ANNO XXVIII -N. 1 GENNAIO-FEBBRAIO 1976 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ROMA ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 1976 ABBONAMENTI ANNO L. 12.750 UN NUMERO SEPARATO .......... 2.250 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a; LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA e/e postale 1/2640 Stampato in Italia Printed in ltaly Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1960 (6219004) Roma, 1976 -Istituto Poligrafico dello Stato P.V. Da questo numero l'avv. Paolo Vittoria curer direttamente la parte della settima sezione concernente la materia delle acque pubbliche. LA REDAZIONE CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AVVOCATURE Avvocati Glauco NoRI, Ancona; Francesco Cocco, Bari; Michele DIPACE, Bologna; Giovanni CONTU, Cagliari; Americo RALLO, Caltanissetta; Filippo CAPECE MINUTOLO DEL SASSO, Catanzaro; Raffaele TAMIOZZO, Firenze; Francesco GuICCIARDI, Genova; Adriano RossI, L'Aquila; Giuseppe Orazio Russo, Lecce; Giuseppe MINNITI, Messina; Marcello DELLA VALLE, Milano; Aldo ALABiso, Napoli; Nicasio MANcuso, Palermo; Pier Giorgio LIGNANI, Perugia; Rocco BERARDI, Potenza; Umberto GIARDINI, Torino; Maurizio DE FRANCHIS, Trento; Paolo ScoTTI, Trieste; Giancarlo MAND, Venezia. 2:'..:::::::::::--:.::_::;:;::~.:::::::::::-:::::::::::::::-::;.;.:::,:;.::::::;.: """.-ff,'ᥥ,e .-,->X...............::..!.:......... INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione primo: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE dell'avv. Giuseppe Angelini-Rota) (a cura pag. Sezione secondo: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE {a cura del/'avv. Arturo Marzano} 33 Sezione terzo: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI SDIZIONE (a cura del/'avv. Benedetto e del/'avv. Carlo Carbone) GIURIBaccari 49 Sezione quarto: GIURISPRUDENZA CIVILE cato Adriano Rossi} (a cura dell'avvo 67 Sezione quinto: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA del/'avv. Ugo Gargiulo) (a cura 79 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA vocato Carlo Bafile} (a cura de/l'av 90 Sezione settima: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI (a cura dell'avv. Arturo Marzano, per gli appalti e del/'avv. Paolo Vittoria, per le acque pubbliche) 124 Sezione ottava: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura del/'avv. Paolo Di Tarsia di Be/monte) I 62 Parte seconda: QUESTIONI -LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO LEGISLAZIONE pag. CONSULTAZIONI La pubblicazione diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI BAFILE C., Considerazioni sulla obbligazione tributaria e la sua trasmissione per causa di morte . . . . . . . . . . I, 90 BAFILE C., Sull'impugnazione delle decisioni parziali delle Commissioni tributarie .................... I, 105 MARZANO A., Interventi dello Stato sul mercato nazionale e responsabilit nei confronti dei singoli per attivit in contrasto con la normativa comunitaria . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 36 TAMIOZZO R., Cespite indennizzabile nel risarcimento del danno di guerra . . . . . I, 84 PARTE PRIMA INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ACQUE PUBBLICHE ED ELETTRICIT -Acque sotterranee -Pubblicit -Condizioni -Esistenza in comprensorio soggetto a tutela -Irrilevanza, 158. -competenza e giurisdizione -Tribunali delle acque -Pubblicit dell'acqua -Accertamento negativo -Deniclaratoria di competenza per le altre questioni, 158. APPALTO -Appalto di opere pubbliche -Maggiori richieste dell'appaltatore -Interessi -Decorrenza, 124. -Appalto di opere pubbliche -Partite di lavoro non contabilizzate e riconosciute in sede giudiziale -Indennizzo per rincaro dei costi -Ammissibilit, 124. -Appalto di opere pubbliche -Richieste dell'appaltatore relative a partite di lavoro non indicate nel registro di contabilit -Omessa riserva nei relativi documenti contabili -Decdenza dell'appaltatore, 124. - Appalto di opere pubbliche -Riserve dell'appaltatore -Contestazione in sede giudiziale -Eccezione di decadenza -Subordinate deduzioni di merito -Effetti -Rinunzia all'eccezione di decadenza -Esclusione, 124. -Appalto di opere pubbliche -Riserve dell'appaltatore -Onere -Carattere generale, 124. -Appalto di opere pubbliche -Riserve dell'appaltatore -Somme riconosciute in sede giudiziale -Rivalutazione -Inammissibilit, 124. -Appalto di opere pubbliche -Sospensione dei lavori -Facolt discrezionale dell'amministrazione committente -Esercizio legittimo -Pregiudizio derivante all'appaltatore dalla sospensione dei lavori -Qualificazio ne come danno contrattuale -Esclu sione, 124. -Appalto di opere pubbliche -Sospensione dei lavori -Inclusione fra i cosiddetti fatti continuativi -Esclusione, 124. -Appalto di opere pubbliche -Sospensione dei lavori -Maggiori compensi chiesti dall'appaltatore -Onere della riserva alla firma del verbale di ripresa dei lavori, 124. -Appalto di opere pubbliche -Variazioni ed addizioni -Facolt dell'amministrazione committente -Limiti, 124. ASSICURAZIONE -Circolazione di veicoli o natanti Procedimento penale -Notifica della costituzione di parte civile -Non prescritta, 18. ASSOCIAZIONE -Associazioni sindacali -Autorizzazione per organizare gite o viaggi Legittimit costituzionale, 10. ATTO AMMINISTRATIVO -Attivit amministrativa vincolata da norme di legge - Configurabilit Non sussiste, 80. -Obbligo di motivazione -Provvedimento che costituisce mera attuazione vincolata di una norma di legge Necessit di specifica motivazi:one Non sussiste, 82. CACCIA E PESCA -Pesca marittima -Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit di pesca -Immissione di sostanze inquinanti -Scarico di acque reflue di albergo -Sussistenza di reato -Fattispecie, 160. VIII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Espropriazione per pubblico interesse -Dichiarazione di pubblica utilit -Opere necessarie per l'EUR di Roma: esistenza del potere espropriativo -Difetto di giurisdizione del1' AGO, 56. -Espropriazione per pubblico interesse -Retrocessione -Diritto soggettivo: limiti, 56. -Giurisdizione ordinaria ed amministrativa -Ente pubblico non economico -Licenziamento del dipendente -Richiesta di un procedimento d'urgenza -Giurisdizione amministrativa, 49. -Regolamento di giurisdizione -Conflitto di attribuzione -Interferenze reciproche ove i mezzi vengano sollevati nella medesima controversia Efficacia vincolante della decisione emessa dalla Corte costituzionale, con nota di C. CARBONE, 51. -Tribunali Amministrativi Regionali Regolamento di competenza territoriale -Termini ex art. 31, 2 comma, legge 1034/1971 -Decorrenza -Individuazione -Riferibilit alla data di effettiva costituzione in giudizio Casi di esclusione, 86. COMUNIT EUROPEE -Agricoltura -Organizzazione comune dei mercati nel settore dei cereali Attivit di uno Stato membro in contrasto con la normativa comunitaria -Responsabilit nei confronti dei singoli -Disciplina applicabile, con nota di A. MARZANO, 36. -Agricoltura -Organizzazione comune dei mercati nel settore dei cereali Situazione giuridica del produttore, con nota di A. MARZANO, 36. -Agricoltura -Organizzazione comune dei mercati nel settore dei cereali Vendite da parte di uno Stato membro a prezzo inferiore al prezzo indicativo -Incompatibilit con l'organizzaione comune dei mercati, con nota di A. MARZANO, 36. -Unione doganale -Tariffa doganale comune -Disposizioni preliminari Regole generali per la interpretazione della nomenclatura della tariffa Miscugli classificabili in due o pm voci tariffarie -Criterio di classificazione, 33. CONCORSO -Collocamento obbligatorio ex legge 2 aprile 1968, n. 482 -Possesso dei requisiti -Condizioni -Limiti, con nota di R. TAMIOZZO, 79. CONTABILIT GENERALE DELLO STATO -Debiti e crediti di amministrazione diverse dallo Stato nei confronti dello stesso soggetto -Compensazione Ammissibilit, 72. CORTE COSTITUZIONALE -Conflitti di attribuzione -Sospensione dell'esecuzione dell'atto impugnato, 17. COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA -Assicurazione -Associazione -Corte Costituzionale -Enfiteusi -Espropriazione per p.u. -Giustizia Amministrativa -Locazione -Pensioni Procedimento penale -Professioni. DANNI DI GUERRA -Nozione e qualificazione del ce13pite Incostituzionalit dell'art. 8 legge 955/1967 in relazione all'art. 3 Cost. Non sussiste -Fattispecie in tema di unit navigante, con nota di R. TAMIOZZO, 83. ENFITEUSI -Non assimilabilit all'affitto di fondi rustici -Mancata distinzione tra enfiteuta coltivatore ed enfiteuta non coltivatore -Legittimit costituzionale, 1. -Rapporti di natura reale -Inapplicabilit dell'art. 1467 cod. civ. -Legittimit costituzionale, 1. ESPROPRIAZIONE PER P.U. -Danno permanente arrecato ad altro fondo -Unit economica con l'immobile espropriato -Espropriazione parziale, 139. INDICE IX -Espropriazione parziale Determinazione dell'indennit Fondo coltivato come cava -Rilevanza Pregiudizio dell'azienda estrattiva Irrilevanza, 139. -Indennizzo -Determinazione secondo la c.d. legge di Napoli -Adeguamento solo parziale al variare dei valori venali -Non contrasta col principio di eguaglianza, 20. - Indennizzo -Determinazione secondo la c. d. legge di Napoli Aggiornamento degli imponibili solo per i fondi urbani Non contrasta con il principio di eguaglianza, 20. -Indennizzo -Determinazione secondo la c. d. legge di Napoli -Utilizzazione del parametro dell'imponibile catastale -Ragionevolezza, 20. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA -Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana Possibilit di conferma nell'ufficio di componente -Contrasto con l'indipendenza del giudice, 28. -Decisioni del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana -Appello all'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato Legittimit costituzionale, 28. IMPIEGO PUBBLICO -Benefici per l'esodo volontario -Dirigenti statali Disciplina contenuta nell'art. 67 decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1972, n. 748 -Incostituzionalit in relazione all'art. 3 Cost. -Non sussiste, 80. -Benefici per l'esodo volontario -Dirigenti statali Disciplina contenuta nell'art. 67 decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1972, numero 748 Incostituzionalit in relazione agli artt. 76 e 77 Cost. Non sussiste, 80. -Promozione di direttori di divisione alla qualifica ad esaurimento di ispettore generale Art. 66 decreto del Presidente della Repubblica 748/ 1972 Decorrenza della nomina, 80. - Promozione di direttori di divisione alla qualifica ad esaurimento di ispettore generale Disciplina contenuta nell'art. 67 decreto del Presi dente della Repubblica 30 giugno 1972, n. 748 -Incostituzionalit in relazione agli artt. 36 e 97 Cost. Non sussiste, 80. -Promozione di direttori di divisione alla qualifica ad esaurimento di ispettore generale Mancata previsione di retroattivit -Incostituzionalit degli artt. 60, 61, 65 e 66 decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1972, n. 748 in relazione agli artt. 76 e 77 Cost. Non sussiste, 80. -Promozione di direttori di divisione alla qualifica ad esaurimento di ispettore generale Mancata previsione di retrodatazione -Incostituzionalit degli artt. 60, 61, 65, e 66 decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1972, n. 748 in relazione all'art. 3 Cost. -Non sussiste, 80. IMPOSTE E TASSE IN GENERE -Competenza e giurisdizione Imposte indirette Ricorso al Tribunale per grave ed evidente errore di apprezzamento Censura sul merito della valutazione Difetto di giurisdizione del tribunale, 121. -Condono Controversia di soli interessi -Esclusione, 116. -Condono di cui al decreto-legge 5 novembre 1973, n. 660 -Sospensione del giudizio innanzi alla Corte di Cassazione -Rigetto della istanza in sede amministrativa -Contestazione sul diritto al condono -Decisione da parte del giudice del processo sospeso, 116. -Imposte indirette -Azione in sede ordinaria -Termine -Decorrenza Decisione della Commissione Centrale che risolve una questione preliminare -Successiva decisione di altra commissione che esaurisce il rapporto tributario -Decorrenza dall'ultima decisione -Decisione definitiva -Nozione -Decisione. che rigetta l'eccezione di prescrizione -Non tale Successiva pronuncia di merito -Impugnazione di ambedue le decisioni Ammissibilit, con nota di C. BAFI LE, 104. -Imposte indirette -Interessi Condono di cui alla legge 31 ottobre 1963 RASSEGNA DELL'AVVOCAT.URA DELLO STATO X n. 1458 Pagamento del tributo Diritto della Finanza al Sl).ccessivo pagamento degli interessi -Sussiste, 116. -Imposte indirette -Interessi -Prescrizione Termine quinquennale Interruzione Pagamento dell'imposta Non interrompe la prescrizione per gli interessi, 116. -Imposte indirette Solidariet -Condono Istanza di una sola parte . Estensione ai condebitori -Esclusione, 115. -Imposte indirette -Solidariet -Successione ereditaria -Divisione del debito fra eredi, con nota di C. BAFI LE, 90. -Obbligazione tributaria -Natura Applicabilit di tutte le regole di diritto civile non espressamente derogate, con nota di C. BAFILE, 90. -Rapporto di esattoria Titolarit del credito fiscale Spetta all'Amministrazione dello Stato, 72. ISTRUZIONE PUBBLICA -Esami Esami di maturit -Elementi valutabili dalla Commissione -Criteri di valutazione -Limiti, con nota di R. TAMIOZZO, 88. -Esami Esami di maturit tecnica commerciale Elementi valutabili Cultura e preparazione tecnica Rilevanza, con nota di R. TAMIOZZO, 88. -Esami Risultanze esami di maturit Valutazioni di merito -Intervento di fattori estranei ai parametri legali Sindacato di legittimit . Ammissibilit Sussiste, con nota di R. TAMIOZZO, 88. -Esami Svolgimento di esami di maturit Comportamento del candidato nei confronti della Commissione Effetti Rilevanza -Limiti, con nota di R. TAMIOZZO, 88. LAVORO (RAPPORTO DI) -Assunzione in violazione del divieto previsto dalla legge Conseguenza sulla qualificazione del rapporto e sugli obblighi previdenziali, 75. LEGGE, DECRETI E REGOLAMENTI -Proponibilit di una questione di incostituzionalit Limiti, 82. LOCAZIONE -Abitazioni urbane Blocco dei fitti Disciplina differenziata per fitti maggiorati Legittimit costituzionale, 3. -Abitazioni urbane Blocco dei fitti Legittimit costituzionale. Condizioni, 3. -Abitazioni urbane Blocco dei fitti Limite della propriet privata per funzione sociale Legittimit costituzionale, 3. -Abitazioni urbane Blocco dei fitti Limite della propriet privata per funzione sociale Legittimit costituzionale, 4. -Abitazioni urbane Discipline diffe. renziate succedutesi nel tempo -Legittimit costituzionale, 4. PARTE CIVILE -Costituzione -Forme e termini -Costituzione predibattimentale -Termine per la notifica all'imputato, 162. PENSIONI -Indennit di buonuscita E.N.P.A.S. Congiw1ti Diritti per successione Tassativit della elencazione degli aventi diritto -Sussiste, 82. -Ricorso alla Corte dei Conti -Termine di novanta giorni -Contrasta con il principio di uguaglianza . Illegittimit costituzionale, 12. PRESCRIZIONE -Fatto illecito costituente reato -Estinzione per amnistia a seguito di modifica dell'imputazione Decorrenza del termine di prescrizione, 67. -Illecito costituente reato Fatto-reato produttivo di evento plurimo Azione penale per un solo reato -Decorrenza della prescrizione anche per l'illecito relativo al reato non perseguito dalla decisione definitiva sul diverso reato perseguito, 67. -Indennit per danni da atto lecito Prescrizione quinquennale per danni da illecito Applicabilit -Esclusione, 140. i i' -. -If: ~,<~#'AW@'A''"''"''""'"'~_,,,,,' __,,,,,,,,,..~-''' . . . .... . ........ ,,,. . I INDICE XI PROCEDIMENTO PENALE -Concorso di reati e concorso di norme Ammissibilit di un secondo giudizio nel caso di concorso di reati, 10. -Decreto di citazione Persone diverse dall'imputato (citazione delle) Parte civile Omessa citazione Nullit relativa -Deducibilit da parte del P .M., 162. -Imputato assente -Notifica della sentenza Non necessaria, 26. -Responsabile civile Assicuratore di danni da circolazione di veicoli o natanti Citazione nel corso della istruzione sommaria, 18. -Riabilitazione -Deposito in cancelleria degli atti della procedura e avviso all'istante Necessit, 9. PROFESSIONI -Societ per l'esercizio di professioni intellettuali Societ di progettazione Disciplina legislativa -Legittimit costituzionale, 23. RESPONSABILIT CIVILE -Responsabilit della P.A. -Per atti leciti Danno permanente -Nozione, 140. -Responsabilit della P.A. -Per atti leciti Eliminazione di opera pubblica Perdita di utilit connesse alla sua presenza Danno permanente Esclusione Fattispecie, 139. -Responsabilit della P.A. -Per atti leciti Eliminazione di preesistente opera idraulica -Esecuzione di opera pubblica . e tale, 140. -Responsabilit della P.A. -Per atti leciti Liquidazione dell'indennit Liquidazione equitativa -Fattispecie, 141. - Responsabilit della P.A. -Per atti leciti Opera idraulica -Maggior pericolo di inondazioni Danno permanente Sussiste, 141. RICORSI AMMINISTRATIVI -Termini processuali -Art. 22 L. numero 1034/1971 Natura del termine Ordinatorio, 86. INDICE XIII GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 11 novmebre 1975, n. 971 pag. 79 Sez. IV, 11 novembre 1975, n. 973 80 Sez. IV, 14 novembre 1975, n. 1017 82 Sez. IV, 2 dicembre 1975, n. 1167 83 Sez. VI, 14 novembre 1975, n. 617 86 Sez. VI, 28 novembre 1975, n. 622 88 GIURISDIZIONI PENALI CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 12 dicembre 1974, n. 1045 pag. 160 Sez. I, 24 aprile 1975, n. 294 . . 162 Sez. IV, 24 maggio 1975, n. 69 . . 162 .. .... . I I0 PARTE SECONDA r ;.:.-: INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLE CONSULTAZIONI ACQUE PUBBLICHE -Acque pubbliche -Concessione di grande derivazione -Scadenza, decadenza o rinuncia della concessione Opere di raccolta, regolazione e derivazione Trasferimento allo Stato t. u., 13. -Acque pubbliche Concessione di grande derivazione Scadenza, decadenza o rinuncia alla concessione Opere di raccolta, regolazione o derivazione Trasferimento all'ENEL, 13. - Acque pubbliche Concessione di grande derivazione Scadenza, decadenza o rinuncia ENEL -Domanda di concessione per scopi idroelettrici Istruttoria, 13. ANTICHIT E BELLE ARTI -Edifici d'interesse storico o artistico, biblioteche, archivi Impianti termici Norme sull'inquinamento atmosferico, 13. ESECUZIONE FORZATA -Acque pubbliche -Concessione di derivazione a scopo idroelettrico Immobili e beni inerenti la concessione Esecuzione forzata a danno del concessionario, 14. -Acque pubbliche -Concessione di derivazione a scopo idroelettrico Immobili e beni inerenti la concessione Esecuzione forzata Vendita all'asta Acquirente Trasferimento della concessione -Nulla osta della P.A., 14. ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT -Espropriazione per pubblico interesse Dichiarazione di pubblica utilit Termini -Scadenza Mancata emanazione decreto di esproprio -Effetti Opera pubblica eseguita, 14. FALLIMENTO -Concordato fallimentare -Effetti Credito anteriore al fallimento -Riconoscimento integrale in sentenza posteriore, 14. IMPOSTA DI REGISTRO -Imposta di registro -Cessione di quote di societ di persone -Valutazione base imponibile, 14. IMPOSTE V ARIE -Imposta di registro . Condono Controversia pendente Giudicato Successiva domanda di condono Effetti, 15. -Tributi in generale -Esenzioni e agevolazioni Trattamento tributario degli Istituti di credito a medio o lungo termine -Limiti soggettivi, 15. - Tributi in generale Esenzioni e agevolazioni -Trattamento tributario degli istituti di credito a medio e lungo termine Limiti soggettivi Clausola di risoluzione anticipata, 15. RESPONSABILIT CIVILE -Circolazione stradale Scontro tra veicoli Impianti semaforici . Inefficienza Responsabilit civile, 15. SANZIONI AMMINISTRATIVE -Agricoltura e foreste -Violazioni a norme di tutela del patrimonio fo. restale Depenalizzazione, 15. INDICE xv LEGISLAZIONE QUESTIONI DI LEGITTIMIT COSTITUZIONALE I -Norme dichiarate incostituzionali II -Questioni dichiarate non fondate III -Questioni proposte . . pag. )) )) 1 3 5 PARTE PRIMA ......... -----Il X ~ GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (*) CORTE COSTITUZIONALE, 15 gennaio 1976, n. 2 -Pres. Oggioni -Rel. Volterra -Convitto Naz. Vittorio Emanuele II di Napoli (avv. De Martino) c. Santini (n.c.). Enfiteusi -Non assimilabilit all'affitto di. fondi rustici -Mancata distinzione tra enfiteuta coltivatore ed enfiteuta non coltivatore Legittimit costituzionale. (Cost., art. 3; !. 22 luglio 1966, n. 607, art. 1). Enfiteusi -Rapporti di natura reale -Inapplicabilit dell'art. 1467 cod. civ. -Legittimit costituzionale. (Cost., art. 3; 1. 22 luglio 1966, n. 607, art. 18). E arbitraria qualsiasi assimilazione del rapporto enfiteutico al rapporto di affitto di fondi rustici; pertanto non contrasta con l'art. 3 Cost. la mancata distinzione fra enfiteuta coltivatore ed enfiteuta non coltivatore (1). L'art. 1467 cod. civ. applicabile esclusivamente nel campo dei rap porti obbligatori; pertanto non contrasta con l'art. 3 Cast. la non esten dibilit di il.etta disposizione ai rapporti di enfiteusi. (Omissis). -La prima censura alle disposizioni denunziate si riallaccia alla sentenza n. 155 del 1972 della Corte costituzionale, con cui appunto venne ritenuta illegittima la parificazione tra affittuari che coltivano il fondo col lavoro proprio e dei propri familiari ed affittuari (1) Nella sentenza n. 155 del 1972 (in questa Rassegna, 1972, I, 1045), la Corte ha sottolineato che mentre l'affittuario coltivatore gode della situazione privilegiata che gli artt. 35 e segg. Cost. assicurano alla posizione del lavoratore, l'affittuario imprenditore ha a sua tutela solo il principio sancito dall'art. 41 Cost. . Le parti non riprodotte della sentenza in esame sono sostanzialmente confermative di quanto affermato nella sentenza n. 37 del 1969 (in questa Rassegna, 1969, I, 212) e nella sentenza n. 53 del 1974 (ivi, 1974, I, 542). (*} Alla redazione delle massime e delle note di questa sezione ha collaborato l'Avv. F. FAVARA. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO imprenditori, ai fini della determinazione del canone nell'affitto dei fondi rustici. La questione infondata. infatti arbitraria quaisiasi assimilazione del rapporto enfiteutico a quello preso in considerazione con la pronunzia richiamata, sia sotto il profilo giuridico, sia sotto quello economico-sociale. Quanto al primo, fin troppo noto che, a differenza del contratt di locazione-conduzione, generatore di rapporti di obbligazione fra i contraenti, la costituzione di enfiteusi fa sorgere un diritto reale sull'immobile altrui che assorbe quasi interamente l'esercizio della propriet sulla cosa, attribuendo all'enfiteuta oltre al potere di disporre del proprio diritto, anche il godimento del fondo enfiteutico nonch il diritto di acquistarne la propriet mediante l'affrancazione, diritto questo considerato un requisito essenziale dell'istituto stesso. Inoltre, elemento naturale dell'enfiteusi, caratterizzante anche sotto l'aspetto economico e sociale, l'obbligo di migliorare il fondo, da cui si trae l'utilit, obbligo non inerente al contratto di affitto di fondi rustici e presidiato, in caso di inosservanza, dall'istituto della devoluzione di cui all'art. 972 cod. civ., rimasto in vigore anche a seguito della legge n. 607 del 1966 (art. 8). Tale obbligo di miglioramento del fondo, che grava in maniera indifferenziata su tutti gli utilisti, conferma la ragionevolezza di non di- stinguere tra le specifiche posizioni degli utilisti, disponendo l'abrogazione dell'art. 962 cod. civ. -(Omissis). Ancor meno . sostenibile l'incostituzionalit dell'art. 18 sotto il profilo che il domino diretto non pu, a differenza di altri cittadini, far ricorso all'art. 1467 del codice civile. infatti pacifico in giurisprudenza e dottrina che questa ultima norma applicabile esclusivamente nel campo di diritti obbligatori e non certo in ordine all'esercizio di diritti reali. Come afferma la Corte di cassazione, l'istituto dell'enfiteusi, anche quando abbia origine contrattuale e ancorch possa successivamente risolversi nel trasferimento della propriet all'enfiteuta mediante l'affrancazione, pur sempre costitutivo di uno ius in re aliena, con effetto istantaneo, e non pu equipararsi ad una compravendita sotto condizione potestativa, ad esecuzione differita. La norma denunziata, abrogando l'art. 962 del codice civile e ripristinando con ci l'antico regime dell'enfiteusi, non d luogo ad alcuna situazione di disparit lesiva dell'art. 3 della Costituzione, essendo del tutto razionale ed anzi consequenziale a basiliari principi giuridici che alla richiesta di risoluzione di un contratto per eccessiva sopravvenura onerosit siano legittimati i titolari di rapporti obbligatori e non invece i titolari di diritti reali inerenti direttamente sulla cosa. -(Omissis). i' ~~. ~~ 1' !i ~ PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 3 I CORTE COSTITUZIONALE, 15 gennaio 1976, n. 3 -Pres. Oggioni -Rel. Gionfrida -Frisardi ed altri (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. Stato Albisinni). Locazione Abitazioni urbane Blocco dei fitti -Limite della propriet privata per funzione sociale Legittimit costituzionale. (Cost., art. 42; I. 6 novembre 1963 n. 1444, artt. 1 e 3 e successive modificazioni). Locazione Abitazioni urbane Blocco dei fitti -Legittimit costituzionale -Condizioni. (Cost., art. 42; I. 6 novembre 1963 n. 1444, artt. 1 e 3 e successive modificazioni). Locazione Abitazioni urbane Blocco dei fitti Disciplina differenziata per fitti maggiorati -Legittimit costituzionale. (Cost., art. 3; I. 6 novembre 1963 n. 1444, art. 1). Il regime di blocco dei canoni delle locazioni degli immobili urbani adibiti ad uso di abitazione si giustifica alla stregua dell'art. 42 Cost. giacch tale articolo riserva alla legge ordinaria la determinazione di limiti alla propriet privata allo scopo di realizzarne la funzione sociale; funzione sociale che si identifica, nella specie, nell'esigenza di assicurare il bene primario dell'abitazione a categorie di soggetti che non superano determinati livelli di reddito (1). I limiti predetti, se possono comprimere le facolt che formano il contenuto del diritto di propriet privata, non possono mai pervenire ad annullarle; una definitiva e irreversibile compressione delle facolt di godimento del proprietario non si verifica se il blocco dei canoni locatizi rimane un mezza straordinario di intervento pubblico, preordinato a fronteggiare crisi congiunturali del settore dell'edilizia abitativa. Se invece tale blocco avesse ad acquisire carattere di ordinariet (che per il momento non gli si riconosce) dovrebbe riesaminarsene la compatibilit con le disposizioni costituzionali, con riguardo, tra l'altro, anche all'aspetto della valutazione comparativa delle condizioni economiche del locatore e del conduttore (2). La circostanza che una parte dei locatori abbia richiesto ed ottenuto un aumento del canone valorizzabile per giustificare una disciplina diffe renziata di tale categoria di locatori rispetto agli altri (3). (1, 2 e 5) Nelle sentenze n. 132 del 1972 (in questa Rassegna, 1972, I, 985 e in Giur. cost., 1970, 1360, con nota di richiami di dottrina) e n. 29 del 1975 (in questa Rassegna, 1975, I, 48), la Corte Costituzionale aveva avuto modo di esaminare questioni relative alla compatibilit con l'art. 3 Cost. di alcuni aspetti della disciplina legale d'ei rapporti' di locazione degli immobili RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 4 II CORTE COSTITUZIONALE, 15 gennaio 1976, n. 4 -Pres. Oggioni -Rel. Gionfrida -Rivalta (avv. Celoria) ed altri e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Stato Giorgio Azzariti). Locazione -Abitazioni urbane -Discipline differenziate .succedutesi nel tempo -Legittimit costituzionale. (Cost., art. 3; I. 26 novembre 1969 n. 833, art. 1; d.!. 26 ottobre 1970 n. 745, art. 56). Locazione -Abitazioni urbane -Blocco dei fitti -Limite della propriet privata per funzione sociale Legittimit costituzionale. (Cost., art. 42; d.!. 26 ottobre 1970 n. 745, art. 56). Una disciplina differenziata di situazioni simili ma diversamente circostanziate nel tempo giustificata ove sia diretta al perseguimento di esigenze collettive esse pure circostanziate nel tempo, il sopravvenire di una legge, che proroga una disciplina differenziata, non valorizzabile come dato modificativo ex post della valutazione politica fatta dal legislatore ordinario (e delle finalit dallo stesso perseguite) nel momento in cui stata dettata la disciplina poi prorogata (4). La funzione sociale della propriet privata degli immobili urbani destinati ad uso di abitazione, se pu giustificare un regime di blocco dei canoni come misura contingente, non postula la adozione del regime stesso come misura in ogni caso e in ogni tempo indispensabile all'attuazione dell'art. 42 cpv. Cost. (5). I (Omissis). -4. - pur vero, d'altra parte, che i limiti sopradetti, se possono comprimere le facolt che formano la sostanza del diritto di propriet, non possono mai pervenire ad annullarle (cfr. sentenza n. 155 del 1972). urbani adibiti ad abitazione (proroga legale e blocco dei canoni). Nelle sen tenze qui annotate invece stato affrontato il tema, di pi ampio respiro, della compatibilit di detta disciplina legale con l'art. 42 comma secondo Cost. Dopo aver implicitamente condiviso lo spostamento, dal terreno dei rapporti obbligatori a quello del diritto reale di propriet, della problematica conseguente alla disciplina legale delle locazioni urbane (nel senso che l'autonomia contrattuale . . . non riceve dalla Costituzione una tutela diretta ma la riceve indirettamente da quelle norme della Carta fondamentale, che. come gli artt. 41 e 42 ... si riferiscono ai possibili oggetti di quella autonomia , la sentenza n. 37 del 1969, in questa Rassegna, 1969, I, 212, e altre in detta sentenza richiamate), la Corte ha potuto affrontare in termini sostan PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE Ma tale principio -che, nella sentenza n. 155 del 1972 citata, sorregge la declaratoria di incostituzionalit dell'art. 1 legge 11 febbraio 1971 n. 11 ( per l'omessa previsione di forme di periodica rivalutazione del canone in denaro dei fondi rustici) -non pu, contrariamente all'assunto del giudice a quo, condurre ad analoga conclusione di illegittimit nei rispetti della normativa impugnata. E ci per la fondamentale ragione (posta anche in luce dall'Avvo catura dello Stato) che -mentre nella materia dell'affitto di fondi rustici, il giudizio di costituzionalit stato formulato sul presupposto , si osserva che la funzione sociale della propriet non uno scopo obbiettivo che il legislatore sia libero di prefiggersi o meno, ma uno scopo che il legislatore tenuto a perseguire, nel senso che non pu esimersi dall'operare gli interventi necessari a tale fine neppure rinunciando a porre in essere qualsiasi intervento (in tal senso, PUGLIATTI, La propriet e Je propriet, in La propriet nel nuovo diritto, 1954, 277). Merita sottolineare che la Corte si ritenuta legittimata ad individuare e . a qualificare una specifica esigenza collettiva (assicurare l'abitazione ai meno abbienti) come funzione sociale . Peraltro una siffatta individuazione e qualificazione potrebbe essere fatta anche esplicitamente dal legislatore. Sulla compatibilit tra diritto soggettivo e funzione sociale, cfr. RonOT, Propriet -diritto vigente, in N.mo Dig. It., XIV, 1967, 134, e Note critiche in tema di propriet, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1960, 1299. Lo stesso Autore osserva anche che nella Costituzione il qualificativo sociale utilizzato in tre diverse accezioni: una descrittiva, tendente cio ad individuare posizioni o forme di organizzazione all'interno della comunit statale; un'altra comprensiva del riconoscimento della necessit (e quindi del diritto) ad una profonda integrazione dell'individuo nella societ, integrazione da realizzare attraverso misure predisposte a favore di tutti i singoli i quali si trovino in determinate condizioni (artt. 2, 3, 4, 30, 38, 46); una infine, come criterio di valutazione di situazioni giuridiche connesse allo svolgimento di determinate RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO timit: in funzione dello scopo sociale di intervento in favore delle classi meno abbienti, che si realizza senza una definitiva ed irreversibile compressione delle facolt di godimento del proprietario. 5. -Non va, a questo punto, per altro trascurata la circostanza della uniforme ripetizio:qe e sovrapposizione nel tempo di normative di blocco. La considerazione di tale circostanza prospetta, infatti, il pericolo che -in dipendenza dell'ulteriore procrastinarsi di tali normative possa di fatto acquisirsi al regime di blocco quel carattere di ordinariet (che per il momento non gli si riconosce). Ora, tale evenienza -ove in concreto si verificasse -potrebbe indurre la Corte a riformulare, sotto tale diverso presupposto, il giudizio di legittimit sulla disciplina di blocco, con riferimento ai parametri costituzionali, e con riguardo, tra l'altro, anche all'aspetto della valutazione comparativa delle condizioni economiche del locatore. (Omissis). II (Omissis). -3. -Nel ,merito, la sollevata questione di legittimit risulta, comunque, gi esaminata, proprio nelle innanzi indicate decisioni n. 132 del 1972 e n. 29 del 1975. attivit economiche, delle quali sono indicati l'ambito e le eventuali forme di coordinamento (artt. 41, 42, 44, 45). Quest'ultimo il significato che ci interessa essendo l'unico compatibile con il concetto di funzioni ed il solo che si presti ad essere univocamente usato nelle espressioni benessere sociale >>, utilit sociale >>, interesse sociale : tutte espressioni che si riferiscono ad un massimo sociale che appunto il fine al cui raggiungimento sono coordinati i vari strumenti giuridici presi in considerazione . (RoooT, Propriet -diritto vigente, cit., 137). Dalla segnalata impostazione discende la applicabilit, anche nella materia della quale si tratta, del principio secondo cui i limiti della propriet possono comprimerne ma non annullarne il contenuto (cfr. la sentenza n. 155 del 1972 in tema di affitto di fondi rustici, in questa Rassegna, 1972, I, 1045). In questo quadro, di grande importanza si rivela l'affermazione secondo cui il carattere temporaneo e non ordinario di una limitazione, ancorch consistente, del contenuto della propriet , di per s, sufficiente a qualificare la limitazione stessa come solo compressiva del contenuto del relativo d,iritto. (4) Com' noto, nel garantire l'osservanza del principio di uguaglianza, la Corte Costituzionale sovente ricerca e valuta l'intenzione del legislatore, lo scopo della disciplina legislativa. L'affermazione di cui alla massima appare precisazione di notevole importanza, in quanto qualifica come utilizzabili per la individuazione dello scopo del legislatore soltanto i dati politici, economici, etici presenti nel momento della legificazione. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE Le quali hanno escluso la dedotta violazione dell'art. 3 della Costituzione, sul rilievo che la situazione dei conduttori che stipularono il contratto anteriormente al 1 dicembre 1969 obiettivamente diversa ed stata diversamente valutata dal legislatore, ed hanno precisato che, per i contratti stipulati in epoca successiva la situazione economica e di mercato, profondamente diversa da quella esistente al momento in cui vennero prorogati fitti precedenti, richiedeva una valutazione per sopperire ad altre esigenze, valutazione che implicava una scelta di esclusiva competenza del legislatore . Le considerazioni svolte nelle ordinanze di rinvio si risolvono, pertanto, in una critica alle sentenze riportate. Tale critica, soprattutto, mette in rilievo: a) la contraddizione, in cui sarebbe incorsa la Corte, ritenendo, da un lato, legittima la limitazione cronologica della proroga al 1 dicembre 1969 ed affermando, dall'altro (con la medesima decisione n. 132 del 1972), l'incostituzionalit, invece, della limitazione, alla data stessa, dell'indagine in ordine alla capacit economica del conduttore; b) l'insuperabilit dell'ostacolo frapposto, dal principio costituzionale dell'eguaglianza, ad una disciplina cronologicamente differenziata delle locazioni, sia pure finalizzata alla realizzazione delle altre esigenze (rilancio dell'economia, dell'industria edilizia, ecc.), di cui cenno nella motivazione delle sentenze criticate; e) l'inesistenza, infine, dell'assunta diversit obiettiva tra le situazioni dei conduttori stipulanti prima o dopo il 1 dicembre 1969; diversit, del resto, smentita dallo stesso legislatore con il successivo d.l. 24 lu!$lio 1973, n. 426 (convertito in legge 1973 n. 495) di proroga di tutte le locazioni (allora) in corso, anche quindi, di quelle posteriori al 1 dicembre 1969. 4. -Tali nuove addotte argomentazioni non valgono a indurre la Corte a modificare la propria giurisprudenza. Non sussiste, infatti innanzitutto, la denunziata contraddizione, nella motivazione delle sentenze menzionate: giacch una cosa, evidentemente, la limitazione cronologica dell'indagine sul reddito del conduttore, ai fini del decidere della permanenza ed attualit del suo diritto alla proroga (limitazione dichiarata incostituzionale allo scopo, appunto, di evitare irrazionali differenze qualora le condizioni economiche del conduttore siano mutate al momento in cui si decide della proroga) ed altra cosa la limitazione cronologica, invece, del regime di proroga; valendo, in questo caso, il termine ad identificare il momento di passaggio tra due diverse discipline delle locazioni. Inconsistente , d'altra parte, anche l'argomento esposto sub b): poich la legittimit di una disciplina cronologicamente differenziata RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di situazioni strutturalmente simili non pu in assoluto escludersi e tale differenziazione appare anzi giustificata ove, appunto, sia (come - in tesi -nel caso di specie) diretta al perseguimento (a partire da una certa data) di particolari esigenze rilevanti per la collettivit. L'emergenza di tali esigenze diversifica, infatti, gi sul piano ontologico, le situazioni comparate: consentendone, di conseguenza, una non identica regolamentazione. L'ultima argomentazione dei giudice di rinvio -con cui, in sostanza, si denunzia l'arbitrariet ed irragionevolezza della diversificazione di disciplina di locazioni obiettivamente identiche, in base al mero dato cronologico (dell'anteriorit o non al dicembre 1969) -non ha nemmeno consistenza, ove si consideri che, invece, non irrazionalmente - e sicuramente nell'mbito della sua discrezionalit -ha operato il legislatore del 1970, ritenendo che la congiuntura economica a lui sottoposta consentisse, in materia di locazioni, una risposta articolata: tradottasi, per un verso, nel prolungamene di durata della proroga per i contratti che a questa gi fossero soggetti ex legge 1969 n. 833 e, per altro verso, nel mantenimento del regime libero per le locazioni stipulate successivamente all'entrata in vigore della predetta legge 1969. La pretesa irrazionalit di tale situazione normativa neppure pu, d'altra parte, essere ex post desunta dal fatto che, con legge n. 426 del 1973, la proroga sia stata -come detto -estesa anche ai contratti (in corso) stipulati successivamente al dicembre 1969, inizialmente non prorogati. La legge 1973 n. 426 citata (anteriore alla sentenza 1975 n. 29 della Corte, che ne ha, quindi, implicitamente gi escluso l'incidenza sulla soggetta questione di costituzionalit) non contraddice, infatti, la normazione del 1970, ma si limita a esprimere la valutazione di una diversa e successiva congiuntura (cui stato, evidentemente, ritenuto rispondente un regime pi generalizzato di blocco delle locazioni). 5. -Resta da esaminare la questione sollevata con l'ordinanza del pretore di Milano. -(Omissis). Nel merito, la questione infondata. La mancata previsione -nell'art. 56 del d.I. 1970 n. 745 (che ha prorogato il blocco dei canoni gi stabilito con l'art. 2 della legge 1969 n. 833) -di un nuovo blocco per le locazioni stipulate posteriormente all'entrata in vigore della legge 1969 citata, non contrasta, infatti, con i richiamati parametri costituzionali di cui agli artt. 4, 31 e 42, comma secondo, della Costituzione. A parte le considerazioni sulla razionalit della normativa impugnata che discendono dalle argomentazioni innanzi svolte sull'analoga questione in tema di proroga (ed a parte il rilievo, altres, che, comunque, anche relativamente a contratti stipulati dopo il 1 dicembre 1969, il canone ;~~ /; li !: i' ~ PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE l) resta di fatto bloccato ove trattisi di appartamenti locati non per la prima volta, giacch il divieto di aumento , discendente dal precedente regime di blocco, permane nei confronti del nuovo conduttore , ex art. 2 legge 1969 citata) decisivo invero, osservare che il perseguimento delle finalit contemplate nei precetti costituzionali qui specificamente invocati (artt. 4, 31 e 42 della Costituzione) non si lega, in termini di necessariet, allo strumento legislativo del blocco dei canoni locativi. In particolare, la funzione sociale della propriet, di cui all'art. 42 cpv. della Costituzione -se pu giustificare un regime di blocco dei canoni (come misura contingente e non come forma di assetto ordi nario della propriet di immobili urbani destinati ad uso di abitazione: cfr. la sentenza n. 3 del 1976) -non postula, per, l'adozione del regi me stesso come misura in ogni caso e in ogni tempo indispensabile ,all'attuazione del precetto costituzionale. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 15 gennaio 1976, n. 5 -Pres. Oggioni -Rel. De Marco -Gigli (n. c.). Procedimento penale -Riabilitazione -Deposito in cancelleria degli atti della procedura e avviso all'istante -Necessit. (Cast., art. 24; cod. proc. pen., art. 598). Contrasta con l'art. 24 Cast. l'art. 598 c.p.p. nella parte in cui non prevede che prima della decisione della Corte d'appello si proceda agli adempimenti di cui all'art. 372, primo e secondo comma, dello stesso codice, ai fini dell'esercizio delle facolt da questa norma previste. (Om.issis). -La dottrina e la giurisprudenza dei giudici ordinari sono concordi nell'interpretare l'art. 598 c.p.p. nel senso che sia consentita all'istante la mera facolt di presentare memorie, senza prevedere l'instaurazione di un vero e proprio contraddittorio, sia pure nei limiti connaturali ad un procedimento in camera di consiglio. Ma la mera facolt di presentare memorie -come giustamente rileva l'ordinanza di rimessione -non idonea ad assicurare la difesa dell'interessato se non gli consentito di prendere cognizione delle acquisizioni probatorie e delle conclusioni del pubblico ministero, sulla base delle quali deve essere pronunciata la sentenza ed in relazione alle quali l'istante ha interesse a presentare le proprie deduzioni. Tale interesse appare particolarmente ampio ove si consideri che, se la riabilitazione negata, l'istanza non pu essere rinnovata che dopo trascorso, dal giorno in cui la sentenza divenuta irrevocabile, un nuovo termine uguale a quello stabilito per la presentazione della prima istanza, salvo RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO che sia negata per difetto o irregolarit di qualche documento (art. 599 c.p.p.). La disciplina in esame, pertanto, deve ritenersi sicuramente non conforme all'art. 24 della Costituzione, perch non contempla adempimenti idonei a garantire il contraddittorio, quali quelli previsti dal primo e secondo comma dell'art. 372 c.p.p. a chiusura dell'istruttoria formale. Peve quindi estendersi all'ipotesi esaminata -la normativa di cui al citato art. 372 e conseguentemente ritenersi che, prima della decisione della Corte di appello, debbano depositarsi in cancelleria gli atti e i documenti della procedura, dandosene avviso a chi abbia sottoscritto la domanda di riabilitazione (l'interessato o un suo procuratore speciale, a norma dell'art. 44 disp. att. c.p.p.), ai fini dell'esercizio delle facolt di cui al secondo comma del su menzionato art. 372 c.p.p. (Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 15 gennaio 1976, n. 6 -Pres. Oggioni -Rel. Rocchetti -Manzato (n. c.). Procedimento penale -Concorso di reati e concorso di norme -Ammissibilit di un secondo giudizio nel caso di concorso di reati. (Cost., artt. 3 e 24; cod. proc. pen., art. 90). La semplice reiterazione del processo in ordine ad uno stesso episodio, ma con riferimento a pi fatti in cui esso si scinda, non pu influire sul diritto di difesa dell'imputato, perch, nel caso, la tutela che a quel diritto riservata, non viene limitata od esclusa in alcun modo. D'altro canto, giustificato e non contrasta con l'art. 3 Cast. il diverso trattamento previsto dall'art. 90 c.p.p. per la sentenza divenuta irrevocabile rispetto a quella che tale ancora non sia divenuta. CORTE COSTITUZIONALE, 15 gennaio 1976, n. 7 -Pres. Oggioni -Rel. Amadei -Marinello (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Stato Giorgio Azzariti). Associazione -Associazioni sindacali -Autorizzazione per organizzare gite o viaggi -Legittimit costituzionale. (Cost., artt. 3, 9 e 39; r.d.l. 23 novembre 1936 n. 2523, art. 20; d.P.R. 28 giugno 1955 n. 630, art. 9). L'organizzazione di gite o viaggi a carattere culturale, religioso a patriottico attivit estranea alle finalit istituzionali delle associazioni sindacali, le quali pertanto, per tale attivit, sono sottoposte alle leggi PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 11 ordinarie dello Stato come qualsiasi altro soggetto. Non contrasta quindi con gli articoli 3, 9 e 39 della Costituzione, l'art. 20, secondo e terza comma, del r.d.l. 23 novembre 1936 n. 2523, come modificato dall'art. 9 del d.P.R. 28 giugno 1955 n. 630 (1). (Omissis). -Dal combinato disposto delle norme impugnate dato rilevare che il legislatore, in tema di attivit turistica, ha seguito due direttive aventi per oggetto sia la tutela di interessi statali o settoriali, sia l'incremento di attivit turistiche promosse da privati in relazione ai fini specifici, agevolandole e sottraendole ad ogni legame con gli enti a cui la legge, in via generale riconosce la facolt di esercitarle nella loro pienezza e, per questo, sottoposte ad un regime di vigilanza e di controllo diretto a garantire un effettivo svolgimento dell'attivit stessa nello stretto ambito del settore di competenza. Il proponente si duole, come primo punto di contestazione delle nonne, che la formulazione di queste porterebbe ad escludere i sindacati dalla facolt di organizzare viaggi o gite occasionali, senza scopo di lucro, avvalendosi delle agevolazioni previste dal secondo comma dell'art. 20 del r.d.l. del 1936. Da qui la violazione del principio di eguaglianza. Giustamente l'Avvocatura dello Stato nota, nelle sue deduzioni, che l'art. 20, per effetto della modifica apportata dal d.P.R. 26 giugno 1955, n. 630, non legittima, ai fini della facolt in esso contemplata, alcuna distinzione tra ente e ente promotore, per cui qualsiasi organizzazione, e quindi anche un sindacato, rimane libera di promuovere e realizzare in proprio gite patriottiche, religiose e culturali senza scopi speculativi, previa concessione, a richiesta, di deroga alle disposizioni di carattere generale. Non sussiste pi, pertanto, a giudizio della Corte, nessuna differenziazione dei sindacati dai comitati od enti promotori per quanto riguarda il trattamento. ' Non esatto, altres, affermare che comunque anche la normativa relativa alla deroga rappresenterebbe una limitazione al pieno sviluppo della persona umana (art. 3 secondo comma) e una non accettabile compressione allo sviluppo culturale dei lavoratori (art. 9, primo comma). Invero le agevolazioni previste dal legislatore si inquadrano nei fini propri delle norme costituzionali che si assumono violate. L'intervento amministrativo di concessione di deroga assume il concreto valore promozionale e la sua ragione d'essere trova piena giustificazione nella (1) L'ordinanza di rem1ss1one del Pretore di Trieste pubblicata in Gazz. Utf., 15 gennaio 1974 n. 15. Significativa la distinzione tra attivit istituzionali delle associazioni sindacali, per le quali consentito (anzi doveroso) configurare un regime giuridico speciale, e le altre attivit di dette associazioni, per le quali deve operare il diritto comune. La sentenza appare di notevole importanza anzitutto per una considerazione di metodo. Come noto, mentre di regola il giudizio di costituzionalit La sentenza appare di notevole importanza anzitutto per una considerazione di metodo. Come noto, mentre di regola il giudizio di costituzionalit 12 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO necessit di salvaguardare nei limiti quel complesso di interessi gene rali dello Stato che, in ogni circostanza, devono essere tenuti presenti dai pubblici poteri e con i quali ogni attivit libera di manifestarsi deve ragionevolmente collimare. In ordine all'asserita violazione dell'art. 39 della Costituzione, la Corte osserva che con esso si garantiscono la libert dei cittadini di organizzarsi in sindacati e la libert delle associazioni che ne derivano. Sotto questo profilo sono pertanto da rigettare le censure mosse alla disciplina giuridica impugnata. In questa, invero, difetta qualsiasi negazione o violazione delle libert sindacali e della conseguente libert di azione sindacale. L'organizzare gite o viaggi a carattere culturale, religioso e patriot tico se pu rappresentare un complemento apprezzabile dell'attivit sin dacale, intesa in senso lato, tuttavia costituisce pur sempre attivit che rimane al di fuori della istituzione e organizzazione interna dei sindacati stessi e, pertanto, va soggetta all'osservanza delle leggi ordinarie dello Stato cos come per ogni altro ente, cittadino o raggruppamento di cit tadini. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 15 gennaio 1976, n. 8 -Pres. Oggioni -Rel. Rocchetti -Cervone (avv. Cassandro e Schwarzemberg) e Venturi (n. c.). Pensioni -Ricorso alla Corte dei Conti -Termine di novanta giorni Contrasta con il principio di uguaglianza -Illegittimit costituzionale. (Cost., art. 3; r.d. 12 luglio 1934 n. 1214, art. 63; r.d. 13 agosto 1933 n. 1038, art. 72; r.d.l. 3 marzo 1938 n. 680, art. 60). La pensione dei pubblici dipendenti va coUocata tra le prestazioni patrimoniali corrisposte in base alla legge dalla Amministrazione, e forma oggetto di un diritto soggettivo di natura patrimoniale. Considerato che gli atti della amministrazione in materia di diritti soggettivi patrimoniali sono stati qualificati non autoritativi ai fini della assenza di termini di decadenza per i ricorsi dinanzi ai giudici amministrativi, risulta priva di ogni giustificazione sul piano della razionalit e pertanto contrasta con il principio di uguaglianza (art. 3 Cost.) la previsione del termine di novanta giorni per la preposizione dei ricorsi alla Corte dei Conti in materia di pensioni (1). (1) Le ordinanze di rimessione della Corte dei Conti, sez. III, 21 novembre 1972 e 12 aprile 1973, sono pubblicate in Gazz. U[f., rispettivamente del 6 febbraio 1974 n. 35 e del 15 maggio 1974 n. 126. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 13 (Omissis). -3. -La questione fondata. Occorre premettere che il diritto a pensione dei pubblii dipendenti va collocato nel pi ampio quadro delle prestazioni patrimoniali a carico dell'Amministrazione e da essa corrisposte in base alla legge sia a titolo di remunerazione del servizio prestato dall'impiegato, sia, dopo la cessazione dal servizio, come corresponsione periodica e vitalizia di una somma di danaro. Tali prestazioni, che sono oggetto di un diritto soggettivo di natura patrimoniale, trovano nel nostro ordinamento tutela giurisdizionale dinanzi agli organi di giustizia amministrativa, (tribunali amministrativi regionali e Consiglio di Stato) per quanto concerne il diritto allo stipendio (ma, in determinati casi, anche alla pensione) e dinanzi alla Corte dei conti, per quanto riguarda il diritto alla pensione e agli altri assegni di quiescenza (art. 103, primo e secondo comma, Cost.). noto che per i diritti che, come quelli in esame, sono devoluti alla sua giurisdizione esclusiva dall'art. 29 del t.u. approvato con r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, il Consiglio di Stato ha, da tempo, elaborato una giurisprudenza, ormai fermamente consolidata, la quale ha escluso che, per la proposizione di ricorsi contro provvedimenti che non hanno causa nell'esercizio di una potest autoritativa, possa valere il termine di decadenza di sessanta giorni, stabilito in via generale dall'art. 36 del citato t.u. Il Consiglio di Stato ha motivato il suo orientamento facendo riferimento sia alla natura del provvedimento amministrativo in tema di questioni patrimoniali dei pubblici dipendenti che, essendo di carattere cos detto paritetico e non autoritativo, ha per oggetto diritti sogget di una disposizione legislativa consiste nel diretto confronto di detta disposizone con uno o pi precetti costituzionali, l'esame di questioni coinvolgenti il principio di uguaglianza include un momento di individuazione della norma o del principio che deve essere assunto come termine di raffronto (tertium comparationis), ossia come norma o principio pi consono con i valori politici e giuridici espressi dalla Costituzione. Non di rado l'autonomia di questo momento -la cui importanza e delicatezza sono palesi -non emerge alla luce di una piena consapevolezza, e il momento in questione rimane indifferenziato all'interno dello iter logico seguito dapprima dal giudice a quo e poi dalla Corte Costituzionale: ci avviene soprattutto perch evidente e non contestata la maggiore aderenza alla Costituzione (o all'ordinamento nel suo nsieme) della norma o principio che viene assunto come tertium comparationis (ad esempio, tale norma o principio ha carattere generale, mentre la disposizione la cui ragionevolezza e legittimit costituzionale contestata ha carattere particolare). Nella sentenza in rassegna, invece, la Corte ha esplicitamente, seppure marginalmente, motivato sul punto della maggiore aderenza all'ordinamento co stituzionale del principio (affermato dalla giurispmdenza del Consiglio di Stato) della assenza di termini di decadenza per la proposizione di ricorsi avverso i cosidetti ,, atti paritetici rispetto alle disposizioni le quali, per i giudizi RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 14 tivi e non interessi legittimi; sia all'oggetto stesso della controversia in sede giurisdizionale, che non limitata all'esame della legittimit del provvedimento amministrativo, ma si estende al rapporto controverso e quindi a tutti i presupposti del diritto soggettivo in questione. 4. -I principi cos elaborati si attagliano perfettamente alle controversie relative al trattamento di quiescenza, riservate alla giurisdizione della Corte dei conti. Anche in questo caso, oggetto del giudizio un diritto soggettivo patrimoniale, rispetto al quale il provvedimento amministrativo, che lo riconosce o lo esclude, privo di ogni carattere autoritativo, perch si limita ad accertare i presupposti stabiliti dalla legge, in ordine sia alla spettanza del diritto al detto trattamento, sia alla determinazione del suo ammontare. Donde la conseguenza che non esistono, in rapporto a un provvedimento siffatto, quelle esigenze che legittimano la previsione di un breve termine di decadenza per l'impugnazione, invece, dei provvedimenti autoritativi. Nella prassi giurisprudenziale, del resto, il giudizio che si instaura a seguito del ricorso, pur avendo formalmente carattere di giudizio d'impugnazione di un provvedimento amministrativo, sostanzialmente volto all'accertamento del diritto a pensione attraverso un'indagine che comprende tutti gli elementi del diritto medesimo. 5. -Alla stregua delle considerazioni che precedono, le norme che, nei giudizi dinanzi alla Corte dei conti in materia di pensione dei pubblici dipendenti, prescrivono, per la presentazione dei ricorsi, il termine di novanta giorni decorrenti dalla data della comunicazione o notificazione del provvedimento di concessione o di rifiuto della pensione, dell'assegno o dell'indennit, si presentano prive di ogni giustificazione sul piano della razionalit e, in quanto determinano, con riferimento a situazioni tra loro assimilabili, una rilevante disparit di trattamento, risultano in contrasto con l'art. 3 della Costituzione. in materia di pensioni dinanzi alla Corte dei Conti, prevedevano il termine di decadenza di novanta giorni. Ed invero, auspicabile che, in ogni giudizio in cui si invochi il principio di eguaglianza, l'anzidetto momento assuma autonomia e rilievo. Ci, ovviamente, vale non soltanto in sede di giudizio dinanzi alla Corte Costituzionale, ma anche in sede di prima delibazione delle questioni di legittimit costituzionale ad opera del giudice a quo: tale giudice, infatti, tenuto a percepire e a cogliere ogni aspetto delle questioni di legittimit costituzionale a lui sottoposte ed a vederne tutte le possibili . implicazioni, sia per stabilire se sussistano o meno la rilevanza e non manifesta infondatezza, sia -even tualmente -per investire la Corte Costituzionale dell'interezza delle questioni, evitando di deviare o condizionare il successivo giudizio mediante un " ritaglio ,, della materia controversa e delle questioni prospettate. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 15 Ed invero, la antica previsione di un breve termine di decadenza (risalente alla legge 26 luglio 1869, n. 4516) per la tutela del diritto a pensione, ritenuto gi imprescrittibile dalla giurisprudenza della Corte dei conti e oggi espressamente dichiarato tale dalla legge (art. 5 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092), se pu trovare la sua spiegazione nella antica struttura del giudizio pensionistico e nelle concezioni del legislatore dell'epoca, non appare pi consona al riconoscimento dei diritti che, nell'ambito del pubblico impiego, attraverso una lenta ma sicura evoluzione giurisprudenziale e legislativa dell'istituto, sono stati riconosciuti ai dipendenti della pubblica Amministrazione. D'altra parte, non chi non veda come non sussista pi alcuna ragione per differenziare, dal punto di vista della sua tutela, i diritti patrimoniali nascenti in costanza del rapporto di impiego pubblico, da quelli che invece sorgono dalla cessazione dal servizio e che attengono al trattamento di quiescenza del dipendente, specie se si considera che i principi giuridici affermati con riferimento a tutti i provvedimenti non autoritativi relativi alle situazioni patrimoniali dei dipendenti pubblici non possono trovare una differente applicazione in ragione della di7 stribuzione della giurisdizione tra il tribunale amministrativo regionale e il Consiglio di Stato da una parte e la Corte dei conti dall'altra. Dalla accertata violazione dell'art~ 3, primo comma, della Costituzione, consegue che deve essere dichiarata la illegittimit costituziona~e degli artt. 63 del r.d. 12 luglio 1934, n.. 1214, 72 del r.d. 13 agosto 1933, n. 1038, e 60 del r.d. 3 marzo 1938, n. 680, nella parte in cui sta7 biliscono il termine perentorio di novanta giorni per la presentazione dei ricorsi in materia di pensione da parte degli aventi diritto al tr.at~ tamento di quiescenza. Ed appena il caso di precisare che il termine assegnato al Procuratore generale per il deposito del ricorso, quando egli ricorra in via principale, ai sensi dell'art. 76 del r.d. i3 agosto 19331 n. 1038, avendo diverso fondamento e differenti finalit rispettq a quello denunciato dall'ordinanza di rimessione, non viene travolto dalla pichia~ razione di illegittimit costituzionale contenuta nella presente decisione. 6. -A seguito della dichiarazione di illegittimit delle norme impu~ gnate, vengono dichiarati assorbiti gli altri motivi di censura proposti dalle ordinanze di rinvio. 7. In conseguenza della pronuncia di incostituzionalit delle norme denunciate, va dichiarata d'ufficio, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, la illegittimit delle seguenti altre disposizioni, nella parte in cui prevedono lo stesso termine di decadenza di novanta giorni per la proposizione dei ricorsi dinanzi alla Corte dei conti, e cio: 1) l'art. 22, secondo comma, del r.d. 22 aprile 1909, n. 229; l J i I I I ----I RASSEGNA DEI.L'AVVOCATURA DELLO STATO 2) l'art. 24, secondo comma, del r.d.l. 27 novembre 1919, n. 2373;, convertito nella legge 7 aprile 1921, n. 369; 3) l'art. 49 del r.d. 12 luglio 1934, n. 2312; 4) l'art. 54, primo comma, della legge 6 luglio 1939, n. 1035; 5) l'art. 63, primo comma, dell!. legge 6 febbraio 1941, n. 176, in. quanto richiamata dall'art. 6 della legge l1 aprile 1955, n. 379; 6) l'art. 59, primo comma, della legge 25 luglio 1941, n. 934; 7) l'art. 90, primo comma, del d.P.R. S giugno 1952, n. 656; 8) l'art. 29, secondo comma, della legge 6 agosto 1967, n. 699. per questi motivi a) dichiara l'illegittimit costituzionale degli artt. 63 del r.d. 12 lu-glio 1934, n. 1214, 72 del r.d. 13 agosto 1933, n. 1038, e 60 del r.d.l. 3 marzo 1938, n. 680, nella parte in cui prescrivono, per la proposizione dei ricorsi in materia di pensione da parte degli aventi diritto al trattamento di quiescanza, il termine perentorio di novanta giorni dalla. data di comunicazione e notificazione del provvedimento impugnato; b) dichiar altres, d'ufficio, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 mar-zo 1953, n. 87, e negli stessi limiti, la illegittimit costituzionale delle disposizioni di cui ai seguenti artkoli: 1) art. 22, secondo comma, del r.d. 22 aprile 1909, n. 229, sullepensioni del personale delle ferrovie dello Stato; 2) art. 24, secondo comma, del r.d.l. 27 novembre 1919, n. 2373,. convertito nella legge 7 aprile 1921, n. 369, che migliora il trattamento di quiescenza del personale delle ferrovie dello Stato; 3) art. 49 del r.d. 12 luglio 1934, n. 2312, sull'ordinamento della Cassa di previdenza per le pensioni agli ufficiali giudiziari; 4) art. 54, primo comma, della legge 6 luglio 1939, n. 1035, suE regolamento della Cassa di previdenza per le pensioni ai sanitari; 5) art. 63, primo comma, della legge 6 febbraio 1941, n. 176, sul" l'ordinamento del Monte-pensioni per gli insegnanti elementari, in quanto richiamata dall'art. 6 della legge 11 aprile 1955, n. 379; 6) art. 59, primo comma, della legge 25 luglio 1941, n. 934, sul- l'ordinamento della Cassa di previdenza per le pensioni ai salariati. degli Enti locali; 7) art. 90, primo comma, del d.P.R. 5 giugno 1952, n. 656, sulle disposizioni in materia di ricevitorie postali e telegrafiche, agenzie, col-lettorie e servizi di portalettere rurali; 8) art. 29, secondo comma, della legge 6 agosto 1967, n. 699, sulla,. disciplina dell'Ente Fondo trattamento quiescenza al personale del lotto. -(Omissis). PARTE' I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, ordinanza 15 gennaio 1976, n. 13 -Pres. Oggioni -Rel. De Stefano -Regione Sicilia (avv. Aula) c. Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Stato Gozzi). Corte costituzionale Conflitti di attribuzione Sospensione dell'esecuzione dell'atto impugnato. (!. 11 marzo 1953, n. 87, art. 40). Il provvedimento amministrativo regionale con il quale viene disposta la disapplicazione nell'ambito del territorio della Regione di un provvedimento amministrativo statale, preclude alla Regione la possibilit di ottenere dalla Corte costituzionale una ordinanza di sospensione di quest'ultimo provvedimento tempestivamente impugnato per conflitto di attribuzione. (Omissis). -Ritenuto che la Regione siciliana, con il ricorso di cui in epigrafe, ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, chiedendo l'annullamento, previa sospensione della esecuzione, del decreto 23 luglio 1975 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 197 del successivo 25 luglio), emesso dal Ministro per le finanze, di concerto con il Ministro per il tesoro, con il quale sono state dettate, in materia' di rimborso delle eccedenze dell'imposta sul valore aggiunto, modalit per l'esecuzione delle disposizioni dell'art. 38, comma quinto del decreto del. Presidente della Repubbca 26 ottobre 197i; n:: '633, e successive 'modificazioni; ' che, nelle more del presente giudizio, lAssessore per le finanze della Regione siciliana, con suo decreto 29 agosto 1975 (pubblicato nel la Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana n. 42 del successivo 27 settembre), ha disposto che, fino a quando la materie non sar pun tualmente e definitivamente disciplinata in sede di norme di coordi namento di cui all'art. 12, n. 4, della legge delega per la riforma tri~ butaria 9 ottobre 1971, n. 825, il decreto ministeriale 23 luglio 1975 'non si applichi nell'ambito del territorio della Regione siciliana, facendosi quindi obbligo agli uffici I.V.A. della Sicilia di continuare a versare le somme riscosse a titolo d'imposta sul valore aggiunto, in conto entrata della Regione (art. 1), e di continuare a provvedere ai rimborsi d'im posta, utilizzando le somme che all'uopo verranno accreditate sui nor mali stanziamenti di spesa del bilancio dello Stato o di quello della Regione, a seconda dell'Ente al cui erario sono affluite le quote d'im posta ammesse a rimborso, salvo conferma da parte del Ministero delle finanze della determinazione, di cui alla nota n. 109691 dell'll novembre 1974, di provvedere, in linea provvisoria, agli accreditamenti in parola a carico del bilancio statale (art. 2). 18 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Considerato che, in disparte ogni altra valutazione, non sussistono, allo stato, per effetto della disposta disapplicazione dell'impugnato provvedimento nell'ambito del territorio della Regione siciliana, le gravi ragioni che, ai sensi dell'art. 40 della legge 11 marzo 1953, n. 87, e dell'art. 28 delle Norme integrative del 16 marzo 1956 per i giudizi avanti alla Corte costituzionale, possano giustificare la sospensione della sua esecuzione. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 22 gennaio 1976, n. 14 -Pres. Oggioni -Rel. Capalozza -Vallone ed altri (n. c.). Procedimento penale -Responsabile civile -Assicuratore di danni da circolazione di veicoli o natanti -Citazione nel corso della istruzione sommaria. (Cost., art. 24; c.p.p., art. 108 primo comma; legge 24 dicembre 1969, n. 990, art. 24). Assicurazione -Circolazione di veicoli o natanti -Procedimento penale Notifica della costituzione di parte civile -Non prescritta. (Cost., art. 24; c.p.c., art. 95). Alla parte lesa da un evento derivato dalla circolazione di veicoli o natanti e costituitasi parte civile, non pu rimanere precluso, nel corso della istruzione sommaria, l'esercizio del diritto di azione nei confronti dell'assicuratore del danneggiante, anche per ottenere la provvisionale, pertanto, contrasta con l'art. 24 Cost. l'art. 108, primo comma, del codice di procedura penale, nella parte in cui non consente, nel corso dell'istruzione sommaria, la citazione del responsabile civile, nei cui confronti si richieda la provvisionale di cui all'art. 24 della legge 24 dicembre 1969, n. 990 (1). Non contrasta con l'art. 24 Cast. l'art. 95 c.p.p. il quale prescrive che la costituzione di parte civile sia notificata al pubblico ministero e all'imputato, e non anche all'assicuratore quale responsabile civile (2). (Omissis). -5. - da tener fermo che l'assicuratore, obbligato civilmente al risarcimento, abilitato ad intervenire come responsabile civile nell'istruttoria anche sommaria (vedasi la sentenza n. 172 del 1974). (1-2) La prima massima si collega a quanto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza 10 luglio 1975, n. 198 (in Giur. cost. 1975, I, 1546, ove sono anche alcune indicazioni di dottrina sulla prvvisionale di cui all'art. 24 della legge n. 990 del 1969). La sentenza Corte cost. 19 giugno 1974, n. 172 richiamata nella motivazione pubblicata in Foro lt., 1974, I, 2598. Sulla legge n. 990 del 1969, cfr. anche Corte cost., 12 marzo 1975, n. 55 (in questa Rassegna, 1975, 283) e n. 56 (ivi, 1975, 285). PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE Del che si ha riprova testuale nell'art. 95, secondo comma, cod. proc. pen., per il quale le istanze proposte (dalla parte civile) dopo la cita~ zione o l'intervento del responsabile civile devono prima del dibattimento essere notificate anche al responsabile civile . Tuttavia, il 'problema sorge rispetto all'ipotesi in cui il danneggiato intenda chiedere la provvisionale di cui all'art. 24 legge 24 dicembre 1969, n. 990, nei confronti dell'assicuratore, il quale non sia intervenuto nella istruzione. Risulta dai principii -ed pacificamente riconosciuto che l'istanza ex art. 24, presuppone la costituzione di parte civile; ed ovvio che in tanto l'istanza medesima pu essere rivolta nei confronti dell'assicuratore, in quanto l'azione civile nel procedimento penale sia esercitata anche contro quest'ultimo. Ora, mentre ci possibile nella istruzione formale, , invece, precluso nell'istruzione sommaria, alla stregua del disposto dell'art. 108 cod. proc. pen., il quale -con riguardo a tale tipo di procedimento __; non consente la citazione del responsabile civile se non per il dibattimento. Ne consegue che durante il corso dell'istruzione sommaria il danneggiato non potrebbe chiedere la provvisionale contro l'assicuratore; il che, oltre a creare una disparit di trattamento rispetto all'ipotesi in cui si proceda con istruzione formale (durante la quale la predetta richiesta del danneggiato ammissibile), si risolve in una violazione dell'art. 24 Cost., rimanendo, durante tutto il corso dell'istruzione sommaria, privo di tutela il diritto del danneggiato ad ottenere la pronunzia di cui all'art. 24 della citata legge del 1969. Ricorrono, cio, riguardo alla pretesa del danneggiato contro il responsabile civile, quelle stesse ragioni che, con riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., hanno indotto questa Corte a ritenere illegittima la normativa che, durante l'istruzione sommaria condotta dal P.M., rendeva impossibile (per difetto dei poteri decisori del P.M.) la proponibilit dell'istanza di provvisionale nei confronti dell'imputato (sentenza n. 198 del 1975). Nella specie, alla proponibilit della richiesta di provvisionale contro l'assicuratore durante il corso dell'istruzione sommaria, osta -come si detto -l'art. 108 del codice di procedura penale. Del quale, pertanto, va dichiarata l'illegittimit costituzionale nella parte, appunto, in cui non consente, nel corso dell'istruzione sommaria, la citazione del responsabile civile, nei cui confronti si chieda la provvisionale di cui all'art. 24 della legge n. 990 del 1969. 6. -La questione dell'illegittimit dell'art. 95, primo comma, cod. proc. pen. -formulata dal pretore di Napoli sotto il profilo che la mancata prescrizione di notificazione, prima del dibattimento, della dichiarazione RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di costituzione di parte civile anche all'assicuratore quale responsabile civile, violi, in danno del medesimo, l'art. 24 della Costituzione - .manifestamente infondata. Questa Corte, invero, con decisione n. 172 del 1974, ha gi dichiarato non fondata la predetta questione di legittimit costituzionale dell'art. 95 ~od. proc. pen. -sotto l'identico profilo ora nuovamente prospettato rilevando che ai sensi dell'art. 3 della legge 15 dicembre 1972, n. 773, portante modifiche al codice di procedura penale al fine di accelerare semplificare i procedimenti, applicabile anche ai procedimenti con istruzione sommaria, sin dal primo atto di istruzione, il giudice istrut tore obbligato ad inviare a coloro che vi possono avere interesse, come parti private, una comunicazione giudiziaria con indicazione delle norme di legge violate e della data del fatto addebitato con invito ad esercitare la facolt di nominare un difensore, il che, per quanto attiene al responsabile civile va evidentemente inteso nel senso che la comunicazione debba a questo esser fatta non appena avvenuta la costituzione di parte civile nei confronti dell'imputato. -(Omi-ssis). CORTE COSTITUZIONALE, 22 gennaio 1976, n. 15 Pres. e Rel. Oggioni. Cane ed altri (n.c.) c. Comune di Taggia (avv. Contaldi), e Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. Stato Albisinni). Espropriazione per p.u. Indennizzo -Determinazione secondo la c.d. legge di Napoli -Adeguamento solo parziale al variare dei valori venali -Non contrasta col principio di eguaglianza. (Cost., art. 3; I. 15 gennaio 1885, n. 2892, artt. 12 e 13; I. 28 luglio 1967, n. 641, art. 14). Espropriazione per p;u, -Indennizzo -Determinazione secondo la c. d. legge di Napoli -Utilizzazione del parametro dell'imponibile cata stale Ragionevolezza. (Cost., art. 3; I. 15 gennaio 1885, n. 2892, artt. 12 e 13; I. 28 luglio 1967, n. 641, art. 14). Espropriazione per p.u. -Indennizzo Determinazione secondo la c. d. legge di Napoli -Aggiornamento degli imponibili solo per i fondi urbani Non contrasta con il principio di eguaglianza. (Cost., art. 3; I. 15 gennaio 1885, n. 2892, artt. 12 e 13). La circostanza che -applicandosi la c. d. legge di Napoli -l'indennizzo per l'esproprio venga determinato per met secondo il valore venale del bene espropriato sufficiente ad escludere che, pur nella costanza di un imponibile non aggiornato, la differenza di indennizzo tra proprietari espropriati in epoche diverse per beni in astratto di eguale valore, dia luogo a violazione del principio di eguaglianza, dovendosi ricono PARTE l, SEZ. 'I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 21 :scere che diseguaglianze sono cdnnaturate all'attuazione, necessariamente graduale, di interventi urbanistici di ampio raggio (1). , E rispondente a criteri di ragionevolezza, il cui riconoscimento sufficiente ad escludere ogni sindacato in questa sede circa l'uso del potere discrezionale del legislatore, il ricorso al parametro dell'imponibile catastale in mancanza del dato offerto da un canone di locazione (2). Non d luogo a violazione del principio di eguaglianza la circostanza .che per i fondi urbani, e non anche per i fondi rustici, siano stati stabiJiti coefficienti annui di aggiornamento degli imponibili presi a base per la determinazione della indennit di esproprio, posto che superiore la capacit di incremento di valore dei fondi urbani (3). (Omissis). -Occorre aggiungere che il sistema di determinazione dell'indennizzo non prescinde affatto, come sembra ritenere il giudice a quo, da un certo adeguamento alla realt economica, giacch, anche nell'ipotesi in cui non risultino canoni di locazione, entra sempre a far parte del calcolo relativo, come dato componente alla media, il valore venale dell'immobile, il che contribuisce in modo determinante ad adeguare, sia pure entro certi limiti, l'ammontare dell'indennizzo alla realt dei valori economici. Alla quale finalit di adeguamento anche diretta la legge 22 dicembre 1969, n. 952, che, appWto in tema di edilizia scolastica e universitaria, ha stabiito una maggiorazione pari al 2 per cento annuo degli indennizzi dovuti al proprietario espropriato. N d'altra parte, secondo la giurisprudenza della Corte, l'indennizzo per esproprio deve puntualmente corrispondere alla: consistenz economica del bene -espropriato, essendo stifficiente che ess costituisca un ristoro anche parzale, purch non meramente 'sirhbolico, il che, appunto, si verifica neila specie. certo, che il sisteina 'in sane garantisce, anche nella pi ristretta ipotesi,' un indennizzo pari lla media fra valore venale e (1-3) L'ordinanza di rimessione pubblicata nella Gazz. Uff. del 18 luglio 1973, n, 183. La sentenza n. 155 del 1972 richiamata in motivazione pubbli. cata in questa Rassegna 1972, 1, 1045; La Corte costituzionale aveva avuto modo di pronunciarsi in ordine alla Compatibilit, con l'art. 42, comma terzo, Cost.; di disposizioni che prevedono una determinazione dell'indennizzo . con riferimento al valore del bene espropriato in epoca anteriore a quella dell'espropriazione (sentenze n. 67 del 1959, n. 22 del 1965, in questa Rassegna 1965, 1, 426 con nota di TRACANNA, La legge 18 aprile 1962, n. 167; carattere, sistema e finalit, n. 37 del 1969, ivi, 1969, 1, 212; n. 63 del 1970, ivi, 1970, l, 365). In questa sentenza la differenza tra la data di riferimento del valore del bene espropriato e la data dell'espropria zione viene esaminata in relazione al principio di eguaglianza (art. 3 Cost.): e la Corte perviene alla soluzione di cui alla prima massima facendo ricorso al principio, pi volte affermato, secondo cui l'indennizzo per esproprio non 22 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO reddito imponibile catastale, cio pari ad una somma superiore, nella generalit dei casi, alla met del valore venale. In base a queste considerazioni, emerge la garanzia di continuit, in un certo adeguamento della consistenza dell'indennizzo alla progressiva svalutazione monetaria, e si deve, quindi, escludere che, pur nella costanza dell'elemento di valutazione costituito dell'imponibile non aggiornato, la differenza di indennizzo fra proprietari espropriati in epoche diverse per beni in astratto di eguale valore, assuma la portata generale del prospettato vizio invalidante della norma impugnata, dovendosi altres riconoscere che, entro l'ambito di una ineliminabile variabilit di casi singoli, disparit di trattamento siano connaturate all'attuazione, necessariamente graduale, di interventi urbanistici di ampio raggio, come quello in esame. Le osservazioni sopra svolte circa la razionalit del sistema di determinazione dell'ammontare dell'indennizzo, contribuiscono anche ad escludere la fondatezza della censura concernente la pretesa disparit di trattamento a danno dei proprietari conduttori in proprio. Invero, la finalit del sistema stesso postula il ricorso a parametri di certa identificazione, ed il riferimento all'imponibile catastale, praticato in numerosi provvedimenti legislativi in materia analoga (e gi riconosciuto utilizzabile, in via di principio, con sentenza di questa Corte n. 155 del 1972) rappresenta una delle soluzioni pi conducenti ai fini perseguiti, in mancanza del dato costituito dal canone di locazione, e tale, quindi, da non potersi ritenere in contrasto con quei criteri di ragionevolezza, il cui riconoscimento sufficiente ad escludere ogni . sindacato in questa sede circa l'uso del potere discrezio;nale del legislatore. Il che, d'altro canto, non esclude ed anzi, in certo senso, sollecita un auspicabile intervento del legislatore per un graduale aggiornamento, nella materia in esame, dei dati catastali, onde accostarli, il pi possibile, alla realt economica. Anche per quanto riguarda la pretesa illegittimit della norma impugnata, conseguente alla situazione di privilegio che si sarebbe creata deve puntualmente corrispondere alla consistenza economica del bene espropriato . La seconda massima, integrata dalla terza, conferma la legittimit costituzionale di leggi (l'affermazione difatti trascende il riferimento specifico alla legge c. d. di Napoli) le quali faceiano ricorso ail'imponibile catastale per determinare, a fini diversi da quello tributario, il valore e il reddito di un immobile rustico o urbano. In proposito va ricordato che l'art. 16 della legge n. 865 del 1971 (reso applicabile a tutte le espropriazioni per opere o interventi dello Stato o degli altri enti pubblici anche non territoriali dall'art. 4 del d.l. n. 115 del 1974 come modificato dalla legge di conversione 27 giugno 1974, n. 347) ha introdotto un altro sistema di valori legali >>, diverso e per certi aspetti concorrente con il sistema dei valori accertati mediante il catasto. Su tale punto cfr. Dr CIOMMO, Il provvedimento di espropriazione della legge sulla casa, in questa Rassegna 1973, 2, 137 e quindi note aggiunte in questa Rassegna 1975, 2, 25. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 23 a favore di proprietari dei fondi urbani, i quali riceverebbero un indennizzo pi adeguato alla svalutazione monetaria di quello liquidato ai proprietari dei fondi rustici, deve escludersi la sussistenza del lamen- tato vizio di illegittimit. I fondi urbani e quelli rustici, invero, ai fini della determinazione del rispettivo indennizzo, presentano caratteri sostanzialmente diversi,. nel senso che la loro situazione economico-sociale si presenta con note differenziali evidenti, ove si tenga presente che, a prescindere dalla incidenza dei fenomeni monetari, il variare del valore dei fondi rustici essenzialmente legato, di regola, al mutare della qualit di coltura e clsse di produttivit dei fondi stessi, mentre quello dei fondi urbani. determinato dall'imponente e preponderante fenomeno del variare del valore dei fondi urbani e da una molteplicit di fattori, tra cui la va- riet delle possibili destinazioni per fini economici. Ed appunto in relazione a tali caratteristiche sono stati stabiliti (legge 23 febbraio 1960,. n. 131) coefficienti di aggiornamento annuale dell'imponibile dei fondi urbani, aggiornamento la cui funzione si svolge nel senso dell'incremento dei tributi cui i fondi sono sottoposti, oltre che nel senso dell'incremento dell'indennizzo spettante ai proprietari nel caso di espropriazione in. forza della norma impugnata. L'aggiornamento in parola, pertanto, si armonizza con il sistema di calcolo del valore ai fini dell'indennizzo, e risponde al fine di accostarne il contenuto al valore reale. Indubbiamente,. ci rappresenta un meccanismo di aggiornamento pi aderente di quello per i fondi rustici, in cui l'elemento variabile il valore venale da mediare con quello dell'imponibile netto agli effetti dell'imposta terreni,. imponibile da calcolare, tenuto conto della rivalutazione degli estimi catastali, risalente alla data del decreto legislativo C.P.S. 12 maggio 1947,. n. 356. Ma tale differenza di disciplina, come si detto, trova una razionale giustificazione nella superiore capacit di incremento del valore deii fondi urbani, e tanto pu bastare per escludere la violazione del principio di eguaglianza sotto il profilo prospettato nell'ordinanza di rinvio~ -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 22 gennaio 1976, n. 17 -Pres. Oggioni -ReL Astuti. Puri. (n.c.). Professioni -Societ per l'esercizio di professioni intellettuali -Societ di progettazione -Disciplina legislativa -Legittimit costituzionale. (Cast., art. 41; I. 23 novembre 1939, n. 1815, artt. 1, 2, 3 e 7). Anche l'esercizio delle professioni intellettuali per cui la legge richiede la necessaria iscrizione in albi o elenchi garantito, in quanto, iniziativa economica privata, dall'art. 41 Cast.; detto esercizio deve pe RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO StAtO 24 .raltro essere disciplinato e controllato dalla legge. Il riconoscimento .dell'ammissibilit della costituzione di societ per l'esercizio associato di professioni intellettuali appartiene alla discrezionalit di valutazione del legislatore, fermo restando che una congrua normativa necessaria per evitare la possibilit dell'esercizio abusivo e il pericolo dello sfrutta-. mento dell'opera intellettuale, nonch per regolare le responsabilit nei confronti dei clienti, di terzi, dello Stato e delle organizzazioni professio nali e sindacali. Ci vale anche per le attivit tecniche proprie dell'ingegneria industriale, che sono pur sempre attivit professionali (1). (Omissis). -3. -Ci premesso, a giudizio di questa Corte non sussiste nella disposizione denunciata alcun vizio di incostituzionalit, per contrasto con il principio della libert dell'iniziativa economica privata. Invero, la questione, prospettata dall'ordinanza di rimessione con spe. ciale riferimento alle attivit di progettazione industriale, deve essere considerata sotto due profili distinti, anche se connessi: e precisamente, con riguardo alla ammissibilit della costituzione di societ per l'eser.. cizio .delle professioni intellettuali, in genere, ai sensi degli artt. 2247 e seguenti del codice civile, e con riguardo alla asserita esigenza tecnica .he determinate attivit professionali, come la progettazione industriale, richiedano oggi un'organizzazione a base imprenditoriale, realizzabile tipicamente nella forma giuridica della societ per azioni. Per quanto concerne le societ di professionisti in genere, sarebbe fuori luogo esaminare in questa sede le questioni largamente discusse (1) L'ordinanza di rimessione pubblicata in Ga,. Uff. 3 aprile 1974, n. 89. . Nel senso della inapplicabilit dell'art. 41 della Cost. alle professioni cosidette liberali, 'SPAGNUOLO, VIGORITA e PALMA, Professione e lavoro (libert di), in Nuov.mo Dig. It., 14, 17. lvi. anche osservato, in relazione all'art. 4 della -Costituzione, che la garanzia costituzionale della libert di scelta dell'occupazione ha valore e significato soltanto sotto un profilo negativo, in quanto -cio equivale ad escludere che i cittadini possano essere costretti a svolgere professionalmente (ovvero fuori di eccezionali e contingenti casi di necessit) uno specifico lavoro da essi non prescelto; quella garanzia non vale invece in nessun modo ad assicurare al cittadino (sotto il profilo, per cos dire, positivo) il diritto di volgersi a suo piacimento verso un qualsiasi settore .di attivit al di fuori di preclusioni, limitazioni e controlli statali. vero, al .contrario, che lo Stato pu proprio al fine di assicurare il progresso mate riale e spirituale della societ, impedire ai privati certe attivit, pubblicizzare .delle professioni, sopprimerne altre, vietare determinate forme di lavoro o regolarne i modi di prestazione, disciplinare quantitativamente l'afflusso a .erti settori lavorativi, ecc.; oltre a fissare comunque i presupposti e i re. quisiti per lo svolgimento delle varie attivit . In merito alle specifica questione decisa, si osserva come la disciplina .dell'esercizio associato di professioni protette costituisce un necessario .completamento delle normative regolanti l'esercizio di dette professioni. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALl! 25 in dottrina circa la possibilit di configurare l'esercizio delle professioni -intellettuali sotto l'aspetto esclusivo o prevalente dell'attivit economica :a scopo di lucro, e di riferire l'attivit personale dei professionisti, eserdtata in forme di collaborazione associativa, ad un ente giuridico astratto -0 ad un gruppo unificato. Sarebbe del pari superfluo ricordare prece- denti legislativi forniti da ordinamenti stranieri ed anche da quello italiano, come la legge 23 novembre 1939, n. 1966 sulla disciplina delle sodet fiduciarie e di revisione, per tacer dei disegni di legge sottoposti .all'esame del Parlamento. Ci che qui unicamente importa accertare l'eventuale conflitto della normativa vigente con l'art. 41, primo comma, della Costituzione: e tale conflitto sicuramente non sussiste, dati i limiti che lo stesso art. 41 prevede nel secondo e terzo comma, riservando alla legge ogni opportuno controllo delle iniziative ed attivit economiche. In particolare, l'esercizio delle professioni intellettuali stato sempre oggetto di speciale disciplina, pur con forme, modalit e limitazioni diverse nei tempi e nel vario regolamento delle singole professioni. Le osservazioni svolte nell'ordinanza di rimessione prospettano l'opportunit di una eventuale riforma legislativa, non l'esistenza di una questione di legittimit costituzionale. infatti chiaro che il riconoscimento dell'ammissibilit della costituzione di societ per l'esercizio delle .attivit professionali protette appartiene alla discrezionalit di valutazione del legislatore, al quale soltanto spetta di stabilire se, e a quali condizioni, possa consentirsi l'adozione di forme societarie. In questa materia, la necessit di una congrua normativa appare evidente, per evitare la possibilit dell'esercizio abusivo da parte di sog getti non abilitati o autorizzati, ed il pericolo dello sfruttamento dell'o pera intellettuale in forme non computabili con la dignit e autonomia -dei singoli professionisti; mentre occorre, d'altro canto, con riguardo alla -diversa qualit delle prestazioni professionali, un preciso regolamento .delle responsabilit sociali e personali, sia nei confronti dei clienti e dei terzi, sia anche nei confronti dello Stato e delle organizzazioni profes sionali o sindacali. 4. -Non possibile ravvisare l'ipotizzato conflitto con l'art. 41 nemmeno per quanto concerne le attivit di progettazione industriale che, secondo il giudice a quo, richiederebbero oggi una complessa organizzazione di uomini e di mezzi, talch il divieto di costituire societ per azioni, che si prefiggano, nell'oggetto sociale, anche l'espletamento di dette .attivit, determinerebbe una inammissibile preclusione, riguardante tanto l'attivit di pura progettazione in se stessa, quanto le attivit industriali direttamente produttive di beni e servizi a cui la prima assicura 26 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO le indispensabili basi tecnologiche, l'una e le altre concretando tipiche manifestazioni della iniziativa economica . Si prospetta qui l'esigenza di forme associative di attivit professionale organizzate come vere e proprie imprese, con apprestamento di un complesso di beni e mezzi strumentali necessari per il loro esercizio. Occorre ricordare, al riguardo, che l'art. 2238 del codice civile prevede bens che l'esercizio d'una professione possa costituire elemento di un'at- tivit organizzata in forma d'impresa (nel qual caso debbono applicarsi anche le disposizioni degli artt. 2082 e seguenti che disciplinano il lavoro nell'impresa, e vige l'esclusione sancita dall'art. 3 della legge 23 novembre 1939, n. 1815); ma non si pu evidentemente sostenere che il principio della libert di iniziativa economica postuli senz'altro l'ammissibilit d'una diversa fattispecie, in cui un professionista, o un gruppo .di professionisti, costituiscano una impresa, con riferimento ed organizzazione di mezzi strumentali e beni aziendali, per svolgere attivit di progettazione industriale, connesse o non alla diretta produzione di beni o servizi (non professionali). Per siffatte forme complesse di attivit imprenditoriale, l'esigenza sopra illustrata di una speciale disciplina normativa appare ancor pi palese, trattandosi di regolare la costituzione e l'esercizio non solo di una societ tra professionisti, ma di una societ professionale organizzata in forma di impresa, ci che comporta la soluzione di particolari e gravi problemi giuridici. Le esigenze prospettate dal giudice a quo concernono pur sempre una questione di politica legislativa, non di legittimit costituzionale, perch il parametro offerto dal primo comma dell'art. 41 della Costituzione non comporta, nemmeno sotto questo speciale profilo, l'ammissibilit di una piena liberalizzazione quanto all'esercizio delle attivit tecniche proprie dell'ingegneria industriale, che sono pur sempre attivit professionali, soggette alla discrezionale disciplina del legislatore, sindacabile in questa sede soltanto con riguardo alla ragionevolezza dei limiti imposti al loro esercizio. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 22 gennaio 1976, n. 18 Pres. Oggioni . Rel. Reale Sapia (n.c.). Procedimento penale Imputato assente Notifica della sentenza . Non necessaria. (Cost. artt. 3 e 24; c.p.p., art. 500). L'imputato assente nella condizione di poter assumere informazioni, sol che lo voglia, intorno a tutte le vicende del processo, e di apprendere ;:: il contenuto della sentenza allorch verr emanata; deve pertanto esclu-\: !: 1; l1 ~ PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE Z7 .dersi che la mancata notifica della sentenza menomi in modo apprez. zabile il diritto di difesa dell'imputato assente, tanto pi se si considera che egli rappresentato per tutti gli effetti (artt. 427 e 428 c.p.p.) dal difensore che ha il potere di interporre impugnazione (art~ 192, u.c., c.p.p.~, anche con riserva di motivi, da depositarsi entro venti giorni dall'avviso .di cui agli artt. 151 e 201 del codice di procedura penale (1). (Omissis). -La questione, come sopra identificata, non fondata. Per vero, come questa Corte ha gi affermato nell'affrontare analoga ,questione prospettata in riferimento all'art. 472, u.c., c.p.p. (il quale .dispone che la lettura del dispositivo sostituisce la notificazione della .sentenza per tutte le parti che sono state o che debbono considerarsi presenti nel dibattimento, anche se non sono presenti alla lettura), in tutti i casi di assenza contemplati dal codice di procedura penale ricorre, quale dato costante, la sicura conoscenza, da parte dell'imputato, .dell'esistenza del giudizio e della data, almeno iniziale, di esso (sent. n. 136 del 1971, e ord. n. 76 del 1973). Sicch l'imputato assente nella .condizione di poter assumere informazioni, sol che lo voglia, intorno .a tutte le vicende del processo e di apprendere il contenuto della sentenza .allorch verr emanata. Deve pertanto escludersi che la mancata notifica .della sentenza menomi in modo apprezzabile il diritto di difesa dell'imputato assente, tanto pi se si considera che egli rappresentato per tutti ,gli effetti (artt. 427 e 428 c.p.p.) dal difensore che ha il potere di interporre impugnazione (art. 192, u.c., c.p.p.), anche con riserva di motivi, da depositarsi entro venti giorni dall'avviso di cui agli artt. 151 e 201 del ,codice. di procedura penale. N priva di giustificazione , poi, la disparit di trattamento tra imputato assente e imputato contumace per ci che concerne la notifica della .sentenza, che, come si gi accennato, prevista soltanto per l'imputato <:ontumace. Tale disparit di trattamento infatti pienamente giustificata dalla .diversit delle situazioni. Invero, stando alle gi ricordate decisioni, il contumace, a differenza dell'assente, non ha manifestato alcuna volont negativa in ordine alla comparizione e alla presenza in udienza e potrebbe, in caso estremo, anche ignorare l'esistenza del giudizio o la data del dibattimento. Il che, per le ragioni esposte, non pu mai verificarsi per l'imputato che sia rimasto assente, ricorrendo l'ipotesi di cui all'ordinanza. -(Omissis). (1) La sentenza 22 giugno 1971, n. 136 richiamata in motivazione pubbli. cata in questa Rassegna 1971, 1, 960. 28 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 22 gennaio 1976, n. 25 -Pres. Oggioni -Rel. Astuti -Fortino e Ventura (avv. Lubrano) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Stato Giorgio Azzariti). Giustizia amministrativa -Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana -Possibilit di conferma nell'ufficio di componente Contrasto con l'indipendenza del giudice. (Cost., artt. 101 e 108; d.l. 6 maggio 1948, n. 654, art. 3). Giustizia amministrativa -Decisioni del Consiglio di giustizia anummstrativa per la Regione siciliana Appello all'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato -Legittimit costituzionale. (Cost., artt. 3, 24, 113 e 125; statuto Sicilia, art. 23, d.I. 6 maggio 1948, n. 654, art. 5). Il carattere temporaneo della nomina a componente di un organogiurisdizionale non contrasta, di per s, con i principi costituzionali che garantiscono l'indipendenza, e con essa l'imparzialit, dei giudici. Contrasta, invece, con tali principi la possibilit di conferma o meno nel- l'incarico secondo un discrezionale apprezzamento; peraltro, tale profilO' di incostituzionalit conduce non alla esclusione dall'organo giurisdizionale dei componenti sottoposti alla potest di conferma o meno nell'ufficio, bens alla eliminazione della disposizione legislativa che attribuisce detta potest. Da ci consegue che illegittimo, per violazione degli artt. 100, 101 e 108 Cast., l'art. 3, secondo comma, del d.l. 6 maggio 1948, n. 654, nella parte in cui dispone. che i membri del Consiglio di giustizia amministrativa dlla Regione siciliana "in sede giurisdizionale, designati dalla Giunta regionale, possono essere confermati (1). (1-2) Le due ordinanze di rimessione del Consiglio di Stato, IV, 18 ottobre 1974, e Ad. plen., 6 marzo 1975, sono pubblicate nella Gazzetta Ufficiale, rispettivamente 23 luglio 1975, n. 195 e 22 ottobre 1975, n. 281 (cfr. anche Foro it., 1975, III, 379, con nota di richiami). Nella motivazione si allude alle sentenze Cass. S.U. 11 ottobre 1955, n. 2994( in Giust. civ., 1955, I, 1584, COI). nota di A. SANDULLI), e Cons. Stato, Ad. plen., 29 ottobre 1956, n. 16 e 2 maggio 1960, n. 5 (in Cons. St., rispettivamente, 1956, I, 1122 e 1960, I, 818). In precedenti pronuncie della Corte Costituzionale (cos le sentenze 27" dicembre 1965, n. 93, in questa Rassegna, 1965, 1112, sui consigli comunali e provinciali in sede di giurisdizione elettorale, 3 giugno 1966 n. 55, ivi, 1966,. 538, sui Consigli di Prefettura, 22 marzo 1967, n. 30, ivi, 1967, 214, sulla G.P.A. in sede giurisdizionale, 27 maggio 1968, n. 49, ivi, 1968, 365, sulle sezioni per il contenzioso elettorale dei non ancora istituiti T.A.R.) alla constatazione della insufficiente indipendenza di taluno dei componenti l'organismo giurisdizionale sub judice seguita la declaratoria di incostituzionalit, e quindi la eliminazione, delle norme concernenti la composizione di detti organismi, e, nella sostanza, la loro sparizione come organismi giurisdizionali. Con la sen- PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE Mentre l'art. 23 dello Statuto della Regione "siciliana prevede semplicemente l'istituzione in Sicilia di una sezione del Consiglio di Stator con il d.l. n. 654 del 1948 stato istituito un organo di giustizia ammi~ nistrativa caratterizzato da una propria particolare fisionomia e composizione; essendo il C.G.A. investito delle stesse attribuzioni che sono proprie del Consiglio di Stato, vengono meno le ragioni per cui gli era stata conferita quella particolare composizione. Deve pertanto auspicarsi" che il legislatore provveda rapidamente alla revisione dell'attuale sistema di giustizia amministrativa nella Regione siciliana, eliminando ogni residua anomalia e disarmonia, nel rispetto dei principi sanciti dall'art. 23 dello Statuto speciale. Nel frattempo, non contrasta con gli articoli 3, 24, 113, secondo comma, 125, secondo comnia, della Costituzione, e con: l'art. 23, primo comma, dello Statuto della Regione siciliana, l'art. 5, terzo comma, del d.l. 6 maggio 1948, n. 654, per il quale ammesso ricorso all'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato avverso le decisioni' del C.G.A. emesse sulle impugnative di atti delle autorit amministrative dello Stato, e che non siano pronunciate in grado di appello (2). (Omissis). -4. -Nel merito, la prima questione di legittimit costituzionale risulta fondata. Il carattere temporaneo della nomina, per i membri del C.G.A. in sede giurisdizionale designati dalla Giunta regionale, ed estranei ai ruoli organici del Consiglio di Stato, non contrasta,. di per s, con i princpi costituzionali che garantiscono l'indipendenza,.. e con essa la imparzialit, dei giudici, siano essi ordinari o estranei alle magistrature: a tal fine, infatti, non appare necessaria una inamovibilit. assoluta, specie per i cosiddetti membri laici o estranei, che ben posson0o tenza in esame, invece, la Corte ha preso un'altra strada, ed ha eliminat0> una disposizione incompatibile con la indipendenza del singolo componente; un approccio analogo si avuto nella sentenza 19 dicembre 1973, n. 177 (iru Foro it., 1974, I, 1), nella quale peraltro stato espresso un giudizio di in- fondatezza -sia pure per una sorta di fatto normativo sopravvenuto - della questione di incostituzionalit che era stata prospettata. Deve ritenersi che la rilevata diversit di reazione alla illegittimit costi tuzionale sottintende una inespressa valutazione d'insieme sulla coerenza o meno, dell'organismo giurisdizionale di volta in volta sub judice, con l'ordi namento costituzionale. L'orientamento di cui alla prima massima merita, co munque, consenso, e trascende il caso deciso. Qualsiasi discorso in terna di" indipendenza o meno di giudici estratti da categorie diverse da quelle dei magistrati per professione e anche di estranei all'amministrazione della giustizia pu e -ove possibile -deve essere affrontato e risolto non il! termini di chiusura e di esclusione, bens in termini opposti e cio in termine di estensione delle guarantigie o di .alcune di esse a favore di detti giudici' non professionali: in tal senso una indicazione si deve trarre dallo stesso art. 108, comma secondo, Cost. ove si dispone che anche agli estranei deve: RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 30 essere nominati per un determinato e congruo periodo di tempo, senza che perci venga meno l'indipendenza dell'organo, o del singolo giudice. Ma l'indipendenza dei membri del C.G.A. designati dalla Giunta regionale sicuramente compromessa per effetto della disposizione che pre vede, al termine del quadriennio, la possibilit di riconferma nell'incarico, secondo il discrezionale apprezzamento del Governo regionale. Questa Corte ha gi avuto occasione di affermare, a proposito dei compo: nenti della G.P.A. estranei all'amministrazione, che la sola prospettiva .del reincarico basta ad escludere l'indipendenza di costoro dai consigli provinciali o regionali (sentenza n. 49 del 1968); e ci appare ancor pi evidente nel caso di specie, trattandosi di membri designati dalla Giunta regionale, e la cui nomina o conferma (ancorch con decreto presidenziale) avviene, come per gli altri componenti dell'organo, su proposta del Presidente del Consiglio, previa deliberazione del Consiglio dei -ministri, sentito il Presidente della Regione: talch, proprio in rapporto .alla prospettiva d'una eventuale conferma, l'indipendenza di questi giu dici non pu ritenersi assicurata dalla legge, sia nei confronti del Go verno centrale sia soprattutto di quello regionale, con aperta violazione dei precetti contenuti negli artt. 100, 101 e 108 della Costituzione. E non 'ccorre avvertire che di fronte ai principi della indipendenza ed imparzialit dei giudici, ordinari, amministrativi o speciali, cede il prin. cipio generale della ammissibilit agli incarichi ed uffici pubblici, che essere assicurata la possibilit di partecipare all'amministrazione della giustizia in una situazione giuridica (e di fatto) tale da garantire libert e sopratutto dello Statuto siciliano. ~ ~ I; - PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE comport di regola anche la possibilit di riconferma o rielezione: possibilit che deve essere fermamente esclusa per i membri laici del C.G.A. quale organo di tutela della giustizia nell'amministrazione, a cui l'art. 23 dello Statuto della Regione siciliana attribuisce le stesse funzioni spettanti alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato. 5. Non vi sono, invece, motivi sufficienti a giustificare una pronuncia di accoglimento in ordine alla seconda questione di costituzionalit, concernente il terzo comma dell'art. 5 del d.Igs. 6 maggio 1948, n. 654. Certamente l'art. 23 dello Statuto della Regione siciliana prevedeva semplicemente l'istituzione in Sicilia di una sezione giurisdizionale del Co.nsiglio di Stato, ed innegabile che con il d.Igs. n. 654 del 1948 stato invece istituito un organo di giustizia amministrativa caratterizzato da una propria particolare fisionomia e struttura, investito peraltro dell'esercizio delle stesse funzioni attribuite dalla legge alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato, giusta il disposto dei primi due commi dell'art. 5. del pari innegabile che una anomalia rispetto al regime ordinario della giustizia amministrativa fu allora introdotta con il disposto del terzo comma del medesimo art. 5, in base al quale veniva ammesso il ricorso all'adunanza plenaria delle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato avverso le decisioni del C.G.A. sulle impugnative di atti e provvedimenti delle autorit amministrative dello Stato, non pronunciate in grado di appello. Ma la legittimit costituzionale del provvedimento istitutivo del C.G.A. della Regione siciliana nel suo complesso, ed in specie della disposizione contenuta nell'art. 5, terzo comma, del d.Igs. 6 maggio 1948, n. 654, riconosciuta vent'anni or sono da una nota decisione delle sezioni unite della Corte di cassazione, e dalla stessa adunanza plenaria del Consiglio di Stato, non pu non essere qui confermata, anche sotto il particolare profilo ora prospettato, della diversit di regime verificatasi medio tempore, -e precisamente nel periodo intercorso tra l'istituzione del C.G.A. in Sicilia e quella dei T.A.R. nell'intero territorio dello Stato -, quanto alla tutela giurisdizionale in grado di appello, nei confronti dei provvedimenti di cui al citato art. 5, ammessa soltanto per la Sicilia, mentre in ogni altra parte dello Stato esisteva per gli stessi provvedimenti un solo grado di giurisdizione. Questo regime eccezionale, (non contrastante peraltro con la previsione dell'art. 125_, secondo comma, della Costituzione), trova giustificazione nella speciale competenza giurisdizionale attribuita dal d.lgs. 654 del 1948 al C.G.A. nei riguardi degli atti e provvedimenti definitivi sia dell'amministrazione regionale, sia delle altre autorit amministrative aventi sede nel territorio della Regione siciliana. Tale competenza giurisdizionale giustifica l'introduzione della possibilit di impugnazione delle sue decisioni concernenti atti RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO delle amministrazioni statali davanti all'adunanza plenaria del Consiglicr di Stato. Invero, essendo il C.G.A. investito nei confronti di quegli atti delle stesse attribuzioni che sono proprie del Consiglio di Stato, venivano meno le ragioni per cui gli era stata conferita quella particolare composizione caratterizzata dalla presenza di due giuristi designati dalla Giunta regionale, e poteva a ci costituire opportuno rimedio la previsione dell'impugnabilit delle sue decisioni, cos circoscritta ratione materiae, non nel fine di attribuire ai ricorrenti davanti al C.G.A. una tutela giurisdizionale maggiore di quella riconosciuta alla generalit dei' cittadini davanti al Consiglio di Stato, quanto piuttosto per assicurare una definitiva uniformit di controllo sugli atti delle amministrazioni' dello Stato. Come fu gi riconosciuto proprio dall'adunanza plenaria, nessun: ostacolo costituzionale impediva che, entro lo stesso ambito della giurisdizione del Consiglio di Stato, fosse previsto il ricorso alla adunanza plenaria per determinate pronunzie del C.G.A. . E poich la particola- rit del regime dianzi ricordato non pu dirsi irrazionale, n tale da integrare ingiustificata disparit di trattamento ai sensi dell'art. 3 della Costituzione, non nemmeno possibile ravvisare contrasto con le disposizioni degli artt. 24 e 113 della Costituzione, che, di per s, non garantiscono n il doppio grado di giurisdizione n una completa uniformit di tutela giurisdizionale amministrativa. 6. -Se per le suesposte considerazioni deve dichiararsi l'infondatezza della questione, questa Corte non pu tuttavia esimersi dal segnalare le ulteriori anomalie risultanti nel vigente sistema della giustizia ammi- nstrativa dopo la istituzione dei tribunali amministrativi regionali, at- tuata con la legge 6 dicembre 1971, n. 1034. Queste anomalie non sono sfuggite al legislatore che ha provveduto a dettare con l'art. 40 di tale legge speciali disposizioni transitorie per la Sicilia, peraltro inadeguate rispetto all'esigenza di una piena ed unifonne attuazione dei precetti del- l'art. 125 della Costituzione; e anche la sentenza pronunciata da questa Corte il 5 marzo 1975, n. 61, ha potuto eliminare solo parzialmente dette anomalie, con il riconoscimento al T.A.R. istituito nella Regione siciliana della stessa competenza propria degli altri tribunali amministrativi regionali, e con la conseguente assunzione da parte del C.G.A. delle stesse funzioni di giudice di appello attribuite dalla medesima legge al Consiglio di Stato. Deve pertanto auspicarsi che il legislatore provveda rapidamente alla gi prevista revisione dell'attuale sistema di giustizia amministrativa nel-la Regione siciliana, eliminando ogni residua anomalia e disarmonia, nel rispetto dei princpi sanciti dall'art. 23 dello Statuto speciale. -(Omissis)~ 'i: ~~ SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE, 25 settembre 1975, nella causa 28/75 -Pres. Lecourt -Avv. gen. Reischl -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesfinanzhof nella causa Baupla (avv. Scheidemandel) c. Oberfinanzdirektion di Colonia -Interv.: Commissione delle Comunit europee (ag. Amphoux e Kalbe). Comunit europee -Unione doganale -Tariffa doganale comune -Disposioni preliminari -Regole generali per la interpretazione della nomenclatura della tariffa -Miscugli classificabili in due o pi voci tariffarie Criterio di classificazione. (Regolamento de.I Consiglio 28 giugno 1968, n. 950, relativo alla tariffa doganale comune). Qualora un miscuglio sia classificabile sotto due o pi voci tariffarie, ciascuna delle quali si riferisca ad una delle materie che lo costituiscono, nessuna di tali voci pu essere ritenuta pi specifica delle altre per il semplice fatto che essa fornisca del prodotto una descrizione pi precisa o pi completa, e la classificazione dovr essere quindi effettuata in base alle regole di interpretazione di cui al n. 3, lett. b o lett. e, delle regole generali per l'interpretazione della nomenclatura della tariffa (1). (Omissis). -In diritto. Con ordinanza 12 febbraio 1975, pervenuta in cancelleria il 12 marzo 1975, il Bundesfinanzhof ha sottoposto alla Corte di giustizia delle Comunit europe, a norma dell'art. 177 del trattato e.E.E., una questione pregiudiziale con cui si chiede se la regola generale d'interpretazione n. 3 della tariffa doganale comune (regolamento (1) La Corte di giustizia ha avuto gi pi volte occasione di interpretare voci della tariffa doganale comune (v. sentenze rese nelle cause 98 e 99/75, 37/75, 35/75, 185/73, 183/73, 149/73, 128/73, 49/73, 80/72, 38/72, 18/72, 92/71, 36/71, 77/71, 21/71, 30/71, 14/71, 13/71, 12/71, 51/70, 28;70, 74/69, 72/69, 40/69). affermando, in via di principio, che gli Stati membri non possono emanare, anche in difetto di una formale interpretazione comt,Jnitaria, note esplicative relative alle voci tariffarie; che in mancanza di disposizioni comunitare le note esplicative ed i pareri contemplati nella Convenzione di Bruxelles sulla nomenclatura per -la classificazione delle merci nelle tariffe doganali hanno il valore di mezzo idoneo per l'interpretazione delle voci della tariffa doganale comune; che la classificazione delle merci prevista nei regolamenti comunitari sulla organizzazione comune dei mercati agricoli tassativa ai fini della riscossione dei dazi doga 34 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO [C.E.E.] del Consiglio 28 giugno 1968, n. 950 [G.U. n. L 172]), modificato da successivi regolamenti) vada interpretata nel senso che la voce pi specifica non prevale e la classificazione deve essere effettuata in base alle regole generali n. 3 b) o n. 3 e), qualora per la classificazione di un miscuglio vengano in considerazione due o pi voci della tariffa, ciascuna delle quali faccia riferimento ad una delle materie di cui composto il miscuglio. La questione stata sollevata nell'ambito d'una controversia relativa alla classificazione doganale di piastrelle di fibra legnosa compressa per rivestimenti esterni, impregnate d'asfalto e ricoperte, nella parte anteriore, da uno strato di asfalto. La Oberfinanzdirektion di Colonia, convenuta nella causa principale, ha classificato il prodotto sotto la voce tariffaria 48.09 (lastre per costruzioni ... di legno sfibrato). L'attrice nella causa principale sostiene invece che esso andava classificato sotto la voce 68.08 (lavori di asfalto). Secondo la regola generale d'interpretazione n. 3, qualora per il disposto della regola 2 b) o per qualsiasi altra ragione una merce appaia classificabile sotto due o pi voci della tariffa, la classificazione va effettuata in base ai seguenti principi: a) la voce pi specifica deve avere la priorit sulle voci di portata pi generale; b) i miscugli ed i lavori composti da materie diverse, nonch i lavori costituiti dall'unione di oggetti differenti, che non possono essere nati, mentre pu avere carattete puramente indicativo per quanto riguarda l'eventuale prelievo (principio enuneiato a proposito del regolamento del Consiglio 28 giugno 1968, n. 865); e che le valutazioni concrete cui pu dar luogo, nelle singole fattispecie, l'applicazione dei criteri stabiliti dalla tariffa doganale comune sono di competenza del giudice nazionale. La sentenza in rassegna va segnalata in quanto si riferisce alle stesse regole di interpretazione previste dalle disposizioni preliminari della tariffa doganale comune: regole conformi a quelle di Bruxelles, e gi a suo tempo riprodotte alla lettera nelle disposizioni preliminari delle tariffe approvate con d.P.R. 21 dicembre 1961, n.1339 e d.P.R. 26 giugno 1965, n. 723. Altri criteri generali di interpretazione e di classificazione sono stati enunciati, in particolare, nelle sentenze 18 febbraio 1970, nella causa 40/69, HAUPrZOL LAMT HAMBURG, Racc., 69; 18 giugno 1970, nella causa 74/69, HAUPrZOLLAMT BREMENFREIHAFEN, Racc., 451; 14 luglio 1871, nella causa 12/71, HENK, Racc., 743; 12 dicembre 1973, nella causa 149/73, WITT, Racc., 1587; 8 maggio 1974, nella causa 183/73, OsRAM, Racc., 477; 29 maggio 1974, nella causa 185/73, HAUPrZOL LAMT BIELEFELD, Racc. 607; e, da ultimo, 18 febbraio 1975, nelle cause 98 e 99/75, CARSTENS. Va segnalato, infine, che la tariffa doganale comune allegata al regolamento del Consiglio 28 giugno 1968, n. 950 stata sostituita, con effetto dal 1 gennaio 1976, con il regolamento del Consiglio 17 dicembre 1975, n. 3000, con talune modifiche anche per quanto concerne le regole generali per l'interpretazione della nomenclatura. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE classificati in bse alla norma di cui alla precedente lettera 3 a), devono essere classificati, qualora una tale determinazione sia possibile, secondo la materia o secondo l'oggetto che conferisce loro il carattere essenziale; e) qualora le n:orme di cui alle lettere 3 a) e 3 b) non consentano ancora di effettuarne la classificazione, la merce deve essere classificata nella voce che comporta l'applicazione del dazio pi elevato e, se il dazio lo stesso per pi voci, in quella fra di esse che figura per ultima nell'ordine progressivo della nomenclatura della tariffa. pacifico che i sovraindicati criteri sub a), sub b) e sub e) entrano in gioco nello stesso ordine in cui sono elencati. Ci si pu chiedere allora se la voce 48.09 che, nella fattispecie, individua con precisione il prodotto di cui si tratta (lastre per costruzioni) non sia pi specifica della voce 68.08, la cui dizione assai pi vaga (Lavori ...). Se cos fosse, si potrebbe infatti -anzi si dovrebbe -applicare la regola dell'art. 3 a). Il giudice nazionale proponente teme per che una simile interpretazione, fondata esclusivamente sulla forma del prodotto. ,e tale da trascurare le materie che lo costituiscono, possa portare a risultati arbitrari ed i suoi dubbi sembrano condivisi dalla Commissione, a quanto risulta dalle osservazioni che quest'ultima ha presentato alla Corte. Tanto il giudice nazionale quanto la Commissione si richiamano in proposito alle note esplicative della nomenclatura di Bruxelles, fatte proprie dalla tariffa doganale comune. Nelle. predette note si legge che due o pi voci tariffarie, ciascuna delle quali si riferisca ad una sola delle materie che costituiscono un miscuglio od un lavoro composto, vanno considerate, per quanto riguarda il suddetto prodotto od articolo, come ugualmente specifiche, anche qualora una di esse ne fornisca una descrizione pi precisa o pi completa . Se, in casi come quello di specie, nei quali una merce pu essere classificata sotto due distinte voci relative a materie diverse, si adottasse ai fini della classificazione la voce che meglio descrive la forma del pro dotto, il risultato dipenderebbe in realt da circostanze fortuite, estranee agli scopi della protezione doganale. Dal punto di vista doganale spesso molto pi importante la com posizione del prodotto, che deve perci essere considerata come un ele mento essenziale nella classificazione del medsimo. La questione va quindi risolta nel senso che, qualora un miscuglio sia classificabile sotto due o pi voci tariffarie, ciascuna delle quli si riferisca ad una delle materie che lo costituiscono, nessuna di tali voci pu venir ritenuta pi specifica delle altre per il semplice fatto che essa fornisce del prodotto una descrizione pi precisa o pi completa. Di conseguenza, la classificazione del suddetto prodotto dovr essere effettuata in base alle regole d'interpretazione nn. 3 b) o 3 e). -(Omissis). 36 'RASSEGNA' DELL'AWOCATURA DELLO STATO CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE, 22 gennaio 1976, nella causa 60/75 -Pres. Lecom:t -Avv. gen. Reischl -Domanda d pronuncia pregiudiziale proposta dal Pretore di Bovino nella causa Russo (avv. Cappelli e De Caterini) c. A.I.M.A. -Interv.: Commissione delle Comunit europee (ag. Marenco) e Governo italiano (avv. Stato Marzano). Comunit europee -Agricoltura Organizzazione comune dei mercati nel settore dei cereali Vendite da parte di uno Stato membro a prezzo inferiore al prezzo indicativo Incompatibilit con l'organizzazione comune dei mercati. (Regolamento del Consiglio 13 giugno 1967, n. 120). Comunit europee Agricoltura -Organizzazione comune dei mercati nel settore dei cereali Situazione giuridica del produttore. (Regolamento del Consiglio 13 giugno 1967, n. 120). Comunit europee Agricoltura . Organizzazione comune dei mercati nel settore dei cereali Attivit di uno Stato membro in contrasto cori l normativa comunitaria Responsabilit nei confronti dei singoli ~ Disciplina applicabile. (Regolamento del Consiglio 13 giugno 1967, n. 120). L'attivit di uno Stato membro consistente nell'acquistare grano duro sul mercato mondiale e nel rvenderlo poi sul mercato cmunitario a prezza inferiore al prezzo indicativo incompatibile con l'organizzazione comune dei mercati istituita con il regolamento del Consiglio 13 giugno 1967, n, 120 (1). Il singolo produttore ha diritto, iri forza della disciplina comunitaria, a che non vengano frapposti ostacoli alla possibilit di ricavare un prezzo che si avvicini a quello indicativo e che, comunqu; non sia inferiore a quello indicativo (2). Nell'ipotesi che il danno causato al produttore derivi da un intervento dello Stato membro in contrasto col diritto comunitario, questo dovr risponderne, nei confronti del soggetto leso, in conformit alle disposizioni di diritto interno relative alla responsabilit della pubblica amministrazione (3). (1) Interventi dello Stato sul mercato nazionale e responsabilit nei confronti dei singoli per attivit in contrasto con la normativa comunitaria. 1. -La causa alla quale si riferisce la decisione in rassegna (massimata nei termini risultanti dal dispositivo) trae origine dalle vendite di grano duro i. effettuate dall'A.I.MA., ai sensi dell'art. 7 del dl. 21 luglio 1973, n. 427 (conver-;:' t ! f I "'""""""m.W.W.wmm.ǥ ,., '"'" cǥ'c.ǥ. ,, , ᥥ i PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 37 (Omissis). -5. -Il pretore di Bovino, ritenendo che per la soluzione -della controversia sia necessaria un'interpretazione del diritto com:unitaTio, con ordinanza 2 maggio 1975 ha sospeso il procedimento ed ha sot toposto alla Corte di Giustizia, a norma dell'art. 177, le seguenti que: stioni pregiudiziali: 1) se l'esistenza di un'organizzazione comune del mercato dei cereali -consenta agli Stati membri l'adozione di misure unilaterali che, tramite nperazioni commerciali effettuate proprio dall'organismo di intervento de;; ignato ai fini dell'applicazione del regolamento n. 120/67, si traducano in un'alterazione del meccanismo di formazione dei prezzi previsto dalle .1orme comunitarie e in una distorsione del commercio intracomunitario; 2) se l'acquisto di un quantitativo di grano duro da parte di un organismo di intervento di uno Stato membro effettuato sul mercato mon diale ad un certo livello di prezzo e la successiva rivendita all'interno di uno Stato membro a un prezzo inferiore a quello di acquisto e addirittura inferiore al prezzo di intervento, abbia o meno l'effetto di una sovvenzione all'imp9rtazione del prodotto in questione (nella specie grano -duro); 3) se, posto che le disposizioni del regolamento n. 120/67 del Consi glio e successive modalit sono direttamente applicabili nell'ordinamento tito, con mod1ficazioni, con legge 4 agosto 1973, n. 496), fo considerazione della grave situazione di penuria determinatasi nel mercato interrio, ed in parti colare per porre gli operatori interessati in grad di produrre 1a past di .grano duro destinata al consumo interno; e le vicende relative, negli anni 1973-1974, a tale prodotto (con speculazioni e accaparramento di prodotti, e costi . supplementari non suscettibili di compensazione, per quanto disposto dell'art. 4-bis del regolamento del Consiglio 12 maggo 1971, Ii. 974) sono troppo :rote perch occorra: ricordarle e commentarle in questa sede' Le iniziative dell'A.I.M.A. avevano gi .indotto una: ditta frricese a prortiuo vere azione di responsabilit nei confronti della Commissione delle Com1mit europee, per il risarcimento del danno che assumeva derivatole dall'avei' la Commissione omesso di instaurare il procedimento di cui all'art. 93, n. 2, del trattato CEE; ma con sentenza 21 gennaio 1976, resa nella causa 40/75, BERTRANo; la Corte di giustizia ha rigettato la domanda di risarcimento, per essere stat evidenziato dalla Commissione CEE, sulla base degli elementi forniti dalle com~ petenti autorit italiane, che le vendite di grano duro a prezzo inferiore a .quello delle quotazioni interne non avevano avuto alcuna incidenza negli scambi intracomunitari, e comunque per non aver la ricorrente provato il nesso di .causalit tra le iniziative dell'A.I.M.A. ed il dedotto minor prezzo di vendita delle paste alimentari italiane ed il calo subito nelle proprie vendite. Con la sentenza in rassegna, resa in sede di interpretazione, la Corte di giustizia ha invece esaminato la questione sotto il profilo della incidenza delle vendite sui prezzi nazionali e del pregiudizio che ne potrebbe essere derivato al produttori di grano duro, ed pervenuta alle conclusioni risultanti dal sopra riprodotto dispositivo, con riferimento concreto, peraltro, ad una sola delle -Operazioni effettuate dall'A.I.M.A., ed in particolare ad una delle due sole ven RASSEGNA DELL'AWC><;ATURA DELLO STATO ,italiano, esse facciano sorgere negli operatori del settore un diritto a che tl'On venga turbato il normale gioco dei meccanismi previsti dall'organizzazione comune di mercato circa la formazione dei prezzi: diritto suscetti. bile di immediata tutela da parte dei giudici nazionali; 4) in caso di risposta affermativa alle precedenti questioni, stabilire se l'intervento dello Stato membro come sopra qualificato sia comportamento da considerarsi antigiuridico e, quindi, costituisca una violazione della situazione giuridica attribuita dalle norme comuniti;1rie all'operatore ec9nomico privato; 5) se, in ca,so di risposta affermativa al quesito precedente, esiste nel diritto c<;>munitario un principio che riconosce ai soggetti pri\Tati -titolari delle situazioni giuridiche qualificate dalle norme del regolamento n. 120/67 - C01lcerne il potere di intervento degli Stati mel'.hbri, che veniva esclu~o a priori (1,:fr. punto 29) e che risulta ora riconosciuto (come gi in talune :parti qella precedente sentenza: cfr. punto 15), nei limiti in cui non pregiudichi gli obiettM ed il funzionamento delle organizzazioni comune dei mercati agricoli: criterio che conferma, necessariamente, la titolarit di un potere di intervento, e ri.solve quindi ogni questione di merito, secondo ben diversa prospettiva, in una indagine sul modo legittimo o non legittimo con il quale il singolo Stato abbia tale potere esercitato (cfr., per utili spunti, artt. 224 e 225 del Trattato). Come noto, l'orientamento d~la Corte di giustizia fondato sull'affermata completezza ed autosufficienza dell'organizzazione comune dei mercati, sulla inammissibilit di interventi nazionali non espressamente consentiti dalla normativa comunitaria, ed in particolare sulla idoneit delle norme di cui agli artt. 19, 20 e 27 del regolamento del Consiglio 13 giugno 1967, n. 120 (per quanto concerne il settore dei cereali) a consentire alla Comunit ed agli Stati membri di fronteggiare qualsiasi perturbazione e ad ogni Stato membro di adottare, in collegamento con le istituzioni comunitarie e nel pi breve termine, le iniziative necessarie per il caso in cui il-gioco normale dei sistemi di prezzi istituiti dal regolamento non consenta di far fronte a tendenze non PARTI: I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 39 De Caterini, il Governo italiano, rappresentato dall'avvocato Marzano, e la Commissione, rappresentata dal Dr, Marenco. Gli elementi nuovi messi in luce nei loro interventi si possono riassumere come segue: Secondo il Governo italiano, la questione essenziale, fra quelle formulate dal giudice nazionale, la terza; la sua soluzione in senso negativo potrebbe dispensare la Corte dal risolvere le altre questioni. Il problema che viene sollevato consiste nello stabilire se i regola-menti comunitari attribuiscano ai singoli il diritto di ottenere un certo livello di prezzi. Ora, non sembra possibile riconoscere ai produttori di grano duro un diritto di questa portata. Se si ammette che .J.e norme comunitarie relative all'organizzazione comune dei mercati attribuiscano ai singoli un diritto del genere, necessario andare fino alle estreme conseguenze di. tale premessa, il che implica anzitutto che il produttore potrebbe sinda care, in sede giurisdizionale, l'esercizio dei poteri spettanti alla Commissione; ma, considerato che il regolamento comunitario volto anche alla tutela del consumatore, dovrebbe ammettersi la stessa possibilit a fa. vore di quest'ultimo. Il consumatore che si vedesse leso in un diritto auspicabili che si siano manifestate nell'andamento dci prezzi nello Stato stesso (cfr. sentenza Galli, punti 16 . e 22); ed appunto sulla validit di tali presupposti che sembra possibile formulare invece riserve, per la ipotesi di perturbazioni riferite al territorio (o a parte del territorio) di un solo Stat0> membro. 3. Al riguardo sembra potersi anzitutto rilevare che l'indagine dovrebbeessere condotta secondo una diversa impostazione di principio, considerato che gli Stati membri sono per loro natura sovrani (s che un difetto di potere ipotizzabile nei limiti in cui tale potere risulti trasferito alla Comunit: v. conclusioni avv. gen. Warner nella causa Galli e sentenza 18 febbraio 1970,. nella causa 40/69, HAUPTZOLLAMT HAMBURG, Racc., 69, e Foro it., 1970, IV, 132),. mentre ciascuna istituzione comunitaria tenuta ad agire, a norma dell'art. 4,. secondo comma, del trattato CEE (che pur essendo contemplato tra i Principi del trattato sembrerebbe del tutto negletto), nei limiti delle attribuzioni che le sono conferite dal presente Trattato . L'indagine va quindi rivolta ad accertare non tanto se possano gli Stati membri adottare determinate iniziative, quanto piuttosto a verificare se per tali iniziative possano assumersi competenti le istituzioni comunitarie, per essere evidente che solo condizionatamente all'esito positivo di tale verifica potr escludersi che il potere di intervento in esame possa essere esercitato dagli Stati membri; ed sotto questo profilo che sembrano invero quantomeno discutibili le preclusive conclusioni alle quali pervenuta in argomento la Corte di giustizia. La lettura degli a,rtt. 19 e 20 del regolamento del Consiglio 13 giugno 1967, n. 120 (relativi oltretutto alla ipotesi di eccedenze, pi che a quella di penurie) consente infatti di rilevare che le norme si riferiscono, in coerenza con la. ratio e le finalit del sistema, alle perturbazioni che interessino il territori0> 40 RASSEGNA DELL'Av\'OCATURA DELLO STATO anlogo a qullo del produttore, cio quello di poter pagare un prezzo ,giusto, potrebbe chiamare in causa le istituzioni comunitarie. Il Governo italiano sostiene che al produttore spetta un solo diritto integralmente tutelato dalla normativa comunitaria, e cio quello di vendere i suoi prodotti all'ente d'intervento, al prezzo d'intervento. Al di fuori di questo diritto, o si ammette che qualsiasi produttore o consumatore possa sindacare l'esercizio clei poteri conferiti alla Commissione, -0ppure occorre stabilire quali siano, fra le norme direttamente efficaci di Cui trattasi, quelle che attribuiscono diritti soggettivi. Secondo lo stesso Gov~rno, le conseguenze di una soluzione affermativa della questione sarebbero inammissibili, tanto da far apparire neces- saria la soluzione in senso negativo. In merito alla quinta questione, il Governo italiano ricorda che l'art. .215 del Trattato C.E.E. disciplina unicamente la responsabilit della Comunit. Nei confronti del cittadino, la responsabilit dello Stato rimane necessariamente disciplinata dagli ordinamenti nazionali. Non basta che la Corte affermi la responsabilit degli Stati, nei confronti dei sirigoli, .cos come pu dichiarare quella della Comunit. L'uniformit cui tenderebbe una siffatta pronunzia non potrebbe essere raggiunta. L'obiettivo omunitario nel suo complesso, e precisamente alle perturbazioni nel caso in' cui il prezzo cif superf notevolmente il prezzo d'entrata (e per ci .stesso possibili), ed a quelle suscettibili di compromettere, a causa delle .importazioni o delle esportazioni , gli obiettivi dell'articolo 39 del trattato negli scambi con i paesi terzi; e la limitata operativit di tali disposizioni del resto confermata dalle norme emanate, rispettivamente, con i regolamenti -0.el Consiglio 19 luglio 1973, n. 1968 (modificato con regolamenti 28 settembre 1973, n. 2632, 21 marzo 1974, n.. 676, e 13 gem1aio 1975, n. 86) e 18 dicem-. bre,.1969, n. 2591, che ne1 definire le norme generali applicabili nel settore dei ,cercali in caso di perturbazione e le condizioni di applicazione delle misure -O.i. salvaguardia contemplano iniziative e misure riferite all'intero territorio della Comunit (prelievi all'esportazione, sospensione del rilascio dei titoli di esportazione o di importazione, ecc.) e comunque del tutto inidonee a sanare .situazioni di penuria localizzate (e dovute a fattori contingenti) ed a garantire .gli approvvigionamenti dei quali un solo Stato membro (o parte di esso) avverta la necessit; . ed sintomatico che il divieto di esportazione del grano duro
  • >, abbia ritenuto di sottolineare, nelle conclusioni in pari data presentate per la causa 60/75, che gli enti di intervento tedesco, francese e belga avevano messo a disposizione dell'A. l.M.A., a condizioni particolari, notevoli quantitativi di grano tenero da utilizzarsi esclusivamente per prodotti alimentari destinati al nutrimento della: popolazione, quasi che la denunciata situazione di penuria potesse costituire utile strumento per il condizionamento dei consumi. A parte la difficolt di ritenere in contrasto con la normativa comunitaria iniziative assunte, come nella Specie, in aderenza ad esplicite disposizioni ), dcr vrebbe in definitiva ammettersi la possibilit, per uno Stato membro (ed in coerenza con la sua competenza in materia monetaria, valutaria e di bilancio), di adottare le misure imposte dalla necessit di porre rimedio ad una situazione di pregiudizio limitata al territorio nazionale (o a parte di esso); e la legittimit di tali interventi (che possono essere imposti anche da esigenze di ordine pubblico) andrebbe comunque riconosciuta, quanto meno, relativamente a perturbazioni dovute a cause diverse da quelle considerate nella normativa comunitaria (ed alle quali deve ritenersi limitata, per quanto sopra osservato, la competenza delle istituzioni comunitarie), e senza nemmeno ne. cessit di ricorrere all'applicazione dell'art. 103 del trattato C.E.E.: applica RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW STATO w. elusione che questi non possono pi adottare alcun provvedimento, nep- pure di politica congiunturale, nei settori sottoposti ad una siffatta organizzazione. Il Governo italiano ritiene necessario osservare che provvedimenti di diritto interno i quali non influiscano sulla circolazione delle merci, n sulla formazione dei prezzi sul mercato europeo -ed i provvedimenti adottati dall'A.I.M.A. rispettavano tali condizioni, com' stato ammesso dalla Commissione nella causa 40/75 (Bertrand) -non possono essere incompatibili coi regolamenti comunitari. Altrimenti, l'autorit nazionale competente dovrebbe rivolgersi agli organi comunitari ogni qualvolta in un Paese, una regione, o addirittura una citt, venisse a mancare un prodotto soggetto ad organizzazione di mercato, e ci anche qualora la situazione di penuria non dipendesse da fattori contemplati negli artt. 19 e 20 del regolamento n. 120/67. Tale conclusione sarebbe assurda, in quanto impedirebbe, ad esempio, qualsiasi attivit di beneficenza, come l'acquisto di scorte e la loro distribuzione ai poveri, operazioni eh~ influiscono anch'esse sui prezzi. zione che la Corte di giustizia ha com' noto esclusa ,a priori, nonostante le contrarie argomentazioni desumibilkdall'art; 21 del 'regolamento del Consiglio 13 giugno 1967, n. 120 (che vieta espressamente il ricorso all'art. 44 del Trattato) e dal richiamo, nelle norme sul mercato comune agricolo, ad altre disposizioni, del Trattato, e comunque con criterio diverso da quello adottato, per gli artt. 226 e 16 del Trattato, nelle sentenze 11 febbraio 1971, nella causa 37/70, REWE-ZENTRALE, Racc., 23, e 26 febbraio 1975, nella causa, 63/74 CADSKY, Racc., 281. Diversamente invero, e per necessaria coerenza con le premesse, dovrebbe ritenersi, avuto riguardo anche alla evidente impossibilit di predeterminare limitazioni territoriali, che di qualsiasi perturbazione o penuria che interessasse una sola regione o una sola provincia, o anche un solo comune del territorio comunitario, e quali che ne fossero le cause, andrebbero comunque interessate le istituzioni comunitarie, senza possibilit per i responsabili di ciascun ente territoriale interessato di adottare provvedimenti suscettibili di influire, anche a livello locale, sulla formazione dei prezzi; cos come dovrebbe ritenersi, dato che qualsiasi provvedimento pu avere concreta incidenza sui prezzi di mercato, che ogni iniziativa andrebbe adottata con discriminazione tra prodotti agricoli e prodotti non agricoli (il che, ovviamente, nemmeno basterebbe ad escludere una incidenza riflessa), che nessun provvedimento nazionale sarebbe consentito, in contrasto con la normale ed incontestata prassi, relativamente agli ingredienti da utilizzare nella preparazione dei prodotti o alla forma, peso e caratteristiche delle confezioni (prescrizioni anch'esse suscettibili di influire sui prezzi), e che sarebbe vietato agli Stati membri, per l'incidenza che ne potrebbe derivare nella frmazione dei prezzi, anche l'acquisto di notevoli quantitativi di prodotti o la loro distribuzione gra tuita a titolo di beneficenza o di soccorso a popolazioni colpite da calamit. N pu non essere rilevato, per quanto di utile pu desumersi dal pa rallelo, che all'esistenza di una organizzazione comune nazionale dei mercati' in un determinato settore non consta sia stata mai attribuita rilevanza pre- II ~ PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 43 Il Governo italiano ricorda che la Commissione ha deciso di vietare le esportazioni di grano duro, il che non ha certo risolto il prqblema in Italia. Esso si chiede se la Commissione non avrebbe potuto ridurre il prezzo al consumo, e sostiene, in proposito, che l'art. 103 del Trattato C.E.E. conserva la propria utilit fino a quando non esista una politica economica comune in un settore in cui provvedimenti congiunturali siano operanti su un piano diverso da quello della produzione o del commercio del frumento. Sarebbe assurdo ipotizzare provvedimenti congiunturali limitati ai prodotti industriali, e che non abbiano alcuna influenza sul mercato dei prodotti agricoli. Il Governo italiano conclude che la Comunit non competente a dettare norme o ad intervenire, qualora si presentino situazioni anomale diverse da quelle considerate dai regolamenti comunitari. La Commissione ha sottolineato fra l'altro, in udienza, che nella sentenza Galli la Corte si basata sull'esistenza di un'organizzazione comune di mercato, non gi unicamente sul fatto che la fissazione dei prezzi massimi potesse costituire un ostacolo per gli scambi. -(Omissis). (Omissis). -In diritto. Con ordinanza 2 maggio 1975, pervenuta in cancelleria il 7 luglio 1975, il Pretore di Bovino ha sottoposto a questa elusiva di iniziative, normative o no, concernenti i prodotti oggetto della organizzazione comune. Quanto talune affermazioni di principio possano risultare contraddette dalla realt economica e dalla incondizionabile esigenza di fronteggiare con tingenti situazioni congiunturali rilevanti a livello locale conferinato, del resto, dal fatto che un blocco dei prezzi del tutto analogo a quello censu rato con la sentenza Galli veniva da altro Stato membro disposto poco dopo la pubblicazione della sentenza; cos come iniziative analoghe a quelle adot tate dall'A.I.M.A. sono state gi altre volte assunte, e proprio per il grano duro e le paste alimentari, da altri Stati membri delle Comunit europee. 5. -Nella sentenza in rassegna non risultano considerate, inoltre, la rilevanza della duplice funzione svolta dall'A.I.M.A. (quale si desume dalla legge istitutiva e dall'art. 7 del dl. 24 luglio 1973, n. 427), ed in particolare la figura di singol operatore che viene ad assumere quando interviene, all'interno del mercato (e non dall'esterno, ed autoritativamente), con attivit obiettivamente imprenditoriali; e tale prospettiva non sembra invece priva di conseguenze, quando si consideri che la impostazione adottata nella sentenza in rassegna (nella quale, oltretutto, l'A.I.M.A. sembra identificata con lo Stato) dovrebbe condurre ad escludere anche l'acquisto (e non la sola vendita) di notevoli quantitativi di prodotti agricoli (che comporterebbe un aumento dei prezzi a danno del consumatore, la cui tutela specifico oggetto della normativa comunitaria), e ad affermare inoltre la incompatibilit con il diritto comunitario delle iniziative con le quali un singolo operatore ritenesse di vendere in perdita sul mercato interno, per ragioni di concorrenza o per qualsiasi altro motivo di suo interesse, prodotti acquistati all'estero: iniziative non differenziabili, nell'ambito del mercato e sul piano economico. commerciale (e quindi indipendentemente dalle diverse finalit perseguite), RASSEGNA DELL'AVVOCATURA lJELl..O STATO w Corte, in forza dell'art. 177 del Trattato C.E.E., varie questioni vertenti ~::' sull'interpretazione del regolamento del Consiglio 13 giugno 1967, n. 120, che istituisce un'organizzazione comune di mercato nel settore dei ce~ reali (G.U. pag. 2269). Le questioni sono state sollevate nel corso di un procedimento per risarcimento di danni, promosso da un produttore italiano di grano duro contro l'Azienda di Stato per gli interventi sul mercato agricolo (A;I.M.A.). L'attore si ritiene leso dall'attivit di questo ente, consistente nell'acquistare ingenti quantitativi di grano duro sul mercato mondiale e nel rivenderli ai pastifici italiani a prezzi di gran lunga inferiorLnon solo a quelli d'acquisto, ma anche al prezzo d'intervento fissato secondo le norme relative all'organizzazione comune del mercato nel settore dei cereali. L'attivit dell'A.I.M.A. era stata autorizzata dal Governo italiano, con provvedimento adottato per motivi .di politica antiinflazionistica ed inteso a garantire l'approvvigionamento dell'industria pastaria a prezzi che le conse:o.tissero di non produrre in perdita, nonostante i prezzi massimi imposti per la vendita, all'ingrosso e al minuto, dei prodotti finiti. da quelle adottate dall'A.I.M.A., e delle quali, tuttavia, il singolo operatore non potrebbe certo essere chiamato a rispondere per il pregiudizio che ne dovesse in ipotesi derivare agli altri produttori. 6. -Quanto alla situazione soggettiva .dei singoli, la .Corte di giustizia, condividendo la soluzione proposta dal Governo italiano (diversa da quella sostenuta dalla Commissione C.E.E. e dall'avv. gen. Reischl), ha escluso che altro diritto possa riconoscersi al singolo produttore se non quello di realizzare un prezzo che si avvicini a quello indicativo e che, comunque, non sia inferiore a quello d'intervento , espressamente precisando che la incompatibilit con la normativa comur:iitaria di determinati interventi nazionali non implica, tuttavia, che sia legittima la pretesa di risarcimento fatta valere da un operatore che, avendo venduto i suoi prodotti ad un prezzo superiore a quello indicativo, ha fruito dei vantaggi che il regolamento tende a garantire , e che il singolo agricoltore non pu quindi legittimamente sostenere, in base al diritto comunitario, di aver subito un danno, qualora iI prezzo da lui ottenuto sul mercato sia superiore al prezzo indicativo ; e la preclusiva rilevanza, nella specie, di tale soluzione aveva appunto indotto il Governo italiano ad evidenziare che una risposta in tal senso al terzo quesito del giudice nazionale avrebbe reso del tutto superfluo (secondo criterio gi pi volte adottato dalla Corte di giustizia) l'esame delle altre questioni proposte, in merito alle quali la Corte 'ha ritenuto invece di doversi ugualmente pronunciare. 7. -La interpretazione in argomento adottata dalla Corte di giustizia (e coerente con la impostazione prospettata dall'avv. gen. Warner nelle conclusioni presentate per la causa 31/74, gi sopra richiamate) conferma in effetti la necessit di distinguere, nell'ambito delle norme direttamente applicabili, quelle idonee ad attribuire diritti ai singoli e quelle che tali non sono, ed integra l'affermazione (contenuta nella sentenza Galli), secondo cui nei settori di mercato considerati detti regolamenti garantiscono, con efficacia di- I PARTE I, SEz. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE All'epoca dell'emanazione del suddetto provvedimento, i prezzi del mercato mondiale erano notevolmente superiori a quelli stabiliti in forza della disciplina comunitaria, ed il grano duro, la cui produzione nella Comunit deficitaria, non poteva essere esportato nei Paesi terzi. Dal fascicolo risulta, in primo luogo, che il prezzo praticato dal l'A.I.M.A. nel rivendere il prodotto ai pastifici era di circa 13.000 Lit. il quintale (e cio inferiore al prezzo indicativo, il quale era dell'ordine di 16.400 Lit., e perfino al prezzo d'intervento, che ammontava press'a poco a 15.000 Lit.); inoltre, che il prezzo ottenuto dall'attore per una partita. di grano duro venduta nel gennaio 1975 era stato pari a 17.000 Lit. il quintale. Con le prime due questioni, il giudice nazionale chiede in sostanza se l'attivit di unq Stato membro, consistente nell'acquistare grano durcr sul mercato mm;1diale e nel rivenderlo a prezzi inferiori a quello d'acquisto, o addirittura a quello d'intervento, sia compatibile con l'organizzazione comune del mercato nel settore dei cere~li. Le altre tre questioni riguardano la situazione soggettiva degli operatori in caso di illecita ingerenza dello. Stato nel sistema di formazione dei prezzi contemplato dall'organizzazione comune del mercato, e le con- retta a fawore dei singoli, la libera circolazione delle merci, in particolare mediante la soppressione delle restrizioni quantitative e di qualsiasi misura d'effetto equivalente (punto 33). Una diversa soluzione del resto, avuto anche riguardo ai meccanismi di determinazione dei prezzi indicativo e di intervento ed alle stesse iniziative consentite alle istituzioni comunitarie in ipotesi ai perturbazioni, avrebbe condotto ad ammettere la possibilit di iniziative giudiziarie, nei confronti della Comunit, da parte del produttore che deducesse (come nella specie) la lesione del suo diritto di ottenere un certo livello dei prezzi >>, quante volte si assumesse tale lesione causata dai criteri adottati nella determinazione dei prezzi comunitari, dalle iniziative assunte in caso di perturbazioni, o dalle stesse attivit degli organismi d'intervento (quali gli acquisti o la distribuzione a fini assistenziali o per aiuti ai Paesi terzi); ed una situazione di diritto (e quindi la deducibilit di una sua lesione) si sarebbe di conseguenza dovuta riconoscere non al solo produttore, ma anche al con- sumatore, la cui tutela costituisce specifica finalit della politica agricola comune (art. 39, n. 1, lett. d ed e, del trattato e.E.E.). 8. -Con il principio di cui alla terza massima (in cui coincidono moti- vazione e dispositivo) la Corte di giustizia si pronuncata, infine, sulla re. sponsabilit degli Stati membri, nei confronti .dei singoli, per attivit in con- trasto con la normativa comunitaria, affermando che nell'ipotesi che il danno causato al produttore derivi da un intervento dello Stato membro in contrasto col diritto comunitario, questo dovr risponderne, nei confronti del soggetto leso, in conformit alle disposizioni di diritto interno relative alla responsabilit della pubblica amministrazione; ed questa, indubbiamente, la parte di maggior rilievo della decisione, specialmente quando si consideri che la necessit di investire della questione la Corte di giustizia era stata 46 RASSGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO seguenze relative al fatto che l'intervento statale si sia eventualmente risolto in una lesione dei diritti attribuiti ai singoli operatori dalle nor. me comunitarie. Le questioni di cui sopra sono sorte in ragione del carattere dispositivo dei provvedimenti relativi all'intervento statale sul mercato dei .cereali, intervento che non aveva lo scopo di influire direttamente sulla formazione dei prezzi su detto mercato, bens di argiaare l'aumento dei prezzi al consumo di taluni generi alimentari a base di grano duro. Un intervento del genere, da parte di uno Stato membro, pu essere .compatibile con l'organizzazione comune del mercato nel settore dei cereali soltanto qualora non metta in pericolo gli obiettivi o il funzionamento di tale organizzazione. Ora, uno dei principali obiettivi di quest'ultima, quello di garantire ai produttori un prezzo che si avvicini il pi possibile a quello indicativo, viene messo in pericolo in quanto l'attivit dell'ente statale pu influire .sull'andamento del mercato e provocare una tendenza al ribasso, per cui :i prezzi vengano a situarsi al di sotto del livello del prezzo indicativo. Si deve perci concludere che l'attivit di uno Stato membro consistente nell'acquistare grano duro sul mercato mondiale e nel riven cravvisata dal giudice nazionale nell'espresso rilievo che dalla pronuncia di interPretazione dipendesse la soluzione della controversia anche ai fini della giurisdizione . La rilevanza del principio enunciato in argomento dalla Corte di giustizia si evidenzia, in particolare, nel raffronto con le varie soluzioni che .erano state proposte nel giudizio di inte11Pretazione. La parte attrice del giudizio di merito, invero, aveva proposto di rispondere ai quesiti al riguardo rivolti dal giudice. nazionale affermandosi che la violazione di situazioni soggettive attive che trovino nel diritto comunitario direttamente applicabile la loro fonte e la loro disciplina, implica in ogni caso per i giudici nazionali l'obbligo di reintegrare -facendo ricorso agli strumenti loro offerti dai rispettivi ordinamenti interni -le conseguenze patrimoniali pregiudizievoli subite dai titolari di dette situazioni soggettive per il fatto della violazione >>. La Commissione C.E.E., dopo aver richiamato i princpi enunciati dalla Corte di giustizia in tema di responsabilit aquiliana delle Comunit e le varie .sentenze rese anche in tema di responsabilit per atti normativi, e sostenuto .che la questione concernente la responsabilit degli Stati membri non potesse .avere differente soluzione, riteneva che dovesse in argomento affermarsi che spetta agli Stati membri definire le condizioni e gli effetti delle azioni a tutela del diritto sub 2 (del diritto del produttore, cio, a che gli Stati mem. bri si astengano da interventi quali quello in discussione: diritto che la Commissione aveva ritenuto ravvisabile). Gli Stati membri hanno comunque l'obbligo di mettere a disposizione dei privati i mezzi necessari ad assicurare una tutela adeguata ed efficace di questo diritto >>. L'avv. gen'. Reischl, infine, aveva in argomento concluso proponendo alla Corte di affermare che l'obbligo di garantire l'effettiva tutela di tali diritti da lui ottenuto sul mercato sia superiore al prezzo indicativo. Spetta al giudice nazionale, considerate le circostanze del caso, di. accertare di volta in volta l'eventuale esistenza di tale danno. Nell'ipotesi che il danno derivi dalla violazione di una norma di diritto comunitario da parte dello Stato, questo dovr risponderne, nei confronti del soggetto leso, in conformit alle disposizioni di dirittointerno relative alla responsabilit della pubblica amministrazione. - (Omissis). denza, prescnz1one, preclusioni, sanzioni, ecc.), la diversit dei sistemi giudiziari, le differenti forme e prescrizioni procedimentali, ed in particolare le stesse diverse condizioni richieste, in ciascun ordinamento nazionale, per le iniziative giudiziali in danno della pubblica amministrazione. lei. -Certamente, sarebbe auspicabile che tutti gli Stati membri fossero tenuti a rispondere nei confronti dei singoli, nell'ambito dell'ordinamento comunitario, e nella ricorrenza di analoghe situazioni, secondo uniformi criteri,. perch solo in tal caso verrebbe ad essere garantita ai cittadini comunitari,. indipendentemente dalla loro nazionalit, la stessa tutela in ipotesi di lesione, da parte delle autorit nazionali, dei diritti attribuiti dalla normativa comunitaria. altrettanto evidente, per, che tale obiettivo non sarebbe comunque: conseguito con una sola affermazione di principio sulla esigenza di garantire in modo uniforme la tutela dei singoli, n tale uniformit di tutela sarebbe in tal modo di fatto assicurata, fin quando una stessa azione risulter poi in concreto consentita, secondo condizioni e forme proprie di ciascun ordinamento interno, entro termini diversi e con differenti conseguenze; e si spiega e si giustifica quindi, in difetto di valide ed efficaci alternative, che lo Stato membro sia tenuto a rispondere nei confronti dei singoli, secondo il prin cipio enunciato dalla Corte di giustizia, in conformit alle disposizioni di diritto interno relative alla responsabilit della pubblica amministrazione . A. M SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 21 maggio 1975, n. 2000 -Pres. Mac carone -Rel. Simoncelli -P. M. Berri (conci. conf.) -Ordine Mauriziano (avv. Stato Freni) c. Paviolo Marina. Competenza e giurisdizione -Giurisdizione ordinaria ed amministrativa Ente pubblico non economico -Licenziamento del dipendente -Richiesta di un provvedimento d'urgenza -Giurisdizione amministrativa. (I. 5 novembre 1962, n. 1596, art. 12; I. 15 luglio 1966, n. 604, art. 6; I. 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 3). Se il giudice ordinario difetta di giurisdizione in ordine alla domanda principale -illegittimit del licenziamento -a maggior ragione il giudice stesso non pu avere giurisdizione in ordine alla richiesta di un provvedimento di urgenza che tenda a reintegrare, anche in via provvisoria, nell'impiego pubblico il dipendente licenziato e che comporti, ovviamente, la sostituzione del giudice ordinario alla pubblica amministrazione, nella ricostituzione di un rapporto risolto (1). (Omissis). -Con la sua istanza, l'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro, richiamata la propria natura di ente pubblico non economico, ai sensi della disposizione finale XIV della Costituzione e della legge 26 ottobre 1962, n. 1596, ribadisce la tesi prospettata col ricorso per regola (1) Il caso di specie riguardava un'insegnante straordinaria di ruolo di scuola elementare organizzata dall'ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro. In occasione della cessazione del rapporto d'impiego, disposto dall'Ente, l'interessata aveva chiesto inizialmente la reintegrazione nel posto di lavoro, previa dichiarazione di illegittimit del licenzh:imento; successivamente, proposto dal predetto Ente, istanza di regolamento preventivo di giurisdizione, il Pretore aveva sospeso il processo, ma la Paviolo aveva chiesto, con riferimento all'art. 700 c.p.c., di essere provvisoriamente reintegrata nel posto di lavoro. La coeva sentenza n. 2001, pronunciata tra le stesse parti e con la quale si riafferma un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, nel senso che appartiene alla giurisdizione del Giudice amministrativo l'impugnazione del licenziamento -assunto come illegittimo -del dipendente di un ente pubblico non economico (quale l'Ordine mauriziano), pubblicata in Foro it. 1975, I, 1954. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mento preventivo del 5 febbraio 1973 -secondo la quale la controversia proposta dalla Paviolo, riferendosi ad un rapporto di pubblico impiego, rientra nella competenza giurisdizionale del giudice amministrativo, non derogata dall'art. 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604 -ed osserva che la ulteriore domanda ex art. 700 cpc. incontra la medesima preclusione del difetto di giurisdizione del giudice ordinario, che si presenta in mi sura ancora pi marcata, in quanto la domanda anzidetta tende al con seguimento di una pronuncia con cui il giudice dovrebbe sostituirsi all'ente pubblico nella ricostituzione, sia pure provvisoria, di un rapporto cessato. L'istanza dell'Ordine mauriziano fondata. Il rapporto dedotto in giudizio dalla Paviolo presenta tutti i carat teri del tipico rapporto di pubblico impiego, sussistendo sia la natura di ente pubblico del datore di lavoro, sia l'atto formale di nomina della dipendente, sia l'estremo della prestazione continua, da parte della mede sima, di un'attivit lavorativa retribuita e subordinata, correlata ai fini istituzionali dell'ente. La natura di ente pubblico non economico dell'Ordine dei SS. Mau rizio e Lazzaro deriva, infatti, oltre che .alla richiamata disposizione finale della Costituzione (che conserva l'Ordine come ente ospedaliero) dalla legge 26 ottobre 1962 n. 1596, che riconosce all'Ordine mauriziano personalit di diritto pubblico (art. 2), precisando che lo stesso persegue fini di beneficienza, di istruzione e di culto . L'atto formale di nomina costituito dalla deliberazione del 27 luglio 1968, n. 16/54, con cui la Paviolo fu nominata insegnante straordinaria di ruolo della scuola ele mentare mauriziana di Torre Pellice. La continuit della prestazione, con le modalit innanzi precisate, risulta dall prospettazione dei fatti data dalla stessa attrice con la citazione del 13 ottobre 1972. Non pu sussistere dubbio, pertanto, circa la competenza giurisdi. zionale del giudice amministrativo a conoscere della controversia relativa alla pretesa illegittimit del licenziamento, essendo demandato al detto giudice, in via esclusiva, ai sensi dell'art. 29 n. 1, t.u. 26 giugno 1924, n. 1054 e dell'art. 7 1. 6 dicembre 1971, n. 1654, il contenzioso in tema di pubblico impiego. N pu ritenersi che la detta competenza giurisdizionale trovi alcuna deroga nell'art. 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604, poich -come stato pi volte affermato da queste Sezioni Unite (v. le sentenze 13 luglio 1974, n. 2115, 7 maggio 1973, n. 1199 e 22 agosto 1972, n. 2702) -la competenza funzionale attribuita dall'ultimo comma del menzionato articolo al pretore, in tema di licenziamenti individuali, non incide sui principi generali in materia di delimitazione della giurisdizione, e lascia quindi inalterati i criteri della ripartizione della giurisdizione stessa tra l'autorit giurisdizione stessa tra l'autorit giudiziaria ordinaria e quella amministrativa. PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 51 Se il giudice ordinario, pertanto, difetta di giurisdizione in ordine alla domanda di illegittimit del licenziamento intimato dall'Ordine mau riziano alla Paviolo, a maggior ragione il giudice stesso non pu avere giurisdizione in ordine alla richiesta di un provvedimento di urgenza che tenda a reintegrare, anche in via provvisoria, nell'impiego pubblico il dipendente licenziato, e che comporti, ovviamente, la sostituzione del giudice ordinario alla P.A. (ovvero all'ente pubblico non economico) nella ricostituzione di un rapporto risolto. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 6 ottobre 1975, n. 3163 e Pres. Stella Richter -Rel. Persico -Est. Zucconi Galli Fonseca -P. M. Di Majo (concl. diff.) -Viola ed altri (avv. Varvesi) e Consiglio Regionale Friuli-Venezia Giulia (avv.ti Varvesi, Pacia) c. Procura Generale Corte dei Conti (avv. Stato Savarese). Competenza e giurisdizione Regolamento di giurisdizione Conflitto di attribuzione Interferenze reciproche ove i mezzi vengano sollevati nella medesima controversia -Efficacia vincolante della decisione emessa dalla Corte costituzionale. (Cost. art. 134; cod. proc. civ., art. 41). La decisione della Corte costituzionale che risolvendo il conflitto di attribuzione sollevato dalla Regione contro lo Stato affermi la competenza della Corte dei conti a decidere dell'azione di responsabilit proposta dal procuratore generale nei confronti di componenti della giunta regionale fa stato nel giudizio per regolamento preventivo di giurisdizione autonomamente proposto dagli intimati (1). (Omissis). -1. -Con atto di citazione del 24 settembre 1971 il procuratore generale della Corte dei conti convenne davanti alla corte (1) Come noto, con sentenza 30 dicembre 1972, n. 211 -in questa Rassegna 1973, 1, 96 -la Corte costituzionale, decidendo un conflitto d'attribuzione proposto dalla regione Friuli-Venezia Giulia contro lo Stato, stabil che spettasse alla Procura Generale della Corte dei conti promuovere l'azione di responsabilit sia nei confronti dei dipendenti della regione che a questa avessero causato danni nell'esercizio delle loro attribuzioni, sia nei confronti dei componenti la giunta della regione medesima per omissione della denuncia di tali danni (cfr. per i precedenti della citata decisione n. 211 del 1972, Corte cost. 26 giugno 1970 n. 110 e 5 aprile 1971 n. 68 pubblicate oltre che in questa Rassegna, 1970, I, 723 e 1971, I, 526 in Giur. cast., 1970, 1203; 1971, 627 con note di richiami; in dottrina, CAPOTOSTO, Giurisdizione della Corte dei conti e autonomia regionale, in Giur. it., 1971, IV, 163). L'attuale decisione delle Sezioni Unite, risolve il problema delle interferenze fra il pregresso giudizio costituzionale e la questione di giurisdi 52 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO un dipendente della regione Friuli-Venezia Giulia (Tarsilio Viola) insieme col presidente ed otto componenti della giunta regionale (Alfredo Berzanti, Enzo Moro, Antonio Comelli, Francesco De Carli, Cesare Devetag, Bruno Giust, Giovanni Vicario, Vittorio D'Antony e Salvatore Varisco), chiedendo che fossero condannati in solido a pagare alla regione le spese di riparazione di un'autovettura, il primo per averla danneggiata, gli altri per aver omesso di denunciare il fatto dannoso alla procura generale della Corte dei conti, in conformit alla deliberazione di massima n. 2861 da essi approvata il 6 agosto 1969, con la quale si era disposto che per i danni provocati dai dipendenti regionali addetti alla conduzione di veicoli non si dovesse presentare denuncia al procuratore generale della Corte dei conti, perch la competenza in materia spettava al giudice ordinario. In pendenza del giudizio, gli intimati hanno proposto (con atto notificato il 5 febbraio 1972) istanza di regolamento preventivo della giurisdizione, sostenendo che la competenza giurisdizionale della Corte dei conti non si estende alla responsabilit civile degli amministratori e dei dipendenti degli enti pubblici diversi dallo Stato, anche perch ne risulterebbero compromessi il diritto d'azione e l'autonomia degli enti stessi (primo motivo), e che essa comunque non pu riguardare i componenti delle giunte regionali, non esistendo alcuna norma che li assoggetti alla responsabilit prevista per i funzionari dello Stato dall'art. 52 del r.d. 12 luglio 1934, n. 1214 e per i direttori generali e i ministri tenuti ad zione preventivamente proposta dagli intimati nel processo di responsabilit. di tutta evidenza che si tratti di una fattispecie del tutto peculiare e di ci stato posto l'accento nella motivazione: infatti la Corte costituzionale nell'affermare la giurisdizione della Corte dei conti sulla causa oggetto del regolamento preventivo, aveva pronunciato -risolvendole -sulle stesse questioni sottoposte, poi, all'esame delle Sezioni Unite. Da ci deriva, inevitabilmente, sia una certa difficolt di sistemazione dei principii, sia una generale perplessit di ordine teorico e di inquadramento concettuale, inerente alle enunciazioni contenute in sentenza e suscettibili di ultedore generalizzazione. Serrate critiche vengono rivolte a questa decisione da M. R. MORELLI, In margine ad un interessante caso di interferenza fra regolamento di giurisdizione e confiitto costituzionale di attribuzione, in Giust. civ. 1975, I, 1810. I dubbi sussisterebbero, secondo l'A., soprattutto per non essere ipotizzabile l'identit dell'oggetto e delle questioni nei due giudizi. E cio pur se venuta, in entrambi i .casi, in discussione la competenza della Corte dei conti a conoscere dell'identica vicenda sostanziale, la differenza (dell'oggetto-e delle questioni dibattute) nei due giudizi sembra ineliminabile (e tale da mantenere i giudizi stessi su piani paralleli e non di interferenza); risiedendo, in particolare, in ci che della detta competenza stato, nel primo caso, esaminato l'aspetto esterno della legittimit (sotto il profilo della eventuale inva,.,.. sione della sfera di autonomia, costituzionalmente garantita, di soggetto concettualmente distinto dallo Stato, quale la Regione); e, nel secondo caso, ~ f: ~ \: 11~111rllfwl#Jl#?Jilfltiwri!i&;;11r?i.flffifllltli:flN1iff1ili!:ir;11r;111i!rt:*r1rr11~1:r11t~mr&rlwlf:r1ill::,.:r:rr@mmrrn1w11::~r0Iet1~ PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 53 -obbligo di denuncia dall'art. 53 dello stesso decreto, dall'art. 83 del r.d. 18 novembre 1923, n. 2440 e dall'art. 20 del d.p. 10 gennaio 1957, n. 3, e non potendo le giunte regionali, che svolgono attivit politica e di alta amministrazione, sanzionata soltanto con una responsabilit collegiale di .natura politica, essere equiparate agli organi collegiali di cui all'art. 24 decreto. Pu dunque concludersi che n la mancanza di approvazione di un progetto di opera singola o semplice che dovesse sorgere sul terreno controverso, n la mancanza di approvazione di un piano particolareggiato che lo comprendesse, n la approvazione di un piano particolareggiato -quella appunto avvenuta con r. decreto 28 maggio, 1942 con stralcio, cio con esclusione dal piano approvato, del terreno stesso -importava difetto di potere espropriativo, non essendo questo condizionato positivamente ad uno dei due primi provvedimenti n negativamente ad un provvedimento come l'ultimo sopra indicato. Ed appena il caso di aggiungere -in riferimento all'ultima cen-sura del ricorrente principale -che irrilevante ai fini dell'interpretazione delle norme di cui trattasi il comportamento posto in esseredalla Pubblica Amministrazione e l'interpretazione delle norme implicate. in tale comportamento, considerato questo sia nel suo insieme sia nell'emanazione di specifici provvedimenti. Con un secondo gruppo di censure (due) i ricorrenti principali si dolgono che la Corte del merito abbia disatteso la loro domanda subordinata, diretta alla retrocessione del terreno (ovviamente in relazione ad una ipotesi riconducibile alla previsione dell'art. 63 della legge sulle espropriazioni per causa di pubblica utilit n. 2539 del 1865) per avere ritenuto il diritto alla retrocessione estinto per prescrizione decennale. Sostengono in particolare i ricorrenti principali con la prima di queste censure: La Corte del merito err per avere fissato il termine iniziale di decorrenza della prescrizione alla data -28 maggio 1942 -del decreto di approvazione del piano particolareggiato con cui il terreno era stato stralciato dalla zona regolata dal piano stesso. In tal modo la Corte del merito -oltre a non tener conto che un piano particolareggiato non avrebbe potuto, senza incorrere in illegit-timit e quindi in disapplicazione ex art. 5 legge abolitiva del contenzioso amministrativo, innovare rispetto alla legge (r. decreto-legge numero 1567 del 1937) che aveva fissato il perimetro dell'opera, dichiarandone la pubblica utilit -insorse in contraddizione con le proprie affermazioni circa il carattere generalizzato e l'efficacia immediata della detta dichiarazione, circa la inettitudine dei piani particolareggiati ad influire sull'insorgenza del potere espropriativo, circa la funzione me-ramente urbanistica dei piani particolareggiati; la Corte del merito non consider che il piano particolareggiato del 1942 non aveva assegnato al terreno una destinazione diversa da quella impressagli, secondo la stessa Corte del merito dalla dichiarazione di pubblica utilit ma si era limitato a stralciarla, cio a i:' ii. ~~~ --I, -1: -: ~ 1.:.l':.:-':.:1:.-:-..-..................-........-........ .-.-.-.-..:z~-:-::z:-:.:..~.............-..-..-.-.-..-.......-....... .-r-,---,.--.,.,.,..., . -.-.---.. ............. - PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 65 non regolarne la destinazione mentre l'unica modifica al regime e al contenuto della dichiarazione di pubblica utilit era potuta avvenire ed era avvenuta col nuovo Piano regolatore generale, che aveva conferito alla zona ed all'area una destinazione nuova ed incompatibile con quella prevista dalla cennata dichiarazione: dalla data di adozione (1962) o di approvazione (1965) del detto nuovo Piano avrebbe potuto decorrere la prescrizione e da tale data il decennio non era decorso. Con la seconda delle dette censure i ricorrenti principali deducono che la Corte del merito err per avere ritenuto la applicabilit della prescrizione decennale, laddove, essendo il diritto alla retrocessione un diritto reale o almeno ad rem, trova applicazione la prescrizione ventennale (nella specie non decorsa neppure a partire dal 1942). Dal canto suo la Amministrazione ricorrente incidentale, con l'unico motivo di ricorso, sostiene che la Corte del merito, in luogo di dichiarare prescritto il diritto dei Bonini alla retrocessione avrebbe dovuto radicalmente escludere tale diritto in quanto non si versava nell'ipotesi di cui all'art. 63 della legge generale sulle espropriazioni per causa di pubblica utilit. In realt le ragioni esposte a proposito del primo gruppo di censure dei ricorrenti principali inducono a ritenere che, come i piani particolareggiati previsti dall'art. 1 del decreto legge n. 1567 del 1937 per il perimetro dell'Esposizione -e qu,indi quello approvato con decreto 28 maggio 1942 -non avevano alcuna influenza sul potere espropriativo attribuito per la realizzazione dell'opera pubblica di cui si tratta, cos essi non potevano dar luogo, 'rispetto ad una area compresa nel perimetro ed espropriata ai fini dell'opera predetta (quale che fosse il loro contenuto e sia che considerassero sia che stralciassero l'area stessa), ad una situazione riconducibile a quella prevista dall'art. 63 della legge n. 2539 del 1865 come ipotesi di mancata esecuzione dell'opera in vista della quale fu disposta l'espropriazione. Ma se ci vero per i piani particolareggiati -in quanto la loro funzione non ineriva al procedimento espropriativo preordinato all'ope ra dichiarata di pubblica utilit del decreto legge n. 1567 del 1937, ed atteneva al coordinamento dell'assetto urbanistico del perimetro col Piano Regolatore di Roma, all'anticipato assetto urbanistico del perime tro in vista della sua ricomprensione del detto Piano regolatore -ci egualmente vero per il provvedimento (comunque questo considerasse l'area compresa nel perimetro ed espropriata ai fini dell'opera predetta) con cui tale ricomprensione fu attuata, e cio per l'approvazione del Nuovo Piano Regolatore di Roma, intervenuta soltanto nel 1965. Il contrario assunto, in riferimento all'approvazione del nuovo Piano regolatore di Roma 1962-1965, non meno che in riferimento alla approva 66 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zione del piano particolareggiato 28 maggio 1942, potrebbe reggersi soltanto a condizione di ammettere alternativamente: a) in astratto, che la previsione dell'art. 63 della legge generale sulle espropriazioni si estende ad ipotesi diverse da quella di mancata esecuzione (o di mancata esecuzione entro il termine) dell'opera pubblica in vista della quale il bene stato espropriato; b) in concreto che l'opera per cui il terreno controverso fu espropriato non fosse stata eseguita o possa considerarsi come non eseguita. Ora il primo dei due presupposti si concreta in una interpretazione dell'art. 63 della legge generale sulle espropriazioni che nettamente da respingere. Per quanto si voglia estendere la portata della norm che sancisce il diritto soggettivo alla retrocessione in caso di mancata esecuzione dell'opera pubblica -non consentito andare oltre l'ipotesi che l'opera eseguita sia per le sue caratteristiche talmente diverse dall'opera prevista dalla dichiarazione di pubblica utilit da non potersi identificare con essa. N basta che ricorra l'impossibilit materiale o giuridica di impiegare il bene espropriato per l'opera pubblica per la quale stato espropriato: occorre che tale impossibilit risalga o si accompagni alla mancata esecuzione di quella opera pubblica. Il secondo presupposto, a ben vedere, si sostanzia dell'avviso che oggetto della dichiarazione di pubblica utilit contenuta nell'art. 1 del decreto-legge n. 1567 del 1937 fossero i singoli edifici destinati ad accogliere le singole manifestazioni della Esposizione, e che, non essendosi potuta realizzare l'Esposizione a causa della guerra, l'9pera fosse divenuta impossibile. Ma, una volta stabilito che oggetto della dichiarazione di pubblica utilit era un'opera composta, destinata in pari tempo a costituire la sede dell'Esposizione e la struttura essenziale di un nuovo nucleo edilizio ed urbanistico per l'espansione della citt verso il mare, non pu dubitarsi che l'opera sia stata realizzata, a nulla rilevando che la Esposizione non abbia avuto luogo. Non ricorreva dunque, in base agli atti e ai fatti dedotti, alcuna ipotesi costitutiva del diritto alla retrocessione, riconducibile alla previsione dell'art. 63 legge generale sulla espropriazione. Ci importa che la statuizione di rigetto della domanda subordinata, contro cui diretto il secondo gruppo di censure del ricorso principale conforme a diritto dovendosi solo rettificare nei sensi suesposti, ex art. 384 cpv. c.p.c., la motivazione posta a base di essa. Sicch, da un lato anche le dette censure vanno dj.sattese, dall'altro lato il ricorso incidentale, esaurendosi nel sollecitare l'esercizio del cennato potere-do; vere di rettificazione, potere-dovere che va esercitato ex officio, ca ~: rente di interesse. -(Omissis). i= !' li I .........,~ SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA CIVILE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 2 dicembre 1974, n. 3925 -Pres. Salemi -Est. Miani -P. M. Caccioppoli (diff.) -Sammartino (avv. Leone) c. Ministero dei trasporti (avv. Stato Ricci). Prescrizione -Illecito costituente reato -Fatto-reato produttivo di evento plurimo -Azione penale per un solo reato -Decorrenza della prescri zione anche per l'illecito relativo al reato non perseguito dalla decisione definitiva sul diverso reato perseguito. (cod. civ., art. 2947, comma terzo). Prescrizione -Fatto illecito costituente reato -Estinzione per amnistia a seguito di modifica dell'imputazione -Decorrenza del termine di prescrizione. (cod. civ., art. 2947, comma terzo). Se con un unico fatto che costituisce reato si violano pi disposizioni della legge penale (concorso formale di reato) agli effetti della prescrizione del diritto al risarcimento derivante dall'unica condotta occorre aver riguardo al fatto reato in s, indipendentemente dalla circostanza che da esso derivino eventi diversi, onde la prescrizione decorre dalla data della sentenza irrevocabile che definisce il procedimento penale e non ha rilievo, a tale scopo, la estinzione in precedenza verificatasi di taluno dei reati concorrenti (1). Qualora l'illecito costituente reato sia stato dichiarato estinto per amnistia, ai fini della decorrenza del termine di prescrizione dell'azione risarcitoria civile occorre distinguere tra il caso che il reato sia sen z'altro compreso tra quelli previsti nell'atto di clemenza, nel quale il termine decorre dal decreto di amnistia, e quello in cui il reato indi cato nel capo di imputazione non risulti direttamente nelle previsioni del decreto di amnistia. In quest'ultima ipotesi la prescrizione decorre dalla data in cui divenuta irrevocabile la sentenza che, degradando l'originaria imputazione, dichiara l'estinzione del reato per amnistia (2). (1-2) La prima massima ribadisce un princ1p10 che gi affenilato nella giurisprudenza della S.C. (v. sent. 27 giugno 1972, n. 2195; Cass. 14 aprile 1972, n. 1193, in questa Rassegna 1972, I, 403; Cass. 6 settembre 1966, n. 2326, in questa Rassegna 1966, I, 1036; Cass. 23 giugno 1964, n. 1640, in Giust. civ. 1964, I, 2254) anche se non pacificamente (contra infatti Cass. 3 novembre 1961, numero 1961, n. 2544, in Resp. civ. e prev. 1962, 76 in fattispecie del tutto analoga a quella decisa nella sentenza che si annota). Malgrado il consolidarsi dell'in 68 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -Col primo motivo, il ricorrente, denunziando la violazione dell'art. 2947 comma terzo cod. civ., lamenta che la sentenza impugnata, mantenendo ferma la statuizione emessa, sul punto, dal Tribunale, abbia ritenuto che il termine di prescrizione dell'azione di risarcimento del danno causato dal sinistro ferroviario di cui trattasi fosse quello biennale di cui al secondo comma del predetto articolo, con decorrenza dalla data dell'evento dannoso, mentre, poich questo era stato causato da un fatto considerato dalla legge come reato, per il quale era stata iniziata azione penale con l'imputazione di disastro ferroviario colposo, e poich per tale reato era stabilita una prescrizione pi lunga di quella stabilita dall'art. 2947 comma secondo cod. civ., il termine biennale di prescrizione dell'azione civile decorreva dalla data in cui era divenuta irrevocabile la sentenza penale che, degradando l'anzidetta originaria imputazione in quella di pericolo colposo di disastro ferroviario, aveva dichiarato estinto tale reato per amnistia. Il motivo fondato. Non vale ad escluderne l'ammissibilit la obiezione della resistente, che, cio, il motivo non investe l'affermazione della sentenza impugnata circa il passaggio in giudicato del punto della sentenza di primo grado che aveva ritenuto che la prescrizione era quella biennale decorrente dalla data del sinistro. La motivazione della sentenza impugnata, invero, non contiene tale affermazione, ma si limita a far proprie, perch non specificamente censurate dall'appellante, le considerazioni sulle quali principalmente si basava la decisione di primo grado, e cio che la prescri dirizzo debbonsi ribadire le perplessit che tale pronunzia suscita .e gi esternate in questa Rassegna in nota alle sentenze n. 1193 del 1972 e n. 2326 del 1966. Si pu qui aggiungere .che una conferma della esattezza di quelle critiche viene da una recente decisione dello stesso S.C. nella quale si insegna che il giudice, al fine di accertare se sia applicabile o meno la pi lunga prescrizione penale, deve operare un raffronto tra due termini necessariamente omogenei. Omogeneit,. questa, che evidenziata dall'operazione di raffronto richiesta dalla norma in esame. Se i due termini vanno posti a raffronto, e se il risultato deve essere, al fine dell'applicabilit della norma in esame (art. 2947, terzo comma), che l'uno rientri nell'altro, cio che vi sia coincidenza fra loro, necessario che essi abbiano la stessa natura, siano appunto omogenei; anche se poi siano assunti nelle fattispecie di due norme distinte rispettivamente per finalit diverse, ricollegandosi all'uno e all'altro diverse qualificazioni e conseguenze giuridiche in relazione alle diverse finalit che le due norme distinte si propongono di raggiungere. Il raffronto va operato, al fine suddetto, tra il fatto illecito dedotto in giudizio e la fattispecie ipotizzata in una norma penale incriminatrice. Il fatto illecito civile costituito da un comportamento, commissivo od omissivo, e da un evento, che sia in rapporto di causalit con quel comporta mento, dal quale evento deriva il danno di cui si chiede il risarcimento. La fattispecie ipotizzata in una norma penale incriminatrice consiste nel l'oggettivit materiale del reato; oggettivit materiale che al fine suddetto, PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 69 :zione applicabile era quella di cui sopra in quanto per le lesioni sofferte ,dal Sammartino non era stata iniziata l'azione penale. Il ricorrente, dolendosi, col motivo in esame, della violazione dell'art. 2947 comma terzo cod. civ., e indicando la soluzione che secondo lui doveva esser adottata in luogo di quella di cui ha denunziato l'erroneit, ha sufficientemente :Specificato le ragioni per le quali chiede la cassazione della sentenza impugnata e le tesi da lui sostenute: e tanto basta perch il sindacato -O.i legittimit debba esercitarsi sulla soluzione data dalla Corte di me rito alla questione di cui sopra, esaminando se tale soluzione sia o meno .conforme al diritto e rilevando a tal fine, anche in difetto di adeguate .censure del ricorrente, l'inesattezza delle argomentazioni giuridiche ad. dotte, per motivarla, d!J.lla sentenza impugnata. Nel caso concreto va rilevata anzitutto l'erroneit del criterio seguito .dalla Corte d'appello nel decidere il punto devoluto al suo riesame,. .criterio consistente nel confermare senz'altro la statuizione impugnata .solo perch le censure formulate contro di essa dall'appellante investivano una parte della motivazione della sentenza di primo grado e non .anche le considerazioni sulle quali sostanzialmente riposava la sta tuizione stessa. Infatti, una volta che questa era stata specificamente impugnata, non era a parlarsi di acquiescenza, giacch l'acquiescenza pu riguardare soltanto i punti di fatto o di diritto che hanno formato oggetto di decisione, e non anche le considerazioni giuridiche addotte a .sostegno delle relative pronunzie. La manchevolezza delle argomentazioni con cui l'appellante aveva illustrato il proprio motivo di gravame non .esentava, perci, la Corte d'appello dal dovere di esaminare se esso fosse fondato, e se le considerazioni del Tribunale non confutate dall'appellante fossero esatte in diritto: dovere al quale la detta Corte si sottratta, facendo propria, senza alcun riesame, l'affermazione del Tri >, quando, cio, come nella specie, il reato perseguito penalmente sia diverso da quello che fa sorgere il diritto al risarci mento del -danno (perch diversi sono gli eventi presi in considerazione dalle norme penali) non pu applicarsi la prescrizione relativa al reato penalmente perseguito, ma esclusivamente quella relativa al reato lesivo dell'interesse del danneggiato. Il principio contenuto nella seconda massima , invece, pacifico; v. oltre la citata sent. 14 aprile 1972, n. 1193 (in motivazione) le altre decisioni richiamate in quella annotata. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE quel medesimo fatto-reato di cui il danno lamentato dal Sammartino era una diretta conseguenza, l'ipotesi prevista dall'anzidetto terzo comma dell'art. 2947 si era verificato, anche se l'azione penale non era stata promossa per il reato di lesioni colpose in danno del Sammartino stesso; e perci, qualora non si fosse verificata l'ipotesi pure prevista dal comma anzidetto, dell'estinzione del reato per una causa diversa dalla prescrizione, si sarebbe dovuta applicare anche all'azione civile il pi lungo termine di prescrizione stabilito per il reato di disastro ferroviario colposo, il che escludeva l'applicabilit di quello biennale decorrente dalla data dell'evento dannoso. Tuttavia, nel caso concreto, l'imputazione era stata, con sentenza del 2 marzo 1963 del Tribunale di Roma, degradata in quella di pericolo colposo di disastro ferroviario, e tale reato era stato dichiarato estinto in virt dell'amnistia concessa con decreto presidenziale 24 gennaio 1963, n. S. Si era cos avverata una delle ipotesi previste nella seconda parte del terzo comma dell'art. 2947, le cui disposizioni erano, pertanto, quelle che si dovevano applicare nel caso concreto. Tali disposizioni sono state, dalla giurisprudenza di questa Suprema Corte, interpretate nel senso che qualora l'illecito costituente reato sia stato dichiarato estinto per amnistia, si deve distinguere, ai fini della decorrenza del termine di prescrizione dell'azione civile risarcitoria, tra l'ipotesi di un reato che, per il suo titolo e per la pena edittale comminata, sia senz'altro compreso nel novero di quelli previsti nell'atto di clemenza, per modo che immediatamente e direttamente da questo derivi la sua estinzione, e la diversa ipotesi in cui, restando originariamente il reato, nell'ipotizzazione fissata dal capo d'imputazione, al di fuori delle previsioni del decreto di amnistia, l'estinzione del reato stesso trovi la sua ragion d'essere e la sua base nella sentenza del giudice penale che, immutando o degradando il titolo del reato, lo abbia ricondotto nell'ambito dell'anzidetto beneficio. Mentre nella prima ipotesi deve applicarsi il principio generale per cui la prescrizione dell'azione civile decorre dlla data di entrata in vigore del decreto di amnistia, nella seconda ipotesi, invece, torna applicabile l'ultima delle disposizioni delanzidetta seconda parte del comma terzo dell'art. 2947, quella, cio, che stabilisce che il diritto al risarcimento del danno causato da un fatto costituente reato si prescrive, in tal caso, nei termini indicati nei primi due commi dell'articolo stesso, ma che la prescrizione decorre soltanto dalla data in cui divenuta irrevocabile la sentenza che, degradando l'imputazione originaria e dichiarando estinto il reato, ha definito iI procedimento penale (Cass. 5 ottobre 1957, n. 3607; 16 maggio 1958,. n. 1586; 10 ottobre 1967, n. 273; 14 aprile 1972, n. 1193). Dall'applicazione al caso concreto del principio sopra enunciato, consegue che, al momento in cui il Sammartino, con la citazione del 22 gign<> RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 1965, fece valere nei confronti dell'Amministrazione delle Ferrovie il suo -diritto al risarcimento del danno cagionatogli dal fatto illecito, costituente reato, della dipendente dell'Amministrazione stessa, non si era ancora -compiuta la prescrizione del diritto medesimo. Infatti, poich in ordine a .quel fatto-reato si era proceduto penalmente, e poich l'estinzione del reato stesso trovava la sua ragion d'essere nella sentenza che, degradando 1'originaria imputazione, lo aveva ricondotto nell'ambito dell'amnistia, il termine della prescrizione della azione civile tornava bens ad essere quello biennale di cui al secondo comma dell'art. 2947, ma esso decorreva soltanto dell'azione nell'ambito del sistema processuale amministrativo, per poter individuare il momento iniziale del termine fissato dal 2 co. dell'art. 31 l. 1034/1971 per la proposizione della istanza diretta a far preventivamente decidere dal Consiglio di Stato la questione relativa alla competenza territoriale del Tribunale Amministrativo Regionale adita, occorre partire dalla data di effettiva costituzione in giudizio: in particolare, se la costituzione in giudizio avvenuta prima della scadenza dei termini di cui all'art. 22' l. 1034/1971, dovr farsi riferimento alla data di effettiva costituzione in giudizio; nel caso, invece, di costituzione in giudizio dopo la scadenza di detti ultimi termini, dovr farsi riferimento esclusivamente allo scadere dei termini in parola, senza alcuna considerazione della data di effettiva: costituzione in giudizio (2). (1-2) L'Amministrazione resistente e gli eventuali controinteressati possonocostituirsi in giudizio con presentazione di memorie e documenti fino alla scadenza del ventunesimo giorno anteriore alla udienza, con presentazione di sola memoria, e senza documenti fino alla scadenza dell'udicesimo giorno anteriore alla udienza; infine, fino alla data fissata per l'udienza di discussione possibile la costituzione col solo deposito, da parte del difensore, della procura e, nei casi in cui sia richiesta, della autorizzazione a stare in giudizio (cfr. i111 termini T.A.R. Veneto 25 febbraio 1975 n. 39 in I Tribunali Amministrativi Regionali 1975, I, 577). La decisione della VI Sez. che si annota esatta e pienamente da condividere. In relazione alla natura ordinatoria del termine per la costituzione in giudizio ricordiamo che l'art. 37 T.U. 26 giugno 1924 n. 1054 sul procedimento avanti il Consiglio di Stato fissa i termini per la presentazione di istanze, memorie e documenti ad opera delle parti destinatarie del ricorso; peraltro, poich nessun termine fissato per la costituzione in giudizio, il Consiglio di Stato ha ritenuto non perentorio il termine assegnato alle parti, beninteO qualora esse non debbano procedere alla notifica e al deposito di ricorso incidentale; cosicch le parti possono liberamente costituirsi in giudizio fino alla udienz:l cli assegnazione della causa a decisione, sia pure con salvezza dei termini per la presentazione di memorie e documenti che il Presidente del Consiglio di Stato assegner con decreto (cfr. IV Sez. 1 dicembre 1965 ,n. 744 in Consiglio di Stato 1965, I, 2063; V Sez. 14 maggio 1965 n. 519 ivi 1965, I, 932). Per il giudizio in Cassazione, come noto, se la parte alla quale notificato il ricorso intende contraddire, dovr farlo con controricorso, da notificarsi aI ricorrente entro 20 giorni dalla scadenza del termine stabilito per il deposito del ricorso. Ove difetti tale notificazione, la parte non potr presentare memo rie, ma soltanto partecipare alla discussione orale (art. 370 1 co. c.p.c.). Il controricorso, inoltre, deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilit, da un avvocato iscritto nell'apposito albo e munito di procura speciale (art. 370, 2 co., c.p.c) (cfr. in termini Cass. 16 marzo 1964 n. 600 e 15 marzo 1965 n. 428 in Il Consiglio di Stato 1964, II, 295; 1965, II, 222). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 28 novembre 1975, n. 622 -Pres. Aru Est. Buscema -Simioni (avv. Bonaventura) c. Commissione giudicatrice esami di maturit tecnica anno scolastico 1972-73 presso Istituto tecnico commerciale L. Einaudi di Bassano del Grappa ed altri (avv. Stato Lancia). Istruzione pubblica -Esami Risultanze esami di maturit Valutazioni di merito Intervento di fattori estranei ai parametri legali Sindacato di legittimit Ammissibilit Sussiste. Istruzione pubblica Esami Svolgimento di esami di maturit Comportamento del candidato nei confronti della Commissione Effetti Rile vanza Limiti. Istruzione pubblica Esami Esami di maturit Elementi valutabili dalla Commissione Criteri di valutazione Limiti. Istruzione pubblica Esami Esami di maturit tecnica commerciale Elementi valutabili Cultura e preparazione tecnica Rilevanza. Le valutazioni della Commissione di maturit costituiscono apprezzamento tecnico-discrezionale e rappresentano una delle basi insindacabili del giudizio finale; esse, peraltro, si pongono pur sempre come un posterius rispetto ad eventuali, anomale circostanze di fatto, alle medesime estranee, che ne possono aver alterato il contenuto; ne consegue che, se, ad esempio, alcune prove orali hanno subto un inquinamento per effetto di componenti perturbatrici estranee ai criteri legali di valutazione, non sussister alcuna preclusione, per il giudice di legittimit, alla indagine circa l'incidenza di dette componenti sullo sfavorevole esito dell'intero esame di maturit, indagine che dovr comunque limitarsi agli eventuali aspetti patologici del l'iter formativo degli apprezzamenti espressi (1). (1-4) Sugli elementi valutabili dal Consiglio di classe per l'ammissione agli esami di maturit cfr. Sez. VI 31 ottobre 1975, n. 601 (in Il Consiglio di Stato 1975, I, 1156). Sulla natura degli atti del Consiglio di classe e delle Commissioni esaminatrici nelle scuole medie e in ispecie della Commissione per gli esami di licenza media, configurati come valutazioni discrezionali di carattere tecnico-didattico non sindacabili nel merito ma solo sotto il profilo della legittimit cfr. Sez. VI 24 giugno 1975, n. 199 (ivi 1975, I, 935); T.A.R. Veneto 16 gennaio 1975, n. 5 (in I Tribunali Amministrativi Regionali 1975, I; 554). Sui limiti di censura della valutazione del candidato ad esami di maturit in relazione al curriculum, agli atti dello scrutinio di ammissione, alle prove e alla personalit del candidato, nonch sul giudizio finale di maturit si sono gi pronunciati molti T.A.R. (cfr., ad esempio, T.A.R. Umbria 24 gennaio 1975, n. 33 in I Tribunali Amministrativi Regionali 1975, I, 372; T A.R. Umbria 7 febbraio b ~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 89 In sede di svolgimento di esami di maturit al rispetto della personalit del candidato si contrappone costantemente, in forza del medesimo principio e su un piano di parit, il rispetto, da parte dell'esaminato, della .dignit dei commissari, sia come persone umane, sia come organi investiti .dell'esercizio di una pubblica funzione (2). A conclusione dell'esame di maturit il giudizio motivato va formulato, rispettivamente per ciascun candidato, sulla base dei seguenti elementi: a) risultanze tratte dall'esito dell'esame; b) curriculum degli studi; e) ogni altro elemento posto a disposizione della commissione (cfr. art. 8 .d.l. 15 febbraio 1969 n. 9, convertito, con modificazioni, nella l. 5 aprile 1969 n. 119, le cui disposizioni risultano prorogate ai sensi della l. 15 aprile 1971 n. 146 fino all'entrata in vigore della legge di riforma della scuola .secondaria), ne consegue che i soli precedenti scolastici non possono mai portare automaticamente ad un giudizio di maturit perch -diversamente -l'esame di Stato diverrebbe del tutto superfluo (3). In sede di maturit tecnica commerciale la Commissione esaminatrice .deve accertare non solo e non tanto il grado di cultura quanto piuttosto la preparazione tecnica del candidato, considerato che il titolo di studio non solo d accesso all'Universit, ma abilita altres all'esercizio professionale; ne consegue che la valutazione di non tecnicamente maturo , formulata dalla Commissione di maturit con congrua motivazione ex art. 8 d.l. 15 febbraio 1969 n. 9, non genera alcuna perplessit e risulta priva di vizi Jogici e pertanto esente da censure (4). ' 1975, n. 48 ivi 1975, I, 375; T .A.R. Molise 12 dicembre 1974 n. 1$ ivi 1975, I, 393; T.A.R. Liguria 13 febbraio 1975 n. 20 ivi 1975, I, 584; T.A.R. Toscana 27 maggio 1975 n. 206 ivi 1975, I, 2353; T.A.R. Lazio III Sez. 10 febbraio 1975 n. 77 ivi 1975, I, 499; T.A.R. Lazio III Sez. 24 febbraio 1975 n. 85 ivi 1975, I, 508; T.A.R. Toscana 26 marzo 1975 n. 105 ivi 1975, I, 967; T.A.R. Emilia Romagna 19 giugno 1975 n. 299 .ivi 1975, I, 2176; T.A.R. Puglia 25 febbraio 1975 n. 11 ivi 1975, I, 736; T .A.R. Veneto 19 dicembre 1974 n. 96 ivi 1975, I, 86; T.A.R. Campania 18 giugno 1975 n. 81 ivi 1975, I, 2396; T.A.R. Puglia 8 luglio 1975 n. 100 ivi 1975, I, 2429; T.A.R. Puglia 11 giugno 1975 n. 86 ivi 1975, I, 2412: le ultime due sanciscono l'insussistenza dell'obbligo di un giudizio complessivo sulla personalit del candidato). Sul criterio di prevalenza dell'esito negativo delle prove di esame rispetto al giudizio positivo di ammissione cfr. Consiglio di Stato VI Sez. 21 giugno 1974 n. 218 (in Il Consiglio di Stato 1974, I, 976); T.A.R. Veneto 17 dicembre 1974 n. 66 e T.A.R. Umbria 17 dicembre 1974 n. 84 (rispettivamente in I Tribunali Amministrativi Regionali 1975, I, 69 e 198). . Sulla decorrenza del termine per impugnare il provvedimento di ammissione .all'esame di maturit (che decorre non dal giorno di pubblicazione nell'albo dell'Istituto, ma dal momento in cui l'interessato ha avuto conoscenza anche della motivazione del giudizio del Consiglio di Classe) cfr. T.A.R. Puglia 17 dicembre 1974 n. 45 (in I Tribunali Amministrativi Regionali 1975, I, 211). R. T. SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 ottobre 1975, n. 3277 -Pres. Rossi Est. Carnevale -P. M. Serio (conf.) -Ministero delle Finanze (Avv. Stato Arnone) c. Cal. Imposte e tasse in genere Obbligazione tributaria Natura Applicabilit di tutte le regole di diritto civile non espressamente derogate. Imposte e tasse in genere Imposte indirette Solidariet Successione ereditaria Divisione del debito fra eredi. (c. c. 752, 754, 1294, 1295, 1318; t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 16; d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 65). L'obbligazione tributaria, quale sottospecie delle obbligazioni pubbliche, non si differenzia nella sua struttura, una volta venuta od esistenza, dalla obbligazione di diritto privato, si che, in mancanza di specifiche deroghe stabilite dalle leggi tributarie, la disciplina dettata dal cod. civ. in materia di obbligazioni direttamente applicabile anche ad essa (1). Poich l'obbligazione tributaria non una obbligazione indivisibile, e poich la norma eccezionale dell'art. 16 del t.u. 29 gennaio 1958 n. 645 ha una portata che non si estende oltre la materia delle imposte dirette, nelle imposte indirette deve valere la regola di diritto comune che l'obbligazione tributaria a seguito della morte del contribuente si divide fra gli eredi in proporzione delle rispettive quote (2). (1-2) Considerazioni sulla obbligazione tributaria e la sua trasmissione per causa di morte. Con questa l'approfondita pronuncia, per la risoluzione di una questione alquanto limitata, stato ridiscusso sotto numerosi profili il problema della obbligazione tributaria nei suoi fondamentali caratteri; ci offre l'occasione per alcune considerazioni sia d'ordine generale che specifiche del tema controverso. Sulla prima grande questione della obbligazione pubblica, della quale quella tributaria una sottospecie, si deve sicuramente condividere l'affermazione che la nozione essenziale di obbligazione unica per tutto l'ordinamento giuridico; non si saprebbe nemmeno,immaginare una obbligazione che, nel suo elementare concetto, sia diversa da quella di diritto privato; la nozione di obbligazione, piuttosto supposta che definita nel cod. civ., talmente elementare e connaturale alla vita del diritto che la nostra fantasia non riuscirebbe mai a concepirla diversamente. Pertanto le questioni un tempo sollevate sulla specialit della obblgazione pubblica e della obbligazione tributaria in specie (GIANNINI A. D., I concetti fondamentali del diritto tributario, Torino, 1956, 144; GIANNINI M. S.; Diritto amministrativo, Milano 1970, I, 739) possono considerarsi ormai spente. Si deve pure nella sostanza condividere l'affermazione che, sotto l'aspetto sostanziale, i soggetti del rapporto obbligatorio di imposta si trovano, come in un'obbligazione di diritto privato, in posizione di eguaglianza nel senso che le \ ~= f: ?: i~ I f: ' -.~ i . I i PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 91 (Omissis). -Con l'unico motivo -denunciando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 752, 754 e 1295 cod. civ. e la violazione dell'art. 16 del t.u. sulle imposte dirette 29 gennaio 1958, n. 645, in relazione all'art. 360, n. 3 cod. proc. civ. -l'Amministrazione ricorrente si duole che la Corte del merito abbia ritenuto che il principio fissato dall'art. 16 del citato t.u. n. 645 del 1958, secondo cui gli eredi rispondono solidalmente delle obbligazioni tributarie del loro dante causa, non abbia applicazione generale nell'ordinamento tributario, che, avendo la legge di registro disciplinato in modo autonomo i casi di solidariet tributaria, configurare altre ipotesi di solidariet equivarrebbe ad una non consentita modifica del sistema; che, conseguentemente, gli eredi del soggetto passivo dell'imposta di registro sarebbero tenuti al pagamento del tributo soltanto in proporzione della loro quota, in conformit al disposto dell'art. 752 cod. civ., e non solidalmente. Deduce, in contrario che le disposizioni contenute negli articoli da 1 a 16 del t.u. sulle imposte dirette, ed altre del medesimo testo unico, prevedendo principi di carattere generale in materia di diritto tributario, sono applicabili anche ai tributi indiretti, salvo che nelle singole leggi disciplinanti questi ultimi non si rinvengano deroghe espresse; che qualora il principio della solidariet tra gli eredi per le obbligazioni tributarie del de cuius trovasse appli potest conferite all'Amministrazione, quale soggetto di diritto pubblico, attengono all'aspetto formale (procedimento di accertamento, liquidazione e riscossione e, eventualmente, sansionatorio), riguardano cio il modo dell'adempimento di un'obbligazione precostituita per legge e, all'inverso, il contribuente, che si trova in una condizione di soggezione rispetto ai poteri formali volti alla realizzazione del credito, invece in posizione di diritto soggettivo riguardo al contenuto sostanziale dell'obbligazione. Tuttavia, almeno per l'obbligazione tributaria, la fase procedimentale caratterizzata dall'esercizio dei poteri autoritativi, non riguarda la nascita dell'obbligazione (da un provvedimento amministrativo) ma, al contrario, soltanto il suo adempimento. Non quindi esatto ritenere che una volta nata, l'obbligazione tributaria si comporta come una obbligazione privatistica, perch vengono meno i poteri autoritativi della P .A.; invece vero il contratio, perch l'obbligazione tributaria e il prius e le potest amministrative prendono avvio successivamente, o contestualmente, alla sua nascita e ne caratterizzano il suo svolgimento fino all'esaurimento del rapporto. Da ci consegue che pressoch tutte le vicende dell'obbligazione si svolgono nell'ambito del procedimento amministrativo autoritativo, ed assumono quindi un'impronta assai caratterizzata. Se dunque sicuramente una obbligazione comune (nella sua unica possibile concezione) quella che nasce, direttamente dalla legge, definita nel suo essenziale contenuto sostanziale, ben differenziati e peculiari sono i caratteri della sua vita ulteriore. Non sembra pertanto che si possa ritenere che la intera disciplina dettada dal cod. civ. in materia di obbligazioni sia interamente applicabile all'obbligazione tributaria ogni volta che non si rinvengono specifiche deroghe stabilite dalle leggi tributarie. Ci pu valere per talune regole fondamentali, ma l'obbligazione tributaria tanto evidentemente caratterizzata, sia per la sua origine rigorosamente legale sia per il modo della sua realizzazione, che d'un canto numerose RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO cazione soltanto rispetto alle imposte dirette, la disparit di trattamento nei confronti degli eredi del soggetto passivo di un'imposta indiretta non avrebbe la bench minima giustificazione, laddove il detto principio risponde alla ratio, comune a numerose norme di diritto tributario, di assicurare una rapida e sicura esazione dei tributi; che la norma contenuta nell'art. 16 del t.u. sulle imposte dirette, per il suo carattere di precetto generale, deve prevalere su quelle, avente natura di norme eccezionali, di cui agli artt. 752, 754 e 1295 cod. civ.; che comunque, avuto riguardo alla autonomia strutturale e funzionale del diritto tributario, in caso di difformit, la norma di diritto tributario deve prevalere su quella di diritto privato; che, infine, anche sotto il profilo privatistico, la norma contenuta nell'art. 1295 cod. civ. presenta carattere di eccezionalit, derogando alla disciplina generale della solidariet, la quale risponde alla fondamentale esigenza di rafforzare il vincolo obbligatorio. Il motivo non fondato. opportuno premettere che l'obbligazione tributaria, quale sottospecie delle obbligazioni pubbliche, non si differenzia nella sua struttura,. regole del cod. civ., non espressamente derogate, non sono ad essa riferibili, d'altro canto essa obbedisce a principi generali del diritto pubblico e del diritto tributario autonomi dal diritto privato. Non si pu quindi impostare . problema della obbligazione tributaria partendo dalla sua normale sottoposizione alle regole del cod. civ. limitatamente (art. 4 preleggi) derogabili. superfluo menzionare, a riprova di ci, le numerosissime norme del cod. civ. non applicabili alla obbligazione tributaria in quanto tale, pur in mancanza di deroghe espresse. In via meramente esemplificativa si pu ricordare che l'obbligazione tributaria priva di causa (o, se si vuole, non ha altra causa che quella di far conseguire un'entrata allo Stato) e quindi non deve corrispondere ad un interesse anche non patrimoniale del creditore (art. 1174) e non si estingue quando il creditore non ha pi interesse a conseguirla (art. 1256); essa sottratta a qualunque potere di autonomia negoziale (art. 1322) e perfino ad ogni effetto riconducibile a manifestazioni di volont, si che non sono con essa conciliabili tutti i mezzi di trasmissione dell'obbligazione sia dal lato attivo (art. 1260 e segg.) che dal lato passivo (art. 1268 e segg.) e non pu darsi alcun altro modo di estinzione che non sia l'adempimento o la prescrizione (oggi anche la decadenza) per l'incompatibilit con gli istituti della novazione, della transazione, della remissione, della compensazione, della confuzione e dell'impossibilit sopravvenuta. La disciplina dell'obbligazione tributaria trova nelle norme speciali la sua fonte primaria. La stessa solidariet sempre dettata da norme specifiche e non discende dall'applicazione diretta dell'art. 1292. Lo stesso a dirsi della prescrizione che ha nel corpus delle leggi tributarie una regolamentazione completa (sono note le dispute sorte riguardo alla applicabilit del termine di prescrizione ordinaria e della prescrizione di giudicato dell'art. 2953 all'imposta di registro risolte negativamente sulla base della completezza della legislazione speciale in materia di registro, v. Relazione Avv. Stato, 1966-70, Il, 446). Ancor pi evidente l'autonomia di disciplina per quanto concerne i termini e i modi dell'adempimento, l'adempimento in via sostitutiva (sostituto di imposta), la mora del debitore (legge particolare sugli interessi), nonch le responsabilit sussidiarie ed i privilegi. Pi ancora caratterizza l'obbligazione tributaria la non vincolativit ~ I Il ~= PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 93 una volta venuta ad esistenza, dalla obbligazione di diritto privato, con la conseguenza che, in mancanza di specifiche deroghe stabilite dalle leggi tributarie, la disciplina dettata dal codice civile in materia di obbligazioni direttamente applicabile anche ad essa. L'assimilazione dell'obbligazione tributaria a quella di diritto privato dipende dal fatto che, in base all'ordinamento vigente, non possibile costruire due tipi diversi di obbligazione -quella di diritto privato e quella di diritto pubblico -aventi in comune uno schema generale, con la conseguente inapplicabilit alla obbligazione di diritto pubblico della disciplina prevista dal codice civile per le obbligazioni di diritto privato. Come stato posto in luce dalla prevalente dottrina, l'obbligazione costituisce, invece, un istituto generale che si attua e si manifesta in forme diverse in diritto pubblico e in diritto privato ed soggetto alle stesse regole che, formulate tradizionalmente con riferimento alle obbligazioni di diritto privato, valgono per tutto il genus obbligazione, in entrambe le sue specie fondamentali di obbligazione privata ed obbligazione pubblica. degli atti compiuti dal creditore che normalmente ha il potere di modificare, correggere o rinnovare i provvedimenti adottati in merito all'accertamento e alla liquidazione del tributo (supplemento, rinnovazione dell'accertamento, modifica del concordato), indipendentemente da una ragione qualificata che giustifichi la liberazione del precedente vincolo. Tutto questo autorizza a porre il problema della correlazione tra le fonti in modo diverso: l'obbligazione tributaria regolata in via primaria dalle norme specifiche tributarie e da principi generali desunti dal sistema tributario; rispetto ad essi le norme del cod. civ. hanno una funzione suppletoria, in quanto compatibili. Si deve cio rovesciare la premessa, da cui parte la sentenza in esame, che le regole del cod. civ. siano sempre direttamente applicabili in mancanza di specifiche deroghe. appena il caso di precisare che la differenza tra l'obbligazione tributaria e quella civile non si rinviene soltanto nella fase genetica, ma anche o soprattutto nella fase attuativa oltre che nel contenuto strutturale; non ha quindi rilevanza il problema, accennato ma non risolto (di cui omettiamo. ogni discussione in questa sede), del tempo della nascita della obbligazione nel momento del verificarsi del presupposto o a seguito, in uno stadio pi o meno. avanzato, del procedimento di accertamento, perch in ogni caso l'obbligazione tributaria, pur dopo la nascita, conserva la sua peculiarit. In questo quadro va affrontato il non facile problema della trasmissione mortis causa del debito tributario nelle imposte indirette. Sul valore della norma dell'art. 16 del t.u. 29 gennaio 1958 n. 645 sulle imposte dirette (cui corrisponde l'rat. 65 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600) la disamina non pu essere formalistica. Per buona parte le norme del primo titolo del t.u. del 1958 sono di portata generale almeno nei limiti della compatibilit con altre imposte (anche perch non esiste nessuna altra legge tributaria che contenga norme di questo tipo); il domicilio fiscale, la rappresentanza e assistenza del contribuente, le forme delle dichiarazioni, la definizione dell'accertamento e del concordato, le notificazioni, il computo dei termini, sono. '94 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'appartenenza di ambedue le specie ad un unico genus non toglie, _peraltro, che tra esse si riscontri una differenza fondamentale costituita dalla diversa posizione in cui le parti si trovano nella fase genetica del rapporto obbligatorio: di sostanziale eguaglianza in quelle di diritto privato (tanto che l'ordinamento prevede, per garantirla, norme volte alla tutela della parte economicamente pi debole); di sostanziale diseguaglianza nelle obbligazioni di diritto pubblico, essendo uno dei soggetti del rapporto, la P.A., titolare di poteri autoritativi. Una volta, per, che si sia esaurita la fase procedimentale, il cui atto conclusivo, costituente un provvedimento amministrativo, comporta la nascita o l'accertamento o la liquidazione della obbligazione di diritto pubblico, i poteri autoritativi della P.A. cessano e i soggetti del rapporto obbligatorio si trovano, come nel rapporto relativo ad un'obbligazione di diritto privato, in una posizione di uguaglianza. La richiamata differenza tra fase procedimentale e rapporto obbligatorio pu assumere rilevanza o meno anche in tema di successione mortis causa al soggetto nei cui confronti si verificato il presupposto tutti istituiti riferibili, con qualche adattamento, ad ogni specie di imposta, e d non tanto per espresso riferimento legislativo (che non era possibile perch le altre leggi tributarie erano in generale anteriori al t.u. del 1958) ma perch enunciano principi, da tempo riconosciuti, oggettivamente generali. Pertanto non ha valore la considerazione che il t.u., come legge delegata, non poteva dettare una nuova disciplina per imposte diverse da quelle dirette, perch ben poteva, senza innovare, dare una definizione pi precisa di principi preesistenti. Lo stesso art. 16, comma secondo e terzo, stabilisce delle regole, rapportabili a quelle del processo civile, di evideQ.tissima portata generale. Di conseguenza quando, in vista della stessa ratio di assicurare una rapida e sicura esazione dei tributi, si pone il problema se anche il primo comma dell'art. 16 .abbia portata generale e sia come tale applicabile alle imposte indirette non si fa minimamente una interpretazione analogica. 1'!. vero peraltro che non si pu conferire all'art. 16 una validit per le imposte indirette in modo acritico; necessario verificare, cosa che la sentenza in rassegna non ha tentato, se dalle leggi che queste disciplinano emergano elementi di aggancio per giustificare la validit della regola della solidariet fra eredi per tutte le imposte. A tal fine bisogna preliminarmente considerare che, nei rapporti di diritto .comune, se pure per l'obbligazione semplice (art. 754) vale la regola della divisione del debito in ragione delle quote, per l'obbligazione solidale (quale quella tributaria) la regola ben diversa, perch (art. 1295) la divisione ha luogo salvo patto contrario, il che per l'obbligazione tributaria che nasce dalla legge deve intendersi come salvezza di una diversa natura dell'obbligazione. Si gi visto che non pu parlarsi rispetto all'art. 1295 e.e. di norma di diretta applicazione all'obbligazione tributaria che non possa essere derogata senza una disposizione espressa; bisogna ora aggiungere che la derogabilit un'ipotesi normale che non crea problemi di analogia. Per le imposte indirette se non esiste una norma simile a quella dell'art. 16 del t.u. delle imposte dirette, perch essa appare meno necessaria. Infatti PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 95 al quale la legge tributaria ricollega l'imposta, a seconda che si ritenga che l'obbligazione tributaria abbia come fatto costitutivo tale presupposto, riservandosi alla successiva fase procedimentale una funzione meramente determinativa o liquidativa, ovvero sorga solo per effetto dell'atto di accertamento, o, infine, venga ad esistenza solo nel momento terminale della fase procedimentale; e cio quando essa sia esigibile o sia suscettibile di esecuzione forzata o sia idonea alla circolazione. Ove si ritenga, infatti, che l'obbligazione tributaria sia sorta gi nel momento del verificarsi del presupposto del tributo, la disciplina della successione nel debito d'imposta deve essere ricavata, salvo espresse deroghe, da quella dettata dal codice civile per le obbligazioni di diritto privato, qualunque sia il momento, purch ovviamente successivo alla realizzazione del presupposto di imposta, in cui il fatto costitutivo della successione si sia attuato. Qualora si ritenga, invece, che l'obbligazione tributaria nasca soltanto dopo l'inizio della fase procedimentale, in uno stadio pi o meno avanzato di questa, di successione nel debito d'imposta, salvo deroghe espresse alla disciplina prevista dal codice civile, potr parlarsi solo quando la successione ereditaria si sia aperta dopo la nascita dell'obbligazione tributaria. Se l'apertura della successione interviene prima di tale momento, mentre per le imposte dirette l'obbligazione tributaria si concreta in un puro e semplice debito pecuniario, per la maggior parte delle imposte indirette l'obbligazione svolge una funzione anche diversa da quella di procurare una entrata ovvero si affianca a fenomeni giuridici che la caratterizzano in modo diverso. Nelle imposte indirette, cio, l'obbligazione, pur non potendo essere considerata indivisibile agli effetti dell'art. 1316, ha un carattere di unit, varia bile da tributo a tributo; che la differenzia dalla obbligazione del tributo diretto. i!. di tutta evidenza l'impossibilit di adempimento parziale o frazionato delle imposte di bollo e di quelle ad esso assimilabili (tasse automobilistiche). I dazi doganali, le imposte di fabbricazione non possono essere mai divise e adempiute per quota, se si vuole realizzare il risultato di introdurre una merce nel territorio doganale o immettere in commercio un prodotto. Per le stesse sulle concessioni governative, il cui adempimento condizione di efficacia degli atti cui sono riferite (art. 2 d.P.R. 1 marzo 1961 n. 121 ed oggi art. 8 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 641) non avrebbe senso il pagamento per quota. Per eseguire iscrizioni e trascrizioni sui registri immobiliari necessario pagare per intero l'imposta dovuta per il titolo e non configurabile una formalit fatta per quota dietro adempimento per quota del tributo. Simili considerazioni valgono per le imposte sulle assicurazioni, per la tassa sulle radioaudizioni circolari, per i diritti erariali sugli spettacoli. In tutti questi casi una norma espressa sulla solidariet fra eredi sarebbe inutile e ben pu dirsi che nel sistema delle norme che disciplinano questi tributi insto il principio contrario all'art. 1295. Meno evidente si presenta la necessit strutturale della solidariet per l'imposta sull'entrata e oggi per l'imposta sul valore aggiunto. Per queste im poste, per l'adempimento, in via normale, ha luogo, specialmente per l'I.G.E., 8 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 96 I si verifica soltanto la successione nel procedimento, alfine di evitare l'interruzione della sequenza procedimentale, e nelle conseguenti soggettive,. regolate dalle norme tributarie. Posto, dunque, che l'obbligabione tributaria, una volta nata, deve ritenersi disciplinata, in linea di principio, anche per quanto riguarda la successione mortis causa nella posizione di debitore, dalle norme del codice civile, occorre prima di accertare se esistano norme di diritte> tributario che disciplinano in modo autonomo e diverso la vicenda della. successione nel debito d'imposta, far capo alle disposizioni contenute negli artt. 754, 1295 e 1318 cod. civ., le quali regolano la successione mortis causa nel lato passivo del rapporto obbligatorio con riferimento,. rispettivamente, all'obbligazione semplice, alla obbligazione solidale e alla obbligazione indivisibile. La prima di tali norme -applicabile alla obbligazione semplice ricollegandosi al principio romanistico nomina et debita hereditaria ipso jure diciduntur, prevede, in deroga alla regola generale della solidariet. tra condebitori posta dall'art. 1294 cod. civ., il frazionamento dei debiti del de cuius tra i coeredi in proporzione delle rispettive quote anche; nei rapporti esterni con i creditori, i quali, perci, possano pretendere immediatamente al verificarsi dell'atto economico, cosicch un debito degli eredi pu profilarsi solo sotto forma di repressione delle violazioni. In tal caso la regola della solidariet dovrebbe individuarsi in altre norme: l'obbligo di formare e conservare per cinque anni libri, j'egistri, bollettari ecc. e di esibirli ad ogni momento e l'obbligo di dimostrare con documenti l'assolvimento della. imposta su tutte le merci che si detengono e di essere in ogni momento in grado di giustificare la quadratura fra gli acquisti fatti e le merci vendute o giacenti in magazzino (artt. 26 e 27 della legge 19 giugno 1940 n. 762), cio gli obblighi fondamentali sui quali si impernia l'accertamento in via di repressione, si trasmettono sicuramente agli eredi i quali, oltre a rispondere delle relative pene pecuniarie, vengono ad essere addirittura coinvolti come contribuenti; e non sembra che in tale situazione possa pensarsi ad una responsabilit per quota. Veniamo infine all'imposta di registro e all'imposta di successione che pi direttamente interessano anche in relazione al caso deciso. Per l'imposta di successione si ragiona evidentemente non gi dell'obbligazione che sorge a seguito dell'apertura della successione rispetto alla quale gli eredi sono i contribuenti sicuramente coobbligati, ma dell'obbligazione gi sorta che si tra- smette a seguito di una ulteriore successione. Anche per questi tributi si pone la stessa considerazione gi fatta relativamente ai vari altri tributi, almeno rispetto all'imposta principale che unica. Se l'imposta principale non stata assolta in vita dal suo debitore, non sar sicuramente possibile registrare un atto o una sentenza o soddisfare, con le connesse conseguenze vantaggiose, l'imposta di successione per quota; se si paga una sola quota l'atto non pu essere registrato, perch non concepibile una registrazione parziale come non possibile una regolarizzazione parziale dell'imposta sulla successione. Di conseguenza non solo non sar possibile per nessuno degli eredi conseguire quegli effetti che la registrazione opera, ma PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 97 da ogni singolo erede non gi l'intera prestazione, ma soltanto quella parte di essa corrispondente alla sua quota di eredit. La seconda norma, derogando anch'essa alla citata regola generale stabilita dall'art. 1294 cod. civ., contiene una disciplina analoga con riferimento all'obbligazione solidale, disponendo che, salvo patto contrario, quest'ultima si divide tra i coeredi in proporzione delle rispettive quote; con la conseguenza che -sia che si ritenga che, per effetto della morte di uno dei. condebitori solidali, si verifichi, sia pure limitatamente a costui, l'estinzione della solidariet, la quale permane soltanto nei rapporti con i de.bitori originari, sia che pi esattamente si ritenga che la solidariet non cessa con la morte di uno dei debitori in solido, ma si modifica soltanto quantitativamente nei rapporti con i suoi eredi, nel senso che, pur permanendo il vincolo solidale, nei confronti di costoro si ha una limitazione quantitativa, per cui ciascun coerede rimane obbligato solidalmente con i condebitori originari solo fino alla concorrenza della propria quota ereditaria -il creditore pu esigere dal singolo erede del condebitore solidale soltanto quella parte dell'intera prestazione che corrisponda alla quota ereditaria di costui. L'ultima norma, dettata in relazione alle obbligazioni indivisibili, dispone, infine, che l'indivisibilit opera anche nei confronti degli eredi, per cui, essendo applicabile (art. 1317 cod. civ.) alle obbligazioni indivi saranno tutti soggetti al dovere di adempiere l'intera obbligazione. Ci del resto ben si spiega perch della registrazione come del pagamento dell'imposta di successione profittano tutti e tutti vi hanno interesse. Se, nel caso di un atto pubblico, magari soggetto ad approvazione od omologazione, sopravviene la morte del contraente dopo la stipulazione e prima della registrazione, la registrazione sar richiesta dall'Ufficiale rogante nell'interesse degli eredi, i quali saranno responsabili in solido ex art. 93 n. 1 dell'abrogata legge di registro; e se, caso che pu pi frequentemente verificarsi, negli atti sottoposti a condizione sospensiva sopravviene la morte del contraente si che dell'avveramento della condizione profittano gli eredi, questi sono obbligati in solido per l'espressa norma dell'art. 93 n. 4. Per le scritture private e le sentenze non ancora registrate al momento della morte dell'autore, parti interessate (art. 82 primo comma) e parti istanti -o che fanno uso della sentenza (art. 93 n. 2) sono evidentemente tutti gli eredi. La solidariet anche fra eredi dunque una necessit pratica espressamente disciplinata ,almeno relativamente all'imposta principale. Ma se cos , non pu essere diversa la soluzione da dare per l'imposta complementare che ha la stessa identica natura; non potrebbe seriamente giustificarsi un pi favorevole trattamento del debitore come premio per non aver fatto una denuncia fedele dei valori. Ma la conclusione non potrebbe essere diversa anche per l'imposta suppletiva che, se pur soggetta ad un diverso regime per taluni effetti, pur sempre una parte dell'unico tributo; la solidariet una caratteristica struttu rale della obbligazione e non dipende mai dai modi in cui si realizza l'adempi mento. Del resto nei casi esaminati dagli artt. 80 e 93 n. l, n. 2 e n. 4 (oggi art. 54 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 634) la solidariet riguarda l'imposta di registro in qualunque modo riscossa. Pertanto poich incontestabile che in varie 98 RASSEGNA DELI..'AVVOCATURA DEILO STATO sibili la disciplina delle obbligazioni solidali, il creditore pu pretendere da ciascuno degli eredi del debitore originario l'intera prestazione con l'effetto che l'adempimento di costui determina la liberazione degli altri eredi del vincolo obbligatorio. Quest'ultima norma certamente inapplicabile all'obbligazione tributaria, dovendo escludersi che questa possa essere classificata tra le. obbligazioni indivisibili. Sono tali, secondo la definizione che di questo tipo di obbligazioni detta l'art. 1315 cod. civ., quelle obbligazioni nelle quali la prestazione ha per oggetto una cosa o un fatto non suscettibile di divisione per sua natura o per il modo in cui considerata dalle parti, nelle ipotesi di obbligazioni nascenti da contratto -o dal giudice nelle ipotesi di obbligazioni aventi la loro fonte in un procedimento giurisdizionale -o dalla legge, nelle ipotesi di obbligazioni legali. L'obbligazione tributaria, ayendo per oggetto una somma di danaro, , invece, una obbligazione pecuniaria e, come tale, ha come contenuto una prestazione per sua natura divisibile. Quale tipica obbligazione nascente dalla legge, essa non poi considerata da alcuna norma come indivisibile, mancando nelle leggi tributarie una disposizione che la qua- ipotesi, e soprattutto per l'imposta principale, la solidariet caratterizza anche l'obbligazione degli eredi, si deve concludere che essa vale in ogni caso ed connaturale al tributo, si che opera in tutta l'ampiezza per queste imposte come per le altre imposte indirette la regola dell'art. 16 del t.u. 29 gennaio 1958 n. 645. Un ultimo argomento a riprova di quanto esposto si pu desumere dall'art. 19 della legge 7 gennaio 1929 n. 4. In base a questa norma il successore a titolo particolare in una azienda industriale o commerciale obbligato in solido con il suo autore al pagamento dei tributi e degli accessori relativi all'azienda entro determinati limiti di tempo; ed evidente che se i successori per atto tra vivi nell'azienda sono pi di uno essi rispondono in solido fra loro, se non altro a norma dell'art. 1294 e.e. Questa regola vale per tutte le imposte ma soprattutto per le imposte indirette sia perch una norma simile si trova nel t.u. sulle imposte dirette (art. 197 trasformato nel d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 -artt. 66 e 80 -nella pignorabilit presso l'azienda ceduta dei beni mobili ed immobili), sia perch la repressione delle violazini e l'applicazione delle pene pecuniarie concerne principalmente le imposte indirette. Ora se una norma di simile natura non si rinviene specificamente per l'ipotesi di successione nell'azienda a titolo universale, ci perch gi esiste una regola che prevede una pi ampia e non limitata successione. Non si pu pensare che quando due o pi estranei subentrano nell'azienda per atto tra vivi debbano rispondere dei debiti tributari in solido fra loro e con l'autore, mentre quando due o pi eredi subentrano nell'azienda mortis causa siano esenti da solidariet e rispondono dei debiti solo nei limiti della quota. La norma dell'art. 19 evidentemente presuppone per la successione mortis causa una responsabilit degli eredi non minore di quella attribuita ai cessionari, cos come l'art. 197 del t.u. sulle imposte dirette presuppone l'art. 16. C. BAFILE !, 11 f: ~ ~ <'.'.'.:'.'."::::~-:::'::::::::::zzzzc:zzc:zzz:w...-......-.-.....-.-.-.-.-.-.-.-.,.,,........-..-... I PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA lifichi tale ed esistendo anzi alcune disposizioni -come quelle che, sia, come regola generale, in materia di imposte dirette, sia, con carattere facoltativo, in materia di imposte indirette, prevedono il pagamento rateale del tributo o consentono al debitore di una imposta diretta di estinguere parzialmente l'obbligazione, le quali confermano il caratter(;! di obbligazione divisibile che le proprio per la natura della sua prestazione. II contrario, com' noto, fu sostenuto in passato da autorevole dottrina con riferimento alla disposizione contenuta nel penultimo comma dell'art. 24 del t.u. 17 ottobre 1922, n. 1401, sulla riscossione delle imposte dirette; a norma della quale ciascuna partita di ruolo faceva carico non solo al soggetto cui era intestata, ma a ciascuno dei suoi eredi a' termini del n. 3 dell'art. 1305 cod. civ. del 1865 (corrispondente all'art. 1315 del codice vigente), salvo il regresso contro i coobbligati giusta l'ultimo comma dello stesso articolo. Dall'anzidetta disposizione si ritenne di poter desumere il principio di ordine generale, applicabile a tutta la materia tributaria, che l'obbligazione d'imposta dovesse considerarsi, riguardo agli eredi, come un'obbligazione non suscettibile di divisione, con la conseguenza che ciascun coerede doveva ritenersi tenuto al pagamento dell'intera imposta. A tale tesi, la quale era gi opinabile anche con riferimento al citato art. 24 del t.u. n. 1401 del 1922, ora, comunque, venuto meno il rapporto di una norma di diritto positivo, giacch la norma citata stata abrogata in virt dell'art. 288 del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, ed stata sostituita dall'art. 16 del medesimo testo unico del 1958 e, in seguito alla recente riforma tributaria, dall'art. 65 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 600, contenente le disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi. Con queste norme, le quali non hanno riscontro in alcuna altra disposizione delle vigenti leggi tributarie, l'esigenza di assicurare la garanzia del fisco in caso di morte. del contribuente stata assicurata, invece che attraverso una finzione di indivisibilit dell'obbligazione tributaria sia pure soltanto nei rapporti con gli eredi del soggetto passivo, mediante la previsione di una responsabilit solidale tra i medesimi eredi. N il fatto che le dette norme deroghino alla gi ricordata regola di diritto comune -secondo cui l'obbligazione, sia essa originariamente semplice, sia essa originariamente solidale, si fraziona tra gli eredi del debitore in proporzione delle rispettive quote anche nei rapporti con il creditore, pu essere interpretato, come pure stato sostenuto in dottrina in epoca pi recente, come espressione della volont del legislatore di considerare l'obbligazione tributaria come indivisibile, dal momento che, in base all'ordinamento vigente, quella che tra le obbligazioni solidali, che, per principio generale, tale anche nei confronti degli eredi proprio l'obbligazione av~nte il carattere dell'indivisibilit (art. 1318 cod. civ.). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO A prescindere dalla considerazione che quello della solidariet non un carattere costante dell'obbligazione tributaria, sembra decisivo il rilievo che l'identit dL disciplina cui le obbligazioni solidali e quelle indivisibili sono soggette (nel senso peraltro che la disciplina propria delle prime si estende, in conformit a quanto dispone l'art. 1317 cod. civ., alle seconde, nei limiti della compatibilit e salve le disposizioni contenute negli artt. 1318, 1319 e 1320 cod. civ.) non pu far venir meno le peculiari differenze esistenti, sul piano strutturale e su quello funzionale, tra le due categorie di obbligazioni. Conseguentemente, come l'estensione della disciplina delle obbligazioni solidali alle obbligazioni indivisibili non trasforma queste ultime in obbligazioni solidali, cos l'applicabilit, disposta da una norma concernente l'obbligazione tributaria solidale, di una norma, come quella contenuta nell'art. 1318 cod. civ. dettata in materia di obbligazioni indivisibili in deroga alla disciplina propria delle obbligazioni indivisibili a convertire in obbligazione indivisibile un'obbligazione che, per la sua struttura e la sua funzione, un'obbligazione solidale. D'altra parte, non sembra inopportuno ricordare che la giurisprudenza di questa Corte Suprema, formatasi in seguito alla sentenza della Corte Costituzionale 16 maggio 1968, n. 48, ormai costante nel ritenere che, in mancanza di una espressa norma di diritto positivo che sancisca l'unitariet e l'inscindibilit dell'obbligazione solidale tributaria, anche per questo valga il principio generale cui nell'obbligazione assunta da pi soggetti in solido si ha una pluralit di obbligazioni aventi un'unica causa. Alla norma anzidetta, in quanto derogatoria .della disciplina generale delle obbligazioni solidali,_ non pu non attribuirsi, perci, la qualificazione di norma eccezionale, con la conseguente inapplicabilit di essa, per il divieto dell'analogia sancito dall'art. 14 delle disposizioni sulla legge in generale, al di fuori dei casi in essa previsti. Accertato che, ove non esistessero disposizioni diverse nelle leggi tributarie, la disciplina della successione ereditaria nel debito d'imposta dovrebbe ricavarsi, in relazione alla natura dell'obbligazione tributaria, dalle disposizioni contenute negli artt. 754 e 1295 cod. civ., con la conseguenza che il debito d'imposta dovrebbe frazionarsi tra i coeredi in proporzione delle rispettive quote anche nei confronti della P.A. creditrice, deve stabilirsi se l'art. 16, primo comma del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, secondo cui gli eredi rispondono in solido delle obbligazioni tributarie del soggetto, contenga o meno un principio generale applicabile, in deroga alla disciplina dettata per le obbligazioni a tutte le obbligazioni tributarie. Ora, da osservare -anzitutto -che la norma in esame si trova inserita nel titolo I del testo unico avanti citato, le cui disposizioni, come espressamente stabilisce l'art. 1 del medesimo testo unico, si applicano PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA alle imposte dirette regolate da quest'ultimo (imposte sul reddito dominicale dei terreni, sul reddito agrario, sul reddito dei fabbricati, sul red dito di ricchezza mobile, complementare progressiva sul reddito complessivo, sulle societ e sulle obbligazioni); nonch, in forza del richiamo contenuto nell'art. 271 del testo unico, anche all'avocazione dei profitti eccezionali di contingenza di cui all'art. 1 della legge 23 dicembre 1948, n. 1451. In base alla surriferita disposizione della'rt. 1 del testo unico n. 645 del 1958 l'ambito di applicazione del principio in questione risulta, perci, espressamente circoscritto alle imposte dirette sopraindicate e alla avocazione dei profitti eccezionali di contingenza, per cui deve escludersi che di tale principio possa farsi applicazione diretta e immediata rispetto .ad imposte diverse e, in particolare, alle imposte indirette. In aggiunta al suesposto argomento -di per s decisivo -fondato sulla disposizione dell'art. 1 del testo unico pi volte citato, pu rilevarsi <:he la norma del primo comma dell'art. 16 compresa in un testo unico di leggi sulle imposte dirette, emanato in base alla norma di delega contenuta nell'art. 63 della legge 5 gennaio 1956 n. 1, in virt della quale il Governo della Repubblica fu autorizzato ad emanare testi unici concernenti le diverse imposte dirette, le relative disposizioni generali e le norme sulla riscossione delle medesime imposte, liminando le disposizioni in <:ontrasto con i principi contenenti nella legge 11 gennaio 1951, n. 25, e nella stessa legge n. 1 del 1956 ed apportando, oltre alle modifiche utili per un miglior coordinamento, quelle necessarie per l'attuazione dei seguenti criteri: 1) adattamento delle disposizioni all'esigenza di semplifiazione nell'applicazione dei tributi ed a quella di una razim1ale organizzazione dei servizi; 2) perfezionamento delle norme concernenti l'attivit dell'Amministrazione finanziaria ai fini dell'accertamento dei redditi. Il testo unico emanato in base a tale norma di delega -pur non .appartenendo alla categoria dei testi unici di mera compilazione (nei quali com' noto, la forza di legge delle singole norme in essi raccolte resta ancorata alle leggi dalle quali le norme stesse sono state tratte), ma a quelle dei testi unici innovativi, aventi natura di leggi delegate, pu quindi, legittimamente contenere norme non esistenti nelle leggi o negli atti aventi efficacia di legge in vigore prima della sua emanazione, ma le nuove norme da esso introdotto (tra le quali quella di cui al dtato art. 16) dovevano essere mantenute nell'ambito dell'oggetto e dei principi e criteri direttivi fissati nella norma di delega. Ora, evidente che esulava in modo assoluto dai poteri attribuiti al legislatore delegato l'emanazione di norme contenenti principi di applicazione generale a tutta la materia tributaria i quali non fossero gi desumibili dal sistema delle leggi fiscali allora vigenti. RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO Ci che pu dirsi per tutte quelle disposizioni del titolo I del testo unico delle leggi sulle imposte dirette che enunciano principi come quello della territorialit dell'imposta (art. 6) o come il divieto della doppia imposizione, ritenuti dalla dottrina e dalla giurisprudenza gi immanenti nell'ordinamento previgente. Per altre disposizioni, come quelle in materia di notificazione di avvisi e di altri atti del procedimento tributario o. di quello dinanzi alle commissioni contenute nell'art. 38, il carattere di principi generali stato riconosciuto dalla giurisprudenza di questa Corte Suprema (v. tra le altre, sent. 13 febbraio 1969, n. 490; sent. 16 dicembre 1966, n. 2947, 2948 e 2949; sent. 25 maggio 1966, n. 1352 e 1360) in base al richiamo all'art. 89 del r.d. 11 luglio 1907, n. 560, sull'imposta di ricchezza mobile -avente un contenuto sostanzialmente analogo a quello del citato art. 38 -fatto dagli artt. 97, 99, 102 e 105 dello stesso r.d. n. 560 del 1907 per le imposte dirette diverse da quella ricchezza mobile nonch al rinvio al medesimo articolo disposto, per le imposte indirette, dal r.d. 7 agosto 1936, n. 1639. Se deve ritenersi, quindi, che le disposizioni contenute nel titolo I del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, non hanno, di per s, carattere di principi generali applicabili in via diretta e immediata a tutta la materia tribu taria, non pu escludersi, tuttavia, che le stesse disposizioni possano essere applicate in via analogica anche rispetto ad imposte diverse da quelle dirette previste dal medesimo testo unico, nei limiti -ben s'in tende -in cui l'analogia consentita dall'ordinamento. L'analogia, quale procedimento di autointegrazione dell'ordinamento giuridico, presuppone -come noto -da un lato, una lacuna, cio la mancanza di una norma della diretta applicazione della quale possa ricavarsi la disciplina del caso concreto, e, dall'altro, che tra quest'ultimo e il caso direttamente disciplinato dalla norma vi sia un rapporto di somiglianza giuridica fondato sull'identit della ratio, vale a dire della situazione di fatto decisiva per il trattamento giuridico. L'applicazione analogica poi vietata rispetto alle norme eccezio nali, cio a quelle norme che derogano ad una norma generale appli cabile alle generalit dei casi, disciplinando un caso in modo diverso da quello in cui sarebbe regolato se la norma eccezionale non esistesse. In base, appunto, all'analogia, anche se impropriamente si affermato trattarsi di interpretazione estensiva, questa Corte Suprema ha, recentemente, ritenuto (sent. 10 settembre 1974, n. 1451) applicabile anche alle imposte indirette la norma, contenuta nell'art. 35 del testo unico delle leggi sulle imposte dirette, sulla modificabilit del concordato tributario per sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, avendo riguardo sia alla ricorrenza, anche rispetto alle imposte indirette, dell'esigenza, costituente la ratio della norma, che l'accertamento dell'imposta corrisponda all'effettiva entit della base imponibile, sia alla natura del concordato PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA tributario, identica per qualunque categoria di imposta, di atto unilaterale dell'Amministrazione con il quale, con l'adesione del contribuente, si provv~de alla determinazione della base imponibile. L'applicazione analogica della norma contenuta nell'art. 16, primo comma, del testo unico pi volte citato, ad imposte diverse da quelle disciplinate dal medesimo testo unico, ed, in particolare, alle imposte indirette, invece, impedita sia dalla mancanza di una lacuna normativa, sia dal carattere di norma eccezionale che stato riconosciuto alla stessa norma. Sotto il primo profilo, richiamandosi quanto si gi avuto occasione di rilevare in ordine alla disciplina dell'obbligazione tributaria, quale particolare species del genus obbligazione regolata dalle norme dettate da codice civile, in relazione alle obbligazioni di diritto privato, va osservato che la successione ereditaria nel debito d'imposta trova la sua diretta disciplina, salve espresse disposizioni difformi contenute in specifiche norme tributarie, nelle disposizioni di cui agli artt. 754 e 1295 cod. civ. L'esistenza di disposizioni di legge che regolano direttamente la vicenda della successione ereditaria nel debito di imposta fa venir meno, perci, uno dei presupposti essenziali dell'analogia. N rileva che le anzidette disposizioni, derogando al principio fondamentale sancito dall'art. 1294 cod. civ. in tema di obbligazioni solidali passive, abbiano carattere ecc~zionale, giacch tale carattere di ostacolo alla sua applicazione analogica, ma non ne pu evidentemente impedire l'applicazione diretta. N pertinente il richiamo fatto in proposito dall'Amministrazione ricorrente alla autonomia strutturale e funzionale del diritto tributario. Le leggi tributarie invero, possono forgiare in modo autonomo, per finalit loro proprie, istituti peculiari di altri rami del diritto come nel caso in cui, ponendo a base dell'imposta un negozio di diritto privato, ne determinano la struttura e ne qualifichino gli effetti in difformit, dai principi del diritto privato. Ed evidente che, in ogni caso di difformit tra le norme tributarie e quelle di diritto privato, le prime debbano avere prevalenza sulle seconde. Tutto ci ha, per, come indefettibile presupposto che la norma tributaria detti una propria disciplina difforme da quella del diritto privato o dell'altro ramo del diritto cui l'istituto richiamato appa~tiene. Presupposto che, per quanto riguarda la successione ereditaria nel debito, ricorre come si dimostrato pi sopra, sol tanto per le imposte dirette disciplinate dal t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, ed , invece, da escludere, in particolare, in relazione alle imposte indirette. Sotto il secondo profilo, da rilevare che la norma in esame deroga al principio generale accolto dal vigente ordinamento in materia di successione ereditaria nel debito, del frazionamento di quest'ultimo tra gli eredi del debitore originario in proporzione delle rispettive quote anche RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nel rapporto con il creditore, sicch trattandosi di una norma eccezionale, alla sua applicazione analogica oltre l'ambito delle imposte dirette regolate dal t.u. n. 645 del 1958, osta il divieto di cui all'art. 14 delle preleggi. A conclusioni diverse da quelle avanti indicate non possano indurre infine, le considerazioni, prospettate dall'Amministrazione ricorrente, che anche rispetto alle imposte indirette ricorre l'esigenza, che costituisce la ratio della disposizione di cui al pi volte citato primo comma dell'art. 16 del testo unico delle leggi sulle imposte indirette, di assicurare una rapida e sicura esazione dei tributi anche nei confronti degli eredi del contribuente e che la disparit di trattamento tra gli eredi dei soggetti passivi delle due categorie di imposte non non avrebbe alcuna giustificazione razionale. Riguardo alla prima sufficiente osservare che la sussistenza di una identit di ratio avrebbe potuto assumere rilevanza qualora fosse stata ammissibile -il che si invece escluso -l'applicazione analogica della disposizione richiamata anche alle imposte indirette. Quando alla dedotta disparit di trattamento derivante dall'applicazione delle diverse discipline della successione nel debito d'imposta in relazione alle due categorie di imposte non deve rilevarsi altro che tale disparit di trattamento -qualora, come sembra, non possa essere razionalmente giustificata con riferimento alle peculiari caratteristiche di ciascuna delle anzidette categorie d'imposta, potrebbe dar luogo al sospetto dell'illegittimit costituzionale dell'art. 16, primo comma, del t.u. 29 gennaio 1958 n. 645 per contrasto con il principio d'eguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione, ma non potrebbe certamente rendere applicabile la medesima disposizione anche sulle imposte indirette. In conclusione, il ricorso, essendo infondato, deve essere rigettato. {Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 ottobre 1975, n. 3493 -Pres. Rossi . Est. Sandulli -P. M. Gentile (conf.) -Cordopatri (avv. Mazzei) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Salto). Imposte e tasse in genere Imposte indirette Azione in sede ordinarla . Termine Decorrenza Decisione della Commissione Centrale che risolve una questione preliminare Successiva decisione di altra commissione che esaurisce il rapporto tributario Decorrenza dall'ultima decisione Decisione definitiva Nozione Decisione che rigetta l'eccezione di prescrizione Non tale Successiva pronuncia di merito Impugnazione di ambedue le decisioni -Ammissibilit. (d. I. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 22 e 31; r. d. 30 dicmbre 1923, n. 3269, art. 136; r. d. 30 dkembre 1923, n. 3270, art. 94). Il principio stabilito nell'art. 22 del d.l. 7 agosto 1936 n. 1639 per le imposte dirette di portata generale ed applicabile anche alle in;iposte PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 105 indirette, s che il termine semestrale per la proposizione dell'azione ordinaria decorre solo in relazione alla decisione definitiva che esaurisce il rapporto tributario; conseguentemente la decisione della Commissione Centrale che risolve una questione preliminare (nella specie di prescrizione) e rimette per il merito alla Commissione provinciale pu essere impugnata unitamente alla decisione di quest'ultima Commissione nel termine semestrale rispetto a questa decorrente (1). (Omissis). -Con il primo motivo, il ricorrente -denunciata la violazione e la falsa applicazione dell'art.. 94 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, in relazione agli .artt. 53 del r.d. 24 agosto 1877, n. 4021, 22 e 29 del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, convertito in legge 7 giugno 1937, n. 1016, e la violazione degli artt. 31, comma quarto, del r.d.l. n. 1639 del 1936 ed 86, comma secondo, del r.d. n. 3270 del 1923 -sostiene che l'azione giudiziaria da lui promossa non fosse inammissibile, riguardo alla questione della prescrizione della pretesa tributaria (fatta valere oltre tre anni dopo la denuncia di successione), per decorrenza del termine decadenziale di sei mesi dalla notifica della decisione della Commissione Centrale delle imposte, previsto dall'art. 94 del r.d. n. 3270 del 1923, trovando applicazione anche in materia di imposte indirette il principio (fissato per le imposte dirette) della impugnabilit delle decisioni parziali .congiuntamente con quelle definitive. (1) Sull'impugnazione delle decisioni parziali delle Commissioni tributarle. La decisione ha risolto, in modo che desta serie perplessit, una questione -che pu presentarsi anche nel nuovo ordinamento del contenzioso. Innanzi tutto si deve precisare che non stata esattamente determinata la questione da decidere; meglio enunciando i termini della controversia forse il problema affrontato non potrebbe presentarsi. Il problema era se una decisione della Commissione Centrale che rigetta una eccezione di prescrizione, in materia di imposte indirette, potesse passare in giudicato mentre sullo stesso rapporto di imposta pendeva per la decisione di merito altro giudizio innanzi alla Commissione provinciale e quindi se la parte per evitare il giudicato dovesse subito proporre nel termine semestrale l'azione in sede ordinaria ovvero (il problema dovrebbe presentarsi negli stessi termini) il ricorso per cassazione nel termine di 60 giorni; o potesse (o dovesse) attendere la decisione ulteriore di merito della Commissione provinciale (ulteriormente impugnabile) s da svolgere con un unico atto i rimedi contro tutte le decisioni pronunciate nel medesimo rapporto. Ora bisogna rilevare che, in materia di imposte indirette, la Commissione centrale, nell'ormai abrogato ordinamento, era giudice di appello; non poteva quindi darsi il caso di una decisione della Commissione .centrale che risolvesse una questione preliminare senza definire il giudizio e che sulla questione di merito dovesse pronunziarsi la Commissione provinciale in sede di rinvio. Evidentemente non a parlarsi di rinvio rispetto alla decisione di appello, ed (21 giugno 1974, n. 1839, ivi, 1974, 1920). Quanto statuito dalla S.C. per il ricorso per Cassazione deve valere anche per l'azione ordinaria, una volta esclusa l'estensibilit dell'art. 22, e per le impugnazioni nell'ambito del contenzioso speciale; la decisione sempre capace di diventare irretrattabile, sia pure per una parte soltanto dl rapporto contro 110 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO che prevedono assimilazioni nei procedimenti relativi alle controversie in materia di imposte dirette ed indirette, stabilisce: Sono estese alle controversie riguardanti le imposte di trasferimento dei beni tutte le altre p.orme relative al procedimento davanti alle Commissioni amministrative delle imposte dirette . Tale norma contempla, quindi, una clausola generale di unificazione della disciplina giuridica del contenzioso nelle materie delle imposte dirette ed indirette innanzi alle Commissioni amministrative. Ed in tal senso si gi espressa la Corte Suprema (cfr. sent. 7 apri110 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO che prevedono assimilazioni nei procedimenti relativi alle controversie in materia di imposte dirette ed indirette, stabilisce: Sono estese alle controversie riguardanti le imposte di trasferimento dei beni tutte le altre p.orme relative al procedimento davanti alle Commissioni amministrative delle imposte dirette . Tale norma contempla, quindi, una clausola generale di unificazione della disciplina giuridica del contenzioso nelle materie delle imposte dirette ed indirette innanzi alle Commissioni amministrative. Ed in tal senso si gi espressa la Corte Suprema (cfr. sent. 7 aprile 1972, n. 1041), la quale ha tratto dalla disposizione contenuta nel quarto comma dell'art. 31 un argomento risolutivo per l'affermazione di un regime giuridico, comune ai due tipi di controversie (in materia d'imposte dirette ed indirette), riguardo alla notifica (da parte dell'Amministrazione Finanziaria) della decisione .della Commissione centrale, costituente presupposto necessario per la conclusione del procedimento in sede di giurisdizione amministrativa e per l'operativit dell'effetto tipico dell'atto definitivo dell'attivit giurisdizionale cognitiva, e cio della formazione del giudicato. E le ragioni addotte dalla citata decisione del Supremo Collegio a supporto della cennata soluzione che risolve un problema analogo a verso, e passa in giudicato con il decorso del termine precludendo l'esperibilit dei rimedi alternativamente possibili. Il problema che pone la sentenza in esame si riduce allora a quelle della .ammissibilit della impugnazione (o della proposizione dell'azione ordinaria) differita rispetto alle decisioni non definitive, problema che resta sostanzialmente immutato anche nel nuovo ordinamento del contenzioso tributario. Per quanto concerne l'abrogato sistema del contenzioso, la sola data della sua emanazione (1936) basta ad escludere ogni posi;ibilit di applicazione del mezzo, al tmpo del tutto sconosciuto, della riserva (facoltativa o necessaria) di impugnazione differita contro la decisione parziale (o non definitiva). N successivamente gli artt. 340 e 361 c.p.c. hanno modificato su questo punto il procedimento speciale. 1'. infatti del tutto pacifico che l'impugnazione differita un istituto tipico esclusivo del processo civile ordinario e non se ne mai nemmeno tentata l'estensione ai procedimenti speciali regolati da norme anteriori al cod. proc. civ. N per l'appello contro le decisioni della Giunta provinciale amministrativa e del Consiglio di giustizia amministrativa della Regione siciliana, n per l'appello contro le decisioni del Consiglio di prefettura e della Sezione semplice della Corte dei Conti si mai pensato di estendere la regola della riserva di impugnazione differita; solo per il Tribunale regionale delle acque, che per un organo specializzato della giurisdizione ordinaria, l'espressa norma dell'art. 189 del t.u. 11 dicembre 1933 n. 1775 impone il differimento dell'impugnazione. In ogni modo il problema della impugnazione differita non si pone affatto, nemmeno per il processo ordinario, per la pronuncia che, definendo il processo in quel grado, rinvia ad altro giudice di grado diverso; sia la decisione rescin dente (della Commissione centrale) sia quella del giudice di appello che rinvia .al primo giudice (art. 353 e 354) sempre definitiva e non pu consentire l'im -f -f PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 111 quello oggetto di disputa, ben possono essere utilizzate al fine di estendere l'ambito di riferimento e di applicazione della norma contenuta nell'art. 22, comma quarto, del r.d.l. n. 1639 del 1936, oltre il procedimento innanzi alle Commissioni tributarie in materia di imposte dirette, in quanto siffatta espansione della statuizione legislativa perfettamente aderente alla ragione giustificativa della disposizione dell'art. 31, comma quarto, la quale va individuata in una esegenza di disciplina unitaria del contenzioso tributario innanzi alle Commissioni, determinata dagli aspetti sostanziali di analogia degli interessi oggetto di contesa nei due tipi di controversia relativi alle imposte dirette ed a quelle indirette, non tollerando tale disciplina unitaria una diversit di trattamento del procedimento di formazione del giudicato relativamente alle decisioni delle commissioni e, per necessaria applicazione logica, della conseguenziale preclusione dell'azione giudiziaria. N valido motivo di distinzione tra i regimi giuridici pu trarsi dal rilievo che il legislatore mostra di intendere diversamente le tutele relative alle due categorie di imposte, allorch condiziona la proponibilit dell'azione giudiziaria al preventivo esperimento innanzi alle commissioni pugnazione differita a seguito della pronuncia del giudice inferiore. Lo stesso a dirsi per le decisioni che dichiarano l'incompetenza designando quella di altro giudice di eguale grado. La sentenza parziale (o non definitiva) che nel processo ordinario consente il differimento della impugnazione soltanto quella che, decidendo alcune questioni preliminari di rito o di merito, impartisce distinti provvedimenti per l'ulteriore istruzione e dispone la prosecuzione del processo innanzi allo stesso giudice (art. 278 e 279, in relazione agli art. 340 e 361 c.p.c.). Il nuovo ordinamento del contenzioso tributario (come anche la legge istitutiva dei T.A.R.) non recepisce per l'istituto della impugnazione (facoltativa) differita e non prevede affatto la relativa riserva. La decisione, anche se parziale, viene notificata al contribuente e comunicata all'Amministrazione (art. 38 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636) il che fa decorrere il termine per l'impugnazione (art. 22, 25 e 40); nessuna distinzione pu farsi fra decisione parziale e definitiva. La sola distinzione rilevante quella fra decisione e ordinanza (art. 35); l'ordinanza non mai impugnabile (a meno che non abbia contenuto sostanziale di decisione) mentre la decisione, definitiva o parziale (a meno che non abbia contenuto sostanziale di ordinanza), sempre suscettibile di giudicato ove non sia immediatamente impugnata. A maggiore ragione dovr essere immediatamente impugnata la decisione della Commissione di secondo grado che rinvia a quella di primo grado (art. 24), quella della Commissione Centrale che annulla con rinvio al primo o al secondo grado a(rt. 29) e quella della Corte di Appello che egualmente rinvia alla Commissione di primo o secondo grado (art. 40). Invece per la sentenza della Corte di Appello che non definisce il giudizio e dispone la prosecuzione del processo innanzi a se stessa, valgono le regole del processo ordinario. Senza dubbio ci pu dar luogo a complicazioni perch la impugnazione non sospende l'ulteriore corso del procedimento innanzi al giudice a quo mentre 9 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tributarie soltanto quando si tratti di imposte dirette e non anche quando. si controverta in tema di imposte indirette, giacch la diversit di disciplina delle due tutele trova un limite nella ricezione del principio della stabi lit del giudicato amministrativo, del quale il legislatore mostra chiaramente di volere il rispetto con riguardo ad entrambe (ispirandosi a tale principio l'art. 34 della legge 8 giugno 1936, n. 1231, applicabile alle controversie in materia di imposte dirette, e l'art. 146 della legge di registro,. approvata dal r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, modificato dall'art. 1 del r.d. 13 gennaio 1936, n. 2313, riguardante le vertenze tributarie in materia di imposte indirette). Per modo che, deve ritenersi che il precetto sancito nel quarto comma dell'art. 22 del r.d.l. n. 1639 del 1936, costituendo un principio fondamentale di portata generale, sia riferibile alle decisioni emesse dalle commissioni tributarie sia in materia di imposte dirette che in tema di imposte indirette, cor l'implicazione che la disciplina giuridica in esso contenuta debba trovare applicazione anche in ordine alle controversie afferenti alle imposte indirette. Ed a conforto della validit di una siffatta soluzione, sotto il profilo della mens legis, pu richiamarsi l'art. 40 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636 a seguito di essa il fascicolo di ufficio deve essere trasmesso al giudice del grado superiore (art. 22, 25, 29 e 40). :E!. questo un inconveniente pratico, non ignoto al processo ordinario anche se regolato in modo diverso, che per non modifica il regime sostanziale delle impugnazioni. :E!. da rilevare tuttavia che la questione un tempo dibattuta della impugna bilit delle decisioni interlocutorie (di contenuto ordinatorio) non si pone pi,. essendo stata introdotta nel contenzioso tributario la stessa distinzione, elaborata nel processo ordinario, tra decisione e ordinanza, precisandosi che l'o'rdi- nanza non pu essere impugnata separatamente dalla decisione (art. 35). Pertanto unico elemento importante la distinzione fra decisione, in senso formale e sostanziale, e ordinanza. La prima deve sempre essere impugnata. senza possibilit di riserva di impugnazione differita, la seconda non mai impugnabile. Si deve peraltro osservare che, non esistendo affatto l'onere della riserva,. l'impugnazione resta preclusa solo dal decorso del termine rispetto alla notifi- cazione o comunicazione. Ove queste non siano state eseguite, la decisione parziale potrebbe essere impugnata anche unitamente alla decisione definitiva (salva l'eventuale necessit, specie per il ricorso per Cassazione e quello alla. Corte di Appello, di introdurre l'impugnazione con separati atti), non valendo come decadenza dall'impugnazione la piena conoscenza. Ci poteva verificarsi in via normale nell'abrogato ordinamento nel quale la notificazione aveva luogo ad istanza di parte; oggi non dovrebbe pi accadere perch la notificazione e la comunicazione sono eseguite d'ufficio dalla segreteria entro dieci giorni dal deposito della decisione (art. 38). Non si pu escludere tuttavia che, in modo anomalo, la notificazione o la comunicazione non siano est1guite o che queste: siano nulle. C. BAFILE PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (revisione della disciplina del contenzioso tributario), secondo la cui statuizione normativa previsto, in ordine ad entrambe le categorie di imposte (dirette ed indirette), un unico procedimento per la fase d'impugnazione, innanzi al giudice ordinario, avverso le decisioni delle commissioni tributarie. Va, quindi, esaminata la questione relativa ai requisiti, formali e sostanziali, delle decisioni definitive nel procedimento contenzioso tributario. Con sentenza del 21 giugno 1968 n. 2063, la Corte Suprema ha statuito che per aversi decisione definitiva nel procedimento tributario non sufficiente che sia stata emessa una pronuncia, il cui contenuto non possa formare oggetto di gravame se non dinanzi all'autorit giudiziaria ordinaria, ma necessario che con tale pronuncia sia anche esaurito il procedimento di accertamento dell'imposta ed il regolamento conclusivo del rapporto sostanziale tributario; e che, pertanto, non pu essere considerata definitiva ed autonomamente impugnabile innanzi all'autorit giudiziaria ordinaria la decisione della Commissione centrale che, ritenendo tassabile, in punto di diritto, un certo cespite o reddito, rimetta gli atti alle commissioni competenti per il giudizio di merito, perch accertino, in fatto, la sussistenza dei presupposti e degli elementi della imposizione, giacch soltanto attraverso la pronuncia sulle questioni di merito (e la decisione degli eventuali gravami su tali questioni) viene a formarsi la definizione del rapporto tributario che possa costituire oggetto di giudizio dinanzi al giudice ordinario. Inoltre, si escluso che la decisione della Commissione centrale sul punto di diritto sia suscettibile di passaggio in, giudicato, restando precluso l'esame del giudice ordinario, in difetto di immediato e diretto gravame, in quanto, per lo specifico contenuto di tale pronuncia, che, non esaurendo il procedimento contenzioso tributario, non assume carattere di definitivit, le questioni cos risolte possono sempre essere sollevate nuovamente con la domanda giudiziale, che sia proposta avverso la decisione che concluda e definisca tale procedimento. E, sulla base di tali postulati giuridici, non pu non ritenersi non definitiva la decisione della Commissione centrale che neghi l'esistenza della prescrizione della pretesa tributaria, eccepita dal contribuente, e rimetta le p~rti innanzi alla Commissione Provinciale per il giudizio di merito, non potendo considerarsi la statuizione giudiziale della Commissione centrale come un regolamento conclusivo del rapporto tributario, giacch se non pu ritenersi -in applicazione della richiamata pronuncia del Supremo Collegio -definitiva una decisione della Commissione Centrale che dichiari, in punto di diritto, tassabile un certo cespite o reddito, non pu, a maggior ragione, considerarsi tale una decisione della Commissione Centrale che (come quella intervenuta nel caso di specie) si limiti a dichiarare l'inesistenza della prescrizione (senza neppure pronun 114 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ciare sulla tassabilit in punto di diritto del cespite controverso), rinviando la vertenza alla Commissione Provinciale anche per l'accertamento dell'appartenenza o meno del cespite alla massa ereditaria e, quindi, per l'accertamento dell'an debeatur. E che occorra aver riguardo al contenuto sostanziale delle decisioni amministrative per stabilire se esse possano ritenersi definitive ed autonomamente impugnabili, s da dar luogo al decorso del termine seme strale per l'eventuale impugnativa avanti l'autorit giudiziaria ordinaria, stato pi volte affermato dalla Corte Suprema, la quale ha posto sempre in rilievo che rivestano carattere di definitivit soltanto le decisioni emesse in ordine alla sussistenza del debito d'imposta e della misura del tributo (cfr. sent. 26 ottobre 1955, n. 3493, in materia d'imposta di successione; sent. 12 luglio 1951, n. 1501, in materia d'imposta di registro). Riscontro di ci, si ritrova nello stesso tenore dell'art. 94 del r.d. n. 3270 del 1923, secondo cui il termine di decadenza per ricorrere alla autorit giudiziaria decorre dalle decisioni amministrative che abbiano concretamente giudicato sulle tasse, sopratasse e pene pecuniarie, in quanto, in base al contenuto normativo di esso, evidente che, per aversi definitivit della decisione amministrativa, occorre che non l'astratta possibilit di una pretesa d'imposta da parte dei competenti uffici abbia formato oggetto della decisione (come quando sia stato deciso soltanto se non siasi verificata la prescrizione della pretesa tributaria), bens la esistenza di un concreto debito per tasse, sopratasse e pene pecuniarie. E -poich la decisione della Commissione Centrale che si limiti a dichiarare non verificatasi la prescrizione del diritto dell'Amministrazione finanziaria a chiedere il pagamento dell'imposta di successione su un bene non figurante nella denunzia, rinviando alla Commissione Provinciale per l'accertamento dei presupposti sostanziali di fatto e di diritto per l'applicazione dell'imposta, non pu considerarsi esaustiva del procedimento e conclusiva del rapporto tributario sostanziale e, quindi, per il suo contenuto, definitiva -deve concludersi nel senso che debba ritenersi ammissibile l'azione giudiziaria proposta -in ordine alla questione preliminare di merito della prescrizion~ della pretesa tributaria, decisa, in materia di imposte indirette (nella specie, imposte di successione), dalla decisione della Commissione Centrale delle imposte -dopo il decorso, dalla notifica di questa, del termine di sei mesi di cui all'art. 94 del r.d. n. 3270 del 1923 e successivamente alla definizione del rapporto tributario, e cio delle questioni sostanziali di merito, da parte della Commissione Provinciale in sede di rinvio, potendo, anche in detta materia, la decisione amministrativa parziale essere impugnata innanzi al giudice ordinario congiuntamente a quella definitiva, esaurente il rapporto sostanziale. Il primo motivo di ricorso , quindi, da accogliere. -(Omissis). PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 115 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 gennaio 1976, n. 147 -Pres. Mirabelli -Est. Borruso -P. M. Cutrupia (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Baccari) c. Soc. Ferrovia Alto Pistoiese. Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Solidariet Condono Istanza di una sola parte Estensione ai condebitori Esclusione. (c. c. art. 1309; d. I. 5 novembre 1973, n. 660). Quando uno soltanto dei debitori solidali di imposta abbia fruito, a domanda, del condono, gli altri condebitori che non ne abbiano fatto istanza non possono giovarsi degli effetti del condono, s che nei loro confronti il giudizio deve proseguire nei modi normali (1). (Omissis). -Innanzitutto devesi affermare che non risultando avere la societ Ferroviaria Alto Pistoiese domandato l'applicazione del condono fiscale (ai sensi e nel termine di cui al d.I. 5 novembre 1973, n. 660, convertito nella I. 19 dicembre 1973, n. 823) analogamente a quanto invece richiesto ed ottenuto dalla Cassa Rurale (condebitrice solidale dell'imposta in contestazione) gli effetti di detto condono non possono essere estesi alla predetta societ. E ci perch: 1) l'applicazione del condono fiscale comporta il riconoscimento del debito da parte del contribuente nei confronti della Finanza, cos come da essa determinato, anche se ne consente l'estinzione con un pagamento parziale e, secondo l'art. 1309 e.e., il riconoscimento del debito fatto da uno dei debitori in solido non ha effetto riguardo agli altri; 2) la solidariet fra coobbligati in materia tributaria non assume una configurazione diversa da quella che l'istituto presenta in base alla disciplina contenuta nel codice civile e cio, di una pluralit di rapporti (sia pure di identica natura ed aventi una causa unica), sicch non v' alcuna ragione per ritenere giustificata tra contribuenti condebitori in solido d'un medesimo tributo anche una mutua rappresentanza che valga ad estendere, in deroga al citato art. 1309, a tutti i coobbligati gli effetti del riconoscimento del debito compiuto da uno solo di essi (cfr. da (1) Decisione interessante ed indubbiamente esatta. Applicando le regole della solidariet di diritto comune, si deve necessariamente ritenere che quello dei condebitori che non ha presentato la domanda di condono, dimostrando con ci di voler affrontare l'alea del giudizio, non pu giovarsi degli effetti del condono conseguiti, a domanda, da altro condebitore; ci non solo perch il condono da considerare come un riconoscimento ex art. 1309 e.e., ma anche perch l'intervenuta decadenza non consentirebbe mai al debitore, nemmeno se dichiara di volerne profittare, di giovarsi degli effetti di qualunque atto vantaggioso riferibile al coobbligato. Il contribuente libero di scegliere tra la prosecuzione del giudizio e il condono e non pu di certo ritenersi vincolato alla scelta fatta da altri; ma una volta decorso il termine per la presentazione della domanda di condono, la scelta non pu pi essere revocata. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ultimo in tal senso Cass. sent. n. 768 del 1975, 4041 del 1974, 832 del 1973, 311 del 1970). Ritenuto, pertanto, che l'applicazione del condono fiscale, di cui alla legge sopracitata, nei confronti di un condebitore in solido del tributo (che, nella specie, peraltro non parte in giudizio) non comporta la estinzione della causa, promossa nei confronti della Finanza da altro coobligato al pagamento del tributo stesso per contestarne la debenza il pr>cesso deve proseguire e, conseguentemente, deve essere deciso il ricorso per cassazione proposto dalla Finanza avverso la summenzionata sentenza .della Corte di Appello di Firenze. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 gennaio 1976, n. 159 -Pres. Caporaso -Est. Virgilio -P. M. Pedace (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Cavalli) c. I.N.A. (avv. Formai). Imposte e tasse in genere Condono di cui al decreto-legge 5 novembre 1973, n. 660 Sospensione del giudizio innanzi alla Corte di Cassazione Rigetto della istanza in sede amministrativa Contestazione sul diritto al condono -Decisione da parte del giudice del processo sospeso. (d. I. S novembre 1973, n. 660, art. 11). Imposte e tasse in genere Condono Controversia di soli interessi Esclusione. (d. I. S novembre 1973, n. 660, convertito con legge 19 dicembre 1973, n. 123). Imposte e tasse in genere Imposte indirette Interessi Condono di cui alla legge 31 ottobre 1963 n. 1458 Pagamento del tributo Diritto della Finanza al successivo pagamento degli interessi Sussiste. (I. 31 ottobre 1963, n. 1458, art. 1 e 3). Imposte e tasse in genere Imposte indirette Interessi Prescrizione Termine quinquennale Interruzione -Pagamento dell'imposta -Non interrompe la prescrizione per gli interessi. (I. 26 gennaio 1961, n. 29; I. 28 marzo 1962, n. 147). Quando, in applicazione dell'art. 11 del d.l. 5 novembre 1973, n. 660, a seguito della presentazione della domanda di condono il giudizio pendente innanzi alla Corte di Cassazione sia stato sospeso e la domanda sia stata rigettata in sede amministrativa, spetta alla stessa Corte decidere sull'applicabilit del condono al quale il contribuente sostiene di aver diritto (1). (1-4) La prima massima di molto interesse. Bench la motivazione sia molto ridotta, si afferma senza equivoci che dopo il rigetto in sede amministrativa della domanda di condono, spetta alla Corte di Cassazione (o al giu PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 117 Le norme per agevolare la definizione delle pendenze in materia tributaria (c.d. condono), di cui al d.l. 5 novembre 1973, n. 660, convertito con .la legge 19 dicembre 1973, n. 823, presuppongono la pendenza di una controversia sulla dovutezza del tributo e quindi non si applicano alle controversie concernenti soltanto interessi (2). L'Amministrazione finanziaria che, in applicazione del condono di cui .alla legge 31 ottobre 1963, n. 1468, abbia percepito soltanto il tributo, non . decaduta dal diritto di domandare successivamente gli interessi che erano dovuti in base a quelle norme .(3). L'obbligazione per interessi autonoma rispetto a quella per il tributo ed sempre soggetta alla prescrizione quinquennale, quale che sia il termine, maggiore o minore, stabilito per la prescrizione del tributo. Il pagamento del tributo in applicazione di norma di condono non interrompe la prescrizione, come atto di riconoscimento, per il debito di interessi (4). -O.ice innanzi al quale pende il giudizio che era stato sospeso) decidere sulla :applicabilit del condono ove il contribuente insista nel sostenere di averne -diritto. In tal modo la questione viene decisa in unica istanza dalla Corte di Cassazione, ma questa appare indubbiamente la soluzione pi corretta, non sembrando possibile che la questione, dalla quale dipende la cessazione della sospensione ovvero l'estinzione del giudizio, possa essere portata innanzi alla Commissione tributaria e che di conseguenza lo stato di sospensione possa essere protratto oltre il termine della definizione amministrativa dell'istanza -O.i condono. Sull'argomento della seconda massima le pronuncie conformi sono ormai numerose anche con riferimento alle controversie di sole sopratasse (15 marw 1975, n. 1015; 13 ottobre 1975, n. 3276, in questa Rassegna, 1975, I, 379 e...). Esattissima la terza massima. La definizione della pendenza per condono sempre regolata rigidamente dalla legge e all'Amministrazione non mai concessa una discrezionalit transattiva; se pertanto essa ha omesso di richiedere il pagamento di somme che a qualsiasi titolo erano dovute esse possono (e debbono) essere pretese successivamente. Anche l'ultimo condono regolato -O.al d.l. 5 novembre 1973, n. 660 prevede espressamente (art. 11) che siano corrette le definizioni intervenute in violazione delle norme del decreto di -condono. :t<: ormai definitiV'.amente chiarito che l'obbligazione di interessi soggetta in via autonoma alla prescrizione quinquennale (Cass. 29 ottobre 1973, n. 2805 e 2 ottobre 1975, n. 3110, in questa Rassegna, 1974, I, 235 e 1975, I...). Riguardo :alla interruzione della prescrizione se non pu contestarsi l'esattezza della affermazione che il riconoscimento di un debito non implica necessariamente interruzione della prescrizione per un maggiore e diverso debito, si deve per rilevare che l'interruzione della prescrizione per il tributo produce effetto anche per gli interessi e tutti gli altri accessori inerenti al rapporto di imposta (v. nota a Cass. 2 ottobre 1975, n. 3110 cit.). Pertanto fino alla data del pagamento del tributo, eseguito per fruire del condono, la prescrizione non era compiuta n per il tributo n per gli interessi e solo da questa data cominciato a decorrere un nuovo termine. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -Durante la fase di legittimit l'Istituto ha presentato domanda di condono ai sensi del d.l. 5 novembre 1973, n. 660, convertito in legge 19 dicembre 1973, n. 823, ed il giudizio di cassazione stato sospeso con ordinanza del 4 marzo 1974 ai sensi de~l'art. 11 del citato decreto. Con lettera del 30 aprile 1975 l'Ufficio del Registro di Roma ha comunicato a questa Corte Suprema che la domanda di condono degli interessi per cui causa fu accettata con riserva e che, anche in conformit del parere espresso dall'Avvocatura dello Stato, essa non pu essere accolta, in quanto le disposizioni della legge 19 dicembre 1973, n. 823, non contemplano -per l'applicazione del condono -anche gli interessi. A seguito di tale lettera stata nuovamente fissata, per la odierna udienza, la discussione del ricorso incidentale. Poich il ricorrente in via incidentale insiste, pur dopo la lettera sopra menzionata dell'Ufficio del Registro, nella tesi della applicabilit del condono anche al caso in esame tale questione va esaminata preliminarmente. La Corte Suprema ha gi avuto occasione di pronunciarsi sullo specifico problema (da ultimo, sent. n. 3276 del 13 ottobre 1975), ritenendo che nella particolare disciplina dettata dal d.l. 5 novembre 1973, n. 660, convertito in legge 19 dicembre 1973, n; 823, per agevolare la definizione delle pendenze in materia tributaria, non rientrano le controversie che riguardano, non l'applicazione del tributo, la natura o la configurazione di esso, ma solo aspetti collaterali derivanti dalla nascita del rapporto tributario, come avviene per le controversie che concernono gli interessi moratori previsti dalle leggi 26 gennaio 1961, n. 29, e 28 marzo 1962, n. 147. stato al riguardo precisato che la suddetta esclusione emerge chiaramente dalla lettera stessa del provvedimento legislativo e, precisamente, quanto alla imposizione indiretta, dall'art. 6 del provvedimento stesso, il cui primo comma subordina la possibilit di usufruire del condono alla circostanza di una controversia pendente riguardante l'applicazione del tributo nonch dal quarto comma dell'art. 10, il quale esonera il contribuente dal pagamento degli interessi moratori solamente per le imposte dovute in applicazione delle disposizioni del presente decreto . Alla stregua di tali principi, rispetto ai quali non sono stati addotti validi motivi in senso contrario, deve ritenersi assorbita la richiesta, contenuta nella memoria dell'I.N.A., tendente ad ottenere la conferma della sospensione del presente giudizio, giacch nell'ambito di applicabilit del condono di cui al decreto n. 660 del 1973 non rientrano come si precisato, anche gl'interessi moratori e difetta conseguentemente la ragione della sospensione del giudizio prevista dall'art. 11 del decreto medesimo. Ci considerato, pu passarsi all'esame dei ricorsi. f. I m f:: li I\ PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Ha carattere pregiudiziale l'esame del ricorso incidentale perch il suo accoglimento -di carattere assorbente -renderebbe superflua l'indagine sulle censure prospettate con il ricorso principale dell'amministrazione finanziaria. Con unico motivo l'I.N.A. denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 1 e 3 della legge 31 ottobre 1963, n. 1458, in relazione all'art. 360, n. 3, cod. proc. civ., e sostiene che dopo l'applicazione del condono concesso con la indicata legge n. 1458 del 1963, non possono sopravvivere pretese del fisco relative ad accessori del tributo, come gli interessi di mora, per cui la finanza -non avendo richiesto tali interessi all'atto del pagamento della sorte, pur condonando penalit e soprattasse --non potrebbe come erroneamente ritenuto dalla Corte del merito pretendere gl'interessi di mora allora non riscossi. La censura non ha fondamento. Ha esattamente sottolineato la Corte del merito che per l'articolo 3 della citata legge -la quale reca gi nella intestazione ( Condono in materia tributaria delle sanzioni non aventi natura penale) la limitazione del suo ambito di applicabilit -il pagamento degli interessi non posto come condizione per la concessione del condono, per cui l'omessa percezione di essi sul contributo evaso non preclude il diritto della finanza, in epoca successiva all'applicazione del condono stesso, di pretendere ci che dovuto per legge. Questa conclusione non solo conforme alla lettera della legge, ma si inquadra nel principio generale pi volte affermato da questa Corte Suprema (da ultimo, sentenze 29 ottobre 1973; n. 2805 26 marzo 1973, n. 831) secondo il quale il debito d'interessi moratori ed il correlativo credito hanno carattere autonomo rispetto all'obbligazione tributaria principale e, pur partecipando della natura di tale obbligazione, non sono a questa assimilabili n collegati in modo indissolubile. Ne consegue che giustamente stata ritenuta ammissibile l'azione della finanza, pur dopo la concessione del condono previsto dal citato art. 3, diretta alla riscossione degli interessi moratori sul tributo in contestazione, in base all'autonomo titolo che la legittimava a pretenderne il pagamento. Nella memoria, l'I.N.A. ha in subordine accennato al profilo di inco stituzionalit dell'art. 5 della legge n. 1458 del 1963, il quale dichiara in nessun caso ripetibili i tributi e i diritti corrisposti per beneficiare delle disposizioni di cui alla legge stessa, mentre non contiene alcun divieto, per la finanza, di riaprire il conto tributario, sia pure al fine della percezione degl'interessi moratori, ponendo cos in evidenza una disparit di trattamento tra finanza e contribuente. La questione non ha rilevanza nel caso concreto, nel quale non si verte nella materia disciplinata dall'art. 5 (ripetibilit o meno dei tri 120 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO buti e degli altri diritti al cui pagamento subordinato il condono previsto dall'art. 3), discutendosi invece del diverso problema della riscossione degli interessi moratori, dovuti per legge sul tributo evaso. Con il primo motivo del ricorso principale l'amministrazione delle .finanze denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2944 e 2948 e.e., dell'art. 45 della legge 19 giugno 1940, n. 762, in relazione agli arti coli 132, n. 4, e 360, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., e censura la sentenza impugnata sotto questi profili: a) per avere erroneamente ritenuto la Corte del merito che gl'interessi accessori non siano soggetti, anche ai fini della prescrizione, alla disciplina del tributo cui si riferiscono, mentre avrebbe dovuto ritenere applicabile al caso la prescrizione decennale prevista dall'art. 45, primo comma, del r.d. 9 gennaio 1940, n. 2, conver tito nella legge 19 giugno 1940, n. 762; b) per non avere, comunque, considerato la Corte stessa che -pur ritenendosi applicabile agl'interessi .moratori in materia tributaria la prescrizione quinquennale di cui all'art. 2948 n. 4 -nella specie si era verificata interruzione del termine per effetto del pagamento, da parte del co.11tribuente, del tributo prin<: ipale. La censura inconsistente. Essa fondata su un'interpretazione non consentita dalla lettera della norma invocata, in quanto il citato art. 45 della legge n. 762 del 1940 prevede la durata decennale della prescrizione soltanto per le imposte e soprattasse stabilite dalla legge stessa, facendo altres salvo .quanto disposto dal successivo art. 47, ultimo comma, per l'imposta riscossa dalle dogane. Gi da tale formulazione della norma si evince che gli interessi moratori non sono compresi nell'ambito della disposizione suddetta; ma la conclusione cui pervenuta la Corte del merito sul punto controverso trova fondamento anche nel principio (Cass. 29 ttobre 1973, n. 2805 e 14 luglio 1972, n. 2394) secondo cui -data un'autonomia del credito d'interessi moratori rispetto all'obbligazione tributaria principale -esso soggetto alla prescrizione (quinquennale) stabilita dall'art. 2948 n. 4, e.e., ove difettino specifiche disposizioni per i debiti d'interessi derivanti totalmente perduto per effetto della costruzione dell'opera pubblica, debba essere, alla data del decreto di esproprio, determinato in una somma pari all'incirca ai 5/7 del valore dell'azienda indicato dal consulente di ufficio e, perci, in Lire 75 milioni (comprensive, per arrotondamento, della somma di L. 79.860, e cio dell'indennizzo per la striscia espropriata, sulla quale non vi controversia fra le parti), calcolando in ventidue anni la durata dell'esercizio della cava (che invece l'ufficio deI Genio civile di Palermo ha erroneamente ridotto a 19 anni). Questa valutazione potrebbe sembrare eccessiva se rapportata alla: esigua superficie espropriata: va, tuttavia, considerato che essa la conseguenza della scelta operata (assai infelicemente, secondo l'appellante incidentale) per il tracciato dell'opera pubblica che non tocca un qualsiasi immobile, ma un immobile qualificato come una cava: su tale scelta questo Tribunale Superiore non pu interloquire, dovendosi limitare alla valutazione delle sue conseguenze sotto il profilo dlla determinazione dell'indennit di espropriazione ex art. 39 e 40 della legge n. 2359 del 1865. Resta in tal modo superata l'esigenza di prendere partitamente in esame le varie censure dell'appello ~cidentale del Bagnasco, che sono tutte volte a mettere in luce come l'effettivo valore della cava e degli impianti che con l'espropriazione sono andati definitivamente perduti sarebbe di gran lunga superiore a quello determinato dal Tribunale regionale sulla scorta delle valutazioni effettuate dal consulente di ufficio. Tali censure si riferiscono, infatti, all'individuazione dei costi di esercizio dell'azienda (compensi al proprietario e al gestore, spese generali in rapporto al costo della manodopera, percentuale per riparazioni e manutenzione) e alla denuncia del danno derivante dalla immediata chiusura della cava in attesa del decreto di espropriazione (con logorio delle macchine e degli attrezzi, con spese di guardiania, di energia elettrica, dr sgombero del materiale, di procedimento per danno temuto). Risulta' evidente che si tratta di voci tutte attinenti al calcolo del valore dell'azienda di estrazione; e, dunque, si inquadrano in una logica che resta estranea all'impostazione qui accolta. Perde, inoltre, ogni rilievo l'errore di calcolo in cui incorso il Tribunale nel sommare i vari addendi. Nel terzo motivo dell'appello principale si denuncia l'errore in cui sarebbe incorso il Tribunale regionale per non aver tenuto conto che, una volta effettuato (in data 10 dicembre 1968) il deposito presso la Cassa DD.PP. della somma di L. 76.065.948, su tale somma non potevan0> pi decorrere interessi a carico dell'espropriante. 'l.52 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In realt, le espressioni usate dal Tribunale regionale a proposito della indennit di occupazione legittima -determinata in ragione degli in teressi legali sulla indennit di espropriazione (criterio che conforme ai principi enunciati dalla Suprema Corte e che non viene criticato) non appaiono perspicue, potendo alimentare il dubbio che la sentenza impugnata abbia inteso accordare gli interessi sull'intera somma liquidata con decorrenza dal 20 novembre 1966 (data di cessazione della attivit della cava) e fino alla data della integrazione del deposito, mentre non si dubita che dal 10 dicembre 1968 gli interessi legali sarebbero stati da computare soltanto sulla somma liquidata in pi rispetto a quella gi depositata (cfr. Cass. 7 dicembre 1970 n. '2583; Cass. 18 dicembre 1968 n. 4020). Ad ogni modo, anche questa doglianza resta assorbita di fronte al rilievo che l'indennit liquidata da questo Tribunale (di poco) inferiore .a quella gi depositata. In definitiva, l'indennit di espropriazione va calcolata in 75 milioni .e quella di occupazione (legittima) nella misura degli interessi legali su lire _79.860 dal 20 aprile 1966 alla data del deposito e sulla differenza tra L. 75.000.000 e L. 79.860 dal 20 novembre 1966 sino alla predetta data .(10 dicembre 1968). In considerazione dell'esito globale della lite, si ritiene di dovere confermare la condanna dell'E.A.S. al pagamento delle spese del giudizio di primo grado, mentre quelle del giudizio di secondo grado possono essere totalmente compensate. -(Omissis). III (Omissis). -La eccezione pregiudiziale della societ, volta a far di. chiarire il passaggio in giudicato della sentenza non definitiva sull'an debeatur per essere l'appello dell'Amministrazione rivolto soltanto contro fa sentenza definitiva sul quantum, manifestamente destituita di fondamento, entrambe le sentenze avendo formato oggetto sia dei motivi di gravame, sia di espressa dichiarazione di impugnazione nell'atto di appello (cfr. p. 7), sicch la forma singolare (impugnata sentenza) che ieggesi nelle conclusioni risulta chiaramente frutto di un mero refuso. Con precedenza su tutte le altre censure, per ragioni di priorit lo gico-giuridica, va esaminato il secondo motivo dell'appello principale .della stessa Amministrazione, nel quale si critica la decisione dei primi giudici per avere ritenuto applicabile alla specie la responsabilit da atti llegittimi, sancita dall'art. 46 della legge sull'espropriazione per p.u. in relazione a danni sofferti dalle propriet private in dipendenza dei lavori di esecuzione di un'opera pubblica. In primo luogo, secondo l'appellante, nel concetto di esecuzione di opera pubblica non pu ricomprendersi anche il taglio di un argine disposto, come nella specie, dall'Amministra PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 153 zione dei LL.PP. nell'ambito dei poteri di tutela sulle acque pubbliche, nell'ambito cio di poteri-doveri di difesa del territorio e delle persone, non potendo ritenersi che di fronte a provvedimenti cos latamente discrezionali permanga nel privato un diritto subiettivo perfetto, in quanto i provvedimenti stessi valgono ad affievolire il diritto di propriet. A parte, poi, il rilievo che, a ben considerare, il -diritto subiettivo assertivamente leso non presentava tale ampiezza da ricomprendere anche il diritto al mantenimento e alla conservazione dell'argine, alla cui costruzione i proprietari finitimi non avevano mai vantato un diritto. La censura poi precisata nei successivi scritti difensivi nel senso che il taglio per necessit di ordine e di incolumit pubblica degli argini di un corso d'acqua giammai pu rientrare nell'ambito di applicazione dell'art. 46 .citato, trattandosi di una situazione puntualmente prevista e disciplinata dall'art. 2 del t.u. sulle opere idrauliche, di cui al r.d. 25 luglio 1904, n. 523, che in via assoluta esclude la configurabilit in materia di una responsabilit per atti legittimi: di qui il difetto di giurisdizione per improponibilit assoluta della domanda. La censura, contrariamente all'assunto della societ, ammissibile in rito anche in quest'ultima prospettazione, che costituisce una mera esplicazione della tesi di fondo circa la inapplicabilit, in principio, dell'art. 46 citato in tema di esecuzione di opere aventi relazione con il buon regime delle acque pubbliche e, comunque, si risolve nella denunzia di un difetto assoluto di giurisdizione, rilevabile di ufficio in ogni stato e grado del giudizio e non precluso, nella specie, dalla precedente dichiarazione di competenz;:t del giudice specializzato. La censura stessa, per, infondata nel merito. E' esecuzione di opera pubblica, ai sensi dell'art. 46 della legge sulla espropriazione per p.u., non solo la realizzazione o la modificazione di un nuovo manufatto, ma anche la eliminazione di un manufatto esistente, avendo la norma riguardo a tutte le variazioni apportate alla situazione di fatto con risultati pregiudizievoli per i beni dei privati rimasti coinvolti nel compimento dei relativi lavori. In particolare, poi, per le opere idrauliche, pur esse pubbliche per eccellenza, la legge stessa annovera .come tali anche la distruzione di quelle esistenti (art. 2, comma secondo, r.d. del 1904 n. 523). N pu convenirsi con l'Amministrazione appellante sulla estraneit di siffatte categorie di opere allo schema legale dell'art. 46 citato, giacch testualmente dall'art. 140, lett. d, del t.u. sulle acque e sugli impianti elettrici risultano contemplate le controversie... riguardanti... le indennit previste dall'art. 46 ...in conseguenza della esecuzione o manutenzione di opere idrauliche. E quale che debba essere, in generale, l'esatto coordinamento di tale disposizione con quella successiva, di cui .alla lettera e dello stesso art. 140, concernente le controversie per risar RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 154 cimenti di danni dipendenti da qualunque opera eseguita dalla P.A. e da qualunque provvedimento emesso dalla autorit amministrativa a ter mini dell'art. 2 del t.u. delle leggi 25 luglio 1904 n. 523 (cfr. Cass. 19 novembre 1964 n. 2760; Cass. 11 novembre 1959 n. 3341; Cass. 11 aprile 1958 n. 2248), recepito nella giurisprudenza della Corte Suprema l'insegnamento che l'azione per l'indennit prevista dall'art. 46 in caso di danni sofferti dalle propriet private in dipendenza della esecuzione di opere idrauliche rientra fra le ipotesi di cui alla citata lettera d (Cass. n. 2248 del 1958), ed sempre proponibile senza alcuna necessit di previe indagini in sede amministrativa (Cass. n. 3341 del 1959). Ed infine sufficiente appena un cenno per rilevare che il diritto, della cui menomazione la societ ha chiesto di essere indennizzata non gi quello alla conservazione degli argini, ma il diritto di propriet sui beni rimasti danneggiati a seguito -in tesi -dell'alterazione provocata sul normale deflusso delle acque di piena dal taglio degli argini della Fossa di Polasella. Parimenti infondato il primo motivo, non applicandosi all'azione per indennizzo ex art. 46 citato, fondato su una responsabilit per atto legittimo della P.A., la prescrizione quinquennale prevista dall'art. 2947 e.e. per l'azione di risarcimento danni da fatto illecito. Con il terzo motivo l'Amministrazione contesta l'accertamento com piuto dal giudice di primo grado circa l'esistenza, in concreto, del nesso di causalit fra la rottura artificiale degli argini ed i danni sofferti dai beni di propriet dela societ attrice, ed afferma che mancherebbe la prova che la totalit e larga parte dei danni lamentati sia stata cagionata dall'acqua della seconda ondata, conseguente alla predetta apertura artificiale degli argini della Fossa di Polasella, e non, invece, dalla inondazione delle acque naturalmente straripanti, che gi in precedenza avevano largamente invaso la zona interessata. Ma l'analitica ed approfondita valutazione delle risultanze istruttorie compiuta dal Tribunale regionale regge alle critiche, peraltro non molto specifiche, dell'appellante. La circostanza, tanto insistentemente sottolineata nel motivo di gravame, che gi prima della apertura degli argini il comprensorio in cui sorgeva lo stabilimento della societ era stato raggiunto ed invaso dalle acque di piena, stata ben tenuta presente dalla sentenza impugnata, che ha correttamente visto in essa il presupposto di fatto sul quale si innesta la questione in esame, consistente appunto nello stabilire in qual misura si sia ripartita fra la prima e la seconda ondata di piena la eziologia dei danni sofferti dalla societ. Orbene, sia le deposizioni dei testi escussi (Brusaferro, Breggiato, Albreschi, Cappellato, Cibin, Braggiotto), sia gli accertamenti compiuti dai consulenti di ufficio, ed analiticamente illustrati nelle rispettive relazioni, - PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI con riferimenti anche alle considerazioni dei periti della stessa parte convenuta, dimostrano quale maggiore violenza ed altezza raggiunse l'afflusso delle acque di piena con la seconda ondata. N vale opporre che tale conclusione troverebbe conforto soltanto nelle generiche affermazioni di alcuni testimoni, tutti dipendenti della societ, essendo sufficiente replicare come essa, invece, trovi conferma, oltre che nelle relazioni di diversi consulenti di ufficio succedutisi in causa, nella deposizione precisa e circostanziata di un teste, della cui indipendenza ed obiettivit, in relazione alla sua professione non dato di dubitare (n dubita l'appellante), cio del medico condotto Brusaferro, dalle cui dichiarazioni, come opportunamente ha gi ricordato il Tribunale regionale, risulta che la primitiva massa di acqua, che aveva invaso la zona di Bosaro, compresa quella in cui si travavano i pozzi delle centrali metanifere di Graziani era calma e defluiva molto lentamente verso oriente, ed alla fine raggiunse una altezza ove pi ove meno... di mezzo metro, mentre, dopo l'apertura degli argini ordinata dalle autorit, si crearono delle brecce attraverso le quali irruppe una seconda ondata molto pi grave dell'altra, avente forte impeto con conseguente elevazione del livello dell'inondazione a circa un metro, un metro e mezzo anche nella localit delle dette centrali. Da tanto risulta pienamente giustificata la valutazione in termini percentuali della rilevanza causale attribuibile ai due diversi momenti della inondazione, valutazione che non rimane scalfita neppure dalla contrapposta censura -che si esamina qui per evidenti ragioni di connessione -mossa dalla societ, in forma peraltro affatto immotivata e generica, coli il primo motivo dell'appello incidentale in ordine alla riduzione dell'indennit liquidata ai 3/4 dell'intero: tale riduzione trova appunto ragione nella attribuzione causale del 25% alla inondazione naturale e del 75% a quella artificialmente provocata con l'abbattimento degli argini della Fossa di Polasella. Ancora al quantum dell'indennit liquidata dal Tribunale regionale si riferiscono il quarto ed il quinto motivo dell'appello principale, con i quali l'Amministrazione deduce, rispettivamente, che mancava comunque il carattere della permanenza dei danni e che i danni sono stati, in ogni caso, liquidati in misura eccessiva, tenendosi peraltro conto anche di quei danni che non avevano il carattere della permanenza . Nessuna delle due censure pu essere accolta. Premesso che la appellante non formula alcuna critica in ordine sia al criterio di massima adottato dalla sentenza non definitiva per determinare l'indennit, rapportandola ad una misura pari all'importo dei dan ni... subiti dalla societ, sia alla natura, anche mobiliare, dei beni ritenuti indennizzabili dalla sentenza definitiva, agevole rilevare, da un lato, come -a parte la mancata indicazione delle voci che sarebbero RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO state computate sebbene prive del predicato necessario -non possono non qualificarsi permanenti danni concretatisi nella distruzione o nel grave deterioramento fisico dei beni presi in considerazione, e, dall'altro, come -a parte anche qui la mancata specificazione di quale sarebbe dovuta essere la stima -i valori di indennizzo calcolati dal primo giudice siano perfettamente corrispondenti a quelli analiticamente e motivatamente indicati dai consulenti di ufficio. -(Omissis). IV (Omissis). -Con il primo motivo la Amministrazione ricorrente afferma che il Tribunale superiore ha erroneamente ravvisato il danno permanente derivante dalle opere di bonifica in questione nel maggior pericolo di esondazioni e inondazioni del fondo stesso nel mentre tale preteso maggior pericolo, a causa della sua incerta determinazione, non pu costituire il danno permanente, che deve essere caratterizzato da una effettiva, emergente ed obbiettivamente determinabile menomazione dell'immobile nelle sue qualit naturali e nelle possibilit strumentali di esso. Inoltre la ricorrente amministrazione afferma che la sentenza non ha motivato sufficientemente sul punto del rapporto causale tra opera pubblica e tale preteso maggior pericolo, non dando poi neppur peso al fatto accertato che, nonostante le modificazioni apportate alla opera di bonifica nel 1965, si era verificato egualmente il pericolo di tracimazione, il che comproverebbe che proprio la naturale giacitura dei terreni priva di un sistema naturale di scoli a dar luogo alle inondazioni in occasione di piogge pi intense. La censura non ha fondamento. Quanto alla individuazione del pregiudizio da tenere a base dell'indennizzo, il Tribunale superiore ha cla- ramente esposto che il pregiudizio costituito dal maggior pericolo di inondazioni conseguente alle opere costruite. Il che appunto importa quella diminuzione delle qualit naturali e delle possibilit strumentali del fondo giacch o costringe ad attuare culture meno sensibili agli effetti delle inondazioni o pu portare a spese per contenere o per ovviare a tale pericolo. Soprattutto tale sopraggiunta qualit negativa ha effetto sul valore commerciale del bene nel comune commercio, in quanto essa (maggiore esposizione ad inondazioni) un fattore che incide, come nozione di comune conoscenza, sulla appetibilit del fondo stesso. Quindi non l'astratto pericolo il pregiudizio indennizzabile ma l'effetto di que- sto sulle qualit agricole del suolo nel senso specificato. Il Tribunale si; fermato alla causa senza specificare l'effetto di tale maggiore pericolo,. in quanto ha certamente ritenuto superfluo, essendo questo una conse- PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 157' guenza evidente, specificare che tale maggior pericolo aveva influenz~ negativa sul valore di uso e di commercio del suolo. Quanto al pret~so difetto di motivazione sul nesso di causalit tra le opere di bonifica ed il preteso pericolo il Tribunale ha spiegato che questo si verificava per effetto del contrasto di correnti che si determina nel nuovo canale trasversale ed inoltre a causa del maggior convogliamento di acque dal canale Tazzera al canale Rapecchio, fatti questi che determinavano una minore resistenza degli argini con conseguente possibilit di crolli o comunque di tracimazioni. Anche l'argomentazione della sentenza tratta dalla circostanza che. gli inconvenienti accennati erano cessati per effetto delle nuove opere effettuate dall'Amministrazione ricorrente, logico e coere:p.te, costituendo la riprova che, prima di tali modifiche, sussisteva un rapporto di causa ad effetto tra dette opere e l'accresciuta possibilit di inon dazioni. Con il secondo motivo l'Amministrazione ricorrente afferma che,. erroneamente, anche ai fini della valutazione equitativa dell'indennizzo, il Tribunale superiore ha tenuto conto esclusivamente di danni occasionali ai fondi, trascurando altri elementi utili alla valutazione stessa e quindi :il Tribunale avrebbe in definitiva ancorata la valutazione di un danno permanente alla verificazione di danni puramente occasionali. La censura non fondata. Invero l'adozione del criterio equitativo nella liquidazione di un pregiudizio economico presuppone l'impossibilit di determinare nella sua precisa entit il danno, onde la determinazione del danno rimessa al prudente arbitrio del giudice, il quale prescieglie-r il modo di determinarlo. E' chiaro, pertanto, che non potrebbe preten-dersi dal giudice in tale. caso la dimostrazione rigorosa e matematica della validit dei criteri adottati proprio per la natura della valutazioneed il giudice solo tenuto ad esporre il procedimento logico attraverso il quale perviene alla liquidazione stessa. Solo se appaia chiaramente illogico (e quindi iniquo) il criterio adottato, la valutazione non si sottrarebbe al controllo di legittimit di questa Corte di legittimit alla stregua dell'art. 360 n. 5 cod. proc. civ. Tale vizio non per riscontrabile: nel caso di specie. E' pur vero che il Tribunale superiore ha fatto riferimento ai danni effettivi del fondo, ma, come emerge dalla motivazione complessiva, questi sono stati riguardati solo come indice del deprezzamento del fondo, giacch di essi il Tribunale ha tenuto conto in misura percentuale come criterio di valutazione equitativa. Per quanto pi sopra si esposto, non potrebbe pretedersi che il' giudice dica perch si basato su una misura percentuale piuttosto che su un'altra, ci rientrando nel suo prudente arbitrio. Pertanto il ricorso, essendo infondato, va rigettato con la conseguen- te condanna dall'Amministrazione ricorrente alle spese. -(Omissis). 158 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 10 novembre 1975, n. 25 -Pres. Danzi -Rel. Granata -S.T.A.N.I.C. -Industria petrolifera -S.p.A. (avv. Guidi) c. Petruzzelli e altro (avv. Ciancola e Parrelli) e Ministero dei lavori pubblici (avv. Stato Albisinni). Acque pubbliche ed elettricit -Acque sotterranee -Pubblicit -Condizioni -Esistenza in comprensorio soggetto a tutela -Irrilevanza. (T. u. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 103, 104 e 105). Acque pubbliche ed elettricit -Competenza e giurisdizione -Tribunali delle acque -Pubblicit dell'acqua -Accertamento negativo -Declinatoria di competenza per le altre questioni. (T. u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 140). Le acque sotterranee, ancorch ricomprese in comprensori soggetti .a tutela, sono pubbliche solo in quanto presentino in concreto attitudine .ad usi di pubblico generale interesse (1). Il tribunale delle acque, che esclude la natura pubblica di una acqua, legittimamente declina la propria competenza in ordine agli ulteriori .aspetti d'una controversia avente ad oggetto diritti relativi all'uso della .medesima acqua (2). (Omissis). -Con i quattro punti, in cui articolato l'atto di appello, la Stanic -Industria Petrolifera s.p.a. propone sostanzialmente una duplice censura contro la sentenza impugnata: a) per avere il Tribunale regionale escluso la natura pubblica dell'acqua, edotta dal pozzo aperto nel fondo condotto in affitto dai Petruz. zelli, sulla base di un accertamento del Genio civile eseguito dopo l'abbandono del pozzo stesso da parte degli utenti, laddove, secondo l'ap- pellante, l'indagine circa l'attitudine dell'acqua predetta ad un uso pubblico doveva effettuarsi con riferimento alla situazione precedente e comunque in relazione all'intero bacino imbrifero; b) per avere, comunque, il Tribunale regionale omesso di esaminare l'altro profilo della questione, da essa Stanic sollevata, circa la illegittimit dell'uso, dai Petruzzelli fatto di tali acque, perch in eccesso ai limiti fissati dagli artt. 92 e ss. t.u. del 1933 n. 1775, che invece si sarebbero dovuti osservare trattandosi di acque sotterranee appartenenti ad (1) La massima costituisce una puntuale applicazione della disciplina des:umibile dalle disposizioni speciali sulle acque sotterranee, dettate nel titolo II del t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775. Il decreto previsto dall'art. 94 t.u., con -cui individuato il comprensorio soggetto a tutela, attribuisce a questo una qualit che rileva per l'attribuzione all'autorit amministrativa di poteri di autorizzazione (art. 95) e di polizia (art. 105) in ordine alla ricerca estrazione .e utilizzazione delle acque sotterranee. La natura pubblica o privata delle .acque sotterranee scoperte in tali comprensori dipende invece pur sempre PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 159 un comprensorio dichiarato soggetto a tutela, ai sensi delle medesime di sposizioni. Entrambe le censure sono prive di fondamento. E' infondata la prima, perch dalla nota 23 giugno 1972 del Genio civile di Bari risulta che la valutazione, circa la mancanza nell'acqua in questione delle caratteristiche... per essere considerata ad uso pubblico di generale interesse >>, ha avuto riguardo al modo di essere dell'acqua in s, indipendentemente dall'abbandono in atto della presa, come fatto palese dagli espressi riferimenti alle caratteristiche del pozzo " comparate con quelle degli altri pozzi esistenti nella zona, alla profondit" di esso e, soprattutto, alla limitata quantit di acqua rinvenuta , elementi tutti, questi, non influenzati e non influenzabili dall'attualit, o meno, dell'attingimento. N la pubblicit pu discendere ex se, come giustamente ha osservato il giudice di primo grado, dalla circostanza che trat tasi di acque sotterranee facenti parte di un comprensorio soggetto a tutela, la legge stessa prevedendo la duplice ipotesi che acque siffatte abbiano, oppur no, i caratteri per essere considerate pubbliche (cfr. art. 103, comma secondo, e art.104, comm primo, t.u. citato). Parimenti infondata la seconda censura, perch il Tribunale regio nale non ha ignorato la questione circa la legittimit, o meno, dell'uso fatto dai Petruzzelli dell'acqua edotta dal pozzo prima del suo abbandono, ma si dichiarato incompetente a conoscerne. E tale pronunzia affatto corretta, in quanto presupposto della competenza del giudice specializzato nella ipotesi dell'art. 140, lett. e, invocata dall'appellante, la natura pubblica dell'acqua, onde, una volta accertato, come nella specie, che la controversia ha ad oggetto diritti relativi alla utilizzazione di acque private, il giudice stesso non pu non declinare la propria competenza al riguardo. -(Omissis). dalla loro attitudine ad usi di pubblico generale interesse (art. 103, commi primo e secondo). In termini, cfr., Cass., 3 ottobre 1970 n. 1782, Foro it., 1971, I, 2652; Cass., 12 marzo 1960 n. 497, Giust. civ., 1960, I, 669 e Foro it., 1960, I, 360. Tra le pi recenti decisioni in materia di acque sotterranee, cfr., Cass., 7 dicembre 1974 n. 4088, in questa Rassegna, 1974, I, 424; Trib. sup. acque, 5 giugno 1974 n. 13, ivi, 1975, I, 257; Trib. sup. acque, 15 ottobre 1973 n. 29, ibideni, 1974, I, 494. (2) La pronunzia con cui il tribunale delle acque, adito in una controversia ex art. 140 del t.u. 11 dicembre 1933 n. 1775, dichiara che l'acqua non ha natura di acqua pubblica viene a porsi come pronunzia .di accertamento incidentale su questione pregiudiziale emergente in causa non appartenente alla propria competenza per materia, in relazione alla quale correttamente il tribunale declina la propria competenza. Per riferimenti cfr. Cass., 5 settembre 1974 n. 2417, in questa Rassegna, 1974, I, 1477, relativa ai rapporti tra causa di competenza dei tribunali ord nari e questione pregiudiziale di competenza dei tribunali delle acque. SEZIONE OTTAVA GIURISPRUDENZA PENALE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 12 dicembre 1974, n. 1045 -Pres. Bonomo -Rel. Marcarino -P. M. Moscarini (conf.) -Rie. P.M. in proc. Marinussi. Caccia pesca -Pesca marittima -Tutela delle risorse biologiche e della attivit di pesca -Immissione di sostanze inquinanti -Scarico di acque reflue di albergo -Sussistenza di reato -Fattispecie . Lo scarico in mare di acque reflue di un albergo integra il reato di cui a.ll'art. 51 lettera e) legge 14 luglio 1965, n. 963 sulla disciplina della pesca marittima che vieta di immettere in mare sostanze inquinanti. (Nella specie era risultata da perizia la nocivit delle immissioni e la Suprema Corte ha ritenuto irrilevante la quantit di tali immissioni non facendo la legge ad essa riferimento) (1). (1) Un problema, che ricorre sovente nei processi per inquinamento, quello della costituzione di parte civile del Ministero della Marina Mercantile, quando vengono contestati i soli reati previsti !:! puniti dagli art. 1174 (inosservanza delle norme di polizia portuale) e 1166 (getto di materiali e interramento dei fondali) del codice della navigazione, contestazioni ricorrenti nelle ipotesi di inquinamento degli specchi d'acqua portuali. :I:!. un problema peraltro di facile soluzione e risolvibile in senso positivo. La contestazione infatti del solo reato contravvenzionale p. e p. dell'art. 1174 cod. nov. non esclude la legittimazione e l'interesse alla costituzione di parte civile del Ministero della Marina Mercantile, ben potendo i danni essere derivati in via diretta ed immediata dalla commissione del reato contravvenzionale specialmente quando esso realizza la stessa condotta materiale prevista dall'art. 15 lettera e) della legge 14 luglio 1965 n. 963. Tali ipotesi ricorrono, ad esempio, nei casi, frequentissimi, di dispersione di petrolio e prodotti derivati dalle navi cisterna durante le operazioni di carico e di scarico. I danni in tal caso non consistono soltanto, in quelli,. facilmente accertabili nella loro entit, rappresentati dalla spesa per il recupero degli idrocarburi galleggianti, ma in quelli, difficilmente quantificabili~ eppure potenzialmente pi gravi, di inquinamento delle acque, di nocumento per la fauna ittica e di alterazioni chimiche o fisiche dell'ambiente, che possono essere provocati dalla immissione di notevoli quantit di idrocarburi negli specchi d'acqua e che possono verificarsi anche se le sostanze inquinanti o tossiche, dopo un periodo pi o meno lungo di permanenza in mare, vengono recuperate. PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 161 I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 24 aprile 1975, n. 294 -Pres. Rosso - Rel. Angioni -P. M. De Gennaro (parz. diff.) -Rie. Piscopo. Parte civile -Costituzione -Forme e termini -Costituzione predibattimentale -Termine per la notifica all'imputato. L'art. 95 cod. proc. pen. non dispone espressamente un termine per la notifica all'imputato della costituzione di parte civile avvenuta prima del dibattimento, limitandosi a precisare che la costituzione pro duce effetto dal giorno nel quale venne eseguita l'ultima notificazione,' fino a tale momento non si ha, quindi, perfezionamento del rapporto In altri termini, pu ben accettarsi l'affermazione implicita nella collocazione delle norme e nell'intento del legislatore, che i beni protetti rispettivamente dall'art. 15 lettera e) della L. 963 del 1965 e dall'art. 1174 cod. nav. siano dh:ersi, tutelando la prima norma le risorse biologiche dell'acqua marina e la seconda l'ordinamento e il traffico portuale (v. in questo senso e per un'ipotesi di concorso di reati, la . sentenza della Cassazione 26 ottobre 1972, n. 1614 rie. P.M. e Xenos mass. 123.895 in Massimario delle Decisioni penali, 1973, p. 488 che questa affermazione ha avuto occasione di effettuare in ordine al reato contravvenzionale analogo di cui all'art. 71 cod. nav.), ma da ci non discende la conseguenza che la costituzione di parte civile del Ministero della Marina Mercantile non si possa effettuare per quei danni che nella pi grave ipotesi dolosa prevista dall'art. 15 della legge n. 963 del 1965 costituiscono il danno criminale vero e proprio. Come noto infatti, il danno criminale, individuato, quanto meno nella terminologia adottata dall'Antolisei nel suo Manuale di dir. pen., nella lesione del bene protetto, pu non coincidere con il danno risarcibile, che pur tuttavia legittima alla costituzione di parte civile, quando sia conseguenza diretta ed immediata dell'azione criminosa (tipico l'esempio del danno risarcibile nell'omicidio). Non occorre quindi che i danni da reato ex art. 1174 cod. nav. siano diversi da quelli di cui all'art. 15 lettera e) della 1. n. 963 del 1965 perch possa provvedersi alla costituzione di parte civile, n ci imposto dall'ordinamento, il quale anzi consente, con la previsione specifica di un delitto (art. 15) e con quella, generica, di una contravvenzione, (art. 1174) di colpire ogni tipo di condotta, sia essa dolosa o colposa, che leda il bene protetto dalla legge del 1965. opportuno invece rilevare che il confronto fra la norma di cui all'art. 1174 e quella di cui all'art. 71 induce a ritenere che il getto colposo 'Cii materiali (i quali, non distinguendo la lettera della legge, possono essere sia inquinanti, sia non inquinanti) integra il reato previsto dal secondo arti colo, reato che pu concorrere con quello di cui all'art. 1174. Non pu dubitarsi infatti che i due reati possono concorrere material mente, apparendo diversi i beni protetti: pur se compresi entrambi nello stesso capo concernente le disposizioni sull'ordinamento e sulla polizia dei porti, il reato previsto dall'art. 1166 con riferimento all'art. 71 tutela il bene della pulizia delle acque, mentre quello previsto dall'art. 1174 tutela sopra tutto la sicurezza nei porti. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO processuale relativo alla costituzione di parte civile. Circa il termine entro cui ci pu avvenire, deve coordinarsi l'art. 95 cod. proc. pen. con l'art. 93 che stabilisce in generale il principio inderogabile secondo il quale la costituzione di parte civile pu avvenire solo prima delle formalit di apertura del dibattimento. Dopo tale momento per il combinamento disposto degli artt. 93 e 95 citati, non vi pu essere costituzione dibattimentale, ma, neanche potrebbe essere perfezionata quella eseguita prima del dibattimento, divenuta definitivamente inefficace, in quanto i suoi effetti erano sospesi in attesa del perfezionamento delle parziali notifiche gi compiute (1). II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. VI, 24 maggio 1975, n. 69 -Pres. Leone - Rel. Faccini -P. M. Suriana (conf.) -Rie. P.M. in proc. Giannattasio. Procedimento penale Decreto di citazione Persone diverse dall'imputato (citazione delle) Parte civile -Omessa citazione Nullit relativa Deducibilit da parte del P .M. (cod. proc. pen. artt. 408, 412, 422, 517). La parte civile, una volta ritualmente costituita, ha diritto alla noti fica del decreto di citazione nei vari gradi del giudizio. L'omessa citazione per il giudizio determina una nullit relativa, rilevabile in ogni momento (a seguito della sentenza della Corte Costituzfonale 20 dicem~ bre 1968, n. 132 che ha dichiarato illegittima la norma dell'art. 422 cod. proc. pen.) e deducibile dal P.M., cui incombe di curare l'osservanza della legge processuale (2). Occorre poi tener presente, per quanto concerne l'art. 71, che la Suprema Corte, che aveva ritenuto che il reato p. e p. della suddetta norma fosse a carattere doloso (cass. Sez. III 26 ottobre 1972, n. 1615, rie. PM e Xenos mass. 123.894 in Massimario dee. penali 1973 p. 488) ha successivamente mutato radicalmente il iProprio avvtiso, alfermando che l'immissione colposa, diretta o indiretta di sostanze inquinanti nelle acque marine, punibile ai sensi dell'art. 71, affermazione questa che appare molto pi accettabile e conforme ai principi generali, alia dizione letterale usata dal legislatore a alle stesse indicazioni della dottrina. Quest'ultima infatti esclude il reato solo in presenza di un evento di forza maggiore (V. P. MANCA, Studi di dir. della nav., Giuffr 1963, IV p. 214; Cass. III Sez. 24 maggio 1973 n. 1109 rie. Pappalardo mass. 125362 in Massimario dee. penali 1973, p. 1179). (1-2) La. prima massima conforme alla normativa in vigore. Sulla seconda v. nello stesso senso, Cass. 7 giugno 1972 in Cass. Pen. Mass. Annotato 1973, p. 1300, m. 1751. PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE La costituzione di parte civile in grado d'appello. Come noto, la Corte Costituzionale con sentenza n. 132 del 1968 ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, in riferimento all'art. 24, I e II comma della Costituzione, l'art. 422 c.p.p. nella parte in cui consente la sanatoria della nullit per omessa citazione della parte civile, dell'offeso dal reato o dal querelante, se non dedotta immediatamente dopo compiute le formalit d'apertura del dibattimento, nullit sancita dall'art. 412 in relazione all'art. 408 c.p.p. Prescindendo dal considerare se la sentenza surrichiamata abbia natura di sentenza interpretativa di accoglimento (dato che buona parte della dottrina aveva sostenuto che l'art. 422 c.p.p. non era applicabile a chi, per omissione della citazione, non aveva avuto notizia del processo) determinante rilevare quali effetti la dichiarazione di incostituzionalit abbia avuto e quale sia la natura della nullit, ora non pi sanabile per la decorrenza del termine di cui all'art. 422. Gi prima della sentenza dell Corte Costituzionale la dottrina e qualche decisione giurisprudenziale riconoscevano che -nonostante la norma di cui all'art. 93 c.p.p. la quale consente la costituzione di parte civile fino a quando non siano compiute per la prima volta le formalit di apertura del dibattimento -era ammissibile la costituzione nel nuovo giudizio che venisse celebrato con nuove valide formalit di apertura del dibattimento (Cass. 21 aprile 1964 in Cass. Pen. Mass. Annotato 1964, p. 822, n. 1467) poich si riteneva, esattamente, che non potesse costituire un precedente ostativo un'.dienza nella quale fosse stato dichiarato nullo il decreto di citazione: l'effetto preclusivo ricollegato al compito delle formalit di apertura di un dibattimento valido: un atto processuale nullo, la cui nullit non sia stata sanata, nullum producit effectum (cos il CORDERO, Proc. pen., 1971 p. 255 v. anche LEONE, Sulla nullit per omessa o irregolare citazione della parte civile in Riv. It. dir.1 e proc. pen. 1961, p. 562). Tale possibilit peraltro sussisteva -secondo la pi diffusa interpretazione dell'art. 422 -soltanto se la nullit veniva sollevata entro il termine previsto da questa norma (la quale fra l'altro, per una incongruenza legislativa gi rilevata in dottrina, poneva il termine utile per dedurre la nullit in un momento successivo a quello in cui l'art. 93 fissa la decadenza dal diritto di costituirsi parte civile). La dichiarazione di incostituzionalit che ha travolto l'art. 422 ha rimosso l'ostacolo temporale alla rilevabilit della nullit, proprio in considerazione della violazione del diritto della difesa che la sanatoria comportava e perch altrimenti, si legge nella sentenza della Corte Costituzionale, all'offeso del reato non era consentito, in dipendenza di fatti a lui non imputabili, di deter minarsi e di procedere alla costituzione di parte civile per e in tutto il tempo ammesso dalla. legge . Appare quindi chiaro, sia per questa motivazione sia per l'incongruenza legislativa sopra accennata, che la costituzione di parte civile possa avvenire, nel caso di omessa citazione dell'offeso dal reato o del querelante, anche dopo che siano compiute per la prima volta le formalit di apertura del dibatti mento e proprio a causa della nullit, non pi sanabile, che lo inficiava. Nonostante che la Corte Costituzionale non abbia dichiarato l'illegittimit costituzionale derivata, a norma dell'art. 27 I. 11 marzo 1953 n. 87 di altre norme del codice di procedura penale, queste devono essere interpretate in coordinamento fra di loro e tenendo conto degli effetti conseguenti alla dichia rata insanabilit della nullit: ch anzi, a ben vedere, non v'era ragione di dichiarare l'illegittimit derivata di altre norme in conseguenza della dichiara RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 164 zione di illegittimit dell'art. 422. : infatti conseguenza della nullit dei precedenti atti che la costituzione di parte civile possa avvenire anche dopo compiute per la prima volta le formalit di apertura del dibattimento (art. 93 c.p.p.), che quindi l'opposizione alla costituzione possa avvenire anche successivamente al termine previsto dall'art. 98 secondo comma e immediatamente dopo l'avvenuta costituzione e che, infine, l'esclusione della parte civile ad opera del giudice possa avvenire in ogni stato e grado del procedimento (art. 99), La costituzione di parte civile invero -che gi sotto il vigore dell'art. 422 era stata ritenuta ammissibile in appello quando il giudice di secondo grado avesse dichiarato la nullit del giudizio di primo grado per la mancata citazione della persona offesa (Cass. 10 luglio 1951 in Giust. pen. 1951, III, 643, m. 552; 4 giugno 1952, ivi 1952, III, 746, m. 702) deve a maggior ragione ritenersi ammissibile adesso. La costituzione di parte civile in grado di appello comporta peraltro altri problemi di non facile soluzione: la disciplina della materia va, nel codice di rito, ricercata nella norma di cui all'art. 522 il quale, nei suoi primi tre commi, dispone diversamente a seconda dei tipi di nullit riscontrate. Le nullit assolute ex art. 185 e quelle di cui al II comma dell'art. 445 comportano rispettivamente, previa declaratoria della nullit con sentenza, la trasmissione degli atti .al giudice di primo grado o al pubblico ministero. Quelle relative, che non siano state sanate, comportano o la rinnovazfone degli atti nulli o la mera declaratoria di nullit, qualora il giudice riconosca che l'atto nullo non fornisce elementi necessati al giudizio. Questa normativa va integrata con quella di cui agli artt. 34 e 36 c.p.p. che prevedono in ordine alla competenza per materia, nullit insanabili e rilevabili in ogni stato e grado del processo. Di tutte queste forme di nullit, quella che pi si avvicina a quella conseguente all'omessa citazione della parte lesa, quella disciplinata dal III comma dell'art. 522. La soluzione per che questa norma impone (costituzione innanzi al giudice d'appello, che pu ordinare la rinnovazione del dibattimento, non conoscendo il nostro sistema processuale penale altra ipotesi di rinnovazione obbligatoria del dibattimento che non sia quella dell'art. 565 ultimo comma) criticata in dottrina, in quanto non attua effettivamente il diritto di difesa garantito dalla Costituzione in ogni stato e grado del procedimento, tanto che altri autori propendono per una interpretazione analogica dell'art. 522 II comma, traendo argomenti dal comune carattere di insanabilit delle nullit previste dall'art. 185 e dall'art. 412 e dalla comune predisposizione per la tutela del pieno espletamento del diritto della difesa rispettivamente dell'imputato e della persona offesa dal reato ed affermano conseguentemente che il giudice di secondo grado deve rinviare gli atti al primo giudice per il giudizio. PAOLO DI TARSIA di BELMONTE PARTE SECONDA LEGISLAZIONE I -NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI Codice d.i procedura penale, art. 108, .primo comma, nella parte in cui noni consente, nel corso dell'istruzione sommaria, la citazione del responsabile civile, 'nei cui confronti si richieda la provvisionale di cui all'art. 24 della legge 24 dicembre 1969, n. 990. Sentenza 22 gennaio 1976, n. 14, G. U. 28 gennaio 1976, n. 25. codice di procedura penale, art. 598, nella parte in cui non prevede che prima della decisione della corte d'appello si proceda agli adempimenti di cui all'art. 372, primo e secondo comma, dello stesso codice, ai fini dell'esercizi0> delle facolt di questa norma previsti. Sentenza 15 gennaio 1976, n. 5, G. U. 21 gennaio 1976, r> 18. r.d. 22 aprile 1909, n. 229, art. 22, secondo comma. Sentenza 15 gennaio 1976, n. 8, G. U. 21 gennaio 1976, n. 18. r.d.I. 27 novembre 19119, n. 2373, art. 24, secondo comma. Sentenza 15 gennaio 1976, n. 8, G. U. 21 gennaio 1976, n. 18. r.d. 13 agosto 1933, n. 1038, art. 72, nella parte in cui prescrive per la proposizione dei ricorsi in materia di pensione da parte degli aventi dirittO' al trattamento di quiescenza, il termine perentorio di novanta giorni dalla data di comunicazione e notificazione del provvedimento impugnato. Sentenza 15 gennaio 1976, n. 8, G. U. 21 gennaio 1976, n. 18. r.d. 12 luglio 1934, n. 12141 art. 63, nella parte in cui prescrive, per la proposizione dei ricorsi in materia di pensione da parte degli aventi diritto al trattamento di quiescenza, il termine perentorio di novanta giorni dalla data di comunicazione e notificazione del provvedimento impugnato. Sentenza 15 gennaio 1976, n. 8, G. U. 21 gennaio 1976, n. 18. r.d. 12 luglio 1934, n. 2312, art. 49. Sentenza 15 gennaio 1976, n. 8, G. U. 21 gennaio 1976, n. 18. .2 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO r.d.I. 3 marzo 1938, n. 680, art. 60, nella parte in cui prescrive, per la pro posizione dei ricorsi in materia di pensione da parte degli aventi diritto al trattamento di quiescenza, il termine perentorio di novanta giorni dalla data ,di comunicazione e notificazione del provvedimento impugnato. Sentenza 15 gennaio 1976, n. 8, G. U. 21 gennaio 1976, n. 18. legge 6 luglio 1939, n. 1035, art. 54, primo comma. Sentenza 15 gennaio 1976, n. 8, G. U. 21 gennaio 1976, n. 18. legge 6 febbra-io 1941, n. 1'76, art. 63, .primo comma. Sentenza 15 gennaio 1976, n. 8, G. U. 21 gennaio 1976, n. 18. legge 25 luglio 1941, n. 934, art. 59, primo comma. Sentenza 15 gennaio 1976, n. 8, G. U. 21 gennaio 1976, n. 18. d.I. 6 maggio 1948, n. 654, art. 3, secondo comma, nella parte in cui .dispone che i membri del consiglio di giustizia amministrativa della regione siciliana in sede giurisdizionale, designati dalla giunta regionale, possono essere ,riconfermati. Sentenza 22 gennaio 1976, n. 25, G. U. 28 gennaio 1976, n. 25. d.P.R. 5 giugno 1952, n. 656, art. 90, primo comma. Sentenza 15 gennaio 1976, n. 8, G. U. 21 gennaio 1976, n. 18. d.P.R. 2 gennaio 1962, n. 538, articolo unico. Sentenza 22 gennaio 1976, n. 19, G. U. 28 gennaio 1976, n. 25. legge 6 agosto 1967, n. 699, art. 29, secondo comma. Sentenza 15 gennaio 1976, n. 8, G. U. 21 gennaio 1976, n. 18. legge 28 luglio 1971, n. 585, art. 19, primo comma, nella parte in cui dispone che il termine per la riasswizione del processo, interrotto a seguito della morte del ricorrente, decorre dall'interruzione anzich dalla data in cui ;gli eredi del ricorrente ne abbiano avuto conoscenza. Sentenza 19 febbraio 1976, n. 36, G. U. 25 febbraio 1976, n. 51. legge 28 luglio 197'1, n. 585, art. 19, primo comma, art. 19, terzo comma, nella parte in cui non prevede che l'istanza del Procuratore generale debba .essere notificata agli eredi del ricorrente. Sentenza 19 febbraio 1976, n. 36, G. U. 25 febbraio 1976, n. 51. PARTE IJ, LEGISLAZIONE II -QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE Codice civile, art. 2941, n. 1 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 19 febbraio 1976, n. 35, G. U. 25 febbraio 1976, n. 51. codice di procedura civile, art. 409 (art. 3, primo comma, della Costituzione). Sentenza 19 febbraio 1976, n. 29, G. U. 25 febbraio 1976, n. 51. codice di procedura civile, art. 409, n. 3 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 19 febbraio 1976, n. 33, G. U. 25 febbraio 1976, n. 51. codice di procedura penale, art. 90 (artt. 24, secondo comma, e 3 della Costituzione). Sentenza 15 gennaio 1976, Ii. 6, G. U. 21 gennaio 1976, n. 18. codice di procedura penale, art. 500 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 22 gennaio J976, n. 18, G. U. 28 gennaio 1976, n. 25. r.d.I. 23 novembre 1936, n. 2523, art. 20, secondo e terzo comma (artt. 3, primo e secondo comma, 9, primo comma, e 39 della Costituzione). Sentenza 15 gennaio 1976, n. 7, G. U. 21 gennaio 1976, n. 18. legge 23 novembre 1939, n. 1815, art. 2 (a:rt. 41, primo comma, della Costituzione). Sentenza 22 gennaio 1976, n. 17, G. U. 28 gennaio 1976, n. 25. d.l.. 14 febbraio 1948, n. 43, art+. 2 e 3 (artt. 2, secondo comma e 5, numeri 3 e 4, 51 della legge costituzionale 10 novembre 1971, n. 1, e art. 2 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 5). Sentenza 19 febbraio 1976, n. 26, G. U. 25 febbraio 1976, n. 51. d.I. 6 maggio 1948, n. 654, art. 5, terzo comma (art. 3, 24, 113, secondo .comma, 125, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 22 gennaio 1976, n. 25, G. U. 28 gennaio 1976, n. 25. l~e 2 aprile 1958, .n. 339, arlt. 1 e 17, lettera b (artt. 3, primo comma, -e 36, primo comma, della Costituzione). Sentenza 19 febbraio 1976, n. 27, G. U. 25 febbraio 1976, n. 51. legge 6 novembre 1963, nr 1444, artt. 1 e 3 e successive norme di proro_ga della le9ge (artt. 3 e 42, secondo comma). Sentenza 15 gennaio 1976, n. 3,G. U. 21 gennaio 1976, n. 18. 4 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO legge 22 luglio 1966, n. 607, arff. 1 e 18 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 15 gennaio 1976, n. 2, G. U. 21 gennaio 1976. legge 28 luglio 1967, n. 641, art. 14, ultimo comma (art. 3, primo comma, della Costituzione). Sentenza 22 gennaio 1976, n. 15, G. U. 28 gennaio 1976, n. 25. legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 20 (artt. 3, 4, 35, 36 e 38 delfa Costituzione). Sentenza 19 febbraio 1976, n. 30, G. U. 25 febbraio 1976, n. 51. legge 26 novembre 1969, n. 833, arff. 1, secondo comma, e 2, primo comma (artt. 3, 4, 31 e 42 della Costituzione). Sentenza 15 gennaio 1976, n. 4, G. U. 21 gennaio 1976, n. 18. d.I. 26 ottobre 1970, n. 745, art. 56 (artt. 3, 4, 31 e 42 della Costituzione). Sentenza 15 gennaio 1976, n. 4, G. U. 21 gennaio 1976, n. 18. legge 30 dicem~re 1971, n. 1204, art. 1, terzo comma (artt. 4, 31 e 35 della Costituzione). Sentenza 15 gennaio 1976, n. 9, G. U. 21 gennaio 1976, n. 18. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 3, n. 2, lettere b e c (artt. 2 dello statuto della regione del Trentino-Alto Adige e 6 della Costituzione). Sentenza 19 febbraio 1976, n. 34, G. U. 25 febbraio 1976, n. 51. legge 20 dicembre 1973, n. 830, art. 1, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 19 febbraio 1976, n. 32, G. U. 25 febbraio 1976, n. 51. d.P.R. 22 dicembre 1973, n. 834, art. 1, primo e secondo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 19 febbraio 1976, n. 32, G. U. 25 febbraio 1976, n. 51. legge reg. Lombardia approv. 26 marzo 1975 e ria.ppr. 20 novembre 1975. Presidente del Consiglio dei Ministri, ricorso depositato 16 dicembre 1975, n. 23, G. U. 21 gennaio 1976, n. 18. legge reg. Umbria approv, 1 O aprile 1975 e r:appr. 20 novembre 1975. Presidente del Consiglio dei Ministri ricorso depositato 19 dicembre 1975, n. 24, G. U. 21 gennaio 1976, n. 18.. PARTE II, LEGISLAZIONE J legge reg. Lombardia approv. 30 aprile 1975 e riappr. 4 dicembre 1975. Presidente del Consiglio dei Ministri, ricorso depositato il 3 gennaio 1976, n~ 1. G. U. 21 gennaio 1976, n. 18. III QUESTIONI PROPOSTE Codice civile, art+. 565 e 578 (artt. 3 e 30, terzo comma, della Costituzione) Corte d'appello dell'Aquila, ordinanze 9 ottobre 1974, G. U. 11 febbraio 1976, n. 38. , codice civile, artt. 826, ultimo comma, 828, ultimo comma, e 830, ultimo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 8 ottobre 1975, G. U. 28 gennaio 1976, n. 25. codice civile, art. 2948, n. 4 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanze 22 e 29 settembre 1975 (dieci), G. U. 7 gen naio 1975, n. 5. codice di procedura civile, artt. 151 e 274 (artt. 25 e 101 della Costi tuzione). Pretore di Milano, ordinanza 23 giugno 1975, G. U. 25 febbraio 1976, n. 51. codice di procedura civile, art. 429 (artt. 3 e 35 della Costituzione). Giudice conciliatore di Cagliari, ordinanza 24 ottobre 1975, G. U. 25 feb braio 1976, n. 51. codice penale, artt. 89 e 169 (artt. 3 e 27 della Costituzione). Pretore di Genova, ordinanza 17 ottobre 1975, G. U. 11 febbraio 1976, n. 38. codice penale, art. 266 (art. 21 p.p. e 25, della Costituzione). Corte di assise di Bolzano, ordinanza 13 novembre 1975, G. U. 11 febbraio 1976, n. 38. codice penale, art. 604, n. 1 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Vittorio Veneto, ordinanza 7 ottobre 1975, G. U. 25 febbraio 1976, n. 51. codice di procedura .penale, artt. 23 e 489 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Orvieto, ordinanza 14 novembre 1975, G. U. 25 febbraio 1976, n. 51. 6 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice di procedura penole, art. 169, secondo comma, 173 e 268, prim0> comma (artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione). Tribunale di Torino, ordinanza 31 ottobre 1975, G. U. 25 febbraio 1976,. Il. 51. codice di procedura penale, art. 436, ultima parte (artt. 3, 24, 25 e 111 della Costituzione). Corte d'appello di Venezia, ordinanza 16 settembre 1975, G. U. 11 feb- braio 1976, n. 38. codice di procedura penale, art. 544, terzo comma (art. 24, secondo comma,. della Costituzione). Tribunale di Firenze, ordinanza 23 settembre 1975, G. U. 25 febbraio 1976, n. 51. legge 7 luglio 1901, n. 283, artt. 6, 7, 8 e 9 (artt. 33, quinto comma, e 24,. secondo comma, della Costituzione). r.d.I. 13 agosto 11976, n. 1459 (artt. 33, quinto comma, e 24, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Breno, ordinanza 23 settembre 1975, G. U. 28 gennaio 1976, n. 25. legge 28 giugno 19'28, n. 1415 (artt. 33, quinto comma, e 24, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Breno, ordinanza 23 settembre 1975, G. U. 28 gennaio 1976, n. 25.. legge 22 febbraio 1934, n. 370, art. 1, secondo comma, n. 5 (art. 36, ultimo comma, della Costituzione). Pretore di Messina, ordinanza 28 ottobre 1975, G. U. 11 febbraio 1976, n. 38. r.d.I. 4 ottobre 1935, n. 182-7, art. 41 (artt. 3, 45 e 38, secondo commar della Costituzione). Pretore di Caltanissetta, ordinanza 16 ottobre 1975, G. U. 21 gennaio 1976,. Il. 18. r.d. 5 giugno 1939, n. 1016, art. 8 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Macerata, ordinanza 13 ottobre 1975, G. U. 11 febbraio 1976,. n. 38. r.d. 5 giugno 1939, n. 1016, art. 32, quinto e sesto comma (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Macerata, ordinanza 10 ottobre 1975, G. U. 11 febbraio 1976,. n. 38. i I ! 1 > PARTE II, LEGISLAZIONE r.d. '29 giugno 1939, n. 1127, art. 14 (artt. 3, 9, 41, 42 e 43 della Costituzione). Commissione dei ricorsi contro i provvedimenti dell'ufficio centrale brevetti,. ordinanze 11 aprile 1975, (diciotto), G. V. 28 gennaio 1976, n. 25. r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 276, (art. 101, secondo comma, 104, primo comma, 107, primo comma, della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 6 novembre 1975, G. V. 28 gennaio 1976, n. 25. r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 26 (art. 24, primo e secondo comma, della Costituzione). Tribunale di Firenze, ordinanza 30 luglio 1975, G. V. 25 febbraio 1976, n. 51. legge 17 luglio 1942, n. 907 (art. 43 della Costituzione). Corte d'appello di Venezia, ordinanza 28 giugno 1975, G. V. 25 febbraio' 1976, n. 51. legge 17 luglio '1942, n. 907, artt. 45 e seguenti (art. 32, 41 e 43 della. Costituzione). Corte d'appello di Bologna, ordinanza 31 maggio 1975, G. V. 21 gennaio 1976, n. 25. Corte d'appello di Palermo, ordinanza 23 ottobre 1975, G. V. 28 gennaio" 1976, n. 25. Tribunale di Benevento, ordinanze 29 ottobre e 3 dicembre 1975, G. U.. 11 febbraio 1976, n. 38 e 28 gennaio 1976, n. 25. legge 17 luglio 1942, n. 907, artt. 45 e 47 (art. 41 e 43 della Costituzione) .. Corte d'appello di Venezia, ordinanze 17, 24 e 27 settembre 1975, G. U. 25 febbraio 1976, n. 51. legge 17 luglio 1942, n. 907, art. 45 e seguenti, 65 e 75, n. 2 (artt. 41 e 43 della Costituzione). Corte d'appello di Potenza, ordinanza 31 ottobre 1975, G. V. 11 febbraio" 1976, n. 38. legge 17 luglio 1942, n. 907, artt. 45 e 73 (art. 41 e 43 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanze 15 settembre, 24 e 29 settembre, 17 e 31 ottobre, 7 e 8 novembre 1975, G. V. 11 febbraio 1976, n. 38. Begge 17 luglio 1942, n. 907, art. 66, n. 5 (artt. 41 e 43 della Costituzione) . Tribunale di Rieti, ordinanza 10 ottobre 1975, G. V. 28 gennaio 1976, n. 25~ RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 17 luglio 1942, n. 907, artt. 66, n. 5, 73, 75, 87 e 103 (artt. 41 e 43 .della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanze 2 ottobre 1975 (due), G. U. 11 febbraio 1976, n. 38. d.I. l1 febbraio 1948, 11. 50, art. 2 (artt. 2, 3, 10, 14, 23 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza Jl giugno 1975, G. U. 11 febbraio 1976, n. 38. legge 29 arprile 1949, 11. 264, art. H, quarto comma, n. 5 (artt. 3, 4, 35 e .36 della Costituzione). Corte d'appello di Roma, ordinanza 19 settembre 1975, G. U. 28 gennaio 1976, n. 25. legge 3 gennaio 1951, n. 27 (artt. 41 e 43 della Costituzione). Tribunale di Benevento, ordinanza 29 ottobre 1975, G. U. 11 febbraio 1976, n. 38. legge 3 gennaio 1'951, n. 27, art. 1 e 4 (artt. 41 e 43 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanze 15 settembre, 24 e 29 settembre, 17 e 31 -Ottobre, 7 e 8 novembre 1975, G. U. 11 febbraio 1976, n. 38. Corte d'appello di Potenza, ordinanza 31 ottobre 1975, G. U. 11 febbraio 1976, n. 38. legge 3 gennaio 1951, n. 27, artt. 1, 4 e l2 (artt. 41 e 43 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanze 2 ottobre 1975 (due), G. U. 11 febbraio 1976, n. 38. d.P.R. 10 gennaio '1957, n. 3, art. 384 (art. 101, secondo comma, 104, primo .comma, 107, primo comma, della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 6 novembre 1975, G. U. 28 gennaio 1976, n. 25. d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, art. 119 (art. 36, ultima parte, della Co. stituzione). Pretore di Borgonovo Val Tidone, ordinanza 24 ottobre 1975, G. U. 11 feb braio 1976, n. 38. d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 131 (artt. 3, 15, 24, 27, 29, 31 e 53 della Costituzione). Commiss.ione tributaria di primo grado di Milano, ordinanza 7 aprile 1975, G. U. 21 gennaio 1976, n. 18. d.P.R. 29 gennG.io 1958, n. 645, artt. 131 e 139 (artt. 3, 29, 31 e S3 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Milano, ordinanza 17 marzo 1975, ,c. U. 28 gennaio 1976, n. 25. PARTE II, LEGISLAZIONE legge 15 febbraio 1958, n. 46, art. :11, sesto comma (artl. 3 e 29, primo comma, 36 e 38 della costituzione). Corte dei conti, terza sessione pensioni civili, ordinanza 7 febbraio 1975, G. U. 11 febbraio 1976, n. 38. legge 15 febbraio 1963, n. 151, art. 3 (artt. 3, 5 e 128 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, ordinanze 22, 23 e 29 aprile 1975 (sette), G. U. 21 gennaio 1976, n. 18. d.P.R. 16 aprile 1964, n. 480, articolo unico (artt. 3, 45 e 38, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Caltanissetta, ordinanza 16 ottobre 1'975, G. U. 21 gennaio 1976, n. 18. d.P.R. 30, giugno 1965, n. 1'123, art. 74, capoverso (art. 3 della Costituzione). Giudice del lavoro del tribunale di Pistoia, ordinanza 29 gennaio 1975, G. U. 28 gennaio 1976, n. 25. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1'124, art. 85 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Pistoia, oroinanza 12 marzo 1975, G. U. 28 gennaio 1976, n. 25. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, ort. H2 (art. 38, primo e secondo comma, della Costituzione). Giudice del lavoro del tribunale di Roma, ordinanza 11 ottobre 1975, G. U. 21 gennaio 1976. legge Il mano 1968, n. 152, artt. 12, 13, 14, 16 e 17 (art. 3 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionule per la Lombardia, ordinanza 12 febbraio 1975, G. U. 28 gennaio 1976, n. 25. legge 7 ottobre 1969, n. 742, artt. 1 e 2, primo comma (art. 3, primo comma, e all'art. 24, secondo comma, della Costituzione). Giudice istruttore del Tribunale di Roma, ordinanza 8 settembre 1975, G. U. 28 gennaio 1976, n. 25. d.P.R. 30 aprile 1970, n. 602, art. 1 (artt. 3, 45 e 38, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Caltanissetta, ordinanza 16 ottobre 1975, G. U. 21 gennaio 1976, n. 18. RASSEGNA DELL'iWVOCATlJRA DELLO STATO legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 35 (artt. 3 e 35 della Costituzione). Pretore di Naro, ordinanza 4 giugno 1975, G. U. 7 gennaio 1976, n. 5.' legge 24 magglo 1970, n. 336, art. 4 (artt. 3, primo comma, e 35, primo comma, della Costituzione). Pretore di Orbetello, ordinanza 14 ottobre 1975, G. U. 28 gennaio 1976, n. 25. d.I. 26 ottobre 1970, n. 745, art. 31 (art. 3 p.p. della Costituzione). Tribunale di Macerata, ordinanza 1 ottobre 1975, G. U. 25 febbraio 1976, .... 51. . . Jegge 22 ottobre 1971., n, 86.5. art. 16 (artt. 3. e 42, terzo comma, della Costituzione). Corte d'appello di Trieste, ordinanza 27 giugno 1975, G. U. 21 gennaio 1976, n. 18.. . , legge, 22 ottobre 19711, n. 865, art. 16, terzo comma (artt. 3 e 42, t.erzo c~m~a....della' costituzion). ' Corte d'appello di Bologna, ordinanza 3 ottobre 1975, G. U. 25 febbraio 1976, n, 51. . I I.' legge 6 diembr~ 1971, n. 1304, art. 40 (artt. 3, primo comma; 125, secondo comma 24, primo e secondo comma, e 113, primo comma, della Costituzione). " ' Consiglio di Stato, sesta sezione, ordinanze 5 novembre 1974 (due), G. U. 28 gennaio 1976, n. 25. d.P.R. 23 giugno 1972, n. 749, artt. 21 e 23 (artt. 3 e 76 della Costituziop.e). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 5 marzo 1975, G. U. 28 gennaio 1976,, n, 25. d.P.R. 26 ottobre, 1972, n. 643, art. 6 (art. 53, primo comma, della Costituzione).. . . Commissione tributaria di primo grado di Avezzano, ordinanza 13 novembre 1975, G. U. 11 febbraio 1976, n. 38. I ' ~ d.P.R. 23 gennaio 1973, ri. 43, artt. 34, 282, 292 e 301 (artt. 41 e 43 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanze 2 ottobre 1975 (due), G. U. 11 febbraio 1976, n. 38. d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, art. 195, primo e ultimo comma (artt. 41 e 43 della Costituzione). Tribunale di Genova, ordinanza 21 ottobre 1975, G. U. 25 febbraio 1976, n. 51, PARTI! Ii, LEGISLAZIONE. d.P.R. 29 marzo 1973, n. 1~. art. 304 (artt. 23; 41,' secondo e terzo comma, e 53, primo comma, della Costituzione). Pretore di Sampierdarena, ordinanze 12 e 21 ttobre 1975, G. U. 7 gennaio 1976, n. 5 e 11 febbraio 1976, n. 38; d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, art. 304 (artt. 3, 23 e 53 della Costituzione). Pretore di Ivrea, ordinanza 11 novembre 1975, G. U. 11 febbn;o 1976, n. 38. legge 24 luglio 1973, n. 426, art. 1 (artt. 42 e 3 delT Costituzione).' Tribunale di Rovereto, ordinanza 25 ottobre 1975, G. U. 28 gennaio 1976, n. 25. legge 30 luglio 1973, n. 477, artt. 3, 11 e 16 (art. 81, tert10 e quarto c0mina, e 76 della Costituzione). Corte dei conti, sezione di controllo, orqinanza. 20 novembre 1975, G.. g.. 21 gennaio 1976. legge 11 agosto 1973, n. 533, art: 409, n. s (artt. 3 e102 ciella Costituzione). Pretore di Milano, ordinan2:a 8 gennai 1975, e> U. 28"gnnaio 1976, n. 25. d.P.R. 22 dicembre 1973, n. 834, art. 1 (art. 3, primo comma, della Costituzione). Corte d'appello di Roma, ordinanza 3 ottobre 1975, G. U. 21 gennaio 1976, n. 18. leggEt 22 dicembre 1973, n. 841, art. 1 (artt. 42 e 3 della Costituzione). r. Tribunale di 'Rovereto, ordinanza 25 ottobre 1975, G, U: 28 gemnaio. 1976; n. 25. d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 69, prirrt0 c:o;..ma (art. 3 dell':l Costituzione). Corte dei conti, quarta sezione pensioni militari, ordinanza 4 marzo 1975, G. V. 28 genn"io 1976, n. 25. 1 d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 129, second e terzo comma (art 3 della Costituzione). Giudice del lavoro del tribunale di La Spezia, ordinanza 12 agosto 1975, I . . . . G. li. 21 gennaio 1976, n. 18. d.I. 19 giugno 1974, n. 236, art. 1 (artt. 42 e 3 della Costituzione). Tribunale di Rovereto, ordinanza 25 ottobre 1975, G. U. 28 gennaio 1976, n; 25. d.I. 8 luglio 1974, n. 261, art. 6, secondo e terz!> comma (artt. 4 . e 13 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 21 maggio 1975 (due), G. U. 11 febbraio 1976, n. 38. 12 RASSEGNA DELL'AVVOCATVRA DEJ.,LO STATO let,n1e 14 ottobre 1974, n. 497, arH. 1 (art. 25 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 4 giugno 1975, G. U. 7 gennaio 1976, n. 5. Tribunale di Udine, ordinanza 24 settembre 1975, G. U. 28 gennaio 1976, n. 25. Tribunale di Reggio Emilia, ordinanza 15 ottobre 1975, G. U. 7 gennaio 1976, n. 5. d.I. 10 get1naio 1975, n. 2, artt. 1, 2 e 3 (art. 25 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 4 giugno 1975, G. U. 7 gennaio 1976, n. 5. legge reg. Lombardia 15 oprile 197'5, n. 5'1, art. 14, ultimo comma, e 48 (art. 117 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, ordinanza 21 maggio 1975, G. U. 11 febbraio 1976, n. 38. legge 18 aprUe 1975, n. UO, art. 36 {art. 3 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanze 29 e 30 ottobre 1975, G. U. 11 febbraio 1976, n. 38. d.I. 25 giufJllo 1975, n. 255, art. 1 (artt. 42 e 3 della Costituzione). Tribunale di Rovereto, ordinanza 25 ottobre 1975, G. U. 28 gennaio 1976, n. 25. legge 18 novembre 1975, n. 764 (artt. 3, 5, 116, e disp. VIII della Costituzione, e artt. 14, lettere n, p e q, lettere e e x; 32, 33, 43, dello statuto della Regione siciliana). Regione siciliana, ricorso depositato 1'11 febbraio 1976, n. 4, G. U. 25 febbraio 1'976, n. 51. legge 22 dicembre 1975, n. 685, artt. 1, 2, 8, 10, 13, 39, 84, 90, 91, 92, 94, 103 e 107 (artt. 9, n. 10, 8, n. 25), e 16 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670). Provincia di Bolzano, ricorso depositato il 5 febbraio 1976, G. U. 25 febbraio 1976, n. 51. Provincia di Trento, ricorso depositato il 5 febbraio 1976, G. U. 25 febbraio 1976, n. 51. legge 23 dicembre 1975, n. 745, artt. 2, primo e secondo comma, 3, 4, se condo comma, 5, secondo e quinto comma, 6, 10, 1,1 e 12 (artt. 8, n. 21, 9, n. 10, e 16 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670). Provincia di Trento, ricorso depositato il 16 febbraio 1976, G. U. 25 febbraio 1976, n. 51. Provincia di Trento, ricorso depositato il 26 febbraio 1976, G. U. 25 febbraio 1976, n. 51. CONSULTAZIONI ACQUE PUBBLICHE Acque pubbliche -Concessione di grande derivazione -Scadenza, decadenza o rinuncia della concessione -Opere di raccolta, regolazione e derivazione Trasferimento allo Stato (t. u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 25). Se, nel caso di scadenza decadenza o rinuncia ad una concessione di grande .derivazione di acque pubbliche, le opere di raccolta, regolazione o derivazione passino automaticamente in propriet dello Stato, ovvero lo Stato l;tll!desimo abbia.la scelta tra.l'acquisizione in .propriet ed il disporre la demolizione (n. 112). Acque pubbliche -Concessione di grande derivazione -Scadenza, decadenza o rinuncia alla concessione -Opere di raccolta, regolazione e derivazione Trasferimento all'ENEL. (t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 25; d.P.R. 18 marzo 1965, n. 342 art. 9, 5 comma). Se, nel caso di scadenza decadenza o rinunzia ad una concessione di grande .derivazione di acque pubbliche, le opere di raccolta regolazione o derivazione passino automaticamente in propriet dell'ENEL -in virt del subentro disposto .dall'art. 9, 5 comma d.P.R. 18 marzo 1965 n. 342 -ovvero se tale trasferimento si operi solo ed in quanto l'Ente Nazionale per l'Energia Elettrica decida di Continuare a produrre energia da quel determinato impianto (n. 112). Acque pubbliche -Concessione di grande derivazione -Scadenza, decadenza o rinunzia -ENEL -Domanda di concessione per scopi idroelettrici -Istruttoria. (t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 7 e 25; d.P.R. 18 marzo 965 n. 342, art. 9, 2 comma). Se sulla domanda dell'ENEL diretta ad ottenere la concessione di derivazione di acque per scopi idroelettrici, oggetto di precedente concessione scaduta decaduta o rinunciata, debbasi disporre la prevista istruttoria qualora, con detta .domanda, concorrano altre domande per scopi idroelettrici o per altri scopi (n. 112). ANTICHITA E BELLE ARTI Edifici d'interesse storico o artistico, biblioteche, archivi -Impianti termici Norme sull'inquinamento atmosferico. (l. 5 gennaio 1939, n. 338 -r.d. 7 novembre 1942, n. 1564.-l. 13 luglio1966, n. 615 -d.P.R. 22 dicembre 1970, n. 1391). Se la parte del r. d. 7 novembre 1942, n. 1564, che riguarda la disciplina degli impianti termie'i negli edifici pregevoli per arte o storia e in quelli destinati a contenere biblioteche, archivi, ecc., sopravviva alla legge 13 luglio 1966, n. 615 e al relativo regolamento di esecuzione approvato con d.P.R. 22 dicembre 1970, n. 1391, i quali recano provvedimenti contro l'inquinamento atmosferico (n. 74). 14 RASSEGNA DEI.L'AVVOCATURA. DEI.LO STATO ESECUZIONE FORZATA Acque pubbliche -Concessione di derivazione a scopo idroelettrico -Immobili e beni inerenti la concessione -Esecuzione forzata a danno del concessionario. (t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 20 e 25). Se siano soggetti ad esecuzione forzata gli immobili e beni costituenti i mezzi per l'esercizio della concessione di derivazione di acque pubbliche a scopo idroelettrico (n. 58). Acque pubbliche -Concessione di derivazione a scopo idroelettrico -Immobili e beni inerenti la concessione -Esecuzione forzata -Vendita all'asta -Acquirente -Trasferimento della concessione -Nulla osta della P.A. (t.u. 11 dicembre 1953, n. 1775, artt. 20 e 25). , Se, nel caso di vendita all'asta a seguito di eseczione forzata di immobili e beni costituenti i mezzi per l'esercizio della concessione di derivazione di acque pubbliche a scopo idroelettrico, il trasferimento della concessione in favore dell'acquirente sia condizionato al nulla osta dell'Amministrazione (n. 58). . ' ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT Espropriazione per pubblico interesse -Dichiarazfone di pubblica utilit -Ter. mini ~ Scadenza -Mancata emanazione dereto di esproprio -Effetti -Opera pubblica eseguita. (1. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 13). Se la mancata emanazione del decreto di espropriazione nel termine fissatonella dichiarazione cli pubblica utilit determini !'.inefficacia di tale dichiarazione anche nel caso in cui l'opera pubblica sia stata portata a compimento nei termini sta])iliti (n. 348). FALLIMENTO Concordato fallimentare -Effetti -Credito anteriore al fallimento -Riconoscimento integrale in sentenza posteriore. (r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 135). Se, il concordato fallimentare divenga obbligatorio per tutti i creditori anteriori all'apertura del fallimento e in particolare se un credito sorto in epoca anteriore al concordato vada ridotto alla percentuale concordataria anc~rch sia stato concretizzato nell'importo originario da una sentenza successiva al concordato e che abbia acquistata efficacia esecutiva (n. 147). IMPOSTA DI REGISTRO Imposta di registro -Cessione di quote di societ di persone -Valutazione base imponibile. (r.d.l. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 43). Se nella cessione di quote di societ di persone l'imposta proporzionale di registro si applichi sul valore netto o sul valore lordo della quota di patrimonio sociale ceduta (n. 417). PARTE II, CONSULTAZIONI IMPOSTE V ARIE Imposta di registro Condono -Controversia pendente Giudicato Successiva domanda di condono Effetti. (d.l. 5 novembre 1973, n. 660, art. 6; l. 19 dicembre 1973, n. 823 art. 6). Se o in quali limiti sia ammissibile la definizione di controversia tributaria in ordine alla applicazione dell'imposta di registro, ai sensi della legge 19 dicembre 1973, n. 823, nel caso in cui, nella controversia pendente al 31 ottobre 1973, la domanda di condono sia presentata prima del 28 febbraio 1974 ma dopo che si sia resa definitiva sentenza dell'autorit giudiziaria (n. 87). Tributi in generale Esenzioni e agevolazioni Trattamento tributario degli Istituti di credito a medio o lungo, termine Limiti soggettivi. (l. 27 luglio 1962, n. 1228, art. 1). Se il trattamento tributario degli istituti di credito a medio o lungo termine, che l'art. 1 della legge 27 luglio 1962 n. 1228 prevede che un'imposta in abbonamento sostitutiva di ogni altra imposta, si applichi soltanto agli istituti di credito speciale di cui all'art. 41 e successive modifiche delle leggi bancarie 7 marzo 1938 n. 141 e 7 aprile 1938 n. 636, ovvero anche alle aziende di credito ordinario quando operino finanziamenti a medio e lungo termine (n. 86). Tributi in generale Esenzioni e agevolazioni Trattamento tributario degli istituti di credito a medio e lungo termine Limiti soggettivi Clausola di risoluzione anticipata. (l. 27 luglio 1962, n. 1228, art. 1). Se il trattamento tributario degli istituti di credito a medio o lungo termine, che l'art. 1 della legge 27 luglio 1962 n. 1228 prevede in un'imposta in abbonamento sostitutiva di ogni altra imposta, si applichi ad atto di finanziamento a medio o lungo termine nei quali peraltro l'istituto mutuante si riservi la facolt di risoluzione anticipata del mutuo ove si verifichi un'anormale ritiro dei depositi (n. 86). RESPONSABILIT CIVILE Circolazione stradale Scontro tra veicoli -Impianti Semaforici Inefficienza Responsabilit civile. (cod. civ. artt. 2043, 2054). Se la responsabilit negli incidenti stradali causati da inefficienza di impianti semaforici nei quali siano coinvolti automezzi della P.A., possa essere attribuita al Comune (n. 275). SANZIONI AMMINISTRATIVE Agricoltura e foreste Violazioni a norme di tutela del patrimonio forestale Depenalizzazione. (r.d.l. 30 dicembre 1923 n. 3267, artt. 24 e segg.; l. 9 ottobre 1967, n. 950). Se tutte le violazioni, di qualsiasi tipo, previste dal r.d.I. 30 dicembre 1923, n. 3267, contenente norme a tutela del patrimonio forestale, siano state depenalizzate a seguito dell'entrata in Vigore della legge 9 ottobre 1967 n. 950 (n. 8).