tale sistema fu sicuramente mantenuto dal D.L. 5 maggio 1948, il quale, prescrivendo che la VI sezione, da esso istituita, concorresse a costituire I'.Adunanza plenaria secondo le disposizioni del ricordato 3 comma dell'art. 45 T.U. del 1924, e cio mediante la designazione annuale di quattro consiglieri nominati dal Capo dello Stato, intese senza possibilit di incertezza che la detta VI Sezione partecipasse all'.Adunanza medesima su piede di parit con le due sezioni preesistenti. Ma, cosi disponendo, il D.L. del 1948 ebbe implicitamente, ma non meno certamente, a modificare la preesistente composizione numerica della .Adunanza plenaria, nel senso che alla stessa dovessero partecipare anche i quattro designati consiglieri della VI Sezione, aumentandosi pertanto da nove a tredici (4+4+4+1) il numero dei suoi componenti. Una diversa interpretazione del D.L. del 1948 non possibile per la ragione che, non permettendo il numero di otto consiglieri un concorso paritario delle tre sezioni giurisdizionali, e concedendosi ove si accolga l'opinione dei resistenti -al presidente del Consiglio di Stato il potere di scelta e di variazione fra i dodici consiglieri designati, il sistema dei testi unici del 1907 e del 1924, fondato sulla partecipazione paritaria delle sezioni giurisdizionali e sulla determinazione nominativa dei componenti, ne risulterebbe alterato ed anzi annullato. Per ritenere il contrario, occorrerebbe emergesse un'esplicita o quanto meno implicita, ma sicura volont del legislatore, diretta a modificare tale sistema, che, stabilito dalla legge coevamente alla pluralit delle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato, non pu venir meno se non in forza di una diversa certa volont della legge stessa. Volont che non risulta e che invece il richiamo, da parte del D. L. >. CONTABILIT DELLO STATO -Deroga alle norme del Codice civile -Valore della norma -Pagamenti dello Stato -Decorrenza degli interessi. (Corte di Cass., Sez. Prima, Sent. n. 1601-52 -Pres.: Anichini; Est.: Celentan; P.M.: Pittiruti -Consorzio di Credito Opere Pubbliche contro Ministero della Marina Mercantile). Se in via generale da ammettere che le regole di diritto comune sull'adempimento e sugli effetti dell'obbligazione si applicano anche ai debiti dello Stato tali regole possono tuttavia essere derogate dalle disposizioni contenute nella legge e nel Regolamento sulla Contabilit. generale dello Stato, le quali non costituiscono gi norme interne di contabilit, ma hanno vera e propria forza vincolante, forza di diritto obiettivo, nei confronti sia dell'Amministrazione che dei creditori, per l'esecuzio!le delle prestazioni pecuniarie della prima. l l Dal complesso delle disposizioni sulla contabilit generale dello Stato (legge e regolamento) si evince che i debiti pecuniari dello Stato, in deroga alla norma dettata dall'art. 1282 e.e. diventano liquidi ed esigibili, e generano come tali l'obbligo del pagamento, degli interessi di diritto a carico dell'Amministrazione, soltanto dopo che la spesa della competente amministrazione sia stata ordinata, con l'emissione del relativo titolo di spesa. Tale principio vale anche ri,el caso di spese con scadenze determinate rateali. Riportiamo integralmente il testo di questa sentenza per la parte che si riferisce alle massime sopra trascritte. Ora, se in via generale "'da ammettere, come si afferma nel rioorso, che le regole di diritto comune sull'adempimento e sugli effetti delle obbligazioni si applioano anche ai debiti dello Stato, occorre tenere presenti le disposizioni .contenute nella legge e nel regolamento predetto, le quali non costituiscono gi, aome nel ricorso pure si sostiene, delle norme interne, di contabilit, ma hanno vera e propria forza rinco lante, forza di diritto obiettivo nei confronti sia del l'amministrazione che dei creditori, per l'esecuzione delle prestazioni pecuniarie della prima. << Qualunque sia il titolo per cui vengono fatte, queste danno sempre litogo a una spesa pubblica, e sono le esigenze stesse della Finanza e dei pubblici bisogni cui devono sopprerire, a imporre tutto il complesso di atti e di controlli predisposti dalla legge e regolamento di contabilit per la relativa erogazione. Atti che incominciano dall'autorizzazione data dal Parlamento con la legge del bilancio, e, attraverso l'impegno e la liquidazione, giungono sino all'ordi nazione e cio al titolo di spesa, con cui, diversamente da quanto avviene per gli ordinari rapporti di di.ritto privato, dagli organi stessi dell'amministrazione debitrioe viene determinata in cifra certa e liquida la prestazione che lo Stato deve pagare ed ordinato al competente uffoio di effettuarne il pagamento. Titolo ili spesa, che soggetto, a sua volta, a controllo della Corte dei Conti, ma la cui consegna al creditore:estin gue ormai l'obbligazione, come si ricava dagli artiooli 55 legge, 316 regolamento, 1 L. 18 marzo 1926, n. 362. Essendo obbligatorio il percorso"' di simile procedura, e non essendo sindacabili dall'autorit giudiziaria gli atti ili cui si compone, resta esclusa la possibilit stessa di applicare ai debiti dello Stato la norma dell'art. 1282 cod. civ. sulla corresponsione degli interessi di diritto. Il che non contrasta, peraltro, con la lettera della norma, la quale fa salve le eccezioni di legge, e non esula neanche dal suo spirito, essendo stato indotto" il legislatore ad estendere in via di massima (v. Relazione ministeriale) ai debiti oivili il principio, imperante gi per quelli commeroiali, da ragioni (quale la fecondit del denaro nelle mani del debitore che lo detiene, il bisogno di incrementare il credito) che non dato invocare nei rapporti con lo Stato. Si fatto presente dalla difesa del Consorzio che, nel caso, trattavasi di una spesa con scadenza determinata. Ma anche tali spese, per le rate che scadono nell'esercizio finanziario cui si riferisce il bilancio, devono essere iscritte, e se per esse sono disposti procedimenti speciali e la liquidazione pu diventarne automatioa, necessario pur sempr( far luogo all'ordinazione con le conseguenze che sopra si sono indicate. Giova poco, d'altro canto, obiettare che il ritardo con cui l'amministrazione proceda alla liquidazione e all'emissione del titolo di spesa potrebbe prolungarsi in modo indefinito, con manifesto e serio pregiudizio del creditore insoddisfatto. A parte che tale ipotesi resta fuori della normale gestione finanziaria dello Stato, come confermato dalla stessa fatti specie in cui la sospensione dei pagamenti fu causata dai tragici avvenimenti che sconvolsero negli anni 1943 e 1944 la vita del nostro paese; e che il creditore, a salvaguardia delle proprie ragioni, potrebbe comunque diffidare l'amministrazione a pagare, agli effetti anche di un eventuale ricorso di legittimit q,J Oonsiglio di Stato in sede giurisdizinale; l'indagine _ limitata, nella specie, all'applicabilit della norma dell'art. 1282 cod. oiv., e fuori di tale inilagin(restano pure le ipotesi previste dai vari Capitolati di appalto di opere pubbliche e Condizioni generali di forniture per i pagamenti ritardati oltre un certo termine, e altres i casi in cui, per essersi conteso sull'an. ---144 debeatur, gli interessi sono gi dovuti in forza di sentenze. superfluo mettere in rilievo la estrema importanza di questa pronuncia della Corte Suprema, la quale concorre a segnare con equilibrio e precisione i limiti della soggezione dell'Amministrazione al diritto privato. In tempi ne'i quali non di rado dato leggere in pronuncie giudiziarie non esservi alcuna differenza tra lo Stato ed il cittadino quanto all'applicabilit delle norme di diritto civile, una pronuncia come l'attuale che riconosce una distinzione che trova il suo fondamento non in teorie pi o meno elaborate ma nella ineliminabile natura delle cose, merita di essere veramente salutata con compiacimento. E ci anche se alcune considerazioni impongono le pi ampie riserve, come ad esempio quella sia pure espressa in via incidentale, che potrebbe indurre a rit'enere ammissibile un ricorso al Consiglio di Stato per ottenere dall'Amministrazione in sostanza il pagamento di un debito e, cio, la soddisfazione di una pretesa basata su diritto soggettivo. Con questa sentenza la Corte Suprema fa un ulteriore passo decisivo sulla via tracciata dalla precedente sentenza n. 1014 del 1951 (v. in qesta Rassegna, 1951, pag. 121) nella quale si erano segnati i limiti e le condizioni necessarie e sufficienti per far considerare in mora l'Amministrazione. La sentenza in rassegna altres sulla stessa linea di quella n. 7 55 del 1952 (in questa Rassegna, 1952, pag. 70) nella quale sono anche segnati i limiti dell' assoggettabilit dell'Amministrazione ad esecuzione forzata. Dalla combinazione logico-giuridica delle massime enunciate nelle suddette pronunciate giudiziali riteniamo si possa desumere che nella giurisprudenza della Corte Suprema si sta affermando (o meglio riaff ermano) il principio secondo il quale lo Stato non pu essere mai considerato come scisso nettamente in due personalit, una di diritto pubblico e una di diritto privato. Le norme del diritto privato, in altri termini, possano applicarsi allo Stato solo nei limiti della loro compatibilit con le norme prevalenti di diritto pubblico. Questo principio, sul quale in teoria non si sono pi sollevati da molti anni dubbi seri, veniva e viene obliterato ogni volta che si tratti di farne concrete applicazioni in quel campo ove il contrasto si verifica pi evidente e pi stridente, nel campo, cio, dei rapporti contrattuali e particolarmente dell'adempimento forzoso delle obbligazioni. Qui, mentre si sempre affermato, salvo alcune minori deviazioni, che non consentita l'esecuzione forzata di obbligazioni di facere nei confronti della P. A. (escludendosi cos, per esempio, l'emanazione di sentenze costitutive) noti si approfondita abbastanza la questione della esecuzione forzata di sentenze che importino un'obbligazione di dare. Non si visto, cio, come anche questa esecuzione forzata implichi, necessariamente, quella interferenza della a.ziono giudiziaria nell'azione amministrativa che esclusa da tutto il nostro sistema costituzionale della divisione dei poteri. (Cfr. ALBINI, in (Giur. It., 1952, I, 2, 610). Riconosciamo che su alcune decisioni contrarie al principio generale sopra ricordato hanno influito motivi di equit determinati da gravissime deficenze dell'azione amministrativa che si risolvevano in un sacrificio ingiustificato del cittadino. Tali deficenze sono tanto pi gravi in quanto alla posizione privi legiata dell'Amministrazione nei confronti del privato in relazione all'assoggettabilit all'esecuzione forzata ed altre misure di adempimento forzo so di obbligazioni corrisponde, appunto il dovere dell' A mministrazione di obbedire aUe leggi eaile regole, anche non scritte, di correttezza amministrativa, dovere che invece per il privato, nel campo del diritto civile, limitato al solo aspetto negativo della non disobbedienza. Ma, oramai, dopo l'entrata in vigore dell'articolo 28 della Costituzione non sembra che vi sia pi nemmeno bisogno, per tutelare il cittadino, di distruggere i fonda menti del nostro ordinamento giuridico, essendo evidentemente sufficiente la possibilit di persecuzione personale dei singoli funzionari responsabili degli atti che, per colpa o per dolo, si siano risolti in un danno per il privato. Tuttavia, dobbiamo ammettere che questo problema dell' assoggettabilit dell'Amministrazione all' esecuzione forzata, ed in genere delle interferenze del diritto pubblico col diritto privato in questo campo, non stato sufficientemente approfondito, e ci riserviamo di farlo in uno dei prossimi numeri di questa Rassegna. DEMANIO -Beni patrimoniali indisponibili -Macchi nari officine militari -Possesso di pezzi smontati Acquisto della propriet. (Corte di Cass., Sez. II, Sent. n. 2666-52 -Pres.: Brunelli, Est.: Capizzi, P. M.: Binazzi -Sforazzini contro Ministero Difern Aeronautica). Le macchine ed i materiali arredanti una officina di aeroporto militare fanno parte, quali indispensabili accessori degli armamenti, del patl'imonio indisponibile dello Sta,to. Il mutamento della loro consistenza e funzione avvenuto a causa di un furto non basta a far uscire quei materiali dal patrimonio indisponibile dello Stato perch spetta soltanto al giudizio tecnico dell' Ammini.strazione il decidere sulla inservibilit allo scopo cui i beni sono destinati con le conseguenze della loro libera commerciabilit. Dei suddetti beni pu acquistarsi legittimamente il possesso solo quando essi sono sottratti alla loro destinazione nei modi stabiliti nelle leggi che li riguardano. Finch tale mutamento legittimo di destinazione non avvenuto il possesso di questi beni rimane senza effetto ai fini. dell'art. 1153 del e.e. La parte sostanziale iJ,ella motivazione di questa chiara sentenza contenuta nelle massime sopra riportate. Sull'argomento vedi su questa Rassegna, 1948, fase. 11-12 pag. 25; 1949, pag. 191 e 1951, pag. 120. FERROVIE -Responsabilit civile-...:: Passaggio a livello Custodia -Discrezionalit della Amministrazione fer roviaria -Fischio di avviso. (Corte di Cass., Sez. III, Sent. n. 1171-52 -Pres. : Curcio, IEst. : Lorenzi, P.M.: Binazzi -Vigliotti contro FF.SS.). Solo all'Amministrazione Ferroviaria, e non-al.-. Magistrato ordinario, dato valutare le interfe renze del traffico di strada ordinaria sul servizio ferroviario al fine di organizzare il servizio stesso. I passaggi a livello incustoditi non possono mai qualificarsi principali ai fini della osservan;m delli:ii norma sulle segnailazi9n,i !'l!custicb.e, 145 Sentenza questa di notevole importanza, sopratutto perch rappresenta un ritorno al rigore di principi, troppo frequentemente obliati, in materia di divisione di poteri. La fattispecie concerneva la questione a chi spetti stabilire la sussistenza della normale visibilit. prevista dall'art. 28 del codice stradale come condizione obiettiva per lasciare incustoditi i passaggi a livello. La Oorte Suprema ha affermato che l'accertamento della normale visibilit ha carattere tecnico-discrezionale e, per questa sua natura non pu che essere devoluto a quell'organo cui spetta provvedere al funzionamento del servizio ferroviario e alla sistemazione delle interferenze fra questo servizio e il traffico su strada ordinaria, cio all'Amministrazione ferroviaria, esclusa ogni possibilit di sindacato da parte del magistrato ordinario. Per quanto riguarda la seconda massima, la Oorte Suprema, dopo aver ricordato che, a norma del Regio decreto 9 agosto 1929 il segnale di a'Vviso da parte del macchinista dev'essere dato solo quanto il treno si avvicina ai principali passaggi a livello, e dopo aver messo in rilievo come il R. decreto 24 novembre 1937, n. 1407, nel definire i passaggi a livello principali, indica quelli protetti da special'i segnalazioni fisse ed ai quali permanentemente preposto un agente di servizio, conclude che i passaggi a livello incustoditi, appunto perch prfoi di speciali segnalazioni fisse e senza l'agente di servizio permanente, non possono considerarsi mai principali. RESPONSABILIT DELLA PUBBLICA AMMINI STRAZIONE -Azione dolosa del funzionario -Irri feribilit -Esclusione della responsabilit indiretta. (Cortkl di Cass., Sez. I, Sent. n. 1312 del 9 maggio 1952 - Pres. : Cannada-Bartoli, Est. : Chieppa, P. M.: Pomodoro (conf.) -A.T.A.C. contro Cremonini). Le responsabilit della pubblica amministra zione per fatto illecito non trae fondamento dalla norma dell'art. 2049 Codice civile (responsabilit indiretta per fatto del preposto) perch ne man cano i presupposti; essa si profila invece quale responsabilit diretta per fatto proprio, quando gli organi per mezzo dei quali agisce, nell'ambito delle loro attribuzioni, colposamente arrechino danno al privato. Il fatto illecito dolorn del funzionario rompe il rapporto tra l'ente pubblico e i suoi dipendenti e fa considerare l'azione come ccmmessa fuori del l'attivit dell'ente, escludendone la responsabilit. (Corte di Cass., Sez. III, Sent. n. 1434 del 19 maggio 1952 - Pres. : Valenzi, E ;;t. : Lombardo, P. M.: Rossi ( conf.) - Boccaccini contro Zambonati). Non sono riferibili alla pubblica amministrazione gli atti illeciti posti in essere con dolo, per fini di rJarte, dai suoi dipendenti, bench collegati allo eserrizio delle loro funzioni. Oon le massime annotate la Suprema Oorte, nonostante qualclie dissenso manifestato in dottrina e qualche contraria decisione di merito, ha decisamente confermato, pur dopo l'entrata in vigore della Costituzione repi1bblicana (art. 28), i principi fondamentali sullrt responsabilit rlella pubblica amministra. zione, consolidatisi 1Jigente lo 8tatuto Albertino. Con particolare esattezza e precisione di concetti la Corte lw escluso in ogni caso la configurabilit di una responscibilit indiretta della pubblica amministrazione ex art. 2049 Codice civile per assolitto difetto dei suoi presupposti quali)a culpa i.:P. .eligendo vel in vigila,ndo o la responsabilit obietti1'a secondo il principio ubi commoda ibi et incommodn. Conseguentemente ha escluso la riferibilit alla pubblica amministrazione del fatto illecito doloso del. dipendente, che e rimane fatto personale di questo ultimo. L'attivit del dipendente riferibile direttamente alla pubblica amministrazione, secondo i noti principi sul rapporto organico, quando sia dcillo stesso esplicata nell'ambito delle attribuzioni conferitegli e per i fini dell'ente. Il dolo, invece, rompe il rcivporto organico e rende il fatto del funzionario o dipendente non riferibile (indifferente) alla pubblica amministrazione, la qucile, pertanto, non pu ad alcun titolo essere chiamata a risponderne (Rassegna, 1949, pag. 169). SEQUESTRO -Sequestro penale -Art. 624 c.P. P. Restituzione di cqse sequestrate -Contestazione sulla propriet -Competenza del giudice civile -Opposizione a precetto a norma dell'art. 615 c. P. c. (Corto di Cass., Sez. III, Sent. n. 254-52 -Pres.: Acampora,, Est.: Naso, P.M.: Toro -Ministero Difesa Aeronautica contro Bilancioni). L'art. 624 del codice di procedura penale, nell'indicare quale sia il giudice competente ad ordinare la restituzione delle cose sequestrate, prescrive che, sorgendo contestazione sulla propriet delle cose stesse il giudice o il pubblico ministero ne rimette la risoluzione al giudice civile del luogo competente in primo grado. Sorge, in tal modo, la competenza esclusiva del giudice civile e, soltanto dopo la decisione di questo, il giudice penale, nello emettere il provvedimento relativo alla restituzione, deve uniformarsi a quanto ha deciso il giudice civile in ordine alla propriet delle cose oggetto del dequestro. Non si incorre, tuttavia, in alcun.a violazione sostanziale, della suddetta norma allorch la parte -omettendo l'istanza al giudice penale in sede di esecuzione -adisca direttamente il giudice civile col mezzo della opposizione a precetto a norma dell'art. 615 c. proc. civ. per provocare la decisione circa l'appartenenza delle cose stesse, decisione che dovr costituire la base per la conferma o per la modifica del provvedimento, col quale da parte del giudice penale, stata ordinata la restituzione. La materia degli incidenti di esecuzione (artt. 628 a 6'32 cod. proc. pen.) certamente una delle pit tribolate del diritto processuale penale. La difficolt maggiore rappresentata dalla mancanza di coordi namento con la disciplina del codice di procedura civile relativa alle opposizioni all'esecuzione (artt. 615 e segg. c.p.c.). Giover per la maggiore intelligenza dell'argo-- mento premettere: il terzo comma dell'art. 626 cod. proc. pen. dispone che dopo la sentenza irrevocabile di proscioglimento le cose sequestrate sono restituite a chi provi di averne diritto; e il relativo provvedi mento, giusta l'art. 624 1 comma stesso codice ;~ -146 emesso dal giudice dell'esecuzione al quale va rivolta l'istanza; ove sorgano controversie circa la propriet delle cose stesse, il giudice penale ne rimette la riso luzione a quello civile del luogo competente in primo grado (art. 624 c.p.p., 20 comma). Infine, l'art. 632 c. p. p. dispone che il rito degli incidenti si applica anche alle controversie nell' ese cuzione civile in materia non penale salvo che non sia diversamente stabilito. Sar opportuno far cenno anche della natura del l'ordinanza emessa cc de plano dal giudice dell' esecu zione per la riconsegna delle cose sequestrate e dei mezzi di gravame cui assoggettabile. La detta ordi nanza non ha natura di provvedimento giurisdizio nale ma amministrativo, ed essenzialmente revo cabile, non soggetta al gravame di cui all'art. 190 c. p. p. (Cassazione, Sez. III, 11 gennaio 1949, in Giust. Pen., 1949, parte III, massima 291). Il problema di come possa essere avversata la detta ordinanza va risolto, a nostro avviso, distinguendo i vari stadi in cui l'ordinanza stessa pu trovarsi e precisamente: a) pendenza della procedura di rilascio dell' or~ inanza su istanza dell'interessato; b) l'ordinanza gi emessa e viene portata a conoscenza dei controinteressati; c) sulla base dell'ottenuta ordinanza l'interessato intima al detentore dei beni il rilascio degli stessi. Nelle prime due fasi pacifico che qualunque con- trointeressato pu, inserendosi come contraddittore in seno al rapporto instauratosi tra il giudice e il richiedente, provocare la remissione obbligatoria della controversia al giudice civile (art. 624, 20 comma, c. p. p.). Ove, invece, l'ordinanza sia stata gi rilasciata chi intende sollevare opposizione pu ( e a nostro avviso alternativamente) provocarne la revoca con istanza allo stesso giudice, o sollevare incidente di esecuzione ai sensi degli artt. 628 e segg. del codice di procedura penale. Ove scelga la prima via otterr un provvedimento ulteriormente suscettibile del duplice mezzo sopradetto e, alternativamente sperimentabile; con il secondo mezzo otterr invece un'ordinanza ricorribile per cassazione (art. 321 c. p. p.) (ALorsr: Manuale pratico di procedura penale, Edizione Giuffr, 1943, vol. IV, pag. 213; Oassaz. 3 luglio 1945, Foro Pen., 943, Gol. X, 32; sentenza richiamata dal LEONE in Uneamenti di dir. process. penale, vol. II, Ediz. Jovene, Napoli, 1950, pag. 330; Oassaz. Sez. III, 9 ottobre 1950, in Giust. Pen., 1951, mass. 153). La iffi,colt, invece, sorge quando si tratta di stabilire, se per opporsi al precetto notificato dal titolare dell'ordinanza di rilascio delle cose sequestrate si possa seguire il mezzo dell'opposizione di cui agli artt. 615 e segg. del c. p. p., incardinando la controversia direttamente innanzi al Magistrato civile, o invece debba seguirsi il rito degli incidenti di esecuzione, con la conseguente successiva remissione della controversia stessa al Magistrato civile da parte del giudice penale, per il combinato disposto degli articoli 628 e 624 secondo comma del c. p. p. Per quanti argomenti si possano addurre certo che cc de jure condito , il problema per la lamentata mancanza ili un coordinamento tra le due fonti normative della procedura penale e civile, nnn offre possibilit di una soluzione. L'annotata sentenza della Suprema Corte ha rite nuto di poter risolvere la questione, statuendo che, per quanto la regola sia quella degli incidenti di ese cuzione, tuttavia non si incorre in una violazione sostanziale ove si sollevi opposizione ai sensi dello art. 615 c. p. c., direttamente dinanzi al giudice civile, anche perch, in definitiva, tale giudice sarebbe chiamato in prosieguo e obbligatoriamente a cono scere della controversia stessa per il secondo comma del citato art. 624 c. p. p. Tale .soluzione, ispirata ad evidente criterio di giusti.zia sostanziale non pu lasciar soddisfatti. Innanzi tutto, non appare chiaro che cosa la Su prema Corte abbia voluto intendere con il termine regola. Se con tale espressione ha voluto riferirsi alla prassi prevalentemente seguita, chiaro che nessuna autorit potrebbe essere riconosciuta alla detta prassi e che conseguentemente non potrebbe parlarsi cc che non si incorre in violazioni sostanziali perch detta espressione pu adottarsi solo ove si presupponga una violazione cc formale >>. Se poi la Corte ha inteso riferirsi all'esistenza di una norma di diritto positivo per la quale sarebbe obbligatorio il promuovere incidente di esecuzione, allora non si comprende come possa consentirsi una violazione di diritto cc formale (attinente alla competenza e massime alla interferenza tra giudice penale e civile), giustificata dal fatto che tale violazione non si risolve in un'altra violazione cc sostanziale. Quanto a questa seconda ipotesi, poi, a noi sembra che un attento esame degli artt. 632, 628 e 624 c. p. p., non consente di riconoscere l'esistenza di una norma che imponga la cc regola dell'incidente di esecuzione. Esprimiamo la convinzione che la chiave di tutto il sistema risiede nell'art. 632 c. p. p. la cui interpretazione ha dato luogo a difficolt e a perplessit sin dalla redazione del codice di procedura stesso. Si legge infatti al n. 198 della Relazione al Re: cc La Commissione Parlamentare invit a precisare se con questa disposizione si accenna alle controversie inerenti alla esecuzione della condanna civile contenuta nella sentenza penale, ovvero soltanto ad altre controversie semplicemente incidentali. Ritengo che, data la riserva dell'art. 632: non diversamente stabilito, non possa sorgere dubbio sul significato di questa disposizione. Essa fa salve le norme che dispongono diversamente, e perci non pu riferirsi agli atti esecutivi patrimoniali della condanna civile contenuta nella sentenza, per i quali devono osservarsi le if,isposizioni della tariffa penale (spese), ovvero, se si tratta di esecuzione promossa da privati, le regole del codice di procedura civile. Salva la riserva predetta l'art. 632 trover applicazione, oltre che nei casi particolari preveduti dal codice, quando occorra interpretare la condanna civile contenuta nella sentenza penale . La quasi totalit dei commentatori, avvertendo la scabrosit dell'argomento, si limitano a rifugiarsi nel riportato brano nella Relazione al Re, e, paghi di tale richiamo, omettono di approfondire il problema della interferenza tra le due giurisdiziQp,i in relazione all'opposizione a precetto promosse sulla base __ di_ un provvedimento del giudice penale diverso dall sentenza di condanna. IlCASTELLANO (Cod. Proc. pen. nella sua attuazione pratica, Ediz. Piroca, Milano, anno 33, vol. III, pagg. 705-706) , si pu dire, l'Autore che ha dimo -147 strato la maggiore preoccupazione esegetica per lo art. 632 c. p. p., ma anche la sua fatica, come si dir, non ha affrontato la questione che c'interessa, e il suo lavoro offre implicitamente un argomento di pi per negare l'esistenza di una regola che imponga il rito dell'incidente di esecuzione. Dice il Castellano che per quanto riguarda gli incidenti per l' esecuzione civile in materia penale si pu ritenere che l'art. 632, per la riserva <> (art. 104 cit. R. D.) e che , per il rivenditore, l'unico titolo di legittimazione della propriet dei generi di monopolio. Questi principi sono stati pienamente accolti dal Pretore di Firenze il quale ha pure respinto, per le ragioni addotte dalla Avvocatura, le obbiezioni mosse a tale tesi da parte avversa. Queste erano di un duplice ordine: 1 relative al fatto che i generi di monopolio, anche dopo la vendita ai rivenditori sono sempre assoggettati a sorveglianza e controllo da parte della Amministrazione; 20 relative alla circostanza che l'art. 1 della legge 14 giugno 1951, n. 577 definisce il rivenditore~autorizzato come organo periferico dell'Amministrazione. In ordine alla prima obbiezione, la difesa dello Stato osservava quanto segue: Ohe i prodotti del monopolio siano oggetto~di sorveglianza e controllo da parte dell'Amministrazione anche dopo la vendita ai rivenditori, e nei:magazzini dei medesimi e che a tal fine, i detti generi debbano essere venduti solo nei locali all'uopo autorizzati, a prezzi stabiliti dall'Amministrazione; che i rivenditori siano obbligati a vendere i prodotti al pubblico senza preferenze o precedenze; che d'altra parte, infine, le rivendite stesse debbano essere istituite e conferite in conformit dell'ordinamento approvato con R. D. 14 giugno 1941 (art. 66, comma 3) non infiuisce per nitlla sull'innegabile circostanza che i generi di monopolio sono trasferiti in propriet, a titolo oneroso, dall'Amministrazione ai rivenditori. Si tratta di provvidenze di carattere am1ninistrativo . che tari del fondo o dei terzi medesimi (n. 129). SOCIETA'. -I) Se la trasformazione di una societ per azioni in societ a r.1., ove si proceda ad aumento del capitale sociale o ad ammissione di altro socio, costituisca creazione di nuova societ (n. 42). -II) Se all'atto della trasformazione della societ da societ per azioni a societ a r.l., il patrimonio della prima diventi capitale sociale dell'altra (n. 42). SUCCESSIONI. -I) Se l'istituito nel residuo dei beni" del defunto, risultante dal prelevamento cli alcuni di essi dal patrimonio del medesimo, debba considerarsi chiamato in una quota del patrimonio del de cuius e, pertanto, erede (n. 31). -II) Se il rateo di supplemento di congrua, non riscosso dal de cuius, debba essere pagato agli eredi senza divisione di parti, non risultando la quota di eredit spettante a ciascuno di detti eredi (n. 31). TITOLI DI CREDITO. -I) Se la cedola, che normalmente comprova il diritto al dividendo, possa essere considerata come un titolo a s stante, autonomo rispetto al complesso dei diritti azionari (n. 5). -II) Se il diritto al dividendo sorga nel momento in cui esso diventa esigibile (n. 5). -III) Se, al fine della riscossione dell'imposta straordinaria progressiva sul patrimonio dovuta da contr;buenti stranieri residenti all'estero, possessori di titoli azionari, possano essere colpite le cedole separatamente dai titoli azionari medesimi (n. 5). -IV) Se i portatori delle obbligazioni delle Strade Ferrate Maremmane in circolazione in Gran Bretagna, non sorteggiate entro il 15 settembre 1947 e non presentate per la conversione entro il termine del 15 settembre 1950, ai sensi dell'art. 2 della legge 25 marzo 1950, n. 166, decadano da ogni!diritto relativo alle m desime o soltanto da quello della conversione (n. 6).