JRA¤¤JEne. neU'.~p. áPtofessionale di UI:I;.. divex:so distretto,~ pi.vieto ~á Incostituzionalitˆ, 180. COMUNIT~, EURñP~E. ...,. Libera circolazione ádelle merci -Pe. : : sce ¥contenente.:Iawe á di, nematodi : ., Controlli sistematici . alle frontiere Divieto di importazione ¥ Limiti; 187. "'."'.' Riavvicinamento delle . legislazioni Etichettatura dei procl,otti del.tabacco á~ f\,pposizione di avvertenze di ., cai;attere s~tariO> 198. CONCESSIONI AMMINISTRATIVE -Beni patrimoniali disponibili ¥ á Immobile di ente pubblico -Locazione ¥ Configurabilitˆ ¥ Domanda di accertamento á delá rapporta. locativo ¥ Giurisdizione ordinaria, con nota di V. Russo, 224. CONTRATTI' á(IN CENERALƒ} -Contratti della pia~ ¥ Attivitˆ di diritto .privato..¥ Deliberazione di contrat.: tare -Revocˆ ¥ Effetti ¥ Contratto ááááperfezionato ¥ áIninfluenza; con nota di V. Russo, 224. -Convenzione stipulata tra la PA. e il propriet;;.;ici. di U1l ;;i.lbergo. p~. il ricovero delle popolazioni colpite dal á..sisma 7.Nat.ra ghu'idi.ca.¥ Contratto a. favore .i;liá tei;zi ,, ¥Esclusione, 206¥ .._,:Vendita eá 'contratto d'opera ¥ Distin' .zioile ¥ Criteri ¥ Prevalenza. soggettiva . del lavor˜ sulla materia -Rile., vanza -Fornitura; della materia strettamente necessaria da. parte di una impresa artigiana prestatrice d'opera -Irrilevanza -Fattispecie, 217. anrmzio .pENALE ..,..., Pfove ¥ Testitri.onfanze "¥. Incompatil: iilitˆ con l'ufficio di testimone Imputati di reati commessiá.da pi persone in reciproco danno ¥ Insussistenza -Legittimitˆ costituzionale, 167. á.. IMPIEGO PUBBLICO -MOOi.siont'supi;itiori ¥ Svolgi~ento di fatto ¥ Rilevanza -Esclusione, 233. -Procedimento disciplinare . :~ á: Termini -Artt; 9 e 10 L. m 19 del1990 ¥ ScaJ. enza ¥ qnseguei:u:e ~ ~stipzione del ~i;o<;diirierit˜ di$eii;ilh:!a:ri:i á~ EsClusio áá.. áIl.e, 235. á.. ' ,. á.,. áá áá á á lSTRUZIQNE. SCUOLE -Insegiíante universitario .á -Opzione tra tempo pieno e tempo definito Art. 11 d.P.R. n. 382 del 1980, sosti tuá ito dall'art. 3 L. n. 705 del 1985 ¥ Interpretazione. -Contrasto giurisprudenziale ¥ Deferimento all'adunanza plenaria, 241. RASSEGNA AVVOCATURA DEU.O STATO LAVORO -Assunzioni obbligatorie -Violazione delle norme sulle modalitˆ di assunzione -Contravvenzione -Definizione amministrativa -Azione penale Sospensione obbligatoria -Inapplicabilitˆ -Legittimitˆ costituzionale, 152. PROCEDIMENTO CIVILE -Azione di mero accertamento -Interesse ad agire -Nozione -Dichiarazione della liceitˆ penale o amministrativa di una determinata condotta á Improponibilitˆ della domanda per carenza di interesse ad agire, 229. PROCEDIMENTO PENALE -Prova testimoniale indiretta -Dichiarazioni dell'indagato nel corso del procedimento (anche prima del formale inizio dell'indagine) -Divieto di acquisizione al dibattimento Questione di legittimitˆ costituzionale -Infondatezza, 183. REATO -Furto venatorio -Esclusione -Questione di legittimitˆ costituzionale Inammissibilitˆ, con nota di V. Russo, 168. REGIONI -Finanza regionale -Interventi statali in materia finanziaria -Imposta di fabbricazione degli oli minerali Fondo comune -Quota di spettan~ za regionale -Riduzione del fondo e della quota -Illegittimitˆ costituzionale á Non sussiste, 145. -Finanza regionale -Interventi statali in materia sanitaria -Mancata determinazione dei liveli uniformi di assistenza sanitaria -Poteri regionali -Esercizio della autonomia amministrativa e finanziaria -Legittimitˆ, 145. -Richiesta di accreditamento di foná di di pertinenza regionale -Rifiuto dello .Stato od erogazione di somme inferiori a quelle richieste -Illegittimitˆ, 154. SERVITô -Servit militari -Imposizione temporanea -Aree aventi natura edificatoria -Indennitˆ -Criteri automatici di determinazione -Valori di rendita catastale -Inadeguatezza Mancanza di criteri alternativi -Illegittimitˆ, 162. SOMMINISTRAZIONE (contratto di) -Gas metano ¥ Tariffe di utenza per riscaldamento -Applicazione nei mesi di non utilizzo degli impianti -Illegittimitˆ -Non ricorre, 166. TITOLI DI CREDITO -Assegno bancario á Emissione a vuoto -Pagamento prima del protesto Improponibilitˆ e improcedibilitˆ dell'azione penale -Questione di legittimitˆ costituzionale dell'art. 8 legge 15 dicembre 1990 n. 368 -Infondatezza, 176. TRIBUTI ERARIALI DIRETTI -Imposta locale sui redditi -Impresa familiare -Redditi imputati ai collaboratori -Regime anteriore al T.U. delle imposte sui redditi -Art. 36 d.P.R. 4 febbraio 1988 n. 42 Inapplicabilitˆ, 251. -Imposta locale sui redditi -Redditi fondiari -Fabbricati degli Istituti Autonomi delle Case Popolari -Godimento del reddito da parte dello Stato -Esclusione -Imputazione del reddito agli Istituti, 259. - Imposta sul reddito delle persone fisiche -Reddito di impresa -Accertamento di maggiore reddito in base a criteri elaborati in relazione a settori di attivitˆ -Legittimitˆ, 276. -Imposta sul reddito delle persone fisiche -Redditi di lavoro dipendente á Compensi percepiti da magistrato della Corte d'appello di Roma per l'attivitˆ di arbitro -Escluá sione, 255. -Imposta sul reddito delle persone fisiche ¥ Redditi soggetti a tassazioá ne separata -Compensi percepiti áda arbitro ¥ Esclusione, 255. INDICE ANALITICO-ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA Vll -Imposte sui redditi ¥ Impresa famiá liare ¥ Redditi imputati ai collaboraá tori . Natura ¥. Imposta locale sui redditi ¥ Soggeiioiie ~ Presupposti, 251. TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI -Imposta di bollo á Ricevuta ¥ Nozione ¥ Estratti di conto ¥ Differenza, 274. -Imposta generale sull'entrata -Azioá ne in sede ordinaria á Termini á Aboá lizione del tributo á Eliminazione delle norme sulla tutela giurisdizionale á Esclusione, 278. -Imposta sulle successioni á Deduzione di passivitˆ -Dimostrazione Provvedimenti giurisdizionali ¥ Requisiti, 253. -Imposta s,ul valore aggiunto ¥ Operazioni esenti -Servizi di vigila~ e custodia da parte di guardie giurate -Si estende al trasporto, 271. -Imposte doganali ¥ Incompatibilitˆ con norme comunitarie ¥ Rimborsi ¥ Traslazione dell'onere su altri soggetti -Onere della prova ¥ Art, 29 legge 29 dicembre 1990 n. 428 ¥ Mezzi di prova -Presunzioni ¥ Validitˆ, 249. -Riscossione -Ingiunzione ¥ Motivazione -Necessitˆ -Insufficienza ¥ Nullitˆ dell'ingiunzione, 245. TRIBUTI IN GENERE -Accertamento -Imposte dirette e IVA -Prova -Documenti contabili informali -Presunzione grave precisa e concordante, 276. -Contenzioso tributario ¥ Estinzione del processo ¥ Art. 44 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636 ¥ Iscrizione a ntolo dell'imposta oggetto della controversia . Necessitˆ della preventiva valida notifica dell'ordinanza di estinzione, 261. -Contenzioso tributario á Giurisdizione -Opposizione all'esecuzione Terzo -Privilegio speciale ¥ Contro,-. versia di imposta -Giurisdizione delle commissioni, 263. -Contenzioso tributario ¥ Imposta di registro -áAccertamento ¥ Nullitˆ ¥ Deduzione in primo grado ¥ Necessitˆ, 268. -Contenzioso tributario ¥ Indebito oggettivo -Nozione, 278. -Contenzioso tributario ¥ Ricorso per cassazione contro decisione della commissione centrale á Art. 111 Cost. -Difetto di motivazione á Delimitazione, 248. USI CIVICI -Liquidazione á Giudizio ¥ Iniziativa processuale ¥ Legittimazione del Commissario Non esclusivitˆ á Questione di legittimitˆ costituzionale á Inammissibilitˆ, 159. INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 145 INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 145 Sez. un., 5 aprile 1993, n. 4054 . Sez. I, 24 aprile 1993, n. 4819 á. Sez. I, 27 aprile 1993, n. 4957 )) " È 224 229 268 1¡ aprile 1993, n. 128 1¡ aprile 1993, n. 131 . 1¡ aprile 1993, n. 132 1¡ aprile 1993, n. 133 6 aprile 1993, n. 138 6 aprile 1993, n. 139 5 aprile 1993, n. 142 6 aprile 1993, n. 144 (ord.) 6 aprile 1993, n. 146 (ord.) 27 aprile 1993, n. 196 . 29 aprile 1993, n. 203 . 7 maggio á 1993, n. 224 13 maggio 1993, n. 237 CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITË EUROPEE Sed. Plen., 25 maggio 1983, nella causa C-228/91 ..... 5.a sez., 22 giugno 19~3, nella causa C-222/91 . . . . . . . . áGIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 7 ottobre 1992, n. 10940 Sez. un., 2 dicembre 1992, n. 12871 Sez. I, 11 dicembre 1992, n. 13125 Sez. I, 28 febbraio 1993, n. 2475 . Sez. I, 4 marzo 1993, n. 2631 Sez. I, 12 marzo 1993, n. 3006 Sez. I, 18 marzo 1993, n. 3051 Sez. I, 16 marzo 1993, n. 3125 Sez. I, 23 marzo 1993, n. 3450 . Sez. I, 27 marzo 1993, n. 3729 . Sez. I, 30 marzo 1993, n. 3843 . Sez. Un., 2 aprile 1993, n. 3968 . pag. . )) 152 )) 154 )) 159 )) 162 È 164 È 166 È 167 È 168 È 172 È 176 È 180 È 183 pag. 187 198 pag. 206 È 210 È 217 È 245 È 248 È 249 )) 251 È 253 È 255 È 259 È 261 È 263 INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA Sez. I, 4 maggio 1993, n. 5184. . Sez. I, 13 maggio 1993, n. 5445 Sez. I, 13 maggio 1993, n. 5446 Sez. I, 13 maggio 1993, n. 5454 . Sez. I, 25 maggio 1993, n. 5861 GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE Sez. IV, 22 febbraio 1993, n. 203 Sez. IV, 27 aprile 1993, n. 485 . Sez. IV, 28 maggio 1993, n. 571 . Sez. VI, 28 aprile 1993, n. 311 (ord.) È 271 È 274 È 276 È 276 È 278 pag. 233 È 234 )) 235 È 241 PARTE SECONDA Questioni .... ........................ pag. 31 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE: I -Norme dichiarate incostituzionali .......... . È 61 Ib -Ammissibilitˆ della richiesta di referendum abrogativi È 65 II -Questioni dichiarate non fondate È 65 Consultazioni . . . . . . )) 71 . ~ -~.,,~~ ill,,~f{~===.á0'=á=á==~"='tt,,,,._....~l¥t==,.,.1L,,,,,~)t:t,,,,t:;,,,.r,,,}l':::::,,)::::,,,,)::::.¥8,,,z,,,,,,,,,~====='====~!M~~l,,,~ PARTE PRIMA II,. f. ~ GIURISPRUDENZA tORT1f COSTITUZIñNAtE, l 0 á aprile. 1993 n. 128 .~ áá Pres. Casa vola -Red. ᥥ¥ á:$ˆlcfassnrre ááá~áá .á.á Reg“qile á Lombardia (av'v.¥ á Onida), áRegione Toscana ¥/(aw. .Prdieri) e :Pt~side#t del. c61lsiglicf dei Mi:rlistri (avv. Stato . < z˜~fa). . . . . . ... ... . . ááááá .áá. á¥á Regfow< Finanza rgio11alŽ >1iiterve11ti statali¥ in materia finanziaria -Im . ááááposta di fabbricaiionŽ ¥degli oli mmŽrall ᥠ.. Fondoá comune -Quota di spttamaá~regio1iatŽ¥¥ RidUzione ádŽláfondo eádella quota ¥ Illegittimitˆ costitnzioni,tle ¥¥~áᥠN6n sussiste. á RŽgio!tl /pfuanza.áregionale< IntetvŽntf ¥statalf m materia sanitaria -Maná á ~~taá deterininazforie dei mrelH uiliforiiii di assistenza sanitaria ¥ Po teri regi˜naU~'.E'Sercizicfdeiia autori6irrl:a aimninistrativa e finanziaria áá ᥠLegittimitˆ, ¥ .. (Cost¥;/artti:3; 81) qUartd e quintd ˜mma; 97i 117¥Ef H9;. d.!. lláluglio 1992, conv. con legge <.g agosto 1992 .. n,¥. 359; art. J, terzo coinin11>á Ll legislatore staiate pii˜, nell'ambito di una manovra' di Çtagli)) della spesa pubbtioa delta genŽialitˆ degli enti territotiali, ridurre -an corchŽ nel corso delt'esercitit:> ~gli importi da trasferire alle regioni (1). Noti fondata la questione di legittimitˆ costituzionale dell'art. l, quarto comma; del decreto legge 11 luglio 1992 n. 333 in relazione agli artt. 117.e 119 della Costituzione laddove prevedeá che, in assenza della deterntinazione, dei livelli mimmi di as$i$tenza sanitaria da parte de.l GoVf!.. tnoi intesa con la. ÇCQ1:ifer:ricorrenti; nello stabilire le n˜rme ora precisate, l'art. t; terzo comma; del decretO.legge ll; 333 del 1992 si p˜ne in c˜ntfasto; prima di tutto1 eonl'attl19; secondo e˜mma, della Costituzione, U quale esige che alle regiOru siano attribuite quote di tributi erariali. áPe1tlaá¥Re~one L In secondo liiogo ¥....;:;;¥¥ e questo W:“ profilo¥. sollevato da ambedue le :dco'rrenti 4 rart/t; terttYc˜mnta, deldecreto4eggŽni3331del 1992,ááintefliene“idti ˆ eserdzfo flnanziariO moltrat˜ .per ridurre una .. quota .d'imposta destinata at¥f˜rtd() comtihe;renderebbe¥ Žvid:enteá la mancanza di qttalSiasi nesso della detetiftm~fonŽ della quota stessa con l'effettivo áandamentoá del gett“toáááádŽl soggetti pubblici ..operanti ¥.secondo le .. regole .della programm.azione .(art;3 della Costituzione); . ... .... áá Jnf~/sempre áa .giqdizjQ 4i f,Ui:l!lbedue .le. dcorrenti; la ciji;posizione pJ:!.testata,.!lon ei;~eAl'l9 accompi:igqata eia U1la og.elatiya riciuzione .delle flm,zi.ol'.li p0ste ¥. a ~c9 4elle regiq~h sarebbe les“ya, tanto.. del prillcipio 4ella p;izogi:a,~m~~o1;1e ¥tirianziaria...(art. ll9 c!#lla cps*.,ziop) ciuanto di que]JJ:> del bi~ciq(art. 81, q.artq. omma, della Costituzione), sui ,Pre fu;~~st~áák~g~~.áááJfáá~~~?:ág~t~~~~;f~;ef:ááá¥=tl~tov~'.::lqf;~~~es:~~~ Xl1en{> retrqatti'Vajnente la coperturafinanziaria di U“terventi. giˆ deliberati. .. ..¥. Va }~ggiun.to clie .á 1.a ..¥ Reg!~rie Lombarc;lfa .¥¥ afferma, .nella parte .fi~ale e .riassuritiv~ de(rfoorso, dfdubital"e della. tost“tuzi6hal“tˆ. della disposizione iih1Jtign:afa ~fiche sotto ô prontoá deglial'tt. ô7 Ž 118 dŽlla Costituzione. áM:a áá l?ofohŽ áá su á tau ácensure non si riscontraáá alcuno .. ásvolgimento argomentativo negli atti difensivi ¥della Regione, ilrieorso, pr la parte che le riguarda, va dfohiarato iriafu“i:iissibile per caren:ta assoluta di inotivazfone (v., da ult:hnb, la sent; n. 343 dl 1991). Le questfoni di legittimitˆ costituzionale sollevate dalle ricorrenti nei confronti dell'art. 1; terzo comma, del decreto-legge n. 333 del 1992 per viollitzi˜ne dell'art. 119, secondo comma, della Costituzione non sono fondate. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Ai sensi dell'art. 8 della legge 16 maggio 1970, n. 281 (Provvedimenti finanziari per l'attuazione delle regioni a statuto ordinario), l'ammontare del fondp comune ivi previsto commisurato al gettito annuale delle quote dei tributi erariali indicate nello stesso articolo, fra le quali ricompresa una quota dell'imposta di fabbricazione sugli oli minerali, sui loro derivati e sui prodotti analogfii (lettera a). Dal 1982, cio da quando ha cessato di avere applicazione la legge 10 maggio 1976, n. 356, la determinazione delle risorse da devolvere al fondo comune ai sensi del ricordato art. 8 avviene di anno in anno, generalmente ad opera della legge finanziaria, secondo un sistema per il quale l'ammontare del fondo stesso stato commisurato all'entitˆ fissata per l'anno precedente, maggiorata, almeno in via tendenziale, di un importo pari al tasso programmato á di inflazione. Sebbene, nel corso degli anni successivi, siano confluiti nel fondo comune Va["i altri finanziamenti iscritti per l'innanzi ID diversi capitoli del bilancio statale (ad esempio, fondi per gli asili nido, per ~ consultori familiari, per l'Onmi) e sebbene lo stesso fondo subisca annualmente aggiustamenti o arrotondamenti, la base storica dell'ancoraggio del fondo medesimo a quote di tributi erariali stata mantenuta nella sostanza. E, anche se il sistema adottato rappresenta una soltanto delle possibilitˆ attuative dell'art. 119, secondo comma, della Costituzione poste a disposizione del legislatore nell'.esercizio della sua discrezionalitˆ politica di interpretazione delle norme costituzionali, non si pu˜ dire che, per l'aspetto considerato, il sistema di determinazione degli áapporti al fondo comune risulti obiettivamente disancorato del tutto dall'ammontare del gettito annuale riferibile alle quote di tributi erariali indicate dalla legge e debba, pertanto, esser dichiarato contrario alla Costituzione. Nel ridurre la quota dell'imposta di áfabbricazione sugli oli minerali e sui loro derivati e prodotti analoghi da devolvere al fondo comune dall'll,678 per cento al 10,50 per cento e nel determinare, conseguenzialmente, l'ammontare globale del fondo per il 1992 da 6.957 miliardi di lire a 6.632 miliardi di lire, la disposizione impugnata si uniforma al sistema di determinazione seguito da pi di un decennio per la definizione delle quote di tributi erariali destinate al fondo comune. Pi precisamente, la percentuale ridotta del 10,50 perá. cento stata applicata all'ammontare dei versamenti di due anni prima relativi all'imposta sugli oli minerali e sui loro derivati e prodotti analoghi, ai sensi dell'art. 8, secondo comma, della legge n. 281 del 197,0, e la conseguente riduzione della quota di tributo erariale da destinare al finanziamento delle funzioni regionali stata, poi, calcolata sull'entitˆ complessiva del. fondo comune giˆ definita per il 1992 allo scopo di rideterminare la cifra globale. In altri termini, la vicenda oggetto della presente impugnazione non sostanzialmente diversa, sotto il profilo ora considerato, da quella giudicata non contraria all'art. 119 della Costituzione con la sentenza ~! ~ ~; I f: % r; PARm I, SEZ. I; GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE n. 382 del 1990, trattandosi in questo caso, come in quello, della riduzione in termini percentuali della quota di un tributo erariale da devolvere al fondo comune, con conseguente rideterminazione dell'ammontare globale del fondo stesso per l'anno cui si riferisce la predetta riduzione. Laá conclusione diá non fondatezza¥á non pu˜ ¥ essere modificata dalla consideraziOn.e della cir<:ostanza aggiitl'J.tiva -sulla quale insistono molto le Hcorrenti ........ concernente il fatto che l'intervent˜ del legislatore statale diretto a ridurre la quota da evolvere al fondo comune stato posto in ess.ere nel corso dello stesso anno finanziario cui si riferisce la decurtazione adottata. In proposit˜ opportuno precisare che questa Corte ben consapevole di aver afferill.ato in recenti pronunzie (v. sentt. nn. 98 e 116 del 1991; v; anche sentt. 283 del 1991 e>356 del 1992) che l'autonomia finanziada garantita alle regioni dall'art. 119 della Costituzione risulta indubbiamente violata quando il legislatore statale,. intervenendo nel corso di sv˜lgimento dell'esercizio finanziario. di un certo anno, procede alla riduzione di somme giˆ trasferite alle regioni e da queste legittimamente iinpegnate o . spese mediante decisioni adottate nell'ambiti> dello stesso esercizio finanziario (o, a.dd“rittura, di¥ esercizi precedenti). La stessa Corte ha, anzi, precisato in quelle occasioni che una riduzione di risorse disposta¥ ánel . modo áindicato .á non pu˜ non determinare uno squilibrio i1ella sfera di autonomia finanziaria costituzionalmente assicurata alle regioni e, quindi, nei confronti di una corretta attivitˆ di bilancio, dovuto alla possibile interferenza di quegli interventi sui programmi di spesa. giˆ .adottati e in corso di svolgimento~ Tuttavia, occorre sottolineare che la questione sottoposta allaá Corte nell'attuale giudizio presenta particolaritˆ tali che non ne permette l'assimilazione ai casi precedentemente giudicati. La pi importante:á differenza risiede nel fatto che la disposizione ora impugnata non contiene un interventoá mirato al solo contenimento delle spese regionali, ma prevede una manovra complessiva diretta a imporre un taglio generalizzato della spesa amministrata da tutti gli enti territoriali, al fine di coinvolgere questi ultimi, senza eccezione alcuna; nella difficile. opera di risanamento dei conti pubblici. Pi precisamente, mentre l'art. 1, terzo comma, del decreto-legge n. 333 del 1992 provvede alla riduzione del 5 per cento deláfondo comune destinato alle spese per il normale funzionamento delle regioni a. statuto ordinario, il comma precedente dello stesso articolo stabilisce un'identica detrazione riguardo ai finanziamenti a favore delle province e dei comuni. Nello stesso tempo, gli artt. 3 e 4 del medesimo decreto-legge intervengono sulla spesa dello Stato operando un taglio di 1.500 miliardi di lire sul bilancio della difesa per l'anno 1992, oltrechŽ stabilendo, sempre per lo stesso .anno, il blocco della facoltˆ di impegnare somme per determi 150 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO nate spese e la destinazione ad economie di bilancio delle quote dei fondi globali non utilizzate alla data di entrata in vigore del decretolegge medesimo. In definitiva, quella ora in considerazione una manovra finanziaria di carattere generale, diretta a far fronte a una situazione di emergenza del disavanzo nel settore pubblico allargato, che, 150 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO nate spese e la destinazione ad economie di bilancio delle quote dei fondi globali non utilizzate alla data di entrata in vigore del decretolegge medesimo. In definitiva, quella ora in considerazione una manovra finanziaria di carattere generale, diretta a far fronte a una situazione di emergenza del disavanzo nel settore pubblico allargato, che, perci˜ stesso, richiede un impegno solidale di tutti gli enti territoriali erogatori di spesa, di fronte al quale la garanzia costituzionale dell'autonomia finanziaria delle regioni non pu˜ fungere da impropria giustificazione per una singolare esenzione. Inoltre, non neppure priva di rilievo la circostanza che, a differenza dei casi precedenti, la riduzione ora contestata non concerne il finanziamento di un determinato settore o di una individuata erogazione, ma attiene a un fondo destinato a finanziare le spese correnti delle regioni a statuto ordinario (artt. 1 e 2 della legge 14 giugno 1990, n. 158). La commisurazione dell'oggetto della decurtazione operata ad un fondo destinato a finanziare tutte le spese correnti -al cui interno, oltre a voci non comprimibili (ad esempio: salari, stipendi, affitti), sono ricomprese. anche spese suscettibili di graduazione in relazione all'entitˆ delle somme disponibili (ad esempio: acquisiti di forniture, decisioni di nuove assunzioni, svolgimento di missioni o di straordinari) -e, conseguentemente, la relativa ampiezza dello spettro delle voci di spesa toccato dalla disposizione impugnata, lasciano alle singole regioni un margine sufficiente per poter adeguare gradualmente, nel corso dello stesso anno, le necessarie misure di contenimento della spesa ai nuovi livelli di disponibilitˆ finanziarie, senza il minimo rischio che la riduzione imposta possa determinare una paralisi o un serio intralcio nell'espletamento delle funzioni regionali. E ci˜ vale tanto pi se si considera che il taglio dei finanziamenti disposto dalla norma contestata, non riguardando spese destinate allo sviluppo, bens“ spese dirette al normale funzionamento (sulla diversa rilevanza di tali spese nell'ambito di manovre di contenimento, v. sent. n. 476 del 1991, nonchŽ sent. n. 307 del 1983), non pu˜ comportare alcuna interferenza sulla programmazione degli interá venti regionali o su una corretta attivitˆ di bilancio, nŽ alcuna alterazione degli impegni di spesa legittimamente assunti. Le considerazioni svolte nei due punti immediatamente precedenti conducono a rigettare anche le censure proposte dalle ricorrenti sotto gli ulteriori profili prima indicati. In particolare, deve assolutamente escludersi una lesione dell'art. 81, quarto comma, della Costituzione, lamentata da ambedue le ricorrenti, per il fatto che l'intervento contestato non produce alcuna modificazione nei compiti addossati sulle regioni ovvero negli oneri di gestione delle funzioni preesistenti. NŽ possibHe ipotizzare fondatamente una violazione del principio di ragionevolezza o dell'esigenza che i rapporti tra i soggetti pubblici siano PARTE I, SEZ. I, GIURISPRWENZA QST:i:TUZIONALE improntat,i al criterioá del1'affi4amento reciproco, poichŽ; per ile ragioni svolte nei punti precedenti, Ia riduzione della quota del tributo erariale disposta con Ja norma contestata ri.conducibile a un non irragionevole esercizio del potere. di coorciinament9 c:l1e l'art. 119,á.primo c:omma, della C!Rstituzi<;1ne assegna al legialatore stata,le. nel rispetto dell'autonomia finanziaria regionale. Come questa Corte ha giˆ affermato (v. sent. n. 356 del1992);rientra in un..corretto esei::cizio di quel potere la considerazione che il trasferimento delle risorse finanziarie alle regioni o una riduzione de.Ila clisponibilitˆ delle stesse da parte delle iregioni medesime non possano prescindere dai limiti .di com,patibilitˆ con i .. vincoli generali collegati .lillle¥: complessive es~gen,ze .della .finanza. pubblica. Non .fond,ate sono anche. le. questioni di legittimitˆ costituzionale che ambedue le ricorren,ti hanno sollevato, in riferimento agli stessi parametri invocati perla prececlente q.estione, nei confronti dell'art. l, quarto comma, dtlldecretcrlegge n, .333 del .1992. Secondo 1aá.ádisposizione impugnata, Ç le Jnisure . previste dall'art. 4, c:oJnma 5, dtllla legge 30 dicem\>re 1991, n. 412, si applicano, per l'anno 1992, ancne in . aiis.enza dei livelli obbligatori uniformi di assistenza di cui al comma l dello stesso 1:1.rtic:olo È. :Per comprendere esattamente il senso di tale .disposizione, occorre ricordare .che l'art. 4, primo comma, .della legge n. 412 del 1991áprevede che ii Governo, d'intesa con la Ç conferenza Stat;), dei livelli obbligatori uniformi di assistenza. Contrariamente a quanto¥ suppongono le ricorrenti, pertanto, la disposizione impugnata non stabilisce alcunchŽ sul ripiano dell'eventuale maggior spesa sanitaria rispetto agli stanziamenti del fondo nazionale. E questa interpretazione trae un'agevole ¥ conferma dall'art. 2 del decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 9, convertito dalla legge 18 marzo 1993, il. 67, il quale diretto a regolare il suddetto ripiano prevedendone la copertura con oneri posti a carico dello Stato. (omissis) CORTE. COSTITUZIONALE, 1¡ aprile 1993 n. 131 -Pres. Casavola -Red. á Mirabell“ -Campus ed altriáá e Presidente del Consiglio dei Ministri (avv. Stato Ferri). Lavoro . Assunzioni obbligatorie ¥ Violazione delle norme sulle modalitˆ di assunzione ¥ Contravvenzione ¥ Definizione amministrativa á Azione penale ¥ Sospensione obbligatoria ¥ Inapplicabilitˆ ¥ Legittimitˆ co stituzionale. (Cost., art. 112; L. 2 aprile 1968, n. 482 art. 24) . Non fondata la questione di legittimitˆ costituzionale dell'art. 24 della legge 2 aprile 1968 n. 482 (disciplina generale delle assunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende private), in riferimento all'art. 112 Cost., non ricorrendo nella fattispecie un'ipotesi di sospensione necessaria del procedimento penale e non essendo, quindi, sospeso indefinitamente l'esercizio (obbligatorio) dell'azione penale. La questione di legittimitˆ costituzionale sottoposta all'esame della Corte concerne l'art. 24 della legge 2 aprile 1968, n. 482, inserito nel conte PARTE l; SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 153 sto della disciplina generale: delle assunzioni obbligatorie di persone delle categorie svantaggiate: invalidi di guerra, per servizio, del lavoro,. civili, ciechi, sordomuti, orfani e vedove di caduti, .ex tubercolot“ci;'profughi. Tale disposizione prevede la possibilitˆ di definire in via amministrativa le .contravvenzioni ¥all'obbligo: ááe¥alle modalitˆ di assunzione degli ¥aventi diritto, delineando¥á¥ la.á relativa '.procedura. I verbali di ce>ntravvenzione sonoá rimessi al Prefetto. Questi; sentito il ¥parere della . commissione provinciale per il collocamento obbligtttorio, determina !!ammontare della somma dovuta dal contravventore; il quale pu˜ effettuare il relativo versamento entro¥ quindici giorni dalla comunicazione; In mancanza, il verbale¥¥di contravvenzione trasmesso all'autoritˆ: 1 giudiziaria entro sessanta giorni. á á á. Il giudice per le indagirii preliminari della Pretura di Pescara, seguendo la giurisprudenza domiriante, ritiene che la procedura di definizione amministrativa delle contravvenzioni non sia dl ostaŽ˜lo all'inizio ed allaá prosecuzione dell'azione penale, ma che il processo debba essere sospeso; perchŽ l'oblazione amministrativa produce l'estinzione del reato. Se tale procedura si protrae per un tempo indefinito .._, come nei casi sottoposti al suo giudizio, nei quali la commissione provinciale per il collocamento obbligatorio non aveva emesso il proprio parere -l'azione penale resterebbeáás˜spesa ¥senza alcun. termine, .determinando, ad avviso del giudice rimettente~á un . contrasto con l'art. 112 della Costituzione. La questione prospettata attiene, ad avviso del giudice rimettente, all'esercizio dell'azione penale, in ragione della asserita sospensione senza termine del processo, in attesa della conclusione del procedimento di definiziOne ammiri“strativa ¥ delle ¥á corttrawenzioni.. iná. materia di collocamento obbligatorio di categorie protette. Essendo obbligatorio il parere della commissione provinciale per il collocamento, áprevisto dall'art. 24 della legge n.482 del 1968, la omessa riunione di ta,le commissione e di onseguenzala maJ:J.cata determinazione da parte del Prefetto della som.ia dovuta dal contravventore protrarrebbero senza limite, ad avviso del giudice rimettente, la sospensione del. processo penale. Questa conclusione presuppone non solo, seguendo la interpretazione gim;isprudenziale dominante, che. il.contravventore abbia diritto a vedere attivat~, la prñcedura di defin~i~ne ammini11trativa (a tal fine l'art. 24 della legge n.482 d~l 1968 espress11me:pJe prevede che i verbi;i.li. di denuncia siano rimessi al Prefetto della Provincia), ma anche che non siano legislativamente prefissati tempi certi .per la conclusione di tale procedura. La . seconda . premessa, che .assume indefinita la durata. della procedura amministrativa e quindiá della sospen$ione del processo penale, non esatta. Le norme in materia di procedimento amministrativo, che hanno portata generale; prevedono che l'amministrazione (in questo caso il Prefetto) ha il dovere di concludere ciascun tipo di procedimento nei termini disposti per legge o per regolamep.to (art. 2 della legge 7 agosto _IJ._..__ 1S4 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 1990, n. 241). Proprio l'art. 24 della legge n. 482 del 1968 determina, per la definizione amministrativa delle contravvenzioni in materia di assunzioni obbligatorie, una successione concatenata e vincolante di termini per l'adozione del provvedimento prefettizio: entro 15 giorni dalla ricezione dei verbali di contravvenzione fissata la somma dovuta dal con1S4 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 1990, n. 241). Proprio l'art. 24 della legge n. 482 del 1968 determina, per la definizione amministrativa delle contravvenzioni in materia di assunzioni obbligatorie, una successione concatenata e vincolante di termini per l'adozione del provvedimento prefettizio: entro 15 giorni dalla ricezione dei verbali di contravvenzione fissata la somma dovuta dal contravventore; entro 15 giorni dalla comunicazione della decisione prefettizia deve essere effettuato il pagamento; in mancanza, entro sessanta giorni il verbale trasmesso all'autoritˆ giudiziaria. In ogni caso il procedimento penale inizia o prosegue entro i ristrettissimi tempi cos“ indicati. NŽ pu˜ essere attribuita efficacia ostativa al mancato parere della commissione provinciale per il collocamento, giacchŽ, se questo organo non si pronuncia entro il termine fissato dalla legge, il Prefetto, in base alle norme comuni in materia di procedimento amministrativo (art. 16 della legge n. 241 del 1990), pu˜ e deve provvedere indipendentemente dall'acquisizione del parere. Non sussiste, pertanto, l'ostacolo all'esercizio dell'azione penale prospettato dal giudice rimettente: la questione di legittimitˆ costituzionale quindi infondata. CORTE COSTITUZIONALE, 1¡ aprile 1993 n. 132 -Pres. Casavola -:-Red. Baldassarre -Regione Veneto (avv. Bertolissi e Manzi), Regione Toscana (avv. Predieri), Regione Umbria (avv. Pedetta), Liguria (avv. Zanchini) e Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Zotta). Regioni -Richiesta di accreditamento di fondi di pertinenza regionale ¥ Rifiuto dello Stato od erogazione di somme inferiori a quelle richieá ste á Illegittimitˆ ¥ Lo Stato non pu˜ rifiutare di accreditare, presso le tesorerie regionali, somme in deposito nei conti correnti intestati alle singole regioni presso la tesoreria centrale, ovvero accreditarle per un importo inferiore a quello richiesto dalle regioni stesse (1). Le Regioni Veneto, Toscana, Umbria e Liguria hanno presentato distinti ricorsi per conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione a varie note o vaglia del Ministro del Tesoro -emessi rispetti (1) La Corte costituzionale si pronunziata pi volte in merito al proá blema dei rapporti tra Stato e Regioni in materia finanziaria, affermando costantemente la sussistenza dei poteri statali di coordinamento ex art. 119 Cost., tali da giustificare interventi statali di notevole rilievo (v., fra le tante, Corte Cost. 29 ottobre 1985 n. 243, in Foro it., 1986, I, 1235; Corte Cost. 2 marzo 1987 n. 61, in Foro it. 1987, I, 2664). Peraltro, il sistema della tesoreria unica si basa sulla pronta ed incondizionata messa a disposizione delle Regioni delle somme di loro pertinenza da esse legittimamente richieste. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE vamente in data 8 febbraio 1992, 8, 15 e 22 giugno 1992, nonchŽ in data 20 agosto 1992 -con i quali sono state accreditate alle regioni somme minori di quelle richieste ai sensi dell'art. 2 della legge 29 ottobre 1984, n. 720 (istituzione del sistema di tesoreria unica per enti ed organismi pubblici) e dell'art. 40 della legge 30 marzo 1981, n. 119 (legge finanziaria per il 1981). Secondo le ricorrenti, i minori accreditamenti di somme rispetto a quelli da ciascuna richiesti, ai sensi delle norme di legge appena richiamate; violerebbero l'autonomia finanziaria regionale garantita dall'art. 119 della Costituzione, nonchŽ gli artt. 117 e 118 della Costituzione e, secondo la Regione Toscana, anche l'art. 97 della Costituzione. PoichŽ i ricorsi sollevano profili identici o strettamente connessi, i relativi giudizi possono essere riuniti e decisi con un'unica sentenza. 11 Presidente del Consiglio dei ministri ha preliminarmente presentato un'eccezione di inammissibilitˆ nei confronti del ricorso depositato dalla Regione Veneto, Žhe, tuttavia, non pu˜ essere accolta. Secondo l'Avvocatura dello Stato, l'atto impugnato, vale a dire la lettera del Ministro del tesoro in data 8 febbraio 1992, non conterrebbe, innanzituttb, alcuna affermazione, neppure implicita, del potere del Ministro di determinare l'importo dell'accredito alla regione in misura inferiore a quella richiesta áe non avrebbe, inoltre, un carattere invasivo, sia perchŽ non pretenderebbe di esercitare alcuna attribuzione di spettanza regionale, sia perchŽ enuncerebbe, átutt'al pi, una mera affermazione di principio in relazione alla quale potrebbe darsi una pronunzia con effetti meramenteá dichiarativi, e non giˆ la risoluzione di un conflitto reale. La vicenda che ha dato luogo al conflitto di attribuzione in esame iniziata con una lettera inviata il 14 gennaio 1992 dal Presidente della Regione Veneto al Ministro del tesoro, con la quale, dopo aver fatto presente che nel 1991 árisultavano emessi dalla tesoreria centrale mandati di pagamento a favore della Regione stessa del valore complessivo di 128 miliardi di lire a fronte di oltre Ç 116 miliardi di sofferenzaÈ e che Çaccreditate informative hanno consentito di accertare (che) potrebbe essere disponibile forse appena 1/7 dell'indiSpensabile È, la Regione concludeva domandando al Ministro di Ç voler intervenire affinchŽ siano rispettate integralmente le necessitˆ di questa RegioneÈ, segnatamente affinchŽ siano soddisfatte per intero le Ç necessitˆ improcrastinabili di 244 miliardiÈ. In data 8 febbraio 1992, il Ministro del tesoro ha risposto inviando una lettera -quella che ha innescato il presente conflitto di attribuzione -con la quale, preso atto delle preoccupazioni manifestate dalla Regione a proposito dell'integrale accreditamento dei 244 miliardi di lire richiesti, fa presente che Ç nel corrente mese di gennaio la Regione Veneto ha inoltrato due richieste di prelevamento fondi, rispettivamente per lire 97 miliardi con nota 3-1-1992 e per lire 81 miliardi con 156 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO nota del 15-H992, entrambe evase per l'intero importo in data 9 gennaio e in data 20 gennaio e.a. È, Dalla corrispondenza intercorsa risulta chiaramente che, di fronte alla Regione Veneto che denunzia il parziale accreditamento dei fondi richiesti e domanda al Ministro del tesoro di intervenire per sanare l'anomala situazione, il Ministro stesso, dimostrando di essere a conoscenza che l'integrale richiesta della Regione assommava a 244 miliardi di lire, si limita a replicare che le richieste del mese precedente, concernenti in complesso 178 miliardi di lire, erano state integralmente soddisfatte. La risposta sostanzialmente evasiva del Ministro induce a individuare nell'atto impugnato la manifestazione di un'intenzione e di un comportamento concludente diretti sostanzialmente a negare il soddisfacimento integrale delle richieste formulate dalla Regione Veneto in ordine all'accreditamento di 244 miliardi di lire. Queste considerazioni portano a escludere la fondatezza della supposizione, avanzata dall;Avvocatura dello Stato, concernente il preteso carattere ipotetico o congetturale del conflitto. Nel caso, anche se non si versaá in un'ipotesi di vindicatio potestatis, si ha un atto potenzialmente lesivo dell'autonomia finanziaria garantita alle regioni dall'art. 119 della Costituzione, per effetto di un comportamento dello Stato che si assume contrario alle leggi e produttivo di turbativa nei confronti dell'esercizio del potere della regione relativo alla corretta e legittima gestione delle proprie risorse finanziarie. I ricorsi vanno accolti. A norma dell'art. 40, primo comma, della legge 30 marzo 1981, n. 119 (legge finanziaria per il 1981), la cui applicabilitˆ stata estesa alle regioni dall'art. 2, primo comma, della legge 29 ottobre 1984, n.. 720 (istituzione del sistema di tesoreria unica per enti ed_ organismi pubblici), le regioni non possono mantenere disponibilitˆ depositate a qualunque titolo presso le aziende di credito fungenti da tesorieri (ai sensi dell'art. 5 del regio decreto-legge 12 marzo 1936, n. 375, e successive modificazioni) per un importo superiore al 3 per cento dell'ammontare delle entrate previste dal bilancio di competenza delle regioni medesime (salve alcune voci che, ai fini della presente decisione, non hanno alcuna rilevanza). Sempre a norma dell'art. 40, primo comá ma, appena citato, ove le disponibilitˆ regionali giacenti presso le aziende di credito tesorieri superino il suddetto limite del 3 per cento (il cui importo in cifra comunicato al proprio tesoriere dal presidente della regione interessata), sulle disponibilitˆ eccedenti posto a carico delle aziende di credito un interesse pari al tasso ufficiale di sconto aumentato di quattro punti, da versare al bilancio dello Stato. Ai sensi del comma quarto dello stesso art. 40, poi, le assegnazioni, i contributi e quant'altro proveniente dal bi:lancio dello Stato, dovuti alle regioni, affluiscono in conti a queste ultime intestati presso le tesore .de dello Stato. In base al comma successivo, infine, le regioni possono PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE operare prelevamenti sui conti a loro intestati a condizione, per˜, che rispettino con regolaritˆ l'onere di comunicare al Ministro del tesoro, all'inizio di ogni trimestre, un preventivo di cassa relativo al trimestre stesso. Sin dalla sentenza n. 162 del 1982, questa Corte, con orientamento costante (v., anche sentt. nn. 243 del 1985 e 61 del 1987, nonchŽ ord. n. 759 del 1988), ha affermato che la ratio del complesso di norme ora ricordato quella di consentire allo Stato, in riferimento a un interesse dell'intera comunitˆ nazionale, il controllo deHa liquiditˆ e la disciplina dei relativi flussi monetari e, in particolare, di evitare che somme reperite dallo Stato attraverso il ricorso al mercato finanziario e comportanti, pertanto, il pagamento di onerosi interessi da parte dello Stato stesso, finiscano per giacere presso i tesorieri regionali, dando cosi vita a una produzione di interessi a favore delle regioni scaturente, in definitiva, da erogazioni di somme prese a prestito dallo Stato. Questo circolo vizioso delle finanze pubbliche impedito dal Çsistema della tesoreria unicaÈ, il quale, per riprendere valutazioni giˆ espresse da questa Corte nelle decisioni precedentemente ricordate, ispirato alla Ç esigenza fondamentale per lo Stato (di) limitare l'onere derivante dalla provvista anticipata dei fondi rispetto all'effettiva capacitˆ di spesa degli enti (regionali) È. Tale esigenza e le norme di legge che ad essa si ispirano sono, dunque espressione del potere di coordinamento della finanza regionale con quella nazionale e degli enti locali, che l'art. 119 della Costituzione attribuisce allo Stato. Tuttavia, questa stessa Corte ha sempre precisato che il corretto esercizio di tale potere, se consente allo Stato di regolare l'accreditamento dei fondi di pertinenza delle regioni in modo da permettere la giacenza presso i rispettivi tesorieri soltanto entro un certo limite (fissato dal legislatore statale, secondo una non irragionevole valutazione discrezionale al 3 per cento delle entrate complessive previste nel bilancio di competenza) e soltanto quando le regioni decidano di doversene effettivamente servire per l'espletamento delle proprie funzioni, nello stesso tempo preclude allo Stato medesimo di trasformare l'amministrazione dei conti correnti intestati alle regioni presso la tesoreria centrale in un anomalo strumento di controllo sulla gestione finanziaria regionale (v. sentt. nn. 155 del 1977, 94 del 1981, 307 del 1983, 61 del 1987 e 742 del 1988). Infatti, la garanzia apprestata a favore delle regioni dall'art. 119 della Costituzione in ordine all'autonomia di gestione delle proprie risorse finanziarie non consente allo Stato di disporre di somme -che, anche se depositate presso la tesoreria centrale, restano pur sempre di pertinenza regionale -in modo da precludere od ostacolare l'integrale utilizzabilitˆ da parte delle regioni dei fondi loro spettanti per l'adempimento dei propri compiti istituzionali, semprechŽ, ovviamente, il prelevamento sia richiesto nelle forme, entro la misura e secondo le modalitˆ e i tempi fissati nelle 1$8 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO leggi statali sulla finanza regionale (v. sentt. nn. 155 del 1977, 94 del 1981, 162 del 1982, 307 del 1983, 243 e 244 del 1985, 742 del 1988, 24 del 1991). Del resto, se l'entitˆ e i ritmi di accreditamento dei fondi di pertinenza regionale dalla tesoreria centrale alle tesorerie operanti presso le singole regioni non dovessero corrispondere alle esigenze di spesa effettive e immediate, legittimamente accertate e valutate dai competenti organi delle regioni interessate, diventerebbe concreto il pericolo di un disavanzo, se non proprio di un vuoto, di cassa rispetto all'indicato fabbisogno finanziario. Con la conseguenza, giˆ rilevata in passato da questa Corte (v., sent. n. 243 del 1985), che per tal via si rischierebbe di causare, in difformitˆ con il principio del buon andamento dell'amministrazione e con una corretta gestione del denaro della collettivitˆ, un aggravamento dell'esposizione debitoria complessiva del settore pubblico allargato, considerato che nel caso ipotizzato le regioni sal:'ebbero indotte a procurarsi i fondi necessari per lo svolgimento delle proprie funzioni, rifiutati o non rricevuti tempestivamente dallo Stato, mediante onerose anticipazioni di cassa. Applicando i principi affermati da tempo nelle decisioni di questa Corte non pu˜ non dichiararsi la fondatezza dei distinti ricorsi presentati dalle Regioni Veneto, Liguria, Toscana ed Umbria e riconoscere l'illegittima interferenza che gli atti impugnati hanno prodotto sulla potestˆ di gestire autonomamente le proprie risorse finanziarie garantita alle regioni a statuto ordinario dall'art. 119 della Costituzione. Premesso che tutte le richieste di accreditamento formulate dalle ricorrenti si sono mantenute nel limite. del 3 per cento delle entrate complessive previste nel bilancio di competenza e che le stesse sono state precedute dalle comunicazioni delle regioni interessate relative ai preventivi di cassa trimestrali, in conformitˆ a quanto prescritto dall'art. 40 della legge n. 119 del 1981, testualmente provato che per ciascuna delle ricorrenti la tesoreria centrale ha provveduto ad accreditare una somma complessivamente inferiore a quella legittimamente richiesta. Nel caso della Regione Veneto, infatti, a fronte di richieste ammontanti a 244 miliardi di lire sono stati emessi mandati di pagamento per un valore complessivo di 128 miliardi di lire. Analogamente, fa tesoreria centrale ha corrisposto alla Regione Toscana accreditamenti globalmente assommanti a 200 miliardi di lire dietro richiesta di 234 miliardi e 300 milioni di lire. Anche la Regione Umbria ha beneficiato di accrediti del valore complessivo di 60 miliardi di lire dopo che aveva domandato prelievi ammontanti globalmente a 88 miliardi e 423 milioni di lire. Infine, nel caso della Regione Liguria, alla richiesta di prelevare 38 miliardi e 100 milioni di lire la tesoreria centrale ha risposto con un mandato di pagamento del valore di 20 miliardi di lire. Non v' dubbio, dunque, che, atteso che il Ministro del tesoro, in qualitˆ di detentore di conti correnti infruttiferi intestati alle singole regioni, PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 159 non ha alcun potere di sindacare la fondatezza e la congruitˆ delle richieste regionali formulate in conformitˆ alle norme sulla tesoreria unica, in nessun caso si sia realizzata quella Çpiena e pronta disponibilitˆ È delle somme di pertinenza regionale giacenti nella tesoreria centrale, alla quale la giurisprudenza di questa Corte condiziona, in ipotesi, la mancanza di menomazione della garanzia dell'autonomia finanziaria assicurata aille, vegio11i dall'art. 119 della Costituzione. CORTE COSTITUZIONA.LE, 1¡ aprile 1993., n 133 -Pres. Casavola -Red. Mengoni. -Co;munitˆ montana della Maielletta, Condominio Altair c. Presidente del Consiglio dei Ministri (avv. Stato Favara). Usi civici -Liquidazion.e . Giudizio -Iniziativa processuale á Legittimazione del Commissario -NUe al p.erio9,o precedente la data di en,traw i11 :vigwe: ciel~a n.qvll,)egge:, ¥ e pr:e,cisa:tnente .il . perio9.q $1 6 aprile 1~68 al 12 g(:nnaio 1977. .J:i.re la terza eccezione ¥ il).fondata perchŽ l;ajt~rpa,~~ya . fqrm.la,ta, .. nel ..á. dispositivo.. lell'oi:C1ina11za, I'.ettamente inter-. pretata, prqspetta, un:;ise;ntenza.1Ileralllente: caduca,toria. Dal giudice rirnettente il criterio di determinazion.e dell'mdennitˆ di asservimento indicato ádalla disp~sizione .impugnata ritenuto inadeguato a garantire un Ç serio ristoro È quando la servit militare colpisca un terreno dotato di Çimmediata attitudine edificatoria>>, come accade nel cˆs˜ dispeeie; in cui -secortdo quanto si legge nella sentenza della Corte di cassazforiŽ n. 1549 del 1988; pronunciata (cori rinvio) nel processo a quo -Çi vincoli imposti dall'autoritˆ militare vengono a incidere sulla giˆ maturata :.ˆppe:tibilitˆ del terreno; sul mercato imiilobiliare, non tome forido agricolo, ma quale bene dotato di Un pi elevato valore di scambio perchŽ destinato all'urbanizzazione '" Se cos“ áá.i:.. e lo dimostra il risultato del calcolo operat˜ dal giudice a quo ;;.:.;:,. il detto criterio deve considerarsi inadeguato in generale, potendo dirsi adeguato solo un criterio che, presupposta la c.ortetteza delle stimŽ che forniscono i coefficienti di calcolb, determini in ogni caso un equo indennizzo della perdita á pˆtrii:n.onialŽ áá st.lbita daláá proprietari.O. Petci˜ l'ˆlterriativa prospettata nell'ordinanza di rimessione, senza aktiria spŽtificaziorie cli Žoritenufo, non pu˜ essere intesa nel senso di una disgiunfjva inclusiva, cio in áfunzione di una sentenza aggiuntiva a“ criterio previsto dalla legge di un altro criterio, la scelta del quale sarebbe d~:nessa al. giudice quando i1 primo si rivelasse inadguato. Essa vˆ interpretata, piuttosto, con“Ž disgi.riHvˆ esclusiva rivolta a una sentenza caducatoria, per effetto della quale si ripristinerebbe, per tutto il/period˜ indicato dall'art. 14, seŽondo coninia, della legge n. 898 del! " 1976, la regola di calcol˜ dell'indennizzo desumibile dalla legge generale del 1865, alla quale si riferita la giurisprudenza dopo la sentenza n. 6 del 1966. Precisata nei termini ora detti, la questione fondata. PoichŽ l'imposizione di una s~rvit militare configura un caso analogo a quelio dell'occupˆzione parziale e temporanea del fondo, il giudizio di. congruitˆ dell'indennizzo non. pu˜ prescindere dal parametro dŽl Ç giusto prezzo È risultante dagli artt. 40 e 68 della legge n. 2359 del 1865. Si tratta appunto di un parametro, non di un termine vincolante .di esatta commisurazione (cfr .. sentenze nn; 216 del 1990, 55.0 e 1022 del 1988, 138 del 1977): il legislatore .rimane libero di ado.ttare criteri 164 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO pi o meno automatici di determinazione dell'indennizzo, per esempio rapportandolo al valore catastale dell'immobile (risultante dalla moltiplicazione del reddito dominicale rivalutato per un certo coefficiente), oppure alla media, eventualmente corretta, del valore venale col reddito: dominicale rivalutato (cfr. art. 5-bis del d.l. 11 luglio 1992, n. 333, coi.riieftifo nella legge 8 agosto 1992, n. 359), sempre che le tariffe d'estimo siano stabiliteá in xriisl.lfa tale da produrre 1.ln risultato che, confrontato con quel parametro e tenuto conto degli interessi generali sottesi al provvedimento espropriativo, possa considerarsi equo. CORTE COSTITUZIONALE, 6 aprile 1993 n. 139 -Pres. Casavola -Rel. Cheli -Mele e Presidente del Consiglio dei Ministri (n.c.). Acque ¥ Acque destinate al consumo umano ¥ Analisi non revisionabili Avviso all'interesl!ato del compimento delle analisi -Mancata previá sione á Iucostituzionalitˆ. (Cost. art, ;?4; D.P.R. ;?4 maggio 1988, n.¥ 236, art. 12). é illegittimo, per violazione dell'art. 24 della Costituzione, l'art. 12 del D.P.R 24 maggio 1988 n. 236 (attuazione della direttiva CEE n. 80/778, concernente la qualitˆ delle acque destinate al consumo umano, ai sensi dell'art. 15 della legge 16 aprile 1987 n. 183), nella parte in cui non prevede che, in caso di analisi di acque destinate al consumo. umano, per le quali non sia possibile la revisione a cura dell'organo procedente, sia dato avviso all'interessato del giorno, ora e luogo in cui le analisi ver:ranno effettuate, affinchŽ lo stesso interessato o persona di sua fiducia possano presenziarvi, eventualmente con l'assistenza di un consulente tecnico (1) ¥ . L'art. 12 del d.P.R. 24 maggio 1988, n. 236 disciplina, nel quadro dell'attuazione della direttiva CEE n. 80/778, i prelievi ed i controlli analitici (1) La Corte Costituzionale. ribadisce un indirizzo interpretativo giˆ espresso in materia di accertamenti non ripetibili, dapprima sotto il codice di procedura penale del 1930 (v. sent. n. 248 del 1983, in Foro it., 1984, I, 370) e quindi sviluppato nel vigore nelá nuovo codice, le cui disposizioni di attuazione appunto contemplano, agli artt. 114 e 223, il diritto per l'interessato all'avviso del giorno luogo ed ora in cui saranno effettuati tali accertamenti, con la possibilitˆ di essere assistito da un consulente tecnico (art. 223 cit.), o pi in generale (art. 114 cit.) il diritto all'assistenza del difensore, in tutte le ipotesi di accertamenti, perquisizioni (ex art. 352 c.p.p.) o attivitˆ istruttorie di vario genere (art. 354 c.p.p.) (v. in tal senso, C. cost., sent. n. 434 del 1990, in Foro it., 1991, I, 21). PARTE I; SEZ. I; GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE sulleá acqueá dŽstinate al . consumo; la cui esecuzione viene affidata ai servizi .e presidi delle unitˆ. ásanitarie locali; Il giudice remittente dubita della legittimitˆ di tale norma nella parte in cui essa non prevede che sia dato avviso alle persone interessate: 9.eU~ol'ai d;;itl:l.eJqogo lii effettuazione delle analisi..che non .sili.lo suscettibili .<;li revisiooe, dal momento .che il mancato avviso .. risulterebbe lesivo del diritto di difesa degli interessati.ai quali m:m s“a garantita la ¥possibilitˆ¥ diá preseilziare, eventualmente con l'assistenza di. un consulente tecnico, all'effettuaziC>l1~ degli ac~ertamenti non ripetibili, destinati a: costituite.l'eventuale presupposto dell'azione penale e la fonte del c˜nvindmento del giudice. penale. i.a questforiŽ efondata. Questa Corte ha gi.ˆ riconosciuto che il diritto di. difesa deve ritenersi violato nei casiin cui alla previsione di analisi non ripetibili, in quanto effettuate su campioni di natura detedd:rab“le, non si accofupagrii tiobbligatorietˆ.. dell'avvisi'.) 1.ell'inizio delle. operazioni alle persone interessate,. iiJ... modP. da consentir~¥. alle stesse. di¥. presenziare,. eventualmente col'!-l'assistenza. li tfil pnsulente tecnico, aill'esecuzione di . tali operazioni (v. sentt. n. 434 del 1~90 .e n.469. del. 1988). In tale giurisprudenza si , altres'l, chiarito che l'obbligo di preavviso deve ritenersi riferito al momento dell'effettuazione delle an.alisi e non anche a. quell˜á del ..prelievo dei .campi0;ni che; .al contrario, pu˜ richiedere un'azione di sorpresa; al fine di evitare alterazioni o soppressioni del materiale probatorio ('v. sent. n. 248 del 1983). Questo irtdirlzzo gilirisprildenziale ha; di recente, trovato piena risposta nella riforma del codice di procedura penale .e specificamente nella f6rtnlazione nell'art223 del decreto fogisTa.tivo 28 luglio 1989, n. 271 {Norme di attuazione, di coordinamentoááe. transitorie del codice di procedura penalŽ), ove si stabilito. che, quando nel corso di attivitˆ ispettive o dl vigilanza, s“ debbano eseguire analisi di campioni per le quali non . prevista la reyisione deve essere dato, a cura dell'organo procedente, avviso, anche. orale, all'i.nt~ressato del giorno, dell'ora e del luogo dove le @alisi yerranno effettuate, . cos“ ga>consentire allo stesso o a persona di SU!l fiducia: .di presenziate ~lle operazioni,á exentualmente con l'assistenza di un consulente tecnico. La nuova . disciplina no:n pu˜, ..peraltro,á trovare applicazione nel giudizio a quo, che trae..á origine da .un acceri+unento. regolato secondo il precedente rito penale, in quanto effettuato i in epoca anteriore all'entrata in vigore del nuovo codice¥ La questione proposta .ádeve, quindi, essere accolta, con la consegttente dichiarazione dell'illegittimitˆ costituzionale in parte qua della norma impugnata. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 6 aprile 1993, n. 142 -Pres. Casavola -Rel. Mengoni -Carcasole e Presidente del Consigilio dei Ministri (Avv. Stato Zotta). Som“nillistrazione <(contratto di) ¥ Gas metano ¥ Tariffe di utenza per rlá scaldamento -Applicazione nei mesi di non utilizzo degli impianti Illegittimitˆ ¥ Non ricorre. (Cost. art¥. 3;. d.l. 13 maggioá 1991 n. 151, convertito con l. 12 luglio 1991 n. 202, art. 4 comma 4; 1. 29 dicembre 1990 n. 405, art. 9 comma 2). Non . fondata .la questione di legittimitˆ costituzionale degli artt. 4, comma 4 del d.l. 13 maggio 1991n.151, convertito cn anche sotto il profilo del principio áádi razionalitˆ. Le . prestazioni di assistenza obbligatoria si differenziano dalle prestazibni previdenziali sia sotto l'aspetto strutturale sia sotto l'aspetto finalistico, come ha ampiamente chiarito la sent. n. 31 del 1986, che ha separato nettamente la fattispecie dell'art. 38, primo comma, Cost. dalla fattispecie del secondo comma. Non pertinente il richiamo della sent. n. 85 del 1979, la quale ha riscontrato una omogeneitˆ delle due situazioni sul piano processuale, traendone argomento ai fini dell'assimilazione anche del trattamento riguardante le spese giudiziali, men- C˜stituzionale; con la legge 30 dicembre 1991, n. 412, il cui art. 16, comma 6, attribuisce ai átitolari di ¥prestazioni assistenziali, a. titolo di risarcimento del danno ácausato dal ritardo nell'adempimento, il diritto alla maggior somma tra il differenziale di svalutazione e gli interessi legali calcolati sull'ammontare nominale del credito. Tuttavia tale legge ha lasciato aperto il problema dei crediti assistenziali maturati in data anteriore alla sua entrata in vigore. Nella sentenza che si annota la Corte Costituzionale affronta il problema negando l'estensibilitˆ diretta dell'art; 442 all'art; 429 c.p.c., e diehiara il primo incostituzionale per violazione ádegli artt. 3 eá 38 Cost., con una ratio .decidendi diversa da quella della sentenza n. 156 del 1991 cit. PoichŽ le prestazioni assistenziali, infatti, si differenziano da quelle previdenziali sia sotto il profilo strutturale .. che finalistico, non viene operato un raffronto analogico tra di esse ma á utilizzato l'argomento . della meritevolezza della medesima tutela giˆ attribuita ai crediti previdenziali contro i danni da ritardo dell'adempimento. In veritˆ la sentenza in questione lascia aperto il problema della sorte dei crediti assistenziali maturati dopo il 31 dicembre 1991, in quanto solo apparentemente la legge n.. 412 del 1991 applica ai crediti assistenziali lo stesso ... fil :-:.. ... ... .... :-: _.. .. ... .... ... -.. .. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 175 tre nessun argomento si pu˜ trarne in ordine a problemi di diritto sostanziale. Solo per le prestazioni previdenziali, in quanto destinate ad assicurare al lavoratore Çmezzi adeguati alle esigenze di vitaÈ, cio rapportati al tenore di vita consentito da un pregresso reddito di lavoro, possibile far capo per il tramite dell'art. 38 secondo comma, Cost., al parametro dell'art. 36, primo comma, Cost. Perci˜, essendo l'interpretazione giurisprudenziale finora prevalsa dell'art. 429, terzo comma, cod. proc. civ. essenzialmente fondata sulla natura di corrispettivo dei orediti di lavoro, la disciplina di tali crediti non pu˜ essere assunta -come propongono i giudici remittenti -quale tertium comparationis ai fini della valutazione del trattamento dei crediti assistenziali alla stregua del principio di eguaglianza. Ma, una volta estesa ai crediti previdenziali, in base a tale princiá pio, una regola analoga a quella dell'art. 429, terzo comma, interviene, in favore dei crediti assistenziali, il principio di razionalitˆ. Sotto questo profilo dell'art. 3 Cost. il dispositivo della sent. n. 156 del 1991 viene in considerazione per se stesso, indipendentemente dalla ratio decidendi che lo sorregge. In ordine alla questione ora in esame, esso diventa a sua volta ratio decidendi nella forma di un argomento a fortiori: se ai crediti previdenziali di qualsiasi entitˆ, compresi i crediti relativi a pensioni di elevato ammontare, si attribuisce al titolare una tutela speciale contro i danni cagionati da mora debendi, a maggior ragione la medesima tutela deve essere concessa ai crediti per le prestazioni assistenziali previste dal primo comma dell'art. 38 Cost. Esse hamio 16 scopo di garantire ai cittadini inabili e bisognosi Ç il minimo esistenziale, i mezzi necessari per vivere, mentre il secondo comma dello stesso articolo garantisce non soltanto la soddisfazione dei bisogni trattamento riservato dall'art. 429 c.p.c. ai crediti previdenziali: l'unico profilo paritario in effetti costituito dalle agevolazioni probatorie in materia di maggior danno da svalutazione (presunzione assoluta di corrispondenza tra inflazione monetaria e danno subito), e dai relativi poteri di liquidazione di ufficio da parte del giudice. Sul quantum, il trattamento riservato alle prestazioni assistenziali risulta invece notevolmente inferiore, poichŽ l'art. 429 c.p.c. consente il cumulo integrale, e non residuale, tra interessi legali ed inflazione monetaria, ed inoltre interpretazione giurisprudenziale assolutamente dominante che ai sensi dell'art. 429 c.p.c. gli interessi vadano calcolati sulla somma giˆ rivalutata o viceversa che la rivalutazione vada operata sulla somma giˆ aumentata degli interessi legali. Pertanto non da escludere che la Corte Costituzionale possa essere nuovamente chiamata a pronunciarsi sull'argomento. Ove ci˜ avvenisse potrebbe essere riconsiderato anche il permanere o meno della ratio dell'art. 429 terzo comma c.p.c., dopo che il saggio degli interessi stato elevato al 10 per cento (proprio per consentire l'assorbimento della svalutazione monetaria) e che la maggior parte delle indicizzazioni stata superata (per il che il contesto risulta molto diverso). 1'76 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO alimentari di pura sussistenza materiale, bens“ anche il soddisfacimento di ulteriori esigenze relative al tenore di vita dei lavoratoriÈ (sent. n. 31 del 1986 cit., punto 3 in diritto). Si recupera cos“, coordinandolo col principio di razionalitˆ, anche il secondo parametro costituzionale indicato dal Tribunale di L'Aquila nell'art. 38, primo comma. Ma questo parametro pu˜ essere appropria tamente invocato non con l'argomento analogico di una pretesa somiá glianza di contenuto e di funzione del precetto del primo comma a quello del secondo comma, bens“ con l'argomento di meritevolezza Ç a maggior ragione È da parte dei titolari di prestazioni assistenziali della medesima tutela attribuita ai crediti previdenziali contro i danni da ritardo dell'adempimento. CORTE COSTITUZIONALE, 29 aprile 1993, n. 203 á Pres. Casavola á Red. Granata ¥ Presidente del Consiglio dei Ministri (avv. Stato Bruni). Titoli di credito á Assegno bancario á Emissione a vuoto . Pagamento priá ma del protesto á Improponibilitˆ e improcedibilitˆ dell'azione penale á Questione di legittimitˆ costituzionale dell'art. 8 legge 15 dicembre 1990 n. 368 á Infondatezza. E infondata, in relazione agli artt. 3, 27 e 41 Cast., la quest'ion,e di legittimitˆ costituzionale dell'art. 8 della legge 15 dicembre 1990 n. 368 (nuova disciplina sanzionatoria degli assegni bancari) nella parte in cui prevede l'improponibilitˆ ed improcedibilitˆ dell'azione penale per emissione di assegno bancario a vuoto in caso di pagamento, entro il termine indicato dalla norma, di capitale, interessi, penale e spese di protesto (1). é stata sollevata questione incidentale di legittimitˆ costituzionale -in riferimento agli artt. 3, 27 e 41 Cost. -dell'art. 8 della legge 15 dicembre 1990 n. 386 (Nuova disciplina sanzionatoria degli assegni bancari) nella parte in cui prevede l'impromovibilitˆ ed improcedibilitˆ dell'azione penale solo per effetto del pagamento, nel termine di cui (1) La legge 15 dicembre 1990, n. 386, che ha introdotto una nuova disciplina sanzionatoria degli assegni bancari, ha .sancito all'art. 8 l'improponibilitˆ e improcedibilitˆ della azione penale per il reato di emissione a vuoto di assegno bancario, qualora entro il termine indicato dalla norma sia stato effettuato il pagamento di capitale, interessi, penale e spese di protesto, o vi sia dichiarazione equivalente. La Corte Costituzionale, con ordinanza di rimessione del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Reggio Emilia in data 13 giugno 1991, n. 536, stata chiamata a pronunciarsi sulla legittimitˆ costituzionale PARTE I, SBZ~ I, GIURISPRUDENZA cosnTUZIONALE 177 alla medesima norma, del capitale, interessi, penale eá spese di protesto o di dichiarazione equivalente, per sospetta violazione: a). del necessario carattere áumanitario e della funzione rieducativa della peila (art. 27 Cost.),á oltre che del principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.); á. á b) del principio di eguaglianza (art. 3 Cost.) per l'ingiustificato trattamento djfferenziato riservatq a coloro che emettono assegni bancari ¥ privi di copertura. rispetto a coloro che si rendono responsabili di reati contro. il patrimonio a;tteso clie il risarcimento del danno per questi ultimi costituisce m:i'attenuante (art. 62, n. 6, c.p.), mentre per i primi rappresenti! una condizione di procedibilitˆ dell'azione penale; inoltre vi sarebbe un trattamento meno favorevole rispetto all'ipotesi del richi11mo d,ell'assegno da parte. qel. ci:editore; Ž) del principio della. libertˆ dell'iniz“ativa privata (art. 41 Cost.) perchŽá obbliga áán ácreditore cartolare ad accettare una somma predeterminata: ¥per legge a: titolo di capitale e risarcimento danni. La questione non fondata. La norma censurata, che rappresenta uno dei punti maggiormente significativi della scelta di. politica criminale operata dal legislatore nel porre la nuova.á disciplina degli assegni bancari, prevede che, in caso di emissione di. assegno. bancario che, presentato in tempo utile, non sia pagato per difetto di provvista, l'azione penale non pu˜ essere iniziata o proseguita se entro sessanta giorni dalla d.ata di scadenza del termine dell'art. 8 cit., rispetto agli artt. 3, 27 e 41 Cost. Nell'ordinanza di rimessione si sostiene, quale primo motivo di censura, che la norma denunciata -nel collegare l'irrogazione della pena al mancato pagamento dei danni -sarebbe contraria al senso di .umanitˆ a cui deve ispirarsi la pena. áNel rigettareᥠtale censura, perchŽ la norma in questione .non riguarda la pena ma prevede una condizione di procedibilitˆ dell'azione ed quindi esterna al reato, la Corte respinge l'idea della plurioffensivitˆ del reato di emissione di assegni: a vuoto,-affermando. che il bene tutelato l'assegno come strumento di pagamento (e non giˆ quale strumento di credito). Il giudice remittenteá aveva altres“ avanzato la tesi che l'art. 8 legge cit. violerebbe pure il principio di uguaglianza, .perchŽ analogo trattamento non previsto per tutti i responsabili di reati contro il patrimonio, e perchŽ vi sarebbe un discrimine rispetto agli emittenti di assegni bancari richiamati e sottratti alla presentazione per iniziativa del creditore cartolare. La Corte Co stituzionale respinge l'affermazione della violazioneá del principio di ugua glianza rispetto agli altri reati contro il patrimonio, attraverso il richiamo alla particolaritˆ del bene tutelato dalla norma in questione. Esclude altres“ la violazione dell'art. 3 Cost. rispetto agli assegni bancari emessi a vuoto ma richiamati e sottratti alla presentazione da parte dell'ultimo prenditore che li ha presentati all'incasso, prima del protesto, e ci˜ in base ad un costante orientamento della Corte di Cassazione circa il momento consumativo del 118 RASSEGNA áAVVOCATURAá DELLO STATO di presentazione l'emittente abbia pagato l'assegno, gli interessi, le spese di protesto ed una penale pari al dieci per cento della somma dovuta e non pagata, Tale disposizione -che, seppur di natura processuale, incide. sull'estensione dell'area di effettiva repressione penale dei compˆrtamentfdi abuso d.ell'assegno bancˆrio -non confligge CO~ alcuno dei parametri costituzionali invocati dal giudice rimettente. La regola dell'art. 27, comma 3, Cost., secondo cui le perie non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanitˆ e devono tendere alla rieducazione del condannato, non evocab“le con riferimento alla norma censurata perchŽ questa prevede una condizione di procedibilitˆ dell'azione penale e non giˆ la sanzione della condotta costituente reato. NŽ per altro verso la norma, che censurata di eccessivo árigore, pu˜ sospettarsi di irragionevolezza (art. 3 Cost.) perchŽ l'eventuale previsione (auspicata dal giudice rimettente) dell'improcecUbiUtˆ dt'lll'azione penale. come const'lguenza <;lel solo pagamento della somma nominale, .oggetto dell'obbligazione car.iolar.e, non. sarebbe sufficiente a disincentivare. (ma anzi incep.tiverebbe) l'uso dell'assf!gno come strumento di credito con lesione della fede pubblica nell'assegno come mezzo di pagamento. Il fatto che il legislatore, introducendo tale condizione di procedibilitˆ, abbia sotto questo profilo (ma non sotto altri) attenuato il rigore sanzionatorio modificando la soglia della repressione penale, .non esclu~ de che rassegno bancario sia rimasto tutelato come mezzo di pagamento e non giˆ come strumento di credito. In questa prospettiva; che espressione di .discrezionalitˆ legislativa nella configurazione dei reati, reato cli emissione cli assegni bancari a vuoto. Infatti la giurisprudenza della Suprema Corte si dimostrata molto rigorosa al riguardo affermando che il. reato di emissione cli assegni a vuoto si consuma nel momento in cui il titolo viene presentato in tempo utile per .il pagamento, ove manchi o sia insufficiente, in quel. momento (ai sensi dell'art. 32 R.D. 21 dicembre 1933 n. 1736 ¥la provvista presso la banca trattaria, restando del tutto irrilevanti i fatti anteriori e posteriori, tra cui la levata del protesto (e ci˜ anche ai fini della condizione di procedibilitˆ cli cui all'art. 8 1. cit.). Del resto neppure in. questo articolo assume rilevanza il protesto in. quanto tale, perchŽ il ter~ mine di 60 giorni durante il quale l'azione penale non pu˜ essere iniziat.a o proseguita decorre dalla data di . scadenza del termine ultimo di presentazione del titolo (Cass. 17 giugno 1992,..n. '7030). Su tale presupposto, secondo Cass. 15 dicembre 1992 n. 11944, il pagamento eseguito dopo la vana presentazione del titolo, ancorchŽ prima del protesto, rileva solo ai fini della condizione di procedibilitˆ di cui agli artt. 8 e 2 1. cit., ove sia fornita la prova che il tardivo pagamento sia comprensivo degli interessi, della penale e delle ulteriori eventuali spese. E' infine da ricordare che per l'applicazione della causa di improcedibilitˆ di cui all'art. 8 non ha alcun rilievo il fatto che la documentazione del pagamento venga formata ed esibita in un tempo successivo al termine preá scritto dalla norma per effettuare il pagamento (Cass., Zl agosto 1992, n. 9105; Cass., 3 novembre 1992, .n. 10656). PARTE I; áSBZ; I,¥GlURISPRUDllNZAá COS'.l'ITUZIONALE la condizione¥ di procedibilitˆ. prevista.¥dallaᥠnorma ¥á.censurata, áproprio perchŽ ááinveste¥ uri'area di comportamenti penalmente .. non sanzionati, non sarebbe potutacconsistere nelmero pagamento ¥denaáásomma portata dall'assegno ci˜ potendo valere a ripristinare gU.¥interessiá patdrnoniali, m;J. non anche a tutelare l'a~itiamento ehe la collettivitˆ fa nemacSsegno oaricarfo c˜me. me:i.zQ di¥ Çsoluti o È'.: áPertanto l'effetto di remora ad emetá tere: assegni bancari. senza copertura, ci:ti finalizzata:..fa sanzione penale, vierie assicurato .;;.:;;: per i comportamenti che dstano minore allarme sociale¥ (ossia áquelli che sono¥á segwti dal pagamenfo dell'assegno . entro if termine di sessanta giorni dalla data d“ scadenza áádelᥠtermine diá presentazione) áá~á. dalla pr˜spett“vaá.á di doverááááácor:i:ispondere .insieme áááalla somma tapitale ...:;..;. in¥ ogni caso áed indipendentemente dˆ:¥ unˆ: richiesta diáá risarcimento da parte del ¥creditoreá ...... anche¥áuna ápenale;. oltre. agli interessiááe alle spese di protesto; mentre~ dire l'improcedibilitˆá dell'azione penale conseguisseáal me:ro á¥pagamentoá dell'importo ádell'assegno; n.bene, oggtt-0á della tuteta pnˆile, degraderebbe almero interesse civilistico del creditore all'esatto ademj:ifrrientoáá deWobbligazione cartolare. ááááááááááááááNeppure lestf“l pfittCiPiO di eguaglia:t}Zˆ sotto il profilo indieato dal giudice rimettŽ:tite/rton .¥essendo la sJ.tUazi˜ne di chi commette lo specific˜ teat˜ di Žillissi˜ne . di assegno senza. copertura comparabile con queUa¥dichi cornmette¥reati eonfro il patritnoriio, per i quali il risarcimento deldann˜ costituisce ¥sole> trifatten'ilante (art. 62 n. 6 cod. pen;). U comportamento La qŽstione: 'di 1Žgittimlta: eostittiii<>ria.Ie soll'evataá dtllla Corte ¥di ca.ssmbnŽrigahtˆfil.¥ v“neofo; per cbforo ehe hanno .superatogli esami di proeurat<>re Iegrue; di iscriversi e$ciushiamente :fu; uná aiooá cittonda,; --!~~~~:~~~=áá~ <;mn,t,lJa,ta ,co~ ,il J?reel“istente obbligo. di¥ permanenza minima della Jscr“á z“˜ne in¥ ifu aibb/pef f!lmeno wfbiennio,.áperchŽ.á possˆ essere chiesto it trasfe'i:'imentoá>ad ˆlfra ásede nella quale l'mteressafo intende fissare la :~~:ire~f:~!~:á{aid/25 del~~~~ decretco-legge áá27 novembre 1933 áá.á á lFlihiite di lfjgittimaZ“orie al trasferimentoá era:.¥ stato disposto nel contesto d,i. un ()rdinamento della professione forense che prevedeva,¥ per la iS~riZidfte hll'al'b˜' dei pr˜cutatoti; un numero di posti limitato, la ;:~f~~s~;:;l~11'f~~~~t~~~t~::::;0:::!;:~'!!i::c::;~~n~: ~T~áZi~l~~:~~;:~~!:1.it!ff!~!!i:d:~!:i0..¥á(con:'1a:¥.possibi1itˆ che tilii~ !&s~'la ~d.e diesami/ presso il Miliistero diáá grazia ~ giustizia); cofil“otˆt˜¥ da “.riteressi di carattere pubblico;¥ inerenti al servizio>giudiá zi'.ilrfo(h:Ž sFaffe“irlavatto anche ri:emt fˆse ádella< distribuzione sul tem¥ torio & quanti eseH::itavanoia :ptofessi˜ne cli .procuratore¥ Questo sistenfa, á shttd'ái.i::tefuporarteamente sospeso),: dal decretoáá legisla:ti\to luoge" teritiziie 1 settŽihtlre i944, rt~ 21.srma sostanzialmente abbandonato per il c˜risolidarsf de1r1t ¥á suaáá mancata a:ppl“cazione. á¥ááááááát IbnitM:idhl hl:ta :ríl.obilita''dei procuratatiáá legali successi:Y.am.ente introdotte non riguardariˆ lˆ quantifieaziorie. e la distribUzione dei posti; ma tendono. ˆ detrirtirtate ¥ fa Corte d'app'elio presso la quale á gli. esami possono essere sostenuti e collegano a tale luogo la possibilitˆ di isctiá zione all'albo. Cos“ per l'obbligo di sostenere gli esami nel distretto preture e. degli esˆ“JlF per la ptofessfone di procuratore¥¥ legale) stata sollevata dalle Sziolli unite della á Cotte di á Cassafil:on con ordinanza n. 613 in data ¥s áottobre 1992; in cui Vieneᥠdenunciato il ¥-contrasto :di .átale norma con gli .artt. 3, 4 e. 16 Cost. á á á á á .ááá.ᥠá . La Corte ostituzfonale/ ¥.con ¥fa sentenza: in esame (pubblicata anche .iri. Foro Jt;, 1993;¥I, á 1718; c˜n nota. di' Bar0ne) dkhiata l'illegittimitˆ . della norma perchŽ . il .divieto daá.á essa disposto .. (stante anche la mancata abrogaiione delá l'art. 25 r.d.l. . 27 novembre 1993, n. 1578) e privo di giustificazione nell'at¥ tualŽ ordlliamehto de1Ia pfofessfone forense, caratterizzato dall'assenza di un nitmero chiuso e dalla libertˆ di scelta della sede di eserdzio de1l'attivitˆ professionale~ .áIl . limite biertiiale al trasferimento.á. e:ra infatti stato á. i:mPosti:> .áádal¥ l'art. 25 del r.d;l. 27 novembre 1933; n~ 1578 in altro contesto nortnativo che prevedeva l'assegnazione ádella sede per concorso . ed á.era . ritenuto dalla á ddtá trina . anfora m vigore dopo la legge dl 1985; nonchŽ rigdrosˆmente appliá cato dal Consiglio Nazionale Forense (ma alcune decisioni precedenti alla 4 182 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO nel quale si svolta la pratica professionale; cos“ , anche, per la possibilitˆ di iscrizione esclusivamente in un albo nell'ambito del distretto di Corte di appello presso la quale l'esame stato sostenuto (art. 3, rispettivamente primo e secondo comma, della legge n. 406 del 1985). La Corte di cassazione ritiene che la disciplina sopra descritta possa essere in contrasto con gli artt. 3, 4 e 16, .primo comma1 della Costi~ tuzione. In particolare, con riferimento all'art. 3 Costituzione, il giudice rimettente deduce l'irragionevolezza di una disciplina che pone coloro che hanno superato l'esame e hanno mutato successivamente la propria residenza nell'impossibilitˆ di iscriversi nell'albo del luogo di nuova residenza, rimanendo di conseguenza esclusi dall'esercizio della professione. L'ordinanza di rimessione sottolinea che la legge 406 del 1985 ha inteso Ç arginare il fenomeno delle migrazioni dei praticanti procuratori verso .sedi di esame ritenute pi vantaggiose l>. Ma aá tale scopo -osserva la Corte di cassazione -sarebbe sufficiente l'obbligo di sostenere l'esame ,presso la Corte d'appello nel cui distretto s~ ¥.¥ svolta la pratica professionale, essendo deL tutto improbabile che al fine di scegliere una sede di esame il praticante procuratore trasferisca altrove la. propria residenza per i due anni della durata minima della pratica professionale. Il limite posto dall'art. 3, secondo comma, della legge n. 406 del 1985 per la prima iscrizione in un albo dei procuratori, unito all'obbligo (che deriva dall'art. 25 del regio decreto-legge n. 1578 del. 1933) di non chiedere il trasferimento per almeno due anni, cos“ assoluto da non ammettere, nell'interpretazione che stata data alle disposizioni stesse, alcuna possibilitˆ di deroga, neppure quando .il mutamento di residenza non sia affatto elusivo delle finalitˆ della legge ma sia invece dovuto a neces legge 406 del 1985 avevano accolto delle domande di trasferimento infrabien nali). La pronuncia della Corte Costituzionale ha rilevanza pratica solo per il periodo precedente all'entrata in vigore della legge n. 67 del 1991 (che ha abrogato l'art 25 cit., manifestando quindi, a detta della Cassazione, l'irrazionalitˆ della precedente disciplina). A seguito di tale ultima legge era ed tuttora rimasto in vigore solo l'obbligo di svolgere gli esami per l'abilitazione all'esercizio della professione di procuratore legale nel distretto di Corte d'Appello presso cui sono stati svolti i due anni di pratica forense. E' infine da ricordare che stato presentato un progetto di legge per la abolizione dell'albo dei Procuratori legali e la sua unificazione con quello degli Avvocati, il che comporterebbe, anche in conformitˆ con il futuro regime di libertˆ di svolgimento della professione forense nell'ambito CEE, la posá sibilitˆ per gli abilitati di esercitare la professione forense, indipendentemente dal distretto di Corte d'Appello di iscrizione all'albo, su tutto il territorio naá zionale. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE sitˆ .. fiffettive e. sopravv~ute, o anche necessario per ¥evitare incompatibiUtˆ che l'esercizio della professione nel distretto nel quale si . tenuti ad iscriversi e rimanere iscritti per almeno¥. due an,nLpotrebbe determinare. Il vincolo che cos“ si cumula, in un sistema altrimenti ispirato alla liber;:\.,scelta .della cil:wscrizione. nella quale l'interessato ápu<)á iscriversi per. ese,rcitare . la professione,. eccede,. nel suo mo(;].o di á esi;;ere, ¥ le finalitˆ persegajte cqn l'imposizione del vincolo stesso. Pifatti nell'.attuale ordi11~ me:p.t() forense non sussistono gli originari limiti nel numero e nella distribuzione d.egli iscritti agli albi delle diverse circoscrizio.i, che davap.p. ragioi;i,e . della rigorosa regolamentazione, . anche in funzione delle esi.ge,ll,2;e . del. serv~~ioágiud~iariq, della. mobilitˆ . dei prpfessionisti. Inoltre l'obbligo di prima /iscrizione nell'ambito del distretto nel quale sono stati sostenuti gli esami/ previsto come assoluto ed inderogabile,. non siá giustifica adeguatamente nŽáin. rapporto al momento genetico (deLcollegamento-con la sede di esami ..p.er J'abilitazione all'esercizio della professione) nŽ in relazione all'aspetto. funzionale (dell'esercizio della professione stessa). Sotto il p;i:imo profilo la iscrizione all'albo potrebbe áavvenire anche ..aá notevole . distanza .di tempo dal superamento degli es.ami senza che, secondo .il tenore letterale dell'art. 3 della legge n . .406 del 1985; cessi l'obbligo.di prima iscrizione nell'ambito del distretto. Sotto il secondo profilo l'esigenza, anche. prospettata, di assicurare almeno per un arco di .tempo adeguato e prefissato la rappresentanza di chi affida il mandato al procuratore, non sussiste certamente per la prima iscrizione, che costituisce essa stessa il presupposto per il verificarsi della situazione che si ritiene. poi di dover proteggere. La questione di legittimitˆ costituzionale á pertanto fondata e va dichiarata l'illegittimitˆ costituzionale delle disposizioni denunziate per contrasto con l'art. 3 della Costituzione. Gli altri profili dedotti dall'ordinanza di rimessione sono assorbiti. CORTE COSTITUZIONALE, 13 maggio 1993 n. 237 -Pres. Casavola -Red. Ferri -Pagani; Presidente del Consiglio dei Ministri (avv. Stato Di Tarsia di Belmonte). Procedimento penale -Prova testimoniale indiretta -á Dichiarazi.,ni dell'indagato nel corso del procedimento '(anche prima del formale inizio dell'indagine) -Divieto di acquisizione al dibattimento -Questione di legittimitˆ costituzionale ¥ Infondatezza. E infondata, in relazione agli artt. 3, 76 e 111 Cast., la questione di legittimitˆ costituzionale dell'art. 62 del codice dt procdura penale che 184 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO vieta l'acquisizione al dibattimento della testimonianza indiretta relativa a dichiarazioni a chiunque rese dall'indagato nel corso del procedimento, anche prima dell'inizio formale dell'indagine (1). Con due ordinanze di contenuto sostanzialmente identico (per cui va disposta laá riunione dei á á relativi ágiudizi), il Pretore di Bergamo sezione distaccata di Clusone -ha sollevato, in riferimento agli artt. 3; 76 e 111 della Costituzione, questione di legittimitˆ costituzionale dell'art. 62 del codice di procedura penale Çnella parte in cui vieta tassativamente di acquisire al dibattimento le deposizioni testimoniali concernenti le dichiarazioni rese dalla persona sottoposta ad indagine, anche prima del formale inizio dell'indagine È, Il giudice remittente, come si evince con sufficiente certezza, pur con un certo sforzo interpretativo, dalla motivazione delle ordinanze di rimessione (invero non sempre chiara nŽ priva di qualche aspetto di contraddittorietˆ), lamenta, in sostanza, che la norma impugnata, nel porre un assoluto divieto di acquisizione al dibattimento, attraverso testimonianza de relato, di qualunque dichiarazione resa dall'imputato in qualsiasi tempo, in particolare ancor prima della iscrizione della notizia di reato nell'apposito .registro, viola: a) l'art. 3 della ,cos1Jituzione, perchŽ detta preclusione all'accertamento della veritˆ priva di ragionevole giustificazione; b) l'art. 76 della Costituzione, in quanto tale radicale divieto non trova fondamento in alcuna direttiva della legge di delega; e) l'art. 111, primo comma, della Costituzione, poichŽ la norma in esame, impedendo al giudice di assumere le menzionate deposizioni de relato, non gli consente di motivare adeguatamente le proprie valutazioni delle complessive risultanze processuali. (1) Con questa sentenza interpretativa la Corte Costituzionale, nel dichiarare l'infondatezza della questione di legittimitˆ costituzionale dell'art. 62 c.p.p., afferma che il divieto imposto da tale norma di acquisire al dibattimento le disposizioni testimoniali concernenti le dichiarazioni rese dalla persona sottoposta ad indagine anche prima del formale inizio della stessa, va inteso nel senso che non possono essere acquisite le dichiarazioni spontanee rese Ç nel corso del procedimento >>, cio in occasione del :::ompimento di uv atto dello stesso, anche se prima del formale inizio delle indagini. Attraverso questa interpretazione cade il presupposto su cui si fondano le ordinanze di rimessione (ordinanza del Pretore di Bergamo, sezione distaccata di Clusone, rispettivamente in data 27 marzo 1992, n. 777, e 30 marzo 1992, n. 778), secondo le quali l'art. 62 del codice di procedura penale sarebbe viziato da irragionevolezza, perchŽ impedirebbe l'ingresso nel dibattimento di qualunque teste indiretto sulle dichiarazioni comunque rese anche solo dal futuro indagato a persona non appartenente alla polizia giudiziaria. Al contrario, cos“ come interpretata dalla Corte Costituzionale, la norma in questione appare direttamente inserita nel contesto dei principi garantistici e quindi non in contrasto -come invece affermato dal giudice remitá tente -con la legge delega, ed in particolare con la sua direttiva n. 31. PARTE I, SBZ. 11 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE Laáá questione non. ¥fondata. La norma censratatestualmente dispone: <~ Le dichiarazioni comunque rese nel corso del procediment-0 dall'imputato o dallˆ persona sottoposta alle indagi:rli non possono formare oggetto: ¥di testimonianza È, Nella rela..zione al progetto preliminare gi~ si oS.sŽrvˆva _._ con riferi: rne!lt9 ááal á¥test<;> dell'ark 7li quarto comma, del progetto; da cui .poi letjvata, .c<>l'.l qul:llcbe modifica la !llsposW.One in . esame¥ ._,.. che la norma co!liiene. Ç unádivieto' mtestbnonianza de auditu, ¥relativo ad ogni¥ ilichiarazione che l'imputato abbia potuto ¥rendere, .anche prima di assu" men~ átale q.a}itˆ, . nel corso delle indagini preliminari o deL pl'().cesso. Si .vuole ámfatti che di t~e¥. dichiara11icme faccia fede la sola documentazione scritta, da. reiligersi .e .da.á utilizzarsi conJe ¥ formá ed entro i -limiti Previsti per le varie fasi del procedimento >r; e si aggiungeva. che non si tr:a:tta di Ç un divieto soggettivamente qualificato, come testimonianza de. auditu ¥dell'ufficiale di pol.izia, ma s:i configura, “n ¥termini oggettivi, con riferimento al contenutoá delle dichiaraziorik ¥e quindiá. eslude .anche la testimonianza de auditu di soggetti diversi dall'ufficiale o dal magistrato È. Lˆ giurisprudenza della Corte di cassa.Zione ha, poi, a: sua. volta, chiarito, per quanto qui pi specificamente interessa, che il divieto in esame opera. solo con riferiniento a dichiarazioni rese Ç nel corso del procedimento È e non. genericamente Ç in pendenza del procedimento È, vale a. dire esclusivamente in 6t'dirie a dichiarazioni .effettuate nella sede processuale, cio “n occasione di un atto del procedimento. é solo in relazione a tale categoria di dichiarazioni, infatti, che si pone l'esigenza di garanzia, giˆ messa in luce dalla relazione al progetto preliminare, consistente nel far s“ che di esse faccia fede la sola documentazione scritta, con divieto conseguente. di fonti testimoniali surrogatorie. é,. pertanto1 esatto .,.._ come osserva il remittente ....-. che, áai fini dell'applicabilitˆ della norma impugnata, noná¥á assume di.á per sŽ á alcun rilievo il .discrimine. temporale. dlla iscrizione della notizia di reato .._ o del nome della persona cui esso attribuito '-á nelá registro di cui all'art. 335 del codice di procedura penale. Ma occorre p.ur sempre accertare (ed questo che essenzialmente rileva) che le dichiarazioni su¥.. cui á.ádovrebbe . vertere .. la áátestimonianza á de áauditu siano state rese (anhe¥ spontaneamente)¥in occasione del compimento di ci˜ che debba comunque qualificarsi come un (qualsiasi) atto del procedimento. Una volta che alla norma censurata si attribuisce l'ambito applicativo indicato, le censure del giudice remittente vengono evidentemente a cadere. Va, in primo luogo, escluso che la norma medesima sia viziata da irragionevolezza. Il divieto in essa contenuto, infatti, come si visto, non affatto assoluto ed illimitato, e nei circoscritti limiti di operativitˆ sopra individuati non certamente irrazionale, essendo posto a 186 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO tutela della esigenza che le dichiarazioni dell'imputato giungano a conoscenza del giudice attraverso l'esclusivo veicolo della documentazione formale, con le garanzie a questa connesse. Non . sussiste, in secondo luogo, uná eccesso di delega. Invero, la direttiva n. 31 della legge-delega prevedeva, al secondo periodo, il Çdivieto di ogni utilizzazione agli effetti del giudizio, anche attraverso testimonianza della stessa poliziaá giudiziaria, delle dichiarazioni ad esse rese..; dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, senza l'assistenza della difesa È, nonchŽ, al sesto periodo, il Ç divieto di ogni documentazione e utilizzazione processuale, anche attraverso testimonianza della stessa polizia giudiziaria È, delle notizie ed indicazioni utili ai fini dell'immediata prosecuzione delle indagini assunte sul luogo o nell'immediatezza del fatto anche senza l'assistenza del difensore. Non vi dubbio che la norma de qua trae origine da tali criteri direttivi, nonchŽ da altri (cfr. direttiva n. 31, primo periodo, e direttiva n. 33) che impongono'alla polizia giudiziaria l'obbligo di compilare verbali, o, comunque, documentare l'attivitˆ compiuta. Ne deriva che la verifica in ordine alla rispondenza della norma delegata alla ratio e alle finalitˆ che, tenendo conto anche del complesso dei criteri direttivi impartiti, hanno ispirato il legislatore delegante (verifica che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, va effettuata al fine di valutare l'esistenza o meno di un eccesso di delega: V¥, da ultimo; sent. n.. 141 del 1993 e precedenti ivi richiamati) non pu˜ che avere nella fattispecie in esame esito positivo, in quanto la norma censurata indubbiamente costituisce coerente applicazione e completamento della scelta espressa dal legislatore delegante e delle ragioni ad essa sottese. Deve, infine, certamente escludersi la violazione dell'art. 111, primo comma, .della Costituzione: basta osservare che la norma de qua, vietando l'ingresso in dibattimento di un determinato mezzo di prova, delimita a monte l'ambito riservato alle valutazioni del giudice, ambito entro il quale sussiste l'obbligo di motivazione di cui all'invocato parametro costituzionale. é appena il caso di rilevare, in conclusione, che spetta al giudice a quo verificare se la norma censurata, nella corretta interpretazione sopra indicata, sia applicabile alle fattispecie sottoposte al suo giudizio. á.á á.-.....á.á L~.áB~p~b~í~b~ á.i;aô~~.áá era eienteá dd larve ááádt nematodi viVe:; án˜nche vietand6 t'1iftpoitafiofte di partiteá df pesce:,á proveitfente da altriáStati mimtlft ~ dalR~riii6 di áNorVrtg~; rtbn -Mcompagnate da-á¥uh certificato dello Stato speditore, (JJl.ando dai controlli effettuati nello Stato di destinazione non. eraá risultata la presenza diá larve di nematodi vive;áá á venuta meno agif, ol:Jl1tighi cbe ad es¤a, incoml;JQ_r:zo. qi sensi. 4egti ar:tt,. 30 e 36 del Trattato CEB; della ádirettiva del Consiglio J dicembre¥.1983, 83/643/CEE, r&tativi a1tvigevota1/otte dei contrW“ fisici e ¥4We forrnazmt ammitiistra. !~i1l~st~1~:J~t~f/l11~fj~/¤'(f~h:d~i~~~1:f:iu!i!!~¥¥.r::t~~~~~:!i4!~ir~0~ Comunitˆ econdmica. europea e il>tegno di Norvegia e ne stabilisce le disp6sitJonl di ttppltcaziorte.á¥. Per cont'ro, quando. dai contralti effŽttuati !!i1~~!'~!!~~~~~~~t~:!:1~~; tazion'e di questi prodotti, áádonde la. corrispondente insuisisterttaáááádelta vJqtazione ádi obblighi'á derivanti dalla .. normativa comunitaria sopracitata da Parte gel~a Ji~pY,boiia i~¥ In. conformitˆ. a á que. sta Iegge; l~ áatnritˆ slitrifrf;l.me pQssorio procedere :in ogni momento ad .. ispex:ipn:i Ž p:pelieyi.Qi Žal:npil:)ni.ádiderrate albne:nti;ui e disp()rJ::'edLsequestro, .. nol'lchŽ .fa distruxi.Clne della merce, qualora i controlli effettuati¥ ne facciano apparire la necessitˆ per la tutela della salute;;á < )'. . ji,4~i'.$f˜ P.iil1i$J~riaie s.otto1)reJ~8$ #.. 454 (qt]R_r 4.25~, j>ag. ¥7), fu64ltic~to -a~táa:ecMfo J:Mi:lfateiiaJ:e á15 t:e'bht'iao ᥓcti.c;l.“isLl>i:~y{lgi;:)'ardvoánella. $s:ttfuiifuˆ:¥á¥tm.tfst<\iá¥á#etd~rttíta1iá¥áÇsort6¥á¥ cotnunque¥ááeievate: ¥áquaiofaá SUSá si$tliU!.<>o W9t.i~J:li ~~Pl:lt.t.9: 9 ;ragionj; ~u.t.elari,.. a flni cii Jutela della sani~ tˆ .p.p"QJic;~Q.. g~J~, sanitˆ. AA~m1l!le, a ¥¥ gi.dizi:0á. del vetieri,nario .d~ confi.IJ.e(). su li~i?<>ski:0nŽ ciŽ11a ~~1:ˆÈ. á áá áááááá áá ááááá á 4. -Sulla base della legge. n. 283 del 1962, soprammenzionata, il miá ni$ter6_lta1iˆ.ri()á¥cte1fu sˆ.nitˆnˆ.i'frvfa:fo.áa ˆeŽorrere da1á iuglio .1987, ai $.rvizf vetŽ:iria:d .di ft6nti:erˆ. ¥áá liversi >telegtˆ.rhmi <:oná. ~ui. si istittiiVa. un c˜htrCllfo s!sterriatfod all'iliiportazibrte & talurie specie di }Jsce,> cfata Ia italian.a he (a;rt, 5. della legge 31l aprile 1992, n. 283:) vieta appunto la .com, inercializzazfone á di inerci Ç iiisudicfate, invai;e da. parassiti, Jn stato di altera zione o comunque nocive "á E tale normati'“ia non dissimile da quelta esi stente .in altri paesJ., q.ali il. Belgio. che vieta il commercio di. prodotto .¥ Çinaá dattO ai consumo i.imano"¥ la Datifrriatca ¥che vieta fa commercializzazione di pesce Çdi qualitˆ sŽadenteÈ;la Francia che vieta il com“ilierŽio di derrate \~corrotte. o. tossiche.i>, e cosi via, Nessuno .potrebbe .d.bitare che debba coná swe~~i :{È:odot.to á.11on COII1Il1est;.bill;l, non. a~tto cio a( C:()US.mo-.wnano.-.. non commerciabile ccm1e sostanza aliII1entare, t:JJl procMto ittico Ç infestato È da iieri:fatdd“.. ;, Irifesia:fo " á. (dal latino ᥠá~ infesta.re.È), . á¥riferito .. aci ¥ animali ¥ e piante nodve, s“gnifka invadere ilnˆ regione, un i.ogo, un sito, o diffonderVisi con particolare .intensitˆ,á. costituendo\ per essi.¥ Wl pericolo o ¥ :{È:OVOcandov:i .¥ danni; in ¥ xnedici11a ál'.inflils1iu:e ¥~á ¥¥ xif.eritt;>. in. p;.:tiolare ¥¥ a parassiti á¥á 1llet~oi inf.epori che imrac;l9n9 .á .. ('.i*gaaj5J.1l9., Non ...axnmissibil .de$tin;u:e al c:onsumo .m~o iin ápescato Žhe áásfaáá cosf << iiil:estatO È;áác:o~rá pieno,á. cioe, áa1 ..áIiirve .di patassit.i. Indipendentemente dal rischio per la salute, il pr0dotto avrebbe Un a5petto cosi repellente da non consentire alcuna commercializzazione, . neanche a prezZi partieolarni.erite bassi; come pure aveva s˜rprendent'fuerite suggerito laá Commissione: anche i poveri. hanno diritto ¥ ad essere .rispettatL Non sem bra, quindi, che possa opporsi la commercializzazione del prodotto, pur atte stata da spedfico á certificato sanitario, in altro paese, nel quale magari le ab“tudini á ¥ alimntari sono ben diverse. Fortunatamente ora la¥ direttiva comw:tltaria 91/943/CEE prevede lo sŽarto del pesce nel quale sono manifestamente visibili, a occhio nudo, dei parassiti. 190 RASSEGNA AWOCATURA DEllO STATO constatazione di un crescente numero di partite di pesce infestate da larve di nematodi. Un telegramma successivo ha esteso questo controllo ai prodotti italiani della pesca. 5. -A seguito delle denunce presentate dalla Danimarca, dalla .Norvegia nonchŽ da operatori economici che esportano pesce verso l'Italia, la Commissione ha constatato che a decorrere dal luglio 1987 le autoritˆ italiane hanno applicato nuove misure d“ controllo alle frontiere, che colpiscono essenzialmente le importazioni di sgombri, aringhe, salmoni e merluzzi provenienti dagli altm Stati membri e da paesi terzi. Questo pesce ayrebbe. costituito oggetto di contro1li sanitari sistematici, anche se le partite erano giˆ state controllate nello Stato di spedizione ed. erano accompagnate da un certificato sanitario in regola, e sarebbe stato respinto alla frontiera, oppure distrutto, ogniqualvolta le autoritˆ italiane avrebbero accertato la presenza di una sola larva, anche devitalizzata. 6. -A sostegno del suo ricorso, la Commissione ha sostenuto in sostanza che fo restrizioni italiane all'importazione di pesce superavano le esigenze di una tutela efficace della salute. 7 . .,.__ La presenza di larve di nematodi nei prodotti della pesca costituirebbe un fenomeno naturale che riguarda il pesce catturato in tutte 1e acque comunitarie e solo il consumo di pesce infestato da larve vive sarebbe pericoloso per la salute umana, mentre i risultati della rkerca scientifica internazionaJe avrebbero confermato che l'ingestione di pesce contenente nematodi morti oá devitalizzati, anche in notevoli dosi, non presenta alcun rischio per la salute. 8. -PoichŽ solo il pesce consumato crudo potrebbe contenere larve vive e questi parassiti potrebbero essere devitalizzati mediante vari procedimenti á semplici, poco costosi e molto diffusi, quali la cottura o il congelamento, le auto!1itˆ italiane avrebbero potuto tutelare efficacemente la salute mediante misure meno resti:.ittive degli scambi, vietando il consumo del pesce crudo, abitudine questa del resto del tutto marginale in Italia, imponendo un trattamento adeguato destinato a devitalizzare le larve e informando dl consumatore mediante una appropI1iata etichettatura che classificasse il pesce infestato da nematodi devitalizzati in una categoria di freschezza inferiore alla normale. 9. -Il governo italiano, per contro, ha sostenuto che la sola presenza di larve di nematodi, anche devitalizzate, nel pesce rende quest'ultimo improprio al consumo umano. Inoltre, le misure alternative, proposte dalla Commissione sarebbero inefficaci. Stando cos“ le cose, le m~sure controverse sarebbero indispensabili per la tutela efficace della salute umana. PARTE I, SEZ. ll, GIURI$. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 191 10; ,.,,.,.. Per unaá pi dettagliata esposizione .. degli antefatti, dell'ambito :nOnnativo, dello svolgimento del procedimento nonchŽ dei mezzi ed argomenti delle parti si ¥ vinvia alla . relazione á¥d'udienza; ¥áQuestiá elementi del fusciŽolo saranno.. ripresi. qui di seguito.á sol<>> nella misura necessaria alla co.iprertsione'. lel á ragionamento. dellaáá Corte.¥ ... $~li .articoli.39 e 36(le1 Jrattat.o l. ~.Al fine di valutare lˆ.fondatezza. di questa eensura, occorre rilevare . innanzitutt() che, anche se.¥1e disposizioni . del citato ¥ regnlamento n. 3796/81 non menzionano esplicitamente il divieto di restrizioni quantifatfltŽ a1i1imj;fortazi0ri nonchŽ delle ritiSure df effetto equivalente per quahto rlgttatda ¥ gli scambi. dritrac˜muhitari;. risulta. tuttavia dal combillafo ¥¥ dispbst˜ degli artt. 38-46 8, :n; ᥠ7, ¥del Trattata.¥á che questo divieto deriva afdiritfo;ááar :Pitftarˆl dopo Ia scadenza. del perfodo transitorio, dhl.IŽ ádisp6s“ii:˜rii cter Trˆttid:O, á Ž6rrie ¥á á stato del restoá sottolineato al trentesimb colisiˆ.er~ndd delregolamento.ii.. 3796/81 ¥(v. in tal .¥ senso senfencta J4áltlgliñ1976; Ciise rlumte 3/76, 4/16 e 6/76/Kramer; RaŽc; pag.1279, pntf :s:;¥áe 54 eietta thotNazfone). á.¥á áá áá áá á 12. ~¥áOccorreáconstatare poi che ¥le misureáá controverse ricadono nel divieto di cui alrart; ¥ 30> dl Trattl;lto. áInfatti, secondo una giurisprudenza consolidata della Corte (v. innanzitutto sentenza 11 luglio 1974, causa 8/74, Dˆss6fr111Ifo, Racc. pag. 837; puhto 5 della motivazione), il div.ieto di misure dfeffett˜ Žquivalehte a resfriz“om qttˆritifative, ili Silsi dŽWart. 30 del Tra.hato; cbmprnde ogni normativa ácommerciale ¥.. degli .. Stati membri:. che¥á possa ostacolare. di'.refrarrientŽ o . i:Ildireftamente, fa. atto o in potenza, gli scambi mtracomuriifari.. lk,....,. Occorre tuttavia verificare sei come s~tiene il governo .li.taliano; . le restriZioni . di cuL trattasi.á. possa.q . essertJ ¥ giustificate, .. in base aU!art .. ~6 de.l 'l'rat:tato; .. di:t motividi.. tu,tf)la: della s1;11ute o della ¥. vita . delle persone¥ '14~ -A tal riguardo, “mportanterilevare, innanzitutto, che la direttiva del Consigldo 22 luglio 119i, 91/493/CEE; áche stabilisce. íe norme sanitaliti . a.pplfoa}?i\li ajla. Pl'Odl1ZiOJ;le e aga C()p:tmercil;l),izzazione. dei prodotti dellˆ .Pesca. (G~ u: L. 268, pa,g.á 1s),á . ás~fa adottata sucŽessi.vainente al parere motivato, ..emesso dal1a Colll1llissione I1elia ápresente causa, e che il termine per lasq.atrasposizione nell'ordinamento deg1i Stati membri scaduto solo .il 31 ŽlicembrŽ)992. . . áá áá . 15. -La Comunitˆ pertanto non disponeva ancora di norme ácomuni o armonizzate in materia di controllo sanitario 'delá pesce nel momento iná cui l'oggetto della presente controversia stato definito dalla fase precontenziosa del procedimento. - -. . ... ... --.... -á -. . ~ ~á RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 192 16. -Stando cos“ le cose, spettava agli Stati membri decidere il livello al quale essi intendevano garantire la tutela della salute e della vita delle persone; pur tenendo conto delle esigenze della libera circolazione delle merci nell'ambito della Comunitˆ (v. in particolare sentenza 19 marzo 1991, causa C-205/89, Commissione/Grecia, Racc. pag. I-1361, punto 8 della motivazione). 17. -Ora, non contestato che le misure nazionali di cui trattasi hanno per oggetto la tutela della salute, di modo che esse rientrano, in via di principio, nella deroga di cui all'art. 36 del Trattato. 18. -Occorre tuttavia ricordare, .in secondo luogo, che una normaá tiva restrittiva degli scambi intracomunitari compatibile .con il Trattato solo nella misura dn cui sia necessaria per una prote;zione efficace della salute e della vita delle persone e non . beneficia dunque della deroga di cui all'art. 36 quando la salute e la vita delle persone possono essere tutelate .con pari efficacia mediante provvedimenti di minore pregiudizio per gli ~cambi intracomunitari (v. in particolare sentenza 20 maggio 1976, causa 104/75, De Peijper, Racc. pag. 613, punti 16 e 17 della motivazione). 19. -Occorre quindi esaminare se le restrizioni italiane controverse rispondano al principio di proporzJoualitˆ cos“ espresso. 20. -A tal riguardo, la Corte ha giˆ dichiarato ripetutamente che un. doppio controllo all'importazione di prodotti. consistente nel requisito di un certificato dell'autoritˆ competente dello Stato di spedizione attestante che la merce ha sub“to un trattamento destinato ad eliminare taluni parassiti e in un controllo sistematico alla frontiera in virt del quale l'importazione autorizzata solo dopo che le autoritˆ sanitarJe dello Stato di destinazione abbiano accertato che la merce esente da questi stessi parassiti, supera quanto consente l'art. 36 del Trattato (v. sentenze 8 novembre 1979, causa 251/78, Denkavit, Racc. pag. 3369, 7 aprile 1981, causa 132/80, United Foods, Racc. pag. 995, 17 dicembre 1981, causa 272/80, Biologische Producten, Racc. pag. 3277 e 8 febbraio 1983, causa 124/81, Commissione/Regno Unito, Racc. pag. 203). 21. -Cos“, secondo la giurisprudenza, nel caso in cui .n prodotto áinteressato ha giˆ sub“to nello Stato di spedizione un controllo sanitario che offre garanzie áequivalenti a quelle che risultano dal controllo all'importazione, quest'ultimo non pu˜ costituire un doppione del controllo effettuato nello Stato membro di spedizione e deve pertanto in ogni caso esseráe Hmitato alle misure destinate ad ovviare ai rischi derivanti dal trasporto o da eventuali trasformaz“oni posteriori al controllo effettuato all'atto della spedizione (v. sentenza United Foods soprammenzionata, punto 29 della motivazione). PARTE 1, SEZ."11; GitJ1tIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE \93 ..¥¥. ¥.. 22. ¥-¥¥ lnoltre;la¥:Cort{:l: ba dicbi.arato Ohe> .(fl.ijôora. la cqllaborazione tra. le autorit.ˆ degli Stati membri cons.enta di rendere.meno complicati e menoáágr~vosi i controlli alle frontiere,deautoritˆ¥.competenti in materia dLcontrolli sanitari devono accertare se i docutnentLprobatori rilasciati nell'an:tbito Comm“sS“˜ne/Regno Unito, soprammenzionata; punto¥ 30 della m˜tivˆ2ii<)'ne)t ¥ á¥áá áá á á ..,.. I~. xefiui;ito, posto...ci~o. stato.. l'.llen:tbro.á.cli destin~ione, di un q<;>ntr()llo sanitario Q,i werci eh~ banno gitl, costituito. ()ggetto di un tale q(?ptr9~lo p,ellp ~~t~ cli< s.~d~ioJ:l~ e. c];ie s.ono agcoml?ll~Pate da un certit~ s~~2 ..~~t~ri~táWa~~~.1;:9.. d;;l~ ..c per la salute.. á25..á.,:;.;,::.á A tll1árlguardo :i.l governo italiano 'sostieneáá cheáá i controlli controversi non avevano un carattere sistematico áe che il consumo di pesce contenente larve di nematodi, anche devitalizzate, costituiva un rischio I>~rYliialtite. á áá 26; ..,.;..;... Per quanto rigilarda á il primoá argomento; sufficiente rifovare che i telegrammi,. inviati il 18 luglio Ž il 14 settembre 1987 dal ministero italiano della Sanitˆ ai servizi veterinari di frontiera, prevedevano il controllo sistematico all'importazione per sgombri, aringhe, sal: lhoni e merluzzi, senza distinguere ˆ Sconda che il pesce fosse accompagriato o meno dˆ Un certificato sanitario redatto da!Je competenti autoritˆ dellb Stato di spediZione del prodotto. á 27:. _... Per .quanto riguarda il secondo argomento; occorre ricordare che, secondo una giur.isprudenza costante (v. tra l'altro sentenza 30 no 194 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO vembre 1983,. causa 227/82, van Bennekom, Racc. pag. 3883, punto 40 della motivazione), spetta agli Stati membri dimostrare, in ciascun caso, che la loro normativa necessaria per proteggere effettivamente gli ii.nteressi considerati dall'art. 36 del Trattato e soprattutto che la vendita del prodotto di cui trattasi crea un rischio effettivo per la salute. 28. -Ora, il governo italiano non ha dimostrato che il consumo di pesce contenente . larve di nematodi morte o devitalizzate a seguito di un trattamento adeguato pericoloso per la salute umana. Infatti, :il governo convenuto si limitato a sostenere che, tenuto conto non solo del loro carattere antigienico, ma anche della loro tossicitˆ non trascurabile, i prodotti de1la pesca che presentano larve rese inattive devono essere esclusi dalla commercializzazione per il consumo umano. áTale governo non ha pertanto fatto valere alcun elemento concreto tale da inficiare la tesi della Commissione, secondo cui i risultati della ricerca scientifica. internazionale confermano che ~'ingestione di larve di nematodi morte o devitalizzate non costituisce affatto un fatto!'e di rischio per fa salute. 29. -D'altra parte, come l'avvocato generale ha rilevato al punto 29 delle sue conclusioni, il parere del Consiglio superiore della sanitˆ dtaliano, menzionato dal governo italiano neHa sua risposta del 13 marzo ID 1989 alla richiesta di osservazioni proveniente dalla Commissione, constata la necessitˆ di un ertificato attest~te che il pesce Ç esente da I I ~ parassiti o ha sub“to i necessari trattamenti atti a: garantire la devitaliZzazione del parassita È, il che-presuppone che la presenza di larve morte nel pesce no,n pregiudica la salute. 30. -Inoltre, dalla circolare del ministero italiano della SanHˆ I 11 marzo 1992, n. 10 (GURI n. 62), avente ad oggetto lo snellimento delle I modalitˆ di controllo sanitario del pesce, risulta che 1e larve morte non ~ costituiscono pericolo per la salute. 31. -Stando cos“ le cose, .il governo italiano neHa fattispecie non ha dimostrato che un controllo sanitario sistematico delle partite di pesce importate da altri Stati membri e debitamente accompagnate da un certificato attestante che i prodotti non sono -infestati da larve vive fosse indispensabile per tutelare la salute. 32. -Occorre pertanto constatare che la Repubblica italia11-a venuta m;eno agli obblighi che ole incombono ai sensi degli art. 30 e 36 del Tratá tato, imponendo controlli sanitar.i sistematici su partite di pesce imporá tate, debitamente accompagnate da un certificato sanitario rilasciato dalle competenti autoritˆ dello Stato membro di spedizione dei prodotti e attestante che questi ultimi erano esenti da larve di nematodi vive. PARTE I, SBZ. :n,, GlUJUS. COMUNITARIA. B IN'.l'BltNAZIONALB 33. -Per quanto riguarda invece le importazioni di prodotti. della pesca non accompagnati da un tale certificato, si deve riconoscere che le aiit˜rltˆ ~a1hm etano 1egitt“mate ac.:Fassoggettare questiá prodotti aá contf61H áááá stiiiltˆrF 0.I fin~ di iienfic~re seááá 1a ᥠmerce . non prseritasse .á alcun rlschlb p'r. fa sah.t#á La censura della Cbmm~ssione.ádev prtˆnto á essere ~:3:1~~~*e:~ol?;i:˜~~~i~~~~n:~:~ effettiiati arule autoritˆ áááááá 34. ' Se ris~tav~. ~áá te~ll~ cU q~~sto conti:o1lot cP,e il. ~es~)mportato conteneva solo larve di nrl:latodi morte o cíeW.tafuzate a seguito di un¥¥tfatt~nto preliminare;>1ei autoritˆ italiane¥ Ii.on potevano; senza violaiŽ u diritto¥ ditnunitar:iO; vietareá: l'importazione di .questi prodottiá 111Ž ordll:!.are che fossero respinti o< distruttt Infattii dai pre6edehti punti 28~31 della motivaZione~ risulta chŽ il governo> iitaliano nella fattispecie non. ha dimostr~to che. tali . ostacoli l;l!ll'importazione . di pesce contenente larve di ii~“i'faio~¥ 4ii#'ˆliiz~ttl tossefb ifi:d.ispensibi}i ápel:' tutelareá 1~áááása1utt}. ááááááááááá~s.:áá.\ g~~á~qntrp,. q~;~de>áááá~i~ËntrQôi ~ffettUa.tj su pa.l"tite di pesce ipi:p¤;tl,\%! no;i: ~.qx;n}la,gpa,te d~ ~ácertjf~pato ~l:l:nit~~Q qellp ~ta~ memb: r<> e. .i>:Pf'i.d~~p.e, #sulta,y~)tituisce: ~noltre :una misura di.. tutela aj;fic;:we della saj,ute, in .quar,i.to ála. sua áosservanza non pu˜. essere assicur11ta nella prat~l:l:á Lo stj;lsso vale per l'obbligo, imposto ai destinatari dei prodotti di cui trattasi, di sottoporre il pesce infustato da nematodi ad un trattamento adeguato che assicuri la devitalizzazione delle larve. 3t. ~ si~q9 9sl.Je¥. ce>sr~J11 R~p~bplica,.ita,llar\a pa p~re viplato gli artt. 30 e 36 del Trattato in quanto le sue autoritˆ hanno vietato l'import11Zione . di partite di pesce non accompagm\te da un certifkato sanitario dello Staio membroá di spedizione e per le quali i controlli effettuati dalle autoritˆ italiane hanno rivelato solo la presenza di larve di nematodi mort<:to devita1izzatl;l. á 38. ;.;.:.:. La censtfra della Commiss.i˜ne invece infondata per quanto riguarda n divieto di importazione di pesce hoil acompagnato da un certificato sanitario dello Stato ámembro . di spedizione e ,infestato da pa:ra&sitiááávivi. RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 196 Sulla direttiva 83/643. 39. -La direttiva 83/643, soprammenzionata, stabilisce talune norme per l'espletamento dei control1i fisici delle merci e delle formalitˆ aromiá nistrativáe prescritte relativamente al passaggio delle frontiere allo scopo, come si afferma nel suo preambolo, di abbreviare i tempi di attesa alle frontiere e di garantire una maggiore f“luiditˆ dei trasporti di merci fra Stati membri (v. sentenza 20 settembre 1988, causa 190-87, Moormann, Racc. pag. 4689, punto 26 della motivazione). 40. -A tal fine, l'art. 2 di questa direttiva prevede che gli Stati membri adottino le misure necessarie affinchŽ i controlli e le formalitˆ siano espletati nel minor tempo necessario ed i controlli siano effettuati mediante sondaggio, salvo .in circostanze debitamente giustificate. 41. -Ne deriva che misure di controllo all'importazione di merci provenienti da altri Stati membri possono superare i controlli per sondaggio solo laddove esse sono giustificate da un dnteresse generale quale la necessitˆ della tutela della salute e della vita delle persone e non vanno al di lˆ di quanto indispensabile per ragg.iungere l'obiettiv˜ perseguito. 42. -Ora, dai punti 28-31 della presente sentenza risulta che dl goverá no italiano non ha dimostrato che un controllo sanitario sistematico di partite di pesce importate da altri Stati membri áe debitamente accompagnate da un certificato attestante che ii prodotti non sono infestati da larve vive fosse indispensabile per la tutáela della salute. 43. -Occorre perci˜ constatare che la Repubblica italiana venuta meno anche agli obblighi che le incombono in forza della direttiva 83/643 soprammenzionata imponendo controlli sanitari sistematici su partite di pesce importate, debitamente accompagnate da un certificato sanitarfo rilasciato dalle competenti autoritˆ dello Stato membro di spedizione dei prodotti e attestante che questi ultimi erano esenti da larve di nematodi vive. 44. -La censura della Commissione deve invece esser respinta per il r;esto, per gli stessi motivi indicati precedentemente al punto 33. Sull'accordo tra la .Comunitˆ economica europea ed il Regno di Norvegia. 45. -L'art. 15, n. 2, dell'accordo tra la Comunitˆ economica europea e il Regno di Norvegia, allegato al regolamento n. 1691/73, soprammená zionato, stabil.isce quanto segue: ÇIn materia veterinaria, sanitaria e fitosanitaria, le partd contraenti applicano le loro regolamentazioni in modo non discriminatorio PARTE I, SBZ. II, GIURIS. -COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 197 e si astengono dall'introdurre nuove misure aventi l'effetto di ostacolare indebitamente gli scambi È¥. 46. -Ai sensi dell'art. 20 di tale accordo, Ç J'accordo fascia impregiulicati i divieti o restrizfoni all'importazione, all'esportazione e al transito, giustifkati da motivi di moralJtˆ pubá blica, di ordine pubblico, di pubblica ásicurezza, di tutela della salute e della vita delle persone e degli animali o di preservazione dei vegetali, di protezione del patrimonio artistico, storico o archeologico nazionale o di tutela della proprietˆ industriale e commerciale, nŽ osta alle regolamentazioni riguardanti l'oro e l'argento, tuttavia tali divieti o restrizioni non devono costituire un. mezzo di discriminazione arbitr~ria, nŽ una restrizione dissimulata al commercio tra le parti contraenti È. 47. -Ne deriva che questo accordo vieta che siano adottate dalle parti contraenti nuove misure restrittive degli scambi tra gli Stati membri ed il. regno di Nol"V.egia, laddove questi ostacoli non siano indispensabili per ragioni relative in particolare allˆ tutela della salute. . . i ¥ . . ¥ 48. -Pertanto questo accordo contiene, per áquanto riguarda ágli scambi tra le parti contraenti, regole identiche a quelle degli artt. 30 e 36 del ';I'rattato e non esistono nella ~attispecie motivi per interpretare queste regole diversamente da detti articoli del Trattato. 49. -Ora, dai punti 32, 37 e 43 della presente sentenza risulta che la Repubblica italiana ha violato il principio "i proporzionalitˆ assoggettando a controlli sanitari sistematici partite di pesce, provenienti da altri Stati membri, debitamente controllate nello Stato speditore. e accompagnate da un certificato sanitario delle autoritˆ competenti di tale Stato attestante che i prodotti erano esenti da larve di nematodi vive, nonchŽ vietando l'importazione di partite di pesce non accompagnate da un certificato dello Stato speditore, ma per le quali dai controlli effettuati nello Stato di destinazione della merce era risultata solo la presenza di larve di nematodi morte o devitalizzate. SO. -PoichŽ il principio di proporzionalitˆ anche alla base delle summenzionate disposizioni dell'accordo allegato al citato regolamento n. 1691/73, ne deriva che Ja Repubblica italiana venuta meno ancora una volta, per motivi identici a quelli sopra indicati, agli. obblighi che le incombon˜ in forza di questo regolamento, assoggettando a controlli sistematici partite di pesce giˆ controllate in Norvegia e accompagnate da un certificato sanitario, rilasciato in questo paese, attestante che H pesce era esente da larve di nematodi vive, nonchŽ vietando l'importazione di partite di pesce, provenienti dalla Norvegia, non accompagnate da un certif.icato sanitario, ma contenenti solo larve di nematodi devitalizzate. 5 198 á:1.USlll!GNA AVVOCATURA DEUO STATO .. 51. -Per contro, ~r motivi identiCi a quelli c;b.e figurano prececientemente ai punti 33, 38 e 44, le censure della Ominissione non.á sono foii.date per quanto riguarda i controlli effettuati dalle autoritˆ italiane sui prodotti norvegesi della pesca non accompagnati da un certificato sanitario rilasciato dalle coinpetŽnfi aufor“tˆ dŽHa Norveg“a, nonchŽ i divieti di: .“mportazione di jaJ.i prod˜tti, quando dai. controlli ill r1:aJia era risultata la presenza di larve di neinahidi vive. . . 52. -Da tutto quanto sopra esposto risulta che la Repubblica itaiJfana; imponendo controlli sistematici su partite di pesce, provenienti da altri Stati membri e dal Regno di Norvegia, debitamente accompagnate da un certificato sanitario dello Stato speditore attestante che i1 prodotto era esente da larve di rietnatodi vive, nonchŽ vietando f'importazioneá di partite di pesce, proveniente qa altri Stati membri e dal Regno di Norvegia, non accompagnate da certificato delfo Stato spel1itore, quando dai controlli effettuati -nello Stato di destinazione non era risultata la presenza cii larve di nematodi vive, venuta meno agli obbíighi che ad essa I incombono in forza degli artt. 30 e 36 de! Trˆttato, dŽlla direttiva 83/643 e,del regolamento ,n. 1691/73. (omissis) I IJ CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE, 5a sez., 22 giugno 1993, nella causa C-222/91 -Pres. Rodriguez Iglesias "'Avv. Gen. Lenz -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Consiglio di Stato nella causa Ministeri delle Finanze e della Sanitˆ c: Philip Morris % Belgium SA -Interv.: Governi italiano (avv. Stato Fiumara) e del Regno Unito (ag. Iludson) e Commissione -delle C.E. (ag. Aresu e Wolfcarius). Comunitˆ Europee -Ravvicinamento delle legislazioni . Etichettatura dei prodotti del tabacco ¥ Apposizione di avvertenze di carattere sanitario. (Direttive del Consiglio 13 novembre 1989, n. 89/622/CEE, art. 4, e 15 maggio 1992, n. 92/41/CEE). . -á . L'art. 4, n. S, della direttiva del Consiglio 13 dicembre 1989, 89/622/CEE, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri riguardanti l'etichettatura dei prodotti del tabacco, nella sua versione originale, deve essere interpretato nel senso che gli Stati membri non hanno la facoltˆ di imporre che, per quanto riguarda la loro produzione nazionale, sulle unitˆ di condizionamento dei prodotti del tabacco diversi dalle sigarette, l'avvertenza genenale di cui al n. 1 di detto .articolo copra almeno il 4% della superficiei, della faccia corrispondente. Tale facoltˆ tuttavia ammessa dalla versione di detto paragrafo che risulta dalla direttiva del Consiglio 15 maggio 1992, 92/41/CEE, che modifica la direttiva 89/622, concernente il ravvi PARTB I, SBZ. ll, GlURJ:S. áCOMUNITARIA B INTBRNAZIONALB 199 cinamento .delle disposizioni .leW-slative, regolamentari ¥ed amministrative degli: Stati> membri riguardanti l'etichettatura dei prodotti del tabacco. Vart.¥ 4/#. 2; della direttiva 89/622 prescrive l'apppsizione di una sola avvrwtenta specifica su ogniá pˆcchetto di sigarette e. gli Stati membri .non hanno la facoltˆ di prescriverne un. maggior.á numer˜ (1). ¥. á/ (omissis) t;...:..;;,;¥á¥ Co:h 6rdirianzˆ 27 agosto 1991, pervenuta in cancelleria il.. 4 settembre á seg'i;tŽhte~ u: Consiglio diáá Sfafoᥠih sede giurisdizionale ha sottoposto alla Corte/ai¥sensi áaeii'aftL 177 del Tratti:tfo CEE, tre questioni f)regiU:diziaH relatfve fill'iritefpretazfondell'artáá 4 della direttiva del Consiglio 13 i:ii˜veinbre 1989, 89/622/CBE; ¥á cortceriientŽ il ravvicinamento delle dispasit“onl legislative, regolamentari edá ˆn:nrifuistrative degli Stati membri .l'igiiardahti l'etichettˆttira defprodotti del tabacco (G.U. L 359, pag. 1; iti :Prosfogtlo: la ÇdfrŽttivˆÈ). 2. -Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di due ricorsi presentati. dinanzi al Tribtinale a:mn1in“strativo regionale del Lazio dalle societˆ Philip áMorris BŽlgit““lly BAT (Deutschland) Export, HF e Ph. F. Reemtsmˆr PhMip Morris Holland; Philip Morris Products Incorporated, ArlZona Tobacco Pr˜duct.Si .Les Fabriques de Tabac RŽunies, R. J. Reynolds Tol:)aŽco,eá¥Titr“nacCompany á(in prosieguo indicate collettivamen. te come' Ç leimnissi-One ha giustaJ:llente osstftjiato, non ci si spiega perchŽ tale norma dovrebbe applicarsi solo alle unitˆ di confezionamento di prodotti che sono talvolta pi pericolosi delle sigarette, come il caso dei prodotti del tabacco senza combustione ai quali si riferisce detto paragrafo, sub e).. 28. -Dato che l'art. 4, n. 2, della direttiva prevede unicamente l'uso dí una sola avvertenza specifica e tale disposizione non contiene una prescrizione minima, gli Stati. membri non sono autorizzati ad imporre l'us˜ di un maggior numero di avvertenze. 29. .....; Pertanto occorre risolvere la seconda e terza questione nel senso che l'art. 4, n. 2 della direttiva 89/622 precrive l'apposizione di una sola avvertenza specifia su ogni pacchetto di sigarette gli Stati membri non hanno pertanfo la facoltˆ di prescriverne un maggior numero. (omissis) SEZIONE TERzA GIURISPRUDENZA CIVILE GIURISDIZIONE E APPALTI CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 ottobre 1992; n. 10940 -Pres. PannelSEZIONE TERzA GIURISPRUDENZA CIVILE GIURISDIZIONE E APPALTI CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 ottobre 1992; n. 10940 -Pres. Pannella -Rel. Olla -P. M Amirante (conf.) -Ministero della Protezione Civile (avv. Stato Cocco) c. Soc. La Sirenetta (avv. Sammaria e Ciaramelli). Contratti (in generale) -Convenzione stipulata tra la P.A. e il proprietario di un albergo per il riovero delle popolazioni colpite dal siá sma ¥ Natura giuridica á Contratto a favore di terzi á Esclusione. Non costituisce contratto a favore di terzi la convenzione stipulata tra il proprietario di un. albergo e la P.A. con la quale viene attribuita a quest'ultima, dietro corrispettivo, la disponibilitˆ delle stanze.dell'albergo per destinarle a ricovero degli abitanti di una zona colpita da terremoto affinchŽ usufruiscano, a cura dell'albergatore, di vitto e alloggio (1) (omissis) Con l'atto di ,impugnazione avverso la sentenza di primo grado l'Amministrazione della Protezione civile, sostanzialmente, aveva posto al giudice d'appello due questioni: I) chi fosse il soggetto passivo (Amministrazione della Protezione civile o Comune di Castellammare di Stabia) del rapporto intercorso con la societˆ La Sirenetta a seguito della Convenzione pattuita con il Sindaco di Castellammare di Stabia, ed avente ad oggetto H ricovero di alcuni nu (1) La ricostruzione della fattispecie contrattuale in esame come contratto a effetti interni muove dalla considerazione, pacifica in dottrina e giurispru-á renza, che per aversi contratto a favore di terzi necessario che il diritto del terzo trovi fondamento esclusivo nel contratto. Il terzo, in altri termini, deve acquistare, per effetto della stipulazione, il diritto alla prestazione nei confronti del promittente (cfr. ZACCARIA, Commento all'art. 1411, in Commentario breve al e.e., Padova, 1988, 1043, anche per indicazioni giurisprudenziali; MOSACARINI, I negozi a favore del terza, Milano, 1970, 5; MAJELLO, L'interesse dello stipulante nel contratto a favore di terzi, Napoli, 1962; GIRINO, Studi in tema di stipulazione a favore di terzi, Milano, 1965; MESSINEO, Contratto nei rapporti con il terza, in Enc. dir., X, 196; RESCIGNO, Studi sull'accollo, Milano, 1958, 227; DONADIO, Contratto a favore di terzi, in N. Dig. lt., IV, 656; BIANCA, Dir. Civ., III, Milano 1988). La convenzione stipulata tra l'albergatore e la PA., viceversa, non attribuisce alcun diritto alle remotate, le quali vengono immesse nel possesso delle stanze esclusivamente in virt del provvedimento di assegnazione da P. A. che ha acquisito la disponibilitˆ dei locali dall'albergatore. famiglie terdell'albergo parte della 1: ?: ~= I I ~á .,. ~ ;: PARTE I, snz. III, GIURISPRUDENZA''"ClVILB, GIURI$PRUDENZA E APPALTI clei familiari rimasti¥¥senza abitazione a seguito del sisma ádel tiovembre 1980 nell'albergo di proprietˆ di detta societˆ; nonchŽ faá somministrazione aálbro<' fai.rote del vitto;.ááá. iiS1i@i~~lti~Tr~d?: .............:.:á á' .. ::::.::-:::::á:.> -: .á:;.::-:áá .. . . . . . .. .. .. ....., . , -á La sentenza impugriata, risolvendo áqueste questibni: ~~-4~~~~tst~c;;;::.:;;;:: AAili~.jl rila~fo i:lll~ q~meie; 1(che. comportava l'onere della stessa Amn} ilji$ti:~i0ri~ .. cu .~gjre es~utivi;i,,Pe1lte per lo. sgombero dei nuclei familiari áda essa immessi neô'hlbergñ; Ž che la stessa Amministrazione era ol;>blig~ta aL paganie:pto ˆelle spi:;n.ministrazioni per il vitto fino al mopie] l.tq iri pui 1ˆ¥á somi:;n.inistrazfOne.á aveva ricevuto la notifica del recesso. Il ridt:>fs6 investe la sentenza della Corte di Napoli nei soli punti in cui ha risolto la questione sulla decorrenza degli effetti del recesso, e non Ptc>pdne alctafi ceilsuta netconft˜nti dei ácˆpi dellˆ medesima sentenza che' hanno risolto w i“f serlso.' favorevole hl Comune di Castellamare di StabiS: ;.;;;;..'.lˆ¥¥áqb.estidne sulla soggettivitˆ passiva delle obbligazioni dedot~ te in gittdizfo . . ,., Ci˜'signifiˆchet¥Ammitiistrazi˜ne dello.Stato ha prestato acqttiescnza' alle riˆfiVe sfa:tUiziOnie che il riors˜ stato notificato al Comune ai:eastehammare di Stabfa sol˜ per “iotiz“a. La resistente societˆ La Sirenetta ha eccepite>¥ in via pregiudiziale che fa matHa del dorttendere venuta meno: irifatti, da un canto, successfoiiroertte alla pronlll1cia impugnata, con se.tenza defiilitiva 3 maggio 1990 ifTtil:mria:? di Napbl“ ¥.ha.. detetrhina,t˜ l'arnmonfate . del credito d~lla La Sirenetta. per i tfr6i( p~itui Kcontrov~rsfa ed ha .condannato l'AmministrazioJ: l~áá deôo ási~to ai¥ re1~tl.~ri< p~g~tíl~i:lto;.áclall'~ltro,. detta Amministniziop, e ha. dato esec~ziqneáá.ana pronul1cia .¥ ácli conclarína senza formu la,re risenra al~ul1a. á .¥. á á á á á á á á ..áá . .á . Peraltro, le circostanze difatto dedptte dalla rs.istt'lnte sono del tut~ to indimostrate di rnodo che l'eccezione deve ess.ere disattesa. Il primoá motivo del ricorso attiene direttamt'lnte all'affermazione della sentenza d'appello che il Ministero Ç era tenuto a rispondere della continuazione della prestazione con lui convenuta, da erogarsi al terzo, finchŽ 208 .RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO non si fosse adopemto .¥. a far . cessare. in .concreto la permanenza del terzo terremotat.o mááalbergo È. Secondo la censura, tal statuizione viola gli artt. 1411 e 1413, 1227, 1366 e 1375 Cod'. c:iv., e non sorretta da alcuna ;motivazione o, quanto meno, da una motivazione sufficiente e/o corretta: . ' '' á .. !nfatd, fondata ~~61usi~~mente. sulla áeiu~iifi;;izione della Convenzione intercorsa tra le parti . ome contratto a favore . dl. terzi, la(ic:love realizzava un contratto per conto di chi spetta o per persona da nominare, ovvero un pactum de oontrahendo ¥cum tertio. áá.. Inoltre, non ha tenuto presente che, anche ad ammettere che si tratti d'un contratto.á alberghiero aá :f~~ore di un terzo, dagli. elementi tipicizzanti questa figura giuridica, discende che lo . stipulante (nella specie l'Amministrazione) non ha fa¥ disponibilitˆ dei locali dell'albergo e rimane estraneo al rapporto che si costituisce unicamente tra l'albergatore ed il terzo ospitato, di modo che non ha il potere di allontanare quest'ultiino dall'albergo; corrlativainente, il suo obbligo per il corrispettivo cessa ri.elIo stessoá momento in cui dichiari ádi recedere dal contratto, rimanendo a carico ádell'albergatore l'attivitˆ necessaria per aUontanare i terzi dall'albergo. La resistente ha eccepito, in via preliminare, che l'esame delle questioni poste con áilá motivo precluso á in quanto sulla qualificazione della Convenzione come c9ntratto a favore di terzo vi una statuizione passata in autoritˆ di cosa giudicata. Infatti, spiega la societˆ La Sirenetta, nella motivazione relativa al rigetto dell'eccezione di difetto della titolaritˆ passiva dell'Amministrazione appellante la Corte territoriale ha affermato che Ç il Commissario (deve) rispondere in qualitˆ di stipulante a favore di terzo d,elle obbligazioni sorte per l'erogazione avvenuta in favore. di detti nucleiÈ; di conseguenza, essendo passata in giudicato la pronuncia di. rigetto stante l'acquiescenza dell'Amministrazione della Protezione civile, passata in giudi~ cato anche l'anzidetta qualifica. Peraltro, l'af~ermazione ádella Corte territoriale richiamata dalla resistente non costituis.ce un momento necessario dell'argomentazione logicogiuridica prospettata a giustificazione della decisione sul rigetto dell'eccezione; su. essa, pertanto, non si formato il giudicato. Ne consegue che anche questa eccezione deve essere respinta. Perci˜ occorre procedere á all'esame della censura. Il giudice d'appello -cos“ deve essere ricostruita la ratio decidendi della pronuncia -ha affermato che la Convenzione della quale s' detto aveva per oggetto l'attribuzione al Commissario Straordinario per le zone terremotate della disponibilitˆ di tutte le stanze dell'albergo La Sirenetta, nonchŽ del diritto di immettervi un certo numero di persone perchŽ fruissero dell'alloggio e del vitto, il tutto contro un corrispettivo giornaliero rapportato a ciascuna persona beneficiaria del trattamento. PARTB l, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILI?; GIURISPRUDENZA E APPALTI 209 ¥Da questi:eletilŽnti ácontrattuali áha :tratto:.ch i soggetti¥ del ¥rapporto conseguente alla. Comrenzione. erano, da una. parte;¥ il Commissarioá per le zone terremotate al quale era>poi succeduto il Ministero peril Coordinamento clella Pt:otezione:ci:vile: e; d;;tll'altra; la.s˜cietˆLa Sirenetta; non anc.b~ ~ J~rt.emotl)lti¥) q.alLerano soltanto ci terzi a cui ..favore era stata f.:lonveb..1a la ptest~Wrie; ed i quali, pe:raltto;¥mai sono stati riconosciu.. tJL~ ~be solo jndU;ettamente od:i.lpli:citamente.+ titolarideLdi:ritto alle prestazioni nei :C:OQfronti delle¥á dette parti o .gravati di¥ obblighLverso il. pr˜ptie:tar“o dell!i:bergo ... á á Inoltre, ricostruendo in dettaglio la positicme . corrt:rattuale ciella Pubblica á. amministrarlone ha affermato che dal datocircal'atti'ibuzioiie in suoá favoxe idella di:sponibilit~ ilelle :ean;ierŽ .dell'albei:go~ disponibilitˆ alla quale era collegato iLp11gamento delc<:>rrispetti'Vo;: discendeva che. ai. fini della cessazione dell!obbligazione.¥del4etto pagamento1 non: era s'IJfficiente la c1::11::w.1l“iC1azioneá:d~L tePesso, ma era ..necessari.a Ja restituzione matetiale d.elleŽˆmere n~Ha 1.ibeta di$'pQll.ibilitˆ¥ dell'al¨rgat<>re¥¥á jc) comportava cbe la Pubblica amministraziAAŽ ¥áádovesse ¥. provveclere esaa . dirett1;1.mente ad¥allont~are¥t:soggetti da.lei stessa immessivi; e nQn< aventi .. -:.áo n<:>n aventi pi ;.;;;;;;.. titolo all'asaistenza spettan.t# .aiterrentoti:t.ti, in:. modo da riavereJa. disponil:>ilitˆ delle ~ere; per p9terle . c.os~. restit.ire . l;ibere .al proprietario e far cessare la prestazione alla quale era sinallagJ;l).ati.car i:n.ente. collept@: la p.:ropda . .ohPlig~ione pei:: U prezzq, ááIn ásintesi1 dunque,; per il giudice. del me.dtc>~ la conclusione raggiunta discende : direttament~ ˆalle á concrete. pattulzioni coutrattuali che haniio determinato Uinsorge.re áádiá un . rappQrto ᥠsinˆllagmatico cheáá ha.. attribuito all'Amministrazione, sul piano .atti.V˜; la disponibilitˆ;. anche .materiale, delle¥. camere dell'albergo >Sul piano passivo;¥ áfobbligazione, all'.atto del recesso, di restituzione delle camere libere dalle persone immessevl da 1 essa Amministrazione, nonchŽ quello di corrispondere il compenso pattuito sino al verificarsi di: siffatta restituzione. Di conseguenza, di detto rapporto.. erano áparti sditantd I'Amniinistrazione ed á il pfoptieta:rfo del'l'albergo; non ˆriche i terremotati.:á ivi áricoverati, i quali fruivano delá godimento. delle. catn.ere in.f˜tzˆ. d'Wla distiri:i:a ed . autonoma concessione del- 1'.Arifuiinistraiicirte, á¥áá¥á ])~íˆ ra.g16nŽdŽilˆ... : .. : ;. á::á;:.:-::. :_:;: .: ~:; ' .á'. ('f>tfits#M c˜l J?riri!isá ffibtiVo ctbttiqr$o~ ttŽnurtzimdosi ááctiftfo di ~~!:f:!~~ˆJf~~~~~~li~!~~k\g'.~:~c;;~c{i:tib8~~~!:1:~~e:;zl~~n;::~ i~ .9yi~ˆ ,4~!ll,\ ,.Q~i:vl;li!9p.e I,\ moll:t~, ~J!l ri¨ in:reinentapiljtˆ di quella ¤~! 9oii~,o~#0.á9~y;44~ sr~,.~~~afi~.}~~~r,,~#iosb.~á ai,.~ilti della nuova !:!Qll:essioJte, , Tamndnis:trazione . ot.ledente. avevi,\ ... traá l'altro. giudicato ;l~:ii~:t!:s;~i!A~~:t..=:i!~~!~li~~~!¡i:ááááaz~~x~i~:~á ~~i~::!~n~ lllQnte-: e:d~ detiva2ionL sublacu.ali, cOlll.e qm~lla .a. favore del Consorzio per Incrementi d~lle ,ftriga~ioni nel. Terrlt!:)rio. Cremones.e. (l)-L& SŽ'Zionl ¥Unlte reinterpretano l'art. 111 della Costituzione. f.f :i.~¤;epdg dhll~ f#tisp~cie peŽiillare della impugnativa ex art. 111 Cost:, dei“e d:isiohi lieL'tfibilnaie superiore delle Acque pubbliche, le ss.uu. na'.tfrC>nt~(,{ ~ prof~¤~˜ fa dikattiita tematica della . deducibilitˆ in .Cassazione iii'vizio di' motHrazi˜n“{'ctett&ldo enuncia.Zioni di prmcipicntestinate; ove recepite dall'esperi.ei:.a, . gi.,ri!!P:t'\ldeIJ.ziale, a modificare radicalmente il vigente 11istema. civile''<:telleJriii1l“iiiative; 'fin daile sue stesse basi Žostituzionali. NldiŽhia,ftire illal:ri“riissibile 'uno dei motivi di" ricorso, con n quale si censurava l'insufficinza della motivazione della septenza del Tribunale Su, periore delle Acque ,~.utiJ:>Iicb.e, l!il-Coi::te arriva .a di.re che l'esigenza di una motivazione sufficie:Pte Çnon si pu˜ pi. inten4ere quale principio generale del nostro ordinamento git:tridico È. á . áá. Taie. ~on,~~nd~~te .en~ciˆtci completa il revirement giurisprudenziale iniá ziato dalle stesse ss.p:p,. C::9l'.l. l~ sentenza 16 maggiol992 n:.á ssss; sempre in orcUne .:.l:}í Ji~~. cft:illli!, r~ f7ft;inc;;,9i;npetenza o eccesso, di potere .ai tenmni .dell'art. 3 della legge 31 marzo 1817:.:: . :b).per violazione a:falsa applicazione di leg~e ai sensi del n. 3 dell'art. 517 del Codic!l di. procedura civile, o se. si verifichi la contraddittorietˆ prevista dal n. 8 dell'art. 517 medesimo. á Neiácasi di annullamento ai sensi della letteraá b) áJa ácausa rinviata allo stesso Tribunale Superiore delle aque pubbliche il .quale deve conformarsi alla decisione della Corte di cassa zione sul punto di diritto suJ qual!l essa ha pronunciato. -Art. 201. -Contro .le decisibni del Tribunale Superoire delle acque pubbliche nelle materie contemplate nell'art. á 143 ammesso ilá ricorso alle sezioni unite. della Corte di cassazione soltanto .per inqompetenza. o eccesso .li potere. a termini dell'art. 3 della legge 31 marzo 1877, Il. 3761á . . : . . . . . . . . . . . . . . . . . . . RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 212 Il vizio denunziatoáá in sostanza á attien ámanifstamente . all'insuffi. cienza della motivazione,á essendosi dedotta un'obiettiva parziale deficienza . del procedimento logico seguito dal giudice Ç a quo È e incidente sulla decisione finale. Come tale, esso deve essere ritenuto non deducibile in sede di legittimitˆ, riconsiderandosi, in un'ottica ampliata a seguito dell'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale e in riferimento al rimedio generale del ricorso in cassazione Ç per violazione di legge È offerto dall'art. 111 della Costituzione contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertˆ personale pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, il problema della ricorribilitˆ delle sentenze del Tribunale. Superiore delle Acque Pubbliche pronunziate in un unico grado in sede di giurisdizione amministrativa (come la sentenza sottoposta ora a gravame in questa sede) o in grado di appello: per le prime dall'art. 2ñl del r.d. 11 dicembre 1933 n. 1775, con riguardo alle materie contemplate dal precedente art. 143, ammesso il ricorso alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione áÇ soltanto per incompetenza o eccesso che ne costituiscono l'originario fondamento normativo, sino all'attuale sistema, risultante dalla sovrapposizione a detto impianto del C.P.C. del 1942 e della Costituzione repubblicana, con i noti principi della generale ricorribilitˆ per Cassazione di tutti i provvedimenti giurisdizionali a contenuto deciá sorio, e della necessitˆ di motivazione degli stessi, dettati dall'art. 111 della Carta. Il quadro ivi delineato, pu˜ riepilogarsi nei seguenti termini. Ricorribilitˆ per CassaziOne delle sentenze pronunziate dal Tribunale superiore delle Acque pubbliche: -ai sensi del T.U. 1755/33 in grado di appello, ex art. 200 T.U. cit.: -per incompetenza o eccesso di potere; -per violazione o falsa applicazione di legge, ex art. 517 c.p.c. 1865 o per la contraddittorietˆáex n. 8 disp. cit.; in unico grado, ex art. 143 T.U. cit.: á limitatamente all'ipotesi di incompetenza o eccesso di potere, ex art. 3 I. 31 marzo 1877 n. 3761; -ai sensi dell'art. 111 Cost. sia in grado d'appello che in unico grado, -in ogni caso di violazione di legge, sia sostanziale che processuale. All'indomani della entrata in vigore della Costituzione, e di fronte alla necessitˆ di adeguare immediatamente il sistema previgente all'art. 111, la S.C. aveva dunque compiuto un'articolata opera interpretativa, sia attraverso l'applicazione diretta dell'art. 111 della stessa, sia sostituendo l'oggetto del rinvio \contenuto negli artt. 200, 201 T.U. 1775/33 con le corrispondenti dispo. sizioni del c.p.c. del 1942, tra cui l'art. 360 n. 5 (" omessa, insufficiente o con: trilddittoria motivaz1one circa un punto decisivo della controversia È), sul presupposto, affermato ripetutamente dalla Corte, del carattere formale del rinvio contenuto nelle citate disposizioni del T. U. (Cass. SS.UU. 5693/81, in Foro it., 1982, I, 75; Cass. 13/86, in Foro it., 1986, I, 1351). E cos“ per questa via si erano ricompresi nel vizio di violazione di legge anche i vizi attinenti alla motivazione, sotto il profilo della insufficienza e, PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISPRUDENZA E APPALTI 213 di potere a termini dell'art. 3 della legge 31 marzo 1977 n. 3761 È (cio, secondo la precisazione contenuta poi nell'art. 362 c.p.c., Çper motivi attinenti alla giurisdizioneÈ), e, per le altre, la proposizione del ricorso consentita (art. 200, 1¡ comma lett. b) anche Çper violazione di legge ai sensi del n. 3 dell'art. 517 del codice di procedura civile (in vigore prima dell'attuale), o se si verifichi la contraddittorietˆ prevista nel n. 8 dell'art. 517 medesimoÈ. Ma, con l'avvento della Costituzione repubblicana, si rese necessario l'adeguamento anche del sistema delle impugnazioni delle sentenze del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, considerato unitariamente e non pi sulla base della distinzione tra sentenze pronunziate in un unico grado e sentenze pronunziate in . grado di appello, al menzionato art. 111, norma precettiva di immediata applicazione, la quale stabilisce che Ç tutti i provvedimenti giurisdizionali debbono essere motivati È (1¡ comma) e che Ç controá 1e sentenze e contro i provvedimenti sulla libertˆ personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari spe contraddittorietˆ della stessa, ex art. 360 n. 5 c.p.c. (ex multis, Cass. 1837/54; 195/57; 260/60; 315/73, ivi richiamate). In questo ordine di idee, la S.C. aveva affermato che l'obbligo sancito dalla norma costituzionale Ç costituisce un prif1cipio da applicarsi generalmente e quindi anche quando nel vizio si assuma incorso, nel pronunciare la propria sentenza, un organo giurisdizionale specialeÈ (cos“, Cass. n. 195/57 cit.). Su questa lmea áinterpretativa, il sistema di impugnative contemplato dal T. U. sulle acque si salvava dalla facile censura di incostituzionalitˆ, potendo operare con un regime equivalente a quello processuale civile. Ma secondo la sent. 5888/92 delle SS.UU., che costituisce come s' visto il vero e proprio antecedente logico della sentenza che si annota, l'equilibrio raggiunto dal sistema processuale in virt dell'adeguamento interpretativo suddetto, risulterebbe attualmente modificato dall'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale, per il cui art. 606 lett. e la ricorribilitˆ per Cassazione delle sentenze penali limitata alla Ç mancanza o manifesta illogicitˆ della motivazione, quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato È, sicchŽ.... Ç di questa diversitˆ si deve tenere conto in sede di interpretazione della norma costituzionale È. Tale impostazione viene portata alle estreme conseguenze dalla sentenza in esame, laddove testualmente si afferma che Ç il nuovo codice di procedura penale, nel disciplinare il ricorso p/:lr Cassazione ha ristretto il controllo di legittimitˆ sulla motivazione in un ambito minore rispetto a quello delineato dall'applicazione fatta dall'art. 111 della Costituzione in sede processualcivilistica È, di guisa che non si pu˜ Çpi intendere quale principio generale del nostro ordinamento giuridico anche l'esigenza di una motivazione sufficiente oltre che razionale È, e che Ç tale dato imprescindibile corrisponde appunto alla garanzia minima voluta dal legislatore costituzionale con l'apprestamento del rimedio del ricorso in Cassazione per violazione di legge, nella quale, quindi, il vizio afferente alla motivazione viene ricompreso soltanto nelle ipotesi di inesistenza o di illogicitˆ della motivazione desumibili dallo stesso provvedimento impugnato, in modo da determinarne la nullitˆ ;,, 6 214 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO ciali, sempre ammesso ricorso in cassazione per violazione di legge È (2¡ comma). E, intendendosi, secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte, per violazione di legge ogni violazione di norma tanto sostanziale quanto processuale, vi si fece rientrare, in relazione al requisito della Ç esposizione dei motivi in fatto e in diritto della decisione È prescritto dall'art. 132, 2¡ comma n. 4 c.p.c. in ordine al contenuto della sentenza, accanto al vizio del difetto di motivazione, sia quello della motivazione insufficiente sia quello della motivazione contraddittoria: si compresero, quindi, s˜tto l'etichetta della violazione di legge, tutti i vizi inerenti alla motivazione previsti dal n. 5 dell'art. 360 c.p.c. nella formulazione ampliata rispetto al testo originario con la legge 14 luglio 1950 n. 581, ritenendosi ci˜ rispondente a un principio generale dell'ordinamento giuridico. Queste Sezioni Unite hanno per˜ di recente sottoposto a riesame (con la sentenza n. 5888 del 1992) tale opinione, la cui crisi si profilata Questi gli argomenti della Cassazione. In sostanza, tanto con la n. 5888/92 che con la successiva n. 12871/92, le SS.UU. procedono ad un ridimensionamento della portata normativa dei primi due commi del citato artt. 111 Cost., rileggendone il dettato alla stregua di una disposizione, ossia l'art. 606 lett. e c.p.p., di rango ordinario, la quale finisce cos“ con l'assumere funzioni in qualche modo interpretativa del precetto costituzionale. Ma ci˜ parrebbe, invero, confliggere col vigente sistema gerarchico delle fonti. Se infatti la normativa di rango ordinario va interpretata (e continuamente 'storicizzata'), prima di verificarne la conformitˆ ai principi costituzionali, ci˜ affatto non comporta che dalla stessa possano trarsi elementi di lettura della Costituzione. Pu˜ semmai procedersi inversamente, come lo stesso , giudice delle leggi insegna, quando si tratti di risparmiare la legge ordinaria alla censura di incostituzionalitˆ, interpretandola appunto alla stregua del Ç diritto vivente È. Ed invero, nel prendere atto sic et simpliciter della patente disomogeneitˆ che viene a determinarsi tra il sistema processuale civilistico e quello penalistico, la sentenza in esame non sembra riuscire a risolvere l'aporia che viene fatalmente a determinarsi in relazione all'art. 111 primo comma Cost. La precedente Cass. 5888/92 aveva in fin dei conti evitato di affrontare il problema, col rilevare l'assenza di denunce di incostituzionalitˆ del citato art. 606 lett. e c.p.p. Ora (ed a parte ogni considerazione sulla possibilitˆ di sollevare d'uf. ficio l'incidente di costituzionalitˆ), nel merito dell'ipotetica questione s'imporrebbe la conclusiva considerazione che, al di lˆ dell'isolato dato testuale di una disposizione subito estesa, dalla prevalente giurisprudenza e dottrina, oltre il caso scolastico di una motivazione graficamente assente o in palese contraddizione con se stessa (v. Cass. III, 9 aprile 1990, Novelli, in Giur. it.¥ 1990, II, col. 371; 27 marzo 1990, Castaldi, in Giust. pen., 1990, III, 526 F. CoRDERO, -~111¥¥1111¥11¥1;:1111~ PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISPRUDENZA E APPALTI 215 con l'avvento del nuovo codice di procedura penale, secondo cui il ricorso per cassazione pu˜ essere proposto, per quanto concerne la motivazione, solo per Ç mancanza o manifesta illogicitˆ della motivazione, quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato È (art. 606 lett. e). Pertanto, il nuovo codice di procedura penale, nel disciplinare il ricorso per cassazione, ha ristretto il controllo di legittimitˆ sulla motivazione in un ambito minore rispetto a quello delineato dall'applicazione sino allora fatta dell'art. 111 della Costituzione in sede processualcivilistica, di guisa che, non potendosi pi intendere quale principio generale del nostro ordinamento giuridico anche l'esigenza di una motivazione sufficiente oltre che razionale (ovviamente sulle questioni di merito), rimane quale dato imprescindibile l'esistenza della motivazione in sŽ, scevra da manifesta illogicitˆ che possa renderla soltanto apparente. Tale dato imprescindibile corrisponde appunto alla garanzia minima voluta dal legislatore costituzionale con l'apprestamento del rimedio Cod. proc. pen., Torino 1990, p. 682 ss.), il sistema processuale penale si articola in tutto un complesso di rimedi che consentono l'accesso ed un ben penetrante sindacato dell'iter logico posto dal giudice a fondamento della propria decisione, risultando cos“ opportunamente compensata la 'restrizione' operata dall'art. 606 lett. e rispetto al sistema previgente, ed a quello processualcivilistico. Si considerino infatti l'art. 546, comma 3, c.p.c. che, tra i casi di nullitˆ della sentenza, contemula la violazione dell'art. 125 comma 3, il quale appunto impone l'obbligo di motivazione, con la conseguenza che Ç la Corte di Cassazione ha il potere di comparare la motivazione del provvedimento impugnato con i documenti ¥del processo, allorchŽ questi risultino interpretati o letti in maniera palesamente erronea È (Cass. I. 19 marzo 1991); la ricorribilitˆ per Cassazione ex art. 606 lett. d, per mancata assunzione di una prova decisiva, correlata alla previsione ex art. 546 lett. e, dell'indicazione in sentenza Ç delle prove poste a base della decisione stessa È e della Ç enunciazione delle ragioni per le quali il giudice ritiene non attendibili le prove contrarie È; la revisione ex art. 630 lett. a e c, per il caso d'incompatibilitˆ tra i fatti posti a fondamento di una sentenza con quelli stabiliti in altra sentenza penale irrevocabile, ovvero di scoperta di nuove prove. E dunque, alla stregua di quanto precede ed al di lˆ del dato testuale, il nuovo á c.p.p. contiene tutta una serie di elementi che comunque assicurerebbero una lettura 'costituzionale' dell'art. 606 lett. e. Ma, al di lˆ di tutto questo, il punto di rottura del sistema, dopo la sentenza in commento nel collegamento con l'art. 360 n. 5 c.p.c. in vigore, che la citata Cass. 5888/92 sembrava aver fatto salvo (tanto che si ritenne 'recuperabile' la costituzionalitˆ del sistema delle impugnative di cui al T. U. sulle Acque, attraverso l'interpretazione nei suddetti termini, del rinvio operato dall'art. 202 dello stesso T.U. Çalle norme del capo V, titolo IV, libro I del Codice di Procedura Civile del 1865, da leggesi quali capo III titolo III del libro II del vigente C.P.C. È -cos“, nel commento di quella sentenza, C.M. BARONE, in Foro it. 1992 I, 1739). La sentenza qui annotata sembra invece impli RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO del ricorso in cassazione per violazione di legge, nella quale quindi il vizio afferente alla motivazione viene ricompreso soltanto nelle ipotesi di inesistenza o di illogicitˆ della motivazione desumibili in concreto dallo stesso provvedimento impugnato, in modo da determinarne la nullitˆ. Rimane perci˜ estranea al compito istituzionale della Cassazione alla stregua della norma costituzionale -come la recente citata sentenza ha affermato -la verifica della sufficienza e della razionalitˆ della .motivazione sulle questioni di merito, implicando tale verifica un raffronto tra le ragioni poste a base della pronunzia e le risultanze del materiale probatorio esaminato. Dovendo intendersi nei precisati sensi la Çviolazione di leggeÈ, in base alla quale l'art. 111 della Costituzione consente il rimedio del ricorso per cassazione (al di fuori dei casi in cui tale rimedio offerto dalle leggi ordinarie), rimane fuori di dubbio nella specie la inammissibilitˆ del primo motivo del ricorso, imperniato, come si detto, sulla pretesa insufficiente motivazione dell'impugnata pronunzia. citamente precludere anche questa possibilitˆ interpretativa, laddove richiama unicamente le previsioni di cui all'art. 517 C.P.C. del 1865, presupponendo quindi la rigiditˆ del sistema. Il principio affermato dalle SS.UU. desta invero qualche perplessitˆ. Se da un lato vi traspare infatti la preoccupazione, sollecitata dalle esigenze di speditezza del corso della giustizia, di evitare che il giudizio di legittimitˆ divenga una specie di Ç terzo grado È di merito, cionondimeno, ed ove valutata in tutta la sua potenzialitˆ, questa rilettura del dato costituzionale finisce col comprimere un'importante garanzia del nostro sistema processuale. Non sembra infatti che al dato testuale dell'art. 111 Cost., in base al quale Ç tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati '" possa attribuirsi altro significato che la coessenzialitˆ con essi di una loro completa spiegazione. Una motivazione 'insufficiente' (o solo 'apparente', o la cui pur evidente illogicitˆ non sia Ç desumibile dallo stesso provvedimento impugnato È) in realtˆ una soluzione giuridica non raggiunta, e dunque, sul piano funzionale finisce col... negare se stessa. E nel momento attuale, di enorme proliferazione di nuove forme d'intervento del giudice, in campi presidiati da mezzi di tutela pi agili ma non meno incisivi della tradizionale sentenza civile (si pensi alla imponente produzione di ordinanze cautelari nei giudizi amministrativi, che risultano il pi delle volte privi di una qualsiasi specifica motivazione), parrebbe anzi e quanto mai auspicabile il rilancio, in ogni sede di legittimitˆ, dell'opposto principio di una sindacabilitˆ di tutti i provvedimenti giurisdizionali, nella interezza del loro supporto logico. Lungi dall'esserne un contenuto, infatti, la motivazione costituisce la base stessa del provvedimento, il quale, mancandone in tutto o in parte, finirebbe nella stessa misura col realizzare un'anacronistica espressione di potere as soluto. VITTORIO I ~ Russo t ! f ~ I l ! I I PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISPRUDENZA E APPALTI 217 CORTE DI CASSAZIONE, sez. I, 11 dicembre 1992 n. 13125 -Pres. Bologna -Rel. Lupo -P. M. Lo Cascio (diff.). -Chindamo (avv. Di Valentino) c. Ministero dell'Industria (avv. Stato Scaraniucci). Contratti '(in generale) ¥ Vendita e c˜ntratto d'opera ¥ Distinzione á Cri teri ¥ Prevalenza soggettiva del lavoro sulla materia ¥ Rilevanza ¥ For á. nitura della materia¥ strettamente necessaria da parte diáuna impresa artigiana prestatrice d'opera ¥ Irrilevanza .~ Fattispecie. Per valutare se sussiste un contratto d'opera o di comprav-endita (nella specie su campione) occorre oon~iderare la prevaleni.a soggettiva dell'opera rispetto allaá materia secondo la volontˆ delle parti, e non secondo il valore economico oggettivo; la fornitura della merce da parte dell'impresa, artigiana prestatrice d'opera non trasforma il contratto d'opera in ,vendita se tal.e mat,eria strettamente occorrente all'esecuzione dell'opera o alla prestazione del servizio commess,i (1). (omissis) Col 1¡ motivo ,di ricorso il Chindamo denunzia la violazione c;:legli artt. 3 e 5 della legge n. 443 dell'85 e degli artt. 22 e 24 della legge n. 426 del 71 deducendo che il Pretore avrebbe errato nel ritenere necessaria, per l'esercizio dell'attivitˆ del ricorrente, l'iscrizione al registro degli esercenti il commercio. Infatti, il Chindamo iscritto nell'albo delle imprese artigiane in quanto svolge attivitˆ di installatore e di riparatore di impianti idraulici e sanitari. La presenza nella sede dell'impresa di articoli sanitari, che vengono forniti ai clienti solo nell'ambito del procedimento di installazione degli stessi, non potrebbe mutare la natura dell'attivitˆ esercitata, che rimane quella dell'artigiano e non del commerciante al (1) La sentenza in esame si colloca nel consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale ai fini della distinzione del contratto d'opera dalla vendita non rileva eh~ il valore oggettivo della materia fornita non superi quello della mano d'operˆ, bens“ che quest'ultima sia considerata prevalente dalla volontˆ delle parti. In questo senso, tra le tante, v. Cass., 9 settembre 1963, n. 2455, in Rep. Foro it., 1963, voce Vendita, n. 11; Cass. 30 marzo 1960, n. 686, id., 191\0, voce Appalto, h. 6; per lo stesso criterio con riferimento all'appalto, Cass. 11 giugno 1983 n.4020, id 1983, voce Appalto n. 15; Cass. 9 giugno 1992, n. 7073, in Mass. Foro it. 1992, p. 613. Pi in generale il contratto d'opera caratterizzato dalla prevalenza dell'obbligazione di fare su quella di dare, con o senza l'onere di acquisto del materiale, nonchŽ dalla natura artigianale della prestazione: il primo requisito lo differenzia dalla vendita di cosa futura e il secondo lo differenzia dal contratto di appalto, eseguito da un imprenditore che organizza il complesso dei mezzi necessari ed opera a proprio rischio: cos“ Cass., 28 luglio 1975, n. 2912, in Rep. Foro it., 1975, voce Lavoro autonomo, n. 1. In particolare, la sentenza in esame afferma che quando si dˆ incarico ad un idraulico di installare un determinato apparecchio che egli acquisti, 218 RASSEGNA AVVOCATIJRA Dm.LO STATO minuto. L'art. 3 della legge n. 443/85, poi, esonera le imprese artigiane dalla áiscrizione nel registro degli esercenti il commercio per l'attivitˆ di fornitura al committente di quanto strettamente occorrente alla esecuzione dell'opera o del servizio connesso. Nella specie non sarebbe stata fornita la prova che il Chindamo fornisse ai propri clienti apparecchiature non strettamente occorrenti all'esecuzione delle opere che gli erano commissionate o, comunque, apparecchiature senza provvedere alla loro installazione. Erroneamente il Pretore non avrebbe considerato il disposto di tale art. 3, il quale ha sul punto modificato la disciplina dettata dill'art. 2, comma 1¡, n. 2 della legge 426 del 1971. La sentenza impugnata avrebbe, altres“, violato gli artt. 3 e 5 della legge 443/85, in base ai quali, accanto all'attivitˆ principale dell'artigiano, possono coesistere altre attivitˆ, tra le quali anche l'intermediazione della circolazione dei beni, purchŽ queste siano strumentali ed accessorie all'esercizio della impresa..Nel caso di un artigiano idraulico, la fornitura degli apparecchi sanitari da installare costituirebbe quindi, certamente attivitˆ strumentale ed accessoria rispetto a quella principale rappresentata dalla installazione di impianti idrico-sanitari. Con il 2¡ motivo il ricorrente denunzia la violazione dell'art. 1522, comma 1¡ e.e. e mancanza di motivazione deducendo che erroneamente il Pretore avrebbe ritenuto che egli esercitasse una attivitˆ di vendita su campione, basandosi semplicemente sul fatto che gli accessori per il bagno sono forniti solo dopo la scelta del cliente fra quelli esposti nella sede dell'impresa, e che, quindi, la fornitura di merce abbia funzione prevalente rispetto alla obbligazione di fare. In realtˆ, la sentenza impugnata non avrebbe fornito adeguata dimostrazione della volontˆ dei contraenti di considerare prevalente l'obbligazione di dare rispetto a quella di fare, e, quindi, non avrebbe dato adeguata motivazione della sussi o abbia giˆ acquistato a suo nome e spese, non si ha una vendita su campione dell'apparecchio da installare ex art. 1522 e.e., bens“, se non un contratto d'appalto, quanto meno un contratto d'opera di cui all'art. 2222 la cui disciplina prevede che la materia necessaria per il compimento dell'opera possa essere fornita dallo stesso prestatore (1). Nel caso di specie, trattandosi di impresa artigiana, soccorre anche il disposto dell'art. 5 della legge 8 agosto 1985, n. 443 che esplicitamente escluá de la compresenza di vendita e contratto d'opera quando la materia fornita dall'artigiano strettamente occorrente all'esecuzione dell'opera o alla prestazione del servizio commessi. La Cassazione non chiarisce per˜ se il requisito della prevalenza soggettiva della materia e quello della stretta occorrenza della stessa siano sinonimi o vadano congiuntamente riscontrati. (1) Contra v. una risalente giurisprudenza (Cass. 22 giugno 1962 n. 1604, in Mass. Foro it., 1962) secondo cui il contratto con cui una delle parti sia tenuta oltre che ad una prestazione d'opera, alla fornitura della materia prima necessaria, un contratto misto che deve essere qualificato con riguardo allo schema negoziale prevalente. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISPRUDENZA E APPALTI 219 stenza di un contratto di vendita anzichŽ di un contratto di appalto o di un contratto di opera. In particolare, la sentenza non avrebbe effettuato una valutazione in termini qualitativi, accertando se dal punto di vista funzionale prevalesse l'opera o il bene fornito. Nella specie, considerando che i prodotti forniti dal Chindamo sono facilmente reperibili anche altrove, e che quindi, nella considerazione dei clienti prevalente la valutazione qualitativa dei servizi tecnici forniti dal ricorrente, l'attivitˆ di quest'ultimo avrebbe dovuto essere qualificata come contratto d'opera, nel quale l'obbligazione di fare prevale su quella eventuale di dare. Il ricorso, in riferimento ad entrambi i motivi nei áquali stato articolato, pienamente fondato. Ed invero: 1) Innanzitutto il Pretore ha ignorato inspiegabilmente e totalmente la legge 8 agosto 1985 n. 443, intitolata Çlegge-quadro per l'artigianato È, che, al 6¡ comma dell'art. 5, cos“ dispone Çper la vendita nei locali di produzione, o ad essi contigui, dei beni di produzione propria, ovvero per la fornitura al committente di quanto strettamente occorrente all'esecuzione dell'opera o alla prestazione del servizio commessi, non si applicano alle imprese artigiane, iscritte all'albo di cui al 1¡ comma, le disposizioni relative all'iscrizione al registro degli esercenti il commercio o all'autorizzazione amministrativa di cui alla 1. 11 giugno 1971 n. 416... È: norma riconosciuta decisiva nella specie anche dal controricorrente Ministero Cadono cos“, pertanto, di fronte all'inequivoco dettato della novella legislativa, le considerazioni svolte dal Pretore e riassunte al punto 3) della narrativa sovraesposta, considerazioni tutte incentrate esclusivamente sull'applicazione della 1. 426 del 1971 nonostante che essa sia stata modificata, -tra l'altro proprio nel punto che qui pi interessa -, da quella n. 443 del 1985. 2) Quando, come nella specie, si commette ad un idraulico di installare un determinato apparecchio (come ad es. un rubinetto o uno scaldabagno), che l'idraulico acquisti (o abbia giˆ acquistato) a nome e spese proprie, non si ha, tra cliente e idraulico, una vendita su campione dell'apparecchio da installare ex art. 1522 e.e. (come erroneamente ritenuto dal Pretore), bens“, se non un contratto d'appalto (che involge, ai sensi dell'art. 1655, una apprezzabile organizzazione di mezzi quale di solito manca all'artigiano), quanto meno un contratto d'opera di cui all'art. 2222: contratto la cui disciplina prevede espressamente che la ÇmateriaÈ necessaria per il compimento dell'opera possa essere fornita dallo stesso prestatore di quest'ultima, sicchŽ nŽ questo contratto si trasforma necessariamente in contratto di vendita pur quando impli RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 220 ~hi tale fornitura, nŽ si deve in tal caso necessariamente accoppiare ad esso (v. Cass., sent. 2912/75). Dispone infatti l'art.2223: ÇLe disposizioni di questo capo (disposizioni generali circa il lavoro autonomo) si osservano anche se la materia fornita dal prestatore d'opera, purchŽ le parti non abbiano avuto prevalentemente in considerazione la materia, nel qual caso si applicano le norme sulla vendita È: norma del tutto in linea con l'art. 1658 e.e. che, in tema di appalto stabilisce addirittura che: Ç la materia necessaria a compiere l'opera deve essere fornita dall'appaltatore, se non diversamente stabilito dalla convenzone o dagli usi È. Pertanto, il criterio adottato nell'impugnata sentenza -secondo cui nella specie si avrebbe vendita (su campione) e non contratto d'opera sol perchŽ Çla circostanza che gli oggetti debbano essere installati costituisce un elemento naturale (quantunque non necessario) per la effettiva utilizzazione di essi È - erroneo se lo si applicasse, il citato art. 2223 non troverebbe pressochŽ mai applicazione, giacchŽ Çla materia È normalmente destinata ad essere installata, cio messa in opera nella sede destinatagli. 3) La parola Ç materiaÈ, contenuta nell'art. 2223, deve essere interpretata estensivamente e riferirsi, quindi, non alle sole Ç materie prime È, ma anche ai manufatti comunque necessari per il compimento dell'opera: quindi, nel caso dell'idraulico, non solo stagno, piombo, o altri metalli, ma anche tubi (di qualsiasi materia) guarnizioni, giunti e, pi in generale qualsiasi apparecchiatura da altri costruita (dalle pi semplici alle pi complesse, come oggi, talvolta, pu˜ essere anche un rubinetto incorporante sofisticati sistemi automatici di termoregolazione e di scambio dell'acqua su diverse uscite). L'odierna societˆ , invero, caratterizzata da una sempre pi spinta divisione del lavoro, sicchŽ sarebbe fuori della realtˆ pretendere che il prestatore d'opera si trasformi in venditore sol perchŽ si limiti prevalentemente ad assemblare manufatti giˆ prodotti da altri e presso di loro da lui acquistati in nome e per conto proprio. 4) La parola ÇoperaÈ, di cui agli artt. 2222 e 2223, deve, a sua volta, intendersi nel senso di cosa, trasformata dal lavoro (autonomo) su di essa compiuto, da consegnare al committente come risultato che la controparte si obbligata a suo rischio a realizzare, significato questo evidenziato dalla contrapposizione che, nello stesso art. 2222, si riscontra tra Ç opera È e Ç servizio È. Contrariamente a quanto sostenuto dalla P. A. nel suo controricorso, la trasformazione della cosa deve, in proposito, considerarsi avvenuta non soltanto quando sia irreversibile (come nel caso del vestito confezionato su misura dal sarto rispetto alla stoffa) o quando, comunque, la cosa abbia perso completamente la sua identitˆ s“ da non essere pi PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISPRUDENZA E APPALTI riconoscibile, ma anche quando essa sia stata soltanto congiunta stabilmente ad altre cose e resa funzionale rispetto al complesso in cui stata inserita, s“ da formare un bene di ben maggiore valore. Accade, invero, oggi sempre pi frequentemente, che il c.d. Ç utente finale È non sia in grado di trarre alcuna utilitˆ dall'acquisto puro e semplice di molti prodotti, essendo necessario, per poterli usare, un qualificato lavoro di posa in opera e di integrazione. E questo appunto il caso che qui interessa in cui, mediante opportuna installazione richiedente mano d'opera qualificata, apparecchi prodotti in serie dall'industria e acquistati in proprio dall'artigiano (come scaldabagni, caldaie, rubinetterie etc.) vengano da lui resi parte integrante di determinati impianti commissionati dal cliente e presso quest'ultimo realizzati. Non ha, quindi, altro valore che di un sofisma la tesi sostenuta dall'Avvocatura dello Stato secondo cui occorrerebbe distinguere tra Ç materia-strumento È per la messa in opera e Ç materia-oggetto È della medesima e, conseguentemente, ritenere assorbita solo nel primo caso la vendita nel contratto d'opera: ma siffatta distinzione come non sarebbe certamente legittima in riferimento all'appalto, cos“ non lo sarebbe in riferimento al contratto d'opera, stante l'unitarietˆ di principio informatore che sorregge -come poc'anzi rilevato -sia l'art. 1658 sia l'art. 2223. 5) In giurisprudenza anche ormai acquisito che, nei contratti d'opera come in quelli d'appalto la ÇprevalenzaÈ dell'opera sulla materia (o viceversa) di cui all'art. 2223 debba essere intesa non in senso oggettivo e, quindi, in riferimento alla comparazione dei costi dei due suddetti elementi), ma in senso oggettivo e, quindi, con riguardo esclusivo alla volontˆ dei contraenti (conf. Cass., sent. n. 2455 del 1963, 686 del 1960, 2679 del 1958, 426 del 1941, 3499 del 1932), volontˆ da accertarsi caso per caso, motivandola e non dandola per scontata a favore della vendita come immotivatamente invece, risulta nella sentenza pretorile. La soggettivitˆ del criterio di accertamento comporta che l'indagine debba essere diretta ad appurare se “l cliente abbia dato prioritaria importanza alla scelta del prestatore d'opera (cio al di lui lavoro manuale Ç intuitu personae È, come nel caso in cui si rivolga ad un installatore professionale che venda soltanto il materiale che installa) ovvero del materiale in sŽ (come nel caso opposto in cui il liente si rivolga ad un negoziante di materiale, che solo occasionalmente installi ci˜ che vende, facendo cos“ presumere che egli sia incline a considerare pi importante il materiale scelto che non la prestazione d'opera). 6) Alle norme sopramenzionate si correla perfettamente il 6¡ comma, dell'art. 5 della I. 8 agosto 1985 n. 443, (legge-quadro per l'artigianato giˆ citata) lˆ ove cos“ dispone Ç ...per la fornitura al committente di quanto strettamente occorrente all'esecuzione dell'opera, o alla pre ¥w ¥á ~ 222 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO stazione del servizio commessi, non si applicano alle imprese artigiane... le disposizioni relative all'iscrizione al registro degli esercenti il commercio o alla autorizzazione amministrativa di cui alla legge 11 giugno 1971 n. 426... È. Tenuto, infatti, conto che il contrato d'opera implica il raggiungimento d'un determinato risultato mediante Ç lavoro prevalentemente proprioÈ (come espressamente recita l'art. 2222 e.e.) e che, pertanto, esso trova un campo d'applicazione elettivo nell'attivitˆ dell'impresa artigiana che, a norma dell'art. 3 della citata 1. n. 443 dell'85, deve essere esercitata dall'imprenditore non oltre determinati limiti dimensionali, la disposizione sopra riportata del 6¡ comma dell'art. 5 della medesima legge sembra ricalcare chiaramente il rapporto tra Ç prestazione della materiaÈ e Çprestazione del lavoroÈ cos“ come definito nel predetto art. 2222, e, quindi, autorizzare la conclusione che ben pu˜ un contratto d'opera art“gianale assorbire in sŽ la fornitura del materiale, senza necessitˆ di ravvisare in quest'ultima alcun contratto autonomo di vendita. :é ben vero che, per delineare tale rapporto, la legge n. 443/85 sull'artigianato usa l'avverbio Ç strettamente È anzichŽ Ç prevalentemente È (usato nell'art. 2223); tuttavia, -anche ad ammettere che detti avverbi, ai fini che qui interessano, debbano intendersi cumulativamente e che, pertanto, ai fini dell'esonero delle imprese artigiane dall'obbligo dell'iscrizione al registro degli esercenti il commercio o dell'autorizzazione amministrativa di cui alla 1. n. 426 del 1971 sia necessario non soltanto che cliente e artigiano prestatore d'opera non abbiano avuto prevalentemente in considerazione la materia nel senso sopraspiegato, ma anche che al committente sia stato fornito solo quanto strettamente occorrente all'esecuzione dell'opera -sembra non potersi negare che entrambe le condizioni (della prevalenza e della stretta inerenza) ricorrano nella fattispecie, avendo il Pretore stesso accertato che il materiale del quale l'idraulico Chindamo aveva il campionario in bottega (e per la fornitura del quale fu ritenuto responsabile di vendita al minuto senza la prescritta is.crizione nel registro dei commercianti) era soltanto quello che egli installava (accertamento questo di fatto come tale insindacabile in questa sede e, in ordine al qua1e, non pu˜ esser consentito al Ministero sollevare dubbi, peraltro non motivati in un semplice controricorso). Nel caso in esame deve, quindi, considerarsi assodato che si avesse, al tempo stesso, e la prevalenza del contratto d'opera sulla fornitura del materiale (come richiesto dal e.e.) e la stretta inerenza della prima alla seconda (come richiesto dal citato 6¡ comma dell'art. 5 della 1. sull'artigianato): se, infatti, l'opera consist nella installazione di un certo materiale e quest'ultimo fu oggetto della medesima, non pu˜ certo negarsi l I I I 11¥¥¥¥1¥¥¥¥¥1111111¥1¥¥¥¥¥¥¥¥1jl[ I PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISPRUDENZA E APPALTI che esso non fosse indispensabile (pi ancora che strettamente inerente) per l'installazione stessa, non potendo questa -come addirittura lapalissiano -esistere senza il suo oggetto. NŽ vi qui ragione di ritenere necessaria una prevalenza oggettiva (e quindi sopratutto in riferimento al costo) della materia sul lavoro: e non soltanto per il nesso strettissimo (in precedenza qui evidenziato) tra l'art, 2223, e.e. (che, come si . rilevato, tale prevalenza oggettiva non richiede affatto) e il 6¡ comma dell'art. 5 della legge sull'artigianato, ma anche per la seguente ulteriore ragione. Il nostro ordinamento, per un preciso impegno sancito nella Costituzione (art. 45, 2<> comma) favorisce l'artigianato in quanto Ç la legge (deve) provvedere alla tutela e allo sviluppoÈ del medesimo. La ragione di tale trattamento di favore deve rinvenirsi sopratutto nella constatazione che, mentre la capacitˆ di guadagno del primo subordinata alle sue possibilitˆ personali di lavoro (sempre limitate) e alle sue condizioni di salute psicofisiche (sempre in qualche modo insicure non solo per il continuo rischio di malattie, ma anche per il continuo inevitabile processo di á invecchiamento che a poco a poco riduce inesorabilmente le energie lavorative), la capacitˆ di guadagno del commerciante solo p.er una parte dipende dalle proprie capacitˆ personali, essendo l'altra parte dipendente dalla potenza del capitale impiegato, il quale tanto pi rende, quanto pi cresce e tanto pi cresce quanto pi alto il volume degli affari trattati, altezza che sempre pi si svincola dalla possibilitˆ materiale del commerciante di accudire personalmente ai propri affari. Ci˜ spiega perchŽ, mentre il prestatore d'opera (come del resto il professionista) lavora a costi crescenti sicchŽ non pu˜ espandere la propria attivitˆ oltre un certo limite (al di lˆ del quale, peraltro, intacca la sua stessa salute), il commerciante, invece, quando gli arride il successo, non ha praticamente Hmite allo sviluppo dei suoi affari e lavora a costi decrescenti perchŽ il sempre maggior capitale di cui dispone gli consente di orgari“zzˆre in maniera sempre pi razionale, economica e spersonalizzata la propria impresa. Tutto ci˜ spiega perchŽ il favore della legge nei confronti del prestatore d'opera artigiano, se non deve spingersi in quella fascia della sua attivitˆ che si estrinseca in atti di puro commercio finalizzati solo ad un intento di lucro (che, come s' detto, pu˜ indefinitamente espandersi per la forza del capitale che sottende), deve, invece, coprire tutta l'area del commercio quando esso rigorosamente finalizzato, -e, quindi, con ci˜ stesso quantitativamente limitato -al compimento delle prestazioni d'opera, che non sarebbero, d'altra parte, possibili se non fornendo il materiale oggetto dell'opera stessa (nel caso dell'idraulico: le apparecchiature da installare). Altrimenti, infatti, o il lavoratore artigiano sarebbe necessariamente costretto ad acquisire anche la veste giuridica di commerciante (rimanen 224 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO do, cos“, esposto ad un trattamento di minor favore sotto tutti i punti di vista) ovvero il cliente sarebbe costretto a procurarsi per proprio conto il materiale altrove e non potrebbe affidare ad un solo soggetto il compito unitario di ottenere un risultato finito: e ci˜, -in una societˆ in cui, come in quella attuale, si tende non pi tanto a procurarsi beni (spesso di alta sofisticazione tecnologica e quindi installabili solo da specializzati nella tecnologia di un determinafo prodotto) bens“ servizi (la c.d. Çsocietˆ del terziarioÈ) che assicurino al cliente il pi comodo godimento del risultato finale -, disincentiverebbe il cliente dal rivolgersi al prestatore d'opera artigiano, con danno del medesimo. Da ci˜ si deduce che l'intenzione del legislatore, -cui, per il principio costituzionale sopraricordato, non pu˜ non premere il favorire tale artigiano -e alla quale occorre rifarsi qualora si ritenesse dubbiosa l'interpretazione del 6¡ comma dell'art. 5 della 1. sull'artigianato qui in esame -, deve essere ricostruita nel senso che quel che importa -, per raggiungere, senza peraltro oltrepassare, le finalitˆ del favore legislativo -, non tanto 1a circostanza che il valore del materiale fornito non superi quello deHa mano d'opera necessaria per ,installarlo (in quanto i rispettivi costi non hanno spesso, nella realtˆ d'oggi, alcun significativo rapporto), quanto che la fornitura del materiale rimanga strettamente limitata (per natura e per quantitˆ) a tutto ci˜ di cui necessario disporre per eseguire l'opera, quale che sia il valore del materiale impiegato e che, pertanto, non potendo il prestatore d'opera espandere la vendita pi di quanto non sia in grado di porre in opera, egli dmanga, msostanza, un lavoratorie, senza trasformarsi in un commerciante. La sentenza impugnata va, pertanto, cassata e la causa rimessa ad altro Pretore della medesima Pretura circondariale di Voghera per essere decisa in applicazione dei principi di diritto sovraesposti. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. un., 5 aprile 1993 n. 4054; Pres. Zucconi Galli Fonseca -Est. Garofalo -P. M. Grossi (concl. conf.); Balzano (avv. Campese, Gesu) c. Ministero dei Trasporti e dell'Aviazione civile (avv. Stato Sica). Concessioni amministrative -Beni patrimoniali disponibili -Immobile di ente pubblico -Locazione -Configurabilitˆ -Domanda di accertamento del rapporto locativo -Giurisdizione ordinaria. Contratti :(in generale) -Contratti della p.a. -Attivitˆ di diritto privato Deliberazione di contrattare -Revoca -Effetti -Contratto perfezionato -Ininfluenza. Il contratto con il quale un ente pubblico od un oonc'ess(iionario di pubblico ~ervizio cedono ad un privato, dietro corrispettivo, il godimento di un immobile facente parte del loro patrimonio disponibile, integra gli PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISPRUDENZA E APPALTI 225 estremi della locadone e non della condessione amministrativa; pertanto la domanda proposta dal conduttore contno l'ente od il c.'pnc,essionJario medesimi; diretta :ad ottenete l'accertamento della validitˆ del contratto rientra nella giurisdizione del gi.diC'e ordin,afiio (1). Ove la P.A. abbia stipulato,. nell'esercizio dei propri poteri negoziali, un contratto con .un privato;ᥠdallo stesso scaturiscono dirU'ti soggettivi ed obblighi per le parti. Conseguentemente irrilevante l'intenzion'e diell'amminiSfrazion; Ž; comunque manifestata dopo il perfezionamento del contratto, di revocare la precedente deliberazione di contrattare, non sussistendo untal,e potete discrezionale di 11evoca, la quale sarebbe di conseguenza inidonea ad incidere su posizioni di diritto soggettivo (2) . ¥(1-2). Con~sione di beni .della fJ\. e riparto di giurisdizione. L La sentenza che si commenta va. a collocarsi nell'ormai consolidato indirizzo delle Sezioni Unitei .che attribuisce alla giurisdizione dell'A.G.O. la cognizione, delle controversie aventi ad oggetto il rapporto tra privato e P. A., relativamente al godimento di un bene appartenente al patrimonio disponibile di questa (in tal senso, v. Cass. 16 dicembre 1987 n. 9309, in Foro it. mass.; 1 febbraio 1985 n. 652, in Foro it. 1985, I, 367, peraltro richiamata dalla decisione in c˜illJl'.“ento; Cass. 7 luglio 1981. n. 4450, in R.F.I. 1982, voce concess. amm.,. n. 1; Cass. 14 ottobre 1972 n. 3062, in R.F.I. 1973, voce cit., n. 5). áAltre pronunzie della S.C. ási riferiscono invece all'ipotesi di utilizzazione da parte del privato di beni indisponibili della PA., e devolvono la cognizione delle relative controversie al giudice amministrativo (Cass. 9 luglio 1991 n. 7546, in Foro it., mass.; Cass. S agosto 1989 n; 3567, in questa Rassegna, 1989, pag. 477; Cass. 2 marzo 1989 n. 1161, in Foro it., mass,; Cass. 25 gennaio 1989 n. 425, ibid.; Cass. 12 novembre 1988 n. 6134, ibid.; Cass. 16 gennaio 1986 n. 1208; Cass. 21 novembre 1983 n. 6917, in Foro it. 1984, 1, 100; Cass. 14 luglio 1983 n. 4873, in Foro It., mass;; Cass. 6 aprile 1983 n. 2440, in Foro it., mass.; Cass. 7 maggio 1983 n' 3110, ibid.; Cass. 7 novembre 1981 n. 5886, ibid.; Cass. 11 ottobre 1979 n. 5023; in Foro it., 1979, I, 2507; Cass. 9 marzo 1979 n. 1461, in Foro it., mass.; Cass. 6 febbraio 1978 n. 5251 in Foro it. 1978, I, 1715; Cass. 8 aprile 1976 n. 1225, in Foro it.; mass.; Cass. 4 febbraio 1975 n. 416, ibid.). Nel caso m commento. la Cassazione torna ad indicare, e con estrema chiarezza, i criteri di riparto della giurisdizione, fra il giudice ordinario ed il giudice amministrativo, in materia di affidamento ai privati dei beni patrimoniali della P.A., ossia: a) la natura .del bene oggetto del godimento; b) la finalitˆ..perseguita.dalla P.A. attraverso. la sua concessione. 2. In ordine al primo criterio (natura del bene) le SS.UU. rammentano come i beni patrimoniali disponibili della P.A., in quanto non strumentali al soddisfacimento di interessi collettivi, costituiscono oggetto di negozi di diritto privato; mentre gli atti relativi ad un bene che rientri nel patrimonio indisponibile della stessa, in quanto finalizzato alla cura di pubblici interessi, possono assumere carattere provvedimentale (in tal senso, v. anche Cass. 9 aprile 1964, n. 811, in Foro it., mass.). Fondandosi sulla qualitˆ giuridica dei beni e non su basi ontologiche, tale distinzione lascia peraltro completamente aperta la possibilitˆ che la concessione di un medesimo bene sia assoggettata all'uno o all'altro dei regimi giu 226 RASSEGNA AVVOCATURA DEIJ..O STATO (omissis) Osserva questa corte, tenendo per ferme le premesse di fatto esposte dal ricorrente e non contestate ex adverso, che: a) assume essenziale rilievo la natura del bene dato in godimento al privato (e cio l'accertamento se esso fosse patrimoniale disponibile oppure appartenente al patrimonio indisponibile dello Stato o del comune, ex art. 826 e.e.) dal momento che soltanto nella seconda di dette ipotesi il godimento del privato sarebbe potuto essere oggetto di una concessione di bene pubblico, che avrebbe dato luogo alla giurisdizione (esclusiva) del giudice amministrativo, anche indipendentemente dall'esistenza di un formale provvedimento dell'amministrazione; peraltro l'apparte ridici. Soccorre quindi, il secondo criterio (finalitˆ della concessione) il quale assume funzione integrativa del primo, in quanto, se da un lato la natura del bene esprime giˆ la sua destinazione al soddisfacimento di pubblici o privati interessi (Cass. 18 ottobre 1961 n. 2226, in Foro it. mass.), dall'altro non pu˜ escludersi che, attraverso la concessione in godimento di beni indisponibili, si perseguano interessi privati o viceversa (su tale aspetto, v. Cass. 9309/87; 4813/83; 5265/79 e 1225/76 citt.). In relazione ai beni patrimoniali indisponibili, invero, la giurisprudenza ha sempre sottolineato come gli stessi ben possano formare oggetto di negozi giuridici privati, con il solo limite della insottraibilitˆ alla loro destinazione, ai sensi degli artt. 10 r.d. 4 maggio 1885 n. 3074 (reg. per l'esec. della l. sulla cont. gen. dello Stato) e 828 cc. (v., in tal senso, Cass. 6 aprile 1966 n. 898, in Foro it., mass.; Cass. 28 giugno 1951 n. 1741, in Foro it., mass.). In tale ordine di idee, si ad esempio affermato che la concessione, da parte di un comune ad un privato, di una porzione d'immobile appartenente al patrimonio indisponibile, ove comporti una sua utilizzazione marginale senza incidere sulla destinazione pubblicistica, rientra nella fattispecie della locazione (Cass. 14 luglio 1983 n. 4813, in Foro it., mass.). Proprio con riguardo all'ipotesi della concessione di un bene appartenente alla P.A. applicando i su richiamati criteri distintivi, vengono a contrapporsi lo schema privatistico della locazione ex art. 1571 e.e. (con tutte le fattispecie derivante: affitto ex art. 1615 e.e.; affitto di fondi rustici, ex art. 1628 e.e.; affitto a coltivatore diretto, ex art. 1647 e.e.) e quello della concessione amministrativa (su tali profili v., in dottrina, BUCCI, MALPICA e REDIVO, Manuale delle locazioni, PADOVA 1989, pag. 27 ss.; CAIANIELLO Concessioni (diramm.) in Noviss. Dig. app., 1981, Il, 241 ss; SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, NAPOLI, 1984, pag. 767 ss.;). Nello schema locativo rientrano, oltre al caso di cui ci si occupa, l'affitto di fondo rustico appartenente al patrimonio disponibile di un comune (Cass. 1¡ febbraio 1985 n. 652, in Foro it. 1985, I, 367); la concessione in godimento di una porzione di terreno estranea al demanio in prossimitˆ della riva di un fiume (Cass. 3 dicembre 1990 n. 11554, in Foro it., mass.). Al contrario, sono riconducibili allo schema concessorio: la cessione in godimento di alloggi in edifici patrimoniali indisponibili (Cass. 16 .gennaio 1986 n. 208, in Foro it., mass.; Cass. 20 settembre 1979 n. 4221, in Foro it., mass.; Cass. 9 gennaio 1973 n. 8, in questa Rassegna, 1973, I, 833, con nota di CARBONE; Cass. 21 aprile 1958 n. 1128, in Foro it., mass.); la concessione in godimento di terreni facenti parte del patrimonio indisponibile di un comune (Cass.. 3567/89, 6134/88 citt., e Cass., 1¡ febbraio 1985 n. 660, in Foro it., mass.), l'affidamento della gestione di un teatro comunale (Cass. 21 novembre PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISPRUDENZA E APPALTI 227 nenza di un bene al patrimonio indisponibile pu˜ venire meno sia per effetto di un atto formale della pubblica amministrazione e sia mediante la definitiva destinazione (come nella specie) del bene stesso ad un uso diverso da quello pubblico al quale era stato originariamente adibito (cfr. sent. 811/64; 3258/73): nel caso in esame ~ incontroverso che l'immobile, appartenente ad una privata impresa, sin dal 1950 non era stato pi utilizzato come stazione ferroviaria; esso era quindi da considerarsi appartenente al patrimonio disponibile della stessa societˆ e come tale suscettibile di formare oggetto di validi negozi tra privati, incompatibili con la citata primitiva destinazione dell'immobile; b) la controversia avente ad oggetto la validitˆ del contratto di locazione intervenuto tra la societˆ privata che abbia gestito la ferrovia in conces 1963 n. 6917, in Foro it., 1984, I, 1003; Cass. 11 ottobre 1972, n. 3082 in Foro it. mass.); la concessione di uno stadio comunale (Cass. 1161/89 cit.); di un autoporto (Cass. 7546/91 cit.), la concessione in godimento di foreste regionali (Cass. 24 maggio 1991 n. 5889, in Foro it., mass.); l'assegnazione in godimento a pubblico dtpendente di alloggio di servizio appartenente al patrimonio indisponibile dell'amministrazione, in quanto finalizzata ad assicurare la presenza dei dipendente nel luogo dove si svolge la sua attivitˆ lavorativa (Cass. 2781/89 cit.; Cass. 25 gennaio 1!189 n. 436, in Foro it., mass.; Cass. 15 ottobre 1982 n. 5353, ibid.; Cass. 5886/81 cit.; Cass. 20 gennaio 1965 n. 115, in Foro it., mass.; Cass. 30 novembre 1949, n. 2530, in Foro it. 1950, I, 862, nella quale si rinviene la distinzione della fattispecie concessoria rispetto alla locazione); la concessione ad un insegnante di un alloggio sito in edificio comunale (Cass. 9379/87 cit.). 3. Va infine ricordato che non mancano casi in cui la concessione in godimento di un bene pubblico viene a soddisfare contemporaneamente esigenze individuali e collettive, poste talora in posizione di comprimarietˆ, sicchŽ si determina la coesistenza di provvedimenti amministrativi (a carattere deliberativo e concessorio) con contratti di diritto privato che presupponá gono i primi. Tale la c.d. concessione-contratto, in cui appunto il provvedimento amministrativo a regolare i presupposti giuridici del contratto che vi accede, ed i poteri della P.A. ne condizionano la stessa gestione e permanenza in vita, attraverso atti di annullamento di revoca o declaratorie di decadenza del privato per grave inadempimento (su tali aspetti, v. SANDULLI, op. cit., pp. 768769). Rientrano in tale schema: la concessione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica (Cass. 24 settembre 1982 n. 4934, in Foro it., mass.; Cass. 26 marzo 1981 n. 2593, ibid.; Cass. 29 aprile 1980 n. 2848, ibid.; Cass. 18 luglio 1983 n. 2095 in questa Rassegna, 1984, I, 141 ss.; con nota di CARBONE); in dottrina v. CENTOFANTI, L'edilizia residenziale pubblica, MILANO, 1984, p. 89 ss.; FAVARA, La giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di rapporti di concessione e la concessione-contratto, in questa Rassegna, 1974, I, 1109 ss.; LANDI e POTENZA, Manuale di diritto amministrativo, MILANO, 1975, p. 182 ss.;); la concessione ad un pubblico dipendente di un alloggio di servizio a seguito di determinazione discrezionale della P.A. (Cass. 9 dicembre 1986 n. 7292, in Foro it., mass.). 4. La sentenza in esame accenna infine alle problematiche connesse all'acquisto od alla perdita del carattere di disponibilitˆ od indisponibilitˆ dei 228 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO sione ed un privato, contratto posto in essere per la realizzazione di fini diversi da quelli propri della gestione ferroviaria, rientra nella giurisdizione del giudioe ordinario, in quanto lo strumento privatistico (contratto di locazione) adoperato fonte di diritti ed obblighi per entrambi i contraenti; in particolare, nel solco di un condiviso indirizzo (vedasi sentenza 1¡ febbraio 1985 n. 652 di queste Sezioni Unite) va ritenuto che il contratto; con il quale un ente pubblico od un concessionario di pubblico servizio ceda, dietro corrispettivo, il godimento di un immobile, facente parte del patrimonio disponibile, rientra nell'ambito dell'attivitˆ negoziale jure privatorum dell'amministrazione o del concessionario, cos“ che non riconducibile ad una concessione amministrativa o ad un atto autoritativo dell'amministrazione stessa, ravvisabili solo con riguardo alla diversa ipotesi di godimento di beni pubblici destinati alla soddisfazione diretta di interessi della collettivitˆ in relazione ai quali l'amministrazione medesima sia titolare di poteri autoritativi. beni patrimoniali della P.A. Affermano le SS.UU. che il regime del rapporto di godimento del bene pubblico va determinato con riguardo alla qualitˆ dello stesso al tempo della costituzione del relativo titolo, essendo irrilevante la sua pregressa condizione. Circa le modalitˆ del passaggio dei beni dall'una all'altra categoria, men I tre del tutto pacifico che, per l'acquisto dell'indisponibilitˆ necessaria la i' I I r. appartenenza del bene alle categorie indicate nei primi due commi dell'articolo 826 e.e., ovvero un atto di destinazione da parte della P. A. del proprio bene a pubblico servizio (Cass. 6 agosto 1987 n. 6755, in Foro it., mass.), al con It trario, per la perdita di detta qualitˆ discusso se occorra o meno un provvedimento formale di sclassificazione (nel primo senso, v. GUICCIARDI, Il demanio, PADOVA, 1934, p. 237 ss.). r I I Le SS.UU. confermano l'indirizzo giurisprudenziale consolidato, per il quale sufficiente una destinazione del bene incompatibile con quella al pubblico servizio, perchŽ detto bene perda il carattere dell'indisponibilitˆ (v., ex multis, Cass. 21 luglio 1981 n. 4696, in Foro it.; mass.; Cass. 18 marzo 1981 I n. 1603, in Foro it., mass.; Cass. 8 ottobre 1978 n. 4056, in Foro it., mass). Nella specie, l'immobile in cui si trovava l'alloggio goduto dal privato I aveva cessato di essere utilizzato come stazione ferroviaria fin dal 1950, esI sendone stata costruita un'altra, ed il rapporto di godimento aveva avuto i8 inizio nel 1971. La Cassazione ha dunque ritenuto ininfluente la precedente i qualitˆ giuridica dell'immobile, essendo stati posti in essere dalla P. A. comi portamenti incompatibili con la volontˆ di mantenere la destinazione del bene 1 al pubblico servizio (costruzione di altra stazione e cessazione dell'esercizio di f quella di cui faceva parte l'alloggio locato), concludendo cos“ per la qualifi I cazione in termini di locazione del titolo di godimento del privato. Soluzione f. questa confermata anche col ricorso al criterio integrativo dello scopo della concessione, che appunto esulava dal perseguimento di qualsiasi interesse I pubblico. Vittorio Russo ( f I I II PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISPRUDENZA E APPALTI 229 Consegue che la domanda proposta dal privato nei confronti dell'am ministrazione o del concessionario per conseguire sentenza di accertamento della validitˆ del contratto spetta alla cognizione del giudice ordinario in quanto si. ricollega a posizioni di diritto soggettivo inerenti ad un rapporto privatistico, mentre resta irrilevante l'intenzione dell'amministrazione, comunque . manifestata, dopo il perfezionamento del contratto, di revocare la precedente deliberazione di contrattare, tenuto conto della carenza di un potere discrezionale di revoca della deliberazione medesima e della conseguente inidoneitˆ della revoca ad incidere su quelle posizioni di diritto soggettivo. á 3. Consegue che nel caso in esame deve essere diehiarata la giurisdizione del giudice ordinario. CORTE. DI CASSAZIONE, Sez. I, 24 aprile 1993 n. 4819 -Pres. Sensale - Rel. Lupo -P. M. Lo Cascio (conf.) -Soc. Garilat (avv. Rozera) c. Ministero della Sanitˆ (avv. Stato Cocco). Procedimento civile -Azione di mero accertamento -Interesse ad agire Nozione -Dichiarazione della liceitˆ penale o amministrativa di una determinata condotta -Improponibilitˆ della domanda per carenza . di interesse ad agire. L'interesse ad agire in mero accertamento postula l'esistenza di una situazione di incertezza giuridioa oggettiva ed attuale suscettibile di essere eliminata mediante la proposizio11ie dell'azione giudiziale, perltanto improponibile per carenza di interesse ad agire la domanda diretta ad ottenere una pronuncia dichiarativa della liceitˆ penale o amministrativa di áima de~erminata condotta; poichŽ, infatti, l'accertlamento dell'illecito penale o amministmtivo costituisce specifiop ed esclusivo oggetto del processo penale o del giud,izio .civile d'opposizione avverso il provvedimento irrogativo di sanzilone amministrativa, la p11onuncia dichiarativa della liceitˆ o illiceitˆ ádella condotta, resa dal giudice civile adito in via di accrtamento, s“ rivela inidonea ad eliminare la situazione incerta connessa ail'applicabtlitˆ della norma punitiva (1). (1) La Cassazione torna a pronunciarsi sul problema dell'ammissibilitˆ della tutela di mero accertamento e conferma gli spunti teorici giˆ emersi nella precedente giurisprudenza di legittimitˆ. L'interesse ad agire in via dichiarativa presuppone l'esistenza, in capo al ricorrente, di una situazione giuridica oggettivamente ed attualmente contestata (cfr. Cass. 22 febbraio 1982 n. 1102, in Giur. lt. 1982, I, 1, 1007); inoltre necessario, in ogni caso, che la situazione giuridica soggettiva oggetto di contestazione esista e non sia semplicemente sperata (Cass., Sez. Un., 29 novembre 1988 n. 6468, in Foro lt., 7 230 RASSEGNA AWOCATURA DEU.O STATO (omissis) .Con il primo motivo di ricorso la societˆ ricorrente osserva che, non esistendo nel nostro ordinamento una definizione della Ç cagliata È, sussiste una incertezza obiettiva se trattasi di semilavorato o di prodotto finito, onde vi l'interesse a conoscere tale nozione. Con il secondo motivo la ricorrente rileva che, avendo la sentenza impugnata affermato la proponibilitˆ di azioni dichiarative o di accertamento nei confronti della pubblica amministrazione, essa ha contraddittoriamente negato l'utilitˆ di una decisione che risolve un contrasto con l'amministrazione competente mediante un accertamento giudiziale che sopperisca alla carenza di definizione normativa della cagliata. Con il terzo motivo si osserva che l'indagine penale compiuta dal N.A.S. stata soltanto l'occasione della presente azione giudiziaria, la quale ha un ambito diverso da un'eventuale imputazione penale, che la sentenza impugnata ha implicitamente ritenuto fondata, in contrasto con l'orientamento espresso dal Ministero dell'agricoltura e foreste e in contraddizione con l'affermato diniego di interesse della ricorrente all'accertamento sulla nozione giuridica della cagliata. Tutti i tre motivi concretizzano, secondo la ricorrente, la violazione, da parte della sentenza impugnata, degli artt. 99, 100, 112, 113 c.p.c., nonchŽ dell'art. 2907 e.e., in relazione all'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c. I tre motivi di ricorso sono strettamente connessi perchŽ censurano l'affermazione di difetto di interesse ad agire della societˆ attrice, contenuta nella sentenza impugnata. I tre motivi vanno perci˜ unitariamente esaminati. L'art. 100. c.p.c. richiede la sussistenza dell'interesse ad agire per proporre una domanda giudiziale. Tale interesse assume rilievo particolare nelle azioni dichiarative o di mero accertamento, perchŽ consente di distinguere i casi in cui esse sono ammesse dalle ipotesi nelle quali l'attivitˆ giurisdizionale non pu˜ essere invocata. 1989, I, 724). In dottrina, tuttavia, il dibattito sull'ammissibilitˆ dell'azione di accertamento che il nostro ordinamento, a differenza di altri, si limita a prospettare per implicito attraverso la disciplina dell'interesse ad agire (cos“ MANDRIOLI, Corso di diritto processuale civile, Torino 1989, I, 16) non ancora sopito; a questo proposito cfr. ATTARDI, L'interesse ad agire, Padova 1955, 151l ss.; LANFRANCHI, Contributo allo studio dell'azione di accertamento, Milano, 1969, secondo il quale l'ammissibilitˆ della tutela di accertamento dovrebbe desumersi in via analogica da alcune norme che la prevedono espressamente come gtl artt. 949 e 10"19 e.e.; PROTO PISANI, Appunti sulla tutela di mero accertamento, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1979, 620 ss.; SASSANI, Note sull'interesse ad agire, Rimini, 1983, 8 ss.; MONTESANO, La tutela giurisdizionale dei diritti, Torino, 1985, 108 ss.; R.Icc1, AccertamentQ giudiziale, in Dig. delle discipline privatistiche, sez. civ., I, Torino 1987, 25. Nella fattispecie la decisione sicuramente condivisibile in quanto l'accertamento chiesto al giudice civile non avrebbe alcuna rilevanza nŽ in sede penale nŽ in sede di giudizio di opposizione ex legge n. 689/81. ~. f: ¤ " i: ~ - PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISPRUDENZA E APPALTI 231 L'interesse ad ˆgire in mero accertamento va: riconosciuto quando sussiste una incertezza giuridica oggettiva ed attuale che la proposizione dell'azione idonea ad eliminare. Per quanto attiene a quest'ulá timo aspetto (idoneitˆ dell'azione proposta ad eliminare la situazione di incertezza);. va. osservato; invero, che il giudizio chiesto deve avere la possibilitˆ. di conseguire . un risultato giuridicamente apprezzabile. Come tale non pu˜. qualificarsi l'astratta soluzione. di questioni poste per i possibili ed..,eventuali .riflessi 'che l'accertamento giudiziale potrebbe avere in altri giudizi (Cass; 22 novembre 1985 n. 5802). A ci˜ consegue che l'incertezza in ordine al fatto se una certa attivitˆ pu˜ essere lecitamente compiuta. ovvero va considerata illecita (perchŽ assoggettata ..dall'orientamento a sanzioni penali. o a sanzioni amministrative. punitive) non .pu˜. essere eliminata mediante una pronunzia civile meramente dichiarativa (della liceitˆ. o illiceitˆ della condotta considerata), perchŽ tale accertamento forma oggetto specifico d“ .un processo penale ..ovvero. di .n giudizio civile instaurato avverso il provvedimento.:irrogativo .della sanzione amministrativa. Su tali ultimi giudizi la pronunzia civile che fosse dichiarativa della liceitˆ o illiceitˆ della attivitˆ,.infatti, non potrebbe avere alcun effetto giuridica. mente rilevante, essendo ciel tutto ininfluente sugli stessi. Quindi la pronunzia dichiarativa chiesta al giudice civile si rivela inutile per la eliminazione della incertezza sulla portata della norma punitiva (in senso lato). á Con riferimento al caso di specie, la societˆ Garilat, come si dett~ in narrativa, ha chiesto che venisse dichiarata la liceitˆ dell'impiego della cagliata non solo nella produzione dei formaggi fusi (come stato ritenuto dal N.A.S. nel corso di indagini estrinsecatesi anche in un atto di sequestro dei prodotti alimentari), ma anche nella produzione di formaggi a pasta filata; il che implica l'accertamento che questa ultima utilizzazione della cagliata non sia vietata nŽ da norme penali (del codice penale o della normativa sui formaggi) nŽ da norme sanzionatorie amministrative (esistenti anche nella materia della disciplina dei prodotti alimentari: art. 9, terzo comma, e combinato disposto degli artt. 32, primo comma, e 34, lettera e), della legge 24 novt:mbre 1981 n. 689). In tal modo la societˆ attrice ha isolato un segmento processuale di altro giudizio, mirando con la propria azione ad un accertamento che rilevante esclusivamente per evitare le sanzioni penali e/o amministrative che potrebbero conseguire all'eventua1e instaurazione di un giudizio penale o di un provvedimento sanzionario amministrativo; ma tale risultato non pu˜ essere prodotto dalla pronunzia che qui si chiede. Siffatta conclusione trae conferma anche dalla individuazione della \)arte convenuta nel presente giudizio. Il Ministero della sanitˆ stato citato perchŽ gli atti di polizia giudiziaria che hanno dato occasione RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO alla propos1z1one della domanda sono stati compiuti dal N.A.S., che dipende da detto Ministero; ma facilmente si intende come ad un giudizio tendente ad affermare la liceitˆ di una certa utilizzazione della cagliata (e .cio il non assoggettamento di tale condotta a sanzioni punitive) non potrebbe restare estraneo il pubblico ministero (titolare dell'azione penale, se il detenere per la vendita.á o per l'impiego un prodotto alimentare non consentito concretizzasse un reato) ovvero l'organo amministrativo titolare del potere di applicare la sanzione amministrativa (se nella condotta esposta fosse configurabile un illecito amministrativo). Un accertamento che escluda !'.applicabilitˆ delle dette sanzioni -eliminando l'incertezza, in accoglimento dell'azione qui proposta si realizzerebbeá nell'estraneitˆ dei soggetti legittimati a contraddire a tale prtesa. e ad opera di un giudice diverso da quello fornito di giurisdizione o competente secondo le regole ordinarie. In conclusione, deve ritenersi fondata la sentenza impugnata che ha escluso la sussistenza dell'interesse ad agire della societˆ attrice, non essendo la chiesta pronuncia di accertamento idonea ad eliminare la situazione di incertezza posta a fondamento dell'azione di mero accertamento, e sulla cui sussistenza si incentrano i tre motivi del ricorso. i I l ! ! SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA .A.MMINlSTRATIVA CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 22 febbraio 1993 n. 203 -Pres. Pezzana Est. Maruott“áá~ Sardarielli. (avv. Sinagra e $abatini) c. Azienda Nazionale Autonoma de1Ie Strade (A.N.A.S.) (a'\Tv. Stato Landa). Impiego pubblico -Mansioni superiori -Svolgimento di fatto ¥ RriŽvanza ¥ Es.lusione. á. Le mansioni svolte da un pubblico dipendent,e, ah.e siano superiori rispetto a quelle dovute sulla base del provvedimento di inquadramento; di ¥regola sono del tutto irr'ilevanti siJa ai firi.t ei::onomii che ai fin“ della progressione di carriera e i principi enunciati dalla Corte Costitu~ idnˆlŽ nŽlle sentenze nJ 51 dŽl 1989 e n. 296 del 1990,' concernenti l'ambito di applicabilitˆ dell'art. 2126 cod. civ;; non sorio applicabili; in via genemle, riguardo le mansioni superiori svolte da un pubblico dipenden" te, perchŽ espressi i'n sede di iwŽerpretazione di alcune dispjsizioni di legge (art. 7 del d.P.R. 27 marz6 1969 n. 128 e art. 71 del d,P.R. 20 dicembre 1979 n.á 761) che non rigoordancvlo statb giutidico degli altri dipendenti pubblici (1). 2. L'appello . in.fondato e. va respinto ... 2;1. Come ha ab antiquo affermato la ferma giurisprudenza del Consiglio di Stato, le mansioni svolte da áUn pubblico dipendente, che siano superiori rispetto a quelle dovute sulla base del provvedimento di inquadramento, di :tegola sonO' del tutto irrilevantLsia ai fini economici che ai fini della progressione. di carriera ovvero della emanazione di un proyvedimento dj preposi~i<;>n'e ad un uffiio. Sotto tale aspetto, il rapporto .di pubblico i:rn.piego non. assimilabile al rapporto di iav˜ro privato, poichŽ gli interessi pubblici coin (1) La giurisprudenza del Consiglio di Stato costante sull'argomento: cfr. iCons. Stato, Sez. IV, 21 gennaio 1987 n. 38, in Foro Amm. 1987, I, 44. La decisione in esame si segnala, comunque, perchŽ specificamente delimita la portata. e .l'applicabilitˆ, nell'ambito del rapporto di pubblico impiego, dei principi enunciati nelle sentenze della Corte Costituzionale n. ~7 del 1989 e n. 296 del 1990, pubblicate rispettivamente in Giur. Cost. 1989, p. 325 ss. e 1990, p. 1840, con le relative note redazionali. 234 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO volti hanno natura indisponibile ed anche poichŽ l'attribuzione delle mansioni e del correlativo trattamento ec9npmico devono. avere il loro presupposto indefettibile nel provvedimento di inquadramento {non potendo tali elementi costituire oggetto di libere determinazioni dei funzionari amministrativi superiori). Il principio sopra esposto: -non stato in quanto tale esplicitamente affermato dalla legislazione ma evincibile dall'insieme di norme, sia primarie che regolamentari, che disciplinano lo stato giuridico ed economico dei pubblici dipendenti; -pu˜ essere derogato solo quando una espressa norma di legge attribuisca rilievo alle mansioni svolte di fatto dai pubblici dipendenti, eá. nei limiti sanciti da essa. I Le pretese della appellante sono dunque prive di fondamento giuridico. I Quanto agli invocati principi enunciati dalla Corte Costituzionale, nelle sentenze n. 57 del 23 febbraio 1989 e n. 296 del 10 giugno 1990, ;. I concernenti l'ambito di applicabilitˆ dell'art. 2126 e.e., essi sono del f: tutto inapplicabili nella controV'ersia in esame, poichŽ espressi in sede di interpretazione di alcune disposizioni di legge (art. 7 del d.P.R. 27 marzo 1969 n. 128, e art. 71 del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761) che II non riguardano lo stato giuridico dell'appellante. r: 2.2. Essendo il gravame infondato per la mancanza di una norma che attribuisca rilevanza alle mansioni che l'appellante assume di aver ~ svolto di fatto, irrilevante ogni ulteriore accertamento relativo alla f: effettiva loro prestazione ed al rilievo (giˆ contenuto a p. 6 della sentenza impugnata) per cui Çl'Amministrazione non ha mai conferito all'in I teressata alcun formale incarico di preposizione all'ufficio in questione È, cos“ come irrilevante il fatto (evidenziato dall'Amministrazione I appellata) che col ricorso di primo grado non sia stato impugnato il provvedimento di inqi.iadramento nella sesta qualifica funzionale. I CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 27 aprile 1993 n. 485 -Pres. Quartulli Est. Tumbiolo -Ministero delle Finanze (avv. Stato Vinci Orlando) c. Barbaro (avv. G“ugni). i ! I I PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 235 II CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 28 maggio 1993 n. 571 -Pres. Quartulli Est. Ferrari -Damiani (avv. Tesauro) c. Ministero di Grazia e Giu stizia (avv. Stato Del Gaizo). Impiego pubblicoá Procedimento disciplinareá Terminiá Artt. 9 e 10 L. n. 19 del 1990 . Scadenza . Conseguenze . Estinzione del procedimento diá sciplinare . Esclusione. Il termine finale di novanta giorni stabilito dagli artt. 9 e 10 L. n. 19 del 1990 deve essere rispett'r:ltb dall'Ammfnistrazione al pari di qualsiasi termine legale, perentorio o ordinatorio che sia, essendo esso espressione di una rilevante esigenza di pubblico interesse alla corretta e rapida definizione, nell'ordinamento del pubblico impiego, della situazione conseguente alla condanna ápenale dell'impiegato: peraltro, al suo inutile decorso non segue in ogni caso l'estinzione del procedimento disciplinare (con conseguente riammissione in servizio del dipendente inquisito) ove il 'suo superamento risulti giustificato, nel singolo caro di specie, dal documentato svolgimento -nei tempi tecnici necessari -delle fasi endoprocedimerttali fissate dal T.U. n. 3 del 1957 ea condizione che queste ultime siano state espletate nel rispetto rigoroso dei termini per ciascuna di esse prefissati dalla 1iormativa generale (1). II Si riporta la massima e la motivazione delle due pronunce, sostanzialmente identiche. 1. Agli effetti di una corretta definizione del primo motivo di impugnazione -volto a sostenere il carattere perentorio del termine di 90 giorni fissato dagli art. 9 e 10 L. 7 febbraio 1990 n. 19 per il compimento del procedimento disciplinare a carico del pubblico dipendente che abbia riportato condanna penale per i delitti previsti dall'art. 85, primo comma, lett. a) T.U. 10 gennaio 1957 n. 3 -appare utile prendere le mosse dalle argomentazioni svolte dal giudice delle leggi nella pronuncia (14 ottobre 1988 n. 971), con la quale stata dichiarata l'incostituzionalitˆ (1) Si tratta delle prime pronunce del Consiglio di Stato sulla natura del termine di 90 giorni fissato dagli artt. 9 e 10 L. 7 febbraio 1990 n. 19 per il compimento del procedimento disciplinare a carico del pubblico dipendente che abbia riportato condanna penale per i delitti previsti dall'art. 85, primo comma, lett. a) T.U. 10 gennaio 1957 n. 3, con particolare riferimento alle conseguenze relative alla sua scadenza ai fini della riammissione in servizio del dipendente stesso. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 236 della destituz.ione automatica dall'impiego prevista, per tali ipotesi, dalla norma suddetta, tanto pi che a tale decisione l'appellante ha fatto ripetuto richiamo a conferma della fondatezza della propria linea difensiva. Ha osservato la Corte Costituzionale che la rigiditˆ della discipli'na da detta norma dettata ....,.. comportando l'espulsione. automatica e definitiva del dipenfiente dal posto di lavoro qualunque sia la gravitˆ del fatto-reato penalmente accertato e la misura della sanzione penale comminata -oltre a porsi in irragionevole contrasto con il principio (largamente .dominante sia nella sede penale che in quella disciplinare) della necessaria adeguatezza dell'intervento punitivo all'illecito compiuto (art. 3 Cost.), precluderebbe all'Amministrazione la possibilitˆ di valu~ tare autonomamente il comportamento delittuoso del proprio dipendente nell'ottica degli interessi di cui essa portatrice e della funzione pubblica che chiamata a svolgere e di verificare quindi se, nonostante l'intervenuta e sentenza penale . di condanna e al termine della sua espiazione, sussistono ancora le ragioni che impediscono al dipendente la ripresa dell'attivitˆ lavorativa nel posto dal quale era stato allontanafo. Sulla base di questa premessa, chiaramente enunciata, di rifiuto di qualsiasiá automatismo nella materia de qua, la Corte Costituzionale ha ritenuto indispensabile e coerente con il sistema generare che, a questi fini, il comportamento del pubblico dipendente sia valutato dall'Amministrazione di appartenenza nella Çsede naturaleÈ, cio in quella disciplinare, istituita proprio allo scopo di verificare la compatibilitˆ di determinate condotte con i fini di pubblico interesse perseguiti dalla struttura pubblica e di adottare le determinazioni conseguenziali. é evidente che il procedimento disciplinare, al quale si riferisce la Corte cost., non pu˜ essere che quello normativamente disciplinato nelle sue cadenze temporali e preordinato a garantire sia l'esatto accertamento dei fatti che il diritto di difesa dell'inquisito, e non un procedimento articolato in fasi e momenti rimessi di volta in volta alle unilaterali determinazioni dell'Amministrazione procedente. Posto quindi che gli artt. 9 e 10 1. n. 19 del 1990, intervenuti al fine di dare attuazione alla pronuncia del giudice delle leggi, si limitano a richiamare l'esigenza del previo procedimento disciplinare come condizione per la comminatoria della destituzione del pubblico dipendente giˆ penalmente condannato e di detto procedimento indicano solo il termine iniziale e finale, giocoforza concludere che il procedimento al quale si riferiscono, allo stato, sia la Corte cost. che la cit. 1. n. 19 non pu˜ essere, per i dipendenti civili dello Stato, se non quello disciplinato dal t.u. 10 gennaio 1957 n. 3, nella rilettura che di esso offerta da una giurisprudenza del giudice amministrativo ultra trentacinquennale, chiaramente ispirata alla esigenza di assicurare all'inquisito, nella misura possibile, garanzie non PARTE I, SBZ. IV, GIURISPRUDllNZA AMMINISTRATIVA inferiori a quelle. proprie del procedimento penale, prime fra tutte il diritto alla . difesa e ad un regolare contradd,ittorio. Il problema della natura perentoria ovvero sollecitatoria del termine finale.. fissato ai citt. artt. 9 e 10 si irisolve q:uindi nel problema della compatibilitˆ dello stesso con 1'.e garanzie prescritte dal cit. T.U. a tutela dgli interessi non . solo ádell'Amministrazione procedente ma anche, e soprattutto, ádell'inquisito, >Stante l'evidente posizione d'inferioritˆ di colui.. che chiamato . a difendersi dalle contestazioni mossegli dalla struttura pubblica, investita di poteri autoritativi e legittimata a risolvere,: sUlla base di propri e valutazioni e con determinazione unilaterale, ilá rapporto che in atto la:. lega all'inquisito. :t1. noto che, nell'ottica del procedimento disciplinato dal T.U. n. 3 del 1957, dette garanzie si sostanziano innanzi tutto nella predeterminazione¥ dei termini (taluni perentori, altri sollecitatori) assegnat“ alle parti¥ per lo svolgimentoá deli'attivitˆ di ¥propria competenza e insuscettibili di essere ridotti unilateralmente dall'Amministrazione prooedente. L'esame del procedimento delineato dal T.U., e delle sue articolazioni, induce a ondudere che il terinine di 90 giorni fissato dagli artt. 9 e 10 non sempre in grado di garantire il rispetto dei termini parziali prescritti á dal T.U. per lo svolgimento delle singole fasi endoprooedimentiali. L'art. 105 T.U. prevede infatti che, dopo la contestazione degli addebiti, debba essere ¥ assegnato all'inquisitoá un termine non inferiore a 20 giorni (ma prorogabile di Ulteriori quindici giorni) per la presentazione delle proprie controded'uzioni. La fase dell'istruttoria, che si apre immediatamente dopo la scadenza di detto termine; pu˜ implicare la nomina di un funzionario istruttore ove, nonostante l'intervenuta sentenza penale e i fatti materiali da questa accertati, l'Amministrazione ritenga necessario -ai fini delle valutazioni di propria competenza -acquisire Ul e a tutela degli interessi dell'Amministrazione procedente e dell'inqisito, non sembra al Collegio che al termine finale indicato dagli artt. 9 e 10 L. cit. -in quanto inidoneo a comprendere nella loro intierezza i primi -possa assegnarsi natura decadenziale o prescrizionale, anche se il testo letterale delle norme in questione ( Ç deve essere conclusoÈ) -al quale soprattutto si richiama l'odierno appellante, sembrerebbe suggerire una .conclusione diversa. Soccorre infatti, al di lˆ delle accezioni letterali presenti nel testo normativo, l'esigenza fondamentale di una lettura in chiave costituzionale degli áarticoli in questione, cio di garantire la foro ompatibilitˆ con le regole fissate in via generale dal T. U. n. 3 del 1957 per il procedimento disciplinaráe, a garanzia di tutte le parti, secondo il significato che alle stesse stato dato da una giurisprudenza ormai consolii:iata. Una diversa interpretazione del dato normativo si porrebbe infatti in contrasto ácon le indicazioni .emergenti dalla rihiamata pronuncia della Corte cost. (e ribadite dallo stesso giudice delle leggi con la recentissima decisione 27 aprile 1993 n. 197), indicazioni chiaramente finalizzate alla garanzia ádel Çbuon andamento amministrativo È, il quale rimarrebbe ineluttabilmente compromesso ove l'Aril . RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO ministrazione, astretta dalla necessitˆ di esaurire in ogni caso il procedimento nel termine finale di 90 giorni, decidesse di ridurre in misura proporzionale gli ambiti temporali imposti dal T. U. n. 3 del 1957 in funzione di una obiettiva ricostruzione e valutazione dei fatti di cui l'inquisito chiamato a rispondere. Inoltre, atteso il rilievo giustamente assegnato dalla Corte cost. al principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.), in occasione della declaratoria di incostituzionalitˆ dell'art. 85, primo comma, T. U. cit., risulterebbe oltremodo difficile giustificare il diverso regime dei termini per il caso che, a monte del procedimento disciplinare, esista o no un fatto deHttuoso penalmente accertato e sanzionato. Non varirebbe opporre che molti dei termini innanzi indicati sono messi a disposizione dell'Amministrazione procedente, la quale potrebbe autorganizzarsi in funzione di una loro riduzione, rendendoli in tal modo compatibili con quello, complessivo, di cui agli artt. 9 e 10 L. cit. Sembra infatti agevole replicare che anche questi termini, riswtando quantificati in ragione dei tempi ragionevolmente richiesti per un obiettivo accertamento dei fatti e una adeguata valutazione degli stessi, nel superiore interesse della giustizia, si risolvono in definitiva in altrettante garanzie per l'inquisito, suscettibili di essere tutelate, in una eventuale successiva fase contenziosa, attraverso la prospettazione {da parte del titolare dell'interesse 'legittimo ad un regolare svolgimento del procedimento a suo carico) di pertinenti censure di eccesso di potere per travisamento dei fatti e carenza d'istruttoria. Neppure varrebbe opporre che l'assegnazione di un termine perentorio di 90 giorni, rendendo problematico per l'Amministrazione l'esaurimento del .procedimento nell'arco temporale da esso assegnato, potrebbe tradursi in un risultato vantaggioso per l'inquisito che, alla inutile scadenza, acquisterebbe comunque il diritto alla riammissione in servizio. Ed invero, non era certamente nell'intenzione nŽ della Corte cost. nŽ del legislatore del 1990 precostituire le condizioni perchŽ il pubblico dipendente condannato penalmente, una volta espiata la pena, potesse comunque rientrare in servizio, ma solo offrirgli la possibilitˆ di dimostrare, in contraddittorio con l'Amministrazione di appartenenza, che l'illecito da ilui compiuto e penalmente sanzionato non era incompatibile con la ripresa del servizio. In altri termini, l'interesse tutelato dalla L. n. 19 del 1990 non quello, di fatto, alla riammissione in servizio ma solo quello, legittimo, al giusto procedimento condotto con l'osservanza delle garanzie conseguenti ad un regolare contraddittorio. ~ ancora ininfluente, al fine del decidere, che la normativa di cui all'art. 10, terzo comma, L. cit. sia destinata ad esaurirsi nel tempo, avendo ad oggetto procedimenti riguardanti casi di destituzione di diritto verificatisi prima dell'entrata in vigore della stessa legge, non potendo tale circostanza ragionevolmente giustificare una sia pure transitoria compressione delle garanzie legali. Il~ . f.: i" @ g fil ~ PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 241 La conclusione che, ad avviso del Collegio, emerge dalla disamina fin qui compiuta che il termine di cui agli artt. 9 e 10 L. n. 19 del 1990 deve essere rispettato dall'Amministrazione al pari di qualsiasi termine legale, perentorio o ordinatorio che sia, essendo esso espressione di una rilevante esigenza di pubblico interesse alla corretta e rapida definizione, nell'ordinamento del pubblico impiego, delila situazione conseguente alla condanna penale dell'impiegato (Corte cost. 19 novembre 1991 n. 415). Peraltro, al suo inutile decorso non segue in ogni caso l'estinzione del procedimento disciplinare, con conseguente riammissione in servizio del dipendente inquisito, ove il suo superamento risulti giustificato, nel singolo caso di specie, dail documentato svolgimento -nei tempi tecnici necessari -delle fasi endoprocedimentali fissate dal T. U. n. 3 del 1957 e a condizione che queste ultime siano state espletate nel rispetto rigoroso dei termini per ciascuna di áesse prefissati dalla normativa generale innanzi richiamata. PoichŽ nella specie non mai stato contestato, con tempestive e pertinenti censure, il mancato rispetto dei suddetti termini, il motivo d'impugnazione deve essere dichiarato infondato. CONSIGLIO DI STATO, Ord., Sez. IV, 28 aprile 1993 n. 311 -Pres. Laschena -Est. Costantino S. -Universitˆ degli Studi di Napoli ed altri (avv. Stato Arena) c. Santini ed ailtri {avv. Marone). Istruzione e scuole -Insegnante universitario -Opzione tra tempo pieno e tempo definito -Art. 11 d.P.R. n. 382 del 1980, sostituito dall'art. 3 L. n. 705 del 1985 ¥ Interpretazione -Contrasto giurisprudenziale Deferimento all'adunanza plenaria . Deve essere rimessa all'Adunanza Plenaria, a norma dell'art. 45 del R.D. 26 giugno 1924 n. 1054, la questione sulla corretta interpretazione dell'art. 11, secondo comma del D.P.R. 11 luglio 1980 n. 382, come sostituito dall'art. 3 della L. 9 dicembre 1985 n. 705, riguardante l'opzione del docente universitario tra regime a tempo pieno e il regime a tempo definito, per chiarire se l'obbligo per il docente universitario di rispettare l'impegno assunto per almeno un biennio vada inteso nel senso che l'opzione non pu˜ avere che cadenza biennale, sicchŽ il docente che ha esercitato l'opzione pu˜ mutare scelta solo con decorrenza dalla scadenza di ciascun biennio oppure, come ritiene la Sezione, se sia pi corretto ritenere che l'impegno almeno biennale si riferisca solo alla prima opzione e che quindi, nel periodo successivo, la stessa possa essere esercitata anche con cadenza annuale (1). (1) Cfr., sulla questione, Cons. Giust. Amm., 23 maggio 1988 n. 90, in Il Cons. Stato 1988, p. 766; Cons. Stato, Sez. VI, 20 giugno 1985 n. 320, in Il Cons. 242 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO S'fATO DIRITTO -.,.. Gli appelli postulano la sdluzione di una identica questione; essi vanno, pertanto, riuniti per evidenti ragioni di connessione e vanno decisi con unica pronuncia. La questione che i ricorsi sollevano attiene alla corretta interpretazione dell'art. 11, secondo comma del D.P.R. 11 luglio 1980 n. 382, come sostituito dall'art. 3 della L. 9 dicembre 1985 n. 705, secondo il quale Ç ciascun professore pu˜ optare tra il regime a tempo pieno e il regime a tempo definito. La scelta va esercitata con domanda da presentare al rettore almeno sei mesi prima dell'inizio di ogni anno accademico. Esso obbliga al rispetto dell'obbligo assunto per almeno un biennio È. Secondo l'amministrazione appellante l'obbligo per il docente universitario di rispettare l'impegno assunto Çper almeno un biennio È va inteso nel senso che l'opzione non pu˜ avere che cadenza biennale, sicchŽ il docente che ha esercitato l'opzione pu˜ mutare scelta solo con decorrenza dalla scadenza di ciascun biennio, dovendosi escludere, alla stregua dell'invocata normativa, che l'impegno almeno biennale si riferisca solo alla prima opzione e che quindi nel periodo successivo la stessa possa essere es'ercitata anche con cadenza annuale. La posizione dell'amministrazione, che stata condivisa dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Sicilia (decisione n. 90 del 23 maggio 1988), trae origine dal parere del Consiglio di Stato -Sezione II n. 1822/85 del 23 ottobre 1985, con il quale si escluso che, decorso il biennio susseguente all'esercizio della facoltˆ di scelta tra il regime di impegno a tempo pieno e quello a tempo definito ed intervenuta la conferma tacita del regime prescelto, il professore abbia la facoltˆ di modificare, ancor prima che sia decorso un nuovo biennio, l'opzione cui rimasto vincolato. In tale parere stato espressamente rilevato che Ç!l'esatto significato della norma va individuato, in relazione alle imprescindibili esigenze cui funzionalmente collegata, nell'obbligo di tenere fede alla scelta operata (in modo espresso o tacito) fintantochŽ, sei mesi prima dell'inizio di ciascun biennio successivo a quello iniziale, il docente non manifesti la volontˆ di cambiare il proprio impegno È. Le sentenze appellate, ponendosi in dichiarato dissenso con l'avviso espresso dal Consiglio di Stato in sede consultiva, contestano l'orienta- Stato 1985, I, 770 e Cons. Stato, Sez. Il, parere 23 ottobre 1985 n. 1822, tutte pronunce in senso contrario a quanto sostenuto nella ordinanza in esame e cio, in senso conforme alla tesi dell'Amministrazione appellante, che l'obbligo per il docente universitario di rispettare l'impegno assunto per almeno un biennio deve essere inteso nel senso che l'opzione non pu˜ avere che cadenza biennale, sicchŽ il docente che ha esercitato l'opzione pu˜ mutare scelta solo f con decorrenza dalla scadenza di ciascun biennio. I '1 I ! PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 243 mento dell'amministrazione, assumendo che esso non trova fondamento nel dato testuale. La Sezione ritiene che la questione sia meritevole di essere rimediata áalla luce delle considerazioni che seguono. Occorre in p:rimo. luogci precisare che l'alternativa alla tesi della possibilitˆ di mutare il regime di impegno solo e sempre a cadenze biennali non pu˜ essere individuata nella facoltˆ di mutare, una volta assolto l'obbligo della permanenza almeno biennale dopo la prima opzione, annualmente tale scelta. L'esplicita previsione legislativa, secondo la quale la scelta tra il regime a tempo pieno e quello a tempo definito -áquale che sia l'unitˆ temporale entro la quale pu˜ essere esercitata -Ç obbliga al rispetto dell'impegno assunto per almeno un biennio È, esclude in modo categorico una tale conclusione. In altre á.parole la ástabilitˆ almeno biennale della scelta operata prevista dal legislatore in modo inderogabile e si deve, escludere che tale periodo minimo sia suscettibile di riduzione dopo il primo biennio. Ora, sembra al Col!legio che sia proprio questa l'ipotesi presa in esame dal citato parere; Nei casi esaminati dal Tribunale amministrativo regionale della Campania, invece, ci˜' che viene in discussione se, ferma restando la durata almeno biennale della scelta di volta in volta operata, la facoltˆ di mutare il regime prescelto possa essere modificata dopo il decorso del biennio .in modo da divenire operante prima del decorso di un altro biennio. La Sezione dell'avviso che tale tesi potrebbe essere condivisa. Sotto un profilo testuale l'art. 11 del D.P.R. 11 luglio 1980 n. 382 espressamente prevede che la scelta va esercitata con domanda da presentarsi almeno sei mesi prima dell'inizio di Çogni anno accademicoÈ, e non sei mesi Ç prima dell'inizio di ciascun biennio successivo a quello iniziale È come si sostiene nel richiamato parere. A tale ultima conclusione si pervenuti sul presuposto che la man cata scelta dopo il primo biennio integri una conferma tacita del regi me prescelto. Ora una tale tesi interpretativa finirebbe per svuotare di ogni con tenuto la previsione che la scelta pu˜ mutare con domanda da presen tarsi almeno sei mesi prima del!l'inizio di Çogni anno accademicoÈ, sic chŽ diventa necessario ricercare una diversa soluzione che sia pi ade rente al testo legislativo e non confligga con le esigenze che sono alla base della disciplina contenuta nel menzionato art. 11. Pare al Collegio che dall'esame combinato delle previsioni circa la stabilitˆ minima dell'impegno prescelto e la cadenza temporale relativa all'esercizio della facoltˆ di opzione, si possa affermare che l'art. 11 avanti citato contiene un precetto espresso (queMo che individua in almeno un biennio l'obbligo di rispettare il regime di impegno prescelto) ed uno RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 244 implicito (la durata tendenzialmente indefinita della scelta una volta decorso il biennio minimo). Il primo sarebbe inderogabile mentre il secondo sarebbe destinato a durare fintantochŽ l'interessato non decida di mutarlo con domanda da presentarsi almeno sei mesi prima dell'inizio di Ç ogni anno accademico È e non Ç sei mesi prima dell'inizio di ciascun biennio successivo a quello iniziale È. Una tale soluzione consentirebbe di soddisfare anche le esigenze connesse all'organizzazione delle attivitˆ universitarie, senza sacrificio della libertˆ di scelta che pure il legislatore riconosce al docente dopo l'assolvimento dell'obbligo di permanenza per il periodo minimo inderogabilmente fissato dal medesimo legislatore. Essa consentirebbe, altres“, di evitare il ricorso alla figura della conferma tacita deMa scelta, che sembra non conciliarsi con il dato letterale del testo normativo. Alla stregua delle considerazioni svolte gli appelli dovrebbero essere respinti. PoichŽ, peraltro, una tale soluzione potrebbe porsi in contra¥ sto coná quanto contenuto nella decisione di questa Sezione á n. 320 del 20 giugno 1985 e si porrebbe comunque in contrasto con la richiamata decisione del Consiglio di giustizia amministrativa della Regione Sicilia, il Collegio ritiene preferibile, anche per la delicatezza della questione e per il suo evidente carattere di massima, deferire la controversia all'Adunanza plenaria delle Sezioni giurisdizionali. ~ ~ á~ á $ijZIONJ! QP:J:J'l'l)\ GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DkCASSAZIONE, Sez. I, ~8 febbraio 1993, n, 2475 -Pres. Bologna " Est. Favara, -P. JV1. Lupe> (diff.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Palatiello) c. Soc. Distillerie Trentine. Tnbuti erariaU in(li,retti ¥ Riscossione. ¥ Ingiunzione ¥ :M:otivazione -Necessitˆ ¥ Insufficienza .~ Nullitˆ dell'ingi.nzione. Nelle imposte indirette (nellaspecie di fabbricazione) l'ingiunzione non preceduta da accertamento ha essa stessa valore di accertamento e come tale deve essere ámbtivata, a pena di nullitˆ, con l'indicazione di tutto quanfo occorre pr Žonsentfre al contribuente di avere contezza delta natura dell'imposta richiesta e .. dei criteri normativi applicati cos“ da delimitare l'amb.ito della pretesa avanzata datt'ufficio (1). (omissis) Con f'unieo motivo di ricorso l'Amministrazione finanziaria deduce la violazione degli artt. 31 e 60 T. U. 8 luglio 1924 sull'imposta di fabbricazione sugli spiriti,. rionchŽ i[ vizioá di . motivazione insufficiente su punto dedsivo della c˜ntr9versia. Sostiene che la Corte di Trento ha erroneamente ratto riferimento agli schemi logici dell'accertamento di vai:or~ degli inimobil“ laddove, trattandosi di imposta indiretta dovuta al áverificarsi del presupposto di legge escluso qualsiasi potere di stima, (1) Pronunzia allarmante che non¥ ¥pu˜ áessere condivisa. Si deve intanto precisare che la richiamata giurisprudenza in materia di imposta di registro e. di INVIM non ¥. pertinente: infatti le¥ sentenze 13 luglio 1989 n. 3285 e 2 (rectius: 3) agosto 1989 n. 3578,. conformi a tante altre, riguardano la motivazione dell'accertamento di maggior valore e non dell'ingiunzione; la sentenza 21 dicembre 1990 n. 12139 c˜nceme materia estranea (forse il riferimento era diretto alla sentenza. coeva ;n. 12141 che riguarda anch'essa l'accertamento). Dunque . la grave affermazione. che l'ingiunzione richiede la stessa motivazione á dell'accertamento noná ha á preŽedenti. á Quando la legge consente che la pretesa tributaria possa essere fatta va lere con l'ingiunzione (o il ruolo) senza la necessitˆ di un preventivo accertamento (ci˜ evidentemente per la semplicitˆ del presupposto da cui ha origine il credito di imposta), evidentemente consentito fare a meno della motivazione che .¥ richiesta. per l'accertamento; irragionevole, oltre che priva di áogni base normativa, la ápretesa di trasferire sulla ingiunzione o sul ruolo i requisiti dell'accertamento, La septenza in esame, con espressioni muáá tuate di;ille sentenze ..relative all'acertarnento, sembra quasi dimenticare che l'ingiunzio.e cosa diversa, quando. i:Iˆ per pacifico c}J,e i requisiti dell'acá certamento sono requisiti di validitˆ: formale anche per l'iIígiunzione. 246 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO il giudizio devoluto al giudice ordinario ha ad oggetto la debenza o meno del tributo e non la legittimitˆ formale dell'ingiunzione. Inoltre che nel caso di specie l'ingiunzione chiaramente indicava la ragione del tributo richiesto, facendo espresso richiamo, attraverso l'indicazione della misura dell'imposta, agli atti che avevano preceduto il'ingiunzione medesima, per di pi prodotti in giudizio. E pertanto la Corte di merito, anzichŽ giudicare sull'azione di accertamento negativo proposta dall'opponente, ha giudicato sull'ingiunzione come atto. Il ricorso infondato. Come noto in tema di imposte indirette, (quale l'imposta di fabbricazione sugli spiriti) il procedimento di riscossione che si apre con l'ingiunzione fiscale non deve essere preceduto da avviso di accertamento, dovendo tale accertamento essere contenuto nell'ingiunzione medesima, la quale integra un atto complesso rivolto a porfare la pretesa fiscale a conoscenza del contribuente ed a formare il titolo per l'eventuale esecuzione forzata; di modo. che l'opposizione del debitore costituisce la domanda giudiZiale diretta all'accertamen.to negativo della pretesfl fiscale. (Cass. 3 aprile 1990 n. 2702; ld. 25 novembre 1976 n. 4444). L'ingiunzione pertanto, quale atto di accertamento dell'obbligo tributario (sia nell'an che nel quantum) deve contenere la deterrriinazione della somma dovuta, con la indicazione di tutto quanto occorre per consentire al contribuente di avere contezza della natura de1l'imposta richiesta nonchŽ dei criteri normativi applicati, cos“ da delimitare l'ambito della pretesa medesima avanzata dall'ufficio e da mettere in grado il contribuente di esercitare le proprie difese e dimostrare . (in veste di attore) l'infondatezza della pretesa. In tema di imposta di fabbricazione sugli spiriti, nel sistema di cui al T. U. 8 luglio 1924 richiamato dalla ricorrente e posto a base della contestazione, dopo la redazione del processo verbale di accertamento della contravvenzione (art. 60), l'Ufficio autorizzato ad esigere mediante ingiunzione le somme dovute a titolo d'imposta e in tutto o in parte non riscosse (art. 31); somme che vengono liquidate alla stregua dei criteri normativi indicati nello stesso T. U. e che variano a seconda delle categorie di appartenenza degli spiriti e ai quantitativi cui si riferisce l'evasione. L'Amministrazione finanziaria ha dedotto tuttavia, nel costituirsi in giudizio, che l'evasione era riferita alla violazione del D.P.R. n. 1019 del 1956 e relativi decreti ministeriali che prevede un procedimento di previo accertamento da notificare al contribuente e ha insistito sul rilievo che la societˆ Distillerie Trentine era a perfetta conoscenza della contestazione per avere avuto notificato un avviso di pagamento nel quale si faceva richiamo, oltre che al verbale di accertamento delle infrazioni, PARTB 1, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA alle disposizioni violate e ai criteri di. calcolo applicati per la determinazione della imposta. SenonchŽ, a parte ogni rilievo sul valore -quale atto di accertamento -da attribuirsi a simile avviso di pagamento nel sistema di cui al T. U. 8 luglio 1924 che l'ufficio ha posto a base della propria pretesa fiscale, resta fermo che l'Amministrazione tenuta a fornire nell'ingiunzione una motivazione che risulti ad un tempo chiara e congrua sull'accertamento di imposta effettuato dall'ufficio cos“ da permettere al contribuente di avere conoscenza del rapporto di imposta per il quale avanzata la richiesta, nonchŽ dei criteri giuridici che hanno determinato l'imposizione nel suo concreto ammontare. E ci˜ anche quando, come nel caso dell'imposta di fabbricazione sugli spiriti, la misura dell'imposta determinata per legge, dovendo pur sempre il contribuente poter controllare a quale specifico fatto si riferisce l'evasione accertata, tanto pi quando, nel corso dell'attivitˆ produttiva, si siano susseguite nel tempo disposizioni normative diverse o quando vari siano stati gli accertamenti per infrazione delle norme in materia. NŽ possibile per l'Ufficio di avvalersi di elementi non risultanti dall'ingiunzione di cui si faccia menzione solo nel giudizio di opposizione proposto dal contribuente, potendo gli elementi extratestuali valere solo in quanto ad essi si sia fatto espresso riferimento nell'atto di ingiunzione. Tale esigenza di motivazione -ritenuta da questa Corte in materia di imposta di registro, di INVIM e di imposta di successione (S. U. 21 dicembre 1990 n. 12139; 2 agosto 1989 n. 3578; 13 luglio 1989 n. 3285, ecc.) non pu˜ quindi non ritenersi valida anche in tema di imposta di fabbricazione sugli spiriti; cosicchŽ findagine che il giudice dell'opposizione deve compiere ha ad oggetto, prima ancora che il merito della domanda di accertamento negativo della debenza del tributo, la legittimitˆ forá male della ingiunzione, la quale deve contenere tutte le indicazioni che valgono a rendere in concreto possibile al contribuente di avere nozione del rapporto d'imposta cui si riferisce l'imposizione fatta nei suoi confronti e dei criteri di calcolo applicati. Con riferimento al caso di specie da dire perci˜ che non assolve l'obbligo di una motivazione chiara e sufficiente l'ingiunzione notificata alla s.a.s. Distillerie Trentine con la sola menzione -secondo la formu~ !azione letterale sopra riportata -dell'importo dovuto, senza alcun riferimento alla pregressa fase amministrativa di cui all'avviso di pagamento esibito successivamente in giudizio, nel quale l'Ufficio specific˜ che si trattava di infrazione per áeccedenza di fecce aggiunte alla vinacce usate per la produzione di grappa, senza peraltro quegli ulteriori chiarimenti (per il che sarebbe stato sufficiente H richiamo all'avviso di pagamento notificato al contribuente), in base ai quali sarebbe stato possibile allo stesso di svolgere concretamente le proprie difese. (omissis) 248 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 4 marzo.1993,.n. 2631 -Pres. Bologna ¥ Est. Catalano -P. M. Romagnoli (conf.) -Carbone c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Cocco). Tributi in genere . Contenzioso tributario ¥ Ricorso per cassazione contro decisione della commissione centrale -Art. 111 Cost. ¥ Difetto di moti vazione ¥ Delimitazione. (Cost. art. 111; c.p.c. art. 360 n. 5). Nella impugnazione ex art. 111 Cost. la censura di difetto di motivazione limitata alla censura di vizi che si sostanziano nella inesistenza della motivazione o nella sua illogicitˆ insita nel provvedimento e desumibile dal contesto argomentativo di esso, senza possibilitˆ di raffronto tra le ragioni del decidere e le risultanze del materiale probatorio (1). (omissis) I ricorrenti, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 38 .quarto comma del D.P.R. 600/1973, 1121 c.p.c. 1 D.P.R. 597/1973 nonchŽ insufficiente motivazione su punti decisivi sostengono che la Commissione Centrale avrebbe emesso una decisione contraddittoria per avere, da un áiato, determinato il reddito con il sistema sintetico sulla base di elementi risultanti dalla dichiarazione dei contribuenti, dall'altro lato, per avere richiamato una dettagliata informativa della polizia tributaria alla quale non era possibile attribuire il valore che in realtˆ le stato conferito. Inoltre, secondo gli istanti, 11 giudice tributario sarebbe incorso nella violazione della norma di cui all'art. 38 del citato D.P.R. 600/1973 non avendo ancorato la propria decisione ad alcun elemento di certezza. Il ricorso, seppure formulato sotto il duplice profilo della violazione di legge áe del vizio di motivazione da cui sarebbe affetta la ádecisione impugnata, sostanzialmente incentrato su tale ultimo aspetto atteso che i ricorrenti addebitano al giudice tributario la contraddittorietˆ del proprio ragionamento e l'utilizzazione; ai fini della decisione, di elementi non dotati di un sufficiente grado di certezza. Esso, pertanto, va dichiarato inammissibile in quanto, trattandosi di uha impugnazione fondata sul disposto dell'art. 111 secondo comma della Costituzione, non pu˜ omettersi di tener conto del nuovo orientamento che sul punto .stato espresso da questa Corte con la decisione di cui S. U. 16 maggio 1992, n. 5888 con la quale si stabilito che la violazione di legge sulla base della quale proponibile il ricorso straordinario in cassazione a .sensi deUa . citata norma della Costituzione ha un ambito di operativitˆ diverso e minore (1) Applicazione conseguenziale al processo tributario del nuovo orientamento proclamatoádaíleá Sez. un. con la sentenza 16 maggio 1992 n. 5888. PARTE I, .SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 249 rispetto a quello. di cui all'art. 360 n. 5 c.p.c. Ci˜ in quanto, mentre sulla base della norma di diritto processuale il ricorso per cassazione include i vizi che concernono la sufficienza e la razionalitˆ della motivazione sulle questioni di fatto implicanti un raffronto tra le ragioni del decidere e le risultanze del materiale probatorio, il ricorso fondato sulla norma costituzionale limitato alla denuncia dei vizi che si . sostanziano nella inesistenza della motivazione o nella sua illogicitˆ, insita nel provvedimento e desumibile dal contesto argomentativo di esso. Orbene, alla stregua di tali premesse, cui questa Corte reputa di uniformarsi attesa la fondatezza delle ragioni che le sorreggono, risulta evidente l'inammissibilitˆ del ricorso. le cui censure per vizio di motivazione, che come si detto innanzi appaiono come le uniche concretamente proposte, lungi dal desumersi dal contesto del provvedimento impugnato che si palesa argomentato in modo razionale e congruo, postulano il riesame di pretese erronee valutazioni di situazioni di fatto o. di documenti la cui interpretazione viene criticata in quanto non conforme alle pretese ed alle aspettative degli istanti. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 marzo 1993, n. 3006 -Pres. Scanzano Est. Senofonte -P. M. Grossi (conf.) -Soc. ONI (avv. Cassola) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Corsini). Tributi erariali indiretti ¥ Imposte doganali á Incompatibilitˆ con norme comunitarie -Rimborsi -áTraslazione dell'onere su altri soggetti Onere della prova . Art. 29 legge 29 dicembre 1990 n. 428 á Mezzi di prova -Presunzioni ¥ Validitˆ. (L. 29 dicembre 1990, n. 428; art. 29; e.e., artt. 2727 e 2729). In forza della norma sopravvenuta dell'art. 29 della legge 29 dicembre 1990 n. 428, avente efficacia retroattiva, l'Amministrazione finanziaria pu˜ sottrarsi all'obbligo di rimborso di tributi incompatibili con norá me comunitarie dando la prova della traslazione dell'onere su altri soggetti. A tal fine pu˜ essere prova valida la presunzione basata sul fatto notorio che sistematicamente commercianti ed industriali trasferiscono sulla clientela gli oneri per tributi indiretti ed accessori che costituiscono spese di produzione (1). (1) La premessa si rifˆ della sentenza 2 luglio 1991 n. 7248, in questa Rassegna, 1991, I, 355, seguita da numerose altre (fra le quali 8 agosto 1992 n. 9389, ivi, 1992, I, 502) che hanno riconosciuto il potere dell'Amministrazione diá dare la prova della traslazione anche nelle controversie introdotte anteriormente alla legge 428/1990. Importante la seconda parte della massima che, sia pure in sede di verifica di legittimitˆ, riconosce adeguatamente motivata la sentenza di appello queste anche i tributi indiretti, per loro natura votati a passare dal soggetto percosso al soggetto inciso. queste anche i tributi indiretti, per loro natura votati a passare dal soggetto percosso al soggetto inciso. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO á:STATO 250 (omissis) Col primo motivo, la ricorrente critica la denunciata sentenza per aver scisso il c.d. regime meritorio (ritenendolo legittimo) dell'art. 19 legge 873/1982 dal contestuale regime probatorio (ritenuto, invece, illegittimo, ma, nel caso concreto, irrilevante), malgrado la Çfondamentale unitarietˆ e la sostanziale indivisibilitˆÈ della norma, in forza delle quali non sarebbe ipotizzabile una illegittimitˆ soltanto parziale della medesima, con la conseguenza che la illegittimitˆ dovrebbe investirla nella sua interezza. La censura deve essere esaminata alla luce del Ç ius superveniens È costituito dall'art. 29 della legge 428/1990, che ha espressamente dichiarato non applicabile l'art. 19 cit. quando (come nella specie) i tributi riscossi rilevano per l'ordinamento comunitario (comma 3¡), relativamente ai quali si rende, quindi, applicabile (con efficacia retroattiva, ex comma 7¡) il comma 2¡ della nuova norma, secondo cui i diritti doganali all'importazione (e gli altri tributi ivi indicati) riscossi in applicazione di disposizioni nazionali incompatibili con le norme comunitarie sono rimborsati a meno che il relativo onere non siˆ stato trasferito su altri soggetti.á Questa essendo, dunque, la disposizione da applicare nel caso specifico (non giˆ l'art. 19 pi volte citato), ne deriva, oltre alla scontata legittimitˆ del diniego di rimborso di tributi indebiti il cui onere sia stato trasferito, la piena compatibilitˆ con l'ordinamento comunitario del correlato regime probatorio come innovato dalla legge sopravvenuta, alla stregua della quale la traslazione si porge come fatto impeditivo del diritto al rimborso con la conseguenza che la prova di essa, ove non risulti altrimenti acquisita, pr via diretta o indiretta, deve essere fornita dall'amministrazione finanziaria. Il primo motivo, ancorchŽ nutrito di copiosi riferimenti giurisprudenziali anteriori alla nuova legge (per l'applicazione della quale nei termini sopra riferiti v., tra le tante, Cass. 2216 e 2337 del 1989), non pu˜ essere, pertanto, accolto. Col secondo motivo, la ricorrente, denunciando violazione degli articoli 2727 e 2729 e.e., nonchŽ difetto di motivazione, addebita alla sentenza impugnata di aver assunto come Ç fatto noto È (per risalire al fatto da accertare: traslazione dell'onere tributario sulla clientela), ancorchŽ non assistito da certezza alcuna, il trasferimento sui consumatori, nella Ç stragrande È maggioranza dei casi, delle tasse in esame, equiparandole, per di pi, ai costi di produzione, mentre tali esse non sono. Neppure questo motivo pu˜ essere accolto. che ritiene data la prova della traslazione in base alla presunzione fondata sul fatto notorio che l'imprenditore incorpora nel prezzo le spese sostenute e fra PARTE l, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 251 é ampiamente noto, infatti, che in tema di prova presuntiva il giudizio sull'attitudine dei requisiti del fatto noto a fondare presunzioni idonee costituisce indagine di fatto riservata, come tale, al giudice del merito e soggetta, ,quindi, al controllo di legittimitˆ limitatamente alla coerenza delle illazioni probatorie tratte dal fatto indiziante. Ora, su questo piano ila sentenza impugnata non esibisce incongruenza alcuna e appare adeguatamente motivata, non potendosi fondatamente disconoscere la . logicitˆ della inferenza probabilistica (riversamento dell'onere tributario sui clienti da parte dell'attrice) ricollegata dalla corte territoriale al fatto notorio che Ç sistematicamente È, commercianti ed industriali trasferiscono sulla clientela gli oneri del tipo considerato. NŽ rileva che essi siano stati qualificati, nominalmente, come costi di produzione, trattandosi, a tutto concedere, di semplice improprietˆ linguistica, assorbita, del resto, dalla connotazione di Ç spese È ad essi attribuita in altre parti della sentenza. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 18 marzo 1993, n. 3051 -Pres. Corda Est. Graziadei -P. M. Lupi (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Sclafani) c. Barindelli. Tributi erariali diretti -Imposte sui redditi -Impresa familiare -Redditi imputati ai collaboratori -Natura -Imposta locale sui redditi -Soggezione -Presupposti. (d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 5; t.u. 22 dicembre 1986, n. 917, áart. 5), Tributi erariali diretti -Imposta locale sui redditi -Impresa familiare Redditi imputati ai collaboratori -Regime anteriore al T.U. delle imposte sui redditi -Art. 36 d.P.R. 4 febbraio 1988 n. 42 -Inapplicabilitˆ. (d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599, art. 1; t.u. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 115; d.P.R. 4 febá braio 1988, n. 42, art. 36). I redditi percepiti dai collaboratori di impresa familiare, nel regime anteriore al T. U. delle imposte sui redditi, non autonomamente qualificabili come redditi di lavoro, hanno la stessa natura del reddito prodotto dal titolare dell'impresa e di conseguenza non sono soggetti all'ILOR solo se il reddito dell'impresa nel suo insieme si concreta in una attivitˆ organizzata prevalentemente con il lavoro del titolare e dei suoi f amiliari, senza una rilevante componente patrimoniale (1). (1-2) La prima massima si adegua alla linea tracciata dalle Sezioni unite con le sentenze 10 agosto 1992 n. 9459 e 9461, in questa Rassegna, 1992, I, 506507). Da segnalare la seconda massima che si discosta da detto insegnamento. La sentenza che si commenta esattamente afferma che se l'imposta stata pagata in base alla dichiarazione e se ne domanda il rimborso, necessariamente RASSEGNA AVVOCATURA DEILO STATO L'art. 115. del T. U. delle imposte sui redditi norma innovativa e non pu˜ essere applicata retroattivamente alle domande di rimborso relative a periodi di imposta anteriori nemmeno in forza dell'art. 36 del d.P.R. 4 febbraio 1988 n. 42, difettando in radice la condizione della conformitˆ della dichiarazione alle disposizioni del testo unico (2). (omissis) Il ricorso dell'Amministrazione rivolto a sostenere, in via principale, l'irretroattivitˆ dell'art. 115 del testo unico approvato con D.P.R. n. 917 del 1986, sul rilievo che l'art. 36 del D.P.R. n. 42 del 1988 non rende retroattive le norme di detto testo unico che non siano munite di siffatta connotazione, quale appunto quelle dell'art. 115, ma si limita a ribadire la retroattivitˆ delle disposizioni che giˆ abbiano tale qualitˆ, peraltro subordinandola alla duplice condizione della pendenza del rapporto e della presentazione di regolare denuncia da parte del contribuente (primo motivo); in via subordinata, denuncia l'erronea affermazione circa la sussistenza, nel caso concreto, dell'impresa familiare, secondo i requisiti fissati dal citato D.P .R. n. 917 del 1986, nonchŽ circa la confo'rmitˆ della dichiarazione del contribuente alle relative previsioni, e, comunque, l'omissione di un.'adeguata indagine al riguardo (secondo e terzo motivo). Il ricorso , in parte, fondato, alla stregua del principio secondo cui i redditi del collaboratore dell'impresa familiare, ove inerenti a periodi d'imposta anteriori a quello decorrente dal 1¡ gennaio 1985, si sottraggono all'ILOR solo se da detto tributo sia esente il reddito dell'impresa stessa, secondo la disciplina previgente al D.P.R. n. 917 del 1986, tenendo conto che tale esenzione, per le imprese artigiane, postula, con onere della prova a carico del contribuente che agisca in ripetizione, un'attivitˆ organizzata prevalentemente con il lavoro del titolare e dei familiari, senza una rilevante componente patrimoniale. Questa affermazione, con cui si aderisce all'orientamento segnato dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 9459 del 10 agosto 1992 (resa in sede di composizione di contrasto giurisprudenziale), si basa sulle considerazioni che seguono. L'~rt, 115 del testo unico del 1986, che in ogni caso esclude dall'ILOR le porzioni dei redditi dell'impresa familiare imputate ai familiari col- difetta Ç in radice È il requisito della conformitˆ della dichiarazione alla norma del T.U. (l'art. 115) che esclude l'imposizione. La sent. n. 9461 cit. aveva invece ammesso il rimborso nel caso che, indipendentemente dalla dichiarazione, sussistano le condizioni sostanziali di conformitˆ alle norme successivamente intervenute. La pi corretta applicazione dell'art. 36 del d.P.R. n. 42/1988 ovviamente estensibile a tutti i casi di rimborso di imposte pagate mediante versamento diretto. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA. TRIDUTARIA 1,53 laboratori, á á.norma áinnovativa, di modo cheá. trova applicazione retroattiva .solo in presenza e nei limiti di espressa previsione. Detta previsione di retroattivitˆ contenuta nell'art. 36 del D.P.R. n. 42 del 1988 (reso in conformitˆ della delega conferita dall'art. 1, sesto comll1a, penultima Jpotesi, d!!lla legge 29 dicembre 19:87 n. 550), ma non e.stensibile. a periodi d'imposta . anteriori . a ..quello indicato, difettando rispetto ad essi Ç in radice È la riscontrabilitˆ della condizione della conformitˆ della. dichiarazione del contribuente aille disposizioni del medesimo testo. unico. Per tali periodi anteriori l'esenzione dall'ILOR della quota del reddito. dell'imJ?resa familiare devoluta al singolo. collaboratore esige, in assenza ne11a normativa del tempo di una regola analoga . a quella del menzionato. art. 115, che l'intero reddito goda dell'esenzione stessa, dato che l'attivitˆ lel collaboratore non in. sŽ riconducibile nell'area del lavoro subordinato od autonomo (escluso dall'ILOR ai sen~i dell'art. 1 del D.P.R. n. 599 del 1973, nel testo risultante dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 42 del 1980), ma parte dell'attivitˆ dell'impresa, e, pertanto, ha la stessa natura e ne segue il trattamento tributario (sottraendosi all'ILOR, in applicazione del citat~ art. l, quando si tratti d'impresa artigiana caratterizzata dalla prevalenza, l1ei termini indicati, del Ç fattore lavoroÈ). Il rapporto in discussione . ˆnteriore al 1985, e, pertanto, in applicazione del riportato principio, che supera le ulteriori questioni sollevate dall'Amministrazione, si. impone l'annullamento. dellaá declsl6ne impugnata, per 'un riesame iri. sede d“ ririvio che nitiova dalla premessa dell'inoperativitˆ de110á ÇiUs superveniens È eá risolva il quesito dell'ˆssoggettabilitˆ o meno ad ILOR dei profitti del collaboratore dell'impresa familiare a secondo che questa, in relazione alla sua áconsistenza, sia o i:neno soggetta all'imposta secondo la legge del tempo. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 marzo 1993, n. 3125 -Pres. Salafia Est. Borr -P. M. Martone (conf.) -Ministeroá delle Finanze (avv. Stato G. Arena) c. Recanati. á Tributi erariali indiretti -Imposta sulle successioni á Deduzione di passivitˆ -Dimostrazione -Provvedimenti giurisdizionali ¥ Requisiti. (d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 637, artt. 13 e 16)-. I provvedimenti giurisdizionali riconosciuti idonei dagli artt. 13 e 16 del d.P.R. n. 637/1972 per la dimostrazione dei debiti ereditari, se pure non devono necessariamente avere la capacitˆ d_el git,1.dicato, cieypno: svol 254 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO gere una funzione ricognitiva di accertamento della esistenza del rapporto debitorio. Non idoneo alla dimostrazione della passivitˆ il decreto del giudice tutelare che autorizza il tutore a pagare un debito (1). (omissis) 1. L'Amministrazione, con unico motivo di ricorso, deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1 n. 1 e specialmente 12 a 17 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 637, nonchŽ vizio di motivazione. Assume la ricorrente che l'art. 16 del d.P.R. citato contiene una elencazione tassativa dei documenti richiesti ai fini della deduzione delle passivitˆ e che l'accertamento dei fatti costitutivi di esse riservato all'Ufficio tributario, nŽ pu˜ essere surrogato, in modo implicito, da accertamenti svolti da altri organi, come, nella specie, il giudice tutelare. n ricorso fondato e va accolto, anche se il percorso argomentativo da compiere in diritto meno schematico di quanto sembra risultare dalla impugnativa dell'Amministrazione. Il problema, infatti, non tanto quello della spettanza all'ufficio tributario del potere di accertamento delle passivitˆ, potere che (salvi i rimedi giurisdizionali) non in contestazione, quanto quello di stabilire se la documentazione, esibita dai signori Recanati, rientri nel novero di quelle ammesse dalla legge tributaria per la dimostrazione delle passivitˆ. Precisamente sotto questo profilo -della tassativitˆ delle fonti documentali ammesse -la censura dell'Amministrazione appare fondata. Vero che gli artt. 13 e 16 del citato d.P.R. prevedono la possibilitˆ che i debiti risultino da provvedimenti giurisdizionali; e vero altresl che tale espressione non da intendersi necessariamente limitata all'ipotesi di giudizio contenzioso sfociante nel giudicato. Tuttavia necessario che l'atto giurisdizionale svolga, in concreto, una funzione ricognitiva (nel senso di presa di conoscenza e valutazione di esistenza) del rapporto debitorio; e proprio questi estremi non si riscontrano nel caso in esame, sia perchŽ il pagamento di debiti non neppure annoverato dalla legge fra gli atti per i quali il tutore deve essere autorizzato dal giudice tutelare (art. 374 e.e.), sia perchŽ tale giudice, nel concedere, nella specie, l'autorizzazione, della quale il tutore aveva fatto richiesta, non ha svolto alcuna attivitˆ, neppure sommaria, di ordine cognitivo in ordine alla effettiva esistenza e consistenza delle obbHgazioni, ma piuttosto si espresso sul terreno della opportunitˆ, valutando positivamente il fatto che per i pagamenti fosse prospettata la utilizzazione di disponibilitˆ liquide giˆ esistenti. (omissis) (1) Decisione áda condividere. !: f: }~ ~ ~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 255 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 marzo 1993, n. 3450 -Pres. Salafia Est. Rocchi -P. M. Lo Cascio (conf;) -Minniti (aw. De Propris) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Favara). Tributi erariali diretti ¥ Imposta sul reddito delle persone fisiche á Redditi di lavoro dipendente ¥ Compensi percepiti da magistrato della Corte d'appello di Roma per l'attivitˆ di arbitro. ¥ Esclusione. (d.P.R. 211 settembre 1973, n. 597, art. 47 lett. b). Tributi erariali diretti ¥ Imposta sul reddito delle persone fisiche ¥ Redditi soggetti a tassazione separata -áCompensi percepiti da arbitro ¥ Esclu sione~ (d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, artt. 12 Iett. d) e 47 lett. a) e d). L'attivitˆ di componente di collegio arbitrale (disciplinato dal Cap. gen. dei LL.PP.) esercitata. da magistrato della Corte di Appello di Roma meramente occasionale rispetto al lavoro istituzionale e conseguentemente il corrispondente compenso non definibile come reddito di lavoro subordinato a norma dell'art. 47 lett. b) del d.P.R. n. 597/1973 (1). I compensi percepiti da componente di collegio arbitrale non sono soggetti a tassazione separata in quanto l'art. 12 lett. d) del d.P.R. n. 597I 1973 prevede tale forma di imposizione solo per i redditi di lavoro dipendente veri e propri e per quelli assimilati di cui alle lettere a) e d) dell'art. 47, con ci˜ escludendo tutti gli altri redditi assimilati considerati nello stesso art. 47 (2). (omissis) Con atto del 15 giugno 1991, Carlo Minniti, magistrato ordinario, proponeva ricorso per cassazione nei confronti dell'Amministrazione finanziaria, avverso la sentenza della Commissione Tributaria Centrale n. 2944/91 esponendo che il 14 maggio 1981 si costittiiva, per la risoluzione di due controversie tra la S.p.A. Parasilliti e l'I.A.C.P. di Napoli, un collegio arbitrale a sensi del capitolato d'appalto per i .lavori pubblici áed in particolare nella composizione di cui all'art. 47 del Capitolato Generale del 1962; che l'esponente vi partecipava nella qualitˆ di magistrato della Corte di Appello di Roma, nominato con decreto del Presidente della stessa Corte; che i lodi venivano depositati il 5 aprile 1982 e il compenso, liquidato e richiesto dal Collegio il 4 maggio 1982, veniva messo in pagamento solo nel 1985 e cio tre anni dopo il compimento á della prestazione; che l'esponente aveva dichiarato tale compenso; ai fini IRPEF, nella denuncia dei redditi da lavoro dipendente e l'ave (1) Decisione di evidente esattezza. Si potrebbe aggiungere che i compensi arbitrali non possono ricomprendersi in nessuno dei casi elencati nell'art. 47 una volta escluso, come emerge dalla prima massima, che sia ad essi riferibile la lettera b). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO va sommato agli altri redditi da lavoro dipendente, versando a saldo l'impo~ta dovuta; che, peraltro, dopo aver pagato l'imposta si rendeva conto di aver corrisposto pi del dovuto, in quanto il compenso arbitrale doveva essere dichiarato come da assoggettarsi a tassazione separata perchŽ costituito dal pagamento di una prestazione resa in anni precedenti a1la percezione della somma; che presentava, quindi, domanda di rimborso all'Intendenza di Finanza di Roma, e, formatosi il silenzio rifiuto, proponeva ricorso alla Commissione Tributaria di 1¡ grado di Roma chiedendo il rimborso di L. 8.067.000, quale differenza tra impo¥ sta pagata e imposta dovuta, classificando il compenso in questione come soggetto a tassazione separata e, in subordine, il rimborso di L. 3.203.000, qualora tale compenso fosse da classificarsi come derivante dall'utilizzazione economica di un'opera dell'ingegno; che chiedeva,altres“ il rimborso di L. 663.000 erroneamente pagate per non aver detratto interessi passivi su un mutuo fondiario gravante solidalmente su lui e sul coniuge; che la Commissione di 1¡ grado rigettava il ricorso; che l'esponente proponeva appello, reiterando tutte le richieste formulate alla Commissione di 1¡ grado e che l'adita Commissione tributaria di 2¡ grado, in riforma della decisione impugnata, ritenuto che il compenso in questione andava soggetto a tassazione separata e che gli interessi passivi potevano essere detratti, condannava l'Amministrazione a pagare al contribuente la complessiva somma di L. 8.730.000, con gli interessi come per legge; che l'Intendenza di Finanza proponeva ricorso alla Commissione tributaria Centrale, la quale, con la decisione impugnata con il ricorso per cassazione, lo accoglieva. La Commissione Tributaria centrale, accogliendo il ricorso dell'ufficio, precisava che la disposizione dell'art. 12 del d.P.R. n. 597/1973 stabilisce un principio del tutto eccezionale; che deve, pertanto, essere interpretata rigorosamente, nel senso che il legislatore, nel formulare la lettera d) della norma, ha avuto riguardo soltanto ai redditi di lavoro dipendente e non pure a quelli ÇassimilatiÈ di cui al successivo art. 47, eccezion fatta per quelli espressamente contemplati; che il reddito de quo non rientrava nei redditi di lavoro dipendente, nŽ tra quelli contemplati in via esolusiva ai fini del beneficio dell'applicazione di una aliquota inferiore; che la scelta operata al riguardo dal legislatore noh poteva essere considerata irrazionale, sotto il profilo della disparitˆ di trattamento, in quanto la citata lettera d) della norma riguarda compensi percepiti, a carico di terzi, da prestatori di lavoro dipendente per incarichi svolti Çin occasioneÈ di tale loro qualitˆ e che, pertanto, l'emolumento relativo ha natura completamente diversa dalla retribuzione. (omissis) Con il terz˜ motivo -denunciando violazione ed erronea applicazione degli artt. 12 e 47 del d.P.R. 597/1973, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. il ricorrente sostiene che gli emolumenti in esame sono da considerarsi, PARTE 1, SEZ. V, GIURISPRUDBNZA TRIBUTARIA ai fini impos“tivi, come redditi asásimilati: a quelli derivanti da lavoro dipendente Ç esattamente: Classificabili tra quelli elencati nell'art; 47 lettera b) del d.P.R. citatoÈ e che, come tali, essendo stati corrisposti oltre un anno dopo il compimento della prestazione, andavano assoggettati a tassaiione separata, come previsto dall'art. 12 per tutti i redditi da lavoro dipendente corrisposti Çnell'anno successivoÈ~ ¥ Con il quarto motivo -denunciando omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto decisivo della controversia relativo alla dedotta illegittimitˆ costituzionale degli artt. 47, lettera b) e 12 lettera d) del d.P.R. 597/1973, in violazione dell'art. 1 Cost. n. 1/48, degli artt. 23 e 24 t ii; 87/1953 e degli' artt. 3 e 53 Cost.>-il ricorrente .._. deducendo che la Commissione centrale non¥ aveva puntualmente¥ árisposto alla questione di illegittimitˆ costituzionale delle norme di cui sopra, se interpretate nel senso che non consentivano la tassazione separata dei compensi assimilati ˆ quelli da lavoro dipendente percepiti dal lavoratore, questioneá proposta con riguardo ailla irrazionalitˆ della disciplina considerata; . sotto il profiloá della disparitˆ di trattamento, nonchŽ della sua a]'.i:plicazit>ne in vio1ˆzioiie del principia di proporzioria“itˆ e di progressiVitˆ del sistema impositivo, sancito dall'art. 53 Cost. -ripropone la questione nella ipotesi di rigetto dei precedenti motivi. Il ricorso infondato. (omissis) Con il terzo motivo, viene riproposta la questione del se il compenso in quest“one, classificabile come reddito assimilato al reddito di lavoro dipendente, in quanto rientrante tra gli emolumenti previsti dalla lettera b) dell'art. 47 del d.P.R. n. 597/1973, sia o meno assoggettabile a tassazione separata, essendo stato percepito alcuni anni dopo il compimento deltla prestazione. In primo luogo, secondo il rieorrente, i compensi e le indennitˆ di cui alla lett. b) dell'art. 47 si propongono, per loro natura intrinseca e cio proprio per essere percepiti da n lavoratore dipendente e Çin relazione È a tale sua qualifica, esattamente come reddit! da lavoro e tali lo ásarebbero anche a prescindere daM'assimilazione fatta dal legislatore, il quale avrebbe inteso, ad abundatiam, chiarire la posizione di talune entrate; la cui áclassificazione tributaria poteva lasciare qualche perplessitˆ. L'assunto errato. áLa sment“ta che si átratti intrinsecamente e sostanzialmente di reddito áda lavoro dipendente deriva da diverse e concorrenti circostanze, quali la natura del compenso, il collegamento di mera occasionalitˆ esistente tra conferimento dell'incarico (con conseguente reddito) e rapporto di lavoro istituzionale, le modalitˆ di liquidazione dell'emolumento. Lˆ corresponsione degli emolmenti fa esame ha, infatti, natura totalmente diversa da quel“a :propria della retribuzione di un rapporto di 1avoro di:t1endente, onsisten:do.. iri 'tln. mero . corrispettivo . d'opera; non RASSEGNA. AVVOCATURA DEU.O STATO 258 proporzionato alla qualitˆ e alla quantitˆ del lavoro prestato, nŽ correlato alla esigenza di assicurare al percettore del reddito e alla sua famiglia una esistenza libera e dignitosa, secondo H principio posto in tema di retribuzione, daM'art. 36 della Costituzione. II rapporto tra. compenso e lavoro di istituto risulta, poi, meramente occasionale, nel senso che l'incarico dal cui espletamento il compenso deriva viene conferito solo occasionalmente in considerazione delle funzioni istituzionali svolte dal prescelto, e non costituisce in alcun caso svolgimento in senso proprio delle stesse, nŽ integra in alcun modo una loro forma retributiva. Infine, lo stesso sistema di liquidazione dei compensi arbitrali (mediante il ricorso all'autoliquidazione da parte del Collegio, prima, e l'intervento del Presidente del Tribunale competente, poi, in caso di contestazione) indica la sostanziale diversitˆ esistente tra la retribuzione assunta nel quadro di un rapporto di 1lavoro dipendente e gli emolumenti conseguenti all'occasionale prestazione dell'attivitˆ di arbitro. Va, ora, esaminata la possibilitˆ, secondariamente rilevata dal ricorrente, che il reddito de quo possa essere assoggettato al beneficio della tassazione separata per effetto di assimilazione al rapporto di lavoro dipendente, in relazione al combinato disposto dell'art. 12, lett. d) e 47 del d.P.R. n. 597/1973. Al riguardo, il ricorrente sostiene che nella disposizione di cui alla lett. d) dell'art. 12 citato siano contemplati, in forza del generale richiamo ai redditi di lavoro dipendente contenuto nella prima parte di detta disposizione, ( Ç emolumenti arretrati relativi ad anni precedenti percepiti dai prestatori di lavoro dipendenteÈ), tutti i redditi elencati nel successivo art. 47, e non soltanto que1li espressamente richiamati dalla lettera in esame (Çcompresi i compensi e le indennitˆ di cui alle lettere a) e d) dell'art. 47 È); con la conseguenza, secondo l'assunto, che l'espresso richiamo di cui sopra avrebbe va>lore essenzialmente pleonastico, in quanto inteso a ribadire, con riferimento meramente esplicativo, ma sostanzialmente inutile, ai cespiti di cui alle menzionate lettere a) e d) dell'art. 47, la previsione generale giˆ affermata dalla prima .parte della norma, senza voler escludere gli altri redditi in essa considerati. L'assunto , ancora, errato. E invero, l'art. 12, al punto d), inteso a fornire, in un quadro sistematico rigorosamente logico, una indicazione di indispensabile chiarezza normativa, laddove, essendo stati previsti tra i redditi soggetti a tassazione separata gli emolumenti arretrati relativi ad anni precedenti percepiti da prestatori di lavoro dipendente (prima parte della lettera 4), si ritenuto necessario precisare, con carattere escludente, che gli unici redditi assimilati, previsti dal successivo art. 47, rientranti nel beneficio, dovevano essere c011siderati quelli indicati nelle fottere a) e d) del ' f ' '~ ~ f. P, ~ ~ ,,,.¥¥,.....,,¥¥ ,,,.,,,~,,,_ PARTI! I, SBZ. V, GIURISPRUDBNZA TRIBUTARIA detto articolo á(contemplanti, rispettivamente, i compensi percepiti da soci di cooperative e le indennitˆ di cui all'art. 1 della I. n. 1261/1965). Non si tratta, quindi, di disposizione pleonastica che intende integrare, a titolo esemplificativo,-. una generale -previsione di á ammissione al-benefieio della tassazione separata di tutti i redditi assimilati contemplati dall'art. 47 mediante una. indicazione specifica, meramente esplicativa, relativa ai compensi e alle indennitˆ previsti nelle lettere a) eá d) della medesima norma: ma siá tratta, piuttosto, di disposizione eccezionale, tassativa ed escludente, il cui significato quello di stabilire che i redditi ammessi al beneficio, sono soltanto i redditi da lavoro dipendente in senso proprio áe non pure quelli ((assimilatiÈ, eccetto, ovviamente, quelli specificamente indicati e di cui alle lettere a) e d) dell'art; 47. In questo quadro~ non sembra possa giUngersi a: conclusibne diversa da queMa secondo cui i compensi assimilati a quelli da lavoro á dipendente non sono assoggettabili a tassazione separata (fatte salve le previste eccezioni), in quanto l'art. 12, lett. d) del d.P.R~ n. 597/1973 comprende, fosfoalmente ed eccezionalmente, tra i redditi ai quali attribuisce il suddetto beneficio soltanto quelli di cui alle lettere a) e d) del successivo art. 47. Con riguardo al quarto motivo, appare sufficiente osservare che, esclusa la natura .di reddito da lav9ro dipendente dell'emolumento áde quo ed affermata .la natura ecezionale della normativa in esame, discen~ de che la stessa non pu˜ essere ass1,mta a termine tii comparazione ai fini voluti dal ricqr:r-ente, non recando una norma di principio idonea a coinvolgl;lre il precetto di ~guaglianza o quello di proporzionalitˆ e di progressivitˆ del sistema tributario. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. áI, 27 marzo 1993, n. 3729 -Pres. Ruggiero Est. Cicala -P. M: IaIínelli (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato De Stefano) c. IACP Nqvara (avv. Meneghini). Tri~uti erariaij diretti ¥ Jmposta locale sui redditi ¥ Redditi fondiari " Fabbricati degli Istituti Auto11omi delle Case Popolari ¥ Godimento del reddito da parte dello Stato -Esclusione -Imputazione del reddito agli Istituti. á (e.e. art. 981; d.P.R. 29 settembre 1973 n. 597, art. 32). Gli Istituti Autonomi delle Case Popolari, benchŽ perseguano scopi di Ç benessere e protezione sociale È, non possono considerarsi nudi proprietari degli immobili di cui sia usufruttuario !o Stato; conseguentemen 260 RASSEGNA áAVVOCATURA DELLO STATO á te il reddito, soggetto ad ILOR; imputabile agli Istituti quali proprietari (1). (omissis) Con il primo motivo di ricorso lo IACP sottolinea come la decisione impugnata difetti totalmente di motivazione in ordine all'oggetto della controversia; e la considerazione risponde indubbiamente a veritˆ. La Commissione. Tributaria Centrale ha evidentemente ritenuto di trovarsi di fronte ad una delle ÇconsueteÈ controversie in materia di ILOR promosse dagli IAC~; in cui gli istituti deducono la inapplicabilitˆ dell'imposta affermando che gli edifici da essi posseduti costituiscono beni strumentali per l'esercizio della loro attivitˆ. é cio sfuggito alla Commissione che il giudice di Novara aveva accolto áuna particolare tesi, elaborata da un professionista acuto ed attento. Simhle errore pu˜, per altro, essere corretto da questa Corte in base all'art. 384, secondo comma del codice di procedura civile, poichŽ trattasi di questione di puro diritto che non richiede alcuna valutazione in fatto. Per affrontare correttamene il problema occorre muovere dalla constatazione che il fornire ai soggetti meno abbienti case di abitazione a prezzi modesti rientra fra gli Ç scopi di benessere e protezione sociale È assunti dalla Repubblica; ma che lo Stato non persegue simile obbiettivo attraverso proprie dirette articolazioni, ma creando appositi enti pubblici strumentali, quali gli IACP. Questi enti hanno a fondamentale scopo la attuazione dei programmi di edilizia pubblica sovvenzionata e la gestione degli edifici costruiti; perci˜ quando pongono in locazione le loro propdetˆ adempiono a un compito istituzionale e dunque Ç godono È della cosa propria. E la circostanza che nel contempo venga soddisfatta una esigenza di cui portatore lo. Stato non realizza il Ç godimento È1 ai sensi dell'art. 981 cod. civ., da parte dello Stato stesso, di un bene altrui. NŽ questo Ç godimento È pu˜ esser ravvisato per il fatto che gli IACP sono tenuti a versare alla Cassa Depositi e Prestiti per 30 anni Ç l'ammontare annuo del canone di locazione al netto delle spese generali, di amministrazione e di manuterizione È (art. 61 della legge 22 ottobre 1971, n. 865). Simileáobbligo costituisce infatti una forma di restituzione delle somme ricevute dalfo Stato ed uno strumento che mira a porre in essere un fondo di rotazione per gli investimenti nell'edilizia popolare (art. 13 della legge 5 agosto 1978, n. 457). (1) Si esclude, correttamente, la prospett;;izione di una scissione della nuda proprietˆ e dell'usufrutto rigiiardo ai fabbricati degli I.A.C.P. PARTE 1, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Anche a prescinder.e dalla :evidente funzione restitutoria .. di quest'obbligo .degli IACP, la circostanza che tali enti non siano autorizzati a trattenere l'eventuale utile netto di esercizio manifestazione del áfatto che non sono enti commerciali operanti a scopo di lucro. Quindi, a differenza di un proprietario privato, la percezione del corrispettivo della locazione non la prJncipal espressione del Çgodimento È del bene, mentre assume un ruolo essenziale e .fondamentale che esso sia utilizzato come abitazione da soggetti meritevoli. Quindi non si realizza nel caso di specie . alcuna scissione fra nuda proprietˆ e dirmo a godere degli immobi1i ¥e i redditi fondiari fanno ci:ipo. all'Istituto. ricorre11te (art. 32 del d.P.R .. .49 settembre 1973, n. 597). (omis~is) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 30 mˆrz˜ 1993; n. 3843 -Pres'. Rossi Est. V“gnale -P. M. Tridico (conf~). -Mfoistro delle Finanze {avv: Stato Figliolia) c. D'Attilia (avv. Agati): Tributi in genere -Contenzioso tributario -Estinzione del processo ~ Art. 44 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636 -Iscrizione a ruolo dell'hnposta oggetfo della controversia ¥ Necessitˆ della preventiva valida notifica dell'ordinanza di estinzione. (d.P.R. 26. ottobre 1972 n. 636, art..44). Nel caso di estinzione del processo ex art, 44 d.P.R. n. 636/1972; l'iniposta oggetto della controversia non pu˜ essere iscritta a ruolo prima che l'ordinanza che dichiara l'estinz.iorie sia stata validamente comunicata in modo da consentire al contribuente di proporre reclamo al 'collegio (1). (1) La decisione suscita seri dubbi. L'estinzione, evento raro nel processo tributario passato ma destinata a pi ampi sviluppi nel nuovo processo, matura all'avverarsi di determinati presupposti; il áprovvedimento, non sempre á necessario, che la dichiara appunto dichiarativo. Ora. non sembra che possa ammettersi che in ogni caso nessuna iniziativa sia possibile fino a quando, dopo la maturazione dei presupposti, la estinzione non sia stata dichiarata áe validamente notificata e, dovrebbe coerentemente aggiungersi, non siaá stato deeiso con sentenza passata in giudicato l'eventuale reclamo, Ci˜ sul piano pratico pu˜ dar luogo a tempi lunghi di inattivitˆ (nella vicenda decisˆ con la sentenza che si commenta dovrebbe oggi provvedersi a notificare l'ordinanza di estinzione per poter procedere alla iscrizione a ruolo se non sarˆ proposto reclamo). Non dubbio che alla ptir anomala estinzione del processo tributario debpano applicarsi le regole del cod. proc. civ. -E' allora incontestabile -he le parti, senza provocare la dichiatˆzione di estinzione, áDia supponendo . questa) possano prendere nuove iniziative. Se dopo lˆ cancellazione á dellˆ causa dal 262 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO (omissis) Con iil primo motivo di ricorso, l'Amministrazione delle 262 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO (omissis) Con iil primo motivo di ricorso, l'Amministrazione delle finanze, sostiene che l'affermazione, contenuta nella decisione impugnata -in base alla quale l'iscrizione a ruolo deM'imposta, quando contro l'accertamento sia stato proposto ricorso. innanzi al giudice tributario, debba essere preceduta dalla regolare notifica dell'ordinanza di estinzione del procedimento tributario pendente - errata. Invero, l'art. 44 del d.P.R. n. 636 del 1972 si limita a disporre che l'ordinanza di estinzione sia notificata alle parti e che da tale notifica decorrano i termini di decadenza e di prescrizione. La censura priva di fondamento. Invero, ai sensi dell'art. 16 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636, il ricorso contro il ruolo ammissibile solo se questo non stato preceduto dalla notifica dell'avviso di accertamento. Pertanto, quando, come nella specie, si assume che la notifica dell'avviso di accertamento sia stata effettuata e che vi abbia fatto seguito un'impugnazione innanzi alle commissioni tributarie, l'iscrizione a ruolo dell'imposta (che rende esigibile e realizzabile il credito tributario) presuppone appunto che il suddetto procedimento d'impugnazione sia stato definito, tal che l'accertamento sia divenuto definitivo (art. 14 d.P.R. n. 602 del 1973). Questa definizione pu˜, naturalmente, conseguire anche ad una pronuncia di estinzione del procedimento tributario, ma perchŽ questa estinzione si possa ritenere perfezionata, necessario che la relativa ordinanza venga comunicata al contribuente, al fine di consentirgli di proporre eventualmente reclamo al collegio ai sensi di cui all'art. 308 cod. proc. civ. In mancanza di ci˜, il procedtmento tributario non pu˜ ritenersi definito, per cui solo da tale perfezionamento decorrono o riprendono a decorrere i termini di prescrizione e di decadenza. (omissis) ruolo il giudizio non stato riassunto entro l'anno (art. 307 primo comma), la parte pu˜ bene proporre nuovo giudizio; ed altrettanto se si estingue il giudizio di impugnazione (art. 338), la parte che se ne giova pu˜ mettere in esecuzione la sentenza impugnata passata in giudicato. In questi e in simili casi la dichiaá razione di estinzione, se necessaria, pu˜ essere pronunciata da un giudice diverso da quello del processo nel quale si verificata l'estinzione. In particolare nei casi di estinzione che si verificano quando il processo non in fase attiva (cancellazione dal ruolo, sospensione, interruzione) sarebbe del tutto anomalo che la parte a cui giova l'estinzione debba necessariamente riassumere il processo, fuori termine, per provocare la dichiarazione di estinzione. Nel caso esaminato con la sentenza che si commenta, la commissione adita con ricorso contro il ruolo avrebbe dovuto verificare, se contestata, l'avvenuta estinzione e dichiararla con effetto al momento della maturazione dei presupposti (l'estinzione opera di diritto ex art. 307 ultimo comma) piuttosto che dichiarare la nullitˆ del ruolo per il difetto di un difficilissimo adempimento che sfuggiva al potere della parte (comunicazione ad opera della segreteria della ordinanza di estinzione ad un contribuente irreperibile). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 263 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 2 aprile 1993, n. 3968 ¥ Pres. Rupertoá Est. Nardino -P. M. Di Rienzo (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Pavone) c. Cecchinato (avv. Persiani). Tributi .. in genereá ¥ Contenzioso á tributario . . Giurisdizione ¥ Opposizione . á all'esecuzic:llte á~á.Terzo ¥ á PriVilegto speciale ¥ Controversia di imposta á Giurisdizione delle ¥ con'llllissiOiii. Fra le controversie tributarie dev˜lute alta cognizione delle speciali commissioni istituite con il d.P.R 26 ottobre 1972 n; 636 sono ricomprese quŽlle instaurate dal proprietario di immobile gravato di privilegio speciale per contestare, nei confronti dell'Amministrazione, l'esistenza, l'estensione e la legittimitˆ del privilegio o, a maggior ragione, l'esistenza o l'esigibilitˆ del tributo. L'ambito della residuale giurisdizione ordinaria limitato alle controversie <:he ánon pongono in discussione il rapporto dfimposta o il privilegio e non attengono a vizi propri dell'ingiunzione (1). (omissis), Con il prhn˜ motivo, denunciando violazione degli artt. 1 e 16 del d:P.R. 26 ottobre 1972 n. 636, la ricorrente lamenta il mancato acoglimento dell'eccezione di difetto. di giurisdizione del giudice ordiá natio~ da essa proposta in entrambi i gradi di giudizio, e richiama la gifu.“sprudenza di questa Corte che attribuisce alla giurisdizione delle Commissioni Tributarie le controversie promosse dal terzo possessore dell'immobile soggetto a privilegi<> contro l'ingiun21ione fiscale in materia di INVIM e l'esecuzione conseguente. La censura fondata nei limiti che saranno in prosieguo precisati. La Corte di Venezia ha respinto l'eccezione di difetto di giurisdizione del giudice ordinariio,riproposta in grado di appello dall'Amministrazione finanziaria, osservando che Ç nel caso di specie ... non menomamente in discussionŽ ran ed il quantum della pretesa tributaria, cui tra l'altro i terzi subacquirenti dell'immobile, odierni opponenti, sono del tutto estranei, bens“ in discussione e contestata l'operativitˆ del privile~o ex artt. 28 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 643, 2772 e 2780 cod. civ., nei loro confronti È, A conforto di tale opinione i giudici di appello hanno richiamato (peraltro senza citazioni specifiche) la giurisprudenza di questa Corte, che viene parimenti ilnvocata dall'Amministrazione ricorrente a sostegno dell'opposta tesi, secondo la quale appartengono arlla giurisdizione delle Commissioni Tributarie le controversie -come quella in esame (1) Giurisprudenza ormai costante (Cass. 3 giugno 1992 n. 6789, in questa Rassegna, 1992, I, 349) ma che non chiarisce entro quali limiti ilá terzo legit timato a promuovere una controversia sull'imposta. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO promosse contro l'ingiunzione , fiscale dal terzo possessore Q.ell'immobile soggetto .al privilegio di cui al citato .art¥ 28 a favore dell'Erario. Questa contrastante interpretazione dell'orientamento della giurisprudenza di legittimitˆ in subiecta materia impone di puntualizzare che la gjw;isd.iqne dellf: Cotn.J:rlissioni Tdbutatje. stata affermata da queste Sezi()J:li tii:iii;te, im~he per le controversie relative. al privilegio dello Stato p~~ ,crediti . INVIM . sull'immobile ,áoggetto. ciel.trasferimento, . ogni ,qualvolta il rapporto tributario, riguardante una delle imposte elencate nell1a: i:t.1 -wmma 2¡ Q.el.d.P.R,,. 26 ottobre 1972 n, 636 (tra le quali compresa rINVIM), Ç bttegr! l'oggetto speci~ico della .pretesa che si fii!. valere o .si cpntesta tino gii.Jfl~zio È (cos“ Cass, S.J,J. n. 5469/88). E tra le contro\ fersie á. trjl;>.u.tarie d~volll,te alla cogniajone delle spe:iali Commiss~oni istituite :on ilcitato d.PiR. si sono ritenute comprese quelle instaurate dal prqpr..ietario .. dell'immobile .. gravato dal privilegi() iri . questione .contro l'Amm~straziq11e finanziaria ~1 per contestare l'esistenza o l'estensione o la le~ttimitˆ. del privilegio ovyero -a maggior ragione -¥l'esistenza e l'esigibilitˆ del tributo o per far dichiarare l'eventuale ricorrenza di una causa di esenfilone dal .medesimoÈ ~Cass. sent. n. 5469/88 cit.) . .si argomentato, a sostegno di,á ta1e principio, che náproprietario d~ll'iml:nobile soggetto al prfvilegfo, pur non essendo debitorŽ ri:ta solo c˜fres~onsabile del pagaJ,llento dell'INVIM, limitatamente al valore del~ l'immobile stessi:>, ha ttittavfa l'onere (non l'obbligo) di provvedere all'adempimento dell'obbligazione verso lo$tato se vuole liberare' l'immobile dal privilegio e sottrarlo aill'esproprfazione forzata promossa dal- 1"ArI1ministrazione finˆnzfaria per la: reˆlizz~ione del credito d'hnposta. Egli,. di conseguenza, non Ç estraneb á,, al rapporto tributario, nel cui afilbito si insedsce, Çdi fronte all'ente. impositore ed accanto al.. debit˜te, sia pure :on una veste diversaÈ (v. serit. cit.); con l'ulteriore corollario che la controversia instaurata dal ásuddetto proprietario, anche in viˆ io del privilegio nei confronti dei possessori dell'immobile. Tali questioni dovevano, pertanto, essere sottoposte all'esame ed alla decisione delle RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Commissioni Tributarie, configurando -in parte qua -una Çcontroversia tributariaÈ. Ne consegue che la Corte d'Appello di Venezia incorsa in errore di diritto per avere affermato Ia propria competenza giurisdizionale (anche) in ordine a tal parte della controversia e per avere pronunciato sulle anzidette questioni di natura tributaria, sicchŽ la sentenza impugnata, in parziale accoglimento del primo motivo di ricorso, deve essere cassata senza rinvio, limitatamente alle relative statuizioni, come innanzi puntualizzate. Diversa soluzione deve, invece, adottarsi in ordine a quella parte della pronuncia de11a Corte del merito che attiene alle eccezioni di nullitˆ del pignoramento per cause che non involgono in alcun modo la cognizione del rapporto tributario, nŽ sotto il prof.ilo dell'an e del quantum dell'obbligazione fiscale nŽ sotto l'aspetto dell'esistenza e dell'azionabilitˆ del privilegio di cui all'art. 28 d.P.R. 643/72 nei confronti dei possessori dell'immobile pignorato. Come si giˆ rilevato, la giurisdizione delle Commissioni Tributarie inscindibilmente correlata alla contestazione del rapporto giuridico d'imposta, in ogni suo aspetto o implicazione, ma non si estende alle controversie (o alle questioni) che, sebbene connesse (come nella specie) a quelle di natura tributaria, siano autonome rispetto ad esse, riguardando unicamente la r.itualitˆ e validitˆ, alla stregua di princ“pi generali dell'ordinamento processuale, di singoli atti della procedura esecutiva, specie se diversi da quelli, tassativamente elencati nell'art. 16 del d.P.R. n. 636 del 1972, contro i quali proponibile ricorso al giudice tributario. Nel caso in esame le dedotte eccezioni di nullitˆ del pignoramento, per ragioni del tutto indipendenti dall'esistenza e daH'azionabilitˆ del privilegio a favore dell'Erario, postulavano unicamente il controllo dell'osservanza, da parte dell'Amministrazione procedente, della disciplina processuale dell'esecuzione forzata promossa contro i possessori dell'immobile. E siffatto controllo esulava, per i motivi giˆ spiegati, dalla speciale giurisdizione delle Commissioni Tributarie, non rilevando in contrario il fatto che l'Amministrazione si avvalesse della normativa di cui al r.d. 14 aprdle 1910 n. 639 (richiamata, Çper la riscossione coattiva delle imposte, delle sopratasse e delle pene pecuniarie>>, dall'art. 54 del d.P.R. n. 634/72 nonchŽ -indirettamente -dall'art. 19 del d.P.R. n. 643/72), dal momento che l'art. 26 del suddetto r.d. prevede espressamente la proponibilitˆ di domande e di Ç eccezioni di nuLlitˆ È (rientranti, nei limiti sopra precisati, nella giurisdizione dell'A.G.O., ,secondo la citata sentenza n. 1852/91) anche nell'ambito dello speciale procedimento esecutivo regolato dallo stesso decreto. Si deve, pertanto, concludere che correttamente la Corte veneziana ha esaminato e deciso quest'ultima parte de1la controversia; e, relativamente alle pronunce adottate a tal riguardo, la pronuncia sulla giurisdizione si sottrae alle censure della ricorrente. PARTIS I, SBZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Questa soluzione comportaá l'assorbimento del quatto motivo di ricorso, con il quale si deduce la violazione dell'art. 28 del d.P.R. n. 643/72 e che investe un capo della sentenza di appello (quello concernente la decadenza dell'Amministrazione dal priviJeg“o per decorso quinquennio) che, per effetto dell'accoglimento parziale del primo mezzo, viene cassato senza rinv.io. á á Vanno invece esaininˆti il secondo ed il terzo motivo, con i quali s“ ce11Sra, per violazione dell'art. 2 del T. U. n. 639 del 1910 e dell'articolo 482 c.p~c., la pronuncia relativa alla nullitˆ del pignoramento. Occorreá a tal riguardo ricordare che la Corte del merito ha confermato' la sentenza di primo' grado nella ..parte in cui aveva dichiarato la nullitˆ del pignoramento eseguito sull'immobile degli opponenti, rigettando I'appello proposto; sul punto, dall'Amministrazione finanziaria; ed ha osservato, a sostegno di tale. statuizione, che era illegittima l'esecuzione áádelá pignoramento ¥.prima della scadenza del Çtermine dilatorioÈ di tr.enta gforni previsto dagli artt. 2 e 3 del r.d. n. 639 del 1910 ed indicato nell'ingiunzione: a) perchŽ tale termine, _stabilito da Çuna legge specialeÈ, non Ç suscettil:>ile di essereá anticipato, in quanto fdssato proprio an relazione simmetriea con l'analogo termine previsto per la proposizione dell'opposizione, termine entro il qua.le l'ingiunto pu˜ provvedere al pagamento È; b) Çindipendentemente da tale rmevo, anche ammesso che fosse possibile áper l'esecuzione fiscale il ricorso allo strumento previsto dal{' art. 482 c.p.c,, poichŽ l'autorizzazione all'immediata esecuzione non stata data dal Presidente del Tribunale in calce all'ingiunzfone (che tiene luogo del precetto) e neppure stata trascritta dall'ufficiale giudiziario nella copia dell'ingiunzione da notificarsi nŽ comunque stata notificata agli ingiunti prima del pignoramento, in una con l'ingiunzione, ne discende... l'Jnoperativitˆ di ogni. effetto anticipa torio e fa nullitˆ del pignoramento, perchŽ eseguito pi:ima del rituale decorso del termine dilatorio minimo dell'ingiunzione È. L'Amministrazione ricorrente, allo scopo di Ç evitare equivoci È, ha precisato nella memoria illustrativˆ (e la circostanza pu˜ ritenersi pacifica) che l' Ç autorizzazione del Presidente del Tribunale alla esecmione immediata stata rilasciata in calce all'ingiunzione il 27 giugno 1985, seppure dopo che questa era stata notificata -il 12 giugno 1985 -ai resistentiÈ; ba inoltre chiarito che il pignoramento venne eseguito il 29 giugno 1985. Nel merito l'Amministrazione sostiene: 1) che la riduzione del termine per iniziare l'esecuzione forzata, Çin mancanza di esplicite norme, sia ammissdbile È nei due casi regolati dall'art. 2 del T. U. del 1910 e dall'art. 482 c.p.c., attesa l'identitˆ della ratio; 2) che, Ç in presenza di un RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO decreto del Presidente del Tribunale, apposto sull'ingiunzione, di autorizzazione all'esecuzione immediata, il pignoramento stato va1idamente eseguito È, costituendo mera Ç irregolaritˆ È, improduttiva di nullitˆ dell'atto, Çla mancanza della trascrizione del decreto sulla copia notificata ai debitori È. In ordine a tali rilievi la Corte osserva che superfluo risolvere, in via di astratto principio, la prima delle questioni come innanzi propoá ste, la cui decisione iin senso eventualmente favorevole alla ricorrente non gioverebbe alla medesima, essendo insuperabili le puntuali ed esaustive considerazioni svolte dalla Corte del merito e riportate sub b). PoichŽ l'Amministrazione dˆ atto che l'autorizza:ziione ad iniziare l'esecuzione forzata senza il rispetto del termine indicato nell'ingiunzione- precetto venne data dal Presidente del Tribunale dopo la notifica dell'ingiunzione stessa agli odierni resistenti (sulla quale -ovviamente non era nŽ poteva essere trascritta o menzionata siffatta autorizzazione ÇpostumaÈ); e poichŽ non risulta che il decreto emesso dal Presidente del Tr.ibunale ai sensi dell'art. 482 c.p.c. sia stato, in qualsiasi modo, portato .. a conoscenza degli ingiunti prima dell'esecuzione del pignoramento, si rendono applicabili al caso in esame i princ“pi ripetutamente affermati da questa áCorte in fattispecie analoghe, secondo .i quali illegittima l'esecuzione forzata iniziata prima del decorso del termine indicato nel precetto, ove manchi iii decreto di cui all'art. 482 c.p.c. (Cass. n, 798/81) ed nullo, in particolare, il pignoramento eseguito senza il rispetto del suddetto termine (Cass. n. 3733/89), anche quando il decreto autorizzativo delfoseouzione immediata non sia stato trascritto nella copia del precetto notificata. al debitore (Cass. n. 3792/89). (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 aprile 1993 n. 4957 -Pres. Salaf.ia Est. Baldassarre -P. M, Di Salvo (diff.) -Ministero delile Finanze (avv. Stato Palatiello) c. Menichetti (avv. Santoro). Tributi in genere -Contenzioso tributario -Imposta di registro -Accertamento ¥ Nullitˆ -Deduzione in primo grado -Necessitˆ. (d.P.R. 26 ottobre 1972 n..6:36, art. 26). BenchŽ le norme di imposta non prev~dano per l'imposta di registro la necessitˆ di eccepire in primo grado la nullitˆ dell'accertamento, egualmente inammissibile per il divieto dello ius novorum in appello la deduzione della nullitˆ per la prima volta in grado di appello (1). (1) Decisione di evidente esattezza, La norma processuale dell'art. 22 del d.P.R. n, 636/1972, che presuppone l'art. .345 c.p.c., vale allo stesso modo per tutte le imposte; d'altra parte l'art. 61 del d.P.R. n. 600/1973 esprime un principio generale. I ! 1 I PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (omissis) La ci.corrente Amministrazione, denunziando violazione degli artt. 15, 19 e 26 del d.PR n. 636/72, 48 e 49 del d.P.R .. n. 634/72 e 20 del d.P.R. n. 643/72 nonchŽ motivazione Jnsufficiente anche con ci.guardo al sistema del contenzioso tributario, ascrive alla Corte d'appello di avere prom.\nziato la nullitˆ dell'avviso senza rilevaráe la tardivitˆ della relativa domanda, proposta per la prima volta in secondo. grado, e senza accorgersi che proprio per tale ragione la C. T. di 2¡ grado l'aveva dichiarata inammissibile, mentre le parti private non avevano nemmeno impugnato tale capoi di non avere rMevato, nel merito, che l'avviso indicava ampiamente il criterio se~uito, che era stato quello della stima diretta con rlguardo al valore di comune commercio (conf. Cass. S.U. 5784/88), in presenza, per di pi, di stima UTE, giˆ utilizzata dalla C. T. di 1¡ grado senza contestazionri.. Osserva il collegio, con r.iguardo al primo e pregiudiziaie profilo di doglianza, che la Corte fiorentina, riportando in motivazione ile argomentazioni delle citate sentenze S. U. nn. 4844 e 4853 del 1987, ha fatto propria la premessa secondo cui, in tema d'imposta di registro e di INVIM (tanto nella disciplina di cui ai d.P.R. 26 ottobre 1978 n. 634 e 643, quanto, per l'imposta di ráegistro, nel vigore del d.P.R. 26 apr.ile 1986 n. 131), manca un'espressa previsione, a pena di nullitˆ, dell'obbligo deMa motivazione (contemplata invece per le imposte dirette e per l'IVA). Dalla non controven“a constataziione ha tratto Ç la conseguenza che non vale neppure il principio che la nullitˆ deve áessere dedotta a pena di decadenza nel ricorso davanti a1la commissione di primo gradoÈ, senza, per altro, giustificare l'assunto, sebbene la questione fosse stata posta espressamente dall'Amministrazione resistente, che aveva eccepito l'inammissibilitˆ dell'eccezione di nuilitˆ dell'avviso, in quanto tardiva. La tesi della Corte del merito implica, da un lato, la qualif.icazione della carenza di motivazione dell'avviso di áaccertamento, in materia di imposta di registro (e di INVIM), come causa di nullitˆ e, d'altra parte, la rilevabilitˆ in ogni fase del giudizio tributario (ed anche d'ufficio), della nullitˆ medesima. La prima imp1icazione trova il conforto della ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo cui, in tema di imposta di registro, INVIM ed imposta di successione, l'inosservanza dell'obbligo di motivazione dell'avviso di accertamento determdna nullitˆ dell'atto (discendente, pur in mancanza di un'espressa comminatoria di legge, dalla sua inidoneitˆ allo scopo), con il conseguenziale dov.ere del giudice tributario, davanti al quale sia impugnato, di dichiararne l'invaliditˆ, astenendosi dall'esame del merito del rapporto (conf. sent. 12141/90, 3578/89, 5782/88, 5784/88 cit., 4853/87 cit.). Affermata cos“ la causa di nullitˆ, la seconda implicazione viene a porsi in contrasto con il sistema ed i principi del contenzioso tributario, 270 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO non potendo giustificarsi una diversitˆ di disciplina, in tema di deduzione dei motivi, in base alla diversa configurazione normativa della causa medesima. Risulta quindi conferente, sebbene non riferito aMe imposte qui m esame, H principio espresso da questa Sezione (conf. sent. n. 3630/88), secondo cui, con il ricorso .alla Commissione Tr.ibutaria Centrale (e la regola vale anche per l'impugnazione dinanzi alla Corte d'appello, 'ex articolo 40 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636), il contribuente non pu˜ per la prima volta prospettare nuove ragioni di nullitˆ dell'avviso d'accertamento, diverse da quelle fatte valere davanti alla commissione di primo grado, dato che 1e controversie tributarie non si sottraggono al principio del divieto di ius novorum in fase d'impugnazione, restando quindi esclusa, tanto con l'appello alla commissione di secondo grado, quanto con detto ricorso alla Commissione centrale {o impugnazione avanti la Corte d'appello), la facoltˆ di dntrodurre ulteriori temi d'indagine e di decisione. A maggior rag,ione deve escludersi la proponibilitˆ in sede di gravame della questione di nullitˆ, che non sia stata fo alcun modo eccepita in primo grado. Il predetto divfoto stato ribadito con la sentenza n. 1229/90, lˆ dove afferma che, nella disciplina del contenzioso tributario di cui al cit. d.P.R. n. 636/72, la deduzione di nullitˆ dell'avviso di accertamento per difetto di motivazione, che sia stata disattesa dalla commissione di primo grado, pu˜ essere esaminata dalla commissione di secondo grado soltanto se riproposta con i motivi dell'appello (principale o incidentale), essendo esclusa la facoltˆ di successiva integrazione dei motivi stessi, facoltˆ prevista dall'art. 19 bis (introdotto dall'art. 11 del d.P.R. 3 novembre 1981 n. 739) solo per il giudizio di pr.imo grado. Ne deriva che, áessendo la sentenza impugnata ispirata a tutt'altro principio in ordine alla rilevabilitˆ della nullitˆ, la prima e pregiudiziale doglianza, deve essere accolta, rimanendo assorbita la seconda, che attiene aMa gradata questione della congruitˆ della motivazione. La sentenza stessa va, per tanto, cassata con rinv.io per nuovo esame ad altra Sezione della Corte d'appello di 1Firenze, la quale dovrˆ fare applicazione del seguente principio di diritto: ÇIn tema di imposta di registro e di INVIM la nullitˆ dell'avviso d'accertamento per difetto di motivazione deve esse11e dedotta dal contribuente innanzi alla commissione tributaria di primo grado ed quindi inammissibile fa sua deduzione per la prima volta innanzi alla commissione tributaria di secondo gradoÈ. (omissis) PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 271 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 4 maggio 1993, n. 5184 -Pres. Favara Est. Greco -Soc. La Vigile San Marco (avv. Rossi) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Laporta). Tributi erariali indiretti -Imposta sul valore aggiunto -Operazioni esenti Servizi di vigilanza e custodia da parte di guardie giurate -Si esten de al trasporto. (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 10, n. 26). Agli effetti dell'art. 10 n. 26 del d.P.R. 633/1972, l'esenzione prevista per i servizi di vigilanza e custodia da parte di guardie giurate si estende al servizio di trasporto contemporaneamente prestato (1). (omissis) Con il primo motivo, si denunzia violazione e falsa applicazione dell'art. 10 del d.P.R. n. 633/72, .in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c.; in subordine, omessa ed insufficiente motivazione deHa decisione in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c. Assume la ricorrente che il servizio di trasporto e vigilanza di valori si concreta in attivitˆ, strettamente connesse, in cui ile prestazioni concernono beni in movimento. E, dunque, la normativa che esenta dall'imposta i servizi di vigilanza effettuati da istituti autorizzati a svolgere esolusivamente tale attivitˆ non pu˜ essere interpretata in senso meramente letterale, scorporando, in una prestazione che complessa, diverse componenti, ma deve essere intesa unitariamente, valorizzando le final.itˆ dei servizi. Di conseguenza, l'af:formazione della Commissione secondo cui a riprova della separazione tra 1e due attiv.itˆ (trasporto e vigilanza) si porrebbe la considerazione che esse potrebbero essere svolte da soggetti diversi, non coglierebbe la peculiare caratteristica del servizio e la sua specificitˆ. NŽ, tra l'altro -rileva ancora la ricorrente -potrebbe trascurarsi il carattere meramente accessorio dell'attivitˆ di trasporto nel contratto di Ç scorta valori È sicchŽ, per altro verso, resterebbe comunque esclusa la soggezione all'IVA ex art. 12 del d.P.R. 633/72. Ai fini de11'esenzione, poi, non sarebbe possibile scorporare i costi dalle spese per il servdzio, nŽ rilevante che la richiesta al cliente sia stata ef:fottuata a titolo di Ç rimborso È. Denunzia, infine, la ricorrente la insufficiente motivazione della decisione laddove ha escluso che trasporto e spese necessarie possano essere ricondotte nell'attivitˆ del servizi.o di vigilanza. (1) Non constano precedenti. Il metodo di interPretazione della norma di esenzione non convince. 272 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO La cens.ra fondata avendo la Commissione tributaria centrale, nella decisione impugnata, áerroneamente interpvetato ed applicato il dato normativo concernente la esenzione giˆ prevista dall'art. 10 n. 26 d.P.R. 633/72 e successive modirfkazioni. é opportuno rilevare che per l'art. 10 n. 26, d.P.R. 633/72, dopo le disposizioni integrative e correttive di cui al d.P.R. n. 24 del 29 gennaio 1979, Çle prestazioni di servizi di vig.ilanza effettuati direttamente da istituti autorizzati ad esercitare esclusivamente tale attivitˆÈ erano esenti dalrnmposta. Con il d.l. 30 dioembre 1982 n. 953, il n. 26 dell'art. 10 fu soppráesso. Ián sede di conversione, con l'art. 5 della legge 28 febbraio 1983 n. 53 sono state apportate modificazioni al d.P.R. 633/72 e l'esenzione dell'imposta stata accordata, previa sostituzione del n. 26 dell'art. 10 del d.P.R. 633/72, alle Çprestazioni dei servizi di vigilanza o custodia di cui al r.d.l. 26 settembre 1935 n. 19522 È. Quest'ultimo provvedimento ~egislativo disciplin˜ il servizio delle Çguardie particolari giurateÈ. Orbene, agevole constatare che il testo normativo -di per sŽ non risolve i quesiti introdotti dalla vicenda che stata oggetto di esame della CTC la cui decisione impugnata innanzi alla Corte di legit-; timitˆ. é necessado, allora, per affermare o esoludere l'applicahllitˆ dell'esenzione alle prestazioni dell'istituto ricorrente e/o per determinarne i limiti, individuare la reale portata della norma. Un'analisi effettuata con riferimento alle singole componenti del servizio prestato dagli Istituti, farebbe prendere atto deMa pluralitˆ di Ç cause È ed indurrebbe all'affermazione che la fattispecie riconducibile -nel pi ampio quadro dei contratti atipici -nell'ambito dei contratti misti. La diversitˆ delle Ç cause È preluderebbe alla loro fusione con la conseguenza di dover individuare la disciplina applicabi¥le alla stregua del criterio della Ç prevalenza È. Tuttavia, dndividuare la disciplina applicabile in ragione della Ç preá valenza È riconosciuta all'una o all'altra. delle figure che compongono il contratto atipico non apporta elementi risolutivi alla individuazione dei limiti della esenzione perchŽ occorrerˆ sempre stahllire se la restrizione della agevolazione ai soggetti, allorchŽ svolgono Ç servizio di vigilanza o custodiaÈ, comporti, áeffettivamente, la non considemzione di quelle componenti che, in vfa ordinaria, danno consistenza ad una figura tipica. In definitiva, se -come sostiene la ricorrente -la attivitˆ di vigilanza costituisce l'unico reale scopo del contratto mentre le modalitˆ o le circostanze in cui la vigilanza si attua sono affatto insignificanti. Ed invero, la distinzione posta dalla C.T1C. a base della interpretazione del dato normativo -prestazioni realizzate Çin occasioneÈ del servizio di vigHanza o custodia distinte dalle prestazioni Ç necessarie allo svolgimento È di quel servizio - anche essa insufficiente. aá deli 1 . I PARm I; SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA neare ii limiti della esenl!'lione nel senso che , comunque, necessario accertare se le attivitˆ svolte, nella fattispecie, da ÇLa Vigiile San Marco È s.r.l. siano riconduclbjli all'una o all'altra ipotesi (Çin occasioneÈ; Ç necessarie allo svolgimentoÈ). PerchŽ .\:elemento da acquisire, essendo insu:l“ficiente l'affennazJione che certe prestazioni effettuate per assicurare il servizio di vighlanza vanno considerate ásvolte Çin occasione È e non per Ç lo svolgimento È de1l'attivitˆ , per l'appunto, la collocal!'lione di quelle prestazioni (trasporto, ecc.)~ Ed allora, ál'unico criterio¥ per la delhn.itazione dell'area di esenzione quello della finalitˆ della richiesta del servizio che, se ha viguardo anche al trasporto, solo perchŽ Çin quel tempoÈ occorre la vigilanza (o fa scorta). In realtˆ, il richiedente del servizio domanda Ja vligilanza dei valori -che pu˜ risolversi dn attivitˆ di scorta ~ per un determinato tempo; ma del tutto irrilevante, ai fini del riconoscimento dell'esenzione, che m quel tempo si debba effettuare iJ. fisico spostamento dei valori da un iluogo ad' un altro. L'esigenza del trasporto si atteggia, Çin qualche misura È come iJ. motivo della richiesta di vigilanza e scorta; epperci˜ giuridicamente irrilevˆllte. D'altra parte, che questo .sia stato il principio che ha guidato il legislatore traspare dal rilievo clie :il servizio di vigilanza, attuato con da Ç scorta È dei valori attiene, di sicuro, ad un servizio in movimento e se si disposta la esenzione per la vigilanza Çcon scortaÈ, oltre che per la custodia, vuol dire che la prima prestazione áesente anche per Ja componenteáá che attiene al trasporto. NŽ, in contrario, vale l'obiezione che il trasporto potrebbe essere effettuato da .soggetto estraneo al rapporto di vighlanza perchŽ questo servlizio -e non solo negli ultimi tempi - notoriamente svolto da ,istituti specializzati con attrezzature di servizi e di personale (ile cui esigenze attengono incontestabilmente a quel servfaio e godono, per tanto, del trattamento ad esso accordato dal legislatore) e non pu˜ certo H legislatore aver omesso di considerare la realtˆ inconfutabile che la vigilanza che si attua 1I1ecessariamente con la scorta dei valori compiutamente svolta 1I1ella ásua interezza -in tutte le fasi -!in ogni suo elemento, dal soggetto chiamato ad assicurare fa vigilanza sl.lií valor.i. Che siano trasportati, oppur no, ha insignificante rMevanza. Va ribadito, quindi, che la limitazione della esenzione in favore deglˆ istituti autorizzati ad esercitare, con guardie giurate, tale attivitˆ non pu˜ essere i;:iferita agli istituti in relazione all'attivitˆ diretta ad eserci tare il ásolo Ç controllo È dei valori dovendo, invece, ritenersi che resta Ç attivitˆ di vigilanza È anche il trasporto di quei valori che i soggetti di cui al r.d.L 1952/35 esercitano allorchŽ da finalitˆ di vigilanza rap presenta la vera ragione di richiesta della prestazione, atteggiandosi, 274 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO tutte le c.d.. prestazioni ulteriori, come elementi insiignificanti ai fini dell'applicazione dell'imposta perchŽ in sŽ insignifkante, nehl.a econo. mia generale del contratto, il costo di quelle c.d. prestazioni ulteriori. Di esse, in realtˆ, quelle che nominalmente attengono al trasporto sono, in effetti, inerenti alla vig1lanza (mezzi blindati, ecc.). (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 maggio 1993, n. 5445 -Pres. Salafia Est. De Musis -P. M. Romagnoli (conf.) -Soc. Sodib c. Ministero delle finanze (avv. Stato Lancia). Tributi erariali indiretti -Imposta di bollo -Ricevuta -Nozione . Estratti di conto . Differenza. (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 632, tariffe artt. 19 e 20). Le ricevute, quietanze ed altri atti menzionati nell'art. 19 della tariffa del d.P.R. 632/1972, sono rilasciati per la liberazione totale o parziale da un'obbligazione e, come documento di un credito, esprimono l'operazione conclusiva di un rapporto. Gli estratti di conto ed altri atti menzionati nell'art. 20 della stessa tariffa sono strumenti di evidenziazione di un rapporto con funzione strumentale di una situazione in via di svolgimento (1). (omissis) Con il primo motivo si deduce che '1a Corte di Appehl.o, affermando che Ie ricevute, contemplate nell'art. 19 de11a tariffa all.egata al d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 632 sono queHe aventi contenuto 1ibe!'atorio mentre le ricevute cli accr.editamento contemplate nel successivo art. 20 sono quelle aventi contenuto meramente contabile, incorsa in violazione o falsa applicazione degli artt. 19, 20 e 20 bis di detta tariffa. Dal momento che l'art. 7 del decreto definisce in via generale la ricevuta individuandola in quella liberatoria, difatti, tale contenuto presupposto in entrambe le ricevute, e pertanto le seconde si differenziano dalle prime non per la ricorrenza o no di tale contenuto, áche comune ad entrambe, ma solo perchŽ '1e seconde assolvono (anche) alla funzione di accreditamento (o. di addebitamento) e, inoltre, devono contenere, come prescr.ive l'art. 20, l'indicazione del conto corrente al quale esse si riferiscono. Il motivo infondato. L'art.. 19 contempla le Ç ricevute, quietanze, note, conti, fatture, distinte e simili, quando la somma supera lire 50.000 ovvero sia indeter (1) Decisione da condividere. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 275 minata o a saldo per somma inferiore al debito originario senza indicazione di questo o delle precedenti quietanze È. L'art. 20 .;ontempla gli Çestratti ili conti, nonchŽ fottere e altri documenti di addebitamento o di accreditamento di somme, portanti o meno la causale dell'accreditamento o dell'addebitamento e !'elativi benestare quando la somma supera lire 50.000 È. Il confronto tra J,e due previsioni evidenzia la ratio e la portata specifica delle stesse. La prima si riferisce agli atti che documentano un credito o un debito specificamente inilividuato, e che attestano la definizione di uno specifico rapporto: gli atti, cio, sono tassati per il contenuto sostanziale che essi esprimono. La seconda si rtiferisce agli atti che costituiscono strumento di evidenziazione di un determinato rapporto o strumento di incisione in esso: gli atti, cio, sono tassati per H loro valore formale. La prima previsione, quindi, contempla atti che potrebbero essere definiti Ç fJnali È, in quanto esprimono l'operazione conclusiva di un rapporto, laddove la seconda previsione contempla atti che potrebbero essere definiti ÇstrumentaliÈ, in quanto sono documentazione di una parte di un rapporto in via di svolgimento e la cui definizione avverrˆ in sede e con modalitˆ diváerse. Costituisce riprova di tale conclusione il fatto che la definizione ili ricevuta (quale Çdichiarazione ... rilasciata per liberazione, totale o parziale, di un'obbligazione pecuniariaÈ), che ol'iginariamente era stata collocata nell'art. 7 del decreto in esame, con le modifiche a questo apportate stata collocata nell'art. 19, e non (pure) nell'art. 20. Nessuna argomentazione contraria a1la conclusione pi sopra esposta pu˜ trarsi dalla introduzione successiva dell'art. 20 bis -che contempla le Çricevute, 1ette!'e e ricevute di accreditamento e simili, ... con 0 segnate per l'incasso o altrimenti negoziate presso aziende e istituti di credito È -norma che le parti pongono a sostegno delle rispettive tesi, deducendo l'Amministrazione che la norma contempli atti che prima erano compresi nell'art. 19 e le societˆ che la norma invece contempli atti che prima .erano compresi nell'art. 20. L'esame della norma, difatti, evidenzia che gli atti m essa contemplati sono stati enucleati sia da quelli compresi nell'art. 19 -le ÇricevuteÈ -sia da quelli compresi nell'art. 20 -le Ç letteráe e 11ioevute di accreditamentoÈ -e sono stati assoggettati a tassazione diversa allorchŽ in concreto assolvono ad una ulteriore funzione (Çconsegna per l'incassoÈ o ÇnegoziazioneÈ). Cor!'ettamente pertanto la Corte di appello ha ritenuto le ricevute de quibus assoggettabili alla tassazione prevista dall'art. 19. Esse, difatti, secondo la ricostruzione (non censurata) di tale Corte, in concreto assolvevano, oltre alla documentazione ÇstrumentaleÈ di 276 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO una parte di un rapporto in v.ia di svolgimento (oggetto della tassazione prevista dall'art. 20), anche alfa documentazione ÇfinaleÈ de11a definizione di una singola operazione di quel rapporto {oggetto della tassa2lione prevista dall'art. 19). (omissis) I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 maggio 1993, n. 5446 -Pres. Rocchi Est. Cicala -P. M. Delli Pr~scoli (conf.) -Borea (avv. Tricerri) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato De Stefano). Tributi in genere -Accertamento -Imposte dirette e IVA -Prova -Documenti contabili informali -Presunzione grave precisa e concordante. (d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39). Il rinvenimento di una seconda contabilitˆ informale costituisce indizio grave preciso e concordante della esistenza di imponibili non registrati nella contabilitˆ ufficiale, valido per sorreggere l'accertamento induttivo ai fini delle imposte dirette e dell'IVA (1). II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 maggio 1993, n. 5454 -Pres. Ross.i Est. Cicala -P. M. Tridico (conf.) -MoroHi (avv. Perrone) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Del Gaizo). Tributi erariali diretti -Imposta sul reddito delle persone fisiche -Reddito di impresa -Accertamento di maggiore reddito in base a criteri elaborati in relazione a settori di attivitˆ -Legittimitˆ. (d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39). é legittimo il ricorso a criteri elaborati in relazione a settori di attivitˆ per determinare induttivamente il reddito di una azienda. Nella determinazione induttiva del reddito, mentre si deve tener conto dei costi. di impresa non possono detrarsi i costi specifici anche se documentati (2). (1-2) La prima sentenza segue una giurisprudenza costante, come risulta dai precedenti citati nel testo. La seconda sentenza consolida l'affermazione della legittima utilizzazione di esperienze su settori di attivitˆ, anche attraverso la determinazione media II I I ill I I PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 277 I (omissis) Con un ulteriore or.dine di argomentazioni il. contribuente contesta la tesi del giudice tributario secondo cui appunti inforimalii. raccolti in un bloc}(-notes possono costituire prova di un giro d'affari non denunrj.ato. Questa tesi del ricorrente per˜ in puntuale contrasto con la giurisprudenza di questa Corte che ha sempre ribadito la utilizzabiiitˆ da parte della amministrazione finanziaria delle llUUOtazioni tenute in modo informale e per propria memoria clagl,i ~mprenditori, dal momento che ovvio come tali appunti contengano sovente dati ben pi veritieri di quelli. riportati nlla contabilitˆ Ç ufficialeÈ pre~sposta ad uso del Fisco. Basterˆ ricordare la recentissima sentenza n. 13331 del 17 dicembre 1992, con cui questa áCorte ha affermato che il rinveruimento di una seconda co11tabilitˆ informale tenuta su un brogliaccio costituisce indizio graváe, precis~ e concordante della esistenza di imponib1li non registrati sulla.á contabilitˆ ufficiale, eperci˜ áfamministrazione finanziaria pu˜ proceder ad accertamento induttivo deH'iimponibile ai fini ILOR ed IRPEF. E nei medesimi termini la sentenza n. 5786 del 15 .maggio 1992 (in Corr. Trib. 1992, 27, 1959), che ha ritenuto la piena attendibilitˆ di un brogliaccio al fine dell'accertamento induttiivo de1l'imponibile ai fini IVA. Giova altres“ ricordare che con sentenza n. 8904 del 23 luglio 1992 (in Corr. Trib. 1992, 37, 2645) stato affermato che il rinvenimento nei locali della azienda di matrici di conto corrent bancario contenenti annotazioni circa le ragiorui di emissione deg.li assegni stessi costituisce indi:~;io grave, preciso e concordante ai fini. di un accertamento induttivo sia dell'imponibile ai fini IVA, sia dei redditii ai fini de1le imposte dirette; E nella sentenza n. 6206 del 1¡ giugno 1991 (in Corr. Trib. 1991, 27, 2019) si gitlilti ad analoga conclusione in riferimento agli estratti di conto corrente bancario. Irl ricorso deve perci˜ essere respinto. (omissis) II (omissis) Il primo motivo si articola in cinque diversi prof.ili. Di questi profm. due sono inammissibili: in particolare la deduzione secondo cui il reddito da banco di pegni. avrebbe dovuto essei;e classifi cli percentuaU di ricarico (sent. 15 novembre 1991 n. 12220, in questa Rassegna, 1991, I, 601). Ambedue le sentenze mettono in luce che gli strumenti utilizzati (contabilitˆ in nero e dati di esperienza) danno concretezza a presunzioni su cui si fonda un accertamento induttivo; tale accertamento extracontabile e con metodo sintetico, se pure deve tenere conto dei costi di produzione, sempre determinati sinteticamente, per stabilire un reddito netto, non pu˜ considerare i costi specifici, anche se documentati. Su questo ultimo punto v. Cass. 13 marzo 1992, n. 3083, in questa Rassegna, 1992, I, 140. IO RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 278 cato -in categoria C/1 anzichŽ B sollevata per la prima volta in secondo grado, mentre del tutto nuova la questione velativa alla classificazione dei redditi della azienda agricola. La Commissione Tributaria Centrale ha poi correttamente motivat˜ sia in ordine alle circostanze che giustificano l'accertamento induttivo, e che si concretano neHa grave insuffidenza dei documenti forniti dal contribuente, .sia in ordine agli elementi utilizzati in sede di determinazione del reddito presun1Jivo. In particolaráe evidente la legittimitˆ del ricorso, per determinare il reddito di una azienda, a criteri elaborati in relazione al settore di attivitˆ. Nella numerosissima giurisprudenza in proposito basterˆ ricordar le sentenze di questa sezione n. 1376 del 7 febbraio 1992 e n. 12220 del 15 novembre 1991. Per quanto attiene alla mancata deduzione delle spese, agevole osservare che quando l'Amministrazione procede ad accertamento induttivo deve tener conto dei costi d'Jmpresa (sentenza di questa Corte n. 3083 del 13 marzo 1992), ma non certo detrarre dalla somma indicata !induttivamente, tenendo conto dei costi propri del settore di attivitˆ, anche .le spese documentate. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 maggio 1993 n. 5861 -Pres. Favara Est. Nardino -P. M. Simeone (conf.) -Elefante c. Ministero delle FJnanze (avv. Stato Palizzi). Tributi in genere -Contenzioso tributario . Indebito oggettivo ¥ Nozione. Tributi erariali indiretti ¥ Imposta generale sull'entrata á Azione in sede ordinariaá Terminiá Abolizione del tributo . Eliminazione delle norme sulla tutela giurisdizionale ¥ Esclusione. (legge 19 giugno 1940 n. 762, art. 52; d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633, art. 90). L'indebito oggettivo che esclude l'applicabilitˆ delle regole dettate per i procedimenti tributari configurabile solo quando il potere impositivo non sia previsto in astratto nei confronti della generalitˆ dei cittadini. Ove l'Amministrazione assuma come realizzate le previsioni normative, la relativa contestazione deve sottostare alle regole e ai termini propri della controversia tributaria (1). Con l'entrata in vigore del d.P.R. n. 633/1972 che istituisce l'IVA, e contemporaneamente abolisce l'I.G.E., non sono state rimosse le norme sulla tutela giurisdizionale, e particolarmente l'art. 52 della legge 19 giugno 1940 n. 762, relative al tributo soppresso (2). (1-2) La prima massima segue giurisprudenza costante (Cass. 10 marzo 1982, n. 1544 in questa Rassegna, 1982, I, 816; 21 novembre 1983, n. 6915, ivi, 1984, I, PARTEá 1, SEZ. -'V, -GIURtSPRUDENZA TRIBUTARIA 279 {omissis) 1) Con il primo motivo H r.icorrente -denuncia Ç .vi˜lazionŽ e falsa applicazione dehl'art. 52 della legge 19 giugno 1940 n. 7.62, degli a:ttt 1421 2907 cod; civ~ dell'art 12 della legge 7 gennaio 1929' n. 4, dei prindpi generali in materia di decadenza, dd eapacitˆ di diritto e di ntillitˆ degli atti, in relazione all'art; 2 della legge 20 marzo 1865n. 2248, A.hl. E; omessa, insufficiente e contraddittoria rndtivˆii˜ne lri relaidone aihl'oggetto di specifica domanda di accertamento 'della inesistenza giuridica dell'atto amministrativo e alla sua conseguente ~nsanabiilitˆ impeditiva dell'inoppugnabilitˆ di esso {art. 360 n. 3 e n:; -5 c.p.c.) ;,, Egli sostiefie c:l?errol:learnentŽ la Cdrte del merito ha ritenuto l'azione da ltil pr6p6sta .Soggetta altennine di cti“ o di societˆ a partecipazione¥¥maggforitariil: pubblica{laáááSNAM per il gas; la¥SIP pei' i servizi telefonici), l risultati; in ¥termini¥ di efficienza ágestionale e di qualitˆ: del servizio reso, non paiono sempre soddisfacenti. --á áL'esistenza, áirf tiri. determinato settare, ctf á-.una ei'fettiVa concorrenza fra i diversi operjltori, spesso comporta . invece '.nit 1naggiore . efficienza che tale da co,iseritire, alfo stesse imprese . erogatriciáá ciel servizio, n col1seguimento di imJ! orta:nt“. eeonbmie ¥ di scala il veiificˆrsi.¥áde11e . condizioni . ˆffirichŽ il servizio sfa: #restato iii niMo a:Žie@ato, ᥠá_ á _... á -á-¥---_-_á á Il fatto che un servizio,_ s0prattutto se. qllalificato Ç p.bblko È, debba essere prestafoá.-in. modo¥.¥¥ effifonie, costituisce á_un. elemento. ormai. pacificamente rico: 11.osciuio.: E' tuttavia .cli fonda.ienta1e importapza e.ile qqesto elemento sia stato diilla_ Co:tte .!;ii. Qiusti;1;ia p(i$.t0 ¥.a,. ar$le cli \ltl suo recente .orientamento giuris: PPi~nziale;. ajloicb;~ .ha .~fe1'm.atojn mQdo del :tutto inequivoco che l'idoneitˆ del servizio fomito a soddisfare le esigenze del mercato>ostituisce il criterio principale, in base aLquale valutare se pe:r;mane giustificato il mantenimento di un monopolio; da Pˆl'te dello Stato o dell'eventua“e concessionario (vedasi, sul punto> .le ¥ recenti ÇHofri,Žt ,; -¥ (4); ¥ áe' /Porto¥ di .Genova È (5), rispettivamente in data 23 aprile 1991 ¥e 10 dieembr ¥ 1991. Nel moiriertt˜ ¥ m cui il¥ servizioᥠin questione non¥ in grado di soddisfare i bisogni dj!li U:tentie si rivela perci˜ madŽguato, vengono meno le ragioni del suo esrciii˜/a titOfo esclusivo, da parte della stessa autoritˆ pubblica prepostˆ. a fornirh áLa conseguenza di questo orientamento, dalla portata direi quasi Ç rivohtziqnarla " a tutti evil~nte: ¥ \lna so:tta di inversione dell'onere della prova, _circa á1a stessa ~1lstifica.Zfone l.el ¥monopolio. AllorchŽ il servizio in mollOPOlio. prestato in ll:lodo. inadeguato ed inefficiente, l'autoritˆ pubblica (o il concessionario) a. dover clim,ostrare che sussistono le ragioni giustificative del medesimo¥ La C0:tte di -Giustizia ha infatti rilevato che Çse vero che l'articolo 90 del Trattato presuppone l'esistenzaá di imprese titolari di certi diritti speciali . ed> esclusivi, non ne discende per ci˜ stesso che tutti i diritti operavano imprese pJ:ivat~ (fen'9vie ed elettricitˆ) cos“ come l'attri,buzione allo Stato della gestione di servizi (telecomunia.:iom) ed attivj.tˆ (esti:azione di peti::olio). Tuttavia lo Stato non ha impostq un proprio modello. oi:anizzativ<> e. gestionale; .áil sistema largamente predominante .infatti CJ.1:1ello degli .enti pu]?blici ges.ti íl1 regime c;U. diJ:ittto privato e le societˆ a capitale pubblio. Del resfo e$lstoiio anche setti:>ri_ne): qillili imprese appartenenti al settore pubblico c~sistoilo con itjlprese . pryvat~ .: Mentre con la direttiva ÇserviziÈ 92/50/CEE 'vengono assoggettate alle regole comunitarie le procedure di appalto di alcuni servizi specificamente indicati, con la recente direttiva 93/38/CEE .á (8) vengono ijsciplinate le regole di aggiudicazione relative a lavori, áforniture e ser-\rizi degli entiá pbblid e di quelli titolari di diritti svetj13.!i ed esclusivi (societ~ private concessionarie) nei settori di acqua, . telecom.,ni~oni, energia ,e 1:1;asporti, fino a PQco. tempo fa esclusi dall'ambito. di aPPlicazione .della. J;lormativa comunitaria in materia di appalti, ¥.. . In ~e~tr~bi i ~si, lo, ~tatO, Xel;lte pubblico o il,. privato concessionario (t.tti ~.¥¥¥~ualitˆ di.¥~IJ.tit~ aggiuqici.>P imp;rop1damente '' pi,.ibb!Jici È)cos“ come della Qix:ettiva 93/38/CEE. á Le _<;U,ri;it#ve ci~te, nelllndiviluwe .¥un. _.certo. _numerq ¥. di regole comuni, sono . finajizzate ad Jntroct.rre . :rite;ri ij trasparenza e . di non discriminazione J;leile .á procedu;re di appr0vvigionamento di entitˆ pubbl~che e private, al fine di assic;u.rare un'effettiva. ~corren~a fra te imprese partecipanti alla gara. Et opportuno sottolineare che .la. ,conc;essione .di servizi, con cui l'autoritˆ pubblic<):.attribu,isce un. Ç cliritto esclusivo o .spt:eiale È relativo all'esercizio di una cleterminata ¥attivitˆ. o, pi semplicemente,á designa colui che preposto ad erogare. un servizio, costituisce. una. fase prodromica che .si. colloca Ça monte,, rispetto .all'.!!,ttivitˆ. propriamente dL aggiudicazione dell'appalto, e che non rientra nell'ambito di applkazione delle direttive in. questione. Queste ultime entrano pertanto in gioco soltanto successivamente,. in una fase che si pu˜ definire Ça valle >>, coll'imporre regole. di comportamento all'ente aggiudicatore, sia >esso l:l-Utoritˆ. pubblica (dir. 92/50/CEE) o privato designato ad erogare un determinato servizio nei settori di acqua, energia, trasporti e telecomunica21ioni. (dir. 93/38/CEE). Ritengo ohe questi .elementi siano indispensabili per comprendere appieno la. complessa problematica ¥sottostante al quadro normativo comunitario, cos“ come si. recentemente delineato. á Giova infatti sottolineare come. la Commissione CEE, avvalendosi anche e soprattutto;degli. strumenti che le sorto forniti dall'art. 90 del Trattato, stia da qual.che tempo intensificando la propria ¥ azione nei confronti delle imprese pubbliche e private cui l'autoritˆ pubblica ha attribuito diritti speciali od esclusivi (cfr. le due recenti direttive della Commissione, in materia di telecomunicazioni, n. 88/301/CEE (9) e 90/388/CEE (10), quest'ultima proprio in ... (8) Diri:ttiva del Rorisi~o 93í38/CEE, del 14 giugn:o 1993, in G.u.c.e. L. 199 del 9/8/93 che modifica e ..sostituis.ce la di;i:ettiva del Consiglio 90/531/CEE del 17 settembre 1990, in G.u.c.e. L~. n. 297 del 29/1011990. . . ¥ . . . (9) Direttiva della Commissione 88/301/CEE del 16 ámaggio 1988, in G.u.c.e~ L. n. 131 del 27/5/1988. (10) Direttiva 90/388/CEE della Commissione del 28 giugnc;> 1990, in G.u.c.e. L. n. 192 del 24/7/1990. á á á RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO tema di servizi, Çconfermate È da due pronunce della Corte di Giustizia rispettivamente in data 19 marzo 1991 e 17 novembre 1992 (1). Con ci˜ avviandosi nella direzione di mettere addirittura in discussione gli stessi criteri di scelta del concessionario (titolare di Çdiritti esclusivi o specialiÈ) da parte dell'autoritˆ pubblica utilizzando il criterio dell'idoneitˆ del servizio prestato aá soddisfare le esigenze del consumatore. Tale obiettivo, pur utilizzando un diverso percorso giuridico, consentirebbe di compiere quel Ç salto di qualitˆÈ (incidendo sul momento Ç genetico È del rapporto concessorio) perseguito invano con il tentativo di includere la concessione di servizio pubblico nell'ambito delle direttive in materia _di appalti. 4. LA DIRETTIVA 92/50/CEE IN TEMA DI ÇSERVIZIÈ. Il mercato degli appalti di servizi rappresenta annualmente un valore stimato di circa 145 miliardi di Ecu (su un ammontare complessivo, in termini di appalti pubblici aggiudicati, di circa 595 miliardi, secondo dati del 1987). Attualmente le Ç commesse pubblicheÈ in materia di servizi sono per la quasi totalitˆ attribuite all'intern˜ delle frontiere nazionali. Secondo stime della Commissione CEE soltanto n á per cento dei contratti nel settore dei servizi sono il risultato di aggiudicazioni al di fuori dei confini nazionali. In effetti i bandi di gara J::\On sono quasi mai pubblicati ed i concorrenti stranieri hanno sempre avuto possibilitˆ assai scarse di aggiudicarsi appalti in questo settore. L'obiettivo della Commissione con questo intervento normativo era dunque in primo luogo di evitare Žhe la completa assenza di regole in materia di servizi creasse una Ç zona d'ombra È non sottoposta alla disciplina comunitaria sugli appalti. Si ritiene inoltre, a ragione, che la liberalizzazione del mercato dei servizi sia tale da comportare per tutto il settore notevoli economie di scala, benefici in termini di bilancio per le varie amministrazioni aggiudicatrici, oltre che miglioramenti intrinseci relativi alla stessa qualitˆ del servizio; offerto. Ci˜ per l'accresciuta mobilitˆ delle imprese offerenti tali servizi, in conseguenza dell'introduzione della concorrenza nel settore. La direttiva adotta un criterio residuale, nel senso che sono considerati contratti pubblici di Ç servizio È tutti quelli che non sono assimilabili nŽ a forniture nŽ a lavori e che quindi non rientrano nelle direttive giˆ in vigore (art. 1). Con riferimento al concetto di servizio, si tratta di prestazioni che si caratterizzano, rispetto ai lavori e alle forniture, per uno specifico valore aggiunto, inerentŽ alla prestazione stessa. Il Trattato CEE, all'art. 60, dopo aver rilevato che per servizi si intendono le prestazioni fornite Çnormalmente dietro retribuzione, in quanto non siano regolate dalle disposizioni relative alla libera circolazione delle merci, dei capitali e delle personeÈ, enumera, a titolo esemplificativo, le attivitˆ di carattere industriale, commerciale, artigianale e delle libere professioni. 5. LA NOZIONE DI APPALTO. Le prestazioni di servizi che rientrano nel campo d'applicazione della direttiva sono soltanto quelle oggetto di Çcontratti a titolo onerosoÈ (art. l, a). Sono escluse quelle che trovano il proprio fondamento in Ç leggi o regolamenti ovvero contratti di lavoro È (8¡ considerando della direttiva). (11) Cause C 202/88, pubblicata in Raccolta 1991, p. 1223 e cause riunite C 271/90, C 281/90 e C 289/90, in Raccolta 1992, p. 5833. PARTE li, QUESTIONI 37 Per contratti. a titolo oneroso, si intendono tutti i contratti per i quali il fornitore riceve una remunerazione come corrispettivo per l'esercizio di una determinata .attivitˆ, del cui risi;tato beneficia l'entitˆ aggiudicatrice. Non vi evidentemente contratto a titolo onero;;;o bi-caso di contributi di carattere unilaterale, dotazioni finanziarie o trasferimenti di bilancio che consentono al beneficiario c\i svolgere determinate funzioni nell'interesse pubblico. Non rientra n(:ll campo di applicazione della direttiva inoltre il caso in cui l'entitˆ aggiudicatrice acquisisce i servizi di cui necessita utilizzando proprio personale oppure i propri mezzi, all'interno della propria organizzazione. I servizi prestati all'inten1.o di un'entitˆ costituente un'unica organizzazione ( il caso ad esempio del rapporto fra una direzione generale ed un'altra all'interno dello stesso ministero), non rientrano nel campo di applicazione della direttiva, anche qualora . questo comporti degli spostamenti finanziari risultanti nel relativo bilancio. 6. LE AMMINISTRAZIONI AGGIUDICATRICI. Le amministraiioni aggiudicatrici (indicate all'art. 1 b) e giˆ definite nello ambito della direttiva 93/37/CEE,. in tema di lavori pubblici (12) sono: lo Stato, gli entl loca.li, gli organismi di dirittO pubblico e le associazioni costitôite da tali enti .od organismi di diritto pubblico. La direttiva, all'art. 3, 3¡ comma, prevede che gii Stati membri prendano. le misure necessarie affinchŽ le amministrazioni rispettino o facciano rispettare le disposizioni della direttiva qualora sovvenzionirio direttamente per pi del 50 per cento un appalto di servizi aggiudicato da un altro ente in relazione ad un appalto di lavori. Non sono considerate entitˆ aggiudicatrici invece gli organismi privati concessionari di . lavori pubblici. 7. SERVIZI PRIORITARI E RESIDUALI. La direttiva si caratterizza per il particolare approccio adottato, nel distiná g'uere tra servizi prioritari e servizi residuali. La definizione dei medesimi riprende quella di una nomenclatura internazionale, la Ç Centrai product classification È delle Nazioni Unite. Per i primi, elencati all'allegato I A, sono previste regole di procedura specifiche e puntuali, analoghe a quelle esistenti per gli appalti di lavori e forniture. Fra questi servizi ricordiamo quelli di manutenzione e riparazione, di trasporto terrestre (esclusi quelli per ferrovia, inclusi nella seconda categoria), di trasporto aereo di passeggeri e merci (esclusa la posta), di telecomunicazione (ad esclusione di telefonia vocale, telex, radiotelefonia, radioavviso senza trasmissione di parola e trasmissione via satellite), i. servizi finanziari (ad eccezione dei contratti per servizi relativi all'emissione, acquisto, vendita o trasferimento di. tj,toli o altri strumenti finanziari, nonchŽ quelli per i servizi forniti da banche centrali (13), quelli informatici (per quanto concerne il Ç softwa: re È, occorre distip.guere quello Ç standard~>, che considerato un prodotto, (12) Direttiva del Consiglio 93/37/CEE del 14 giugno 1993, in G.u.c.e. L. 199 del 9/8/93 che sostituisce la direttiva del Consiglio 71/305/CEE del 26 luglio 1971, in G.u.c.e. L. 185 del 16/8/1971. (13) Si tratta infatti, in questo caso, di servizi strettamente legati alla politica monetaria di uno Stato, rigidamente regolamentati e riservati ad un numero ristretto di istituti creditizi e finanziari (art. 1 a) vii e 13¡ considerando della direttiva 92/50/CEE:. 38 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO da quello elaborato Çsu ordinazioneÈ, che invece considerato un servizio), i servizi di ricerca e sviluppo (qui intendendosi i soli contratti dei cui risultati beneficiano unicamente le amministrazioni committenti), ed i servizi attinenti all'architettura, l'ingegneria e l'urbanistica. Sono altres“ inclusi in questo elenco (e quindi sottoposti a tutte le regole di procedura previste dalla direttiva) i servizi di consulenza gestionale ed affini . .Si tratta di tutte le attivitˆ che possono essere definite di consulenza aziendale in senso lato di cui fanno parte ad esempio marketing, pubbliche relazioni, gestione del personale. Sono invece esclusi i servizi di arbitrato e conciliazione (ci˜ si giustifica in considerazione del fatto che di regola si tratta di una scelta compiuta da due parti, nell'ambito di un rapporto contrattuale, basata principalmente sul1' Ç intuitus personae È e secondo :thodalitˆ che non possono essere disciplinate da regole relative alla procedura di aggiudicazione). Per tutti gli altri servizi, indicati all'allegato II A, sono invece dettate unicamente regole relative a trasparenza e pubblicitˆ, al fine di consentire alla Commissione di acquisire, attraverso la Ç sorveglianzaÈ dei medesimi, tutti gli elementi per valutare l'opportunitˆ di estendere successivamente anche a questi ultimi l'applicazione delle .disposizioni in vigore per gli altri. Ricordiamo, fra questi, i servizi alberghieri e di ristorazione ( il caso ad esempio delle mense scolastiche), trasporto per via d'acqua, i servizi legali e quelli diá collocamento e ricerca di personale (14). Per tali servizi viene preá vista l'aggiudicazione Çconformemente a quanto disposto agli articoli 14 e 16 della direttiva È. Ora, mentre l'articolo 14 si riferisce esclusivamente alle Çnorme comuniÈ in campo tecnico, l'articolo 16 prevede che le amministrazioni che hanno aggiudicato l'appalto di servizi o espletato un concorso di proget~. tazione debbano inviare alla Commissione CEE un avviso in merito ai risul'. tati della procedura di aggiudicazione, stabilendo altres“ che incombe alle amministrazioni stesse decidere se acconsentire o meno alla loro pubblicaá zione sulla Gazzetta Ufficiale delle Comunitˆ europee. Uno studio, effettuato dalla Commissione CEE, circa le caratteristiche e le modalitˆ di esercizio dei medesimi nell'ambito dei vari mercati nazioá nali, mise in evidenza la presenza di situazioni differenziate e diversi livelli di sviluppo per ciascuno dei servizi considerati, e tale risultato indusse a ritenere opportuna l'applicazione immediata delle disposizioni della direttiva soltanto per alcuni di essi, riservando per gli altri, come rilevato, una Ç copertura È successiva. E' opportuno altres“ rilevare che, allorchŽ un appalto ha per oggetto servizi inclusi in entrambi gli elenchi, occorre verificare quale sia l'importanza :f“inanziaria di ciascuno di essi, cos“ da applicare le norme relative al servizio di maggiore rilevanza. 8. I CONTRATTI ESCLUSI. Sono esclusi dal campo di applicazione della direttiva tutti gli appalti pubblici di forniture e di lavori ai sensi delle direttive 93/36/CEE (15) e 93/37/CEE. Nel caso in cui un appalto abbia ad oggetto al tempo stesso eleá (14) Con riferimento al monopolio del servizio di collocamento per lavoratori e quadri dirigenti in Germania, particolarmente interessante la sentenza della Corte di giustizia nel caso Ç Hofner È precitato (cfr. nota 4). (15) Direttiva del Consiglio 93/36/CEE del 14 giugno 1993, in G.u.c.e. L. 199 del 9/8/93 che sostituisce la direttiva del Consiglio 77/62/CEE del 21 dicembre 1976, in G.u.c.e. L. 13 del 15/1/1977. PARTE II, QUESTIONI menti riconducibili a forniture e servizi, l'importanza finanziaria dei medesimi che determina la prevalenza dell'uno o dell'altro e quindi l'applicazione della relativa disciplina. L'articolo 2 della direttiva ÇserviziÈ stabilisce infatti che un appalto Ç rientra nel campo d'applicazione della presente direttiva qualora il valore dei servizi in questione superi quello dei prodotti previsti dal contratto È. Occorre peraltro rilevare che la direttiva in tema di Ç lavori È si :applica anche a servizi, nel caso ad esempio dei contratti che hanno ad oggetto congiuntamente la progettazione e l'esecuzione dei lavori. Sono esclusi i contratti relativi all'acquisizione o locazione di beni immoá bili, all'acquisto o la produzione di programmi televisivi da parte delle emittenti, i servizi .di telefonia vocale, telex, radiotelefonia, radioavvisi e radiotelecomunicazioni via satellite. Sono altres“ esclusi, fra gli altri, come giˆ rilevato, i contratti relativi .a servizi d'arbitrato e conciliazione, cos“ come quelli di Çricerca e sviluppo >>, che si traducono in un mero finanziamento dell'attivitˆ stessa senza consentire all'amministrazione di utilizzare i risultati nell'esercizio della propria attivitˆ. é opportuno sottolineare come siano esclusi tutti i contratti relativi alle attivitˆ che si caratterizzano per Çl'esercizio dei pubblici poteriÈ. Non agevole individuare quali siano effettivamente tali attivitˆ. Sul punto, il 15¡ considerando della direttiva si limita a stabilire che la direttiva Çnon pregiudica l'applicazione degli articoli 55, 56 e 66 del Trattato "á Di particolare importanza inoltre il 18¡ considerando della direttiva 92/ 50/CEE, che rileva come, áladdove esista un'unica fonte di approvvigionamento, i relativi contratti possano evitare l'applicazione della medesima ¥ Nel caso poi di appalti pubblici di. servizi aggiudicati ad un ente che sia esso stesso un'amministrazione aggiudicatrice ai sensi della direttiva, in base ad un diritto esclusivo di cui beneficia, in virt di disposizioni . legislative o regolamentari pubblicate che siano compatibili con. il Trattato, questi non sono sottoposti alle norme della medesima. (art. 6). Si tratta dei casi. in cui determinati servizi possono essere forniti soltanto da un determinato ente pubblico, a ci˜ espressamente preposto (per lo pi.in condizioni di esclusivitˆ). Sono soggetti alle disposizioni della direttiva tutti gli appalti di servizi relativi al settore della difesa, ad eccezione di quelli riconducibili all'articolo 223 del Trattato (quelli cio connessi alla tutela degli interessi essenziali della sicurezza di ogni Stato). Analogamente poi a quanto previsto in materia di forniture e lavori, sono previste deroghe in relazione alla segretezza o alla sussistenza di norme procedurali relative alla disciplina di appalti aggiudicati in virt di un accordo internazionale, la presenza di truppe di stanze o alle norme specifiche di organizzazioni internazionali. Viene inoltre espressamente fatta salva l'applicazione, per gli appalti di servizi che rientrano nell'ambito dei cosidetti Çsettori esclusi È (acqua, trasporti, energia, telecomunicazioni) della direttiva 90/531/CEE (che stata, come rilevato, recentemente modificata e sostituita dalla direttiva 93/38/CEE e che ha appunto aggiunto alle disposizioni in materia di lavori e forniture quelle in tema di servizi). 9. LE CONCESSIONI. Le concessioni di servizio pubblico erano originariamente incluse nel raggio d'azione della direttiva, soprattutto iná considerazione della necessitˆ di disciplinare un elemento di notevole rilevanza, anche economica, e relativo ad una modalitˆ di gestione dei servizi tipica delle amministrazioni pubbliche di numerosi paesi europei. Si tratta infatti della delega, da parte appunto RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO dell'autoritˆ pubblica, ad un'entitˆ pubblica o privata, del compito di gestire un determinato servizio, alle condizioni e secondo le modalitˆ definite d.al concedente. Sono spesso oggetto di concessione per esempio le attivitˆ nel settore dei trasporti, distribuzione di elettricitˆ, acqua, gas, la gestione di aree adibite a parcheggi, gli impianti di risalita nelle stazioni sciistiche. Nessuna direttiva comunitaria ha mai incluso nel proprio campo di applicazione la concessione di servizio pubblico. La direttiva 93/37/CEE, relativa agli appalti pubblici di lavori, considera l'istituto della concessione, ma limitandone la portata alla sola concessione di lavori, assimilata all'appalto di lavori pubblici e che si caratterizza per il fatto che Ç la controprestazione di lavori consiste unicamente nel diritto di gestire l'opera oppure in questo diritto accompagnato da un prezzoÈ (art. 1, d). In tal caso dunque il concessionario si impegna a costruire l'opera, e come contropartita ottiene il diritto di gestirla, oppure tale diritto accompagnato da un prezzo. AllorchŽ dunque l'oggetto della concessione non comprende l'esecuzione di lavori (perchŽ ci˜ non necessario per lo svolgimento del servizio, oppure per il fatto che le opere eventualmente necessarie giˆ preesistono), non si tratta di concessione di lavori (compresa nell'ambito della direttiva Ç lavori È), ma di concessione di servizi . La direttiva 93/36/CEE, in tema di forniture, non ha considerato specificatamente l'ipotesi di concessione di servizi, limitandosi a prescrivere che, qualora l'autoritˆ pubblica Ç accorda ad un ente ... diritti speciali o esclusivi di esercitare un'attivitˆ di servizio pubblico, l'atto di concessione stabilisce che detto ente deve rispettare, per gli appalti pubblici di forniture conclusi con terzi nell'ambito di tale attivitˆ, il principio della non discriminazione in base alla nazionalitˆÈ (art. 2, par. 2). Analogamente la direttiva 93/38/CEE, che prescrive regole per le procedure di aggiudicazione delle entitˆ pubbliche e private (concessionarie, cio titolari di diritti speciali o esclusivi) operanti nei settori delle telecomunicazioni, trasporti, energia e telecomunicazioni, non prende affatto in considerazione la possibilitˆ di disciplinare Ç a monteÈ la scelta del concessionario (vedasi sul punto le considerazioni svolte in apertura). In un primo tempo, come accennato, la Commissione CEE aveva manifestato l'intenzione, racchiusa nella proposta originaria della direttiva 92/50/CEE, di disciplinare compiutamente l'istituto della concessione di servizi. Ci˜ sulla base della considerazione che non fosse opportuno lasciare Ç scopertaÈ un'area di. cos“ grande rilevanza economica, e che la concessione di servizio pubblico fosse assimilabile alla concessione di lavori pubblici. Era infatti stata prevista, da un lato, la pubblicitˆ a livello comunitario dell'intenzione da parte dell'amministrazione aggiudicatrice di attribuire una concessione, dall'altro regole procedurali per gli appalti che i concessionari avessero aggiudicato. Ragioni di carattere politico, oltre che difficoltˆ di ordine giuridico vanifi carono tuttavia questo tentativo, cosicchŽ dal testo della Ç posizione comune È adottata dal Consiglio il 18 dicembre 1991 vennero ritirati tutti i riferimenti alla concessione di servizio, che pertanto non disciplinata dalla direttiva 92/50/CEE. Le modalitˆ stesse con cui l'istituto della concessione disciplinato nei vari Stati membri resero impossibile un compromesso. Mentre infatti in alcuni Stati, come l'Italia e la Francia, la concessione di servizio strettamente legata ad un Ç intuitus personae È che implica e presuppone un rapporto fiduciario tra amministrazione e concessionario, al quale vengono trasferiti funzioni e prerogative pubbliche, rapporto che si trasfonde nello specifico atto conces sorio, in altri, come la Germania, ad esempio, l'esercizio della concessione rela tiva a determinati servizi, normalmente affidata ad amministrazioni pubbliche PARTE II, QUESTIONI centrali o locali, , direttamente disciplinata. da.n˜rme. di legge o strumenti di rango .legislativo. Una soluzione. normativa, da parte del legislatore comunitario, che ave5se dunque disciplinato, con l'obbligo di predisporre la. relativa gara d'appabo; soltanto ¥ la prima delle ásituazioni considerateá sarebbe stata¥ evidentemente discriminatoria e tale da riproporre insoluto., il problema di ¥assicurare un'effettiva ed equilibrata concorrenza a livello europeo. 10, LE SOGLIE DI APPLICAZIONE. J;.a direttiva si applica agli appalti di servizi il cui valore, al netto di IV A, sia superiore a 200.QOQ Ec., (analogamente quindi al1a direttiva in tema di forá niture 93/36/CEE). Vengono peraltro individuate soglie diverse, cos“ come diffe. renti criteri di valutazione delle medesime, a seconda delle specifiche caratteriá stiche del servizio in questione. Il calcolo dell'importo stimato dall'appalto effettuato dalle amministrazioni aggiudicatrici al I1etto dell'.IVA e sulla base della remunerazione complessiva dei prestatori dei setv“zi .á (art'. 7). (iiova rilevare che la direttiva prevede che, nel caso di appalti che presená fano un.carattere di regolaritˆ. o che sono destinati ad.essere rinnovati entro un deterfiiiflaio perfodo, il valore delliappalto pUñ stabilirsi O al valore reale <:Omá ptessivd di appalti analoghi relativi .alla stessa categoria di servizi conclusi nel cors-0 dei 12'mesi o dell'esercizio finanziario precedente, oppure al costo stimato complessivo p.er i dc:id“c1 mesi successivi . iilla prima prestazione del servizio. 11. LE PROCEDURE DI AGGIUDICAZIONE. Con.. riferimento alle. procedure di aggiudicazione, le entitˆ aggiudicatrici possono ricorrere a:lla procedura aperta, ristretta o negoziata. Quest'ultima pu˜ poi avere luogo. previa pubblicazione del bando di gara, oppure pu˜ anche non es$ere preceduta. dalla sua pubblicazione, In realtˆ da:lla direttiva risuita evidente che, seppur l'entitˆ aggiudicatrice possa indifferentemente ricorrere a:lla procedura aperta o ristretta, nel caso in cui intenda avvalersi di quella negoziata, vincolata al rispetto di alcune condizioni. Ci˜ in considerazione del giustificato disfavore del legislatore comunitario nei confronti di una procedura che spesso meno Ç garantistaÈ e trasparente rispetto a:lle altre. Riprendendo l'ililpostazione della direttiva Ç lavori È 93/37/CEE, come rilevatc: i, sono previsti due tipi d“ procedura negoziata: la prima, preceduta dalla pubblicazione di un bando di gara, ammessa ad esempio nel caso di offerte irregolari o caratterizzate dalla particolare natura dei servizi oggetto dell'appalto (allorchŽ risulta impossibile stabilire con precisione, ad esempio, nel caso di servizi intellettuali o¥ finanziari~ le caratteristiche del medesimo seguendo la procedura aperta o ristretta al fine di selezionare l'offerta migliore), la seconda, non preceduta dalla pubblicatione del bando di gl'!ra, consentita nel caso in cui, ad esempio, non vi siano state offerte in seguito a procedura aperta o ristretta, per motivi di carattere. tecnico o artistico, o in caso di estrema urgenza determinata da avvenimenti imprevedibili per l'amministrazione. 12. IL CONCORSO DI PROGETTAZIONE. Alcune specifiche disposizioni disciplinano il concor:.,, di progettazione (assimilabile all'appalto-concorso del sistema ita:Iiano, caratterizzato ádal fatto che il concorrente, in base ai dati tecnici forniti dall'amministrazione, redige il 42 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO progetto dell'opera ed indica le condizioni ed i prezzi in base ai quali disposto ad eseguirla), definito come quella particolare procedura volta a fornire all'amministrazione aggiudicatrice, soprattutto nei settori dell'urbanistica, architettura o dell'ingegneria civile un piano o un progetto selezionati da una commissione aggiudicatrice in base ad una gara con o senza assegnazione di premi (art. 1-g e art. 13). 42 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO progetto dell'opera ed indica le condizioni ed i prezzi in base ai quali disposto ad eseguirla), definito come quella particolare procedura volta a fornire all'amministrazione aggiudicatrice, soprattutto nei settori dell'urbanistica, architettura o dell'ingegneria civile un piano o un progetto selezionati da una commissione aggiudicatrice in base ad una gara con o senza assegnazione di premi (art. 1-g e art. 13). Si ritenuto opportuno prevedere specificamente questa ipotesi, al fine di consentire l'espletamento del concorso secondo le regole proprie del medesimo (e la conseguente aggiudicazione dell'appalto ad uno di vincitori), ma al tempo stesso di salvaguardare e garantire la possibilitˆ che tutti gli interessati a livello comunitario possano parteciparvi, che i criteri selettivi siano chiari e non discriminatori e. che, in ultima anal“si, per quanto riguarda il numero dei candidati, possa realizzarsi un'effettiva concorrenza. i 13. LE SPECIFICHE TECNICHE. Con riferimento alle specifiche tecniche, analogamente a quanto previsto in tema di lavori e forniture, queste debbono essere precisate nei documenti I generali o nei documenti contrattuali relativi ad ogni contratto e, fatte salve le norme .tecniche nazionali obbligatorie (compatibili con il diritto comunitario), debbono essere definite facendo riferimento a norme nazio.nali che recepiscono norme europee o ad omologazioni tecniche europee oppure a specifiche tecniche I comuni (art. 14, par. 2). fil ~; é prevista altres“ la possibilitˆ di derogare alle specifiche europee, nel caso :: in cui sia impossibile, dal punto di vista tecnico, stabilire in modo soddisfacente la conformitˆ di un prodotto a tali norme, sia necessario salvaguardare la specificitˆ del settore delle telecomunicazioni, l'applicazione di tali norme comporti l'utilizzo di prodotti incompatibili con le apparecchiature giˆ usate dall'ammiá nistrazione o costi sproporzionati, oppure nel caso in cui il progetto in questione abbia natura realmente innovativa, tale da rendere inadeguate le norme europee esistenti. 14. LA PUBBLICITA. In tema di pubblicitˆ, si stabilisce la necessitˆ dell'osservanza di regole in tema di pre-informazione e .di post-informazione. Le amministrazioni rendono nota l'intenzione di aggiudicare appalti (per ogni categoria di servizi ÇprioritariÈ, di cui all'allegato I-A) nel corso dei successivi 12 mesi, qualora il loro valore complessivo stimato risulti superiore a 750.000 Ecu, mediante un avviso indicativo (art. 15, par. 1). Evidentemente con la pubblicazione di un bando di gara che le medesime debbono manifestare la loro intenzione di aggiudicare successivamente l'appalto (sia esso mediante procedura aperta, ristretta o, in taluni casi, negoziata) (art. 15, par. 2). Compiuta l'aggiudicazione, un avviso circa i risultati della procedura deve essere inviato all'Ufficio delle pubblicazioni ufficiali della Comunitˆ europea (art. 16). Questa disposizione riguarda sia i servizi Çprioritari È, sia gli altri; tuttavia mentre per i primi i relativi avvisi sono automaticamente pubblicati, per i secondi spetta all'entitˆ aggiudicatrice decidere se acconsentire u meno alla loro pubblicazione (art. 16, par. 2 e 3). i'ARTE II, re specificare nel capitolato .d'oneri se tali varianti sono autorizzate e a quali condizioni minime esse devono rispondere (art. 24). Quella della variante una soluzione utilizzata sopratt-q.tto nel caso. in cui la prestazione oggetto dell'appalto si caratterizza perá il fatto di presentare elementi tipici della fornitura e del servizio (spesso difficilmente distinguibili): quindi opportuno consentire all'offerente di dimostrare in modo libero e creativo la propria capacitˆ di soddisfare il bisogno dell'ente aggiudicatore proponendo una soluzione adeguata, cos“ come all'amministrazione aggiudicatrice di scegliere senza troppi vincoli il miglior offerente. La direttiva prende altres“ in considerazione il concetto di Ç offerte anormalmente basseÈ (art. 37), riprendendo quanto giˆ previsto sul punto dalla direttiva lavori (art. 30, par. 4 della dir. 93/37 /CEE). ~ consentito all'ente aggiudicatore di respingerle, ma soltanto dopo aver fornito all'offerente la possibilitˆ di precisarne gli elementi. costitutivi e dopo averli verificati tenendo conto delle spiegazioni ricevute (17). Per ogni appalto aggiudicato l'amministrazione redige un verbale scritto relativo alle varie fasi della procedura (art, 12, par. 3). Deve altres“ comunicare, (17) Vedasi, sul concetto di Çofferte anormalmente basseÈ, la sentenza ÇFratelli 7oá stanzaÈ, in data 22 giugno 1989, causa 103/88, pubblicata in Raccolta 1989, p. 1839. PARTB :'lJ, QUl'!STIOlltl 41 entro ts giotni; aá. tutti i Žci:ti.cottenti esclus“ cheá.rte. facciailo::árichiesta. .scritta, il motivo del rigetto della loro candidatura, e, nel caso. di procedure aperte o ristretti;i, il nome del concorrente a cui stato aggiudicato l'appalto. áá:á UenUtˆ aggiudiŽatrice ~inoltre tenuta acomunieate.lm-Otivi::ádemeventuale dl')cisione: di r.in.rtdare all'aggiudicazione di:¥ááun palto..:.oggetto di una gara, . nel ¥caso:á di!.¥:dcorso.á¥ana:á p.J:'Oce:dtiia.á l'legoiiata sll:fiZ~: I~ Pt:t~l>UŽ~!on~n:.td l;'IAAd) lii gara .. (art.11, PIW¥ 3;:a);;:á.c<;>Ulutlica:re: il 'icif~flfodeli~ ~ette¨otll:i~el'1Je{\)lil$se .(art,á¥.37ke motiv1:1;reá la: decisione di der9gare aLrife~bx1ent0; lllle n~~ttecnkht:1 eu:i:<;>pe1;1 (art¥:: 14,:pai;¥. 4). Queste cUspQ$:b;ioni so“:I˜ eviclentemfi:nte finaUzzate; oltre che .ad introdurre ~p;'.~fte!ti:Y~:A'.l:lsPM~~ n~ll'ambito Q.elle p:rocedw:e.c:li, aggi:Udicazi<;>ne. aconsen ~ire: ml.i:i. (:9mJ.Dissj9rie .~~á cli s:V()lgere á'.á u,n, efficace : ruolo di controllo. sullo svolgfuienfo delle fueci.esfule. ¥... á: :á:á.ááááá:á:áááá: .¥. :ááá... . . á.á:ááá . ¥.áá . . : . . . . ....á. . : .... Qgni $tato : inoltre tenuto a comw1icare :alla . Commissione un Prospetto statj~#!::4}iii#v.'9 al nwnehi e 1:1.Lvafore Mgli aPP!tlti. ag!iii;1,t:licatL da, .ogm entitˆ.:. i\ggfildla,~ aj. ossibUe, ..¥n tii>o fa~Ž~ía.~olciii~!l~~~tstJJ:~1~ll:~~~~~~Jfo!t~l~~~fi~c{1~nd~Jie!9{~ n~U'MtiP.9l˜ S 9ef 'l'faHˆtq, chŽ i.fup9ne ;;).gli stessi . un dovere di assistenza e ()llil'lirˆ.ii9ij:~ 9tier<>sii. á. :ri~f ci˜l:lffonti. delle Jstit.zioni comunitarie, ::i:iell'adem, I}ifuerito lti~. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ....... . 17.. DISPOSIZIONI ULTERIORI . . < :Bill rif~rl~ent~ ~li~:á dimensione internazionale, era stata inizialmente. previ: sta,. :neU'ambitQ deUa . qriginaria .pi::opo5ta á:cli .. direttiva,..áuna . specifica .. disposiit9ri~: vq~ta !,\ Pie4j~p˜#~ .. meccailismo di difesa . delle imprese cqmunitari!! i.Ii. ci“lso. i:U ˆcciiiafo dfscclfui:i:J.azionf nei loro . confronti nel. corso Cli procedurecti app~fo aJ:eveQ:!::rJe fui.J?re.Siii .noii comunit~Ž¥.. ŽonsŽntiva degli iPterventi áfinalizzati ~Jiiiliti;ire' l'iic¨.S$o delle s~esse, af merC:::i.to c6mu.Jtario riel casa in cui appunto {9~$er9. vŽnut~Jiiieíl9. cc:;11i4iii<>rli 4i redprodtˆ (cio paritˆ . cli . trattamento per le imprese comunii~“e c6ti fiferlrriem<> agliá a'P:Palti :. nei ¥paesi terzi). . á.á..á..á:'fale...~l>l'F()io tiJ.ttav“a ll.()n v~~e c91ldfviso dal C9risiglio in . secle <:li ado zione ~~.~ .Ç'l?gsi;ziqi'le c9iptaj~ È ~ella.¥¥ 4U::ettjy~'. .i˜ i. .¥ sŽg)lit9 .á.á atia .: stJ:e.n1la opp<>siZ“˜i'i.e de“.Paesf piu fuarcatamnte :áliberi~ti (R,egno 'Uriifo,.á Ger“n;:U:)ia,. Paesi :Bassi);:á Xqiiali ifostennero ropporti:mhˆ á di fui'apeHl:ira unilaterale . ed . iticondi~ zforfafa deffoercati coml,iriltan, affineáá di iiori a@itiiigel'.e :áuri. ultŽrfore elemento alwhte~fo$i:fi::hifgiˆ ppp˜iiev;i la Ci>mUititˆ euri;ipea i(Stati Uniti e Giappone ~~i~~˜t~~t\“ ~:scip~f~~~=ei?o.posizfope .coiliitnit~ria ti~il'~mbifo dei nego- Con riferimento . “nvece . all'aspetto pi propriame:tite .Ç contenzioso È e . pro cedtira.Iey la direttiva: $9/665/CBE; chŽ predispone Uit adeguata sistema : di ricorsi pef ie imprese tese nel corso di U“:Ia procedtirˆ. di aggiudicazione,. originaria mente prevista soltanto pŽr . ~ coprire ); gliappalti. di f˜riiiture á.e: favori, . Vierie estesa anche ai semzi(cos“ dispone infˆ:tti l'art; 4f :dellaá direttiva 92/50/CBB). á La '"direttiva '92/50/CEE eiif:rata iil vigote il 1" luglio 1993'. VieriŽ fodieato un terniine di tre anni a decorrere da: fate da:ta pertm riesame della sua appli cazione da patte della olnmiSsione CEE (in collaborazione con i relativi comi tati consultivi); al fine soprattutto di valutare l'opportunitˆ di una completa estensione dell'ambito di applicazione della direttiva anche ai servizi áconsiderati Ç residuali È; 46 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 18¥.I SERVIZI NEI ÇSETTORI ESCLUSIÈ (ACQUA, TELECOMUNICAZIONI, ENERGIA, TRASPORTI). La direttiva 92/50/CEE riguarda soltanto gli appalti di servizi aggiudicati dalle entitˆ pubbliche. Per quanto concerne invece i servizi aggiudicati dagli eriti pubblici e privati che operano nei settori dei trasporti, energia, acqua e telecomunicazioni, la Commissione CEE ha proposto di estendere anche a tale ambito le disposizioni giˆ prviste dalla direttiva 90/531/CEE per i lavori e le forniture. Un unico testo normativo, la direttiva 93/38/CEE, adottata lo scorso 14 giugno, disciplina infatti ora le procedure di aggiudicazione degli enti summenzionati per quanto concerne gli appalti di lavori, forniture e servizi. Tale direttiva, con riferimento ai servizi, riprende ampiamente l'impostazione della direttiva servizi Ç di baseÈ, discostandosene evidentemente laddove lo giustificava la specificitˆ dei settori riguardati. PressochŽ identica alla direttiva servizi ad esempio nella definizione del concettoá cfi appalto di servizio, . e nella delimitazione residuale rispetto ai lavori e alle forniture. Peraltro la precedente direttiva 90/531/CEE giˆ comá prendeva alcuni appalti di servizi, che venivano considerati alla stregua di appalti di forniture. Si tratta dei servizi inerenti al Ç software È acquistati dagli enti ch, operano nel settore delle telecomunicazioni ed i servizi che hanno per oggetto la messa a disposizione di attrezzature ad uso dell'ente aggiudicaá tore (contratti di leasing, locazione o vendita a riscatto). Le soglie sono fissate a 400.000 Ecu per gli appalti di servizi (e forniture) agg>iudicati dagli enti che operano nei settdri di energia, acqua, trasporti, a 600.000 nel caso di enti che svolgono la loro attivitˆ nel settore delle telecomunicazioni. Analogamente a quanto previsto dalla direttiva 92/50/CEE, viene operata una distinzione fra servizi prioritari, ai quali si applica pienamente il regime della direttiva, e tutti gli altri, che sono sottoposti semplicemente, come si visto, a condizioni minimali, oltre che ad una leggera sorveglianza della Commissione CEE., Anche nella direttiva 93/38/CEE si trova disciplinato il concorso di progettazione (procedura che consente all'ente aggiudicatore di acquisire un piano o un progetto selezionato da una commissione aggiudicatrice in base ad una gara): disposizione che ha l'evidente obiettivo di mettere in concorrenza delle Ç idee È piuttosto che delle offerte classiche. Due aspetti della proposta mi sembrano degni di una particolare attenzione: il primo dei quali quello relativo alle relazioni con i paesi terzi. L'obiettivo di una completa liberalizzazione del mercato dei settori in questione (acqua, trasporti, telecomunicazioni, energia) non poteva (considerata la importanza strategica dei medesimi) sottrarsi a qualche temperamento ( opportuno rammentare che la direttiva 90/531/CEE, precedente alla 93/38/CEE, e relativa agli appalti di forniture ed i lavori, entrata in vigore il 1¡ gennaio scorso). La direttiva 90/531/CEE contemplava infatti ~a specifica disposizione (l'ará ticolo 29, .diventato l'art. 36 della ÇnuovaÈ direttiva 93/38/CEE) che stabilisce regole sull'origine dei prodotti oggetto di gare d'appalto. Nel caso in cui la Comunitˆ europea non abbia raggiunto un accordo volto ad assicurare paritˆ di accesso per le imprese comunitarie agli appalti dei paesi terzi, le entitˆ aggiudicatrici comunitarie hanno la possibilitˆ di escludere le offerte di paesi terzi qualora meno del 50 per cento dei beni sia di origine comunitaria. In praá tica, qualora due offerte siano equivalenti (con un margine del 3 per cento), l'ente appaltante dovrˆ scegliere quella comunitaria, a meno che questa non comporti una qualitˆ tecnica ed operativa inferiore. Una siffatta disposizione 47 PARTE II, QUESTIONI pertanto volta ¥ad assicurareá che la Comunitˆ¥ europea non apra unilatera!á mente. i propri mercati in settori cos“ delicati e strategici. Contrariamente. agli appalti di forniture, in tema .di servizi risultavano di difficile fdrniulazione regole corrispondenti ili materia di origine, cosicchŽ la Comunitˆ .europea, nella direttiva in questione adotta un diverso approccio, cheá risulta .pi ¥conforme . ad una. linea pi marcatamente liberista, e che si caratterizza per il fatto diádelineare una sorta di intervento Ç ex postÈ. AllorchŽ . .infatti si constata che sono frapposti ostacoliall'accesso delle imprese comunitarie agli appalti di servizi nei paesi terzi, la Commissione si impegna ad iniziare immediati negoziati e pu˜ addirittura giungere, sotto il controllo del Consiglio, a sospendereá o subordinare a determinati limiti l'aggiudicazione degli appalti di servizi alle imprese dei paesi terzi (art. 37 della dir. 93/38/CEE). Un analogo dispositivo; originariamente incluso anche nell'ambito della direttiva 92/50/CEE, relativa agli appalti di servizi aggiudicati dalle entitˆ pubbliche, come. precedentemente rilevato, era stato in seguito abbandonato soprattutto per ragioni di carattere politico). Un altro elemento della direttiva, che mi pare estremamente interessante, quello relativo alle Ç transazioni intra-gruppo È. Il punto di partenza era costituito dalla considerazione che spesso la prestazione di determinati servizi (ricerca e sviluppo, informatici, contabilitˆ) viene affidata ad ,una societˆ,. appartenente allo stesso gruppo industriale, spesso' appositamente creata per rispondere a determinate esigenze, quali. quelle di concentrare il Ç Know how È che altre societˆ del gruppo hanno sviluppato. :g evidente che in questo caso l'obbligo di sottoporre alla procedura di aggiudicazione la fornitura di un tale servizio avrebbe comportato effetti estremamente negativi, tali da condizionare la stessa organizzazione, oltre che la strategia complessiva dell'impresa. Da tali considerazioni emersa la necessitˆ di definire l'entitˆ aggiudicatrice (che, opportuno ricordarlo, nei settori in questione per lo pi un ente privato, seppur titolare di diritti speciali o esclusivi), facendo riferimento alle sue funzioni economiche, prescindendo dalle sue connotazioni giuridiche (vedasi sul punto la sentenza Ç Hydrotherm È, in data 12 luglio 1984) (18). Pertanto i contratti relativi a forniture di servizi stipulati fra entitˆ giuridiche appartenenti alla stessa unitˆ economica non sono inclusi nel raggio d'azione delle regole relative agli appalti. La direttiva prevede che le sue norme non si applichino agli appalti di servizi assegnati da un ente aggiudicatore ad un'impresa collegata. Viene inoltre sancita l'esclusione dalle regole della direttiva per gli appalti di servizi aggiudicati da un'impresa comune, costituita da pi enti aggiudicatori (per l'esercizio di un'attivitˆ costituente l'oggetto della direttiva) ad uno degli stessi enti o ad una societˆ collegata ad uno dei medesimi, qualora almeno 1'80 per cento del suo volume d'affari medio realizzato nella Comunitˆ negli ultimi tre anni in materia di servizi derivi dalle commesse del medesimo ente aggiudicatore (cfr. l'art. 13 ed il 32¡ Considerando della direttiva 93/38/CEE). Tale esclusione tuttavia limitata agli appalti di servizi aggiudicati dalle societˆ collegate il cui obiettivo principale appunto quello di fornire i loro servizi al gruppo (e non porli in vendita sul mercato) e che elaborano conti consolidati con quelli dell'ente aggiudicatore (in conformitˆ di quanto previsto dalla sesta direttiva sul diritto delle societˆ) (19). La Commissione CEE esercita un (18) Causa 170/83, pubblicata in Raccolta 1984, p. 2999. (19) Per ¥ impresa collegata È si intende qualsiasi impresa i. cui conti annuali siano consolidati con quelli dell'ente aggiudicatore a norma della direttiva del Consiglio 83/349/CEE (G.u.c.e. L. n. 193 del 18/7/1983), ovvero, nel caso di enti non soggetti a tale direttiva, 48 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO controllo, secc;>ndo modalitˆ da essa stabilite, circa la sussistenza delle condizioni a cui subordinata questa esclusione. Come rilevato, si tratta di una disposizione finalizzata ad evitare la messa in concorrenza di attivitˆ, quali la fornitura di servizi comuni (ad esempio in materia di contabilitˆ, personale e gestione), o relativi al Ç know how È del gruppo, che spesso si trovano concentrate in una sola consociata per ragioni di carattere fiscale, limitazione della responsabilitˆ o pi semplicemente efficienza gestionale. Il riconoscimento di questa rilevante realtˆ economica, la necessitˆ di non comprometterne il regolare svolgimento, ma soprattutto l'opportunitˆ di non discriminare l'assetto societario caratterizzato dalla gestione delle attivitˆ per mezzo di societˆ collegate alla Ç capogn1ppo È rispetto a quello basato su divisioni operative di una medesima entitˆ costituiscono le ragioni giustificative di questa disposizione (assai discussa peraltro in sede di elaborazione). MAURIZIO MENSI (*) (*) ~áautore, membro del Servizio Giuridico della Commissione CEE, si esprime a titolo personale. l'impresa sulla quale l'ente aggiudicatore eserciti direttamente un'influenza dominante. nonchŽ quella che eserciti un'influenza dominante sull'ente aggiudicatore ovvero, insieme a quest'ultimo, sia soggetta all'influenza dominante di un'altra impresa in forza di proprietˆ, partecipazione finanziaria o norme interne. L'ITALIA E. IL MEDITERRANEO: RISARCIMENTO áDEI DANNI ALL'AMBIENTE MARINO PER INQUINAMENTO DA IDROCARBURI (*) . .á . . . ¥¥¥ Il tema della httel~. dell;~biente . molto vasto, ~volgendo molteplici proá blematl.che .. cii.á ordine tecpJc0 gbiridico: l'oggetto del nostro incontro rigt,tar~ d~il. l'foqufoa:o;iento da icb:0c;~b.~ ca:usatp . d;:l incidenti niwali, argomento piutá t()sto specifico, ma cU !WaIJ.d\il ll:i,tere$Se. Pi. in particolare Ci sof~ermeremo sulle linee storiche c;l~!Ja. politica itajian.a .in . nuiteria . in sede intemaifonal~¥. (e. pJ:ima ancora ne~la Jegislazio~ interna)¥ Non. ci. occuperemo,.á. peraltro, . della.á Politica df i#eveniione .. deg“i evenU. .¥ potenzialmente pericol due . Pl;iesL . á á. .á á á. . .á Essa organizza c:onvegni e dibattiti di carattere economico, sociale e politico, viaggi cli studio nei due Paesi, concerti, mostre, premi e borse di studio. á Pubblica inoltre una Collana molto seguita, ¥I Quaderni dell'Assciciazione áCarlo Cattaneo È neila qualŽ vengono riportati i testi delle pi importanti conferenze e tavole rotoride organizzate ádall'Associazione. JO RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO antica tradizione giuridica risponde a logica difficilmente contestabile, purtroppo non trova diffusi consensi a livello internazionale: vediamo come e perchŽ. Ebbene, vi siete mai chiesti che cosa succede quando affonda una petroliera? Non ci si vuol riferire, naturalmente, alle conseguenze per cos“ dire Ç fi. siche È del disastro, a tutti pi o meno note per esser state mostrate dai massmedia in occasione dei grandi disastri navali, alcuni anche recenti (la perdita di vite umane, la perdita della nave, lo sversamento in mare del suo carico e la conseguente compromissione dell'ambiente marino e cos“ via): ci si intende riferire, invece, alla responsabilitˆ per i danni, talvolta di dimensioni catastrofiche. Insomma, chi paga? Quali sono le regole che disciplinano questa materia e pi in particolare, chi tenuto e soprattutto quali danni deve risarcire? Quando affonda una nave, secondo i principi di diritto della navigazione comuni a tutti gli ordinamenti giuridici, l'armatore, oltre a subire la perdita della nave, risponde del carico e delle conseguenze dannose dell'evento. Potete, dunque, facilmente immaginare quale sia il rischio economico cui si va incontro con l'esercizio di una nave. Il rischio pu˜ essere ovviato, vero, con una adeguata copertura assicurativa, ma una adeguata copertura assicurativa costa e costa tanto pi quanto i rischi sono maggiori. E' intuitivo, quindi, che una adeguata copertura assicurativa di una nave cisterna, del suo carico e della responsabilitˆ civile verso terzi, verrebbe a gravare in modo molto sensibile sui noli e quindi, in definitiva, sul prodotto trasportato. Questo dunque il dilemma: da una parte il trasporto di idrocarburi via mare inevitabile, ma molto rischioso; dall'altra l'elevato costo di una adeguata copertura assicurativa si tradurrebbe in un aggravio sensibile del costo del prodotto, per cui spesso viene trascurata, in special modo in relazione alla responsabilitˆ civile. In veritˆ, in moltissimi ordinamenti giuridici, in specie quelli di antica tradizione, un rimedio stato trovato da tempo ma non riguarda, si badi, il solo trasporto via mare di idrocarburi. PoichŽ interesse della comunitˆ nazionale (ed internazionale) che vengano esercitati i traffici marittimi e che quindi vi sia chi sia disposto a investire i propri capitali con tale indispensabile ma rischiosa attivitˆ imprenditrice, si previsto che l'armatore risponda soltanto entro certi limiti. Per fare un esempio, nel nostro diritto l'armatore risponde nei limiti del 20-40 per cento del valore della nave e dei proventi del viaggio, in particolare del nolo (artt. 275-276 cod. nav.). Il che comporta una riduzione dei rischi (e quindi del costo delle assicurazioni), attraverso una loro ripartizione fra l'armatore e chi fruisce del trasporto marittimo o comunque ha interessi legati ad esso, il che potrebbe anche rispondere a logica. Purtroppo, per˜, comporta anche che terzi del tutto estranei al trasporto marittimo, che abbiano subito danni per il naufragio, non abbiano alcuna possibilitˆ di ottenere un adeguato risarcimento. Per fare un esempio, nel naufragio della motonave Alessandro I -febbraio 1991 -, avvenuta nelle acque dell'Adriatico meridionale, 16 miglia al largo di Molfetta, il Tribunale di Roma ha fissato un limite di responsabilitˆ di circa 2.800.000.000 di lire. La nave trasportava alcune tonnellate di prodotti chimici altamente tossici e velenosi contenuti in bidoni. La pericolositˆ per l'ambiente marino del carico perduto in mare consigli˜ le autoritˆ marittime di procedere al suo recupero: l'operazione cost˜ circa sei miliardi, che dovevano essere posti a carico del responsabile, cio dell'armatore. Ma abbiamo visto che il limite di responsabilitˆ dell'armatore stato fissato in 2.800.000.000 di lire e poi c' il concorso di tutti gli altri creditori, in relazione alle obbligazioni relative al viaggio in cui avvenne il naufragio, che devono soddisfarsi su quel massimale... Potete capire, alla fine, a che cosa si ridurrˆ il risarcimento che spetterˆ a tutti costoro, ivi PARTE II, QUBSTIONI J1 compreso lo Stato, che era terzo del tutto estraneo al trasporto marittimo finito cos“ tragicamente. Stranamente, per˜, il problema non si posto in tutta la sua gravitˆ fino al .1967,. quando si verific˜ il nal,lfragio della Torrey Canion in Cornovaglia. La nave cisterna si incagli˜ . sui . bassi fondali rocciosi che orlano la penisola e le isole antistanti, si spezz˜ e cominci˜ a riversare in mare il suo carico: stava trasportando qualcosa come 118.000 tonnellate di greggio. Il pericolo incombente era. talmente .grave, .che la. Gran Bretagna intervenne coná bombe. al napalm per im::endiare il ¥carico e cercare cos“ di contenere le conseguenze del disastro. Cionondimeno, la marea nera che ne defluiva, trasportata dal vento e dalle correnti, si diresse verso la costa provocando gravissimi danni economici ed ecologici. In quellaá occasione . si appresero . due importanti insegnamenti: -primo, che se Io s~ato rivierasco non avesse potuto interveriire in modo tantoá drastico, le consegtienze dell'evento sarebbero state ancora peggiori; se, infatti, l'eventoá ati'v“ei:Ie fl'.lori delle acque territoriali e la nave coinvolta nel disastro batte bandiera che non si identifica con quella degli stati rivieraschi, q,,tiesti, ili via di strettod“ril:to non potrebbero interveriire sulla nave per limifare ¥ le ŽonsegtieilZe datiliose dll'evento, perchŽ il relitto a tutti gli effetti territorio estero; . . .-.secondo, che le consuete limitaziorii di responsabilitˆ a favore dell'armatore avrebbero avuto come conseguen,za la non indenriizzabilitˆ della maggior parte dei daniii. á á á á La comunitˆ .iJ:itert:iazionale cominci˜, allora, a studiare la possibilitˆ di adottare regole che consentissero da un lato l'intervento in alto mare degli stati rivieraschi nel. caso di sversamento, al fine di scongiurare o limitare il pericolo di inquinamerifo e ádall'altro che disciplinassero la responsabilitˆ civile per i danni per inql.iinaniento da idrocarburi, assicurando in ogni caso alle vittime un equo epronto indennizzo. Le due convenzioni che recepirono questi principi furono' approvate a. Bruxelles il 29 novembre 1969. Ai fini dell'argomento sul quale d stiamo trattenendo, quella chŽ ci interessa pi da vicino la seconda e cio la Civ“l Liabllity Convention -CLC. La CLC pose i principi fondamentali in materia di risarcimento danrii per sversamento in mare di idrocarburi a seguito di incidente navale. Brevemente: responsabile dei danrii da inquinamento il proprietario della nave (e non l'ar matore e questo perchŽ principio comune a molti ordinamenti giuridici che il proprietario si presume armatore .-... per il nostro diritto á cfr. art. 272 cod. nav.); il proprietario ha il diritto di limitare la propria responsabilitˆ in rela zione ad ogni incidente per un ammontare di 2.000 franchi oro per ogni tonnel lata di stazza della nave, ma nel complesso il totale non pu˜ superare i 210 milioni di fyanchi oro (il franco oro una moneta convenzionale .il cui valore dato da una certa quantitˆ di oro fino al valore Ç ufficiale È: come noto, il valore Ufficiale dell'oro non esiste pi da tempo, il che ha dato luogo a seri contrasti interpretativi della norma, sui quali, peraltro, non ci soffermeremo, esUlando dal tema del nostro incontro). Per valersi della limitazione di respon sabilitˆ, il proprietario ádella nave deve costituire Uri fondo presso l'autoritˆ giudiziaria per la somma che rappresenta il limite della sua responsabilitˆ o in numerario o mediante idonea garanzia. Al riguardo, si noti, il proprietario della nave che trasporti pi di á2000 tonnellate di idrocarburi, deve necessariamente essere á muriito ¥di garanzia che copta la propria responsabilitˆ per i danni da inquinamento, conformemente alle disposiziorii della convenzione. Ben presto, per˜, quando ancora la CLC non era entrata in vigore, ci si rese conto che il massimale di copertura assicurato dalla convenzione non era - f2 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO assolutamente sufficiente a coprire in modo adeguato i danni per un eventuale disastro di una certa gravitˆ, nonostante fosse stato imposto al proprietario della nave un onere finanziario aggiuntivo (il costo dell'assicurazione, cui prima si cennava). E si consider˜ poi che non fosse giusto che tale costo aggiuntivo fosse sopportato solamente dai proprietari delle navi, ma avrebbe dovuto essere sopportato in parte anche da coloro che hanno interessi finanziari nel trasporto via mare di idrocarburi. Il 18 dicembre 1971 fu adottata a Bruxelles, quindi, una nuova convenzione -convenzione nota come Fund Convention (FC) -con la quale fu istituito l'International Oil Pollution Compensation Fund -IOPC Fund -e cio un organismo internazionale presso l'International Maritime Organization -filiazione dell'ONU -, con lo scopo di assicurare un equo compenso alle vittime anche oltre il massimale di esposizione del proprietario della nave fissato secondo le regole della FC. Anche il Fondo, peraltro, ha un massimale di esposizione oltre il quale il risarcimento dei danni non trova pi copertura. C' da dire, per˜, che questo massimale, anche se insufficiente per i grandi disastri navali, almeno secondo l'interpretazione restrittiva del Fondo medesimo, assicura una copertura dei danni significativa. Per avere una idea, secondo lo IOPC Fund il massimale, in lire italiane, attualmente di poco pi di 100 miliardi; secondo un'altra interpretazione, condivisa dal Tribunale di Genova, che si sta occupando del caso Haven di cui poi parleremo, il massimale si aggirerebbe intorno ai 740 miliardi di lire (questo rilevante contrasto di opinioni si connette al problema sopra cennato dell'interpretazione della CLC -e della FC -laddove si fa riferimento al valore ufficiale dell'oro). Come potete vedere c' una grossa differenza e non solo di vedute. Tornando al funzionamento dello IOPC Fund, il suo finanziamento assicurato dai contributi annuali degli stati aderenti, contributi determinati in proporzione ai quantitativi di idrocarburi ricevuti nell'anno solare per via marittima: in definitiva, l'onere finanziario viene a gravare sulle industrie di raffinazione e sugli operatori del settore. A titolo di curiositˆ, si pensi che l'Italia il il secondo maggior paese contributore del Fondo (nella misura del 18 % circa) dopo il Giappone (nella misura del 24 % circa), il che dˆ un'idea della importanza d ell'industria di raffinazione del nostro Paese anche a livello mondiale. Come si pu˜ vedere, dunque, il Fondo funziona proprio come una vera e propria mutua assicuratrice fra gli Stati aderenti. Le tre convenzioni di cui si diceva, quella sull'intervento in alto mare, la CLC e la FC entrarono in vigore in Italia nel 1977, essendo state ratificate e rese esecutive con legge 6 aprile 1977, n. 185. Giˆ nei primissimi anni di applicazione sorsero seri problemi applicativi ed interpretativi: stante il tema del nostro incontro, ci limiteremo ad esaminare uno dei temi pi controversi e cio quello della risarcibilitˆ del danno ambientale. Nel 1980 si verific˜á nelle acque del Baltico un incidente in cui fu coinvolta la motocisterna russa Antonio Gramsci: diverse tonnellate di idrocarburi finirono in mare. Il Governo russo chiese il risarcimento del danno ambientale calcolato teoricamente, facendo riferimento alle tonnellate di acqua contenute nel tratto di mare territoriale interessato dall'evento, alla quantitˆ di petrolio ivi sversato ed attribuendo un valore, non si sa bene come calcolato, ad ogni unitˆ di misura cos“ individuata. L'Assemblea del Fondo neg˜ il risarcimento, trattandosi di danno non economico, quantificato in via astratta in base a modelli teorici (risoluzione n. 3 dell'ottobre 1980). Fu poi precisato da apposito Gruppo di lavoro che il risarcimento per danno ambientale sarebbe stato assicurato solamente nel caso in cui il danno da inquinamento avesse causato perdite economiche. 54 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO in vigore nella sua originaria stesura, con la sua amplissima definizione di danno da inquinamento sopra vista. Accennavo dianzi alla politica italiana in materia di tutela dell'ambiente, marino in particolare. Nel nostro ordinamento, infatti, l'attenzione del legislatore al riguardo cominci˜ a prendere corpo in senso moderno quasi trenta anni fa: nella legge 14 luglio 1965, n. 963 sulla pesca marittima -anteriore cio alla CLC, del 1969 ed alla FC, del 1971 -varie disposizioni miravano a tutelare le Ç risorse biologiche delle acque marine È e ad esempio, si vietava il danneggiamento delle medesime, fra l'altro, mediante l'immissione di sostanze tossiche o comunque inquinanti: la violazione cli tali divieti costituiva un reato punito severamente. Ci˜ che pi rileva ai fini del nostro tema che giˆ da allora l'autore dell'illecito era tenuto al risarcimento dei danni per la compromissione arrecata all'ittiofauna ed era tenuto al ripristino della integritˆ ambientale: lo Stato era il titolare del diritto al risarcimento. Si badi: stiamo parlando di una epoca quasi preistorica in relazione alla sensibilizzazione delle coscienze verso la tutela dell'ambiente. Seguirono negli anni 70 la famosa legge Merli del 1976, n. 319, poi modificata pi volte, che; peraltro, si preoccupava soprattutto della tutela dall'inquinamento delle acque interne, ma anche delle acque marine. Ma la prima vera legge organica di tutela dell'ambiente marino nel suo complesso quella per la difesa del mare 31 dicembre 1982, n. 979. Se con la legge de1 1965, che mirava sostanzialmente alla tutela della fauna marina, si poteva ancora avere qualche dubbio sulla natura del diritto dello Stato nei confronti del mare; tanto che ancora veniva classificato, forse a mio sommesso avviso erroneamente, come Ç res communis omnium È, con la legge del 1982 non c' pi dubbio: il mare viene inteso dal legislatore come bene giuridico, suscettibile di degrado e quindi cli deprezzamento patrimoniale valutabile, nei confronti di qualunque fatto umano idoneo ad alterarne l'integritˆ, sia per quanto riguarda il fenomeno dell'inquinamento in senso stretto -inteso come alterazione della struttura biochimica delle acque -sia in relazione ai riflessi negativi dell'inquinamento sull'ambiente marino globalmente considerato (flora, fauna e amenitˆ dei luoghi). La legge n. 979, invero, qualifica come ipotesi di reato ogni sorta di scarico in mare di sostanze nocive per l'ambiente marino, prevede pene molto severe e l'obbligo del risarcimento a favore dello Stato e a carico dell'autore dell'illecito: risarcimento che, ove possibile, in via di principio deve essere in forma specifica, deve cio mirare a ripristinare l'integritˆ dell'ambiente. Si noti che l'obbligo del risarcimento previsto anche nell'ipotesi di responsabilitˆ obbiettiva, cio di responsabilitˆ senza colpa. g evidente che ormai il mare territoriale deve considerarsi parte dei beni pubblici dello Stato. L'ultimo intervento legislativo in materia di tutela di ambiente la legge 8 luglio 1986, n. 349, istitutiva del Ministero dell'ambiente, ma che ha dettato anche norme per la risarcibilitˆ del danno ambientale in genere, mentre la legge del 1982 riguardava solamente il danno all'ambiente marino. La legge del 1986 ha introdotto l'importante novitˆ che nell'ipotesi di liquidazione .equitativa del danno, il giudice pu˜ tenere conto della gravitˆ della colpa e del profitto conseguito dal trasgressore in conseguenza del suo comportamento lesivo dei beni ambientali: in altri termini viene prevista la possibilitˆ che nella condanna al risarcimento del danno vengano introdotti profili sanzionatori. Torniamo ora alle controverse vicende dell'interpretazione della CLC e della FC in ordine alla risarcibilitˆ del danno ambientale. Nel 1985 si verific˜ il primo evento di rilievo che abbia interessato le acque italiane. Il 21 marzo di quell'anno, poco prima dell'alba, entravano in collisione nello stretto di Messina la nave cisterna Castillo de Monte Aragon, di bandiera spagnola, proveniente da nord, vuota e in zavorra e la motocisterna Patmos, PARTE II1 QUESTIONI Jf d“ bandiera greca; proveniente da sud¥ con un carico di circa 80.000 tonnellate di greggio. L'urto provocava un incendio a bordo della Patmos, per cui l'unitˆ, abbandonata dall'equipaggio, si incagliava nei pressi cli Torre Faro. Per effetto della collisione e ..dell'incaglio si aprivano delle falle nell'opera. viva, .. dalle quali si sversavano.á in.á mare circa.. 4.000 tonnellate .¥di petrolio.ááIl Governo ltaliano, pertanto; in.considerazione. delle .. gravi conseguenze sull'ambiente marino .e in applicazione¥>della CLC e ádella FC; :coerentemente con¥ la propria politica a difesa del mare ed in applicazione della legislazione italianaá sopra cennata,. inoltrava ali<> JOPC Funcl u:na riclesta per risarcimento danni .per inquinamento. Il Fondo rtaturaln;Iente resisteva, .ribadendo la nota tesi che le. convenzioni non contemplavano ála. possibilitˆ di áun tal.á. risarcimento.. Il Tribunale di Messina, investito della controversia, respinse la domanda del Governo italiano, sostanzia! Itle11te n.eg~do h,e .secoI;1do li;i legislazi0.e ¥. vigente potesse riconoscersi un diritto patnmoniale rara amenitˆ e a forte vocaZi.one turistica. A ci˜ aggiungasi che l'area interessata si trova in un mare chiuso, quale il Mediterraneo: si tenga presente, infatti,¥ che nel Mediterraneo la completa dissoluzione di idrocarburi per cause naturali e quindi la scomparsa dell'inquinamento avviene in tln tempo quaranta volte superiore. a quello .occorrente in un oceano. Nel ágiugno 1991 il Governo italiano avanz˜ in ásede giudiziaria avanti il Tribunaleáádiá Genova, nel cors˜ dell'apposito procedimento di llliiita:Zione á.di responsabilitˆ; una richiesta di risarchriento per il danno ambientale connesso con á l'incidente HavŽn mentre per l'incidente Agip Abruzzo si riservato á di formulare analoga richiesta all'eS:ito delle indagini volte ad accertare se un danno significativo all'ambiente vi sia stato: ad oggi la riserva non stata sciolta. Naturalmente la richiesta italiana stata subito portata all'esame del Comitato esecutivo dello lOPCá Fund, vertendo sulla ben nota questioneá di principioá della risarcibilitˆ del danno ambientale ed essendo la richiesta molto cospicua. Si tenga presente al riguardo, che il Governo ¥italiano ha chiesto il rimborso di circa 160 miliardi áper spese di contenimento dello-sversamento del greggio e di prevenzione dall'inquinamento (come ad es.á la pulizia e I'inertizzazione del relitto ad evitare il rilascio del carico residuo rimasto a bordo), per spese di bonifica e ripristino del litorale, dei porti, delle scogliere, dei fondali e cos“ via; ha chiesto poi il risarcimento del danno ambientale indicato in via cautelativa in 100 miliardi:; ma potrebbero essere anche molti di pi all'esito delle indagini e del monitoraggio ancora in corso. Non fu possibile indicare immediatamente una cifra pi attendibile perchŽ l'entitˆ del danno ambientale. per inquinamento Ida idrocarburi si pu˜ accertare solamente in tempi molto lunghi. Per avere un'idea al riguardo, in relazione all'incidente Metula, avvenuto nello Stretto di Magellano nel 1974, una spedizione scientifica inglese ha constatato che dopo dodici anni nell'area interessata dall'evento si poteva ancora constatare l'esistenza di uno strato di asfalto. sul fondale marino, incrostato da residui oleosi, con probabile rilascio ancora per molti anni di componenti tossici: .questa sorta di pavimentaZi.one,. inoltre, costituiva un serio ostacolo alla vita subacquea nel fondale in cui si adagiava. In quel caso, ovviamente, nessun intervento umano vi era stato per contenere il danno da inquinamento o per il recupero dell'ambiente, mentre nel caso Haven stato fatto uno sforzo di grandissimo. impegno finanziario, con l'uso di uomini di grande preparazione ed esperienza e di mezzi ad altissima tecnologia, p.er cui giˆ nella seconda metˆ del 1991 era difficile riscontrare tracce apparenti del disastro avvenuto qualche mese prima: purtroppo per˜ rimane la devastazione dei fondali, in cui la sopravvivenza della ittiofauna e della flora stata messa a dura prova. Dunque, si diceva, la questione della risarcibilitˆ del danno ambientale, per la sua grande importanza economica e di principio, fu portata all'esame del Comitato esecutivo IOPC Fund. In quella sede, la DelegaZi.one italiana illustr˜ con un lungo approfondito intervento le ragioni di ordine storico áe giuridico per cui le convenzioni CLC e FC devono interpretarsi nel senso dell'ammissibilitˆ del risarcimento del danno ambientale: l'ampiezza della lettera dell'art. l, n. 6 della CLC, che sopra .abbiamo ricordato, non consente una interpretazione ridutttiva nel senso voluto dal Comitato esecutivo con la delibera n. 3 del 1980, adottata in occasione dell'evento in cui fu coinvolta la motociá PARm II, QUESTIONI sterna Antonio Gramsci e tanto meno nel senso tentato con il Protocollo di Londra 1984, non sottoscritto dall'Italia e comunque mai entrato in vigore, La tesi, pertanto, secondo cui sarebbe risarcibile solamente il danno da inquinamento quantificabile in base a parametri di mercato (il che significa in pratica ridurre a zero le possibilitˆ di ottenere un risarcimento per il danno ambientale propriamente inteso), ;non aveva alcun fondamento giuridico. Nonostante il forte intervento della Delegaiione italiana e l'interesse suscitato, la tesi sostenuta non ha avuto alcun seguito fra le Delegazioni degli Stati componenti il Comitato: nei contatti informali con le varie Delegazioni si avuta la netta sensaiione che la diffusa posizione negativa era dettata dal timore che l'accoglimento delle tesi italiane avrebbe potuto compromettere la stessa sopravvivenza del Fondo, stante l'elevata onerositˆ di qualsiasi intervento per il ripristino dell'ambiente marino ovvero del risarcimento dei danni ove il ripristino non fosse possibile. Apprezzamenti si sono avuti solamente dalla Delegazione statunitense, che partecipava ai lavori come osservatore, non avendo gli Stati Uniti aderito alla CLC ed alla FC, E si spiega perchŽ: per il disastro della Exon Valdez, avvenuto in Alaska nel 1989, gli Stati Uniti hanno speso qualche cosa come 3-4 miliardi di dollari per il ripristino dell'ambiente, ma con risultati parziali e comunque deludenti: le balene non sono pi tornate a frequentare quei mari ed il prodotto della pesca si ridotto di un terzo. Negli ambienti IMO e dello IOPC Fund, subito dopo l'evento Haven, consapevoli della Ç pericolositˆÈ della posizione del Governo italiano, visto vano il tentativo .di modificare le originarie convenzioni CLC ed FC con il Protocollo di Londra 1984, non entrato in vigore, si fece un nuovo tentativo in questo senso: il Legai Committee dell'IMO, fra la fine del 1991 ed il 1992, approfittando degli studi in corso per migliorare le anzidette convenzioni per aspetti, senz'altro importanti, ma che qui non interessano, mise allo studio la modifica della definizione di danno ambientale, in modo da circoscriverlo, anche letteralmente, ancora una volta, negli stessi termini in cui era stato previsto nel Protocollo del 1984. La Delegazione italiana, che aveva partecipato assiduamente alle riuá nioni di studio, invano ha tentato di far desistere il Legai Committee dal proáá porre questa riduttiva modifica all'Assemblea IMO. Fatto sta che a fine novembre 1992 ha avuto iuogo a Londra la conferenza finale per l'approvazione di un protocollo di modifica dlla CLC e FC in vari punti, ivi compresa, purtroppo, la previsione della irrisarcibilitˆ del danno ambientale (non detto espressamente, ma consegue implicitamente dalla definizione di danno da inquinamento risarcibile). Anche in questo caso, coerente alla politica ormai ultradecennale dell'Italia sul problema, la Delegazione italiana si finanche rifiutata di sottoá scrivere documenti ¥ finali conclusivi della Conferenza, preannunciando che l'Italia mai avrebbe ratificato il Protocollo. Pochi giorni dopo la conclusione della conferenza di Londra e cio il 3 dicembre 1992, sulle. coste spagnole dell'Atlantico, la nave cisterna Aegean Sea a causa delle pessime condizioni meteorologiche, si incagliava sulle scogliere antistanti La Corufia incendiandosi. La nave trasportava 80.000 tonnellate di greggio: 10.000 tonnellate circa furono recuperate, ma si ignora quante se ne siano sversate in mare, dato che non possibile calcolare quante siano bruciate nell'incendio durato diversi giorni prima dell'affondamento. Sono immaginabili comunque le conseguenze gravissime non sol˜ per l'economia locale, basata per la gran parte sulla pesca, ma anche per l'ambiente. Il 5 gennaio 1993, nei pressi delle isole Shetland, in Scozia, la nave cisterna Braer, investita da una tempesta di inusitata violenza e divenuta ingovernabile, veniva abbandonata dall'equipaggio. L'unitˆ, sospinta dal vento e dalle onde, nonostante ripetuti tentativi di prenderla a rimorchio, finiva per incagliarsi sulle coste dell'isola, dove dopo due o tre giorni, spezzata in due, affondava. La J8 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Braer trasportava 84.000 tonnellate di greggio: anche in questo caso difficile dire quante tonnellate siano finite in mare, quello che certo, che si sono avute conseguenze gravissime per l'industria dell'allevamento dei salmoni, ivi particolarmente fiorente, per la pesca, per l'ambiente e, cosa veramente singolare .... per la pastorizia e finanche per il patrimonio immobiliare! n fatto che la tempesta violentissima (si parla anzi di uragano), dur˜ fino al 24. gennaio con venti costanti intorno ai 100 km orari. Le onde del mare in burrasca, franá gendosi sul ;i;elitto e sulle scogliere, polverizzavano l'acqua e gli idrocarburi in essa emulsionati: n tutto veniva trasportato del vento sull'isola, dove un viscido velo .nero avvolse ogni cosa. Orbene, le isole Shetland sono famose, oltre che per i salmoni, .anche per la lana: ebbene, il vello delle greggi venne a tal punto imbrattato .eá reso inutilizzabile da questa maleodorante mistura, che si dovuto rinunciare alla produzione di lana in atto, Che stata distrutta; i pascoli, a loro volta, gravemente inquinati dallo stesso materiale, sono stati abbandonati, per cui si dovuto importare mangime dalla terraferma. Ma non tutto: gli immobili dislocati nelle vicinanze del luogo del disastro sono rimasti imbrattati dal viscido velo nero per cui dovranno essere ripuliti e tinteggiati. Nei casi Aegean Sea e áBraer, per˜, a differenza del caso Haven, la na tura si difesa da sŽ, dando una valida mano all'uomo nella difesa dell'am biente. L~ orride condizioni meteomarittime, che erano state la causa dei due disastri (a parte l'errore umano, che in tutti e due i casi innegabile), hanno favorito una rapida e consistente evaporazione degli idrocarburi, sicchŽ in breve tempo si avuta la gradevole sorpresa di un miglioramento apprezzii Ibile delle condizfoni dell'ambiente marino nel suo complesso, senza la necessitˆ di ulteriori, costosi interventi umani, a parte quelli dei giorni immediatamente successivi all'evento. Nel caso Haven, purtroppo, questo non avvenuto: le condizioni meteo-marine del Mediterraneo ed in particolare del mar I Ligure non sono mai tanto cattive ed infatti il mare si mantenne calmo per molti giorni dopo l'evento e questo se rese la vita pi facile a tutti coloro che dovettero operare sul relitto prima e dopo l'affondamento, non facilit˜ certo I l'evaporazione del carico sversato in mare. Nei primi giorni la marea nera fu contenuta con panne galleggianti e queste servirono anche a facilitare il recupero del petrolio, ma quando dopo una settimana sopravvenne una modesta I libecciata nostrana, le panne furono disperse, il petrolio fu trasportato dal vento e dal mare in terra, senza che un apprezzabile aiuto all'opera di bonifica dell'uomo sia stata data. Anzi. Ma riprendendo il filo del discorso, visti gli incidenti Aegean Sea e Braer, che si erano succeduti nel giro di pochi giorni, visto che negli stessi giorni di gennaio si era verificato un altro incidente molto grave nei pressi di Su matra, in estremo oriente, il Governo italiano ritenne che, anche se si era conclusa da pochi giorni la Conferenza di Londra -novembre 1992 -forse era il caso di fare un nuovo tentativo per riaprire il discorso sulla risarcibilitˆ del danno ambientale in sede IMO, perchŽ certamente l'argomento avrebbe avuto maggiore attenzione quanto meno da parte dei paesi interessati da questi eventi. Si predispose allora un documento, in cui si ribadivano le nostre tesi e, visto che uno dei maggiori ostacoli di principio al riconoscimento della risarcibilitˆ del danno ambientale era non solo l'aspetto economic;o, ma anche il problema della quantificazione del danno da inquinamento all'ambiel).te marino, si suggerivano taluni parametri di valutazione sui quali aprire un approfondito dibattito in vista di uua sperabile nuova modificazione delle ci:..c ed fc. PARTE II, QUESTIONI J9 In particolare si proponevano tre criteri di massima per la valutazione del danno ambientale e cio: 1) l'entitˆ dello sversamento, definita in termini di portata e durata del fenomeno; 2) la natura e le caratteristiche chimico fisiche del prodotto sversato, in relazione alle conseguenze immediate per l'essere umano in aree circostanti nonchŽ sulla flora e sulla fauna marine e per i potenziali effetti del prodotto sversato e non recuperato sulla vita acquatica; 3) la natura e le caratteristiche dell'area interessata all'evento in relazione alla sua fruizione, alle attivitˆ economiche ivi insistenti e al pregiudizio sofferto dall'habitat marino nel suo complesso. Il documento stato portato all'esame della sessione del Legai Com mittee dell'IMO del 15-19 marzo 1993. Nella discussione che ne seguita sono intervenute molte Delegazioni: tutte hanno espresso simpatia e il massime. apprezzamento per le nostre posizioni e per la nostra battaglia, ma il massimo risultato che si riusciti ad ottenere, in assemblea e nel corso dei numerosissimi contatti informali di corridoio, stato quello di essere invitati a sottoscrivere e ratificare il Protocollo di Londra del 1992 (che, come si visto, escludeva praticamente la risarcibilitˆ del danno ambientale), con l'impegno molto vago che si sarebbe riparlato subito dopo della nostra proposta. A dire il vero qualche risultato si ottenuto: qualche Delegazione, a seguito degli eventi Aegean Sea e Braer, vista la nostra posizione (non dimentichiamo che noi siamo il paese secondo contributore del Fondo), ha manifestato perplessitˆ in ordine alla opportunitˆ di una immediata ratifica del Protocollo: vogliono riflettere... Ecco: questa la storia fino ai nostri giorni degli sforzi italiani a tutela dell'ambiente marino. Siamo profondamente convinti che una efficace opera di protezione non pu˜ essere realizzata solo con la prevenzione, ma anche in via di reazione dell'ordinamento all'inevitabile evento inquinante. Anche perchŽ valga come implicita dissuasione a tenere pericolosi comportamenti non consoni alle regole di prevenzione. Come avete avuto modo di vedere una storia in cui la parola fine non stata ancora scritta: le speranze di una conclusione nel senso da noi auspicato non sono molte, ma qualche cosa si sta muovendo. GAETANO ZOTTA RASSEGNA DI LEGISLAZIONE .L"." NO~ DlcHIWTE INCOSTITUZIONALI Codice di procedura civile, art~ .442, nella parte in cui non prevede quando il giudice pronuncia sentenza di condanna al pagamento di somme di denaro per crediti relativi a prestazioni di assistenza sociale obbligatoria, i1 medesimo trattamento dei crediti.¥ relativi a. prestazioni di prev“denza sociale . in ordine agli interessi legali e al risarcimento del maggior danno sofferto dal titolare per la diminuzione di valore del suo credito. SeritŽriza 27 aprile 1993, n. 196, C?á tJ. 5 inaggfo 1993, n. 19. . ~dice di J?rocedu~~ penai~; arl:. 24, primo comma, nella parte in cui dispone che, a seguito dell'a.nnul1amento dell~ sente.za di primo grado per incomá petenza per materia,. gli . atti . siano trasmessi .al giudice ritenuto competente, anzichŽ al pubblico n:tiniSfero presso qt.iest'ultimo. á ~e11tenza 5 maggio 1993, n. 214, G. U. 12 maggio 1993, n. 20. Cod,ici:: Cll procedura . pi::nale, llJ,"t. 421, prhp.o comma~ I;1.ella parte in cui prevede, nei. caso di prñscioglimento dell;impiitato pf;r n0n> a;vere commesso il fatto, che il giudice condanni il querelante al pagamento delle. spese anticipate dallo Stato ancheá quando risôlti che l'attribuzione del relij.to all'imputato non sia ascrivibile aá colpa del querelante. á á á Sentenza 21 aprile 1:993, J:l, 180, G. V. 28 aprile. 1993, n . .18. Codice penale militare di pace, art. 29, nella parte in cui prevede che Ç per gli altri militari È lˆ rimozione consegue alla condanna alla reclusione militare per una durata diversa da quella stabilita Ç per gli uffidali e sottufficiali È. Sentenza 1 giugno 1993, xi. i.Si!, G. V. 9 giugno 1993, n. 24. legge 20 dicenibre 1932, n¥ 184!1; art. 2, secondo e terzo comnia [come sostiá tUito dall'art. 1 della legge 8 inarzo 1968; n; 180]. Sentenza 6 aprile 1993, n. 138, G. V. 14 aprile 1993, n. 16. r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 183, Ultimo comma, nella parte in cui prevede che la notificazione del dispositivo delle sentenze al contumace va fatta Ç mediante inserzione sulla Gazzetta Ufficiale È, anzichŽ secondo la disciplina stabilita per le notificazioni degli atti processuali dagli artt. 138 e seguenti del codice di procedura civile. Sentenza 7 maggio 1993, n. 223, G. V. 12 maggio 1993, n. 20. r.dJ. ..3 marzo 1938, n. 680, art. 69, primo comma [convertito in legge 9 gennaio 1939 n. 41], nella parte in cui non. prevede la facoltˆ di riscattare i periodi corrispondenti alla durata legale degli studi per il conseguimento del dipl<>'. 62 RASSEGNA AVVOCATURA D~LO STAT-0 ma cli ostetrica, rilasciato dalle scuole universitarie dirette a fini speciali, quando il titolo sia richiesto quale condizione necessaria per essere ammesso o per occupare un determinato posto nel corso della carriera. Sentenza 21 aprile 1993, n. 178, G. U. 28 aprile 1993, n. 18. r.d.l. 3 marzo 1938, n. 680 art. 69, primo comma, [convertito in legge 9 gennaio 1939, n. 41], nella parte inácui non prevede la facoltˆ di riscattare i periodi corrispondenti alla durata legale degli studi per il conseguimento del diploma di logopedia, rilasciato dalle scuole universitarie dirette a fini speciali, quando il titolo sia richiesto quale condizione necessaria per occupare un posto in carriera. Sentenza 3 maggio 1993, n. 209, G. U. 12 maggio 1993, n. 20. r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art; 209, secondo comma, nella parte in cui prevede che il termine di 15 giorni per proporre l'impt,tgnazione dei crediti ammessi decorre dalla data del deposito in Cancelleria, da parte del Commissario liquidatore, dell'elenco dei crediti medesimi, anzichŽ da quella di ricezione della lettera raccomandata con avviso di ricevimento, con la quale lo stesso Commissario deve dare notizia dell'avvenuto deposito ai singoli interessati. Sentenza 29 aprile 1993, n. 201, G. U. 5 maggio 1993, n. 19. combinati disposti legge 27 maggio 1959 n. 324, art. 1, terzo comma, lett. b) e c) con gli artt. 3 e 38 del d.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1032; con gli artt. 13 e 26 della legge 20 marz˜ 1975 ri. 70 e con gli artt. 14 della legge 14 dicembre 1973 n. 829 e 21 della legge 17 maggio 1985 n. 210, ánella parte in cui non prevedono, per i trattarrienti di fine rapporto ivi considerati, meccanismi legislativi cli computo dell'indennitˆ integrativa speciale secondo i principi ed i tempi indicati in motivazione. Sentenza 19 maggio 1993, n. 243, G. U. 26 maggio 1993, n. 22. . legge 23 giugno 1961, n. 520, art. 11, nella parte in cui si applica anche ad incarichi aventi ad oggetto prestazioni di lavoro subordinato. Sentenza 29 marzo 1993, n. 121, G. U. 7 aprile 1993, n. 15. legge 2 febbraio 1973, n. 12, art. 20, combinato disposto terzo e settimo comma, n. 3, nella parte in cui prevede la perdita del diritto alla pensione di reversibilitˆ per i figli maggiorenni infraventiseienni che frequentino scuole o universitˆ, quando a qualsiasi titolo abbiano un reddito proprio, anzichŽ prevedere che dalla pensione di reversibilitˆ sia decurtata la misura di tale reddito proprio. Sentenza 10 giugno 1993, n. 274, G. U. 16 giugno 1993, n. 25. dP.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 21, secondo comma. Sentenza 13 maggio 1993, n. 233, G. U. 19 maggio 1993, n. 21. d.l. 2 marzo 1974, n. 30, art. 2-novles, [introdotto dalla legge di conversione 16 aprile 1974 n. 114], nella parte in cui non prevede la facoltˆ di riscattare i periodi corrispondenti alla durata degli studi per il conseguimento del diplo <~ j PAaTB II, RASSBG!tfA' J>I Ll!GISLl\ZlONE ma di assistente social rilasciato da una scuola universitaria diretta a fini speciali. Seilieni;alO gi.gno 1993, n. 275, G. U. 16 giugn~J993, n. is. iegg1f 9 dicembre 1971, n; 903, art. 1, nelfa parte in 'cui riot“ estende, in via generale ed in ogni ipotesi, al padre lavpratore,_ inre J971, n, J204, per l'assistenza al fig_lip nel 5.0, prjmo anno di V:ifa. .á.. ..á ..á.á...á. .á ....áá.á..á.á ....áá. áá.. . . . . . . . . .. á. . . . . ...á. . á. . .Sentenza 21 aprile 1993, n. 179, G. u..<28 aprile 1993, 11. 18. legge prov. autonoma di Tre.to 15 febbl'aio W80, n. 3, art. 4, n. 2, .nella parte in cui prevede, tra i requisiti per l'accesso ..alle carriere direttive áe di. concetto del ruofo tecnico del servizio antincendi della Provincia di Trento, il possesso di una statura fisica minima indifferenziata per uomini e donne. Sentenza'' 15 aprile 1993> ri. 163; G. U; 21 aprilŽ 1993', fa 17. legge 24 novembre 1981, Q. 669l art. 60, nella. parte in cui stabilisce che le pene sostitutive non si applicanoal reato Previ$to dall'art. 590, secondo e terzo comma, del codice ¥ penate; ¥á mnitatamente' aiá.. fatti commessi cort violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro, che. abbiano determinato> le ¥consegue'riZe previste dal primoá comma, n. 2, o dal secondo com~ dell'art. 583 del codice penale. Sentenza 19 maggio 1993, n. 249, G. U. 26 maggio 1993, n. 22. legge reg. Puglia 20¥ diceQlbre 1984, n. 54; art.á 19; settim(), ottavo .e nono comma. Sentenza 3 maggi9.. l993; n. 210,. G. U. 12 maggio 1993, n, 20.. legge reg. Friuli-Venezia Giulia 3 aprile 1985, n. 15, art. 1, primo comma, nella parte in cui. co11sente p~ le ~lezioni.provinciali la. presentazione. di liste, senza aiCuna sott˜scriZ!ñne, da parte di partiti o. grupp“ polhi~(~l“e, .11~U'.ltima ele:d9.ne, abbii;tUO avuto eletto ôn lororapptesentante riel Cqnsiglio regio;- naJ.e; á á á .á áá á...á á á á Sentenza 16 ..giugJJ.o 1993; n. 284, G; U. 23 giugno 1993; n. 26. legge 24 luglio 1985, 'ii~ 406, al>t. 3, 'see˜ndo comrit“t, in relazione all'art. 25 del r.d.I. 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, con la legge 22 gennaio l~M. ,n .. 36. á á Sentenza 7 maggio 1993, n. 224, G. U. 12 maggio 1993, n. 20. legge reg. Abruzzo 16 marzo 1988, n. 29, art. 1, limitatamente alle parole Çi cui .rapporti condo' Stato siano dis.ciplinati ai sensi¥ dell'art. 8, terzo comá ma, della Costituzione e È. Sentenza 27 aprile 1993; n. 1'95, G. U: 5 maggio 1993, n. 19. 13 - 64 RASSEGNA AVVotAT.URA: DELLO STATO d.P.R. 24 maggi() 1988, n. 236, art. 12, nella parte in cui non prevede che, in caso di analisi di acque destinate al consumo umano, per le quali non sia possibile la revisione, a cura dell'organo procedente sia dato, anche oralmente, avviso all'interessato' dŽl giorno, dell'ora e del luogo dove le analisi verranno effettuate, affinchŽ lo stesso interessato o persona di sua fiducia possano presenziare a tali analisi, eventualmente con l'assistenza di un cons1.J].ente tecnico. Sentenza 6 aprile 1993, n. 139, G. U. 14 aprile 1993, n. 16. dJ. 25 novembre 1989, n. 382, art. 3, primo comma, lettera b) [convertito in legge 25 gennaio 1990, n. 8], nella parte in cui esclude dal diritto all'esenzione dal pagamento di tutte le quote di partecipaii˜ne alla spesa sanitaria, fino al raggiungimento dell'etˆ per il collocamento a riposo prevista dall'assicurazione generale obbligatoria per i lavoratori dipendenti, i titolari di pen sione di invaliditˆ con reddito inferiore ai livelli ivi determinati. Sentenza 23 apri).e 1993, n. 184, G. U. 28 aprile 1993, n. 18. legge 19 marze) 1990,. ,n~ 55, art.. 15, comma 4-octies [introdotto dall'art. 1 della legge 18 gennaio 1992, n. 16], nella parte in cui, mediante rinvio al comma 4-quinquies, prevede la destituzione di diritto, anzichŽ lo svolgimento del procedimento disciplinare áai sensi dell'art. 9 della lŽgge 7 febbraio 1990, n. 19. Sentenza 27 aprile 199.3,' n. á 197, G. U. á5 maggio 1993, n. 19. legge reg. Veneto 23 aprile 1990, n. 28, art. 3, terzo comma. Sentenza 27 aprile 1993, n. i94, G. U. 5 maggfo 1993, n. 19. legge prov. Trento 5 settembre 1991, n. 22, art. 129, primo e terzo comma. Sentenza 13 maggio 1993, n. 231, G. U. 19 maggio 1993, n. 21. delibera legislativa reg. Molise, riapprovata il 24 marzo 1992. Sentenza 13 maggio 1993, n. 232, G. U. 19 maggio 1993, n. 21. d.L liá1:uglio í992, n. 333 [convertito in legge 8 agosto 1992, n. 359] art. 5-bis, secondo comma, 'nella á pai;te in cui non prevede in favore dei soggetti giˆ espropriati a.I momento della entrata in vigore della legge n. 359 del 1992, e nei confronti dei quali la indennitˆ di espropriazione non sia ancora divenuta incontestabile, iláá diritto di accettare l'indennitˆ di cui al primo comma con esclusione della riduzione del 40 %. Sentenza 16 giugno 1993, n. 283, G. U. 23 giugno 1993, n~ 26. legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 23 ádicembre 1992, art. 1, secondo comma. Sentenza 27 maggio 1993, n. 250, G. U. 2 giugno 1993, n. 23. . . :leggeáá reg¥.sicilianaá approvata ná23 áádicembre 1992, artt. 2 e 3, secondo comma. Sentenza 4 giugno 1993, n~'..;4~.;.-G; u: 9 glligno: 1993, n. 24. PARmá II,á RASSEGNAá l>I LEGISLAZIONE 6! I b ¥ AMM'ISSIBILITA DELLA RICHIESTA DI REFERENDUM ABROGATIVO legge 1¡ marzo 1986, n. 64, artt. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 16, 17 e 18. Sentenza 1¡ aprile 1993, n. 137, G. U. 7 aprile 1993, n. 15. d.l. 22 ottobre 1992, n. 415, artt. 1, commi 1, 1-bis e 5 [convertito in legge 19 dicembre 1992, n. 488]. Sentenza 1¡ aprile 1993, n. 137, G. U. 7 aprile 1993, n. 15. legge 19 dicembre 1992, n. 488, art. 4, limitatamente alle parole Ç ferme restando le autorizzazioni di spesa di cui all'art. l, comma 1, della legge 1¡ marzo 1986 n. 64 e l'applicazione fino al 31 dicembre 1993 delle norme di cui all'art. 17, commi 1 e 10, della legge medesimaÈ. Sentenza 1¡ aprile 1993, n. 137, G. U. 7 aprile 1993, n. 15. II á QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE Codice penale, art. 348 (artt. 25 e 27 della Costituzione). Sentenzˆ 27 aprile 1993, n. 199, G. U. 5 maggio 1993, n. 19. Codice di procedura penale, art. 62 (artt. 3, 76 e 111 della Costituzione). Sentenza 13 maggio 1993, n. 237, G. U. 19 maggio 1993, n. 21. Codice di procedura penale, artt. 169, primo comma, 459, 460 e 461 (art. 24, secondo comma; della Costituzione). á Sentenza 7 maggio 1993, n. 225, G. U. 12 maggio 1993, n. 20. Codice di procedura penale, art. 355 (artt. 3, 24 e 42 della Costituzione). Sentenza 8 aprile 1993, n. 151, G. U. á14 aprile 1993, n. 16. Codice di procedura penale, art. 426, lett. c) (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 29 aprile 1993, n. 205, G. U. 5 maggio 1993, n. 19. Codice di procedura penale, art. 444, primo comma (art. 76 della Costituzione). Sentenza 6 aprile. 1993, rr. 141, G. U. 14. aprile 1993, n. 16. Codice di procedura penale, art. 446, primo comma (art. 3 della Costiá tuzione). Sentenza 1¡ aprile 1993, n. 129, G. U. 7 aprile 1993, n. 15. Codicd. 'di procedura penale; .. ˆrtt; 554, 408; '427, 542 á:e 125 delle norme di attuazione (art. 3 della Costituzione). Sentenza 1¡ aprile 1993, n. 134, G. U. 7 aprile 1993, n. 15. Codice di procedura penale, om.'!>tn.atQ dlspQsto artt. .~S4~ s~condo comma, e 409 (artt. 3 e 77 (rect 76) della Costi'tuz“˜he)'. á á áá Senten.za. J0 a})rile 1993, Il,á 130, rrispondere (ma non l'hanno fatto, almeno in parte) pre,lievi .per i quantit!lthfi prodotti oltre i limiti (Regolamenti CEE del Consiglio 804/68 ..e 857/~4) debbano restituire l'indennitˆ riscossa (tenuto presente he la legge 20li91 dichiarˆ non pi dovuti i summenzionati prelievi, salva l'irrepetibilitˆ di quanto giˆ corrisJ?OSto (es. 1614/92). á AssisTBNZA E :BENiiirrcENZA PussLicA ¥ lstituzian(pubbtiche di. assistenza e. beneficenza -Carattere infraregionale o iiiteregionatŽ ai firit dgli artt. 25 e 113 d,P.R. 616177 -Criteri di accertamento del cqrattere pluriregionale á Fattispecie. á á á á á 'Se un'istihizi˜he pubblitˆ di assistenza e ben~f“cenza (nella specie IPAB Beata Lucia di Narni) avente struttura organizzativa nel territorio di una sola regione ma áááoperante.á istituzionalmente a ¥favore ádella Popolazione di pi regioni debba considerarsi. ente interregionale e pertanto sottoposta al procedimento previsto dall'art. 113 del d.P.R; 24 luglio 1977 n; 616 (diretto ad individuare i beni e il .personale da attribuire alle sing9le regioni e a dichiarare l'estinzione delle istituzioni per le quali fosse accertata l'insussistenza di funzioni residue rispetto a quelle dell'assisten,za e beneficenza) (es. 6772-92). Istituzidni pub"bliChe di assistenza e beneficenza ¥ Ente interregionˆle -Procedimento di estinziIiliilefcial.e (es. á í130/93). J>osrn .E RADIOTBJ,IJCOMUNicAZIONI -Radio-televisione -Sponsorizzazione di pro{ Irammi -Pubblicitˆ (di t4bacco o bevande alcoliche o destinata ai minori)> Violazioni della disciplina dettata da decreti del Ministro delle Poste e Telecomunicazioni -Sanzionabilitˆ. Se sia possibile irrogare sanzioni ex art. 31 L. 223/90 (Disciplina del sistema ra_diotelevisivo. pubblico e. privato) per le violazioni della disciplina dettata, in tema di sporisorizzazioii.e dei programmi radiotelevisivi, di pubblicitˆ del t.abacco o di bevˆn,dŽ aicoliche e cj.i pubqlicitˆ destinata ai minorenni, dai decreti ádel Ministro delle Poste e Telecomunicazioni previsti dall'art. 8 L. 223/90 (attualmente DDMM 425/91 e 439/91) (es. 8770/92). PRESCRIZlONB. CIVILE -Membro del Governo¥á Competenze corrispostegli in ritardo ¥ Credito per interessi e rivalutazione monetaria -Termine di prescrizione. Se il credito .pe~ rivalutazione monetaria ed intel:essi, spettanti sulle competenze tardivamente corrisposte a un membro del Governo, si prescriva in cinque anni dal pagamento dei suddetti emolumenti (es. 8548/92). PREVIDENZA -áContribuzionŽ l.N.P.S. -Sgravi per imprese industriali operanti nel Mezzogiorno -Declaratoria di incostituzionalitˆ art. 18 d.l. 918/68 e normativa (d.l. 71/93) che disciplina il rimborso delle somme che l'I.N.P.S. deve conseguentemente restituire alle imprese -Rapporto fra impresa e dipendente. Se la normativa dettata dal d.l. 71/1993 (che prescrive rateazioni ed esclude la corresponsione di somme a titolo di interessi o rivalutazione. monetaria) 76 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO per disciplinare la restituzione -da parte dell'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale -alle imprese di quelle somme palesatesi indebitamente percette dall'I.N.P.S. medesimo a seguito della declaratoria di incostituzionalitˆ dell'art. 18 d.I. 918/68 (dichiarato incostituzionale -con sentenza n. 261 del 3-12 giugno 1991 -nella parte in cui esclude dal beneficio degli sgravi, sul complesso dei contributi previdenziali da corrispondere all'I.N.P.S., le imprese industriali operanti nel Mezzogiorno d'Italia, relativamente al personale dipendente le cui retribuzioni non siano assoggettate a contribuzione contro la disoccupazione involontaria) abbia rilevanza -ed entro quali limiti -nel rapporto fra impresa (nella specie esercente il pubblico servizio di trasporti) e dipendente di questa concernente le somme trattenute in eccesso sulla mercede, a titolo di ritenuta previdenziale (in osservanza della norma -poi -dichiarata incostituzionale) e reclamate dal lavoratore; e se e qual rilevanza abbia -rispetto al rapporto testŽ considerato -la circostanza che 1'1.N.P.S. possa vantare nei confronti dell'impresa un giudicato favorevole che esclude (in applicazione della norma poi dichiarata incostituzionale) che quest'ultima avesse diritto allo sgravio degli oneri sociali (es. 2487/93). PROTEZIONE CIVILE E SERVIZI ANTINCENDIO -Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco Serv~zi di vigilanza per la prevenzione di incendi in locali di pubblico spettacolo -Mancata effettuazione o integrazione del deposito a garanzia del pagamento del corrispettivo dovuto pel servizio -Effetti. Se i Comandi dei Vigili del Fuoco possano sospendere il servizio di vigilanza, per la prevenzione di incendi in locali di pubblico spettacolo, quando colui che richiede il servizio non provveda a costituire il deposito a garan~ zia del pagamento dei corrispettivi o non provveda ad effettuare versamento di ulteriori somme essendosi rivelato, il summenzionato deposito, insufficiente a coprire l'ammontare dei corrispettivi dovuti all'Amministrazione (es. 5733/ 1992). RiscossIONE DELLE IMPOSTE -Servizio di riscossione dei tributi e di altre entrate dello Stato -Attivitˆ dei concessionari -Norma che dispone che la giornata del sabato considerata festiva ai fini della riscossione (art. 32 comma 6 d.P.R. 43/88) -Interpretazione. Se il concessionario del servizio di riscossione delle entrate dello Stato possa giovarsi della proroga al luned“ dei termini in scadenza il sabato -prevista dall'art. 32 comma 6 d.P.R. 43/88 -non soltanto per gli atti di riscossione in senso stretto (attivitˆ di sportello: esazione di somme e sommaria contabilizzazione delle somme introitate), ma anche per tutti quelli che pertengano al servizio (es. 9701/90). RISCOSSIONE DELLE IMPOSTE -Tributi -Cartelle esattoriali -Notificazione -Recapito ad opera di concessionari di servizi postali -Possibilitˆ -Compenso spettante al concessionario. Se la notificazione delle cartelle esattoriali possa essere eseguita oltre che per mezzo del servizio postale, anche tramite recapito delle stesse ad opera di agenzie concessionarie di servizi postali; e nell'affermativa se il compenso a queste spettante per la consegna della cartella sia quello previsto dalle tariffe per la stampa raccomandata con avviso di ritorno (es. 4626/92). PARTE II, CONSULTAZIONI SANZIONI AMMINISTRATIVE -Illeciti in materia di pesca marittima commessi nel mare territoriale antistante la Sardegna -Autoritˆ competente a ricevere il rapporto di cui all'art. 17 L. 689/81. Se il rapporto, previsto dall'art. 17 L. 689/81, relativo alle infrazioni (punite con sanzioni amministrative) in tema di pesca marittima commesse nel mare territoriale antistante la Sardegna, vada presentato agli uffici della ridetta Regione o a quelli periferici del Ministero della Marina Mercantile (es. 7459/91). SANZIONI AMMINISTRATIVE -Radiodiffusione ed editoria -Sanzioni irrogabili da parte del garante -Illeciti di cui all'art. 31 comma 3¡ L. 223/90 -Istituto del pagamento in misura ridotta di cui all'art. 16 L. 689/81 -Applicabilitˆ á Recidiva di cui all'art. 31 comma 5¡ L. 223/90 -Nozione. Se le sanzioni amministrative irrogabili -dal Garante per l'editoria e la radiodiffusione -ai sensi del comma 3¡ dell'art. 31 L. 223/90 (pena pecuniaria e nei casi pi gravi sospensione della concessione o dell'autorizzazione) siano suscettibili di oblazione (pagamento in misura ridotta) ex art. 16 L. 689/ 1981; e se la sospensione della concessione o autorizzazione per il caso di recidiva ex art. 31 comma 5¡ -della ridetta legge 223/1990 -presupponga che sia giˆ 'intervenuto un provvedimento sanzionatorio definitivo per una precedente analoga infrazione (es. 7812/92). SOCIETË -Societˆ ammessa alle agevolazioni previste dalla legge (44/86) per favorire lo sviluppo di imprenditorialitˆ giovanile nel meridione -Aumento del capitale sociale successivo all'ammissione che determini maggiorazione della quota di partecipazione dei soci non giovani -Validitˆ -Effetti. Se ammessa una societˆ costituita prevalentemente da giovani tra i 18 e 29 anni di etˆ, ai contributi, mutui e agevolazioni previsti dal d.l. 786/85 conv. L. 44/86 (misure straordinarie per la promozione e lo sviluppo dell'imprenditorialitˆ giovanile nel Mezzogiorno), siano colpiti da nullitˆ non solo il trasferimento delle quote dei soci giovani, ma anche gli aumenti di capitale che abbiano determinato un aumento della quota di partecipazione dei soci non giovani (pur senza far eccedere a quest'ultima il limite del 50 %); e se ammessa -ex d.l. 786/85 conv. L. 44/86 -una societˆ a finanziamento di un progetto, e ci˜ in data anteriore all'll settembre 1991 (giorno di entrata in vigore della L. 275/91 che ha modificato il d.l. 786/85 conv. L. 44/86), possa essere revocato il finanziamento ove, successivamente alla concessione di quest'ultimo, sia intervenuto un aumento di capitale avente le caratteristiche summenzionate (es. 5763/92). TRASPORTI -S.pA. Ferrovie dello Stato -Incarichi di rappresentanza e difesa in giudizio conferiti ad avvocati liberi professionisti nel periodo 23 dicembre 1992 ¥24 marzo 1993 ¥ Se vadano necessariamente revocati. Se la S.p.A. Ferrovie dello Stato, che, nel periodo 23 dicembre 1992 á 24 marzo 1993, ha conferito ad avvocati del libero foro, l'incarico di difenderla in numerosi giudizi, debba -con l'entrata in vigore della L. 75/1993 (di conversione del d.l. 16/1993) necessariamente revocare il mandato ai menzionati professionisti, dovendo la societˆ stessa avvalersi -per tutte le controversie pendenti al 25 marzo 1993 -esclusivamente del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato (es. 2464/93). 78 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI -Crediti di rimborso IVA -Cessione -Fallimento cedente -Esperimento azione revocatoria fallimentare -Pagamenti da parte dell'Amministrazione finanziaria. Se .il credito di rimborso IV A che sia stato ceduto ad un terzo debba essere pagato al cessionario anche quando sia sopravvenuto il fallimento del cedente, anche eventualmente in pendenza di azione revocatoria (es. 5608/92). TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI -Dogana -Punti franchi -Opere da costruire nei pressi del punto franco -Disciplina applicabile. Se l'assimilazione dei punti franchi al territorio extradoganale comporti l'assoggettamento delle costruzioni da erigere in prossimitˆ del confine del punto franco alla disciplina prevista (art. 19 d. lgs. 374/90) per le costruzioni prossime alla linea doganale (in particolare se sia necessaria l'autorizzazione del direttore della circoscrizione doganale per la loro erezione) (es. 4427/92). TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI -Imposta di registro -Societˆ che abbia subito perdite superiori al capitale sociale -Conferimenti in danaro occorrenti a coprire l'intera perdita -Esenzione dall'imposta -Limite. Se il .conferimento ad una societˆ, che abbia subito perdite per un ammontare superiore al capitale sociale, della somma occorrente a coprire l'intera perdita, di tal che il capitale sociale, giˆ azzerato, sia riportato al livello precedente, possa usufruire per l'intero, dell'esenzione da imposta di registro che la nota due dell'art. 4 della tariffa parte prima del d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131 accorda ai conferimenti relativi a riduzioni del capitale per perdita con contemporaneo aumento del capitale stesso (es. 1960/93). TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI -Tributi doganali -Soggetto passivo d'imposta Amministrazioni statali importatrici di merci -Disciplina del rapporto fra queste e l'Amministrazione finanziaria (debenza interessi per ritardato pagamento dei diritti; estinzione per prescrizione). Se le Amministrazioni Statali (nella specie Ministero della Difesa) che effettuino importazioni siano tenute a ácorrispondere all'Amministrazione Finanziaria i diritti doganali e gli interessi per il ritardato pagamento di questi; e -ove ci˜ sia -se possano liberarsi dal loro obbligo per prescrizione' (es. 6431/87). TRIBUTI (IN GENERALE) -Crediti per imposte e di rimborso di imposta -Interessi -Prescrizione -Decorrenza . Se la prescrizione degli interessi relativi a un credito dell'erario per imposta (o del contribuente per rimborso di imposta) contestato in sede giudiziale, inizi a decorrere solamente con il passaggio in giudicato della sentenza che accerta l'esistenza e l'ammontare del credito per tributo (o di rimborso) (es. 339/93). TRIBUTI (IN GENERE) -Misure cautelari -Decisioni delle Commissioni Tributarie sfavorevoli all'erario e non definitive -Conseguenze sulle garanzie assunte per assicurare la riscossione del tributo. Se le decisioni delle Commissioni Tributarie favorevoli al contribuente, non passate in giudicato, abbiano effetto sulle misure cautelari (ipoteca lega PARTE II, CONSULTAZIONI le, sequestro conservativo) prese a garanzia del credito d'imposta (facendole venire meno -ove venga negata l'esistenza di questo -o comportando la riduzione della somma garantita dalla misura cautelare nel caso che la pretesa del fisco venga riconosciuta solo in parte fondata) (es. 9931/90). TRIBUTI LOCALI -Tributi indiretti -INVIM -Trasferimento di immobili di proprietˆ di aziende assoggettate ad amministrazione straordinaria ex d.l. 26/79 -Rettifica del valore finale determinato e dichiarato dal curatore. Se, relativamente al trasferimento di impianti e complessi aziendali di imprese sottoposte ad amministrazione straordinaria (ex d.l. 26/79), sia ammissibile -ai fini dell'INVIM -un accertamento di valore in rettifica di quello determinato e dichiarato dal Commissario della procedura (es. 9580/90). URBANISTICA -Demolizione di oper.e abusive insistenti su suoli di proprietˆ pubblica -Esecuzione -Competenze del Prefetto e del Comitato Tecnico Centrale di cui all'art. 17 bis d.l. 152/91 -Rapporti -Affidamento ex art. 27 L. 47/85 della demolizione ad impresa Scelta di questa e compenso ad essa spettante. Se pur dopo l'istituzione (d.l. 152/91), presso il Ministero dell'Interno, del Comitato Tecnico Centrale per l'esecuzione della demolizione delle opere e manufatti realizzati abusivamente su suolo del demanio o del patrimonio dello Stato o di enti pubblici, il Prefetto sia ancora competente ad eseguire -giusta il disposto dell'art. 27 L. 47/85 -la demolizione delle surriferite costruzioni; se -ai sensi dell'art. 27 L. 47/85 -il Prefetto possa scegliere autoritativamente -fra quelle dotate dei requisiti di legge -l'impresa alla quale affidare la demolizione di opera abusiva alla quale non si possa provvedere con i mezzi a disposizione della pubblica amministrazione; e se -a detta impresa vada corrisposto, quale corrispettivo della prestazione svolta, il giusto prezzo di mercato di quest'ultima (es. 6934/92).