ANNO XLII N. 2 3 APRILE SETTEMBRE 1990 RASSEGNA J r:\.J DELL'AVVOA,TURA DELLO STATO " .... ~ < . ' ',, Pubblicazione trimestrale di servizio ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO ROMA 1991 ABBONAMENTI ANNO 1991 ANNO . . . . . . . . L. 45.000 UN NUMERO SEPARATO. . . . , , 8.500 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO Direzione Commerciale -Piazza G. Verdi, 10 -00100 Roma e/e postale n. 387001 ' ' ' , ~.. Stampato in ltalia -Printed in ltaly Aurori:zHlone Tribunale di Roma -Decrero n. 11089 del 13 luglio 1966 ,...,. .:. '1 . ,_ , ' ..,. ,.. ~ ~. ,. - .... - ,. ' f' . .., \.. ' . (3219047) Roma, 1991 -lstihfto 'Pligrafico e Zecca dello Stato . P.V. INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura de/ l'avv. Franco Favara) . . . . . . . . . . . . pag. 173 Sezione seconda: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE (a cura del/'avv. Oscar Fiumara) . . . 195 Sezione terza: GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI (a cura degli avvocati Antonio Cingolo e Giuseppe Stipo) . . . . . . . . . . . . . . . . 216 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura de//' avv. Raffaele Tamiozzo . . . . . 281 Sezione quinta GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura dell'avvocato Carlo Bafile) . . . . . . . 313 Parte seconda: QUESTIONI -RASSEGNA DI DOTTRINA RASSEGNA DI LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO CONSULTAZIONI QUESTIONI ........ . )) 57 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE . li 82 CONSULTAZIONI J 97 Comitato di redazione: Avv. D. Del Gaizo -Avv. G. Mangia - Avv. M. Salvatorelli -Avv. F. Sclafanl La pubblicazione diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI C. BAFILE, Rinnovazione della notifica dell'accertamento e sanatoria dei vizi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 333 C. BAFILE, Sulla rinnovabilit dell'accertamento annullato I, 352 I. F. CARAMAZZA e G. M. DE &lcio, Il processo amministrativo nella sua evoluzione storica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . II, 57 O. FIUMARA, Forum rei sitae e actio pauliana" nella Convenzione .di Bruxelles 27 settembre 1968 sulla competenza giurisdizionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . r', 205 S. LAPoRTA, Tariffe e diritto d'impresa: a proposito di uno sconcer tante precedente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 272 R. TAMIOZzo, Legge quadro del pubblico impiego: contrattazione decentrata e accordi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 281 PARTE PRIMA INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ACQUE ,...,. Acque pubbliche -Contributo per la costruzione di serbatoi -Controlli tecnici precedenti o concomitanti l'atto di concessione -Sono finalizzati al perseguimento dell'interesse pubblico -Diritto del concessionario -Fattispecie complessa che si esaurisce col collaudo dell'opera, 1.62. - Acque pubbliche -Contributo per la costruzione di serbatoi - uni, tario -Mancata realizzazione del!' opera -Rischio della P.A. -Non sussiste, 261. ASSOCIAZIONI E FONDAZIONI -Associazioni sindacali -Associazioni maggiormente rappresentative -Criteri -Rappresentanza in organi collegiali -Accordo Confederale -Rilevanza -Limiti, 3fJ7. ATTI AMMINISTRATIVI -Potere di disapplicazione -Concerne solo le materie devolute alla giurisdizione del giudice adito, 250. AVVOCATURA DELLO STATO -Rappresentanza in giudizio dello Stato e degli Enti pubblici -Non occorre mandato all'Avvocatura dello Stato n delibera a stare in giudi: zfo, 234. CINEMATOGRAFIA -Ammissione alla programmazione obbligatoria -Annullamento -Diritto ai contributi -Caducazione -Effetti ex nunc -Programmazione di fatto gi avvenuta -Irrilevanza, 266. CIRiCOLAZIONE STRADALE -Patente di guida -Revoca -Illegittimit (art. 81 d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393), 299. COMUNIT EUROPEE -Competenza della Corte di giustizia -Riruvio pregiudi2liale da parte di giudice nazionale -Compatibilit con il diritto comunitario di norme di uno Stato membro diverso da quello del giudice di rinvio, 195. -Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968 sulla competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale Azione pauLiana -Donazione di beni immobili in nuda propriet, con nota di o. FIUMARA, 205. - Libera circolazione delle persone - Diahiarazione di soggiorno -Limiti, 201. -Organizzazione comune del mercato vitivinicolo -Vinificazione dei vini VQPR\D e VSQPRD, 210. -Prodotti cosmetici -Ravvicinamento delle legislazioni -Etichettatura, 195. CONCErSSIONI .i\MMINISTRATIVE -Cessazione automatica allo scadere del tempo previsto -Contestuale insorgenza dell'obbligo di restituzione del bene da parte del concessionario, 250. -Concessione di terre incolte -Estinzione -Necessit di provvedimento amministrativo -Giurisdizione esclusiva del TAR sino all'emissione del provvedimento di estinzione, 234. -Concessione di terre incolte -Morte dell'assegnatario -Estinzione del rapporto -Insussistenza, 234. -Scadenza -Emissione di nuovo prov.. vedimento su bene illegittimamente detenuto dal cessato concessionario -Ammissione -Facolt del nuovo concessionario di agire per il rilascio -Ammissione -Non esclude concomitante, distinto interesse della P.A. alla pronuncia di rilascio, 250. -Scadenza -Recupero del bene -Potest della P.A. di agire in autotutela -Ovvero di avvalersi degli ordinari rimedi innanzi all'A.G.O., 250. CONTRATTI (IN GENERALE) -Contratti della Pubblica Amministrazione -Esecuzione della prestazione da parte del privato in pendenza del procedimento di approva2! ione -Mancata approvazione del contratto -Responsabilit precontrattuale della Pubblica Amministrazione, 235. CORTE COSTITUZIONALE -lmpugnaziione diretta di deliberazione legislativa regionale -Delibera a ratifica del Consiglio dei Ministri, 176. -Legge di delegazione -Autonomia rispetto al decreto legislativo -Diretta impugnabilit ex se della legge di delegazione -Attualit dell'interesse a ricorrere; 188. ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT -Determinazione dell'indennit -C.d. legge di Napoli -Legittimit costituzionale, 184. -Occupazione illegittima -Amone di risarcimento -Legittimazione passiva -Spetta al soggetto che ha eseguito l'opera, 261. GIURISDIZIONE CIVILE -Concessione serviz;i trasporto aereo di linea -Tariffe -Adeguamento Diritto soggettivo del concessiona11io -Esclusione, con nota di S. LA PORTA, 272. VII -Controversia relativa a diritti soggettivi rientrante nella giurisdizione esclusiva del T AR -Facolt di compromettere in arbitri -Esclusione, 234. -Dipendenti FF.SS. -Indennit di buonuscita -Cessazione del rapporto prima della L. n. 210/85 -Giurisdi2lione amministrativa, 271. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA -Demanio e patrimonio -Beni patrimoniali inddsponibili -Concessione Scadenza del termine -Estinzione del rapporto concessorio -Obbligo dL motivarione -Non sussiste -Necessit di tempestiva rituale disdetta -Non occorre, 293. -Giudizio amministrativo -Sentenze interlocutorie emanate a fini istruttori -Esclusione del giudicato anche implicito, 299. -Pubblico impiego -Stiipendi assegni indennit - Reformatio in peius Divieto -Compensi e indennit -Limiti del divieto, 288. -Ricorso giurisdizionale contro atti del1a P.A. -Notificazione Regolarit della notificazione eseguita al!' Avvocatura dello Stato nella persona del Ministro competente per materia, 299. -Ricorso giurisdizionale contro decreto prefettizio di revoca della patente di guida -Notificazione all'Avvocatura dello Stato nella persona del Miniis.tro dei Trasporti -Ammissibilit, 299. IMPIEGO PUBBLLCO -Accordi sindacali -L. n. 93/1983 Contrasto dell'art. 29 con gli articoli 76, 97, 39 e 113 della Costituzione -Infondatezza, con nota di R. TAMIOZZO, 28tl. -Inqualdramento -Dipendenti Enti Locali -Inquadramento ex d.P.R. 347/1983 -Insegnanti tecnico-praticiVI ldvello, con nota di R. TAMIOZzo, 281. IMPOSTE E TASSE IN GENERE -Contenzioso tributario -Requisiti del ricorso -. Difetto -Inammissi vm RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DBLLO STATO nilit -Sanatoria -Art. 164 c.p.c. --Enti amministrativi dipendenti I Inapplicabi1it -Omessa ecceZione Controllo di legittimit sugli atti , della parte resistente -Sanatoria, Assegnazione al Co.Re.Co. -Limite, I . 381. 180. ~ -Contenzioso tributario -Requisiti del ricorso -Indicazione del legale rappresentante -t! necessaria, 380. PENSIONI -Casse pensioni amministrate dagli Istituti di previdenza -Domande aventi ad oggetto la pensione e la indennit una tantum -Giurisdi , Zione della Corte dei conti -Domande aventi ad oggetto la ricongiunzione con la posizione assicurativa INPS -Giurisdizione ordinaria, 257. -Pensioni civili -Controversia promossa davanti al giudice amministrativo circa contributi da versare alla Cassa Pensioni Dipendenti EnN LocaH -Sopravvenuto collocamento a riposo -Improcedibilit per difetto di interesse, 290. -Pensioni ciivili -Dipendenti enti locali -Controversia sul computo ai fini pensionistici di un emolumento facente parte della retribuzione Giurisdizione della Corte dei conti ancorch la controversia sia stata promossa durante il rapporto di impiego, 290. -Ricorso avverso il provvedimento che respinge la domanda di riliquidazione della pensione -Giurisdizione della Corte dei Conti -Ricostruzione economica della carriera Ininfluenza, 295. POSTE E RDIOTELECOMUNICAZIONI -EIDittenti locali -Disturbi e interferenze alle comunic~ioni -Potere sanzionatorio della P.A. ex art. 240 d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 -Presupposti -Accertamento di concreti disturbi e interferenze -Necessit Limiti -Interferenze su canali riservati alla P.A., 296. REGIONI -Attivit economiche in regime pri. vatistico -Limite delle competenze regionali -Elasticit, 173. ' -Finru:iza regionale -Spesa corrente -Finanziata mediante contrazione di mutui -Illegittimit costituzionale, 179. I I RESPONSABILITA CIVILE -Responsabilit precontrattuale -Natura extracontrattuale -Prescrizione quinquennale ex art. 2947 cod. civ. Applicabilit, 235. STAMPA -Editoria -Diritto di rettifica -Eser cizio a mezzo di rappresentante Procura scritta -. Necessit, 230. -Provvedimento di iscrizione nel registro dei giornalisti Impugnazione del terzo -Esclusione -Questione non manifestamente infondata di costituzionalit, 216. -Tele-cine-foto operatori -Iscrizione nel registro dei giornalisti -Interesse dll'editore a non veder modificato il contenuto del rapporto di lavoro -Diritto soggettivo, 216. -Teie~cine-foto operatori -Iscrizione nel registro dei giornalisti -Ricorso dell'editore d~ giornale contro il regolamento e le delibere di iscrizione in quanto attd applicativi -Giurisdizione amministrativa, 216. T&ASPORTI PUBBLICI. -Ferrovie concesse all'industria priivata -Scadenza della concessione Istanza di proroga da parte del concessionario -Gestione diretta da parte dello Stato -Obbligo di motivazione, 307. TRENT.JNO-ALTO ADIGE -Bolzano -Proporzionale etnica Ufiici statali aventi sede in Bolzano Pianta organica locale e relative procedure di reclutamento, 188. TRIBUTI ERARIALI DIRETTI -Imposta sui redditi di ricchezza mobile Squa>, mediante la quale, al fine di incentivare e sviluppare il trasporto ed i collegamenti aerei con il territorio della Valle d'Aosta, la Giunta regionale stata autorizzata a sottoscrivere una partecipazione azionaria fino al 35 % del capitale sociale della S.p.A. Air Valle, con sede in Saint-Christophe, (1) La sentenza suscita qualche pe11pilessit. Essa parrebbe affermare che sufficiente alle regioni utilizzare gli strumenti propri del diritto privato per poter impiegare danaro pubblico fuori degli ambiti di competenza ad esse assegnati. indicato un limite in ci che le attivit economiche siano strumentalmente collegate con le finailit proprie delle regioni; ma si tratta di un ili.mite di oui sono incerti ed opinabili, al punto che doveroso dubitare della configurabilit conce1lt!Uale di essi, sia il parametro di riferimento (quelle oscure finalit proprie) sia la correlazione tra parametro ed attivit economiche. llllvero, le cO!IIlJpetenze regionaili sono -allo stato della normativa .costituzionale e statutaria -tassatirvamente delimitate per materie, e al temp() stesso garantite da un ria:>arto esso pure per materie >>. La vicenda storica e giuridica del trasferimento deMe funzioni ha utilizzato Io strumento concettuale giuspubblicistico rdi funzione {sul punto, si rinvia al Commentario al d.P.R. n. 616 del 1977 coordinato da CAPACCIOLI, sub art. 3); da ci non pu per trarsi a1oun argomento per sostenere che '1a tass.a:tivit anzidetta .ope;ri 2 174 RASSEGNA DEUJAvVOCATURA DELLO STATO. Aosta, con la riserva della nomina di un numero di amministratori e di sindaci proporzionato alla quota sottoscritta. Ad avviso della Presidenza del Consiglio la Regione sarebbe legittimata a partecipare al capitale di una societ solo in quanto l'oggetto e i fini di questa societ rientrino nell'ambito delle materie attribuite dall'ordinamento alla Regione medesima, mentre il trasporto ed i collegamenti aerei, anche a fini turistici non risulta materia compresa tra quelle statutariamente assegnate alla Valle d'Aosta. Da qu l'asserita illegittimit costituzionale della legge perch concernente materia non attribuita alla Regione autonoma e per conseguente violazione dello Statuto speciale e delle sue norme di attuazione , Il ricorso infondato. In relazione alle opposte tesi esposte in giudizio dalle parti conviene innanzitutto precisare. la natura della legge impugnata, con riferimento al suo oggetto ed ai suoi contenuti. A questo proposito va certamente escluso -a differenza di quanto sembra ritenere la Presidenza del Consiglio -che la legge abbia inteso regolare, con gli strumenti di intervento normativo consentiti alla Regione, una materia sottratta alla competenza regionale, quale quella del trasporto e collegamenti aerei . Cos come va parimenti escluso che la stessa legge possa essere qualificata -a differenza di quanto sostiene la Regione -come mera legge di spesa, destinata non tanto a formulare una disciplina di carattere sostanziale quanto ad attuare una forma di intervento finanziario a sostegno di un'attivit imprenditoriale. In realt, la legge in esame, oltre a prevedere una spesa, si caratte rizza nella sostanza per il suo contenuto autorizzatorio, in quanto risulta diretta a consentire la partecipazione della Regione al capitale sociale ed alla gestione di una societ per azioni operante nel settore del trasporto aereo. Scopo primario della legge , dunque, quello di facoltizzare solo per le fuinzioni amministrative e legislative, e non anche per le attivit svolte mediante strumenti privatistici. Del resto, il diritto pubblico ha da tempo acquisito consapevolezza delle 31II1!pie poss~bmt di uso congirunto e/o aLternativo di strumenti giuspubblicistici e gius!Privatistici per lo svolgimento di attivit che rimangono lato sensu amministrative; sioch l'affermazione cli una non-coincidenza dello spazio entro il quafo possono essere utilizzati gli strumenti dell'uno e deH'l:Vltro itipo introduce elementi di incertezza, che -tra l'altro (e questo profilo non .considerato nella sentenza). -possono ritorcersi a danno delle autonomie regionali attenuando la garanzia costituzionale ad esse derivante dal riparto delle competenze. Il tema delle iniziative economiche privatistiche dei soggetti delle auto nomie territoriali antico (si pensi alle esperienze avutesi per comuni e province, ed anche a quanto ora di5'posto nell'art. 22 deHa legge n. 142 del 1990); per le regioni i;lineato, in linea pi generale, che in tema di attivit economiche svol RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO te dall'ente regionale secondo le forme e gli strumenti propri del diritto privato la corrispondenza tra tali attivit e le singole materie affidate alla competenza regionale non pu essere intesa in termini cos rigidi da limitare gli oggetti possibili dell'attivit imprenditoriale soltanto ai con tenuti specifici delle stesse materie. La delimitazione delle materie attiene, infatti, all'esercizio delle competenze di natura pubblicistica (legislative e amministrative) dell'ente regionale, mentre per le attivit inerenti alla capacit di diritto privato dello stesso ente ci che va considerato concerne essenzialmente l'esistenza di un rapporto servente o di collegamento strumentale tra tali attivit e le finalit proprie della Regione, come ente esponenziale degli interessi della comunit regionale (cfr. sentt. 562 e 829 del 1988). In tale quadro appare, dunque, possibile giustificare una legge quale quella in esame, stante l'evidente collegamento delle sue finalit -oltre che con le singole materie di competenza regionale sopra ricordate con tJli obiettivi pi generali dello sviluppo economico, cui la Regione, nell'esercizio delle sue competenze incidenti nell'area delle attivit produttive, tenuta a provvedere con riferimento agli interessi della comunit regionale, (cfr. d.P.R. n. 182 del 1982, tit. IV). CORTE COSTITUZIONALE, 2 febbraio 1990 n. 54 -Pres. Saja -Rel. Cheli Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato. Zotta) e Regione Molise (avv. Rescigno). Corte Costituzionale Impugnazione diretta di deliberazione legislativa regionale Delibera a ratifica del Consiglio dei Ministri. Una delibera del Consiglio dei Ministri di ratifica della anteriore determinazione adottata in via d'urgenza dal Presidente del Consiglio di impugnare una deliberazione legislativa regionale ha efficacia sanante solo se accertata l'oggettiva impossibilit di procedere alla convocazione del Consiglio dei Ministri; tale oggettiva impossibilit non si ha durante le annuali ferie estive (1). (1) Notoriamente !.'attivit del Governo , per solito, sospesa per un paio di settimane tra il 7-8 agosto ed 11 24-25 agosto. Durante detto periodo per non opera alcuna sospensione dei termini per proporre ricorso diretto alla Corte costituzionale; e ci d luogo ad un problema tutt'altro che frivolo, anche perch in prossimit della quiete agostana i Consigli regionali approvano un cospicuo numero ,di testi legislativi. La soluzione pi ;lineare e razionale sarebbe prevedere -ed all'uopo sufficiente una legge ordinaria -non tanto. una sospensione dei termini di che tratt;asi (diversa e pi r .. ~~ PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 177 (omissis) Va preliminarmente esaminata l'eccezione di inammissibilit proposta dalla Regione in relazione al fatto che il ricorso stato disposto mediante provvedimento del Presidente del Consiglio (rectius del Ministro per gli affari regionali su delega del Presidente del Consiglio), senza la preventiva adozione di una delibera da parte del Consiglio dei ministri. In tale provvedimento la procedura adottata stata giustificata richiamando: a) la materiale impossibilit di convocare il Consiglio dei ministri entro la data della scadenza del ricorso; b) l'urgenza di provvedere; e) la presunzione del permanere della volont di opporsi alla legge, gi espressa collegialmente dal Governo in sede di rinvio; d) il precedente giurisprudenziale espresso da questa Corte con la sentenza n. 147 del 1972. Il richiamo a tali argomenti non tale, peraltro, da inficiare la fondatezza dell'eccezione, che merita di essere accolta. L'art. 127, quarto comma, Cost., riferisce al Governo l'impugnativa delle leggi regionali: questa Corte, in pi occasioni, ha gi avuto modo di affermare che, nel contesto di tale norma, il Governo dev'essere inteso nella sua unit e identificato, ai sensi dell'art. 92 Cost., con il Consiglio dei ministri (sentenze 33/62; 76/63; 116/66; 8/67). Questa interpretazione trova, d'altro canto, piena conferma anche sul piano della legislazione ordinaria: in primo luogo, nell'art. 31, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, dove si prevede che il ricorso proposto dal Presidente del Consiglio av breve di quella prevista per la maggior parte dei giu,djzi comUIIli ), quanto una equiparazione a festivi, al fine che qui interessa, di alcuni giorni attorno al Fermgosto, equiparazione dimensionata in msura tale da non pregiudicare gli interessi di rilievo costituzionale in giuoco. ~ bene precisare che una siffatta equiparazione non interesserebbe l'Avvocatura dello Stato, il cui ftm2Ji.onamento -seppur a ranghi ridotti - assiourato anche nel periodo anzidetto, ed invece potrebbe interessare le Regioni (per i ricorsi che esse possono proporre). Pi complesso, e pervero rimasto ancora da approfondire, dii problema della legittimit e rilevanza di deliberazioni del Consi.glio dei Ministri a ratifica cli determina2Ji.oni assunte in via d'urgenza dal P.residente del Consig1io. Una interpretazione in iproposito della legge 23 agosto 1988, n. 400, poflrebbe essere messa al!lo studio: non si tratta di discutere dell'art. 92 primo comma Cost. (e dell'art. 1 comma 1 deMa legge anZidetta), ma soltanto di esaminare se la volont .callegiale dell Governo debba necessariamente " formarsi entro una certa daiba, od dinvece possa formarsi anche in occasione d'ella prima riunione del Consiglio dei Ministri successiva ad essa. In parte dive11so iii discorso per quanto attdene al rinvio delle delibere legislative regionalii ai sensi delil'airt. 127 Cost. (e corrispondenti disposizioni degli Statuti spedali). LI termine qui fdssato da nomne costituzionali; cionondimeno potrebbe . essere ritenuta non costituzionalmente Hlegittima una disposizione cli legge ordinaria che ad esempio disponesse: I giorni dal 12 al 19 agosto compresi sono considerati festivi ai fd:ni dell'applicazione degli articoLi ... " 178 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO verso la legge regionale dev'essere preceduto dalla deliberazione del Consiglio dei ministri; in secondo luogo, nell'art. 2, terzo comma, lett. d) della legge 23 agosto 1988, n. 400, che, nell'elencare le competenze del Consiglio dei ministri, attribuisce allo stesso gli atti previsti dall'articolo 127 Cost. ... in ordine alle leggi regionali . Per quanto concerne questa seconda disposizione va rilevato che la stessa stata approvata dopo la soppressione dal testo della proposta di legge iniziale (Atti Camera, X legislatura, proposta n. 38 del 1987) di un inciso che riferiva alla competenza del Consiglio dei ministri anche le ratifiche, nella prima seduta successiva, delle determinazioni adottate in materia dal Presidente del -Consiglio dei ministri in via di urgenza : soppressione giustificata, in sede di dibattito parlamentare, con l'esigenza di non istituzionalizzare .una deroga alla procedura ordinaria (cfr. Atti Camera, X legislatura, seduta del 14 ottobre 1987, pagg. 3500 ss.). L'interpretazione che qui si conferma trova il suo fondamento come.. questa Cdte ha gi. "Sottolinea~o -.in un'esigem;a non di natura formale, ma di. sostanz, connessa all'importanza dell'atto di impugnativa della legge ed alla gravit dei suoi possibili effetti di natura costi~ tuzionale (sent. 33/62): esigenza che -con riferimento al carattere tas~ sativo delle competenze di ordine costituzionale -ha condotto ad escludre che, in linea ordinaria, il Presidente del Consiglio possa sostituirsi, per motivi di urgenza, al Consiglio dei ministri e che una delibera di ratifica del Consiglio dei ministri, adottata dopo la scadenza del termine dell'impugnativa, possa considerarsi idonea a sanare l'originario difetto di potere del Presidente (sent. n~ 119 del 1966)... L'indirizzo che . qui si richiama non conduce, d'altro canto, anche ad escludere che, in presenza di drcostanze straordinarie (da valutre caso per caso), il Presidente del Consiglio dei ministri -accertata l'oggettiva impossibilit di procedere alla convocazione del Consiglio dei ministri e l'esigenza dj garantire. ,la cQntinuit e l'indefettibilit della funzione di governo -possa provvedere, sotto la propria responsabilit, alla propo" sizibn dell'impugnativa' a-VV.ersd lii Igge::regforiale, salv; in ogni caso, ia successiva. ratifica .consliare. Tale evenienza, invero ..:.. come la stessa Presidenza del Consiglio ricorda nell'atto di disposizione del presente ricorso - gi stata ammessa da questa Corte in una fattispecie particolare (sent. n. 147/72), caratterizzata dall'esistenza di una crisi ministeriale non ancora conclusa e dalla presenza di un Governo che, a causa del giuramepto ritardato di uno dei suoi componenti, si era potuto formare nella sua inter.ezza soltanto il giorno stesso della scadenza del termine per l'impugnativa. Anche il richiamo a tale precednte dimostra, peraltro, come la deroga alla norma generale possa essere consentita non per ~~!Dplici motivi di urgenza o sulla scorta di una pur sempre proqlematic .presunzione PARTE'. I1 SEZ. I, GIURISPRUDENZA: COSTTI1JZIONALE 179 di volont all'impugnativa dell'organo collegiale, bens soltanto in presenza di circostanze oggettive di carattere eccezionale, suscettibili di determinare l'impossibilit o l'estrema difficolt, giuridica o di fatto, di una convocazione del Consiglio dei ministri. del tutto evidente che tali circostanze non ricorrono nel cas in esame; dal momento che l'impugnativa di cui causa stata avanzata dal Presidente del Consiglio in presenza di un Governo gi investito nella pienezza delle sue funzioni, mentre la mancata convocazione del Consiglio dei ministri stata implicitamente giustificata soltanto con riferimento ad un evento prevedibile e di natura ordinaria, quale deve onsiderarisi il decorso. delle ferie estive. (omissis) CORTE COSTITUZIONALE, 4 aprile 1990 n. 159 -Pres. Saja -Rel. Borzellino -Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Laporta) e Regione Abruzzo (n. p.). Regioni Finanza regionale Spesa corrente Finanziata mediante contrazione di mutui Illegittimit costitmtonale. E costituziOnalmente illegittima la deliberazione legislativa regionale che preveda la copertura di una spesa corrente mediante la contrazione di mutui (1). Con la h~gge oggetto d'esame la Regione Abruzzo intende provvedere a talune iniziative assistenziali nei confronti di portatori di handicaps (art. 1), prescrivendo le relative procedure (artt. da 2 a 4); si sopperisce all'onere di spesa (art. 5) attingendo a un fondo globale di bilancio alimentato co1 ricavo della contrazione di mutui. Il ricorrente oppone essersi violato, in tal modo, il precetto ontenuto nell'art. 119, primo comma, Cost., l dove disposto che l'autonomia finanziaria regionale operante nelle forme e nei limiti stabiliti da leggi della Repubblica. E dei cespiti d'entrata ottenuti da prestiti resta consentito l'impiego solo per spese d'investimento (oltrech per rassunzione di partecipazioni finanziarie): art. 10 della legge 16 maggio.1970, n, 281. La censura fondata. Va chiarito che il disposto dell'anzidetto art. 10, confermato per effetto dell'art. 22 della legge 11 maggio 1976, n. 335 (recante principi fondamentali per il bilancio e la contabilit delle regioni), ispirato ad un ovvio criterio, inteso questo a circoscrivere l'utilizzazione (1) La sentenza, cli notevale impol1t;.==~::::x:::w;%'--'~w.r~"''~::''ll~--~-J ~M.a.0.:-:<-~,.--====.&IB,-... , ..,,...,,...,.....,,h- ... ,......,-.,.,., ... y,ᥥ,,.,,".,,-...... w.,~ PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE l'obbligo di sentire il Presidente provinciale in occasione delle deliberazioni del Consiglio dei ministri relative ad atti riguardanti la Provincia di Bolzano. Non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legit timit costituzionale concernente l'art. 3, primo comma, lett. b, n. l, nella parte in cui vincola il Governo a istituire non pi di quindici direzioni compartimentali . Secondo la ricorrente, la predetta riduzione dei compartimenti doganali a non pi di quindici, dai quarantacinque oggi esistenti, comporterebbe la eliminazione del compartimento di Bolzano, con conseguente lesione dell'art. 89 dello Statuto, relativo al principio della proporzionale etnica, nell'attuazione datane dalla Tabella n. 5, allegata al d.P.R. 26 luglio 1976, n. 752. In realt, questa interpretazione non pu essere condivisa, poich il principio costituzionale della proporzionale etnica, come ha pi volte affermato questa Corte (sentt. nn. 571, 768 e 1145 del 1988, 85 del 1990), trova applicazione indipendentemente dal fatto che sia richiamato dalle singole leggi che regolano un certo settore, tanto pi se si tratta di leggi che stabiliscono una disciplina generale. La stessa Corte, anzi, in un caso che presenta significative analogie con quello esaminato, ha ammessa l'applicabilit del medesimo principio anche in relazione a leggi di riorganizzazione generale di un certo settore che comportano una ridefinizione sul piano nazionale del numero degli uffici e, quindi, una potenziale alterazione della ripartizione dei posti stabilita nelle tabelle annesse alle citate norme di attuazione (v. sent. n. 585 del 1989). In altre parole, in mancanza di una chiara manifestazione di volont diretta a escludere l'applicazione del principio della proporzionale etnica, non si pu interpretare una norma vlta a stabilire una disciplina generale come se fosse rivolta a derogare a quel principio. L'applicabilit di quest'ultimo s'impone da s, mentre le modalit e l'estensione di tale applicazione sono stabilite, finch non sono modificate con il procedimento costituzionalmente richiesto, dalle tabelle allegate alle ricordate norme di attuazione e, in particolare, per quanto riguarda gli uffici doganali, dalla Tabella n. 5. E, poich questa prevede tuttora che vi sia un ufficio compartimentale doganale a Bolzano, la norma impugnata, finch la tabella rester in vigore in tali termini, dovr essere interpretata e attuata in modo da escludere che Bolzano resti priva di un ufficio di quel tipo. Questa interpretazione, proprio perch non direttamente contraddetta dalla legge delega impugnata, si impone anche al legislatore delegato, dal momento che non ipotizzabile che quest'ultimo possa validamente derogare a norme di attuazione dello statuto speciale, espressio RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 194 ne di una competenza legislativa atipica il cui ambito precluso alle comuni leggi ordinarie e agli atti a queste equiparati. (omissis) Non fondata la questione di legittimit costituzionale sollevata, per contrasto con gli stessi parametri indicati nel paragrafo n. 4, nei confronti dell'art. 3, primo comma, lett. f), nella parte in cui dispone che sar previsto un ruolo unico del personale addetto ai servizi centrali e periferici del dipartimento . Secondo la ricorrente, tale disposizione violerebbe il principio della proporzionale etnica (art. 89 dello Statuto), come attuato dalla citata Tabella n. 5, in quanto quest'ultima risulterebbe illegittimamente derogata dall'istituzione del ruolo unico nazionale e dalla conseguente eliminazione del ruolo locale stabilito dall'anzidetta tabella. In realt, come ha correttamente sottolineato l'Avvocatura dello Stato, le tabelle allegate al d.P.R. n. 752 del 1976 non prevedono un vero e proprio ruolo locale, cio un particolare inquadramento giuridico-funzionale del personale addetto agli uffici statali siti nella Provincia di Bolzano, ma, seppure quel termine sia contenuto nel d.P.R. n. 752 del 1976, con esso si vuol indicare, piuttosto, le piante organiche locali, vale a dire la distribuzione dei posti di ruolo negli uffici statali della dogana localizzati a Bolzano. Da ci risulta con tutta evidenza che l'istituzione di un ruolo unico nazionale non pu collidere in alcun modo con i parametri invocati. Parimenti infondata la questione di legittimit costituzionale sollevata nei confronti dell'art. 3, primo comma, lett. h), nella parte in cui dispone che saranno previste procedure rapide di copertura dei posti vacanti, anche mediante concorsi basati sulla valutazione di titoli professionali e di cultura, salvi i casi di procedure ulteriormente semplificate previste dalle disposizioni generali sul pubblico impiego . Ad avviso della ricorrente, tale disposizione contrasterebbe con l'articolo 89 dello Statuto, come attuato dagli artt. 12 e segg. del d.P.R. n. 752 del 1976, i quali nello stabilire la disciplina delle procedure concorsuali per la copertura dei posti vacanti nella provincia di Bolzano, non prevederebbero semplicazioni o abbreviazioni delle procedure stesse. Anche in tal caso non pu condividersi l'interpretazione che delle norme di attuazione fornisce la ricorrente, poich tali norme pongono alcune prescrizioni a salvaguardia de1la proporzionale etnica e della peculiarit dell'autonomia di Bolzano senza precludere l'applicabilit nella stessa provincia di procedure concorsuali semplificate o abbreviate. Naturalmente resta fermo, come ha ammesso la stessa Avvocatura dello Stato, che anche a queste ultime procedure si applicano le norme particolari predisposte, a tutela della proporzionale etnica, dagli artt. 12 e segg. del d.P.R. n. 752 del 1976. (omissis) SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, sez. 6a, 23 novembre 1989, nella causa C-150/88 -Pres. Kakouris -Avv. Gen. Darmon Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Landgericht di Colonia nella causa fra la Ditta Eau de Cologne e Parfiimerie-Fabrik Glockengasse n. 4711 KG e la Soc. Provide -Interv.: Governi spagnolo (avv. Rosario Silva de Lapuerta) e italiano (avv. Stato Braguglia) e Commissione delle C.E. (ag. Sack). Comunit europee Competenza della Corte di giustizia Rinvio pregiudiziale da parte di giudice nazionale Compatibilit con il diritto comunitario di norme di uno Stato membro diverso da quello del giudice del rinvio. (Trattato CEE, art. 177). Comunit europee Prodotti cosmetici Ravvicinamento delle legisla zioni Etichettatura. (Direttiva CEE del Consiglio 27 luglio 1976, n. 76/768, art. 6; legge italiana 11 ottobre 1986, n. 713, art. 8). La Corte di giustizia delle Comunit europee, adita da un giudice nazionale ai sensi dell'art. 177 del Trattato CEE, se deve risolvere questioni miranti a consentire al giudice nazionale di valutare la conformit con il diritto comunitario di disposizioni nazionali, pu fornire gli elementi interpretativi del diritto comunitario che consentiranno al giudice nazionale di pronunciarsi sul problema giuridico di cui investito: lo stesso avviene allorch si deve valutare la compatibilit con il diritto comunitario di norme di uno Stato membro diverso da quello del giudice del rinvio (1). L'art. 6, n. 2, della direttiva del Consiglio n. 76/768, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai prodotti cosmetici, osta a che una disciplina nazionale prescriva l'indicazione dei dati qualitativi e quantitativi delle sostanze menzionate sull'imballaggio, nella pubblicit e nella denominazione dei prodotti cosmetici contemplati nella direttiva. L'art. 6, n. 1, lett. a) della direttiva medesima vieta ad uno Stato membro di prescrivere, per i prodotti cosmetici importati, fab (1) La sentenza deMito in legge, con modificazioni, con legge 28 febbraio 1990, n. 36, contenente norme urigenti in materia di asilo poli1lico, di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari e di regolarizzazione dei dtta.dini extracomunitari ed apo.I.idi gi presenti nel territorio dello Stato, stavo abrogato, fra l'ailtro, l'art. 142 del T. U. di pubblica sicurezza approvato con r.d. 18 g~ugino 1933, n. 773, che disponeva, appunto, l'obbMgo per tutti gLi stran:ieri dii presen1laJl.isi entro tre giorni dal loro ingresso nel territorio deMo Stato amautorit di p.s. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 203 bera circolazione l'obbligo, munito di sanzione penale in caso di inosservanza, di effettuare una dichiarazione di soggiorno entro tre giorni dall'ingresso nel territorio, sia compatibile con le norme del diritto comunitario relative alla libera circolazione delle persone. 6. -Nella sentenza 7 luglio 1976 (causa 118/75, Watson e Belmann, Racc. pag. 1185), la Corte ha gi deciso che il diritto comunitario, pur proclamando la libert di circolazione delle persone ed attribuendo ai singoli che rientrano nella sua sfera di applicazione il diritto di poter accedere al territorio degli Stati membri, per uno scopo contemplato dal Trattato, non aveva soppresso la competenza di questi Stati a prendere i provvedimenti atti a consentire di essere costantemente e tempestivamente informati circa i movimenti della popolazione sul loro territorio. 7. -La Corte ha ricordato che, a norma dell'art. 8, n. 2, della direttiva del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 68/360, relativa alla soppressione delle restrizioni al trasferimento e al soggiorno dei lavoratori degli Stati membri e delle loro famiglie all'interno della Comunit (G. U. n. L 257, pag. 13), e dell'art. 4, n. 2, della direttiva del Consiglio 21 maggio 1973, n. 63/148, relativa alla soppressione delle restrizioni al trasferimento e al soggiorno dei cittadini degli Stati membri all'interno della Comunit in materia di stabilimento e di prestazione di servizi (G. U. n. L 172, pag. 14), le autorit competenti degli Stati membri possono prescrivere, per i cittadini degli altri Stati membri, l'obbligo di denunciare la loro presenza alle autorit dello Stato in cui si trovano. 8. -La Corte ne ha tratto la conseguenza che detto obbligo non co stituisce, di per s, una violazione delle norme sulla libera circolazione delle persone. Essa ha tuttavia rilevato che una violazione di queste norme potrebbe risultare dalle formalit di legge, qualora esse siano concepite in modo da limitare la libert di circolazione voluta dal Trattato o il diritto, conferito ai cittadini degli Stati membri, di recarsi e di soggior nare nel territorio di qualsiasi altro Stato membro, per gli scopi contemplati dal diritto comunitario (sentenza 7 luglio 1976, cit., punto 18 della motivazione). 9. -Risulta dalla stessa sentenza che ci avviene in particolare qualora il termine imposto per la dichiarazione di ingresso degli stranieri non sia contenuto entro limiti ragionevoli e qualora le sanzioni comminate per l'inosservanza di tale obbligo siano sproporzionate rispetto alla gravit dell'infrazione. 204 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 10. -Va rilevato a tal proposito che il termine di tre giorni cui fa riferimento la questione pregiudiziale appare eccessivamente costrittivo, tenuto conto della necessit, per gli interessati, di disporre di un periodo di tempo sufficiente per spostarsi dalla frontiera fino al luogo di destinazione nonch per informarsi circa l'autorit competente e le formalit amministrative richieste. 11. -L'imposizione di un tale termine non appare indispensabile per tutelare l'interesse dello Stato ospitante ad essere esattamente informato dei movimenti della popolazione nel territorio. Infatti, niente consente di supporre che tale interesse sarebbe compromesso qualora venisse concesso un termine pi lungo. Questa valutazione d'altronde confermata dal fatto che la maggioranza degli Stati membri della Comunit i quali impongono un obbligo analogo accordano ag1i interessati termini notevolmente pi lunghi. 12. -Ne consegue che il termine di tre giorni non pu essere considerato contenuto entro limiti ragionevoli. 13. -Per quanto riguarda le sanzioni dell'arresto o dell'ammenda comminate in caso di inosservanza deHa normativa di cui trattasi, occorre osservare che non ammissibile alcuna sanzione in quanto il termine imposto per effettuare la dichiarazione di soggiorno non ragionevole. 14. -D'altra parte, occorre aggiungere che, come la Corte ha gi ritenuto nella sentenza 3 luglio 1980 (causa 157/79, Pieck, Racc. pag. 2171, punto 19 della motivazione) in merito all'inosservanza di formalit richieste per l'accertamento del diritto di soggiorno di un lavoratore tutelato dal diritto comunitario, ben vero che le autorit nazionali hanno facolt di comminare, per l'inosservanza di tali disposizioni, penalit analoghe a quelle previste per le infrazioni minori contemplate dal diritto nazionale, ma che ingiustificato comminare una sanzione sproporzionata che creerebbe uno ostacolo alla libera circolazione dei lavoratori. Ci avviene in particolare nel caso di pena detentiva. 15. -Occorre quindi rispondere al giudice nazionale nel senso che il comportamento di uno Stato membro il quale imponga a cittadini degli altri Stati membri che esevcitano il diritto alla libera circolazione l'obbligo, munito di sanzione penale in caso di inosservanza, di effettuare una dichiarazione di soggiomo entro tre giorni a decorrere dall'ingresso nel territorio, non compatibile con le norme del diritto comunitario relative alla libera circolazione delle persone. (omissis) PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 205 CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, 5a sez., 10 gennaio 1990, nella causa C-115/88 -Pres. Slynn -Avv. Gen. Mischo -Do manda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Cour d'appel di Aix-en-Provence nella causa Reichert contro Dresdner Bank -Interv.: Governi francese (ag. Rgis de Gouttes e Geraud de Bergues), tedesco (ag. Bohmer), britannico (ag. Gensmantel e Carpenter) e italiano (avv. Stato Fiumara) e Commissione delle C.E. (ag. Kremlis). Comunit europee -Convenzione cli Bruxelles 27 settembre 1968 sulla competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale -Azione pauliana -Donazione di beni immobili in nuda propriet. (Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968, ratificata e resa esecutiva in Italia con legge 21 giugno 1971, n. 804, art. 16). Non appartiene al campo di applicazione dell'art. 16, punto 1, della Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968, sulla competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, l'azione che, intentata da un creditore, tende a rendere non opponibile nei suoi confronti un atto di disposizione relativo ad un diritto reale immobiliare che egli sostenga essere stato concluso dal suo debitore in frode ai suoi diritti (1). (omissis) 1. -Con sentenza del 18 novembre 1987, pe:i;venuta alla Corte 1'11 aprile 1988, la Cour d'appel di Aix-en-i>rovence ha posto, in (1) Forum rei sitae e actio pauliana nella Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968 sulla competenza giurisdizionale. L'art. 16, comma l, n. 1, della Convenzione dli Bruxelles 27 settembre 1968 sulla competenza girurwsdizionaile e l'esecuzione delle decisioru in materia civile e commerciale oospone che illldipendenuemente dai domicilio, l,lanno competenza esclusiva in materia di cbimitti rwli immobiiliari e di contTatti. d'affitto d'1immobHi i giudliJci deilio Stato oontrarote in cui l'immobile si trova . L relazione Jenard alla conveinzione (in G.U.C.E. n. C/59, sub art. 16, pag. 35). ha precisato che tale norma, la quale generaillizza quelle c9rrispondenti in vdgore partioo1armente in ItaHa (airtt. 4 e 21 cod. proc. civ.) e nella Repubblica federale di Germania (art. 24 cod. proc. civ.), giustificata dal fatto che le oontroverSlie in essa ccmtempfa,te comportano in modo frequente accertamenti, indago e perime che dovil"anno esseil"e effettuati sul posto e che la materia inoltre spesso sottoposta in parte ad usi che Sono cnosciuti in genere so1o dagli organi giUil"1sdi:Monali del lruogo, o quantomeno del paese in cui l'iimmobile sito. La norma, per quanto attiene ai diritti reald immcr bmari , comprOOJde tutte le coilltroverisie ohe abbiano per oggento diritti reali su beni immobili . La relazione Schlosser alla convenzi0111e di adesione del Regno di Dani marca, dell'Irlanda e del Regno Univo di Gmn Bretagna e Irlanda del Nord 4 ..,~,........... 206 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO virt del protocollo del 3 giugno 1971, relativo all'interpretazione da parte della Corte di giustizia della Convenzione del 27 settembre 1968 sulla competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (in prosieguo: la Convenzione), una questione pregiudiziale relativa all'interpretazione dell'art. 16, punto 1, della Convenzione. 2. -Tale questione stata sollevata nell'ambito di una lite fra i coniugi Reichert ed il loro figlio, il sig. Mario Peter Antonio Reichert, da una parte, e la societ Dresdner Bank, dall'altra. 3. -I coniugi Reichert, che risiedono nella Repubblica federale di Germania, sono proprietari di beni immobili, situati nel territorio del comune di Antibes (Francia, dipartimento delle Alpi Marittime), dei quali hanno donato la nuda propriet al loro figlio Mario Reichert con rogito notarile redatto a Creutzwald (Francia, dipartimento della Mosella). La donazione stata impugnata dalla societ Dresdner Bank, creditrice dei coniugi Reichert, davanti al Tribunal de grande instance di Grasse, nella cui circoscrizione si trovano i beni in lite, sulla base dell'art. 1167 del codice civile francese, a termini del quale i creditori possono, in loro nome personale, impugnare gli atti compiuti dal loro debitore in frode ai loro diritti; tale articolo costituisce la base per l'azione cosiddetta pauliana . (loc. oit., pag. 120, 162 e segg.), nel dar conto delle ragioni deMa conferma della normativa sul punto d:eiLla convenzione originaria malgrado la diversit degli istituti giuridici dei nuovi Stati membri, ritli.ene cli poter tranquililamente affermare (cfr. in particolare il 171 in fondo) che l'art. 16 n. 1 non sia applicabile nel caso di azioni pevsonaii che pur riguardano immobili. E in effetti appare ch:iairo che la norma in questione (cos come 1a norma italiana che l'ha in parte ispdrata: art. 21 cod. proc. civ.: cfr., fra le pi recenti, le sentenze dehla Corte suprema 4560/85, 4541/85, 5402/81, 3987/&l, 4444/80) riguarda solo le azioni .reali imrmobiJ;i,ami. e non anche quelle pe11sonalii, anche se relative ad immobili, che non hrumo come causa petendi la propriet o un diritto reale (ad esempio, azioni dli siimulazione, dli ri:soluzdone, di rescissione di con tratti di vendita di immobH:i, ecc.). Per arve11Si la competenza esclusiva del giudice del luogo in cui sii.to l'immobile non sufficiente che la domar1da attrice abbia relazione, sia pure immedli011:a e dda:etta, con un immob:ile, ma occorre che si tratti di causa che possa veramente e rigorosamein:te consideravsi relativa a dlinitti reali su beini immobili. Una taJ.e limitazione dem'ambtl>to di applicazione della norma in parola, oltre che co11dspondere al seDJso e alila port:ata deihle conri:spondeDJti norme nazionali ohe l'hrumo rspirata, trova precisa oonrfevma nella letteva del testo, che pallia appunto di diritti reali fu:mnobiliari (e non di cause relative a i'ARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 207 4. -Il Tribunal de grande instance di Grasse, con sentenza 20 febbraio 1987, ha riconosciuto la propria competenza, che era contestata dai coniugi Reichert e si fondato a questo fine sull'art. 16, punto 1, della Convenzione, in virt del quale indipendentemente dal domicilio, hanno competenza esclusiva in materia di diritti reali immobiliari... i giudici dello Stato contraente in cui si trova l'immobile. 5. -I coniugi Reichert hanno impugnato la sentenza contestando la competenza del tribunale davanti alla Cour d'appel di Aix-en-Provence, che ha decis9 di sospendere il procedimento ed ha sottoposto alla Corte la seguente questione: Se la Convenzione di Bruxelles, disponendo che in materia di diritti reali immobiliari e di contratti di affitto d'immobili sono esclusivamente competenti i giudici dello Stato contraente in cui l'immobile si trova, abbia inteso stabilire una norma sulla competenza, senza alcun riferimento alla classificazione delle azioni in azioni personali, azioni reali e azioni miste, prendendo in considerazione unicamente la sostanza del diritto, cio la natura dei diritti di cui trattasi, di modo che la norma sulla competenza cos stabilita consenta al creditore il quale impugni gli atti del debitore lesivi dei suoi diritti, nella fattispecie una donazione di diritti reali immobiliari, di adire il giudice dello Stato contraente in cui l'immobile si trova . immobili), e nelila ratio che ne costituisce fil fond:amento, che queJJla -segna lata gi nella relamone Jenard -di rendere pi agevold gli incombenti in loco e concretamente applicabiH gli usi del posto (cfr., gi prima, le sentenze della Corte citate in motivazione, 14 dicembre 1977, nella causa 73/76, SANDERS, in Racc. 1977, 2383 e 15 gennaio 1985, nella causa 241/83, RisLER, in questa Rassegna, 1985, I, 392, con nota), esigenze queste che si riscontrano solo per le azioni strettamente reali e non a.I11Che, in genere, per le azioni in cui il 11iferi mento all'rimmobiie meramente inddentaJ.e, come avviene per le azioni personald. L"amone revocatoria richiao:nata dal. giudice del rinvio, strutituraJmente comune a tutti gli ol'dinamentd giuridlici (actio pauliana), certamente una azione pe11sonale. Essa, avendo di mdl'a fa oonservamone dclii.a garanzia del patrimonio del debitore, tende a f.ar dichiaJI"are l'ineffiioacia relativa di deter minati atti di dii:sposizione del debitore e si concreta quind~ non ne!Ma paralisi degli effetti tipici dell'atto ctisposi1:rivo del patttiimonio del medesimo, ma nella inidloneit dell'atto stesso a spezzan"e il v.incolo che lega il bene che ne oggetto alla sua natura!le desHnamone aI soddi:sfa:cimento dei creditori del disponente. Essa, quindi, non riguardando un diritto reale immobiMare, non rientra certa mente nel campo di applica:1lone de1l'a11t. 16 n. 1 della convenmone di Bruxelles. OSCAR FIUMARA RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 6. -Per .una pi ampia esposizione degli antefatti della causa princip<\ le, dello svolgimento del procedimento e delle osservazioni presentate davanti alla Corte, si rinvia alla relazione d'udienza. Questi elementi del fascicolo sono ricltiamati pi avanti solo nella misura necessaria alla comprensione del ragionamento della Corte. 7. -Risulta dai termini stessi della questione posta, come dai motivi accolti nella sentenza della Cour d'appel di Aix-en-Provence che quesfultima desidera sapere se rientra nella sfera di applicazione dell'art. 16, punto 1, della Convenzione il caso in cui, per mezzo di un'azione prevista da un ordine giuridico nazionale, nella fattispecie l'azione pauliana del diritto francese, un creditore impugna una donazione d'immobile che considera effettuata dal suo debitore in frode ai suoi diritti. 8. -Appare innanzitutto evidente che, onde garantire, nella misura del possibile, la parit e l'uniformit dei diritti e degli obblighi che derivano dalla Convenzione per gli Stati contraenti e le persone interessate, occorre determinare in maniera autonoma, in diritto comunitario, la portata dell'espressione in materia di diritti reali immobiliari, come la Corte ha d'altronde gi fatto, a proposito di altri criteri di competenza esclusiva prevista dall'art. 16, nelle sue sentenze 14 dicembre 1977, d Sanders/Van der Putte (causa 73/77, Racc. pag. 2383, nozione di affitto d'immobili , art. 16, punto 1) e 15 novembre. 1983, Duijnstee/Lodewijk Goderbauer (causa 288/82, Racc. pag. 3663, nozione di lite in materia di registrazione o di validit di brevetti, art. 16, punto 4). 9. -In secondo luogo, occorre rilevare che, conformemente a quanto la Corte ha gi statuito, l'art.. 16 non dev'essere interpretato in senso pi largo di quanto non richieda la finalit da esso perseguita, dal momento che ha per effetto di privare le parti della scelta che altrimenti spetterebbe loro, del foi;-o competente, e, in taluni casi, di portarle davanti ad un giudice che non quello proprio del domicilio di alcuna di esse (sentenza 14 dicembre 1977, Sanders/Van der Putte, precitata). 10. -Sotto questo aspetto, bisogna considerare che la ragione essenziale della competenza esclusiva attribuita ai giudici dello Stato contraente in cui si trova l'immobile data dalla circostanza che tali giudici sono quelli meglio in grado, vista la prossimit, di avere una buona conoscenza delle situazioni di fatto e di applicare le norme ed usi particolari che sono, nella generalit dei casi, quelli dello Stato di ubicazione del'immobile (sentenze 14 dicembre 1977, Sanders/Van der Putte, precitata e 15 gennaio 1985, Rosler/Rottwinkel, causa 241/83, Racc. pag. 99). PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 209 11. -In queste condizioni, l'art. 16, punto 1, deve interpretarsi nel senso che la competenza esclusiva dei giudici dello Stato contraente ove si trova l'immobile rion ingloba il complesso delle azioni che si riferiscono ai diritti reali immobiliari, ma solo quelle che, al tempo stesso, rientrano nel campo di applicazione della Convenzione di Bruxelles e tendono a determinare l'estensione, la consistenza, la propriet, il possesso di beni immobili o l'esistenza di altri diritti reali su tali beni e ad assicurare ai titolari di questi diritti la protezione delle prerogative derivanti dal loro titolo. 12. -Ora l'azione detta pauliana ha il suo fondamento nel diritto di credito, diritto personale del creditore nei confronti del debitore, e mira a proteggere il diritto di garanzia di cui il primo pu disporre sul patrimonio del secondo. Se essa ha successo, la sua conseguenza di rendere inopponibile al solo creditore l'atto di disposizione stipulato dal debitore in frode ai diritti del primo. Inoltre, il suo esame non richiede la valutazione di fatti n l'applicazione di norme ed usi del luogo di ubicazione del bene che possano giustificare la competenza di un giudice dello Stato nel quale si trova l'immobile. 13. -Infine, se le norme relative alla pubblicit fondiaria in vigore in cerri Stati membri esigono che siano rese pubbliche le azioni giudiziarie tendenti alla revoca o alla dichiarazione d'inopponibilit a terzi degli atti relativi ai diritti soggetti a tale forma d pubblicit, nonch le decisioni giudiziarie pronunciate in seguito alle azioni medesime, questa circostanza non basta da sola per giustificare la competenza esclusiva dei giudici dello Stato contraente ove l'immobile oggetto di quei diritti ubicato. In effetti, la protezione giuridica dei terzi che all'origine di tali norme di diritto nazionale pu essere garantita, in caso di bisogno, dalla pubblicazione secondo le forme e nel luogo previsti dalla legge dello Stato contraente ove si trova l'immobile. 14. -Ne risulta che l'azione, esperita da un creditore contro un contratto di vendita d'immobile concluso dal suo debitore o una donazione effettuata da quest'ultimo, non rientra nel campo di applicazione dell'art. 16, punto 1. 15. -Occorre quindi risolvere la questione posta dalla Cour d'appel di Aix-en-Provence nel senso che non appartiene al campo di applicazione dell'art. 16, punto 1, della Convenzione l'azione che, intentata da un creditore, tende a rendere non opponibile nei suoi confronti un atto di disposizione relativo ad un diritto reale immobiliare che egli sostenga essere stato concluso dal suo debitore in frode ai suoi diritti. (omissis) .,....,....,,...... ~.~ 210 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, 3a sez., 27 marzo 1990, nella causa C-315/88 -Pres. Zuleeg -Avv. Gen. Mischo -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Pretura di Frascati in processo penale contro A. Bagli Pennacchiotti -Interv.: Governi italiano (avv. Stato Braguglia) e spagnolo (avv. Conde de Saro e R. Garcia Valdecasas) e Commissione delle C.E. (ag. Prozzillo, De March e Borchardt). Comunit europee -Organizzazione comune del mercato vitivinicolo Vinificazione dei vini VQPRD e VSQPRD. (Reg. CEE del Consiglio 5 febbraio 1979, n. 338, e 16 marzo 1987, n. 823; reg. CEE della Commissione 25 agosto 1970, n. 1698; cod. pen. italiano, art. 515; d.P.R. 12 luglio 1963, n. 290). Il regolamento (CEE) del Consiglio 16 marzo 1987, n. 823, contenente disposizioni particolari per i vini di qualit prodotti in regioni determinate cos come il precedente regolamento (CEE) del Consiglio 5 febbraio 1979, n. 338, debbono essere interpretati nel senso che impongono che tutte le operazioni o tutti gli immagazzinamenti relativi a prodotti in corso di vinificazione che non hanno ancora acquisito la qualit di VQPRD o di VSQPRD abbiano luogo all'interno della regione determinata di produzione, mentre gli Stati membri possono derogare a tale regola solo nei limiti e alle condizioni stabilite dagli artt. 6, n. 2, di detti regolamenti e dal regolamento della Commissione 25 agosto 1970, n. 1698, relativo a deroghe concernenti l'elaborazione dei vini di qualit prodotti in regioni determinate (1). (omissis) 1. -Con ordinanza 21 settembre 1988, pervenuta in cancelleria il 27 ottobre successivo, il Pretore di Frascati ha sottoposto a questa Corte, a norma dell'art. i77 del Trattato CEE, una questione pregiudiziale vertente sull'interpretazione delle norme comunitarie sui vini di qualit prodotti in regioni determinate e sulle condizioni in base a cui gli Stati membri possono autorizzare il trasferimento di detti vini, in corso di elaborazione, al di fuori delle regioni di produzione. 2. -Tale questione stata sollevata nell'ambito di un procedimento penale a carico del sig. A. Bagli Pennacchiotti, presidente di una cantina cooperativa a Monte Porzio, nel Lazio, in Italia. 3. -L'azienda da costui diretta avrebbe vinificato 1495 ettolitri di vino Frascati, in un deposito sito al di fuori della regione determinata di produzione di detto vino. Per questi fatti, accertati nel corso del 1987, jl sig. A. Bagli Pennacchiotti viene penalmente perseguito a norma del( 1) Soluzione conforme a quella proposta dal Governo italiano. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 211 l'art. 515 del codice penale suHa frode in commercio e dell'art. 28 del d.P.R. 12 luglio 1963, n. 930, che punisce chiunque produce, vende, pone in vendita o comunque distribuisce per il consumo con denominazione di origine controllata o controllata e garantita vini che non hanno i requisiti richiesti per l'uso di tali denominazioni ( ... ) . 4. -Dinanzi al Pretore di Frascati, l'imputato ha sostenuto che nella normativa italiana esistevano norme discordanti circa le condizioni in base a cui i vini in corso di vinificazione potevano essere trasferiti al di fuori delle rispettive regioni determinate di produzione e ha chiesto che venisse adita la Corte di giustizia delle Comunit Europee perch fosse precisato se il regolamento (CEE) del Consiglio 16 marzo 1987, n. 822, relativo all'organizzazione comune del mercato vitivinicolo (G.U. n~ L 84, pag. 1) autorizzi gli Stati membri a emanare discipline interne che consentano siffatti trasferimenti. 5. -In tali circostanze, il Pretore di Frascati ha deciso di sospendere il procedimento sino alla pronuncia della Corte di giustizia sulla seguente questione pregiudiziale: Se le attribuzioni conferite agli Stati membri dal regolamento numero 822/87 relativamente ai trasferimenti ed ai limiti territoriali ,di vinificazione comportino un mero divieto ovvero facolt di discipline differenziate mediante provvedimenti de11o Stato membro . 6. -Per una pi ampia esposizione dei fatti relativi alla causa principale, della normativa comunitaria applicabile, cos come delle osservazioni scritte presentate alla Corte, si fa rinvio alla relazione d'udienza. Questi elementi del fascicolo sono richiamati solo nella misura necessaria alla comprensione del ragionamento della Corte. 7. -La questione sollevata dal giudice nazionale diretta, in sostanza, a sapere se la normativa comunitaria da applicare ai vini di qualit prodotti in regioni determinate vieti sic et simpliciter qualsiasi trasferimento dei prodotti in corso di vinificazione all'esterno delle regioni determinate di produzione dei vini, o, al contrario, autorizzi gli Stati membri a emanare discipline nazionali che, a determinate condizioni, consentano siffatti trasferimenti. 8. -Come rileva la Commissione nelle sue osservazioni scritte presentate alla Corte, il vino Frascati un vino classificato come vino di qualit prodotto in regioni determinate (VQPRD) o vino spumante di qualit prodotto in regioni determinate (VSQPRD). Poich negli atti mancano elementi che permettano di circoscrivere con certezza l'ambito della questione sollevata dal giudice a quo ad una soltanto di dette due categorie di vini, al fine di statuire sul presente rinvio pregiudiziale occorre 212 RASSEGNA DEU..'AVVOCATURA DELLO STATO interpretare le disposizioni comunitarie da applicare ai VQPRD e ai VSQPRD. 9. -Il regolamento del Consiglio n. 822/87 sul quale espressamente verte la questione pregiudiziale non contiene di per s alcuna disposizione sulla localizzazione delle operazioni di vinificazione. Contrariamente a quanto sostiene l'imputato nella causa principale, le disposizioni dell'art. 15 e dell'allegato VI di detto regolamento riguardano esclusivamente la definizione delle pratiche e dei trattamenti enologici autorizzati e non possono essere interpretate nel senso di autorizzare un qualunque trasferimento dei prodotti in corso di vinificazione al di fuori dei confini della regione determinata di produzione. 10. -Tuttavia, per fornire una soluzione utile al giudice che le ha sottoposto una questione pregiudiziale, la Corte pu essere indotta a prendere in considerazione norme di diritto comunitario alle quali il giudice nazionale non ha fatto riforimento nel formulare la questione (sentenza 20 marzo 1986, causa 35/85, Tissier, Racc. pag. 1207). Per contro, spetta al giudice nazionale decidere se la norma comunitaria, cos come interpretata dalla Corte in forza dell'art. 177, si applichi o no al caso sottoposto alla sua valutazione. 11. -A questo proposito, la Commissione e i Governi italiano e spagnolo sostengono, correttamente, che il regolamento atto a fornire una soluzione utile alla questione pregiudiziale sollevata il regolamento (CEE) del Consiglio 16 marzo 1987, n. 823, che stabilisce disposizioni particolari per i vini di qualit prodotti in regioni determinate (G.U. n. L 84, pag. 59), tra i quali rientrano i VSQPRD. Questo regolamento ha sostituito, a partire dal 1 aprile 1987, il regolamento (CEE) del Consiglio 5 febbraio 1979, n. 338 (G U. n. L 54, pag. 48), che, rispetto alla questione sollevata, conteneva disposizioni identiche. 12. -Il regolamento n. 823/87 stato successivamente modificato dal regolamento (CEE) del Consiglio 19 giugno 1989, n. 2043 (G.U. n. L 202, pag. 1). Inoltre le disposizioni relative alla localizzazione delle operazioni di vinificazione dei VSQPRD, dopo la sua modifica ad opera del regolamento (CEE) del Consiglio 19 giugno 1989, n. 2044 (G.U. n. L 202, pag. 8), sono contenute nel regolamento (CEE) del Consiglio 5 febbraio 1979, n. 358, relativo ai vini spumanti prodotti nella Comunit (G.U. n. L 54, pag. 130). Poich tali modifiche sono entrate in vigore solo il 1 settembre 1989 -cio successivamente all'ordinanza del pretore di Frascati e, .quindi; dopo i fatti a seguito dei quali stato promosso il procedimento penale a carico del sig. A. Bagli Pennacchiotti dinanzi al giudice italiano --', di esse non si deve tener conto ai fini della soluzione della questione pregiudiziale sottoposta alla Corte. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 13. -Dagli artt. 3, n. 1, del regolamento n. 823/87 e del precedente regolamento n. 338/79 emerge che i VQPRD e i VSQPRD sono prodotti in un'area o in un complesso di aree viticole denominate regione determinata . 14. -Il n. 2 dei medesimi articoli dispone: Ciascuna regione determinata forma oggetto di una delimitazione precisa, per quanto possibile in base alla parcella o all'appezzamento vitato. Tale delimitazione che effettuata da ciascuno degli Stati membri interessati tiene conto degli elementi che contribuiscono alla qualit dei vini prodotti in detta regione e in particolare della natura del terreno e del sottosuolo, del clima e della situazione delle parcelle e degli appezzamenti vitati . 15. -Per quanto riguarda la localizzazione delle operazioni di vm1ficazione rispetto alle regioni determinate di produzione, gli artt. 6, n. 2, del regolamento n. 823/87 e del precedente regolamento n'. 338/79 hanno posto la regola secondo la quale la trasformazione delle uve in mosti e del mosto in VQPRD, come pure la vinificazione dei VSQPRD dovrebbero, in linea di massima, aver luogo solo all'interno della regione determinata. Come emerge dalla motivazione del regolamento n. 823/87, questa regola stata emanata allo scopo di conservare il carattere tipico dell'origine di ciascun vino e nell'intento di agevolare il compito dei servizi di controllo. 16. -Le medesime disposizioni ammettono tuttavia, in deroga alla regola precedentemente posta, che le operazioni di vinificazione possono aver luogo all'esterno della regione determinata: a) se la legislazione dello Stato membro nel cui territorio le uve sono state raccolte lo autorizza e b) se garantito un controllo della produzione. 17. -Le condizioni alle quali gli Stati membri possono, su questa base, autorizzare deroghe, debbono essere stabilite conformemente al n. 3 degli artt. 6 del regolamento n. 823/87 e del precedente regolamento n. 338/79, dalla Commissione o, se del caso, dal Consiglio, secondo la procedura detta del comitato di gestione, definita, per l'applicazione di ciascuno di questi regolamenti, dall'art. 83 del regolamento n. 822/87 e dall'art. 67 del regolamento (CEE) del Consiglio 5 febbraio 1979, n. 337, relativo all'organizzazione del mercato vitivinicolo (G.U. n. L 54, pag. 1). 18. -Nessun regolamento di applicazione stato emanato sulla base delle dette disposizioni. Le condizioni in base a cui gli 'Stati membri possono derogare alla regola della localizzazione delle operazioni di 214 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO vinificazione all'interno delle regioni determinate sono, per contro, precisate nel regolamento (CEE) della Commissione 25 agosto 1970, n. 1698, relativo a deroghe concernenti l'elaborazione dei vini di qualit prodotti in regioni determinate (G.U. n. L 190, pag. 4). 19. -Il regolamento n. 1698/ 70 stato adottato sulla base dell'art. 5, n. 2, del regolamento (CEE) del Consiglio 28 aprile 1970, n. 817, che stabilisce disposizioni particolari relative ai vini di qualit prodotti in regioni determinate (G.U. n. L 99, pag. 20), abrogato con regolamento n. 338/79. 20. -Il disposto dell'art. 5, n. 2, del regolamento n. 817/70 identico nella sostanza a quello degli artt. 6, n. 2, dei regolamenti nn. 823/87 e 338/79. Il regolamento n. 1698/70 stato predisposto secondo una procedura identica a quella contemplata dai detti regolamenti. Infine, nulla consente di rilevare una discordanza tra le disposizioni del regolamento n. 1698/70 pertinenti al caso di specie e norme comunitarie successive. 21. -Ci considerato, il regolamento n. 1698/70 deve essere ritenuto pertinente e va considerato come l'atto normativo che dispone le modalit di applicazione dell'art. 6, n. 2, del regolamento n. 823/87, finch non sar intervenuto un nuovo atto normativo, o, se del caso, dell'art. 6, n. 2, del preI cedente regolamento n. 338/79. I 22. -Si deve precisare che il regolamento n. 1698/70 stato emanato quando i VSQPRD non costituivano una categoria di vini distinta dai VQPRD. Va pertanto riconosciuto che le disposizioni di questo regolamenI to si applicano indistintamente ai VQPRD e ai VSQPRD. I fil 23. -Dal regolamento n. 1698/70 risulta che le deroghe che possono I ~ essere concesse dagli Stati membri sono subordinate a condizioni molti to severe. Da una parte, le operazioni di vinificazione possono aver luogo all'esterno della regione determinata solo dietro autorizzazione dell'ente competente dello Stato membro produttore e possono essere effettuate solo in uno stabilimento del vinificatore situato nelle immediate vicinanze della regione determinata; d'altra parte, le uve e i mosti destinati all'elaborazione dei VQPRD e dei VSQPRD debbono essere conservati separatamente rispetto alle altre uve e agli altri mosti ed essere facilmente identificabili. Inoltre, le persone fisiche o giuridiche che producono uve o mosti d'uva, cos come quelle che li trasformano in vino, debbono tenere dei registri da cui risultino con precisione i movimenti dei prodotti. lnfine, lo Stato membro interessato deve garantire un controllo di dette operazioni. 24. -Gli Stati membri possono, di conseguenza,. derogare alla regola stabilita dagli artt. 6, n. 2, del regolamento n. 823/87 e del precedente PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE regolamento n. 338/79, solo nei limiti in cui la normativa di deroga da essi emanata risponda ai requisiti del regolamento n. 1698/70. 25. -Poich il sig. A. Bagli Pennacchiotti ha distinto, dinanzi alla Corte, le operazioni di vinificazione dal semplice immagazzinamento, va precisato che gli artt. 6 dei regolamenti nn. 823/87 e 338/79 e del regolamento n. 1698/70 sarebbero resi praticamente inefficaci se fossero interpretati nel senso che non si applicano all'immagazzinamento dei prodotti in corso di vinificazione. La libert di immagazzinare prodotti all'esterno delle regioni determinate, che una simile interpretazione implicherebbe, non consentirebbe pi di controllare l'autenticit dei vini considerati e si porrebbe contro lo scopo perseguito. Inoltre, tale interpretazione violerebbe l'art. 3 del regolamento n. 1698/70, che disciplina le condizioni per l'immagazzinamento all'esterno delle regioni determinate di produzione. 26. -Le sopracitate disposizioni debbono pertanto essere interpretate nel senso che si applicano all'insieme delle operazioni, immagazzinamento compreso, riguardanti i prodotti in corso di vinificazione che non hanno ancora acquisito la qualit di VQPRD o di VSQPRD. 27. -Si deve pertanto risolvere la questione pregiudiziale sollevata dichiarando che il regolamento (CEE) del Consiglio 16 marzo 1987, n. 823, contenente disposizioni particolari per i vini di qualit prodotti in regioni determinate, cos come il precedente regolamento (CEE) del Consiglio 5 febbraio 1979, n. 338, debbono essere interpretati nel senso che impongono che tutte le operazioni o tutti gli immagazzinamenti relativi a prodotti in corso di vinificazione che non hanno ancora acquisito la qualit di VQPRD o di VSQPRD abbiano luogo all'interno della regione determinata di produzione, mentre gli Stati membri possono derogare a tale regola solo nei limiti e alle condizfoni stabilite dagli artt. 6, n. 2, di detti regolamenti e dal regolamento della Commissione 25 agosto 1970, n. 1698, relativo a deroghe concernenti l'elaborazione dei vini di qualit prodotti in regioni determinate (omissis). SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 14 febbraio 1990, n. 1102 -Pres. Zucconi Galli Fonseca -Rel. Senese -P. M. Di Renzo -S.p.A. Editrice La Stampa (avv. Pace e Pastore) nonch Federazione Italiana Editori di giornali (avv. Pace) c. Consiglio Nazionale dell'Ordine dei giornalisti (avv. Scoca), Ministero di Grazia e giustizia (avv. Stato Ferri), Solavaggione Sergio (avv. Agostini). Stampa -Tele-cine-foto operatori Iscrizione nel registro dei giornalisti Ricorso dell'editore di giornale contro il regolamento e le delibere di iscrizione in quanto atti applicativi Giurisdizione amministrativa. Stampa Tele-cine-foto operatori Iscrizione nel registro dei giornalisti . Interesse dell'editore a non veder modificato il contenuto del rapporto di lavoro Diritto soggettivo. Stampa. Provvedimento di iscrizione nel registro dei giornalisti Impugnazione del terzo Esclusione Questione non manifestamente infondata di costituzionalit. (legge 3 febbraio 1963 n. 69, artt. 60, 62, 63, 64; d.P.R. 191uglio 1976, n. 649, art. l; Cost., artt. 24, 113). Ha natura di interesse legittimo e come tale appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo la situazione giuridica sostanziale dedotta in giudizio dalla Federazione Italiana Editori di giornali e da alcuni edi tori di giornali con l'impugnazione del d.P.R. 19 luglio 1976 n. 649 e relative delibere applicative che, modificando il regolamento di esecuzione della legge 3 febbraio 1963 n. 69 sull'ordinamento della professione di giornalista, consente l'iscrizione dei tele-cine-foto operatori nel registro dei giornalisti (1). (1-3) La sente.ma di primo grado (TAR Lazio 14 setitembre 1981, n. 678), che dichiar neHa fatt1specie la giurisdizione del[ giudice amministriatJivo, pubbLicata in Foro it. 1982, III, 126, mentre la sentenza cassata (Cons. di Stato 16 dicembre 1983, n. 945), che neg la gforisdizione ammirastrati.va affermando che 1a controversia attiene ad uno status priofessionale in relazione al quale gli interessati vantano un di.ritto soggettivo, si legge in Riv. amm. 1984, 163, con nota di !ARIA. Le Se:lliond Unite nel fare il punto su!lila giumsdizfone, analizzano i1 principio del c.d. effetto caduoante deH'annuHamento del regolamento dal quale deriverebbe l'automatico travolgimento deg1i atti applicativi del regolamento PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 217 Ha natura di diritto soggettivo -suscettibile di essere inciso dall'atto amministrativo di iscrizione del lavoratore dipendente nel registro dei giornalisti -l'interesse patrimoniale dell'editore di giornale a non veder modificato il contenuto del rapporto di lavoro a seguito della modifica della natura della prestazione in esso dedotta, con la conseguente modifica della prestazione retributiva (2). Non manifestamente infondata la questione di legittimit costituzionale del combinato disposto degli artt. 1, 26 ss., 60, 62, 63 e 64 legge 3 febbraio 1963, n. 69, in connessione con gli artt. 806 e 819 c.p.c., 19 c.p.p., 28 e 30 r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, 7, 3 comma, legge 6 dicembre 1971, n. 1034, nella parte in cui, letti in correlazione, escludono che il terzo, la cui posizione giuridica sia incisa dal provvedimento di iscrizione nel registro dei giornalisti, possa impugnare (o contestare la legittimit chiedendo la disapplicazione di) tale provvedimento dinanzi ad una qualsiasi istanza giurisdizionale, in relazione agli artt. 24, 1 comma e 113, 2 comma, Cost. (3). (omissis) 4. Giova premettere che, secondo quanto accennato in narrativa, dinanzi al giudice amministrativo sono state proposte due distinte impugnazioni: la prima, avente ad oggetto l'atto regolamentare costituito dal d.P.R. n. 649/1976; la seconda, avente ad oggetto i puntuali provvedimenti d'iscrizione (nonch una serie di atti preparatori facenti parte della serie procedimentale sboccata in tali provvedimenti) di alcuni tele-cine-foto operatori nel registro dei praticanti giornalisti. Le due impugnazioni (o serie d'impugnazioni), ancorch proposte con un unico ricorso cumulativo, erano state nettamente distinte dalla ricorrente societ editrice La Stampa (e dall'interveniente Fieg) tanto nella formulazione del petitum quanto nell'indicazione dei motivi, dei quali, gli ultimi tre si riferiscono esclusivamente a pretesi vizi di legittimit del regolamento, mentre i primi quattro prescindono da tale illegittimit e si appuntano su pretesi vizi del procedimento d'iscrizione, astrattamente rilevanti ex se indipendentemente dalla legittimit dell'atto regolamentare presupposto (iscrizione senza la prescritta dichiarazione del direttore comprovante l'effettivo inizio della pratica; ammissione all'esame di cultura generale in assenza di tale dichiarazione; travisamento di fatti in ordine a tale requisito; iscrizione senza l'effettivo inizio della pratica). annu1lato (nella specie le delibere di iscrizione nel registm dci giornalisti). Sotto1ineando che questa 1a pmma volt!a ohe detto principio viene saggiato riguardo ad atti la cui impugnazione affidata a diversi complessi di giurisdizione, la Corte afferma che :iJl principio non oostituisce la tradiumone dommatica di norme o precetti dell'ordinamento g&uddmco >>, bens mera soluzione pratica e1aborata dai giuidioi amm1nistmtiw. Sul punto si rinvia alle osserv.aziond di C. M. BARONE iin Foro it. 1990, I, 853 a commento della stessa sentenza. (F.S.) 218 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Diverse risultavano anche le autorit che avevano emanato gli atti distintamente impugnati: un organo centrale dello Stato per l'atto regolamentare; il Consiglio interregionale Piemonte/Valle d'Aosta dell'ordine dei giornalisti per i provvedimenti d'iscrizione (e loro atti preparatori): tanto che, in ragione di tale diversit e della diversa efficacia territoriale degli atti impugnati, il Consiglio di Stato, in sede di regolamento di competenza, aveva affermato la competenza territoriale del TAR del Lazio. Diverso, infine, il petitum (e, quindi, l'oggetto della materia del contendere): nell'un caso, rappresentato dall'annullamento, con efficacia erga omnes, delle norme generali ed astratte poste dall'atto regolamentare (e non gi dalla loro mera disapplicazione, come mezzo al fine della demolizione degli atti applicativi); nell'oaltro, rappresentato dall'annullamento dei provvedimenti di accertamento costitutivo di status in capo agli aspiranti giornalisti in epigrafe indicati. Correlativamente, diverse anche le posizioni giuridiche soggettive dedotte a sostegno delle distinte impugnazioni, per il differente grado d'incidenza dei diversi atti impugnati sulla sfera giuridica dei ricorrenti, rispetto alla quale il regolamento, da un lato, e gli atti d'iscrizione, dall'altro, si configurano come distinti episodi della vita in diverso modo e misura per essa rilevanti e su di essa incidenti. Peraltro, le due (serie di) impugnazioni si presentavano connesse, in quanto i provvedimenti applicativi sono stati ritenuti, in conformit di un consolidato indirizzo della giurisprudenza amministrativa, elementi I necessari (e sufficienti) ad integrare l'attualit degli interessi fatti valere attraverso l'impugnazione diretta dell'atto regolamentare. Deve riconoscersi che trattasi di una connessione penetrante e particolare, in quanto gli atti applicativi non soltanto si presentano come Ielementi costitutivi dell'attualit dell'interesse a ricorrere contro il regolamento ma rappresentano, a loro volta, atti astrattamente idonei ad incidere sullo stesso ambito d'interessi sostanziali toccato dal regolamento coinvolgendo (almeno per quanto concerne la ricorrente societ editrice) posizioni giuridiche soggettive aventi consistenza di diritti (v. infra n. 8). Siffatto particolare rapporto di connessione, tuttavia, non autorizza il giudice a risolvere l'una impugnazione nell'altra, anche perch -mentre la legge sottrae al giudice amministrativo, per affidarlo ad un organo specializzato dell'AGO, il potere di annullare il provvedimento applicativo (v. infra n. 8) -la competenza giurisdizionale a pronunciare l'annullamento del regolamento appartiene indubbiamente al giudice naturale degli interessi legittimi. 5. Un tale assorbimento dell'una impugnazione nell'altra stato, invece, operato dal TAR del Lazio, allorch -dopo aver (correttamente, come meglio si vedr) affermato la giurisdizione del giudice amministrati PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI vo a conoscere dell'impugnazione diretta del regolamento e dopo aver giudicato fondata nel merito la stessa impugnazione, annullando di conseguenza l'atto regolamentare -ha ritenuto di dover dichiarare contestualmente caducati i singoli provvedimenti attuativi, in applicazione del principio (di derivazione giurisprudenziale ed oggetto di vivace dibattito in dottrina) del c.d. effetto caducante dell'annullamento del regolamento sugli atti ad esso conseguenziali. Per tale via, lo stesso TAR ha sostanzialmente demolito una serie di provvedimenti, in relazione ai quali pure esso aveva riconosciuto la competenza (con potere d'annullamento) del giudice ordinario a conoscere della legittimit degli stessi da qualunque soggetto interessato l'azione sia proposta . Ma la medesima operazione, sia pure in termini rovesciati, ha compiuto il Consiglio di Stato, con risultati non meno squilibranti sul riparto di giurisdizione ed addirittura sulla stessa tutela giurisdizionale delle posizioni giuridiche soggettive, allorch -con la decisione impugnata -ha sostanzialmente fatto refluire l'autonoma impugnazione del regolamento in quella dei puntuali provvedimenti adottati in applicazione di esso, affermando che la norma regolamentare doveva ritenersi impugnata come atto presupposto dei provvedimenti applicativi e declinando la giurisdizione amministrativa in ordine a tutte le impugnazioni in esame sul rilievo che la competenza giurisdizionale a conoscere delle controversie in materia d'iscrizione e cancellazione nei registri professionali dei giornalisti appartiene al giudice specializzato di cui all'art. 63 L. n. 69/1963. Per tale via -mentre il TAR del Lazio aveva indebitamente esteso l'area della giurisdizione amministrativa sino a farvi rientrare la demolizione di provvedimenti annullabili solo dal giudice ordinario specializzato -il Consiglio di Stato ha ristretto l'area della stessa giurisdizione amministrativa interdicendole la cognizione delle controversie aventi ad oggetto l'annullamento del regolamento; cos sottraendo a qualsiasi istanza giurisdizionale tali controversie, posto che -come lo stesso Consiglio di Stato riconosce -il giudice, in ragione della cui esclusiva competenza giurisdizionale esso ha declinato in toto la propria, potrebbe solo disapplicare il regolamento impugnato ma non annullarlo. Un tale rilievo, per vero, non sfuggito alla decisione impugnata, la quale per -come ricordato in narrativa -ha ritenuto di poterlo superare osservando: a) che si tratterebbe solo di un inconveniente, in quanto tale non decisivo per disattendere le esplicite indicazioni desum~bili dagli artt. 63 e segg. L. n. 69/1963. b) che una soluzione diversa da quella ritenuta porrebbe in crisi principi fondamentali del sistema della giustizia amministrativa. 220 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Sa. In contrario,. da rilevare -quanto alla prima delle due ragioni suindicate -che il noto principio ermeneutico, secondo cui l'addurre gli inconvenienti derivanti da una data interpretazione della legge non costituisce valido argomento per disattendere tale interpretazione, non pu trovare applicazione allorch l'inconveniente addotto riguardi il contrasto della norma (risultante dall'interpretazione adottata) con pre cetti della Costituzione. In tal caso, in realt, non gi d'inconvenienti (pratici) si tratta ma d'invalidit del prodotto normativo cos come ricostruito attraverso l'attivit dell'interprete. E, nella specie, il risultato interpretativo cui pervenuto il Consiglio di Stato, tanto quanto sottrae a qualsiasi giudice l'impugnazione diretta del regolamento, intesa all'annullamento di esso con efficacia.erga omnes, si rivela in contrasto con glri artt. 24/1 e 113/2 Cost. perch preclude alle ricorrenti la possibilit di agire in giudizio per la tutela di annullamento del prioritario interesse legittimo in ipotesi inciso dall'atto re golanientare, limitando la tutela di detto interesse alla sola possibilit di ottenere la disapplicazione del regolamento in via incidentale da parte del giudice ordinario (specializzato o meno). D'altro canto, la sussistenza in capo alle ricorrenti di un interesse differenziato e qualificato in relazione alle norme che disciplinano lo ~ status dei giornalisti e pubblicisti -gi affermato con puntuale moti~ vazione dalla ricordata decisione n. 576/1977 del TAR del Lazio, ribadito J dallo stesso giudice nella successiva decisione n. 678/1981 -non posta in questione dalla decisione impugnata, la quale .anzi sembra presupporla. I N i resistenti hanno contestato in questa sede la sussistenza di un tale interesse, se si eccettua il Consiglio nazionale dell'ordine che, solo in memoria, ha riportato ampi stralci di uno scritto di dottrina ove I si sostiene, tra l'altro, che gli editori (e le loro associazioni di categoria) sono portatori di un mero interesse di fatto rispetto all'assetto della professione giornalistica. Il che, se fosse esatto, escluderebbe l'accen nato contrasto tra l'interpretazione adottata dal Consiglio di Stato e le norme della Costituzione. Ma, in contrario, queste sezioni unite, sostanzialmente facendo propria la concorde posizione espressa sul punto dai vari organi della giustizia amministrativa che hanno pronunciato in questa vicenda, riten gono che non sia possibile disconoscere che la legge n. 69/1963, nell'isti tuire l'Ordine dei giornalisti e nel disciplinarne la tenuta, prenda in con siderazione anche l'interesse materiale degli editori di giornali (e delle loro associazioni di categoria). Ci, sia perch tra i profili di pubblico interesse soddisfatti dalla legge v' anche quello inerente all'osservanza dei canoni di deontologia professionale del giornalista, che coinvolge l'interesse di chi della prestazione di lavoro giornalistico sia creditore: sia e soprattutto perch la finalit di associare i giornalisti in un organismo che, nei confronti del contrapposto potere economico dei PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI datori di lavoro, possa contribuire a garantire il rispetto della loro personalit e quindi della loro libert (Corte Cost. n. 11/1968), lungi dall'escludere dal proprio orizzonte l'interesse degli editori, siccome contrastante con detta finalit, lo chiama ancora una volta in causa connettendolo, sia pure dialetticamente, al potere pubblico, che di tale interesse deve costituire remora e misura, attraverso la garanzia che tale funzione di limite si dispieghi nell'alveo ed in conformit dei precetti posti dalla legge. Per vero, lo stesso controricorrente Consiglio nazionale dell'Ordine sembra avvertire la insostenibilit, sul piano della legalit costituzionale, della soluzione ritenuta .dalla decisione impugnata, tanto da tentarne un'interpretazione adeguatrice a tenore della quale il giudice di cui all'art. 63... se investito della cognizione della questione >>, ove riconosca l'illegittimit dei regolamenti, li pu e li deve disapplicare, mm trattandosi di atti dell'autorit tenuta alla gestione dell'albo. A seguito di tale, eventuale, declaratoria d'illegittimit, ove l'amministrazione non si conformi al giudicato, l'interessato potr fare ricorso al giudizio di ottemperanza, dato che la legge n. 69/1963 prevede l'annullamento dei soli atti applicativi . Ma la tesi adombrata -se vale ad evitare l'obiezione d'illegittimit di un sistema normativo che sottragga irrimediabilmente alla tutela di annullamento un atto regolamentare (posto che il terzo potrebbe, secondo la surriportata prospettazione, ottenere pur sempre la demolizione del regolamento, in ipotesi illegittimo, anche se attraverso un tortuoso percorso processuale) -non per conforme a diritto, dal momento che, a parte ogni altra considerazione, il giudizio di ottemperanza non azionabile in presenza (non gi di un giudicato sulla lesione di un diritto ad opera dell'atto amministrativo), ma di un mero accertamento incidentale dell'illegittimit di questo. Da quanto sin qui precisato, discende che il Consiglio di Stato, a fronte del fondato rilievo che la soluzione adottata finiva col tradursi in una violazione di garanzie costituzionali, aveva soltanto l'alternativa tra il tentare una diversa ricostruzione della volont legislativa ovvero, ove ci non fosse stato giudicato possibile, rimettere all'esame della Corte costituzionale il congiunto normativo ritenuto suscettibile di quella sola interpretazione. Sb. Le medesime considerazioni sopra svolte valgono anche per la seconda delle due ragioni offerte dalla decisione impugnata alfine di superare il rilieyo in esame, e cio la crisi di principi fondamentali del sistema di giustizia amministrativa che deriverebbe da qualsasi soluzone diversa da quella ritenuta. Qui, anzi, l'unica strada percorribile esclusa la prevalenza dei principi fondamentali sulle garanzie costituzionali, implicitamente affermata dal giudice a quo -sembrerebbe la 222 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sottoposizione al giudice delle leggi del congiunto normativo cui tali principi fondamentali si connettono. Se. Senonch, prima di sollevare un incidente inteso ad eliminare dal mondo dei valori giuridici norme ed istituti non irragionevoli, il giudice non pu esimersi dal dovere di verificare per via ermeneutica se quelle norme e quegli instituti non consentano una diversa interpretazione (cfr., tra le ultime, Corte cost. n. 36/1984). Al riguardo, la decisione impugnata non specifica quali siano i principi fondamentali che una diversa soluzione porrebbe in crisi. Dal controricorso del Consiglio nazionale dell'ordine dei giornalisti sembrerebbe che il momento di crisi consista in ci che, a seconda che l'impugnazione delle delibere del Consiglio dell'Ordine dei giornalisti si accompagni oppure no all'impugnazione anche del regolamento, la competenza giurisdizionale a conoscere di tale impugnazione, e quindi all'eventuale annullamento delle delibere, spetterebbe al giudice amministrativo ovvero a quello ordinario. Ci in quanto, riconoscendo al primo la giurisdizione sull'impugnazione del regolamento, l'eventuale annullamento di questo comporterebbe, per effetto della cd. caducazione automatica, anche l'annullamento delle delibere. Assetto, questo, che introdurrebbe un cuneo nell'unitariet della giurisdizione voluta dal legislatore . Ora, a parte la sottolineatura della particolare inaccettabilit di un riparto di giurisdizione mobile, che affida la cognizione della medesima controversia ora all'uno ed ora all'altro complesso di organi giurisdizionali in funzione dell'estrinseca circostanza che l'impugnazione di un atto si accompagni o meno a quella di un diverso atto, la critica di cui sopra -pienamente condivisibile -si risolve nella critica della soluzione adottata dal primo giudice, a fondare la quale sufficiente il disposto dell'art. 63 L. n. 69/1963 che affida alla cognizione di sezioni specializzate dell'AGO le controversie nascenti dall'impugnazione di delibere d'iscrizione o cancellazione nel registro dei giornalisti. V' per da chiedersi se la soluzione adottata dal TAR Lazio rappresenti l'unica alternativa a quella ritenuta dalla decisione impugnata. E cio se l'ordinamento non additi una strada diversa da quelle, pur opposte, seguite rispettivamente dal TAR e dal Consiglio di Stato, strada idonea ad evitare sia la violazione del riparto di giurisdizione esplicitamente affermato in materia dal legislatore sia la violazione di precetti costituzionali. 6. Viene qui in rilievo il cd. effetto caducante dell'annullamento del regolamento, in virt del quale a tale annullamento conseguirebbe !!automatico travolgimento delle delibere adottate in base al regolamento stesso. Trattasi di una costruzione della giustizia amministrativa che -af facciata nella decisione 19-10-1955 n. 17 dell'Adunanza plenaria del Con ,. ! liiitBC~~ PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI siglio di Stato - stata successivamente ripresa e puntualizzata (cfr. in particolare Cons. di Stato Ad. plen. 27-10-1970, n. 4; 21-10-1980, n. 37; 9-3-1983 n. 1), s da poter essere considerata un principio della giustizia amministrativa. Tale principio , peraltro, secondo quanto gi avvertito, non assistito da unanime consenso in dottrina, ch anzi autorevoli esponenti di questa contestano in radice che possa configurarsi un automatico effetto caducante di annullamento di atti amministrativi nei confronti di atti che non abbiano formato oggetto di uno specifico provvedimento di. caducazione . Ed anche tra quanti inclinano a riconoscere l'astratta possibilit di un tale effetto, non v' concordia di opinioni nell'individuazione del discrimine tra gli atti conseguenziali che sarebbero travolti dall'annullamento dell'atto presupposto e gli atti conseguenziali rispetto ai quali tale annullamento provocherebbe solo un effetto invalidante o viziante (da far valere con distinta impugnazione) ma non la caducazione automatica. Aggiungasi che, nella prima decisione con la quale l'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato fece applicazione del principio (A.P. n. 17/1955 cit.), la fattispecie riguardava gli atti di una medesima serie procedimentale, nella quale l'atto conseguenziale caducato si presentava vincolato all'atto annullato (che di quello costituiva l'unico presupposto) da un nesso strettissimo (si trattava del nesso corrente tra approvazione della graduatoria di un concorso e atto di nomina def vin citori), e che, nella successiva decisione n. 4/1970, la stessa Adunanza plenaria ebbe a convenire sull'esigenza di porre un limite all'estensione del principio dell' effetto caducante , accettando al riguardo la distinzione tra invalidit derivata ad effetto caducante ed invalidit derivata ad effetto meramente viziante . Tutto ci dimostra che il preteso principio dell' effetto caducante dell'annullamento dell'atto presupposto, lungi dal costituire la traduzione dommatica di norme o precetti dell'ordinamento giuridico, rappresenta piuttosto una soluzione pratica (ancora in via di elaborazione) offerta dai giudici amministrativi rispetto a problemi posti dal funzionamento della giustizia amministrativa (e che involgono questioni diverse da quella in esame, quale ad es. l'ammissibilit di un'impugnazione dell'atto presupposto in mancanza della impugnazione dell'atto conseguenziale). Mai, comunque, prima della vicenda in esame, il preteso e contrastato principio stato saggiato con riferimento ad atti la cui impugnazione sia affidata a diversi complessi di organi giurisdizionali. S che deve concludersi che -quale che sia la sistemazione pi appropriata della suindicata soluzione pratica nell'ambito del funzionamento della giustizia amministrativa -le elaborazioni al riguardo formulate non possono essere invocate per eludere i precetti di legge in 224 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO materia di riparto della giurisdizione o per alterare i risultati cui l'applicazione di tali precetti conduce e che, pertanto, in presenza dell'impugnazione di un atto presupposto, che la legge affidi alla cognizione del giudice amministrativo, e della cumulativa impugnazione di un atto conseguenziale, la cui cognizione sia dalla legge riservata all'AGO, il giudice deve applicare i precetti relativi all'attribuzione della competenza giurisdizionale in relazione ai diversi oggetti della materia del contendere, senza alterare il funzionamento di tali regole attraverso l'impropria estensione di soluzioni pratiche elaborate all'interno dell'uno o altro complesso giurisdizionale e con riferimento a problemi che in tale ambito si pongono. Pertanto, egli affermer la giurisdizione del giudice amministrati. vo rispetto alla prima impugnazione e quella dell'AGO rispetto alla seconda. Siffatto criterio, applicato al caso di specie, mentre per un verso si rivela aderente alle norme che regolano il riparto di giurisdizione in materia, per altro verso offre una soluzione che sfugge al rilievo di incostituzionalit nel quale incorre la soluzione adottata dalla decisione impugnata (v. supra sub Sa e Sb). I 7. N ci ferir il principio dell'unit della giurisdizione, poich tale principio (nei limiti in cui accolto dal nostro ordinamento) non esclui @I de che, allorch da una medesima vicenda nascano pretese diverse e queste siano azionate cumulativamente, la competenza giurisdizionale in relazione a tali diverse pretese possa spettare a due diversi ordini di giurisdizione, i rapporti tra i quali troveranno disciplina nei principi di separazione-coordinamento che, in via generale, regolano tali rapporti. iIPrincipi, dalla cui applicazione trover risposta anche il problema sollevato dal controricorrente Consiglio nazionale dei giornalisti circa le reciproche influenze dei due giudizi nell'ipotesi in cui siano simultaneamente proposte, dinanzi al giudice amministrativo, l'impugnazione del regolamento e, dinanzi al giudice ordinario, l'impugnazione delle delibere d'iscrizione. Infine, non sembra obiezione decisiva all'ordine d'idee qui accolto il rilievo che, per tale via, si rischia di ridurre il compito del giudice dell'impugnazione degli atti attuativi ad un giudizio solo formale e apparente, perch la decisione sarebbe insita nel giudicato del giudice che ha conosciuto dell'impugnazione del regolamento. Invero, nell'ipotesi sottesa a tale obiezione, il compito del giudice, dinanzi al quale venga impugnata la delibera d'iscrizione dopo l'eventuale annullamento del regolamento (salvo quanto si dir a proposito di tale giudice infra sub 8), non diverso da quello cui chiamato (ogni volta che non si ritenga operante la caducazione automatica) il giudice dell'atto applicativo nel l'ipotesi d'illegittimit derivata di questo per effetto dell'annullamento PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI dell'atto presupposto. Pi in generale, a dire che il preteso inconveniente (che qui di tanto si tratta) ricorrerebbe in tutti i casi di rapporti di pregiudizialit corrente tra giudizi affidati a diverse competenze giurisdizionali o a diversi giudici dello stesso complesso giurisdizionale. Deve pertanto affermarsi che, nella fattispecie in esame, la questione di giurisdizione, relativa all'impugnazione del regolamento, va risolta sulla base della natura della situazione giuridica soggettiva dedotta in causa attraverso tale impugnazione ed indipendentemente dalla soluzione da riservarsi alla questione di giurisdizione insorgente nella connessa controversia avente ad oggetto l'impugnazione delle delibere di iscrizione. E poich, secondo quanto sopra precisato (sub Sa), la posizione sostanziale dedotta in causa dalle ricorrenti, attraverso l'impugnazione diretta del regolamento, una posizione d'interesse legittimo (al di l della prospettazione offertane dalle parti), deve dichiararsi che la competenza giurisdizionale a conoscere di tale impugnazione spetta al giudice amministrativo; per tale parte accogliendo i ricorsi e cassando la decisione impugnata. 8. Diverso discorso a farsi per ci che attiene all'impugnazione delle delibere d'iscrizione. Le ricorrenti non contestano che la legge demandi alla competenza dei tribunali civili e delle Corti d'appello, in composizione allargata a due giornalisti nominati dal presidente della stessa Corte d'appello, la cognizione delle controversie in materia d'iscrizione e cancellazione negli albi e registri professionali dei giornalisti (art. 63 L. n. 69/1963). Sostengono tuttavia che una tale competenza riguarderebbe soltanto le controversie interne all'ordinamento professionale che oppongono l'aspirante giornalista (o praticante) all'Orcdine e/o al pubblico ministero (portatore del pi generale interesse pubblico all'ordinato e corretto svolgimento della vita dello stesso Ordine professionale), e non si estenderebbe alle controversie di cui sia parte un terzo, estraneo alla vita dello stesso Ordine e tuttavia inciso nella propria sfera giuridica dai provvedimenti da quest'ultimo adottati. La posizione giuridica di tale terzo non potrebbe essere tutelata dinanzi al giudice indicato dall'art. 63 cit. L. n. 69/1963, cos come ritenuto dalla decisione impugnata, ma dovrebbe trovare tutela dinanzi al giudice amministrativo ovvero a quello ordinario a seconda che in essa si ravvisi una consistenza d'interesse legittimo ovvero di diritto soggettivo, eventualmente riconoscendo in quest'ultimo caso il potere del giudice ordinario di disapplicare la delibera d'iscrizione in ipotesi illegittima oltrech lesiva dei diritti del terzo. La tesi non condivisibile alla stregua della normativa vigente. Invero, non par contestabile che, secondo tale normativa (ed in particolare la citata legge n. 60 del 1963), il provvedimento d'iscrizione del giornalista (o del praticante) nel relativo registro si configuri come RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 226 atto amministrativo di accertamento costitutivo di uno status professionale (cfr. S.U. n. 6252/1981 e giurisprudenza ivi richiamata, cui adde con riferimento generale all'iscrizione di un professionista nel relativo albo -S.U. n. 3675/1982 e, con specifico riferimento all'iscrizione dei giornalisti, Cass. 3849/1984; 109/1987). Da tale natura e funzione del provvedimento d'iscrizione all'albo, discendono le conseguenze che la legge ricollega alle controversie relative alle questioni di stato, tra le quali l'esclusione di un accertamento incidentale senza efficacia di giudicato (artt. 806 e 819 cpc, 19 cpp, 28 e 30 T.U. leggi sul Consiglio di Stato: cfr. Cass. 2220/1980) e la conseguente necessit che tali questioni siano decise, con efficacia di giudicato erga omnes, dal giudice all'uopo competente. Ulteriore corollario, rispetto ad un tale assetto normativo, che ove la legge individui un particolare organo giudiziario per la soluzione delle suindicate controversie -la competenza attribuita a tale organo avr carattere esclusivo. Infatti, l'esigenza di certezza legale che impone l'accertamento dello status con efficacia di giudicato nei confronti della generalit, risulterebbe frustrata da una concorrenza di competenze a conoscere della relativa questione. In particolare, per quanto riguarda lo stato di giornalista, l'art. 63 della legge n. 69/1963, che tra l'altro conferisce all'AGO il potere di annullare, modificare o revocare gli atti impugnati, non pu non implicare sottrazione, nella materia de qua, di qualsiasi competenza giurisdizionale al giudice amministrativo. Ma la stessa norma, tanto quanto individua per il giornalista il giudice naturale del suo status, esclude anche qualsiasi concorrente competenza di altri organi, che implicherebbe la possibilit di modificare lo status del giornalista al di fuori dello speciale giudizio all'uopo predisposto dal legislatore. La norma sopra citata, infatti, parte integrante di una legge sostanziale attributiva di status e, nell'indicare il giudice dinanzi al quale quello status pu essere contestato, al tempo stesso assicura al giornalista che solo da quel giudice (e con quel procedimento) il suo status potr essere modificato. Esattamente, pertanto, il Consiglio di Stato ha declinato la giurisdizione del giudice amministrativo a conoscere dell'impugnazione delle delibere d'iscrizione. Meno esattamente, lo stesso giudice ha adombrato in motivazione che la competenza giurisdizionale in materia spetterebbe al giudice indicato nel citato art. 63. Ed invero, tale norma, non soltanto istituisce un giudice specializzato, con competenza giurisdizionale esclusiva, ed uno speciale procedimento per le controversie in esame, ma indica anche i soggetti legittimati all'impugnazione dei relativi provvedimenti; escludendo dal novero di tali soggetti il terzo che si ritenga leso dal provvedimento stesso. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI Ci comporta che la posizione giuridica soggettiva del terzo risulti sfornita di tutela giurisdizionale. Anzi, secondo il controricorrente Ministero di grazia e giustizia, la delimitazione dei soggetti legittimati all'azione ex art. 63 cit. non pu non riflettere una valutazione legale che nega rilevanza, sui fatti di partecipazione all'Ordine, ad ogni altro interesse al di fuori di quelli radicati nella persona dell'aspirante giornalista e nella posizione istituzionale dell'Ufficio pubblico,,, L'interesse dell'editore di giornali, rispetto al provvedimento d'iscrizione, si configurerebbe dunque -secondo tale tesi, ripresa anche dagli altri controricorrenti -come interesse di mero fatto; in quanto tale, coerentemente sfornito di tutela. Ove tale tesi fosse fondata, il ricorso proposto avverso la decisione del Consiglio di Stato, per la parte ora in esame, dovrebbe essere rigettato non gi perch la competenza giurisdizionale a conoscere dell'impugnazione delle delibere dell'Ordine dei giornalisti spetti al giudice ordinario specializzato di cui al citato art. 63, ma per l'inconfigurabilit in astratto della posizione giuridica soggettiva dedotta dalla ricorrente societ editrice, e cio per improponibilit assoluta della domanda, implicante che nessun giudice possa conoscere di essa. Tale conclusione, tuttavia, non sembra possa essere ritenuta. Per la verit, sin dalla remota sentenza n. 1450/1939 di queste sezioni unite (richiamata dalla cit. sentenza n. 6252/1981) stato affermato che il provvedimento d'iscrizione nell'albo dei giornalisti non ha di per s, attitudine a ledere direttamente diritti subiettivi di terze persone, facendosi derivare da questa considerazione la giustificazione dell'inimpugnabilit di tale provvedimento dinanzi all'AGO, da parte di terzi, ai sensi dell'art. 4 della legge sul contenzioso amministrativo. Siffatta affermazione riecheggia anche nella giurisprudenza pi recente, ed in particolare nella sentenza n. 3849/1984 di questa corte, ove si esclude che il diritto soggettivo, derivante dal rapporto del quale lo status costituisce elemento della fattispecie, rimanga senza tutela ... poich tale diritto, di per s, non suscettibile di essere inciso dall'atto di iscrizione o di cancellazione dall'Albo'" A tale affermazione, per, la sentenza da ultimo citata fa seguire l'esame della concreta fattispecie del rapporto dedotto in causa, esame inteso a dimostrare la indifferenza di tale rapporto al provvedimento d'iscrizione, sia in via diretta che in via indiretta: dal che sembra potersi dedurre che un tale provvedimento sia stato ritenuto inidoneo a ledere il diritto del terzo non solo ex se ma anche combinandosi con tutti gli altri elementi della fattispecie nel cui ambito quel diritto si collocava e che, su tale inidoneit lesiva (per la via diretta o riflessa), sia stato fondato il giudizio d'indifferenza della posizione giuridica soggettiva del terzo rispetto al provvedimento d'iscrizione. Un giudizio, dunque, che non escludeva ma anzi presupponeva (nonostante la formu RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO !azione impiegata) l'astratta possibilit deHa lesione della sfera del terzo ad opera del provvedimento. Del resto, la stessa pronuncia aveva gi escluso, in apertura di motivazione, che potesse negarsi la sussistenza in astratto di un diritto soggettivo, in capo all'impresa giornalistica, suscettibile di essere inciso dal d.P.R. n. 649/1976 oltre che dall'atto amministrativo d'iscrizione all'albo dei giornalisti del lavoratore dipendente, affermando che tale diritto doveva invece ravvisarsi nell'interesse patrimoniale, tutelato dalla legge direttamente in capo al titolare di esso, a non veder modificato il contenuto del rapporto di lavoro a seguito della modifica della natura della prestazione in esso dedotta, con la conseguente modifica della prestazione retributiva " E, sulla base di tale astratto riconoscimento, questa corte, in quel caso, aveva proceduto all'esame incidentale della legittimit del regolamento (concludendo nel senso della legittimit di tale atto). AHa luce degli svolgimenti di cui sopra, opportuno verificare la posizione sostanziale della societ ricorrente nei con:6ronti degli impugnati provvedimenti d'iscrizione, con riferimento alla fattispecie dedotta in giudizio. Giova in proposito richiamare che, secondo quanto assume la societ ricorrente ed confermato dagli atti, l'iscrizione di un fotografo, suo dipendente, nel registro dei giornalisti determina -a norma della contrattazione collettiva del settore -il passaggio d'inquadramento del medesimo dipendente dal regime del contratto nazionale collettivo dei poligrafici a quello del contratto collettivo nazionale dei giornalisti, con modificazione, tra l'altro, del trattamento economico. In siffatta vicenda, se pur non mutano le mansioni del fotografo, muta tuttavia il suo trattamento giuridico-economico, e cio alcuni non secondari elementi del rapporto di cui l'editore parte. Tale modificazione si verifica in conformit delle norme che regolano il rapporto stesso, le quali ricollegano l'effetto modificativo al venire ad esistenza di un atto amministrativo, qual' appunto l'atto di iscrizione. La situazione di diritto soggettivo, tutelata nell'ambito del rapporto di lavoro in capo a ciascuna delle parti di questo, reciprocamente, e quindi nella specie in capo al datore, implica certamente la tutela della pretesa di questi a non veder modificati i termini del rapporto stesso se non in conformit della legge del contratto (artt. 1372, 1374, 2077 e.e.). Il problema , allora, se tale lex contractus postuli o meno la validit dell'atto amministrativo in presenza del quale si verifica il mutamento di alcuni termini del rapporto: ovvero se -detto in altri termini -il datore possa contestare l'applicazione della lex contractus denunciando che la fattispecie, al cui verificarsi tale lex ricollega PARTE I, SEZ. Hl, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI l'effetto contestato, non si realizzata in modo conforme all'ordinamento. Le sezioni unite ritengono che al problema debba darsi risposta affermativa in considerazione del puntuale rilievo (assorbente di ogni altra considerazione) che, dall'art. 5 della legge abolitrice del contenzioso amministrativo dato trarre il principio generale secondo cui, ogni qualvolta su di una posizione di diritto soggettivo incida anche mediatamente un atto amministrativo, in tanto pu ritenersi integrata la fattispecie incidente sul diritto e della quale l'atto amministrativo sia elemento essenziale, in quanto tale atto sia legittimo. La portata generale di tale principio (riflesso del pi generale principio di legalit che informa tutto l'ordinamento) non esclude che, in ipotesi particolari (come quella in esame), la disapplicazione possa essere esclusa per fa particolare natura dell'atto, ma esige -in tali casi -che il sistema offra una sede nella quale chi sia soggetto aH'applicazione dell'atto stesso sulla propria sfera giuridica (nei sensi sopra specificati) possa far valere l'eventuale illegittimit di esso con conseguenti effetti sulla fattispecie incid~nte sul rapporto. Ove cos non fosse, si sarebbe in presenza di una fttispecie della quale elemento costitutivo un atto amministrativo trattato, non gi come manifestazione del potere pubblico e quindi dell'ordinamento ma, come mero accadimento, fatto bruto, del quale il giudice dovrebbe verificare solo che sia venuto ad esistenza. La situazione giuridica soggettiva di chi sia inciso da una fattispecie siffatta, sarebbe allora carente di tutela di fronte all'eventuale illegittimit dell'atto della pubblica amministrazione. Pertanto, se della legittimit dell'atto amministrativo in questione non pu discutersi in alcuna sede giurisdizionale, v' da sospettare che si versi in una situazione di lesione del diritto costituzionale alla tutela giurisdizionale (artt. 24/1 e 113/2 Cast.), con riferimento alla posizione giuridica soggettiva incisa dalla fattispecie di cui l'atto amministrativo incontestabile sia elemento essenziale. Tale la situazione che sembra configurabile nella specie, posto che il datore di lavoro si trova, conformemente alla lex contractus, a dover subire la modificazione del rapporto di cui parte per effetto di un atto amministrativo del quale non pu in alcuna sede contestare la legittimit, essendogli preclusa -secondo quanto sopra indicato l'azione, sia dinanzi al giudice amministrativo sia dinanzi al giudice ordinario comune sia dinanzi al giudice specializzato ex art. 63 legge n. 69/ 1963, nonch la possibilit d'invocare la disapplicazione dell'atto stesso dinanzi al giudice del rapporto di lavoro. E poich un tale effetto consegue alle norme (artt. 1, 26 e segg., 60/62, 63 e 64 e 65 legge n. 69/1963 in connessione con le norme disciplinanti le questioni di status) delle quali queste sezioni unite dovrebbero fare applicazione nella decisione dei ricorsi dinanzi ad esse 230 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO proposti, dichiarando che nessun giudice pu conoscere delle impugnazioni azionate dai ricorrenti avverso le delibere del Consiglio interregionale dell'Ordine dei giornalisti del Piemonte/Valle d'Aosta, la questione di costituzionalit delle sud4ette norme, per contrasto con gli artt. 24/1 e 113/2 Cost. -non manifestamente infondata per le considerazioni sopra svolte -si presenta rilevante nel presente giudizio. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 5 aprile 1990, n. 2852 -Pres. Tilocca - Rel. Cantillo -P. M. Martone -Emiliani (avv. Montefoschi) c. Prefetto di Roma (avv. Stato Figliolia). Stampa Editoria -Diritto di rettifica -Esercizio a mezzo di rappresentante -Procura scritta Necessit. (legge 8 febbraio 1948 n. 47, art. 8; legge 5 agosto 1981 n. 516, art. 42). Il diritto di rettifica relativo a notizie o immagini pubblicate su giornali pu essere esercitato anche a mezzo di rappresentante; trattandosi per di un diritto personale per il cui esercizio la legge prescrive determinate modalit, tra cui la redazione della rettifica mediante atto scritto, necessario che anche la procura rivesta la forma scritta, altrimenti non sorge il dovere giuridico del direttore del giornale di pubblicare la rettifica (1). Nell'ordine logico-giuridico deve essere esaminato con precedenza il secondo motivo, con il quale il ricorrente critica la sentenza impugnata per avere affermato che la richiesta di rettifica di cui al primo comma dell'art. 42 della legge 5 agosto 1981, n. 516, sostitutivo dell'art. 8 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, possa essere formulata anche da persona che dichiari di agire nell'interesse del soggetto cui si riferisce lo scritto o l'immagine dallo stesso ritenuto lesivo o contrario a verit. Sostiene che il diritto di rettifica ha carattere personale, in quanto il suo esercizio, e il correlativo obbligo di pubblicazione, inci (1) Come si legge nel!la sellltenza, non vi sono precedenti nelfa giurisprudenza de11a Corte di Cassarione. Tra le corti di merito si ved!a :fuet. Firenze 13 giugno 1987 in Giur. merito 1989, 318, in cui si affeITIJia che la richiesta di rettifica pu essere inoltrata a mezzo di procuratore ma non si affronta il problema de1'la necessit e della esibizione di una prova scritta. Sulla natum de:l diri1tto di rettifica come diritito potestativo a tutela dell'identi-t personale -intesa quest'mti-ma come immagine morale del soggetto nei vari aspetti in cui la sua pernonailit si esplica nella vita di relazione -la sentenza in commento si pone in linea con Cass. 22 giugno 1985, n. 3769 in Foro it. 1985, I, 2211 in cui per la pri-ma volta si affermata l'esi PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 231 dono sulla libert di espressione del pensiero a0 mezzo stampa e possono produrre conseguenze penali anche per il rettificante; che perci la rettifica deve essere chiesta direttamente dall'interessato o, comunque, da persona munita di apposito mandato del titolare del diritto, oggettivamente verificabile dal direttore del giornale; e che nella specie, quindi, poich il richiedente, ancorch qualificatosi legale del Meli, non aveva esibito un mandato scritto, nessun illecito poteva ascriversi ad esso ricorrente, che aveva pubblicato la rettifica con qualche giorno di ritardo, dopo aver verificato la legittimazione del richiedente. La censura fondata. Il problema che essa suscita (per la prima volta pervenuto all'esame della Corte) consiste nello stabilire se il soggetto cui spetta il diritto di rettifica, previsto dalla norma suindicata, possa delegarne l'esercizio ad altri, in particolare ad un legale, senza che il conferimento del mandato risulti da atto scritto; e la risposta negativa al quesito agevole, ove si considerino, da un lato, la natura e le modalit attuative del diritto e, dall'altro, il contenuto e le conseguenze della condotta imposta al soggetto obbligato. Sotto il primo profilo, va ricordato che il diritto di rettifica che dato a tutela dell'identit personale, intesa come immagine morale del soggetto nei vari aspetti in cui la sua personalit si esplica nella vita di relazione (intellettuali, religiosi, politici, professionali, etc.) -compete a coloro che ritengano lesivi della loro dignit o contrari a verit atti, pensieri o affermazioni ad. essi attribuiti ovvero immagini pubblicate da giornali; ed altres che a detti soggetti conferito il potere di pretendere la pubblicazione, con le modalit e nei tempi stabiliti dalla norma, di smentite, di risposte di precisazioni o integrazioni del testo pubblicato, nonch di dichiarazioni volte a rendere pubblica una diversa versione dei fatti, ancorch non rispondente al vero (appunto per questa ragione si affermato che la rettifica, disciplinata come strumento di tutela dell'interesse del soggetto cui si riferisce lo scritto o l'immagine che si contesta, adempie altres alla funzione di favorire il pluralismo dell'informazione, attraverso valutazioni opinioni o rnppresentazioni diverse da quelle pubblicate). stenza di quel diritto di creazione giudsiprudenzi17 e ss., in Giur. It. 1983, I, 761). Vedi retro, Cass. 22 febbraio 1990, n. 1308, I, 60. (2) Sul'la inoperativi-t, nell'!pQtesi in parola, delfa clausola compromissoria, cfr. Cass. 27 luglio 1982, n. 4317 cit. La devoluzione al giudice amministrativo ex art. 5 legge 1034/1971 delle controversie relative alla spettanza dell'assegnatario receduto d!ail rapporto, in quanto .coinvolgenti posizioni di diritto soggettiivo pressoch pacifica (cfr. Cass. 12 ottobre 1983, n. 5924-5934, cui adde Cass. 18 gennaio 1984, nn. 404405 e 9 febbraio 1984, nn. 98().982). Anche nel caso in cui l'attore avaI1Zi pretese risarcitorie per un dedotto inadempimento del concedente, stata esclusa la giurisdizione del giudice ordinario (cfr. Cass. 18 gennaio 1984, n. 406). CORTE DI CASSAZIONE, sez. I, 11 maggio 1990, n. 4051 -Pres. Maltese - Rel. Lipari -P. M. Minetti (concl. conf.) Eredi Bellucci Renzo (avv. Selvaggi) c. Ministero della Difesa (avv. Stato Onufrio). Contratti (in generale) Contratti della Pubblica Amministrazione . Esecuzione della prestazione da parte del privato in pendenza del procedimento di approvazione Mancata approvazione del contratto Responsabilit precontrattuale della Pubblica Amministrazione. Responsabilit civile -Responsabilit precontrattuale Natura extracontrattuale -Prescrizione quinquennale ex art. 2947 cod. civ. -Applicabilit. Il contratto con una pubblica amministrazione in attesa di approvazione ministeriale un contratto gi perfetto ma subordinato al veri 236 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO ficarsi di una condizione legale di efficacia; nell'ipotesi che la p.a. abbia ottenuto l'esecuzione anticipata del contratto, pendente il procedimento di approvazione, e tale approvazione non sia poi intervenuta, la pretesa risarcitoria dell'altro contraente che non pu ottenere il corrispettivo pattuito, pur avendo eseguito la sua prestazione, deve essere valutata alla stregua del dovere di correttezza e buona fede posto dall'art. 1337 cod. civ. al fine di verificare l'esistenza o meno di una responsabilit precontrattuale della P.A. (1). La responsabilit precontrattuale, non avendo alcuna attinenza con le obbligazioni che nascono dal contratto, ha natura extracontrattuale, pertanto l'azione diretta a farle valere soggiace al termine di prescrizione quinquennale ex art. 2947 cod. civ. (2). 1. La presente vicenda trae origine dalla pretesa di un professionista che era stato richiesto della esecuzione anticipata della prestazione progettuale commessagli dalla pubblica amministrazione prima della approvazione del contratto, secondo una impostazione che addebitava alla pubblica amministrazione la colpa precontrattuale. Il giudizio si svolto in senso sfavorevole all'attore nei primi due gradi di giudizio; ma questa Corte di Cassazione con sentenza 23 maggio 1981 n. 3383, ha annullato la sentenza della Corte d'Appello di Bologna, osservando che l'esecuzione anticipata dei contratti della pubblica amministrazione pu essere autorizzata prima della approvazione solo nei casi di urgenza, con provvedimento positivo. espresso, risultando per converso configurabile la responsabilit precontrattuale della P.A. ove questa, in pendenza dell'approvazione, pretenda ed ottenga l'esecuzione anticipata del contratto stesso imponendo una penale e l'esonero dell'incarico senza diritto al compenso qualora il contratto non sia eseguito nel termine assegnato. (1-2) La tesi della responsabi1it precontrattuale oome figura tipica della generale e atipica responsabilit ex art. 2043 e.e. prevale sia in giurisprudenza (Oass. 18 giugno 1987 n. 5371, in Foro it. 1988, I, 181; Cass. 19 aprile 1983 n. 2705, in Foro it. rep. 1983, voce Contratto in genere, n. 143; Cass. 28 gennaio 1972, n. 199 in Foro it. 1972, I, 2088) ohe in dottrina (BIANCA, Diritto civile III, Il contratto, MI, 1984, p. 160; SACCO, Il contratto, in Trattato diretto da F. VASSALLI, TO, 1975, pp. 676 e 919; VIGOTTI, La responsabilit precontrattuale, in Nuova Giur. civ. 1986, II, p. 174). Nella lunga motivazione de1la sentenza si analizza a fondo sia la tesi che configura la responsabilit precontrattuale come specie della responsabilit contrattuale, sia que11a che vorrebbe inquadrarla in un tertium genus i cui caratteni, se ne evidenziano l'alterit riispetto al1a responsabitldt per fatto illecito, altrettanto non fanno rispetto a quella contrattuale, configurando pur sempre la culpa in contrahendo come strettamente attinente alla vicenda negoziale. Va :cico1idato comunque che la tesi contrattualistica ha avuto un certo seguito. Sul solco della dottrina tedesca -che ha ravvdsato il fondamento PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 237 Non avendo la parte vittoriosa riassunto la causa nei termini di cui all'art. 392 c.p.c., si verificato l'effetto estintivo di cui all'art. 393 C;p.c. ed stato necessario procedere alla instaurazione di un nuovo processo, che ha rispettato il termine prescrizionale decennale, ma non quello quinquennale, stabilito dall'art. 2947 cod. civ. che riguarda le azioni volte ad ottenere il risarcimento del danno. E poich tale prescrizione stata eccepita dalla P.A., la cui responsabilit precontrattuale era stata delineata in termini estremamente puntuali dalla richiamata pronuncia di questa Corte (che sarebbero stati assolutamente vincolanti nel giudizio di rinvio, spiegando tuttavia effetti cogenti anche nel processo instaurato ex novo), il problema giuridico che .si pone nella causa quello della qualificazione come contrattuale o extracontrattuale. della c.d. responsabilit precontrattuale per l'individuazione del termine prescrizionale ad hoc. La difesa degli eredi Bellucci si sforza di sovvertire un orientamento giurisprudenziale cl:le se si affida ad un solo precedente specifico per quanto attiene al corollario de~la applicabilit della prescrizione ex art. 2947 alla responsabilit precontrattuale, risulta assolutamente univoco nel ricondurre tale tipo di responsabilit, a quella da fatto illecito, ex art. 2043 cod. civ., (sia pure con i correttivi discendenti dalla disciplina dettata ad hoc). Ritiene il Collegio che i profili equitativi della causa non debbano in alcun modo condizionare la decisione della questione giuridica di rondo: sia, ed ragione assorbente, perch questa Corte di legittimit, nell'esercizio della funzione nomofilattica, giudice del diritto e non dell'equit; sia perch sarebbe metodologicamente pericoloso sforzare le norme traendone indirizzi di carattere generale sotto la spinta emozionale dell'apparente ingiustizia della soluzione cui nell'applicazione di corretti canoni esegetici si deve pervenire; sia infine perch non esiste della culpa in contrahendo nell'assunzione implicita di garanzia, da parte dei contraenti, avente ad oggetto H dovere di correttezm nella formazione del contratto e l'esistem:a dei presupposti di validit -parte della dottrina italiana ha sottolineato che la responsabiLit precontrattuale deriva dalla violazione di un'obbliga2lione legale di buona fede che la legge pone a carico delle parti di un dato rapporto giuridico il quale nasce con l'inizio delle trattative (ScoGNAMIGLIO, Dei contratti in generale, .in Comm. Scialoja-Branca 1970, p. 213 ss.; BENATTI, La responsabilit precontrattuale, MI, 1963, p. 115; DI STASO, I contratti in generale, in Giur. sist. civ. e comm., TO, 1980, I, p. 341 ss.; TURCO, Interesse negativo e responsabilit precontrattuale, MI, 1990, p. 755). Per la tesi del tertium genus va richiamata la teoJ:'ia del negozio in itinere inteso come fattispecie a formazione progressiva (discipiinata dag!J artrrenti; e la concreta iniquit da rimuovere attraverso la prospettata esegesi innovatrice, trovando radice la prospettata iniquit non gi in una discrasia fra la disciplina introdotta dal legislatore e la ingiustizia delle conclusioni esegetiche, ma nel comportamento processuale omissivo detla stessa parte interessata. Notazione questa che vale comunque a rasserenare la coscienza dei giudici di legittimit nel rendere la decisione. Non iniquo che in una certa situazione differenziata secundum legerti si applichi la prescrizione quinquennale alla stregua di un ap. prezzamento discrezionale del legislatore connotato da indubbia razionalit dato che l'ordnamento apprestava adeguata tutela per un tempo congruo e la pretesa fatta valere in giudizio aveva ricevuto corretto inquadramento. 2. La precedente sentenza n. 3383/81 emessa in questa causa rappresenta il necessario approccio al problema dell'individuazione del termine prescrizionale applicabile perch ne emerge con sicurezza l'inquadramento deHa responsabilit concretamente fatta valere al di fuori dell'ambito della responsabilit contrattuale ed implicitamente l'equiparazione di colpa in contrahendo e di responsabilit da fatto illecito. Ha osservato questa Corte di Cassazione nella suddetta decisione che il problema fondamentale della causa consisteva nello stabilire se la prestazione che il Bellucci assumeva di avere eseguito non -spontaneamente, m:a su -pressante richiesta dell'amministrazione militare, prima ancora che sul contratto fosse stato espresso il parere degli organi consultivi, e cio in una fase in cui l'iter contrattuale non era stato ancora completato, potesse essere posta in relazione di causalit con un comportamento di mala fede della P.A. rilevante sotto il profilo della dedotta responsabilit precontrattuale di cui all'art. 1337 cod. civ. E premesso che, per ius receptum l'approvazione dei contratti di diritto privato della-P A. viene considerata una condicio iuris comportante che gli effetti non si verificano, non -soltanto per la pubblica amministrazione medesima, ma anche per il privato, in pendenza della condizione stessa, ha rilevato che la norma di legge (tradotta in una clausola negoziale) seeondo cui il privato vincolato dal contratto sin dal momento in cui lo ha sottoscritto, inentre il vintolo sorge per la pubblica amministrazione dop l'approvazione, non va -iriterpretata nel senso che ne possa conseguire il vincolo a carico del privato aH'adempimento immediato -delle sue obbligazioni ma in queMo, coerente con la suddetta qualificazione di condicio 1.uris della approvazione, trattandosi cio di sottolineare l'effetto negoziale contrapposto all'effetto finale, non attenendo il vincolo contratto all'obbligo di esecuzione, ma al venire in essere fra le parti contraenti di un regolamento di interessi avente forza di legge PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI irretrattabile se non per mutuo consenso, o per altre cause ammesse dalla legge, vincolo il cui riconoscimento non comporta, peraltro, sempre e comunque l'immediata efficacia del contratto, la quale pu dipendere dall'apposizione di un termine e/o di una condizione. La condizione legale influisce sull'impegno negoziale della P.A., pur non integrando un elemento di perfezione del contratto da ritenersi raggiunta con l'incontro della volont del privato e della p.a., dovendosi respingere il concetto di contratto claudicante per qualificare H contratto non ancora approvato (che sarebbe immediatamente eseguibile, ma sottoposto ad impugnazione da parte del soggetto a cui favore stabilito un potere di impugnativa). Secondo la sentenza richiamata l'approvazione non riguarda dunque la perfezione del vincolo, sicch la norma di legge (o la clausola' contrattuale la quale sancisce che anche prima dell'approvazione il privato vincolato non altro che una norma, o una clausola, che regola la irrevocabilit del consenso del privato, la quale non dipende ' dall'approvazione, che riguarda l'inizio della eseguibilit del contratto, ma dal fatto che il consenso prestato dal privato non pu essere pi ritirato, dovendosi pervenire alla conclusione (ampiamente motivata nella sentenza in esame) che l'assunzione dell'impegno, su cui l'amministrazione faceva _leva, per escludere la propria responsabilit, doveva essere interpretata nel senso che veniva ad essere regolato esclusivamente il vincolo contrattuale, e cio l'effetto di legge fra le parti prodotto dal consenso. Esclusa l'assunzione di un obbligo di esecuzione da parte del privato, non giustificata da un'efficacia immediata del contratto ed incompatibile con la testuale postergazione del termine di inizio della sua durata ad un momento successivo a quello di comunicazione della intervenuta approvazione, la ragione dell'avvenuta esecuzione anticipata non poteva essere ricondotta all'obbligo di esecuzione a suo rischio, dovendosi far capo alla richiesta dell'amministrazione che non si era concretata, per sua stessa ammissione, in una richiesta di esecuzione. ,di urgenza per decreto ministeriale e _che doveva essere valutata, pertanto, alla stregua del dovere di correttezza e di buona fede posto dall'art. 1337 cod. civ. pacificamente potendosi invocare la responsabilit precontrattuale anche rispetto ad un contratto gi concluso. D'altra parte, la circostanza che si trattasse di contratto non ancora efficace, in attesa della approvazione ministeriale, da cui non sorgevano, pertanto, diritti e doveri reciproci di esecuzione, impediva di valutare il comportamento delle parti alla stregua dei doveri di diligenza nell'adempimento e di buona fede nella esecuzione ex art. 1375 cod. civ., sicch doveva inquadrarsi la fattispecie risarcitoria con riguardo ad un contratto in pendenza di avveramento della condicio iuris nello schema legale dell'art. 1337, valutando la malafede sotto vari profili: a_r1zitutto la pre 240 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tesa di esecuzione del contratto addirittura prima .che venisse reso il parere del Consiglio di Stato (che per l'art. 5 della legge di contabilit va richiesto sul progetto di contratto salve ragioni di speciale urgenza non invocate dalla P.A.), sicch in concreto era accaduto che una clausola onerosa per il Bellucci stata aggiunta al contratto molti anni dopo la avvenuta esecuzione anticipata; in secondo luogo l'evidente diseg110 della P.A. di sottoporre al parere degli organi consultivi e tecnici non tanto lo schema di contratto, quanto la prestazione eseguita dall'architetto e cio il progetto esecutivo, potendosi ravvisare in un comportamento siffatto, malafede nella misura in cui eccedeva i limiti della clausola contrattuale liberamente accettata dalla parte per cui l'amministrazione si riservava il diritto di non accettare il progetto essendo diversa la misura del rischio assunto in forza di questa clausola rispetto alla quale l'architetto alla stregua del diritto scaturente dal contratto efficace avrebbe potuto avvalersi di tutela giurisdizionale, in contrapposizione a quello scaturente dalla esecuzione anticipata di un contratto non ancora efficace che potrebbe sfociare nella realizzazione di un progetto tecnicamente apprezzabile ma non gli darebbe diritto ad alcun compenso in difetto di efficacia del contratto in previsione del cui venir in essere, la prestazione era stata eseguita; in terzo luogo Iz nella prospettiva della responsabilit precontrattuale della pubblica amministrazione veniva in considerazione il ritardo della approvazione occorrendo verificare la coerenza e la buona fede del .comportamento della amministrazione che da un lato esigeva l'esecuzione del contratto da parte del Bellucci entro il termine inderogabile del 15 novembre 1965 e dall'altro lato ancora cinque anni dopo chiedeva i pareri sul pro Igetto (e non solo sul contratto) senza aver prima curato di far approvare il contratto. I 3. La puntualizzazione della sentenza della Corte di Cassazione si ~ impone in linea di principio anche in situazioni come quella qui considerata in cui non avendo provveduto la parte vincitrice alla riassunI zione della causa davanti al giudice di rinvio per ottenere soddisfazione delle proprie ragioni, chiaramente trasparenti dalle argomentazioni svol~ I te a sostegno della pronuncia di accoglimento ed essendone conseguita ai sensi dell'art. 392, c.p.c., la estinzione del processo, dato che come espressamente precisato nella seconda parte del comma unico della predetta norma la sentenza della Cort di Cassazione conserva il suo effetto vincolante anche nel nuovo processo che sia instaurato con la riproposizione della domanda che in tanto possibile in quanto l'estinzione riguarda l'intero processo sicch sulle pretese che con il medesimo si erano fatte valere in giudizio non si viene a costituire alcun giudicato. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI Senonch l'efficacia della sentenza di cassazione contenente statuizioni di merito in tanto pu influire sul merito in quanto il giudice nuovamente adito possa passare all'esame del merito stesso. Nel caso in esame accaduto che per gli effetti della interruzione della prescrizione, correlati alla proposizione della prima domanda, la seconda proposta quasi allo scadere del decennio in tanto si pu sottrarre all'eccezione di prescrizione in quanto il diritto fatto valere in giudizio possa annoverarsi fra quelli che sono assoggettati alla prescrizione ordinaria; e poich nel caso in esame l'azione proposta attiene alla responsabilit precontrattuale il cui regime prescrizionale viene generalmente ricondotto nell'area della responsabilit extracontrattuale evidente che il passaggio al merito ed il conseguimento del prefigurato esito. positivo della lite impone il passaggio obbligato della innovazione giurisprudenziale circa la qualificazione contrattuale e non pi extracontrattuale come per ius receptum stato ritenuto sempre dalla giurisprudenza di questa Corte di cassazione. In effetti al riguardo per escludere l'applicabilit dell'art. 2947 cod. civ. uon indispensabile postulare in positivo la contrattualit della responsabilit in discorso, bastando ritenere, come acutamente avverte la difesa dei ricorrenti, la diversit della responsabilit precontrattuale da quella ex art. 2043 e.e., ipotizzando un tertium genus di responsabilit: per cos dire paracontrattuale che si radica nell'area del contratto pur non attenendo alle conseguenze dell'inadempimento, trovando il suo fondamento, nell'assunto degli eredi Bellucci, nella disciplina legale dei rapporti contrattuali in itinere sul piano del conseguimento degli effetti la cui mancata attuazione addebitabile alla parte controinteressata genera una obbligazione risarcitoria ad hoc, la cui prescrizione in mancanza di disposizione derogatoria puntuale, dovrebbe ricondursi alla regola generale e non a quella specifica per fatto illecito, non coincidente con la disciplina dall'art. 1337 cod. civ. e quindi non riconducibile all'art. 2947 cod. civ. Nonostante l'eleganza della prospettazione sviluppata nella memoria e nella discussione orale le argomentazioni dei ricorrenti non persuadono. 4. Pu forse sembrare semplicistico afferm.are (cfr. Cass. 1650/64, 1738/64, 2257/72, 2705/83) che la responsabilit precontrattuale, appunto perch sorge prima che un contratto venga ad esistenza (anche se fatta valere dopo la conclusione del contratto stesso) non pu essere che una responsabilit extracontrattuale, con la conseguente applicabilit, fra gli altri effetti che conseguono da tale qualificazione, della prescrizione quinquennale. Ma sufficiente contrapporre la responsabilit da inadempimento contrattuale (che trova la sua fonte nel vinculum iuris e scaturisce dalla sua inosservanza) alla responsabilit che non attiene 242 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO alla prestazione cui si riferisce l'impegno contrattuale come tale, pur riconnettendosi alla vicenda negoziale anche se gi sfociata nella assunzione del vincolo (peraltro, come nella specie, non ancora efficace) per escludere con sicurezza che la fattispecie disciplinata dall'art. 1337 cod. civ. attenga all'impegno assunto ex contractu, sia pure sotto la limitata prospettiva dell'effetto negoziale (e non gi finale) ma rientra nella specie dell'illecito come violazione del principio della buona fede oggettivit, illecito, che, nella atipicit delle sue previsioni, trova addentellati testuali e specificanti, rispetto alla generale previsione dell'art. 2043, appunto nell'art. 1337, la cui significativit pu farsi consistere fra l'altro anche, nella subtipizzazione come ingiusto (e quindi risarcibile, sia pure in una determinata misura .tradizionalmente ricondotta all'interesse ne. gativo) del comportamento tenuto vuoi in funzione della conclusione di un contratto per la ingiustificata rottura delle trattative, vuoi in fun zione non pi del perfezionamento, ma del contenuto del negozio. Al livello istituzionale si insegna che le parti .nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto devono comportarsi secondo buona fede (in senso oggettivo), comportando la violazione di questo dovere una responsabilit per danni; sia .nel caso che le trattative si I concludano con la stipulazione del contratto; sia nel caso che esse ven gano interrotte. I Gi sotto l'impero del codice civile abrogato, che non disciplinava in alcun modo la materia, si riteneva pacificamente la legittimit del I recesso giustificato dalle trattative, discutendosi soltanto sulle conseguenze dell'eventuale recesso ingiustificato, avendo finito per prevalere la tesi della responsabilit del recedente che avesse troncato le trattative senza plausibile ragione (Cass: 949/43; 1004/43; 1461/52); ipotizzando addi~ I rittura in tal caso una responsabilit senza colpa. Tale opinione non pi sostenibile alla stregua del vigente art. 1337 da intendersi appunto con I ~ riferimento alla buona fede in senso oggettivo (cfr. Cass. 2853/52) ~ e cio all'osservanza della lealt di condotta verso la controparte, che si concreta in un obbligo (e non in un mero onere) in quanto la sua inosservanza espone il soggetto alla responsabilit per il danno arrecato. Per generare la responsabilit del recedente occorre, oltre alla vio l11;zic:me del canone di buona fede in senso oggettivo, che siano andate deluse le fondte aspettative dell'interlocutore. Ove ci non accada il recedente, non risponde, perch non ha causato danno, nemmeno quel particoJare danno tipico della rottura delle trattative che viene denomi nato interesse negativo. Resta con ci escluso il buon fondamento, .alla stregua del codice vigente, della tesi della pura e semplice causalit che favorirebbe troppo colui che subisce le conseguenze. del recesso, nemmeno volendo invo care rispetto alla fase delle .trattative il principio dell'affidamento, es PARTE I, SEZ. :UI, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 243 sendo estremamente aleatorio che le trattative stesse sfocino nella conclusione del contratto. 5. Ma la tipizzazione dei contenuti della responsabilit precontrattuale non si esaurisce nelle situazioni di recesso dalle trattative ex art. 1337, occorrendo avere riguardo anche a quella derivante dalla eventuale mala fede nel corso della formazione del contratto, ed alla responsabilit per omissione del dovere di diligenza contemplata dall'art. .1338 e.e. fra cui prende spicco il dovere di informazione stabilendo la legge che la parte a conosc.enza (o che avrebbe dovuto conoscere) dell'esistenza di una causa di invalidit del contratto ove non ne abbia dato notizia all'altra parte, tenuta a rispondere dei danni che quest'ultima abbia risentito per avere confidato senza sua colpa nella validit del contratto. Tale principio viene applicato a tutti i casi in cui una parte con dolo, o anche solo per negligenza, omette di segnalare all'altra .parte circostanze tali da influire sulla efficacia del contratto, o sulla realizzazione dello scopo che la parte stessa ,si proponeva. Nessun dubbio sussiste che tutta l'area della. responsabilit. precontrattuale, proprio perch tale, a differenza di quella che riguarda l'inadempimento della prestazjone, si commisura al danno c.d. . negativo che consiste nell'interesse dell'altra parte alla conclusione del contratto, ed alla attitudine del contratto stesso e produce il risultato sperato. Al riguavdo, pur nell;;J. mancanza di un. ciato positivo espresso e specifico, esiste una communis opinio dottrinale e giurispruc,lenziale. Pare al collegio che la commisurazione del danno non gi ai vantggi che sarebbero stati ottenuti ed alle perdite che sarebbero state evitate ottenendo l'esecuzione del contratto, ma alle perdite che non sarebbero state subite se le trattative non fossero state iniziate, o se il contratto concluso .Si fosse rivelato efficace e quindi suscettibile di ene demaniale concessogli, senza che sia ipotizzabile ult;rattivit della concessione scaduta, sopravvivenza di fatto del rapporto, o. ratifica tacita della situazione illegittima determinatasi alla scadenza della concessione. . infatti, di regola, necessario per la protrazione. del regime di concessione un provvedimento formale di rinnovazione o di nuova concessione secondo le regole procedimentali proprie di tali atti restando salvo (ove (1) Nelil'i!Potesi in quesrtiooe ric01re un concorso di interessi distinti, convergenti Vffi'So iil medesiim.o risUJLtato, perseguito in via diret>ta da un soggetto e in via mddretta ddl.'ai1tro. Ci giustiifi.ca la leginUirllazione sussidiaria, per un interesse autonomo e dunque in via non meramente ades!iva, della P. A. concedente. La problematica so1Ievata dall'esercizio dilI'etto e autonomo da parte dcl. privato del potere di autotutela riconosciuto aN'Ammmisn:-Mione dall'art. S23, 2 c., e.e., presenta aspetti di par.ticolare novit: l'tente con un interesse (questo, inviece, mediato) drula P. A. che risU'lta comunque subordinato a11a condiz,ione che l'obbligo di pagamento deil pirivato sorga solo nel momento in cui questi entra effettiwmente nel godimento dcl. bene. Le precedenti pronunce in materia di rilascio di beni oggetto di concessione hanno sempre avuto ad oggetto fattiispecie divense. 252 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ne ricorrano presupposti) il c.d. diritto di insistenza del vecchio concessionario (che non ha tuttavia consistenza di diritto soggettivo bens di pretesa soggetta al riscontro discrezionale di opportunit) oltre al diritto di devoluzione degli impianti (ove previsto). Con lo spirare del termine finale della concessione si estinguono quindi tutte le facolt originariamente trasferite al privato, tra le quali il diritto (che affievolito verso la P.A.) ad usare in modo esclusivo il bene demaniale; e viene meno lo ius possidendi cosicch l'eventuale illegittimo protrarsi di fatto della relazione col bene in questione d luogo ad una detenzione abusiva. Tutto ci significa che, contrariamente a quanto il La Rosa assume col terzo motivo di ricorso, allo scadere della concessione -come esattamente ritenuto dalla Corte di merito -egli era divenuto occupante abusivo del terreno e obbligato al rilascio in favore dell'Amministrazione concedente. Pu anche aggiungersi (riservando invece all'ulteriore disamina del ricorso la risposta ai rilievi concernenti la legittimazione dello Scognimillo a dedurre l'illegittimit della situazione creatasi nei confronti di esso La Rosa alla scadenza della concessione) che sono certamente corrette le affermazioni contenute nella sentenza (anche a proposito della non deducibilit dinanzi al giudice ordinario, perch riservata alla competenza giurisdizionale del giudice amministrativo: art. 5 L. 6 dicembre 1971 n. 1034 delle questioni attinenti ai provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni . Nel caso di specie non erano perci deducibili dinanzi a detto giudice le questioni dedotte dal La Rosa in ordine al mancato riconoscimento del suo diritto di insistenza e in ordine alfa pretesa violazione delle disposizioni dettate dall'art. 37 cod. nav. per il caso (qui ricorrente) di concorso di pi domande di concessione del demanio marittimo; questioni che il La Rosa non aveva proposte dinanzi al giudice amministrativo e che comunque sono state ritenute maniifestamente prive di consistenza dalla Corte di Messina, ad abundantiam, con rilievi qui non impugnati. E pu infine osservarsi, quanto alle implicazioni che il ricorrente ravvisa nel fatto che egli nel 1983, dopo cio la scadenza della concessione, invi alla P.A. talune somme a titolo di acconto canone, che costituisce accertamento di fatto non sindacabile in que sta sede quello operato dai giudici di merito in ordine alla imputazione operata dalla Amministrazione concedente di quelle somme non a titolo di canone, per rinnovazione (tacita) della concessione (nel frattempo, dal 1980, attribuita allo Scognimillo), bens a titolo di indennizzo derivato dall'Amministrazione dell'illegittimo protrarsi del rapporto dopo la scadenza e dalla ritardata consegna del bene demaniale. 3 -Se con lo scadere della concessione l'Amministrazione concedente recupera l'esercizio delle facolt inerenti al bene temporaneamen PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 253 te trasferite al concessionario, e il possesso dello stesso sino a quel momento ceduto in uso esclusivo, chiaro che essa di regola titolare del diritto al rilascio del bene che (illegittimamente) il cessato concessionario ritardi a restituire dopo la scadenza della concessione. E conseguentemente la P.A. ha la potest di agire in autotela per il recupero del bene, ovvero di avvalersi jure privatorum degli ordinari rimedi giuridici concessi dall'ovdinamento dinanzi all'A.G.O. Ci in vista di una possibile nuova concessione ad altro soggetto o di una diversa utilizzazione del bene demaniale. Avendo peraltro la P.A. concedente riottenuto l'esercizio delle potest, cio lo jus possidendi, dello stesso, non pare dubbio che essa possa nuovamente disporre anche prima di averne ottenuto la materiale riconsegna da parte del vecchio concessionario; dando cioinizio ad un nuovo procedimento diretto ad attribuirlo ad altro concessionario. E il provvedimento adottato al termine di tale procedimento (nella specie, in ossequio alle norme del codice della navigazione -art. 37 ss. -previa gara tra i vari offerenti invitati a concorrere), e cio il verbale di aggiudiazione, assume anche quando la P.A. non abbia recuperato la detenzione del bene il valore proprio di tale atto terminativo della ricordata procedura, diretta alla scelta del nuovo concessionario e al trasferimento, immediato, in suo favore delle potest inerenti a simile atto amministrativo. Rispetto a questo procedimento il La Rosa, invitato a partecipare alla gara assieme ad altri concorrenti, ha formulato doglianze che certamente non potevano trovare ingresso e considerazione davanti al giudice ordinario (egli peraltro non insiste su di esso in questa fase del giudizio): ma anche rilievi in ordine alla legittimit del provvedimento che attribu allo Scognimillo la concessione (mancata approvazione del verbale di aggiudicazione da parte dell'autorit tutoria; pretesa decadenza dell'aggiudicatario per inosservanza delle disposizioni sul versamento entro il termine di legge di un deposito cauzionale), ai quali la Corte territoriale ha esattamente -come si dir subito -negato ingresso, ritenendo che neppure in via incidentale potesse discutersi nel presente giudizio di vizi che potevano essere solo devoluti alla cognizione del giudice amministrativo. Il potere di disapplicazione degli atti amministrativi previsto dall'art. 5 della L. 20 marzo 1865 n. 2248, infatti, spetta (secondo la costante giurisprudenza di questa Corte) al giudice unicamente nelle materie devolute alla sua giurisdizione; nelle materie cio in cui si faccia questione di diritti soggettivi. Quando perci colui che deduce l'illegittimit di un atto amministrativo, del quale chieda al giudice ordinario la disapplicazione in via incidentale, vanti una posizione soggettiva che non ha consistenza di diritto soggettivo, bens di interesse legittimo (tale cio da legittimarlo al ricorso presso il giudice amministrativo) RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 254 l'esame della questione sollevata, da parte del giudice ordinario avverrebbe principaliter e non incidenter tantum. Non pu perci ritenersi consentito, al fine di negare la legittimazione del nuovo concessionario del bene demaniale ad esercitare le facolt a lui trasferite, dedurre dinanzi al giudice ordinario, adito per l'attuazione di diritti soggettivi che si assumono derivanti da quel provvedimento, vizi concernenti le legittimit del provvedimento medesimo che non abbiano leso un diritto soggettivo dell'istante. Nel caso in esame, la Corte di Messina, ispirandosi a tali principi giuridici, ha escluso che il La Rosa, occupante abusivo (quindi mero detentore del bene demaniale) dopo la scadenza della precedente concessione, in favore dello Scognimillo .. La Corte di merito ha peraltro aggiunto, ad abundantiam (ma comunque con affermazioni giuridicamente corrette, che resistono all'impugnativa mossa col primo motivo del ricorso per cassazione), che il verbale di aggiudicazione emesso all'esito del procedimento volto alla scelta del nuovo concessionario risultava conforme alle regole poste nella materia in esame dalla legge e dal regolamento sulla contabilit dello Stato (t.d. 18 novembre 1923, n. 2440, Titolo I; r.d. 23 maggio 1924, n. 827, Titolo II, art. 36 ss.) e che in particolare non sussisteva violazione degli artt. 16 e 19 della legge n dell'art. 88 del regolamento. Ed ha perci correttamente ritenuto che il verbale di aggiudicazione predetto costitutiva titolo idoneo a dar vita alla nuova concessione e a trasferire in favore dello Scognimillo l'esercizio dei poteri e facolt inerenti al bene demaniale, unitamente al possesso dello stesso; che il provvedimento di concessione in favore dello Scognimillo aveva poi ottenuto la necessaria approvazione in sede tutoria, anche se del dedotto iniziale difetto di approvazione il La Rosa non era legittimato a dolersi, in quanto terzo rispetto al rapporto i cui vizi solo l'Amministrazione poteva eccepire; e sempre ad abundantiam, con statuizione non utilmente .censurabile in questa sede e comunque non censurata, ha rilevato che Io Scognimillo aveva debitamente osservato prescrizioni circa il pagamento derivanti dalla legge e dal provvedimento amministrativo per la piena efficacia di questo. 4 -Si deve a questo punto porre in rilievo (non avendo, come si detto, il La Rosa prodotto impugnazione del provvedimento di nuova concessione dinanzi al competente giudice amministrativo e non po tendosi prci discutere della legittimit del detto atto di giudizio), che il verbale di aggiudicazione costituiva titolo idoneo a legittimare lo Scognimillo per la esplicazione di tutte le facolt da esso derivanti pciich attribuiva un diritto a fruire della concessione valido erga omnes non solo verso la P.A. concedente (ma qui ci non viene in rilievo) quale diritto affievolito, ma anche quale diritto pieno verso tut PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 255 ti i terzi che potessero vantare interessi confliggenti rispetto all'uso esclusivo del bene demaniale attribuito in concessione oltre che e verso gli autori di molestie di diritto o di fatto. Lo Scognimillo aveva perci piena legittimazione ad agire per ottenere la disponibilit del bene demaniale a lui concesso e a chiedere il rilascio dello stesso nei confronti del terzo detentore. La domanda da lui proposta nel presente giudizio, che di restituizione e non di mero accertamento del diritto (non ha quindi pregio tutto quanto sostiene il ricorrente in ordine alla necessit, per chi agisce in rivendica, di dimostrare l'esistenza del titolo; e resta anche superata l'eccezione di novit della prospettazione che, rispetto, a quanto dedotto nella memoria illustrativa, ha formulato nella discussione orale il resistente) poteva pertanto trovare ingresso ed avere autonoma considerazione, anche rispetto a quella avanzata (come dir subito in appresso) dalla P.A. concedente con la comparsa di intervento. La posizione dell'aggiudicatario non era infatti -come sostiene il ricorrente -di mera aspettativa ad ottenere, quale aggiudicatario designato a subentrare al vecchio concessionario (a mezzo della licitazione privata), nella concessione; bens di pieno diritto, attuale ed efficace (perch la presunzione di legittimit che accompagna gli atti amministrativi non era stata contestata dinanzi al competente giudice amministrativo), ad ottenere, dal mero detentore di esso il rilascio del bene demaniale oggetto della concessione disposta in suo favore. Senza che potessero neppure avere valore ostativo nei confronti dello Sognimillo (come si dir a proposito del quinto motivo di ricorso) le ragioni attinenti al rapporto interno tra esso La Rosa, vecchio concessionario, e la P.A. concedente seguita dalla nomina di nuovo concessionario. Ed evidente anche che perdono rilevanza le censure riguardanti la violazione delle norrne di ermeneutica per l'interpretazione data dai giudici di merito al verbale di aggiudicazione (quale atto negoziale) e ai comportamenti successivi tenuti dalle parti, per quanto riguarda la clausola in esso contenuta con la quale si precisava che lo Scognimillo doveva interessarsi per estromettere il La Rosa dal terreno. Per vero, la Corte di merito ha dato rilievo a tale clausola per dedurne che lo Scognimillo aveva anche una veste di mandatario della P.A. concedente e che perci egli aveva agito per il rilascio del bene nella duplice qualit di nuovo concessionario e di mandatario. La precisazione contenuta in detta clausola doveva, in tutta evidenza, servire nel caso in cui fosse stata ritenuta (nella competente sede) l'esistenza di taluno dei vizi di legittimit o l'inefficacia (temporanea) del provvedimento di concessione, e comunque per stabilire il principio che, oltre che un onere per il nuovo concessionario (in detta ipotesi), l'estromissione del vecchio concessionario costitutiva anche un obbligo per lo Scognimillo, contrattualmente impostogli nell'interesse della P.A. concedente, dal mo 256 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mento che questa avrebbe iniziato a incassare il canone del nuovo concessionario (in base ai patti intervenuti al riguardo) solo dal momento dell'effettivo inizio del godimento del terreno da parte dello stesso. In effetti, per la proposizione della domanda di rilascio, la qualit (contestata) di mandatario poteva anche non essere utilizzata, essendo sufficiente quella dedotta in via primaria di nuovo concessionario, che era jure proprio. Restano cos superate le questioni proposte dal ricorrente circa l'interpretazione della domanda e la spedita anche della qualit di mandatario da parte dello Scognimillo. Ed anche le discussioni che le parti hanno fatto (su cui i giudici di merito hanno espresso il proprio avviso) circa l'interpretazione della clausola, se cio contenesse un obbligo o piuttosto un onere, restano quindi superate, almeno per quanto concerne il problema qui all'esame della legittimazione dello Scognimillo all'azione di rilascio del bene demaniale. Tale precisazione deve ritenersi sufficiente agli effetti di quanto dispone l'art. 384 cpv. cpc per ristabilire la funzionalit della motivazione, da porsi a sostegno della (corretta) decisione adottata dalla Corte territoriale. 5 -Si evidenzia invece, a questo punto, l'esigenza di dare risposta ai rilievi mossi con il secondo motivo di ricorso, a proposito del concorso la tra legittimazione del (nuovo) concessionario e quella, svolta in sede di intervento, della p.a. concedente. Come risulta chiaro da quanto sopra pre:.iesso, non vi dubbio che la p.a. concedente, alla scadenza della concessione, aveva diritto alla restituzione del bene demaniale da parte del vecchio concessionario. Essa aveva perci legittimazione ad agire per il rilascio; e non pu negars che, per un pi corretto agire amministrativo, sarebbe stato opportuno che fosse stata essa a procurarsi la restituzione del bene demaniale, prima di farne oggetto di nuovo procedimento di concessione in favore di altro oggetto. Ma non pu neppure dubitarsi, come si detto e per l'autoritariet che accompagna gli atti amministrativi, stante la sua ricordata automaticit dell'effetto estintivo della vecchia concessione che consegue ipso jure allo scadere del termine originariamente fissato, che l'Amministrazione aveva la potest di emettere nuovo provvedimento concessivo, una volta recuperato l'esercizio delle facolt inerenti all'uso del bene demaniale ed il possesso dello stesso, anche se il bene era ancora, illegittimamente, detenuto da altro soggetto; e, una volta sostituito a s tale soggetto come nuovo concessionario e titolare del diritto di uso esclusivo del bene demaniale, di investire questi della pienezza delle facolt inerenti alla qualit riconosciutagli tra le quali da riconoscere in primo luogo quella di ottenere, nel proprio interesse, il rilascio del bene. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 257 Ci non esclude, come nell'ipotesi qui in esame, che possa persistere, in concreto, un interesse anche della p.a. concedente rispetto ad una pronuncia di rilascio del bene non direttamente in proprio favore, bens in favore del concessionario quando questi, pur divenuto titolare dei diritti e facolt derivanti dalla concessione, sia tenuto al pagamento del canone solo a partire dalla data di effettiva sua immissione nel godimento del bene. Si delinea, in tale particolare ipotesi, un concorso di interessi distinti, convergenti verso il medesimo risultato, perseguito in via diretta da un soggetto ed in via indiretta dall'altro. Ed appunto tale situazione processuale, riscontrata in punto di fatto insindacabilmente dal giudice di merito, che d piena giustificazione della legittimazione sussidiaria, per un interesse autonomo e perci in via non meramente adesiva, della P.A. concedente. Questa perci bene poteva spiegare intervento nel giudizio promosso dal legittimato principale al fine di ottenere, indirettamente e prestando adesione alla domanda di rilascio del concessionario, la tutela del rapporto, suo autonomo interesse. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 15 maggio 1990 n. 4186 -Pres. Granata - Rel. Panzarani -P. G. Grossi (conf.) -Bassi (avv. Novelli) c. CPDEL (avv. Stato Stipo). Pensioni -Casse pensioni amministrate dagli Istituti di previdenza -Domande aventi ad oggetto la pensione e la indennit una tantum Giurisdizione della Corte dei conti Domande aventi ad oggetto la ricongiunzione con la posizione assicurativa INPS -Giurisdizione ordinarla. Sussiste la giurisdizione della Corte dei conti nei ricorsi contro i provvedimenti aventi ad oggetto la decisione sulle istanze rivolte al conseguimento della pensione o dell'indennit una tantum corrisposte dalle Casse Pensioni amministrate dagli Istituti di Previdenza presso il Ministero del Tesoro; sussiste invece la giurisdizione del giudice ordinario (pretore del lavoro) relativamente alle domande rivolte ad ottenere la ricongiunzione del rapporto assicurativo gi instaurato presso gli Istituti di Previdenza al fine della costituzione di un'unica posizione assicurativa presso l'Assicurazione generale obbligatoria gestita dall'INPS. (1) (omissis) Deduce l'istante che la questione di giurisdizione sorge esclusivamente se si assume il criterio secondo cui il diritto alla prestazione (1) Anche riguardo a11a presente sentenza vaJgono i I'ilievi esposti in occasione de]la precedente sentenza deHe stesse SS. UU. 22 aprile 1988 n. 3134, in questa Rassegna 1989. I. 152. ....,,, , ,,,...... 258 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO una tantum integra il presupposto per l'applicabilit della ricostituzione a norma della legge n. 322, il che per non trova alcun riscontro normativo. Ed invero l'art. unico della suddetta legge n. 322 del 1958 e l'art. 39 della legge n. 1646 del 1962 dispongono, al contrario, che l'importo dei contributi versati all'INPS in sede di ricongiunzione portato in detrazione dell'eventuale trattamento in luogo di pensione spettante all'avente diritto e che, ove la cessazione del servizio non comporti diritto all'indennit una volta tanto, la costituzione si effettua con l'assunzione del totale onere a carico dello Stato o degli Istituti. Rileva comunque che, ove anche si accogliesse l'impostazione contraria, l'eccezione di giurisdizione sarebbe da disattendere in relazione all'art. 60 del RDL n. 680 del 1938, ed invero il petitum mediato della presente causa costituito, non gi dall'indennit erogata dalla CPDEL bens dalla pensione indiretta dell'INPS (gi concessa e poi revocata) pre supposto essenziale della quale costituito dall'intera posizione assicurativo contributiva realizzata per ricongiunzione, a sua volta subordinata, secondo l'opposta tesi, alla sussistenza dei requisiti di cui all'ultimo comma dell'art. 6 della legge n. 1646 del 1962. In proposito rileva il ricorrente che principio costante che la giurisdizione esclusiva della Corte dei conti in materia pensionistica vada intesa in senso restrittivo riguardando essa le sole controversie relative alla liquidazione e alla riliquidazione delle pensioni in tutto o in parte a carico dello Stato (disciplina generale di cui agli artt. 13 e 62 del testo unico n. 1214 del 1934) e all'impugnazione del decreto che concede o nega l'indennit o la pensione (artt. 59 e 60 del RDL n. 680 del 1938). Assume pertanto che ogni altra questione riferentesi ai presupposti del diritto attratta dalla giurisdizione della Corte dei conti solo se ad essa appartiene in via esclusiva la cognizione della causa principale avente ad oggetto la prestazione pensionistica (richiama al riguardo la sentenza di queste Sezioni unite 5 marzo 1985 n. 1824), mentre nella fattispecie ricorre la situazione opposta, non controvertendosi invero circa la spettanza ad esso istan- Ai sensi dtill legge 2 apdle 1958 n. 322 il dipendente, che ha prestato attivit lavorativa privata (con relativa pOSlizione assicm:iativa INPS) e attivit lavorativa presso enti locali (con re1ativa posizione assicurativa presso una delle Casse amministirate dagild Istituti di fueviJdenza), ha diritto alila costituzione di un'unica posizione assicurativa, in tal caso l'lsHtuto previdenziale (nehla specie lstitut:I di Previdenza) deve provvedere a!l trasferimento dei contributi presso l'altro Istituto previdenzfale ~nella specie INPS), che tenuto a corrispondere il trattamento pensionistico sulila base de1'1a somma dei due periodi assicurativi. .Se l'Istituto (come nella specie Istituti. di previdenza) nega il trasfer mento, la controversia non ha ad oggetto il trattamento pensionistico che PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 259 te dell'indennit una tantum ma del suo diritto alla pensione indiretta. dell'INPS per effetto della costituzione presso tale istituto della posizione assicurativa. Chiede pertanto che sia dichiarata la giurisdizione dell'Autorit giudiziaria ordinaria. Tutto ci richiamato, osserva il Collegio come in relazione alle ragioni che seguono, debba essere riconosciuta la fondatezza delle deduzioni dell'istante. Queste Sezioni unite, nella recente sentenza 22 aprile 1988 n. 3134, hanno, tra l'altro, affrontato una questione che direttamente corrisponde al problema centrale del presente incidente di giurisdizione e cio quello della portata dell'art. 60, comma 1, del RD 3 marzo 1938 n. 680 che, con riferimento alle controversie con la Cassa di previdenza per i dipendenti degli enti locali, prevede il ricorso alla Corte dei conti contro i provvedimenti di cui al quinto comma dell'art. 59 e cio quelli aventi ad oggetto la decisione sulle istanze rivolte al conseguimento della pensione (o dell'indennit) amministrativa dalla suddetta Cassa. Si in proposito puntualizzato che siffatta giurisdizione della Corte dei conti sussiste esclusivamente in ordine alle domande dirette ad ottenere il trattamento pensionistico dovuto dalla Cassa e perci anche quando l'interessato abbia 'chiesto, a tal fine, il ricongiungimento e la riunificazion della sua precedente posizione assicurativa presso l'Istituto nazionale della previdenza sociale, dato invero che in tale ipotesi la causa non investe direttamente il rapporto assicurativo. con tale Istituto e i diritti ad esso relativi, ma tende all'individuazione. ed alla qualificazione di diritti afferenti pur sempre al suddetto trattamento pensionistico l'altro Istituto (nehla specie INPS) deve corrispondere, in quanto la domanda on rivolta contro quest'ultimo lstitiuto. Pertanto non corretto affermare che .la giurisdizione va determinata con rifevimento aM'Ente previdexwiale che dopo la rioongtunzione deve corrispondere il trattamento, pensionistico e che estraneo alla controversia. L'affermazione di principio enunciata dail!la sentenza in Rassegna porte rebbe ahla inammissibile conseguenza che ncl caso inverso a quehlo in esame (e cio rkongiunzione dailil'INPS agi1i Istituti .di Previdenza), l'INPS dovrebbe essere evocata davanti la Corte dei conti quaora negasse il trasferimento dei contributi agili Istituti di Previdenza; la Corte dei conti dovrebbe cos estendere "la sua giurisdizione ad un rapporto (INPS.dirpenldente) della cui cognizione non investita da alcuna no!lma processuale. Nella controversia in argomen,to gli lstitlllti di Previdenza hanno negato la ricongiunzione, in quanto sostenevano che l'interessato non ha titolo per ottenere la indenndt una tantum, presupposto necessario per procedere alla ricongiunzione; quindi sostanziailmente la contiroversia aveva ad oggetto l'accertamento del diritto a quelila indennit, che la stessa sentenza in rassegna ammette ricadere sotto la giurisdizione deMa Corte dei conti. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO. STATO 260 della Cassa (si al riguardo rievocata la sentenza di queste stesse Sezioni unite 5 marzo 1985 n. 1824 richiamata anche dal ricorrente). Ma stato nel contempo precisato che diametralmente opposta invece l'ipotesi in cui l'interessato non abbia affatto domandato il trattamento pensionistico della Cassa di previdenza, bens quello dell'INPS ancorch incrementato in relazione alla posizione assicurativa gi costituita presso la Cassa medesima. L'azione proposta contro quest'ultima -si aggiunto -affinch provveda ai necessari adempimenti al riguardo, presenta perci un petitum nettamente diverso rispetto a quello dell'azione prevista dall'art. 60 del RD n. 680 del 1938 ed invero l'accertamento della posizione assicurativa costituita presso la Cassa solo strumentale ai fini della determinazione del trattamento pen&ionistico globale dovuto esclusivamente dall'INPS. Pertanto la relativa controversia rimane pienament nell'ambito della disciplina degli artt. 442 e ss. cod. proc. dv. in base a cui (tranne specifiche eccezioni) la giurisdizione in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie appartiene alla autorit giudiziaria ordinaria e alla competenza ratione materiae del giudice del la voro. Con riferimnto alla fattispecie perci sufficiente considerare come il signor Bassi abbia chiesto la prestazione pensionistica non gi della Cassa di previdenza dipendenti enti locali, bens esclusivamente dell'Assicurazione generale .. obbligatoria dell'Istituto. nazionale della previdenza sociale (pensione ai superstiti) anche se ci presuppone in attuazione dei precetti di cui, in particolare, all'art. unico della legge 2 aprile 1958 n. 322, all'art. 5 della legge 29 aprile 1976 n. 177 e all'art. 39 della legge 22 novembre 1962 n. 1646 l'operativit della ricongiunzione del rapporto assicurativo gi instaurato presso la suddetta Cassa con la moglie dell'attore in relazione al lavoro svolto presso ente ospedaliero e conclusosi senza diritto a pensione. Dato invero che si tratta, in ordine alla costituzione di un'unica posizione presso l'Assicurazine generale obbligatoria, di stabilire la sussistenza e la consistenza di un'obbligazione propria dell'INPS, l'accertamento al riguardo di ogni presupposto di fatto e di diritto cos come degli obblighi strumentali della Cassa medesima -anche in relazione all'avvenuta costituzionalizzazione, ad opera della sentenza della Corte costituzionale 30 gennaio 1980 n. 6, della disposizione di cui al comma 1 dell'art. 11 della legge 9 dicembre 1977 n. 903 che manteneva una disparit cronologica di trattamento del coniuge superstite, nonch alla valutazione del fondamento giuridico del diniego della Cassa (Ministero del Tesoro, Direzione Generale degli Istituti di previdenza) ad adempimenti che, ripetesi, in ogni caso sono solo stru mentali -necessariamente rientra nella cognizione piena del Pretore -giudice del lavoro -(art. 444 cod. proc. civ.). (omissis) PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 261 CORTE DI CASSAZIONE -Sez. I, civile, 21 maggio 1990, n. 4586 Pres. Corda; Rel. Carbone; P. M. Martinelli (conf.). Amministrazione Provinciale di Messina (avv. Mirti della Valle) c. Assessorato LLPP Regione Sicilia (Avv. Stato Cingolo). Espropriazione per pubblica utilit -Occupazione illegittima -Azione di risarcimento -Legittimazione passiva -Spetta al soggetto che ha eseguito l'opera. La partecipazione all'attuazione di un'opera pubblica da parte di ente pubblico per conto di un altro soggetto pu rientrare negli schemi della delegazione intersoggettiva, dell'affidamento, del finanziamento e della sostituzione; in tali casi, la legittimazione passiva nei confronti dei terzi si determina caso per caso, in base ai poteri che la legge o il provvedimento amministrativo conferisce all'Ente operante. Ove, per, il privato espropriato agisca a seguito di occupazione cd. appropriativa a titolo di risarcimento del danno, quest'ultimo dovuto dall'occupante od esecutore materiale dell'opera (che pertanto il legittimato passivo) e non dal delegante o finanziatore (1). (1) lil prino1p10 di cui a:Ma prima parte della massima , di recente, costantemente recepito da1l[a giurisprudenza de([ SJC.: ad es., in Cass., 21 dicembre 1'984, n. 6651, dove, in un caso di delegalcione amministrativa intersoggettiva, la Corte ha affermato che l'Ente delegato agis1ce in nome proprio, e non come rappresentante de([ delegante, assumendo pertanoo dllll. lato passivo ogni obbligo e responsabilit per l'esecuzione dell'opera, con esc!Jusione della rivalsa nei confronti del delegante; conformi Cass., 9 ottobre 1987, n. 7509, Cass., 12 dicembre 1988, n. 6730, Cass. 27 1ug!do 1989, n. 2513, Cass., 14 marzo 1990, n. 2097 e Cass., 1 giugno 1990, n. 5143 (in una interessante ipotesi neHa qrualle l'opera era stata eseguita da priV'ato). Per una ipotesi di affidamento nelil:a quale si invece ravvisata la responsabillit dell'Amministrazione affidante v. Cass., 28 marzo 1990, n. 2532. Nella seconda parte della massima, invece, si ewdenzia come la S. C. appaia superare a monte ll probilema deJJla individuazione concreta del legittimato passivo in base ai poteri spettanti all'Ente ohe attua l'opera pubblica, in quanto, in caso di allione risarcitoria, sarebbe comunque unica ~ parte l'esecutore mate11iale deli'opera. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 29 maggio 1990, n. 4991 Pres. Montanari- Visco -Rel. Rebuffat -P. M. Amatucci -ENEL (avv. Conte) c. Ministeri Lavori Pubblici e Tesoro (Avv. Stato Zecca). Acque -Acque pubbliche -Contributo per la costruzione di serbatoi unitario . Mancata realizzazione dell'opera -Rischlo della P.A. Non sussiste. RASSEGNA DELL'AVVOCATURJ\. DELLO STATO 262 Acque -Acque pubbliche -Contributo per la costruzione di serbatoi Controlli tecnici precedenti o concomitanti l'atto di concessione -Sono finalizzati al perseguimento dell'interesse pubblico -Diritto del concessionario -Fattispecie complessa che si esaurisce col collaudo dell'opera. Il contributo per la costruzione di serbatoi di acque pubbliche di cui agli artt. 73 ss. del R.D. 11 dicembre 1933 n. 1775 deve considerarsi unitario, anche ove siano state effettuate erogazioni parziali, in relazione all'importo di lavori risultanti dagli stati di avanzamento, ed subordinato al completamento ed al collaudo dell'opera, con esclusione quindi della partecipazione della P.A. al rischio connesso alla mancata realiz zazione dell'opera stessa (1). I controlli, anche tecnici, che precedono e accompagnano l'atto di concessione del contributo di cui agli artt. 73 e ss. del R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, sono finalizzati al perseguimento dell'interesse pubblico per l'opera stessa e non al saggio dell'accettabilit di un rischio, atteso che causa giuridica del contributo proprio l'importanza dell'opera per l'interesse pubblico, attributo quest'ultimo necessariamente riferibile al completamento dei lavori: pertanto il diritto del concessionario sorge col perfezionamento di una fattispecie complessa, scaturita con l'atto di concessione ed esauritasi con il collaudo dell'opera (2). (omissis) La decisione di appello si basa sul convincimento che il contributo di cui si disputa, previsto dagli articoli 73 e seguenti del R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, sia unitario anche quando siano stati liquidati otto decimi di quanto di esso corrisponde all'importo di lavori risultanti dagli stati di avanzamento (art. 78), e, secondo la legge (art. 75) nonch per espressa condizione posta nel decreto di concessione, sia subordinato al completamento e al collaudo dell'opera, escludendosi la partecipazione della Pubblica Amministrazione al rischio connesso alla realizzazione dell'opera stessa. Nel motivo di ricorso per cassazione si assume che quell'opinione comporti la violazione degli articoli 78 e 80 del citato R.D., nonch di (1-2) Non si rinvengono precedenti. La pronuncia conferma Trib. Sup. Acque Pubbliche, 20 novembre 1984, n. 33, secondo cui la P.A. che contribuisce alla spesa per la costruzione di un serbatoio o lago artificiale non partecipa comunque al rischio connesso con 1a reailizzaztione del11o stesso, sicch, cN conseguenza, deve ritenersi legittima la revoca dell contributo a seguito del:la sopravvenuta impossibi>, ipotesi nella quale persino prevista la facolt del Ministro dei Lavori Pubblici, sentito quello delle Finanze, di rilasciare certificati di credito scontabili fino alla concorrenza degli otto decimi del contributo stesso (comma secondo dell'articolo in disamina). il vincolo a garanzia, assunto dall'Amministrazione nei confron ti dell'istituto finanziatore, che d titolo alla permanenza dell'obbligo as sunto dallo Stato, nonostante la decadenza o la colpevolezza del conces sionario. Di un siffatto aggancio non vi traccia nella disputa agitata in sede di merito e nei fatti ivi accertati dal giudice .. Ivi consta soltanto che l'Amministrazione ha prestato adesione alla cessione del credito fatta dall'ENEL in favore del CREDIOP, ma tale vicenda non integra quel vincolo. Essa, a mente dell'art. 9 della legge 20 marzo 1865 n. 2248 all. E, ha mera rilevanza amministrativa, senza al cun accertamento del titolo sottostante alla cessione di credito e, in un qual senso corrispondente, senza alcuna dismissione, da parte del debitore ceduto, dei suoi normali poteri di eccezione e di tutela espe ribili nei confronti del cedente. Non giova, infine, anzi nuoce alla tesi del ricorrente il fatto che, nella specie, lo Stato abbia esercitato la facolt di partecipare agli uti li dell'azienda concessionaria (art. 82 del T.U. cit.) perch non si sono de dotte perdite dell'azienda stessa e perch quella partecipazione ha, per espresso dettato della Legge, proprio la funzione di rilevare, almeno in parte, lo Stato della sovvenzione concessa ( utili ... da percepire " sino a che lo Stato non si sia reintegrato di met della sovvenzione complessiva). , cos, smentito quel dare dello Stato a fondo perdu to , che sottinteso nell'argomentazione dell'ENEL. Tornando al tema centrale dell'indagine, quello relativo alla natura unitaria del contributo di cui si tratta e alle condizioni del suo do PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI ver essere, ancora una volta il testo normativo specifico soccorre, del resto in armonia con i principi generali, a delineare il diritto. Il T.U. sulle acque e sugli impianti elettrici, dopo aver previsto la possibilit di contributi governativi da accordarsi per la costruzione di serbatoi o laghi artificiali a altre opere regolanti il deflusso delle acque pubbliche (art. 73), stabilisce che nel fissare la misura del contributo si tiene conto dell'importanza dell'opera per l'interesse pubblico oltre che degli oneri che l'aggravano. proprio l'importanza dell'opera per l'interesse pubblico la causa giuridica del contributo, ed essa non pu che essere un attributo necessariamente riferibile al completamento dei lavori perch soltanto in quel momento viene ad esistenza l'opera progettata e soccorrono le condizioni tecniche e fattuali per l'assolvimento, da parte di essa, della funzione economica pubblica che la impronta. Discende da questa fondamentale premessa teleologica che, nel paradigma normativo del contributo in disamina, il diritto del concessionario sorge col perfezionamento di una fattispecie complessa, scaturita con l'atto di concessione ed esauritasi con il collaudo dell'opera, atto con clusivo cui assegnata la complessa, inscindibile funzione di accertare gli elementi costitutivi del credito e di porre le premesse e i termini per la liquidazione dell'importo del medesimo. questo il significato sistematico della regola primaria posta nell'art. 78 del T.U. (Il contributo liquidato per intero in seguito al collaudo dell'opera). Quella successiva ( Gli interessati possono per ottenere che si proceda, alla scadenza di termini periodici, alla liquidazione di otto decimi del contributo corrispondente all'importo dei lavori quale risulta dallo stato di avanzamento accertato dal Genio Civile), inquadrata -come dev'essere doverosamente in sede di esegesi -nel complesso normativo di cui partecipa, rivela la mera natura di acconti, salvo buon fine, delle liquidazioni interinali nel corso dell'esecuzione dell'opera. Tale avviso anche suffragato dal rilievo che, sempre a tenore dell'art. 78, comma ultimo, I restanti due decimi sono liquidati in sede di collaudo e, sopratutto, confortato dall'attenzione a ulteriori disposizioni del T.U. le quali figurano, per il concessionario, la perdita del contributo in casi nei quali l'opera non venga compiuta. Ci si riferisce all'art. 80, comma terzo, che prevede il potere dello Stato di compensare l'ammon tare del contributo vincolato -e, perci da corrispondere all'istituto finanziatore nonostante il mancato compimento dell'opera -col valore degli impianti acquisiti. Ci si riporta pure ai commi terzo e quarto dell'art. 91 secondo i quali i costruttori resisi colpevoli di negligenza o mala fede nell'eseguire le opere di cui si tratta, venendo esclusi dai contributi, perdono anche quelli accordati o non vincolati a favore degli istituti finanziatori. (omissis) RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 30 maggio 1990 n. 5099 -Pres. Brancaccio -Rel. Sgroi -P. M. Caristo (conf.). -Bertolucci (avv. Di Maio) e P.E.A. (avv. Fazzalari) c. Ministero del Turismo e dello spettacolo (vice avv. gen. Stato Gargiulo). Cinematografia -Ammissione alla programmazione obbligatoria -Annul lamento -Diritto ai contributi -Caducazione Effetti ex tunc Programmazione di fatto gi avvenuta . Irrilevanza. In tema di ammissione dei films alla programmazione obbligatoria disposta con decreto del Ministro del Turismo e dello spettacolo ai sensi dell'art. 7 della legge 4 novembre 1965 n. 1213 (modificata dalla legge 21 giugno 1975 n. 287), il provvedimento di annullamento di tale decreto, cos qualificato dal giudice amministrativo (dinanzi al quale ha avuto esito sfavorevole il ricorso) e dal giudice ordinario (adito per la lesione del diritto soggettivo), spiega efficacia ex tunc, con conseguente caducazione del diritto ai contributi, essendo l'annullamento come esercizio del potere di autotutela, rivolto ad eliminare gli effetti interinali prodotti con la circolazione dei films, tra i quali rientrano i contributi I consistenti nel c.d. storno dei diritti erariali a favore del produttore e I ~ del regista, che si basa non solo sul fatto della programmazione, ma anche sull'atto legittimo dell'ammissione alla programmazione obbligatoria, di competenza esclusiva della p.a. senza la possibilit di essere sostituito da un accertamento del giudice ordinario (1). (1) La sentenza esamina e definisce la controversia, in corso da vari anni (gi decisa in tema di giurisdizione: cfr. Sez. Un. l'8 ottobre 1984 n. 5247, in I questa Rassegna 1984, I, 576), ohe verte sul diritto ai contributi sorti in seguito alfa circoJ.azione del film Udtimo tango a Parigi nel periodo (1972-1976) in cui ta>, a fronte delle quadi gli elementi di contrasto della pur citata Cass. 4151/1985 (espressamente definiti non validi e tanto meno soverchianti) appaiono destinati a rimanere relegati nei ruolo proprio d'un isolato precedente. Erano, dunque, pienamente fondate le riserve suscitate dalila sentenza del 1985 che aveva indotto alcuni critici (cos, C. M. BARONE, loc. cit.) a chiedersi se e fino a che punto 1a so1uzione del caso a1lora deciso potesse coordinarsi con le acquisizioni della sentenza n. 5030/1982 e del1e altre, pre cedenti e successive. Il vero che la (ormai) isolata sentenza del 1985 non s'era neppure provata a tentare una impossibille condliazione, semplicemente ignorando l'esistenza del diverso (e consolidato) orientamento, ad punto che -come posto in risalto da pi di un annotatore -soltanto ad una postina apposta in calce fil?: PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 273 dei livelli tariffari che tradizionalmente le viene riconosciuta nel campo dei servizi pubblici in concessione. Tale impostazione del problema -che nella memoria difensiva la ricorrente tende a sostenere con inconfenti richiami alla regolamentazione dei servizi aerei non di linea ed alla direttiva C.E.E. in materia di traffico aereo intercomunitario -non pu essere condivisa. A norma dell'art. 776 del Codice della Navigazione i servizi di trasporto aereo di linea non possono essere istituiti n esercitati se non per concessione governativa, mediante decreto del Presidente della Repubblica ; e nella fattispecie si controverte, appunto, in ordine alle posizioni giuridiche godute e rivendicate, rispettivamente, dalla Amministrazione concedente e dalla concessionaria societ per quanto attiene all'adeguamento del corrispettivo dovuto, dagli utenti del pubblico servizio di trasporto, alla predetta societ esercente (in costanza di svolgimento del rapporto concessorio e per effetto della lievitazione, nel tempo, dei costi di gestione); corrispettivo cui correttamente si addice la qualifica di tariffa in ragione dei criteri di pubblico interesse che devono presiedere alla individuazione -al di fuori del libero gioco delle leggi economiche di mercato -della sua misura. Orbene, nella convenzione del 17 maggio 1979 per la concessione dei servizi di trasporto aereo in questione precisato: che essi sono assentiti con clausola di esclusiva (art. 2); che le tariffe ordinarie e speciali dei trasporti interni, di persone e cose, esclusi i trasporti postali, alla sentenza stessa (dopo la data deHia su:a deliberazione e le firme del presidente e deill'estensore) era stato affidato i;l compito di far sa:lvo, in qua1che modo, il precedente insegnamento in materia. l'l disagio, di cui la gi menzionata postH~a voleva essere espressione, trova neHa sentenza in rassegna niente pi ohe una labile eco, Ol1IIlai, nell'inddentale e fugace accenno alLa oggettiva diversit della fattispecie alilora esaminata (n.d.r.: dafila sentenza del 1985), col quale le Sezioni Unite hanno inteso -evidentemente -stendere un velo, ponendo cos un reciso fermo ai guasti che la sentenza del 1985 avrebbe potuto ancora arrecare in un settore tanto delicato. In effetti, per un meno sottinteso ripudio del precedente del 1985 la copiosa giurisprudenza offriva abbondante messe di argomenti quando si consideri che gi Cass., S. U., 6 dicembre 1966 n. 2861 (Foro it. 1967, I, 30) aveva insegnato ohe, ail pari di queille esercenti ti trasporto aereo di linea, le imprese che gestiscono gli in}JJianti aeroportuali hanno ad oggetto il compiimento di pubblici servizi in regi:me di monopolio, di gu1sa che l'organizzazione aziendale di taili imprese trova limitazioni ne1le disposizioni dell'autorit amministrativa, ouii compete -attraverso l'esercizio di poteri di inibizione e contJro1lo -di curare che l'interesse deiltla c~lettivit non venga pretermesso nelila gestione concreta del servizio. Orbene, il potere di approvazione de1le tarrifife di handling (e dii quelle dei servizi pubblici, in genere) non altro rappresenta se non manifestazione delle pi late attribuzioni conferite dafil'ordimm1ento ail'la P. A. al fine di RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 274 sono stabilite dal Ministero su proposta della societ, sentita la Commissione di cui all'art. 9 della legge 5 maggio 1976 n. 324 (art. Il); che la societ concessionaria tenuta a trasmettere al Ministero dei Trasporti ed al Ministero del Tesoro copia conforme del bilancio e dei costi annuali approvati dall'Assemblea ed a fornire ogni richiesto chiarimento (art. 35). Occorre subito aggiungere che ai sensi dei decreti legislativi luogotenenziali 19 ottobre 1944 n. 347 e 23 aprile 1946 n. 363; dai decreti legislativi del Capo provvisorio dello Stato 22 aprile 1947 n. 283 e 15 settembre 1947 n. 896, e delle deliberazioni C.I.P.E. in data 26 giugno 1974 e 17 luglio 1974 sono sottoposte al parere preventivo vincolante del Comitato interministeriale dei prezzi, tra le altre, anche le tariffe dei pubblici servizi di trasporto in regime di concessione. L'iter per la revisione delle tariffe per i trasporti aerei di linea su rotte nazionali esercti in regime di concessione pu essere quindi cos riassunto: la proposta di aumento, formulata dal vettore e corredata dall'analisi dei costi e dalle previsioni di bilancio viene inoltrata alla Direzione Generale dell'Aviazione Civile che la rimette, in allegato a relazione eventualmente integrativa, al Ministero dei Trasporti; questi acquisisce il parere circa la determinazione e la modifica delle tariffe della Commissione prevista nell'art. 9 della legge n. 324 del 1976 (c.d. Commissione Sangalli); gli atti vengono quindi trasmessi al C.I.P. che sulla contemperare la naturale tendenza a:l profitto di una attivit imprenditoriale (avente ad oggetto un pubblico servizio) con l'esigenza di assicurare in ogni momento, e ne11e pi varie contingenze economiche e sociaili, la disponibilit del servizio alla generalit degli utenti, a'Ll'uopo considerando il pi ampio contesto di tutti i settori economici ooinvo1ti e la gamma di interventi colla terailimente predisposti in un organico programma d'interesse collettivo. Anche per le tariffe dei servizi di assistenza a telll'a negld aeroporti pu, inrvero, pertinentemente ripetemi quanto ancora osservato dalfa Corte regola trice neMa materia delia disc~ina pubblica dei prezzi (S. U., 1 ottobre 1982, n. 5030, Foro it. 1982, I, 2424) e cio ohe n criterio del costo costituisce solo uno dei parametri dri cui la P. A. deve tener conto nell'approvazione delle tariffe di un pubblico servizio gestito in regime di concessione, poich anche un prezzo che di per s sarebbe non remunerativo pu essere corretto nel quadro di una pi ampia manovra economica, attraverso l'adozione di altre misure ritenute in concreto pi adatte allo scopo , la cui globale valutazione -nel merito -costituisce funzione propria del potere esecutivo (cfr. loc. cit., passim e, specialmente, ool. 2429). deteriminante per i fini d'interesse generale perseguiti che l'apprez zamento demandato ai pubblici poteri vada ben oltre la sfera delle valutazioni soltanto tecniche, attingendo que11a della discrezionailit amministrativa di cui espressione tipica l'atto di approvazione da emanarsi ad esito di un procedimento (regolato dall'art. 9 legge n. 324/1976) nel cui ambito trova tutela, mediata ed indiretta, l'interesse del gestore il quale nell'organizzazione e nell'esercizio dell'iimpresa relativa (ad un bene o) ad un servizio pubblico PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 275 base della attivit istruttoria esperita formula un parere obbligatorio vincolante, alla stregua del quale il Ministero dei Trasporti delibera, con decreto ministeriale, la misura percentuale dell'aumento delle tariffe e la sua decorrenza. Giova a questo punto precisare: a) che la necessaria acquisizione del parere della c.d. commissione Sangalli non affatto incompatibile con la successiva formulazione di un parere, sulla stessa materia, da parte del C.I.P., sia per la ordinaria configurabilit di concorrenza di pi organi consultivi ai fini dell'adozione di un medesimo provvedimento, sia per il carattere vincolante per legge attribuito soltanto al secondo e successivo parere; b) che la menzione, nel c.d. paniere per la formazione degli indici ISTAT di alcuni soltanto tra i pi accorsati voli di. linea nazionale, rende certa la inclusione della intera categoria dei servizi di trasporto aereo di linea gestiti in regime di concessione tra quelli per i quali operano i vincoli di compatibilit imposti dalle relazioni previsionali e programmatiche del Governo per gli anni 1984, 1985 e 1986 (cfr. D.L. 17-4-1984, n. 70, legge 12-6-1984, n. 219; D.L. 15-2-1984, n. 10; legge 22 dicembre 1984, n. 887 art. 14; legge 28 febbraio 1986, n. 41, art. 17); e) che nelle ora citate disposizioni di legge chiaramente espresso il principio secondo cui, sulle proposte di incremento delle tariffe dei servizi (o di rilevante interesse generale) incontra il connarurato limite derivantegli da:l:le superiori esigenze dell.a utillit sociale. In altri termini, il didtto dell'esercente ailfa remunerazione del servizio non soffre un limite esterno ~quale potrebbe configural'si ove, in luogo che all'approvazione prevista, le tariffe fossero soggette ad un visto di esecutivit della P.A.), ma ab origine si atteggia come limitato -dall'interno -dai poteri pubblici di intervento economico della P. A. che per la loro permanenza e per il tipo di incidenza ohe attlllano non possono essere spiegati ricorrendo alla fattispecie de1l'aiifievolimento la quale, oltre tutto, presuppone soltanto l'eventua!lit del suo verificarsi (in tal senso, dr. ancora la citata Caiss., S. U., n. 5030/1982). Dunque, la ratio dell'art. 704 cod. nav. nonch, sotto altro e concorrente profilo, il significaiti.vo accostamento operato, dalJ'art. 9 legge n. 324/1976, tra le tariffe dei servizi di traspor.to aereo di linea e quelle dei servizi di assistenza a terra agli effetti del procedimento ammdnistrativo preordinato, in .base al:le disposizioni vigenti , a sfociare ne11a determinazione o modifica de'.l:le prime e -rispettivamente -nelll'approvazione deUe seconde dimostrano la fragilit degli argomenti alla cui stregua la sentenza del 1985 aveva voluto contenuta sul solo piano tecnico )) la discreziona!lit dell'intervento della P.A. in materia; e confortano, per contro, la ricostruzione del sistema deHe tariffe dei servizi pubblici in concessione quale operata dalla sentenza in rassegna, che, riconducendo la posizione soggettiva dell'impresa concessionaria nelil'ambito d'un mero interesse legittimo, opportunamente intervenuta a bloccare il tentativo di allargare una breccia, poco meditatamente aperta ed, ora, saldamente richiusa. SERGIO LAPORTA RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO inclusi nell'indice ISTAT il parere preventivo vincolante deve essere I ~= espresso dal C.I.P. al fine del contenimento, nel complesso, della ITT media ponderata degli incrementi entro il tasso massimo di inflazione indicato per l'anno stesso nella relazione previsionale e programmatica del Governo. 2. -Escluso, dunque, che nella determinazione di nuove ed aggiornate tariffe possa ravvisarsi la espressione di una autonomia privata" imprenditoriale da parte della societ concessionaria del servizio pubblico di trasporto aereo di li e le basi sociali PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA da esse rappresentate (cfr'. al riguardo T.A.R. Lazio, Sez. I, 17 dicembre 1986, in I Tribunali Amministrativi Regionali 1988, I, 22). 3. Criteri di composizione delle delegazioni sindacali e rappresentativit delle medesime. Il citato art. 12 della legge-quadro stabilisce al 3 comma che la delegazione delle organizzazioni sindacali per la contrattazione relativa al'1'accordo intercompartimentale composta da tre rappresentanti per ogni confederazione maggiormente rappresentativa su base nazionale. Tale disposizione deve essere rafifrontata con quella contenuta al 4 comma dell'articolo 6, che tratta della delegazione sindacale per la contrattazione relativa agli accordi sindacali per i dipendenti deHe amministrazio!li dello Stato anche ad ordinamento autonomo: essa composta dai rappresentanti delle organizzazioni nazionali di categoria maggiormente rappresentative per ogni singolo comparto e delle confederazionri mag.gio:runente rappresentative su base nazionale. Anzitutto occorre precisare che il grado di maggiore rappresentativit necessario per giustificare la partecipazione a:lila formazione e stipula degli accordi sindacali per M pubblico impiego, previsti da1la le.gge 29 marzo 1983, n. 93, va sempre valutato anche in funzione della rilevanza qualitativa degli interessi aggregati dalla organizzazione sindacale. Tale rilevanza qualitativa espressamente prevista in tema di accordi decentrati dall'art. 14 della legge- quadro, che contempla esplicitamente anche i rappresentanti delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative nel settore interessato,. (sui criteri di indiwdruazione del grado di maggiore rappresentativit delle associazioni sindacali e, in particolare, sulla esigenza di una valutazione comparativa anche degli interessi delle organizzazioni minoritarie cfr., da ultimo, T.A.R. Toscana, 3 luglio 1990 n. 552 in Rassegna T.A.R. 1990, I, 3192); ai fini della individuazione del grado di rappresentativit l'art. 6 L. 93/83 e l'art. 8 D.P.R. 23 agosto 1988, n. 395, indicano i seguenti elementi: a) diffusione organizzativa negli ambiti territoriali e di categoria di ciascun comparto; b) adesione ricevuta in occasione di elezioni di rappJ:esentanti dcl personale in organi amministrativi; c) infine, consistenza associativa rilevata dal;le deleghe rilasciate per la riscossione dei contributi sindacali. Poich non risulta regolato in maniera certa e definitiva il modo di partecipazione aHa delegazione sindacale, da ritenere che resti riservato all'Amministrazione un ulteriore, sia pure limilont espressa dai loro rappresentanti stata recentemente offerta dal Dipartimento per la funzione pubblica il quale, nel dicembre del 1989, ha conferito validit formale e sostanziale alla tesi della inesistenza del vincolo di subordinazione gerarchica, con connessa inammissibilit di un procedimento disciplinare nei confronti di un esponente sindacale che agisca in nome e per conto della organizzazione sindacale di appartenenza e ci proprio in conformit alla disciplina generale sulla rappresentanza, secondo la quale va direttamente ed esclusivamente riferita all'associazione sindacale la volont manifestata dal proprio rappresen tante (cfr. Boll. Camera 14 marzo 1990, XIX). 5. Natura ed effetti dell'accordo sindacale e dell'atto di recepimento. Particolari approfondimenti in dottrina e in giurisprudenza sono stati compiuti con riferimento alla individuazione sia della natura giuridica rivestita dagli accordi sindacali nazionali (che, come noto, costituiscono soltanto il presupposto procedimentale necessario dell'atto finale imputabile al Presidente della Repubblica: gli aocordi sindacali del pubblico impiego, infatti, sono recepiti e resi esecutivi con d.P.R.), sia della natura giuridica dell'atto che recepisce l'accordo sindacale e cio del decreto presidenziale. opportuno, anzitutto, precisare che l'art. 6 della legge-quadro ha fis sato quattro principali fasi nella foru:nazione dell'atto normativo: a) la formu lazione dell'ipotesi di accordo da parte delle delegazioni; b) l'autorizzazione alla sottoscrizione dell'accordo, di competenza del Consiglio dei Ministri; c) la sottoscrizione; d) l'emanazione dell'atto con d.P.R., previa delibera del Consi glio dei Ministri. La caratteristica, peouliare e di pi immediata percezione, della predetta articolazione strutturnle offerta proprio daHa scansione netta della fatti specie in due diverse fasi (formazione dell'accordo e formazione dell'atto normativo), scansione che viene resa ancor pi esplicita ed evidente anzi tutto in conseguenza della previsione di una duplice deliberazione da parte del Consiglio dei Ministri. A tale proposito giova ricordare che la legge-quadro ha introdotto due interessanti novit: una di natura terminologica, in quanto l'atto, che nella legislazione precedente era chiamato approvazione , ora viene definito come autorizzazione alla sottoscrizione ; l'altra pi direttamente connessa alla stessa articolazione del procedimento nel quale viene inserita con auto nomo rilievo, contrariamente al passato, la sottoscrizione. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 286 Invero, con il nuovo sistema introdotto dalla legge 93/83 la autonoma previsione della sottoscrizione, formalit successiva all'intervento governativo, consente di distinguere l'intera articolazione deLla fase negoziale nei momenti funzionali della ipotesi, della autorizzazione e del!la sottoscrizione: tale distinzione trova ulteriore conferma sia nel fatto che l'atto bilaterale, che viene definitivamente sottoscritto, definito, ai sensi del citato articolo 6, ultimo comma, accordo e non pi ipotesi , sia nella corrispondenza tra i due stadi di formazione dell'atto (formulazione dell'ipotesi di accordo e sottoscrizione dell'aocorido) e le due deliberazioni del Consiglio dei Ministri, delle quali la prima ha per oggetto appunto l'ipotesi di accordo, laddove la seconda assume a riferimento il vero e proprio accordo sottoscritto: solo con la deliberazio.ne finale del Consiglio dei Ministri la volont del Governo si realizza e si manifesta in modo pieno e finale, assumendo valme costitutivo rispetto al perfezionamento dell'accordo: solo detto 011gano, infatti, in .rela zione alla posizione che esso riveste e ai poteri di cui dotato, in grado di assumere nei confronti della controparte gli obblighi che, nell'ordinamento intersindacale, scaturiscono dalla stipulazione dell'accordo, laddove l'ipotesi di accordo non pu mai essere considerata idonea a perfezionare l'accordo con la controparte, anche se costituisce indubbiamente qualcosa di pi di un atto meramente preparatorio: l'ipotesi di acco11do , infatti, destinata ad assolvere alla specifica finalit di definire i termini di un reciproco impegno tra le parti, ancorch non definitivo: dal che deriva, altres, che la delegazione pubblica, pur rappresentando 1'011dinamento statuale, non assume la veste di rappresentante, in senso tecnico, del Governo. N sembra da condividere la cosiddetta teoria contrattualistica >>, secondo cui. andrebbe effettuata una interpretazione strettamente e rigorosamente letterale dell'art. 6 in esame, che porta ad attribuire all'accorido sindacale intercorso tra le organizzazioni dei lavoratori e fa controparte pubblica natura di contratto collettivo di diritto comune, dotato' di efficacia generale erga omnes o, comunque, di stipulazione a carattere privatistico, come tale immediatamente vincolante per le parti in quanto gi perfezionata in tutti i suoi elementi costitutivi, con la ulteriore, conseguenziale attribuzione, al decreto presidenzale di recepimento dell'accordo, della natura cii mero atto integrativo dell'efficacia dell'accordo stesso in analogia, quanto al regime degli effetti, alla categoria dei contratti ad evidenza pubblica. Invero, una siffatta interpretazione trascura di considerare che l'accordo per la parte pubblica non elemento sufficiente ad iIIJiI>egnare lo Stato e gli altri enti pubblici, in quanto sussiste in parallelo la duplice necessit della emanazione non solo dei decreti presidenziali di recepimento contemplati dall'ultimo comma dell'art. 6, ma anche delle disposizioni di copertura finanziaria della contrattazione collettiva, normalmente inserite nella legge finanziaria e, in difetto, contenute in apposite leggi di modifica della stessa finanziaria nel rispetto delle norime di copertura, in relazione agli obblighi di spesa assunti in sede di contrattazione collettiva, secondo quanto espressamente previsto dall'art. 15 della legge-quadro. Un recente esempio di norma di copertura finanziaria emanata a modifica delle disposizioni della legge finanziaria costituito dalla legge 12 gennaio 1991, n. 4, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 13 novembre 1990, n. 326, recante disposizioni urgenti per assicurare l'attuazione di rinnovi contrattuali relativi al triennio 1988-1990 e, in particolare, per garantire la necessaria copertura finanziaria, nel citato triennio, degli oneri derivanti dagli accordi sindacali per i comparti della sanit e della ricerca. Nell'occasione il ricorso, da parte PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA del Governo, ana decretazione d'urgenza si rese indispensabile in conseguenza del rifiuto assoluto di registrazione (cfr. ar.t. 25, 3" comma, lett. a) R.D. 12 lu glio 1934, n. 1214), opposto dalla Corte dei Conti in ordine al decreto del Presidente della Repubblica di recepimento del contratto relativo al comparto sanitario. In particolare, rpoich le osservazioni della Corte dei Conti avevano fatto riferimento, fra l'altro, alla violazione del riparto di competenze fra la legge e gli accordi, sancito dalla legige-quadro sul rpubblico impiego, con il citato decreto legge n. 326 il Governo dovette prevedere una diversa formula di copertura degli oneri contrattuali, posti a totale carico dei bilanci degli enti interessati con un concorso agli stessi oneri contrattuali da parte dello Stato per gli enti del servizio sanitario e per le regioni a statuto ordinario; l'art. 2 del decreto legge n. 326, oltre a :stabilire il principio del concorso statale agli oneri del contratto, demandava al decreto del Presidente della Repubblica di recepimento del contratto stesso, la quantificazione di tale concorso: , cosi, di tutta evidenza che gli effetti costitutivi, modificativi o estintivi non possono essere riferiti all'acco!'do, ma al provvedimento amministrativo di recepimento, essendo la dichiarazione di volont espressa nell'accordo solo parte integrante del proc~dimento amministrativo preordinato all'emanazione del decreto, senza alcuna possibilit sia di assumere valore negoziale o contrattuale autonomo, sia di produrre da sola, conseguentemente, effetti giuridici rilevanti all'esterno, con l'ulteriore conseguenza che deve essere preclusa anche la possibilit di conferire all'accordo efficacia cogente o vincolante, fonte di diritti azionabili, sia pure solo a titolo di dsarcibilit per danni, presuntivamente derivanti da mancato adempimento degli impegni sottoscritti, in sede giurisdizionale ordinaria, considerata l'assoluta discrezionalit che caratterizza l'azione 'politica del Governo e quindi la fase di rece pimento dell'accordo e di elaborazione e perfezionamento del relativo decreto presidenziale, fase fra l'altro caratterizzata dalla 1diversit dei soggetti che formulano il provvedimento -Consiglio dei Ministri, Presidente della Repubblica -rispetto a quello che ha concluso e sottoscritto l'accordo -delegazione formata solo da alcuni Ministri. La delegazione governativa con la sottoscrizione dell'accordo impegna esclusivamente la propria responsabilit politica, posto che l'atto sottoscritto diviene giuridicamente rilevante solo con la ricezione formale e nei limiti in cui tle ricezione operata dal decreto presidenziale. Inoltre il decreto presidenziale di recepimento dell'accordo conserva pienamente i suoi margini di autonomia rispetto all'accordo stesso e ci in quanto esso presuppone una distinta e autonoma valutazione, da parte del Governo, dei contenuti dell'aiccordo e della loro effettiva compatibilit con le esigenze della finanza pubblica, allo scopo di prevedere tempestivamente e quindi evitare, come nell'esempio soprarichiamato del comparto sanit, il rischio di sfondamenti di bilancio che potrebbero essere provocati da aumenti salariali definiti in base ad accordo, nel momento della loro messa a regime, con diretta, effettiva incidenza sui costi e sulla spesa pubblica. Quanto alla determinazione delle risorse finanziarie da destinare alla contrat tazione pubblica, occorre ribadire che l'esigenza di assicurare la relativa copertura finanziaria e di individuare 1gi in sede di bilancio pluriennale .dello Stato le compatibilit generali di tutti gli impegni di spesa da destinare al pubblico impiego espressamente contemplata nel gi esaminato art. 15 della stessa legge-quadro n. 93/83. 288 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Appare di tutta evidenza che, per poter concedere l'autorizzazione prevista dal 4 comma di detto articolo, il Parlamento deve dotarsi di meccanismi idonei a valutare tempestivamente i reali fabbisogni per la copertura dei rinnovi contrattuali, operando altresl i necessari collegamenti, a titolo infor mativo e tecnico, non solo con il Ministero del Tesoro, ma altresl con il Dipartimento per la funzione pubblica, entrambi opportunamente coordinati allo scopo di evitare il rischio di coincidenza, sovrapposizione o addirittura contrapposizione di ruoli e competenze. Infine, le peculiari caratteristiche del decreto presidenziale ne escludono la sindacabilit da parte del giudice costituzionale, essendo il giudizio sul medesimo interamente devoluto al giudice amministrativo, come tale abilitato ad esaminare tutte le questioni ad esso riferibili, ivi comprese quelle dedotte sub specie di questioni di incostituzionalit, come censure di illegittimit ordinaria (cfr. al riguardo Corte Costituzionale, 25 giugno 1980, n. .100, in Il Consiglio di Stato 1980, II, 813; T.A.R. Lazio, Sez. I, 23 marzo 1988, n. 359, in I Tribunali Amministrativi Regionali 1988, I, 1023; TAR. Piemonte, Sez. II, 13 novembre 1987, n. 527 in I Tributi Amministrativi Regionali, 1988, I, 113). RAFFAELE TAMIOZZO CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 29 marzo 1990, n. 414 -Pres. Laschema Est. Torsello -Linguanti e Comellini C. ENEA (avv. Stato D'Amico). Giustizia amministrativa -Pubblico impiego -Stipendi assegni indennit Reformatio in peius Divieto -Compensi e indennit -Limiti del divieto. Il divieto della reformatio in peius del trattamento economico del pubblico dipendente riguarda il suo stipendio tabellare e le voci retributive di carattere fisso e continuativo, con esclusione degli emolumenti variabili e provvisori sui quali, per il loro carattere di precariet e accidentalit, il dipendente non ha ragione di riporre affidamento. Deve pertanto escludersi che sussista violazione del suddetto divieto nel caso in cui un accordo contrattuale recepito da un ente pubblico non economico abbia previsto un'indennit di servizio all'estero inferiore a quella precedentemente spettante, attesa la natura non retributiva di tale indennit e la mancanza, in essa, di qualsiasi carattere di continuativit e fissit (1). (1) Giurisprudenza costante; cfr. da ultimo CdS., V, 6 dicembre 1988 n. 781, in Cons. Stato, 1988, 1609; CdS. VI, 2 marzo 1983 n. 117, in Cons. Stato 1983, 1, 290 ss.. Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale del CdS. la ratio del principio dell'intangibilit del .trattamento economico del pubbblico dipendente, la oui base normativa costituita dall'art. 227 T.U,C.C.P. n. 383/1934, deve ravvisarsi nell'esigenza di evitare ohe progressioni di carriera o mutamenti di status -derivati aid es. da trasferimenti di ruolo -possano com portare una diminuzione del livello economico raggiunto dal dipendente PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 289 La questione posta all'esame del Collegio concerne, in definitiva, la sussistenza o meno della violazione del principio del divieto di reformatio in pejus , nel caso in cui un accordo contrattuale, recepito da un ente pubblico non economico (nel caso di specie i'ENEA), abbia previsto una indennit di servizio all'estero inferiore a quella precedentemente spet tante. Al riguardo questo Consiglio di Stato ha pi volte affermato il principio, richiamato anche nella decisione impugnata, che tale divieto riguar da il solo stipendio tabellare e le voci retributive di carattere fisso e con tinuativo, con esclusione degli emolumenti variabili e provvisori, sui qua li, per il loro carattere di precariet e accidentalit, il dipendente non ha ragione di riporre affidamento (cfr. da ultimo, C.d.S. V. 6/12/1988, n. 781), e che, i singoli compensi o indennit vanno conservati solo se, e nella misura in cui, norme espresse o provvedimenti legittimi dell'Amministrazione ne prevedano l'obbligo di corresponsione anche in presenza di una diversa disciplina destinata a regolare il nuovo status giuridico-economico del dipendente (cfr. C.d.S., VI 2/3/1983, n. 117). Facendo applicazione di tali principi alla fattispecie in esame, si deduce chiaramente, che l'indennit di servizio all'estero di cui fruivano i ricorrenti in virt del rinvio dell'art. 4 del D.P.R. 26 maggio 1976, n. 411 e dell'art. 30 del D.P.R. 16 ottobre 1979, n. 509 alle disposizioni relative alla corrispondente indennit del personale dipendente dal Ministero degli affari esteri, non voce retributiva avente caratteri di fissit e continuativit. arrecando grave noctllillento al preminente interesse pubblico al buon andamento dell'amministrazione, garantito -tra l'altro -attraverso l'incentivazione dell'impiegato alla carriera, assicurata dal principio .della proporzionalit retributiva. Conseguentemente il divieto di reformatio in peius postula, a giudizio del collegio, un raffronto meraimente quantitativo tra i valori monetari dei due differenti trattamenti economici complessivi dell'impiegato e si concreta in un obbligo di conservazione, per l'ente pubblico, del solo livello globale di retribuzione acquisito dal dipendente (comprensivo dello stipendio tabellare e delle voci retributive di carattere fisso e continuativo) e non gi di quei compensi o di quelle indennit dallo stesso percepiti che per la loro natura di emolumenti precari e accidentali, non sono suscettibili di essere classificati come voci retributive sulle quali il dipendente possa fare affidamento. Da un lato infatti non esiste nell'ordinamento un principio giuridico generale per il quale il datore di lavoro debba restare vincolato ad erogare compensi che, ove non presentino i caratteri della continuit e fissit, formano oggetto di mere aspettative da parte dei lavoratori e non di diritti acquisiti; d'altra parte la compressione dell'autonomia organizzativa dell'ente pubblico non pu estendersi, stante la particolare natura del rapporto di pubblico impiego, sino a vanificare del tutto il potere dell'ente stesso di modificare nel tempo la disciplina giuridica del trattamento economico dei propri dipendenti. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 290 Non solo, difatti, l'art. 171 del D.P.R. 5 gennaio 1967, n. 18 esclude espressamente la natura retributiva di tali somme, essendo destinate a sopperire agli oneri derivanti dal servizio all'estero ed essendo ad essi commisurate, ma nella stessa caratterizzazione strutturale tale indennit si appalesa composta, per una parte, da componenti indubbiamente variabili, come si rileva immediatamente dall'esame del comma 2 di tale articolo. Sotto tale profilo, come osservato nella decisione impugnata, la mancanza del carattere della continuativit deriva, con tutta evidenza, dalla circostanza che tale indennit erogata nelle sole ipotesi di trasferimento all'estero e per la durata di tale trasferimento. Il ricorso in appello va pertanto respinto, confermando la decisione impugnata. (omissis). CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 3 aprile 1990 n. 315 -Pres. Gessa -Rel. De Lipsis -C.P.D.E.L. (avv. Stato Stipo) c. Ballerini (avv. Graziosi). Pensioni . Pensioni civili Dipendenti enti locali Controversia sul computo ai fini pensionistici di un emolumento facente parte della retri buzione Giurisdizione della Corte dei conti ancorch la controversia sia stata promossa durante il rapporto di impiego. Pensioni Pensioni civili Controversia promossa davanti al giudice am ministrativo circa contributi da versare alla Cassa Pensioni Dipendenti Enti Locali Sopravvenuto collocamento a riposo Improcedibilit per difetto di interesse. Sussiste la giurisdizione della Corte dei conti nella controversia, con la quale il dipendente di un ente locale chiede che determinati emolumenti (sui quali sono sempre stati effettuati e versate alla C.P.D.E.L. le trattenute contributive) siano considerati come facenti parte della retribuzione utile ai fini del trattamento di quiescenza, ancorch il dipendente stesso abbia promosso un'azione di accertamento giurisdizionale in costanza di rapporto di impiego, intendendo prevenire, attraverso una sentenza dichiarativa, il provvedimento con il quale la C;P.D.E.L. gli li ;quider la pensione. improcedibile per. sopravvenuta carenza di interesse l'azione promossa davanti al giudice amministrativo in ordine alla imposizione dei 'contributi ed alla dichiarazione di pensionabilit di determinati emolumenti qualora nelle more sia intervenuto il collocamento a riposo, essendo ogni questione assorbita dal provvedimento di liquidazione della pensione, avverso il quale consentito solo il ricorso alla Corte dei conti (1). (1) Sussiste la giurisdizione del giudice del rapporto di lavoro qualora la controversia riguardi l'obbligo o la misura dei contributi che l'Ente datore di lavoro tenuto a versare alla Cassa Pensioni {per talune fattispecie PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 291 1) preliminare, seguendo l'ordine logico delle eccezioni e dei motivi di merito, l'esame del dedotto difetto di giurisdizione del giudice adito, prospettato dalla appellante anche in questo grado del giudizio, essendo stata disattesa l'eccezione dai primi giudici.. Sostiene la Cassa di Previdenza per le Pensioni ai Dipendenti degli Enti Locali che la pretesa azionata dall'avv. Ballerini in questa sede (di giurisdizione esclusiva), intesa all'accertamento della pensionabilit della voce stipendiale relativa alla quota-parte degli onorari da lui percepiti nella sua veste di consulente legale del Comune di Bologna, nonch alla dichiarazione che tale quota dovesse essere calcolata ai fini del trattamento di quiescenza dalla C.P.D.E.L., rientra nella giurisdizione della Corte dei Conti ai sensi del R.D. 12 luglio 1934, n. 1214. L'eccezione fondata e merita accoglimento.. Non in contestazione tra le parti che l'avv. Ballerini -prima con la qualifica di sostituto legale di prima classe e, successivamente, a seguito di vincita di concorso interno, quale consulente legale -abbia percepito, nella misura stabilita dal vigente regolamento organico del Comune, una quota parte degli onorari, sulla quale sono state regolarmente effettuate le trattenute di legge ai fini del trattamento di previdenza e di quiescenza, che il Comune, per la propria quota, ha sempre versato. quindi pacifico che il beneficio economico di cui si discute stato sempre corrisposto al ricorrente dall'Ente datore di lavoro, il quale, per parte sua, ha altres provveduto al regolare versamento alla Cassa Pensioni della quota contributiva mensile. In altri termini, nella fattispecie in esame, non si tratta di accertare se la partecipazione agli onorari spettanti all'avvocato del Comune abbia o meno carattere di elemento integrativo dello stipendio fisso (questione, v. Cass. SS. UU. 29 marzo 1983 n. 2240; Cass., Sez. Un., 24 giugno 1985 n. 3798, in questa Rassegna 1985, I, 784; Cass., Sez. Un. 3 giugno 1986 n. 3704, ivi, 1987, I, 66; nonch 1Cons. Stato VI, 18 novembre 1985, n. 598. Qualora invece l'Ente datore di lavoro ha corrisposto i contributi in ordine ad un determinato emolumento, la controversia sulla computabilit di questo ai fini pensionistici spetta alla giurisdizione della Corte dei conti (v. Cass. SS. UU. 10 gennaio 1984 n. 168) anohe se, come la decisione in rassegna era tenuta a precisare, l'interessato non sia stato collocato a riposo e ci perch la g~urisdizione esclusiva sussiste anche in ordine alle azioni di mero accertamento prima che il preteso diritto venga riconosciuto o negato (v. Cons. Stato, sez. V, 21 settembre 1983 n. 370). Se poi nelle more del giudizio interviene il collocamento a riposo dell'interessato, la controversia promossa davanti a giudice diverso da quello esclusivo delle pensioni perde attualit di interesse, non potendo farsi rientrare nella giurisdizione del rapporto di lavoro ormai cessato (v. in argomento Pretura di Roma 21 maggio 1986, in questa Rassegna 1987, I, 82 e giurisprudenza della Cassazione ivi richiamata). 292 I RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO peraltro, gi risolta in senso positivo da questa Sezione con la sentenza n. 924 del 5 dicembre 1959), n di esaminare la (contestata) natura retributiva di un emolumento proprio di una posizione di lavoro, le sue caratteristiche di fissit o di aleatoriet, di ricorrenza o di saltuariet, n ancora di valutare l'omessa iscrizione di un dipendente pubblico alla Cassa Pensioni ovvero di decidere una controversia attinente ad un rapporto giuridico d'impiego. Nelle predette ipotesi incontestabile la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Nel caso di specie, invece, l'originario ricorrente, odierno appellato, ha chiesto che determinati emolumenti (sui quali sono sempre stati effettuati e versati alla C.P.D.E.L. le trattenute contributive nella misura dovuta) siano considerati come facenti parte della retribuzione utile ai fini del trattamento di quiescenza, ai sensi degli artt. 15 e 16 della legge 5 dicembre 1959, n. 1077, che hanno individuato la parte fondamentale della retribuzione ai fini della contribuzione e del pensionamento. Si tratta, quindi, di accertare l'esatta incidenza della voce retributiva de qua sul futuro trattamento pensionistico dell'interessato, il quale, con la proposizione del ricorso di primo grado, ha, in un certo senso, inteso prevenire -con l'ottenimento di una sentenza dichiarativa in materia -il provvedimento con il quale la C.P.D.E.L. gli liquider la pensione. La circostanza che, nel caso di specie, non sia ancora sorto un rapporto previdenziale, non esclude che la questione si inserisca in un rapporto giuridico di natura previdenziale, intercorrente fra tre soggetti: Cassa Pensioni, Ente datore di lavoro e lavoratori, la cui competenza esclusiva -con l'instaurazione del giudizio -appartiene alla Corte dei Conti, che giudica integralmente nell'esatta determinazione del quantum pensionistico in relazione alle correlative norme. Invero, la giurisdizione della Corte dei Conti in materia di pensioni che alla luce di un consolidato indirizzo giurisprudenziale di questo Consiglio limitata a quanto concerne con immediatezza, anche nella misura, il sorgere, il modificarsi e l'estinguersi totale o parziale del diritto a pensione in senso stretto (VI Sez., 12 aprile 1986, n. 317; V Sez., 14 gennaio 1987, n. 20) -pu essere adita, oltre che su ricorso avverso il provvedimento di concessione del trattamento di quiescenza, anche prima dell'adozione del suddetto provvedimento, con un'azione di accertamento giuridizionale. Tali tipi di azioni, come ormai pacificamente affermato in giurisprudenza, sono di competenza del giudice che ha la giurisdizione nella-materia e, pertanto, nella fattispecie in esame, afferente alla valutazione ai fini I ~ ~=. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 293 pensionistici di una voce stipendiale, sempre corrisposta all'appellato, la giurisdizione non pu che essere della Corte dei Conti. 2) Osserva altres il Collegio che il rapporto di pubblico impiego, che legava l'avv. Ballerini al Comune di Bologna, cessato, essendo stato il medesimo collocato in quiescenza successivamente alla proposizione del ricorso e, pertanto, sotto questo profilo, l'appello improcedibile, in quanto l'attuale controversia in ordine alla imposizione di contributi ed alla dichiarazione di pensionabilit degli onorari percepiti dall'inte ressato nella veste di consulente legale del Comune, ha perso il carattere dell'attualit, essendo stata assorbita dal provvedimento di liquidazione della pensione, avverso il quale l'appellato -qualora non si ritenga sod disfatto -potr far valere autonomi motivi di impugnazione. Conclusivamente, l'appello va accolto e, per l'effetto, in totale riforma della sentenza impugnata, va dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in ordine alla domanda proposta dall'avv. Ballerini. Restano assorbite le altre eccezioni pregiudiziali e le censure di merito. (omissis) CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 20 aprile 1990 n. 292 -Pres. Buscema -Est. Martorelli -Drioli (avv. Volli) c. Regione Friuli-Venezia Giulia (avv. Stato Cosentino). Giustizia amministrativa Demanio e patrimonio -Beni patrimoniali indisponibili Concessione Scadenza del termine Estinzione del rapporto concessorio Obbligo di motivazione -Non sussiste . Necessit di tempestiva rituale disdetta -Non occorre. La sopravvenienza del termine convenzionale di scadenza comporta l'estinzione del rapporto concessorio avente ad oggetto un bene patrimoniale indisponibile senza che sia necessaria, da parte dell'Amministrazione, alcuna tempestiva rituale disdetta o alcun provvedimento formale di revoca fondato su ragioni di pubblico interesse (1). (1) Come noto, la giurisprudenza amministrativa e della Corte di Cassazione sono concordi nel ritenere che il rapporto instaurato tra il singolo e la P. A. mediante un contratto di diritto civile, in attuazione di un atto deliberativo di natura concessoria della P. A., avente ad oggetto l'uso particolare di beni pubblici sia di natura pubblicistica: cfr. Cass. 25 ottobre 1978 n. 4827; 294 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'appello infondato. La sentenza impugnata -che va condivisa -ha statuito che il concessionario di un bene patrimoniale indisponibile, alla scadenza prestabilita in convenzione, sia tenuto a rilasciare l'immobile, esclusa la necessit di una tempestiva rituale disdetta oppure di un formale provvedimento di revoca fondato su ragioni di pubblico interesse e, ci, contrariamente a quanto ritenuto dalle appellanti. Sta di fatto che, con la delibera 24 settembre 1971, n. 3306, la G.R. Friuli-Venezia Giulia aveva confermato il rilascio della concessione alla Ditta Andrioli di un nuovo locale adibito a negozio di abbigliamento, in sostituzione di un precedente rapporto riguardante un diverso locale. Il sottostante atto concessorio, stipulato il 12-11-1971, ne stabiliva all'art. 2, la durata in anni 3, a partire dal 1 luglio 1971, senza possibilit di rinnovo, ed in tal senso il conduttore assumeva esplicito impegno di rilasciare libero il locale da persone e cose alla convenuta scadenza del 30 giugno 1974 . Ebbene, precisato che il vano , oggetto della controversia, incorporato nell'edificio sito in Trieste, alla via Carducci, n. 6, acquistato dalla Regione come sede dei propri uffici, non pu non essere qualificato bene patrimoniale indisponibile della Regione stessa, la predeterminata durata del negozio -alla cui formazione avevano partecipato la P.A. ed i privati - elemento decisivo per escludere l'intermediazione di altri atti da parte del concedente. Avuto riguardo a detti presupposti, non ha rrato il primo giudice ad affermare che la sopravvenienza del termine convenzionale di scadenza comportava ex se l'estinzione del rapporto concessorio e che, a quella data, pertanto, doveva considerarsi conclusa la sottrazione dell'immobile alla sua particolare destinazione, tenuto conto dell'interesse generale valutato a suo tempo dall'Amministrazione. Si appalesano quindi inconsistenti le pretese delle appellanti -succedute alla Ditta Drioli -basate sull'assenza di una valida disdetta e sulla mancata motivazione di una revoca dell'atto di concessione. Tenuto conto di quanto precede, l'appello va respinto e la sentenza TAR Friuli-Venezia Giulia 16 giugno 1988 n. 399 confermata. (omissis) Cons. Stato, sez. V, 11' marzo 1977 n. 167, in Foro Amm. 1977, 440; sez. IV, fil 26 maggio 1984 n. 372, in Foro Amm. 1984, 870; sez. IV, 16 marzo 1987 n. 155, w Ij:; in Foro Amm. 1987, 450 e ss.. Il Consiglio di Stato ribadisce, con la sentenza in esame, che la sopravvenienza del termine convenzionale di scadenza comporta ex se l'estinzione del rapporto concessorio senza la necessit di una valida disdetta e a prescindere dalla motivazione della revoca: dr., in termini, Cons. Stato, sez. IV, 7 settembre 1988 n. 733, in questa Rassegna 1988 ,I, 121 e ss .. I i i !i --~ ~ PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA CONSIGLIO DI STATO, sez. VI, 23 aprile 1990, n. 460 -Pres. Salvatore P. - Rel. Salvatore C. -Istituti di Previdenza (avv. Stato Stipo) c. Zecchin (avv. De Petris). Pensioni -Ricorso avverso il provvedimento che respinge la domanda di riliquidazione della pensione -Giurisdizione della Corte dei Conti Ricostruzione economica della carriera -Ininfluenza. Rientra nella giurisdizione esclusiva della Corte dei conti la vertenza nella quale oggetto di impugnativa non il provvedimento amministrativo attinente alto status del dipendente, bens il provvedimento con il quale stata respinta la domanda di riliquidazione della pensione prodotta dall'interessato in dipendenza della ricostruzione economica della carriera. (omissis) L'eccezione di difetto di giurisdizione del giudice ammm1strativo, riproposto dall'Avvocatura Generale dello Stato, secondo la quale la controversia rientra nella giurisdizione della Corte dei Conti, fondata. esatto che sul trattamento pensionistico si riflettono gli effetti di atti amministrativi che, in quanto attributivi di posizioni giuridiche del pubblico dipendente, si ricommettano tutti tratti al suo status, con l'ovvia conseguenza che le controversie circa la legittimit degli atti amministrativi regolatori di quelle posizioni assumono carattere pregiudiziale e debbono essere necessariamente decise con efficacia di giudicato dal giudice amministrativo competente. Deve, per, osservarsi che tale generale principio non invocabile nel caso di specie, nel quale oggetto di impugnativa non il provvedimento amministrativo attinente allo status del dipendente (in concreto i decreti del Prefetto di Verona) ma solo il decreto del Direttore Generale degli Istituti di Previdenza con il quale stata respinta la domanda di riliquidazione della pensione prodotta dall'interessato in dipendenza della ricostruzione economica della carriera. L'errore in cui sono incorsi i primi giudici nel non aver considerato cbe la richiesta dello Zecchin in funzione esclusiva della rideterminazione del quantum della pensione, esulando dalla controversia qualsiasi questione di status . Ma, appunto perch vertente unicamente sul quantum del trattamento pensionistico, tale questione sfugge alla cognizione del giudice amministrativo e, rientra nella giurisdizione esclusiva della Corte dei conti a norma del R.D. 12 luglio 1934 n. 1214 (in tal senso Corte Costituzionale n. 186 del 1986). Alla luce delle considerazioni svolte, l'appello va accolto e la sentenza impugnata annullata senza rinvio, con conseguente dichiarazione di inammissibilit del ricorso originario. (omissis) 296 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CONSIGLIO DI STATO, sez. VI, 23 aprile 1990, n. 469 -Pres. Laschena Est. Salvatore -Radio Lido (avv. Vitucci) c. Circostel (avv. Stato Polizzi). Poste e radiotelecomunicazioni Emittenti locali Disturbi e interferenze alle comunicazioni Potere sanzionatorio della P .A. ex art. 240 d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156. Presupposti. Accertamento di concreti disturbi e interferenze Necessit . Limiti Interferenze su canali riservati alla P.A. L'esercizio dei poteri di polizia, attribuiti alla P.A. dall'art. 240 d.P.R. 29 marzo 1973 n. 156 nei confronti di chi trasgredisca il divieto di arrecare disturbi o causare interferenze alle telecomunicazioni ed alle opere ad esse inerenti presuppone, di norma, l'accertamento di concreti disturbi. Tale accertamento , tuttavia, irrilevante rispetto a quei canali che siano riservati alla P.A. per esigenze che postulano la loro disponibilit in qualsiasi momento. Infatti la semplice trasmissione non autorizzata, su frequenze riservate in tutto il territorio nazionale, integra il disturbo alle radio telecomunicazioni che giustifica l'esercizio del potere repressivo da parte della P.A. (1) Con il primo motivo l'appellante deduce l'erroneit in cui sarebbero incorsi i primi giudici quando, nel respingere il primo e terzo motivo di ricorso, affermano che a tenore della nota 16 del D.M. 31 gennaio 1983 non richiesto, ai fini del legittimo esercizio dei poteri repressivi di competenza del Ministro delle Poste e Telecomunicazioni che vi siano in atto disturbi o interferenze, perch la tutela assicurata al servizio di radionavigazione aeronautica preventiva rispetto al verificarsi di eventi pregiudizievoli per il servizio stesso . Ad avviso dell'appellante, il T.A.R. avrebbe confuso il momento autorizzativo dell'attivit con quello preventivo, non tenendo conto da un lato che, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 237 del 1984, la trasmissione via etere su scala locale Ǐ assolutamente libera per cui non avrebbe senso il richiamo, contenuto nel provvedimento di disattivazione, all'art. 195 cod. Postale (dichiarato incostituzionale proprio nella parte concernente le trasmissioni in ambito locale) e, dall'altro lato, (1) La giurisprudenza amministrativa (CJCl.S. 9 giugno 1986 n. 423, in Cons. Stato 1986, 900; VI, 6 aprile 1988 n. 409, in Cons. Stato 1988, I, 477), sopratutto in seguito ai decisivi interventi della Corte Costituzionale nella materia de qua, ha in pi occasioni affermato il principio della prevalenza dell'interesse della P. A. al regolare svolgimento dei servizi pubblici di radiotelecomunicazioni rispetto a quello avente ad oggetto l'uso delle frequenze radiotelevisive da parte dei privati. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA che il potere di cui all'art. 240 del codice postale esercitabile dall'amministrazione per reprimere effettivi disturbi o interferenze e non per tutelare preventivamente una determinata banda di frequenza. A confronto della propria tesi l'emittente ricorda che, nel sistema del codice postale, la tutela preventiva affidata all'art. 183, che prevedeva l'obbligo di fornirsi di concessione o autorizzazione ma che, dichiarata incostituzionale tale disposizione, l'infrazione al divieto di irradiare trasmissioni su bande di frequenza, riservata si:J.o alla definizione del Piano di assegnazione delle frequenze, sarebbe senza sanzione e, quindi, non perseguibile attraverso l'art. 240, trattandosi di attivit liberamente esercitabile dai privati e costituzionalmente garantita dall'art. 21 Costituzione. La tesi anzidetta non pu essere condivisa. Come questa Sezione ha avuto modo di chiarire (cfr. decisioni n. 423 del 9 giugno 1986 e n. 409 del 6 aprile 1988), se vero che i poteri di cui allo art. 240 D.P.R. 29 marzo 1973 n. 156 sono attribuiti all'Amministrazione per impedire quelle trasmissioni che, seppure illegittime, 'non cagionano interferenze e che, di regola, l'esercizio di detti poteri presuppone l'accertamento di concreti disturbi, vero, altres, che taluni canali sono riservati ad amministrazioni pubbliche (come le bande di frequenza riservate all'Amministrazione della difesa) per esigenze che postulano la loro disponibilit in qualunque momento. Rispetto a tali esigenze irrilevante una indagine sul concreto uso da parte dell'Amministrazione, che pu essere anche saltuario, e sulla effettiva sussistenza dei disturbi alle trasmissioni da parte di altri soggetti. In tali ipotesi -come stato precisato con le richiamate decisioni la trasmissione non autorizzata su frequenze riservate in tutto il territorio nazionale integra il disturbo alle telecomunicazioni che giustifica l'esercizio del potere repressivo dell'Amministrazione, il quale sarebbe inefficace, se fosse subordinato al verificarsi di quelle situazioni di emergenza che richiedono la pronta disponibilit di frequenze riservate, anche perch -come pure stato sottolineato -il conflitto fra l'utilizzazione pubblica, potenzialmente estesa all'intero territorio nazionale, di una banda di frequenza e l'utilizzazione in sede locale della stessa banda non pu essere risolto con accorgimenti tecnici, giacch questi presuppongono trasmissioni da effettuarsi in zone delimitate e distinte. Da quanto sopra deriva che nessuna confusione ha fatto il Tribunale Amministrativo Regionale tra momento autorizzativo e momento repressivo della attivit di radiotelecomunicazioni via etere ma solo esatta applicazione della disciplina vigente, per cui le relative conclusioni vanno confermate, anche se la motivazione deve essere integrata con le precisazioni avanti svolte. Del resto la tesi che all'infrazione al divieto di irradiare trasmissioni senza la preventiva definizione del Piano di assegnazione delle frequenze sia allo stato non sanzionabile, si scontra con lo univoco orientamento 298 RASSEGNA DEU.'AWOCATURA DELLO STATO della Corte Costituzionale, la quale (cfr. sentenze nn. 237 del 1984 e 826 e 1030 del 1988) ha chiaramente escluso la configurabilit di un diritto soggettivo del privato all'attivazione ed all'esercizio di impianti televisivi, dato che questi .comportano l'utilizzazione di un bene comune -l'etere naturalmente limitato e perch non fruibile da tutti e presuppongono necessariamente, di conseguenza, un provvedimento di assegnazione della banda di frequenza, che, in quanto immette un quid novi nella sfera giuridica del privato, ha indubbio carattere costitutivo. In particolare, la Corte ha sottolineato (si vedano il par. 22 della sentenza n. 826 ed il par. 9 della sentenza n. 1030 del 1988) che la necessit di un provvedimento abilitativo -il quale, nel settore in esame, I implica un ambito di discrezionalit non solo tecnica ma anche amministrativa -si fonda sulla esigenza di assicurare un razionale ed ordinato I governo dell'etere, la quale comporta tra l'altro che venga garantito il ! coordinamento e la compatibilit reciproca tra i vari servizi di telecomunicazioni ivi compresa la emittenza radiotelevisa, e che correlato al potere di assegnazione e di disciplina delle modalit d'impiego delle frequenze, I il potere di disattivazione conferito alla Pubblica Amministrazione dallo art. 240, il quale appunto preordinato a prevenire e reprimere usi non I consentiti o concrete interferenze. Assume ancora l'appellante che, anche a voler ammettere con la sen I r tenza impugnata che il D.M. 31 gennaio 1983 precluda l'installazione di I ~ emittenti radiofoniche sulla banda 104-108 MHz <resa anche se non rientranti neil'art. 2195 e.e. esclude quelle organizzate prevalentemente con il lavoro del contribuente e dei suoi familiari. Benoh resti invariato il primo comma, secondo il quale restano di ima>resa i redditi derivanti, solo qualitativamente, dall'esercizio delle attivit indicate ne1l'art. 2195, anche se non organizzate in forma di impresa, l'innovazione .semlbra diretta a ricreare l'unit del concetto di impresa sia ai fini IRPEF che ai fini ILOR; si dovranno cio riportare nel lavoro autonomo quel:le attivit di solo lavoro che crune tali non saranno soggette all'ILOR piuttosto che avventurarsi nella incoerente esclusione dalla imposizione in ILOR di redditi che pure sono di ima>resa ai fini IRPEF (FANrozzI, Il reddito di impresa: relazione introduttiva, in Rass. trib., 1989, I. 1, D'AYALA VALVA, I redditi di lavoro autonomo sul TUIR n. 917 del 22 dicembre 1986, ivi, 1989, I, 321). Ma il momento di battere anche la via inversa: considerare cio se siano da ricondurre alla impresa, e quindi alla imposizione ILOR, attivit 328 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO colo 51 d.P.R. n. 597/73 dovrebbero (e devono) qualificarsi d'impresa at fini dell'IRPEF non possono considerarsi tali ai fini dell'ILOR (stante la diversa ratio dell'imposizione, basata sull'esclusione del reddito di lavoro personale) se, in realt, manca la componente patrimoniale o capitalistica del reddito stesso. La presenza o meno di un'organizzazione aziendale (irrilevante ai fini dell'IRPEF) rilevante ai fini dell'ILOR nell'ambito della quale un reddito prodotto da lavoro autonomo (anche non intellettuale, senza l'apporto di capitale, ovvero con l'apporto di capitale minimo, tale da non dar luogo ad una vera e propria organizzazione imprenditoriale non imponibile, alla stregua del criterio di esclusione fissato dall'art. 1 secondo comma lett. a) del d.P.R. n. 599 del 1973, allargato dalla Corte Cost. al lavoro autonomo non assimilato all'attivit d'impresa. Pertanto, in primo luogo legittima l'indagine in fatto, compiuta dal giudice tributario, allo scopo di stabilire se esiste o meno un'organizzazione minima d'impresa s che l'attivit svolta nella forma del lavoro autonomo puro e semplice. In secondo luogo, l'indagine in concreto svolta dalla Commissione Centrale non si presta alle censure assai generiche mosse dal ricorso, posto che la Comm. Centrale ha ritenuto che fosse stato provato dalla contribuente (nell'azione di ripetizione d'indebito esperita) che essa svolgeva l'attivit senza deposito e senza alcuna organizzazione e cio col solo lavoro, senza alcun concorso di capitale. Si tratta di accertarmento di fatto incensurabile in questa sede. (Omissis) professionali con apporto rilevante di componenti patrimoniali o con organizzazione di lavoro e rischio di :impresa, secondo l'indicazione della Corte Cost. Oggi il fenomeno delle professioni, anche intellettuali, organizzate, anche con vesti di associazione abilmente confezionate, di vaste e crescenti proporzioni. Finora la prevalente interpretazione, mentre stata assai rigorosa nel qualificare di impresa i redlditi rientranti nell'art. 2195 per il solo aspetto qualitativo (cosicch un imprenditore che svolge una attivit di trasporto il portavaligie) stata altrettanto rigorosa nell'escludere la ricomprensione nell'impresa delle professioni intellettuali. L'incoerenza e l'ingiustizia di queste conclusioni manifesta. Quando la professione esercitata con l'organizzazione del lavoro di altri professionisti legati ad 'llll1 caipo anche da rapporto di lavoro subordinato, con rischio di impresa e con apporto di capitale, non si pu escludere l'applicazione dell'art. Srl secondo comma lett. a). Quando si raccoglie l'indicazione della Corte Cost. rper compiere in via di interpretazione quelle valutazioni che la Corte non pu fare per creare nuove classificazioni di tipi di reddito che sarebbe compito del legislatore di introdurre, non si pu procedere in una sola direzione, perch l'indicazione del giudice delle leggi nel du(plice senso di individuare i tirpi di reddito di impresa assimilabili a quelli di lavoro autonomo e i tipi di reddito di lavoro autonomo assimilabili ai redditi di impresa. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 329 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 13 febbraio 1990 n. 1021 -Pres. Brancaccio -Est. Sgroi -P. M. Minetti (conf.). Volpe (avv. Casulli) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Criscuoli) e Esattoria Comunale di Roma. Tributi erariali diretti -Riscossione -Competenze e giurisdizione -Opposizione di terzo -Amministratore di Societ responsabile della sanzione ex art. 98 d.P .R. 29 settembre 1973, n. 602 -Non terzo -Difetto di giurisdizione dell'A.G.O. -Ricorso ex art. 700 c.p.c. -Improponibilit assoluta. (d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602, art. 54 e 98; c.p.c. art. 615, 619 e 700). Tributi erariali diretti -Riscossione -Competenza e giurisdizione Amministratore di societ responsabile della sanzione ex art. 98 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 -Contestazione sulla sussistenza della responsabilit e sulla esistenza del titolo esecutivo -Giurisdizione delle Commissioni. (d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602, art. 98; d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636, art. 1). Tributi erariali diretti -Riscossione -Competenza e giurisdizione -Am ministratore di societ responsabile della sanzione ex art. 98 d.P .R. 29 settembre 1973, n. 602 -Contestazione sulla validit verso l'ammi nistratore del ruolo emesso nei confronti della societ -Giurisdizione delle commissioni. (d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602, art. 54 e 98; c.p.c. 615). L'Amministratore della societ responsabile ex art. 98 d.P.R. 29 set tembre 1973, n. 602 della sanzione a carico della societ coobbligato e non terzo e di conseguenza non pu proporre opposizione, da consi derare opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c. contro gli atti dell'esattore per il divieto stabilito nell'art. 54 del d.P.R. n. 602; neppure pu proporre ricorso ex art. 700 c.p.c. che si concreterebbe in una sospensione della procedura esecutiva in ordine alla quale sussiste un difetto assoluto di giurisdizione ed ammesso soltanto il ricorso all'intendente di finanza (1). L'Amministratore della societ responsabile ex art. 98 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 della sanzione a carico della societ pu contestare la sussistenza della sua responsabilit e l'esistenza nei suoi confronti del titolo esecutivo solo con ricorso innanzi alle commissioni (2). Appartengono alla giurisdizione delle commissioni tutte le questitJni proposte dall'amministratore della societ responsabile della sanzione ex art. 98 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 in ordine alla efficacia nei suoi confronti del ruolo emesso a carico della societ (3). (1 3) La sentenza affronta e risolve correttamente un grappolo di questioni. Sulla prima massima evidente che l'amministratore della societ responsabile in proprio della sanzione obbligato in solido e come tale 330 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (omissis) Col ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione il Volpe sostiene: a) che la cognizione dell'opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c. o, in via suppletiva, il provvedimento d'urgenza ex art. 700 c.p.c. per prevenire gli effetti della esecuzione esattoriale ed opporsi ad essa, appartiene alla giurisdizione del magistrato ordinario; b) che l'amministratore di una societ di capitali fallita da ritenersi terzo rispetto al rapporto tributario per tributi della societ resi liquidi ed esigibili. dopo la dichiarazione di fallimento; e) che la cognizione delle opposizioni ad esecuzione esattoriale, allorch si deduce l'assoluta inesistenza del titolo esecutivo (ruolo dei tributi) appartiene alla giurisdizione ordinaria; d) che nel conferimento della delega all'Esattore da parte dell'Intendenza di Finanza l'individuazione del contribuente deve essere rigorosa e che non sono ammissibili, in sede esecutiva, variazioni, modifiche o aggiunte concernenti la titolarit del ruolo che non abbiano costituito variazioni, modifiche o aggiunte in sede di accertamento in contraddittorio col nuovo soggetto; in particolare, la contestazione della solidariet dell'ex amministratore di cui all'art. 98 d.P.R. n. 602 del 1973 non pu avvenire in sede esecutiva e ad opera dell'Esattore delle imposte. Nessuna delle suddette affermazioni pu essere accolta, in parte anche perch concernenti il merito e non la giurisdizione (rilievi sub. b) e sub. e). In primo luogo, puramente verbale e non corrispondente alla reale configurazione della domanda, la qualificazione del ricorso al Pretore come opposizione di terzo, ex art. 619 c.p.c., sia perch non esiste nel petitum alcuna richiesta di accertamento della propriet sui beni pignorati, sia soprattutto perch il Volpe non terzo, ma obbligato non pu proporre n l'opposizione di terzo dell'art. 619 c.p.c. n l'opposizione alla secuzione dell'art. 615 innanzi al giudice ordinario. ' Se intende contestare la sua responsabilit pu soltanto proporre ricorso alla commissione~ poi consolidatissima la giurisprudenza della Cassazione e della Corte Costituzionale che esclude la proponibilit innanzi a qualsiasi giudice, anche sotto forma di ricorso ex art. 700 c.p.c., di una domanda di sospensione della riscossione esattoriale (fra le tante v. Cass. 20 gennaio 1987 n. 461, Foro it., 1977, I, 1368; Corte Cost., dopo la fondamentale sentenza 1 aprile 1982 n. 63 in questa Rassegna, 1982, I, 227, le numerose ordinanze confermative 12 novembre 1987 n. 427; 27 novembre 1987 n. 550; 26 luglio 1988 n. 916; 6 dicembre 1989 n. 529). Per la sospensione della riscossione, anche in materia di imiposte indirette, percorribile solo la via del ricorso all'intendente di finanza e quindi al giudice amministrativo; su questa linea si attestato il Consiglio di Stato, sez. IV, 18 novembre 1989 n. 792, Foro it. 1990, IV, 255 rivedendo la posizione negativa che era stata affermata con la decisione della stessa Sezione 28 dicembre 1984 n. 1067, ivi, 1985, IV, 383. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 331 d'imposta ai sensi dell'art. 98 penultimo comma del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602. Da tale premessa discende de plano il difetto di giurisdizione del G.O. in ordine all'opposizione all'esecuzione ai sensi dell'art. 615 (art. 54 secondo comma del d.P.R. n. 602), ed altres il difetto assoluto di giurisidizione in ordine al richiesto provvedimento d'urgenza, concretato in una sospensione (art. 54, primo comma cit.). Tali principi sono stati riaffermati innumerevoli volte da questa Corte (fra le tante altre, da Sez. un. 14 maggio 1967, n. 2338, per quanto concerne l'opposizione all'esecuzione, e da Sez. Un. 5 ottobre 1987, n. 7425, per quanto concerne la sospensione dell'esecuzione esattoriale con un provvedimento d'urgenza ex art. 700 c.p.c.). Il sistema ha pi volte su perato il controllo di legittimit costituzionale (da ultimo, v. ordinanza Corte Costituzionale n. 916 del 7-26 luglio 1988). L'affermazione del ricorrente supra riportata sub b) dovr essere esaminata dal giudice munito di giurisdizione, per la contestazione del credito; giudice che contrariamente a quanto affermato sub e) costituito dalle Commissioni Tributarie, di cui al d.P.R. n. 636 del 1972 e succ. modifiche, poich il credito fatto valere costituito, come risulta dagli atti, da pene pecuniarie e sovratasse relative a ritenute d'acconto su redditi di lavoro dipendente riguardanti gli anni 1978-1979, e cio riguarda rapporti tributari compresi nell'ambito della competenza fissata dall'art. 1 del d.P.R. n. 636 del 1972 sul contenzioso tributario, in sede di ricorso contro il ruolo. La pretesa irregolarit dedotta sub d) appartiene all'ambito dell'opposizione ex art. 615 c.p.c. e, quindi, in ordine ad essa esiste la gi rilevata inammissibilit disposta dal secondo comma dell'art. 54 del d.P.R. n. 602 del 1973. La questione riguarda sempre l'inesistenza del titolo e la Tutte le contestazioni che l'amministratore pu muovere quando viene compulsato per l'adempimento, nei limiti in cui sono aIDi!Ilissibili, son devolute alle commissioni la cui giurisdizione generale in ogni caso esclude la giurisdizione ordinaria; sono per sottratte ad ogni sindacato giurisdizionale, anche delle commissioni, le opposizioo.i contro gli atti eseutivi dell'esattore per le quali ammesso solo il dcorso flIIlministrativo a norma dell'ar:t. 53 del d.P.R. n. 602. . Rimane molto aperta la discussione sull'ampiezza e sui modi delle contestazioni che il responsabile della sanzione pu sollevare, dopo che la sentenza della Corte Cost. 29 ottobre 1987 n. 348, seguita dalle ordinanze 21 ge:1,1naio 1988 n. 48 e 12 maggio 1988 n. 591 ha riconosciuto, in modo molto generico, che il responsabile pu fotelare il suo interesse. Si discute se il responsabile pu impugnare in modo pieno il provvedimento definitivo contro la societ, se nei suoi confronti sia efficace lo stesso ruolo formato contro la societ e quale sia l'atto contro n quale pu ricorrere alla commissione. Per una ampia informazione sulla vasta problematica v. DEL FEDERICO, In tema di solidariet dipendenza: l'art. 98 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602 in Rass. Trib., 1990, I, 99. 332 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nullit del ruolo e quindi appartiene alla cognizione del giudice tributario, in contraddittorio con l'Amministrazione. I I f: Concludendo: in ordine alla domanda di sospensione dell'esecuzione I fil esattoriale esiste il difetto assoluto di giurisdizione dell'A.G.O., posto che il potere di sospendere quella procedura esula dalle attribuzioni del giudice ordinario, come di qualsiasi altro giudice, comprese le commisili sioni tributarie e spetta, in sede amministrativa, all'Intendenza di Finanza (art. 39 del d.P.R. n. 602 del 1973), mentre la tutela delle posizioni soggettive del contribuente affidata alla giurisdizione generale di legittimit, avverso le determinazioni dell'Intendente. In ordine alla domanda di nullit del ruolo per inesistenza della responsabilit del contribuente e per la pretesa inopponibilit nei suoi confronti del titolo (ruolo) formatosi nei riguardi della societ da lui amministrata, va dichiarata la giurisdizione delle Commissioni Tributarie, (v. Cass. 15 ottobre 1986 n. 6040). appena il caso di dire, infatti, che la giurisprudenza citata dalla difesa del Monte dei Paschi, in ordine alla esistenza e proponibilit dinanzi al G.0. di una generale azione di accertamento negativo del debito tributario, riguarda l'ovdinamento preesistente e non quello successivo alla riforma del 1972 (cfr. Sez. Un. 3 marzo 1977, n. 942) e che non sussistono neppure, nel presente caso, gli elementi in forza dei quali tale azione pu ritenersi ancora ammessa dinanzi all'A.G.O., secondo Sez. Un. 17 febbraio 1988, n. 1677 (in motivazione) e cio una esecuzione non ancora iniziata e, comunque, riguardante soltanto l'indennit di mora devoluta all'Esattore. Invero, nella specie non solo l'esecuzione era gi in corso, ma la controversia riguarda sovratasse e pene pecuniarie su imposte sul reddito, comprese nell'esclusiva giurisdizione delle Commissioni Tributarie, in sede di impugnazione dell'accertamento e/o del ruolo e dell'avviso di mora. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 febbraio 1990, n. 1434; Pres. Scanzano -Est. Tilocca -P. M. Simeone (conf.). Ministero delle Finanze (Avv. Stato Palatiello) c. Fallimento Saraca. Tributi in genere -Accertamento Notificazione Consegna a persona convivente -Rinvenimento presso l'abitazione -Necessit. (c.p.c. art. 139; d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, art. 60). Tributi in genere -Contenzioso tributario Rinnovazione della notifica dell'atto impugnato -Ricorso contro ruolo per irregolare notifica dell'accertamento -Inapplicabilit della rinnovazione. (d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636, art. 21). La notificazione mediante consegna della copia nelle mani di persona di famiglia, se pure non legata da un rapporto di convivenza con PARTE. I, SEZ. V> GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 333 il destinatario, valida a condizione che la consegna sia avvenuta nella casa di abitazione e che ci risulti dalla relazione di notificazione (1). ' La rinnovazione con effetto di Sanatoria dell'atto dell'ufficio tributario prevista nell'art. 21 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636 possibile solo relativamente all'atto oggetto immediato e diretto della impugnazione; non di conseguenza consentita la rinnovazione della notificazione dello avviso di accertamento quando sia impugnato il ruolo in quanto non preceduto dalla regolare notifica dell'accertamento (2). (omissis) In data 20 dicembre 1977 l'Ufficio distrettuale delle Imposte Dirette di Viterbo notificava avvisi di accertamento per la R. M. e per l'imposta complementare, relativi agli anni 1971, 1972 e 1973, a Saraca Ferdinando, mediante consegna alla suocera. (1 -2) Rinnovazione della notifica dell'accertamento e sanatoria dei vizi. I. -La sentenza ripete, con poco aip;profondimento, una interpretazione dell'art. 21 del d.P.R. n. 636/1972 che merita una pi articolata indagine. Le notificazioni degli atti degli uffici tributari, e particolarmente degli avvisi di accertamento, toccano un tema importante sia per il rilevante numero delle operazioni che gli uffici compiono, tra le quali facile incorrere in irregolarit, sia perch la nodfica ha il duplice effetto di impedire la decadenza dell'ufficio e di far decorrere il termine per il ricorso del soggetto passivo. Ci porrebbe in termini drammatici le questioni sulla regolarit della notifica: la tutela giurisdizionale del contribuente pu essere salvata solo affermando la decadenza dell'Amministrazione dal potere di accertare (o viceversa). Ma la decisione su questo contrasto non semrpre possibile perch vi sono situazioni in cui il destinatario pu non avere avuto conoscenza dell'atto, ma allo stesso tempo al notificante non pu essere imputata alcuna negligenza sicch non possibile una decisione (mors tua vita mea) giusta. Di ci offre un esempio la decisione in parola quando (prima massima) ipotizza che la notificazione a mani di persona dichiaratasi legata da un rapporto di parentela e convivente possa cadere a seguito della prova successivamente data, di una presenza meramente occasionale; e pi spesso di quanto pu sembrare, ci si trova di fronte a situazioni irrisolvibili nettamente a favore di una o di altra parte. In casi del genere se si potrebbe indulgere in favore del destinatario della notificazione, quando la notifica pu essere ripetuta senza preclusioni (come per la citazione). non si pu pi ammettere un orientamento di salvataggio quando l'irregolarit della notifica d luogo a decadenza per la parte istante (come per l'arppello). In considerazione di tali difficolt nel processo civile, assai pi perfe zionato, stata introdotta la regola (art. 291 c.p.c.) che attraverso la rinnovazione, che il giudice deve 011dinare invece di dichiarare la nullit della notificazione, si sana ogni decadenza sia per la parte istante sia per la parte destinataria; ci significa che il t~o della notificazione si sdoppia: per la parte istante vale ai fini dell'impedimento della decadenza la data della prima notificazione bench irregolare; per la parte destinataria vale a tutti gli effetti la data derla notificazione rinnovata..Solo cos possibile superare quella drammatica alternativa senza uscita di cui si detto. 12 334 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO Decorso; senza impugnazione, il termine di legge, l'Ufficio provvedeva a notificare al Saraca le iscrizioni a ruolo. Il Saraca: proponeva contro tali iscrizioni ricorso davanti la Com missione tributaria di primo grado deducendo che gli avvisi di accer tamento erano stati irritualmente consegnati alla suocera, non convi vehte, mentre passava nei pressi del Comune e che egli : ne era venuto a conoscenza quando era gi decorso il termine utile per hn pugnare gli accertamenti. Produceva due certificazioni anagrafiche attestanti che la suocera viveva altrove con il suo nucleo familiare. ome noto il princiiJ,,io dell'art. ~1 stato esteso a tutti i processi, anclie ove non esista giudice istruttore, ed era stato ritenuto applicabile anche al processo tributario dell'ordinamento abrogato (Relazione Avvocatura Stato, 1971-75, Il, 578). Analogia ancora maggiore con la materia in esame presenta la normativa .in materia di ingiunzione ordinaria,.:Jn questo ..caso infatti la. notifica del decreto rilevante. al duplice fine della inefficacia del decreto (art. 644 c.p.c.)edella decorrenza del termine per l'OPJ?OSizione (art. 641 e 645); ma Se nasce .un sospetto sna regolarit della nntifica, da un canto il giudice che ha emesso il decreto deve. ordinare cl;te sia rinnovata la notificazione .quando risulta o' appare .probabile ohe l'intimato non abbia avuto conoscenza. del decreto (art. 647), dall'altro, l'intimato pu fare opposizione taroiva se prova I lli ,di .;non aver avuto conoscenza del decreto per irregolarit della notificazione O per caso. fortuito o forza maggiore (art. 650). L'interesse delle due parti viene 'cos . tutelato, al di l di quanto possa risultare da un rigoroso esame della validit della notifica, sui presupposto che la notifica formalmente regolare possa non aver raggiunto lo SCO!PO e che le pur valide eccezioni dell'intimato non .possono pregiudicare il diligente procedente. Si deve sottolineare al riguardo come le norme citate bandiscono il formalismo quando impongono la rinnovazione anche quando appare probabile la mancata conoscenza e ammettono la opposizione tardiva quando nono.stante regolare notifica, .l'atto non abbia raggiunto ,lo SCOJPO per caso fortuito O forza maggiore. II. -Non si pu supporre che. il legislatore della riforma del processo I tributario, abbia inteso discostarsi da un tale indirizzo per imporre un sistema di maggior rigore proprio nella materia nella quale il conflitto fra interessi insanabilment contrapposti gem:ralizzato; peraltro, in mancanza di una norma specifica, l'art. 291 avrebbe trovato comunque applicazione. La norma lell'art. 21 del d.P.R. n. 636/1972, non pu essere letta se non nel solco dell'esperienza dell'art. 291 e norme analoghe; la specificit dell'art. 21 sta solo nel punto che rivC1lto alla notificazione di atti che, pur essendo strettamente pregiudiziali al processo, non sono processuali in senso stretto. Ma l'art. 21, nel testo originario in modo specifico e nel testo novellato in modo pi generico, ha la stessa portata dell'art. 291, produce cio lo sdoppiamento temporale della notificazi.one rispetto alla parte istante ed alla parte destinataria; quando viene eccepita la irregolarit della notifica (l'ipotesi pi significativa quella dell'atto apparentemente regolare da un esame testuale ma che non ha ra~iunto lo scopo per un _fatto conoscibile solo a seguito di eccezione del destinatario, quando in sostanza le due parti sono . pariteticamente dalla parte della ragione),. la .commissione. non deve stabilire .. con un PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 335 Si costituiva l'ufficio ed eccepiva che " la mancata indicazione del luogo della notifica .degli avvisi di accertamento irrilevante .perch non solo il Saraca stesso ha ammesso di essere venuto in possesso degli avvisi ma ne ha dato ampia dimostrazione allegandone fotocopie al ricorso. Gli avvisi hanno, perci, raggiunto lo scopo cui erano destinati. Che gli avvisi di accertamento poi -gli siano stati consegnati non in tempo utile per produrre gravame lo assedsce il contribuente senza poterne dare alcuna prova. Comunque ove a Codesta Commissione s>r gano dubbi circa le asserzioni del contribuente, lo scrivente, visti gli artt. 160 e 162 c.p.c. chiede in subordine l'applicazione dell'art. 21 d.P.R. n. 636 >>. colpo di accetta se l'Amministrazione decaduta dal potere di accertare o se il ricorso inammissibile, ma deve semplicemente oroinare la rinnovazione che impedisce la decadenza per ambedue le parti. In vista cli ci--verranno a cadere anche molte contestazioni giacch le parti non avranno pi interesst:i ad eccepire irregolarit delle quali pu essere facilmente ottenuta sanatoria. Nel testo novellato l'art. 21 concepisce la sanatoria in termini di molt~ ampiezza; la commissione se rileva. un vizio, con rdinanza sospende il-pro, cesso e assegna un termine per la rinnovazione; la rinnovazione impedisce ogni decadenza e fa cessare 1a materia. del contendere sui motivi che hanno determinato l'emissione dell'oOOinanza e perfino sui motivi che risultano accolti nell'atto rinnovato. L'ordinanza, pronunciata CC)I1 cpgnizione sommaria, ha lo scopo di troncare sul nascere tutte le questioni sui vizi formali senza dare ingresso a discussioni aipiprofondite in sede di decisione; i vizi denunciati vengono eliminati prima ancora di verificare funditus se essi sussistano .realmente; come nell'opposizione alla ingiunzione oroinaria, la sanatoria, che giova ad ambedue le parti, ha la funzione di semplificare il processo per aprire l'accesso al merito, superando 'le questioni pregiudiziali. La portata dell'art. 21 stata interpretata, non senza fondamento, nel senso che l'ordinanza che dispone la rinnovazione abbia sostanza decisoria e vincolante, per la futura decisione su quanto stato oggetto di sanatoria (CONSOLO, Irrevocabilit dell'ordinanza che dispone la rinnovazione dell'atto impugnato e rimedi concessi nei suoi confronti, in Rass. Trib., 1985, II 687; ~D., Sul contenuto e sulla natura decisoria di merito dell'ordinanza di rinnovazione ex art. 21 d.P.R. n. 636 e della conseguiente eventuale dichiarazione di cessazione della materia del contendere, in Giur. it., 1988, III, 1, 17, GLENDI\ La sanatoria delle nullit di notifica degli atti impugnabili nel -processo tributario, in Riv. dir. finanz., 1978, I, 80). Questa ricostruzione (che peraltro d luogo a complesse questioni sulla impugnabilit della oroinanza a carattere:; decisorio di cui non pu ragionarsi in questa sede) riconferma ed amplifica la finalit de11a norma di espellere dal processo tributario le questioni di rito puramente formali. III. -La norma dell'art. 21 dunque molto saggia. Contro di essa si invece sviluppata una reazione diretta a svuotarla di contenuto partendo dalla erronea convinzione che essa abbia introdotto un privilegio per l'Amministrazione, senza considerare che la sanatoria giova anche al soggetto passivo che non abbia proposto ricorso tempestivo. Si cominciato col dire che la norma era inattuabile in quanto prevedeva la 336 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA. DELLO' STATO. La Commissione adita ci.gettava il ricorso, che, tuttavia, veniva ac colto, su appello del curatore del fallimento, nel frattempo dichiarato, del Saraca, dalla Commissione tributaria di 2 grado. L'Ufficio ricorreva alla Commissione centrale delle Imposte, la quale, con la decisione indicata in epigrafe, rigettava il gravame. Osservava la Commissione centrale che la validit della notificazione degli avvisi di accertamento va esclusa essendo stati essi consegnati ad un parente (del contribuente) che vive in un appartamento autonomo ed indipendente sito in una via diversa da quella del contribuente (medesimo). Deve ritenersi nulla la notifica di un accertamento effet tuato nelle mani di un parente del contribuente del quale non si evince in alcun modo l'esistenza di un rapporto col destinatario dell'atto. Aggiungeva, poi, la Commissione centrale che l'art. 21 d.P.R. n. 636 del 1972 non applicabile nell'ipotesi del ricorso contro il ruolo, se la nul sanatoria nei cast m cui con la propos1z1one del ricorso l'effetto sanante si era gi verificato (v. autori citati in MuscARA, Commentario delle leggi sul contenzioso tributario, diretto da C. GLENDI, Milano 1990, 395 s. s.), per arrivare a dubitare della legittimit costituzionale; si pensato che fossero si:J.abili I soltanto le irregolarit minori ~Cass. 26 gennaio 1981 n. 572 in questa Rassegna, 1981, I, 807; 24 maggio 1984 n. 3191, ivi rn84, I, 780), si sostenuto, contro I ogni logica, che la sanatoria potesse intervenire solo se non era ancora ~ avverata la decadenza (MUSCARA, op. cit., 445 ss.) e si perfino messo in dubbio che a seguito della novella del 1~81 fosse sopravvissuta la sanatoria I I1J della notifica. Ma soprattutto si affermato, come la sentenza in rassegna ripete, I ~ che la notifica dell'avviso di acoertamento non sanabile n con il raggiungimento dello scopo n con la rinnovazione quando il ricorso proposto contro un atto successivo (ruolo, ingiunzione), nemmeno se l'impugnazione si fonda per l'appunto sulla inesistenza, per nu11it della notifica, dell'atto anteriore. La dottrina tutta schierata in tal senso sia nella convinzione che questa debba essre la soluzione corretta (GLENDI, La sanatoria delle nullit, Icit.), sia nella convinzione che questa sia una incongruenza riparabile solo in sede legislativa (Russo, L'art. 21 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636: problemi I interpretativi e proposte di modifica, in Riv. dir. finanz. 1976, II, 95; ID., MAFFEZZONI, Atti impugnabili e funzione del processo avanti le commissioni tributarie, in Rass. trib., 1976, 1390; MuscARA, Contributo all'inquadramento sistematico dell'istituto della rinnovazione dell'atto impugnato, in Riv. dir. finanz., 1990, I, 63, ID., Commentari-O cit.). Da parte sua la giurisprudenza, con pronunzie poco approfondite si posta sulla stessa linea (1Prima deHa sentenza ora in esame, v. C.ss. 10 novembre 1979, n. 57189, Foro it., 1980, I, 1034; 26 gennaio 1981 n. 572, in questa Rassegna, 1981, I, 807; 12 aprile 1984 n. 2358 in Rass. trib. 1985, Il, 551). In questo modo la norma viene veramente sterilizzata. Potr funzionare solo quando il contribuente ingenuamente impugna l'accertamento per dedurre il vizio di notificazione, cosa che nessuno far potendo sollevare la stessa eccezione impugnando il successivo atto di riscossione senza dare occasione alla possibilit di sanatoria. .~ _,:::::11'11'.M.IW':''.::::r:;:====::='-,.,-7P'PWJWE_____ frfr-.J l.BA1-l4WT~K&..,'"'Bll~~l&wLd. PARTE .1; SEZ .V> GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA ..337 lit riguarda non l'iscrizione a ruolo, oggetto del gravame, ma il precedente avviso di accertamento. Ha proposto ricorso per cassazione l'Amministrazione delle Finanze, sulla base di due motivi. Non si costituito il Fallimento del Saraca. Motivi della decisione Con il primo mezzo l'Amministrazione ricorrente deduce la violazione dell'art. 139 c.p.c. nonch vizi di motivazione sostenendo che tale norma non richiede necessariamente un rapporto di convivenza con il destinatario dell'atto, allorch il familiare, che si trovi nella casa del destinatario, accetti l'atto senza riserve, salvo restando la dimostrazione da parte di quest'ultimo, che assume di non aver ricevuto l'atto, dell'assoluta occasionalit della presenza del familiare medesimo. Nel caso di specie -sottolinea l'Amministrazione -la C.T.C. non ha considerato che la notifica risultava eseguita nella casa del Saraca, che la suocera IV. -La questione va riconsiderata integralmente. Non si nega che, secondo la lettera dell'art. 21, l'atto rinnovabile sia sol quello contro il quale il ricorso stato proposto. Ma, a parte la necessit di interpretare la norma in modo ohe abbia un senso, bisogna chiarire che cosa debba intendersi per atto contro il quale il ricorso proposto L'art. 21 nel testo originario prevedeva la rinnovazione quando la notifica dell'atto iII11Pugnato fosse nulla ai sensi dell'art. 160 c,p.c. La rinnovazione presupponeva dunque che una notifica fosse stata eseguita, sia pure in modo imperfetto. Nello stesso senso va intesa la norma, con formulazione assai pi ampia, dell'art. 21 novellato: rinnovabile l'atto viziato: cio la notifica irregolare nn la notifica mai eseguita. prima della scadenza del termine di decadenza. Ora immaginiamo la sequenza normale degli eventi, supponendo la buona fede delle parti: l'ufficio fa notificare l'accertamento e l'operazione, almeno di norma, appare regolare e tale da giustificare, a seguito della mancata impugnazione, la iscrizione a ruolo a titolo .definitivo; ricevuta la notifica del ruolo il soggetto passivo propone il ricorso contro questo atto (il solo esistente secondo la sua visuale) affermando di non aver mai ricevuto la notifica di un precedente accertamento; ma l'ufficio esibisce l'accertamento con una relata di notifica eseguita. A questo punto il ricorrente deve .necessariamente scegliere: o si arrende riconoscendo che vi stata una notifica regolare, con il che il ricorso contro il ruolo risulter pienamente infondato, oppure impugna l'accertamento, anche se soltanto per la sua notificazione, per farne dichiarare la nullit e sa!lvare cos il ricorso contro il ruolo. Solo con la dichiarazione di nullit della notifica dell'accertamento potr accogliersi il ricorso contro il ruolo; ma la nullit della notifica dell'accertamento pu essere dichiarata solo se viene prorposto ricorso contro questo atto. Quando si controverte sul punto se il ruolo stato o meno preceduto da un accertamento ed un atto di accertamento materialmente esiste, la discussione non solo si estende ma si focalizza sulla validit dell'accertamento. dunque assai poco perspicuo affermare che in tal caso il ricorso diretto soltanto contro il ruolo. 338 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO non solo era persona di famiglia , ma addirittura era addetta alla casa con continuit e stabilit, anche se anagraficamente residente al trove. La censura infondata. La tesi, esposta dall'Amministrazione, si richiama alla giurispruden za, ormai consolidata, di questa Corte (oltre la sent. n. 397 del 1979, cit. dalla ricorrente, fra le pi recenti sent. n. 3304 del 1985, n. 7191 del 1986, n. 5984 del 1987, n. 939 del 1988), secondo la quale ai sensi dell'art. 139, comma II, c.p.c. la validit della notificazione a persona di famiglia non postula necessariamente un rapporto di convivenza con il destinatario dell'atto (intesa, stricto sensu, come appartenenza allo stesso nucleo familiare), comprendendo l'espressione usata da tale norma anche i soggetti legati al destinatario da vincoli di sangue o rapporti di parentela e rinvenuti nella casa di questo, cos da lasciar presumere la successiva consegna dell'atto al notificando. Ne consegue, secondo tale giurisprudenza, che, nel caso in cui la persona di famiglia, reperita da1l'ufficiale giudiziario nella casa di abitazione del destinat,ario, accetti di ricevere l'atto senza riserve, la validit della notificazione pu essere esclusa soltanto se il notificando, il quale assuma di non aver rice- Quandq poi, cOine nel caso deciso, il soggetto passivo gi con il ricorso proposto dopo la notifica del ruolo, deduce la nullit della notifica dell'accer tamento pur venuta in suo possesso, ancor pi manifesto che il ricorso proposto anche, anzi soprattutto, contro l'accertamento. Sembrerebbe che secondo la tesi ohe qui si critica la nuliJ.it della notifica dell'accertamento sia data come un presUJpposto pacifico . (al pari della notifica omessa); ma . evidente che quando una notifica esiste, quale che sia la gravit del vizio, deve considerarsi efficace fino a quando non sia annullata a seguito di specifica domanda. pacifico che l'accertamento un atto ricettizio la cui notificazione elemento essenziale; denunziando la irregolarit della notifica si colpisce l'accertamento nella sua totalit; il che per l'appunto lo scopo del ricorso diretto a dimostrare che il ruolo non stato preceduto dall'accertamento. Risorge cos il dovere del giudice di ordinare la rinnovazione anzich pronunziare la nullit. Altrimenti si riproporrebbe la stessa situazione senza uscita (o la decadenza dell'Amministrazione o la definitivit dell'accertamento) che non sempre pu essere risolta in modo umanamente giusto e che solo la sanatoria pu superare. Ma questa sanatoria non un privilegio per l'Amministrazione; anche interesse del contribuente essere rimesso in corsa per impugnare l'accertamento0 piuttosto che correre il rischio del rigetto del ricorso contro il ruolo. Lo scopo dell'art. 21, come dell'art. 291 c.p.c., non quello di favorire l'una o l'altra parte, ma quello di sdoppiare iI tempo ! di riferimento della notificazione con salvezza di ambedue le parti. Impedire questo risultato significa recar danno a tutte le parti che si troverebbero ! costrette ad affrontare il rischio di una imprevedibile decisione di rito. l Tutto quanto precede, assume maggior valore se si parte dalla premessa ormai fermissima in giurisprudenza (da ultimo Cass. 26 ottobre 1988 n. 5783 e 5782 in questa Rassegna, 1989, I, 304) che il processo tributario un giudizio I ! p 1 f I ; - 339 PARTE I, SBZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA vuto l'atto, dia la dimostrazione che la presenza in casa del familiare era del tutto occasionale e momentanea, non essendo invece sufficiente la produzione della certificazione anagrafica attestante che il familiare, al quale stato consegnato l'atto, risieda o abiti altrove. Senonch la giurisprudenza cos richiamata esige per la validit della notifica che il familiare, il quale abbia ricevuto l'atto senza riserva, sia stato rinvenuto nella casa di abitazione, come del resto si desume dal testo del secondo comma dell'art. 139 c.p.c., non essendo sufficiente l'indicazione del solo vincolo familiare (espressamente in tal senso Cass.,. sent. n. 2830 del 1985) e che del predetto rinvenimento sia dato atto nella relazione di notifica (Cass., sent. n. 1944 del 1972). Nella specie, a prescindere dall'affermazione del Saraca -effettuata nel ricorso alla Commissione di primo grado e ripetuta nelle successive fasi di merito, mai contestata dal!' Amministrazione finanziaria, se non per la prima volta in modo apodittico nell'odierno ricorso (1) -secondo la quale l'atto veniva consegnato alla suocera per strada, va rilevato che la relazione di notifica (peraltro non sottoscritta dalla suocera) non attesta affatto ~che . .questa veniva rinvenuta dall'ufficiale giudiziario nella casa di abitazione del di accertamento sostanziale del rapporto di imposta introdotto per il tramite della impugnazione di un atto; il ricorso alla Commissione non impugnazione di un atto ma piuttosto successivo ad. un atto. Non si pu quindi parlare in modo esasperatamente formale di atto contro il quale il ricorso stato proposto per individuare un atto (ruolo) ed escluderne altro (accertamento); il ricorso. pu ben essere a cavallo dell'uno e dell'altro in quanto mira non all'annullamento di un atto ma alla dichiarazione di inesistenza della obbligazione. S quindi da escludere che nel ricorso proposto successivamente alla notifica del ruolo non possa essere contenuta anche; sia pure come mezzo al fine, la contestazione di un atto diverso. Potr tuttalipi presentarsi qualche difficolt sul modo e sulla forma della impugnazione dell'accertamento successivamente al ricorso contro il ruolo. Nel caso esaminato nessun problema si presentava perch il ricorso contro il ruolo gi conteneva il ricorso contro l'accertamento. Quando il ricorso sia proposto soltanto contro il ruolo ignorando (o fingendo di ignorare) l'esistenza di un accertamento, che viene prodotto dall'ufficio nel corso del processo, e il ricorrente ne intende contestare la validit nasce il problema se ci possa farsi nello stesso processo (e con quale atto) o debba essere proposto ricorso autonomo (che potr essere riunito al primo); la seconda soluzione potrebbe apparire pi corretta quando contro l'accertamento si voglia proporre anche ricorso di merito. Ma tutto questo non influisce sul problema che stiamo esaminando: quando in qualunque modo sia contestata la validit della notifica il giudice deve ordinare la rinnovazione. Non si pu condividere la sentenza in commento ove afferma che il contribuente dopo aver ricorso contro il ruolo pu domandare una pura e semplice dichiarazione di nullit dell'accertamento a causa di un vizio di notifica o ricorrere contro l'accertamento per ragioni di merito o proporre l'una e l'altra azione e che nella prima ipotesi i:I ricorso non investe l'accer 340 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO contribente. Anche a tale omissione ha inteso riferirsi la Commissione centrale, allorch dopo aver dato atto della deduzione del Saraca che gli avvisi di accertamento erano stati irritualmente notificati per strada alla di lui suocera, ha ritenuto la nullit della notifica di un accertamento effettuata nelle mani di un parente del contribuente del quale non si evince in alcun modo l'esistenza di un rapporto di convivenza col destinatario dell'atto, giacch un rapporto di convivenza, sia pure in senso lato, fra il destinatario dell'atto e il consegnatario, ma comunque sufficiente a far presumere che quest'ultimo consegner al primo l'atto medesimo, non pu evincersi che dal rinvenimento, specificamente attestato nella: relazione di notifica, del parente nella casa di abitazione del contribuente. Pertanto esattamente e con congrua motivazione la decisione impugnata ha affermato la nullit del ruolo in conseguenza della nullit, ai sensi dell'art. 160 c.p.c., della notifica degli avvisi di accertamento, nullit quest'ultima che non si sanata con la produzione degli avvisi tamento. questa una distinzione del tutto arbitraria fra vizi dell'accertamento che ne importano la nullit. Non possono di conseguenza esservi ostacoli alla applicazione dell'art. 21 in tutta la sua ampiezza. V . ..., Non sembra possa sostenersi che la questione della validit della notifica dell'accertamento possa essere decisa incidenter tantum nel giudizio relativo al ruolo. Si discute dell'unico rapporto tributario fra le stesse parti nel quale la validit della notifica dell'accertamento rilevante ai fini sostanziali in quanto tende ad affermare che l'Amministrazione non ha diritto all'imposta e non ha il potere di procedere alla riscossione; la dichiarazione di nullit della notifica travolge la validit dell'accertamento a tutti gli effetti. La pronunzia sul punto ha pertanto efficacia di gtudicato. In ogni caso, ai fini dell'art. 21, quel che rileva che esista un ricorso contro l'atto volto ad ottenere una pronunzia della Commissione, non importa se incidenter tantum o con efficacia di giudicato.. Approfondendo questa questione, occorre considerare lo stretto legame che esiste tra notificazione dell'accertamento e iscrizione a ruolo; non possibile stabilire una separazione netta che possa far ritenere accertamento e ruolo come entit indipendenti e tali da determinare sempre due processi assolutamente indipendenti. La notifica dell'accertamento rilevante non solo per la validit dell'accertamento stesso ma altres per la validit del ruolo, ma nello II stesso tempo la nullit della notifica dell'accertamento non fa decorrere il termine per la sua impugnazione. Di conseguenza il ricorso contro il ruolo pu fondarsi sulla inesistenza di precedente accertamento solo a seguito della affermazione della nullit della sua notifica. Come la nullit della notifica dell'accertamento refluisce sulla validit del ruolo (si legge nella sentenza > che si commenta) cos l'impugnazione del ruolo refluisce sulla impugnazione r dell'accertamento, anche se, secondo le varie modalit di svolgimento, avanzata in un momento successivo. Una situazione per molti versi analoga si presenta nella notifica del decreto di ingiunzione ordinaria; come si .. visto, se questa irregolare non I ' 1:< '. I ' ~ I Jlafl~L6..l=ll!:~~!;~:;,:::tl . ' PARTE I, SEZ. V, GIVRISPRUDENZA TRIBVTARIA 341 medesimi nel presente giudizio atteso che questo ha per oggetto soltanto l'invalidit del ruolo, del titolo di iscrizione per mancanza del necessario presupposto (valida notific degli avvisi di accertamento) e non l'invalidit di quegli avvisi o degli accertamenti direttamente o comunque questioni di merito (attinenti all'an o al quantum dell'imposta). Al riguardo si deve sottolineare che questa Corte ha avuto occasione di precisare (sent. n. 5529 del 1981) che in caso di mancanza o irregolarit della notifica dell'avviso di accertamento, tale vizio finisce per rifluire sulla validit del ruolo ed il contribuente che ricorre contro il ruolo pu o domandare, attraverso la denuncia di .detto vizio, una pura e semplice dichiarazione di nullit del ruolo o introdurre la lite di merito (an o/e quantum dell'imposta) impugnando cos l'accertamento oppure, infine, cumulare le due azioni con il medesimo ricorso. Essendosi, dunque il Saraca limitato ad impugnare il ruolo, tale impugnazione non pu comportare che gli avvisi, seppure irritualmente notifi si verifica l'inefficacia del decreto ex art. 644 c.p.c. e sar invece ammessa l'opposizione tardiva ex art. 650. Ma, a norma dell'ultimo comma dell'art. 650, l'opposizione al decreto non pi ammessa decorsi dieci giorni dal primo atto di esecuzione e scaduto detto termine la nullit della notifica non pu essere eccepita in sede di opposizione all'esecuzione (GARBAGNATI, I pro cedimenti d'ingiunzione e per convalida di sfratto, Milano 1979, 125). Risulta dunque, oltre ad un sistema di sanatoria della notifica irregolare del decreto, che l'opposizione alla esecuzione non pu essere. dissociata dalla opposizione al decreto quando involga la validit della notifica di esso o addirittura che non pu farsi valere in sede di opposizione all'esecuzione la nullit della notifica del decreto di ingiunzione. Questa disciplina non pu essere trasportata tal quale nel processo tributario, ma non pu essere non applicato il suo principio essenziale: il ricorso contro il ruolo, che l'equivalente dell'opposizione all'esecuzione (BAFILE, Giurisdizione ordinaria e giurisdizione delle commissioni nella fase esecutiva, in questa Rassegna, 1982, I, 592) non pu essere dissociato dal ricorso contro l'accertamento (atto di determinazione dell'obbligazione) ove si fondi sulla inefficacia, per vizio di notifica, di quest'ultimo. Saranno ovviamente diverse le regole del coordinamento fra le due impugnazioni deferito allo stesso giudice e che possono anche essere unificate, ma resta sempre confermato il principio che solo impugnando l'atto che definisce l'obbligazione pu dedursi la invalidit del successivo atto di riscossione. In conclusione ogni volta che venga comunque impugnato l'accertamento per un vizio di notifica, non potr non trovare applicazione l'art. 21. Ci eviter che il contribuente possa maliziosamente differire l'impugnazione del l'accertamento del quale ha comunque avuto conoscenza, ma allo stesso tempo consentir al contribuente che non ha potuto avere conoscenza dall'accertamento pur notificato in modo apparentemente regolare di proporre la sua impugnazione tardiva. E questa sembra essere la ratio dell'art. 21 chiaramente ispirato al superamento delle esasperate nu11it formali in un processo (dei poveri) che si svolge senza la presenza necessaria di difensori. CARLO BAFILE 342 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO cati, abbiano raggiunto il loro scopo e che il vizio della loro notifica si sia sanato. Il Saraca ha prodotto in questo giudizio gli avvisi di accertamento solo per provare che il ruolo era invalido per difetto del presupposto. Con il secondo motivo l'Amministrazione lamenta la violazione dell'art. 21 d.P.R. n. 636 del 1972 con riferimento all'art. 360, n. 3, c.p.c. censurando la decisione della Commissione centrale per aver affermato che il detto art. 21 applicabile solo con riguardo all'atto immediatamente e direttamente impugnato, laddove esso deve essere interpretato nel senso che il rinnovo della notifica non si riferisca all'atto direttamente ed immediatamente impugnato, bens all'atto costitutivo della pretesa tributaria, presupposto necessario a quello direttamente impugnato. Anche tale motivo infondato. Questa Corte ha pi volte affermato (sent. n. 5789 del 1979, n. 572 del 1981, n. 2358 del 1984) che, quando il ricorso del contribuente abbia ad oggetto la legittimit dell'iscrizione a ruolo sul presupposto c;lella mancanza o dell'invalidit della notificazione di un accertamento non impugnato, non consentito al giudice di disporre la rinnovazione di detta notificazione sulla base degli artt. 21 e 24 d.P.R. n. 636 del 1972, poich tali norme, sia nella formulazione originaria sia, in modo ancora pi puntuale, in quella conseguente alla notificazione di cui all'art. 13 d.P.R. n. 739 del 1981, prevedono la rinnovazione, con efficacia sanante, solo della notificazione affetta da nullit, dell'atto costituente oggetto immediato e diretto dell'impugnazione, senza che di esse, atteso il loro carattere eccezionale, ,sia possibile alcuna applicazione analogica. Non vi argomento, esposto nell'odierno ricorso, che non sia stato gi considerato nelle citate sentenze, onde non ricorre alcuna ragione che possa indurre a discostarsi da esse. Nella specie, come si detto, stato impugnato soltanto il ruolo e non anche l'accertamento, per cui non poteva essere disposta, come esattamente ha ritenuto la Commissione centrale, la rinnovazione della notifica dell'avviso di accertamento. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 febbraio 1990 n. 1501 -Pres. Jofrida Est. Saggio -P. M. Dettori (diff.). Ministero delle Finanze (Avv. Stato Palatiello) e Scandroglio. Tributi erariali indiretti -Imposta di bollo -Condono ex art. 31 dJ. 10 luglio 1982, n. 429 -Avvenuto pagamento del tributo -Controversia pendente soltanto per le sanzioni -Inapplicabilit del condono. (d.!. 10 luglio 1982 n. 429, art. 91). Il condono previsto nell'art. 31 del d.l. 10 luglio 1982 n. 429 presuppone la pendenza, in atto o virtuale, di una controversia sul debito di PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUtARlA 343 imposta e non si applica quando l'imposta sia stata definitivamente pagata anteriormente al 31 dicembre 1981 e sia pendente controversia soltanto sulle sanzioni (1). (omissis) 1. -La sentenza impugnata ha ritenuto che l'art. 31 della legge 7 agosto 1982, n. 516, laddove prevede, al quarto comma, che per le altre controversie pendenti e le altre violazioni commesse fino alla data del 31 dicembre 1981 relative alle imposte indicate nel primo comma ..., le soprattasse e le pene pecuniarie non ancora corrisposte e le altre sanzioni non penali non si applicano a condizione che il contribuente provveda o abbia provveduto al versamento del tributo dovuto , comprende anche l'ipotesi in cui il contribuente abbia gi interamente pagato l'imposta prima della entrata in vigore della legge di condono. La sentenza trae argomenti in favore di questa interpretazione dell'articolo 31 dalla formulazione letterale dell'ultima parte del quarto comma che, come detto, subordina l'estensione del condono alle sanzioni non penali alla condizione che il contribuente provveda o abbia provveduto al pagamento del tributo dovuto... . Muovendo da questa premessa, i giudici di merito hanno dichiarato la estinzione della controversia a norma dell'ultimo comma dello stesso art. 31, secondo cui le controversie in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto si estinguono per effetto del pagamento dei tributi dovuti . 2. -Con l'unico motivo di ricorso l'Amministrazione censura la prospettata interpretazione del quarto comma dell'art. 31, affermando che la sentenza sarebbe viziata per violazione della detta disposizione. Secondo la ricorrente, infatti, il caso di specie non sarebbe riconducibile n all'ipotesi di altre controversie pendenti n a quella di altre violazioni commesse fino al 31 dicembre 1981 , ipotesi, questa, cui si riferisce per l'appunto il citato quarto comma dell'art. 3L Non si tratterebbe di controversia pendente giacch con questa espressione il legislatore si sarebbe riferito esclusivamente alle controversie di imposta, e non anche a quelle relative a pene pecuniarie e soprattasse; non si tratterebbe neppure di altre violazioni commesse giacch con questa (1) Riportandosi alla giurisprudenza formatasi sulla analoga norma del l'art. 6 del d.l. 5 novembre 1973 n. 660 (Cass. 15 marzo 1975 n. 1015, in questa Rassegna, 1975, I, 379; 13 ottobre 1975 n. 3276, ivi, 1106; 20 gennaio 1976 n. 159, ivi, 1976, I, 116; 5 luglio 1982 n. 3996 in Riv. leg. fisc. 1983, 729) la S. C. riconferma che non sono suscettibili di condono le controversie riguardanti soltanto gli accessori del tributo (interessi o sanzioni). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 344 espressione il legislatore avrebbe inteso riferirsi soltanto alle violazioni non definitivamente accertate, mentre nel caso in esame la violazione della legge sul bollo venne accertata con regolare processo verbale nel lontano 1967 e per di pi tale accertamento fu immediatamente seguito dal pagamento dell'imposta dovuta. La censura fondata. 3. -La nozione di controversia pendente , intesa come controversia relativa all'imposta, che l'amministrazione prospetta, deve essere condivisa. L'art. 31, infatti, con la suddetta formula postula per l'appunto la pendenza di un debito di imposta. Depone in tal senso il sistema complessivo dell'art. 31, che appare ancorato alla esistenza di una controversia tributaria; basti al riguardo considerare che i primi due commi del detto articolo concernono controversie di valutazione in relazione a talune categorie di tributi (imposte di registro, imposte sulle successioni e donazioni, imposte sull'incremento di valore degli immobili) e quindi, palesemente, tipiche controversie di imposta, e che la stessa portata va riconosciuta anche al quart comma il quale, ispirandosi alla stessa logica, quando parla di altre controversie pendenti si vuole riferire a controversie che riguardano sempre il debito di imposta come dimostra l'inciso ...relative alle imposte indicate nel primo cmma e alle altre tasse e imposte indirette sugli affari, che accompagna e qualifica l'espressione altre controversie, chiarendo cos in modo testuale che deve trattarsi pur sempre di controversie tributarie. 4. -Resta da stabilire se una controversia vertente esclusivamente sulla pena pecuniaria, come quella oggetto del presente giudizio, possa essere ricondotta nell'ambito della nozione di altre violazioni commesse fino alla data del 31 dicembre 1981 , che pure figura nel quarto comma dell'art. 31. La corte ritiene che a tale quesito debba rispondersi negativamente sulla base del tenore letterale e della ratio della disposizione. Va ribadito che le pendenze ammesse a definizione ex art. 31 riguardano tutte le situazioni relative all'imposta e soltanto quelle. Secondo questa logica va letta anche l'espressione altre violazioni . In favore di una tale interpretazione sta non soltanto il rilievo sistematico gi svolto nel precedente par. 3, secondo cui l'art. 31 postula sempre una controversia d'imposta, ma altres il dato testuale rappresentato dal- l'inciso (anche sopra riportato) relative alle imposte indicate nel primo comma e alle altre tasse e imposte indirette sugli affari che chiarisce e circoscrive il contenuto della formula altre riduzioni. PARTE 'I, SEZ~ V,. GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA D'altronde, non va trascurato che, gi secondo l'art. 6 del condono del 1973 (D.L. 5 novembre 1973, n. 660), le controversie pendenti in or. dine all'applicazione delle imposte venivano distinte dalle ltre violazioni, in relazione alle quali anche allora veniva menzionato il requisito della pendenza; e che tale disposizione venne ripetutamente interpretata da questa Corte nel senso che le pendenze riguardanti soltanto le sanzioni amministrative e gli interessi non fossero contemplate dalla norma (v. Cass. 31-10-75 n. 3276, 5-7c82 n. 3996). Ritiene il Collegio che anche l'art. 31 del provvedimento di condono del 1982 debba essere interpretato allo stesso modo, e ci nonostante la formulazione parzialmente diversa, nonostante, cio, che il detto art. 31, nella parte finale del quarto comma, preveda che le soprattasse e pene pecuniarie non si applicano quando il contribuente provveda o abbia provveduto al pagamento dell'imposta. Tale prescrizione, infatti, se indubbio che riguardi il condono delle controversie pendenti, per le quali il tributo sia stato o debba essere versato, non pu riguardare anche le violazioni definitivamente accertate in relazione alle quali il tributo sia gi stato corrisposto, in quanto, ove si ammettesse una tale possibilit, il condono si risolverebbe in una mera rinuncia ad un credito gi certo, in contrasto con il fine dichiarato dalla legge di acquisire prontamente nuove entrate ed. in contrasto altres con tutto il sistema del condono che appare ispirato allo schema dell'aliquid datum -aliquid retentum, nel senso che esso offre sempre al contribuente una scelta basata sulla convenienza, scelta che ovviamente implica un rapporto fra vantaggi e svantaggi connessi alla richiesta del beneficio. 5. -In definitiva, l'art. 31 prevede testualmente la applicabilit del condono a condizione che vi sia pendenza, in atto o anche virtuale, di una controversia avente per oggetto il debito di imposta. Questa previsione, che si sviluppa in relazione alle due ipotesi di controversia d'imposta attuale o solo virtuale, ravvisabile sia nei primi due commi dell'art. 31, riguardante rispettivamente le controversie pendenti il primo e quelle virtuali il secondo, sia nel contenuto del quarto comma che con la formula altre controversie pendenti riguarda le controversie in atto e con quella altre violazioni riguarda le controversie eventuali e future. Ove, quindi, al momento dell'entrata in vigore della legge sul condono, la controversia sull'imposta non si configuri, in quanto il tributo sia stato anteriormente gi pagato, le disposizioni sul condono non si applicano e, quindi, non sono invocabili se la controversia abbia per oggetto, non l'imposta ma solo le sanzioni correlate alla violazione della legge tributaria. (omissis) 346 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 . febbraio 1990, n. 1508 -Pres. Bolo gna -Est. Saggio -P. M.. Zema (conf.). Orlando c. Ministero delle Finanze (Avv. Stato Zecca). Tributi erariali diretti -Imposta unica sul reddito delle persone fisiche Redditi di lavoro autonomo -Presunzione di perceZione di corrlspet tivo per l'opera prestata Legittimit. (d.P.R. 29 sette.'.lbre 1973, n. 597, art. 50; e.e. art. 2697). Legittimamente l'ufficio presume .che i crediti professionali siano stati riscossi in concomitanza con. la pr-estazione; spetta quindi al con tribuente dare la prova di .aver percepito i compensi in un diverso pe riodo di imposta o di non averli percepiti affatto (1). (omissis) L ;;.... Con il primo motivo di ricorso l'Orlando deduce l violazione e (o) falsa applicazione dell'art. 50 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 e dell'art. 2697 c;c., in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. Egli deduce che la Corte di merito avrebbe erroneamente considerato giustificato l'accertamento del reddito facendo leva sulla presunzione, secondo cui i crediti professionali verrebbero saldati subito dopo la prestazione, II ~ presunzione questa, che si risolverebbe nella imposizione a carico del contribuente dell'onere di fornire una prova negativa (la prova, cio, della mancata percezione in un dato periodo di un dato reddito) in contrasto con quanto dispone, in tema di ripartizione dell'onere della prova, l'art. 2697 e.e. L'erroneo ragionamento della Corte di appello com porterebbe anhe la violazione dell'art. 50 del d.P.R. n. 597/73 relativo all'IRPEF, secondo cui l'imposizione deve riguardare esclusivamente i redditi percepiti nel periodo di imposta considerato: infatti, osserva I il ricorrente, l'arbitraria presunzione circa l'effettiva percezione del reddito subito dopo la prestazione professionale avrebbe implicato .la I collocazione del reddito in un periodo di imposta diverso (e precedente) rispetto a quello effettivo, in contrasto col menzionato art. 50. Infine, stando al ricorrente, la prescrizione utilizzata sarebbe, oltre che in contrasto con la anzidetta disposizione di legge, anche errata nel merito, (1) Decisione di evidente esattezza. La presunzione perfettamente ragionevole e la prova contraria non evidentemente una prova negativa. La massima importante perch nei redditi di lavoro autonomo, che vanno imputati al periodo di imposta secondo il principio di cassa, pu essere agevole il gioco al rimbalzo da un periodo all'altro col risultato di sottrarsi a tassazione in materia sicuramente imponibile. PARTE. I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA giacch l'esperienza non confermerebbe il preteso stretto nesso temporale fra esaurimento della prestazione professionale e pagamento del compenso. Il motivo , sotto ogni profilo, infondato. Il fatto che la Corte di merito abbia utilizzato una presunzione per individuare il momento della effettiva percezione del reddito legittimo, in quanto conforme al criterio generale posto dall'art. 2727 e.e. Ci non ha comportato per il contribuente l'onere di fornire una prova negativa, giacch pu parlarsi di prova negativa solo quando taluno per far valere un diritto fosse tenuto a dimostrare non solo i fatti costitutivi ma altres la inesistenza di fatti estintivi. Non certo questa la situazione del caso di specie, Qui l'Amministrazione fonda la pretesa fiscale su di una prova per presunzione ed il contribunte, per resistere, deve .contrastare tale prova e quindi, a questo fine, ha l'onere di dimostrare Un fatto, cio la percezione del reddito in un periodo diverso da quello ritenuto, sulla base di un preciso riferimento probatorio, dalla Amministrazione, ovvero la esistenza di impedimenti alla percezione. Si noti, comunque, che questa dimostrazione, che il contribuente per difendersi chiamato a dare, non costituisce concettualmente, una prova negativa giacch non riguarda il mancato verificarsi di un fatto estintivo, o per lo meno non lo riguarda necessariamente. Il contribuente, infatti, come detto, pu svolgere la sua difesa efficacemente sia dimostrando la percezione del reddito in un periodo diverso (e quindi un fatto positivo) sia dimostrando la esistenza di fattori che avevano impedito o che comunque erano idonei ad impedire l'incasso tempestivo dei compensi (e quindi anche in tal caso dei fatti positivi). Correttamente la Corte di appello ha rilevato a questo proposito che il contribuente, attesi i tempi del giudizio tributario (la decisione della Commissione di secondo grado del 1983 e l'accertamento si riferisce al 1975), ebbe comunque tutto il tempo per fornire la anzidetta dimostrazione e vincere l'efficacia probatoria della presunZJione. Il ricorrente lamenta, in particolare, che la Corte di merito avrebbe fatto discendere la ritenuta presunzione dall'art. 2956 n. 2 e.e. (che prevede che il diritto dei professionisti al compenso si prescrive in tre anni) senza considerare che tale norma riguarda soltanto il rapporto fra i professionisti ed i loro clienti e non anche i terzi, come dovrebbe essere qualificata l'Amministrazione finanziaria. Questo rilievo pretestuoso. Invero, i giudici di merito si sono riferiti all'art. 2956 e.e. solo per rafforzare la costruzione della presunzione, quindi come ad un indice di quanto normalmente accade, e non essere ad una fonte normativa da applicare (del resto non. si comprenderebbe come) alla. fatti !'pecie. (omissis) RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STAT 348 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 1 marz 1990, n. 1548 -Pres. Bologna Est. Corda -P. M. Scala (conf.). C.O.N.I. c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Zotta). Tributi erariali diretti -Imposta sui redditi di ricchezza mobile -Squadre nazionali di calcio -Convocazione di atleti di societ sportive -Premi di partita -Rapporto di lavoro autonomo -Obbligo di ritenuta Esclusione. (t.u. 29 gennaio 1958 n. 645, art. 85, 87, 127 e 163; I. 23 marzo 1981 n. 91). I calciatori professionisti, anche anteriormente alla legge 23 marza 1981 n. 91, sono legati alla societ sportiva da un rapporto di lavoro subordinato, ma quando vengono convocati dalla Federazione Nazionale per l'effettuazione di gare internazionali prestano una attivit di lavoro autonomo, s che sui premi di partita non doveva essere eseguita la ritenuta di acconto dell'imposta di ricchezza mobile e complementare (1). (omisiss) 1. -La sentenza impugnata ha respinto la tesi del C.O.N.I. imperniata sull'assunto della natura esclusivamente ludica del rapporto, dopo avere osservato che essa non aveva fondamento giuridico, perch non considerava che mentre per l'atleta dilettante lo sport resta allo stato puro, per l'atleta professionale lo sport si trasforma in lavoro, cio in occupazione abituale e mezzo normale di sostentamento. N un tale assunto teneva conto che anche prima della legge 23 marzo 1981, n. 91 che ha espressamente qualificato di lavoro il rapporto avente ad oggetto la prestazione sportiva in favore e per conto della societ di appartenenza, era ius receptum che i calciatori professionisti svolgessero in favore delle dette societ un'attivit di lavoro subordinato, contraddistinto dai caratteri di collaborazione, abitualit e subor (1) Questione originale, bench riferita alla normativa anteriforma. In vero non sembra di molto rilievo la considerazione che a carico delle societ sportive sia stabilito dal regolamento soltanto un pati piuttosto che un facere. Il problema se la convocazione per un breve periodo presso la Federazione nazionale sia un episodio nell'ambito del rapporto di lavoro con la societ ovvero un rapporto autonomo. Sarebbe comunque da vedere se un tale rapporto, pur se autonomo, non sia anch'esso di lavoro subordinato, nonostante la breve durata. Oggi la prestazione dei calciatori per la squadra nazionale sembra inquadrabile nell'ipotesi dell'art. 47 lett. b del D..P.R. n. 597/1973 e del t.u. n. 917/1986: i premi di partita sono COODJPensi percepiti a carico di terzi da prestatori di lavoro dipendente per incarichi svolti in relazione a tale qualit, formula assai ampia in cui rientra il comando o distacco. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA dinazione (tipici, appunto del lavoro dipendente), e che anche l'attivit svolta dai c.d. tecnici (allenatori, massaggiatori, medici sportivi, ecc.) costituiva lavoro subordinato. La sentenza, quindi, ha esaminato il rapporto che si instaura tra tali lavoratori (dipendenti delle singole societ) e la F.I.G.C. (organo del C.O.N.I.) per l'effettuazione di gare internazionali (tra squadre nazionali ); ed ha rilevato che in virt dell'art. 22 del Regolamento Or: ganico della detta F.I.G.C. le societ calcistiche sono tenute a mettere a disposizione della Federazione i propri dipendenti, secondo specifiche richieste formulate. Di modo che, verificatosi il fatto della richiesta, sorge in capo alla societ l'obbligo di fornire alla Federazione l'attivit lavorativa dei propri dipendenti subordinati, e in capo a questi ultimi l'ob~ bligo di fornire quella prestazione, se pure per un tempo determinato: la figura giuridica che, quindi, viene posta in essere quella del comando o distacco, di modo che la corresponsione dei c.d. premi partita si configurava come retribuzione per prestazione di lavoro subordinato. Con riferimento alla fattispecie tributaria che aveva dato luogo alla controversia, perci, la sentenza ha osservato che, essendo la detta re: tribuzione tassabile in R.M. cotegori C/2, non poteva essre negata la sussistenza dell'obbligo del datore di lavoro di effettuare 1a prescritta ritenuta. Con l'unico motivo di censura (denunciando la violazione di legge) il ricorrente C.O.N.I. ripropone la tesi dell'insussistenza di un qualunque rapporto di lavoro tra la F.I.G.C. e i calciatori professionisti convocati in nazionale; e ci nell'assunto che le federazioni sportive, in quanto organi dell'ente pubblico C.0.N.I. che collaborano all'attivit diretta ad approntare gli atleti; non possono assumere la veste di datori di lavoro subordinato nei confronti di tali atleti. Lo scopo ludico (continuo miglioramento del risultato sportivo) sarebbe il fine principale ed essenziale ( la causa) dell'ordinamento sportivo; mentre il fine utilitario o economico, perseguito dagli atleti professionali, sarebbe in quest'ambito un fine secondario, non essenziale, in quanto rappresenterebbe il movente , del professionista, non la causa del rapporto, la quale dovrebbe essere individuata con esclusivo riferimento ai fini perseguiti da quel particolare ordinamento giuridico che l'ordinamento sportivo. La Corte osserva che il ricorso fondato, anche se diversa deve es sere l'argomentazione giuridica che sorregge la tesi esposta (quella del l'insussistenza dell'obbligo di effettuazione della ritenuta d'acconto). Non ha fondamento, invero, l'assunto che i giocatori professionisti, una volta chiamati a far parte della squadra nazionale, sarebbero legati RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 350 alla Federazione (che li ha convocati) solo da un vincolo sportivo, non anche da un vincolo di lavoro. Una tesi siffatta, infatti, stravolgerebbe tutti i principi del professionismo sportivo, recepiti non solo dall'ordinamento calcistico (e della maggior parte delle altre Federazioni), ma anche da quello statale. Parimenti infondata, per, la tesi esposta dalla sentenza impugnata, secondo la quale i calciatori professionisti, convocati a far parte della squadra nazionale conserverebbero nei confronti della Federazione la loro qualifica di lavoratori subordi..ati, ossia quella qualifica che rivestono nei confronti delle societ di appartenenza. Una tale tesi, infatti, pu in astratto essere costruita (come ha fatto la sentenza impugnata) mediante il ricorso all'istituto giuridico del comando o del distacco: il lavoratore dipendente verrebbe comandato di prestare la propria opera lavorativa a favore di un altro datore di lavoro, per un tempo determinato. Ma siffatta costruzione comporta si debba ritenere che il vincolo di subordinazione permanga anche nei confronti del diverso datore di lavoro (la Federazione); e questo urta contro ogni principio di quell'ordinamento, ,essendo quel tipo di subordinazione del tutto estraneo al rapporto in esame. La configurabilit di un comando o distacco;, dovrebbe, infatti, essere riallacciata a un obbligo di facere delle societ nei confronti della Federazione; ma un obbligo di tale natura escluso dalle norme del Regolamento Organico (art. 22, nel testo vigente all'epoca dei fatti), il quale prevede semplicemente l'obbligo di un pati ( le societ sono tenute sempre e comunque a mettere i loro calciatori a disposizione della F.I.G.C. ). A tale proposito va osservato che detta disposizione regolamentare unica, per le squadre del settore professionistico e per quelle del set tore dilettantistico; e poich non concepibile il comando o distac co dei giocatori dilettanti (non lavoratori), la sola conclusione che pu trarsene che il Regolamento Organico impone semplicemente il pati. Ma se cos -come pare indubitabile -deve concludersi che le so ciet devono soltanto consentire alla Federazione l'instaurazione di un temporaneo rapporto con il calciatore: di tipo semplicemente sportivo, se il calciatore dilettante; di tipo anche lavorativo, se il calciatore professionista. Da tutto ci consegue che se la societ datore di lavoro non ha ob bligo di comandare (o distaccare) il proprio lavoratore subordinato in favore della federazione, ma ha semplicemente l'obbligo di metterlo a disposizione di quella; e se il rapporto tra la Federazione e il cal ciatore professionista non pu non essere che di lavoro , la conse guenza che ne scaturisce che il rapporto (temporaneo) che si instaura (appunto tra la Federazione e il calciatore professionista) un rap PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA porto di lavoro autonomo. Tertium non datur, perch una volta escluso il rapporto dilettantistico, se il rapporto non (e non pu essere, se non si vuole gravare la societ calcistica, o la Federazione, di oneri anche sportivi non previsti da norme regolamentari) di lavoro subordinato, non resta che inquadrare il rapporto medesimo nello schema del lavoro autonomo. Questa impostazione, del resto ha sempre improntato i rapporti tra la Federazione e le societ del settore professionistico, tanto che stata pienamente recepita dalla legge statale sul professionismo sportivo (legge 23 marzo 1981, n. 91). Questa infatti, con l'art. 9 stabilisce (nel primo comma) che la prestazione a titolo oneroso dell'atleta costituisce oggetto di contratto di lavoro subordinato e (nel secondo comma) che essa costituisce, tuttavia, oggetto di lavoro autonomo quando (omissis) l'attivit sia svolta nell'ambito di una singola manifestazione sportiva o di pi manifestazioni tra loro collegate in un breve periodo di tempo . Ora, posto che l'attivit del calciatore nell'ambito della squadra nazionale si inquadra, proprio, nella seconda delle riportate previsioni normative; e considerato che la citata legge sul professionismo sportivo non pu essere considerata norma regolatrice del caso concreto, perch ad esso successiva, deve essere fatta una considerazione di tipo diverso, e precisamente la seguente: la legge non ha introdotto alcuna innovazione nel sistema, ma ha semplicemente preso atto di una realt giuridica abbondantemente stratificata nella prassi, e ha tradotto quella in una norma espressa. Non pu, peraltro, pretermettersi la considerazione che, presentandosi in sede giurisprudenziale un caso analogo a quello oggi all'esame ma ratione temporum rientrante nella disciplina della citata legge del 1981, dovr sicuramente dirsi che il rapporto giuridico di lavoro autonomo, perch cos lo definisce la legge. Ma gi una tale definizione pu correttamente essere anticipata, considerando, appunto che la definizione legale non frutto di una volont irrazionale, ma discende da una approfondita conoscenza della realt giuridica di un ordinamento che bens particolare, ma che continuamente interseca l'ordinamento statale, poich pone problemi di inclusione, negli schemi tradizionali, di negozi di per s atipici. Allora per, se il rapporto definibile come di lavoro autonomo, rientrando questo, nel paradigma dell'imposta di ricchezza mobile, nella categoria C/l, la conseguenza che deve trarsene che il datore di lavoro (in concreto la Federazione, per la quale sempre stato in giudizio il C.O.N.I., senza che alcuno, abbia sollevato questioni circa la titolarit del rapporto) non era obbligato ad effettuare alcuna ritenuta d'acconto. In tali sensi, quindi, il ricorso deve essere accolto. (Omissis). 352 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 marzo 1990, n. 2576 -Pres. Granata Est. Caturani. Massa c. Ministero delle Finanze (Avv. Stato Palatiello). Tributi in genere -Accertamento tributario -Dichiarazione cli nullit da parte della commissione -Nuovo accertamento notificato entro il termine di decadenza -Ammissibilit -Limiti -Effetto del giudicato. (d.P.R. 29 settembre 1973, art. 43; d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636, art. 21; e.e. art. 2909). L'accertamento che sia stato dichiarato nullo dalla Commissione tributaria pu essere rinnovato entro il termine di decadenza con effetto ex nunc ma per ragioni diverse da quelle assunte a sostegno del primo accertamento annullato, in modo da non eludere il giudicato (1). (omissis) Con i due motivi del ricorso, denunziando violazione dei principi sulla cosa giudicata (art. 324 c.p.c.), erronea interpretazione dell'art. 21 comma 2 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 sostituito dall'art. 13 d.P.R. 3 novembre 1981, n. 739 e dell'art. 43 comma 3 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 nonch difetto di motivazione (art. 360 n. 3 e 5 c.p.c.), la I ricorrente. sostiene, contrariamente a quanto ritenuto dall'impugnata sentenza: a) che l'Amministrazione finanziaria non ha il potere di reiterare nel termine di decadenza l'atto di accertamento tributario, cio di Ijnotificare per lo stesso periodo d'imposta nuovi avvisi di accertamento ancorch i precedenti siano stati dichiarati nulli con decisione della (1) Sulla rinnovabilit dell'accertamento annullato. I -Sentenza molto importante che tocca; non sempre con approfondimento, problemi fondamentali. La motivazione ricca di enunciati che conviene inizialmente evidenziare e riassumere. Si premette, richiamando giurisprudenza assai abbondante, che di fronte ad un accertamento mancante di una motivazione che risponda ai requisiti minimi, il giudice tributario deve limitarsi a dichiarare la nullit sen2la poter conoscere il merito. A ci segue che non pu essere integrato (a norma dell'art. 43, comma 3, d.P.R. n. 600/1973) un accertamento nullo perch la nullit si estenderebbe anche all'integrazione. A questo riguardo si precisa, il che appare importante come si vedr, che l'accertamento a seconda abbia o non abbia i requisiti minimi richiesti, o non idoneo ad instaurare il rapporto contenzioso con il contribuente>>. Si riconosce che in base ai principi generali l'Amministrazione abbia il potere di reiterare l'avviso di accertamento nullo con effetto ex nunc (su di che esistono vari precedenti in materia di imposte indirette: Cass. 26 ottobre 1988 n. 5872 e 5783, in questa Rassegna, 1989, 304; 17 marzo 1989 n. 1333, ivi, 1990, I, 139); ma, ed questa la novit, la rinnovazione non pu eludere il giudicato, formale e sostanziale, con cui l'accertamento sia stato annullato, a causa della inidoneit ad introdurre il rapporto contenzioso con .il contribuente sul merito della controversia. Di conseguenza, conciiiando la potest piena dell'Ammi nistrazione di provvedere ex novo sul rapporto con la impossibilit di eludere PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 353 Commissione tributaria passata in giudicato per mancanza di impugnativa; b) che nel caso in esame tale preclusione traeva fondamento anche dal fatto che i nuovi accertamenti contenevano la stessa motivazione dell'accertamento che il giudicato aveva dichiarato nullo e non erano stati quindi dedotti nuovi elementi venuti a conoscenza dell'ufficio successivamente, come previsto dall'art. 43 comma 3 del d.P.R. n. 600/73. Il ricorso fondato. Gli accertamenti di cui si discute nel presente giudizio si riferiscono ad imponibili IRPEF ed ILOR relativi agli anni 1974 e 1975; le censure formulate dalla ricorrente alla impugnata sentenza vanno quindi esaminate tenendo presente la disciplina contenuta nel d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, contenente disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi, ai sensi dell'art. 77 del citato decreto. Per quanto riguarda, in particolare, le norme relative all'accertamento dei redditi, viene in rilievo l'art. 43 comma 3 del d.P.R. cit -la cui interpretazione viene compiuta per la prima volta da questa Corte -secon do cui, fino alla scadenza del termine stabilito nei commi precedenti anche indirettamente il giudicato, si deve ritenere che l'Amministrazione nel rivalutare ex novo i presupposti dell'imposizione possa prendere in considera zione ragioni rimaste accantonate in occasione del primo accertamento dando la spiegazione del perch quelle ragioni non furono poste a presidio dell'atto originario e del perch si sia ritenuto di prenderle in constderazione solo successivamente all'annullamento dell'atto che era fondato su ragioni del tutto diverse . invece preclusa dal giudicato la rinnovazione di un avviso di accertamento recante la stessa motivazione di quello annullato. Ma infine quasi esemplificando, si precisa che se il primo accertamento si sia richiamato ad un criterio che il giudicato abbia ritenuto incongruo in sede di rinnovo non potr essere utilizzato quello stesso criterio. In definitiva, almeno nelle imposte dirette (non chiaro se con questa pronunzia debbano intendersi emendate le precedenti decisioni intervenute in materia di imposte indirette) la rinnovazione dell'accertamento dichiarato nullo pur ammessa in tesi concretamente pressoch impossibile, attesa la rara eventualit dell'esistenza di ragioni rimaste accantonate. Questa conc1usione, poco coerente con le premesse, induce a riflettere su alcune contraddizioni fra le enunciazioni sopra riassunte. Il - esatta la premessa che l'art. 43, comma 3 del d.P.R. n. 600/1973 non utilizzabile per rinnovare l'accertamento dichiarato nullo non soltanto perch non si pu integrare un atto nullo, la cui nullit travolgerebbe anche l'integrazione, ma anche perch l'integrazione considerata dalla norma diretta ad accertare un maggiore imponibile sulla base di elementi nuovi prima non conosciuti. Quando per si afferma che l'accertamento va riguardato come l'atto che sia o meno idoneo ad instaurare il rapporto contenzioso con il contribuente e si invoca il giudicato che ha dichiarato nullo l'aJCcertamento a causa di detta inidoneit che non ha consentito al giudice di conoscere il merito, non si pu parlare di giudicato sostanziale, preclusivo ex art. 2909 e.e. della rinnovazione dell'accertamento. Non evidentemente possibile verificare 354 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO l'accertamento pu essere integrato o modificato in aumento mediante la notificazione di nuovi avvisi, in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi. Nell'avviso devono essere specificamente indicati, a pena di nullit, i nuovi elementi e gli atti o fatti attraverso i quali sono venuti a conoscenza dell'ufficio delle imposte . Questa Corte si gi occupata, a Sezioni unite, -con sentenza del 17 marzo 1989, n. 1333 in tema di imposta di registro -della rinnovazione dell'avviso di accertamento nullo per difetto di motivazione entro il termine di legge, e pur tenendo presente una diversa disciplina giuridica (quella del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634), ha avuto modo di precisare che non pu confondersi fra il potere processuale delle Commissioni tributarie di disporre, in certi limitati casi, la rinnovazione della notificazione dell'atto impugnato, ai sensi dell'art. 21 del d.P.R. 636/72 (poi sostituito in base all'art. 13 del d.P.R. 3 novembre 1981, n. 739 dal potere processuale di disporre la rinnovazione dell'atto impugnato solo in casi determinati) ed il potere sostanziale dell'Amministrazione di correggere gli errori dei propri provvedimenti entro i termini di legge. se il nuovo accertamento sia basato sulla stessa motivazione dell'accerta mento che stato annullato proprio perch non aveva motivazione alcuna; l'annullamento a causa del totale difetto di motivazione non pu avere con tenuto sostanziale che si tramuti in un giudicato di merito. Diventa cos inattuabile quel riscontro tra ragioni rimaste accantonate e ragioni gi consumate con il primo accertamento. Se il giudicato .si arresta su motivi pregiudiziali al merito, non pu avere efficacia sostanziale. Ma in vero la sentenza non segue una chiara distinzione tra giudicato formale e giudicato sostanziale quando riferisce (nel caso deciso) tutto il suo costrutto ad una decisione che ha ritenuto incongruo il criterio di stima; questa infatti una decisione di merito che certamente preclude la rinnovazione dell'accertamento basato sullo stesso criterio; una tale decisione si pone su un piano del tutto diverso da quello di mero annui lamento di accertamento non motivato, che cio non contiene alcun criterio e non consente di giudicare se esso sia congruo o incongruo. Infine quella ipotizzata ricerca di ragioni rimaste accantonate, del cui accantonamento va data giustificazione, un riaffioramento quasi puntuale dell'integrazione dell'accertamento ex art. 43, comma 3, prima ritenuta impraticabile. III -Il problema pratico affrontato dalla sentenza non di molta rilevanza giacch assai raramente si presenta l'ipotesi ohe dopo il passaggio in giudicato della decisione della commissione non sia ancora maturato il termine di decadenza dell'art. 43, comma 1. Sono tuttavia di molto rilievo le proposizioni della sentenza sia sulle tematiche generali dell'accertamento e del processo, sia sulla rinnovazione dell'accertamento quando non sia ancora intervenuto il giudicato. Il richiamo della pi recente giurisprudenza sulla natura del processo tributario trova nel successivo svolgimento della motivazione importanti approfondimenti. Ho gi avuto occasione di osservare la difficile interpretazione della proposizione secondo la quale il processo di accertamento del rap mPwwwr::=w1111111=-Y.1mll{l*ft&m''l~ltwmw==:=:w~m11:m8*fl""ll::'.:r+.fu11 11114"""%"-'?@J r%.w.fii'''Wff9~'w~~;?:A'i:r=Y=,.:inr~,:;;==:'filPAll=q&===-=r=w.x:::t=:x:;.;..;:.;;ll.Nm' }f-4\.,u ,F.a,s?~,&x@B,!!1f~BW1!'~!1f?1m U P~ .-:-.........W.M....-:.-:-...-..-........._........_--:-: ..._:--.....-:::._-_________y-ff::@_.:--..-:-:-=--.7....-....:-:.=~----FLW-:::-----.... --. ... ....~W ..... .... _:::--..-:::-~&"efSiY.~&-_:-:-.-:-:-:::-:::=:-----~-:-rJf:f'iit__:-:-:-.-~-:-m:ill:::::'.-:=~.:::=--..-:-:-.--- PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 355 Posta questa preliminare distinzione dei due poteri, .la quale va tenuta presente anche in questa sede per quanto concerne il potere sostanziale dell'Amministrazione di rinnovazione dell'avviso di accertamento dei redditi ai fini dell'ILOR e dell'IRPEF, l'interpretazione del cit. art. 43 comma 3 del d.P.R. n. 600/73, deve prendere le mosse dalla recente giurisprudenza delle Sezioni unite, la quale -sempre in tema di imposta di registro ed INVIM, ma con implicazioni che tornano applicabili all'accertamento tributalio in via generale -ha sottolineato che in mancanza di una motivazione che risponda ai requisiti minimi (richiesti in quella occasione agli effetti dell'imposta di registro e dell'INVIM), il giudice tributario deve limitarsi a dichiarare la nullit dell'accertamento senza poter conoscere del merito. Ci premesso, pu convenirsi con la impugnata sentenza nel senso che l'art. 43 comma 3 in esame, prevedendo la possibilit dell'integrazione o modificazione dell'accertamento dei redditi mediante la notificazione di nuovi avvisi, presuppone che il precedente non sia colpito da nullit, non potendo ovviamente porsi alcun problema di integra- porto tributario, sia pure attraverso il ricorso contro un atto che il veicolo di accesso al merito >>, ma tuttavia di fronte ad un atto non adeguatamente motivato, il giudice tributario deve limitarsi alla dichiarazione di nullit senza poter conoscere del merito (BAFILE, Considerazioni diverse sulla natura del processo tributario, in Rass. Trib. 1986, I, 393; Io., Motivazione dell'accertamento come atto processuale, ivi, 1987, II, 84;; Io., Recentissime di giurisprudenza sulla natura del processo tributario, ivi, 19&7, I, 497; Riflessioni sulla dichiarazione e sul processo tributario, ivi, 1988, I, SB; Io., Motivazione dell'accertamento e natura del processo secondo l'ultimo indirizzo delle Sezioni Unite, ivi, 1989, 247). La necessit di dichiarare la nullit dell'accertamento non motivato non pu essere intesa nel senso che il processo tributario ad un tempo di annullamento degli atti illegittimi (come il processo amministrativo) e di accertamento del rapporto di diritto soggettivo (come il processo ordinario); l'impossibilit di accedere al merito va interpretata, come si vedr, in altro modo ma sempre nell'ambito di un processo di accertamento. Sotto tale profilo importante, in termini generali anche se poco coerente al caso deciso, l'affermazione che il giudicato della Commissione preclude alla Amministrazione la emanazione di un nuovo atto. Ci vuol dire che il giudicato del giudice tributario di accertamento del rapporto. Se il processo tendesse soltanto, come da molti si sostiene, all'annullamento dell'atto, non potrebbe porsi in discussione, decadenze a parte, il potere dell'ufficio di intervenire con un nuovo atto a definire la situazione giuridica. La decisione soltanto demolitoria della commissione non potrebbe precludere, ma anzi richiederebbe, un nuovo provvedimento che risolva il conflitto di interessi relativo ad un rap porto comunque indisponibile. Si deve quindi condividere in termini generali, sottolineandone l'importan za, l'affermazione che il giudicato della Commissione preclude un nuovo intervento dell'ufficio anche se non si ancora verificata la decadenza. IV. Resta per ancora da chiarire la portata del particolare giudicato che, senza entrare nel merito, dichiara la nullit dell'accertamento. 356 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zione e modificazione rispetto all'atto giuridico radicalmente nullo. L'at to nullo non pu essere integrato, ma soltanto rinnovato con effetto ex nunc; ad esso non possibile ricondursi per operarne una qualsiasi ret~ tifica, la quale sarebbe a sua volta colpita da nullit. La disciplina dell'art. 43 comma 3 non quindi applicabile all'atto I di accertamento colpito da nullit. E poich, come si accennato, in tema .di accertamento tributario non sussiste che l'alternativa tra atto idoneo ad instaurare il rapporto contenzioso col contribuente ed atto non ido neo a tal fine, in quanto tertium non datur, ne consegue che l'interpre tazione logico-sistematica della norma in oggetto conduce a questo ri sultato: l'integrazione o modificazione dell'atto di accertamento dei red diti ILOR e IRPEF da parte dell'Amministrazione presuppone che que st'ultimo presenti in concreto (non interessa, ai fini che si considerano, stabilire quali essi siano) i requisiti minimi necessari per la sua idoneit ad introdurre il rapporto contenzioso con il contribuente. Ove tale idoneit difetti e l'atto di accertamento debba perci ri tenersi radicalmente nullo, l'art. 43 comma 3 inapplicabile e si pone, Anche sotto tale profilo di molto rilievo l'affermazione che nei riguardi dell'accertamento va stabilita, in insuperabile alternativa, se esso sia o meno idoneo ad instaurare (o introdurre) il rapporto contezioso con il contribuente sul merito della controversia; non tale l'accertamento non portato a co noscenza o inficiato da altri vizi formali o anche non adeguatamente moti vato. Dunque l'accertamento inidoneo per vizi che precludono l'esame di me rito va riguardato per la sua rilevanza nel processo. L'accertamento, come parallelamente la dichiarazione, predetermina l'oggetto ed i limiti del futuro eventuale processo; cio atto a contenuto spiccatamente processuale che si pone come antecedente necessario e non pi esterno al processo. Bene a ragione si precisato nelle sentenze commentate negli scritti so pra richiamati che la motivazione dell'accertamento deve rispondere all'esi genza di delimitare l'ambito delle ragioni adducibili dall'ufficio nell'eventuale fase contenziosa e di consentire al destinatario l'esercizio della difesa. Dun que l'accertamento quando non raggiunge lo scopo, diventando inoppugnabile, di definire il rapporto, ha rilevanza nel processo come atto processuale. I Da ci discende che, come nel processo ordinario, ben possibile la di chiarazione di nullit dell'atto sostanzialmente introduttivo; ma questo giu dicato di contenuto meramente processuale non preclusivo della riproposi zione dello stesso atto se non sono maturate decadenze. La dichiarazione di nullit dell'accertamento non ha alcun contenuto che possa fare stato fra le parti ex art. 2909 e.e. La sentenza che si commenta non ha avvertito la possibilit che il giudicato possa essere solo formale ed caduta nella contraddizione quando ha qualificato di solo annullamento il giudicato intervenuto nel caso deciso: quando la Commissione ha giudicato incongruo un criterio di stima ha sicuramente emesso una decisione di merito (e non ha annullato l'accertamento ritenendolo inidoneo ad introdurre il rapporto contenzioso sul merito); e sicuramente quello stesso criterio, risultante dalla motivazione, non pu essere utilizzato per un successivo accertamento. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 357 pertanto, il problema della sua possibile rinnovazione nel termine di decadenza. Secondo i principi generali, si deve convenire con l'Amministrazione finanziaria sul punto della possibile reiterazione dell'avviso di accertamento nullo con effetto ex nunc; questo principio, in s esatto, deve tuttavia nel caso di specie essere confrontato con i principi attinenti all'efficacia della cosa giudicata (art. 2909 e.e.). Risulta infatti dall'impugnata sentenza che i primi avvisi di accertamento di rettifica degli imponibili IRPEF e ILOR per gli anni 1974 e 1975 furono annullati dalla Commissione tributaria di primo grado di Alessandria con decisione 5 aprile 1979; che questa decisione passava in giudicato perch l'ufficio non interponeva appello; che sempre per gli stessi anni 1974 e 1975, l'ufficio, in data 29 maggio 1980, notificava altri avvisi di accertamento. Per decidere circa l'esistenza o meno del potere dell'amministrazione di rinnovare i precedenti accertamenti dichiarati nulli nel termine di decadenza di cui all'art. 43 del D.P.R. n. 600/73, potere contestato dalla contribuente, la Corte d'appello si , tuttavia, limitata a svolgere alcune Ma ben diV'erso il caso dell'accertamento non motivato o affetto da altri vizi formali annullato senza esame del merito; qui non vi materia che possa creare preclusione e possa essere oggetto di confronto con il successivo accertamento. V. Tutto quanto precede non involge affatto l'art. 21 del d.P.R. 636/1972. Come afferma esattamente la sentenza in esame, il potere processuale delle Commissioni di disporre (anche dopo la maturazione della decadenza) la rinnovazione dell'atto impugnato ben distinto dal potere dell'Amministrazione di correggere gli errori dei prorpri provvedimenti, prima che si avveri la decadenza. In questo ultimo caso non si ha rinnovazione con effetto di sanatoria ex tunc dell'atto originario ma ripetizione con effetto ex nunc di un atto invalido, ed chiaro che finch esiste il potere, non consumato dell'emanazione di un atto nullo, sempre possibile emettere altro atto. L'art. 21 pu valere solo per una conferma iI]diretta: se anche dopo l'avveramento della decadenza possibile (anzi dovere del giudice) conseguire la sanatoria, a maggior ragione sar consentito riparare i difetti finch il termine aperto; e a maggior ragione, se non altro per econoonia processuale, anche dopo la presentazione del ricorso con il quale si eccepiscono nullit formali, l'ufficio potr prima che si compia la decadenza, riemanare l'atto antidpando l'esercizio del potere del giudice ex art. 21. Molto si tuttavda congetturato sul fatto ohe l'art. 21 esclude dai vizi sanabili con la rinnovazione il difetto di motivazione e se ne dedotto che questo sarebbe un vizio assolutamente insanabile (v. per tutti BASILAVECCHIA, La rinnovazione dell'avviso di accertamento, in Rass. Trib., 1989, I, 535). Questa tesi deve essere confutata. L'art. 21 opera solo nell'ambito del processo e non pu essere utilizzato per la disciplina dell'attivit dell'ufficio tributario nel procedimento amministrativo. Ma soprattutto la norma che non 358 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO astratte considerazioni che attengono alla possibile reiterazione della pote st impositiva fin quando non sia esaurito il termine di decadenza al l'uopo previsto dalla legge. Ma la Corte non ha considerato che il thema decidendum era ben diverso e consisteva invece nel controllare quale fos se nel caso di specie l'efficacia preclusiva del giudicato ormai forma tosi inter partes per la mancata impugnativa, da parte dell'ufficio, della decisione della Commissione di primo grado che aveva annulla to i primi accertamenti per difetto di motivazione, attesa la loro inido, neit ad introdurre il rapporto contenzioso col contribuente sul merito della controversia. Poich fra la nullit dei primi avvisi di accertamento ed il potere impositivo della p.a. si era frapposto, come un dia framma, l'efficacia formale e sostanziale del giudicato, il punto decisivo della controversia risiedeva nello stabilire quale fosse nella fattispecie, non gi in astratto ma in concreto, la potest di rinnovazione dell'atto nullo spettantte all'Amministrazione finanziaria, tenendo conto, in particolare, del contenuto del giudicato e della motivazione dei nuovi avvisi di accertamento. Vero che l'Amministrazione, dopo il giudicato di annullamento del l'avviso, restituita nella pienezza della potest di provvedere ex novo consente la rinnovazione con sanatoria ad effetto ex fune, capace cio di scavalcare la decadenza, non pu essere trasportata tal quale sulla situarione in cui la decadenza non si ancora avverata. Se l'accertamento nullo ma il termine aperto non pu esservi nessuna limitazione al potere di rifare da capo (non rinnovare) un atto dovuto. L'unico limite alla pienezza del potere dell'All1lministrazione di provvedere ex novo dopo che l'atto stato dichiarato nullo , secondo la sentenza in nota, il giu dicato (sostanziale) ove esista. Non si pu in alcun modo costruire un concetto di nullit formale che non consente un nuovo esercizio del potere. VI. Una preclusione pu discendere soltanto dall'esercizio in concreto del potere in forma valida: l'accertamento validamente emanato non pu essere modificato se non in casi determinati. Ci si argomenta proprio dal terzo comma dell'art. 43 d.P.R. n. 600 secondo il quale, ancora entro il termine di decadenza, l'accertamento non pu essere modificato o integrato in aumento se non in base alla sopravvenuta conoscenza di elementi nuovi. Si deve peraltro ritenere che l'accertamento nelle ima>oste dirette possa essere corretto nel caso di erronea applicazione della norma tributaria cos come per la stessa ragione pu essere rettificata la dichiarazione; di fronte a norme di legge inderogabili doverosa una applicazione corretta finch non cade il sipario della decadenza; bench nessuna norma la consideri, non sembra possa esclu dersi l'esistenza di un principio analogo al supplemento nelle imposte indirette. Ma i limiti ohe il terzo comma dell'art. 43 pone all'integrazione in aumento di un accertamento valido, non hanno nessuna ragione d'essere allorch l'ufficio intenda emanare un nuovo accertamento che sostituisce quello vanamente gi emesso; in questo caso qualunque vizio formale dell'atto o della sua notifica pu sempre essere eliminato con un nuovo atto, ovviamente con efficacia ex nunc. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 359 nell'ambito del rapporto tributario cui si riferivano gli avvisi dichiarati nulli; ma altrettanto vero che il nuovo provvedimento non deve, neppure indirettamente, costituire elusione del giudicato perch, altrimenti, tutte le decisioni di annullamento, nel sistema tributario -in cui l'Amministrazione finanziaria ha il potere di incidere con atti a carattere autoritativo nella sfera giuridica dei soggetti passivi -si ridurrebbero a mere pronunce astratte, senza poter sortire l'effetto che loro proprio di tendere a restaurare l'ordine giuridico turbato. Pertanto, l'Amministrazione, nel rivalutare ex novo i presupposti dell'imposizione pu ben prendere in considerazione ragioni rimaste accantonate all'epoca dell'emanazione dell'avviso di accertamento annullato, ma occorre pur sempre che venga data esauriente dimostrazione, in occasione dell'emanazione del nuovo atto, del perch quelle ragioni non furono poste a presidio dell'avviso originario e del perch si sia ritenuto di prenderle in considerazione solo successivamente all'annullamento dell'atto che era fondato su ragioni del tutto diverse. Ancor pi efficacemente la preclusione del giudicato opera ove l'Amministrazione provveda ex novo notificando al contribuente un nuovo avviso di accertamento dei redditi il quale sia ispirato alla stessa motivazione posta a base del precedente avviso annullato. Di conseguenza deve essere ammessa la ripetizione di accertamento nullo anche dopo la proposizione del ricorso, entro i limiti della decadenza. VII. Importanza ancora maggiore hanno le proposizioni della sentenza commentata sulla rilevanza processuale del difetto di motivazione. Se l'accertamento va giudicato in ragione della sua idoneit ad introdurre il rapporto contenzioso con il contribuente e se scopo della motivazione quello di delimitare l'ambito delle ragioni aidldudbili dall'ufficio nella fase contenziosa e di consentire al destinatario l'esercizio della difesa, se in definitiva, l'accertamento rileva come atto processuale, sotto tale profilo che va apprezzata la nullit; non sar allora da verificare la motivazione come giustificazione dell'esercizio di un potere pubblico, ma solo come atto idoneo ad esprimere una litis contestatio; non con i criteri che presiedono all'atto amministrativo, ma con quelli dell'art. 164 CJp1c. Ma in tal caso, in coerenza con !'-esperienza del processo civile, dovrebbe essere ben raro il riconoscimento della inidoneit allo scopo, essendo larghissimi i margini entro i quali si ritiene sufficientemente specificata la determinazione della cosa oggetto della domanda . Nelle pretese quantitative (ad es. risarcimento del danno, determinazione di indennit o di compensi etc.) non si mai pensato che sia nulla la citazione quando non contiene criteri analitici di determinazione del quantum: atto idoneo ad instaurare il rapporto contenzioso una pretesa, anche per somma indeterminata, la cui fondatezza, cio il merito, potr essere dimostrata fino alla fase finale del processo. Ragionando sul terreno del processo, diventa assai difficile giustificare la nullit dell'accertamento per difetto di motivazione. CARLO BAFILE 360 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In tal caso pm che l'elusione vi violazione del giudicato, non essendo possibile, proprio per la sua efficacia preclusiva, la riproduzione dell'atto amministrativo con lo stesso contenuto di quello annullato. Il nuovo provvedimento concretamente posto in essere per la rinnovazione dell'avviso annullato in sede giurisdizionale, deve quindi essere raffrontato con il precedente giudicato al fine di stabilire se sia stata o meno elusa la sua efficacia preclusiva. Ed ove il precedente accertamento (annullato) si sia richiamato ad un criterio di stima che il giudicato abbia ritenuto incongruo, tanto da determinare l'annullamento dell'atto, evidente che, in sede di rinnovazione, non potr essere utilizzato quello stesso criterio senza infrangere l'efficacia del giudicato. In definitiva, il ricorso deve essere accolto con la conseguente cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio ad altro giudice che si designa in altra Sezione della Corte d'appello di Torino, la quale, nella definizione della controversia, si atterr ai principi innanzi enunciati e pronuncer anche sulle spese del giudizio (art. 385 c.p.c.). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 aprile 1990 n. 2979 -Pres. Scanzano Est. Caturani -P. M. Lanni (diff.) IACP Ravenna (avv. De Martini) c. Ministero delle Finanze (avvocato Stato Palatiello). Tributi in genere -Sanzioni non penali -Non applicabilit per obiettive condizioni di incertezza -Art. 38-bis d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 -Ha sostituito l'art. 55 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600. (d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636 art. 39 bis introdotto dall'art. 26 d.P.R. 3 novembre 1981 n. 739; art. 55 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 come modificato dall'art. 2 d.P.R. 24 dicembre 1976 n. 920). Tributi in genere -Sanzioni non penali -Non applicabilit per obiettive condizioni di incertezza -Potere-dovere di pronunzia di ufficio -Domanda espressa -Obbligo di pronunzia. (d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636 cit.). La disposizione dell'art. 39 bis del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636, introdotta con l'art. 26 d.P.R. 3 novembre 1981 n. 739, in quanto norma che ha disciplinato l'intera materia ha sostituito la precedente norma dell'art. 55 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 che riguardava soltanto le imposte dirette (1). La disapplicazione delle sanzioni non penali quando la violazione giustificata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sul (1-2) Sulla prima massima si pu osservare che se pure pu condividersi l'affermazione che secondo l'art. 39 bis del d.P.R. n. 636 il potere-dovere esercitabile di ufficio, si pone egualmente la rilevanza del giudicato quando il giudice non abbia dichiarato la non applicabilit della sanzione. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 361 l'ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferisce integra un potere-dovere del giudice esercitabile di ufficio in ogni fase del giudizio. Se tuttavia il ricorrente abbia formulato apposita istanza, il giudice deve prenderla in esame per non incorrere nel vizio di omessa pronunzia. (2) (omissis) Con unico motivo il ricorrente sostiene che la decisione impugnata caduta in errore di diritto allorch ha dichiarato inammissibile l'istanza dell'Istituto relativa alla debenza delle pene pecuniarie, in quanto ai sensi dell'art. 55 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, come modificato (con effetto dall'l gennaio 1974) dall'art. 2 d.P.R. 24 dicembre 1976 n. 920, la C.T.C. avrebbe dovuto ritenere non dovute l pene pecuniarie previste dalla legge per il mancato versamento dell'ILOR, te~ nuto conto delle incertezze verificatesi nella interpretazione delle norm circa la debenza dell'imposta sul reddito derivante dalle locazioni degli Istituti Autonomi per le case popolari. Il ricorso fondato nei termini che sono precisati dalle seguenti considerazioni. Ai sensi dell'art. 55 d.P.R; 29 settembre 1973 n. 600, come modificato (con decorrenza dall'l gennaio 1974) dall'art. 2 d.P.R. 24 dicembre 1976 n. 920, gli organi del contenzioso tributario possono dichiarare non dovute le pene pecuniarie quando la violazione giustificata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferisce. La norma -che costituisce applicazione di un principio gi contenuto nell'art. 248 del d.P.R. 29 gennaio 1958 - stata seguita dall'art. 39 bis d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636, riflettente la revisione della disciplina del contenzioso tributario, articolo aggiunto dall'art. 26 d.P.R. 3 novembre 1981 n. 739 con effetto dall'l gennaio 1982. Quest'ultima disposizione peraltro, perch contenuta in un testo riflettente la revisione di tutta la disciplina del contenzioso tributario, ha abrogato, ai sensi dell'art. 15 disp. preL al codice civile, la precedente normativa prevista dall'art. 2 d.P.R. 920/74 cit., avendo disciplinato l'intera materia (con riferimento alla applicazione di tutte le sanzioni non penali) gi regolata dalla legge anteriore con esclusivo riferimento all'applicazione delle pene pecuniarie previste per la sola violazione delle norme relative alle imposte sui redditi. Posta la prevalenza dell'art. 39 bis del d.P.R. n. 636/1972 sull'art. 55 del d.P.R. n. 600/1973, sarebbe risolta la questione se con la pi ampia dizione del primo testo (sanzioni non penali) si siano ricomprese nel potere di non applicazione anche le soprattasse che rimanevano escluse dalla pi remota normativa (pene pecuniarie). Resta tuttavia un serio dubbio, attesa la incor porazione della soprattassa sul tributo cui afferisce. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La nrma, pur essendo intervenuta dopo la cassazione della pronuncia della C.T.C. applicabile quale ius superveniens che regola il rapporto controverso (limitatamente alla debenza delle sanzioni non pena li) anche nel giudizio di rinvio (cfr. per il principio generale, le sentenze nn. 5567/82; 3607/77). Essa cos statuisce: La Commissione tributaria dichiara non applicabili le sanzioni non penali previste dalle leggi tributarie quando la violazione giustificata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferisce . La nuova norma comunque, ricalca sostanzialmente la precedente disciplina contenuta nell'art. 2 d.P.R. 920/76 con l'unica variante che mentre l'art. 2 cit. attribuiva il potere in esame genericamente agli organi del contenzioso tributario i quali potevano dichiarare non dovute le pene pecuniarie in presenza dei presupposti menzionati dalla norma, l'art. 39 bis d.P.R. 636/72, introdotto in forza dell'art. 26 d.P.R. 739/81, ha con maggiore tecnicismo attribuito il potere di cui si discute alla Commissione Tributaria la quale dichiara non applicabili le sanzioni non penali in presenza degli accennati presupposti. Il potere-dovere della Commissione Tributaria presenta un caratte re sostanziale che storicamente si riannoda all'origine puramente amministrativa dell'organo decidente ed il suo esercizio strettamente connesso all'accertamento della violazione tributaria in quanto, ove si esclu da in giudizio quella violazione, rimane logicamente assorbita qualsiasi possibilit di esercizio del potere in esame. In considerazione del carattere sostanziale del potere e della sua origine storica ne discende che il giudice tributario, cui quel potere stato dall'ordinamento attribuito, non di regola vincolato al principio della domanda, nella esplicazione del potere medesimo, il cui esercizio deve ritenersi quindi possibile anche ex officio. Pertanto, quando manchi una formale istanza del contribuente, il mancato esercizio del potere di non applicazione della sanzione, anche se non esplicitamente giustificato con una statuizione apposita, implica che la Commissione tributaria ha, sia pure implicitamente, ritenuto che la violazione non fosse giustificata da obiettive condizioni di incertezza e che quindi nulla impedisce l'applicazione in concreto delle sanzioni non penali conseguenti a quella violazione. La mancanza di statuizione sul punto, peraltro, non d luogo ad alcun vizio, che possa giustificare una censura. Il discorso , tuttavia, diverso allorch sussista una apposita istanza del contribuente volta ad eccitare l'esercizio del potere in questione. In tal caso il potere-dovere deUa Commissione Tributaria acquista un aspetto di vincolatezza nel senso che, una volta che ha formulato l'istanza nel giudizio tributario, il contribuente ha diritto alla corrispondente pronuncia (qualunque essa sia nel suo contenuto). Ed ove la Commis PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA sione Tributaria, nonostante l'istanza dell'interessato, non provveda, la decisione in tal caso impugnabile per omessa pronuncia per violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato (art. 112 cpc). Il potere-dovere di non applicazione delle sanzioni non penali ex art. 26 d.P.R. 739/81, pur essendo esercitabile anche ex officio (come si visto), non implica, tuttavia, l'attribuzione alla Commissione tributaria di alcuna discrezionalit in ordine al suo esercizio. Gi la dizione del testo dell'art. 2 d.P.R. 920/76, pur prevedendo che gli organi del contenzioso tributario possono dichiarare non dovute le pene pecuniarie ... non implicava che essi godessero del potere di applicare o meno la pena pecuniaria nonostante avessero riscontrato la presenza dei presupposti normativi della non applicazione (quando cio la violazione fosse giustificata da obiettive condizioni di incertezza). Opportunamente perci -ad evitare il dubbio interpretativo -la nuova disposizione, sancendo che la Commissione dichiara non appli cabili le sanzioni non penali quando ... , ha fugato ogni perplessit in proposito. La Commissione, cio, quando accerta la ricorrenza dei presupposti accennati, esaurendo cos la propria valutazione discrezionale, tenuta a dichiarare la non debenza delle sanzioni. Il potere deve, pertanto, intendersi di carattere discrezionale esclu sivamente per quanto concerne la valutazione dei presupposti del suo esercizio nel senso che l'ordinamento giuridico ha rimesso alla Commissione tributaria l'accertamento della obiettiva incertezza circa la portata e l'ambito di applicazione delle norme che vengono in rilievo nelle singole fattispecie. Il potere, inoltre, spettando a tutte le Commissioni Tributarie ex officio, deve dalle medesime essere esercitato in qualunque fase del processo su apposita istanza del contribuente e quindi anche nel giudizio di rinvio, non esplicando a tal fine alcuna incidenza il carattere chiuso di tale giudizio. Infatti, la questione relativa alla debenza delle sanzioni non penali, rimasta assorbita nel giudizio definito dalla decisione cassata (la quale abbia ritenuto insussistente la violazione), pu essere riproposta su istanza del contribuente dinanzi al giudice di rinvio senza preclusione alcuna, in quanto il suo esame strettamente dipendente dalla pronuncia di cassazione e dall'affermazione del principio di diritto in essa contenuto (in quanto, cio, si sia ritenuto sussistente quella viola zione il cui accertamento fa insorgere la esigenza logica di esaminare la questione in esame). In applicazione dei criteri di cui sopra, ne consegue che -con specifico riferimento al presente giudizio -cassata la decisione della Commissione tributaria Centrale (che aveva dichiarato non dovuta l'imposta), con il conseguente assorbimento della questione attinente alla non de 364 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO benza delle sanzioni non penali, nel successivo giudizio di rinvio deve ritenersi compresa nella contestazione, in presenza di apposita istanza formulata (anche se soltanto) in quella sede dal contribuente, la questione (conseguenziale) riflettente la non debenza delle sanzioni non penali, le quali -ove non ricorrono le obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione delle disposizioni alle quali la violazione si riferisce -sarebbero altrimenti dovute. In definitiva, deve ritenersi erronea la decisione della C.T.C., impugnata in questa sede, allorch ha ravvisato l'inammissibilit dell'istanza del contribuente diretta ad attivare l'esercizio del potere in esame nel giudizio di rinvio, onde, in parte qua, si impone, in accoglimento del ricorso, la cassazione della decisione denunziata ed il conseguente rinvio alla stessa C.T.C., la quale nel decidere la controversia, valuter se sussistevano nella specie i presupposti normativi per la pronuncia di non debenza delle sanzioni non penali, altrimenti dovuta (sui quali cfr. in generale la sentenza n. 2301/83), in applicazione del seguente principio di diritto: Il potere-dovere delle Commissioni tributarie di dichiarare non applicabili le sanzioni non penali previste dalle leggi tributarie, quando la violazione sia giustificata da obiettive condizioni di incer I tezza sulla portata e nell'ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferisce, a norma dell'art. 39 bis d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636 I (articolo aggiunto dall'art. 26 d.P.R. 3 novembre 1981 n. 739 con effetto ?, dall'l gennaio 1982) esercitabile anche ex officio in tutte le fasi del I giudizio tributario, essendo strettamente connessa ex lege all'accertamento della violazione. I Esso implica l'esercizio ex officio di una discrezionalit che attiene alla valutazione delle condizioni di obiettiva incertezza sulla portata e l'ambito di applicazione delle disposizioni violate dal contribuente e che non esclude ma anzi implica che -ove il contribuente abbia formulato al riguardo apposita istanza, anche se soltanto nel giudizio di rinvio la Commissione sia tenuta all'esame della relativa questione incorrendo altrimenti la sua decisione nel vizio di omessa pronuncia. (omissis) I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. 10 aprile 1990 n. 3011; Pres. Bran caccio Est. Sensale P. M. Minetti (conf.). Romano (Avv. Roma no) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Zotta). Tributi in genere Contenzioso tributario Giurisdizione delle commissioni Opposizione all'esecuzione Vi ricompresa. (d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636 art. 1 e 16; d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 634, art. 54). Rientrano nella giurisdizione delle commissioni tutte le controversie concernenti l'accertamento del rapporto tributario nei suoi elemen PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 365 ti oggettivi e soggettivi sia quando venga posto in discussione l'astratto potere impositivo, sia quando si contesti la legittimit dell'esercizio in concreto; vi sono pertanto ricomprese, sotto forma di impugnazione dell'ingiunzione o del ruolo, anche le controversie di opposizione all'esecuzione (1). II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. 19 aprile 1990 n. 3273; Pres. Brancaccio -Est. Finocchiaro -P. M. Di Renzo (conf.). Romano c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Zotta). Tributi in genere -Contenzioso tributario -Giurisdizione delle commissioni -Opposizione all'esecuzione -Vi ricompresa. (d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636 art. 1 e 16; d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 634, art. 54). Appartengono alla giurisdizione delle commissioni tutte le questioni attinenti all'esistenza e all'entit della obbligazione tributaria, comprese quelle che hanno natura di opposizione all'esecuzione, senza che abbia rilievo la distinzione tra atti emessi in carenza di potere a atti costituenti illegittimo esercizio del potere (2). I (omissis) Premesso che l'atto d'accertamento era stato riformato dalla commissione tributaria di secondo grado e che, pertanto, per questa parte esso era da ritenere inesistente, sostiene la ricorrente che l'ufficio del registro non poteva n in astratto n in concreto far valere la pretesa tributaria per l'intera somma portata nell'atto d'accertamento e che, per ci, nella opposizione alla ingiunzione non era configurabile una controversia tributaria. Secondo la ricorrente non sarebbe in di (l-2) Decisioni ineccepibili che confermano orientamenti ormai ben solidi. Sull'irrilevanza della distinzione tra atti emanati in carenza di potere ed atti costituenti illegittimo esercizio del potere v. Cass. 17 giugno 1988, n. 4120, in questa Rassegna, 1988, I, 102; 24 febbraio 1987, n. 1948, Foro it., 1987, I, 1426; altra recente sentenza 23 maggio 1990 n. 4670 di cui si omette la pubblicazione, ha precisato che pu configurarsi una contestazione in radice della pretesa, tale da riportare la controversia nel diritto comune, solo quando l'atto manchi dei requisiti essenziali per la sua qualificazione come provvedimento amministrativo, o quando l'ordinamento non contempli il potere di adottarlo o lo accordi ad autorit diversa o nei confronti di una categoria di soggetti ahe non comprenda nemmeno potenziaLmente il destinatario della pretesa creditoria; ma ci non si verifica allorch l'Amministrazione finanziaria, fondatamente o meno, rivolga la sua pretesa di imposta nei confronti di persona indicata 14 366 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO scussione n il cattivo o illegittimo uso n l'esistenza del potere impositivo, essendo sicuramente inesistente l'atto d'accertamento, sul quale si fondava l'ingiunzione, nella parte in cui esso era stato annullato dalla commissione tributaria di secondo grado, e dovendosi attribuire alla citazione proposta dinanzi al tribunale il valore di opposizione all'esecuzione. Al fine d'inquadrare nei suoi esatti termini la prospettata questione di giurisdizione, occorre premettere che rientrano nell'ambito delle controversie tributarie sia quelle nelle quali sia posto in discussione l'astratto potere impositivo, sia quella in cui si contesti la legittimit del suo esercizio in concreto (v. sent. 24 febbraio 1986 n. 1091 e 27 luglio 1988, n. 4768). Di seguito a questa premessa, si ritenuto che oggetto delle controversie devolute alle commissioni tributarie l'accertamento del rapporto tributario nei suoi elementi soggettivi ed oggettivi, contenuti in un atto emanato a tal fine o nella ingiunzione ovvero nel ruolo, che non siano stati preceduti da un previo atto d'accertamento, nonch, quando questo vi sia stato, la legittimit formale dell'ingiunzione o del ruolo (v. sent. cit., n. 1091/86); e che, come precedentemente si era precisato (sent. 3 febbraio 1986 n. 660), la tutela giurisdizionale dei diritti del contribuente si esplica esclusivamente mediante il ricorso contro gli atti contemplati dall'art. 16 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, modificato dal d.P.R. 3 novembre 1981, n. 739. Da quanto precede si desunto che il criterio per la discriminazione della giurisdizione delle commissioni tributarie da quella del giudice ordinario dato non dalla fase processuale in cui la controversia insorge (di cognizione o di esecuzione), bens dalla intrinseca natura della controversia, a seconda che essa investa, oppur no, la pretesa tributaria e la regolarit formale della ingiunzione o del ruolo. Analogo criterio di discriminazione della giurisdizione si era gi adottato con la sentenza n. 1050 del 19 febbraio 1982, dichiarandosi la come obbligata. Parallelamente la S.C. ha sempre negato l'ammissibilit dell'azione di indebito ordinario per il rimborso di somme introitate a titolo di imposta (27 aprile 1988 n. 3174; 28 aprile 1988 n. 3197; 27 luglio 1988 n. 4768; 9 giugno 1989 n. 2786, in questa Rassegna, 1988, I, 421 e 422, 1989, I, 287 e 1990, I, 164). Importante la precisazione che rientrano nella giurisdizione del giudice tributario le controversie aiventi natura di opposizione all'esecuzione che prendono forma di ricorso contro il ruolo (o l'avviso di mora) e l'ingiunzione (v. in argomnto BAFILE, Giurisdizione ordinaria e giurisdizione delle commissioni nella fase esecutiva, in questa Rassegna, 1982, I, 592). Meno chiara la giurisprudenza relativamente alle controversie proposte da soggetti estranei al rapporto di imposta, diversi cio dal contribuente, dal sostituto di imposta e dal responsabile di imposta. Alcune pronunzie tendono PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 367 giurisdizione del giudice ordinario in una controversia introdotta con atto di opposizione all'esecuzione, nella quale non venivano in discussione l'an o il quantum del tributo (cio, non si discuteva affatto del rapporto d'imposta, gi definito), ma solo del diritto dell'Amministrazione di agire esecutivamente, o meglio di sottoporre a pignoramento un bene determinato. Lo stesso principio stato affermato, nella citata sentenza n. 1091/86, con riguardo al caso in cui, per un credito verso il fallito anteriore alla dichiarazione di fallimento l'Amministrazione aveva emesso ingiunzione fiscale, sotto pena degli atti esecutivi, nei confronti del curatore, per il pagamento di un tributo liquidato sulla base della dichiarazione dello stesso presentata ai sensi dell'art. 74 bis, 1 comma, del d.P.R. n. 633 del 1972 e pertanto, oggetto della controversia non era il rapporto tributario, pacifico fra le parti, bens il modus procedendi seguito dall'Amministrazione, cui il curatore contestava il potere di realizzare la pretesa fiscale al di fuori delle regole del concorso. E lo stesso criterio risulta, in realt, seguito nella sentenza n. 6151 del 20 ottobre 1983, nella quale stata negata la proponibilit dell'opposizione davanti al giudice ordinario (com'era consentito in passato dagli articoli 3 e 4 del T.U. 14 aprile 1910, n. 639, non richiamati n dall'art. 62 del d.P.R. 633/72, sull'IVA, n dall'art. 54 del d.P.R. 634/72, sull'imposta di registro, ai fini della riscossione dell'imposta in pendenza del giudizio), in una ipotesi in cui la controversia aveva indubbia natura tributaria, perch vi si discuteva dell'avvenuta prescrizione, ossia di un fatto estin tivo della pretesa tributaria. Quanto si finora osservato conduce all'affermazione che l'opposi zione all'ingiunzione proposta dalla ricorrente riservata alla giurisdi zione delle commissioni tributarie. Invero, l'ingiunzione, emessa dall'ufficio del registro ai sensi dell'art. 54 del d.P.R. n. 634 del 1972, non meramente riproduttiva del l'iniziale accertamento del rapporto tributario (o. eventualmente, di una precedente ingiunzione non preceduta da un atto d'accertamento), ma contiene una nuova determinazione sia pure provvisoria, in pendenza a riconoscere il terzo indirettamente interessato, legittimato a proporre le domande inerenti alla sussistenza dell'obbligazione e di conseguenza affermano che anche su queste la giurisdizione appartiene al giudice speciale tributario (6 dicembre 1988 n. 6637 in Dir. prat. trib., 1989, II 982 in materia di contestazione dell'obbligazione da parte del terzo possessore di bene gravato di pri vilegio speciale; 19 marzo 1990 n. 2281, con riferimento alle impugnazioni proponibili dal cessionario di credito per rimborso I.V.A.). A tale tendenza dovrebbe opporsi che il terzo non legittimato a contestare l'obbligazione tri butaria s che le, assai limitate, eccezioni che pu sollevare, non aventi natura tributaria, restano escluse dalla giurisdizione delle commissioni (PAVONE, Esercizio contro il terzo proprietario del privilegio speciale immobiliare che assiste i tributi indiretti sugli affari, in Dir. prat. trib., 1987, I, 1276). 368 RASSEGNA DEU..'AVVOCATURA DELLO STATO del giudizio concernente l'accertamento iniziale e preordinata alla riscossione della pretesa tributaria, quale risulta delimitata a seguito della decisione di primo grado emessa in quel giudizio. Trattasi, cio, di una autonoma ingiunzione non preceduta da un nuovo atto di accertamento, reso necessario dalla decisione della Commissione di primo grado, e che contiene essa stessa i termini della pretesa tributaria rideterminata per effetto di quella decisione. In conseguenza, la controversia che da essa trae origine e che rimane distinta da quella, in corso, avente ad oggetto l'atto d'accertamento iniziale -prima che la realizzabilit in via coattiva della pretesa -investe la pretesa stessa, nei suoi elementi costitutivi, ossia, nell'an e nel quantum di essa nella sua attuale configurazione; e l'opposizione della contribuente, con la quale si deduce il fatto estintivo della pretesa tributaria, costituito dal pagamento del dovuto quale risultava dalla decisione di secondo grado, in quanto diretta ad incidere sugli elementi costitutivi della pretesa medesima, introduce una controversia tributaria nel senso prima chiarito, al pari di quella ritenuta tale dalla citata sentenza n. 6151/83 nella quale si discuteva dell'avvenuta prescrizione del credito tributario. Deve concludersi, pertanto, nel senso che, come il tribunale ha affermato nella decisione con la quale ha declinato la giurisdizione, questa, sulla controversia promossa dall'attuale ricorrente nei confronti dell'Ammniistrazione delle finanze, appartiene alle commissioni tributarie. (omissis) II (omissis) A sostegno del proposto regolamento la Romano deduce che non configurabile una controversia tributaria in presenza di un atto tributario pacificamente annullato. Secondo la ricorrente un'obbligazione eliminata dal mondo del diritto da una commissione tributaria uguale ad un'obbligazione eliminata dal mondo del diritto dalla giurisdizione ordinaria o amministrativa o da qualsiasi giudice speciale, aggiungendo che oltretutto sarebbe incostituzionale che di fronte ad una pretesa tributaria pacificamente inesistente il cittadino sia costretto a valersi di un contenzioso speciale con .termini particolari, impossibilit di recuperare spese legali ecc. . L'avviata esecuzione attribuiva alla citazione il carattere di opposizione all'esecuzione, con conferma, anche per questo aspetto, della giurisdizione dell'a.g.o. Il regolamento infondato. Nel sistema del contenzioso tributario appartengono alla giurisdizione delle commissioni tributarie le controversie relative ai tributi elencati nell'art. 1 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, tra i quali sono compresi PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA sia l'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili, sia l'imposta di registro; e tale giurisdizione esclusiva, comprendendo tutte le questioni attinenti all'esistenza e all'entit dell'obbligazione tributaria, senza che abbia rilievo a questi fini la distinzione fra atti emessi dall'amministrazione in carenza di potere ed atti costituenti illegittimo esercizio del potere. La tutela giurisdizionale dei diritti del contribuente si svolge attraverso l'impugnazione di specifici atti dell'amministrazione di accertamento, di imposizione o di rifiuto di rimborso di somme riscosse, elencati nell'art. 16 d.P.R. cit., con esclusione di ogni azione di accertamento negativo del debito d'imposta sia innanzi alle commissioni tributarie, sia innanzi al giudice ordinario, dovendosi ritenere abrogate le preesistenti disposizioni (compreso l'art. 6 1. 20 marzo 1865 n. 2248, all. E) che consentivano tale ultima azione (Cass. 18 marzo 1988 n. 2476; Cass. 17 giugno 1988 n. 4120 e 4121; Cass. 27 lugio 1988 n. 4768; Cass. 17 ottobre 1988 n. 5629 e successive conformi). N tale disciplina presenta profili di incostituzionalit per il fatto che il cittadino costretto a valersi di un contenzioso speciale, con termini particolari e con impossibilit di recuperare le spese legali sostenute, in presenza della sentenza della Corte costituzionale n. 287 del 1974 che ha riconosciuto a queste commissioni il carattere di organi di giurisdizione speciale e tenuto presente che la Costituzione consente che a queste ultime sia affidata, in via esclusiva, la tutela dei diritti soggettivi attinenti alla materia loro devoluta (Cass. 11 ottobre 1988 n. 5486). Le precedenti conclusioni non mutano anche a volere configurare la controversia promossa innanzi al giudice ordinario come opposizione all'esecuzione, dal momento che anche per tale controversia deve affermarsi la giurisdizione delle commissioni tributarie in quanto l'art. 54, comma 4, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, sull'imposta di registro -il cui testo identico all'art. 56, comma 4, d.P.R. 26 ottobre 1986 n. 131 prevede che per la riscossione delle imposte, delle soprattasse e delle pene pecunarie si applicano le disposizioni degli artt. da 5 a 29 e 31 r.d. 14 aprile 1910 n. 639, risultando cos evidente come il rinvio al t.u. delle disposizioni di legge relativo alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato escluda esplicitamente gli art. 3 e 4 r.d. cit., che prevedono la possibilit di proporre opposizione all'ingiunzione avanti all'autorit giudiziaria ordinaria (conf. Cass. 20 ottobre 1983 n. 6151 e successive conformi). Tale principio si applica anche in tema di INVIM atteso il rinvio contenuto nell'art. 31 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, per l'accertamento, la liquidazione e la riscossione dell'imposta e delle soprattasse e pene pecuniarie alle disposizioni relative all'imposta di registro. Va, pertanto, rigettato il proposto regolamento e va dichiarata la giurisdizione delle commissioni tributarie. (omissis) 370 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 aprile 1990 n. 3370 -Pres. Cantillo Est. Sgroi -P. M. Amirante (conf.). Ministero delle Finanze (avv. Stato Palatiello) c. Untersander. Tributi erariali diretti -Nuovo t.u. delle imposte sui redditi -Applicabilit ai periodi di imposta anteriori -Art. 36 d.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42 Condizioni e limiti -Rimborsi -Esclusione. (t.tt. 22 dicembre 1986 n. 917, art. 115; d.P.R. 4 febbraio 1988 n. 42, art. 36). Tributi locali -Imposta locale sui redditi -Reddito di artigiano -Distinzione -Quando da considerare reddito di impresa. (d.P.R. 29 settembre 1973 n. 597, art. 51; d.P.R. 29 settombre 1973 n. 599, art. 1; e.e. art. 2195). I A norma dell'art. 36 del d.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42, le disposizioni del nuovo t.u. delle imposte sui redditi 22 dicembre 1986, n. 917, non espressamente considerate da norme particolari sono applicabili a periodi di I imposta anteriori a condizione che la dichiarazione a suo tempo valida I ~ mente presentata sia conforme alle nuove disposizioni; di conseguenza la nuova normativa non mai applicabile ai rimborsi di imposte pagate sulla base di dichiarazione (1). Al fine di stabilire se l'artigiano sia da qualificare come imprenditore, i:; il cui reddito soggetto all'ILOR, non soccorre soltanto il criterio quanfil Iili titativo della componente patrimoniale, ma occorre distinguere se l'at tivit esercitata rientra in quelle descritte nell'art. 2195 e.e., nel qual caso l'esistenza di una organizzazione capitalistica indifferente, ovvero essa consiste nella prestazione di servizi a terzi non rientranti nell'art. 2195, I ed in tal caso si avr reddito di impresa solo in presenza di organizza zione in forma di impresa dei mezzi di produzione e/o del lavoro I altrui (2). r (Omissis) Con l'unico motivo l'Amministrazione denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 1 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 599, in relazione all'art. 51 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 597, all'art. 2195 e.e. ed agli artt. 101 e 134 Cost.; violazione dell'art. 2967 e.e.; carenza assoluta di motivazione su un punto decisivo, in relazione all'art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c., osservando che anche a seguito di quanto affermato dalla (1-2) La prima massima incomincia ad aggredire il complesso problema che pone l'art. 36 del d.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42: indipendentemente dalla sua portata obiettiva, l'art. 36 non pu mai essere invocato quando si discute di rimborsi di imposte pagate sulla base di dichiarazione che perci solo non conforme alla normativa successiva che legittimerebbe il rimborso. Sull'argomento della seconda massima (sul quale intervenuta di recente la sent. 7 febbraio 1990 n. 788, in questa Rassegna retro, 324, con annotazioni a cui PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 371 Corte Cost. con sentenza n. 87 del 1986, dall'art. 1 d.P.R. n. 599 del 1973 non pu desumersi che il reddito dell'impresa artigiana sia, come tale, da classificarsi quale reddito di lavoro autonomo esente da ILOR, perch, in base alla definizione del reddito di impresa dettata dall'art. 51 d.P.R. n. 597 del 1973, l'attivit artigianale d luogo, in quanto compresa nell'art. 2195 n. 1 e.e. a reddito d'impresa, (anche se non organizzata in forma d'impresa. A tutto concedere, secondo la ricorrente, potrebbe pensarsi che per poter classificare un reddito come d'impresa sia necessario valutare se ricorrano o meno i requisiti minimi perch si possa realmente parlare d'impresa (Corte Cost. n. 87/1986). Ma, anche ammesso ci, la decisione impugnata non specifica quali siano tali requisiti minimi, n motiva sulla loro ricorrenza nella specie, ci che sarebbe stato onere del contribuente dimostrare, trattandosi di domanda di rimborso d'imposta pagata senza contestazione. Il ricorso fondato. Preliminarmente si deve affrontare il problema se lo jus superveniens, costituito dall'art. 115, comma 2 lettera e) del t.u. 22 dicembre 1986 n. 917 (a tenore del quale sono esclusi dalla ILOR i redditi delle imprese familiari imputati ai familiari collaboratori a norma del comma 4 dello art. 5) possa ricevere applicazione, d'ufficio, in relazione alla circostanza che nella decisione impugnata si d atto che il reddito del contribuente deriva da collaborazione in impresa familiare artigiana e che l'art. 36 d.P.R. 4 febbraio 1988 n. 42 estende le disposizioni del t.u. ai periodi d'imposta anteriori se le relative dichiarazioni, validamente presentate, risultano ad esse conformi. Al quesito si deve dare risposta negativa, per due ragioni, ciascuna delle quali sufficiente. In primo luogo, passata in giudicato, in difetto d'impugnazione incidentale del contribuente, la negazione della rilevanza della derivazione del reddito dalla collaborazione in impresa familiare, ai fini della sua esenzione dall'ILOR. In secondo luogo, la dichiarazione a suo tempo presentata non poteva essere conforme al t.u. del 1986 perch (a parte il fatto che non si rinvia) la s,c. ritorna alla posizione meno recente pi aderente al testo dell'art. 51 del d.P.R. n. 597/1973: se l'attivit riconducibile all'art. 2195 e.e. l'organizzazione (pi o meno capitalistica) irrilevante s che si sempre in presenza di un reddito di impresa; solo quando si verte in attivit al di fuori dell'art. 2195, dall'organizzazione dei mezzi di produzione e/o del lavoro altrui che nasce l'impresa. Tuttavia nel pensiero della S~. traspare qualche dubbio: quando si definisce il lavoro artigiano come caratteristico della abi RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 372 risulta che siano state osservate le disposizioni del comma quarto dell'art. 5 del t.u., che costituiscono condizione di applicabilit dell'art. 115 comma 2 lettera c), l'osservanza di quest'ultima norma avrebbe dovuto comportare il mancato pagamento spontaneo dell'ILOR, che invece il contribuente ha versato. La norma, transitoria dell'art. 36 cit., invero non pu applicarsi in relazione ad un'azione di ripetizione di indebito, ma soltanto in relazione ad una controversia sulla dichiarazione dei redditi soggetta ad accertamento. Per quanto riguarda la suddetta azione (i cui presupposti devono essere provati dal contribuente che agisce in ripetizione, secondo i principi generali), la sentenza della Corte Cost. n. 42 del 1980, invocata, ha dichiarato l'illegittimit costituzionale dell'art. 4 n. 1 legge 9 ottobre 1971 n. 825 e dell'art. 1 comma 2 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 599, in quanto non escludono i redditi di lavoro autonomo, che non siano assimilabili ai redditi d'impresa, dall'ILOR. L'inciso che non siauo assimilabili ai redditi d'impresa vuole riferirsi, indubbiamente, a quella parte della motiva zione della sentenza della Corte Cost. che cos si esprime: Allo stato attuale dell'ordinamento tributario, che non pu essere diversamente articolato dalla Corte stessa, la distinzione fra i redditi di lavoro e i redditi d'impresa dovr essere operata alla stregua dell'art. 51 del d.P.R. n. 597 del 1973, dal quale gi risulta un ampliamento della nozione d'impresa, rispetto ai criteri adottati dal cod. civ.. E, nella parte precedente della stessa motivazione, la Corte ha rilevato che le nozioni adottate dall'art. 51 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 597 differiscono in parte dalle configurazioni civilistiche, sia nel senso di riguardare soggetti passivi che non sono veri e propri imprenditori commerciali, sia nel senso di colpire attivit diverse da quelle considerate nell'art. 2195. A tali diverse attivit , assimilate ai redditi d'impresa in quanto prestazioni di servizi a terzi non rientranti nell'art. 2195 del cod. civ>>, ma organizzate in forma d'impresa (terzo comma dell'art. 51 del d.P.R. n. 597 del 1973) vuole riferirsi l'inciso del dispositivo della sentenza della Corte Cost. che ha voluto escludere dalla dichiarazione di incostituzionalit la comprensione nell'ILOR di un reddito di lavoro autonomo organizzato in forma d'impresa e quindi assimilabile ai redditi d'impresa (v. Cass. 1468/88). lit manuale e della speciale qualificazione professionale, risorge il dubbio se il lavoro artigiano cos inteso possa essere diretto alla produzione di beni o di servizi rientranti nella descrizione dell'art. 2195 e.e., e possa in quanto tale essere soggetto all'ILOR, ovvero se il lavoro artigiano (non l'impresa artigiana) resti rrecessariamente al di fuori dell'art. 2195. Ma a questo punto riaffiora l'elemento quantitativo che si tentato di escludere PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Ogni diversa estensione della dichiarazione di incostituzionalit si deve rigettare, perch non autorizzata neppure dalla sentenza della Corte Cost. 14 aprile 1986 n. 87, la quale (in quanto non ha dichiarato l'illegittimit costituzionale di alcuna norma) offre soltanto elementi di interpretazione del diritto da applicare dato che ha dichiarato inammissibile la questione di legittimit costituzionale delle norme che consentono l'assoggettabilit all'ILOR dei redditi degli artigiani, dovendosi verificare in concreto, da parte del giudice tributario, se possano riscontrarsi gli estremi dell'assoggettabilit all'ILOR del reddito dell'attivit artigiana di cui si tratta. Tale verifica, ad avviso della Corte (correggendo la diversa impostazione di Cass. n. 3477 e di Cass. n. 5605/89) non pu che compiersi alla stregua di criteri generali, che sono gli unici che permettono l'osservanza della legge da parte dei contribuenti e degli uffici, prima che sorga controversia, non potendosi adottare un criterio puramente quantitativo legato al singolo caso. (v. Cass. n. 952/82). E, pertanto, con riguardo ai periodi di imposta anteriori al raggio d'applicazione del t.u. del 1986 (che all'art. 51 contiene una definizione diversa di reddito d'impresa, facendo riferimento anche ai criteri quantitativi ), occorre far capo all'art. 51 del d.P.R. n. 597 e, con riguardo all'artigianato, verificare se egli esercita un'attivit rientrante in quelle descritte dall'art. 2195 e.e., ovvero se presta attivit di servizi a terzi, non rientranti nell'ambito dell'art. 2195 e.e. Nel primo caso, indifferente l'organizzazione pi o meno capitalistica dell'attivit, che considerata sempre d'impresa. Non importa che l'art. 2195 si riferisca alla produzione industriale di beni, perch nel richiamo da parte dell'art. 51 indifferente la presenza di un'organizzazione ad impresa e, quindi, non rileva neppure la distinzione fra impresa industriale od artigianale. Per l'artigianato che presta (le leggi n. 860/56 e n. 443/85 non dicono produce) servizi, invece, non pu applicarsi il secondo comma dello art. 51 che, rinviando all'art. 2195, ricomprende nella sua previsione anche l'industria di produzione di servizi. Invero, la norma dell'art. 51 terzo comma che riguarda le attivit di prestazione di servizi a terzi che non rientrano nell'art. 2195 (oltre a comprendere le attivit pacificamente non commerciali, come le prestazioni didattiche e sanitarie), per il suo carattere di norma avente elementi di specificit rispetto a quella del secondo comma, consente di ricomprendervi anche l'attivit dell'artigiano che presta servizi. Invero, in tale attivit presente la caratteristica dell'impresa artigiana, non fondata su un'organizzazione capitalistica della produzione, cio su una propriet capitalistica che persegue lo scopo del profitto attraverso l'applicazione ai mezzi di produzione della forza di lavoro acquisita. 374 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Nell'attivit artigiana invece, il lavoro dell'artigiano si svolge direttamente nel processo produttivo, perch caratterizzato dall'abilit manuale e dalla speciale qualificazione professionale. In tal senso, i servizi prestati dall'artigiano si distinguono da quelli industriali di cui al n. 1 dell'art. 2195 e devono farsi rientrare, ai fini fiscali, fra quelli del terzo comma dell'art. 51 d.P.R. n. 597, per cui, in tal caso, il reddito d'impresa solo se l'artigiano possiede un'organizzazione dei mezzi di produzione e/o del lavoro altrui. Non ha, invece, un diretto rilievo, agli stessi fini, la categoria dei mestieri artistici, tradizionali e dell'abbigliamento su misura (d.P.R. n. 537/74, in quanto si tratta di attivit di produzione di beni o di prestazione di servizi, che rientrano all'interno della distinzione gi fatta. (Omissis) I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 maggio 1990 n. 4290 -Pres. Bologna Est. Senofonte -P. M. Tridico (diff.). Ministero delle Finanze (avv. Stato Palatiello) c. Massoni. Tributi in genere Accertamento Motivazione Riferimento a verbale di ispezione di cui il contribuente ha rifiutato la copia Legittimit. La motivazione dell'accertamento per relationem ad altro atto conoscibile dal contribuente, generalmente ammessa, a maggior ragione legittima quando si fa relazione ad un verbale di ispezione di cui il contribuente ha ri]'iutato la consegna della copia (1). II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. 30 maggio 1990, n. 5115 Pres. Brancaccio Est. Finocchiaro -P. M. Amatucci (conf.) Ministero delle Finanze (avv. Stato Zotta) c. Daria. Tributi in genere Contenzioso tributario Natura Vizi dell'atto di accertamento Rilevanza. (1-4) Alcune utili precisazioni sulla motivazione dell'accertamento. La prima sentenza in modo ineccepibile ritiene valida la motivazione per relationem con un verbale di ispezione redatto in contraddittorio della parte che ha rifiutato la consegna del1a copia. :e stata ripetutamente affermata la legittimit della motivazione con riferimento ad un atto non allegato ma consultabile presso l'ufficio (13 luglio 1987, n. 6096 in questa Rassegna, 1988, I, 133). La seconda sentenza conforme nelle premesse a numerose altre (26 otto bre 1988 n. 5783 e 5782, in questa Rassegna, 1989, I, 304) nello stabilire la suf PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 375 Tributi in genere -Accertamento tributario -Imposte indirette -Requisito minimo di motivazione. Il processo tributario costruito formalmente come giudizio di im pugnazione dell'atto ma tende all'accertamento del rapporto; tuttavia al giudizio sul merito del rapporto non dato pervenire quando ricorrono vizi formali dell'atto, quali il difetto assoluto di motivazione, di fronte ai quali il giudice deve arrestarsi alla pronunzia di annullamento (2). Nelle imposte indirette il contenuto minimo ed essenziale della motivazione dell'accertamento pu ridursi alla sola indicazione del criterio del valore medio corrente (3). III CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. 30 maggio 1990, n. 5116 -Pres. Brancaccio -Est. Finocchiaro -P. M. Amatucci (conf.) Ministero delle Finan:z;e (avv. Stato Palatiello) c. Trevisan. Tributi in genere -Accertamento tributario -Imposte indirette -Requisito minimo di motivazione. Nelle imposte indirette non pu essere dichiarata la nullit dell'accertamento per difetto assoluto di motivazione senza verificare se la motivazione, che pur non fa alcun cenno ai criteri di valutazione indicati dalla legge, sia idonea allo scopo in considerazione della concreta inutilizzabilit dei criteri di legge (4). I (Omissis) Denunciando violazione degli artt. 52, 55 e 56 del d.P.R. 633/1972, nonch insufficiente motivazione, l'Amministrazione ricorrente, premesso che gli avvisi contestati contengono tutte le indicazioni richie ficienza della motivazione in relazione alla indicazione dei criteri seguiti per la valutazione, considera sufficiente il richiamo (usuale al punto di potersi ritenere implicito) ai valori medi correnti. La terza sentenza, che nella prima parte (di cui si omette la pubblicazione) identica alla seconda, ha affermato che anche di fronte ad una motivazione che non indica alcuno dei criteri di valutazione stabiliti dalla legge non pu dichiararsi la nullit senza prima verificare se, a causa della inutilizzabilit dei criteri di legge, la motivazione non fosse egualmente idonea allo scopo, anche tenuto conto (e ci importante) dei successivi sviluppi della vicenda processuale e dell'attivit svolta dalla parte nel giudizio. A questo punto la nullit dell'accertamento che preclude l'esame del me rito, pur ribadita anche in queste sentenze, si riduce ad una affermazione teorica. 376 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO ste dal terzo comma dell'art. 56 citato, sostiene, in via principale, che esse soddisfano compiutamente, nel particolare caso, l'obbligo della motivazione e che avrebbe, quindi, errato la Commissione centrale nel ritenere necessarie, a questo fine, indicazioni ulteriori, confondendo, cos, la motivazione delle rettifiche con la motivazione degli accertamenti, disciplinati separatamente (e rispettivamente) dal secondo e dal terzo comma della norma ridetta. La ricorrente aggiunge che la decisione impugnata , comunque, errata per non aver considerato: a) che negli avvisi contestati erano riportati gli elementi essenziali del verbale elevato a carico del contribuente; b) che questi si era difeso ampiamente nel merito, con i ricorsi introduttivi, senza eccepire la nullit degli avvisi, dedotta solo nella successiva memoria; e) che il verbale (peraltro, non necessario) era stato prodotto, nel corso del giudizio, fin dal 6 settembre 1978 ed era, quindi, a disposizione dell'opponente; d) che la relativa copia era stata inutilmente offerta dai verbalizzanti al Massoni e che quando egli, nel dicembre del 1979, ne fece richiesta fu immediatamente accontentato" Il ricorso fondato. Conviene, innanzi tutto, sottolineare che la stessa decisione impugnata riconosce, in linea di principio, valida nella materia la motivazione per relationem (ammessa, del resto, dalla giurisprudenza costante di questa corte: si veda, da ultimo, Cass. 4371/1988. Cass. 5787/1988 e, tra le altre, Cass. 4740/1986), ma ritiene, nondimeno, nulli, nel caso concreto gli avvisi di accertamento per non aver il contribuente conosciuto il contenuto del verbale in essi richiamato, malgrado che egli, a ispezione conclusa, avesse rifiutato di riceverne la copia offertagli dai verbalizzanti, ai sensi dell'art. 52 d.P.R. 633/1972, e solo successivamente avesse (senza successo) insistito per ottenerla. Ora, cos argomentando, il giudice a quo ha, inaccettabilmente, negato qualsiasi rilevanza al rifiuto del Massoni di ricevere la copia del verbale, pur avendo codesta circostanza peso decisivo, costituendo essa -e soltanto essa -la causa da porre all'origine della pretesa mancata conoscenza ed essendo, quindi, questa esclusivamente a lui imputabile. Quel che nel settore rileva, infatti, non tanto la conoscenza effettiva della fonte esterna di riferimento indicata negli avvisi di accertamento quanto la sua conoscibilit (v. sentenze citate); con la conseguenza che se il contribuente del contenuto di tale fonte rimanga all'oscuro per colpa propria, non pu, poi, fondatamente dolersi del fatto di non esserne a conoscenza. N, al riguardo, pu omettersi di aggiungere, da un lato, che il Massoni si , nelle fasi pregresse adeguatamente difeso nel merito, sulla base degli estratti del verbale ispettivo (riprodotto nel suo contenuto PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA essenziale) allegato agli avvisi (dimostrando, cos, di essere sufficientemente informato sulla natura e sulle ragioni degli addebiti mossigli) e, dall'altro, che avrebbe, comunque, potuto, se lo avesse ritenuto dav vero necessario per integrare le proprie difese, chiederne copia, ex art. 33 del d.P.R. 636/1972, alla segreteria della competente commissione tributaria. (Omissis) II (Omissis) 1. Con il primo mezzo la ricorrente denuncia vizi di eccesso di potere giurisdizionale e violazione e falsa applicazione dei principi generali sulla nullit degli atti amministrativi. Osserva che le Commissioni tributarie sono organi di giurisdizione speciale del tutto diversi dagli organi della giustizia amministrativa. Il sistema di tutela giurisdizionale ad esse affidato si realizza -infatti -non con l'annullamento del rapporto tributario. Oggetto della cognizione del giudice speciale il completo riesame di tale rapporto. Trattasi quindi, di un giudizio di merito e non di impugnazione- annullamento. Nello svolgimento di esso non compete all'organo giudiziario un potere autoritativo volto alla rimozione del concreto atto di esercizio della potest amministrativa, per cui le commissioni pervengono all'accertamento dell'obbligazione tributaria ex lege senza necessit della formale eliminazione dell'atto, spettando, successivamente all'amministrazione finanziaria il compito di sostituire i provvedimenti riconosciuti illegittimi e riliquidare l'imposta. Di conseguenza, l'eventuale mancanza della motivazione nell'avviso di un atto di imposizione fiscale viene sanata, in sede contenziosa, attraverso l'acquisizione, disposta anche d'ufficio, degli elementi necessari per il giudizio di stima, in merito al quale la pronuncia delle commissioni assume valore sostitutivo dell'originario provvedimento. Le commissioni, in definitiva, sono tenute a compiere l'accertamento del rapporto e non possono limitarsi ad una mera pronuncia sostitutiva di annullamento dell'atto, venendo meno altrimenti alla loro funzione, consistente nel risolvere la controversia tributaria con la verifica della fondatezza della pretesa avanzata dalla pubblica amministrazione. Con il secondo mezzo l'amministrazione ricorrente denuncia violazione degli art. 48 e 49 d.P.R. n. 634 del 1972, anche nella modificazione introdotta dal d.P.R. 6 dicembre 1977, n. 914, e il vizio di omessa motivazione su un punto decisivo della controversia. Sotto il primo profilo si sostiene che l'eventuale difetto di motivazione dell'avviso di accertamento non ne avrebbe potuto, comunque, comportare la nullit. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 378 Sotto il secondo profilo si afferma che la Commissione Centrale avrebbe errato nel considerare l'avviso privo di adeguata motivazione. 2. Il ricorso, che ripropone la complessa problematica concernente la nozione, la rilevanza e gli effetti, in materia di imposta di registro ed IN.V.IM del difetto di motivazione degli avvisi di accertamento di maggior valore, fondato, per quanto di ragione, e va accolto sulla base della pi recente giurisprudenza di queste S.U. alle quali il Collegio ritiene sufficiente fare richiamo, non essendo stati addotti dalle parti argomenti nuovi o diversi da quelli gi esaminati e decisi (cfr., fra le tante, Cass. 26 ottobre 1988 n. 5783, 5785, 5786, 5787, 5788 ed altre). 3. Con tali pronunce queste S.U. ham10, da una parte, ritenuto l'infondatezza della censura relativa alla violazione dei principi in materia di riparto della giurisdizione in quanto il giudizio tributario costruito, formalmente come giudizio di impugnazione dell'atto, ma tende all'accertamento sostanziale del rapporto, nel senso che l'atto il "veicolo di accesso" al giudizio di merito, al quale si perviene appunto "per il tramite" dell'impugnazione dell'atto. Quindi concerne la legit timit formale e sostanziale del provvedimento, con la precisazione pe raltro che al giudizio di merito sul rapporto non dato pervenire quando ricorrano determinati vizi in presenza dei quali il giudice deve arrestarsi all'invalidazione di esso, con ci non omettendo affatto di esercitare la giurisdizione attribuitagli, ma anzi pienamente e correttamente espli candola " Sicch, in particolare, il giudice deve fermarsi alla pronuncia di annullamento nel caso di difetto assoluto o cli totale carenza di motivazione, anche in difetto di una espressa comminatoria legale di nullit, pronunciando l'invalidazione dell'atto. E ci, stato esattamente rilevato dalle richiamate pronunce, basta per rilevare l'infondatezza del motivo di censura che ripropone la tesi della illegittimit, in principio, di una pronuncia limitata all'annulla mento dell'atto di accertamento carente di motivazione. 4. Con riguardo poi al contenuto dell'avviso di accertamento, le richiamate pronunce hanno affermato il principio secondo cui in materia di imposta di registro ed IN.V.IM., l'avviso di accertamento di maggior valore, per rispondere al canone dell'idoneit allo scopo il cui difetto ne determina la nullit anche indipendentemente da una espressa comminatoria di legge, deve essere corredato da una motivazione adeguata al duplice risultato: a) di delimitare l'ambito delle ragioni adducibili dall'ufficio nell'eventuale fase contenziosa successiva e, b) di consentire al contribuente l'esercizio giudiziale del diritto di di fesa di fronte alla maggiore pretesa fiscale. All'uopo necessario che l'ufficio enunci il criterio astratto in base al quale ha determinato il maggiore valore con le eventuali specificazioni ed illustrazioni richie! ~ t ~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 379 ste dalla peculiarit della fattispecie, ed in relazione ad esse possibili, affinch l'atto risulti idoneo al suo scopo. L'utilizzazione e l'indicazione di criteri diversi da quelli menzionati espressamente nella legge possibile quando risulti anche implicitamente la inutilizzabilit o la insufficienza di questi ultimi con riferimento al tempo, al luogo, all'oggetto e ad ogni altra peculiarit del rapporto tributario da accertare. In sede contenziosa, l'ufficio ha l'onere di provare la sussistenza dei concreti elementi di fatto che, nel quadro del parametro prescelto, giustificano il quantum accertato, peraltro rimanendogli inibito di dimostrare la fondatezza della sua pretesa allegando criteri diversi da quelli enunciati nell'avviso di accertamento, salvo il potere di rinnovare l'atto entro il termine di legge, mentre al contribuente consentito di dimostrare l'infondatezza di quella pretesa anche in base a criteri non utilizzati dall'ufficio. In mancanza di una motivazione che risponda a tali requisiti il giudice tributario deve limitarsi a dichiarare la nullit dell'accertamento senza poter conoscere del merito. La valutazione della sussistenza nel caso concreto dei requisiti minimi indicati rimessa all'apprezzamento del giudice di merito, naturalmente sindacabile in sede di legittimit sotto il profilo della congruit e sufficienza della motivazione. Il riferimento, contenuto nell'avviso di accertamento, ad un elemento extratestuale, ma estensibile al contribuente, come la relazione di stima U.T.E., comporta che delle risultanze di esso, anche se non allegato al provvedimento tributario, deve tenersi conto al fine di valutare la sufficienza della motivazione dell'accertamento di maggior valore. 5. A tali principi non si attenuta la Commissione Tributaria Centrale che, pure in presenza di una motivazione dell'avviso di accertamento che faceva riferimento ad uno dei criteri indicati dalla legge (nella specie: valori medi correnti), si limitata a dichiarare la nullit dell'avviso stesso senza valutare la sufficienza o meno della motivazione addotta e realizzare gli scopi in precedenza evidenziati e senza tener presente i successivi sviluppi della vicenda processuale e l'attivit svolta dalle parti nel giudizio di impugnazione. (Omissis) III (Omissis) 4. Con riguardo poi al contenuto dell'avviso di accertamento, le richiamate pronunce hanno affermato il principio secondo cui in materia di imposta di registro ed IN.V.IM., l'avviso di accertamento di maggior valore, per rispondere al canone dell'idoneit allo scopo il cui difetto ne determina la nullit anche indipendentemente da una espressa comminatoria di legge, deve essere corredato da una motivazione adeguata al duplice risultato: a) di delimitare l'ambito delle ragioni adducibili dall'ufficio nell'eventuale fase contenziosa successiva e, b) di 380 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO consentire al contribuente l'esercizio giudiziale del diritto di difesa di fronte alla maggiore pretesa fiscale. All'uopo necessario che l'ufficio f enunci il criterio astratto in base al quale ha determinato il maggiore valore con le eventuali specificazioni ed illustrazioni richieste dalla peculiarit della fattispecie, ed in relazione ad esse possibili, affinch l'atto risulti idoneo al suo scopo. L'utilizzazione e l'indicazione di criteri diversi da quelli menzionati espressamente nella legge possibile quando risulti anche implicitamente la inutilizzabilit o la insufficienza di questi ultimi con riferimento al tempo, al luogo, all'oggetto e ad ogni altra peculiarit del rapporto tributario da accertare. In sede contenziosa, l'ufficio ha l'onere di provare la sussistenza dei concreti elementi di fatto che, nel quadro del parametro prescelto, giustificano il quantum accertato, peraltro rimanendogli inibito di dimostrare la fondatezza della sua pretesa allegando criteri diversi da quelli enunciati nell'avviso di accertamento, salvo il potere di rinnovare l'atto entro il termine di legge, mentre al contribuente consentito di dimostrare l'infondatezza di quella pretesa anche in base a criteri non utilizzati dall'ufficio. In mancanza di una motivazione che risponda a tali requisiti il giudice tributario deve limitarsi a dichiarare la nullit dell'accertamento senza poter conoscere del merito. La valutazione della sussistenza nel caso concreto dei requisiti m.inim.i indicati rimessa all'apprezzamento del giudice di merito, naturalmente sindacabile in sede di legittimit sotto il profilo della congruit e sufficienza della motivazione. Il riferimento, contenuto nell'avviso di accertamento, ad un elemento extratestuale, m.a ostensibile al contribuente, com.e la relazione di stima U.T.E., com.porta che delle risultanze di esso, anche se non allegato al provvedimento tributario, deve tenersi conto al fine di valutare la sufficienza della motivazione dell'accertamento di maggior valore . 5. A tali principi non si attenuto il giudice del merito che, pure in presenza di una motivazione che non faceva cenno ad alcuno dei criteri indicati dalla legge non ha accertato la loro concreta inutilizzabilit, m.a si limitato a dichiarare la nullit dell'avviso stesso senza valutare la sufficienza o meno della motivazione addotta a realizzarne gli scopi in precedenza evidenziati e senza tener presenti i successivi sviluppi della vicenda processuale e l'attivit svolta dalle parti nel giudizio d'impugnazione. (Omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 maggio 1990, n. 4616 -Pres. Caturani -Est. Carbone -P. M. Caristo (diff.). Soc. Staflex (avv. Carboni ~ Corner) c. Ministero delle Finanze (Avv. Stato Palatiello). !~ I~ Imposte e tasse in genere Contenzioso tributario Requisiti del ricor!: i: so Indicazione del legale rappresentante. necessaria. (d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636, art. 15). ! & ~ ~~ -----. f;& ~ ,....N...N..............w....w....-r..-..-.wrarm.-ra.-r.-.w..-.-.wa.-ara.w.-.-'-""-aa.-ar'--w--a'"""u ..-,. . ... .-.. . .... -. ... ... .. -...;... ,_, ;.;.,,.I P1..-tr.1~l:lllllMlll~-~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 381 Imposte e tasse in genere -Contenzioso tributario -Requisiti del ricorso Difetto -Inammissibilit -Sanatoria -Art. 164 c.p.c. -Inapplicabilit Omessa eccezione della parte resistente -Sanatoria. (d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636, art. 15). Fra i requisiti del ricorso prescritti a pena di inammissibilit dell'art. 15 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 va ricompresa l'indicazione del legale rappresentante ogni volta che un rappresentante a qualsiasi titolo (rappresentanza legale, volontaria, organica) sottoscrive il ricorso nel l'interesse di altro soggetto (1). La sanzione di inammissibilit prevista nel processo tributario per taluni vizi dell'atto introduttivo, non pu essere assimilata a quella di nullit stabilita nell'art. 164 c.p.c., perch nel processo tributario le ir regolarit che la legge considera rilevanti danno luogo alla definitivit del provvedimento amministrativo. Tuttavia ove la parte resistente non abbia sollevato eccezioni e la commissione abbia deciso nel merito, deve ritenersi insussistente la mancanza o l'incertezza assoluta su un requisito del ricorso (2). (Omissis) opportuno esaminare congiuntamente i tre motivi del proposto ricorso in quanto strettamente connessi. Con il primo motivo del proposto ricorso, la S.p.A. Staflex censura l'impugnata sentenza per violazione e falsa applicazione dell'art. 15 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. per aver ritenuto necessaria l'indicazione del legale rappresentante anche quando non risulta indispensabile per l'individuazione del ricorrente, come nell'ipotesi in cui il rappresentante sia persona giuridicamente distinta dal rappresentato e non come nella specie di rappresentanza istituzionale o organica. Inoltre la ricorrente societ censura l'impugnata sentenza per violazione e falsa applicazione dell'art. 15 d.P.R. 636/1972 e dell'art. 156, comma 2 c.p.c. in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., in quanto non sarebbe (1-2) La prima massima c0rrettissima. Indubbiamente nel concetto di legale rappresentanza dell'art. 15 del d.P.R. n. 636, si ricomprende ogni specie di rappresentanza legale, organica o volontaria; di conseguenza ogni volta che una persona sottoscrive il ricorso nell'interesse di altro soggetto deve ri sultare chiaro il titolo della rappresentanza; e nel caso della persona giuridica va indicato il nome e la qualit della persona che sottoscrive, perch possa essere verificato il possesso del potere di rappresentanza. Interessante la seconda massima che nega la possibilit di un accostamento tra la inammissibilit che colpisce i vizi del ricorso e la nullit che colpisce i vizi della citazione e piuttosto assimila l'inammissibilit del processo tributario a quella del processo civile di impugnazione. Certamente il processo tributario, pur non essendo di annullamento dell'atto, collegato al l'atto capace di diventare irretrattabile si che le possibilit di sanatoria del ricorso si presentano diversamente dalla citazione. Non sono tuttavia da esclu :382 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO fondata la distinzione tra nullit ed inammissibilit, operata dalla corte milanese, con riferimento agli atti che introducono un giudizio. Partendo dal parallelismo tra regime processualistico della nullit della citazione e regime processual-tributario dell'ammissibilit del ricorso, la ricorrente sostiene l'applicabilit anche al ricorso introduttivo del giudizio tributario della norma dell'art. 156 c.p.c.; applicazione agevolata dalle considerazioni che l'esigenza di individuare la parte meno intensa nel processo tributario in quanto trattasi di parte gi nota alla amministrazione finanziaria quale destinataria dell'atto impugnato. Con il terzo ed ultimo motivo del proposto ricorso, la societ Staflex censura l'impugnata censura per violazione e falsa applicazione dell'art. 156, comma 3 c.p.c. in base al quale la nullit di un atto non pu mai essere pronunciata quando l'atto ha raggiunto lo scopo cui destinato per avere la Corte negato l'applicabilit di tale principio asserendo che esso vale per la nullit e non per l'inammissibilit testualmente sancita dal citato art. 15 del t.u. sul contenzioso tributario. La censura nel complesso fondata per quanto di ragione nei limiti cio di quanto si dir. In primo luogo non esatta la tesi principale della ricorrente basata su di un'interpretazione riduttiva del citato art. 15 d.P.R. 636/1972 nel senso cio di non ritenere necessaria l'indicazione del legale rappresentante, una volta indicata, senza possibilit di dubbi, la persona giuridica da rappresentare, raggiunta dall'avviso di accertamento. Ed infat. ti, ai sensi dell'art. 15 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, sia nel testo originario, sia nel testo modificato dall'art. 6 d.P.R. 3 novembre 1981, n. 739, il ricorso in materia tributaria inammissibile quando risulti assolutamente incerto uno degli elementi di cui alle lett. a), b), e) ed e) del comma 1 dello stesso articolo, tra cui l'elemento relativo alle indicazioni necessarie per individuare il legale rappresentante; pertanto, inammissibile il ricorso che non contenga alcuna indicazione idonea ad individuare il legale rap dere in assoluto effetti di sanatoria specifici (ad es. per la notifica che abbia raggiunto lo scopo). Di ci si preoccUJpa la sentenza che con uno sforzo ai limiti della contraddizione ricerca la sanatoria nella mancata eccezione che con sidera come dimostrazione che il vizio ipotizzato (incertezza sull'individuazione del legale rappresentante) non sussisteva. Non sembra invece corretta la digressione, del resto poco pertinente, sul punto che anche l'accertamento non indicava la persona del legale rappresen tante della societ, irregolarit che vrebbe potuto dar luogo, se eccepita, alla ~ sanatoria ex art. 21. :t!. solo la parte agente che deve identificare la persona del I proprio rappresentante per consentire le opportune verifiche; nessun obbligo ! ha invece la controparte di individuare la rappresentanza nel destinatario del l'atto. Gli atti diretti contro la persona giuridica devono individuare solo la I denominazione e la sede, essendo ci pi che. sufficiente a costituire il con tradittorio. I f f f .~ I PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA presentante della societ ricorrente ed anzi non indichi nemmeno in base a quale veste giuridica la persona fisica ha sottoscritto l'appello. Alla stregua di questa disciplina non pu considerarsi fondata neppure l'ulteriore argomentazione della societ ricorrente secondo cui l'indicazione sarebbe necessaria solo quando il rappresentante persona giuridicamente distinta dal rappresentato, mentre non lo sarebbe, quando, come nella specie, ricorre un'ipotesi di rappresentanza organica; ' ed invero come appare dal contesto della norma, questa si estende a tutte le ipotesi in cui vi sia un legale rappresentante del ricorrente senza alcuna distinzione tra rappresentanza volontaria, rappresentanza legale nell'ipotesi di incapaci e rappresentanza istituzionale o organica. In altri termini di fronte alla chiara ed univoca disposizione normativa che richiede le indicazioni necessarie per individuare il ricorrente e se del caso (o "ove del caso" nella precedente formulazione) in un processo in cui le parti possono stare in giudizio di persona senza ministero di difensore (art. 30), il suo legale rappresentante bisogna convenire che la legge si riferisce a tutte le ipotesi in cui vi sia comunque un rappresentante, cio che non vi sia immedesimazione soggettiva tra la persona che firma e la persona fisica o giuridica cui gli effetti si riferiscono. Anche l'altro profilo della complessa censura sul parallelismo tra processo civile e processo tributario non fondato. Come ha gi rilevato il giudice del merito, l'invocato parallelismo tra l'art. 164 c.p.c. previsto ,per l'ordinario processo di cognizione e l'art. 15 del predetto d.P.R. 636/1972 non giustificato perch le due norme presuppongono esigenze diverse e non peculiari a diversi tipi di processi, ancorch tra di esse si rinvenga una certa qual identit terminologica. Ed infatti, il processo civile ha carattere dispositivo, mentre quello tributario dominato dall'impulso dello stesso giudice che ha anche I.a disponibilit delle prove, verte su una materia specifica, quella tributaria; inoltre, il processo civile presuppone una lite tra privati di qualsiasi genere mentre la controversia tributaria ha per oggetto una pretesa del fisco, per lo pi manifestatasi, attraverso un atto di accertamento e la conseguente opposizione del contribuente. Ed proprio la diversa ratio e la diversa struttura processuale che legittima la differente disciplina e la previsione della inammissibilit che comporta la definitivit dell'accertamento, nel processo tributario ed, invece, la nullit sanabile con la costituzione del convenuto nel processo civile di primo grado. Inoltre; l'invocato parallelismo non trova alcun confronto nel richiamato art. 39 del citato d.P.R.; ed infatti, la societ ricorrente invoca l'applicazione della nullit sanabile prevista dall'art. 164 c.p.c., ma la norma indicata rientra tra quelle del. libro secondo del codice di rito civile non richiamate dall'art. 39 il quale si limita a dichiarare applicabili, purch non incompatibili con le norme del medesimo decreto, le RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO disposizioni generali del processo civile ed i principi fondamentali contenuti nel libro primo, l'unico effettivamente richiamato espressamente. La stessa struttura del processo civile ordinario conosce, oltre che ipotesi di nullit, anche ipotesi di inammissibilit; in relazione a queste ultime, il legislatore ha fissato una serie di regole, di prescrizioni formali e temporali per garantire che determinati atti vengano compiuti nel modo, nei tempi e nelle forme pi adeguate per raggiungere il risultato cui il processo preordinato. Rientrano nell'onere della parte il compimento di atti d'impulso o comunque inerenti al processo, determinati adempimenti, e l'osservanza nello svolgimento di questa attivit dei termini stabiliti dalla legge. La violazione di questi oneri importa conseguenze sfavorevoli per la parte inadempiente, effetti decadenziali che si possono tradurre nel l'inammissibilit e, a volte, nell'improcedibilit della domanda o di una determinata fase del processo (specie in sede di gravame). Queste con seguenze preclusive -si pensi all'inosservanza e dei termini previsti per le impugnazioni o delle forme relative e della modalit specificatamente richieste -non si possono considerare contrarie alle garanzie costituzionali del diritto di difesa (art. 24 e 113 cost.) perch fanno parte della necessaria disciplina dell'attivit diretta al conseguimento di un determinato risultato e, nella struttura dialettica del processo, il mancato risultato conseguenze all'inosservanza della norma, corrisponde all'acquisizione di un risultato utile per la parte avversaria. Quando la disposizione dell'art. 364 c.p.c. prevede che il ricorso per cassazione debba contenere alcuni elementi a pena d'inammissibilit, utilizza un sistema diverso dall'art. 164 c.p.c. relativo al processo di primo grado dove la previsione soltanto a pena di nullit e per riaffermare che quando l'ordinamento con un'apposita disposizione, pi congrua allo specifico processo, quello tributario in particolare, abbia utilizzato la categoria dell'inammissibilit ha voluto compiere una scelta consapevole -che non pu essere posta nel nulla dall'interpretare -diretta anche a raggiungere il risultato finale dell'intangibilit dell'accertamento, cio una soluzione comunque definitiva e certa della lite. Tanto premesso, deve per rilevarsi che, nel caso di specie, l'inammissibilit non stata dedotta o eccepita dall'amministrazione finanziaria nel giudizio di primo grado e neppure in sede di gravame, avendo l'ufficio impugnato la decisione di primo grado solo in relazione al quantum dell'imposta dovuta, senza che sorgesse alcun dubbio o incertezza sulla societ contribuente o sulla sua rappresentanza legale. L'inammissibilit stata infatti rilevata, d'ufficio, dalla commissione di secondo grado, quando ormai il primo giudizio si era svolto tra l'amministrazione finanziaria e la ! ; societ contribuente senza che n le parti n il giudice di primo grado j avevano sollevato eccezioni di sorta o fosse incerta o mancata la rappresentanza legale della societ contribuente. I I f PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Ritiene pertanto il collegio che il comportamento processuale dell'Amministrazione finanziaria, sia in sede di primo grado, che con la proposizione del gravame fondata esclusivamente sul quantum dell'imposta richiesta, costituisce la riprova dell'inesistenza dell'incertezza assoluta dell'elemento del ricorso relativo al legale rappresentante, che costituisce uno dei presupposti della prevista inammissibilit. Del resto, il ricorso di primo grado perfettamente conforme all'avviso di accertamento impugnato; il quale risulta intestato alla Staflex (Italy) tout court, senza alcuna indicazione circa il legale rappresentante. Orbene ai sensi dell'art. 21 del d.P.R. 636/1972 nel testo precedente alla riforma dovuta all'art. 13 d.P.R. 3 novembre 1981 n. 739, all'epoca vigente, se la commissione di primo grado avesse rilevato un vizio comportante l'illegittimit dell'atto, diverso dalla mancanza di motivazione, avrebbe dovuto, ove non si fosse verificata sanatoria, sospendere il processo ordinando la rinnovazione dell'atto impugnato. Ma cos non stato e quindi l'avviso di accertamento anche se cos scheletricamente costruito aveva ben raggiunto il suo scopo, tant' che stato tempestivamente impugnato con la stessa intestazione e con le stesse indicazioni ritenute sufficienti per l'avviso che non hanno dato luogo ad incertezze o esitazioni per tutto il corso del giudizio di primo grado e per lo stesso gravame proposto dall'amministrazione finanziaria. N va sottaciuto che ove vi fossero stati dubbi o incertezze sull'organo o sulla persona fisica che ha sottoscritto il ricorso, l'Amministrazione finanziaria avrebbe dovuto rilevarle subito eccependo la inammissibilit, eccezione che mancata sia in primo che in secondo grado. Deve pertanto ritenersi che sia per l'Amministrazione finanziaria, come per la commissione di primo grado non era assolutamente incerto , come richiede il co. 2 dell'art. 15 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636, il legale rappresentante della societ contribuente. (Omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 maggio 1990 n. 4624 -Pres. Falcone Est. Sensale -P. M. Lanni (conf.) Ministero delle Finanze (avv. Sta" to Criscuoli) c. Caufin. Tributi in genere Accertamento tributario Motivazione Provvedi mento sulla spettanza di esenzioni Richiamo alla norma ~ suf ficiente. Bench nel giudizio tributario possa essere pronunziata decisione di solo annullamento quando per difetto assoluto di motivazione dell'atto 386 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO non sia possibile accedere all'esame del merito, deve tuttavia ritenersi sufficientemente motivato il provvedimento di diniego della spettanza di esenzioni tributarie con la sola indicazione della norma applicata (1). (Omissis) Il 22 maggio 1976 l'Ufficio delle imposte dirette di Albenga rigettava la domanda di esenzione venticinquennale presentata dalla ditta Mollar Mario per l'immobile sito in Loano a via Aurelia, che riteneva costruito in violazione delle norme edilizie di cui all'art. 15 della legge 6 agosto 1967 n. 765. Contro tale provvedimento, che veniva notificato a Dionisio e Nello Caufin, costoro proponevano ricorso alla Commissione tributaria di primo grado di Savona, che annullava il provvedimento per mancanza assoluta di motivazione insuscettibile di essere sanata dalla successiva produzione delle fotocopie dei verbali dei rilievi edilizi. La Commissione di secondo grado confermava tale decisione e la Commissione tributaria centrale rigettava il ricorso dell'ufficio, osservando che il provvedimento di rigetto della domanda di esenzione costituiva atto impositivo privo della motivazione che questo tipo di atto esige. Contro tale decisione l'Amministrazione delle finanze ha proposto ricorso per cassazione in base a due motivi. Dionisio e Nello Caufin non hanno svolto attivit difensiva in questa sede. Motivi della decisione. Con il primo motivo l'Amministrazione ricorrente denunzia la violalazione e falsa applicazione dell'art. 41 ter della legge 17 agosto 1942 (1) Questione identica a quella decisa con sent. 26 ottobre 1988 n. 5782 in questa, Rassegna, 1989, I, 304; annotando detta sentenza fu evidenziata la poca coerenza della eventualit di una pronunzia di solo annullamento riferita ad un atto pronunziato sull'istanza del contribuente. Nel caso ora deciso la Commissione di primo grado aveva annullato perch non motivato un provvedimento che dichiarava non spettanti le esenzioni domandate (nella specie esenzione ILOR sulla casa di abitazione); stato necessario un giudizio di appello, uno di terzo grado ed uno di cassaziim per arrivare alla conclusione che la com~ missione deve giudicare nel merito sulla spettanza della esenzione e non limitarsi ad una inutile decisione preliminare di annullamento. Tutto questo travaglio (su iniziativa dell'ufficio ma gravoso anche per il contribuente) stato determinato dal dubbio che la decisione di annullamento poteva compromettere la sostanza del rapporto, il che certamente non sarebbe stato peroh l'annulla mento dell'atto (in questo caso non recante una pretesa) non significava di certo spettanza dell'esenzione. Dunque fatica processuale inutile se pure giusti ficata dalla incertezza della giurisprudenza che lascia un margine, sia pure limitatissimo, al giudizio di solo annuUamento. . Per. un approfondimento del problema dell'accertamento non motivato cfr. la nota a Cass: 29 marzo 1990, n. 2576, in questo fascicolo, pag. 352. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA n. 1150, in relazione all'art. 15 della legge 6 agosto 1967 n. 765, e sostiene che il provvedimento di diniego della esenzione venticinquennale (nel quale l'Amministrazione finanziaria si limita a recepire i risultati dell'attivit accertatrice di un organo amministrativo diverso, da questo gi portati a conoscenza dell'interessato con la indicazione della irregolarit) sufficientemente motivato con il semplice richiamo della irregolarit accertata dal Comune. La Commissione tributaria centrale, quindi, non avrebbe dovuto ritenere privo di motivazione il provvedimento di diniego (e confermare la decisione di annullamento pronunciata dalle commissioni di grado inferiore), ma avrebbe dovuto rite:. nere quel provvedimento sufficientemente motivato e decidere nel merito circa la spettanza, o meno, della esenzione. La censura fondata. Conviene premettere che la esenzione venticinquennale, di cui si controverte, fu negata dall'Ufficio delle imposte dirette di Albenga in quanto trattavasi d'immobile costruito in violazione delle norme edilizie di cui all'art. 15 della legge 6 agosto 1967 n. 765; e che, come si d atto nella decisione impugnata, il provvedimento di diniego traeva origine dalla comunicazione che il Comune di Loano aveva fatto all'Intendente di finanza di Savona, nella quale le violazioni della citata norma venivano indicate nella trasformazione di mq. 150 di vani, destinati a sottotetto, in appartamenti, con la precisazione che il rapporto di contrasto ex lege del 2 % era stato accertato al sottotetto in cui si era commessa la violazione e che questa andava riferita solo all'ultimo piano e non all'intero fabbricato. Non si contesta, inoltre, che l'accertamento della violazione, da parte del Comune, fosse stato notificato agl'interessati. In relazione alla motivazione del provvedimento di diniego dell'esen~ ione ven_ticinquennale dell'imposta sul reddito dei fabbricati (oggi ILOR) derivante da infrazioni urbanistiche ai sensi dell'art. 15 della legge n. 765/67, Je Sezioni unite, (sent. 26 ottobre 1988 n. 5782) uniformando una giurisprudenza sul punto non sempre perfettamente coincidente (v. s~nt. 2650/84 e 4371/88; 116/85 e 5646/87; 7735 e 7737/86, ancora segtdte dalla sent. 1728/89), hanno affermato il principio, secondo cui l'indica~ zione del citato art. 15, anche senza ulteriori specificazioni, vale ad assolvere l'obbligo della motivazione, trattandosi di sanzione che consegue automaticamente all'accertamento dell'infrazione, gi effettuato dai competenti organi e portato a conoscenza del contribuente (ci che, come si visto, puntualmente avvenuto nel caso in esame). ' . Le Sezioni Unite hanno anche precisato, con la medesima decisione, che il ricorso del contribuente davanti alle commissioni tributarie in~ troduce un giudizio st~tturato come impugnazione delfatto impositiv, ma idoneo ad implicare, per il tramite del sindacato sulla legittimit sia formale che sostanziale del provvedimento, un accertamento ed una statuizione nel merito della pretesa dell'Amministrazione, preclusa solo 388 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO quando l'atto risulta affetto da vizi formali che ne determinano la inva1 lit, come il difetto assoluto di motivazione. _.:tle accertamento ben pu essere compiuto anche dalla Commissione t. I], taria centrale, trattandosi di questione concernente la fondatezza del!.... pretesa tributaria, la quale, pur implicando l'esame di elementi di fatto, non di semplice estimazione (sent. 27 aprile 1984 n. 2650). Fondatamente, quindi, l'Amministrazione ricorrente censura la decisione impugnata per avere ritenuto la invalidit per difetto assoluto di motivazione, del provvedimento di diniego della esenzione (che, secondo i richiamati principi enunciati dalle Sezioni unite, avrebbe dovuto, invece, ritenere valido, sotto tale profilo) e per non avere esaminato il merito della controversa. (Omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 maggio 1990 n. 4625 -Pres. Falcone . Est. Sensale -P. M. Lanni (conf.). Ministero delle Finanze (avv. Stato Braguglia) c. Scognamiglio. Tributi erariali indiretti -Sanzioni Provvedimento Opposizione Decisione del pretore Impugnazione Ricorso per cassazione. (I. 24 novembre 1981 n. 689, art. 23). Tributi erariali indiretti Sanzioni Opposizione al provvedimento sanzionatorio Competenza del pretore Esclusione Legge 24 novem bre 1981, n. 689 Inapplicabilit. (I. 24 novembre 1981 n. 689). La sentenza del pretore pronunciata secondo le norme delle leggi sulla depenalizzazione impugnabile soltanto con ricorso per cassazione, anche quando si deduca la inapplicabilit di tale normativa (1). Sono controversie tributarie sottratte alla giurisdizione del pretore cex art. 23 della legge 24 novembre 1981 n. 689, tutte quelle che hanno per oggetto sanzioni, sia soprattasse che pene pecuniarie, stabilite per la violazione di norme tributarie (1). (Omissis) Con il primo motivo l'Amministrazione ricorrente denunzia la violazione degli artt. 8 del r.d. 30 ottobre 1933 n. 1611 e 9, 2 comma, c.p.c.; l'icompetenza del pretore e la falsa applicazione degli art. 22 e 23 della legge 24 novembre 1981 n. 689; e sostiene che, essendo quella decisa dal pretore una controversia riguardante una sanzione pecuniaria irrogata per violazioni tributarie ed avendo per ci natura tributaria, (1) Decisione di evidente esattezza; v. Cass. 12 febbraio 1988 n. 1496, Foro it., 1988, I, 2980. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA essa appartiene alla competenza del tribunale civile del luogo dove risiede l'ufficio dell'Avvocatura dello Stato, nel cui distretto trovasi l'ufficio che ha liquidato la tassa o sovrattassa controversa. La censura fondata. Occorre premettere che la sentenza emessa dal pretore in sede di procedimento di opposizione avverso un provvedimento irrogativo di sanzione pecuniaria, secondo la previsione della legge di depenalizzazione, impugnabile con ricorso per cassazione (e non con l'appello) anche quando si deduca la inapplicabilit di detta normativa, dato che il rimedio esperibile contro la pronunzia giurisdizionale va individuato in base al procedimento in concreto adottato (sent. S.U. 12 febbraio 1988 n. 1496). Nel merito sufficiente richiamare la costante giurisprudenza di questa Corte, ribadita dalla citata decisione delle Sezioni unite, che sottrae le controversie tributarie al rito e alla competenza pretorile disciplinata dalla legge n. 706/75, ed ora dalla legge 24 novembre 1981 n. 689, per attribuirla a quella del tribunale ai sensi dell'art. 9 c.p.c. (in arg. v. sent. 15 giugno 1981 n. 3864, 1 febbraio 1983 n. 864, 27 giugno 1983 n. 4408, 28 ottobre 1983 n. 6380 e 25 novembre 1986 n. 6937). Quanto alla nozione di controversia tributaria, ai fini che qui interessano, da ritenersi tale anche quella avente ad oggetto pene pecuniarie per omesso pagamento di tributi, non essendo di ostacolo a tale affermazione la distinzione, contenuta nella legge fondamentale 7 gennaio 1929 n. 4, fra soprattassa e pena pecuniaria, non solo perch tale distinzione non si pone sotto il profilo della natura dell'obbligazione, ma anche perch entrambe hanno in comune, in ogni caso, la loro giustificazione giuridica nell'essere conseguenti alla violazione di una norma di carattere tributario, ossia all'omesso adempimento di una obbligazione tributaria in conseguenza di un comportamento colpevole del contribuente (v. sent. 3864/81 e 1496/88). Pertanto, in accoglimento del primo motivo del ricorso, la sentenza impugnata dev'essere cassata, dichiarandosi la competenza del Tribunale di Napoli, ai sensi del 2 comma dell'art. 382 c.p.c. trattandosi di controversia non devoluta alla competenza delle commissioni tributarie dall'art. 1 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636. (Omissis) PARTE SECONDA QUESTIONI PARTE SECONDA IL PROCESSO AMMINISTRATIVO NELLA SUA EVOLUZIONE STORICA (*) 1 -Introduzione. In un sistema, come quello della nostra giustizia amministrativa, formatosi per stratificazioni successive, ogni trasformazione impone un ripensamento della prospettiva storica degli istituti, a partire dal loro nascimento (1). Non sorprende quindi che tale esigenza si avverta nell'attuale momento, in cui in atto un profondo mutamento del processo amministrativo (cui la legge istitutiva dei TAR ha dato l'avvio) (2), a somiglianza di quanto gi in passato avvenuto in occasione delle leggi di unificazione (3) e delle riforme crispine (4). Non si tratta soltanto di ricercare nella tradizione le costanti ontologiche degli istituti (5), e neppure di porre in dubbio la novit della legislazione (6), quanto piuttosto di promuovere la migliore comprensione del presente, se vero che l'incomprensione di quest'ultimo nasce fatalmente dall'ignoranza del passato (7). (*) Il presente articolo tratto da una relazione presentata al Convegno La legge in corso di approvazione sul processo amministrativo organizzato dal Centro Italiano di >, Roma, 1981, XVI. j 59 PARTE Il, QUESTIONI zione dei TAR, ha determinato, a partire dagli anni '70, la nota esplosione della domanda di giustizia amministrativa e, con essa, l'ennesima crisi organizzativa del sistema. Se ci avvenuto sotto il profilo strutturale, diversa stata l'evoluzione degli istituti sotto il profilo funzionale, attinente ai modi della tutela. probabilmente vero che nel pensiero risorgimentale la coscienza della centralit della giustizia amministrativa nello Stato di diritto fu parzialmente eclissata alla luce dei grandi temi politico-costituzionali (9), e tuttavia non dubbio che gi la cultura illuminista e postrivoluzionaria avesse richjamato l'attenzione sulla sottoponibilit a controllo delle azioni dell'autorit da parte di un organo giudicante esterno ed autonomo. Prima ancora del De Broglie, nel suo articolo pubblicato anonimamente sulla Revue franaise del 1828 (10), l'esigenza di un sistema di giustizia amministrativa fu infatti adombrata gi dal. Montesquieu che, oltre che teorico eponimo della divisione dei poteri, fu anche meno conosciuto sostenitore del controllo del potere giudiziario a salvaguardia dei cittadini (11). Dal '700 ad oggi i modi di tutela nei confronti della P.A. hanno subito una evoluzione costante. La stessa contrapposizione dialettica tra giurisdizione su atti e giurisdizione su rapporti, e la crescente predilezione per questa seconda forma, sono significative attestazioni dell'orientamento del sistema verso una giustizia sostanziale, nella quale i giudici abbiano cognizione libera e completa dei fatti dai quali scaturisce l'azione amministrativa e, pertanto, l'atteggiamento di giudici di rapporti o di giudici pieni (12). Il ripensamento critico dei noti eventi storici, dunque, pu essere intrapreso distinguendo -in dicotomia dialettica -l'aspetto organizzatorio del sistema, in crisi ricorrente, e quello funzionale, in avanzamento permanente. Da tale indagine emerger che il travaglio genetico -fatto di affermazioni e di tradimenti -concerne a ben vedere gli aspetti organizzativi della giurisdizione; ma, nell'equazione che forma il sistema di giustizia amministrativa, compare altres l'aspetto funzionale (ossia l'erogazione di tutela), quale costante cui tende il diritto vivente. (9) G. ASTUTI, L'unificazione amministrativa del Regno d'Italia, Napoli, 1966, pp. 10-11; v., in Giurisprudenza, Appello Napoli, 21 maggio ,1866, in Giur. it., XVIII, 2, 241. (10) A. SALANDRA, La giustizia amministrativa nei governi liberi con speciale riguardo al vigente diritto .italiano, Torino, 1904, p. 110. (Il) MONTESQUIEU, De l'sprit des loix, a cura di J. Brethe de la Gressaye, vol. I, Paris, 1950, vol. II, Paris, 1955. (12) F. BENVENUTI, Giustizia Amministrativa, in Enc. dir., vol. XIX, pp. 611-612. 60 RASSEGNA Dm.L'AVVOCATURA DELLO STATO Tirando le fila del discorso sin qui svolto, ed anticipando quanto si dir in prosieguo, sembra potersi affermare che nell'evoluzione storica del processo amministrativo italiano possano individuarsi tre costanti: la interferenza politica nella attivit amministrativa con conseguente degradazione di quest'ultima, la dichiarata ispirazione a modelli stranieri (da quello inglese mediato attraverso l'esperienza belga, che ispir la legge abolitrice; a quello francese che ispir l'evoluzione del nostro sistema dalla fine del secolo scorso fino agli anni '70 di questo; a quello tedesco, con la sua tendenziale assimilazione del processo amministrativo a quello civile che sembra ispirare la crisi di trasformazione in atto e la legge delega attualmente all'esame del Senato); la sua singolare tendenza, infine, ad imboccare, all'indomani di ogni riforma, vie diverse da quelle volute dal legislatore. 2 -La legge 20 marzo 1865, n. 2248 All. E (il modello inglese mediato attraverso la esperienza belga). ~al punto di vista organizzatorio, com' noto, il legislatore italiano, sotto la spinta delle rivoluzioni liberali di mezzo secolo, soppresse il con Itenzioso amministrativo di modello francese, devolvendo al giudice ordinario -almeno nelle intenzioni quali risultano dai lavori preparatori la cognizione di tutte le materie di amministrazione contenziosa pri i ma attribuite ai Tribunali del Contenzioso e riservando all'Amministra ~ zione solo quelle di amministrazione pura (13). , Non dubbio, dunque, che la legge abbia abolito i Tribunali ordinari , . . del contenzioso, ma non la funzione di tutela ad essi affidata. Infatti che la funzione garantista fosse il fine ispiratore della for lImula organizzatoria abolitiva risulta chiarissimo -prima ancora che dalle applicazioni della prima giurisprudenza -dal dibattito parlamentare preparatorio della riforma, tutto intessuto di una sottilissima analisi di diversi sistemi giuridici nazionali che anticipava di quasi mezw secolo . la nascita del diritto comparato quale autonoma disciplina, testimonian I do una cultura destinata sorprendentemente a svanire subito dopo nelle aule di giustizia (14). A ben vedere il dibattito dottrinale e parlamentare che accompagn la promulgazione della legge 1865 riguard proprio l'adeguatezza della formula abolitiva rispetto alla funzione di tutela, ossia la possibilit I ed il modo di imbrigliare il potere discrezionale dell'Amministrazione (15). . . II (13) I. F. CARAMAZZA, Il diritto civile e politico del cittadino nella cognizione dell'autorit giudiziaria ordinaria, in Att,i del VII Convegno di studi giuridici Contributi per la storia dell'interesse legittimo (L. 31 marzo 1889, n. 5992), I ~; organizzato dalla Sezione Toscana del CISA, Firenze, 2-3 dicembre 1988, in : corso di pubblicazione. ~~ (14) I. F. CARAMAZZA, Il diritto civile e politico del cittadino, op. cit. (15) M. NIGRO, La riforma del processo amministrativo, M11ano, 1980, 64. .. ~ ! 1.;~~~=:~:::~11~aaz,"~ 61 PARTE II, QUESTIONI Il richiamo al principio di unit della giurisdizione -con il conseguente corollario che un contenzioso amministrativo fosse espressione per s contraddittoria (16) o quanto meno associazione di due parole che sono ben meravigliate di trovarsi insieme (17). -non altro che una valutazione di adeguatezza del modello organizzatorio, trasposta sul piano concettuale. Senonch, com' noto, la fiducia che gli autori della riforma riponevano in tale adeguatezza, fondata sul presupposto della forza espansiva della giurisdizione unica, and presto delusa per il mancato avveramento di quel presupposto. I casi, ritenuti eccezionali, di giurisdizione riservata all'Amministrazione e le ipotesi di giurisdizione speciale, fatte salve dall'art. 12 L. 2248 All. E, dovevano rapidamente moltiplicarsi in parte per l'autorestrizione imposta dalla magistratura alla propria competenza, favorita dall'ambiguit della formula diritti civili e politici '" in parte per le numerose leggi che dopo l'unificazione attribuivano esclusivamente all'Amministrazione la decisione di controversie in cui potevano trovarsi coinvolti gravissimi interessi privati (18). L'esito fu quella inaccettabile perdita di tutela rispetto al previgente sistema del contenzioso, che port alla seconda grande crisi organizzatoria ispiratrice della riforma del 1889 (19). A questo punto si tratta di indagare le cause di tale recessione e della conseguente crisi, verificando -in particolare -se esse furono di natura strutturale, ossia attinenti a vizio del modello organizzatorio abolitivo, ovvero di natura lato sensu politica, ossia connessa all'interpretazione e applicazione di quel modello nel diritto vivente. Ad un primo approccio del problema risulta che il fallimento del giudice unico legato a:l principio dell'intangibilit dell'atto amministrativo, principio del resto vigente anche al tempo dei Tribunali del contenzioso amministrativo (20). Infatti, l'istituto della giurisdizione unica, nel passare dal nato si. sterna di common law ad un sistema a regime amministrativo, si imbatt (16) V. E. ORLANDO, Contenzioso amministrativo, in Dig. It., VII, Torino, 1885-1898, p. 87'1. (17) P. S. MANCINI, Discorsi Parlamentari, IV, p. 370, passo riportato anche da NICOLARDI, Prolegomeni della giustizia amministrativa, Rocca S. Casciano, 1898, p. 18. (18) S. SPAVENTA, La giustizia nell'amministrazione, in Codice della giustizia amministrativa (per cura dell'Avvocato Ranieri Parrini), Firenze, 1900, pp. 25-26. (19) Cass. Roma, 13 marzo 1876, in Foro it. 1876, I, 842, in I. F. CARAMAZZA: Il diritto civile e politico del cittadino nella cognizione dell'A.G.O. >>, op. cit. (20) F. CAMMEO, Commentario delle leggi nella giustizia amministrativa, I, Milano, p. 20 ss. 16 .62 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nel problema dell'imperativit del provvedimento amministrativo. Nel sistcrna originario, infatti, l'atto del pubblico potere non aveva forza priv~legiata: un pubblico funzionario inglese era soltanto qualcuno pag<:. to per fare, in adempimento di un dovere, quello che qualunque cittadino avrebbe potuto fare, volendo, nell'esercizio di un diritto (21). La giurisdizione unica, quindi, non poneva quel problema di interferenza con l'esecutivo avvertito in Belgio ed in Italia, ove fu infatti vietato al giudice ogni intervento caducatorio sull'atto amministrativo. Da tali premesse -e da una interpretazione letterale del principio della separazione dei poteri (22) -discesero in Italia i tre corollari che restrinsero la competenza giudiziaria nei confronti della P. A. secondo le note direttive: esclusione della qualit di diritti civili o politici per le situazioni soggettive derivanti da leggi amministrative, esclusione del potere di disapplicazione quando l'illegittimit fosse dedotta in via diretta e principale, esclusione della potestas judicandi a fronte di una attivit jure imperii dell'Amministrazione (23). Attenendosi a tale ricostruzione potrebbe dunque ritenersi che il fallimento della legge abolitiva fu provocato dalla inidoneit del modello organizzativo da essa configurato, il giudice unico, rispetto all'ordina :mento a diritto amministrativo nel quale doveva inserirsi. E potrebbe addirittura ritenersi che di tale inidoneit avessero con- sapevolezza gli stessi autori della riforma, dei quali verrebbe cos a sve larsi l'intento gattopardesco di ridurre -e non di ampliare -le garanzie giurisdizionali nei confronti della P. A. prevedendo (e premeditando) la successiva recessione del sistema (24). Senonch tale ricostruzione, oltre a peccare di semplicismo qeterministico, appare ignorare una parte rilevante dell'esperieuza storica. Invero, che il modello del giudice unico potesse funzionare assunto confortato dalla certezza dei fatti. Innanzitutto va ricordata l'esperienza del Belgio -Paesf! per molti aspetti paragonabile al nostro. -ove per quasi -~-secolo fu considt:!r~ta soddisfacente la tutela offerta dal giudice ord nario in base ad una formula costituzionale che la nostra legge del 1865 tradusse quasi letteralmente (25). -(21) P. HEWITT, The abuse of -power, Oxford, 1982, 56, (22) M. S. GIANNINI-A. PIRAs, Giurisdizione amministrativa e giurisdizione ordinaria nei confronti della P. A., in Enc. dir., vol. XIX, p. 239. (23) G: VACCHELLI, La difesa giurisdizionale dei diritti dei cittadini verso l'autorit amministrativa, in Primo Trattato completo di diritto amministrativo italiano, 1901, vol. III, p. 407; M. NIGRO, Giustizia Amministrativa, Bologna, 1983, 89; F. BENVENUTI, Giustizia Amministrativa, in Enc. dir., XIX, 599. (24) S. SAMBATARO, L'abolizione del contenzioso nel sistema di giustizia amministrativa, Milano, 1977. (25) I. F. CARAMAZZA, Il diritto civile e politico del cittadino, op. cit. 63 PARTE Il, QUESTIONI Anche in Italia, del resto, non mancarono esempi -sia pure sporadici -di giurisprudenza da taluno definita coraggiosa (26), ma che in realt fu semplicemente osservante del contenuto garantista dell'apparato normativo. Nel 1876, ad esempio, come risulta da una nota redazionale del Foro italiano, vi era un orientamento prevalente che affermava la risarcibilit del danno recato ad una situazione regolata da leggi amministrative; la risarcibilit del danno causato da atti autoritativi (o jure imperii); la potest del giudice di disapplicare gli atti autoritativi non solo in via di eccezione ma anche in via di impugnativa principale (27). Cos pure nella giurisprudenza di merito si pu ricordare la decisione della Corte d'Appello di Napoli del 1 aprile 1868 che -in presenza di un divieto prefettizio di tenere una rappresentazione teatrale -punta il proprio sindacato sul carattere lesivo del comportamento globale dell'autorit (28); ovvero la decisione della Corte d'Appello di Brescia del 20 aprile 1869, nella quale si afferma, in materia di stabilimenti insalubri, che la concessione dell'autorit amministrativa lascia intatte le ra" gioni dei Tribunali ordinari e che l'autorit giudiziaria pu ordinare quei provvedimenti che siano necessari per impedire che gli stabilimenti nocivi rechino danno ai privati, ad esempio il trasferimento o la cessazione dell'industria medesima (29). Dai precedenti rilievi emerge; dunque, che se la formula organizzatoria del giudice unico si rivel nei fatti inadeguata, ci non fu per sua deficienza strutturale ma piuttosto per la riduttiva applicazione che ritenne di farne la magistratura del tempo, espressione di una classe politica schiettamente conservatrice. Il difficile punto di equilibrio realizzato dalla riforma tra le due opposte esigenze, quella autoritativa e quella garantista, in sede di applicazione fu squilibrato in favore della prima esigenza, che si volle prevalesse stilla seconda (3). La riduzione delle situazioni protette ane sole propriet e libert persnal, -ad-esefuplO;S' fu parte fu necessitata dalla realt socio politica del tempo che incentrava la tutela della persona sull'homo oeconomicus (31), in altra parte fu intenzionale interpretazione di una formula (diritti civili e politici) ~ram, rpaticalmente abbastanza ampia da poter comprendere -come avvenne in Belgio -anche altre situazioni soggettive create dalle leggi ammini (26) S. SAMBATARO, L'abolizione, op. cit., p. 273, nota 171. (27) Cass. Roma, B marzo 1876, in Foro it., 1876, I, 842; I. F. CARAMAZZA, op cit. (28} Citata da S. SAMBATARO, L'abolizione del contenzioso, op. cit., p. 273, nota 171. (29) Ibidem, p. 274. (30) M. S. GIANNINI-A. PIRAS, Giurisdizione amministrativa, op. cit., p. 234. (31) M.S. GIANNINI-A. PIRAS, op. cit., p. 234. 64 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO strative (34). L'indirizzo restrittivo che impose la disapplicazione solo in via di eccezione, contrasta con il generalissimo enunciato legislativo e la chiarissima voluntas emersa dai lavori preparatori, oltre che dalla interpretazione accolta dalla giurisprudenza belga sull'omonimo istituto (33). Anche pi significativo fu poi il riparto di competenza fondato sulla distinzione tra attivit jure imperii e jure gestionis (34), giusta il quale la magistratura inclin molto spesso, anzi troppo spesso, a vedere lo jus imperii ovunque si manifestasse l'attivit dell'Amministrazione, per declinare la competenza (35). In definitiva il prevalere del momento autoritativo si rivela causa e non effetto della riduzione imposta alla competenza del giudice ordinario. Sotto il profilo ideologico le ragioni di tale fenomeno sono facilmente individuabili nella mantelliniana ipostatizzazione dell' elemento politico dell'autorit (36), ovvero della ragione politica teorizzata dal Romagnosi come sempre prevalente su quella privata (37). Che poi l'ideologia autoritaria abbia fatto leva sulla timidezza del giudice ordinario, ovvero sul1' astensionismo dettato dal timore di portare intralcio alla P. A. (38), ovvero sul gradimento per la tutela amministrativa gi emerso dal sistema precedente e che provoc le tesi rieditive sul contenzioso ed il suo ritorno (39), tutto sommato non ha molta importanza. Pi importante, invece, quale sintomo di un disegno politico, il ruolo affidato istituzionalmente al Consiglio di Stato ed alla neonata Avvocatura erariale. Il primo -istituito significativamente giudice dei conflitti di attribuzione tra giurisdizione e amministrazione -mont una severissima guardia ai privilegi del potere che rappresentava, operando secondo lo schema paralogico del tu hai torto e perci ti nego il giudice e negando giurisdizione al giudice ordinario ogniqualvolta l'Amministrazione avesse agito jure imperii. La stortura logica cos istituzionalizzata non poteva durare a lungo e difatti 12 anni dopo, nel 1877, le funzioni di giudice dei conflitti venivano devolute alla Cassazione romana (40). (32) I. F. CARAMAZZA, Il diritto civile e politico, op. cit. (33) B. BIVORT, Commentaire la Constitution de la Belgique, cit. in Cammeo, op. cit., I, 43'5. (34) G. VACCHELLI, op. cit., p. 43!7; M. NIGRO, op. cit., p. 89. (35) L. MORTARA, Commentario del cadice e delle leggi di procedura civile, VI, Milano, 1923, Prefazione. (36) G. MANTELLINI, Lo Stato e il codice civile, vol. 1, Firenze, 1880, p. 14. (37) D. RoMAGNOSI, Principi fondamentali del diritto amministrativo onde tesserne le istituzioni (con nuovi documenti illustrativi somministrati dall'autore), Firenze, 1844, p. 155 ss. (38) L. VITTA, Giustizia amministrativa, Milano, 1903, p. 11. (3'9) S. SAMBATARO, op. cit., p, 261. (40) rL. 31 marzo 1977, n. 376. PARTE II, QUESTIONI 6f In sintomatica coincidenza temporale veniva peraltro istituita l'Avvocatura erariale, al duplice dichiarato fine di sopperire alle insufficienze mostrate dal sistema delle agenzie del contenzioso nel nuovo sistema di giustizia, da un lato, e di controllo del rispetto delle prerogative dell'esecutivo da parte del giudiziario, dall'altro. In effetti l'istituto dell'Avvocatura -la cui originaria denominazione di erariale forse gi denunziava le limitate dimensioni che lo Stato intendeva attribuire al proprio contenzioso -nacque con il dichiarato intento di concorrere, con l'adozione di criteri di difesa unitari, alla elaborazione giurisprudenziale della distinzione fra diritti ed interessi e a definire i limiti oggettivi del potere del giudice ordinario in ordine all'atto amministrativo (41). A fronte della formula generale del legislatore del 1865, di semplicit ingannatrice (42), parve infatti necessaria la istituzione di un organo unitario di difesa in giudizio (43) per supplire alla soppressione di un foro amministrativo speciale (44), soprattutto in previsione del passaggio alla Cassazione della competenza sui conflitti. Ci a differenza di quanto accadeva in Francia, dove -scriveva il Mantellini, ultimo Avvocato regio di Toscana e primo Avvocato Generale erariale ...si fidano del Pubblico Ministero e del Prefetto: e poterono dispensarsi da un istituto di consiglieri, di avvocati demaniali o erariali, in grazia di quel loro foro amministrativo che ne avoca le maggiori cause e dove l'amministrazione trova nei giudici quanta assistenza a lei bisogna (45). 3 -Delle leggi del 1889-1890 fino alla Legge 6 dicembre 1971 n. 1034 ed oltre (il modello francese e la sua evoluzione). Le cause politiche e sociali sopra esposte determinarono, com' noto, la seconda grande crisi organizzatoria del sistema, dopo quella che colp i Tribunali del contenzioso. Il discorso di Bergamo di Silvio Spaventa testimoniando lo stato di acuta insoddisfazione per la scarsissima e spesso inesistente tutela offerta all'amministrato contro gli arbitri dell'Amministrazione -individua proprio la distonia tra la formula organizzatoria di tipo abolitivo (mal interpretata nel diritto vivente) ed il fine garantista pur sempre sotteso al sistema. Per ovviare a tale insoddisfazione il legislatore si trov a dover risolvere ancora un problema organizzativo che si prospettava in forma di dilemma: o ampliare -eventualmente in via di interpretazione auten (41) F. BATISTONI FERRARA, La difesa dello Stato in giudizio e la soluzione italiana, in L'Avvocatura dello Stato, Studio storico giuridico per la celebrazione del centenario, Roma, 1976, 278 ss. (42) L. ARMANI, Il Consiglio di Stato, in Trattato di V. E. Orlando, I, 949. (43) F. BATISTONI FERRARA, op. cit., 254 ss. (44) Relazione al Regolament 016 gennaio 1876, n. 2914, serie II, pubblicata in allegato alla Relazione dell'Avvocato Generale erariale per il 1876, p. 74. (45) Relazione, ult. cit. 66 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tica -il numero delle situazioni soggettive tutelate dinnanzi al giudice ordinario, disconoscendo i risultati giurisprudenziali raggiunti, come suggerivano alcuni (46), ovvero accettare per buono quel diritto vivente ed istituire un altro organo per tutelare situazioni diverse dai diritti. Una volta scelta tale seconda soluzione, fu giocoforza accettare il postulato che ci che andava tutelato, per garantire la legalit nell'azione amministrativa, erano meri interessi (aventi cio ad oggetto beni della vita non conseguibili senza l'intermediazione dell'esercizio di un potere discrezionale), e che di essi non avrebbe potuto conoscere che un organo incardinato nell'esecutivo (e che per la loro tutela strumento necessario e sufficiente -visto che si trattava semplicemente di integrare la legge del 1865 -fosse l'annullamento dell'atto da quella non previsto). Cos infatti si disse espressamente nella relazione alla legge isti II tutiva della IV Sezione del Consiglio di Stato: il nuovo istituto non un tribunale giudiziario speciale o eccezionale, ma rimane nella sfera del potere esecutivo, da cui prende la materia e le persone che lo devono mettere in atto. lo stesso potere esecutivo ordinato in modo da tutelare maggiormente gli interessi dei cittadini. Perci, a differenza dell'antico contenzioso amministrativo, esclude ogni confusione di poteri costituzionali... soltanto un corpo deliberante che il potere esecutivo forma con elementi scelti nel suo seno, come a sindacare dei suoi atti, e per manf. l tenere la sua azione nei limiti della legalit e della giustizia (47). Lo stesso concetto fu pure illustrato nel discorso inaugurale che Spa I venta aveva preparato e che non fu per mai pronunciato. Il fatto che nella concezione del legislatore il nuovo istituto fosse un organo dell'amministrazione consent peraltro di attribuirgli un potere che giammai, all'epoca, sarebbe stato affidato ad un organo giurisdizionale, cio quello di sospendere, annullare e revocare l'atto amministrativo (48), il che contribu a far s che la nuova Sezione, sapientemente guidata da quello stesso Silvio Spaventa che l'aveva cos fortemente voluta, conquistasse ben presto il favore del pubblico, dimostrando che la tutela offerta non cedeva, per indipendenza di giudizio, a quella che si poteva ottenere, per i diritti, dall'Amministrazione giudiziaria ordinaria (49). Anche quella formula organizzativa, peraltro, era destinata a mutare per la forza delle cose e per il prevalere di quella funzione (eroga zione di giustizia) sempre insita nel sistema. (46) Cfr. Atti Parlamentari Senato 20 marzo 1888, 1170. (47) V. SCIALOJA, Come il Consiglio di Stato divenne organo giurisdizionale, in Riv. dir. pub., 1931, 417. (48) Scrisse infatti V. SCIALOJA op. cit., p. 412, che attribuire quest'ultima facolt al Consiglio di Stato, infatti, non significa nel concetto della L. 1889, sottrarla all'Amministrazione. (49) F. BATISTONI FERRARA, op. cit., p. 284. PARm n, QUESTIONI 67 La natura giurisdizionale della nuova magistratura fu pressocch immediatamente riconosciuta dalla giurisprudenza: gi nel 1893, infatti, la Cassazione di Roma a Sezioni Unite, con sentenza 21 marzo 1983 n. 177 (50), statuiva che la IV Sez. del Consiglio di Stato stata investita dalle leggi 31 marzo 1889 e 1 maggio 1890 di una vera e propria giurisdizione, la quale ha pure il carattere speciale di fronte a quelle generiche assegnate all'autorit giudiziaria, donde l'ammissibilit del ricorso per incompetenza o eccesso di potere anche contro le decisioni della IV Sezione (51). Cominciava cos la singolarissima -e per tanti versi ambigua costruzione del giudizio dinanzi al Consiglio di Stato italiano nato nell'amministrazione ed evoluto nella giurisdizione per giudicare di un interesse legittimo considerato come situazione sostanziale fino alle soglie del giudizio, al cui accesso legittimava, per .perdere poi in esso tale connotato in quanto la natura cassatoria della pronuncia non riconosceva o disconosceva alcun bene della vita, limitandosi ad annullare -o non annullare -un atto amministrativo. Fu detto a suo tempo che, con l'istituzione della IV Sezione del Consiglio di Stato, una parte della classe dirigente fu chiamata a controllare se stessa (52): questo in linea con quella tradizione transalpina che riconosceva: nel Conseil d'Etat -nato come massima espressione logica di un' amministrazione senza giudice ed evolutosi in giudice dell'amministrazione (53) -il duplice ruolo di garante dei diritti del cittadino contro gli abusi dell'amministrazione e di protettore delle prerogative del potere pubblico (26), considerato non solo parte da giudicare, ma anche apparato da. dirigere e da consigliare (54). Alla conseguente ambiguit del relativo giudizio si aggiunge poi quella ulteriore derivante logicamente da un sindacato di tipo cassatorio non omogeneamente collegato con un previo giudizio di merito . In tale mbiguit di fondo il Consiglio di Stato italiano sppe per creare, in tre quarti di secolo, una elegantissima costruzione giuridica in cui non si sa mai se ammirare di pi la fantasia nell'escogitare nuove soluzioni, il rigore giridico nell'argomentarle o il pragmatismo nel raggiungere sostanziali risultati di giustizia attraverso un armamntario normativo rozzo e limitatissimo. (50) In Foro It., 1893, I, 294 ss. (51) La massima tratta dalla Relazione dell'Avvocato Generale per l'anno 1898, 32. (52) L. PICCARDI, Intervento al X Convegno di Studi di scienza dell'amministrazione, 1964, Atti, 97. (53) G. VEDEL, Il controllo giurisdizionale della pubblica amministrazione in Francia, in Il controllo giurisdizionale della P. A., Studi di diritto comparato di A. Piras, Torino, 1971, 84-85. (54) M. HAURIOU, Principes de droit public, Parigi, 1910, 491. 68 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO Una ricognizione dell'evoluzione pretoria dei principali istituti di giustizia amministrativa eccederebbe e non di poco i limiti di questa relazione: converr accennare appena ad alcuni di essi e ad alcune delle tappe principali di relativa evoluzione per ricordare quasi esemplarmente il modus operandi di una gloriosa tradizione di diritto giurisprudenziale che stata autorevolmente definita una et d'oro caratterizzata da un sorprendente impulso di travolgente creativit (55). Tanto per non parlare poi del frutto pi originale di tale elaborazione: l'interesse legittimo. Nato come espediente esegetico (56) per superare le aporie del sistema di giustizia creato dalle leggi del 1865 e del 1889 (o piuttosto dalla loro interpretazione), fu teorizzato come situazione giuridica soggettiva sostanziale unitaria sulla scorta del seguente sillogisma: se alla IV Sezione doveva riconoscersi natura giurisdizionale e se l'interesse davanti ad essa fatto valere poteva essere protetto denunciando uno qualunque dei tre vizi di incompetenza, violazione di legge ed eccesso di potere, occorreva allora riconoscere che la riforma del 1889 aveva attribuito natura giuridica a situazioni diverse al tempo stesso dal diritto civile e poli tico e dall'interesse semplice, materiale, economico (57). L'argomento appare discutibile in s e comunque condizionato dal postulato della situazione giuridica soggettiva come prodotto immuta bile della ragione (58). Se il diritto fosse una scienza esatta, tale operazione logica potrebbe essere paragonata a quella attuata dagli astronomi quando, dallo studio delle orbite dei pianeti esterni del sistema solare, deducono l'esistenza di un invisibile decimo pianeta e ne misurano massa e orbita. Ed proprio la scoperta di tale decimo pianeta a riempire la storia degli anni successivi, dal 1889 al 1924. In quegli anni, infatti, gli interventi legislativi ripetutamente sollecitati per correggere e dare coerenza al sistema disorganico istituito dalle leggi del 1865 e 1889, si risolvono nella storia delle occasioni mancate, dei tentativi falliti (59). Caduti il progetto di legge Orlando del 1901, i due disegni di legge del 1904, il progetto di legge del 1910 accompagnato dai laboriosi studi (55) D. FELICI, Analisi di una maieutica giudiziale (Il trentennio iniziale della IV Sez. del Consiglio di Stato), in Studi per il Centenario della IV Sezione, Roma, 1989, p. 277. (56) F. GUICCIARDI, Concetti tradizionali e principi ricostruttivi della giustizia amministrativa, in Studi di Giustizia Amministrativa, Torino, 1967, 8. (57) o. RANELLETTI, cit. in B. SORDI, op. cit., p. 271-272; I. F. CARAMAZZA, Il diritto civile e politico, cit. (58) L. MENGONI, Diritto e politica nella dottrina giuridica, Iustitia, 1974, 337 ss. (59) M. S. GIANNINI-A. PIRAS, op. cit., p. 247. 69 PARTE II, QUESTIONI di Codacci Pisanelli e D'Amelio, l'unico intervento di rilievo -se si esclude la legge 7 marzo 1907 istituiva della V Sezione del Consiglio di Stato la quale creava pi problemi di quanti ne risolvesse (60) -fu il Testo Unico sul Consiglio di Stato (r.d. 26 giugno 1924 n. 1058), che -per l'eccessiva prudenza legislativa dovuta al clima confuso dell'epoca -fin per non rispondere ad alcuna delle principali esigenze manifestate nei dibattiti parlamentari degli anni precedenti (61). Il sistema evolvette fino alla Carta repubb1icana del 1948 che, in modo quasi notarile, lo costituzionalizz con tutte le sue originalit e le sue contraddizioni: basti pensare a quella che vede contrapporre da un lato la qualificazione dell'interesse legittimo come posizione soggettiva sostanziale (art. 24), dall'altro la qualificazione del giudizio amministrativo come giudizio sull'atto e quindi come giudizio cassatorio, inidoneo a garantire il riconoscimento di un bene della vita (art. 113). Unico, modesto, elemento innovativo, l'introduzione del principio del doppio grado, con la previsione (art. 125) dell'istituzione a livello regionale di organi di giustizia amministrativa di primo grado. Previsione cui doveva dare attuazione la legge istitutiva dei Tribunali Amministrativi Regionali (6 dicembre 1971 n. 1034) che, come noto, non contiene alcuna rivoluzionaria innovazione normativa ed appare anzi, in larga misura, rispettosa delle formule tradizionali. In conclusione sembra potersi osservare che normativa costituzionale e normativa ordinaria sui T.A.R. segnano il consolidamento di un sistema di giustizia amministrativa ispirato alla tradizione transalpina che, nello stesso torno di anni (1953), istituiva i Tribunali Amministrativi Regionali in luogo dei vecchi consigli di Prefettura. L'evoluzione della giurisprudenza -come si vedr anche nel paragrafo seguente -mostra invece, una profonda e progressiva divaricazione della nostra giustizia amministrativa rispetto al modello francese, cio al modello di un giudice che con l'Amministrazione ha un rapporto privilegiato in quanto non solo la giudica ma la consiglia o addirittura la dirige. Ci dovuto, ci pare, a due fattori, l'uno normativo l'altro sociologico. Il primo, attiene al fatto che il principio del doppio grado in Francia non stato generalizzato: i settori pi importanti del contenzioso amministrativo -segnatamente quelli relativi alla impugnativa degli atti amministrativi pi rilevanti ed ai rapporti di impiego dei pi alti funzionari sono rimasti affidati alla competenza del Consiglio di Stato come giudice di unico ed ultimo grado, con tutte le sue tradizionali caratteristiche di imbricazione nell'Amministrazione. (60) M. S. GIANNINI-A. PIRAS, op. cit., p. 247. (61) M. S. GIANNINI-A. PIRAS, op. cit., p. 249. 70 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il secondo -in qualche modo al primo connesso - la creazione di una nuova classe di giudici amministrativi italiani, di estrazione diversa da quella tradizionale del Consiglio di Stato e sganciati da ogni funzione di consulenza. Ci ha fatto s che nei confronti dell'Amministrazione la giurisdizione amministrativa abbia manifestato, per la prima volta nella sua storia, un netto distacco, cui si aggiunge una nota di diffidenza e sospetto, ogni qualvolta la questione sottoposta al giudizio abbia una particolare rilevanza politica o comunque incida su fatti politicamente rilevanti (62). La diffusione sul territorio dei giudici amministrativi e la degradazione dell'attivit amministrativa, di cui si diceva prima, hanno reso, poi, di massa una domanda di giustizia che era prima solo elitaria. A ci si aggiunga che, sia pur sommessamente, la legge istitutiva dei TAR aveva avviato una tendenza, significativa sotto il profilo organizzatorio, destinata ad accentuarsi negli anni successivi: l'ampliamento delle materie attribuite al giudice amm.vo in sede di giurisdizione esclusiva. Com' noto, infatti, la legge 1071 attribu alla cognizione dei TAR la materia delle concessioni, cos intaccando per la prima volta (e per clausola generale) un criterio di ripartizione non pi basato sulla contrapposizione (o, nella specie, sulla possibile confusione) fra diritto e interesse legittimo ma su una distinzione di blocchi di materie (63). Sulla stessa via sembra d'altronde essersi posta la Corte di Cassazione (64), in una linea di tendenza che sembra destinata a privare del suo principale significato quella distinzione di situazioni soggettive che tradizionalmente segna il discrimine fra le due giurisdizioni (65). Il tendenziale aumento dei casi di giurisdizione esclusiva confermato anche da numerosissime leggi. Vedansi quelle -solo esemplificativamente indicate -28 gem1aio 1977 n. 10, 20 marzo 1980 n. 75, 24 marzo 1981 n. 145 (66), 7 agosto 1990 n. 241. Ove si ponga mente al fatto che normalmente la giurisdizione per ma terie una giurisdizione piena (67), sembra potersi concludere che in via tendenziale gran parte delle situazioni soggettive sostanziali finora qualificate come interessi legittimi avviata a trovare nel processo am (62) F. PIGA, Centocinquant'anni del Consiglio di Stato, in Atti del Convegno celebrativo del 150 anniversario della istituzione del Consiglio di Stato, Milano, 1983, 391. (63) F. BENVENUTI, Atti parlamentari cit., seduta del 24 ottobre 1984. (64) M. NIGRO, Atti parlamentari cit., seduta del 16 ottobre 1984. (65) A. NoccELLI, Principio di partecipazione e funzione del giudice amministrativo, in Studi per il centocinquantenario cit., III, 1671-1672; S. GIACCHETTI, L'interesse legittimo alle soglie del 2000, in Foro Amm., 1990, 1908 ss. (66) M. NIGRO, Giustizia Amministrativa, Bologna, 1983, 103. (67) F. MERUSI, Atti parlamentari cit., seduta del 23 ottobre 1984. PARTE II, QUESTIONI 71 ministrativo quella soluzione pienamente satisfattiva che il tradizionale giudizio rigorosamente cassatorio non assicurava se non in alcuni casi di degradazione o di affievolimento. 4 -Il processo amministrativo nella evoluzione della giurisprudenza (Verso un modello tedesco?). La storia finora descritta, fatta di affermazioni e di tradimenti , riguarda il modello organizzatorio del sistema di giustizia amm.va, cui peraltro fa riscontro un nucleo funzionale che -per converso - venuto sviluppandosi secondo una linea costantemente evolutiva. appena il caso di ricordare che alle sue origini il processo amministrativo -come significativamente rileva Piccardi -un processo di parti in cui una parte un p meno parte dell'altra, alludendo per un verso al rispetto del principio della legalit da parte della P.A. anche in veste di convenuta in giudizio, per altro verso ai suoi numerosi privilegi sostanziali e processuali accresciuti dal limitatissimo strumentario cognitorio e decisorio di cui disponeva il giudice per dare tutela all'interesse legittimo (68). Partendo da tale stato di fatto, l'evoluzione del processo in senso spiccatamente garantista attesta un moto di avanzamento tendenzialmente uniforme, tanto pi significativo se raffrontato alle oscillazioni registrate nella scelta della formula organizzatoria. Vale la pena di ripercorrere sinteticamente le fasi di questo avanzamento , opera laboriosa della giurisprudenza cui spett colmare lo sfasamento -analogo a quello avvertito anche nell'ordinamento francese (69) tra il regolamento di procedura del 1907 e le successive riforme (70). Non dubbio che all'origine, malgrado qualche riferimento formale ai principi del diritto giudiziario comune~ (71) sul presupposto di una certa affinit del processo amministrativo con il ricorso in Cassazione e con l'azione di annullamento di un negozio privato, la giurisprudenza fosse certa della differenza strutturale del processo civile rispetto a quello amministrativo. Invero se in quest'ultimo si riconosceva al cittadino la posizione di ricorrente, ossia di attore, tale posizione era il risultato di una posizione d disparit sostanziale, dipendente dall'attribuzione alla pubblica autorit della potest di determinare unilateralmente le vicende di situazioni giuridiche altrui, in quanto necessaria per il conseguimento di interessi pub (68) I. F. CARAMAZZA, Il diritto civile e politico, op. cit.. (69) J. M. AUBY e R. GRADO, Trait de contentieux administratif, vol. III, 1%7, p. 147. (70) E. CANNADA BARTOLI, Processo amministrativo (considerazioni introduttive), in Nov. dig., p. 1077 ss.. (71) V. E. ORLANDO, La giustizia amministrativa (Trattato di diritto amministrativo, vol. Ili, p. 945). 72 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO blici (72). Alla diversa qualit delle parti corrisponde la diversit degli interessi in gioco, fusi in una eterogenea combinazione che parte della dottrina definisce paradossale (73): da una parte vi l'interesse soggettivo -che genuinamente tale -del ricorrente; dall'altra vi l'interesse pubblico, avente natura fondamentalmente oggettiva in quanto concerne la stabilit di un comando che -bench subiettivato nell'Amministrazione - pur sempre dell'ordinamento generale (74). Ora, poich la struttura del processo funzione della qualit delle parti e degli interessi, si spiega perch il processo amministrativo si sia storicamente differenziato da quello civile che tendenzialmente proces so a parti equivalenti (75). Si spiega, ad esempio, la costituzione del rapporto processuale amministrativo mediante vacatio judicis e non mediante vacatio in jus, non potendosi ammettere che lo Stato fosse chiamato come reo nel pro cesso (76); si spiega, in fase istruttoria, il metodo inquisitorio o almeno acquisitorio (77), cui peraltro neppure estranea l'origine non giurisdizionale del Consiglio di Stato e la conseguente configurazione dell'istruttoria quale procedimento di controllo amministrativo (78); in fase decisoria, infine, si spiega la limitatezza dei poteri attribuiti al giudice, addirittura configurato da taluno come organo ausiliario della P.A. (79). Senonch, di tale modello processuale interessante indagare gli aspetti funzionali. Parte della dottrina, tentando una razionalizzazione dei dati emergenti da esperienze storiche e giuridiche comparate, ritiene che nei processi a struttura non paritaria la sentenza abbia la funzione preminente di assicurare la certezza dei rapporti giuridici, laddove nei processi a struttura paritaria la sentenza deve assicurare -oltre alla certezza -la verit o, il che lo stesso, la giustizia (res judicata pro veritate habetur) (80). Ora, che il processo amministrativo abbia storicamente perseguito attraverso il sindacato di legittimit -la certezza, sembra innegabile, considerata sia la sua natura di giudizio sull'atto, del quale interesse dell'or (72) E. CANNADA BARTOLI, op. cit., p. 1079. (73) IDEM, op. cit., p.. 10811. (74) IDEM, op. cit., pp. 10811-1082. (75) F. BENVENUTI, Processo ammnistrativo (struttura), in Enc. dir., XXXVI, p. 458; G. CARNELUTTI, Sistema del diritto processuale civile, I, Padova, 1936, 264. (76) F. BENVENUTI, op. cit., p. 461; E. CANNADA BARTOLI, op. cit., p. 1080. (77) F. BENVENUTI, op. cit., p. 461; E. PICOZZA, Processo amministrativo (normativa), in Enc. dir., XXXVI, p. 492. (78) E. CANNADA BARTOLI, op.. cit., p. 1085. (79) C. BozzI, La giustizia nell'Amministrazione nella sua evoluzione storica (La Giustizia nell'Amministrazione -Atti del 3 Convegno di studi di scienza dell'Amministrazione, Milano, 1959, p. 30). (80) F. BENVENUTI, op. cit., p. 457. PARTE II, QUESTIONI dinamento definire sollecitamente la sorte, sia la tradizionale presunzione di legittimit dell'operato amministrativo che giustifica astrattamente un affidamento di giustizia superiore a quello realizzabile in un processo paritario (81). Senonch la richiesta sempre crescente montante dalla societ era che il giudice amministrativo si trasformasse da giudice dell'atto in giudice del rapporto per la conseguibilit nel processo di quel bene della vita che dovrebbe pur essere conseguibile, se vero che l'interesse legittimo una situazione sostanziale e se vero che la giurisdizione, nel linguaggio legislativo e in quello comune, si risolve semanticamente nella giustizia (82). Detta tendenza veniva accentuata dalla crisi dell'interesse pubblico, causata per un verso dall'imporsi del pluralismo (83) e per altro verso dal prevalere dello Stato erogatore di servizi sullo Stato-Autorit (84). Ora, bench stretto nelle angustie di una giurisdizione generale di legittimit che rimane pur sempre una giurisdizione di annullamento, il giudice amministrativo italiano riuscito a rendere sempre pi effettuale la propria risposta di giustizia, spostando l'oggetto del proprio giudizio dall'atto all'attivit o alla pretesa e cos avvicinando il processo amministrativo sull'atto al processo sul rapporto , In realt, fin dall'origine del processo amministrativo si registra una lenta e costante tendenza evolutiva dalla certezza alla giustizia del rapporto. Ed anzi proprio a tale evoluzione funzionale probabilmente si deve se, dopo la riforma del 1889-1890 non coordinata con la legge del 1865, la conseguente distonia del sistema non abbia provocato un nuovo tradimento del modello organizzatorio. La storia -cui si far breve cenno -di alcuni pi significativi istituti di elaborazione giurisprudenziale, segna le tappe di tale evoluzione. A) Eccesso di potere. Introdotto dalla legge del 1889 quale VIZIO deducibile dinnanzi alla nuova Sezione del Consiglio di Stato, non dubbio -risultando dalla relazione al progetto di legge e dalla discussione al Senato -che il legislatore intese attribuire alla nozione il significato restrittivo e conservativo di straripamento di potere. E tale fu l'indirizzo effettivamente seguito dalla Cassazione (significativa in tal senso una decisione del 1892) (85). Senonch a quello stesso anno risale -ad opera del Consiglio di Stato l'inizio del moto evolutivo che, muovendo in sintonia con la coeva giuri (81) IDEM, op. cit., p. 459. (82) S. SATTA, Giurisdizione (nozioni generali), in Enc. dir., vol. XIX, p. 219. (83) M.S. GIANNINI, Diritto Amministrativo, vol. I, Milano, 1970, p. 106 ss. (84) G. AzzARITI, Dalla Discrezionalit al Potere, Padova, 1989, p. 361. (85) Cass. Roma, 14 giugno 1892 in Giur. It., 1892, I, 1, 868. 74 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sprudenza francese e sulla scorta di precedenti pareri resi m sede consultiva, svilupp il vizio come sviamento di potere. Nella cennata decisione del 1892 -che era di rigetto del ricorso, secondo la tecnica di affermare i principi innovativi in maniera incruenta -si statuiscono i parametri di logicit, razionalit e conformit allo spirito delle leggi cui l'atto deve essere conformato. Nel decennio successivo l'indirizzo si sviluppa elaborando l'eccesso di potere come vizio endoprocessuale (o intrinseco), sintomatizzato dalla contraddittoriet dei motivi o dalla incongruenza dei motivi con le risultanze. Fino alla prima guerra mondiale, peraltro, a fronte di tale interpretazione liberale -fondata probabilmente pi sulla applicazione distorta di matrice dottrinale (86) e giurisprudenziale, che non sulla littera legis (87) -il Consiglio di Stato continua ad autolimitare il proprio sindacato alle risultanze degli attti , con ci assumendo un atteggiamento pi rigoroso del Conseil d'Etat francese (88). L'ulteriore passo avanti fu compiuto tra le due guerre, quando il sindacato di legittimit si accentr sulla motivazione che, intesa come procedimento logico, si prestava ad essere sindacata non solo per mancanza o insufficienza della stessa (quale sintomo di vizio occulto dell'atto), ma anche per contraddittoriet con elementi extraprocedimentali (estrinseci), acquisibili in virt del principio del libero convincimento del giudice (significativa una decisione del 30 dicembre 1938). Infine, a partire dal 1950, il sindacato si sposta dai motivi che sono alla base dell'atto, al comportamento complessivo della P.A. ossia all' uso reale del potere, cos configurando l'eccesso di potere -come teorizzato in dottrina -quale vizio della funzione e dell'attivit nel suo farsi atto (89), con conseguente spostamento del giudizio dalla certezza che riguarda l'atto, alla giustizia, che attiene al rapporto. B) Silenzio. In materia di silenzio l'evoluzione giurisprudenziale verso la giustizia del rapporto si accompagna -ed anzi significativamente consegue ad una parallela evoluzione avvenuta nel diritto sostanziale. ' '! I (86) G. CoDACCI PISANELLI, L'eccesso di potere nel contenzioso amministrativo, in Scritti di diritto pubblico, Citt di Castello, 1900, p. 251 ss. (87) A. DE VALLEs, La validit degli atti amministrativi, 1917; R. A.LESSI, Intorno ai conflitti di causa giuridica, illegittimit, eccesso di potere, 1934. (88) G. DE CESARE, Problematica dell'eccesso di potere amministrativo, 1973, p. 47. (89) F. BENVENUTI, Eccesso di potere amministrativo per vizio della funzione, in Rass. di dir. pbblico, 1950, p. 31ss.; G. DE CESARE, op. cit., p. 131. PARTE II, QUESTIONI 7J La legge del 1889, com' noto, non reca alcuna previsione specifica in ordine all'impugnativa del silenzio, che anzi -nella pi remota decisione della IV Sezione risalente al 1893 -fu espressamente esclusa perch se il Governo, per ragioni di convenienza di cui il solo giudice, si astiene dal provvedere sopra una denuncia o, non essendo tenuto all'osservanza di alcun termine, dichiara, come nella specie, di sospendere ogni provvedimento, non pu questa Sezione annullare siffatta risoluzione e tanto meno ordinare al Governo di provvedere, il che facendo essa verrebbe ad invadere la sfera dell'Amministrazione attiva, responsabile davanti ai poteri politici (90). Ora, se tale conclusione risponde alla logica di un'amministrazione quella del secolo scorso - con struttura accentrata e gerarchizzata operante con caratteri di segretezza, unilateralit, autorit (91), il successivo riconoscimento del silenzio -nelle tre forme cronologicamente successive di silenzio rigetto, rifiuto e assenso -consegue proprio alla costante recessione dello Stato-Autorit astretto dai vincoli sempre crescenti imposti alla discrezionalit amministrativa. Non a caso la prima tutela riconosciuta avverso il silenzio, risalente al 1902 (92), concerneva un'ipotesi di silenzio su ricorso gerarchico avverso provvedimento disciplinare, dunque su una materia tendenzialmente vincolata; e pure non a caso l'intervento legislativo volto a fissare i presupposti della fattispecie fu assunto con riferimento all'omessa pronuncia su ricorso gerarchico (art. 5 T.U. 3 marzo 1934 n. 383), e solo per opera giurisprudenziale tale fattispecie fu estesa alle ipotesi di silenzio rifiuto (93). All'inizio degli anni '70 si verifica, com' noto, l'enucleazione del silenzio rifiuto in una categoria autonoma; e tale fenomeno -indagato nelle sue cause -svela un momento di trapasso del sistema, involgente, prima ancora che il piano della tutela giurisdizionale, quello del diritto sostanziale. Se, infatti, causa prossima del fenomeno fu la semplificazione del procedimento in materia di ricorsi amministrativi (con esonero dell'istante dalla diffida a provvedere) e l'impossibilit -o forse inopportunit -di applicare tali norme anche al silenzio rifiuto, la causa remota dell'individuazione della figura come categoria autonoma affonda nel sociale. negli anni '70, infatti, che -con il progredire dello Stato sociale, erogatore di servizi e sempre pi service publique (90) C. d. S., Sez. IV, 18 luglio 1893 n. 244, in Giust. Amm.va, 1893, I, 317. (91) M. NIGRO, Giurisprudenza Amministrativa e trasformazioni dell'Ammi nistrazione: riflessioni sulle conseguenze sostanziali di assetti processuali, in Studi per il Centenario della IV Sezione del Consiglio di Stato, 1989, Il, p. 563. (92) C.d. S., Sez. IV, 22 agosto 1902, in Giur. it., 1902, p. 343. (93) C.d.S., Sez. VI, 13 novembre 1957, n. 859, in C.d. S. 1957, I, 1491; A. P., 3 maggio 1%0, n. 8, in C. d. S., 1%0, I, 822. 76 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO come teorizzato dal Duguit agli inizi del secolo (94) -crescono gli obblighi di provvedere e, parallelamente, le ipotesi normative in relazione alle quali pu configurarsi un inadempimento della P.A. nei confronti del privato fruitore del servizio. Il sindacato sul silenzio rifiuto, peraltro nato in funzione delle nuove esigenze sociali per attribuire quel bene della vita promesso dalle norme -si approssima a configurarsi come sindacato sul rapporto, diretto a garantire la giustizia pi che la certezza. Ed significativo notare che nella fase evolutiva degli anni '80 il silenzio con valore legale tipico di assenso, che realizza in s -senza mezzi giurisdizionali -il soddisfacimento della pretesa del privato. C) Ottemperanza. Nel silenzio della legge -che prevede il giudizio di ottemperanza per le sole sentenze del Giudice ordinario -l'estensione alle sentenze del giudice amministrativo (a partire -sembra -da una pronuncia del 1928), avvenuto non per estensione diretta o analogica ma per un fatto di bruta normazione giurisprudenziale (95). Infatti con l'ottemperanza il magistrato amministrativo si fatto carico dell'esigenza che giustizia vuol dire riparazione e non vittoria cartacea (96), esigenza tanto pi sentita quando all'effetto cassatorio della sentenza si aggiunga quello c.d. conformativo, destinato ad offrire a rovescio le regole cui l'Amministrazione dovr attenersi nella sua azione futura (97). Si spiega, dunque, come mai dall'iniziale ammissione del ricorso nei soli casi di inerzia dell'Amministrazione (98), la giurisprudenza sia passata -a partire dalla prima met degli anni '60 -ad equiparare alla mancata esecuzione l'esecuzione parziale, incompleta o apparente: il caso degli atti meramente preliminari (C.d.S. A. P. 29 gennaio 1980 n. 2), degli atti di adempimento parziale (C.d.S., Sez. IV, 26 ottobre 1973 n. 898) o di adempimento fittizio rinviato sine die ovvero subordinato ad una riserva mai sciolta (C,d.S., Sez. V, 10 aprile 1970, n. 387). Si spiega altres come dall'iniziale ritenuta impossibilit di adottare in sede di ottemperanza statuizioni imperative nei confronti della P.A., (94) Sulla concezione del DUGUIT v.: NIGRO: ancora attuale una giustizia amministrativa?, in Foro it., 1983, V, 249. (95) M. NIGRO, Il giudizio amministrativo e il processo di ottemperanza, in Atti del VII Convegno di Studi di Scienza dell'Amministrazione, Il giudizio di ottemperanza, Varenna, 1719 settembre 1981, Milano, 1983, p. 65. (96) C. CALABR, Il giudizio di ottemperanza, in Studi per il Centenario della IV Sezione del C. d. S., op. cit., p. 2057. (97) M. NIGRO, Giustizia amministrativa, Bologna, 1979, p. 281 ss. (98) ,C. d. S., 5 gennaio 1948, n. 452 ed oltre. PARTE II, QUESTIONI 77 a partire dagli anni '70 si sia statuito espressamente che il giudice di ottemperanza si sostituisce all'Amministrazione inadempiente ponendo in essere l'attivit a questa incombente per realizzare concretamente gli effetti scaturenti dalla sentenza (98). Proprio tale pronuncia riconosce alla sentenza di ottemperanza la funzione di inserirsi nel sistema organizzativo e funzionale dell'Amministrazione, con ci consapevolmente ritornando al principio che giudicare l'Amministrazione amministrare (100). D) Processo cautelare. La sede privilegiata di attuazione della giustizia sostanziale , senza dubbio, quella cautelare. Il giudice amministrativo diventa, infatti, fisiologicamente giudice del rapporto e quindi di un bene della vita da riconoscere o da negare, in quanto a differenza di quanto accade in altri tipi di giudizio, cautela e merito hanno, nel processo amministrativo, caratteristiche disomogenee. Nella fase di merito, infatti, tradizionalmente, la valutazione dell'interesse sostanziale tutelato ha sempre condizionato solo l'ammissibilit del giudizio; nella fase cautelare, invece, dovendo il giudice conoscere della gravit e irreparabilit del pregiudizio, la valutazione dell'interesse sostanziale condiziona anche il merito della decisione: decisione che regola, dunque, sia pure interinalmente il rapporto (101). L'evoluzione della giurisprudenza amministrativa in tema di sospensiva (e in sede di giurisdizione generale di legittimit) nell'ultimo decennio troppo nota perch vi si debba indugiare: stata, infatti, affermata e sistematizzata la sospendibilit di una serie di atti amministrativi (quali dinieghi di ammissione, atti intermedi di procedimenti, atti negativi di controllo, ecc.) esclusi dalla sospendibilit secondo le teorie classiche perch atti negativi. Oltretutto, il giudice amministra tivo ha utilizzato con estrema duttilit lo strumento cautelare piegandolo, per esempio, a fini istruttori o mirandolo meglio al fine attraverso l'introduzione di elementi accessori come il termine o la con dizione. Si cos giunti a soddisfare, in sede di sospensiva, non solo interessi oppositivi, ma anche interessi pretensivi (quanto meno quelli a soddisfazione preregolata ) (102), restando quindi esclusi, come posizioni sostanziali conoscibili, soltanto quegli interessi pretensivi per (99) C.d. S., A. P., 14 lugiio 197,g, n. 23. 000) C. CALABR, op. cit., p. 2024 SS. (101) E. FoLLIERI, Giudizio cautelare amministrativo e interessi tutelati, Milano, 1981, 46 ss. (102) E. FOLLIERI, op. loc. cit. 17 78 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO la cui soddisfazione 11Amministrazione conservi margini di discrezionalit in ordine all'an, al quomodo ed al quando. Il Consiglio di Stato d'altronde, ormai investito di una funzione moderatrice di un contenzioso di massa, ha in un certo senso avallato le tendenze espansive dei T.A.R. in materia di giudizio cautelare. Creando pretoriamente l'appello sulle sospensive esso si posto, infatti, in grado di filtrare l'operato del giudice di primo grado essenzialmente attraverso una valutazione dei profili giuridici della controversia. In definitiva, se vero che il processo amministrativo italiano molto spesso si risolve in sede di sospensiva, e cio in una sede di cognizione sul rapporto, ci non un paradosso ma piuttosto un sintomo della tendenza garantista che si fin qui delineata. Tirando le fila del discorso svolto in questo e nel precedente paragrafo sembra potersi concludere che la nostra giustizia amministrativa, attraverso il sinergico operare delle innovazioni normative, delle mutazioni sociologiche e delle evoluzioni giurisprudenziali cui si fatto cenno, vada. indirizzandosi, nella crisi di trasformazione in atto, verso 'una piena tutela delle situazioni sostanziali, con riparto di competenza giurisdizionale fra il giudice ordinario e un giudice amministrativo da esso diverso solo per specializzazione e fornito di poteri istruttori, cautelari e decisori atti a garantire il conseguimento del bene della vita ed operante, quanto meno tendenzialmente, in sede di giurisdizione esclusiva (103). Il sistema italiano, in presenza di una normativa costituzionale e successiva dichiaratamente volta a rafforzare il modello francese, sembra dunque avviato nell'attuale linea di tendenza legislativa e giurisprudenziale verso una soluzione di tipo tedesco, con una giustizia amministrativa omologa a quella civile e da questa distinta unicamente per diversit di materia giudicabile e non per disomogeneit di poteri, o di situazioni tutelate, o di reclutamento dei magistrati o di particolari connessioni con l'amministrazione. S -Il disegno di legge delega sul processo e la legge n. 241 del 1990. Tale linea di tendenza risulta confermata dal disegno di legge delega n. 788 del 1989 approvato dalla Prima Commissione Permanente della Camera dei Deputati. In via di larga approssimazione e di primo approccio si pu osservare che il disegno mira ad assicurare piena effettivit di tutela giurisdizionale nei confronti della p.a., attraverso un allargamento delle azioni ammissibili (segnatamente prevedendo un'azione simile all'azio (103) Cfr. G. BERTI, Momenti della trasformazione della giustizia amministrativa, .in Riv. trim. dir. pubbl., 1972, 1861. PARTE II, QUllSTIONl 79 ne di adempimento tipica dell'ordinamento tedesco) il perfezionamento dell'istrumentario cautelare e probatorio, il potenziamento dell'azione di ottemperanza, l'ampliamento delle ipotesi risarcitorie e la loro devoluzione al giudice amministrativo in una allargata sede di giurisdizione esclusiva, comprensiva della domanda di prestazioni pubbliche. Si tTatta in una parola, della processual-civilizzazione del processo amministrativo. quanto basta per soddisfare il pi esigente dei garantisti. Credo per che dal punto di vista realistico occorra chiedersi se l'aggravio di impegno che deriver dal nuovo processo sar sopportabile dalle attuali strutture della giustizia amministrativa e se i nobili principi ispiratori della riforma non siano destinati a restare una illusione illuministica, frustrata nella realt dalla lentezza esasperata dei processi. Chiedersi, in altre parole, se ancora una volta al legislatore italiano della riforma non dovr capitare di scoprire, come Candido, che quello in cui viviamo non il migliore dei mondi possibili. Perch se in qualunque campo ritardata giustizia equivale a denegata giustizia, ci soprattutto vero nel processo amministrativo che spesso non consente la soddisfazione per equivalente. Viene perci spontanea la domanda se molte delle soluzioni previste dalla legge sul processo non potrebbero pi economicamente realizzarsi attraverso una adeguata disciplina del procedimento e la domanda sembra tanto pi pertinente quando si consideri che coevo al disegno di legge sul processo era un disegno di legge sul procedimento, divenuto nel frattempo legge dello Stato (L. 7 agosto 1990, n. 241). noto infatti il principio di alternativit fra procedimento amministrativo e processo giurisdizionale: l'uno serve a compensare la incompletezza dell'altro, perch quanto migliore la tutela giurisdizionale, tanto meno necessaria una disciplina del procedimento, che deve essere invece formalizzato e processualizzato quando la tutela offerta dal giudice poca e meramente formale. Orbene, la legge 241/90 appena citata, appare estremamente avanzata, ispirata, com' al nuovo ruolo che il procedimento amministrativo gioca nella realt odierna. Esso non pi, infatti, come all'origine, concepito in funzione ser vente dell'atto che ne costituisce il prodotto (104) n (o non pi soltanto) come forma di esercizio dell'autorit -o sua epifania -per garantire il corretto svolgersi della funzione (105), ma costituisce ormai sostanza di organizzazione dell'azione pubblica, non pi sorretta dal (104) A. M. SANDULLI, Il procedimento amministrativo, Milano, 1940. (105) F. BENVENUTI, Funzione amministrativa, procedimento, processo, in Riv. Trim. dir. pubbl., 1950, 1. 80 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO principio di autorit ma regolata da quelli di pluralismo, consenso, partecipazione (106). Alla crisi di un princ1p10 di legalit (107) correlato all'esercizio di una pubblica funzione corrisponde infatti l'affermarsi di un principio consensuale che presiede all'erogazione di pubblici servizi nella nuova societ ispirata a principi consociativi e partecipativi (108). Di qui gli spazi concessi all'autonomia, al decentramento funzionale, alla partecipazione, in quella che se non una generalizzata fuga nel privato per sicuramente una fuga dall'autorit (109). Nel passaggio dallo stato di diritto allo stato sociale e da questo a quello postmoderno, l'azione amministrativa si estende fino a penetrare le pi intime connessioni del tessuto sociale, abbandonando il modulo provvedimentale per adottare quello normoproduttivo (110) (non di rado preceduto dalla contrattazione del contenuto della norma con le parti sociali), quello per indirizzi e quello per accordi (111). Orbene, se nell'utilizzazione del primo modulo la partecipazione risponde ad una scelta politica, nell'utilizzazione degli altri essa risponde, invece, ad una esigenza logica e funzionale, rappresentando il procedimento il luogo in cui si identificano gli interessi coinvolti, da apprezzare d'intesa con i loro portatori. La Tecentissima legge sul procedimento risponde pienamente a tutte le rapprtsentate esigenze della nuova societ, in quanto si discosta dalla linea tradizionale ancora di recente adottata in altri Paesi, abbando nando ogni contemplazione dell'atto amministrativo e dei suoi requisiti ed esaltando il momento partecipativo. Detta legge, informata ai principi di semplificazione, democraticit, partecipazione, ispirandosi ai sistemi pi avanzati in materia, fornisce cospicue garanzie agli amministrati, per i quali, attesa la completezza della tutela procedimentale, apparirebbe sufficiente presidio un processo amministrativo di tipo cassatorio che su di esso si innestasse come revisio prioris instantiae (si pensi, ad esempio, all'Austria ed agli U.S.A.). Di qui l'esigenza di coordinare con la legge sul procedimento il pro getto di legge sul processo al fine di evitare un eccesso di garantismo. G106) M. NIGRO, Procedimento amministrativo e tutela cit., 21 ss.; G. SANTA NIELLO, Il procedimento amministrativo: linee di sviluppo, in Dir. Proc. amm., 1985, 496. (107) N. BOBBIO, Giusnaturalismo e positivismo giuridico, Milano, 1972, 119 ss. (108) A. NoccELLI, op. oit., 1647; G. BERTI, Diritto e tSato: riflessioni sul cambiamento, Padova, 1986, 350 ss. (109) R. FEDERICI, op. cit., 111; A. NOCCELLI, op. cit., 1631 ss.; spec. 1654. (110) A. NOCCELLI, op. cit., 1644. (111) A. NIGRO, op. ult. cit., 38. PARTE II, QUESTONI Eccesso di garantismo che si risolverebbe in tutto danno dei principi ispiratori della legge sul procedimento (sollecitudine, semplicit, economia, partecipazione) che conferiscono ad esso connotati tipicamente giustiziali, secondo moduli cari agli ordinamenti di common law ed ormai in quelle sedi abbondantemente collaudati. Sono previsti infatti ampie facolt di intervento, piena garanzia del contraddittorio, un obbligo di dare notizia agli interessati dell'avvio del procedimento che configura quasi una informazione di garanzia. prevista la creazione di un responsabile del procedimento in veste di giudice istruttore, l'obbligo di concludere il procedimento con l'adozione di un provvedimento espresso, la possibilit di adottare misure cautelari, ed un obbligo generalizzato di motivazione. previsto, infine, un diritto di accesso assai ampio ai documenti all'amministrazione. Tale essendo la disciplina prevista sembra essenziale un coordinamento della tutela giurisdizionale con quella procedimentale che ne costituisce il presupposto, anche sotto il profilo della istruzione probatoria, al fine di evitare incongruenze e duplicazioni di tutela. Conclusivamente sembra, comunque, potersi osservare che attraverso il processo evolutivo legislativo e giurisprudenziale in fieri il sistema italiano di giustizia amministrativa appare avviato verso soluzioni pienamente garantistiche. Forse non azzardato augurarsi che l'ideale tanto a lungo perseguito di una piena giustizia nell'amministrazione (senza limitazioni per la prima e senza prevaricazioni per la seconda), diventi, prima del compiersi del millennio, equilibrata realt. IGNAZIO FRANCESCO CARAM:AZZA GIANNA MARIA DE SOCIO RASSEGNA DI LEGISLAZIONE I -NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI Codice civile, art. 274, primo camma, nella parte in cui, se si tratta di minore infrasedicenne, non prevede che l'azione promossa dal genitore esercente la potest sia ammessa solo quando sia ritenuta dal giudice rispondente all'interesse del figlio. Sentenza 20 luglio 1990, n. 341, G.U. 25 luglio 1990, n. 30. Codice civile, art. 565, riformato dall'art. 183 della legge 19 maggio 1975, n. 151, nella parte in cui, in mancanza di altri successibili all'infuori dello Stato, non prevede la successione legittima tra fratelli e sorelle naturali, dei quali sia legalmente accertato il rispettivo status di filiazione nei confronti del comune genitore. Sentenza 12 aprile 1990, n. 184, G.U. 18 aprile 1990, n. 16. Codice penale, art. 157, nella parte in cui non prevede che la prescrizione del reato possa essere rinunziata dall'imputato. Sentenza 31 maggio 1990, n. 275, G.U. 6 giugno 1990, n. 23. Codice di procedura penale del 1930, art. 589, terzo comma, nella parte in cui, nel caso previsto dall'art. 147, primo comma n. 1 del codice penale, attribuisce al Ministro di Grazia e Giustizia e non al Tribunale di sorveglianza, il potere di differire l'esecuzione della pena. Sentenza 31 maggio 1990, n. 274, G.U. 6 giugno 1990, n. 23. Codice di procedura penale del 1988, art. 444, secondo comma, nella parte in cui non prevede che, ai fini e nei limiti di cui all'art. 27, terzo comma, della Costituzione, il giudice possa valutare la congruit della pena indicata dalle parti, rigettando la richiesta in ipotesi di sfavorevole valutazione Sentenza 2 luglio 1990, n. 313, G.U. 4 luglio 1990, n. 27. Codice di procedura penale del 1988, art. 452, secondo comma, nella parte in cui non prevede che il pubblico ministero, quando non consente alla richiesta di trasformazione del giudizio direttissimo in giudizio abbreviato, debba enunciare le ragioni del suo dissenso e nella parte in cui non prevede che il giudice, quando, a giudizio direttissimo concluso, ritiene ingiustificato il dissenso del pubblico ministero, possa applicare all'imputato la riduzione di pena contemplata dall'art. 442, secondo comma, dello stesso codice. Sentenza 12 aprile 1990, n. 183, G.U. 18 aprile 1990, n. 16. 1111.,-,.,~ ! 83 PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE Codice di procedura penale del 1988, art. 684, nella parte in cui attribuisce al Ministro di Grazia e Giustizia e non al Tribunale di sorveglianza di provvedere al differimento della pena ai sensi dell'art. 147, primo comma, n. 1, del codice penale. Sentenza 31 maggio 1990, n. 274, G.U. 6 giugno 1990, n. 23. Codice penale militare di pace, art. 402, nella parte in cui attribuisce al Ministro da cui dipende il militare condannato e non al Tribunale militare di sorveglianza il potere di differire l'esecuzione della pena ai sensi del primo comma dell'art. 147, n. 1, del codice penale. Sentenza 31 maggio 1990, n. 274, G.U. 6 giugno 1990, n. 23. r.d. 30 ottobre 1930, n. 1731, artt. 1, 2, 3, 15, 16 [recte 17], 18, 19, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30, 56, 57, 58. Sentenza 25 maggio 1990, n. 259, G.U. 30 maggio 1990, n. 22. d.P.R. 27 ottobre 1953, n. 1067, art. 38. Sentenza 4 aprile 1990, n. 158, G.U. 11 aprile 1990, n. 15. legge 7 febbraio 1958, n. 88, art. 13, secondo comma, nella parte in cui prevede l'istituzione delle cattedre di educazione fisica distintamente in maschili, e femminili, e la conseguente loro copertura separatamente con docenti di sesso maschile e docenti di sesso femminile. Sentenza 8 maggio 1990, n. 225, G.U. 16 maggio 1990, n. 20. legge 4 febbraio 1966, n. 51, nella prte forte in cui non prevede, a carico dello Stato, un'equa indennit per il caso di danno derivante, al di fuori dell'ipotesi di cui all'art. 2043 e.e., da contagio o da altra apprezzabile malattia causalmente riconducibile alla vaccinazione obbligatoria antipoliomielitica, riportato dal bambino vaccinato o da altro soggetto a causa dell'assistenza personale diretta prestata al primo. Sentenza 22 giugno 1990, n. 307, G.U. 27 giugno 1990, n. 26. legge 22 luglio 1966, n. 613, art. 19, secondo comma, nella parte in cui non consente l'integrazione al minimo della pensione di riversibilit a carico della Gestione speciale commercianti nell'ipotesi di cumulo con pensione diretta a carico della Cassa per le pensioni ai dipendenti degli enti locali. Sentenza 12 aprile 1990, n. 182, G.U. 18 aprile 1990, n. 16. d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, art. 21, nella parte in cui non consente entro i limiti stabiliti dall'art. 2, n. 1; del d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, la sequestrabilit e pignorabilit per crediti alimentari dovuti per legge, dell'indennit di buonuscita erogata dall'Enpas. Sentenza 20 luglio 1990, n. 340, G.U. 25 luglio 1990, n. 30. 84 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 47-ter, primo comma, n. 1, cos come aggiunto dall'art. 13 della legge 10 ottobre 1986, n. 663, nella parte in cui non prevede che la detenzione domiciliare, concedibile alla madre di prole di et inferiore a tre anni con lei convivente, possa essere concessa, nelle stesse condizioni, anche al padre detenuto, qualora la madre sia deceduta o altrimenti assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole. Sentenza 13 aprile 1990, n. 215, G.U. 18 aprile 1990, n. 16. legge reg. Sicilia 30 marzo 1981, n. 37, art. 53, quinto comma. Sentenza 4 aprile 1990, n. 160, G.U. 11 aprile 1990, n. 15. d.l. 22 dicembre 1981, n. 791, art. 6, primo comma [convertito in legge 26 febbraio 1982, n. 54], nella parte in cui non prevede la sua applicazione agli autoferrotranvieri. Sentenza 8 maggio 1990, n. 226, G.U. 16 maggio 1990, n. 20. legge 20 ottobre 1982, n. 773, artt. 4, secondo comma, e 5, terzo comma, nella parte in cui, per il calcolo delle pensioni di inabilit e di invalidit, rinviano all'art. 2, quinto comma. Sentenza 15 maggio 1990, n. 243, G.U. 23 maggio 1990, n. 21. legge 7 dicembre 1984, n. 818, combinato disposto artt. 1, primo comma, e 5, primo comma. Sentenza 14 giugno 1990, n. 282, G.U. 20 giugno 1990, n. 25. legge reg. Piemonte 2 maggio 1986, n. 18, art. 15, terzo comma. Sentenza 22 giugno 1990, n. 309, G.U. 27 giugno 1990, n. 26. legge 25 febbraio 1987, n. 67, art. 3, terzo comma. Sentenza 4 aprile 1990, n. 155, G.U. 11 aprile 1990, n. 15. legge reg. Toscana riapprovata il 18 luglio 1989. Sentenza 4 aprile 1990, n. 154, G.U. 11 aprile 1990, n. 15. d.l. 30 settembre 1989, n. 332, art. 4-bis, primo comma [conv. in legge 27 novembre 1989, n. 384], nella parte in cui non dispone che spetta alla Regione siciliana il provento, derivante dall'aumento delle tasse automobilistiche previsto nello stesso articolo, per un ammontare pari alla quota del gettito ri scosso nell'ambito del territorio siciliano. Sentenza 25 maggio 1990, n. 260, G.U. 30 maggio 1990, n. 22. legge reg. Piemonte riapprovata il 5 ottobre 1989. Sentenza 4 aprile 1990, n. 157, G.U. 11 aprile 1990, n. 15. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 8J d.l. 9 ottobre 1989, n. 338, art. 8, secondo, terzo e quarto comma [convertito in legge 7 dicembre 1989, n. 389]. Sentenza 8 luglio 1990, n. 314, G.U. 11 luglio 1990, n. 28. legge reg. Abruzzo approvata il 29 luglio 1989 e riapprovata il 17 ottobre 1989. Sentenza 12 aprile 1990, n. 181, G.U. 18 aprile 1990, n. 16. legge reg. Umbria riapprovata il 6 novembre 1989. Sentenza 4 aprile 1990, n. 156, G.U. 11 aprile 1990, n. 15. legge reg. Puglia approvata 1'8 novembre 1989, articolo unico, primo com ma, recante Norme di interpretazione autentica dell'art. 37 della legge regio nale 9 maggio 1984, n. 26 . Sentenza 15 maggio 1990, n. 240, G.U. 23 maggio 1990, n. 21. legge reg. Abruzzo riapprovata il 14 novembre 1989. Sentenza 4 aprile 1990, n. 159, G.U. 11 aprile 1990, n. 15. legge reg. Liguria riapprovata il 15 novembre 1989. Sentenza 22 giugno 1990, n. 308, G.U. 27 giugno 1990, n. 26. legge reg. Sardegna riapprovata il 6 dicembre 1989, artt. 1, 2, 3, 4 e 6. Sentenza 4 aprile 1990, n. 161, G.U. 11 aprile 1990, n. 15. d.l. 28 dicembre 1989, n. 415, art. 17, terzo comma [conv. in legge 28 febbraio 1990, n. 38], nella parte in cui prevede che il residuo importo del fondo comune ivi indicato sar ripartito ed erogato con i criteri che all'uopo verranno fissati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Sentenza 31 luglio 1990, n. 382, G.U. 8 agosto 1990, n. 32. legge reg. Lazio approvata il 16 luglio 1987 e riapprovata il 31 gennaio 1990. Sentenza 20 luglio 1990, n. 339, G.U. 25 luglio 1990, n. 30. legge reg. Basilicata riapprovata il 13 febbraio 1990. Sentenza 19 giugno 1990, n. 295, G.U. 27 giugno 1990, n. 26. legge reg. Umbria riapprovata il 26 febbraio 1990. Sentenza 15 giugno 1990, n. 294, G.U. 20 giugno 1990, n. 25. legge reg. Puglia riapprovata il 5 marzo 1990, art. 1, primo comma. Sentenza 20. luglio 1990, n. 342, G.U. 25 luglio 1990, n. 30. 86 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO legge reg. Molise riapprovata il 6 marzo 1990. Sentenza 25 luglio 1990, n. 368, G.U. 1 agosto 1990, n. 31. legge reg. Piemonte riapprovata il 21 marzo 1990. Sentenza 31 luglio 1990, n. 380, G.U. 8 agosto 1990, n. 32. II QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE Codice civile, art. 273, primo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 20 luglio 1990, n. 341, G.U. 25 luglio 1990, n. 30. Codice di procedura penale, art. 28 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 24 luglio 1990, n. 366, G.U. 1 agosto 1990, n. 31. Codice di procedura penale del 1930, art. 152, secondo comma (artt. 3, 24 e 27 della Costituzione). Sentenza 31 maggio 1990, n. 275, G.U. 6 giugno 1990, n. 23. Codice di procedura penale del 1930, art. 192, terzo comma [come sostituito dall'art. 2 della legge 23 gennaio 1989, u. 22] (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 5 luglio 1990, n. 315, G.U. 11 luglio 1990, n. 28. Codice di procedura penale del 1988, art. 415, secondo comma (artt. 3 e 112 della Costituzione). Sentenza 31 luglio 1990, n. 409, G.U. 8 agosto 1990, n. 32. Codice di procedura penale del 1988, artt. 442, secondo comma, e 561, terzo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 14 giugno 1990, n. 284, G.U. 20 giugno 1990, n. 25. Codice di procedura penale del 1988, art. 453 (artt. 3, 24, 76 e 112 della Costituzione). Sentenza 20 luglio 1990, n. 349, G.U. 1 agosto 1990, n. 31. Codice di procedura penale del 1988, art. 560, secondo comma (art. 112 della Costituzione). Sentenza 14 giugno 1990, n. 284 G.U. 20 giugno 1990, n. 25. . ! PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE Codice penale militare di pace, artt. 228, secondo comma, e 198 (artt. 2, 3, 27 e 52 della Costituzione). Sentenza 31 maggio 1990, n. 278, G.U. 6 giugno 1990, n. 23. r.d. 31 agosto 1933, n. 1592, art. 217 (artt. 3, 33, 5 e 128 della Costituzione). Sentenza 14 giugno 1990, n. 283, G. U. 20 giugno 1990, n. 25. r.d. 27 ottobre 1935, n. 2153, art. 17 (artt. 3, 33, 5 e 128 della Costituzione). Sentenza 14 giugno 1990, n. 283, G. V. 20 giugno 1990, n. 25. r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 72 (artt. 76, 107 e 112 della Costituzione). Sentenza 13 luglio 1990, n. 333, G. V. 25 luglio 1990, n. 30. legge 22 aprile 1941, n. 633, art. 180 (artt. 3, 23 e 41 della Costituzione). Sentenza 15 maggio 1990, n. 241, G. U. 23 maggio 1990, n. 21. d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 97, secondo, terzo e quarto comma (artt. 3 e 97 della Costituzione). Sentenza 25 maggio 1990, n. 264, G. U. 30 maggio 1990, n. 22. legge 27 novembre 1960, n. 1397, art. 36, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 4 aprile 1990, n. 165, G. U. 18 aprile 1990, n. 16. legge 11 febbraio 1971, n. 50, art. 39, primo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 12 aprile 1990, n. 192, G.U. 24 aprile 1990, n. 17. legge 12 giugno 1973, n. 349, art. 12 (rectuis: dell'art. 3 della legge 12 febbraio 1955, n. 77, come modificato dall'art. 12 della legge 12 giugno 1973, n. 349) (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 5 luglio 1990, n. 317, G. U. 11 luglio 1990, n. 28. d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, artt. 15, primo comma, e 56 (art. 76 della Costituzione). Sentenza 12 aprile 1990, n. 193, G. U. 24 aprile 1990, n. 17. legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 14-ter, terzo comma [introdotto dall'art. 2 della legge 10 ottobre 1986, n. 663] (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 12 aprile 1990, n. 188, G. U. 24 aprile 1990, n. 17. 88 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 53-bis [introdotto dall'art. 17 della legge 10 ottobre 1986, n. 663] (artt. 3 e 13 della Costituzione). Sentenza 12 aprile 1990, n. _188, G. U. 24 aprile 1990, n .. 17, legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 54, primo comma (artt. 3 e 27 della Costi tuzione). Sentenza 31 maggio 1990, n. 276, G. U. 6 giugno 1990, n. 23. legge 10 maggio 1976, n. 319, art. 15, settimo comma (artt. 24 e 3 della Costituzione). Sentenza 13 luglio 1990, n. 330, G. U. 25 luglio 1990, n. 30. d.l. 23 dicembre 1976, n. 857, art. 11, terzo e quarto comma [convertito in legge 26 febbraio 1977, n. 39] (artt. 23 e 41 della Costituzione). Sentenza 5 luglio 1990, n. 316, G. U. 11 luglio 1990, n. 28. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 39, primo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 8 maggio 1990, n. 228, G. U. 16 maggio 1990, n. 20. d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, art. 29, secondo comma (art. 36 della Co stituzione). Sentenza 19 giugno 1990, n. 296, G. U. 27 giugno 1990, n. 26. legge 19 febbraio 1981, n. 27, art. 3 (artt. 3 e 27 della Costituzione). Sentenza 8 maggio 1990, n. 238, G. U. 16 maggio 1990, n. 20. legge 1 aprile 1981, n. 121, art. 43, sedicesimo e diciassettesimo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 12 aprile 1990, n. 191, G. U. 24 aprile 1990, n. 17. d.l. 29 gennaio 1983, n. 17, art. 10, quinto comma [convertito in legge 25 marzo 1983, n. 79] (artt. 31, 36 e 37 della Costituzione). Sentenza 13 luglio 1990, n. 329, G. U. 25 luglio 1990, n. 30. legge 2 maggio 1983, n. 175, art. 2 (artt. 3 e 38 della Costituzione). Sentenza 15 maggio 1990, n. 244, G. U. 23 maggio 1990, n. 21. d.l. 12 settembre 1983, n. 463, art. 13, terzo comma [convertito in legge 11 novembre 1983, n. 638] (artt. 3, 32, 36, 38 e 102 della Costituzione). Sentenza 19 giugno 1990, n. 297, G. U. 27 giugno 1990,. n. 26. 89 PARTE Il, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE d.L 12 settembre 1983, n. 463, art. 23, terzo comma [convertito in legge 11 novembre 1983, n. 638] (artt. 3 e 36 della Costituzione). Sentenza 4 aprile 1990, n. 163, G.U. 18 aprile 1990, n. 16. legge 27 dicembre 1983, n. 730, art. 21, undicesimo comma (artt. 31, 36 e 37 della Costituzione). Sentenza 13 luglio 1990, n. 329, G. U. 25 luglio 1990, n. 30. legge 20 marzo 1984, n. 34, art. 2, quinto comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 12 aprile 1990, n. 191, G. U. 24 aprile 1990, n. 17. legge 15 apnle 1985; n. 140,. art. 6 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 12 aprile 1990, n. 185, G. U. 24 aprile 1990, n. 17. legge 23 luglio 1985, n. 372, art. 5, quinto comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 19 aprile 1990, n. 216, G. U. 24 aprile 1990, n. 17. legge 16 dicembre 1985, n. 752, art. 3 e legge reg. Umbria 3 novembre 1987, n. 47, artt. 2 e 6 (art. 42 e 117 della Costituzione). Sentenza 13 luglio 1990, n. 328, G. U. 25 luglio 1990, n. 30. legge prov. di Trento 28 luglio 1986, n. 20, art. 2, primo e secondo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 13 luglio 1990, n. 331, G. U. 25 luglio 1990, n. 30. legge reg. Umbria 3 novembre 1987, n. 47, artt. 2 e 6 e legge 16 dicembre 1985, n. 752, art. 3 (artt. 42 e 117 della Costituzione). Sentenza 13 luglio 1990, n. 328, G. U. 25 luglio 1990, n. 30. legge prov. Trento 9 novembre 1987, n. 26, art. 9, terzo comma (art. 42, terzo comma della Costituzione). Sentenza 20 luglio 1990, n. 344, G. U. 25 luglio 1990, n. 30. legge 21 marzo 1988, n. 93, art. 1, secondo comma (artt. 3 e 97 della Costi tuzione. Sentenza 14 giugno 1990, n. 286, G. U. 20 giugno 1990, n. 25. d.l. 3 maggio 1988, n. 140, artt. 11 e 17, primo comma [convertito in legge 4 luglio 1988, n. 246] (art. 3 della Costituzione). Sentenza 12 aprile 1990, n. 190, G. U. 24 aprile 1990, n. 17. 90 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d.l. 6 agosto 1988, n. 323, art. 8-bis [convertito in legge 6 ottobre 1988, n. 426] (art. 3 della Costituzione). Sentenza 12 aprile 1990, n. 190, G. U. 24 aprile 1990, n. 17. legge 27 ottobre 1988, n. 458, art. 3, primo comma (art. 42, secondo e terzo comma, della Costituzione). Sentenza 31 luglio 1990, n. 384, G. U. 8 agosto 1990, n. 32. d.lgs. 23 novembre 1988, n. 509, artt. 6 e 8 (artt. 3 e 76 della Costituzione). Sentenza 14 giugno 1990, n. 286, G. U. 20 giugno 1990, n. 25. legge 29 dicembre 1988, n. 554, art. 1, settimo comma (artt. 3 e 97 della Costituzione). Sentenza 12 aprile 1990, n. 194, G. U. 24 aprile 1990, n. 17. legge 29 dicembre 1988, n. 554, art. 1, settimo comma (artt. 3 e 97 della Costituzione). Sentenza 19 giugno 1990, n. 298, G. U. 27 giugno 1990, n. 26. legge 9 marzo 1989, n. 88, art. 52, secondo comma (artt. 3 e 38, secondo comma). Sentenza 31 luglio 1990, n. 383, G. U. 8 agosto 1990, n. 32. legge 5 giugno 1989, n. 219, art. 3, secondo comma (legge costit. 16 gennaio 1989, n. 1, art. 9, quarto comma). Sentenza 25 maggio 1990, n. 265, G. U. 30 maggio 1990 n. 22. d.lgs. 28 luglio 1989, n. 271, art. 162, secondo comma (artt. 76, 107 e 112 della Costituzione). Sentenza 13 luglio 1990, n. 333, G. U. 25 luglio 1990, n. 30. d.lgs. 28 luglio 1989, n. 271, art. 247 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 31 maggio 1990, n. 277, G. U. 6 giugno 1990, n. 23. d.lgs. 6 settembre 1989, n. 322, art. 3, terzo comma (artt. 4, nn. 7 e 8; 5, n. 1, e 16 dello statuto reg. Trentino-Alto Adige). Sentenza 26 marzo 1990, n. 139, G. U. 4 aprile 1990, n. 14. d.lgs. 6 settembre, 1989, n. 322, art. 3, quarto comma (artt. 117 e 118 della Costituzione). Sentenza 26 marzo 1990, n. 139, G. U. 4 aprile 1990, n. 14. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE d.lgs. 6 settembre 1989, n. 322, art. 3, quinto comma (artt. 117 e 118 della Costituzione). Sentenza 26 marzo 1990, n. 139, G. U. 4 aprile 1990, n. 14. d.lgs. 6 settembre 1989, n. 322, art.5, primo comma (artt. 4, 5 e 16 dello statuto spec. reg. Trentino-Alto Adige). Sentenza 26 marzo 1990, n. 139, G. U. 4 aprile 1990, n. 14. d.lgs. 6 settembre 1989, n. 322, art. 5, secondo comma (artt. 117 e 118 della Costituzione). Sentenza 26 marzo 1990, n. 139, G. U. 4 aprile 1990, n. 14. dJgs. 6 settembre 1989, n. 322, art. 9, secondo comma (artt. 117 e 118 della Costituzione). Sentenza 26 marzo 1990, n. 139, G. U. 4 aprile 1990, n. 14. d.lgs. 6 settembre 1989, n. 322, art. 13, terzo e quarto comma (artt. 117 e 118 della Costituzione). Sentenza 26 marzo 1990, n. 139, G. U. 4 aprile 1990, n. 14. d.lgs. 6 settembre 1989, n. 322, art. 15, primo comma, lett. d) (artt. 117 e 118 della Costituzione). Sentenza 26 marzo 1990, n. 139, G. U. 4 aprile 1990, n. 14. d.lgs. 6 settembre 1989, n. 322, art. 17, secondo comma (artt. 117 e 118 della Costituzione). Sentenza 26 marzo 1990, n. 139, G. U. 4 aprile 1990, n. 14. d.lgs. 6 settembre 1989, n. 322, art. 21, lett. a) e b) (artt. 117 e 118 della Costituzione). Sentenza 26 marzo 1990, n. 139, G. U. 4 aprile 1990, n. 14. d.lgs. 6 settembre 1989, n. 322, ,art. 21, lett. c) (artt. 8, 9 e 16 dello statuto spec. Trentino-Alto Adige). Sentenza 26 marzo 1990, n. 139, G. U. 4 aprile 1990, n. 14. d.lgs. 6 settembre 1989, n. 322, combinato disposto artt. 21, lett. c), 3, quinto comma, e 17, sesto comma (artt. 4, nn. 1, 7 e 8; 5, n. l, e 16 dello statuto spec. reg. Trentino Alto-Adige). Sentenza 26 marzo 1990, n. 139, G. U. 4 aprile 1990, n. 14. d.lgs. 6 settembre 1989, n. 322, combinato disposto art. 21, lett. c), 17, sesto comma, e 15, primo comma (artt. 117 e 118 della Costituzione). Sentenza 26 marzo 1990, n. 139, G. U. 4 aprile 1990, n. 14, 92 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d.lgs. 6 settembre 1989,, n. 322, art. 26, primo comma (artt. 8, 9 e 16; e 4, nn. 1 7 e 8; 5, n. 1, e 16 dello statuto spec. reg. Trentino Alto-Adige). Sentenza 26 marzo 1990, n. 139, G. U. 4 aprile 1990, n. 14. d.lgs. 6 settembre 1989, n. 322, art. 26, terzo comma (artt. 119 e 81, quarto comma, della Costituzione). Sentenza 26 marzo 1990, n. 139, G. U. 4 aprile 1990, n. 14. legge reg. Molise riapprovata il 2 ottobre 1989, art. 1, commi primo e terzo (art. 123 e 130 della Costituzione e 49 statuto reg. Molise). Sentenza 4 aprile 1990, n. 164, G. U. 18 aprile 1990, n. 16. legge reg. Liguria riapprovata il 4 ottobre 1989, art. 4 (artt. 3, 51, 97 e 117 della Costituzione). Sentenza 12 aprile 1990, n. 187, G. U. 24 aprile 1990, n. 17. d.I. 9 ottobre 1989, n. 338, art. 8, primo comma [convertito in legge 7 dicembre 1989, n. 389] (artt. 117, 118 e 119 della Costituzione). Sentenza 8 luglio 1990, n. 314, G. U. 11 luglio 1990, n. 28. legge 10 ottobre 1989, n. 349, artt. 1, primo comma, 3, primo comma, lett. b), nn. 1 e 6, lett. f) e lett. h), e 7 (artt. 52 e 107 dello statuto speciale per il Trentino- Alto Adige). Sentenza 4 maggio 1990, n. 224, G. U. 9 maggio 1990, n. 19. legge 10 ottobre 1989, n. 349, art. 3, primo comma, lett. b), n. 1 (artt. 89 e 100 dello statuto reg. Trentino-Alto Adige). Sentenza 4 maggio 1990, n. 224, G. U. 9 maggio 1990, n. 19. legge 10 ottobre 1989, n. 349, art. 3, primo comma, lett. b), n. 6 (art. 89, quinto comma dello statuto speciale Trentino-Alto Adige). Sentenza 4 maggio 1990, n. 224, G. U. 9 maggio 1990, n. 19. legge 10 ottobre 1989, n. 349, art. 3, primo comma, lettera f) (artt. 89 e 100 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige). Sentenza 4 maggio 1990, n. 224, G. U. 9 maggio 1990, n. 19. legge 10 ottobre 1989, n. 349, art. 3, primo comma, lett. h) (artt. 89 e 100 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige). Sentenza 4 maggio 1990, n. 224, G. U. 9 maggio 1990, n. 19. legge reg. Calabria riapprovata il 18 ottobre 1989 (artt. 3 e 117 della Costituzione). Sentenza 12 aprile 1990, n. 186, G. U. 24 aprile 1990, n. 17. "PARTE II; RASSEGNA DI LEGISLAZIONE d.I; 6 novembre 1989, n. 357 [conv. in legge 27 dicembre 1989, n. 417] (art. 52, quarto comma, dello statuto spec. Trentino-Alto Adige). Sentenza 20 luglio 1990, n. 343, G. U. 25 luglio 1990, n. 30. d.l. 6 novembre 1989, n. 357, art. 1 [conv. in legge 27 dicembre 1989, n. 417] (artt. 8, nn. 4, 26 e 27, 9, n. 2, 16, primo comma, 19, 87, 89, 100, 102 e 107 delio statuto spec. Trentino-Alto Adige). Sentenza 20 luglio 1990, n. 343, G. U. 25 luglio 1990, n. 30. d.l. 6 novembre 1989, n. 357, art. 1, 2, 3, 8, 9, 10, 11, 12, 15, 23, 25 e 28 [conv. in legge 27 dicembre 1989, n. 417] (artt. 8, nn. 4; 26 e 27, 9, n. 2, 16, primo comma, 19, 87, 89, 100, 102 e 107 dello statuto spec. Trentino-Alto Adige). Sentenza 20 luglio 1990, n. 343, G. U. 25 luglio 1990, n. 30. d.l. 6 novembre 1989, n. 357, art. 2, venticinquesimo comma [conv. in legge 27 dicembre 1989, n. 417] (artt. 8, nn. 4 e 27, 9, n. 2, e 16, primo comma, dello statuto spec. Trentino-Alto Adige). Sentenza 20 luglio 1990, n. 343, G. U. 25 luglio 1990, n. 30. d.l. 6 novembre 1989, n. 357, art. 4 [conv. in legge 27 dicembre 1989, n. 417] (artt. 8, nn. 4, 26 e 27, 9, n. 2, 16, primo comma, 19, 87, 89, 100, 102 e 107 dello statuto spec. Trentino-Alto Adige). Sentenza 20 luglio 1990, n. 343, G. U. 25 luglio 1990, n. 30. d.l. 6 novembre 1989, n. 357, artt. 4, 8, 13 e 15 [conv. in legge 27 dicembre 1989, n. 417] (artt. 8, nn. 4, 26 e 27, 9, n. 2, 16, primo comma, 19, 87, 89, 100, 102 e 107 dello statuto spec. Trentino-Alto Adige). Sentenza 20 luglio 1990, n. 343, G. U. 25 luglio 1990, n. 30. d.l. 6 novembre 1989, n. 357, artt. 5 e 20 [conv. in legge 27 dicembre 1989, n. 417] (artt. 8, nn. 4, 26 e 27, 9, n. 2, 16, primo comma, 19, 87, 89, 100, 102 e 107 dello statuto spec. Trentino-Alto Adige). Sentenza 20 luglio 1990, n. 343, G. U. 25 luglio 1990, n. 30. legge reg. EmiliaRomagna, approvata 1'8 giugno 1989 e riapprovata il 9 novembre. 1989 (art. 117 della Costituzione). Sentenza 25 maggio 1990, n. 261, G. U. 30 maggio 1990, n. 22. legge reg. Puglia approvata 1'8 novembre 1989, articolo unico, secondo comma (art. 117 della Costituzione). Sentenza 15 maggio 1990; n. -240, G. U. 23 maggio 1990, n. 21. legge reg. Sardegna riapprovata il 6 dicembre 1989 (art. 3 e 5 dello Statuto reg. Sardegna). Sentenza 8 maggio 1990, n. 227, G. U. 16 maggio 1990, n. 20. 94 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO legge reg. Sardegna riapprovata il 6 dicembre 1989, art. 5 (art. 97 della Costituzione). Sentenza 4 aprile 1990, n. 161, G. U. 11 aprile 1990, n. 15. legge reg. Toscana riapprovata il 7 dicembre 1989, art. 2 (artt. 51, 97 e 117 della Costituzione). Sentenza 12 aprile 1990, n. 187, G. U. 24 aprile 1990, n. 17. d.I. 28 dicembre 1989, n. 415, art. 2, comma primo bis [convertito in legge 28 febbraio. 1990, n. 38] (art. 117 della Costituzione). Sentenza 31 luglio 1990, n. 382, G. U. 8 agosto 1990, n. 32. d.l. 28 dicembre 1989, n. 415, art. 17 (escluso terzo comma) [convertito in legge 28 febbraio 1990, n. 38] (art. 119 della Costituzione). Sentenza 31 luglio 1990, n. 382, G. U. 8 agosto 1990, n. 32. d.I. 28 dicembre 1989, n. 415, artt. 18, 19 e 20 [conv. in legge 28 febbraio 1990, n. 38] (art. 53 della Costituzione e art. 38 statuto reg. siciliana). Sentenza 31 luglio 1990, n. 381, G. U. 8 agosto 1990, n. 32. d.l. 28 dicembre 1989, n. 415, art. 18, primo comma, primo periodo, e art. 20 [conv. in legge 28 febbraio 1990, n. 38] (artt. 3, 32, 81, 97, 116 e 119 della Costituzione). Sentenza 31 luglio 1990, n. 381, G. U. 8 agosto 1990, n. 32. d.l. 28 dicembre 1989, n. 415, art. 18, primo comma, secondo e terzo periodo [conv. in legge 28 febbraio 1990, n. 38] (art. 8, n. 18, statuto Trentino; art. 3 lett. g) statuto reg. Sardegna, art. 17 statuto reg. Sicilia; art. 2, lett. h) statuto reg. Valle d'Aosta; art. 4, n. 11, statuto reg. Friuli). Sentenza 31 luglio 1990, n. 381, G. U. 8 agosto 1990, n. 32. d.l. 28 dicembre 1989, n. 415, artt. 18, 19 e 20 [conv. in legge 28 febbraio 1990, n. 38] (artt. 40, 52 statuto spec. reg. Trentino; art. 44 statuto spec. reg. Valle d'Aosta; art. 47 statuto spec. reg. Sardegna e art. 44 statuto reg. Friuli). Sentenza 31 luglio 1990, n. 381, G. U. 8 agosto 1990, n. 32. d.I. 28 dicembre 1989, n. 415, artt. 18, 19 e 20 [conv. in legge 28 febbraio 1990, n. 38] (artt. 8, 9, 10 e 16 statuto reg. Trentino; artt. 3, 4, 5 e 6 e titolo III (artt. 7, 14) statuto reg. Sardegna; art. 17 statuto reg. Sicilia; artt. 2, 3 e 4 e titolo III statuto reg. Valle d'Aosta; artt. 4, 5, 6, 7, 8 e titolo VI statuto reg. Friuli; artt. 81 e 119 della Costituzione). Sentenza 31 luglio 1990, n. 381, G. U. 8 agosto 1990, n. 32. 1:\ ~ Il ,E;: ~ ....,...,.....l~la:.. PARTB Il, RASSEGNA DI LBGISLAZIONE 9J d.l. 28 dicembre 1989, n. 415, art. 19 [conv. in legge 28 febbraio 1990, n. 38] (artt. 3, 32, 97 e 116 della Costituzione). Sentenza 3il luglio 1990, n. 381, G. U. 8 agosto 1990, n. 32. d.l. 28 dicembre 1989, n. 415, art. 19 [conv. in legge 28 febbraio 1990, n. 38] (artt. 3, 32 e 116 della Costituzione). Sentenza 31 luglio 1990, n. 381, G. U. 8 agosto 1990, n. 32. dJ. 28 dicembre 1989, n. 415, art. 19 [conv. in legge 28 febbraio 1990, n. 38] (art. 5 1. 30 novembre 1989, n. 386). Sentenza 31 luglio 1990, n. 381, G. U. 8 agosto 1990, n. 32. d.l. 28 dicembre 1989, n. 415, art. 20, lett. a) [conv. in legge 28 febbraio 1990, n. 38] (artt. 3, 32, 81, 97, 116 e 119 della Costituzione). Sentenza 31 luglio 1990, n. 381, G. U. 8 agosto 1990, n. 32. d.l. 28 dicembre 1989, n. 415, art. 25, quinto comma, terzo periodo [convertito in legge 28 febbraio 1990, n. 38] (artt. 117 e 118 della Costituzione). Sentenza 31 luglio 1990, n. 382, G. U. 8 agosto 1990, n. 32. d.l. 28 dicembre 1989, n. 415, art. 25, quinto comma, quarto periodo [conver tito in legge 28 febbraio 1990, n. 38] (art. 117 della Costituzione). Sentenza 31 luglio 1990, n. 382, G. U. 8 agosto 1990, n. 32. legge 4 gennaio 1990, n. 1, artt. 3, primo comma, 6, secondo, terzo e quarto comma, 8, quinto e sesto comma (artt. 3, 97, 117 e 118 della Costituzione). Sentenza 15 maggio 1990, n. 245, G. U. 23 maggio 1990, n. 21. legge reg. Abruzzo riapprovata il 6 febbraio 1990, art. 3 (art. 119 della Costituzione). Sentenza 22 giugno 1990, n. 310, G. U. 27 giugno 1990, n. 26. legge reg. Lazio riapprovata il 14 febbraio 1990, art. 5 (art. 121 della Costi tuzione). Senenza 22 giugno 1990, n. 311, G. U. 27 giugno 1990, n. 26. legge reg. Toscana riapprovata il 27 febbraio 1990 (art. 117 della Costituzione). Sentenza 13 luglio 1990, n. 332, G. U. 25 luglio 1990, n. 30. legge reg. Puglia approvata il 29 luglio 1987 e riapprovata il 5 marzo 1990 (artt. 97 e 117 della Costituzione). Sentenza 20 luglio 1990, n. 347, G. U. 1 agosto 1990, n. 31. 96 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge reg. Piemonte approvata il 13 marzo 1990, artt. 1, 4, 6, 7, 8, 9 e 10 (artt. 117 e 121 della Costituzione). Sentenza 20 luglio 1990, n. 347, G. U. 1 agosto 1990, n. 31. legge reg. Emilia-Romagna riapprovata il 19 marzo 1990, art. 3, primo e quarto comma (art. 97, primo comma, della Costituzione). Sentenza 25 luglio 1990, n. 369, G. U. 1 agosto 1990, n. 31. legge reg. Sicilia approvata il 5 aprile 1990 (artt. 5, 115 e 116 della Costituzione e 14, 15 e 28. dello Statuto spec. reg. siciliana). Sentenza 24 luglio 1990, n. 365, G. U. 1 agosto 1990, n. 31. CONSULTAZIONI ACQUE -Concessione per scopi idroelettrici -Rinnovo -Diniego -Se e quando sia possibile. Se l'Amministrazione dei Lavori Pubblici, sulla domanda presentata dall'ENEL (subentrato a precedente concessionario) per ottenere il rinnovo di concessioIJ1e di acque per scopi idroelettrici, sia vincolata al rilascio del titolo concessorio, ovvero possa apporre limiti od anche opporre un diniego derivante da una diversa valutazione del pubblico interesse (es. 8392/85). ASSICURAZIONE -Autorizzazione all'esercizio per pi rami -Mancato ini zio dell'attivit per uno di essi -Decadenza -Se possa essere com minata. Se, nel caso di autorizzazione all'esercizio di attivit assicurativa in pi rami, possa essere dichiarata la decadenza dalla autorizzazione all'ese11cizio di un ramo nei confronti dell'impresa che, entro il termine annuale normativamente previsto, abbia iniziato ad esercitare l'attivit solo in alcuno tra essi (es. 10340/89). BENI -Beni culturali e ambientali -Citt di Venezia -Beni individuati in base alla legislazione speciale -Agevolazioni tributarie -Quando spettano. Se e quando spettino agevolazioni tributarie per beni che, senza essere vincolati ai sensi della 1. n. 1089/39, siano individuati, in base alla legislazione speciale per Venezia, in base al loro interesse monumentale, storico, artistico (es. 1254/88). CIRCOLAZIONE STRADALE -Segnaletica di esistenza di controsagome Onere di installazione -Su chi gravi. Se gravi sull'esercente della fierrovia ovvero sul proprietario della strada l'onere di installare la segnaletica stradale relativa alle c.d. controsagome in prossimit dei sovrapassi ferroviari e dei passaggi a livello (es. 4503/88). COMUNIT EUROPEE -Prelievi agricoli -Rimborso maggiori importi -Interessi legali -Decorrenza. Da quale data decorrano gli interessi legali da corrispondere agli operatori privati in occasione del rimborso dei maggiori prelievi, non pi dovuti ai sensi della legge n. 308/88 (es. 4~20/88)_. 98 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO DEMANIO -Beni aventi utilizzazione agricola o silvipastorale -Determinazione del canone -Se sia applicabile la disciplina dei contratti agrari. Se la disciplina per la determinazione legale del canone di affitto dei fondi rustici contenuta nella legislazione speciale si applichi anche ai beni demaniali o patrimoniali indisponibili per i quali persista la destinazione ad utilizzazione agricola o silvi-pastorale (es. 2311/84). DOGANA -Merci destinate ai Comandi NATO in Italia -Esecuzione dai diritti -Mancato arrivo a destinazione -Obbligazione doganale -Se ed in capo a quale soggetto sorga. Se, nel caso di mancato arrivo alla dogana di destinazione di prodotti importati in Italia in esenzione dai diritti doganali in quanto destinati ai Comandi militari NATO, l'esenzione sia ancora applicabile, ovvero se sorga -ed, in caso affermativo, in capo a quale soggetto -l'obbligo al pagamento del tributo (es. 10441/89). ESECUZIONE FORZATA -Pignoramento presso terzi -Dipendenti PP.TT. cessati dal servizio -Atto notificato all'Amministrazione PP.TT. e non all'Istituto Postelegrafonici -Esistenza o meno dell'obbligo di vincolare le somme e contenuto della dichiarazione di terzo. Se e quando sussista a carico dell'Amministrazione PP.TT. e/o dell'Istituto Postelegrafonici l'obbligo di vincolare le somme e di rendere dichiarazione di terzo positiva in caso di pignoramento presso terzi notificato alla prima relativamente a dipendenti cessati dal servizio (Pt. 715/89). IMPIEGO PUBBLICO -Stipendi, assegni e indennit -Dipendenti ISVAP Integrazione aggiunta di famiglia -Sua spettanza dopo l'entrata in vigore della legge n. 153/88. Se l' integrazione aggiunta di famiglia erogata dall'ISVAP ai propri dipendenti sia compatibile con la legge n. 153/88, che ha tassativamente precluso la possibilit che ai dipendenti pubblici siano erogati trattamenti similari rispetto all' assegno per il nucleo familiare da essa istituito (es. 8950/89). LOCAZIONE -Immobili adibiti ad uso diverso da quello abitativo -Canone . Aggiornamento -Se e quando spetta. Se, in quali casi e con quali modalit il locatore di immobile adibito ad uso diverso da quello abitativo possa richiedere al conduttore l'aggiornamento del canone (es. 6834/89). OBBLIGAZIONI (IN GENERALE) -Spese di giudizio . Interessi legali -Se siano dovuti dalla P.A. debitrice. Se ed in quali casi la pubblica Amministrazione debba corrispondere gli interessi legali sulle somme liquidate in un provvedimento giudiziale a titolo di spese legali (es. 9770/89). PARTE II, CONSULTAZIONI OPERE PUBBLICHE (APPALTO DI) Danni alle opere -Compenso Spettanza Dipendenza da forza maggiore Se rilevi a tal fine il furto. Se l'ipotesi di furto subito dall'appaltatore di opere pubbliche dia o meno luogo al diritto al compenso per danni alle opere previsto dall'art. 348 legge n. 2248/1865 (es. 9238/89). OPERE PUBBLICHE (APPALTO DI) . Revisione prezzi Interessi legali . Decorrenza. Da quale data decorrano gli interessi legali dovuti all'impresa appaltatiroe di opera pubblica sulle somme riconosciute come dovute a titolo di revisione prezzi in seguito ad accoglimento di ricorso ex art. 4 d.l. n. 1501/47 (es. 10966/89). PATRIMONIO DELLO STATO E DEGLI ENTI PUBBLICI Beni immobili gi occupati da linee ferroviarie Successiva dismissione delle stesse -Successione dell'Ente FF.SS. -Regime dei beni. Quale sia il regime dei beni immobili di propriet dell'Azienda Autonoma FF.SS. non pi destinati ad usi ferroviari al momento della nascita dell'Ente FF.SS. (es. 11061/89). POSTE E TELECOMUNICAZIONI -Apertura di conto corrente postale -Diniego Se sia ammissibile. Se l'Amministrazione PP.TT. possa opporre un diniego all'istanza di apertra di conto corrente postale da parte di un privato che non offra garanzie di correttezza e solvibilit (es. 1136/90). PUBBLICA AMMINISTRAZIONE . Contratti . Contratto di fornitura stipulato dall'Amministrazione PP.TT. -Accertata negligenza nell'esecuzione Possibilit o meno della temporanea sospensione della partecipazione alle gare. Se sia possibile da parte dell'Amministrazione PP.TT. disporre la sospensione temporanea dalla partecipazione alle gare, in luogo della esclusione definitiva prevista dall'art. 3 legge contabilit dello Stato, nei confronti della Ditta per la quale sfa stata accertata la negligente esecuzione di forniture (es. 4061/86). TRIBUTI ERARIALI DIRETTI -Rimborso . Diritto . Prescrizione . Se ed in quali ipotesi operi. Se ed in quali ipotesi si verifichi la prescrizione del diritto del contribuente al rimborso delle somme pagate in eccesso in ragione di errori materiali nelle dichiarazioni dei redditi; se, in particolare, il decorso del termine prescrizionale possa essere interrotto da atti compiuti dagli Uffici Finanziari (es. 4357/89). 100 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI -Imposta di bollo -Esenzione -Legge n. 689/81 Giudizio di opposizione a sequestro, ad ordinanza-ingiunzione e ad ordinanza di confisca -Atti defensionali -Spettanza. Se spetti l'esen.Zione dall'imposta di bollo per gli atti defensionali redatti nei giudizi di opposizione a sequestro, ad ordinanza-ingiunzione e ad ordinanza di confisca ex lege 689/81 (es. 3211/89). TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI -Imposta di successione -Assegno alimentare Se sia assimilabile ad un legato ovvero ad una passivit ereditaria. Se, nel caso di provvedimento giudiziale che faccia gravare sulla eredit un assegno mensile rivalutabile a favore del coniuge divorziato, detto onere debba.essere equiparato, ai fini tributari, ad un legato, ovvero ad una passivit ereditaria (es. 2643/89). TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI -IVA -Credito per rimborso accelerato -Garanzia fideiussoria -Cessione del credito -Se la garanzia debba estendersi alle somme rimborsate al cessionario. Se la garanzia prestata con polizza fideiussoria per consentire l'accelerato rimborso al contribuente di eccedenze di IVA si estenda alla restituzione delle somme pagate in seguito a oessione del credito a terzi (es. 4432/90). TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI -IVA -Elusione -Operatori nel settore agricolo -Regime normale -Recupero dell'imposta -Trasmigra_zione al regime forfettario -Quando esercitabile. TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI -IVA -Contratti agari -Soccida -Distinzione da altri contratti commutativi atipici. Se e quando gli operatori del settore agricolo, i quali abbiano inizialmente optato per il regime IVA normale, possano legittimamente optare per il regime forfettario, con conseguente duplice recupero dell'IVA a monte. Come si distinguano, ai fini tributari, il contratto tipico di soccida ed altri contratti commutativi atipici (es. 2618/88).