GENNAIO -FEBBRAIO 1970 ANNO XXII -N. l RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ROMA ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 1970 ABBONAMENTI ANNO L. 7.500 UN NUMERO SEPARATO . . . . . . 1.300 Per abbonamenti e acquisti. rivolgersi a: LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA e/e postale 1/40500 Stampato in Italia -Printed in Italy 11 Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 ~: ~: rr.-: (9211739) Roma, 1970 Istituto Poligrafico dello Stato P. V. INDICE Parte prima: GILJ.R,ISPRUD,ENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALI: E INTER NAZIONALE (a cura del/'avv. Michele Savarese) pag. Sezione seconda: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE (a cura deff'avv. Benedetto Saccari) 37 Sezione terza: GIURISPRUDENZA CIVILE (a cura delf'avv. Pietro de Francisci) 54 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura del- f'avv. Ugo Gargiulo) 71 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura degli avvocati Giuseppe Angefini-Rota e Carlo Bafile) 81 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE (a cura deff'avv. Franco Carusi) , 140 Sezione settima: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura delf'avv. Antonino Terranova) 167 Parte seconda: QU,ESTIONI RASSEGNE CONSULTAZIONI NOr,JZIARIO RASSEGNA DI DOTTRINA (a cura delf'avv. Luigi Mazzelfa) . pag. RASSEGNA DI LEGISLAZIONE (a cura delf'avv. Arturo Marzano) 3 CONSULTAZIONI 27 La pubblicazione diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI ALBl!SINNI G., Note minime in margine ad una sentenza del Tribunale superiore delte acque, con particolare riguardo al'la questione concernente la necessit o meno di un formale provvedimento per la utilizzazione di acque pubbliche da parte dei Canali Demaniali . . . . . . . . . pag. 147 DI TARSIA P., Il reato di attentato all'integrit territoriale dello Stato e l'idoneit della condotta . . . . . . . 167 ROSSI A., Cenni sulla tassazione dello scioglimento delle riserve disponibili a favore dei soci . . . . . . . . . 109 INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ACQUE PUBBLICHE ED ELETTRICIT -Concessione di utenza -Potere di intervento del Ministro dei lavori pubblici ex art. 43 t.u. acque e impianti elettrici -Condizioni per l'esercizio: esigenze non normali, straordinarie, fuori della comune prevedibilit -Fattispecie -Necessit di preservare i canali demaniali annualmente dal gelo -Necessit di incrementare la portata dei canali demaniali nella stagione di mare -Illegittimo esercizio del potere -Sussiste, con nota di G. ALBISINNI, 147. Consorzio obbligatorio per regolazione di invaso -Provvedimenti relativi alla utilizzazione delle acque invasate -Interesse dei consorziati alla impugnativa ' Sussiste, con nota di G. ALBISINNI, 146. -Demanio idrico -Questione di demanialit di un collettore Possibilit di soluzione della questione incidenter tantum da parte del G.O. non specializzato Esclusione -Conversione necessaria della questione in controversia e competenza del Tribunale regionale delle acque pubbliche a deciderla col necessario contraddittorio della P.A. -Sussistono, 142. -,-Discrezionalit della P.A. in ordine alla determinazione delle opere e dei provvedimenti relativi al buon regime delle acque pubbliche -Sussiste -Limite della sottrazione al sindacato del1' A.G.0. dell'operato della P.A. nel caso di negligente manutenzione di un'opera idraulica -Sussiste, 143. Occupazioni di fondi per opere di bonifica inerenti il regime delle acque -Indennizzo per danni Indennit di esproprio -Competenza del Tribunale Regionale delle Acque, 60. -Provvedimenti di immissione di nuove acque nei canali demaniali -Mancata comparazione di altri interessi pubblici concorrenti -Illegittimit, con nota di G. AL BISINNI, 147. -Requisiti -Carattere pubblico delle opere di canalizzazione Irrilevanza, 60. APPALTO -Appalto di opere pubbliche Contratto di appalto stipulato dalla Cassa per il Mezzogiorno o dai suoi concessionari -Obbligo contrattuale assunto dalle parti di uniformarsi alle disposizioni del Capitolato generale della Cassa Validit limitata alle materie parallelamente disdplinate dal Capitolato generale statale oo.pp. 1962 con norme di carattere inderogabile -Sussiste -Applicazione in. materia di controversie fra appaltatore e Stazione appaltante, 161. -Appalto di opere pubbliche -Domanda dell'appaltatore di un equo compenso per l'esecuzione di scavi in terreni rocciosi, argillosi o marnosi -Improponibilit derivante dall'avvenuta sottoscrizione da parte dell'appaltatore di clausola contrattuale relativa alla remunerablit dei prezzi di elenco di ogni categoria di scavi anche per il taglio e lo scasso di roccia di qualsiasi natura, durezza o compattezza, da effettuare con qualsiasi mezzo, e per la rimozione di trovanti di qualsiasi dimensione e natura -Sussiste, 161. -Appalto di opere per conto della Gestione INA-CASA -Capitolato generale predisposto dalla Gestione -Natura regolamentare -Esclusione -Necessit di assunzione contrattuale -Sussiste Adeguamento automatico alle norme del Capitolato generale statale per le, oo.pp. per effetto di .. 9fWWM-~=::: 4::::: W-ff#@ff@A%f~@:=rpg~4w:::wvq;t.='1fP.~~WP --liii'--~~'"I RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO integrazione disposta dall'art. 6 d.P.R. 22 giugno 1949, n. 340 - Susiste -Denunciabilit in Cassazione della violazione delle norme del predetto Capitolato generale INA-CASA -Esclusione, 140. ARBITRATO -Appalto di opere pubbliche -Domanda di arbitrato -Natura giuridica, 161. -Appalto stipulato da Ente concessionario della Cassa per il Mezzogiorno -Nomina dell'arbitro del1' Amministrazione -Competenza dell'Ente concessionario -Sussiste, 161. ARRICCHIMENTO SENZA CAUSA -Nei confronti della p.a. -Risparmio di spesa -Riconoscimento della utilit -Necessit -Sussistenza, 67. ATTO AMMINISTRATIVO -Motivazione -Pluralit di motivi -Validit di alcuni soltanto _; Legittimit, 78. COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Annullamento d'ufficio -Omesso annullamento -Controversia Giurisdizione del Consiglio di Stato, 78. -Atto compiuto dallo Stato quale soggetto dell'ordinamento internazionale -QuaUfica di illecito secondo il diritto interno -Ammissibilit -Domanda di risarcimento del danno -Giurisdizione dell'A.G.O. -Sussiste, 43. -Contratti di .guerra -Provvedimenti del C6mmiissario per la liquidazione -Violazione di norme contrattuali di diritto comune o di leggi speciali -Giurisdizione del giudice ordinario -Sussiste, 37. -Impiegato dello 1Stato -Assistenza dell'ENPAS in favore del dipendente statale, che abbia diritto ad indennizzo da parte dei terzi -Facolt discrezionale dell'ENPAS e correlativo interesse legittimo del dipendente statale -Giurisdizione del Consiglio di Stato, 71. -Improponibilit assoluta della domanda -Condizioni per la sua configurabilit, 37. -Occupazione di fondi per l'ese. cuzione di opere concernenti il regime delle acque pubbliche Controversie -Competenza del Tribunale Regionale delle acque, 69. CONTRATTI DI GUERRA -Nozione, 37. CORTE COSTITUZIONALE -Giudizi incidentali di legittimit costituzionale -Giudice a quo Pronuncia sull'ammissibilit dell'impugnazione -Natura giurisdizionale, 9. -Giudizio di legittimit costituzionale in via incidentale -Statuti ,speciali regionali -Intervento del presidente regionale -Ammissibilit, 18. DANNI DI GUERRA -Contributo per la ricostruzione Presupposti -Danni di guerra Inosservanza del termine di cui all'art. 3 1. 17 dicembre 1956, n. 1238, 74. EDILIZIA -Edifici costruiti in violazione del piano regolatore comunale Inattivit del sindaco -Inter vento del Ministero dei lavori pubblici, 73. g ~ ill w. w i fW i:@ Il;. ffi ..:~ ---mm@- W::W'"-itr'=::::: sJt WAWrt%.t@.ffteff%J. mm11- ,,.,,,...;'X wt..-.#t~-wm m ~~'%""","/--~""?~%""'a-i INDICE VII -Intervento del Ministero dei laGIUSTIZIA AMMINISTRATIVA vori pubblici ex art. 26, 1. 17 ago -Intervento -Intervento in giudi sto 1942, n. 1150 -Legittimit zio ad opponendum -Mancato delle occupazioni temporanee, 73. deposito dell'avviso di ricevi EDILIZIA POPOLARE ED ECONOMICA -Atti della Commissione dell'impiego del fondo per l'incremento edilizio -Situazione giuridica del privato, 75. ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT -Occupazione d'urgenza -Criteri e principi generali -Lavori iniziati prima della determinazione amministrativa - fatto illecito che non influisce sulla legittimit dell'atto dolativo, 78. Occupazione d'u11g'enza -Impianti sportivi e turistici -Seggiosciovia -Rilevanza sul contenuto definitivo del provvedimento Non occorre, 78. mento della notificazione al ri corrente, 74. -Ricorso giurisdizionale -Atto impugnabile o non -Concorso a pubblico impiego -Ammissione con riserva -Non impugnabile immediatamente -Clausola limitativa del bando -Impugnazione insieme con il provvedimento di eslusione definitiva -Ammissibilit, 77. -Ricorso giurisdizionale -Notificazione aH'Autorit emanante Criterio -Autorit che secondo il ricorrente sarebbe stata competente a provvedere -Non occorre notificazione, 79. IMPIEGO PUBBLICO -Dimissioni volontarie -Momento della estinzione del rapporto di impiego, 75. -Termini di inizio dei lavori --Magistrati -Stato giuridico Scadenza -Non determina decaProvvedimenti del Consiglio Su denza della dichiarazione di p.u., periore della Magistratura, 75. 71. -Procedimento disciplinare -Com ENTI PUBBLICI -Organi -Situazione d'incompatibilit -Annullamento della nomina senza invito ad optare Illegittimit, 79. FALLIMENTO -Procedimento civile -Cause concernenti beni acquisiti al fallimento -Legittimatio ad processum del fallito -Esclusione -Rilevabilit e:x: officio -Sussiste, 43. missione di disciplina -Composizione -Ricusazione -Art. 61 cod. proc. pen. -Inapplicabilit -Rinnovazione di procedimento a seguito di annullamento -Membro che si era pronunciato nel giudizio annullato -Pu far parte della Commissione, 76. -Procedimento disciplinare -Seduta dibattimentale -Delegato del Capo del Personale -Facolt -Intervento nella discussione ed espressione di pareri -Legittimit -Limite, 76. IMPOSTA DI REGJ!STRO GIUDIZI DI LEGITTIMIT COSTI- Finanziamento bancario -ImpoTUZIONALE sta di bollo surrogatoria dell'imposta di registro -Finanziamento -Ordinanza di rimessione fondata mediante cambiali -Necessit su ipotesi, 'SU previsioni o su con dell'integrale trascrizione, 125. getture -Inammissibilit della questione di legittimit costitu- Societ per azioni -Riserve dizionale, 25. sponibili -Deliberazione di di RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO stribuzione a favore dei soci Tassa d'obbligo -Applicabilit, con nota di A. Rossi, 108. IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE -Interessi compensativi su somme dovute a titolo di risarcimento del danno -Tass1:1bilit -Esclusione, 118. Interessi compensativi su somme dovute a titolo di risarcimento del danno -Tassabilit -Esclusione -Interessi moratori su somme dovute a titolo di risarcimento del danno giudizialmente liquidato -Tassabilit, 119. -Ritenuta diretta -Controversie relative -Controversia tributaria -Nozione -Esclusione, 118. IMPOSTA DI SUCCESSIONE -Base imponibile -Onere testamentario -Tassabilit, 105. -Crediti contestati giudizialmente -Sospensione esazione imposta Condizioni, 113. -Deduzione dall'attivo dell'imposta sul valore globale -Deducibilit della sola imposta in concreto corrisposta, 95. -Disposizioni a favore dell'anima -Erezione di cappella funeraria -Fine di culto -Esclusione, 105. IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA -Regione Siciliana -Tassazione dei corrispettivi pagati alla Regione -Sostituzione della Regione Siciliana allo Stato -Diritto di rivalsa -Inammissibilit, 131. - Solidariet -Eccezioni -Fattispecie -Esclusione, 89. IMPOSTE DOGANALI __:, Esenzione dall'imposta di conguaglio -Olii vegetali commestibili -Nozione, 103. -Imposta di fabbricazione -Contrabbando -Diversa destinazione di merci esente da imposta -Individuazione del .soggetto passivo -Accertamento -Fatto costituente reato -Ingiunzione fiscale Applicabilit -Opposizione -Inversione dell'onere della prova Sussistenza -Indagine sulla esistenza del fatto-reato -Ammissibilit, 136. Imposta erariale di consumo Agevolazione per l'importazione di bucce di cacao destinate alla estrazione di teobromina -Utilizzazione della merce importata anche per la produzione di burro di cacao -Irrilevanza, 92. IMPOSTE E TASSE IN GENERE -Commissioni tributarie -Provvedimenti dell'Intendente di Finanza in tema di composizione delle Commissioni distrettuali delle imposte -Non sono atti definitivi, 72. -Condono di sanzioni pecuniarie non penali -Legge 23 dicembre 1966, n. 1139 -Pagamento irripetibile del tributo -Illegittimit costituzionale -Manifesta in_ fondatezza, 116. -Condono di sanzioni pecuniarie non penali -Pagamento del tributo in pendenza del giudizio Cessazione della materia del contendere, 116. -Imposta di conguaglio sui prodotti importati -Violazione della riserva di legge -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 6. -Imposte automobilistiche -Supplemento -Prescrizione triennale -Si applica, 85. -Imposte dirette -Accertamento -Poteri della Commissione delle imposte, 101. -Imposte dirette -Azione giudiziaria -Necessit del preventivo ricorso alle Commissioni tributarie -Applicabilit nelle sole controversie tra Finanza e contribuenti -Controversia in tema di tassazione per ritenuta diretta -Inapplicabilit -Imposte di INDICE IX rette -Rimborso -Possibilit di ricorso alle Commissioni tributarie -Applicabilit nelle sole controversie tra Finanza e contribuenti -Controversia in tema di tassazione per ritenuta diretta -Inapplicabilit, 119. -Imposte dirette -Proponibilit dell'azione giudiziaria dopo la iscrizione a ruolo del tributo Violazione del principio di difesa -Illegittimit costituzionale, 4. -Imposte dirette -Sgravio dai ruoli -Esclusione dell'indennit di mora -Illegittimit costituzionale, 30. -Procedimento innanzi alle Com.. missioni -Impugnazione limitata all'A.G.O. -Questioni relative alla parte del rapporto non impugnata -Inammissibilit, 95. -Procedimento dinanzi alle Commissioni -Nullit -Errori in procedendo -Impugnazione innanzi all'A.G.0. -Esclusione, 128. -Riscossione imposte dirette Impiegati delle Esattorie -Diverso limite di collocamento a riposo per uomini e donne -Violazione del principio di eguaglianza -Esclusione, 1. Solidariet tributaria -Imposte doganali -Ingiunzione non impugnata da uno dei coobbligati Decadenza per gli altri coobbligati -Non sussiste, 81. INFORTUNIO SUL LAVORO -Sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato Termine per l'azione civile di risarcimento -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 28. OPERE PUBBLICHE Cooperazione di pi Enti pubblici nella realizzazione dell'opera Imputazione degli effetti giuridici -Comuni danneggiati dalla guerra -Sostituzione del Ministero dei LL.PP. nella realizzazione dei piani di ricostruzione Concessione della esecuzione dei lavori -Effetti, 64. ORGANO COLLEGIALE -Provvedimenti di nomina e di decadenza -Interesse all'impugnativa, 72. PIANO REGOLATORE -Procedimento -Parere del Consigli<> Superiore dei LL.PP. -Irregolare composizione della Sezione che ha emesso il parere Illegittimit del parere, 80. PRESCRIZIONE -Amministrazione non legittimata passivamente ad causam -Atti interruttivi -Effetti nei confronti dell'amministrazione legittimata, 43. PREVIDENZA ED ASSISTENZA -Assicurazione obbligatoria contro gli infortuni ,sul lavoro -Estensione anche agli artigiani senza dtpendenti -Eccesso rispetto alla delega legislativa -Esclusione, 15. PROCEnIMENTO CIVILE -Condanna generica al risarcimento del danno -Sufficienza del danno potenziale -Sussiste, 143. -Giudizio di rinvio -Cassazione per difetto di motivazione -Questioni esplicitamente ed implicitamente decisive -Efficacia vincolante, 56. -Giudizio di rinvio -Interpretazione del giudicato rescindente Presunzione di completezza del principio di diritto enunciato, 88. -Legittimatio ad causam -Concetto -Titolarit del rapporto sostanziale -Distinzione -Accertamento -Poteri della Corte di Cassazione, 64. - Legittimazione alla causa -Concetto -Distinzione rispetto alla :X: RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO titolarit del rapporto sostanziale, ossia alla questione di merito, non sottratta alla disponibilit delle parti e suscettibile di giudicato, 143. PROCEDIMENTO PENALE -Atti compiuti dalla polizia giudiziaria -Fase delle indagini preliminari -Inapplicabilit degli artt. 304 bis, ter e quater c.p.p. Infondatezza della questione, 12. -Autorizzazione a procedere -Ritardo nella concessione dell'autorizzazione -Ingiustificato all'esercizio dell'azione penale -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 26. -Compimento di atti istruttori da parte del Pretore -Indagini di polizia giudiziaria -Violazione diritto di difesa -Mancanza di motivazione del decreto di citazione a giudizio -Illegittimit costituzionale -Infondatezza delle questioni, 13. -Connessione -Sentenza di rinvio a giudizio dell'imputato davanti al Pretore competente -Questione infondata di costituzionalit, 36. Incidenti di esecuzione -Audizione del condannato detenuto in luogo diverso dalla sede del giudice competente -Violazione del diritto di difesa e del principio di eguaglianza -Esclusione, 16. -Parte civile -Impugnazione della sentenza di proscioglimento dell'imputato -Limitazione ai soli casi di condanna della P. C. alle spese e ai danni -Illegittimit costituzionale relativamente al ricorso per Cassazione, 9. RAPPORTO DI LAVORO -Contratto di apprendistato Esclusione dell'apprendista dal diritto di conseguire l'indennit di anzianit -Illegittimit costituzionale, 33. REATO -Attentato all'integrit territoriale dello Stato -Idoneit della condotta -Applicazione dei principi desunti dall'art. 56 cod. pen. -Inammissibilit, con nota di P. DI TARSIA, 167. - Liberazione condizionale -Conseguente libert vLgilata -Potere ministeriale di revoca anticipata delle misure di sicurezza -Inammissibilit della questione di costituzionalit, 29. RESPONSABILIT CIVILE -Fatto illecite permanente -Nozione -Persistenza del diritto al risarcimento -Decorrenza della prescrizione, 43. RICORSI AMMINISTRATIVI -Ricorso giurisdJ.zionale -Condizioni di ammissibilit -Lesione dell'interesse legittimo vantato Acque pubbliche -Consorzio obbligatorio per regolazione di invaso -Provvedimenti che incidono sulla utilizzazione delle acque invasate -Mancanza di danni -Lesione dell'interesse dei consorziati ad evitare illegittime dispersioni di acque -Sussiste, con nota di G. ALBISINNI, 147. -Ricorso giurisdizionale -Intervento in giudizio -Interesse autonomo alla proposizione del ricorso -Inammissibilit, con nota di G. ALBISINNI, 147. SICILIA -Statuto della Regione -Norme relative all'Alta Corte -Funzioni penali della stessa -Contrasto con la Costituzione nel suo complesso -Illegittimit costituzionale della normativa, 18. SICUREZZA PUBBLICA -Apparecchi da giuoco -Divieto di uso -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 25. ~::~ mfffiltSififttilil'i1w&wtrtt&imffirt;11;~rm11frt'.tft1:mmrr11mrm1E11i11fil1Hrtmmm1mrN11;marimrffrr1ru1fa1rfr1nt=1~al~ INDICE Xl TRATTATI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI -Trattato di pace -Definizione dei rapporti con le Potenze belligeranti e con i loro cittadini relativi a perdite o danni risultanti da fatti di guerra -Rapporti derivanti da contratti di guerra Esclusione dall'ambito di operativit del Trattato e dell'Accordo italo-jugoslavo del 18 dicembre 1954, 37. TURISMO -Piste di sci -Idoneit di un tracciato -Sindacato di legittimit Inammissibilit, '72. VIOLAZIONE DELLE LEGGI FINANZIARIE E VALUTARIE -Pena pecuniaria -Responsabilit solidale delle persone giuridiche -Fatto commesso nell'interesse dell'Ente -Concetto, 54. INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 11 luglio 1969, n. 123 11 luglio 1969, n. 125 11 luglio 1969, n. 126 22 gennaici 1970, n. 1 22 gennaio 1970, n. 2 22 gennaio 1970, n. 3 22 gennaio 1970, n. 4 22 gennaio 1970, n. 5 22 gennaio 1970, n. 6 28 gennaio 1970, n. 8 28 gennaio 1970, n. 9 28 gennaio 1970, n. 10 . 28 gennaio 1970, n. 11 . 4 febbraio 1970, n. 12 4 febbraio 1970, n. 13 4 febbraio 1970, n. 14 4 febbraio 1970, n. 15 GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. Un. 29 luglio 1969, n. 2881 Sez. I, 28 ottobre 1969, n. 3534 Sez. I, 10 novembre 1969, n. 3655 Sez. I, 15 novembre 1969, n. 3728 Sez. I, 2 dicembre 1969, n. 3850 . Sez. I, 13 dicembre 1969, n. 3947 Sez. I, 13 dicembre 1969, n. 3950 Sez. I, 13 dicembre 1969, n. 3959 Sez. I, 13 dicembre 1969, n. 3963 Sez. I, 13 dicembre 1969, n. 3964 Sez. I, 17 dicembre 1969, n. 3993 Sez. I, 17 dicembre 1969, n. 3994 Sez. I, 17 dicembre 1969, n. 3996 Sez. I, 19 dicembre 1969, n. 4004 Sez. I, 19 dicembre 1969, n. 4005 Sez. I, 7 gennaio 1970, n. 21 Sez. Un. 19 gennaio 1970, n. 100 Sez. Un. 19 gennaio 1970, n. 101 Sez. Un. 19 gennaio 1970, n. 102 Sez. Un. 20 gennaio 1970, n. 111 Sez. I, 21 gennaio 1970, n. 126 . pag. 1 4 6 9 12 15 13 16 18 25 26 28 29 25 30 33 35: pag. 37 81 85 88 140 92 95. 101 103 105 108. 113 116 118 12554 43 56 142: 128 6() INDICE XIII Sez. I, 22 gennaio 1970, n. 136 . pag. 64 Sez. I, 28 gennaio 1970, n. 178 . 67 Sez. I, 30 gennaio 1970, n. 208 . 69 Sez. III, 6 febbraio 1970, n. 264 119 Sez. I, 9 febbraio 1970, n. 300 131 Sez. I, 9 febbraio 1970, n. 302 . 136 TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE 29 ottobre 1969, n. 30 . . ........ pag. 146 LODO ARBITRALE 3 novembre 1969, n. 61 (Roma) . . . . . . . . . . . . . pag. 161 GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 5 novembre 1969, n. 631 pag. 71 Sez. IV, 5 novembre 1969, n. 642 71 Sez. IV, 5 novembre 1969, n. 668 72 Sez. IV, 5 novembre 1969, n. 676 73 Sez. IV, 12 novembre 1969, n. 707 74 Sez. IV, 18 novembre 1969, n. 720 . 74 Sez. IV, 25 novembre 1969, n. 728 . 75 Sez. IV, 3 dicembre 1969, n. 747 76 Sez. IV, 3 dicembre 1969, n. 749 77 Sez. IV, 3 dicembre 1969, n. 759 78 Sez. IV, 3 dicembre 1969, n. 763 78 Sez. IV, 9 dicembre 1969, n. 771 79 Sez. IV, 9 dicembre 1969, n. 775 79 GIURISDIZIONI PENALI CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 27 maggio 1961), n. 1569 ........ pag. 167 SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA RASSEGNA DI DOTTRINA SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA RASSEGNA DI DOTTRINA MoNTEL A. -PROTETTI E., Possesso e azioni possessorie nella giurisprudenza, CEDAM, Padova 1970 . . . . . . pag. 1 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE LEGGI E DECRETI (segnalazioni) .......... pag. 3 NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMIT COSTITUZIONALE -Norme dichiarate incostituzionali: codice di procedura penale, art. 168, secondo comma codice di procedura penale, art. 195 . . . . . . . . d.lg. 15 maggio 1946, n. 455, artt. 26 e 27 . . . . . d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 198, secondo comma legge 15 luglio 1966, n. 604, art. 10 . . legge reg. sic. appr. 12 novembre 1969 . . . . . . -Norme delle quali stata dichiarata non fondata la questione di legittimit costituzionale: codice di procedura penale, art. 15, primo e quinto comma .................. . codice di procedura penale, art. 219 . . . . . . . codice di procedura penale, art. 372, art. 392 e art. 398 codice di procedura penale, art. 374 . . . . . . . codice di procedura penale, art. 409 . . . . . . . codice di procedura penale, art. 630, secondo comma r.d. 17 agosto 1935, n. 1765, art. 4, quinto comma .. d.lg. C.P.S. 29 luglio 1947, n. 840, art. 1 . . . . . . d.P.R. 24 .giugno 1954, n. 342, art. 4, tariffa allegato A d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, art. 113, quinto comma d.P.R. 27 novembre 1960, n. 1798 ... legge 20 maggio 1965, n. 507, art. 1 . . d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 204 legge reg. sic. appr. 10 dicembre 1969 . __: Norme delle quali stato promosso giudizio di legittimit costituzionale -Norme delle quali il giudizio di legittimit costituzionale stato definito con pronunce di estinzione, di inammissibilit, di manifesta infondatezza o di restituzione degli atti al giudice di merito . . . . . . . . . . . 3 3 4 4 4 4 4 5 5 5 5 5 5 6 6 6 6 6 7 7 7 7 INDICE xv INDICE DELLE CONSULTAZIONI Caccia e pesca . pag. 27 Concessioni amministrative 27 Confisca 28 Contrabbando 28 Costituzione 28 Danni di guerra 28 Dazi doganali 29 Edilizia economica e popolare . 29 Espropriazione per p.u. 29 Fallimento 30 (secondo l'ordine di materia) Foreste . pag. 30 Imposta di registro 30 Imposte e tasse 31 Imposta sul patrimonio 31 Imposte varie 32 Locazione di cose 33 Pensioni 33 Rappresentanza 34 Reati finanziari 34 Regioni 34 Responsabilit civile 34 GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE (*) CORTE COSTITUZIONALE, 11 luglio 1969, n. 123 -Pres. Branca Rei. Verzi -Parrino (n. c.) e Assessore alle Finanze Regione siciliana (Sost. avv. gen. dello Stato Agr). Imposte e tasse in genere -Riscossione imposte dirette -Impiegati delle Esattorie -Diverso limite di collocamento a riposo per uominie donne -Violazione del principio di eguaglianza -Esclusione. (Cost., art. 3, 37; d.P.R. 15 maggio 1963, n. 858, art. 140). Non fondata, con riferimento ai principi costituzionali di eguaglianza e di paritd giuridica della donna lvoratrice, la questione di legittimitd costituzionale dell'art. 140 T.U. 15 maggio 1963, n. 858, sulla riscossione delle imposte dirette, nella parte in cui dispone che il collocamento a riposo dei dipendenti delle Esattorie abbia luogo al 60o anno per gli uomini e al 550 anno per le donne (1). (Omissis). -1. -L'ordinanza della Corte d'appello di Palermo solleva la questione di legittimit costituzionale dell'art. 140 del testo unico delle leggi sui servizi di riscossione delle imposte dirette, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 15 maggio 1963, n. 858, in quanto -disponendo che vengano mantenuti in servizio gli impiegati delle esattorie fino al 550 anno di et, se donne, ed al 60 (*) A.lla redazione delle massime e delle note di questa sezione ha collaborato anche l'avv. RAi'FAELE CANANZI. (1) La questione era stata proposta con ordinanza 22 dicembre 1967 della Corte di Appello di Palermo (Gazzetta Ufficiale 20 aprile 1968, n. 102). Sulla particolare posizione della donna lavoratrice, pur nel rispetto del principio di eguaglianza di trattamento economico e normativo, cfr. la precedente sentenza della Corte 5 marzo 1969 n. 27, in questa Rass!!gna, 1969, 197. RASSEGNA DELL'AVVOCATtrRA DELLO STATO 2 anno, se uomini -violerebbe ,gli artt. 3 e 37 della Costituzione, i quali garantiscono alla donna lavoratrice parit di diritti rispetto al lavoratore. La questione non fondata. 2. -Occorre preliminarmente porre in rilievo che il fondo di previdenza per i dipendenti delle esattorie e ricevitorie delle imposte dirette -riordinato con la legge 2 aprile 1958, n. 377 -ha assunto la struttura di una gestione autonoma in seno all'Istituto nazionale della predenza sociale, e si uniformato ai princpi della assicurazione obbligatoria per ila invalidit, la vecchiaia ed i superstiti. Pertanto, l'articolo 21 della suindicata legge n. 377 del 1958 dispone -in conformit con l'art. 9 del regio decreto legge 14 aprile 1939, n. 636, sul riordinamento delle pensioni dell'assicurazione obbligatoria generale -che gli iscritti al fondo hanno diritto alla pensione quando possano far valere almeno 15 anni di contribuzione ed abbiano compiuto l'et di 60 anni se uomini e di 55, se donne. L'art. 140 del testo unico n. 858, del 1963, che stato impugnato, disciplina la posizione dei dipendenti delle esattorie o 'ricevitorie, nel momento della scadenza o della cessazione del contratto di esattoria, disponendo che il personale iscritto al fondo ha diritto di essere mantenuto in servizio senza soluzione di continuit. Non hanno tuttavia tale diritto quegli impiegati che abbiano raggiunto l'et di 60 anni se uomini e di 55 se donne ed abbiano maturato il diritto a pensione. Qualora all'et sopraindicata essi non abbiano ancora maturato tale diritto sono mantenuti in servizio fino a quando lo maturino, ma non oltre i cinque anni. Pertanto, diritto al mantenimento in servizio e diritto alla pensione sono intimamente legati: il primo cessa quando sorge il secondo; per l'uno e per l'altro identica l'et di 60 o di 55 anni. 3. -Secondo l'art. 37 della Costituzione, la donna ha gli stessi diritti e -a parit di lavoro -le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Sostanzialmente viene applicato in materia di lavoro il principio di uguaglianza di fronte alla legge, senza distinzione di sesso, proclamato in via generale dall'art. 3. Vale pertanto anche in questa materia quanto ha gi costantemente ritenuto questa Corte, che cio la Costituzione non vuole un livellamento generale, n una uguaglianza meccanicamente applicata, ma -tenendo conto delle esigenze dell'ordine giuridico e sociale -non si pu prescindere dalla ragionevole differenziazione di rapporti e di situazioni. In riferimento ad obibettive diversit, sarebbe infatti contrario al prillcipio di uguaglianza un trattamento non differenziato. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 3 Alla stregua di tali considerazioni, la Corte ritiene che non n irrazionale n arbitrario il principio, discrezionalmente fissato dal legislatore, in termini di generalit, che l'uomo possa essere licenziato quando abbia raggiunto l'et di 60 anni e la donna quella di 55 anni, ed abbiano maturato il diritto a pensione. Gi stato rilevato che sussistono innegabilmente particolari attitudini, che rendono i cittadini dell'uno o dell'altro sesso idonei a determinati uffici, e di tali attitudini, il legislatore pu tener discrezionalmente conto (sentenza n. 56 del 1958). Anche la ordinanza di rimessione riconosce che un criterio obiettivamente attitudinario pu essere ammesso come giusta causa di differenziato trattamento fra uomo e do!J-na. Orbene, il fatto di potere utilizzare le prestazioni della donna fino a 55 anni, piuttosto che fino a 60, tenendo conto deUa costituzione, della capacit, della resistenza a particolari lavori faticosi, del rendimento e di altri fattori, che si compendiano nel termine attitudine, importa una valutazione tecnica, normalmente consentita al legislatore. Necessit di adottare princpi uniformi per tutte le svariate categorie di donne lavoratrici, nel vasto campo della assicurazione obbligatoria generale, non consente evidentemente la distinzione fra lavoro e lavoro, oppure fra condizioni soggettive, -anche per non creare inutili e dannose discriminazioni nello stesso ufficio o nella stessa fabbrica -sicch il legislatore razionalmente ha ritenuto di adottare un unico criterio generale, fissando l'et di '55 anni perch la donna acquisisca il diritto a pensione.' E, se il legislatore partito dal presupposto che la attitudine al lavoro, in via di massima, viene meno nella donna prima che nell'uomo, in genere di maggiore resistenza fisica, non pu dirsi che siffatta valutazione del legislatore sia arbitraria. , 4. -Pe:r altro, la norma impugnata non viola, sotto un diverso pro\ filo, il principio di parit di diritti della donna lavoratrice. Ed invero, \~a norma costituzionale non afferma soltanto questa parit, ma intende \ltresi salvaguardare l'essenzialit della funzione familiare della donna. ~rci, rimette al legislatore il potere di fare alla donna un trattamento -,erenziato, stabilendo condizioni di lavoro che le permettano di \re gli interessi familiari. La Corte ritiene che rientri fra questi \J, sia pure in modo indiretto, anche quello di limitare nel tempo ~odo in cui la donna venga distratta dalle cure familiari e di \ire che, giunta ad una certa et, essa torni ad accudire esclusi' alla famiglia, con l'apporto anche di quella pensione che le .u.a. L'art. 37 fa espressamente una riserva di legge per il limite minimo di et per il lavoro salariato della donna; e le ragioni che suffragano tale riserva possono, quanto meno in parte, valere per la fissazione di un limite massimo di et in connessione con l'assicurazione generale obbligatoria. -(Omissis). 4 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 11 luglio 1969, n. 125 -Pres. Branca - Rel. Benedetti -Menichini (n. c.) e Amministrazione delle Finanze dello Stato (Sost. avv. gen. dello Stato Tracanna). Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Proponibilit dell'azione giudiziaria dopo l'iscrizione a ruolo del tributo -Violazione del principio di difesa-Illegittimit costituzionale. (Cost., art. 24, 113; legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 6, comma primo; r.d.l. 7 ago.sto 1936, n. 1639, art. 22). Sono costituzionalmente illegittimi, per contrasto con gli artt. 24 e 113 della Cos1Jituzione, gli artt. 6, primo comma, della legge 20 marzo 1865, n. 2284, all. E, e 22 r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, limitatamente alle parti in cui condizionano l'esercizio dell'azione del contribuente avanti aH'autoritd giudiziaria ordinaria alla pubblicazione del ruolo ed all'iscrizione a ruolo dell'imposta (1). (Omissis). -1. -In materia di controversie relative alle imposte dirette l'art. 6, comma primo, della legge 20 marzo 1865, n. 2248, alle gato E detta la regola particolare secondo la quale l'azione dinanzi all'autorit giudiziaria non proponibile fino a quando non abbia avuto luogo la pubblicazione dei ruoli. L'art. 22, comma quarto, del decreto legge 7 agosto 1936, n. 1639, a sua volta dispone che l'autorit giudi' ziaria pu essere adita dal contribuente anche dopo che sia interve nuta soltanto decisione definitiva della Commissione distrettuale o di quella provinciale, purch la relativa imposta sia stata iscritta a ruolo. .Con l'ordinanza di rimessione viene denunciata l'incostituzionalit delle indicate disposizioni rilevandosi che, costituendo .l'iscrizione e pubblicazione del ruolo una indispensabile condizione per la propo nibilit dell'azione giudiziaria, evidente che la tutela giurisdizionale del contribuente garantita dagli artt. 24 e 113 della Costituzione viene (1) La questione era stata proposta con ordinanza 30 ottobre 1967 della Corte di Appello di Napoli (Gazzetta Ufficiale 15 giugno 1968, n. 152). Le norme ora espunte dall'ordinamento traevano giustificazione dottri nale sulla teorica della inammissibilit di un accertamento -senza imposi zione, e quindi di una posizione di interesse legittimo del contribuente prima dell'atto impositivo concreto (PUGLIESE, Diritti subiettivi e interessi legittimi di fronte alla giuriisdizione triibutaria, Riv. it. dir. fin. 1938, I, 68. ALLORIO, Diritto processuale tributario, Torino, 1953, 19). D'altra parte, dopo che la giurispruden:zJa della Corte Suprema aveva ammesso le azioni di accertamento negativo (cfr. fra le ultime senten2ie, Sez. un. 8 giugno 1968, .. 1751, Giur. it., 1968, I, 1540), tale prospettazione dottrinale non era pi sostenibile; e le stesse norme di cui alla sentenza in rassegna avevano un significato quasi esclusivamente triadizionale, senza corrispondere neanche ad una pratica utilit per l'Amministraizone Finanziaria. ~ll#'"@!IW~l~Ali'iJiJIFl..J PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 5 ad essere limitata ritardandosene l'esperibilit al verificarsi di un presupposto che non pu ritenersi giustificato da alcun interesse dell'Amministrazione finanziaria. 2. -La questione fondata. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, ricordata dal giudice a quo, i citati precetti costituzionali consentono al legislatore ordinario di regolare modi ed effkacia della tutela giurisdizionale e di subordinarne l'esercizio al verificarsi di presupposti e condizioni differendola nel tempo. Quel che tuttavia occorre, perch una disciplina del genere non si riveli arbitraria e quindi in contrasto con il fondamentale principio della tutela giurisdizionale, la presenza di concrete esigenze, di apprezzabili interessi il cui necessario soddisfacimento nei giustifichi l'emanazione. Ora tutto ci non ricorre nel caso delle norme denunciate. Esse pongono in essere un presupposto per la valida costituzione del rapporto processuale dinanzi al giudice ordinario che non appare giustifi-. cabile in relazione alla esigenza dell'Amministrazione di attuazione qella .pretesa tributaria. La proposizione dell'azibne giudiziaria, dopo l'espedmento, almeno in un grado, del ricorso dinanzi alle Commissioni tributarie e prima della iscrizione a ruolo, non preclude all'Amministrazione il diritto di realizzare il suo credito. Anche in pendenza del giudizio ordinario infatti, in forza del principo generale dell'esecutoret dell'atto amministrativo, pu procedersi alla iscrizione e pubblicazione del ruolo nonch alla riscossione coattiva del tributo. Sotto tale profilo quindi l'interesse del fisco non riceve alcuna particolare tutela dalle norme impugnate. Diversa invece, proprio sotto l'aspetto considerato, la posizione del contribuente al quale le disposizioni in esame innegabilmente precludono di chiedere una sollecita tutela del proprio diritto ritenuto leso. Iscrizione e pubblicazione del ruolo sono atti necessariamente conseguenti all'accertamento che assolvono alla :llunzione di rendere esigibile l'eventuale azione esecutiva della finanza. Non sostenibile che prima della pubblicazione del ruolo manchi un interesse giuridico concreto ed attuale del contribuente a chiedere la dichiarazione giudiziale di illegittimit di un accertamento tributario gi compiuto dall'Amministrazione ed in relazione al quale altres intervenuta nella fase d'impugnazione in sede amministrativa una decisione definitiva delle competenti Commissioni tributarie. Una tempestiva azione di tutela dei propri diritti offre al contribuente maggiori possibilit di ottenere una decisione di accoglimento prima ancora che sia stata soddisfatta, in tutto o in parte, spontaneamente o in via coattiva, l'obbligazione tributaria. Le norme denunciate, quindi, poich non assolvono allo scopo di tutela di un interesse dell'Amministrazione e limitano per contro. 6 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO frapponendo un ingiustificabile ritardo, la tutela giurisdizionale del soggetto privato, vanno dichiarate costituzionalmente illegittime. ( Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 11 luglio 1969, n. 126 -Pres. Branca - Rel. Reale -Soc. Masturzo (avv. Castelli) e Presidente del Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Chiarotti). Imposte e tasse in genere -Imposta di conguaglio sui prodotti impor tati -Violazione della riserva di legge -Illegittimit costituzio nale -Esclusione. (Cost., art. 23,76; legge 31 luglio 1954, n. 570, art. 1, 3). Poich l'art. 23 della Costituzione non vieta che, con l'osservanza dei limiti del successivo art. 76, possa essere demandata al Governo l'emanazione di atti normativi in materia di imposte aventi lo stesso valore della legge ordinaria, sono costituzionalmente legittimi gli articoli 1 e 3 della legge 31 luglio 1954 n. 570, istitutivi dell'imposta di conguaglio sui prodotti importati, costituendo essi l'esercizio di una formale delega legislativa al Governo nella materia (1). (Omissis). -1. -La questione sollevata con l'ordinanza sopra riferita della Corte d'appello di Napoli ha per oggetto .gli artt. 1 e 3 della legge 31 luglio 1954, n. 570, concernente la disciplina dei due diversi regimi tributari dei prodotti industriali indicati in apposite tabelle: la restituzione, all'atto della loro esportazione, dell'imposta generale sull'entrata (art. 1, primo comma) e l'istituzione di una imposta di conguaglio dovuta al momento della importazione (art. 1, secondo comma). L'art. 3 dispone poi che alla formazione ed approvazione delle tabelle predette, quella riguardante l'elenco dei prodotti per i quali stabilita la restituzione dell'LG.E. (all. A) e quella concernente, invece, le merci colpite da imposta di conguaglio (all. B), autorizzato Il Presidente della Repubblica, con proprio decreto, emanato su proposta del Ministro per le finanze, di concerto con i Ministri per il bilancio, per il tesoro, per l'industria e commercio e per il commercio con l'este (1) La questione era stata proposta con ordinanza 5 gennaio 1968 della Corte di Appello di Napoli (Gazzetta Ufficiale 6 J.uglio 1968, n. 170 . In giurisprudenza, per la natura ed autonomia dell'imposta in questione, cfr. Cass., Sez. Un., 27 giugno 1969, n. 2309 e 23 luglio 1969, n. 2779. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 7 ro, sentito il Consiglio dei Ministri., entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge stessa ed osservati i criteri stabiliti nell'art. 2. In quest'ultimo articolo, non impugnato, i prodotti soggetti agli speciali regimi sopra accennati sono classificati in quattro categorie, I con riguardo alla corrispondente incidenza della imposta generale sull'entrata e sono determinate le aliquote, rispettivamente del rimborso o del conguaglio, per ciascuna di esse. Le tabelle, riguardanti tali prodotti, sono state poi approvate con decreto del Presidente della Repubblica 14 agosto 1954, n. 676, ema I nato appunto in virt dell'autorizzazione contenuta nel citato art. 3. La Corte d'appello, in riferimento al caso in esame, nel quale I si controverte circa l'applicazione, all'atto della loro importazione, della imposta di conguaglio a quantitativi di olii vegetali destinati alla raffinazione, in conformit della tabella B (parte IV) allegata al decreto del Presidente della Repubblica summenzionato, nuove dalla premessa che nella specie non sia da ravvisarsi una delega legislativa, a norma dell'art. 76 della Costituzione. Il ricordato art. 3 non attribuirebbe testualmente l'esercizio di potere legislativo al Governo, ma conterrebbe l'autorizzazione ad emanare un provvedimento amministrativo (di cui l'ordinanza non indica la natura), volto a stabilire in quali casi l'introduzione di un prodotto industriale nel territorio dello Stato legittimi la pretesa dell'amministrazione finanziaria di esigere l'imposta di conguaglio e determinando cos, in definitiva, un presupposto sostanziale dell'imposta. Un provvedimento, cio, che sarebbe esercizio non di mera discrezionalit tecnica amministrativa nella specificazione delle modalit del tributo, ma di una scelta politica riservata invece agli organi legislativi, ai senti dell'art. 23 della Costituzione. La questione non fondata. 2. -L'art. 3 della legge in esame deve essere infatti interpretato come norma di delegazione legislativa e non come autorizzazione ad emanare un provvedimento di natura diversa, tale da giustificare le ulteriori illazioni della Corte d'appello. Si deve premettere che alla confiugrazione della delega non osta il principio della riserva legislativa in materia tributaria. La garanzia stabilita nell'art. 23 della Costituzione non vieta che, con l'osservanza dei limiti stabiliti dall'art. 76 della stessa Carta costituzionale, possa essere demandata al Governo l'emanazione di atti normativi in materia di imposte aventi lo stesso valore della legge ordinaria, purch la volont del Parlamento a delegare l'esercizio della funzione legislativa, trovi essa stessa espressione nella legge formale, a conclusione della normale procedura di esame ed approvazione della legge, come nella specie appunto avvenuto, in conformit dell'art. 72 ultimo comma della Costituzione. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 8 N pu dubitarsi che con l'art. 3 della legge n. 570 del 1954 il Governo sia stato legittimamente delegato ad emanare un provvedimento avente valore di legge nella materia in esame. Non vale obiettare in contrario, come si fa nell'ordinanza di rinvio, ehe l'autorizzazione a formare .gli elenchi dei prodotti soggetti ad imposta di conguaglio sarebbe di,retta non al Governo, Qosi come richiesto dall'art. 76 della Costituzione, ma all'autorit amministrativa. La formulazione dell'art. 3 della legge in esame, invece, se pur non indica espressamente il Governo quale destinatario dell' autorizzazione ad emanare l'atto delegato, si riferisce sostanzialmente al Governo della Repubblica attesa la puntuale indicazione degli organi che, a norma dell'art. 92, primo comma, lo compongono. Tanto la legge attributiva del potere, quanto il decreto emanato. sulla base di esso, eqntengono la formula e sentito il Consiglio dei Ministri : formula non rarwrnente usata nella prassi per indicare la deliberazione del Consiglio dei Ministri, necessaria all'esereizio della delega. L'intento del Parlamento di conferire al Governo la delegazione legislativa pe.r la formazione delle tabelle, indicate nell'art. 1 della legge, ed in ispecie quella dei prodotti soggetti ad imposta di conguaglio, emerge d'altra parte, senza possibilit di equivoco, dai lavori preparatori della stessa legge impugnata. inoltre confermato, e ci vale anche ad integrare la piena osservanza del disposto dell'art. 76 della Costituzione, dal concorso, nell'articolo 3, dei requisiti univoci, che condizionano la legittimit della delegazione stessa: la determinazione, cio, dei criteri e principi drettivi contenuti nell'art. 2 della legge, la definizione dell'oggetto e, in ultimo, la prefissione del termine di tre mesi per l'esercizio del poteredovere delegato. Elemento quest'ultimo che riveste particolare rilievo in riferimento alla disposizione dell'art. 11 della legge impugnata, subordinante alla entrata in vigore del decreto presidenziale delegato l'efficacia della legge medesima. poi significativo che nel preambolo del dec,reto delegato non risulta l'audizione del parere del Consiglio di Stato, quale organo di consulenza obbligatoria in materia regolamentare: parere, del resto, nemmeno richiesto dalla legge impugnata. Del pari nello stesso de creto non ad esso attribuita alcuna qualificazione di regolamento od altra analoga. Ci, anehe su questo punto) in piena aderenza alla legge delegante. Di fronte a tali concordanti e decisivi rilievi rimangono privi di importanza gli argomenti che la Corte d'appello ha voluto trarre dalla successiva legge, anch'ess.a di delegazione, 7 luglio 1960, n. 633, il cui testo, malgrado qualche diversit di formulazione, non , nel suo contenuto, diverso da quello della legge in esame, come, del resto, si PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 9 opin nel corso dei lavori preparatori della suddetta legge e precisamente nella relazione della Commissione Finanza e Tesoro del Senato all'analogo disegno di legge n. 979, comunicato alla Presidenza del!' Assemblea il 9 giugno 1960. In tale documento si accenn, infatti, alla legge ora impugnata come caso aderente a prassi costante di delegazione al Governo di attivit legislativa nella materia in oggetto, all'esercizio del quale potere delegatorio il Parlamento era nuovamente chiamati). -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 22 gennaio 1970, n. 1 -Pres. Branca Rei. Rocchetti -Zulian (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministd (Sost. avv. gen. dello Stato Casamassima). Corte Costituzionale -Giudizi incidentali di legittimit costituzionale -Giudice a quo -Pronuncia sull'ammissibilit dell'impugnazione -Natura giurisdizionale. (Cost., art. 134; legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 2.3; c.p.p., art. 207). Procedimento penale -Parte civile -Impugnazione della sentenza di proscioglimento dell'imputato -Limitazione ai soli casi di condanna della P. C. alle spese e ai danni -Illegittimit costituzionale relativamente al ricorso per Cassazione. (Cost., art. 3, 24, 111; c.p.p., art 195). ammissibile la questione di legittimit costituzionale sollevata in via incidentale dal giudice in sede di esame delibatorio di ammissi~ bilit dell'impugnich sulla nozione di contratto di guerra, affermata alla stregua dell'art. 4 del d.l. 25 marzo 1948, n. 674, la Corte di appello si attenuta alla giurisprudenza di questa Suprema Corte (sent. n. 1.293 del 1962, secondo cui rientrano in tale generica ed esemplificativa espressione le varie situazioni nelle quali, per ragioni belliche contingenti, sono instaurati rapporti giuridici tra l'amministrazione militare e privati per la prestazione di opere, lavori, beni o servizi comunque attinenti alla preparazione e condotta dalla guerra, con espressa esclusione dei rapporti specificamente rego RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO lati dalle leggi sulle requisizioni, senza che la preminenza dell'amministrazione, pur importando una limitazione dell'autonomia contrattuale, valga ad escludere la sostanziale natura di contratti nei rapporti stessi, sempre inquadrabil!i neglii schemi di diritto privato) correttamente ritenendo che nel caso si fosse in presenza di un tipico contratto di guerra, perch manifestazione di libera attivit negoziale, il motivo di ricorso deve essere rigettato. Quanto alla deduzione relativa alla mancata approvazione ministeriale, a parte il rilievo che il caso espressamente previsto dall'articolo 7 del r.d.l. 21 giugno 1940 n. 856, relativo alla gestione patrimoniale e finanziaria dello Stato in periodo di guerra, sta la circostanza che il Commissario per i contratti di guerra -organo del Ministero della difesa -ha proposto la liquidazione del relativo importo, determinando cos anche il prezzo. Col secondo motivo la ricorrente deduce violazione dell'art. 360 n. 1 e 3 c.p.c. in relazione al trattato di Pace tra Italia e Potenze Alleate, reso esecutivo con d.l. P.R. 28 novembre 1947 n. 1430 e ratificato con legge 25 novembre 1952 n. 3054, particolarmente articoli 80 e 81; accordo tra Italia e Jugoslavia reso esecutivo con d.P.R. 11 marzo 1955 n. 210, particotlarmente articoli 5 e 12. Premesso che la dizione dell'art. 80 del trattato di Pace, con il quale stato riconosciuto che l'Italia ha esaurito ogni richiesta o domanda delle Potenze belUgeranti e dei loro cittadini per perdite o danni risultanti da fatti di guerra sarebbe tanto ampia da comprendere anche i contratti di fornitura, come risulterebbe anche dal disposto del successivo art. 81, I'Amministrazione ricorrente sostiene che l'art. 12 dell'accordo tra l'Italia e la Jugoslavia, reso esecutivo con d.p. 11 maTzo 1955 n. 210 allorch dichiarava che esso costituisce il regolamento definitivo di tutte le obbligazioni reciproche di carattere economico e finanziario senza distinguere tra atti e contratti, comprende nel conto di riparazione tutti i rapporti economici connessi con lo stato di guerra, siano essi contratti, fatti dannosi o requisizioni. In conclusione ad avviso della ricorrente il Paic non sarebbe titolare di alcun diritto nei confronti dello Stato Italiano, ma potrebbe far valere la sua pretesa soltanto nei confronti dello Stato Jugoslavo. Anche il secondo motivo non fondato e deve essere rigettato. Oltre le argomentazioni sopra svolte e confutazione del pTimo motivo di ricorso le Sezioni Unite rilevano che, ferma l'interpretazione dell'art. 80 del trattato in relazione alla nozione di fatto di guerra, l'art. 12 dell'accordo italo-jugoslavo si riferisce generdcamente a tutte le obbligazioni derivanti dal trattato di pace e dagli accordi successivi .. Ne consegue che i rapporti contrattuali vengono in considerazione nei liimiti in cui il trattato di pace espressamente li prevede PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 43 (ad es. art. 81 per i contratti in vigore prima dell'esistenza dello stato di guerra). E poich il trattato di pace non prevede i contratti di guerra, frutto di libera attivit negoziale, altrettanto deve dirsi per l'art. 12 dell'accordo italo-jugoslavo che al trattato espressamente si riferisce. N si possono richiamare gli articoli 5 e 8 dell'accordo italo-jugoslavo, perch, detti articoli riguardano rapporti verificatisi nei territori ceduti alla Jugoslavia, come il richiamo dell'art. 5 al paT. 11 dell'allegato B dell'accordo del 23 dicembre 1950 dimostra. Inoltre, l'art. 5 ha per presupposto che il debitore abbia adempiuto la sua obbligazione. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 19 gennaio 1970, n. 100 -Pres. Flore -Est. Pratillo -P. M. Tavolaro I. (conf.) ~ Ministero Affari Esteri (avv. Stato Peronaci) c. Fallimento ditta F.lli Maggi (avv. Caruba e Cirenei) e Maggi Federico (avv. Regard e Jemolo). Competenza e ~urisdizione -Atto compiuto dallo Stato quale soggetto dell'ordinamento internazionale -Qualifica di illecito secondo il diritto interno -Ammissibilit -Domanda di risarcimento del danno -Giurisdizione dell'A.G.O. -Sussiste. Fallimento -Procedimento civile -Cause concernenti beni acquisiti al fallimento -Legitimatio ad processum del fallito -Esclusione - Rilevabilit ex officio -Sussiste. Responsabilit civile -Fatto illecito permanente -Nozione -Persistenza del diritto al risarcimento -Decorrenza della prescrizione. Prescrizione -Amministrazione non legittimata passivamente ad causam -Atti interruttivi -Effetti nei confrc;>nti dell'amministrazione legittimata. H principio della insindacabilitd da parte dell'A.G.0. di un atto internazionale, posto in essere dallo Stato nella esplicazione della sua sovranitd quale soggetto dell'ordinamento internazionale, non impedisce che tale atto venga in considerazione quale mero fatto storico , al quale si possa ricollegare la qualifica di fatto illecito secondo il diritto interno: pertanto, qualora si chieda la condanna della P. A. al risarcimento del danno che si assume derivato da tale fatto illecito RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (nella specie: disposizione non aii,torizzata di un bene altrui), sussiste in materia la giurisdizione del giudice ordinario (1). Non sussiste, ed il relativo difetto rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio, la legitimatio ad processum del fallito rispetto alle controversie concernenti beni e rapporti acquisiti al fallimento e di fatto tutelati in giudizio a cura del competente organo faliimentare (2). Ai fini della qualificazione di un fatto illecito come permanente non ha rilevanza il perdurare dell.'effetto antigiuridico del fatto stesso, bens solo il perdurare della consumazione, onde l'illiceit del comportamento lesivo non si esaurisce in un unico istante, ma si protrae nel tempo, concretandosi in una violazione ininterrotta del diritto altrui: in questo caso, il diritto al risarcimento del danno sorge con l'inizio del fatto illecito generatore del danno stesso, ma con questo persiste nel tempo, rinnovandosi di momento in momento, con la conseguenza che la prescrizione, secondo la regola del suo computo, ha inizio da ciascun giorno rispetto al fatto gi verificatosi e al corrispondente diritto al risarcimento (3). (1) Conforme: Cass. SS. UU. 1 luglio 1968, n. 2204, citata in motivazione, che trovasi pubblicata in Giust. civ. 1968, I, 1595. Non risultano altri precedenti specifici, cio con riguardo alla giurisdizione dell'A.G.O. sugli atti di disposizione dell'altrui propriet compiuti dallo Stato italiano nella esplicazione dell:a sua attivit di soggetto del.l'ordinamento internazfonale (in particolare, in adempimento degli obblighi assunti con gli accordi esecutivi delle clausole del Trattato di Pace in materia di riparazioni alle potenze alleate). Il secondo princiipio di cui applicazione nella massima in rassegna, cio quello della giurisdizione dell'A.G.O. in materia di azione di risarcimento del danno derivante da fatto illecito della P.A., pacifico: cfr. Oass. 17 giugno 1967, rn. 1425, in Giust. civ., 1967, I, 1405. Sulla giurisdizione dell'A.G.0. in materia di indennizzi per i beni italiani in Jugoslavia ceduti a quest'ultima per effetto delle convenzioni esecutive del Trattato di Pace, cfr. Cass. SS. UU. 28 aprile 1964, n. 1017, in questa Rassegna, 1964, I, 683 sub 3-4 (686), con nota critica di ZAGARI. (2) Sulla rilevabilit ex officio del difetto di legittimatio ad processum del :liallito, cfr. Cass. 15 novembre 1967, n. 2734, in Giust. civ., Mass., 1967, 1425; contra: Cass. 7 gennaio 1967, n. 54, ibidem, 27; in dottrina: ALvINo, La capacit processuale del fallito, in Dir. fall., 1963, II, 476; PROVINCIALI; Manuale di dir. fall., 4 ed. (1952), I, 674 ss.; SATTA, Istituzioni di dir. fall., 4 ed. (1953), 144 e nt. 235. Ancora sulla rilevabilit ex officio (peraltro solo nel caso di specie) cfr. Cass. SS. UU. 15 giugno 1967, n. 1390, in questa Rassegna, 1967, I, 800, con nota di richiami di ARGAN. La sentenza Cass. 24 maggio 1968, n .1569, citata in motivazione, sulla rilevabilit ex officio, in linea generale, di tutte le questioni riguardanti la legitimatio ad processum, trovasi pubblicata in Foro it., 1968, I, 2147. (3) Sui concetti di fatto illecito permanente e fatto illecito istantaneo con effetti dannosi perrmanenti e sulle differenti conseguenze in ordine alla decorrenza del termine prescrizionale, cfr. C:ass. 4 agosto 1966, n. 2167, PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 45 Gli atti interruttivi deUa prescrizione posti in essere nei confronti di una Amm.ne non legittimata passivamente ad causam producono i loro effetti anche contro l'A mm.ne effettivamente legittimata (4). (Omissis). -Con il primo mezzo sJ denuncia, in riferimento all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. ed all'art. 2043 e.e., la violazione delle norme e dei principi sulla sovranit dello Stato quale soggetto di diritto internazionale, e sulla separazione ed autonomia dell'ordinamento giuridico interno da quello internazionale, nonch degli ,artt. 76, nn. 1, 5 e 79 del trattato di pace, 3 della legge 27 dicembre 1953, n. 968, I della legge n. 1050 del 29 ottobre 1954, 2 lett. a) e 6 lett. g) del D.P.R. n. 946 del 17 agosto 1955, dell'accordo italo-brasiliano dell'8 ottobre 1949, reso esecutivo in Italia con legge n. 623 del 27 maggio 1950, dell'art. 2 della legge n. 2248 all. E del 20 maggio 1865, nonch omesso esame e motivazione su punto decisivo della controversia. Sos,tiene il Ministero ricorrente che lo Stato italiano, nello stipulare l'accordo del 6 dicembre 1941 con lo Stato brasiliano per la vendita fittizia di alcune navi battenti bandiera italiana, tra cui la Librato appartenente alla citata in motivazio11e, pubblicata in Foro it., 1966, I, 1671 e in questa Rassegna, 1966, I, 1253, con nota di richiami. In senso difforme Cass. 23 agosto 1962, n. 2641, in Foro it., Rep. 1962, voce pre,scrizione civile ., n. 29 (secondo cui anche nella ipotesi di fatto istantaneo con danno permanente la prescrizione decorre da ciascun giorno per il danno gi verificatosi). La giurisprudenza ha manifestato qualche incertezza anche a proposito della decorrenza del,fa. prescrizione nell'ipotesi di fatto illecito a carattere pennianente: contro l'indirizzo dominante, secoodo cui l!a prescrizione incomincia a decorrere da ogni giorno rispetto al fatto gi verificatosi (vedasi per tutti: Cass. SSUU. 29 aprile 1964, n. 1039, citata in motivazione, in questa Rassegna, 1964, I, 712 sub 4 (715); adde: Trib. Sup. AA.PP. 23 settembre 1964, n. 24, ibidem, 1168), Cass. 24 luglio 1965, n. 1744, in Foro it., 1965, I, 1386, ha ritenuto che la prescrizione decoITe dal momento in cui si verificata la prima lesione dell'altrui ,sfera giuridica, mentre Cass. 19 giugno 1961, n. 1440, in Foro it., 1961, I, 1315, con nota critica di ANDRIOLI, ha ritenuto che la prescrizione non corre per tutta la durata dell'illecito. (4) Non constano precedenti specifici, cio con riguardo all'efficacia interruttiva della prescrizione di atti di c-itazione notificati ad una Amm.ne non legittimata ad oausam nei confronti di quella effettivamente legittimata. Vedasi, invece, Cass. 26 ottobre 1963, n. 2843, in Foro it., 1964, I, 430, che ha riconosciuto efficacia di atto di costituzione in mora 'alla cltazione nulla per erronea indicazione e chiamata in giudizio di organo non avente la rappresentanza delJ.'Amm;ne in luogo di quello effettivamente investito della rappresentanza. Nello stesso .senso, in precedenza, Cass. 2 aprile 1960-, n. 746, i!n Giust. civ., 1960, I, 1395, e, successivamente, App. Firenze 7 luglio 1965, in Giur. toscana, 1966, 54. Ma questa giurisprudenza, basata sul presupposto che alla citazion-e null!a per un vizio formale, quale la falsa demonstratio dell'org,ano investito della rappresentanza processuale, non possa disconoscersi efficacia interruttiva della prescrizione, allorch il giudice di merito, con suo apprezZiamento RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO societ armatrice Fratelli Maggi ., avrebbe agito come soggetto di diritto internazionale, e che l'accordo stesso avrebbe carattere internazionale segreto: un espediente inteso a porre al riparo da appropriazione bellica le navi italiane da parte alleata. Quindi afferma che, nello svolgimento di tale attivit, non potrebbe configurarsi una colpa dello Stato italiano, che l'attivit stessa sarebbe insindacabile sul piano interno e, pertanto, non potrebbero sorgere diritti o interessi legittimi a favore del cittadino italiano, anche perch la scelta dei mezzi pi idonei per salvare la nave era rimessa al giudizio insindacabile del Governo, il quale ritenne essere l'espediente migliore quello della vendita fittizia. Infine sostiene che, a seguito e per effetto della conclusione del trattato di pace, si sarebbe dovuta, comunque, abbandonare la nave al Brasile, con atto di indiscutibile natura internazionale, in _sindacabile sul piano interno, con la conseguenza che lo Stato sarebbe tenuto a corrispondere al cittadino soltanto l'indennizzo dovuto in base alla speciale legislazione per il risarcimento dei danni di guerra; e conclude per il difetto di giurisdizione del giudice ordinario. Pur basata su elementi di fatto rispondenti a verit, infondata la eccezione del resistente fallimento secondo cui, avendo il Tribunale di Roma rigettata l'eccezione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario con la. sentenza del 7 luglio 1959, e non avendo il Ministero del Tesoro impugnata sul punto la pronuncia, vi sarebbe, al riguardo, il giudicato. Invero di quel Ministero venne negata la legittimazione passiva ad causam, tanto che, nella seconda fase, fu estromesso dal giudizio e l'eccezione di cui si tratta venne subito riproposta, una volta citato, dal vero legittimato passivo ad causam: il Ministero degli Affari Esteri, nei confronti del quale non pu parlarsi di giudicato interno, estraneo come fu alla prima fase del giudizio, nulla per l'irregolare costituzione del rapporto processuale. di fatto, ritenga che l'atto, bench nullo, sia venuto a conoscenza dell'organo al quale avrebbe dovuto essere direttamente rivolto qualsiasi atto stragiudiziale di costituzione in mora (cos: Cass. 2 aprile 1960, n. 746, cit.), ovvero allorch .si tratti di organo inferiore che abbia perci l'obbligo di riferire all'organo superiore competente a p'l'ovvedere o a resistere a1la domanda (cos: App. Firenze 7 luglio 1965, cit.), non pu evidentemente estendersi, n venire in discussione (salvo che per desumerne ru:gomento a contrario) nel caso di cui alla sentenza in rassegna, ove non si trattava di vizio formale derivante da falsa demostratio dell'organo competente alla rappresentanza, bens di difetto di legittimazione passiva ad causam deH'Amm.ne chiamata in giudizio: pertanto di tipico vizio extraformale della citazione, come tale costituente impedimento all'efficacia interruttiva della prescrizione propria di tale atto (arg. e contrario ex art. 2943, 3 comma, cic., che rappresenta appunto un'ecceziollle concernente un tipico vizio extraformale della domanda giudiziale, quale l'incompetenza del giudice adito). PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 47 N ha fondamento alcuno l'altra eccezione dei resistenti secondo cui, la prima volta in questa sede, il Ministero ricorrente avrebbe dedotto che la vendita fittizia, configurata a riscatto, della nave Librato al Governo brasiliano era da qualificare un accordo segreto, stipulato dallo Stato italiano quale soggetto di diritto internazionale, come tale insindacabile sul piano interno. Invero la tesi, gi chiaramente prospettata dal Ministero nella comparsa di risposta del 9 dicembre 1960 innanzi il Tribunale di Roma (nella quale si scriveva di cessione negoz1ata, insieme ad altre navi, della Librato , bloccata nelle acque territoriali brasiliane al momento della dichiarata non belligeranza dell'Italia, quale espediente per il suo passaggio temporaneo sotto bandiera brasiliana, al fine di assicurarne il ritorno sotto la bandiera nazionale una volta cessate le ostilit, in quanto, per essere nave di piccola stazza: 400 tonnellate, vecchia: varata nel 1896, dotata di una sola caldaia, con velocit oraria di 5 nodi e di scarsa autonomia, si pens inadatta alla traversata oceanica che si presentava quasi impossibile per la necessit di violare il blocco navale alleato), fu ben precisata nella comparsa conclusionale, innanzi lo stesso Tribunale, del 4 aprile 1963 (pagg. 5 e 20), e riproposta in modo quanto mai esplicito nell'atto di appello del 24 luglio 1963 (pagg. 4, 12, 13). N appare utile indugiare sul rilievo opposto dai resistenti che di tale accordo (asserito segreto) non sia stata data prova documentale alcuna perch, anche a considerare che tale accordo segreto internazionale sussista, il mezzo, per quanto concerne il preteso difetto di giurisdizione, infondato. Si deve premettere che l'attore ha chiesto il risarcimento dei danni ex art. 2043 e.e. per l'allegato illecito comportamento dell'Ambasciatore italiano in Brasile, il quale avrebbe venduto realmente, con patto di riscatto, al Governo brasiliano la nave Librato affermando, contro verit, d'essere stato a ci autorizzato dalla proprietaria societ armatrice alla quale non vers prezzo alcuno; o per non avere il Governo italiano esercitato, quando gli divenne possibile, cio in sede dell'accordo internazionale stipulato con il Brasile 1'8 ottobre 1949, il diritto di riscatto della nave suddetta, anzi per avere autorizzato quel Governo straniero a trattenere la nave stessa in i;!onto riparazioni di danni di guerra: e questa domanda che andava l,dubbiamente proposta innanzi il giudice ordinario. Non ha, infatti, iesto il fallimento la corresponsione dello speciale indennizzo per \lerdita della nave rimasta in acque territoriali straniere a seguito _ Latti di guerra a norma della legge n. 1050 del 1054 e del d.P.R. n. 896 del 1955, (che trova, invece, il suo fondamento nei doveri che incombono alla P. A. per ragioni di solidariet sociale: Sez. Un. sent. n. 2866' del 26 agosto 1953, n. 272 del 3 dicembre 1964), ed al riguardo del quale sussiste senz'altro la giurisdizione del Consiglio di Stato, del tutto diversi essendone il petitum e la causa petendi. 5 48 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Ci premesso, la Corte del merito non ha affatto negato, anzi ha affermato il dualismo tra ordinamento internazionale. ed ordinamento interno, in quanto trattasi di due ordinamenti originari-i e indipendenti, traendo essi la loro forza imperativa da se medesimi, non l'uno dall'altro, e le cui norme vincolano esclusivamente i distinti, rispettivi destinatari. Tale concetto si esprime in dottrina affermando che, di norma, il ~iritto internazionale fatto per il diritto interno, e viceversa: e proprio su tale concetto sostanzialmente basata la sentenza della Corte romana, la quale, peraltro, si adegua a principi recentemente stabiliti da questo Supremo Collegio (Sez. Un., sent. 2204 del 1 luglio 1968). Secondo i quali errato invocare il principio della insindacabilit giudiziaria interna degli atti internazionali, posti in essere dallo Stato nell'esplicazione della sua sovranit, se, in un giudi21io di risarcimento di danni sofferti, venga dedotto, come nella fattispecie, un comportamento illecito, .a norma del diritto interno, del Governo italiano. opportuno rilevare essere stato anche stabilito (sentt. n. 2866 del 26 agosto 1953, n. 544 del 22 febbraio 1955, n. 272 del 3 febbraio 1964) che le norme sul risarcimento dei danni di guerra hanno una funzione meramente sussidiaria, in quanto lo Stato pu essere chiamato a risarcire il danno che non sia stato ad altro titolo reintegrato, con la conseguenza che l'assunzione dell'onere dell'indennizzo dei danni di guerra da parte dello Stato a sensi della legislazione speciale (per c.d. responsabilit da atti o fatti legittimi), non esclude la responsabilit, per fatto illecito, in base alle norme del diritto civile, dell'autore del danno, anche se questo sia la P. A.: e pure se il danno rientri nella previsione della suddetta legislazione speciale, in quanto la pretesa allo speciale indennizzo di guerra nei confronti dello Stato non si concreta in un diritto soggettivo, bens nell'interesse legittimo ad una discrezionale erogazione. Pertanfo H danno, sebb_ene possa in base alla legislazione speciale essere anche considerato di guerra, risarcibile in base aJle norme ordinarie se di esso possa dimostrarsi essere stato causa efficiente il comportamento illecito anche della stessa P. A., fermo il divieto di cmulo delle due liquidazioni. I Orbene a torto si invoca, per negare la giurisdizione del giudice ordinario, il carattere di atto internazionale segreto della vendita, asserita fittizia, del natante Librato in data 6 dicembre 1941 ad opera del nostro Ambasciatore in Brasile, poich anche a qua1'ificare cosi tale atto, esso non viene in discussl6ne nella sua rilevanza di atto internazionale (ii! che soltanto escluderebbe il sindacato del giudice interno), bens come fatto storico., come sempllce .antecedente dell'atto di disposizione arbitraria di un bene altrui nell'ambito dell'ordinamento interno, che si inserisce nella fattispeciie dedotta dal fallimento unicam~nte nella sua materialit fenomenica. Non , infatti, in ~~jj rtrrnrrrswmiliHiliHBWwftfimI~mmmmrrnmm~mmmmrwrrmmmmmrwrr~:::mmmmrwr;grgr,;m0rg~rmm~m1m11m~rrr~mHmxfiltttl PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 49 discussione la sua rilevanza giuridica nell'ordinamento internazionale che resta, quindi, impregiudicata, sibbene in discussione la ,rilevanza giuridica sua circoscritta a quel comportamento imputato all'Ambasciatore che in s integra e assorbe .U modello legale di un illecito civile (ossia la indebita alienazione di un bene privato altrui, per essersi l'Ambascfatore presentato falsamente anche a suo nome come mandatario della privata societ armatric~ proprietaria della nave da lui venduta), e ci al fine di farne derivare le diverse conseguenze determinate dal distinto ordinamento interno. Il giudice ordinario non dunque chiamato ad esercitare un sindacato sull'atto internazionale, ma ad accertare se, effettivamente, sia stato ,commesso un illecito secondo il diritto interno, e ci non implica un controllo sul potere sovrano dello Stato come soggetto di diritto interna21ionale, dovendo il giudice stesso soltanto stabhlire se da parte della P. A. sia stato tenuto un comportamento contrario alle norme dell'ordinamento interno relative all'obbligo di non violare il diritto altrui di propriet. E cos anche per quanto riguarda l'accordo italobrasiliano dell'8 ottobre 1949, reso esecutivo in Italia con legge n. 623 del 27 maggio 1950, la Corte del merito non ne ha affatto discusso la legittimit quale accordo internazionale, avendo, invece, ritenuto, quale constatazione di fatto, che, con tale acl!ordo, la P. A. aveva rinunciato a far valere (mentre avirebbe potuto valersene, dato che aveva fatto restituire altre navi dialiane ai rispettivi proprieta:rd.) il patto di riscatto relativo al contratto dii venddta della Librato , cosi danneggiando la societ armatrice Fratelli Maggi . Deve essere, ora, preso in esame H quinto mezzo con il quale il Ministero ricorrente, denunciando la violazione dehl'art. 43 della legge fallimentare, si duole che la Corte del merito abbia riconosciuta al fallito Federico Maggi la legittimazione processuale, nonostante che fosse presente in giudizio il curatore del faLlimento. Il mezzo fondato. Nell'interpretare gli artt. 42, 43 della legge fallimentare, questo Supremo Collegio ha costantemente ritenuto (cfr. sentt. n. 1530 del 15 lugJ..io 1965, n. 54 del 7 gennaio 1967) che il fallita conservi la sua capacit processuale non solo relativamente ai beni ed ai diritti non acquisibili alla massa fallimentare (art. 46 l.f.), ma anche vispetto a quei rapporti di diritto patrimoniale che, pur essendo suscettibili d'essere compresi nel fa1limento, di fatto non vi vi.entrano, per essersi gli organi falHmentari deliberatamente disinteressati ad. essi, omettendo di agire o resistere in giudizio per la tutela dei medesimi. Contrasto sussiste, invece, nel caso in cui il fallito intenda tutelare personalmente e direttamente beni o rapporti acquisiti al falli-f' i: ~: mento pur avendo, per essi, gli organi fallimentari dimostrato concreto f'. '" interesse: che , poi, H caso di specie in quanto il curatore, con citai' zione notificata il 6 marzo 1959, aveva convenuto il Ministero del I I e i: ,, ~ jilj?~/!YfWWAWJIW~Alllmf~AY~ RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Tesoro per chiedere il risarcimento dei danni seguiti alla perdita della Librato (e riassunto il relativo giudizio dopo la sentenza n. 2520 del 1 ottobre 1961 di questa Suprema Corte) e, poi, ancora citato, con atto del 4 agosto 1960, anche il Ministero degli Affal'i Esteri al medesimo fine, mentre soltanto con citazione del 17 aprile 1962 il fal1ito Federico Maggi convenne detto Ministero allo stesso scopo. Con alcune sentenze si ritenuto (cfr. n. 3334 del 18 ottobre 1958, n. 2307 del 5 agosto 1960, n. 83 del 15 gennaio 1965) che la perdita, in questi casi, da parte del fallito, della capacit processuale sia relativa alla massa dei creditori e non assoluta, cosicch .soltanto al curatore dato eccepirla. Con altre, invece, (sentt. n. 2292 del 30 giugno 1936, n. 3762 del 29 dicembre 1935; quindi ancora con la recentissima n. 2734 del 15 novembre 1967) si ritenuto che tale perdita sia assoluta e, pertanto, rdlevabile da chiunque ed anche ex officio. Queste Sez. un: ritengono di dover aderire a questa seconda tesi, peraltro seguita dalla pi accreditata dottrina. giurisprudenza costante della Cassazione (cfr. sent. n. 1569 del 24 maggio 1968) che le questioni riguardanti la legittimatio ad processum sono prospettabili e rilevabili d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento, e non si comprende perch si debba fare eccezione per il caso in paroila, quando l'art. 43 l.f. dispone che: e nelle controversie, anche ili corso, relative a rapporti di diritto patrimoniale del fallito compresi nel fallimento sta in giudizio il curatore ; e che il fallito pu intervenire nel giudizio solo per le questioni da1le quali pu dipendere un'imputazione di bancarotta a suo carico o se l'intervento previsto dalla legge . Tale norma conseguenza diretta e necessaria della perdita, da parte del fallito, dell'amministrazione e della disponibilit dei suoi beni (aTt. 42 I. fal.), dato che non concepibile, in relazione all'art. 75 c.p.c., la persistenza della capacit processuale quando manchi la disponibilit del relativo diritto sostanziale, sia, cio, venuta meno la legittimazione negoziale. , altresi, evidente che, nel caso in esame, non pu parlarsi di causa comune tra cuTatore e fallito se il primo, organo pubblico dell'ufficio fallimentare, subentra (art. 31 I. fal.) nell'intera situazione giuridica del patrimonio del secondo e dei rapporti reciproci tra quest'ultimo e i suoi creditori quanto ai beni compresi nel fallimento, e se, proprio per tale moitvo egli viene investito dalla legittimazione processuale che, in tale ambito, da ritenersi esclusiva secondo la legge, per quella sostituzfone che in conseguenza del fallimento, l'ufficio opera a carico del fallito. Risulta quindi evidente l'interesse della controparte ad opporsi all'intervento, privo di giustificazione, del fallito, non fosse altro, per non essere esposto al pericolo di ulteriori spese processuaJ.i in caso di soccombenza. Mai, dunque, il fallito pu essere parte nei giudizi promossi dal curatore relativi a casi come quello di specie: il fallito pu soltanto interve PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 51 nirvi nei limiti espressamente stabiliti dall'art. 43 I. fal. che non ricor rono in questa causa. Con il secondo mezzo il Ministero ricorrente denunciando, in riferimento all'art. 360 nn. 3, 5, c.p.c., la violazione dell'art. 2947, comma 1, cod. civ., nonch mancanza o insuffidenza e contraddittoriet di motivazione su punto decisivo della controversia, sostiene ohe la Corte del merito av,rebbe errato nel rigettare l'eccezione di prescrfaione quinquennale del diritto della impresa armatrice fall!ita al risarcimento dei danni. Deduce, in particolare: che i pretesi atti interruttivi furono posti in essere nei confronti del Ministero del Tesoro, non di esso ricorrente, mentre (in virt del noto assetto amministrativo dello Stato relativamente alle competenze ad impegnare pubbliche spese) gli effetti interruttivi della prescriz;ione non potevano prodursi che nei confronti del Ministero competente; che la lettera del 7 gennaio 1953 del fallimento della impresa Fratelli Maggi al Ministero del Tesoro fu inviata dodici anni dopo la vendita fittizia della nave, ciio quando la prescrizione si era da tempo maturata; mentre, se avesse inteso ritenere non verificatasi la prescrizione quinquenn;ile rispetto aUe conseguenze dell'accordo italo-brasiliano deH'8 ottobre 1949, la Corte del merito avrebbe dovuto darne atto espressamente. Ed ancora: che la nota del 30 gennaio 1953 del Ministero ciel Tesoro al Presidente del Tribunale di Genova sarebbe stata erroneamente interpretata come riconoscimento della fondatezza dell'azione di risarcimento dei danni, anche per aver la Corte di Appello omesso di porla in relazione agli altri documenti alla nota stessa collegati, principalmente alla lettera del 16 :febbraio 1953 (diretta pure al Presidente del Tribunale di Genova), dal quale collegamento sarebbe risultato che il Ministero del Tesoiro non aveva inteso ri:lierirsi ad una azione di risarcimento di danni ex art. 2043 e.e., sibbene ad un indennizzo, quale sarebbe stato disposto sulla base della legge in corso di emanazione da parte del Parlamento. Infine che nessun ostacolo giuridico aveva impedito alla ditta Fratelli Maggi e al suo fallimento di esercitare l'azione di risarcimento prima dell'emanazione del d.m. 19 luglio 1960 con cui era stato Hquidato l'indennizzo per danni di guerra; che, comunque, anche ammesso che la prescrizione fosse stata I interrotta per effetto della lettera in data 7 gennaio 1953 e della nota del 30 gennaio 1953 del Ministero del Tesoro, il termine prescrizionale si era di nuovo maturato alla data di notificazione della citazione allo I stesso Ministero (6 marzo 1959). ~ Posto che trattasi senz'altro di prescrizione quinquennale (arti- colo 2947 e.e.), essendo stata indubbiamente proposta un'azione di ;; f: risarcimento di danni ex art. 2043 e.e. sul presupposto di un illecito i;,, commesso dallo Stato e non, come stato ventilato, di prescrizione i: ( t decennale, relativa ad un'azione di revindica di cui non si mai par-[: Iato nei giudiite da altre norme legislative, il.Ministro per gli scambi e per le valute ha la facolt di (1) La decisione in esame costituisce corretta applicazione delle norme e dei principi in tema di sanzioni per la viol,azione delle leggi finanziarie in generale, elaborata sulla scorta alllche dei concetti propri del diritto penale. Per quel che concerne la pena pecuniaria, prevalente l'odentamento che, pur risolvendosi in una obbligazione di natura civile, caratterizzata dalla funzione punitiva (cfr. Cass. 1 marzo 1967, n. 446, in questa Rassegna, 1967, I, 305; in ordine alla prescrizione cfr. Cass. 15 giugno 1967, n. 1399 ivi, 880), sicch applicabile nei confronti di coloro che si siano resi responsabili dell'illecito, sia direttamente che indirettamente per avere omesso di impedirne la consumazione. All'uopo l'art. 12 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, contenente norme generali per la repressione delle violazioni delle .leggi finanziarie, con disposizione analoga a quella dell'art. 4 r.d. 5 dicembre 1938, n. 1929 per la PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 55 inflig.gere ai trasgressori, con proprio decreto, pene pecuniarie, in misura non superiore ad un quintuplo del valore delle divise, dei titoli, delle merci o delle altre cose che costituiscono l'oggetto della violazione. La stessa pena pecuniaria pu essere inflitta a chiunque compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere una delle violazioni prevedute dall'articolo precedente, nonch a chiunque agevola il compimento di una di dette violazioni, ovvero ne ostacola lo accertamento. Art. 4 -Per le violazioni prevedute dall'art. I che siano commesse da chi soggetto all'altrui autorit, direzione o vigilanza, la persona rivestita dell'autorit o incaricata della direzione o vigilanza tenuta in solido al pagamento della pena pecuniaria che venga inflitta al trasgressore. Quando il fatto che costituisce la violazione sia stato commesso nell'interesse di enti forniti di personalit giuridica, eccettuati lo Stato, le Provincie, i Comuni e gli alt:vi enti pubblici, ovvero nell'interesse di societ commerciali, l'ente o la societ tenuto al pagamento della pena pecuniaria in solido con il presidente, gli amministratori, i sindaci, i funzionari e gli impiegati i quali, con la loro azione od omissione, abbiano concorso nella violazione o ne abbiano agevolato il compimento o ne abbiano ostacolato l'accertamento. Dalla combinazione di tali norme emerge che l'art. 2 contempla la responsabilit per fatto proprio dei trasgressori, persone fisiche; l'art. 4 concerne invece la responsabilit, sia di persone fisiche sia di persone giuridiche, ;per il fatto altrui, ossia per il fatto commesso dal trasgressore. Detto articolo, in particolare, sancisce -al primo comma la responsabilit solidale di chi eserciti autorit, direzione o vigilanza sul trasgressore, ed -al secondo comma -: 1) la responsabilit solidale, con quella del trasgressore, della persona giuridica, ove H trasgressore abbia commesso il fatto nell'interesse della medesima; 2) ed inoltre la responsabilit solidale, cc:in quella della persona giuridica, del presidente, degli amministratori; sindaci, funziionari ed impiegati della stessa, qualora, con la loro azione od omissione, repressione deUa violazione della legge valutaria, disciplina la responsabilit 1solidale, con l'autore della violazione, delle persone rivestite di autorit od incaricate della violazione o della vigilanza, ovvero dell'Ente per le violaziOl!li delle, leggi finanziarie che lo concernono (art. 10 1. 1929, n. 4), in conseguenza appunto del rapporto organico esistente tra l'Ente e la pel'\sona che opera per esso. In dottrina cfr. CARBONE e TOMASICCHIO, Le sanzioni fiscali, Utet 1959 pagg. 47 e segg. ed autori ivi citati. .~ RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO abbiano concorso nella violazione (scil.: commessa dal trasgressore ) o ne abbiano agevolato il compimento od ostacolato l'accertamento. Da tale contenuto normativo emerge che la responsabilit solidale della persona giuridica o della societ con .quella della persona fisica del trasgressore subordinata all'unica condizione che il fatto costitutivo della violazione sia stato commesso nell'interesse della persona giuridica o della societ. Ma tale ipotesi, per la logica ed implicita correlazione in cui viene a porsi rispetto a quella in cui il fatto sia stato commesso dal trasgressore nell'interesse suo proprio, importa che l'interesse rilevante e necessario nori possa qui (come nel caso contrarpposto di interesse proprio del trasgressore) essere quello generico ed indiretto e comunque occasionalmente connesso alla attivit (valutaria) nell'esercizio della quale l'illeicto venne commesso, bens quello diretto, esclusivo e causalmente connesso alla commissione del fatto illecito. Erronea pertanto la premessa che la Corte del merito ha posto a fondamento della applicazione al caso di specie della disposizione di cui si tratta, e cio che a concretare l'interesse richiesto dalla norma a base della responsabilit solidale della . societ Albergo Regina per gli illeciti valutari commessi dal Lanzi fosse sufficiente una situazione in senso lato di un qualche vantaggio economicamente apprezzabile per l'ente, ancorch concretantesi in dipendenza della semplice gestione, da parte del trasgressore, del servizio di cambiavalute nei focali della societ. questo un errore interpretativo cui non dato a' questa Corte Suprema di porre rimedio -cosi come subordinatamente propone l'Amministrazione resistente -mediante l'esercizio dello speciale potere di cui al secondo comma dell'art. 384 cod.proc.civ., precisamente merc l'applicazione alla fattispecie dell'art. 2 (secondo comma) in sostituzione dell'art. 4: involgendo tale soluzione indagini, accertamenti e valutazioni di fatto che non possono essere compiuti in questa sede. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 19 gennaio 1970, n. 101 -Pres. Flore -Est. Perrone Capano -P. M. Tavolaro (conf.) -Taragoni (avv. Campione, Del Vecchio, De Gregori) c. Ministero del Tesoro (avv. Stato Carafa). Procedimento civile -Giudizio di rinvio -Cassazione per difetto di motivazione -Questioni esplicitamente ed implicitamente decisive -Efficacia vincolante. (c.p.c., art. 384). La sentenza della Corte di Cassazione che ha annullato per difetto di motivazione la sentenza denunziata, ancorch non abbia enun PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 57 ciato alcun principio di diritto cui ci si debba uniformare, ha efficacia vincolante per il giudice di rinvio per tutte quelle questioni, esplicitamente od implicitamente decise, le quali costituiscono il presupposto logico della pronunzia, come quelle concernenti la portata di una norma di legge o la qualificazione di una data situazione giuridica (1). (Omissis). - giurisprudenza costante (da ultimo riaffermata con sentenze 10 aprile 191:i8, n. 1089; 6 giugno 1967, n. 1247; 3 settembre 1966, n. 2309; 5 settembre 1963, n. 2435, e altre) che anche quando la cassazione di una sentenza sia stata pronunciata per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, i poteri del g.iudi'Ce di rcinvio, pur rimanendo impregiudicati per quanto attiene al riesame e alla rivalutazione dei fatti della causa, trovano pur semrpre un limite nella sentenza di cassazione, nel senso che questa fa stato riguardo alle questioni che siano state esplic< itamente o implicitamente decise e che ne costituiscano il presupposto, quale premessa necessaria e logicamente inderogabile della pronuncia. In particolare, anche quando non sia stato enunciato alcun principio di diritto al quale il giudice di rinvio debba uniformarsi, la sentenza della Corte id cassazione fa stato riguardo alla decisivit -ritenuta ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c. -di determinati punti della controversia, riconosciuti potenzialmente idonei a giustificare una decisione diversa da quella impugnata e perci rimessi alla valutazione di altro gbi:a avuto luogo senza particolari limi tazioni o disposizioni si deve far ricorso ai principi generali od alle norme particolari della legge, onde stabilire l'ambito e gli effetti dell'affidamento. Cfr. altres Cass. 2 agosto 1968, n. 2751 in Giust. civ. 1968, Rep.; 27 mar zo 1966, n. 807 ivi 1967. In dottrina FRANCHINI: La delegazione amministrativa. Milano 1950; MIELE: Delega Amm.va in Enciclopedia giur. XI, 107; SAcco: Profilo della delegazione amministrativa, Milano 1970. 66 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legitimatio ad processum). E c10, perch l'identificazione dei veri soggetti del rapporto di diritto so.stanziale controverso (del soggetto a cui favore o in cui pregiudizio era posto l'astratto comando della legge) veniva considerata attinente alla legittimit della costituzione del processo, vale a dire alla regolarit della istituzione del contraddittorio, che doveva ritenersi violato in caso d'insussistenza di identit fra i soggetti I del rapporto processuale e quelli del rapporto sostanziale. Corollari di tale costruzione erano l'inammissibilit della formazione di un giudicato implicito preclusivo e l'estensione del potere della ~ Corte Sprema, quale giudice dell'impugnazione, al rilevo anche d'ufficio, della sussistenza o del difetto della legitimatio ad causam, con le stesse facolt di indagini di fatto, consentite in tema di accertamento dell'esistenza o meno dei presupposti processuali, o pi genericamente, dei vizi in procedendo, cio relativi al processo d alla valida istituzione e al regolare svolgimento di esso. La distonia, avvertita sia in dottrina che in giurisprudenza, fra la configurazione giuridica assegnata alla legitimatio ad causam ed il regime concreto ad essa riservato, stata rettificata dal nuovo indirizzo giurisprudenziale, che, sulla linea delle intuizioni della moderna dottrina processualistica, ha dato un nuovo assetto alla delicata materia, ponendo una netta differenziazione, in base ad un criterio discretivo soddisfacente sia sul piano concettuale che su quello pratico, fra la legitimatio ad causam e la titolarit del rapporto sostanziale contenzioso. Secondo queste .nuove prospettive, la legitimatio ad cdusam costituisce una condizione dell'azione, intesa Come il diritto potestativo ad ottenere dal giudice non una sentenza favorevole, bens una qualsiasi decisione di merito, sia essa favorevole o contraria (cfr. Cass. 5 feb braio 1969, n. 381). Essa si risolve nella titolarit del potere o del dovere (seconlfo che si tratti di legittimazione attiva o passiva) di promuovere o di subire un giudizio, tendente ad una pronuncia su un rapporto giuridico sostanziale, dedotto ad oggetto della controversia, indipendentemente dalla sussistenza e dalla titolarit effettiva del rapporto stesso. Sono quindi, questioni, di legittimazione ad ausam quelle attinenti alla sussistenza di tale potere o dovere, non potendo le stesse essere confuse con quelle relative alla reale titolarit del rapporto sostantivo, oggetto di contestazione, vale a dire con quelle riguardanti l'identificazione dei .soggetti del rapporto contenzioso. L'esistenza dell'azione non pu, perci, confondersi con quella della situazione giuridica sostanziale dedotta in giudizio, nemmeno sotto il particolare profilo della spettanza di diritto (dr. in tal senso, Cass. sent. 27 febbraio 1969, n. 655; sent. 8 novembre 1968, n. 3706; sent. 29 ottobre 1968, n. 3607; 1sent. 7 settembre 1968, n. 2902; sent. 2 agosto 1968, n. 2760). :::: iili f@ff:ffiffillifffiffffffffff@WffMiffTff@ffWffmwt~fffffffflfffHWWHMHMfi@WJWiHfiWiiiHiiMi@f.fff:%fflM1ff@E%tfIB!i:ltWff&Jf~ PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 67 Dalla distinzione concettuale fra la situazione giuridica protetta e l'azione, quale potere giuridico di provocare l'esercizio della tutela giurisdizionale, consegue la dissociazione fra la titolarit del diritto sostanziale e quella dell'azione, avente rispetto al primo funzione sussidiaria e strumentale. Devono ritenersi, pertanto questioni non di pura legittimazione ad causam, la cui' categoria, sia pure contenuta in limiti necessariamente pi ristretti, continua a sopravvivere (basti pensare all'ipotesi definita scolastica da un'autorevole dottrina, in quanto difficilmente verificabile, di chi faccia valere un diritto altrui prospettandolo formalmente come tale ed a quella di chi faccia valere un diritto altrui assumendo di essere abilitato ad agire: cosiddetta legittimazione straordinaria o anomala, ad esempio, azione in via surrogatoria), ma questioni di merito quelle sulla cosiddetta appartenenza soggettiva all'attore del diritto controverso e quelle sulla cosiddetta titolarit passiva del rapporto sostanziale contenzioso. In ordine ad esse il Supremo Collegio non pu esercitare i poteri di giudice del fatto, di cui investito riguardo alle questioni di legittimazione ad causam, e cio non pu esperire accertamenti di merito in base agli attori acquisiti nei precedent~ gradi del giudizio, ma soltanto esercitare il normale controllo di legittimit, nei limiti dedotti con i motivi d'impugnazione. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 gennaio 1970, n. 178 -Pres. Marletta -Est. Ferrone Capano -P. M. Gedda (conf.) -Ministero LL.PP. (avv. Stato Alibrandi) c. Cester Marino (avv. Merlin). Arricchimento senza causa -Nei confronti della p. a. -Risparmio di spesa -Riconoscimento della utilit -Necessit -Sussistenza. (e.e., art. 2041). Ai fini della proponibiiit dell'azione di arricchimento senza causa nei confronti della pubblic amminfatrazione, sempre necessario che quest'ultima riconosca, esplicitamente od implicitamente, l'utilit derivatale. dall'opera compiuta dal gestore, anche quando tale utilit si risolva in un risparmio di spesa necessaria (1). (1) Sul punto specifico oggetto della decisione in rassegna non risultano precedenti i.Jn termini. La Soluzione adottata dalla Cassazione appare di indubbia esattezza.,giacch -com' ovvio -un risparmio di spesa non che una specie di utilit, per la quale valgono i consueti giudizi affermati in tema di riconoscimento (al riguardo cfr., da ultimo, Cass. 5 settembre 1968, n. 2865, in Giust. civ., 1969, I, 41). ! ! ! ruztlkS'C12"''*ftlfifltrff:f&rtmmr=irfffiliiriliEr1w&mmKr1z01mmrttfflliiwHFtr&&:trtfffrtr1rr11;;r1rrrmJ 68 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -Col terzo motivo, che ha carattere preliminare rispetto al secondo (e va perci esaminato Con precedenza), il ricorrente denuncia la violazione dell'art. 2041 e.e., in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., per avere la Corte di merito che la pi recente giurisprudenza ha equiparato al riconoscimento esplicito, da parte della pubblica amministrazione, dell'utilit dell'opera o della prestazione compiuta dal gestore -riconoscimento che costituisce il presupposto dell'azione di arricchimento senza causa nei confronti della pubblica amministrazione -il caso in cui l'arricchimento consista nel risparmio di una spesa necessaria, conseguito in virt di una prestazione effettuata da altri con propria diminuzione patrimoniale, poich! in tal caso il vantaggio in re ipsa e sarebbe del tutto illegittima una dichiarazione di volont che lo disconosca. E nella specie era possibile identificare il vantaggio conseguito dalla pubblica amministrazione nel risparmio degli indennizzi che si sarebb.ero dovuti erogare, in base alle disposizioni di legge applicabili al caso, alle .persone ed enti che, senza l'intervento del Cester, sarebbero stati colpiti certamente dalla pubblica calamit di cui trattasi. La censura fondata. Giusta la costante giurisprudenza di questa Corte Suprema, r~centemente riaffermata con sentenza 5 settembre 1968, n. 2865, l'azione di arricchimento senza causa, prevista dall'art. 2041 e.e., non proponibile nei confronti della pubblica amministrazione se non quando sia intervenuto il riconoscimento, da parte dell'ente pubblico competente, della utilit dell'opera o della prestazione da altri eseguita a proprie spese. Non necessario che il riconoscimento avvenga con atto scritto, o con dichiarazione formale, potendo esso risultare, anche per implicito, dal fatto che l'ente pubblico sia addivenuto alla concreta utilizzazione dell'opera o della prestazione. Ma un riconosci:mento, ancorch implicito, pur sempre necessario, poich riservato unicamente alla pubblica amministrazione il potere, insindacabile dall'a.utorit giudiziaria, di valutare la necessit e l'opportunit di una determinata opera o prestazione, nonch di stabilirne le modalit di esecuzione. ovvio che l'arricchimento di un soggetto (il vantaggio considerato dalla Corte di merito) pu consistere anche in un risparmio di spesa. Ma il risparmio, anche quando si riferisce ad una spesa necessaria, attiene all'arricchimento, non al riconoscimento della utilit dell'opera o della prestazione da altri eseguita. Al riconoscimento della utilit non certo equiparabile n pu essere sostituita l'utilit medesima. Ogni qualvolta, anche nel ca:i;npo delle spese e delle attivit obbligatorie per legge, riservato alla pubblica amministrazione un potere discrezionale circa i tempi e le modalit delle prestazioni da essa dovute, rimane ferma la necessit, ai fini della proponibilit dell'azione PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 69 di indebito arricchimento, che l'ente pubblico abbia riconosciuto, esplicitamente o implicitamente, la concreta utilit dell'intervento altrui. Giuridicamente inaccettabile, quindi, l'affermazione contenuta nella denunciata sentenza, secondo cui il risparmio .di una spesa necessaria va equiparato al riconoscimento esplicito, da parte della pubblica amministrazione, dell'utilit dell'opera o della prestazione compiuta dal gestore. Secondo la Corte d'appello, do, il riconoscimento della utilit non richiesto, ai fini dell'azione di indebito arricchimento, nei confronti della pubblica amministrazione, quando l'arricchimento consista nel risparmio di una spesa necessaria. Ma siffatta affermazione, nella sua indiscriminata assolutezza, contrasta nettamente con i suindicati principi, che, contrariamente a quanto ha adombrato la stessa Corte di merito, non sono stati affatto modificati o disapplicati con la sentenza di questo Supremo Collegio del 12 luglio 1965, n. 1471. da concludere, pertanto, che il terzo motivo del ricorso principale i fondato; che l'impugnata sentenza deve essere cassata, limitatamente alla parte concernente l'azione di arricchimento; e che la causa deve essere rinviata ad altro giudice, affinch proceda a nuovo esame sulla base ed in conformit dei principi di diritto innanzi enunciati. (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 30 gennaio 1970, n. 208 -Pres. Favara -Est. D'Orsi -P. M. Pedace (conf.) -Assessorato LL.PP. della Regione Siciliana (avv. Stato Albisinni) c. Catalfamo e Mastroemi (avv. Catalfamo). Competenza e giurisdizione -Occupazione di fondi per l'esecuzione di opere concernenti il regime delle acque pubbliche -Controversie -Competenza del Tribunale Regionale delle acque. (t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 140, lett. d). Rientrano nella competenza del Tribunale Regionale delle Acque le controversie originate dall'occupazione permanente o temporanea dei fondi, senza distinzione tra occupazione legittima od illegittima, conseguenti all'esecuzione o manutenzione di opere idrauliche di bonifica e derivazione ed utilizzazione delle acque pubbliche (1). (Omissis). -L'Assessorato ai lavori pubblici della Regione siciliana sostiene la competenza del Tribunale ordinario sotto il profilo che la vertenza, sorta in seguito ad occupazioni ed espropriazioni per (1) Giurisprudenza pacifica -cfr. Cass. 5 dicembre 1950, n. 2677; 20 giugno 1952, n. 1814; 11 luglio 1953, n. 2268; 13 gennaio 1959, n. 67, in Foro amm., II, 1, 33; 15 luglio 1967, n. 1785; 5 marzo 1968, n. 713. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 70 l'esecuzione di una condotta di collegamento di alcune frazioni della piana di Milazzo ad un acquedotto preesistente, verserebbe in un'ipotesi di utilizzazione indiretta dell'acqua pubblica simile a quella relativa alla creazione della ret di distribuzione dell'acqua ai vari utenti. La tesi infondata. L'art. 140 (lett. d) del r. decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, devolve alla cognizione del Tribunale delle acque pubbliche le controversie di qualsiasi natura riguardanti l'occupazione totale o parziale, permanente o temporanea di fondi e le indennit previste dall'art. 46 della legge 25 giugno 1865, n. 2359 in conseg~enza dell'esecuzione o manutenzione di opere idrauliche, di bonifica e derivazione e utilizzazione delle acque; e per derivazione deve appunto inteRdersi l'opera effettuata mediante l'innesto -nella condotta preesistente -di altra condotta, con la quale si abbia pur sempre un modo diretto di utilizzazione dell'acqua da parte della P. A. Ora, l'avvicinare tale ipotesi a quella in cui vi sia controversia tra privati in ordine alla rete di distribuzione idrica non pu ritenersi esatto perch nella specie l'acqua indotta nella condota di derivazione era tuttora nella piena disponibilit della P. A., al di fuori della disponibilit dei privati. Il richiamo alla sentenza 7 .giugno 1943, n. 1383, di questa Corte non giova, quindi, al ricorrente, perch allora fu esclusa la competenza speciale solo per quanto riguardava la distribuzione dell'acqua agli utenti, dopo la immissione nella rete relativa. Va, adunque, ribadita la costante giurisprudenza di questa Corte (da ultimo Cass. 5 marzo 1968, n. 713 secondo cui sono devolute alla competenza del Tribunale regionale delle acque le controversie originate da occupazione di fondi a seguito dell'esecuzione o manutenzione di opere destinate a regolare il regime delle acque pubbliche, senza distinzione tra occupazione legittima e quella abusiva sempre che dette occupazioni siano state determinate dall'esecuzione di opere attinenti alla bonifica e derivazione ed utilizzazione di acque pubbliche. Nella specie, trattandosi appunto di impugnazione dell'indennit dovuta per occupazione e permanente asservimento di una condotta d'acqua pubblica . competente il Tribunale regionale delle acque. ( Omissis). -@''-'",~.. ~..... ::=:::v=== f:t..lli /: ~ f.M -@''-'",~.. ~..... ::=:::v=== f:t..lli /: ~ f.M . .. ... . . SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 5 novembre 1969, n. 631 -Pres. Laudi -Est. Mezzanotte -Gallo (avv. De Martini) c. E.N.P.A.S. (avv.ti Carbone e Rossi). Competenza e giurisdizione -Impiegato dello Stato -Assistenza dell'ENPAS in favore del dipedente statale, che abbia diritto ad indennizzo da parte dei terzi -Facolt discrezionale dell'ENPAS e correlativo interesse legittimo del dipendente statale -Giurisdizione del Consiglio di Stato. La facoltd deU'E.N.P.A.S. di disporre l'assistenza sanitaria a favore di un dipendente statale che abbia diritto ad essere indennizzato da parte di terzi, a condizione che il "dipendente statale rimborsi l'Ente nei limiti delle somme recuperate per ii medesimo titolo (art. 13, u.c. r.d. 26 luglio 1942, n. 911) discrezionale, onde la posizione giuridica dell'assistito degrada ad interesse legittimo, con la conseguenza che competente a giudicare sulle relative controversie il Consiglio di Stato (1). (1) Massima esatta. Resta comunque fermo il principio secondo il qua1e il dipendente statale titolare di un diritto soggettivo ad ottenere per le malattie l'assistenza da iparte dell'ENPAS, nelle forme e nelle misll!re stabilite da1le leggi regolanti la materia, salve le eccezioni previste da particolari norme: in termini, Cass. S. U. 3 febbraio 1967, n. 305, in ques(ta Rassegna, 1967, I, 61, con nota. Una di tali eccezioni pu considerairsi quella di Cui all'art. 13, uitimo comma, r.d. 26 .luglio 1942, n. 917. Per la questione in genere delJ.'assistenza dell'ENPAS si veda: PALERMO A., In tema di assistenza sanitaria dei dipendenti statali., Riv. it. prev. soc., 1966, 1152. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 5 novembre 1969, n. 642 -Pres. Landi -Est. Fortini del Giglio -Risso ed altri (avv.ti Bodda e Menghini) c. Ministero lavori pubblici (avv. Stato Terranova) e S.p.A. S.L.A.T. (avv. Piccardi). Espropriazione per pubblica utilit -Termini -Termine di inizio dei lavori -Scadenza -Non determina decadenza della dichiarazione di p. u. 72 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Sport e Turismo -Piste di sci -Idoneit di un tracciato -Sindacato di legittimit -Inammissibilit. La scadenza del termine di inizio dei lavori per la esecuzione di opere di pubblica utilit (art. 13, legge 25 giugno 1865, n. 2359) non comporta, per ci solo, la decadenza della dichiarazione di pubblica utilit: infatti l'iniziale ritardo pu essere compensato dal successivo acceleramento nella esecuzione delle opere, senza alcun danno per l'interesse pubblico (1). L'apprezzamento della pubblica amministrazione sulla idoneit di un tracciato di piste sciistiche a garantire la sicurezza dell'impianto sportivo, non sindacabile in sede di ~egittimit, trattandosi di apprezzamento di merito (2). (1) Massima esatta: cfr. in termini Ad. pl. 5 luglio 1967, n. 7, Il Consiglio di Stato, 1967, I, 1011 e, in dottrina, P. CARUGNO, Ancora appunti sull'art. 13 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, ivi, 1968, II, 982. Con particolare riguardo aUa finalit dei termini stabiliti dal citato art. 13 si pronunciata la Sez. IV, 29 settembre 1966, n. 600, ivi, 1966, I, 1403, ed id. 19 ottobre 1966, n. 676, ivi, 1644, nonch Cass. S. U. 26 giugno 1965, n. 2481, Sett. giur., 1965, II, 56. Cfr. anche Ad. rpl. 20 dicembire 1965, rn. 40, Il Consiglio di Stato, 1965, I, 2057 e Sez. IV, 1 giugno 1966, ivi, 1966, I, 1127, secondo cui quando stata comunque realizzata l'opera non si pu negare che l'esigenza di pubblico interesse ad essa riconnessa sia stata in concreto soddisfatta: da ci deriva l'inutilit di una nuova verifica del pubbUco interesse, cio, appunto, di una ulteriore dichiarazione di pubblica utillt. (2) Giurisprudenza costante sul principio generale: cfr. Sez. IV, 20 novembre 1968, n. 732, Il Consiglio di Stato, 1968, I, 1796; id., 16 novembre 1966, n. 814, ivi, 1966, I, 2037. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 5 novembre 1969, n. 668 -Pres. Granito -Est. Giura -Peluso (avv.ti Zinna e Mango) c. Intendente di finanza di Salerno (avv. Stato Terranova). Organo collegiale -Provvedimenti di nomina e di decadenza -Interesse all'impugnativa. Imposte e tasse in genere -Commissioni tributarie -Provvedimenti dell'Intendente di Finanza in tema di composizione delle Commissioni distrettuali delle imposte -Non sono atti definitivi. L'interesse ad impugnare un provvedimento di nomina o di deccidenza di un organo collegiale sussiste anche quando scaduta la durata -: '.Il~ iliftrillITmmmtiifilfilllfilEITfflmfffliHff&m@mmmmrfilrnmmrif~m1mmwmm@wmr@m@mmmmmmmrr@r@irnTwmrm11rndl PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 73 dell'organo: infatti L'accoglimento del ricorso determinerebbe l'annullamento retroattivo dell'atto impugnato (1). I provvedimenti dell'Intendente di finanza in tema di composizione delle Commissioni distrettuali delle imposte non possono essere considerati atti definitivi, perch, in mancanza di norma espressa, non possono essere considerati definitivi i provvedimenti delle Amministrazioni statali periferiche (2). (1-2) Massime esatte. Per l'affermazione contenuta nella prima s1 e ormai formata una giurisprudenza costante: cfr. Sez. V, 6 dicembre 1966, n. 1580, Il Consiglio di Stato, 1966, I, 2310. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 5 novembre 1969, n. 676 -Pres. Landi -Est. Paleologo -Gallo (avv. Del Vecchio) c. Ministero dei lavori pubblici (avv. Stato Carafa) e Comune di Napoli (n.c.) con intervento di Croce (avv.ti Pallottino e Guarino). Edilizia -Edifici costruiti in violazione del piano regolatore comunale Inattivit del sindaco -Intervento del Ministero dei lavori pubblici. Edilizia -Intervento del Ministero dei lavori pubblici ex art. 26, 1. 17 agosto 1942, n. 1150 -Legittimit delle occupazioni temporanee. Il Ministero dei lavori pubblici pu disporre la demolizione di un immobile costruito senza la licenza edilizia ovvero in base a licenza annullata, quando le opere non rispondano aHe prescrizioni del piano regolatore comunale e il Sindaco non adotti gli opportu,ni provvedimenti (1). Poich il Ministero dei lavori pubblici pu disporre la demolizione anche parziale di immobili costruiti in volazione delle prescrizioni del piano regolatore comunale, da ritenere legittima l'occupazione tem (1-2) Per .la prima massima cfr., in termini, Sez. IV, 30 dicembre 1966, n. 1094, in questa Rassegna, 1967, I, 118, con nota di Tichiami; id., 18 maggio 1966, n. 425, Il Consiglio di Stato, 1966, I, 947. Per riferimenti in dottrina si vedano: TESTA V., Eliminazione di costruzioni illegittime, Il Consiglio di Stato, 1967, II, 190; .ALAGNA G., Le licenze edilizie, Amm. it., 1968, 263, 410 e 567. stato anche ritenuto che, al fine di sanare la illeg.ittimit della costruzione, il Sindaco pu rtlasciare licenze edilizie successive alla edifiea1965, I, 233; id., 4 febbraio 1966, n. 172, ivi, 1966, I, 266. arltresl da ritenere che il Sindaco (o il Ministro) possa procedere alla demolizione solo se non 74 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO poranea di edificio, necessaria per l'esecuzione dei lavori di demolizione (2). venga pregiudicafo alcun interesse della .collettivit: Cass. S. U., 13 aprile 1965, n. 666, Foro Amm., 1965, I, 275; Ad. pl., 28 luglio 1965, n. 19, Il Consiglio di Stato, 1965, I, 1069. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 12 novembre 1969, n. 707 -Pres. Landi -Est. Bernardinetti -Battaglia (avv. Danese) c. Ministero dei lavori pubblici (ayv. Stato Albisinni). Danni di guerra -Contributo per la ricostruzione -Presupposti Danni di guerra -Inosservanza del termine di cui all'art. 3 1. 17 dicembre 1956, n. 1238. (legge 29 giugno 1940, n. 792, art. 6; legge 12 aprile 1948, n. 507; legge reg, sic. 22 marzo 1952, n. 6). La P.A., su domanda degli interessati, pu revocare la concessione per la riparazione deU'immobile e consentire l'applicazione delle norme per la ricostruzione purch iL fabbricato sia stato dichiarato o riconosciuto distrutto e non solo danneggiato (1). Eseguivi i lavori di ripristino di fabbricati adibiti ad uso di abitazione, senza autorizzazione, anteriormente alla entrata in vigore della legge 31 luglio 1954, n. 607, l'accertamento definitivo del danno, effettuato dall'autorit competente prima dell'inizio dei lavori, tiene luogo della prescritta autorizzazione (2). (1-2) Sul contributo di ricostruzione e sui presupposti per la erogazione si veda, in genere, Sez. IV, 20 marzo 1968, n. 175, in questa Rassegna, 1968, I, 233, con nota di richiami. Circa la finalit di detti contributi si veda Cass. Sez. I, 6 settembre 1966, n. 2324, ivi, 1967, I, 857, con nota di richiami e Cass. S.U. 12 gennaio 1965, n. 63, ivi, 1965, I, 290, con nota di P. SACCHETTO, con particolare riguardo alla posizione giuridka del privato (interesse legittimo). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 18 novembre 1969, n. 720 -Pres. Landi -Est. Benvenuto -Chiapale (avv. Magri) c. Ministero dei lavori pubblici (avv. Stato Sembiante) e Coop. ed. Il Focolare (avv.ti Viglino e Maineri). Giustizia amministrativa -Intervento -Intervento in giudizio ad opponendum -Mancato deposito dell'avviso di ricevimento della notificazione al ricorrente. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 75 Edilizia popolare ed economica -Atti della Commissione dell'impiego del fondo per l'incremento edilizio -Situazione giuridica del privato. n mancato deposito dell'avviso di ricevimento della notificazione al ricorrente determina l'inammissibilit dell'intervento in giudizio ad oppenendum (1). Le norme che regolano gli atti della Commfasione dell'impiego del fondo per l'incremento edilizio sono norme di azione, onde di fronte a detti provvedimenti il privato versa in una situazione di mero interesse legittimo (2). (1) Giurisprudenza costante: tra le molte, si veda Sez. V, 12 aprile 1958, n. 236, Il Coinsiglio di Stato, 1958, I, 438; Sez. VI, 2 luglio 1965, n. 489, i17i, 1965, I, 1302; Sez. IV, 28 settembre 1967, n. 386, ivi, 1967, I, 1577. (2) Massima esatta: cfr. Sez. IV, 5 giugno 1959, n. 647, Il Consiglio di Stato, 1959, I, 765 e Sez. VI, 18 aprile 1969, n. 194, ivi, 1969, I, 643. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 25 novembre 1969, n. 728 -Pres. Landi -Est. Granito -Marcozzi (avv.ti Gualandi, Consalvo e Sansoni) c. Ministero di grazia e giustizia (avv. Stato Carafa). Impiego pubblico -Magistrati -Stato giuridico -Provvedimenti del Consiglio superiore della magistratura. Impiego pubblico -Dimissioni volontarie -Momento della. estinzione del rapporto d'impiego. I provvedimenti del Consiglio superiore della magistratura relativi allo stato giuridico dei magistrati, contro i quali ammesso il ricorso al Consiglio di Stato per motivi di legittimit ex art. 17 legge 24 marzo 1958, n. 195, risultano tanto dalla deliberazione quanto dal decreto che le adotta, onde il ricorso al Consiglio di Stato ha per oggetto sia L'una che l'altra (1). (1) Giurisprudenza costante. Si veda in proposito Sez. IV, 28 novembre 1962, n. 754, Il Consiglio di Stato, 1962, I, 1833; Corte Cost. 14 maggio 1968, n. 44, in questa Rassegna, 1968, I, 354, con particolare riguardo alla nota questione di legittimit costituzionale dell'al"t. 17, 2 comma della legge 24 marzo 1958, n. 195. (2) Massima esatta: cfr. Sez. IV, 15 maggio 1963, n. 262, Il Consiglio di Stato, 1963, I, 811 e giurisprudenza ivi richiamata. stato infatti ritenuto che l'efficacia degli atti amministrativi decorre dalla data della lol"o ado 76 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'estinzione del rapporto di pubblico impiego su presentazione delle dimissioni volontarie si verifica di regola nel momento in cui viene deliberata l'accettazione di esse (2). zione e non da quella della comunicazione al destinatario: in termini Sez. V, 29 marzo 1958, n. 143, n Consiglio di Stato, 1958, I, 302. Per una particolare modalit delle dimissioni volontarie si veda Sez. IV, 1 febbraio 1967, n. 12 . in questa Rassegna, 1967, I, 276. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 3 dicembre 1969, n. 747 -Pres. Potenza -Est. Tozzi -Monici (avv. Foschini e Cervat) c. Ministero dell'Interno (avv. Stato Onufrio). fifOf@Hffiff{fJl@!&lf:fffff@iMEffill&fffffmMtefPfffiw&U*fifffilfmffSfiffif@illlf~f:ff:'&tfmfiififf:OOITf@fftlffsfo:::::::.:@ti Impiego pubblico -Procedimento disciplinare -Commissione di disci plina -Compos~ione -Ricusazione -Art. 61 cod. proc. pen., -Inapplicabilit -Rinnovazione di procedimento a seguito di annullamento -Membro che si era pronunciato nel giudizio annullato Pu far parte della Commissione. Impiego pubblico -Procedimento disciplinare -Seduta dibattimentale -Delegato del Capo del Personale -Facolt -Intervento nella discussione ed espressione di pareri -Legittimit -Limite. L'art. 61 c.p.p. che vieta al giudice che ha pronunciato sentenza in un procedimento penale di partecipare al giudizio negli ulteriori gradi dello stesso procedimento e al giudizio di rinvio dopo l'annullamento o per revisione, non applicabile al procedimento disciplinare, data la diversa natura di quest'ultimo; di conseguenza, siccome di casi di cessazione del giudice disciplinare previsti dall'art. 149 t.u. 10 gennaio 1957, n. 3 sono tassativi, i membri che hanno partecipato ad un precedente giudizio disciplinare, poscia annullato in sede amministrativa o giurisdizionale, possono far parte della Commissione di disciplina (1). In applicazione del principio del contraddittorio e del dh'itto della difesa dell'inquisito, che non devono mai venir meno nel provvedimento disciplinare, il delegato del capo del personale pu formulare richieste (1-2) Per riferimenti sul procedimento disciplinare nei confronti dei pubblici dipendenti, cfr., N. SPERANZA, Considerazioni sul potere disciplinare della P.A., Nuova Rassegna, 1966, 2862; RASPONI, n potere disci :ii::i PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 77 istruttorie la cui ammissibilit rimessa alla discrezionale autorizzazione del Presidente, ai sensi dell'art. 112 t.u. 10 gennaio 1957, n. 3; pertanto, le attivit istruttorie del delegato del Capo del Personale non viziano il procedimento disciplinare, n lo vizia l'espressione di pareri su punti della controversia, anche se tali pareri non hanno valore probatorio nella deliberazione finale della Commissione di disciplina (2). plinare, Padova 1942; v. per la giurisprudenza questione identica: Consiglio di Stato, Sez. IV, 31 ottobre 1950, n. 536, Il Consiglio di Stato, 1950, 308. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 3 dicembre 1969, n. 749 -Pres. Potenza -Est. Fortini del Giglio -Sauve (avv. Sivieri) c. Ministero del Tesoro (avv. Stato Vitucci). Giustizia Amministrativa -Ricorso giurisdizionale. -Atto impugnabile o non -Concorso a pubblico impiego -Ammissione con riserva -Non impugnabile immediatamente. -Clausola limitativa del bando -Impugnazione insieme con il provvedimento di esclusione definitiva -Ammissibilit. Sebbene il bando di concorso sia impugnabile ex se ogni volta che siano stati lesi definitivamente degli interessi, ove l'ammissione al concorso sia fatta con riserva, tale provvedimento non pu ledere definitivamente l'internsse del candidato, in quanto la riserva ha finalit dilaturia circa le determinazioni che l'Amministrazione avr ad adottare sull'ammissione o meno del candidato, e, quindi, solo al momento della decisione definitiva che il candidato ha interesse immediato a ricorrere contro il provvedimento di esclusione; pertanto, il candidato, ammesso con riserva al concorso pu impugnare il bando insieme alla approvazione della graduatoria, quando sia stato successivamente escluso dal bando e solo in sede di approvazione della graduatoria (1). (1) In dottrina, cfr., G. LA TORRE, Bandi di concorso a pubblico impiego e loro impugnative, Amm. it., 1968, 1177; CANNATA F., I concorsi nei pubblici impieghi, Nuova Rassegna, 1966, 257; in giurisprudenza cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 4 febbraio 1966, n. 123, Il Consiglio di Stato, 1966, 1, 254; Sez. V, 17 ottobre 1967, n. 1172, i1Ji, 1967, 1, 1844; Sez. VI, 22 di_ cembre 1966, n. 1031, ivi, 1966, 1, 2358; Sez. V, 21 novembre 1967, n. 1603, ivi, 1967, 1, 2244. 78 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 3 dic~mbre 1969, n. 759 -Pres. Potenza -Est. Pezzana -Felicetti (avv. Morrica e Prosperetti) c. Mi e. Ministero Lavori Pubblici (avv. Stato Dallari). Competenza e giurisdizione -Annullamento d'ufficio -Omesso annullamento -Controversia -Giurisdizione del Consiglio di Stato. Atto amministrativo -Motivazione -Pluralit di motivi -Validit di alcuni soltanto -Legittimit. La controversia circa l'annullamento d'ufficio di un provvedimento amministrativo incide su interessi legittimi e non su diritti soggettivi; / pertanto, tale controversia spetta alla giurisdizione del Consiglio di Stato (1). Nel caso in cui un provvedimento amministrativo sia plurimotivato, sufficiente ai fini delLa validitd dello stesso provvedimento che almeno uno dei motivi sia immune da censure (2). (1-2) Giurisprudenza costante, cfr., fra le tante, Sez. V, 7 febbraio 1967, n. 60, Il Consiglio di Stato,. Cfr., Sez. V, 22 ottobre 1968, n. 1283, ivi, 1968, I, 1550. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 3 dicembre 1969, n. 763 -Pres. Meregazzi -Est. Benvenuto -Compagnoni (avv.ti Merizzi e Bellucci) c. Prefetto di Sondrio (avv. Stato Terranova) e S.p.A. Montagne di Valfurvo (avv.to Lorenzoni e Samblogio). Espropriazione per pubblica utilit -Occupazione d'urgenza -Impianti sportivi e turistici -Seggio-sciovia -Rilevanza sul contenuto definitivo del provvedimento -Non occorre. Espropriazione per pubblica utilit -Occupazione d'urgenza -Criteri e principi generali -Lavori iniziati prima della determinazione amministrativa - fatto illecito che non influisce sulla legittimit dell'atto ablativo. liJj1 Il Prefetto non tenuto a vrecisare il contenuto definitivo del decreto di occupazione dei fondi necessari per l'esecuzione dei lavori dichiarati indifferibili ed urgenti, relativi all'impianto di seggio-sciovia, PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 79 in quanto tale precisazione propria del successivo provvedimento di espropriazione (1). Il fatto che l'Ente a cui favore sia stata disposta una occupazione di fondi necessari per l'esecuzione di lavori dichiarati urgenti ed indifferibili, abbia iniziato tali lavori prima delle permissive determinazioni amminisfJrative costituisce un illecito che non incide suzia legittimit delt'occupazione (2). (1-2) Per la giurisprudenza cfr. Sez. IV, 12 maggio 1965, n. 411, Il Consiglio di Stato, 1965, I, 846; Sez. IV, 17 novembre 1965, n. 703, ivi, 1965, 1, 1894. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 9 dicembre 1969, n. 771 -Pres. Potenza -Est. Melito -Consorzio ferrotramviario Pisa-Livorno (avv. Piccardi) c. Ministero dell'Interno (avv. Stato Casamassima). ,. Enti pubblici -Organi -Situazione d'incompatibilit -Annullamento della nomina senza invito ad optare -Illegittimit. Secondo il generale principio vigente in tema d'incompatibilit, quando in sede di controllo si rileva una causa d'incompatibilit tra la nomina ad un ufficio ed altro gi rivestito dal nominato, l'annullamento dell'atto di nomina non pu avvenire senza l'invito al nominato di optare per una delle due cariche; pertanto, rilevata l'incompatibilit tra la carica di rappresentante di un Ente Consorziato e di presidente del Consorzio, illegittimamente il Prefetto annulla l'atto di nomina a Presidente, senza il previo invito all'interessato di optare per una delle due cariche (1). (1) Per la 1giurisprudenza, cfr. Sez. VI del 27 ma~gio 1966, n. 481, Il Consiglio di Stato, 1966, 1, 1085; Sez. VI, 3 giugno 1966, id., 1966, 1, 1277; v. anche Cass., Sez. Un., 18 aprile 1968, n; 1157, ivi, 1968, II, 831. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 9 dicembre 1969, n. 775 -Pres. Potenza -Est. Felici -Soc. Terra (avv. Dallari G.M.) c. Ministero lavori pubblici (avv. Stato Vitucci) e Comune di Castenoso (avv.ti Gualandi e fossa). Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Notificazione ali'Autorit emanante -Criterio -Autorit che seconda il ricorrente sarebbe stata competente a provvedere -Non occorre notificazione. 7 80 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Piano regolatore -Procedimento -Parere del Consiglio Superiore dei LL. PP. -IrregoJare composizione della Sezione che ha emesso il parere -Illegittimit del parere. Ai sensi dell'art. 36 t.u. 26 giugno 1924, n. 1054 e dell'art. 7 r.d. 17 agosto 1907, n. 642, il ricorso va notificato alla Autoritd emanante e non all'Autorit che secondo il ricorrente sarebbe stata competente a provvedere: ci perch le prospettazioni dell'interessato non possono comportare, in sede processuale, uno spostamento della legittimazione a contraddire. Ai sensi dell'art. 12 legge 18 ottobre 1942, n. 1460 le adunanze dell'Assemblea, delle Sezioni, e dei Comitati del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici sono valide solo in presenza della metd almeno dei componenti relativi; perci, il parere espresso da una Sezione del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici illegittimo, senza tale quorum (1). (1) Rif. in dottrina, G. RoEHRSSEN, Ricorso giurisdizionale amministrativo, Rassegna lav. pubbl., 1968, 793, 927; Sulla p.rima massima giuds. costante v. per tutte Sez. IV, 19 aprile 1968, n. 242, Il Consiglio di Stato, 1968, 1, 610; sulla seconda massima giuds. costante v. per tutte Sez. IV, ::: 21 aprile 1965, n. 348, ivi, 1965, 1, 666. 111 rtriillEfffiff@f&fiffEffwffil.fffrniamrnITm1rnrmrrnmrrnimi11rnmmmrmnrnErnirrmmim11rtEmrnf:mIImmfilrfilmimma1wfilli SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 ottobre 1969, n. 3534 -Pres. Fa vara -Est. Della Valle -P. M. De Marco (conf.) -Massa (avv. Aver sa) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). Imposte e tasse in genere -Solidariet tributaria -Imposte doganali Ingiunzione non impugnata da uno dei coobbligati -Decadenza per gli altri coobbligati -Non sussiste. (legge 25 settembre 1940, n. 1424, art. 24; d.1. 28 febbraio 1939, n. 334, art. 18). Nel caso in cui la Finanza abbia notificato in date diverse L'ingiu.nzione per il pagamento di imposte doganali a pi condebitori di imposta, la mancata opposizione in termini eL parte di colui che ricevette per primo la notifica non pregiudica il diritto degli altri condebitori ad opporsi all'ingiunzione nel termine loro spettante in relazione alla data in cui questa stata notificata. La solidaritd in materia tributaria non si differenzia dalle regole del diritto comune (1). (Omissis). -Preliminarmente, per evidenti ragioni di logica priorit, deve essere esaminato -in conformit di quanto ha fatto la Corte di Milano nella sentenza impugnata -il terzo mezzo, col quale, denunciando la violazione dell'art. 17 della legge doganale 25 settembre 1940, n. 1424 in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. i ricorrenti -muovendo . dal rilievo che lo spedizioniere legato al proprietario della merce da \lll vincolo di corresponsabilit sostitutiva e sussidiaria sostengono . (1) Per la seconda volta, dopo la sent. 20 gennaio 1969, n. 135 (in que ~assegna, 1969, I, 293) fa s.c. riafferma il suo nuovo indi.rizzo sulla '!riet tributaria. A seguito delle due pronunzie deJ.la Coote Costitu e 16 maggio 1968, n. 48 e 28 dicembre 1968, n. 139 (ivi, 1968, I, 859 e . , stata affermata in termini generali l'esclusione di qualunque parti colarit della solidariet tributaria, da ricondurre integralmente alle regole comuni sia sotto l'aspetto processuale che sotto quello sostanziale. Dovendo ormai considerare definitiva questa nuova concezione, pu cominciarsi a riflettere sui numerosi problemi specifici che si delineano. Ne offre lo spunto il caso deciso, riguardante l'opposizione contro l'ingiun zione per dl pagamento di imposta doganale soggetta a termine di decadenza 82 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO che la solidariet sostanziale non implica anche la solidariet processuale e che essa non pu pertanto pregiudicare il diritto spettante ai singoli condebitori di promuovere -nei limiti temporali prefissi al- l'azione, con decorrenza dalla notifica a ciascuno d'essi eseguita dell'atto impugnabile -l'azione a difesa dei propri diritti ed interessi legittimi, con riflessi anche sulla coobbligazione dei condebitori solidali. A sostegno della doglianw proposta i ricorrenti osservano, in particolare, che pure essendo libera di agire contro qu,ello dei condebitori solidali che ritiene di dover preferire, non pu tuttavia I'Amministrazione finanziaria, una volta iniziata -come nella specie -l'azione contro tutti, negare ad un condebitore la possibilit di difendersi in dipendenza dell"operato omissivo dell'altro. La doglianza fondata. Per lungo tempo questa Suprema Corte, muovendo in genere dal presupposto che l'obbligazione tributaria, .per la sua natura pubblicistica che la fa essere identica 'nei confronti di tutti i pretesi coobbligati, unica ed inscindrbile, ha ritenuto che la solidariet tributaTia abbia delle ca~atteristiche peculiari proprie che, sottraendola alla disciplina dell'analogo istituto di diritto privato, fanno di essa un particolare tipo di consorzio originario nel quale il pericolo di decisioni o di trattamenti difformi viene evitato con l'attribuire a ciascuno dei coobbligati, sia in cui si fatta una evidente estensione dello stesso princ1p10 che dette luogo alla prima pronunzia costituzionale sull'impugnazione dell'avviso di accertamento di valore. Sia la sentenza della Corte Costituzionale 16 marzo 1968, n. 48 sia la decisione in rassegna contengono un vago accenno al li:tisconsOTZio necessario (art. 102 e 331 c. p. c.) a cui si riferiscono in via semplicemente ipotetica. Ma se la soliidariet tributaria non differisce dalla solidariet comune, non pu esservi dubbio che, secondo consolidatissima giurisprudenza (cfr. da ultimo Cass. 4 giugno 1969, n. 1970, Foro it., 1969, I, 2524 e 27 febbraio 1969, n. 649, ivi, 1133), l'obbligazione solidale non fa sorgere un raip(porto unico e nscindibile e non d luogo n a litisconsorzio necessario n a inscindibilit nelJ.e fasi di gravame, ben potendosi formare nei con:llronti dei vari coobbligati giudicati distinti e difformi. Ne consegue che l'ingiunzione in materia doganale non opposta tempestivamente dal contribuente a cui .sia stata notificata diventa irretrattabile nei suoi confronti, anche se ancora possibile l'opposizione di altro condebitore a cui fa stessa ingiunzione sia stata notificata successivamente. Lo stesso prirncipio sar da applicare ogni volta che termini di decadenza conferiscono valore di inoppugnabilit ad atti determinati e quindi non sc>lo alle pronunzie giurisdizionali del giudice Olrdinario e delle commissioni, ma anche ad alcuni atti del procedimento amministrativo quali l'avviso di accertamento, l'ovdinanza dell'intendente di finanza, il decreto del ministro delle finanze e simili. In tali casi l'effetto della sentenza favorevole ad un contribuente non potr essere opposto alla Finanza a ttOll'llla dell'art. 1306 c. C. dagli altri contribuenti nei confronti dei quali .precedentemente l'obbUgazione tributaria .sia rimasta accertata con un atto irretrattabile. -:: :{ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 83 nella fase di accerfamento che in quella contenziosa, la rappresentanza processuale degli altri. Ed a soste.gno di tale costruzione si invocato, volta a volta, o il disposto degli artt. 30 e 79 della legge di registro 30 dicembre 1923, numero 3269, o quello dell'art. 55 della legge tributaria sulle successioni 30 dicembre 1923, n. 3270 o, infine, quello dell'art. 18 della legge 7 agosto 1936, n. 1639, sulla riforma degli ordinamenti tributari, aggiungendo altres che un eventuale accertamento condotto sulla base di pi notifiche aventi ciqscuna una propria decorrenza di termini ai fini dell'impugnazione sarebbe, oltre tutto, in contrasto con l'intero sistema oltre che con le esigenze della pratica quotidiana (Cass. 30 novembre 1967, n. 2850; 30 settembre 1962, n. 2717; 13 ottobre 1958, n. 3228; 30 settembre 1955, n. 2717). Uniformandosi a tale indirizzo giurisprudenziale, la Corte di merito ha affermato che la notifica dell'ingiunzione di pagamento fatta ad un condebitore spiega la sua efficacia nei confronti di tutti gli altri, con la conseguenza che l'ingiunzione stessa non pi impugnabile se non ' stata tempestivamente opposta da colui al quale stata a suo tempo notificata. E pertanto ha dichiarato definitivamente pregiudicato dall'inerzia del condebitore Falletti -protrattasi per tutto il tempo utile per pro porre opposizione (art. 24 legge 25 settembre 1940, n. 1424 e 18 d.l. 28 febbraio 1'939, n. 334) -il di.ritto del Massa di proporre per conto suo opposizione avverso l'ingiunzione notificatagli il 21 novembre 1961. Senonch un rimeditato esame del problema condotto con pi rigo rosa aderenza alle norme di diritto positivo, induce ora questa Suprema Corte a discostarsi dall'indirizzo prima d':ora seguito ed a ripudiare, di conseguenza, come che non sorretto dal richiesto dato normativo, il principio della cosidetta solidariet processuale affermato in passato. Ed inve~o -a parte che nulla autorizza a credere che l princtpio posto dall'art. 1294 e.e. in tema di solidariet possa subire deroghe o modifiche se trasferito nel sistema tributario, sta di fatto che invano si cerca nelle norme che sanciscono la solidariet del debito d'imposta una indicazione qualsiasi .che suffraghi la tesi della unitariet ed inscin dibilit della relativa obbligazione. Non ne fa cenno, infatti, l'art. 93 della legge di registro; n di essa traccia negli artt. 66 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270 e 12 d.l. 8 marzo 1945, n. 90 in tema di imposte sulle successioni, o nell'art. 43 della legge 19 giugno 1940, n. 76.2,, sull'i.g.e., 'o infine negli artt. 16, 50 e 70, 191, 197 231 del t.u. sulle imposte di rette 29 gennaio 1958, n. 645. N valido argomento a favore di tale tesi pu desumersi dalla natura pubblicistica dell'obbligazione tributaria. Tale natura, invece, pu bens gius.tificare una diversa disciplina particolare rispetto a talune obbligazioni di diritto privato (come ac RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO cade, ad esempio, in tema di riscossione, di interessi, di privilegi, ecc.), ma in mancanza di una norma concreta di diritto positiV'o, non ;pu tuttavia valere, da sola, a fare derogare al principio generale secondo cui nella obbligazione assunta da pi soggetti identicamente ed in solido si ha una pluralit di obbligazioni rette da un'unica causa. Quanto poi alla pretesa inscindibilit, essa nettamente contrastata, oltre che dalla natura ste;ssa dell'obbligazione pecuniaria -che sempre divisibile -da quella rateizzazione del pagamento che, come risulta dalle numerose disposizioni di legge vigenti in proposito, del tutto normale in materia di imposte (art. 12 legge registro, 65 legge sulle succe.ssioni, 10 r.d. 22 maggio 1960, n. 3'16 e 195 t.u. 29 gennaio 1958, n. 645). Del pari inidoneo ad avvalorare la tesi secondo cui la solidariet tributaria avrebbe una .struttura diversa da quella della normale solidariet ed assurgente a correalit poi anche l'argomento tratto dalle disposizioni che consentono all'Amministrazione finanziaria di compiere atti di accertamento in base alla dichiarazione di uno solo dei coobbligati (artt. 30 e 79 legge registro, 55 legge sulle ,successioni e 18 r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639). Tali disposizioni mirano invero a rendere concreto ed operante il dovere di cooperazione che la legge pone a carico dei soggetti passivi dell'imposta chiamandoli a fornire gli elementi necessari per l'accertamento e la determinazione del tributo; e lungi dall'attribuire alle dichiarazioni cos rese valore di confessione o di ricognizione di debito ed a farle perci assurgere a fonte e prova dell'obbligazione tributaria, valgono soltanto a fare in modo che la dichiarazione resa da uno dei coobbligati esoneri gli altri dall'analogo adempimento. Che altra interpretazione non possa essere data alle disposizioni suddette comprovato, del resto, dalla presenza nel sistema di una disposizione come quella dell'art. 16 del citato t.u. n. 645 del 1958 che -nell'ipotesi di procedure da proseguire nei confronti di coeredi del contribuente -con lo estendere a tutti l'efficacia di atti notificati ad uno di essi unicamente nel caso in cui gli eredi abbiano omesso di comunicare all'ufficio le loro generalit, e comunque fino a sei mesi dalla morte del contribuente, lascia chiaramente intendere che, ove gli eredi abbiano adempiuto l'onere di comunicazione loro imposto, necessario procedere a distinte notificazioni, con la conseguente possibilit di autonome decorrenze di termini. Cos come al processo civile -in cui l'inscindibilit del rapporto dedotto in giudizio impone l'integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i soggetti che ne sono partecipi: art. 102 e 331 c.p.c. il principio della rappresentanza processuale pertanto estraneo al sistema tributario, senza che argomento contrario a tale conclusione ( che trova validissimo sostegno, da ultimo, nella recente sentenza n. 48 I I k r PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 85 del 16 maggio 1968 con cui la Corte ,costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimi gli artt. 20 e 21 del r.d.l. 7 agosto 1936, numero 1639 nella parte per la quale dalla contestazione dell'accertamento di maggiore imponibile nei confronti di uno solo dei coobbligati decorrono termini per l'impugnazione giurisdizionale anche nei confronti degli ,altri ) possa utilmente desumersi dall'art. 17 della legge doganale richiamato dall'Amministrazione finanziaria resistente. In accoglimento del terzo motivo e, dichiarato l'assorbimento degli altri tre motivi, va pertanto cassata la sentenza impugnata e rinviata la causa, per nuov:o esame, alla Corte di appello di Torino, la quale dovr attenersi al seguente principio di diritto: Soggetto passivo dell'obbligazione tributaria di cui all'art. 1 del d.l. 28 febbraio 1939, n. 334, convertito in legge 2 giugno 1939, n. 739, sull'imposta di fabbricazione sugli oli minerali e prodotti della loro lavorazione, non soltanto il proprietario o detentore della merce, ma an_che lo spedizioniere per le operazioni da lui compiute ai sensi dell'art. 17 della legge doganale 25 settembre 1940, n. 1424, tenuto al pagamento, sia pure in via sussidiaria, solidalmente col proprietario della merce su cui ricade il tributo. Nel caso in cui l'Amminisfrazione finanziaria abbia per ailtro notificato in date diverse e successive l'ingiunzione di cui all'art. 18 della legge n. 739 del 1939 ai condebitori dell'imposta, la mancata opposizione in termini da parte di colui che ebbe per primo la notifica non pregiudica il diritto de1l'altro condebitore di opporsi all'ingiunzione nel termine spettantegli in relazione alla data in cui questa stata a lui notificata. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 novembre 1969, n. 3655 -Pres. Pece -Est. Sposato -P. M. Sciaraffia (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Freni) c. De Paolo. Imposte e tasse in genere -Imposte automobilistiche -Supplemento Prescrizione triennale -Si applica. (t.u. 5 febbraio 1953, n. 39, art. 9). Poich la legge di registro intende per riscossione non semplicemente H procedimento attraverso il quale essa si compie, bens l'attuazione del diritto della Finanza alla percezione dei tributi, quando una diversa norma, quale l'art. 9 del t.u. 5 febbraio 1953, n. 39, sulle tasse automobilistiche, rinvia per la riscossione dei supplementi alla legge di registro, deve intendersi che il rinvio sia esteso anche alle norme che re 86 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO galano la prescrizione, nei limiti deUa quale possibile i'attuazine del diritto (1). (Omissis). -Con l'unico mezzo del ricorso, l'Amministrazione delle Finanze dello Stato denunzia la violazione degli artt. 9 d.P.R. 5 febbraio 1953, n. 39, 16 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3283; 136 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269 e 2946 e.e. in relazione al n. 3 dell'art. 360 c.p.c. e ripropone la tesi, sostenuta in sede di merito, circa il significato e la portata del rinvio, contenuto nell'art. 9 del decreto n. 39 del 1953, alle disposizioni della legge organica di regjstro per la riscossione dei supplementi di tassa. Giusta detto assunto, il menzionato rinvio.si riferisce alle modalit della riscossione e non anche alle norme che, nella detta legge organica, stabiliscono i termini di prescrizione del diritto della Finanza al paga~ mento dei supplementi. L'assunto non fondato. La legge organica di registro, nel suo art. 144, ,parlando del procedimento coattivo per la riscossione, d a divedere che per riscossione non da intendere il procedimento attraverso il quale essa si compie, Ii il modo del suo compimento, sibbene l'attuazione del diritto della Finanza al pagamento dei tributi: il che anche significativamente confermato dall'art. 97 della stessa legge, dove, per designare la detta attuazione, con i privilegi per essa stabiliti dal codice civile, si dice, senza altro che lo Stato ha privilegio, secondo le norme del detto codice, per la riscossione. Ma se la L.O.R. designa come riscossione la concreta attuazione del diritto sostanziale della Finanza e se -come ovvio la possibilit di attuazione di un diritto in via coattiva sussiste entro i medesimi limiti ai quali soggetto il diritto: ne viene che, quando altre leggi rinviano alle norme dettate &Ila L.O.R. per la riscossione, il rinvio fatto a tutte le norme che, in detta legge, regolano l'attuazione concreta del diritto al pagamento del tributo, comprese quelle che stabiliscono le cause estintive di ta.Ie diritto, e per ci stesso, del potere di attuarlo in via coattiva. (1) Non pu essere condivisa la decisione in rassegna che considera l'istituto della prescrizione incorporato nella riscossione. Basta pensare che le norme della legge di registro ll'elative aUa prescdzione si riferiscono congiuntamente alla posiz!icm.e deUa Finanza ed a quella del contribuente ed hanno riferimento piuttosto al procedimento di liquidazione dell'imposta che non a quello di riscossione. N pu trarsi argomento dall'art. 97 della legge di registro che, fogicamente, collega il privilegio della finanza al procedimento coattivo nel quale il privilegio assume rilevanza. Se la norma specifica nulla dispone sulla prescrizione in materia di tasse automobilistiche, non pu far.si ricorso alla prescrizione tr.iennale per i supplementi, tanto pi che in tal modo non si risolve nel suo complesso i.I problema della prescrizione delle tasse automobilistiche. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA .TRIBUTARIA 87 Che tale sia la portata del rinvio del quale si tl'atta, , del resto, esplici:tamente chiarito nell'art. 11 del d.l.lgt, 18 giugno 1945, n. 399, recante modificazioni del trattamento tributario e degli emolumenti dovuti sugli aitii da prodursi al Pubblico Regist:r~o Automobilistico, emanato, quindi, per regolare una materia strettamente affine a quella regolata dal t.u. del 1953 sulle tasse automobilistiche. Il citato articolo stabilisce, infatti, che, per l'applicazione delle tasse previste dal decreto, valgono le disposizioni della legge del registro, anche per quanto riguarda le sanzioni ed i termini di prescrizione e di dcadenza.. Il medesimo chiarimento, seppure per implicito, si trova anche nel t.u. n. 39 del 1953, del quale ora si discute, giacch il termine riscossione, usato dall'art. 9, che dispone il rinvio alle disposizioni della legge di registro, non compare negli artt. 5 e 6 che raggruppano le norme concernenti le forme ed i tempi della riscossione sotto le rubriche di modalit di pagamento della tassa per gli autoveicoli e rispettivamente di modalit di pagamento della tassa per i motoveicoli. Di riscossione, invece, si parla anche nell'art. 4 che prevede la facolt del Ministro per le Finanze di affidare all'Automobile Club d'Italia, la riscossione delle tasse di circolazione e dei tributi annessi, ossia l'esazione di quelle e d questi, che naturalmente, pu aver luogo entro e non oltre i termini di prescrizione. Non pu, pertanto, esser dubbio che il rinvio dell'art. 9 alle disposizioni della legge di registro per la riscossione dei supplementi di tassa, si riferisca non .soltanto a quelle_ fra le dette disposizioni, che disciplinano le modalit della riscossione, ma benanche alle altre che riguardano la riscossion come applicazione dell'imposta, o attuazione del diritto al pagamento dell'imposta, e quindi, l'esistenza, ovvero l'estinzione per prescrizione, di codesto diritto. In contrario non vale il rilievo che nell'art. 9 pure previsto il rilascio di speciali bollette sprovviste di disco contrassegno, e che ci evidentemente riguarda soltanto una modalit della riscossione. Si tratta, invel'o, di un articolo di un testo unico, nel quale, per ragioni puramente tecniche, risultano raggruppate' norme ben distinte nelle loro fonti originarie, l'art. 16 del r.d. 20 dicembre 1923, n. 3283, che disponeva il rinvio alla L.O.R. per la riscossione dei supplementi di tasse, e l'art. 1, 2 comma, del regolamento approvato con r.d. 1 marzo 1934, n. 338, indicante, per l'appunto, le pratiche e minute modalit dell'esazione. Ad ulteriore conferma del gi detto , invece, da notare che quando ~ in altre leggi, il rinvio alle disposizioni della L.O.R. in materia di riscossione, non include le norme dettate, da questa, in materia di pre~ i~f; scrizione, e tale materia viene regolata con apposite norme delle leggi di rinvio, ci avviene soltanto perch, in tale materia, il legislatore ha Ilf: f:' voluto stabilire, relativamente a talune altre imposte, termini di prel: scrizione diversi da quelli stabiliti per le imposte di registro. Tanto ~ I . .. . !~ ~,c;pf~RY~~ZE~4?fl1!:47S:J RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 88 dato constatare nella legge 25 giugno 1943, n. 540, sulle imposte ipotecarie, che (art. 13) lascia invariato il termine triennale di prescrizione per l'imposta supplementare, e per l'azione del contribuente per la restituzione, ma introduce il termine di dieci anni per le imposte che debbono paglilrsi agli uffici dei registri immobiliari, indicando come dies a quo quello in cui fu eseguita la formalit, e per le imposte che debbono pagarsi agli uffici del registro, indicando come termine iniziale il giorno dell'eseguita registrazione; nel d.P. 24 giugno 1954, numero 342, recante nuove norme sull'imposta di pubblicit, che (articolo 28) stabilisce termini di cinque anni e di un anno; nella legge 29 gennaio 1961, n. 12.16, recante nuove disposizioni tributarie in materia di assicurazioni private e di contratti vitalizi, che (.art. 29) invariato il termine triennale per la riscossione dei supplementi, stabilisce altri termini di cinque e di dieci anni. D'altra parte, se, come si visto dall'esemplificazione che precede, il termine triennale per la riscossione dei supplementi rimane costantemente fissato nelle materie pi varie (all'esemplificazione si possono aggiungere le norme in materia d( imposte di successione, e quelle gi citate del d.1.lgt. n. 399 del 1945) ed anche quando, per altri diritti della Finanza o del contribuente, cambiano i termini ii prescrizione stabiliti dalla L.0.R. non plausibile supporre che, soltanto per i supplementi delle tasse di circolazione degli autoveicoli e dei motoveicoli, il legislatore abbia inteso, per implicito, cio seguendo un metodo diverso da quello generalmente usato quando ha voluto apportare modifiche alla disciplina della prescrizione delle imposte indirette, contenuta nella L.0.R., stabilire il termine di prescrizione ordinario della legge comune, termine pi di tre volte pi lungo del termine solito, e .adottare, per la riscossione delle. tasse di cui trattasi, un trattamento tutto particolare del quale non dato scorgere -n la ricorrente indica -veruna ragione. Pertanto, anche se non tutte le argomentazioni svolte dalla denunziata sentenza appaiono esatte o decisive, il ricorso deve essere rigettato in conseguenza di tutte le altre suesposte osservazioni. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 novembre 1969, n. 3728 -Pres. Favara -Est. Leone -P. M. Cutrupia (conf.) -Soc. MontecatiniEdison (avv. Salvucci) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Foligno). Procedimento civile -Giudizio di rinvio -Interpretazione del ~iudicato rescindente -Presunzione di completezza del principio di diritto enunciato. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 89 Imposta generale sull'entrata -Solidariet -Eccezioni -Fattispecie Esclusione. (legge 19 giugno 1940, n. 762, art. 43, r.d.I. 3 giugno 1943, n. 452, art. 24; r.d. 3 maggio 1948, n. 799, art. 14). Nel giudizio di rinvio l'interpretazione del giudicato rescindente va orientata sul presupposto della completezza del principio di diritto stabilito dalla Corte di Cassazione e della sufficienza di esso alla definizione della controversia in ciascuno dei diversi profili giuridici dedotti dalle parti (1). L'art. 14 del d.l. 3 maggio 1948, n. 799 ha modificato l'art. 24 del r.d.l. 3 giugno 1943, n. 452 nei senso che, fatta eccezione dell'ipotesi in cui l'atto economico, nei confronti di chi esegue iL versamento dei compensi e corrispettivi costituenti entrata, non sia comunque connesso ad una attivit industriale o commerciale, in ogni altro caso i soggetti dell'atto economico sono solidalmente obbligati al versamento delL'imposta (non anche della sopratassa e della pena pecuniaria) anche se il mancato pagamento dell'imposta sia imputabile ad uno solo dei predetti soggetti e quindi anche se il soggetto che realizza l'entrata, teruuto per legge a riscuotere in via di rivalsa preventiva la somma corrispondente all'imposta, non abbia versato allo Stato quanto pagato dal solvens a titolo di rivalsa di imposta (2). (Omissis). -La societ Montecatini nel motivo di ricorso censura la sentenza della Corte di Venezia, per avere ritenuto preclusa, dalla sentenza di cassazione con rinvio, la questione relativa al punto se il debitore solidiale di IGE, che abbia corrisposto l'imposta in rivalsa preventiva unitamente al pagamento costituente l'entrata tassata, possa essere tenuto nuovamente a versare l'imposta nei confronti diretti con la Finanza. Alla Corte di Cassazione la soc. Montecatini aveva prospet\"' to due questioni: la prima concerneva la solidariet per infrazioni wuta:bili ad uno solo dei soggetti dell'atto economico tassato, l'altra, \()rdinata, relativa all'impossibilit che sussista solidariet a carico contribuente di fatto che abbia pagato in rivalsa preventiva l'im e che non pu rispondere del successivo comportamento del coni; i.te di d!iritto. Corte di Cassazione, assume la societ ricorrente, avrebbe prov~ olo sulla prima questione, ed erroneamente, perci, il giudice ,,,o avrebbe, sforzando l'interpretazione della sentenza di ca1ssa~ 1one, ritenuto il rigetto implicito della seconda questione, eh~, rappre (1-2) Decisione da condividere pienamente. La sent. 22 febbraio 1966, n. 372, citata nel testo, Tirportata in Mass. Foro it., 1966, 118. 90 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sentando un elemento ulteriore rispetto al principio di diritto intangibile affermato dalla Suprema Corte, in questo non era risolio ed era suscettibile d!i riesame in sede di rinvio. La societ ricorrente, ribadita la sua tesi di merito, secondo cui quando la legge stabilisce la rivalsa preventiva rispetto ad un futuro versamento da farsi da altra persona, vien meno la stessa possibilit teorica della solidM'iet, chiede che la Suprema Corte puntualizzi il proprio insegnamento sulla questione, nel senso auspicato dalla ricorrente medesima. La censura infondata. Deve precisa:rsi che, nel caso di ricorso per cassazione contro la sentenza del giudice di rinvio, la Corte Suprema, nell'interpretazione della sua precedente pronunzia di annullamento con rinvio, da cui sorta la nuova controversia attinente ai limiti dei poteri del giudice di rinvio, anche giudice di fatto, implicando tale accertamento una questione di competenza (Cass., 17 giugno 1964, n. 1553). Sottoponendo, perci, ad esame diretto la sentenza 16 luglio 1963, n. 1937, questo S.C. com~alida l'intel'pretazione che di essa stata data dalla Corte di Venezia, nella ricerca dei limiti oggettivi posti al giudizio di rinvio. Anche la Corte di Cassazione, nello svolgimento del potere giurisdizionale quale org!lno supremo della giustizia, pronuncia con riferimento diretto e specifico alla concreta fattispecie sottoposta al suo esame, sicch il principio di diritto da essa enunciato in caso di cassazione con rinvio assume il contenuto di speci.fica volont di legge che deve regolare il caso concreto, compiutamente ed in ogni sua parte, fatta eccezione per le questioni dichiarate assorbite nella decisione di altra questione, che per la sua posizione logica e giuridica di prevalenza, renda superfluo l'esame degli altri punti controversi. Rettamente, perci, il giudice di rinvio orienta il suo esame interpretativo della sentenza di cassazione sul preS1Upposto d!ella completezza del principio di diritto stabilito dal S.C. e della sufficienza di esso alla definizione della controversia in ciascuno dei diversi profili giuridici dedotti dalle parti: in applicazione indiretta ma coerente del criterio, pi volte affermato da questa Corte Suprema, che, quando una sentenza della Corte d!i. Cassazione ha fissato, con effetto vincolante per il giudice di rinvio, i criteri che debbono informare la risoluzione della causa, tutte le questioni che furono dedotte debbono intendersi implicitamente decise quale presupposto logicamente inderogabile della pronuncia espressa in diritto e della efficacia che questa deve conseguire per la definizione della controversia (Cass., SS.UU., 2 febbraio 1966, n. 37:2). Ora, nella specie, con perfetta aderenza ai presupposti di fatto ed alle tesi giuridiche svolte dalle parti, la Corte d'Appello di Trieste PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 91 aveva accolto l'opposizfone della Montecatini, ritenendo che la disciplina normativa appHcabile fosse costituita dalle disposizioni dell'art. 43 della legge 19 giugno 1940, n. 762, riprodotte nell'art. 24 del r.d.l. 3 giugno 1943, n. 452 e modificate con l'art. 14 r.d. 3 maggio 1948, n. 799 e che, in J::>ase a tale disciplina, al pagamento dell'IGE non corrisposta, delle sopratasse e delle pene pecuniarie fossero tenuti in solido, di regola, entrambi i soggetti dell'atto economico, ma che a tale pagamento fosse tenuto solo colui che avesse realizzato l'entrata, qualora fosse fornita la prova, esclusa quella testimoniale, che l'infrazione solo a lui era imputabile, dovendosi in tale caso escludere la solidariet con l'altro soggetto dell'atto economico tassato. La Corte triestina ne dedusse che, avendo la soc. Montecatini provato di avere pienamente adempiuto il pagamento nelle forme prescritte, senza poter prevedere il comportamento illecito del percipiens, l'infrazione lel mancato versamento dell'IGE non era ad essa imputabile e quindi la detta societ non era legata da vincolo di solidariet. A seguito di ricorso, la Corte di Cassazione giudic erronea la detta struttura della normativa applicabile ed afferm che l'art. 14 del d.l. 3 maggio 1948, n. 799 aveva innovato all'art. 24 del r.d.l. 3 giugno 1943, n. 452 in .tema di solidariet per l'imposta, nel senso che, fatta eccezione dell'tpotesi in cui l'atto economico, nei confronti di chi esegue il versamento dei compensi e corrispettivi costituenti l'entrata, non sia comunque connesso ad un'attivit industriale o commerciale, in ogni altro caso i soggetti dell'atto economico sono solidalmente obbligati verso lo Stato al versamento dell'imposta (non anche della sopratassa e della pena pecuniaria), anche se il mancato pagamento di tale imposta sia imputabile ad uno solo dei predetti soggetti; con tale affermazione del principio generaie della solidariet tra i soggetti dell'atto economico tassato con IGE, fatta salva l'unica eccezione sopraindicata, questo Supremo Collegio escluse che non sussistesse solidariet a carico del solvens nel caso in cui il soggetto che percepisce l'entrata sia tenuto, per legge, a riscuotere in via di rivalsa preventiva l'importo dell'imposta. E tale applicazione conseguenziale del principio enunciato la Corte Suprema conferm in modo add!irittura esplicito, quando dichiar assorbito il terzo mezzo del ricorso dell'Amministrazione, relativo alla vailutazione della prova che la soc. Montecatini non avesse comunque partecipato all'infrazione tributaria: evidente che tale assorbimento fu dichiarato, perch la prova appariva inutile, una volta stabilito che la solidariet del solvens non veniva meno per il fatto che l'infrazione relativa al mancato pagamento dell'IGE non fosse a lui imputabile. Di conseguenza non sussiste il vizio denunciato di omessa pronunzia su un capo della domanda e la domanda stessa non pu essere ulteriormente riproposta. -(Omissis). 92 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 dicembre 1969, n. 3947 -Pres. Favara -Est. Milano -P. M. Toro (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Coronas) c. Soc. Stabilimento Farmaceutico G. Testa (avv. Vigotti e Ukmar). Imposte doganali -Imposta erariale di consumo -Agevolazione per l'importazione di bucce di cacao destinate all'estrazione di teobromina -Utilizzazione della merce importata anche per la produzione di burro di cacao -Irrilevanza. (d.1. 14 ottobre 1946, n. 206, artt. 1 e 2). Poich l'imposta erariale di consumo istituita con l'art. 1 del d.l. 14 ottobre 1946, n. 206, va inquadrata fra i diritti doganali, presupposto del'obbligazione tributaria L'importazione della merce (il passaggio della linea di confine) e ci anche nel caso in cui il pagamento dell'imposta sia differito ad un momento successivo; consguentemente qualora l'importazione di una merce sia esente da imposta in quanto destinata alla creazione di un determinato prodotto (nella specie bucce di cacao per l'estrazione della teobromina), l'avvenuta utilizzazione della merce impwtata per lo scopo previsto dalla legge estingue la pretesa tributaria, nulla rilevando che dalla stessa merce siano stati ricavati anche altri prodotti (burro di cacao) (1). (Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso l'Amministrazione finanziaria Lripropone in questa sede la questione concernente l'applicabilit dell'imposta erariale di consumo sul burro di cacao ricavafo dalla lavorazione delle bucce di cacao importate in esenzione dJa dazio e da imposta di consumo perch destinate all'estrazione della teobromina e censura la impugnata sentenza per aver dato aJ. quesito risposta negativa in violazione de.gli artt. 1 e 2 d.l.c.p.s. 14 ottobre 1946, 58 e 60 della legge doganale e con omessa ed insufficiente motivazione. Sostiene che erroneamente la Corte d'Appello partita dal presupposto che per il trattamento tributario delle merci estere importate si debba aver riguardo al momento del loro materiale passaggio della linea doganale, in quanto, nella fattispecie, non si trattava di una normale importazione definitiva, ma di una importazione di merci in esenzione .sotto vincolo cauzionale, garantita, do, dalla c.d. bolletta cauzione nerci estere, e per queste importazioni l'accertamento dei tributi, dovuti in via.definitiva, avviene, non gi con riferimento alla dichiara (1) La decisione della Corte Cost. 15 dicembre 1967, n. 146, citata nel testo, riportata in Foro it., 1968, I, 301; il.a sentenza Cass. 6 febbraio 1953, n. 300 riportata in Mass. Giur. it., 1953, 82. ::: ! ::~ -:= :: :'. fff@ffilffEfilfJK&Hfiifl%Iftff@ffilff@fiffff1ffltffffftfMfFfif%!Ifffi@ifilfffillJHffllif:i1Mf&ffi@1@fft~@JffflTfifffff0=fil !'ARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 93 zione presentata al momento del passaggio della linea doganale, bens con riferimento allo stato finale delle merci, dopo la: lavorazione, vale a dire con riferimento a tutti i prodotti e non solo a quello agevolato. Il motivo non fondato. Nessun dubbio, innanzi tutto, che l'imposta erariale di consumo, istituita con il d.1.c,p.s. 14 ottob11e 1946, n. 206, si atteggi nella sua fondamentale struttura giuridica e con particolare riguardo al suo momento generatore, come un diritto o provento doganale. Essa, invero, ai sensi dell'art. 2, 2 comma, del citato decreto, deve essere riscossa all'atto dell'importazione dei prodotti, mentre l'art. 7 della legge doganale considera diritti di Confine tutti quei diritti che la Dogana deve riscuotere in forza di una legge in relazione alle operazioni doganali. In tali sensi, del resto, ha avuto occasione di pronunciarsi la stessa Covte Costituzionale con la recente sentenza n. 146 del 15 dicembre 1967, Con la quale ha, appunto, ritenut che la predetta imposta, al pari dell'i.g.e. sull'importazione di cui all'art. 17 della le.gge 19 giugno 1940, n. 76,2 e l'imposta di conguaglio istituita con la legge 31 luglio 1954, n. 570, da considerarsi un vero e proprio diritto doganale, atteso il suo stretto collegamento con il fatto dell'importazione, piuttosto che con quello del consumo della merce. Essendo, quindi, dal punto di vista giuridico, identica la qualificazione del dazio di importazione e dell'imposta erariale di consumo, esattamente la sentenza impugnata ha definito l'insorta controversia alla stregua della legge doganale. Ora noto che, ai sensi dell'art. 4 della predetta legge, il passaggio della linea doganale della merce, soggetta a diritti di confine, a fare s0trgere a favore dello Starto il diritto all'imposta, mentre ogni altra formalit, come la dichiarazione di destinazione doganale, ne differisce la realizzazione ad un diverso momento, restando il relativo rapporto sospeso prima di essa, con la conseguenza che rilevante solamente la qualificazione della merce al momento del sorgere del debito e non della sua realizzazione. Qualunque concezione si accolga in oo:-dine all'atto oal fatto da cui sorge l'obbligazione doganale, in ogni caso indubbio che l'atto di imposizione, nel costituire il rapporto di obbligazione, deve fare riferimento alla situazione base o presupposto materiale del tributo, rappresentato daJ. passaggio attraverso la linea doganale della merce estera con tutte le caratteristiche e con il valore che la stessa presenta in quel momento. In sostanza, in materia doganale, accade quello che si verific.a anche in altri settori tributari, come, ad esempio, in materia di imposte dirette, dove ordinariamente il debito sorge con la notifica dell'atto d imposizione, ma questo deve basarsi sul presup posto quale si configurato, nelle sue caratteristiche quantitative e qualitative, durante il periodo di commisurazione:.>. Ora questi principi, ormai pacifici in dottrina ed in giurisprudenza, non possono non ~ ff@ffffff&filf:Wi&EfffilllillM@itf0%%%FfHK@rn!FMfff@l@firn!i%FfNW@MFlKfffiFKfffililiE@Will@Fmim'Eff0ffffftrJ 94 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO trovare applicazione anche alle importazioni di merce esente dai diritti doganali in quanto destinata alla produzione di determinati prodotti. Anche in tale ipotesi, infatti, il rapporto tributario sorge al momento del passaggio della merce estera dalla linea doganale, ma H. diritto dello Stato ed il rapporto di debito tributario vero e .proprio dell'imp:oil'ta-tore rimangono, ci non ostante, in istato di sospensione. All'atto dell'importazione, do, il debito doganale non pu ancora ritenersi concretato, in quanto la merce destinata ad un uso che la legge ha inteso agevolare. Il debito tributario non , quindi, attuale, ma soltanto eventuale, nel senso che esso non sorge ove si realizzi la prevista destinazione, ma se sorge percl11 questa destinazione non si realizzata, esso ha per oggetto esclusivamente i tributi afferenti a quelle determinate merci che sono state introdotte attraverso la linea doganale. La legge doganale, anzi prevede tale fattispecie in modo esplicito all'airt. 102 come una delle ipotesi di contrabbando per indebito uso di merci importate con particolari agevolazioni in relazione alla loro destinazione o al loro impiegp. Ma se, come nella fattispecie avvenuto, la merce importata ha, nella sua interezza, avuto quella destinazione in vista della quale, per motivi di ordine politico o economico, lo Stato ha rinunciato alla realizzazione dei tributi, cessa ogni motivo di pretesa da parte del .Irisco, I mentre non vale, neppure in parte, a fare venire meno la condizione cui la esenzione era sospensivamente legata, la circostanza che dala mer<'e importata l'importatore abbia potuto .ricavare, oltre al prodotto aigevo . lato e senza pregiudizio alcuno della quantit massima da essa otteni. ! bile, un altro prodotto. Oon l'avverarsi, invero, della cndizione cui la ili rinuncia era subordinata si determinata l'estinzione dell'obbligazione ili tributaria, e questa non pu certo risorgere nei riguardi di altri pro~; dotti, che non furono mai oggetto di importazione e, quindi, del rapporto tributario sospeso. I Il contrario aissunto dell'Amministrazione finanziaria, oltre a contrastare con i principi informatori della legislazione doganale, non trova fondamento in alcuna disposizione legislativa. Fuori di luogo, , infatti, il richiamo alle norme della legge doganale (artt. 58-64) relative alla spedizione di merce estera da una dogana all'altra ed al transito. Nella fattispecie non 1si tratta di merci in transito attraverso il territorio dello Stato o spedite da una dogana all'altra per le quali la legge prevede un particolare procedimento di accertamento dei d!iritti doganali, che implica il differimento del momento generatore dei tributi stessi, ma si versa in tema di importazioni definitive in esenzione, condizionate all'impiego della merce estera in un determinato uso agevolato e per le quali l'attivit dell'amministrazione doganale limitata al controllo dell'avvenuto impiego. Ed una volta effettuato il concreto riscontro sull'impiego della merce, nella sua interezza, all'uso agevolato PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 95 previsto dalla legge ed estinta l'obbligazione tributaria, l'Amministrazione non autorizzata ad indagare se e quali altri prodotti, oltre a quello agevolato, l'importatore abbia eventualmente ricavato dalla lavorazione della merce. Doveva il legislatore che accordava l'esenzione . all'unica condizione del ricavo di un determinato prodotto, ben sapere che da quella stessa merce era possibile ricavare altri prodotti, e la condizion di legge avrebbe dovuto, in tal caso, diversamente essere espressa. Pertanto, la Corte d'appello, avendo accertato in fatto che i quantitativi di bucce di cacao avevano ricevuto, nella loro.interezza, il previsto impiego (estrazione della teobromina), tanto che per essi la Dogana aveva rilasciato le bollette definitive di importazione in esenzione dai diritti doganali, ha esattamente ritenuto illegittima la pretesa della stessa Dogana di sottoporre all'imposta erariale di consumo i quantitativi di burro di cacao che, congiuntamente al prodotto agevolato, erano stati estratti da quelle stesse bucce. Del resto, negli stessi sensi ha gi avuto occasione di pronunciarsi, in una fattispecie analoga, questa Suprema Corte. con la sentenza n. 300 del 6 febbraio 1953. Con tale sentenza, infatti, stato ritenuto che, una volta raggiunto, con l'effettiva destinazione della merce importata dal- l'estero in esenzione, lo scopo per il quale l'esenzione fu concessa, del tutto indifferente, ai fini delle imposte doganali, che quanto residui dall'uso della merce possa essere proficuamente utilizzato, sia pure mediante una trasformazione industriale che permetta il recupero di un prodotto che, se importato dall'estero, sarebbe stato soggetto al pagamento dei diritti doganali. E per quanto dianzi si detto non ricorre alcun motivo per discostarsi da tale pronuncia. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 dicembre 1969, n. 3950 -Pres. Favara -Est. Milano -P. M. Cutrupia (conf.) -Fiorini (avv. Ferrero) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Freni). Imposte e tasse in genere -Procedimento dinanzi alle Commissioni Impugnazione limitata dinanzi all'A.G.O. -Questioni relative alla parte del rapporto non impugnata -Inammissibilit. Imposta di successione -Deduzione dall'attivo dell'imposta sul valore globale -Deducibilit della sola imposta in concreto corrisposta. (d.I. 8 marzo 1945, n. 90, art. 13). Qualora sia stata proposta impugnazione dinanzi all'A,G.0. limitatamente alla questione di applicazione della legge, non possono nell/ulteriore fase del giudizio avanzarsi domande che attengono alla valuta 8 96 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zione definita con decisione della Commissione non impugnata. Conseguentemente, ove non sia stata impugnata la decisione della Commissione, non sono ammissibili domande concernenti la nullit del procedimento o la iHegittimit costituzionale della norma (nella specie l'articolo 31 della legge sulle successioni) inerente alla determinazione del valore tassabile (1). Poich l'imposta di successione commisurata all'entit del lucro che viene a percepire in concreto l'erede, il valore dell'asse tassabile deve essere calcolato al netto delle passivit e quindi anche dell'imposta sul valore globale; tuttavia l'imposta sul valore globale deducibile quella in concreto pagata e quindi, nel caso in cui l'aliquota delfimposta sul valore. globale sia ridotta, deve dedursi soltanto l'ammontare delL'imposta ridotta e non quello dell'imposta astrattamente dovuta nell'ipotesi normale (2). (Omissis). -Con il primo motivo il ricorrente, denunciando contraddittoriet di motivazione ed erronea applicazione dell'art. 50 legge 5 gennaio 1956, n. 1, anche in relazi-One agli artt. 112 e 360 c.p.c., sostiene che la Corte d'appello ha errato nell'affermare la non rilevanza, ai fini della decisione della controversia, della dedotta nullit della decisione della Commissione provinciale per essere stata tale de (1-2) Della prima massima deve condividersi l'affermazione che la definitivit dell'accertamento comunque raggiunta (per difetto di impu gnazione, per concordato o a seguito di decisione irretrattabile della Com missione di valutazione) non pu dar luogo ad ulteriori questioni di valuta zione in sede di controversia sull'applicazione de1la legge, sia innanzi all'A.G.0. sia innanzi alla Commissione per le questioni di diritto. Non pu per essere condivisa l'affermazione, incidentalmente esposta, relativa al potere del giudice ordinario di sindacare la regolarit del pro cedimento amministrativo nel caso in cui i vizi del procedimento costi tuiscono delle illegittimit che ledono i diritti soggettivi delle parti e ren dono inesistente il procedimento stesso. un principio fermissimo che non tleducibile innanzi all'A.G.O. l'error in procedendo (denunziabile invece con ricorso per Cassazione ex art. 111 Cost.) non costituendo il giudizio ordi nario una fase di impugnazione del procedimento amministrativo (Cass. 23 gennaio 1969, n. 182, in questa Rassegna, 1969, I, 98; 30 dicembre 1965, nu mero 2494, ivi, 1966, I, 164); inoltre i vizi degli atti del procedimento, anche se tali da ripercuotersi sulla decisione determinandone la nullit, non impe discono che essa passi in giudicato (Ca.ss. 3 febbraio 1968, n. 350, ivi, 1968, I, 112): pu verificarsi bensi il caso della inesistenza de1la decisione prove niente a non iudice o del tutto priva di sottoscrizione (Cass. 15 gennaio 1969, n. 526, ivi, 1969, I, 138), ma una tale rara ipotesi, concretandosi nella possibilit di disconoscere in qualunque sede l'esistenza della pronunzia, non pu nemmeno ricondursi al potere dell'A.G.O. di censurare la regolarit del procedimento amministrativo. Non pu nemmeno condividersi l'altra affermazione che l'illeggittimit costituzionale dell'art. 31 della legge sulle successioni e le questioni inerenti e non complementare. La seconda massima da condividere pienamente. e non complementare. La seconda massima da condividere pienamente. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 97 cisione adottata con la partecipazione del rappresentante dell'Amministrazione finanziaria perch, trattandosi di nullit insanabile, nessun rilievo aveva il fatto che egli avesse pagato l'imposta di successione sull'imponibile determinato dalla suddetta Commissione. Con il terzo motivo, poi, il ricorrente denuncia la viofazione dell'art. 31 della legge tributaria sulle successioni e sostiene che la Corte di appello ha errato nel ritenere preclusa, ai sensi dell'art. 3.45 c.p.c., la declaratoria di illegittimit della richiamata disposizione, in quanto in proposito era stata richiesta l'applicazione della sentenza della Corte Costituzionale del 12 luglio 1965, la quale costituiva ius superveniens, che il .giudice doveva senza altro applicare, ove ne avesse riconosciuto la esistenza. I due motivi -che opportuno esaminare congiuntamente -sono infondati. Come si gi accennato .nel trattare dello svolgimento del processo, l'odierno ricorrente impugn avanti all'autorit giudiziaria ordinaria la decisione della Commissione provinciale, non deducendo la nullit della stessa, ma limitandosi unicamente a contestare la congruit del valore accertato e sostenendo, inoltre, relativamente al successivo atto di liquidazione dell'imposta, l'erroneit dell'operazione di detrazione della imposta sul valore globale netto. Nel corso del giudizio di primo grado egli rinunci espressamente ad ogni questione attinente alla valutazione dell'asse ereditario, limi- alla sua applicazione siano inammissibili nel giudizio inerente all'imponibilit in quanto assorbite nella determinazione del valore definita in modo irretrattabile con la decisione di valutazione. La determinazione del valore ha per oggetto soltanto il valore in commercio dei beni suscettibili di revisione di congruit e non solo non abbraccia nessuna questione di applicazione della legge, ma non tocca nemmeno le altre componenti del valore imponibile che non sono soggette a stima economica (fondi rustici sog,getti a valutazione automatica, crediti, titoli, deduzioni di passivit e, per l'appunto, determinazione presuntiva dei valori mobiliari). certamente una questione sull'applicazione della legge, non pregiudicata dal giudizio di valutazione, quella nascente dall'art. 31. Nel caso deciso la questione era sicuramente inammissibile, perch proposta per la prima volta in appello, ma non per te ragioni addotte nella sentenza in rassegna; l'irretrattabilit della valutazione non impedisce n al contribuente n alla Finanza di contestare la retta applicazione dell'articolo 31. infatti avvenuto in numerosi casi che, dopo un'inesatta interpretazione della sentenza della Corte Costituzionale 12 luglio 1965, n. 69, la Finanza ha legittimamente elevato supplemento per la maggiore iII,J.posta gravante sul valore mobiliare presuntivo dopo che in sede di liquidazione dell'imposta principale e complementare tale valore era stato escluso; tale maggioo-e pit'etesa infatti da definire un'imposta suppletiva gi 98 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tando la contestazione unicamente al criterio da applicare per la detrazione dell'imposta sul valore globale. Risolta dal Tribunale tale questione in senso favorevole all'Amministrazione finanziaria, il Fiorini, nell'atto di appello, oltre a lamentarsi per la mancata compensazione delle spese, rimise in discussione soltanto la predetta questione e, solamente all'udienza di precisazione delle conclusioni, sollev la questione della nullit della decisione della Commissione provindale, nonch quella della incostituzionait della presunzione di cui all'art. 31 della legge tributaria sulle successioni in merito alla esistenza di mobili, gioielli e denaro. In base all'esame, cos compiuto, degli atti del processo -esame che la Suprema Corte abilitata a compiere con piena potest d'indagine, trattandsi di accertare l'esistenza o meno di un vizio in procedendo, quale quello denunciato, della mancata pronuncia di merito su punti ed istanze specifiche -la decisione del1a Corte di merito di non poter prendere in esame le domande formulate dal Fiorini in sede di precisazione delle conclusioni appare sostanzialmente esatta. Infatti, con l'accettazione del valore dell'asse ereditario, cosi come determinato dalla Commissione provinciale e con la rinuncia del Fiorini ad ogni questione attinente appunto al procedimento di valuta.zione, restava evidentemente preclusa la possibilit di rimettere in discussione sia la regolarit del :procedimento amministrativo, sia la determinazione dell'imponibile e, in particolare, la questione se in esso dovessero o meno essere comprese le percentuali stabilite dall'art. 31 della legge tributaria sulle successioni per La presunta esistenza dei mobili, gioielli e denaro. Inoltre, avendo il giudice di primo grado circoscritto la controversia alla sola questione di diritto relativa alla detrazione dell'ammontare dell'imposta. sul valore globale e non avendo il Fiorini, con il suo appello, impugnato questa specifica limitazione della materia del contendere, il giudice di appello non poteva in alcun modo prendere in esame le questioni successivamente dedotte dal Fiorini in sede di precisazione delle conclusioni. N la sentenza impugnata, nel rifiutar;si di prendere in esame la dedotta irregolari:t :procedurale del procedimento amministrativo, incorsa nel lamentato vizio di contraddittoriet, perch i giudici di merito, pur non disconoscendo in astratto, 1a ipossibilit in materia di imposte indirette sui trasferimenti di ricchezza, di un .sindacato del giudice ordinario sulla regolarit del procedimento amministrativo nel caso in cui i vizi del procedimento stesso costituiscano delle illegittimit che ledano i diritti soggettivi delle parti e siano tali da rendere inesistente il procedimento stesso, hanno tuttavia esattamente ritenuto che nella fattispecie la dedotta nullit non aveva alcuna rilevanza ai fini della decisione giacch l'oggetto della controversia non riguardava-il valore -:: :: PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 99 imponibile dell'asse ereditario determinato dalla Commissione provinciale, ma concerneva il contenuto del successivo atto di liquidazione dell'imposta effettuata dall'Ufficio del Registro. E se questo soltanto era l'oggetto della controversia ne segue che anche la questione di legittimit costituzionale dell'art. 31 legge trtbutaria sulle successioni, sollevata dal ricorrente con il quarto motivo del ricorso, viene ad essere irrilevante perch la norma che si assume in contrasto con l'art, 53 della Costituzi-one non riguarda affatto il rapporto dedotto nel presente giudizio. Pu aggiungersi che nelle more del giudizio, la Corte Costituzionale con sentenza n. 109 del 12 luglio 1967 ha dichiarato non fondata la detta questione di costituzionalit, sul rilievo che la presunzione assoluta di esistenza, nel patrimonio ereditario, di mobili, gioielli e denaro per un valore fisso e predeterminato in percentuale dell'intero asse ereditario non contrasta con gli artt. 3 e 53 della Costituzione, ma risponde a principi di logica, considerata anche la natura dei beni facilmen:te occultabili. Resta, quindi, da esaminare il secondo motivo con il quale il r.icorrente, denunciando l'erronea applicazione dell'art. 13 del d.l. 8 marzo 1945, n. 90, sostiene che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di merito, ai fini dell'applicazione della normale imposta successoria, l'ammontare dell'imposta sul valore netto .globale deve essere integralmente dedotto dall'imponibile, indipendentemente dall'effettivo pagamento di tutto o di parte del suo importo. Il motivo non fondato. Esattamente, infatti, l'impugnata sentenza ha messo in evdenza che l'imposta sul vaflore globale netto dell'asse ereditario costituisce una passivit dell'eredit e che, pertanto, la deduzione non pu che, riguardare l'imposta effettivamente dovuta, non gi l'imposta calcolata in astratto. Ci trova conforto nello spirito e nella lettera dell'art. 13 del richiamato decreto che disciplina la percezione della imposta in questione. Dispone la predetta norma che, ai fini dell'applicazione della tradizionale imposta successoria, detratto dall'imponibile l'ammontare dell'imposta sul valore globale dell'asse ereditario e a tal riguardo richiama, nel capoverso, tutte le disposizioni della legge tributaria sulle successioni in quanto compatibili e in quanto non diversamente stabilito nel decreto stesso. Ora, traendo l'imposta di successione fondamento e giustificazione nel fatto de~la maggiore capacit 'contributiva acquisita dall'erede per effetto dell'acquisto gratuito del patrimonio lasciato dal defunto ed essendo l'ammontare dell'imposta stessa commisurata con l'entit del lucro che, in dipendenza della successione, viene a godere, in concreto, l'erede stesso, chiaro che il valore deH'esse ereditario deve essere calcolato 100 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO al netto dell'ammontare delle passivit e quindi anche dell'imposta sul valore globale. Pertanto nel ,caso in cui l'erede versa l'ammontare delil'g!liquota, stabilita dalla legge, relativa all'imposta sul valore globale, non gi nella sua interezza, ma in misura ridotta per una specifica norma agevdlativa o come nella fattispecie in ragione della met, consegue che una parte del patri~onio ereditario non si trasferisce a favore del suddetto erede nei limiti soltanto di C!,uella met che rimane assorbita dal debito tributarto, posto in concreto a carico dell'eredit. Non pu perci tenersi conto dell'altra met dell'ammontare dell'imposta, determinata secondo l'aliquota sull'intero, in quanto, non venendo di fatto corrisposta, non comporta una ulteriore privazione della corrispondente quantit del patrimonio ereditario, sicch permane in favore dell'erede quell'arricchimento che :ta sorgere la .pretesa dello Stato di percepire la contribuzione tributaria relativa all'imposta sulla successione. La contraria tesi dal ricorrente, non soltanto viola il principi.o su cui fondata l'imposta sulle successioni, che deve essere 'commisurata con l'effettiva entit della ricchezza trasferita in favore dell'erede, ma condurrebbe all'inammissibile risultato che questi, gi favorito in sede d'imposta sul valore globale, verrebbe favorito anche in sede d'imposta di successione e finirebbe per fruire di due riduzioni d'imposta, nonostante che il legislatore non aibbia affatto manifestato la volont di porlo in una simile situazione doppiamente privilegiata. E non vale opporre, come si oppone dal ricorrente, che dallo stesso art. 8 del citato decreto, che regola !'.ipotesi di concorso di eredi e di legatari, Si dedurrebbe che, prima di far luogo alla riduzione o alla esenzione, obbligatoria l'integrale deduzione dell'imposta globale. A parte la considerazione che questa interpretazione della invocata disposizione non pacifica in dottrina e nella stessa giurisprudenza delle commissioni tributarie, va .osservato che i criteri di calcolo della imposta globale dettati dalla suddetta norma per le .successioni con concorso di eredi e di legatari. sono predisposti nella previsione che le quote successorie siano diverse e che gli eredi ed i legatari abbiano requisiti soggetti.vi diversi. In tale i.potesi si ritenuto indispensabile, per ottenere l'imposta globale da ciascuno dovuta, seguire pedissequa mente quei criteri secondo l'ordine stabilito, in quanto, omettendo di detrarre ~'intero ammontare dell'imposta globale, il beneficio di cui gode uno dei coeredi si risolverebbe in pregiudizi.o per gli altri. Essi, infatti, pur non ricevendo nulla di pi di quanto loro compete nella successione, sopporterebbero in proporzione anche l'onere ,che astrattamente dovrebbe gravare sul coerede beneficiato, al quale peraltro questi sfugge in forza dell'esenzione soggetti.va. Ma. nell'ipotesi di eredit devoluta ad un unico erede, cme del resto, in quelila di concorso in quote eguali di eredi con requisiti sog PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 101 gettivi eguali (concorso di figli in quote eguali), l'esigenza di evitare sperequazioni tra erede favorito ed erede non favorito non sorge, e non vi quindi motivo alcuno perch non debba trovare applicazione quel principio fondamentale, secondo cui l'imposta di successione deve restare commisurata alla entit patrimoniale effettivamente conseguita dall'erede. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 dicembre 1969, n. 3959 -Pres. Favara -Est. Usai -P. M. Sciaraffia (conf.) -Mazzella (avv. Di Maio) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Salvatori). Imposte e tasse in ~enere -Imposte dirette -Accertamento -Poteri della CommissiQne delle imposte. (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 35 e 36; legge 5 gennaio 1956, n. l, artt. 3 e 5). La Commissione delle imposte ha ii poter di sospendere la pronuncia e rinviare gli atti aU'Ufficio per l'integrazione dell'accertamento ogni volta che, in qualunque modo lecito, sia venuta a conoscenza, nel corso del giudizio, di nuovi elementi; non di ostacolo a tale tjnvio il fatto che i nu0vi elementi fossero gi, a conoscenza dell'Ufficio .anche prima della scadenza del termine per procedere direttament all'integrazione dell'accertamento (1). (Omissis). - Con l'unico mezzo il ricorrente, deducendo la _violazione degli artt. 32, 35 e 36 del t.u. sulle imposte dirette approvato con d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 e 112, 113, U5 e 116 c.p.c., in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.e., sostiene che la commissio~e tributaria di primo grado poteva disporre l'integrazione dell'accertamento ai sensi dell'~rt. 36, gi citato, solo se nel corso del giudizi'O veniva a conoscenza di nuovi elementi. Due erano, quindi, i presupposti ;richiesti dalla legge: a) che sopravvenissero nuovi elementi; b) che la commissione ne venisse a conoscenza nel -corso del giudizio. (1) Esatta e lineare initerpretazione delle norme di le~ge. La sopravvenienza di elementi nuovi (rispetto a quelli gi acquisiti al processo) legittima il potere della Commissione di rinviare gli atti all'Ufficio per !'-integrazione . dell'accertamento ogni volta che gli elementi siano nuovi per la Commissione, anche se non nuovi per l'Ufficio. Il mancato esercizio del potere dell'Ufficio di procederie direttamente alla it'ettifica, non pregiudica il potere spettante in via autonoma aUa Commissione; ci chiaramente confermato dall'ultimo com.ma dell'art. 35 del t.u. 'sulle imposte dirette, che pur 1impedendo all'Ufficio l'integrazione diretta dopo la scadenza del termine dell'art. 32, fa espressamente salvo (senza distingueit'e se la conoscenza di elementi nuovi sia stata acquisita dall'Ufficio prima o dopo la scadenza del termine) il rinvio da parte della Comissione. 102 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La qualifica nuovi doveva, secondo il ricorrente, essere interpretata nel senso che dovevano essere sorti nel corso del procedimento contenzioso, quando ogni potere era stato trasferito al.la commissione. Se, invece, gli elementi erano noti all'Ufficio in precedenza e, non essendo scaduto il termine previsto dall'art. 32 del t.u., era possibile la rettifica dell'accertamento gi eseguito, essi non potevano considerall'si nuovi. La novit, poi, doveva stabilirsi obiettivamente e non con riferimento alla commissione, per la quale, evidentemente, tutti gli elementi erano nuovi in quanto di essi veniva a conoscenza solo dopo l'inizio del procedimento. Doveva, dunque, trattarsi di elementi ignoti fino aJ. sorgere del processo tributario e venuti solo dopo a conoscenza della commissione. In conseguenza, conclude il ricorrente, doveva ritenersi illegittima l'integrazione dell'accertamento dalla commissione disposta nei suoi confronti perch fondata su elementi che erano a conoscenza dell'ufficio fin dal 19 dicembre 1960, prima che la commissione fosse _stata investita del procedimento, promosso con ricorso 11 gennaio 1961. Il motivo infondato. Infatti, come risulta dalle uguali espressioni usate dagli artt. 35 e 36 del t.u. sulle imposte dirette del 1958 ed, ancor meglio, dai precedenti .M'tt. 3 e 5 della legge 5 gennaio 1956, n. 1, in dette norme trasfusi, il potere di promuovere l'integrazione dell'accertamento attribuito tanto all'ufficio, che lo attua dtirettamente, quanto alla commissione tributaria di primo grado, che per l'esecuzione dell'integrazione rinvia gli atti all'ufficio, i-ichiede in ambedue le ipotesi un identico presupposto costituito dalla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi. Dato che detto potere ha per oggetto l'integrazione di un accerta.. mento gi eseguito, i nuovi elementi, che del potere stesso c:ostituiscono il presupposto, devono, logicamente, in entrambi i casi, essere nuovi rispetto al precedente accertamento, del quale giustificano la integrazione. Mentre il potere dell'ufficio soggetto al termine di decadenza di cui all'art. 32 del citato testo unico, quello attribuito alla commissione pu essere esercitato nel corso del relativo giudizio (se questa nel corso del giudizio viene a conoscenza di nuovi elementi ), ossia fino a quando la commissione stessa non abbia deciso definitivamente il giudizio medesimo. Se, infatti, il contribuente non ricorre contro l'accertamento, il decorso del termine di decadenza rende definitiv:o l'accertamento, conseguendosi in tal modo quella certezza del diritto, che nella specie costituisce lo scopo fondamentale perseguito col termine di decadenza. Ma, qualora il contribuente, proponendo ricorso, impedisce che tale certezza venga ottenuta, la legge attribuisce, anche dopo la: decorrenza PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 103 del termine d'i decadenza stabilito per l'uftkio, il potere di promuovere l'integrazione dell'accertamento alla commissione adita col ricorso. Da quanJto s' detto risulta che esiste perfetta concordanza tra_ l'intenzione del legislatore e il senso fatto palese dal significato proprio delle parole, secondo la connessione di esse, usate dalla legge (art. 12 disposizioni sulla legge in .generale) e che quindi la frase se questa (la commissione) nel corso del giudizio viene a conoscenza d!i nuovi elementi deve essere intesa nel suo significato letterale di nuovi elementi pervenuti (in qualunque modo lecito, dato che la norma non precisa) a conoscenza della commissione durante il corso del giudizio. N tale significato deve essere travisato solo oerch ovvio che alla commissione gli elementi concernenti il procedimento devono necessariamente pervenire tutti durainte il corso del giudizio; tanto pi che la frase durante il corso del giudizio appare usata anche al fine di precisare il periodo di tempo durante il quale 1a commissione pu esercitare il potere di disporre che sia integrato l'accertamento. (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 dicembre 1969, n. 3963 -Pres. MarJetta -Est. Berarducci -P. M. Trotta (conf.) -Soc. Olivera (avv. Vecchio) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Gargiulo). Imposte doganali -Esenzione dall'imposta di conguaglio -Olii vegetali commestibili -Nozione. (d.l. 14 agosto 1954, n. 676, tab. B; legge 21 luglio 1954, n. 570, art. 1). Nella norma del d.l. 14 agosto 1954, n. 676, tab. B che, in relazione all'art. 1 della legge 21 luglio 1954, n. 570, elenca gli olii vegetali importati sui quali non dovuta l'imposta di congiiaglio, L'espressione allo stato commestibile va intesa nel senso comune di buoni a niangiare senza ulteriori trattamenti di raffinazione (1). (Omissis). -Con il primo motivo, premesso che il concetto di commestibilit degli oli vegetali ha due accezioni, quella legale e quella commerciale, la quale non coincide con la prima, si lamenta che la Corte del merito non abbia chiarito a quale delle due nozioni abbia inteso riferirsi, e fondandosi su di una interpretazione meramente letterale, ne abbia .posto in ombra l'elemento logico. Si assume che la ratio legis risulta da tutta una serie di elementi: la disciplina tributaria degli oli vegetali, nella quale l'imposta di conguaglio .si venuta (1) Massima esatta. Non constano precedenti specifici; per la analoga questione inerente all'i.g.e. v. Cass. 3 maggio 1967, n. 836, in questa Rassegna, 1967, I, 874 con nota di F. GUICCIARDI. 104 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ad inserire; le dichiarazioni rese dal Ministro in Parlamento, in sede di approvazione della legge n. 941 del 1949, relativa all'i.g.e. sul commercio degli oli vegetali allo stato commestibile, le circolari ministeriali. Secondo 1a societ ricorrente, questi elementi conforterebbero la tesi secondo cui, ai fini della esenzione in questione, non richiesto i'1 requisito della commestibilit attuale, riguardando tale esenzione gli oli destinati ad uso alimentar~, _anche se essi debbano essere sottoposti, prima dell'uso, ad ulteriore lavorazione. Con il secondo motivo, che si esamina congiuntamente per la sua correlazione al primo, si lamenta che la Corte del merito sia addivenuta alla identificazione tra olio non commestibile ed olio non raffinato, senza giustificarla in alcun modo, ed abbia ritenuto di poter attribuire, alle dichiarazioni .rese in sede doganale, un valore confessorio, che esse non hanno. Le censure sono infondate. Esattamente la Corte del merito ha ritenuto e dichiarato che la lettera della norma del d.p. 14 agosto 1954, n. 676, tab. all. B ch indica quali sono gli oli vegetali importati sui quali, a' sensi dell'art. 1, 2 comma, legge 21 luglio 1954, n. 570, dovuta l'imposta di conguaglio, chiara nel senso che sono esclusi dall'assoggettamento al tributo unicamente gli oli vegetali che, all'atto dell'importazione, gi possiedono il requisito della commestibilit e si presentano, quindi, con caratteristiche d'a escludere la necessit di un qualsiasi trattamento di raffinazione prima della loro immissione al consumo. Dispone, invero, la norma anzidetta, che l'imposta di conguaglio dovuta per gli oli fissi, fluidi e eone.reti di origine vegetale, esclusi quelli allo stato commestibile e tale letterale dizione non pu essere interpretata se non nel senso in cui, come sopra, l'ha interpretata la Corte milanese. L'assunto della ricorrente, secondo cui il concetto di commestibilit avrebbe, nel linguaggio legale, un significato diverso da quello che ha nel linguaggio commerciale, affatto inattendibile. Nella lingua italiana il termine commestibile (che deriva dal latino . comestum p.p. di comed'ere mangiare), ha il significato di buono a mangiare e tale significato unico, ha cio carattere generale ed , quindi, identico sia che il termine venga adoperato nel linguaggio legale sia che venga usato nel linguaggio commerciale. Pertanto, la locuzione olio importato allo stato commestibile usata in una norma giuridica, altro significato non pu avere che quello di olio che all'atto dell'importazione sia in stato di essere consumato, di essere mangiato, senza ulteriori trattamenti fisici o chimici che siano. Giova aggiungere che una dizione consimile stata adoperata dal legislatore nella norma dell'art. 8 della legge 24 dicembre 1949, n. 941 in cui detto che l'imposta sull'entrata dovuta nella misura dell'uno per cento sull'entrata imponibile per gli atti economici relativi al com PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 105 mercio degli oli vegetali allo stato commestibile e che tale norma, proprio per la sua formula.zione, stata interpretata letteralmente da questa Corte iSuprema, nel senso che il beneficio fiscale in essa previsto operante soltanto se gli oli, al momento dell'importazione, siano gi commestibili, non rilevando la loro destinazione definitiva e la capacit finale di commestibili:t del prodotto, sicch la norma non si applica all'atto economico dell'importazione di quegli oli che, al momento dell'introduzione in Italia, siano privi del requisito della commestibilit (cfr. sent. 3 maggio 1967, n. 836). Chiaro il significato letterale della rrorma in questione, discende, come logico crollario, che del tutto fuori luogo il richiamo alla intenzione del legislatore, atteso che giurisprudenza consolidata di questa. Corte Suprema quella secondo cui il principio enunciato, in tema di interpretazione della legge, nella norma del primo comma dell'art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale, nel senso che, nella interpretazione delle norme giuridiche, si deve ricercare la effettiva mens del legislatore solo nel caso in cui la lettera della legge non sia chiara ed inequivocaibile, mentre, quando il testo della .legge non dia luogo a dubbi, non consentito ricercare, neppure attraverso il ricorso ai lavori preparatori, se la volont del legislatore sia stata eventualmente diversa da quella manifestamente resa, in quanto in tail ~aso, sotto il pretesto di inter.pretare la norma, si consentirebbe --come, appunto, nel caso che ne occupa -la ricerca di un pensiero o di una volont del legislatore diversi da quelli espressi nella norma. -, (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 dicembre 1969, n. 3964 -Pres. Rossano -Est. Geri -P. M. Gedda (conf.) -Ospedale Fatebenefratelli Fatebenesorelle (avv. Visciani) c, Ministero delle Finanze (avv. Stato Foligno). Imposta di successione -Base imponibile -Onere testamentario Tassabilit. Imposta di sucessione -Disposizioni a favore dell'anima -Erezione di cappella funeraria -Fine di culto -Esclusione. (legge 9 aprile 1925, n. 380, art. 1; concordato tra la S. Sede e l'~talia, art. 29, lett. h). Uimpost di successione colpisce l'intero asse ereditario trasferito all'erede, compreso il valore dell'onere che non pu essere dedotto (1). (1-2) La pronuncia da condividere pienamente. Riguardo alla prima massima infatti evidente che l'onere non una passivit preesistente aUa successione, ma un peso che grava sui beni entrati nel patrimonio dell'erede .. -'x' . . .t.ln.:. .::;:: , ,.:r.if'_hlffi ...tf#ffif!JjiJjffJlffi.__.,.,.y;;,~/. ft.i.effa1%::: W#::X . ::::: ,r-yffdt'XP-A , zf.::tww.@:f;;:fWfili/~JfilWM X , 5d .. ~ .'/,.;:a. ~;:;; ;;::: m.: ~dW..4:$-u. ;..,: - ,.. , - . ", 106 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'onere di costruire e mantenere una Cappella funeraria non ha un contenuto essenzialmente di culto o di religione e non di conseguenza esente daWimposta di successione agli effetti dell'art. 1 della legge 9 aprile 1925, n. 380 (2). (Omissis). -Nel primo motivo del ricorso stata inserita una postilla, con la quale l'Ospedale ricorrente sostiene che la liberalit a favore di un ente di beneficenza deve ritenel'.si esente anche quando sia gravata da un onere. Quest'ultimo infatti non potrebbe essere assoggettato ad autonoma tassazione per difetto di una norma impositrice, onde sarebbe errato distinguere nell'eredit una parte destinata all'erede ed altra parte destinata all'ademphnento dell'onere. La connessione funzionale fra lo scopo della liberalit e quello dell'onere, cio l'inerenza del secondo al primo, sarebbe diretta ad evitare la frode fiscale, che nella specie non potrebbe assolutamente profilarsi, con conseguente inapplicabilit della legge n. 380 del 1925. Si censura quindi la .sentenza, sempre nel primo mezzo, per violazione e falsa applicazione dell'art. 1 r.d.l. 9 aprile 1925, n. 380 e 29 lett. h) del concordato con la S. Sede, in quanto non avrebbe dovuto escludere che l'onere modale potesse godere di esenzione dal pagamento del tributo, con.si.stendo in una vera e propria disposizione per l'anima con precipuo fine di culto. L'Amministrazione finanziaria oppone che le dedtizioni contenute nella postilla del primo mezzo non furono mai in precedenza proposte e quindi sono nuove e quindi inammissibili, che in ogni caso la componente ereditaria rappresentata dai beni occorrenti per fronteggiare l'onere non potrebbe godere dell'esenzione e dovrebbe scontare l'imposta, non potendosi neppur considerare quale una passivit detraibile ai sensi dell'art. 45 della legge tributaria sulle .successioni. Le censure sono prive di fondamento. Le deduzioni contenute nella postilla dovrebbero certamente considerarsi nuove e quindi inammissibili in questa sede se, come stato ritenuto, dovessero importare una indagine di fatto sulla natura di onere o di legato indiretto della discussa disposizione testamentaria. Esclusa detta ipotesi, le deduzioni stesse vanno invece esaminate per quanto riguarda l'affermata mancanza di una norma impositrice dell'onere, perch la relativa indagine investe alla radice la sussistenza rispetto ai quali si verificato per intero il trisferimento mortis causa presupposto della tassazione. Assai importante la seconda massima che distingue J.o scopo di culto o di religione (cattolica), equiparato al fine di beneficienza, di istruzione e i educazione agli effetti dell'art. 1 della legge 9 aprile 1925, n. 380, dal pi generico e non essenzialmente religioso, fine di onocare i defunti. :il , ::j I I\\~ I I r-: PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA o meno del rapporto tributario ed attiene direttamente alla corretta applicazione della legge. Esse per sono prive di consistenza. Se l'onere, in quanto tale e non nella forma di legato indiretto, fosse davvero sottratto alla imposizione tributaria, la norma di cui all'art. 1 d.l. n. 380 del 1925 sarebbe priva di senso, prevedendo il tributo sulle liberalit onerose. In tal senso infatti tutte le liberalit, onerate o meno, sarebbero esenti, quando fossero state disposte per uno degli scopi favoriti dalla legge. Questa osservazione svela l'equivoco nel quale caduto il ricorrente, laddove sostiene che l'onere, come tale, non tassabile, perch rappresenta un peso anzich un incremento patrimoniale p~er l'erede, mentre la legge sulle successioni ha voluto colpire l'attribuzione di ricchezza. Se cos fosse non si vede perch l'onere non possa essere detratto, per pacifica giurisprudenza non contestata dal ricorrente, come una passivit del compendio ereditairio. In realt la legge ha voluto colpire il trasferimento o, se si vuole, la successione dell'erede nella titolarit dei beni in luogo del de cuius indipendentemente dalla loro successiva destinazione. Questa infatti irrilevante, ai fini impositivi, rilevante essendo invece ai soli fini dell'esenzione. Non pu negarsi che tutti i beni compresi nell'asse ereditario, in quanto trasferibili per successione, ent;rano nel patrimonio dell'erede, e come tali sono soggetti al tributo, anche se una loro ,parte debba successivamente essere spesa in esecuzione dell'onere e risolversi in una riduzione effettiva della liberalit. Bastano queste considerazioni per escludere il fondamento della 1J::'"'ffJ?::7,....:=:'; PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 111 La successiva deliberazione di prelievo di somma dalla riserva disponibile e di riparto di essa fra gli azionisti comporta uri atto di disposizione di propri beni da parte dell'ente-societ a favore dei propri azionisti. Tale trasferimento non r tassabile .con imposta graduale ai sensi dell'art 88 tar. all. A della legge di .registro. Sono infatti tassate con imposta graduale (e sono, quindi, considerate atti i quali non contengono obbligazione o liberazione, ma semplice dichiarazione o attribuzione di valori o di diritti, senza che ne operino la trasmissione, come si esprime l'art. 4, comma 4 del t.u. delle leggi di registro nel definire l'imposta graduale) le .assegnazioni ai soci, in seguito a scioglimento e liquidazione delle societ anonime, di beni mobili di qualsiasi natura e valore, le assegnazioni cio della quota di diritto spettante a ciascun socio con l'esaurimento delle operazioni di liquidazione. T.ale assegnazione atto dovuto correlativo al diritto di partecipazione del socio al patrimonio della societ, divenuto diritto reale su cosa concreta o diritto di credito liquido con l'approvazione del piano di .riparto del residuo netto della liquidazione, .se vero che la liquidazione attua la liberazione degli elementi del patrimonio dalla soggezione al vincolo sociale per fairili entrare, in quanto esista un attivo, nel loro equivalente in denaro o in natura, nel patrimonio di ogni socio. sarebbero anch'esse un complesso di beni a disposizione della societ che sarebbe libera di utilizzarli come crede. III. -La Cassazion, per, fin dalla ormai lontana sentenza del 6 luglio 1937, n. 2309 (in Foro it., 1937, I, 1457) e, sia pure del tutto apoditticamente nella motivazione delle decisioni n. 3411 del 1959; n. 85 e n. 488 del 1965, aveva sempre dichiarato che in caso di ripartizione fra i soci deI.le riserve l'imposta applicabile sulla delibera che dispone tale ripartizione quella graduale. Tale affermazione, essendo contenuta in decisioni (salvo che la prima) che dichiarano non tassabile il conferimento destinato a riserve e costituito da sovrapprezzo azionario, era in palese contraddizione con il pri:ncipio applicato dalla Corte in relazione al caso deciso. Invero se la riserva costituisce una somma a disposizione della societ, che libera di utilizzarla nel modo che ritiene pi opportuno, non pare dubbio che fa deliberazione, che prevede la distribu~ione delle riserve ai soci, non possa essere assoggettata alla sola imposta graduale. Tale imposta applicabile a norma degli art. 88 e 89 della tadffa all. A solo agli atti di divisione, mentre secondo la Corte fa parte del patrimonio sociale destinata a riserva, e.ssendo nella libera disponibilit della societ, non pu ritenersi destinata ad essere divisa tra i soci. La sentenza che si annota si resa conto della rilevata contraddizione ed ha, quindi, del tutto coerentemente con la giurisprudenza ormai conso lidata della Corte in materia di tassazione dei conferimenti destinati a riserva, riconosciuto che la delibera che dispone la distribuzione di una somma a titolo di rimborso riserve ai soci soggetta alla tassa d'obbligo. Poich, infatti, secondo il consolidato insegnamento, le riserve costituiscono dei beni a cui la societ pu attribuire la destinazione che ritiene 9 112 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Di conseguenza, contrariamente a quanto detto nella sentenza impugnata, nella :Specie non si sarebbe potuto applicare il disposto del citato art: 88 della tariffa, dato che il prelievo di somma dalla riserva disponibile, .per distribuirla agli azionisti, non atto di liquidazione, non atto dovuto, bens volontaria distrazione dal suo scopo di una parte dei beni del patrimnoio sociale, compiuto in virt di un potere di disposizione esercitato dagli organi dell'ente societario, in costanza de1la vita e dell'attivit normale dell'ente. Su un altro punto questo S.C. dissente da quanto affernato dai giudici di merito. La deliberazione assembleare di prelievo della somma dalla riserva e di attribuzione agli azionisti -valutata esclusivamente in base alle sue clausole in, applicazione del principio generale richiamato innanzi -non stabilisce un rapporto di corrispettivit tra tale attribuzione e la cosiddetta rinunzia al diritto di opzione. Se tale corrispettivit esistesse, la rinunzia sarebbe traslativa ed assumerebbe il contenuto di una cessione del diritto di opzione, salvo a stabilire, con gravi difficolt, il soggetto beneficiail'io ed il mezzo di incontro delle volont dei contraenti. Ma nella deliberazione la societ non ha presupposto il consenso di ciascun socio, n ha riferito ai futuri consensi dei .singoli soci la conclusione dei negozi delle cosiddette rinunzie con corrispettivo. Essa ha disposto autoritariamente che per una parte delle azioni da emettere i vecchi azionisti non avrebbero potuto esercitare il diritto pi opportuna, chiaro che in caso di distribuzione delle riserve ai soci l'impasta applicabHe non quella graduale, che presuppone un pil'eesistente vincolo di destinazione dei beni ai comproprietari, ma l'imposta d'obbligo. La societ in sostanza, deliberando la di-stribuzione della riserva, viene ad assumere un impegno che in precedenza non esisteva, perch solo con il verificarsi dd una causa di scioglimento si determina l'obbligo della distribuzione ai soci del patrimonio sociale destinato a riserva (per un cenno in questo senso v. pure C:ELORIA, Questioni fiscali relative all'assegnazione dei saldi attivi agli azionisti e al passaggio a capitale degli stessi nonch del sovrapprezzo delle azioni, in Dir. prat. trib., 1965, II, 500 e segg. spec. 502). Diversa, naturalmente, sempre seguendo il filo logico della giurisprudenza della Corte, la tassazione del rimborso del capitale. Essendo, infatti, i beni costituenti il capitale concretamente destinati alla ripartizione fra i soci in virt del contratto sociale, non applicabile l'imposta d'obbligo, ma soltanto quella graduale essendo preesistente l'obbligo della ripartizione. IV. -In conclusione, la sentenza che si esaminata costituisce la naturale evoluzione dei principi affermati dalla Cassazione nei precedenti suoi giudicati in tema di tassazione delle riserve, ed occorre dare atto alla stessa Corte della perfetta coerenza al riguardo. Che poi la via seguita sia anche la pi esatta altra questione, su cui qualche per>plessit pu essere ancora ribadita. A. Rossr PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA di opzione: disposizione che l'art. 2441, comma 3, e.e. consente quando l'interesse della societ l'esige ed essa sia approvata da soci che rappresentino oltre la met del capitale sociale. Di conseguenza, l'attribuzione a ciascun azionista di L. 65 ad azione, anche se disposta dagli organi sociali come mezzo per evitare possibili reazioni, da parte dei soci, al cennato atto autoritario, giuridicamente non collegabile alla clausola di esclusiohe del diritto di opzione. Ma, riconosciuto l'errore di motivazione su tale punto, deve affermarsi pure che rimane ancor meglio convalidata la tassabilit ai sensi dell'art. 28 della tar. aU. A del t.u. delle leggi di registro della deliberazione di distribuzione ai soci della somma ,prelevata dalla riserva disponibile. Infatti l'obbligazione di somma tassata nell'art. 28 suddetto que1la autonoma, che trova il proprio titolo autosufficiente nella dichiarazione che la consacra; ch se invece dalla stessa dichiarazione risulti che l'obbligazione di somma costituisce attuazione di una prestazione dovuta in conseguenza di un diverso titolo, previsto in modo autonomo, ai fini fiscali della legge di registro (come la alienazione del diritto di opzione), soggetto a tassazione questo diverso atto nel quale l'obbligazione di somma trova la sua dichiarata causale (Cass., SS.UU., 24 marzo 1969, n. 933). Nella specie, com' stato spiegato innanzi, l'obbligo assunto dalla societ di versare agli azionisti L. 65 per azione giuridicamente autonomo, essendo stato il diritto di opzione escluso autoritariamente e non potendovi essere, di conseguenza, rinunzia dei soci al diritto stesso, n con corrispettivo, n senza. Con le suddette correzioni della motivazione, la sentenza impugnata dev'essere dunque confermata, essendo il dispositivo conforme a diritto (art: 384 cpv. c.p.c.). -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 dicembre 1969, n. 3994 -Pres. Stella Richter -Est. Milano -P. M. Silocchi (conf.) -Renzoni (avv. Pelli) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Carafa). Imposta di successione -Crediti contestati giudizialmente :. Sospensione esazione imposta -Condizioni. (r.d. 30 dicembre 192.3, n. 3270, art. 32). Sono crediti contestati giudiziaimente agii effetti deH'art. 32 delia Legge suHe successioni quem il cui accertamento sia oggetto di controversia pendente ai momento deU'apertura deUa successione; non pu pertanto essi;re sospesa l'esazione deH'imposta per i crediti spontaneamente denunciati e in atto non contestati, anche se per ottenerne Z'adem RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO pimento l'erede ha dovuto, dopo l'apertura deUa successione, agire in giudizio (1). (Omissis). -Con l'unico motivo la ricorrente denuncia la violai: ione degli artt. 1, 20, 28, 29 e 34 legge tributaria sulle successioni, nonch difetto di motivazione, e deduce che la impugnata sentenza, nell'affermare che lAmministrazione ha il potere di procedere alla riscossione dell'imposta di successione sui crediti per i quali sia sorta contestazione posteriormente all'apertura della successione, senza che si possa pretendere la sospensione dell'esazione, ha errato perch, ai fini dell'imposta di successione, sono crediti veri e propri, cio tassabili, soltanto quelli consacrati in un titolo giudiziale o negoziale e, quindi, esigibili, mentre non possono considerarsi tali le .semplici pretese creditorie o le eventuali aspettative di credito, che debbono concretarsi attraverso l'esperimento di un giudizio. Aggiunge che la Corte di merito non poteva ricavare la qualificazione di crediti tassabili dalla loro sorte giudiziaria, ravvis.aita, poi, nell'accertamento di un minore importo, quasi che la tassazione fosse fissa e non proporzionale all'importo del credito. Il motivo non fondato. Come noto, l'applicazione dell'imposta di successione si basa sull'arricchimento di coloro che sono chiamati a succedere nella situazione patrimoniale del de cuius , arricchimento, tuttavia, considerato in un certo modo dalla legge tributaria, la quale, perci, detta propri e specifici criteri per determinare il presupposto dell'imposizione, non sempre coincidenti, per ovvi motivi di interesse generale intesi aJla riscossione dei tributi contro ogni tentativo di evasione... (Corte Costituz., 26 giugno 1965, n. 50), con quelli delle regole del diritto comune per la delimitazione dell'eredit. La legge tributaria, tra l'altro, esige, infatti, all'art. 45, per la giustificazione del passivo, che i crediti vantati contro il defunto siano certi e liquidi , risultanti da atto pubblico, sentenza passata in giudicato o scrittura privata avente data certa. In Contrapposto a tale esigenza la stessa legge, all'art. 32, impone l'obbligo della denuncia dei crediti vantati dal de cuius verso terzi anche se non risultanti Certi ed esigibili, cio contestati giudizialmente all'apertura della ,successione oppure di dubbia esigibilit , pur ammettendo che essi siano o possano essere temporaneamente esclusi dalla tassazione fino a quando non diventino certi ed es.igibili. (1) Massima d'i evidente esattezza. da sottolineare la connessione messa in luce nella sentenza tra gli 'to di valuta. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 121 enti contemplati negli artt. 15, 16 e 17 del predetto testo unico) -ma per trattenuta diretta, mediante parziale compensazione col debito verso il contribuente Passaretti, avrebbe dovuto il Tribunale riconoscere che in realt la lite aveva per oggetto non gi un rapporto fondato su un diritto privato di ,regresso, riguardo al quale valevano le norme ordinarie sulla Competenza per materia e per valore, ma una vera e propria questione d'imposia -consistente nell'accertare se e fino a qual punto fosse. da ritenere legittimo il modo di riscossione diverso dal normale seguito dallo Stato per il tramite dell'Amministrazione della Difesa-Marina. Ma anche tale motivo infondato. Per lite tributaria s'intende invero la contestazione in cui il rapporto d'imposta sia dedotto in giudizio quale oggetto specifico della domanda ed in cui le parti contendenti siano rispettivamente l'Amministrazione finanziaria dello Stato, titolare della pretesa fiscale, da un lato, ed il contribuente, tenuto per legge al relativo adempimento, dall'altro (Cass. 18 giugno 1965, n. 1261). Costituendo presupposto necessario della lite tributaria il fatto che l'Amministrazione finanziaria partecipi processualmente alla controversia quale soggetto attivo del rapporto t.ributario non si ha pertanto lite tributaria, con la conseguente competenza funzionale esclusiva del giudice collegiale, quando a::::-"'""'" . .. ... . i I PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 125 I Posto che cespite tassabile soltanto quello che costituisce nuova ricchezza, non sono assoggettabili all'imposta di R.M. gli interessi com I pensativi, che rappresentano la reintegrazione di un danno sofferto e i commisurato ad una diminuzione pa'trimoniar.le, e che decorrono di pieno diritto dal giorno dell'illecito: ma qundo con la sentenza di liquida- I zione giudiz.iale del danno, il debito di valore si trasforma in debito di valuta, gli interessi dovuti acquistano il carattere di interessi moratori, corrispondenti ai frutti del capitale indebitamente trattenuto dal debitore, e costituendo incrementn del patrimonio del danneggiato, sono soggetti al tributo mobiliare. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 dicembre 1969, n. 40,'5 -Pres. Favara -Est. Sposato -P. M. De Marco (conf.) -Fago (avv. Li Gotti) c. Ministero delle E'inanze (avv. Stato Pierantozzi). Imposta di registro -Finanziamento bancario -Imposta di bollo surrogatoria dell'imposta di registro -Finanziamento mediante cambiali -Necessit dell'integrale trascrizione e della integrale copertura cambiaria. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 28 tab. A, nota; legge 4 aprile 1953, n. 261, art. 2). L'imposta di registro sugli atti di finanziamento bancario di cui alle letter.e b) e c) dell'art. 28 tab. A deUa Legg:e di registro S'U,rrogata dall'imposta di bollo sulle cambiali mediante le quali iL finanziamento realizzato a condizione che L'intero finanziamento, e non solo parte di esso, sia posto in essere mediante cambiali e che t'U,tte le cambiiirte attlJ.aito con cambiali ed in parte in modo diverso; b). che le cambiali, cio le cambiali con le quali il finanziamento :g>ost. in Sste, io -per quanto gi .si detto -tutte le cambiali, siano ilitegt"almente trascritte nell'atto di finanziamento, con la consegiteri. z che ove una od alcune di esse siano integralmente trascritte e l~ il#:t':~ p;on lo siano, la sur.roga non ha luogo per nessuna. Quant alla lettera della disposizione , infatti, da osservare che, se quando una norma parla di trascrizione senza ulteriori specificazioni (ad esempio, l'art. 63 della legge cambiaria) ammissibile ehe il legii; latore possa aver inteso equiparare alla traserizione anche l'indicazione degli estrmi necessari e sufficienti per l'identificazione del titolo (v. la intefpretazione data. in tal :senso al citato art. 63 d!a Cass., 14 settembre 1963, n. 2506 e Cass., 27 marzo 1963, n. 705) tanto non pi ammissibile, senza una palese yiolazione del dettato legislativo, se la norma non soltanto prescrive la trascrizione, ma indica espressamente il modo in cui deve esser fatto. Ora trascrivere integralmente significa soltapto riportare, copiando, il testo di un atto in un altro atto, in maniera che il testo trascritto corrisponda esattamente al testo originale, come, del resto, spiegato dalla stessa legge, sia pure nella disci.plna di una materia diversa, nell'art. 480 c.p.c. Ove, pertanto, sia richiesta dalla legge la trascrizione integrale del titolo, gli effetti che essa ne fa d!ipendere, non possono tener dietro all'indicazione degli estremi del titolo medesimo od all'attestazione, ancorch :llatta da un pubblico ufficiale -che, nell'ipotesi, non autorizzato a farla -della corrispondenza di esso con altr:o titolo integralmente trascritto nello stesso contratto. D'altra parte, non Consta, n v'ha motivo di ritenere ehe il legislatore abbia inteso concedere il beneficio tributario della completa esenzione dall'imposta cJli registro, a condizioni piu larghe e diverse da quelle che risultano dalle precise espressioni adoperate dalla norma. L'onere della trascrizione integrale delle cambiali si spiega con 1a cautela della quale si voluto circondare l'applicazione del .privilegio, riservando, in via esclusiva agli organi competenti della Amministrazione Finnziruria ed a quelli della giustizia tributaria, l'accertamento dei presupposti ai quali quell'applicazione subordinata, attraverso l'esame diretto del contenuto integrale dei titoli. La limitazione, poi, del beneficio della surro~a al caso in cui l'intero finanziamento sia stato posto in essere mediante cambiali e ci, per quanto gi si detto, risulti dall'integrale trascrizione di tutti, si spiega altrettanto facilmente, sol che si consideri che, rispetto al godimento del privilegio, sostanzialmente diversa la situazione di chi sfasi assoggettato al bollo cambiario per l'intero importo del finanziamento, da quella di chi l'imposta di bollo abbia corrisposto soltanto pe.r una parte dli esso. E, difatti, essendo l'imposta di bollo stabilita in misura superiore a quella dell'imposta 10 128 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di registro nelle particolari ipotesi di cui alle lettere b) e c) del prn volte . Detto questo, n~n giova approfondire sul piano dogmatico se l'atto con il quale consentita l'utilizzazione dell'acqua pubblica al Demanio I sia formalmente un atto di concessione (come sembrerebbe desumersi dal nomen iuris usato dall'art. '14 del t.u.) o sia un atto giuridico avente I diversa natura. Quel che conta che le utilizzazioni di nuove acque da parte dei Canali demaniali debbono essere assentite con provvedimenti emanati dalla competente Amministrazione dei Lavori Pubblici, previa comparazione di eventuali altri interessi pubblici concorrenti; e tale comparazione va compiuta o dn sede di determinazione della riserva di corsi d'acqua, ai sensi dell'art. 51 del t.u. (che deve essere poi seguita dal provvedimento, che consente in concreto l'utilizzazione, da adottare, ai sensi dell'art. 14, secondo comma, del t.u., sentito il Consiglio Superiore dei LL.PP.), o previa formale istruttoria, in base alle norme generali degli artt. 7 e segg. del t.u. stesso. Tutto ci considerato, illegittimi sono da considerare i provvedimenti impugnati, con i quali la Pubblica Amministrazione, facendo uso del potere di regolamentazione del regime delle acque, ha disposto nuove utenze iemali a favore dei Canali demoniali, al di fuori del procedimento all'uopo ncessario e malgrado ohe .U Consiglio Superiore dei LL.PP. avesse ritenuto che non esistevano i presupposti per nuove concessioni o utilizzazioni. '----(Omissis). PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 159 Nei riguardi dei citati provvedimenti sono fondati i motivi di ricorso con i quali i ricorrenti lamentano, quali consorzisti, l'eccesso di potere, per avere l'Amministrazione impartito disposizioni al Consorzio, / imponendogli erogazioni, in contrasto con la sua precipua finalit di regolamentazione dell'invaso, ed al fine di costituire una utenza stagionale a favore di un consorzista. da premettere che le acque' nuove derivanti dalla regolazione devono formare oggetto di nuove c~ncessioni, che devono essere assentite dall'Amministrazione, ai sensi dell'art. 66 del t.u. sulle acque. Non dubbio, quindi, che, ove vri fossero state acque sovrabbondanti, alle nuove utilizzazioni si sarebbe, nella specie, dovuto provvedere mediante procedimenti di concessione; ed infatti, come non contestato fra le parti, un procedimento del genere ebbe inizio, ma non fu condotto a termine, essendo sorti dubbi sulla disponibilit delle acque. Il procedimento di concessione necessario anche quando si tratti di concessioni, a scopo di irriga2lione, delle acque iemali, come risulta dall'ultimo comma dell'art. 36 del t.u. sulle acque. Ci posto il Collegio deve rilevare in via generale che, come esattamente ebbe a rilevare la II Sezione del Consiglio di Stato nel parere 11 .gigno 1968, n. 451, acquisito agli atti, l'Amministrazione non pu avvalersi degli strume.nti della regolazione per creare o ampliare le utenze, dovendo queste essere esercitate nei limiti risultanti dai titoli di concessione. Ne deriva che sono illegittimi i provvedimenti, che, impartendo istruzioni ad un Consorzio, avente il fine della regolazione delle acque, siano diretti a costituire nuove utenze, senza l'osserv~nza dei procedimenti all'uopo stabiliti dalla legge. L'Avvocatura dello Stato ha rilevato che il Consorzio del Ticino non ha solo lo scopo della regolazione dell'invaso del Lago Maggiore e che, trattandosi di utilizzazione delle acque da parte del Demanio, non era necessario un formale atto di concessione. In ordine al primo rilievo da osservare che gli attuali compiti del detto Consorzio sono solo quelli della manutenzione e dell'esercizio dell'opera regolatrice dell'invaso del Lago Maggiore, come risulta dall'art. 1 del r.d.l. 14 giugno 1928, n. 1595. La circostanza che il Consorzio, con l'art. 1 dello Statuto approvato con r.d. 13 settembre 1938, n. 6840, si sia autolimitato nella facolt di chiedere concessioni, intese alla migliore ed integrale utilizzazione delle acque nell'interesse dei consorziati, subordinandola alla condizione che l'utilizzazione stessa sia compatibile con quella richiesta dai Canali demaniali, non dimostra che il Consorzio possa, senza un provvedimento di concessione, erogare acque agli utenti, che non vi abbiano titolo. D'altronde la richiamata norma non crea, n pu creare, un titolo di 162 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Capitolato generale per le opere pubbliche dello Stato aventi carattere dispositivo, fra le quali non possono essere annoverate le norme sull'ar bitravo, che sono inderogabili (1). Mentre per gli appalti stipulati dal Ministero dei lavori pubblici l'arbitro dell'Amministrazione deve essere nominato dal Ministro, per quelli stipulati da altri Enti e parimenti assoggettati, per legge, alla disciplina del Capitolato generale oo:pp. esso deve essere nominato dall'Ente che ha stipulato il contratto, che, tuttavia, dovr sceglierlo tra i soggetti indicati nel}'art. 45, lett. d), del d.P.R. n. 1063 del 1962 (2). La domanda di arbitrato un atto stragiudiziale, che tende non gi ad investire il giudice della decisione della controversia, sibbene a provocare la manifestazione di volont dell'altra parte, diretta alla nomina del. proprio arbitro (3). (1) Il lodo ripete il consolidato insegnamento della Corte di Cassazione, su cui, pi di recente, v. Cass., 6 settembre 1968, n. 2878, in questa Rassegna, 1968, I, 842. Sull'art. 8 I. 10 agosto 1950, n. 646 (cfr. art. 32 t.u. appr. con d.P.R. 30 giugno 1967, n. 1523), nonch, in particolare, sul rapporto fra Capitolato generale oo.pp. dello Stato e Capitolato generale della Cassa per il Mezzogiorno, v. anche Cass., 6 aprile 1966, n. 909, in questa Rassegna, I 1966, I, 843 e segg. ed ivi ulteriori riferimenti. Sulla immediata operativit delle norme processuali del Capitolato generale oo.pp. dello Stato del 1962, v. Cass., 6 aprile 1966, n. 909, ivi, 843, sub 2. I (2) In tali sensi il lodo modifica una precedente giurisprudenza arbitrale, secondo la quale l'arbitro di cui all'art. 45, lett. d, d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063 nominato dall'ente appaltante senza obbligo di scelta fra i funzionari del Ministero LL.PP. o gli Avvocati dello Stato (cfr. Lodo arbitrale, 19 luglio 1965, n. 60, in questa Rassegna, 1966, I, 725, sub 1). Nel senso dell'applicabilit di entrambe le norme contenute nell'art. 45, lett. d), del Capitolato generale 1962 -quella sulla scelta dell'arbitro fra i funzionari del Ministero LL.PP. o gli Avvocati dello Stato e quella sulla competenza del Ministro LL.PP. ad effettuare la nomina, pur nei casi di appalti disciplinati per legge dal Capitolato generale anzidetto e stiipulati da Enti diversi dallo Stato -v. CONTI, Applicabilit dell'art. 45, lettera d), del Capi.tolato Generale LL.PP. ai procedimenti-arbitrali relativi ad appalti stipulati da Enti diversi dallo Stato, in questa Rassegna, 1966, I, 725 e segg. (3) Negando che la domanda di arbitrato ex art. 46 d. P. R. 16 luglio 1962,,n. 1063 possa essere equiparata alla citazione, il lodo in rassegna non considera n la portata del secondo comma di tale norma, secondo la quale la notificazione deve essere fatta presso l'Ufficio dell'Avvocatura Generale dello Stato, ai sensi e per gli effetti dell'art. 11 del testo unico 30 ottobre 1933, n. 1611, modificato dalla legge 25 marzo 1958, n. 260 (sul punto, v. Cass., Sez. Un., 6 ottobre 1964, n. 2523, in questa Rassegna, 1964, I, 973), n quella del secondo comma del successivo art. 47, ove, peraltro, si parla I testualmente di parte convenuta nel giudizio arbitrale a sensi dell'arti I ~ colo precedente. Sulla natura processuale -:1.ella domanda d'arbitrato, v. !' non solo Corte .App. Roma, 18 febbraio 1969, n. 336, in questa Rassegna, 1969, I, 151, in part. 161, nella motivazione, ma altres, di recente, Cass., 22 I ~~f2"'P&w"'Y,"7W'7%fll2'.~1f:J7L!lf!%~4'?W~~ PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPAI;TI ECC. 163 Qualora 1'el Capitolato speciale allegato ad un contratto d'apparto di opera pubblica sia disposto che con i prezzi d'elenco di ogni categoria di scavi l'appaltatore deve considerarsi compensato anche per il taglio e lo scasso di roccia di qualsiasi natura, durezza o compattezza, da effettuare con qualsiasi mezzo, e .per la rimozione di trovanti di qualsiasi dimensione e natura, da escludere la proponibilit di una domanda dell'appaltato1e medesimo, di equo compenso ai sensi dell'art. 1664, com 'ma secondo, e.e., ancorch gli scavi indicati nelle riserve siano stati eseguiti interame11tte in terreni rocciosi, argmosi o marnosi, essendo state le difficolt di esecuzione derivanti da cause geologiche ampiamente previste dalle parti (4). (Omissis). -La Suprema Corte di Cassazione con giurisprudenza costante (sentenze 6 aprile 1966 e 13 maggio 1968, n. 1493) ha affermato che l'ultimo comma de[l'art. 8 della legge 19 agosto 1950, n. 646 (che stato integralmente riportato nell'art. 32 del t.u. delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno approvato con d. P. R. 30 giugno 1967, n. 1523: v. 1. n. 717 del 26 giugno 1965, che dichiara applicabili agli appalti stipulati dalla Cassa per il Mezz9giorno le norme vigenti per l'esecuzione delle opere di competenza del Ministero dei LL.PP.), si riferisce a tutte le ipotesi previste nei comma precedenti, e cio sia a quelle in cui l'appalto sia stato conferito dalla stessa Cassa che a quelle in cui sia stato conferito da altro Ente per affidamento avutone dalla Cassa: in virt del suddetto art. 8 della legge 646 del 1950 gli appalti stipulati dalla Cassa per il Mezzogiorno o da Enti suoi concessionari sono considerati .alla stregua di quelli stipulati dallo Stato e perci ad essi debbono applicarsi le norme contenute nei capitolati generali per le opere pubbliche dello Stato, che hanno natura regolamentare e, pertanto, l'imperativit esterna che propria delle norme di diritto obiettivo. Da ci consegue che l'obbligo, che le parti abbiano assunto nei contratti, di uniformarsi alle disposizioni del capitolato defila Cassa .per il Mezzogiorno, pu valere solo nell'ambito delle regole del Capitolato per le opere pubbliche aventi carattere dispositivo, e fra queste non possono essere annoverate le norme sull'arbitrato, che sono, per la loro imperativit, inderogabili. dicembre 1969, n. 4022, ivi, 1969, I, 1182, secondo la quale cos la domanda di arbitrato come la sua declinatoria e l'opzione del giudice ordinario sono atti meramente processuali, essendo processuale, appunto, e fondata direttamente sulla legge, la competenza alternativa e facoltativa dell'uno o dell'altro giudice (ivi, 1183 e seg., nella motivazione. Si veda anche la sent. 12 febbraio 1963, n. 2 della Corte Costituzionale, Giur. cost., 1963, 36, nella motivazione). (4) Nello stesso senso, cfr. Corte App. Messina, 21 maggio 1964, in questa Rassegna, 1966, I, 200, sub 4. ! I ! .~ ! (. 164 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO perci chiaro, che, per la nomina degli arbitri, bene l'impresa ha seguito la norma di cui all'art. 49 del d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, che, essendo norma pl'ocessuale d'immediata pplicazione, dev'essere applicata anche a rapporti sorti anteriormente alla data della sua entrata in vigore (1 settembre 1962). N ha pregio ll'ossrvazione secondo la quale, applicandosi le norme sull'arbitrato di cui al d.P.R. n. 1063 del 1962, la nomina dell'arbitro del Co.nsorzio avrebbe dovuto essere fatta dal Ministro dei L1avori Pubblici. Va considerato, anzitutto, che l'art. 8 della legge del 1950 (riprodotto nell'art. 32 del t.u. del 1967) dispone che le norme vigenti per la esecuzione delle opere pubbliche di competenza del Ministero dei LL.PP. devono essere osservate dalla Ca~sa per il Mezzogiorno e dai suoi concessionari, in quanto applicabili. Ci comporta che, mentre per gli appalti stipulati dal Ministero dei LL.PP. l'arbitro dell'Amministrazione dev'essere, ovviamente, nominato dal Ministro, per gli appalti stipulati da altri Enti l'arbitro dovr essere nominato dall'Ente che ha stipulato il contratto, il quale, tuttavia, dovr scegliel'llo tra le persone indicate nell'art. 45, lett. d), della legge 1063 del 1962. La scelta dell'arbitro di parte , invero, anche per la legge del 1962, affidata a ciascuna parte, mentre affidata ai Presidenti dei Collegi di cui parola neU'art. 45 la nomina dei tre arbitri estranei alle parti (.art. 49). E perci l'arbitro del Consorzio, nominato su designazione della Cassa per il Mezzogiorno e scelto tra le persone indicate nella lett. d) dell'art. 45 anzidetto, deve considerarsi a tutti gli effetti nominato in app[icazi:one delle norme del d.P.R. 16 luglio 1962, ancorch la sua nomina non sia stata effettuata dal Ministro dei LL.PP., che, non es sendo parte interessata al giudizio arbitrale, non avrebbe avuto alcun potere per la nomina dell'arbitro del Consorzio. Ci premesso, il Collegio osserva che infondata anche la seconda delle eccezioni preliminari sollevate dal Consorzio, con la quale sostan. zialmente si contesta la validit della vocatio in jus , per essere stata la domanda di arbitrato notificata ai Consorzi di Bonifica Raggruppati di Reggio Calabria con sede in Reggio Calabria, nella via Marsala, n. 5, anzich al Consorzio di Bonifica del Versante Calabro-Jonico Meridionale, che, pur facendo parte dell'anzidetto raggruppamento, Ente di verso dall'altro ed autonomo. In realt, giova considerare che la domanda di arbitrato non pu essere equiparata alla citazione, in quanto essa mira non gi ad investire il giudice (che ancora non esiste, poich solo dopo l'accettazione degli arbitri pu dirsi costituito il giudice) della decis~one della controversia, ma rtende, piuttosto, a provocare la manifestazione di volont dell'altra parte, diretta alla nomina del proprio arbitro. ?~: f:lfffmffffffffiif@Effff@Efffiffff:ffffffiRiff.i)[[ffai[fiffmfHiIMrnmmmiimmmmMK@MHMHMEftM'rnEfffffffjffffffili!!Bfffffi PARTE I, SEZ. Vl, GIURJS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 165 La. domanda di arbitrato , pertanto, un atto stragiudiziale, che, se riesce a provocare la manifestazione di volont diretta alla nomina .del~ l'arbitro della parte cui diretta, ha indubbiamente, come nella specie, raggiunto il proprio scopo. pacifico, infatti, che, in seguito alla notificazione della domanda di arbitrato, nella quale peraltro : chiarissimo il riferimento all'ordine di servizio emesso dal Consorzio di Bonifica del Versante Calabro-Jonico Meridionale in data 11 settembre 1964, notificato il 21 settembre 1964, iil Consorzio stesso, con atto del 31 ottobre 1964, dichiarando di voler resistere nel giudizio avbitrale alle pretese della Societ I.CO.RI., nomin il proprio arbitro nella persona dell'avv. Roberto De Maio, Avvocato Distrettuale dello Stato. , dunque, evidente che la controversia arbitrale si regolarmente instaurata tra le parti che avevano rispettivamente interesse a proporre la domanda ed a resistervi, e cio tra la Societ per azioni I.CO.RI. e il Consorzio di Bonifica del Versante Calabro-Jonico Meridionale, e che deve essere in fatto esclusa ogni volont dell'Impresa di proporre la domanda nei confronti dei Consorzi Raggruppati di Bonifica della provincia di Reggio Calabria, ai quali venne notificata la richiesta di arbi I trato per l'unico motivo che presso di loro aveva :sede, nella via Marsala I ~ n. 5 di Reggio Calabria, il Consorzio di Bonifica del Versante CalabroJonico Meridionale, che aveva stipulato il contratto di appalto del 9 novembre 1960. --(Omissis). -, anzitutto, da respingere la richiesta di prova per testimoni, dedotta per la prima volta con la seconda memoria I e integrata con la indicazione dell'unico teste, dipendente dell'Impresa, solo nella udienza fissata per la discussione orale, giacch essa non I appare utile ai fini della decisione. Ed, invero, anche ad ammettere che nel corso degli scavi d'impo I stazione e di fondazione delle briglie indicate nelle prime due riserve dall'Impresa sia stata rinvenuta una quantit di trovanti rocciosi e di marne ed argille dure superiore a quella che la natura del terreno I avrebbe fatto prevedere all'atto della conclusione del contratto, non potrebbe per ci solo riconoscersi all'Impresa un maggior compenso per la esecuzione di tali scavi. Il Capitolato speciale allegato al contratto di appalto del 9 novembre 1960 stabilisce, infatti, specificament, che con i prezzi di elenco di ogni categoria di scavi l'appaltatore deve considerarsi compensato anche per il taglio e lo scasso di rocda di qualsiasi natura, durezza o compattezza, da effettuare con qualsiasi mezzo e per la rimozione di trovanti di qualsiasi dimensione e natura. dunque evidente che, ancorquando gli scavi relativi alle briglie indicate nelle riserve fossero stati ese;guiti interamente in terreni rocciosi, argillosi . o marnosi, per essi non .potrebbe essere preteso dalla RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 166 Impresa un compenso maggiore di quello convenuto, non vertendosi nel l'ipotesi di cui al secondo comma dell'art. 1664 e.e., essendo state le difficolt di esecuzione derivanti da cause geologiche ampiamente previste dalle parti. , poi, appena il caso di rilevare che il numero dei metri cubi di scavo, che si asserisce eseguito in terreno roccioso o comunque durissimo, rappresenta appena un terzo dell'intero ammontare dei metri cubi di scavo effettuato nel corso dell'esecuzione delle opere previste dal contratto. Al 1 ed al 2 quesito dell'Impresa dev'essere, perci, data risposta negativa. -(Omissis). SEZIONE SETTIMA GIURISPRUDENZA PENALE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 maggio 1969, n. 1569 -Pres. Colli - Rel. Vigorita -P. M. Sullo (conf.) -Rie. Muther Franz ed altri. Reato -Attentato all'inte~rit territoriale dello Stato -Idoneit della condotta -,Applicazione dei principi desunti dall'art. 56 cod. pen. -Inammissibilit. (art. 241, 56 c.p.). Al. fine di stabilire l'idoneit della condotta valida a realizzare iL reato di attentato all'integrit territoriale dello Stato non pu farsi / ricorso ai criteri di idoneit e univocit stabiliti dalla. norma che punisce il tentativo di reato, poich questa figura autonoma e divergente dal reato di attentato ad integrare il quale sufficiente la possibilit concreta dell'attingimento del fine (1). (Omissis). -- il motivo di fondo di tutti i ricorsi e quello di maggiore impegno teorico e pratico ai fini della dimensione della responsabilit dei ricorrenti. Sulla struttura e sui criteri interpretativi della .(1) Il reato di attentato all'integrit territoriale dello Stato e l'idoneit della condotta. La sentenza che si annota ha risolto nel senso sempre sostenuto dal1' Avvocatura il problema dell'idoneit della condotta nel reato di attentato che si poneva nei seguenti termini: nel reato di attentato all'integrit territoriale dello Stato richiesta per la realizzazione della fattispecie astratta il requisito dell'idoneit della condotta? In caso affermativo, questa valutabile con quegli stessi riteri desumibili daglli artt. 49 e 56 del codice penale o altrimenti? Come noto, il delitto previsto dall'art. 241 c.p. costituisce un reato di mera condotta (c.d. formale o a consumazione anticipata) la cui caratteristica sta nel fatto che esso si consuma non appena si sia relizzata l'azione diretta al risultato lesivo. quindi reato di mero pericolo e per di pi a forma libera, che non contiene cio, la descrizione nel modello, dei vari possibili modi di realizzazione della condotta. L'indeterminatezza della norma, che corrisponde ad evidenti ragioni di politica legislativa e garantisce cos la punibilit di ogni comportamento che comunque realizzi la fattispecie, costituisce la ragione di fondo della problematica che sorge dall'interpretazione della norma e che oscilla fra due tesi estreme, entrambe inaccettabili: quella che vorrebbe realizzato il reato con il mero esplicarsi della condotta subiettivamente volta 168 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO figura dei delitti di attentato esiste una presa di posizione fondamentale della nostra giurisprudenza, costituita dalla sentenza delle SS.UU. del 19 giugno 1957, rie. Toffanin, e fatta sostanzialmente propria dalla sentenza impugnata. Tale sentenza si ricollega ad una non recente dottrina secondo la quale nei delitti di attentato non devesi compiere alcuna distinzione tra attivit preparatoria ed esecutiva, avendo il legislatore espressamente voluto che non si facciano in sede di attentato le distinzioni che potrebbero compier~i in sede di tentativo, e ci in rapporto ad una estremistica tutela del bene giuridico protetto. Al conectto di idoneit ed univocit degli atti diretti a commettere un reato, si sostituisce quello di attitudine dell'azione, con l'attributo essenziale della pericolosit. Trattasi di un reato di condotta pericolosa, ove sufficiente accertare se il comportamento realizzato poteva provocare l'attuazione del fine vietato; trattasi, anocra, di un delitto a forma libera di pericolo indiretto. Diversa, invece, l'opinione della dottrina odierna, secondo la quale ci si trova dinanzi ad un delitto di pericolo concreto, al quale sono applicabili i principi della idoneit ed univocit degli atti, secondo lo schema del tentativo (indirizzo seguito anche da qualche giudice di all'attuazione del fine cnmmoso e quella che, ritenendo trattarsi di un illeeito di pericolo concreto, richiede un accertamento della pericolosit della condotta da condursi con gli strumenti forniti dalle norme previste dalla parte generale del codice penale. Secondo questa seconda tesi il reato di attentato quindi un delitto di pericolo reale che si consuma con il tentativo, al cui istituto occorre attingere i criteri del giudizio. La prima opinione, ancorando l'indagine del giudice esclusivamente all'elemento soggettivo del reato a causa della scarsa desorittivit della norma incriminatrice porta quanto meno ad una patente violazione del principio di tipicit posto dall'art. 25, II comma della Costituzione, tenuto conto della formulazione della norma penale. Come noto non tutti gli elementi della realt naturale riescono ad essere espressi descrittivamente nella fattispecie, sia per una ragione di effettiva impossibilit materiale di descrizione, sia per una scelta legislativa: in quest'ultimo caso, in cui il legislatore si mostra indifferente ai vari possibili modi d realizzazione dell'evento, si di fronte a fattispecie a forma aperta, caratterizzate proprio dalla indifferenza per le modalit di realizzazione della condotta o dell'evento, frequentissime nel 'nostro codice penale (l'esempio pi evidente quello dell'omicidio). Fra questi reati rientra la formula dell'attentato, per i quali evidente che se il legislatore ha mostrato indifferenza per la condotta, non potr sostenersi che l'abbia altres qualificata pericolosa senza descriverla e che quindi la formula dell'attentato non consenta riferimenti n alle regole causali n al principio di idoneit, poich in tal modo si avrebbe una norma descritta esclusivamente attraverso l'elemento soggettivo e cio praticamente solo attraverso l'intenzione dell'agente. In tal modo si scardinerebbe il sistema dell'ordinamento penalistico portandosi la soglia della punibilit al limite del pensiero. PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE merito, come, ad es., nella sentenza n. 42 del 1966 della Corte di Assise di Milano). Operando direttamente sulla norma e sulle sue esplicite notazioni e corrE;Jazioni, e prescindendo il pi possibile da categorie formali tanto note quanto discusse, osserva questa Corte che il delitto di attentato, allorch risulti costituito, come negli artt. 241 e 283 c.p., dal compimento di atti diretti ad un determinato fine (vi sono, infatti, delitti di attentato integrati da condotte diverse, come, ad es., nell'art. 565 c.p.), vi:ene generalmente inquadrato nella figura dei c.d. reati di direzione, nei quali la caratteristica che tutti li connota che essi possono essere realizzati da qualsiasi specie di condotta, purch diretta verso un determinato evento, con una anticipazione del momento consumativo, che prescinde dal compimento degli atti necessari alla produzione dell'evento tendenzialmente perseguito. In questa classe di delitti, si verifica che le singole azioni criminose risultano tipizzate in modo generico ed indiretto, e, pertanto, la distinzione in specie ne possibile esclusivamente con riguardo, oltre che al contenuto della volont dell'agente, alla diversa natura del loro oggetto materiale. La direzione della condotta verso quel determinato fine ~ in mancanza di dizioni limitative nella I ! I Del resto quella attivit di mero accertamento della conformit della I condotta concreta a quella descritta nella fattispecie astratta che il giu i dice ha nei reati a condotta pericolosa subordinata alla condizione che I una descrizione vi ,sia (es. rissa, incendio, naufragio ecc.). In questi casi o vi una precisa descrizione o la norma fa riferimento a termini ed espressioni del comune patrimonio linguistico o sicentifco, sicch il giudice pu stabilire un confronto con il fatto sottoposto al suo esame e giudicare se corrisponde alla situazione che il legislatore ha ipotizzato dopodich, essendo stata la pericolosit gi espressa dal legislatore all'atto della formulazione della norma, al giudice non consentita altra indagine. Ci non I pi possibile per al giudice quando la fattispecie sia assolutamente muta in termini di condotta, a causa della forma aperta della norma incriminatrice. In tal caso il giudice, non avendo pi un termine obiettivo di con I fronto e non potendo nemmeno -secondo l'assunto di questa opinione indagare sull'idonei.t della condotta, sarebbe in realt chiamato ad accertare l'esistenza non gi di un reato di condotta pericolosa, bensi di un inammissibile reato di intenzione pericolosa. Se per non accettabile questa tesi, nemmeno lo la seconda che vorrebbe la condotta qualificata da quella stessa idoneit prevista dalle di cui all'art. 56 c.p. secondo criterio che non dovrebbe norme un essere suscettibile di valutazioni quantitative. Una prima osservazione infatti si impone sul concetto di idoneit: se idoneit il risultato di un giudizio di valutazione, da compiere fra due termini di un rapporto -la condotta da un lato e l'evento dall'altro - per stabilire in termini probabilistici il collegamento fra i due, essa non pu essere identica ed immutabile nel variare dei termini sottoposti a 170 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO norma -non pu che essere intesa come insieme soggettiva ed oggettiva, e, cio, non solo come la direzione denunciata dal sicuro atteggiamento psichico dell'agente, ma anche come quella espressa dal signifkato dei fatti nella loro consistenza estrinseca. La direzione oggettiva, per essere rilevante, esige necessariamente una idoneit causale dei fatti alla realizzazione di ci cui il reato teleologicament~ tende, perch, se. vero che il conseguimento del fine estraneo alla formazione strutturale della fattispecie legale, non men vero che il legislatore non ha inteso incriminare il nudo pensiero: il nesso tra il fatto compiuto e l'evento finale risulta dallo stesso tessuto della norma, ove non manca la enunciazione dell'evento lesivo cui l'azione protesa, laddove vi sono esempi molteplici di fattispecie crimnose in cui la condotta dell'agente priva di qualsiasi edittale riferimento alla lesione di un determinato bene giuridico, e nelle quali, quindi, non consentita alcuna indagine di idoneit dell'azione a realizzare un evento lesivo. D'altronde, il codice vigente ha adottato la concezione oggettivo-soggettiva del reato, che respinge l'incriminazione di un puro intento che, affidato a fatti di generica fisionomia, non si consolidi in .una condotta causa1mente idonea, valutazione. E questi indubbiamente variano nella varia casistica di fattispecie che il nostro codice penale offre: reati con evento di danno, reati con eventi di pericolo, reati a pericolo presunto, reati a consumazione anticipata, reati infine in cui l'evento assolutamente al di fuori della fattispecie normativa. D'altronde ogni tentativo di riduzione dell'idoneit ad un metro unico attraverso l'affermazione che l'evento contemplato dalle norme che pongono il principio della condotta idonea debba essere l'evento offesa, l'evento giuridico cio e non l'evento naturalistico, urta contro la fondamentale esigenza di rapportare l'idoneit della condotta all'evento nat.ralistico in tutti i reati in cui tale elemento rientra nella fattispecie descrittiva, pena una assoluta impossibilit di giudicare ad esempio sull'idoneit della condotta ad uccidere, a rubare ecc. L'idoneit della condotta quindi nel reato d'attentato non ipu essere valutata con il criterio previsto dall'art. 56 del c.p. poich in questo, che pone una norma complementare, di idoneit dell'atto si parla con la prospettiva del risultato finale che s'intendeva raggiungere e che non si raggiunto e che sanzionato dalla norma primaria, mentre nel reato di attentato all'integrit territoriale dello Stato non configurato alcun risultato finale, non solo ma non sarebbe nemmeno astrattamente configurabile, per lo meno per una dell!e due ipotesi ivi alternativamente previste (la debellatio). La Corte Suprema ha poi fatto corretta applicazione del principio derivato dall'espressa norma dell'art. 311 c.p. che prevede un'attenuante oggettiva e reale, formulata in modo da consentire l'affermazione che pi che una circostanza che attenua le conseguenze del reato, una vera e propria diminuente della fattispecie criminosa, e che indica che anche atti meno' idonei di quelli previ.sti dal tentativo, perfezionano il reato. Stabilisce infatti questo articolo che le pene comminate sono diminuite quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalit, le circostanze del PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 171 ch il 'principio sancito dall'art. 49 secondo comma c.p., r di portata generale per tutto l'ordinamnto penale e, come tale, non derogabile se non in virt di una deroga espressa:, che per i del:itti di attentato in esame non ,sussiste (sussiste, invece, ad esempio, la deroga espressa dell'art. 30i2 c.p., al principio generale di cui all'art. 115 c.p.). Trattasi, piuttosto, di definire la qualificazione ed il grado della idoneit causale; e .sotto tal profilo, molteplici fondi di indag~e convincono. che ci si debba fermare alle soglie della po.ssibilit concreta. In primo luogo, lo stesso art. 49 secondo comma c.p., collegando 1a non punibilit del soggetto per inidoneit dell'azione alla impossibile realizzazione dell'evento di danno o di .pericolo, pone una chiara equazione tra idoneit e possibilit: idonea l'azione che rende possibile, l'evento. La ricerca del giudice deve, quindi, vertere sulla possibilit che il comportamento del reo realizzi l'evento che fuori della norma. E la giurisprudenza di questa Corte Regolatrice ha solidamente posto in rilievo che la idneit postulata dall'art. 49 secondo comma deve formare oggetto di una valutazione non solo ex ante, cio che prescinda l'azione, ovvero per la particolare tenuit del danno e del pericolo, il fatto risulti di lieve entit., evidente la determinante incidenza di questa norma: se essa non vi fosse, l'azione sarebbe idonea o non do~ea secondo il criterio desumibile dagli artt. 49 e 56 c.p. Tale criterio come noto quello della. adeguatezza o probabilit e quindi se in tal senso fosse inidonea l'azione impossibile sarebbe l'attentato. a questo punto che operaia norma quando, collegando la lieve entit del fatto (non mutano i termini del discorso qualunque accezione si voglia dare del fatto) alla natura dell'azione, introduce una valutazione quantitativa sull'idoneit di questa ultima. La decisione che si annota fa .riferimento in motivazione all'unico precedente giurisprudenziale in materia, quello costituito dalla sentenza delle Sezioni Unite 19 giugno 1957 nel processo Toffanin (in Riv. It. Dir. Pen., 1958, 140) ravvisando rispetto a quest'ultima una divergenza di motivazione che a ben leggere, pi aippartente che re~le in tutte e due le sentenze si legge infatti la netta distinzione fra il reato di tentativo e il reato di attentato, in tutte e due si esclude sia pur in termini diversi che la qJ.l.alificazione e il grado dell'idoneit causale debba essere identico per le due fattispecie. Resta da un lato l'affermazione contenuta nella sentenza delle Sezioni Unite del 1957 circa l~ mera possibilit del risultato lesivo che il giudice dovrebbe acertare nel reato di attentato e dall'altro l'affermazione della possibilit concreta dell'attingimento del fine statuito dalla sentenza che si annota, ma a ben guardare anche questo, pi che un contrasto la conseguenza di un mancato coordinamento delle varie parti della motivazione della prima sentenza nella quale, quando si introduce il criterio dell'attitudine della condotta, null'altro si vuol dire se non che vi un giudizio di valutazione attitudinale affidato appunto al giudice, un giudizio cio sull'idoneit della condotta da condurre peraltro con criteri diversi da quelli previsti dalla norma che prevede il tentativo. PAOLO DI TARSIA I I mi 172 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I , I dagli effettivi risultati che la condotta criminosa abbia potuto conseguire, ma anche e soprattutto concreta, cio svolta con specifica attinenza al tipo, alla efficacia, all'uso dei mezzi, in quel determinato caso ed in quelle particolari modalit di tempo, luogo, ambiente e simili. In secondo luogo, va presa in considerazione la natura dei valori e dei beni protetti dalle incriminazioni in esame: beni che si identificano 'con la personalit interna ed internazionale dello Stato, nella quale si riflettono esigenze ed aspirazioni comunitarie di suprema importanza, ,> s che il legislatore si indotto ad attribuire rilievo, prima ancora che all'effettiva offesa dei valori tutelati, ad ogni azione di molestia o di turbativa del loro pacifico godimento da parte della comunit. Negli attentati di cui agli artt. 241 e 283 c.p., l'evento di pericolo , nel primo, la minaccia alla sicurezza del cittadino .di mantenere integre la sovranit, indipendenza ed unit dello Stato, e, nel secondo, la minaccia alla fiduciosa attesa dei singoli sul tranquillo e pacifico mantenimento dell'assetto costituzionale dello Stato, o, meglio, su di un ricambio costituzionale attuato solo nei tempi e nei modi prescritti dalla Carta fondamentale. La condotta dell'agente diventa causalmente idonea non appena, uscita dalla sfera della preparazione e penetrata nella fase della esecuzione, abbia prodott-0 quella minaccia o quella turbativa. In terzo luogo valgono gli elementi deducibili dal sistema. Gli attentati sono certamente reati di pericolo, ma tale asserz.ione non porta a condividere automaticamente la tesi delle SS.UU. n quella della sentenza impugnata: non la prima, perch non si pu, da una parte, ritenere perfezionato il reato non appena si realizzi in tutto o in parte l'azione subbiettivamente diretta all'attuazione del risultato lesivo, e, nel tempo stesso, richiedere l'ulteriore attributo di una idoneit oggettiva della condotta a provocare, grazie alle sue carattedstiche essenziali, l'attuazione del fine vietato; non la seconda, perch, ove di pericolo ex lege presunto si trattasse, la valutazione operata gi dal Legislatore escluderebbe l'indagine del giudice rivolta allo stesso fine, specie se fondata su di una prova liberatoria posta a carico dell'imputato (si vedano, per un istruttivo raffronto, i reati di cui all'art. 423 -incendio -e all'art. 530 c.p. -corruzione di minorenni -ipotesi evidenti e risapute di perico'lo presunto o astratto). Il paral1elo, o addirittura l'identificazione, con il tentativo non n utile n consentito, poich: trattasi di due figure strutturalmente e funzionalmente autonome, affini ma divergenti, entrambe derivazioni dell'art. 49 secondo comma. Ma operanti con diversi caratteri in relazione alla diversa collocazione dell'evento nello sviluppo delle singole specie consumative ed alle implicazioni giuridiche che da tale diversit discendono. Infine rileva anche l'attenuante prevista dall'art. 311 c.p., che sottrae la valutazione della sussistenza del delitto ad ogni criterio di quantit del fatto; assumendo come causalmente idonei al fine anche episodi di lieve entit, e, quindi, PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 173 tali da ripercuotersi anche in esigua misura sulla integrit dei beni protetti. Da tutto quanto innanzi detto legittimo concludere che i delitti di attentato che ne interessano sono reati di pericolo, caratterizzati dalla possibilit concreta dell'attingimento del fine: po;;sibilit concreta, e perci n mera possibilit (cio, -astratta o generica attitudine acusale) n probabilit (cio, quasi certezza dell'evento), ma fondata e ragionevole capacit del fatto a produrre la lesione del bene, desumibile -con valutazione strettamente collegata alle caratteristiche del caso di specie -alla stregua dell'esperienza e dei comuni criteri di giudizio. Dalla suddetta concezione dei delitti di attentato discende agevolmente, in rapporto al motivo di ricorso in esame, la conseguenza che, una volta ricondotto il paradigma criminoso degli artt. 241 e 283 c.p. sotto l'impero delle re.gole generali relative alla idoneit e causalit degli atti, viene meno ogni ragione per denunciare la dedotta illegittimit co~tituzionale; il prindpio di tassativit-legalit, di cui all'art. 1 c.p. e all'art. 2.5 Cost., non risulta per alcun verso violato, poich gli attentati si pongono come ipotesi di divieto espressamente prevedute e denominante dal legislatore attraverso modelli soggettivamente ed obbiettivamente compiuti, ai quali la opportuna indagine giudiziale pu sicuramente e determinatamente adeguare i fatti concreti posti in essere dai singoli. -(Omissis). PARTE SECONDA 13 RASSEGNA DI DOTTRINA A. MoNTEL -E. PitTETTI, Possesso e azioni possessorie nella giurisprudenza. CEDAM. Padova 1970, pagg. 645. Nella Raccolta sistematica di Giurisprudenza commentata, diretta da MARIO ROTONDI, apparso recentemente questo volume sul Possesso e sulle azioni possessorie iniziato da .ALBERTO MONTEL e portato a termine da ETTORE PROTETTI. Al MoNTEL si devono, infatti, i primi due capitoli: quello ,su1 contenuto e quello sui soggetti del rapporto possessorio; ail. PROTETTI i successivi (oggetto del rapporto possessorio; acquisto, conservazione e perdita del possesso; acquisto del diritto mediante ii possesso, usucapione, diritti ed obblighi del possessore, le azioni possesosrie in generale, l'azione di reintegrazione, l'azione di manutenzione ed, infine, il procedimento possessorio) e la cura di un indice analitico-alfabetico e di un indice delle decisioni giurtsprudenziali. L'aggiornamento delle sentenze copre tutto il 1966, per quanto riguarda la Suprema Corte di Cassazione; ,si spinge fino al 1968 per le decisioni dei magistrati di merito. Di particolare interesse, in ispecial modo per i lettori della presente Rassegna., si presenta il capitolo sulle Azioni possessorie nei confronti della Pubblica Amministrazione. Con un detta,gliato riferimento alla dottrina sull'argomento, vengono ricordate, nel volum,e, le pi importanti decisioni che, anche recentemente (sul solco di un orientamento ormai consolidato), hanno riaffermato l'inammissibilit delle azioni possessorie nei confronti della P. A. in ordine ad atti della medesima per la considerazione che la reintegrazione su1 possesso importerebbe la revoca o la modifica dell'atto amministrativo, vietate, ,entrambe, dall'art. 4 della J.egge 20 marzo 1865, all. E sull'abolizione del contenzioso amministrtivo. E ci anche quando tali azioni vengano proposte da altre Pubbliche Amministrazioni (v. Pretore di Roma 3 dicembre 1961 nei riguardi delle Aziende Municipatizzate e Pretore di Legnano 28 febbraio 1957 nei confronti dell'E.N.E.L.). largamente citata, inoltre, fa giurisprudenza che ricomprende tra gli atti amministrativi anche i comportamenti materiali della P. A. che siano estrinsecazione di un pubblico potere, a meno che ila legge non stabilisca una forma determinata per quell'attivit (Pretore di Rossano, 1 marzo 1965; Pretore di Torino, 19 settembre 1956). Circa i casi eccezionali di ammissibilit di azioni possessorie nei confronti della P.A. nella raccolta in rassegna sono trascritti alcuni importanti provvedimenti e pi precisamente: a) una sentenza (Pretore di Montevarchi, 21 marzo 1949) relativa all'ipotesi in cui la P.A. abbia [eso possesso altrui agendo quale soggetto di diritto privato e intraprenda atti eopra un bene patrimoniale (Cass. Sez. Un. 26 giugno 1953, n. 1980, in Mass. Foro it., 1953, 383), b) una ordinanza (Pretore di Bitonto 1 febhraio 1948) e altre sentenze !relative all'iipotesi in cui la P. A. abbia ecceduto dai limiti dei nuovi poteri ed abbia invaso l'attivita di altro potere deillo Stato; e) varie sentenze riguardanti l'ipotesi in cui gli atti siano compiuti da funzionari incapaci d'intendere e di volere o fisicamente impediti. Un problema nuovo, in quanto sorto solo recentemente, quello, ricordato nel volume, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 2 circa l'esperibilit dell'azione di reintegrazione contro l'apposizione di sigilli. Com' noto, il Pretore di Roma (sent. 31 ottobre 1966) ha dato soluzione negativa al quesito se l'opposizione dei sigilli possa considerarsi spogUo ed ha negato l'azione. AUe motivazioni addotte dal Pretore vengono aggiunte nel testo alcune considerazioni degne di rilievo e particolarmente convincenti. Si rinvia infine il lettore alla parte del volume in ci si affrontano i temi della lesione possessoria avvenuta per mezzo dell'ufficiale giudiziario e delle azioni possessorie in materia di acque pubbliche e di usi civici. ~ L.M. ~i! ffimffmfff:IfffillffflTfffillmffffmffffffffiTmf[@ff@illfilffaifilfffffffiUfilffilIIHfffgfilfifffiHffffilIJMEfiirnEifft1IffiiffiliiliTfisJA RASSEGNA DI LEGISLAZIONE LEGGI E DECRETI* Legge 24 dicembre 1969, n. 1038. -Interpreta ed integra .l'articolo 45 della legge tributaria sulle successioni, specificando la documentazione necessaria per la deduzione dall'asse ereditario dei debiti derivanti da saldo passivo di conto corrente bancario (G. U. 13 gennaio 1970, n. 10). d. P. R. 29 dicembre 1969, n. 1127. -In attuazione della direttiva 9 marzo 1968, n. 151 del Consiglio dei Mdnistri delle Comunit europee modifica gli articoli 2250, 2332, 2383, 2384, 2385, ultimo comma, 2400, ultimo comma, 2435, 2436, 2452, 2456, primo comma, 2475, 2487, e 2626 del codice civile, aggiungendo gli articoli 2330 bis, 2384 bis, 2450 bis, 2457 bis, 2457 ter, 2497 bis e quattro commi all'articolo 2449 del codice civile, e l'articolo 101 bis alle disposizioni di attuazione e transitorie approvate con regio decreto 10 marzo 1942, n. 318 (G. U. 10 febbraio 1970, n. 35). NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE* NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI Codice di procedura penale, art. 168 (Notificazioni all'imputato detenuto), secondo comma, nella parte in cui, subordinando l'obbligo della notificazione in mani proprie dell'imputato alle condizioni che lo stato di detenzione risulti dagli atti del procedimento, consente che all'imputato detenuto la notifica possa venir effettuata anche nelle forme di cui all'art. 170 del codice di procedura penale. Sentenza 23 febbraio 1970, n. 25, G. U. 25 febbraio 1970, n. 50. Ordinanza di rimessione 25 aprile 1968 del pretore di Empoli, G. U. 14 settembre 1968, n. 235. codice di procedura penale, art. 195 (Impugnazione della parte civile), nella parte in cui pone limiti a che la parte civile possa proporre ricorso per cassazione contro le disposizioni della sentenza che concernono i suoi interessi chnili. Sentenza 22 gennaio 1970, n. 1, G. U. 28 gennaio 1970, n. 24. Ordinanza di rimessione 23 marzo 1968 del pretore di Padova, G. U. 15 giugno 1968, n. 152. (*) Si segnalano i provvedimenti ritenuti di maggiore interesse. () Tra parentesi sono indicati gli articoli della Costituzione in riferimento ai quali sono state proposte o decise le questioni di legittimit costituzionale. 4 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d. lg. 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello Statuto della Regione siciliana), artt. 26 e 27. Sentenza 22 gennaio 1970, n. 6, G. U. 28 gennaio 1970, n. 24. Ordiinanza di rimessione 9 maggio 1968 del giudice istruttore del tribunale di Palermo, G. U. 14 settembre 1968, n. 235. d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo un.ico delle leggi sulle imposte dirette), art. 198, secondo c:omma, nella par.te in cui esclude dallo sgravio l'indennit di mora. Sentenza 4 febbraio 1970, n. 13, G. U. 11 febbraio 1970, n. 37. Ordinanza di rimessione 13 marzo 1968 della prima sezione civile della Corte di cassazione, G. U. 10 agosto 1968, n. 203. legge 15 luglio 1966, n. 604 (Norme sui licenziamenti individuali), art. 10. Sentenza 4 febbraio 1970, n. 14, G. U. 11 febbraio 1970, n. 37. Ordinanze di rimessione 16 maggio 1968 del pretore di Milano (G. U. 31 agosto 1968, n. 222) e 4 maxzo 1969 deUa corte di appello di Bologna (G. U. 23 luglio 1969, n. 186). legge reg. sic:. appr. 12 novembre 1969 (Modifica alla legge regionale l febbraio 1963, n. 11 concernente: Co1tglobamento ed adeguamento delle retribuzio1ti del persooale dell'Amministrazione regio'ltale), nella parte in cui, disponendo la rivalutazione dell'indennit di buonuscita a favore del personale predetto cessato dal servizio prima del 1 gennaio 1962, la commisura agli stipendi in vigore alla data sopra hldicata, anzich agli stipendi in vigore all'atto del collocamento a riposo dei. singoli dipendenti. Sentenza 18 febbraio 1970, n. 19, G. U. 25 febbraio 1970, n. 50. Ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana depositato il 25 novembre 1969, G. U. 13 dicembre 1969, n. 324. NORME DELLE QUALI STATA DICHIARATA NON FONDATA LA QUESTIONE DI LEGIT'.IIIMITA COSTITUZIONALE Codic:e di procedura .penale, art. 15 (Auio1izzazione a procedere), primo e quinto c:omma (artt. 3, 24, Secondo comma, 68 e 112 della Costituzione) (1). Sentenza 28 gennaio 1970, n. 9, G. U. 11 febbraio 1970, n. 37. Ordinanza di Timessione 24 giugno 1968 del pretore di Novara, G. U. 28 settembre 1968, n. 248. (1) Altra questione di legittimit costituzionale della disposizione stata dichiarata non fondata, in riferimento agli al'tt. 3 e 28 della Costituzione, con sentenza 27 dicembr 1965, n. 99. :-:-: f.ITTITf.ffi!IillimillfftI~mirmrniririirnrrnirrnnmtirffffifirnrrmrnmurmmmmmmrmm1mrmmmrnrmmrn1rfilmrnrrmnfimm1mEtrmrrlJ _.,~IIf#.r~ ! PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 5 codice di procedura penale, art. 219 (Funzioni della polizia giudiziaria) (artt. 3 e 24 della Costtiuzione). Sentenza 22 gennaio 1970, n. 2, G. U. 28 gennaio 1970, n. 24. Ordinanze di rimessione 25 ottobre 1968 (due) del pretore di Scicli (G. U. 8 gennaio 1969, n. 6) e 29 ottobre 1968 del pretore di Bologna (G. U. 29 gennaio 1969, n. 25). codice di procedura penale, art. 372 (Deposito in cancelleria e facoUd dei difensori), art. 392 (Forme, avocazione e trasformazione della istru:? ione sommaria), e art. 398 (Poteri del pretore nel procedimento con istruzione sommmia) (artt. 3 e 24 della Costituzione) (2).. Sentenza 4 febbraio 1970, n. 16, G. U. 11 febbraio 1970, n. 37. Ordinanze di rimessione 22 aprile 1968 del pretore di Padova (G. U. 14 settembre 1968, n. 23,5) e 12 marzo 1969 del pretore di Firenze (G. U. 21 maggio 1969, n. 128). codice di procedura penale, art. 374 (Sentenza di rinvio a giudizio) (artt. 25, primo comma, e 3 della Costituzione). Sentenza 4 febbraio 1970, n. 15, G. U. 11 febbraio 1970, n. 37. Ordinanza di rimessione 8 maggio 1968 del pretore di San Giovanni Rotondo, G. U. 14 settembre 1968, n. 235. codice di procedura penale, art. 409 (Requisiti del decreto di citazione davanti al pretore) (art. 111, primo comma, della Costituzione). Sentenza 22 gennaio 1970, n. 4, G. U. 28 gennaio 1970, n. 5. Ordinanza di rimessione 6 marzo 1968 del pretore di Roma, G. U. 15 giugno 1968, n. 152. codice di procedura penale, art. 630 (Procedimento per gli incidenti di esecuzione), secondo comma (artt. 24, secondo comma, e 3, primo comma, della Costituzione) (3). Sentenza 22 gennaio 1970, n. 5, G. U. 28 gennaio 1970, n. 24. Ordinanza di rimessione 27 maggio 1968 del pretore di Camposampiero, G. U. 31 agosto 1968, n. 222. r. d. 17 agosto 1935, n. 1765 (Disposizioni per l'assicurazione obbligatoria degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali), art. 4, quinto comma (artt. 3, 35 e 38 della Costituzione) (4). I I (2) Il terzo comma, ultima parte, dell'art. 392 del codice di procedura penale stato dichiarato incostituzionale con sentenza 2 aprile 1964, n. 32. Per l'art. 398, ora sostituito con legge 7 novembre 1969, n. 780, v. infra, nota Hi. (3) La questione di legittimit costituzionale del primo comma della disposizione stato dichiarata non fondata con sentenza 27 marzo 1962, n. 29. (4) Disposizione dichiarata incostituzionale, con sentenza 9 marzo 1967, n. 22, in quanto consente che ii giudice civile possa accertare che il fatto che ha provocato l'infortunio costitui~ca reato soltanto nella ipotesi di estinzione dell'azione penale per morte dell'imputato o per amnistia, senza menzionare l'ipotesi di prescri 6 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Sentenza 28 gennaio 1970, n. 10, G. U. 11 febbraio 1970, n. 37. Ordinanze di rimessione 3 febbraio 1968 del tribunale di Roma (G. U. 14 settembre 1968, n. 235), e 18 1giugno 1969 della corte di appello di Potenza (G. U. 6 agosto 1969, n. 200). d. lg. C. P. S. 29 luglio 1947, n. 804 (Riconoscimento giuridico degli istituti di patronato e di assistenza sociale), ratificato con legge 17 aprile 1956, n. 561, art. 1 (art. 39, primo comma, della Costituzione). Sentenza 4 febbraio 1970, n. 17, G. U. 11 febbraio 1970, n. 37. Ordinanza di rimessione 4 luglio 1968 del pretore di Prato, G. U. 28 settembre 1968, n. 248. d. P. R. 24 giugno 1954, n. 342 (Nuove norme suzia imposta di pubblicit,), art. 4, tariffa allegato A (artt. 76 e 77 della Costituzione). Sentenza 23 febbraio 1970, n. 28, G. U. 2.5 febbraio 1970, n. 50. Ordinanze di rimessione 7 febbraio 1968 (due) della prima sezione civile della Corte di cassazione, G. U. 6 luglio 1968, n. 170. d. P. R. 30 marzo 1957, n. 361 (Testo unico delle leggi recanti norme per la elezione deLla Camera dei deputati), art. 113, quinto comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 23 febbraio 1970, n. 26, G. U. 25 febbraio 1970, n. 50. Ovdinanza 27 maggio 1968 del pretore di Stradella, G. U. 28 settembre 1968, n. 248. d. P. R. 27 novembre 1960, n. 1798 (Norme sul trattamento economico e normativo dei fivoratori panettieri dipendenti dalle imprese di panificazione), per la parte che conferisce validit erga omnes al contratto collettivo nazionale 26 luglio 1956 (artt. 76 e 877, quinto comma, della Costituzione). Sentenza 23 febbraio 1970, n. 27, G. U. 25 febbraio 1970, n. 50. Ordinanze di rimessione 9 marzo 1967 e 28 gennaio 1969 della corte di appello di Torino G. U. 25 novembre 1967, n. 295, e 18 giugno 1969, n. 152. legge 20 maggio 1965, n. 507 (Divieto di uso degli apparecchi automatici da giuoco nei luoghi pubblici o aperti al pubbLico e nei circoli ed associazioni di qualsiasi genere), art. 1 (artt. 41, 3 e 18 della Costituzione). Sentenza 4 febbraio 1970, n. 12, G. U. 11 febbraio 1970, n. 37. Ordinanze di rimessione 24 novembre 1967 del tribunale di Milano (G. U. 15 giugno 1968, n. 152), 29 marzo 1968 del pretore di Pa zione dei reato La disposizione stata riprodotta all'art. 10, quinto comma, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, dichiarato incostituzionale, con la stessa sentenza e negli stessi limiti, in applicazione dell'art. 27, ultima parte, della legge 11 marzo 1953, n. 87. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 7 dova (G. U. 14 settembre 1968, n. 235), e 29 gennaio 1969 del pretore di Arano (G. U. 21 maggio 1969, n. 128). d. P. R. 30 9iu9no 1965, n. 1124 (Testo unico deUe disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), art. 204 (art. 76 della Costituzione). Sentenza 22 gennaio 1970, G. U. 24 gennaio 1970, n. 24. Ordinanze di rimessione 31 luglio 1967 e 3 agosto 1967 del giudice conciliatore di Trento, G. U. 11 novembre 1967, n. 282. legge reg. sic:. appr. 1 O dicembre 1969 (Provvedimenti eccezionali per la riconsegna ai proprietari dei terreni occupati per rimbo~chimento ricadenti nel comprensorio di Nebrodi). Sentenza 18 febbraio 1970, n. 20, G. U. 25 febbraio 1970, n. 50. Ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana depositato il 27 dicembre 1969, G. U. 7 ,gennaio 1970, n. 5. NORME DELLE QUALI STATO PROMOSSO GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE Codice civile, art. 149 (Scioglimento del matrimonio), in quanto limita la possibd.lit di scioglimento del matrimonio alla sola ipotesi di morte di uno dei coniugi, con disparit di trattamento tra i cittadini non cattolici, per i quali non ricorrono deroghe, e quelli cattoldci, che possono invece avvalersi, nel caso di mancata consumazione, del riconoscimento civile delle dispense ecclesiastiche da matrimonio rato e non consumato (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Cosenza, ordinanza 16 settembre 1969, G. U. 11 febbraio 1970, n. 37. c:odic:e civile, art. 2946 (Prescrizione ordinaria), in quanto consente che la prescrizione del diritto alla retribuzione decorra durante il rapporto di larvoro (artt. 3, 24 e 36 della Costituzione) (5). Corte di cassazione, seconda sezione, ordinanza 27 ottobre 1969, G. U. 25 febbraio 1970, n. 50. c:odic:e di procedura civile, art. 305 (Mancata 'prosecuzione o riassunzione), in quanto fa decorrere dalla data dell'interruzione del processo (5) Questione gi proposta, in riferimento al solo art. 36 della Costituzione e nel rili,evo che la decorrenza della prescrizione durante il rapporto di lavoro venuta meno, con la sentenza 10 giugno 1966, n. 63 della Corte costituzionale, solo per i termini di prescrizione previsti dagli artt. 2948, n. 4, 2955, n. 2 e 2956, n. 1 del codice civile, dal tribunale di Roma (ordinanza 14 febbraio 1969, G. U. 2 luglio 1969, n. 165). I 8 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO il termine per la sua prosecuzione o la sua riassunzione anche nei casi regolati dal precedente articolo 299 (art. 24 della Costituzione) (6). Corte di appello di Potenza, ordinanza 8 ottobre 1968, G. U. 28 gennaio 1970, n. 24. codice penale, art. 559 (Adulterio), terzo comma, in quanto punisce la relazione adulterina della moglie in ipotesi nella quale la corrispondente condotta del marito non costituisce reato (art. 29 della Costituzione) (7). Pretore di San Pietro VernoUco, ordinanza 8 ottobre 1969-, G. U. 11 febbraio 1970, n. 37. codice penale, art. 560 (Concubinato), in quanto punisce la relazione adulterina del marito, con criterio diverso da quello stabilito per la moglie dall'art. 559, terzo comma, del ,codice penale, solo quando ricorrano gli ulteriori elementi della notoriet o della 'convivenz'a dei concubini nella casa coniugale (artt. 3 e 39 della Costituzione) (8). Tribunale di Roma, ordinanza 1 ottobre 1969, G. U. 7 gennaio 1970, n. 5. codice penale, art. 635 (Danneggiamento), secondo comma, n. 2, limitatamente all'inciso da lavoratori in occasione di sciopero , in quanto assume come :fondamento dell'aggravante speciale, con ingiustificata discriminazione a danno dei lavoratori, il nesso di occasionabilit con -l'esevcizio del diritto di sciopero (art. 3, primo e secondo comma, della Costituzione) (9). Pretura di San Miniato, ordinanza 4 dicembre 1970, G. U. 25 febbraio 1970, n. 50. codice penale, art. 650 (Inosservanza dei provvedimenti della Autorit), in quanto commina sanzioni penaM per la inosservanza di precetti lii cui contenuto determinato dall'autorit amministrativa (articoli 25, secondo comma, e 3 della Costituzione) (10). Pretore di Massa Marittima, ordinanza 27 novembre 1969, G. U. 25 febbraio 1970, n. 50. (6) L'articolo 305 del codice di procedura civile stato gi dichiarato incostituzionale, con sentenza, 15 dicembre 1967, n. 139, nella parte in cui fa decorrere dalla data dell'interruzione del processo il termine per la sua prosecuzione o la sua riassunzione anche nei casi regolati dal precedente articolo 301. (7) Disposizione dichiarata incostituzionale con sentenza 3 dicembre 1969, n. 147. I primi due commi dell'articolo 559 del codice penale sono stati dichiarati incostituzionali con sentenza 12 dicembre 1968, n. 126. (8) Disposizione dichiarata incostituzionale con sentenza 3 dicembre 1969, n. 147. (9) Questione dichiarata non fondata con sentenza 8 luglio 1957, n. 110 e gi riproposta, in riferimento anche all'art. 40 della Costituzione, dal pretore di Brescia (ordinanza 2 ottobre 1969, G. U. 24 dicembre 1969, n. 324). (10) La stessa questione stata proposti!, per la legge 20 marzo 1968, n. 304, dal pretore di Recanati (ordinanza 31 ottobre 1969, G.U. 28 gennaio 1970, n. 24). :::;:: rfif:i!1ili%1Nfifffmfff&filflliHrtirtMtftill&r~mmf:frsffKEtrfffrffmttHmm&rztmmmmmmmillrtffff:Mftf'KtiJE?iiliu:=:::=::t==:::dl PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 9 codice penale, art. 666 (Spettacoli o trattenimenti pubblici senza licenza), in quanto punisce chi d spettacoli o trattenimenti in luogo aperto o esposto al pubblico, senza la licenza del questore (art. 17 della Costituzione) (11). Pretore di San Ginesio, ordinanza 8 settembre 1969, G. U. 7 gennaio 1970, n. 5. codice penale, art. 708 (Possesso ingiustificato di valori), dn quanto assume come elemento di reato le condizioni personali e sociali dell'imputato (art. 3 della Costituzione) (12) e presume la provenienza delittuosa degli oggetti trovati in suo possesso (art. 27 della Costituzione) (13). Pretore di Firenze, ordinanza 28 ottobre 1969, G. U. 7 gennaio 1970, n. 5. codice di procedura penale, art. 74 (Esercizio dell'azione pe.nale da parte del pubblico ministero o del pretore), in quanto consente che la decisione sfa emessa dallo stesso magistrato che ha istruito il processo (artt. 107, 108 e 112 della Costituzione) (14). Pretore di Roma, ordinanza 3 giugno 1969, G. U. 7 gennaio 1970, n. 5., codice di procedura penale., art. 106 (Esercizio dell'azione civile e obbligo della testimonianza), art. 350 (Diritto dei prossimi congiunti d'aste.nersi dal testimoniare), secondo comma, limitatamente alle parole o parti civili , art. 408 (Notificazione del decreto di citazione davanti ai tribunale), secondo comma, limitatamente alla frase la parte civile citata a comparire anche nena qualit di testimonio se informata dei fatti per i quali si procede , art. 447 (Interrogatorio delle parti private diverse dalZ'imputato), limitatamente all'inciso finale qua e lora non debba essere esaminata come testimonio, art. 448 (Esame .dei testimoni), primo comma, limitatamente all'inciso finale anche se si costituito parte civile, e artt. 449 (Giuramento dei testimoni), .primo (11) Questione gi proposta dal pretore di Racconigi con ordinanza 5 dicembre 1968, G. U. 26 febbraio 1969, ;n. 52. (12) Disposizione gi dichiarata incostituzionale, sotto l'indicato profilo, con sentenza 19 luglio 1968, n. 110. (13) Questioni gi proposte dallo stesso pretore con ordinanze 28 marzo 1969 (G. U. 2 luglio 1969, n. 165) e 13 maggio 1969 (G. U. 26 novembre 1969, n. 299). (14) Questione dichiarata non fondata con sentenza 24 maggio 1967, n. 61, e gi riproposta (anche per gli articoli 231, 389, ultimo comma, 398 e 403, ultimo comma del codice di procedura penale) dal pretore di Prato, ma in riferimento agli articoli 24, secondo comma, e 3, primo comma, della Costituzione, ed all'articolo 6, n. 1 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo (ordinanza 24 marzo 1969, G. U. 11 giugno 1969, n. 145). La stessa questione stata proposta anche per l'articolo 72 del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 (v. infra, e nota 29). Altra questione di legittimit dell'art. 74 del codice di procedura penale stato dichiarata infondata con sentenza 7 dicembre 1964, n. 102. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO comma (15), limitatamente all'inciso o parte civile , in quanto consentono alla persona offesa dal reato e alla parte civile di fOTnire con la deposizione testimoniale mezzi di prova in un procedimento la cui decisione avr autorit di giudicato nel giudizio civile di risarcimento del danno (artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Iseo, ordinanza 9 dicembre 1969, G. U. 25 febbraio 1970, n. 50. codice di pl'ocedura penale, art. 199 (Termini per l'impugnazione), primo comma, in quanto stabilisce per l'imputato un termine minore di quello concesso al pubblico ministero (artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 3 novembre 1969, G. U. 25 febbraio 1970, n. 50. codice di procedura penale, art. 220 (Subordinazione della polizia giudiziaria), secondo comma, in quanto esclude, secondo la comune interpretazione, la necessit del consenso dell'autorit giudiziaria per gli allontanamenti temporanei dalla see degld ufficiali di polizia giudiziaria pi elevati in grado di ogni sede giudiziaria; e in quanto esclude, per tali allontanamenti, la necessit del consenso dell'autorit gfudiziaria alla cui diretta dipendenza funzionale gli indicati ufficiali di polizia giudiziaria si trovano (art. 109 della Costituzione). Pretore di Recanati, ordinanza 25 ottobre 1969, G. U. 28 gennaio 1970, n. 24. codice di procedura penale, art. 223 (Ausiliari della poHzia giudiziaria), in quanto, nella sua formulazione generica ed approssimativa, consente di ascrivere l'analisi chimica alla categoria degli accertamenti tecnici demandati ai c.d. ausiliari della polizia giudiziaria (art. 24 della Costtuzione). Pretore di Cassano d'Adda, ordinanza 7 ottobre 1969, G. U. 11 febbraio 197_Q, n. 37. codice di procedura penale, art. 370 (Richiesta d'ulteriore istruzione), in quanto attribuisce efficacia vincolante alle richieste del pubblico mi-. nistero, privando il giudice istruttore dei poteri decisivi conferitigli dall'articolo 299 del codice di procedura penale in ordine alla valutaZ,ione sulla utilit degli atti istruttori da compiersi (art. 101, secondo comma, della Costituzione). Giudice istruttore presso il tribunale di Bologna, ordinanza 12 novembre 1969, G. U. 28 gennaio 1970, n. 24 . . (15) Altra questione d legittimit costituzionale dell'art. 449 del codice di procedura penale stata dichiarata non fondata con sentenza 13 luglio 1960, n. 58. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 11 codice di procedura .penale, art. 389 (Casi in cui si procede con istruzione sommaria), secondo comma, in quanto, rimettendo al pubblico ministero di stabilire se esista confessione e se non sono necessari altri atti istruttori, condiziona la scelta del tipo di istruzione alla discrezionale ed insindacabile valutazione del pubblico minitero (art. 25 della Costituzione) (16). Tribunale di Napoli, ordinanza 27 ottobre 1969, G. U. 7 gennaio 1970, n. 5. codice di procedura penale, art. 398 (Pote'ri del pretore nel procedimento con istruzione sommaria), terzo comma, in quanto non prevede la contestazione del fatto quando si proceda al compimento di atti preliminari alla istruzione (artt. 3, priimo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione) (17) (18). Tribunale di Ferrara, ordinanza 19 settembre 1969, G. U. 7 gennaio 1970, n. 5. codice di procedura penale, art. 452 (Mancata comparzione di persone citate), terzo comma, in quanto esclude che l'imputato possa ottenere la sospensione del dibattimento per far intervenire il consulente tecnico che non sia comparso (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Bologna, ordinanza 18 ottobre 1969, G. U. 28 gennaio 1970, n. 24. codice di procedura penale, art. 472 (Chiusura del dibattimento e pronuncia della sentenza), ultimo comma, in quanto, con disparit di trattamento rispetto all'imputato contumace (art. 3 della Costituzione), parifica l'imputato che deve considerarsi presente nel dibattimento al (16) Il terzo comma della disposizione stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 28 novembre 1968, n. 117, nei limiti in cui esclude la sindacabilit nel corso del processo della valutazione compiuta dal pubblico ministero sulla evidenza della prova. (17) Questione gi proposta (e con analogo riferimento alla qualificazione degli atti di polizia giudiziaria contenuta nella sentenza 5 luglio 1968, n. 86 della Corte c_ostituzionale) dal pretore di Ronciglione (ordinanza 3 dicembre 1968, G. U. 12 marzo 1969, n. 66), dal tribunale di Ferrara (ordinanze 10 dicembre 1968 e 30 gennaio 1969, G. U. 24. settembre 1969, n. 243, e 23 maggio 1969, G. U. 24 dicembre 1969, n. 324), e dal tribunale di Como (ordinanza 21 febbraio 1969, G. U. 21 maggio 1969, n. 128). (18) L'art. .398 del codice di procedura penale, limitatamente alla parte in cui nei procedimenti di competenza det pretore, non prevede ia contestazione det fatto e L'interrogatorio aWimputato, qualora si proceda ai compimento di atti di istruzione , era stato dichiarato incostituzionale con sentenza per 28 aprile 1966, n. 33, mentre la questione di legittimit costituzionale della disposizione, nella parte in cui non prevedeva l'obbligo della contestazione del fatto qualora non si procedesse al com9imento di. atti di istruzione, era stata invece dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 24 secondo comma, della Costituzione, con sentenza 18 aprile 1967, n. 46 (per altre questioni v. sentenze 24 maggio 1967, n. 61 e 15 dicembre 1967, n. 151). L'art. 398 del codice di procedura penale stato peraltro sostituito con legge 7 novembre 1969, n. 780. 12 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO l'imputato presente anche agli effetti della decorrenza del termine per l'impugnazione (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 3 novembre 1969, G. U. 25 febbraio 1970, n. 50. codice della navigazione (r. d. 30 marzo 1942, n. 327), art. 1238 (Competenza per le contravvenzioni), art. 1240 (Competenza per territorio) e art. 1242 (Decreto di condanna), in quanto attribuiscono funzioni giurisdizionali all'autorit amministrativa (artt. 101, secondo comma, e 108, secondo comma, della Costituzione) (19). Tribunale di Napoli, ordinanza 9 ottobre 1969, G. U. 28 gennaio 1970, n. 24 (artt.' 1238, 1240 e 1242). Tribunale di Siracusa, or'Clinanza 12 novembre 1969, G. U. 28 gennaio 1970, n. 24 (art. 1238). Pretore di Voltri, ordinanza 17 novembre 1969, G. U. 11 febbraio 1970, n. 37 (art. 1238). legge 20 marzo 1913, n. 272 (SuH'ordinamento delle Borse di commercio, della mediazione e tassa sui contratti di Borsa), art. 51, lin quanto condiziona l'esercizio dell'azione al preventivo pagamento delle tasse e delle ammende (art. 24 della Costituzione). Pretore di Milano, or'Clinanza 8 maggio 1969, G. U. 28 gennaio 1970, n. 24. Tribunale di Milano, ordinanza 13 novembre 1969, G. U. 11 febbraio 1970, n. 37. r. d. I. 19 ottobre 1923, n. 2328 (Disposizioni generali annesse per la formazione degli orari e dei turni di servizio del personale addetto ai pubblici servizi di trasporto in concessione), art. 21, nel testo modificato (19) Questione dichiarata non fondata con sentenze 10 giugno 1960, n. 41 (art. 102 della Costituzione), 3 luglio 1967, n. 79 (art. 104, primo comma, della Costituzione) e 19 dicembre 1968, n. 128 (disp. trans. VI e artt. 25 e 102 della Costituzione). La questione stata gi riproposta dal pretore di Recanati in riferimento agli artt. 101, secondo comma, e 108, secondo comma, della Costituzione (ordinanza 11 aprile 1969, G. U. 18 giugno 1969, n. 152), dal tribunale di Crotone in riferimento agli artt. 25 e 102 della Costituzione (ordinanze 29 aprile 1969 (due), G. U. 9 luglio 1969, n. 172), dal comandante del porto di Castellammare di Stabia in riferimento agli artt. 101, 102 e 108 della Costituzione (ordinanza 15 aprile 1969, G. U. 8 ottobre 1969, n. 256), dal capo del circondario marittimo di Porto Stefano in riferimento agli artt. 101 e 108, secondo comma, della Costituzione (ordinanza 5 luglio 1967, G. U. 22 ottobre 1969, n. 269), dal comandante del porto di Venezia (anche per gli artt. 1242 e 1243) in riferimento agli artt. 101, secondo comma, e 108 secondo comma, della Costituzione (ordinanza 5 agosto 1969, G. U. 26 novembre 1969, n. 299), e dal comandante del porto di Salerno (anche per l'art. 1242) in riferimento all'art. 101, secondo comma, della Costituzione (ordinanze 16 settembre 1969 (due), G. U. 26 novembre 1969, n. 299). Altra questione di legittimit costituzionale dell'art. 1238 al codice della navigazione stata proposta, in riferimento all'art. 24, secondo comma, della Costituzione, dal comandante del porto di Pesaro (ordinanza 18 luglio 1969, G. U. 22 ottobre 1969, n. 269). PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 13 dal r. d. 1. 2 dicembre 1923, n. 2682, in quanto prevede il diritto d~l lavoratore al riposo secondo un riterio che prescinde dalla cadenza settimanale (art. 36, terzo comma, della Costituzione) (20). Tribunale di Milano, ordinanza 8 ottobre 1969, G. U. 11 febbrafo 1970, n. 37. r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270 (Legge tributaria sutle successioni), artt. 77 e 78, in quanto condizionano l'eser'Cizio dell'azione alla preventiva osservanza di adempimenti fiscali (art. 24 della Costituz>ione) (21). Tribunale di Roma, ordinanza 10 giugno 1969, G. U. 28 gennaio 1970, Il. 24. r. d. 30 dicembre 1923, n. 3278 (Legge detle tasse sui contratti di Bo1sa), art. 19, in quanto condiziona l'esercizio dell'azione al preventivo pagamento delle tasse e delle ammende (art. 24 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 8 maggio 1969, G. U. 28 gennaio 1970, n. 24. Tribunale di Milano, ordinanza 13 novembre 1969, G. U. 11 febbraio 1970, n. 37. r. d. I. 15 ottobre 1925, n. 1929 (Provvedimenti per combattere le frodi nella torrefazione del caff), artt. 5, 6 e 7, in quanto non prevejdono !'-intervento dell'interessato alle operazioni di analisi (art. 24 della Costituzione) (22). I Pretore di Melito Porto Salvo, ordinanza 15 novembre 1969, G. U. iI, 28 gennaio 1970, n. 24. . ' r. d. I. 15 ottobre 1925, n. 2033 (Norme per la repressione delle frodi nella preqJarazione e nel commercio di sostanze di uso agrario e di I~ prodotti agrari), convertito con legge 18 marzo 1926, n. 652, artt. 41, 43, 44, primo comma, 45 e 46 (23), in quanto non consentono la partecipazione dell'interessato alle operazioni di prelevamento e di analisi dei campioni (artt. 3 e 24 della Costituzione) (24). Wi Tribunale di Sant'Angelo dei Lomba11di, ordinanza 1 ottobre 1969, G. U. 11 febbraio 1970, n. 37. (20) Questione gi proposta, dallo stesso tribunale, con ordinanza 24 maggio 1969 (G. U. 5 novembre 1969, n. 280). L'analoga disposizione dell'articolo 16 stata dichiarata incostituzionale con sentenza 15 dicembre 1967, n. 150. (21) Questione dichiarata inammissibile, con sentenza 9 aprile 1963, n. 44, perch proposta dal giudice istruttore, carente di legittimazione. I wlx,~ (22) Cfr. sentenza 3 dicembre 1969, n. 149 della Corte costituzionale. (23) Per l'articolo 46 da questione stata proposta solo dal tribunale di Sant'Angelo dei Lombardi. (24) L'art. 44 del r.d.l. 15 ottobre 1925, n. 2033 stato dichiarato incostituzio nale, con sentenza 3 dicembre 1969, n. 149, nella parte in cui per la revisione delle analisi esclude l'applicazione degli articoli 390, 304-bis, ter e quater del codice di procedura penale. La questione di legittimit agli articoli 41, 42, 4.3, 45 e 46 stato invece dichiarata, con la stessa sentenza, non fondata (artt. 3 e 24 della Costituzione). I ,'} 16 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO amministrativa), art. 98, primo comma, 1n relazione all'art. 97, secondo comma, in quanto fa decorrere il termine per proporre oppos1z10ne allo stato passivo dal deposito dello stato passivo in cancelleria, di cui l'interessato, per la natura ordinatoria dei termini previsti agli ultimi due commi dell'art. 96, pu avere in concreto tardiva conoscenza (art. 24 della Costituzione). Corte di appello di' Roma, ordinanza 17 ottobre 1969, G. U. 28 gennaio 1970, n. 24. r. d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata .e della liquidazione coatta amministrativa), art. 217, in relazione all'art. 15, nella parte in cui consente la declaratoria di faUimento senza preventiva audizione dell'interessato (art. 26 della Costituzione) (30). Pretore di Roma, ordinanza 6 dicembre 1969, G. U. 25 febbrai 1970, n. 50. d. lg. lgt. 3 maggio 1945, n. 232 (Disposizioni temporanee circa le applicazioni e supplenze di magistrati con funzioni del grado superiore e circa il concorso per ucHtori), prorogata nel suo vigore con la legge 5 marzo 1951, n. 190, art. 2, in quanto consente la revocabilit ad nutum, indipendentemente dal termine in precedenza stabilito, dei provvedimenti di applicazione in supplenza ordinaria ovvero straordinaria di un magistrato inamovibile ad altro ufficio giudiziario del distretto (artt. 25, primo comma, e 107, primo comma, della Costituzione) (31). Pretore di San Ginesio, ordinanza 29 settembre 1969, G. U. 28 gennaio 1970, n. 24. d. lg. lgt. 9 giugno 1945, n. 387 (Modificazioni al testo unico 28 aprile 1938, n. 1165, sutl'edilizia pe>po.Zare ed economica per quanto .concerne le assegnazioni di alloggi delL'I.N.C.I.S. e degli Istituti autonomi per le case popolari e revoca delle assegnazioni illegittime di alloggi fatte dagli Istituti), artt. 4, 5 e seguenti, in quanto consentono al presidente dell'istituto autonomo per le case popoiari di fi!mettere ovdinanza di rilascio (artt. 3, 24, 102, 104 e seguenti della Cosiituzione) (32). (30) Questione gi proposta, direttamente per l'articolo 15 della legge fallimentare, dal tribunale di Venezia (ordinanza 17 ottobre 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78), dal tribunale di Roma (ordinanza 7 novembre 1968, G. U. 2 luglio 1969, n.165), dalla corte di appello di Brescia (ordinanza 29 gennaio 1969, G. U. 9 aprile 1969, n. 91), dal pretore di Roma (ordinarize 11 e 12 marzo 1969, G. U. 11 giugno 1969, n. 145 e 9 luglio 1969, n. 172), e dal tribunale di Roma (ordinanza 19 maggio 1969, G. U. 9 luglio 1969, n. 172). (31) Questione gi proposta, sotto differente profilo e in riferimento anc~e all'art. 105 della Costituzione, dal pretore di Voltri (ordinanza 15 marzo 1969, G. U. 11 giugno 1969, n. 145). (32) Questione gi proposta dallo stesso giudice conciliatore, in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione (ordinanza 1 ottobre 1969, G. U. 10 dicembre 1969, n. 311). PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 17 Giudice conciliatore di L'Aquila, ordinanza 7 ottobre 1969, G. U. 11 febbraio 1970, n. 37. d. lg. 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello Statuto della Regione siciliana), art+. 26 e 27, se ed in quanto attribuiscano tuttora all'Alta Corte per la S~oilia la competenza a giudicare dei reati commessi dal Presidente e dagli assessori regionali nell'esercizio delle loro funzioni (artt. 3, 28, 102 e 134 della Costituzione) (33). Giudice istruttore presso il tribunale di Salerno, ordinanza 11 marzo 1969, G. U. 28 gennaio 1970, n. 24. legge 2 agosto 1948, n. 1036 (Disciplina dei tipi e delle caratteristiche degli sfarinati, del pane e della pasta), in quanto non prevede l'intervento dell'interessato alle operazioni di prelievo dei campioni alimentari (art. 24, secondo comma, della Corte costituzionale) (34). ' Pretore di Viggiano, ordinanza 29 ottobre 1969, G. U. 11 febbraio 1970, n. 37. legge 21 ottobre 1950, n. 841 (Norme per la espropriazione, bonifica., trasformazione ed assegnazione dei terreni ,ai contadini), art. 9, quarto comma, in quanto esclude indennizzo per la espropriazione dei beni costituenti il terzo residuo (art. 42, terzo comma, della Costituzione) (35). Consiglio di Stato, quinta sezione, ordinanza 4 marzo 1969, G. U. 25 febbraio 1970, n. 50. d. m. D.A.C.A. 18 novembre 1953, in quanto non prevede l'intervento dell'interessato alle operazioni di prelievo dei campioni alimentari. Pretore di Viggiano, ordinanza 29 ottobre 1969, G. U. 11 febbraio 1970, n. 37. d. P. R. 25 ottobre 1955, n. 932 (Norme di attuazione e di coordinamento della legge 18 giugno 1955, n. 517, concernente modificazioni al codice di procedura penale), art. 2, in quanto esclude, secondo la comune interpretazione, la necessit del consenso dell'autorit giudizdaria per gli allontanamenti temporanei dalla sede degli ufficiali di polizia giudiziaria pi elevati in grado di ogni sede giudiziaria; e in quanto esclude, per tale allontanamento, la necessit del consenso dell'autorit giudiziaria alla cui diretta dipendenza funzionale gli indicati ufficdali di polizia giudiziaria si trovano (art. 109 della Costituzione) (36). (33)Disposizioni dichiarate incostituzionali con sentenza 22 gennaio 1970, n. 6. (34) Cfr. sentenza 3 dicembre 1969, n. 149 della Corte costituzionale. (35) Diverse questioni di legittimit costituzionale dell'intera legge 21 ottobre 1950, n. 841 sono state dichiarate non fondate con sentenze 25 maggio 1957, n. 64, 25 maggio 1957, n. 78 e 18 gennaio 1958, n. 3. (36) Analoga questione stata proposta, anche per gli artt. 1 e 3, in riferimento anche agli artt. 76 e 77 della Costituzione, dal pretore di Chiusi (ordinanza 14 agosto 1969, G. U. 22 ottobre 1969, n. 269). 18 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pretore di Recanati, ordinanza 25 ottobre 1969, G. U. 28 gennaio 1970, n. 24. legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica momlit), artt. 1 e 2, in quanto consentono di limitaTe la Ubert personale, senza provvedimento dell'autorit giudiziaria (art. 13, secondo comma, della Costituzione) e senza la garanzia della difesa (art. 24, secondo comma, della Costituzione), di peTsone consfderate pericolose secondo una aprioristica valutazione discriminante (art. 3 della Costituzione) (37). Pretore di Legnano, ordinanza 10 luglio 1969, G. U. 28 gennaio 1970, n. 24. legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralit), artt. 1 e 2, in quanto, con la dizione possono essere diffidati dal questore e il questore pu rimandarveli ., conferisce all'autorit amministrativa un potere discrezionale (artt. 3, primo comma, e 13, secondo comma, della Costituzione) (27). Pretore di Ozieri, ordinanze 2 e 9 dicembre 1969, G. U. 11 '.febbraio 1970, n. 37. legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Misure di prevenzione nei confronti deUe persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralit), art. 4, secondo comma, in quanto prevede come facoltativa l'assistenza di 1.!n difensore (artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione) (38). Tribunale di Torino, ordinanza 10 luglio 1969, G. U. 11 febbraio 1970, n. 37. d. P. R. 26 aprile 1957, n. 818 (Norme di attuazione e di coordinamento della legge 4 aprile 1952, n. 218, sul riordinamento delle pensioni dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidit, la vecchiaia e i superstiti), art. 18, secondo comma, per eccesso dad limiti della delega conferita con l'art. 37 della legge 4 aprile 1952, n. 218, in quanto impone alla decorrenza della pensione una limitazione non prevista dall'art. 9 della legge 6 luglio 1939, n. 1272 (art. 76 della Costituzione) (39). Tribunale di Trieste, ordinanza 16 maggio 1969, G. U. 25 febbraio 1970, n. 50. (37) Cfr. sentenze 30 giugno 1960, n. 45, 23 marzo 1964, n. 23, 30 giugno 1964, n. 68 e 17 marzo 1969, n. 32 della Corte costituzionale. (.38) Questione gi proposta dallo stesso tribunale con ordinanze 13 novembre 1968 (G.U. 26 febbraio 1969, n. 52) e 10 luglio 1969 (G. U. 5 novembre 1969, :n. 280). (39) La questione di legittimit costituzionale del d.P.R. 26 aprile 1957, n. 818, nel suo complesso, stata dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 76 della Costituzione, con sentenza 31 maggio 1960, n. 34. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 19 legge 24 marzo 1958, n. 195 (Norme suila costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della Magistratura), art. 11, ferzo c:omma, in quanto prevede per il confrimento degli uffici ,direttivi la formulazione della proposta di concerto con il Ministro di grazia e giustdzia (artt. 104, primo comma, 105 e 110 della Costituzione) (40). Tribunale di Milano, oTdinanza 7 novembre 1969, G. U. 25 febbraio 1970, n. 50. legge 30 aprile 1962, n. 283 (Modifica degli artt. 242, 243, 247, 250 e 262 del testo unico delle leggi sanitarie approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265: Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande), artt. 1 (modificato dall'art. 1 della legge 26 febbraio 1963, n. 441), e 3 (41), in quanto escludono l'appUcabilit degli, articoli 390, 304-bis, ter e quater del codice di procedura penale alle operazioni di prelievo e analisi dei campioni (artt. 3 e 24 della Costituzione) (42). 1 Pretore di Cassano d'Adda, ordinanza 7 ottobre 1969, a,,u. 11 febbrnio 1970, n. 37. Tribunale di Sant'Angelo dei Lombardi, ordinanza 8 ottobre 1969, G. U. 11 febbraio 1970, n. 37. Pretore di Sant'Angelo dei Lombardi, ordinanza 21 ottobre 1969, G. U. 25 febbraio 1970, n. 50. Pretore di Gallarate, ordinanza 31 ottobre 1969, G. U. 7 gennaio 1970, n. 5, legge 30 aprile 1962, n. 283 (Modifica degli artt. 242, 243, 247, 250 e 262 del testo unico delle leggi sanitarie approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265: Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande), art. 1, terzo c:omma, nelle parole presso cui stato fatto il pl/"elievo ., in quanto prevede la comunicazione del risultato dell'analisi da cui sia risultata la non corrispondenza dei prodotti ai requisiti stabiliti dalla legge al solo esercente presso cui stato fatto il prelievo (artt. 3, prima parte, e 24, secondo comma, della Costituzione) (42). Pretore di Bitonto, ordinanza 7 novembre 1969, G. U. 7 gennaio 1970, n. 5. (40) Il primo comma della disposizione, dichiarato incostituzionale con sentenza 23 dicembre 1963, n. 168 (in quanto escludeva l'iniziativa del Consiglio superiore della magistratura per le materie indicate nel n. 1 dell'art. 10), stato sostituito con l'art. 5 della legge 18 dicembre 1967, n. 98. (41) Per l'articolo 3 la questione stata proposta dal tribunale e dal pretore di Sant'Angelo dei Lombardi. (42) L'articolo 1 della legge 30 aprile 1962, n. 283 stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 3 dicembre 1969, n. 149, nella parte in cui per la revisione delle analisi esclude l'applicazione degli articoli 390, 304-bis, ter e quater del codice di procedura penale. 14* RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d. P. R. 14 febbraio 1964, n. 237 (Leva e reclutamento obbligatorio nell'Esercito., nella Marina e nell'Aeronautica), art. 137, terzo comma, in quanto, nel consentire al consiglio di leva di annullare la dichiarazione di renitenza, e con valutazioni riferite alla configurabilit del dolo e comunque subordinate all'istanza dell'interessato, condiziona la punibilit di un delitto alla discrezionale valutazione dell'autorit amministrativa (artt. 3 e 25, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Treviso, ordinanza 1 agosto 1969, G. U. 7 gennaio 1970, n. 5. d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162 (Norme per la repressione delle frodi nena preparazione e nel commercio dei mosti, vini ed aceti), art. 75, in quanto consente agli agenti di polizia giudiziarda di effettuare prelevamenti di campioni ed ai laboratori dipendenti dallo Stato di procedere ad analisi senza l'applicazione degli articoli 390, 304~bis ter e quater del codice di procedura penale (artt. 3 e 24 della Costituzione) (43). Pretore di Palliano, ordinanza 18 ottobre 1969, G. U. 7 gennaio 1970, n. 5. Pretore di Gallarate, ordinanza 31 ottobre 1969, G. U. 7 gennaio 1970, n. 5. d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162 (Norme per la repressione delle frodi nella preparazione e nel commercio dei mosti, vini ed aceti), art. 76, primo comma, per ec.cesso dai limiti della delega conferita dagli articoli 1 e 2 della legge 9 ottobre 1964, n. 991, in quanto pone divieti rion previsti dalla disciplina legislativa degli altri Stati aderenti alla e.E.E. (art. 76 della Costituzione) (44). Tribunale di Firenze, ordinanza 14 novembre 1969, G. U. 7 gennaio 1970, n. 5. legge 31 maggio 1965, n. 575 (Disposizioni contro ia mafia), art. 6, in quanto prevede una pena pi grave per il trasgressore che sia indiziato di appartenere ad associazioni mafiose (art. 3 della Costituzione). Pretore di Cento, ordinanza 25 ottobre 1969, G. U. 7 gennaio 1970, n. 5. legge 15 luglio 1966, n. 604 (Norme sui licenziamenti individuali), art. 11, in quanto, in relazione agli articoli 4, 2 e 5 della stessa legge, limita dd fatto la possibilit del lavoratore ultrasessantadnquenne o lla girata dei titoli azionari (n. 27). LOCAZIONE DI COSE Concessione ad aedificandum di natura meramente obbligatoria e conces sione con effetti reali. Conseguenze in ordine alla tassazione del con tratto Se sia ipotizzabile una concessione ad aedificandum di natura meramente obbligatoria. Se ai fini della tassazione del negozio s~ debba distinguere la concessione costitutiva di diritto reale da quella attribuitiva di un diritto personale di natura obbligatoria (n. 137). Contratto per l'estrazione di terra argillosa. configurabile come contratto di locazione. Se il contratto con il quale l'Amministrazione concede il diritto di escavare un terreno per l'estrazione di terra argillosa possa essere configurato giuridicamente come contratto di locazione, nel quale non assoggettabile a giudizio di congruit il corrispettivo pattuito (n. 138). PENSIONI Consulenti presso l'Istituto per il Commercio con l'estero -Applicazione ctel d.P.R. 27 aprile 1968, n. 488 -Esclusione -Omissione adempimenti previsti dall'art. 21 d.P.R. 27 aprile 1968, n. 488 -Esercizio del potere disciplinare -Esclusione. Se le disposizioni di cui al d.P.R. 27 aprile 1968, n. 488 siano applicabili nei confronti dei Consulenti di cui si avvale l'Istituto per il Commercio con l'Estero (n. 130). Se sia esercitabile il potere disciiplinare nei confronti dei dipendenti, i quali omettono di restituire il modulo di dichiarazione scritta della propria qualit di pensionato, di cui all'art. 21 d.P.R. 27 aprile 1968, n. 488 (n. 130). Legge 18 marzo 1968, n. 249 -Art. 32, n. 3 e 4. Se nella riliquidazione delle pensioni relative agli impiegati collocati a riposo in data anteriore al 1 marzo 1968 si debba tener conto deHa posizione giuridica, della qualifica, del grado della durata del servizio prestato alla data del collocamento a riposo (n. 131). 34 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO RAPPRESENTANZA Contratto concluso dai falsus procurator -Effetti -Conseguenze in ordine alla tassazione. Se il contratto stipulato per la Societ dal liquidatore, falsus procurator, sia improduttivo di effetti nei riguardi della Societ -ma. non invalido tanto ai fini civilistici quanto ai fini dell'applicazione della legge tributaria, con conseguente rinvio della tassazione al momento in cui venga ad esistere il requisito della eseguibilit (n. 2). REATI FINANZIARI Funzioni di polizia giudiziaria dei funzionari doganali. Se nell'esercizio delle attribuzioni ad essi assegnate dall'art. 33 del r.d. n. 1132 del 1941 gli Ispettori Compartimentali di Dogana siano da considerarsi Ufficiali di Polizia giudiziaria (n. 6). Quali siano i limiti deile attribuzioni di polizia giudiziaria spettanti agli Ispettori compartimentali d Dogana. Qual siano i limiti delle attribuzioni di polizia giudiziaria spettanti ai funzionari doganali in genere, ai sensi dell'art. 132 del!la Legge doganale, per l'accertamento dei reati doganali. Se siano legittimi -Tispetto all'art. 224 del codice penale e a1l'art. 13 della Costituzione -l'art. 46 ult. cpv. del Regolamento per !'esecuzione deila Legge doganale (r.d. 13 febbraio 1895, n. 65) e 90 del Regolamento di servizio doganale (r.d. 22 maggio 1941, n. 1132) che prescrivono e disciplinano le visite in Dogana alla persona del viaggiatore (n. 6). Se sia il.egittimo -rispetto all'art. 227 del codice penale -il primo comma dell'art. 33 del r.d. n. 1132 del 1941 (n. 6). REGIONI Vigilanza sui cantieri scuola -Conflitto di attribuzione con lo Stato. Se .sia di competenza delle Regioni l'attivit di approvazione dei progetti, di sorveglianza e collaudo dei lavori eseguiti dai cantieri-scuola (n. 171). RESPONSABILIT CIVILE Concessioni di pubblico servizio -Danni arrecati ad automezzi in servizio di emergenza durante lo sciopero di dipendenti di aziende di pubblico trasporto -Applicabilit dell'art. 23 legge 28 settembre 1939, n. 1822. Se le ipotesi di risarcimento dei danni arrecati ad automezzi ~n servizio di emergenza durante lo sciopero di dipendenti di aziende concessionarie di pubblico traspoirto .siano regolabili alla stregua dell'art. 23 legge 28 settembre 1939, n. 1822 (n. 250).