ANNO XIX -N. l GENNAIO -FEBBRAIO 1967 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO \ Pubblicazione bimestrale di servizio ROMA ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 196 7 ABBONAMENTI ANNo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . L. 5.000 UN NUMERO SEPARATO ........... 900 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA e/e postale 1/40500 Stampato in ltaUa -Printed in ltal~ Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 (6212115) Roma, 1967 , Istituto Poligrafico dello Stato P. V. - INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTffUZIONALE E INl'ERNA ZIONALE pag. Sezione seconda: GIURISMUDENZA SU QUESTIONI DI Gl 48 Sez. Un., 30 novembre 1966, n. 2811 . 54 Sez. I, 16 dicembre 1966, n. 2941 . 145 Sez. III, 3 gennaio 1967, n. 1 . . . 57 Sez. I, 7 gennaio 1967, n. 57 . . . 82 Sez. I, 7 gennaio 1967, n. 64 . . . . 85 Sez. Un., 12 gennaio 1967, n. 126 . > 86 Sez. I., 14 gennaio 1967, n. 141 . . 148 Sez. Un., 24 gennaio 1967, n. 211 . 154 Sez. Un., 24 gennaio 1967, n. 214 . 58 Sez. Un., 3 febbraio 1967, n. 305 . 61 Sez. III, 15 febbraio 1967, n. 384 . 95 Sez. I, 20 febbraio 1967, n. 415 . . . . . . . . . . . . . . 155 Sez. I, 25 febbraio 1967, n. 432 (in nota a Cass. 14 gennaio 1967, n. 141) . . . . . . . ....., .......... . 149 Sez. III, 25 febbraio 1967, n. 436 . . . . . . . . . . . . . 97 !fffF@E@@i!IM@@m@mmn;mmmrnrnr@IN@l11NfHl@lMWlNllf:~J%!%!!!?nwrnt@:M111MMiMWiMW@Ml@%illtllll@tmm XIV RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE D'APPELLO Napoli, Sez. I, 20 febbraio 1967, n. 315 . . . . . . . . . . TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE 28 gennaio 1967, n. 1 3 febbraio 1967, n. 2 LODI ARBITRALI 18 aprile 1966, n. 18 (Roma) . . . . . . . . . . . . . . . GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Ad. Plen., 7 novembre 1966, n. 22 . Ad. Plen., 21 dicembre 1966, n. 25 . Sez. IV, 29 settembre 1966, n. 602 . Sez. IV, 9 novembre 1966, n. 761 ... Sez. IV, 9 novembre 1966, n. 772 . . Sez. IV, 16 novembre 1966, n. 808 . Sez. IV, 14 dicembre 1966, n. 1051 . Sez. IV, 14 dicembre 1966, n. 1059 . Sez. IV, 30 dicembre 1966, n. 1094 . GIURISDIZIONI PENALI CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 23 marzo 1966, n. 5 . .'. Sez. III, 21 giugno 1966, n. 2567 . Sez. II, 15 luglio 1966, n. 918 . . Sez. III, 15 luglio 1966, n. 1464 . Sez. II, 25 agosto 1966, n. 547 ... Sez. II, 25 agosto 1966, n. 640 . . Sez. II, 31 agosto 1966, n. 2019 . Sez. II, 6 settembre 1966, n. 2255 . Sez. II, 1 ottobre 1966, .n 2811 . . pag. 98 pag. 160 165 169 pag. 110 111 112 114 114 116 116 117 118 pag. 174 176 180 185 186 187 190 191 192 SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA RASSEGNA DI DOTTRINA NIGRO M., Studi sulla funzione organizzatrice della Pubblica Amministrazione, Giuffr, Milano, 1966 . . . . . . . . . . pag. 1 DONATI D., Scritti di diritto pubblico, Vol. 2, CEDAM, Padova, 1966 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 BENNATI A., DI GLAMBATTISTA E., Il nuovo statuto e la carriera degli impiegati civili dello Stato -Legislazione, giurisprudenza, commento, Jovene, Napoli, 1967 . . . . . . 4 CARABBA E. F. -.ALESSANDRI R., Codice penale e codice di procedura penale, Ludus, Firenze, 1965 . . . . . . . . . . 4 BIANCHI C. M. -CANZIANI P. L., Codice veterinario e Raccolta delle circolari .in materia veterinaria, 3 vol., Giuffr, Milano, 1966 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 SEGNALAZIONI BATISTONI-FERRARA F., Imposte di trasferimento, decisioni di valutazione ed errores in procedendo, Foro it., 1966, I, 1127 pag. 5 CATELANI A., Sul fondamento del divieto di dedurre davanti al Consiglio di Stato in s. g., motivi di gravame non proposti nel precedente ricorso gerarchico, Foro amm., 1966, II, 122 6 FINOCCHIARO A., Competenza e poteri del giudice nella sospensione della esecuzione del lodo arbitrale, Giust. civ., 1966, I, 2069 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6 GIANNATTASW C., Il contenzioso elettorale dopo la sentenza 27 dicembre 1965, n. 93 della Corte Costituzionale, Giust. civ., 1966, I, 2091 . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 GAGLIARDI M., Ancora sulla impugnazione delle decisioni provinciali nelle controversie di valutazione in materia di imposte indirette, Giust. civ., 1966, I, 62 . . . . . . . . . , 8 GRECHI A., La Costituzione Italiana con la giurisprudenza della Corte Costituzionale, Noccioli, Firenze, 1965 . . . . . . 8 MANFELOTTO L., Sul termine per la proposizione della domanda riconvenzionale, Giur. it., 1966, I, 2, 54 . . , . . . . . . . 8 MERCATI A., Osservazioni in tema di determinazione della base imponibile nella enunciazione della societ di fatto, Giur. civ., 1966, II, 133 . , . . . . . . . . . . . . . . . 9 NASTI P., Trascrivibilit e tempo della trascrizione degli atti soggetti a controllo governativo, Foro amm., 1966, III, 198 9 PAJARDI P., Variazioni in tema di condanna della pubblica amministrazione alle spese processuali, Giur. it., 1966, I, 2, 661 10 SINAGRA L., Sul processo penale costituzionale, Ricerche Giuridiche, Roma, 1966, 82 . . . . . . .. . . . . . ... 10 mrU@f@ff@f~!iii:\1!\@@:~lif@@@\\Ifa\iiW~i@\mI@nEIWij@:'.'.:~:@:::~:~:wm:@::w:m=~~:~::::w=::;\=Tm'\:=::::;rn:wmmmmwt@K@mmmmmmmmr@i@@\WHmmi XV RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO RASSEGNA DI LEGISLAZIONE NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGLTTIMIT COSTITUZIONALE Norme dichiarate incostituzionali: XV RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO RASSEGNA DI LEGISLAZIONE NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGLTTIMIT COSTITUZIONALE Norme dichiarate incostituzionali: d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1032, art. unico . pag. 12 -Norme delle quali stata dichiarata non fondata la questione di legittimit costituzionale: codice di procedura penale, art. 392, primo comma 12 1. 24 dicembre 1928, n. 3134, art. 13 . . . . . 13 r. d. 12 luglio 1934, n. 1214, art. 7 . . . . . . 13 1. 11 marzo 1953, n. 87, art. 30, terzo comma . 13 1. ~eg. sic. 18 ottobre 1954, n. 37, art. 1 . 13 1. 30 dicembre 1962, n. 1859, artt. 4 e 9 . 13 1. 5 dicembre 1964, n. 1267, art. 1 . . . . 13 d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162 . . . . . 14 d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162, art. 108 . 14 1. reg. Friuli-Venezia Giulia appr. 11 marzo 19(l6 . 14 -Norme delle quali stato promosso giudizio di legittimit costituzionale . . . . . . . . . . . . 14 -Norme delle quali il gi.dizio di legittimit costituzionale stato definito con pronunce di estinzione, di inamm~ssibilit, di manifesta infondatezza o di restituzione degli atti al giudice di merito . . . . . . . . 22 INDICE DELLE CONSULTAZIONI Acque pubbliche . pag. 24 Aeronautica e aeromobile 24 Agricoltura 24 Appalto 24 Atti amministrativi 25 Bellezze artistiche e naturali 25 Circolazione stradale 25 Concorsi 25 Contabilit generale dello Stato 26 Costituzione 26 Demanio 26 Difesa dello Stato 27 (secondo l'ordine di materia) Edilizia economica e popolare pag. 27 Elettricit e elettrodotti 28 Espropriazione per p.u. 28 Impiego pubblico 29 Importazione ed esportazione 30 Imposta di registro 30 Imposta di ricchezza mobile 30 Imposte e tasse 30 Lavoro 31 Locazione di cose 31 Nave 31 !: Fmrrrmrmmrrmmmnnnim;nn1nm;::r@=1:w1m:rnw;;rnrwnrnwww:n:ttmt:t::mmf1r:rt=:'u:r:u:n:;:wrnm::rI@ml!!t:=wrn::r@rn1mtmt:ii INDICE Obbligazione e contratti . . . pag. 32 Opere pubbliche 32 Pensioni 32 Piani regolatori 32 Polizia . . . '. 33 Poste e telegrafi 33 Prescrizione 33 Professioni 34 NOTIZIARIO xvn Regioni ..... . pag. 34 Ricorsi amministrativi 34 Sequestro 34 Servit 34 Strade 35 Transazione 35 Trasporti . 35 Trattati e convenzioni internazionali 35 pag. 36 / PARTE PRIMA GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, 21 gennaio 1967, n. 1 -Pres. Ambrosini - Rel. Cassandro -Costa Albesi ed altri (avv. Giannini, Piccardi), Sacchetto (avv. Sorrentino) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Stato Ag~). Corte dei conti -Nomina a Consigliere di estranei alla Corte -Contrasto col principio dell'ammissione per concorso e con quello dell'indipendenza della magistratura -Esclusione. (Cost., art. 106, prno comma, 108, secondo comma, 100, terzo comma; t. u. 12 luglio 1934, n. 1214, art. 7; d. 1. 14 luglio 1945, n. 430, art. 2). Non fondata, sia con riferimento all'art. 106, primo comma, sia con riferimento agli artt. 108, secondo comma e 100 terzo comma, della Costituzione, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 7 t. u. della legge sulla Corte dei conti, che riserva al Governo la facolt di nomina a consigliere di detta Corte di persone estranee ad essa. Infatti, il principio dell'accesso per concorso, con le relative eccezioni, vale solo per la magistratura ordinaria; ed il principio dell'indipen denza dell'Istituto deve riconoscersi nei modi in cui esso svolge le sue funzioni, non gi in quelli con i quali si provvede a regolare la nomina dei suoi componenti (1). (Omissis). -1. -La questione sottoposta alla Corte verte sul punto se sia conforme alla Costituzione la facolt riconosciuta al Governo di nominare all'ufficio di consigliere della Corte dei conti (1) La questioo.e era stata proposta con ordinanza 3 giugno 1966 delle Sezioni Riunite della Corte ded Conti (Gazzetta Ufficiale, 9 ~ug1lio 1966, n. 168). Presupposto implicito della decisione queUo tnerente alla pl'evalenza dell'elemento giurisdizionale rispetto a quello amministrativo dell'attivit deUa Corte dei Conti. Il che, del resto, era stato recentemente affermato daUa stessa Corte costituzionale con fa sentenza 19 dicembre 1966, n. 121 (in questa Rassegna, 1966, I, 1205) a proposito della natura giurisdizionale 3 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO persone che, per usare l'espressione della legge, non sono funzionari di grado V (ora primi referendari) della Corte stessa. Ne consegue che non vengono in discussione nella loro integrit i tre commi impugnati dell'art. 7 del t. u. 12 luglio 1934, n. 1214, ma quella parte di essi dalla quale, soltanto indirettamente, si ricava la facolt del Governo di ricoprire i posti di consigliere di spettanza ad estranei alla Corte . La stessa ordinanza, del resto, ha cura di sottolineare che l'impugnativa va limitata naturalmente alla parte che concerne a nomina di estranei, alla qualifica di consigliere . Si afferma che l'illegittimit delle norme impugnate deriva dal contrasto, in cui esse si trovano con l'art. 106, primo comma, l'art. 108, secondo comma, l'art. 100, terzo comma, della Costituzione. La questione cosi delimitata non fondata. 2. -Innanzi tutto non fondata nei confronti dell'art. 106, primo comma. La regola che le nomine dei magistrati abbiano luogo per concorso non di per s una norma di garanzia d'indipendenza del titolare di un ufficio, sibbene d'idoneit a ricoprire l'ufficio. Pu ritenersi, tuttavia, che nell'ambito di un sistema, quale quello delineato dalle norme contenute nel titolo IV sezione I della Carta costituzionale, la nomina per concorso, che pur in quest'ambito patisce eccezioni, concorra a rafforzare e a integrare l'indipendenza dei magistrati. Senonch, codesto sistema riguarda soltanto la magistratura ordinaria, come risulta evidente dalle norme contenute nell'invocato art. 106 e negli articoli, che lo precedono e lo seguono, 104, 105, 107, 109, 111, che definiscono la magistratura ordinaria un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere, e istituiscono e regolano, a gara;rizia di codesta autonomia e indipendenza, il Consiglio superiore della magistratura. N vale richiamare il fatto che in questo medesimo titolo si trovi l'art. 103, il secondo comma del quale dichiara che la Corte dei conti ha giurisdizione nelle materie di contabilit pubblica e nelle altre specificate dalla legge, perch questa disposizione, che trova giustamente il suo posto dove si definisce e regola del giudizio di parificazione dei rendiconti della Regione siciliana. Per l'inquadramento dogmatico di tale attivit in quella di controllo della Corte dei conti, invece, cfr. CHIMENTI, Parificazione dei rendiconti ed eccezione di incostituzionalitd, Giur. cost., 1963, 889; contra, per la natura giurisdizionaie, BUSCEMA, n ParLamento e i rendiconti detta Cassa DD.PP. e degti Istituti di previdenza, ivi, 1963, 1616; P1cozz1, La Corte dei Conti in Itatia, Torino, 1963, 158). Nessun precedente in termini sull'interpretazione data dalla Corte costituzional" l, in accoglimento della tesi Sostenuta dall'Avvocatura Generale e dall'intervenuto resistente, all'art. 106, Cost., applicabile solo -come la sedes materiae chiaramente dimostra -alfa magistratura ordinaria. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 3 tutto l'ordinamento giurisdizionale, non sufficiente a ricondurre la Corte dei conti nell'ambito della magistratura ordinaria e delle norme di garanzia che questa rigua:tdano. 3. -La difesa del resistente ha sostenuto che, nel presente giudizio, non viene in considerazione nemmeno la norma dell'art. 108, secondo comma, che affida alla legge (riserva di legge assoluta), di assicurare l'indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali, per il motivo che la Corte dei conti non pu essere annoverata tra queste. Ora, vero che la Costituzione definisce la Corte dei conti un organo ausiliario del Governo nel senso, deve ritenersi, che essa contribuisce ad assicurare il rispetto del principio di legalit nell'amministrazione, ma vero altresl che la stessa Costituzione affida alla Corte dei conti la tutela giurisdizionale di diritti soggettivi e di interessi legittimi, configurandola, cosi, anche come un organo di giurisdizione. Quale delle funzioni attribuite alla Corte sia prevalente e debba caratterizzare l'istituto questione che non occorre risolvere in questa sede, essendo sufficiente constatare che anche la Carta cpstituzionale parla di giurisdizione della Corte dei conti, considerandola, tuttavia, a parte tra le giurisdizioni speciali, come si ricava dalla VI disposizione transitoria, la quale, disponendo la revisione degli organi speciali di giurisQizione, ne esclude le giurisdizioni del Consiglio di Stato, della Corte dei conti e dei tribunali militari . Non occorre, peraltro, affrontare questa questione direttamente nel presente giudizio, giacch la disposizione generale del secondo comma dell'art. 108 compare, come disposizione particolare per la Corte dei conti e con una speciale accentuazione, nell'ultimo comma dell'art. 100, secondo il quale la legge assicura l'indipendenza dei due Istituti (Consiglio di Stato e Corte dei conti) e dei loro componenti di fronte al Governo . Si pu ritenere, perci, che la questione sollevata nei confronti dell'art. 108 sia assorbita dall'altra proposta nei confronti dell'art. 100 o che faccia tutt'uno con questa. Nemmeno in questi termini la questione fondata. Una volta escluso, infatti, che la nomina per concorso debba necessariamente In via pi generale, poi, si rHeva come la Corte Costituzionale ribadisca, con la decisione in rassegna, una interpretazione funzionale, e non soggettivizzata, del sistema di guarentigie predisposta dalla Costituzione per gli istituti della giurisdizione ordinaria, speciale od amministrativa. Si possono infatti, ricordare le sentenze 13 dicembre 1963, n. 156 (Giur. Cost., 1963, 1567) e 7 dicembre 1964, n. 99 (in questa Rassegna, 1964, 1002) sulla legittimit costituzionale delle norme che prevedono le applicazioni e \I.e supplenze dei giudici ordinari, in quanto esse non attentano n allo status, n alla funzione del magist11ato; nonch la sentenza 16 giugno 1964, n. 43 (in questa Rassegna 1964, 637) a proposito di analoghe norme per la giustizia militare. 4 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO intervenire per assicurare l'indipendenza dei magistrati delle giurisdizioni speciali, per le quali, anzi, la provvista dell'ufficio in modi diversi e con procedimenti diversi da quelli del concorso pu essere necessaria, o quanto meno opportuna, per il raggiungimento delle finalit loro assegnate (com' evidente nel caso della Corte dei conti, non potendosi negare l'opportunit di acquisire all'istituto esperienze maturate nell'ambito dell'amministrazione attiva), resta da vedere se le 'disposizioni impugnate siano tali da minare l'indipendenza dei consiglieri della Corte dei conti. Ma ci non pu dirsi, e per quel che si osservato di sopra e sar osservato pi avanti, e soprattutto perch la norma dell'art. 8 del t. u. citato stabilisce una valida garanzia di indipendenza, disponendo che i consiglieri della Corte dei conti non possano essere revocati, n collocati a riposo di ufficio, n allontanati in qualsiasi altro modo senza il parere conforme di una commissione composta dai Presidenti e dai Vice Presidenti dei due rami del Parlamento. 4. -Del resto, la medesima ordinanza e la difesa dei ricorrenti non sembrano insistere su questo punto dell'indipendenza dei consiglieri, ma piuttosto sull'altro dell'indipendenza dell'istituto, che la nomina di una parte dei suoi componenti da parte del Governo comprometterebbe. La questione non fondata nemmeno sotto questo profilo. Anche a non voler accogliere la tesi del resistente, che pu apparire smplicistica, giusta la quale l'indipendenza del corpo > sia una sola cosa con l'indipendenza dei suoi membri, evidente che l'indipendenza dell'istituto deve ricercarsi nei modi in cui esso svolge le sue funzioni, non gi in quelli coi quali si provvede a. regolare la nomina dei suoi membri. Basta richiamare in questa sede le norme che regolano lo svolgimento dell'attivit di controllo e di quella giurisdizionale della Corte dei conti, perch risulti evidente come l'attivit dell'istituto si svolga libera da ogni intervento estraneo, in piena indipendenza, e senza possibilit di ingerenza da parte del Governo. N pu obiettarsi, come fa l'ordinanza, che la mancanza di una precisa normativa delle nomine governative invalidi la garanzia disposta dal citato art. 8 del t. u. I modi nei quali la nomina avviene riguardano l'atto di nomina ed esauriscono in questo ogni loro effetto. Una volta che la nomina sia avvenuta, cessa ogni vincolo che eventualmente sussista tra il Governo che nomina e la persona che viene nominata, a null'altro tenuta se non all'obbeqienza alla legge: e subentra la garanzia dell'art. 8 che non si pu davvero affermare perda di efficacia per le particolarit dell'atto di nomina che necessariamente la precede. Nemmeno accettabile la tesi della difesa dei ricorrenti che il potere di scelta del titolare di 'un ufficio sia uno dei modi pi in PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 5 genti di condizionamento dell'ufficio e che esso si risolva in una ingerenza nell'azione che l'ufficio chiamato a svolgere. La tesi non esatta o per lo meno non ha la validit generale e assoluta che le si vuole conferire, dovendosi tenere d'occhio in concreto il sistema nel quale quel potere di nomina s'inserisce e che, nel caso in esame, non consente la predeterminazione dei modi di attuazione delle funzioni affidate all'istituto, concorrendo a questo fine anche la circostanza, sottolineata dagli stessi ricorrenti, che sono diversi i modi di nomina dei componenti della Corte. N si pu dire che ci che non avviene per ragione del sistema, si verifichi poi nel fatto, perch, nel caso che si esamina, non si tratta dell'istituzione ex novo e uno actu di un corpo, nella nomina dei membri del quale il Governo interviene per la met dei posti da coprire; n v' la possibilit delle cosiddette infornate ., cio del potere arbitrario del Governo di modificare la composizione di un organo con un numero illimitato di nuove nomine al fine di ottenere da esso l'approvazione o l'adozione di un determinato provvedimento. Si tratta, viceversa, di nomine a un numero limitato di posti, man mano che si rendono vacanti per eventi diversi, distanziate nel tempo e perci fatte da governi diversi o addirittura di opposto orientamento. In queste circostanze non pare che si possa parlare del condizionamento di un organo, dell'indipendenza del quale non si dubit mai, prima ancora del 1923, quando la nomina di tutti i suoi membri era di spettanza del Governo. Alla pubblica udienza, infine, la difesa dei ricorrenti ha affermato che il congegno delle nomine tenderebbe ad assicurare nel tempo la prevalenza numerica dei consiglieri di libera nomina governativa. Ma l'affermazione, non valida sul piano giuridico, perch non da questo calcolo delle probabilit che pu dedursi l'illegittimit delle nomine dei consiglieri della Corte dei conti da parte del Governo, non esatta nel fatto, perch le cose stanno nella maniera opposta da quando la legge 20 dicembre 1961, n. 1345, riserv ai soli primi referendari i nuovi posti di consigliere che essa istituiva nella sua prima applicazione -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 21 gennaio 1967, n. 2 -Pres. Ambrosini -Rel. Benedetti -Presidente Regione Siciliana (avv. Sorrentino, Virga) c. Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Stato Guglielmi), e viceversa. Corte Costituzionale -Giudizio per conflitto di attribuzione -Omessa impu~nativa di atti precedenti -Acquiescenza ad atti successivi Esclusione. (1. 11 marzo 1953, n. 87, art. 39). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 6 Sicilia -Conflitto di attribuzione con lo Stato -Provvedimenti assesso riali relativi all'addizionale erariale sulle imposte indirette -Com petenza dello Stato. (St. reg. Sicilia, artt. 20, 36; d. 1. 12 aprile 1943, n. 507, art. 2; d. P. R. 26 luglio 1965, n. 1074, art. 11; 1. 10 dicembre 1961, n. 1346). Non fondata l'eccezione di inammissibiiit per acquiescenza del ricorso per conflitto di attribuzione proposto dallo Stato contro una circolare dell'assessore alle finanze per la Regione siciliana, relativa alla spettanza dell'addizionale erariale di cui alla legge 1 dicembre 1961, n. 1346, dato che la mancata impugnativa di atti precedenti a quello impugnato, quale l'iscrizione di un capitolo della legge regionale di bilancio, fatto di per s non produttivo di alcun effetto sostanziale e quindi di nessuna modificazione dell'ordinamento giuridico (1). Il provento dell'addizionale istituita con la legge 10 dicembre 1961, n. 1346 una entrata tributaria nuova rispetto a quelle iscritte nel bilancio di previsione della Regione siciliana per l'esercizio 1947' 46, onde esso, in virt della disciplina provvisoria di cui al D. L. (1) La prima massima la continuazione della giurisprudenza deHa Corte in tema di ammissibilit del ricorso, sia contro leggi in via principale, sia per conflitto di attribuzione, tra Stato e Regione. Che i!l conflitto di attribuzione possa sorgere anche per effetto di una circolare, era stato gi affermato dalla Corte con la precedente sentenza 16 marzo 1962, n. 17 (Giur. it., 1962, 643), la quale ,aveva anche stabilito il principio che, ai fini deHa decorrenza del termine per l'impugnativa, esso va !riferito esclusivamente agli organi legittimati al ricorso. Nello stesso senso, la successiva &entenza 24 giugno 1965, n. 48, in questa Rassegna, 1965, 865. Con la sentenZ'a 14 giugno 1962, n. 56, poi (Giur. it., 1962, I, 1297) la Corte aveva ritenuto che spetta a chi eccepisce l'inammissibilit del ricorso -quando il provvedimento Che d luogo a conflitto non sia stato notificato -dare la prova dell'integrale conoscenza del provvedimento stesso da parte del ricorrente. In materia -di impugnati.va di 1-eggi in via principale, infine, da ricordare che la Corte aveva escluso l'acquiescenza sia nella mancata impugnativa di legge principate rispetto a quella accessoria impugnata (sent. 9 aprile 1963, n. 49, Giur. it., 1963, 689); sia nella mancata impugnativa di ~egge a contenuto analogo a quella impugnata (sent. 22 dicembre 1961, n. 66, ivi, 1962, 520). Sotto il concorrente profilo dell'interesse dello Stato ad impugnare leggi regionali anche quando esse abbiano avuto completa esecuzione, la sentenza 9 giugno 1961, n. 31 (Giust. Cost., 1961, 581) dava dsposta affermativa al quesito. <:oSTITUZIOJ!'l'Af..ll:... E INTERNAZIONALE 7 12 aprl 1948 n, 507, non spetta aiia Regione, la quale non ha competenza a. pr6ti1.1EldT in inerito (2). <()'l!ii8$s); -1. -I tre ricorsi, congiuntamente trattati, possono essere decisi con unica sentenza stante la loro manifesta connessione. ::.::...:.::.... ::.::.:..:::. .. :: . . ... . . I ... 2 ~ Fre1illlfP~l'~ a!la. c~?n\ll1e q~estione ..} II :11--~~~t:;ve:~~~=~ ᥥ lP,ᥥst#gtti)l~i~t~iguat9at)tju.versarqento in deposito provvisorio ;I ~--~~;~1~,:d::; i:c~:n~!": :::: ᥥ ~llr\1~iff~10~14;r~e~~~iil~ti~.contenente il capitolo 87 n. relativo ~~~~#fo~~ ~Ott ~ fq~~ta; . . :ee~ qJ#a:nto c9n 1egitti~to a p:r;C>porre un eventuale ricorso, e cio al Preidente < ~~l Cbh114tll dei 1\\{mistri, da tener presente che essi figurano emessi ~tlj~UQc: cogliere qualche differenza interpretativa nel!le magistrature ~.l?~#~m:~-......... .... . .. . / ...... . . . >:iv.E'el'.lfre :riella se:ritetiia iri rassegna, invero, la Corte costituzionale, re. spingendo l'assunto della Regione, ha ritenuto che la addizione di cui alla legge del 1961 ha inteso a.ssicurare allo Stato un provento nuovo, la Corte di Cassazione, con l sentenza 17 febbraio 1966, n. 498 (in questa Rassegna, 1966, 421) ha affermato che l'addizionale di cui al R.D. 30 novembre rn37, n. 2145 non ha natura di tributo autonomo, ma costituisce un accessorio dei tributi a cui inerisce e di questi segue le sorti anche per ci che attiene alla prescrizione. A sua volta, la Commissione centraile delle imposte, con la decisione 30 ottobre 1962, n. 91588 (Giur. imp., 1964, 410) ha ritenuto che l'addizionale RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO che la Corte non pot esaminare nel merito, posto che nelle more del giudizio il provvedimento impugnato fu revocato (sentenza 115 del 1963). Del pari priva di fondamento si presenta l'eccezione di inammissibilit in quanto basata sull'omessa impugnazione della legge regionale di bilancio n. 17 del 1964. A parte l'ovvio rilievo che da tale mancata impugnativa in via principale non potrebbe inferirsi la preclusione per lo Stato di difendere in questa sede le sue posizioni giuridiche, evidente che, nel caso della legge di cui si discute, l'impugnativa non era necessaria dato che l'iscrizione in bilancio di un capitolo -per altro per memoria e cio senza la previsione di entrata - fatto di per s non produttivo di alcun effetto sostanziale e quindi di nessuna modificazione dell'ordinamento giuridico. 3. -I tre ricorsi implicano l'esame di una comune questione di fondo alla cui risoluzione subordinata la decisione della legittimit o meno dei singoli atti che hanno formato oggetto dei distinti gravami. La Corte chiamata a statuire in ordine alla spettanza del provento derivante dall'applicazione della 1. 10 dicembre 1961, n. 1346, ma, per la definizione del presente giudizio, tale questione va risolta in base alla disciplina provvisoria dei rapporti finanziari fra lo Stato e la Regione siciliana, contenuta nel d. 1. 12 aprile 1948, n. 507, il cui art. 2 si assume essere stato violato dagli atti impugnati. Dall'ambito cosi circoscritto della questione resta quindi esclusa ogni pronuncia sulla spettanza del tributo in esame alla stregua delle disposizioni previste dal d. P. R. 26 luglio 1965, n. 1074, recante norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia finanziaria. Le considerazioni ampiamente svolte dalla difesa regionale nelle ulteriori deduzioni e nella discussione orale sul carattere interpretativo ed integrativo e sulla conseguente efficacia retroattiva di siffatte norme, non possono essere condivise dal momento che, per espressa disposizione dello stesso decreto (art. 11), esso entra in vigore dalla sia un tributo autonomo con caratteri propri; che tuttavia si compenetra, quanto alla riscossione, col tributo cui inerisce. A ben guardare, tuttavia, si tratta di semplici sfumature interpretative, evidenziate in relazione al:l'oggetto del giudizio nelle quali esse intervengono. Cos, per restare nel tema del conflitto di attribuzione fra Stato e Regione siciliana, [a Corte costituzionale ha posto l'accento meno sulla. natura dell'addizionale che sulla destinazione di essa prevista dal legislatore, a sopperire ad esigenze esclusivamente statali, con [a conseguente esclusione di ogni ingerenza regionale nella fase della sua riscos PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE data di inizio deIJ.!esercizio finanziario successivo alla sua pubblica zione (1 gennaio 1966) e solo da tale data cessa di avere effetto l'art. 2 del d. 1. 12 aprile 1948, n. 507 . Dall'esame della 1. 10 dicembre 1961, n. 1346, facile dedurre, ad avviso della Corte, quale sia stata la precisa volont del legisla tore in ordine all'appartenenza de maggiore provento che si voleva realizzare. Il titolo della legge che parla di aumento a favore del l'Erario dell'addizionale istituita con r. d. 1. 30 novembre 1937, n. 2145, e successive modificazioni , collegato con il disposto dell'art. 4, se condo il quale il maggior provento, derivante dall'applicazione della presente legge, riservato all'Erario , non lasciano dubbi di sorta sul fatto che la nuova entrata dovesse affluire unicamente alle casse dello Stato. A ,disattendere tale affermazione non giova rilevare che il termine Erario pu essere riferito anche alla Regione, perch nella legge il termine stato inequivocabilmente usato ,per indicare il tesoro dello Stato. La sicura conferma di ci pu trarsi dai relativi lavori parlamentari ed in specie dalla Relazione al Senato nella quale, dopo la premessa che il ricorso alle addizionali, non nuovo nella nostra legislazione, stato dettato dalla necessit di sopperire ad esigenze vuoi degli enti locali vuoi del bilancio dello Stato, leggesi che e il maggior gettito della addizionale istituenda tutto devoluto all'Erario -artt. 1 e 4 , nonch della Relazione alla Camera in cui si precisa che il maggior gettito destinato all'Erario, rinnovellando cos una norma che gi visse la vita di un anno (dal 1<> gennaio al 31 dicembre 1952) per effetto della 1. 2 gennaio 1952, n. 1 . Del pari infondato l'assunto secondo il quale il provento di cui trattasi spetterebbe alla Regione dato che la legge 10 dicembre 1961, n. 1346, non ha voluto istituire un nuovo tributo, ma ha solo inteso maggiorare le aliquote di tributi preesistenti, quali l'imposta di registro, successione ed altre, gi appartenenti ad essa Regione. A parte l'ovvio rilievo che l'aumento di un'addizionale cosa diversa dalla maggiorazione delle aliquote dei tributi sui quali viene applicata, l'addizionale del 1961 non pu considerarsi un aumento puro e semplice di quella istituita col d. 1. 30 novembre 1937, n. 2145, date le profonde diversit di scopo e di destinazione delle due addizionali. La cosiddetta addizionale E.C.A., che compresa tra le entrate tributarie della Regione skiliana, destinata a sopperire alle esigenze di enti locali poich il suo gettito devoluto in parte agli enti comunali di assistenza ed in parte alle Province, mentre la nuova addizionale come chiaramente risulta dalla legge e relativi lavori parlamentari stata istituita per soddisfare esigenze che non rientrano nella competenza della Regione ma sono esclusivamente statali. La legge del 1961 ha in sostanza inteso assicurare allo Stato un nuovo provento, IO RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sotto forma di un aumento di un'addizionale preesistente, da imputarsi a distinto capitolo d'entrata. Negli stessi termini, .con titoli e dlisposizioni pressoch identici, le leggi 2 gennaio 1952, n. 1 e 22 dicembre 1954, n. 1213 avevano disposto maggiorazioni autonome dell'addizionale E.C.A. e la spettanza dei relativi proventi allo Stato non ebbe a formare oggetto di contestazione. Si pu quindi concludere in ordine alla questione comune ai tre ricorsi che il provento dell'addizionale del 1961 una entrata tributaria erariale nuova rispetto a quelle iscritte nel bilancio di previsione della Regione per l'esercizio 1947-48 e corrie tale non spettante alla Sicilia in virt della disciplina provvisoria di cui al d. I. 12 aprile 1948, n. 507. 4. -Venendo ora all'esame dei singoli provvedimenti che hanno formato oggetto dei ricorsi va presa anzitutto in considerazione la circolare 26 ottobre 1964 n. 25800 con la quale lAssessore per le finanze disponeva che il provento derivante dall'addizionale, eccezion fatta per la parte relativa all'imposta sulle societ, fosse versato nella cassa della Regione. L'illegittimit di tale provvedimento evidente. La Regione, attribuendosi il provento di un'entrata, che l'art. 4 della legge riserva espressamente all'Erario dello Stato, ha unilateralmente alterato i termini dei rapporti allora vigenti fra la finanza statale e la finanza regionle, violando le disposizioni contenute negli artt. 36 dello Statuto e 2 del d. 1. 507 del 1948 che delimitavano la sua competenza alle sole entrate tributarie tassativamente indicate nel citato bilancio 1947-48. A tale violazione fa riscontro una correlativa invasione della sfera di competenza riservata allo Stato, il quale, come questa Corte ha avuto occasione di precisare (sentenze 52 del 1957 e 5 del 1958) ha conservato, in vigenza del regime provvisorio, il potere di modificare l'ordinamento tributario e di imporre nuovi tributi, anche nel territorio della Sicilia, riservandone a s il gettito. L'atto in questione va quindi annullato. Analoga pronuncia per i medesimi motivi va poi adottata nei riguardi dei tre decreti oggetto del ricorso depositato il 16 aprile 1965 con i quali l'Assessore per le finanze della Regione, in accoglimento dei ricorsi proposti dal Banco di Sicilia, annullava i decreti intendentizi che avevano affermato l'obbligo del Banco, quale ricevitore provinciale, di versare all'Erario dello Stato il provento della addizionale in discussione. La competenza a decidere sui ricorsi gerarchici che riguardino la riscossione e il versamento di tributi erariali di pertinenza dello Stato spetta al Ministro per le finanze e non all'Assessore regionale. La Corte ha ripetutamente affermato che il trasferimento dallo Stato alla Regione PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE Il delle funzioni concernenti la riscossione dei tributi, nonch delle funzioni collegate al servizio esattoriale, si verificato per i tributi di competenza regionale e non per quelli che lo Stato si sia originariamente riservati e, come quello di specie, abbia in prosieguo legittimamente imposti. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 21 gennaio 1967, n. 3 -Pres. Ambrosini Rei. Fragali -Pres. Regione Siciliana (avv. Maniscalco-Basile) c. Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Stato Guglielmi). Sicilia -Modificazione degli statuti delle Casse soccorso delle aziende autofi.loviarie di Catania e di Trapani -Conflitto di attribuzione Competenza regionale. (St. Reg. Sicilia art. 17, Iett. a, f, art. 20; d. P. R. 25 giugno 1952, n. 1138; d. P. R. 17 dicembre 1953, n. 1t13). Spetta agli organi della Regione Siciliana e non a quelli dello Stato (Ministro del Lavoro e Ministro dei Trasporti) la competenza a modificare gli statuti delle Casse di soccorso delle aziende di trasporto urbano di Catania e di Trapani, in quanto si tratta di attribuzioni inerenti ad istituti di carattere esclusivamente locale, trasferite alla Regione in virt delle norme di attuazione dello Statuto regionale (1). (1) La sentenza ha deciso una questione di specie, sul presupposto, del resto incontroverso, delJ.a natura esclusivamente locale delle due aziende di trasporto interessate. CORTE COSTITUZIONALE, 21 gennaio 1967, n. 4 -Pres. Ambrosini - Rel. Benedetti -Cricchio (n. c.), Presidente Consiglio dei Ministri e Presidente Regione Siciliana (sost. avv. gen. Stato Guglielmi). Sicilia -Legge regionale recante sgravi fiscali per le nuove costruzioni edilizie -Illegittimit costituzionale per contrasto con la legislazione nazionale -Esclusione. (St. regione Sicilia art. 36; I. reg. 28 ottobre 1954, n. 37; I. 2 luglio 1949, n. 408). Non fondata la questione di legittimit costituzionale della legge regionale siciliana 18 ottobre 1954, n. 37, recante sgravi fiscali in materia di nuove costruzioni edilizie, in quanto essa ha una sostanziale coinci -~ 12 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO denz.a con l'analoga legge statale 2 luglio 1949, n. 408, e successive modifiche, diretta a favorire l'attivit edilizia nella Regione (1). (Omissis). -Secondo l'ordinanza di rimessione la Regione siciliana, nel dare con le disposizioni impugnate autonoma disciplina alla materia dei benefici fiscali riguardanti il primo trasferimento a titolo oneroso di appartamenti di nuova costruzione, si sarebbe discostata dai principi cui si informano le leggi nazionali, assicurando un migliore trattamento sotto un duplice aspetto: per aver esteso i benefici ad immobili da costruire e in corso di costruzione, oltre a quelli gi ultimati -i soli considerati dalle leggi statali -per non vere in alcun modo collegato la concessione del beneficio con il contenimento dell'esecuzione dell'opera in un periodo di tempo congruamente delimitato -due anni per la legge nazionale. La Corte ritiene che il pi favorevole trattamento tributario concesso dalla Regione non sia tale, per natura e portata, da legittimare i prospettati dubbi di incostituzionalit per contrasto con l'art. 36 dello Statuto siciliano. 2. -L'estensione della agevolazione ai contratti di vendita di immobili ancora da costruire o in corso di costruzione si risolve in una semplice anticipazione del beneficio al fine di favorire il finanziamento del costruttore. La norma regionale, giustificabile per situazioni economiche di carattere locale, non altera il contenuto, n snatura la funzione del beneficio, in quanto l'effettivo riconoscimento di quest'ultimo resta sempre subordinato alla condizione che la costruzione dell'immobile, oggetto del trasferimento a titolo oneroso, venga poi realizzata entro i termini e con i requisiti richiesti dalla legge. Vi , in definitiva, una sostanziale coincidenza tra l'agevolazione regionale e quella statale, entrambe dirette ad agevolare la ripresa nel settore dell'edilizia mediante la concessione di benefici tributari riguardanti trasferimenti di immobili con identiche caratteristiche e tendenti a favorire le stesse categorie di interessati. 3. -Del pari infondata poi la censura di incostituzionalit prospettata sotto il profilo della omessa subordinazione, della concessione (1) La questione era stata proposta con ordinanza 26 maggio 1965 dal Tribunaie di Palermo (Gazzetta Ufficiale, 4 settembre 1965, n. 223). La legge regionale n. 37 del 1954 era stata gi esaminata, sia pure sotto diverso profilo, dalla Corte costituzionale e ritenuta costituzionalmente legittima con la precedente sentenza 12 luglio 1965, n. 65 (in questa Rassegna, 1965, 874, ove richiami ad altri precedenti, anche di dottrina). PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 13 del beneficio in esame alla condizione che la costruzione sia iniziata e compiuta in un determinato periodo di tempo. In realt un termine di contenimento dell'esecuzione dell'opera risulta fissato nelle norme regionali impugnate. Nell'art. 1 della originaria legge regionale 28 aprile 1954, n. 11, poi recepita dalla I. 18 ottobre 1954, n. 37, leggesi, infatti, che le agevolazioni tributarie sono applicabili sempre che la costruzione sia iniziata e condotta a termine nel periodo decorrente dal 1 gennaio 1954 a tutto il 31 dicembre 1957; ed un termine di durata della costruzione stato conservato dalle successive leggi regionali di proroga delle agevolazioni fiscali. Il divario sotto questo aspetto esistente tra la disciplina regionale e quella dello Stato, la quale esige che la costruzione venga ultimata entro un termine dal suo inizio (art. 13 della I. 2 luglio 1949, n. 408), non tale da dover ritenere pregiudicata la funzione di simile disposizione che quella di soJlecitare l'attivit edilizia. La scelta di un tempo 'tecnico medio per la costruzione di un edificio elemento suscettibile di variazioni in relazione a speciali condizioni ambientali e alla efficienza operativa delle imprese costruttrici; importante che esso assolva il compito di incentivazione tenuto presente dal legislatore. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 21 gennaio 1967, n. 5 -Pres. Ambrosini Rel. Papaldo -Marino ed altri (avv. Melpignano) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Stato Tracanna). Leggi, decreti e regolamenti -Leggi di delega anteriori alla Costituzio ne -Inosservanza delle norme di cui all'art. 76 Cost. -Irrilevanza. (Cost., art. 76; 1. 24 dicembre 1928, n. 3134, art. 13). Bonifiche -Bonifica integrale -Potere di imporre contributi attribuito ai Consorzi -Contrasto con l'art. 23 Cost. -Manifesta infondatezza della questione. (Cost., art. 23, r. d. 1. 13 febbraio 1933, n. 215, artt. 11 e 95). Non motivo di iUegittimit costituzionale di una legge di delegazione anteriore alla Costituzione l'inosservanza delle norme di cui all'art. 76 Cost., e specialmente di quelle che impongono la determinazione di principi e la fissazione di termini (1). (1) La questione era stata proposta dal Conciliatore di Irsina con ordinanza 20 agosto 1965 (Gazzetta Ufficiale, 30 ottobre 1965, n. 273). La giurisprudenza della Corte assolutamente costante ,sulil'affermazione contenuta nella prima massima. Si rinvia, in proposito, a I giudizi RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 14 E' manifestamente infondata, con riferimento all'art. 23 Cost., la questione di legittimit costituzionale degli artt. 11 e 59 r. d. l. 13 febbraio 1933, n. 215, che prevedono il potere dei consorzi di bonifica di imporre contributi, dato che essa non prospetta motivi nuovi o contrastanti con la precedente decisione della Corte Costituzionale 3 maggio 1963, n. 55 (2). (Omissis). -La censura secondo cui l'art. 13 della 1. 24 dicembre 1928, n. 3134, non avrebbe conferito una legittima delega legislativa, stante la mancanza dei principi di imposizione dei contributi a carico dei singoli utenti e della durata degli stessi, infondata. Era chiaro che, affidando al Governo il potere di disciplinare con nuove norme la materia della bonifica idraulica ed agraria e della trasformazione fondiaria ed agraria, la legge comprendeva nella delega, come parte integrante e necessaria di tale materia, il capitolo relativo ai contributi. E questo nel caso in esame bastava ai fini della legittimit della delega. Una ulteriore specificazione dei criteri di imposizione e della durata dei contributi non era necessaria nel tempo in cui quella delega fu conferita. Con diverse sentenze (ultima quella del 4 luglio 1963, n. 127) questa Corte ha ritenuto che non pu essere motivo di illegittimit di una legge di delegazione anteriore alla Costituzione la inosservanza delle norme di cui all'art. 76 della Costituzipne e segnatamente di quelle che impongono la determinazione di principi e la fissazione di termini. Per quanto si riferisce all'uso della delega, non esiste il denunziato eccesso. Non esatto, infatti, che con gli artt. 11 e 59 del d. 13 feb braio 1933, n. 215, il potere normativo circa i contributi sia stato sub delegato ai Consorzi. A questi stato conferito il potere di imposizione concreta dei contributi, ma l'obbligo di contribuenza deriva dalla legge, come stato ritenuto da questa Corte con la sentenza n. 55 del 3 mag gio 1963 : sentenza con la quale stata dichiarata infondata la questione relativa al contrasto dei citati articoli 11 e 59 con l'art. 23 della Costi tuzione. E poich non sono stati dedotti motivi nuovi o contrastanti con quelli della richiamata decisione, la stessa questione deve essere dichia rata manifestamente infondata. -(Omissis). di costituzionalit 1961-65, pag. 8. L'ultima sentenza della Corte 13 luglio 1963, n. 127, pubblicata in Giur. it., 1963, I, 1, 1346. (2) DelJ.a seconda massima da segnalare non tanto il merito del dispositivo, conforme alla precedente sentenza n. 55 del 1963 (Giur. it., 1963,. I, 1, 935) quanto la formula del dispositivo stesso: manifesta infondatezza, e non infondatezza, dato appunto quel precedente, non contrastato da nuove o diverse argomentazioni. Anche su" questo particolare aspetto delle decisioni della Corte si r-invia al volume citato, pag. 76. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 15 CORTE COSTITUZIONALE, 4 febbraio 1967, n. 7 -Pres. Ambrosini - Rel. Oggioni -Mastrangelo (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Stato Dallari). Istruzione -Istruzione inferiore -Esonero dalle tasse e dai contributi scolastici -Insufficienza rispetto al concetto di gratuit dell'istru zione obbligatoria e del principio di eguaglianza -Esclusione. (Cost. art. 34, secondo comma, art. 3; I. 30 dicembre 1962, n. 1859, artt. 4 e 9). L'art. 34, secondo comma, della Costituzione, pur essendo norma immediatamente precettiva e non programmatica, non attribuisce al concetto di istruzione un significato diverso e pi ampio di quello proprio dell'insegnamento, cos da ricomprendere in quest'ultimo, come prestazione d'obbligo ad esso inerente in senso proprio, anche altre prestazioni che si collegano all'insegnamento e lo coadiuvano, ma non ne costituiscono i tratti essenziali, come la fornitura di libri di testo, di materiale di cancelleria nonch di mezzi di tmsporto. Pertanto non fondata, anche con riferimento al principio di eguaglianza, la questione di legittimit costituzionale degli artt. 4 e 9 della legge istitutiva della scuola media dell'obbligo, che non prevedono tali prestazioni accessorie (1). (Omissis). -L'Avvocatura dello Stato, nelle osservazioni conclusive, indica come motivo assorbente di non fondatezza della questione di legittimit costituzionale, il carattere meramente programmatico della norma sulla gratuit dell'istruzione inferiore, per cui, anche ad accedere (1) La questione era stata proposta con ordinanza 16 luglio 1965 dal Pretore di Campobasso (Gazzetta Ufficiale, 30 novembre 1965, n. 273). L'importa.za della decisione in rassegna da segnalare, oltre che per il merito, anche per la singolarit della censura prospettata in ordine alla norma denunciata: censura, cio, non .fil violazione positiva d:i norme costituzionali, ma di pretesa insufficienza della norma ordinaria rispetto a quelila costituzionale. Ora, sembra J.ecito dubitare dell'ammissibilit di una censura del genere la quale, ove accolta, imporrebbe alla Corte costituzionale la sua trasformazione in organo legislativo, chiamato a colmare la lacuna che si ravvisasse nella norma denunciata. Per quanto riguarda il merito della questione va rilevato che -secondo autorevole dottrina -la solenne affermazione dei principi costituzionali in materia di istruzione pubblica e di assistenza dei pi meritevoli ha rafforzato il contenuto di tale funzione dello Stato e ha posto in rilievo che il suo espletamento costituisce un mezzo per assicurare la libert, mentre la gratuit della scuola d'obbligo e l'assistenza sco i@rn::q:mrnm;::::~r1M1mm1mi::tm:::1mf:m:::mt:::1:=:::::~::wmnmn::r:m::l:mrnmwmm::=l':::=:mmwrnmrmnm@nmmmmff@IWW{lfftffffffr1Mmrw1fftm1 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ad un concetto estensivo della gratuit, l'attuazione ne sarebbe rimandata ad un futuro e graduale sviluppo, del tutto condizionato al verificarsi di eventi, specie economici, che lo consentano. La Corte non ritiene esatta la individuazione della natura della norma, come norma soltanto indicativa di una tendenza verso un futuro da realizzare, se ed in quanto possibile: bensl trae dalla chiara, incisiva formulazione della norma la conseguenza della sua precettivit, nel senso dell'affermazione di un principio immanente che, pur necessitando di essere poi articolato in norme di attuazione, di queste vincola -a priori -il contenuto. Nella specie, sono appunto le norme generali sull'istruzione previste dall'art. 33 della Costituzione che debbono tradurre in atto quel precetto generale e conformarvisi. 2. -Cosi definita la natura della norma costituzionale in esame, occorre precisarne il contenuto e la portata, ai fini dell'accertamento di legittimit degli artt. 4 e 9 della 1. 30 dicembre 1962. E' opportuno, anzitutto, considerare qual'era, al momento della emanazione della Costituzione, la situazione normativa dell'ordinamento scolastico. Per quanto riguarda la legislazione generale sulla obbligatoriet e gratuit della scuola, si era pervenuti al r. d. 15 febbraio 1928, n. 577, sulla istruzione elementare e post-elementare, che aveva sviluppato e aggiornato precedenti remoti e meno remoti che andavano dalla legge Casati del 1859 sulla obbligatoriet e gratuit della scuola elementare (intesa la gratuit come onere dei Comuni condizionato alle loro facolt e secondo i bisogni dei loro abitanti ) alla legge Orlando del 1904 che estenstendo l'obbligo ai dodici anni dava facolt ai Comuni di iscrivere in bilancio un fondo per aiutare le famiglie povere con la refezione e con i libri di testo . I < ' lastica assicurano la uguaglianza nei rapporti etico sociali e consentono una effettiva e consapevole partecipazione del cittadino alla organizzazione politica, economica e sociale del paese (VALENTINI, La libert di insegnamento, Rass. Dir. Pubbl., 1960, I, 512). Va considerato, peraltro, che se da un lato la prestazione delll'insegnamento medio deve essere effettuata gratuitamente da parte dell'Anuninistrazione, dall'altro vi un obbligo da parte del ciittadino di fruire dell'insegnamento. Si tratta quindi di una di quelle situazioni tipiche dei rapporti pubblicistici, nelle quali incombe al genitore l'obbligo di chiedere l'ammissione al godimento del servizio pubblico, del figlio soggetto alla sua potest e di farlo frulre di tali prestazioni (ALEss1, Le prestazioni amministrative rese ai privati, Milano 1956, pag. 121). Se da tale dovere discende un onere economico, questo conseguenza dell'obbligo giuridico posto al cittadino di fornire al figlio una adeguata istruzione, e non va confuso con il fatto che l'istruzione stessa sia impartita gratuitamente. 4 18 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO in esame cosi da pervenire ad assegnare al termine istruzione, quale espresso nella norma costituzionale ed interpretato dalla Corte agli effetti della gratuit della prestazione, un significato diverso e pi ampio di quello proprio dell'insegnamento, cosi da ricomprendere in quest'ultimo, come prstazione d'obbligo ad esso inerente in senso proprio, anche altre prestazioni che si collegano all'insegnamento e lo coadiuvano ma non ne costituiscono i tratti essenziali, come fa fornitura di libri di testo, di materiale di cancelleria, nonch di mezzi di trasporto. Invero, queste due ultime voci riguardano prestazioni collaterali d'ordine meramente e strumentale; mentre, per quanto riguarda i libri di testo, pur avendo questi una qualificazione 'ben pi alta per l'ausilio che offrono a raffermare nella memoria dei discenti la lezione impartita dall'insegnante, non pu dirsi che la loro provvista rientri strettamente e propriamente nell'ambito del pubblico servizio scolastico e della correlativa prestazione amministrativa. L'interesse pubblico al soddisfacimento di bisogni individuali di importanza collettiva, evidentissimo nel caso in CUi si tratti di perseguire finalit etico-sociali mediante la cultura del cittadino, importa l'assunzione del servizio da parte dello Stato e la sua organizzazione. E' questo l'elemento primario, che caratterizza e domina la prestazione, la concreta, ed insieme la esaurisce (salvo quanto si dir in seguito) mediante la messa a disposizione degli ambienti scolastici, del corpo f insegnante e di tutto ci che direttamente inerisce a taH elementi organizzativi. In questa prestazione in cui predominante e caratteristica la prestazione di attivit, mentre la prestazione di beni poi un I mezzo per raggiungere lo scopo, concentrato tutto quanto richiesto, nel settore, pel razionale adempimento di questo eompito dello Stato Iaccanto all'adempimento degli altri molteplici compiti, e che concentrato su di un oggetto che e deve essere ben definito nella sua predoI minante essenzialit. Il precetto costituzionale, che esige come gratuita la prestazione, trova nella 1. n. 1859 del 1962 la sua corrispondente attuazione appunto nella norma dell'art. 4 che sulla premessa dell'apprestamento, senza I onere per gli utenti, dell'ambiente di studio e del corpo insegnante, stabilisce l'esonero dal pagamento di tasse e dal versamento ,di qualsiasi contributo per l'iscrizione e la frequenza nella scuola media: norma stabilita in coerenza dall'art. 1 della stessa legge, dove l'art. 34 della Costituzione espressamente richiamato con l'affermare che l'istruzione post-elementare impartita gratuitamente, nel che, per l'uso del verbo impartire, da ravvisarsi una esatta interpretazione dei limiti della gratuit, rapportata all'organizzazione dell'insegnamento, come sopra inteso. Tutto ci a prescindere dal definire se l'esonero dal pagamento di tasse ed altro debba qualificarsi come esonero da una controprestazione, PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 19 nche contrastato in dottrina poich non eSisterebbe; nel caso, la figura tecnico-giuridica del.fa controprestazione ,di fronte ad una prestazione -quella dello Stato -che ha soltanto la sua causa nell'interesse pubblico: ovvero debba qualificarsi come esonero da tasse, quale elemento accessorio al rapporto principale. Ci che soprattutto importa rilevare che nell'un caso o nell'altro, il requisito della gratuit che trova qui modo e spazio per la sua effettuazione. D'altra parte, il diritto all'istruzione non inteso nel sistema della Costituzione, come un diritto che sia esclusivamente tale e sia perci svincolato dall'adempimento di corrispondenti doveri da parte dei genitori. Invero, l'art. 30 addita, a proposito dell'istruzione, nella sua for- ;mula composita, il binomio dovere-diritto come operante n-el campo di quei rapporti etico*sociali (tale il titolo sotto cui la norma ricondotta) che trovano nella famiglia il loro fondamentale ambiente e :movente. Rimane, quindi, e deve rimanere nel vasto campo dell'istruzione in genere un margine di attivit (e sono quelle suindicate unite da un legame di accessoriet e di ausUiarit a quelle essenziali) affinch il cennato dovere, ispirato soprattutto a inalienabili prinipi e imperativi morali, sia adempiuto, anche se in parte oneroso, dai genitori. Che, poi, si tratti di onerosit il cui peso economico possa essere soggettivamente sentito in misura variabile, ovvio ma a temperarne la conseguenza sono appunto previste dall'art. 31 della Costituzione le .e provvidenze. atte ad agevolare con misure econmiche i compiti della famiglia, con particolare riguardo alle famiglie pi bisognevoli di ausilio. 4. -Ora, sono soprattutto le agevolazioni media?:1te l'opera dei Patronati scolastici, previste dall'art. 9 della il. del 1962, a cui si riferisce l'ordinanza di rinvio, a dimostrare che il problema della gratuit, esattamente inteso, non in questo modo eluso ma osservato. . Gi fin dalla 1. 4 marzo 1958, n. 261 si dato ai Patronati una struttura organica, riconoscendo ad essi personalit giuridica di diritto pubblico e segnandone i compiti attinenti alla fornitura gratuita di libri, oggetti di cancelleria, indumenti, medicinali, refezioni agl alunn bisognosi frequentanti .la scuola d'obblig. Nell'anno 1962 sono fotervenute due leggi: la n. 17 del 26 gennaio per l'aumento, nell'esercizio 1961-62 dei contributi ai Patronati e per lo stanziamento di somme pel trasporto degli alunni in scuole dislocate: la n. 1073 del 24 luglio, sul piano triennale di sviluppo della .scuola, recante nuovo aumento del contributo statale ai Patronati per l'assistenza agli alunni bisognosi con particolare riguardo a quelli appartenenti a famiglie numerose, nonch Jo stanziamento di notevoli somme pel trasporto degli alunni e .per l'assegnazione di borse di studio. Con 20 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I. 31 ottobre 1966, n. 942 si da ultimo disposto il finanziamento del piano quinquennale di sviluppo della .scuola, provvedendosi al trasporto gratuito degli alunni della scuola dell'obbligo per superare difficolt di accesso, servizio da affidarsi anche ai Patronati scolastici, nonch per la concessione di buoni-libro agli alunni delle scuole medie di disagiate condizioni economiche con servizio di distribuzione da affidarsi anche questo ai Patronati. Deve, quindi, darsi atto del graduale sviluppo in senso concreto di quanto delineato nell'art. 9 della 1. n. 1859 del 1962. L'intervento dei Patronati scolastici inquadrato nel piano di sviluppo non come attivit largamente discrezionale, paternalistica o di mera beneficenza ma come intervento imposto dai fini propri dell'istituto: con un solo limite, segnato dalle possibilit economiche generali e particolari. Che g.U stanziamenti disposti non riescano a soddisfare totalitariamente le molteplici e variabili esigenze individuali del caso, non da escludere: ma, nel sistema delle agevolazioni all'adempimento dei compiti delle famiglie e con particolare riguardo alle pi meritevoli di ausilio, mediante misure economiche ed altre provvidenze di cui all'art. 31 della Costituzione, le norme su elencate, a partire da quella dell'art. 9 della 1. del 1962 sono rispondenti, anche nella letterale formulazione, alla Costituzione. La quale poi nell'art. 34 allarga l'ambito delle provvidenze con 1a norma dei due ultimi commi dell'art. 34 diretti al fine di favorire il raggiungimento dei gradi pi alti degli studi da parte dei capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi. Il ehe, in corrispondenza alla elevatezza del fine, rende ancora pi complesso il .problema del dilatarsi dell'onere a carieo dello Stato e del suo assolvimento, in relazione agli altri oneri concomitanti. 5. -D'altra parte J.a obbligatoriet dell'adempimento del dovere di istruzione da parte dei genitori non prevista come incondizionato comando, valevole indifferentemente per ogni caso e ci dimostrato dal richiamo che l'art. 8, ultimo capoverso, della 1. del 1962 fa, pel caso di inadempienza, alle sanzioni dell'art. 731 del Codice penale in quanto l'ipotesi contravvenzionale ivi indicata viene a perdere carattere di illegittimit ove sia dimostrata, come l'artieolo dispone, l'esistenza, da valutarsi dal giudice caso per caso, di giusti motivi ossia di cause che dimostrino inattuabile quell'adempimento per forza maggiore o stato di necessit. Ci spiega che quando le agevolazioni previste dall'art. 31 della Costituzione mediante misure economiche e provvidenze in genere, non riescano, in via contingente, a coprire tutta J.'area delle situazioni di infinita variabilit, si d luogo. ad un ragionevole contemperamento tra eser'Cizio di un diritto e adempill).ento di un dovere. :~ =: ' 'PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 21 6. -N il fatto che la sopraggiunta 1. 10 agosto 1964 ha disposto la fornitura gratuita dei libri di testo a tutti gli alunni delle scuole elementari, sia statali, sia autorizzate a rilasciare titoli di studio riconosciuti daUo Stato, pu dirsi aver causato l'illegittimit costituzionale della precedente legge del 1962 per la mancata estensione dello stesso beneficio agli alunni della scuola media inferiore, con violazione -dato il trattamento differenziato -del principio dell'eguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge. Trattasi di una provvidenza settoriale, indirizzata a beneficio di soggetti, posti in particolare situazione scolastica, come tale considerata con provvedimento autonomo e subordinata ad una valutazione della possibilit di attuazione, offerta sia dalle condizioni di bilancio, sia dall'indirizzo di politica generale, entrambi riservat al razonale gudizio e alle determinazioni del legislatore. Il principio generale di eguaglianza va qui com;;iderato unicamente in relazione al significato, al contenuto ed ai limiti della norma sulla gratuit dell'istruzione, quali si sono sopra delineati: il che risulta rispettato dalla 1. del 1962 e non intaccato -ex post -da successive norme particolari aventi ambito delimitato. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 4 febbraio 1967, n. 8 -Pres. Ambrosini - Rel. Bonifacio -Pres. Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Coronas), c. Presidente Regione Friuli-Venezia Giulia (avv. Crisafulli). Friuli-Venezia Giulia -Legge regionale sui contingenti numerici del personale regionale -Rinvio da parte del Governo al Consiglio regionale -Riapprovazione -Esaurimento degli effetti del rinvio. (Cost., art. 127; St. spec. Friuli-Venezia Giulia, art. 29, primo comma; 1. reg. 11 marzo 1966, n. 77-bis). Friuli-Venezia Giulia -Legge sui contingenti numerici del personale regionale -Previsione di tabelle provvisorie -Illegittimit costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 97; St. spec. Friuli-Venezia Giulia, artt. 67, 68; 1. reg. 11 marzo 1966, n. 77-bis). Bench l'art. 127 Cost. e l'art. 29 St. spec. Friuli-Venezia Giulia, nella parte in cui disciplinano :il rinvio e l'impugnabiLit di leggi regionaii, si riferiscano al Governo della .Repubblica inteso come Consiglio dei Ministri, l'intervenuta riapprovazione della legge da parte del Consiglio 1regionale comporta l'esaurimento degli effetti del rinvio e 22 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'esclusione idi ogni valutazione sulla legittimit del provvedimento che io dispose (1). Non fondata la questione di tlegittimit costituzionale della legge regionale Friuli-Venezia Giulia 11 marzo 1966 n. 77 bis, nella parte in .cui fissa tabelle provvisorie del personale regionale, per pretesa violazione del divieto di assumere, se non eccezionalmente, personale in via diretta, iin quanto la previsione 'legislativa delle tabelle provvisorie, i--indispensabile per runa valutazione globale delle esigenze dell'Ente e per una razionale previsione di spesa -non compromette affatto l'accertamento dell'eccezionalit del provvedimento di assunzione diretta (2). (1) La prima massima ribadisce la giurisprudenza della Corte in merito all'espressione Governo > Cfr. da uil.timo ia sentenza 19 dicembre 1966, n. 119, in questa Rassegna 1966, 1199 ove nota di richiami. Nella fattispecie, peraltro, la Corte ha respinto l'eccezione di inam. missibilit del ricorso, ravvisando una sorta di preclusione di eventuali vizi nel procedimento di rinvio, giacch, questo, per effetto dell'avvenuta riapprovazione della legge da parte del Consiglio regionale, aveva esaurito completamente i suoi effetti. (2) Il ricorso del Presidente del Consiglio stato respinto nella sua attualit, ravvisandosi, peraltro, fondate le preoccupazioni in esso espresse, circa un artificioso rigonfiamento di organici regionali, in contrasto con quanto prescritto dallo Statuto speciale e, in via pi generale, dall'art. 97 della Costituzione. Il controllo in concreto sull'osservanza di tali disposizioni costituzionali daUa Corte demandato alla delegazione de1la C1orte dei Conti, a sensi dell'art. 58 dello Statuto. Per i precedenti della Corte in materia di interpretazione dell'articolo 97 Cost., si rinvia alla nota alla sentenza 21 giugno 1966, n. 72, in questa Rassegna, 1966, 771. I CORTE COSTITUZIONALE, 9 febbraio 1967, n. 13 -Pres. Ambrosini Re'l. Papaldo -Manzo (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Stato Peronaci). Leggi, decreti e regolamenti -Legge di delega al Governo -Ritardo nella pubblicazione -Illegittimit costituzionale della legge delegata -Esclusione. (Cost., artt. 73, 76; 1. 9 ottobre 1964, n. 991, art. 1; d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162). Non fondata la questione di legittimit costituzionale del d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162, sulla repressione delle frodi nella preparazione e nel commercio dei mosti, vini e aceti, per violazione dei limiti tempo PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 23 rali della delega concessa al Governo dell'art. 1 della i. 9 ottobre 1964, n. 991, in quanto tali limiti devono considerarsi rispettati aHorch il dies a quo coincida con la data di pubblicazione della legge di delega, avvenuta senza alcun arbitrario ritardo rispetto alla data di promulgazione della stessa (1). II CORTE COSTITUZIONALE, 9 febbraio 1967, n. 14 -Pres. Ambrosini ~ Rel. Papaldo -Piazza (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Stato Peronaci). Approvvigionamenti e consumi -Frodi nella preparazione e nel com mercio dei mosti, vihi ed aceti -Pubblicazione della sentenza di condanna -Violazione della legge di delega -Esclusione. (Cost., art. 76; 1. 9 ottobre 1964, n. 991, art. 2; d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162, art. 108). Non fondata, oon riferimento all'art. 76 della Costituzione, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 108 d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162, che prevede la pubblicazione della sentenza di condanna per reati in materia di frodi nena preparazione e nel commercio dei mosti, vini ed aceti, in quanto nella espressione sanzioni penali , usata dall'art. 2 della legge di delega 9 ottobre 1964, n. 991 rientra anche la pena accessoria della pubblicazione della sentenza (2). I (Omissis). -L'ordinanza parte sostanzialmente dal principio enunciato da questa Corte nella sentenza del 6-19 dicembre 1963, n. 163, secondo cui si ha valida prefissione del termine iniziale di esercizio della delegazione legislativa anche quando la data di decorrenza sia fatta coincidere con quella dell'entrata in vigore della J.egge delega. Ma il Pretore rileva che l'arbitrario ritardo nella pubblicazione della legge delega -ritardo che si sarebbe verificato in violazione dell'art. 73 della Costituzione e delle norme poste con il r. d. 24 settembre 1931, n. 1256, sulla promulgazione e pubblicazione delle leggi -avrebbe reso possi (1-2) Le questioni erano state proposte, rispettivamente, dal Pretore di Latina con ordinanza 15 luglio 1966 (Gazzetta Ufficiale, 15 ottobre 1966, n. 258) e dal Pretore di Lugo con ordinanze 17 e 22 settembre 1966 (Gazzetta Ufficiale, 26 novembre 1966, n. 299). Con le due sentenze in rassegna, la Corte ha dichiarato non fondata sia la questione riferita all'intero testo del d.P.R. 12 febbraio 1955, n. 162, per violazione della legge di delega, a causa del preteso ritardo ne1la 24 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO bile l'emanazione delle norme delegate al di l dei limiti stabiliti dalla legge di delegazione. Il rilievo non fondato. Vero che nella predetta sentenza la Corte ha affermato che, allorquando si 'adotti il criterio di far decorrere il termine dalla data di entrata in vigore della legge delega, deve esigersi un rigoroso adempimento dell'obbligo, imposto dall'art. 73 della Costituzione, di procedere alle operazioni necessarie a rendere efficace la legge medesima subito dopo eh sia intervenuta J.a promulgazione. Ma chiaro che deve trattarsi di un ritardo arbitrario; un ritardo, cio che abbia per effetto l'emanazione del decreto legislativo al di l dei limiti di tempo stabiliti dalla legge delegante. Ora, nella specie, da escludere che ci sia stato un ritardo tra la promulgazione (9 ottobre) e la pubblicazione (28 ottobre) della legge delega; comunque, anche se si potesse ritenere che la pubblicazione dopo una ventina di giorni non corrisponda rigorosamente alla norma contenuta nell'art. 73, terzo comma, della Costituzione (il testo unico delle norme sulla promulgazione e pubblicazione delle leggi fuori causa in questa sede), certo che nel caso attuale non pu parlarsi di ritardo arbitrario agli effetti dell'osservanza dei termini a norma dell'art. 76 della Costituzione. L'adempimento del precetto contenuto nell'art. 73 non qui prospettabile sotto l'angolo visuale della legittimit del conferimento della delega, in quanto la legge di delegazione sia stata pubblicata in ritardo, bensi sotto quello della legittimit del decreto legislativo, in quanto emanate oltre il termine. Ma, a questi effetti, non basta che esista un qualsiasi ritardo nella pubblicazione: occorre che il ritardo sia arbitrario, che, cio, sia tale da indicare uno spostamento dell'inizio del termine di esercizio della delega. Ora, nella specie, mentre nulla fa ritenere che l'intervallo tra la data di promulgazione e quella di pubblicazione della legge delega sia stato preordinato all'effetto di eludere il termine fissato per l'esercizio della delega, non pu dirsi che l'intervallo sia stato tanto lungo da costituire, anche senza ed oltre l'intenzione degli organi governativi, causa di prolungamento del termine stesso. pubblicazione di questa, sia quella riferita all'art. 108 dello stesso decreto delegato per la pretesa esorbitanza oggettiva dai limiti della delega. La prima sentenza .ribadisce quanto gi dalla Corte affermato dalla precedente sentenza 19 dicembre 1963, n. 163 (Giur. cost., 1963, 1596) sul concetto di arbitrario ritardo nella pubblicazione delle leggi dopo la loro promulgazione, :riispetto al termine subito espresso dall'art. 73 Costituzione. Nella motivazione della sentenza n. 13, tuttavia, non pu sfuggire l'inciso anche senza ed oltre l'intenzione degli organi governativi , il che PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 25 II (Omissis). -La questione non fondata. La norma che, secondo l'art. 36 del codice penale, deve determinare i casi di pubblicazione della sentenza di condanna, che non sia quella dell'ergastolo, pu bene essere contenuta in una legge delegata. L'essenziale che questa non ecceda i limiti della delega e sia valida sotto ogni altro aspetto. Ed l'unica indagine da compiere ai fini del giudizio di legittimit costituzionale sottoposto alla Corte. Nell'ordinanza si deduce che la norma denunziata sarebbe illegittima perch la legge delega non avrebbe previsto la comminazione di pene accessorie in quanto non avrebbe fatto alcuna menzione di tali sanzioni, anzi le avrebbe escluse, come si evincerebbe anche dalla considerazione che, mentre non si accennato alla pubblicazione delle sentenze, sono state espressamente previste misure particolari, quali la chiusura degli esercizi e la sospensione o la revoca delle licenze. La Corte osserva che nelle questioni del genere non possono valere canoni generali, ma bisogna interpretare caso per caso la volont del legislatore delegante. E pertanto, mentre da una parte non si pu negare valore all'argomento addotto dall'Avvocatura dello Stato nel senso che le i:>ene accessorie possono considerarsi comprese nell'ambito della delega quando questa si riferisca genericamente alle pene o alle sanzioni penali, d'altra parte questo criterio d'interpretazione non pu essere assunto come regola assoluta valevole in tutti i casi. Nella specie sussistono valide ragioni per ritenere che nella espressione sanzioni penali, usata nell'art. 2 della 1. 9 ottobre 1964, n. 991, rientri anche la pena accessoria della pubbliazione della sentenza. Nella complessa legislazione riguardante l'igiene degli alimenti la pubblicazione della sentenza di condanna una sanzione che da molto tempo fa parte del sistema. Basti ricordare, fra altre analoghe disposizioni, l'art. 61 del r. d. 1. 15 ottobre 1925, n. 2033, ,sulla repressione delle frodi nella preparazione e nel commercio di sostanze di uso agrario, e l'art. 4 della pi recente 1. 26 febbraio 1963, n. 441, sulla disciplina farebbe pensare che anche un ritardo incolpevole, purch oggettivamente arbitrario, sia causa invalidante della legge delegata. Per ,qualche riserva sul sindacato relativo all'attivit governativa di pubblicazione delle leggi, si rinvia a I giudizi di costituzionalit, 1961-65, pag. 12. Con ia seconda sentenza, fa Corte afferma che nel concetto di sanzioni penali, di cui alla legge di delega, rientra anche la pena accessoria della pubblicazione della sentenza di condanna. Per l'obbligatoriet di tale pubblicazione e dell'affissione nell'albo della Camera di C'ommercio anche sotto la legislazione precedente c:lir. Cass. 28 maggio 1965, rie. Fabiano, Giust. pen., 1967, II, 40. 26 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO igienica della produzione e della vendita degli alimenti, cui si pu aggiungere, nella specifica materia qui considerata -anche per mostrare l'anzianit di queste sanzioni -l'art. 22 del d. 1. 1. 12 aprile 1917, n. 729, contenente disposizioni per la preparazione, la vendita ed il commercio dei vini. La pubblicazione della sentenza uno strumento assai efficace ai fini della prevenzione e della repressione dell attivit criminose in materia alimentare, .giacch uno dei costanti obiettivi da ra.ggiungere quello di mettere in guardia il pubblico, e specialmente la massa dei consumatori. Non pu, dunque, ritenersi che il legislatore, conferendo la delega, non avesse compreso nella espressione sanzioni penali , una pena accessoria tradizionale e necessaria. N vale a. scuotere questa considerazione il fatto che la legge, mentre non ha parlato di pubblicazione della sentenza, ha fatto espresso cenno di altre misure repressive. Questo argomento non probante, giacch non sempre la inclusione di una previsione indica che un'altra previsione sia stata esclusa. Del resto, poich le altre misure repressive corrispondono solo in parte ai tipi di pena accessoria previsti dal codice penale, non sarebbe bastata la menzione delle sanzioni penali per comprendervi anche le dette misure. Con ci la Corte non vuol risolvere la questione -non rilevante in questa sede -circa il carattere di tali misure, ma vuole semplicemente trarre un argomento per dimostrare che la specifica previsione di esse era necessaria, mentre tale necessit non si presentava per la pena accessoria della pubblicazione della sentenza. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 9 febbraio 1967, n. 15 -Pres. Ambrosini - Rel. Chiarelli -Regione Trentino Alto-Adige (avv. Guarino) c. Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Stato Tracanna). Giudizio di le~ittimit costituzionale -Principi e norme di diritto processuale comune -Applicabilit -Limiti. Giudizio di le~ittimit costituzionale -Sospensione dei termini processuali nel periodo feriale -Inapplicabilit. La disciplina dei termini stabilita da leggi costituzionali e, suita base di leggi costituzionali, da leggi ordinarie per te esigenze dei giudizi di legittimit costituzionale, pu trovare, entro certi limiti, integrazione in principi e norme di diritto processuale comune, purch queste norme . :-::-:-: i) :::::::::::/::::=: .:<'.-'.'.:-::-: < il ) i! )I . . I <>'>I l:'AR'.'rE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 27 e principi non contrastino con le norme ed i principi peculiari del processo costituzionale (1). Nei giudizi innanzi azza Corte costituzionale non applicabile la legge 14 luglio 1965, n. 818 suiza sospensione dei termini processuali nel periodo feriale (2). . . . ({.)missis). -La difesa del Presidente del Consiglio h eccepito J;)reli:Minarm.ente l'inammissibilit del ric;orso . proposto dalla Regione Ti-enW10-.A1t() :t\,dige, percJl .. notificato o1tre il termine di trenta giorni dalla pubbli9azione della legge impugnata, e ha sostenuto l'inapplicabi ..ᥥ lit nei giud~zi in11a~:zia que.sta Corte della l.14lugliol965, .n. 818, . ~lta so$l)ensione t}ei ter;mtni processuali nel perfodo ~eriale. .... L~cezi0:ite1 fondata; . (1..2{sii1ta lili>i?llciil>ilit dell'.a sospensioile dei. termitli processuali .:il' i,>'riQdP feriale ~lgiudizio dilei.ttfmitil costituzionale. / > X.a sentt:!llza i?l e.s~mti: d.i. estrelllli l!Jlp()l:'ta~~ Pt:!r le a#ermazioni di prfaci~io cit:a la natllr~.e la funzione dE),1. ;t~t:e>cesso d,i .. legittimit costltu# Qn~.EI. eL .~. o11seguenza, .. della . stessa (:.orte. costituzionale..Sotto . questo ~t;lo].'tantissilll<> aspetto~ essajntegra, pe'.I; ci h~ attiene all'ordb1amento :t'>:tc.ssuale dei gi.(lfai fnnariZ.i. arf.a Corte,. la .fondamentale sentenza nu. m~fo 13 dEil 16 marzo l96Q: .nella qua.le la Cor~ stessa precis l!il funzione e' i lhnitj. d,el propri!) o,rdinamento processuale, e differenzi la sua posizi() nEI J1ei ri~.ardi dt):gU Ot:ilani. giu(lizil:i,Jii,, ordillari e speciali,. dell'ordina ... t)1ento italiano, La :fUnzione hierat.nente St'UIJ;lentale e di e metodo asseil: i.IU;a, in quella fondamentale sentenza, all'ordinamento dei processi inn,~: Qzi alla Corte, in relazi<>ne alla funzione fondamentale di questa, di suprema garanzia del controllo costituzionale, si esplica, come tutte le funzioni J>'<>Cess'l:lali, essenzialmente mediante ter.mini. La materia dei termini stata in prevalenza regolata non da norme iJ;lserite. nella stessa Costituzione d in sucessive leggi costituzionali, ma :t::lella 1. 11 mai:zo 1953, n. 87 che . .na legge ordinaria, sia pure con SPel;liale Ꮘl'attere, e nelle .e n<>rme integrative di carattere processuale ~tl:1;bilite da~la Corte ai sensi dell'art. 14, primo comma e dell'art. 22, secondo comma; della l. 11 marzo 1953, n. 87. Si sostenuto; nel giudizio concluso con la sentenza, che questo corpus di norIJ;le prce$sl$li po~sse ormai ritener$! un sistema di diritto comune nel.nosti;o <>ftl.illa~e.Ilto, ap11c:e 4~. essere .inter:P.l:'etlilt<> ed fntegrato. in base ai prii::tpl enucleabili dal sistema vigente ed alle norme successivamente emanate, ovviamente con .carattere di generalit, per fa materia processuale, in particolare per la materia processuale civile. La Corte ha., con que1:1ta sentenza, pur non potendo d,isconoscere la integrabilit,' in generale, del sistema particolare delle sue norme processuali, da parte delle norme e dej principi del diritto processuale comune (e ne ha indicato un esempio nella applicabilit delle norme riguardanti il giorno di inizio e di scadenza dei termini riconosciuta con la sentenza n. 39 del 1960), fissato un limite a tale integrabilit, e questo limite ha identificato nella necessit che la anzidetta integrazione non venga a porsi ...::-:::: . ..: - 28 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Va ricordato che l'art. 137 della Costituzione prevedeva che una legge costituzionale stabilisse le condizioni, le forme e i termini di proponibilit dei giudizi di legittimit costituzionale. Successivamente l'articolo 2 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, fiss un termine di trenta giorni per l'impugnativa di una legge della Repubblica da parte della Regione e di sessanta giorni per l'impugnativa di una legge di altra Regione. L'art. 32 della 1. 11 marzo 1953, n. 87, precis quindi che nel predetto termine di trenta giorni il ricorso della Regione deve essere notificato al Presidente del Consiglio dei Ministri. La stessa 1. n. 87 del 1953 fiss in sessanta giorni il termine per la proposizione dei ricorsi per conflitto di attribuzione (art. 39). Le ricordate norme sono integrate dalla disposizione che prevede la riduzione dei termini fino a met, contenuta nell'art. 9 della citata in contrasto con le esigenze peculiari del processo costituzionale, desumibili da norme costituzionali od anche da norme ordinarie emanate sulla base di queste;' sicch l'applicazione delle norme e dei principi di diritto comune non abbia a comportare na menomazione o, quanto meno, una distorsione della funzione essenziale, cio di. supremo controllo costituzionale, sia pure nei modi e con le forme della funzione giurisdizionale. Con ci, la sentenza in esame in linea con la richiamata sentenza n. 13 del 16 marzo 1960, accentuando la funzione strumentale del modus operandi mutuato dalla giurisdizione, nei confronti della funzione essenziale di controllo proprio della Corte costituzionale e delle esigenze che questa funzione comporta anche nell'applicazione delle modalit e del metodo giudicato dalle indicate fonti come il pi idoneo per la concreta esplicazione della funzione fondamentale della Corte. .. Gi una precisazione della reazione delle fondamentali esigenze della funzione propria della Corte sulla applicazione delle norme e dei principi vigenti nel sistema processuale comune si era avuta con la riconosciuta inapplicabilit ai giudizi costituzionali della 1. 25 maggio 1958, n. 260 sulla notificazione degli atti processuali alle Amministrazioni dello Stato, dichiarata, appunto, con la sentenza n. 13 del 16 marzo 1960. A questo ordine di principi, pu e deve essere ricondotta anche l'interpretazione data dalla Corte (fin dalla ordinanza del 30 dicembre 1956) circa il carattere :Perentorio dei termini stabilito per la costituzione delle parti in giudizio, termini fissati dall'art. 25 della 1. n. 87 del 1953 e dall'art. 3 delle norme integrative: laddove, com' noto, questa perentoriet non si ritiene per le norme del regolamento di procedW"a del Consiglio di Stato (richiamate dall'art. 22 della 1. 11 marzo 1953, n. 87) relative alla costituzione della parte resistente. Ulteriore e definitiva precisazione, con carattere di generalit e con valore di principio, viene fatta, appunto, nella sentenza in esame e l'occasione data dalla insorta questione circa l'applicabilit o meno della legge ordinaria 14 luglio 1958, n. 618 sulla sospensione dei termini processuali nel periodo feriale. Si trattava di un giudizio di legittimit costituzionale di una legge dllo Stato (la 1. 22 luglio 1966, n.' 614 sugli interventi straordinari a favore dei territori depressi dell'Italia settentrionale e centrale), giudizio PARTE I, &,EZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 29 legge costituzionale n. 1, e da altre disposizioni della citata legge n. 87, riguardanti la disciplina temporale del procedimento (art. 23, secondo comma; art. 25; art. 26; artt. 29-36). Questo complesso di norme costituisce una disciplina dei termini, che particolare dei giudizi di competenza della Corte costituzionale e corrisponde all'interesse, di diritto obbiettivo, alla sollecita rimozione di eventuali situazioni di illegittimit costituzionale, soprattutto nei raapporti. tra $fato e Regioni. Con valutazioni specifica.mente aderenti alla peculiare funzione dei giudizi di legittimit costituzionale, il legislatore costituente e, sulla base delle. sue norme, il legislatore ordinario hanno contemperato l'esilhza della celrlt del giudizio con quella di dare un con,ruo tempo, ;agli orgni investiti dei poteri di promuovere i detti giudizi e di partec;iparvi, per I'es.ercizio dei poteri medesimi. wrolriosso in via diretta dalla Regione T.A.A. ai sensi dell'art. 32 della 1. l. marzo 1953, n. 87. La OOtte costituziOnale aveva, in primo 'luogo, innanzi a s un problema di carattere interpretativo ad essa sottoposto dalla difesa della Avvocatura generale, concernente il concreto ambito di applicazione della l. n. 818, la quale,,-pur presentandosi, all'art. 1, come legge di sospensione e, quindi, modificativa (1) dei termini processuali in generale, in effetti nei successiVi a:rtt. 2, 3 e 5 sembrava limitare la portata apparentemente onnicomprensiva della espressione, riferendola espressamente alla materia penale (art .. 2), alla materia ~ivile (art, 3) ed alla materia amministrativa" (art 5), senza menzionare, quindi, n la materia costituzionale n, quanto riieno i giudizi innanzi alla Corte costituzionale, al contrario di quanta lo stesso legislatore ordinarlo aveva fatto in altra occasione (ad es. art. 2 della 1. 5 luglio 1965, n; 798), menzionando eressamente e separatamente i giudizi innar,izi alla Corte. Un argomento interpretativo contra.rio alla applicazione della legge ai giudizi innanzi alla Corte era daHa Avvocatura desunto dalla consegue: nte applicabilit della sospensione per ferie anche ai ricQ>.< .-: ~_.:. . .. tqfe 11~ inteso rUerirsi:ar giudizi in mat#-ia ivi1~~ penale e ammini~ ~ii(~lltti~~t~~~ $poii1;t~il,tj a :funzionfdiverse da .quelle degli altri giudizi considerati . 4#11~ ~~.i$~. ... .. V~ in.tin.e n()ta~<> pile la ~r?ll1o2:iot1~ . 9~1. giu~lzi iu via diretta . ~vanti ~tia e!>l-fe tiidata ad organi iacui att1'1it. !ta carattere di con. tin.it~. $'o~rattutto nell'espletamento di .f~zi?li di supremo interesse pl;ipbUo/ 9ome quella d! promuovere i detti.giudizi, cosi che dalla non apl;)j1~zi()ne della J n. 818 del 1965 il()ll derj,ya alcun limite all'eserci~ io :lel~ri.tto di azione in materia costituziOhale. .... ... J)aU~ consid~ra.~iot)l iJl~;:tnzi.. esposte. ~~riY.ha rite1'l'l:l,tQi sconvenienti ed offensive alcune espressioni, ~ol1tm~t~ #ella co)1;lpa1'Sa;coo.clusionale del Mattino, e ne ha ordinato la ah<:~Il~~fo~~. afsensi del disposto dell'artt. 89 c. p. c., spiegando che . t~ttaY.ii$i }U l}atol di significato obbiettivamente ingiuriose, non rese ll~ijlitat:~;:i:::::: :~:~s~~~o incensurabile in questa sede .ᥥ... 4Jf!!git:tfJ:nit~ e auPertlua sarebbe ogni considerazione che qui si volesse ......:tj,;~ '.6(Qm#tja), i i > C!o1''1'il b:f CASSAZIONE, Sez. Un., 1~ ottobre 1966 n. 2424 -Pres. . ft6fe-Rel. Felicetti -P. M. Tavolaro I. (conf.) -Giaimo (avv. PJAbbiero) c. Convitto nazionale Cristoforo Colombo di Genova favv. dello Stato Colletta). ,Cqmpetenza e giurisdizione -Rapporto di impiego tra i Convitti nazionali ed il personale insegnante nelle scuole da essi gestite -Controversie -Giurisdizione del Giudice ordinario. (r. d. 6 maggio 1923, n. 1054, artt. 118 e segg.; r. d. 4 maggio 1925, n. 653, art. 51; r. d. 22 ottobre 1931, n. 1410, articolo unico; I. 9 gennaio 1942, n. 86, artt. 2, 3, 6, 7, 8, 14). 1Z 'l'apporto di impiego tra i convitti nazionali, che gestiscono pure $/!t;Qle le$Ja.tm.ente riconosciute, e il personale insegnante che tali enti c,tfw>P., a,s$y,m,.ono, ha carattere privatistico, oode sulle controversie le q~~ti trQ.ggpfltQ. grigin.e da un siffatto rapporto ha giurisdizione il giudice Mi:U!lario (i) .. . (Om.ssi$)..'7 ~uesta .Corte Suprema ha ripetutamente affermato, decidendo la questione oggi proposta, che la giurisdizione sulle controversie nascenti dal rapporto d'impiego fra i Convitti Nazionali i quali (1) In senso conforme v. Cass., Sez. Un., 11 aprile 1964, n. 847, in questa Rassegna, 1964, I, 670, ed ivi ZAGARI, La giurisdizione in tema di rapporto di lavro degli insegnanti deUe scuote dei Convitti nazionali (nota critica); in senso nettamente difforme la giurisprudenza, ormai costante, del Consiglio di Stato, di recente riaffermata in due decisioni del RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 46 gestiscono anche una scuola legalmente riconosciuta e gli insegnanti che tali enti assumono per questo fine appartiene al Giudice Ordinario e non al Giudice Amministrativo. (v. fra le altre sent. a Sez. Un. n. 847 del 1964 per il Convitto Naz. Vittorio Em. II di Napoli; n. 1321 del 1965 per i Collegi riuniti di istruzione professionale femminile di Napoli; n. 1105 del 1963 per il Real Convitto Dante Alighieri di Messina). L'argomento centrale a sostegno di questa affermazione consiste nel rilievo che -come si evince dal collegamento dell'art. 117 del r. d. 6 maggio 1923, n. 1054 con l'art. unico del r. d. 22 ottobre 1931, n. 1410, dettato a modifica dell'art. 124 del Regolamento 10 settembre 1925, n. 2009, e con l'art. 51 del Reg. 4 maggio 1925, n. 653 -l'istituzione di classi o corsi interni completi d'istruzione media-classica, tecnica, scientifica e magistrale che tali convitti sono autorizzati ad effettuare su deliberazione dei rispettivi consigli di amministrazione e soggette ad approvazione ministeriale ed a previo parere della competente giunta per l'istruzione media, costituisce esercizio di una facolt di diritto privato in quanto non rientra necessariamente tra i fini pubblici istituzionali di tali enti, i quali, nella gestione delle predette attivit scolastiche, agiscono non diversamente dagli enti e dai singoli soggetti privati cui sia stata concessa l'autorizzazione d'istituire e gestire una scuola parificata o legalmente riconosciuta. A tali ragioni in sostanza altro non si oppone se non che l'istruzione sarebbe compresa nello sviluppo intellettuale e fisico dei giovani indicato quale fine istituzionale dei Convitti Nazionali dall'art. 118 del r. d. 6 maggio 1923, n. 1054; e che a norma degli artt. 8 e 14 della 1. 9 gennaio 1942, n. 86 le e classi o corsi completi di istruzione che i Convitti Nazionali possono essere autorizzati ad istituire sarebbero pareggiati alle scuole statali in quanto tenuti da enti pubblici. Ma tali obiezioni non sono nuove; esse sono gi state disattese da queste Sezioni Unite anche recentemente con la sentenza n. 846 del 1964 per la considerazione che a norma dell'art. 133 della Costituzione l'insegnamento libero e l'istituzione, sotto l'osservanza di determinate condizioni, di scuole parificabili con quelle statali per determinati effetti consentita a tutti, enti e privati, si ch -essendo il carattere pubblicistico impresso ex lege alle sole scuole statali -l'insegnamento impar l'Adunanza plenada: C. d. S., Ad. plen., 13 maggio 1966, n. 11, in questa Rassegna, 1966, I, 878 ed ivi nota 1 (la motivazione si pu leggere in Cons. Stato, 1966, 869), e C. ~ S., Ad. plen., 5 novembre 1966, n. 20, in Cons. Stato, 1966, 1949 (solo massima). Le altre pronunzie della stessa Corte di cassazione, richiamate nella sentenza, di cui si tratta, sono rispettivamente state pubblicate: Cass., 31 luglio 1941, n. 2482, in Foro it., 1942, I, 152; Cass., 25 ottobre 1956, n. 3943, in Riv. giur. lav., 1957, II, 13; Cass., 6 maggio 1963, n. 1105, in Foro it., PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 47 tito in scuole non statali, anche se parificate o pareggiate, non perde il suo sostanziale carattere privato. Nulla poi esclude -pu aggiungersi -che la gestione delle predette scuole o corsi ad opera di enti o di privati sia qualificata altresi da fine di lucro ed abbia pertanto il particolare aspetto di un'attivit economica; mentre il fatto stesso che la legislazione speciale in materia lasci ai Convitti nazionali la libera facolt di deliberare e richiedere (oppur no) l'istituzione dei predetti corsi d'istruzione medio-classica, tecnica, scientifica e magistrale dimostra il carattere puramente eventuale ed accessorio di una tale attivit rispetto a quella dell'educazione dei giovani, che indubbiamente costituisce la naturale e sola finalit pubblicistica dei ripetuti Convitti. D'altra parte l'art. 33 della Costituzione distinguendo nettamente le scuole -quali istituzioni aventi il compito d'impartire l'istruzione -e gli istituti di educazione -aventi il compito di educare pone una distinzione incompatibile con l'assunto che giuridicamente il concetto di educazione sia necessariamente comprensivo di quello dell' istruzione (ci che non neppure dal punto di vista meramente lessicale). E in aderenza alla cennata distinzione la legge ha affidato ai Convitti Nazionali la prima e non anche la seconda finalit, consentendo tuttavia ai Convitti medesimi di istituire altres -come ogni altro ente o privato -scuole non statali. i Non sembra, poi, inopportuno ricordare che questa Corte Suprema ,) ha pure avuto occasione di rilevare che gli Istituti pareggiati di educazione ed istruzione devono essere considerati come enti privati il che conferma come lo stesso pareggiamento delle scuole private a quelle statali non sufficiente a conferire alle prime natura pubblica (v. sent. n. 3943 del 1956; n. 2482 del 1941). D'altra parte necessario rilevare che nella specie non si tratta neppure di scuola pareggiata a sensi degli artt. 8 e 14 della I. n. 86 del 1942 ma di scuola che ha ottenuto il riconoscimento legale (gi parificazione, a termini della precedente I. n. 45 del 1939) a sensi degli artt. 2, 3, 6, 7, della citata legge del 1942, com' stato dedotto dal ricorrente senza alcuna confutazione avversaria. 1963, I, 1118 e Cass., 23 giugno 1965, n. 1321, in Giust. civ., 1966, I, 144. Per le sentenze, pure richiamate in quella, di cui si tratta, a proposito dell'affermazione, per vero qui appena accennata, circa l'autonomia del rapporto assicurativo-previdenziale (rispetto al rapporto di lavoro in genel'e) v. appresso in questa Rassegna, I, 61 ed ivi, nota 1-2. Comunque, in relazione all'orientamento della Cassazione, ormai del pari costante, si pu ad esso aderire specialmente per quanto concerne l'autonomia ora detta. 48 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Trattasi quindi di .scuola che -secondo le norme ora citate potrebbe essere gestita non solo da un privato cittadino ma persino da una societ commerciale. infine opportuno soggiungere ch' pure incontroverso essere la scuola in discorso frequentata anche da taluni e~terni i quali vi sono ammessi contro pagamento di una retta di frequenza (il che sta a rilevare l'aspetto economico della gestione scolastica del .convitto). Inoltre, a norma del r. d. n. 1410 del 1931, i convittori non sono obbligati ailla frequenza della scuola del Convitto Nazionale., ci essendo rimesso alla volont dei loro genitori (il che in contrasto con la pretesa finalit istituzionale dell'istruzione); ed il personale insegnante non inserito nella organizzazione del Convitto (come avviene per il personale educativo e contabile fornito dallo Stato: art. 119 r. d. n. 1054 del 1923) ma a carico dei Convitti stessi quali gestori delle scuole (d. n. 1410 del 1931). Per tali ragioni devesi concludere -anche in relazione alla fattispecie -che il rapporto d'impiego tra Convitti Nazionali e personale insegnante ha carattere privato e pertanto la controversia dedotta in lite nel caso in esame, n quanto trae origine da tale rapporto, rientra nella competenza giurisdizionale dell'A.G.O. In ogni caso vi rientra il capo della domanda attinente al rapporto assiCurativo-previdenziale, data l'autonomia del rapporto medesimo, pi volte rilevata da questa Corte Suprema (sent. n. 1639, n. 2524 del 1964; n. 667 del 1963). (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 22 novembre 1966, n. 2785 -Pres. Scarpello -Rel. Sbrocca -P. M. Di Majo (parz. conf.) -Calderone (avvocati Antonino e Restivo) c. Amministrazione della Marina Mercantile (avv. Stato Agr) e s. p. a. Industria Armamento (avvocati Contaldi, Ferrarini e Vernetti). Competenza e giurisdizione -Nave -Organizzazione di bordo -Potere gerarchico e potere disciplinare -Natura pubblicistica :. Interesse legittimo dell'arruolato -Giurisdizione del Consiglio di Stato. (c. nav. artt. 113, 295, 1249 e 1252; r. d. 1. 14 dicembre 1933, n. 1773, art. 3). L'or~anizzazione di bordo si differenzia da queUa del lavoro comune per la natura schiettamente pubblicistica, che inerisce si in sabile. La precisazione tuttavia significativa della necessit che si abbia ~, a riguardo aUa causa deH'anormalit -come sostiene J.'Avvocatura -e del ::: :); :-:::-:=j risa .'.'.'.'.'. disagio in cui la giurisprudenza viene a trovarsi quando si discosta dal .zio, principio, per il quale deve essere dimostrata la causa specifica dell'anoriale malit, puntualmente affermato dalle Sezioni Unite, nella sentenza 8 febriva braio 1958, n. 408, gi citata. A. FRENI ,:;:lr1 ~iva -~ :::i:~ ??:l PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE Lo stesso rilievo va fatto in ordine al secondo mezzo, con il quale il ricorrente si duole che la sentenza impugnata si sia fondata sulle deposizioni degli agenti ferroviari che furono presenti al fatto, e quindi su testimonianze rese da persone incapaci, quali dipendenti dell'Amministrazione resistente. La censura resistita anzitutto dalla considerazione che ai fini del decidere era sufficiente quanto la Corte di appello aveva gi argomentato, sia in ordine alla mancata prova dell'assunto dell'Eusepi, sia in ordine alla prova contraria emergente, prima ancora che dalle risultanze del processo, dalla stessa ammissione resa dall'Eusepi. Il richiamo alle deposizioni degli agenti ferroviari costituiva, nell'economia della sentenza, un'argomentazione supplementare e rafforzativa del convincimento gi formato circa l'esclusione della prova di un'anormalit del servizio. Con il terzo mezzo si denuncia violazione dell'art. 115 c. p. c.: a) per avere la Corte di merito desunto elementi di convincimento dall'inchiesta amministrativa e di polizia giudiziaria; b) per non avere la Corte stessa accolto la domanda tendente a sollecitare il confronto rfra i testi ed il rinnovo della loro escussione. Anche tali doglianze sono destituite di giuridico fondamento e pertanto non possono essere accolte. Non la prima, perch i verbali di indagine redatti dagli ufficiali di polizia giudiziaria possono essere utilizzati dal giudice per la formazione del proprio convincimento (Cass., 16 maggio 1962, n. 1085) e perch, d'altra parte, le ammissioni dell'Eusepi in sede di interrogatorio di polizia giudiziaria costituivano confessione stragiudiziale, avente quindi efficacia probatoria ai sensi dell'art. 2735 c. c. Non la seconda, perch la richiesta del confronto fu dedotta per la prima volta in sede di comparsa conclusionale avanti la Corte di appello e perch il giudice di merito nell'esercizio dei suoi poteri discrezionali pu non dare ingresso ad ulteriore istruttoria, quando si sia formato un convincimento in base agli elementi gi acquisiti. Alla stregua delle suesposte considera:;)ioni, il ricorso deve essere rigettato con ogni pronuncia conseguenziale. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 18 ottobre 1966, n. 2500 -Pres. Tavolaro -Est. Pratillo -P. M. Criscuoli (conf.) -Vittoria (avv. Giuffr, Nicol) c. Ministero Difesa-Esercito (avv. Stato Lancia). Guerra -Contratti di guerra -Contratti non ancora definiti -Nozione. (d. 1. 25 marzo 1948, n. 674, art. 1). 78 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Guerra -Contratti di guerra -Contratti non ancora definiti -Controversie -Azione giudiziaria -Condizioni di proponibilit. (d. 1. 25 marzo 1948, n. 674, art. 10). Guerra -Contratti di guerra -Contratti non ancora definiti -Commissario liquidatore -Poteri. (d. I. 25 marzo 1948, n. 674, art. 5). Ai sensi del d. l. 25 marzo 1948, n. 674 debbono considerarsi non ancora definiti, al momento dell'entrata in vigore 1del d. l. Stesso, tutti i contratti di guerra per i quali sia ancora possibile avere una qualsiasi contestazione riguardo 1ad una \qualsiasi delle prestazioni corrispettive (1). Per poter adire il giudice ordinario-nelle controversie relative a contratti di ,guerra non ancora definiti necessaria la previa denuncia, ai sensi dell'art. ,10 d. l. 125 marzo 11948, n. 674, del contratto al Commissario istituito per la sistemazione e la liquidazione dei contratti di guerra non ancora definiti (2). Tra i poteri discrezionali conferiti dall'art. 5 d. l. 25 marzo 1948, n. 674 al Commissario compreso anche quello di determinare il rapporto di cambio tra la moneta italiana e quella straniera, eventualmente dedotta nel contratto quale mezzo di pagamento (3). (OmiSsis). -Con i due mezzi di ricorso -strettamente connessi tra loro e, quindi, da esaminare congiuntamente -si denuncia, in riferimento all'art. 360, nn. 3 e 5, c. p. c., la violazione e la falsa appli . cazione dell'art. 1 del d. l. n. 674 del 25 marzo 1948, nonch il vizio di motiva:ziione su un punto decisivo della controversia, per avere la Corte d'Appello ritenuto che il contratto di fornitura, intercorso tra il Vittoria e l'Amministrazione Militare Italiana in Tirana nell'agosto del 1943, non era ancora e definito al momento dell'entrata in vigore del d. 1. suddetto: cosicch il Vittoria avrebbe dovuto, prima di adire il giudice ordinario, denunciare il suddetto contratto di guerra al Commissario per la sistemazione e liquidazione dei contratti di guerra istituito dal d. 1. stesso. Si sostiene che -nonostante le rimostranze del ricorrente circa la quantit di moneta italiana (1-3) Giurisprudenza costante: in arg. cfr. Cass., Sez. Un., 28 novembre 1953, n. 3603; 19 gennaio 1954, n. 89 e 12 marzo 1957, n. 741, in Foro it., Mass., 1953, 692; 1954, 18; 1957, 152. Sulla nozione di contratto di guerra non ancora definito v. anche nota a Cons. Stato, Sez. IV, 8 luglio 1964, n. 936, in questa Rassegna, 1964, I, 917. Circa i rimedi giurisdizionali avverso i provvedimenti commissariali e i poteri del commissario liquidatore cfr. Cass., Sez. Un., 24 luglio 1964, n. 2031, ibidem, 1038, con nota. A. F. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 79 corrispostagli in luogo 'li quella albanese -dovrebbe considerarsi definito un contratto, come quello di specie, sulle cui prestazioni integralmente eseguite -non era insorta contestazione alcuna tra i contraenti (in particolare non sul prezzo determinato e accettato in franchi 3.243.250,90, n sulle modalit di pagamento), dato che l'unico contrasto riguardava l'errore materiale di calcolo in cui era incorso, in sede di cambio valutario, l'Ufficio incaricato del pagamento. Si nega, altres, che la questione relativa alla data, alla quale si sarebbe dovuto fare riferimento per determinare il cambio tra le due monete, incidesse sulla prestazione del Ministero, cos d'aver impedito la defini: zfone del contratto a norma del d. l. n. 674 del 1948, anche perch la questione stessa sarebbe sorta successivamente alla piena esecuzione del contratto medesimo. Si aggiunge che, ove si ritenesse, come si afferma nella sentenza impugnata, che il d. I. del 1948, n. 674 applicabile anche alle controversie sorte successivamente alla esecuzione e alla definizione d'un contratto di guerra, si giungerebbe all'assurdo di negare, rispetto ad esse, la tutela giurisdizionale dei diritti del privato, nel caso in cui tali controversie sino sorte dopo la scadenza del termine di 180 giorni, f.ssato dal d. 1. stesso per ricorrere al Commissario per la sistemazione e la liquidazione dei contratti di guerra. Il ricorso infondato. Non si mai posto in dubbio che il contratto di fornitura, fatercorso nell'agosto del 1943 in Tirana tra il Genio Militare Italiano e il Vittoria, sia di guerra a sensi dell'articoo 4 del d.1. n. 674 del 25 marzo 1948; n che tra gli ampi poteri conferiti dall'art. 5 di detto d. 1. a.J Commissario istituito per la sistemazione e la liquidazione dei contratti di guerra, non ancora definiti al momento dell'entrata in vigore del d. I. stesso, vi sia anche quello di determinare il rapporto di cambio tra la moneta italiana e quella straniera, eventualmente dedotta in contratto quale mezzo di pagamento: il che, peraltro, queste Sez. Un. hanno gi affermato con sent. n. 2031 del 24 luglio 1964. Ma il Vittoria, a sostegno della tesi da lui prospettata nei giudizi di merito e riproposta nei motivi di ricorso, ha affermato nella discussione orale innanzi queste Sez. Un. -contrariamente a quanto aveva ammesso anche nell'atto di citazione -che egli, il 12 aprile 1948, cio prima della data in cui entr in vigore il d. l. n. 674 del 1948 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 137 del 15 giugno 1948), aveva riscossa, senza riserva alcuna ., la somma di lire italiane 20.272.000 in cambio dei franchi albanesi 3.243.250,90 dedotti in contratto quale prezzo della fornitura. Senonch -e innanzi tutto -la Corte del merito, con un accertamento di fatto insindacabile in sede di legittimit, peraltro non espressamente impugnato nel ricorso, ha, invece, ritenuto che, gi con raccomandate del 23 e del 30 maggio 1947, il 80 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Vittoria, nell'invitare ancora una volta l'Amministrazione Militare ad adempiere la sua obbligazione, aveva fatto presente d'aver appreso che s'intendeva soddisfarlo in moneta nazionale, non albanese: e precisava che, se ci fosse avvenuto, egli avrebbe riscossa la somma e l'avrebbe conteggiata a scomputo del debito della Pubblica Amministrazione, ma con le pi ampie riserve per i danni d'ogni sorta a lui derivati dalla sopravvenuta svalutazione della lira (rispetto al franco albanese) tra l'epoca dela fornitura (agosto 1943) e la data in cui si sarebbe effettuato il pagamento: e salvo anche ogni altro suo diritto al riguardo; mentre chiedeva che gli fossero pure corrisposti, sulla somma dovutagli, gli interessi legali. Ha ritenuto inoltre la Corte che, appena riscosso il prezzo della fornitura in lire italiane, con altra raccomandata del 23 aprile 1948 (ed ancora ripetutamente in seguito) il Vittoria aveva contestato al Ministero della Difesa-Esercito che, per il pagamento, non si era affatto tenuto conto, com'egli aveva chiesto, della svalutazione della lira, n gli erano stati corrisposti gli interessi legali; e concludeva invitando la Pubblica Amministrazione, se intendeva evitare una procedura legale ., a rifare i conti. Pertanto, nori successivamente alla completa e incontestata esecuzione contrattuale, come si sostiene nel ricorso, sibbene prima che l'Amministrazione Militare avesse effettuata la sua contropresta-. zione e immediatamente dopo -sempre, poi, prima dell'entrata in vigore del d. I. n. 674 del 1948 -il Vittoria aveva chiaramente e in modo reciso formulata la propria pretesa secondo cui, ove il Ministero della Difesa-Esercito si fosse avvalso della facolt, concessa in solutione al debitore. dall'art. 1278 c. c., data la mora debendi, si sarebbe dovuto tener conto della svalutazione della lira italiana sopravvenuta, rispetto al franco albanese, tra la data di scadenza del debito del Ministero e quella dell'effettivo pagamento, e che, quindi, per il cambio di valuta, si sarebbe dovuto aver riguardo non alla prima data, sibbene alla seconda. Con ci, evidentemente, il Vittoria non rilev ex post, com'egli assume, soltanto un mero errore di cakolo in cui sarebbe incorsa la Pubblica Amministrazione nell'operare il cambio di valuta (dato che un tale errore presuppone l'esattezza dei dati posti a, base del con teggio e, quindi, la piena concordanza, su essi, dei cntraenti), ma contest proprio l'esattezza dei dati che l'Amministrazione Militare intendeva porre, e successivamente pose a base del cambio di valuta. E tale divergenza incideva sul contenuto della controprestazione e sulla integralit dell'adempimento contrattuale del Ministero, in quanto questo, secondo la tesi del ricorrente, per l'accertato sopravvenuto aumento del valore del franco albanese, rispetto alla lira italiana, tra le due date in contestazione, avrebbe dovuto concretamente corrispon dere, come prezzo della fornitura ricevuta, una somma in lire italiane PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE senza altro superiore a quella che si apprestava a pagare e che effettivamente poi vers. Anzi il Vittoria poneva, cos, sul tappeto, una vera e propria questione giuridica circa il suo diritto (in relazione agli artt. 1218, 1219, 1278 c. c.) al pieno risarcimento dei danni che affermava di aver subiti, .perch, a suo avviso, il Ministero della Difesa- Esercito, in conseguenza del ritardo dell'adempimento della propria prestazione e della sua messa in mora, avrebbe dovuto senz'altro corrispondere, in solutione, con gli interessi legali, almeno una somma in lire italiane effettivamente equivalente al valore della valuta albanese stabilita in contratto. , dunque, evidente che, data la divergenza di cui si detto, il contratto di guerra in parola non poteva considerarsi gi definito tra le parti, a sensi del d. l. n. 674 del 1948, al momento in cui questo entr in vigore, e, pertanto, il Vittoria, prima di adire il giudice ordinario -per far, evidentemente, risolvere da questo la controversia insorta tra lui e l'Amministrazione Militare -avrebbe dovuto denunciare il contratto, a sensi dell'art. 10 del d. l. suddetto, al Commissario istituito per la sistemazione e la liquidazione dei contratti di guerra non ancora definiti. Gi altre volte queste Sez. Un. (cfr. sentt. n. 3603 del 28 novembre 1953; n. 89 del 19 gennaio 1954 e n. 741 del 12 marzo 1955) hanno affermato che debbono considerarsi non ancora definiti , al momento dell'entrata in vigore del d. l. n. 674 del 1948, tutti quei contratti, per i quali sia ancora possibile una qualsiasi contestazione riguardo ad una qualunque delle prestazioni corrispettive, e per conmomento dell'entrata in vigore del d. I. 1948, n. 674, non erano pi verso debbono considerarsi definiti quei contratti per i quali, al profilabili contestazioni di sorta alcuna : il che, ovviamente, pu aversi o per effetto del gi avvenuto, integrale, esatto e incontestato adempimento delle obbligazioni reciproche dei contraenti, oppure quando sia stata irrevocabilmente appianata ogni qualsiasi divergenza al riguardo per effetto di giudicato o di accordo tra le parti, debitamente approvato. Infine, poich certo che la controversia relativa al contratto di guerra di cui si discute era senz'altro sorta prima dell'entrata in vigore del d. I. n. 674 del 1948, il Vittoria, il quale ha avuto a propria disposizione, per la prescritta denuncia del contratto stesso al Commissario per la sistemazione e la liquidazione dei contratti di guerra, tutti i 180 giorni stabilit dall'art. 10 del decreto medesimo, male a proposito prospetta, per cercar di sorreggere la sua tesi, la impossibilit della denuncia al Commissario anzidetto delle controversie eventualmente sorte dopo la scadenza del termine suindicato. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato con le conseguenze di legge. -(Omissis). 82 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 gennaio 1967, n. 57 -Pres. Rossano -Est. Roperti -P. M. Caccioppoli (diff.) -Galzignato (avv. Andreotti- Loria, Coniglio A.) c. Amministrazione delle Finanze (avv. I::. Stato Gargiulo). Procedimento civile -Litisconsorzio necessario -Litisconsorzio necessario fra soggetto non legittimato citato e costituitosi in giudizio ed il soggetto legittimato, non comparso perch non citato -Esclusione. (c. p. c., artt. 102, 354). Entrate patrimoniali -Ingiunzione amministrativa di pagamento - Opposizione -Soggetto legittimato passivamente al giudizio di opposizione. (t. u. 14 aprile 1910, n. 639, artt. 2, 3). Un litisconsorzio necessario non configurabile tra un non legittimato costituitosi in giudizio ed il legittimato non comparso, perch non citato: in siffatta ipotesi il giudice deve rigettare la pretesa, salvo al titolare del rapporto sostanziale il diritto di farla valere in un nuovo, autonomo giudizio nei confronti :del legittimo contraddittore (1). (1) Che non vi sia, non si dice litisconsorzio necessario, ma neppure litisconsorzio deriverebbe da ci che questo concetto debba involgere quello di una pluralit, di legittimazioni: CosTA, Sull'intervento coatto del legittimato senza proposizione di domande, Giur. it., 1960, I, 1, 427, il quale, di conseguenza, ritiene che esuli da tale schema l'ipotesi della indicazione del legittimato da parte del convenuto , che sarebbe istituto innominato, ibrido, tra la nominatio auctoris (che per solo indicazione, senza chiamata) e l'intervento coatto ad ii.stanza di parte . Ma la prevalente giudsprudenza della Corte di Cassazione, ammette, invece, che qualora il convenuto in un giudizio di responsabilit civile abbia indicato un terzo come il sog.getto legittimato a contraddire a:na domanda attrice, chiamandolo in causa, l'accertamento della responsabiUt del terzo verso l'attore pu essere compiuto dal giudice ad istanza del convenuto : Cass., 18 aprile 1966, n. 977, in questa Rassegna, 1966., I, 587, sub 2 ed ivi nota di ulteriori riferimenti di dottrina e giurisprudenza. Sull'art. 106 c.p.c., segnatamente, v. Classe., 3 luglio 1959, n. 2114, in Giur. it., 1960, I, 1, 427; 12 aprile 1965, n. 660; id., 1967, 1, 238 e, circa 1o stato della dottrina, FABBRINI, Intervento coatto ad istanza di parte ecc., ibidem, 239 e segg., in particolare: 243, nota 5. Peraltro, vi sono ipotesi, in cui la dimostrazione della esistenza di un altro soggetto legittimato indispensabile al convenuto, per sostenere ~:. di non essere legittimato a contraddire alla domanda attrice, . come nel ~-' caso dell'accertamento di una servit di passaggio coattivo : CosTA, OP~ cit., 428. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 83 Nel giudizio di opposizione ad ingiunzione amministrativa di pagam< i;nto, legittimata passivamente l'Amministrazione ingiungente ed il rapporto processuale deve intendersi legittimamente costituito, se L'opposizione notificata al Capo di detta Amministrazione, e cio al Ministro in carica, al quale, per legge, riservata la rappresentanza .. in giudizio (2). (Omissis). -Col primo mezzo il ricorrente, sotto il profilo della violazione e falsa applicazione degli art. 2 e 3 r. d. 14 aprile 1910, numero 639, in relazione all'art. 360, n, 3, c. p. c. sostiene che ai sensi dei citati articoli, il procedimento di coazione comincia con l'ingiunzione, la quale consiste nell'ordine, emesso dal competente ufficio dell'ente creditore, di pagare; che l'opposizione deve essere proposta contro questa ingiunzione, e cio citando in giudizio l'organo che l'ha .el'lle$$a, con la conseguenza che nella specie esattamente stato citato il Minist.ero delle Finanze, essend.o stata la dngiunzione emessa dall'Intendenza di Finanza, quale organo di detto Ministero; che l'errore in cui sarebbe incorso l'ufficio, il quale ha indicato nell'ingiunzione il Ministero delle Finanze e non il Ministero del Tesoro, non pu avere rilevanza nei confronti del debitore opponente che in effetti doveva citare ed ha citato il primo Ministero e non il secondo; che, pertanto, erroneamente la Corte di Appello ha ritenuto interessato nella controversia anche il Ministero del Tesoro ed ha cosi disposto, rinviand.o il giudizio dinanzi ai primi giudici, la integrazione del contraddittorio nei confronti del detto Ministero (nonch nei confronti del Mmi.stero dei LL.PP.,_,rftenuto del pari interessato nell'esazione del credito). La .censura fondata. (2) Ma, per J.'ipotesi di scissione fra titolarit ed esercizio del diritto di credito (e tenuto onto degli effetti processuali deli'opposizione all'ingiunzione amministrativa, su cui v. Cass., 29 ottobre 1965, n. 2295, in questa Rassegna, 1966, I, 86, sub 2), v. Cass., Sez. Un., 7 mlj.ggio 1966, n. 1176, in questa Ras~egna, 1966, I, 612 (nella motivazione: qll:ando sia. fatta valere la pretesa di soddisfacimento di un credito, di cui un soggetto sia titolare ed altro soggetto ne sia legittimato all'esercizio, e qualora sorga contestazione intorno all'esistenza. deil credito, ;parte principale della Ute, e quindi parte necessaria del giudizio, il soggetto titolare del credito, nei confronti del quale la pronuncia esplica effetto principale e diretto, e non soltanto H soggetto legittimato al:l'esazdone, nei confronti del quale il.a pronuncia esplica un effetto meramente riflesso, quale pronuncia. dichiarativa, dell'esercitabilit o meno deHa pretesa ); v. anche Cass., Sez. Un., 2 luglio 1965, n. 1373, Giur. it., Mass., 1965, 494, nonch in questa Rassegna, 1965, I, 916 (ma, sulla specifica applicazione del principio fatta da questa pronuncia, v. nota di riJ.ievi ed osservazioni, ivi 704). Peraltro, sulia portata dell'art. 263, pen, comma, r.d. 23 maggio 1924, n. 827, v. Cass., 8 il.uglio 1966, n. 1794, in questa Rassegna, 1966, I, 1022. ,:,, 84 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'Avvocatura dello Stato riconosce che la procedura coattiva per il recupero del contributo indebitamente percepito dal ricorrente fu promossa, per errore, dall'Ammtnistrazione finanziaria, anzich dalla Amministrazione del Tesoro, competente in forza della vigente legislazione, in materia di erogazione di indennizzi e contributi per dann~ di guerra; ed anche l'impugnata sentenza ammette tale errore. Ci posto, balza evidente l'inconsistenza della soluzione adottata dalla Corte di merito disponendo l'integrazione del contraddittorio nei Cionfronti del Ministero del Tesoro, titolare del credito contestato, e del Ministero dei LL. PP., ritenuto dal pari interessato nella controversia. Invero, l'integrazione del contraddittorio va disposta se ricorre una causa inscindibile, la quale sussiste ogni qual volta sia dedotto in giudizio un rapporto giuridico con pluralit di soggetti e si renda necessaria, per ragione di diritto sostanziale od anche processuale, l'unit del procedimento e della decisione, sicch, in difetto di tale unit, la sentenza sarebbe inutiliter data . Ora, un litisconsorzio necessario non configurabile tra un non legittimato costituitosi in giudizio ed il legittimato non comparso perch non citato, in quant in siffatta ipotesi il giudice deve rigettare la pretesa, salvo al titolare del rapporto sostanziale il diritto di farla valere m un nuovo autonomo giudizio instaurato nei confronti del legittimo contraddittore. Nella specie, la Corte di merito, accertato che la procedura coattiva per il recupero del contributo percetto dal ricorrente era stata promossa da un'Amministrazione incompetente, quale era quella finanziaria, non doveva fare altro, in mancanza di una legittimazione congiunta tra la detta Amministrazione e quella del Tesoro e dei LL. PP., che dichiarare, con sentem;a definitiva del giudizio, l'illegittimit della ingiunzione per estraneit della Amministrazione finanziaria ingiungente al rapporto controverso e non disporre l'illltegrazione del contraddittorio. Non esatto opporre -come fa la resistente -che contestandosi il merito e non anche eventuali vizi formali dell'ingiunzione incombeva al ricorrente, destinatario dell'ingiunzione, l'onere di citare in giudizio i predetti Ministero del Tesoro e dei LL. PP., in quanto legittimato passivamente nel giudizio di opposizione ad ingiunzione fiscale l'ente ingiungente (nel1a specie l'Amministrazione finanziaria) e il rapporto processuale deve intendersi legittimamente costituito se l'opposizione notificata (come nel caso) al capo di detta .Amministrazione e cio al Ministro in carica, al quale per legge riservata la rappresentanza in giudizio. N ha rilevanza l'ulteriore deduzione che spetta, per legge, all'Intendente di finanza il compito di provvedere, col mezzo della proce - - ~alllmll~...... PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 85 dura privilegiata, al recupero dei contributi o indennizzi in ipotesi indebitamente percepiti dai privati, perch la illegittimit della opposta ingiunzione consiste nel fato che essa fu emessa dall'Intendente di finanza in rappresentanza della Amministrazione finanziaria anzich di quella del Tesoro, quale ente creditore. Il secondo motivo, col quale il ricorrente censura la statuizione sulle spese di lite, va dichiarato assorbito in conseguenza dell'accoglimento del primo motivo, che ne rende superfluo l'esame. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 gennaio ,1967, n. 64 -Pres. Rossano -Est. Arienzo -P. M. Di Majo (parz. diff.) -Camera Confederale del lavoro di Venezia (avv. SuHam, Tamburrini) c. Amministrazione delle Finanze (Avv. Stato Varvesi). Appello -Domande ed eccezioni non accolte dal giudice di primo grado Necessit di espressa riproposizione a pena di decadenza -Sussiste -Generico richiamo alle difese di primo grado. Insufficienza Necessit della chiara manifestazione della volont di riproposizione -Sussiste. (c. p. c., art. 346). Spese giudiziali -Condanna alle spese -Discrezionalit del giudice di inerito -Limite all'insindacabilit della pronuncia in Cassazione costituito dalla necessit del rispetto del principio della soccombenza -Sussiste. (c. P: c.,. artt. 91, 92). Se vero che la riproposizione di domande ed eccezioni non accolte dal giudice di primo grado non richiede formule specifiche, essendo sufficiente che essa risulti, in :modo non equivoco, dal complesso delle ragioni e conclusioni formulate nell'atto di appello o nella comparsa di risposta, anche vero che le stesse debbono ritenersi abbandonate, se non siano state espressamente riproposte: a tal fine non basta un generico richiamo alle difese .di primo grado, ma necessaria la chiara manifestazione della volontd della parte di sottoporre specificamente al giudice d'appello la domanda o l'eccezione respinta (1). (1) Conf. C:ass., 29 gennaio 1966, n. 349, Giur. it., Mass., 1966, 142, sub 3 ed ivi ulteriori richiami. Sulla insufficienza (ai fini dell'osservanza del disposto dell'art. 342 c.p.c.) del semplice riportarsi alle ragioni dedotte in prima istanza e non accolte dai primi giudici e a tutte le domande, eccezioni e conclusioni svolte in primo grado, trattandosi di espressioni troppo generiche, che non valgono a precisare i limiti delle ,questioni di cui si domanda il riesame v. Cass., 9 aprile 1963, n. 917, Foro it., Mass., 1963, 264. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In materia di spese giudiziali l'apprezzamento del giudice del me rito pienamente discrezionale e si sottrae al sindacato di legittimit, sempre che non sia stato violato il principio della soccombenza (2). (2) Conf. Cass., Sez. Un., 30 maggio 1966, n. 1413, in questa Rassegna, 1966, I, 1018, sub 2 ed ivi nota di ulteriori riferimenti, cui adde Cass. 8 giugno 1965, n. 1145, Giust. civ., Mass., 1965, 594-595, sub 1 e 2, ed ivi riferimenti, nonch Cass., 18 maggio 1965, n. 952, in questa Rassegna, 1965, I, 942, sub 2. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 12 gennaio 1967, n. 126 -Pres. Scarpello -Est. Salerni -P. M. Pedote (parz. diff.) -Ente colonizzazione delta padano (avv. Stato Agr) c. Cavallerin (avv. Bassanelli, Giorgianni). Corte Costituzionale -Pronuncia di lllegittimit costituzionale -Effetti -Provvedimenti amministrativi emanati in base all'atto avente forza di legge dichiarato incostituzionale -Caducazione de jure Esclusione -Necessit di rimozione nei modi previsti dall'ordinamento -Sussiste. (Cost., art. 136; I. cost. 9 febbraio 1948, n. l, art. 1; 1. 11 marzo 1953, n. 87, art. 30). Riforma fondiaria -Dichiarazione d'illegittimit costituzionale di decreto presidenziale di espropriazione -Nesso di causalit con presupposto, precedente compop:amento colposo dell'Ente di riforma Esclusione -Diritto del proprietario al risarcimento del danno per la mancata restituzione della quota di terreno illegittimamente espropriata -Sussiste. Sentenza -Sentenza di condanna generica al risarcimento del danno Contenuto -Efficacia rispetto all'ulteriore fase del giudizio. (C. p. C., art. 278). Procedimento civile -Sospensione del processo -Sospensione necessaria -Presupposto. (c. p. c., art. 295). I provvedimenti amministrativi emanati in base ad atto avente forza di legge dichiarato ineostituzionale non restano travoiti de jure dalla dichiarazione di incostituzionalit, ma continuano ad essere efficaci, finch non siano rimossi nei modi previsti dall'ordinamento (1). (1) Cfr., analogamente, Cass., 28 ottobre 1965, n. 2282, Giur. it., 1967, I, 1, 114: la dichiarazione di incostituzionalit di una legge non produce la PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 87 L'illegittimit costituzionale di un decreto presidenziale di scorporo non pu essere imputata ad un comportamento colposo dell'ente di riforma, per avere questo preparato gli atti necessari alla sua emissione, poich il provvedimento di espropriazione, per essere emanato nell'esercizio di funzione legislativa delegata, deve ricondursi esclusivamente alla voiont dell'organo che lo eman ed alla valutazione, compiuta dallo stesso, in ordine alla ricorrenza dei requisiti di legittimit dell'atto: non sussiste, pertanto, nesso di causalit tra l'illegitti caducazione ipso iure delle sentenze non ancora passate in giudicato, che tale legge abbiano applicata . Per quanto riguarda gli atti amministrativi stato riil.evato che l'incostituzionalit della legge e l'illegittimit dell'atto amministrativo emanato in base alla legge sono situazioni reciprocamente autonome, anche se fa seconda influenzata di riflesso dalla prima., onde la soluzione del problema degli effetti che sui ricorsi pu produrre la dichiarazione di incostituzionalit della legge deve essere... ricercata esclusivamente nel settore amministrativo, tenendo presente bensi la dichiarazione di incostituzionalit della legge, ma avendo del pari presente che l'atto amministrativo continua a vivere di vita autonoma, finch non sia rimosso con uno degli istrumenti a ci idonei e che persiste, quindi, l'interesse di chi ne ha gi chiesto l'annullamento ad ottenerlo: Cons. Stato, Ad. plen., 8 aprile 1963, n. 8, U Consiglio di Stato, 1963, 512, che ritiene, altresi (5113), che ove ila dichiarazione di incostituzionalit sia stata ottenuta in conseguenza di una questione sollevata d'ufficio e da ci risulti dimostrato un vizio riflesso dell'atto impugnato, anche se non dedotto dal ricorrente, debba procedersi all'annullamento dell'atto stesso . Deve trattarsi, comunque, di atto ritualmente impugnato, ossia di un atto i cui effetti, data tutt'ora la pendenza del giudizio, non possono certo ritenersi irrevocabilmente prodotti: Cons. Stato, Sez. IV, 28 lu~lio 1966, n. 590, Foro amm., 1966, I, 2, 1170 (ma, anche con questa limitazione, ossia ridotto al principio che il giudice amministrativo pu rilevare d'ufficio il vizio dell'atto amministrativo, per altri motivi impugnato, derivante dalla incostituzionalit di una legge dichiarata o dichiaranda dalla Corte Costituzionale, questa giurisprudenza non si sottrae a notevole critica: v. LA VALLE, in nota a Cass., 28 ottobre 1965, n. 2282, cit., Giur. it., 1967, cit., I, 1, 114 e segg.). Ed invero, come 1i!l giudicato (su cui v. ora Cass., 28 maggio 1966, n. 1391, Giur. it., 1966, I, 1, 1473: .1a dichiarazione d'incosUtuzionaUt di una norma produce effetti anche sui rapporti passati purch pendenti e non ancora definiti con sentenze irrevocabili ), cos anche la prescrizione, ovvero, con attinenza al tema dell'atto amministrativo, la decadenza (dall'impugnativa) escludono una pendenza del rapporto, epper non pi neanche a parlarsi di un dovere di disapplicare le norme dichiarate incostituzionali, visto che il giudice, in forza dell'evento cui si riconnette l'esaurimento del. rapporto, si limita a risolvere una questione pregiudiziale senza decidere la questione o le questioni, la cui soluzione dipende dall'applicazione o dalla disapplicazione della disposizione incostituzionale : ONIDA, Conseguenze processuari della dichiarazione di illegittimit costituzionale di una legge attributiva di potest aUa Pubblica Amministrazione, Giur. it., 1966, I, 1, 1029, Sembra indubbio, pertanto, che l'atto amministrativo fondato su di una legge dichiarata incostituzionale ' ' 88 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mit del provvedimento medesimo ed ii precedente comportamento deU'ente di riforma. Ci, tuttavia, non esclude che, per effetto della dichiarazione di illegittimit costituzionale del decreto di espropriazione, il proprietario abbia diritto, nei confronti dell'ente di riforma, a prescindere daUa ritenuta colpa del medesimo, al risarcimento del danno, per la mancata restituzione della quota di terreno illegittima- non potr essere impugnato, se decorso il termine di decadenza (ONIDA, op. cit., 1030). Quanto all'annullamento di ufficio ( la disapplicazione incontra un ostacolo nella inoppugnabilit dell'atto amministrativo: Oass., Sez. Un., 11 luglio 1955, n. 2194, Foro amm., 1956, II, 1, 18), giurisprudenza consolidata (del Consiglio di Stato e) della Suprema C'orte regolatrice, che J.a P.A. non ha l'obbligo di pronunciarsi sulia istanza di riesame di provvedimenti divenuti inoppugnabili (v., per tutte, Cass., Sez. Un., 12 luglio 1966, n. 1846, in ,questa Rassegna, 1966, I, 1003, con nota di BACCARI, ove ulteriori riferimenti). Sul problema degli effetti, che, sui ricorsi al C.S. contro atti ,amministrativi, pu produrre la sentenza dell:a Corte Costituzionale, che dichiari la illegittimit costituzionale di una norma di legge, della quale sia in discussione l'applicazione in concreto, v. Relazione dell'Avvocatura dell'o Stato per gli anni 1961-65, Vol. III, Roma, 1966, 37 e segg. Ciirca l'affermazione che, nel campo del processo penale, il .giudice che definisce il giudizio sulla imputazione fondando la decisione su di un atto precedent non applica pi le norme in base alle quali esso era stato compiuto, avendo queste esaurito la foro efficacia rispetto aiJ.l'atto nell'applicazione che a suo tempo ne era stata fatta v. Cass., Sez. Un. pen., 11 dicembre 1965, Giur. it., 1966, II, 91 (con nota critica di CHIAVARIO). Contro tale tesi e contro quella che la dichiarazione di illegittimit 'Costituzionale di una nmma produce !'abrogazione della norma medesima (Cass., 28 maggio 1966, n. 1391, Giur. it., 1966, I, 1. 1473, nella motivazione) la Corte Costituzionale ha, con sentenza 29 dicembre 1966, n. 127, Sentenze e ordinanze della Corte Costituzionale, Supplemento della Giurisprudenza Costituzionale, 1966, 609, nonch in questa Rassegna, 1966, I, 1185, ribadito che quella dichiarazione colpisce la norma fin dalla sua origine, eliminandola dall'ordinamento e rendendola inapplicabile ai rapporti giuridici, presentandosi con carattere sostanzialmente invalidante, sicch le conseguenze della dichiarazione stessa sono assimilabili a quelle dell'annullamento, con incidenza, quindi, in coerenza con gli effetti di tale istituto, anche sulle situazioni pregresse verificatesi nello svolgimento del giudizio nel quale consentito sollevare in via incidentale la questione di costituzionalit e salvo il limite invalicabile del giudicato, con le eccezioni espressamente prevedute dalla legge, e salvo altres il limite derivante da situazioni giuridiche comunque divenute irrevocabili . Su tale punto, v. CARUSI, in note a Cass., 3 'ottobre 1963, n. 2620 ed a Cass., 9 ottobire 1963, n. 2683, in questa Rassegna, 1964, I, 79 e segg. e 87 e segg.; BAFILE, Sull'efficacia della dichiarazione di incostituzionalit sui rapporti esauriti al di fuori del processo ecc., in questa Rassegna, 1965, I, 140 e segg. Per la inclusione della situazione nascente dalla inoppugnabilit dell'atto amministrativo nel concetto di situazione giuridica esaurita, insuscettibile di essere rimossa o diversamente regofata., v. Cass., 16 giugno 1965, n. 1251, Giur. it., 1966, I, 1, 1024 e segg., con nota di ONIDA. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 89 mente espropriata, e cio al valore venale del bene non restituito, oltre all'eventuale danno, che, per la mancata restituzione, sia derivato alla consistenza dei beni contigui non espropriati (2). La sentenza di condanna generica al risarcimento del danno ha, come contenuto, una mera declaratoria iuris, dalla quale esula ogni accertamento, non soltanto sulla misura, bensi anche sulla stessa consistenza in concreto dei danni risarcibili, costituendo tale principio un'applicazione specifica dei limiti oggettivi della cosa giudicata, sicch il giudice pu in sede di liquidazione dei danni anche negarne l'esistenza, qualora, in questa fase del giudizio, l'interessato non ne dimostri la sussistenza e la consistenza, senza che in ci possa ravvisarsi una violazione del giudicato formatosi sulla pronuncia di condanna generica, a giustificare la .quale sufficiente l'accertamento di un fatto illecito potenzialmente idoneo a produrre conseguenze dannose (3). La sospensione necessaria del processo pu trovare applicazione soltanto quando la imponga la legge, con specifica, esplicita norma, ovvero nei casi in cui sorga la necessit di risolvere, in altro procedimento in corso davanti allo stesso giudice o ad un giudice diverso, una controversia avente carattere pregiudiziale, che rappresenti, cio, l'antecedente logico-giuridico necessario per la decisione della causa (4). (2) La sentenza in rassegna ribadisce il concetto, secondo. il quale per la mancata restituzione che l'ente di riforma risponde del risarcimento dei danni, e cio conferma che un comportamento illecito del predetto ente nei confronti dell'espropriato pu ipotizzarsi soltanto con decorrenza ex nunc, dal momento deHa cessazione di efficacia del decreto legislativo di scorporo dichiarato incostituzionale: cfr. Cass., 9 ottobre 1963, n. 2683, in questa Rassegna, 1964, I, 84, sub 3 (86) ed ivi nota di 11iferimenti di dottrina. Per la inammissibilit del concetto di comportamento retroattivamente colposo v. LA Vl\LLE, La rilevanza nel giudizio amministrativo della incostituzionalit delle leggi, Giur. it., 1964, III, 69, (ma, sulla pi generale tesi ivi sostenuta dal cit. A., v. le osservazioni di F. CARUSI, Sugli effetti della dichiarazione di incostituzionatit ecc., in questa Rassegna, 1964, I, 90). (3) Per riferimenti di dottrina e giurisprudenza sul problema della natura della sentenza di condanna generica, v. C:ARUSI, In tema di condanna generica al risarcimento del danno ecc., in questa Rassegna, 1964, I, 901 e segg. (segnatamente, 904 e segg.). (4) Sul problema della natura del provvedimento, che dispone la sospensione necessaria, v. Cass., 23 maggio 1955, n. 1517, Foro it., Rep., 1955, voce Procedimento civile, n. 427; 27 aprile 1956, n. 1280, Giust. civ., 1956, I, 1704 (ordinanza coldegiale); in dottrina, v. MICHELI, In tema di sospensione necessaria del processo, Giur. it., 1953, I, 2, 847 e segg, (con riferimenti di dottrina in vario senso), secondo il quale, invece, l'automaticit della sospensione necessaria, che sola potrebbe giustificare... la forma dell'ordinanza istruttoria, ... pd illusoria che reale. Ed in ogni caso H provvedimento di sospensione necessaria presuppone l'accertamento di una si- RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 90 (Omissis). -Con il primo motivo del ricorso si denunciano violazione e falsa applicazione dell'art. 2043 c. c. in relazione all'art. 136 della Costituzione ed all'art. 30 della 1. 11 marzo 1953, n. 87, nonch dei principi generali del diritto in tema di responsabilit della pubblica Amministrazione, difettoso esercizio della giurisdizione e difetto di motivazione (art. 360, nn. 1, 3 e 5, c. p. c.). L'ente ricorrente sostiene che il giudice di appello avrebbe dovuto dichiarare la perdita parziale di efficacia del decreto legislativo di espropriazione, cio l'inefficacia di esso nella misura in cui l'illegittimit accertata dalla Corte Costituzionale avesse viziato l'atto legislativo medesimo, ed avrebbe dovuto stabilire, in base a tale illegittimit (dovuta ad errore sui dati catastali), se ed in quale entit la istante Cavallerin avesse subito un torto ., consistente appunto nell'espropriazione in misura maggiore di quella consentita dalla legge di delegazione, limitatamente a quelle particelle la cui espropriazione era stata dichiarata illegittima, limitando entro tale ambito la condanna. N tale identificazione, da parte della autorit giudiziaria ordi naria, dei beni non compresi nei limiti della delegazione legislativa avrebbe importato, secondo il ricorrente, esercizio di attivit riservata all'amministrazione, trattandosi di effettuare un mero calcolo, ai fini della determinazione della quota legale, calcolo che avrebbe potuto costituire, poi, la base o di una pronuncia del Consiglio di Stato, ex art. 27, n. 4, t. u. dell'anno 1934, o di una condanna al risarcimento del danno, da emettersi dal giudice ordinario. Con il secondo motivo del ricorso si denuncia altra violazione dell'art. 2043 c. c., in relazione ai principi sulla responsabilit della tuazione derivante dalla contemporanea pendenza di due processi, i cui rispettivli oggetti si trovano tra di loro in un nesso logico-giuridico di dipendenza. Detto accertamento importa necessariamente una pronuncia che incide su una questione preliminm:e al merito; in tanto '1a sospensione pu essere disposta dal giudice, in quanto quest'ultimo accerti quel rapporto di dipendenza, che costituisce, secondo l'art. 295, il presupposto della sospensione stessa . Sulla natura di ordinanza del provvedimento, con cui il giudice, ritenendo rilevante e non manifestamente infondata una questione di legittimit costituzionale di una legge o di un atto avente forza di legge, d!ispone la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale, sospendendo il giudizio in corso, v. Cass., 14 luglio 1965, n. 1497, in questa Rassegna, 1965, I, 699, sub 1; in generale, sulla differenza tra sentenza e ordinanza e sulle rispettive nozioni, v. Cass., 4 gennaio 1966, n. 62, Giur. it., Mass., 1966, 27 ( sentenza il provvedimento decisorio sui presupposti e sulle condizioni processuali e quello che investe il merito della causa; ili,== ord!inanza il provvedimento istruttorio che non contiene una decisione, ma ~ si limita unicamente a dare disposizioni per l'ulteriore corso del pro-~: cesso). ~:: PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE pubblica Amministrazione, nonch violazione degli artt. 1147 e 1148 c. c., in relazione all'art. 360, n. 3, c. p. c. Si duole l'ente ricorrente che il giudice di appello abbia ritenuto che non potesse essere considerato possessore di buona fede, sul riflesso che il suo comportamento era stato gravemente colposo, e sostiene che, essendo l'impossessamento avvenuto in esecuzione di un provvedimento legislativo di espropriazione per riforma fondiaria, non si sarebbe potuto parlare n di colpa, n di illecito. Con il terzo motivo si denunciano contraddittoriet e perplessit della motivazione, nonch errore in procedendo, per violazione dell'art. 295 c. p. c., in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5 c. p. c. Il ricorrente si duole che il giudice di appello non abbia disposta, a norma dell'art. 295 c. p. c., la sospensione del processo per la liquidazione del lucro cessante, in attesa della determinazione della esistenza e dell'ammontare del danno emergente e dell'eventuale pronuncia del Consiglio di Stato. Le censure come sopra formulate e che, per ragioni di logica, evidente connessione (in quanto investono tutte l'unica statuizione della condanna al risarcimento del danno con rimessione a separato giudizio della pronuncia sul quantum), conviene esaminare congiuntamente non sono fondate. L'ente ricorrente, sul presupposto che la pronuncia della Corte Costituzionale abbia importato l'illegittimit soltanto parziale del decreto legislativo di esproprio emesso nei confronti della istante Cavallerin, limitatamente, cio, all'espropriazione dei beni identificati con dati catastali inefficaci, come tale dichiarata illegittima, insiste nel sostenere, anche in questa sede, che i giudici del merito avrebbero dovuto effettuare un nuovo calcolo ( da esprimersi in ettari di superficie ed in lire di reddito ), per determinare, in base all'accertato errore sui dati catastali, se ed in quale misura la Cavallerin avesse subito un torto. Al riguardo, il giudice di appello, dopo avere osservato che non pu reggere l'assunto dell'ente, secondo cui sopravviverebbe, nonostante la decisione della Corte Costituzionale, un valido esproprio di quota, non potendo un tale atto di imperio giuridicamente sussistere senza la contestuale identificazione dei beni che in concreto ne costituiscono l'oggetto, ha dichiarato di non poter aderire alla richiesta, formulata dall'ente medesimo, di identificare, mediante ricalcolo da compiersi davanti al giudice ordinario, i beni fino alla concorrenza della quota legale. Ha aggiunto detto giudice che, altrimenti, si verrebbe a trasferire in sede giudiziaria quell'attivit di identificazione dei beni da espropriare, che, in virt della legge, compete esclusivamente agli organi amministrativi . RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Quest'ultima osservazione indubbiamente esatta; e ci anche se non si volesse accedere alla interpretazione secondo cui la Corte Costituzionale, con l'espressione in quanto... ha tenuto conto di variazioni dei dati catastali..... ., contenuta nel dispositivo della pronuncia di illegittimit del decreto di espropriazione, ha, inteso soltanto indicare la ragione dell'annullamento dell'intero provvedimento, come conseguenza dell'accertata invalidit. Invero, il fatto che, a base del piano particolareggiato compilato dall'ente colonizzazione del delta padano nei confronti dell'espropriata Cavallerin, siano stati assunti dati catastali non ancora definitivamente acquisiti e dei quali fu successivamente anche riconosciuta e dichiarata l'inefficacia, come stato accertato dalla Corte Costituzionale (dati catastali relativi a particelle costituenti la maggior parte dei terreni espropriati, cio ben Ha 65.95.17, rispetto al totale avente l'estensione di Ha 71.45.42 -per un reddito dominicale di L. 35.519,86 del quale fu disposta la espropriazione ed ebbe luogo l'impossessamento, sicch soltanto Ha 5.50.25 -per un reddito di L. 358,46 sono state legittimamente trasferite ed occupate dall'ente predetto), ed il fatto che l'accertamento del terreno da espropriare va effettuato secondo i criteri indicati nell'art. 4 della 1. 21 ottobre 1950, n. 841 importano che la determinazione dell'estensione della quota di terreno illegittimamente espropriata, con conseguente rettificazione dello scorporo, richiede non un semplice calcolo, come si assume dal ricorrente, ma computi complessi, in funzione degli elementi indicati nel citato art. 4 della legge stralcio, e non pu operarsi, se non con una rinnovazione dell'intera procedura, attrave:rso la quale si giunse all'emanazione del decreto di espropriazione. Pertanto, come deve escludersi che p0ssa chiedersi al giudice ordinario la restituzione dei terreni illegittimamente espropriati, cos va negato che, in tale sede, possa procedersi, sia pure al limitato fine della reintegrazione per equivalente, oggetto della domanda proposta dalla Cavallerin, alla determinazione della quota illegittimamente espropriata, e ci in sostituzione dell'amministrazione, alla quale compete l'espropriazione ed anche il procedimento di accertamento dei terreni da restituire, dovendo compiersi siffatto procedimento in intimo nesso con la valutazione di interessi pubblici, con operazioni che non sono tutte meramente computistiche, cio relative a dati accertabili obiettivamente, ma che consistono anche in vera e propria discrezionalit amministrativa (cosiddetta pura ), come gi fu affermato con la citata sentenza n. 1706 dell'anno 1963. N vale richiamarsi, per sostenere l'assunto contrario, al caso deciso con la sentenza di questa Corte n. 1607 dell'anno 1958, del pari !. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 93 citata nel ricorso, poich in quel caso l'illegittimit parziale del decreto presidenziale di scorporo era dovuta alla illegittima inclusione, nella quota da scorporare, di una zona, gravata da uso civico, gi determinata ed anche gi ceduta agli aventi diritto (gli abitanti di Civitella Paganico), sicch si trattava di provvedere soltanto ad una rettificazione del calcolo della quota di scorporo. Non merita, pertanto, censura l'affermazione dei giudici di merito, che hanno ritenuto competere all'amministrazione l'identificazione dei beni illegittimamente espropriati, sul presupposto che occorresse il rifacimento di tutte le operazioni di scorporo. Va aggiunto che in questa fase del giudizio, limitata all'accertamento dell'an, detto accertamento non era comunque necessario. Invero, il giudice di appello ha dato atto che la istante Cavallerin ha chiesto la condanna al risarcimento del danno conseguente allo spossessamento ed al mancato godimento dei fondi, previo accertamento o declaratoria di illegittimit della condotta dell'ente, lesiva dei suoi diritti di propriet e di possesso, chiedendo, peraltro, che la liquidazione del danno medesimo avesse luogo in separato giudizio. Non pu porsi in dubbio che dall'illegittima espropriazione sia derivato danno alla Cavallerin, spossessata del terreno, trasferito a terzi, e che dalla sentenza della Corte Costituzionale discenda l'obbligo, per l'ente convenuto, di reintegrare_ il patrimonio della Cavallerin, leso dal decreto legislativo di esproprio dichiarato costituzionalmente illegittimo, il che, del resto, non si contesta dall'ente ricorrente. Orbene, ai fini della decisione su detta istanza, limitata, come si detto, alla richiesta di condanna generica, non occorreva che il giudice procedesse alla rettifica dei dati catastali ed al ricalcolo delle aree, n alla determinazione della esatta portata delle conseguenze dannose, indagine che esula senz'altro dai limiti della presente azione, intesa ad ottenere la sola condanna in via generica al risarcimento. Questa Corte, ha, infatti, ripetutamente avuto occasione di affermare il principio che la pronuncia di condanna generica al risarcimento del danno ha, come contenuto, una mera declaratoria juris, dalla quale esula ogni accertamento, non soltanto sulla misura, bensi anche sulla stessa esistenza in concreto dei danni risarcibiili, costituendo tale principio un'applicazione specifica della disciplina dei limiti oggettivi della cosa giudicata, sicch il giudice pu, in sede di liquidazione dei danni, anche negarne l'esistenza, qualora l'interessato non ne dimostri, in tale ulteriore fase del giudizio, l'effettiva esistenza, senza che in ci possa ravvisarsi una violazione del giudicato formatosi sulla pronuncia. di condanna generica, poich, a giustificare siffatta condanna, sufficiente la sussistenza di un fatto illecito potenzialmente idoneo a produrre conseguenze dannose (vedi Cass., da ultimo, sent. nn. 1628, 1120, 1004, 707 dell'anno 1966). 94 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO evidente, quindi, che nessuna rettifica e nessun ricalcolo ,. si poneva com.e necessario presupposto per la condanna generica, di fronte ad un fatto (illegittimit dell'espropriazione), nel quale insita la potenziatlit a produrre danno. ben vero che il giudice di appello ha anche dichiarato, nella parte motiva, che ricorre colpa grave dell'amministrazione espropriante, sicch non pu ritenersi che essa abbia agito in buona fede; e tale affermazione, che l'ente ha investita col ricorso, incide sulla portata del risarcimento. L'affermazione giuridicamente inesatta e non pu condividersi Con la menzionata sentenza n. 1706 dell'anno 1963 si gi avuto occasione di osservare che l'iillegittimit costituzionale del decreto presidenziale di espropriazione non pu essere imputata ad un comportamento colposo dell'ente di riforma, per avere questo preparato gli atti necessari alla sua emissione, in quanto il provvedimento di espropriazione, per essere emanato nell'esercizio della funzione legislativa delegata, deve ricondursi esclusivamente alla volont dell'organo che lo eman ed alla valutazione, compiuta dallo stesso, della sussistenza dei requisiti di legittimit, e si affermato che non sussiste nesso di causalit, tra l'illegittimit del provvedimento medesimo ed il precedente comportamento dell'ente, che giustifichi la condanna al risarcimento. Tuttavia, ci non esclude che la Cavallerin, per effetto della dichiarata illegittimit costituzionale del decreto di espropria~ zione ed indipendentemente dalla ritenuta colpa dell'amministrazione, abbia diritto al danno per la mancata restituzione della quota di terreno illegittimamente espropriata, nei sensi indicati con la sentenza suddetta, cio al valore attuale dei terreni non restituiti, ed all'eventuale danno, che, per la mancata restituzione, sia derivato alla consistenza dei beni contigui non espropriati, come stato richiesto in causa, oltre al lucro cessante, nei limiti di cui all'art. 1148 c. c. E ci sufficiente a giustificare la condanna generica. Le affermazioni contenute nella sentenza impugnata, relativa mente alla colpa grave ed alla esclusione della buona fede, da parte dell'amministrazione espropriante, in quanto rilevanti soltanto ai fini della portata ed entit del risarcimento, non costituiscono il fonda mento logico e giuridico della decisione adottata, concretatasi nella sola condanna generica al risarcimento, senza alcuna statuizione sulla misura del danno, e non hanno avuto alcuna influenza sulla decisione medesima, la quale si sorregge autonomamente, sulla semplice consi derazione dell'illegittimit dell'espropriazione, valido fondamento della condanna generica; pertanto, sufficiente rilevare l'erroneit in diritto di dette affermazioni, senza che ci importi la cassazione della sen tenza, il cui dispositivo, per la sostanziale esattezza della decisione, conforme al diritto. = .:~ PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE Quanto, poi, alla pretesa di sospensione del processo ex art. 295 c. p. c., appena il caso di .rammentare che la sospensione necessaria del processo pu trovare applicazione soltanto quando la imponga la legge, con una norma esplicita, ovvero nei casi in cui sorga la necessit di risolvere, in altro procedimento in corso davanti allo stesso .giudice od a giudice diverso, una controversia avente carattere pregiudiziale, cio che rappresenti l'antecedente logico-giuridico della lite da decidere; e, nella specie, nessuna di tali condizioni ricorre. Deve, infatti, escludersi che alcuna norma di legge imponga, in materia de qua, la sospensione del processo; inoltre, anche a prescindere dalla circostanza, che nessun altro procedimento in corso, in cui si ponga questione avente carattere pregiudiziale rispetto alla presente controversia, da considerare che, ai fini della declaratoria sull'an debeatur, oggetto del presente procedimento, nessuna pregiudizialit riveste la questione dell'ammontare del danno emergente, nonch la eventuale pronuncia del Consiglio di Stato, in sede di annullamento dei provvedimenti amministrativi emanati in base all'atto avente forza di legge, dichiarato incostituzionale, provvedimenti che non restano travolti de jure dalla dichiarazione di incostituzionalit, ma continuano ad essere efficaci, finch non siano rimossi nei modi previsti dall'ordinamento (vedi Cass., Sez. Un., sent. 30 dicembre 1965, n. 2483). Al riguardo, il giudice di appello ha osservato che soltanto il risarcimento del danno, non anche la restituzione del terreno illegittimamente espropriato (alla quale tenuta l'amministrazione), stato chiesto, dalla Cavallerin; ed a tale limitato fine nessuna pregiudizialit amministrativa sussiste, come ha esattamente osservato detto giudice, ritenendo che non ricorresse alcuno dei casi di sospensione ex art. 295 citato, aventi, com' noto, carattere tassativo. Conviene aggiungere che, per quanto si riferisce alla sospensione facoltativa del processo, la quale riservata al potere discrezionale del giudice di merito, il mancato uso della relativa facolt non censurabile in Cassazione. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 15 febbraio 1967, n. 384 -Pres. Boccia -Est. Lagrotta -P. M. Pedace -Giovent Italiana (avv. Stato Casamassima) c. Greco (intimato). Giovent Italiana -Ente di diritto pubblico distinto dalle Amministrazioni statali -Gestione e rappresentanza -Commissario Naziona 98 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'aumento dei canoni delle locazioni prorogate di immobili destinati ad uso diverso dall'abitazione, disposto -insieme ad ulteriore proroga -dall'articolo unico della l. 30 settembre 1961, n. 975, non assorbe il precedente aumento del 25 % , disposto dall'art. 3, comma secondo, l. 21 dicembre 1960, n. 1521, ma deve essere computato sui canoni dovuti al momento dell'entrata in vigore della nuova legge, ossia sui canoni gi aumentati del 25 % in virt della legge precedente (2). deve risolver:Si in una mancanza di motivi, per l'impossibilit di ricostruire il processo logico-giuridico della ratio decidendi, e non pu, perci, essere utilmente denunciata, quando ad un'argomentazione eventualmente errata se ne aggiunga un'ailtra, basata su fatti, ri.Uevi, osservazioni ed argomenti, che da soli giustifichino la decisione presa : Ca:ss., Sez. Un., 2 aprile 1965, n. 567, id., 1965, I, 687, sub 1. Per quanto attiene segnatamente alle questioni di diritto, il mero errore di motivazione non integra H vizio ex art. 360, n. 5, c.p,c., ma pu dar luogo :SOlo a correzione della motivazione della sentenza, a norma dell'art. 384, comma secondo, c.p.c. Per aversi errore di diritto, denunciabile in Cassazione ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c., occorre, invece, che esso abbia effettivamente influito sul dispositivo, nel senso che questo non trovi, comunque, da sorreggersi su diverso, autonomo ed esatto argomento, che risulti pure addotto nella motivazione; benvero quando la sentenza poggia su pi ragioni distinte ed indipendenti, l'errore di diritto del giudice di merito su uno degli argomenti enunciati non pu giustificare di per s il ricorso per cassazione ed H conseguente annuLlamento, quando anche uno solo degli altri argomenti che appaiono concorrenti sia informato ad esatti criteri giuridici e sia idoneo a giustificare e sorreggere la decisione: Oass., 30 marzo 1965, n. 557, ibidem, 1139, sub 4 (1141). (2) Osserva la sentenza che l'aumento riferito non al tasso della maggiorazione, ma al canone, e questo, in mancanza di altra indicazione, non pu essere che quello vigente al momento in cui .i'aumento veniva disposto, in conformit del criterio ordinariamente adottato in analoghe leggi precedenti. da escludersi che dl legislatore abbia inteso seguire un criterio diverso, che importerebbe tra il.'altro l'assorbimento nel maggiore aumento del 50 per cento di quello precedente del 25 per cento, senza farne esplicita menzione. CORTE DI APPELLO DI NAPOLI, Sez. I, 20 febbraio 1967, n. 315 - Pres. Cesaro -Est. Santulli -Cassa per il Mezzogiorno (avv. Stato) c. Comune di Napoli (avv. D'Ambrosio, Peccerillo, Gleijeses) e Troncone Luigi ed altri (avv. Jaccarino C. e C. M.). Occupazione -Occupazione d'urgenza da parte della Cassa per ilMezzogiorno, quale sostituta del Comune di Napoli, di suolo occorrente per la costruzione d'opera pubblica comunale, a cura dello stesso. L'aumento dei canoni delle locazioni prorogate di immobili destinati ad uso diverso dall'abitazione, disposto -insieme ad ulteriore proroga -dall'articolo unico della l. 30 settembre 1961, n. 975, non assorbe ii precedente aumento del 25 %, disposto dall'art. 3, comma seeondo, l. 21 dicembre 1960, n. 1521, ma deve essere computato sui canoni dovuti al momento dell'entrata in vigore della nuova legge, ossia sui canoni gi aumentati del 25 % in virt della legge precedente (2). deve risolversi in una mancanza di motivi, per l'impossibilit di ricostruire il processo logico-giuridico della ratio decidendi, e non pu, perci, essere utilmente denunciata, quando ad un'argomentazione eventualmente errata se ne aggiunga un'ail.tra, basata su fatti, rtlievi, osservazioni ed argomenti, che da soli giustifichino la decisione presa : Cass., Sez. Un., 2 aprile 1965, n. 567, id., 1965, I, 687, sub 1. Per quanto attiene segnatamente alle questioni di diritto, il mero ,errore di motivazione non integra i,l vizio ex art. 360, n. 5, c.p.c., ma pu dar luogo solo a correzione della motivazione della sentenza, a norma dell.'art. 384, comma secondo, c.p.c. Per aversi errore di diritto, denunciabile in Cassazione ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c .. occorre, invece, che esso abbia effettivamente influito sul dispositivo, nel senso che questo non trovi, comunque, da SOit'reggersi SU diverso, autonomo ed esatto argomento, che risulti pure addotto nella motivazione; benvero quando la sentenza poggia su pi ragioni distinte ed indipendenti, l'errore di diritto del giudice di merito su uno degli argomenti enunciati non pu giustificare di per s il ricorso per cassazione ed ii conseguente annull.amento, quando anche uno solo degli altri argomenti che appaiono concorrenti sia informato ad esatti criteri giuridici e sia idoneo a giustificare e sorreggere la decisione : Cass., 30 marzo 1965, n. 557, ibidem, 1139, sub 4 (1141). (2) Osserva la sentenza che l'aumento riferito non al tasso della maggiorazione, ma al canone, e questo, in mancanza di altra indicazione, non pu essere che quello vigente al momento in cui l'aumento veniva disposto, in conformit del criterio ordinariamente adottato in analoghe leggi precedenti. da escludersi che dl legislatore abbia inteso seguire un criterio diverso, che importerebbe tra l'altro l'assovbimento nel maggiore aumento del 50 per cento di quello precedente del 25 per cento, senza farne esplicita menzione . CORTE DI APPELLO DI NAPOLI, Sez. I, 20 febbraio 1967, n. 315 98 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pres. Cesaro -Est. Santulli -Cassa per il Mezzogiorno (avv. Stato) c. Comune di Napoli (avv. D'Ambrosio, Peccerillo, Gleijeses) e Troncone Luigi ed altri (avv. Jaccarino C. e C. M.). Occupazione -Occupazione d'urgenza da parte della Cassa per ilMezzogiorno, quale sostituta del Comune di Napoli, di suolo occorrente per la costruzione d'opera pubblica comunale, a cura dello stesso 100 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'affidamento da parte. deli Cassa per iL Mezzogiorno al Comune di Napoli dell'esecuzione dei ivori reitivi ad opera pubblica comunale a norma dell'ultimo comma dell'art. 4 l. 9 apriLe 1953, n. 297 va inquadrato neU'ambito deli delegazione intersogget~iva di diritto pubblico e si accosta di pi alla concessione di opera pubblica. In forza di tale delega, compete al Comun~ di Napoli provvedere alle espropriazioni necessarie per L'esecuzione deU'opera (2). Va innanzi tutto premesso, in relazione alla qualificazione della domanda spiegata dai Troncone (la cui legittimazione attiva Pl'.ovata \. documentalmente) contro il Comune di Napoli e la Cassa per il Mez\ zogiorno, che nella specie l'immobile di propriet degl'istanti era .,'.;,,,_\_____ '\la su di esso costruita, l'azione proposta dal proprietario a tutela del 1\diritto violato si inquadri necessariamente nello schema dell'azione ""'Jtoria ex art. 2043 c. c. e trovi, quindi, ad essa legittimato passiva\ l'autore del fatto illecito, cio il soggetto che provvide all'occu1\ divenuta poi illegittima e che non promosse la procedura di espro.\ nei termini di legge, suscita notevoli interrogativi e, con essi, \di un tentativo di chiarificazione. ~.. \?r cominciare dall'ultima proposizione, con riferimento al caso \.cupazione in virt di apposito decreto prefettizio, a norma \a l. 9 aprile 1953, n. 297 e 71, comma primo, parte seconda, ,~5, n. 2359, di un immobile privato da parte della Cassa '1<,po per la costruzione di un edificio scolastico di avvia.., le e contestuale consegna dell'immobile al Comune di \dell'esecuzione dei lavori a norma dell'ultimo comma ~7 del 1953), deve anzitutto osservarsi che non sembra '~uso la legittimazione passiva della Cassa per il Mez' l~o che, risultando da apposito verbale, che la Cassa ''~l possesso dei suoli in virt di decreto prefettizio, ''~alie sostituta del ComUJne d Napoli, ma li aveva ,~ allo stesso Comune affidatario dei lavori, il \) doveva considerarsi solo formale, mentre "'ltune resta come l'atto materiale dell'occupa\ ra tra gli ,atti che incombono al delegato per \pei confronti dei terzi . In tal modo, sembra ,l;le pure si pone, allorch sia dato effetti"~} dei due. fatti, dell'occupazione legittima ''biennale dell'occupazione . senza il tem'\ iura espropriativa'., ossia quando ognuno '\diverso, come accade, appunto, allor''\ to pubblico agisce in nome proprio e ~~cadenza del biennio ex art. 73 1. 25 \yarsi posseduto, e ci snza titolo, \le sia l'opera pubblica su di esso ,il originariamente non compreso , operch successiva.iente riattribui_... a:ione -l'obbligo di provvedere al tem 102 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO negazione -sia pure di mero fatto -del diritto propriet, venendo detta P. A. a trarre a s quella utilit che il diritto vuole attribuire al legittimo proprietario . Legittimato passivo a tale azione per danni -sia pure vicaria di quella primaria di ,restituzione, quando questa non sperimentabile indubbiamente l'autore del :liatto illecito, cio il soggetto che provvide alla occupazione, divenuta poi illegittima, e che non promosse la procedura di espropriazione nei termini di legge, per il principio secondo cui l'obbligazione di risarcimento per fatto illecito non pu che sorgere nei confronti dell'autore o degili autori del fatto stesso. Nel presente giudizio controvel'sia sulla individuazione di tale soggetto e precisamente se questo 'Sia il Comune di Napoli, in favore del quale vennero ,effettuate le opere nelle zone occupate, oppure se lo sia la Cassa del Mezzogiorno, l'ente Che, a norma della 1. 9 aprile 1953, condannato dall'A. G. a restituire il bene, ma soltanto al risarcimento del danno in quanto nella costruzione del bene si ravvisato un implicito atto amministrativo, che non pu essere revocato dal G. O., e si ritenuto, altresi, che il danno risarcibile debba consistere nel valore venale del bene noo ostante che il bene non sia distrutto e sia rimasto di propriet deHa persona alla quale non fu restituito. A tale conclusione si perviene, considerando che il risarcimento del danno con indennizzo in danaro il mezzo previsto dall'ordinamento giuridico per procurare al soggetto leso dalla violazione della norma una somma di danaro che economicamente sia misura deV bene leso o della quantit del bene leso; che il rifiuto deil'occupante di restituire il bene occupato con restituzione in pristino accertato come definitivo soltanto con la sentenza definitiva, in quanto la sentenza medesima che definisce la lite sui rispettivi diritti ed obblighi; che la perdita di utilizzazione del bene per fatto della convenuta equiparabile al vaVore venale del bene, secondo un criterio di valutazione economica, ritenuto rispondente alla ammessa definitivit della perdita stessa > (Cass., Sez. Un., 17 maggio 1961, n. 1164, in questa Rassegna, 1961, 85, nella motivazione). Da questo insegnamento, si ricava che: a) con la costruzione dell'opera pubblica il bene non pu considerarsi distrutto, ma (esclusa, altresi, qual siasi possibilit e forma di accessione: v. nota, in questa Rassegna, 1966, I, 1048) continua ad esistere come oggetto di distinta propriet (del pri vato) e di possesso (della P. A.); b) tale possesso viola il diritto di pro priiet del privato; c) non potendo il G. O. condannare la P. A. alla resti tuzione del bene, pel devieto ex art. 4 del1a legge sul contenzioso ammi nistrativo, la sentenza che definisce il giudizi,o, instaurato dal proprietario per ottenere 1a restituzione del bene ed il risarcimento dei danni, dovr attribuire al proprietario l valore venale del bene come che corrispondente alla definitiva perdita di utilizzazione del medesimo. Dalla giurisprudenza della Suprema Corte regolatrice si riconosce anche che: d) il diritto, che pur la sentenza riconosce essere rimasto in capo al proprietario e che dovr formare oggetto della pronuncia espropriativa, inibita allo stesso G. O. (Cass., Sez. Un., 16 ottobre 1957, n. 3857, Giust civ., 1957, I, 1846), ridotto ad un nomen nudum (Cass., 14 dicembre 1960, n. 3249, Giust civ., 1961, I, PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 103 n. 2-97, avente ad oggetto provvedimenti a favore della citt di Napoli, tenuto ad intervenire nella esecuzione di tali opere. Il Tribunale ha ritenuto legittimato passivo nei confronti dei terzi il Comune, e ci solo in considerazione della natura reale dell'azione spiegata, della quale il detto Comune quale possessore dell'immobile e dell'opera l'unico legittimo contraddittore; mentre, nei rapporti tra il Comune e la Cassa, ha ritenuto che questa tenuta a rivalere l'altro, in una certa misura, e ci sulla base della convenzione del 22 settembre 1953, la quale -inquadrandosi esattamente nel sistema della legge n. 297 del 1953 innanzi citata -faceva obbligo alla predetta Cassa, per di pi ente occupante, di provvedere alle necessarie procedure espropriative, mentre non rilevava, al fine, la lettera del 27 settembre 1956 del Sindaco pro-tempore del Comune di Napoli, che si assumeva l'obbligo di tale adempimento. 1273); e) il risarcimento sostitutivo della mancata restituzione dell'immobile soddisfa ed esaurisce tutti i diritti spettanti a tale titolo al proprietario, al quale non compete alcun altro compenso per il successivo trasferimento del diritto di propriet (Cass., 10 ottobre 1962, n. 2919, Giust civ., Mass., 1962, 1374); f) la P. A. convenuta ha la facultas restituendi (Cass., Sez., Un., 23 luglio 1966, n. 2012, Giur. it., Mass., 1966, 888); g) il possesso del bene da parte della medesima nega di fatto il diritto di propriet, sebbene non lo contesti espressamente, perch trae a s quella utilit che il diritto vuole attribuire al legittimo titolare {Cass., 19 giugno 1961, n. 1440, Foro it., 1961, I, 1317). Cosicch, quando si tenga presente che l'azione di rivendicazione costituisce la normale tutela del diritto di propriet, che sia stato leso dal possesso della cosa invito diomino da parte di un terzo, e si intenta dal proprietario contro colui che con l'attualit di tale possesso ha la facultas restituendi (Cass., 12 luglio 1966, n. 1854, Giur. it., Mass., 1966, 822; 30 luglio 1966, n. 2136, ibidem, 944; 29 novembre 1965, n. 2420, id., Mass., 1965, 883; Sez. Un., 26 maggio 1965, n. 1038, ibidem, 378; BARBERO, Sistema istituzionale del diritto privato italiano, I, Torino, 1950, 733 e seg.; DE RuGGIERo e MARoI, Istituzioni di diritto privato, I, Milano, 1952, 574-576; per l'ammissibilit contro il conduttore che, finita la locazione, rimanga ancora nell'immobile, Cass., 13 giugno 1941, Foro it., Rep., 1941, voce Rivendicazione, n. 13), non si vede come possa negarsi che tutti tali presupposti e requisiti ricorrano anche nell'ipotesi di azione proposta dal privato proprietario contro la P. A., che detenga sine titulo un immobile occupato per costruirvi un'opera pubblica, al fine di ottenere, col riconoscimento della violazione del suo diritto di propriet, la restituzione dell'immobile o, in mancanza, il suo valore venale. E cosi, appunto, la stessa Suprema Corte regolatrice non ha mancato, talora, di qualificare espressamente come revindica tale azione (Sez. Un., 8 febbraio 1957, n. 490, Acque, bon., costr., 1957, 320, con nota di CloLETTI; Cass., 19 giugno 1961, n. 1440, Foro it., 1961, I, 1317). IV. -Questo insegnamento non appare, invece, condiviso dalla sentenza annotata, la quale, mentre da un lato ammette che la protrazione 104 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO SII'ATO Ad avviso di questa Corte la decisione dei primi giudici non pu condividersi per quanto attiene alla responsabilit anche della Cassa, sia pure a titolo di rivalsa, nei confronti del Comune, mentre per quanto riguarda la responsabilit di detto Comune va questa prospettata nell'ambito dei principi, dianzi ricordati, e cio che l'azione intentata pur sempre di risarcimento del danno, della quale legittimato passivo l'autore dell'illecito e nel contempo va inquadrata del che appresso -sulla base degli effettivi rapporti intercorsi, nella specie, tra il Comune e la Cassa: rapporti che, sul piano del sistema della legge innanzi citata del. 1953, escludono del tutto ogni responsabilit di quest'ultimo ente per ricadere solo ed esclusivamente sull'altro. sine titul'o dell'occupazione si concretizza nella violazione e nel contempo nella negazione, sia pure di mero fatto, del diritto di propriet, venendo detta P. A. a trarre a s quella utilit che il diritto vuole attribuire al legittimo proprietario ., afferma, dall'altiro, la natura meramente risarcitoria dell'azione del proprietario, laddove non possibile la restituzione dell'immobile per l'avvenuta trasformazione di esso . Senonch, agevole replicare che qui non si tratta di una consumazione del bene (come pure, di recente, affermat da taluno: VAIANO, Rivendicazione del'lo equivalente degli immobili occupati oltre il biennio?, Temi napoletana, 1966, I, 497), non conseguendo alla costruzione dell'opera pubblica sul suolo alieno n la distruzione, n una sensibile ed apprezzabile alterazione della sua essenza (BIONDI, I beni, Torino, 1953, 51; v. anche CIANFLONE, L'appalto di opere pubbliche, Milano, 1964, 63), tant' vero che la Suprema Corte regolatrice non dubita che il bene potrebbe essere restituito con riduzione al pristino stato (Sez. Un., 17 maggio 1961, n. 1164, cit., in questa Rassegna, 1961, 85, nella motivazione). N pare aver pregio l'altra obiezione (VAIANO, op. cit., 498), che nega un interesse del proprietario a chiedere il riconoscimento del diritto attraverso la revindica, poich, stante la pendenza del procedimento espropriativo, da escludere che dall'occupazione abusiva possa dedursi la volont dell'ente pubblico di contestare il diritto del privato, violando una norma di attribuzione (VAIANO, op. Zoe. citt.). A parte il fatto che, in via generale, il procedimento espropriativo potrebbe addirittura non essere stato iniziato o non essere ancora pervenuto alla fase di cui all'art. 16 l. 25 giugno 1865, n. 2359, pu, invero, subito osservarsi che proprio il possesso del bene in conformit della persistente sua destinazione a sede stabile dell'opera pubblica, nonostante il mancato perfezionamento della procedura espropriativa, ad integrare, anticipando sine titulo un comportamento lecito solo al proprietario, una negazione di fatto del diritto di propriet del terzo, come riconosce la stessa sentenza annotata, tant' vero che non si dubita che quel possesso utile ad usucapionem (v. App. Roma, 6 giugno 1958, Riv. giur. edil., 1959, I, 225 e 229) e ci, beninteso, anche con effetti dema 106 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO procedura di urgenza di cui all'art. 71 della fogge sulle espropriazioni n. 2359 del 1865 -di promuovere tempestivamente la conversione delle occupazioni temporanee in definitive , col ricorso quindi alla regolare procedura di espropriazione. In tal modo resta fuor di dubbio che l'affidamento comportava la legittimazione del Comune agli atti delle procedure espropriative sia nei riguardi dei terzi, sia nei confronti dell'ente affidante; mentre resta cosi superata, d'altro lato, ogni questione, per un diverso avviso, sull'effetto vincolante della convenzione del 22 settembre 1953 (che poneva l'obbligo delle espropriazioni a .carico della Cassa) e sul valore giuridico sia della lettera del Sindaco di Napoli del 27 settembre 19'56, che si assumeva, nella qualit, tale onere, sia dell'altra del Commissario prefettizio del tempo, in data 18 maggio 1960, che tale assunzione di obbligo ribadiva, sia pure in forma generica. l'art. 2909 c.'c.) e di escludeve che il proprietario possa cumulare risarcimento per la mancata restituzione del. bene e indennit di espropdazione. Esluso, peraltro, altresl, che trattisi di azione personale di restituzione, la quale, prescindendo dal sopraindicato criterio di legittimazione, presupporrebbe un rapporto obbligatorio (Cass., 26 luglio 1966, n. 2073, Giur. it., Mass., 1966, 915), che non sembra si concili con la specifica funzione dell'occupazione autorizzata a sensi dell'uitima parte del primo comma dell'art. 71 l. 25 giugno 1865, n. 2359 (si veda nota, in questa Rassegna, 1966, I, 1049: la stabile destinazione legittimamente impressa al bene con la costruzione dell'opera in costanza di occupazione ex art. 71, comma primo, parte seconda, 1. n. 2359 del 1865 non caducata dalla scadenza del biennio senza il perfezionamento della procedura espropriativa, divenendo l'occupazione illegittima. solo ex nunc), mentre ,qui il problema restitutorio consegue, rettamente, al distinto, autonomo fatto dell'occupazione sine titulo (sul concetto di azione personale, di restituzione, v. Cass., 9 agosto 1962, n. 2501, Giur. it., 1965, I, 1, 1230, 1259 e seg., e nota del GoRLA, ivi, 1242), l'unico ostacolo all'ammissibilit della revindica sembra, in definitiva, consistere nell'impossibilit per l'attore di ottenere la condanna della P. A. alla restituzione del bene, ma ci, beninteso, soltanto per l'esigenza che, in caso di eccezione della P. A. in ordine alla costruzione dell'opera pubblica, iJ. giudice adito non travalichi il limite previsto dal disposto di cui all'art. 4 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E. Senonch, in proposito, giova osservare che l'inconcepibilit in linea di principio di una revindica avente ad oggetto il valore sostitutivo (Cass., 16 maggio 1962, n. 1105, Giust. civ., 1962, I, 1006) della restituzione della cosa (Cass., 30 luglio 1966, n. 2135, Giur. it., Mass., 1966, 944) non assoluta, patendo gi testuale eccezione nel caso previsto dalla seconda parte del primo comma dell'art. 948 c. c. (E.ARASSI, Propriet e compropriet, Milano, 1951, 843). L'altra eccezione, relativa al caso considerato, stata pur essa gi riconosciuta dalla Suprema Corte regolatrice (Cass., Sez. Un., 8 febbraio 1957, n. 490, cit., Acque, bon., costr., 1957, 320, con nota di CloLETTI; Cass., 19 giugno 1961, n. 1440, cit., Foro it., 1961, I, 1317) e pu ben apparire, ad avviso di chi scrive, legittimata dal congiunto disposto degli artt. 948 c. c., PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 107 Invero, un tale affidamento da un ente pubblico ad altro ente pubblico si risolve -come ha ritenuto di recente la C. S. a Sezioni Unite, in un fondamentale arresto del 30 maggio 1966, n. 1412 -in una delega intersoggettiva di diritto pubblico, detta anche delegazione amministrativa ., attributiva di competenza delegata. Tale delega, peculiare del diritto pubblico e non assimilabile ad alcuno degli istituti privatistici, quali in particolare la rappresentanza e il mandato, si accosta di pi alla concessione di opera pubblica, restando pur sempre la sua natura desunta dalla sostanza del rapporto concreto. Ed in forza di tale delega, il delegato posto, anche se nei limiti dell'atto relativo e per la durata di esso, in una condizione pari al delegante: il quale viene, a sua volta, a trovarsi, rispetto agli atti di esecuzione della delega, nella posizione di soggetto investito di funzioni di controllo . E ci comporta -come ha ritenuto la suddetta Corte in altro suo pro 4 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, e 42, comma terzo. Cos.t. Ed infatti, se in virt dell'art. 4 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E. che il G. O. deve dare atto, pel rispetto della stabile destinazione pubblica ricevuta dal bene, della prevalenza della contrastante situazione di possesso su quella di propriet, vantata dall'attore, ci non potr avvenire che -indipendentemente dalla immutata, astratta tttol!arit del diritto di propriet -a condizione che la stessa sentenza, lungi dal limitarsi a rigettare come improponibile il capo della domanda attrice ex art. 948 c. c. concernente la restituzione del bene, attribuisca amattore, col riconoscimento del suo diritto di prop1iet sul bene, il valore venale del medesimo, come surrogato della sua restituzione, consumando, cosi, la ragione petitoria.- appunto applicando alla sentenza del G. O. la nozione di atto espropriativo in senso materiale, fondata dalla Corte Costituzionale e dalla Corte di Cassazione sull'art. 42, comma terzo, Cost. (v. nota, in questa Rassegna, 1966, I, 1050 e segg.), che riesce possibile assicurare al privato il permanere della tutela reale, ex art. 948 c. c. (si ricordi che l'indennit di espropriazione..., nella sua essenza, l'equivalente del bene : Cass., 18 maggio 1964, n. 1213, in questa Rassegna, 1964, I, 719, nota 1), invece della sua degradazione a mera tutela personale ex art. 2043 c. c., pure se oggetto di tale tutela divenga, in definitiva, in virt del ripetuto art. 42, comma terzo, Cost., contrapposto all'art. 4 1. 20 marzo 1965, n. 2248, all. E, il valore in luogo della cosa. La diversa opinione finisce con l'esasperare, senza accorgersene, la applicazione dell'art. 4 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E (su cui v. Relazione ,flvv. Stato per gli anni 1951-1955, I, Roma, 1957, n. 44; id., per g1li anni 1956-1960, II, Roma, 1961, n. 37), escludendo la possibilit di un contemperamento dei diversi principi, a completo detrimento della tutela attribuita al privato dall'art. 948 c. c., contemperamento reso, viceversa, possibile e necessario, a parere di chi scrive, nel senso sopraindicato. Sembrano, pertanto, giustificate tutte le ulteriori illazioni esposte nella precedente nota di commento adesivo alla sentenza 4 maggio 1966 n. 2862 del Tribunale di Napoli (in questa Rassegna, 1966, I, 1047 e segg.). F. CARUSI j I ! I I ! I I l 108 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nunziato (Cass., Sez. Un., 11 ottobre 1963, n. 2711) in un caso di delegazione intersoggettiva -che l'ente delegato, il quale non opera come organo, sia pure straordinario, dell'ente delegante, ma come soggetto paritetico di diritto pubblico, su un piano di autonomia, direttamente responsabile, nei confronti dei terzi, degli atti posti in essere in esecuzione della delega, senza che in contrario possano assumere rilievo le eventuali ripercussioni ed implicazioni degli atti stessi nel- l'ambito del rapporto interno con il delegante. Ora, tra gli atti del delegato rientrano -e proprio in tali sensi testuale il pensiero della C. S. nella ricordata pronunzia del 1966 le occupazioni e le espropriazioni necessarie per l'esecuzione delle opere, e che all'esecuzione sono intimamente connesse costituendone parte inscindibile . E se per le espropriazioni, in ordine al caso in esame, come attivit a carico del Comune, c' esplicita menzione -come si visto nella deliberazione del Consiglio di amministrazione della Cassa del 13 gennaio 1960, per la occupazione degli immobili dei Troncone da parte del detto Comune c' il verbale di possesso del 31 ottobre 1960. In questo verbale, invero, anche se preliminarmente viene effettuata dal messo comunale la immissione della Oassa nel possesso dei suoli, contestualmente questa ne effettua la consegna al Comune, che li occupa, affidandoli, quale ente appaltante, alla sua impresa, assuntrice dei lavori di costruzione; onde il primo atto nei confronti della Cassa meramente formale, mentre quello nei confronti del Comune resta come l'atto materiale della -occupazione, che, anche perch rientra tra gli atti che incombono al delegato per l'avvenuto affidamento, fa stato nei confronti dei terzi, e nella specie dei Troncone. I quali, da parte loro, erano a conoscenza di tale affidamento, in quanto nel decreto di occupazione provvisoria del Prefetto di Napoli in data 19 ottobre 1960 ad essi notificato - fatto espresso richiamo della citata delibera numero 1411 (VN. 41) della Cassa, del 13 gennaio 1960, ove tale affidamento da questa conferito al Comune. Al che va aggiunto poi -ai fini della conoscenza da parte dei Troncone di quanto operato dal Comune -che sempre in detto decreto ricorre la precisazione che ogni atto della Cassa,' -e tanto anche in relazione alla decretata occupazione dei terreni -era fatto in nome e per conto del Comune ; e ci proprio nello schema di quel suddetto particolare istituto della delega amministrativa intersoggettiva, in forza del quale, come l'ente delegato ha il potere di provvedere in merito all'oggetto della delega in nome proprio e non in veste di rappresentante del delegante, cosi ogni atto da quegli compiuto nell'ambito di tale rapporto si riverbera nei confronti dell'altro e cio del Comune, che avrebbe dovuto provvedere all'esecuzione delle opere in nome proprio ed in { Ili k j :~~ ,, < PARTE I, s:i;:z. III, GIURISPRUDENZA CIVILE definitiva con proprio onere finanziario, anche se con somme a~ticipate dalla Cassa o da altri enti. Da quanto innanzi deriva quindi che il soggetto legittimato passivamente solo il Comune, il quale tenuto a rispondere nei confronti dei Troncone della detenzione abusiva dei beni senza che abbia promosso l'espropriazione a norma della relativa procedura e quindi a risarcire il danno in conformit di legge; mentre ,la Cassa, quale soggetto estrneo a tanto, va estromessa. Neil merito, per quanto attiene all liquidzione del danno, e ci in riferimento anche alle doglianze mosse dai Troncone su tale pup.to alla decisione (lei primi giudici, si provved con separata ordinanza. -(Omissis). , -fil ru_ _ SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA CONSIGLIO DI STATO, Ad. Plen., 7 novembre 1966, n. 22 -Pres. Bozzi -Est. Landi -Mortelliti ed altri (avv. Coltraro e Vasari) c. Prefetto di Messina (avv. Stato Lancia), Comune di Messina (avv. Silvestri) e Cacciola (avv. Giannini M. S.). Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Questioni pregiudiziali -Regolare costituzione del rapporto processuale e difetto di giurisdizione -Precedenza della questione inerente alla regolare costituzione del rapporto processuale. Espropriazione -Zone terremotate in Sicilia -Procedimento espropriativo -Distinzione in fasi e loro autonomia. Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Decisione interlocutoria per il deposito documenti -Termine -Inosservanza Effetti. Nell'ordine delle questioni pregiudiziali quella relativa alla regolare costituzione del rapporto processuale (motivi inammissibili perch riferentisi ad atti non impugnati, o irricevibili per tardivit, o inama missibili per difetto di legittimazione attiva) preliminare rispetto ai ili ~ motivi attinenti alla giurisdizione; e ci anche in applicazione del criterio ~% f.~~ della economia dei giudizi (1). Nel procedimento di espropriazione regolato dal t. u. 19 agosto iijM 1917, n. 1399 alcuni atti, ad es. quelLi attinenti alla delimitazione del ~ comparto (art. 125), alla determinazione della indennit di esproprio I (art. 121), alla aggiudicazione, hanno piena autonomia, in quanto producono effetti immediati e sono immediatamente impugnabili; pertanto, I I I ru in sede di impugnativa del decreto di esproprio, non sono ammissibili le censure rivolte contro l'atto di aggiudicazone e contro gli atti precedenti; e la decisione del Consiglio di Giustizia amministrativa per ~ la Regione Siciliana, che ha dichiarato tale inammissibilit, non soggetta a ricorso alla Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, essendo I le censure rivolte contro atti emessi dal Comune di Messina, che ente "" (1) Giurisprudenza costante: cfr. Ad. Plen., 7 giugno 1961, Consiglio di Stato, 1961, I, 1037. I n. 16, Ii . . ;l~i i PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA lll locale sottoposto al controllo della Regione, e non contro atti di autorit amministrative dello Stato (2). Il termine per il deposito di documenti assegnato con decisione interlocutoria ordinatorio; pertanto la sua inosservanza non importa alcuna preclusione (3). (2) Sull'autonomia degli atti del procedimento espropriativo regolato dal t. u. 19 agosto 1917, n. 1399, cfr. Ad. Plen., 11 novembre 1963, n. 20 ivi, 1963, I, 1529. Trattasi, per, di autonomia relativa, perch essa non importa netta separazione degli atti del procedimento, dovendosi ammettere una interdipendenza di effetti tra i vari atti in funzione di elementi preparatori dell'atto terminale espropriativo; n importa indipendenza assoluta di posizioni tra aggiudicatario ed espropriato, perch la pretesa dell'espropriato a che il bene non gli venga sottratto deve necessariamente implicare anche la impugnazione dell'attribuzione del bene medesimo aWaggiudicatario, non potendo i due diritti coesistere: cfr. espressamente Sez. Un., 16 aprile 1966, n. 1950, in questa Rassegna, 1966, I, 823, con nota. Sulla competenza dell'Adunanza Plenaria in sede di appello cfr. Ad. Plen., 26 aprile 1965, n. 9, Il Consiglio di Stato, 1965, I, 609. (3) Giurisprudenza costante cfr. Sez. IV, 2 luglio 1958, n. 518, ivi, 1958, I, 878. CONSIGLIO DI STATO, Ad. Pleii., 21 dicembre 1966, n. 25 -Pres. Bozzi -Est. Anelli -Consiglio Ordine Geometri di Roma (avv. Guarino) c. Ministero LL. PP. (avv. Stato Ciardulli), Ordine Ingegneri di Venezia e Collegio Ingegneri e Architetti di Venezia (avv. Delli Santi). Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Controinteressati Ordini professionali. Controinteressati nei confronti dei quali obbligatoria la notificazione del ricorso sono soltanto coloro che dall'atto impugnato abbiano conseguito un vantaggio con effetto diretto ed immediato e sempre che siano obbiettivamente individuabili dal ricorrente: sulla base di questi principi, nel giudizio per annullamento di .una circolare ministeriale avente ad oggetto la precisazione dei limiti dell'attivit professionale dei geometri, controinteressati in senso processuale non sono i singoli geometri (che dall'atto impugnato non traggono un vantaggio immediato e neppure un sicuro vantaggio futuro) bensi gli Ordini professionali competenti, in quanto abilitati a tutelare gli interessi professionali della categoria (1). (1) Sull'affermazione di princ1p10 di cui alla prima parte della massima, cfr. nello stesso senso, Ad. Plen., 9 maggio 1958, n. 5, I Consiglio di Stato, 1958, I, 529, e V Sez., 3 dicembre 1965, n. 1090, ivi, 1965, I, 2156. Circa la legittimazione degli Ordini professionali v. Cons. Stato, Sez. V, 12 febbraio 1965, n. 120, Il Consiglio di Stato, 1965, I, 252, e Cons. Stato, Ad. plen., 24 maggio 1961, n. 12, ivi, 1961, I, 853. 112 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 29 settembre 1966, n. 602 -Pres. Polistina -Est. Landi -Soc. p. az. Fiamma vesuviana (avv. Fragola) c. Prefetto di Napoli (avv. Stato Albisinni), Ambrosio (avv. Fontana) e Saviano (avv. Marotta E. e L.). Espropriazione per p. u. -Mezzogiorno -Industrializzazione -Stabilimenti industriali -Procedimento -Audizione di pareri non richiesti dalla le~ge -Possibilit. Espropriazione per p. u. -Mezzogiorno -Industrializzazione -Finalit Stabilimenti industriali -Contrasto con altri pubblici interessi Reiezione dell'istanza di esproprio -Legittimit. Espropriazione per p. u. -Mezzogiorno -Industrializzazione -Stabilimenti industriali -Art. 4 d. l. n.1598del1947 -Natura -Efficacia Proroga fino al 1980. Nel procedimento espropriativo tendente all'ampliamento di uno stabilimento industriale del Mezzogiorno, il Prefetto, istruendo le istanze presentate ai sensi degli artt. 2 e 4 d. i. 14 dicembre 1947, n. 1598, modificato dalla i. 29 dicembre 1948, n. 1482, pu acquisire il parere di qualsiasi organo, amministrativo o tecnico, ol solo ovvio limite della pertinenza alle finalit del procedimento (1). L'interesse generale in vista del quale la legge ha ritenuto la pubblica utilit delle iniziative industriali nell'Italia meridionale e nelle isole non ha carattere di assoluta preminenza rispetto ad ogni altro interesse pubblico, ed anzi pu trovare limiti in altri pubblici interessi, e deve necessariamente essere contemperato o conciliato con gli stessi; pertanto, legittimamente il Prefetto respinge una istanza di espropriazione per l'ampliamento di uno stabilimento industriale, ove l'ubicazione e le caratteristiche dell'opera appaiono in contrasto con esigenze urbanistiche ed igieniche, del pari tutelate dalla legge (2). (1) La massima, che puntuale applicazione di noti principi in tema di attivit consultiva facoltativa, ha precedenti conformi nelle decisioni 28 ap!I'ile 1954, n. 283 e 28 settembre 1954, n. 530 della IV Sezione, Il Consiglio di Stato, 1954, I, 375 e 865. (2) L'esigenza di una valutazione comparata tra distinti interessi pubblici, anche in riferimento all'interesse privato del proprietario soggetto ad espropriazione, stata affermata numerose volte in giurisprudenza: cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 7 novembre 1958, n. 790, Il Consiglio di Stato, 1958, 1235; Cons. Stato, S'ez. IV, 22 novembre 1960, 980, ivi, 1960, 2033; crons. Stato 22 novembre 1960, n. 981, ivi 1960, 2035. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 113 L'art. 4 d. l. 14 dicembre 1947, n. 159.8 che dichiara la pubblica utilitd delle opere occorrenti per l'attuazione delle iniziative industriali di cui all'art. 2 dello stesso decreto, non essendo autonomo rispetto al sistema degli interventi nel Mezzogiorno prorogati dalle successive disposizioni di legge, n incompatibile col sistema degli interventi disciplinati dalla l. 26 giugno 1965, n. 717 deve ritenersi vigente tutt'ora e per tutta la durata dell'attivitd della Cassa del Mezzogiorno che la citata legge del 1965 ha prorogato a tutto il 31 dicembre 1980 (3). (3) Con la decisione 26 gennaio 1966, n. 56 de1la IV Sezione in questa Rassegna, 1966, I, 648, il C'onsiglio di Stato aveva ritenuto la :proroga della normativa in discussione a tutto il 30 giugno 1965 per effetto dell'art. 89, I. 29 marzo 1957, n. 634. Nella specie decisa con la decisione annotata si sosteneva dai ricorrenti 'che la dichiarazione di p. u. ex art. 4 d. I. 14 dicembre 1947, n. 1598 fosse da ritenere caducata .per mancata nuova proroga del termine di efficacia gi determinato in dieci anni dall'art. 2 dello stesso decreto del 1947, e quindi prorogata al 30 giugno 1965 dall'articolo 29 della citata I. n. 634 del 1957. Ma il Consiglio di Stato ha fatto giustizia dela tesi con una decisione che non pu non essere condivisa. L'art. 29, infatti, della L 29 luglio 1957, n. 634, nella prima rparte, non stabilisce un termine a s per le dichiarazioni di pubblica utilit e di urgenza ed indifferibilit dei lavori, ma richiama espressamente il termine che l'art. 1 della legge stessa stabilisce per la proroga della durata della attivit della Cassa per il Mezzogiorno. Poich oon l'art. 2 della 1. 26 giugno 1965, n. 717 tale termine stato ulteriormente prorogato, detto art. 2 viene, nel sistema delle norme sulla disciplina degli interventi per lo sviluppo del Mezzogiorno, a sostituirsi all'art. 1 della I. n. 634 del 29 luglio 1957. D'altra :parte, l'art. 28 -secondo comma -della I. n. 717 del 1965 stabilisce che restano ferme le disposizioni della vigente legislazione in favore dei territori meridionali... ., mentre il successivo art. 35 della stessa legge dispone: Le disposizioni legislative vigenti sull'attivit della Cassa per il Mezzogiorno incompatibili con la presente legge cessano di avere efficacia con l'entrata in vigore della presente legge.... Deve, quindi, ritenersi che la prima parte dell'art. 29 della I. n. 634 del 1957, non essendo incompatibile, nelle norme sostanziali che esso contiene, con le disposizioni della I. n. 717 del 1965, sia rimasto in vigore pur dopo l'entrata in vigore della nuova legge e che il termine stabilito al primo comma dell'art. 1 della il. n. 6134 del 1957 sia ora quello stabilito nell'art. 2 della I. n. 717 del 1965, per avere tale art. 2 modificato e sostituito l'art. 1 della precedente I. n. 634 del 1957. D'altra parte anche una considerazione di ovdine logico porta ad escludere che siano venute con il 30 giugno 1965 a cessare le disposizioni circa la dichiarazione di pubblica utilit e di indifferibilit ed urgenza delle opere occorrenti per l'attuazione delle iniziative in.dustriali da p;romuoversi dalla Cassa pe: il Mezzogiorno. Se tali disposizioni, infatti, fossero venute a cessare, l'attivit stessa della Cassa ne verrebbe ad essere compromessa, essendo le disposizioni medesime fra quelle .che maggiormente interessano per il raggiungimento dei fini che la Cassa si propone. 10 114 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 9 novembre 1966, n. 761 -Pres. Polistina -Est. Landi -Del Biondo ed altro (avv.ti Marcone e Rocchetti) ,c. Prefetto di Pescara (avv. Stato Carbone) e s.r.l. Carree Irca (n.c.). Espropriazione per p. u. -Occupazione di urgenza -Stato di consistenza -Autorizzazione all'accesso -Soggetti legittimati -Limiti. Espropriazione per p. u. -Occupazione di urgenza -Decreto prefettizio che autorizza lo stato di consistenza -Indicazioni catastali dei proprietari dell'immobile -Successiva variazione -Momento al quale occorre far riferimento. L'autorizzazione prefettizia, riiasciata al Capo di un ufficio pubblico per introdursi in un fondo da occupare al fine di redigere lo stato di consistenza, non limitata solo l capo dell'Ufficio, ma estesa a qualsiasi funzionario purch venga designato dal capo ufficio (1). Legittimamente il Prefetto, nell'autorizzare l'accesso al fondo da occupare, ha riguardo alla situazione catastale esistente al momento della presentazione della domanda di occupazione, dovendo ritenersi irrilevanti le successive variazioni (2). (1) Cfr., nello stesso senso, ,sez. IV, 9 febbraio 1966, n. 80, Il Consiglio di Stato, 1966, I, 215. evidente che l'autorizzazione data all'Ingegnere Capo del Genio Civile, senza ulteriore specificazione, non affetta da alcun. vizio di legittimit, in quanto conforme alla norma dell'art. 7, comma III, I. 20 giugno 1865, n. 2359. Trattandosi di un ufficio di ente pubblico, ovvio che i vari funzionari, ad esso preposti, siano tra di loro fungibili nell'adempimento della funzione attribuita all'ufficio. (2) Sulla funzione dello stato di consistenza, che rivolto a far acquisire al Prefetto tutte le cognizioni idonee per la legittima autorizzazione ad occupare il fondo, cfr. Sez. IV, 8 giugno 1951, n. 422, Il Consiglio di Stato, 1951, I, 654. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 9 novembre 1966, n. 772 -Pres. De Marco -Est. Granito -Verducci (avv. Guarino) c. Ministero interno (avv. Stato Gentile), Comune di Roma (avv. Rago) e A.C.E.A.. (n. c.). Municipalizzazione dei pubblici servizi -Deliberazioni delle aziende municipalizzate -Annullamento -Competenza del Prefetto. Municipalizzazione dei pubblici servizi -Deliberazione delle aziende:. municipalizzate -Potere prefettizio di annullamento -Natura. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 115 Atto amministrativo -Vizi inerenti al procedimento non ancora concluso -Annullamento -Presupposti. I I j Municipalizzazione dei pubblici servizi -Deliberazione delle aziende ) municipalizzate -Controllo -Pendenza del procedimento di riesai I me -Effetti. l Municipalizzazione dei pubblici servizi -Aziende municipalizzate -Direttore -Trattamento di licenziamento -Attribuzione di anzianit convenzionale -Organi competenti. I I L'annullamento delle deliberazioni delle aziende municipalizzate per violazione di legge o di regolamenti rientra nella competenza del l Ij Prefetto, al quale sono state devolute le attribuzioni delle sottoprefetture, abolite con r. d. l. 2 gennaio 1927 n. 1 (1). Il potere prefettizio di annullamento ex art. 17, II comma, t.u. n. 2578 del 1925 ha natura di controllo eventuale e successivo all'efficacia degli atti sui quali si esercita, e non di controllo necessario e preventivo, con la conseguenza che esso pu esercitarsi anche quando I l'atto abbia gi spiegato i suoi effetti, giacch il decorso del tempo non 1 determinante ai fini dell'annullamento di ufficio degli atti amminiI strativi, ma pu influire sulla rilevanza di un interesse pubblico spe! cifico ed attuale alla rimozione degli atti stessi (2). j Ai fini dell'annullamento di atti illegittimi inerenti ad un proce l dimento non ancora definito, sufficiente il mero accertamento di legittimit, non essendo richiesta la esistenza di specifiche ragioni di pubblico interesse (3). Le deliberazioni delle aziende municipalizzate devono considerarsi inefficaci durante la pendenza del termine di quindici giorni riservato al 'I Consiglio comunale per compiere il suo controllo e fino a quando non si sia concluso il procedimento di riesame (4). I illegittima l'attribuzione di un'indennit convenzionale a un direttore di azienda comunale, che sia stata deliberata dalla Commissione amministratrice della azienda medesima, rientrando essa nell'esclusiva competenza del Consiglio comunale (5). (1) Nel1o stesso senso cfr., Sez. V, 27 maggio 1954, n. 540, Il Consiglio di Stato, 1954, I, 583. (2) Sul carattere del controllo esercitato dal Prefetto sugli atti delle aziende municipalizzate, v. Cass., 27 marzo 1952, n. 828. (3) Giurisprudenza pacifica, Sez. V, 7 giugno 1957, n. 383, ivi, I, 756. Per quanto concerne il principio, ormai pacifico, che diritti quesiti non possono nascere da un atto illegittimo, dr. Sez. Un., 4 luglio 1962, n. 1714. (4) Cfr. Cass. 27 marzo 1952, n. 828. (!'i) Non risultano precedenti specifici. 116 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 16 novembre 1966, n. 808 -Pres. Polistina -Est. Risi -Ragni ed altri (avv. Martuscelli) -c. Ministero interno (avv. Stato Dallari). Sciopero -Impiego pubblico -Effetti -Retribuzione -Non dovuta. Sciopero -Astensione dal lavoro per una parte della giornata lavorativa -Retribuzione ridotta -Non dovuta. Lo sciopero produce la sospensione delle due obbligazioni fondamentaii del rapporto di impiego, consistenti nella prestazione di lavoro e nella corresponsione della retribuzione, mentre non incide sugli altri obblighi e diritti connessi con detto rapporto; pertanto, il pubblico dipendente non ha diritto alla retribuzione per le giornate in cui ha scioperato (1). Nel caso di astensione totale dal lavoro per una parte soltanto della durata temporale della giornata lavorativa, la misura detta trattenuta va determinata con riferimento aU'intera giornata lavorativa, considerata come unit minima di frazionamento delta retribuzione (2). (1) Principio' pacifico: Sez. V, 27 luglio 1964, n. 930, Il Consiglio di Stato, 1964, I, 1942. (2) Non risultano precedenti di giuTisprudenza; cfr. parere Sez. II, 28 aprile 1965, n. 395, citato nella motivazione della decisione. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 14 dicembre 1966, n. 1051 -Pres. De Marco -Est. La,ndi -Andrione ed altri (avv.ti Balladore Pallieri, Lucatello e Guarino) c. Presidente Consiglio Ministri (avv. Stato Guglielmi), Presidente Giunta regionale Valle d'Aosta (avv.ti Cri1safulli e M. S. Giannini), Presidente Consiglio Valle d'Aosta ed altri (n. c.). Atti amministrativi -Regioni -Commissario governativo per la convocazione del Consiglio regionale -Decreto di nomina -Atto politico -Esclusione. Giustizia amministrativa -Nomina Commissario governativo per convocazione Consiglio regionale -Impugnativa promossa da Assessore regionale -Legittimazione -Sussistenza. Regioni -Convocazione Consiglio regionale -Nomina Commissario governativo in sostituzione dell'organo regionale competente Legittimit. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 117 Regioni -Nonina Commissario governativo per convocazione Consiglio regionale -Forma necessaria. n decreto con il quale il Presidente del Consiglio dei Ministri nomina un Commissario straordinario al fine di convocare il Consiglio regionale della Valle d'Aosta non atto politico ma amministrativo in senso stretto, ed pertanto impugnabile innanzi al Consiglio di Stato in sede di ricorso giurisdizionale (1). L'assessore regionale rimosso dalla carica con delibera consiliare impugnabile in primo grado davanti ad organo giurisdizionale locale (nella specie, Giunta giurisdizionale amministrativa per la Valle d'Aosta) legittimato ad adire, su tale controversia l'organo centrale (Consiglio di Stato), competente a conoscere della legittimit di altro provvedimento da cui potrebbe derivare il vizio denunciato in relazione all'atto soggetto alla competenza dell'organo locale (2). Deve ritenersi legittima la nomina di un Commissario straordinario del Governo, al fine della convocazione del Consiglio regionale e della fissazione dell'ordine del giorno, in caso di riscontrata paralisi dell'organo regionale ordinariamente competente a provvedere (3). Per gli atti amministrativi non aventi natura politica la forma del decreto del Capo dello Stato deve essere adottata soltanto nei casi espressamente previsti dalla legge; pertanto, in mancanza di contraria disposizione, il decreto di nomina di un Commissario straordinario del Governo per la convocazione di un Consiglio regionale e la fissaz.ione dell'ordine del giorno, non essendo provvedimento di natura politica, pu legittimamente essere adottato dal Presidente del Consiglio dei Ministri (4). (1-3) Non risultano precedenti in termini. La decisione del Consiglio di Stato sul merito della fattispecie in discussione risulta, per un verso, dall'affermazione che le Regioni, pur nell'ambito della loro autonomia, sono soggette al generale potere di vigilanza che lo Stato esercita su tutti gli enti derivati dal proprio ordinamento, ed in particolare sugli enti pubblici territoriale, e, .per altro aspetto, dal rilievo della generale validit del principio del controllo sostitutivo. (4) La massima puntuale applicazione della esclusione della natura di atto politico del provvedimento impugnato. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 14 dicembre 1966, n. 1059 -Pres. De Marco -Est. Granito -Carnacina (avv. Cabibbo) c. Ministero difesa (avv. Stato Peronaci). Competenza e giurisdizione -Impiego pubblico -Mancato versamento contributi previdenziali -Giurisdizione amministrativa -Sussistenza. 118 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Prescrizione -Mancato versamento contributi previdenziali -Termine decennale. Rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo il ricorso con cui un salariato statale convenga in giudizio l'Amministrazione, affnch sia dichiarata la inadempienza di quest'ultima all'obbligo di versare i contributi assicurativi per l'invaliditd e la vecchiaia (1) Il diritto al risarcimento danni per omesso o irregolare versamento dei contributi previdenziali e assistenziali soggetto al termine decennale di prescrizione previsto dall'art ..2946 c. c. (2). (1) Con la decisione in rassegna la IV Sezione del Consiglio di Stato, richiamandosi a talune sentenze della Corte di Cassazione (cfr. Cass. 30 dicembre 1963, n. 3247, Giust. civ., Mass., 1963, 1508; Cass. 14 luglio 1962, n. 1852, ivi, 1962, 914), conferma il propdo orientamento favorevole dell'affermazione della giurisdizione del giudice amministrativo in subiecta materia, (v. pure, Cons. Stato, Sez. IV, 18 maggio 1966, n. 417, n Consiglio di Stato, 1966, I, 936). In senso contrario sono, peraltro, costantemente orientate la V e VI Sezione dello stesso Consiglio di Stato (cfr. le decisioni 21 gennaio 1966, n. 57, in questa Rassegna, 1966, I, 668, e 21 maggio 1965, n. 538, Il Consiglio di Stato, 1965, I, 950), e cosi pure la pi recente giurisprudenza delle Sezioni Unite (Cass. 5 giugno 1965, n. 1117, in questa Rassegna, 1965, I, 910, con nota di MANn; per utili riferimenti v. pure Cass. 4 marzo 1966, n. 638, e Trib. Napoli 2 marzo 1966, n. 1159, in questa Rassegna, 1966, I, 555, con nota redazionale, e di recente Sez. Un. 3 febbraio 1967, n. 305, ivi, 61). (2) Cfr. nello stesso senso, Cons. Stato, Sez. IV, 25 marzo, 1960, n. 297, Il Consiglio di Stato, 1960, I, 375; Cass. 11 dicembre 1963, n. 3135, Giust. civ. Mass., 1963, 1461; Cass. 28 aprile 1964, n. 1029, Foro it., 1964, I, 1827, con nota di PERA. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 30 dicembre 1966, n. 1094 -Pres. De Marco -Est. Granito -Quintieri ed altri (avv. Jaccarino) c. Ministero LL. PP. (avv. Stato Varvesi), Prefetto di Napoli (n. c.) e Comune di Napoli (avv. Gleijeses). Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Deposito atto intervento adesivo dipendente -Interruzione termine di perenzione Esclusione. Competenza e giurisdizione -Edilizia -Provvedimento demolizione ex art. 26 l. 17 agosto 1942 n. 1150 -Impugnativa -Giurisdizione amministrativa -Sussistenza. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 119 Piano regolatore e di ricostruzione -Ordine demolizione ex art. 26 1. 17 agosto 1942 n. 1150 -Controllo sostitutivo Ministero LL.PP. Condizioni e limiti. n deposito di un atto di intervento adesivo dipendente non ha efficacia interruttiva del termine biennale di perenzione del ricorso giurisdizionale (1). n provvedimento di demolizione di un edificio, adottato dal Ministro dei lavori pubblici ai sensi dell'art. 26 legge 17 agosto 1942, n. 1150, essendo espressione di un potere discrezionale, investe situazioni di interessi legittimi e non di diritti soggettivi: la relativa impugnativa rientra pertanto nella giurisdizione del giudice amministratvo (2). Legittimamente il Ministro dei lavori pubblici, ai sensi. dell'art. 26 legge 17 agosto 1942, n. 1150, interviene in sostituzione del Comune, ordinando la demolizione di un edificio costruito sulla base di una licenza annullata in sede giurisdizionale, ove risulti che il Comune si sia astenuto dall'adottare i provvedimenti di sua competenza ed abbia persistito in tale atteggiamento negativo nonostante il formale invito del Ministero ad emettere il provvedimento di demolizione (3). (1) Per qualche riferimento cfr., in giurisprudenza, Cons. Stato, Sez. IV, 29 settembre 1966, n. 640, Il Consiglio di Stato, 1966, I, 1441. In particolare circa l'efficacia degli atti processuali dell'interveniente sul decorso del termine di perenzione, BonnA, La perenzione nei procedimenti giurisdizionali amministrativi, Torino, 1923; RAvA, La perenzione nel processo amministrativo, Arch. dir. pubbl., 1938, 297, ss. (2) Non risultano .precedenti in termini. (3) Nel senso che il Ministro dei lavori pubblici possa ordinare la demolizione di opere difformi dal piano regolatore solo nel caso che la costruzione non sia stata autorizzata dal Comune, c:llr. Cons. Giust. Amm. Reg. sic., 22 febbraio 1963, n. 58, Giust. civ., 1963, II, 205, e Cons. Giust. Amm. Reg. ,sic., 22 febbraio 1963, n. 59, Foro it., 1963, III, 152. La soluzione accolta dal Consiglio di Stato con la decisione in rassegna corrisponde alle tesi sostenute dall'Avvocatura gi nei giudizi del 1963, e sembra pi aderente alla lettera ed alla ratio dell'art. 26 della legge urbanistica. SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA TRiBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 maggio 1966, n. 1347 -Pres. Favara -Est. Spagnoletti -P. M. Tuttolomondo (conf.). -Ministero Finanze (avv. Stato Masi) c. S.p.A. Costruzioni Rossi (avv. Ziini Lamberti). Imposta di registro -Societ -Trasformazione di una societ irregolare in nome collettivo in una societ di capitali -Imponibilit come per costituzione di nuova societ -Esclusione -Imposta prevista per le trasformazioni di societ -Applicabilit. (c. c., artt. 2498, 2297; r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa A, artt. 81, 83; d. 1. 5 aprile 1945, n. 141, art. 6). Una volta ammesso che una societd irregolare in nome collettivo possa trasformarsi in una societd di capitaii, deve nella ricorrenza di una siffatta ipotesi ritenersi applicabile l'imposta di registro secondo la disciplina prevista, appunto, per le trasformazioni di societd, e non gid come per una costituzione di nuova societd (1). (Omissis). -Con l'unico mezzo, la ricorrente Amministrazione delle Finanze si duole che la Corte di Torino abbia ritenuto che il rogito per notar Fissone, con il quale Borio Vincenzo e Rossi Sergio, soci di una societ in nome collettivo irregolare, avevano dichiarato di trasfor (1) Nel senso che la trasformazione in societ di capitali di una societ in nome collettivo irregolare rientri nella previsione di cui all'art. 2498 c. ., cfr. Cass. 18 aprile 1958, n. 1268, Giust. civ. 1958, I, 1045, con nota critica di L. BIANCHI D'EsPINOSA, Trasformazione di societ irregolare in nome collettivo i_n societ di capitati? In .senso contrario, App. Napoli, 10 maggio 1960, Temi nap., 1960, I, 289; Trib. Firenze, 14 marzo 1966, Giust. civ. 1966, I, 1016, con osservazioni di C. GIANNATTASIO. Ai fini tributari, peraltro, si era rilevato che la questione poteva porsi con autonomo riferimento al disposto dell'art. 2297 c. c., secondo il quale, fino a quando la societ in nome collettivo non iscritta nel registro delle imprese, i rapporti della societ stessa con i terzi restano regolati dalle disposizioni relative alla societ semplice; di guisa che, e tra quei terzi dovendosi ritenere compresa l'Amministrazione finanziaria, nei confronti PARTE I,. SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 121 mare la societ stessa in una societ per azioni, doveva essere tassato come trasformazione della societ di fatto preesistente e non come costituzione di societ per azioni (artt. 81 e 82 tariffa all. A legge organica del registro). La doglianza non ha fondamento. Dottrjna e giurisprudenza sono concordi nell'affermare che la trasformazione di societ comporta soltanto il mutamento di una organizzazione sociale preesistente, e non la sostituzione di una nuova organizzazione sociale ad un'altra che sparisce. L'Amministrazione ricorrente non ha potuto disconoscere che il S. C. gi ebbe occasione di pronunciarsi sulla questione, oggi riproposta al suo esame, con la sentenza 18 aprile 1958, n. 1268, la cui motivazione, esattamente richiamata dalla decisione impugnata, porta a concludere che la disposizione contenuta nell'art. 2498 -c. c., relativa alla trasformazione di una societ di persone in una societ di capitali, si applica anche alla societ in nome collettivo non regolarmente costituita. Conseguentemente, alla stregua di tale girisprudenza, che la Suprema Corte non trova ragione alcuna di mutare, devesi ritenere per fermo che, ai fini dell'imposta di registro sul relativo atto, la tassa dovuta quella prevista per la trasformazione di societ e non quella prevista per una nuova costituzione di essa. Riferendosi all'argomentazione centrale adottata da questa S. C. con la pronuncia n. 1268 del 18 aprile 1958, I'Amministrazione ricorrente riconosce esatto che l'art. 2297 c. c. non trasforma la societ irregolare in nome collettivo in una societ semplice, limitandosi a disporre che, in caso di mancata iscrizione nel registro delle imprese, sono applicabili le disposizioni dettate per le societ semplici (limitatamente ai rapporti tra la societ ed i terzi). Senonch, fatta questa ammissione, la ricorrente, sul presupposto che la Finanza debba considerarsi terzo, ai fini della registrazione, sostiene che, per quanto riguarda il trattamento fiscale, occorre far riferi di questa, ed ai fini dell'individuazione del regime tributario applicabile, si sarebb dovuta considerare avverata una trasformazione, in ipotesi, da societ semplice a societ di capitali, e, quindi, in definitiva, ritenere attuato un conferimento, per la costituzione di una nuova societ, da parte dei soci del preesistente organismo di fatto. Ed a tanto, per, la Cassazione, richiamandosi ad un suo precedente in tema di data delle scritture private (Cass. 9 maggio 195.3, n. 1280, in questa Rassegna, 1954, 98; in argomento cfr., amplius, Relaz. Avv. Stato, 1951-55, II, 525 ss.), ha creduto di poter ppporre che la Finanza non terzo estraneo, ai fini della registrazione dell'atto, soggiungendo, poi, che la norma dell'art. 2297 innanzi citato dovrebbe comunque intendersi riferita soltanto ai vincoli giuridici contratti con i terzi dalla societ irregolare ., laddove il rapporto d'imposta, che si collega alla trasformazione, in questa trova base, e non pu quindi 122 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mento al tipo di societ semplice, proprio perch le disposizioni sulla societ semplice sono applicabili ai rapporti tra la societ ed i terzi. Osserva il S. C. che, a rendere palese l'infondatezza di tale assunto, basta considerare che una volta ammesso che la societ irregolare in nome collettivo possa trasformarsi in societ di capitali, non si vede come si possa validamente sostenere che tale trasformazione si verifichi nei confronti di taluni soggetti e non di altri. Anche nei confronti del fisco, perci, la fattispecie in esame realizza non gi una estinzione della societ irregolare, ma solo una trasformazione della stessa in una societ per azioni. L'inesattezza dell'affermazione secondo la quale la Finanza sarebbe terzo estraneo, ai fini della registrazione, appare manifesta solo che si abbia presente che la formalit. relativa necessariamente successiva alla gi intervenuta trasformazione, che la registrazione dell'atto trova perci ormai perfezionata ed operante. Di conseguenza, per. quanto concerne l'art. 2297 c. c., deve ritenersi che l'espressione terzi non si estende al fisco per la registrazione dell'atto di intervenuta trasformazione di una societ in nome collettivo (irregolare per mancata registrazione) in una societ per azioni (su ci vedi pure Cass. 9 maggio 1953, n. 1280, pr un analogo riferimento), n la Finanza pu avvalersi comunque della disposizione contenuta nella norma in esame per disconoscere gli effetti dell'avvenuta trasformazione, perfettamente ammissibili ai sensi dell'art. 2498 c. c. D'altro canto, l'art. 2297 c. c., disponendo che la irregolarit costituita dalla mancata iscrizione nel registro delle imprese esercita influenza solo nei confronti dei terzi, si riferisce, com' chiaro, ai soli vincoli giuridici contratti con i terzi dalla societ irregolare, stabilendo la responsabilit dei singoli soci per le obbligazioni sociali. Il rapporto di imposta per la registrazione dell'atto di trasformazione della societ non rientra invece nella categoria dei rapporti tra la dar luogo ad un credito che si possa considerare preesistente alla trasformazione stessa. Non rientrava nell'economia della decisione in rassegna la questione relativa alla tassazione -secondo le regole sulle enunciative ed in occasione della registrazione dell'atto di trasformazione -dell'anteriore costituzione della societ irregolare in collettivo. E pare potersi rilevare, comunque, che, specialmente secondo la tesi di cui alla pronuncia odierna della C'orte Suprema, nessun dubbio dovrebbe sussistere per la soluzione affermativa, essendo evidente, tra l'altro, che la trasformazione, che tale sia da ritenere anche agli effetti tributari, postula la non estinzione del precedente rapporto sociale, i cui estremi di individuazione, poi, e per quanto rigoroso possa doversi ritenere il relativo accertamento (cfr. Cass. 25 maggio 1966, n. 1340, in questa Rassegna, 1966, I, 1301, con nota critica di F. PAGANO), dovrebbero tutti risultare, come ovvio, dall'atto col quale la trasformazione stessa sia attuata. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 123 societ irregolare ed i terzi, soggetti alle norme sulla societ semplice, dappoich non costituisce un credito dell'Amministrazione finanziaria presistente alla trasformazione della societ, ma al contrario a questo successivo, n vale comunque a far ritenere come societ di nuova costituzione la societ per azioni che sia, invece, risultante dalla trasformazione di quella collettiva, sia pure irregolare, in societ di capitali. L'impugnata sentenza si , come chiaro, perci, sostanzialmente adeguata ai suesposti principi e non-merita, di conseguenza, alcuna censura, avendo esattamente ritenuto che l'atto di traformazione di una societ in nome collettivo irregolare in societ per azioni debba essere tassato non gi come costituzione di nuova societ, bensi come trasformazi9ne della societ di fatto preesistente. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 maggio 1966, n. 1354 -Pres. Favara -Est. Mirabelli -P. M. Caccioppoli (conf.) -Ministero Finanze (avv. Stato Masi) c. Vaselli (avv. Maniscalco Basile). Imposta di registro -Appalto -Concessione di pubblico servizio Serv. izio di nettezza urbana -Affidamento ad un privato, da parte di un comune, dell'incarico di espletare le sole attivit materiali inerenti al servizio -Costituisce appalto -Affidamento dell'incarico di espletare le attivit materiali ed attribuzione, in tutto o in parte, al privato gestore, anche dei poteri di supremazia connessi al servizio -Costituisce concessione di pubblico servizio, (1. 20. marzo 1941, 111. 336, .art. 9; r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 56; id., tariffa A, art. 52; d. l. 9 maggio 1935, n. 606, artt. 1, 3 e succ. modif.). L'affidamento ad un privato, da parte di un comune, dell'incarico di espletare, contro corrispettivo, le sole attivit materiali inerenti al servizio di nettezza urbana, costituisce appalto. Se, peraltro, al privato incaricato vengano anche attribuiti, in tutto o in parte, i poteri di supremazia per lo svolgimento del servizio, il rapporto che si instaura va qualificato, anche ai fini dell'imposta di registro, come di concessione di pubblico servizio, senza che in contrario rilevi la circostanza che il comune si sia riservata la riscossione della tassa dovuta dagli utenti (1). (1) Le sentenze richiamate in motivazione possono leggersi: Cass. lo aprile 1946, n. 355, in Riv. leg. fisc., 1946, 323; Cass: 31 dicembre 1955, n. 3969, in Foro amm., 1956, II, 1a, 139; Cass. 2 luglio 1957, n. 2557, in Foro it., 1958, I, 77. Sui criteri distintivi tra appalto e concessi ~e J.lO?l in q'llQnto importi, oltre che il versamento di un corri sp#t~ijv() (ajgeyide~a da intendere come quello dovuto all'amministrazio... IJ~!tJ-;es1o1~~({~.J~l~:::~e~~~s;;~~~:. ~~c~~1~~;;~~~~~~C:~ ~ia l'~~nf,$ttazi9ne a pagare al privato un compenso per l'esecuzione del servizio, non potrebbe l'espletamento di questo, pur se con i poteri di supremazi~ c}le vi si.... connettono, non considerarsi che nel suo aspetto di prestazfone, di opus, etti il privato sia obbligato, contro il pattuito corrispettivo, verso l'imuninistrazione; e non potrebbe perci non valutarsi il rapporto, quanto meno' ai fini dell'imposta di registro, ed anche alla stregua del generale principio di cui all'art. 8 della legge organica, che secondo le regole previste per l'appalto, cio per quel rapporto che da quel sinallagma contrattuale caratterizzato. 126 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nella fattispecie esaminata, non pu essere addebitato alla sentenza impugnata il vizio di legittimit allegato dall'Amministrazione ricorrente, e pertanto il primo motivo di ricorso va respinto. Con il secondo motivo di ricorso, poi, I'Amministrazione ricorrente, denunciando, oltre la violazione e falsa applicazione delle stesse norme, anche la violazione dei principi generali in tema di interpretazione, contenuti negli artt. 1362 segg. c. c., nonch il vizio di omessa ed insufficiente motivazione, sostiene che la Corte del merito avrebbe errato nella individuazione del contenuto effettivo del contratto, dando rilevanza a singole clausole, senza inquadrarle adeguatamente nel complesso della pattuizione. Questa Corte ritiene, invece, che la Corte del merito ha esattamente individuato i punti rilevanti per la qualificazione del contenuto del contratto ed ha dato adeguata motivazione del suo convincimento. La sentenza impugnata, infatti, ha ravvisato come elementi distintivi, sufficienti a qualificare il rapporto come concessione-contratto anzich come appalto, due pattuizioni, con l'una delle quali era stato attribuito al gestore del servizio il potere di elevare contravvenzioni a carico di chi violasse le norme regolamentari concernenti il servizio stesso, e con l'altra era prevista la creazione di un ufficio reclami, da parte dell'impresa di gestione, al quale gli utenti erano obbligati a rivolgersi per qualsiasi doglianza relativa al servizio, con esclusione degli organi e degU uffici comunali. Ed in tali elementi ben pu, secondo i principi soprarichiamati, essere ravvisato un, sia pure parziale, trasferimento di supremazia, ed una instaurazione di rapporti diretti tra gestore ed utenti, sufficienti a caratterizzare il rapporto come concessione. A tale qualificazione non osta, ad avviso di questa Corte, la circostanza, cui I'Amministrazione ricorrente si richiama, che il Co mune abbia ritenuto per s l'esazione delle tasse dovute dagli utenti, addossandosi il canone fissato a favore del concessionario quale retri buzione per il servizio, in quanto la permanenza del rapporto tribu tario in testa all'ente del tutto normale e per aversi concessione non necessario che l'ente si privi di tutti i poteri di supremazia, inerenti al servizio, essendo sufficiente che taluni di questi siano attri buiti al gestore. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 8 luglio 1966, n. 1792 -Pres. Fibbi Est. Perrone Capano -P. M. Pedote (conf.) -Ministero Finanze (avv. Stato Carafa) c. Silighini (avv. Fraccaroli) e Turchi (avv. Borda). Imposta di re~istro -Accessioni -Opere pubbliche realizzate dalla p. a. su fondi di aliena propriet -Successivo trasferimento del PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 127 l'area alla p. a. -Imponibilit del trasferimento presun,to delle opere, secondo le regole dell'art. 47 della legge del registro -Esclu sione. (c. c., artt. 934, 936; I. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 4; I. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 73; r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 47). Poich l'opera pubblica realizzata dalla P. A. su terreno di privata propriet illegittimamente occupato non suscettibile di acquisto per accessione, il successivo trasferimento del suolo alla stessa P. A. non rende applicabile la presunzione di cui aW.art. 47 della legge del registro, la quale presuppone che un acquisto per accessione sia giuridicamente possibile (1). (Omissis). -Con l'unico mezzo di ricorso si denuncia: violazione ed errata applicazione dell'art. 47 r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269 (legge organica di registro), dell'art. 934 c. c., dell'art. 4 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E, e dei principi generali in materia di occupazione senza titolo da parte della pubblica amministrazione, (1) La propriet dei fondi occupati senza titolo e trasformati in opere pubbliche e la propriet di tali opere. Secondo un principio ormai consolidato in giurisprudenza, e, deve aggiungersi, ineccepibile, il disposto dell'airt. 936 c. c. non trova applicazione nei confronti di una pubblica amministrazione che illegittimamente, e cio sine titulo, abbia proceduto all'occupazione di un fondo altrui per la realizzazione di un'opera pubblica (cfr., tra le pi recenti, Cass. 19 giugno 1961, n. 1440, Foro it., 1961, I, 1315; C:ass. 29 luglio 1961, n. 1840, Foro it., Mass., 1961, 477; Cass. 23 marzo 1965, n. 477, in questa Rassegna, 1965, I, 381, con nota di G. MAND. In dottrina: CoRMio, Jus tollendi e p. a., Giur. it., 1959, I, 2, 101, in nota ad App. RJoma 6 giugno 1958; ed in senso critico, SANDULLI, Immobili privati posseduti dall'amministrazione sine titulo e destinati ad opere pubbl'iche, Riv. giur. edil. 1958, II, 55). La facolt alternativa, che l'art. 936 c .. c. riconosce al proprietario del suolo, , invero, inattuabile nei confronti della p. a., dal momento che la condanna alla riduzione in pristino urterebbe contro il disposto dell'art. 4 della 1. 20 marzo 1865, n. 2248 all. E, mentre la ritenzione della costruzione atribuirebbe al dominus soli la propriet di beni destinati a pubblico servizio e, come tali, facenti parte del demanio o del patrimonio indisponibile. Il tema dell'acquisto per accessione, peraltro, non era stato fin qui, a quanto consta, direttamente affrontato dalla giurisprudenza, che nelle richiamate pronunce si era limitata prevalentemente ad esaminare (pervenendo alle esatte conclusioni ora citate) il problema della applicabilit dell'articolo 936 c. c. Con la sentenza in esame, invece, la Cassazione ha espressamente escluso la possibilit di ritenere operante il principio dell'accessione (art. 934 c. c.), per trarne ulteriormente la conseguenza dell'inapplicabilit della presunzione di cui all'art. 47 della legge organica di registro nelle 128 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO in relazione all'art. 360 n. 3 c. p. c. . Si deduce che i giudici di merito avrebbero errato nel ritenere che nella specie non fosse applicabile l'art. 47 della legge di registro per un triplice ordine di ragioni: sia in quanto non sarebbe stato possibile configurare un'accensione, da parte del proprietario del suolo, delle costruzioni eseguite dalla .pubblica amministrazione, sia in quanto dal contenuto dell'atto stesso di compravendita risultava palesemente escluso che le parti avessero voluto ricomprendere nell'oggetto contrattuale le dette costruzioni, sia infine perch, mentre i contratti di appalto stipulati dal Genio Civile di Rimini sarebbero stati sufficienti a vincere la presunzione di cui all'art. 47 della legge di registro, il diritto di propriet sul fondo sul quale era stato edificato dall'Amministrazione si era trasformato in un ipotesi di trasferimento di terreni gi occupati e trasformati dalla p. a. con la realizzazione dell'opera pubblica. Se mal non interpretiamo la decisione, l'inoperativit del principio superjcies solo cedit s' fatta derivare dalla inapplicabilit della disciplina dell'accessione (art. 936 c. c.) nei confronti della p. a., secondo un iter logico che sembra legittimare qualche perplessit. L'impossibilit di applicare le citate norme nei confronti della p. a. dipende, 'per un verso, dai noti limiti posti alla giurisdizione dell' a. g. o. (innanzi alla quale improponibile una domanda di condanna dell'amministrazione a rimuovere le costruzioni) e, per a:Itro verso, dalla inidoneit del bene pubblico a costituire possibile oggetto di ritenzione da parte del privato. Orbene, ad escludere in radice la possibilit di un acquisto per accessione dell'opera pubblica, sembrerebbe pi esatto porre l'accento soltanto su tale inidoneit, in armonia, del resto, con la lettera dell'art. 934 c. c., che, per l'appunto, esclude l'accessione quando diversamente sia disposto dalla legge (E qui la diversa disposizione di legge andrebbe ravvisata nella particolare qua:Iit e nello speciale regime che l'ordinamento riserva ai beni pubblici). A parte ci, comunque, il problema che si pone a seguito della pronuncia della Corte, e che non sembra trovare soddisfacente soluzione, quello della sorte dei beni interessati dalla ipotizzata vicenda, e cio il suolo e le costruzioni. Quanto alla propriet dell'opera, una volta esclusa l'operativit del principio dell'accessione per la natura pubblica del bene, non v' difficolt ad ammettere che essa appartenga alla p. a. Il terreno, invece, se esatto l'altro principio pur ripetutamente affermato dalla giurisprudenza (Cass. 16 ottobre 1964, n. 2601, in questa Rassegna, 1964, I, 961, e, pi recentemente, Cass. 26 ottobre 1966, n. 2610, ultra 137, con nota di F. BATISTONI FERRARA. Occupazione abusiva, condanna al risarcimento del danno ed imposta di registro), secondo cui fa pronuncia di condanna al risarcimento dei danni -sostitutiva della impossibile restituzione del bene ormai trasformato -non ha efficacia. traslativa della pro-.:_:: priet, rimarr del privato: il quale, peraltro, non potr considerarsi titolare di nessuna delle facolt di godimento normalmente insite nel diritto 1 di propriet. I PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 129 diritto al solo indennizzo . Sostiene la ricorrente che una volta che la propriet del suolo sul quale si era edificato dall'Amministrazione non era stata trasferita a questa in base ad alcun atto, volontario o coattivo, ma era rimasta nella sfera giuridico-patrimoniale dei venditori, prima, e dell'acquirente, poi, alla Corte di merito, non era consentito n escludere l'accessione, n tanto meno creare dal nulla una trasformazione del diritto di propriet in un diritto all'indennizzo . Ci perch l'occupazione di fatto, da parte della pubblica amministrazione, di un fondo (di propriet privata), ai fini della esecuzione di un'opera, non sottrae al proprietario i suoi diritti dominicali, n tali diritti gli sono sottratti dalla eseguita costruzione o dalla destinazione a pubblico servizio. N -aggiunge la ricorrente -occorreva esaminare se nell'atto di compravendita fossero compresi anche i fabbricati Separata cosi, sulla scorta dei due citati orientamenti giurisprudenziali, la propriet del terreno da quella delle costruzioni, verrebbe spontaneo il richiamo al regime giuridico della superficie. Senonch, a parte l'ovvia considerazione che il proprietario di un terreno gravato da diritto di superficie conserva pur sempre delle facolt di utilizzazione, che, nella specie, non sembrerebbero sempre e pacificamente configurabili, sta di fatto che non si intravede quale possa essere il titolo costitutivo del diritto di superficie a favore della p. a., l dove -per la nota interdipendenza delle figure dell'accessione e della superficie -il difetto di un titolo costitutivo della propriet superficiaria comporta proprio l'acquisto per accessione delle costruzioni (e cio esattamente quanto si escluso nel caso in esame). Potrebbe, ancora, osservarsi che l'inquadramento del diritto della p. a. nello schema del diritto di superficie (che, d'altra parte, ci sembra l'unico configurabile), comporta tutta una ulteriore problematica di incerta soluzione. Cosi, ad esempio, posto che il principio superjcies solo cedit resta para lizzato nella sua operativit, come si visto, per la particolare natura (pubblica) della costruzione, dovrebbe ammettersi -una volta che venga a cessare la speciale destinazione dell'opera -la possibilit di una revi viscenza del principio medesimo, con conseguente automatico acquisto del l'opera da parte del dominus soli. Il che non gioverebbe sicuramente alla certezza delle situaziooi giuridiche, atteso il Lungo periodo di tempo presu mibilmente intercorrente fino al mutamento di destinazione dell'opera. E pu aggiungersi l'ipotesi in cui la p. a. proceda all'abbattimento dell'opera per realizzarne una diversa, sempre destinata a pubbliche fina lit. In tal caso, sarebbe da vedere se l'amministrazione -in difetto di un titolo che disciplini il rapporto -possa ricostruire sul terreno del privato, il quale sia stato a suo tempo risarcito per la privazione di ogni utilit economica ricavabile dal bene, ovvero se la nuova costruzione debba tro vare una regolamentazione giuridica analoga alla prima, addirittura pro spettandosi la possibilit di un ulteriore risarcimento in favore del domi nus soli. Si potrebbe continuare nell'esame della problematica posta dalle esigenze di giungere ad una conciliazione dei principi, verso i quali ha mo 11 130 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO costruiti dalla pubblica amministrazione (su una parte del terreno compravenduto), posto che il citato art. 47 pone una presunzione di trasferimento di tutte le accessioni, indipendentemente dalle dichiarazioni negoziali delle parti, presunzione che pu essere vinta solo con gli atti indicati nell'articolo medesimo (atti che abbiano acquistato data certa anteriore col mezzo della registrazione), nella specie insussistenti. La censura infondata. giurisprudenza ormai costante che, decorso il biennio previsto dall'art. 73 della I. 25 giugno 1865, n. 2359, senza che sia stata pronunciata l'espropriazione per pubblica utilit, l'ulteriore detenzione dell'immobile, gi occupato legittimamente, diviene illegittima, con la conseguenza che l'ente occupante, quale detentore senza titolo, tenuto alla restituzione, oltre che al pagamento dell'indennit per il periodo di occupazione legittima. Ma nel caso che l'immobile illegittimamente strato di orientarsi la Corte regolatrice. Ma ci sembra che proprio l'ultima considerazione fatta, per l'evidente ingiustizia della conclusione che com porta, riveli, per cos dire, un punto di debolezza dell'i:r;itera costruzione, rappresentato dall'affermazione della persistenza della propriet del terreno in capo al privato, pur spogliato 'di ogni facolt di utilizzazione economica del bene, e malgrado l'avvenuto risarcimento del danno. Mentre, infati, ed in pieno rispetto della regola posta dall'art. 934 c. c. (che espressamente prevede delle eccezioni), pu converursi nella ritenuta inoperativit del principio dell'accessione, in considerazione della natura dell'opera realizzata sul terreno illegittimamente occupato, la figura di un proprietario tale soltanto sulla carta, ed al quale nemmeno potrebbero pacificamente riconoscersi le facolt di utilizzazione economica del terreno pur riservate a chi ,sia soltanto dominus soli, non pu non 'suscitare qualche riserva. La necessit, avvertita dalla giurisprudenza, di un titolo formale che sancisca il trasferimento della propriet del terreno, adeguando la situa zione giuridica a quella gi instauratasi in via di fatto, potrebbe, proba bilmente, essere superata spostando sul piano pi spiccatamente pubbli cistico l'angolo visuale del problema, sulle tracce della figura, di recente prospettata, della espropriazione in senso materiale (in argomento, cfr. CARUSI F., Tutela giudiziaria del proprietario di immobile occupato sine titul'o dalla p. a. e trasformato in opera pubbUca ed atto espropriativo in. senso materiale, in questa Rassegna, 1966, I, 1047; Io., Ancora, sulla tutela, etc., retro, 99). Un utile campo di indagine, ai. fini in questione, potrebbe forse essere anche ricercato, sul terreno privatistico, con riferimento alle regole sul l'accessione invertita, verificando, ovviamente, in quanta parte l'analogia delle situazioni giustifichi una identit di disciplina giuridica. Ed in definitiva, dunque, deve dirsi che l'affermazione contenuta nella .sentenza iIIl ,esame, costituendo, con le sue logiche implicazioni, urn valido banco di prova della validit o meno del principio fissato in altre pro nunce, lascia la materia tuttora aperta a nuove meditazioni. SERGIO LAPORTA PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA detenuto sia stato trasformato dalla pubblica amministrazione, o comunque utilizzato per la costruzione di un'opera pubblica di carattere permanente, il diritto di propriet del privato non suscettibile di reintegrazione in forma specifica, mediante restituzione del bene, non potendo il giudice annullare o modificare l'attivit tecnico-discrezionale della pubblica ammnistrazione. L'ipotesi della impossibilit della restituzione per avvenuta trasformazione del bene, che di ostacolo alla reintegrazione in forma specifica del diritto del privato, leso dal protrarsi dell'occupazione, ricorre, in relazione ai limiti posti al giudice ordinario rispetto alle attivit amministrative, ogni qual volta sull'immobile occupato siano state compiute opere destinate in via permanente a soddisfare un pubblico interesse, anche se materialmente suscettibili di rimozione. In tali casi, il proprietario del terreno illegittimamente occupato non ha diritto alla restituzione, ma solo al risarcimento dei danni (salvo gli effetti della eventuale tardiva espropriazione); e le opere costruite su quel terreno da enti pubblici, essendo destinate a soddisfare permanentemente un servizio o un interesse pubblico, devono trovare la foro disciplina nei principi e nelle norme del diritto pubblico. Esse non possono essere assoggettate alla disciplina privatistica .dell'accessione, che non applicabile rispetto agli atti e alle attivit dello Stato e degli enti pubblici. E~attamente osservano i resistenti Turchi e Tassi che e v' impossibilit per il privato di prendere possesso del bene pubblico costruito sul suo fondo, di abbatterlo, di disporne a suo piacere : ci perch non v' acquisto per accessione, da parte del privato, della propriet dell'opera pubblica . In tali sensi, del resto, questa Suprema Corte si gi pronunciata con sentenza 23 marzo 1965, n. 477, emessa proprio in tema di presunzione di trasferimento di accessioni, congiuntamente all'immobile, ai sensi dell'art. 47 della legge del registro. Dopo aver premesso che il principio dell'accessione non riveste carattere di assolutezza, in quanto possibile che dal titolo o dalla legge risulti che l'opera esistente sopra e sotto il suolo si appartenga a soggetto diverso dal proprietario del suolo, questa Corte ha ritenuto che la destinazione dell'area (di propriet privata) e della sovrastante opera edilizia (costruita direttamente ed a proprie spese da enti pubblici) alla soddisfazione di un pubblico interesse, o di un pubblico servizio, comporta che il diritto del privato sul terreno non si estende all'opera pubblica ex jure accessionis, ma resta mortificato nel suo concreto contenuto, in modo da rendere inapplicabile la disposizione dell'art. 936 c. c., cosicch al privato, proprietario del terreno, vi~ne riconosciuto solo il diritto al risarcimento del danno per lo svuotamento del diritto di propriet sul terreno medesimo, tutte le volte che manchi un regolare procedimento di espropriazione o un valido negozio consensuale traslativo della propriet del suolo. 132 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Di conseguenza, ove venga venduto un terreno di propriet privata, che in parte -ed in vista della progettata espropriazione -sia stato gi occupato dalla pubblica amministrazione con opere di carattere pubblico, costruite dalla stessa amministrazione per alloggi ai senza tetto ( questo il caso di specie), non pu, rispetto a tali opere, applicarsi la presunzione stabilita dall'art. 47 della legge del registro, appunto perch le opere pubbliche costruite dalla pubblica amministrazione su terreno di propriet privata, appositamente occupato con carattere di definitivit, non si appartengono al proprietario del suolo e non costituiscono accessione del suolo medesimo, ai sensi delle disposizioni e dei principi ,di diritto privato. Esattamente, dunque, la Corte di appello ha ritenuto che i fabbricati in questione (costruiti dal Genio Civile di Rimini per i senza tetto) non potevano ritenersi compresi nella compravendita del terreno di propriet privata, in forza della presunzione stabilita dall'art. 47 della legge di registro, in modo da essere anch'essi assoggettati alla imposta di trasferimento, dato che quei fabbricati non potevano considerarsi accessioni rispetto al terreno, e di conseguenza non era applicabile il citato art. 47, il quale presuppone che un acquisto per accessione sia giuridicamente possibile . N la Corte di merito pu essere censurata per aver accertato che oggetto della compravendita fu in realt il solo terreno, non anche le opere su di esso costruite dal Genio Civile. Tale accertamento fu compiuto non gi per escludere la presunzione fiscale di trasferimento, sibbene per confutare il secondo motivo di appello, col quale si deduceva che la compravendita aveva avuto per oggetto anche le costruzioni. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 3 settembre 1966, n. 2314 -Pres. Rossano -Est. Arienzo -P. M. Tuttolomondo (diff.) -Ministero Finanze (avv. Stato Graziano) c. Locatelli (avv. Cingoli e Menghini) e Baratto-Barberis (n. c.). Imposta di successione -Attivo ereditario -Beni alienati dal (< de cuius con scrittura privata non registrata che abbia acquistato data certa ai sensi dell'art. 2704 c. c. -Idoneit per l'esclusione dall'attivo: inapplicabilit delle limitazioni di cui all'art. 45 della legge tributaria sulle successioni per la prova della data certa. (c. c., art. 2704; r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270, artt. 22, 45). Nella Liquidazione dell'imposta di successione, la scrittura privata, con la quale il de cuius abbia alienato un bene immobile, per essere ..:: PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 133 opponibile alla Finanza, al fine di escludere il bene dall'attivo ereditario, deve avere acquistato data certa, anteriore all'apertura della successione, in uno dei modi indicati dall'art. 2704 c. c., senza le limitazioni disposte dall'art. 45 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270, che nega valore certificativo agli eventi naturali della morte e della sopravvenuta impossibilit fisica di colui che ha sottoscritto la scrittura (1). (Omissis). -La ricorrente Amministrazione delle Finanze dello Stato, sotto il profilo della violazione e della falsa applicazione dell'art. 45 r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270, e dell'art. 1351 c. c., e della omessa motivazione, censura la sentenza impugnata e deduce che, ai fini della liquidazione dell'imposta di successione, per escludere dal computo dell'asse ereditario un bene immobile alienato dal de cuius, la prova della vendita deve essere data con scrittura che, per essere opponibile alla Finanza, abbia acquistato, a' sensi dell'art. 45 cit., data certa anteriore all'apertura della successione in uno dei modi, indicati nell'art. 2704 c. c., che non sia la morte o la fisica impossibilit di sottoscrivere di colui che l'ha firmata. La deduzione dall'attivo dei debiti, regolata dall'articolo citato, non differirebbe, secondo la ricorrente, dalla deduzione di beni alienati dal de cuius, mirandosi in entrambi i casi alla diminuzione della consistenza dell'asse ereditario, quale formalmente risulta costituito, si che sarebbe consentita l'interpretazione estensiva, generalmente ammessa per le norme tributarie, dell'art. 45 cit. contenente una disposizione di carattere non eccezionale. La censura infondata. I primi giudici esclusero dall'eredit Barberis i beni venduti dal de cuius con la privata scrittura del 4 aprile 1954, ritenendo superata la presunzione ex art. 22 legge successioni, discendente dall'intestazione (1) Pur se la soluzione accolta dia adito a. perplessit, tuttavia, poich la questione stata esaminata, nella sentenza in nota, sotto i vari aspetti che potevano ritenersi rilevanti, sembra doversi escludere, quanto meno allo stato, una possibilit di revisione dell'orientamento decisorio assunto dalla Cassazione, al quale, dunque, conviene adeguarsi. Per la dottrina, in argomento, v. SERRANO, La prova deitroppartenenza aliena dei beni ritenuti ereditari, Dir. prat. trib., 1961, II, 520; CONTI, La legge tributaria sulle successioni e i beni di propriet di terzi, Riv. trim. dir. proc. civ., 1960, 1170; DE BoNo, L'imposta sulle successioni, Milano, 1955, 70; ID., Aliena appartenenza di beni che apparis.cano appartenenti ad una eredit, Riv. dir. fin., 1958, II, 160. In giurisprudenza, conformi alla. massima, oltre la confermata App. Torino 26 giugno 1963, cfr. Trib. Torino, 13, aprile 1965, Foro Pad., 1965, I, 1162; App. Milano, 14 novembre 1958, Foro it., 1959, I, 1804, ove, in nota, riferimenti alla giurisprudenza della Commissione centrale, che era invece, in prevalenza, nel senso che la prova dell'alienit dei beni dovesse fornirsi con il rigore di forme di cui 'all'art. 45 della legge organica. 134 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO catastale al nome del de cuius, dalla prova contraria che scaturiva dalla scrittura di vendita che, a seguito della morte dell'alienante, era divenuta, ex art. 2704 c. c., di data certa anteriore. L'Amministrazione delle Finanze sostenne, come ancora deduce in questa sede, che la prova della data certa di una scrittura privata, diretta a documentare l'uscita di un determinato bene dal patrimonio del defunto prima dell'apertura , della successione, non pu essere fornita in uno dei modi indicati dall'art. 2704 c. c., ma solo a mezzo della registrazione, conformemente a quanto prescrive l'art. 45 cit. per la detrazione dei debiti ereditari, in base ad un principio di diritto tributario per il quale dovrebbe essere data con atto registrato la prova di fatti tendenti ad escludere un ob bligo di imposta. La Corte di Appello, nel rigettare la tesi dell'Amministrazione, ha escluso l'esistenza di un principio .generale tributario nel senso sostenuto dalla ricorrente ed ha ritenuto l'art. 45 citato l'unica norma di diritto tributario che nega il valore certificativo degli eventi naturali (morte e fisica impossibilit di scrivere) considerati nell'art. 2704 c. c., precisando che esso ha carattere eccezionale e che non sussistono gli estremi per una, pur astrattamente ammissibile, interpretazione estensiva. La soluzione accolta dalla sentenza impugnata esatta, mentre errate sono le premesse logiche della tesi della ricorrente. Devesi, innanzitutto, respingere l'assunto che non abbia carattere eccezionale la norma dell'art. 45 cit., relativa alla deduzione delle passi vit, che riconosce valore probatorio dei debiti certi e liquidi alle scritture private che abbiano acquistato data certa anteriormente alla apertura della successione in uno dei modi indicati nell'art. 27'04 c. c., che non sia J.a morte o la sopravvenuta impossibilit fisica di chi l'abbia sottoscritta. La norma, col negare valore agli eventi naturali, la cui effi cacfa certificativa della certezza della data di una scrittura ricono sciuta, in via generale, dall'art. 2704 c. c., che regola l'istituto, pone, per la pi ristretta sfera dei rapporti tributari, limitazioni al principio stabilito per una pi ampia categoria di rapporti e, quindi, ad esso dero gando, ha contenuto eccezionale. Corretta l'affermazione dell'Ammini strazione, che ha sostenuto il carattere non eccezionale dell'art. 45 cit., deve riconoscersi che anche per le norme eccezionali consentita l'in terpretazione estensiva, che consiste, al contrario di quella analogica che ha funzione adeguatrice per i casi non previsti, nella determinazione precisa del contenuto reale della norma col ristabilire il valore effettivo dell'inadeguata formula, che viene rettificata conformemente alla vo lont legislativa. L'interpretazione estensiva, come quella analogica, si realizza attraverso un procedimento di astrazione logica per la ricerca di un comune principio regolatore, ma mentre nella prima il caso da risolvere uguale a quelli previsti, e perci rientra nella sfera di appli cazione della norma per volont del legislatore stesso, in quella analo z, .!?ARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA gica, invece, il caso non preveduto, ma avente lo stesso razionale fonda mento, si riporta nella disciplina della norma perch simile a quelli da essa previsti. Per sostenere che l'art. 45 cit., dettato per la detrazione delle passivit, si applichi, mediante un procedimento di interpretazione estensiva, anche per escludere dal computo dell'asse ereditario un immobile, l'Amministrazione ha affermato che entrambe le operazioni sostanzialmente tendono allo stesso risultato di diminuire la consistenza del patrimonio ereditario e che, come stato esposto nella discussione orale, le due ipotesi sono identificate nell'unica ragione della norma, costituita dalla esigenza di evitare prove precostituite a danno dei diritti del fisco. Entrambi gli argomenti addotti sono inidonei a giustificare l'assunto del1' Amministrazione, anche se il secondo si richiama a remoti precedenti giurisprudenziali delle Corti regolatrici non ancora unificate (Cass. 23 giugno 1904, 12 gennaio 1917, 31 marzo 1921). All'estensione di una norma ad un caso che non sembra rientrare nella formula usata dal l~gislatore, che pur lo previde, si perviene, come si detto, attraverso la ricerca della causa giustificatrice del precetto e dei principi generali ch regolano la materia, e non per la eventuale identit dei risultati concreti scaturenti dal caso previsto e da quello non espressamente compreso nella formula. D'altra parte, non nep pure esatto che i risultat delle due operazioni in esame siano identici: nel caso previsto dall'art. 45 cit., si vuol provare l'esistenza di passivit costituite da debiti certi e liquidi per detrarle dall'asse, mentre nel caso di beni immobili venduti si contesta la consistenza del patrimonio in quanto si sostiene che i beni venduti non appartengono pi all'asse. Come dato arguire dalla collocazione nella sezione terza, relativa alla deduzione delle passivit, dal riferimento letterale a debiti certi e liquidi, e dal collegamento con le altre norme che regolano la materia, tutte aventi per oggetto debiti, e cio la prestazione di somme di danaro, l'art. 45 cit. riguarda le obbligazioni pecuniarie, cui soltanto riferibile il concetto di liquidit come determinazione quantitativa dell'ammon tare. In tali obbligazioni non pu certo essere riportata quella di con segnare una cosa determinata ad un terz;o nascente da un contratto di compravendita di un immobile la cui propriet stata trasferita, prima dell'apertura della successione, con la scrittura privata che si offre in prova per dimostrare che il bene non fa pi parte del compendio eredi tario. In questo caso non si tratta, infatti, di pagare un debito col de durne l'importo dall'asse ereditario, bensi di escludere dal detto patri- monio un bene che, essendo stato validamente alienato da de cuius ad un terzo, che ne divenuto proprietario prima del decesso dell'alie nante, non compreso nel compendio ereditario. L'estensione della norma riguardante le detrazioni di passivit dell'asse ai casi di alienazione di beni da parte del de cuius costituireb 136 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO be, quindi, un'operazione di interpretazione analogica, non consentita in materia tributaria, e non estensiva, perch si ricondurrebbe sotto l'unica disciplina non un caso uguale, rientrante nella stessa ratio ma non espressamente previsto, bens un caso simile se non addirittura diverso. Accertato che i due casi non sono uguali e che non pu procedersi all'interpretazione estensiva, come assunto dall'Amministrazione ricorrente, irrilevante la ricerca della causa giustificatrice -ravvisata nell'esigenza di ordine pubblico di evitare prove precostituite -dell'art. 45 cit., la cui disciplina, in ordine alla prova rigorosa delle passivit da darsi con scrittura registrata, non pu estendersi alla fattispecie, che , invece, regolata dall'art. 22 legge successioni. In conformit dell'art. 18 r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, relativo all'imposta di registro per i trasferimenti di immobili, l'art. 22 dispone che, in mancanza di prove dirette, per sottoporre un immobile a tassa di successione sufficiente l'iscrizione del de cuius nei ruoli delle imposte sui fabbricati e sui terreni, e il pagamento, in' conto proprio, di rate di imposte, o la prova di una convenzione che faccia presumere il diritto di propriet nell'autore della successione, salvo prova contraria. La prova contraria, trattandosi del trasferimento di immobili, pu essere data, come nella specie, mediante scrittura privata, che, in mancanza di disposizioni limitative, abbia acquistato data certa anteriore ex art. 2704 c. c., e, quindi, dal giorno della morte. La norma tributaria non ha apportato alcuna modifica a quella generale dettata per l'operativit delle scritture private di fronte ai terzi, come, invece, ha disposto per le scritture debitorie. La giustificazione della diversa disciplina pu ravvisarsi: sul piano logico, nella pi agevole precostituzione da parte dei contribuenti di scritture debitorie in frode delle ragioni dell'erario, che non di scritture di vendita che, per se stesse, operano nei rapporti Interni delle parti il trasferimento del bene; e, sul piano processuale, nella diversa posizione degli eredi, i quali debbono, nella prima ipotesi, dare la prova diretta del fatto costitutivo delle passivit ereditarie, e nella seconda ipotesi vincere una presunzione di legge con una prova contraria. In conseguenza, nel rigettare la censura esaminata pu affermarsi il seguente principio di diritto: nella liquidazione dell'imposta di successione, la scrittura privata, con la quale il de cuius ha alienato un bene immobile, per essere opponibile alla Finanza al fine di escludere il bene dal computo dell'asse ereditario, deve avere acquistato data certa, anteriore all'apertura della successione, in uno dei modi indicati dall'art. 2704 c. c., senza le limitazioni disposte dall'art. 45 r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270, che nega valore .certificativo agli eventi naturali della morte e della sopravenuta impossibilit fisica di scrivere di colui che ha sottoscritto la scrittura . -(Omissis). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARTA 137 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 ottobre 1966, n. 2610 -Pres. Pece -Est. Roperti -P. M. Di Majo (conf.) -Ministero Finanze (avv. Stato Cavalli) c. Terrasi-Oliva (avv. Sangiorgi). Imposta di registro -Sentenza -Occupazione senza titolo di immobili da parte della p. a. -Sentenza di condanna al risarcimento dei danni nella misura del valore venale dei beni occupati ed utilizzati per l'esecuzione di un'opera pubblica -Imposta proporzionale di trasferimento -Inapplicabilit. (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 1, 8, 18, 72; id., tariffa all. A, art. 1). Imposta di registro -Agevolazioni -Decadenza dalle agevolazioni per mancata o tardiv.a registrazione -Si verifica. (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 110). La sentenza di condanna ai risarcimento dei danni per L'occupazione senza titoio di un immobiie, da parte deHa p. a., che L'abbia trasformato in opera pubbLica, non determina, ancorch ia condanna si identifichi neH'attribuzione dei vafore venaie dei bene, n ia trasmissione di propriet dei bene stesso, n dei diritto di uso o di godimento, in favore deH'ente occupante. Essa, pertanto, non Legittima L'appiicazione deHe imposte proporzionaii di trasferimento previste daU'art. 1 deHa tariffa aU. A aUa Legge organica dei registro (1). A' sensi deU'art. 110 deUa Legge di registro, si determina decadenza dai benefici, e sono dovute ie ordinarie imposte, e ie sopratasse, quando gii atti, per i quaii ie agevoiazioni sono previste, non vengono registrati entro ii termine di fogge (2). (Omissis). -Col primo mezzo la ricorrente Amministrazione, denunciando la violazione degli artt. 8, 18 e 72 della legge di registro 30 dicembre 1923, n. 3269, in relazione all'art. 1, della tariffa all. A alla stessa legge, e all'art. 360 nn. 3 e 5 c. p. c., investe la impugnata sentenza, sostenendo che la Corte di merito avrebbe errato nel rite- In relazione alla seconda massima, e con specifico riferimento alla decadenza anche dal beneficio della registrazione a tassa fissa (decadenza implicitamente ammessa, peraltro, anche dalla sentenza in nota). C'fr. Cass., 26 luglio 1966, n. 2067, in questa Rassegna, 1966, I, 1100, ed ivi ulteriori richiami. Sulla questione di cui alla prima massima -(in riferimento a:lla quale e per il collegato problema dell'applicabilit o meno, per la tassazione dell'atto di trasferimento alla p. a. dell'area gi trasformata in opera pub 138 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nere che uriico effetto della sentenza 13 novembre 19,59 del Tribunale fosse quello di attribuire ai proprietari del terreno occupato una somma pari al valore del bene, con esclusione di qualsiasi trasferimento o attribuzione di propriet del bene stesso all'ente occupante e che, quindi, fosse applicabile non l'imposta proporzionale ma quella graduale. In particolare, secondo la ricorrente, la Corte non avrebbe considerato: a) che per l'art. 18 della legge di registro, in mancanza di prove dirette del trasferimento, fosse sufficiente la iscrizione del nuovo possessore nei ruoli dell'imposta terreni e che nella specie tale elemento esistesse perch il terreno dei Terrasi era stato appreso dal Comune di Palermo che vi aveva costruito una strada pubblica; b) che in mancanza dl formale atto di trasferimento si sarebbe dovuto applicare l'art. 72 della stessa legge di registro, in forza del quale, quando le sentenze pronunciano su domande per le quali non siano stati enunciati titoli registrati, si applica, oltre alla tassa dovuta sulla sentenza, anche la tassa alla quale la convenzione avrebbe dovuto assoggettarsi secondo la sua natura, se fosse stata precedentemente registrata; c) che l'imposta fosse ugualmente dovuta in forza del principio fondamentale di cui all'art. 8, comma secondo, legge di registro, che consente la tassazione in casi non espressamente previsti dalla legge tributaria; d) che, comunque, l'imposta fosse dovuta in base all'art. 1 della tariffa all. A, che sottopone 'ad imposta proporzionale il trasferimento non solo blica, della presunzione di cui all'airt. 47 della legge di registro, si consulti anche Oass. 8 luglio 1966, n. 1792, retro, 126, con nota di S. LAPORTA, La propriet dei fondi occupati senza titolo e trasformati in opere pubbliche e la propriet di tali opere) -pubblichiamo la seguente annotazione: Occupazione abusiva, condanna al risarcimento del danno ed imposta di registro. 1) La Corte Suprema ha confermato il principio gi stabilito con sentenza 16 ottobre 1964, n. 2601 (in questa Rassegna, 1964, I, 961). Premesso che la sentenza di condanna al risarcimento del danno in somma corrispondente al valore del bene non attua il trasferimento del bepe stesso dal privato all'Amministrazione occupante (cfr., oltre alla sentenza in nota e a quella gi richiamata, la decisione 12 giugno 1939, n. 1980, Giur. op. pubbl., 1939, 706, 'che escludeva, specificatamente, che il.'oocupazione dell'immobile e la sua destinazione ad un uso pubblico comportasse la trasformazione della propdet privata in propriet pubblica), la Corte ;t:J.a ritenuto che, anche ai fini della legge di registro, non sia possibile ravvisare l'esistenza di una trasmissione d'immobili assoggettabile ad imposizione. La tassazione della trasmissione supporrebbe sempre l'esistenza di un atto di trasferimento a carattere convenzionale, n si potrebbe trarre argomento, in senso contrario, dal disposto dell'art. 18 e dell'art. 1 i:. d. n. 3269 del 1923, in quanto la tassazione disciplinata dalla prima norma PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 139 della propriet ma anche dell'.so o godimento di beni immobili, avendo l'impugnata sentenza esplicitamente riconosciuto che nella specie vi era stata la perdita del godimento e della disponibilit del terreno. Le censure, come sopra riassunte, sono tutte prive di fondamento. La questione se la sentenza di condanna al risarcimento dei danni sia passibile dell'imposta proporzionale di trasferimento, di cui all'art. 1 della tariffa di registro, oppure della normale imposta graduale, stata gi esaminata da questa Corte Suprema con la sentenza n. 2601 del 1964, nella quale stato affermato che la condanna al risarcimento dei danni derivati dalla illegittima occupazione di un immobile, ancorch si concreti nell'attribuzione al proprietario di una somma pari al valore venale del bene, non ne determina il trasferimento all'ente occupante; di conseguenza non compete alla Finanza l'imposta proporzionale di trasferimento. Da tale indirizzo, che risponde ad una perfetta esegesi della legge, non vi motivo di discostarsi. Ha ritenuto la Corte .cii merito che non fosse dovuta dai resistenti Terrasi l'imposta proporzionale di registro, prevista per i trasferimenti a titolo oneroso della propriet immobiliare, perch con la pronuncia del Tribunale di Palermo, sulla quale la Finanza pretende il pagamento di tale imposta, era stato attribuito ai Terrasi il risarcimento dei danni da essi subiti per la illegittima occupazione del terreno si riferirebbe pur sempre ad un atto di trasferimento, la cui esistenza sarebbe presunta in base a fatti noti che consentirebbero di risalirvi. Questa impostazione non pare esatta, quanto meno perch l'imposta di registro, secondo il disposto dell'art. 1 della tariffa all. A, prescinde, almeno in alcune ipotesi, dall'esistenza di un atto di trasferimento a carattere convenzionale (cfr. PERRIGONE, Trattato del diritto tributario del registro, Milano, 1962, 172 segg.). Vero che, secondo la dottrina, l'art. 1, interpretato in funzione dell'art. 18 legge di registro, non postula l'esistenza, ai fini fiscali, di trasmissioni d'immobili che non discendano dalla formazione di un atto redatto per scritto (in deroga al principio posto .dall'art. 1350 c. c.), ma deroga semplicemente al principio per il quale il possesso dell'atto da parte dell'ufficio condizione perch l'imposta possa essere riscossa (JAMMARINO, Commento alla legge sulle imposte di registro, Torino, 1959, I, 75 segg.; UCKMAR, La legge del registro, Padova, 1949, I, 245 segg.; cfr. anche AvEZZA, La legge sulle tasse di registro, Firenze, 1884, 61 segg. e 544 segg., che, pur accettando la distinzione fra tasse di atto e tasse di mutazione, non sembra attribuirle altro valore che quello di escludere la necessit del possesso dell'atto per l'applicazione di .queste ultime, poich ritiene non tassabile la convenzione verbale di trasferimento immobiliare). La presunzione si riferisce, tuttavia, direttamente al trasferimento, anche se -nella ipotesi di prove indirette elencate esemplificativamente dall'art. 18 -esso si faccia discendere dalla implicita deduzione conse 140 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di loro propriet da parte del Comune di Palermo, ma non era stato realizzato in concreto, il trasferimento a quest'ultimo della propriet di tale terreno, la quale era, teoricamente, rimasta ai Terrasi per non essere sopravvenuto il decreto di espropriazione del terreno medesimo, n intervenuto tra le parti alcun negozio che ne operasse il trasferimento. Ora, come stato osservato nella citata sentenza di questa Suprema Corte, la condanna al risarcimento dei danni cagionati dalla illegittima occupazione dell'immobile, ancorch si identifichi nella attribuzione del valore venale. di esso, non ne .. determina il trasferimento all'ente occupant~ perch tale pronuncia, per la sua intrinseca natura, non pu inquadrarsi tra gli atti giudiziali traslativi a titolo oneroso della propriet, per i quali l'art. 1 della fa.riffa all. A della legge di registro prevede la applicazione dell'imposta di trasferimento. Invero, il principio generale dettato da tale articolo richiama gli elementi essenziali del contratto di compravendita (e cio il consenso, la cosa ed il prezzo), e stabilisce (nella nota marginale) che l'imposta di registro deve essere liquidata (al momento della registrazione) sul prezzo e sugli altri corrispettivi posti a carico dell'acquirente, giusta l'art. 43 della legge di registro. Ci pone in evidenza la necessit di un atto negoziale di trasferimento del bene, di cui non pu far le guenziale dell'esistenza di un atto scritto (Cass., 12 novembre 1965, n. 2357, in questa Rassegna, 1965, I, 1305). Pur con queste riserve, difficile invalidare il ragionamento seguito dalla Corte Suprema, nei termini formali con i quali la questione stata impostata. Nella specie, infatti, la Corte esclude positivamente l'esistenza della trasmissione di immobili considerando che i fatti noti (occupazione, condanna al risarcimento) non si pongono come presunzioni di una trasmissione in ipotesi derivante da titolo non noto all'Ufficio e che l'Ufficio non sarebbe tenuto a conoscere e ad indicare, ma esauriscono la fattispecie senza poter integrare il trasferimento immobiliare. per altrettanto difficile sottrarsi alla sensazione di ingiustizia suscitata, in concreto, dalla pronuncia, giacch, quanto meno di fatto e secondo l'ordinario modo di sentire, non par dubbio che la situazione determinata dalla condanna dell'Amministrazione occupante al pagamento del valore del bene e al ristoro del danno dipendente dal mancato godimento del bene medesimo per il periodo di occupazione illegittima (Cass., 14 maggio 1962, n. 1002, Giust. civ., 1962, I, 510), in quanto postula la definitivit della perdita del bene da parte del proprietario (Cass., Sez. Un., 17 maggio 1961, n. 1164, in questa Rassegna, 1961, I, 85), sia equivalente alla situazione determinata dal trasferimento del bene in seguito all'emanazione di decreto di espropriazione. 2) Ora, a me pare che questa sensazione di ingiustizia possa esser tradotta in una critica giuridica del principio affermato nella sentenza, PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 141 veci una sentenza di condanna per risarcimento di danni, la quale, avendo come unico effetto giuridico l'attribuzione di una somma di danaro per il danno economico sofferto dai proprietari del bene, consistente nella perdita della disponibilit del bene stesso, esclude che possa avere anche effetto traslativo dell'immobile. _Nessuno addebito pu, peraltro, farsi all'impugnata sentenza di avere ritenuto non applicabile l'art. 18 della legge di registro. Correttamente la Corte di merito ha considerato non invocabile la norma predetta, la quale non colpisce un trasferimento inesistente, ma in determinati casi stabilisce che si possa presumere la esistenza del negozio traslativo e che questo possa essere tassato. Oggetto di tale presunzione non il fatto del trasferimento, ma la esistenza di un contratto di trasferimento soggetto ad imposta, che le parti non hanno sottoposto a registrazione. E la obbligazione di pagare l'imposta sorge in quanto le parti volontariamente abbiano posto in essere l'atto, che d luogo all'applicazione della imposta, rimasto tuttavia occulto. In altri termini, l'art. 18 presuppone che un trasferimento sia gi avvenuto in precedenza, nel qual caso consentito alla Finanza di esigere l'imposta senza che sia in possesso della convenzione ma in base a dati di fatto che, accertati, pongono una presunzione iuris tantum ove si ponga in discussione l'esattezza del primo termine deil. sillogismo nel quale si articola la decisione in nota e cio l'affermazione secondo la quale la .condanna dell'Amministrazione occupante al pagamento del valore del bene abusivamente e definitivamente occupato non concreta un trasferimento immobiliare. il caso di osservare, preliminarmente, che il principio affermato nell'ormai lontano 1939, da un lato riguardava, in maniera diretta, la sola occupazione e destinazione del bene privato ad uso pubblico; .da un altro non teneva conto, ovviamente, dell'evoluzione giurisprudenziale recente in tema di risarcimento del danno dipendente da occupazione abusiva resa definitiva. La discussione pu quindi essere impostata su basi diverse da quelle allora considerate dal Supremo Collegio. Richiamandomi, per un'analitica esposizione della recente giurisprudenza e della sua evoluzione, al lavoro di F. CARUSI (Tutela giudiziaria di proprietario di immobite occupato, etc., in questa Rassegna, 1966, I, 1047 segg.), osservo che i principi essenziali cui la C:orte Suprema si ispira possono essere cosi sintetizzati: a) risarcimento integrale del danno anche con riferimento ai danni futuri, iin funzione dell'ammessa definitivit della perdita del bene (Oass., Sez. un., 17 maggio 1961, n. 1164, cit.); b) natura sostitutiva del risarcimento rispetto alla restituzione del bene e natura reale dell'azione proposta dal privato, che si atteggia come una rivendicazione (Cass., 14 maggio 1962, n. 1002, cit.; Cass., Sez. un., 8 febbraio 1957, n. 490, Acque, Bon. Costr., 1957, 320; Cass., 16 giugno 1961, n. 1440, Foro it., 1961, I, 1317). I I I i 142 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di esistenza della convenzione medesima, salva al contribuente la prova contraria, escJusa quella testimoniale. Ma quando nessun negozio intervenuto tra le parti (e nella specie la prova della inesistenza di qualsiasi convenzione o fatto traslativo emerge da tutto lo svolgimento dei fatti, in cui la mancanza di un atto negoziale traslativo ha costituito addirittura il presupposto della lite e della sentenza di condanna), si senz'altro fuori del campo di applicazione dell'art. 18. A torto, poi, si sostiene che la Corte avrebbe dovuto applicare la disposizione di cui all'art. 72 della legge di registro. Tale norma prevede pure che un contratto sia stato stipulato anteriormente al giudizio e sia stato posto a fondamento della sentenza oggetto della tassazione, nel qual caso si applica, oltre alla tassa dovuta sulla sentenza, anche la tassa alla quale la convenzione avrebbe dovuto assoggettarsi secondo la sua natura, se fosse stata precedentemente registrata. Nella specie, invece, a fondamento della sentenza, oggetto della tassazione -secondo quanto accertato dalla Corte di merito -non stata posta alcuna convenzione, ma un illecito comportamento del Questi caratteri hanno indotto ad affermare che il risarcimento soddisfa ed esaurisce tutti i diritti spettanti al proprietario (Cass. 10 ottobre 1962, n. 2919, Giust. civ., 1962, I, 1374) tant che, ove l'Amministrazione dovesse restituire l'immobile spontaneamente, desistendo dalla sua utilizzazione, dovrebbe farsi luogo alla definizione della nuova situazione, tenendosi conto di quanto gi percepito al momento del risarcimento del danno e del valore dell'area al momento della restituzione (Cass., 14 dicembre 1960, n. 3249, Foro amm., 1961, Il, 236). 3) I principi come sopra enunciati mi sembrano in contraddizione reciproca. Se i diritti spettanti al proprietario (in forza dell'azione reale di rivendicazione) sono integralmente soddisfatti con l'attribuzione del va lore venale del bene, che significato si pu attribuire, sul piano del nostro ordinamento positivo, all'affermata permanenza del diritto di propriet inteso come nudum nomen? E come possibile conciliare i richiamati attributi dell'azione con l'affermazione secondo la quale, in caso di resti tuzione spontanea del bene, si deve tener conto di quanto il privato ha percepito, nonch del valore che il bene ha al momento della restituzione? Sussiste, in .realt, fra la condanna dell'Amministrazione al pagamento del valore del bene (intesa come conseguenza dell'esercizio dell'azione reale di rivendicazione con sostituzione della prestazione di dare alla pre stazione di fare) e la permanenza del diritto di propriet in capo al pri vato, una radicale contraddizione, gi rilevata in dottrina (S'A.NDULLI A. M., Ancora sutle conseguenze dell'occupazione sine titulo di beni privati da parte della p. a., Riv. giur. ed., 1960, I, 16). Mi pare, perci, necessario scegliere fra le due soluzioni logicamente possibili, consistenti nel ricono scere all'azione del privato natura di azione personale per il risarcimento del danno dipendente dall'occupazione (con le necessarie conseguenze in PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 143 Comune di Palermo, sottratto, come tale, a qualsiasi adempimento di registrazione. Pertanto, l'invocato art. 72 inidoneo a disciplinare la fattispecie in esame. Neppure pu giovare il richiamo al secondo comma dell'art. 8, legge di registro. L'applicazione di tale norma non possibile, perch al trasferimento dell'uso o godimento di immobile mediante atto negoziale previsto dall'art. 1 della tariffa non pu essere equiparato per analogia l'uso o il godimento che prescinda da una convenzione e si basi su un atto illecito, trattandosi di atti aventi natura ed effetti profondamente diversi, per cui deve ritenersi escluso il ricorso al procedimento analogico disciplinato dalla disposizione in esame. vano, infine, invocare l'art. 1 della pi volte menzionata tariffa ali. A per sostenere la fondatezza della tassazione. Non esatto sostenere che la sentenza impugnata avrebbe riconosciuto il diritto del Comune al godimento del terreno. In effetti, la Corte di merito non ha inteso attribuire n la propriet del terreno n altri diritti reali, quali l'uso o il godimento del terreno stesso, ma ha soltanto -come si gi visto -determinato ed attribuito agli interessati ~materia di prescr1z10ne ed anche di determinazione del danno), ovvero nel riconoscere -ferma la natura reale dell'azione e il carattere sostitutivo della prestazione di dare oggetto della condanna rispetto all'obbligazione avente ad oggetto la restituzione -che la condanna stessa trasferisce all'occupante il diritto di propriet, ovvero d atto del trasferimento verificatosi ocn la stabile destinazione del bene al soddisfacimento di un pubblico interesse. 4) Un interessante tentativo di elidere le contraddizioni insite nella giurisprudenza della Cassazione senza tuttavia giungere alla difficile af fermazione di un trasferimento fondato su un modo di acquisto della propriet non risultante da disposizione legislativa 1costituito dalla tra sposizione, nella materia in esame, dei principi fissati dalla Corte costi tuzionale con la sentenza 20 gennaio 1966, n. 6 (in questa Rassegna, 1966, I, 15), accolti anche dalla Cassazione con sentenza 20 agosto 1966, n. 2267 (id., 1966, I, 872: trasposizione prospettata dal CARUSI, Tutela giudiziaria, ecc., cit.), secondo il quale la sentenza di condanna dell'occupante si at teggerebbe come vero e proprio atto espropriativo in senso materiale, che, pur non incidendo sulla astratta e nuda titolarit del diritto di propriet, ne sancirebbe lo svuotamento. (E, sull'argomento, cfr. ulteriormente, OA ausr, Ancora sulla tutela, etc., retro 99). La sentenza di condanna dell'occupante potrebbe costituire titolo, allora, se non del trasferimento della propriet, almeno del trasferimento dell'uso o godimento dell'immobile, con conseguente tassazione ai sensi dell'art. 1 della tariffa all. A alla legge di registro. FRANCO BATISTONI FERRARA 144 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO il risarcimento dei danni ad essi derivati dall'illegittima occupazione; quindi nessun trasferimento di uso o di godimento pu ritenersi legittimamente avvenuto, in ordine ai quali vige la stessa disciplina dell'atto negoziale prevista per il trasferimento della propriet, ai fini dell'assoggettamento all'imposta proporzionale. Col secondo mezzo la ricorrente denuncia la violazione dell'art. 110 legge di registro in relazione all'art. 360, n. 3 c. p. c., e sost.iene che la Corte di merito ha errato nell'affermare che comunque nella specie si tratterebbe di un atto di trapasso a favore di un comune per l'espropriazione o l'acquisto di immobili occorrenti per l'esecuzione del piano regolatore e, quindi, si tratterebbe di un atto .soggetto a tassa fissa di registro, perch, a norma dell'art. 110 della legge di registro, tutti gli atti e contratti per i quali con legge stata concessa riduzione delle normali tasse di registro decadono da tali benefici, e sono applicabili le normali tasse e sopratasse, quando gli atti e contratti non vengono sottoposti a registrazione entro il termine di legge, sicch deve escludersi che ad una specie come quella in esame sia possibile l'applicazione di benefici tributari in terna di imposta di registro. In ordine a tale censura va rilevato che essa non vulnera la sentenza denunciata, giacch, pure prestandosi l'ultima parte della motivazione alla critica, la decisione rimane sorretta da altre ragioni che la giustificano pienamente. Non pu disconoscersi che la Corte di merito sia incorsa in errore allorch ha affermato che anche se alla sentenza, che ha dato luogo alla richiesta del tributo de quo, si voglia attribuire l'effetto del trasferimento della propriet, si tratterebbe di un atto di trapasso in favore di un Comune per l'espropriazione o l'acquisto di immobile occorrente per l'esecuzione del piano regolatore e, quindi, di un atto soggetto a tassa fissa di registro. Tale ragionamento non ~ppare conforme a legge perch la Corte non ha tenuto presente la regola prevista dall'art. 110 della legge di registro per la concessione dei benefici tributari, secondo la quale tutti gli atti e contratti per i quali con leggi stata concessa riduzione, decadono da tale beneficio, e sono applicabili le ordinarie tasse e sopratasse, quando gli atti e contratti predetti non vengano sottoposti a registrazione entro i termini di legge. Ma se ci vero, e sotto questo profilo la denunciata sentenza va corretta, per anche vero che il rilevato errore non ha sostanzialmente influito sulla decisione, si da determinare l'annullamento, giacch si trattato di una affermazione superflua, la quale pu senz'altro eliminarsi dal contesto della motivazione della sentenza denunciata, la cui decisione resta pur sempre fondata su diverse ed ineccepibili ragioni, quali quelle sopra esaminate. -(Omissis). PAR'l'E 11 SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 145 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 dicembre 1966, n. 2941 -Pres. Rossano -l!:st. Malfitano -P. M. Tuttolomondo (conf.) -Ministero Finanze (avv. Stato Cavalli) c. Vaglio Rubens (avv. Scandale). Imposta di registro -Societ -Trasferimenti di quote di societ in accomandita semplice -Regime tributario dei trasferimenti anteriori e .di.:).te a (].ete?minare la trasformazione dell'importazione da temporanea in dfinitiva, e quindi a concretare il presupposto per l'applicabilit del tributo ili parola. (2) Nel sens.e dell'applicabilit delle disposizioni sugli interessi, di cui alla legge 26 gennaio 1961, n. 29, anche in materia diversa da quella, espressamente contemplata, dei tributi indiretti sugli affari, la Cassazione si era gi pronunciata (Cass. 6 agosto 1964, n. 2241, Riv. Leg. Fisc., 1964, 2141, in controversia relativa ad imposte di consumo), ugualmente osservando, al fine, che la citata legge conferma, in definitiva, un principio gi 150 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO pagamento dei diritti doganali, per gi importata in modo definitivo. Pertanto, in caso di temporanea importazione, l'obbligo di pag'are il diritto di licenza sorge nel momento della dichiarazione di immissione al consumo, se fatta prima della scadenza del termine fissato per la riesportazione, e, in mancanza, nel momento della scadenza del termine stesso, La censura infondata. Il diritto di licenza fu istituito con il r. d. I. 13 maggio 1935, n. 894 per colpire il soprareddito, o maggior incremento economico, derivante dall'importazione di merci, per la situazione di privilegio in cui l'importatore veniva posto rispetto agli altri che quel permesso non avevano ottenuto, in modo da operare una perequazione tributaria nel quadro del regime autarchico allora vigente, nel quale la regola era costituita dal divieto di importazione di merci e l'eccezione dallo speciale permesso o licenza da rilasciarsi per i singoli casi a domanda degli interessati. A seguito dei provvedimenti sulla liberalizzazione degli scambi, di cui ai decreti ministeriali 13 aprile 1946 e 21 settembre 1949, il diritto di licenza fu soppresso con 1. 15 giugno 1950, n. 330. Il problema che oggi si pone quello di stabilire se, nel regime di temporanea importazione, il momento da tenere presente, ai fini dell'imposizione del tributo connesso alla particolare concessione della licenza in deroga al generale divieto di libera importazione per il privato, era quello della scadenza del termine fissato per la riesportazione (o addirittura quello anteriore a tale scadenza, nel caso di dichiarazione di immissione al consumo), come sostiene l'Amministrazione ricorrente, ovvero quello dell'effettivo rilascio della licenza in deroga, come ha ritenuto la sentenza impugnata. ammesso per ogni specie di tributo in base alla precedente legislazione, e soltanto innova per ci che riguarda la decorrenza degli interessi, a carico dell'Amministrazione, ora riferita alla data della domanda di rimborso, e prima, invece, a quella in cui il provvedimento di restituzione del tributo fosse divenuto definitivo (E va rilevato, peraltro, che la generale applicabilit di quelle disposizioni a tutti i tributi, secondo l'espressione della sentenza in rassegna deve intendersi comunque in relazione all'ipotesi della mancanza di una specifica disciplina in argomento, e con esclusione, cosi, di ci che attiene alle imposte dirette riscuotibili con ruoli, per le quali norme espresse, se pur analoghe, sono poste dalla I. 25 ottobre 1960, n. 1316). In senso contrario alla massima, cfr. App. Milano, 26 marzo 1963, Foro Pad., 1963, I, 844, con nota di A. CH1cco, ed App. Genova, 22 dicembre 1965, n. 827. Circa la spettanza degli interessi anche su somme versate prima della data di entrata in vigore della legge n. 29 del 1961, e per con decorrenza dalla data stessa, la giurisprudenza ormai consolidata (cfr., tra le pi recenti, Cass., 11 luglio 1966, n. 1822, in questa Rassegna, 1966, I, 938, e, da ultimo, Cass. 25 febbraio 1967, n. 432, di cui si omette la pubblicazione). . , ! 151 PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA La tesi della ricorrente, condivisa dal Procuratore generale, si appoggia a remote pronunce di questo Supremo Collegio (Cass. 10 maggio 1943, n. 1111, 28 agosto 1948, n. 1558), anteriori ai provvedimenti di liberalizzazione degli scambi, ma stata ripudiata da tutta una serie di successive sentenze (Cass. 26 novembre 1956, n. 4307; 29 luglio 1957, n. 2191; 22 aprile 1964, n. 955, 956, 957 e 958), anche a Sezioni Unite (Cass., Sez. Un., 25 giugno 1965, n. 1336). Secondo il pi recente indirizzo, convalidato da un decennio di pronunce conformi, le concessioni governative in deroga al generale divieto di importazione costituivano il presupposto per la percezione dei diritti di licenza, nel senso che il diritto di licenza trova la sua giustificazione unicamente in funzione ed in collegamento alla facolt del Ministero delle Finanze di accordare speciali permessi in deroga ai divieti di importazione allora esistenti (d.1.1. 14 novembre 1926, n. 1923, art. 45; dd. mm. 28 dicembre 1939, 15 e 19 luglio 1940). Alla stregua di tale principio, riesce agevole la soluzione del problema proposto. Pdma dell'abrogazione del diritto di licenza, nel caso di merci importate in regime di temporanea importazione, quel diritto era dovuto allorch l'importazione da temporanea fosse divenuta definitiva. Ma, ove per l'importazione definitiva, e cio per l'assimilazione della merce estera a quella nazionale, era previsto un divieto con un sistema di deroghe costituito da provvedimenti
  • W, se un'autorizzazione sia mera conferma di identico provvedianteriore, o piuttosto un nuovo ed autonomo provvedimento,\ coistit;Ui~ice apprezzamento di fatto , insindacabile in sede di legittimit se congruamente e correttamente motivato e nella motivazione or ora rias.sunta non si riscontra nessuno vizio o contraddittoriet. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 5, I. 26 gennaio 1961, n. 29 e sostiene che, contrariamente a quanto ritenuto dalla corte di merito, la citata legge si riferisce esclusivamente alle tasse e imposte indirette sugli affari, e, pertanto, non applicabile al diritt~ di licenza, il quale non rientra in tale cate > ..:.:. ~oria di tributi, dovendosi ricomprendere tra le imposte dirette. / .A,ncbe tal censura infondata. Anteriormente alla 1. 26 gennaio :~-~'li62;~~;1v~::li:i~~~~~i~~~;:~;: ;.~m::::i~id:i::~~:!ez!!~~~~ ~rt'. QJ. 7 dicembre 1942, n. 1418, per l'imposta fondiaria ed il reddito . i~~tj6~fsec-Ondo le quali non pu farsi luogo al rimborso dell'imposta 4~~ I; q~~#!ioJlon sia intervenuta una decisione definitiva, si desumeva ii ,tj#~i;Pi6 gnerale, idtenuto applicabile anche in tema di imposte indirette/ eh. I'anuninistrazione finanziaria non possa -ritener.si in mora prima/di. tale decisione definitiva, e, pertanto, che solo da tale data siano dovuti gli interessi sulle somme corrisposte per i tributi indiretti dichiarati non dovuti. Con la nuova 1. n. 29 del 1961, che all'art. 5 dispone che sulle somme pagate per tasse e imposte indirette sugli affari e ritenute non dovute a seguito di provvedimento in sede amministrativa o giudiziaTia 154 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO spettano gli interessi di mora nella misura di cui al precedente art. 1 (cio tre per cento per ogni semestre compiuto dalla data della domanda), fermo restando il requisito che l'obbligo della restituzione risulti accertato da un provvedimento definitivo, la decorrenza degli interessi pu essere anche anteriore alla data del provvedimento stesso, e coincidere con quella della domanda di rimborso. Su tali basi, in mancanza di una norma t~ansitoria, non pu ritenersi che la nuova legge abbia annullato il diritto agli interessi acquisiti dal contribuente quale effetto del fatto compiuto sotto la legge precedente, dato che la nuova legge, se indubbiamente innovativa circa la misura degli interessi, per il resto tende a confermare e disciplinare il detto diritto, .gi ammesso in base alla legislazione precedente, in modo pi favorevole al contribuente ed in conformit delle norme del codice dvile (art. 1282 c. c.). In sostanza, il principio generale della decorrenza degli interessi moratori dalla domanda, nei confronti dell'Amministrazione finanziaria dello Stato (sempre fermo, s'intende, il requisito che l'obbligo della restituzione risulti accertato da provvedimenti definitivi in sede amministrativa o giudiziaria), se pure enunciato per i tributi indiretti, deve ritenersi ormai applicabile a tutti i tributi, stante la sostanziale ragione (di cui traccia nella Relazione alla I. n. 29 del 1961) che ha ispirato la nuova norma: porre la Finanza e il contribuente sullo stesso piano di uguaglianza rispetto al principio dell'obbligo della corresponsione degli interessi di mora (Cass. 6 agosto 1964, n. 2241; 30 gennaio 1964, n. 257; 8 luglio 1963, n. 1856). -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 24 gennaio 1967, n. 211 -Pres. Scarpello -Est. Mirabelli -P. M. Di Majo (conf.). Ministero Finanze (avv. Stato Gargiulo) c. Mini-Malmesi (n. c.). Imposte e tasse in genere -Procedimento dinanzi alle commissioni Imposte indirette sui trasferimenti -Controversie di valutazione Decisioni della commissione provinciale -Ricorso alla commissione centrale -Inammissibilit -Ricorso all'a.g.o., ai sensi dell'art. 29 del d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639 -Ammissibilit -Ricorso immediato in Cassazione, ai sensi dell'art. 111 de11a Costituzione Ammissibilit. (Cost., art. 111; d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 29). Le decisioni della commissione provinciale delle imposte, relative alLa determinazione del valore per l'applicazione delle imposte indirette sui trasferimenti, sono definitive, e contr.o di esse, mentre sono dati il ~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 155 ricorso all'autorit, giudiziaria, ai sensi dell'art. 2.9, terzo comma, del d. l. 7 agosto 1936, n. 1639, ed il ricorso immediato alla Corte di Cassazione, ai sensi dell'art. 111 della. Costituzione, non ammesso il ricorso aila commissione centrale, che difetta di giurisdizione nella materia (1). (1) Giurisprudenza pacifica. Cfr., tra le pi recenti, Cass., Sez. Un., 7 ottobre 1965, n. 2087, in questa Rassegna, 1965, I, 1256, ed ivi ulteriori richiami in nota. In argomento, per l'inesistenza di una competenza generale di legittimit della commissione centrale, quanto meno nelle controversie in tema di imposte indirette, cfr. Relaz. Avv. Stato, 1961-65, II, 316 ss. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 febbraio 1967, n. 415 -Pres. Favara -Est. Roperti -P. M. Gedda (conf.) -Rossi (avv. Gaiotti, Menghini) c. Ministero Finanze (avv. Stato Gargiulo). Imposte doganali -Prescrizione -Diritti dovuti in relazione a fatti costituenti reato -Norma che stabilisce la decorrenza del termine prescrizionale dalla data in cui la sentenza penale diviene irrevocabile -Applicabilit al caso di sentenza penale che dichiara estinto il reato per prescrizione -Conseguenti poteri del giudice civile. (c. c., art. 2947; 1. 25 settembre 1940, n. 1424, art. 27). Imposte doganali -Contrabbando -Indebito uso di merci importate con agevolazioni -Obbligazione civile per i diritti evasi -Individuazione del soggetto passivo -Conseguenze in ordine alla prescrizione. (I. 25 settembre 1940, n. 1424, artt. 5, 16, 27, 102, 145). La dispos.izione dell'ultimo comma dell'art. 27 della l. 25 settembre 1940, n. 1424, secondo la quale la prescrizione, per i diritti doganali dovuti in relazione a fatti costituenti reato, decorre dalla data in cui il decreto o la sentenza, pronunciati nel procedimento penale, divengano irrevocabili, applicabile anche nell'ipotesi che il procedimento si concluda con sentenza che dichiari estinto il reato per prescrizione. In tal caso, peraltro, spetta al giudice civile accertare la sussistenza o meno dei fatti che, se non fosse intervenuta la causa estintiva, sarebbe ro stati penalmente perseguibili (1). (1) Del tutto correttamente la Corte Suprema ha rilevato che la disposizione dell'art. 27, ultimo comma, della legge doganale, sulla decorrenza della prescrizione del diritto dell'Amminist.razione per le imposte dovute 156 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In caso di contrabbando (per indebito uso o diversa destinazione di merci importate in franchigia o con riduzione dei diritti), l'obbUgazione civile del pagamento dei tributi fa carico al colpevole del reato ed al ricettatore, ai sensi dell'art. 145 della legge doganale, pi che al proprietario della merce o a colui per conto del quale la merce stessa sia stata importata; sicch, anche ai fini della prescrizione, e per la decorrenza del relativo termine, deve tenersi conto della norma di cui ail'ultimo comma dell'art. 27 delLa legge (2). (Omissis). -Con il primo e terzo mezzo di ricorso, da esaminarsi congiuntamente per la loro interdipendenza, il ricorrente, sotto il profilo della violazione e falsa applicazione degli artt. 7, 23 e 27, comma primd, lett. a), e comma ultimo, della legge doganale 25 settembre 1940, n. 1424, in relazione all'art. 2947 c. c., si duole che la Corte di merito abbia escluso la prescrizione quinquennale del diritto della Finanza, che doveva, decorrere dalla data del verbale di accertamento dell'infrazione ai diritti doganali, e non da quella della sentenza che dichiarava prescritto il reato contestato per il relativo contrabbando, sostenendo, inoltre, che, comunque, con la estinzione del reato, avvenuta per prescrizione, si sarebbe pure estinto il diritto dello Stato alla percezione dei tributi evasi, che conserva il suo termine di prescrizione originario. La censura infondata. Invero, poich, in forza dell'ultimo comma in relazione a fatti costituenti reato, regola compiutamente e specialmente la materia, alla cui disciplina resta perci estranea la norma dell'art. 2947 c. c., con la conseguenza che il termine prescrizionale deve ritenersi decorrente dalla data in cui divenga irrevocabile la sentenza penale, anche se questa sia di non doversi procedere per essere il reato estinto per prescrizione. In generale, con riferimento al citato art. 2947 c. c., e nel senso che la decorrenza della prescrizione civile sia da riferirsi alla data di acquisita irre\Tl()cabilit della sentenza penale, non soltanto se questa sia di condanna, ma anche se sia di assoluzione a seguito di giudizio, o di proscioglimento in istruttoria (ed il principio indubbiamente valido, come nella sentenza in nota senz'altro si ammette, anche rispetto alla ricordata disposizione dell'art. 27 della legge doganale), cfr., da ultimo, Oass. 5 novembre 1966, n. 2727, in questa Rassegna, 1966, I, 1281, con nota di richiami. In ,ordine alla seconda parte della massima, e per ci che attiene, in generale, ai poteri del giudice civile per l'accertamento della configurabilit del fatto come reato, quando ci comunque rilevi (come per le conseguenze in tema di prescrizione, o di risarcimento dei danni non patrimoniali), cfr., tra altre, Cass. 7 aprile 1957, n. 1011, Giust. civ., 1959, I, 1278; Cass. 2 aprile 1960, n. 736, Resp. civ. prev., 1960, 445; Cass. 2 aprile 1960, n. 746, Giust. civ. 1960, I, 1395; Cass. 7 aprile 1964, n. 770, Resp. civ. prev., 1964, 680. (2) La Cassazione ha sottolineato che, nei casi di contrabbando, il debitore d'imposta da individuare piuttosto con riferimento alla disposizione dell'art. 145 della legge doganale, che a quella dell'art. 5. Il che pare 157/ / . > ./ ./ >/<>?... .... . . f de11'art. 27 della lg~e dogariale 25 set~tnbre 19'l0, n. H2'l, nel casoih ~i 1 tri~cato . pagamettt().dei diritti..doganali abbia causa da un reato...il terllline di..prescrizione decorre dalla data in cui la sentenza pro!lW;l}i~da nel.r$l~tiy<>. proceclimento penale. divenuta irrevo.cabile, ~W~~~~~3~"p~d-te ~nnone m ~ P~i~~ ~~$i~ifij~, l.'1$ll'i:pote$i affermativa, trovando il mancato paga ...11111!:.::I:::::-:i:n.:::.::..:::~..:=: Nfil Ca$(), $ia il Tribunale che la Corte di appello hanno indagato ... ~~ P,~ijfoper~to dl Rossi sussistessero gli estremi oggettivi e soggettivi 4~ff:~to di contrabbando, al fine di accertare se fosse sorto a suo C:at~C:o, ex art. 145 legge doganale, l'obbligazione tributaria, traendone al riguardo un positivo convincimento. A tale conclusione i giudici di merito sono pervenuti considerando, sulla base degli elementi acquisiti alla causa, che allo zucchero, introdotto nello Stato con speciale agevolazione fiscale siccome destinato, a prezzo di cail.miere, a scopi assistenziali (distribuzione ai reduci d'Africa), fu dal Rossi, in concorso con altri, d!'lto diverso uso da quello dichia. ra.to all'a.tto ('lell'importazione, essendo stato immesso nel libero mercato .~ ~q9Ji)~ $P~~tjlativo, fatto questo costituente, appunto, ipotesi delittuosa pfV~$ta qt~'art; 102 della legge doganale. . d(.lversi c);t:ref;ta~e11te jn~ndere nel senso che lo stesso proprietario della . me:t11i~Wie !'.lt,11 te nt!la decorre:iiza c;lella. ptel!crizione sia ugualmente da valutare secondo i~ ?ior)tl.~ ct!!lll'.ltimc;> comma dell'art. 27 della legge, da ritenere posta con riguardo all'obie~tivit del fatto'( qualora il mancato pagamento dei diri. tti sia dipeso. da un rea~o... >) e perci operante nei confronti di qualunque obbligato. Nelsenso che il reato previsto dall'art. 102 della legge doganale (mutata destinazione .di merci agevolate) presuppop.e una situazione giuridica preesi 158 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Al riguardo la Corte di merito si dato anche carico di esaminare se il fatto attribuito al Rossi dovesse ritenersi commesso in buona fede, escludendo, attraverso una coordinata serie di considerazioni, che il ricorrente, immettendo la merce nel libero mercato, non avesse avuto la coscienza e la volont di dare alla stessa una destinazione diversa da quella per la quale era stata concessa la franchigia, e precisamente di commettere l'illecito penale previsto e punito dal citato art. 102 della legge doganale. E tale giudizio, involgendo degli apprezzamenti di fatto si sottrae al sindacato di questa Corte, sorretto, com', da una congrua motivazione, immune da vizi logici e giuridici. N ha fondamento l'ulteriore deduzione del ricorrente, secondo cui essendo stato dichiarato estinto per prescrizione il reato di contrabbando deve ritenersi estinto, pure per prescrizione, il diritto della Finanza a percepire i tributi evasi, che, in forza dell'art. 2947 c. c., conserva il suo termine di prescrizione originario. Invero, il ricorrente si rif ad una norma estranea al caso concreto, dimenticando l'ultimo comma del pi volte menzionato art. 27 della legge doganale, in virt del quale, nella specie, il termine di prescrizione decorre, per espressa volont di legge, unicamente dalla data della sentenza che stata pronunciata nel procedimento penale e che divenuta irrevocabile. E tale sentenza non deve essere necessariamente di condanna, potendo, come nella specie, essere anche quella che dichiara di non doversi procedere per estinzione del reato, in quanto una tale pronunzia non fa certo venire meno le obbligazioni civili da esso nascenti. In tal caso, pertanto, l'imputato del reato di contrabbando bene pu ritenersi soggetto al pagamento dei diritti evasi, anche se il reato sia dichiarato estinto per una qualsisi causa prevista dalla legge, spettando, tuttavia, al giudice civile di accertare, come nel caso avvenuto, con gli ordinari mezzi di prova, la sussistenza o meno dei fatti, produttivi di obbligazioni civili, che, se non fosse intervenuta la causa estintiva, avrebbero costituito reato. stente (rapporto tributario in ordine al quale concessa l'agevolazione), e che ci non esclude, tuttavia, la configurabilit del concorso di persone alle quali la norma incriminatrice non originariamente destinata, cfr. Cass. pen. 18 febbraio 1964, Urbinati, Cass. pen., Mass., 1965, 572. In generale, per il collegamento dell'obbligazione tributaria ai presup posti dell'art. 5 o dell'art. 145 della legge, e per le differenze riscontrabili, al fine, tra le ipotesi di irregolare passaggio della linea doganale e quelle di importazione ab origine legittima, cfr. Relaz. Avv. Stato, 1961-65, II, 674, ss. ed ivi riferimento, in particolare, a Cass. 17 novembre 1962, n. 3136 (Foro it., 1963, I, 832), ed a Cass. 10 giugno 1964, n. 1436 (in questa Rasse gna, 1964, I, 580, nonch, in motivazione, in Giust C'iv., 1964, I, 2,281). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Col secondo mezzo il ricorrente, deducendo la violazione e falsa applicazione degli artt. 5, 27, ultimo comma, e 145 legge doganale, in relazione all'art. 185 c. p., censura l'impugnata sentenza per avere ritenuto applicabile alla specie l'art. 145 della legge dogana~e, secondo il quale obbligato al pagamento dei diritti doganali, insieme con il ricettatore, il colpevole del contrabbando, anzich l'art. 5 della stessa legge, .il quale pone il pagamento dell'imposta a carico del proprietario della merce, indipendentemente dall'accertamento o meno del reato di contrabbando, il cui procedimento non sospende il diritto dello Stato a percepire i diritti doganali. Pertanto, una volta accertato, mediante il verbale della polizia tributaria, che la merce aveva avuto una destinazione diversa, la Finanza aveva il diritto di chiedere ed ottenere subito il pagamento del tributo evaso. Anche tale censura priva di fondamento. L'art. 5 della legge doganale individua i soggetti passivi dell'imposta doganale in coloro che presentano la merce in dogana, o in coloro che la detengono al momento del passaggio della linea doganale, o per conto dei quali la merce stessa viene importata. Ora, nella fattispecie in esame, invece, alla merce importata con speciale agevolazione doganale, fu data dal ricorrente una diversa destinazione (che, se denunciata all'atto della introduzione della merce nello Stato, avrebbe comportato per l'importatore il pagamento di una diversa e ben maggiore imposta), facendo sorgere, per questo fatto, integrante gli estremi del reato di contrabbando previsto dall'art. 102 della legge doganale, il conseguente diritto dell'Amministrazione doganale al pagamento del tributo evaso; diritto che, discendendo da un fatto delittuoso, deve, come si detto, per quanto attiene al termine prescrizionale, essere regolato dall'ultimo comma dell'art. 27 della legge doganale, mentre per tali fatti il debitore di imposta si identifica non tanto, ormai, con il proprietario della merce o con colui per conto del quale la merce era stata importata, ma unicamente con colui che, col dare alla merce importata una diversa destinazione, si reso responsabile dell'evasione dei diritti doganali e del reato cosi previsto, e ci in applicazione dell'art. 145 della legge doganale, che pone appunto a carico del colpevole di tale reato, e del ricettatore, il pagamento del tributo evaso. (Omissis). i i I SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 28 gennaio 1967, n. 1 -Pres. Reale -Est. Ferrati -Biondi Massii;niliano (avv. Barillaro) c. Soc. Canale di Collecchio (avv. Menoni). Acque pubbliche -Controversia tra privati -Riflessi della nuova le~slazione su anteriori convenzioni. -Competenza del Tribunale delle acque -Sussiste. Acque pubbliche -Dichiarazione di demanialit -Effetti -Precedenti diritti di natura privata -Decadenza. Acque pubbliche -Riconoscimento di antica utenza -Obbligo di fornire acque a terzi -Costituzione di subutenza. Acque pubbliche -Subutenza -Posizione giuridica -Imposizione del canone all'utente -Conseguenza del subutente -Gratuit -Esclusione. La controversia che sorga tra privati, titolari di precedenti titoli di derivazione, circa i riflessi della nuova legislazione in materia di acque sulle anteriori convenzioni, appartiene alla cognizione dei Tribunali delle Acque, anche se sia pacifica la natura pubblica dell'acqua, involgendo tale controversia una questione relativa all'influenza della demanialit sui preesistenti contratti tra privati aventi per oggetto le acque medesime (1). La dichiarazione di demanialit delle acque ha importato la decadenza dei diritti di propriet e in genere di tutti i diritti di natura privata che comunque si fossero in precedenza costituiti, salva la loro trasfoirmazione in diritti di uso temporaneo qualora sia intervenuto li riconoscimento o la concessione da parte deUo Stato (2). (1) La giurisprudenza, in tal senso, pu ritenersi pacifica: cfr. Trib. Sup. Acque, 3 settembre 1964, n. 23, in questa Rassegna 1964, I, 1166, con ampia nota cui si fa rinvio. (2) Sugli effetti della demanializzazione delle acque, che costituisce un acquisto a titol originario, che esclude il riconoscimento di diritti eventualmente costituiti a favore di terzi, dr. Trib. Sup. Acque, fo aprile 1965, n. 8, ivi, 1965, I, 580 con nota. (3) In tal senso c:fr. Trib. Sup. 7 luglio 1958, n. 241 Acque bonifiche e costr. 1958, 494; 10 aprile 196?, n. 8, cit.; Cass. sez. un., 31 marzo 1966, n. 846, in questa Rassgna, 1966, I, 572. (4) Cfr. Trib. Sup. 2 dicembre 1949, n. 23. 13 162 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO questione dell'influenza della demanialit delle acque su preesistenti contratti tra privati aventi per oggetto le acque medesime. Non sufficiente quindi ad escludere la competenza del giudice specializzato la circostanza che la natura pubblica dell'acqua sia pacifica tra i privati contendent~, giacch ql.j.ella competenza sussiste sempre ove occorra stabilire quali siano le conseguenze che derivano, nei rapporti interni tra i privati, dalla demanialit dell'acqua: ci si verifica in modo particolare quando si debbano individuare gli eventuali riflessi della nuova legislazione in materia di acque sulle anteriori convenzioni tra privati, onde .spetta al giudice specializzato, per la necessit sostanziale e processuale di una visione unitaria dei rapporti dipendenti e interferenti, giudicare delle questioni che, in relazione al nuovo stato di fatto e diritto creato dalla legislazione, sorgano tra coloro che per precedenti titoli derivavano ed utilizzavano quelle acque. Non Si deve del resto mai dimenticare che la materia in contesa, l'oggetto della domanda o dell'eccezione che determina la competenza specializzata, poco importando la presenza, oppure no, della Pubblica Amministrazione. (Omissis). (Omissis). -Si deve ancora aggiungere che la contestazione tra le parti non verte sul fatto materiale dal godimento delle acque da parte del Consorzio -il diritto al godimento non mai stato posto in discussione -bens sulla natura del godimento medesimo, pi precisamente se lo stesso debba continuare con la caratteristica della -gratuit che aveva in passato e non va dimenticato che, come pi volte stato affermato da questo Tribunale Superiore, la dichiarazione di demanialit delle acque ha importato la decadenza dei diritti di propriet e in genere di tutti i diritti di natura privata che comunque si fossero costituiti su quelle acque, salvo la loro trasformazione in diritti di uso temporaneo qualora sia intervenuto il riconoscimento o la concessione da parte dello Stato. D'altronde quando .gli appellanti si fanno a sostenere che la menzione del loro diritto contenuta nel decreto di riconoscimento stata fatta ai fini e per gli effetti dell'art. 40 del t. u. sulle acque pubbliche, per legittimare cio la disposizione dell'acqua in loro favore, pongono in evidenza una circostanza idonea ad escludere la competenza del giudice ordinario, il quale chiamato a risolvere esclusivamente controversie tra privati, nelle quali l'atto amministrativo si ponga come un presupposto fermo ed indiscusso. N in tal modo .si fa discendere la risoluzione della questione di competenza da un'eccezione del convenuto, giacch questa non serve che a maggiormente suffragare la conclusione cui si deve necessariamente pervenire in base all'esame dell'intera domanda dell'attrice. PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 163 Risolta la questione di competenza, si deve scendere al merito della controversia e prendere quindi in esame il secondo motivo del gravame, con il quale gli appellanti insistono nel negare di essere tenuti a corrispondere alla Societ una quota .delle spese che essa sopporta per la derivazione dell'acqua, poich essi sarebbero titolari di un diritto di derivazione gratuito in forza di una servit privatistica derivante da fatti costituitivi non modificati dall'attuale legislazione. pacifico in fatto che gli appelianti in antico godevano dell'acqua gratuitamente, come del resto certo che anche l'utenza della Societ era gratuita: soltanto dal 1-0 luglio 1924 che essa assoggettata al pagamento del canone in favore dello Stato. Ora si deve immediatamente rilevare che gli appellanti non sono stati in grado di identificare il titolo in forza del quale essi derivano l'acqua: neppure dalla perizia giudiziale eseguita il 30 giugno 1873 per la vendita all'incanto del Canale di San Martino Sinzano si traggono elementi precisi e sicuri per definire il rapporto giuridico in forza del quale avveniva la derivazione, giacch risulta semplicemente che il Canale di San Martino si forma con acque del torrente Baganza e trae origine dal Canale di Collecchio ed era, in quel tempo, propriet del marchese Dalla Rosa Prati, il quale affittava le acque a diversi proprietari della zona. ovvio come simile deficienza debba necessariamente risolversi a danno degli appellanti, i quali, per suffragare la loro pretesa, non avrebbero dovuto limitarsi ad apodittiche enunciazioni, non sorrette da valida documentazione. Ad ogni modo sembra al Tribunale Superiore che la sentenza impugnata abbia correttamente deciso quando ha qualificato il Consorzio subutente di acqua pubblica. noto invero che secondo le legislazioni degli Stati preunitari, che non escludevano la liceit di convenzioni tra privati aventi ad oggetto l'acqua dei corsi pubblici ed ammettevano anzi la possibiUt di costituzione di diritti sull'acqua per effetto di lungo uso, era possibile la costituzione di subutenze di acqua, mentre attualmente si deve ritenere quasi impossibile la costituzione di subutenze, poich gli atti di concessione ed i relativi disciplinari regolano in modo preciso gli usi che il concessionario pu fare dell'acqua. Si potrebbe piuttosto profilarsi il dubbio (e la stessa Societ lo ha accennato nelle conclusioni assunte in prima istanza) se si tratti di coutenza, ma tale ipotesi va esclusa quando si rifletta che sussiste coutenza quando i vari interessati partecipano direttamente alla presa dell'acqua dal corso pubblico e all'esercizio delle relative opere e ciascuno investito della titolarit dell'utenza nei confronti dell'Amministrazione; nel caso concreto non ricorre sicuramente il primo requisito (la controversia sorta proprio perch la sola Societ a provvedere 164 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO alla presa dell'acqua del torrente) e non ricorre nemmeno il secondo, perch l'atto amministrativo di riconoscimento operato in modo diretto solo nei rapporti della Societ in aderenza alla istanza da essa sola presentata. Vero che nel decreto di riconoscimento si menziona il Consorzio e si specifica il quantitativo d'acqua a lui spettante, ma ci significa semplicemente che di fronte alla generica dichiarazione che la Societ aveva fatto nell'istanza di riconoscimento la Amministrazione ha ritenuto necessario individuare il contenuto del diritto vantato dagli utenti di San Martino Sinzano, per tenerne conto nel determinare il quantitativo d'acqua oggetto del riconoscimento a favore della Societ, a carico esclusivo della quale stato posto il pagamento del canone per l'intero quantitativo: dal che si deduce come la clausola relativa agli utenti di San Martino non possa inquadrarsi nell'ipotesi prevista dal terzo comma dell'art. 40 t. u., la quale presuppone condizioni non verificatesi nel caso attuale. Ora la concessione dell'utenza di acqua pubblica in favore di chi ne godeva gi in precedenza, con l'obbligo di fornire l'acqua a terzi, coi quali fossero intervenuti contratti di somministrazione, importa il costituirsi di una subutenza avente il suo titolo nella concessione stessa e regolata non ,Pi dal contratto originariamente intervenuto tra le parti, ma dal disciplinare della concessione (cfr. Trib. Sup. 7 luglio 1958, n. 24). E che coloro i quali, in base alle antiche legislazioni, abbiano acquistato da chi ne aveva la disponibilit diritti sull'acqua debbono, dopo la dichiarazione di demanialit dell'acqua medesima, essere considerati subutenti lo ha recentemente ribadito fa .~prema Corte (sent. 31 marzo 1965, n. 846) nei riguardi dei compratori di acque dalla Societ Acqua Pia Antica Marcia. Orbene, definito di subutenza il rapporto che intercorre tra la Societ ed il Consorzio, la questione della gratuit della subutenza medesima deve necessariamente risolversi in senso contrario all'assunto degli appellanti. Questi ammettono infatti che l'intervenuta pubblicit delle acque abbia uniformato tutti i preesistenti rapporti di uso a quello di concessione, rendendo caduche tutte le svariate fonti costitutive di tali rapporti, ma non dimostrano come tale ammissione si concilii con la tesi che quel mutamento si sia verificato solo per gli utenti e non anche per i loro aventi causa, oggi qualificati subutenti (conci. pag. 16). Poich invece la condizione del subutente rimane vincolata alla condizione giuridica dell'acqua formante oggetto del suo diritto, ne deriva che, dichiarata la demanialit dell'acqua ed assoggettato l'utente al pagamento del canone, vien meno anche la gratuit della subutenza. % Acque pubbliche -Alveo -Nozione .. Alveo mutevole e vagante -Limiti. L'alveo, anche per imprescindibili esigenze di sicurezza e protezione dei fondi Zatistanti, va determinato in relazione all'intera energia potenziale del fiume, del quale costituisce la naturale sede di espansione, a prescindere dalla situazione contingente dei diversi periodi 166 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di portata; di conseguenza, la relazione tra acqua corrente e terreno deve essere valutata non gi in termini di immediata inerenza, ma secondo un criterio di normale e probabile asservimento, in guisa da ricomprendere in una pi ampia nozione di complesso demaniale idrico sia le zone destinate ad essere sommerse in occasione delle piene ordinarie e normali e sia la intera superficie dei cosidetti alvei mutevoli o vaganti (1). (Omissis). -I primi giudizi hanno escluso la natura demaniale del bene sia in considerazione della situazione obiettiva dei luoghi, ma anche e sopratutto perch influenzati dai titoli costitutivi della propriet, esibiti dalla Flaccomio. Sul primo punto si , molto sommariamente, ritenuto che l'immobile de quo non identificabile con l'alveo propriamente detto, e cio. con la parte concava nella quale scorrono le acque, in quanto trattasi di un'ampia superficie pianeggiante, ricoperta da uno strato di terreno coltivabile, con tracce di vegetazione spm1tanea e di oleandri, che, se anche pu venire sommersa in occasione di pieno, sita in una posizione di poco pi elevata rispetto al letto del torrente e si presenta con pendenza verso il vecchio muro d'argine, esistente per un lungo tratto del confine est. In ordine alla legittima provenienza del bene, il Tribunale Regionale ha, poi, affermato che con i verbali in data 3 agosto 1868 e 21 gennaio 1869 del giudice delegato del Tribunale di Messina venivano concessi in enfiteusi a Natale Crisafulli i lotti nn. 43 o 46 del piano di ripartizione dell'ex feudo Sulleria, gi appartenente al soppresso Monastero di S. Gregorio di quella citt e passato al Demanio dello Stato per effetto della 1. 10 aprile 1862, comprendenti i terreni in contestazione; che con atto 1 aprile 1871 del Notaio Musciamisi il Crisafulli aveva affrancato il canone del lotto n. 43 e parte di quello n. 46; che, infine, porzione di detti lotti, e precisamente il terrc,mo denominato praia o ghiarine esistente nel torrente Mazzarr S. Andrea, era pervenuto a seguito dell'atto di alienazione 6 marzo 1912 del Notaio Betto, dell'istrumento di divisione 11 agosto 1912 del Notaio Bonanno, del rogito di vendita 6 maggio 1917 per Notar Randazzo e del testamento di Cosimo Flaccomio pubblicato il 31 ottobre 1924, all'attuale appellata Tommasa Flaccomio. (1) La sentenza, con ampia e precisa motivazione, ha risolto un caso di specie delicato, nel quale l'alveo riguardava una c. d. fiumara, con letto quasi sempre asciutto, ma mutevole e vagante e potenzialmente sottoposto I:: all'improvviso deflusso delle acque torrentizie, Per qualche precedente :: nelle no:z;ioni di ialveo cfr. Sez. Un., 11 maggio 1942, n. 1227, Foro it., 1962, I, 831; Trib. Sup. 30 gennaio 1965, n. 1, in questa Rassegna 1965, I, 233 1. " con nota. i PARTE I, SEZ. VI; GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 167 I rilievi anzidetti non possono essere condivisi, poich in parte sono palesemente erronei e non aderenti alla reale situazione dei luoghi, mentre per il resto devono ritenersi del tutto ultronei in relazione alla concreta fattispecie. Invero anzitutto evidente l'inattendibilit del concetto di alveo, accolto in sentenza limitatamente alla parte concava nella quale scorrono le acque, con esclusione delle zone circostanti, anche se soggette ad essere sommerse in occasione di piene, neppure specificate se ordinarie o eccezionali, sol che si trovino in .posizione di poco pi elevata rispetto al letto del fiume. Tale opinione si riallaccia a quella rigorosa teorica, secondo cui la natura pubblica del suolo in vista della sua funzione di alveo circoscritta alla sola porzione la quale a fiumine tenetur, limitatamente al periodo di tempo in cui essa attraversata dalle acque, mentre la caratteristica anzidetta viene meno non appena si modifica, per UU qualsiasi avvenimento, la su indicata realzione di stretta inerenza. Il successivo approfondimento dei fenomeni connessi al regime e alla struttura dei corsi d'acqua naturali ha, per, dimostrato l'inaccettabilit di una simile soluzione, specie in ordine a quelle zone di terreno, gi attraversate dalle acque e soltanto temporaneamente riemerse. In realt l'alveo, anche per imprescindibili esigenze di sicurezza e protezione dei fondi latistanti, va pi esattamente determinato in relazione all'intera energia potenziale del fiume, dal quale costituisce la naturale sede di espansione, a prescindere dalla situazione contingente dei diversi periodi di portata. Sotto questo riflesso la relazione tra acqua corrente e terreno deve essere valutata, non gi in termini di immediata inerenza, ma secondQ un criterio di normale e probabile asservimento, in guisa da ricomprendere in una pi ampia nozione di complesso demaniale idrico sia le zone destinate ad essere sommerse in occasione delle piene ordinarie o normali e sia la intera superficie dei cosidetti alvei mutevoli o vaganti. Questo Tribunale Superiore ha gi avuto occasione di precisare che l'estensione di terra, la quale non .sovrasti il livello delle piene ordinarie, si considera facente parte dall'alveo e ne segue la disciplina giuridica, pur s, in determinate stagioni dell'anno e a seguito di prolungati periodi di siccit, non sia coperta dalle acque ed emerga da essa, presentando tracce di vegetazione (sent. 30 .gennaio 1965, n. 1). A maggior ragione la stessa interpretazione va accolta nel caso di alveo mutevole o vagante, che pi direttamente interessa l'attuale controversia. Com' noto, il letto dei corsi d'acqua a regime prevalentemente torrentizio , di regola, costituito da un'ampia estensione di terreno pianeggiante, nella quale, anche in periodi di magra, si espandono i vari bracci o rami attivi della corrente in sedi sempre diverse secondo la naturale vis fiuminis, nonch l'andamento e la sinussit del terreno. In tale eventualit e fino a quando non inter 168 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO vengano opere artificiali di arginatura, tutta intera la superficie compresatra le opposte sponde deve ritenersi alveo del fiume, giacch di fatto essa si presenta continuamente inserviente al sempre mutevole deflusso del corso d'acqua. Orbene nella specie emerso dall ispezione dei luoghi eseguita in questa sede che il letto del torrente Mazzarr S. Andrea, per quanto riguarda la parte della sponda destra in contestazione, in effetti costituito da un'ampia superficie pianeggiante, con diversa pendenza e altitudine, talora con una configurazione a schiena d'asino, come risulta dalle due misurazioni praticate in loco; che detta zona, protetta da opere artificiali costruite in un primo tratto all'evidente scopo di sottrarre alla vis jluminis una porzione della sua originaria consistenza, non per il resto delimitata all'infuori del vecchio muro d'argine, neppure continuo, sito ad est oltre i terreni, dei quali la Flaccomio pretende di essere proprietaria; che, infine, tale area presenta tracce di yegetazione spontanea e qualche oleandro ed intervallata, in tutta la sua larghezza, da zone a fondo ghiaioso e sabbioso, con ciottoli, rinvenute anche tra i due spezzoni del vecchio muro d'argine e nella contigua particella 22. I rilievi anzidetti non lasciano dubbio alcuno sulla effettiva natura e funzionalit della superficie come sopra considerata, la quale, in tutta la sua estensione fino al vecchio muro di argine, obiettivamente destinata ad essere attraversata dai vari rami e bracci attivi del corso d'acqua e costituisce quindi il naturale alveo del torrente. Pi specificatamente ricorre nella specie l'ipotesi di una di quelle fiumare ., caratteristiche dell'Italia meridionale, con letto ampio e in prevalenza ghiaioso e ciottoloso, quasi sempre asciutto, ma tuttavia in atto inserviente nella sua integrit all'improvviso e normale deflusso delle acque torrentizie. Da questo punto di vista del tutto ultronea si ravvisa la chiesta prova orale, essendo ovvio che la obiettiva conformazione dell'alveo mutevole o vagante non pu essere alterata dal mancato attraversamento dell'acqua in una singola zona, anche se protratta per lungo tempo, ma dall'esecuzione di opere stabili di arginatura, le quali soltanto, a prescindere dalle conseguenze giuridiche circa la propriet della parte di alveo artificialmente prosciugato, sottraggono, in maniera stabile e permanente, una porzione del letto del fiume alla sua naturale destinazione. poi noto che per le superficie di terreno anzidetto non configurabile un diritto di privata propriet e, trattandosi di demanio necessario, assume esclusivamente e preminente importanza la conformazione naturale del bene, nonch la sua attitudine all'uso pubblico (donec inservit flusini pubblico), con la conseguenza che nessun rilievo pu riconoscersi ai negozi di diritto sostanziale, in precedenza compiuti dalla stessa amministrazione sul presupposto della natura patrimoniale del terreno (Cass. 15 gennaio 1952, n. 71). Ma, a parte l'assoluta irrile Arbitrato - dell'Anlministrazione. At~bi:tntto - ~iudizio. Arbitrato - dell'Anlministrazione. At~bi:tntto - ~iudizio. 169 le relative sentenze non spie- petitoria. ' fflinti comma, del Regolamento approvato con r. d. 25 maggio 1895, n. 350 (a sua volta richiamato dal capitolato generale statale del 1895, al quale quello della Gestione rinvia con l'art. 101, u. c.), sono espliciti al riguardo. E poich l'approvazione del collaudo si manifesta con il riscontro di tutta l'attivit demandata ai collaudatori (art. 109, Reg. cit.), del pari evidente che non si avr collaudo approvato fin quando l'Amministrazione non si sia pronunciata tanto sui profili tecnici che su quelli amministrativi e contenziosi risultanti dalle relazioni dei collaudatori. Infatti l'art. 109 sopra citato, al numero 2 del primo comma, richiamo testualmente le relazioni di cui al precedente art. 100 (e quindi, sia la relazione tecnica, che quella sulle controversie), ed all'ultimo comma definisce il contenuto del provvedimento di approvazione, consistente nella PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 171 rz:ione stessa in merito all'atto di diffida a provvedere sulle riserve, notificatole ai sensi dell'art. 5 t. u. 3 marzo 1934, n. 383, data l'applicabilit di tale norma unicamente all'attivit di imperio della P. A., e non a quella di gestione. Di qui l'asserita improponibilit della domanda di arbitrato ed una incompetenza del collegio arbitrale. A riguardo si deve osservare, anzitutto, che le argoment~zioni del Ministero della P. I., anche in ipotesi di loro fondatezza, non danno luogo ad una eccezione di incompetenza del Collegio arbitrale, semmai soltanto ad una temporanea improcedibilit della domanda di arbitrato. Innegabile , infatti, la competenza del Collegio a conoscere della controversia in questione, solo che la sua attivit sarebbe condizionata alla previa emanazione di un provvedimento della P. A. che si porrebbe, pertanto, come condizione di procedibilit. Che la sussistenza di una tale precisa condizione possa desumersi dal disposto dell'art. 23 del Capitolato Generale INA-Casa non tuttavia asseribile con certezza, data la genericit delle espressioni usate da tale norma: impossibilit di una definizione in via ammini deliberazione circa l'ammissibilit del certificato di collaudo, e sul'le domande dell'appaltatore. Se manchi un collaudo apprnvato, nei sensi e nell'estensione che si sono illustrati, il giudizio sulle riserve quindi impossibile. E tale impossibilit causata da una ragione di vera e propria improponibilit, quando delle controversie debbano occuparsi gli arbitri. 2. -In proposito, a torto il lodo definisce la situazione processuale di mera improcedibilit, sotto il profilo che la competenza degli arbitri gi sussi!sterebbe in forza del negozio compromissorio. La giurisdizione civile riservata dalla legge ai giudici ordinari che la esercitano secondo le rispettive competenze: essi sono i giudici naturali delle controversie. Gli arbitri hanno giurisdizione in via di deroga, a seguito di investitura delle parti: perci cosi nell'ipotesi che all'arbitro non risulti conferito il potere di gitidicatl'e, come 1in quella in cui giudichi fuori dei limiti e dei termini del negozio compromissorio, egli un non 'arbitro, e l'eventuale pronuncia una non sentenza. In breve, nel giudizio arbitrale, la competenza coincide con la giurisdizione, poich l'arbitro al di fuori della propria competenza non ha giurisdizione. Ora il capitolato generale della Gestione (come quello del Ministero dei lavori pubblici) attribuiscono potere decisorio agli arbitri subordinatamente alla tassativa condizione che si ricordata, e cio che sia intervenuta l'approvazione del collaudo. Se la condizione manchi, non esiste ancora la competenza degli arbitri. Ci tanto vero che nell'eccezionale ipotesi di giudizio anticipato di cui alla lettera b) dell'art. 23 del capitolato in esame, il penultimo comma dello stesso articolo espressamente rico. nosce agli arbitri la competenza a decidere sulla effettiva indifferibilit della controversia. Senza questa norma gli arbitri non potrebbero giudicare su conte. stazioni in corso d'opera, poich la clausola arbitrale espressa nel capi- I Ii ! I I 172 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO strativa non sinonimo di provedimento necessario e pregiudiziale. A tal riguardo non sussistono i presupposti essenziali della condizione. quali il provvedimento dovuto e i termini per l'impugnativa. Anche ammessa, in via di ipotesi, l'esistenza dell'eccepita condizione di procedibilit, da rilevare tuttavia che, nella specie, essa si indubbiamente realizzata. Si pu prescindere infatti, nel caso, dall'uniforme indirizzo giurisprudenziale del Consiglio di Stato, che ritiene atto valido a costituire provvedimento di silenzio-rifiuto (idoneo a soddisfare la condizione di procedibilit) la diffida diretta a conseguire dall'Amministrazione la pronuncia che questa ha il dovere giuridico di emettere (v. dee. n. 8 del 3 maggio 1960, Ad. Gen.). Si deve rilevare invece, che, con nota del 24 giugno 1965 -e cio prima ancora della costituzione del Collegio Arbitrale -il Ministero della P. I. comunicava alle T.E.I. il rigetto delle riserve da essa formulate. tolato definisce la volont delle parti non ,solo in relazione al contenuto della competenza degli arbitri, ma pure e rigorosamente circa il tempo e le condizioni per farsi luogo al giuaizio. Pertanto si ripete, quando nel caso concreto non sussista la situazione posta dal negozio compromissorio per l'esercizio del potere decisorio, gli arbitri sono privi di potere, mancano -cio -di competenza. Ed il giudizio non improcedibile, ma improponibile. 3. -Al fine di rimuovere l'ostacolo dell'improponibilit, rappresentato nella specie dalla mancata decisione delle riserve, il lodo ha ritenuto adeguato il rimedio della costituzione in mora dell'Amministrazione,. attraverso cui giungere ad un provvedimento negativo implicito. Trattasi del noto istituto previsto dall'art. 5 della legge comunale e provinciale. Il richiamo, per, non era pertinente, essendo l'applicabilit di tale istituto limitata al campo del diritto pubblico, come si desume dalle fonti e dalla ragione giustificatrice, oltre che dalla struttura del silenzio-rifiuto e dalle modalit attraverso cui si forma. Per le fonti, noto che la norma dettata per l'ipotesi della inerzia dell'Amministrazione nel decidere su un ricorso gerarchico. Quanto alla ragione giustificatrice, stata esattamente identificata nella impossibilit di usare dei mezzi di tutela dei dir.itti soggettivi, quando ,l'inerzia amministrativa leda posizioni di mero interesse. Infine, la struttura dell'istituto, il modo attraverso cui si forma il provvedimento amministrativo implicito, le conseguenze che gli sono proprie ed i limiti della tutela ulteriormente accordata all'interesse leso, sono strettamente legate all'ambiente pubblicistico in cui esso opera, ed alla consistenza delle situazioni soggettive che caratterizzano tale ambiente. Negli appalti pubblici, invece, il rapporto tra le parti prettamente contrattuale, anche se esistono peculiari posizioni di supremazia a favore dell'Amministrazione. Una situazione di inerzia della stessa, perci suscettibile di dr luogo ad inadempimento contrattuale, per il quale gli PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 173 Non v' dubbio, pertanto, che -prima ancora del momento nel quale il giudizio arbitrale prendeva inizio (Cass. Sez. I, 23 luglio 1964 n. 1989) -veniva rimosso quell'ostacolo alla procedibilit, che si assume stabilito dall'art. 23 del Capitolato Generale INA-Casa. Il fatto, peraltro, che il concreto provvedimento sia stato comunicato dopo la notificazione della domanda di arbitrato, non potrebbe, comunque, inficiare la regolarit del giudizio stesso e della decisione, giacch principio uniformemente seguito da giurisprudenza e dottrina quello di una economia dei giudizi per il quale, sotto il profilo della validit, sufficiente che taluni elementi, pur necessari all'atto della proposizione della domanda, sopravvengano, invece, in un momento successivo, ma pur sempre precedente a quello in cui possono e devono essere presi in considerazione. L'eccezion~, pertanto, va respinta. -(Omissis). eventuali rimedi non possono non ricercarsi che tra gli opportuni mezzi del diritto privato. Quello adeguato al caso in questione, stato identificato dalla giuri sprudenza pi autorevole nel ricorso al giudice, perch fissi a norma del l'art. 1183 c. c. il termine entro il quale l'Amministrazione deve procedere alla esecuzione della prestazione, e cio alla approvazione del collaudo. Scaduto il termine fissato, l'obbligazione si ha per inadempiuta, e l'osta colo processuale alla proponibilit del giudizio automaticamente rimosso, poich viene a concretarsi una situazione di lite indifferibile (Cass., 11 aprile 1963, n. 927). Sembra il caso di aggiungere, .che il rimedio della costituzione in mora risulta inapplicabile anche sulla scorta dei principi propri d tale istituto. Esso ha la funzione di far constatare l'inadempimento, attraverso l'inti mazione o la richiesta ad adempiere. Ora n la legge, n il capitolato generale prevedono un termine, entro cui l'Amministrazione deve appro vare il collaudo, e quindi decidere sulle riserve. Quando nemmeno nel ca pitolato speciale sia fissato un termine, trattasi di obbligazione senza termine; ed impQISsibile costituire in mora chi non inadempiente perch la propria obbligazione non ancora scaduta, n il creditore ha diritto di intimare l'esecuuone di una prestazione senza termine, se un rtermine risulti indispensabile per la natura stessa della prestazione (cit. art. 1183 c. c.). 4. -L'ulteriore ragione di dissenso con il lodo annotato, nella affermazione che intervenuta la decisione sulle riserve nelle more della costituzione del collegio, la domanda arbitrale deve considerarsi validamente proposta ed il giudizio senz'altro procedibile. L'atto di collaudo, ed il provvedimento che lo approva (e con ci si ripete, viene fatto riferimento pure alla decisione delle riserve), costituiscono presupposti processuali della lite arbitrale (Cass., 22 dicembre 1964, n. 2968, in questa Rassegna, 1964, I, 222). Quindi essi devono sussistere al momento della proposizione della domanda (art. 5 c.p.c.), essendo al riguardo ogni successivo mutamento della situazione di :fatto del tutto inconferente (cfr. sul punto, questa Rassegna, 1966, I, 1135, sub n. 2). G. DEL GRECO SEZIONE SETTIMA GIURISPRUDENZA PENALE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 marzo 1966, n. 5 -Pres. Foschini Rei. Bivona -P. M. Parlatore (conf.) -Rie. Casetta ed altro. Ingiuria e diffamazione -Stampa -Diffamazione a mezzo della stampa Esimenti -Esercizio di un diritto o adempimento di un dovere costituzione -Diritto di cronaca -Limiti. (cost., art. 21; c. p., artt. 51, 595). Ingiuria e diffamazione Stampa -Diffamazione a mezzo della stampa Esercizio di un diritto o adempimento di un dovere. Diritto di cronaca -Limiti . -Eccesso colposo -Condizione. (c. p., artt. 51, 55 e 595). n diritto di cronaca giornalistica, co.nsiderato fra i diritti pubblici soggettivi inerenti ana libert di pensiero e di stampa, riconosciuti dall'art. 21 della Costituzione, consiste essenzialmente nel potere-dovere conferito al pubblicista, di portare a conoscenza dei lettori fatti, notizie, vicende realmente interessanti la vita associata in modo che il pubblico,. esattamente informato, possa orientarsi meglio, esprimere un proprio giudizio sugli avvenimenti, trarne le debite conclusioni e, ail'occorrenza~ assumere tutte quelle legittime iniziative per garantire il rispetto di quei principi giuridici, etici e morali, che sono alla base deUa comunit organizzata in un determinato momento storico. Questi essendo il contenuto e le finalit propri del diritto di cronaca giornalistica, per la sua sussistenza, e quindi, anche per il configurarsi della relativa causa di giustificazione prevista dall'art. 52 c. p., occorre, oltre l'interesse pubblico e l'appagamento dello stesso mediante una informazione mantenuta nei limiti della obiettivit e della serenit, che la notizia pubblicata sia vera od almeno seriamente accertata. Quando si trasmoda da questi limiti e l'informazione costituisca semplice occasione o, peggio ancora, pretesto per colpire nell'onore e nella reputazione un. avversario politico, o, comunque, un portatore di idee diverse e contrarie, e si sconfini nell'ingiuria, nella contumelia e nella gratuita denigrazione, l'esercizio del diritto di cronaca non pi configurabile PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 175 e, conseguentemente, il fatto non pu essere disc1iminato, diventando in I tal caso la pubblicazione semplice strumento di aggressione aUa altrui i reputazione, tanto pi grave quando l'articolista abbia inventato di sana pianta i fatti narrati o li abbia addirittura taciuti, abbandonandosi I soltanto ad apprezzamenti e considerazioni offensivi e denigratori della l persona presa di mira (1). Ogni esorbitanza dai limiti di esercizio del diritto di cronaca gior I nalistica, sul piano logico e giuridico, che la pubblicazione nel suo insieme ed in rapporto al suo specifico contenuto possa qualificarsi seria l e concreta espressione di una attivit giornalistica di informazione e I di orientamento della pubblica opinione, potendo entro questi limiti configurarsi un eccesso qualora il giornalista abbia imprudentemente ll dato colore ,alla notizia, pubblicata, narrandola con tinte vivaci e sugg~ stive e talora impiegando, a titolo di commento, espressioni superI flue che possano suonare offesa per l'altrui reputazione. Quando lo I stesso presupposto manca ed ogni limite viene superato e travolto dalla licenza, l'eccesso non pu che essere esso stesso doloso, come nel caso I in cui volontariamente e scientemente siasi pubblicato un articolo contenente non gi fatti concreti, bens esclusivamente, insinuaziacit economica assoluta) ovvero quella giuridica (rappresentata dall'estinzione del reato o de11a pena). ., ., , w. PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 177 cembre 1964, il Trevisan fu condannato a quattro mesi di reclusione per bancarotta semplice e, in applicazione dell'ultimo comma dell'art. 164 c. p. aggiunto con I. 24 aprile 1962, n. 191, fu concessa la sospensione condizionale dell'esecuzione di tale pena alla condizione che il Trevisan pagasse entro due mesi la multa di100 mila lire inflitta con la prima sentenza. Non avendo il Trevisan eseguito tale pagamento, il Pretore di Venezia, con ordinanza 22 aprile 1965, revoc il beneficio condizionato concesso con la propria sentenza 18 novembre 1963 (revoc anche il beneficio concesso con la prima sentenza, in conseguenza della condanna inflitta con la .seconda). L'ordinanza fu notificata il 24 aprile 1965 'al Trevisan, che non la impugn. Il 16 maggio 1965 il Trevisan fu tratto in arresto per l'esecuzione della pena di quattro mesi di reclusione. Con istanza presentata il 29 maggio 1965 (all'avvocato Mario Giantin nell'interesse del Trevisan e da quest'ultimo fatta propria con dichiarazione resa il 19 giugno 1965 al Pretore di Pinerolo, fu fatto presente che il Trevisan aveva il 7 maggio 1965, pagato la multa di lire 100 mila inflitta con la prima sentenza e, giustificandosi il ritardo con il fatto Per l'impossibilit materiale sembra poi ulteriormente necessario distinguere tra impossibilit pa-eesistente alla condanna condizionata ed impossibilit successiva. Quanto alla prima (impossibHit materiale preesistente), la decisione del giudice di cognizione che la escluda (naturalmente siffatto giudizio, quale logica e necessaria premessa, sar normalmente desumibile dal dispo sitivo della sentenza che statuisca l'obbligo, o pi propriamente l'onere, del pagamento dell.a pena pecuniaria), essendo essa il risultato d'una valutazione di elementi di prova, non pu essere modificata o posta nel nulla se non attraverso i normali mezzi d'impugnazione previsti per il processo di cognizione; ma, una volta divenuta irrevocabile la sentenza conclusiva della fase di cognizione, il giudice della esecuzione non pu che applicare la sentenza ormai passata in cosa giudicata. Tale ipotesi si era verificata nel caso ogegtto della annotata decisione, che non sarebbe stata perci, diversa qualora non vi fosse stata l'ulteriore preclusione rappresentata da una precedente ordinanza del giudice dell'esecuzione, che aveva confermato l'obbligo di adempiere la condizione di cui all'art. 164 u.c., c.p. 3. -Passando all'esame della seconda ipotesi (impossibilit materiale di adempiere la condizione insorta successivamente alla sentenza, ad esempio in conseguenza di fallimento del condannato), si deve rilevare che il principio, logico oltre che guiridico, espresso dal noto brocardo ad impossibilia meno tenetur , in mancanza della preclusione del giudicato, non pu non trovare applicazione in fase esecutiva. Se nel diritto civile ed in particolal'e nel diritto del1le obbligazioni, improntato al rispetto delJ.a volont negoziale, cio di entrambe le parti (art. 1322 e.e.) e del bilanciamento dei rispettivi interessi (arg. ex articolo 1371 e.e.), d1 cennato principio pur tuttavia applicabile, in quanto l'impossibilit sopravvenuta della prestazione estingue l'obbligazione (articolo 1256 e.e.), a maggior ragione esso deve ritenersi valido nel campo del 14 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 178 che il condannato si era trovato nell'impossibilit di adempiere a causa della sua condizione di fallito, fu chiesta la revoca dell'ordinanza che aveva revocato il beneficio: e ci richiamandosi alla disposizione dell'art. 164 c. p. p. che subordina la sospensione della pena detentiva al pagamento della precedente pena pecuniaria gi sospesa, salvo che il condannato si trovi nella impossibilit di adempiervi . Il Pretore di Venezia con ordinanza 12 luglio 1965 revoc la precedente ordinanza 22 aprile 1965 e ordin la scarcerazione del Trevisan osservando che l'impossibilit sopravvenuta deducibile in fase esecutiva, che dagli atti esibiti si desumeva l'assoluta impossibilit di adem~ tonel termine fissato e che tale accertamento non era precluso cla precedente ordinanza, sia perch in quella sede l'interessato si era limitato a chiedere una proroga del termine, sia perch l'impossibilit dell'adempimento era stata allora .giustificata soltanto con il generico richiamo all'esistenza del fallimento, mentre dopo la presentazione della nuova istanza erano stati esibiti documenti idonei a dare la prova concreta della predetta impossibilit. diritto penale, nel quale Le norme sono tutte a tutela unidirezionale (di interessi cio della collettivit, fatti propri dallo Stato). L'obbligazione aJ. cui adempimento venga condizionata l'operativit d'un provvedimento favorevole al, condannato, qual la sospensione condizionale della pena, deve perci considerarsi . estinta e quindi la relativa condizione come non apposta, qualora sopravvenga la materiale impossibilit di adempierla. Questa soluzione , oltre tutto, in armonia con il principio del favO!/' rei, ricavabile dal nostro sistema di diritto penaile ed in particolare deUe norme sulla successione delle leggi nel tempo (art. 2 c.p.) e dalla previsione della formula assolutoria per insufficienza di prove. 4. -Diverso ragionamento richiede la soluzione del quesito nel caso in cui l'impedimento ad adempiere alfa condizione in esame si configuri come impossibilit giuridica. Mentre l'incapacit economiea, fonte deLl'impossibilit materiale di pagare la pena pecunia!l'ia, si presta ad un apprezzamento per sua natura soggettivo, l'estinzione del reato precedente, che rende l'esecuzione della relativa pena giuridicamente impossibiJ.e, nn pu invece essere oggetto di apprezzamento ma soltanto di verificazione de1ila sua sussistenza. Perci, se questo accertamento avrebbe dovuto essere positivo peir la effettiva preesistenza della causa estintiva, l'errore del giudice non pu far rivivere ti reato, dato che le cause estinti.ve del medesimo operano irretrattabilmente nel momento in cui intervengono, a sensi dell'art. 183 p.p. c.p.p. (cfr. in proposito: SANTORo, L'estinzione del reato, in Nov. Dig., n. 13 ed il giudicato non di ostacolo aUa loro applicazione anche in sede esecutiva (cfr. BucoLo, Il giudicato penale, in Gist. pen., 1963, III, 423). Ad una difforme conclusione si dovrebbe addivenire se si assegnasse all'obbligo di pagare la precedente pena pecuniaria, previsto dall'art. 164 u.p. c.p., una natura giuridica diversa dalla sua propria di adempimento d'una SaJilzione penale (cos: SP1zuoco, Le innovazioni circa la sospensione ., T. DE CARLO 180 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il Pretore di Venezia, con la ricordata ordinanza del 22 aprile 1965, neg che la impossibilit di adempiere fosse insita nello stato di fallito, osservando che la possibilit dell'adempimento presupposto demandato all'esame del giudice di merito al momento della pronuncia della decisione e che non possibile in sede esecutiva fare degli accertamenti .che verrebbero o potrebbero contrastare con quanto in dibattimento dal giudice affermato . In sostanza, l'ordinanza appariva sostanzialmente giustificata con il rilievo in diritto della preclusione di ogni indagine in fase esecutiva circa la possibilit dell'adempimento. Orbene, poich le ordinanze risolutive di incidenti di esecuzione fanno stato riguardo alle questioni di diritto decise, appare evidente che nella specie la medesima questione non poteva essere riproposta e decisa in modo diverso, come invece stato fatto con la seconda ordinanza, la quale muove per l'appunto dal rilievo della possibilit di allegare in fase di esecuzione l'impossibilit sopravvenuta ( e ci senza dire che appare altresi improprio qualificare come sopravvenuta la impossibilit di pagare la precedente pena pecuniaria nel termine assegnato, vale a dire dal 14 dicembre 1964 al 14 febbraio 1965, dal momento che in sostanza, anche in base ai documenti esibiti, il mancato pagamento troverebbe spiegazione esclusivamente nella situazione di fatto gi esistente al momento della pronuncia della seconda sentenza di condanna, e cio nello stato di fallimento senza attuale consistenza attiva e nella mancata corresponsione di alcun assegno alimentare al fallito. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 15 luglio 1966, n. 918 -Pres. Rosso - Rel. Milone -P. M. Sullo (conf.) Rie. Baronchelli. Procedimento penale -Giudizio in contumacia -Impedimento a comparire -Tardiva alligazione dell'obbligo di comparire nello stesso giorno quale teste davanti a giudice diverso -Non costituisce legittimo impedimento -Ordinanza dichiarativa di contumacia Legittimit. (c. p. p., artt. 497, 498). La persona che sia citata per lo stesso giorno a comparire a dibattimenti davanti a due giudici diversi nella veste rispettivamente di teste e di imputato, di guisa che possa ottemperare ad una sola intimazione, deve tempestivamente rappresentare al giudice davanti al quale deve presentarsi come imputato, la situazione: nel caso questi . . "' ., PARTE I, SEZ, VII, GIURISPRUDENZA PENALE 181 PARTE I, SEZ, VII, GIURISPRUDENZA PENALE 181 non conceda il differimento, ci giustificher la mancata comparizione quale teste davanti all'altro giudice. Ove ci l'imputato non faccia, l'ordinanza dichiarativa di contumacia -che disattenda l'impedimento, addotto all'udienza, in considerazione del preminente dovere dell'imputato di comparire davanti al giudice che l'aveva citato in tale veste non infirmata da l'allegato obbligo di dover comparire quale teste davanti a giudice diverso (1). (Omissis). -Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione degli art. 497 e 498, in relazione all'art. 148 comma 3<> c. p. c. e la iUegalit dell'ordinanza dichiavativa della sua contumacia nel dibattimento di appello (con conseguente nullit della sentenza) per (1) Un caso limite di contumacia dell'imputato. Non v' dubbio che l'imputato aveva gravemente mancato nei confronti della Corte di appello: citato fin da un mese prima come testimone dinanzi ad un Pretore per il giorno stesso in cui, come imputato, doveva comparire dinanzi alla Corte di appello di Bologna, soltanto due gi-0rni prima del dibattimento aveva segnalato alla Corte il suo impedimento a comparire. Il riliievo dei g.i.udici di Bologna stato condiviso dalla Cassazione con una m-0tivazione che per, in diritto, lascia alquanto a desiderare, anche se la conclusione cui perviene sostanzialmente esatta. Lascia perplessi innanzitutto l'affermazione di quel preminente dovere di presentarsi come imputato in un processo piuttosto che come testimone in un altro, sulla q.uale si infulcra la severa censura al comportamento del ricorrente. noto infatti che dalla situazione di contumacia, fenomeno comune al processo civile e penale, esula ormai ogni elemento di illic0Lt e di colpevolezza: in. omaggio al principio che il liberro esercizio dei diritti comporta anche la libert di non esercitarli, nell'uno e nell'altro processo riconosciuta la piena legittimit dell'assenza volontaria, pur nella diversit di regolamentazione (necessit del contraddittorio, garantito dal difensore, nel processo penale). La partecipazione dell'imputato quindi nella fase dibattimentale non essenziale, anche se la legge processuale tende a favorirla, a garanzia dell'esercizio del diritto di difesa (art. 497, 498, 501 c. p. p.). La testimoninaza viceversa un mezzo probatorio che diviene necessario quando sia stato disposto in concreto dal giudice, onde il testimone non pu esimersi dal deporre -anche se poi la. sua deposizione non sia utile in concreto all'accertamento dei fatti -tanto vero che opportune sanzioni tendono a garantirne la comparizione (c. p. c., art. 255; c. p. p., art. 144). Se quindi la presenza dell'imputato al dibattimento utile, ma non necessaria, mentre quella del testimone necessaria, anche se dovesse risultare inutile, sembrerebbe che preminente dovere sia quello di testimoniare e che la presenza dell'imputato al dibattimento non possa nemmeno considerarsi dovere, ma tutto al pi onere. La verit per non gi nel rovesciamento della posizione di preminente dovere, ma nella constatazione di un'assoluta pariteticit di situazioni: cos come il doverie di testimoniare in altro p['ocesso integra un 182 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO avere la Corte di merito erroneamente ritenuto non giustificata l'assenza di esso Baronchelli, che nello stesso giorno doveva presentarsi, come in realt avvenne, quale teste in altro procedimento in corso dinanzi al Pretore di Gallarate. In merito a tale doglianza, risulta in fatto che il Baronchelli segnal la situazione al Presidente della Corte di Bologna con istanza del 3 luglio, allegando la .copia della citazione notificatagli per comparire innanzi al Pretore di Gallarate. Di tale istanza, evidentemente pervenuti nello stesso giorno del dibattimento, il Presidente dette notizia in udienza: ma la Corte escluse l'esistenza di un legittimo impedimento da parte del Baronchelli, in vista del suo preminente dovere > di presentarsi come imputato, e ordin quindi procedersi in sua contumacia. legittimo impedimelilto (ex art. 497 c. p. p.) dell'imputato a comparire in dibattimento, il diritto di essere presente all'udienza dibattimentale in cui si discute un processo a proprio carico integra per il testimone un legittimo impedimento (ex art. 144 c. p. p.) a presentarsi all'autorit giudiziaria che ne abbia disposto la citazione. Entrambe le norme parlano infatti di legittimo impedimento e l' assoluta impossibilit prevista dall'articolo 497 c. p. p., (mentre ha una sua specifica ragione d'essere, -come si dir in seguito) pu ben .consistere nel fatto che l'imputato si trova altrove per adempiere un obbligo ~uridico ed 31Ilzi ci sostenibile a fortiori, se correttamente riconosciuta l'assoluta impossibilit nel fatto che l'imputato :si trovi So le varie edizioni hanno sempre pi affinato e Teso intenso lo sforzo costruttivo, volto a dare ordine alla materia, , tanto variamente stl"lltturata, dell'impiego pubblico ed hanno sempre ;; pi accentuato le caratteristiche pi pregevoli dell'opera che sono quelle della chiarezza di stile, precisione di concetto e facilit di consultazione . , I ~ L.M. ~ I I E. F. CARABBA -R. ALEsSANDRI, Codice penale e codice di procedura penale, Edizioni Ludus, Firenze, 1965, pagg. 1651. I Questo commento teorico-pratico, condotto articolo per articolo, si propone essenzialmente lo scopo di rendere accessibile ad ogni cittadino di I normale cultura la lettura del codice penale e del codice di procedura penale. I commentatori, per, oltre ad affidarsi ad una copiosa esemplif.c!azione r di scuola, per chiarire concetti e costruzioni della scienza giuridica, hanno I r PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 5 anche abbondantemente attinto a massime giurisprudenziali della Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale, facendo, sotto questo profilo, opera utile anche per gli operatori pratici del diritto. Nel commento del primo libro del codke penale, il Caa-abba ha trovato modo, prendendo spUJilto dai vari articoli, di indicare i principi generali della materia e di affrontare le pi gravi questioni dottrinali e pratiche che a tali principi direttamente o indirettamente si ricollegano; nel commento degli altri libri, il medesimo sembra, invece, essersi essenzialmente preoccupato di suggerire al lettore l'ordine logico da seguire per accertare se il fatto commesso da unia determinata persona costituisca o meno reato. Anche l'Alessandri ha curato la sua parte (codice di procedura penale) con intenti prevalentemente pratici, facendo seguire ad un'esposizione della materia di carattere generale un commento a tutti gli articoli riguardanti la polizia giudiziarria. L.M. C. M. BIANCHI -P. L. CANZIANI, Codice veterinario e Raccolta delle circolari in materia veterinaria, 3 voll., Giuffr, Milano, 1966. Nella nuova collana legale veterinaria, edita da Giuffr, sono stati pubblicati il codice veterinario, in due tomi, e fa raccolta delle circolari in materia veterinaria, in unico volume. Entrambe le raccolte, quella delle nol'llll.e riguardanti la scienza veterinaria e quella delle circolari, intendono offrire UJilO strumento di consultazione pratico ed aggiornato e tendono a s&ddisfare una esigenza largamente avvertita oil.tre che dai veteirinari pratici anche dai cultori di studi giuddici e dagli Uffici amministrativi. Un unico indice per argomenti favorisce il lavoro di ricerca, rimandando contemporaneamente sia alle disposizioni legislative che alle circolari aventi il medesimo oggetto. L.M. SEGNALAZIONI (*) F. BATISTONI FERRARA, Imposte di trasferimento, decisioni di valutazione ed errores in procedendo, in Foro it., 1966, I, 1127. L'A. aderisce al recente indirlzzo delle S.U. che ritiene improponibile, contro le dedsioni emesse in grado ,di appello dalla Commissione provin ciale in materia di valutazione delJ.a base imponibile delle imposte indi rette, il ricorso alla Commissione Centrale e che ammette, invece, quello per Cassazione. La tesi contrasta con l'opinione dominante in dottrina, la quale, rile vando nel sistema del contenzioso tributario la mancanza di un mezzo atto a far valere gl:i eventuail.i errores in procedendo della Commissione pro (*) A cura degli avv.ti L. MAzZELLA, M. DI PACE, D. SALVEMINI, A. TALLARl\DA. - RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 6 vinciale, afferma l'esperibilit del ricorso alla Commissione Centrale, sulla base dell'asserita esistenza di un principio che attribuisce a questa Commissione un sindacato generale di leglttimit. L'A. contesta anzitutto proprio questa presunta competenza generale della Commissione Centrale gi in materia di imposte dirette, deducendo, da una esegesi delle norme in vigore, che trattasi invece di un rimedio tipico, ammesso nei soli casi contemplati dalla legge. In secondo luogo contesta, comunque, l'estensibilit di questa eventuale attribuzione al contenzioso sulle imposte indirette, articolato sulla distinzione tra giudizio di valutazione e controversie sWl.'applioozione del tributo, diffondendosi sulla origine storica del primo, sorto come giudizio di stima (in cui evidentemente non rilevavano gli errores in procedendo) e recepito dal legislatore del 1936 nella configurazione originaria. Infine, dopo aver osservato che, in ogni modo, il rfoonoscimento della ammissibilit del ricorso ana Commissione Centrale non gioverebbe ad alcuna ricostruzione sistematica, l'A. si sofferma sulla natura delle Commissioni tributarie per illustrare brevemente come molti inconvenienti verrebbero evitati se fosse loro riconosciuto carattere amministrativo (A.T.). A. CATELANI, Sul fondamento del divieto di dedurre davanti al Consiglio di Stato in s. g., motivi di gravame non proposti nel precedente ricprso gerarchico, in Foro amm., 1966, II, 122. Premesso che rorientamento del Supremo Consesso Amministrativo ormai consolidato nel senso della indeducibilit in sede giurisdizionale di motivi di gravame non proposti in via gerarchica, l'A, individua il fondamento di tale divieto nell'art. 34, primo comma del t.u. sul C.d.S., disciplinante amente dedotti in via amministrativa, tanto pi che H motivo elemento di identificazione del ricorso. Infatti, se uno dei motivi successivamente proposti in sede giurisdizionale non lo fu anche in via gerarchica, non si pu dire che su di esso si sia formato il provvedimento definitivo, dovendosi ritenere che anche per il ricorso gerarchico, a differenza di quanto affermano altri pur autorevoli Autori, vige la corrigpondenza tra chiesto e pronunciato. Il divieto, invece, non sussiste quando si impugnano avanti il Consiglio di Stato le decisioni che accolgono il ricorso gerarchico, le quali si sostituiscono al provvedimento originario, ovvero quando si deducano vizi del procedimento di formazione della decisione del ricorso gerarchico (A.T.). A. FrnoccHIARO, Competenza e poteri del giudice netla sospensione della esecuzione del lodo arbitrale, Giust. civ., 1966, I, 2069. Si tratta di una nota adesiva all'ordinanza 31 marzo 1966 della Corte di Appello di Lecce, con cui si affermato che l'esecuzione delle sentenze arbitrali pu sospendersi ogni qualvolta il giudice, nel suo prudente ap PARTE II, RAF"'EGNA DI DOTTRINA 7 prezzamento, lo ritenga rispondente ad esigenze di giustizia o anche di semplice opportunit. La nota in rassegna esamina compiutamente tutte le varie posizioni giurisprudenziali e dottrinali in ordine all'argomento, raggruppandole come sue: a) teoria, secondo cui la sospensione della sentenza arbitrale pu ~ concedersi solamente nei limiti di cui all'art. 373 c. p. c. e cio in presenza di un grave ed irreparabile danno; b) teoria, secondo cui la sospenjsione pu concedersi soltanto qualora r. ~I: -~~ < ~ I! I PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA li S. respinge, quindi, la tesi che assegna alla Corte Costituzionale discrezionalit nella configurazione degli illeciti presidenziali e ministeriali e nella determinazione de1le relative sanzioni (qualit e misura della pena), ritenendo inconciliabile fa predetta discrezionalit con la natura di organo giurisdizionale della Corte. Dopo queste premesse, l'A. entra nel vivo dell'indagine propostasi ed esamina, da vicino, il congegno normativo previsto dalla legge 25 gennaio 1962 n. 20 per la comunicazione al Parlamento della notizia di un reato presidenziale o ministeriale. All'esame della natura e delle funzioni della Commissione interparlamentare d'inchiesta, il S. fa seguire l'indagine sulla natura giuridica della messa in stato d'accusa da parte del Parlamento in seduta comune, qualificando tale funzione come vero e proprio promovimento di azione penale e paragonabile a quella che esplica il P. M. nel processo penale ordinario. L'istruttoria penale costituzionale, il dibattimento, la sentenza e la sua definitivit, l'amnistia, l'indulto e la grazia nel processo penale costituzionale costituiscono l'oggetto degli altri capitoli del volume in rassegna. Chiude il Ll.avoro l'esame di un problema che l'A. si prospetta in via di ipotesi: possibilit che una questione di legittimit costituzionaJ.e di una legge o di un atto avente forza di legge venga sollevata innanzi alla Corte Costituzionale convocata per il giudizio d'accusa. La soluzione per il S. che la presenza dei giudici aggregati non fa mutare natura alla Corte e che essa, pertanto, ne1la stessa sede potr ben giudicare anche sulla questione di costituzionalit (L. M.). RASSEGNA DI LEGISLAZIONE NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE* NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1032 (Norme sui trattamento economico e normativo degLi operai e degLi impiegati addetti aize industrie ediLizie ed affini), articolo unico, per la parte in cui rende obbligatorio erga omnes l'art. 46 del contratto collettivo nazionale di lavoro 1 agosto 1959, per gli impiegati addetti all'industria ediilizia ed affini, che dispone l'esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione (articolo 76 della Costituzione) (1). Sentenza 4 febbraio 1967, n. 9, G. U. 11 febbraio 1967, n. 38. Ordinanza di rimessione 31 maggio 1966 del Tribunale di Catania, G. U. 24 settembre 1966, n. 239, e in questa Rassegna, 1966, II, 257. NORME DELLE QUALI STATA DICHIARATA NON FONDATA LA QUESTIONE DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE Codice di procedura penale, art. 392 (Forme, avocazione e trasformazione deila istruzione sommaria), primo comma, riguardo all'inciso in quanto sono appiicabiii > (art. 24, secondo comma, della Costituzione) (2). Sentenza 29 dicembre 1966, n. 127, G. U. 14 gennaio 1967, n. 12. Ordinanza di rimessione 25 gennaio 1966 del Pretore di Pieve di Cadore, G. U. 12 marzo 1966, n. 64, e in questa Rassegna, 1966, II, 101. Tra parentesi sono indicati gli articoli della Costituzione in riferimento ai quali sono state proposte o decise le questioni di legittimit costituzionale. (1) Il d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1032, stato gi dichiarato illegittimo per la parte in cui rende obbligatorie erga omnes le seguenti disposizioni del contratto collettivo di lavoro 24 luglio 1959 sul trattamento economico e normativo degli operai addetti alle industrie edilizie ed affini: art. 34, per il riferimento alle Casse edili di cui alla fine del terzultimo comma (sentenza 13 luglio 1963, n. 129), art. 55 (sentenza 6 luglio 1965, n. 56), art. 56 (sentenza 23 maggio 1966, n. 45), art. 61 (sentenza 9 giugno 1965, n. 43), e art. 62 (sentenza 13 luglio 1963, n. 129). (2) La disposizione, in quanto rende possibile non applicare alla istruzione sommaria le norme degli artt. 304-bis, 304-ter e 304-quater del codice di procedura penale, stata dichiarata incostituzionale con sentenza 26 giugno 1965, n. 52. L'articolo 392, terzo comma, ultima parte, in quanto consente al Procuratore generale, che ha assunto o avocato a s l'istruzione sommaria della causa, di rimettere gli atti del processo alla Sezione istruttoria, stato dichiarato illegittimo con sentenza .2 aprile 1964, n. 32. ' !:' :11ill:1m1mrn:@1mm:mm::::;;:::;:;::ili:;;~::1m:;:mmrmrm;mmm11rrn:rmm1m:,:1rm111mmmmmrnmmmmmmmmmmmmrr1ilimlEilifffi!mmmmmmmmmmmmmmrniil PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 13 legge 24 dicembre 1928, n. 3134 (Provvedimenti per la bonifica integrale), art. 13 (art. 76 della Costituzione). Sentenza 21 gennaio 1967, n. 5, G. U. 28 gennaio 1967, n. 25. Ordinanza di rimessione 20 agosto 1965 del Conciliatore di Irsina, G. U. 30 ottobre 1965, n. 273, e Jll questa Rassegna, 1965, II, 143. r. d. 12 luglio 1934, n. 1214 (Testo unico delle leggi suli'ordinamento della Corte dei conti), art. 7 (artt. 100, terzo comma, 106, primo comma, e 108, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 21 gennaio 1967, n. 1, G. U. 28 gennaio 1967, n. 25. Ordinanza di rimessione 3 giugno 1966 della Corte dei conti, sezioni riunite, G. U. 9 luglio 1966, n. 168, e in questa Rassegna, 1966, II, 205. legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), art. 30, terzo comma (artt. 24, secondo comma, e 136, primo comma, della Costituzione). Sentenza 29 dicembre 1966, n. 127, G. U. 14 gennaio 1967, n. 12. Ordinanze di rimessione 6 luglio 1965 del Tribunale di Ferrara (G~ U. 31 dicembre 1965, n. 326, e in questa Rassegna, 1965, II, 174); 30 dicembre 1965 del Tribunale di Varese (G. U. 12 marzo 1966, n. 64, e in questa Rassegna, 1966, II, 104); e 25 gennaio 1966 del Pretore di Pieve di Cadore (G. U. 12 marzo 1966, n. 64, e in questa Rassegna, 1966, II, 104). legge reg. sic. 18 ottobre 1954, n. 37 (Sgravi fiscali per le nuove costruzioni edilizie), art. 1. Sentenza 21 gennaio 1967, n. 4, G. U. 28 gennaio 1967, n. 25. Ordinanza di rimessione 26 maggio 1965 del Tribunale di Palermo, G. U. 4 settembre 1965, n. 223. legge 30 dicembre 1962, n. 1859 (Istituzione ed ordinamento della scuola media statale), artt. 4 e 9 (artt. 34, secondo comma, e 3 della Costituzione). Sentenza 4 febbraio 1967, n. 7, G. U. 11 febbraio 1967, n. 38. Ordinanza di rimessione 16 luglio 1965 del Pretore di Campo basso, G. U. 30 ottobre 1965, n. 273, e in questa Rassegna, 1965, II, 145. legge 5 dicembre 1964, n. 1267 (Provvedimenti in materia di imposta di bollo) art. 1 (art. 53 della Costituzione). Sentenza 29 dicembre 1966, n. 128, G. U. 14 gennaio 1967, n. 12. Ordinanza di rimessione 27 febbraio 1965 del Pretore di Pieve di Cadore, G. U. 13 novembre 1965, n. 284, e in questa Rassegna, 1965, II, 175. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 14 d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162 (Norme per la repressione delle frodi nella preparazione e nel commercio dei mosti, vini ed aceti) (artt. 73 e 76 della Costituzione). Sentenza 9 febbraio 1967, n. 13, G. U. 11 febbraio 1967, n. 38. Ordinanza di rimessione 15 luglio 1966 del Pretore di Latina, G. U. 15 ottobre 1966, n. 258, e in questa Rassegna, 1966, II, 260. d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162 (Norme per la repressione delle frodi nella preparazione e nel commercio dei mosti, vini ed aceti) art. 108 (art. 76 della Costituzione). Sentenza 9 febbraio 1967, n. 14, G. U. 11 febbraio 1967, n. 38. Ordinanze di rimessione 17 settembre 1966 e 22 settembre 1966 del Pretore di Lugo, G. U. 26 novembre 1966, n. 299, e in questa Rassegna, 1966, II, 292. legge reg. Friuli-Venezia Giulia approv. 11 marzo 1966 (Contingenti numerici provvisori del personale regionale) (artt. 67, primo e secondo comma, e 68, secondo comma, dello Statuto speciale per fa Regione Friuli-Venezia Giulia, ed art. 97, primo comma, della Costituzione). Sentenza 4 febbraio 1967, n. 8, G. U. 11 febbraio 1967, n. 38. Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri depositato il 1 aprile 1966, G. U. 30 aprile 1966, n. 105, e in questa Rassegna, 1966, II, 164. NORME DELLE QUALI STATO PROMOSSO GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE Codice civile, art. 145 (Doveri del marito), primo comma, in quanto, con criterio diverso rispetto a quello stabilito per la moglie nel secondo comma della disposizione, impone al marito di somministrare alla moglie tutto , ci che necessario ai bisogni della vita, indipendentemente dalle condizioni economiche della moglie (artt. 3, primo comma, e 29, secondo comma, della Costituzione) (3). Corte di appello di Messina, ordinanza 13 ottobre 1966, G. U. 14 gennaio 1967, n. 12. Codice civile, art. 151 (Cause di separazione personale), nella parte in cui, Con disparit di trattamento tra i coniugi, prevede che l'adulterio della moglie sia causa di separazione personale mentre quello del marito lo sia soltanto se costituisce ingiuria grave al coniuge (artt. 3 e 29 della Costituzione). Tribunale di Genova, ordinanza 21 ottobre 1966, G. U. 14 gennaio 1967, n. 12. (3) Proprio sotto questo profilo la Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimit costituzionale dell'art. 156, primo comma, del codice civile (sentenza 23 maggio 1966, n. 46). PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 15 codice civile, art. 2450 (Nomina e revoca dei liquidatori), terzo com ma, se ed iin quanto attribuisce al Presidente del Tribunale il potere di nominare un liquidatore anche quando la ricorrenza dei presupposti dello scioglimento della societ sia affermata solo da uno degli interessati in assenza o in contrasto con gli altri (art. 24 della Costituzione). Presidente del Tribunale di Milano, ordinanza 14 luglio 1966, G. U. 28 gennaio 1967, n. 25. codice di procedura civile, :omb. disp. art. 301 (Morte o impedimento del procuratore) e art. 305 (Mancata prosecuzione o riassunzione), in quanto prevede l'estinzione del processo per mancata riassunzione nel termine perentorio di sei mesi dall'interruzione anche per l'ipotesi di interruzione per morte, radiazione o sospensione del procuratore, in cui il termine decorre da una data che pu senza colpa rimanere ignota alle parti (art. 24 della Costituzione) (4). Tribunale di Roma, ordinanza 10 novembre 1966, G. U. 28 gennaio 1967, n. 25. codice di procedura penale, art. 422 (Sanatoria delle nullit verificatesi negli atti preliminari al giudizio), in quanto la sanatoria della nullit del decreto di citazione a giudizio per omessa citazione della persona offesa dal reato e del querelante preclude la costituzione di parte civile (art. 24, primo e secondo comma, della Costituzione). Tribunale di Ferrara, ordinanza 10 dicembre 1966, G. U. 11 febbraio 1966, n. 38. codice di procedura penale, art. 506 (Casi di giudizio per decreto e poteri del pretore), o in quanto, pur prevedendo una fase processuale istruttoria, consente al Pretore di pronunciare condanna per decreto penale senza aver prima interrogato l'imputato o enunciato il fatto in un mandato rimasto senza effetto (art. 24, secondo comma, della Costituzione) (5); oppure -in via alternativa, e per l'ipotesi che si debba escludere il presupposto della .presenza di uno stato del processo -in quanto rimette alla discrezione del Pretore la scelta tra la normale procedura ed il giudizio per decreto, con la conseguente disparit di trattamento che, per casi simili, viene a determinarsi per (4) Questione gi proposta dal Tribunale di Catania con ordinanza 17 gennaio 1966 (G.U. 12 marzo 1966, n. 64, e in questa Rassegna, 1966, II, 100) e dalla Corte di cassazione con ordinanza 16 febbraio 1966 (G.U. 27 agosto 1966, n. 213, in questa Rassegna, 1966, II, 201). (5) Questione dichiarata non fondata con sentenza 23 marzo 1966, n. 27. Altra questione di legittimit costituzionale dell'art. 506 del codice di procedura penale, in quanto consente di pronunciare decreto di condanna senza dibattimento, stata dichiarata non fondata con sentenza 23 dicembre 1963, n. 170. 16 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 16 effetto della declaratoria di illegittimit costituzionale dell'art. 398 del codice di procedura penale (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Todi, ordinanza 11 novembre 1966, G. U. 28 gennaio 1967, n. 25. r. d. I. 19 ottobre 1923, n. 2328 (Disposizioni per la formazione degli orari e dei turni di servizio del personale addetto ai pubblici serv~zi di trasporti in concessione), art. 16 delle disposizioni annesse, nel testo modificato dal r. d. 2 dicembre 1923, n. 2682, in quanto prevede il diritto del J.avoratore al riposo secondo un criterio che prescinde dalla cadenza settimanale (art. 36 della Costituzione). Tribunale di Trento, ordinanza 30 giugno 1966, G. U. 14 gennaio 1967, n. 12. r. d. I. 2 dicembre 1923, n. 2682 (Disposizioni per il personale addetto ai pubblici servizi di trasporto in concessicme), cirt. 16 delle disposizioni annesse, che modifica l'art. 16 delle disposizioni annesse al r. d. 1. 19 ottobre 1923, n. 2328, prevedendo il diritto del lavoratore al riposo secondo un criterio che prescinde dalla cadenza settimanaie (art. 36 della Costituzione). Tribunale di Trento, ordinanza 30 giugno 1966, G. U. 14 gennaio 1967, n. 12. r. d. 14 settembre 1931, n. 1175 (Testo unico per la finanza locale), art. 48, secondo comma, in quanto esclude la condanna dell'Amministrazione soccombente al pagamento delle spese giudiziali per l'ipotesi in cui l'opposizione in via giudiziaria sia proposta senza che siano stati esauriti tutti i gravami amministrativi (art. 3 della Costituzione) (6). Corte di cassazione, prima sezione civile, ordinanza 10 ottobre 1966, G. U. 28 gennaio 1967, n. 25. legge 16 giugno 1932, n. 973 (Riposo settimanale e festivo nel commercio ed orari dei negozi ed esercizi di vendita), artt. 2 e 3, per la parte attualmente in vigore, in quanto attribuiscono all'autorit amministrativa il potere discrezionale di disciplinare, con norme la cui trasgressione penalmente sanzionata, l'esercizio dell'iniziativa privata (art. 41, ultimo comma, della Costituzione), condizionando il potere discrezionale dell'autorit amministrativa alla concorde richiesta delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori, che sono prive di personalit giuridica nell'attuale carenza di una legge generale nella materia (art. 39 della Costituzione). Pretore di Palmanova, ordinanza 29 settembre 1966, G. U. 14 gennaio 1966, n. 12. (6) Questione gi proposta dal Tribunale di Lucera con ordinanza 23 marzo 1966 (G.U. 27 agosto 1966, n. 213, e in questa Rassegna, 1966, II, 204). PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 17 r. d. I. 4 ottobre 1935, n. 1827 (Perfezionamento e coordinamento della previdenza sociale), art. 40, n. 6, in quanto, sia pure in via indiretta, pone a carico di privati cittadini -che inoltre possono trovarsi nelle condizioni economiche di non poterlo assolvere -l'obbligo di prevedere ed assicurare adeguati mezzi per il caso di disoccupazione involontaria (art. 38 della Costituzione). Tribunale di Rovigo, ordinanza 18 novembre 1966, G. U. 28 gennaio 1967, n. 25. r. d. I. 7 agosto 1936, n. 1639 (Riforma degli ordinamenti tributari), artt. 20 e 21, se ed in quanto Ja notificazione dell'avviso di accertamento di valore ad uno dei condebitori solidali, ove non sia seguita da presentazione di ricorso alla Commissione distrettuale delle imposte entro i trenta giorni, faccia decadere dal diritto di contestare il valore accertato anche il contri!buente al quale l'avviso di accertamento non sia stato notificato (ar:tt. 24 e 113 della Costituzione). T-ibunale di Torino, ordinanza 14 ottobre 1966; G. U. 28 gennaio 1967, n. 25. legge 25 settembre 1940, n. 1424 (Legge doganale), art. 139 (artt. 3, 10 e 27 della Costituzione) (7). Tribunale di Sondrio, ordinanza 16 dicembre 1966, G. U. 28 gennaio 1967, n. 25. legge 17 agosto 1942, n. 1150 (Legge urbanistica), art. 7, secondo, terzo e quarto comma (recte: secondo c:omma, nn. 2. 3 e 4J, in quanto prevede l'imposizione, senza indennizzo, di vincoli e limitazioni del diritto di propriet privata (art. 42, terzo comma della Costituzione) (8). Consiglio di giustizia amministrativa per Ja Regione siciliana, ordinanza 27 ottobre 1966, G. U. 28 gennaio 1967, n. 25. (7) Nell'ordinanza di rimessione la proposta questione di legittimit costituzionale non risulta motivata. La questione di legittimit costituzionale dell'art. 139, secondo comma, della legge 25 settembre 1940, n. 1424, stata dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 13, ultimo comma, della Costituzione, con sentenza 23 marzo 1964, n. 26. (8) La questione, proposta dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana con cinque ordinanze del 14 gennaio 1964 (G.U. 2 maggio 1964, n. 108, 23 maggio 1964, n. 126, 25 luglio 1964, n. 182 e 29 agosto 1964, n. 212, e in questa Rassegna, 1964, II, 95 e 133), torna all'esame della Corte costituzionale che aveva disposto la restituzione degli atti al giudice a quo con ordinanza 14 maggio 1966, n. 39. Analoga questione stata proposta, anche con riferimento al secondo comma dell'art. 42 della Costituzione, dal Pretore di Campobasso (ordinanza 2 maggio 1966, G. U. 23 luglio 1966, n. 182, e in questa Rassegna, 1966, II, 206). Le questioni di legittimit costituzionale dell'intera legge 17 agosto 1942, n. 1150, in riferimento agli artt. 16 e 42 della Costituzione e dell'art. 7, n. 2, in 18 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge reg. sic. 7 febbraio 1957, n. 16 (Elezione dei Consigli deHe provincie siciliane), artt. 7 e 10, in quanto prevedono un sistema di elezione che non garantisce la eguaglianza, la libert e la segretezza del voto (art. 48 della Costituzione). Tribunale di Palermo, ordinanza 1 luglio 1966, G. U. 14 gennaio 1967, n. 12. d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico deHe leggi suite imposte dirette), artt. 130 e 139, in quanto per i redditi superiori a lire 960.000 impongono di calcolare, ai fini della tassazione, anche la quota di lire 960.000; art. 138, in quanto prevede detrazioni (L. 240.000 e L. 50.000 per ciascun eomponente la famiglia a carico del contribuente) attualmente non idonee ad una effettiva discriminazione tra le varie categorie di contribuenti, con o senza carico di famiglia (art. :~ 53 della Costituzione). Commissione distrettuale delle imposte di Viterbo, ordinanza 24 ottobre 1966, G. U. 14 gennaio 1967, n. 12. d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1032 (Norme sui trattamento economico e normativo degli operai e degli impiegati addetti aUe industrie edilizie ed affini), articolo unico, per la parte in cui rende obbligatorio erga omnes l'art. 46 del contratto collettivo di lavoro 1<> agosto 1959 per gli impiegati addetti alle industrie edilizie ed affini, che dispone l'obbligatorio esperimento del tentativo di conciliazione quale condizione di procedibilit della domdnda giudiziale (art. 76 della Costituzione) (9). Tribunale di Trento, ordinanza 13 ottobre 1966, G. U. 14 gennaio 1967, n. 12. d. P. reg. sic. 20 agosto 1960, n. 3 (Testo unico deHe leggi per l'elezione dei consigli comunali nella Regione siciliana), artt. 55, 60, 61, e 62, in quanto attribuiscono competenza giurisdizionale ai Consigli comunali, la cui composizione non assicura l'indipendenza dei giudici riferimento all'art. 42, secondo comma, della Costituzione, sono state dichiarate non fondate, rispettivamente, con sentenze 10 maggio 1963, n. 64 e 14 maggio 1966, n. 38. (9) La disposizione, sotto l'jndicato profilo, stata dichiata illegittima con sentenza 4 febbraio 1967, n. 9. n d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1032, stato gi dichiarato illegittimo anche per la parte in cui rende obbligatorie erga omnes le seguenti disposizioni del contratto collettivo di lavoro 24 luglio 1959 relativo al trattamento economico e normativo degli operai addetti alle industrie edilizie ed affini: art. 34, per il riferimento alle Casse edili di cui alla fine del terzultimo comma (sentenza 13 luglio 1963, n. 129), art. 55 (sentenza 6 luglio 1965, n. 56), art. 56 (sentenza 23 maggio 1966, n. 45), art. 61 (sentenza 9 giugno 1966, n. 43), e art. 62 (sentenza 13 luglio 1963, n. 129). PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 19 e l'mparzialit delle decisioni (art. 108, secondo comma, della Costituzione) (10). Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, ordinanza 26 maggio 1966, G. U. 14 gennaio 1967, n. 12. legge 31 ottobre 1963, n. 1458 (Condono in materia tributaria delle sanzioni non aventi natura penale), art. 2, in quanto esclude l'applicazione del condono se non interviene la definizione dell'accertamento tributario nei sei mesi dall'entrata in vigore della legge (art. 3 della Costituzione) (11). Commissione distrettuale delle imposte di La Spezia, ordinanza 23 giugno 1966, G. U. 14 genna.io 1967, n. 12. legge reg. sic. 16 marzo 1964, n. 4 (Ripartizione dei prodotti agricoli), in quanto disciplina rapporti di diritto privato in materia d'agricoltura, senza che ricorrano gli estremi della temporaneit e della eccezionalit; vincola il diritto di propriet e la libera iniziativa economica per un periodo di tempo non determinabile nella sua effettiva durata (art. 3 della Costituzione); prevede la ripartizione dei prodotti secondo proporzioni che possono risultare diverse da quelle gi liberamente concordate (art. 41 della Costituzione); invade il campo di attivit delle organizzazioni sindacali (art. 39 della Costituzione); e non l"ispetta i limiti dei princ:iipi generali stabiliti dalle leggi dello Stato (art. 117 della Costituzione); in particolare, art. 4, in quanto prevede una disciplina uniforme per situazioni che possono risultare diverse (art. 3 della Costituzione) e pregiudica la libert della iniziativa privata nel campo economico (art. 41 della Costituzione). Pretore di Noto, ordinanza 27 ottobre 1966, G U. 28 gennaio 1967, n. 25. legge 12 dicembre (recte: ottobre) 1966, n. 1081 (Istituzione dell'albo dei consulenti del lavoro), art. 1, in quanto consente solo ai professionisti di cui all'art. 5 della legge 23 novembre 1939, n. 1815 e ai consulenti del lavoro la tenuta e la regolarizzazione dei documenti delle aziende riguardanti materia di lavoro, previdenza ed assi (10) Sotto lo stesso profilo la Corte costituzionale, con sentenza 27 dicembre 1965, n. 93, ha dichiarato illegittime le analoghe disposizioni di cui agli artt. 82, 83 e 84 del d. P. R. 16 maggio 1960, n. 570, e all'art. 2 della legge 18 maggio 1951, n. 328, modificate poi con legge 23 dicembre 1966, n. 1147. La questione di legittimit costituzionale degli artt. 60 e 61 del d. P. reg. sic. 20 agosto 1960, n. 3, stata dichiarata manifestamente hl.fondata, ai sensi della sentenza 27 dicembre 1965, n. 93, con ordinanza 22 febbraio 1966, n. 16. (11) Con sentenza 22 dicembre 1965, n. 85 la Corte costituzionale ha dichiarato illegittima, sotto il profilo sopra indicato, l'analoga disposizione prevista all'art. 2, terzo comma, della legge 30 luglio 1959, n. 559. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO stenza sociale, che non siano curate dal datore di lavoro o da suoi dipendenti (artt. 4 e 3 de11a Costituzione). Pretore di Vittorio Veneto, ordinanza 8 novembre 1966, G. U. 28 gennaio 1967, n. 25. legge 21 ottobre 1964, n. 1013 (Istituzione di una imposta speciale sul reddito dei fabbricati di lusso), art. 1, in quanto equipara alle abitazioni di lusso quelle censite o da censire nel .nuovo catasto edilizio urbano nelle categorie A/1 e A/8 (artt. 3 e 53 della Costituzione) e priva i possessori di tali abitazioni, senza indennizzo, dell'esenzione venticinquennale daUa imposta sui fabbricati (art. 42, terzo comma, della Costituzione); art. 3, in quanto non consente il ricorso alle Commissioni tributarie prima dell'iscrizione a ruolo dell'imposta (art. 25, primo comma, della Costituzione). Commissione distrettuale delle imposte di Torino, ordinanza 24 maggio 1966, G. U. 11 febbraio 1967, n. 38. d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162 (Norme per la repressione deUe frodi nella preparazione e nel commercio dei mosti, vini ed aceti), per eccesso dai limiti temporali della delega conferita con legge 9 ottobre 1964, n. 991, pubblicata con ritardo (12). Tribunale di Casale Monferrato, ordinanza 20 ottobre 1966, G. U. 28 gennaio 1967, n. 25 (artt. 73 e 76 della Costituzione). Tribunale di Acqui Terme, ordinanza 16 novembre 1966, G. U. 14 gennaio 1967, n. 12 (artt. 73 e 76 della Costituzione). Pretore di Serravalle Scrivia, ordinanza 23 novembre 1966, G. U. 28 gennaio 1967, n. 25 (artt. 73 e 76 della Costituzione). Pretore di Canelli, ordinanza 5 dicembre 1966, G. U. 28 genm~ io 1967, n. 25 (artt. 73 e 76 della Costituzione). Pretore di Verolanuova, ordinanza 22 dicembre 1966, G. U. 11 febbraio 1967, n. 38 (art. 76 della Costituzione). d. P~ R. 12 febbraio 1965, n. 162 (Norme per la repressione delle frodi nella preparazione e nel commercio dei mosti, vini ed aceti), art. 23, lettera a), in quanto attribuisce al Ministro per l'agricoltura ele foreste il potere di dettare norme integrative del d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162 (art. 76 della Costituzione). Pretore di Verolanuova, ordinanza 22 dicembre 1966, G. U. 11 febbraio 1967, n. 38. d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162 (Norme per la repressione delle frodi nella preparazione e nel commercio dei mosti, vini ed aceti), art. 35, per eccesso dai limiti della delega conferita con la legge 9 ottobre 1964, n. 991 (art. 76 della Costituzione). (12) Questione dichiarata non fondata con sentenza 9 febbraio 1967, n. 13. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 21 Pretore di Serravalle Scrivia, ordinanza 23 novembre 1966, G. U. 28 gennaio 1967, n. 25. Pretore di Canelli, ordinanza 5 dicembre 1966, G. U. 28 gennaio 1967, n. 25. d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162 (Norme per la repressione delle frodi nella preparazione e nel commercio dei mosti, vini ed aceti), art. 108, per eccesso dai limiti della delega conferita con l'art. 2, terzo comma, della legge 9 ottobre 1964, n. 991, in quanto prevede le pene accessorie della pubblicazione e dell'affissione della sentenza di condanna (art. 76 della Costituzione) (13). Pretore di Imola, ordinanza 26 ottobre 1966, G. U. 14 gennaio 1967, n. 12. Pretore di Pistoia, ordinanza 31 ottobre 1966, G. U. 14 gennaio 1967, n. 12. d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162 (Norme per la repressione delle frodi nella preparazione e nel commercio dei mosti, vini ed aceti), artt. 117 e 118, .per eccesso dai limiti della delega conferita con la legge 9 ottobre 1964, n. 991, in quanto richiamano norme precedenti (art. 77 della Costituzione). Pretore di Pistoia, ordinanza 31 ottobre 1966, G. U. 14 gennaio 1967, n. 12. d. I. 18 novembre 1966, n. 979 (Ulteriori interventi e provvidenze per la ricostruzione e per la ripresa economica nei territori colpiti dalle alluvioni e mareggiate dell'autunno 1966), art. 80, ultimo comma, in quanto concerne la Sardegna (artt. 8, primo comma, 47, secondo comma, e 54, quarto comma, dello Statuto speciale per la Sardegna). Regione sarda, ricorso depositato il 24 dicembre 1966, G. U. 14 gennaio 1967, n. 12. legge reg. Friuli-Venezia Giulia 16 dicembre 1966, n. 107-bis (Dotazione organica dell'Ente per lo sviluppo dell'artigianato del Friuli-Venezia Giulia e stato giuridico e trattamento economico del personale) (articolo 127 della Costituzione). Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, G. U. 28 gennaio 1967, n. 25. legge reg. sic. approv. 21 dicembre 1966 (Modifiche alla legge approvata dall'Assemblea regionale siciiiana nella seduta del 21 luglio 1966 concernente modifiche alla legge 25 giugno 1965, n. 16, recante provvedimenti di emergenza per fronteggiare pubbiiche cala mitd). Ricorso del Commissario dello Stato .per la Regione siciliana, G. U. 14 gennaio 1967, n. 12. (13) Questione dichiarata non fondata con sentenza 9 febbraio 1967, n. 14. 22 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO NORME DELLE QUALI IL GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE STATO DEFINITO CON PRONUNCE DI ESTINZIONE, DI INAMMISSIBILITA, DI MANIFESTA INFONDATEZZA O DI RESTITUZIONE DEGLI ATTI AL GIUDICE DI MERITO Codice di procedura penale, art. 392 (Forme, avocazione e trasformazione della istruzione sommaria), primo comma, riguardo all'inciso in quanto sono appZicabiZi > -manifesta infondatezza (art. 24, secondo comma, della Costituzione) (14). Ordinanza 4 febbraio 1967, n. 11, G. U. 11 febbraio 1967, n. 38. Ordinanza di rimessione 25 gennaio 1966 del Pretore di Pieve di Cadore, G. U. 30 aprile 1966, n. 105, e in questa Rassegna, 1966, II, 101. codice di procedura penale. art. 398 (Poteri del pretore nel procedimento con istruzione sommaria), nella parte in cui, nei procedimenti di competenza del Pretore, non prevede la contestazione del fatto e l'interrogatorio dell'imputato, qualora si proceda al compimento di atti d'istruzione -manifesta infondatezza per sopraggiunta inefficacia deZla norma ai sensi della sentenza n. 33 del 20 aprile 1966 ('Pubblicata il 28 aprile 1966). I Ordinanza 4 febbraio 1967, n. 12, G. U. 11 febbraio 1967, n. 38. Ordinanze di rimessione 16 dicembre 1965 del Pretore di Pietrasanta (G. U. 16 luglio 1966, n. 175, e in questa Rassegna, 1966, II, 202); 23 febbraio 1966 del Pretore di Bologna (G. U. 10 settembre 1966, n. 226, e in questa Rassegna, 1966, II, 248); 21 aprile 1966 del Tribunale di Spoleto (G. U. 27 agosto 1966, n. 213, e in questa Rassegna, 1966, Il, 202); 27 aprile 1966 del Tribunale di Melfi (G. U. 23 luglio 1966, n. 182, e in questa Rassegna, 1966, Il, 202). r. d. 12 febbraio 1911, n. 297 (Regolamento per la esecuzione della legge comunale e provinciale), art. 160 -manifesta infondatezza (15). Ordinanza 9 febbraio 1967, n. 19, G. U. 11 febbraio 1967, n. 38. Deliberazioni 19 gennaio 1966 del Consiglio comunale di Camaiore (G. U. 10 settembre 1926, n. 226, e in questa Rassegna, 1966, II, 251) e 5 agosto 1966 (cinque) del Consiglio comunale di Palo del Colle (G. U. 24 settembre 1966, n. 239, e in questa Rassegna, 1966, II, 251). (14) Questione dichiarata non fondata con sentenza 29 dicembre 1966, n. 127. L'art. 392, primo comma, nella parte in cui, con l'inciso in quanto sono applicabili , rende possibile non applicare alla istruzione sommaria le disposizioni degli artt. 304-bis, 304-ter e 304-quater del codice di procedura penale, stato dichiarato illegittimo con sentenza 26 giugno 1965, n. 52. Il terzo comma, ultima parte, della disposizione, in quanto consente al Procuratore generale, che ha assunto o avocato a s l'istruzione sommaria della causa, di rimettere gli atti del processo alla Sezione istruttoria, stato dichiarato illegittimo con sentenza 2 aprile 1964, n. 32. (15) Questione dichiarata inammissibile con sentenza 22 novembre 1962, n. 92, per la natura regolamentare della disposizione. PARTE II, RASSEGNA Xlt LEGISLAZIONE 23 r. d. 4 febbraio 1915, n. 148 (Testo unico della legge comunale provinciale), art. 149, nono comma -manifesta infondatezza. Ordinanza 9 febbraio 1967, n. 19, G. U. 11 febbraio 1967, n. 38. Deliberazione 19 gennaio 1966 del Consiglio Comunale di Ca maiore, G. U. 10 settembre 1966, n. 226, e in questa Rassegna, 1966, II, 251. r. cf. I. 15 ottobre 1925, n. 2033 (Repressioni delle frodi nella preparazione e nel commercio di sostanze di uso agrario e di prodotti agrari), art. 54 -manifesta infondatezza (art. 27, terzo comma, della Costituzione) (16). Ordinanza 9 febbraio 1967, n. 17, G. U. 11 febbraio 1967, n. 38. Ordinanza di rimessione 22 aprile 1966 del Pretore di Biella, G. U. 10 settembre 1966, n. 226, e in questa Rassegna, 1966, II, 252. r. d. 13 febbraio 1933, n. 215 (Nuove norme per la bonifica integrale), artt. 11 e 59 -manifesta infondatezza (art. 23 del~a Costituzione) (17). Sentenza 21 gennaio 1967, n. 5, G. U. 28 gennaio 1967, n. 25. Ordinanza di rimessione 20 agosto 1965 del Conciliatore di Irsina, G. U. 30 ottobre 1965, n. 273, e in questa Rassegna, 1965, II, 143. d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte dirette), art. 211 -manifesta infondatezza (artt. 76 e 77 della Costituzione) (18). Ordinanza 9 febbraio 1967, n. 18, G. U. 11 febbraio 1967, n. 38. Ordinanza di rimessione 1 7 novembre 1964 del Tribunale di Bologna, G. U. 10 settembre 1966, n. 226, e in questa Rassegna, 1966, II, 257. legge reg. si.z:. approv. 4 aprile 1966 (Agevolazioni per l'attivit edi lizia in Sicilia) -estinzione per rinuncia. Ordinanza 29 dicembre 1966, n. 129, G. U. 14 gennaio 1967, n. 12. Ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciilana depositato il 22 aprile 1966, G. U. 14 maggio 1966, n. 118, e in questa Rassegna, 1966, II, 164. legge 22 luglio 1966, n. 614 (Interventi straordinari a favore dei territori depressi dell'Italia settentrionale e centrale) -inammissibilit del ricorso per tardivit. Sentenza 9 febbraio 1967, n. 15, G. U. 11 febbraio 1967, n. 38. Ricorso della Regione Trentino-Alto Adige depositato il 24 ottobre 1966, G. U. 12 novembre 1966, n. 284, e in questa Rassegna, 1966, II, 292. (16) La questione di legittimit costituzionale della disposizione -prospettata peraltro sotto un profilo diverso da quello che risultava nell'ordinanza del Pretore di Biella e con riferimento agli artt. 3 e 27, primo e terzo comma, della Costituzione - stata dichiarata non fondata con sentenza 15 maggio 1963, n. 67. (17) Questione dichiarata non fondata con sentenza 3 maggio 1963, n. 55. (18) Questione dichiarata non fondata con sentenza 10 giugno 1966, n. 64. CONSULTAZIONI ACQUE PUBBLICHE Canali di irrigazione e forza motrice. Se i regolamenti speciali per l'amministrazione, manutenzione e custodia dei canali di irrigazione e forza motrice appartenenti al patrimonio dello Stato, richiamati dalla tabella B allegata al r. d. 1 marzo 1896, n. 83, siano da considerare ancora in vigore (n. 89). AERONAUTICA E AEROMOBILI Limitazioni all'a propriet nelle vicinanze degli aeroporti -Costituzionalit. .se, in relazione aUa sentenza 20 gennaio 1966, n. 6 della Corte Costituzionale relativa alle servit militari, debbano continuare a ritenersi pienamente efficaci le disposizioni degli artt. 714 e segg. del Codice della Navigazione -sostituite con 1. 4 febbraio 1963, n. 58 -che stabiliscono l'assoggettamento a :limitazioni della propriet nelle vicinanze degli aeroporti, senza prevedere alcun indennizzo (n. 18). AGRICOLTURA Contributi sull'acquisto di macchinari -Decorrenza. Se, ai sensi dell'art. 18, 1. 2 giugno 1961, n. 454 (c. d. Piano Verde), possano essere ammessi a contributo gli acquisti di macchinari agricoli effettuati anteriormente alla presentazione della domanda ed all'entrata in vigore della legge (25 giugno 1961) (n. 45). APPALTO Ammissibilit offerte. Se siamo ammissibili ad un appalto concorso le offerte inviate a mezzo di agenzie di recapito autorizzate, mentre nel bando di gara era precisato che dovevano pervenire e esclusivamente mediante raccomandata postale (n. 302). Se siano ammissibili ad un appalto concorso \le offerte inviate a mezzo del servizio postale il giorno dopo la scadenza del termine, qualora il giorno prima della scadenza del termine ci sia stato uno sciopero generale dei dipendenti del!l'amministrazione postale (n. 302). PARTE II, CONSULTAZIONI 25 Deroga delle norme di licitazione. iSe possa invocarsi la causa di forza maggiore in quei casi in cui, dovendo le offerte per una gara di appaUo essere inviate solo a mezzo del servizio postale, sia intervenuto sciopero delle poste e le offerte siano state presentate a mano tempestivamente (n. 303). ATTI AMMINISTRATIVI Decreto prefettizio e di espropriazione. Se in caso di mancata consegna del bene da parte dell'espropriato, possa farsi iluogo senz'altro -in sede di autotutela -all'impossessamento coattivo del bene a mezzo della forza pubblica (n. 12). BELLEZZE ARTISTIOHE E NATURALI Limiti e competenza professionale dei geometri. Se i progetti, presentati a norma dell'art. 7 della I. 29 giugno 1939, n. 1497 sulla protezione delile bellezze naturali, possano essere firmati da geometri, quando non si tratti di progetti di modeste costruzioni civili (ex art. 16, d. I. 11 febbraio 1929, n. 274) (n. 15). CIRCOLAZIONE STRADALE Sanzioni penati. Se la sanzione, prev.ista dall'art. 1, I. 1 giugno 1966, n. 416, per la contravvenzione al numero di persone che possono prendere posto sul sedile anteriore della vettura, sia applicabile al solo conducente o anche agli occupanti (n. 8). CONCORSI Appalto concorso -Ammissibilit offerte. , se siano ammissibili ad un appalto concorso le offerte inviate a mezzo di agenzie di recapito autorizzate, mentre nel bando di gara era precisato che dovevano pervenire esclusivamente mediante raccomandata postale (n. 10). Se siano ammissibili ad un appalto concorso le offerte inviate a mezzo del servizio postale il giorno dopo !la scadenza del termine, qualora il giorno prima della scadenza del termine ci sia stato uno sciopero generale dei dipendenti dell'amministrazione postale (n. 10). 26 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CONTABILIT GENERALE DELLO STATO 26 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CONTABILIT GENERALE DELLO STATO Conguagli. Se le espressioni usate nelle disposizioni di cui all'axt. 1 della legge 16 maggio 1956, n. 496, concernenti il trattamento economico del pe1'1SOnale rimasto nei territori d'Africa gi di sovranit italiana, siano da intendere in senso proprio e tecnico (n. 217). Se possa effettuarsi, ai sensi degli artt. 406 e 496 del regolamento di contabilit dello Stato e dell'art. 3 r. d. I. 19 gennaio 1939, n. 295, il conguaglio f(['a le somme gi in precedenza percepite dall'interessato, a titolo di competenze coloniali arretrate e somme ancora da corrispondere a tale titolo (n. 217). Recupero somme -Interessi: Se sulle somme, recuperate a caxico di dipendenti dello Stato per erronei pagamenti a loro favore, decorrano gili interessi legali e se di tali interessi possano essere tenuti responsabili gli ufficiali ordinatori della spesa (n. 218). Se, ove per il recupero delle predette somme sia concesso il pagamento rateale, decorrano gli interessi per le rate da scadere (n. 218). COSTITUZIONE Leggi regionali siciliane che esentano dat pagamento dell'imposta di consumo sui materiali da costruzione. Se sia legittima la distinzione -in sede di liquidazione dell'imposta di consumo sui materiali da costruzione -fra materiali utilizzati in vigore della legge regionale siciliana 18 ottobre 1954, n. 37, costituzionalmente legittima, e materiali utilizzati successivamente sotto l'impero delle successive leggi regionali, dichiarate incostituzionali, che proroga'." vano l'esenzione di cui alla precedente legge citata (n. 38). Proprietd -Sentenza della Corte Costituzionale n. 6 del 1966 sulle servit militari. Se, in relazione alla sentenza 20 gennaio 1966, n. 6 della Corte Costituzionale relativa alle servit militari, debbano continuare a ritenersi pienamente efficaci le disposizioni degli artt. 714 e segg. del Codice della Nav- igazione -sostituite con 1. 4 febbraio 1963, n. 58 -che stabiliscono l'assoggettamento a limitazioni della propriet nelle vicinanze degli aeroporti, senza prevedere alcun indennizzo (n. 39). ;' DEMANIO ' '. Concessioni ad istituti-autonomi statali -Canone. Se anche per le aziende e gli istituti autonomi statali viga il principio !!i che l'utilizzazione dei beni demaniali debba essere data sotto forma di concessione a tempo determinato e con pagamento del canone, seppur a titolo ricognitivo (n. 215). PARTE II, CONSULTAZIONI 27 DIFESA DELLO STATO Controversia tra due Enti pubblici che possono avvalersi del Patrocinio dell'Avvocatura. Se, qualora due Enti pubblici che possono avva!lersi del patrocinio legale dell'Avvocatura dello Stato controvertano tra loro, l'assunzione in concreto di tale patrocinio da parte dell'Avvocatura dello Stato a favore di uno 'di essi possa giustificarsi solo se gli interessi ad esso pertinenti, implicati nel conflitto, siano direttamente connessi con interessi statali, mentre quelli dell'altro non si differenzino da quelli di qualsiasi altro soggetto (n. 2). Istituti di istruzione media tecnica. Se l'Avvocatura dello Stato possa assumere la rappresentanza e la difesa in giudizio degli Istituti di istruzione media tecnica aventi finalit ed ordinamento speciali di cui all'art. 9 r. d. 1. 21 settembre 1938, numero 2038 (n. 3). EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE Concetto di case di abitazione -Legge 408/1949. Quale sia il significato da dare all'espressione case di abitazione adoperata dall'art. 13 della legge 408 del 1949 ai fini dell'applicazione del beneficio fiscale di cui al successivo art. 17 (n. 189). Disposizioni per favorire l'acquisizione di aree fabbricabili per l'edilizia economica e popolare. Se, nella determinazione del primo termine della media dell'art. 13 della 1. 15 gennaio 1885, n. 2892, richiamato nell'art. 1 della 1. 21 lugil.io 1965, n. 904, e cio del valore venale dell'immobile espropriato, si deve tener conto della condizione del bene al momento dell'esproprio, e quindi della destinazione edilizia recata dal piano di zona, anche se costituisca una plusvalenza determinata dalla formazione e dall'attuazione del pd.ano ovvero una minusvalenza come nel caso di vincoli preclusivi od attenuati dell'edificabilit disposti dal piano (n. 190). Se nella determinazione del secondo termine della media, il coacervo, in mancanza dei fitti di data certa dell'ultimo decennio, possa compiersi sugli imponibili catastali (n. 190). Se proceduralmente la norma del!l'art. 12 della 1. n. 167 del 1962, 2 comma, del nuovo testo della 1. n. 904 del 1965, debba inquadrarsi nel nor male procedimento espropriativo che ha come richiedente il Comune e come autorit che pronuncia l'esproprio il Prefetto (n. 190). Se sia opportuno che l'indennit aggiuntiva, prevista dall.'art. 1, 30 comma, della 1. n. 904 del 1965, venga liquidata dagli Uffici Tecnici Era riali (n. 190). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Se anche gli enti indicati nell'art. 2 della 1. 4 novembre 1963, n. 1460, possano avvalersi del procedimento valutario della indennit stabilita nell'art. 12 de1la il. n. 167 del 1962 nel nuovo testo (n. 190). ELETTRICIT ED ELETTRODOTTI Imposizione servit con clausola di inamovibilit. Se, essendo gli elettrodotti da costruirsi daLl'ENEL a tensione superiore a 220.000 volt inamovibili per legge, comunque imposti, quelli a tensione inferiore possano essere amovibili o non secondo il prndente apprezzamento dell'autorit amministrativa (Prefetto) competente ad imporire la servit (n. 30). Personalit giuridica dell'ENEL. Se l'ENEL sia un'Amministrazione deLlo Stato o sia comunque, agli effetti tributari, aissimiiabile a una Amministrazione dello Stato (n. 31). ESPROPRIAZIONE PER P. U. Disposizioni per favorire l'acquisizione di aree fabbricabili per l'edilizia economica e popolare. Se, nella determinazione del primo termine della media dell'art. 13 della 1. 15 gennaio 1885, n. 2892, richiamato nell'art. 1 della 1. 21 luglio 1965, n. 904, e cio del valore venale dell'immobile espropriato, si deve tener conto della condizione del bene al momento dell'esproprio, e quindi della destinazione edilizia recata dal piano di zona, anche se costituisca una e plusvalenza > determdnata dalla formazione e dall'attuazione del piano ovvero una minusvalenza > cmne nel caso di vincoli preclusivi od attenuati dall'edificabilit disposti dal piano (n. 229). Se, nella determinazione del secondo termine della media, il coacervo, in mancanza dei :fitti di data certa dell'ultimo decennio, possa compiersi sugli imponibili catastali (n. 229). Se proceduralmente ila norma dell'art. 12 della 1. 167 del 1962, 20 comma, del nuov'o testo della 1. n. 904 del 1965, debba inquadrarsi nel normale procedimento espropriativo che ha come richiedente il Comune e come autorit che pronuncia i'esproprio il Prefetto (n. 229). Se sia opportuno che l'iindennit aggiuntiva, prevista dall'articolo 1, 30 comma, della 1. n. 904 del 1965, venga liquidata dagli Uffici Tecnici Eraria\Li (n. 229). Se anche gli enti indicati nell'art. 2 della 1. 4 novembre 1963, n. 1460, possano avvalersi del procedimento valutario della indennit stabildta nell'art. 12 dela 1. n. 167 del 1962 nel nuovo testo (n. 229). Impossessamento coattivo del bene. Se, in caso di mancata consegna del bene da parte del proprietario, possa farsi luogo senz'altro -in sede di autotutela -all'impossessamento coattivo del bene a mezzo di forza pubblica (n. 230). PARTE II, CONSULTAZIONI 29 Pagamento indennit. Se sui provvedimenti di volontaria giurisdizione con i quali l'Autorit Giudiziada ordini il pagamento diretto della indennit di espropriazione sia dovuto il contributo da versare a\lla Cassa di previdenza ed assistenw per avvocati e procuratori (n. 231). Piani di ricostruzione -Intervento statale. Se, sostituitosi il Ministero dei Lavori Pubblici al Comune per il'attuazione di un piano di ricostruzione dell'abitato, ed essendo compresi in detto piano terreni di propriet dello stesso ,Comune, questi debbano essere espropriati con pagamento dell'indennit in favore dell'Ente locale (n. 232). IiMPIEGO PUBBLICO Assistente straordinario a cattedra universitaria. Se lo status dell.'assistente universitario straordinario sia compatibile con 1a prestazione del servizio miiltare di leva (n. 642). Se, ove un assistente universitario straordinario rsubisca una condanna penale, esso debba essere sottoposto a procedimento disciplinare, pur essendo decol'so il periodo annuale di nomina (n. 642). Se la condanna penale subita ,quale obiettore di coscienza escluda il requi sito di buona condotta da ritenere necessario per ila nomina di assistente straordinario (n. 642). Personale in Africa -Trattamento economico. Se le espressioni usate nelle disposizioni di cui all'art. 1 della J.. 16 mag.gio 1956, n. 496, concernenti il trattamento economico del personale rimasto nei territori d'Africa gi dii sovranit italiana, siano da intendere in senso proprio e tecnico (n. 643). Se possa effettuarsi, ai sensi degli artt. 406 e 496 del regolamento di contabilit defilo Stato e dell'art. 3 r. d. J.. 19 gennaio 1939, n. 295, il conguaglio fra le somme gi in precedenza percepite dali'interessato, a titolo di competenze coloniali aNetrate e somme ancora da trada che presentino superfkie sdrucciolevole per cause estrinseche relative alla manutenzione (ristagni di acqua, formazione di ghiaccio e simili), oltre che i tratti di strada che presentino fa.li ca;ratteristiche per cause intrinseche, relative alfa struttura (malformazione, levigatezza del manto) (n. 64). Se l'apposizione del cartello strada sdrucciolevole esima l'ente proprietario della strada dal provvedere all'adozione dei mezzi necessari pe;r l'eliminazione delle formazioni di ghiaccio (n. 64). Se l'apposizione del cartello strada sdrucciolevole e l'adozione di misure di manutenzione escludono l'obbligo per l'ente proprietario della strada di integrare la segnaletica con cartelli esplicativi (n. 64). TRANSAZIONE Se per un contratto di permuta, diretta a prevenire una lite, sia richiesto il parere del Consiglio di Stato, a sensi dell'art. 14 r. d. 18 novembre 1923, n. 2440 e quello dell'AvvocatUl'a dello Stato, di cui all'art. 13, t. u. 30 ottobre 1933, n. 1611 (n. 15). TRASPORTI Carnet TIR -Distruzione del carico -Forza maggiore. Se, in caso di distruzione di un carico autotrasportato con carnet TIR ed andato distrutto a seguito di incendio conseguente a scoppio di gomme, debba ritenersi integrata la fattispecie della forza maggiore prevista dall'art. 16 della Convenzione internazionale resa esecutiva in ItaUa con 1. 12 agosto 1962, n. 1517 ai fini dell'esonero dal pagamento dei diritti doganali (n. 57). TRATTATI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI Art. 16 Convenzione Internazionale resa esecutiva con l. 18 agosto 1962, n. 1517. Se, in caso di distruzione di un carico autotrasportato con carnet TIR ed andato distrutto a seguito di incendio conseguente a scoppio di gomme, debba ritenevsi integrata la fattispecie della forza maggiore prevista dall'art. 16 della Convenzione internazionale resa esecutiva in Italia con l. la agosto 1962, n. 1517 ai fini dell'esonero dal pagamento dei dtritti doganali (n. 31). NOTIZIARIO Nella .sede dell'Avvocatura Generale, il giorno 9 febbraio si svolta una cerimonia di commiato in onore di S. E. Pietrini Pallotta, collocato a riposo per raggiunti limiti di et. L'Avvocato Generale, S. E. Giovanni Zappal, ha ricordato ai numerosi avvocati e procuratori dello Stato intervenuti il validissimo contributo dato da S. E. Pietrini Pallotta durante i lunghi anni di servizio nell'Istituto. S. E. Pietrini Pallotta ha ringraziato con commosse parole l'Avvocato Generale e tutti i colleghi. s. E. Pietdni Pallottia venne nominato Sostituto Avvocato il 3 gennaio 1932 presso l'Avvocatura distrettuale di Trieste e il 9 diceml-e 1937 fu trasferito presso l'Avvocatura Generale. Promosso a scelta Vice Avvocato il 20 ottobre 1948, e poti Avvocato distretturue 1'8 settembre 1950, fu destinato presso l'Avvocatura di caltanissetta. Trasferito di nuovo presso l'Avvocatura Generale, il 4 aprile 1963, fu promosso Vice Avvocato Generale. =j' ~ ~ ::; I" :iI < fil' P II;: '"} ~~.,,,~~4!!!'4r#AiV~ftlllW)11!'.~J