GENNAIO -FEBBRAIO 1968 IO XX-N. l RASSEGNA ELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ROMA ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 1 9 6 8 ABBONAMENTI ANNO ................................ L. 7.500 UN NUMERO SEPARATO ............... 1.300 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA e/e postale 1/40500 Stampato in Italia Printed in ltal'Y Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13,]luglio 1966 (7213396) Roma, 1968 -Istituto Poligrafico dello Stato P.V. Con questo numero le sezioni, terza e sesta, vengono curate rispettivamente dai colleghi avv; PIETRO DE FRANc1sc1 e FRANCESCO CARUSI. Ai colleghi GIUSEPPE DEL GRECO che lascia l'incarico e FRANCESCO CARUSI che lascia la sezione terza per assumere la cura della sezione sesta, va il pi vivo ringraziamento per la proficua attivit svolta, neHa certezza che essi continueranno a dare, anche in avvenire, a;l periodico la loro migliore collaborazione. LA REDAZIONE INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNA ZIONALE pag. Sezione seconda: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE " 17 Sezione terza: GIURISPRUDENZA CIVILE ,, 42 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRAl'WA " 71 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA " 76 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE 118 Sezione settima: GIURISPRUDENZA PENALE ,, 146 Parte seconda: QUESTIONI -RASSEGNE -CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO ~UESTIONI pag. ~SSEGNA DI DOTTRINA )) 7 ~SSEGNA DI LEGISLAZIONE )) IO :ONSUL T AZIONI )) 18 'JOTIZIARIO . . )) 31 La pubblicazione diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO Le sezioni della parte prima sono curate, nell'ordine, dagli avvocati: Michele Savarese, Benedetto Saccari, Pietro De Francisci, Ugo Gargiulo, Mario Fanelli, ,Franco Carusi, Antonino Terrnnova Le rassegne di dottr.ina e legfalazione dagli avvocati: Luigi Mazzella e Arturo Marzano ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI LA REDAZIONE, Note sul contenzioso dei pubblici appalti . . II, 1 G. DE PAOLA, Osservazioni in tema di approvazione dei contratti sottoposti al regime di contabilit . . . . . . . . . I, 19 P. DI TARSIA, Ingiunzione fiscal: questioni vecchie e nuove . I, 90 P. DI TARSIA, In tema di diritti della difesa: l'art. 372 c. p. p. e il deposito degli atti dell'istruttoria sommaria . . . . . . I, 146 INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA 1.CQUE PUBBLICHE ED ELETAPPALTO TRICIT -Concessione e derivazione -Concessione di grande derivazione per forza motrice -Espropriazione di immobile occorrente per l'esecuzione dei lavori e degli impianti -Prefissione per relationem dei termini ex art. 13 leg. 25 giugno 1865, n. 2359 -Legittimit -Sussiste, 122. -Concessione e derivazione -Concessione di grande derivazione per forza motrice -Espropriazione per p.u. di immobi~e occorrente per l'esecuzione dei lavori e degli impianti -Proroga del termine di compimento di espropriazione per difficolt incontrate dal concessionario nelle varie operazioni -Legittimit -Sussiste -Sindacato del Giudice di legittimit della valutazione delle ragioni della proroga -Esclusione -Necessit che la proroga abbia durata non maggiore del termine prorogato -Esclusione, 122. - Concessione e derivazione Concessione di grande derivazione per forza motrice -Espropriazione di immobile occorrente per la realizzazione del franco o zona di rispetto di un serbatoio -Legittimit -Sussiste, 122. ~MMINISTRAZIONE DELLO STATO E DEGLI ENTI PUBBLICI -Contabilit generale dello Stato Contratti della p. a. -Approvazione -Efficacia retroattiva, con nota di G. DE PAOLA, 19. -Contabilit generale dello Stato -Contratti della p. a. -Contratto concluso dallo stesso organo competente per l'approvazione -Approvazione implicita -Ammissibilit, con nota di G. DE PAOLA, 19. -Appalti di opere pubbliche -Appalti di opere militari -Mancata verbalizzazione della sospensione dei lavori ordinata dall'Amministrazione e dalla successiva ripresa dei lavori medesimi -Riserve dell'appaltatore investenti l'andamento generale dei lavori -Momento e sede di formulazione e di conferma -Verbale di ultimazione dei lavori e conto finale, 126. -AP,palto di opere pubbliche -Appalti di opere militari -Ordine di servizio del direttore dei lavori -Ordine di sospensione dei lavori -Onere della riserva immediata -Presupposto necessario Verbale di sospensione e ripresa dei lavori, 125. -Appalto di opere pubbliche -Appalti di opere militari -Ordine di servizio del direttore di lavori - Osservazioni dell'appaltatore -Termine di decadenza Applicabilit alle riserve dell'appaltatore ,.. Esclusione -Differenza fra osservazioni e riserve 125. -Appalto di opere pubbliche Formazione del contratto -Aggiudicazione a seguito di incanto o di liquidazione privata -Natura ed efficacia di atto conclusivo della formazione del contratto Sussiste, 118. -Appalto di opere pubbliche Onere dell'appaltatore di formulazione delle riserve -Funzione e portata -Fatti continuativi -Necessit di immediata formulazione della riserva -Esclusione -Differimento della formulazione della riserva al momento della sottoscrizione del conto finale Sussiste, 118. - Appalto di opere pubbliche -Potere discrezionale dell'Amministrazione committente di ordinare la sospensione dei lavori per vm RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO proprie esigenze -Presuppo sti e limiti, 126. Appalto di opere pubbliche Svolgimento del rapporto -Difficolt di esecuzione derivanti da cause preesistenti geologiche, idriche e simili non previste dalle parti -Notevole, maggiore onerosit della prestazione dell'appaltatore -Diritto dell'appaltatore ad un equo compenso Concetto di causa preesistente, non prevista dalle parti, rilevante ai fini dell'indennizzo -Fattispecie, 126. -Appalto di opere pubbliche Svolgimento del rapporto -Onere della riserva immediata -Presupposto nece~sario -Regolare formazione del documento contabile nel quale la riserva deve essere iscritta -Mancanza -Procastinazione dell'onere di proposizione della riserva -Sussiste, 125. - Appalto di opere pubbliche Svolgimento del rapporto -Riserve dell'appaltatore -Onere di chiarezza -Sussiste, 126. ATTO AMMINISTRATIVO -V. Contabilit generale dello Stato. CASSAZIONE -Quietanza del deposito per multa -Omessa trascrizione degli estremi sul ricorso e sulla copia notificata -Inammissibilit, 70. -V. anche Competenza e giurisdizione. CIRCOLAZIONE STRADALE -Contravvenzioni commesse da persone non residenti in Italia Notifica non obbligatoria -Viollazione 1del diritto di difesa Esclusione, 6. COLLEGIO AMMINISTRATIVO - V. Impiego pubblico. COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Cassazione -Consiglio di Stato Decisioni -Sindacato delle Sezioni unite della Corte di Cassazione Limiti Questioni di legittimit costituzionale -Irrilevanza sulla questione di giuri sdizione -Inammissibilit del ricorso, 36. -Cassazione -Consiglio di Stato Decisioni -Sindacato delle sezioni unite della Corte di Cassazione -Limiti -Questioni di legittimit costituzionale -Potere dovere del Consiglio di Stato di pronunziarsi sulla rilevanza e sulla fondatezza delle questioni di legittimit costituzionale Motivazione analitica -Eccesso di potere giurisdizionale -Insussistenza, 34. -Danni di guerra -Indennizzo Contributo di ricostruzione Pretesa del privato alla concessione ed alla misura -Interesse legittimo -Giurisdizione del Consiglio di Stato, 36. -Edilizia economica e popolare Affitto di alloggi ai militari Provvedimenti relativi -Competenze della Autorit militare e dell'I.N.C.I.S. -Natura giuridica -Effetti -Giurisdizione del giudice amministrativo, 38. -Espropriazione per p. u. -Piano regolatore della citt di Roma Giurisdizione ordinaria e giurisdizione amministrativa -Controversia sulla esistenza del potere di espropriazione -Formulazione astratta della inesistenza del potere per esclusione del bene dalla previsione legislativa -Fattispecie -Giurisdizione del Giudice ordinario, con nota di G. PROVENZALI, 26.. -Giurisdizione generale di legit"timit del Consiglio di Stato Presupposti Conseguenze Fattispecie, 17. -Navigazione marittima -Aziende concessionarie dei .servizi di trasporto -Contributo straordinario di esercizio -Richiesta di integrazione -Giurisdizione del I Consiglio di Stato, 30. f l INDICE IX -Obbligazioni a contratti -Guerra -Deliberazioni del Commissario per la liquidazione e la sistemazione dei contratti di guerra Giurisdizione ordinaria e amministrativa -Criterio di discriminazione -Applicabilit dei normali principi, con nota di G. DE PAOLA, 18. -Questioni di giurisdizione -Poteri della Cassazione in ordine ai presupposti di fatto, 30. -V. anche Competenza e giurisdizione, imposte e tasse in genere. CONCESSIONI AMMINISTRATIVE -V. Acque pubbliche. CONFLITTO DI ATTRIBUZIONI -V. Friuli -Venezia Giulia, Sicilia. CONTABILIT GENERALE DELLO STATO -Pagamenti di spese -Vizi del procedimento amministrativo Annullabilit dell'atto -Legittimazione -Fattispecie, 59. -V. anche Amministrazione dello Stato. CONTRATTI AGRARI -Innovazioni radicali progettate dal concedente -Esclusione della proroga legale -Attuabilit ed utilit generale delle trasformazioni -Preventiva dichiarazione in proposito dell'ispettorato agrario -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 3. CORTE COSTITUZIONALE -Conflitto di attribuzione tra Stato e Regione -Provvedimento non definitivo di organo statale Ammissibilit del ricorso, 13. COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA -V. Circolazione statale, Contratti agrari, Friuli-Venezia Giulia, Matrimonio, Lavoro, Procedimento penale, Sicilia. DANNI -V. Prescrizione. EDILIZIA POPOLARE ED ECONOMICA -Alloggi Cooperativi -Opere abusive -Ordine di rimozione -Presupposti, 74. -V. anche Competenza e giurisdizione. ENTRATE PATRIMONIALI DELLO STATO -V. Imposte e tasse in genere. ESECUZIONE FISCALE -V. Imposte e tasse in genere. ESPROPRIAZIONE PER P. U. -Espropriazione -Efficacia traslativa del decreto -Diritto all'indennit -Prescrizione -Termine iniziale, 44. -Indennit -Indennit pari al valore denunciato ai fini dell'imposta sull'incremento di valore delle aree -Mancato deposito degli interessi -Decreto prefettizio Illegittimit, 73. -V. anche Acque pubbliche, Competenza e giurisdizione. FRIULI-VENEZIA GIULIA -Conflitto di attribuzione fra Stato e Regione -Atto di rinvio della legge -Supposta illegittimit del RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO l'atto di rinvio -Proposizione del ricorso da parte della Regione dopo 60 giorni della conoscenza delle decisioni di rinvio -Inammissibilit del ricorso, 14. GIUDIZIO DI LEGITTIMIT COSTITUZIONALE - V. Competenza e giurisdizione. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA -Ricorso giurisdizionale -Controinteressato -Atto di nomina di Commissario presso un Ente pubblko -Impugnativa -Posizione del Commissario - Controinteressato, 71. -Ricorso giurisdizionale -Controinteressato -Notifica a mezzo posta -Omesso deposito dell'avviso di ricevimento -Inammissibilit, 71. -Ricorso giurisdizionale -Controinteressato -Notifica presso l'ufficio -Consegna resa a mani proprie, 71. -Ricorso giurisdizionale -Controinteressato -Nozione, 71. -V. anche Competenza e giurisdizione. GUERRA - V. Competenza e giurisdizione. IMPIEGO PUBBUCO -Carriera -Ricostruzione -Necessit di riesame di provvedimento non pi impugnabile -ImpugnabHit del silenzio -Esclusione, 72. -Provvedimento disciplinare Commissione giudicatrice -Partecipazione di componente gi pronunciatosi in qualit di inquirente -Illegittimit, 72. -Stipenl.i, assegni, indennit -Ripetibilit di emolumenti non dovuti -Limiti, 75. IMP,OSTA DI REGISTRO -Enunciazione di convenzione verbale -Enunciazione di conferimenti in societ di fatto -Momento da considerare ai fini della determinazione dell'imponibile E quello dell'attuazione dei con. ferimenti -Accertamento presuntivo in base al patrimonio sociale al momento dell'enunciazione in mancanza di prova contraria inoppugnabile -Legittimit, 76. - Enunciazione di convenzione verbale -Enunciazione in sentenza -Tassabilit ai sensi dell'art. 62 della legge di registro -Sussiste, 76. -Superficie -Locazione -Concessione di terreno per costruirvi un impianto di distribuzione di carburanti con annessa stazione di servizio -Configurabilit, anche ai fini tributari, di un rapporto (anomalo) di locazione -Criteri, 99. IMPOSTA DI SUCCESSIONE -Attivo imponibile -Beni siti nel territorio di Trieste -Coacervo con i beni siti in altra parte del territorio dello Stato -Ammissibilit, 85. IMPOSTA SULLE SOCIET -Reddito imponibile -Detrazioni -Imposte iscritte a ruolo posteriormente alla liquidazione o trasformazione delle Societ -Sistema della legge n. 603 del 1954, con nota di G. ANGELINI ROTA, 104. -Reddito imponibile -Detrazioni -Imposte iscritte a ruolo posteriormente alla liquidazione o trasformazione delle societ -Sistema del vigente t. u. sulle imposte dirette, con nota di G. ANGELINI ROTA, 105. INDICE. :X:I IMPOSTE E TASSE IN GENERE -Avviso di accertamento di valore -Mancata sottoscrizione della copia notificata -Nullit -Inesistenza, con nota di G. ANGELINI ROTA, 112. Competenza e giurisdizione Estimazione semplice ed estimazione complessa -Criteri distintivi -Controversia sulla individuazione della consistenza dei beni conferiti in una societ di fatto - di estimazione semplice, 76. -Imposte dirette -Azione giudiziaria -Necessit della preventiva decisione definitiva di una Commissione -Decisione su sole questioni. pregiudiziali -Non sufficiente, con nota di G. ANGELINI ROTA, 115. -Imposte dirette -Ricorso contro i ruoli per duplicazione -Termine -Inosservanza -Ripetizione di indebito -Ammissibilit Fattispecie, con nota di G. ANGELINI ROTA, 109. -Imposte, tasse, entrate patrimoniali dello Stato -Distinzione Proventi del servizio ferroviario -Entrate di diritto privato -Competenza . e giurisdizione Competenza per materia -Ingiunzione per il pagamento del biglietto ferroviario e della soprattassa -Competenza funzionale del Tribunale -Esclusione, con nota di u. GIARDINI, 42. ~ Ingiunzione fiscale -Opposizione -D luogo ad un giudizio di cognizione nel merito della pretesa e non ad un giudizio sulla legittimit dell'atto, con nota di P. DI TARSIA, 90. - Procedimento dinanzi alle Commissioni, nullit degli atti della sentenza -Rimedi -Impugnazione -Necessit -Limiti, con nota di G. ANGELINI ROTA, 112. IMPUGNAZIONE -Impugnazione incidentale tardiva diretta contro una parte diversa da quella che ha proposto l'impugnazione principale -Inammissibilit -Causa inscindibile -Impugnazione autonoma in via incidentale tardiva -Ammissibilit, 67. INGIUNZWNE FISCALE -Opposizione -Domanda riconvenzionale all'Amministrazione Ammissibilit, con nota di P. DI TARSIA, 90. ' -V. anche Imposte e Tasse in genere. LAVORO -Riposo settimanale del lavoratore -Cadenza ad intervalli pi lunghi di una settimana -Legittimi-. t costituzionale -Fattispecie diverse, 8. LEGGI, DECRETI E REGOLAMENTI -4egge ed atti aventi forza di legge -Incidenza sui diritti soggettivi -Questioni di legittimit costituzionale -Declaratoria di illegittimit da parte della Corte Costituzionale -Giurisdizionale del giudice ordinario, 17. LOCAZIONE - V. Imposta di registro. MANDATO -Mandato con rappresentanza Eccesso nell'esecuzione dell'incarico -Nozione -Effetti, 59. MATRIMONIO -Separazione di fatto dei Coniugi -Obbligo del marito di somministrare alla moglie ci che necessario ai bisogni della vita Illegittimit costituzionale Esclusione, 1. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO NAVE E NAVIGAZIONE -V. Competenza e giurisdizione. OBBLIGAZIONI E CONTRATTI -V. Competenza e giurisdizione. OPERE PUBBLICHE -V. Appalto. PRESCRIZIONE Cause impeditive all'esercizio del diritto -Nozione, 45. Illecito meramente civile ed illecito penale da unico fatto in danno della stessa persona -Prescrizione dell'azione risarcitoria da illecito civile -Applicabilit del pi lungo termine della prescrizione per il reato, 47. -Prescrizione del diritto al risarcimento del danno da reato Determinazione della prescrizione pi lunga stabilit per il reato -Rilevanza del titolo del reato contestato e irrilevanza della qualificazione data dalla sentenza -Cause interruttive della prescrizione penale -Irrilevanza ai fini della prescrizione in sede civile, 50. -V. anche Violazione delle leggi finanziarie e valutarie. PRIVILEGI Credito per le spese previste nella seconda parte dell'art. 552 c. nav. -Rimborso a favore del raccomandatario -Trasferimento ope legis del privilegio con il credito, 63. PROCEDIMENTO CIVILE Interruzione del processo Omessa declaratoria dell'interruzione -Legittimazione a dolersi dell'irregolare prosecuzione del giudizio, 76. -PROCEDIMENTO PENALE -Istruzione -Istruzione sommaria -Chiusura -Proscioglimento Applicazione della norma che impone il deposito degli atti in Cancelleria -Obbligatoriet, con nota di P. DI TARSIA, 146. -IstrUllione formale e sommaria senza previa contestazione del fatto o interrogatorio dell'imputato -Proscioglimento -Illegit.,. timit costituzionale, 11. -Procedimento contro minorenni -Ispezione corporale -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 15. SICILIA -Conflitto di attribuzione tra Stato e Regione -Comitato regionale per il credito ed il risparmio I ~ Ammin~stratori e sindaci delle fil Casse di Risparmio -Deroga alla incompatibilit -Carenza di potere del Comitato regionale, 2. -Conflitto di attribuzione con lo Stato -Competenza a costituire le Commissioni Pr,0vinciali per I,, l'istruttoria delle domande di iscrizione agli albi nazionali de . gli esportatori di prodotti ortofrutticoli -Spetta al Prefetto, 13. ' I I TRASPORTO E NOLEGGIO MARITTIMO I -Raccomandatario -Disciplina Obbligo di anticipare le spese, relative ai transiti, previste dalla seconda parte dell'art. 552 cod. nav., 63. VIOLAZIONI DELLE LEGGI F'INANZIARIE E VALUTARIE <:lli -Pena pecuniaria -Prescrizione Verbali di accertamento delle violazioni -Efficacia interruttiva li della prescrizione -Limiti, con nota di G. ANGELINI ROTA, 102. I INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA :!ORTE COSTITUZIONALE il dicembre 1967, n. 144 . pag. 1 l5 dicembre 1967, n. 145 . 2 l5 dicembre 1967, n. 147 . 3 l5 dicembre 1967, n. 149 . 6 l5 dicembre 1967, n. 150 . 8 l5 dicembre 1967, n. 151 . 11 l5 dicembre 1967, n. 153 . 13 l5 dicembre 1967, n. 154 . 14 .5 dicembre 1967, n. 156 . 15 GIURISDIZIONI CIVILI ::ORTE DI CASSAZIONE ;ez. Un., 14 giugno 1967, n. 1331 . pag. 76 lez. Un., 24 giugno 1967, n. 1556 17 ;ez. Un., 31 luglio 1967, n. 2037 18 ;ez. Un., 31 luglio 1967, n. 2039 26 ;ez. I, 7 ottobre 1967, n. 2290 . 85 ;ez. Un., 9 ottobre 1967, n. 2339 90 lez. Un., 13 ottobre 1967, n. 2443 30 lez. I, 30 novembre 1967, n. 2851 . 99 lez. I, 4 dicembre 1967, n. 2869 . . 118 ;ez. III, 20 dicembre 1967, n. 2988 . 42 !ez. I, 8 gennaio 1968, n. 34 . . . 102 lez. Un., 15 gennaio 1968, n. 82 . 34 lez. I, 18 gennaio 1968, n. 91 . . . 44 lez. III, 22 gennaio 1968, n. 171 . 47 lez. III, 22 gennaio 1968, n. 175 . 50 lez. I, 27 gennaio 1968, n. 267 . 104 ;ez. I, 31 gennaio 1968, n. 314 . 109 )ez. I, 3 febbraio 1968, n. 350 . 112 lez. I, 3 febbraio 1968, n. 354 . 115 lez. I, 8 febbraio 1968, n. 417 . 59 lez. Un., 9 febbraio 1968, n. 424 . 36 ;ez. I, 10 febbraio 1968, n. 429 . . 63 ;ez. I, 21 febbraio 1968, n. 575 . . 67 ;ez. I, 21 febbraio 1968, n. 577 . . 70 ~ez. n., 29 febbraio 1968, n. 661 . 38 ~RIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE 6 febbraio 1968, n. 4 . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 122 XIV RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO LODI ARBITRALI 20 febbraio 1968, n. 5 (Roma) . . . . . . . . . . . . . . pag. 125 GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 12 gennaio 1968, n. 1 pag. 71 Sez. IV, 12 gennaio 1968, n. 5 71 Sez. IV, 1.2 gennaio 1968 n. 10 72 Sez. IV, 12 gennaio 1968, n. 12 . 72 Sez. IV, 12 gennaio 1968, n. 17 . 73 Sez. IV, 7 febbraio 1968, n. 70 . 74 Sez. IV, 14 febbraio 1968, n. 74 . 75 GIURISDIZIONI PENALI CORTE DI CASSAZIONE Sez. II, 5 gennaio 1968, n. 4163 . . . . . . . . . . . . . . pag. 146 SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA QUESTIONI Per una nuova disciplina del contenzioso dei pubblici appalti . . pag. 1 RASSEGNA DI DOTTRINA C. CARBONE, I doveri pubblici individuali nella Costituzione, Giuffr, Milano, 1968 . . . . . . . . . . . . . pag. 7 G. CERVATI, Aspetti della legislazione vigente circa usi e terre di uso civico, Riv. trim. dir. pubblico . . . . . . . . . 9 V. GIORGis, Imposte di bollo e di pubblicit, Nuova Rivista Tributaria, editrice, Roma, 1968 . . . . . . . . . . . . . 9 E. PERFETTI, L'appalto nei riflessi delle imposte indirette delle agevolazioni tributarie, De Donato Leonardo da Vinci, Bari, .1967 . . . ; . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE LEGGI E DECRETI (segnalazioni) ........ pag. 10 NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMIT COSTITUZIONALE -Norme delle quali stato promosso giudizio di legittimit 10 [NDICE DELLE CONSULTAZIONI (secondo l'ordine di materia) Acque pubbliche pag. 18 Enfiteusi . pag. 21 Agricoltura e Foreste 18 Esecuzione forzata . 21 Amministrazione pub-Espropriazione p e r blica. 18 p. u. 21 Assicurazioni . 19 Fallimento 22 Borsa 19 Ferrovie 22 Comuni e Provincie 19 Impiego pubblico 23 Contrabbando 19 I m p o r t a z i o n i ed Contributi e finanzia-Esportazioni 24 menti 19 Imposta di bollo 24 Costituzione 20 Imposta di Registro . 25 Edilizia ec. e popo-Imposta di succes lare 20 sione 25 Elettricit ed Elettro-Imposta generale endotti . 20 trata 25 RASSl!.GNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Imposte e tasse pag. 26 Professioni pag. 28 Regioni 28 I Infortuni sul lavoro . 26 Re'sponsabilit civile 28 Locazione di cose 26 Riscossione coattiva 29 Navi 27 Strade 29 Occupazione 27 Trasporti 29 I 27 Pensioni . Trattati e Convenzio-~ Previdenza ed assi-ni Internazionali 29 ~ stenza 27 Turismo 29 Procedimento civile 28 Usi civici 30 NOTIZIARIO ..................... pag. 31 I ~ J I @ I; . ' I . PARTE PRIMA I I ~~ I II: . ,.: , !;:; GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE ::!ORTE COSTITUZIONALE, 15 dicembre 1967, n. 144 -Pres. Ambrosini -Rel. Mortati -Aiello e Nuccio (n. c.). '1atrimonio -Separazione di fatto dei coniugi -Obbligo del marito di somministrare alla moglie ci che necessario ai bisogni della vita -Illegittimit costituzionale -Esclusione. (Cost. artt. 3, 29, cod. civ. art. 145, primo comma). L'obbligo del marito, disposto dall'art. 145, primo comma, del ~odice civile in riferimento al secondo comma dello stesso articolo, di :omminist1are alla moglie tutto ci che le necessario per i bisogni lella vita in relazione alle proprie sostanze, senza consentire che si enga conto dei redditi della medesima, non contrasta con l'art. 3, >rimo comma, e 29, secondo comma, della Costituzione, quando esseniovi soltanto separazione di fatto dei coniugi, restino immutati gli ob> lighi e i diritti de.rivanti dal matrimonio (1). (Omissis). -La Corte ritiene che la rHsposizione denunciata non ontrasti con la Costituzione poich la diversit della distribuzione legli oneri fra i due COIJ,.iugi trova fondamento nella diversa posizione (1) La questione, decisa con procedimento in Camera di Consiglio, era tata sollevata con ordinanza 13 ottobre 1966 della Corte di Appello di 'Iessina (Gazzetta Ufficiale 14 gennaio 1967, n. 12). La sentenza della Corte Costituzionale richiamata in motivazione, . 3 maggio 1966, n. 46 riportata in questa Rassegna, 1966, I, 528 con ri hiami. Tale sentenza stata pure annotata da AMATO, in Giur. it., 1967, 605; BIGLIAZZI-GERI, in Democrazia e diritto, 1966, 313; A. GUARINO, in tir. e giur., 1966, 463; NocILLA, in Giur. Cast., 1966, 785. La Corte, nella prima parte della motivazione, pone a raffronto la sirnzione di fatto di cui alla sentenza n. 46 del 1966 rispetto a quella in :issegna. Mentre nel primo caso trattavasi di separazione consensuale, el secondo trattasi di separazione di fatto, di situazione, cio, che non RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO che il vigente codice di diritto privato, ritenendola necessaria ad assicurare l'unit della famiglia, conferisce loro e che si concreta nell'attribuire al marito (oltre che l'esclusivit dell'esercizio della e patria potest sui figli) la titolarit di una potest maritale , alla quale connette una ampia serie di particolari poteri, tali da porlo in posizione di preminenza sulla moglie. A siffatta preminenza si accompagna poi anche l'affievolimento delle sue responsabilit per l'inadempimento di qualcuno degli obblighi derivanti dallo stato matrimoniale, come nel caso considerato dall'ultimo comma dell'art. 151 del codice civile. Appare chiaro che nel sistema del codice i particolari doveri imposti al marito, quali sono quello della protezione della moglie e l'altro, del quale si controverte, della somministrazione ad essa di tutto quanto le necessario per la soddisfazione di ogni suo bisogno, senza riguardo alle sostanze di lei, sono da valutare nel rapporto in cui si trovano di necessaria correlazione con la situazione di vantaggio a lui conferita, sicch, ferma rimanendo quest'ultima, nessuna attenuazione potrebbe apportarsi negli obblighi, venendo altrimenti meno l'equilibrio voluto costituire nei rapporti reciproci. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 15 dicembre 1967, 11. 145 -Pres. Ambrosini -Rel. Benedetti -Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Guglielmi) c. Presid~nte Regione Siciliana (avv. Sorrentino). Sicilia -Conflitto di attribuzione tra Stato e Re~ione -Comitato re~io nale per il credito e il risparmio -Amministratori e sindaci delle Casse di Risparmio -Dero~a alla incompatibilit -Carenza di potere del Comitato re~ionale. (St. Sicilia art. 17, lett. e, art. 20; d. P. R. 27 giugno 1952, n. 1133, artt. 1 e 2). Spetta allo Stato, e per esso al Comitato interministeriale per il credito e risparmio, e non alla Regione Sicilia.na, e per essa al Comitato regionale, la competenza ad emettere i p1ovvedimenti di deroga alle incompatibilit per l'ufficio di amministratore e di sindaco delle forma oggetto di specifica prev1s10ne normativa, di guisa che rimangono immutati gli oblighi e i diritti derivanti dal matrimonio e non sussiste alcun elemento idoneo a differenziare la situazione stessa da quella che caratterizza il rapporto matrimoniale. Per quanto riguarda i rapporti patrimoniali, in ipotesi di separazione di fatto, la disciplina deve, conseguentemente, ricondursi in tutto all'articolo 145 e.e. I I PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE Casse di Risparmio, previsti dall'art. 4 del r. d. l. 24 febbraio 1938, n. 204, integrato dall'articolo unico della legge di conversione 3 giugno 1938, n. 778 (1). CORTE COSTITUZIONALE, 15 dicembre 1967, n. 147 -Pres. Ambrosini -Rel. Mortati -Barone ed altri (Avv. Stella) e Presidente del Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Chiarotti). Contratti agrari -Innovazioni radicali progettate dal concedente Esclusione della proroga legale -Attuabilit ed utilit generale delle tr~sformazioni -Preventiva dichiarazione in proposito dell'Ispettorato agrario -Illegittimit costituzionale -Esclusione. (Cost. art. 24, 101 e 102; d. I. C. P. s. 1 aprile 1947, n. 27.3, art. l, lett. b; I. 13 giul'(llo 1961, n. 527, art. unico). L'art. 1, lett. b, del d. l. C. P. S. 1 aprle 1947, n. 273, modificato d.all'articolo unico della legge 13 giugno 1961, n. 527, disponendo che !a dichiarazione dell'Ispettorato agrario compartimentale circa l'attuabilit e l'utilit generale delle trasformazioni agrarie progettate dal ~oncedente per la cessazione della proroga legale vincola, entro certi !imiti, il giudice ai fini della risoluzione del rapporto agrario, non (1) La Corte ha affermato che i provvedimenti di dispensa in questione non rientrano nella competenza del Comitato regionale per il credito ed il risparmio, esorbitando delle attribuzioni spettanti al Comitato stesso in virt dell'art. 2 del d.P.R. 27 giugno 1952, n. 1133. Tale articolo, alla lett. a), attribuisce al comitato la competenza circa l'ordinamento di istituti ed aziende di credito operanti esclusivamente nel territorio regionale ~d alla lett. e) la nomina di amministratori e sindaci degli istituti ed ~ziende di cui alla lettera a, nei casi in cui dalle vigenti disposizioni :lemandata agli organi di vigilanza bancaria . Ora la Corte ha esattamente ritenuto che la dispensa dalle incompatioilit un provvedimento a contenuto particolare che non rientra nel ~oncetto di ordinamento , il quale indica provvedimenti a contenuto generale, e che il provvedimento di dispensa si distingue da quello di nomina per il procedimento di formazione, per la diversit del contenuto ~ delle ragioni che ne giustificano l'adozione. Con tale motivazione la Corte b.a accolto pienamente la tesi sostenuta dall'Avvocatura. La Regione aveva promosso in via incidentale la questione di legitti! Ilit costituzionale degli artt. 1, 2, 10 del citato decreto presidenziale in riferimento all'art. 20 dello Statuto, ma la Corte ha dichiarato la questione manifestamente infondata. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO contrasta n col diritto di difesa, n con quello dell'indipendenza e del libero convincimento del giudice, stabiliti dagli artt. 42, 101 e 102 della Costituzione (1). (Omissis). -1. -Le due cause riguardano la stessa questione di legitti~ it costituzionale, sollevata nei confronti deli'art. 1, lett. b, del d. 1. C. P. S. 1 aprile 1947, n. 273, modificato dalla legge 13 giugno 1961, n. 527, contenente proroga dei contratti agrari, anche se una fa riferimento alla violazione del solo art. 24 della Costituzione mentre l'altra denuncia anche quella degli artt. 101 e 102. Perci esse sono state trattate congiuntamente e vengono ora riunite per essere decise con unica sentenza. 2. -La questione deve ritenersi infondata sotto l'aspetto delle allegate violazioni, sia del diritto all'azione ed alla difesa in giudizio, sia del principio del libero convincimento del giudice. A comprovare l'esattezza di tale affermazione occorre '.lnzitutto tenere presente la funzione assegnata al decreto n. 273, che quella di limitare il diritto dei proprietari terrieri alla libera disponibilit dei fondi concessi in compartedpazione o in affitto, affinch risulti tutelato l'interesse generale alla protezione della parte del rapporto contrattuale economicamente e socialmente pi dibole. Protezione che si esplica, sia con l'imposizione della proroga legale dei contratti agrari in corso, sia con il condizionare i casi di deroga alla proroga stessa ad eventi tassativamente determinati, riguardanti o l'esigenza dello stesso concedente di coltivare direttamente il fondo, ovvero (come nel caso che qui viene in considerazione) l'interesse del privato proprietario a ricavare maggiori profitti dalla coltivazione del fondo, ma solo in quanto esso appaia connesso con l'interesse generale. appunto siffatta connessione fra queste due specie di interessi che spiega come la disposizione denunciata, oltre a conferire al giudice poteri particolarmente penetranti in ordine alla valutazione della correlazione rilevabile fra la natura, l'entit, i tempi delle trasformazioni agrarie volute effettuare dal proprietario e la incompatibilit rispetto ad esse della presenza nel fondo dell'affittuario o del colono, allo scopo di evitare che senza un'effettiva necessit venga sacrificata (1) La Corte ha riunito i giudizi di legittimit costituzionale promossi con ordinanza 4 marzo 1966 della Corte di Appello di Venezia (Gazzetta Ufficiale n. 143 dell'll giugno 1966) e con ordinanza dell'll luglio 1966 della Corte di Appello di Catania (Gazzetta Ufficiale n. 324 del 24 dicembre). Per riferimento alle sentenze della Corte Costituzionale n. 70 del 1961 e n. 94 del 1962, si rinvia al volume I giudizi di costituzionalit, 1961-1965, pag. 206. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE :i. pretesa di costoro al mantenimento in vita del rapporto, richieda .'altra parte all'Ispettorato agrario compartimentale una preventiva .ichiarazione, vincolante il giudice, circa i'attuabilit e l'utilit delle 1edesime in confronto con le esigenze dell'incremento della produione agraria, nonch con quelle dell'occupazione della mano d'opera. la diversit degli interessi voluti soddisfare che d ragione del .uplice procedimento richiesto affinch si possa consentire la deroga lla proroga legale: il primo, di carattere amministrativo, implicante ipprezzamenti d'indole discrezionale, anche se in parte di discrezionait tecnica, effettuabili per opera delle autorit (Ispettorati comparimentali e Ministro dell'Agricoltura) che appaiono le sole, o le pi donee, a valutare la corrispondenza del progetto di trasformazione on le complessive esigenze dell'economia e della solidariet sociale da apprezzare anche in relazione alle direttive fissate dai programmi conomico-sociali ed alla loro idoneit al conseguimento delle finalit ui questi hanno riguardo). Il secondo procedimento, esperibile avanti gli organi giurisdizionali, solo dopo che l'autorit amministrativa si ia pronunciata in senso favorevole all'istanza del proprietario, non 1resenta nessuna limitazione all'esercizio delle comuni facolt consenite alle parti, n dei poteri del giudice per giungere alla determinaione della volont della legge nel caso concreto, con riferimento alla ussistenza dei requisiti di radicalit, di incompatibilit, di immediaezza, richiesti dall'art. 1 lett. b. Non esatto quanto stato dedotto talla difesa di uno dei concedenti, che cio la fissazione da parte del' lspettorato del termine per l'ultimazione delle opere di trasforma; ione vincoli l'apprezzamento del giudice drca la immediatezza delle rasformazioni proposte, poich, mentre questa riguarda l'inizio delle nedesime, l'altra attiene alla loro durata massima e persegue lo .copo della tutela dell'interesse generale cui esse sono collegate. Nssuna obiezione in ordine alla costituzionalit dell'intervento lell'autorit amministrativa, in modo condizionante per l'esercizio del' azione g.iudiziaria, potrebbe dedursi n dalla circostanza che l'inte esse cui esso si rivolge fatto valere solo in sceguito all'iniziativa del >rivato, n dal fatto che l'inosservanza degli obblighi assunti dal >roprietario dia luogo non gi a sanzioni amministrative, ma solo a loveri nei confronti della parte privata, che pu, ai sensi dell'art. 4, ichiedere la restituzione del fondo ed il risarcimento del danno a lui >roveniente dall'avvenuto diniego della proroga legale. Infatti la tutela lel pubblico interesse non si effettua sempre e 12ecessariamente con le :tesse forme, n assume sempre la stessa intensit, potendo invece venire liversamente ordinata secondo il grado di :::ilevanza delle necessit ;ociali e la diversit del contemperamento che si rende necessario at: uare fra queste ultime e l'autonomia consentita ai privati. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Alla stregua delle considerazioni che precedono, ed una volta ritenuto ammissibile il parziale affievolimento in interesse legittimo del diritto del proprietario alla trasformazione delle culture del proprio fondo, deve ritenersi che nessuna violazione dell'art. 24 della Costituzione sia riscontrabile. Infatti nella fase amministrativa, dotata di una sua autonomia rispetto al processo giurisdizionale, se non assicurato il contraddittorio (che non trova garanzia costituzionale, riguardando l'art. 24 solo il procedimento giudiziario) non subisce alcun limite la tutela della situazione giuridica soggettiva del concedente, nl caso di dichiarazione a lui sfavorevole dell'Ispettorato agrario o del Ministero dell'agricoltura, rimanendo essa sempre effettuabil~ con la piena applicazione dei principi vigenti in materia. Deve altresi escludersi che ricorra una violazione degli artt. 101 e 102, poich, come si gi rilevato, nessun limite posto alla indipendenza del giudice ed alla formazione del suo libero convincimento, dato che questo effettuabile sulla base di tutti gli accertamenti probatori consentiti dalle comuni norme, in ordine alla sussistenza dei requisiti necessari per la pr.onuncia sulla richiesta di decadenza del diritto alla proroga, mentre limite contrastante con le norme richiamate non pu considerarsi quello che discende dall'atto amministrativo che precede il giudizio contenzioso e che, se legittimo, vincola il giudice alla sua applicazione, secondo le norme genero.li regolanti tale specie di atti. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 15 dicembre 1967, n. 149 -Pres. Ambrosini, Rel. Chiarelli -Gottler (n. c.) e Pres. Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). Circolazione stradale -Contravvenzioni commesse da persone non residenti in Italia -Notifica non obbligatoria -Violazione del diritto di difesa -Esclusione. (Cast., art. 24; d. P. R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 141, quinto comma). Non fondata, con riferimento all'art. 24 della Costituzione, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 141, quinto comma, del Codice stradale, secondo cui non obbligatoria la notificazione delle contravvenzioni alle persone non residenti in Italia, perch la stessa norma non dispensa dall'osservanza, nel successivo giudizio penale, ~ PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 7 delle norme processuali dirette a garantire il diritto della ontestazione dell'accusa, che la prima manifestazione del diritto alla difesa (1). (Omissis). -L'art. 141 del codice della strada stabilisce che gli estremi della contravvenzione, non immediatamente contestata, debbono essere notificati al. contravventore, il quale, nei termini previsti dallo stesso codice (art. 138), pu effettuare l'oblazione e pu chiedere che siano inserite nel rapporto le proprie dichiarazioni. Il quinto comma dello stesso art. 141 dispone che la notificazione non obbligatoria quando la contravvenzione riguardi persona che non risiede in Italia. La proposta questione di legittimit costituzionale concerne quest'ultima disposizione, in quanto si assume che essa sarebbe in contrasto con l'art. 24, secondo comma, della Costituzione, perch, impedendo al contravventore di inserire nel verbale le proprie dichiarazioni, ne limiterebbe il diritto di difesa. La questione non fondata. La notifica della contravvenzione e la compilazione del rapporto, con l'inserzione delle eventuali dichiarazioni del contravventore, appartengono, come ha esattamente osservato la difesa della Presidenza del Consiglio, a una fase precedente l'inizio e l'istruttoria del processo penale, alla quale pertanto non si riferisce l'art. 24, secondo comma, della Costituzione. Gi in una sua precedente sentenza questa Corte ha rilevato come la ricordata norma costituzionale ha riguardo esclusivamente al giudizio e non si estende ai momenti anteriori dal quale esso trae origine (sent. n. 10 del 1963). Decisiva , comunque, la considerazione che l'omissione della notifica non impedisce n limita i successivi atti di difesa. (1) La questione era stata proposta con ordinanza 4 aprile 1986 del Pretore di Chiusa (Gazzetta Ufficiale 27 agosto 19661 n. 213). Funzione essenziale dell'istituto della notifica della contravvenzione quella di consentire al contravventore di esercitare il diritto di oblazione (Cass. 26 aprile 1960, Giust. pen. 1960, III, 425). Tale diritto pu essere sempre esercitato entro i termini previsti dall'art. 162 cod. penale. D'altra parte, costante insegnamento della Corte C:ostituzionale che l'art. 24 della Costituzione opera ratione temporis solo nell'ambito del processo vero e proprio, non prima (sent. 16 febbraio 1963, n. 10, Riv. it. dir. proc. penale, 1963, 613, con nota di CHIAVARIO, Inizijo del procedimento penale a tutela costituzionale del difitto di difesa, citata, in motivazione). L'altra sentenza citata in motivazione 9 giugno 1967, n. 70, sulla eledone di domicilio a favore dell'imputato r_esidente all'estero pubblicata in questa Rassegna, 1967, 497. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Infatti, se la norma impugnata rende non obbligatoria la notifica della contravvenzione, quando riguardi persona non residente in Italia, non dispensa dall'osservanza, nel successivo giudizio penale, delle norme processuali dirette a garantire il diritto, alla contestazione dell'accusa, che la prima manifestazione del diritto alla difesa. Pertanto, quando noto quale sia la residenza all'estevo del contravventore, dovr a lui darsi avviso (come stato fatto nel caso che ha dato luogo al presente giudizio) dell'iniziato procedimento a suo carico, ai sensi dell'art. 177 bis c. p. p., osservando, negli ulteriori provvedimenti, un congruo termine per la elezione di domicilio da parte sua, come statuito con la sentenza 9 giugno 1967, n. 70, di questa Corte. Si dovr invece far ricorso al procedimento previsto dall'articolo 170 c. p. p. (nomina del difensore d'ufficio, notificazioni mediante deposito in cancelleria) nel caso -e solo nel caso -che l'imputato sia irreperibile o non abbia provveduto, dopo il regolare avviso, alla dichiarazione o elezione di domicilio. La dovuta applicazione delle ricordate norme dell'ordinamento processuale penale garantisce cos il diritto di difesa dell'imputato di contravvenzione al codice della strada, fin dall'inizio del giudizio e nelle sue fasi successive. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 15 dicembre 1967, n. 150 -Pres. Ambrosini, Rel. Verz -Salomon ed altri (avv. Ventura, Ravagni e Bussi), Soc. Polymer e Terni (avv. Sorrentino, Tumedei) e Presidente Consiglio dei Min.istri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese e Casamassima). Lavoro -Riposo settimanale del lavoratore -Cadenza ad intervalli pi lunghi di una settimana -Legittimit costituzionale -Fatti specie diverse. (Cost., art. 36; r. d. 19 ottobre 1923, n. 2328, art. 16; r. d. l. 15 marzo 1923, n. 692, art. 4; r. d. 10 settembre 1923, n. 1955, art. 8; r. d. 10 settembre 1923, n. 1957, art. 1). Non contrastano col precetto del riposo settimanale inderogabile del Lavoratore quelle norme che, nei limiti strettamente indispensabili, di volta in volta, autorizzano il riposo ad interv,alli pi lunghi di una settimana, ponendo la condizione che nel cidOI di lavoro di un certo periodo di tempo rimanga ferma la media di ventiquattro ore di riposo dopo sei giornate lavorative. In applicazione di tale principio, mentre va dichiarata la illegitti mit costituzionale dell'art. 16 r.d.l. 19 ottobre 1923, .n. 2328 che, per PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 9 a sua imprecisa e vaga formulazione, consente che i 52 riposi possano ~ssere concessi al lavoratore tutti insieme nel corso dell'anno, va tichiarata inammissibile la questione relativa all'art. 8 r. d. 10 settem> re 1923, n. 1955 e all'art. 1 r. d. 10 settembre 1923, n. 1957, perch ~venti natura regolamentare, e va dichiamta l'infondatezza della quetione relativa amart. 4 r. d. 15 marzo 1923, n. 692 (1). (Omissis). -L'ordinanza del tribunale di Trento e quelle del ribunale di Terni prospettano le stesse questioni di legittimit costiuzionale in merito 'al diritto dei lavoratori al riposo settimanale, sicch vari procedimenti possono essere riuniti e definiti con unica sentenza. 2. -La norma dell'ultimo comma dell'art. 36 della Costituzione he fissa il principio del diritto inderogabile del lavoratore al riposo ettimanale, distinguendo questo riposo da quello giornaliero e da quello .nnuale, impone -per ragioni di ordine umano e sociale -una alteazione periodica fra lavoro e riposo, concretata nella interruzione del avoro per 24 ore consecutive ogni settimana. (1) La questione era stata proposta con varie ordinanze di giudici di 1erito: Trib. Trento 30 giugno 1966 (Gazzetta Ufficiale 14 gennaio 1967, ' 12); Trib. Terni 27 settembre 1966 (Gazzetta Ufficiale 8 aprile 1967, I. 89). La Corte per la prima volta ha affrontato la questione, largamente .ibattuta, della esatta individuazione della cadenza del riposo settima .ale garantito ai lavoratori dall'art. 36 della Costituzione; e l'ha risolta, ri via generale, conformemente alle tesi enunciate dall'Avvocatura, nel enso di una ragionevole elasticit di detta cadenza, per contemperare le sigenze del benessere psico-fisico dei lavoratori con quelle della pro uzione e dei servizi essenziali per la collettivit. Secondo la giurisprudenza della Cassazione, di regola, il giorno di iposo deve cadere dopo sei giorni lavorativi continuativi (Cass. civ. 18 prile 1966, n. 961, Giur. it., 1967, I, 1, 69; Cass. civ. 25 luglio 1964, n. 2040, 'oro it., 1964, I, 1585; Cass. pen. 16 marzo 1966, rie. Bonifazi, Giust. pen., 967, II, 238), con riserve espresse, peraltro, in dottrina: Pucc1, Il riposo ettimanale, ecc. nota a commento della prima sentenza e ulteriori richia 1i di dottrina ivi. Il Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro, avvalendosi della acolt di iniziativa sancito dall'art. 99 della Costituzione, aveva pre entato alla Camera il disegno di legge 10 gennaio 1967 sulla disciplina el riposo settimanale, peraltro caducato con la fine della legislatura. La decisione in rassegna, di conseguenza, costituisce una valida in icazione per il legislatore allorch dovr disciplinarsi la materia. In dottrina, in via generale per la irrinunciabilit dei diritti fonda1entali del lavoratore, cfr. PROSPERETTI, Le rinuncie e transazioni del woratore, Milano, 1955, 66; BRANCA, Sulla indisponibilit dei diritti del zvoratore garantiti dall'a Costituzione, Foro Padano, 1959, I, 803. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il precetto costituzionale non dice altro e, soprattutto, non regola l'esercizio del diritto. Orbene la questione, che di decisiva importanza per la risoluzione della presente controversia, riguarda precisamente l'esercizio di siffatto diritto, perch attiene alla attuazione del precetto costituzionale: se cio questo imponga una rigorosa periodicit, .in forza della quale il riposo deve cadere dopo non pi di sei giorni di lavoro, come ritiene l'ordinanza del tribunale di Trento, oppure se consenta una periodicit diversa. La Corte ritiene che il precetto costituzionale, sostanziandosi necessariamente in una ampia formulazione di un principio di carattere generale, non limitato alla sola forma di periodicit che pi comunemente si verifica, ma comprende anche quelle altre che sono previste da norme ordinarie in conseguenza delle esigenze eiettate dalla grande variet di regimi di lavoro nel campo dell'indilstria, del commercio, e dell'agricoltura, dei trasporti e.cc. ed in relazione alle varie specie di attivit lavorative caratterizzate da peculiari circostanze (industrie con lavoro a processo continuo a squadre, lavoranti nel proprio domicilio, personale navigante o viaggiante, lavori in agricoltura a periodi stagionali, ecc.). N si pu negare che l'emanazione di norme particolari le quali nello spirito di adattamento alle esigenze della produzione, delle industrie o dell'agricoltura regolano l'esercizio del diritto rispondano agli interessi del mondo del lavoro, quando non si discostano dai principi di ragionevolezza, dei quali non sL pu non tenere conto nella valutazione della legittimit costituzionale. L'importante si che le ipotesi di concessione del riposo dopo pi di sei giornate lavorative siano ristrette ai corsi di evidente necessit a tut.ela di altri interessi apprezzabili, e che, soprattutto, non siano tali da snaturare od eludere il precetto costituzionale. Dal che deriva. la legittimit di quelle norme che, nei limiti strettamente indispensabili, di volta in volta, autori"zzano il riposo ad intervalli pi lunghi di una settimana ponendo la condizione che nel ciclo di lavoro di un certo periodo di tempo rimanga ferma la media di ventiquattro ore di riposo dopo sei giornate lavorative. 3. -La questione sollevata dall'ordinanza del tribunale di Trento fondata. L'art. 16 del r.d.l. 19 ottobre 1923, n. 2328, disponendo che fra i riposi continuati in residenza ve ne debbono essere cinquantadue all'anno della durata di ventiquattro ore, senza pregiudizio del congedo regolamentare consente, per la imprecisa e vaga formulazione, che i 52 riposi periodici vengano concessi al lavoratore addirittura ., ~ tutti insieme nel corso dell'anno. Onde ne va dichiarata la illegittimit. d . appena il caso di avvertire che tale dichiarazione non, significa che, I ai casi considerati dall'art. 16, si deve applicare la regola del riposo ~I I JJ .PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 11 1ettimanale dopo sei giornate lavorative. ovvio, infatti, che anche per !ssi, il precetto costituzionale va inteso nel senso sopra chiarito. 4. -Le ordinanze del tribunale di Terni impugnano: 1) l'art. 4 del r.d.L 15 marzo 1923, n. 692; 2) l'art. 8 del r.d. 10 settembre 1923, n. 1955;" 3) l'art. 1 del r.d. 10 settembre 1923, n. 1957, in relazione al 1. 25 della tabella allegata. La seconda e la terza norma sono comprese in regolamenti ema1ati con regi decreti per disciplinare la limitazione dell'orario di lavoro ;econdo le prescrizioni della .legge n. 602. Sulla natura regolamentare lei decreto n. 1955 anche le parti sono d'accordo, mentre per quello 1. 1957 stato sollevato qualche dubbio. Ritiene la Corte che siffatto lubbio non abbia fondamento, se si tiene conto, non soltanto del con; enuto sostanziale di una tabella indicante le industrie e le altre specie li lavorazioni autorizzate al prolungamento dell'orario di lavoro gior1aliero, quanto -e specialmente -del fatto che non risulta in alcun nodo che l'art. 4 del r.d.l. n. 692 abbia inteso conferire all'autorit ~overnativa la potest di dettare disposizioni aventi forza di legge. ?ertanto la questione deve essere dichiarata inammissibile. L'art. 4 del r.d.l. n. 692 del 1923, poi, non volto alla disciplina lei riposo settimanale. Esso riguarda la possibilit di superare le otto >re di lavoro giornaliero e le 48 ore settimanali, rispettando una durata nedia entro determinati periodi. Come esattamente affermano l'Avvo: atura generale dello Stato e la difesa di Cavalieri Paolo, questa norma ~imane del tutto estranea alla questione che stata sollevata. : omissis). :::!ORTE COSTITUZIONALE, 15 dicembre 1967, n. 151 -Pres. Ambrosini -Rei. Branca -Cappelletto (avv. Como). Procedimento penale -Istruzione formale e sommaria senza previa contestazione del fatto o interrogatorio dell'imputato -Proscioglimento -Illegittimit costituzionale. (Cast, art. 24, secondo comma; c. p. p. art. 376, art. 395, ult. comma e art. 398, ult. comma). Gli articoli 376, 395, ultimo comma, e 398, ultimo comma del codice di procedura penale, disponendo che non si pu prosciogliere l'imputato per concessione del perdono giudiziale o per insufficienza di prove o per amnistia se non stato interrogato o se non gli stato contestato ii fatto in un mandato rimasto senza effetto, contrastano -ad ecce RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zione delle ipotesi in cui il proscioglimento venga concesso perch il fatto non sussiste o non stato commesso dall'imputato, -con la garanzia del diritto di difesa stabilita dail'art. 24 della Costituzione, in quanto escludono la necessit della contestazione o dell'interrogatorio in tutti gli altri casi di proscioglimento (1). (Omissis). -La questione fondata. Lo stesso legislatore ha riconosciuto, in certi casi, che il proscioglimento pu ferire la dignit del cittadino allo stesso modo d'una pronuncia di rinvio a giudizio: perci ha stabilito che esso sia preceduto da interrogatorio o contestazione del fatto cosicch l'imputato sia messo in condizione di difendersi allo scopo di evitare questo tipo di sentenza (art. 376, ora impugnato, e art. 396 c. p. p.); per analogo motivo ha sancito l'impugnabilit negli stessi e in altri. casi (art. 387 c. p. p.). Alcune fattispecie, come il proscioglimento per insufficienza di prove, erano gi incluse in queste norme al tempo della pubblicazione del codice; altre sono state aggiunte pi tardi con la riforma del 1955: e, quali che ne fossero le conclamate ragioni politico-sociali, non c' dubbio che fra esse dominava l'esigenza di garantire il diritto di difesa (art. 24 della Costituzione). Ma il legislatore s' fermato a met strada. Non ha considerato che la sentenza di proscioglimento in altre ipotesi pu contenere o comportare una misura di sicurezza limitatrice della dibert personale (es. il proscioglimento per totale infermit di mente); in alcune, neanch'esse richiamate dall'art. 376, pu avere addirittura effetti infamanti, quanto e pi dello stesso rinvio a giudizio (es. proscioglimento per intossicazione cronica da alcool o da :mpefacenti); in tutte, escluse le pronuncie emesse perch il fatto non sussiste o non stato commesso dal prevenuto, attribuisce all'imputato un fatto, o non esclude l'attribuzione di un fatto, che pu non costituire reato ma tuttavia essere giudicato sfavorevolmente dall'opinione pubblica o comunque dalla coscienza sociale. Si deve aggiungere che queste sentenze .di proscioglimento per loro natura sono atte a cagionare un male almeno temporaneamente irri (1) La questione era stata proposta con ordinanza 3 giugno 1966 del giudice istruttore del Tribunale di Ivrea (Gazzetta Uffciale 10 settembre 1966, n. 226). Si richiamano le precedenti sentenze (C'orte Cost. 28 aprile 1966, n. 33, in questa Rassegna, 1966, I, 501, sull'art. 398 c.p.p. limitatamente alla parte in cui, nei procedimenti di competenza del Pretore, non prevede la contestazione del fatto e l'interrogatorio dell'imputato; Corte Cost. 19 dicembre 1966, n. 122, in questa Rassegna 1966, I, 1221 sulla concessione del perdono giudiziale in Camera di Consiglio da parte del Tribunale per i minorenni. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 13 mediabile: infatti, a differenza dalla pronunci.a di rinvio, esse chiudono il giudizio e perci non consentono una seconda fase nella quale, entro lo stesso grado del giudizio, si possa porre immediato riparo a quel male. soprattutto per questo che, nell'orbita dell'art. 24 della Costituzione, l'imputato, se non viene prosciolto perch il fatto non sussiste o non stato commesso da lui, deve essere posto in condizione di difendersi tempestivamente, sia che il giudice proceda ad atti istruttori sia che intenda proscioglierlo senza procedervi. Questa Corte ha gi osservato (v. sent. nn. 33 e 122 del 1966) come la garanzia per una adeguata difesa anche tecnica, nella fase :!he si chiude con la sentenza istruttoria, sia costituita essenzialmente dalla contestazione dell'accusa e dall'interrogatorio dell'imputato (v., oltrech, lo stesso art. 376, gli artt. 304, 365, 366, 390, 395 e 398 cod. proc. pen.). Ne deriva che la norma impugnata, l dove esclude l'obbligatoriet dell'uno e dell'altra, non pu non essere dichiarata costituzionalmente illegittima. Per analoghi motivi (v. sent. n. 52 del 1965) ed entro gli stessi limiti, in applicazione dell'art. 27 legge 11 marzo 1953, n. 87, deve essere dichiarata l'illegittimit costituzionale degli articoli 395, ultimo comma, e 398, ultimo comma, del codice di procedura penale. ( Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 15 dicembre 1967, n. 153 -Pres. Ambrosini -Rel. Chiarelli -Pres. Regione Siciliana (Avv. Villari) c. Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Guglielmi). Corte Costituzionale -Conflitto di attribuzione fra Stato e Regione Provvedimento non definitivo di organo statale -Ammissibilit del ricorso. (Cost., art. 134: I. 11 marzo 1953, n. 87, art. 39). Sicilia -Conflitto di attribuzione con lo Stato -Competenza a costituire le Commissioni Provinciali per l'istruttoria delle domande di iscrizione agli albi nazionali degli esportatori di prodotti ortofrutticoli Spetta al Prefetto. (St. spec. Reg. sic., art. 14 lett. o e p, 15, 16, 20; L. reg. sic 27 aprile 1951, n. 33, I. 25 gennaio 1966, n. 31, artt. 6, 7, 9). Nei rapporti tra Stato e Regioni, a differenza dell'ipotesi di con"{ litto tra poteri dello Stato, l'atto lesivo della competenza di uno dei due soggetti pu consistere in qualunque atto di un loro organo che, 14 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nell'esercizio di funzioni legislative o amministrative, affermi in concreto la propria o neghi l'altrui competen.za (1). Le Commissioni Provinciali per l'istruttoria delle domande di iscrizione agli albi nazionali degli esportatori di prodotti ortofrutticoli, in quanto svolgono una funzione di interesse nazionale attinente alla disciplina del commercio con l'estero, sebbene siano istituite presso le Camere di Commercio e p,resiedute dal presidente di queste, non sono organi delle Camere di Comrne1cio, ma organi statali, la cui costituzione spetta, di conseguenza, allo Stato e non alla Regione (2). CORTE COSTITUZIONALE, 15 dicembre 1967, n. 154 -Pres. Ambrosini -Rel. Fragali -Pres. Regione Friuli-Venezia Giulia (Avv. Crisafulli) c. Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Guglielmi). Friuli -Venezia Giulia -C.onflitto di attribuzione fra Stato e Regione Atto di rinvio della legge -Supposta illegittimit dell'atto di rinvio P. roposizione del ricorso da parte della Regione dopo 60 giorni dalla conoscenza delle decisioni di rinvio -Inammissibilit del ricorso. (Cost., art. 127; St. Friuli-Venezia Giulia artt. 24, 29 e 42, lett. b; 1. 11 marzo 1953, n. 87, art. 39, secondo comma). Il termine di cui all'art. 39, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, nel caso che la Regione intenda ricorrere contro un provvedimento di rinvio della legge regionale ritenuto illegittimo per incompetenza, in qua:nto emesso dal Presidente del Consiglio dei Ministri e non dal Consiglio dei Ministri, .J,ecorre dalla conoscenza del provvedimento stesso e non dalla deliberazione del Consiglio Regionale sulla richiesta di riesame (1). (1) La Corte ha posto in rilievo che il carattere non definitivo dell'atto di un organo dello Stato non ostacola la proponibilit del ricorso. Mentre .l'art. 37 della 1. 11 marzo 1953, n. 87, disciplinando l'ipotesi di conflitto tra i poteri dello Stato richiede. che il conflitto sia insorto fra organi competenti a dichiarare definitivamente la volont dei poteri cui appartengono, l'art. 39 della citata legge non subordina al medesimo requisito la proponibilit del ricorso nell'ipotesi di conflitto tra Stato e Regioni. (2) Sull'interpretazione dell'art. 20 dello Stato siciliano cfr. anche Corte Cost. 1 febbraio 1964, n. 3, in questa Rassegna, 1964, I, 12. (1) Non esistono precedenti specifici. Per una questione analoga, relal:iva alla decorrenza dei termini per i conflitti di attribuzione tra Stato e Regioni cfr. I giudizi di costituzio I nalit 1961-65, pag. 342. i .PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE :ORTE COSTITUZIONALE, 15 dicembre 196'7, n. 156 -Pres. Ambrosini -Rel. Petrocelli -Salvati ed altri (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Chiarotti). 'rocedimento penale -Procedimento contro minorenni -Ispezione corporale -Illegittimit costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 13, 2 comma; r. d. 1. 20 luglio 1934, n. 1404, art. 11). Non fondata, in riferimento all'art. 13 Cost., secondo cui l'ispeione corporale non ammessa se non per atto motivato dell'autorit iudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge, la questione di 1gittimit costituzfonale dell'art. 11 r. d. l. 20 luglio 1934, n. 1404, i quanto l'ispezione corporale prevista da tale norma non resa tasitivamente obbligatoria per ogni procedimento penale contro minori, ~a sempre lasciata alla prudente e discrezionale valutazione del iudice (1). (Omissis). -Circa una eventuale obbligatoriet della ispezione non dubbio che la legge ordinaria abbia anche potest di stabilirla, non )nendo a tal proposito l'art. 13 limiti di sorta. L'errore dell'ordinanza l rimessione di aver ritenuto che l'obbligatoriet fosse stata sancita ella fattispecie in esame, oltre che per la .indagine nel suo comlesso, specificamente proprio per la ispezione corporale; cio, in altri :rmini, che, nel prescrivere le speciali 'indagini rivolte a stabilire la ~rsonalit del minore sotto l'aspetto fisico psichico morale ambientale, 1sse stato reso tassativamente obbligatorio ciascuno di questi punti ngolarmente, s da doversi tutti, compreso l'esame fisico, conside: re non derogabili in nessun caso dal magistrato procedente. (1) La questione era stata proposta con ordinanza 4 aprile 1966 dal ~etore di Napoli (Gazzetta Ufficiale 27 agosto 1966, n. 213). L'Avvocatura ha rilevato che le indagini prescritte dalla norma impulata sono essenzialmente dirette a stabilire la capacit di intendere e di 1lere dell'imputato minorenne, cosi gar.antendogli pi ampia tutela. L'Av1catura ha pure rilevato che la tassativit dell'ispezione corporale, ove :ettivamente disposta dalla norma impugnata, conciliabile con l'obbligo Ila motivazione prescritto dall'art. 13 Cost., essendo tale obbligo soddi1tto col semplice richiamo alla disposizione dell'art. 11. La C'orte ha risolto il dubbio sulla tassativit dell'ispezione corporale senso negativo, ma ha ammesso che la legge ordinaria possa stabilire bbligatoriet dell'ispezione, con ci implicitamente aderendo alla tesi ll'Avvocatura, secondo cui la motivazione dell'atto dell'autorit giuditria pu consistere nel semplice richiamo alla norma di legge che san: ce l'obbligatoriet dell'ispezione. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Lo spirito della disposizione si presenta invece ben diverso. Come noto, tutto il sistema del processo penale per i minorenni indirizzato a favorire l'aspetto emndativo della pena, e ci con l'attuare, in base alla migliore possibile conoscenza della personalit del minore, una bene intesa umanit di criteri sia nel trattamento penale, sia, ancor prima, nell'accertamento della imputabilit e deila responsabilit. Le speciali indagini che la legge dispone sui precedenti dell'imputato e sulle condizioni personali familiari e di ambiente sono ispirate, oltre che al superiore interesse della societ, all'interesse stesso del minore, ai fini del suo ricupero alla normalit ed onest della vita. Ed nell'ambito di questi criteri che va inserita anche la disposizione del secondo comma della norma impugnata, allorch autorizza il magistrato e quando si tratta di determinare la pet"sonalit del minore e le cause della sua irregolare condotta , ad assumere informazioni e sentire pareri di tecnici senza alcuna formalit di procedura : ampiezza e libert di criteri con cui verrebbe a porsi in netto contrasto un carattere rigorosamente tassativo dei singoli aspetti della indagine elencati nel primo comma. I quali pertanto, per ci che riguarda la loro necessit ed efficacia di fronte alle finalit complessive della ricerca, devono anch'essi lasciarsi all'apprezzamento del magistrato, senza essere per ogni caso legati al rigore di forme e schemi prestabiliti. (Omissis). SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 24 giugno 1967, n. 1556 -Pres. Scarpello -Rf?l. La Farina -P. M. Di Majo (conf.) -Ministero dell'Industria e Commercio (avv. Stato Oarafa) c. Montalto (n.c.) ed E.N.E.L. (n. c.). Competenza e giurisdizione -Giurisdizione generale di legittimit del Consiglio di Stato -Presupposti -Conseguenze -Fattispecie. (t. u. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 26; I. 6 dicembre 1962, n. 1643, art. 4 n. 10). Legge ed atti aventi forza di legge -Incidenza sui diritti soggettivi Questioni di legittimit costituzionale -Declaratoria di illegittimit da parte della Corte Costituzionale -Giurisdizione del giudice ordinario. (Cost., ,artt. 134 e 136, primo comma; I. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 2). La giurisdizione non esclusiva del Consiglio di Stato esige quale indefettibile presupposto un atto soggettivamente oltre che oggettivamente amministrativo, cio un atto o provvedimento emanato da una autoritd amministrativa ovvero da un corpo amministrativo deliberante, onde il ricorso a quell'organo giurisdizionale non pu essere rivolto n contro una legge n contro un atto avente forza di legge: applicazione ad un provvedimento di trasferimento all'E.N.E.L. di imprese esercenti industrie elettriche (1). (1-2) V., in terminis, Cass., sez. un., 5 luglio 1965, n. 1396, in questa Rassegna, 1965, I, 673 ed ivi, 674 nota 1. Cfr. pure Cass., sez. un., 8 maggio 1967, n. 899, in questa Rassegna, 1967, I, 383 ed ivi nota 1-2. Anche nella sentenza, di cui si tratta, pubblicta in Giust civ., 1967, I. 1388, le sezioni unite hanno riaffermato che i provvedimenti emanati in base all'art. 4 n. 10, della legge 6 dicembre 1962, n. 1643, sono decreti legislativi delegati, rilevando ancora, sulla base di quanto ritenuto altresi dalla Corte Costituzionale (v. Corte Cost. 25 maggio 1957, n. 60, in Foro it., 1957, I, 945 nonch Corte Cost. 7 marzo 1964, n. 14, in questa Rassegna, 1964, I, 627 ed ivi 629 nota 3). che la funzione legislativa non consiste esclusivamente nella produzione di norme giuridiche generali ed astratte sebbene qebba desumersi dallo spirito dell'ordinamento costituzionale come RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Quando la tutela giurisdizionale venga invocata in ordine ad una situazione originariamente di diritto soggettivo sulla quale abbia per inciso un provvedimento ablatorio avente forza di legge, l'intrinseca consistenza della situazione dedotta in lite in funzione dell'effettiva tutela ad essa accordata daWordinamento, nell'ipotesi di declaratoria da parte della Corte Costituzionale della illegittimit costituzionale del provvedimento, fa riemergere la potest giurisdizionale dell'Autorit Giudiziaria ordinaria (2). la delegazione di leggi-provvedimenti presupponga particolari situazioni di interesse generale. Nell'occasione, poi, le sezioni unite della Corte di Cassazione hanno avuto modo di ribadire che le questioni di legittimit costituzionale, le quali in principio possono aver rilevanza pure ai fini della giurisdizione (cfr. Cass., Sez. Un., 19 settembre 1967, n. 2183, in questa Rassegna 1967, I, 964 ed ivi nota 1), non sono rilevanti a tali fini in casi del genere di quello, di cui si tratta, in quanto, come del resto gi si evince dalle massime, l'eventuale declaratoria di illegittimit costituzionale del provvedimento avente forza di legge non varrebbe a trasformare questo in un atto di natura diversa, cio obbiettivamente e subbiettivamente amministrativo (cfr. sul punto Cass., Sez. Un., 15 gennaio 1957, n. 107, n. 108 e n. 109, tutte in Foro it., 1957, I, 173 e segg.). Ci importa che solo il giudice ordinario in siffatti casi ha giurisdizione pure al fine di delibare le questioni di legittimit costituzionale per rimetterne o meno la decisione alla Oorte Costtuzionale, restando, quindi, confinato nell'ambito della pura teoria se a tanto possa pervenirsi pure sulla base del diniego in radice, da parte dell'interessato, della potest ablativa per le prospettate ragioni di assunta illegittimit costituzionale del decreto legislativo-provvedimento (con il che si farebbe per rivivere la teoria della prospettazione) . Di notevole interesse appare, infie, la disputa, giustamente nella sentenza di cui si tratta appena accennata, relativa al se la infondatezza della questione di legittimit costituzionale del decreto legislativo-provvedimento implichi, da parte del Giudice ordinario, una pronuncia di rigetto o una pronuncia di improponibilit della domanda, cos come, invero, sembrerebbe pi corretto, CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 31 luglio 1967, n. 2037 -Pres. Scarpello -Est. Salemi -P. M. Tavolaro I. (conf.) -Ministero del Tesoro (avv. Stato Carafa) c. Soc. S.A.F.A.R. (avv. Del Vicario). Competenza e giurisdizione -Obbligazioni e contratti -Guerra Deliberazioni del Commissario per la liquidazione e la sistemazione dei contratti di guerra -Giurisdizione ordinaria e amministrativa -Criterio di discriminazione -Applicabilit dei normali principi. (d. I. 25 marzo 1948 n. 674, art. 8). PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 19 Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici -Contabilit generale dello Stato -Contratti della p. a. -Contratto concluso dallo stesso organo competente per l'approvazione -Approvazione implicita Ammissibilit. (r. d. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 19). Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici -Contabilit generale dello Stato -Contratti della p. a. -Approvazione -Efficacia retroattiva. (r. d. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 19). Le deliberazioni del commissario per la sistemazione e la liquidazione dei contratti di guerra possono essere impugnate dall'interessato davanti al Consigiio di Stato nella ipotesi di lesione di interessi legittimi e con azione davanti al giudice ordinario a tutela dei diritti soggettivi, non derogandosi quindi, al normale criterio di discriminazione tra la giurisdizione ordinaria e quella del Consiglio di Stato nella materia in cui quest'ultimo non abbia competenza esclusiva (1). L'approvazione da parte del competente Ministro, alla quale sono soggetti i contratti stipulati dallo Stato, costituisce una condizione (condicio iuris) dell'efficacia del contratto, che, mentre vincola il privato appena. abbia manifestato la sua volontd, non vincola l'ente fino 1:t quando non sia intervenuta l'approvazione medesima; pur tuttav.ia, se la convenzione posta in essere da quello stesso organo, cui compete per legge la funzione di approvarla, non concepibile un atto separato e autonomo d'approvazione, e dal contratto stipulato da detto organo sorgono senz'altro per il privato posizioni di diritto soggettivo come tali tutelabili davanti alla giurisdizione ordinaria (2). Nei contratti stipulati dallo Stato la approvazione opera come r::onditio juris, ma, contrariamente a quanto avviene per la condizione (1) In generale relativamente al criterio discriminatore tra giurisclione ordinaria e amministrativa cfr. Cass., Sez. Un., 6 aprile 1966, n. 902, in questa Rassegna, 1966, I, 822 e, da ultimo, Cass., Sez. Un., 13 ottobre 1967, n. 2442, in questa Rassegna, 1967, I, 768 ed ivi, 769 nota 1. Pi particolarmente, in tema di contratti di guerra, cfr. Cass., Sez. Un., 24 luglio 1964, n. 2031, Riv. dir. civ., 1965, I, 101. (2-3) Osservazioni in tema di approvazione dei contratti sottoposti al regime di contabilit pubblica. La Suprema Corte nell'affrontare un'interessante fattispecie relativa ii contratti di guerra trae spunto per passare in rassegna una serie di :iuesUoni meritevoli di attento e diffuso esame in tema di approvazione dei RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO propria, costituisce un atto posto fuori dal processo di perfezione del contratto e, quale atto di controllo, ha efficacia retroattiva, sicch il contratto va considerato come perfezionato sin dall'inizio (3). contratti dalla pubblica Amministrazione sottoposti al regime della contabilit generale dello Stato. Nella decisione che si annota, pubblicata in Giust. civ., 1967, I, 1726, gli argomenti affrontati ed i principi affermati sono i seguenti (in ordine di importanza): 1) natura giuridica (la approvazione costituisce una condicio juris della efficacia dei contratti della pubblica Amministrazione ed posta fuori del processo di perfezione del contratto medesimo); 2) operativit (laapprovazione una volta intervenuta opera retroattivamente nel senso che il contratto va considerato efficace sin dall'inizio e cio a partire dalla sua stipulazione); 3) forma (la c. d. approvazione implicita ammissibile). A) La natura giuridica dell'approvazione quale condicio juris stata pi volte affermata dalla recente giurisprudenza (1). Benvero, una affermazione cosi decisa non pare da condividersi se si considera che la categoria della condicio juris al centro di un ampio dibattito dottrinale, che sembra avviarsi verso una negazione della categcria sul piano dogmatico (2), salvo ad ammettere singole figure, di condicio juris, ognuna dotata di proprie regole settoriali (3). Comunemente la condicio juris, e pi in genere il fenomeno condizionale, vien fatto rientrare fra i c. d. requisiti di efficacia (4). Il punto pi delicato del dibattito dottrinario concerne la bont stessa della distinzione di teoria generale tra elementi costitutivi dell'atto giuridico e requisiti di efficacia, intesi i primi come gli essentialia juris rappre (1) V. da ultimo, Cass. 15 febbraio 1964, n. 344; cfr. pure, in materia peraltro d1 e visto prefettizio., Corte App. Lecce, 5 giugno 1967, in Giust. civ., 1968, I, 366. (2) Decisamente contrario alla nozione stessa della condicio juris nel senso di termine che ha fatto il suo tempo SANDULLI, n procedimento amministrativo, 1964 (ristampa) 261, nota 3. L'A. so.stiene che non giustificabile la unit del fenomeno condizionale, comprensivo della condicio facti e juris, in quanto la seconda manca degli attributi di futura ed incerta propri della prima. Ci condiviso da SANTORO PASSARELLI Dottrine generali del diritto civile, 1966, 197, il quale afferma che la condizione legale un elemento della fattispecie produttiva non arbitrario e contingente, ma necessario e costante. (3) Cfr. in tal senso le conclusioni che emergono in RESCIGNO, Enciclopedia del diritto, vol. VIII, 1961, voce Condizione, 778. L'A. pone in dubbio la consistenza della categoria argomentando che per tutta una serie di condizioni legali non vale ci che la legge stabilisce per la condizione volontaria . (4) Generalmente, in contrapposizione agli essentialia juris., si d una ampia estensione alla figura dei requisiti di efficacia, comprensivi, oltre che delle circostanze condizionanti, di tutti gli elementi che pure estranei alla struttura del corpo costitutivo ne sono presupposti, termini e pi latamente punti di riferimento, ai fini della produzione dell'effetto. Cfr. 0ERTMAN, Die Zechtsbedingung (condicio juris) 1924, 14 e segg. Per una ampia nozione cfr. pure CARIOTA FERRARA, I negozi nel patrimonio altrui, 1936, 211, il quale considera come requisiti di efficacia tutti gli elementi estranei alla struttura dell'elemento costitutivo e comunque ad esso sopraggiungibili. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIUl\lSDIZIONE 21 ;entanti il nueleo centrale dell'atto e del corrispondente interesse interno tutelato dalla norma tipo, intesi i secondi come fattori aggiunti agli essen~ ialia juris, come circostanze integrative, che l'ordinamento prende in con; iderazione per tutelare un piano di interessi esterno rispetto al piano di lnteressi che l'atto direttamente persegue e realizza> (5). Certo l'indagine a questo .punto meriterebbe un esame ben pi approEondito che non le presenti note (6). Tuttavia in questa sede non pu non considerarsi la contradditoriet :iella affermazione che l'approvazione costituisce poi una condizione impropria e atecnica. In buona sostanza con tale affermazione, la Suprema Corte viene a negare l'assimilazione dell'approvazione nel quadro del fenomeno condiiionale, senza risolvere il quesito della applicabilit o meno delle disposidoni vigenti in tema di condizione (art. 1356 e segg. c. c.). Vero che la approvazione configurata dal diritto positivo non pu assimilarsi al fenomeno condizionale. La tesi avver.sa ravvisa una nota comune nel collegamento tra l'efficacia del contratto e una circostanza esterna quale ;appunto sarebbero l'approvazione e la condizione. Ma la opinione, 1se esatta per la condizione, la quale subordina l'efficacia del negozio al verificarsi o meno di un avvenimento futuro ed incerto, suscita perplessit riferita sic et simpliciter > alla approvazione. Ed infatti secondo tale impostazione si viene a riservare allo istituto in esame una posizione secondaria e marginale nella produzione de~l'effetto. Cfr. pure SANDULLI, op. cit., 176 e segg. .In senso contrario fr. RUBINO, La fattispecie e gti effetti giuridici preliminari, 1939, 56 e segg, La tradizionale formulazione della distinzione risale allo ScIALOJA A. Condizione volontaria e. legate, in Studi di vario diritto, 1927, I. In aperto contrasto con la dottrina dei pandettisti germanici, i quali configuravano ta condicio juris come requisito essenziale del negozio (Czyhlarz, Enneccerus) o dell'e1fetto giuridico (Hasenohrl), e la distinguenvano dalla condizione vera e propria per il profilo della irretroattivit, lo ScIALOJA, op. cit., 12-13, distingue i requisiti di esistenza o elementi essenziali per la perfezione del negozio, dai requisiti di efficacia, somiglianti per contenuto e funzioni alle condizioni. Secondo l'A. la distinzione nel senso che gli elementi costitutivi, interni all'atto, anche quando hanno l'asPetto delle condizioni, conservano un carattere di necessit > non arbitraria... ma fondata sulla natura stessa del negozio: i requisiti di efficacia, esterni all'atto, si pongono come circostanze che possono dal~a legge essere modificate o soppresse senza per ci che lo schema del negozio ne rimanga nalterato . Come si vede la distinzione impostata secondo un profilo di logica formale, avuto riguardo al negozio in s, piuttosto che secondo un profilo pi propriamente giuridico. Tale impostazione rileva in pieno la sua relativit, se si consideri tutta la gamma degli interessi in giuoco, e non esclusivamente quegli interessi facenti capo alla fattiSPecie primaria, presa in esame in s e per s, non gi dalla norma, bensl dall'interprete per un mero processo di analisi astratta. Il problema giuridico pratico non. pu non risolversi allargando l'indagine alla fattispecie complessa, saggiando caso per caso il ruolo primario o secondario, nella produzione dell'effetto, delle concause concorrenti. (5) FALZEA, La condizione e gli elementi dett'atto giuridico, 1941, 156. Di questo autore vedasi la recente meditata rassegna dei temi della perfezione e della efficacia, esposti in sede di teoria generale nelle voci Efficacia giuridica e Fatto giridico rispettivamente nei volumi XIV e XVI della Encicto.i:iedia cit. (6) Dovrebbe anzitutto prendersi posizione sul problema variamente risolto in dottrina della riconducibilit della condizione legale e volontaria ad un unico genus : cfr. le contrastanti soluzioni del BARBERO, Contributo alta teoria detta condizione, 1937, 73 e del FALZEA, La condizione e gli elementi dell'atto giuridico, 1941, 126. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEL:Lo""s'rATO Or bene la approvazione dei contratti dello Stato non ha il ruolo di semplice circostanza esterna marginale n solo necessaria in quanto condicio juris (7), ma propriamente essenziale .ai fini della produzione dell'effetto. L'interessante della approvazione consiste in ci: che in attesa che venga emesso il relativo atto non si ha un vero stato di differimento, di sospensione del rapporto contrattuale: qui il vincolo propriamente non ancora nato. L'art. 19 del r. d. 18 novembre 1923, n. 2440 statuisce al riguardo che i contratti non sono obbligatori per l'Amministrazione finch non sono approvati . A svalutare tale affermazione non giova la osservazione che subito dopo la norma lascia del tutto da parte il concetto della obbligatoriet e menziona solo la eseguibilit (8). Il dettato legislativo infatti nel senso che fin quando non sopravviene il decreto di approvazione da escludere la nascita di un diritto soggettivo ex contracto a favore del privato contraente. I due momenti della nascita del vincolo contrattuale e della sua esecuzione sono ben delineati e contrapposti (9). Infatti l'art. 19 citato non si limita a sancire che il contratto per entrambi i contraenti privato e pubblico ineseguibile, ossia insuscettibile di essere portato materialmente ad esecuzione. La norma chiaramente afferma che per uno dei contraenti, e precisamente per la pubblica Amministrazione, il contratto non ancora ha efficacia vincolante (10). Dunque, il privato vincolato ex ante per il solo atto di aggiundicazione, o verbale di stipulazione, mentre l'Amministrazione lo sar ex post una volta che intervrr la approvazione. Per entrambi i contraenti il contratto in pendenza di approvazione non eseguibile (11). Le considerazioni che precedono trovano ulteriore conferma alla luce della situazione soggettiva in cui viene a trovarsi il privato contraente in pendenza di approvazione. L'approvazione invero si configura come provvedimento autoritativo discrezionale adottato nell'interesse pubblico alla legittimit ed opportunit della attivit contrattuale dello Stato. Di fronte all'interesse pubblico la situazione soggettiva del privato contraente si atteggia tipicamente come interesse legittimo, ossia come (7) Cfr. SANTORO PASSARELLI, ov. cit., laddove afferma chiaramente il carattere di necessariet della condicio :luris. (8) ROEHRSSEN, I contratti della pubblica Amministrazione, 1961, 344 e segg. (9) Lo stesso ROEHRSSEN sembra non disconoscere i due aspetti presi in considerazione della disposizione in esame, laddove afferma -op cit., 3.38 -che l'atto di approvazione perfeziona definitivamente il vincolo .contratt'uale, il che fa sorgere nei riguardi di entrambi i contraenti una nuova e diversa situazione giuridica, e, insieme, rende possibile l'esecuzione delle obbligazioni che sorgono dal contratto . (10) Cfr. CARUSI, Osservazioni in tema di formazione dei contratti dello Stato, in questa Rassegna -1965, I, 495 e ss. in critica della opinione del GIANNINI, L'attivit amministrativa, (Coil'So di lezioni) 1965, 79, che tende a sminuire la portata dell'art. 19 del citato r. d. n. 2440 del 1923; cfr. pure CONTI. In tema di improponibilit assoluta della domanda, in questa Rassegna, 1966, I, 57 e segg. (11) Alla eseguibilit del contratto da parte del privato, in pendenza di approvazione, osta la natura del contratto a prestazioni corrispettive le quali escludono che un solo contraente sia tenuto alla esecuzione, senza che vi sia un corrispondente obbligo dell'altro. Cfr. sul punto PINI, In tema di esecuzione anticipata dei contratti di diritto privato detia p. A., in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1964, 425. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 23 tuazione soggettiva accessoria e strumentale rispetto allo stesso interesse 11bblico. E allora il contratto dello Stato in pendenza di approvazione. se mera una situazione giuridica meramente strumentale e accessoria, non ll essere considerato come fattispecie c. d. primaria dell'effetto giuridico, >me viceversa non pu riservarsi all'approvazione un ruolo secondario e arginale. B) Il tema della operativit retroattiva della approvazione dei conatti dello Stato senz'altro uno dei pi delicati, meritevole di attento e .editato esame, alla luce delle norme espresse e dei principi dell'ordinaento giuridico. Comunemente la dottrina tradizionale, movendo dalla considerazione Le la approvazione si comporta secondo il meccanismo della condizione, i deduce il carattere retroattivo, anche specificamente in ordine ai conatti sottoposti al regime di contabilit pubblica (12). La tesi appare superabile alla luce della considerazione sopra esposta Le la approvazione dei contratti dello Stato non pu inquadrarsi nel fenoeno condizionale. Altri autori (13) ammettono la retroattivit della approvazione, consi! rando la natura di controllo preventivo che presenta l'istituto; nel caso tratterebbe di retroattivit per natura, stante il carattere dichiarativo ~ll'atto di controllo. Tale opinione contrastata da chi (14) attribuisce all'atto di con ollo preventivo natura di negozio di riconoscimento con efficacia costitu ;a, il cui effetto autonomo dall'atto controllato e consiste nel creare La nuova situazione giuridica onde si perviene alla conclusione che 1tto di controllo preventivo non presenta il carattere di retroattivit sia ateriale che legale (oltre che volontario). L'impostazione del problema in quanto muove da una visione troppo neralizzata, e lo stesso pu dirsi nei confronti della annotata sentenza, i.ta di recente oggetto di attenta critica (15). In proposito si conside to che il problema della retroattivit e dell'irretroattivit essendo un rticolare modo di atteggiarsi degli effetti giuridici voluti dall'ordina ~nto non pu risoversi sic et sempliciter in base al carattere dichia tivo o costitutivo dell'atto di approvazione, bens avendo di vista le nor ~ positive che disciplinano l'istituto. (12) La tesi peraltro rovesciata in ScIALOJA A., op. cit., 14. (13) Cfr., da ultimo, BERTI e TuMIATI, voce Controlli amministrativi ., in >Cictopedia cit. vol. X, p. 311, e precedentemente PERRONE CAPANO, La retroatti; d degii atti amministrativi, 1963, 63 nonch FORTI, La retroattivitd delle approvami tutorie, in Foro it., 1910, !Il, 245. Cfr. pure SANDULLI, op. cit., 278-279. (14) RESTA, Natura ed effetti deli'amministrativo di controllo 'J)?"eventivo, in ro it., 1935. I. 277 e seg. (15) CASSARINO, Enciclopedia cit., vol. n, Milano 1958, voce Approvazione, g. 859. In punto l'A. osserva che la approvazione presenta ambedue i caratteri diiarativo e costitutivo. Propriamente dal punto di vista strutturale, essa, in quanto atto di controllo, risolve nell'accertamento della o.pportunit e legittimit dell'atto amministrativo, l punto di vista funzionale l'approvazione concorre alla produzione dell'effetto, in ria guisa a seconda i vari tipi di approvazione foggiati dall'ordinamento giuridico. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Nella specifica materia che qui interessa vengono ad intrecciarsi variamente norme ed istituti privatistici e norme ed istituti pubblicistici, strumenti e posizioni privatistici e strumenti e posizioni pubblicistici. L'intreccio si risolve cogliendo il momento in cui la pubblica Amministrazione agisce come autorit, esercitando in posizione di superiorit, un potere discrezionale rispetto a quello in cui agisce come privato esplicando un potere di autonomia in posizione di autorit e uguaglianza. In ordine al tema della retroattivit o meno del vincolo' contrattuale della pubblica Amministrazione bisogna appunto distinguere le norme e i principi che regolano l'emanazione del provvedimento discrezionale di approvazione dalle norme e dai principi relativi alla regolamentazione degli effetti che scaturiscono_ a seguito di detto provvedimento. Il punto da considerare se il vincolo contrattuale abbia efficacia ex nunc, dal momento della emanazione del provvedimento di approvazione, o ex tunc a p~rtire dalla stipulazione del contratto. La risposta al quesito semplce ove si considera anzi tutto la situazione soggettiva del privato contraente. Ai fini della nascita del vincolo contrattuale del privato sufficiente il contratto e non necessaria l'approvazione del competente organo dello Stato. Per tanto i relativi effetti non possono che ricondursi immediatamente al contratto medesimo. Lo stesso da dire per la pubblica Amministrazione. Perch nasca il vincolo contrattuale dello Stato l'ordinamento richiede, come s' sopra visto, due atti collegati, ma tra loro autonomi e cronologicamente distinti: il contratto e l'approvazione. Dato il completarsi di questi due atti in linea teorica nulla vieta che l'efficacia del rapporto contrattuale ormai sorto debba e possa considerarsi come gi prodotto fin dall'avverarsi del primo dei due fatti, o viceversa del secondo. Dal punto di vista del diritto positivo, avuto riguardo ai principi dell'ordinamento, non par dubbio che nel caso debba ricorrere la prima ipotesi. vero che nel nostro ordinamento vige il principio tendenziale della irretroattivit degli atti giuridici. Ma il problema non questo, bens l'altro di stabilire da quale dei due atti, entrambi costitutivi, far decorrere gli effetti. Ora giova osservare che la pubblica Amministrazione, se prima di deliberare l'atto di approvazione agisca come autorit, successivamente una volta emesso il relativo atto discrezio:p.ale, viene a trovarsi in posizione di perfetta uguaglianza con il privato. Da questo momento non hanno pi ragione d'essere le norme speciali di diritto pubblico; da questo momento tra i due atti il contratto ad assumere valore di fattispecie primaria. Pertanto gli effetti non possono che decorrere dalla stipulazione del contratto medesimo. C) Se pu condividersi la seconda affermazione della Suprema Corte, ma come si visto sulla base di considerazioni sostanzialmente diverse, la terza presa di posizione va nettamente respinta. All'uopo bisogna partire ancora una volta dall'art. 19 del citato regio decreto n. 2040 del 1923. La norma risponde ad esigenze obiettive dell'ordinamento che hanno riguardo all'esercizio di un potere eminentemente discrezionale rimesso all'organo competente per legge: nel caso il Ministro. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE Stante da un lato il principio della inderogabilit della competenza dall'altro quello di tipicit e nominativit del provvedimento amminiativo, l'approvazione oltre che essenziale ai fini della nascita del vinlo contrattuale altresl indispensabile sotto il profilo formale. In base tali principi pacifico in dottrina (16), come lo era nella giurisprunza appena recente (17), che l'approvazione non pu essel'e che esplicita, de non ammette equipollenti, n pu essere superata o eliminata dall'acrdo delle parti, che diano senz'altro esecuzione al contratto in pendenza approvazione. Del resto non solo l'art. 19 della legge di contabilit ma rt. 103 del relativo regolamento prevedono una tassativa forma di esterzione dell'atto amministrativo: nel caso il decreto (18). Anche sotto questo profilo il tipo di approvazione de qu deve essere plicito. La Suprema Corte di contro ammette la figura della approvazione im. cita sulla base di argomentazioni che non solo non tengono conto del ttato legislativo, ma che altresl sono genericamente riferibili a fattiecie di approvazione diverse da quella specifica in materia contrattuale. Secondo la Suprema Corte si ha approvazione implicita quando, per il pporto di necessaria interferenza che interceda tra i due atti, l'approvame data ad uno di essi non possa sussistere se non presupponendo anche pprovazione dell'altro; ma, ad esempio la approvazione implicita di un ntratto attivo di locazione a seguito della iscrizione in bilancio del corriettivo della locazione stata giustamente negata dalla stessa Cassame (19). Orbene tale tesi se riferita alla materia contrattuale oltre tutto smena dalle fonti legislative citate le quali chiaramente escludono che nella esente materia il comportamento concludente per eccellenza, quale la ecuzione del contratto, possa valere come provvedimento amministrativo. Anche sotto questo profilo la approvazione non pu essere che espli: a. N, infine, pu rinvenirsi approvazione implicita nel caso, non solo ornalo ma anche illegittimo secondo il sistema vigente, che a stipulare contratto sia quello stesso organo (ad es. il Ministro) cui compete per ~ge di emanare il provvedimento di approvazione (20). La possibilit di riesame da parte di organo diverso da quello che ha .pulato il contratto principio cardine del sistema: il che risulta espresmente sancito nell'art. 103 del regolamento di contabilit generale dello ato per cui non consentito che lo stesso funzionario, il quale abbia .pulato il cmtratto, sia delegato ad approvare il contratto medesimo. G. DE PAOLA (16) CAsi;ARINO, op. cit., pag. 864; RoEHRSSEN, op. cit., 319; CoLETTI, Appunti in 11.teria di efficacia dei contratti di diritto privato stipulati dalla P. A., in Foro it., 61, I, 451; NIGRO, Amministrazione fra diritto pubblico e diritto privato: a pro sito di condizioni legali, in Foro it., 1961. I. 457. (17) Cass. 21 luglio 1955, n. 2482, Cass. 11 marzo 1957, n. 815. (18) ROEHRSSEN, op. cit., p. 318. (19) Cfr. Cass., Sez. III, 11 marzo 1957, n. 815 in questa Rassegna 1957, 48. Sul mto cfr. pure SEPE, voce Contratto (diritto amministrativo), in Enciclopedia cit., 11. (20) Cfr. sul punto CONTI, Scritto cit., 70. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 31 luglio 1967, n. 2039 -Pres. Flore -Rel. Geri -P. M. Di Majo (diff.) -Marrocchini (avv. Jannetti Del Grande e Vitale) c. Comune di Roma (avv. Precone), I.N.A.M. (avv. Jemolo) e ufficio stralcio della Confederazione dei commercianti in liquidazione (avv. Stato Santoro Passarelli). Competenza e giurisdizione -Espropriazione per p. u. -Piano regolatore della citt di Roma -Giurisdizione ordinaria e giurisdizione amministrativa -Controversia sulla esistenza del potere di espropriazione -Formulazione astratta della inesistenza del potere per esclusione del bene dalla previsione legislativa -Fattispecie Giurisdizione del Giudice ordinario. (1. 20 marzo 1865 n. 2248 ali. E, art. 2; r. d. I. 6 luglio 19.31 n. 981, art. 10, convertito nella legge 23 marzo 1932, n. 325). In materia di espropriazione per pubblica utilit sussiste la giurisdizione, del Giudice ordina11io quando non si controverte sull'uso da parte della p. A. del potere discrezionale conferito dalla legge, bens sull'esistenza stessa del potere di espropriazione rispetto ad un bene, eh si assume del tutto fuori della previsione legislativa, con riguardo alla possibilit di espropriarlo senza preventiva dichiarazione di pubblica utilit (nella specie i ricorrenti sostenevano che le aree fabbri.:. cabili , di cui alle norme in rubrica, debbono essere completamente prive di costruzioni per poter essere assoggettate ad espropriazione e che fuori di tale ipotesi la p. A. possa espropriare soltanto in base alle norme comuni, cio dopo una formale dichiarazione di pubblica utilit): se l'assunto sia esatto in concreto, cio con riferimento al fondo di cui si discute, questione di merito; in astratto devesi per ritenere che esso importi una posizione di diritto subiettivo, non ancora affievolito (1). (1) La sentenza che si annota, pubblicata in Giust. civ., 1967, I, 1981, appare significativa per porre in luce l'obiettiva incertezza sui criteri distintivi tra la giurisdizione ordinaria e quella amministrativa, in materia di espropriazione per pubblica utilit. La fattispecie sottoposta alla Corte di cassazione considera un'ipotesi di espropriazione attuata ai sensi dell'art. 10 del r. d. I. 6 luglio 1931, n. 981, convertito nella legge 23 marzo 1932, n. 325. Il privato espropriato adisce il Giudice ordinario per ottenere la restituzione dei beni espropriati, la < ::; .: I I , ' I PARTE I, SEZ. I, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE mtando che il decreto di espropriazione, sia stato emesso con riferimto ad un'area parzialmente edificata, e non ad un'area completamente da, e quindi al di fuori dei casi previsti per la particolare procedura ~ropriativa. Il Comune di Roma, espropriante, ha dedotto, fra l'altro, il difetto di irisdizione del Giudice ordinario, sull'assunto che il decreto di espropria1ne avrebbe degradato il diritto dell'espropriato a semplice interesse e e la ,controversia investirebbe questioni relative all'uso del potere da rte dell'espopriante, e non all'esistenza del potere stesso. La Corte di appello di Roma, con pronuncia confermata dalla sentenza e si annota, ha disatteso l'eccezione di difetto di giurisdizione, in quanto questione verteva su un presupposto per l'attribuzione del potere di 'ropriazione, la cui mancanza escluderebbe la riferibilit dell'atto al tere stesso. noto che le incertezze ed i contrasti giurisprudenziali sui criteri iividuatori della giurisdizione ordinaria, rispetto alla cognizione del giu: e amministrativo, assumono una caratteristica particolare nel campo lle procedure espropriative, per la caratteristica, propria di tali procere, di incidere direttamente su preesistenti posizioni di diritto soggettivo l privato, estinguendo ildiritto, e determinando posizioni di interesse ~ittimo. L'indagine volta a determinare l'ambito giurisdizionale deve quindi ier conto sia della natura della lesione lamentata e del provvedimento lesto al giudice -caratteristica questa di ogni indagine sulla questione giurisdizione -sia della evoluzi-0ne nella posizione soggettiva del prito, in relazione ai diversi stadi della procedura. Di qui l'evidente insufficienza dei tradizionali elementi individuatori Lle due giurisdizioni, quali la natura discrezionale o vincolata dell'atti; amministrativa, o la natura della norma violata, in relazione all'inte1se della parte privata. Si nota quindi, dall'esame delle decisioni rese Ila materia dal Consiglio di Stato e dalla Corte di cassazi-0ne, ancora nif.cativamente in contrasto su talune conclusioni (1), una tendenza a )Stare l'indagine sull'esistenza del potere di espropriazione, la cui man: iza implicherebbe la lesione del diritto .soggettivo. del privato, ed l'illetimo esercizio del potere stesso (2). evidente che, nell'adottare un simile criterio, si incontra il duplice )blema di identificare il momento in clii sorge il potere a favore dell'Ente >ropriante e di individuare il criterio per l'accertamento -ai limitati i della questione di giurisdizione -dell'esistenza di tale potere. Ovviamente, tale indagine, pur essendo diretta al limitato scopo di lividuare se l'oggetto della controversia rientri nell'ambito giurisdiziole del magistrato adito, tuttavia intimamente connessa con l'indagine (1) Sul contrasto tra Corte di Cassazione e Consiglio di Stato, cfr., da ultimo: d. S., Ad. plen. 20 dicmbre 1965, n. 40, in questa Rassegna 1966, I, 369 ed ivi ta 1; C. d. S., Ad. plen. 4 dicembre 1964, n. 24 in Cons. Stato, 1964, I, 2141; C. d. 29 settembre 1966, n. 600, ivi, 1966, I, 1403. (2) In tal senso, cfr. Cass., Sez. un., 14 aprile 1964, n. 895, in Foro pad., 1965, 165; Cass. 11 ottobre 1965, n. 2111 in Giust. civ., 1966, I, 57; Cass. 5 luglio 1965, 1408, in Giust. civ., 1965, I, 1758; Cass. 23 marzo 1964, n. 662, in Giust. civ., 1964, 1443: il principio trova la sua prima formulazione in Cass., Sez. un., 4 luglio 1949, 1657 Foro it., 1949, I, 926. In materia di piani regolatori urbani cfr. anche Cass., u., 13 maggio 1954, n. 1508, Foro it., 1954, I, 1254. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di merito sull'esistenza o meno, in concreto, della lesione lamentata. Un accertamento completo ed esauriente finirebbe quindi per identificare il giudizio di merito con l'accertamento sulla giurisdizione. Per superare l'inconveniente, e per consentire al giudice di decidere con giudizio preliminare la questione di giurisdizione, si fin qui fatto ricorso ad un duplice criterio. Il primo criterio consiste nell'attribuire alla formulazione astratta data dalla parte che promuove il gudizio, rilevanza al limitato effetto della giurisdizione. Il secondo criterio fa perno invece sull'accertamento dell'esistenza del provvedimento autoritativo -sotto il profilo esterno e formale -e degli eventuali vizi riscontrabili sempre in base ad elementi esterni e di immediato accertamento. Bench la giurisprudenza della Cassazione (3) abbia da tempo affermato l'insufficienza di un accertamento che parta dalla formulazione unilaterale della parte (la cosiddetta teoria della prospettazione ), pure il limitato e frammentario ricorso al secondo criterio induce a non ritenere del tutto superata quella teoria. Un esame delle pronunce rese, nella materia, sulla questione di giurisdizione, mostra infatti come il ricorso all' accertamento sull'esistenza in astratto del potere di espropriare come'limite alla azione amministrativa, e come conseguente criterio discriminatore tra le due giurisdizioni, si sia verificato in pochi casi, di frequente applicazione. Si tratta di casi in cui l'eventuale illegittimit del provvedimento si rivela attraverso elementi obiettivi di immediata constatazione: come di un decreto di espropriazione emesso senza la preventiva dichiarazione di publica utilit dell'opera, o emesso dopo che il termine previsto per l'attuazione dell'opera sia gi scaduto, o di espropriazione attuata senza la preventiva approvazione del piano regolatore particolareggiato, prevista espressamente come presupposto dell'espropriazione (4). Sono tutti casi in cui la doglianza della parte pu essere verificata, al limitato effetto dell'accertamento della giurisdizione, sulla base di dati obiettivi, di elementi documentali e di evidenza immediata, per cui l'esi (3) Per il rifiuto della c. d. teoria della prospettazione., cfr., in materia di procedimenti espropriativi: Cass. 24 marzo 1964, n. 663, Foro amm., 1964, I, 3, 181; Cass. 5 giugno 1965, n. 1115, Foro it., 1965, I, 945; Cass. 12 febbraio 1965, n. 220, Foro amm., 1965, I, 1, 82, Cass. 6 aprile 1966, n. 899, Foro amm., 1966, I, l, 349; c. d. S., VI, 26 ottobre 1965, n. 708, Foro it., 1966, III, 349. (4) Per l'occupazione di urgenza non seguita dal decreto di espropriazione o protratta oltre il biennio, cfr. Cass. 16 maggio 1962, n. 1105, in Foro it., 1962, I, 2099; Cass., Sez. un., 28 maggio 1954, n. 1702 in Giur. it., 1954, I, 691. Per la espropriazione disposta oltre fil termine di validit previsto dalla dichiarazione di pubblica utilit, cfr. Cass. 28 febbraio 1961, n. 419, in Foro pad., 1961, I, 1101; per la espropriazione disposta senza una legittima dichiarazione di pubblica utilit, cfr. Cass., Sez. un., 6 giugno 1960 n. 1479 in Foro it., 1960, I, 1506 e Cass. 23 dicembre 1959 n. 3583 in Foro it. 1960, I, 391; per un caso di intervenuta sopressione dell'ente espropriante come motivo di carenza di potere, cfr. Cass., Sez. un., 6 giugno 1952 n. 1616 in Foro amm. 1952, II, l, 116; sulla illegittimit dell'espropriazione per mancata preventiva approvazione del piano particolareggiato, come presupposto per la dichiarazione di pubblica utilit dell'opera, cfr. Cass., Sez. un. 14 aprile 1964 n. 895 in Foro pad. 1965, I, 165; per una questione di giurisdizione in una procedura speciale di espropriazione (T. U. 19 agosto 1917 n. 1399), cfr. Cass., Sez. un., 24 ottobre 1958 n. 3457 in Giust. civ. 1958, I, 2029 con nota di SANDULLI. PARTE I, SEZ. II, GIURIS.SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 29 ienza di accertamento e quella della rapidit dell'indagine sono egual nente soddisfatte. Ma gli esempi sopra riportati non esauriscono evidentemente tutti i :asi in cui il potere di espropriazione, pur astrattamente configurabile, pu !ssere in concreto difettoso o mancante. il caso della sentenza che si annota. Il Giudice adito, per verificare a propria giurisdizione, avrebbe. infatti dovuto controllare se l'area da !spropriare fosse o no da qualificarsi edificabile ai sensi della legge 1. 355 del 1932 sul piano regolatore di Roma. In difetto di altri elementi !Strinseci, non configurabili nella particolare procedura -quali la dichia: azione di pubblica utilit, la prefissione di termini per l'esecuzione, l'iniividuazione specifica degli immobili -la qualificazione del terreno costi: uiva infatti ad un tempo l'oggetto della indagine di merito ed il criterio .ndividuatore del potere conferito per l'espropriazione. Non potendo quindi eseguire un'indagine preliminare che avrebbe contemporaneamente portato alla decisione della stessa questione controversa, ll giudice aveva due vie da seguire. Poteva infatti limitare l'indagine alla sussistenza -sotto il profilo della ~sistenza formale ed esterna -di un pvovvedimento della pubblica Amministrazione tale da incidere sulla posizione di diritto soggetitvo, e da determinare quindi la giudisdizione del Giudice amministrativo; oppure poteva attenersi alla prospettazione del thema decidendum fornita dalla parte, per concludere che la giurisdizione del Giudice ordinario sussiste in quanto La parte lamenti la lesione di un suo diritto soggettivo perfetto. La Corte d'appello, con argomento confermato dalla Cassazione, ha seguito quest'ultima via, facendo evidente ricorso a quella teoria della prospettazione che sembrava definitivamente abbandonata, e giungendo cosi alla significativa conseguenza che la valutazione effettuata per determinare la giurisdizione giunta a conclusioni poi smentite in sede di merito ( stato infatti deciso che le aree espropriate, bench parzialmente edificate, fossero da considerarsi edificabili ai sensi della legge, con la conseguente legittimit della espropriaz.ione). Conseguenza questa inevitabile, se si considera l'iter logico seguito dal Magistrato. Ci sembra di poter concludere che il crierio seguito dalla Corte di appello e dalla C'orte di cassazione, oltre a condurre a risultati contraddi- tori -sia pure giustificati dal diverso scopo dell'accertamento, preliminare in un caso, e definitivo nell'altro -non sia appagante, attribuendo alla parte il potere di determinare la giurisdizione sulla base della qualificazione della domanda. Si sarebbe invece potuto limitare l'accertamento preliminare alla verifica dell'esistenza, formalmente regolare e oggettivamente giustificata, di un provvedimento autoritativo di esproprio, determinando, dall'esito positivo di tale indagine, la conseguenza dell'estinzione dell'originario diritto della parte, e la consegunte giurisdizione del Magistrato amministrativo a conoscere delle eventuali illegittimit che invalidassero il provvedimento. Giova richiamare; a questo punto, il pensiero di un autore che ha riesaminato, globalmente (5), l'intera struttura del provvedimento amministrativo alla luce dell'accertamento giurisdizionale: Se un provvedi (5) MoNTESANO, Processo civile e pubblica Amministrazione, Napoli 1960, pag. 78. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mento amministrativo, illegittimamente incida su di un privato patrimonio o sulla materia di un diritto soggettivo, quel patrimonio o quel diritto sono sacrificati -purch il provvedimento abbia giuridica esistenza alla imperativit che assiste ogni atto sovrano. Alla stregua di queste esatte considerazioni, la questione di giurisdizione esaminata, sarebbe stata decisa in senso contrario a quello adottato dalla sentenza annotata. G. PROVENZALI CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 13 ottobre 1967, n. 2443 -Pres. Scarpello -Rel. Miele A. -P. M. Tavolaro I (conf.) -Ministeri del Tesoro e della Marina Mercantile (avv. Stato Carafa) c. Societ Partenopea di Navigazione (avvocati Cariota-Ferrara e Pollice). Competenza e giurisdizione -Questioni di giurisdizione -Poteri della Cassazione in ordine ai presupposti di fatto. '" p. " artt. 37 e 360). Competenza e giurisdizione -Navigazione marittima -Aziende concessionarie dei servizi di trasporto -Contributo straordinario di esercizio -Richiesta di integrazione -Giurisdizione del Consiglio di Stato. (1. 20 marzo 1865 n. 2248 all. E, artt. 2 e 4: I. 23 gennaio 1941, n. 52, art. 1). La Corte di Cassazione, nelle questioni di giurisdizione, anche giudice dei presupposti di fatto sulla base dei quali la giurisdizione va determinata, onde legittimata a procedere direttamente alla individuazione e qualificazione di tali elementi (1). La posizione soggettiva delle aziende sovvenzionate concessionarie dei servizi marittimi di trosporto, rispetto ai contributi previsti, in aggiunta all'ordinaria sovvenzione, per tener conto dei maggiori costi e dei minori introiti, verificatisi dalla data di entrata in guerra dell'Italia, non configurabile altrimenti che come interesse legittimo, essendo la relativa legge rivolta in via esclusiva alla cura ed alla salvaguardia dell'interesse pubblico alla conservazione del servizio ed essendo riservate dalla legge stessa la corresponsione e la determinazione della misura del contributo al potere discrezionale dell'Amministrazione, onde spetta al Giudice amministrativo la giurisdizione a (1) V. Cass., Sez. Un., 30 gennaio 1967, n. 249, in questa Rassegna, 1967, I, 370, nonch Cass., Sez. Un., 6 aprile 1966, n. 900, ancora in questa Rassegna, 1966, I, 566 ed ivi nota 2. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE :moscere delia domanda diretta ad ottenere la integrazione di detto :mtributo (2). (Omissis). -Con i primi tre mezzi, le Amministrazioni della [arina mercantile e del Tesoro, denunziando la violazione e falsa aplicazione degli articoli 2 e 4 della legge abolitiva del contenzioso nministrativo in relazione ai poteri attribuiti dalla legge e daHa >nvenzione all'Amministrazione, ai prinC>ipi sulla formazione ed aprovazione dei contratti dello Stato ed ai criteri per la discriminaone della giurisdizione ordinaria da quella amministvativa, nonch lfetto assoluto di motivazione sul punto decisivo deHa natura sostanale della pretesa azionata dalla SPAN, censurano l'impugnata sen~ nza per aver ritenuto la giurisdizione deH'autorit giudiziaria ~dinaria, e per essa del collegio arbitrale, previsto dall'art. 21 della mvenzione, in ordine alla domanda stessa. Al riguardo rilevano che giurisdizione del giudice ordinario, e per esso degli arbitri, doveva, 1vece essere esclusa: 1) perch la revisione della convenzione am. essa dall'art. 20 deHa convenzione medesima per l'ipotesi di inter~ nute modificazioni, in presenza dello stato di guerra, delle linee delle condizioni del servizio, ed ispirata, in via esclusiva, alla 1lvaguardia ed alla cura del pubblico interesse, rientra nei poteri .screzionali dell'Amministrazione e l'attuazione di essa da parte ~I giudice ordinario implicherebbe un'inammissibile ingerenza del udice sull'atto di approvazione della concessione (decreto ministeale), nonch una parimenti inammissibile sostituzione della volont ~I giudice alla discrezionalit della amministrazione (motivi primo secondo); 2) perch, e soprattutto, in realt la pretesa azionata dalla PAN attiene alla sfera degli interessi legittimi, tutelabili dinanzi il udice amministrativo, in quanto diretta ad ottenere una integrazione ~I contributo straordinario ex lege, gi percepito in relazione agli :ercizi 1948-1953 secondo semestre, contributo, che per la legge ~ gennaio 1941, n. 52, rivolta a salvaguardare l'interesse pubblico la conservazione dei servizi marittimi sovvenzionati, .il Ministero ~Ile Comunicazioni aveva facolt di elargire alle aziende concessioirie di detti servizi in aggiunta alla sovvenzione spettante a termini (2) Nell'occasione, come si rileva dalla motivazione, le sezioni unite !Ila Corte di Cassazione hanno avuto modo di riaffermare, quale premessa !Ila adottata statuizione, i noti principi circa i criteri di discriminazione a giurisdizione ordinaria e giurisdizione amministrativa (in merito a che da ultimo Cass., Sez. Un., 13 ottobre 1967, n. 2442, in questa Rassegna, '67, I, 768 ed ivi nota 1, nonch Cass., Sez. Un., 12 dicembre 1967, n. 2926, tcora in questa Rassegna, 1967, I, 968 ed ivi nota 1). La sentenza 12 ottobre 1960 (e non 23 giugno 1960), n. 2690 delle stesse zioni unite della Corte di Cassazione, richiamata in quella di c:.1i si tratta, :>vasi pubblicata in Giust. civ., 1961, I, 267. 32 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO della concessione, per tener conto dei maggiori costi e dei minori introiti verificatisi dopo il 10 giugno 1940, e nella misura stabilita insindacabilmente di concerto con il Ministero delle Finanze (motivo terzo). noto che il criterio distintivo della giurisdizione ordinaria da quella amministrativa non dato dal modo in cui prospettata la pretesa fatta valere in giudizio, sebbene dalla effettiva natura dell'oggetto della controversia e della protezione accordata dall'ordinamento giuridico, in astratto, alla posizione soggettiva assunta a fondamento della pretesa. Per stabilire, pertanto se la controversia appartiene alla competenza del giudice ordinario, non basta che da parte dell'attore si adduca di essere stato leso in un suo diritto soggettivo da un atto della pubblica amministrazione, ma occorre ricercare se un diritto soggettivo sia, in astratto, configurabile nel thema disputandum. A tal fine occorre indagare ed accertare la natura e finalit delle norme che si assumono violate dalla amministrazione con la conseguenza che la controversia sar relativa ad un diritto soggettivo se le norme sono rivolte a disciplinare rapporti tra i privati e la pubblica Amministrazione, dai quali scaturiscono r_eciproci diritti ed obblighi, ovvero diritti per il privato, si tratti cio di norme di relazione, la cui violazione da parte della amministrazione concreta una illegittima invasione della sfera giuridica del privato, e quindi la lesione di un diritto soggettivo di questi; la controversia sar invece di competenza del giudice amministrativo se la violazione riguardi norme di azione, di norme, cio, poste per assicurare la conformit dell'azione della amministrazione al pubblico interesse, per la cui tutela sono state predisposte, trovando in tal caso l'interesse del privato ad evitare le conseguenze dannose dell'illegittimo comportamento della amministrazione, protezione mediata per la coincidenza di tale interesse con l'interesse pubblico. Alla stregua di questi principi, l'eccezione di difetto di giurisdizione, con riguardo al profilo prospettato con il motivo terzo, avente carattere preliminare ed assorbente, risulta pienamente fondata. Avendo, infatti la SPAN richiesto, con la domanda sottoposta al giudizio degli arbitri, !'.integrazione del contributo straordinario ex lege n. 52 del 1941, conseguito per gli esercizi 1948-1953 secondo semestre, sul presupposto che nella determinazione dell'ammontare di tali contributi sarebbero state illegittimamente obliterate varie voci ., che avrebbero dovuto invece essere considerate, siccome era stato richiesto (ammortamenti, imposte e tasse, spese di riclassifica interessi al capitale quote franchigia), l'oggetto sostanziale della controversia, attiene, evidentemente alla sfera degli interessi legittimi, tutelabili dinanzi il giudice amministrativo (come in realt, gi se pure inutilmente tentato dalla SPAN). PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE Rispetto al contributo straordinario, che la 1. n. 52 del 1914 pre1Tedeva a favore delle aziende concessionarie di servizi di trasporto !llarittimi sovvenzionati, in aggiunta alla sovvenzione prevista dalla !onvenzione, per tener conto dei maggiori costi e dei minori introiti 17erificatisi dopo il 10 giugno 1940, la posizione soggettiva del concessio1ario non configurabile altrimenti che come posizione di interesse legittimo, essendo la legge rivolta, in via esclusiva, alla cura e salva~ uardia dell'interesse pubblico alla conservazione del servizio e essendo riservato, dall'art. 1 della legge stessa, la corresponsione e la deterninazione della misura del contributo, al potere latamente discredonale dell'amministrazione. Che con la proposizione della domanda in esame, la Span mi~ asse a conseguire l'equilibrio economico del bilancio, non significa che mstanzialmente la domanda fosse diretta a conseguire la revisione :lella convenzione, prevista dall'art. 20 della convenzione medesima, ;ierch, a parte la considerazione che la effettiva natura della pretesa :ledotta in giudizio va determinata in relazione agli elementi obbiet; ivi della domanda, e non al risultato che la parte si ripromette, a mo criterio, conseguire, e che la revisione della convenzione postula, 1 tenore dell'art. 20 della convenzione stessa, l'intervenuta modifi! azione, in presenza dello stato di guerra, delle linee e delle condizioni lel servizio, innegabile che attraverso l'integrazione del contributo ;traordinario ex lege n. 52 del 1941, non ipotizzabile, stante la 1atura, lo scopo e la sfera di azione di tale contributo, la revisione lella convenzione, come del resto gi queste Sezioni Unite hanno 1ffermato in analoga controversia (sent. 23 giugno 1960, n. 2690). Quanto poi al rilievo della resistente, secondo cui la soluzione 'lella questione di giurisdizione dovrebbe farsi sulla base della inter lretazione della domanda, siccome fatta dalla Corte di appello, in iuanto l'interpretazione degli elementi costitutivi della domanda ;i risolve in apprezzamenti di fatto incensurabili in Cassazione, mffi.ciente, ricordare che la Suprema Corte, nella questione di giuri ;dizione, anche giudice dei presupposti di fatto sulla base dei quali a giurisdizione va determinata, per cui legittimata a procedere diret :amente alla individuazione e qualificazione di tali elementi. :tisultando, per le svolte considerazioni sussistente il denunziato difetto ii giurisdizione, con riguardo al profilo giuridico prospettato con il :erzo motivo. restano assorbiti i motivi primo e secondo pure atti 1enti al problema di giurisdizione, nonch i motivi quarto e quinto !he riflettono rispettivamente questioni relative alla competenza degli trbitri in relazione alla clausola compromissoria dell'art. 21 della !Onvenzione, ed a questioni ed in ordine alla congruit della motiva :ione della sentenza impugnata sul punto relativo alla prova della 'ondatezza della pretesa della Span. -(Omissis). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 15 gennaio 1968, n. 82 -Pres. Tavolaro S. -Rel. Berri -P. M. Criscuoli (conf.) -Nardi (avv. Sciacca) c. Ministero dell'Interno (avv. Stato Albisinni). Competenza e giurisdizione -Cassazione -Consiglio di Stato -Decisioni -Sindacato delle sezioni unite della Corte di Cassazione Limiti -Questione di legittimit costituzionale -Potere dovere del Consiglio di Stato di pronunziarsi sulla rilevanza e sulla fondatezza delle questioni di legittimit costituzionale -Motivazione analitica -Eccesso di potere giurisdizionale -Insussistenza. (Cost. art. 111, comma terzo; c. p. c., art. 360, n. l, e 362, primo comma; t. u. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 48). It sindacato della Cassazione sulle decisioni del Consiglio di Stato configurabile solo per motivi di giurisdizione e non pu configurare eccesso di potere giurisdizionale la analitica motivazione sulle questioni di legittimt costtuzionale, su cui esso ha il potere dovere di pronunziarsi ai fini della rilevanza e della fondatezza (1). (Omissis). -Il ricorrente denuncia il difetto di giurisdizione in relazione agli articoli 135 della Costituzione, 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e 23 della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 87. Secondo il ricorrente la decisione sarebbe viziata da eccesso di potere giurisdizionale per quanto attiene all'esame dell'eccezione di illegittimit costituzionale del d.1.1. 1945, n. 205, in quanto il Consiglio di Stato, anzich limitarsi a delibare la questione al fine di accertare se fosse manifestamente infondata o meno, ha compiuto un vero e completo esame di merito della questione stessa invadendo la sfera giurisdizionale della Corte Costituzionale. (1) Circa i limiti del sindacato delle sezioni unite della Corte Suprema di Cassazione sulle decisioni del Consiglio di Stato v. pure appresso nota 1-2 a pag. 36. Circa il particolare profilo di assunto eccesso di potere giurisdizionale denunziato nella specie dal ricorrente ineccepibile appare quanto si rilevato dalla Corte di Cassazione. Le sentenze delle stesse sezioni unite della Oorte di Cassazione 18 maggio 1965, n. 964, 12 ottobre 1965, n. 2120 e 17 maggio 1961, n. 1165, tutte richiamate in quella di cui si tratta, si trovano pubblicate rispettivamente in questa Rassegna, 1965, I, 36 in Foro it., 1966, I, 182 e in Giust. civ., 1961, III, 131. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 35 Che lo stesso Consiglio di Stato ritenesse la questione non manife: tamente infondata si evincerebbe dall'avvenuta rimessione della conroversia alla Adunanza plenaria, dall'ampiezza della indagine conlotta, dalla dichiarata seriet della questione stessa e dalla compenazione delle spese. Peraltro la motivazione dell'impugnata decisione arebbe erronea e illogica sia in quanto nega (in contrasto con il valore >recettivo dell'art. 39 Cost.) la possibilit di associazioni sindacali ndipendenti dai partiti politici, sia in quanto estende al personale :ivile della P. S. le limitazioni previste dall'art. 98 Cost. in relazione Ll d.1.1. del 1945 n. 205. Osservano le Sezioni Unite che il ricorso inammissibile, perch a valere censure che non sono riconducibili al dedotto difetto di potere :iurisdizionale. Secondo il disposto dell'art. 111, terzo comma; della Costituzione ~ degli articoli 48 t. u. 26 giugno 1924, n. 1054, 360 n. 1 e 362 c.p.c., e decisioni del Consiglio di Stato sono impugnabili in Cassazione olo per motivi inerenti alla giurisdizione, in quanto l'attivit giuridizionale del Consiglio di Stato incide sull'atto amministrativo e 1uindi sul potere discrezionale che ne costituisce il motivo ispiratore. >ertanto il sindacato della Cassazione configurabile allorquando il !onsiglio di Stato abbia giudicato fuori dei limiti che la legge pone Ile sue specifiche attribuzioni (cfr. S.U. 18 maggio 1965, n. 964). Ora, proprio in forza dei testi legislativi, di cui il ricorrente ssume la violazione, il Consiglio di Stato ha il potere-dovere di pro. unciarsi sulla rilevanza e sulla fondatezza delle questioni di legittimit ostituzionale, che gli sono sottoposte nel corso dei giudizi che si svoiono davanti allo stesso. Ne consegue che il Consiglio di Stato, quando i pronuncia in merito all'eccezione d'illegittimit costituzionale, rimae rigorosamente nei limiti della propria giurisdizione. Di ci prova i fatto che il ricorrente svolge censure che attengono esclusivamente Ile ragioni che il Consiglio ha posto a fondamento della sua pronunia, ragioni ovviamente sottratte al sindacato delle Sezioni Unite (cfr. ' U. 12 ottobre 1965, n. 2120). La motivazione sulle questioni di legittimit costituzionale, anche e ritenuta soverchia dalla parte interessata, non pu configurare eccesso di potere giurisdizionale, perch la disamina dei singoli punti 1dicati inseparabile dal potere del giudice di dare corso o meno ll'incidente di legittimit costituzionale e pu importare l'esigenza i una motivazione analitica (cfr. S. U. 17 maggio 1961, n. 1165). Il ricorso, in conclusione, deve essere dichiarato inammissibile il ricorrente va condannato alla perdita del deposito (art. 381 c.p.c.) alle spese di questo giudizio (art. 385 c.p.c.). -(Omissis). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 9 febbraio 1968, n. 424 -Pres. I Scarpello -Rel. Pratillo -P. M. Tavolaro I (conf.) -Rosella (avv. Cavazzuti) c. Ministero del Tesoro (avv. Stato Ciardulli). Competenza e giurisdizione -Danni di guerra -Indennizzo -Contributo di ricostruzione -Pretesa del privato alla concessione ed alla misura -Interesse legittimo -Giurisdizione del Consiglio di Stato. (1. 27 dicembre 1963, n. 968: I. 29 settemhre 1967, n. 955). Competenza e giurisdizione -Cassazione -Consiglio di Stato -Deci sioni -Sindacato delle sezioni unite della Corte di Cassazione Limiti -Questione di legittimit costituzionale -Irrilevanza sulla questione di giurisdizione -Inammissibilit del ricorso. (Cast. art. 111, comma terzo; c. p. c. art. 360, n. 1, e 362, comma primo; t. u. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 48). Il privato in nessun caso pu vantare diritti soggettivi nei confronti della pubblica Amministrazione riguardo sia alla concessione sia alla misura dell'indennizzo per danni di guerra o del contributo di ricostruzione, sibbene soltanto interessi legittimi, tutelabili esclusivamente in sede amministrativa davanti al Consiglio di Stato, sicch non gli in materia concessa azione alcuna davanti all'Autorit giudiziaria (1). Il ricorso alle sezioni unite civili della Suprema Corte di Cassa:; zione contro le decisioni del Consiglio di Stato pu essere proposto I soltanto per motivi attinenti o inerenti alla giurisdizione, non per ~ eventuali violazioni di norme giuridiche in cui sia incorso il Consiglio di Stato n per ragioni di merito, onde le questioni di legittimit I costituzionale di atti aventi forza di legge formale possono essere rile I vanti in tale fase processuale solo se pregiudiziali rispetto alla pro nunzia sulla giurisdizione (2). (1-2) Massime ormai consolidate -Cfr. da ultimo Cass. Sez. Un. 19 settembre 1967, n. 2183 in questa Rassegna, 1967, I, 964 ed ivi nota 1, non ch Cass. 31 luglio 1967, n. 2031 e 19 maggio 1967, n. 1073, entrambe in questa Rassegna 1967, I, 957-958 ed ivi nota 1-2. La sentenza relativa si pubblica tuttavia anche nella parte motiva sia per il riferimento a parti colari situazioni del caso di specie e per l'affermazione secondo cui nulla al riguardo ha innovato la recente legge n. 955 del 29 settembre 1967 , sia per le peculiari precisazioni in ordine alla ultima parte della seconda massima. Le sentenze n. 1954 del 1959, n. 1179 del 1963, n. 900 del 1966, n. 2661 del 1963, n. 1603 del 1958 e n. 2490 del 1965, tutte menzionate in quella di cui si tratta, si trovano pubblicate rispettivamente in Foro amm., 1959, II, 1, 397, in Giust civ., 1963, I, 1867, in questa Rassegna, 1966, I, 566, in Foro it., 1963" I, 1874, in Foro it., 1958, I, 1108 e in questa Rassegna, 1965, I, 53. 'oNI DI GIURISDIZIONE 37 \;isella denuncia, in riferi48 del T. U. n. 1054 del e del Consiglio di Stato \tti da bombardamenti 'no generale di Roma \ asportazione fin'anflrebbe titolare non '~erfetto al risarci \ce ordinario. \t costituzionale, ~ll'art. 13 della \2 della Costi ministrazione \ il cittadino 'o in cui il 'rato l'im costanti '\90 del 'llega\ ziata \'ltro \Ila ~ \ ., compe-~ ~ I I PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 41 mti per territorio, non ha che da prenderne atto ed assicurarne l'ese1zione con propri provvedimenti vincolati e formali, contenenti >!tanto le particolarit esecutive delle predette determinazioni. Tutto ci inteso al fine di assicurare la sollecita disponibilit egli alloggi in relazione ai rapidi e talvolta repentini spostamenti di ~de del personale, derivanti dalle speciali esigenze di un particolare ffVizio quale quello militare. La locazione stipulata dall'I.N.C.I.S. non fu dunque frutto di un ll.tonomo potere, bens di una attivit accessoria rientrante nello !hema della concessione amministrativa e da questo rigorosamente elimitata. Ma v' di pi: quand'anche si volesse attribuire al contratto di >cazione, stipulato dall'Istituto, quel carattere di autonomia sul quale mto insiste il ricorrente, non ne sarebbe mai derivato, nella specie, n diritto tutelabile davanti al giudice ordinario. Infatti tale contratto i stipulato dall'Istituto (che probabilmente ignorava la revoca delassegnazione del 18 settembre 1957) in contrasto ed in violazione ella revoca stessa. Doveva quindi considerarsi illegittimo ed incapace i creare diritti soggettivi; sia pur limitati dall'ambito della conces. one. Ci tantp vero che con successiva determinazione dell'll ~bbraio 1958 l'I.N.C.I.S. stesso ne dichiar la risoluzione quando ppunto ebbe notizia della revoca. Pertanto finch quest'ultima non fosse stata rimossa (il che avrebbe otuto verificarsi soltanto attraverso la giurisdizione amministrativa) gni pretesa del ricorrente sarebbe rimasta sempre circoscritta nella cera degli interessi. Tale situazione fu tanto bene avvertita dalla difesa del Rossi da idurla a chiedere davanti al Consiglio di Stato l'annuUamento degli tti impugnati; quale necessario presupposto o del ripristino della oncessione in sede amministrativa o del risarcimento dei danni in ~de giudiziaria. La sanzione dell'annullamento degli atti amministrativi, non su~ ettibile d'essere pronunziata dal giudice ordinario, invece propria ella giurisdizione amministrativa, i cui limiti furono rigorosamente ispettati nella denunziata sentenza. -(Omissis). SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA CIVILE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 20 dicembre 1967, n. 2988 -Prs. Marletta -Est. Aliotta -P. M. Pedace (conf.) -Ferrovie dello Stato (avv. Stato eGntile) c. Pino. Imposte e tasse in genere -Imposte, tasse, entrate patrimoniali dello Stato -Di~tinzione -Proventi del servizio ferroviario Entrate di diritto privato -Competenza e giurisdizione -Competenza per materia -Ingiunzione per il pagamento del biglietto ferroviario e della soprattassa -Competenza funzionale del tribunale -Esclusione. (c. p. c., art. 9, 25, 637; c. c., art. 1678, 1382; r. d. 11 ottobre 1934, n. 1948). Le entrate di diritto privato o patrimoniale dello Stato si distinguono dalle imposte e dalle tasse, in quanto hanno fondamento, non in un rapporto di natura pubblicistica, sibbene in un rapporto contrattuale di natura privatistica, nel quale l'obbligo del pagamento di una determinata somma, dovuta ad un ente pubblico, sorge in virt della volont delle parti, potendo costituire, tra l'altro, lo specifico corrispettivo di un pubblico servizio del quale il privato usufruisca (1). I proventi del servizio ferroviario si configurano come entrate patrimoniali di diritto privato e non come imposte o tasse. In particolare, mentre il pagamento del biglietto di viaggio costituisce il corrispettivo dell'effettuazione del trasporto, la sopratassa dovuta in caso di mancato pagamento si inquadra sostanzialmente nell'istituto della clausola penale previsto dall'art. 1382 c. c. Ne deriva che, non configurandosi, ex art. 9 e 25 c. p. c., la competenza funzionale del Tribunale, competente a decider"'. sul ricorso diretto ad ottenere ingiunzione di pagamento del biglietto o della sopratassa il giudice indicato dall'art. 637 c. p. c. (2). (1-2) La decisione merita di essere segnalata in relazione ai problemi inerenti alla distinzione, non agevole e certamente delicata, tra entrate di diritto privato dello Stato e imposte o tasse. La Suprema Corte ricorda sinteticamente, in via preliminare ed ai fini dell'inquadramento teorico del caso di specie, i vari criteri prevalenti nella dottrina recente e meno PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE icente per discriminare le entrate patrimoniali dello Stato dalle entrate ibutarie. I criteri che la Cassazione ritiene di dover respingere sono >stanzialmente i seguenti: quello che individua le entrate di diritto rivato nei proventi dei servizi pubblici che, oltre a coprire il costo dei irvizi stessi, assicurano alla p. a. un certo margine di utile; quello che t riferimento alla natura pubblicistica o privatistica dello scopo per il 11ale l'entrata si realizza; quello che differenzia le due categorie di 1trate con prevalente riguardo alla natura monopolistica o concorrenale del regime in cui vengono concretamente esercitati i vari servizi 11bblici; quello, infine, che esclude dall'ambito dei tributi i proventi ~i servizi che non rappresentano la manifestazione di una potest d'im~ ro della p. a. (per una completa disamina dei vari criteri distintivi, GIANNINI A. D., Istituzioni di diritto tributario, 46 segg., Milano, 1960; I.; I conetti fondamentali del diritto tributario, 106 segg., Torino, 1956). Secondo la Suprema Corte, il criterio pi idoneo sarebbe invece iello di procedere ad un'indagine storica ed ermeneutica sul servizio ibblico in relazione al quale prevista l'entrata e, sulla base del diritto lsitivo, esaminare se il servizio stesso possa collocarsi tra le attivit ~re imperii o jure gestionis dell'Amministrazione. Il problema prospettato non ha un rilievo esclusivamente teorico, e quanto la classificazione delle entrate nell'ambito dell'una o dell'altra ttegoria reca con s implicazioni pratiche tutt'altro che trascurabili, istituendo, la premessa indispensabile per la risoluzione di varie queioni: si pensi, per esempio, alla riserva di legge dell'art. 23 della Costi1zione e, come nel caso di specie, alla competenza di cui all'art. 9 c.p.c. La .dottrina specializzata si diffusamente soffermata sulla distinone fra tributi ed entrate di diritto privato ed ha cercato di elaborare ia nozione pi o meno precisa e soddisfacente delle entrate patrimoniali, ntandone un inquadramento, sotto il profilo sistematico, nell'ambito illa scienza delle finanze e del diritto tributario (FORTE, Imposta, in ovissimo Digesto Italiano, VIII, 311, Torino, 1962). V' chi, con riferiento alla natura giuridica del rapporto tra ente pubblico e cittadino, l collegato le entrate di diritto privato alla necessit di una fonte negoale privatistica, i tributi, invece, al potere d'impero dello Stato (GIANNI A. D., I concetti fondamentali ecc., cit., 54 e 58), pur rilevando l'im> ssibilit, allo stato attuale del diritto positivo, di enucleare un criterio ateriale, visibile e sicuro , donde la necessit di ampliare l'indagine m' criteri sussidiari (pur se singolarmente insufficienti), come quello ~lla disciplina legislativa dei singoli istituti riguardati in una prospet' a non solo attuale ma soprattutto nel loro excursus storico (GIANNI A. D., op. cit., 106 e 114). V' chi ha contestato l'esattezza del criterio te individua il fondamento delle entrate di diritto privato in un rap> rto contrattuale privatistico ed ha negato la rilevanza della distinzione >po l'entrata in vigore della Costituzione repubblicana, proponendo di stituirla con quella tra entrate tributarie ed entrate non tributarie ~OCIVERA, Principi di diritto tributario, '161, Milano, 1959). V' ancora ti ha scorto le entrate patrimoniali nelle prestazioni pecuniarie rela' 7e ad obbligazioni di privati che hanno come correlativo delle obbliga: mi dello Stato aventi per oggetto prestazioni di durata o periodiche, ime i canoni di godimento di beni pubblici dati in concessione, quelli locazione di beni immobili del patrimonio dell'ente pubblico ed i cor; pettivi delle somministrazioni poste in ,essere con strumenti contrattuali diritto privato (GIANNINI M. S., Le obbligazioni pubbliche, 82, Napoli, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1964). Per quanto concerne i proventi del servizio ferroviario, la Cassazione ha sostanzialmente seguito la soluzione proposta dal GIANNINI A. D. (op. cit., 115), con riguardo. alla natura del rapporto contrattuale tra Stato e utenti, rapporto che troverebbe la sua fondamentare disciplina nel codice civile. Non si pu non rilevare, tuttavia, che l'interpretazione storica, su cui insiste la S. C. nel far riferimento alle caratteristiche dell'istituto quando il servizio pubblico ferroviario era concesso ad imprenditori privati., non sembra possa essere un criterio suscettibile di generalizzazione, mentre da condividersi sono le considerazioni di diritto positivo con il richiamo al contratto di trasporto di persone. Sotto quest'ultimo profilo giova, peraltro, ricordare che le disposizioni normative di diritto privato, che disciplinano i rapporti giuridici -tra enti pubblici e cittadini -che scaturiscono da contratti, sono spesso temperate, come nel caso del servizio ferroviario, da numerose norme di diritto pubblico. Su tali caratteristiche differenziali rispetto alle norme del codice civile si soffermato, sempre in relazione alla natura dei proventi del servizio ferroviario, l'INGRosso (Diritto finanziario, 246, Napoli, 1956), che attribuisce, invece, con tutte le conseguenze, natura tributaria a tali entrate, facendo peraltro ricorso anche a considerazioni metagiuridiche. A prescindere dal caso di specie, le soluzioni contrastanti sono connaturate a questa delicata materia: se, infatti, il criterio distintivo pu astrattamente apparire nella sua chiara semplicit, nella pratica applicazione la differenziazione tra entrate patrimoniali e tributi molto ardua, soprattutto quando si tratti di individuare la natura giuridica di proventi collegati all'espletamento di pubblici servizi. L'indagine viene, al riguardo, a complicarsi, in quanto coinvolge problemi relativi alla natura delle fonti su cui poggia il provento ed alla posizione relazionale tra utenti ed Amministrazione. Nella giurisprudenza non risultano precedenti specifici recenti. Peraltro, il problema della differenziazione tra le varie categorie di entrate dello Stato, con particolare riferimento alla natura ed all'individuazione delie entrate di diritto privato, si presenta spesso all'esame dei giudici: per quanto concerne, ad esempio, la natura del canone di abbonamento alla R.A.I., cfr. App. Genova, 16 maggio 1953, in Giur. Cass. Civ., 1953, III biro., 433, con nota adesiva di OLMI sulla natura tributaria del canone stesso; sulla natura di tassa della percentuale, a favore dello Stato, sugli introiti del C.O.N.I., cfr. Cass., Sez. Un., 31 maggio 1961, n. 1285, in questa Rassegna, 1961, 99; sulla natura tributaria dei prelievi generali effettuati dalla C.E.C.A., cfr. Trib. Torino, 10 maggio 1963, in Riv. dir. fin., 1964, II, 3, con nota di Allorio. UMBERTO GIARDINI CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 18 gennaio 1968, n. 91 -Pres. Favara Est. D'Armiento -P. M. De Marco (conf.) -Falduti e Casale (avv. Russo) c. Ministero Difesa -Aeronautica (avv. Stato Foligno). Espropriazione per p. u. -Espropriazione -Efficacia traslativa del decreto .-Diritto all'indennit -Prescrizione -Termine iniziale. (1. 20 marzo 1965, n. 2359, art. 39; c. c. art. 2935). PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE rescrizione -Cause impeditive all'esercizio del diritto -Nozione. (C. c., art. 2935). Nell'espropriazione per p. u. il diritto dell'espropriato alla inden: t si matura e concreta alla data del decreto di espropriazione, e cio ~l momento stesso in cui si attua il trasferimento della propriet del me all'espropriante, cui occorre quindi far capo per stabilire l'inizio del rmine di prescrizione del diritto all'indennizzo (1). La disposizione di cui all'art. 2935 c. c., per la quale la prescrizione >mincia a decorrere dal giorno in cui il diritto pu essere fatto valere, riferisce solo alla possibilit legale, nel senso che quella non decorre : esistono impedimenti legali, come pu essere la condizione sospensiva m ancora verificata od il termine non scaduto, mentre non si tien mto degli impedimenti di fatto, tra cui rientra lo stato di ignoranza ~l proprio diritto da parte del titolare (2). (Omissis). -Col ricorso principale Falduti Giovanna e Casale Anmziata denunziano la violazione e falsa applicazione degli artt. 2935 97 c. c., e la insufficiente e contraddittoria motivazione, sostenendo ie la sentenza impugnata non avrebbe potuto dichiarare prescritto il edito fatto valere in giudizio. Ed invero -argomentano le ricorrenti (1) Giurisprudenza pacifica. Nella procedura di esproprio l'accordo 'la indennit, a norma dell'art. 30 l. 1865, n. 2359, precede il decreto di '()prio con il quale si realizza poi la convevsione del diritto affievolito 'opriet nel diritto all'indennizzo (sul momento in cui si verifica il imento coattivo della propriet v. Cass. 21 ottobre 1965, n. 2173, in Rassegna, 1965, I, 1180 e nota sub 1 di riferimenti). ,, necessit degli adempimenti, cui la p.a. tenuta in base alle wntabilit, che rendono inesigibile il credito ed in conseguenza la mora, (cfr. Cass. 26 giugno 1956, n. 2291; 26 marzo 1964, .in generale, per il concetto in cui il ritardo possa qualificarsi \e tale fonte di risarcimento del danno cfr. MAZZELLA, in que' l965, I, 968. 'e vincolante per i creditori della p.a., delle norme contenute , e nel regolamento sulla contabilit di Stato cfr. Cass. 3 febbraio 172, in questa Rassegna, 1965, I, 135 e nota di richiami. (2) Nella specie i ricorrenti lamentavano non un impedimento legale !r far valere il loro diritto all'indennit di esproprio, gi concordata e di Li la p.a. aveva effettuato il versamento in tesoreria, sibbene la omessa municazione di tale adempimento che, determinando un semplice stato ignoranza del proprio diritto e concretizzandosi quindi in un impediento di fatto, si poneva fuori della norma di cui all'art. 2935 e.e. (cfr. 1ss. 29 aprile 1965, n. 752, in questa Rassegna 1965, I, 504 e nota di ~hiami sub 1); Cass. 30 febbraio 1966, n. 2136; 24 novembre 1966, n. 1797), >Il il .conseguente decorso della prescrizione dalla data del decreto di proprio. 46 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -anzitutto tale decisione contrasta con l'accertamento di fatto, ritenuto in sentenza, che alla Falduti non era stata data comunicazione del versamento della somma rappresentante l'indennit di espropriazione presso la Tesoreria provinciale di Catanzaro. In secondo luogo la decisione medesima incompatibile col principio giuridico secondo cui ogni credito verso lo Stato rimane illiquido ed in condizione di pendenza fino a quando non siano compiuti gli adempimenti previsti dalla legge sulla contabilit di Stato. Prima di detto momento -concludono le ricorrenti -il creditore vanta un mero interesse legittimo, e non pu cominciare a decorrere, pertanto, il termine di prescrizione del diritto. Col secondo mezzo, poi, si sostiene che la prova dell'intervenuta prescrizione doveva essere data dall'Amministrazione e che, in ogni caso, vi era difetto di motivazione sul momento iniziale della prescrizione. Ritiene il Collegio che le censure di entrambi i mezzi sono prive di fondamento, e che correttamente la Corte di merito ha dichiarato prescritto il credito della Falduti, che traeva origine da una espropriazione per pubblico interesse risalente al 13 settembre 1940. Ora noto che nella espropriazione per pubblico interesse, il diritto dell'espropriato all'indennizzo si matura e si concreta nel momento stesso in cui si attua il trasferimento della propriet del bene all'espropriante, e cio alla data del decreto di espropriazione, con la conseguenza .che sempre a tale data bisogna far capo per stabilire l'inizio del termine di prescrizione del diritto all'indennizzo. La disposizione, invero, dell'articolo 2935 c. c., secondo cui la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto pu essere fatto valere, si riferisce alla possibilit legale di far valere il diritto e va intesa nel senso che la prescrizione .non decorre solo se esistano impedimenti legali (per esempio condizione sospensiva non ancora verificata o termine non ancora scaduto); e non si tiene conto, invece, dei cosiddetti impedimenti di fatto, tra i quali compreso lo stato d'ignoranza del proprio diritto da parte del titolare (cfr. da ultimo sentt. Cass. 30 luglio 1966, n. 2130 e 24 novembre 1966, n. 2797). Nella specie la Falduti, per sfuggire alla maturazione della prescrizione, aveva dedotto che l'ente espropriante non le aveva comunicato l'avvenuta emissione del mand&to di pagamento dell'indennit concordata; ed aveva altresi, sostenuto che per le norme che regolano la contabilit di Stato il suo credito perl'espropriazione non era diventato mai liquido. Ma tali tesi, manifestamente inconsistenti, sono state correttamente disattese dalla sentenza denunziata, la quale, per confutarle si richiamata all'inerzia della titolare del diritto nell'esigere l'adempimento, (che peraltro era gi avvenuto, col deposito della somma, (rappresentante l'indennizzo) senza che ricorresse alcuna causa legittima che impedisce l'esercizio del diritto. -(Omissis). PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 47 :ORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 22 gennaio 1968, n. 171 -Pres. Val lillo -Est. Minerbi -P. M. Toro (diff.) -Ministero Difesa-Esercito (avv. Stato N. Bronzini) c. Nutini. 'rescrizione -Illecito meramente civile ed illecito penale da unico fatto in danno della stessa persona -Prescrizione dell'azione risarcitoria da illecito civile -Applicabilit del pi lungo termine della prescrizione per il reato. (C. c., art. 2947, comma 3). Quando da un unico fatto materiaLe si verificano nei confronti di .no stesso soggetto due eventi, L'uno previsto come reato e L'aitro ome iHecito meramente civiLe, L'azione risa:rcitoria fatta vaLere per quet'uitimo soggiace aHa pi Lunga. prescrizione prevista per iL reato (1). (Omissis). -Con il primo mezzo l'Amministrazione ricorrente enunzia la violazione e la falsa applicazione delo art. 2947 30 comma . c., in relazione al precedente comma 2 della stessa norma, per avere 1 Corte di merito omesso di considerare che il pi lungo termine rescrizionale previsto dalla disposizione >opra citata si applica esclu (1) In senso conforme Cass. 25 maggio 1957, n. 1905 menzionata, in lotivazione. Sul tema, in generale, la giurisprudenza ha ripetutamente affermato il rincipio che da un'unica azione conseguirebbero due distinti illeciti, ciamno con una propria autonomia in riferimento agli eventi che li quaficano. In conseguenza ha quindi ritenuto' che la pi lunga prescrizione sta ilita per il reato non possa essere estesa al diritto di risarcimento del anno da illecito meramente civile, .che soggiace invece ai termini per ;so stabiliti (cfr. Cass. 4 maggio 1960, n. 992; 3 novembre 1961, n. 2544; 3 luglio 1964, n. 1870). Con la sentenza che si annota la Corte di Cassazione ha voluto distin 11ere l'ipotesi in cui il danno alla persona (morte, lesioni personale), sia ;ato risentito da un soggetto diverso da quello che ha lamentato il danno Lle cose, e nella quale il principio dianzi esposto andrebbe applicato, dal altra in cui, per essersi verificati i due eventi in danno di uno stesso >ggetto, la pi lunga prescrizione penale varrebbe anche per l'azione .vile. Per tal modo per sembra che il menzionato principio, al quale tuttavia t Corte di Cassazione si richiama, sia stato del tutto obliterato, in quanto on dato vedere come un elemento del tutto estrinseco, quale quello RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sivamente all'azione civile di risarcimento del danno derivante in via diretta da Ull' fatto considerato dalla legge come reato (es. lesioni), e non all'azione di risarcimento del danno che derivi invece da un mero illecito civile (es. danni alle cose). Con il secondo mezzo si lamenta l'omessa motivazione su punto decisivo della controversia. La Corte d'Appello aveva esattamente richiamato il principio secondo cui, nascendo da uno stesso fatto, due eventi, l'uno dei quali costituente illecito penale ai danni di una persona, e l'altro illecito civile in danno delle .cose, il pi lungo termine di prescrizione per il fatto considerato dalla legge come reato, non applicabile anche al risardmento del danno derivante dall'illecito civile, il cui diritto si prescrive in due anni; aveva poi introdotto una distinzione non consentita dalla legge e dalla logica, a seconda che il danno alle cose e il danno alla persona siano 3tati sofferti dal medesimo soggetto o da soggetti diversi, affermando che nel primo caso la parte lesa potrebbe usufruire del pi lungo termine prescrizionale anche per il risarcimento dei danni alle cose. A giustificazione delle suddette censure, lAmministrazione ricorrente enuncia l'esatto principio, costantemente accolto da questa S. C. costituito dalla circostanza del verificarsi nei confronti di uno stesso soggetto oppure di soggetti passivi diversi del danno alla persona ed al patrimonio, possa incidere sulla autonomia dei due distinti illeciti, pi volte sottolineata dalla Cassazione, ed influire sulla prescrizione civile, che la stessa Sezione (cfr. Cass. 22 gennaio 1968, n. 175 in questa Rassegna, I, 21) ha osservato conservare del pari una sostanziale autonomia, nel quadro generale della prescrizione civile, costituendo i due istituti (della prescrizione civile e penale) un complesso normativo completo ed indipendente. N conv,incono le ragioni addotte a sostegno della adottata decisione, poich il rilievo che l'azione civile possa, dall'unico danneggiato, essere fatta valere mediante la costituzione di parte civile fin quando non siano state compiute per la prima volta le formalit di apertura del dibattimento penale (art. 93 c.p.p.), presuppone, tra l'altro, che il diritto al risarcimento del danno non si sia prescritto; mentre la circostanza che il risarimento del danno patrimoniale ha carattere di accessoriet rispetto alla domanda proposta nel giudizio penale con la costituzione di parte civile, di cui forma un tutto unitario ed inscindibile, non appare rilevante in quanto, siffatti concetti sono del tutto indipendenti dalla disciplina della prescrizione. Occorre invece considerare che, allorquando sia intervenuta la costituzione di parte civile nel procedimento penale, si verifica la interruzione della prescrizione (cfr. Cass. 11 ottobre 1955, n. 3028), che si protrae fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio (art. 2945 comma Secondo c.p.c.). I I f; ~ PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE (Cass. 13 luglio 1964, n. 1870; Cass. 26 giugno 1962, n. 1648; .Cass. 3 novembre 1961, n. 2544; Cass. 4 maggio 1960, n. 992; Cass. 25 maggio 1957, n. 1905), secondo cui, derivando da un unico fatto costituente reato due eventi lesivi eterogenei, quali un danno alla persona, che oggetto della tutela penale, e un danno alle cose, che illecito civile penalmente indifferente, l'azione di risarcimento del danno alle cose deve essere sottoposto aJ regime della prescrizione civile, mentre il pi lungo termine prscrizionale previsto dall'art. 2947, 3-0 comma c. c. si applica esclusivamente alla azione di risarcimento del danno alla persona, siccome derivante dall'offesa all'interesse specificamente tutelato dalla norma penale: in altre parole, per l'applicazione del pi lungo termine di prescrizione necessario che il danno di cui si chiede il risarcimento in sede civile, sia quello stesso che entra nello schema dell'illecito penale, non potendosi ritenere che, per quanto attiene alla decorrenza del termine prescrizionale, la pretesa risarcitoria del privato e la pretesa punitiva dello stato, siano state assoggettate dall'art. 2947 a comune discioplina. Tuttavia, questo S. C. ritiene che il suddetto indirizzo giurisprudenziale, valido allorch per un unico fatto il danno alla persona sia stato risentito da soggetto diverso da quello che ha lamentato solo il danno alle cose, soffra eccezione quando uno stesso soggetto, in dipendenza del fatto-reato, abbia riportato in_ pari tempo danni alla persona e alle cose. La distinzione, contro la cui legittimit insorge l'Amministrazione ricorrente, fu gi delineata nella sentenza 25 maggio 1957 n. 1905, in causa Pantanali-Biella, di questa S. C., che nol). ha ora motivo di discostarsi da quella determinazione, giustamente accolta nella sentenza di primo grado. La soluzione per cui l'offeso dal reato pu avvalersi del pi lungo termine prescrizionale per esperire l'azione civile sia per i danni alla persona, sia per quelli alle cose, si ispira non solo a criteri di 'praticit e al principio dell'economia dei giudizi, non potendosi obbligare la parte lesa ad instaurare due giudizi separti, ma anche a criteri e a princtpi di dir.tto. Se l'istituto della prescrizione si giustifica con la prolungata inerzia degli aventi diritto, non pu paralizzarsi con la breve prescrizione civile l'azione di colui che, mentre operano gli organi pubblici preposti al magistero punitivo, ha facolt, ai sensi degli artt. 22 e 91 c. p. p., di esercitare l'azione civile in qualunque momento del procedimento penale;' e d'altra parte, la domanda del risarcimento di danno alle cose ha carattere di acces-. soriet rispetto a quella proposta nel giudizio penale con la costituzione di parte civile e forma con essa un tutto unitario e inscindibile, a differenza di quanto si verifica se colui che ha riportato un danno alle cose un terzo, che non sia rimasto offeso dal fatto-reato. -(Omissis). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 22 gennaio 1968 n. 175 -Pres. Cannizzaro -Est. Sgroi -P. M. Cutrupia (conf.). Ministero Difesa-Esercito (avv. Stato Foligno) c. Persano Giuseppe ed altri (avv. Pascali). Prescrizione -Prescrizione del diritto al risarcimento del danno da reato -Determinazione della prescrizione pi lun~a stabilita per il reato -Rilevanza del titolo del reato contestato e irrilevanza della qualificazione data dalla sentenza -Cause interruttive della prescrizione penale -Irrilevanza ai fini della prescrizione in sede civile. (C. c., art. 2947, comma 3). Per stabilire quale sia la prescrizione pi lunga valevole per il diritto al risarcimento del danno dipendente cla fatto penalmente illecito, occorre far riferimento al titolo del reato contestato e non invece alla qualificazione effettuata in concreto a seguito della sentenza penale di condanna, e sono altres irrilevanti, ai fini del computo del termine di prescrizione dell'azione risarcitor'ia in sede civile, gli atti interruttivi intervenuti nel procedimento penale (1). (Omissis). -Il diritto al risarcimento del danno derivante da omicidio colposo si prescrive in dieci anni, a norma dell'art. 2947, comma 3, prima proposizione c. c., essendo per questo reato prevista una pena edittale massima di cinque anni (art. 589 c. p.) e, quindi, una prescrizione pi lunga (dieci anni) di quella (cinque anni) fissata dal comma 1 dell'art. 2947 (art. 157 comma 1 n. 3 c. p.). Poich, peraltro, nella specie, la condanna stata pronunciata per omicidio col (1) Con la sentenza che si annota si arrecato un contributo alla soluzione di talune delle numerose incertezze cui d luogo l'art. 2947 e.e. Ha precisato innanzi tutto la Corte di Cassazione che per determinare la pi lunga prescrizione stabilita per il reato, l'art. 2947 comma terzo e.e. fa riferimento ai termini fissati dall'art. 157 c.p. e non invece a quello eventuale pi lungo che possa conseguire per il verificarsi di cause sospensive od interruttive della prescrizione nel procedimento penale (articoli 159 -160 c.p.). Ci in quanto i due istituti della prescrizione, civile e penale, malgrado il collegamento-rinvio operato dalla prima parte del comma terzo in parola, conservano la propria sostanziale autonomia, costituendo ciascuno un complesso normativo completo ed indipendente. (in dottrina conf. GENTILE, Commento al e.e., vol. VI, 584). Le vicende del procedimento penale avranno invece rilievo ove l'azione risarcitoria sia fatta valere mediante costituzione da parte civile (sul cui effetto interruttivo anche sotto il profilo dell'incompetenza del giudice cfr. Cass. 11 ottobre 1955, n. 3028, Giust. civ., 1956, I, 692), protraendosi in PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE poso attenuato (per la concessione delle circostanze di cui all'art. 62 bis c. p.) e poich per tale reato la pena edittale massima di cinque anni meno un giorno (art. 157, comma 2 c. p.) e, pertanto, la prescrizione si matura in cinque anni (art. 157, comma 1, n. 4 c. p.), il Ministero ricorrente -chiamato nel presente giudizio, quale responsabile civile, a rispondere dei danni prodotti dall'omicidio colposo attribuito con sentenza irrevocabile al cap. Cavolata ha eccepito la prescrizione del diritto al risarcimento di tali danni, fatto valere dai congiunti del sottotenente Persano e del soldato Esposito, in quanto, dovendosi a suo avviso applicare, nella specie, il comma 1 dell'art. 2947, sono trascorsi, alla data della proposizione della domanda giudiziale, oltre cinque anni dal giorno in cui il fatto si verificato. Per respingere questa eccezione la Corte di merito si basata su di un duplice ordine di distinte considerazioni: a) in primo luogo nella indagine volta ad identificare il termine di prescrizione del reato, compiuta allo scopo di stabilire se tale termine sia o meno pi lungo di quello fissato dal comma 1 dell'art. 2947, ha attribuito rilevanza al titolo di reato per il quale l'azione penale venne promossa (omicidio colposo) e non gi al reato per il quale venne pronunciata la condanna (omicidio colposo attenuato); b) in secondo luogo, sempre nell'ambito della stessa indagine, ha affermato l'applicabilit della norma dell'articolo 160 c. p., che prolunga di non oltre la met (nella specie, sino a sette anni e mezzo) l'originario termine di prescrizione computato con riferimento alla pena edittale, come effetto degli atti interruttivi posti concretamente in essere nel corso del procedimento penale. Qusto secondo argomento -il quale, se fondato, renderebbe superfluo l'esame della delicata questione risolta dal primo (che pure presenta, dal punto di vista logico, carattere preliminare) -non pu tal caso l'interruzione fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio (art. 2945, comma secondo). Il terzo comma dell'art. 2947 e.e., per la ipotesi che l'illecito extra contrattuale costituisca reato, regola due distinte previsioni: con la prima parifica il termine di prescrizione civile al pi lungo della prescrizione penale, ove il reato sia estinto per prescrizione; con la seconda sposta invece il dies a quo dei termini di prescrizione indicati nei due primi commi, facendolo decorrere dalla data dell'evento dannoso alla data di estinzione del reato per causa diversa dalla prescrizione, ovvero a quella in cui il procedimento penale viene definito con sentenza irrevocabile (cfr. Cass. 8 novembre 1965, n. 2329). Per tal modo si inteso supplire, secondo la Corte di Cassazione, alla mancanza di una norma generale nel sistema legislativo, che importi la interruzione e la sospensione della prescrizione civile, mentre pu tutt'ora sperimentarsi l'azione penale o in corso il relativo procedimento. Indipendentemente da tali rilievi, occorre dire che con il collegamento rinvio al pi lungo termine penale, non stata per raggiunta la auspicata RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO essere condiviso, e giustamente viene sottoposto a censura dal Ministero nel primo motivo di ricorso. Contrariamente all'assunto della Corte di merito, gli atti interruttivi intervenuti in sede penale non spiegano alcuna influenza ai fini dell'applicabilit dell'art. 2947, comma 3: per vero, la prescrizione del diritto al risarcimento del danno cagionato dal reato, sebbene raccordata, sotto il circoscritto profilo del periodo di durata, alla disciplina della prescrizione dettata per il reato, si inserisce nel quadro generale dello istituto della prescrizione civile, senza comprometterne la sostanziale autonomia rispetto all'analogo istituto regolato nel sistema penale. Se si accetta il segnalato collegamento -la cui specifica ratio sar fra poco chiarita -ciascuno dei due istituti costituisce un complesso normativo in s chiuso e perfetto, con la conseguenza che, ai fini del diritto al risarcimento, operano esclusivamente le cause di interruzione previste nella disciplina civilistica, senza possibilit di mutua integrazione o di interferenze fra le due discipline. A tacere delle inp.umerevoli complicazioni che, in via teorica e nell'applicazione pratica, sorgerebbero dall'esigenza. di comporre, in un'opera di difficile coordinamento, un sistema unificato, ma indubbiamente composito ed eterogeneo, delle cause interruttive previste in ognuna delle due discipline, l'opinione accolta trae, intanto, conferma dal rilievo che gli atti interruttivi della prescrizione della pretesa punitiva dello Stato, in quanto hanno per punto di obiettiva incidenza una materia diversa dal diritto al risarcimento del danno e in quanto non provengono dal titolare di quest'ultimo diritto, non possono direttamente influire sulla sua permanenza in vita. Ove, poi, si potesse prescindere dal computo dei termini di prescrizione sulla base della pena edittale stabilita per il reato (costituente, nel contempo, titolo per il risarcimento) per dar rilievo, invece, ai sopravvenuti atti interruttivi di cui all'art. 160 c. p., non si avrebbe un unico termine di parificazione delle due prescrizioni, ben potendo sopravvivere il diritto al risarcimento del danno alla prescrizione del reato, per l'effetto delle cause interruttive proprie della prescrizione civile. Circa la determinazione del pi lungo termine di prescrizione, ai fini della disciplina su delineata, sembra doversi convenire che il fatto illecito costituente reato debba essere considerato come un elemento obbiettivo a priori, cio con riferimento alla previsione astratta formulata dal legislatore e richiamata nell'atto di contestazione, restando pertanto ininfluente la concreta successiva qualificazione effettuata con la sentenza di condanna (cfr. Trib. Torino 27 gennaio 1953, Circ. e trasp., 1953, 516; App. L'Aquila, 20 marzo 1956, Giust. civ., 1956, I, p. 2147). Sulla decorrenza del termine di prescrizione dell'azione di risarci mento del danno derivante da reato persebuibili a querela, cfr. Cass. 8 novembre 1965 ,n. 23,29, in questa Rassegna, 1966, I, 88, con nota di M.AND. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 53 rescr1z1one, ma una variabiJe molteplicit di termini per un solo tipo i reato, a seconda delle diverse vicende processuali seguite, in relaione a ciascun caso pratico, in sede penale. Ora, non si pu sottova1tare l'evidente pregiudizio per le parti private, le quali non potrebero contare, al fine di vigilare sulle proprie pretese o di difendersi alle pretese altrui, su di un preciso ed immutabile dato di riferimento salvo l'intervento delle ordinarie cause interruttive di cui agli art. 2943 seguenti c. c.), ma dovrebbero tenere conto di atti ed eventi la cui sistenza potrebbe persino ignorare. Vi inoltre da ritenere fondata1ente, che, in coerenza con qua~to stabilito dai primi due comma .ell'art. 2947, il legislatore abbia voluto accogliere un criterio fondato ull'unicit del termine prescrizionale per og:ii tipo di reato. Peraltro, nonostante l'esattezza della ceasura fin qui esaminata, il icorso non pu essere accolto, perch la decisione impugnata si regge ul fondamento dell'altra argomentazione, in s perfettamente auto. orna e giuridicamente corretta nelle sue conclusioni. Contro di essa si appunta la principale censura del primo mezzo .i ricorso, con la quale si denunzia violazione dell'art. 2947, comma 1 2 in relazione all'art. 157, comma 2 c. p., falsa applicazione del' art. 2947, comma 3 in relazione all'art. 157, comma 2, gi citati e messo esame di fatto decisivo (art. 360 comma 3 e 5 c. p. c.). Sulla premessa che il disposto dell'art. 2947, comma 3, non torni pplicabile ogni qualvolta per il fatto illecito (generatore del danno) ostituente reato sia previsto dalla legge penale un termine di prescriione uguale a quello stabilito per il diritto al risarcimento del danno, ostiene il ricorrente (come gi si accennato) che, essendo prevista 1er il reato ascritto al Cavolata una prescrizione di durata pari a quella li cui all'art. 2947, comma 1, il diritto fatto valere nel presente giudiio si prescriverebbe nel termine di cinque anni, decorrente dalla data lell'evento dannoso. Secondo il ricorrente, occorrerebbe aver riguardo non al reato :ontestato, ma a quello che, in definitiva, risulter essere stato comnesso, sia per non esporre il responsabile civile ad una prescrizione ii lunga per effetto dell'erronea rubrica originaria, sia perch la ettera della legge non d rilievo al reato contestato, ma al fatto :onsiderato alla legge come reato . Del resto -aggiunge il ricorrente -ai fini penalistici costante l'insegnamento di questa S. C., secondo :ui bisogna tener conto, nella determinazione del tempo necessario a Jrescrivere, del reato ritenuto dal giudice nella sentenza e l'adittabilit iella sanzione deve essere riferita non gi ad un'ipotetica figura crimi10sa, quanto invece ad una reale manifestazione di reato, con tutte e note distintive, principali ed eccessorie, in concreto accertate dal ~iudice. 54 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Le considerazioni prima svolte in merito all'autonomia dei due istituti (della prescrizione civile e di quella penale) -i quali, obbe I dendo ad esigenze e svolgendo funzioni affatto distinte, sono articolati positivamente secondo regole che non ammettono commistioni -suggeriscono un'adeguata replica a quest'ultimo argomento del ricorrente. Meno ancora potrebbe giovare il rilievo che taluno ha tentato di attribuire al principio ignoratia legis non execusat, nel senso che non importerebbe la conoscenza effettiva, da parte dell'avente diritto, del periodo prescrizionale, ma soltanto il termine di durata della prescrizione oggettivamente fissato dalla legge e questo dovrebbe identificarsi sulla base del reato in concreto ritenuto dal giudice penale; qui, per vero, si tratta di stabilire quale sia propriamente tale termine se quello riferibile al reato contestato ovvero quelle riferibile al reato quale configurato definitivamente in sentenza, e, dunque, non si pu utilmente far ricorso a quel principio senza avere prima individuato la regola positiva che non , consentito ignorare. Altrettanto aprioristico si manifesta il richiamo all'altro principio, peculiare della materia della prescrizione, vigilantibus iura succurrunt con riguardo al quale si sottolinea la circostanza che il danneggiato ha a propria disposizione una serie di congegni tecnici, idonei a salvaguardarlo dai rischi cui lo esporrebbe, sotto il profilo della prescrizione l'eventualit di un'attenuazione o di un mutamento del titolo del reato in sede di condanna (come l'instaurazione del giudizio civile per il risarcimento, salva la sospensione ex art. 3 c. p. p., ovvero l'intimazione di un qualsiasi atto interruttivo ovvero, ancora, la costituzione di parte civile nel giudizio penale). A chi voglia prematuramente dedurre che, se il danneggiato abbia omesso di servirsene, imputet sibi la conseguenza della perdita del diritto, sembra agevolare obiettare che la ratio dell'art. 2947, comma 3 mira, appunto, nella pendenza del processo penale, ad autorizzare il danneggiato a stare in prudente attesa e a porlo al riparo dell'eventuale prescrizione. Alla luce di tale ratio nell'identificazione della quale l'elaborazione dottrinale e giurisprudenziale ha conseguito risultati sufficientemente univoci deve, infatti, prendere l'avvio la ricerca intesa a risolvere il problema prospettato dal Ministero ricorrente, che, nei suoi precisi termini, non risulta prima d'ora venuto all'esame del S. C. Come hanno rilevato, in proposito, fra le molte decisioni che si sono occupate della materia, Cass. 2 aprile 1960, n. 746 e 29 gennaio 1957, n. 313, il legislatore, dopo aver introdotto, con i primi due comma dell'art. 2947, due tipi di prescrizione breve ignoti al codice del 1865 (cio la prescrizione quinquennale del diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito e quella biennale del diritto al risarcimento dela danno prodotto dalla circolazione dei veicoli), ha inteso, nel det PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 55 tre la norma di cui comma 3, del pari ignota al codice del 1865, vviare ad un inconveniente, che, altrimenti, sarebbe spesso derivato alla previsione di due cos ristretti termini prescrizionali: cio la perita per prescrizione del diritto della parte lesa al risarcimento del anno, mentre non ancora stato iniziato o mentre ancora pende il rocesso penale. Si voluto, cos, accomunare la sorte della pretesa .paratoria del privato danneggiato e della pretesa punitiva dello Stato, i guida da evitare che l'autore di un reato dichiarato responsabile e mdannato in sede penale resti esente dall'obbligo del risarcimento erso la vittima del reato in conseguenza dell'avveratasi pi breve rescrizione civile. Con la disposizione del comma 3 si , quindi, suplito -non importa se nella maniera tecnicamente pi adeguata lla mancanza, nel sistema legislativo, di una nmma generale, la quale nporti l'interruzione, la sospensione e la non decorrenza del termine i prescrizione dell'azione civile fino a quando in vita l'azione penale in corso il processo penale (sempre, s'intende, che in esso non sia ;ata innestata la pretesa del risarcimento mediante la costituzione di arte civile). Ci posto, risulta evidente che quei congegni interruttivi della rescrizione civile -siccome previsti in via generale -funzionano nche nel caso in cui non entri in gioco la regola della parificazione ~mporale delle due prescrizioni, dettata dal comma 3 dell'art. 2947, e, unque, la pretesa che il loro impiego costituisca l'unico modo per "tare quei rischi, di cui si parlato, oltre a non essere coerente 1.a ratio or ora precisata della disposizione, finisce per svuotarla 1 specifico contenuto normativo. \discusso in causa se il disposto della seconda parte del com~ tto dai medesimi presupposti che condizionano l'applicabilit 'parte, vale a dire: 1) che il fatto generatore dello illecito ..onsiderato dalla legge come reato 2) che la prescrizione del .ola pi lunga di quella fissata per il diritto al risarcimento del ~imo (cfr. Cass. 21 ottobre 1954, n. 3979). La risposta positiva al llesito giustificata non soltanto dal dato, che potrebbe apparire esteore se considerato isolatamente, della consecuzione topografica delle lle norme, ma, ancor di pi, dell'avverbio tuttavia-. che, introdumdo la seconda di esse, ne chiarisce la dipendenza, anche se in senso mitativo e avversativo (ma solo, in quanto ripristina i normali termini i prescrizione, sia pure spostandone la data di decorrenza), rispetto .la prima norma. Ora certo che, nell'esistenza di quei due presupposti, dalla quaficazione del fatto (generatore del danno) come penalmente illecito ipende direttamente l'identificazione del termine di prescrizione del RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO diritto al risarcimento, dato che la pena edittale, cui si ricollega tale termine, rintracciabile solo dopo il compimento dell'operazione qualificatrice, sembrerebbe, allora, calzante, nel caso, il principio, secondo cui allorch sia stato iniziato il procedimento penale e questi si concluda con sentenza di condanna, spetti esclusivamente al giudice penale il compito della qualificazione. Bisogna, intanto, andar cauti nell'affermare che possa contare soltanto il reato concretamente accertato e definito dal giudice penale, e non una configurazione ormai meramente teorica, in quanto superata dalla sentenza. Si potrebbe, sul ,punto, replicare che -una volta pronunciata condanna -la ricerca del termine di prescrizione del reato ritenuto da tale pronuncia si risolve in un'operazione astratta, giacch, intervenuta la sentenza irrevocabile di condanna, la prescrizione non pu aversi pi in relazione al reato, ma solo in relazione alla pena (Cass. pen. 22 marzo 1963, Mancuso; Cass. pen. 27 novembre 1962, Dezza) e, perci, viene concretamente in rilievo un dato di riferimento che non interessa ai fini della disciplina dettata dall'art. 2947. N si pu sottovalutare la portata di due argomenti desumibili dalla formula del comma 3: 1) il participio considerato non equivale necessariamente ad accertato dal giudice penale, ma poterebbe ben alludere alla configurabilit in astratto di un'ipotesi di reato, a prescindere da ogni futura decisione di quel giudice; 2) l'esplicito riferimento nella seconda parte (a differenza che nella prima) alla sentenza irrevocabile potrebbe avere il significato dell'irrilevanza, ai fini dell'applicazione della prima parte, dell'esistenza di una pronuncia in sede penale. A sostegno di questi argomenti testuali potrebbe aggiungersi il rilievo che il fatto di cui alla citata norma, proprio perch oltre che penalmente rilevante -generatore del diritto al risarcimento del danno, debba essere ravvisato nel complesso dei soli elementi soggettivi essenziali, destinati ad assumere rilievo ai fini di quel diritto, con esclusione, quindi, di quelle note accessorie e, comunque, inessenziali (come, appunto, le attenuanti generiche), che possono essere rilevate soltanto in sentenza e che non determinano neppure il mutamento del titolo del reato. Tuttavia, pi di questa serie di considerazioni, che -occorre rico noscerlo -lasciano margine al dubbio, vale ancora una volta il richia mo alla ratio della norma, quale concretamente si rivela nelle appli cazioni pratiche. Esemplare ; in questa direzione, quell'orientamento della S. C., costante nell'accreditare un'interpretazione lata del con cetto di sentenza irrevocabile intervenuta nel giudizio penale " di cui al comma 3; vi si , invero, ricondotta la particolare situazione processuale in cui l'azione penale venga dichiarata non pi proseguibile I . . I PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE sentenza istruttoria (semprech, s'intende, la relativa formula non ~luda l'esercizio dell'azione risarcitoria, com' nel caso di proscio11ento perch il fatto non costituisce reato). Si ritenuto che una ile sentenza, pur non potendo acquistare autorit di giudicato, costica, tuttavia, una ipronuncia la quale, se non impugnata nei termini .egge, n modificata in seguito a gravame, pu considerarsi se non ,vocabile, certamente definitiva e provvista di efficacia analoga a lla della cosa giudicata per quanto concerne l'applicazione della ~e al caso concreto e il materiale probatorio sottoposto all'esame del :lice (cfr. Cass. 23 luglio 1966, n. 2073; Cass. 8 novembre 1965, 2329; Cass. 31 luglio 1962, n. 2277; Cass. 7 agosto 1960, n. 2355; s. 27 marzo 1959, n. 937; Cass. 7 maggio 1958, n. 1493). Poich da tener ferma quest'interpretazione -frutto di una sa di posizione del S. C. non occasionale, ma costante e meditata disposto del comma 3, qualora si dovesse accogliere l'assunto del >rrente, bisognerebbe ammettere che il danneggiato versi in situa1e deteriore nell'ipotesi di condanna dell'autore del fatto illecito lla specie, per omicidio colposo attenuato) rispetto a quella in cui i verrebbe a trovarsi nell'ipotesi di prosciogliomento dell'imputato .struttoria con formula non preclusiva della proponibilit dell'azione trcitoria. Basta enunciare questa eventualit per coglierne compiu1ente tutta l'incongruenza, che di cos alto grado da sfiorare il paraso; e per escluderne qualsiasi fondatezza sul terreno del sistema itivo. Ugualmente paradossale sarebbe il risultato del confronto fra ;ituazione del condannato, da un canto, e quella delle persone rimaste 7anee al processo penale ovvero quella dell'autore del fatto illecito, cui confronti, per non essere stato iniziato il processo penale, l'actamento fosse compiuto dal giudice civile, dall'altro canto, in entramquesti ultimi casi, invero, la prescrizione sarebbe quella decennale, . ondo i criteri adottati, rispettivamente, da Cass. 9 giugno 1961, 1335 e Cass. 8 novembre 1968, n. 3670. Non meno istruttivo e con altro esempio che fornisce, sempre in rito all'inte11pretazione del comma 3, la giurisprudenza del S. C. tsideratasi nel senso che, se il processo penale si chiude con un provlimento che, degradando il titolo del reato, accerti essere perseguibile tanto a querela di parte il fatto per il quale l'azione penale era stata >mossa, dalla data di tale pronuncia (e non gi da quella in cui :atto si verificato, e tanto meno da quella di decadenza dal diritto proporre querela) che ha inizio il decorso dei termini di prescrizione l'azione civile, previsti nei primi due comma dell'art. 2947 (Cass. t0vembre 1965, n. 2329; ca,ss. 16 maggio 1958, n. 1586, Cass. 5 otto! 1957, n. 3607). Anche in questo caso l'opposta soluzione -oltre RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO che portare a conseguenze palesemente inique -non si coordinerebbe con la ratio propria della norma, non potendosi imputare al danneggiato, che l'apertura di un procedimento penale per reato prescrivibile in termine ultraquinquennale (o ultrabiennale, per il caso in cui al comma 2) autorizza a stare in prudente attesa, una negligenza nella salvaguardia del proprio diritto. Il vero che il precetto dettato dalla prima parte del comma 3 prescinde dall'ipotesi che in ordine al fatto reato vi sia stata pronuncia irrevocabile del giudice penale, ed anzi presuppone precisamente l'ipotesi inversa (Cass. 28 novembre 1956, n. 4318). Poich la legge -mediante la statuita coincidenza del termine di prescrizione civile con quello della prescrizione penale -mira ad evitare che si estingua iJ credito per risarcimento del danno, quando l'autore del fatto illecito ancora assoggettabile alla sanzione penale, nel fatto considerato dalla legge come reato , emerge l'esigenza del riferimento ad una qualificazione di illiceit, sotto il profilo penale; a prescindere dalla circostanza che una pena sia stata o meno in concreto inflitta. Si spiega, cosi, che per il decorso dei termini valga la regola prevista nella seconda parte del comma 3, anche se la conclusione del processo penale sia quella del proscioglimento (purch non preclusiva dell'azione risarcitoria), quando l'imputazione (che una qualificazione ancora soltanto ipotetica) riguardi un reato, per il quale sia stabilito un termine prescrizionale pi lungo di quello concernente il diritto al risarcimento. In definitiva, nell'ipotesi di sentenza penale di condanna che rechi un'attenuazione del reato ovvero una degradazione del titolo di reato, rispetto a quello configurato nella contestazione (che si prescriva in termine ultraquinquennale ovvero ultrabiennale, a seconda delle diverse ipotesi di cui ai primi due comma), occorre far capo a quest'ultimo reato, se per effetto dell'attenuazione o della degradazione il reato accertato in sentenza comporti una pena edittale massima che lo assoggetti ad una prescrizione di durata uguale od inferiore a quella stabilita per il diritto al risarcimento, che abbia il proprio titolo nel fatto-reato. Pertanto, nella specie, il termine di prescrizione del reato va computato con riferimento al titolo di reato in origine attribuito al cap. Cavolata, senza tener conto delle attenuanti generiche concesse con la sentenza di condanna, e poich si tratta di termine decennale (art. 157, comma 1, n. 3 c. c.), sussistono entrambi i presupposti per l'applicabilit dell'art. 2947, comma 3. Non essendo, poi ancora decorsi, dalla data della sentenza irrevocabile, cinque anni, esattamente la Corte di merito ebbe a rigettare l'eccezione di prescrizione sollevata dal Ministero. -( Omissis). in pi ristretti concessa al man,,, 1~f 94llL n. 1955, n. 2930; in pi ristretti concessa al man,,, 1~f 94llL n. 1955, n. 2930; ./::il mandatario. Circa l'ambito dei poteri del raccomandatario, cui nei limiti del rap) rto spetta, a termine dell'art. 280 c.nav. la rappresentanza processuale del tccomandante (cfr. Cass. 30 ottobre 1957, n. 4213), stato precisato che c:m sono opponibili ai terzi, tranne he non si provi che ne avessero avuto moscenza, le limitazioni, le modifiche o la revoca della procura, per la RASSEQNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Per il recupero di tali anticipazioni (spese di ancoraggio, faro, porto, pilotaggio, ecc.) il credito di raccomandatario nei confronti dell'armatore assistito dal privilegio previsto dall'art. 552 cod. nav., che segue ope legis il trasferimento del credito stesso, in vista della sua causa obbiettiva rivolta a sopperire alle necessit della navigazione (2). (Omissis). -Con il primo motivo del ricorso principale, l'IMI denuncia violazione degli articoli 112, 189, 190, 345 c. p. c., nonch articolo 92 e segg. legge Fallimentare, art. 552 c. nav. in relazione all'articolo 360 numeri 3 e 4 c. p. c. Deduce il ricorrente Istituto che l'Agenzia aveva chiesto il riconoscimento, in via gradata, del privilegio per spese di giustizia (prima parte art. 522 n. 1 c. nav.), del privilegio per spese ordinate dal comandante della nave (art. 522, n. 6 c. nav.) e del privilegio in via di surroga per diritti e spese di porto e pilotaggio. La Corte di appello, assume il ricorrente, avendo accordato il privilegio di cui alla seconda parte dell'art. 552 n. 1 c. nav., chiesto solo in via di surroga, ed avendo invece, esclusa la surroga, sarebbe andata oltre o od extra, il petitum e la causa petendi. La censura infondata ed il mezzo va rigettato. pacifico che l'Agenzia aveva chiesto il privilegio accordatole, con istanza reiterata nel doppio grado del giudizio di merito, talch il riconoscimento del privilegio medesimo costituiva il petitum della domanda, ed il richiamo all'istituto della surrogazione di cui agli articoli 1203 e seguenti del codice civile costituiva non l'oggetto della domanda, ma un motivo a sostegno di quanto domandato. Non sussiste il vizio di ultrapetizione, n quello di extrapetizione, quando il giudice pronuncia nei limiti della domanda, senza dare pi del petitum richiesto, ossia senza ampliare gli effetti giuridici della domanda proposta dalla parte anche se fonda la pronuncia su argomentazioni e motivi diversi da quale non sia stata effettuata la prescritta pubblicit (art. 289 c.nav.); cfr. Cass. 30 marzo 1955, n. 934. Al pari del rapporto istitutorio, quello di raccomandazione non richiede infatti per la sua esistenza o per la sua prova la forma scritta, potendosi dimostrare anche con presunzioni (cfr. Cass. 6 maggio 1958, n. 1477). Sul contratto di raccomandazione in generale cfr. SPASIANO, in Nuovissimo Digesto, vol. XVI, 717 e segg.; BERLINGIERI, Appunti sul raccomandatario, Diritto marittimo, 1946, 408. (2) Decisione in perfetta aderenza alla lettera della legge ed ai principi ispiratori della convenzione internazionale di Bruxelles del 10 aprile 1926. Circa la priorit dei privilegi regolati dal c.nav. rispetto a quelli previsti da leggi speciali, sia pure successive, cfr. C:ass. 25 marzo 1966, n. 801. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 65 llelli prospettati dalle parti o se si tratta di giudizio di appello dal iudice di primo grado (sent. n. 2969 del 1964). Col secondo motivo del ricorso principale il ricorrente Istituto deuncia violazione degli articoli 552 n. 1 c. nav., 1201, 1202, 1203, 2745 c. di fettova e contraddittoria motivazione (art. 360 n. 3 e 5 c. p. c.). educe il ricorrente che la Corte di merito, avendo esclusa la surroga. one ai sensi dell'art. 1203 e segg. c. c., ed avendo, tuttavia, ammesso privilegio di cui all'art. 552 n. 1 c. nav., sarebbe incorsa in contraddi. one. Assume il ricorrente che, infatti, il privilegio non pu spettare ~ non al titolare dei diritti, per cui concesso, oppure a chi ad esso ossa surrogarsi, in base alle norme del codice civile; e che, pertanto, \Tendo la Corte di appello esclusa la surrogazione, sarebbe contradittoria l'attribuzione del privilegio a chi non era n titolare dei diritti ortunali, n surrogato all'avente diritto. La censura infondata ed preteso vizio di contraddizione non sussiste. La Corte di merito fferm l'esistenza di un rapporto, di fatto, valido a porre in essere un )ntratto di raccomandazione, al quale, per l'art. 287 c. nav., devono pplicarsi le norme del codice civile sul mandato con rappresentanza ;ent. n. 754 del 1959). In base a tali norme, il mandante, a termini ell'art. 1720 c. c., tenuto a rimborsare al mandatario le anticipazioni ffettuate per l'esecuzione del mandato, essendo esso mandatario tenuto, er l'art. 1708 c. c., a tutti gli atti necessari per eseguire il mandato. 1 virt di tale norma, il mandatario tenuto alle anticipazioni che si :mdessero indispensabili, per insufficienza e inesistenza delle sommiistrazioni previste dall'art. 1719 c. c., a carico del mandante. In articolare, il raccomandatario, che non sia institore o agente dell'ar1atore o del vettore, tenuto, fuori dei casi dell'art. 290 c. nav., ad nticipare le spese relative ai transiti, previste dalla seconda parte ell'art. 552 c. nav., e ci per effetto del combinato disposto degli artioli 1708 c. c. e 287 c. nav. Per le somme anticipate per il pagament di tali spese (ancoraggio, ;-,o, porto, pilotaggio, ecc.) il raccomandatario ha diritto al rimborso confronti dell'armatore. L'art. 552 n. 1, seconda parte, del Codice ' Navigazione, stabilisce, per il credito un privilegio che, per l'ar vvlo 548 c. nav., preferito ad ogni altro privilegio, generale o spe iale, e che, per l'art. 575 c. nav., preferito all'ipoteca volontaria lllla nave, di cui all'art. 565 c. nav. L'art. 551 c. nav. stabilisce che il rivilegio segue il credito privilegiato, in aderenza alle norme della ~onvenzione internazionale di Bruxelles del 10 aprile 1926, tendente rafforzare il credito agli armatori navali, mediante rafforzamento elle garanzie, alla stregua del preambolo del r. d. 1. 5 luglio 1928, . 1816, convertito nella 1. n. 3055 del 1928. Dal sistema legislativo, 66 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO emergente dal complesso delle richiamate disposizoni, risulta che il privilegio per diritto di ancoraggio, faro, porto, pilotaggio, e per le spese di transito previste dalla seconda parte del n. 1 dell'art. 552 c. nav., segue il trasferimento dei predetti crediti ope legis, attesa la causa obiettiva del credito, volta a sopperire alle necessit della navigazione. Chi paga tale credito privilegiato, quale raccomandatario, e, cio, per l'art. 287 c. nav., quale mandatario con rappresentanza, ha diritto ad esserne rimborsato dal raccomandanate, a sensi dell'art. 1720 c. c., giusta il principio generale ripetutamente affermato da questa Corte Suprema in tema dell'obbligo legale di rimborso delle spese al mandatario (sent. un. 2998 del 1958; sent. 923 del 1952 e n. 4348 del 1956), consegue che, per l'art. 551 c. nav., il trasferimento in capo al raccomandatario del credito privilegiato da esso raccomandatario pagato al terzo, prelude anche il trasferimento del privilegio. Tale particolare disciplina, che prescinde dalla surrogazione prevista dal codice civile, trova la sua giustificazione nella causa particolare del credito del raccomandatario in conseguenza della necessit della navigazione. Diversamente ragionando, il raccomandatario, obbligato ad anticipare le spese per il pagamento dei diritti predetti, sarebbe privo di serie garanzie, per ottenere il rimborso, cui ha diritto, per legge, ossia per la norma dell'art. 1720 c. c., nei confronti di armatori sovente lontani. da notare, al riguardo, che la necssit per il raccomandatario di anticipare le spese per i diritti elencati nel n. 1 dell'art. 552 c. nav., pu emergere con carattere di imprevedibilit assoluta, durante il viaggio della nave, qualora non vi siano state o si siano rivelate insufficienti, le somministrazioni preventive del mandante armatore. L'esigenza di conciliare le necessit della navigazione con la tutela del diritto del raccomandatario spiega il regime particolare di garanzia del credito del raccomandatario, stabilito dalle norme speciali del codice della navigazione, e, cio, l'attribuzione del privilegio, per trasferimento, ope legis, dei crediti privilegiati, fra cui quello previsto dalla seconda parte dell'art. 552 n. 1 c. nav. anche fuori ,delle ipotesi di surrogazione .stabilite, per i casi ordinari, dal Codice civile. Altrimenti ragionando, l'art. 551 c. nav. si risolverebbe in una inutile ripetizione della disposizione dell'art. 1263 c. c. Al contrario, il menzionato art. 551 cod. nav. trova la propria autonoma ragion d'essere nella disciplina particolare dei privilegi navali, stabilita dalle norme del codice della navigazione, e, in particolare, da quella, sopra richiamata, dello art. 548 del predetto codice, la qu;:tle, fissando la prevalenza dei privilegi nautici su ogni altro privilegio dunque anche sui privilegi previsti dal codice civile, conferma l'autonomia del regime legislativo dei crediti aventi PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 67 ausa nelle necessit della navigazione, anche per quanto attiene ai rivilegi. Analogamente, la ipoteca su nave (art. 56 c. nav.) anch'essa, referita ad ogni altro privilegio, e, cio, anche ai privilegi di cui al odice civile, per l'art. 575 c. nav., il quale richiama, infatti, proprio art. 548 dello stesso codice della navigazione. -(Omissis). ~ORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 21 febbraio 1968, n. 575; P1es. Pece Est. D'Armiento -P. M. Toro (parz. conf.). Grimaldi (avv. Savarese) c. Assessorato ai LL.PP. della Regione Siciliana (avv. Stato Agr) e Comune di Palermo. mpugnazione -Impugnazione incidentale tardiva diretta contro una parte diversa da quella che ha proposto l'impugnazione principale Inammissibilit -Causa inscindibile -Impugnazione autonoma in via incidentale tardiva -Ammissibilit. (C. p. c. art. 334). L'impugnazione incidentale tardiva pu proporsi contro la parte he, a sua volta, abbia proposto impugnazione principale, ma non pu ostituire le impugnazioni autonome, proposte per un interesse proprio .el soccombente, e per le quali resta ferma l'esigenza di rispettare il ermine ordinario. Tuttavia nell'ipotesi di causa inscindibile, tanto nel aso di liticonsorzio di diritto sostanziale o processuale che in quello .i causa tra loro dipendenti, la parte contro cui stata proposta la mpugnazione principale legittimata, a sua volta, a proporre impu nazione incidentale tardiva, ancorch diretta contro parte diversa da uella che ha proposto l'impugnazione principale (1). (1) In tema di impugnazione incidentale occorre distinguere quelle he debbono essere proposte nei termini ordinari (impugnazioni autonome irette contro una parte diversa da quella che ha proposto l'impugnazione ,rincipale) e quelle tardive, nei confronti della parte che ha proposto l'im' ugnazione principale o delle altre parti in cause inscindibili o dipendenti. n dottrina cfr. ATTARDI, Limiti di applicazione del gravame incidentale irdivo, Riv. dir. proc. civ., 1965, 173 e segg.; per la giurisprudenza cfr. !ass. 21 ottobre 1965, n. 2173, in questa Rassegna, 1965, I, 180; Cass. 11 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -La ricorrente Grimaldi denunzia col primo mezzo la ,: violazione e falsa applicazione degli artt. 325, 326, 333, 334 c. p. c., sostenendo che erroneamente la sentenza impugnata ha dichiarato inammissibile, perch proposto fuori termine, l'appello 2 novembre 1964, della KGrimaldi medesima contro il Comune di Palermo, motivando, a riguardo: La sentenza stata notificata all'Assessorato regionale di Lavori Pubblici il 7 luglio 1964 su istanza della Grimaldi e, pertanto, deve ritenersi, che, nei confronti della medesima il termine per appellare nei confronti di tutte le altre parti sia cominciato a decorrere il 7 luglio 1964 e sia scaduto il 6 agosto successivo. Pertanto l'appello proposto dalla Grimaldi nei confronti del Comune di Palermo con atto del 2 novembre 1964 risulta proposta oltre il termine perentorio di trenta giorni dalla notificazione della sentenza, e, conseguentemente tale appello, che non pu essere considerato incidentale tardivo, in quanto il Comune di Palermo non ha proposto impugnazione contro la Grimaldi, deve essere dichiarato inammissibile . Argomenta la ricorrente che il ragionamento seguito dalla Corte di merito per pervenire alla declaratoria d'inammissibilit dell'appello appare illegittimo e contraddittorio, perch delle due l'una: e la sentenza era stata pronunziata in causa inscindibile, ed allora la Grimaldi aveva diritto di poter appellare per incidente, e nella specie il suo appello, principale per la forma, si doveva convertire in appello incidentale: ovvero, se la sentenza era su causa scindibile, l'appello proposto a seguito della notifica della sentenza da parte del Comune nei trenta giorni successivi, era perfettamente valido, in quanto i termini per appellare la suddetta sentenza decorrevano dalla data di quest'ultima notifica (8 dicembre 1964). . Col secondo motivo si denuncia la illogica e insufficiente motiva zione della sentenza in punto alla determinazione dell'indennit di espropriazione, sostenendo che la Corte di merito non ha tenuto in alcun conto, senza darne esauriente spiegazione, n della consulenza tecnica, n della sentenza del Tribunale, n infine, delle osservazioni fatte dalla Grimaldi negli scritti difensivi. Il ricorso fondato, perch la sentenza, per quanto concerne la ritenuta e dichiarata inammissibilit dell'appello della Grimaldi nei luglio 1967, Foro it., 1958, I, 212 con nota di riferimento; Sez. Un. 14 giugno 1967, n. 1328, in questa Rassegna, 1967, I, 775. Per il concetto di causa inscindibile ai fini del giudizio di impugnazione cfr. Cass. 12 novembre 1965, n. 2360, in questa Rassegna, 1965, 1200 con nota di riferimento. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 69 mfronti del Comune di Palermo, non sfugge alle giuste critiche della corrente. Ed invero, posto che in primo grado il giudizio si era svolto nei mfronti e nel legittimo contraddittorio della Grirnaldi, del Comune . Palermo e dell'Assessorarto ai Lavori pubblici della Regione Siciana, e posto che la sentenza 10-30 aprile 1964 del Tribunale aveva ~ciso con unica pronunzia sulle contrastanti pretese, non pu esservi ibbio che ricorreva l'ipotesi di litisconsorzio necessario, quanto meno i diritto processuale (se non sostanziale o anche sostanziale) e che la msa, anche in secondo grado, dovesse restare unica, dando luogo ad !l'unica sentenza di appello. Orbene, versandosi in detta ipotesi, la sentenza denunziata avrebbe Jvuto ritenere ammissibile come appello incidentale tardivo, ai sensi ~ll'art. 334 comma 1 c. p. c., quello proposto dalla Grimaldi con ;to 2 novembre 1964, ancorch nella forma delle citazioni, anzich ~Ila comparsa per il principio della conversione, e ancorch diretto mtro il Comune, che non aveva impugnata la sentenza di pr~mo grado e uniche impugnative essendo state proposte dall'Assessorato e dalla Ledesima Grimaldi). noto, infatti, che per giurisprudenza ormai consolidata di questo upremo Collegio (cfr. sentt. 20 gennaio 1964, n. 128; 14 febbraio 1966, . 441; 10 maggio 1967, n. 940) dalla quale non v' ragione per disco: arsi, se vero che le disposizioni che prevedono la possibilit di proorre impugnazione incidentale tardiva si riferiscono alle impugnazioni irette contro la parte che ha proposto l'impugnazione principale e non .guardano, quindi, le impugnazioni autonome, -come quella di specie -proposta per. un interesse proprio dell'impugnante, per le quali resta ~rma l'esigenza di rispettare il termine ordinario; tuttavia, quando si ~atti di causa inscindibile, nel cui concetto rientrano sia i casi di liti! onsorzio necessario di diritto sostanziale o processuale, sia i casi di mse tra loro dipendenti, la parte contro cui sia stata proposta la npugnazione principale legittimata, a sua volta, a proporre impugnaione incidentale tardiva, anche se questa sia diretta contro una parte iversa dal ricorrente principale. Pertanto, il primo mezzo del ricorso va accolto, la sentenza denuniata cassata in parte qua, e rinviata ad altra Corte, perch giudichi il lerito dell'appello Grimaldi, erroneamente dichiarato inammissibile. 'rattandosi di annullamento per vizio procedurale, il giudice di rinvio vr tutti i poteri-doveri del giudice primieramente adito, senza alcuna reclusione, nei limiti segnati dall'atto di appello e dalla formulazione ei motivi (art. 342 e 345 c. p. c. -(Omissis). I I l ~ RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 21 febbraio 1968, n. 577 -Pres. Stella Richter -Est. Pascasio -P. M. Colonnese (conf.). soc. Fr.lli Gentile (avv. Buriani) c. Ministero Finanze (avv. Stato Foligno). Cassazione -Quietanza del deposito per multa -Omessa trascrizione degli estremi sul ricorso e sulla copia notificata -Inammissibilit. (C. p. c., art. 366). inammissibile il ricorso per Cassazione qualora sull'originale e sulla copia notificata non sia stata fatta menzione degli estremi della quietanza, necessari e sufficienti per consentire alle controparti di eseguire tempestivamente il controllo dell'effettuato deposito per il caso di soccombenza (1). (1) Circa gli estremi della bolletta di deposito, che occorre trascrivere sul ricorso e sulla copia da notificare per dar la prova, e consentirne il controllo, della anteriorit del deposito rispetto alla proposizione del ricorso, la giurisprudenza ha subito una continua evoluzione, passando da posizioni di vieto formalismo ad una sempre maggiore larghezza nella indicazione degli elementi ritenuti sufficienti. In dottrina cfr. ANDRIOLI, Commento, ed. 1960, Vol. 11, 538, per il quale la sostanza delle pi recenti sentenze avrebbe finito con lo svuotare di pratico contenuto la sanzione di inammissibilit prevista dall'art. 366 c.p.c. Per la giurisprudenza cfr. Sez. Un. 19 settembre 1967, n. 2181, Foro it., 1958, I, 42 ed ivi l'ampia nota di richiami. Circa la differente regolamentazione del deposito per multa in tema di giudizio di revocazione, in cui non si richiede la indicazione degli estremi della quietanza nell'atto di citazione ma solo il tempestivo deposito in cancelleria a pena di improcedibilit della domanda cfr. Cass. 26 aprile 1967, n. 1993, Foro it., 1968, I, 204 con nota di TRAVERSO. SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA ONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 12 gennaio 1968, n. 1 -Pres. Polistina -Est. Mezzanotte -Serra (avv. Sciacca) c. Ministero Difesa (avv. Stato Carafa). austizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Controinteressato -Notifica presso l'ufficio -Consegna resa a mani proprie. austizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Controinteressato -Notifica a mezzo posta -Omesso deposito dell'avviso di ricevimento -Inammissibilit. nulla la notifica del ricorso al controinteressato effettuata non mani proprie presso l'ufficio dove presta servizio (1). ammissibile il ricorso al Consigilo di Stato notificato al controin! ressato per mezzo posta, se non sia stato depositato l'avviso di riceimento (2). (1) Giurisprudenza costante cfr. Ad. pl., 7 luglio 1962, n. 7, Foro it., )62, III, 423; Sez. V, 23 febbraio 1968, n. 157. (2) Cfr. Sez. IV, 8 febbraio 1967, n. 21, Il Consiglio di Stato, 1967, 139. ONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 12 gennaio 1968, n. 5 -Pres. Potenza -Est. Battara -Campagnoli (Avv. Luzzatto) c. Ministero Turismo e Spettacolo (Avv. Stato Casamassima). fiustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Controinteressato -Nozione. austizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Controinteressato -Atto di nomina di Commissario presso un Ente pubblico -Impugnativa -Posizione del Commissario - controinteressato. controinteressato, a cui va notificato il ricorso, chi abbia inte? sse giuridicamente qualificato al mantenimento dell'atto impugnato e 72 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO cio un interesse contrario a quello che legittima la proposizione del ricorso (1). Chiunque sia investito di una funzione pubblica in virt di un provvedimento della pubblica Amministrazione portatore di interesse legittimo alla conservazione delle funzioni che gli sono attribuite ed interessato al mantenimento dell'atto con il quale stato nominato; e pertanto gli va notificato il ricorso proposto contro tale atto (2). (1) Sul criterio per individuare il controinteressato cfr. Ad. pl., 21 dicembre 1966, n. 25; Ad. pl., 11 luglio 1966, n. 18, in que.sta Rassegna, 1966, I, 1057. (2) Esattamente, negli stessi termini cfr. Cons. giust. amm. rie., 10 ottobre 1964, n. 442, For:o it., Rep., 1964, voce Giustizia amm., n. 348; Sez. VI, 5 dicembre 1956, n. 933, ivi, voce cit., n. 270. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 12 gennaio 1968, n. 10 -Pres. Potenza -Est. Risi -Pozzi (avv. Barillaro) c. Ministero Grazia e Giustizia (avv. Stato N. Bronzini). Impiego pubblico -Provvedimento disciplinare -Commissione giudicatrice -Partecipazione di componente gi pronunciatosi in qualit di inquirente -Illegittimit. illegittima la sanzione disciplinare inflitta all'impiegato (neUa specie, agente di custodia), se alla seduta della Commissione di disciplina (Commissione distrettuale presso la Procura Generale della Corte di Appello) sia intervenuto un componente che aveva gi espresso la sua opinione in qualit di inquirente sulle responsabilit dello stesso impiegato (1). (1) Giurisprudenza costante: cfr. Sez. V, 20 marzo 1964, n. 393, Il Consiglio di Stato, 1964, I, 515. Sul principio generale cfr. GARGIULO, I collegi amministrativi, Napoli, !ovine, 1962, 340. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 12 gennio 1968, n. 12 -Pres. Potenza -Est. Giura -Tosi (avv: Petrolillo) c. Ministero Affari Esteri (avv. Stato Casamassima). Impiego pubblico -Carriera -Ricostruzione -Necessit di riesame di provvedimento non pi impugnabile -Impugnabilit del silenzio Esclusione. Non impugnabile il silenzio serbato dalla p. a. sulla richiesta, formulata da un impiegato, di ricostruzione dlla carriera, la quale PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 73 ~hiede il riesame di provvedimenti divenuti inoppugnabiii per derso dei termini (1). (1) Nello stesso senso cfr. Sez. IV, 20 ottobre 1964, n. 1007, Il Consiglio Stato, 1964, I, 1649. )NSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 12 gennaio 1968, n. 17 -Pres. Potenza -Est. Napolitano -Soc. Fabbrica it. Tubi (avv. Fiastri) c. Prefetto Genova (avv. Stato Terranova) c. Comune di Sestri Levante (avv. Pocone). 1propriazione per p. u. -Indennit -Indennit pari al valore denunciato ai fini dell'imposta sull'incremento di valore delle aree Mancato deposito degli interessi -Decreto prefettizio -Illegittimit. illegittimo il decreto di espropriazione di un'area ai sensi del~ rt. 13 l. 5 marzo 1963, n. 246, qualora il deposito della somma, pari l'indennit determinata sulla base del valore dichiarato dal proprierio per l'applicazione dell'imposta sull'incremento di valore, non com enda anche l'ammontare degli interessi legali che vanno calcolati i la data della dichiarazione fatta dal proprietario e la data in cui il ~posito viene eseguito e che sono dovuti sia nel caso di adesione del oprietario, sia nel caso di espropriazione (1). (1) Sul procedimento che deve essere seguito per le espropriazioni di ee da parte dei Comuni ai sensi della legge 5 marzo 1963, n. 246, v. Sez. ', 22 marzo 1967, n. 97, Foro it., 1967, III, 293. La decisione annotata non pu essere condivisa laddove ha ritenuto 1e sono dovuti gli interessi legali sul valore dichiarato, sia nel caso di quisto che. ha luogo con l'adesione del proprietario alla deliberazione ~1 Comune, sia nel caso di espropriazione che ha luogo ove il proprietario m presti la sua adesione (nella specie esaminata si era verificata la se nda ipotesi e, non essendosi provveduto al deposito degli interessi, il !Creto di esproprio stato dichiarato illegittimo). La decisione sembra erronea perch la norma dell'art. 13 I. n. 246 di iplina due diverse ipotesi: quella in cui vi l'adesione da parte del oprietario e l'altra in cui manca tale adesione. Nel primo caso l'acquisto dell'area da parte del Comune si verifica il valore dichiarato agli effetti dell'imposta, .maggiorato degli interessi gali dalla data della dichiarazione a quella in cui l'indennizzo si rende RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO esigibile per l'espropriato . La legge stabilisce per questa ipotesi che la prestazione del Comune sia costituita dalla somma corrispondente al valore dichiarato maggiorata degli interessi legali. Ma solo in detta ipotesi la legge prevede la corresponsione degli interessi legali, stabilendo cosi espressamente il periodo di decorrenza, che va, come si detto, dalla data della dichiarazione da parte del proprietario alla data in ,cui l'indennizzo verr depositato. Nel secondo caso, nel quale il proprietario non presta la sua adesione; e quindi il Comune pu promuovere l'espropriazione delle aree, la norma nulla dispone circa la corresponsione degli interessi, n circa la decorrenza; il che appare coerente con i principi generali in materia di espropriazione. Ed invero, in questo caso, la norma fa riferimento alle disposizioni sulla espropriazione per pubblica utilit, dalle quali essa integrata: trova, cio, applicazione la disciplina sul deposito dell'indennit di esproprio presso la Cassa Depositi e Prestiti, le quali prevedono la decorrenza e la misura degli interessi relativi. N pu ritenersi, come ha ritenuto il Consiglio di Stato, che tra le due diverse ipotesi vi sia disparit di trattamento. Invero la corresponsione degli interessi tra la data della dichiarazione e la data di esigibilit dell'indennizzo appare equa, ove si consideri che tali interessi debbano ristorare il proprietario che ha prestato la sua adesione all'acquisto e che non ha la disponibilit della somma concordata. Nel caso invece che manca l'adesione, il proprietario che si oppone all'acquisto bonario, dando cos luogo all'inizio della procedura espropriativa, deve sottostare a tutte le norme che tale procedura disciplinano, e cos anche a quelle che concernono il deposito dell'indennit ed i relativi interessi. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 7 febbraio 1968, n. 70 -Pres. De Marco -Est. Pezzana -Pascussi (Avv. Selvaggi) c. Ministero dei Lavori Pubblici (Avv. Stato N. Bronzini) e Cooperativa Edilizia Insegnanti Elementari di Gualdo (Avv. Prosperetti). Edilizia popolare ed economica -Alloggi Cooperativi -Opere abusive Ordine di rimozione -Presupposti. L'ordine di rimozione delle opere abusive, emesso .dal Ministro dei lavori pubblici ai sensi dell'art. 58 c. p. v. t. u. 28 aprile 1938, n. 1165, deve ritenersi legittimo qualora ricorre il pregiudizio di uno solo degli interessi (dell'Ente Mutuante, dei soci, del decoro o stabilit degli edifici) che la norma stessa intende tutelare (1). (1) C'fr. Sez. VI, 18 gennaio 1961, n. 31; v. anche Cass., 7 luglio 1962, n. 1763, Foro it., 1963, I, 355, la quale esamina l'art. 58 in relazione all'articolo 214 e descrive il procedimento da seguirsi per la rimozione delle opere abusive. j:: . ' 1il PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 75 ONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 14 febbraio 1968, n. 74 -Pres. Polistina -Est. Granito -Morelli (Avv. Sorrentino) c. Presidente Consiglio Ministri (Avv. Stato Terranova). npiego pubblico -Stipendi, assegni, indennit -Ripetibilit di emoiumenti non dovuti -Limiti. Non sono ripetibili gli stipendi e gli assegni corrisposti dall'Ammiistrazione non per manifesto errore riconoscibile dall'interessato, bens ', base ad una situazione obiettivamente dubbia e controversa deriznte dalle perplessit sorte sull'applicazione di disposizioni legislative ~ove e speciali (1). (1) Sulla ripetizione di indebito in materia di pagamento di stipendi 'r. Sez. VI, 9 dicembre 1965, n. 770, in questa Rassegna, 1966, I, 165. SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 14 giugno 1967, n. 1331 -Pres. Tavolaro P. P. -Est. Salemi -P. M. Criscuoli (conf.) -Ministero Finanze (avv. Stato Conti) c. Alessandri (avv. Di Fabia). Procedimento civile -Interruzione del processo -Omessa declaratoria dell'interruzione -Legittimazione a dolersi" dell'irregolare prosecuzione del giudizio. (c. p. c., artt. 300, 301) Imposta di registro -Enunciazione di convenzione verbale -Enunciazione in sentenza -Tassabilit ai sensi dell'art. 62 della legge di registro -Sussiste. (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 62, 72) Imposta di registro -Enunciazione di convenzione verbale -Enunciazione di conferimenti in societ di fatto -Momento da considerare ai fini della determinazione dell'imponibile -E quello dell'attuazione dei conferimenti -Accertamento presuntivo in base al patrimonio sociale al momento dell'enunciazione in mancanza di prova contraria inoppugnabile -Legittimit. (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 18, 62; id, tariffa A, artt. 81, 85). Imposte e tasse in genere -Competenza e giurisdizione -Estimazione semplice ed estimazione complessa -Criteri distintivi -Controversia sulla individuazione della consistenza dei beni conferiti in una societ di fatto - di estimazione semplice. (1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 6; d. I. 7 agosto 1936, n. 1639, artt. 22, 29). L'interruzione del processo preordinata a tutela della parte, nei cui confronti intervengano determinati eventi .idonei a pregiudicarla. Pertanto, soltanto alla parte medesima, o ai suoi eredi. dato di dolersi dell'irregolare prosecuzione del giudizio (1). La disposizione dell'art. 62 della legge del registro, in tema di tassazione di atti non registrati o di convenzioni verbali, in base al ll) La conforme Cass. 14 maggio 1964, n. 1169, citata in motivazione, pubblicata in questa Rassegna, 1964, I, 1082, ove ulteriori richiami. Cass. 15 giugno 1964, n. 1508, pure richiamata dalla sentenza in nota, pu leggersi in Giust. Civ. 1964, I, 1525. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 77 enunciazione fattane in atti sottoposti a registrazione, applicabile nche alle enunciazioni contenute in sentenza (2). L'imponibile, per l'applicazione dell'imposta di registro sui conerimenti in societ di fatto, risultanti da enunciazioni in atti o senmze, va determinato con riguardo al momento della costituzione della ociet, e cio al momento in cui la societ comincia ad esistere ai ni fiscali, per i conferimenti iniziali, ed a quello del successivo aporto, per i conferimenti posteriormente attuati. Tuttavia, in mancanza i diverse inoppugnabili risultanze, l'esistenza e l'entit dei conferiienti possono essere accertate presuntivamente, con riguardo al patriionio sociale al momento dell'enunciazione, salvo al contribuente di Jrnire la prova contraria (esclusa quella testimoniale, e quindi escluso nche il ricorso a presunzioni), circa l'effettiva entit dei conferiienti (3). Sono di estimazione semplice, e perci devolute in via esclusiva lla cognizione delle commissioni tributarie, le controversie in cui, ai ni dell'accertamento della sussistenza, dell'entit o della natura del eddito, le indagini investano soltanto i fatti materiali, costituenti il resupposto dell'imposizione, senza che sia necessario risolvere alcuna uestione giuridica; sono di estimazione complessa, invece, le controersie in cui l'apprezzamento dei fatti sia necessariamente ed inscinibilmente connesso con la risoluzione di questioni di indole giuridica, l fine di stabilire la causa dell'imposizione tributaria, attraverso l'in? rpretazione di una legge, di un regolamento o di un negozio giuridico . . lla stregua di tali criteri, va ritenuta di estimazion_e semplice non }ltanto la controversia sul valore dei beni conferiti in una societ di itto, ma anche quella che attenga all'accertamento della consistenza ei beni medesimi (4). (Omissis). -Con il primo motivo del ricorso si denuncia la violaione dell'art. 300 cod. proc. civ., in relazfone all'art. 360, nn. 3 e 4, ello stesso codice. (2-3) Giurisprudenza pacifica. Cfr. Relaz. Avv. Stato, 1961-65, II, 455, >7. Cass. 18 luglio 1960, n. 1997 e Cass. 31 maggio 1966, n. 1456, citate in Lotivazione, possono leggersi in Riv. leg. fisc., 1960, 1830 e 1966, 1871. Con guardo al principio di cui alla seconda massima, cfr., inoltre, Cass. 25 !bbraio 1967, n. 433, in questa Rassegna, 1967, I, 440, con nota di G. MAND, e enunciazioni in sentenza, etc.; in relazione alla terza massima, cfr., tra .tre, Cass. 12 novembre 1965, n. 2357, in questa Rassegna, 1965, I, 1305. (4) Per una analoga ipotesi di applicazione (seconda parte della masma) dei ricevuti principi in ordine alla discriminazione tra estimazione !mplice ed estimazione complessa, cfr. Cass. 27 ottobre 1965, n. 2261, in uesta Rassegna, 1965, I, 1281, in tema di accertamento dell'entit di danni ~llici, riportati da un fabbricato, ai fini delle agevolazioni in materia. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'amministrazione ricorrente sostiene che il giudice di appello avrebbe dovuta dare atto dell'interruzione del processo, a seguito della dichiarazione della morte di Pompilia De Carolis, fatta dal procuratore degli appellanti, con la comparsa conclusionale 20 settembre 1962, cio quando la discussione della causa non era ancora chiusa. Non essendosi provveduto in tali sensi, n risultando che sia intervenuta costituzione volontaria degli eredi della parte deceduta, o riassunzione, il processo dovrebbe ritenersi, secondo la ricorrente, nullamente proseguito ., con la conseguenza che le sentenze successivamente emesse (entrambe le sentenze impugnate) dovrebbero dichiararsi nulle. La censura, sulla quale, peraltro, la difesa dell'amministrazione non ha insistito, dichiarando, in sede di discussione orale, di tralasciarne l'esame, non fondata. Questa Corte, invero, ha gi avuto occasione di affermare, con ripetute decisioni (vedi, da ultimo, sent. nn. 1508 e 1169 dell'anno 1964), che, essendo l'interruzione del processo preordinata, dalla legge, (artt. 300 e 301 c. p. c.) a tutela della parte nei cui confronti intervengano determinati eventi idonei a pregiudicarla (non gi a tutela delle altre parti), legittimati a dolersi dell'omessa interruzione del processo (la quale, peraltro, non opera automaticamente, ma deve essere dichiarata dal giudice) sono soltanto la parte o gli eredi di essa, che dalla prosecuzione del processo avrebbero potuto risentire danno, in quanto non sono stati posti in grado di tutelare in modo efficace i loro diritti. In relazione a tale principio, deve ritenersi che l'amministrazione ricorrente non ha interesse a dolersi per il fatto che il giudice, nonostante la denuncia della morte di una delle appellanti (Pompilia De Carolis), non provvide a dichiarare l'interruzione del processo. Con il secondo motivo del ricorso si denunciano violazione e falsa applicazione degli artt. 18 e 81 della legge del registro, approvata con r. d. 30 dicembre 192:3, n. 32,69, e dei principi geenrali in materia di societ, nonch degli artt. 2727 e 2729 cod. civ. e contraddittoriet di motivazione, in relazione all'art. 360, n. 3, cod. proc. civ. La ricorrente si duole che il giudice di appello abbia circoscritta la limitazione dei mezzi di prova (limitazione consistente nell'esclusione della prova testimoniale e di quella per presunzioni) alla sola esistenza della societ ed abbia distinto dall'elemento dell'esistenza i cosiddetti momenti non essenziali del negozio (per i quali sarebbe ammissibile ogni mezzo di prova), comprendendo fra tali momenti la data del conferimento dei beni ed identificando, poi, la questione del tempo di tale conferimento con quella del momento di costituzione della societ. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Cosi argomentando, il giudice di appello sarebbe incorso in errori diritto, in quanto: a) non avrebbe tenuto presente che l'art. 18 del citato decreto tanto viene in considerazione, in quanto la costituzione di societ mporti trasferimento alla stessa di beni, sicch la limitazione dei ~zzi di prova non pu non riguardare proprio il conferimento di beni; b) non avrebbe considerato che la costituzione di societ rilente, ai fini dell'imposta di registro, unitamente al conferimento i beni, sicch questo ne costituirebbe elemento essenziale; c) non avrebbe rilevato che, identificandosi la questione del con rimento dei beni con quella del momento di costituzione della societ, poneva in discussione un elemento essenziale all'esistenza della so~ t (data della sua costituzione), per la quale era stata ritenuta erante detta limitazione dei mezzi di prova, il che concreterebbe che il vizio di contraddittoriet di motivazione. Con il terzo motivo del ricorso si denuncia la violazione del: rt. 2729, primo comma, cod. dv., in relazione all'art. 360, n. 3, d. proc. civile. L'amministrazione ricorrente sostiene che il giudice di appello, 1 far ricorso ad elementi presuntivi, per la individuazione dei confenenti alla societ, avrebbe violato i principi relativi alla prova per esunzioni, formulando, dapprima, un giudizio di verosimiglianza (sendo cui il conferimento dei beni sarebbe avvenuto al momento in i la moglie ed il figlio maggiore di Giuseppe Alessandri entrarono societ con il medesimo) e facendo, immediatamente dopo, una ipo> i diversa, che detto giudice, pur qualificando meno verosimile della ima, ritenne, tuttavia, fosse suffragata da altri elementi di prova. ancherebbe, pertanto, per legittimare il ricorso alla prova presuntiva, condizione che il fatto ignoto da accertare costituisca conseguenza Livoca e necessaria, qu,indi la sola logicamente ipotizzabile, dei fatti ti. Con il quarto motivo si denunciano violazione e falsa applicazione i principi in materia di societ di fatto, in relazione all'art. 360, L. 3 e 5, cod. proc. civile. L'amministrazione deduce che il giudice di appello, ai fini del. ccertamento del momento in cui il comportamento dei soci era dive1to tale da rivelare all'esterno l'esistenza di un valido vincolo sociale, sarebbe richiamato a fatti intervenuti all'interno della societ, senza :'licare in qual modo tali fatti potessero avere rilevanza esterna, in )do da ingenerare nei terzi la convinzione che gli Alessandri agissero me soci ., cio costituissero manifestazione dell'esistenza della societ fatto. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Le censure come sopra formulate -che investono tutte la sentenza non definitiva, e che, per ragioni di evidente connessione, conviene esaminare congiuntamente -non sono fondate. Va tenuto presente che questa Corte, in materia di valutazione dell'imponibile ai fini della tassa di registro su conferimenti di beni per la costituzione di societ di fatto, ha avuto occasione di affermare, con numerose decisioni, anche recenti (vedi, da ultimo, sent. n. 1456 dell'anno 1966 e n. 1997 dell'anno 1960), i principi seguenti: a) che il disposto dell'art. 62 della legge di registro, approvata con r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269 (norma in base alla quale sono soggette a registrazione le enunCiazioni, contenute in atti sottoposti a registrazione, di altri atti non registrati o di convenzioni verbali), applicabile anche alle enunciazioni contenute in sentenza; b) che, in tema di enunciazione di societ irregolari o di fatto, l'imponibile, ai fini dell'applicazione dell'imposta di registro di cui all'art. 81 della tariffa All. A, va determinato con riguardo al momento della costituzione della societ, dato che tale imposta incide sul trasferimento della ricchezza e sul rapporto giuridico che lo pone in essere, non gi sulla ricchezza attuale ; e) che, in difetto di prova inoppugnabile sul valore dell'imponibile, questo pu essere accertato presuntivamente, in base al patrimonio sociale al momento dell'enunciazione, salva alla parte interessata . (contribuente) la prova contraria (esclusa quella testimoniale), riguardo all'effettiva entit dei conferimenti. Ai suindicati criteri si sono, in sostanza, uniformati i giudici di appello. Essi, invero, dopo avere riaffermata l'esattezza del principio richiamato dal primo giudice, e secondo cui, qualora manchino concreti elementi per stabilire in quale tempo abbia avuto luogo un conferimento di beni in societ, l'amministrazione finanziaria, ai fini della determinazione dell'imponibile, non pu che fare rifrimento al valore dei beni medesimi al momento della enunciazione della societ di fatto, presumendosi che il conferimento sia avvenuto nel momento stesso in cui accertata l'esistenza della societ, e dopo avere, altres, dato atto che il contribuente, per contrastare la presunzione, di carattere semplice, circa la esistenza della societ, non pu far ricorso alla prova testimoniale (ostandovi il disposto dell'art. 18, terzo comma, della legge di registro) e, quindi, neppure a presunzioni, hanno ritenuto, tuttavia, che siffatto divieto non possa estendersi alla prova di dati ed elementi non essenziali del negozio traslativo, quale la data dell'effettivo conferimento dei beni, da parte dei soci di fatto, prova che potrebbe darsi con qualunque mezzo, cio senza l'accennata limitazione. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Cos stabilita la portata della presunzione fiscale , e dato atto :he, con la sentenza di estensione del fallimento alla moglie ed ai figli li Giuseppe Alessandri, il tribunale aveva ritenuto l'esistenza, fra tali :oggetti, di una societ di fatto, ma non si era pronunciato sul confe imento, da parte di Giusesppe Alessandri, della propriet dell'immo> ile in cui era installata l'azienda sociale, i giudici di appello hanno, >oi, ritenuto che la prova della data del conferimento in societ dello mmobile in questione potesse darsi, dagli interessati, senza limitazioni. Valutando, quindi, i molteplici elementi probatori, di carattere locumentale (tratti dalla relazione dl curatore del fallimento), acqui1iti al processo, detti giudici hanno accertato che la societ di fatto, itenuta con la sentenza di estensione del fallimento, venne a costituirsi, ion a seguito di formale manifestazione di volont, ma per facta con: lud'entia, analogamente a quanto avviene nella comunione familiare acita, e che il momento di siffatta costituzione poteva farsi coincidere :on la data del compimento della maggiore et, da parte della pi ~iovane delle persone dichiarate fallite (cio del figlio di Giuseppe l\.lessandri, a nome Antonio), precisamente con la data del 23 geniaio 1951. Ed hanno ritenuto, altres, i giudici di appello, che alla 1tessa data doveva considerarsi avvenuto il conferimento in societ lell'immobile e dell'azienda alberghiera. Orbene, dato che l'imposta si applica al trasferimento dei beni iperato con la costituzione della societ di fatto, oggetto dell'imposta nedesima sono soltanto i beni che furono conferiti al momento della :ostituzione del vincolo sociale. Inoltre, questi beni vanno caloclati iel loro valore al tempo del conferimento, in quanto, per la norma li cui all'art. 15 d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639, sulla riforma degli irdinamenti tributari, l'imposta colpisce il valore venale dei beni al ~iorno del trasferimento ., e tale giorno, nel caso di conferimenti in ;ociet di fatto, non pu non coincidere con qeullo dell'eeffettiva !ostituzione della societ con contemporaneo conferimento di beni, ivvero col giorno del successivo apporto di beni, qualora ulteriori con: erimenti vengano effettuati, dai soci, ad incremento del patrimonio ;ociale. L'amministrazione finanziaria, cui incombe di dare la prova del.' esistenza dei conferimenti che intende tassare, nonch della loro mtit, pu darla, come si detto, anche presuntivamente, mediante .e normali presunzioni e, per quanto riguarda i trasferimenti a titolo ii propriet o di usufrutto (quindi anche i conferimenti in societ di tatto, considerati dal fisco come traslativi di propriet) in base alle :iarticolari presunzioni, juris tantum, previste dall'art. 18 della legge ii registro citata (semprech l'entit del capitale effettivamente conEerito, cio del capitale sociale, non risulti da prova di data certa), ;ioich la societ di fatto comincia ad esistere, nei riguardi del fisco, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nel momento in cui ne viene accertata l'esistenza; e, nel caso concreto, con l'enunciazione. In difetto di valide prove contrarie, l'ammontare dei conferimenti si presume che corrisponda al patrimonio sociale al momento dell'enunciazione, costituendo la sentenza (che enuncia l'esistenza della societ di fatto) il fatto ocerto su cui si basa la presunzione. Peraltro, essendo l'imponibil, nel caso di enunciazione di societ di fatto, costituito dal complesso dei beni conferiti e dal loro valore, e dovendo tali elementi calcolarsi con riferimento alla data del conferimento medesimo, consentita, ai contribuenti, riguardo a tale data, la prova contraria, ai sensi dell'art. 18 della legge di registro. E, a preescindere da ogni considerazione, contenuta nella sentenza impugnata, sull'inesistenza di limitazioni di prova relativamente agli elementi non essenziali del negozio presunto (esistenza della societ di fatto), deve riconoscersi che il giudie di appello ha, in realt, fondato il suo convincimento, riguardo alla data della effettiva costituzione della societ di fatto, su elementi di carattere documentale, giusta quanto ha fatto rilevare il Pubblico Ministero, in sede di discussione orale, tratti dalla relazione del curatore del fallimento. Cos accertata, incensurabilmente, in base alla valutazione delle prove, la data dell'effettiva costituzione della societ di fatto, detto giudice ne ha, poi, inferito che contemporaneamente ebbe luogo il conferimento dei beni, da parte dei soci di fatto, e ci con legittima deduzione, dato che, com' noto, la nozione stessa del contratto di societ importa il conferimento di beni o servizi, sicch il fatto dell'avvenuto accertamento dell'esistenza della societ rende ammissibile la presunzione di detto conferimento (Cass. citata sent. n. 1997 dell'anno 1960), e dato che l'attivit sociale consisteva, secondo quanto risulta dalla sentenza medesima, esclusivamente nell'esercizio dell'azienda alberghiera, Riguardo, poi, alla validit degli elementi assunti a fonte di presunzione, da tenere presente che questa Corte ha avuto occasione di precisare, con recenti decisioni (vedi, da ultimo, sent. n. 126 dell'anno 1966), che, nella prova per presunzioni, il nesso tra il fatto noto e quello ignorato non deve avere il carattere di assoluta necessit, essendo sufficiente che tale rapporto consenta di risalire dal primo termine al secondo in base al principio dell'id quod plerumque accidit. rapporto, quest'ultimo,' di cui non pu contestarsi l'esistenza negli elementi presuntivi richiamati dai giudici del merito. L'amministrazione ricorrente non ha ragione di dolersi neppure per il fatto che i giudici di appello, nell'indagine intesa a determinare (~ la data di costituzione della societ e del conseguente conferimento di beni, si siano richiamati anche a fatti i quali non avrebbero rilevanza esterna. Basta osservare, al .riguardo, che la cosiddetta esterioriz li r;; zazione (manifestazioni esterne della societ irregolare, tali da rilevare :: II PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 83 'esistenza di un rapporto di cooperazione almeno fra due. soggetti, a utela della legittima aspettativa dei terzi, in base al principio delapparenza di diritto) richiesta, com' noto, affinch sorga la responabilit verso i terzi creditori, mentre, nella spesie, si trattava di ccertare, soltanto al fine fiscale dell'applicazione dellai mposta sui traferimenti, la data in cui la societ di fatto si costituita. Con il quinto motivo si denunciano violazione e falsa applicazione egli artt. 6 della legge 20marzo 1865, n. 2248, e 219, terzo comma, del . I. 7 agosto 1936, n. 1639, in relazione all'art. 360, nn. 1 e 3, cod. proc. ivile. L'amministrazione ricorrente sostiene che la Corte di merito, nel itenere che l'eccepita improponibilit della domanda non potesse riuardare il punto dell'accertamento della consistenza dei beni conferiti, vrebbe errato, in quanto tale indagine, risolvendosi in un accerta1ento di fatto, rientra nelle controversie di estimazione semplice. Secondo la ricorrente, la questione della consistenza dei beni con~ riti in societ di fatto non potrebbe essere inquadrata in quella in ui la contestazione verta sul criterio di applicazione delle norme elative alla tassazione, ovvero verta sulla legittimit formale o sostaniale del procedimento, poich non importa risoluzione di questioni di iritto, ma soltanto la individuazione dei beni oggetto dell'imposta, io una operazione che si inserlsce intimamente nella valutazione dei eni medesimi, sicch la domanda doveva ritenersi improponibile anche er quanto si riferisce all'accertamento della consistenza dei beni, ltre che a quello del loro valore. Quest'ultima censura, che investe la sentenza definitiva, fondata. In sede di appello, l'amministrazione eccep che unica questione i diritto, oggetto di discussione in causa, era stata quella relativa ll'individuazione della data del conferimento dei beni nella societ i fatto enunciata dal tribunale (questione che era stata gi decisa on la sentenza non definitiva), mentre la domanda sottoposta all'ulteiore decisione dei giudici di appello, ed intesa ad ottenere che, opeandosi una nuova valutazione; sulla base della perizia di ufficio, il alore di tutti i beni conferiti nella societ di fatto fosse determinata ella somma di lire 7.121.184, dovva dichiararsi improponibile, in uanto implicava una questione di estimazione semplice, come tale Jttratta alla giurisdizione dll'autorit giudiziaria ordinaria. Detti giudici, con la sentenza definitiva ora impugnata, .hanno rite uto che soltanto in parte l'eccezione dell'amministrazione fosse fon ata, dovendosi distinguere tra la determinazione dell'oggetto dell'im osizione fiscale, la quale costituirebbe accertamento di ;fatto, senza lcun apprezzamento discrezionale, e determinazione del valore, cio stima dell'oggetto medesimo, la quale implicherebbe un giudizio ~cnico-discrezionale. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Secondo i giudici di appello, il difetto di giurisdizibne riguarderebbe soltanto quest'ultima operazione (determinazione del valore), mentre rientrerebbe nella competenza del giudice ordinario la determinazione dell'oggetto del tributo. Cos argomentando, i giudici di appello non hanno rettamente applicato le norme di legge di cui denunciata la violazione. Invero, si ripetutamente affermato, da questa Corte, anche con decisioni recenti (vedi, da ultimo, sent. n. 2260 e n. 2048 dell'anno 1965), che devono considerarsi controversie di estimazione semplice (devolute alla esclusiva cognizione delle commissioni tributarie) quelle in cui, al fine dell'accertamento della sussistenza, dell'entit o della natura del reddito imponibile, l'indagine sia limitata ai fatti materiali, costituenti il presupposto dell'imposizione ftscale, senza che sia necessario risolvere alcuna questione giuridiqa; sono, invece, da considerare controversie di estimazione complessa quelle in cui l'apprezzamento dei fatti sia necessariamente e inscindibilmente connesso con la risoluzione di questioni di indole giuridica, al fine di stabilire la causa dell'imposizione tributaria, attravrso l'interpretazione di una legge, di un regolamento o di un negozio giuridico. In base a detto criterio, appare evidente che la distinzione effettuata, dai giudici di appello, al fine di ritenere la propria competenza, per quanto attiene all'accertamento della consistenza dei beni costituenti l'imponibile della imposta di registro, arbitraria, non trovando fondamento nelle norme che regolano la discriminazione tra la giurisdizione ordinaria e quella delle commissioni tributarie; ed indubbio che, nel caso concreto, non soltanto la stima dell'oggetto dell'imposizione, ma anche la determinazione della consistenza di esso esulava dalla giurisdizione del giudice ordinario, dato che questa ultima operazione non importava la necessit di alcuna indagine giuridica, n era connessa con questioni di tal natura, ma concretavasi in un mero accertamento di fatto, come dimostrato dal rilievo che i giudici di appello, per la individuazione del compendio dei beni, il cui conferimento in societ soggetto al tributo in questione, non hanno fatto altro che riportarsi puramente e semplicemente alle conclusioni della consulenza tecnica, circa fa consistenza dell'immobile, quale risultava dal computo metrico e dalle planlmetrie allegate alla relazione di consulenza, traendo cos il proprio convincimento dalle risultanze dell'indagine tecnica e senza risolvere alcuna questione di caratte giuridico. Pertanto, la questione dell'accertamento della consistenza dell'im mobile e dell'azienda .alberghiera, costituenti i beni conferiti nella societ di fatto, in quanto concretava una estimazione semplice, sicu ramente esulava dalla giurisdizione della autorit giudiziaria ordinaria, e la sentenza impugnata (sentenza definitiva), .con ci si stabilito che .t'ARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 85 )Vesse rimanere fermo, nel successivo procedimento amministrativo nteso ad accertare il valore dei detti beni), l'elemento della consi enza indicata dal consulente tecnico, va cassata, in parte de qua, mza rinvio, per essere improponibile, davanti all'autorit giudiziaria ~dinaria, la domanda relativa all'accertamento della conssitenza (oltre ie del valore) dei beni che, alla data del 23 gennaio 1951 (accertata dichiarata con la sentenza non definitiva), furno conferiti nella >ciet di fatto e che, per tale trasferimento, sono soggetti all'imposta i registro. Ritiene la Corte che ricorrano motivi di equit per disporre la >tale compensazione, fra le parti, delle spese relative a questo grado el processo. -(Omissis). ORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 ottobre 1967, n. 2;2190 -Pres. Stella Rkhter -Est. Milano -P. M. Pedace (conf.) -Herlitzka (avv. Palandri) c. Ministero Finanze (avv. Stato Gargiulo). nposta di successione -Attivo imponibile -Beni siti nel territorio di Trieste -Coacervo con i beni siti in altra parte del territorio dello Stato -Ammissibilit. (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 20). Poich con l'entrata in vigore del Trattato di pace del 16 settembre 947, tra l'Italia e le Potenze alleate, la sovranit italiana sul Territorio ,ibero di Trieste non venuta meno, non essendo stato ivi istituito il egime provvisorio che avrebbe consentito il trapasso dei poteri di soranit, e poich, d'altra parte, con l'ordinanza 3 aprile 1950 n. 56 del ;overno militare alleato venne disposta l'estensione al detto Territorio el r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270, sull'imposta di successione, i beni iti in Trieste non potevano comunque considerarsi siti fuori del terri:> rio dello Stato e dovevano perci, in ogni caso, ai fini della determi. azione delle aliquote applicabili per la menzionata imposta, essere umulati con quelli siti nella restante parte deU'Italia (1). (Omissis.). -Con l'unico mezzo di annullamento si deduce, in elazione all'art. 360 n. 3 e p. c., 'violazione dell'art. 2;1 e segg. del (1) Non constano specifici precedenti. Per riferimenti, cfr. l'ampia nota o. Foro it., 1967, I, 2527. Per la diversa questione dell'applicabilit o meno lell'imposta straordinaria sul patrimonio ai cittadini residenti e fiscalaente domiciliati in Trieste, cfr. Cass. 29 dicembre 1965, n. 2478, in questa ~assegna, 1966, I, 411, ed ivi osservazioni e richiami in nota. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Trattato di pace tra l'Italia e le potenze Alleate, inserito nell'ordinamento italiano in virt dell'ordine di esecuzione di cui al D.L.C.P.S. 28 novembre 1947, n. 1430, dei principi generali di diritto internazionale in materia di acquisto e perdita della sovranit e dell'art. 20 della legge tributaria sulle successioni, nonch insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo. Assumono i rieorrenti, che contrariamente a quanto ritenuto dall'impugnata sentenza, alla data dell'apertura della successione Modiano (8 ottobre 1950), la citt di Trieste ed il territorio contiguo, per il solo fatto dell'entrata in vigore del Trattato di pace tra l'Italia e le potenze Alleate, non erano pi soggetti alla sovranit italiana, ma dovevano considerarsi, dal punto di vista giuridico, stato estero, con la conseguenza che l'Ufficio Imposte di successione di Roma, al fine di determinare le aliquote da applicarsi, non poteva pretendere di cumulare il valore dei beni esistenti a Trieste con quello degli altri, siti nel territorio della Repubblica Italiana. Aggiungono ch, in ogni caso, anche dopo l'entrata in vigore del Trattato di pace, le leggi italiane non avevano valore nel territorio di Trieste se non in quanto recepite dal Governo militare alleato, dove operavano, quindi, non come leggi italiane, ma come disposizioni legislative proprie di quel Governo, al quale dovevano essere corrisposte le imposte di successione. Affermano, infine, che l'impugnata sentenza sarebbe, comunque, incorsa in contraddizione per aver, da un lato, riconosciuto espressamente che, per l'art. 21 del Trattato di pace, l'Italia aveva perso la sovranit su Trieste e. per aver, dall'altro, ritenuto che quella citt costituiva, anche in quell'epoca parte integrante del territorio della Repubblica italiana. La riassunta censura non fondata. Come noto la questione -variamente :risolta dalla dottrina relativa alla persistenza della sovranit italiana sull'area territoriale destinata, per il trattato di pace tra l'Italia e le Potenze alleate, al costituendo Territorio Libero di Trieste, ha gi formato oggetto di numerose decisioni da parte di questa Corte Su~rema, la quale, in un primo tempo, fu orientata verso l'affermazione che la sovranit dello Stato Italiano su Trieste e relativo territorio fosse cessata con l'entrata in vigore del trattato di pace (sentenze n. 1706 del 14 giugno 1952, n. 2199 del 15 luglio 1952, n. 1614 del 29 mggio 1953, n. 1016 del 10 aprile 1954). Tale orientamento, peraltro, venne espressamente ripudiato con le sentenze delle Sezioni Unite civile n. 3543 del 12 ottobre 1956 e delle Sezioni Unite penali 24 novembre 1956, rie. Salomone, le quali, in conformit a quanto sostenuto da autorevole dottrina, hanno affermato, invece, il principio che, anche dopo l'entrata in vigore del Trat~ato PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA i pace la sovranit italiana non venuta a cessare sul Territorio Libero i Trieste, pur non essendosi essa potuta esercitare in concreto per ffetto della permanenza del regime di occupazione militare. Tale nuovo orientamento venne seguito da numerose altre pro. uncie delle Sezioni civili e penali (sent. n. 364 del 4 febbraio 1959; . 1860 del 25 maggio 1962, 22 febbraio 1960, rie. Grieco, 25 maggio 962, rie. Gardelli e 17 dicembre 1963, rie. De Petris) per cui ben pu irsi che la giurisprudenza di questa Corte Suprema si ormai conolidata nel senso del riconoscimento della persistente sovranit ita. ana su Trieste e relativo territorio, pur dopo l'entrata in vigore del 'rattato di pace. Contrariamente, in fatti, a quanto si assume dai ricorrenti, non appresentano un ritorno al precedente orientamento le numerose re~ enti decisioni (n. 320 del 16 febbraio 1965, nn. 323 e 324 del 26 febraio 1965, n. 2478 del 29 marzo 1965 e n. 893 del 1 aprile 1966), on le quali si affermato il principio secondo cui la legge istitutiva ell'imposta straordinaria sul patrimonio non ha mai esplicato la sua perativit a Trieste per la mancata sua estensione da parte del Goerno militare alleato. Al contrario, l'affermazione contenuta in dette decisioni che, anche opo l'entrata in vigore del Trattato di pace, il Governo militare alleato ontinu ad esercitare nell'area destinata al costituendo Territorio Liero di Trieste quegli stessi ampi poteri normativi che gli erano stati onferiti dalla Convenzione di Armistizio del settembre 1943 e che, di onseguenza, le legg dello Stato italiano non vi esplicavano efficacia nmediata senza essere richiamato da un provvedimento formale del foverno militare costituisce un'implicita, ma sicura, conferma che la JVranit su detta area non si era affatto trasferita al costituendo uovo Ente internazionale, ma era rimasta allo Stato italiano, anche ~ ne era compresso l'esercizio per effetto del mantenuto regime di ccupazione e di governo militare alleato. Da tale orientamento questa Corte non intende discostarsi nella isoluzione della questione ora nuovamente sottoposta al suo esame, on apparendo rlevanti gli argomenti in contrario prospettati dai .correnti. Costoro, in sostanza, contestano l'esattezza del principio, affermato ella summenzionata sentenza, della dipendenza della estinzione della >Vranit italiana sul territorio triestino dal costituirsi di una sovra it del Territorio Libero di Trieste, mai attuatasi, rilevando che per art. 21 n. 2 deL-Trattato di pace, la perdita della sovranit su Trieste a parte dell'Italia era condizionta, non gi alla costituzione del nuovo rganismo internazionale, ma esclusivamente all'entrata in vigore del rattato di pace e poich tale evento si .era avverato il l6 settembre ~57, da tale data era cessata la sovranit italiana sul territorio. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Senonch, se vero che l'art. 21 del Trattato, dopo aver al n. 1 dichiarato costituito il Territorio Libero di Trieste, stabiliva al n. 2 che: la sovranit italiana slla zona costituente il Territorio Libero di Trieste cesser con !''entrata in vigore del presente Trattato , noi;i. men vero che non si pu giudicare la situazione di Trieste sulla scorta della sola fredda e formale lettera di tale disposizione, senza preoccuparsi di conoscere la sua genesi e la sua ratio e senza porla in relazione con le altre clausole contenute nello stesso Trattato e nei suoi allegati. Ora il Trattato prevedeva s, come era ovvio, la perdita della nostra sovranit su parte delle terre giuliane destinate a costituire il nuovo Ente, ma ci nella logica presupposizione che immediatamente, anzi contemporaneamente, altre clausole ricevessero pratica attuazione in modo da rendere possibile, sia pure in virt di un regime provvisorio espressamente previsto a regolato, il trapasso della sovranit, attraverso l'intervento del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che, per lo stesso art. 21, aveva preso l'impegno di assicurare la integrit e l'indipendenza del costituendo nuovo Stato. Sar sufficiente riferirsi al n. 3 dello stesso art. 21, all'art. 11 dell'Allegato sesto ed alla'rt. 1 dell'Allegato settimo, per ritenere che la regolamentazione giuridica di Trieste,. prevedeva, correlativamente alla cessazione della sovranit italiana, la graduale messa in moto di un complesso meccanismo: nomina del Governatore, urgente assunzione da parte sua. delle funzioni, costituzione del Consiglio provvisorio del Governo, con facolt -in unione al Governatore -di emanare, abrogare e sospendere leggi e regolamenti e, finalmente, entrata in vigore dello Statuto permanente, dopo la sua approvazione da parte del Consiglio. Sembra, pertanto, legittimo ritenere che l'Italia avrebbe perduta, indubbiamente, la propria sovranit su Trieste e relativo territorio con l'entrata in vigore del Trattato di pace, qualora, nell'intervallo intercorso tra la sua stipula e la sua ratifica, si fosse messa in moto la complessa macchina del costituendo Territorio Libero attraverso quel regime provvisorio che era tale da consentire il trapasso dei poteri di sovranit. Se si dovesse diversamente ragionare si commetterebbe un errore di esegesi del Trattato nel suo insieme di clausole e di norm si perverrebbe all'assurdit giUridica di ritenere che uno strumento di natura internazionale di importanza eccezionale e di vastissime ripercussioni, abbia potuto statuire la cessazione della sovranit italiana senza che, con la nomina dei suoi organi, fosse sorto quel Territorio Libero che avrebbe dovuto succedervi, creando cos un quid indefinibile che, in diritot internazionale, sarebbe soltanto una res nuUius; ci che urterebbe contro un principio fondamentale di diritto inter PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA azionale, consolidatosi attraverso consuetudini di non trascurabile urata, per il quale la cessazione della sovranit su di un determinato ~rritorio avviene solo con il contemporaneo stabilirsi di altra sovra it sul territorio stesso. In esito all'esposte considerazioni devesi ritenere che l'impugnata entenza, statuendo negativamente sulla questione se i beni relitti a 'rieste dalla defunta Modiano potessero considerarsi situati in terrilrio estero al momento dell'apertura della successione, si sottrae alla ensura che su tale punto le stata mossa. Assumono, peraltro, i ricorrenti che, in ogni caso, durante il eriodo di occupazione militare e di funzionamento .del Governo miitare al!eato la legge italiana sull'imposta di successione non esteneva il suo campo di applicazione a Trieste, ma operava unicamente ome legge propria del Governo militare alleato, per cui non sarebbe tato consentito il coacervo dei beni cos come operato dall'Ufficio .elle successioni di Roma. Anche tale a~surto non pu essere condiviso. indubbiamente esatto che il Governo militare alleato, anche .opo l'entrata in vigore del Trattato di .Pace, continu ad esercitare .ell'area territoriale destinata al costituendo Territorio Libero di Triete quegli ampi poteri normativi che gli derivano dalla Convenzione .i armistizio., emanando, da un lato, provvedimenti legislativi autonomi proclami, ordini generali) e, dall'altro, facendo propri, mediante speifci provvedimenti di estensione, le leggi dello Stat9 italiano. E del pari esatto che, essendo quindi, la sovranit italiana su lUel territorio compressa, le leggi italiane, come questa Corte Suprema ta gi avuto occasione di affermare nella sopra ricordate sentenze, ton avrebbero potuto esplicarvi efficacia immediata, senza essere rihiamate da provvedimenti formali del Governo militare alleato. Senonch, per quanto concerne l'imposta sulle successioni, tale ichiamo regolarmente avvenuto, avendo il Governo militare alleato, :on l'ordine n. 56 del 3 aprile 1950, integralmente recepito tutte le lisposizioni del sistema tributario successorio italiano e, quindi, anche 1uella dell'art. 20 del t. u. 30 dicembre 1923, n. 3270. Ne consegue che, anche a .voler ammettere che tali disposizioni 1perassero in Trieste, non come leggi dello Stato italiano, ma come 10rme di quel particolare ordinamento giuridico che in quella zona :i era venuto a creare in seguito all'emanazione delle speciali clau: ole di attuazione della Convenzione di armistizio e poi del Trattato li pace (art. 1 dell'Allegato VII), l'Ufficio successioni di Roma ben 1 >oteva pretendere, ai fini della determinazione dell'aliquota d'imposta, li cumulare il valore dei beni siti in Roma con quello degli altri siti n Trieste, una volta che quest'ultimi beni non potevano considerarsi 'fuori del territorio dello Stato . -(Omissis.). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 9 ottobre 1967, n. 2339 -Pres. Scarpello -Est. Cortesani -P. M. Tuttolomondo (diff.) -Ministero Finanze (avv. Stato Soprano) c. Carrera Pietro e Giovanni Battista (avv. Pacifici). Imposte e tasse in genere -Ingiunzione fiscale -Opposizione -D luogo ad un giudizio di cognizione nel merito della pretesa e non ad un giudizio sulla legittimit dell'atto. Ingiunzione fiscale -Opposizione -Domanda riconvenzionale dell'Amministrazione -Ammissibilit. L'oppOsizione all'ingiunzione fiscale non rivolta a provocare una pronuncia di iHegittimitd formale o sostanziale deHa ingiunzione stessa, ma introduce un vero e proprio giudizio di cognizione, che involge l'accertamento circa la fondatezza o meno della imposizione tributaria (1). Nel giudizio di opposizione all'ingiunzione fiscale l'Amministrazion~ assume la qualit, di parte convenuta e pu proporre domanda riconvenzionale e dedurre l'esistenza di un diverso titolo a fondamento deHa ingiunzione (2). (Omissis.). -Con l'unico mezzo del ricorsot si denunzia la violazione e falsa applicazione dell'art. 4 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E e degli artt. 8 e 9 del r. d. 3-0 dicembre 1923, n. 3269, nonch la contraddittoriet di motivazioni della sentenza impugnata. In particolare si deduce che, instaurato un giudizio di opposiziione ad ingiunzione fiscale, il titolo giuridico, posto a base della tassazione, ben pu essere riesaminato, su richiesta della Pubblica Amministrazione al gne di legittimare la imposizione del tributo secondo una diversa definizione giuridica dell'atto tassato. La Corte torinese si era, invece, rifiutata di accertare se il rogito Fantini avesse ad oggetto sol( 1-2) Ingiunzione fiscale: questioni vecchie e nuove. Questa sentenza, che esprime in modo molto pi esplicito un concetto gi da tempo affermato dalla Corte di Cassazione, ed una recente opinione dottrinale che contesta che l'ingiunzione, come atto di accertamento del tributo, sia un atto amministrativo (CAPACCIOLI, Ingiunzione fiscale, Dir. e Prat. Trib., 1967, 593), richiamano l'attenzione su una materia sulla quale si sono formati da tempo indirizzi consolidati, alcuni dei quali richiedono molto probabilmente un ripensamento, mentre altri appaiono tuttora validissimi. Cominciamo con l'ingiunzione, che la sentenza afferma essere un atto amministrativo con il quale l'ente impositore autodetermina il proprio credito e ne chiede esecutivamente il soddisfacimento. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA .nto una compravendita immobiliare comprensiva della ius aedifi,candi :ome si sosteneva dalla societ opponente) o non piuttosto due diinte convenzioni, costituite rispettivamente dall'alienazione del suolo della costituzione di diritti di superficie (come si deduceva dal<\ mministrazione finanziaria) sul rilievo che il giudice ordinario non >tesse mutare il titolo giuridico della tassazione, essendogli inibto !Vocare o modficare l'atto amministrativo. La censura fondata. La Corte di merito, in accoglimento del gravame, ha ritenuto di m poter condividere la decisione del Tribunale, secondo cui la nuova etesa dell'Amministrazione finanziaria poteva trovare ingresso nel- 1.ttuale giudizio perch non contrastata dalla societ Carrera e connuta nei limiti dell'originario petitum, osservando che il riesame in de giurisdizionale del titolo posto a base della tassazione e la diversa ialificazione giuridica di esso trovano un limite nella potest esclusiva ~Ila pubblica Amministrazione di effettuare ex officio il relativo :certamento. In conseguenza la ingiunzione fiscale, intesa come atto nministrativo, non suscettibile, ai sensi dell'art. 4 della legge n. 2248 I. E del 1865, di revoca o di modifica da parte del giudice ordinario l'opposizione giudiziale pu provocare solo una pronunzia d'illegitnit formale o sostanziale del provvedimento anzidetto. E poich dia specie il decreto monitorio era illegittimo, in quanto -come Dell'esattezza di questa affermazione difficile dubitare (1), almeno quando atto amministrativo sar considerato ogni atto unilaterale con evanza esterna posto in essere da una autorit appartenente alla publca amministrazione nell'esercizio di una potest amministrativa. L'atrit attraverso la quale si accerta un tributo e se ne pretende il pagamento lentre altra attivit quella diretta all'effettiva riscossione) certamente, >icamente, esplicazione di una siffatta potest, sicch il discorso sul punto potrebbe ritenere chiuso e passare ad osservazioni pi interessanti, quali .elle concernenti le suggestioni che la natura di atto amministrativo del (1) Che l'ingiunzione sia atto amministrativo del tutto pacifico in dottrina e 1risprudenza: v. MoFFA: n processo esecutivo per la riscossione deUe entrate patrimiali; INGROSSO: Istituzioni Dir. Fin. II, 781; ALLORIO: Dir. Proc. Trib., 250; ColLIO: Sull'ingiunzione fiscaie, in Riv. Dir. Trib., 1951, 2, 195; OLMI: I requisiti di -ma dell'ingiunzione fiscaie, in Dir. Prat. Trib., 1954, 2, 184; GIANNINI: Ist. Dir..Trib., 53, 242: UCKMAR: La ieaae dei registro, m, 337; GRECO: La riscossione deUe entrate trimoniaii deUo Stato, 1963, 18; !AMMARINO: Commento aUa iegge dei registro, II, ). In giurisprudenza, v. Cass. S. U. 6 febbraio 1959, n. 381; Cass. S. U. 12 ottoe 1955, n. 3041; S. U. 28 settembre 1955, n. 2656; 27 maggio 1949, n. 1352; 27 genio 1949, n. 113; 3 agosto 1943, n. 2029; Cass. S. U. 6 giugno 1964, n. 1397 in questa ssegna, 1964, I, 777 con nota di CoRREALE; Cass. 12 novembre 1965, n. 2356 ivi, 35, I~ 1196, con nota di MAzzELLA. Ed, atto amministrativo complesso, al quale la Umazione pretorile, anch'essa attivit amministrativa, imprime forza esecutiva: Cass. S. U. 19 aprile 1955, n. 1079; 13 febbraio 1951, n. 347; 18 dicembre 1956, 4453; 8 luglio 1953, n. 2175. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO si riconosceva dalla stessa Amministrazione finanziaria -le pattuizioni di cui al rogito Fantini non rendevano configurabile un atto di divisione e non giustificavano la imposizione di un tributo suppletivo a tale titolo, il giudice non poteva legittimare il provvedimento fiscale alla stregua di un motivo diverso da quello in esso enunciato, a nulla rilevando che il petitum rimaneva immutato. Senonch la decisione anzidetta si fonda su inesatti principi giuridici per quanto concerne sia la struttura del giudizio di opposizione ad ingiunzione fiscale e sa l'ambito di esplicazione dell'attivit giurisdizionale ordinaria nei confronti della pubblica Amministrazione. Il decreto monitorio fiscale un mezzo predisposto dalal legge (artt. 2 e segg. t. u. 14 aprile 1910, n. 639; 144 e segg. t. u. 30 dicembre 1923, n. 3269) per consentire all'Amministrazione finanziaria una pi sollecita riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato. Emesso dall'Intendente di Finanza, vidimato e reso esecutorio dal rPetore, il provvedimento anzide"tto assume in dottrina una configurazione giuridica non sempre univoca, poich alcuni ne rilevano una certa analogia con il titolo esecutivo o col precetto, mentre altri vi ravvisano gli estremi di un atto amministrativo che attinge la sua forza cogente non gi dal contenuto formale del documento, bens direttamente dalla potest di cui la pubblica Amministrazione investita in subiecta mate1ia. Se- l'ingiunzione fiscale ha operato sulla giurisprudenza in tema di opposizione e delle quali la sentenza che si annota sembra essersi liberata meglio di ogni altra, se non premesse esaminare quanto il succitato autore afferma e che costituisce la questione di fondo, premessa di ogni ulteriore studio in materia. Sostiene il Capaccioli che l'ingiunzione fiscale un atto amministrativo soltanto in quanto atto del procedimento esecutivo previsto dalla legge speciale, del 1910 e non gi in quanto atto di accertamento del tributo, poich, sorgendo l'obbligazione tributaria in virt della legge al verificarsi del presupposto materiale dell'imposta, non vi sarebbe spazio per il potere dell'autorit amministrativa, in quanto siffatto potere ricorrerebbe solamente quando la norma, anzich regolare direttamente il fatto, conferisce ad un soggetto il potere di dettare lui la disciplina del fatto . Vi sarebbe cio incompatibilit assoluta fra le due affermazioni: che l'obbligazione di imposta nasca ex lege e che l'ingiunzione sia atto amministrativa. Questa tesi riceverebbe conferma dal fatto che l'opposizione introduce un giudizio di merito sul rapporto tributario e non un giudizio di annullamento sull'atto ingiuntivo e che il termine per proporla di prescrizione e non di decadenza. Infatti, secondo il citato autore, se l'ingiunzione fosse atto amministrativo in punto di credito e debito d'imposta, non sarebbe possibile discutere in giudizio sul rapporto sostanziale, se non si sia prima provveduto ad eliminare l'ingiunzione con un :: giudizio di annullamento per violazione di norme relative all'attivit ,. amministrativa; d'altronde, lo stesso termine per proporre l'opposizione, che I I , PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 93 1onch questa Suprema Corte ha gi da tempo precisatp che la ingiunione fiscale, pur dando origine ad un procedimento monitorio del tutto 1articolare, cumula tuttavia in s le caratteristiche sia di un titolo secutivo stragiudiziale che di una intimazione di pagamento. Ed in ffetti, con la notifica di tale atto, viene posta in essere una situazione :iuridica idonea ad attuare sul piano esecutivo, in difetto di opposiione da parte del debitore, la realizzazione coattiva della pretesa tri1utaria. Del pari controversa poi la natura del processo che si instaura on la opposizione alla ingiunzione fiscale. Com' noto, presupposto di qualsivoglia esecuzione gorzata la ussistenza di un titolo esecutivo, avente ad oggetto un diritto certo, iquido ed esigibile, e l'art. 474 cod. proc. civ. ne indica tre distinte ategorie (provvedimenti giudiziali di condanna, titoli di credito, atti totarili relativi ad obbligazioni di somme pecuniarie), le quali assuaono ciascuna una propria fisionomia giuridica per la diversit dei equisiti formali e sostanziali che le caratterizzano. Di qui la differenza tella procedura che il debitore esecutato promuove resistendo alla ealizzazione della pretesa del creditore, in quanto, per i titoli costi- di prescriz10ne e non di decadenza (2), sarebbe ulteriore indice della ondatezza delal tesi, poich tipico dei giudizi di annullamento il breve ermine di decadenza, mentre allo schema processuale dei giudizi di acceramento dei rapporti si adatta il termine di prescrizione. L'ingiunzione arebbe quindi atto amministrativo solamente in ordine al processo eseutivo in quanto -in questo caso solamente - atto che promana uni~ teralmente dall'autorit amministrativa e suscettibile di essere portato ll'esecuzione forzata senza 'il ricorso all'autorit giurisdizionale: riprova i ci sarebbe nel fatto che l'opposizione all'ingiunzione per vizi formali, ottoposta al termine di decadenza di 30 giorni, si traduce in un giudizio i controllo sull'atto ai fini della sua eliminazione, senza effetto soddisfatorio, ricalcando quindi lo schema della giurisdizione di legittimit sugli atti mministrativi. * * * QGesta tesi, che l'autore stesso afferma essere stata esposta per accenni, 1a non approfondita, non sembra regga al vaglio della critica. Innanzi tutto non pu negarsi che l'ingiunzione, per quanto concerne =entrate tributarie, sia atto amministrativo con un contenuto che va indi (2) Seondo la costante giurisprudenza, il termine di 30 giorni, previsto dal' art. 3 t. u. 14 aprile 1910, n. 639 e decorrente dalla notifica dell'ingiunzione per 1roporre l'opposizione, vale soltanto ai fini esecutivi, onde anche successivamente si 1u adire il giudice sulla fondatezza della pretesa tributaria: Cass. S. U. 28 otto1re 1963, n. 2850, in Riv. Leg. Fisc. 1964, 288. Resta salva beninteso la perentoriet .el termine di decadenza stabilito per le opposizioni in particolari materie (es.: in ~ateria doganale; v. Rel. Avv. Stato, 1961, III, 695). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tuiti da sentenze o da altri provvedimenti giudiziali assistiti dall'autorit della cosa giudicata o per i quali sia tuttora in corso un separato procedimento cognitivo (sentenze di primo grado, munite della clausola di provvisoria esecuzione ai sensi della'rt. 2s2 cod. proc. civ.), l'opposizione d luogo ad un giudizio di esecuzione per l'accertamento, a seconda dei casi, del diritto di agire in executivis (art. 615 cod. proc. civ.) o della regolarit formale della esecuzione (art. 617 dello stesso codice), mentre, allorquando il titolo di natura stragiudiziale o costituito da un provvedimento del giudice emesso inaudita altera parte ed a seguito di una semplice deliberazione delle prove documentali esibite dal creditore (decreto d'ingiunzione provvisoriamente esecutivo a termine dell'art. 642 cod. proc. civ.), l'opposizione del debitore d vita ad un vero e proprio giudizio di cognizione che involge anche l'accertamento circa la esistenza o meno dei fatti costitutivi del credito che giustificano l'azione esecutiva. Tra le due anzidette specie di titoli, cos grosso modo distinti, e tra i due diversi conseguenti giudizi di opposizione, all'uopo previsti dall'ordinamento processuale comune, si inserisce l'ingiunzione fiscale, donde il problema rivolto a stabilire la portata e i limiti della contro viduato proprio nell'accertamento del tributo, qualunque opinione si voglia seguire sull'efficacia giuridica dell'accertamento stesso in rapporto al diritto di credito dell'ente. certo infatti che, pur in base alla tesi che attribuisce all'accertamento dell'imposta minor forza nell'ordinamento giuridico quella cio che ritiene che il debito nasca col verificarsi del presupposto e che l'accertamento quindi abbia efficacia meramente dichiarativa (3) e che poi l'opinione dello stesso autore, condivisa dalla giurisprudenza e che senz'altro la pi accettabile -l'atto con il quale l'Amministrazione accerta l'imposta e resta atto amministrativo non meno delle intimazioni, certificazioni, ordini, abilitazioni emesse dalla P. A. sulla base di una situazione di fatto disciplinata esclusivamente dalla legge e rispetto alla quale l'Amministrazione ha un mero potere di accertamento o di valutazione tecnica, dalla quale consegue il vincolo all'emanazione dell'atto: valutato il presupposto, la P.A. tenuta a quel provvedimento previsto dalla legge senza margini di discrezionalit e che purtuttavia atto amministrativo, indispensabile al raggiungimento dello scopo astrattamente ' previsto dalla norma. Cosi come nessuno ha mai dubitato che le abilitazioni, ad esempio, siano atti amministrativi cui l'Amministrazione obbligatoriamente tenuta sulla base di un mero riscontro dei requisiti di idoneit richiesti dalla legge che regola direttamente l'esercizio dell'attivit e per esercitare la quale necessario tuttavia l'atto amministrativo, il potere d'autorit (si pensi all'abilitazione allo esercizio professionale, ai certificati di idoneit delle navi), tanto meno pu dubitarsi che gli accertamenti tributari, consistenti in quella serie di atti necessari per ridurre in concreto l'astratto comando legislativo, individuando il debitore d'imposta (3) A. D. GIANNINI: Istituzioni di dir. trib., 1953, 141. .--..-:-:;:-::-.. '{?:>::::: ........... .. . . \. !~~~ :i;, s11:z. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA \~il~~ge allorquando il debitore contesti, in sede di esecu~: 00.ento della imposizione tributria. \zione fiscale un titolo esecutivo stragiudiziale perch \fente impositore, anche se poi il Pretore, attraverso la '\one, imprime al provvedimento il crisma della esecu\ titolo sui generis perch proviene dallo stesso credi\ ende idoneo all'esperimento dell'azione esecutiva in \dell'autodeterminazione, prima ancora che sia veri ~ la certezza della esistenza del credito. Ci ha ma Corte a ritenere la opposizione del debitore n'azione di mero accertamento circa la legalit eto monitorio fiscale, in quanto esorbiterebbe 'rdinario l'esame di una situazione sostanziale a base della imposizione (sentenze 16 aprile \963 n. 284), ed ora come l'atto introduttivo l:tio di cognizione, con il conseguente even \ii decidendum (sentenze 12 novembre 1965 1232). Questo pi recente orientamento \;i ravvisa giusto aderire perch ispirato il debito, costituiscano tipica esplica- l'opposizione innanzi al giudice ordi' ella pretesa tributaria e che possa \za l'annullamento dell'atto, fatto ';lizionali contro gli atti ammini\ On sembra proprio possa essere meno di non confondere, inam\ timi cn l'atto lesivo di diritti illegittimo con l'atto illecito. \ -e queste sono proprio le '\quadra perfettamente nello '"? e 4 della legge abolitiva '1.istrativa posta in essere "iplinata, anche e soprat1~ re giuridiche della P.A. \indi l'illiceit dell'atto \violazione il ricorso .~et.pale dell'atto ammini"' conoscere gli effetti sull'og. ..>pponente di non pagare l'imposta) . ....... OP. cit., 139 e SANDULLI: Manuale dir. amm., 1'.JS6, 332, che .,.:rtamenti tributari fra gli atti di valutazione. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ad una maggiore comprensione delle esigenze processuali in materia viene qu1ndi a creare un qualche parallelismo tra opposizione alla ingiunzione fiscale ed opposizione a decreto ingiuntivo ex art. 645 cod. proc. civ., anche se il ruolo delle parti tuttavia apparentemente diverso perch, mentre nel procedimento ordinario di cognizione la posizione di attore spetta al creditore e quella di convenuto al debi tore opponente, in quanto la domanda giudiziale costituita pur sem pre dall'originarfo ricorso, nel procedimento monitorio fiscale, essendo la ingiunzione un atto amministrativo che rimane tale anche dopo il visto di esecutoriet del Pretore, il rapporto processuale ha inizio con la opposizione e i1 debitore assume la veste di attore. Ond' che, una volta attribuita all'Amministrazione finanziaria la qualit di convenuta, la stessa, nella esplicazione della propria attivit difensiva, pu anche proporre domande riconvenzionali, ai sensi dell'art. 36 cod. pToc. civ., e quindi dedurre l'esistenza di un diverso titolo a fondamento della ingiunzione. I rilievi anzidetti rendono manifesto un primo equivoco in cui la Corte di merito incorsa, adeguando la prpria ratio decidendi al principio -ormai superato dalla elaborazione giurisprudenziale ulteriore -secondo cui nel procedimento monitorio fiscale la opposizione Tale giudizio quindi, non solo non presuppone l'annullamento dell'atto, ma deve prescinderne, non potendo l'A.G.O. ricorrere a quelle sanzioni che sono proprie dell'atto amministrativo illegittimo (revoca, modificazione, annullamento). Al giudice ordinario non potr nemmeno essere richiesta una mera declaratoria di illegittimit dell'atto amministrativo in via principale, poich questo implicherebbe una pronuncia non sugli effetti dell'atto, ma sulla sua idoneit a produrli e investirebbe la validit dell'atto sotto ogni rapporto e non solo in relazione all'oggetto dedotto in giudizio (5). Era quindi sicuramente erroneo quell'indirizzo giurisprudenziale, ormai da tempo superato dalla Corte di Cassazione, ma che ogni tanto riaffiora qua e l in qualche decisione di giudici di merito, secondo il quale con l'opposizione all'ingiunzione il giudice sarebbe investito del controllo sulla legittimit dell'atto ed era erroneo anche accettando che, nonostante l'impropriet terminologica, con quella espressione ci si intendesse riferire ad un atto lesivo di diritti soggettivi, anche inteQdendo cio legittimit per liceit. Infatti in tal modo si capovolgeva completamente l'oggetto del giudizio, che non era pi un giudizio sulle conseguenze dell'atto rispetto ai diritti lesi, ma un giudizio sull'atto in s e per s, che cos finiva spesso coll'essere giudicato legittimo o illegittimo. Vero che, cosi facendo, quella giurisprudenza commetteva pi una irregolarit formale che un errore sostanziale, poich la pronuncia sull'atto comportava automaticamente la pronuncia sul diritto, che aveva la stessa estensione di quello (ad es. se l'opponente chiedeva di non pagare 100 e l'atto veniva dichiarato illegittimo per 100, sostanzfalmente era resa giustizia), ma le cose si complicavano e l'errore diveniva sensibile quando il giudice, che aveva spo (5) Cosi, GUICCIARDI: La Giust. amm., 1957, 336; V. SANDULLI, op. cit., 690. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA !:17 el debitore sarebbe unicamente rvolta a provocare una pronunzia 'illegittimit formale o sostanziale della ingiunzione. Riconosciuta la ritualit delle deduzioni prospettata dall'Amminitrazione finanziaria, del pari infondate sono le ragioni che, secondo i iudici di appello, ne precludevano la disamina. In proposito anzitutto necessario precisare che, come risulta dagli tti, I'Amministrazione finanziaria di Torino, nei casi di alienazione i suoli edificatori pro indiviso e di contestuale ndicazione dei piani o .elle porzioni di piani del costruendo immobile spettanti a ciascuno .ei condomini, era solita ravvisare nel relativo rogito gli elementi ostitutivi di due distinte convenzioni e cio un contratto di compra endita dell'area e un contratto di divisione del futuro fabbricato. ~ale sistema di tassazione venne ripetutamente contestato dai contriuenti e questa Corte regolatrice con diverse pronunzie (sentenze marzo 1960, n. 399; 11 ottobre 1960 n. 2643) rilev che la seconda lelle pattuizioni anzidette, lungi dal configurare un atto di divisione assabile, non essendosi mai fondata tra i c'omproprietari del suolo :na comunione dell'edificio, poneva in essere eventualmente reciproche oncessioni ad aedijcan~um, per cui, solo a tale titolo, una imposta uppletiva poteva ritenersi giustificata. E i giudici di rinvio, riesami1ando i rispettivi rogiti, accedettero a tale prospettazione. Nella specie l'ufficio del registro non si uniform a questa prassi, !onde l'opposizione della societ Carrera e il comportamento difen tato la sua attenzione dagli effetti dell'atto, all'atto, ritenendo l'ingiunione unica e inscindibile, la dichiarava illegittima totalmente, sol chP. .na parte dell'accertamento tributario, che ne costituisce il contenuto, fosGe 1 violazione della legge. Messosi sulla strada del controllo di legittimit, tale conclusione era er il giudice necessitata, poich molto difficilmente avrebbe potuto ricorere all'istituto della conservazione, che presuppone una preminenza di na parte dell'atto sulle altre o un'autonomia fra le varie parti (6) non empre ravvisabile in un accertamento tributario, senza contare che, cos ~cendo, si sarebbe aggiunto errore ad errore. Riportato invece il giudizio di opposizione nel suo esatto alveo, coeentemente si afferma la parziale fondatezza della pretesa tributaria quanao ingiunzione indichi una somma superiore a quella che il giudice ritiene ovuta (7) e giustamente si consente all'amministrazione di spiegare do1anda riconvenzionale deducendo un diverso titolo giuridico a giustifiazione dell'accertamento. A proposito di domanda riconvenzionale, opportuno richiamare l'atenzione sulla sentenza che si annota, che esattamente ha affermato che, uando l'Amministrazione non chiede nelle sue difese un importo magiore rispetto a quello ingiunto, anche se sostiene la fondatezza della sua (6) ZANOBINI: Corso dir. amm., I, 332. (7) Cass. 8 febbraio 1961, n. 266. 98 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sivo della controparte, la quale, riconoscendone la erroneit della tassazione effettuata sul pxesupposto della esistenza di un atto di divisione, chiedeva che il decreto monitorio fiscale fosse conside;rato come emesso in base ad'.. un rapporto negoziale di concessione reciproca del diritto di superficie. Orbene, se nel giudizio di opposizione ad ingiunzione il contraddittorio cos ampio da consentire all'Amministrazione finanziaria di proporre anche domande riconvenzionali, non si vede perch nell'attuale controversia la Corte di merito dovesse disattendere le deduzioni dell'appellata, rivolte a legititmare l'esistenza del credito d'imposta sotto un diverso iprofilo ,giuridico. Con esse, in sostanza, lAmministrazione finanziaria proponev una mera eccezione riconvenzionale, non avendo chiesto anche l'eventuale maggiore importo della imposta proporzionale rispetto a quella graduale, ed entro tali limiti il relativo accertamento veniva ammesso anche dalle pronunzie di questo Supremo Collegio che il giudizio de quo ritenevano avesse ad obietto una ,pi ristretta materia d'indagine. In realt, la richiesta di considerare il titolo della .ingiunzione come un contratto di concessione ad aedificandum anzich di divisiotne non determinava un mutamento della pxegressa situazione. sostanziale, ma solo una diversa qualificazione giuridica del rapporto tributario, onde si fuori della preclusione di cui all'art. 4 della legge n. 2248 ali. E del 1865 non importando una pronunzia siffatta n la revoca n l'annullamento dell'atto amministrativo. -(Omiss.). pretesa sotto un profilo giuridico diverso da quello indicato nella motivazione dell'ingiunzione, cosi facendo propone una vera eccezione riconvenzionale e non una domanda riconvenzionale. E ci pienamente conforme all'-elaborazione giurisdizionale del concetto di domanda riconvenzionale come contro-domanda del convenuto (8). Quanto si fin qui detto in ordine alla natura di atto amministrativo dell'ingiunzione, vale per l'ingiunzione fiscale regolata dall'art. 144 della legge di registro e per tutte quelle emesse per la riscossione di entrate tributarie, mentre per la riscossione delle entrate patrimoniali, in cui i crediti devono essere certi liquidi ed esigibili in base ad un titolo precostituito, l'ingiunzione si atto amministrativo, ma solamente agli effetti di legittimare l'esecuzione: rientra quindi non nello schema degli atti di valutazione, ma in quello degli ordini. PAOLO DI TARSIA di BELMONTE (8) Per l'ammissibilit della riconvenzionale, v. Cass. 12 novembre 1965, n. 2356; 11 luglio 1962, n. 1849; 29 novembre 1963, n. 3065; 8 giugno 1963, n. 1530; sulla differe.nza fra domanda ed eccezione riconvenzionale, v. Cass. 27 luglio 1964, n. 2076; 5 maggio 1964, n. 1069; 8 febbraio 1964, n.' 284; 21 settembre 1964, n. 2397; 4 luglio 1964, n. 1747; 5 gennaio 1966, n. 109; .19 ottobre 1966, n. 2549. Sull'ammissibilit della riconvenzionale, oltre i limiti previsti dall'art. 36 c. p. c. quando non vi sia spostamento di competenza, v. Cass. 7 giugno 1966, n. 1495; 13 agosto 1965, n. 1959. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA ORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 30 novembre 1967, n. 2851 -Pres. Faviara -Est. Pascasio -P. M. Cutrupia (diff.) -Ministero Finanze (avv. Stato Zoboli) c. Soc. Italiana Petro1i Affini (non cost.). nposta di registro -Superficie -Locazione -Concessione di terreno per costruirvi un impianto di distribuzione di carburanti con annessa stazione di servizio -Configurabilit, anche ai fini tributari, di un rapporto (anomalo) di loca~ione -Criteri. (c. c., artt. 952 ss., 1571 ss.; r. d. 30 dicembre 1923, n.o 3269, art. 8; id., tariffa all. A, artt. I, 44). La concessione ad aedifi:candum, daHa quale deriva il diritto di ~re e mantenere determinate costruzioni al di sopra del suolo altrui, ~, in taluni casi, pur attribuendo al concessionario il godimento escluvo deH'opera per la durata del diritto di godimento del terreno, avere n contenuto diverso dal diritto reale, e dar luogo, in particolare, ad n contratto atipico, e specificamente ad un contratto anomalo di locaone, e tale da considerare, quindi, anche ai fini deH'applicazione delimposta di registro: come nel caso in cui, essendo prevista la facolt ~l concessionario di rimuovere le opere, a sua cura, dopo la scadenza ~Ha concessione, difetti, tra l'altro, la condizione necessaria per la mfigurazione di un diritto di superficie, e cio l'acquisto della proriet della costruzione, allo scadere del termine, da parte del proprie: rio del suolo (1). (Omissis.). -Col primo motivo si denuncia la violazione degli ctt. 1571, 1578, 1593, 9512 e segg. 1325 e 1326 cod. civ. in relazione ~li artt. 8 della legge di registro, 1 e 44 della tariffa ad essa allegata, onch emessa ed insufficiente motivazione su un punto decisivo dena (1) Per un ampio esame dell'argomento, cfr. lo studio di G. ANGELINI DTA, Sulla tassazione dei contratti di concessione di terreni per la costruone di stazioni di servizio, etc., in questa Rassegna, 1965, I, 1009, in nota. Cass. 9 novembre 1964, n. 2705. Nel richiamato studio anche messo in rilievo (p. 1010) che la divert dei principi affermati con quella sentenza, rispetto alle enunciazioni mtenute in atra decisione di pri data -la n. 2706, dalla quale soltanto. ~raltro, fu estratta 1a massima ufficiale -era soltanto apparente; ed ialoga considerazione, sostanzialmente, sembra potersi fare oggi per la !ntenza qui pubblicata, che apunto aila ricordata n. 2706/64 :Ila richiamo, che, in effetti, pur in riferimento a quanto appresso sar detto, non sem~ a potersi ritenere esp~essione di un mutamento di indirizzo decisiorlo da irte della Suprema Corte. Del resto, per la natura stessa delle questioni, indubbiamente puntualZantisi sulla interpretazione dei singoli contratti di concessione di terreni ~r l'impianto di distributori di carburanti e di annesse stazioni di servizio, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEI.LO STATO controversia, lamentando che il contratto sia stato qualificato come . locazione, mentre dava luogo ad un diritto di superficie. La censura non fondata. Al riguardo, questa Corte suprema ha gi ritenuto in altra occa sione (sent. 9 novembre 1964, n. 1706) che la concessione ad aedificandum, dalla quale deriva il diritto di fare e mantenere determinate costruzioni al di sopra del suolo alt~ui, pu, in taluni casi, pure attribuendo il godimento esclusivo dell'opera in comelazione e per la durata del dirritto di godimento del terreno, avere un contenuto diverso dal diritto reale, e pu, in particoLare, assumere le caratteristiche di un diritto personale di natura obbligatoria, qualificabile eventualmente come contratto atipico o come un tipo anomalo di contratto di locazione. Tale caso si ha quando, nello stesso conkatto di concessione di un pi vasto terreno in locazione per l'impianto di una pompa per carburanti, con relativa stazione di se.rvfaio ed eventualmente anche con annesso bar per un periodo di tempo determinato, sia prevista espressamente la rimozione delle opere a cura e facolt del concessionario dopo la scadenza della concessiO!!le, cosi come si puntualmente verificato nella fattispecie in esame. In tale ipotesi viene meno, tra l'altro, anche la condizione necessaria perch sorga un diiritto reale di superficie in ordine a11e costruzioni, quale quello previsto e voluto dall'art. 953 cod. civ. in forza del quale, allo scadere del termine, il proprietario del suolo diventa proprietario delle costruzioni. Ci posto, la Corte d'appe1lo non incorsa nelle denunciate violazioni, avendo essa correttamente escluso che le parti avessero stipulato un contratto che desse luogo alla costituzione di un diritto reale, ade- l'indagine in sede di legittimit rimasta ristretta, cos allora come ora, al controllo de criteri giuridici seguiti dai giudici di merito per la qualificaztlone dei rapporti. E con riguardo a tali criteri pu rilevarsi, in primo luogo, che gi in base all'affermazione, secondo ui le concessioni in discorso possono in taluni casi, non dar luogo alla costituzione di un diritto reale, da ritenere confermata, dall'odierna pronuncia, la esigenza di considerare che secondo un criterio di normalit potrebbe pervenirsi, invece, in generale, ad una qualificazione in quei sensi, da escludere soltanto sulla base d una particolare disciplina pattizia. Al qual fine, poi, ed in relazione al criterio specifico, per il quale dovrebbe escludersi la configurabilit del divitto di superficie allorch sia espressamente prevista la facolt del concessionario di rimuovere le opere, allo scadere della concessione, sembra potersi osservare: a) che, coerentemente, se nulla le parti abbiano previsto in ordini! alla rimozione delle costruzioni, dovrebbe questa omissione gi valu~a~sl come elemento idoneo per una conclusione affermativa della ricorrenza di quel diritto, se altri specifici elementi a ci non siano d'ostacolo, ben s'intende, e tenuto conto che, in principio, quella conclusione medesima PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 101 iandosi, per tal modo, .al principio enunciato da questa Corte Su ~ema, secondo il quale giuiridicamente concepibile un negozio ad 'fetti obbligatori, qualificabile come tipo anomalo di locazione, in cui tl locatario si concede il godimento di un terreno con facolt di farvi ~lle costruzioni, di cui godr precariamente come conduttore, e che .la fine del rapporto dovranno essere rimosse a cura del concessionario. Col secondo motivo si censura la sentenza denunciando la viola one dell'art. 8, secondo comma, della legge di registro e degli artt. 1 44 della tariffa a11. A alla legge medesima, in Telazione agli artt. 1571, 578, 1593, 952 e 1362 cod. clv., nonch dell'art. 360 nn. 3 e 5 cod. roc. civ., lamentando che la Corte di appello, nel qualificare il rap orto, avrebbe attribuito importanza al richiamo fatto dalle parti allo :hema contrattuale della locaziooe, piuttosto che al contenuto obiettivo el rapporto medesimo. Al riguardo da osservare che le parti, in sostanza, hanno dato il ome esatto al contratto che bene, e comunque incensurabilmente, ;ato ritenuto di locazione, nessuna violazione di norme di diritto poten osi riscontrare nella motivazione della sentenza impugnata, n errore i logica, avendo la Corte di merito ritenuto che il contratto fosse tas ~bile ai sensi delil.'aTt. 44 della tariffa all. A della legge di registro. Vero che l'Amministrazione, quando prende a base delle imposte egozi di diritto privato, segue i criteri propri del diritto tributario e, i sarebbe da adottare (e, su questo punto, cfr. la citata Cass. n. 2705/64) i vista della stessa funzione della concessione; b) che, d'altra parte, anche quando quella facolt di rimozione sia spressamehte prevista, dovrebbe questa circostanza sempre valutarsi in oncorso con ogni altro elemento rilevante al fine, e non mai come di per ~ stessa decisiva per l'esclusione del diritto di superficie, giacch (a arte ogni considerazione, che pur sarebbe assorbente, sulla derogabilit attizia del disposto dell'art. 953 e.e.: cfr. ANGELINI ROTA, op. Zoe. cit. ed .utori ivi richiamati) sta di fatto che lo jus tollendi considerato anche 1 rapporto alla locazione, non pu intendersi come impeditivo ab origine ell'acquisto della propriet de11e addizioni, per accessione, da parte del roprietario del fondo locato (cfr. Cass. 13 maggio 1960, n. 1133, Foro it., 960, I. 1518, richiamata dalla ripetuta Cass. 9 novembre 1964, n. 2705); icch sarebbe sempre da accertare se, avuto riguardo al complesso delle iattuizioni, non sia in quella ipotizzata facolt del concessionario piuttosto .a individuare una originaria rinunzia del dominus soli all'acquisto della 1ropriet delle opere, rinunzia che sarebbe si:ntomatica di un regolamento ontrattuale conforme alla fattispecie tipica della costituzione del diritto li superficie, o quanto meno analogo (il che quanto interessa, ai fini ributari, dn vista del disposto dell'art. 8 della legge del registro), e tanto li quando la rimozione possa ritenersi pr-evista come attuabile anche turante la vita del rapporto, e non gi, cme per le addizioni fatte dal ocatario, soltanto dopo la sua cessazione (Cass. 13 maggio 1960, n. 1133, :it.). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO in conformit di tali criteri, ne qualifi.ca gli effett anche, eventualmente, in difformit dei principi di diiritto privato che li reggono, cos come questa Corte Suprema ha r1cordato con sentenza 9 novembre 1964, n. 2706. Ma poich, in sostanza, non v' difformit tra il nomen iuris, attribuito dalle parti al contratto, ed il contenuto di locazione del medesimo agli effetti fiscali, ill motivo resta assorbito. Consegue che il ricorso deve essere rigettato ma, data la delicatezza delle questioni trattate ed il concorso di ~fosti motivi, ritiene la Corte di compensare le spese di questo grado del giudizio. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 8 gennaio 1968, n. 34 -'Pres. Favara Est. Pascasio -P. M. Gedda (concl. conf.) -Soc. Bernard Scheinin (avv. Nicoletti) c. Amministrazione Tesoro (avv. Stato Foligno). Violazioni delle leggi finanziarie e valutarie -Pena pecuniaria -Prescri zione -Verbali di accertamento delle violazioni -Efficacia inter ruttiva della prescrizione -Limiti. (I. 7 gennaio 1929, n. 4, artt. 17, 24, 34; r. d. l. 5 dicembre 1938, n. 1928, art. 3). In materia P,i repressione delle violazioni delle leggi finanziarie e valutarie, ai verbali di accertamento redatti dagli organi di polizia tributaria, cos come ad altri atti del procedimento che ne segue, pu riconoscersi effetto interruttivo della prescrizimie del diritto dello Stato alla riscossione della pena pecuniaria, purch in essi si esprima la chiara volont dell'amministrazione creditrice di ottenere il soddisfacimento del proprio credito ad esigere la pena pecuniaria che successivamente sar determinata, non essendo neessario, affi,nch di effetto interruttivo si possa parlare, che l'atto stesso indichi la misura del credito e che questo sia gi liquidato nel suo preciso ammontare (1). (Omissis.). -Col primo motivo, la Societ ricorrente, denunciando la violazione delle norme degli artt. 2943, ult. comma, 1219, primo comma, e 2935 cod. civ. e degi artt. 17, 24 e 34 della legge 7 gennaio_ 1929, n. 4, dell'art. 3, quarto comma, del r. d. I. 5 dicembre 1938, n. 1928, (1) La sentenza della Cassazione n. 1399 del 1967 richiamata in motivazione pubblicata in questa Rassegna 1967, I, 880, con nota cui si rinvia. L'interesse della presente sentenza deriva dal fatto che la Cassazione, confermando le proprie precedenti affermazioni in ordine alla efficacia interruttiva dei soli verbali di accertamento in cui si esprime la chiara volont del!' Amminist!'azione c!'editrice di ottenere il soddisfacimento del proprio diritto ad esig.ere la pena pecuniaria, in applicazione del principio della incensurabilit dell'accertamento compiuto dal giudice di merito relativamente alla concreta esistenza di tali presupposti, ha ora deciso la PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1menta che erroneamente la Corte avrebbe attribuitd ai verbali di ~certamento della polizia tributarJa Pefficacia interrutiva della pre! rizione. chiairamente espresso nell'art. 3 della citata legge 7 gennaio. ~29, n. 4 e risulta anche da altre norme della legge medesima (ad es., art. 11, relativo alla solidariet pasSiva tra pi responsabili della stessa iolazione) che l'obbligazione ::r1 pagamento di una somma a titolo di ena pecuniaria ha carattere civile e non sono ad essa assolutamente pplicabili norme e principi propri del diritto penale (cfr.; fra le altre, mt. di questa Corte Suprema, del 19 .gennaio 1964, n. 241). Questa Corte ha pure affermato che, a norma della predetta legge mdamentale del 1929, applicabiile alle infrazioni in materi valutaria l cui al pure citato r. d. 1. del 5 dicembre 1928, l'obbligazione di paga1ento di una somma a titolo di pena pE!cuniaria sorge con l'infrazione alutaria ed al momento di qttesta, mentre la determinazione in coneto della pena da parte del Ministro, ha carattere di liquidazione del u,antum dovuto (sent. 17 maggio 1963, n. 1264). Ci premesso, va osservato per altro che -come noto -la alutazione della idoneit di un fatto o di un atto a costituire valida 1terruzione della prescri'6ione e ad avere efficacia di costituzione in ,ora, rientra nella discrezionaltt del giudice di merito ed incensutbile in cassazione se motivato congruamente e senza errori di logica di diritto (stessa Corte, 17 gennaio 1966, n. 245 ed altre). Sulla soggetta materia, poi, recentemente, questa Corte ha anche mto occasione di precisare che ai verbali in esame, cosi come ad altri testione nel senso positivo favorevole alle tesi sostenute dall'Ammini razione, precisando inoltre, il che appare di particolare rilievo, che il ~rbale di accertamento pu avere efficacia interruttiva della prescrizione tche senza la indicazione della misura del credito da liquidarsi succes vamente nel suo preciso ammontare. In tali condizioni deve tanto pi confermarsi quanto gi rilevato in >ta alla precedente sentenza n. 1399 del 1967 e cio che, avendo il ver 1le di accertamento della violazione finanziaria o valutaria un conte 1to tipico che, anche in considerazione del procedimento nel quale si serisce, contrasta con la presunzione di rinunzia al cvedito su cui si nda l'istituto della prescrizione, la questione relativa alla efficacia in rruttiva della prescrizione da attribuirsi al detto verbale non pu risol 'rsi in una indagine di fatto' relativa al suo contenuto, se non nei limiti 'lla eventuale difformit di questo da quello tipicamente previsto dalla gge. In ogni normale caso, anche in applicazione del criterio ora condiviso .lla Cassazione in ordine alla non necessit, ai fini che qui interessano, Ua liquidazione del credito a cui il verbale di accertamento si riferisce, 1n appare dubbio che a tale verbale debba attribuirsi, in via di prin ?io, efficacia interruttiva della prescrizione del credito stesso. G . .ANGELINI ROTA RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO atti del procedimento che ne segue, pu riconoscersi effetto interruttivo, purch in essi si esprima la chiaira volont dell'amministrazione creditrice di ottenere il soddisfacimento del proprio credito ad esigere la pena pecuniaria che successivamente sar determinata dal Mini,stro, non essendo necessario, affinch di effetto interruttivo si possa parlare, che l'atto stesso indichi la misura del credito e che questo sia gi liquidato nel suo prreci,so am:r.nontare (.serit. n. 1399 del 15 giugno 1967). Ora, che nella specie la manifestazione di volont risultasse in modo esplicito dagli anzidetti verbali stato accertato nel caso concreto dalla Corte di merito la quale ha infatti affermato che il verbale ricevuto il 21 aprile 1955 dallo Scheinin esterna una manifestazione di volont dello Stato in modo inequivoco all'esercizio del suo diritto alla riscossione della pena pecuniaria, e aippunto in relazione a tal fine il verbale portato a conoscenza del trasgressore nei cui riguardi fatta vailere la pretesa creditoria dello Stato ; la stessa Corte poi ha analizzato i singoli elementi attraverso i quali ne1la specie una simile volont si esteriorizzata e ne ha tratto l'esatta conclusione che, per effetto della interruzione, da quella data ebbe inizio la decorrenza di un nuovo termine quinquennale che non si era compiuto il 14 aprile 1960, giorno in cui venne notificato il decreto del Ministro deil. tesoro che determinava la somma dovuta e ne intimava il pagamento. Questa motivazione fondata sull'interpretazione degli atti e sulla valutazione delle prove offerte, essendo congrua ed immune dai vizi innanzi ricordati, si sottrae come tale al sindacato di sola legittimit proprio di questa Corte Suprema. N la dedotta separazione di competenza fra il ministero del tesoro, investito della potest di applicare la pena pecuniaria per le incorse infra:ioni e la polizia tributaria, investita del compito di accertare dette infrazioni, pu valere a privare i verbali redatti da quest'ultima della esaminata efficacia interruttiva della prescrizione del relativo diritto di credito di cui titolare lo Stato, ben potendo detti verbali esprimere la volont di quest'ultimo diretta ad eserrcitare il proprio diritto, con funzione di esteriorizzazione di detta volont. -(Omissis.). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 gennaio 1968, n. 267 -Pres. Rossano -Est. Ferrone Capano -P. M. Toro (conci. conf.) -Amministrazione Finanze (avv. Stato Soprano)' c. Soc. Cotonificio Poma (avv. Fr). Imposta sulle societ -Reddito imponibile -Detrazioni -Imposte iscritte a ruolo posteriormente alla liquidazione o trasformazione delle societ -Sistema della legge n. 603 del 1954. (1. 6 agosto 1954, n. 603, art. 5). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 105 nposta sulle societ -Reddito imponibile -Detrazioni -Imposte iscritte a ruolo posteriormente alla liquidazione o trasformazione delle societ -Sistema del vi~ente T. U. sulle imposte dirette. (d. p. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 148 e 277). L'art. 5 della legge 6 agosto 1954, n. 603, che disciplinava il sistema elle detrazioni delle imposte ordinarie ai fini della determinazione ell'imponibile per l'imposta sulle societ, adottava sostanzialmente il :Stema di detrazione cosiddetto di cassa e presupponeva la perdumte esistenza e tassabilit della societ. Il caso della societ liquidata trasformata (non pi soggtta a tassazione), essendo sostanzialmente iverso e non potendo, perci, essere disciplinato dalla detta norma, aveva essere regolato, mancando al riguardo un'espressa disposizione, ai principi generali in materia d'imposta sulle societ, che colpiva (e )lpisce) il solo reddito netto. Onde la necessit di detrarre dal reddito >rdo dell'ultimo esercizio sociale le imposte ordinarie iscritte a ruolo opo la liquidazione o trasformazione della societ (1). La nuova norma che dispone in tal senso, quella dell'art. 148 del igente testo unico per le imposte dirette (seconda parte della lettera b) on , stricto sensu, n interpretativa n innovativa. una norma nuova, lie non era contenuta nella normativa precedente, ma che codifica un :stema di detrazione (dirsse sostanzialmente e giuridicamente diverso da quello dell'ultimo sercizio (per estinzione o trasformazione della societ) confermato all'ovvia considerazione che il sistema di cassa, l'unico previsto dalla etta legge (sia pure con la limitazione e deformazione innanzi accenate), non pu essere applicato all'ultimo esercizio, a meno di voler ervenire all'incong:ruenza giuridica, per giunta iniqua (come la stessa ccorrente riconosce), di escludere dalla detrazione dal reddito comlessivo le imposte iscritte a ruolo dopo la liquidazione o trasforma. one della societ, tassando in tal modo il reddito lordo, anzich uello netto. Tutto ci dimostra che la disciplina dell'art..5 della legge del 1954 :a limitata ai casi di perdurante durata e tassabilit dell'ente sociale. caso della societ liquidata o trasformata (non pi soggetta a tas1zione), essendo sostanzialmente diverso e non potendo, perci, essere lsciplinato dalle stesse norme, doveva essere regolato, mancando al guardo un'espressa disposizione, dai principi generali, in materia di nposta sulle societ, che colpiva (e tuttora colpisce) il solo reddito ~tto. Onde la necessit di detrarre dal reddito lordo dell'ultimo eserzio sociale le imposte ordinarie iscritte a ruolo dopo la liquidazione trasformazione della societ. La nuova norma che dispone in tal senso, quella dell'art. 148 del !gente testo unico per le imposte dirette (seconda parte della lettera b), m -stricto sensu -n interpretativa n innovativa. una norma iova, che non era contenuta nella normativa precedente, ma che >difica un sistema di detrazione (diretto a rendere operante la regola ~Ila tassabilit del solo reddito netto) che era gi applicabile in base principi generali in materia di imposta sulle societ. -(Omissis.). ORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 31 gennaio 1968, n. 314 -Pres. Pece -Est. Geri -P. M. Di Majo (concl. diff.). Mayer Astorre e Vita Matilde (avv. Biamonti) c. Amministrazione Finanze (avv. Stato Azzariti). aposte e tasse in genere -Imposte dirette -Ricorso contro i ruoli per duplicazione -Termine -Inosservanza -Ripetizione di indebito -Ammissibilit -Fattispecie. (1. 10 giugno 1888, n. 5458, art. 3; d. p. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 188). Il decorso del termine di sei mesi stabilito dall'art. 3 della legge ' giugno 1888, n. 5458 per ricorrere contro le risultanze dei ruoii, non llO RASSEGNA DELL'AvvoATURA DELLO STATO impedisce alla pubblica Amministrazione di provvedere d'ufficio alla rettifica della erronea iscrizione. Avvenuto il riconoscimento della erroneit della iscrizione a ruolo, la ripetizione dell'imposta indebitamente pagata pu essere chiesta dal contribuente avanti al giudice ordinario, ancorch egli non abbia proposto ricorso in via amministrativa nel termine predetto (1). (Omissis.). -I primi tre mezzi del vi.corso possono essere trattati congiuntamente. In essi il ricorrente lamenta in sostanza, che il termine di sei mesi, di cui all'art. 3 della legge n. 545'8 del 1888, riguarderebbe il ricorso del contribuente, ma non l'obbligo della pubblica Amministrazione, rilevato l'errore della iscrizione a ruolo, di ovviarvi, sicch la sua affermata perentoriet non potr.ebbe comunque riguardare l'Amministrazione fiscale. (I mezzo); che, nella specie, il giudice del merito avrebbe confuso fra duplicazione di iscrizion~ e duplicazione d'imposta iscritta al nome di due distinti soggetti, come in concreto erasi verificato (II mezzo); che, una volta ottenuto dalla pubblica Amministrazione in sde meramente amministrativa, il riconoscimento dell'errore, il quale escludeva l'insorgenza di una vera e propria controversia, non poteva essere esteso all'azione giudiziaria di ripetizione dell'indebito il termine di decadenza proprio del ricorso tributario, essendo valido al riguardo il generale termine di p:rscrizione previsto nell'art. 2946 cod. civ. (III mezzo). Le surriassunte censure sono meritevoli di accoglimento, per quanto di ragione, giusta le osservazioni che seguono. (1) Le affermazioni di cui alla presente sentenza lasciano largamente perplessi in quanto, pur a tutto concedere, il riconoscimento da parte della P. A. della erroneit della iscrizione a ruolo in base alla quale dovrebbe ritenersi ammissibile la ripetizione d'indebito, dovrebbe comunque riferirsi al ruolo in base al quale si effettuato il pagamento ripetibile. Nella fattispecie, inv.ece, la Amministrazione aveva escluso lo sgravio dei ruoli oggetto di contestazione, ed averlo disposto per i ruoli relativi ad anni successivi non poteva implicare riconoscimento della erroneit delle iscrizioni precedenti. Di fronte, dunque, al diniego dello sgravio, la duplicazione della iscrizione a ruolo con la conseguente domanda di ripetizione di indebito, avrebbe dovuto essere eccepita mediante impugnativa del ruolo e cio nel termine di decadenza di cui alla legge n. 5458 del 1888 (ora art. 188 del t. u. 29 gennaio 1958, n. 645). In mancanza di tale impugnativa la duplicazione della iscrizione a ruolo non pu pi essere eccepita dal contribuente, e se lo sgravio non disposto d'ufficio dalla Amministrazione, quella iscrizione conserv1a ad ogni effetto la sua presunzione di legittimit, sufficiente da sola ad escludere la configurabilit di un indebito oggettivo. G. ANGELINI ROTA PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA lll L'ultimo comma dell'art. 3 della legge 10 giugno 1888, n. 5458 ira trasfuso nell'art. 198 del vigente t. u. sulle imposte dirette) stabi sce che la rettifica dei ruoli pu esser fatta mediante schede com ilate dagli agenti delle imposte ed, occorrendo, anche dall'esattore, .iando si tratta di errori materiali o di duplicazioni rilevate d'ufficio. La legge (n la vecchia n fa nuova) non pone alcun termine .l'esercizio dell'accennato potere, onde ben pu ritenersi, in coerenza ~l resto con il generale principio di revocabilit degli atti ammilstrativi, che lAmministrazione, in qualsiasi momento, possa eserciLre il potere-dovere fil correggere i propri errori, e quindi, nella >ecie, l'erronea iscrizione a ruolo, e di' provvedere in conseguenza 1o sgravio del contrbuente non tenuto al pagamento del tributo >rrisposto due volte. La dplicit della corresponsione del tributo , per il caso in ;ame, del tutto pacifica in causa, tanto vero che la pubblica Ammiistrazione riconsoendo espressamente l'errore di duplicazione, provide a correggerlo relativamente agli anni successivi al 1956, ma non ispose analoga correzione :i;>er gli anni dal 1952 al 1956, rispetto aii Llali il ricorrente ha proposto un'azione di restituzione. Come noto, per la ripetizione dell'indebito oggettivo occorrono Lle requisiti fondamentali e cio che vi sia stato un pagamento e che , stesso non fosse dovuto per l'assoluta inesistenza dell'obbligazione 1e il solvens ha invece adempiuta. L'azione, che sostanzialmente si fonda sopra una nu.llit delobbligazione per assoluta mancanza di causa, ha come suo presuposto il difetto, nell'accipiens, del diritto di acquisire la cosa consenatagli. Nella situazione di specie sopra descritta la pubblica Ammini; razione pur opponendo al contribuente la decadenza nella quale )Stui era incorso per non aver impugnato il ruolo nel termine, ricoosce per di aver ricevuto senza C8JUsa gli importi dli un tributo non ovuto, tanto da dtsporre persin9 lo sgravio per l'avvenire. Tanto basta per porgere un vialido fondamento alla ripetizione delindebito postoch l'opposta decadenza non solo non vale a distruggere 1.le riconoscimento ma neppure pu fornire, ovviamente, una insusistente causa al pagamento non dovuto, n creare, per di pi retrottivamente, una obbligazione che non mai esistita. Ricorrendo adunque i requisiti deH'indebito oggettivo, n oppoendosi alla relativa ripetizione un limite temporale in ordine al potereovere del'la pubblica Amministrazione dii Correggere i propri errori, 1. domanda dei ricorrenti avrebbe dovuto essere esaminata nel merito :;i:uesto sar appunto il compito del giudice di rinvio), poich, per ffetto del riconoscimento del di:riitto, si rivela irrilevante la scadenza el termine di sei mesi opposta in giudizio. -(Omissis). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 3 febbraio 1968, n. 350 -Pres. Pece Est. Scanzano -P. M. Di Majo (conci. conf.). -Amministrazione Finanze (avv. Stato Soprano) c. Littardi Antonio e altri (avv. Romanelli). Imposte e tasse in genere -Procedimento dinanzi alle 1commissioni Nullit degli atti e della sentenza -Rimedi -Impugnazione -Ne cessit -Limiti. Imposte e tasse in genere -Avviso di accertamento di yalore -Mancata sottoscrizione della copia notificata -Nullit -Inesistenza. (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 36; r. d. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 20). principio fondamentale del processo, applicabile anche al proesso tributario che si svotge dinanzi alle Commissioni, che i vizi di esso e degli atti che ne costituiscono i presupposti, anche se tali da ripercuotersi sulla sentenza determinandone la nullitd, non impediscono che la sentenza stessa (salvo che essa provenga a non iudice o sia priva della sottoscrizione del giudice) passi in giudicato, essendo noto che le nullitd della sentenza non possono essere fatte valere se non nell'ambito dello stesso processo e con gli opportuni mezzi di impugnazione (1). Per escludere la inesistenza giuridica dell'accertamento sufficiente che l'originale del relativo avviso sia stato debitamente sottoscritto dal procuratore dell'Ufficio del registro. .Su tale regolare compimento non pu incidere il fatto posteriore che la copia dell'avyiso predetto sia priva della sottoscrizione del funzionario: irregolaritd, questa, che non importa nullitd, n tanto meno inesistenza giuridica del' l'atto, appartenendo essa ad una operazione amministrativa che, per inserirsi efficacemente nella serie degli adempimenti necessari per determinare la base della imposizione, richiede essenzialmente il raggiungimento di un risultato concreto: quello li far conoscere al contribuente il valore stabilito dall'Ufficio pe.r metterlo in grado di provocare, sul punto, il controllo in sede contenziosa ad opera della competente Commissione (2). (Omissits.). -I due ricorsi vanno riuniti perch proposti contro la medesima sentenza. I due primi motivi del ricorso principale possono essere trattati congiuntamente, perch investono la sentenza di merito sotto l'unico profilo della violazione del giudicato. (1) Massima di evidente esattezza. (2) La sentenza 15 luglio 1965, n. 1537 richiamata in motivazione, bench relativa a controversia in tema di tributi comunali ed a cui non PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Con il primo motivo, appunto, l'amministrazione ricorrente la1enta che la Corte d'appello: a) abbia omesso di prendere in esame eccezione -_debitamente proposta -secondo cui, per effetto della ecisione, non impugnata, della Commissione Distrettuale (che moifc la valutazione espressa dall'avviso di accertamento, si sarebbe >rmato al giudicato sulla validit dell'accertamento stesso; b) tratmdo della interferenza tra procedimento amministrativo e quello giuiziario senza porre chiaramente il problema del giudicato, abbia uanto meno -adottato una motivazione insufficiente. Col secondo motivo poi (formulato con riferimento alla ipotesi che 1 questione del giudicato possa ravvisal'Si esaminata) la stessa ammiistrazione denuncia violazione e falsa applicazione della'rt. 2909 cod. iv., 20 e 29 d. I. 7 agosto 1936, n. 156 e 161 cod. proc. civ. e premesso b.e la indipendenza del procedimento giudiziario rispetto a quello mministrativo, in materia tributaria, trova il suo limite nel giudicato b.e nell'ambito del primo si sia formato (per la mancata impugnalone della decisione avariti alla Commissione Superiore e per la man: ita tempestiva proposizione dell'azione. giudiziaria), sostiene che il assaggio in giudicato della decisione della Commissione Distrettuale on era, nella specie, impedito dalla eventuale nullit del relativo rocedimento o di atti che ne costituissero i presupposti, e denuncia Jme erronea la contraria opinione espressa dalla Corte di merito. Il primo motivo non ha fondamen!o. Il problema del giudicato un problema di rapporto fra due pro~ dimenti, diretto a stabilire se ed entro quali limiti la decisione emessa el primo precluda, nel secondo, la facolt della parte di dedurre eterminate questioni e, correlativamente (a seguito di opportuna eccecone, ove si tratti di giudicato esterno) l'esercizio del potere cognitivo el giudice. reva partecipato la Amministrazione finanziaria, atteso il carattere ge~ rali delle relative statuizioni, stata -pubblicata in questa Rassegna 165, I, 1046 con nota alla quale si rinvia. Ora, nello estendere agli avvisi di accertamento di valore disciplinati :ill'art. 20 r. d. 7 agosto 1936, n. 1639 lo stesso principio della non necest della sottoscrizione dia parte del competente funzionario -della copia Jtificata al contribuente, purch tale sottoscrizione sia stata apposta sul> riginale dell'atto di accertamento, la Cassazione ha esattamente argo. entato dal principio, gi posto in luce nella ricordata nota, dell'autonomia ~lla comunicazione rispetto al provvedimento cui si riferisce e della di~ rsa natura _giuridica dell'una (meva operazione amministrativa) e del: iltro (atto giuridico negoziale). Cosi impostata la soluzione del quesito, essa, oltre che esatta, appare iche motivata nel modo pi corretto. G. ANGELINI ROTA RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Ora, nella specie i giudici di appello, pur senza porre la questione in termini espliciti di giudicato ., non hanno ignorato quel problema ed hanno debitamente trattato del rapporto fra il procedimento amministrativo e quello giudiziario. Accogliendo, infatti, la doglianza dei Littardi, i quali, appunto, lamentavano che il Tribunale avesse ritenuto non pi deducibili, perch assorbiti dalla decisione della commissione distrettuale, gli eventuali vizi dell'avviso di accertamento, la Corte di merito ha riformato la relativa statuizione, ed ha ritenuto, in contrario, non preclusa la possibilit di conoscere dei predetti vizi per avere qualificato non vincolante, perch nulla, la predetta decisione. E tale convincimento detta Corte ha spiegato con motivazione che si sottrae a censura sotto il profilo della sufficienza. Che poi tale motivazione sia erronea, questione che forma oggetto del secondo motivo di ricorso, che in tali sensi fondato. La sentenza impugnata, dopo avere ritenuto giuridicamente inesistente l'avviso di accertamento fatto notificare al Littal'di, siccome privo della sottoscrizione del competente funzionario, ha affermato che tale vizio si ripercuoteva sul processo svoltosi avanti alla Commissione distrettuale cagionandone fa nullit, ed ha tratto da ci la conseguenza che la relativa decisione non precludesse la bili alieni per la realizzazione di un serbatoio facente parte degli impianti previsti per l'attuazione di una concessione di derivazione per forza motrice legittimamente comprende anche gli immobiLi necessari per assicurare non solo il con tenimento del livello di massimo invaso, ma anche il franco o zona di rispetto, per i casi di fenomeni d'emergenza (3). (Omissis). -Il primo motivo, con il quale il ricorrente sostiene che il decreto di espropriazione sarebbe viziato in quanto emanato oltre il termine stabilito dal disciplinare, infondato in fatto, atteso che non tiene conto che il detto termine fu successivamente prorogato. Ci del resto era a conoscenza dello stesso ricorrente, il quale infatti impugna anche il decreto di proroga 2 aprile 1962 sostenendo che esso illegittimo, in quanto non vi sarebbero stati motivi per concedere la proroga stessa ed in quanto, comunque, la proroga non poteva essere accordata per un periodo di tempo superiore al termine originario. Osserva il Tribunale Superiore che entrambi i profili dell'accennato motivo sono infondati. In particolare, nelle premesse dell'impugnato decreto di proroga, si fa cenno a difficolt incontrate dal concessionario nelle varie operazioni di esproprio e alla necessit di stabilire e definire i rapporti con un Consorzio di bonifica (il quale, come si legge nel successivo decreto di proroga 4 febbraio 1965, costituito nel 1957, tuttora impegnato nella procedura di riconoscimento giuridico). Tali motivi sono idonei a sorreggere l'impugnato decreto di proroga, avendo la giurisprudenza pi volte affermato che costituiscono ragioni indipendenti dalla volont del concessionario, idonee a giustificare la proroga, ai sensi dell'art. 13 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, la complessit degli incombenti necessari per addivenire alla Sulla seconda parte della massima, cfr. Cons .Stato, Sez. IV, 11 dicembre 1959, n. 1196, id., 1959, I, 1666, sub 1; 11 marzo 1959, n. 351, ibidem, 338. A proposito dell'ultima parte della massima, da avvertire che la previsione di un limite ana proroga invece contenuta dall'art. 14 1. org. espr. n. 2359 del 1865 per il caso di fissazione ex 1ege del termine per l'esecuzione di un'opera. Sui rapporti fra procedimento di concessione di derivazione e procedimento di espropriazione, v. MiccoLI, Le Acque Pubbliche, Torino, 1958, 147 e segg. (2) V., infatti, il disposto del secondo comma dell'art. 40 t. u. 11 dicembre 1933, n. 1775. (3) V. art. 33, primo e secondo comma, t. u. 11 dicembre 1933, n. 1775. 124 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO espropriazione (Cons. Stato, Sez. IV, 17 maggio 1961, n. 315) ed il fatto del terzo (Cons. Stato, Sez. IV, 28 novemb.re 1958, n. 942). Nella specie di certo indipendente dalla volont del concessionario la necessit di sistemare i terreni, interessati dallo scarico del canale, ai sensi del l'art. 8 del disciplinare, con la cooperazione di un Consorzio, non ancora legalmente riconosciuto. poi ovvio che l'a.ccertare se tali ragioni (che sotto l'aspetto razionale giustificano l'atto) siano o non tali da indurre l'Ammini strazione a concedere la proroga, involgerebbe un apprezzamento di merito che precluso in questa sede di mera legittimit (Cons. Stato, Sez. IV, 11 dicembre 1959, n. 1196; 11 marzo 1959, n. 351). Bene poi, in relazione al secondo profilo della censura, oppone il resistente E.N.E.L. che non v' alcuna norma che disponga che la proroga non possa essere di durata superiore a quella del termine originario. An'che il terzo motivo infondatto. Invero, come ha esattamente rilevato l'Avvocatura Generale dello Stato, i termini per le espropriazioni, nella specie, sono stati fissati nel disciplinare, in conformit a quanto stabilito nel secondo comma dell'art. 40 del t. u. 11 dicembre 1933, n. 1775. Le censure, dedotte nel quarto motivo sopra sintetizzato, non sono molto chiare. Da un canto il ricorrente sostiene che l'espropriazione non poteva essere disposta, atteso che l'opera pubblica era gi stata eseguita; d'altra parte il ricorrente ravviserebbe una contraddittoriet di comportamento nel :flatto che l'E.N.E.L. avrebbe autorizzato una costruzione sull'immobile oggetto di espropriazione. Il Collegio osserva che dal disciplinare della concessione risulta che considerato alveo del lago il serbatoio del Canterno fino al livello di 548.50 oltre al franco. Pertanto la circostanza che l'esecuzione dell'opera sia stata possibile, senza la previa occupazione dell'immobile del ricorrente, e che l'immobile stesso non sia stato mai sommerso, non esclude che il concessionario aveva l'obbligo di espropriare i terreni necessari per assicurare il franco o zona di rispetto, nel caso si verificassero fenomeni ., eccezionali comportanti il superamento del limite del massimo invaso. D'altronde il consenso che l'E.N.E.L. avrebbe dato alla sopraelevazione del fabbricato (circostanza questa che peraltro non provata I ~ ed contestata dall'E.N.E.L.) senza dubbio non avrebbe potuto para. lizzare il potere di espropriazione del prefetto ed avrebbe al pi potuto ' . produrre conseguenza nella :flase della liquidazione dell'indennizzo. Con l'ultimo motivo del ricorso il Bonanrii sostiene che il terreno, I oggetto di espropriazione, non poteva essere espropriato, perch sito a quota superiore al livello massimo d'invaso del lago di Canterno. 1:1 . ' I lli:f I awl~E4?1MllMlrM#:rl:llil'Steatrl'IF.l#.i.flfl.ii!& ---.-. --. . . -. ---....--.. --.-. . --. -.--. . .. ---.-----------..--_..._._..._....---.-....----... ----.--..- ..-... ----..-:-:-::-:-:-:-.-::-:-'.-~'.'.'.'.'.'.'.:-:-...:-:.-: PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 125 Anche questo motivo infondato. Come bene ha rilevato l'Avvocatura generale dello Stato, l'art. 17 del disciplinare stabilisce che il serbatoio del Canterno considerato alveo di lago fino al livello 548,50 di massimo invaso, oltre al franco o zona di rispetto . L'art. 4, penultimo comma del disciplinare, stabilisce il franco in m. 1,50; pertanto il concessionario, in attuazione degli obblighi assunti nel disciplinare, doveva provvedere alle espropriazioni sino a quota 550, in modo da assicurare non solo il livello di massimo invaso ma anche, in caso di fenomeni d'emergenza, la zona di rispetto. Ora la quota dell'immobile, oggetto di espropriazione, come risulta dalla perizia di parte, esibita dal ricorrente, di m. 248,56 o di m. 248,67. L'immobile espropriato trovasi perci a quota inferiore alla zona di franco e sarebbe pertanto destinato ad essere sommerso nel caso di fenomeni d'emergenza, in previsione dei quali I'Amministrazione ha inteso stabilire opportune cautele. Il ricorso va quindi respinto; le spese seguono la soccombenza. -(Omissis). LODO ARBITRALE, 20 febbraio 1968, n. 5 (Roma) -Pres. Benvenuto. -Est. Franceschelli -Societ Italiana Nuove Costruzioni Idrauliche e Stradali Chiementin e C. (avv. Frataccia) c. Ministero Difesa-Aeronautia (avv. Stato Albisinni). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Appalti di opere militari Ordini di servizio del direttore dei lavori -Osservazioni dell'appaltatore -Termine di decadenza -Applicabilit alle riserve dell'appaltatore -Esclusione -Differenza fra osservazioni e riserve. (r. d. 17 marzo 1932, n. 366, art. 17). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Appalti di opere militari Ordini di servizio del direttore dei lavori -Ordine di sospensione dei lavori -Onere della riserva immediata -Presupposto necessario -Verbale di sospensione e ripresa dei lavori. (r. d. 17 marzo 1932, n. 366, art. 34). I i I Appalto -Appalto di opere pubbliche -Svolgimento del rapporto -l Onere della riserva immediata lare formazione del documento l i Presupposto necessario -Regocontabile nel quale la riserva l l i ! i j ! ' 126 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO deve essere iscritta -Mancanza -Procrastinazione dell'onere di proposizione della riserva -Sussiste. (r. d. 3 maggio 1895, n. 350, artt. 23, 36, 37 e 54; r. d. 17 marzo 1932, n. 365, artt. 41, 57; r. d. 17 marzo 1932, n. 366, art. 33). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Appalti di opere militari Mancata verbalizzazione della sospensione dei lavori ordinata dall'Amministrazione e della successiva ripresa dei lavori medesimi -Riserve dell'appaltatore investenti l'andamento generale dei lavori -Momento e sede di formulazione e di conferma -Verbale di ultimazione dei lavori e conto finale. (r. d. 17 marzo 1932, n. 365, artt. 69, 87; r. d. 17 marzo 1932, n. 366, art. 41). Appalto-Appalto di opere pubbliche -Potere discrezionale dell'Amministrazione committente di ordinare la sospensione dei lavori per proprie esigenze -Presupposti e limiti. (r. d. 3 maggio 1895, n. 350, art. 16; r. d. 17 marzo 1932, n. 366, art. 34). Appalto -Appalto di opere pubbliche -S:volgimento del rapporto Difficolt di esecuzione derivanti da cause preesistenti geologiche, idriche e simili non previste dalle parti -Notevole, maggiore onerosit della prestazione dell'appaltatore -Diritto dell'appaltatore ad un equo compenso -Concetto di causa preesistente, non prevista dalle parti, rilevante ai fini dell'indennizzo -Fattispecie. (c. c., art. 1664, comma secondo; r. d. 3 maggio 1895, n. 350, artt. 21, 22). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Svolgimento del rapporto Riserve dell'appaltatore -Onere di chiarezza -Sussiste. (r. d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 54, 107). La norma, di cui alla'rt. 17 r. d. 17 marzo 1932, n. 366 e successive modificazioni (Condizioni generali per l'appalto dei lavori del Genio Militare), la quale dispone che le osservazioni dell'appaltatore contro gli ordini di servizio del Direttore dei lavori vanno proposte motivatamente per iscritto nel termine di tre giorni dalla data delt'ordine a pena di decadenza , disciptina i rapporti tra la Direzione dei lavori e l'impresa unicamente per quanto attiene al buon andamento e alla condotta "-tecnica dei lavori, senza riferimento a situazioni e contestazioni che possano incidere sulL'aspetto patrimoniale del rapporto, epper non attiene alla disciplina delle riserve in senso tecnico (1). (1) Che le contestazioni fra il direttore dei lavori e l'appaltatore possano comportare un onere a carico dell'Amministrazione , tuttavia, 11us. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 127 'fecitate Condizioni g:enerali per l'appalto gli ordini del Direttore dei lavori di ~simi non sono atti idonei a far sorgere ~ della riserva da parte dell'impresa ~po, altres, la redazione. del ver\ lavori, verbale che sede neces' l,seguenze patrimoniali derivanti 11l corso di svolgimento del '"esupposto la regolare for' 1a deve essere iscritta, .in ,da parte dell'appaltatore 1, successivo documento, i 25 maggio 1895, 'I.ne e risoluzione ~gata con quella 'a amministra1895 cit.). Il i.pulati dal' fr., per lo ma terzo, n. 365. :fatti'.) \ Sui '?e e \Ii \ \ .~te ' 1955. ed., 1964, ., 1960, I, 271, ,.... Ministero dei lavori ,elusiva delle riserve il .aaggio 1967, in questa Rasaltres il carattere formale della mette equipollenti: cfr., sul punto, .d66, in questa Rassegna, 1966, I, 477 ed RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 128 Nel caso di mancata verbalizzazione della sospensione e delLa ripresa dei lavori di esecuzione di un'opera militare, disposte dal Diret tore dei lavori con ,ordini di ,servizio comunicati all'impresa a mezzo lettere alLa stessa inviate, le riserve di quest'ultima, in quanto inve stano l'andamento generale dei lavori inscindibilmente considerato, sono legittimamente formulate in 'Sede di verbale di compimento dei Lavori e ribadite in sede di conto finale (4). Le esigenze della Pubblica Amministrazione, che possono legit timare la sospensione dei lavori nei pubblici appalti, sono quelle con nesse alLa sussistenza di particolari, obiettive circostanze, indipendenti dalLa volont dell'Amministrazione, che determinino la necessit o l'op portunit della sospensione, ai fini del migliore compimento dell'opera, La discrezionalit dell'Amministrazione investe solo l'apprezzamento di queste ragioni tecniche e trova in esse il suo limite, superato il quale la sospensione diviene illegittima (5). Le cause preesistenti, non previste dalle parti, che, determinando difficolt di esecuzione dell'opera ed un notevole aggravio della prestazione dell'appaltatore, danno a costui diritto ad un equo compenso ., sono indicate dall'art. 1664, comma secondo, c. c. solo a titolo esemplificativo, epper comprendono non solo cause geologiche e idriche, ma qualunque fatto obbiettivo avente uguale efficacia (applicazione al caso di frazionamento nel tempo dell'esecuzione dei lavori in una Base aerea, resosi necessario per le esigenze operative della Base, non previste in contratto) (6). ivi nota (sub 1). Per gli appalti di opere militari la funzione del registro di contabilit assolta dal libretto delle misure (art. 32 Cond. gen. app. lav. G. M.): su questo documento l'appaltatore deve iscrivere riserva, da esplicare poi entro 10 giorni dalla firma del libretto (art. 33 Cond. cit.; art. 41 Reg: lav. G. M.); le stesse regole valgono per il conto finale ed il certificato di collaudo, con l'avvertenza che l'esplicazione delle riserve va fatta con apposito memoriale., da presentarsi nel termine assegnato all'appaltatore (artt. 41 e 42 Cond. cit.; artt. 69, 71 e 87 Reg. lav. G. M. cit.). (4) Ma, per gli appalti di opere militari, v. art. 87, ult. comma, Reg. lav. G. M. cit. (5) Cfr. Cass., 15 luglio 1964, n. 1908, Giust. civ., Mass., 1964, 863, sub 2, secondo cui si applicano le disposizioni del diritto comune e non quelle delle leggi speciali (art. 344 legge sui lavori pubblici 20 marzo 1865, n. 2248, all. F ed art. 35 del Capitolato generale d'appalto delle opere pubbliche approvato con d. m. 28 maggio 1895), quando la sospensione dei lavori dati in appalto sia determi.nata da fatti ascrivibili a colpa dell'Amministrazione. (6) Richiede, invece. la non prevedibilit all'inizio dei lavori: Lodo Arbitrale, 23 giugno 1960, Acque, Bon., Costr., 1961, 506. Per l'inapplicabilit dello stesso secondo comma dell'art. 1664 c. c. agli appalti di opere pubbliche si gi avvertito che la speciale normativa che li riguarda suf PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 129 Sussiste, nei pubblici appalti, un onere di chiarezza dell'appaltatore neLla formulazione in sede amministrativa deHe proprie riserve ( cosicch l'Amministrazione non sia, ad esempio, indotta in ragionevole dubbio, circa la riferibilit di taluna di esse ad altro rapporto, pure pendente fra le stesse parti) (7). FATTI E SVOLGIMENTO DEL PROCEDIMENTO ARBITRALE La soc. Impresa Italiana Nuove Costruzioni Idrauliche e Stradali Chiementin e C., corrente in Roma, Via :e. Eugenio 89, stipulava in data 14 febbraio 1961 un contratto di cottimo fiduciario, registrato in Roma, Uff. Atti Privati, il 28 marzo 1961 al n. 518181, con il Ministero DifesaAeronautica, per l'esecuzione dei lavori di completamento della rete stradale interna e la sistemazione del piazzale antistante l'aviorimessa presso la Base aerea di Pisa, per un importo complessivo, presunto lordo di L. 75.000.000, col rimborso del 29,99 % (cottimo fiduciario n. 7542). Ai sensi dell'art. 9 del Capitolato allegato al contratto, la societ Chiementin e C., con atto notifi, la Societ Chiementin e C. proponeva al . costituendo Collegio Arbitrale le seguenti domande: 1) se non spettasse alla Societ Sincies, Chiementin e C., la som ma di L. 12.800.000, per nolo delle attrezzature -forzatamente inat tive -elencate nella lettera 12 settembre 1961, durante i 28 giorni di durata dalla sospensione disposta con lettera del 20 settembre 1961; 2) se non spettasse aiJ.la stessa societ la somma di I. 6.200.000, per maggiore costo dell'opera di pavimentazione dei piazzali eseguiti in tre riprese, impegnandosi 40 giorni in luogo dei 30 previsti e pertanto con maggiore impiego di attrezzature e maestranze; 3) se non spettasse alla societ appaltatrice la somma di L. 5.18i5.642, quale danno indiretto per il mancato pagamento degli acconti in corso d'opera, determinando illiquidi e conseguenti ritardi e obbligazioni penali nei lavori dell'impresa. In seguito a istanza presentata dall'impresa, le competenti auto rit designavano gli arbitri destinati a comporre il collegio, precisa mente: il Presidente del Consiglio di Stato, con decreto del 22 otto bre 1966, designava il Consigliere di Stato do'tt. Domenico Benvenuto; Il Presidente della Corte di Appello di Roma, con decreto del 29 novembre 1966, designava il Consgliere di detta Corte dott. Mario Franceschelli; PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI.ECC. un L'Amministrazione della Diiesa-Aeronautiea, con nota del 14 ottobre 1960, n, 2172, designava il Colonnello Ga.ri. ing. Adriano Crescimanni. Con verbale del 9 ;maggio 1967, registrato in Roma il 12 stesso mese al n. 8979 Atti Privati, in Roma gli arbitri.designati dichiara~ano di accettare l'incarico e si costituivano in Collegio sotto la presidenza del Consigliere di Stato dott. Domenico Benvenuto, sta't;iilendo la sede del Collegio stesso in Roma, Piazza Capo dlFrro, 13.~!a;zz: Spada), presso ilConsiglio di Stato, e di'sponen{lo. che . il .Collegfo sarebbe . stato coadiuvato, per il ricevimento e la custodia degli atti, del.V. Direttore di Segr. del .Consi.gUo di Stat() Remo Di. (lii:.inanto:Qio, .cne 11yl'ebbe avuto le :funzioni di segretario del.Collegio stesso. Dopo di ci il Collegio Arbitrale, con lo stesso verbale, assegnava alle parti i termini di cui all'art. 57 d.elle condizigni ge.erali per l'appalto dei lavc>ri del Genio Militare, approvate .con r. dee~eto i7 marzo 1932, n. 366, per la presentazione di xnemorie e documenti, e inoltre, delegava al Presidente del Collegio la faeolt di c0cncedere, sul- l'Mcordo delle parti, proroghe ai suddetti termini, semt>l'e che dalle parti stesse, fosse consentito una congrua proroga per la prontincia del lodo. L'Avvocatura dello Stato, nella prima mmoria, deduceva che le prime 2 domande dell'Impresa eral),o inammissibili e infondate. Inammissibii, perch l'Impresa non aveva formulato alcuna eccezione o riserva all'ordine di servizio con il quae la Direzione dei Lavoriaveva ordinato le modalit di esecuzione delle opere; infondate, perch l'Impresa era a conoscenza, fin da quando aveva assunto i lavori, che necessariamente la pavimentazione dei piazzali doveva essere eseguita frazionata.mente, per le cratteristiche stesse di lavori. La terza domanda era anch'essa inammissibile, perch avanzata per la prima volta nel giudizfo avbitrale, senza avere prima formato oggetto di alcuna riserva tempestivamente articolata nel corso dei lavori, n alla firma del certificato finale o del cer~ificato di collaudo, ed era co:munquf:! infondata, perch, a norma dell'art. 46 delle Condizioni generali per l'appalJ.to del lavori del Genio Militare, gli eventuali ritardi del pagamento degli acconti o del saldo danno diritto esclusivamente a percepire l'interesse semplice annuo del 5 % per tutto il periodo del ritardo. La deducente Avvocatura concludeva perch, in via principale, si dichiarassero inammissibili le proposte domande e, in via subordinata, si rigettassero perch infondate, ponendosi a carico della Impresa istante le spese del giudizio nonch- quelle rper il funzionamento del Collegio Arbitrale. Essa produceva un fascicolo di atti. Nella sua prima memoria, l'Impresa, a . sua volta, svolgeva i motivi a fondamento delle domande proposte nell'istanza di arbitrato, 132 ftASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO :soffermandosi in modo particolare sull'esposizione delle modalit di esecuzione dei lavori e dei ritardi, causati agli stessi dagli interventi deM'Amministrazione, sia per le consegne parziali dei piazzali, sia per il fatto che l'Amministrazione stessa aveva, dopo molte esitazioni, ordinato la demolizione della preesistente pavimentazione dei piazzali e la sua sostituzione con solettone dello spessore di cm. 25 anzich di cm 1'5, come inizialmente previsto, sia per l'ordine di sospensione impartito nel settembre 1961, per la durata di 28 giorni, riguardo ai lavori di pavimentazione del piazzale stesso. Precisava, inoltre, che non aveva ricevuto acconti, sebbene previsti dall'art. 8 del Capitolato annesso a:l contratto per ogni quantit di prestazione superiore a 15 milioni di lire e indicava i danni subiti in conseguenza di tale omissione, avendo dovuto l'Impresa lavorare sulla base di crediti onerosi delle Casse di Risparmio. Con la seconda memoria, l'Impresa contestava la pretesa legittimit delle disposte sospensioni e interruzioni dei lavori, deducendo l'infondatezza delle eccezioni sollevate dall'Avvocatura dello Stato cira la inammissibilit delle prime due domande per omessa tempestiva riserva; soggiungeva, in ordine alla 3a domanda, concernente il mancato versamento degli acconti, di aver sollevato la relativa riserva in sede di verbale di cdllaudo, esplicandola poi nell'istanza del 21 settembre 1964; precisava che il maggior danno, conseguente e tale omesso versamento, era risarcibile ai sensi dell'art. 1224 c. c. L'Avvocatura dello Stato, con la seconda memoria, mentre pi diffusamente illustrava i motivi a sostegno delle sue eccezioni di inammissibilit ed infondatezza delle domande dell'Impresa, in via subordinat'a deduceva che la sospensione disposta dalla Direzione dei lavori con ordine del 29 settembre 1961 era durata solo fino all'll ottobre successivo e che quindi la durata della sospensione stessa era di giorni 22 e non di giorni 28. Contestata, pure, la quantit e qualit del macchinario che l'Impresa aveva denunziato. come impiegato nei lavori del piazzale, assumeva che, sempre in via subordinata, si sarebbero potuti riconoscere alla Impresa stessa, per i 22 giorni di sospensione, L. 106.000 al giorno, e quindi complessivamente L. 2.332.000. Quanto alla ter2ia domanda, dopo aver ribadito l'eccezione di improponibilit, in via subordinata ne deduceva l'infondatezza a.nche sul riflesso che l'Impresa aveva a suo tempo rinunciato all'emissione degli accordi. L'Avvocatura depositava vari atti e documenti. Il 27 ottobre 1967 aveva luogo la discussione orale della causa, in esito alla quale il Collegio pronunziava, sotto la stessa data, ordinanza, con cui disponeva che l'Amministrazione depositasse i prezziari concernenti i tipi di macchine per i quali era controversia e il giornale PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE; APPALTI ECC. 133 del Direttore dei lavori, e facultava, altres, le parti a produrre gli atti e i documenti ritenuti utili nel loro interesse. L'Avvocatura dello Stato esibiva il giornale del Direttore dei. lavori, relativo alla esecuzione del conto de quo , nonch copia della nota dell'Amministrazione provinciale di Pisa n. 466 del 22 settembre 1964, nella quale sono indicati i prezzi risultanti a quell'ufficio per l'impiego di talune macchine, per l'anno 1961. L'Impresa esibiva, in una con allegata tariffa, copia di contratto di cottimo fiduciario relativo a lavori assunti dall'Impresa con la stessa Amministrazione, in Padova, in periodo coevo a quello di cui alla presente vertenza, nonch una stima elaborata dalla Azienda rappresentanze industriali studio tecnico -relativamente ai costi fissi e di esercizio per le macchine finitrici BLAW-KNOX. Con dichiarazione resa per iscritto dalle parti ai sensi dell'art. 820, ultimo comma, c.p.c., il termine per la pronunzia del lodo era prorogato al 5 dicembre 1967. Successivamente, era prorogato al 5 marzo 1968, ai sensi del secondo comma del citato articolo, in seguito all'ordinanza istruttoria sopra richiamata. MOTIVI DELLA PRONUNCIA ARBITRALE; 1) In ordine alla prima domanda, concernente l'immobilizzo delle attrezzature e mezzi d'opera durante il periodo di sospensione disposto dal Direttore dei lavori per la durata di 28 giorni a partire dal 20 settembre 1961, nonch in ordine alla seconda domanda, concernente il maggior costo dei lavori per esecuzione frazionata avvenuta in arco di tempo superiore al previsto, l'Avvocatur.a dello Stato deduce che esse sono inammissibili in quanto intempestive, perch l'Impresa non impugn entro i tre giorni previsti dall'art. 17, comma 20, delle Condizioni generali per l'appalto dei lavori del Genio Militare , approvate con D. M. n. 366 del 1932, gli ordini di servizio, con i quali il Direttore dei lavori, rispettivamente in data 9 ottobre 1961 e 16 ottobre 1961, disponeva, con il primo, l'inizio dei lavori per il rifacimento dei lastroni della parte ovest del piazzale, e, con il secondo, l'inizio dei lavori della parte est del piazzale stesso. Il quadro della sollevata eccezione va, in realt, completato con il richiamo all'ordine di servizio del 20 settembre 1961, esibito dall'Impresa, con il quale il Direttore dei lavori disponeva la. sospensione dei lavor~ di sistemazione dei piazzali per un periodo di 28 giorni a partire dalla data dello ordine stesso: i tre ordini di servizio, inf11tti, integrano, in punto di fatto, la situazione invocata dall'Impresa con le due domande sopra ricordate, in quanto attengono sia alla sospen RASSEGNA DLL'AVVOCATURA DELLO STATO 134 sione, sia alla esecuzione fraz.ionata dell'opera; Il Collegio ritiene che l'eccezione non sia fondata. Gi potrebbe osservarsi, al riguardo, che I'Amministrazione, col respingeTe, mediante l'atto ministeriale del 20 aprile 1966, le riserve formulate a suo tempo dall'Impresa e attinenti alle 2 suddette domande, era addivenuta all'esame del merito di esse, ponendo in essere, cos, una determinazione, che . da reputarsi incompatibile con la volont di avvalersi della decadenza per intempestivit delle riserve stesse. A parte ci, da rilevarsi che non esattamente vien richiamata quella parte dell'articolo 17, in cui si dispone, a proposito degli ordini di servizio, che l e osservazioni contro di essi vanno proposte, a pena di decadenza, entro 3 giorni. Tale parte dell'articolo, invero, disciplina i rapporti tra la Direzione dei lavori e l'Impresa unicamente per quanto attiene al buon andamento e alla condotta tecnica dei lavori in genere. Gli ordini di servizio del Direttore sono considerati in questo ambito e senza riferimento a situazioni e contestazioni che possano incidere sull'aspetto patrimoniale del rapporto (sotto il profilo di aggravio finanziario peT l'appaltatore) e sul merito della relativa, eventuale vertenza. Si tratta di provvedimenti meramente ordinatori, che possono dare luogo, in caso di osservazioni da parte dell'appaltatore, a una contestqzione incidentale che risolta dalle superiori autorit con provvedimento anch'esso di carattere puramente ordinatorio, che, a somiglianza di quello previsto dall'art. 23 del regolamento di cui al r. d. 25 maggio 1895, n. 350, ha influenza (come stato ritenuto anche in dottrina) ai fini dell'ulteriore ondotta dai lavori, ma non incide sul merito della controversia di carattere patrimoniale, che dovesse successivamente sorgere tra le parti. Finch si rimane in questo caso, si fuori del regime proprio delle riserve. Osservazione di cui all'art. 17, comma 2, non , quindi, sedes di riserva in senso tecnico (cio di riserve o domande attinenti ai rapporti patrimoniali), onde la mancata proposizione, nel termine di 3 giorni ivi previsto, di dette osservazioni non precludeva la facolt d sollevare le riserve nella sede per queste valevole. Vi tuttavia - da soggiungere -un'ipotesi particolare, in cui gli ordini della Direzione dei Lavori fanno sorgere l'onere immediato di formulazione di vere e proprie riserve. Questa ipotesi ricorre quando detti ordini abbiano per contenuto specifico la sospensione e la conseguente ripresa dei lavori e siano sussumibili, a causa di tale contenuto, sotto la previsione dell'art. 34, cpv., delle precitate Condizioni generali per l'appalto dei .lavori del Genio Militare, norma che prescrive che di ogni sospensione e della conseguente ripresa dei lavori viene redatto processo verbale sul quale l'appaltatore pu esprimere riserva da svilupparsi .nei termini e nei modi indicati al precedente articolo 33 . In relazione alla test citata disposizione, si PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 135 potrebbe dire che, nella specie, gli ordini impartiti dal Direttore dei lavori -atteso il loro sostanziale contenfo -siano da configurare come ordini di sospensione e di riipresa dei lavori e, quindi, come atti idonei a far sorgere l'onere immediato di formulazione delle riserve. Senonch, da obiettare al riguardo che, premessa e presupposto dell'onere di riserve la redazione del verbale di sospensione e ripresa di lavori, verbale che sedes necessaria delle riserve concernenti le conseguenze patrimoniali derivanti dalla sospensione e ripresa stesse. In tanto, quindi, sorge l'onere della riserva, in quanto si rediga il processo verbale. Tale conclusione, del resto, in armonia con un principio gi consolidato in materia di appalti di opere di competenza del Ministero dei LL. PP., avendo la dottrina e la giurisprudenza ritenuto -in relazione a tali' appalti -che l'onere della riserva, nel corso dello svolgimento. del rapporto di appalto, ha per presupposto la regolare formazione dei relativi documenti e si gradua in relazione a ci che da questi risulta e che, in mancanza di una regolare documentazione da parte dell'Amministrazione, si ha una procrastinazione della possibilit di proposizione delle riserve. Per analoghe ragioni da dirsi che, quando la legge, come nel caso disciplinato dal ricordato art. 36 delle citate Condizioni generali del 1932, prevede la formulazione di un atto formale, nel quale debbono essere inserite le riserve, la mancata formulazione di tale atto comporta di per se stesso la procrastinazione dell'onere di proposizione della riserva al momento della formazione di quel successivo atto, nel quale possono essere inserite le riserve stesse. Nella specie, non solo non risulta che siano stati redatti i processi verbali previsti dal citato articolo 34, e comunque non si deduce la loro avvenuta formazione, ma sembra doversi escludere che essi siano stati formati in occasione delle sospensioni dei lavori, in quanto dalla documentazione esibita, sia dall'Amministrazione che dall'Impresa, risulta che gli ordini di sospensione e di ripresa dei lavori furono impartiti con semplici comunicazioni del Direttore dei lavori (lettere del Direttore dei lavori del 20 settembre 1961 prot. 2344/402; 9 ottobre 1961, n. prot. 2605/402; 16 ottobre 1961, n. prot. 21670/402). Pertanto, essendo mancata la sedes necessaria delle riserv.e, al momento della emanazione degli ordini di servizio da parte del Direttore dei lavori, non si verificata alcuna decadenza a carico della Impresa dal diritto di proporre le riserve, relative a quegli ordini, nelle successive sedi consentite. Circa l'individuazione di quale, tra queste successive sedi, fosse quella, in cui, nella specie, l'Irppresa dovesse formulare le sue riserve (punto, questo, che l'Amministrazione, fidente nella insuperabilit della pregiudiziale ex art. 17, comma 2, non ha espressamente trattato, tranne che, marginalmente, a pag. 10 della sua seconda memoria, ove RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 136 contenuto un brevissimo cenno, riguardante, del resto, una parte soltanto della seconda domanda), da dirsi che le riserve di che trattasi -investendo l'andamento generale dei lavori inscindibilmente considerato (andamento, le cui incidenze sfavorevoli per l'Impresa, d'altronde, non potevano essere organicamente rilevate se non all'esito del ~iclo di lavoro) -legittimamente sono state formulate in sede di verbale di compimento dei lavori (9 dicembre 1961) e integralmente ribadite in sede di conto finale. L'eccezione di inammissibilit-per tardivit delle riserve attinenti alla prima ed alla seconda domanda dell'Impresa deve, quindL essere disattesa. 2) Quanto al merito delle due prime domande, da premettere che i lavori eseguiti dalla Impresa Chiementin, in forza del contratto in discussione, consistevano in opere di completamento della rete stradale interna e nel rifacimento dei piazzali in calcestruzzo antistanti alle 2 autorimesse adibite ad officina per riparazione degli aerei da trasporto, nell'aeroporto di Pisa. Ci premesso, l'Avvocatura dello Stato eccepisce che nessuna doglianza pu elevare l'Impresa per il modo in cui si svolsero i lavori e, in particolare, per le avvenute sospensioni e frazionamenti nell'esecuzione dell'opera, perch l'Impresa non poteva certo ritenere, pur nel silenzio del contratto, che nell'importante Base aerea di Pisa si fermasse l'attivit aerea, per consentire l'espletamento dei lavori indicati, in definitiva di modesta entit. Non era assolutamente immaginabile -prosegue la difesa dell'Amministrazione -che una Base aerea restasse praticamente paralizzata nella propria attivit operativa. La situazione era, peraltro, ben nota all'Impresa Chiementin, la quale da molti anni esegue lavori per l'Amministrazione militare in quasi tutte le Basi aeree italiane. La Base aerea di Pisa era in piena attivit al momento della gara e dell'inizio dei lavori, per cui l'Impresa era tenuta a prevedere, pur nel silenzio del contratto, che le modalit di esecuzione del lavoro dovessero essere condizionate all'esercizio del volo . Osserva il Collegio che, per ripetuta ammissione della stessa Avvocatura, il contratto dedotto in giudizio non contiene alcun cenno da cui possa desumersi una qualsiasi previsione delle parti circa la eventualit di ripetute sospensioni dei lavori e frazionamenti di essi in vista delle necessit operative della Base. Parrebbe che l'ecezione della difesa dell'Amministrazione intenda prospettare una ipotesi di presupposto bilaterale avente appunto tale oggetto. La presupposizione sembrerebbe qui invocata non gi nel senso, pi consueto, di elemento implicito, da cui dipenderebbe la validit e l'operativit del contratto, ma in un senso alquanto diverso, di cui PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 137 pur si parla in tema di presupposizione, nell'ambito vago ed elastico della quale vengono non di rado sussunte figure e casi i pi diversi. Pi precisamente, essa sarebbe invocata nel senso di sostenere l'esistenza di una implicita riserva dell'Amministrazione -nota alla controparte e da questa condivisa -volta a subordinare l'andamento dei lavori alla eventualit che le officine, antistanti ai piazzali, dovessero di frequente accogliere, per riparazioni, aeromobili della Base, e, quindi, all'eventualit di continui transiti di aerei sui piazzali stessi. Si tratta, in sostanza, di un problema di interpretazione integrativa, consistente nel vedere se, malgrado la formulazione lacunosa del contratto (ammessa -ripetesi -dalla stessa difesa dell'Amministrazione), debba tuttavia, facendosi leva sul contenuto logico generale del contratto, ritenersi formata una comune intenzione delle parti in ordine alla subordinazione dell'andamento dei lavori a detta eventualit. Al riguardo, il Collegio osserva che, giusta una clausola espressa del contratto, la quale assume il valore di indice di particolare rilievo ai fini dell'individuazione della linea direttiva generale che ha informato nella specie il comune intento delle parti, i lavori del contratto in questione (che comprendevano, si noti, anche il completamento della rete stradale interna, oltre alla sistemazione dei suddetti piazzali) dovevano essere compiuti, a scanso di penalit, nel termine di 90 giorni, compresi, tra quelli utili, anche i di festivi. Ora, la particolare funzione di detta clausola e la previsione di un termine piuttosto breve in rapporto all'entit dei lavori male si conciliano con l'idea che, al momento della conclusione del contratto, si sia formato un comune accordo, rtel senso di stabilire la possibilit di un ritmo di lavoro, caratterizzato d ripetute e .prolungate sospensioni e da conseguenti esecuzioni frazionate, rimessa alla mera discrezione dell'Amministrazione e influenzata non gi da esigenze tecniche inerenti ai lavori, ma da ragioni del tutto estranee alla buona condotta dei lavori stessi. Il suesposto assunto dell'Avvocatura va, quindi, disatteso. Dopo aver escluso che si sia formato una implicita intesa comune nel senso voluto dalla difesa dell'Amministrazione, da rilevarsi che i fatti dedotti dall'Impresa debbono essere vagliati secondo i principi vigenti in materia di sospensione dei lavori nei pubblici appalti, con riferimento alle conseguenze d'ordine patrimoniale. ostante indirizzo dottrinale e giurisprudenziale in materia, che le esigenze della Pubblica Amministrazione, che possono legittimare la sospensione dei lavori nei pubblici appalti, sono quelle connesse alla sussistenza di particolari esigenze tecniche, che determinano la necessit di tali sospensioni, o la loro opportunit, sempre ai fini del migliore compimento dell'opera . La discrezionalit dell'Amministrazione investe solo l'apprezzamento di queste ragioni tecniche e trova in 138 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO esse il suo limite, superato il quale la sospensione diventa illegittima. Pertanto, sorge responsabilit dell'Anirninistrazione, quando la sospensione dipende non da tali fattori tecnici, ma da fatti propri dell'Amministrazione stessa, cio da sue esigenze interne ed estranee alla buona esecuzione dell'opera. In particolare, si ritenuta illegittima la sospensione resasi neessaria per ovviare a negligenze dell'Amministrazione o a mancate predisposizioni di misure e di accorgimenti che essa aveva l'onere di adottare. Pertanto, fuori delle ipotesi di sospensiorie anzi dette, fuori dalle ipotesi, cio, di sospensioni determinate da esigenze proprie della buona esecuzione dell'opera, il comportamento dell'Amministrazione non pu considerarsi legittimo e ne impegna quindi la responsabilit per i danni che subisce l'appaltatore, sempre che, si intende, la sospensione non sia determinata da fatti obiettivi, indipendenti dalla volont dell'Amministrazione stessa (Cass., 15 luglio 1964, n. 1908). Nella specie, le sospensioni dei lavori furono determinate, come si ricordato, da esigenze che nessun rapporto avevano con il buon svolgimento dei lavori stessi, cio da esigenze interne dell'Amministrazione e del tutto estranee alla finalit di garantire la buona esecuzione dell'opera. Le dedotte necessit operative della Base aerea, se erano prevedibili per lAmministrazione, non lo erano per l'appaltatore e comunque non furono previste nel contratto. Pertanto, incombeva all'Amministrazione effettuare le idonee predisposizioni in vista di una buona e continuativa esecuzione dell'opera, ma, anche prescindendo dalla valutazione di una colpa dell'Amministrazione, la fattispecie concreta va considerata alla stregua dell'aggravio notevole della prestazione dell'appaltatore per cause in concreto non previste, anche se astrattamente prevedibili, di cui al secondo comma dell'art. 1664 c. c. noto che in questi sensi esiste un co8tante orientamento giurisprudenziale e dottrinale, che estende il concetto, riferito dalla norma citata a sole cause naturali, a qualunque fatto obiettivo, non previsto dai contraenti. Tale estensione dei fatti indicati dalla norma giustificata dalla considerazione che essi, nella norma stessa, sono citati a titolo esplicativo, e quindi non escludono fatti di altra natura, ma aventi eguale efficacia ( e simili ) di aggravare la prestazione dell'appaltatore. D'altra parte, si ricorda anche che nella relazione ministeriale al codice civile questi fatti aggravanti erano definiti come cause obiettive aventi la conseguenza anzidetta. All'Impresa deve, pertanto, essere riconosciuto il diritto alla rifusione dei maggiori oneri a suo carico determinati dal periodo di sospensione dei lavori e dalla maggiore durata dei lavori stessi per l'avvenuto frazionamento. Su tale criterio di indennizzo non sorge controversia tra le parti: anzi, esso implicitamente accettato dall'Avvocatura dello PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1:39 Stato, come risulta dalla concreta formulazione che essa d alla sua subordinata istanza di liquidazione entro il limite indicato nella seconda memoria difensiva. 3) Per la determinazione del e quantum debeatur debbono e1ssere tenuti presenti tre elementi: a) la durata effettiva della sospensione dei lavori e la maggior durata dei lavori stessi per effetto della esecuzione frazionata; b) la qualit e quantit del macchinario impiegato, nonch il numero degli operai occupati; c) il costo del macchinario e della mano d'opera. In ordine al primo elemento, risulta che la durata effettiva della sospensione dei lavori, conseguente all'ordine di servizio dl 20 settembre 1961, fu non gi di 28 giorni, come farebbe ritenere il testo dell'ordine stesso e come assume l'Impresa, bens di 22 giorni, come con fondamento sostiene l'Avvocatura dello Stato. Infatt~, i lavori, sospesi il 20 settembre, furono ripresi a partire dal 12-10 successivo, come da ordine di servizio del Direttore dei lavori in data 9 ottobre 1961 (ali. 8 atti Avvocatura). Tale data trova piena conferma nel giornale del Direttore dei lavori, da cui risulta che, in effetti, tale ordine di servizio ebbe pratica esecuzione e che i lavori furono ripresi il giorno 12-10. Pertanto, la durata della sospensione deve valutarsi in giorni 22. Quanto alla maggiore durata dei lavori di pavimentazione del piazzale, per effetto del frazionamento del lavoro, essa indicata dall'Impresa in giorni 10, sostenendosi che i lavori effettivi durarono 40 giorni in luogo dei 30 preventivati come sufficienti nell'ipotesi di esecuzione compiuta senza interruzione. Poich' pacifico e dimostrato che tali lavori furono effettuati in tre riprese; poich la difesa dell' Amministrazione non contesta l'assunto dell'Impresa circa la maggiore durata dei lavori in conseguenza del .loro frazionamento; poich la durata complessiva di detto lavoro certifiacta dal giornale del Direttore dei lavori; poich, infine, la, normale esperienza conforta la tesi che una esecuzione frazionata comporta necessariamente un maggiore impiego di tempo nel compimento dell'opera, pu considerarsi fondata l'affermazione dell'Impresa circa l predetta, maggiore durata dei lavori stessi per giorni 10. In ordine al secondo elemento, e per quanto concerne il macchinario impiegato, l'~mpresa, nella nota esplicativa delle riserve, formava il seguente elenco: 1 compressore ad aria; 1 ruspa Wender 120 HP; 2 rulli compressori; 1 spanditrice; 1 vibratore; 4 motopale; 3 betoniere; 1 autobottte Fiat 643; 3 autotreni Fiat 680. 1 Nella ipotesi subordinata, la difesa dell'Amministrazione ammette l'impiego di un compressore; della spanditrice; del vibratore; ammette, 140 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO inoltre, l'impiego di 2 betoniere e 2 motopale;. non ammette il restante macchinario. Si osserva, per la parte del macchinario contestata: a) che non si pu ammettere l'impiego della ruspa, e ci in relazione alla natura ed entit dei lavori, trattandosi di piazzali gi pavimentati a cemento, e non comportando i relativi lavori ampi movimenti di terra, ai quali, del resto, nella misura necessaria, hanno provveduto le motopale, il cui impiego non apparirebbe giustificato, ove si fosse impiegata la ruspa; b) 2 rulli compressori appaiono eccedere le esigenze dell'opera (i piazzali si estendono complessivamente per circa 200 metri di lunghezza), rispetto alle quali si ravvisa adeguato e giustificato l'impiego di un solo rullo; e) del pari eccessivo appare il numero denunziato di 4 motopale, che, sempre in rapporto all'entit ed alla natura dei lavori, possono determinarsi nel numero di 2, come ammesso dall'Avvocatura dello Stato; d) certamente eccedente le normali esigenze dei lavori stessi da considerarsi il numero di 3 betoniere, apparendo sufficienti 2 di tali macchine, secondo l'avviso espresso dalla difesa dell'Amministrazione; e) la presenza dell'autobotte pu, invece, considerarsi giustificata, data l'esigenza di irrorazione ripetuta delle gettate di cemento; f) quanto, infine, al numero degli automezzi impiegati, appare congruo qello di 2 autocarri, certamente sufficienti al trasporto dei materiali. Concludendo, il Collegio ritiene dimostrato l'impiego del seguente macchinario: un compre&sore ad aria; un rullo compressore; una spanditrice; un vibratore; due motopale; due betoniere; un'autobotte; due autocarri. Quanto al numero degli operai occupati durante i 10 giorni di maggiore durata dei lavori (2o domanda), l'affermazione della Impresa circa il numero di 40 unit non trova riscontro negli atti, dai quali risulta invece (v. giornale del Direttore dei lavori) che nel periodo per cui controversia furono occupati da un massimo di 30 ad un minimo di 20 unit e che l'organico medio effettivo si pu valutare in 25 unit giornahlere. In ordine alla valutazione del costo del macchinario, il Collegio dispone dei seguenti element: 1) le affermazioni dell'Impresa; 2) le indicazioni dell'Avvocatura dello Stato in ordine a talune delle macchine; 3) la lettera 22 settembre 1964 dell'Amministrazione provinciale di Pisa, esibita dalla difesa dell'Amministrazione; 4) copia, esibita dall'Impresa, del contratto stipulato tra questa e lAmministrazione dell'Aeronautica militare, per lavori da eseguirsi presso l'Aeroporto dii Padova, in data 13 settembre 1961, con relativa tariffa; 5) un parere tecnico dell'Azienda rappresentanze industriali, studio tecnico, esibito f.'' dalla Impresa, circa il costo giornaliero di una macchina finitrice Blaw r:~ J. lI":: . I' .. PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 141 knox. Valutando e comparando criticamente questi diversi dati, si pu giungere alle seguenti conclusioni: a) per il compressore ad aria, appare congruo, avuto riguardo a ogni elemento di giudizio, il costo di L. 10.000 giornaliere, che coinC> ide con quello indicato dall'Avvocatura; b) per il rullo compressore, appare congruo il costo giornaliero di L. 18.500, ove quanto pu desumersi dalla tariffa allegata al citato contratto esibito dall'Impresa venga coordinato con gli altri elementi di giudizio a disposizione del Colleglio; e) per la spanditrice, appare adeguato il costo di L. 32.000 giornaliere, fondato sui dati forniti dallo studio tecnico sopra ricordato, non distanti d quelli indicati dall'Avvocatura (in L. 30.000); d) per il vibratore, il costo di L. 30.000 appai;e conforme sia a quanto indicato dall'Impresa, sia alle informazioni fornite dall'Amministrazione provinciale di Pisa; e) per le motopale, giustificato, per ognuna di esse, il costo di L. 25.000 al d, indicato dall'Impresa, che rimane entro i limiti di quanto indicato dall'Amministrazione provinciale di Pisa; f) per le betoniere, congruo, per ognuna dti. esse, il costo di L. 4.000 al d, quale indicato dall'Amministrazione provinciale di Pisa e dall'Avvocatura e poco inferiore al dato fornito dall'Impresa; g) per gli autocarri, che si suppongono della portata di circa 35 quintali ognuno, il costo, per ciascuno di essi, pu fissarsi in lire 16.000 al d, tenendo presenti, a un tempo, la tariff;:i allegata al contratto esibito dall'Impresa ed ogni altro elemento di giudizio; h) per l'autobotte, mancando elementi ulteriori e diversi di stima, appare congruo lo stesso costo di alcuni degli autocarri, cio L. 16.000 al d. Quanto al costo unitario giornaliero della mano d'opera (punto, questo, che riguarda solo la seconda domanda), la somma di L. 4.000 pu essere ammessa, perch situata entro i limiti della tariffa allegata allo stesso contratto per cui controversia. La somma dei costi unitari cos stabiliti, in relazione alla qualit e al numero delle macchine, delle quali si ammessa la necessit di impiego per i lavori in questione, fornisce l'indicazione della relativa spesa giornaliera dell'Impresa, sia per il periodo di inazione forzata a causa della sospensione, sia per quello di maggiore durata dei" lavori. Tale somma ammonta a L. 196.500 al giorno. In relazione al periodo di sospensione, gi determinato in giorni 22, si ha una spesa complessiva di L. 4.323.000; e in relazione al rdtenuto periodo di maggiore durata dei lavori, gi ammesso in giorni 10, si ha una spesa di lire 142. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1.965.000; in totale, L. 6.2.818.000. Per la mano d'opera, impiegata durante i 10 giorni in pi dii cui alla 2a domanda, si ha una spesa giornaliera, in rapporto alle 25 unit impiegate, di L. 100.000 e quindi una spesa totale, per i 10 giorni predetti, di L. 1.000.000. In complesso, quindi, la maggiore spesa affrontata dalI'Impresa, per i titoli di" cui alla prima ed alla seconda domanda, ammonta a L. 7.288.000, che l'Amministrazione deve essere condannata a pagare all'impresa Chiementin. 4) Per quanto attiene alla terza domanda, concernente il risarcimento dei danni (L. 5.185.642) per il mancato pagamento di acconti in corso d'opera, l'Avvocatura Generale dello Stato ha pregiudizialmente opposto che essa inammissibile, n quanto l'Impresa _ha avanzato detta domanda per la prima volta in sede arbitrale, senza, quindi, aver formulato alcuna riserva al riguardo nel corso dei lavori, alla firma del conto finale o del certificato di collaudo. L'Avvocatura soggiunge, in proposito, con la seconda memoria, che ben vero che f!mpre,sa appose riserva (generica) sul certificato di collaudo, ma che altresi vero che essa, ad esplicazione di detta riserva, present all'Amministrazione un esposto in data 21 settembre 1964 (documento n.. 16 dei fascicolo depositato dall'Avvocatura), in cui fece richiamo alla riserva in. data 9 dicembre 1961 nonch alla riserva al conto di liquidazione finale presentato in data 13 dicembre 1962, precisando che la richiesta veniva confermata in L. 19 milioni. Tale somma -prosegue l'Avvocatura -corrisponde a quella a suo tempo richiesta in sede di riserve e riguarda esclusivamente i titoli di cui alle odierne. prime due richieste di cui alla domanda arbitrale (domanda il cui petitum , appunto, di complessive L. 19 milioni). Non vi , quindi, dubbio -conclude l'Avvocatura che la terza domanda di L. 5.185.642 non stata mai avanzata prima della domanda arbitrale. A sua volta, l'Impresa, nella seconda memoria, replica che la riserva (generica) apposta stata successivamente esplicata -nel senso di cui all'attuale terza domanda -con la istanza diretta alla Amministrazione in data 21 settembre 1964 (documento I del 2P fascicolo depositato dall'Impresa stessa). L'Impresa -il cui atteggiamento tortuoso su questo punto non pu dal Collegio non essere stigmatizzato -si astenta dal forndre un qualche ragguaglio sulla suddetta istanza di esplicazione di riserva, ,di cui al documento I da essa esibito, e precisamente sul particolare contenuto di essa, preferendo muoversi, dopo l'accenno a detta istanza, nell'ambito del vago e del gene:rdco. Attraverso un attento vaglio del carteggio (non sempre perspicuo e non sempre lineare), il Collegio ritiene che la complessa vicenda cui si riferisce il contrasto tra le parti sul problema dell'avvenuta PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 143 presentazione, o meno, in sede amministrativa, della terza domanda di lire 5.185.652 -debba ricostruirsi nel modo che segue: L'Impresa, a suo tempo, come chiaramente emerge dal documento n. 12 a firma dell'Impresa stessa, esibito dall'Avvocatura Generale dello Stato, fece presente di non volere che la Direzione dei lavori emettesse alcun certificato di acconto relativo a1i lavori suddetti (ai lavori, cio, del cottimo fiduciario n. 7542, che quello di che trattasi), e ci fece spiegando il suo interesse a non vedere emessi i mandati d'c:icconto in corso d'opera. Memore di tale dichiarazione, l'Impresa non ebbe l'ardire di avanzare alcuna pretesa per interessi e danni conseguenti alla mancata percezione degli acconti in corso. d'opera. In sede di collaudo, il 12 settembre 1964, si limit a sottoscrivere genericamente con riserva il relativo certificato. Successivamente, invi al Ministero una lettera, recante la data del 21 settembre 1964, lettera corrispondente al documento n. 16 esibito dall'Avvocatura Generale dello Stato -con cui, dopo aver dichiarato di volere con essa esplicare la riserva apposta il 12 settembre 1964 sul certificato di collaudo, soggiungeva che tale esplicazione consisteva nel confermare le riserve a suo tempo presentate in occasione del verbale di ultimazione dei lavori e in sede di conto finale. Allegava a tal fine copia degli atti in data 16 dicembre 1961 e 13 dicembre 1962, con cui aveva sviluppato le riserve fatte in sede di ultimazione di lavoro e di conto finale: atti che riguardano, come ha esattamente notato l'Avvocatura dello Stato, soltanto le prime due delle domande avanzate in questa sede arbitrale, come del resto emerge anche dalla parte finale di detta lettera del 21 settembre 1964, in cui detto chiarissimamente che la richiesta dell'Impresa era quindi confermata in L. 19 milioni. Senonch, inspiegabilmente, l'Impresa trasmise, nello stesso giorno 21 settembre 1964, un'altra istanza quella contenuta nel documento I del 2 fascicolo depositato dall'Impresa -in cui, senza alcun riferimento all'altra istanza in pari data, faceva cenno anche della somma di L. 5.185'.612. A titolo di spiegazione di ci, l'Impresa adduceva che, essendosi trovata a corto di quattrini in seguito alla mancata percezione degli acconti in corso d'opera (ai quali essa aveva rinunciato), era incorsa in ritardo nell'esecuzione dei quasi contestuali lavori relativi -si noti -a un diverso contratto con la stessa Amministrazione (cottimo fiduciario n. 7541) e che per tale ritardo si era vista applicare una penale, appunto, di L. 5.185.612. Questa istanza era corredata da ulteriore notazione stilata in modo sfumato a ambiguo, tanto da prestarsi a ingenerare allora nella destinataria Amministrazione -ed ora negli Arbitri -il ragionev~le convincimento che l'istanza stessa fosse sostanzialmente diretta, non li RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STA.TO 144 tanto ad avanzare un'ulterore pretesa in ordine al contratto di che trattasi (cottimo fiduciario n. 7542), quanto a prospettare, nell'occasione., un altro argomento ritenuto idoneo a stimolare l'Amministrazione a accordare la disapplicazione della penale di L. 5.185.612 irrogata per il ritardo occorso nel ben diverso rapporto contrattuale di cui al cottimo fiduciario n. 7541. Tale convincimento, dell'Amministrazione allora e degli Arbitri, ora, giustificato anche dal duplice rilievo che, da un canto, con domanda 21 settembre 1964, di cui al .documento n. 16 esibito dalla Avvocatura, l'Impresa aveva inequivocabilmente mostrato di voler esaurire l'ambito delle sue richieste, e che, dall'altra, non era pensabile che l'indicazione della somma di L. 5.185.612 si riferisse alla pretesa per danni conseguenti a quella mancata corresponsione di acconti in corso d'opera a cui l'Impresa stessa aveva rinunciato. Una riprova, ove occorresse, della rilevata tendenza dell'Impresa a sollevare, in occasione della trattazione dei problemi dell'un rapporto contrattuale, questione pertinente all'altro rapporto contrattuale, quasi nuovo, si desume proprio dal documento L (nota 14 ottobre 1964 della 2a Reg. Aerea) esibito dall'Impresa stessa. Non senza aver prima rilevato che nella soggetta materia domina l'onere di chiarezza (s che l'Impresa ha l'onere di formulare, in sede amministrativa, le sue pretese in modo lineare, senza ingenerare ragionevole dubbio circa la riferibilit di taluna di esse ad altro rapporto), da dirsi, conclusivamente, che delle 2 istanze in data 21 settembre 1964: a) l'una, quella cio di cui al documento 16 del fascicolo dell'Avvocatura dello Stato, si riferiva al cottimo fiduciario di che trattasi e intendeva esaurire l'ambito delle domande relative a tale cottimo (come stato ragionevolmente 11itenuto dall'Amministrazione, che, nella determinazione di rigetto del 20 aprile 1966, si , evidentemente, riferita alle sole riserve per complessive lire 19 milioni); b) mentre l'altra, quella cio di cui al documento I dell'Impresa, mirava, secondo una ragiionevole interpretazione, a prospettare, sia pure con argomentazioni non consuete, un ulteriore argomento ai fini della disapplicazione della penale di L. 5.185.612 irrogata per ritardo nell'esecuzione del diverso rapporto contrattuale di cui al cottimo fiduciario n. 7541. La pretesa di L. 5.185.612, in quanto pretesa specificatamente e direttamente riferita al rapporto contrattuale di che trattasi (cottimo fiduciario n. 7542), deve, quindi, essere qualificata come domanda nuova, dedotta per la prima volta in questa sede. Essa deve, pertanto, essere ,dichiarata improponibile, stante che, giusta quanto si desume dal disposto degli artt. 50 e 51 delle Condizioni generali per l'appalto dei lavori del Genio Militare, non sono ammis ~EZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 145 '~rale domande che non risultino, in modo sicuro, '.;.te all'esame dell'Amministrazione. \ Collegio dall'esaminare il merito della 3a do\~ vanzata, e, quindi, dal rilevare quale fonda''!;) la pretesa dell'Impresa di essere comunque '\enze, a cui, col suo atto di rinuncia a "SO d'opera, essa stessa aveva dato causa. ' le spese, esse vanno ripartite in relache vede parzialmente accolte due vresa e dichiarata improponibile la \ SEZIONE SETTIMA GIURISPRUDENZA PENALE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 5 gennaio 1968, n. 4163; Pres. Mongiardo; Rel. Manca-Bitti; P. M. conf., Rie. Graziosi. Procedimento penale -Istruzione -Istruzione sommaria -Chiusu ra -Proscioglimento -Applicazione della norma che impone il deposito degli atti in cancelleria -Obbligatoriet. L'art. 372 cod. proc. pen. che prescrive il deposito degli atti in cancelleria alla chiusura deH'istruzione formale e la notificazione a pena di nunit ex art. 185 n. 3 cod. proc. pen. del relativo avviso, trova applicazione anche all'istruzione sommaria che si concluda con la richiesta di proscioglimento da parte del P. M. Ci perch, pur non essendo espressamente richiamata l'anzidetta nrma nella'rt. 395 cod. proc. pen,. l'art. 392 stesso codice sancisce l'osservanza, nella istruzione sommaria, deHe norme stabilite per l'istruzione formale: norme fra le quali indubbiamente rientra quella di cui all'art. 372 cod. proc. pen. costitutiva di diritti soggettivi tra le parti (1). In tema di diritti della difesa: l'art. 372 c.p.p. e il deposito degli atti nell'istruttoria sommaria (1) Dopo le affermazioni della Corte Costituzionali sull'applicabilit anche all'istruttoria sommaria delle disposizioni degli artt. 304 bis, ter e quater, poste a garanzia del diritto di difesa dell'imputato, questa la prima sentenza pubblicata (la sentenza 26 settembre 1967, n. 3787, Sez. V, Cerciello, inedita) che ha affrontato il problema dell'applicabilit della norma di cui all'art. 372 c. p. p. all'istruzione sommaria che si conClude con la richiesta di proscioglimento e per questo merita di essere segnalata, tanto pi che la Cassazione, pur giungendo alla' stessa conclusione delle sue meno recenti decisioni, motiva in maniera conforme alle sopraggiunte affermazioni della Corte Costituzionale. In passato, quelle sentenze della Suprema Corte favorevoli all'estensione all'istruzione sommaria della norma che impone il deposito degli atti, erano motivate in base ad una equiparazione fra i due tipi di istruttoria: si affermava cio che quando il P. M. che aveva proceduto all'istruttoria sommaria richiedeva a norma. dell'art. 395 c. p. p., al giudice istruttore di pronunciare sentenza di non doversi procedere, si verificava una situazione identica a quella dell'istruzione formale, vale a dire la chiusura dell'istruzione con un atto giudiziale (sentenza). L'obbligo quindi di consentire all'imputato l'esplicazione :!?ARTE I, SEZ. VII,, GIURISPRUDENZA PENALE 147 della propria difesa derivava, secondo quell'assunto, non gi da un riconoscimento di una pari ampiezza del diritto di difendersi nelle due forme di istruttoria, che avrebbe imposto in entrambi i casi l'applicabilit dell'art. 372 c. p. p., ma da una trasformazione, nell'ipotesi prevista dall'articolo 395, dell'istruttoria sommaria in formale (v. infatti: CoNso, L'articolo 372 c. p, p. e l'istruzione sommaria, in Riv. dir. proc. pen. 1957, 1035; Cass. 10 maggio 1961, in Cass. Pen. Massimario Annotato, 1961, 862; 7 marzo 1941 in Giust. Pen. 1942, IV, c. 205 n. 76; 22 settembre 1964, ivi, 1965, 183; 6 marzo 1963, ivi, 1964, 267). Ci equivaleva, in via di principio, ad affermare che nell'istruzione sommaria il diritto dell'imputato alla difesa trovava una minor ampiezza che nell'istruzione formale, quasi fosse un po' meno essenziale e un po' meno inviolabile, senza contare che, ostando alla perfetta identificazione delle due forme di istruttoria la lettera dell'art. 395 c. p. p., la giurisprudenza pi:evalente si era orientata in senso contrario. Infatti, il primo comma dell'art. 395, affermando espressamente il giudice istruttore, se applica tali richieste -di proscioglimento del P. M. -pronuncia sentenza con cui dichiara di non doversi procedere, altrimenti diSPone con ordinanza che l'istruzione sia proseguita in via formale contro tutti gli imputati ., sembra escludere che possa parlarsi di trasformazione dell'istruttoria da sommaria in formale per la mera richiesta al giudice istruttore, poich solo nell'ipotesi di dissenso con il P. M. quella trasformazione si verifica (v., nel senso di escludere l'applicabilit dell'art. 372: Cass. 25 luglio 1956 in Riv. dir. proc. pen. 1957, 1035; 18 febbraio 1955, in Giust. Pen. 1956, III, c. 255; Trib. scepr. roll. 16 giugno 1959 in Giust. Pen. 1960, III, c. 301; Cass. 7 novembre 1947 in Riv. Pen. 1948, 90). Se perci, nonostante la richiesta del P. M. al giudice istruttore, la istruzione restava, fino a questo momento e anche oltre quando il secondo accoglieva la richiesta del primo, istruzione sommaria e se a quest'ultima non si dovevano e non si potevano applicare, secondo una ben nota giurisprudenza ristrettiva, le garanzie a difesa dei diritti dell'imputato (v. per tutte Cass. S. U. 17 maggio 1958 in Giust. Pe,n. 1958, III, 676) coerentemente si affermava l'inapplicabilit dell'art. 372. Vi era bensi un'attenta dottrina la quale, cosi come affermava l'estensibilit all'istruttoria sommaria delle norme introdotte dalla novella del 1955 (art. 304 bis, ter e quater). sosteneva anche l'applicabilit dell'art. 372, in quanto indispensabile alla difesa dell'imputato, estendendo quindi alla violazione di tale norma la sanzione di cui all'art. 185 n. 3 c. p. p. (VANNINI, Manuale Dir. Proc. Pen. 1963, 214; RANIERI, L'intervento della difesa nell'istruzione sommaria, in Riv. it. dir. proc. pen. 1958, 25; FoscHINI, L'istruzione sommaria, ivi, 1959, 1115; CoRDERO, La riforma dell'istruzione penale, ivi, 1963, 714; LEONE, Lineamenti dir. proc. pen., 1956, 369; VASSALLI, Sul diritto di difesa giudiziaria nell'istruzione penale, in Scritti giuridici in onore della CEDAM, 1953, II, 577), ma stata una dottrina destinata a ben scarso successo innanzi ai giudici, specie dopo la presa di posizione contraria della Suprema Corte di Cassazione (citata), fino al 7 aprile 1964, quando il Tribunale di Varese rimise per la prima volta gli atti alla Corte Costituzionale per la pronuncia sulla costituzionalit dell'art. 392 c. p, p. concernente ~.'.applicabilit all'istruttoria sommaria delle norme stabilite per l'istruzione formale a garanzia dei diritti della difesa (v. l'ordinanza dei Tribunale di Varese in Giur. Cost., 1964, 365 e la sentenza, interpretativa, della Corte Costituzionale 19 febbraio 1965, n. 11, ivi, 1965, 85) la quale ritenne che l'art. 392 c. p. p. non ostacolava l'applicabilit degli artt. 304 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 148 bis, ter e quater all'istruzione sommaria. Successivamente, con sentenza 16 giugno 1965, n. 52 in Giur. Cost., 1965, 699, la Corte Cost. constatato che la giurisprudenza della magistratura ordinaria continuava a interpretare Testrittivamente l'art. 392 c. p. p. e perci a ritenere inapplicabile alla sommaria le garanzie della difesa previste nell'istruttoria formale, dichiar l'illegittimit costituzionale della norma nella parte in cui, estendendo all'istruzione sommaria le norme stabilite per l'istruzione formale solo in quanto sono applicabili , autorizzava ad escludere che anche nell'istruzione sommaria dovessero trovare applicazione le disposizioni degli artt. 304 ecc. poste a garanzie del diritto di difesa). Tanto poco, prima della pronuncia della Corte Costituzionale, si avvertiva l'esigenza di pari estensione del diritto di difesa dell'imputato nei due riti istruttori, che taluni fra coloro che ritenevano applicabile lo art. 372 c. p. p. all'istruzione sommaria sostenevano che l'inosservanza delle disposizioni di questa norma non fosse sanzionata di nullit (v. MANZINI, Trattato dir. proc. pen. IV, 245), mentre, come s' detto, altri e parte della giurisprudenza ritenevano inapplicabile l'art. 372 c. p. p., ma per considerazioni che prescindevano dalla esigenza di tutela del diritto di difesa in ogni stato e grado del procedimento. e che anzi partivano implicitamente da .un presupposto che era accettabile solo prima dell'emanazione della Costituzione: la quasi inesistenza della difesa nell'istruttoria sommaria. Ci comportava una claudicante applicazione della norma (il CoNso, op. cit., infatti escludeva l'applicabilit dell'art. 372 c. p. p. all'istruzione pretorile) e l'esclusione della sanzione della nullit per la sua violazione. Evidentemente questo indirizzo giurisprudenziale, ancorato a schemi precostituzionali e ispirato a principi diversi da quelli introdotti, nel processo penale, dalla Costituzione e dalla riforma del 1955, era destinato a cadere, soprattutto dopo la dichiarazione di illegittimit costituzionale della norma contenuta nell'art. 392 c. p. p.. Se infatti vero che l'inciso in quanto applicabili contenuto nel primo comma di questo articolo non stato come tale eliminato dall'ordinamento, (non sono infatti applicabili, ad esempio, nella istruzione sommaria le norme che presuppongono un rapporto di cui siano contemporaneamente parti il P. M. e il giudice istruttore, n quelle che si riferiscono ad istituti tipici ed esclusivi dell'istruzione formale, come la chiusura dela medesima), anche vero che, in virt della pronuncia n. 52 del 1965 della Corte Costituzionale l'art. 392 deve considerarsi illegittimo in tutte quelle sue parti idealmente scindibili che permettono al magistrato di non estendere all'istruzione sommaria disposizioni dell'istruzione formale preordinate ad attuare principi costituzionali (cosi il CoNso, La doppia pronuncia sulle garanzie della difesa nell'istruzione sommaria: struttura ed efficacia in Giur. Cost., 1965, 1129; v. anche VASSALLI, La vicenda dell'istruzione sommaria dinnanzi alla Corte Costituzionale, ivi 1088) e non c' dubbio che il diritto di difesa, tutelato nell'istruzione formale dell'art. 372, rientri fra quei principi. Quindi la caduta della norma dell'art. 392 nella sua interpretazione anticostituzionale, lasciando in vita l'altra norma deducibile in via alternativa, nell'interpretazione cio estensiva, ha operato in maniera determinante sul nuovo atteggiamento giurisprudenziale. PAOLO DI TARSIA di BELMONTE Il ' ' ::' ~ PARTE SECONDA II I ! ! ~'. I QUESTIONI PER UNA NUOVA DISCIPLINA DEL CONTENZIOSO DEI PUBBLICI APPALTI 1. -Sopite, ormai, se non proprio superate, le accese polemiche che, or sono pochi anni, furono suscitate dalle riforme della disciplina del contenzioso introdotte nel nuovo Capitolato Generale dei Lavori Pubblici (d. p. r. 16 luglio 1962, n. 1063), ci sembra sia giunto il momento per un approfondito riesame dell'importante materia, al fine di valutare adeguatamente il sistema attuale e le prospettive di un suo eventuale superamento. E questo riesame, al quale le brevi osservazioni che seguono vogliono offrire un primo, sommario contributo, non pu non partire da un'esatta individuazione delle esigenze obiettive, alle quali la disciplina del contenzioso degli appalti pubblici si deve adeguare. ben noto che l'appalto pubblico presenta aspetti peculiari, tali da imporre, sul piano sostanziale e, di riflesso, anche su quello processuale, una disciplina speciale, nettamente differenziata da quella dell'appalto privato. L'elemento caratterizzante fondamentale, al quale tutti gli altri possono ricondursi, rappresentato dalla posizione strumentale che propria dell'appalto pubblico rispetto alla realizzazione di rilevanti finalit di interesse generale. L'opera appaltata (sia essa o non un'opera pubblica in senso stretto) costituisce sempre lo strumento per la soddisfazione di un'interesse pubblico. E da ci consegue l'esigenza di attribuire all'Amministrazione appaltante, titolare di quell'interesse, un ampio potere di controllo sullo svolgimento dell'opera e sulla sua costante rispondenza alle' esigenze per le quali era stata progettata; nonch tutta una serie di penetranti poteri di intervento per modificare, se necessario nell'interesse pubblico, l'oggetto del contratto o, addirittura, per risolvere il contratto stesso, ove esso si riveli non pi utile per la realizzazione di quell'interesse. Questa esigenza fondameritale, di assicurare il costante adeguamento dell'opera appaltata al fine pubblico perseguito, spiega e giustifica tutta una serie di istituti caratteristici dell'appalto pubblico, dai poteri del Direttore dei lavori allo jus variandi dell'Amministrazione, alla facolt di risolvere il contratto nei modi previsti dall'art. 345 della legge sui lavori pubblici. Ad essa, poi, si affianca e si collega l'altra fondamentale esigenza di un continuo ed efficace controllo della spesa. Come occorre garantire la costante rispondenza dell'opera appaltata all'interesse pubblico attuale, cosi, d'altro lato, indispensabile assicurare che ad essa corrisponda un'esposizione finanziaria sempre contenuta nei limiti dello stanziamento originario, eventualmente integrato nei modi prescritti dalle leggi di contabilit. Da ci deriva la necessit di una rigorosa registrazione di tutti i fatti idonei a produrre spesa, affinch sia sempre possibile il controllo della sufficienza dei mezzi stanziati e l'eventuale adozione di tempestive misure (integrazione dei fondi o risoluzione del contratto). Ed anche le pretese a maggiori compensi dell'appaltatore non possono assolutamente 12 2 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sfuggire a questa esigenza, dovendosi sempre tradurre in riserve tempestivamente inserite negli atti contabili. Assicurare la rispondenza tecnica dell'opera appaltata al fine pubblico perseguito e assicurare il rispetto dei predisposti limiti di spesa costituiscono, dunque, le esigenze di fondo che informano di s la speciale disciplina sostanziale dell'appalto pubblico. 2. -Anche nella disciplina del contenzioso non possono, ovviamente, non riflettersi i rilevati aspetti peculiari dei pubblici appalti. La considerazione del preminente interesse pubblico dell'opera appaltata si traduce, anzitutto, nell'esigenza di assicurare, nella risoluzione delle controversie fra l'Amministrazione e l'appaltatore, la piena ed esatta applicazione della rigorosa e inderogabile normativa sostanziale, dettata appunto al fine di assicurare il soddisfacimento di quell'interesse e di garantire il necessario controllo dell'impegno del pubblico denaro. D'altro lato, l'accertamento dei fatti in contestazione e la loro valutazione, anche in relazione all'interesse pubblico e, pi in generale, alla ratio che informa le norme sostanziali, richiede, molte volte, l'applicazione di criteri tecnici rispondenti alle particolarit della materia. E ci si traduce nell'esigenza di assicurare nel giudice un'adeguata competenza tecnica ed una sufficiente sensibilit alle particolarit della materia. Nei suoi termini essenziali, il problema del contenzioso degli appalti pubblici si risolve, quindi, nel problema del contemperamento di queste diverse esigenze: adeguata valutazione 'degli aspetti tecnici delle_ controversie e rigorosa applicazione delle norme sostanziali. E questo contemperamento deve attuarsi, fondamentalmente, nella scelta del giudice e nella disciplina delle impugnazioni. L'una e l'altra devono assicurare l'applicazione della legge, evitando il sovrapporsi ad essa di mutevoli e soggettivi criteri di equit, pur assicurando una sufficiente considerazione dell'elemento tecnico della materia. 3. La soluzione del problema, in passato, fu cercata attraverso la strada della clausola compromissoria e dell'arbitrato. Quasi tutti i Capitolati Generali, sull'esempio di quello dei Lavori Pubblici del 1895, rendevano obbligatorio il deferimento di tutte le controversie ad un Collegio arbitrale composto di giuristi e di tecnici e dichiaravano inimpugnabile il lodo. La ragione di tale sistema veniva indicata, soprattutto, nell'esigenza di assicurare la competenza tanto giuridica che tecnica del Collegio giudicante. Sotto questo aspetto, la preoccupazione di assicurare quel contemperamento di esigenze di cui sopra abbiamo parlato era certamente presente e sentita. Ma il contemperamento stesso veniva, poi, reso del tutto precario dalla norma che, dichiarando il lodo inimpugnabile, lo sottraeva ad ogni controllo di legittimit. In tal modo, veniva a mancare ogni garanzia di una uniforme e costante applicazione della normativa sostanziale. L'esperienza ha ampiamente mostrato questo fondamentale difetto del vecchio sistema, che ha consentito il formarsi, attraverso il consolidamento di massime di decisione del tutto svincolate dalla legge, di un vero e proprio diritto onorario, ispirato a volte a principi completamente opposti a quelli che informano le norme scritte. Baster, in proposito, PARTE; li, QUESTIONI 3 ricordare le ben note affermazioni della giurisprudenza arbitrale in tema di esclusione, in tutta una serie di ipotesi, della decadenza dell'appaltatore per mancata tempestiva iscrizione delle riserve negli atti contabili: Innegabile che la rigorosa normativa sostanziale, ispirata a esigenze di tutela dell'interesse. pubblico e ,di controllo della spesa, venne, attraverso quella giurisprudenza, del tutto superata e, anzi, addirittura rovesciata. A questa critica, ne vanno aggiunte, poi, altre, che si appuntano, in generale, al sistema degli arbitrati obbligatori; sistema per molte ragioni . inaccettabile, . come ben seppe mettere in rilievo il Mortara in pagine che ce>nservano ancora tutta la loro freschezza e attualit (1). 4........ Il super.amento del sistema dell'arbitrato obbligatorio e del lodo inimpugnabile, che conduceva fatalmente alla completa obliterazione della fondamentale sigenza di assicurare l'applicazione piena e coerente della leg~, ccstitui~ce merito innegl!lbile del nuovo Capitolato Generale dei Lavori :Pubblici. L'arbitrato; in base a questo Capitolato, non pi obbligatorio, ma facoltativo, L'attore libero di ad!re il Giudice ordinario in luogo degli arbitri; e parimenti il convenuto, di fronte alla domanda di arbitrato dell'attore, ha facolt di eseludere la competenza arbitrale (art. 47). Il lodo, poi, assoggettato a tutte le impugnazioni previste dal codice di procelura civile, compresa, quindi, l'azione di nullit per violazione di reg.ole di diritto (art 51). Il nuovo sistema, se valutato comparativamente al vecchio sistema dell'arbitrato obbligatorio, . non pu non riscuotere piena approvazione. N!>n occorre insistere sull'impugnabilit del lodo, che, oltre ad essere evidentemente necessaria per garantire l'effettiva applicazione della legge, imposta da fondamentali principi, non derogabili dalle norme del Capitolato. Ed chiaro che, ferma l'illimitata impugnabilit della de~isione, non potrebbe assolutamente giustificarsi la conservazione di un sistema (quello dell'obbllgatoriet generale dell'arbitrato), che si risolverebbe in una inspiegabile sottrazione del solo primo grado di cognizione al Giudice ordinario, per attribuirlo ad un Giudice arbitrale unico per tutto il terri torio nazionale. Soltanto per le vertenze che comportino la risoluzione di questioni di fatto e di carattere tecnico, il giudizio (normalmente definitivo) di un Collegio arbitrale .al quale partecipino anche membri forniti di compe tenza tecnica pu presentarsi . come effettivamente utile. In tutti gli altri casi, invece, il ricorso al giudizio arbitrale si risol verebbe in una ingiustificabile rinunzia alle garanzie che innegabilmente offre il giudicE! togato ove si tratti di risolvere questioni di carattere giuridico; oltre che nell'abbandono dei notevoli vantaggi del decentra mento territoriale del giudice di primo grado e in un aggravio notevo lissimo delle spese. Senza contare, poi, che il lodo arbitrale, com' noto, non soggetto ad impugnazioni devolutive e che, quindi, la denunzia di un errore di diritto, per quanto marginale e limitato ad una singola questione, porta sempre alla rescissione totale della decisione, con la conseguente necessit di riprendere interamente da capo il giudizio. (1) Cfr.: MORTARA, Commentario, vol. III, Milano 1905, pagg. 95 e segg.. 4 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'applicazione corretta e razionale del sistema del nuovo Capitolato Generale suppone, perci, la distinzione delle controversie fra Amministrazione e appaltatori in due grandi gruppi: uno, delle controversie d'indole giuridica; e l'altro, delle controversie d'indole tecnica. Per le prime, la scelta facoltativa del giudice deve logicamente cadere sul Tribunale ordinario; per le seconde, sul Collegio arbitrale. Teoricamente, sembrerebbe raggiunta la contemporanea e piena soddisfazione delle esigenze di fondo del contenzioso dei pubblici appalti. In pratica, per, il sistema non pu non apparire suscettibile di critica. E la ragione evidente: la netta distinzione delle controversie in giuridiche e tecniche si manifesta, il pi delle volte, impossibile. Di regola, infatti, questioni giuridiche (di interpretazione della legge o del contratto) e tecniche si intrecciano in maniera indissolubile, tanto che, non di rado, appare anche arduo stabilire quale sia l'aspetto prevalente della lite. La soluzione rappresentata da due giudici -uno istituzionalmente chiamato a risolvere le questioni di diritto e l'altro chiamato a risolvere le questioni di fatto e di carattere tecnico -non pu apparire, quindi, pienamente appagante. Ci non significa, peraltro, che sia auspicabile un ritorno all'antico. Il sistema della competenza alternativa facoltativa fra Giudice ordinario e arbitri, se pure in maniera imperfetta, tiene conto tanto dell'esigenza di una rigorosa applicazione della legge, quanto di quella di una adeguata competenza del giudice chiamato a risolvere problemi tecnici; ed in ci si manifesta definitivamente superiore al soprassato (e, del resto, inammissibile) (1) sistema dell'arbitrato obbligatorio e del lodo inimpugnabile, che trascurava completamente, nei fatti, la prima e fondamentale esigenza_ di un giudizio rigorosamente ancorati alla legge scritta. 5. -Una soluzione pienamente soddisfacente dovrebbe, quindi, prevedere un giudice unico per tutte le vertenze in materia di appalti pubblici (qualunque sia l'Amministrazione appaltante e qualunque sia la natura delle questioni controverse). La composizione di quest'organo giudicante dovrebbe, poi, garantire, da un lato, l'adeguato accertamento dei fatti e la loro corretta valutazione tecnica (senza nl necessario tramite del consulente tecnico) e, dall'altro, l'assoluto rispetto e la coerente applicazione della disciplina -sostanziale dettata dalla legge. Quest'ultima garanzia dovrebbe trovare conferma e rafforzamento nel sistema delle impugnazioni, articolato in un appello devolutivo e nel ricorso al supremo giudice di legittimit. Esclusa, ovviamente, la creazione di una giurisdizione speciale (vietata dall'art. 102 della Costituzione), l'appagamento delle esposte esigenze non pu che trovarsi nell'alveo della giurisdizione ordinaria, e, precisamente, in quelle sezioni specializzate, che il Costituente ha previsto proprio per sopperire, nel rispetto del fondamentale principio dell'unit di giurisdizione, alle particolari necessit di rapporti nei quali l'elemento (1) Inammissibile, per le ragioni addotte dalla Corte dei Conti nella nota risoluzione della Sez. di Controllo del 25 ottobre 1956, che. rifiutando la registrazione del decreto di approvazione del nuovo Capitolato Generale dei LL. PP. nella sua prima stesura (che ancora prevedeva l'arbitrato obbligatorio), apri la strada alla riforma del contenzioso attuata nel testo definitivamente approvato con d. P. R. 16 luglio 1962, n. 1063. I ~ I r i: ~ PARTE II, QUESTIONI tecnico, come appunto negli appalti pubblici, .assume un particolare rilievo. L'arbitrato obbligatorio, esattamente come le giurisdizioni speciali, pu giustificarsi soltanto in base ad una supposta maggiore aderenza a certi particolari profili sociali o tecnici di materie che, appunto in relazione a tali profili, si sottraggono alla disciplina del diritto comune. Ma si tratta di una giustificazione estremamente discutibile sul piano astratto e, comunque, ispirata a criteri decisamente rifiutati dalla nostra Costituzione, la quale, affermando nettamente il principio dell'unit della giurisdizione, ha respinto ogni sopravvalutazione delle peculiari esigenze connesse con l'indole di determinati gruppi di rapporti e di controversie. Allo stesso modo come il Costituente ha senz'altro escluso che a quelle esigenze possa pensarsi di sopperire mediante l'istituzione di giurisdizioni speciali, cos deve ritenersi -al di l di formalistiche distinzioni, che non toccano la sostanziale identit del fenomeno -che anche il sistema degli arbitrati obbligatori sia ormai definitivamente superato, perch in contrasto con i principi fondamentali accolti nel nuovo ordinamento costituzionale. Le particolarit della materia dei pubblici appalti possono, quindi, trovare pieno riconoscimento, in accordo con i principi della Costituzione, nel deferimento delle controversie ad una sezione specializzata degli organi giudiziari ordinari, nella quale sia prevista la partecipazione di elementi tecnici estranei alla Magistratura. Questa soluzione riteniamo non possa non apparire pienamente appagante rispetto a tutte le effettive esigenze poste dall'obiettivo atteggiarsi della materia, nel pieno rispetto dei principi direttivi fondamentali tracciati dalla Costituzione. La garanzia dell'imparziale e rigorosa applicazione della legge sarebbe fornita dall'inserimento dell'organo giudicante nel sistema della giurisdizione ordinaria, dalla sua prevalente composizione mediante magistrati togati, da un corretto sistema di impugnazioni ordinarie e devolutive. La sensibilit alle particolari esigenze della materia e la costante presenza di una competenza adeguata alla soluzione delle questioni di fatto e di valutazione tecnica sarebbe, d'altro canto, assicurata, in giusti limiti e senza dannosi eccessi, dalla presenza, nel Collegio, dell'elemento tecnico. L'intrinseca razionalit della soluzione accennata ci sembra non possa importi, alla lunga, in sede di generale revisione della disciplina della materia. 6. -Volendo, poi, rendere concreta e puntuale la proposta, diremmo che non occorre neppure istituire una nuova sezione specializzata e regolare ex novo la sua composizione e la procedura dinanzi ad essa, ben potendosi, invece, utilizzare organi, come i Tribunali delle Acque, che una lunga e felice esperienza indica come particolarmente adatti a conoscere anche delle controversie in materia di appalti pubblici (1). (1) Questa estensione della competenza dei Tribunali delle Acque venne gi proposta dall'Avvocato Generale dello Stato Salvatore Scoca nell'introduzione alla Relazione su: I giudizi di costituzionalit e i! contenziosa de!!o Stato negli anni 1956-1960, Vol. I, pag. XXXII e seg. La natura dei Tribunali Regionali delle Acque, quali organi della giurisdizione ordinaria, ormai, com' noto, del tutto pacifica in girsprudenza. 6 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'istituzione dei Tribunali delle Acque, com' noto, fu dovuta alla considerazione di esigenze che corrispondono pienamente a quelle che obiettivamente si pongono nel.la materia degli appalti pubblici. Come rilevava il Villa nella Relazione della Commissione ministeriale per la riforma della legge sulle derivazioni d'acque pubbliche (aprile 1916), la necessit di istituire un giudice specializzato delle acque nasceva dalla natura prevalentemente tecnica delle questioni in materia. Il magistrato ordinario non avrebbe potuto risolverle senza l'ausilio di periti, difficilmente provvisti, essi stessi, della speciale competenza ccorrente. Un giudice specializzato, invece, per mezzo dei suoi stessi componenti avrebbe potuto esaurire le necessarie indagini, cosi dal lato giuridico come da quello tecnico, e rapidamente risolvere le contestazioni. Sono considerazioni, come si vede, che ben potrebbero ripetersi, nella sostanza, anche per gli appalti pubblici. E se si tien conto dell'ottima prova offerta in pratica dai Tribunali delle Acque, che hanno realizzato pienamente i fini per i quali furono istituiti, l'estensione della loro competenza alla materia dei lavori pubblici non pu non apparire quanto mai logica ed opportuna.D el tutto adeguata anche alle particolari esigenze di questa materia sembrano, infatti, sia la composizione dei Tribunali, che le regole di procedura dettate dal t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775. Qualche marginale adattamento potrebbe, forse, apparire necessario, ma, nel complesso, non ci sembra si possa negare la piena rispondenza di questo giudice specializzato alle esigenze di fondo degli appalti pubblici. LA REDAZIONE 8 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO niinazione dei doveri individuali disciplinati dalla Costituzione deve costituire il prius necessario per ogni indagine in materia. L'insieme dei predetti doveri rappresenta, infatti, la piattaforma dei doveri pubblici osservati nei vari rami del diritto e -correlativamente il metro per accertare la legittimit costituzionale di questi ultimi. All'esame dei rapporti tra doveri pubblici individuali sanciti nella Costituzione e doveri pubblici previsti nei vari rami del diritto segue l'indagine sulle r-elazioni fra doveri e diritti pubblici individuali, nonch l'individuazione dei destinatari e della capacit in loro richiesta per l'adempimento dei doveri. La parte centrale del libro dedicata alla classificazione ed al contenuto dei doveri pubblici individuali ed preceduta da una breve premessa metodologica sulla scelta dei criteri discretivi. Tra i doveri che impogono prestazioni personali, il C. annovera il dovere di voto, il dovere di difesa della patria, il dovere del servizio militare, il dovere di lavoro, il dovere di istruzione e di educazione, il dovere di svolgere funzioni pubbliche con disciplina ed onore. Per un'ovvia ragione di spazio non possiamo -soffermarci su ognuna delle figure soggettive contemplate nella classificazione, anche se l'interesse della materia trattata ci spingerebbe a farlo. Non possiamo, per, sottacere una nostra riserva sulla configurazione costituzionale di un dovere di lavoro. Pur nel dissenso della dottrina dominante (MORTATI, BISCARETTI DI RUFFIA, PERGOLESI, ABBAMONTE, BARILE, PROSPERETTI, BOZZI A., MICCO) a noi sembra che la formula della disposizione costituzionale pi che imporre un dovere ha piuttosto inteso garantire il diritto di libert del lavoro del cittadino (cos: MAZZIOTTI, D'EUFEMIA e sia pure dubitativamente CRISAFULLI), e ci sopra I .j tutto in relazione alle difficolt di una possibile attuazione di un tale ; dovere giuridico nella forma del lavoro coatto, atteso che le prestazioni personali di cui all'art. 23 della Costituzione non sembrano comprendere una tale previsione. Tra i doveri che impongono, invece, prestazioni materiali l'A. include il dovere tributario, il dovere di subire espropriazioni ed altri doveri minori di solidariet politica, economica e sociale. L'esame del dovere tributario ha l'ampiezza che l'argomento richiede: comprende il vecchio ma sempre discusso problema della sua giustificazione, il suo con, tenuto, la sua estensione, i suoi destinatari ed i suoi limiti, derivanti, com' noto, dai due principi della capacit contributiva e della progressivit del sistema tributario. I doveri di solidariet (tra i quali il dovere di subire I espropriazioni) vengono esattamente inquadrati dal C. nell'ambito della disciplina dell'intervento dello Stato nell'attivit economica privata (c.d. I diritto dell'economia) ed esaminati in maniera oltremodo dettagliata. Con i doveri negativi (dovere di fedelt alla Repubblica, dovere di osservare la C1ostituzione e le leggi, dovere di svolgere l'iniziativa economica privata in conformit all'utilit sociale ed alle norme della sicurezza, della libert e delladignit umana) si chiude il capitolo della classifica zione. Le rimanenti parti del volume sono dedicate, rispettivamente, alla attuazione dei doveri pubblici individuali, ai limiti derivanti dai doveri pubblici individuali alla sfera delle stuazioni di vantaggio, al rapporto tra il principio di eguaglianza ed i doveri pubblici individuali ed alla rilevanza dei doveri pubblici individuali ai fini della determinazione del regime politico e della interpretazioni:i delle leggi. L. MAZZELLA PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 9 G. CE:itVATl, Aspetti della legislazione vigente circa usi e terre di uso civico, Riv. trim. dir. pubblico, 1967, 88. Lo studio in rassegna, condotto in maniera accurata ed acuta si aggiun ge agli iscritti relativamente recenti del TRIFONE (Usi civici, Milano, 1963) e del RAFFAGLro (Diritti promiscui -Demani comunali -Usi civici, Milano, 1939), su .di una materia piuttosto negletta nella nostra dottrina. L'A. ri prende, ampliandolo, il discors contenuto nella Relazione al Convegno per il cen~enilti'.() delle leggi ammin:istt:ative (Firenze, ottobre 1965) e ci offre un PJiWlrliJ,P::U:t opplet() eC! esa~riente ({elle prh1cipa!i. questioni circa la legi slazfone. attuale.. sugli . usi.. civici. e la sua: appllcazione. 1\[ancando le c<>DSuete premesse di carattere storico ma la omissione vol\lta; ~nzi espressamente dichiarata, in quanto si ritiene che la cono s{ . // d). t>~ ' U 'fflll:!~11l~J9.l, 11~ 249 (.Qispqsizio:nirela,tive agli .ent~ .ope. .. . ᥥ t~nt~ ~~t$ett(j'I'~ $(tTh~ta'l'Q), J'lrt. 1, in . attribunlo al prefett() .. la . tl'l(!lt~ qi #91'.nJnl'lre t ~apprsentanti degli nti consorziati, c<>mprime Jll~gitt1rl:lam~nt!'l' le a,utomm:ie .facolt lell.e proviil:cle e...dei com:uni (:l'll'tt. 5 e 12 delta CostHtt~ione). ..... .. .. . .... Corlsiglio df$tl'lto fo s. g., -Sez, V -ordinanza 26 maggio 1967, G;.U/27. gennai :l968, n. 24. l'ji 1f4i~e!Qb1'~ )?6J, n. 1443 (.!\Torme per il ;finanziamento delle thMitiiP?ifvef i'$sit~nza di mftiattia ai pensionati), art. 5, in quanto non d'~~ertnil:ia :P#nCipi criteri dirttivi atti a delimitare la discreifohalit. d'e:f p>fure clf illiposizi>ne (artt. 23 e 76 della Costituzione). Trib!ln~l~