ANNO XXIX -N. 1 GENNAIO-FEBBRAIO 1977 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ROMA ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 1977 ABBONAMENTI ANNO .. . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . L. 12.750 UN NUMERO SEPARATO . . . . . . . . . . . . . . . 2.250 Per abbonamenti e acqidstii rivolgersi a: LIBRERIA DELLO STATO , PIAZZA G. VERDI, 10 , ROMA e/e postale 1/2640 Stampato in Italia Printed in lta/,y Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 (7219040) Roma, 1977 -istituto Poligrafico dello Stato P.V. Da questo numero le sezioni di giurisprudenza su questioni di giurisdizione ed in materia di appalti pubblici vengono curate, rispettivamente, dai .colleghi CARLO CARBONE e PAOLO VITTORIA. Il collega Benedetto Baccari, che dalla fondazione collabor a questa Rassegna e che da oltre dodici anni ne corredattore, lascia a sua domanda, tale incarico. Lo ringraziamo per la proficua ed appassionata attivit da lui svolta con personale sacrificio, augu randoci che egli voglia continuare ad occuparsi, anche solo sporadicamente, della Rassegna. LA REDAZIONE INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura del/'avv. Giuseppe Angelini-Rota e del/'avv. Franco Favara) , pag. Sezione seconda: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE (a cura del/'avv. Arturo Marzano) 60 Sezione terza: GIURISPRUDENZA SDIZIONE (a cura SU QUESTIONI DI GIURIdel/' avv. Carlo Carbone) 89 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA CIVILE cato Adriano Rossi) . (a cura dell'avvo I I O Sezione quinta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura del/'avv. Ugo Gargiulo e del/'avv. Raffaele Tamiozzo) . 13 6 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA vocato Carlo Bafile) (a cura dell'av 147 Sezione settima: GIURISPRUDENZA APPALTI PUBBLICI toria) . IN MATERIA DI ACQUE ED (a cura del/'avv. Paolo Vit I 86 Sezione ottava: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura del/'avv. Paolo Di Tarsia di Be/monte) I94 Parte seconda: QUESTIONI -LEGISLAZIONE INDICE BIBLIOGRAFICO CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO QUESTIONI . pag. LEGISLAZIONE 7 CONSULTAZIONI 20 La pubblicazione diretta dall'avvocato UGO GARGIULO CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AVVOCATURE Avvocati Glauco NoRI, Ancona; Francesco Cocco, Bari; Michele DIPACE, Bologna; Giovanni CONTU, Cagliari; Americo RALLO, Caltanissetta, Filippo CAPECE MINUTOLO DEL SASSO, Catb.nzaro; RAFFAELE TA.c'\!IIOZZO, Firenze; Francesco GUICCIARDI, Genova; Adriano RossI, L'Aquila, Giuseppe Orazio Russo, Lecce; Marcello DELLA VALLE, Milano; Aldo ALABISO, Napoli; Nicasio MAN cuso, Palermo; Rocco BERARDI, Potenza; Umberto GIARDINI, Torino; Maurizio DE FRANCHIS, Trento; Paolo SCOTTI, Trieste; Giancarlo MAND, Venezia. ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI CARBONE C., Sugli amanuensi delle cancellerie giudiziarie . . . . I, 94 DI TARSIA P., In tema cli contravvenzione alla norma dell'art. 650 c.p. I, 195 LAMBERTI C., Appunti in merito alla purgazione coattiva delle ipoteche II, 1 FAVARA F., Il controllo statale sugli atti amministrativi delle regioni a statuto ordinario . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 2 FAVARA F., Potere esecutivo e Corte dei Conti in sede di controllo preventivo . . , . . . . . . . . . , . . . . , . . . . , . . I, 25 MARZANO A., Ancora in tema di giurisdizione della Corte di giustizia delle Comunit Europee . . . . . . . . . . . . , . . . . . I, 60 MARZANO A., Sulla ripetibilit delle somme indebitamente corrisposte per tasse di effetto equivalente ai dazi doganali . . I, 70 TAMIOZZO R., Peculiari caratteristiche dell'espropriazione dei beni culturali . . . . . . . , . . . . . . I, 145 TAMIOZZO R., Requisizione: manifestazione tipica e tipizzata del potere di ordinanza del Prefetto . . . . . . . . . . . I, 136 PARTE PRIMA INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ACQUE PUBBLICHE ED ELETTRI CITA -Competenza e giurfsdizione Consiglio di Stato e tribunale superiore delle acque Regione Sicilia Consorzio per la gestione di acquedotto pubblico Provvedimento istitutivo Impugnativa Giurisdizione del tri bunale superiore, 188. -Concessione e derivazione Clausola impositiva d'obblighi al concessiona rio in favore di terzo a salvaguardia d'uso preesistente Effetti in confronto del terzo Equivale a concessione, 190. -Concessione e derivazione Domanda Capacit dell'istante Fallimento Rilevanza In sede di ammissione ed istruttoria Esclusione, 188. ANTICHIT E BELLE AR'J;I -Vincoli alle propriet private Divieto di smembramento di collezioni Non menoma il contenuto patrimoniale della propriet, 43. ATTO AMMINISTRATIVO -Atto amministrativo statale Potest di disapplicazione ad opera di una Regione Non sussiste, 8. -Ordinanza del Sindaco Sindacabilit da parte dell'A.G.O. Eccesso di potere, 111. -Sindacato del giudice ordinario Ammissibilit, 111. CIRCOLAZIONE STRADALE -Sanzione amministrativa Atto amministrativo Ordinanza prefettizia, 111. COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Giurisdizione del T.A.R. sull'indennizzo da requisizione Non sussiste, con nota di R. TAMIOZZO, 136. -Giurisdizione ordinaria ed amm1mstrativa Qualificazione del petitum sostanziale : criteri dell'ordinamento giuridico nazionale, 89. -Impiego pubblico e privato Rapporto di lavoro degli amanuensi nel-" le cancellerie giudiziarie Giurisdizione dell'A.G.O., con nota di C. CAR BONE, 94. -Limiti interni alla giurisdizione dell'A. G.O. Immobile locato e destinato a sede di pubblici uffici Esecuzione per consegna o rilascio: ammissibilit, 103. -Regolamento preventivo di giurisdizione Graduazione degli sfratti: decreto pretorile di fissazione delle modalit dello sfratto Proposizione successiva: ammissibilit, 103. COMUNIT EUROPEE -Atti delle istituzioni comunitarie Ricorso per annullamento Proponibilit nei soli confronti dell'istituzione che ha emanato l'atto impugnato, con nota di A. MARZANO, 60. -Attivit negoziale Scelta del contraente privato Valutazione delle of ferte Misura del prezzo Rilevanza soltanto concorrente, con nota di A. MARZANO, 60. -Provvedimenti nazionali incompatibili con il diritto comunitario lm pugnazione Inosservanza dei term; ni contemplati da diritto interno Opponibilit Intervenuto accertamento della violazione del trattato CEE Irrilevanza, 70. -Unione doganale Somme indebitamente corrisposte per tasse di effetto equivalente ai dazi doganali Domanda di restituzione Termini contemplati da norme di diritto interno Opponibilit Limiti, con nota di A. MARZANO, 69. -Unione doganale Somme indebitamente corrisposte per tasse di effetto equivalente ai dazi doganali Do INDICE DELLA GIURISPRUDENZA manda di restituzione -Termini contemplati da norme di diritto interno -Opponibilit -Limiti, con nota di A. MARZANO, 70. CONTABJLITA GENERALE DELLO STATO -Bilancio -Obbligo di indicare i mezzi necessari per far fronte a nuove o maggiori spese -Decreti delegati Sussiste, con nota di F. FAVARA, 25. CONTRATTI PUBBLICI -Responsabilit precontrattuale Comportamento colposo degli organi della P. A., 135. CORTE COSTITUZIONALE -Giudizio in via incidentale -Corte dei Conti in sede di controllo - legittimata a sollevare questione di legittimit costituzionale, con nota di F. FAVARA, 25. CORTE DEI CONTI -Registrazione con riserva -Incidente di legittimit costituzionale, con nota di F. FAVARA, 25. DEMANIO E PATRIMONIO -Antichit e belle arti -Occupazione permanente di immobile per ricerche archeologiche -Competenza prefettizia -Sussiste, con nota di R. TA MIOZZO, 145. DOGANA -Confisca delle cose oggetto di contrabbando -Cose appartenenti a terzi -Illegittimit costituzionale, 49. ESATTORIA -Gestione provvisoria -Dipendenti Rapporto di impiego Natura pubblica della funzione dei dipendenti Sussiste, 121. -Inattivit -Impossibilit della prestazione da parte dei dipendenti Causa di risoluzione del rapporto di lavoro -Non sussiste, 121. -Obbligo dell'esattore al pagamento della retribuzione -Rivalsa sull'Amministrazione delle Finanze -Respon sabilit della P. A. per il ritardo nel provvedere alla nomina -Sussiste Delegazione amministrativa -Mandato, 122. ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITA -Indennit di espropriazione -Opposizione alla stima -Termine di decadenza -Natura sostanziale -Termini Sospensione feriale -Termini sostanziali o processuali, 116. -Procedimento -Intestatari catastali dei beni alla data del provvedimento di espropriazione -Sono i destinatari del provvedimento, 144. FALLIMENTO -Art. 56 l.f. -Debito d'imposta ammesso al passivo -Credito del fallito per una vincita al lotto -Compensabilit -Esclusione, 128. IMPIEGO PUBBLICO -Dirigenti amministrativi -Personale direttivo della scuola -Non assimilabile, 39. -Sciopero Dovere di assicurare il funzionamento di funzioni e servizi essenziali -Sussiste -Individuazione dei servizi essenziali, 23. IMPOSTA DI REGISTRO -Concordato fallimentare -Crediti privilegiati -Rinuncia -Imposta di cui all'art. 32 tariffa A della legge di registro -Si estende, 181. -Domande di rimborso -Prescrizione Prescrizione triennale -Sussiste -Prescrizione decennale dell'azione di indebito oggettivo -Inapplicabilit, 153. -Enunciazione -Contratti verbali fra commercianti -Aliquota dello 0,50 % di cui all'art. 45 tabella D -Esclusione quando manchi l'atto scritto Aliquota del 2 % di cui all'art. 3 tariffa A -Applicabilit, 176. -Enunciazione -Enunciazione in sentenza -Convenzione posta a fondamento della decisione -Riforma della sentenza Rimborso dell'imposta Convenzione enunciata estranea al fondamento della decisione -Riforma della sentenza Irrilevanza, 156. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO X -Enunciazione -Inesistenza d dichiarazione di valore -Accertamento Termine -Dichiarazione estimativa Pagamento dell'imposta salvo maggiore accertamento -Decorrenza da questo, 178. -Presunzione semplice di trasferimento di immobili o aziende - costituzionalmente legittima, 20. -Societ -Conferimento -Remissione di debito da parte del socio a favore della societ - tale, 161. -Societ -Societ per azioni -Emissione di nuove azioni -Diritto di opzione -Impegno a sottoscrivere le azioni -Tassabilit a norma dell'articolo 28 della legge di registro n. 3269 del 1923, 183. - Societ per azioni -Trasferimento delle azioni -Enunciazione ex art. 62 Aliquota proporzionale - dovuta Applicazione aliquota graduale Esclusione -Applicazione imposta fissa -Esclusione, 157. IMPOSTE E TASSE IN GENERE -Commissioni delle imposte -Nuoyo ordinamento -Insediamento delle nuove commissioni -Pronuncia di commissione dell'abolito ordinamento, 175. -Concetto di tributo -Diritto demaniale per la rappresentazione di opere di pubblico dominio -Natura di tributo, 165. -Imposte indirette -Pagamento dell'imposta dopo la decisione in primo grado -Nullit della notifica della decisione -Irrilevanza -Ingiunzione Legittimit, 173. -Imposte indirette -Prescrizione -Interruzione -Imposte suppletive -Opposizione ad ingiunzione -Estinzione del processo -Efficacia dell'atto interruttivo fino alla data dell'estinzione, 168. -Notificazioni -Cambiamento di abitazione del contribuente -Notifica a norma dell'art. 134 c.p.c. -Impossibilit di individuare il nuovo domicilio da ricerche anagrafiche -Regolarit della notificazione, 150. -Notificazioni -Cambiamento di abitazione del contribuente -Obbligo di ricercare il destinatario e di far con statare nella relazione le ricerche svolte -Omissione -Nullit della notificazione, 149. -Violazione di leggi finanziarie e valutarie -Pena pecuniaria -Societ avente personalit giuridica -Responsabilit dell'amministratore -Esclusione, 147. LAVORO -Assicurazione obbligatoria -Gestione per conto dello Stato -Soggetti del rapporto -Diritto di regresso Titolarit della P. A. -Sussiste, 121. -Cod. civ. art. 2121 -Indennit di preavviso e di anzianit -Computo Compenso -Natura giuridica -Determinazione, 110. -Lavoro dipendente -Contratti collettivi non efficaci erga omnes Clausola -Interpretazione, 110. -Lavoro straordinario -Retribuzione Carattere della continuit e dell'ob bligatoriet, 110. -Operai dello Stato -Assunzione temporanea -Protrazione oltre i limiti di legge -Conversione in rapporto a tempo indeterminato -Non sussiste, 132. -Operai dello Stato -Lavoro dipendente -Necessit del pubblico con corso -Sussiste, 132. - Orar.io di lavoro -Orario contrattuale -Accordo -Singole prestazioni, 110. MATRIMONIO -Tribunali ecclesiastici -Disposizioni legislative riproduttive di norme concordatarie -Irrilevanza di questioni di costituzionalit, 57. MEZZOGIORNO -Aree e nuclei di sviluppQ industria. le -Imposizione di vincoli sulla pro. priet privata -Necessaria la prefis sione di un termine di durata, 50. MILITARE -Reato militare -Reato comune commesso da militare e da non militare -Connessione -Giurisdizione ordinaria, 14. XI INDICE DELLA GIURISPRUDENZA MONOPOLI -Distribuzione e vendita dei tabacchi - servizio pubblico di utilit generale, 14. ORDINAMENTO GIUDIZIARIO ~ Imparzialit del giudice -Precedente pronuncia nello stesso processo Non esclude l'imparzialit, 17. PENSIONI -Dipendente civile dello Stato -Riunione di servizio -Trattamento supplementare di quiescenza -Opzione . del dipendente, 55. PREFETTO -Poteri -Ordinanze di urgenza e necessit -Esercizio del relativo potere nel rispetto dei principi dell'ordinameno e della Costituzione -Necessit, con nota di R. TAMIOZZO, 136. -Poteri -Requisizioni -Definitivit dei relativi provvedimenti -Sussiste, con nota di R. TAMIOZZO, 136. -Poteri -Requisizioni -Statuizioni dirette a pi interessati -Necessit di adeguata pubblicazione -Sussiste, con nota di R. TAMIOZZO, 136. PREVIDENZA E ASSISTENZA -Assicurazione contro gli infortuni sul lavoro -Lavoratori agricoli autonomi -Esclusione dei lavoratori di et superiore a 70 anni -Illegittimit costituzionale, 54. PREZZI -Materia della disciplina dei prezzi di esclusiva competenza statale, 44. -Zuccheri -Istituzione del Comitato interministeriale per lo zucchero di importazione -Contribuzioni alla cassa di conguaglio zuccheri -Legittimit costituzionale, 20. PROCEDIMENTO PENALE -Assegno bancario emesso a vuoto Acquisizione agli atti da parte del pretore -Natura di atto istruttorio Esclusione -Comunicazione giudiziaria -Non dovuta, 198. -Atti di polizia giudiziaria -Attivit esercitata motu proprio dalla polizia giudiziaria -Necessit -Esclusione, 197. -Comunicazione giudiziaria -Atti preliminari di polizia giudiziaria -Non necessaria, 14. -Esecuzione penale -Sequestro penale -Revoca -In genere -Procedimento incidentale -Sindacato sulla fon. datezza dell'incolpazione -Esclusione, 194. -Responsabile civile -Comunicazione giudiziaria -Omissione -Esclusione del responsabile civile dal processo Insussistenza -Nullit degli atti Non sussiste, 198. - Revisione -Effetto estensivo, 43. -Sequestro di cose pertinenti al reato -Costruzione edilizia abusiva e relative attrezzature -Sequestro per esigenze istruttorie o come misura di polizia giudiziaria -Legittimit Istanza di revoca del sequestro Provvedimento del giudice -Motivazione specifica -Necessit, 194. REATO -Contravvenzioni -Concernenti l'inosservanza dei provvedimenti di polizia -Ordine di presentarsi alla polizia stradale per presentare la patente di guida -Facolt di non rispondere -Compatibilit, con nota di P. DI TARSIA, 194. -Reati contro l'ordine pubblico -Contravvenzioni -'Concernenti l'inosservanza dei provvedimenti di polizia Per ragioni di giustizia -Fattispecie, con nota di P. DI TARSIA, 195. REGIONE -Commissione statale di controllo sulla Regione -Autorizzazione a stare in giudizio -Potere di chiedere la trasmissione di atto impugnato -Sussiste, con nota di F. FAVARA, 1. -Commissione statale di conrollo sulla Regione -Disapplicazione di legge regionale -Impossibilit, con nota di F. FAVARA, 1. .,~,.,,,,.,.,..,. Xli RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -Commissione statale di controllo sulla Regione -Esigenze unitarie e di coordinamento -Direttive governative -Sono vincolanti, con nota di F. FAVARA, 1. -Legge regionale -Riadozione do po rinvio -Difetto della maggioranza assoluta Invalidit del procedimento, 42. -Organo statale transitoriamente attributario di funzione regionale -Disciplina legislativa -Compete esclusivamente allo Stato, 43. -Prevenzione degli infortuni -Materia spettante allo Stato -Istruzione professionale -Materia spettante alle Regioni, 18. -Regione siciliana Consorzi tra enti locali -Istituzione -Competenza -Assessorato degli e11ti locali -Consorzio per la gestione di acquedotto pubblico ~ Competenza dell'Assessorato ai lavori pubblici -Non sussiste, 189. REQUISIZIONE -Art. 7 1. 20 marzo 1865, n. 2248 all. E Motivazione -Sistemazione uffici pubblici -Presupposti -Inesistenza, con nota di R. TAMIOZZO, 141. -Requisizioni ex art. 7 l. 20 marzo 1865 n. 2248 all. E -Necessit di indicazione di un termine finale di operativit -Sussiste, con nota di R. TA ll.nozzo, 136. RESPONSABILIT CIVILE -Responsabilit della P.A. -Danni da mancato funzionamento di opera idraulica -Imputazione a titolo di colpa -Cassazione della sentenza Giudizio di rinvio -Mutamento del titolo dell'imputazione -Preclusione, 186. SICILIA -Assistenza sanitaria e ospedaliera Blocco delle assunzioni -Casse di soccorso degli autoferrotranvieri Legittimit costituzionale di deroga al blocco predetto, 47. -Partecipazione del presidente della Giunta al Consiglio dei Ministri -Limiti, 7. -Potest legislativa e amministrativa in materia di tributi - concorrente o sussidiaria Disciplina statale dei rimborsi I.V.A. -Applicazione nel territorio della Regione siciliana - costituzionalmente legittima, 7. TRENTINO-ALTO ADIGE -Interventi per la regolamentazione dei mercati agricoli -Attribuzione statale -Limiti, 46. INDICE CRONOLOGIGO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 7 luglio 1976, n. 162 14 luglio 1976, n. 166 28 luglio 1976, n. 196 28 luglio 1976, n. 208 3 .agosto 1976, n. 209 3 agosto 1976, n. 210 (cam. cons.) 3 agosto 1976, n. 213 3 agosto 1976, n. 216 3 agosto 1976, n. 220 3 agsto 1976, n. 221 3 agosto 1976, n. 222 ( cam. cons.) 18 novembre 1976, n. 226 24 novembre 1976, n. 228 6 dicembre 1976, n. 235 6 dicembre 1976, n. 236 20 dicembre 1976, n. 244 20 dicembre 1976, n. 245 20 dicembre 1976, n. 246 20 dicembre 1976, n. 248 20 dicembre 1976, n. 249 29 dicembre 1976, n. 259 (cam. cons.) 29 dicembre 1976, n. 260 29 dicembre 1976, n. 262 29 dicembre 1976, n. 275 5 gennaio 1977, n. 1 CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE 7 dicembre 1976, ne11a causa 23/76 . 16 dicembre 1976, nella causa 33/76 16 dicembre 1976, nella causa 45/76 GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. Un., 10 marzo 1976, n. 814 . Sez. Un., 8 maggio 1976, n. 1609 Sez. Un., 8 i:naggio 1976, n. 1610 Sez. Lavoro, 14 luglio 1976, n. 2729 . Sez. Lavoro, 14 luglio 1976, n. 2731 Sez. I, 19 luglio 1976, n. 2855 Sez. I, 22 luglio 1976, n. 2888 Sez. I, 22 luglio 1976, n. 2903 Sez. I, 28 settembre 1976, n. 3172 pag. 1 7 14 14 14 17 1 18 20 20 23 25 36 42 43 43 43 44 46 47 49 50 54 55 57 pag. 60 69 70 pag. 89 94 103 110 110 111 116 147 121 XIV RASSEGNA DELL'AVVOCATURA Sez. I, 29 settembre 1976, n. 3181 Sez. I, 10 ottobre 1976, n. 3199 Sez. I lo ottobre 1976, n. 3205 Se. Un., 5 ottobre 1976, n. 3248 Sez. I, 6 ottobre 1976, n. 3286 Sez. I, 9 ottobre 1976, n. 3350 Sez. I, 12 ottobre 1976, n. 3378 Sez. I, 19 ottobre 1976, n. 3609 Sez. I, 21 ottobre 1976, n. 3686 Sez. I, 25 ottobre 1976, n. 3845 Sez. I, 26 ottobre 1976, n. 3879 Sez. I, 26 ottobre 1976, n. 3881 . Sez. I, 15 novembre 1976, n. 4220 Sez. I, 16 novembre 1976, n. 4257 Sez. I, 29 novembre 1976, n. 4494 Sez. Lavoro, 22 dicembre 1976, n. 4716 Sez. Un., 11 gennaio 1977, n. 93 . . TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE 12 ottobre 1976, n. 19 14 ottobre 1976, n. 21 31 gennaio 1977, n. 3 31 gennaio 1977, n. 4 GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 22 giugno 1976, n. 486 Sez. IV, 22 giugno 1976, n. 487 Sez. IV, 29 luglio 1976, n. 663 1 g pag. 149 )) 153 h f:: )) 156 )) 121 1: )) 161 ~~j )} ~i 165 )) 168 I )) 173 )) I 175 )) 150 )) 176 )} 128 )) 178 )) 181 )) 183 )} 132 )) 135 pag. 186 )) 188 )) 188 )) 190 pag. 136 )) 144 )) 145 DELLO STATO CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA DELLA REGIONE SICILIANA 29 ottobre 1976, n. 281 GIURISDIZIONI PENALI CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 28 aprile 1975, n. 922 Sez. IV, 23 gennaio 1976, n. 154 Sez. V, 23 marzo 1976, n. 555 . Sez. V, 26 marzo 1976, n. 601 . Sez. VI, 22 giugno 1976, n. 7345 CORTE DI ASSISE Catanzaro, ord. 19 gennaio 1977 pag. 141 pag. 194 )) 194 )) 197 )) 198 )) 195 pag. 198 PARTE SECONDA INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLE CONSULTAZIONI IMPOSTA VALORE AGGIUNTO -Credito di un privato per rivalsa I.V.A. -Natura -Pignoramento presso terzi -Ammissibilit, 20. IMPOSTE DI FABBRICAZIONE -Generi di monopolio e assimilati Definizione amministrativa per reati punibili con pena non detentiva Detenzione di accenditori automatici -Applicabilit, 20. -Olio combustibile -Rottura dell'oleodotto -Dispersione del prodotto Colpa grave del terzo -Abbuono del tributo, 20. IMPOSTE DIRETTE -Addizionale -Pro Calabria -Proroga -Applicabilit per imposte relative a periodi anteriori al 31 dicembre 1972, 20. -Imposta di R.M. e complementare Trattato e convenzione C.E.C.A. Dipendenti societ minerarie -Corresponsione indennit o.d. extra d'attesa -Assoggettabilit al tributo, 20. -Imposta fabbricati -Esenzione venticinquennale -Modificazione della utilizzazione dell'immobile -Effetti, 21. -Imposta R.M. -Esenzioni e agevolazioni -Interessi su mutui contratti per costruzione abitazioni non di lusso -Proroga dei termini di ultimazione -Limiti, 21. -Imposta sui fabbricati -Autorimessa pubblica -Esenzione venticinquennale -Applicabilit -Limiti, 21. -Imposta sul reddito delle persone fisiche -Professionisti -Ritenuta d'acconto -Difensore antistetario Distrazione spese e onorari -Pagamento -Applicabilit, 21. -Imposte dirette -Condono -Giudizio in corso -Sospensione -Definizione senza ulteriore iscrizione a ruolo -Applicabilit, 21. -Sanzioni per la violazione -Omessa o infedele dichiarazione di redditi altrui di lavoro subordinato -Sanzioni relative alla frode fiscale -Cumulabilit, 22. IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE -Base imponibile -Determinazione Detrazioni Impianti elettrici E.S.E. -Contribut statali o regionali per la realizzazione -Quote di ammortamento -Detraibilit, 22. -Imposta di R.M. e complementare Trattato e convenzione C.E.C.A. Dipendenti societ minerarie -Corresponsione indennit O;d. extra di attesa -Assoggettabilit al tributo, 22. IMPOSTE E TASSE -Addizionale -Pro Calabria -Proroga -Applicabilit per imposte relative a periodi anteriori al 31 dicembre 1972, 22. -Condono tributario -Controversia pendente -Relativa alla sola sopratassa -Applicabilit, 22. -Esenzioni e agevolazioni -Decadenza -Imposta normale -Riscossione In pendenza di ricorso -Sopravvenienza delle nuove norme -Effetti, 23. -Sanzioni per la violazione -Omessa o infedele dichiarazione di redditi altrui di lavoro subordinato -Sanzioni relative alla frode fiscale -Cumulabilit, 23. -Soggetti passivi -Solidariet -Prescrizione -Atti interruttivi -Provenienti dal debitore d'imposta -Efficacia -Estensione -Limiti, 23. ...,,,,.....,..... XVIII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO PREVIDENZA E ASSISTENZA -Invalidi civili -Pensione sociale Somme anticipate dagli ECA -Rimborso -Legittimazione, 32. -Versamento contributi previdenziali -Inadempienza della P.A. -Interessi moratori -Debenza -Limiti, 32. PREZZI -Disciplina dei prezzi dei beni di , largo consumo -Carni fresche e bestiame vivo da macello, 32. PRIVILEGI -Utenze telex -Canoni -Credito Privilegio dell'amministrazione, 32. REATI FINANZIARI -Generi di monopolio e assimilati Definizione amministrativa per reati punibili con pena non detentiva Detenzione di accenditori automatici -Applicabilit, 32. REGIONE FRIULI-VENEZIA GIULIA -Dipendenti -Danno recato all'Ente regione -Responsabilit amministrativa -Accertamento -Giudizio di responsabilit -Competenza, 33. REGIONE VALLE D'AOSTA -Val d'Aosta -Concessioni all'ENEL Competenza, 33. REGIONI -Molluschicoltura -Poteri di vigilanza -Delega alle Regioni -Molluschi eduli -Autorizzazione alla coltivazione -Competenza, 33. -Regione Friuli-Venezia Giulia -Attribuzione di poteri statali -Estensio ne, 33. -Regione Friuli-Venezia Giulia Espropriazioni per la zona industriale di Trieste -Opere portuali Competenza, 33. -Regione Marche -Legge n. 6/1973 sulla protezione della flora -Costruzione di nuove strade da parte del1' ANAS -Rispetto della legge, 34. -Trasferimento degli uffici dallo Stato alle Regioni -Consiglio Provinciale di Sanit -Potere di nomina dei membri non di diritto -Spet tanza, 34. RESPONSABILITA CIVILE -Responsabilit civile -Trattati e convenzioni internazionali -Trattato Nato -Danni a stato contraente Legittimazione attiva stato di soggiorno, 34. RICORSI AMMINISTRATIVI -Ricorso alla G.P.A. -Natura amministrativa -Istituzione e funzio.namento dei T.A.R. -Rimessione, 34. RISCOSSIONE -Imposta sull'incremento di valore aree fabbricabili e contributi di miglioria -Addizionale -Riscossione versamento in tesoreria -Inadempimento degli Enti locali -Sanzioni amministrative -Applicabilit, 34. -Riscossione delle imposte -Contratto esattoriale -Conferma dell'esattore per il periodo 1975-1983 -Servizio di tesoreria gestito dallo stesso esattore -Conferma per lo stesso periodo, 35. -Riscossione esattoriale -Consorzi esattoriali -Esattore consorziale Domanda di conferma -Parere Competenza, 35. SANZIONI AMMINISTRATIVE -Assicurazione obbligatoria -Violazioni -Accertamento -Su strade non statali e da parte di organi di polizia locali -Proventi -Spettanza, 35. -Impianti di distribuzione carburan ti -Disciplina -Violazioni -Sanzioni pecuniarie -Impugnazione -Competenza giurisdizionale dell'A.G.O., 35. SEQUESTRO -Generi di monopolio -Sequestro penale -Devoluzione all'Amministrazione dei monopoli -Accreditamento del prezzo -Criteri di determina , zione, 36. -Tabacco lavorato estero -Contrabbando -Provvedimenti relativi alla merce sequestrata -Modalit e competenza, 36. - INDICE DELLE CONSULTAZIONI SPESE GIUDIZIALI -Difensore -Provvedimento di distrazione -Pagamento -Efficacia liberatoria, 36. -Imposta sul reddito delle persone fisiche -Professionisti -Ritenuta di acconto -Difensore -Distrazione spese e onorari -Pagamento -Applicabilit, 36. -Statuto dei lavoratori -Repressione di condotta antisindacale -Decreto del pretore Capo di condanna alle spese -Esecutivit immediata, 36. STRADE -Autostrade -Distanze di rispetto dal ciglio -Creazione di nuove perti nenze stradali -Spostamento delle fascie di rispetto, 37. -Regione Marche -L. 6/1973 sulla protezione della flora Costruzione di nuove strade da parte dell'ANAS Rispetto dela legge, 37. -Violazione dell'obbligo di non costruire case a distanza dal confine stradale minore di quella prescritta -Ordinanza prefettizia di riduzione in pristino -Carattere discrezionale Esclusione, 37. TERREMOTO -Immobili in Pozzuoli Danni da bradisismo -Contributo di riparazione o ricostruzione -Ordinanza di sgombero Necessit e limiti, 37. -Zone terremotate del viterbese -Abitazioni per i senza tetto -Espropriazione aree occorrenti -Legislazione applicabile, 38. TRATTATI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI -Cittadini stranieri -Obblighi di assistenza -Assunzione di garanzie patrimoniali -Legittimit, 38. -Nave italiana -Vendita giudiziale A societ panamense -Autorizzazione ministeriale -Dismissione di bandiera -Trattato italo-panamense -Deroga ai principi, 38. -Responsabilit civile -Trattati e convenzioni internazionali -Trattato Nato -Danni a Stato contraente Legittimazione attiva Stato di soggiorno, 38. TURISMO E SPORTS -Costruzione di ippodromo -Dichia razione di pubblica utilit -Competenza prefettizia -Limiti -Pubblico interesse provinciale -Necessit, 38. -Costruzione di ippodromo -Pubblico interesse, 39. -Finanziamento e tasso agevolato delle iniziative turistiche costru zione, ampliamento, adattamenti e attrezzature degli impianti previsti dall'art. 6 I. 22 luglio 1966, n. 614 Ristrutturazione di seggiovia, 39. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO LEGISLAZIONE QUESTIONI DI LEGITTIMIT COSTITUZIONALE I) Norme dichiarate incostituzionali II) Questioni dichiarate non fondate III) Questioni proposte pag. )) )) 7 8 11 PARTE PRIMA GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE I CORTE COSTITUZIONALE, 7 luglio 1976, n. 162 -Pres. Rossi -Rei. Gion frida -Regione Lazio (avv. Guarino) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). Regione Commissione statale di controllo sulla Regione -Disapplica. zione di legge regionale Impossibilit. (Cost., artt. 125 e 127; legge reg. Lazio, 23 settembre 1974, n. 66). La Commissione statale di controllo sugli atti di Regione a statuto ordinario non pu, al fine di annullare un atto sottoposto al suo esame, compiere una indagine circa la legittimit costituzionale di una legge re gionale e comunque disapplicarla (1). II CORTE COSTITUZIONALE, 3 agosto 1976, n. 213 Pres. Rossi -Rei. Rossano -Regione Lazio (avv. Guarino e Sandulli) e Presidente Consiglio . dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). Regione Commissione statale di controllo sulla Regione Esigenze unitarie e di coordinamento Direttive governative Sono vincolanti. (Cost., art. 125; 1. 10 febbraio 1953, n. 62, art. 41). Regione Commissione statale di controllo sulla Regione Autorizzazione a stare in giudizio -Potere di chiedere la trasmissione di atto impugnato Sussiste. (Cost., art. 125; !. 10 febbraio 1953, n. 62, art. 45). Le Commissioni di controllo sulle Regioni a statuto ordinario debbono, nell'esercizio della funzione di controllo, considerare e valutare le esigenze unitarie e di coordinamento, nell'interesse dello Stato e delle stesse Regioni, inerenti alla attivit amministrativa a questa affidata. Le direttive emanate dall'organo competente dello Stato (il Ministero (1) La sentenza n. 162 pubblicata in Giust. civ., 1976, III, 217. 2. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO per l'attuazione delle Regioni) sono vincolanti per dette Commissioni, le quali debbono uniformare la propria attivit alle direttive stesse. Risulta pertanto tardivo e inammissibile il ricorso per confiitto di attribuzioni proposto contro l'atto di controllo negativo applicativo della anteriore direttiva (2). Il controllo di legittimit ad opera della predetta Commissione di controllo sulla deliberazione di autorizzazione a ,stare in giudizio in un processo amministrativo deve avere per oggetto anche il provvedimento impugnato. Pertanto, in caso di mancato invio di tale provvedimento, spetta allo Stato (Commissione di controllo) chiederne la trasmissione e in genere chiedere chiarimenti o elementi integrativi di giudizio, e disporre la sospensione dell'esecutivit della deliberazione sottoposta a controllo. I (Omissis). -(in fatto). -Con ricorso notificato il 15 giugno 1974 la Regione Lazio -in persona del presidente autorizzato con deliberazione 14 giugno 1974 della Giunta regionale -ha proposto conflitto di attri ~ buzione nei confronti dello Stato in relazione alla deliberazione n. 1836/ ~ ~ (2) II controllo statale sugli atti amministrativi delle Regioni a statuto j ordinario. ~ f Della sentenza in esame meritano di essere sottolineati quei brani che tratteggiano, sia pure in termini alquanto generici, la collocazione costituzionale delle commissioni statali di controllo sulle amministrazioni regionali (art. 125 comma primo (Cost. e artt. 41 e segg. della legge 10 febbraio 1953, n. 62). I brani che tratteggiano, sia pure in termini alquanto generici, la collocazione i ~ costituzionale delle commissioni statali di controllo sulle amministrazioni regionali (art. 125 comma primo Cost. e artt. 41 e segg. della legge 10 febbraio 1953, n. 62). Com' noto, tali commissioni sono, per cos dire, degli asteroidi che subiscono da un lato l'attrazione del modello offerto dalla Corte dei conti, organo ausiliario " con connotati di indipendenza strutturale dal Potere I esecutivo statale, e da altro lato l'attrazione del modello offerto dagli organi collegiali amministrativi saldamente inseriti nell'apparato statale (quali, ad esempio, le preesistenti G.P.A.). I Per enfatizzare le simiglianze -quanto a funzioni e quanto a garanI zie -tra le commissioni in questione e la Corte dei conti, si affermato che dette commissioni perseguirebbero unicamente lo scopo generale e neu I trale della legalit dell'azione amministrativa, si sottolinato che esse -quanjdo esercitano anche il controllo di merito -possono soltanto richiedere I il riesame della deliberazione da parte del Consiglio regionale, si valorizzato I l'art. 42 della citata legge n. 62 del 1953 ove si dispone che il magistrato della I Corte dei conti e i tre funzionari dei ruoli civili, membri effettivi della commissione di controllo, sono esonerati da ogni obbligo di servizio presso l'Amministrazione cui appartengono . E da queste simiglianze si pervenuti a sostenere che gli atti di controllo negativo delle commissioni di controllo 3 PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 30105 del 29 marzo 1974, pervenuta alla Regione il 18 aprile 1974, con la quale la Commissione di controllo sulla Regione Lazio ha ingiunto alla Giunta regionale di inviarle il provvedimento 11 ottobre 1972 del medico provinciale di Roma al fine di sottoporlo al controllo preventivo di legittimit. La Regione ha chiesto che: a) venga dichiarato che non spetta allo Stato il potere di controllare in via preventiva e generalizzata, attraverso la Commissione di controllo, gli atti emanati da organi regionali in seguito a delega statale, e in particolare l'atto del medico provinciale di cui in epigrafe; b) venga dichiarato che lo Stato, e in particolare la Commissione di controllo, non dispone del potere di sospendere, in sede di controllo di legittimit, come ha fatto nel caso in esame, in atto regionale per ragioni inerenti ad atti diversi, che non condizionano la legittimit di quello sospeso; e) venga annullata la deliberazione della Commissione di controllo sulla Regione Lazio di cui in epigrafe . Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'avvocato .generale dello Stato, si costituito con atto 4 luglio 1974 ed ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile perch tardivo o, subordinatamente, respinto. -(Omissis). sarebbero -come i rifiuti di visto della Corte dei Conti -sottratti al sindacato giurisdizionale dei Giudici amministrativi. Nel senso di un allineamento delle commissioni di cui all'art. 125 Cost. alla Corte dei conti si sono espressi -e il fatto non scevro di singolarit -sia qualche statalista che ha ritenuto di trovare, nella anzidetta sottrazione degli atti di controllo negativo al sindacato giurisdizionale, una promozione ed un rafforzamento dell'attivit di controllo (unico rimedio rimanendo il conflitto di attribuzioni dinanzi alla Corte costituzionale), sia regionalisti desiderosi di distaccare le commissioni in questione dall'amministrazione dello Stato per collocarle . in posizione di terziet (questo termine utilizzato da PALADIN, Diritto regionale, 1973, 317). Supporto a questo orientamento stato fornito da considerazioni tratte (peraltro non secondo ma contro la disciplina dettata dalla legge ordinaria n. 62 del 1953) dal riconoscimento costituzionale e dal significato politico delle autonomie regionali. Cos SANDULLI ha osservato (Controlli sugli enti territoriali, Riv. trim. dir. pub., 1972, 578) come fosse logico attendersi che, nei confronti delle Regioni -enti costituzionali, dotati di autonomia politica -, il controllo di legittimit (che controllo vincolato, da esercitare con riferimento a quel dato rigido e obbiettivo che la legge) fosse affidato a un organo particolarmente qualificato, capace di esercitarlo in condizioni di imparzialit, perch dotato di effettiva indipendenza; ad un organo cio dello Stato-ordinamento (quale la Corte dei conti, i cui strumenti in materia sono affinati da una secolare esperienza) e non a un organo dello Stato-amministrazione, naturalmente esposto al rischio (come la Corte costituzionale ha varie volte affermato in circostanze analoghe) di essere guidato da chi contingentemente presiede agli indirizzi politici dello Stato . E BENVENUTI ha rilevato (/ controlli RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 4 II (Omissis). -L'Avvocatura Generale dello Stato ha preliminarmente eccepito l'inammissibilit del ricorso per tardivit, deducendo che il 21 novembre 1972 il ministro per l'attuazione delle Regioni eman una circolare con la quale, sulla scorta di un conforme parere del Consiglio di Stato, disponeva che fossero inviati alla Commissione di controllo di cui all'art. 125 della Costituzione, per il prescritto esame di legittimit, gli atti amministrativi emanati dagli organi regionali nell'esercizio di funzioni in materie delegate dallo Stato. La circolare fu inviata, oltre che a tutti i ministri ed ai Commissari di Governo, ai presidenti di tutte le Giunte regionali delle Regioni a statuto ordinario e, quindi, dal novembre 1972 il Presidente della Regione Lazio era a conoscenza che gli atti in questione dovevano essere sottoposti al controllo della Commissione, il che rendeva attuale, fin da allora, l'asserita lesione della competenza della Regione. Subordinatamente, nel merito, l'Avvocatura Generale dello Stato ha sostenuto che, conformemente alle direttive impartite dal ministro per l'attuazione delle Regioni, spetta allo Stato il controllo di legittimit sugli atti delegati. L'eccezione d'inammissibilit fondata per quanto attiene al primo profilo. La circolare, nel dubbio circa l'organo competente all'esercizio del controllo sugli atti amministrativi emanati dalla Regione per delega ai sulle regioni, ivi, 1972, 594) che l'autonomia costituzionale delle Regioni tale che essa postula la esistenza di un controllo sotto ogni profilo indipendente e fine a se stesso, di un controllo che deve esplicarsi sul piano dell'accertamento della legittimit, non come elemento integrante n di una fattispecie dell'atto n di una fattispecie del potere, escludendosi quinc:\.i. ogni possibile configurazione sia di complessit dell'atto, secondo dottrine ormai superate, sia di complessit di procedimenti . Secondo queste opinioni, in sostanza, il regime dei controlli dello Stato sugli atti amministrativi regionali verrebbe a risultare nettamente differenziato rispetto al regime dei controlli regionali sugli atti. amministrativi degli enti territoriali minori. A tali opinioni appare, per, consentito non aderire; e non soltanto per il testuale parallelismo tra gli articoli 125 e 130 Cost. Invero, in sede di conflitto di attribuzioni, l'autarchia di un Comune o di una Provincia pu trovare tutela dalle ingerenze di un Comitato (regionale) di controllo tanto quanto l'autarchia di una Regione pu trovare tutela dalle ingerenze di una Commissione (statale) di controllo; unica diversit, la legittimazione a ricorrere avverso le ingerenze invasive regionali spetta, anzich direttamente al Comune o alla Provincia lesa, allo Stato il quale ben pu ergersi a custode della sfera di attribuzioni riservata, con legge ordinaria statale (art. 118 Cost.), alle autarchie degli enti locali minori (enti -questi non para-regionali ma pur sempre facenti capo all'ordinamento statale). Non PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 5 sensi dell'art. 118, secondo comma, della Costituzione, in mancanza di una specifica disciplina legislativa, riporta in sintesi il parere, richiesto al Consiglio di Stato, sul problema se competente all'esercizio del controllo sugli atti amministrativi emanati per delega dalla Regione fossero competenti le Commissioni di controllo di cui all'art. 125 della Costituzione o la Corte dei conti ai sensi dell'art. lOQ della Costituzione. E alle considerazioni riassunte, in base alle quali il Consiglio di Stato aveva ritenuto che gli atti emessi dalle Regioni per delega dovessero essere sottoposti, al pari di quelli adottati per competenza propria, al controllo delle Commissioni di cui all'art. 41 della legge 10 febbraio 1953, n. 62, aggiunge altre osservazioni a conforto di detta conclusione, restando quindi inteso che -sempre nell'ambito dell'accennata provvisoriet fino a quando il problema non verr definitivamente risolto con apposita normativa -il controllo sugli atti amministrativi regionali, posti in essere nelle materie delegate dallo Stato, rientra nei compiti dell'organo statale di cui alfart. 125 della Costituzione, che lo esercita secondo le modalit indicate dalla legge 10 febbraio 1953, n. 62. Ulteriori indicazioni potranno essere fornite su quanto concerne gli aspetti relativi alla rendicontazione delle spese inerenti agli atti regionali delegati in questione, al fine dei raccordi che si rendano necessari col sistema del bilancio e della contabilit dello Stato. pare perci vi sia ragione di una collocazione privilegiata delle Regioni rispetto al controllo esterno. La sentenza in esame appare piuttosto univocamente orientata nel senso di negare rilevanza alle simiglianze delle quali si detto, e di ravvisare nelle commissioni -degli organi della amministrazione statale, e -nella loro attivit di controllo -una ordinaria attivit amministrativa; le commissioni statali di controllo sugli atti delle Regioni a statuto ordinario vengono quindi a trovarsi allineate ai comitati regionali di controllo sugli atti dei Comuni e delle Province. La Corte costituzionale, rimanendo aderente alla legge n. 62 del 1953 (sulla quale cfr. anche Corte cost., n. 40 del 1972, in Foro it., 1972, I, 1184), ha enunciato il principio secondo cui le commissioni di controllo sono tenute ad attenersi, oltre che alle leggi statali e regionali (cfr. sul punto Corte cost., n. 162 del 1976), anche alle direttive che l'organo competente dello Siato abbia emanato (nei confronti anche delle Regioni) per il coordinamento delle attivit amministrative regionali, senza possibilit di disapplicare o di ignorare dette direttive: le commissioni sono cos state configurate non come organismi giustiziali (in senso lato) ma come organi sottoordinati al Governo della Repubblica e con esso cooperanti al perseguimento delle esigenze unitarie. Pertanto, l'attivit di controllo da dette commissioni svolta pu, s'intende nel rispetto delle disposizioni e dei principi Costituzionali, essere orientata dagli indirizzi politici e amministrativi provenienti dalle autorit centrali dello Stato; e non integralmente rimessa a neutrali interpretazioni e valutazioni promananti dalla coscienza individuale dei commissari; in altre parole, si in presenza di controlli-volont piuttosto che di controlligiudizio (sulla distinzione, FERRAR!, Gli organi ausiliari, 1956, 274), per i quali -------------- RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 6 Siffatta chiara manifestazione di direttive per un fine unitario e di coordinamento, la cui rilevanza nei confronti degli organi collegiali in genere stata riconosciuta dalla dottrina nei limiti dei rapporti tra l'organo competente all'esercizio delle funzioni di direzione e l'organo collegiale, cui non sono applicabili i principi dei rapporti gerarchici valevoli per gli organi monocratici, ha particolare rilievo nei confronti delle Commissioni di controllo. In vero, questi Collegi, composti, a norma dell'art. 41 della legge n. 62 del 1953, da soggetti, organi di amministrazioni diverse, per tale stessa composizione, nell'esercizio della funzione di controllo, debbono considerare e valutare le esigenze unitarie e di coordinamento, nell'interesse dello Stato e delle stesse Regioni, inerenti alla complessa attivit amministrativa che le Regioni debbono svolgere nei limiti degli artt. 5, 117, 118 e 125 della Costituzione, e conseguentemente valutare le direttive che l'organo competente dello Stato abbia emanato in proposito. E, se si considera che il rilievo giuridico, riconosciuto in dottrina alle direttive impartite dall'organo competente all'organo collegiale, consiste nel dovere dell'organo collegiale di considerarle nel procedimento di formazione della volont e di uniformarvisi, anche se in casi concreti l'organo pu, per motivi diversi, non conformarsi, deve ammettersi che il dovere di conformit, da parte delle Commissioni di controllo, particolarmente vincolante e quindi idoneo a una generale applicazione delle direttive. Tale forza vincolante, riconosciuta nel ricorso della Regione alle direttive emanate dall'organo competente dello Stato -il ministro per l'attuazione delle Regioni -nei confronti delle Re- specie nei casi m cui il sindacato esteso anche al merito - configurabile una responsabilit politica dell'autorit di Governo. I principi enunciati dalla Corte costituzionale e test segnalati contribuiscono a realizzare quella uniformit del controllo sugli atti amministrativi delle Regioni a statuto ordinario che, oltre ad essere esigenza di innegabile validit (cfr. anche PALADIN, op. cit., 315), appare rispondente al dettato dell'art. 125 Cost. ove si previsto che il controllo de quo sia esercitato da un organo dello Stato operante in forma decentrata . Rimane, senza dubbio, aperto il problema della determinazione delle modalit di esercizio del potere di coordinamento del quale si detto, e della misura entro cui esso dovr essere contenuto; in proposito, dati ulteriori non mancheranno di essere forniti dall'esperienza e dal consolidarsi di consuetudini. Inoltre, i principi segnalati contengono implicazioni ulteriori ove si consideri la relazione tra controlli-volont e 'interesse pubblico: attraverso tale relazione si supera (FORTI, I controlli dell'amministrazione comunale, in Trattato Orlando, II, 1915, 682) quell'idea di conflitto tra l'interesse della persona giuridica pubblica e quello dello Stato, conflitto che tutt'altro che necessario ed anzi normalmente escluso dalla considerazione che in tanto gli enti sono pubblici in quanto il loro interesse coincida o converga con quelli collettivi, riassunti nello Stato . FRANCO FAVARA PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE gioni, deve anche ammettersi per quelle dirette alle Commissioni di controllo, notificate alle Regioni e contenute in circolare, che, per il suo contenuto, costituisce manifestazione, concreta, autonoma e vincolante anche per la Commissione di controllo, organo dello Stato, nell'esercizio della sua funzione, del potere che lo Stato assume di sua spettanza in base alla legge e alla Costituzione. Pertanto, per decorrenza del termine d'impugnazione, inammissibile il ricorso per conflitto di competenza per quanto concerne il primo profilo. L'altro profilo non assorbito, come ritiene l'Avvocatura Generale dello Stato, in quanto diverso dal primo. Questo secondo profilo non fondato. La deliberazione della Giunta regionale di costituirsi nel giudizio promosso dalla soc. Pirelli contro il provvedimento del medico provinciale di Roma era sottoposta al controllo di legittimit della Commissione, per quanto atteneva alla autorizzazione a stare in giudizio. Tale controllo di legittimit non poteva considerarsi limitato alla deliberazione, come sostiene la Regione ricorrente, ma doveva avere per oggetto anche l'impugnato provvedimento del medico provinciale in quanto atto del giudizio nel quale la Regione voleva costituirsi. Pertanto, la Regione avrebbe dovuto trasmettere alla Commissione di controllo il suddetto provvedimento del medico provinciale ed i chiarimenti richiesti ai sensi dell'art. 45, comma secondo, della legge n. 62 del 1953. In conseguenza del mancato invio l'esecutivit della deliberazione della Giunta regionale era sospesa, come dispone il menzionato art. 45, che la deliberazione della Commissione di controllo ha espressamente richiamato. La sospensione, quindi, non pu ritenersi esercizio illegittimo del potere di autorizzare la costituzione in giudizio, dato che l'effetto ex lege del mancato adempimento dell'obbligo di trasmettere l'atto ed i chiarimenti, espressamente previsti dal citato art. 45, comma secondo, della legge n. 62 del 1953. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 14 luglio 1976, n. 166 -Pres. Rossi -Rel. De Stefano -Regione Sicilia (avv. Aula) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Gozzi). Sicilia Partecipazione del presidente della Giunta al Consiglio dei Ministri Limiti. (Statuto Sicilia, art. 21). Sicilia Potest legislativa e amministrativa in materia di tributi concorrente o sussidiaria Disciplina statale dei rimborsi I.V.A. Applicazione nel territorio della Regione siciliana costituzional mente legittima. (Statuto Sicilia, artt. 20 e 36; d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, art 2; d.P.R. 2 luglio 1975, n. 288, art. 1). RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 8 Atto amministrativo Atto amministrativo statale Potest di disapplica zione ad opera di una Regione ~ Non sussi~te. (Cost. art. 134; 1. 11 marzo 1953, n. 87, artt. 38 e 41). La partecipazione del presidente della Giunta regionale siciliana al Consiglio dei Ministri ai sensi dell'art. 21 dello Statuto della Sicilia necessaria soltanto per le deliberazioni che interessano detta Regione in modo particolare e differenziato, e non prescritta per le deliberazioni di carattere generale che possano coinvolgere anche interessi regionali (1). 'La potest legislativa della Regione siciliana in materia tributaria non esclusiva, ma concorrente o sussidiaria, e gli stessi limiti incontra la correlata potest amministrativa. Il termine riscosse usato dall'art. 2 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074 si riferisce non gi alle somme comunque intestate dai competenti uffici, ma a quelle che abbiano superato la fase del definitivo accertamento. Pertanto, infondata la questione di costituzionalit dell'art. 1 del d.P.R. 2 luglio 1975, n. 288, e spetta allo Stato il potere di emanare il decreto ministeriale 23 luglio 1975 avente ad oggetto modalit per l'esecuzione dei rimborsi I.V.A. (2). Come gli uffici statali non possono disapplicare gli atti amministrativi promananti dalle Regioni, cos queste non possono disapplicare gli atti amministrativi emessi dallo Stato; pertanto va annullato il decreto assessoriale 29 agosto 1975 avente ad oggetto modalit per l'esecuzione dei rimborsi I.V.A. (3). (Omissis). -2. -La Regione siciliana (con un primo ricorso: n.d.r.) denuncia Yart. 1 del d.P.R. n. 288 del 1975, per l'operata sostituzione dei commi quarto e quinto dell'art. 38 del d.P.R. n. 633 del 1972., Dalle nuove disposizioni consegue che ai rimborsi dell'I.V.A., contemplati nei precedenti commi secondo e terzo dello stesso art. 38, come modificato dal (1) La Corte non ha affrontato (e non ve n'era bisogno) il punto se la partecipazione del Presidente della Giunta regionale della Socilia al Consiglio dei Ministri sia col rango di Ministro e con voto deliberativo , ovvero sia meramente consultivo come per altte Regioni e per le Province autonome (in quest'ultimo senso MoRTATI, Istituzioni, ottava ed. 1969, II, 837). Sulla parte. cipazione dei presidenti di Giunte regionali a sedute del Consiglio dei Ministri, Corte cost., 13 gennaio 1966, n. 4, in Giust. civ., 1966, III, 95, con nota di DI SALVO, e in Giur. cast., 1966, 51, con nota di Cuocow; 14 marzo 1968 n. 1, in Giust. civ., 1968, III, 220, con nota di .DI SALVO e in Giur. cast., 1%8, 227, con nota di GROTTANELLI DE' SANTI; 29 maggio 1974, n. 151, in questa Rassegna, 1974, 850; 6 giugno 1974, n. 162, in Foro it., 1974, I, 2600; e 14 luglio 1976, n. 166, in questa Rassegna, 1976, sesto fascicolo. (2) Sulla potest legislativa in materia tributaria, oltre alle sentenze menzionate in motivazione Corte cost., 26 gennaio 1957, n. 9, in Foro it., 1957, I, PARTE I. SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 9 l'art. 1 del d.P.R. 23 dicembre 1974, n. 687, provvedono gli uffici competenti, utilizzando i fondi della riscossione; e che, ai fini della formazione delle giacenze occorrenti per l'effettuazione dei rimborsi medesimi, autorizzata dilazione per il versamento all'erario dell'imposta riscossa. previsto, altres, che ai rimborsi possa in ogni caso provvedersi con i normali stanziamenti di bilancio; e che le modalit relative all'esecuzione dei rimborsi, le modalit e i termini relativi alla dilazione per il versamento all'erario dell'imposta riscossa, nonch le modalit relative alla presentazione della contabilit amministrativa, vengano stabiliti con decreto del Ministro per le finanze di concerto con il Ministro per il tesoro. La Regione, premesso che l'impugnata norma, in mancanza di espressa esclusione, spiega i suoi effetti anche nel territorio siciliano, si duole del pregiudizio che ad essa potrebbe derivarne, per l'eventuale accollo di rimborsi di quote d'imposta che non risultino affluite al bilancio regionale, ed afferma che tali dannosi riflessi sono la conseguenza delle indicate violazioni di norme costituzionali. 3. -Le prospettate censure non sono fondate. Non appare innanzi tutto violato l'art. 21 dello Statuto, l dove prescrive, all'ultimo comma, che il Presidente della Giunta regionale partecipi al Consiglio dei Ministri, con rango di Ministro e con voto deliberativo nelle materie che interessano la Regione. Non si nega che l'intervento non vi sia stato in occasione della deliberazione del testo del citato d.P.R. n. 288 del 1975. Ma va osservato in proposito che il decreto stato adottato in progressiva attuazione della riforma tributaria, secondo quanto previsto dall'art. 17 della legge di delega 9 ottobre 1971, n. 825; che, nella specie, il rimborso delle eccedenze dell'I.V.A. materia che interessa tutta la comunit nazionale, e solo in quanto in essa incluse, anche le singole regioni; che, pertanto, nei confronti di norme siffatte, di evidente carattere generale, non dato individuare -secondo quanto 340; 6 giugno 1973, n. 71, 19 giugno 1973, n. 81 e 10 luglio 1973, n. 116, in Giust. civ., 1973, III, 247 e 321), anche Corte cost. 5 febbraio 1975, n. 14 (in questa Rassegna, 1975, 30) e 26 giugno 1975, n. 157 (ivi, 1975, 641). Sull'argomento, cfr. anche PALADIN, Ancora sui rapporti finanziari tra lo Stato e la Regione siciliana, in Giur. it., 1972, I, 1, 429. (3) La Corte ha pi volte escluso che gli uffici statali possano disapplicare gH atti amministrativi regionali (Corte cost., 1 dicembre 1959, n. 58, in Foro it., 1960, I, 10; 28 dicembre 1971, n. 207, ivi, 1972, I, 294; 21 dicembre 1972, n. 184, ivi, 1973, 333; 27 dicembre 1974, n. 299, ivi, 1975, 805). Peraltro, la frantumazione dello Stato unitario organizzato secondo moduli gerarchici e il sorgere di una pluralit di produttori di atti amministrativi, per i quali non v' neppure una struttura unitaria di controllo, d luogo a problemi; e non dimostrato che una mediazione necessaria degli apparati giurisdizionali sia la risposta migliore. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO gi affermato dalla Corte (sentenza n. 34 del 1976) -un interesse di singole regioni, cos giuridicamente differenziato, da render necessaria la partecipazione dei rispettivi presidenti alle sedute del Consiglio dei Ministri. Del pari, non possono ritenersi violati dall'impugnata normativa gli artt. 36 e 43 dello Statuto siciliano e l'art. 2 delle norme di attuazione I in materia finanziaria (d.P.R. n. 1074 del 1965). Consolidata giurisprudenza di questa Corte (dalla sentenza n. 9 del 1957 fino alle recenti nn. 71, 81 e 116 del 1973) qualifica la potest legislativa della Regione siciliana in materia tributaria, come potest non esclusiva, ma concorrente o sussidiaria. Preminente , dunque, la esigenza di unitariet del sistema, in ordine alle caratteristiche di ciascun tributo, ai cespiti colpiti, alle modalit di riscossione; al qual fine si richiede, appunto, che siano osservati (oltre, ovviamente, le leggi costituzionali ed i limiti territoriali) i limiti derivanti dai princpi e dagl'interessi generali, cui s'informano le leggi dello Stato. Ma se questo l'm.bito segnato alla Regione siciliana dalle norme statutarie e di attuazione, non pu, per converso, affermarsi che, in contrasto con queste ultime, esso risulti vulnerato da norme, come quelle impugnate, che mirano ad integrare e correggere, sul piano nazionale e con carattere di generalit, la disciplina dell'imposta sul valore aggiunto, migliorando sotto tale profilo l'attuazione della riforma tributaria, nel rispetto dei princpi e criteri direttivi determinati dalla relativa legge di delega. Quest'ultima, infatti, all'art. 5, concernente l'I.V.A., prevedeva al n. 10, in tema di rimborsi dell'imposta, la predisposizione di un congegno atto a snellire la procedura e a facilitare l'esecuzione. In applicazione di tale norma furono dettate le disposizioni dell'art. 38 del d.P.R. n. 633 del 1972... -(Omissis). -Il precedente congegno, facendo affluire al bilancio in entrata tutte le somme riscosse e defluire in uscita le somme erogate per i rimborsi, era la precipua causa dei ritardi per la insufficienza degli stanziamenti, le cui previsioni si rivelavano quasi sempre inadeguate. Adesso, invece, il possibile ricorso agli stanziamenti di bilancio previsto solo in via eventuale e sussidiaria, nella ipotesi, cio, che le somme riscosse siano insufficienti alla bisogna. Tale il nuovo congegno, che il legislatore delegato, in adempimento di specifico mandato enunciato nella legge di delega, ha ritenuto maggiormente atto, sotto il profilo tecnico, a snellire e facilitare la procedura dei rimborsi, ed ha in conseguenza introdotto su scala nazionale. Esso non confligge con il combinato disposto degl'indicati articoli 36 dello Statuto e 2 delle norme di attuazione, a tenore del quale spettano alla Regione siciliana tutte le entrate tributarie erariali riscosse nell'mbito del suo territorio; ed invero, il termine usato non pu intendersi genericamente riferito alle somme comunque introitate dai competenti uffici, ma a quelle che abbiano superato la fase del definitivo accertamento, PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE che logicamente precede e prepara quella della riscossione nel normale procedimento di acquisizione dell'entrata. Nella specie, dunque, affluisce in entrata al bilancio della Regione (e corrispondentemente per il restante territorio nazionale a quello dello Stato) il gettito effettivo dell'I. V.A., depurato, cio, degl'importi erogati in ragione dei dovuti rimborsi. Non si nega che il profondo rinnovamento dell'ordinamento tributario nazionale, cui preordinata la riforma, postuli anche il necessario coordinamento della disciplina delle entrate tributarie della Regione siciliana. Ma a ci appunto intende (come ha sottolineato la Corte nella sentenza n. 298 del 1974) il disposto dell'art. 12, comma secondo, n. 4, della citata legge di delega n. 825 del 1971, che prevede la determinazione delle norme relative a siffatto coordinamento da parte della commissione paritetica di cui all'art. 43 dello Statuto; la deliberazione del loro testo definitivo da parte del Consiglio dei Ministri, con l'intervento del Presidente della Regione, ai sensi dell'art. 21 dello Statuto; e la successiva emanazione da parte del Presidente della Repubblica con apposito decreto legislativo. questa, dunque, la sede nella quale possono essere valutati gli inconvenienti che la Regione assume derivare dall'introdotto congegno e pu essere accordata appropriata tutela agl'interessi regionali: tutela che per essere veramente efficace, conviene sia anche quanto possibile tempestiva e sollecita. Infondata si rivela, infine, anche la censura di incostituzionalit dedotta, in riferimento agli artt. 20 e 36 dello Statuto, ed all'art. 8 delle citate norme di attuazione, nei confronti del quinto comma dell'art. 38 del d.P.R. n. 633 del 1972, come modificato dall'art. 1 del d.P.R. n. 288 del 1975, per aver demandato a un decreto ministeriale di stabilire le modalit relative all'esecuzione dei rimborsi, le modalit e i termini relativi alla dilazione per il versamento all'erario dell'imposta riscossa, nonch le modalit relative alla presentazione della contabilit amministrativa. La Regione assume che in tal guisa viene vulnerata la sua competenza in materia di riscossione delle proprie entrate, e vengono obli terate le connesse potest esecutive ed amministrative. Ben vero che al potere normativo attribuito alla Regione nella materia tributaria consegua, con necessario collegamento, la potest amministrativa; ma, come stato precisato dalla Corte nella ricordata sentenza n. 9 del 1957, negli stessi sensi ed entro gli stessi limiti dianzi puntualizzati, procedendo cos le due attivit in parallelo. Non pu, quindi, ritenersi che l'impugnata norma, con il soddisfare alla preminente esigenza di unitariet del sistema, anche per ci che ha riguardo alle modalit di riscossione, versamento e contabilizzazione, abbia con ci stesso violato i richiamati precetti statutari, o siasi posta in conflitto con l'invocato art. 8 delle norme di attuazione. Quest'ultima disposizione, in particolare, abilita la Regione RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW STATO ad avvalersi degli uffici periferici dell'Amministrazione statale per l'esercizio delle funzioni esecutive ed amministrative ad essa spettanti ai sensi dell'art. 20 dello Statuto; ma non v'ha dubbio, come la Corte ha pi volte riconosciuto, e pi specificamente con la sentenza n. 120 del 1966, che tali uffici -fino a quando non sar diversamente stabilito -strutturalmente continuino a far parte dell'organizzazione dello Stato, che questo possa disporne, e possa, dunque, ,accomunarli agli altri consimili uffici. del territorio nazionale, destinatari di direttive di carattere generale e di norme regolamentari, al fine di attuare in concreto la riforma dell'ordinamento tributario nazionale. 4. -Dalla infondatezza delle censure d'incostituzionalit mosse dalla Regione siciliana ai comini quarto e quinto dell'art. 38 del d.P.R. n. 633 del 1972, nel testo sostituito dall'art. 1 del d.P.R n. 288 del 1975, consegue la infondatezza del (secondo; n.d.r.) ricorso, con il quale la stessa _Regione ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello ~tato in ordine al decreto 23 luglio 1975, emesso dal Ministro per le finanze di concerto con il Ministro per il tesoro. Tale decreto, la cui emanazione era prevista dal comma quinto del citato art. 38, regola, come si dianzi precisato, le modalit di applicazione delle nuove norme dettate nella materia dei rimborsi I.V.A. Secondo la Regione, con l'atto impugnato lo Stato non ha tenuto conto anche in sede esecutiva della peculiare posizione costituzionale ad essa spettante, e ne ha invaso l'mbito di competenza, quale segnato dalle norme poste a riferimento dal precedente ricorso, le cui dedotte censure vengono in questa sele confermate e reiterate. Peraltro, una volta riconosciuto che le norme poste a base dell'impugnato decreto sono immuni dai pretesi vizi di incostituzionalit, che nella materia de qua la potest legislativa della Regione ha carattere concorrente o sussidiario e che le connesse potest esecutive ed amministrative vanno esercitate negli stessi sensi ed entro gli stessi limiti, egualmente infondate si rivelano le doglianze mosse con il ricorso per regolamento di competenza. Le sfavorevoli conseguenze che in concr~to, secondo l'assunto della Regione, gi sarebbero derivate o potrebbero in futuro derivare per il suo bilancio, potranno essere apprezzate in sede di apprestamento della normativa di coordinamento, prevista dalla legge di delega con l'art. 12 innanzi richiamato. 5. -Come accennato nella espos1z1one in fatto, l'Assessore per le finanze della Regione siciliana, con decreto 29 agosto 1975 (pbblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana n. 42 del successivo 27 settembre) ha dal canto suo dettato modalit per l'esecuzione dei rimborsi I V.A. nell'mbito del territorio della Regione siciliana . Il decreto asses. soriale dispone che, fino a quando la materia non .sar puntualmente PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE .,13 e definitivamente disciplinata in sede di norme di coordinamento, il decreto ministeriale 23 luglio 1975 non si applichi nell'mbito del. territorio della Regione siciliana, facendosl. quindi obbligo agli uffici I.V.A. della Sicilia. di continuare a versare le somme riscosse a titolo d'imposta sul valore aggiunto, in conto entrata della Regione (art. 1), e di continuare a prevedere ai rimborsi d'imposta, utilizzando le somme che all'uopo verranno accreditate sui normali stanziamenti di spesa del bilancio dello Stato o di quello della Regione, a seconda dell'Ente al cui erario sono afiluite le quote d'imposta ammesse a rimborso, salvo conferma da parte del Ministero delle finanze della determin'.azione di provvedere, in linea provvisoria, agli accreditamenti in parola a carico del bilancio statale (art. 2). Di tale decreto assessoriale il Presidente del Consiglio dei Mi nistri, con il suo ricorso, ha chiesto l'annullamento, deducendo invasione della sfera di competenza propria dello Stato. Il ricorso fondato. In coerenza con i princpi richiamati e con le statuizioni adottate in precedenti occasioni, in cui lo Stato aveva ritenuto di poter disapplicare atti promananti da Regioni (sentenze n. 207 del 1971 e n. 184 del 1972), nel caso in esame va dichiarato che non spetta alla Regione siciliana la potest di disapplicare -come ha fatto con l'impugnato decreto asses soriale -il decreto ministeriale 23 luglio 1975. L'ordinamento costitu zionale demanda appunto a questa Corte di giudicare sui conflitti di attribuzione tra lo Stato e le Regioni (art. 134 Cost.); di dichiarare a chi spettino le attribuzioni in contestazione, e di annullare gli atti viziati da incompetenza (artt. 38 e 41 legge 11 marzo 1953, n. 87); di sospendere per gravi ragioni, in pendenza del giudizio, l'esecuzione degli atti che hanno dato luogo al conflitto (art. 40 stessa legge). Nei confronti 'del l'atto statale ritenuto invasivo della sua competenza la Regione aveva dunque lo strumento idoneo per far valere le proprie doglianze e per ottenerne la rimozione; e di tale strumento in concreto si avvalsa con il ricorso proposto a questa Corte. Ma, contemporaneamente all'esperimento del ricorso e senza nemme no attenderne l'esito, la Regione, adducendo -come esplicitamente si desume dal preambolo del decreto assessoriale -che l'atto dello Stato si appalesava illegittimo e lesivo delle spettanze, dlle competenze e delle potest regionali costituzionalmente assistite, ha ritenuto di poter ri muovere dette turbative e ripristinare il preesistente regime, facendo leva sugli stessi argomenti e sugli stessi parametri posti a base del suo ricorso. In certo senso, si fatta giustizia da s, non onsiderando, come avrebbe dovuto, che a questa Corte il sistema instaurato dalla Co stituzione attribuisce sui conflitti di attribuzione competenza esclusiva, con pienezza di effetti della decisione; ed ha, quindi, violato. il richiamato art.. 134 della Costituzione. -(Omissis) . . _............................ .. ............................ .: .z. ...-.-.-.-...-.-.-... ...:.......:.............:z.::::::::::.::zz.-:-:..-:-:~z-z-:: RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 14 CORTE COSTITUZIONALE, 28 luglio 1976, n. 196 -Pres. Rossi -Rel. Rocchetti -Chimisso e altri (n. p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Azzariti e Gozzi). Militare -Reato militare -Reato comune commesso da militare e da non militare -Connessione -Giurisdizione ordinaria. (Cost., artt. 3 e 25; cod. pen. mil. pace, art. 264). Non contrasta con gli artt. 3 e 25 Cast. l'art. 264 cod. pen. mil. pace, nella parte in cui prescrive che, per reati militari (ovviamente commessi da militari) e reati comuni ad essi connessi compiuti in correit da militari e non militari, debba seguire un solo giudizio, avanti al giudice ordinario (1). (1) La sentenza pubblicata in Cons. Stato, 1976, Il, 742. CORTE COSTITUZIONALE, 28 luglio 1976, n. 208 -Pres. Rossi -Rel. Capalozza -Canevaro (n.p.). Procedimento penale -Comunicazione giudiziaria -Atti preliminari di polizia giudiziaria -Non necessaria. (Cost., artt. 3 e 24; c.p.p., art. 390). Come la comunicazione giudiziaria non imposta dalla Costituzione e risponde solo ad esigenze che il legislatore ordinario ha ritenuto, nella sua discrezionalit, di dover soddisfare in favare di tutti coloro che possono avere interesse nel processo e possono assumere la qualit di parti, cos rientra nella discrezionalit del legislatore ordinario determinare la sfera di applicazione della comunicazione stessa; pertanto, non fondata la questione di legittimit costituzionale dell'art. 390 del codice di procedura penale, in relazione all'art. 225 dello stesso codice in quanto non prescrive la previa comunicazione giudiziaria per gli atti preliminari di polizia giudiziaria (1). (1) La sentenza uubblicata in Giust. civ., 1976, III, 474, con nota di richiami. CORTE COSTITUZIONALE, 3 agosto 1976, n. 209 -Pres. Rossi -Rel. Trimarchi -Di Masi (n.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). Monopoli -Distribuzione e vendita dei tabacchi -~ servizio pubblico di utillt generale. (Cost., artt. 41 e 43; l. 17 luglio 1942, n. 907, artt. 45 e segg., come modificati con I. 3 gennaio 1951, n. 27). La distribuzione e vendita dei tabacchi ad opera dello Stato attivit di impresa diretta al conseguimento di entrate tributarie e, al tempo PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 15 stesso, idonea a perseguire il fine, di ordine igienico-sanitario, di contenere la nocivit del fumo per gli individui e per la collettivit; sussistono quindi i fini di utilit generale per una riserva allo Stato di siffatto servizio pubblico essenziale (art. 43 Cost.) (1). (Omissis). -La riserva allo Stato della vendita dei tabacchi (entro l'ambito segnato dal disposto degli artt. 1 e segg. della legge n. 724 del 1975 e della loro concreta applicazione), come ogni altra riserva vigente ed operante nel settore, trova la sua fonte e base in una legislazione che, tranne per il quindicennio 1869-1883, si sviluppata sostanzialmente su una medesima linea nell'arco di oltre un secolo. Durante tale lungo periodo, infatti, a cominciare dalla legge 13 luglio 1862, n. 710, con la quale le diverse discipline di legge sul monopolio e sulle gabelle dei tabacchi furono fuse ed unificate ed allo Stato italiano vennero riservati la fabbricazione e lo spaccio dei tabacchi, -e fino ai provvedimenti legislativi (decreto legge 30 novembre 1970, n. 870 e legge -di conversione con modifiche -27 gennaio 1971, n. 3) con cui stato liberalizzato il settore del tabacco greggio, ed alla recente legge n. 724 del 1975, con cui implicitamente dichiarata cessata la riserva di importazione nel territorio della Repubblica dei tabacchi lavorati di provenienza dai paesi delle Comunit economiche europee, l'istituzione e la conservazione del monopolio statale dei tabacchi hanno avuto luogo per il perseguimento di fini pubblici, di vario e complesso contenuto e caratteristicamente consistenti nell'assicurazione di entrate tributarie, nella salvaguardia della salute pubblica e nell'occupazione dei lavoratori, di date categorie e in date zone del territorio nazionale. E tali fini sono in atto esistenti. La riserva allo Stato della distribuzione e vendita dei tabacchi, infatti, si risolve in servizi che sono disimpegnati dagli ispettorati compartimentali dei monopoli di Stato, dai depositi, dai magazzini di vendita e dalle rivendite di Stato, ordinarie e speciali (e dai concessionari a mezzo di patentini) (legge 22 dicembre 1957, n. 1293 e d.P.R. 14 otto (1) La parte della motivazione della sentenza concernente l'art. 41 Cost., forse, in una prima stesura si esauriva nell'affermazione riconosciuta la mancanza di un contrasto con l'art. 43 Cost. della normativa in questione, la stessa non risulta posta in violazione del precedente art. 41 . Aggiunta sembra infatti la considerazione della temporaneit dei limiti all'iniziativa economica privata. In ordine alla compatibilit del monopolio statale dei tabacchi con gli artt. 41 e 43 Cost. numerose e difformi erano state le pronunce dei giudici ordinari (cfr., ad esempio, Cass. 6 ottobre 1972, in Giur. it., 1973, Il, 452, e, in senso opposto, Cass. ord. 28 maggio 1974, in Foro it., 1974, Il, 385). Per molti dei giudizi di costituzionalit che erano stati proposti, la Corte ha pronunciato ordinanze di restituzione al giudice a quo per il riesame della rilevanza in seguito all'entrata in vigore della legge 10 dicembre 1975, n. 724. RASSEGNA DEU.'AWOCATURA DELLO STATO 16 bre 1958, n. 1074), e l'attivit relativa diretta al conseguimento di una entrata tributaria, per un importo pari, in relazione all'unit di prodotto, alla differenza tra il prezzo di vendita e l'ammontare delle quote spettanti al fornitore (che pu essere la stessa azienda di Stato o un esportatore straniero), all'amministrazione dei monopoli di Stato (per le spese di distribuzione) e al rivenditore (a titolo di aggio), e nel complesso, di un provento maggiore di quello che lo Stato stesso avrebbe potuto e potrebbe conseguire in regime di libera concorrenza. In secondo luogo, posto che il consumo del tabacc, nonostante che ripetutamente e sistematicamente ne sia stata e ne venga messa in evidenza la nocivit all'organismo uman, risulta essere un fatto permanente ed in aumento, lo Stato considera realisticamente il fenomeno, preoccupandosi di non favorirne l'incremento (ed a tal fine imponendo nel settore il divieto di pubblicit); e, dopo aver previsto ed attuato accorgimenti e metodi perch il prodotto abbia il pi basso tasso nicotinico (compMibile con la domanda) e sia confezionato con filtri a sempre pi elevato potere di assorbimento, lo custodisce e distribuisce all'ingrosso e al dettaglio nelle pi favorevoli ed igieniche condizioni (soggettve ed oggettive) e d'altra parte dispone che il consumo avvenga con il minor danno per la collettivit (non consentendo, con la legge 12 marzo 1968, la vendita di sigarette sciolte e imponendo, con la recente legge 11 novembre 1975, n. 584, il divieto di fumare in determinati locali e su mezzi di trasporto pubblico). Ed infine, attraverso il compimento della dett~ attivit di impresa, trovano tutela esigenze di ordine sociale, oltre che nella fase della produzione (con la specjalizzazione, a vario livello, di numeroso personale e con il mantenimento e la creazione delle condizioni di gestione richiedenti un. elevato impiego di mano d'opera), in quella della distribuzione (come risulta sin dalla legge 12 luglio 1908, n. 441, sulle rivendite. di generi di privativa, ed ancor meglio, ed in atto, dalla citata legge n. 1293 del 1957, sull'organizzazione dei servizi di distribuzione e vendita dei generi di monopolio, e dal rel.ativo regolamento di esecuzione, e successive modifiazioni). La riserva allo Stato della distribuzione e vendita dei tabacchi trova nella legge n. 724 del 1975 un notevole condizionamento ed una sostan ziale limitazione. E', infatti, ammessa l'importazione nel territorio della Repubblica di tabacchi lavorati di provenienza dai paesi delle Comunit economiche europee, destinati ad essere introdotti in depositi di distri buzione all'ingrosso, diversi da quelli dell'amministrazione dei monopoli di Stato (e da istituirsi su autorizzazione dell'amministrazione finanziaria), eper la vendita al' pubblico dei tabacchi lavorati, cos importati, deve essere effettuata con i sistemi di cui all'art. 16 della citata legge n. 1293 de1 1957, e successive modificazioni. PARTE I; SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E l'attuale disciplina della specifica materia soggetta a modifiche. In base al trattato che istituisce la Comunit economica europea gli Stati membri avrebbero dovuto procedere ad un progressivo riordinamento dei monopoli nazionali a carattere commerciale, al fine della realizzazione di un effettivo mercato comune in tutti i settori produttivi; e per quel che riguarda i tabacchi manifahurati, l'Italia, come la Francia, avrebbe dovuto modificarne il regime di monopolio anche con riferimento alla fase della distribuzione e della vendita, entro i limiti in cui l'applicazione delle norme comunitarie non fosse stata d'ostacolo all'adempimento in via di diritto e di fatto delle specifiche missioni ad essi monopoli affidate ed in particolare di quella (di solito non isolata) di carattere fiscale. Ora la normativa vigente in materia di distribuzione e vendita dei tabacchi non appare il contrasto con gli artt. 43 e 41 della Costituzione. Per il passaggio dalla situazione di totale monopolio del s.ettore a quella di totale liberalizzazione dello stesso, inevitabile una fase intermedia e prowisoria in cui si possano modificare le strutture della rete di distribuzione e vendita per adeguarle alle nuove esigenze ed in cui l'attivit relativa risulta rivolta in modo essenziale al perseguimento di rilevanti fini pubblici. E' consentto, quindi, ravvisare nella specie presupposti, mezzi e fini propri di un servizio pubblico essenziale. D'altra parte, per quanto sopra detto, non mancano fini di utilit generale e l'impresa che tende a conseguirli ha preminente interesse generale'. Riconosciuta la mancanza di un contrasto con l'art. 43 della Costitw: ione, della normativa in questione, la stessa non risulta posta in violazione del precedente art. 41: la questione relativa sostanzialmente superata, dato che, ammessa, per la sua transitoriet, la possibilit che pe:rmanga l'impresa di distribuzione e vendita dei tabacchi, rimane assorbito e comunque giustificato ogni limite, in quanto temporaneo, alla iniziativa economica privata. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 3 agosto 1976, n. 210 (caro. cons.) -Pres. De Marco -Rel. Rossano. Ordinamento giudiziario -Imparzialit del giudice -Precedente pronun cia nello stesso .processo Non esclude l'imparzialit. (Cost., artt. 24 .e 112; cod. proc. pen., art. 399). In seguito a rinvio di un processo allo stesso pretore che in precedenza aveva emesso sentenza istruttoria di proscioglimento, non pu escludersi la imparzialit del giudice chiamato nuovamente a decidere, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 18 dal momento che i fatti devono essere valutati alla stregua degli ulteriori approfondimenti eventualmente arrecati dal dibattimento, e il giudicante non vincolato dai propri precedenti orientamenti (1). (1) Nello stesso senso la sentenza Corte cost. 6 dicembre 1976, n. 234, relativa all'art. 543 n. 5 c.p.p. La Corte ha ritenuto determinante -per il persistere della indipendenza del giudice da se stesso (in realt le norme costituzionali di riferimento sono gli artt. 101 e 108 Cost.) -la circostanza che, tra la prima e la seconda pronuncia resa dalla stessa persona giudicante, v' il dibattimento e quel tanto di nuovo che da esso pu emergere. Diverso discorso dovrebbe, forse, farsi nel caso di mera iterazione del giudizio, sulla base degli stessi elementi, come pu accadere nel caso di consigliere di appello o di cassazione, il quale abbia in precedenza reso il proprio giudizio su una controversia in materia di imposte nella veste di componente di commissione tributaria. CORTE CSTITUZIONALE, 3 agosto 1976, n. 216 -Pres. Rossi -Rel. De Stefano -Regione Lombardia (avv. Lorenzoni) e Presidente Consigli<.> dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). Regione Prevenzione degli infortuni Materia spettante allo Stato Istruzione professionale Materia spettante alle RegionL La prevenzione degli infortuni materia di competenza statale; pertanto, spetta tuttora allo Stato di disciplinare l'abilitazione alla conduzione di generatori di vapore, dettando all'uopo le norme relative alla classifica dei certificati, alle modalit ed ai requisiti per l'ammissione agli esami, ai programmi ed alle prove di esame, al rilascio dei certificati ed all'equipollenza di altri consimili titoli. Spetta invece alla Regione Lombardia il potere di disciplinare la organizzazione di corsi di addestramento professionale e le modalit di effettuazione del tirocinio richiesto per acquisire l'abilitazione alla conduzione di generatori di vapore (1). (Omissis). -Nella delineata prospettiva si colloca l'interv~nto dello Stato per la concessione, a sguito di verifica della idoneit alla condu zione dei generatori, della prescritta abilitazione; la quale ovviamente postula pur sempre una competenza tecnico-professionale, ma in via primaria preordinata ad assicurare agli apparecchi, in ragione della loro pericolosit, la costante assistenza da parte di personale in grado di prevenire possibili incidenti o di limitarne le conseguenze in danno degH stessi lavoratori, ed in generale della incolumit pubblica. (1) Per analoga questione, cfr. la sentenza n. SB del 1976 della Corte costituzionale, in questa Rassegna, 1976, 329. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE Come giustamente osserva l'Avvocatura dello Stato, resistendo al ricorso, il certificato rilasciato al termine degli esami -equipollente ad abilitazioni specifiche conseguite presso Corpi militari o nell'ambito della Marina mercantile o delle Ferrovie dello Stato -presenta sostanziali affinit con quella licenza di p.s. che solo lo Stato legittimato a rilasciare per mestieri pericolosi, o meritevoli di particolari controlli (cfr. testo unico delle leggi di p.s., approvato con r.d. 18 giugno 1931, n. 773, sotto il capo V, della prevenzione di infortuni e disastri, artt. 46 e segg.; regolamento per l'esecuzione del testo unico delle leggi di p.s. approvato con r.d. 6 maggio 1940, n. 635, sotto il titolo II, disposizioni relative all'ordine pubblico e alla incolumit pubblica, par. 11, della prevenzione degl'infortuni e dei disastri, artt. 81 e segg., in particolare artt. 101 e 102). L'abilitazione alla conduzione di generatori di vapore, dunque, pur essendo necessariamente connessa con una preliminare attivit di addestramento professionale, non attratta, quale_ atto terminale del procedimento formativo, in siffatto ambito, ma rimane inserita, con carattere di strumentalit diretta, in quello, preminente, della prevenzione degl'infortuni (come, del resto, fatto palese dalla stessa collocazione dei rieordati artt. 27, 29 e 30 del regolamento n. 824 del 1927, sotto il titolo I, norme per la prevenzione contro gl'infortuni ). Materia, questa, che appartiene alla competenza del Ministero del lavoro e non figura tra quelle elencate nell'art. 117 della Costituzione: per essa, dunque, restano ferme le attribuzioni degli organi statali, a tenore dell'art. 9 del citato d.P.R. n. 10 del 1972, che, ripetendo l'analoga formula inserita negli altri contemporanei decreti delegati, esclude dal trasferimento alle Regioni quelle attribuzioni che, pur essendo esercitate in relazione alle attivit di cui al presente decreto, riguardano materie non comprese nell'art. 117 della Costituzione. (Omissis) ... spetta tuttora allo Stato di disciplinare l'abilitazione alla conduzione di generatori di vapore, dettando all'uopo le norme relative alla classifica dei certificati, alle modalit ed ai requisiti per l'ammissione agli esami, ai programmi ed alle prove di esame, al rilascio dei certificati ed all'equipollenza di altri consimili titoli. Diversamente deve concludersi per quanto attiene all'addestramento professionale ed al tirocinio degli aspiranti al conseguimento dell'abilitazione. Rientra, come si gi detto, nella competenza dello Stato prescrivere di quali nozioni e di quale esperienza pratica gli esami debbano accertare il possesso nei candidati; ma dopo l'operato trasferimento delle funzioni amministrative in materia di istruzione artigiana e professionale ed il concreto esercizio della potest legislativa in materia da parte della Regione lombarda, spetta a quest'ultima organizzare corsi di prepara 20 RASSEGNA DEll.'AWOCATURA DEll.O STATO zione a sostenere l'esame di abilitazione, e disciplinare le modalit di effettuazione del prescritto tirocinio. Sotto questo profilo va, quindi, accolto il ricorso della Regione lombarda, e va in conseguenza annullato l'impugnato decreto, nella parte in cui detta norme per la effettuazione del tirocinio, perch invasivo della competenza della Regione anzidetta. Lo stesso decreto, peraltro, continuer a spiegare i suoi effetti anche in questa parte nei confronti di quelle Regioni che non abbiano ancora esercitato in concreto la loro potest legislativa in materia. (Omissis) ..:alla Regione Lombardia il potere di disciplinare la organizzazione di corsi di addestramento professionale e le modalit di effettuazione del tirocinio richiesto per acquisire l'abilitazione alla conduzione di generatori di vapore. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 3 agosto 1976, n. 220 -Pres. Rossi Rel. Gionfrida -Spadini (avv. Borelli) e Min. Finanze (vice avv. gen. dello Stato Albisinni). Imposta di registro -Presunzione semplice di trasferimento di immobili o aziende -i;: costituzionalmente legittima. , (Cost., artt. 3 e 24; r.d..30 dicembre 1923, n. 3269, art. 18). Posto che la presunzione di corrisponde.nza del capitale sociale (e c~o dell'insieme dei conferimenti originari e successivi) al patrimonio sociale esistente al momento dell'atto sottoposto a registrazione presunzione semplice, non fondata la dedotta questione di legittimit costituzionale dell'art. 18 della legge di registro (1). (1) La sentenza pubblicata in Foro it., 1976, I, 2759; sulla prova testimoniale nel processo tributario, Corte cost., 12 luglio 1972, n. 128, in questa Rassegna, 1972, I, 977, e GARGIULO, Sull'ammissibilit della prova nel processo tributario; ivi, 1971, 1, 914. CORTE COSTITUZIONALE, 3 agosto 1976, n. 221 -Pres. Rossi -Rel. Rossano -Soc. COGIS (avv. Guarino) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). Prezzi -Zuccheri Istituzione del Comitato interministeriale per Io zuc chero di importazione Contribpzioni alla cassa di conguaglio zuc cheri Legittimit costituzionale. (Cost., artt. 97, 23 e. 41; d.l.C.p.S. 15 settembre 1947, n. 896, art. 1; d.1.1. 28 dicembre 1944, n. 411, art. 5). La riserva di legge posta dall'art. 97 Cost. non assoluta, e non esclude che la legge consenta al potere esecutivo di emanare norme regola PARTE I, SBZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 21' mentari; pertanto, costituzionalmente legittima la istituzione del C.l.Z.I. e della cassa conguaglio zuccheri. D'altrd canto, le contribuzioni a favore di detta cassa trovano base nel d.l. 26 gennaio 1948, n; 98 (1). (Omissis). -L'art. 1 della legge 6 marzo 1958, n. 199, stabil, alla lettera a), che era demandato al Ministero dell'agricoltura e delle foreste l'esercizfo delle attribuzioni statali concernenti l'alimentazione del Paese in relazione ai bisogni ed alle disponibilit dei generi alimentari e, alla lettera f), che era demandata allo stesso Ministero la trattazione degli affari in corso presso l'Alto Commissariato dell'alimentazione , che era soppresso con la stessa legge. Le competenze statali, cui si riferisce il citato art. l, lettera a), della legge n. 199 del 1958, erano state attribuite all'Alto Commissariato dell'alimentazione con il d.1.1. 28 dicembre 1944, n. 411. E -poich l'art. 5 di tale decreto stabiliva che il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dell'Alto Commissariato dell'alimentazione, autorizzato a modificare, a sopprimere uffici od enti operanti nel campo dell'alimentazione, e ad istituire servizi ed organismi speciali con la partecipazione di tecnici ed esperti anche estranei all'Amministrazione dello Stato da assumere nei modi che saranno stabiliti ai sensi del succesivo art. 9 del presente decreto... -deve .conseguentemente ritenersi che il ministro per l'agricoltura e per le foreste fu legittimato ad emanare decreti, a norma del richiamato art. 9, con lo stesso so.stanziale contenuto e con la medesima efficacia di quelli emessi dal Presidente del Consiglio dei ministri su proposta dell'alto commissario per l'alimentazione. La fonte di tale potest regolamentare, in ,quanto specifica disposiziqne di legge, non in. contrasto con l'art. 97 della Costituzione, il quale, se esclud,e. che, in mancanza di previsione legislativa, la pubblica Amministrazione possa disciplinare uffici con competenza esterna, non vieta che la legge possa istituire organi abilitati a disciplinare l'azione amministrativa di altri organi dello stesso apparato esecutivo. Come stato esattamente considerato in dottrina, la riserva costituzionale prevista dall'art, 97 non assoluta, in quanto non vieta qualsiasi normazione diversa da quella legislativa, n esclude che la legge consenta al potere esecutivo di emanare norme secondarie di efficacia subordinata. Quanto, poi, al secondo aspetto della questione, concernente la censura dell'art. 1 del d.l. c.p.s. 15 settembre 1947, n. 896, che attribu al (1) La sentenza pubblicata integralmente in Foro it., 1976, I, 2756, con nota di richiami. Sulla cassa conguaglio zuccheri, GRANELLI, Zuccheri, in N.mo Dig. lt., XX, 1917, Cass. S.U. 15 ottobre 1975, n. 3334, e Trib. Milano 25 maggio 1970, con nota di SALAFIA, Sulla natura degli interessi sui quali incidono i provvedimenti del C.I.Z.I., in Mon. trib., 1970, 1058; cfr. inoltre, Cons. Stato, VI, 7 marzo 1969, n. 115, VI, 26 maggio 1970, n. 433, IV, 26 gennaio 1971, n. 48, e anche IV, 16 giugno 1965, n. 498. 22 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CIP il potere di istituire Casse di conguaglio stabilire modalit delle relative contribuzioni, va considerato che tale decreto deve ritenersi collegato con il decreto legislativo 26 gennaio 1948, n. 98, e che ad entrambi fece riferimento, come a sua fonte di legittimazione legislativa, il provvedimento del CIP, che stabil il criterio per la determinazione delle contribuzioni dovute dagli importatori alla Cassa di conguaglio. E tale provvedimento confer anche al CIZI la determinazione, nei casi concreti, dell'entit delle contribuzioni in relazione ai necessari singoli accertamenti. Ora la natura del potere attribuito al CIP di emanare atti amministrativi generali con efficacia erga omnes non giustifica l'opinione che la formulazione dell'art. 1 del d.l. c.p.s. n. 896 del 1947 -secondo cui il CIP ... ai fini dell'unificazione o perequa,zione dei prezzi, pu istituire Casse di conguaglio e stabilire le modalit delle relative contribuzioni debba intendersi nel senso che le modalit delle contribuzioni debbano essere stabilite esclusivamente dal CIP. Il significato linguistico dll'espressione modalit ha carattere generico di modo ;,, di mezzo per con seguire uno scopo. I modi, le modalit, quindi, stabilite dal CIP, in coe renza con lo scopo che deve essere perseguito e con il potere, ad esso I attribuito, di emanare atti regolamentari o comunque atti amministrativi f: di carattere generale, che consentano specificazioni, da parte di _altro or' f gano, delle modalit per applicazioni in casi concreti. Conseguentemente, ~ ! 0 stante l'ampia formulazione della norma censurata, non costituisce vio~;~ lazione dell'art. 97 la competenza, attribuita al CIZI, di determinare nei i ! ~ l- casi concreti le modalit necessarie per l'applicazione di quelle stabilite f. dal CIP. (Omissis) ... l'art. 1 del d.l. c.p.s. 15 settembre 1947, n. 896, va collegato, come innanzi si rilevato, con il d.l. 26 gennaio 1948, n. 98, I 1 al quale fa anche riferimento, come a sua fonte di legittimazione norma tiva, il provvedimento del CIP 24 marzo 1964, n. 1066. Tale decreto n. 98 del 1948, emesso su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri l e del ministro per il tesoro, di concerto con i ministri per le finanze, per l'industria e il commercio, per il commercio con l'estero e per l'agri coltura e le foreste, dispone, all'art. 1, che le Casse o i fondi di con I guaglio, di rischi o di compensazione e, in genere, le Casse o i fondi, comunque denominati, istituiti o da istituire per la gestione dei sovrap I! prezzi, di quote di prezzo o di contribuzioni, imposte dalle competenti au1 torit per la disciplina dei prezzi, sono sottoposti alla vigilanza delle amministrazioni interessate e del Ministero del tesoro. La vigilanza pu essere esercitata anche a mezzo degli organi locali delle amministrazioni I rispettive. E' in facolt del Ministero del tesoro di adottare provvedil menti cutelativi di carattere finanziario . Questa generica formulazione j ' dell'articolo, come hanno ritenuto anche le sezioni unite civili della Corte di cassazione, ha carattere esemplificativo e non tassativo e comprende PARTE II, CONSULTAZIONI possa, ai sensi dell'art. 6, 1 comma, del d.l. 5 novembre 1973, n. 660 (convertito con modificazioni in legge 19 dicembre 1973, n. 823), trovare applicazione il c.d. condono tributario (n. 596). Esenzioni e agevolazioni -Decadenza -Imposta normale -Riscossione -In pendenza di ricorso -Sopravvenienza delle nuove norme -Effetti -(d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 624, artt. 10, 2 comma e 54; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 7, 2 comma e 145 3 comma). Se per la riscossione delle normali imposte di registro liquidate per decadenza dalle agevolazioni fiscali inizialmente concesse in via provvisoria, su atti registrati anteriormente al 1 gennaio 1973, debba, in pendenza di ricorso del contribuente, osservarsi la disciplina dettata dall'art. 54 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634 per le imposte complementari sul maggior valore accertato dall'ufficio e per le imposte suppletive (n. 592). Sanzioni per la violazione Omessa o infedele dichiarazione di redditi altrui di lavoro subordinato -Sanzioni relative alla frode fiscale -Cumulabilit -(d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 127, 1 comma, 143, 245, 246 e 252). Se alle sanzioni fiscali previste dall'art. 252 del t.u. delle leggi sulle imposte dirette 29 gennaio 1958, n. 645, che contempla la frode fiscale, siano cumulabili quelle previste dagli artt. 243 e 245 dello stesso t.u., che contemplano, rispettivamente, l'omessa o tardiva dichiarazione e l'infedele dichiarazione, nella ipotesi di ui all'art. 246 dello stesso t.u. concernente la omissione o infedelt della dichiarazione concernente redditi di lavoro subordinato per i quali siano state gi operate le ritenute prescritte dall'art. 127, 1 comma, e dall'art. 143 (n. 593). Soggetti passivi Solidariet -Prescrizione -Atti interruttivi -Provenienti dal debitore d'imposta -Efficacia -Estensione -Limiti -(r.d. 30 dicembre 1973, n. 3259, artt. 140 e 141; cod. civ. artt. 1310, 1 comma, 2943, 1 comma e 2945, 2 comma). Se in materia tributaria possa trovare applicazione il disposto dell'art. 1310, 1 comma, cod. civ. circa la estensione degli effetti interruttivi della prescrizione rispetto ai condebitori solidali dell'imposta, qualora la interruzione derivi da un atto dello stesso debitore (nella specie: opposizione ad ingiunzione fiscale ai sensi dell'art. 141 della L.0.R.) (n. 596). IMPOSTE IPOTECARIE Esenzioni e agevolazioni -Edilizia abitativa -Trasferimento dell'immobile -Destinazione a residence -Applicabilit -(l. 2 luglio 1949, n. 408, art. 17). Se al trasferimento di un immobile destinato a casa-albergo (c.d. residence) siano applicabili le agevolazioni tributarie in materia di imposta di registro e ipotecarie previste per l'edilizia abitativa dall'art. 17 della legge 2 luglio 1949, n. 408 (n. 11). Esenzioni e agevolazioni -Edilizia economica e popolare -Acquisto di area da parte del Comune in attuazione PETP -Tassa fissa -Applicabilit -(l. 29 giugno 1943, n. 666; l. 18 giugno 1962, n. 167, artt. 9 e 20). Se l'acquisto di un'area fatto dal Comune in attuazione del piano per l'edilizia economica e popolare a norma della legge 18 aprile 1962, n. 167, il cui art. 9 prevede la immediata espropriabilit di .aree da destinare alla viabilit e alle opere pubbliche, possa godere delle agevolazioni delle imposte fisse minime di RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO registro e ipotecarie che la legge 29 giugno 1943, n. 666, prevede per i trasferimenti a favore dei Comuni di immobili occorrenti per l'esecuzione di piani regolatori particolareggiati (n 18). Esenzioni e agevolazioni -Edilizia economica e popolare -Alloggi INA-Casa -Cessione ad altro lavoratore -Benefici accordati all'atto di assegnazione -Decadenza -(l. 14 febbraio 1963, n. 60, artt. 29, 2 comma, e 33,-l. 18 marzo 1968, n. 352, art. 5). Se l'avvenuta alienazione di alloggio INA-Casa da parte dell'assegnatario ad altro lavoratore, effettuata nei limiti e alle condizioni di cui agli artt. 29, 2 comma, della legge 14 febbraio 1963, n. 60, e 5 della legge 18 marzo 1969, n. 352, importi decadenza dai benefici fiscali di cui all'art. 33 della legge 14 febbraio 1963, n. 60, accordati all'originario atto di assegnazione (n. 10). Esenzioni e agevolazioni -Edilizia economica e popolare -Alloggi INA-Casa -Cessione ad altro lavoratore -Spettanza dei benefici -(l. 14 febbraio 1963, n. 60, artt. 29, 2 comma, e 33; l. 18 marzo 1969, n. 352, art. 5). Se la alienazione di alloggio INA-Casa da parte dell'assegnatario ad altro lavoratore, effettuata nei limiti e alle condizioni di cui agli artt. 29, 2 comma, della legge 14 febbraio 1963, n. 60, e 5 della legge 18 marzo 1968, n. 352, possa godere dei benefici fiscali di cui all'art. 33 della legge 14 febbraio 1963, n. 60, relativi agli atti e contratti che si rendono necessari per le operazioni inerenti all'attuazione dei piani di costruzione previsti nella stessa legge (n. 9). IMPOSTE VARIE Alienazione tra parenti di immobile verso costituzione di rendita -Atto di donazione -Atto a titolo oneroso -Qualificazione -(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 8,-d.l.l. 8 marzo 1945, n. 90, art. 5). Se il contratto con cui il padre aliena alle proprie figlie tutta la propriet immobiliare verso costituzione di rendita vitalizia, posto che alcune circostanze negoziali attestano essere di lieve entit l'alea corsa dal costituente il vitalizio, possa qualificarsi come donazione, con conseguente applicazione della relativa imposta, anzich come negozio a titolo oneroso per entrambi le parti (n. 95). Base imponibile -Determinazione -Detrazioni -Impianti elettrici E.S.E. -Contributi statali o regionali per la realizzazione -Quote di ammortamento Detraibilit -( d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 83, lett. e). Se siano detraibili ai fini della determinazione del reddito netto da assoggettare all'imposta di ricchezza mobile (cat. B) e dell'imposta sulle societ le quote annuali di ammortamento relative ad impianti dell'Ente Siciliano di Elettricit -E.S.E. -realizzati con contributi dello Stato e della Regione Siciliana per i quali non venga corrisposta l'imposta di ricchezza mobile per ritenuta diretta o per rivalsa (n. 97). Imposta sull'incremento di valore aree fabbricabili e contributi di miglioria Addizionale Riscossione versamento in tesoreria Inadempimento degli Enti locali . Sanzioni amministrative Applicabilit -( d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 169, 170 e 260, 1 comma,-d.l. 18 novembre 1966, n. 976, art. 80,-l. 23 dicembre 1966, n. 1142, art. 1). Se siano applicabili le sanzioni amministrative di cui all'art. 60, 1 comma, del t.u. imposte dirette approvato con d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, a carico PARTE II, CONSULTAZIONI 2f di quegli Enti locali che non abbiano effettuato, nei termini stabiliti dagli articoli 169 e 170 del t.u. citato, presso le competenti Tesorerie provinciali dello Stato, i versamenti dei proventi derivanti dall'applicazione dell'addizionale straordinaria sull'imposta sugli incrementi di valore delle aree fabbricabili e sui contributi di miglioria istitute con l'art. 1 della legge 29 dicembre 1966, n. 1142, che ha sostituito l'art. 80 del d.1. 18 novembre 1966, n. 976 (n. 96). Presunzioni di liberalit nelle vendite tra parenti -Alienazione di immobile verso costituzione di rendita vitalizia -Sussistenza della presunzione -(d.l.l. 8 marzo 1945, n. 90, art. 5). Se sia applicabile la presunzione fiscale semplice di liberalit di cui all'art. 5 del d.1.1. 8 marzo 1945, n. 90, all'alienazione di immobile a stretti congiunti verso costituzione di rendita vitalizia (n. 94). INVALIDI DI GUERRA Lavoro subordinato -Impiego pubblico -Assunzione obbligatoria -Limite percentuale complessivo -Invalidi -Regime transitorio -(l. 2 aprile 1968, n. 482, art. 80). Se, anche nel regime transitorio di cui all'art. 80, legge 2 aprile 1968, n. 482, l'obbligo di assunzione di invalidi imposto alle aziende private ed alle pubbliche amministrazioni sia limitato all'aliquota complessiva del 15 % del personale in servizio, anche ove non risultino coperte le percentuali relative a singole categorie tutelate (n. 35). ISTRUZIONE Universit -Cessazione della figura dell'assistente volontario -(art. 22 l. 24 febbraio 1967, n. 62; l. 23 novembre 1951, n. 1349; l. 18 febbraio 1958, n. 349). Se l'art. 22 della legge 24 febbraio 1967, n. 62, che ha fatto cessare la figura dell'assistente volontario a cattedra universitaria ed ha disposto la possibilit di conferma nella qualifica stessa per non oltre 8 anni accademici per coloro che rivestivano l'anzidetta qualifica alla data di entrata in vigore della legge, sia applicabile a tutti gli assistenti volontari a qualunque facolt essi appartengano, quale che sia l'attivit professionale da essi svolta nell'ambito della facolt e qali che siano i compensi o indennit percepiti (n. 43). LAVORO Assunzioni obbligatorie -Obblighi del datore di lavoro -Mancata assunzione del lavoratore avviato -Sanzione applicabile -(l. 2 aprile 1968, n. 482, artt. 16, 4 comma, e 23, 2 e 3 comma). Se al privato datore di lavoro che, dopo aver fatto richiesta all'Ufficio Provin'ciale del Lavoro ai sensi dell'art. 16, 4 comma, della 1. 2 aprile 1968, n. 482, sulle assunzioni obbligatorie di invalidi civili e altre categorie beneficiate, non proweda poi di fatto ad assumere il lavoratore avviato al lavoro da tale ufficio sia applicabile la sanzione di cui all'art. 23, 3 comma, della citata legge ovvero quella pi grave prevista dal 2 comma dello stesso art. 23 (n. 94). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Enti lirici -Contratto di scrittura teatrale -Natura Difetto di giurisdizione dell'A.G.O. -Limiti -(l. 14 agosto 1967, n. 800; r.d. 6 giugno 1924, n. 1954, art. 29, n. 1; l. 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 7, 2 comma; l. 11 giugno 1973, n.533, art. 1; c.p.c., art. 409). Se il contratto di scrittura teatrale, inteso come contratto di lavoro subordinato a termine, stipulato con. un Ente lirico, come .tale avente natura di Ente pubblico non economico ai sensi della I. 14 gennaio 1967, n. 800, dia luogo a rapporto di impiego pubblico, sottoposto alla giurisdizione celusiva del giudice amministrativo (n. 91). Lavoro subordinato -Impiego pubblico -Assunzione obbligatoria Limite percentuale complessivo -Invalidi -Regime transitorio (l. 2 aprile 1968, n. 482, art. 80). Se, anche nel regime transitorio di cui all'art. 80, 1. 2 aprile 1968, n. 482, l'obbligo di assunzione di invalidi imposto alle aziende private ed alle pubbliche amministrazioni sia limitato all'aliquota complessiva del 15 % del personale in servizio, anche ove non risultino coperte le percentuali relative a singole categorie tutelate (n. 92): Statuto dei lavoratori -Repressione di condotta antisindacale Decreto del pretore -Capo di condanna alle spese -Esecutivit immediata -(l. 20 maggio 1970, n. 300, art. 28; cod. proc. civ., art. 91). Se il decreto del pretore emesso ai sensi dell'art. 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300, sia immediatamente esecutivo anche per il capo relativo alla refusione delle spese del procedimento pretorile, pur in pendenza di opposizione al decreto innanzi al Tribunale (n. 93). LEGGI E DECRETI Tariffe ferroviarie -Modifiche approvate con decreto ministeriale Pubblicazione -Modalit -(r.d.l. 5 gennaio 1940, n. 9, art. 6, lett. C e D; l. 13 maggio 1940; n. 674, art. 6, lett. C e D; r.d. 24 settembre 1931, n. 1256, art. 7). Se le modificazioni delle tariffe ferroviarie che possono essere approvate con decreti ministeriali ai sensi dell'art. 6, lett. c) e d) r.d.1. 25 gennaio 1940, n. 9, convertito in legge 13 maggio 1940, n. 674, debbano essere obbligatoriamente pubblicate nella Gazzetta Ufficiale, ai sensi dell'art. 7 del r.d. 24 settembre 1931, n. 1256, ovvero sia sufficiente che le stesse siano pubblicate soltanto nel bollettino ufficiale del Ministero dei Trasporti (n. 19). LOCAZIONI DI COSE . Immobili urbani -Locazioni passive della P.A. -Regime vincolistico -Applicabilit -(d.l. 24 luglio 1973, n. 426, art. 1; l. 26 novembre 1969, n. 833; d.l. 26 ottobre 1970, n. 745, art. 56). Se il regime vincolistico di proroga legale e blocco dei canoni stabilito dal d.l. 24 luglio 1973, n. 426, si applichi anche alle locazioni passive di immobili urbani stipulate dalle Amministrazioni statali per disporre di locali necessari ad uffici o servizi (n. 150). PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 27 tuzionale ai sensi dell'art. 1 della legge cost. 9 febbraio 1948, n. 1, e dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, deve darsi risposta affermativa, anche coerentemente con i criteri in precedenza enunciati ed applicati da questa Corte quanto ai requisiti necessari e sufficienti affinch le questioni medesime possano considerarsi promananti da un giudice nel corso di un giudizio ) art. 1 legge cost. cit. In presenza delle espressioni testuali adoperate in quest'ultima disposizione e della terminologia, letteralmente pi restrittiva,. della legge n. 87, la Corte, in tema di ammissibilit di questioni sollevate in sede di volontaria. giurisdizione, fin dalla sent. n. 4 del 1956 (seguita e confermata da numerose altre adottate in prosieguo di tempo) ebbe a dare di quelle disposizioni una interpretazione estensiva, rispondente alla ratio che informa il vigente sistema di sindacato di legittimit costituzionale in via incidentale e consistente, essenzialmente, nella duplice esigenza: a) che tale sindacato non abbia ad esplicarsi in astratto, ma in relazione contrasto di valutazioni... tra l'autorit che ebbe ad emanare l'atto ed il magistrato che assolve la funzione di controllo nella fase istruttoria, e cio tra amministrazioni interessate e consigliere preposto al controllo il quale non ritenga di apporre il visto e cos provochi il deferimento della pronuncia alla Sezione di controllo . L'avere qualificato il consigliere delegato contraddittore delle amministrazioni interessate conduce ad escludere che detto consigliere sia legittimato a sollevare -egli direttamente -una questione di legittimit costituzionale (sul punto non erano mancate opinioni contrastanti); tale legittimazione riconosciuta unicamente alla Sezione di controllo. Ci conferma -tra l'altro -che la Corte dei conti istituzione composita, della quale fanno parte uffici (quali gli uffici di riscontro, la Procura generale, etc.) ed organi collegiali e che solo per questi ultimi organi pu ipotizzarsi una legittimazione a deferire alla Corte costituzionale questione di costituzionalit. Il ncleo della sentenza poggia su due considerazioni, entrambe pi che valide. La prima espressa dalla constatazione che il riconoscimento di tale legittimazione (della Sezione di controllo), si giustifica anche con l'esigenza di ammettere al sindacato della Corte costituzionale leggi che, come nella fattispecie in esame, pi difficilmente verrebbero, per altra via, ad essa sottoposte . Questa constatazione conferma un orientamento da tempo emerso in scritti proveniente dall'Avvocatura dello Stato. Nel primo ventennio di attivit della Corte Costituzionale, il tipo di giudizio pi frequentemente avutosi quello sollevato in via incidentale a sensi dell'art. 1 della legge costituzionale n. 1 del 1948 e dell'art. 23 della legge n. 87 del 1953. La ragione della grande vitalit di questo tipo di giudizio nel collegamento istituito tra esso e il potere, riconosciuto ad ogni entit qualificata come soggetto, di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi (art. 24 della Costituzione) e di difendersi dalla azione penale. Detto collegamento determina, peraltro, anche un non trascurabile limite all'estensione del sindacato di costituzionalit, e la configurazione del sindacato r..- --ᥥᥥ .........". ᥥ,,,..,,.,....,..,...,..,,.,.,'" 28 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO a concrete situazioni di fatto, alle quali siano da applicare norme di dubbia costituzionalit; b) che i giudici, soggetti come sono esclusivamente alla legge (art. 101, secondo comma, Cost.), che ad essi vietato disapplicare, non siano costretti ad emettere decisioni fondandosi su leggi della cui conformit alla Costituzione abbiano motivo di dubitare, ma debbano, in tal caso, provocare una pronuncia di questa Corte, sospendendo frattanto il procedimento, quale che ne sia la natura. Giacch il preminente interesse pubblico della certezza del diritto (che i dubbi di costituzionalit insidierebbero), insieme con l'altro della osservanza della Costituzione, vieta che dalla distinzione tra le varie categorie di giudizi e processi '(categorie del resto dai contorni sovente incerti e contestati) si traggono conseguenze cos gravi (sent. n. 129 del 1957). A sua volta, con pi largo riferimento ad altre ipotesi di procedimenti, diversi da quelli di volontaria giurisdizione, pendenti dinanzi ad un giudice, la sent. n. 83 del 1966, ebbe ad affermare che, ad aversi giudizio medesimo come strumento che in pratica (e anche al di l degli intendimenti originari del costituente) finisce per risultare rivolto a fornire una garanzia ulteriore ai diritti soggettivi e agli interessi legittimi dei soggetti diversi dallo Stato. Infatti, quando non vi una situazione giuridica soggettiva a tutela della quale possa essere proposta un'azione ovvero quando non si concretizza in un soggetto particolare un interesse ad agire, la Corte Costituzionale non ha modo di giudicare (art. 134 della Costituzione) in via incidentale della costituzionalit di leggi o att:i aventi forza di legge dello Stato. Accade cos, nell'effettivit, che sfuggono di regola al sindacato di costituzionalit le disposizioni legislative statali che potrebbero dirci concessorie >>, che cio attribuiscono (o prevedono l'attribuzione) di benefici a pi o meno ampie categorie di soggetti, senza nel contempo formalizzare la non inclusione delle categorie o dei soggetti non beneficati in un procedimento latu sensu concorsuale; e risultano meglio assicurare, in riferimento al parametro offerto dai precetti costituzionali, le posizioni che esprimono il momento della libert rispetto a quelle che esprimono il momento dell'autorit (cos L'Avvocatura dello Stato, Studio per il centenario, 1976, 482). In precedenza, in questa Rassegna, 1962, 67, GUGLIELMI, Corte dei Conti e questioni di legittimit costituzionale. Resta da vedere se la legittimazione ora riconosciuta alla Sezione di controllo della Corte dei conti sia sufficiente ad assicurare una pienezza del sindacato di legittimit costituzionale, o se -come pare sostenibile -a detta legittimazione debba affiancarsi una iniziativa attiva (e non solo difensiva) dell'Avvocatura dello Stato chiamata a interloquire nei giudizi di costituzionalit proposti in via incidentale: ci dicendo si llude sopratutto alle controversie nelle quali viene invocato il principio di eguaglianza (art. 3 Cost.) per ottenere un livellamento dei soggetti meno favoriti al trattamento dei soggetti pi favoriti (laddove invece un livellamento potrebbe sovente essere operato, con maggiore aderenza ai valori costituzionali, attraverso la eliminazione delle punte di privilegio). La seconda considerazione posta a base della sentenza che si annota ormai tradizionale nella giurisprudenza della Corte costituzionale (ed infatti vengono esplicitamente rammentati, tra gli altri; i precedenti offerti dalle sen PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 29 a quo, sufficiente che ricorra o il requisito soggettivo, consistente nello svolgersi del procedimento alla presenza o sotto la direzione del titolare di un ufficio giurisdizionale, o il requisito oggettivo dell'esercizio di funzioni giudicanti per l'obiettiva applicazione della legge, da parte di organi pur estranei alla organizzazione della giurisdizione ed istituzionalmente adibiti a compiti di diversa natura , che di quelle siano investiti anche in via eccezionale, e siano all'uopo posti in posizione super partes. alla stregua dei criteri test rammentati, che la legittimazione a sollevare questioni di legittimit costituzionale stata riconosciuta, ad esempio, al giudice dell'esecuzione immobiliare esattoriale (di cui si trattava nella specie decisa con la cit. senz. n. 83 del 1966); al giudice dell'esecuzione penale; al giudice di sorveglianza; al tribunale, nel corso del procedimento per il ricovero dell'alienato; alla sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura; ai Commissari regionali per la tenze 25 giugno 1956, n. 4, in Foro it., 1956, I, 1068, e 12 dicembre 1957, n. 129, ivi, 1957, I, 2098). Tale seconda considerazione trovasi espressa nella affermazione che nessun giudice deve vedersi costretto ad emettere un atto sulla base e nel rispetto di norme che siano... di dubbia costituzionalit. Com' noto, anche per le autorit non giurisdizionali si posto il problema se alle leggi di sospetta incostituzionalit debba darsi obbediente applicazione o se vi sia qualche possibilit di disapplicazione. La Corte costituzionale non ha avuto occasione di affrontare ex professo questo problema, ma l'ha di fatto reso meno acuto aprendo al massimo l'accesso al giudizio di legittimit costituzionale; in questa linea si colloca l'orientamento enunciato in modo esplicito nella sentenza 2 luglio 1966, n. 83 (in Giur. cast., 1966, 1074) secondo cui per aversi giudizio e causa (termini usati nella legge cost. 9 gennaio 1948, n. 1 e nell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87) sufficiente che ricorra o requisito soggettivo, consistente nello svolgersi del procedimento alla presenza e sotto la direzione del titolare di un ufficio giurisdizionale>>, o il requisito oggettivo de1l'esercizio di funzioni giudicanti per l'obiettiva applicazione della legge '" da parte di organi pur estranei alla organizzazione della giurisdizione ed istituzionalmente adibiti a compiti di diversa natura (in senso critico rispetto a questo orientamento, ONIDA, Note critiche in tema di legittimazione del giudice a quo nel giudiJzio incidentale di costituzionali della legge, con riferimento alla Corte dei conti in sede di controllo, in Giur. it., 1968, IV, 232). * * *' 2. -Dopo queste premesse di carattere generale, pu passarsi all'esame delle enunciazioni che, pi particolarmente, concernono la collocazione della Sezione di controllo della Corte dei conti e la natura della sua attivit. Com' noto, la Corte costituzionale aveva gi avuto modo di affermare la legittimazione delle Sezioni uil!ite della Corte dei conti, in sede di giudizio di parificazione, a sollevare e deferire alla Corte costituzionale questioni di legittimit costituzionale (sentenza 19 dicembre 1963, n. 165, in Giur. cast., 1963, 1614, con nota di BusCEMA, 19 dicembre 1966, n. 121, ivi, 1966, 1647, con nota di CHIEPPA R., Sulle questioni di legittimit costituzionale sollevabili nel corso del giudizio di parifi RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 30 liquidazione degli usi civici; agli Intendenti di finanza; alla Commissione dei ricorsi -in materia di brevetti; ai Consigli comunali in sede di conten zioso elettorale; ai Comandanti di porto; ai Consigli di prefettura e alle Giunte provinciali amministrative nell'esercizio di funzioni giurisdizio nali, nonch -in una prima fase -alle Commissioni per i tributi erariali e locali, e via dicendo. A volte, taluno dei predetti giudici speciali stato poi colpito da pronuncia di incostituzionalit, perch, proprio in quanto giudice, sprovvisto delle necessarie garanzie di indipendenza e di ter ziet; altre volte, la proponibilit della questione stata negata anche ad autorit istituzionalmente giurisdizionali, quando ad esse non spettavano poteri decisori. Per quanto pi particolarmente concerne la Corte dei conti, le sen tenze nn. 165 del 1963, 121 del 1966, 142 e 143 del 1968 ne hanno affer mato la legittimazione a sollevare questioni di costituzionalit nel corso del giudizio di parificazione (cos dei rendiconti regionali come del rendi conto generale dello Stato) pur essendo detto giudizio regolato dal t.u. cazione, 20 dicembre 1968, n. 142, in questa Rassegna, 1968, 930, e n. 143 del 1%8, gi citata; cfr. in dottrina, CHIMENTI, Parificazione dei rendiconti ed eccezione di incostituzionalit, in Giur. cost., 1963, 889; e BoRZELLINO, Ancora in tema di l"ilevabilit di queistione costituzionale in sede di controllo della Corte dei Conti, in Giust. civ., 1964, Il, 48). Ora, per la prima volta la predetta legittimazione stata riconosciuta anche alla Sezione di controllo (l'ordinanza di rimessione 10 aprile 1976 pubblicata in Giur. cost., 1976, Il, 1124; altra ordinanza ne1lo stesso senso 20 novembre 1975 in Giur. cost., 1976, Il, 174; in senso della non deferibilit di questioni .di legittimit costituzionale se era invece in precedenza espressa la stessa sezione di controllo in provvedimento 3 maggio 1%2, n. 258, in Foro amm., 1963, Ili, 76 con nota adesiva di Mot.TENI, Corte dei conti e questioni di legittimit costituzionale, e 7 ottobre 1966, n. 359). La Corte costituzionale pervenuta a tale conclusione sulla base di quelle stesse considerazioni che recentemente hanno condotto la Corte di cassazione (Sez. Un., 23 novembre 1974, n. 3806, in Giust. civ. 1975, L, 784, con nota di MASCIA, Atti di controllo della Corte dei conti e legitimatio ad causam, e .in questa Rassegna, 1972, I, 1098, con ricorso di CARAFA, Insindacabilit in s.g. della Corte dei conti; contra Cons. Stato, IV, 6 giugno 1972, n. 501, in questa Rassegna, loco cit.; cfr. anche RoEHRSSEN, La impugnabilit degli atti amministrativi di autorit non amministrative, in Riv. amm., 1976, 849) a ritenere la irriduci bilit degli atti di controllo della Corte dei conti alla categoria degli atti della pubblica amministrazione (rectius, del Potere esecutivo) . Nella sentenza che si annota si afferma che la funzione in quella sede (controllo preventivo) svolta dalla Corte dei conti ... analoga alla funzione giurisdizionale, piuttosto che assimilabile a quella amministrativa ; si raccoglie cio l'indicazione espressa dalla stessa Corte dei conti, Sez. riun. cont., 3 settembre 1%4 n. 4, in Foro it., 1965, III, 410, con nota di CAIANELLO, e ivi dottrina da SANDULLI (Funzioni pub bliche neutrali e giurisdizione, in Riv. dir. proc., 1964, 207) e, in precedenza, da PAONE (La natura giuridica del controllo della Corte dei conti sugli enti sovven zionati, in, Riv. trim. dir. pret., 1960, 1972), da GRECO (Funzione di controllo e giurisdizione, in Riv. Corte dei conti, 1949, I, 53). Peraltro nella stessa sentenza PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 31 12 luglio 1934, n. 1214, nel cap. IV, e non gi nel. capitolo successivo, che quello concernente le attribuzioni giurisdizionali della Corte, e in ordine ad esso l'art. 40 del medesimo testo unico limitandosi a richiamare le formalit della sua giurisdizione contenziosa: con l'avvertenza, peraltro, che, in questa sede, la Corte dei conti non applica le leggi sostanziali di spesa riflettentisi nei capitoli del bilancio, e neppure applica la legge di approvazione del bilancio, avendole gi applicate in corso di esercizio, operando il riscontro di legittimit sui singoli atti soggetti al suo controllo (onde la inammissibilit per irrilevanza di questioni relative sia alle prime che alla seconda: sent. n. 142 del 1968, cit.). 3. -Ed infatti, procedendo al controllo sugli atti del Governo, la Corte dei conti applica le norme di legge da cui questi sono disciplinati, ammettendoli al visto e registrazione, soltanto se ad esse conformi: di tal che, essendo strettamente vincolata dalle leggi in vigore, potrebb'essere costretta, in pratica, a rifiutare il visto quando l'atto contrasti con norme si preeisa che il procedimento svolgentesi davanti alla Sezione di controllo non ha natura propriamente giurisdizionale, pur essendo analogo ad un giudizio (esclude decisamente, e con copia di argomenti e di indicazioni, il carattere giurisdizionale dell'attivit de qua, ANFLLI, Corte dei conti e questioni di legittimit costituzional~, in Foro amm., 1968, 782 e segg., e CAMMEO, La competenza della IV sezione sugli atti amministrativi delle autorit non amministrative e la posizione costituzionale della Corte dei conti, in Giur. it. 1907, IV, 210). Nell'atto di intervento dell'Avvocatura dello Stato si era osservato che l'atto di controllo della Corte dei conti non soggetto, anche nei riguardi dei soggetti che partecipano al provvedimento, ad imperativit immutabile ed a passaggio in cosa giudicata. Ed invero: a) nell'ipotesi di atto positivo di controllo, l'Amministrazione rimane sempre titolare del potere di annullamento ex officio del proprio atto, contro ogni attestazione di legittimit che vd abbia apposto la Corte dei conti; b) neppure nell'ipotesi di rifiuto assoluto (art. 25 t.u.), nella quale la pronuncia della Corte dei conti costitutiva negativa, nel senso che l'atto sottoposto a controllo annullato, si pu attribuire ~ detta pronuncia efficacia di giudicato, posto che, se l'Amministrazione, di sua spontanea iniziativa, emani un nuovo atto identico a quello annullato dalla Corte, non , a questa, fatto divieto di registrarlo; se, poi, l'Amministrazione emani l'atto perch costretta da un giudicato, la Corte, addirittura, deve registrare l'atto identico a quello prima annullato; c) quanto, infine, all'atto negativo di controllo, che si esprime in un rifiuto, non assoluto come quello di cui sub b, posto che la procedura si pu evolvere nella registrazione con riserva (atto, quindi, in via terminale anche questo positivo di controllo, sia pure di natura eccezionale), ancora meno configurabile rispetto al caso di cui sub b, un'efficacia di giudicato. La Corte costituzionale ha aggirato questo argomento osservando -tra l'altro -che le deliberazioni della Sezione di controllo siano positive che negative, hanno certamente contenuto decisorio e non sono modificabili da parte della stessa Sezione n sindacabili in altra estranea sede (e qui il discorso si saldato con quanto enunciato nella citata sentenza della Corte di cassazione). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 32 pur di dubbia costituzionalit, o viceversa ad apporlo anche ove sia stato adottato sulla base e nel rispetto di norme, che siano, a loro volta, di dubbia costituzionalit. Nell'una e nell'altra ipotesi, la situazione , dunque, analoga a quella in cui si trova un qualsiasi giudice (ordinario o speciale), allorch procede a raffrontare i fatti e gli atti dei quali deve giudicare alle leggi che li concernono. N fa differenza al riguardo la circostanza che gli atti sottoposti a controllo siano, come nella specie decreti legislativi delegati, essendo anche questi subordinati alle leggi di delega, che, prefissandone l'oggetto, il tempo ed i principi e criteri direttivi, ne stanno rispettivamente a fondamento e rappresentano perci il parametro immediato del controllo operato dalla Corte dei conti; mentre diverso il caso dei decreti-legge, che alla stessa vengono trasmessi per il visto, per i quali mancano -di regola -norme di legge ordinaria interposte, suscettibili di dar luogo a questioni di costituzionalit. Anche se ilprocedimento svolgentesi davanti alla Sezione di controllo non un giudizio in senso tecnico-processuale, certo tuttavia che, ai Indubbiamente valide sono, come si detto, le ragioni che hanno spinto la Corte costituzionale ad accentuare la diversit degli atti di controllo emessi dalla Sezione della Corte dei conti rispettq alla attivit controllata (amministrativa e legislativa) posta in essere dal Potere esecutivo. Tuttavia, le predette ragioni hanno forse portato ad una troppo accent.ata considerazione di alcuni profili strutturali a detrimento di profil\ funzionali. Invero, sulla strada della rilevata diversit del momento del controllo nn sia possibile spingersi molto oltre, fino a configurare una funzione di controllo estranea o addirittura contrapposta rispetto alla attivit controllata del Governo, e fino a credere troppo nelle forme para-giurisdizionale del controllo. Il dato normativo costituzionale pi significativo quello offerto dalla collocazione e dal contenuto dell'art. 100 Cost. (e singolarmente la sentenza in rassegna ha nominato tale articolo solo per segnalarne la disposizione garantistica di cui all'ultimo comma). Ora, l'art. 100 Cost. fa parte del titolo III della parte seconda della Carta costituzionale, titolo che concerne il Potere esecutivo unitariamente configurato; e la Corte dei conti definita organo ausiliario del Governo. Ci si pu quindi spingere fino ad accettare le affermazioni secondo cui gli atti degli organi ausiliari non sono atti della pubblica amministrazione e la Sezione di controllo della Corte dei conti non affidataria della cura di un interesse pubblico specifico (CORREALE, Il controllo della Corte dei conti, in Riv. trim. dir. pub., 1973, 861); ma non pare possa condividersi una configurazione dell'atto di controllo emess da detta Sezione (e del parere messo dal Consiglio di Stato) come entit del tutto estranea al procedimento cui l'atto stesso partecipa. Ci non tanto per una, pur sussistente, esigenza di coerenza formale (con la quale contrasterebbe l'inserire una fase quasi giurisdizionale in un procedimento amministrativo o legislativo), quanto per una precisa necessit d'ordine costituzionale: estraniare l'attivit di controllo della Corte dei conti (o quella consultiva del Consiglio di Stato) dalla funzione (amministrativa o legislativa) esercitata dal Governo si tradurrebbe in una troppo grave mutilazione di detta funzione. Non pare infatti adeguato al disegno costituzionale ed anche ad un funzionale equilibrio tra i poteri dello Stato ritenere che il Governo cui affidato 33 PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE limitati fini dell'art. 1 della legge cost. n. 1 del 1948 e dell'art. 23 della legge n. 87 del 1953, la funzione in quella sede svolta dalla Corte dei conti , sotto molteplici aspetti, analoga alla funzione giurisdizionale, piuttosto che assimilabile a quella amministrativa, risolvendosi nel valutare la conformit degli atti che ne formano oggetto alle norme del diritto oggettivo, ad esclusione di qualsiasi apprezzamento che non sia di ordine strettamente giuridico. Il controllo effettuato dalla Corte dei conti un controllo esterno, rigorosamente neutrale e disinteressato, volto unicamente a garantire la legalit degli atti ad essa sottoposti, e cio preordinato a tutela del diritto oggettivo, che si differenzia pertanto nettamente dai controlli c.d. amministrativi, svolgentisi nell'interno della pubblica Amministrazione; ed altres diverso anche da altri controlli, che pur presentano le caratteristiche da ultimo rilevate, in ragione della natura e della posizione dell'organo cui affidato. Composta di magistrati, dotati delle pi ampie garanzie di indipendenza (art. 100, secondo comma, Cost.), che, analogamente ai magistrati dell'ordine giudiziario, si distinguono tra loro solo per diversit di funzioni (art. 10 legge 21 marzo 1953, n. 161); annoverata, accanto alla magi- il Potere esecutivo e cui il Parlamento ha all'uopo accordato la fiducia , emetta atti che ricevono la efficacia ab extrinseco, e per di pi da un organo che, -se ha collegamenti con il Parlamento (cfr., in particolai;e, l'art. 150 del Regolamento della Camera dei Deputati e l'art. 132 del Regolamento del Senato) -certamente non diretta espressione della sovranit popolare. Pi corretto appare ritenere che atto del Governo e atto della Sezione di controllo siano diversi ma pur sempre omogenei; e cio che i profili strutturali riconducibili alla indipendenza della Corte dei conti (come del Consiglio di Stato) non alterino la natura della funzione pubblica cui attivit controllata e attivit di controllo unitariamente pertengono. N si opponga che i limiti intrinseci di un controllo il quale solo di legittimit e la neutralit della funzione impedirebbero di pervenire ad un frazionamento, tra Governo e Corte dei conti, delle funzioni (amministrative e legislative) proprio del Potere esecutivo. La neutralit del giurista interprete -come, con altra problematica, quella dello scienziato -non mera utopia (come talvolta polemicamente si sostiene), ha uno spessore reale; tuttavia, non pare contestabile che residua pur sempre uno spazio, tutt'altro che trascurabile, per l'emergere dell'ideologia individuale, degli stati d'animo personali e persino degli interessi particolari del neutrale (o del ceto dei neutrali). Del resto, chi pu ha portato avanti la rivendicazione di una indipendenza della Corte dei conti anche quanto ai profili funzfonali, stato costretto ad introdurre una discutibile differenziazione tra ausiliariet di detta Corte ed ausiliariet del Consiglio di Stato in sede consultiva quanto ai profili strutturali: che il Consiglio di Stato e la Corte dei conti siano entrambi organi ausiliari, contemplati da uno stesso articolo della Costituzione, non significa che -quanto a profili organizzatori -essi si trovino su un piano di identit (CORREALE, op. cit., 874). Sembra quindi consentito auspicare che la ausiliariet venga mantenuta nei termini descritti dallo studioso cui pi si deve per l'elaborazione di tale nozione (FERRARI G., Gli organi ausiliari, 1956, e, in Enc. dir., voce Ausiliari organi): RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 34 stratura ordinaria ed al Consiglio di Stato, tra le supreme magistrature (art. 135 Cost.); istituzionalmente investita di funzioni giurisdizionali a norma dell'art. 103, secondo comma, Cost., la Corte dei conti, infatti, l'unico organo di controllo che, nel nostro ordinamento, goda di una diretta garanzia in sede costituzionale. Ed appunto muovendo dall'esplicito riconoscimento di questa particolare posizione della Corte dei conti e della natura delle sue attribuzioni di controllo, che una recente pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di cassazione ha avuto occasione di affermare la non assoggetabilit degli atti da essa adottati nel l'esercizio .di quelle attribuzioni ad alcun sindacato. . Deve soggiungersi che non mancano nel procedimento in oggetto elementi, formali e sostanziali, riconducibili alla figura del contraddittorio. Intanto,. un contrasto di valutazioni sussiste tra l'autorit che ebbe ad emanare l'atto ed il magistrato che assolve la funzione di controllo nella fase istruttoria; sicch ove il consigliere delegato non ritenga di apporre il visto, provoca il deferimento della pronuncia alla Sezione di controllo. Di tale deferimento, a norma dell'art. 24 del testo nico, cos come sostituito dall'art. 1 della legge 21 marzo 1953, n. 161, e delle disposizioni regolamentari, che ne integrano e svolgono i precetti, dettate dall'ordinanza del Presidente della stessa Corte dei conti 28 novembre 1956, n. 151, e cio dualit ausiliare-ausiliato avente rilievo solo strutturale, e rapporto di collaborazione pertinenziale tra i due organi, rapporto che esprime la de stinazione istituzionale d quest'ultimo (l'ausiliario) a vantaggio del principale (l'ausiliato) . L'attivit dell'ausiliario non pu assurgere a dignit di funzione fondamentale autonoma in quanto d vita solo ad atti-satelliti; ... in altri termini esiste la .funzione ausiliaria ma non certo il relativo potere (questo ultimo brano in Gli organi cit., 345). Il senso della misura essenziale per cogliere e mantenere questo equilibrio: e non si vorrebbe che l'obiettivo politico-istitu zionale perseguito dalla sentenza che si annota avesse a condurre ad una rottura di detto equilibrio, ad una perdita del necessario senso della misura. Merita ricordare che la Corte dei conti stata fin dal secolo scorso con cepita come magistratura non con riguardo ad una natura oggettivamente giurisdizional della sua attivit, ma unicamente per ottenerne la indipen denza attraverso garanzie concernenti lo status dei suoi componenti (cfr. SELLA, Discorso in occasione della istituzione della Corte dei conti il primo ottobre 1962, in Celebrazione del primo centenario della Corte dei conti nell'unit d'Italia, 1963, 40; e Relazione governativa al Senato, Atti parl. sess. 1801, doc. n. 100, vol. 2, 519, ove si dice esplicitamente che la Corte non giudica n amministra ma solamente invigila ) Assimilazione alle magistrature quindi quanto alle garanzie, quanto ai connotati strutturali, e non anche quanto alla natura della funzione. Va comunque osservato che per escludere l'ammissibilit di ricorsi ai tri bunali amministrativi regionali avverso rifiuti di visto espressi dalla Corte dei conti sufficiente rilevare che tali rifiuti non sono atti amministrativi, e non necessario costruire l'attivit di controllo come attivit, a sua volta, quasi giu risdizionale: cosa questa che la prudenza della Corte di cassazione non ha mancato di avvertire nella citata sentenza n. 3806 quando ha preso le distanze dalla opinione (cos SANDULLI, Atti della Corte dei conti e sindacato giurisdi PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 35 viene data alle amministrazioni interessate, come pure a quella del Tesoro per quanto la riguardi, comunicazione scritta almeno otto giorni prima della seduta fissata per la discussione, con avviso che possono presentare deduzioni e farsi rappresentare davanti alla Sezione da funzionari aventi un determinato grado. In tal modo garantita la possibilit che gli interessi ed il punto di vista dell'amministrazione, nelle sue varie articolazioni, siano fatti valere nel corso del procedimento. Infine, la deliberazione della Sezione dev'essere sobriamente motivata, depositata in segreteria non oltre il trentesimo giorno successivo a quello in cui stata adottata e comunicata in copia senza indugio alle amministrazioni interessate ed a quella del Tesoro (art. 5, ordinanza cit.), e rimane inoltre a disposizione di chiunque voglia prenderne visione. Circostanze, tutte queste, che concorrono a rafforzare la soluzione positiva che deve darsi al problema pregiudiziale della legittimazione della Sezione di controllo a proporre a questa Corte questioni di legittimit costituzionale. D'altronde, sul piano sostanziale, il riconoscimento di tale legittimazione si giustifica anche con l'esigenza di ammettere al sindacato della zionale, in Giur. it. 1972, III, 465) che vorrebbe fare delle attribuzioni di controllo l'espressione di un potere autonomo (sull'argomento della impugnativa degli atti di controllo della Corte bene rammentare gli studi, tuttora validi di FORTI, Corte dei conti e ricorso alla IV Sezione del Consiglio di Stato, in Foro it., 1912, Ili, 308, e CAMMEO, Il ricorso alla IV Sezione contro i provvedimenti conseguenti ad un rifiuto di registrazione da parte della Corte dei conti, in Giur. it., 1915, III, 79). E se vero che il concetto del controllo costituisce una categoria diversa da quella cui appartengono le tre funzioni tradizionali dello Stato >>, per anche vero che il controllo nell'esperienza in genere degli ordinamenti moderni, non costituisce una quarta funzione statale , ma fenomeno comprendente nell'esplicazione di ciascuna delle tre fondamentali funzioni sovrane o pubbliche (come momento che incide nel Procedimento esplicativo tanto della legislazione quando dell'amministrazione e della giurisddzione) anche se organizzato in procedimenti autonomi, a s stanti (controlli in via principale), non pi come mero momento o fase procedurale inserita nel procedimento degli atti delle tre funzioni statali (GALEOTTI, Introduzione alla teoria dei controlli costituzionali, 1963, 95). 3. -Le considerazioni che precedono conducono ad esprimere rispettose quanto ferme riserve a quel passo della motivazione della sentenza in rassegna -ed a ben vedere si tratta di un passo non essenziale -nel quale si lascia intendere che il Governo potrebbe far ricorso allo strumento della registrazione con riserva solo dopo conclusosi il processo costituzionale incidentale . Invero, non pare che il Governo possa ritenersi, sia pur temporaneamente, privato del potere de quo, che ha remote origini e continua ad assolvere una sua utile funzione nell'attuale ordinamento , con il suo tradizionale contrappeso ... nell'immediato assoggettamento del provvedimento registrato con riserva al controllo politico del Parlamento (cos Corte cost., 19 dicembre 1966, n. 121, citata; sull'ar RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 36 Corte costituzionale leggi che, come nella fattispecie in esame, pi difficilmente verrebbero, per altra via, ad essa sottoposte. 4. -Con le considerazioni che precedono, i principali argomenti addotti in senso opposti dalla difesa dello Stato hanno gi ricevuto esplicita od implicita risposta. Dei rimanenti non pertinente il richiamo all'art. 111 Cost., secondo comma, che ammette sempre il ricorso in cassazione contro le sentenze e i provvedimenti sulla libert personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, dal momento che, alla stregua delle conclusioni sopra raggiunte, il procedmento svolgentesi davanti alla Sezione di controllo non ha natura propriamente giurisdizionale, pur essendo anologo ad un giudizio, nel senso ed entro i limiti di cui si detto sopra, al punto 3. Considerazioni in gran parte analoghe valgono a far superare l'ulteriore argomento che si vorrebbe ricavare dalla inapplicabilit alle deliberazioni della Sezione di controllo dell'istituto del giudicato, non senza gomento, GASPARRI, Considerazioni sulla registrazione con riserva, in Studi in occasione del primo centenario della Corte dei conti cit., 167; sulle dimensioni quantitative del ricorso alla registrazione con riserva, CHIEPPA, op. cit., 1660, in nota 30). stato recentemente osservato (da ZACCARIA, Puntualizzazioni sistematiche in ordine al procedimento di registrazione con riserva da parte della Corte dei conti, in Cons. Stato, 1974, II, 1074, e da BENNATI, Ancora sul tema delle registrazioni con riserva, ivi, 1974, II, 559) che il procedimento di registrazione con riserva separato e diverso dal procedimento conclusosi con la pronuncia di controllo negativo emessa dalla Sezione di controllo, e non pu essere riguardato come un grado di appello avverso detta pronuncia. La sospensione del procedimento dinanzi alla predetta Sezione per effetto del deferimento della questione di legittimit costituzionale alla Corte costituzionale non interferisce direttamente sul distinto (e neppur iniziato) procedimento di registrazione con riserva. Deve quindi esaminarsi se il potere del Governo di chiedere la registrazione con riserva presupponga la previa emanazione di una pronuncia di rifiuto del visto ad opera della Sezione di controllo, o se invece tale potere possa essere esercitato ogni qualvolta, per qualsiasi ragione, l'atto di controllo positivo non sia intervenuto nel momento in cui il Governo decide di chiedere la registrazione con riserva. Nella sentenza in rassegna si osserva che nessun termine stabilito dalla legge ordinaria alla Corte dei conti per deliberare sull'ammissione o meno al visto e registramone. Questa osservazione, per, non fine a se stessa, non sta solo a dimostrare che. nella disponibilit della Corte dei conti la determina zione dei tempi dell'attivit di controllo e -quel che pi conta -della efficacia degli atti del Governo; al contrario, dalla riferita osservazione deve de sumersi che, nel silenzio della legge, il Governo (o quanto meno, anche il Go verno) pu determinare il momento di inizio dell'efficacia dei propri atti, attra verso il ricorso allo strumento della registrazione con riserva. Momento e provvedimento centrale del procedimento di registrazione con riserva la deliberazione del Consiglio dei ministri con la quale si risolve che Itl I t 1i I PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 37 aggiungere che tali deliberazioni, siano positive che negative, hanno certamente contenuto decisorio e non sono modificabili da parte della stessa Sezione n sindacabili in altra estranea sede. Secondo l'Avvocatura, poi, con il rico.noscere alla Sezione di controllo la possibilit di adire questa Corte, si inciderebbe gravemente sul potere governativo di disporre la registrazione con riserva nonch sulla tempestivit dell'azione amministrativa, ed in particolare, nelle ipotesi di controllo su decreti legislativi delegati, sul termine per l'esercizio della delega prefissati dal Parlamento. Quanto alla registrazione con riserva, a prescindere dal rilievo che tale istituto incontra gi nel testo unico del 1934 alcune specifiche eccezioni (art. 25, ultimo comma) e dalla constatazione che, dopo l'avvento della Repubblica, esso ha trovato limitata applicazione, va precisato che il Governo rimane libero di farvi ricorso, oltre che (ovviamente) in tutti i casi in cui non sorgano questioni di legittimit costituzionale delle norme che la Corte dei conti deve applicare, anche, essendosi verificata una tale evenienza, dopo conclusosi il processo costituzionale incidentale, nei limiti di volta in volta derivanti dal contenuto della decisione adot l'atto o decreto debba aver corso . Questa deliberazione assume sostanzialmente la portata di un comando malgrado la !inesistenza, sotto il profilo organico e funzionale, di qualsiasi rapporto di dipendenza gerarchica anche indiretta fra Governo e Corte dei conti (BENNATI, op. cit., 561). Dopo la deliberazione del Consiglio dei ministri, le Sezioni riunite della Corte dei conti debbono limitarsi a verificare se sia cessata la causa del rifiuto (ossia la preesistente causa del rifiuto espresso dalla Sezione) e se non ricorra alcuna delle ipotesi di rifiuto assoluto di registrazione. Se n l'una n l'altra di queste eventualit si verifica, non v' alcuna materia per una decisione delle Sezioni riunite, le quali non pongono in essere un atto di controllo positivo ma sono vincolate a procedere all'apposizione del visto con riserva; le Sezioni riunite non possono quindi, a loro volta, deferire una questione di legittimit costituzionale, che sarebbe irrilevante posto che nessuna attivit di controllo esse sono chiamate a compiere. A quanto precede non pu essere opposto che l'art. 25 comma primo del testo unico 12 luglio 1934, n. 1214 prevede l'intervento del Consiglio dei ministri solo ove ... la Sezione di controllo abbia ricusato il visto sugli atti o decreti presentati alla Corte. La disposizione formula l'ipotesi, per cos dire, normale di un esplicito e sollecito rifiuto del visto, ma non esclude che il Consiglio dei ministri, nella sua autonomia, possa ravvisare un siffatto rifiuto anche in un diverso comportamento della Sezione di controllo. Per concludere, il Governo -esso pure -indipendente rispetto alla Corte dei conti, nel senso che pu disporre (eccettuati i casi di cui al terzo comma del citato art. 25) che i propri atti acquisiscano efficacia indipendentemente dall'atteggiamento assunto dalla Sezione di controllo della Corte anzidetta, con assunzione -s'intende -di responsabilit politica nei confronti del Parlamento, il quale ultimo peraltro non pu sanare la eventuale illegittimit commessa ma pu far venire meno la fiducia. FRANCO FAVARA RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DEU.O STATO tata dalla Corte costituzionale e dai principi costituzionali disciplinanti gli effetti delle sue pronuncie. Quanto ai ritardi che dall'essersi adita questa Corte possono derivare all'azione amministrativa, da osservare che, nessun termine essendo pr-estabilito n alla Corte dei conti per deliberare all'ammissione o meno al visto e registrazione n alle amministrazioni interessate per trasmettere ad essa i propri atti e per controdedurre agli eventuali rilievi mossi nella fase istruttoria del p:ocedimento di controllo, ritardi purtroppo si verificano e spesso si sono verificati in passato, indipendentemente dalla sollevabilit di questioni di costituzionalit: che potrebbe, dunque, al pi aggravare un inconveniente gi riscontrabile nella pnissi. A siffatte preoccupazioni, che peraltro non incidono sul problema giuridico della legittimazione della Sezione di controllo, pu tuttavia replicarsi che l'eventuale giudizio di questa Corte pu aver luogo con la massima sollecitudine, avvalendosi il Presidente della facolt di ridurre i termini fino alla met (art. 9, legge cost. n. 1 del 1953), oltre che dandosi alla trattazione della causa la precedenza nella fissazione dei ruoli. Rilievi, questi, che naturalmente si estendono alla particolare ipotesi di questioni concernenti leggi di delegazione, alle quali la Corte dei conti debba raffrontare decreti legislativi sottoposti al suo controllo. 5. -Nel merito, sono denunciate le disposizioni dell'ultimo comma dell'art. 4 della legge 30 luglio 1973, n. 477, e del n. 3 dell'articolo unico della legge 19 maggio 1975, n. 167. La prima di dette leggi, nel delegare al Governo l'emanazione di norme sullo stato giuridico del personale direttivo, ispettivo, docente e non.docente, della scuola materna, elementare, secondaria e artistica dello Stato, si riferisce, tra l'altro, espressamente, nel menzionato ultimo comma dell'art. 4, anche al personale medesimo delle scuole ed istituzioni scolastiche italiane funzionanti all'estero; la seconda, nel prorogare i ter- mini per l'esercizio di tale delega, specifica ulteriormente, nel predetto n. 3 del suo articolo unico, che la delega medesima si riferisce altres al personale addetto alle iniziatve scolastiche, di assistenza scolastica e di formazione e perfezionamento professionale a favore dei lavoratori emigrati rionch al personale docente di ruolo assegnato alle istituzioni scolastiche ed universitarie straniere, comprendendo in ogni caso sia quanto concerne lo stato giuridico, sia quanto riguarda il trattamento economico (ed questo il punto essenziale ai fini del decidere) di tutte le categorie di personale test indicate. Ora, poich l'attuazione della delega, cos prorogata ed in certo senso autenticamente interpretata dallo stesso legislatore delegante, comporta indubbiamente nuovi oneri finanziari, alla cui copertura provvede, infatti, l'art. 32 del d.P.R. 31 ottobre 1975 (del quale stata frattanto sospesa la registrazione), in mancanza per di qualsiasi previsione a tale specifico I! ~ttr~Awjc:~ PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE riguardo cos nella legge n. 477 come nella successiva legge n. 167 del 1975, le censure proposte dalla Sezione di controllo investono le anzidette disposizioni, che violerebbero l'art. 81, terzo e quarto comma, Cost., per avere omesso di disporre in merito alla copertura della spesa, o -alternativamente -l'art. 76 Cost., non avendo nemmeno predeterminato i principi e criteri direttivi ai quali il Governo destinatario della delega avrebbe dovuto attenersi per provvedervi, invece, esso stesso. La questione fondata. Il principio risultante dal combinato disposto del terzo e quarto comma dell'art. 81 consiste, infatti, nell'imporre al legislatore l'obbligo di darsi carico delle conseguenze finanziarie delle sue leggi, provvedendo al reperimento dei mezzi necessari per farvi fronte. Di regola, perci, tale obbligo grava sul Parlamento, istituzionalmente preposto all'esercizio della funzione legislativa; cos come grava invece sul Governo, allorch, ricorrendo i presupposti di cui all'art. 77 Cost., si faccia esso stesso legislatore, sostituendosi in via di urgenza alle Camere nella forma del decreto-legge. Ma quest'ultima ipotesi differisce profondamente da quella della decretazione delegata, dove soltanto in forza della previa legge delegante ed in ottemperanza alle disposizioni in questa contenute che il Governo assume l'esercizio della funzione legislativa. In tale ipotesi, dev'essere, dunque, il legislatore delegante a disporre in ordine alla copertura della spesa. Di guista che deve riconoscersi che le disposizioni delle due leggi di delega denunciate dall'ordinanza ed in precedenza pi volte menzionate, avendo omesso di provvedere al riguardo, hanno violato le ricordate norme dell'art. 81. Non rileva, poi, ai fini del presente giudizio, accertare se, qualora eccezionalmente non fosse possibile, in sede di conferimento della delega, predeterminare rigorosamente in anticipo i mezzi per finanziare le spese che l'attuazione della stessa comporta, sia sufficiente che il Governo venga a ci espressamente delegato, beninteso con prefissione di principi e criteri direttivi, come vuole l'art. 76, dal momento che, nella specie, di una delega siffatta non vi traccia alcuna. CORTE COSTITUZIONALE, 24 novembre 1976, n. 228 -Pres. Rossi -Rel. De Marco -Menozzi e altro (avv. Abbamonte e Guarino) e Presidente Consiglio cj.ei Ministri (vice avv. gen. dello Stato Chiarotti). Impiego pubblico -Dirigenti amministrativi -Personale direttivo della scuola -N1;>n assimilabile. ~Cost., art. 3 e 36; d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748, artt. 1 e segg.). Premesso che gli uffici periferici dell'amministrazione statale, ai quali i primi dirigenti possono essere preposti o devono avere circoscrizione RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 40 provinciale o devono essere di livello corrispondente alla divisione, risulta razionale la diseguaglianza (art. 3 Cast.) conseguente dalla non inclusione del personale direttivo della scuola (nella specie, presidi di scuole secondarie superiori) dal trattamento previsto per la dirigenza amministrativa. E non pu ravvisarsi contrasto con l'art. 36 Cast. allorch modesta sia la differenza delle retribuzioni messe a confron.to. (Omissis). -Vi si , infine, pervenuti con quelle leggi n. 249 del 1968 e n. 775 del 1970 di delegazione, il cui essenziale criterio informatore risulta dalla intitolazione del decreto di attuazione n. 748 del 1972: Disciplina delle funzioni dirigenziali nelle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo . Si , cos, creata nell'ambito delle carriere direttive dell'Amministrazione statale una particolare categoria di funzionari, caratterizzata da una rigorosa selezione qualitativa, alla quale, con l'attribuzione di una larga sfera di potest decisionale e corrispondente responsabilit, viene affidata la dirigenza dell'Amministrazione, con quella agilit e prontezza di decisione e di azione che sono necessarie in funzione della corretta attuazione dell'art. 97 della Costituzione. Di qui la necessit di tenere nettamente distinta l'attivit strettamente amministrativa da ogni altra attivit inerente ad altri settori, anche essenziali, delle attribuzioni statali, dato che la funzione dirigenziale collegata alla tradizionale articolazione degli uffici ministeriali in direzioni generali, uffici centrali assimilabili e divisioni, articolazione che, in quanto ne ricorrano le condizioni, si estende agli uffici periferici, la cui istituzione deve essere disposta con legge, anche ai fini delle determinazioni delle qualifiche dei funzionari da preporre alla loro direzione (art. 2, commi primo, quinto, sesto e settimo, della legge n. 249 del 1968). Infatti, con il d.P.R. n. 748 del 1972, sono stati dettagliatamente specificati i compiti dei dirigenti sia degli uffici centrali, sia di quelli periferici (art. 2) in relazione agli uffici ai quali debbono essere preposti ed, in particolare, per quanto attiene ai primi dirigenti di uffici periferici (art. 6) dispone che debbono essere preposti ad uffici con circoscrizione provinciale o di particolare importanza. Inoltre (art. 6 secondo comma) negli uffici periferici diretti da dirigenti con qualifica superiore, essi (ossia i primi dirigenti) sono preposti alle ripartizioni di livello corrispondente alla divisione, ove esistano, o svolgono altre funzioni di pari rilevanza previste dalle disposizioni particolari concernenti le singole amministrazioni . Dal che chiaramente si desume che gli uffici periferici ai quali i primi dirigenti possono essere preposti o debbono avere circoscrizione provinciale o debbono essere di livello corrispondente alla divisione o di pari rilevanza. Ora, tenuto presente che oggetto del giudizio a quo la richiesta del riconoscimento ai presidi delle scuole medie della qualifica di primo diri PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE gente e non semplicemente quello dell'attribuzione del trattamento economico di tale qualifica, alla stregua delle considerazioni che precedono, deve escludersi che sussistano le denunziate violazioni degli artt. 3, 36 e 97 della Costituzione, che inficierebbero le norme delle leggi n. 249 del 1968 e n. 775 del 1970, in base alle quali quel riconoscimento stato negato. Si deve, infatti, rilevare che in base all'ordinamento speciale per il personale docente, direttivo ed ispettivo della scuola, i presidi delle scuole secondarie -anche se in qualche periodo hanno avuto attribuito grado uguale e perfino superiore a quello dei provveditori agli studi rispetto ai quali si lamenta la disparit di trattamento ai fini del presente giudizio -sono stati sempre inquadrati nei ruoli del personale della scuola. Si hanno, quindi, posizioni differenziate -essendo stati invece i provveditori agli studi sempre inquadrati nei ruoli del personale amministrativo -il che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, legittima una disciplina del pari differenziata. Per uniformarsi a tale giurisprudenza occorre, pertanto, accertare se quelle differenziazioni abbiano un fondamento razionale. Al riguardo basta rilevare che,, anche se tra le attribuzioni dei presidi ve ne sono alcune di carattere amministrativo di non trascurabile rilevanza, la loro prevalente attribuzione quella di sopraintendere al governo della scuola, soprattutto sotto il profilo didattico ed appunto per questo che i presidi sono sempre stati e sono tuttora prescelti tra il personale docente laureato e fanno parte dei ruoli della scuola. D'altra parte per codesto personale non possibile neppure ipotizzare una funzione dirigenziale paragonabile a quella sopra illustrata riguardante il personale amministrativo. Si tratta, invero, di un personale che, dall'inizio della carriera fino al suo termine, anche se di alto livello scientifico, quale quello universitario, esercita le stesse funzioni di studio e di insegnamento, che possono differenziarsi per efficacia, in relazione alle doti personali di chi le esercita, ma, funzionamente, non si prestano ad alcuna classificazione o differenziazione, tanto vero che in detta carriera non preveduta altra progressione che non sia quella meramente economica. Comunque, l'attribuzione ai presidi della qualifica di primo dirigente implicherebbe il passaggio nel ruolo amministrativo il che, a parte ogni altra considerazione, non sarebbe possibile, in quanto, come sopra si rilevato, ai sensi dell'art. 6 del d.P.R. n. 748 del 1972, occorrerebbe per essi la circoscrizione provinciale. Le scuole citate dal patrocinio delle parti private e dirette da funzionari con qualifica dirigenziale, sono infatti scuole speciali uniche in tutto il territorio nazionale e, quindi, con circoscrizione pi che provinciale. 42 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO N pu opporsi che le scuole rientrano tra le amministrazioni ad ordinamento autonomo alle quali si applicano le norme sulla dirigenza, dato che, anche se la formulazione dell'art. 384 del t.u. 10 gennaio 1957, n. 3, pu far sorgere qualche dubbio al riguardo, nel caso del personale scolastico si tratta di ordinamento speciale e non autonomo, come dimostra la dipendenza diretta dal Ministero della pubblica istruzione ed, in sede decentrata, dal provveditore agli studi, per quanto riguarda la parte meramente amministrativa. Pienamente razionale e rispondente all'ordinamento instaurato col d.P.R. n. 748 del 1972 risulta, quindi, la differenziata disciplina in esame, con la conseguenza che, come gi si detto, non sussiste la dedotta violazione del principio di eguaglianza. Altrettanto a dirsi per la dedotta violazione dell'art. 36 della Costituzione, che attiene al trattamento economico. Invero, attualmente, i provveditori agli studi hanno la qualifica di dirigente superiore e non di primo dirigente e quindi il loro trattamento economico non comparabile con quello dei presidi. Inoltre, sta di fatto che i presidi -per i quali, a conferma della loro prevalente qualit di docenti era da tempo istituita un'indennit di studio (vedasi da ultimo la legge 15 febbraio 1963, n. 355) -hanno uno stipendio base ed un'indennit (ora definita assegno annuo pensionabile), nel loro complesso di poco inferiore allo stipendio base ed all'indennit di funzione dei primi dirigenti, il che, attesa la diversit di posizione posta sopra in rilievo, ben pu attribuirsi ad esatta e non errat applicazione dell'art. 36, il quale evidentemente lascia al legislatore un certo margine di discrezionalit. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 6 dicembre 1976, n. 235 -Pres. Rossi -Rel. Trimarchi -Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Azzariti) e Regione Puglia (n.p.). Regione Legge regionale Riadozione dopo rinvio Difetto della mag gioranza assoluta Invalidit del procedimento. La proposta di riadozione di una delibera legislativa regionale rinviata dal Governo ai sensi dell'art. 127 Cost. deve considerarsi respinta, ove non sia raggiunta la maggioranza assoluta dei componenti il Consiglio; le astensioni equivalgono quindi a voti contrari (1). (1) Nello stesso senso Corte Cost., 7 luglio 1976, n. 153, in questa Rassegna, 1976, sesto fascicolo. '......-........-.-.-.....-.-.... 43 . PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE CORTE COSTITUZIONLE, 6 dicembre 1976, n. 236 -Pres. Rossi -Rel. Reale -Micolitti (avv. Petrolillo). Procedimento penale Revisione Effetto estensivo. (Cost., art. 3; cod. proc. pen., artt. 203, 553 e 554). Contrasta con l'art. 3 Cast. il combinato disposto degli artt. 203, 553 e 554 del codice di procedura penale, nella parte in cui non consente che la sentenza emessa in sede di revisione in favo re di un condannato possa spiegare l'ffetto estensivo nei confronti di chi, imputato di concorso nello stesso reato, ne sia stato assolto per insufficienza di prove. CORTE COSTITUZIONALE, 20 dicembre 1976, n. 244 Pres. Rossi -Rel. Rocchetti -Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Azzariti) e Regione Calabria (avv. Silvestri). Regione . Organo statale transitoriamente attributario di funzione regio nale Disciplina legislativa Compete esclusivamente allo Stato. (Cost., art. 117; I. 10 febbraio 1953, n. 62, art. 56; d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 4, art. 12). Alle Regioni non attribuita alcuna potest legislativa per la determinazione del trattamento (nella specie, di missione) di dipendenti di organi statali, ancorch in via transitoria investiti di attribuzioni regionali. CORTE COSTITUZIONALE, 20 dicembre 1976, n. 245 -Pres. Rossi Rel. Capalozza -Di Frassineto (n.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Carafa). Antichit e belle arti Vincoli alle propriet private Divieto di smembramento di collezioni Non menoma il contenuto patrimoniale della propriet. (Cost., art. 42; I. 1 giugno 1939, n. 1089, art. 5). Il divieto di smembramento di una collezione di interesse storico o artistico diretto a garantirne la destinazione unitaria e non menoma il contenuto patrimoniale della propriet; no71 quindi configurabile obbligo di indennizzo (1). (1) Sulla insussistenza di obbligo di indennizzo per i vincoli a tutela dei beni culturali, cfr. da ultimo la Relazione dell'Avvocatura per gli anni 1971-1975, vol. I, 459. s RASSEGNA DELL'AVVCATURA DELLO STATO 44 CORTE COSTITUZIONALE, 20 dicembre 1976, n. 246 -Pres. Rossi -Rel. De Marco -Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Carafa) e Regione Sicilia (avv. Aula). Prezzi -Materia della disciplina dei prezzi - di esclusiva competenza statale. (Statuto Sicilia, artt. 14 e 17; d. lgs. reg. 15 ottobre 1947, n. 86; d. lgs. lgt. 19 ottobre 1944, n. 347). La disciplina dei prezzi e in genere tutto il settore dell'attivit economica e finanziaria dello Stato per la tutela di interessi quali la stabilit monetaria, la difesa dei salari, gli investimenti e gli scambi con l'estero, rientrano nelle esclusive attribuzioni dello Stato (1). (Omissis). -Il Presidente della Regione siciliana, in applicazione del decreto legislativo regionale 15 ottobre 1947, n. 86, ratificato con legge regionale 16 dicembre 1948, n. 47, pro\rvedeva alla ricostituzione del Comitato regionale per il coordinamento e la disciplina dei prezzi nell'ambito della Regione siciliana, con decreto 25 novembre 1974, n. 152/ A. Avverso tale decreto il Presidente del Consiglio dei ministri proponeva ricorso a questa Corte per regolamento di competenza, assumendo che la disciplina dei prezzi non materia di competenza regionale, bens esclusivamente statale, riguardante la tutela ed il perseguimento d'interessi nazionali ed opponendo che la legge regionale, in base alla quale il decreto impugnato era stato emanato, sarebbe stata abrogata dalle norme di attuazione contenute nel d.P.R. 1182 del 1949 e, comunque, avrebbe dovuto essere dichiarata, in via incidentale, costituzionalmente illegittima. In conseguenza, con tale ricorso, si chiedeva che previa sospensione della sua esecuzione, l'impugnato decreto venisse annullato. Si costituiva in giudizio il Presidente della Regione siciliana, il cui patrocinio eccepiva: che doveva escludersi l'abrogazione sia espressa, sia tacita del decreto legislativo regionale 15 ottobre 1947, n. 86, e relativa legge di ratifica, per effetto delle norme di attuazione dello Statuto (1) Con sentenza pari data n. 247 la Corte ha conseguenzialmente dichiarato che non spetta alla Regione siciliana.il potere di istituire e ricostituire Comitati regionali per il coordinamento e la disciplina dei prezzi nell'ambito della Regione e ha annullato il decreto del Presidente della Regione siciliana 25 novembre 1974, n. 152/A, con il quale stato ricostituito il Comitato regionale dei prezzi per il coordinamento e la disciplina dei prezzi nell'ambito della Regione siciliana . Sul rapporto tra competenze statali e competenze comunitarie in tema di prezzi si rinvia a FAVARA, I regolamenti comunitari tra Corte costituzionale e Corte di giustizia delle Comunit europee, in questa Rassegna, 1976, numero sesto, ove altre indicazioni. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE speciale, in materia di industria e commercio, adottate con il d.P.R. n. 1182 del 1949; che la disciplina dei prezzi rientra nella materia dell'industria e commercio per la quale la Regione, ai sensi dell'art. 14 dello Statuto speciale, ha competenza legislativa esclusiva e che, quindi, non sussisteva la dedotta illegittimit costituzionale della legge regionale n. 47 del 1948; che non sussistevano le gravi ragioni che potessero giustificare la richiesta di sospensione dell'esecuzione del decreto impugnato. Questa Corte, con ordinanza n. 122 del 1975, respingeva la domanda di sospensione dell'esecuzione. Venuto, poi, alla sua cognizione, per la decisione. nel merito, il ricorso con il quale era stato sollevato il conflitto di attribuzione, la Corte, con altra ordinanza n. 38 in data 19 febbraio 1976, dopo avere esclusa l'abrogazione della legge regionale n. 47 del 1948, per effetto delle norme di attuazione di cui al sopra citato d.P.R. n. 1182 del 1949, sollevava davanti a s stessa questione di legittimit costituzionale, in riferimento agli artt. 14 e 17 dello Statuto speciale della Regione siciliana, del decreto legislativo regionale 15 ottobre 1947, n. 86, e della relativa legge di ratifica 16 dicembre 1948, n. 47. (Omissis)., La tesi fondamentale prospettata dall'Avvocatura dello Stato per sostenere che la materia del coordinamento e della disciplina dei prezzi di esclusiva competenza statale, trova piena conferma non soltanto nella legislazione nazionale vigente' allorch vennero emanati il decreto legislativo regionale n. 86 del 1947 e la legge di ratifica n. 47 del 1948, .ma anche nella ulteriore legislazione nazionale che ha dato alla materia un significativo ampliamento, dal quale maggiormente emerge la preminente natura di interesse nazionale. Intanto, se l'iniziale ripartizione dei compiti tra Comitato interministeriale e Comitati provinciali, presieduti dai prefetti, risultante dal decreto legislativo luogotenenziale 19 ottobre 1944, n. 347, che li aveva istituiti, non esistendo allora neppure regioni a statuto speciale, non poteva avere rilevanza, molto significativo il fatto che i successivi provvedimenti legislativi ed in particolare il dereto legislativo 26 gennaio 1948, n. 98 (emanato cio quando la Regione siciliana era stata costituita ed il relativo Statuto speciale era stato approvato con legge costituzionale}, continua a parlare di Comitato interministeriale e di Comitati provinciali, senza alcun cenno ad intermedi Comitati regionali. Ma che questa omissione non sia accidentale ma voluta, risulta in modo evidente dalla natura delle attribuzioni e dei poteri conferiti a detti Comitati. Si voluto sostanzialmente assicurare un penetrante e globale intervento dello Stato, la cui importanza posta in evidenza dal fatto che il Comitato interministeriale ha sede presso la Presidenza del Consiglio dei ministri ed presieduto dal Capo del Governo. 46 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pi di recente, con la legge 27 febbraio 1967, n. 48, che ha istituito il C.I.P.E. (Comitato interministeriale per la programmazione economica) e con il d.P.R. 30 marzo 1968, n. 626, che ha riordinato le attribuzioni e la composizione dei Comitati dei Ministri aventi competenza in materia econolJ1.ica e finanziaria, si completato (con opportuno coordinamento <:on le attribuzioni del C.I.P.) il quadro di un insieme di potest centralizzate riguardanti non soltanto il coordinamento e la disciplina dei prezzi, ma, in genere, tutto il settore dell'attivit economica e finanziaria ~l.ello Stato, al fine evidente della tutela di interessi quali la staqilit monetaria. la difesa dei salari e dei redditi fissi, gli investimenti, gli scambi con l'estero. Tali interessi hanno evidente e preminente carattere nazionale e, di Conseguenza, i provvedimenti predisposti al loro perseguimento postulano, necessariamente, una correlativa operativit su piano nazionale in tempi e modi uguali su tutto il territorio della Repubblica. Ne consegue che deve escludersi in materia una qualsiasi competenza regionale. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 20 dicembre 1976, n. 248 -Prs. Rossi -Rel. De Marco -Provincia di Bolzano (avv. Coronas) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). Trentino-Alto Adige Interventi per la regolamentazione dei mercati agricoli -Attribuzione statale Limiti. (Statuto Trentino A.A., artt. 4, 5, 8, 9 e 16; d.P.R. 22 marzo 1974, n. 279, art. 8; I. 8 luglio 1975, n. 306). Anche nelle materie rientranti nella potest legislativa esclusiva di Regioni (o Provincie) a statuto speciale, lo Stato pu emanare disposizioni legislative di impulso della anzidetta potest legislativa. (Omissis). -Senonch, l'art. 8 delle norme di attuazione dello Statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige in materia di propriet colturali, caccia e pesca, agricoltura e foreste, approvate con d.P.R. 22 marzo 1974, n. 279, statuisce che resta ferma la competenza degli organi statali in ordine, tra l'altro: ... f) agli interventi per la regolamentazione del mercato agricolo, compresi quelli effettuati in favore di organismi associativi di produttori agricoli . Sul piano di questa normativa deve subito rilevarsi che per quanto attiene alle norme per la determinazione del prezzo di vendita del latte alla produzione non soltanto non ravvisabile la violazione di alcuna delle norme statutarie a riferimento, ma, soprattutto, si verte in materia -coordinamento e disciplina dei prezzi -che, come questa Corte l ha pi volte affermato (da ultimo con la sentenza n. 246 di pari data) r I ~ k I ....,.,.......................,.,........................,................ ............................... --.............................................. .................. ... J PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE appartiene esclusivamente alla competenza statale. Per questa parte, pertanto, il ricorso della Provincia di Bolzano risulta senz'altro infondato. Resta, in conseguenza, da accertar~ se ed entro quali limiti le norme della legge impugnata riguardanti I' incentivazione dell'associazionismo dei produttori agricoli nel settore zootecnico possano trovare fondamenfo nella potest statale di interventi per la regolamentazione del mercato agricolo, compresi quelli effettuati in favore di organismi associativi di produttori agricoli di cui alla sopra riportata lettera f) dell'art. 8 del d.P.R. n. 279 del 1974. Posto nel dovuto rilievo il raffronto tra intitolazione e contenuto della legge impugnata da un lato, e, dall'altro, formulazione della potest della quale il legislatore statale ha evidentemente inteso avvalersi (test riportata lettera f dell'art. 8 del d.P.R. n. 279 del 1974), deve trarsi la conclusione che con il termine incentivazione il legislatore ha inteso significare gli interventi per la regolazione del mercato agricolo compresi quelli effettuati in favore di organismi associativi di produttori agricoli . Ossia impulso alle regioni (o alle. provincie autonome) diretto al fine di indurle all'esercizio della potest legislativa primaria loro spettante per l'attuazione degli organismi associativi di produttori agricoli ritenuti necessari per la regolazione del mercato agricolo. Se cos , risulta evidente che tutto quanto nella legge impugnata esula dal semplice impulso per risolversi in comando imperativo, eccede dal contenuto e dal fine di quanto dispone la pi volte citata lettera f) dell'art. 8 del d.P.R. n. 279 del 1974 e si risolve in una illegittima compressione della potest legislativa primaria spettante, in materia, alla Provincia ricorrente. Conseguentemente, per quanto concerne la Provincia autonoma di Bolzano, vanno dichiarate illegittime le seguenti norme della impugnata legge statale n. 306 del 1975: a) l'art. 2, esclusi i primi due commi; b) l'art. 5, comma primo, limitatamente all'imposizione del termine di sessanta giorni; c) l'art. 6; 'd) i primi due commi dell'art. 7. Entro questi limiti il ricorso deve essere accolto. CORTE COSTITUZIONALE, 20 dicembre 1976, n. 249 -Pres. Rossi . ReJ. De Stefano Commissario dello Stato presso la Regione siciliana (sost. avv. gen. dello Stato Azzariti) c. Regione -siciliana (avv. Sansone). Sicilia Assistenza sanitaria e ospedaliera Blocco delle assunzioni . Casse di soccorso degli autoferrotranvieri Legittimit costituzionale di deroga al blocco predetto. (Statuto Sicilia, art. 17; d.!. 8 luglio 1974, n. 264, artt. 6 e 8). Il blocco delle assunzioni prescritto dagli artt. 6 e 8 del d.l. 8 luglio 1974, n. 264 (avvio della riforma sanitaria) principio generale cui si 48 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO informa la legislazione dello Stato; tuttavia non principio che non tolleri di venir mitigato (1). (Omissis). -La legge della Regione siciliana approvata dall'Assemblea regionale nella seduta del 27 maggio 1975, recante Norme integrative alla legge approvata dall'Assemblea in materia di finanziamento ella spesa e di erogazione dell'assistenza ospedaliera, stata impugnata dal Commissario dello Stato per la Regione siciliana in quanto - col disporre che il divieto, di cui al primo comma dell'art. 8 del d.l. 8 luglio 1974, n. 264, convertito con modificazioni in legge 7 agosto 1974, n. 386, non operi per le Casse di soccorso e malattia dei dipendenti delle aziende regolate dal r.d. 8 gennaio 1931, n. 148, all. B, che si trovino, per carenza di personale, nell'impossibilit di assicurare l'espletamento dei propri compiti istituzionali -il legislatore regionale avrebbe violato l'art. 17 dello Statuto della Regione siciliana, approvato con r.dJgt. 15 maggio 1946, n. 455, per aver oltrepassato i limiti segnati alla potest legislativa concorrente della Regione. -(Omissis). (Omissis). -Devesi dunque riconoscere che la impugnata legge persegue quella finalit di valutazione e soddisfacimento di peculiari interessi nell'mbito regionale, indicata dall'art. 17 dello Statuto, se vero che -come ha gi affermato questa Corte con la sentenza n. 97 del 1974 -la Regione siciliana, nell'esercizio della potest legislativa concorrente, tenuta a rispettare i princpi e gl'interessi generali cui informata la legislazione dello Stato, ma non affatto obbligata a ripeterne pedissequamente le norme, alle quali essa pu e deve introdurre quelle variazioni utili ad adattare le leggi nazionali alle condizioni particolari ed agl'interessi propri della Regione medesima. Nel che -concludeva la menzionata sentenza - la ragione, la portata e il limite della stessa legislazione concorrente . Merita ancora di essere osservato che, in seno alle Casse anzidette, a mente dell'art. 4 del loro statuto tipo (all. B del citato r.d. n. 148 del 1931), il servizio di contabilit e cassa assolto gratuitamente dall'azienda, onde da presumere che la ipotesi della carenza di personale possa ricorrere solo per quello sanitario. cui demandato l'accertamento delle malattie e la cura degli agenti e dei loro familiari tart. 7 dello statuto tipo, nel testo modificato dall'art. 5 della legge 1 agosto 1941, n. 1063). E da ultimo va sottolineato che, nel responsabile esercizio dei poteri di (1) La sentenza s~ collega al precedente Corte cost. 22 luglio 1976, n. 191, in questa Rassegna, 1976, I, ... Sulle Casse in questione anche le sentenze 21 gennaio 1967, n. 3, in Giur. cost., 1967, 37, e 30 dicembre 1972, n. 220, in questa Rassegna, 1973, I, 113. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 49 tutela e vigilanza ad essa spettanti, l'Amministrazione regionale non mancher certamente, in accordo con . gli organi sindacali delle stesse Casse, di controllare che effettivamente sussista quell'assoluta impossibilit di funzionamento voluta dalla legge impugnata, non ricorrendo la quale operer nella sua pienezza il divieto sancito dalla norma statale. Conclusivamente, sulla base delle esposte considerazioni, la Corte ritiene che la denunciata legge non obbia violato l'art. 17 dello Statuto siciliano, sotto il profilo dedotto con il ricorso jn epigrafe. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 29 dicembre 1976, n. 259 (cam. cons.) -Pres. Rossi -Rel. Amadei. Dogana -Confisca delle cose oggetto di contrabbando -Cose appartenenti a terzi -Illegittimit costituzionale. (Cost., art. 27; I. 25 settembre 1940, n. 1424, art. 116; d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 301). Sono costituzionalmente illegittimi l'art. 116, primo comma, della legge 25 settembre 1940, n. 1424, e l'articolo 301 del d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, nella parte in cui non prevedono la esclusione della confisca per le cose oggetto del reato di contrabbando che siano state illegittimamente sottratte a terzi, quando tale sottrazione risulti giudizialmente accertata (1). (Omissis). -Venendo all'oggetto della presente causa da rilevare, anzitutto, che palese il contrasto con l'art. 27 della Costituzione, poich, mentre questo afferma la personalit della responsabilit penale, l'art. 116 della legge doganale e l'art. 301 del t.u. delle disposizioni in materia doganale contengono delle evidenti previsioni di responsabilit oggettiva, poich prescindono del tutto dalla valutazione dell'elemento psicologico nella condotta del soggetto e comminano la confisca delle cose destinate a commettere il reato, Senza tener conto alcuno della loro appartenenza. E ci anche se vero che possono esservi delle cose per le quali si pu configurare una illiceit oggettiva in senso assoluto (art. 240 c.p.), che prescinde, pertanto, dal rapporto col soggetto che ne dispone, e che debbono essere confiscate presso chiunque le detenga a qualsiasi titolo. Questo, per, rappresenta un profilo del tutto particolare, atipico, ma non estraneo alla logica del sistema e ai criteri a cui si ispira la prevenzione sul piano generale e di cui le misure di sicurezza patrimoniali costituiscono un aspetto. (1) La sentenza si collega al precedente Corte Cost. 17 luglio 1974, n. 229, in questa Rassegna, 1974, I, 1330. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO Con la menzionata sentenza, la Corte ha preso in esame, entro i confini dell'ordinanza cos come allora motivata, la sola questione della confisca di cose appartenenti a terzi ai quali si sarebbe potuto imputare un difetto di vigilanza. Nella presente causa il problema diverso: non si tratta, infatti, di cose appartenenti a terzi estranei al reato, che avrebbero potuto esercitare una pi vigile attenzione, bens di cose (costituenti l'oggetto del reato doganale) che al terzo furono dolosamente sottratte. Cos essendo, pertanto, non pu assolutamente essere addebitata al proprietario una responsabilit personale, n pu appagare la responsabilit obiettiva che, ingiustamente posta a suo carico, ha dato causa al provvedimento di confisca di cose che, al proprietario sottratte, hanno poi formato oggetto di violazione di norme doganali. Questa Corte, tuttavia, precisa che siffatta sottrazione debba risultare da pronuncia giudiziale. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 29 diembre 1976, n. 260 -Pres. Rossi -Rel. Astuti -Lucisano e altri (avv. Silvestri), Consorzio per il nucleo di industrializzazione di Reggio Calabria (avv. Nicol e Sorrentino), Presidente Consiglio dei Ministri e Ministero dei lavori pubblici (sost. avv. gen. dello Stato Carafa). Mezzogiorno -Aree e nuclei di sviluppo industriale -Imposizione di vincoli sulla propriet privata -Necessaria la prefisslone di un termine di durata. (Cost. art. 42; d.P.R. 30 giugno 1967, n. 1523, artt. 146 e 147). L'imposizione dei vincoli di destinazione conseguenti dall'approvazione dei piani regolatori delle aree e dei nuclei di sviluppo industrale di. cui all'art. 146 del d.P.R. 30 giugno 1967, n. 1523 determina il venir meno non tanto della possibilit di utilizzazione a scopo edilizio residenziale quanto della possibilit di miglioramento e trasformazione delle colture agricole, e contrasta con l'art. 42 Cost. in quanto avvenga in mancanza d'una precisa determinazione della durata dei vincoli stessi. Pertanto, l'art. 147 primo e ultimo comma del citato d.P.R. costituzionalmente illegittimo, nella parte in cui dette norme, senza prevedere un indennizzo, consentono che vincoli di destinazione preordinati all'espropriazione siano imposti sui beni di propriet privata dai predetti piani, senza prefissione di un termine di durata. (Omissisione). -Preliminarmente all'esame della questione occorre considerare il contenuto e gli effetti dei piani regolatori delle aree e dei nuclei di sviluppo industriale, la cui formazione disciplinata dall'art. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 146 del t.u. delle leggi sul Mezzogiorno, approvato con d.P.R. 30 giugno 1967, n. 1523. Si tratta di piani regolatori di tipo speciale, che i consorzi previsti dall'art. 144 debbono redigere seguendo, in quanto applicabili, i criteri e le direttive di cui all'art. 5 della legge 17 agosto 1942, n. 1150; questi piani, una volta approvati, per espressa disposizione dell'art. 146, sesto comma, producono gli stessi effetti giuridici dei piani territoriali di coordinamento previsti dalla legge urbanistica. Conseguentemente, a norma dell'art. 6 di detta legge, anche questi piani hanno vigore a tempo indeterminato; e comportano per i comuni il cui territorio sia compreso in tutto o in parte nell'ambito di un comprensorio prescelto come zona di sviluppo industriale, l'obbligo di uniformare alle loro indicazioni i rispet~ tivi piani regolatori e strumenti urbanistici. D'altra parte, i piani regolatori delle aree e dei nuclei di sviluppo industriale possono anche incidere direttamente sui diritti' ed interessi dei privati, con la imposizione di vincoli di destinazione per le aree di loro propriet, in vista dell'espropriazione. I piani contengono anzitutto l'indicazione e localizzazione delle opere occorrenti per l'attuazione delle iniziative di cui l(lgli artt. 144 e 150, ossia delle opere di attrezzatura delle zone, sistemazione dei terreni, costruzione di infrastrutture, impianti e servizi, nonch di tutte le altre opere d'interesse generale idonee a favorire l'insediamento industriale, comprese quelle portuali ed aeroportuali. Le opere indicate dai piani, la cui esecuzione attribuita dalla legge in parte alla competenza della Cassa per il Mezzogiorno ed in parte ai consorzi sulla base delle norme per essi vigenti (art. 149), sono dichiarate di pubblica utilit, urgenti e indifferibili, per espressa disposizione dell'art. 147, primo comma. Inoltre, il nono ed ulti,mo comma dello stesso art. 147, che regola la procedura per le espropriazioni, stabilisce testualmente che nelle aree e nei nuclei di sviluppo industriale il consorzio pu promuovere l'esproprio di immobili, oltre che al fine dell'attrezzatura della zona, anche allo scopo di rivenderli o cederli in locazione per l'impianto di nuovi stabilimenti industriali e di pertinenze connesse, salvo il diritto degli espropriati alla restituzione, qualora gli immobili non siano utilizzati per lo scopo prestabilito entro 5 anni dal decreto di esproprio . pertanto indubbio che questi piani costituiscono strumenti complessi di programmazione, e contengono non soltanto indicazioni di carattere direttivo, ma anche statuizioni immediatamente precettive; le quali "(come conferma altres l'applicabilit delle misure di salvaguardia nel corso del procedimento di approvazione dei piani, prevista dal terzo comma dell'art. 146), possono avere diretta ed immediata incidenza sugli interessi dei proprietari di aree incluse nel perimetro dei piani, nella misura in cui impongano vincoli di destinazione, con la concreta individuazone. di beni soggetti ad esproprio per l'esecuzione di opere di pubblica utilit, ovvero per l'insediamento di determinati impianti industriali. 52 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -Scendendo all'esame della questione di cui causa, appare evidente che l'imposizione di vincoli di destinazione, preordinati all'espropriazione, sopra immobili di propriet privata, quale consegue all'approvazione del piano regolatore di un'area o nucleo di sviluppo industriale, determina, di regola, una immediata limitazione dei poteri di godimento e disposizione, che si concreta non tanto nel venir meno della possibilit di utilizzazione a scopo edilizio residenziale (poich trattasi generalmente di zone a carattere rurale, esterne al perimetro dei centri abitati e non urbanizzate), quanto nella menomazione della possibilit e convenienza pratica di investimenti a scopo di miglioramento o trasformazione delle colture agricole esistenti e di sviluppo d'ogni altra iniziativa o attivit economica diversa dall'insediamento industriale. Tuttavia, a giudizio di questa Corte, non si pu affermare in via generale che le limitazioni dei poteri di gqdimento e di disposizione conseguenti, per i privati proprietari, alle prescrizioni immediatamente opera . tive del piano regolatore di un'area o nucleo di sviluppo industriale, assumano senz'altro carattere espropriativo, e quindi richiedano. di per s la previsione di un indennizzo: e ci proprio perch trattasi di vincoli temporanei, imposti in vista della espropriazione. Il contrasto con il principio sancito dal terzo comma dell'art. 42 Cost. si verifica non per effetto della imposizione dei vincoli, bens per effetto della mancanza d'una precisa determinazione della durata dei vincoli stessi. Sotto questo profilo ed in questi circoscritti termini, meritano accoglimento le considerazioni svolte dall'ordinanza di rimessione, per cui, trattandosi di vincoli certamente temporanei, in quanto preordinati all'espropriazione, a causa della incertezza sul quando, ed anche sull'an del futuro trasferimento, viene ad essere disgiunta, illimitatamente ed irrazionalmente, la sottomissione immediata del bene al vincolo dal compenso per la sua perdita. precisamente la efficacia a tempo indeterminato che conferisce ai vincoli di cui trattasi carattere e contenuto espropriativo, nel difetto di qualsiasi possibilit di previsione circa la data della futura espropriazione, che potrebbe anche non verificarsi, e senza apprezzabile indennit per l'immobilizzo conseguente al vincolo, per quanto protratto nel tempo. -(Omissis). (Omissis). -Per quanto concerne i piani regolatori delle aree e nuclei di sviluppo industriale previsti dal t.u. delle leggi sul Mezzogiorno, occorre tener presente che la loro attuazione non richiede la successiva formazione ed approvazione di piani particolareggiati di esecuzione, potendosi direttamente procedere alle espropriazioni, secondo le norme dettate dall'art. 147, sulla base delle indicazioni contenute nei piani. Di fatto, nel caso di specie, le norme di attuazione del piano regolatore territoriale del nucleo di industrializzazione di Reggio Calabria stabiliscono all'art. 7 PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE che le opere previste dal piano regolatore sono attuate mediante progetti esecutivi redatti sulla base delle planimetrie di piano riguardanti sia l'aspetto generale che i singoli agglomerati industriali, mentre gli artt. 10 e seguenti enunciano le prescrizioni di zona, relative alle diverse zone contenute e definite entro il perimetro degli agglomerati, per le quali il piano ha valore normativo immediato . Di fronte a tale situazione, mentre ovvio e naturale che questi piani, nella parte in cui contengano direttive e previsioni di lungo periodo, debbano aver vigore a tempo indeterminato, al pari dei piani territoriali di c.oordinamento e dei piani regolatori urbanistici, essendo la loro attuazione necessariamente graduale nel corso dei decenni, non sussiste invece giustificazione razionale per cui anche le prescrizioni o indicazioni direttamente incidenti su beni determinati, con l'imposizione di vincoli di destinazione preordinati all'espropriazione, debbano avere efficacia senza limite di tempo, nell'attesa di future espropriazioni che potrebbero anche essere lungamente differite, o non avvenire. Appare invece conforme alle pi evidenti esigenze di contemperamento tra gli interessi pubblici e quelli privati (che ai primi debbono soggiacere solo per motivi di utilit generale, e nei limiti da questa richiesti), nonch ad ovvii criteri di buona e ordinata amministrazione, che i programmi di sviluppo delle zone destinate alla localizzazione di imprese industriali vengano formati sulla base di prudente valutazione dei tempi tecnici occorrenti e dei mezzi finanziari disponibili per la effettiva esecuzione delle infrastrutture, dei servizi e degli impianti, in correlazione con le richieste di insediamento di nuovi stabilimenti industriali. Nei piani potr essere inserita anche la previsione di opere eventualmente programmate nel lungo periodo, con riguardo a possibili maggiori sviluppi futuri, ma non pare ammissibile .che l'esecuzione delle opere riconosciute di immediata necessit, dichiarate dalla legge non solo di pub. blica utilit ma anche indifferibili ed urgenti, possa essere decisa impo nendo alla propriet privata vincoli di destinazione immediatamente ope rativi, senza la indicazione di un termine per l'effettiva esecuzione, e quindi per le conseguenti espropriazioni. (Omissis). -Per quanto concerne la misura delle indennit -di cui peraltro non si contende nel presente giudizio -occorre rilevare che sebbene l'art. 147, settimo comma, ne preveda la determinazione ai sensi della legge 18 aprile 1962, n. 167, modificata dalla legge 21 luglio 1965, n. 904 , (la quale ultima, all'art. 1, dispone la corresponsione ai proprietari espropriati, in aggiunta all'indennit, di una somma pari al due per cento dell'importo medio degli indennizzi per ogni anno o frazione di anno dalla data di approvazione del piano a quella del decreto di esproprio), legittimo il dubbio circa la perdurante applicabilit, nella fattispecie di cui causa, di queste disposizioni, posto che l'art. 39 della 54 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 22 ottobre 1971, n. 865, ha espressamente abrogato gli artt. 12 e seguenti della legge n. 167 del 1962 e successive modificazioni, ed inoltre la legge 27 giugno 1974, n. 247, ha stabilito che le disposizioni del tit. II della legge n. 865 del 1971 relative alla determinazione dell'indennit di espropriazione si applicano a tutte le espropriazioni comunque preordinate alla realizzazione di opere o di interventi da parte dello Stato, delle Regioni, delle provincie, dei comuni o di altri enti pubblici o di diritto pubblico, anche non territoriali. Sono d'altra parte veramente fuori luogo le ipotesi circa i vantaggi che avrebbero i proprietari dei terreni vincolati dai piani, qualora le previste espropriazioni fossero rinviate sine die, o non mai pronunciate. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 29 dicembre 1976, n. 262 -Pres. Rossi -Rel. Rossano Ponti (avv. Agostini). Previdenza e assistenza -Assicurazione contro gli infortuni sul lavoro Lavoratori agricoli autonomi -Esclusione dei lavoratori di et supe riore a 70 anni -Illegittimit costituzionale. (Cost., art. 3; d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 205). Per apprezzare la razionalit o meno di una qiseguaglianza, la Corte costituzionale pu valorizzare la relazione di un disegno di legge non pervenuto alla approvazione ad opera del Parlamento. Non razionale la diversit di trattamento, per motivi d'et, tra lavoratori agricoli autonomi e altri lavoratori autonomi, quanto all'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (1). (Omissis). -Questa diversit di trattamento, per motivi d'et, tra lavoratori agricoli autonomi e altri lavoratori autonomi, quali gli artigiani, non fondata su presupposti logici obiettivi, i quali razionalmente ne giustifichino l'adozione. Invero, la situazione dei lavoratori agricoli autonomi e quella di altri lavoratori indipendenti, quali gli artigiani, sono da considerare, quanto alla detta et, ragionevolmente simili. Sono entrambe categorie di lavoratori indipendenti, n la denunziata disparit di trattamento pu considerarsi basata sulla diversa natura delle due attivit, artigianale e agricola, dato che nella materia in esame occorre avere riguardo al rischio. Il rischio non ha spiccate caratteristiche diverse, dato che la probabilit di eventi dannosi non pu ritenersi maggiore nello svolgimento di attivit. (1) Si richiama l'attenzione sulla prima parte della massima. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE da parte dell'artigiano indipendente, che non sempre adopera mezzi pm pericolosi di quelli utilizzati dal lavoratore agricolo autonomo. . E la dottrina da tempo aveva auspicato l'abolizione del suddetto ' limite massimo, per la tutela assicurativa, in considerazione delle caratteristiche e delle esigenze dell'ambiente socio-economico dell'agricoltura. L'utilizzazione degli ultrasettantenni era ed determinata dalla necessit, per la crisi dell'agricoltura, delle famiglie contadine di ridurre le spese, evitando il ricorso alla mano d'opera estranea. Del resto lo stesso legislatore, sia pure nel 1972, ha riconosciuto priva di giustificazione la denunciata diversit di trattamento tra lavoratori agricoli ed altri lavoratori. Nella rela:lione sul disegno di legge n. 232 -Senato, VI Legislatura -divenuto legge 8 agosto 1972, n. 457, si pone in evidenza che il disegno di legge affronta, risolvendolo, il problema del divario di trattamento previdenziale ed assistenziale dei lavoratori: viene posto finalmente sullo stesso piano chi lavora nelle industrie e chi lavora nei campi e si consente a quest'ultimo di non avere per l'avvenire alcun sentimento di dequalificazione rispetto a chi opera negli altri settori produttivi... . E nel disegno di legge si indica, tra i fini da perseguire, anche quello dell' eliminazione dei limiti di et per l'obbligo assi. curativo contro gli infortuni... . Le considerazioni che precedono danno per ci fondamento alla questione di legittimit costituzionale, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dell'art. 205, comma primo, d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, nella parte in cui esclude che i lavoratori agricoli autonomi di et superiore .ai settanta anni siano soggetti all'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 29 dicembre 1975, n. 275 -Pres. Rossi -Rel. De Stefano -Bianchi (avv. Capanna). Pensioni -Dipendente civile dello Stato -Riwtione di servizio -Trattamento supplementare di quiescenza -Opzione del dipendente. (Cost., art. 36; d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 133). Contrasta con l'art. 36 Cost. il combinato disposto degli artt. 112 e 118, comma secondo, del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato, approvato con il d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, nella parte in cui non prevede, per il caso di cui all'art. 133, comma secondo, lett. c) dello stesso testo unico, la corre. sponsione, in aggiunta al maggiore trattamento di quiescenza che sarebbe .spettato sulla base del solo servizio precedente, di un trattamento supplementare di quiescenza per il successivo periodo di servizio, da liqui RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 56 darsi secondo le vigenti disposizioni, limitatamente a quella parte di detto servizio che, sommato al precedente, non oltrepassi il limite massimo pensionabile. (Omissis). -Nella grande maggioranza dei casi la riunione del nuovo con il precedente servizio costituisce -come giustamente osserva il giudice a quo -un notevole beneficio, tanto che l'art. 112 del testo unico la qualifica come un diritto dei pensionati, ed il successivo art. 131 offre al personale, cui sia consentito il cumulo, la facolt di optare, invece, per tale riunione, presentando domanda ai sensi dell'art. 151. Invero, il passaggio del dipendente statale da una carriera all'altra implica quasi sempre un miglioramento del trattamento economico, e quindi una pensione pi favorevole, visto che questa, per il menzionato art. 112, viene liquidata in base allo stipendio goduto alla data della cessazione definitiva. Ci non togile che in talune, sia pure non frequenti, ipotesi la riunione possa condurre, al contrario, ad un trattamento definitivo di quiescenza meno favorevole di quello che sarebbe spettato sulla base del solo primo rapporto: come pu accadere -secondo quanto prospetta l'ordinanza -nel caso di passaggio di sottufficiali all'impiego civile. N a tale inconveniente offre congruo riparo il secondo comma dell'art. 118, disponendo, come si detto, che il trattamento di quiescenza non pu essere inferiore a quello che sarebbe spettato in relazione al servizio precedente. In tale guisa, infatti, si impedisce possa concretarsi la paradossale situazione in cui verserebbe il sottufficiale che, dopo aver prestato l'ulteriore servizio civile, si vedesse addirittura soggetto ad una riduzione della pensione che avrebbe potuto liquidare in ragione del solo servizio militare; ma non si evita il verificarsi di un'assoluta irrilevanza, in ordine al conclusivo trattamento di quiescenza, dello stesso servizio civile, pur ex se pensionale e come tale assoggettato alla ritenuta di legge. N va sottaciuto che siffatta irrilevanza consegue ad una riunione, non voluta dall'interessato a seguito di libera opzione, ma imposta per effetto del divieto di cumulo sancito dalla lett. c) del comma secondo dell'art. 133 dello stesso testo unico. Ben vero che -secondo quanto ritenuto da questa Corte con le sent. enze n. 105 del 1963 e n. 155 del 1969 -il divieto del cumulo tra pensione e stipendio, o la riduzione del trattamento di pensione in concorso con un trattamento di attivit, non appaiono costituzionalmente illegittimi, atteso che la funzione previdenziale della pensione non si esplica, o almeno viene notevolmente ridotta, quando il lavoratore si trovi ancora in godimento di un trattamento di attivit. Ma da ci non pu farsi discendere come rigorosa ed imprescindibile conseguenza che il trattamento di quiescenza debba essere unico per tutto il servizio utile, pur se comporti la mancata valutazione di parte di esso, che normalmente sarebbe invece computabile. N va al riguardo trascurato che uno dei PARTI; I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE presupposti essenziali della liquidazione del trattamento di quiescenza dei dipendenti statali costituito appunto dalla durata complessiva del servizio prestato che, per i civili, normalmente utilizzabile fino ad un massimo di quaranta anni, e che, entro tale limite, di regola decisiv ai fini della misura della pensione. Una volta riconosciuto, per costante giurisprudenza di questa Corte, che la pensione deve essere considerata una forma di retribuzione differita, direttamente legata alla natura ed agli aspetti del lavoro prestato (sentenza n. 176 del 1975), e che la discrezionalit del legislatore ordinario deve in ogni caso rispettare il criterio della proporzionalit rispetto alla qualit e quantit del lavoro prestato durante il servizio attivo (sentenze n. 124 del 1968 e n. 57 del 1973), il combinato disposto delle norme impugnate deve ritenersi in contrasto con il principio della proporzionalit tra prestazione di lavoro e retribuzione, sancita dall'art. 36 della Costituzione, nella parte in cui non prevede, per il caso di cui all'art. 133, comma secondo, lett. c) dello stesso testo unico, la corresponsione, in aggiunta al maggiore trattamento di quiescenza che sarebbe spettato sulla base del solo servizio precedente, di un trattamento supplementare di quiescenza per il periodo successivo, da liquidarsi secondo le vigenti disposizioni, limitatamente a quella parte di detto servizio che, sommato al precedente, non oltrepassi il limite massimo pensionabile. (Omissis). -... combinato disposto degli artt. 112 e 118, comma secondo, del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato, approvato con il d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, nella parte in cui non prevede, per il caso di cui all'art. 133, comma secondo, lett. c) dello stesso unico, la corresponsione, in aggiunta al maggiore trattamento di quiescenza che sarebbe spettato sulla base del solo servizio precedente, di un trattamento supplementare di quiescenza per il successivo periodo di servizio, da liquidarsi secondo le vigenti disposizioni, limitatamente a quella parte di detto servizio che, sommato al precedente, non oltrepassi il limite massimo pensionabile. (Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 5 gennaio 1977, n. 1 -Pres. Rossi -Rel. Elia Di Filippo (avv. Barile e Mellini), Olivieri (avv. Barillaro), Filippucci (avv. Bernardini) e Gospodinoff (avv. Gismondi e Satta). Matrimonio -Tribunali ecclesiastici -Disposizioni legislative riproduttive di norme concordatarie -Irrilevanza di questioni di costituzionalit. (Cost., artt. 2, 3, 7, 24, 25 e 101; 1. 27 maggio 1929, n. 847, art. 17). Deve distinguersi tra disposizioni di derivazione concordataria in senso proprio (l. 27 maggio 1928, n. 810) le quali godono della copertura costi 58 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO tuzionale fornita dall'art. 7 comma secondo Cost. e la cui legittimit costituzionale pu essere valutata soltanto in relazione ai principi supremi dell'ordinamento costituzionale, e disposizioni di derivazione concordataria in senso lato (l. 27 maggio 1929, n. 847 e 848) le quali invece sono leggi ordinarie la cui legittimit costituzionale deve essere verificata in riferimento a tutti i singoli precetti della Costituzione nonch eventualmente anche alle norme del Concordato in vigore. V' sostanziale corrispondenz~ di proposizioni normative tra i commi quinto e sesto dell'art. 34 del Concordato del 1929 e l'art. 17 della l. n. 847 del 1929 (nella parte in esame); pertanto le questioni relative alla legittimit costituzionale di questo articolo risultano irrilevanti (1). (Omissis). -In primo luogo deve essere identificato il thema decidendum: questo consiste nell'accertamento della legittimit costituzionale dell'art. 17 della legge 27 maggio 1929, n. 847, nella parte in cui imporrebbe di rendere esecutivi nell'ordinamento italiano sentenze e provvedimenti di tribunali ed autorit ecclesiastiche emessi in violazione di principi supremi del nostro ordinamento costituzionale. Ma le questioni proposte, proprio perch sollevate in relazione all'art. 17, debbono essere dichiarate irrilevanti. In effetti, per la sostanziale (e quasi letterale) corrispondenza di proposizioni normative -nella parte che qui interessa -tra l'art. 17 legge n. 847 del 1929 e i commi quinto e sesto dell'art. 34 del Concordato fra la Santa Sede e l'Italia (reso esecutivo con l'art. 1 della legge 27 maggio 1929, n. 810), qualunque dovesse essere la pronuncia nel merito in ordine alle denunziate illegittimit, rimarrebbe egualmente ferma l'applicabilit dei precetti contenuti nei commi quinto e sesto deU'art. 34 del Concordato: poich cadute le proposizioni normative dell'art. 17, che riproducono quelle dell'art. 34, resterebbero in vigore le norme corrispondenti contenute nei commi quinto e sesto dell'art. 34 stesso, cos come sono state immesse nell'ordinamento italiano dal citato art. 1 della legge n. 810 del 1929. Il caso assai simile ad altro gi deciso da questa Corte nel senso della irrilevanza (sentenza n. 108 del 1957). (1) Le motivazioni della sentenza e dell'ordinanza n. 2 del 1977 sono integralmente pubblicate in Foro it., 1977, I, 5, con nota di LENER e indicazioni delle ordinanze di rimessione e degli scritti da esse suscitati in dottrina. In materia concordataria e in genere di rapporti tra Italia e Santa Sede, cfr. anche Corte cost. 1 marzo 1971, n. 30, 31 e 32 (in questa R~segna, 1971, 244), 2 febbraio 1972, n. 12 (ivi, 1972, 15), 29 dicembre 1972, n. 195 (ivi, 1973, 7474), e 11 dicembre 1973, n. 175 e 176 (ivi, 1974, 49). Cfr. anche LA RANA, Art. 7 cost:. e super-principi dell'ordinamento costituzionale italiano, in Dir. giur., 1975, 174. ,L'iter logico della sentenza qui in rassegna simile, oltre che a quello seguito nella sentenza n. 108 del 1957 (in Foro it., 1957, I, 1358), a quello seguito nella sentenza n. 205 del 1976 (in questa Rassegna, 1976, 709). PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE Pi analiticamente: mentre le altre disposizioni delle leggi di applicazione del Concordato (nn. 847 e 848 del 1929) contengono in genere norme attuative, strutturalmente autonome, quand'anche complementari (si tratta di norme di derivazione concordataria in senso largo da tenere ben distinte dalle norme di derivazione concordataria in senso stretto o proprio, immesse nel nostro ordinamento con la legge n. 810 del 1929), l'art. 17 della legge n. 847 del 1929 costituito prevalentemente da proposizioni che riproducono, come si gi detto, le formule dei commi quinto e sesto dell'art. 34 del Concordato, trasponendole nel linguaggio del diritto italiano: in altre parole si esplicitava testualmente quanto era gi passato nel diritto interno con l'ordine di esecuzione contenuto nell'art. 1 della legge n. 810 del 1929. Ci fu richiesto in termini assai netti in sede parlamentare, proprio perch la lettera dell'articolo fosse pi aderente a quella della disposizione concordataria (Atti Camera dei Deputati, tornata del 14 maggio 1929, pag. 244). Risulta quindi inesatta l'affermazione contenuta nell'ordinanza delle Sezioni Unite della Cassazione (e fatta propri~ sostanzialmente dalle Corti d'appello) che l'art. 17 rende operante la rinunzia dello Stato all'esercizio della giurisdizione a favore dell'ordinamento canonico, in quanto la riserva a favore del giudice ecclesiastico si era gi prodotta con la inserzione nel nostro ordinamento dei commi quarto e seguenti dell'art. 34 Concordato, cos come disposta in forza del precitato art. 1 legge 810 del 1929. La corrispondenza del contenuto normativo non toglie per che diversa si presenti, nella gerarchia delle fonti, la posizione degli atti che contengono le norme stesse e, di riflesso, il grado di queste. Invero, le disposizioni dell'art. 34 Concordato e della legge n. 810 del 1929 ebbero a godere in passato detta speciale garanzia conseguita in base all'applicazione dell'art. 12 della legge 9 dicembre 1928, n. 2963, e godono attualmente della copertura costituzionale fornita dall'art. 7, secondo comma, Cost.; l'art. 17, invece (com.e tutte le disposizioni delle leggi nn. 847 e 848 del 1929), contiene norme che risultano da una legge ordinaria nel senso pi proprio della espressione, la cui legittimit costituzionale non deve essere necessariamente valutata soltanto in relazione ai principi supremi dell'ordinamento costituzionale, ma verificabile in riferimento a tutti i singoli precetti della Costituzione, nonch eventualmente anche alle norme dello stesso Concordato. -(Omissis). SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA COMUNITARIA SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE, 7 dicembre 1976, nella causa 23/76 -Pres. Kutscher -Avv. gen. Mayras -S.a.s. Pellegrini (avv. Spozio e Migliazza) c. Commissione delle Comunit europee (sig. Campogrande) e s.p.a. Flexon Italia (avv. Gasparini). Comunit europee Attivit negoziale Scelta del contraente privato . Valutazione delle offerte Misura del prezzo Rilevanza soltanto concorrente. (Trattato CEEA, artt. 146 e 153; regolamento del Consiglio 25 aprile 1973, n. 91, art. 59; cod. civ., art. 1563, secondo comi:na). Comunit europee Atti delle istituzioni comunitarie Ricorso per annui lamento Proponibilit nei soli confronti dell'istituzione che ha emanato l'atto impugnato. (Trattato CEEA, art. 146). In un procedimento di licitazione indetto a norma dell'art. 59 del regolamento del Consiglio 25 aprile 1973, n. 91 (che comporta la scelta dell'offerta giudicata pi rispondente e non prevede che il prezzo offerto debba essere l'unico elemento decisivo) il fatto che la scelta della Commissione sia caduta su un'impresa la cui offerta sia situata ad un livello di prezzo superiore a quello delle altre offerte non costituisce, di per s, uno sviamento di potere (1). Le azioni di annullamento basate sull'art. 146 del trattato CEEA possono essere dirette soltanto contro l'istituzione che abbia emanato l'atto impugnato (2). (1-2) Ancora in tema di giurisdizione della Corte di giustizia delle Comunit Europee. 1. -La sentenza in rassegna va segnalata sia per essere la prima, per quanto consta, resa dalla Corte di giustizia in tema di appalti pubblici, sia per l'interesse delle questioni discusse tra le parti in causa. Suscita perplessit, peraltro, la ritenuta competenza giurisdizionale della Corte di giustizia, oltretutto affermata in ragione della sola ravvisata ricorrenza della formalit prescritta .dall'art. 36, n. 6, del regolamento di procedura, e quindi senza specifica valutazione della reale questione da decidere: quella, cio, sulla idoneit a radicare la giurisdizione della Corte di giustizia di una PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 61 (Omissis). -L'impresa Luigi Pellegrini effettuava, dal 1960, lavori di pulizia nello stabilimento del Centro Comune di Ricerche ad Ispra, originariamente affidatile, a quanto pare, mediante trattativa privata (possibilit prevista dal regolamento finanziario). Nel 1971, il contratto per i lavori di Pl,llizia dello stabilimento veniva concluso mediante il procedimento di licitazione , contemplato dall'art. 52, n. l, del regolamento finanziario del 1968 (G.U. 1968, n. L 199, pag. 1). Il bando aveva la forma di progetto di convenzione, nel quale l'offerente doveva indicare l'elemento prezzo nell'apposito spazio lasciato in bianco. Nell'ambito di tale procedimento, si pu liberamente scegliere l'offerta giudicata pi rispondente tenendo conto del prezzo delle prestazioni, del loro costo di utilizzazione, del loro valore tecnico, nonch delle garanzie professionali e finanziarie presentate da ciascun candidato e del termine di esecuzione (art. 53). La ricorrente presentava un'offerta in debita forma, ma l'appalto veniva attribuito ad un altro offerente, il quale, poco dopo, recedeva dal contratto. clausola contemplata da un progetto di convenzione richiamato da una soltanto delle parti contraenti e non accettato per iscritto dall'altra parte. invero quantomeno discutibile che tale questione pregiudiziale, rimasta senz specifica valutazione, potesse essere risolta in senso positivo, che possa cio una clausola compromissoria (tale, oltretutto, da comportare una deroga all'ordinaria giurisdizione) assumersi valida ed opponibile 'anche quando non risulti espressamente accettata per iscritto da una delle parti contraenti; n appare convincente la soluzione in argomento proposta dall'avv. gen. Mayras (che pur aveva espressamente commentato l'eccezione della Commissione secondo cui la clausola avrebbe dovuto essere stipulata per iscritto e firmata da ciascuna delle parti), non sembrando invero che l'operativit della clausola nei rapporti. costituiti mediante trattativa privata (e sulla base delle lettere di una sola delle parti contraenti) potesse farsi derivare, come aveva sostenuto l'avv. gen. Mayras, dal fatto che l'appaltatore aveva accettato le clausole del. progetto di convenzione quando aveva partecipato alla (precedente ed autonoma) gara del novembre 1971 (nella quale non era oltretutto riuscito a prevalere); cos come non convince, del resto, l'assunto dell'avv. gen. Mayras (volto a superare le prescrizioni formali contemplate all'art. 38, n. 6, del rego lamento di procedura) secondo cui, visto che si tratta di un richiamo espresso, si darebbe prova di eccessivo formalismo col negare ogni validit alla clausola compromissoria per l'unico motivo che il progetto di convenzione stato sem plicemente richiamato nelle lettere che confermavano l'accordo delle parti : rilievo nel quale non appare considerato, quantomeno, che le lettere in que stione erano nella specie sempre e soltanto di una sola delle parti contraenti. 2. -Certamente, e nonostante la rilevabilit di ufficio della questione (espressamente denunciata dall'avv. gen. Mayras), pu aver influito, in concreto, il sostanziale accordo delle parti a riconoscere la competenza giurisdizionale della Corte di giustizia, essendosi invero rimessa alla saggezza della Corte la stessa Commissione CEE, che pur aveva sollevato la questione; e pu anche comprendersi la preoccupazione, implicita nella stessa impostazione difensiva RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 62 La pulizia dello stabilimento veniva allora affidata oralmente, mediante trattativa privata, alla ditta ricorrente. La lettera di conferma di tale accordo, in data 20 dicembre 1971, era del seguente tenore: Facciamo riferimento ai colloqui intercorsi col nostro sig. Sempels per confermarVi l'incarico di effettuare il servizio di pulizia dello Stabilimento durante i mesi di gennaio e di febbraio 1972. Vigeranno le prestazioni definite nel progetto di convenzione nelle Vostre mani e saranno applicabili le tariffe da Voi proposte con la Vostra raccomandata n. 1113 del 27 novembre 1971 . Il progetto di convenzione non veniva completato col nome della societ ricorrente, e non recava n data n firma. Esso contiene i seguenti articoli: Articolo 2 -Durata. La presente convenzione ha la durata di 36 mesi a decorrere dal 1 gennaio 1972. Articolo 3 -Recesso unilaterale. La Commissione pu in qualsiasi momento, con il solo obbligo d preavviso di novanta giorni, notificato mediante lettera raccomandata, e senza alcun obbligo al risarcimento dei danni, recedere dalla presente convenzione. della Commissione CEE, che sui rapporti contrattuali costituiti con le Comunit possano essere chiamati a pronunciarsi, secondo il principio generale stabilito con l'art. 155 del trattato CEEA (e con l'art. 183 del trattato CEE), i giudici nazionali (cfr., in argomento: Corte di giustizia, 11 marzo 1975, nella causa 65/74, PoRRINI, in questa Rassegna, 1975, I, 484, ed ivi nota di commento: Questione di giurisdizione tra giudice nazionale e Corte di giustizia delle Comunit europee). Il criterio con il quale stata affermata la giurisdizione non sembra aderente, tuttavia, ai princpi enunciati dalla Corte di giustizia a proposito dei requisiti richiesti per la opponibilit, ai sensi della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, della clausola contrattuale attributiva di competenza. Con la sentenza 14 dicembre 1976, resa nella causa 24/76, ESTASIS SALOTTI, la Corte di giustizia ha invero affermato che il requisito della forma scritta, stabilito dall'art. 17, primo comma, della Convenzione 27 settembre 1968, concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, nel caso in cui la clausola attributiva della competenza figuri fra le condizioni generali predisposte da una delle parti stampate a tergo del contratto sottoscritto da entrambe le parti, rispettato solo nell'jpotesi in cui nel contratto sottoscritto da entrambe le parti si faccia espresso riferimento a dette condizioni generali >>, precisando anche che nel caso di un contratto stipulato con riferimento a precedenti proposte in cui erano richiamate le condizioni generali predisposte da una delle parti e contenenti la clausola attributiva della competenza, viene 'rispettato il requi PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 63 Articolo 14 -Modifiche della convenzione. Le disposizioni della presente convenzione possono essere modificate solo per iscritto. Articolo 15 -Diritto applicabile e clausola attributiva di giurisdizione. a) La presente convenzione regolata dalla legge italiana. b) La Corte di Giustizia delle Comunit Europee ha giurisdizione sulle controversie tra la Commissione ed il contraente, relative alla presente convenzione. Il 22 febbraio 1972, il 27 febbraio 1973, il 25 giugno 1974 e il 18 settembre 1975 venivano inviate alla ricorrente lettere di tenore analogo a quella del 20 dicembre 1971, ma rispettivamente riguardanti la pulizia dello stabilimento per i mesi di marzo e aprile 1972, marzo 1973, luglio e agosto 1974, e ottobre, novembre e dicembre 1975. In effetti la ricorrente effettuava i lavori di pulizia dello stabilimento, senza soluzione di continuit, fino al 31 gennaio 1976. Il 18 dicembre 1975 la Divisione finanze, bilanci ed approvvigionamenti del CCR inviava alla ricorrente una raccomandava in cui le rimetteva, oltre al capitolato delle condizioni generali applicabili ai contratti di fornitura, due copie del progetto di convenzione relativo al servizio di pulizia, invitandola a presentare un'offerta per la nuova gara di appalto, indetta per gli anni 1976-1977 con proroga eventuale di un anno. La ricorrente presentava regolarmente la propria offerta. sito della forma scritta stabilito dall'art. 17, primo comma, della Convenzione solo qualora il riferimento sia espresso e quindi atto ad essere notato da una parte che usi la normale diligenza '" Con altra sentenza pure del 14 dicembre 1976, resa nella causa 25/76, SEGOURA, la Corte di giustizia ha statuito, inoltre, che i requisiti di forma posti dall'art. 17, primo comma, della Convenzione 27 settembre 1968, concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, sono soddisfatti, nel caso d'un contratto verbale, solo se la conferma scritta del venditore, accompagnata dal testo delle condizioni generali di vendita, accettata per iscritto dal compratore'" rilevando espressamente che il fatto che il compratore non sollevi obiezioni alla conferma unilaterale dell'altro contraente non vale accettazione della clausola attributiva di competenza, a meno che l'accordo verbale non rientri, per le parti del contratto, nell'ambito di rapporti commerciali correnti, disciplinati dalle condizioni d'una di esse contenenti una clausola attributiva di competenza . Con riguardo a tali princpi, riferiti alle norme della Convenzione di Bruxelles ma espressione di criteri generali in tema di clausole compromissorie o comunque derogative della ordinaria competenza giurisdizionale, appare in effetti discutibile che il solo richiamo, e in lettere di una sola delle parti contraenti, alle condizioni del progetto di convenzione potesse render applicabile, senza alcuna espressa accettazione dell'altra parte contraente, la clausola compromissoria contemplata in tale progetto di convenzione; e sarebbe stato 64 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Le condizioni di appalto stabilite nel bando di gara fissavano al 1 gennaio 1976 la data d'inizio dell'esecuzione del contratto. L'ordinatore aveva preventivamente chiesto il parere non obbligatorio della commissione consultiva degli acquisti e dei contratti in merito al contenuto ed al testo del bando di gara, nonch sulla procedura da seguire. Tutti i partecipanti alla gara avevano potuto effettuare una visita d'informazione allo stabilimento, visita nel corso della quale erano state loro fomite le delucidazioni richieste. La fase decisionale comprendeva il parere obbligatorio (art. 62 del rego lamento finanziario) della commissione consultiva degli acquisti e dei contratti. Il direttore dello stabilimento, quale autorit competente a prendere la decisione, si conformava al giudizio di tale commissione. Con raccomandata 15 gennaio 1976, la direzione dello stabilimento di Ispra scriveva alla ricorrente nei seguenti termini: Vi confermiamo la comunicazione fattavi durante il colloquio tenuto in dicembre u.s. riguardante la nostra decisione di concludere il nuovo contratto per le pulizie con la Spettabile Flexon . Siamo stati particolarmente sensibili allo spiccato senso di collaborazione che ha dimostrato la Vostra spettabile Ditta nell'accettare di assicurare le prestazioni fino al 31 gennaio 1976 onde permettere un passaggio di consegne che garantisca la continuit dei lavori . quantomeno opportuno, invece di evitare la questione di fondo, o di limitarne l'esame al solo marginale aspetto procedurale, ravvisare la condizionante accettazione dell'altra parte del rapporto nel fatto stesso di aver questa stessa parte adito la Corte di giustizia. 3. -Nel merito, la decisione aderente al criterio secondo cui l'offerta pi conveniente, quando il prezzo minore non sia a priori indicato come unico elemento di scelta, non necessariamente quella che propone il corrispettivo meno elevato. Com' noto, per gli appalti pubblici oltre un certo importo stata a suo tempo adottata la direttiva del Consiglio CEE 26 luglio 1971, n. 305, la cui mancata tempestiva attuazione da parte della Repubblica italiana ha indotto la Commissione CEE a promuovere un procedimento di infry,zione (nel !'erroneo presupposto, peraltro, che alla direttiva comunitaria si riferisse la legge 2 febbraio 1973, n. 14): procedimento definito dalla Corte di giustizia con la sentenza 26 settembre 1976, resa nella causa 10/76 'tin questa Rassegna, 1976, I, 929). Per la integrale attuazione della direttiva, che gli altri Stati membri hanno in prevalente parte recepito a mezzo di provvedimenti ministeriali o 'anche a mezzo di semplici circolari, stato peraltro gi a suo tempo presentato il disegno di legge n. 652, del tutto analogo a quello n. 3219 gi presentato nella precedente legislatura, ed il cui iter parlamentare in via di definizione. Analoghe disposizioni sono state di recente predisposte, per gli appalti pubblici di forniture, con la direttiva del Consiglio CEE 21 dicembre 1976, n. 62 (CUCE, 15 gennaio 1977, n. L 13; v. anche le due risoluzioni del Consiglio CEE pure in data 21 dicembre 1976, CUCE, 15 gennaio 1977, n. C 11 pag. 1 e pag. 3). 65 PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE Teniamo ad esprimervi i nostri ringraziamenti per l'ottimo lavoro svolto nel passato nonch la positiva collaborazione prestata in ogni circostanza , Il parere della commissione consultiva degli acquisti e dei contratti, che approva la scelta della societ di Venezia, fa riferimento a due motivi che giustificherebbero tale scelta: solo tale societ si presentava come un'impresa avente una dimensione industriale e commerciale pienamente soddisfacente ed essa sola prevedeva la formazione di personale qualificato. Risulta che l'esecuzione dei lavori di pulizia dello stabilimento da parte della ditta Pellegrini era stata pienamente soddisfacente, e che l'offerta della societ di Venezia (che veniva accettata) era, dal punto di vista del prezzo, superiore a quella della Pellegrini. La Commissione sostiene tuttavia che l'offerta di quest'ultima impresa non era la pi bassa. Con lettera raccomandata 22 gennaio 1976, la ricorrente esprimeva alla Commissione le proprie rimostranze in merito alla decisione di cui sopra. In questo reclamo, si faceva osservare che per i lavori di pulizia dello stabilimento era previsto (art. 3) il recesso unilaterale alla precisa condi zione che venisse dato un preavviso di tre mesi, di cui l'interessata esigeva l'osservanza. La Direzione Generale respingeva tale reclamo con lettera 23 gennaio 1976. 4. Da segnalare, infine, il principio di cui alla seconda massima, con il quale stato escluso che il ricorso per annullamento possa essere proposto nei confronti del controinteressato . Tale criterio, enunciato con riferimento all'art, 146 del trattato CEEA ma ovviamente applicabile anche per i ricorsi previsti dall'identica norma con templata all'art. 173 del trattato CEE, del resto gi desumibile dalle nume rose sentenze rese dalla Corte di giustizia in tema di giustizia amministrativa, ed in particolare su rapporti di pubblico impiego (cfr., da ultimo, sentenza 29 settembre 1976, resa nella causa 105/75, GIUFFRIDA, con la quale un atto di nomina stato annullato senza contraddittorio con il beneficiario del provvedimento, e sentenza 26 ottobre 1976, resa nella causa 130/75, PRAIS, nella quale stata accolta la domanda di intervento del controinteressato (rile vandosi nella decisione che l'interesse dell'interveniente indiscusso, in quanto la sua nomina avrebbe potuto venir annullata). Deve quindi ritenersi che nell'ordinamento comunitario un atto delle istituzioni, anche se riferito a determinati soggetti (assunzione, nomina, promozione, aggiudicazione, et similia), pu essere valutato ed eventualmente annul lato senza che il beneficiario del provvedimento sia nemmeno informato del ricorso e senza alcuna possibilit comunque, in caso di annullamento, di far in qualche modo valere le proprie ragioni: criterio che non pu certo non suscitare perplessit, considerata la sua incompatibilit con la fondamentale esigenza del diritto di difesa che dovrebbe riconoscersi al controinteressato . A.M. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il 9 marzo 1976 la ditta ha proposto il presente ricorso. -(Omissis). (Omissis). -In diritto. Con ricorso pervenuto in cancelleria il 9 marzo 1976, l'impresa Luigi Pellegrini & C. s.a.s., incaricata dal 1960 dei lavori di pulizia presso il Centro ricerche nucleari di Ispra, chiede, in primo luogo, la condanna della Commissione al risarcimento dei danni per aver posto illecitamente fine ai loro reciproci rapporti contrattuali e, inoltre, l'annullamento della decisione con cui la Commissione affidava l'esecuzione dei lavori di pulizia ad un'impresa concorrente. Nel 1971, avendo deciso di porre fine ai suoi precedenti impegni contrattuali, la Commissione bandiva una gara per la conclusione di un nuovo contratto d'appalto, relativo ai lavori di pulizia del suddetto stabilimento, per la durata di trentasei mesi a partire dal 1 gennaio 1972, in base ad w1 progetto di convenzione elaborato dalla stessa Commissione. La ricorrente prendeva regolarmente parte alla gara, ma la sua offerta non veniva accettata. In seguito al fatto che l'impresa prescelta recedeva dal contratto prima ancora di aver cominciato a darvi esecuzione, la Commissione chiedeva verbalmente alla ricorrente .di provvedere alla pulizia dello stabilimento, per i mesi di gennaio e febbraio 1972, secondo i termini e l.e condizioni specificati nel progetto di convenzione . La ricorrente accettava tale proposta e l'accordo cos raggiunto ve niva confermato mediante lettera della Commissione in data 20 dicembre 1971, ove si faceva espresso riferimento 'alle prestazioni definite nel progetto di convenzione . L'accordo veniva successivamente rinnovato pi volte, per rispettivi periodi di uno, due o tre mesi, fino al dicembre 1975. In esito ad una mipva gara d'appalto, cui di nuovo partecipava la ricorrente, la Commissione comunicava verbalmente a quest'ultima, nel dicembre 1975, che una ditta concorrente era risultata vincitrice, ma le chiedeva di continuare ad effettuare le pulizie dello stabilimento durante il mese di gennaio 1976, per facilitare il passaggio delle consegne. Per quanto riguarda la domanda basata sul contratto. Sulla competenza. La ricorrente sostiene che questa Corte competente a pronunciarsi sul primo capo delle conclusioni formulate nel ricorso, in forza della clausola compromissoria contenuta nell'art. 15 del progetto di convenzione . Detto articolo prevede espressamente che la Corte di Giustizia ha giurisdizione, ai sensi dell'art. 153 del Trattato e.E.E.A., sulle controversie, relative alla convenzione, tra la Commissione ed il contraente, mentre per il resto la convenzione retta dalla legge italiana. pacifico fra le parti che l'accordo da esse concluso nel dicembre 1971 implicava attribuzione di giurisdizione a questa Corte. La Commissione, PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE tuttavia, pur dichiarandosi disposta a sottomettersi a tale giurisdizione, ha espresso 9ualche dubbio in merito alla validit formale della clausola relativa alla competenza giurisdizionale. A norma dell'art. 38, paragrafo 6, del regolamento di procedura, le istanze proposte ai sensi dell'art. 153 del Trattato Euratom dovevano essere corredate da una copia della clausola compromissoria. Questa condizione stata soddisfatta nel caso di specie, mediante notifica degli strumenti contrattuali (consistenti nel progetto di convenzione e nella corrispon >. Rin:;tane peraltro da verificare, avuto anche riguardo alla chiara lettera dell'art. 119 del Trattato (ritenuta non preclusiva del principio enunciato nella causa 43/75), e considerata anche la discriminazione che deriva, tra Stati membri e tra cittadini, dai differenti termini di decadenza e di prescrizione vigenti in ciascun ordinamento interno (variabili da quindici giorni a dieci anni), se all'onere finanziario conseguente all'obbligo della restituzione, talora per centinaia e centinaia di iniliardi (ed a carico, in definitiva, degli stessi consumatori che gi l'hanno una volta sostenuto) non possa o debba riconoscersi, anche in considerazione di quanto disposto con l'art. 6, n. 2, del Trattato, la stessa rilevanza attribuita nella causa 43/75 alle pregiudizievoli conseguenze in quella sede venute in discussione; o quantomeno ammettere, in alternativa, che il principio enunciato (sia pure in via eccezionale) nella causa 43/75, proprio perch la Corte di giustizia, come ha rilevato l'avv. gen. Warner nelle conclusioni per le cause in rassegna, con le sue pronunzie dichiara il diritto, ma non lo crea >>, si risolve in effetti in una violazione dell'art. 119 del Trattato. 5. Anche in difetto di una espressa valutazione, deve comunque ritenersi che la Corte di giustizia sia orientata in senso contrario alla soluzione proposta dal Governo italiano, apparendo tale valutazione imposta dalla pregiudizialit della questione rispetto a quella decisa (la cui valutazione avrebbe potuto altri 75 PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE Gli artt. 100 -102 e 235 del Trattamento consentono, eventualmente, di adottare i provvedimenti necessari per ovviare alle divergenze fra le relative disposizioni legislative, regolamentari o amministrative dei vari Stati membri, qualora tali divergenze risultassero atte a provocare distorsioni o a nuocere al funzionamento del mercato comune. In assenza di siffatti provvedimenti di armonizzazione, i diritti attri buiti dalle norme comunitarie devono essere esercitati, dinanzi ai giudici nazionali, secondo le modalit stabilite dalle norme interne. Una diversa soluzione sarebbe possibile soltanto qualora tali modalit e termini rendessero, in pratica, impossibile l'esercizio di diritti che i giudici nazionali sono tenuti a tutelare. Ci non si verifica nel caso della fissazione di ragionevoli termini d'impugnazione, a pena di decadenza. La fissazione di termini del genere, per quanto riguarda le impugnazioni in materia fiscale, costituisce infatti applicazione del fondamentale menti rimanere assorbita); ma non da escludere che la Corte di giustizia abbia occasione di pronunciarsi sulla questione, che stata medio tempore espressamente proposta da giudici nazionali in altri provvedimenti adottati ai sensi dell'art. 177 del trattato CEE. Nel segnalare, sulle varie questioni dibattute in argomeno, le relazioni di HIRSCH, LANGER, VALENTINE, EBERHARD, GONTHIER, FROMONT, CAPELLI, GUARINO-DE CA TERINI, BUITING, MACHERET, KARPENSTEIN e JUNOD, raccolte in La restitution de taxes perues indument par l'Etat; Ginevra, 1976, si ritiene utile trascrivere qui di seguito, a commento della questione proposta, la memoria depositata nel l'interesse del Governo italiano. 7. (Omissis) -Con l'ordinanza sopra indicata il giudice nazionale tedesco ha chiesto di conoscere se la violazione del divieto di applicare tasse di effetto equivalente ai dazi doganali commessa dall'Amministrazione nazionale legittimi il singolo ad invocare il diritto comunitario al fine di far annullare o revocare l'atto amministrativo e/o ottenere il rimborso di quanto ha versato, anche quando l'atto amministrativo non sia pi impugnabile, secondo il diritto nazionale, per scadenza del termine utile; e se la soluzione positiva del quesito sia da adottare quantomeno allorch la Corte di giustizia abbia gi accertato la violazione dell'jndicato divieto. Il giudice nazionale chiede di conoscere, inoltre, se nel caso di riconoscimento del diritto al rimborso le somme riscosse debbano essere restituite con gli interessi, e, nel caso positivo, con quale tasso e con quale decorrenza. La portata generale ed il rilevante interesse di principio delle questioni proposte con l'ordinanza di rinvio inducono il Governo italiano a presentare le presenti brevi osservazioni, per quanto possano concorrere ad una corretta impostazione e soluzione dei quesiti rivolti alla Corte di giustizia. 8. Sulla soluzione negativa dei due primi quesiti non sembra che possano sussistere dubbi; e lo stesso giudice della causa principale, come risulta espressamente evidenziato nella motivazione del provvedimento di rinvio, ha in effetti investito delle questioni la Corte di giustizia solo per la necessit di osservare il principio stabilito dall'art. 177, terzo comma, del trattato CEE, ma senza che a suo avviso sia nella specie ipotizzabile una questione di interpretazione tale da rendere indispensabile un rinvio pregiudiziale. 7 76 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO principio della certezza del diritto, a tutela sia del contribuente, sia dell'amministrazione interessata. La questione va quindi risolta nel senso che, allo stato attuale del diritto comunitario, questo non vieta di opporre a coloro che impugnano dinanzi ai giudici nazionali, per incompatibilit col diritto comunitario, un provvedimento dell'amministrazione nazionale, il mancato rispetto di un termine contemplato dalle norme interne, a condizione che le modalit procedurali dell'azione giudiziale non siano meno favorevoli di quelle relative ad analoghe azioni del sistema processuale nazionale. Sulla seconda questione. La circostanza che questa Corte si sia pronunciata in merito ad una violazione del Trattato non ha .alcuna incidenza sulla soluzione data alla prima questione. Sulla terza questione. Certamente, la esigenza di escludere, sulla base del diritto interno, l'accoglimento di domande relativamente alle quali si siano verificate ipotesi di decadenza o di prescrizione pu comportare, in concreto, che analoghe situazioni soggettive di cittadini comunitari possano risultare diversamente tutelate a seconda della normativa nazionale applicabile; e ci, in particolare, in ragione dei diversi termini di decadenza o di prescrizione contemplati nelle legislazioni nazionali, e della possibile divergente normativa in tema di preclusioni processuali. In difetto di norme comunitarie, tuttavia, deve necessariamente ammettersi che i mezzi e. le modalit di tutela delle situazioni soggettive derivanti in favore dei singoli dal diritto comunitario restano regolati dalla legislazione dei vari Stati membri, cos come dal diritto interno sono del resto tuttora disciplinati i mezzi di tutela e le azioni promosse dai vari Stati membri nei confronti dei singoli, per quanto concerne, in. particolare, Je modalit di riscossione o di recupero dei prelievi comunitari ed in genere la regolamentazione delle situazioni soggettive passive delle quali ri singoli sono tenuti a rispondere sulla base della normativa comunitaria. 9. -La necessit della indicata soluzione appare del resto adeguatamente evidenziata nel provvedimento di rinvio, le cui argomentazioni si ritiene di dover condividere. Non pu non essere considerato, d'altronde, che una differente soluzione, oltre a risultare incompatibile con il criterio gi di norma adottato, come si accennato, relativamente alle situazioni soggettive passive dei singoli, comporterebbe che la tutela dei diritti dei singoli non sarebbe soggetta, per il difetto di norme comunitarie al riguardo, ad alcuna preclusione, decadenza o prescrizione: conseguenza evidentemente in contrasto con fondamentali principi di diritto comuni agli ordinamenti degli Stati membri, e la cui stessa ipotesi conferma la validit della soluzione negativa sopra commentata. 10. -Per quanto concerne, in particolare, l'istituto della decadenza dalla facolt di impugnare l'atto amministrativo (alla quale sembra fare specifico riferimento il giudice della causa principale), va rilevato, inoltre, che la definitivit dell'atto amministrativo, corrispondente per le decisioni giurisprudenziali al giudicato '" preclude, secondo principio comune agli ordinamenti degli Stati membri, ogni possibilit di contestazione in merito alla pretesa che a mezzo dell'atto amministrativo sia stata fatta valere. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 77 Considerata la soluzione data alla prima questione, la terza divenuta priva di oggetto. -(Omissis). II (Omissis). -In diritto. -Con ordinanza 25 maggio 1976, pervenuta in cancelleria il 26 maggio 1976, il College van Beroep voor het Bedrijfsleven ha sottoposto a questa Corte, in forza dell'art. 177 del Trattato C.E.E., una questione pregiudiziale vertente sul se vi siano norme o principi del diritto comunitario che vietino di opporre, a coloro che impugnano dinanzi ai giudici nazionali per incompatibilit col diritto comuntario un provvedimento dell'amministrazione nazionale, il mancato rispetto di un termine contemplato dalla legislazione interna, con la conseguenza che, nonostante Quando l'atto amministrativo non sia stato tempestivamente impugnato, perci, la sua definitivit assume rilevanza assorbente rispetto ad ogni valutazione di merito e preclude, di conseguenza, ogni decisione che non si limiti a dichiarare la decadenza della parte interessata dalla possibilit di rimettere in discussione la pretesa vantata con l'atto amministrativo; e la pregiudizialit della valutazione a tal fine richiesta esclude a priori che il giudice possa esaminare il merito della domanda del singolo e valutare la sussistenza stessa del diritto vantato. Del resto, fin quando mancheranno in argomento norme comunitarie (ipotizzabili, oltretutto, nei soli limiti in cui non investano forme e modalit dei procedimenti giurisdizionali, estranee alla sfera di competenza trasferita con il trattato CEE), non altre norme possono applicarsi, sia in tema di decadenza che in tema di prescrizione, se non quelle proprie di ciascun ordinamento nazionale, tanto pi che un diverso criterio, e quindi l'affermazione della irrilevanza delle norme di diritto interno sui termini di impugnazione dell'atto amministrativo, dovrebbe essere in definitiva applicato, con ulteriori ed altrettanto inammissibili conseguenze, anche relativamente alle preclusioni da giudicato, anche per tali preclusioni potendosi riscontrare divergenze nei sistemi giudiziari di vari Stati membri. 11. -Non sembra necessario, comunque, un ulteriore e pi approfondito esame dei primi due quesiti proposti con il provvedimento di rinvio. Prima facie, invero, alla proposta soluzione negativa dovrebbe essere attribuita rilevanza preclusiva ed assorbente anche rispetto all'esame stesso della terza questione proposta dal giudice della causa principale, risultando evidente, dallo stesso provvedimento di rinvio, che la necessit di accertare se e con quale decorrenza siano dovuti gli interessi sulle somme da restituire perch riscosse in violazione del divieto di applicare tasse di effetto equivalente ai dazi doganali assumerebbe rilievo soltanto nell'ipotesi in cui un obbligo di restituzione potesse dichiararsi nonostante la definitivit dell'atto di imposizione. Secondo una diversa impostazione di principio, che si ritiene di dover segnalare, il rapporto di pregiudizialit tra le varie questioni proposte dal giudice nazionale pu essere peraltro invertito, s da rendere assorbente e preclusiva, invece, la valutazione del terzo quesito, e superflua, di conseguenza, la soluzione delle prime due questioni. 12. -Dal provvedimento di rinvio risulta invero evidente che il giudice nazionale parte dal presupposto che le somme riscosse in violazione del divieto di applicare tasse di effetto equivalente ai dazi doganali debbano essere resti 78 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO il mancato rispetto del termine, il giudice debba dichiarare ricevibile il ricorso e l'amministrazione non possa rifiutare la revoca del provvedimento . La questione stata sollevata nell'ambito di una causa pendente dinanzi al giudice a quo, nella quale l'attrice mira ad ottenere che venga dichiarato indebito il pagamento, da ess effettuato a favore della Produktschap voor Siergewassen (in prosieguo, Produktschap ), convenuta, di determinati tributi (costituenti tasse d'effetto equivalente a dazi doganali all'esportazione, incompatibili con l'art. 16 del Trattato C.E.E. e vietati, d'altra parte, .dall'art. 10 del regolamento del Consiglio 27 febbraio 1968, n. 234, relativo .all'attuazione di un'organizzazione comune dei mercati nel settore delle tuite; ed tale presupposto che deve essere invece verificato, apparendo invero .quantomeno discutibile che la sua validit possa essere affermata, nell'ambito .dell'ordinamento comunitario, a priori, e senza specifica valutazione. Il presente procedimento pregiudiziale di interpretazione assume infatti una rilevanza che trascende il caso di specie, ed in particolare offre l'occasione di prendere in esame .na questione di principio di non indifferente portata, di verificare cio, con indagine necessariamente condizionante, se e per il caso positivo in quali limiti siano le amministrazioni nazionali tenute a restituire somme riscosse in violazione del divieto di applicare tasse di effetto equiva lente ai dazi doganali. 13. Certamente, la soluzione di tale problema pu apparire agevole nell'ambito di ciascun ordinamento nazionale, sulla base delle norme che regolano la condictio indebiti ed in conformit della prospettiva che sotto tale profilo assume rilievo. Si tratta di verificare, tuttavia, se alla stessa prospettiva possa o debba ri manere condizionata la valutazione del problema nell'ambito dell'ordinamento comunitario: criterio di valutazione che induce invero a ritenere, per le ragioni di seguito riassunte, che la restiturione di somme riscosse per diritti riconosciuti di effetto equivalente ai dazi doganali debba ammettersi solo a decorrere dalla sentenza della Corte di giustizia che abbia dichiarato il diritto riscosso di effetto equivalente ai dazi doganali (o eventualmente dalla data della diret tiva adottata dalla Commissione delle Comunit europee ai sensi dell'art. 13, n. 2, del trattato CEE). 14. -Va preliminarmente osservato, a tale proposito, che il concetto stesso di tassa di effetto equivalente ai dazi doganali fu introdotto, invero, solo per ragioni di comprensibile cautela, e senza che la sua portata fosse chiara e definita alle stesse parti contraenti del Trattato; ed sintomatico che ancora nell'accordo di associazione tra la Comunit economica europea e la Grecia ed in altri analoghi accordi di associazione, si ritenne di dover precisare che il sistema dei prelievi non poteva essere considerato come tassa di effetto equivalente ai dazi doganali, e che nella trattazione della causa 37/73 ~a stessa Commissione delle Comunit europee ritenne di dover rilevare che la espressione potrebbe riferirsi, nei pi recenti regolamenti, ad eventuali tasse comunitarie di effetto equivalente ai dazi doganali. Cos come certo che l'ammontare delle varie tasse di effetto equivalente ai dazi doganali applicate dai singoli Stati membri non stato considerato n ai fini di cui all'art. 14 del trattato CEE, n nell'applicazione del criterio ~ stabilito in taluni regolamenti per la determinazione del prelievo dovuto. I --I ,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,=:=:.:=:=C'.=:-'.'.-'.'.-::-:=:'.'.-'.'.'.'.'.'.'.-'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.-'.'.'.'.'.:-'.'.'.'.:'.'.-'.'.-'.'.-'.'.'.'.::-:c----- --- -.-.,... --. I PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 79 piante vive e dei prodotti della floricoltura ed avente effetto a decorrere dal 1 luglio 1968), su talune partite di bulbi e tuberi di piante da fiore, da essa esportate nella Repubblica Federale di Germania durante gli ultimi mesi del 1968 ed i primi mesi del 1969. L'attrice nella causa principale chiede al giudice nazionale di riconoscere il suo diritto ad una compensazione fra le somme indebita~ente i;>:gate e. gl'importi di cui la Produktschap pretende da lei, ad altro titolo, il pagamento. La Produktschap non nega che il tributo in questione sia una tassa d'effetto. qui:valente ad un dazio doganale all'esportazione, ed ammette che le nonne inteirne che ne contemplavano la riscossione rist.tltano, dal 1" luglio 1968; data in cui doveva avere effetto il regolamento n. 234/68, Alla progressiva abolizione delle tasse di effetto equivalente ai dazi doga.aU si sarebbe c;lc>VU,to del resto provvedere, a norma dell'art. 13, n. 2, del trattato C:BE, ad opera degli Stati membri, durante il periodo transi torio '" e secondo un ritmo determinato dalla Commissione delle Comunit e:uropee. coq i;lirettive ispirate alle norme previste dall'art. 14, paragrafi 2 e 3 ed alle direttive del . Consigli in applicazione del . citato paragrafo 2 , In effetti, ed notorio, la Commissione delle Comunit europee ha prov veduto in concreto alla individ:uazione stessa delle tasse di effetto equivalente ai dazi doganali, con analtico esame delle iniposizioni segnalate dai vari Stati membri in risposta ad uno specifico questionario. Non solo, ma poich le risposte al questionario (relativo ai dazi non doganali ed alle. imposte riscosse alriniportazione) risentivano, necessariamente, delle variabili e Contingenti 'ilalUtazitini proprie delle competenti autorit di ciascuno Stato membfo, la Commissione delle Comunit europee ha provveduto alla individuazione delle tasse di effetto equitralente ai dazi/doganali anche a prescindere dalle segnalazioni fornite dagli Stati menbri; e tale lavoro di individuazione, anche se scbno state finora valutate circa 500 fattispecie, e pur essendo il periodo transitorio terminato da vari anni, non stato invero ancora completato, ed appena iniziato, anzi, quanto alle imposizioni dei nuovi Stati membri. _ Per quanto concerne, in particolare, la politica agricola comune, i regolamenti adottati per la instaurazione del :\TI.ercato comune hanno direttamente contemplato la incompatibilit della riscossione delle tasse di effetto equivalente ai dazi doganali con l'applicazione del regimedei prelievi, con normativa entrata in vigore prima ancora che la Commissione adottasse la prima direttiva in materia di tasse di effetto equivalente ai dazi doganali (che del 15 ottobre 1963), e senza alcuna indicazione o specificazione che consentisse la" individua zione stessa delle tasse . alle quali riconoscere tale equivalenza di effetti; . ed pure accaduto, in concreto, che gli stessi competenti servizi della Commissione delle Comunit europee abbiano escluso la ravvisabilit, in determinati diritti riscossi all'importazione, degli estremi della tassa di effetto equivalente ai dazi doganali, per poi pervenire in un successivo momento a differente conclusione; cos come accaduto, ed accade, che nessuna concreta iniziativa sia stata o sia assunta dalla competente Istituzione comunitaria nei confronti di Stati che abbiano applicato o tuttora applichino tasse di effetto equivalente ai dazi doganali, anche in considerazione della opportunit (e si fa riferimento, in particolare, proprio agli oneri relativi ai controlli sanitari) di trovare una soluzione comunitaria dei problemi in discussione. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 80 incompatibili con l'art. 10 di questo testo, articolo che vieta, negli scambi intracomunitari, per quanto riguarda i prodotti dell'agricoltura costituenti oggetto del regolamento, la riscossione di qualsiasi dazio doganale o tassa d'effetto equivalente. Va rilevato, tuttavia, che tale incompatibilit sussiste fin dal 1 gennaio 1962 in forza dell'art. 16 del Trattato, norma che obbliga gli Stati membri ad abolire fra loro, al pi tardi alla fine della prima tappa del periodo transitorio, i dazi doganali all'esportazione e le tasse d'effetto equivalente. quindi accertato che la riscossione dei tributi di cui, con note d'imposta 7 luglio e 19 settembre 1969 e con nota riepilogativa 8 luglio 1971, veniva richiesto il pagamento da parte dell'attrice nella causa principale, era in contrasto col divieto di cui all'art. 16 del Trattato. 15. -Con riguardo a tali precedenti di fatto, viene gi in rilievo una prima prospettiva di indagine, neirambito della quale sembra doversi escludere la imputabilit o comunque la responsabilit degli Stati membri per la mancata abolizione delle tasse di effetto equivalente ai dazi doganali in concomitanza con l'entrata in vigore del regime dei prelievi, ed in genere con le scadenze in argomento contemplate dalle norme comunitarie; e ci soprattutto quando si consideri che solo successivamente la Corte di giustizia ha avuto occasione di precisare, ed attraverso una continua evoluzione della sua giurisprudenza, quali requisiti debbano ricorrere per poter riconoscere una tassa o un diritto riscossi all'importazione di effetto equivalente ai dazi doganali. Considerata anche la diretta ed immediata applicabilit delle norme comunitarie, dovrebbe infatti ritenersi, altrimenti, che ciascun funzionario doganale avrebbe dovuto autonomamente stabilire, quando la stessa Commissione delle Comunit europee nessuna direttiva aveva ancora emanato di quelle riservate alla sua competenza, e nessuna decisione della Corte di giustizia era in argomento intervenuta, quali diritti non dovessero essere pi riscossi con l'entrata in vigore del regime dei prelievi (complicata oltretutto, per taluni prodotti, da deroghe e rinvii), e svolgere quindi, ciascuno di essi (e con risultati ovviamente variabili), una indagine la cui difficolt stata evidenziata nelle numerose controversie successivamente esaminate dalla Corte di giustizia. 16. -In effetti, non appare sufficiente stabilire la incompatibilit o il divieto di riscossione delle tasse di effetto equivalente ai dazi doganali, quando non sia stato ancora provveduto alla competente individuazione degli estremi stessi di tali tasse. Anche sotto questo profilo, perci, sembra potersi ritenere che debbano in via di principio essere restituite agli operatori interessati (anche restando fermi 1' inadempimento agli obblighi comunitari e la idoneit delle norme in questione ad attribuire diritti ai singoli) soltanto le somme riscosse dopo la competente ed effettiva individuazione delle tasse di effetto equivalente ai dazi doganali (e quindi dopo le decisioni della Corte di giustizia, o eventualmente dopo le direttive in argomento adottate dalla Commissione delle Comunit europee). A tale conclusione pu essere invero possibile pervenire, anche a prescin dere dalle ulteriori argomentazioni desumibili dal fatto che il prelievo dovuto sia stato in concreto calcolato senza considerare l'incidenza di altri diritti do PARU! I, SEZ. li, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 81 Detti tributi venivano tuttavia versati dalla ditta interessata, la quale, sostenendo di aver effettuato il pagamento per errore, ne chiede, dinanzi al giudice nazionale, il rimborso mediante compensazione. La Produktschap sostiene che l'attrice nella causa principale, non avenqo impgnl;ltO entro il termine stabilito dalle relative norme interne le note d'imposta e la nota riepilogativa notificatele, non pu pi contestare la legittimit dei tributi in questione, n pretenderne il rimborso. L'attrice nella causa principale assume, da parte sua, che la prevalenza del diritto comunitario implica che sia posto nel nulla qualsiasi atto con questo contrastante, e ch'essa attrice dispone quindi, dinanzi ai giudici ganali (la cui riscossione conserverebbe, perci, un'autonoma giustificazione), considerandosi come non necessariamente corrispondenti il diritto del singolo, alla data di entrata in vigore del regime dei prelievi (o alla scadenza del periodo transitorio), a corrispondere il solo prelievo (o a non pagare pi tasse di effetto equivalente ai dazi doganali) e l'obbligo dello Stato inadempiente di restituire, dopo la individuazione delle tasse di effetto equivalente ai dazi doganali, le somme in precedenza riscosse: orrispondenza gi compromessa, invero, dal fatto stesso che il diritto del singolo deriva dalla norma comunitaria, mentre l'obbligo di restituzione dello Stato deriverebbe nori tanto dalla norma (direttamente applicabile) quanto piuttosto dalla constatata situazione di inadempimento. 17. -Gi in via di principio, del resto, e con riguardo alle finalit istituzionali delle Comunit europee, lo stesso concetto di inadempimento sembra avere, nell'ambito dell'ordinamento comunitario, portata diversa da quella rile~ vante nel diritto interno; e solo in ragione di tale differente portata possono assumere significato, invero, procedimenti di infrazione per inadempimenti che stricto jure, e per la diretta ed immediata applicabilit della normativa comunitaria, non sarebbero nemmeno ipotizzabili. La rilevanza di tale differente portata, nell'ambito dell'ordinamento comunitario, dell' inadempimento (almeno per quanto concerne l'obbligo di provvedere alla retroattiva eliminazione degli effetti dannosi) non pu non essere avvertita, del resto, quando si consideri che nei casi in cui l'inadempimento di uno Stato stato dichiarato per aver concesso aiuti non consentiti o ristorni all'esportazione in misura maggiore di quella consentita non stato poi preteso, da parte delle competenti autorit comunitarie, che lo. Stato inadempiente provvedesse al recupero delle maggiori somme corrisposte in violazione della normativa comunitaria. Pu essere a tale proposito segnalato, in particolare, ch la Commissione delle Comunit, con riferimento alla interpretazione dell'art. 4 bis, n. 2, del regolamento del Consiglio 974/71 fornita dalla Corte di giustizia con la sentenza resa nella causa 34/74 (tale da evidenziare che determinate somme erano state indebitamente riscosse all'esportazione o indebitamente corrisposte all'importazione), ha anzi espressamente escluso che dovesse procedersi al recupero delle maggiori somme indebitamente corrisposte all'importazione. Gli Stati membri -veniva infatti rilevato nella nota 30 maggio 1975, n. 75425312 -devono in realt applicare tale disposizione alla luce dell'interpretazione data dalla Corte di giustizia, senza che sia necessario ricorrere a misure legislative a livello comunitario. Ci comporta, in linea di massima, il ripristino della situazione che sarebbe esistita se la disposizione fosse stata applicata sin RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 82 nazionali, tenuti a tutelare i diritti spettantile in forza dell'art. 16, di una azione autonoma, sottratta alle limitazioni contemplate dalle norme nazionali, limitazioni dalle quali possa risultare menomato l'impatto dell'efficacia diretta di tale norma nell'ordinamento giuridico degli Stati membri. J..a questione formulata dal giudice a quo riguarda, perci, il se le modalit di esercizio -in ogni caso, quanto ai termini d'impugnazione delle azioni giudiziali intese a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza dell'efficacia diretta di una norma comunitaria -nella fattispecie, dell'art. 16 del Trattato e dell'art. 10 del regolamento n. 234/68 siano disciplinate dal diritto interno dello Stato membro in cui tali azioni vengano esperite, ovvero siano rette, in modo autonomo ed esclusivo, dal diritto comunitario. dall'inizio in conformit dell'interpretazione della Corte, ferme restando peraltro le norme generali della legislazione nazionale intese in particolare a salvaguardare la sicurezza del diritto e la pace. D'altra parte, a parere della Commissione, dalla sentenza citata non risulta che, nella fattispecie e a causa delle circostanze particolari dell'affare in questione gli Stati membri siano obbligati a recuperare le somme che non avrebbero dovuto essere erogate se l'articolo di cui trattasi fosse stato interpretato nel senso indicato dalla Corte. 18. -In via di principio, peraltro, ed anche a prescindere dal fatto che le richiamate norme nazionali sono proprie di singoli ordinamenti interni, e non comuni a tutti gli Stati membri, non pu ammettersi che differente criterio possa essere adottato, nell'ambito di uno stesso rapporto, e con riferimento ad una stessa disposizione comunitaria, a seconda che determinate somme debbano essere recuperate o restituite da parte delle competenti autorit nazionali; ed a:.che dalle indicazioni della stessa Commissione delle Comunit europee, quindi, ut,ili elementi possibile desumere, per necessaria coerenza, quanto al fatto che alla indebita riscossione di somme, specialmente nell'ambito della prospettiva sopra commentata, non deve ritenersi necessariamente conseguenziale l'obbligo della restituzione. N pu non essere rilevato, del resto, che le decisioni rese in tema di tasse di effetto equivalente ai dazi doganali dalla Corte di gfostizia, sia nei procedimenti di infrazione che nelle cause incidentali di interpretazione, hanno considerato le questioni da risolvere sempre sotto il profilo dell'obbligo dello Stato di abolire le tasse di effetto equivalente ai dazi doganali e della efficacia della normativa comunitaria, ma senza valutarle ex professo sotto il profilo della restituzione di quanto medio tempore riscosso. In definitiva, se nessun obbligo degli Stati membri stato ravvisato per il recupero nei confronti dei singoli delle somme corrisposte per aiuti non consentiti o per ristorni all'esportazione in misura maggiore di quella consentita, e se anche per somme corrisposte ai singoli secondo errata interpretazione della normativa comunitaria stato espressamente escluso un obbligo di recupero, sembra che allo stesso criterio di principio debba essere ispirata la valutazione della ipotesi concernente l'obbligo di restituire somme indebitamente riscosse in violazione del divieto di applicare tasse di effetto equivalente ai dazi doganalL 19. -La soluzione finora commentata ispirata, evidentemente, all'orientamento espresso dalla Corte di giustizia, sia pure in via eccezionale >>, nella decisione resa di recente nella causa 43/75. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 83 Tanto il divieto sancito dall'art. 16 del Trattato quanto quello di cui all'art. 10 del regolamento n. 234/68 hanno efficacia diretta ed attribuiscono ai singoli dei diritti eh~ i giudici nazionali devono tutelare. Perci, secondo il principio della collaborazione, enunciato dall'art. 5 del Trattato, ai giudici nazionali che affidato il compito di garantire la tutla giurisdizionale spettante ai singoli in forza delle norme di diritto comunitario aventi efficacia diretta. Con la sentenza 8 aprile 1976, invero, la Corte di giustizia, pur dichiarando la diretta ed immediata applicabilitr dell'art. 119 del trattato CEE, e pur affermando che l'applicazione dell'art. 119 doveva essere pienamente garantita dai vecchi Stati membri a partire dal 1 gennaio 1962, inizio della seconda tappa del periodo transitorio, e dai nuovi stati membri. a partire dal 1 gennaio 1973, data di entrata in vigore del Trattato di adesione, ha espressamente precisato che eccezion fatta per i lavoratori che abbiano gi promosso un'azione giudimaria o proposto un reclamo equipollente, l'efficacia diretta dell'art. 119 non pu essere fatta valere a sostegno di rivendicazioni relative a periodi di retribuzione anteriori alla data della presente sentenza. La Corte di giustizia, cio, ha esplicitamente distinto la constatazione della situazione di inadempimento dall'obbligo di provvedere alla retroattiva eliminazione degli effetti dannosi da tale inadempimento prodotti; e tale valutazione appunto (formalmente in contrasto con l'efficacia soltanto dichiarativa delle sentenze della Corte di giustizia) ha indotto il Governo italiano a segnalare la possibilit di adeguare allo stesso criterio di principio anche il tema delle tasse di effetto equivalente ai dazi doganali, tanto pi che a tale proposito assumono rilievo considerazioni del tutto analoghe a quelle riconosciute rilevanti nella decisione della causa 43/75 (conseguenze di carattere economico, comportamento degli Stati membri, mancata iniziativa della Commissione delle Comunit europee, ed erronea opinione sulla efficacia della normativa comunitaria applicabile). 20..-Nella specie, anzi, la considerazione mostrata dalla Corte di giustizia per le situazioni pregresse; e l'aderenza del criterio adottato alla realt economica sembrano assumere rilievo ancora maggiore, e proprio per il sostanziale contrasto di una differente soluzione con gli stessi princpi istituzionali delle Comunit europee, ed in particolare con i criteri di uguaglianza degli operatori comunitari e di tutela della concorrenza ai quali ispirata la normativa comunitaria. Certamente, la rilevanza e la portata della questione possono non essere avvertite se si abbia riguardo all'irrisorio ammontare delle somme in contestazione nelle cause relativamente a:lle quali sono intervenute decisioni in tema di tasse di effetto equivalente ai dazi doganali; ed notoria, invero, la tattica degli operatori interessati di provocare. la competente interpretazione della Corte di giustizia in cause-pilota di irrilevante contenuto economico. Quando per si consideri che la sentenza interpretativa della Corte , di giustizia, anche se formalmente riferibile alla controversia nell'ambito della quale viene emessa, assume in effetti una rilevanza normativa che trascende il caso di specie, e che a seguito di una situazione di inadempimento non tempestivamente ravvisata e denunciata o comunque di una tardiva individuazione e qualificazione di una tassa di effetto equivalente ai dazi doganali, 84 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Conseguentemente, in mancanza di una specifica disciplina comunitaria, l'ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro che designa il giudice competente e stabilisce le modalit procedurali delle azioni giudiziali intese a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza delle norme comunitarie aventi efficacia diretta, modalit che non possono, beninteso, essere meno favorevoli di quelle relative ad analoghe azioni del sistema processuale nazionale. dovrebbero essere restituite agli operatori interessati somme ammontanti talora a centinaia di miliardi, la rilevanza di prineipio della questione che si ritenuto di segnalare in questa sede non pu evidentemente non essere ricono sciuta, tanto pi che alle argomentazioni gi considerate nella causa 53/75 (ed anche in questa sede rilevanti) altre se ne aggiungono, nella specie, utili a far escludere la ravvisabilit di un obbligo di provvedere alla retroattiva eliminazione degli effetti prodotti dalla violazione del divieto di riscuotere tasse di effetto equivalente ai dazi doganali. 21. -Senza nemmeno necessit di sottolineare le gravi conseguenze di ordine finanziario a danno dei bilanci di singoli Stati membri, va infatti considerato che se la sola astratta previsione del divieto di riscuotere tasse di effetto equivalente ai dazi doganali (quale quella di norma prevista nei regolamenti sulle organizzazioni comuni dei mercati agricoli) dovesse obbligare poi il singolo Stato membro a restituire agli operatori interessati, una volta ravvisati in un determinato onere all'importazione gli estremi della tassa di effetto equivalente ai dazi doganali, tutte le somme medio tempore riscosse a partire dall'entrata in vigore del divieto (e ci a .prescindere dall'inerzia della Commissione delle Comunit europee, dallo stato di buona fede del singolo Stato interessato, e dalla stessa difficolt di ravvisare nei singoli casi gli estremi d~lla tassa di effetto equivalente ai dazi doganali), verrebbe evidentemente a determinarsi, anzitutto, una ingiustificata discriminazione tra Stati membri e tra cittadjni comunitari, a seconda delle norme contemplate in ciascun ordinamento in tema di ripetizione di diritti doganali indebitamente corrisposti. I diritti dei cittadini dei vari Stati membri, in particolare, sarebbero o no tutelabili ed in concreto soddisfatti (con differente onere finanziario per i vari Stati interessati) a seconda del differente termine di prescrizione o anche di decadenza previsto nell'ordinamento di ciascuno Stato membro per la ripetizione di diritti doganali indebitamente corrisposti; e tale considerazione non certo priva di rilevanza, anche agli effetti pratici, dato che il termine al quale si accennato risulta in concreto variabile, nei vari ordinamenti nazionali, da quindici giorni fino a dieci anni, s che ben differenti conseguenze verrebbero di fatto a derivare, a seguito della tardiva individuazione della singola tassa di effetto equivalente ai dazi doganali, e nonostante la corrispondenza ed uniformit delle constatate situazioni di inadempimento, rispetto ai vari Stati ed ai vari cittadini delle Comunit europee. Anche sotto questo profilo, quindi, cos come per le altre ragioni alle quali si gi sopra accennato, la soluzione in questa sede proposta (quella cio fondata sulla irripetibilit, secondo il diritto comunitario, delle somme corrisposte prima della effettiva individuazione di ciascuna tassa di effetto equivalente ai dazi doganali) risulta utile ad evitare una sostanziale quanto 85 PARTE I, SEZ. II, GlURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE Gli artt. 10 102 e 235 del Trattato consentono, eventualmente, di adottare i provvedimenti necessari per ovviare alle divergenze fra le relative disposizioni legislative, regolamentari o amministrative dei vari Stati membri, qualora tali divergenze riSultassero atte a provocare distorsioni o a nuocere al funzionamento del mercato comune. ingiustificata disparit di trattamento, suscettibile di gravi ripercussioni di ordine finanziario; e non pu negarsi, anzi, che l'indicata solurione varrebbe anche ad escludere o quantomeno a contenere quegli inconvenienti che sono venuti in evidenza nella trattazione dei primi due quesiti proposti dal giudice del rinvio, e che non invece possibile evitare (per la necessit di far rifer mento alle differenti legislazioni nazionali) nell'ambito della impostazione segnalata nel provvedimento di rinvio. 22. Sempre sotto il profilo sostanziale, inoltre, non pu non essere con siderato che una attuale restituzione delle somme corrisposte, per anni ed anni, per tasse riconosciute poi di effetto equivalente ai dazi doganali si risol verebbe, in concreto, in un effettivo arricchimento degli operatori interessati, o pi esattamente in un maggiore ed imprevisto margine di guadagno o comunque in sopravvenienze attive, considerato che i relativi importi sono stati ovviamente gi calcolati nella determinazione dei costi e quindi gi tenuti presenti nel trasferimento ai terzi acquirenti dei conseguenziali maggiori oneri; e anche tale aspetto della questione non pu certo non assumere rilievo in sede comunitaria, per la ovvia necessit di garantire il giusto equilibrio degli scambi commerciali e di prevenire indebite locupletazioni a vantaggio di sin gole categorie di operatori ed a danno, in definitiva, di tutti gli altri cittadini. 23. -La esigenza di ritenere non necessariamente conseguenziali, nell'ambito dello ordinamento comunitario, la violazione del divieto di riscuotere tasse di effetto equivalente ai dazi doganali e l'obbligo di provvedere alla retroattiva eliminazione degli effetti dannosi (e quindi di restituire tutte le somme gi risosse prima della effettiva e competente qualificazione del singolo onere all'importazione come tassa di effetto equivalente ai dazi doganali) assume rilievo, infine, anche sotto il profilo della normativa comunitaria sulla concorrenza, e con riguardo, in particolare, alla necessit di escludere una restitutio in integrum che risulti pi dannosa del pregiudizio che dovrebbe a suo mezzo essere indennizzato. Non pu non essere considerato, invero, che l'applicazione, in un determinato Stato membro, di un onere all'importazione che risulti poi di effetto equivalente ai dazi doganali si risolve, in effetti, in un pregiudizio per gli esportatori degli altri Stati membri, per i quali tale onere costituisce, eviden temente, una resistenza agli scambi commerciali ed un ostacolo alle mag giori esportazioni che in mancanza dell'onere doganale sarebbero teoricamente ipotizzabili. Il singolo importatore interessato, invece, non subisce in realt un danno concreto (oltre il pregiudizio, teorico e non indennizzabile, derivante dalle ipotetiche minori importazioni), in quanto trasferisce ai terzi acquirenti, ovviamente, il maggior onere sostenuto per l'importazione dei prodotti commerciati: onere che viene in definitiva ad incidere soltanto sulla generalit dei consumatori (e quindi sugli stessi cittadini a carico dei quali verrebbe poi a gravare I'ulte riore onere della restituzione). - --~ ~ RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 86 In assenza di siffatti provvedimenti di armonizzazione, i diritti attribuiti dalle norme comunitarie devono essere esercitati, dinanzi ai giudici nazionali, secondo le modalit stabilite dalle. norme interne. Una diversa soluzione sarebbe possibile soltanto qualora tali modalit e termini rendessero, in pratica, impossibile l'esercizio di diritti che i giudici nazionali sono tenuti a tutelare. Con riguardo a tale prospettiva, quindi, non pu non essere considerato che una attuale restituzione, avuto anche riguardo all'ammontare talora rilevantissimo delle somme in discussione, si risolverebbe, nella sostanza, in un aiuto agli operatori nazionali, e comporterebbe necessariamente, in concreto, proprio quell'alterazione del mercato e della concorrenza che le norme comunitarie sono intese ad evitare, oltretutto con ulteriore danno di quelli stessi esportatori degli altri Stati membri che gi hanno subito l'effettivo danno derivante dalla resistenza determinata dai maggiori oneri doganali contemplati dalla legislazione nazionale dello Stato importatore. Anche a considerare la questione sotto il profilo del risarcimento del danno, quindi, la soluzione sopra commentata appare la pi adeguata a garantire un concreto equilibrio degli scambi commerciali, non potendo evidentemente ammettersi una riparazione che risulti in effetti pi dannosa del pregiudizio che dovrebbe indennizzare. 24. -Ai fini in esame, non pu non essere considerato, del resto, che le norme comunitarie, e quindi anche quelle sull'abolizione delle tasse di effetto equivalente ai dazi doganali, sono in via di principio finalizzate al conseguimento di determinati scopi di interesse comune degli Stati membri, e volte in particolare a garantire, per quanto qui interessa, la libera circolazione delle merci nel territorio comunitario, ed in un regime di libera concorrenza tra gli operatori economici interessati; e la funzione stessa della normativa comunitaria (da considerare nell'ambito di tale prospettiva, gi di per s limitativa dei diritti dei singoli) non pu non riflettersi sul suo contenuto, e non pu quindi non tradursi, necessariamente, in un limite alla sua concreta operativit in favore dei singoli (cessante ratione legis, cessat et ipsa lex). Al conseguimento degli indicati obiettivi, perci, e proprio perch assume rilievo solo quando risulti in necessaria correlazione con 1' attualit (quando, cio, viene di fatto ad incidere negli scambi commerciali), rimane del tutto estranea, ed anzi controproducente, la retroattiva eliminazione di una disparit di trattamento che ha gi di fatto influito, ed in modo irreversibile, sulle relazioni commerciali, condizionandole ad un equilibrio diverso da quello voluto dal legislatore comunitario; ed un formale quanto artificioso ripristino della situazione ritenuta in tesi auspicabile verrebbe in concreto a soddisfare soltanto interessi privatistici, e non certamente quelli in vista dei quali si era ravvisata la necessit di una determinata normativa. Tale retroattiva (e solo apparente) normalizzazione, anzi, risulterebbe evidentemente in contrasto, per quanto sopra osservato, con le finalit perseguite, rinnovando una pregiudizievole alterazione dell'equilibrio degli scambi commerciali, e senza alcun retroattivo condizionamento delle situazioni pregresse. Nel valutare la questione in esame, occorre tener presente, cio, che quando un'alterazione nella dinamica degli scambi si gi di fatto verificata, ed in particolare quando le relazioni commerciali siano state gi di fatto influenzate dalla incidenza di una determinata tassa di effetto equivalente ai dazi PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 87 Ci non si verifica nel caso della fissazione di ragionevoli termini d'im pugnazione, a pena di decadenza. La fissazione di termini del genere, per quanto riguarda le impugnazioni in materia fiscale, costituisce infatti applicazione del fondamentale principio della certezza del diritto, a tutela sia del contribuente, sia dell'amministrazione interessata. doganali, non certo con la restituzione delle somme riscosse che pu essere ripristinata, a posteriori, la libert di circolazione voluta dalla normativa comunitaria; e poich esclusivamente questo, invece, l'obiettivo da perseguire, deve escludersi una restituzione che si risolverebbe soltanto in un ulteriore pregiudizio di tale obiettivo, specialmente quando sia dimostrato, come nella specie, che sia il maggiore onere sostenuto all'importazione sia quello di una ipotetica restituzione verrebbero a ricadere ad esclusivo carico degli stessi consumatori, e senza alcun vantaggio per la gi pregiudicata ed irreversibile situazione di fatto. Se deve ammettersi, quindi, la irripetibilit delle contribuzioni o degli aiuti indebitamente corrisposti agli operatori di un determinato Stato membro (e che hanno gi irreversibilmente condizionato i procedimenti produttivi, la determinazione dei costi, la formazione d,ei prezzi, ed i circuiti commerciali), e se non pu non riconoscersi che il recupero di tali contribuzioni ed aiuti, invece di garantire la retroattiva eliminazione degli effetti dannosi, varrebbe soltanto a determinare ulteriore danno, e di portata del tutto analoga, non pu negarsi, in conclusione, ed in base alla stessa ratio, che la necessit stessa di garantire l'effettivo e reale conseguimento delle finalit perseguite dalla normativa comunitaria, e la irreversibilit, d'altra parte, delle situazioni pregresse gi negativamente condizionate da un anomalo criterio impositivo, impongono di aver preminente riguardo agli interessi pubblici tutelati dalla normativa comunitaria, e di escludere, di conseguenza, una restituzione con tali interessi necessariamente incompatibile: restituzione che non solo comporterebbe, invero, ulteriore pregiudizio dell'equilibrio degli scambi commerciali (con sostanziale arricchimento degli operatori economici dello Stato importatore ed altrettanto sostanziale aiuto non consentito), ma che si risolverebbe oltretutto ad esclusivo danno, da una parte, dei consumatori dei prodotti importati (che hanno gi sostenuto i maggiori oneri doganali applicati all'importazione e verrebbero a sostenere anche quello della restituzione), e, dall'altra, degli esportatori degli altri Stati membri (che hanno gi dovuto subire i negativi riflessi della incidenza della tassa di effetto equivalente ai dazi doganali, e vedono alterata la ,oncorrenza per effetto degli aiuti concessi agli operatori dello Stato im portatore). 25. -Nel richiamare quanto altro rilevato dalla Corte di giustizia nell'ul tima parte della sentenza resa nella causa 43/75, si propone pertanto di affermare in diritto che la diretta efficacia delle norme comunitarie sul divieto di riscuotere tasse di effetto equivalente ai dazi doganali non pu essere fatta valere relativamente a somme corrisposte per determinati diritti doganali prima che per tali diritti sia intervenuta la competente qualificazione di tasse di effetto equivalente ai dazi doganali. Quanto agli specifici quesiti rivolti con il provvedimento di rinvio, e per l'ipotesi che la soluzione della esaminata questione di principio non sia riconosciuta assorbente e preclusiva, si propone di affermare in diritto che l'eser RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 88 La questione va quindi risolta nel senso che, allo stato attuale del diritto comunitario, questo non vieta di opporre a coloro che impugnano dinanzi ai giudici nazionali, per incompatibilit col diritto comunitario, un provvedimento dell'amministrazione nazionale, il mancato rispetto di un termine contemplato dalle norme interne, a condizione che le modalit procedurali dell'azione giudiziale non siano meno favorevoli di quelle relative ad analoghe azioni del sistema processuale nazionale. -(Omissis). c1z10 del diritto alla restituzione di somme corrisposte per tasse di effetto equivalente ai dazi doganali disciplinato, anche per quanto concerne preclusioni processuali, decadenza o prescrizione, dalle legislazioni nazionali, cos: come in base alla normativa nazionale va stabilito se, con quale decorrenza, e con quale tasso siano eventualmente dovuti gli interessi sulle somme da restituire agli aventi diritto. A. M. SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 10 marzo 1976, n. 814 -Pres. La Porta Est. Miani -P. M. Pedace (concl. conf.) -Soc. Ronson (avv. Sorrentino, Braschi, Boitani) c. Consorzio industrie fiammiferi (avv. Mastrogiovanni, M. S. Giannini, C. Selvaggi) e Ministro delle Finanze (avv. dello Stato Zagari). Competenza e giurisdizione -Giurisdizione ordinaria ed amministrativa Qualificazione del petitum sostanziale: criteri dell'orcllnamento giuridico nazionale. La giurisdizione va determinata in base al criterio che attribuisce al giudice ordinario la cognizione delle cause in cui venga fatto valere un diritto soggettivo ed al giudice amministrativo la cognizion di quelle in cui venga fatto valere un interesse legittimo; tale qualificazione della domanda dedotta col petitum sostanziale va compiuta in base ai criteri dell'ordinamento giuridico nazionale, a nulla rilevando che l'ordinamento comu~ nitario ignori la distinzione fra diritti soggettivi ed interessi legittimi (1). (Omissis). -Nel 1968 la S.p.A. Ronson chiese al Ministero delle Finanze di autorizzarla ad impiantare in Italia una fabbrica di fiammiferi. Essendole stata negata l'autorizzazione, present al Ministro un ricorso gerarchico, che venne respinto con decreto ministeriale del 29 novembre 1968 in quanto all'accoglimento dell'istanza ostava la convenzione annessa al r.d. 11 marzo 1923, n. 560, col quale lo Stato, dopo l'istituzione di un Consorzio Industrie Fiammiferi, si era obbligato a non consentire l'insediamento di nuove imprese aventi per oggetto la produzione di fiammiferi per il consumo interno. La soc. Ronson impugn davanti al Consiglio di Stato l'anzidetto decreto ministeriale; e contemporaneamente, con citazione del 15 aprile 1969, chiam in giudizio davanti al Tribunale di Roma l'Amministrazione delle Finanze ed il Consorzio Industrie Fiammiferi chiedendo che venisse dichiarata la nullit della convenzione allegata al r.d. 11 marzo 1923 e, conseguentemente, (1) A quanto consta non risultano specifici precedenti. In riferimento ai criteri discriminativi della giurisdizione cfr., da ultimo, Cass. 12 maggio 1975, n. 1829; 16 dicembre 1975, n. 4142, in Rep. Foro it., v. Giw risdizione civile, nn. 52 e 53; Cons. Stato, Sez. IV, 9 aprile 1974, n. 312, id., 1975, III, 3 (nota rich.). In dottrina cfr. M. NIGRO, Giustizia amministrativa, 1976; A. ROMANO, Giurisdizione amministrativa e limiti della giurisdizione ordinaria. 90 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO la nullit, o comunque l'inefficacia, del provvedimento col quale il Ministro aveva respinto la sua istanza. Il Tribunale, con sentenza del 23 novembre 1970 -28 gennaio 1971, dichiarava improponibile la domanda, per difetto assoluto di giurisdizione, relativamente alla parte di essa tendente a far dichiarare nulla la con venzione, trattandosi di un atto avente valore di legge; e dichiarava che la parte della domanda tendente a far dichiarare la nullit del decreto ministeriale 22 luglio 1968, anche se autonomamente considerata, eccedeva in ogni caso i limiti della giurisdizione ordinaria, avendo per oggetto un interesse legittimo e non un diritto soggettivo. Frattanto, era proseguito il giudizio davanti al Consiglio di Stato, nel corso del quale era stata sollevata questione di legittimit costituzionale del r.d. 11 marzo 1923, n. 560 e dell'allegata convenzione; e la Corte Costi tuzionale, a cui la questione era stata rimessa, aveva, con sentenza del 21 maggio-3 giugno-1970, n. 78, dichiarato l'illegittimit dell'art. 3 ultimo comma del r.d. di cui sopra nonch degli artt. 1 ultimo comma, 2, 9 comma 2 e 10 della convenzione annessa al decreto stesso, nella parte in cui essi .impediscono agli altri imprenditori la partecipazione al Consorzio Industrie Fiammiferi anche quando essa non sia in contrasto con fini di utilit sociale. A questa sentenza si richiamava la soc. Ronson nel proporre appello contro la sentenza del Tribunale, dolendosi che quest'ultimo non avesse tenuto conto della sopravvenuta inefficacia delle norme come sopra dichiarate illegittime, e non avesse riconosciuto che la posizione fatta valere era il diritto soggettivo, derivantele dalle norme del Trattato di Roma reso esecutivo con I. 14 ottobre 1957, n. 1203, a svolgere, senza che vi potessero ostare le intese risultanti dalla sovraccennata convenzione e senza obbligo di partecipare al Consorzio, un'attivit industriale di produzione dei fiam miferi, alle stesse condizioni in cui vengono esercitate le altre attivit in dustriali soggette all'imposta di fabbricazione. Chiedeva pertanto che, previa rimessione degli atti alla Corte di Giu stizia della Comunit Economica Europea ai fini dell'interpretazione degli artt. 37, 52, 85, 86 e 90 del Trattato di Roma, venisse dichiarato l'anzidetto suo diritto, e che, inoltre, indipendentemente dall'impugnazione in corso davanti al Consiglio di Stato, venisse dichiarata l'illegittimit del decreto ministeriale del 29 novembre 1968, in quanto 'lesivo del diritto sopra specificato. Mentre era in corso il giudizio d'appello, il Consiglio di Stato, con sen tenza del 29 febbraio 1972, annullava il d.m. 29 novembre 1968, facendo. salve le ulteriori determinazioni dell'Amministrazione da adottarsi nell'esercizio del potere discrezionale riconosciutole dalla Corte Costituzionale. La Corte d'appello di Roma, con sentenza del 21 dicembre 1972-29 maggio 1973, confermava con diversa motivazione la pronunzia del Tribunale, .. .I PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 91 onsiderando: che l'appello era ammissibile perch le domande con esso proposte non erano nuove ma sviluppavano le tesi gi prospettata dalla Soc. Ronson il primo grado circa l'esistenza di un suo diritto soggettivo tutelato dalla normativa comunitaria; che l'interpretazione e l'applicazione di tale normativa erano peraltro irrilevanti ai fini della determinazione della giurisdizione dovendosi al riguardo applicare i criteri dell'ordinamento giuridico nazionale; he pertanto, nel caso concreto, si doveva, in base all'ordinamento italiano, stabilire se si faceva questione di un diritto soggettivo o di un interesse legittimo; che dalla prospettazione stessa della soc. Ronson, la quale non contestava in radice il potere dell'Amministrazione di subordinare ad una sua autorizzazione l'esercizio di un'industria di produzione dei fiammiferi, risultava che la societ stessa faceva valere un interesse legittimo; che pertanto la causa apparteneva alla giurisdizione amministrativa. Contro questa sentenza la soc. Ronson, con atto del 27 aprile 1974, ha proposto ricorso per cassazione deducendo un unico motivo, che ha poi illustrato con una memoria. L'Amministrazione delle Finanze ed il Consorzio Industrie Fiammiferi hanno resistito mediante rispettivi controricorsi. Motivi della decisione. Con l'unico motivo dedotto, la societ ricorrente denunzia la violazione delle norme che regolano la giurisdizione nelle controversie tra privati e pubblica amministrazione, nonch la violazione e falsa applicazione dell'art. 1 cod. proc. civ. degli artt. 102 e 103 della Costituzione, degli artt. 1, 2, 4 e 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248 AH. E, degli artt. 37, 52, 85, 86, 90 e 177 del Trattato di Roma istitutivo della Comunit Economica Europea (reso esecutivo con la legge 14 ottobre 1957, n. 1203), per avere la sentenza impugnata ritenuto che la posizione soggettiva fatta valere dalla soc. Ronson fosse di interesse legittimo senza considerare che una posizione siffatta presupponeva l'esistenza di un potere discrezionale della pubblica amministrazione di controllo circa le condizioni richieste dalla Convenzione allegata al r.d.l. 11 marzo 1923, n. 560 e dalle norme di esecuzione per il rinnovo della Convenzione stessa (richiamate nel d.m. 29 aprile 1965), mentre essa soc. Ronson, con sostenere che le misure contenute nella Convenzione era illegittima e che le norme che le attuavano erano abrogate per incompatibilit con quelle comunitarie, aveva negato l'esistenza dell'anzidetto potere ed aveva, conseguentemente, chiesto l'accertamento del proprio diritto soggettivo di esercitare un'attivit industriale nel campo della fabbricazione dei fiammiferi senza sottostare ad autorizzazioni che comunque si ricollegassero alle intese tra lo Stato ed il Consorzio Industrie Fiammiferi. 8 RASSEGNA DEll'AWOCATURA DEllO STATO Il motivo non fondato. opportuno premettere che l'unica questione decisa dalla sentenza impugnata e riproposta in questa sede quella concernente la giurisdizione. Tale questione va decisa in base al criterio che attribuisce al giudice ordinario la cognizione delle cause in. cui venga fatto valere un diritto soggettivo e al giudice amministrativo la cognizione di quelle in cui venga fatto valere un interesse legittimo. Esattamente la sentenza impugnata ha ritenuto inutile, ai fini dell'applicazione del criterio di cui sppra, interpretare e applicare le norme del Trattato di Roma dalle quali la soc. Ronson desume l'esistenza del diritto soggettivo descritto nella sua prospettazione, e, pertanto, non necessario sottoporre alla Corte di Giustizia della Comunit Economica Europea, ai sensi dell'art. 177 del Trattato, i quesiti all'uopo proposti dalla societ stessa. Per decidere sulla giurisdizione infatti sufficiente qualificare la posizione dedotta col petitum sostanziale, e tale qualificazione va fatta in base ai criteri dell'ordinamento giuridico nazionale, a nulla rilevando che l'ordinamento comunitario ignori la distinzione tra diritti soggettivi e in teressi legittimi. Ci premesso, occorre esaminare e qualificare l'oggetto della causa, desumendolo dalle conclusioni formulate dalla soc. Ronson nel giudizio di appello, e ovviamente non ampliabili in questa sede. Con tali conclusioni si era chiesto che la Corte d'appello, previe le declaratorie del caso, dichiarasse: a) che la soc. Ronson ha diritto di impiantare un'industria di fab bricazione dei fiammiferi alle stesse condizioni in cui vengono esercitate altre attivit industriali per la produzione di articoli soggetti ad imposta di fabbricazione; b) che non le poteva ~ssere imposto a tal fine un obblico di consorziamento; e) che il provvedimento 22 luglio 1968 col quale il Ministro delle Finanze le aveva negato la licenza per l'apertura di una fabbrica di fiammiferi era illegittimo. Al riguardo, si deve anzitutto osservare che circa la domanda sub e), a cui sono strumentalmente preordinate quelle sub a) e b), ormai cessata la materia del contedere. Infatti, dopo che l'anzidetto provvedimento stato annullato (gi durante il corso del giudizio di appello) con la sentenza del 29 febbraio 1972, n. 95 del Consiglio di Stato, non pu pi sussistere alcun interesse della soc. Ronson a far accertare l'illegittimit del provvedimento stesso, il quale non pu pi spiegare alcun effetto nei suoi confronti. Da ci consegue che, gi al momento della pronunzia impugnata, n quel provvedimento n la sua motivazione, anch'essa travolta dall'annullamento, potevano pi ingenerare una situazione di incertezza obiettiva PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE pregiudizievole per la soc. Ronson, n quindi, determinare un suo interesse a proporre un'azione di accertamento tendente a rimuovere, mediante una pronunzia giudiziale, una siffatta situazione. L'interesse della soc. Ronson ad una azione di accertamento non pu sussistere neppure per il solo fatto che la Corte Costituzionale abbia fatto salva la potest normativa della pubblica Amministrazione di prescrivere all'iniziativa privata limiti destinati a realizzare fini di utilit sociale, e che, conseguentemente, il Consiglio di Stato abbia fatto salve le ulteriori determinazioni dell'Amministrazione stessa, da adottarsi nell'esercizio dell'anzidetta potest. Per essere obiettiva, l'incertezza che genera l'interesse ad agire deve, infatti, essere provocata da un atto o fatto esteriore, tale da conferire attualit e concretezza a quello stato di dubbio di cui si vuol rimuovere, mediante una pronunzia di accertamento, l'effetto pregiudizievole. Occorre, quindi, che l'incertezza sul contenuto di diritti e doveri sia attuale, non soltanto possibile o eventuale, e nasca da un rapporto gi esistente e non meramente ipotetico. Non si pu, quindi, riconoscere alla soc. Ronson un attuale e concreto interesse a far precisare dal giudice la portata della vigente normativa e a fargli risolvere, in astratto e in anticipo, le questioni a cui questa. potrebbe dar luogo, sol perch 'essa (come scrive nella sua memoria) progettava di immettere sul mercato italiano accenditori ad ignizione chimica classificabili come fiammiferi e voleva essere ben sicura che le sue eventuali iniziative in questo .campo non avrebbero trovato ostacoli da parte della pubblica amministrazione. Venuto meno il provvedimento che essa assumeva lesivo di ~suo diritto, e non essendo intervenute ulteriori determinazioni dell'Amministrazione di cui essa possa lamentare un analogo effetto, non sussistono le condizioni per la proponibilit di un'azione di mero accertamento dell'avvenuta abrogazione delle disposizioni di esecuzione della Convenzione allegata alla legge n. 560 del 1923, nonch di accertamento dei limiti del potere di autorizzazione della Pubblica Amministrazione in materia di fabbricazione dei fiammiferi. Soltanto ai limiti di tale potere si riferiscono, invero, le questioni sulle quali insiste la societ ricorrente. Essa, anche nel suo ricorso, chiarisce che riconosce all'Amministrazione il potere discrezionale di subordinare l'esercizio di quell'attivit industriale alle normali autorizzazioni (licenze- permessi) inerenti .all'esercizio di controlli o verifiche dell'osservanza di cautele igienico-sanitario, antifortunistico, fiscale, ecc. escluse soltanto le finalit contrastanti con le norme di liberalizzazione economica sancite dal Trattato di Roma, ed in particolare le finalit perseguite dalla Convenzione anzidetta. Il solo interesse residuato alla societ stessa, e nascente dal silenzio-rifiuto dell'Amministrazione (la quale, pur dopo l'annullamento del provvedimento che negava la licenza richiestale, non risulta aver adottato al riguardo le ulteriori determinazioni fatte salve 94 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dalla sentenza del Consiglio di Stato) quindi, quello di ottenere l'autorizzazione negatale col provvedimento annullato, e di ottenerla senza sottostare a condizioni diverse da que1le richieste per l'autorizzazione ad impiantare una fabbrica di un qualsiasi prodotto di largo consumo: si tratta cio, in definitiva, dell'interesse di un soggetto privato all'emanazione, in suo favore, di un atto amministrativo immune da quello che, secondo l'assunto della ricorrente, costituirebbe un vizio di illegittimit dell'atto stesso. Ma evidente che la pretesa del privato ad un uso corretto della potest amministrativa tende a tutelare un suo interesse legittimo, e non un suo diritto soggettivo, e che, quindi, spetta al giudice amministrativo e non a quello ordinario statuire su tale pretesa e sulle tesi giuridiche addotte per sostenerla. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 8 maggio 1976, n. 1609 -Pres. Stella Richter -Est. Franceschelli -P. M. Berri (conci. conf.) -Ministero di Grazia e Giustizia (avv. Stato Conti) c. Sesso (avv.ti Ventura, Trioni). Competenza e giurisdizione -Impiego pubblico e privato -Rapporto di lavoro degli amanuensi nelle cancellerie giudiziarie -Giurisdizione dell'A.G.O. (cod. civ., artt. 1343, 1346, 2126; r.d. 8 maggio 1924, n. 745, art. 99). Mentre l'affidamento al c. d. amanuense di funzioni tipiche del cancelliere non pu avere alcuna giuridica tutela quanto alla retribuzione ostandovi i valori tutelati dai principi costituzionali sulla P. A., non altrettanto pu dirsi quando i compiti affidati all'amanuense siano di mera esecuzione e d'ordine: in quest'ultima ipotesi il rapporto, sebbene invalido per violazione di legge, non illecito quanto alla causa ed all'oggetto, ma, avendo natura privatistica, pu essere sottoposto alla cognizione dell'A:. G.O. (1). Sugli amanuensi delle cancellerie giudiziarie. (1) La decisione in rassegna, pubblicata anche in Foro it. 1976, I, 1851 con annotazioni di C. M. BARONE, ha completamente modificato l'interpretazione e la portata della normativa vigente nella specifica materia. Dispone l'art. 99 del r.d.l. n. 745 del 1924 che nelle cancellerie e segreterie giudiziarie ai lavori di copiatura potr provvedersi sotto la responsabilit dei relativi capi, mediante dattilografi e amanuensi retribuiti con i proventi di cancelleria. ' In nessuno caso i dattilografi e gli amanuensi possono essere adibiti a lavori diversi dalla semplice copiatura. Dai proventi delle cancellerie dei Tribunali e delle Preture deve prelevarsi innanzi tutto l'assegno per le spese di ciascun ufficio . Per la retribuzione del lavoro straordinario di copiatura non pu prelevarsi una quota superiore di quattro decimi delle somme che spettano alle cancellerie per diritti di copia . PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 95 (Omissis). -Con unico motivo; il ricorrente principale deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 2 1. 22 marzo 1865, n. 2248 all. E in relazione all'art. 99 rid. n. 745 del 1924 e succ. mod., nonch alla legge n. 777 del 1960 e n. 1719 del 1962, nonch ai principi sulle attribuzioni del potere giurisdizionale, il tutto con riferimento all'art. 360 n. 1 e 3 c.p.c. Il ricorrente Ministero si duole per l'affermata sussistenza di un rapporto di pubblico impiego del Sessa, posta a base della pronunzia negativa della giurisdizione ordinaria da parte della corte di merito, sostenendo che non si configurava alcun rapporto del Sessa con esso Ministero e che in conseguenza le di lui domande erano improponibili. Alla stregua della relativa normativa, il rapporto del Sessa, quale amanuense, si era instaurato con la cancelleria e non con la P. A. e si configurava come un contratto d'opera retribuito non con fondi statali, ma con i proventi di cancelleria. Neppure in as.tratto sarebbe dato ravvisare la sussistenza di un rapporto del Sessa con l'Amministrazione della giustizia e che in conseguenza manca una norma sostanziale che tuteli le pretese azionate; onde, nella specie, dovrebbe affermarsi il difetto assoluto di giurisdizione. Il Sessa, con ricorso incidentale, deduce violazione dell'art. 1 c.p.c.; 2 1. n. 2248 del 1865, all. E; 29 t.u. n. 1054 del 1924; falsa applicazione Per quanto concerne sia la natura giuridica di siffatto rapporto, sia le conseguenze della violazione dei limiti posti dalla norma, deve essere ricordato l'orientamento difensivo a suo tempo adottato dall'Avvocatura Generale ed accolto dalla Suprema Corte, secondo cui le prestazioni degli amanuensi nelle cancellerie e segreterie giudiziarie non fossero da inquadrare nella figura del rapporto di lavoro subordinato. Ci in quanto nella previsione normativa difettavano gli attributi essenziali e caratteristici tanto della collaborazione che della subordinazione. In tal senso la Corte di cassazione, con sentenze 22 gennaio 1958, n. 141 e 5 maggio 1958, n. 1469, Riv. giur. lav. 1958, II, 135 e Prev. Soc. 1958, 922, aveva conseguentemente deciso che gli incarichi di copiatura, dalla legge consentiti in via straordinaria nei riguardi di soggetti privati, mettevano capo a rapporti di lavoro autonomo come tali non tutelabili dalle assicurazioni sociali; inoltre che l'art. 99 del r.d.I. n. 745 del 1924 nel porre il divieto delle mansioni diverse dalla semplice copiatura aveva realizzato una disciplina tassativa, assoluta ed inderogabile in quanto diretta a salvaguardia delle funzioni inerenti ai servizi delle cancellerie e segreterie giudiziarie. Pertanto ogni indebita invasione che, in contrasto con il citato art. 99, si fosse verificata da parte di amanuensi, con o senza la consapevolezza dei preposti agli uffici, si sarebbe risolta in un'attivit vietata. Questa, per l'illiceit dell'oggetto, sarebbe stata da considerare sfornita di qualsiasi tutela nei riguardi del prestatore d'opera secondo quanto dispone il primo comma dell'art. 2126 cod. civile, neppure in forza di azione generale di arricchimento. Conseguiva in base a tale autorevole orientamento giurisprudenziale e come ulteriore sviluppo difensivo adottato in correlazione con le pi recenti evoluzioni del concetto di attribuzione giurisdizionale, che l'impossibilit di tutela RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEU.O STATO 96 cli un rapporto di pubblico impiego e della conseguente devoluzione al giudice amministrativo della giurisdizione in merito alle sue domande, sostenendo che il rapporto si era svolto senza un formale atto cli nomina e che di conseguenza non poteva esser negata la giurisdizione dell'autorit giudiziaria ordinaria. Riuniti, preliminarmente, i ricorsi, m quanto investono un'unica sentenza, appare opportuno ricordare che la norma, da:lla quale le parti intendono far discendere divergenti effetti e della quale entrambe deducono la violazione, cio l'art. 99 del pi volte citato r._d.l. n. 745 del 1924, scritta ome segue: Nelle cancellerie e segreterie giudiziarie ai lavori dell'art. 99 del r.d.l. n. 745 del 1924. Si duole per l'affermata sussistenza di copiatura potr provvedersi sotto la responsabilit dei relativi capi, mediante dattilografi o amanuensi retribuiti con i proventi di cancelleria. In nessun caso i dattilografi.e gli amanuensi possono essere adibiti a lavori diversi dalla semplice copiatura. legislativa in relazione al rapporto in contestazione comportasse la mancanza di una qualsiasi posizione giuridica in favore del soggetto attore. E poich in base all'art. 2 della legge 20 marzo 1865, n. 12248, ali. E, presupposto della giurisdizione la sussistenza di una posizione giuridica (diritto o interesse legittimo) prevista almeno in astratto come idonea a fondare la domanda giudiziale, ne conseguiva che, nella specie, non essendo per definizione neppure in astratto configurabile un rapporto di lavoro o di impiego secondo il modello previsto dal citato art. 99 r.d.l. n. 745 del 1924, fosse ipotizz~ bile l'improponibilit della domanda per difetto assoluto di giurisdizione; derivante dalla non configurabilit -nemmeno astratta -di un qualsiasi diritto soggettivo in favore dell'attore. La sentenza in rassegna, come s' detto, introduce un'importante mutazione giurisprudenziale con essa essendo stata riesaminata e modificata l'intera materia. In conseguenza delle decisioni della Suprema Corte 11 gennaio 1973 -dalla n. 63 alla n. 81, in questa Rassegna, 1973, I, 846 -riguardanti la portata del divieto di assunzione senza concorso di dipendenti nella Regione siciliana stato ribadito dal Supremo collegio che l'illiceit della causa o dell'oggetto previsti dall'art. 2126 cod. civ. come presupposto di nullit del contratto di lavoro, per realizzarsi necessitano non solo di un contrasto con una norma imperativa, (c.d. stretta legalit) ma, anche, di una violazione dei principi giuridici ed etici fondamentali dell'ordinamento (c.d. illiceit). Da questa premessa la Suprema Corte, pur ribadendo il carattere cogente dell'art. 99 r.d.l. 745 del 1924, ha fatto derivare due ipotesi. La prima, nella quale vengano affidate all'amanuense funzioni tipiche di cancelleria: in questo caso correttamente da individuare l'illiceit del rapporto dacch in tale ipotesi gli stessi valori protetti dall'art. 36 Cost. possono trovare resistenza in altri valori tutelati dai principi costituzionali sulla Pubblica Amministra zione (Cost. art. 97), che hanno, anch'essi, finalit di primaria. rilevanza per l'ordinamento. La seconda -di pi comune verificazione -nella quale l'affidamento all'amanuense consista in mansioni di mera esecuzione e d'ordine concretizzandosi cos una situazione che, se pur chiaramente illegale e fonte di respon PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 97 Dai proventi delle cancellerie dei tribunali e delle preture deve pre levarsi innanzi tutto l'assegno per le spese di ciascun ufficio. Per la retribzione del lavoro straordinario di copiatura non pu prelevarsi una quota superiore di quattro decimi delle somme che spettano alle cancellerie per diritti di copia . Il personale in tal modo assunto fu costantemente escluso dalla sfera di applicazione delle leggi che, dal 1947 in poi, provvidero alla sistema zione del personale statale assunto fuori ruolo e fu invece oggetto di trattamento preferenziale nell'espletamento dei concorsi per la copertura dei posti di ruolo del personale di dattilografia, istituito con I. 21 dicembre 1956 n. 1444. Fu prevista l'abrogazione del citato art. 99 in coinci s , siffatta destinazione della cosa assume in realt, nei locatore, i connotati dell'esercizio dei poteri attribuiti al contratto di locazione. ente individua per contro nella medesima destinazione il un provvedimento amministrativo. Peraltro, sviluppando l'inesta prospettiva, l'ambito di operativit di un tale provve> er effetto della scelta di fondo precedentemente e Iiberauta dall'amministrazione pubblica -non pu non coinci per quanto concerne i limiti temporali, con i confini en SBZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA CIVILE I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Lavoro, 14 luglio 1976, n. 2731 Pres. Tresca -Est. Coletti -P. M. Pandolfelli (concl. contr.) Istituto Poligrafico dello Stato (avvocato dello Stato Cerocchi) c. Mariella Vincenzo (avv. Diana). Lavoro -Lavoro dipendente -Contratti collettivi non efficaci erga om nes -Clausola -Interpretazione. Lavoro -Cod. civ. art. 2121-Indennit di preavviso e di anzianit Computo. Compenso Natura giuridica -Determinazione. I contratti e gli accordi collettivi, stipulati dopo la soppressione del- I 1'ordinamento corporativo e non dotati di efficacia erga omnes hanno natura negoziale: in quanto espressione dell'autonomia privata delle associazioni sindacali stipulanti, l'interpretazione delle relative clausole rien I tra nei compiti istituzionali del giudice di merito (1). I Ai sensi dell'art. 2121 e.e. le indennit di preavviso e di anzianit i vanno calcolate computando le provvigioni, i premi di produzione, la I partecipazioni agli utili e ai prodotti e ogni altro compenso di carattere continuativo (2). i La denominazione comunque contrattualmente attribuita ad un compenso non pu mai costituire elemento decisivo per determinarne la natura giuridica, dovendo questa desumersi dalla considerazione degli ele I menti strutturali e funzionali del compenso stesso (3). i II r ! ~ CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Lavoro, 14 luglio 1976, n. 2729 -Pres. TreB sca -Est. Chiavelli -P. M. Pandolfelli (concl. contr.) -Istituto Poligrafico dello Stato (avvocato dello Stato Cerocchi) c. Spinosa Libe I rio (avv. Diana). ~ I Lavoro -Lavoro straordinario -Retribuzione -Carattere della continuit !' e della obbligatoriet. ! Lavoro -Orario di lavoro -Orario contrattuale Accordo Singole prestazioni. I compensi per lavoro straordinario non costituiscono, di regola, ele I mento integrativo della retribuzione in considerazione della loro natura I i i (1-5) Le pronunzie che si riportano assieme per consentire un inquadramento globale dell'orientamento di primo approccio della giurisprudenza del S. C. in I I PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 111 transitoria, saltuaria ed eventuale: tuttavia, qualora le prestazioni corrispondenti siano continuative ed obbligatorie, il compenso relativo a forfait o meno, costituisce parte integrante della retribuzione ai fini dell'indennit di anzianit (4). Gli elementi della continuit e della obbligatoriet sussistono certamente ogni qualvolta il prolungamento dell'orario normale di lavoro oltre quello normale contrattuale -deriva non gi da un accordo che in via generica le singole .prestazioni o periodi di prestazione, ma da un patto iniziale o successivo alla costituzione del rapporto di lavoro, che investa unitariamente tutte le prestazioni (5). merito alla tormentata questione della cosiddetta ora politica dei dipendenti dell'IStituto Poligrafico dello Stato, mostrano come la Corte sia tuttora ancorata ai criteri classici di interpretazione della normativa civilistica in tema di lavoro straordinario. Per comodit di ricerca, si richiamano le pronunzie su cui si fondano le citate massime: Cass. 24 marzo 1975, n. 1137, in Giust. Civ. Mass. 1975, 508; Cass. 2 luglio 1971, n. 2391 in Giust. Civ. Mass., 1971, 305; Cass. 30 giugno 1974, n. 1550, in Giust. Civ. Mass. 1974, 703. Uno spiraglio tendente ad un riesame della problematica nella sua globalit, nella sentenza della S. C. 12 maggio 1976, n. 1689, in questa Rassegna, 1976, I, 590. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 luglio 1976, n. 2855 -Pres. Monelli Est. Zappulli -P. M. Antoci (conci. contr.) -Ritarossi c. Ministero Interno (avvocato dello Stato Gargiulo). Circolazione stradale -Sanzione amministrativa Atto amministrativo . Ordinanza prefettizia. Atto amministrativo Ordinanza del Sindaco Sindacabilit da parte della A.G.O. Eccesso di potere. Atto amministrativo Sindacato del giudice ordinario -Ammissibilit. La sanzione amministrativa inflitta al privato con decreto prefettizio emesso in virt della l. 3 maggio 1967, n. 317, incide sul diritto del soggetto passivo a non esservi sottoposto se non in quanto l'ordinanza prefettizia sia conforme a legge (1). Qualora l'ordinanza sia pertanto emessa sulla base di un provvedimento del sindaco nell'esercizio del potere attribuitogli dall'art. 4 del Codice della Strada, legittimo il sindacato del giudice ordinario sul contenuto dell'ordinanza, ancorch rivesta carattere discrezionale (2). (1-3) La motivazione della sentenza pregevole, anche per la ricostruzione delle opinioni succedutesi nell'iter del tormentato problema della sindacabilit dell'eccesso di potere da parte dell'A.G.O. Oltre ai richiami, oramai reperibili nella pi nota dottrina, cfr., per una reimpostazione del problema, la monografia del DE PINA G. in Riv. it. Scienze Giur., 1971, pag. 9 e segg. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il giudice ordinario ha la potest, nell'esercizio del suo sindacato, di disapplicare l'atto amministrativo anche quando sia viziato da eccesso di potere, sempre e unicamente nel caso che esso, o il comportamento della p.A. sia direttamente lesivo di un diritto soggettivo (3). (Omissis). -La sanzione amministrativa inflitta al ricorrente con il decreto prefettizio emesso in virt della 1. 3 maggio 1967, n. 317, incide sul diritto del soggetto passivo a non essere sottoposto se non in quanto il provvedimento suddetto sia conforme a legge. Ma il medesimo nella speoie, ha come presupposto l'ordinanza del Sindaco di Frosinone che disponeva la riserva di sosta per gli automezzi in servizio di tesoreria della Banca d'Italia, per la cui accertata violazione stata inflitta la sanzione suddetta, ed pacifico che quel provvedimento comunale stato emesso nell'esercizio del potere attribuito al Sindaco dall'art. 4 del codice stradale. Pertanto, per la natura di presupposto necessario del successivo decreto prefettizio, quell'ordinanza, pur avendo carattere discrezionale, non pu non sottrarsi al sindacato del giudice ordinario perch essa, attraverso la successiva sanzione, ha inciso sul diritto del soggetto passivo di questa ultima. Tale sindacato stato recentemente escluso dalla Suprema Corte, anche in via incidentale, sull'atto amministrativo lesivo di un interesse legittimo per quanto essa abbia determinato ulteriormente effetti pregiudizievoli su diritti soggettivi, e ci nel caso di una previa imposizione di vincolo archeologico, per il quale doveva essere ridotta la indennit dovuta in seguito alla successiva espropriazione per pubblico inte resse, (Sez. Un. 18 marzo 1972, n. 816) e in quello di revoca dell'atto amministrativo dichiarativo dell'inutilizzabilit di relitti dei quali era stata gi chiesta la retrocessione (Sez. Un. 21 febbraio 1974, n. 494). Tuttavia, va considerato il differente nesso causale tra l'atto amministrativo come in discussione nelle anzidette fattispecie e il pregiudizio arrecato, quale mera conseguenza di fatto, estranea alla volont e ai fini della pubblica amministrazione. La interposizione di un nuovo atto amministrativo nel caso oggetto del presente giudizio incide invece direttamente su un diritto soggettivo, onde il potere dovere del giudice ordinario ai sensi del citato art. 5, di controllare per il consentito sindacato i presupposti di legge di quest'ultimo, tra i quali il precedente provvedimento sul quale fondato. Ci premesso pu passarsi all'esame il quesito se il sindacato del giudice ordinario si estenda al dedotto vizio di eccesso di potere del provvedimento che costituisce il presupposto dell'atto amministrativo lesivo del diritto soggettivo solo ai fini della eventuale sua disapplicazione. Indubbiamente tale quesito, pur se limitato alla sede incidentale, di estrema delicatezza, tanto pi in quanto le norme degli artt. 24 e !, f: E: f: PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 113 della Costituzione sopravvenute alla lontana legge del 1865 hanno reso diverso un definitivo riesame del problema. La estensione di quel sindacato al vizio suddetto stata sostenuta, in linea generale, nei tempi pi recenti dalla unanime dottrina, secondo la quale la conformit alle leggi, prevista dal citato art. 5 per l'applica zione dell'atto amministrativo, si identifica con la sua piena legittimit anche in senso sostanziale, e non con la sua mera corrispondenza for male alle norme legislative, comprendendovi, pertanto, l'eccesso di po tere e non soltanto rincompetenza e la violazione di legge in senso stretto. Sono stati, tuttavia, concordemente esclusi da tale sindacato i. yizi di merito, e cio quelli relativi alle valutazioni e scelte di limiti e mezzi dell'azione amministrativa, in quanto solo per questi ultimi si avrebbe quella sostituzione del giudice ordinario all'autorit amministra tiva assolutamente disattese dal nostro ordinamento giuridico. La giurisprudenza della Corte Suprema, dopo avere in precedenza costantemente e fermamente negato la sindacibilit di parte del giudice ordinario del dedotto vizio di eccesso di potere nell'atto amministrativo, anche in via incidentale e per i suoi riflessi sul diritto soggettivo, lo ha ormai ammesso in sede penale, a causa dell'impossibilit di una contrap posizione. tra giudice ordinario penale e giudice amministrativo penale, nonch per altri validi elementi. In sede civile la stessa Corte ha mostrato di accogliere quel principio, in una sentenza relativamente recente (Sez. Un., 12 gennaio 1965, n. 63), affermando che il giudice ordinario pu, nell'esercizio del suo sindacato, disapplicare l'atto amministrativo anche quando sia viziato da eccesso di potere, indagando se sussista una deviazione dell'atto stesso dalla sua funzione istituzionale, e tutto ci sempre e unicamente nel caso che esso o il comportamento della pubblica amministrazione sia direttamente le- sivo di un diritto soggettivo. Non pu ritenersi che questo nuovo indirizzo sia stato espressamente disatteso, per quanto concerne lo specifico vizio dell'eccesso di potere, dalle successive pronunzie della Suprema Corte. Infatti, alcune di esse hanno escluso il sindacato del giudice ordinario quando. involge apprezzamenti di opportunit amministrativa e anche di carattere tecnico (Sez. Un., 4 marzo 1974, n. 595) con riferimento a provvedimenti contingenti e urgenti del Sindaco, che richiedano una indagine sull'uso di un potere discrezionale e il sindacato sulle valutazioni o apprezzamenti del pubblico interesse... (Sez. Un., 6 aprile 1970, n. 924, 21 settembre 1970, n. 1646). In queste decisioni il richiamo generico alle esigenze di urgenza e alle valutazioni e agli apprezzamenti non consentono di accertare se la esclusione di quel sindacato stata fatta con riferimento al vizio di accesso di potere, non espressamente menzionato, e al loro contenuto di merito sottratto ad ogni sindacato giurisdizionale. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Questo Collegio ritiene che il pi ampio indirizzo che riscontro nella citata sentenza del 1965, vada condiviso perch effettivamente la maggiore e pi energica tutela assicurata dagli art. 24 e 113 della Costituzione induce a ritenere non conforme al nostro ordinamento giuridico il criterio restrittivo seguito in precedenza. Infatti il chiaro tenore delle norme costituzionali e precisamente dell'art. 24 per il quale tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi, e la difesa un diritto inalienabile... e del successivo art. 113, secondo cui contro gli atti della pubblica amministrazione sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi agli organi di giurisdizione ordinaria e amministrativa e la stessa non pu essere esclusa impone una revisine interpretativa del valore dell'art. 5, I. 1865, del resto pienamente compatita con il testo. Non sussiste, cio contrasto tra le vigenti disposizioni legislative e le citate norme della Costituzione, su ordine al quale la decisione sarebbe riservata alla Corte Costituzionale, giacch le diverse opinioni investono essenzialmente il sistema e per esso l'interpretazione di ogni norma va fatta in correlazione alle altre dell'ordinamento giuridico, tra le quali fondamentali quelle della Costituzione, ove non sia d'ostacolo una assoluta loro incompatibilit per la forma e il contenuto. Secondo questa interpretazione, corrispondente alla pi energica tu tela costituzionale, la conformit alle leggi richiesta dall'art. 5 della legge del 1865 non pu essere limitata all'assenza di violazioni formali e dirette di singole norme legislative e va, invece, estesa e identificata con la totale legittimit dell'atto, quale sua immunit da tutti i tre noti vizi dell'in competenza, della violazione di legge in senso stretto e dell'eccesso di poter, salva ogni questione sulla precisa delimitazione di quest'ultimo. Giova osservare, al riguardo, che non vi alcun motivo di contrap posizione e distinzione tra i due termini di conformit alle leggi e di legittimit, mentre non pu ravvisarsi una sostituzione dell'autorit giu diziaria e quella amministrativa, assolutamente esclusa dal nostro ordi namento salvi casi particolari, in quanto restano fuori da quel sindacato le valutazioni e scelte di merito, nell'ambito della legge, riservate all'auto nomia della pubblica amministrazione. Proprio da questa ulteriore contrapposizione tra il sindacato sull'ec cesso di potere quale sindacato di legittimit e quelle sul merito, sottratto anche al giudice amministrativo, salvi i casi espressamente previsti dal legislatore, si desume un'altra conferma del principio secondo il quale esso consentito pure al giudice ordinario sia pure incidenter tantum. Infatti, come posto in rilievo da alcuni autori, se il vizio di eccesso di potere non rientrasse in quello di illegittimit, e fosse invece compreso in quelli inerenti al merito o comunque sottoposto a diversa disciplina PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE avrebbe dovuto essere sottratto pure al giudice amministrativo, quale giudice di legittimit. Poich, invece, questo giudice competente anche per l'esame di quel vizio non vi ragione perch, entro i cennati limiti dell'esame incidentale, debba diversamente effettuarsi per il giudice ordinario una separazione dell'eccesso di potere dagli altri due vizi dell'incompetenza e della violazione di legge della consueta tricotomia di quelle forme di illegittimit dell'atto amministrativo. Conseguentemente, ritenuta la sindacabilit suddetta da parte del giudice ordinario anche per il vizio di eccesso di potere, dovrebbe precisarsi il limite di quel sindacato in relazione alle sue diverse definizioni e configurazioni perch, come noto, mentre indubbio che vi sono comprese le figure giuridiche dello straripamento di potere, quale incompetenza assoluta, e lo sviamento di potere, quale deviazione dell'uso del potere discrezionale dal fine, attribuito al potere stesso dalle singole leggi che lo regolano, per altre figure vi sono stati dissensi e dubbi nella dottrina e nella giurisprudenza. Tuttavia, per il caso che ne occupa, la soluzione del quesito si presenta superflua in quanto l'eccesso di potere stato dedotto dal ricorrente nell'avere il provvedimento del Sindaco riservato lo spazio indicato all'esclusivo uso di (quelli) autoveicoli in servizio alla Banca d'Italia, senza un motivo di pubblico interesse e anche per uno spazio eccessivo . chiaro, perci, che il primo di questi elementi indicati dal Ritarossi si riferisce chiaramente all'eccesso di potere nella forma dello sviamento sopra considerata, rientrante nel vizio medesimo. Ma nella conseguente indagine sulla sua esistenza, consentita a questa corte al fine dell'accertamento della giurisdizione (Sez. Un. 26 ottobre 1972, n. 3268; 21 febbraio 1974, n. 494), facile rilevare che l'ordinanza del Sindaco, riportata nella sentenza ed esibita in atti, disponeva la riserva di sosta, con formula diversa da quella indicata dal ricorrente, solo per le auto in servizio di tesoreria dello Stato e cio con la specificazione non tanto della loro propriet quanto del servizio particolare al quale erano destinate, con implicito riferimento a esigenze di sicurezza, celerit di manovra, riservatezza e altre, ben note o agevolmente riconoscibili. da escludere, pertanto, sotto tale profilo, il dedotto vizio di eccesso di potere dell'ordinanza suddetta. Quanto all'altro elemento dedotto nel ricorso, e cio l'eccessivo spazio riservato alla sosta in relazione -al numero degli automezzi impiegati in quel servizio, la critica fatta dal ricorrente investe la valutazione del provvedimento nell'ambito della mera discrezionalit amministrativa, e cio la scelta quantitativa dello spazio riservato cos per quanto concerna secondo le esigenze e i mezzi della Banca in relazione al numero e alle 116 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dimensioni degli automezzi, alla sicurezza degli stessi e delle persone nel relativo carico e scarico dei valori e nell'accesso all'edificio, e ad altre circostanze connesse: trattasi di valutazioni di merito, cui non dato validamente opposto alcun vizio di eccesso di potere e come tali sottratte a ogni sindacato giurisdizionale, onde l'infondatezza del rpotivo. (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 luglio 1976, n. 2888 -Pres. Giannattasio -Est. Scanzano -P. M. Cutrupia (conci. conf.) -Ministero dei Lavori Pubblici (avv. dello Stato Tarin) c. La Grassa (avv. Nicol). Espropriazione per p.u. Indennit di espropriazione -Opposizione alla stima Termine di decadenza -Natura sostanziale Termini Sospensione feriale Termini sostanziali o processuali. Il termine stabilito dall'art. 51 della legge 25 giugno 1885, n. 2359, per l'opposizione alla stima dell'indennit di espropriazione ha natura sostanziale e non processuale e pertanto non soggetto alla sospensione disposta, per il periodo feriale, dalla l. 14 luglio 1965, n. 818 (1). (Omissis). -Col primo motivo l'Amministrazione ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 1 I. 14 luglio 1965, n. 818 e degli artt. 51, 31-38 I. 25 giugno 1865, n. 2359 e, riproponendo la tesi sostenuta senza successo in sede di merito, assume che il termine stabilito dal citato art. 51 per l'opposizione alla stima dell'indennit di espropriazione non ha natura processuale ma natura sostanziale e quindi non soggetto alla sospensione disposta, per il periodo feriale, dalla I. 1965 n. 818. Conclude pertanto che, essendo stato il decreto di espropriazione notificato all'espropriata in data 8 agosto 1969, detto termine era inevitabilmente scaduto quando, il 2 ottobre successivo, l'opposizione venne proposta. La censura fondata. La questione che essa propone ha formato oggetto di specifico esame da parte di questa Corte che con sentenza n. 2033 del 13 luglio 1973 ha appunto affermato il carattere sostanziale del termine in argomento, escludendo, conseguentemente, che esso sia suscettibile della sospensione prevista dalle 1. 14 luglio 1965, n. 818 e 7 otfobre 1969, n. 742. Tale principio stato confermato con sentenza 29 ottobre 1975, n. 3643 e poi ancora con sentenza 2 marzo 1976. n. 694, sicch esso ormai espressione di (1) La sentenza, manifestazione di un princ1p10 oramai consolidato, merita di essere segnalata per la sintesi delle questioni agitate. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE un orientamento consolidato: orientamento che il Collegio condivide, rite nendo valide le ragioni che lo presidiano e ravvisando in esse una con futazione gi adeguata delle contrarie osservazioni dell'odierna contro. ricorrente., La quale sostanzialmente assume: a) che atto processuale an che quello che, sebbene compiuto fuori del processo, sia destinato a produrre effetti nell'ambito di questo, onde tale anche la domanda giudiziale, ed ha carattere processuale il termine che nella proposizione di essa debba essere osservato per evitare una decadenza; b) che comun que il termine di cui all'art. 51 I. 1865 n. 2359, riguarda un atto che si inserisce in un vero procedimento, qual' la serie degli atti preordinati all'espropriazione per pubblica utilit, e che in particolare la perizia disposta dal tribunale ai sensi dell'art. 32 della legge citata ha gli effetti di una perizia giudiziaria disciplinata, in mancanza di precisioni speci fiche, dalle norme del codice di rito civile, e soggetta ad un vero e propro mezzo di impugnazione, quale l'opposizione prevista dal menzio nato art. 51. Questo assunto non pu essere condiviso. Conviene premettere che le leggi 14 luglio 1965, n. 818 (che viene in considerazione nella specie) e 7 ottobre 1969, n. 742, bench inserite nell'ordinamento come norme di carattere generale, hanno, in coerenza con la loro finalit, una portata definita, ben pi limitata di quelle che, in relazione ad eventi straordinari che ostacolino il tempestivo eser cizio di diritti, sostanziali o processuali che siano, sospendono generi camente il corso dei termini che importano decadenza da diritti, azioni od eccezioni (come ad esempio, proprio per la zona del Belice, stato disposto col d.l. n. 12 del 22 gennaio 1968 per tutta la durata di quel l'anno). A differenza di queste leggi, che sono dettate a favore dei titolari dei diritti, anche sostanziali, suscettibili di essere pregiudicati, nel loro esercizio, da quegli eventi, le due innanzi indicate sono essen zialmente dettate a favre degli avvocati e procuratori, per consentire loro un adeguato periodo di riposo (anche se la sospensione torna pure a vantaggio delle parti) e riguardano i termini processuali, cio quelli concernenti gli atti che i predetti professionisti, avendo accettato l'inca rico, debbono compiere o far compiere nel processo. In tale senso, ai fini qui considerati, debbono essere intesi gli atti del processo, men zionati nell'art. 152 c.p.c. Ponendo l'accento su quest'ultima espressione ed invocando a conforto anche cass. 1974 n. 3053, la controricorrente sostiene non potersi negare la natura di atto processuale alla citazione, ch diretto ad introdurre il processo ed a produrre effetto nell'ambito di questo. Il rilievo pu condividersi su un piano del tutto generale, . ma non pare risolutivo ai fini specifici qui considerati, perch, riferendosi le citate RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 118 leggi n. 818 e 742 ai termini processuali, occorre avere riguardo soprattutto al concetto di termine processuali: occorre cio considerare la funzione dello spazio di tempo concesso per il compimento di un atto, in relazione alle conseguenze che nel processo, e non fuori e prima di esso, sono dalla legge collegate al suo decorso. Termine processuale pu allora ritenersi solo quello dalla cui osservanza dipende l'efficace esercizio di una facolt processuale e, con esso, la idoneit dell'atto relativo a realizzare gli effetti processuali che gli sono propri. In tale prospettiva il termine di decadenza stabilito per la propo sizione di una certa domanda giudiziale pu considerarsi di natura pro cessuale solo quando il giudizio si inserisca in un pi ampio ed unitario contesto procedimentale, sicch la domanda stessa assuma il carattere di atto d'impulso nel senso processualistico dell'espressione, e la sua tempe stivit sia condizione della possibilit di costituire o riattivare un rap porto processuale. Quanto invece lo stesso termine decorra fuori e prima del processo (come ha rilevato questa Corte per escludere la sospendibilit del ter mine di cui all'art. 244 cod. civ. in tema di disconoscimento della pater nit: sent. 2468/75 e sia posto a tutela di esigenze di certezza e si solle citudine rilevanti esclusivamente sul piano del diritto sostanziale) esso non che un termine posto per azionare il diritto ed ha appunto natura sostanziale, senza possibilit di subire sospensioni per effetto delle leggi relative al periodo feriale. E ci (come ha posto in evidenza questa Corte con la precedente sentenza n. 2033 del 1973) chiarito anche dai lavori parlamentari che hanno preceduto la legge 1965 n. 818. Il fatto che, in presenza di un termine di decadenza stabilito per la sua proposizione, l'atto di citazione sia l'unico strumento esperibile a tutela del diritto, senza possibilit di atti equipollenti non modifica i termini del problema, ma esprime solo una caratteristica comune a tutti gli atti soggetti a ter mini di decadenza. Sulla base di queste premesse deve escludersi che il termine fissato dall'art. 51, 1. 1865, n. 2359, per l'opposizione alla stima dell'indennit abbia carattere processuale. L'espropriazione per pubblica utilit, realizzandosi attraverso una serie di atti coordinati rispetto ad una finalit unitaria, si attua indubbiamente attraverso un procedimento. Questo procedimento (che di natura amministrativa, e rimane tale anche se vi sia la nomina dei periti ad opera del tribunale, che infatti provvede senza citazione od intervento di parti) si esaurisce con la pronunzia del decreto di espropriazione, che produce l'effetto (cui appunto la serie degli atti coordinati diretta) di trasferire il diritto di propriet all'espropriante e convertire il diritto dell'espro priato nel diritto all'indennit. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE Ora, a differenza deHa reazione esperibile avanti alla giurisdizione amministrativa contro il decreto illegittimo che risulti lesivo di un interesse dell'espropriato (reazione che riconducibile alla categoria delle impugnazioni perch investe direttamente l'atto amministrativo ed diretto ad ottenerne l'annullamento), l'opposizione alla stima, lungi dal costituire la prosecuzione del predetto procedimento amministrativo, d luogo ad un'entit distinta ed autonoma, cio, come chiarisce l'art. 35 I. 1865, n. 2359, ad un separato giudizio diretto alla tutela del diritto soggettivo alla giusta indennit (cass., 4 ottobre 1975, n. 3144). E rispetto a tale giudizio ha carattere autonomo, pur essendo ad esso preordinato, finanche la notificazione del decreto di espropriazione, negandone il carattere di atto processuale, ha escluso l'applicabilit dell'art. 156, ultimo comma, c.p.c. (sent. 3426/74). Il fatto poi che nel predetto giudizio possano dedursi anche nullit della perizia, sempre in funzione della tutela del su menzionato diritto, e non vale in alcun modo a qu~lificare il giudizio medesimo come una impugnazione, cio come rimedio diretto ad ottenere l'annullamento e la sostituzione dell'atto: e non costituisce sostituzione della perizia giudiziale l'eventuale consulenza tecnica che il giudice dell'opposizione disponga, in quanto quest'ultimo mezzo d'indagine conserva la caratteristica di uno strumento facoltativo, volto ad integrare le cognizioni del giudice e soggetto alla sua libera valutazione, laddove la perizia rimane un'entit propria del procedimento di espropriazione. Sono appunto espressione di questi principi le sentenze di questa Corte 4 ottobre 19~5, n. 3144, secondo cui il giudice dell'opposizione pu seguire criteri diversi da quelli adottati dai periti pur in mancanza di specifiche censure al riguardo, e 6 agosto 1965, n. 1894, secondo cui la produzione della perizia non neppure necessaria perch detto giudice possa esaminare il merito della domanda, di cui quella produzione non costituisce condizione di procedibilit. Nella specie poi il riferimento della controricorrente al carattere giudiziario della perizia di cui all'art. 32 della citata legge del 1865 ed alla sua soggezione alle norme del codice processuale, ed il connesso tentativo di renderla partecipe della stessa natura del successivo procedimento di opposizione, appaiono privi di pertinenza, dal momento che l'indennit indicata nel decreto prefettizio stata determinata in base a stima dell'Ufficio tecnico erariale. Chiariti il concetto di termine processuale e l'autonomia del procedimento di opposizione alla stima rispetto al procedimento di espropriazione ed ai suoi singoli atti (compreso quello conclusivo, com' dimostrato anche dall'estraneit del prefetto alla causa), l'inapplicabilit della legge nei termini feriali al caso appare evidente. Esaurito il procedimento di espropriazione con la pronunzia del de. reto prefettizio (produttivo degli effetti innanzi indicati), la situazione che RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 120 sta a monte dell'atto di opposizione previsto dall'art. 51 1. 2359 citata una ~ituazione di diritto sostanziale, caratterizzata da una certa modificazione patrimoniale. L'esigenza di una rapida definizione delle controversie relative ha indotto il legislatore a stimolare la diligenza dell'espropriato ed a prefiggere un breve termine di decadenza per la tutela del suo diritto alla giusta indennit. L'inosservanza di tale termine non toglie che l'atto di opposizione raggiunga gli effetti processuali che gli sono propri, cio dia vita ad un valido rapporto processuale, e si risolve solo in un pregiudizio della situazione di diritto sostanziale su indicata. In contrario non giova alla controricorrente ricordare che questa Corte ha ritenuto ammissibile l'opposizione tardiva di taluno degli espropriati purch altro di essi l'abbia proposta tempestivamente, n invocare le sentenze che hanno qualificato di natura processuale il termine per impugnare l'ingiunzione fiscale (come la n. 3996 del 1969), il termine di cui all'art. 146 della legge di registro del 1923 (Cass. n. 3053/74) e quello di cui all'art. 90 TUFL (Cass. 1547/75), n negare che possa enuclearsi il contenuto sostanziale del decreto di espropriazione dal procedimento formale di cui esso trae validit ed efficacia, nell'indugiare sulla distinzione tra diritto soggettivo tutelabile col processo, ad azione come diritto astratto o potere processuale volto a provocare l'esercizio della giurisdizione. Pu invece replicarsi: a) che l'ammissibilit della opposizione tardiva di taluno degli espropriati stata giustificata col carattere unitario dell'indennit e con la necessaria unitariet della determinazione del valore del bene espropriato (Cass. 3262/74), senza alcun riferimento ai principi (probabilmente sottintesi dalla controricorrente) concernenti il litisconsorzio in fase di impugnazione; b) che i principi enunciati con le citate pronunzie emesse in materia fiscale vanno considerati alla stregua delle fattispecie esaminate, che riguardano azioni giudiziarie successive od esperimenti contenziosi avanti ad organi o giurisdizioni amministrativi, o comunque rientranti in un pi ampio contesto processuale unitariamente diretto (pur nell'autonomia delle diverse sedi) alla tutela di una medesima situazione giuridica sostanziale; e) che l'innegabile natura procedimentale degli aUi preordinati al l'espropriazione non esclude la precisa autonomia della loro finalit ri spetto al giudizi di opposizione, che assume appunto il risultato finale di quella serie di atti, come condizioni della sua proponibilit; d) che se si accentua la qualifica dell'azione come astratto diritto potestativo processuale, il problema del termine e della sua sospendibilit diventa finanche irrilevante, in quanto l'attitudine della iniziativa proces suale a provocare l'esercizio della giurisdizione e la soggezione del conve nuto all'osservanza del giudizio, sussiste (purch ricorrano i comuni pre supposti processuali) indipendentemente dal rispetto del termine prefisso 121 PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE per l'esercizio dell'azione. Il quale termine diventa invece rilevante solo in quanto la sua osservanza consente di azionare efficacemente il diritto soggettivo; rilevante, cio, come elemento cui condizionato non l'esercizio di un semplice potere processuale, ma la tutelabilit in concreto di una determinata situazione giuridica. Onde la natura di termine sostanziale e npn processuale. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE -Sez. i, 28 settembre 1976, n. 3172 -Pres. Caporaso -Est. Virgilio -P. M. Antoci (Conci. conf.) -Ministero poste e Telecomunicazioni (Avvocato dello Stato Mazzella) c. D'Ercole Romeo (u.c.). Lavoro -Assicurazione obbligatoria -Gestione per conto dello Stato Soggetti del rapporto -Diritto di regresso -Titolarit della P.A. Sussiste. Mentre gli ordinari rapporti di assicurazione obbligatoria contro gli. infortuni sono caratterizzati dalla presenza di tre soggetti (datore di lavoro- assicurante; istituto nazionale delle assicurazioni-assicuratore; dipendente- assicurato), nei rapporti. abbinati col sistema della gestione per conto dello stato, i soggetti si riducono in definitiva a due, cumulandosi nella singola amministrazione la posizione duplice di assicurante e assicuratore rispetto al lavoratore-assicurato (2). A detti rapporti sono peraltro applicabili tutte le norme relative a quelli assicuratrici tipici: donde il diritto dell'amministrazione statale ad agire in regresso verso il terzo responsabile del sinistro subito dall'assicurato (2). (l-2) Giurisprudenza costante: cfr. per un precedente Cass. 11 marzo 1960, n. 470. CORTE DI CASSAZIONE -Sez. Un., 5 ottobre 1976, n. 3248, Pres. Boccia Est. Sammarco -P. M. Del Grasso (conf.). Assessorato Regionale per le Finanze della Regione Siciliana (Avv. dello Stato Giorgio Azzaniti) c. Costa Domenico ed altri (avv. Fenuggia e Silvestri). Esattoria -Gestione provvisoria -Dipendenti -Rapporto di impiego Natura pubblica della funzione dei dipendenti -Sussiste. Esattoria -Inattivit -Impossibilit della prestazione da parte dei dipendenti -Causa di risoluzione del rapporto di lavoro -Non sussiste. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 122 Esattoria -Obbligo dell'esattore al pagamento della retribuzione Rivalsa sull'Amministrazione delle Finanze Responsabilit della P. A. per il ritardo nel provvedere alla nomina Sussiste Delegazione amministrativa Mandato. A mente dell'art. 23 della legge 16 giugno 1939, n. 947, nel caso in cui, alla gestione ordinaria dell'esattoria, subentri per effetto della dichiarazione di decadenza del titolare una gestione provvisoria, viene comunque assicurata ai dipendenti dell'esattoria la continuit del rapporto di impiego, stante l'obbligo del gestore provvisorio di mantenerli in servizio: ci trae giustificazione dalla natura pubblica della funzione da essi svolta (1). La vacanza dell'esattoria, dovuta al ritardo dell'Amministrazione Finanziaria nel provvedere alla nomina del gestore provvisorio, pur determinando impossibilit della prestazione da parte dei dipendenti, non costituisce causa idonea a risolvere o sospendere la continuit del rapporto di lavoro, essendo un evento direttamente improbabile all'Ente impositore, pur rimanendo estraneo alla sfera di volont del gestore (2). Quest'ultimo pertanto sar comunque tenuto al pagamento degli emolumenti arretrati per il periodo di vacanza dell'esattoria, ma potr sempre rivalersi sull'Ente impositore per tali esborsi, ferma rimanendo la sua irresponsabilit per il ritardo dell'Amministrazione nel provvedere alla nomina (3). Qualora la gestione di un'esattoria rimasta vacante venga affidata ad un delegato governativo, in attesa che l'ente impositore proceda alla concessione del servizio di riscossione ad un nuovo titolare, il delegato deve essere tenuto indenne -in forza del principio dettato dall'art. 1719 e.e. in tema di mandato -da tutti gli oneri finanziari maturati prima che la gestione in delegazione avesse inizio (4). (Omissis). - d'uopo precisare che la Corte di Messina ha regolato il rapporto dedotto in giudizio dai dipendenti delle esattorie di cui era titolare il Santisi Giuseppe, alla stregua delle disposizioni dell'art. 23 della legge 16 giugno 1939, n. 947, di cui ha fatto diretta applicazione per acco gliere la domanda da essi proposta. Il richiamo a tali norme per decidere la controversia insorta fra i pre detti dipendenti e la Cassa Centrale di Risparmio, si rileva pienamente (1-4) Circa il principio della stabilit dell'impiego dei dipendenti esattoriali in forza del loro particolare status professionale (cfr. Cass. Sezione Unica 26 mar zo 1973, n. 827, in Giust. Civ. Mass. 1973). In merito alla insussistenza della impossibilit della prestazione idonea a determinare la risoluzione del rapporto di lavoro, qualora questa risalga al fatto della pubblica amministrazione, si segnala il nuovo orientamento delle Sez. Un. in riforma della contraria tesi di cui alla sent. 13 dicembre 1952, n. 3175. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE esatto, in considerazione che al momento in cui venne dichiarata la decadenza del titolare delle esattorie dei comuni di Casalvecchio, Antillo e Motta Camatra (febbraio 1962) la normativa vigente era costituita dalla legge 16 giugno 1939, n. 947. A questa legge, quindi, applicabile al rapporto dedotto in giudizio ed effettivamente ad esso applicata, occorre riferirsi per stabilire se nella specie sia configurabile il devenir meno della efficacia del contratto per impossibilit sopravvenuta, a norma degli artt. 1463 e 1256 e.e., cos come si sostiene dai ricorrenti. Dall'analisi dell'art. 23 della legge citata emerge con evidenza che il legislatore, per il caso in cui alla gestione ordinaria dell'esattoria subentri, per effetto della dichiarazione di decadenza del titolare, una gestione provvisoria, ha inteso assicurare ai dipendenti della esattoria, la continuit del loro rapporto di impiego. Infatti, esso dispone, nella sua prima proposizione, che il persona!e della esattoria il cui titolare stato dichiarato decaduto, viene mantenuto in servizio dal gestore. Negli incisi che seguono, la norma regola la ripartizione temporale dell'obbligo di pagamento delle retribuzioni, fra il precedente titolare ed il gestore provvisorio, stabilendo che fino alla dichiarazione di decadenza, le retribuzioni devono essere corrisposte dall'esattore dichiarato decaduto, mentre per il periodo successivo esse sono a carico del gestore provvisorio. La continuit del rapporto d'impiego per il personale esattoriale, sancita dalla norma in esame, si giustifica agevolmente ove si tenga presente che la riscossione delle imposte dirette costituisce un pubblico servizio, che di solito forma oggetto di concessione e, quindi, la funzione che gli esattoriali svolgono di natura pubblica. Il principio del mantenimento dell'impiego del personale esattoriale stato ribadito dal nuovo T.U. delle leggi sui servizi della riscossione delle imposte dirette, approvato con il D.P.R. 15 maggio 1963 n. 858, il quale ha sostituito alla figura del gestore provvisorio quella del delegato governtivo e che, con le disposizioni dettate all'art. 140, garantisce agli esattoriali il mantenimento in servizio senza alcuna soluzione di continuit per il caso di scadenza o cessazione del contratto di esattoria (Cass. Sez. Un. 26 marzo 1973 n. 827). Alla norma dell'art. 140 del vigente T.U. la Corte di Messina si riferita nella decisione impugnata, ma non per farne diretta applicazione al rapporto in controversia; l'ha citata solo per trarne da essa argomento di -conferma alla soluzione interpretativa adottata sulla base delle disposizioni dell'art. 23 della precedente legge 16 giugno 1939, n. 947. Questa puntualizzazione dimostra la non pertinenza della deduzione formulata dai ricorrenti nell'ultima parte del motivo, con la quale essi contestano che la norma dell'art. 140 del T.U. n. 858 del 1963, possa avere efficacia retroattiva: invero, una volta accertato che il giudice di merito RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO non ha dato corso all'applicazione diretta della norma in parola, la que-, stione se essa possa esplicare effetto retroattivo rispetto al caso in esami:!, non ha ragion d'essere. L'illustrato principio della continuit del rapporto di impiego del pt:rsonale esattoriale, non si concilia con la tesi sostenuta dai ricorrenti dell'impossibilit sopravvenuta della prestazione, come causa di risoluzione del contratto, per il caso in cui, stante il ritardo con il quale l'ente impositore nomina il gestore provvisorio o il delegato governativo, l'esattoria rimane inattiva e gli impiegati costretti a sospendere il lavoro. L'evenienza considerata costituisce una deviazione dalla previsione legislativa, di cui all'art. 23 della legge n. 947 del 1939, la quale, come risulta dalla formulazione dell'articolo stesso, presuppone che alla gestione dichiarata decaduta faccia subito seguito la gestione provvisoria. Nel caso in cui essa si verifica, la vacanza dell'esattoria non pu costituire una legittima causa di risoluzione del rapporto di lavoro dei dipendenti dell'esattoria stessa. Infatti, il detto rapporto, nel quale subentra il gestore provvisorio, nella qualit di da~ore di lavoro, assistito, come si gi rilevato, dalla garanzia del mantenimento del posto, che sono tenuti a rispettare, non solo il gestore provvisorio, ma anche l'ente impositore, titolare del servizio di riscossione, nell'interesse del quale la garanzia stata anche predisposta, in vista, appunto, del regolare espletamento del servizio. Quindi, la vacanza dell'esattoria, dovuta al ritardo con il quale l'Am ministrazione finanziaria procede alla nomina del gestore provvisorio, che secondo l'assunto dei ricorrenti determinerebbe l'impossibilit della prestazione, essendo un evento che, pur restando estraneo alla sfera di vo lont del gestore, direttamente imputabile all'ente impositore, non pu assurgere a causa idonea a risolvere o sospendere la continuit del rapporto di lavoro. Naturalmente, il gestore, che non responsabile del ritardo con cui l'amministrazione ha provveduto alla sua nomina, chiamato a far fronte, in qualit di datore di lavoro, al pagamento degli emolumenti arretrati per il periodo di vacanza dell'esattoria, potr sempre rivalersi sull'ente imposifore per tali esborsi. per non aver tenuto conto di questo aspetto dei rapporti fra l'ente impositore e gestore provvisorio o nuovo esattore e, soprattutto, per aver disconosciuto il principio del mantenimento in servizio del personale esat toriale, che non pu essere condivisa una precedente, remota, decisione di questa Corte che, giudicando su un caso analogo, della vacanza dell'esattoria per ritardata nomina del nuovo titolare di essa, ritenne che la vacanza dell'esattoria potesse configurarsi come impossibilit temporanea P.UTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE della prestazione di lavoro per fatto della P.A. idonea a determinare la risoluzione del rapporto di lavoro (Cass. 13 dicembre 1952, n. 3175). Con il primo motivo del ricorso principale, l'Assessorato Regionale, denunciando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 21 e 22 della legge regionale 4 giugno 1964 n. 13, deduce il difetto di giurisdizione dell'autorit giudiziaria ordinaria a pronunciarsi sulla domanda proposta dalla Cassa Centrale di Risparmio contro esso Assessorato Regionale. Al riguardo rileva che in base agli artt. 21 e 22 della L.R. n. 8 del 1953, i rimborsi da parte dell'Assessorato per le Finanze, in favore del delegato, devono essere autorizzati dall'assessorato e possono essere disposti a seguito di un procedimento amministrativo che si conclude con un decreto dell'Assessore per le Finanze. Pertanto, da un lato, avendo la legge previsto una facolt e non un obbligo dell'Assessorato per le Finanze di provvedere al rimborso, non vi sarebbe un corrispondente diritto soggettivo del delegato ad ottenere il rimborso stesso e, dall'altro, la sentenza del giudice ordinario non potrebbe sostituirsi all'atto amministrativo producendone gli effetti. Ai fini di definire la natura della situazione soggettiva della Cassa Centrale di Risparmio nei confronti dell'Assessorato Regionale per le Finanze relativamente alla domanda di rimborso dell'importo delle retribuzioni che essa tenuta a pagare ai dipendenti delle esattorie che ne hanno fatto richiesta per il periodo dal febbraio 1962 al 31 dicembre 1963, si rende necessario fissare i limiti temporali della gestione che la Cassa aveva ricevuto in delegazione governativa ed analizzare il contenuto dell'atto di delega. Tale delega contenuta nel decreto 16 giugno 1964 con il quale l'A'> sessorato per le Finanze della Regione Siciliana conferiva, in delegazione governativa, alla Cassa Centrale di Risparmio per le Province Siciliane la gestione per il biennio 1964-1965, di alcune esattorie delle II.DD. della Pro vincia di Messina, rimaste vacanti. Lo stesso decreto, dopo aver precisato che il delegato era obbligato ad anticipare le spese di gestione, in esse comprese il pagamento delle retribuzioni del personale dipendente, prescrive espressamente che il de legato tenuto a corrispondere al personale dipendente le retribuzioni a far tempo dal 1 gennaio 1964. Dai dati esposti si ricava, quindi, che la gestione della Cassa com prendeva il periodo dal 1964 al 1965 e che per quanto riguardava il pagamento delle retribuzioni ai dipendenti, esso era a carico del delegato a decorrere dal 1 gennaio 1964. Se ora si considera che le retribuzioni richieste dai dipendenti delle esattorie di cui era stato titolare il Santisi, si riferiscono al periodo che va dal 1 febbraio 1962 al 31 dicembre 1963, appare evidente che esse non erano contemplate nell'atto di delega e non rientravano fra le voci della RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO gestione in delegazione affidata alla Cassa Centrale di Risparmio con decorrenza dal 1 gennaio 1964. La conseguenza che sul piano giuridico si deve trarre da tale constatazione che il rimborso della detta partita non poteva soggiacere alle forme ed alle limitazioni stabilite, per i rimborsi inerenti alla gestione in delegazione, dalle disposizioni dettate dagli artt. 22 e 23 della legge regionale 9 marzo 1953 n. 8, richiamate dall'art. 2 della successiva legge regionale 4 giugno 1964 n. 13. Le dette disposizioni prevedono che il rimborso delle spese effettivamente sostenute dai delegati governativi che risultino strettamente indispensabili ai fini della gestione e che non siano coperte dall'aggio riscosso deve essere autorizzato dall'Assessorato per le Finanze e che la relativa domanda deve essere prodotta all'Assessorato entro il 31 marzo dell'anno successivo a quello per il quale il rimborso viene chiesto e che, infine, l'ammontare del rimborso sar determinato dall'Assessorato per le Finanze su proposta di una apposita commissione. Le riportate disposizioni, quindi, regolano il rimborso delle spese inerenti a fatti e rapporti ricompresi nella gestione e prodottisi' nel corso di essa. Non si applicano, invece, a spese relative a rapporti che, pur riallacciandosi al servizio di riscossione, si situano fuori dell'ambito della gestione delegata, in quanto sorti anteriormente ad essa. Nella specie, le retribuzioni ai dipendenti delle esattorie dei comuni di Casalvecchio, Antillo e Motta Camatra, per il periodo antecedente all'inizio della gestione in delegazione governativa da parte della Cassa di Risparmio Centrale non s'inquadrano nelle spese della gestione affidata alla Cassa e, pertanto, il relativo rimborso si sottrae alle regole di cui agli artt. 21 e 22 della legge regionale 9 marzo 1953, n. 8. Che le disposizioni dei citati articoli non possono trovare applicazione in ordine al rimborso delle retribuzioni di cui trattasi, lo si ricava anche dai limiti temporali di vigenza stabiliti nei riguardi delle predette norme dal legislatore regionale. Infatti, l'art. 2 della legge regionale 4 giugno 1964 n. 13, riguardante la gestione delle esattorie delle imposte dirette non potuta conferire nei modi di legge, all'art. 2 dispone che l'applicazione delle norme di cui agli artt. 21, 22 e 23 della legge 9 marzo 1953 n. 8 estesa al quinquennio 1964-1965, con effetto dal 1 gennaio 1964. Il che comporta che le spese affrontate dal delegato governativo per fatti inerenti al servizio di riscossione verificantesi anteriormente alla indicata data non riducono sotto le menzionate norme regionali. Escluso che tali norme possano applicarsi alla domanda di rimborso avanzata dalla Cassa Centrale di Risparmio, non per questo pu ritenersi che l'Assessorato per le Finanze sia esente dall'obbligo di provvedere al rimborso di cui trattasi. ! PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE Il delegato governativo, cui viene affidato in delegazione governativa la gestione di una esattoria rimasta vacante in attesa che l'ente impositore proceda alla regolare concessione del servizio di riscossione ad un nuovo titolare, deve essere tenuto indenne dall'ente impositore di tutti gli oneri finanziari inerenti al servizio che si sono mutuati prima che la gestione in delegazione avesse inizio. Questo in forza del principio, dettato dall'art. 1719 e.e. in tema di mandato, secondo il quale il mandante deve fornire al mandatario i mezzi finanziari perch possa adempiere alle obbligazioni che il mandatario assume per l'esecuzione del mandato. L'enunciato principio trova applicazione nel caso in esame, in quanto il rapporto fra ente (impositore) delegante e delegato avente ad oggetto la gestione di un'esattoria rimasta vacante, rispecchia sostanzialmente la struttura del mandato, dato che il delegato agisce per cpnto e nell'interesse dell'ente impositore; posizione questa del delegato che si differenzia da quella dell'esattore, il quale, titolare di un regolare atto di concessione del servizio e titolare di un contratto di appalto, inerente alla concessione, gode di una propria sfera di poteri e di una autonomia di decisione, di cui il delegato, invece, sprovvisto. Ai criteri test enunciati, del resto, si sono attenute le parti nel trattare la questione del rimborso in oggetto: infatti, risulta che la Cassa di Risparmio, richiesta dagli impiegati delle esattorie di corrispondere loro le retribuzioni per il periodo dal 1 febbraio 1962 al 31 dicembre 1964, si era rivolta all'Assessorato delle Finanze, sollecitando il suo dovere al riguardo, parere che l'Assessorato non aveva rifiutato, ma aveva regolarmente emesso; il che denota che la decisione finale, in merito al rimborso, rientrava nella sfera di competenze dell'Assessorato. L'adozione della delineata prospettiva giuridica in cui deve essere collocata la domanda di rimborso di cui trattasi, che prescinde dall'applicazione delle norme degli artt. 21 e 22 della legge regionale 9 marzo 1953, n. 8,, implica che la motivazione sul punto della sentenza impugnata, che fa leva, invece, proprio su tali norme, va rettificata nei sensi sopra indicati. I superiori rilievi, in base ai quali da escludere che la domanda di rimborso avanzata dalla Cassa di Risparmio nei confronti dell'Assessorato per le Finanze a proposito delle retribuzioni dei dipendenti delle esattorie per il periodo dal 1 febbraio 1962 al 31 dicembre 1963, dovesse essere sottoposta ad autorizzazione da parte dell'Assessorato, secondo le precitate norme regionali e dovesse adeguarsi al particolare procedimento amministrativo da queste disciplinato, consentono di pervenire alla conclusione che la detta domanda di rimborso pone capo ad una situazione soggettiva che ha la consistenza del diritto soggettivo e non del mero interesse legittimo, con la conseguenza che al riguardo sussiste la giurisdizione del giudice ordinario. -(Omissis). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 128 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 ottobre 1976, n. 3881 -Pres. Novelli Est. Carnevale -P. M. Monticelli (concl. conf.) -Ministro delle Finanze (avv. dello Stato Siconolfi) c. Curatela del fallimento secondo Gravora (u.c.). Fallimento -Art. 56 l.f. -Debito d'imposta ammesso al passivo -Credito del fallito per una vincita al lotto -Compensabilit -Esclusione. L'art. 56 della legge fallimentare, nel consentire l'operativit della vicenda estintiva tra i debiti dei creditori nei confronti del fallito e i loro crediti verso quest'ultimo, ancorch non scaduti alla data della dichiarazione di fallimento, prevede la possibilit di estinguere i crediti contrapposti per compensazione quando i crediti nei confronti del fallito non siano esigibili, ma importa implicitamente tutti i requisiti indicati nell'art. 1243 cc -in particolare quello della esigibilit -per i creditori del fallito nei confronti del debitore, contraente in bonis (1). Non pu pertanto opporsi in compensazione un credito gi ammesso al passivo, nei confronti del fallito, con un suo debito sorto dopo la decisione di fallimento (nella specie trattavasi di un credito d'imposta dell'amministrazione finanziaria, da compensare con un debito della medesima per una vincita al lotto del fallito) (2). (Omissis). -Deve essere esaminata, per prima, la questione, di natura sostanziale, se, alla stregua della disciplina della compensazione nel fallimento risultante dall'art. 56 della legge fallimentare, il credito e il debito contrapposti tra i quali la detta compensazione pu operare debbano essere o meno sorti entrambi anteriormente alla dichiarazione del fallimento. Solo se questa questione dovesse essere risolta, difformemente da come hanno concordemente ritenuto i giudici del merito e in conformit alla tesi sostenuta dall'Amministrazione ricorrente, in senso negativo e cio nel senso che la compensazione prevista dall'art. 56 della legge fallimentare possa operare anche tra un credito sorto prima e un debito nato dopo la dichiarazione del fallimento -si render necessario l'altra questione di carattere processuale -attinente alle condizioni formali per l'operativit della compensazione nel fallimento. Com' noto, l'art. 56, 2 comma della legge fallimentare per cui i creditori hanno diritto di compensare coi loro debiti verso il fallito i crediti che essi vantano verso lo stesso, ancorch non scadenti prima della dichia (1-2) Si riporta la sentenza per la sua precisa ed ampia motivazione; non constano precedenti, sulla fattispecie di cui alla seconda massima. In merito alla prima massima cfr. Cass. 22 giugno 1972, n. 2039 in Giust. Civ. Mass. 1972, 1144; Cass. 10 dicembre 1970, n. 2631, Foro it. 1971, I, 3008 per la giurisprudenza di merito, vedi Trib. Pistoia 13 gennaio -1971, Foro it. Rep. 1971, 1126. PARTE I, SBZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE razione del fallimento, fatta eccezione per i crediti non scaduti acquistati dal creditore per atto tra vivi dopo la dichiarazione del fallimento o nell'anno anteriore -ha innovato rispetto alla disciplina del codice di commercio abrogato, sotto il vigore del quale, in mancanza di una disposizione analoga, la giurisprudenza e la dottrina erano pressoch concordi nel ritenere che il fallimento cristallizzasse irrevocabilmente i diritti dei creditori del fallito e che, perci, dal giorno della dichiarazione del fallimento, non fosse consentita la compensazione a danno della massa di creditori se non tra crediti e debiti, che gi fossero certi, liquidi ed esigibili prima della sentenza dichiarativa. In mancanza di alcuno di tali requisiti, i debiti nei confronti del fallito dovevano essere soddisfatti integralmente, mentre per i crediti non era prevista altra possibilit se non quella dell'insinuazione al passivo per essere soddisfatti, in sede di riparto, in moneta fallimentare. L'esclusione della compensazione, fuori dell'ipotesi avanti precisata, era considerata una diretta ed ineliminabile conseguenza del Principio dell'indisponibilit attiva e passiva prodotta dal fallimento, in virt del quale si osservava in dottrina -, nonch il credito del fallito nei confronti del debitore in bonis doveva ritenersi acquisito dal fallimento ed a questo, e non al fallito, doveva essere pagato, il credito vantato nei confronti del fallito doveva, invece, considerarsi convertito in un diritto al dividendo sulla futura liquidazione. I termini di questo rapporto -si aggiungeva -non potevano, perci, alterarsi in danno degli altri creditori. E, d'altra parte, una soluzione diversa avrebbe comportato la lesione della par condicio creditorum e il depauperamento dell'attivo fallimentare, al quale sarebbe stato sottratto il credito del fallito dedotto in compensazione. Da una parte della dottrina era stata, peraltro, segnalata l'iniquit del trattamento cui soggiaceva il creditore-debitore, il quale, da un canto, era costretto a pagare per intero il suo debito e, dall'altro, doveva accontentarsi di partecipare alla proporzionale ripartizione dell'attivo fallimentare. Per ragioni di equit; come espressamente posto in evidenza nella relazione del guardasigilli (v. relazione al Re, n. 13), stata introdotta con il citato art. 56 della legge fallimentare, in conformit a quanto previsto da altre legislazioni straniere, una particolare disciplina della compensazione nel fallimento, la quale, come questa Corte Suprema ha avuto pi volte occasione di sottolineare (v. tra le altre, sent. 22 giugno 1972, n. 2039; sent. 10 dicembre 1970, n. 2631), risponde, per l'appunto, all'esigenza di assicurare una giusta tutela a chi venga a trovarsi, di fronte al fallimento, nella posizione di debitore-creditore, il quale sarebbe altrimenti esposto, da un lato, a dover soddisfare per intero il proprio debito e, dall'altro, a dover subire il pagamento del suo credito in moneta fallimentare. La compensazione prevista dalla norma in esame configura una particolare ipotesi di compensazione legale, alla disciplina della quale , quindi, soggetta, in linea di principio, divergendone soltanto in ci che, ai fini RASSEGNA DEll'AVVOCATURA DELLO STATO della sua operativit, la norma medesima -in aderenza ai principi propri del diritto fallimentare (e, in particolare, di quello, sancito dall'art. 55 della legge fallimentare, secondo cui i debiti pecuniari del fallito si considerano scaduti agli effetti del concorso, alla data della dichiarazione del fallimento) ed al principio generale fissato dall'art. 1186 cod. civ., per il quale l'insolvenza del debitore, obbiettivamente accertata con la dichiarazione di fallimento, rende il credito immediatamente esigibile, anche nel caso in cui il termine sia stabilit a favore del medesimo debitore -prescinde dal normale requisito dell'esigibilit, limitatamente ai crediti nei confronti del fallito, ma non anche rispetto ai crediti di quest'ultimo. L'art. 56 della legge fallimentare -nel consentire l'operativit della vicenda estintiva tra i debiti che i creditori hanno nei confronti del fallito e i loro crediti verso quest'ultimo; ancorch non scaduti prima della dichiarazione di fallimento -prevede, infatti, la possibilit di estinguere i crediti contrapposti per compensazione quando i crediti nei confronti del fallito non siano esigibili, ma esige implicitamente tutti i requisiti indicati nell'art. 1243 cod. civ. -e, in particolare, quello dell'esigibilit -per i crediti del fallito nei confronti del debitore-creditore in bonis. L'interpretazione letterale suesposta trova conferma in considerazione di ordine sistematico. La compensazione legale estingue, com' noto, i debiti contrapposti per effetto del fatto oggettivo della lorn coesistenza, sicch la dichiarazione giudiziale della parte che oppone la compensazione legale equivale ad una manifestazione di volont diretta a giovarsi di un effetto gi verificatisi e la pronuncia del giudice non fa che accertare l'avvenuta estinzione dei medesimi debiti, totale o fino alla concorrenza di quello di minore importo. Presupponendo, peraltro, la compensazione legale, oltre alla omogeneit e alla liquidit l'esigibilit dei debiti contrapposti, l'operativit del- l'effetto estintivo in un momento anteriore a quello in cui la dichiarazione di volersi avvalere della compensazione viene emessa incontra un insuperabile limite nel momento in cui i crediti e i debiti tra i quali la vicenda estintiva si realizza hanno conseguito il requisito dell'esigibilit (oltre, .evidentemente, a quelli dell'omogeneit e della liquidit). Tale momento, ove uno dei due soggetti dei rapporti obbligatori reci proci sia dichiarato fallito, non pu non essere anteriore alla dichiarazione del fallimento. Se, infatti, il debito del creditore in bonis diventa esigibile successiva mente a tale dichiarazione, l'effetto estintivo della compensazione oppo nibile ai creditori in virt del principio, fissato dall'art. 2917 cod. civ. in tema di effetti del pignoramento, secondo cui l'estinzione del credito pi gnorato per cause successive al pignoramento non ha effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori intervenuti. Principio che, anche PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 131 se sancito espressamente con riferimento all'esecuzione forzata singolare, non pu non ritenersi, data l'evidente identit della ratio, applicabile analogicamente anche all'esecuzione forzata collettiva, quale quella conseguente alla dichiarazione del fallimento. D'altra parte, mentre -quando i presupposti della compensazione legale si sono verificati prima della dichiarazione del fallimento -la retroattivit dell'efficacia della dichiarazione di volersi avvalere dell'effetto estintivo gi verificatosi comporta che la mancata acquisizione all'attivo fallimentare del credito del fallito, estintosi in epoca anteriore alla dichiarazione del fallimento, non altera la par condicio creditorum, quando, invece, i presupposti della compensazione si sono realizzati successivamente alla detta dkhiarazione, il credito verso il fallito -, da considerarsi in ogni caso scaduto alla data -della sentenza dichiarativa e destinato a far parte della massa passiva per effetto della cristallizzazione delle situazioni giuridiche dei creditori conseguente alla dichiarazione del fallimento per la realizzazione tra essi della par condicio -non pu non essere soddisfatto se non con le regole e i modi della procedura concorsuale e, quindi, in percentuale e il credito del fallito, divenuto esigibile dopo la dichiarazione ciel fallimento, entra a far parte della massa attiva destinata al soddisfacimento di tutti i creditori secondo le regole del concorso. I principi suesposti valgono a fortiori nell'ipotesi, come quella verificatasi nel caso in esame, in cui il credito del fallito sia sorto successivamente alla dichiarazione del fallimento. Se vero, infatti, che tale credito sorge in capo al fallito -giacch, qualunque sia la costruzione dogmatica degli effetti del fallimento sul patrimonio del fallito che si ritenga pi aderente al sistema della legge fallimentare, non sembra potersi dubitare che il fallimento non comporti la perdita della capacit giuridica del fallito -e che, conseguentemente, all'operativit della compensazione tra lo stesso credito e quello verso il fallito non sarebbe di ostacolo, come pure stato sostenuto, il difetto del necessario requisito della reciprocit (da intendersi nel senso che i due soggetti tra i quali pu svolgersi la vicenda estintiva collegata alla compensazione debbono presentarsi come due centri di interessi caratterizzati dall'invertibilit, per cui ciascuno di essi riveste la posizione di creditore in un rapporto e queHa di debitore nell'altro), del pari vero che, anche rispetto al medesimo credito, i presupposti della compensazione legale si sono realizzati dopo la dichiarazione del fallimento e che, essendo esso destinato al pagamento dei creditori concorsuali, il sottrarlo alla legge del concorso -per consentire al debitore in bonis di dedurlo in compensazione con un suo credito nei confronti del fallito sorto anteriormente alla dichiarazione del fallimento e destinato, per tutta la durata della procedura concorsuale, ad essere soddisfatto in moneta fallimentare ,rrr.r...-....-..rrr.-..-..r.r.r.r..:--.....................:........,.....,:.r:...'.:'.'.'. .-..-ccr..rrrr.rr.-..,....,..,.,, .;.: ,-.,.-,.c.crr.rc-:;:--;.r.rrr.:;.;::.-r.-..r.r,,,rr'.'.'.-:'..;.:,...zr....u:'.:'.;'.;""""""":'.:""""'..'..:'.'.'.'.-~'.'."'.'.'.'.:'.'.'.:'.'.".?J 132 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -comporterebbe un'alterazione della par condicio creditorum non con sentita dalla vigente disciplina del fallimento. In conclusione, avendo la sentenza impugnata esattamente escluso che lAmministrazione finanziaria potesse operare la compensazione tra il suo credito di imposta nei confronti del fallito, gi ammesso al passivo, e il suo debito per la vincita al lotto realizzata dal medesimo fallito dopo la dichiarazione del fallimento, il ricorso deve essere rigettato. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE -Sez. Lavoro -22 dicembre 1976, n. 4716 -Pres. Iannitti Piromallo -Rel. Cardarelli -P. M. Grimaldi (conf.) -Assessorato Agricoltura e Foreste della Regione Siciliana (Avv. dello Stato Freni) c . . Calanni-Rindina (avv. C. M. Bianca). Lavoro -Operai dello Stato -Lavoro dipendente -Necessit del pubblico concorso -Sussiste. Lavoro -Operai dello Stato Assunzione temporanea -Protrazione oltre i limiti di legge Conversione in rapporto a tempo indeterminato -Non sussiste. L'assunzione di personale operrzio stabile da parte della pubblica Amministrazione di regola soggetta al pubblico concorso, fuori del quale nulla di diritto (1). Qualora una pubblica Amministrazione -avvalendosi della possibilit di assunzione di personale per esigenze temporanee di cui alla l. 12 aprile 1962, n. 205 -lo abbia trattenuto in servizio oltre il limite del previsto, l'atipicit del rapporto di lavoro non ne comporta la conversione in rapporto a tempo indeterminato, stante l'impossibilit di ammettere una stabilizzazione di fatto dell'operaio al di fuori della procedura prevista dalla legge 5 marzo 1961, n. 90 (2). (Omissis). -La I. 5 marzo 1961, n. 90 stabilisce che gli operai dello Stato sono assunti stabilmente ed iscritti a ruolo in conformit a determinate procedure (art. 5) e secondo certe condizioni cui il sorgere del rapporto subordinato (art. 7); determina i diritti e doveri degli stessi dipendenti (art. 12, 13, 15, 16) le cause di cessazione del rapporto (art. 52 e ss.) e la nullit delle assunzioni effettuate senza l'osservanza delle procedure prescritte (art. 6). (1-2) La sentenza fissa un importante principio in tema di assunzioni temporanee da parte della pubblica amministrazione di personale operaio. Non constano precedenti specifici. PARTE I, SBZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVIl.E Successivamente la I. 12 aprile 1962, n. 205 ha previsto che per le esigenze temporanee relative alla esecuzione di lavori, condotti in amministrazione diretta dalla Amministrazione Forestale o dalla Azienda di Stato per le foreste demaniali, il Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste e la suddetta azienda hanno facolt di assumere operai con contratto di diritto privato, per la durata necessaria all'esecuzione dei singoli lavori ed in ogni caso per un periodo non superiore ai sessanta giorni e con l'osservanza delle norme sul collocamento di lavoratori disoccupati e che l'operaio assunto ai sensi dei precedenti commi non acquista la qualifica di operaio dello stato, e non pu essere trattenuto al lavoro oltre il predetto periodo massimo di sessanta giorni . La normativa in questione ha trovato riscontro anche nella legge Reg. Siciliana 31 marzo 1972, n. 20. Il ricorrente venne assunto dalla Amministrazione della Agricoltura e Foreste al fine di sopperire ad esigenze temporanee, con contratto di diritto privato, in virt della citata legge 12 aprile 1962, n. 205 e poich -come ha accertato la Corte di merito -le prestazioni lavorative si erano protratte ben oltre il termine di sessanta giorni, invoca tutte le conseguenze giuridiche e patrimoniali di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato. La conversione del rapporto a tempo determinato in rapporto a tempo indeterminato sarebbe quindi una conseguenza diretta del protrarsi ininterrotto dalla prestazione lavorativa dopo la scadenza dl termine inizialmente fissato ed importerebbe la disciplina dell'art. 2 legge 18 aprile 1962, n. 230. Va subito osservato che la tipicit del rapporto di lavoro di cui alla legge 5 maggio 1961, n. 90 si sostanzia nella obbligatoria osservanza delle procedure prescritte, tanto che l'assunzione del personale operaio effettuata senza pubblico concorso (a prescindere da quanto disposto per l'Amministrazione Autonoma delle poste e telecomunicazioni e per quella dei Monopoli di Stato) nulla di diritto. La inosservanza delle norme che disciplinano la costituzione del rapporto incide sulla validit dello stesso. Al di fuori della disciplina dettata dalla legge n. 90 del 1961, sussiste solo la possibilit di assunzioni per esigenze temporanee nei limiti siano stati superati (per esempio per avvenuta prestazione di lavoro continuativo per un periodo superiore ai sessanta giorni) non pu certo ritenersi che la atipicit del rapporto abbia implicato una convenzione di questo in un rapporto a tempo indeterminato, perch nella sostanza si verrebbe ad ammettere una stabilizzazione di fatto dell'operaio al di fuori delle procedure previste dalla legge n. 90 del 1961. Questa normativa intesa infatti a tutelare sia l'interesse della P.A. per una assunzione conseguente alla valutazione della capacit e dei titoli degli aspiranti nonch corrispondente alle previsioni di spesa relativa; sia il diritto di coloro ai quali soltanto (proprio per RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO l'avvenuto rispetto delle forme previste dalla legge) assicurato un determinato stato giuridico ed economico. Il rilievo che " i dirigenti degli Uffici centrali e periferici che emettano provvedimenti in viol11zione alle disposizioni di cui al precedente coml}J.a sono personalmente e solidalmente responsabili delle somme conseguentemente erogate, non pu certo indurre a sostenere, a contrariis, che il legislatore ha preso in considerazione la conversione del rapporto di lavoro a tempo determinato in rapporto a tempo indeterminato, cautelando la P. A. per le somme erogate al dipendente che abbia continuato a prestare la propria opera continuativamente oltre il termine di sessanta giorni. Infatti la norma prevede e sancisce la responsabilit dei funzionari pubblici in relazione agli effetti di cui all'art. 2126 e.e. senza per che sia possibile dedurre la surricordata conversione. La stessa legge 18 aprile 1962, n. 230 nel dettare la disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato ha indirettamente escluso che quella enunciata negli artt. 1, 2, 3, 4, 5 fosse applicabile anche ai contratti di lavoro dei lavoratori assunti a termine dalle Amministrazioni statali e dalle Aziende autonome dello Stato, stabilendo all'art. 10 che per questo rapporto entro centopttanta giorni dalla pubblicazione della legge, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta congiunta del Ministro per il Lavoro e la Previdenza Sociale e dei Ministri competenti, di concerto con quello della Riforma Burocratica, doveviano essere emanate apposite norme di adeguamento. A questo fine il d.P.R. 12 luglio 1963, n. 1215 ha disposto che agli operai assunti per esigenze temporanee del Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste e dell'Azienda di Stato ai sensi della legge 12 aprile 1962, n. 205 spetta un periodo di ferie nella misura stabilita dalle norme di legge o dai contratti collettivi, la tredicesima mensilit in proporzione, alla durata del rapporto. Del resto -sotto un mero profilo di completezza -non va neppure taciuto che il d.P.R. 31 marzo 1971, n. 276, emanato in virt della delega concessa al Governo dell'art. 25 della legge 28 ottobre 1970, n. 775, non solo ha disciplinato i casi nei quali le Amministrazioni dello Stato possono assumere personale con rapporto a termine, ma ha anche previsto che allo scadere di questo, il rapporto risolto di diritto. La presenza di una specifica disciplina contraria (legge 5 marzo 1961, n. 90; legge 12 aprile 1962, n. 205; legge 18 aprile 1962, n. 230) non consente la conversione del rapporto a tempo determinato in quello a tempo indeterminato. La Corte di merito ha erroneamente disapplicato questo principio di diritto ed ha assimilato il rapporto di lavoro intercorso tra le parti a quello dei salariati fissi in agricoltura (legge 15 agosto 1949, n. 533), mentre avrebbe dovuto rilevarne la nullit salvo valutare le pretese del lavoratore in ordine agli effetti del rapporto di lavoro per il periodo in cui aveva avuto esecuzione. -(Omissis). PARTB I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 135 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 11 gennaio 1977, n. 93 -Pres. StellaRichter -Est. Caleca -P. M. Berri (concl. contr.) -Ministero della Difesa (avv. dello Stato Terranova) c. SAMAR -Societ Milanese Apparecchi Radioelettrici (avv. Jaia). Contratti pubblici Responsabilit precontrattuale -Comportamento colposo degli organi della P.A. Anche se non ipotizzabile una responsabilit precontrattuale della P. A. in funzione del mancato compimento delle attivit intese a promuovere i prescritti controlli idonei al perfezionamento del contratto, deve peraltro essere ammessa la configurabilit di un comportamento contrastante con l'art. 1337 e.e., qualora gli organi dell'Ente pubblico nelle trattative e nelle relazioni con i terzi abbiano compiuto azioni o siano incorsi in omissioni che contrastano con i principi della lealt, della correttezza e della buona fede, la cui puntuale osservazione da parte della P. A. non incompatibile con i principi generali del diritto pubblico (1). (1) La pronunZiia si mantiene in un filone oramai classico in tema di responsabilit precontrattuale della pubblica amministrazione. Interessante notare che anche la giurisprudenza di merito si adeguata alla concezione affermativa della responsabilit precontrattuale per l'operato colposo dei suoi organi. Cfr. Trib. Bergamo 18 dicembre 1969, in Foro it. Rep. 1971, 681. SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA I CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 22 giugno 1976, n. 486 Pres. De Capua Est. Schinaia -Prefetto di Torino (avv. Stato Gargiulo) c. Pozzo (avv.ti Comba, Besontini e Contaldi) e Comune di Torino (n. c.) Appello T.A.R. Piemonte 12 febbraio 1975, n. 42: annulla. Competenza e giurisdizione -Giurisdizione del T.A.R. sull'indennizzo da requisizione Non sussiste. Prefetto -Poteri -Ordinanze di urgenza e necessit -Esercizio del relativo potere nel rispetto dei principi dell'ordinamento e della Costituzione -Necessit. Prefetto -Poteri -Requisizioni -Statuizioni dirette a pi interessati Necessit di adeguata pubblicazione -Sussiste. Prefetto -Poteri -Requisizioni -Definitivit dei relativi provvedimenti Sussiste. Requisizione -Requisizioni ex art. 7 I. 20 marzo 1865 n. 2248 Ali. E Necessit di indicazione di un termine finale di operativit Sussiste. Poich solo al giudice ordinario spetta la giurisdizione circa la misura dell'indennizzo collegato a provvedimenti espropriativi della privata propriet, resta preclusa al Tribunale Amministrativo Regionale la possibilit di esaminare la predetta questione proposta da un ricorrente avverso un provvedimento prefettizio di requisizione a favore di un Comune di abitazioni per destinazione a locazione di famiglie bisognose di alloggi occupati da assegnatari I.A.C.P. e Ges.Ca.L., i quali non fossero ancora stati immessi nel possesso (1). Requisizione: manifestazione tipica e tipizzata del potere di ordinanza del Prefetto. La sentenza della IV Sez. che si annota ha sostanzialmente confermato, quanto agli effetti, la pronuncia del T .A.R. del Piemonte (1) che aveva riconosciuto la illegittimit di un provvedimento del Prefetto di Torino con il quale erano stati messi a disposizione del Comune per la locazione a famiglie bisognose alcuni alloggi (fra i quali quello di propriet del ricorrente) occupati da famiglie alle quali l'I.A.C.P. o la Ges.CaL. avevano assegnato abitazioni delle quali non era ancora avvenuta l'immissione in possesso, nonch del conseguente (1) Cfr. T.A.R. Piemonte 12 febbraio 1975, n. 42 in Foro it. 1975, III, 142 con nota di CANAVESIO. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 137 La Corte Costituzionale con la sentenza 27 maggio 1961, n. 26 ha dichiarato la illegittimit costituzionale dell'art. 2 del T.U.L.P.S. n. 773 del 1931 solo nei sensi e nei limiti indicati in motivazione e pertanto occorre accertare se nel caso concreto il potere di emettere ordinanze per motivi di urgenza o di grave necessit pubblica sia stato esercitato dal Prefetto nel rispetto dei principi dell'ordinamento e dei diritti previsti dalla Carta Costituzionale, fermo, comunque, che l'esercizio di tale potere non invade il campo delle riserve di legge, posto che proprio una norma di legge, e precisamente l'art. 7 della legge 20 marzo 1865, n. 2248 All. E, a consentire l'emanazione di ordinanze con le quali si dispone della pro propriet privata (2). provvedimento del Comune che aveva assunto la disponibilit dell'alloggio del ricorrente. La motivazione delle due decisioni invece notevolmente difforme e merita di essere ricordata. Il T.A.R., infatti, aveva ancorato la illegittimit del provvedimento alla mancata previsione, in sede di trasferimento al sindaco della scelta del nuovo inquilino, di un indennizzo per la sottrazione al proprietario di tale facolt di scelta, che avrebbe comportato una concreta lesione al diritto del proprietario, non compensata da un indennizzo, indennizzo che invece deve essere garantito in forza dei principi generali dell'ordinamento giuridico e della Carta Costituzionale. La decisione del T.A.R. del Piemonte di poco anteriore ad altra sentenza (2) dello stesso organo giurisdizionale amministrativo, nella quale veniva ugualmente dichiarata la illegittimit di altro provvedimento di requisizione, pure del Prefetto di Torino, con cui si era disposta la temporanea messa a disposizione del sindacato della cit di 70 alloggi di propriet di una impresa privata per la provvisoria sistemazione di famiglie del tutto sprovviste di abitazione; la illegittimit era, nella fattispecie, ricollegata alla mancata motivazione circa i criteri seguiti per la concreta scelta e determinazione dei beni colpiti dal provvedimento di requisizione. Il Consiglio di Stato, chiamato ora a giudicare in appello sulla prima delle decisioni sopracitate, ha anzitutto disatteso i criteri seguiti dai primi giudici, ritenendo -e giustamente -preclusa al T.A.R. ogni indagine sulla questione attinente alla misura dell'indennizzo, spettando la giurisdizione su tale aspetto non al giudice amministrativo, ma solo al giudice ordinario, che, in ogni caso, pu pronunciarsi solo sulla misura dell'indennizzo, non gi annullare il provvedimento di requisizione nel quale fosse indicato un indennizzo inferiore a quello in ipotesi dovuto. La conferma della iUegittimit del provvedimento de quo viene invece ricollegata dal Consiglio di Stato alla circostanza che il termine indicato nel medesimo posto solo con riferimento al potere, attribuito al sindaco, di locare invece del proprietario determinati immobili, senza che nulla si dica -espressamente -circa la durata della locazione cos posta in essere. E poich la locazione ad incidere direttamente sulla disponibilit dell'immobile, il provvedimento (che non ne fissa il termine finale) mancherebbe cos di un elemento essenziale al medesimo. (2) Cfr. T.A.R. Piemonte 18 febbraio 1975, n. 44 in Foro it. 1975, III, 141. 138 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Secondo la interpretazione data dalla Corte Costituzionale le ordinanze ex art. 7 legge 2248 All. E non debbono necessariamente essere a carattere individuale, ma possono anche riguardare una serie di casi ed essere dirette a pi interessati; in tale ultima ipotesi sussiste la necessit di una .idonea pubblicazione delle ordinanze medesime (3). Ai sensi dell'art. unico della legge 30 novembre 1950, n. 996, i provvedimenti adottati dai Prefetti nell'esercizio dei poteri previsti dall'art. 7 della legge 20 marzo 1865, n. 2248 All. E sono provvedimenti definitivi (4). i I Invero, sulla natura del termine finale come elemento essenziale del provvedimento si consolidata la giurisprudenza degli organi della giurisdizione amministrativa (3), alla quale si affiancata anche la Corte costituzionale (4), secondo cui le ordinanze di necessit debbono essere ad efficacia temporale limi I tata in relazione ai presupposti della necessit e urgenza che le hanno deter I minate, e vincolate al rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico. ' Ig Non va, tuttavia, confusa I' efficacia temporale limitata con la necessit della predeterminazione del termine di efficacia nel contesto stesso del provvedimento, posto che nessuna norma impone una siffatta necessit (5), con la conseguenza, innegabile, che ben possono darsi provvedimenti di urgenza nella forma delle requisizioni, per i quali, in relazione alla particolar eccezionalit delle t esigenze pubbliche da soddisfare, non possa essere indicato uno specifico ter ! mine finale di cessazione di operativit. insomma essenziale e connaturato al t provvedimento di urgenza il requisito della temporaneit, nel senso che esso r- trova applicazione nelle ipotesi di urgente necessit in cui occorra sopperire ad una situazione di transitoria emergenza, di durata non sempre esattamente 1 determinabile, ma comunque pur sempre destinata ad esaurirsi nel tempo; co ~ sicch la naturale destinazione alla risoluzione nel tempo della situazione medesima, affiancata alla possibile, oggettiva indeterminabilit del momento in cui tale esaurimento destinato a prodursi in concreto, rappresenta il presupposto, ~ I I f. logico prima che giuridico, per escludere che costituisca elemento essenziale del provvedimento anche la specifica indicazione nel medesimo del dies ad quem della sua efficacia. In forza di tale ordine di considerazioni trova piena giustificazione l'ipotesi, accolta in giurisprudenza (6), della rinnovazione di una requisizione di urgenza, rinnovazione che da un lato sembraapplicabile alle sole ipotesi in cui si accerti ricorrere ancora la situazione di grave necessit che aveva determinato la emanazione dell'atto da rinnovare, e dall'altro costituisce indiretta, ma chiara, conferma della non necessariet della predeterminazione del termine finale in discorso. Suscita, pertanto, una certa perplessit la conclusione cui pervenuta la IV Sezione nella decisione che si annota, ove si consideri che nel provvedimento prefettizio era inserita anche la frase la presente eccezionale disciplina (3) Cfr. Ad. PI. 9 luglio 1951, n. 6 in Racc. C. Stato 1951, 780. (4) Cfr. Corte Cost. 27 maggio 1961, n. 26, in Il Consiglio di Stato 1961, II, 227; cfr. anche Corte Cost. 2 luglio 1956, n. 8 in Foro it. 1956, I, 1050. (5) In particolare, non la impone l'art. 7 I. 20 marzo 19865, n. 2248 all. E (sulla abolizione del contenzioso amministrativo). che non norma meramente enunciativa di un prindpio, ma norma di carattere generale e fondamentale, fonte diretta del potere prefettizio di ordinanza in materia di requisizioni della propriet privata. (6) Cfr. IV Sez .., 5 luglio 1967, n. 254, in Foro it. 1967, III, 552. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 139 Poich costituisce requisito essenziale per tutti i provvedimenti di requisizione e gli altri incidenti sulla propriet privata, adottati ai sensi dell'art. 7 della legge 2248 All. E del 1865, l'apposizione di un termine finale di operativit, in relazione alla esigenza di far fronte temporaneamente allo stato di urgenza e grave necessit (requisito ritenuto indispensabile anche dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 26 del 1961), ne consegue l'illeg~ttimit del provvedimento prefettizio di requisizione di immo avr vigore fino al 31 marzo 1975 : non essendo esplicitamente indicato il termine di cessa:i:ione della requisizione e di riconsegna degli immobili nella disponibilit del proprietario, l'espressione predetta stata interpretata come costitutiva di un termine finale solo apparente, in quanto riferito esclusivamente al periodo entro il quale il sindaco poteva disporre per la locazione dell'abitazione medesima, laddove essa ben poteva essere riferita all'intero rapporto e alla regolamentazione eccezionale (e temporanea) che la situazione di grave necessit conseguentemente imponeva. La decisione ugualmente importante perch su tutti gli altri punti esaminati (in ordine ai quali risulta pienamente legittimo l'operato del Prefetto) dato riscontrare una estta, puntuale applicazione di quelli che possono considerarsi allo stato principi generalmente acquisiti in tema di requisizione e sui quali ci soffermiamo brevemente. Il Consiglio di Stato sgombra, anzitutto, il terreno da ogni dubbio sulla fonte normativa del potere prefettizio di emettere ordinanze di requisizione, individuando esattamente tale fonte nell'art. 7 legge 20 marzo 1865, n. 2248 all. E, che non risulta n dichiarato incostituzionale n mai abrogato, e soffermandosi particolarmente sulla sufficienza e idoneit di tale norma ad attribuire al Prefetto il pQtere -pur in difetto di specifiche disposizioni concrete per i vari settori di volta in volta in considerazione -di pronunciare ordinanze di necessit incidenti sulla propriet privata (7). Del resto era stata la stessa Corte costituzionale, con una decisione del 1961, a ritenere che la disposizione contenuta nell'art. 7 della legge sulla abolizione del contenzioso amministrativo funziona come norma di carattere generale, che completa il sistema legislativo nella materia delle requisizioni (8), con la importantissima conseguenza che l'esercizio di tale potere di competenza esclusiva dello Stato e non pu ritenersi trasferito all'autorit regionale (9). Sembra, pertanto, decisamente da disattendere il diverso criterio seguito in alcune decisioni (10), secondo cui la norma contemplata dall'art. 7 in esame avrebbe natura meramente procedimentale e pertanto, per la sua applicabilit, (7) Sui rapporto, frequentemente operato in sede giurisprudenziale, fra l'art. 7 I. 2248/1865 ali. E e altre disposizioni normative (quali, ad es., l'art. 153 della legge com. e prov. del 1915, l'art. 19 della legge com. e prov. del 1934, l'art. 71 della legge sulle espropriazioni) cfr. I Giudizi di Costituzionalit e il Contenzioso dello Stato negli anni 1966-1910 e 19711975, Roma, Poligrafico dello Stato, voi. III, rispett. 1971, 149 e segg. e 1976, 348 e segg. (8) Con una certa efficacia in dottrina e in giurisprudenza si ripete spesso che il potere in parola rappresenta una valvola di sicurezza e un potere residuale . (9) Cfr. Corte Cost. 30 dicembre 1961, n. 72, in Giustizia Civ. 1962, III, 44; in termini cfr. anche Csi 25 febbraio 1960, n. 155 in Il Consiglio di Stato 1960, I, 306; Ad. pi. 2 dicembre 1958, n. 24, ivi, 1958, I, 1421. (10) Cfr. ad es. T.A.R. Campania 18 giugno 1975, n. 75 e 19 novembre 1975, n. 270 in I Tribunali Amministrativi Regionali 1975, I, 2389 e 1976, I, 296; in dottrina cfr. SANDULLI, Manuale .ff.i diritto amministrativo, Napoli 1974, 616. J:I RASSEGNA DELL1AVVOCATURA DELLO STATO bili per la loro messa a disposizione di famiglie bisognose senza che nel provvedimento medesimo sia indicata la data di cessazione della requisizione e di riconsegna in disponibilit degli alloggi al proprietario, ma sia soltanto fissato un termine con limitato riferimento al potere attribuito al sindaco di locare>>, invece del proprietario, determinati immobili, senza alcuna indicazione circa la durata della locazione posta in essere con siffatte modalit (5). si richiederebbe sempre l'accertamento preventivo della fonte primaria del po tere di ordinanza ablatoria, da ricercarsi in altre norme sostanziali dell'ordi namento. Anche quanto ai requisiti richiesti dalla norma dovr farsi costante, esclu sivo riferimento al tenore testuale dell'art. 7: allorch per grave necessit pub blica l'autorit amministrativa debba senza indugio disporre della propriet pri vata... ; in sede di interpretazione della. norma sono stati individuati alcuni elementi fondamentali: a) gravit; b) urgenza; c) indilazionabilit; d) straordi nariet; e) imprevedibilit; f) inesistenza di mezzi alternativi (11). La legge 8 marzo 1949, n. 277 ha, come noto, modificato l'art. 19 del Testo Unico legge comunale e provinciale approvato con r.d. 3 marzo 1934, n. 383, riducendo la sfera di discrezionalit del Prefetto, il quale deve limitare i suoi interventi ai casi di urgente necessit; la possibilit dell'intervento pertanto subordinata all'esistenza del duplice requisito congiunto dell'urgenza e . necessit; e anche se si gi precisato come l'art. 7 legge abolitrice del contenzioso amministrativo abbia forza propria di portata generale e di immediata applicabilit indipendentemente dal riferimento ad altre concrete e specifiche disposizioni normative, tuttavia il richiamo alla legge 277/1949 ci sembra utile elemento di raffronto per una conferma del significato e per ilna esatta comprensione del testo in esame, nel quale per l'appunto risulta impiegata dal legislatore una terminologia pressoch anologa (grave necessit pubblica, disporre senza indugio). I requisiti della gravit e della urgenza non suscitano, invero, particolari problemi, essendo sufficiente ricordare, quanto alla gravit, che in sede giurispru denziale stato ritenuto viziato di eccesso di potere l'ordine di requisizione che, nel sacrificare l'altrui diritto di propriet, si sia esteso oltre la misura necessaria per il soddisfacimento delle esigenze pubbliche che avevano costituito il presupposto del provvedimento medesimo (12); inoltre la circostanza di un grave malcontento manifestato dai cittadini stata ritenuta inidonea a giusti ficare e legittimare un provvedimento di urgenza sotto il riflesso della sicu rezza pubblica (13). Quanto alla indilazionabilit, essa collegata alla urgenza ( urgente ci che non pu essere differito) e pertanto sul pi;;ino logico non pu assumere connotazioni autonome. La straordinariet, poi, non affatto contemplata dalla norma e pertanto un attributo che pu anche non essere presente in senso strettamente natura (11) Cfr. Sez. IV, 5 luglio 1967, n. 254; 26 aprile 1968, n. 269; 25 settembre 1968, n. 524; Csi 10 luglio 1970, n. 449; rispettivamente in Il Consiglio di Stato 1967, I, 107; 1968, I, 644; 1968, I, 1352; 1970, I, 1364. (12) Cfr., ad es., Sez. V, 17 giugno 1969, n. 681, in Il Consiglio di Stato 1969, I, 916. (13) Cfr., Csi 17 gennaio 1970, n; 22, in Il Consiglio di Stato 1970, I, 150; Sez. V, .4 marzo 1961, n. 78 e 28 febbraio 1961, n. 33, ivi, 1961, I, 494 e 86. :-:-:-:-:-:-:-:-:..:-~-:-:-:-:-:-::-:-:-:-:::z-:-:-:::z.-:..-:-::..-::z-::-:-::-:-:.-:-:::-;.-:-:-:-:...'..-:.............-..""""""""""""""""" ...,.,.,,.,.,,...,..,,,.,.... ..,. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 141 Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA DELLA REGIONE SICILIANA, 29 ottobre 1976, n. 281 -Pres. (ff.) Calabr -Est. Giannitto - Chiaromonte Bordonaro (avv. Roccella) c. Amministrazione provinciale di Palermo (avv. Wolleb) e Prefetto di Palermo (avv. Stato Ferrante). Requisizione -Art. 7 I. 20 marzo 1865, n. 2248 all. E -Motivazione -Sistemazione uffici pubblici -Presupposti -Inesistenza. Poich ai fini dell'applicabilit dell'art. 7 legge 20 marzo 1865, n. 2248 All. E si rendono necessari i requisiti della grave necessit pubblica e della urgenza di provvedere in presenza di esigenze straordinarie e im prevedibili; viziato da illegittimit il provvedimento prefettizio di requi sizione pronunciato con la sola motivazione della esigenza di sistemare uffici pubblici, nella specie gli uffici del Medico e del Veterinario pro. vinciate (6). listico: la situazione di urgente necessit pu ricollegarsi anche alla concomi tanza di una serie di eventi che nulla hanno di straordinario (14), ma che con tribuiscono ugualmente, proprio perch concorrenti (e forse solo in questa contestuale concorrenza pu individuarsi la straordinariet ), a determinare la situazione di gravit e urgenza. Sulla irrilevanza della imprevedibilit offrono, invece, un sostegno validissimo le gi ricordate decisioni del T.A.R. del Piemonte nn. 42 e 44 del 1975, che hanno per l'appunto fissato il principio della legittimit della requisizione di un bene di propriet privata per soddisfare una grave, urgente necessit, pur se quest'ultima era da tempo prevedibile: chiarisce il citato organo giu, risdizionale che, malgrado la prevedibilit dell'evento, consentito al Prefetto di far ricorso a detto strumento quando manchino mezzi giuridici alternativi. Tale enunciazione dissolve cos i dubbi e le incertezze contenute nella pre cedente giurisprudenza del Consiglio di Stato a proposito del predetto requi sito (15), della cui necessit ormai non sembra pi il caso di discutere, essendo sufficiente ricordare che esso si svolge comunque solo sul piano possibilistico, e pertanto postula che l'evento non possa essere umanamente previsto, laddove invece esso non configurabile quando, a seguito di una condotta omissiva, o, al limite, di ignoranza colpevole, non sia stato previsto l'evento che ben avreb be potuto esserlo sul piano della esperienza tecnica e naturalistica: una siffatta indagine che deve rimanere preclusa ed estranea alle valutazioni del Prefetto, cui demandato solo il potere-dovere di risolvere la situazione di (14) Una delle situazioni che ricorrono sempre con maggiore frequenza e che impongono l'applicazione dello strumento prefettizio in esame la persistente carenza di abitazioni civili lamentata da gruppi, sempre pi numerosi, di persone e famiglie: evento che -purtroppo -nella attuale, critica fase ecenomica non ha proprio nulla di straordinario. .(15) Cfr., ad es., .le gi citate decisioni Sez. IV n. 254/1967 e 524/1%8 e Sez. V n. 681/1969. (16) Contra T.A.R. Toscana 13 novi:mbre 1975, n. 397, in I Tribunali Amministrativi Regionali 1976, I, 196. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 142 urgente necessit comunque prodottasi; se, insomma i requisiti della urgente necessit sussistono (e sono quelli -e soli -richiesti dall'art. 7), non si vede perch il Prefetto (il quale, fra l'altro -giova ricordarlo -deve provvedere senza indugio ) debba altres essere tenuto -e preventivamente, pena la illegittimit dell'atto -a valutare se l'evento era o meno prevedibile e se nell'operato degli organi (competenti in situazione di normalit) fosse o meno riscontrabile una condotta regolare o invece una ignoranza colpevole circa la prevedibilit dell'evento stesso e, pi precisamente, della situazione di urgente gravit che impone l'eccezionale intervento (16). Sulla inesistenza di mezzi alternativi, invece, l'indagine deve essere condotta con particolare rigore, posto che appare evidente come ogni situazione di urgente necessit non possa di per se stessa costituire, automaticamente, valido fondamento a provvedimenti ablativi del tipo in esame, ma debba essere costantemente correlata ad un concreto accertamento della non suscettibilit ad essere superata con altri, pi appropriati e specifici, strumenti giuridici. In applicazione di tale criterio il Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana ha ritenuto la illegittimit di un provvedimento di requisizione di alloggi gestiti dall'IA.C.P., motivato con la mera opportunit di liberare alloggi occupati illegalmente e che dovevano essere assegnati a nuclei familiari da determinare secondo disposizioni di legge (17): in verit, nella fattispecie esaminata dal predetto Organo giurisdizionale regionale parrebbe assente anche il requisito dell'urgenza, posto che una semplice opportunit non concreta mai una situazione di urgente necessit; ci che rileva, comunque, sotto il profilo in esame, che risulta fin troppo evidente, in tali fattispecie, la possibilit -o meglio probabilit -dell'esistenza, e quindi dell'uso alternativo, di altri strumenti ugualmente idonei a far conseguire la liberazione degli alloggi abusivamente occupati. Cos come altrettanto evidente appare la illegittimit di una ordinanza di requisizione emessa a notevole distanza di tempo rispetto al fatto che avrebbe dato origine alla situazione di necessit (18). Una ipotesi di legittimit della requisizione stata, invece, individuata dalla Sez. IV (19) nella situazione, di urgente necessit, di assicurare la conti nuit di un servizio di pubblico interesse, quale lo scarico di rifiuti in una popolosa citt; stata, invece, esclusa dalla Sez. V (20). la ricorrenza dei presupposti per la requisizione, in quanto non veniva addotta la preclusione per soluzioni alternative con altri mezzi, in un caso in cui ricorreva la necessit di sistemll" zione di alcune classi di un istituto pericolante e parzialmente inagibile, difettando il requisito della immediatezza e configurandosi, invece, tale ipotesi come semplice fatto di turbamento della sicurezza e dell'ordine pubblico, in relazione,. evidentemente, al malcontento diffuso fra la popolazione studentesca dell'istituto medesimo. Il T A.R. del Lazio ha recentemente confermato la irrilevanza della preoc cupazione di reazioni incontrollabili sotto il profilo dell'ordine pubblico ai fini (17) Cfr. Csi 10 luglio 1970, n. 449 in Il Consiglio di Stato 1970, I, 1364. (18) Cfr. T.A.R. Lazio, III Sez., 29 settembre 1976, n. 409 in I Tribunali Amministrativi Regionali 1976, I, 3347; cfr. anche, in termini, T.A.R. Lazio, I Sez., 17 settembre 1975, n. 637, ivi, 1975, I, 2547. (19) Cfr. Se:i:. IV, 11 dicembre 1968, n. 757 in Il Consiglio di Stato, 1968, I, 2020. (20) Cfr..Sez. V, 9 gennaio 1948, n. 4, in Foro Amm.vo 1948, I, 2, 157; cfr. anche Sez. V, 17 giugno 1969, n. 681 in Il Consiglio di Stato 1969, I, 916; in materia di requisizioni di immobili da adibire a edifici scolastici cfr. anche Sez. IV 254/1967; 269/1968 e 524/1968 gi citate; in genere per requisizioni di immobili da adibire ad altri uffici pubblici cfr. Csi 30 luglio 1974, n. 351, ivi, 1974, I, 1075. PARTE I, SSZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA di legittimare un provvedimento di reqms1z10ne di un impianto di sciovie, adottato dal sindaco, quale ufficiale del Governo, in sostituzione del Prefetto, senza che peraltro fosse motivata la assoluta indifferibilit dell'intervento dell'autorit emanante per oggettiva impossibilit di far intervenire tempestivamente il Prefetto a cui il potere di requisizione ex art. 7 spetta in via primaria (21). Ferma la ormai non pi contestabile qualit di ufficiale di Governo, non gi di capo della amministrazione comunale, rivestita dal sindaco in sede di emanazione di provvedimenti ex art. 7 (22), in considerazione della gi rilevata spettanza in via primaria al Prefetto dell'esercizio del potere in esame, si spiegano agevolmente: a) il carattere definitivo del provvedimento del Prefetto; b) la possibilit di esperire ricorso gerarchico al medesimo avverso i provvedimenti adottati dal sindaco in. subiecta materia, esperibilit consentita in ogni caso, indipendentemente dalla circostanza che il provvedimento del sindaco risulti adottato dietro voto del consiglio comunale; e) la natura assolutamente autonoma del potere del Prefetto (che comporta in particolare la indagine anche nel merito) in ordine alla decisione in sede di ricorso gerarchico rispetto al potere che lo stesso Prefetto esercita quando procede direttamente alla emanazione della ordinanza di requisizione (23). Quanto sopra prescindendo da ulteriori approfondimenti, invero non strettamente necessari ai nostri fini, circa la innegabile riduzione dell'ampiezza del potere del sindaco per effetto della sempre maggiore capacit di immediato, e comunque tempestivo, intervento del Prefetto nelle situazioni in cui richiesto un provvedimento di urgenza, e ci in relazione alla adeguatezza, molteplicit e rapidit degli odierni mezzi di comunicazione. Quanto alla sfera oggettiva dell'intervento ex art. 7, e pi precisamente dei beni che possono essere sacrificati per effetto del provvedimento di requisizione in parola il testo normativo parla solo di propriet privata; tuttavia il codice civile (24), la dottrina (25) e la giurisprudenza (26) hanno notevolmente esteso l'ambito della categoria dei beni che possono essere colpiti dalla ordinanza di requisizione, ricomprendendovi gli alloggi costruiti da enti attivi nel (21) Cfr. T.A.R. Lazio, II Sez., 14 luglio 1976, n. 506, in I Tribunali Amministrativi Regionali 1976, I, 2676. (22) Cfr. Sez. V, 26 maggio 1972, n. 388 e Sez. IV, 25 febbraio 1975, n. 208 in Il Consiglio di Stato 1972, I, 999 e 1975,,1, 110; T.A.R. Lombardia 16 luglio 1975, n. 191 in I Tribunali Amministrativi Regionali 1975, I, 3069; T.A.R. Lombardia 30 luglio 1975, n. 210, ivi, 1975, I, 3076; T.A.R. Puglia 28 gennaio 1975, n. 3, ivi, 1975, I, 717; T.A.R. Puglia 11 febbraio 1975, n. 5, ivi, 1975, I, 725; T.A.R. Abruzzo 30 dicembre 1974, n. 198, ivi, 1975, I. 699; T.A.R. Campania 18 giugno 1975, n. 75, ivi, 1975, I, 2389; T.A.R. Veneto 8 giugno 1976, n. 463, ivi, 1976, I, 2808; T.A.R. Liguria 23 giugno 1976, n. 209, ivi, 1976, I, 2874. (23) Cfr. Sez. IV, 8 aprile 1975, n. 405 in Il Consiglio di Stato, 1975, I, 391. Si ricordi che la competenza del sindaco non alternativa e concorrente rispetto a quella del Prefetto e che il rapporto fra i due organi al riguardo rapporto gerarchico in senso proprio; n, in caso di inerzia del Prefetto (che in ipotesi fosse posto in condizione di intervenire) potr mai interpretarsi detta circostanza quale condizione legittimante il sindaco ad intervenire, o, tanto meno, come delega implicita al sindaco di agire in locum et ius del Prefetto (cfr. T.A.R. Liguria dee. 209/1976 gi citata). (24) Cfr. artt. 828 c.p.v. e 830 in relazione all'art. 835 e.e. (25) Cfr. LANDI, voce Requisizione, in Nuovissimo Digesto Italiano, Torino 1968, XV, 487 e segg.; LANDI, Rassegna di giurisprudenza sulla espropriazione per pubblica utilit, Milano 1955, 372 e segg.; BARALDI, La requisizione d'urgenza, in Nuova Rass. 1972, 43; ALBISINNI, Osservazioni in margine ad una sentenza con la quale il Tribunale Superiore delle Acque ha affermato la propria giurisdizione in materia di requisizione di acque pubbliche, in R.A.S. 1974, I, 268; VITTORIA, Requisizione e limitazioni temporanee dell'uso di acque pubbliche oggetto di concessione, in R.A.S. 1975, I, 429; GARGIULO, I provvedimenti di urgenza, Napoli, 60. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 144 campo dell'edilizia economica e popolare, i beni facenti parte del patrimonio disponibile degli enti pubblici e dello Stato (27). Giover, infine, ricordare che al Prefetto, nella valutazione dell'urgenza e della necessit, attribuita un'ampia discrezionalit, assolutamente insindacabile in sede di legittimit da parte della autorit giurisdizionale amministrativa, la quale deve limitarsi ad effettuare il mero controllo della motivazione sotto il profilo della logicit, ragionevolezza e adeguatezza, controllo nel quale -come noto -si risolve l'indagine sulla esistenza o meno del vizio di eccesso di potere, inteso come errata rappresentazione della realt da valutare e, in particolare, della sussistenza o meno del requisito della grave e urgente necessit, nonch della effettiva inesistenza, sopra sottolineata, di mezzi alternativi al provvedimento ablativo adottando (28). RAFFAELE TAMIOZZO (26) Cfr. Sez.' IV, 9 novembre 1966, n. 770 in Il Consiglio di Stato, 1966, I, 1981; Csi. 10 luglio 1970, n. 449, ivi, 1970, I, 1364; Sez;--JV, 23 gennaio 1973, n. 72, ivi, 1973, I, 25. (27) La giurisprudenza invece contraria in materia di beni demaniali e di acque pubbliche {cfr. Cass. Sez. Un. 25 gennaio-1975, n. 286 in R.A.S. 1975, I, 430); pur riconoscendo che il potere di requisizione pu essere esercitato riguardo alle posizioni soggettive dei privati relative a beni demaniali (cfr. Cass. Sez. Un. 7 dicembre 1974. n. 4089 in Giustizia Civ. Mass. 1974, 1770). (28) Cfr. LUZZATTO, voce Eccesso di potere, Enc. del. Diritto, Milano,, Giuffr 1965, 124 e segg. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 22 giugno 1976, n. 487 -Pres. De Capua Est. Schinaia -Perazzini e altri (avv.ti D'Alessio e Del Bianco) c. Pre~ fetto di Forl (avv. Stato Ferri) e Comune di Rimini (avv. Lubrano). Espropriazione per pubblica utilit -Procedimento -Intestatari catastali dei beni alla data del provvedimento di espropriazione -Sono i destinatari del provvedimento. Dstinatari del procedimento espropriativo ex art.' 16 legge 25 giugno 1865, n. 2359 sono coloro che alla data di inizio del procedimento_ figurano intestatari catastali dei beni, anche se non ne sono i pr~prietari effettivi; il procedimento pu comunque essere proseguito nei confronti dei soggetti a favore dei quali risulti intervenuto il trasferimento di propriet dei fondi, non gi nei confronti di chi al momento della dichiarazione di pubblica utilit non sia pi intestatario del bene, in ispecie qualora l'Amministrazione conosca i proprietari effettivi e catastali del medesimo (1). (1) Cfr. Sez. IV 7 febbraio 1968, n~ 65 in Il Con.siglio di Stato 1968, I, 12Q; Sez. IV, 27 giugno 1970, n. 472, ivi, 1970, I, 916; Selz. IV, 22 giugno .1976, n. 485, ivi 1976, I, 705, . . PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 145 CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 29 luglio 1976, n. 663 -Pres. Uccellatore - Est. Schinaia -Rossi e altra (avv. Crisafulli) c. Prefetto di Viterbo (avv. Stato Braguglia). Demanio e patrimonio -Antichit e belle arti Occupazione permanente di immobile per ricerche archeologiche Competenza prefettizia Sussiste. Il regolamento approvato con r.d. 30 gennaio 1913, n. 363, tuttora in vigore in quanto richiamato dalla legge 1 giugno 1939, n. 1089, stabilisce che per le espropriazioni delle cose immobili al fine di eseguire scavi archeologici si applicano le norme di cui alla legge 25 giugno 1865, n. 2359 che attribuisce la competenza per l'espropriazione al Prefetto della provincia in cui si trova il bene espropriando; solo la di'chiarazione di pubblica utilit fatta con decreto del Ministro per l'educazione nazionale (ora Ministro per i beni culturali e ambientali), decreto per il quale comunque la legge non prescrive alcun obbligo di notificazione (1). Peculiari caratteristiche delle espropriazioni di beni culturali. Decisione di indubbio interesse e pienamente da condividere, in quanto, fra l'altro, chiarisce in motivazione alcuni aspetti procedimentali della occupazione permanente per ricerche archeologiche. Il ricorso risulta proposto avverso un decreto del Prefetto di Viterbo con. il quale era stata autorizzata la Soprintendenza alle Antichit dell'Etruria Meridionale alla occupazione permanente di un immobile di propriet del ricorrnte, sito in Bolsena, a:1 fine di effettuare ncrche archeologiche. A norma dell'art. 54, 1 comma, della legge 1 giugno 1939, n. 1089; le cose mobili o immobili soggette alla disciplina contemplata dalla normativa di tutela possono essere espropriate dal Ministro P. I. (ora ..Ministro per i beni culturali e ambientali). Il successivo art. 56 contempla la possibilit di espropriazione di immobili al fine di eseguire ricerche archeologiche o, in genere, opere per il ritrovamento di cose di cui all'art. 1 . Peraltro, poich la legge non prevede alcuna regolamentazione circa le modalit per concretizzare il procedimento espropriativo, appare evidente che il potere- facolt previsto dall'art. 56 non comporta che debba essere il Ministro per i beni culturali e ambientali a compiere gli atti del procedimento di esproprio; per effetto del combinato disposto dell'art. 73 della legge 1089/1939 (che richiama, in quanto applicabili, le norme del regolamento approvato con r.d. 30 gennaio 1913, n. 363) e dell'art. 84 di detto regolamento (pienamente compatibile con il sistema della legge 1089) deve trovare applicazione anche per le occupazioni in esame la disciplina della legge generale sulle espropriazioni per causa di pubblica utilit, di cui alla legge 25 giugno 1865, n. 2359, ivi compreso, in particolare, l'art. 69 della medesima, con la conseguenza che il procedimento ablativo de quo sar di competenza del Prefetto della provincia in cui si trova l'immobile espropriando; solo la dichiarazione di pubblica utilit resta di competenza del Ministro per i beni culturali e ambientali a mente della disposizione contenuta nell'art. 57 legge 10S9/1939, la quale, comunque, non contempla alcuna forma RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 146 di pubblicit della dichiarazione di p. u.; n varrebbe richiamare la legge generale sulle espropriazioni, posto che quest'ultima contempla una forma di pubblicit solo per il deposito del piano di esecuzione delle espropriazioni da effettuare. In relazione alla piena compatibilit con la 1089 anche degli artt. 66 e segg. del Regolamento del 1913, e in particolare dell'art. 70 c.p.v., questi ultimi prevalgono sulla legge fondamentale delle espropriazioni gi ricordata, ne consegue che non potr trovare applicazione la disposizione dell'art. 85 legge 2359 e che pertanto non sar affatto necessario l'esperimento di amichevoli concordamenti per stabilire l'indennit; l'amministrazione, cos, ben pu limitarsi a fare una pura e semplice offerta di indennit, la quale, ove non risulti accettata, verr determinata nei modi previsti dalla legge generale sulle espropriazioni agli artt. 31 e 39. Quanto alla sfera di applicazione del potere di espropriazione in materia di beni culturali interessante notare che l'art. 56 legge 1089/1939 parla di esproprio di immobili, non soltanto di terreni (come invece si esprimeva l'art. 16 della legge 20 giugno 1909, n. 364), e non soltanto al fine di eseguire ricerche archeologiche, ma anche in genere opere per il ritrovamento di cose di cui all'art. 1: ci significa che l'Amministrazione pu non solo espropriare terreni per effettuare ricerche archeologiche, ma anche espropriare, ad es., un fabbricato urbano, e non al solo scopo della ricerca archeologica, ma anche per altre ricerche, pur sempre interessanti il settore artistico-culturale nella sua pi ampia accezione (si pensi alla ipotesi di dover effettuare ricerche di affreschi in edifici di propriet privata, coperti o alterati. per incuria o dolo, di sinopie, di elementi architettonici di particolare pregio alterati da maldestre operazioni di trasformazione ambientale, ecc.). Sull'argomento, in dottrina, ricordiamo GERACI, La tutela del patrimonio d'antichit e d'arte, Napoli 1956, 156 e segg.; GRISOLIA, La tutela delle cose d'arte, Roma 1952, 407 e segg., il quale sottolinea il miglioramento, quanto all'estensione, apportato dalla legge 1089, nel senso sopra ribadito, e ricorda, quale precedente storico piuttosto lontano l'art. 2 della legge 7 luglio 1889, n. 6212, che prevede la facolt di espropriare in base alle disposizioni sul piano regolatore della citt di Roma le zone laterali alla zona monumentale di Roma quando contengano avanzi monumentali; ROSSANO, Espropriaz.ione per pubblica utilit, UTET Torino 1964, 373 e. segg. RAFFAELE TAMIOZZO SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 luglio 1976, n. 2903 -Pres. Caporaso Est. Arienzo -P. M. Martinelli (conf.) -Ministero delle finanze (avv. Stato Galleani) c. Buzzi (avv. Menghini). Imposte e tasse in genere -Violazione di leggi finanziarie e valutarie Pena pecuniaria -Societ avente personalit giuridica Responsabilit dell'amministratore Esclusione. (I. 7 gennaio 1929, n. 4, artt. 9, 10 e 12). Quando il tributo posto a carico della societ avente personalit giuridica, a questa soltanto riferibile l'infrazione tributaria s che della pena pecuniaria non deve rispondere .l'amministratore (1). (Omissis). -La ricorrente Amministrazione delle Finanze deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 3, 4, 9, 10, 11, 12 della legge 7 gennaio 1929, n. 4; l, 7, 8, 43, 30 e segg., 52 d.l. 9 gennaio 1940, n. 2, conv. in legge 19 giugno 1940, n. 762 e successive modificazioni; 2472 e segg. cod. civ. (art. 360 n. 3 cod. proc. civ.) e l'omessa, o insufficiente contraddittoria, motivazione su punti decisivi (art. 360 n. 5 cod. proc. civ.) e sostiene la solidariet della societ e del suo rappresentante nel pagamento delle pene pecuniarie, trattandosi di obbligazioni civili aventi (1) La decisione, con assai scarsa motivazione, ha radicalmente modificato i tradizionali criteri interpretativi delle norme degli artt. 9, 10 e 12 della legge 7 gennaio 1929, n. 4. Sembrerebbe che senza ripudiare la regola generale della responsabilit indiretta delle persone fisiche e giuridiche (private) per le violazioni commesse rispettivamente dai soggetti sottoposti alla vigilanza, direzione o autorit oppure dai rappresentanti, si voglia affermare il principio diverso della responsabilit diretta ed esclusiva della societ avente personalit giuridica, nel caso che a questa faccia carico il tributo. Questa distinzione non sembra potersi porre perch in ogni caso del tributo risponde il soggetto passivo sia esso persona fisica soggetta all'altrui direzione, vigilanza o autorit ovvero ente fornito di personalit giuridica. Il problema che si pone riguarda soltanto le sanzioni che possono essere riferibili ad un soggetto diverso dal debitore del tributo. La legge del 1929 all'art. 10 (interessa meno l'ipotesi dell'art. 9) disciplina, in conformit dei principi generali, gli obblighi del civilmente obbligato per l'ammenda; questa norma fa riferimento soltanto alle contravvenzioni costituenti reato, che evidentemente presuppongono una responsabilit personale del trasgressore (che per le persone giuridiche non pu essere che la persona fisica che agisce per esse) e stabilisce che delle ammende risponde, oltre al condannato, l'ente per il quale il condannato ha agito. Lo sdoppiamento tra RASSEGNA DEJ..L'AVVOCATURA DELLO STATO 148 natura sanzionatoria che devono colpire altres la persona fisica che, in concreto, ha commesso gli atti determinanti la inosservanza della norma tributaria o per aver agito per l'ente come rappresentante. o dipendente ovvero per essere la persona incaricata della direzione dell'ente al quale si attribuisca l'illecito tributario (artt. 12 e 9 l. 7 gennaio 1929, n. 4). Ag giunge, poi, che la sentenza non spiegherebbe perch il Buzzi, unico am ministratore della societ, non possa considerarsi il concreto autore degli atti da cui sorge l'illecito. La doglianza non fondata. La sentenza impugnata ha affermato che la disciplina desumibile dagli .artt. 9, 10 e 12 della l. 7 gennaio 1969, n. 4, esclude la responsabilit solidale del rappresentante di ente fornito di personalit giuridica per il pagamento della pena pecuniaria inflitta all'Ente, autore della violazione della legge finanziaria. Infatti, essendo l'infrazione tributaria ascritta nella specie alla S.r.l. SACMA, fornita di personalit giuridica, l'illecito amministrativo non ha come suo autore la persona fisica che ne ha l rappresentanza (art. 10 della legge 7 gennaio 1929, n. 4); n questa pu considerarsi in posizione di autorit, direzione o vigilanza riferibili esclusivamente alle persone fisiche soggette (art. 9 della legge). -Tali conclusioni sono fondate, quanto ai presupposti giuridici, sul contenuto normativo degli artt. 9 e 10 della legge citata che riguardano le responsabilit indirette delle persone fisiche e di quelle giuridiche pri. vate per le violazioni tributarie commesse rispettivamente dai soggetti sottoposti alla loro vigilanza, direzione o autorit oppure dai loro' rap responsabilit per l'obbligazione tributaria e responsabilit penale (personale) evidentemente necessario, s che nessun particolare problema si presenta per le. infrazioni costituenti reato. Ma l'art. 12, formulato per rinvio agli artt. 9 e 10, applica lo stesso prin cipio anche alle sanzioni amministrative; anche di queste risponde in via prin cipale il trasgressore (autore materiale dell'infrazione) e in via sussidiaria l'ente persona giuridica; infatti (art. 59) il provvedimento che irroga la sanzione (ordinanza o decreto ministeriale) deve essere notificato oltre che al trasgres sore (persona fisica) all'ente, che ha la stessa facolt di ricorso accordata al trasgressore ( per sufficiente la notifica di un unico atto al legale rappre sentante che valida anche nei confronti dell'ente rappresentato: Cass. 7 apri le 1976, n. 1223, in questa Rassegna, 1976, I, 608). La legge del 1929 era concepita prevalentemente come norma di repres sione e assimilava per molti aspetti le sanzioni amministrative alle sanzioni penali, mentre non si occupava affatto della funzione del procedimento come mezzo di accertamento dell'obbligazione di imposta. Questa funzione si in seguito, specie con l'imposta sull'entrata, molto sviluppata ed diventata prevalente, s che l'ordinanza ed il decreto hanno acquistato rilevanza pi come atto di accertamento del debito d'imposta che come provvedimento san zionatorio. Resta tuttavia immutata la regola che delle sanzioni 11ispondono in via principale l'amministratore e in via sussidiaria la persona giuridica, mentre quest'ultima risponde sempre in modo esclusivo dell'imposta. Non sono infre PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 149 presentanti. Nel caso di specie, invece, il tributo era posto a carico della sola societ SACMA, come risulta dal decreto ministeriale 14 ottobre 1968, avente personalit giuridica, a cui veniva ascritta l'infrazione tributaria, con la conseguenza che, sul piano giuridico, non possa considerarsi autore dell'illecito il rappresentante della stessa n attribuirgli la responsabilit solidale per la sola sanzione pecuniaria collegata all'illecito tributario commesso da altro soggetto giuridico. Quanto, infine, alla possibilit che l'amministratore unico possa essere il concreto autore dell'illecito una questione di fatto il cui accertamento pu costituire la premessa per attribuire al soggetto, autore del danno, la responsabilit per effetto del proprio comportamento, ad altro titolo, a favore dell'Amministrazione delle Finanze. -(Omissis). quenti le ipotesi di sanzioni indipendenti da una obbligazione tributaria ed in tal caso pi evidente che trasgressore il soggetto che agisce per la persona giuridica. In conclusione, quando pure volesse dubitarsi della logicit della regola che obbligato principale l'amministratore e sussidiario la persona giuridica per sostenere il principio opposto, e incontestabile che l'amministratore risponde personalmente. A seguito della riforma, sono tuttora in vigore le norme della legge del 1929; la maggior parte delle singole leggi o contengono un rinvio puro e semplice alla legge del 1929 o nulla stabiliscono sun punto. Soltanto l'art. 98 del d.P.R. n. 602/1973, con formulazione assai sommaria, dispone che al pagamento delle soprattasse e delle pene pecuniarie sono obbligati in solido con il soggetto passivo o con il soggetto inadempiente coloro che ne hanno la rappresentanza. Forse questa norma pu avvalorare l'inversione delle posizioni tra obbligato principale e sussidiario, ma sicuramente riconferma che i rappresentanti '(espressione da intendere evidentemente in senso lato comprensivo sia della rappresentanza legale che della rappresentanza organica) rispondno personalmente. I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 settembre 1976, n. 3181 -Pres. Giannattasio -Est. Santosuosso -P. M. Martinelli (conf.) Traversi (avv. Cogliati Dezza) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). Imposte e tasse in genere Notificazioni Cambiamento di abitazione del contribuente Obbligo di ricercare il destinatario e di far constatare nella relazione le ricerche svolte -Omissione -Nullit della notificazione. (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 38; c.p.c. artt. 140, 143, 148). Alle notificazioni da eseguirsi a norma dell'art. 38 del t.u. sulle imposte dirette applicabile l'art. 148 c.p.c. dal quale si evince l'obbligo di chi procede alla notificazione di ricercare il destinatario dell'atto, non RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 150 soltanto attraverso le risultanze anagrafiche, e di far constare nella relazione di notifica le ricerche svolte. Ci mancando, la notificazione nulla, anche se risulti che ricerche anagrafiche non potevano dare un utile risultato (1). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 ottobre 1976, n. 3845 Pres. Giannattasio -Est. Giuliano -P. M. Caristo (conf.) AnteHi c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Saltini). Imposte e tasse in genere -Notificazioni -Cambiamento di abitazione del contribuente -Notifica a norma dell'art. 143 c.p.c. -Impossibilit di individuare il nuovo domicilio da ricerche anagrafiche Regolarit della notificazione. (t.u..29 gennaio 1958, n. 645, art. 38; c.p.c. artt. 140, 143 e 148). regolare la notifica eseguita a norma dell'art. 143 c.p.c. nei confronti di contribuente che abbia cambiato abitazione, anche se dalla relata non risultano le ricerche eseguite, quando le risultanze dell'anagrafe non potevano fornire utili elementi all'identificazione (2). I (Omissis). -Nell'unico mezzo di ricorso, si premette che l'art. 38 del t.u. sull'imposte dirette (d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645) contiene tre modifiche al codice di rito: a) inapplicabilit dell'art. 143 cod. proc. civ.; b) soppressione, nel caso di notifica ex art. 140, dell'obbligo di spedizione della raccomandata; c) affissione dell'avviso di deposito all'lbo del Comune anzich alla porta di abitazione. Ma soggiunge la ricorrente, per tutto il resto, secondo l'espressa statuizione dell'art. 38, si applicano le (1-2) Sul problema delle notificazioni al contribuente, non si diradano le molte ombre. Le due sentenze sopra riportate sono in netta antitesi sul punto della rilevanza, formale e sostanziale, delle ricerche eseguite o eseguibili: sicuramente merita consenso la seconda pronunzia che non d rilevanza alla mera omissione di verbalizzazione di una operazione oggettivamente inutile; sorprende invece il formalismo della prima pronuncia, che peraltro si basa su una norma (art. 148) che n impone formalit a pena di nullit n precisa in quali casi le ricerche devono essere eseguite (v. note alle sent. 13 febbraio 1969, n. 490 e 24 febbraio 1970, n. 427, in questa Rassegna, 1%9, I, 127 e 1970, I, 309). Ma il vero problema della controversia non stato affrontato. Quando il contribuente, che ha il dovere di comunicare all'Ufficio le variazioni di domi PARTE I, SBZ. VI, GIURISPRUDBNZA TRIBUTARIA 151 norme stabilite dagli articoli 137 e segg. del codice di procedura civile. Anzi, se le suddette deroghe eliminano per la notifica in materia fiscale alcune formalit previste dalle norme comuni, occorre maggiore cautela e diligenza nell'applicazione delle altre formalit tenute ferme dal legislatore tributario. Tanto premesso, la ricorrente si duole che la Corte d'appello, pur dando atto che alla data del 15 dicembre 1961, la Traversi si era certamente trasferita nel nuovo domicilio -come dalla denunzia fatta in occasione del censimento -, ha ritenuto irrilevante accertare le cause del ritardo nell'aggiornamento dei registri anagrafici e soprattutto ha esonerato il messo comunale da qualsiasi ricerca al di l .delle risultanze anagrafiche. La resistente Amministrazione giustifica la pronuncia della Corte d'appello richiamando il tassativo obbligo, imposto dall'art. 33 del t.u. al contribuente, di informare l'amministrazione finanziaria di un suo eventuale cambiamento di domicilio anigrafico. A sua volta, la Traversi richiama nella sua memoria la sentenza della Corte costituzionale n. 189 del 26 giugno 1974, con la quale stata dichiarata la illegittimit costituzionale dell'art. 38 del t.u. delle leggi sulle imposte dirette nella parte in cui dispensa il messo dall'obbligo di dare notizia dell'avvenuta notifica al destinatario (come invece prescritto dall'art. 140 cod. proc. civ.) in tutti i casi in cui la notifica degli avvisi e altri atti non avvenuta in mani proprie. Il ricorso fondato. Questa Corte non ritiene che, nell'economia della presente causa, sia necessario accertare (in ordine a quest'ultima deduzione della ricorrente) se la questione della mancata notifica per raccomandata fu mai sollevata nel corso del giudizio, n affrontare il problema degli effetti su questo rapporto della sopravvenuta pronuncia di incostituzionalit della norma che tale comunicazione escludeva nel processo tributario. Ai fini del decidere, non nemmeno necessario approfondire la questione posta dall'Amministrazione resistente, e cio se l'obbligo di comunicazione delle variazioni del domicilio fiscale -previsto dall'art. 33 t.u. per specifiche imposte -costituisca un principio generale, applicabile per ogni altro tipo di tributo. cilio fiscale, non vi ha provveduto, la notificazione pu essere validamente eseguita nel luogo risultante dagli atti o a norma dell'art. 140 c.p.c., se non possibile consegnare la copia in uno dei modi di cui all'art. 139 per difficolt di ordine materiale, o a norma dell'art. 38, lett. f) del t.u. del 1958 (corrispondente all'art. 60 lett. e del d.P.R. n. 600/1973) che sostituisce l'art. 143 c.p.c.; in nessun caso si ha il dovere di ricercare il contribuente nella nuova abitazione, anche se potrebbe essere individuata attraverso l'anagrafe (v. nota a Cass. 8 mag gio 1976, n. 1619 e 12 maggio 1976, n. 1663, in questa Rassegna, 1976, I, 793). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO. 152 Non sembra, infine, a questa Corte doveroso esaminare la natura della denuncia di cambiamento di domicilio che il cittadino compie in occasione di censimenti generali, e quali siano gli adempimenti conseguenzali e le relative responsabilit. Punto decisivo e sufficiente per la decisione della presente controversia si appalesa quello che ha gi formato oggetto di varie pronunce di questa Corte suprema (sent. n. 427/70; 551/70; 1217/72 ed altre). Ed invero, alle notificazioni che dovevano eseguirsi ai sensi del testo unico sulle imposte dirette (approvato con d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645) applicabile anche l'art. 148 cod. proc. civ., dal quale si evince l'obbligo di chi procede alla notificazione di ricercare il destinatario dell'atto non soltanto attraverso le risultanze anagrafiche e di far constare nella relazione di notifica le ricerche svolte. La sentenza impugnata, quindi, non si sottrae a censura nella parte in cui testualmente afferma che l'omissione di qualsiasi ricerca della Traversi da parte del messo dopo il mancato rinvenimento della medesima in Piazza degli Albini 20, non pu avere alcuna rilevanza perch Ja ricerca avrebbe dovuto essere fatta presso l'ufficio anagrafico. (Omissis). II (Omissis). -La sentenza impugnata ha accertato, in fatto, che il 12 gennaio 1966 l'ufficiale giudiziario richiesto della notificazione, recatosi, in Parma, in via Amato Furlotti n. 2, dove, secondo l'anagrafe, abitava l'Antelli, non lo rinvenne, lo dichiar irreperibile, senza dar atto di ricerche compiute, procedette alla notificazione a norma dell'art. 143 c.p.c. Ma ha accertato altres, in base alle stesse dichiarazioni dell'Antelli, che costui dal novembre 1964 erasi trasferito in un altro alloggio, sito in Parma, via Zarott9 n. 36, ma non aveva dichiarato all'anagrafe la nuova residenza. E, osservando che incombeva sull'Antelli l'onere di dimostrare che, unsando la normale diligenza, l'ufficiale giudiziario avrebbe potuto reperirlo nella nuova abitazione, ma che le prove, documentali e orali, da lui offerte al riguardo non erano idonee all'uopo, ha riputato rituale la notificazione compiuta dall'ufficiale medesimo. L'Antelli, col primo mezzo del proprio ricorso, dolendosi di violazione dell'art. 140 c.p.c. e di falsa applicazione dell'art. 143 dello stesso codice, da un lato sostiene che non questa seconda norma, bens la prima ove ne fossero ricorsi tutti gli estremi, era applicabile, talch l'ufficiale giudiziario avrebbe dovuto depositare copia dell'atto nella casa comunale, affiggere avviso del deposito alla porta dell'abitazione e dargliene notizia con raccomandata, d'altro lato, si duole che la Corte del merito non ha fatto luogo alle prove da lui dedotte per dimostrare che la sua nuova abitazione era facilmente reperibile. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA :153 Questa complessa censura non fondata. Invero, l'art. 140 c.p.c. postula la momentanea assenza del destinatario, laddove nella specie certo che da oltre un anno l'Antelli non abitava pi in via Furlotti n. 2. D'altro canto, la Corte del merito ha, con analitica motivazione, immune da vizi logici o giuridici, chiarito l'irrilevanza delle prove offerte dall'Antelli per dimostrare la propria reperibilit da parte dell'ufficiale notificante.. Egli asseriva, e intendeva provare, che .non aveva denunciato all'anagrafe la nuova residenza perch la casa di via Zarotto n. 36 era ancora priva. del certificato di abitabilit ed egli temeva di incorrere in sanzioni; ma qualunque fosse stato il motivo dell'omissione di denuncia, restava fermo il punto, unico rilevante nella specie, dell'impossibilit di scoprire, con ricerche anagrafiche, la nuova residenza. L'Antelli, inoltre, aveva documentalmente provato che il suo nuovo indirizzo era noto al portalettere e che cartelle esattoriali, direttegli in via Furlotti, gli erano state poi recapitate in via Zarotto; e aveva formulato una prova per testi sul fatto che i co.mponenti di una famiglia abitante nella su vecchia casa avevano in pi occasioni comunicato il nuovo indirizzo a persone che avevano chiesto sue notizie. Ma la Corte del merito ha osservato che siffatte circostanze non attenevano propriamente al punto focale della lite, cio alla asserita negligenza in cui fosse incorso, il 12 gennaio 1966, l'ufficiale giudiziario notificante; apprezzamento logico, attesa la genericit delle circostanze dedotte dall'Antelli. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 1 ottobre 1976, n. 3199 -Pres. Mirabelli Est. Caturani -P. M. Grossi (conf.) Ministero delle Finanze (avv. Stato Cavalli) c. Soc. Asfalti Sintex -avv. Lo Sardo). Imposta di registro Domande di rimborso Prescrizione Prescrizione triennale Sussiste -Prescrizione decennale dell'azione di indebito oggettivo Inapplicabilit. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 136; e.e. artt. 2033 e 2946). L'azione di rimborso dell'imposta di registro pagata soggetta alla prescrizione triennale dell'art. 136 dell'abrogata legge di registro, anche quando sia incontroversa l'illgittimit della percezione, e non alla prescrizione ordinaria riferita alla domanda di ripetizione di indebito oggettivo (1). (1) Decisione di evidente esattezza. Se talvolta, specie ai fini della giurisdizione, si affermato che non sottost alle regole dell'obbligazione tributaria la prestazione pretesa dall'Amministrazione al di fuori di ogni potere (che non trova cio fondamento nella legge) e che non pu quindi definirsi tributo; si 154 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -Con unico complesso motivo di ricorso l'Amministrazione delle Finanze dello Stato censura la sentenza impugnata per violazione dell'art. 136, comma primo, r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269 che approva la legge del registro, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c.; difetto di motivazione per omessa insufficiente e contraddittoria motivazione, dolendosi che la Corte di merito abbia escluso nella fattispecie l'applicazione della norma anzidetta, la quale colpisce con la prescrizione triennale senza distinzione alcuna, il rimborso di somme comunque percette dall'Amministrazione a titolo di imposta di registro. Nel caso concreto il rapporto instaurato tra le parti, contrariamente a quanto ritenuto dalla sentenza denunciata, doveva qualificarsi tributario, essendosi verificato il fatto astrattamente generatore del debito tributario (presentazione di atti per la registrazione) ed essendo stata l'imposta percepita dalla Finanza in base ad una interpretazione (anche se erronea) dell'art. 8 della legge 24 luglio 1961, n. 729. Infine si sottolinea dalla ricorrente che ove si accogliesse la tesi seguita dalla Corte Romana, l'art. 136 sarebbe svuotato di contenuto, non essendo configurabile alcun caso concreto di applicazione della stes~ sa, in quanto per qualsiasi restituzione di tributi non dovuti il contribuente che ha pagato per errore potrebbe sempre invocare l'art. 2033 e.e., mentre la giurisprudenza della Suprema Corte ha gi ritenuto applicabile in materia il termine triennale previsto dall'art. 136 (S.U. 27 giugno 1969, n. 2311, 11 dicembre 1968, n. 3940; 20 dicembre 1968, n. 2024). altres precisato che ci non si verifica quando si contesti, sotto l'aspetto sostanziale o processuale, la legittimit dell'esercizio di un potere che trae origine da una norma erroneamente applicata (Cass. 21 ottobre 1974, n. 2970, in questa Rassegna, 1974, I, 1456). Inoltre, come oggi si riconferma, rilevanza prevalente ha l'aspetto formale, ossia l'adempimento della prestazione attuato con il procedimento e la qualificazione tipiche della obbligazione tributaria (nella specie imposta percepita per la registrazione di un atto); in proposito stato affe1mato (Cass. 25 febbraio 1974, n. 554, ivi, 979) che se un soggetto estraneo al rapporto assume spontaneamente la veste formale di contribuente, sottomettendosi al potere di accertamento dell'Amministrazione, deve sottostare alle regole del procedimento tributario amministrativo e giurisdizionale e non pu proporre nei modi ordinari azione di indebito. Ci vale del resto anche nei rapporti di diritto comune: se una domanda di rimborso inerente ad un titolo per il quale stabilita una prescrizione pi breve, non consentito, con l'espediente dell'indebito oggettivo, invocare la prescrizione ordinaria. All'inconveniente evidenziato nella sentenza che il considerare la domanda (fondata) di rimborso come azione di indebito significherebbe abrogare la norma dell'art. 136 della legge di registro, si pu aggiungere la considerazione che la prescrizione (ordinaria) sarebbe conseguenziale e non pregiudiziale alla decisione di merito. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Il ricorso fondato. Giova premettere che, denunziandosi dalla ricorrente Amministrazione un errore di diritto nella interpretazione dell'art. 136 legge di registro del 1923, il ricorso non pu essere esaminato sotto il profilo della omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, giacch nella soluzione di dette questioni il sindacato giurisdizionale del giudice di legittimit limitato al controllo della esattezza giuridica della statuizione, salvo il potere di correzione della motivazione, ai sensi dell'art. 384 c.p.c. Questa Corte Suprema ha gi avuto occasione di occuparsi della questione di diritto che si agita nel presente giudizio in due non recenti responsi: il primo risale al 7 maggio 1927 in causa Finanze-Zancani, con cui il S.C. ritenne applicabile alla fattispecie il termine trentennale (ora decennale) di prescrizione, qualificando l'azione come condictio indebiti; il secondo rimonta al 4 febbraio 1928 in causa Finanze-Zanoletti, ove ritenne invece applicabile il termine breve previsto dal t.u. del 1897. Con successiva sentenza 14 febbraio 1947 (Finanze c. Istituto di Credito Agrario per la Liguria) ha infine affermato il principio per cui quanto il diritto del contribu;nte alla restituzione delle imposte non dovute estinto per prescrizione o decadenza, non pu pi chiedersene la restituzione mediante l'azione di ripetizione d'indebito o di ingiusto arricchimento. Il collegio ritiene di seguire quest'ultimo indirizzo. Ai sensi dell'art. 136 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, che approva la legge del registro, compreso nel titolo VI delle prescrizioni e dei procedimenti in via amministrativa e giudiziaria, l'azione del contribuente per chiedere la restituzione delle tasse pagate, si prescrive col decorso di tre anni dalla data del pagamento. La norma, gi nella sua formulazione letterale, ha una estensione molto ampia, comprendendo nella sua sfera di previsione ogni fattispecie in cui il contribuente, avendo eseguito un pagamento d'imposta di registro non dovuta, ne chiede la ripetizione dell'Amministrazione accipiente, sia che la inesistenza dell'obbligo che si intendeva soddisfare riguardava la prestazione nella sua interezza, sia che la prestazione fosse diversa, poich, ad esempio, si errato nell'applicazione dell'aliquota alla base imponibile. E l'ampiezza della previsione normativa trova fondamento in esigenze di carattere sintomatico e pratico ed in particolare nella fina lit, vivamente avvertita dal legislatore, che l'esazione delle tass~ e delle imposte divenga definitiva entro un breve periodo di tempo. Ne consegue che non pu accettarsi, in quanto non trova alcun riferimento nella legge, la distinzione adottata dalla Corte di merito per restringere la portata della norma, tra rapporto tributario, qualificato, da un fatto da cui derivi il diritto della Finanza a percepire il tributo e rapporto non RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tributario (meramente obbligatorio), nel quale, non sussistendo l'obbligazione d'imposta, primeggerebbe soltanto la pretesa del solvens alla ripetizione di quanto pagato senza una causa giustificativa, cui si applicherebbe, secondo i principi della condictio indebiti oggettiva (art. 2033 e.e.) la prescrizione ordinaria decennale (art. 2946). La interpretazione restrittiva dell'art. 136 contraddetta validamente dall'Avvocatura Generale dello Stato sul riflesso che il rapporto giuridico d'imposta risulta qualificato non gi dalla fondatezza della pretesa tributaria, ma dalla ricorrenza formale dei presupposti che in astratto determinano la percezione del tributo da parte dell'Amministrazione, anche se in concreto si sia errato nel far valere la relativa pretesa, come, ad esempio, quando si rihiede l'imposta ad un soggetto che ne invece esente per legge (fattispecie ricorrente nel caso concreto). Ora risulta dalla sentenza impugnata che furono presentati alla registrazione numerosi contratti di appalto e versate le relative imposte di registro, onde tanto basta per ritenere che non solo il rapporto tributario si costitu tra le parti (cfr. l'art. 1 della legge di registro del 1923), ma ,che lo stesso ha trovato altres concreto svolgimento, che poi in concreto l'imposta di registro non fosse dovuta in base all'art. 8 della legge 24 luglio 1961, n. 729, non toglie che l'azione della societ Asfalti Sintex fosse diretta alla restituzione dell'imposta erroneamente pagata, secondo il precetto dell'art. 136 della legge di registro e quindi soggetta alla prescrizione triennale ivi prevista. Una diversa interpretazione, non solo urterebbe contro la chiara dizione della norma, ma la svuoterebbe di contenuto, giacch -come ha rettamente osservato l'avvocatura generale dello Stato -in ogni caso di richiesta di rimborso del contribuente, l'azione fondata sulla inconsistenza della causa del vincolo obbligatorio e quindi in ogni ipotesi sarebbe applicabile la norma generale sulla condictio indebiti (art. 2033 e.e.) con l'effetto di una interpretazione abrogans del testo dell'art. 136. ( Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 1 ottobre 1976, n. 3205 -Pres. Mirabelli Est. Scanzano -P. M. Grossi (conf.) -Hary (avv. Stella Richter) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). Imposta di registro -Enunciazione -Enunciazione in sentenza -Convenzione posta a fondamento della decisione -Riforma della sentenza . Rimborso dell'imposta Convenzione enunciata estranea al fondamento della decisione -Riforma della sentenza . Irrilevanza. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 62 e 72). PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 157 Imposta di registro Societ per azioni Trasferimento delle azioni Enunciazione ex art. 62 Aliquota proporzionale ~ dovuta Applicazione aliquota graduale Esclusione Applicazione imposta fissa esclusione. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 27 e 62 e tabella A artt. 2, 108 e 114, tabella E, artt. 10 e 11). La sentenza pu contenere una enunciazione giudiziale (art. 72 legge di registro del 1923) quando la decisione si basa su una convenzione non registrata, ma pu anche contenere una enunciazione negoziale (art. 62) quando, come un qualsiasi altro atto sottoposto a registrazione, enuncia (costituisce cio il titolo e il documento) una convenzione estranea al presupposto logico della decisi<;ne. Nel primo caso, seguito della pronunzia della Corte Costituzionale 29 dicembre 1972, n. 200, l'enunciazione viene a mancare, e l'imposta percetta deve essere rimborsata, qualora la sentenza venga riformata o annullata; nel secondo caso l'enunciazione resta indiffer.ente alle successive vicende della sentenza (1). Quando una sentenza contiene la enunciazione negoziale ex art. 62 legge di registro del trasferimento di azioni non pu applicarsi n l'imposta graduale dell'art. 114 tabella A in relazione agli artt. 10 e 11 tabella E, perch il trasferimento non l'oggetto della pronunzia giudiziale, n l'imposta fissa dell'art. 108 tabella A perch non esiste l'atto dal quale 'risulti il contestuale pagamento del prezzo, ma deve applicarsi l'imposta proporzionale, considerando le azioni come beni mobili a norma dell'art. 27 della legge (2). (Omissis). -Col primo motivo del ricorso principale si denunzia falsa applicazione degli artt. 12 e 14 r.d. 1923 n. 3269, lamentandosi sia stata trascurata la sentenza 29 dicembre 1972 n. 200 con cui la Corte costituzionale ha dichiarato parzialmente illegittimi. Secondo tale decisione -sostengono i ricorrenti -la tassazione di una sentenza non pu prescindere dal risultato finale del giudizio, onde nella specie, rimasta travolta la sentenza, della cui registrazione si discute, a seguito della cassazione della sentenza della Corte d'Appello di Genova che l'aveva confermata, sarebbe venuto meno il presupposto dell'intera imposizione tributaria. (1) Nella prima massima, in base al princ1p10 ormai pacifico (Cass. 21 settembre 1973, n. 2412, in questa Rassegna, 1974, I, 445) che la sentenza pu contenere, oltre alla enunciazione giudiziale dell'art. 72 dell'abrogata legge di registro, l'enunciazione convenzionale dell'art. 62, esattamente si definiscono i diversi effetti che la riforma e l'annullamento della sentenza producono nei due diversi casi; nel primo caso, venendo meno il titolo, manca il presupposto della tassazione, nel secondo caso l'enunciazione sopravvive ad ogni futura vicenda dell'atto enunciante. La seconda massima .fa un'ulteriore applicazione del principio; l'enunciazione ex art. 62 del trasferimento delle azioni non solo non pu fruire dell'imposta fissa dell'art. 108 della tariffa A, perch mancando l'atto non risulta 158 RASSEGNA DELL'AVVo<;ATURA DELLO STATO La censura fondata nei limiti di cui alle considerazioni che seguono. Secondo la giurisprudenza consolidatasi nella vigenza del r.d. 30 dicembre 1923 n. 3269 la sentenza dichiarativa della: simulazione di un atto di vendita importa, ai fini fiscali, la retrocessione del bene, oggetto della vendita, al simulato alienante e costituisce perci titolo per l'applicazione dell'imposta proporzionale di registro. L'imposta conseguentemente percepita sulla presunta retrocessione non poteva essere restituita, anche se nel corso della vicenda giudiziaria una tale sentenza avesse perduto effetto per riforma o per cassazione, stante il disposto degli artt. 12 e 14 dello stesso r.d. Questa normativa risulta per modificata dalla sentenza 29 dicembre 1972, n. 200 della Corte costituzionale, che ha dichiarato illegittime tali disposizioni nella parte in cui non prevedono, ai fini della restituzione dell'imposta proporzionale, l'ipotesi che sia stata riformata la sentenza con la quale si attua il trasferimento di un diritto. L'Amministrazione finanziaria contesta che tale pronunzia possa incidere sulla soluzione della controversia, rilevando, da un lato, che anche riguardo alle sentenze l'imposta di registro una tassa d'atto e, in quanto tale, ripetibile solo in presenza delle condizioni che consentono la ripetizione delle tasse applicate ad atti negoziali, e, dall'altro, che nella specie mancata una pronuncia giudiziale che abbia escluso il trasferimento patrimoniale insito nella sentenza (dichiarativa della simulazione) tassata, essendo invece intervenuta solo una pronunzia di cessazione della materia del contendere. Tali rilievi non hanno pregio, essendo agevole osservare in contrario, giusta quanto ha gi considerato la Corte costituzionale: a) che la rilevanza fiscale della sentenza, quale mero atto, vale limitatamente all'applicazione della tassa fissa cui essa 'soggetta, laddove l'imposta proporzionale trae titolo dal trasferimento attuato con la sentenza stessa; b) che trasferimento tassabile quello che risulta attuato con sentenza passata in giudicato, per cui se nella evoluzione della vicenda processuale intervenga una pronunzia che comunque privi di effetto quella in base alla quale l'imposta proporzionale stata applicata, viene meno il titolo della pretesa tributaria e sorge il diritto del contribuente alla rest-ituzione dell'imposta pagata. il contestuale pagamento del prezzo con danaro o altri titoli (Cass. 14 novembre 1969, n. 3706, ivi, 1969, I, 1169), ma non pu giovarsi nemmeno dell'imposta graduale di cui all'art. 114 tabella A in relazione dagli artt. 10 e 11 tabella E che presuppone l'enunciazione giudiziale. Invero su quest'ultimo punto si potrebbe ulteriormente osservare che l'imposta graduale non sostituisce mai l'imposta di titolo e che per questa non pu essere concessa un'agevolazione (quale quella della tabella E) quando l'atto non esista, come stato affermato con la sent. 26 ottobre 1976, n. 3879, in questo fascicolo, pag. 176. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Si tratta dunque si vedere se, nella specie, la sentenza del Tribunale di Torino del 1955 sia rimasta caducata. Ma ci stato riconosciuto dalla stessa sentenza ora impugnata. Invero, nell'ipotesi in cui una sentenza confermativa di quella che, avendo dichiarato la simulazione di una compravendita, stata perci assoggettata ad imposta proporzionale di registro, sia stata cassata senza rinvio per cessazione della materia del contendere (cio, perch venuta meno la situazione di dissenso tra le parti e quindi la necessit della pronunzia giudiziale precedentemente richiesta) non pu dubitarsi che anche la sentenza rimanga definitivamente travolta (in tal senso, con riferimento al caso che ne occupa, Cass. 2989/71), con la conseguente caducazione del titolo della pretesa tributaria e della ripetibilit dell'imposta proporzionale che sulla base di detta ultima sentenza sia stata pagata. Trascurando del tutto la nuova situazione normativa determinata dalla pronunzia della Corte costituzionale, il giudice di merito ha falsamente applicato agli artt. 12 e 14 del citato r'.d. n. 3269, e sotto questo aspetto la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio ad altro giudice che, riguardo alla tassazione della declaratoria di simulazione, riesaminer la controversia sulla base della predetta nuova normativa e di principi su enunciati. La tesi dei ricorrenti non merita, invece, consenso laddove pretende di estendere gli effetti della citata sentenza della Corte costituzionale alla tassazione che concerne l'associazione in partecipazione ed il trasferimento del pacchetto azionario all'ALI. noto che le sentenze, oltre a costituire titolo di imposizione tributaria di registro riguardo alle convenzioni poste a fondamento delle domande su cui esse statuiscono (art. 72 r.d. 1923 n. 3269), giustificano una distinta imposizione riguardo ai negozi che, sebbene estranei alla portata precettiva o ai presupposti logici della decisione, siano in esse enunciati: e ci per effetto dell'art. 62 del citato r.d. che, come questa Corte ha pi volte affermato (sent: 1957/60, 1799/62, 3536/69), applicabile anche alle enunciazioni contenute nelle sentenze. Come meglio si vedr nell'esame dei motivi seguenti, l'associazione in partecipazione ed il trasferimento del pacchetto azionario non sono situazioni ed effetti giuridici che traggono titolo direttamente dalla sentenza tassata, ma sono negozi che da questa risultano documentati, e come tali. soggetti ad imposta. Ed evidente che mentre la portata precettiva della sentenza , in via definitiva, subordinata al passaggio in giudicato delle relative statuizioni, l'efficacia meramente enunciativa prescinde dalla sorte che la stessa sentenza possa subire nell'evoluzione della vicenda processuale, perci si ricollega alla esistenza della sentenza come documento. Orbene, la pronunzia della Corte costituzionale chiara nel senso che la caducazione della sentenza tassata fa venire meno RASSEGNA Db"'LL'AVVOCATURA DELLO STATO 160 il presupposto dell'imposta relativa ai trasferimenti che sono l'effetto della sua portata precettiva. -(Omissis). Il terzo motivo del ricorso principale connesso (e va esaminato congiuntamente) con l'unico motivo del ricorso incidentale, entrambe le censure essendo dirette contro le statuizioni concernenti la tassazione del trasferimento del pacchetto azionario della LL I ricorrenti principali, denunciando violazione dell'art. 108, Tab. A della legge di registro del 1923 in relazione all'art. 361. 6 agosto 1954 n. 603, sostengono che detto trasferimento non era soggetto neppure a tassa graduale, sia perch dalla decisione della commissione provinciale risultava che esso era avvenuto mediante uso di fissati bollati, sia perch la mancata produzione di questi non avrebbe potuto essere imputata ad essi ricorrenti senza la previa assegnazione di un termine per la produzione stessa. Soggiungono che rigettatasi, con la sentenza della cui registrazione si discute, la domanda di revindica del 40 per cento di detto pacchetto, le relative azioni non potevano considerarsi oggetto di pronunzia giudiziale, mentre l'avvenuto trasferimento dell'intero non era oggetto di controversia, ma solo un presupposto storico dell'anzidetta domanda. L'Amministrazione delle Finanze, nel contestare la fondatezza di tale censura sostiene, in via di ricorso incidentale, che l'operazione de qua era soggetta ad imposta proporzionale, in quanto da un lato, nella relativa scrittura mancava la dichiarazione di coevo pagamento del prezzo, e dal- l'altro mancavano le condizioni per l'applicazione della tassa graduale, il trasferimento essendo stato tassato non in quanto attuato con la sentenza ma in quanto da essa enunciato. Afferma conclusivamente essere dovuta l'imposta principale nella misura del due per cento. La Corte condivide l'assunto dell'Amministrazione. Il trasferimento del pacchetto azionario soggetto a tassazione non . perch attuato con la sentenza, ma perch da questa enunciato. Ci giustifica, per le ragioni innanzi dette, l'applicazione dell'art. 6~ legge registro del 1923 e rende superfluo stabilire se e fino a qual punto il relativo negozio appartenga ai presupposti logici della sentenza stessa, tanto pi che la sentenza emessa dal Tribunale nel primo grado del presente processo, aveva ritenuto legittima la pretesa tributaria in parola anche con riferimento alla disposizione test citata, senza alcuna doglianza, sul punto, nell'atto di appello degli Hary-ALI: i quali, al riguardo, col loro terzo motivo di gravame, si limitarono a dedurre che il trasferimento del pacchetto azionario era fuori contestazione, essendo stata assolta, per detto passaggio, la tassa col fissato bollato e che, essendo stata rigettata la domanda di revindica proposta nei confronti del fallimento, non era avvenuto fra le parti nessun retro.passaggio del 40% del pacchetto azionario della ALI. Occorre dunque stabilire se per l'operazione de qua sia dovuta la tassa graduale o se, contrariamente a quanto ha affermato la Corte di PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA merito, sia applicabile la tassa fissa (come sostengono i ricorrenti principali) o quella proporzionale (come sostiene la Finanza). Per escludere l'applicabilit della tassa graduale sufficiente rilevare che secondo l'art. 114 Tar. A in relazione agli artt. 10 e 11 Tar. E, 3 comma, allegate al r.d. 1923 n. 3269, tale tassazione prevista nell'ipotesi in cui il trasferimento di azioni forn oggetto di pronunzia giudiziale: ci che nella specie, come si visto, escluso, in quanto detta operazione stata solo enunciata in sentenza. Non pu, d'altrende, trovare applicazione l'art. 108, Tar. A, invocato dai ricorrenti principali, perch la tassa fissa prevista da tale disposizione per la negoziazione di titoli azionari ed obbligazionari quando dall'atto di trasferimento risulta il contestuale pagamento del prezzo con denaro o con titoli analoghi (v. anche Cass. 3706/69). fuori discussione, peraltro, che non furono prodotti fissati bollati mentre non censurabile in questa sede n il fatto che la Corte di merito abbia trascurato la risultanza in tal senso contenuta nella decisione della commissione provinciale (essendo noto che gli elementi acquisiti in un diverso autonomo giudizio hanno valore solo indiziario, mancando riguardo ad essi la possibilit della diretta valutazione del giudice), n il fatto che detta Corte non abbia invitato la parte interessata a produrre i predetti documenti in quanto il giudice, se pu indicare alle parti lt; lacune che ravvisa nell'istruttoria, non comunque tenuto a sopperire alle loro negligenze). Per stabilire, allora, il criterio di tassazione occorre considerare: a) che secondo l'art. 62 del r.d. su citato gli atti enunciati sono soggetti all'imposta per essi prevista; b) che secondo l'art. 27 dello stesso testo le azioni delle societ commerciali sono equiparate ai beni mobili; c) che per le alienazioni di beni mobili l'art. 2 Tar. A del medesimo decreto prevede l'imposta proporzionale del 2%. La conclusione in tal senso formulata dall'Amministrazione finanziaria trova dunque fondamento nelle disposizioni ora indicate: e sulla base di esse il giudice di rinvio riesaminer il punto. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 ottobre 1976, n. 3286 -Pres. Caporaso Est. Borruso -P. M. Pedace (conf.) Ministero delle Finanze (Avv. Stato Saltini) c. Soc. O.S.I. (avv. Stevens). Imposta di registro -Societ -Conferimento -Remissione di debito da parte del socio a favore della societ - tale. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 59 e tariffa A artt. 60, 81 e 85; e.e. art. 2255). La remissione del debito da parte del socio a favore della societ (che potrebbe co11:figurarsi come atto di liberalit quando sia determinata da 162 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO animus donandi) deve definirsi come conferimento in societ ai fini dell'applicazione dell'imposta di registro quando sia preordinata al raggiungimento delle finalit sociali; non invece mai definibile come puro e semplice atto di liberazione assimilabile a quietanza (1). (Omissis). -Col primo motivo la Finanza, denunciando la violazione degli artt. 8 e 59 del r.d. 30 dicembre 1923 n. 3269 e degli artt. 81, 85 e 60 della tariffa all. A a detta legge, lamenta che la Corte d'Appello abbia illogicamente dedotto che la rinuncia della FERGAT non costituisse un atto di conferimento di beni in conto capitale, tassabile ai sensi degli artt. 81 e 85 della tariffa all. A alla legge di registro, dalla constatazione che in tale rinuncia non si rinvenivano gli estremi necessari per qualificarla atto di liberalit: deduzione non solo illogica, ma anche insufficiente a sorreggere il convincimento conclusivo sec;ondo cui, nella specie, agli effetti fiscali, 1'a predetta rinuncia non avrebbe potuto essere qualificata altro che come semplice atto di liberazione assimilabile alla quietanza previsto nell'art. 60 della medesima tariffa. In tal modo la Corte d merito avrebbe omesso d considerare che non si poteva attribuire a tale rinuncia il valore di una pura e semplice remissione di credito, in quanto: 1) gli interessi della FERGAT si intrecciavano con quelli della O.S.I. della quale era la principale azionista in modo tale da doversi ritenere che la FERGAT attraverso un atto improprio, avesse in sostanza conferito il credito rinunciato nella societ; 2) alla rinuncia della FERGAT aveva fatto riscontro l'accettazione da parte della O.S.I. ,sicch si era posto in essere un rapporto bilaterale (1) Decisione di evidente esattezza. Che la rem1ss1one di debito equivalga a versamento alla societ di somma equivalente non seriamente contestabile. Se mai potr discutersi se questo versamento da definire come conferimento tassabile a norma dell'art. 81 della legge di registro o come sopravvenienza attiva; per la seconda soluzione v. Cass. 18 giugno 1973, n. 1768, Giur. it., 1973, I, 1552. Oggi la soluzione sembra essere offerta dalla norma dell'art. 55 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 che definisce sopravvenienza attiva le somme di denaro e i beni in natura ricevuti a titolo di contributo o di liberalit mentre per le societ in nome collettivo e in accomandita semplice regolarmente costituite non si considerano sopravvenienze (e sono quindi conferimenti soggetti all'imposta di registro) i versamenti fatti dai soci in pro porzione della quota di partecipazione e la rinuncia (= remissione), nella stessa proporzione, ai crediti derivanti da precedenti finanziamenti; ove peraltro manchi la corrispondenza dei versamenti e delle remissioni alla quota di partecipazione (si tratti cio di versamenti che il socio esegue liberamente e al di fuori di un dovere assunto da tutti i soci) deve parlarsi non di con, ferimento ma di sopravvenienza. In ogni caso i doveri tributari non possono ritenersi soddisfatti con la corresponsione della tassa di quietanza che si riferisce appunto alla quietanza o alla liberazione non al titolo in forza del quale si pattuisce la remissione con funzione di versamento in favore della societ. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA che non poteva ricadere in nessun modo nella previsione dell'art. 60 della tariffa A. Egualmente illogica risulterebbe la motivazione dell'impugnata sentenza laddove esclude che la rinuncia in questione possa essere considerata conferimento del credito rinunciato in societ per il solo fatto che contestualmente a tale rinuncia il rinunciante abbia sborsato anche denaro contante per la sottoscrizione di nuove azioni. A parere della ricorrente tratterebbesi, infatti, di due atti non soltanto perfetta.iente compatibili, ma rispondenti anzi al medesimo scopo di consentire la ricostituzione del capitale sociale. Il motivo pienamente fondato. La remissione di un debito da parte di un socio a favore della societ pu configurarsi, invero, agli effetti della imposta di registro, tanto come att di liberalit tassabile ai sensi dell'art. 44 della legge organica di tale tributo, quanto come confer~mento del credito in societ, tassabile ai sensi dell'art. 81 della tariffa ali. A alla predetta legge. Ricorre il primo caso quando il remittente sia stato determinato all'atto da animus donandi , cio quando, all'obiettiva gratuit dell'atto si accompagni l'arricchimento della controparte cui corrisponda il depauperamento dell'agente concepiti l'uno in correlazione con l'altro. Ricorre il secondo caso quando, invece, la remissione sia preordinata al raggiungimento delle finalit sociali e con esse a tutelare l'interesse dei singoli soci. ' Tale intento particolarmente evidente quando la societ versa in una situazione di grave passivo e la remissione appaia il mezzo pi opportuno per sanarlo o, quanto meno, per alleggerirlo e, quindi, per consentire alla societ di riprendere il processo attivo di sviluppo dei propri affari (cfr. in tal senso Cass. sent. n. 907 del 1970, 1963 del 1969 e 2215 del 1968). Quando ricorrono gli estremi che caratterizzano taie secondo caso, la remissione del credito agli effetti fiscali non pu essere considerata come puro e semplice atto di liberazione, assimilabile alla quietanza, previsto nell'art. 59 della I. di registro e nyll'art. 60 della tariffa ali. A della medesima. Invero, in base al principio fondamentale del tributo in oggetto, consacrato nell'art. 8 della predetta legge, nella tassazione degli atti occorre aver riguardo, al di l della forma apparente, all'intrinseca natura di essi e agli effetti che sono destinati a produrre, cio all'atto economico quale si rivela attraverso il risultato giuridico concretamente realizzato di volta in volta dalle parti e non semplicemente allo schema astratto del negozio posto in essere, sicch la relativa indagine deve essere diretta ad accertare quale sia oggettivamente il potenziale valore strumentale dell'atto. A tale scopo, come espressamente stabilito nella norma stessa, l'atto dovr scontare l'imposta prevista nella tariffa per quello col quale, per la sua natura e per i suoi effetti ha maggiore analogia. 164 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Orbene, non vi pu essere dubbio alcuno che alla luce di tali criteri la remissione del debito fatta dal socio in favore della societ per favorirne lo sviluppo e soddisfare, cos -sia pure indirettamente -un proprio interesse ha molta pi analogia con i conferimenti di denaro o di beni mobili previsti e tassati nell'art. 81 della tariffa ali. A che non con gli atti di pura e semplice liberazione di cui agli artt. 59 della legge e 60 della medesima tariffa. Invero, quando il socio sia indotto alla remissione dall affectio societatis , il suo stato psicologicamente uguale a quello di chi con{erisce in .societ qualcosa di suo, in quanto in entrambi i casi ci si sottopone ad un sacrificio personale per il bene immediato della societ e, quindi, anche per un vantaggio futuro proprio; d'altra parte, dal punto di vista obiettivo, pacifico (cfr. art. 2255 e.e.) che tra i beni conferibili in societ vi siano anche i crediti. Che poi a tale conferimento faccia o meno seguito una diversa ripartizione tra i soci del capitale sociale circostanza successiva all'atto da tassare che non riguarda quindi la Finanza, cui interessa esclu sivamente colpire i movimenti di ricchezza, quali appunto quelli che sono rilevabili nei rapporti tra socio e societ e che si oggettivano nei documenti sottoposti a registrazione. Negli atti di liberazione assimilati per il trattamento tributario alla quietanza tutti i suddetti estremi mancano: chi li compie non deve volere n donare, ma neppure compiere sacrifici o trasferire alcunch n a beneficio proprio n di altri soggetti, in quanto la quietanza non altro che un atto dovuto conseguente all'estinzione di una obbligazione. Se cos non fosse, del resto, ben facile sarebbe l'evasione fiscale in materia di conferimenti di denaro in societ: basterebbe, per sottrarsi all'imposta, che il socio lo fornisse sotto forma di prestito e poi rinunziasse al relativo credito. Tutto ci premesso in linea di diritto, non pu non riconoscersi che la motivazione addotta dalla Corte di Torino per negare che nella specie il socio remittente abbia rinunciato al proprio credito per favorire la societ e, quindi, per tutelare anche un proprio interesse sia del tutto insufficiente e illogica. Insufficiente perch non ha tenuto conto delle. dichiarazioni fatte dallo stesso remittente al momento di comunicare alla societ la sua decisione e della loro attendibilit sia per il pesante stato passivo della societ, sia per il fatto che di essa il rinunciante era il maggiore azionista. Illogica perch ha dedotto la mancanza di interesse del socio a rimettere il suo credito dal fatto che tale remissione non gli sia stata conteggiata in conto capitale e che per aumentarlo infatti, dovette sborsare denaro contante. In tal modo sfuggito alla Corte di merito che si pu favorire la societ di cui si fa parte -e, cos indirettamente fare il proprio interesse -non soltanto aumentandone il capitale, ma anche ripianandone .!f I {: il I I -. ~ . ........,,~~ PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 165 l'esposizione debitoria verso gli stessi soci senza apparente contropartita e che conseguentemente non v' alcuna antitesi tra il conferimento di un credito in societ, sia pure a fondo perduto e l'aver contestualmente conferito anche denaro contante in aumento del capitale. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 ottobre 1976, n. 3350 -Pres. Rossi Est. Milazzo -P. M. La Valva (conf.) Ministero delle Finanze (avv. Stato Cascino) c. Falomo (avv. Fornario). Imposte e tasse in genere Concetto di tributo -Diritto demaniale per la rappresentazione di opere di pubblico dominio -Natura di tributo. (!. 22 aprile 1941, n. 633, art. 175; I. 6 febbraio 1942, n. 95, art. 5; reg. 18 maggio 1942, n. 1369, art. 51). Il c.d. diritto demaniale per la rappresentazione di opere di pubblico dominio che viene corrisposto allo Stato quando non esista o sia venuto meno il diritto di autore, ha natura di tributo in quanto prestazione imposta con legge che non costituisce il corrispettivo di una prestazione resa al privato (1). Sul diritto demaniale di rappresentazione di opere di pubblico dominio, avente natura di tributo, non dovuta l'imposta generale sull'entrata a norma dell'art. 1, terzo comma, lett. d) della legge 19 giugno 1940, n. 762 (2). (Omissis). -Con il primo motivo del suo ricorso l'Amministrazione finanziaria denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. l, primq e terzo comma, lett. d) della legge 19 giugno 1940, n. 762 e 175 della legge 22 aprile 1941, n. 633 per aver la Corte del merito ritenuto, sia pure implicitan:! ente, la natura tributaria dei diritti demaniali previsti dall'art. 175 della citata legge sulla protezione dei diritti di autore, e per aver, conseguentemente, affermato che le somme riscosse, a tale titolo, dall'Erario sono esenti dal pagamento dell'IGE, ai sensi del terzo comma, lett. d) dell'art. 1 della legge n. 762 del 1940. Sostiene, in particolare, che i diritti de (1-2) Sulla delicata questione il giudizio della S.C., piuttosto formale, lascia qualche perplessit. Partendo dalla definizione di tributo ormai tradizionale, come prestazione patrimoniale stabilita in virt del potere di imperio dello Stato e che non costituisca, o non esclusivamente, il corrispettivo di una prestazione resa al privato e che, trovando la sua unica fonte nella legge, sia dovuta per il solo obiettivo verificarsi del presupposto, si giunti alla conclusione che il diritto demaniale sulla rappresentazione di opere di pubblico dominio, siccome imposto per legge ed al di fuori di un rapporto di corrispettivit, ha natura tributaria. Se qelli ora riferiti sono sicuramente i caratteri salienti e necessari del tributo, non si pu anche ritenere che siano da soli sufficienti a qualificare l'entrata come tributaria, altrimenti si rischia di identificare come tributo ogni prestazione rientrante nell'area della riserva di legge di cui all'art. 23 Cost. Che esistano prestazioni obbligatorie imposte con legge (e quindi al di fuori RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 166 maniali non hanno carattere tributario, ma costituiscono un corrispettivo versato allo Stato, quale rappresentante della collettivit, subentrata agli autori delle opere divenute di pubblico dominio. Tale assunto non pu essere condiviso. Premesso che la Corte di appello non si pronunciata espressamente sulla questione prospettata nel motivo di ricorso perch la questione stessa non aveva formato oggetto di discussione nel giudizio di impugnazione dopo che il Tribunale, nelle premesse della motivazione in diritto, aveva riconosciuto, ai fini dell'esonero dal pagamento dell'IGE, la natura tributaria e non di corrispettivo dei diritti demaniali, rilevasi che questi diritti sono previsti dal primo comma dell'art. 175 della vigente legge sul diritto d'autore per tutte le rappresentazioni, esecuzioni e radiodiffusioni di una opera adatta a pubblico spettacolo o di una opera musicale purch siano, per qualsiasi motivo, di pubblico dominio, qualunque sia lo scopo della pubblica utilizzazione e qualunque sia il paese di origine dell'opera. Il diritto demaniale, ai sensi della legge 6 febbraio 1942, n. 95, denominata Disciplina tributaria degli atti relativi all'.esercizio del diritto di autore e determinazione del diritto demaniale, deve essere corrisposto allo Stato, da chi rappresenta, esegue o radiodiffonde l'opera, nella misura del 5% sugli incassi lordi, come specificato nel primo comma del citato art. 175. Ora, se per tributo deve intendersi ogni prestazione patrimoniale stabilita in virt di potere d'impero dallo Stato (o da Enti cui il potere medesimo sia concesso) e che non costituisca, o non esclusivamente, il corrispettivo di una prestazione resa al privato, bens, trovando la sua fonte unica nella legge, sia dovuta per il solo obiettivo verificarsi della situazione di fatto dalla stessa legge ipotizzata ai fini dell'imposizione, si deve riconoscere che nella entrata in questione si riscontrano le suddette caratteristiche. di un rapporto causale di corrispettivit che possa giustificare la prestazione per fatto diverso da una imposizione iure imperii) non aventi tuttavia natura tributaria, del tutto pacifico. Occorre qualcosa ancora per individuare fra le entrare di diritto pubblico, imposte con legge, quelle specificamente tributarie. Non ha nemmeno valore decisivo la considerazione che l'entrata in que stione, al pari di altre entrate patrimoniali, sia accertata e riscossa con. il procedimento stabilito. per i tributi; nessuna rilevanza ha sul problema la sen tenza della Corte Costituzionale 15 aprile 1970, n. 58, che si limitata a pren dere atto che la misura della prestazione stabilita con legge. La prestazione, se si pone in relazione soltanto alla rappresentazione di un'opera (presupposto) non si differenzierebbe dall'imposta sugli spettacoli, che invece separatamente dovuta in forza di altra norma; il diritto demaniale presuppone invece l'utilizzazione di un'opera ed pi vicino concettualmente, se pure ne diverso il fondamento, al diritto di autore (e non priva di rilevanza la collocazione della norma nella legge sul diritto di autore) che all'imposta sullo spettacolo. Nell'ambito dell'utilizzazione di un bene ormai pubblico, il diritto demaniale sembra doversi ricondurre piuttosto al concetto I I PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 167 Risulta, invero, dalla norma istitutiva che il diritto demaniale impo sto a chiunque utilizzi-pubblicamente in Italia opere divenute di pub blico dominio purch dalla pubblica utilizzazione sia derivato un incasso. Il sorgere in colui che utilizzi pubblicamente l'opera dell'obbligo di pagare all'Erario il diritto demaniale deriva, quindi, non da un atto negoziale con il quale lo Stato consente l'esecuzione dell'opera divenuta di pubblico dominio, bens dal verificarsi della situazione oggettiva prevista e disciplinata direttamente dalla legge, e costituita dall'esecuzione pubblica dell'opera stessa. In proposito del tutto inaccettabile l'equiparazione che da parte della ricorrente Amministrazione si tenta di fare tra il diritto in questione ed il diritto di autore dovuto per lo sfruttamento delle opere tutelate. Mentre, infatti, per quest'ultime opere, l'art. 180 secondo comma, della legge n. 633 del 1941 prevede come obbligatoria la concessione, per conto e nell'interesse degli aventi diritto, di licenze ed autorizzazioni, nulla di simile la legge prescrive per la esecuzione delle opere divenute di pubblico dominio; in tale ipotesi l'art. 51 del regolamento per l'esecuzione della legge sul diritto di autore (r.d. 18 maggio 1942, n. 1369), pone a carico di chi intende eseguire pubblicamente tali opere di redigere per iscritto, prima della esecuzione o immediatamente dopo, un program ma delle opere eseguite o rappresentate e di trasmetterlo alla Societ Autori ed Editori, alla quale spetta, in virt di apposita convenzione approvata con d.m. 30 ottobre 1968, l'accertamento, la liquidazione e la riscossione dei diritti erariali sui pubblici spettacoli e dei demaniali. Come esattamente stato rilevato dalla dottrina, tale programma ben pu essere qualificato come la dichiarazione tributaria a mezzo della quale il soggetto passivo del tributo porta a conoscenza dell'ente impositore il verificarsi del presupposto d'imposta. di canone, anche se non connesso ad un provvedimento specifico di autorizzazione o concessione. Non dissimile dal diritto demaniale dell'art. 175 della legge sul diritto di autore il diritto sullo spaccio di libri i cui testi sono del pari di pubblico dominio (art. 177); questo diritto, che non nemmeno denominato demaniale, sicuramente un contributo (a favore della Cassa di assistenza e previdenza degli autori scrittori e musicisti) che pu essere convertito in una prestazione globale concordata con le associazioni sindacali (art. 179), non avente natura tributaria. Non sembra azzardata una analogia tra l'utilizzazione per la rappresentazione delle opere di pubblico dominio e il godimento delle opere d'arte, libero per tutti ma subordinato al pagamento di un diritto di ammissione. E' stata per esclusa la natura di tributo dei proventi derivanti dalla gestione di musei e monumenti (Cass. 3 dicembre 1974, n. 3944, in questa Rassegna, 1975, I, 209). Infine non sembra che, in mancanza di espresse norme, i diritti demaniali possano essere considerati tributi a tutti gli altri effetti (poteri dell'Amministrazione sull'accertamento e la repressione, privilegi, competenze degli organi e particolarmente competenza del Tribunale del foro erariale sulle controversie). 168 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Parimenti non pu essere condivisa l'affermazione della ricorrente secondo cui il diritto demaniale costituirebbe un mero compenso di natura patrimoniale dovuto allo Stato, quale rappresentante della collettivit, subentrata agli autori delle opere . A parte la considerazione che la dedotta successione della collettivit dei cittadini nei diritti degli autori defunti rappresenta una semplice asserzione della ricorrente non sorretta da alcun consistente tentativo di dimostrazione, l'inattendibilit della prospettata tesi del tutto palese ove si consideri che il diritto demaniale dovuto per la utilizzazione, non soltanto delle opere cadute in pubblico dominio per decorrenza dei termini di durata della protezione, ma anche delle opere non tutelate in Italia e, quindi, per la utilizzazione di opere che, sebbene protette nel loro paese di origine, non lo siano in Italia, di opere cio, relativamente alle quali lo Stato, in proprio o quale rappresentante della collettivit, non potrebbe vantare alcun diritto. Le considerazioni che procedono consentono di affermare, aderendosi cos all'opinione espressa dalla concorde dottrina e dalla stessa Amministrazione finanziaria con la risoluzione 23 febbraio 1956, n. 215783 dello Ispettorato delle tasse e delle imposte dirette, che il diritto demaniale costituisce rin vero e proprio tributo e, come tale, esente dall'I.G.E. ai sensi del terzo comma lett. d) della legge n. 762 del 1940. Conforta tale conclusione la decisione 15 aprile 1970, n. 58 della Corte Costituzionale che, nel dichiarare la legittimit costituzionale dell'art. 175 della legge sui diritti di autore, in relazione all'art. 23 della Costituzione, non ha negato il carattere tributario del diritto demaniale ed anzi, su quel presupposto, ha ritenuto che la legge (artt. 175, terzo comma, legge n. 633 del 1941, 58 regolamento di esecuzione 18 maggio 1942, n. 1369 e legge 6 febbraio 1942, n. 95) stabilisce i criteri idonei per determinare l'imposizione e per delimitare la discrezionalit dell'ente impositore. ( Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 ottobre 1976, n. 3378 -Pres. Rossi Est. Longo -P. M. Grossi (diff.) Ministero delle Finanze (avv. Stato Freni) c. Soc. Citom Sorima (avv. Guidi). Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Prescrizione -Interruzione -Imposte suppletive -Opposizione ad ingiunzione -Estinzione del processo -Efficacia dell'atto interruttivo fino alla data dell'estinzione. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 145; e.e. artt. 2935 e 2945). Poich nelle imposte suppletive l'opposizione del contribuente sospende l'obbligo del pagamento a norma dell'art. 145 dell'abrogata legge di registro (norma di portata generale) s che l'Amministrazione creditrice si PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 169 trova nell'impossibilit di esercitare il diritto finch resta pendente il giudizio di opposizione, l'effetto interruttivo della prescrizione prodotto dall'opposizione permane per tutto il tempo in cui il giudizio resta pendente. ed anche nel caso che questo si estingua fino alla data della dichiarazione di estinzione a seguito della quale il creditore riacquista il potere di esercitare il diritto (1). (Omissis). -Con il terzo e con il secondo mezzo del ricorso che, per ragioni di evidente connessione, possono congiuntamente esaminarsi, la ricorrente denunzia violazione degli artt. 481 e 627 cod. proc. civ., 2943 e 2945 cod. civ., 2 del t.u. 14 aprile 1910, n. 639, 24 e 27 della legge 25 settembre 1940, n. 1424, 140, 144 e 145 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, e censura la statuizione della sentenza secondo cui si era verificata la prescrizione nonostante gli atti (ingiunzione, opposizione) che avrebbero dovuto negativamente incidere sul suo corso. Ha invero ritenuto la corte, che ai sensi dell'art. 2945 cod. civ., l'estinzione del processo seguito all'opposizione avesse per conseguenza l'attribuzione di effetti istantanei e non permanenti all'ultimo atto interruttivo della prescrizione (atto da identificarsi appunto nell'opposizione, secondo la corte); con il risultato che da tale atto la prescrizione avesse ripreso il suo corso, senza che su questo avesse inciso la pendenza del giudizio di opposizione. Di siffatto convincimento la ricorrente ha dedotto l'erroneit sotto vari profili, riguardanti, rispettivamente, l'impossibilit di ritenere che al (1) Decisione di grande interesse. L'insidia della estinzione del giudizio di opposizione all'esecuzione che, facendo perdere all'atto introduttivo del giudizio l'effetto interruttivo permanente, pu determinare il compimento della prescrizione del credito di imposta, viene ridimensfonata. Questo pericolo non esiste quando l'ingiunzione opposta sia stata intimata per il pagamento di imposte suppletive la cui riscuotibilit sospesa per legge (art. 145 legge di registro) se viene proposta tempestiva opposizione. L'impossibilit per l'Amministrazione di procedere alla riscossione del credito a causa della sospensione dell'obbligo del pagamento, un vero e proprio impedimento all'esercizio del didtto (art. 2935 e.e.) stabilito da una espressa norma e quindi la prescrizione non pu correre fintanto che il diritto non pu essere esercitato; cos posto il problema, non acquistano particolare rilievo differenziale le cause (decisfone, rinuncia, estinzione) che, eliminando la pendenza del giudizio, fanno riacquistare alla Amministrazione creditrice il potere di perseguire il credito. In conclusione non pu trovare applicazione l'ultimo comma dell'art. 2945 e.e. Nella sentenza si afferma ripetutamente che a causa della sospensione dell'obbligo del pagamento, resta sospesa anche la prescrizione. Invero non dato comprendere se nell'art. 145 della legge di registro si intende individuare una vera e propria. causa di sospensione (e questa, per l'appunto, si sottragga alla regola dell'ultimo comma dell'art. 2945 che concerne l'interruzione) o piuttosto si usi l'espressione sospensione per intedere l'effetto durevole della RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 170 l'estinzione del processo incidente di opposizione consegue automaticamente quella del processo di esecuzione (asseritamente suscettibile di .essere considerato gi iniziato con l'ingiunzi'one anzich con il pignoramento) il trattarsi, nella specie, non di una interruzione della prescrizione, ex art. 2945 cod. civ., bens di una sospensione: quella prevista dall'art. 481 cod. proc. civ. quanto al termine di 90 giorni, scaduto il quale non pi efficace il precetto (termine e sospensione validi quindi anche per l'ingiunzione fiscale, cui del precetto va riconosciuta la stessa efficacia), ovvero la sospensione dell'obbligo del pagamento (e quindi del corso della prescrizione del diritto) che pu essere desunta all'art. 145, ultimo comma, della citata legge di registro, con riguardo all'ipotesi di opposizione ed ingiunzione di pagamento di imposta liquidata in via suppletiva; infine, la possibilit di considerare intervenuta un'interruzione della prescrizione in virt della disciplina del penultimo comma dell'art. 140 l.r. secondo cui a dire della ricorrente -l'effetto interruttivo dell'ingiunzione dovrebbe protrarsi per tutta la durata del processo anche nell'ipotesi che questo si estingua, e ci a differenza di quanto contemplato, con norma di carattere generale, dall'art. 2945 citato. Nella discussione orale, peraltro, la ricorrente ha posto l'accento sul ricordato aspetto riguardante la sospensione, senza pi insistere sul primo e sull'ultimo dei profili dianzi accennati. Ritiene S.C. che, sotto l'aspetto pocanzi indicato, la censura sia fondata; e che quindi essa possa essere accolta, non peraltro con riguardo ad una sospensione asseritamente derivante, rispetto alla prescrizione, interruzione provocata dalla domanda giudiziale (art. 2945 secondo comma). Invero sembrerebbe pi corretta la seconda soluzione, essendo ormai definitivamente chiarito che le cause di sospensione sono indicate in numero chiuso negli artt. 2941 e 2942 e.e. e che l'effetto durevole dell'interruzione provocato dalla domanda giudiziale pur sempre una interruzione e non una sospensione che si innesta sulla interruzione (Cass. 11 novembre 1974, n. 3541, in Giur. it. 1975, I, 624). Resta a vedere se il principio affermato nella sentenza possa essere ampliato anche ad ipotesi in cui l'opposizione giudiziale non sospende l'obbligo del pagamento. Il primo esempio che si presenta quello dell'opposizione contro ingiunzione per imposta suppletiva proposta dopo il trentesimo giorno. D'un canto il giudizio di opposizione del tutto identico a quello introdotto entro il trentesimo giorno, d'altro canto non si produce l'effetto di impedire in modo assoluto l'esercizio del diritto. Secondo la prevalente giurisprudenza dovrebbe affermarsi che con l'estinzione del giudizio l'effetto interruttivo della prescrizione deve risalire alla data della domanda; per illogica la conclusione che in due situazioni processuali identiche gli effetti siano cos diversi. La questione si incentra sul punto se l'impedimento all'esercizio del diritto che impedisce il decorso della prescrizione debba essel'e o no assoluto. Quando facoltativamente possibile in pendenza del giudizio la riscossione di un credito contestato, si verifica una situazione diversa da quella considerata nella . . I: PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 171 dalla sospensione del termine di efficacia del precetto (prevista dal1' art. 481 c.p.c. in caso di opposizione, ostando a tale tesi il principio, pi volte affermato nella giurisprudenza di questo S.C., secondo cui il termine che rimane sospeso a sensi di detta norma di decadenza, ed previsto soltanto agli effetti processuali dell'esecuzione, non a quelli sostanziali (Cass. 17 maggio 1966, n. 1246; 27 novembre 1972, n. 3471), come quelli riguardanti il corso della prescrizione (Cass. 24 febbraio 1960, n. 316); la doglianza pu invece essere condivisa con riferimento all'invocata disciplina dell'art. 145 ult. comma, della legge di registro. Trattandosi invero di giudizio promosso in opposizione ad ingiunzione di pagamento di imposta liquidata in via suppletiva, avrebbe dovuto ritenersi applicabile la citata norma speciale -che appunto tali ipotesi contempla -in virt della quale poteva considerarsi avverato un caso di sospensione dell'obbligo del pagamento, e quindi della relativa prescrizione. riconosciuta in dottrina e in giurisprudenza la possibilit che, in relazione a determinati diritti o categorie di diritti, sussistano cause particolari di vario genere le quali, costituendo impedimento all'esercizio del diritto, impediscono altres il decorso della prescrizione. Si precisato bens, in proposito, che il suddetto principio, nonch la nota massima contra non valentem agere non currit praescriptio, con cui sostanzialmente esso si esprime (o del quale un'applicazione pu rinvenirsi, quanto all'inizio della prescrizione, nell'art. 2935 cod. civ.) hanno nel nostro ordinamento portata non assoluta e generale, ma limitata, l'impossibilit di agire cui la legge attribuisce rilevanza quale causa sentenza che si annota? Decorre a danno del creditore la prescnzmne quando solo in forza di una eseguibilit provvisoria del titolo pu domandare, ma suo rischio, l'adempimento? Si dovrebbe dare risposta negativa. Anche nei rapporti ordinari, il non uso della facolt di avvalersi di un titolo provvisoriamente eseguibile, non pu essere pregiudizievole per il creditore. Nei rapporti tributari quando l'Amministrazione non si avvale della facolt della iscrizione a ruolo provvisoria (art. 175 del t.u. del 1958 oggi art. 15 d.P .R. n. 602/1973) non decade dalla iscr.izione a ruolo nei termini normali (art. 180 capov. t.u. del 1958, art. 17 d.P.R. n. 602); similmente nelle imposte indirette l'Amministrazione nulla rischia se non esige la riscossione dell'imposta complementare dopo la decisione non definitiva della commissione (art. 4, d.l. 5 marzo 1942, n. 186, oggi con sistema graduato di frazioni di tributo, art. 54, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634 e art. 44, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637). Si dovrebbe quindi ritenere che l'opposizione alla ingiun1Jione fiscale, anche quando non sospende l'obbligo del pagamento, pone egualmente l'Amministrazione creditrice nella condizione di attesa, s che la prescrizione non dovrebbe correre (Cass. 26 agosto 1971, n. 2582 in Rv. leg. fisc., 1972, 719). Ma in tal modo si esclude sempre l'applicazione dell'ultimo comma dell'art. 2945 e.e. Si deve per osservare che questa norma presuppone che l'atto interruttivo sia la domanda giudiziale promossa dal creditore che ha l'onere di coltivarla s che a suo danno opera l'estinzione del processo. Diversa la RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO ostativa del decorso del termine prescrittivo dovendosi identificare quale derivante non da ogni e qualsiasi impedimento, ma solo da quelli previsti dalla legge (Cass. 12 maggio 1962, n. 974). Ma appunto di tal genere era l'impedimento verificatosi nella fattispecie oggetto dell'esame della denunziata sentenza. Dall'art. 145 del citato r.d. n. 3269 del 1923 si ricava infatti in maniera evidente che, nel caso di opposizione avverso un'ingiunzione fiscale in.timante il pagamento di un'imposta suppletiva, l'obbligo del pagamento, e correlativamente il diritto di esigerlo, rimangono sospesi. Ovviamente ne discende, per quel che interessa il caso di specie, che durante la pendenza di siffatta sospensione -val dire in pendenza del procedimento conseguente all'opposizione, a sua volta poi sospeso per tutta la durata del procedimento incidente di costituzionalit rimanevano sospesi il diritto dell'Ufficio finanziario di agire esecutivamente e il corso della prescrizione. N contro l'applicazione del citato art. 145 al caso in esame pu de dursi, come fa la resistente, che tale norma contrasterebbe con la regola solve et repete dettata per i tributi doganali; ovvero che la norma stessa sarebbe propria esclusivamente del regime della riscossione delle impo ste indirette sugli affari. A tali asserzioni sufficiente replicare che, come altre volte osser vato da questo S.C. (Cass. 20 gennaio 1972, n. 143; 23 gennaio 1964, n. 164), appunto. il procedimento coattivo di riscossione delle imposte previsto dalla citata legge di registro stato esteso ad altre imposte da leggi speciali, fra cui quella in materia di diritti doganali, n un'incompati bilit con tale materia pu ravvisarsi nella disciplina dell'ultimo comma dell'art. 145 della legge, giacch il principio _solve et repete gi in detta materia sancito dall'art. 24 della legge n. 1424 del 1940, e sul quale la resistente fa leva, stato dichiarato costituzionalmente illegittimo con sentenza 30 dicembre 1961, n. 79, della Corte Costituzionale. Ragion per cui, almeno a far tempo dall'inizio di efficacia di tale dichiarazione di situa:z,ione quando l'interruzione sia stata prodotta dall'Amministrazione con l'ingiunzione, alla quale segue la domanda giudiziale del debitore che prolunga l'effetto interruttivo dell'ingiunzione (per simili effetti v. C. BAFILE, Interruzione della prescrizione e solidariet tributaria, in questa Rassegna, 1975, I, 736); il creditore, come convenuto, non dovrebbe ragionevolmente esser messo nella necessit di portare a compimento il giudizio di opposizione quando l'attore non intende coltivarlo. :L'estinzione del giudizio di opposizione fa venir meno l'effetto prolungato dell'interruzione in riferimento alla posizione dell'attore; ma per l'Amministrazione .che ha intimato l'ingiunzione ed rimasta giustilicatamente in attesa della definizione del giudizio di opposizione, la prescrizione non dovrebbe correre fino a quando non cessa, quale che ne sia la causa, la. pendenza del giudizio stesso. PARTE .I, SE.Z. VI,, GIURISPRUDENZA, TRIBUTARIA 173 incostituzionalit, avrebbe dovuto considerarsi cessato il dedotto ostacolo all'automatica applicazione (con conseguente sospensione del corso della prescrizione) della ricordata norma dell'art. 145 l.r. in materia di tributo doganale. suppletivo. Di tutto ci non ha tenuto conto la corte genovese, allorch essa ha considerato prescritto il credito dell'Amministrazione osservando che il pignoramento era stata eseguito il ~O marzo 1967, ad oltre cinque anni dalla data della notificazione dell'opposizione all'ingiunzione fiscale, avvenuta il 6 settembre 1958 . -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 ottobre 1976, n. 3609 -Pres. Rossi Est. Granata -P. M. Ferraiuolo (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Vitaliani) c. Forgione. ~oste e tasse in genere -Imposte indirette -Pagamento dell'imposta '1PO la decisione in primo grado -Nullit della notifica della deci' l.e -Irrilevanza -Ingiunzione -Legittimit. ' ..marzo 1942, n. 186, art. 4). dell'Amministrazione di procedere alla riscossione dell'im. decisione della Commissione di prima istanza deve inten."+ I,) alla pronuncia della decisione e non alla relativa notiVJ. llit della notifica della decisione della Commissione sia intimata l'ingiunzione per il pagamento dell'im .,~o motivo di ricorso, l'Amministrazione delle -'ando violazione degli artt. 112 c.p.c. e 4 d.I. \~sufficienza di motivazione sul punto deciche erroneamente la Commissione Cen ,_.ssima. Il potere dell'Amministrazione di procedere alla ,,osta complementare sulla . base di accertamento non defi Aato soltanto alla pronunzia della decisione. La relativa noti .testuale invito al pagamento rilevante solo come costituzione ..i fini dell'applicazione della soprattassa; di conseguenza ove la noti ~da decisione sia nulla, mentre resta incontestabile il potere di procedere .. riscossione coattiva, il termine per adempiere decorrer dalla notifica dell'.ingiunzione. . Nel regime attuale (art. 54, d.P.R. n. 634/1972; art. 44, d.P .R. n. 637/1972) la notifica della decisione del tutto irrilevante sulla riscossione in pendenza del giudizio; il pagamento deve essere eseguito, nel termine di 60 giorni dalla notifica dell'avviso di liquidazione. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 174 trale per le Imposte, dopo avere accertata la nullit della notifica della decisione della Commissione distrettuale, ha apoditticamente affermato il che tale invalidit comportava anche la nullit dell'ingiunzione emessa in base alla decisione stessa; senza considerare che il detto vizio formale I non incide sul potere della finanza di esigere il tributo n pu avere rilevanza in un giudizio di opposizione all'ingiunzione, diretto all'accertamento della fondatezza della pretesa tributaria. La censura fondata. I Con sentenza 18 settembre 1970, n. 1573, questa suprema Corte, giudi I cando a sezioni unite, ha sancito che la nullit o l'omissione della notifica (prescritta dall'art. 4 del d.l. 5 marzo 1942, n. 186) della decisione della Commissione distrettuale non pu dar luogo a declaratoria di illegittimit sotto il profilo formale, dell'ingiunzione emessa per la riscossione dell'imposta relativa al maggior valore accertato dalla Commissione stessa, in quanto il vizio o l'omissione concerne una formalit che non incide sulla sussistenza della pretesa fiscale. Tale principio stato poi confermato con sentenza 19 giugno 1972, n. 1908 e deve essere anche ora ribadito, non essendo emerso alcun elemento che induca a un mutamento di indirizzo. Invero, il primo comma del succitato articolo nel prescrivere che il contribuente obbligato, in ogni caso, al pagamento delle imposte che risultano dovute in base ai valori determinati con la decisione della Commissione distrettuale, ancorch tale decisione sia gravata d'appello dal contribuente stesso o dall'ufficio, stabilisce quale unico presupposto per l'insorgenza della pretesa tributaria l'emanazione della pronunzia della commissione. E ci trova conferma nella considerazione che il secondo comma dello stesso articolo, nel prescrivere che il pagamento delle dette imposte deve essere effettuato entro il termine di trenta giorni dalla data di notifica zione della decisione e che in caso di omesso pagamento, il contribuente incorre nella sopratassa del 10 % attribuisce rilevanza alla notificazione solo ai fini della concessione della dilazione (che resta superata dal suc cessivo ricorso alla procedura ingiunzionale) e della possibilit di appli cazione della sopratassa. Dovendosi, dunque, tenere per fermo che la notificazione di cui trattasi costituisce una formalit non incidente sull'esistenza del potere dell'Amministrazione di mettere in esecuzione. la pretesa nascente dalla decisione della Commissione, resta escluso che i vizi concernenti tale formalit possano acquistare rilevanza nel processo di opposizione all'ingiunzione fiscale, con il quale, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (cfr. da ult. Cass. 24 ottobre 1970, n. 2127) si instaura un giudizio di cognizione avente per oggetto l'accertamento della sussistenza dell'obbligazione tributaria. -(Omissis). PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 175 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 21 ottobre 1976, n. 3686 -Pres. Capo raso -Est. La Torre P. M. Serio (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Pasciuto) e Giangrande. Imposte e tasse in genere -Commissioni delle imposte -Nuovo ordinamento -Insediamento delle nuove commissioni -Pronuncia di commissione dell'abolito ordinamento. (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 44). da considerare inesistente la decisione di una commissione dell'abolito ordinamento del contenzioso tributario depositata dopo l'insediamento delle commissioni del nuovo ordinamento (1). (Omissis). -Col primo e principale motivo di ricorso -che involge una questione di nullit e non gi di giurisdizione -la Finanza deduce che la decisione emessa dalla Commissione provinciale di Bari 1'11 dicembre 1973 e depositata il 6 gennaio 1974 deve considerarsi radicalmente nulla e giuridicamente inesistente, come quella che data... da un giudice che, inutilmente decorso il termine del 31 dicembre 1973, aveva perduto il potere di emanarla per effetto della norma transitoria contenuta nell'art. 44 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 (Revisione della disciplina del contenzioso tributario). Il motivo fondato. L'art. 42, comma secondo, del citato d.P.R. dispone che le nuove commissioni saranno insediate in una data unica entro il 31 dicembre 1973 (ed questa la data di insediamento della commissione di secondo grado di Bari: d.m. 29 novembre 1973, n. 304). L'art. 43 detta regole in ordine alla controversie pendenti a quella data ed alla traslatio judicii presso i nuovi organi del contenzioso tributario. L'art. 44 ul. comma, che qui in particolare interessa, prescrive testualmente: nei procedimenti nei quali le Commissioni hanno tenuto l'udienza di trattazione prima della predetta data, le relative decisioni devono essere depositate entro la data stessa; in mancanza i ricorsi o le impugnazioni si considerano pendenti anche agli effetti dell'art. 43 . Orbene, posto che la Commissione provinciale di Bari ha trattato e deciso la controversia de quo all'udienza dell'll dicembre 1973, la relativa decisione, per potersi ritenere legittimamente emessa dall'organo la cui potestas indicandi veniva a cessare il 31 dicembre 1973, avrebbe dovuto essere depositata entro tale data; mentre ci, come pacifico, avvenuto solo il 6 gennaio 1974 e, quindi, dopo il trapasso dei poteri dalla ces (1) Decisione di evidente esattezza. Rispetto ad una decisione pronunciata senza potere da un organo che non esiste pi, si pu anche ritenere che non occorra una impugnazione per farne dichiarare la radicale nullit. 176 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sata comm1ss1one (provinciale) alla nuova e gi insediata comm1ss1one (di secondo grado). Da ci consegue, in puntuale applicazione del disposto test riferito, che la decisione tardivamente depositata deve ritenersi tamquam non esset e che la controversia avent per oggetto la impugnazione della pronuncia emessa dalla commissione distrettuale deve considerarsi pendente anche agli effetti dell'art. 43 . -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 ottobre 1976, n. 3879 -Pres. Novelli Est. D'Orsi -P. M. Raja (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Corsini) c. Soc. Alemagna. Imposta di registro -Enunciazione Contratti verbali fra commercianti Aliquota dello O.SO % di cui all'art. 45 tabella D Esclusione quando manchi l'atto scritto -Aliqu9ta del 2 % di cui all'art. 3 tariffa A Applicabilit. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 72 e tabella A, art. 3, tabella D, art. 45). Se vero che per la registrazione della convenzione enunciata dovuta l'imposta che l'atto avrebbe scontato se fosse esistito, non tuttavia applicabile all'enunciazione di contratti verbali fra commercianti l'aliquota dell'art. 45 tabella D della legge di registro del 1923, essendo questa una agevolazione che richiede l'esistenza dell'atto scritto in mancanza del quale dovuta l'imposta ordinaria dell'art 3 della tariffa A (1). (Omissis). -Con l'unico mezzo di ricorso l'Amministrazione delle Finanze dello Stato denunda violazione e falsa applicazione degli artt, 45 della tabella All. D, 2 e 3 della tabella all. A della legge organica del registro, approvata con r. decreto 30 dicembre 1923, n. 3269, ome successivamente modificato dal d.l. lgt. 5 aprile 1945, n. 141 (artt. 3 e 7); nonch degli artt. 72 della stessa legge e 12 e 14 cod. civ. in rela.Zione all'art. 360 n. 3 cod. proc. civ. e censura la sentenza impugnata per aver interpretato l'art. 72 l.r. nel senso che la convenzione enunciata nella sentenza debba subire il trattamento fiscale cui sarebbe stata soggetta se realmente fosse stata stipulata per iscritto e l'atto scritto fosse stato sottoposto a registrazione. . Viceversa l'art. 45 della tabella all. D in quanto contenente norme deroganti alla normale tassazione degli atti e contratti prevista dalla tabella A non potrebbe essere esteso al di l delle ipotesi specificamente (1) Ricollegandosi alla sent. 7 dicembre 1973, n. 3324 (in questa Rassegna 1974, I, 248 con nota di U. GARGIULO), la pronunzia ora intervenuta riconferma l'inapplicabilit dell'aliquota dell'art. 45 della tabella D, che correttamente definisce di agevolazione, a convenzioni verbali che emergono in sede di enunciazione. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARL\ contemplate e cio quelle di scritture private di vendita realmente redatte e sottoposte a registrazione prima dell'uso. Il mezzo deve essere accolto. La corte di appello ha fondato la sua decisione sulla fictio che le convenzioni non ridotte in scritto o per le quali non siano stati enunciati titoli registrati, allorch sono poste a base di una sentenza, debbono ritenersi come realmente stipulate per iscritto ed ha conseguentemente ritenuto applicabile l'aliquota che l'atto avrebbe scontato se fosse real-. mente esistito. Cos decidendo per la Corte di appello non si posto il problema del rapporto intercorrente tra i due trattamenti fiscali cui, nella specie, l'atto enunciato poteva essere sottoposto (aliquota 2 % in base all'art. 3 della tariffa all. A, oppure aliquota 0,50 % in base all'art. 45 della tariffa all. D) e non ha considerato che aven!fo il trattamento pi f~vorevole carattere speciale, esso poteva essere applicato solo in presenza di tutti gli estremi previsti. Se, si fosse posto tale problema la Corte di appello avrebbe dovuto escludere l'applicazione della disposizione pi favorevole al contribuente proprio per la effettiva mancanza della scrittura, la cui esistenza rientra nella fattispecie normativa dell'art. 45. Questa Corte, con la sentenza 7 dicembre 1973, n. 3324, nel risolvere tigu3.le fattispecie . ha proprio posto il raffronto tra l'art. 3 lett. a) della tariffa all. A, secondo cui gli atti di compravendita di merci fra commercianti scontano l'imposta di registro con l'aliquota del 2 % e l'art. 45 della tariffa all. D che prevede la registrazione solo incaso di uso e con l'aliquota dello 0,50 % delle scritture private di vendita se il cntratto ha per oggetto merci od altri prodotti industriali, che nel commercio esercitato dal venditore sono destinati alla rivendita, se giunta alla conclusione: a) che la prima norma contiene la regola generale per la tassazione della compravendita di merci tra commercianti, mentre la seconda prevede una disciplina particolare per la tassazione di compravendite risultanti da scritture private; b) che il riferimento esclusivo a questa forma delle compravendite ben chiaro nel testo della seconda norma, anche con riguardo alla concessione deli'agevolazione della riduzione dell'aliquota, onde l'opposta tesi di un riferimento limitato alla concessione del beneficio della registrazione in caso di uso si appalesa arbitraria. A tale conclusione questa Corte giunta anche su rilievi di carattere esegetico ricavati dalla sua sentenza del 27 luglio 1941 nella quale il precedente immediato del suddetto articolo 45 fu ravvisato nella legge 23 luglio 1911, n. 509. In quella lontana sentenza fu affermato che la fin~lit della disposizione er stata quella di ovviare ai molteplici inconvenienti cagionati 178 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sia all'Erario che ai cittadini dell'assoggettamento delle contrattazioni tra commercianti aventi ad oggetto merci, macchine od altri prodotti industriali ad un'aliquota eccessivamente elevata. L'aliquota elevata, infatti, aveva l'effetto di spingere i commercianti a stipulare convenzioni solo verbali con perdita di proventi per l'Erario e con danno del commercio e dei cittadini onesti. Questa Corte ritiene di dover tener ferma questa giurisprudenza, tanto pi che la resistente non ha formulato alcuna deduzione che possa fare andare in contrario avviso. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 novembre 1976, n. 4220 -Pres. Mirabelli -Est. Sandulli -P. M. Berri (diff.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Galleani) c. Langione (avv. Ballini). Imposta di registro -Enunciazione -Inesistenza di dichiarazione di valore -Accertamento -Termine -Dichiarazione estimativa -Pagamento dell'imposta salvo maggiore accertamento -Decorrenza da questo. (d.!. 7 agosto 1936, n. 1639, artt. 17, 20 e 21; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 62). Nel caso di enunciazione di una convenzione senza indicazione del valore, il termine annuale per l'accertamento del maggior valore relativamente ai beni della convenzione enunciata decorre dal pagamento dell'imposta liquidata, autonomamente dal contratto enunciante, in base alla dichiarazione estimativa della parte o determinato provvisoriamente dall'ufficio (1). (Omissis). -Con l'unico motivo, la ricorrente -denunciata la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1, 7, 62 e 136 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269 e 17 e segg. del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639; nonch l'omessa ed insufficiente motivazione su punti decisivi (art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ.) -si duole che la Corte del merito abbia ritenuto decaduta l'Amministrazione Finanziaria della facolt di accertare il valore dei beni conferiti nella societ di fatto (la cui costituzione era stata enunciata nel contratto di appalto registrato nell'aprile 1964), in quanto il termine di decadenza (ex art. 21 del r.d.l. n. 1639 del 1936) di un anno (1) Decisione di grande rilievo. Di norma il termine di decadenza dell'art. 21 del d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 opera su tutta la materia contenuta nell'atto e per tutti i possibili effetti tributari (siano stati o meno individuati in sede di liquidazione dell'imposta principale), si che l'elevazione del supplemento, nel termine triennale, non pu portare ad un riesame dei valori non rettificati nel pi breve termine di decadenza. Si a lungo discusso del problema delle enunciazioni: se d'un canto l'imposta sulla convenzione enunciata non percepita in sede di registrazione pu dirsi una imposta suppletiva sul PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 179 dal pagamento dell'imposta (principale) non si applicherebbe alle convenzioni enunciate nell'atto tassato, in ordine alle quali il termine decorrerebbe dal pagamento del supplemento d'imposta. La censura delineata merita accoglimento, anche se per ragioni diverse da. quelle prospettate dall'Amministrazione ricorrente. Secondo la tesi di questa -nell'ipotesi di registrazione di un atto, contenente l'enunciazione di una convenzione soggetta a tassazione e non registrata -il termine decadenziale di un anno, previsto dall'art. 21 del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 (riforma degli ordinamenti tributari) per l'accertamento di (maggior) valore, non decorrerebbe, in ordine alla convenzione enunciata nell'atto presentato alla registrazione -dal giorno del pagamento dell'imposta principale dovuta per la registrazione di questo (come ritenuto dalla Corte del merito), ma da quella del pagamento dell'imposta suppletiva, corrisposta (per l'intero contenuto dell'atto, comprensivo della convenzione) in un secondo tempo. Il problema posto , in sostanza, incentrato sui limiti di efficacia della statuizione normativa contenuta nell'art. 21, comma primo, del r.d.l. n. 1639 del 1936, trattandosi di individuare (con riferimento all'art. 21) quale che sia l'imposta dal cui pagamento decorra il termine decadenziale annuale, e cio, quella principale, percetta al momento della registrazione dell'atto enunciante, o qulla suppletiva corrisposta successivamente. Ai fini della risoluzione della questione proposta, questa Corte non ritiene, per, di poter seguire la linea logico-giuridica profilata dalla ricorrente. noto che, secondo la disciplina delle enunciative, si ha ipotesi di enunciazione quando di un atto (soggetto a registrazione) sia fatta menzione in quello presentato alla registrazione con la indicazione degli elementi essenziali delle connotazioni caratterizzanti (idonei a delinearne la. fisionomia giuridica), s da consentirne, in via autonoma, la ricostruzione completa (cfr. cass. sent. 16 luglio 1965, n. 1572), e che, a norma dell'art. 62, comma primo della legge di registro (r.d. n. 3269 del 1923), l'unico atto gi registrato, d'altro canto la convenzione enunciata solitamente non solo non contiene la dichiarazione del valore dei relativi beni, ma non contiene nemmeno l'individuazione di essi. L'ufficio non pu quindi procedere all'accertamento in contrapposto ai valori dichiarati o determinati di ufficio; quindi necessaria una scissione del tributo (che concettualmente resta unico) tra la parte relativa alla convenzione enunciante .liquidabile lin sede di registrazione e la parte relativa alla convenzione enunciata per la quale si rende necessaria la dichiarazione estimativa (ed anche l'individuazione dei beni) o in mancanza la determinazione di ufficio in via provvisoria e salvo rettifica; sono di conseguenza diversi anche i. momenti in cui avviene il pagamento dell'imposta principale sulla convenzione enunciante e su quella enunciata rispetto ai quali inizia la decorrenza del termine per l'accertamento. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO in caso di indicazione (in modo enunciativo) di un atto in quello registrato, dovuta, oltre all'imposta cui soggetto l'atto enunciante che la racchiude, anche quella (autonoma) relativo all'atto enunciato. Ed noto -altres, ove, in caso di presentazione di un atto alla registrazione, sia $fuggita alla tassazione la convenzione in esso enunciata -l'azione dell'Amministrazione Finanziaria, per richiedere il pagamento dell'imposta di registro dovuta relativamente a questa, debba ritenersi prescritta, a norma dell'art. 136, comma secondo, del cit. r.d. n. 3269 del 1923, qualora sia trascorso un triennio dall'ennciazione (cfr. Cass. sent. 24 maggio 1968, n. 1589). Il .problema da risolvere nel caso di specie, attiene, quindi, alla individuazione del procedimento di accertamento da adottare quando, in caso di enunciazione di un atto in altro presentato alla registrazione, il contribuente registrante (soggetto passivo dell'obbligazione tributaria) abbia omesso di indicare il valore del bene, oggetto della convenzione enunciata, e non sia trascorso il triennio ex art. 136, comma secondo, della legge di registro, entro il quale va esercitato il diritto al credito d'imposta, sorto al momento della registrazione dell'atto enunciante. Questa Corte ritiene che, in tale ipotesi, debba trovare applicazione l'art. 17, comma primo, n. 2 del d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 (convertito in legge 7 giugno 1937, n. 1016), il quale dispone che nella liquidazione dei tributi di cui all'art. 15 (imposte di successione e di registro, progressive e proporzionali, di trasferimento, ecc.), allorch l'atto o il contratto non esprime il valore sul quale deve liquidarsi l'imposta o non contiene gli elementi per determinarlo, le parti (o una di esse) o colui che richiede la registrazione ovvero i pubblici funzionari obbligati alla registrazione devono supplire con una dichiarazione estimativa sottoscritta, in base alla quale l'imposta liquidata e riscossa, salvo il diritto dell'Amministrazione alla revisione di cui all'art. 20 (al fine di detenniname il valore venale tassabile). Deve, quindi, affermarsi che -in caso di enunciazione di un atto (senza indicazione, da parte del contribuente, del valore del bene oggetto di esso) in altro presentato alla registrazione e di mancato decorso del termine prescrizionale triennale ex art. 136 della legge di registro -I'Amministrazione Finanziaria possa richiedere (al fine di procedere alla liquidazione ed alla riscossione dell'imposta dovuta) al contribuente, soggetto passivo dell'obbligazione tributaria, una dichiarazione estimativa del valore del bene, oggetto dell'atto enunciato, o procedere, in caso di inottemperanza a detta richiesta, alla determinazione diretta del valore, a norma dell'ultimo comma dell'art. 17. Ed -essendo fatto salvo ex lege, sia nella prima che nella seconda ipotesi, il diritto di revisione del valore di cui all'art. 20 deve ritenersi che nella fattispecie giuridica, oggetto del presente dibattito gidiziale, il termine decadenziale di un anno previsto dal primo comma dell'art. 21 PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 181 per la notificazione (dell'avviso di accertamento) del maggiore valore, emerso dal procedimento di revisione decorra dal pagamento dell'imposta liquidata in ordine all'atto enunciato, in base alla dichiarazione estimativa della.parte e alla determinazione effettuata ex officio dall'Amministrazione. Per modo che, pu concludersi che in caso di enunciazione di un atto (senza indicazione del valore del bene oggetto di esso) in altro presentato alla registrazione e di mancata maturazione della prescrizione triennale ex art. 136 della legge di registro, il termine annuale di decadenza ex art. 21 del r.d. n. 1639 del 1936 decorre dal pagamento dell'imposta, liquidata (in via autonoma) riguardo all'atto enunciato, in base alla dichiarazione estimativa della parte, o determinata ex officio dall'Amministrazione Finanziaria. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 novembre 1976, n. 4257 -Pres. Rossi Est. Valore -P. M. Trotta (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Saltini) c. Ancana (avv. Celestino). Imposta di registro Concordato fallimentare -Crediti privilegiati . R,inuncia Imposta di cui all'art. 32 tariffa A della legge di registro Si estende. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa A, art. 32; r.d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 124 e 127). L'impost~ di registro dell'art. 32 della tariffa A della legge di registro del 1923 (che colpisce il concordato fra creditori e debitore che sostituendosi alla obbligazione originaria costituisce un titolo nuovo e diverso) si applica anche sul valore dei crediti privilegiati quando questi, per effetto del concordato, subiscono una modificazione tle che la loro regolamentazione non poggia pi esclusivamente sulla legge, ma trovi nel concordato il suo nuovo titolo (1). (Omissis). -Con il primo mezzo, l'Amministrazione ricorrente denunziando la violazione e falsa applicazione degli artt. 32 della suddetta Tariffa e. 127 legge fall., nonch omessa, insufficiente e contraddittoria (1) Decisione da condividere pienamente. La norma dell'art. 32 invero ancora pi ampia e riferisce il tributo a qualunque concordato, anche quando non costituisca novazione del titolo e disciplini soltanto il modo e i tempi dell'adempimento. Il problema che si pone quello di stabilire se i crediti privilegiati siano oggetto del concordato; ci incontestabile quando un qualunque elemento dell'obbligazione sia modificato per effetto del concordato stesso al quale i creditori abbiano partecipato con gli effetti dell'art. 127 legge fall. 182 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO motivazione -censura la sentenza per avere escluso che il credito postergato concorresse a formare la base imponibile del concordato e fosse perci tassabile ai sensi del citato art. 32. Deduce in particolare che il credito privilegiato irrilevante ai fini della tassazione se .ed in quanto rimanga fuori della materia oggetto del concordato, ma non quando venga da quest'ultimo specificamente regolato (riduzione dell'ammontare; modifica del modo o del tempo dell'adempimento). La censura fondata. Con l'art. 127 legge fall. -il quale prescrive che i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, non hanno diritto al voto, in tema di concordato, se non rinunciano al diritto di prelazione e che il voto di adesione deve essere esplicito ed importa rinuncia al diritto di prelazione per l'intero credito, se dato senza dichiarazione di limitata rinuncia il legislatore ha voluto impedire che i creditori assistiti dal diritto di prelazione possano interferire sopra un regolamento di rapporti che sostanzialmente non li riguarda. ~. infatti, evidente che, assicurando la prelazione il soddisfacimento totale del credito, la votazione dei creditori che di essa godono non avrebbe giustificazione. Orbene, l'art. 32 citato assoggetta al pagamento dell'imposta proporzionale le convenzioni o concordati conclusi tra i creditori ed il loro debitore tanto prima che dopo la dichiarazione di fallimento e contenenti obbligazioni di somme; obbligazioni che, nel significato voluto dalla norma, richiedono un atto consensuale fra chi propone il concordato a colui o coloro che l'accettano, in forza del quale il primo garantisce il pagamento dei crediti in una misura determinata. Alla obbligazione originaria viene a sostituirsi, in conseguenza dell'accordo, una nuova obbligazione, diversa non tanto per l'oggetto, quanto per il titolo: il debito del fallito, cio, non pi quello nascente dal titolo originario, ma quello costituito dal titolo nuovo e diverso dalla transazione conclusa mediante il concordato. Siffatte considerazioni riguardano, per, solo i crediti chirografari, in quanto quelli privilegiati (come pure i crediti verso la massa) devono essere soddisfatti con priorit e per intero rispetto ai chirografari. L'art. 124 legge fall. -che concerne la proposta di concordato -non menziona, infatti, i crediti privilegiati, che rimangono al di fuori dell'accordo, assistiti come sono dai propri titoli e dalla legge. Tale estraneit alla materia che oggetto del concordato fa s che i creditori privilegiati sono esclusi dal concorrere a formare la base imponibile del tributo previsto dal citato art. 32 della Tariffa. Ma, qualora il credito privilegiato subisca una modificazione in forza del concordato, sia essa una riduzione o qualsiasi altra variazione -talch la sua regolamentazione non poggi pi esclusivamente sulla legge, ma trovi nel concordato il suo nuovo titolo -non appare giustificato escluderlo dall'imposizione. ' j I ! I PARIE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Ci posto, l'affermazione della Corte milanese, secondo cui la clausola in esame ( La Banca Popolare di Lodi accetta di postergare il soddisfacimento dei propri crediti all'integrale esecuzione del concordato) implicherebbe soltanto un accordo circa il tempo delfadempimento del credito della Banca, che conserverebbe la sua garanzia, non suffragata da adeguata e logica motivazione. La Corte, infatti, non ha considerato che alla clausola avrebbe potuto essere attribuito valore meramente temporale se il soddisfacimento del credito fosse stato postergato rispetto ad altri crediti muniti anch'essi di prelazione, ma, poich con la clausola suddetta si consentiva che il credito in questione venisse soddisfatto dopo l'integrale esecuzione del concordato, e cio anche dopo l'adempimento di tutti i crediti chirografari, avrebbe dovuto chiarire quale fosse in realt la sua finalit giuridica e pratica e quindi esaminare: a) se, con tale pattuizione, il diritto di prelazione non venisse ad essere sostanzialmente svuotato del suo contenuto; b) se, conseguentemente, la clausola incidesse non solo e non tanto sul campo dell'adempimento, quanto sul modo di pagamento e sulle garanzie che assistevano il credito; c) se il consenso alla postergazione non costituisse una partecipazione della Banca al concordato ed una adesione ad esso, con le conseguenze di cui all'art. 127 legge fall.; d) se, comunque, il credito della Banca non fosse stato strutturato in modo diverso dal concordato, con novazione del titolo originario e, con le conseguenze, ai fini dell'imposizione fiscale, sopra specificate. ~ ben vero che la sentenza afferma che la Banca non .ha rinunciato al suo diritto di prelazione, ma l'asserzione appare piuttosto apodittica perch, quanto meno, avrebbe dovuto essere spiegato come ci fosse conciliabile col consenso prestato dalla Banca medesima a che il credito venisse soddisfatto solo dopo l'adempimento di tutti gli altri obblighi assunti col concordato. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 novembre 1976, n. 4494 -Pres. Giannattasio -Est. Zappulli -P. M. Gambogi (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Cascino) c. Soc. Costruzioni Metalliche Finsider (avv. Cogliati Dezza). Imposta di registro Societ Societ per azioni Emissione di nuove azioni Diritto di opzione -Impegno a sottoscrivere le azioni . Tassabilit a norma dell'art. 28 della legge di registro n. 3269 del 1923. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 28; e.e. artt. 1331 e 2441). Se di norma nel caso di emissione di nuove azioni la societ ha l'obbligo di offrirle agli azionisti i quali hanno la facolt (ma non il dovere) di acquistarle, tuttavia possibile che gli azionisti assumano 184 ' RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATU., liberamente l'obbligo di sottoscrivere le nuove azioni nel .verbale di assemblea o in separato atto da questo enunciato; in tal caso l'obbligo .assunto soggetto all'imposta dell'art. 28 dell'abrogata legge di registro (1). (Omissis). -I due ricorsi proposti avverso la stessa seritenza vnri.o previamente riuniti. In quello principale l'Amministrazione Finanziaria ha censurato la sentenza d'appello, con il primo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 2441 e 1183 cod. civ. edegli artt. 62 e 17 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, sull'imposta di registro in relazione all'art. 28 della tariffa all. A), nonch contraddizion e insufficienza della motivazione. Il motivo fondato solo parzialmente. Non pu accogliersi, infatti, la tesi in esso sostenuta secondo la quale la sottoscrizione delle nuove 280.000 azioni da parte dei precedenti soci era obbligatoria in virt dell'art. 2441 cod. civ. per l'opzione posta da quella norma, da escludersi solo nelle ipotesi e con le modalit stabilite nel suo secondo comma, senza che potesse trovare applicazione l'art. 1331 cod. civ., citato nella sentenza impugnata e concernente un istituto previsto solo per i contratti. facile osservare che il citato art. 2441 cod. civ., nello stabilire che le azioni ordinarie di nuova emissione devono essere offerte in opzione. agli azionisti in proporzione del numero delle azioni da essi possedute, da un lato si richiama allo stesso istituto dell'opzione previsto dall'art. 1331, quale promessa unilaterale irrevocabile di una parte (nella specie la societ) con facolt dell'altro (soci) di accettarla, adattandosi l sua appliczione al particolare rapporto sociale, dall'altro attribuisce ai soci una facolt>>, e non un obbligo: N ha rilevanza il fatto che quell'offerta a costoro ai sensi dello stesso art. 2441 cod. civ., possa essere esclusa o limitata con la medesima delibera di aumento del capitale perch, ove non si verifichi tale ipotesi, persiste il diritto, e non l'ob bligo, dei soci ad acquistare le nuove a2iioni, onde la definizione di obbligatoria data :. dall'Amministrazione ricorrente all'opzione prevista da quella norma vale solo nei confronti della societ emittente e non dei soci. Peraltro, se. questa assenza dell'obbligo ex lege di quest'ultima ad acquistare le nuove azioni importa che nella delibera di emissione non pu ravvisarsi sempre e necessariamente un impegno al loro acquisto, tassabile come tale ex art. 28 della citata tariffa, all. A) della legge organica di. registro del 1923, non pu, invece, escludersi che quell'obbligo possa essere stato assunto dai soci, implicitamente e esplicitamente; nella specie, nello stesso verbale di assemblea, o comunque ivi enunciato, con (1) Decisione esatta che si condivide pieiianiente. Non constario precedenti specifici. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA conseguente applicazione dell'imposta prevista da quella norma in virt dell'art. 62 della stessa legge, cos come sostenuto dall'Amministrazione ricorrente riei precedenti gradi del giudizio. Circa tale enunciazione l'Amministrazione ha dedotto in particolare, che il verbale assembleare tassato conteneva la delibera di effettuare la sottoscrizione e il versamento dell'aumento di capitale e dell'intero sopraprezzo entro cinque giorni liberi dalla data del decreto di omologazione , e cio con una obbligazione perfetta, anche se non ancora efficace perch sottoposta alla condizione dell'omologazione e al termine dei suddetti cinque giorni. Al riguardo, la sentenza impugnata non sufficientemente motivata sulla ritenuta assenza dell'enunciazione di quell'obbligo degli azionisti, in quanto vi soltanto affermato che se successivamente essi acquistarono le nuove azioni, ci fecero indipendentemente dal contenuto precettivo della delibera. Non stato, per, precisato in base a quali elementi, formali e sostanziali, stato escluso/he il relativo impegno fosse stato assunto od enunciato in quello stesso verbale. Tale motivazione era, in realt, ancor pi necessaria a causa della formulazione letterale del verbale stesso perch due soli erano gli azionisti della soclet, entrambi intervenuti nell'assemblea, e non appare logicamente spiegabile l'attribuzione nella societ, secondo la delibera formulata, d) di versare il sovrapprezzo per le 310.000 azioni e e) di effettuare la sottoscrizione e il versamento mentre tali operazioni dovevano essere compiute dagli acquirenti, quali essi fossero, e cio da soggetti diversi daHa societ, orbene, indipendentemente dalla questione di merito prospettata nella discussione orale dai difensori della societ se i partecipanti all'assemblea avessero o meno i poteri necessari per assumere obbligazioni del genere e dagli elementi formali e sostanziali inerenti alla esistenza o meno di una enunciazione di quell'obbligo, il generico diniego di quest'ultimo non pil essere posto a base della decisione sull'applicabilit dell'imposta in contestazione senza una adeguata motivazione anche sui punti sopra accennati, la cui assenza vizia la sentenza impugnata. Pertanto, quel motivo va accolto per quanto concerne l'accertamento sulla esistenza della enunciazione indicata, rimanendo assorbitb il secondo motivo del medesimo ricorso principale, inerente alla responsabilit solidale della societ per l'obbligazione tributaria in questione. -(Omissis). SEZIONE SETTIMA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 12 ottobre 1976, n. 19 -Pres. Giannattasio -Rel. Granata -Di Martino (avv. Mittiga, Del Pozzo e Di Martino) c. Ministero dell'agricoltura e delle foreste (avv. Stato Albisinni) e Consorzio generale di bonifica del bacino inferiore del Volturno (avv. Di Maio e Norante). Responsabilit civile -Responsabilit della P.A. -Danni da mancato funzionamento di opera idraulica -Imputazione a titolo di colpa -Cassazione della sentenza -Giudizio di rinvio -Mutamento del titolo dell'imputazione -Preclusione. (Cod. civ., artt. 2043 e 2051). Propostasi una domanda di condanna al risarcimento dei danni cagionati dal mancato funzionamento di un'idrovora individuando il titolo della responsabilit nella mancanza di una diligente e prudente attivit di manutenzine, accoltasi la domanda dal giudice di merito che abbia considerato rientrare nella manutenzione l'apprestamento di un sistema supplementare di fornitura d'energia per il funzionamento delle idrovore in caso di interruzione dell'erogazione di energia elettrica, la cassazione di tale sentenza preclude nel giudizio di rinvio la possibilit di far valere il titolo di responsabilit per danni cagionati da cose in custodia (1). (Omissis). -1. -In via pregiudiziale va presa in esame l'eccezione di inammissibilit sollevata dal Consorzio riguardo a taluni profili di domanda prospettati dal Di Martino in questa sede di rinvio, per sostenere (a) che la responsabilit del Consorzio per tutti i danni sussisterebbe, oltre che in relazione all'art. 2043 e.e. per difetto di manutenzione, anche ai sensi dell'art. 2051 e.e., con conseguente addossamento al Consorzio stesso deila prova liberatoria del caso fortuito, e comunque (b) ai sensi dell'art. 2055, a titolo di responsabilit solidale pur quando fosse ad esso riferibile una parte soltanto del complesso di cause rispetto a quei danni eziologicamente rilevanti, nonch per chiedere (e) anhe il risarcimento commisurato alla svalutazione menetaria. L'eccezione fondata. Quanto al capo di domanda sub e, la inammissibilit discende dalla pertinenza di essa alla determinazione del quantum, che la precedente (1) Le decisioni intervenute nel corso del giudizio possono leggersi, Trib. sup. acque 2 ottobre 1971, n. 21 in Cons. Stato 1971, II, 997 e Cass., Sez. Un., 9 genl}aio 1974, n. 62 in questa Rassegna 1974, I, 721. PARTE I, SEZ. VII, GIURIS" IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 187 sentenza definitiva di questo Tribunale Superiore ha riconosciuto, con statuizione sul punto neppure impugnata in cassazione, riservata al prosieguo del giudizio pendente davanti al Tribunale regionale di primo grado. Quanto ai profili di domanda sub a e b , la inammissibilit si coglie agevolmente attraverso la rilevazione delle preclusioni derivanti dalle valutazior~i compiute e dalle conseguenti statuizioni rese dalla sentenza di rinvio delle Sezioni Unite della Corte Suprema e dalla correlativa individuazione dell'ambito di indagine e di decisione residuatone. Dalla sentenza di rinvio risulta che l'unico titolo di responsabilit prospettato in causa a carico del Consorzio era a quel momento la negligente ed imprudente attivit di manutenzione, di fatto svolta dall'ente con piena autonomia organizzativa e tecnica. Oltre che espressamente, e ripetutamente, affermato in motivazione, ci risulta confermato dalla stessa ratio decidendi sottesa all'accoglimento dell'unico profilo di censura ritenuto fondato dalla Corte Suprema, relativo al vizio di motivazione cl.rea la affermazione, contenuta nella sentenza definitiva impugnata, della responsabilit del Consorzio anche per il mancato apprestamento di un sistema supplementare di fornitura di energia per il funzionamento delle idrovore in caso di interruzione dell'erogazione di energia elettrica. Nell'accogliere la censura, invero, la sentenza della Corte Suprema ha, .per un verso, ritenuto il punto relativo a tale omesso apprezzamento decisivo per la imputabilit al Consorzio dei danni causati dalla mancanza di una fonte sussidiaria di energia e con ci stesso ha escluso e precluso -la possibilit di arrivare all'affermazione di quella responsabilit attraverso altra via, quale appunto quella dell'art. 2051 o 2055 oggi invcati dal Di Martino. Per altro verso, cos opinando e decidendo, la se~tenza ha pure precluso l'esame degli ulteriori accenni ~ra adombrati ancora dal Di Martino per prospettare un preteso inadempimento del Consorzio all'onere della prova in ordine sia alle cause del mancato afflusso dell'energia elettrica alle idrovore, sia alla rilevanza causale dannosa di tali interruzioni; dovendosi riconoscere che in tanto ha avlito senso chiedersi se il Consorzio fosse tenuto a provvedere all'apprestamento di fonti di riserva idonee ad impedire quella interruzione, solo in quanto si riconosciuto che sul piano eziologico rivestiva valore decisive -nel senso di affermre O negare la respnsab'ilit a seconda dell'esit di esso ~ l'accertamento della configurabilit o meno a carico del Consorzio di quello specifico obbligo. 2. La sentenza di rinvio fornisce indicazioni risolutive anche per il merito. L'annulla:rientd della precedente decisione deffoitiva sul pnto dianzi cerm~to stato dispoStq sull'espliito pr~supposto che non . concettualmnte p~~sibile far .rieptrare nell'attivit di mera manutenzione di un'opera del tipo in discorso l'apprestamento di iln adeguato impianto sup 14 RASSEGNA DELL'AVVOCATURi\ DEU.O STATO 188 plementare di energia per le idrovore, onde in questa sede di rinvio non rimane che prendere atto di questa valutazione di principio, conseguentemente escludendo nella specie dall'obbligo di manutenzione del Consorzio la istallazione di una siffatta fonte di riserva, e per ulteriore implicazione espungendo dall'ambito de1la responsabilit, al medesimo ente ascrivibile per mancato adempimento di quell'obbligo, i danni eziologicamente dipendenti dal mancato apprestamento. Peraltro, senza che con ci sia possibile porsi il problema, come il Di Martino invece vorrebbe, della imputabilit di tale omissione -in quanto rientrante nell'area della progettazione e costruzione dell'opera pubblica -allo Stato e della conseguente responsabilit di quest'ultimo per i danni correlativi, avendo la sentenza di rinvio espressamente avvertito essere divenuta estranea all'oggetto del processo -per effetto delle sue concrete vicende: rigetto, non impugnato, delle domande del Di Martino contro il Ministero e mancanza di una domanda di rivalsa contro quest'ultimo dello stesso Di Martino - ogni questione relativa ad una eventuale responsabilit, per qualsiasi titolo, del Ministero dell'Agricoltura, la quale, senza escludere quella del Consorzio, concorra con essa. -(Omissis). TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 14 ottobre 1976, n. 21 -Pres. Rosso - Rel. Pezzana -Intelisano (avv. Belcaro e Vitarelli) c. Genio civile Messina (avv. Stato Albisinni) e Cacopardo e altri (avv. Brancati e Messina). Acque pubbliche ed elettricit Concessione e derivazione Domanda Capacit dell'istante Fallimento Rilevanza In sede di ammissione ed istruttoria Esclusione. Lo stato di fallimento non priva la persona della capacit di presentare domanda per la concessione di un'acqua pubblica, onde non illegittima l'ordinanza dell'ufficio del genio civile che ammette la domanda ad istruttoria. TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 31 gennaio 1977, n. 3 -Pres. Vallillo - Rel. Paleologo Comuni di Centuripe e Regalbuto (avv. Virga) c. Assessore per gli enti locali della Regione Siciliana (avv. Stato Albisinni) e Comune di Catenanuova (avv. Finocchiaro). Acque pubblfche ed elettricit Competenza e giurisdizione Consiglio di Stato e tribunale superiore delle acque Regione Sicilia Consorzio per la gestione di acquedotto pubblico Provvedimento istitutivo Impugnativa Giurisdizione del tribunale superiore. (T.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 143 lett. a). PARm I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 189 Regione Regione siciliana Consorzi tra enti locali Istituzione Competenza -Assessorato degli enti locali Consorzio per la gestione di acquedotto pubblico Competenza dell'Assessorato ai lavori pubblici Non sussiste. (L. reg. sic. 29 dicembre 1962, n. 28, art. 8; d.I.p.reg. 29 ottobre 1955, n. 6, art. 28; I. reg. 15 marzo 1963, n. 16). Il ricorso proposto contro il decreto dell'assessore agli enti locali della Regione Sicilia, che istituisce autoritativamente un consorzio tra comuni per la gestione di un acquedotto pubblico e ne approva lo statuto, diretto all'annullamento di un provvedimento adottato dall'amministrazione in materia di aoque pubbliche e rientra nella giurisdizione del tribunale superiore delle acque (1). Nella Regione siciliana la matria dei consorzi per enti locali attribuita all'Assessorato degli enti locali, n la circostanza che ,il consorzio attenga alla utilizzazione di acque pubbliche vale a spostare la competenza all'Assessorato ai lavori pubblici. (Omissis). -1. -L'eccezione di carenza di giurisdizione non va condivisa. Il decreto assessoriale impugnato istituisce autoritativamente un consorzio fra quattro Comuni per la gestione di un acquedotto pubblico, ed approva il relativo statuto. Si tratta dunque di un provvedimento adottato dall'Amministrazione in materia di acque pubbliche, oltrecch naturalmente di organizzazione di servizi d'enti locali, e diretto al regime attuale dell'uso di esse. Sicch il ricorso in esame, che propone censure di legittimit e chiede l'annullamento dell'atto, rientra -ex art. 143 lett. a) t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, delle leggi sulle acque e sugl'impianti elettrici -nelle attribuzioni dirette di questo Tribunale. 2. -Il ricorso , peraltro, infondato nel merito. Non pu accogliersi, anzitutto, il suo primo motivo. Nella Regione siciliana, tutta la materia dei consorzi per enti locali attribuita dall'art. 8 della 1. reg. 29 dicembre 1962, n. 28 (sull'ordinamento del Governo e dell'Amministrazione regionali) all'Assessorato de (1) L'art. 143 lett. a) del t. u. 11 dicembre 1933, n. 1775 dispone che appartengono alla cognizione diretta del Tribunale superiore delle acque pubbliche i ricorsi per incompetenzaiper eccesso di potere e per violazione di legge avverso i provvedimenti definitivi presi dall'amministrazione in materia di acque pubbliche . La giurisprudenza costante nel ritenere che la giurisdizione del tribunale superiore si determina non in rapporto all'autorit che ha emanato l'atto impugnato bens al contenuto dell'atto stesso: Trib. sup. acque 27 giugno 1975, n. 16, in questa Rassegna 1915, I, 1137; Cass., Sez. Un., 7 dicembre 1974, n. 4089, Giur. it. 1975, I, 1, 1994, Giust. civ. 1975, I, 1010 e in questa Rassegna 1915, I, 428; Trib. sup. acque 18 dicembre 1973, n. 36, Cons. Stato 1973, Il, 1303; Trib. sup. acque 10 ottobre 1973, n. 27, in questa Rassegna 1974, I, 268 con nota di ALBISINNI; Trib. 190 RASSlGNA DBU.'AVVOCATURA DELLO STATO gli enti locali, mentre l'Assessorato dei lavori pubblici si occupa bens del regime delle acque, nia non estende la propria conipeteriza alla costituzione di consorzi che attengono all'utili:lzazione di acque pubbliche; Ai fini che ora interessano, pertanto, la competenza a provvede.re sulla costituzione del consorzio spettava appunto all'Assessorato ;resistente, al quale si erano del resto rivolti a suo tempo gli attuali ricorrenti appunto per la costituzione del Consorzio in questione, e che ha agito a norma dell'art. 28 (relativo alla ~ostituzione di consorzi di servi:i'i) del d.l. p. reg. 29 ottobre 1955, n. 6, confermato con 1. reg. 15 marzo 1963, n. 16. -(Omissis). sup. acque 17 maggio 1973, n, 19, Cons. Stato 1973, II, 824; Trib. !jUp. acque 9 giu gno 1%7, n. 17, in questa Rassegna 1967, I, 903. Con riguardo al contenuto sono stati ritenuti rientrare nella giurisdizfone . del tribunale superiore ricorsi contro provvedimenti che comunque incidon sul regime e sull'utilizzazione di acque pubbliche: cfr., tra le pi recenti decisioni, Cass., Sez. Un., 7 dicembre 1974, n. 4089, cit.; Trib. sup. acque .17 maggio 1973, n. 19, cit., (relative a provvedimenti aventi ad oggetto la requisizione di utenze), In argomento, pu ancora richiamarsi il caso dei ricorsi proposti contro i1 piano regolatore generale degli acquedotti, in ordine ai quali hanno affermato la propria giurisdizione sia il Consiglio di Stato: Cons. St., Sez. IV; 17 dicem bre 1974, n. 1042, Cons. Stato 1974, I, 1610 e Giust. civ. 1975, Il, 210; Cons. St., Sez. IV, 30 marzo 1976, n. 227, Cons. Stato, 1976, I, 315, sia implicitamente il Tribunale superiore; Trib. sup. acque 15 luglio 1975, n. 19, in questa Rassegna 1975, I, 1141. TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 31 gennaio 1977, n. 4 -Pres. Vallillo - Rel. Sgroi , -Comune di Limone Piemonte (avv. Mazzullo e Nonnis) c. Ministeri dei lavori pubblici e delle finanze (avv. Stato Bronzini) e Consorzio dei comuni per l'acquedotto delle Langhe (avv. Giorda nengo e Meineri). Acque pubbliche ed elettricit -Concessione e derivazione -Clausola impositiva d'obblighi al concessionario in favore di terzo a salvaguardia d'uso preesistente -Effetti in confronto del terzo Equivale a concessione. La prescrizione imposta con il disciplinare al concessionario di un'acqua pubblica, prescrizione consistente nel dover assicurare la portata d'acqua sufficiente per determinati usi idrici e civili dell'abitato di un comune, idonea a fungere da atto di concessione in favore di quest'ltimo ed il contenuto del diritto concesso resta determinato per relationem dal preesistente uso di fatto volutosi salvaguardare e far oggetto di riconoscimento (1). (1) Le sentenze richiamate in motivazione possono leggersi, Cass. 28 ottobre 1961, n. 2481 in Foro it. 1962, I, 271 e Giust. civ. 1961, I, 1712; Trib. sup. acque 4 aprile 1963, n. 7 in Giust. civ. Rep. 1963, acque pubbl. e priv., 61; Cass. 19 ottobre 1954, n. 3863, in Giur. agr. '1955, Il, 395; -Trib. sup. acque 8 aprile 1969, ri. 10 PARm I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA Dl ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 191 (Omissis). -Il primo motivo sopra riassunto dell'appello incidentale prospetta il quesito se, attraverso l'imposizione di un obbligo, posto a carico di un concessionarfo di utenza e inteso a favorire un terzo, la P.A. possa attribuire a quest'ultimo un diritto, avente per oggetto un'acqua pubblica. In linea di principio si deve ritenere con la prevalente dottrina che nell'atto amministrativo possono essere inseriti elementi accidentali; e, in particolare, che nei provvedimenti concessori ammissibile la previsione, mediante l'apposizfone di una clausola ad hoc, di un determina,to obbligo a carico del concessionario. Il limite costituito soltanto dall'esigenza di non alterare o snaturare il carattere tipico dell'atto, da intendersi, peraltro, in senso relativo, con riguardo allo scopo in funzione del quale il potere, che in quell'atto si estrinseca, stato attribuito alla P.A. Se l'imposizione dell'obbligo intesa ad avvantaggiare (non la P.A. concedente ma) un terzo, questi diviene, perci stesso, titolare di un diritto. Lo ha affermato la S.C. con riguardo all'apposizione di un modus (cfr. Cass. 28 ottobre 1961, n. 2481); e il principio pu essere agevolmente esteso alla ipotesi in esame. Anche ~econdo questo Tribunale Superiore (sentenza 4 aprile 1963, n. 7) le prescrizioni imposte con il disciplinare al concessionario di acqua pubblica a favore di terzi, pongono in essere a favore di costoro veri e propri diritti soggettivi, tutelabHi dinanzi ai Tribunali regionali delle acque pubbliche. Si deve, tuttavia, stabilire se il diritto costituito a favore del terzo possa avere anch'esso ad oggetto l'acqua pubblica cui si riferisce la concessione. Ad una risposta affermativa non di ostacolo la natura demaniale del bene, posto che l'acqua pubblica, lungi dall'essere indisponibile da parte della P.A., suscettibile di legittimo uso in forza di titoli formati dalla P.A. A quest'ultimo proposito pu tuttavia opporsi che gli unici titoli attraverso i qu~li l'Amministrazione dispone delracqua pubblica sono quelli tassativamente indicati dalla legge. All'obiezione si pu replicare che la premessa del discorso che la P.A. abbia seguito le forme proce in Foro amm. 1969, I, 1, 254; Trib. sup. acque 18 aprile 1968, n. 9 in Cons. Stato 1968, II, 306 e Giust. civ. 1968, I, 931. Per un'ipotesi analoga a quella in esame, cfr. Trib. sup. acque 28 gennaio 1967, n. 1, in questa Rassegna 1967, I, 160: nel caso allora deciso, in cui veniva in questione un provvedimento di riconoscimento di antica utenza con obbligo all'utente di fornire acqua a terzi coi quali erano in precedenza intervenuti contratti di somministrazione, il tribunale qualific il provvedimento come costitutivo del diritto dei terzi e questo come avente natura di subutenza. Sulla problematica degli elementi accidentali dell'atto amministrativo, cfr. tucIFREDI, L'atto amministrativo nei suoi elementi accidentali, Milano, 1963 (ristampa); GIANNINI M. S., Diritto amministrativo, I, Milano, 1970, n. 169, pag. 554. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW STATO dimentali prescritte per addivenire alla formazione di un titolo del tipo di quelli legislativamente previsti e che la clausola particolare di questo titolo non pu non sottostare, proprio per la sua accessoriet, all'osservanza di quelle stesse forme. Non si pu, insomma, far questione di inesistenza del diritto per mancanza del provvedimento formale di concessione (cfr. Cass. 19 ottobre 1954, n. 3863), perch -a prescindere dal rilievo che que11'inosservanza non induce la inesistenza, ma la mera annullabilit dell'atto (cfr. Trib. Sup. 8 aprile 1969, n. 10) -nell'ipotesi esaminata il procedimento relativo all'atto principale risulta puntualmente seguito. Questa conclusione non porta ad ammettere un riconoscimento de facto di un'utenza (cfr. Trib. Sup. 18 aprile 1968, n. 9), dal momento che il titolo del diritto del terzo beneficiario risiede nella clausola di salvaguardia dell'uso preesistente, il quale svolge -per relatinem il ruolo di criterio di determinazione del contenuto di quel diritto. N si obietti che quel contenuto non presenta il requisito della determinatezza, essendo agevole rilevare che, mediante l'impiego degli usuali congegni probatori, pu identificarsi con la necessaria precisione, in riferimento agli usi per i quali l'acqua veniva per il passato derivata senza titolo, la portata di acqua legittimamente utilizzabile. Del resto, anche l'art. 2 lettera b e l'art. 4 del testo unico hanno riguardo al quantitativo d~acqua effettivamente utilizzato come al parametro cui devono rapportarsi il riconoscimento e la concessione previsti dalle norme citate. Resta, peraltro, da accertare se la clausola del disciplinare abbia preso in considerazione il Comune di Limone Piemonte per farne il beneficiario di un diritto ovvero se tale clausola sia stata inserita a protezione dell'interesse generale al buon regime delle acque e sia stata ispirata dall'esigenza di tutelare l'interesse, anch'esso non individualizzato, connesso all'importanza turistica del predetto Comune. L'alternativa deve essere sciolta nel primo senso, non soltanto perch intesa in un significato diverso la clausola sarebbe priva di valore concreto, ma soprattutto perch la sua formulazione letterale -vista in rapporto alle clausole precedenti del disciplinare -esprime a chh1.re note la volont dell'Amministrazione concedente di considerare direttamente e specificamente (in particolare) le esigenze del Comune quale centro turistico e di garantirgli -mediante un comportamento posto a carico del Consorzio e avente ad oggetto l'astensione da una utilizzazione dell'acqua in misura tale da intaccare il fabbisogno del Comune - la portata d'acqua sufficiente per il lavaggio del1e fognature e per gli altri usi igienici e civHi dell'abitato . Quanto, poi, al secondo motivo dell'appello incidentale il Tribunale regionale non ha dato rilevanza ad un ipotetico consenso prestato dal Consorzio al fine di ampliare la misura del diritto del Comune, ma, alla PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI luce delle indagini compiute dal consulente tecnico d'ufficio, ha accertato in quali limiti la compatibilit tra i due diritti (quello del Comune e quello del Consorzio) potesse sussistere, giovandosi, a tal fine, come nel suo potere, dei riconoscimenti e delle ammissioni che le parti avevano fatto in esito alle risultanze di quelle indagini. Si deve, pertanto, escludere che il Tribunale regionale abbia in tal modo alterato la concessione e il relativo disciplinare, posto che da questi -come si detto -sorgeva un diritto del Comune e che il contenuto di questo diritto, commisurato all'uso attuale dell'acqua, in quanto veniva correlativamente a limitare il contenuto del diritto concesso al Consorzio, in mancanza di obbiettive precisazioni da parte della P.A. concedente, pu ben formare oggetto di accertamento giudiziale. Non pu, infatti, inibirsi al giudice di stabilire se la clausola di salvaguardia prevista dal disciplinare possa concretamente operare ed entro quali limiti il Consorzio debba contenere lo sfruttamento dell'acqua del torrente perch quella clausola possa dirsi in fatto osservata. Se si riconosce con i Ministeri appellati che rientra nella facolt del Consorzio procedere ad una autolimitazione del proprio diritto, questo, attraverso il nesso stabilito dalla clausola di salvaguardia, determina un correlativo ampliamento della sfera del diritto del Comune, sempre che siano rispettati i limiti (il che non viene neppure in discussione) della portata d'acqua concessa all'utente. N pu dirsi che il contenuto del diritto del Comune, in conformit delle risultanze della consulenza tecnica, sia stato determinato in misura eccessiva sia sotto il riflesso che il consulente ha calcolato il fabbisogno potabile (che, per quanto si dir in sede di esame dell'appello principale, non andava considerato) sia sotto l'ulteriore riflesso che si fatto riferimento, invece che alla popolazione esistente in atto, ad una popolazione meramente ipotetica (e, comunque, all'incirca raddoppiata rispetto a quella attuale). Sul punto manca, intanto, un'impugnazione da parte del Consorzio; e poich l'eventuale eccesso nella determinazione del contenuto del diritto del Comune si traduce in un danno esclusivamente per il Consorzio, i Ministeri non possono al riguardo muovere una contestazione che rientrerebbe nel novero delle eccezioni de iure tertii. Inoltre, gli appellanti in via incidentale non hanno fornito una motivazione specifica della loro doglianza sicch il tema sopra accennato non pu costituire oggetto di esame i.n questa sede. Si aggiunga, infine, che l'Amministrazione concedente, se ravvisa nel comportamento del concessionario un'esorbitanza rispetto alle facolt che il provvedimento ha costituito in capo a quest'ultimo, ha a disposizione gli strumenti d'indole amministrativa per sanzionare quel comportamento. -(Omissis). SEZIONE OTTAVA GIURISPRUDENZA PENALE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 28 aprile 1975, n. 922 -Pres. Muscolo - Rel. Iannaccone -P. M. conf. Rie. Villani. Procedimento penale -Esecuzione penale -Sequestro penale -Revoca In genere -Procedimento incidentale -Sindacato sulla fondatezza dell'incolpazione -Esclusione. Procedimento penale -Sequestro di cose pertinenti al reato -Costruzione edilizia abusiva e relative attrezzature -Sequestro per esigenze istruttorie o come misura di polizia giudiziaria -Legittimit -Istanza di revoca del sequestro -Provvedimento del giudice -Motivazione specifica -Necessit. Nel procedimento incidentale relativo alla legittimit del sequestro di una cosa, non pu sindacarsi la fondatezza dell'incolpazione che oggetto del procedimento principale, ma il giudice deve limitarsi a verificare se il provvedimento risponda alle norme che ne consentono o ne impongono l'emissione, se sia tuttora ri~pondente alle esigenze processuali, se la sua esecuzione sia avvenuta sulle cose indicate nell'atto e se questo sia affetto da vizi che ne producano la nullit. Il giudice pu legittimamente disporre il sequestro di una costruzione edilizia abusiva e delle relative attrezzature, sia per esigenze dell'istruttoria penale, sia come misura di polizia giudiziaria diretta ad impedire la prosecuzione del cmportamento antigiuridico in atto,-11?-a quando sia chiamato a deliberare su un'istanza di. revoca della misura, il giudice deve decidere in concreto a quale specifica funzione processuale debba rispondere la conservazione ulteriore del vincolo (1). (1) Cass. III, 21 giugno 1974, n. 1410 rie. Urraro n. 129227; in materia di sequestro di immobili costruiti in violazione delle norme sulla tutela delle cose di interesse storico e artistico e delle bellezze naturali, Cass. 11 novembre 1971, n. 2690 in I giudizi di costituzionalit e il contenzioso dello stato negli anni 19711975, III, pag. 933. I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. IV, 23 gennaio 1976, n. 154 -Pres. ForIenza -Rel. Dore -P. M. Moscarini (conf.) -Rie. P.M. in proc. Romano. Reato -Contravvenzioni -Concernenti l'inosservanza dei provvedimenti di polizia -Ordine di presentarsi alla polizia stradale per presentare la patente di guida -Facolt di nou rispondere -Compatibilit. L'inosservanza dell'ordine di presentarsi all'autorit di P.S. integra gli estremi del reato di cui all'art. 650 cod. pen. La mancata presenta ~ . I PARTE .I, 8E2;. VIII, GIURJSPRUDE~.!:',ENALE 195 zione non pu identificarsi con la facolt dell'indiziato di non rispon dere alle domande degli inquirenti. Infatti tale facolt non comporta il diritto di non presentarsi, para lizzando l'attivit della polizia giudiziaria e le funzioni istituzionalmente demandatele, sia in relazione alla necessit di identificazione dell'indi ziato, sia in relazione ad ogni altro accertamento circa gli elementi di prova del reato. (Fattispecie in tema di omessa presentazione alla polizia stradale per esibire la patente di guida) (1). II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. VI, 22 giugno 1976, n. 7345 -Pres. Velot.ti - Rel. Caputo -P. M. (conf.) -Corrias rie. Torraco. Reato Reati contro l'ordine pubblico -Contravvenzioni Concernenti l'inosservanza dei provvedimenti di polizia Per ragioni di giustizia Fattispecie. I provvedimenti dati per ragioni di giustizia, ai sensi dell'art. 650 cod. pen~. sono quelli diretti a rendere possibile e pi agevole l'attivit del giudice o della polizia giudiziaria. (1) Giurisprudenza pacifica, v. recentemente nello stesso della massima, perfettamente corrispondente alla ratio della norma ed alla natura del bene protetto, Cass. 26 aprile 1975, n. 1479 (m. 129.932). Viceversa stato affermato, in conformit alla natura di reato sussidiario (v. Cass. 28 agosto 1975, n. 8416, m. 130.676) della fattispecie prevista dall'art. 650 c.p., che non integra questa contravvenzione, ma il reato di cui all'art. 163 del t.u. delle leggi di pubblica sicurezza, l'inosservanza dell'ordine di presentazione all'autorit del luogo di residenza da parte di chi vi sia destinato con foglio di vfa obbligatorio (v. Cass. 18 febbraio 1977, n. 2872, massima 135.354). (2) In tema di contravvenzione a norma dell'art. 650 c.p. La sentenza ripete un principio pi volte affermato dalla dottrina e dalla giurisprudenza e che non pu non trovare consensi. i! pacifico infatti che le ragioni di giustizia o di sicurezza, o d'ordine pubblico o d'igiene previsti nella fattispecie astratta costituiscono un'elencazione tassativa in applicazione del principio di nominativit che domina il diritto penale e che oggetto proprio della tutela penale delle contravvenzioni ' previste neUa Sez. I, del capo I, del titolo I, del libro III del Codice penale l'ordine pubblico e la tranquillit pubblica intesi in senso generico; pertanto, come pacifico nella giurisprudenza penale e nella dottrina, non pu concretare il reato in discorso un fatto che non concerna in alcun modo lo stesso ordine pubblico, ancorch possa riguardare la giustizia, la sicurezza e l'igiene. In particolare, per quanto riguarda la ragione di giu.stizia >>, stato ripetutamente affermato che i provvedimenti tipici del giudice (sentenza, ordinanza e decreto) non possono essere presi in considerazione agli effetti dell'art. 650 c.p. sia perch non riguardano un interesse generale, o, quando lo riguardano, non concernono quell'ordine pubblico in senso lato che cos~ituisce l'oggetto generico RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Rientra in tali provvedimenti l'invito rivolto dai carabinieri ad un cittadino a presentarsi in caserma per sollecitargli gli adempimenti previsti dall'art. 59 del codice della strada per il trasferimento di propriet di un autoveicolo (2). della tutela penale rispetto alla smj.petta contravvenzione (e ci vale soprattutto per la giurisdizione amministrativa, preposta, attraverso la tutela degli interessi legittimi occasionalmente protetti, alla tutela della legittimit dell'azione amministrativa che , all'evidenza, cosa ben diversa dall'ordine pubblico), sia perch la punibilit della loro inosservanza specificamente preveduta e limitata a determinati casi (art. 388, 509 c.p.) (v. MANZINI, Dir. pen. cit. nell'edizione rivista da NUVOLONE, art. 650 c. p. 29; ANTOLISEI -Manuale, II, p. 676; Cass. 2 ottobre 1973 in Cass. Pen. Mass. Ann., 1974, 1105 massima 1725; v. anche l'abbondante giurisprudenza citata in MANZINI, loc. cit.). e vero che una sentenza della IV Sezione del Consiglio di Stato (15 marzo 1974, n. 245 in Il Consiglio di Stato 1974, I, 451), ha affermato che la violazione dell'ordine di sospensione dell'atto amministrativo comporta responsabilit penale ex art. 650 c. p., ma anche vero che tale isolata decisione non ha affrontato ex professo il problema in quanto la questione fondamentale sulla quale quel giudice era stato chiamato a decidere concerneva l'applicabilit, all'ipotesi dell'ordinanza di sospensione, del ricorso di ottemperanza per l'esecuzione del giudicato previsto dall'art. 27 n. 4 del t.u. 26 giugno 1924, n. 1054. Il Consiglio di Stato, escludendo tale possibilit con ampia motivazione, ha poi conclusivamente affermato, evidentemente ignorando l'elaborazione della dottrina e della giurisprudenza penali, che: Naturalmente, se l'atto sospeso viene portato a esecuzione, dopo che si avuta conoscenza dell'ordinanza di sospensione emessa dal giudice amministrativo, colui che agisce, incorre in responsabilit penale ai sensi dell'art. 650 c. p. . Quell'avverbio motivazione del tutto inidonea a render convincente l'affermazione che segue, tanto pi se si consideri perch mai l'ordinamento dovrebbe garantire con la maggior gravit della sanzione penale l'esecuzione di un provvedimento transitorio e meramente sospensivo e semplicemente con il ricorso ad un'azione giudiziaria di tipo privatistico, l'esecuzione di un provvedimento definitivo d'annullamento. V. nello stesso della massima che si annota, Cass. 10 maggio 1975, n. 4873, massima 129.992. Un'esigenza, spesso trascurata in provvedimenti che non rientrano in astratto nella previsione normativa dell'art. 650 c. p., quella della motivazione, sia per succinta. La norma di cui all'art. 650 c.p., nel punire il comportamento di chi non osserva un provvedimento legalmente dato dall'autorit per ragioni di giustizia, di sicurezza ecc., non solo indica tassativamente le ipotesi d'applicabilit della norma stessa, ma richiede l'espressa motivazione delle ragioni: il provvedimento cio deve non soltanto risultare in se stesso determinato dalle ragioni descritte nella fattispecie astratta, ma il motivo che lo informa deve essere altres conosciuto e compreso dal suo destinatario. Ci significa che il provvedimento deve essere formalmente motivato non solo mediante la generica ragione che lo determina, ma altres con l'indicazione sommaria del motivo specifico del provvedimento medesimo. Non v' dubbio invece che spesso i provvedimenti o non recano alcuna motivazione, o indicano frasi generiche come per motivi che lo riguardano (ad es. in taluni provvedimenti di P. S. che invitano il cittadino a comparire innanzi al Commissariato) o ricorrendo i presupposti di legge il che non che una finzione di motivazione. Se si dovesse ritenere sufficiente soltanto l'enunciazione generica della ragione del ~: 1: I ! f - f PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 197 provvedimento , -si legge in una vecchia ma magistrale decisione della Cassazione citata da MANZINI op. cit. p. 27 -Ǐ manifesto che l'autorit potrebbe in menzione di tale ragione, esigere obbedienza a qualsiasi provvedimento arbitrario, eludendo la legge o ingannando il singolo, poco importando, per chi ha prestata la non dovuta obbedienza, la responsabilit di chi ha dato il provvedimento abusivo. D'altra parte, se si ammette il diritto di sindacato del singolo sulla legalit non solo formale, ma anche sostanziale del provvedimento, necessario riconoscere che si debbono fornire al singolo stesso gli elementi indispensabili per l'esercizio di tale diritto. Se realmente sussiste la suddetta ragione del provvedimento, nessun serio motivo pu esservi per non enunciarla, sia pure nel modo pi sommario; e se un pubblico ufficiale per noncuranza o per tracotanza omette di motivare i propri provvedimenti come si conviene nelle relazioni con uomini liberi, deve dare colpa a s stesso se non viene obbedito . Questa esemplare affermazione giurisprudenziale stata costantemente ribadita dalla successiva giurisprudenza sino alla recente decisione della Cassazione 5 novembre 1973 in Cass. Pen. Mass. ann. 1975 p. 156, massima 64 (per la giurisprudenza precedente dal 1905 al 1957, v. citata in nota a MANZINI, op. loc. cit.). ( Omissis). Ancor pi recentemente, la Cassazione (Sez. VI, 25 agosto 1975, n. 8420, massima 130.682) ha affermato che perch si configuri la contravvenzione di cui all'art. 650 cod. pen. necessario che il provvedimento dell'autorit si fondi su ragioni di giustizia o di sicurezza o d'ordine pubblico o d'igiene. Ne consegue che il sindacato del giudice penale deve tendere ad accertare l'effettiva esistenza di tale presupposto. (Nel caso di specie l'imputato, in occasione di una cerimonia ufficiale in commemorazione dei caduti, si era rifiutato di osservare l'ordine di allontanamento impartito dall'autorit sul presupposto che la presenza dello stesso, che portava con se una bandiera italiana con lo stemma sabaudo, creava una situazione di pericolo per l'ordine pubblico. La sentenza impugnata aveva escluso il reato considerando che non era emerso in modo inequivoco il pericolo di turbamento dell'ordine pubblico. La Corte di cassazione nel rigettare il ricorso del P. M. ha enunciato il principio di cui sopra). PAOLO DI TARSIA I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. V, 23 marzo 1976, n. 555 Pres. Ianiri Rel. Pennacchia -P. M. Capecelatro (conf.) Rie. Morg~ri. Procedimento penale Atti di polizia giudiziaria -Attivit esercitata motu proprio dalla polizia giudiziaria -Necessit -Esclusione. L'attivit della polizia giudiziaria esercitata motu proprio non pu essere considerata attivit istruttoria vera e propria, conseguentemente non sussiste alcun obbligo di preventiva comunicazione giudiziaria agli interessati prima dell'inizio di tale attivit (1). (1) La norma dell'art. 225 c.p. nell'ultima versione attuata con la 1. 14 ottobre 1974, n. 497, non sembra legittimare questa conclusione, basata su una distinzione dell'attivit della Polizia giudiziaria che non nella lettera, n nella ratio dell'articolo (v. in proposito FossoNE, Le nuove sommarie indagini di polizia giudiziaria -ovvero l'art. 7 della legge 14 ottobre 1974, n. 491, in Riv. it. dir. proc. pen., 1975, p. 159). In effetti il potere riconosciuto dall'art. 225 c.p.p. RASSEGNA DELL'AV:VOCATURA DEllO STATO II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. V, 26 marzo 1976, n. 601 -Pres. Passanisi - Rel. Russo -P. M. De Matteo (conf.) -Rie. Rossica. Procedimento penale -Assegno bancario emesso a vuoto -Acquisizione agli atti da parte dei pretore -Natura di atto istruttorio -Esclusione Comunicazione giudiziaria -Non dovuta. Non costituisce atto istruttorio e non obbliga quindi all'adempimento della comunicazione giudiziaria, la semplice acquisizione agli atti dell'assegno bancario emesso a vuoto trasmesso dal notaio che ha elevato il protesto (2). agli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, quando vi sia necessit ed urgenza di raccogliere le prove o di conservarne le tracce, un potere autonomo, che non deriva la possibilit del suo esercizio da un atto propulsivo del magistrato d indubbiamente attivit istruttoria quando consiste nel raccogliere le prove , Non v' dubbio che l'acquisizione delle prove sia atto d'istruzione, tanto che altre volte stato ritenuto che in questo :momento deve essere data la comunicazione giudiziaria (Cass. 15 novembre 1972, in Cass. Pen. Mass. Ann. 1976, p. 183, m. 169) e del resto l'art. 225 c.p.p. detta espressamente che nel corso delle indagini di polizia giudiziaria si osservano le norme nell'istruzione formale. Tuttavia, in base alla considerazione -frutto a sua volta di una inter pretazione restrittiva della norma -che l'obbligo di dare l'avviso di procedimento previsto solo a carico del magistrato dell'art. 304 c.p.p. la giurisprudenza e la dottrina dominanti sono nel senso della massima (v. Cass. 9 ottobre 1974, in Ca.ss. Pen. Mass. Ann. 1976, 227, m. 135; 7 febbraio 1974 ivi 1975, 1188, m. 156~; CoRDERO, Procedura penale, 1974, p. 391; contra: v. TAORMINA, Riflessioni nell'avviso di procedimento in Arch. pen. 1972, I, p. 320). (2) Per quanto concerne la ratio della norma che impone la comunicazione giudiziaria ed il momento in cui l'obbligo sorge, v. Cass. 14 maggio 1973, in Cass. pen. Mass. Ann. 1974, 197, m. 166. CORTE DI ASSISE DI CATANZARO, ord. 19 gennaio 1977 -Pres. Scuteri -Est. Antonini -proc. pen. c. Valpreda, Preda, Giannettini ed altri. Procedimento penale -Responsabile civile -Comunicazione giudiziaria Omissione -Esclusione del responsabile civile dal processo -Insussistenza -Nullit degli atti -Non sussiste. L'omessa comunicazione giudiziaria del responsabile civile non de, termina alcuna nullit, n comporta l'estromissione dal processo del responsabile civile (1). (1) La Corte d'Assiste di Catanzaro ha ritenuto di dover decidere nel modo sopra riportato la vexata questio delle conseguenze derivanti dall'omissione della notificazione della comunicazione giudiziaria al responsabile civile, :: f PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 199 (Omissis). -Sull'eccezione con la quale l'Avvocatura dello Stato ha chiesto l'esclusione dal processo del Ministero della Difesa, citato quale responsabile civile per i fatti di strage ascritti all'imputato Giannettini Guido; dato atto che il Ministero della Difesa non risulta essere stato destinatario, nell'anzidetta qualit, di alcuna comunicazione giudiziaria ai sensi dell'art. 304 c.p.p. nel corso della fase istruttoria; rilevato, tuttavia, che alfa lamentata omissione della sopra indicata comunicazione giudiziaria, la legge processuale non ricollega alcuna conseguenza che importi l'esclusione del responsabile civile; rilevato, in particolare, che la nullit prospettata dall'Avvocatura dello Stato con riferimento all'art. 111 c.p.c. attiene solo ad omissioni ed erronee indicazioni concernenti in modo specifico l'atto di citazione del responsabile civile e non pu, quindi, considerarsi estesa, in difetto di espresse disposizioni legislative ed in ossequio al principio della tassativit delle cause di nullit sancita dall'art. 184 c.p.p., alla diversa ipotesi che riguarda l'obbligo della comunicazione giudiziaria; ritenuto, quanto alla natura del rapporto retribuito intercorso tra il Giannettini e la Pubblica Amministrazione, che trattasi di questione di merito da risolversi con la sentenza definitiva del procedimento e che estranea all'esame di mera ammissibilit imposto nell'attuale momento processuale; P.Q.M. rigetta l'eccezione ed ordina procedersi oltre nel dibattimento. a norma dell'art. 304 c.p. Come gi stato riferito in questa Rassegna (1974, I, p. 1502) il Tribunale di Roma andato invece in contrario avviso, avendo ritenuto che la sostanziale violazione dei diritti della difesa poteva trovare una sua sanzione nell'interpr.etazione estensiva dell'art. 111 c.p.p. senza violare il principio della tassativit delle nullit penali. Sulla questione, non risulta che si sia pronunciata la Suprema Corte di Cassazione. PARTE SECONDA QUESTION1 Appunti in merito alla purgazione coattiva delle ipoteche 1. -Con la sentenza del 29 maggio 1976, n. 1946 (1), per la prima volta, la Corte di Cassazione si cimentata con il disposto dell'art. 2867 del Codice civile, ove disciplinato il tema della cd. purgazione coattiva dell'ipoteca: la coazione si riflette - agevole desumerlo -nei rapporti tra dante causa e terzo acquirente del bene ipotecato che abbia trascritto il proprio titolo e sia ancora debitore della somma. I creditori iscritti contro l'alienante possono -nella sistematica della norma -obbligare il terzo acquirente, indipendentemente da un accollo di debito ipotecario, al pagamento in loro favore della somma di cui il terzo risulti ancora debitore, secondo i rispettivi gradi: l'azione pu essere promossa da ciascun creditore quando la somma sia attualmente esigibile o basti a soddisfare tutti i creditori iscritti (art. 2867, primo comma); o dalla collettivit dei creditori, in accordo fra loro, qualora la prestazione del terzo sia non attualmente esigibile, oppure minore o diversa da quanto realmente dovuto (art. 2867, secondo comma) (2). In ogni caso, realizzatasi la surroga, l'immobile liberato dalle ipoteche, in coerenza con la funzione che la legge assegna alla purgazione: cadrebbe altrimenti la ragione di evitare che il terzo subisca l'espropriazione. Nella specie concreta, verificatosi il perimento in senso giuridico dell'immobile ai fini dell'esproprio, con il passaggio di esso al patrimonio di un Ente pubblico, si poneva l'ulteriore problema circa la sussistenza dei requisiti di applicabilit della purgazione coattiva: problema che il S.C. ha risolto in senso positivo. Quest'ultima, come le altre affermazioni contenute nella sentenza richiamata, circa la personalit dell'azione e la sua autonomia dalla surrogatoria, cos come disciplinata dall'art. 2900 e.e., necessitano forse di ulteriori verificazioni. 2. -Il profilo personale, e non reale, dell'azione in discorso, sostenuto dalla pi accreditata dottrina attuale, contrariamente a quella sviluppatasi sotto l'impero del Codice 1865: la Relazione al Progetto Pisanelli giustificava infatti la norma dell'art. 2023 (corrispondente all'art. 2867 del Codice attuale) nell'intento di evitare una possibile collusione tra terzo possessore dell'immobile -pentito del suo acquisto -e creditore, che intentava l'azione ipotecaria al fine di ottenere l'espropriazione del bene e la vendita di essi ad un prezzo inferiore al suo valore reale, da distribuire poi fra tutti gli altri creditori (3). Ragione vuole -concludeva il Pisanelli -che gli altri creditori possano ci impedire quando, avendo un interesse opposto, si offrano di cancellare tutte le ipoteche, e di adempiere, in tal modo, essi medesimi alle obbligazioni del venditore, rinunciando al pacifico possesso della cosa'" (!) Pubbiicata per esteso in questa Rassegna, 1976. (2) GoRLA G., Del pegno e delle ipoteche, in Commentario a cura di ScIALOJA e BRANCA, Bologna, 1962, 387, che pone la norma in esatto parallelo con l'art. 553 c.p.c. (3) Pu leggersi in GORLA, del pegno e delle ipoteche, cit. 383. 15 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 2 La suggestione della costruzione prospettata, indusse la dottrina di allora ad accettare l'idea della realit dell'azione, traendovi argomenti dal potere di sequela concesse ai creditori ipotecari, che potrebbero addirittura esperire l'azione di purgazione nei confronti dell'ulteriore proprietario del bene ipotecato, avente causa dal terzo acquirente, stante la trascrizione richiesta dal 2023 e.e. (4). E, del resto, anche il Mortara, pur criticando il fondamento dell'istituto, posto, a suo credere, pi in un singolo caso di pratica professionale, che in un principio generale, e la scarsa utilit pratica dell'art. 2023, per le rarissime applicazioni che esso riceve (5) esprime la convinzione che l'azione prevista dalla norma ha carattere strettamente reale. Essa, infatti... sorge per i creditori dal diritto ipotecario, giacch il diritto di agire nasce dall'ipoteca ed legittimato da essa (6) in quanto, per virt della medesima, il prezzo si considera destinato per intero a soddisfare le ragioni dei creditori; la realit della purgazione risulterebbe poi evidente dalla persona del legittimato passivo, che sempre e comunque il proprietario attuale del -bene, senza che sia dato rivolgersi contro i possessori intermedi, anche se abbiano trascritto il titolo. Questa in breve, l'opinione dominante: ma non deve credersi pacifica; una lontana sentenza della Cassazione di Firenze (7) ebbe invece ad affermare il carattere personale dell'azione, e l'affermazione venne poi condivisa dal Coviello (8), che vide nel potere di obbligare il terzo alla purgazione da parte dei creditori iscritti, l'esercizio della stessa azione del dante causa, che di carattere personale, perch mette capo alla stessa azione di compravendita, di natura contrattuale (9). L'impostazione venne poi condivisa dal Rubino (10), che individua il fondamento dell'azione proprio nell'intentio legis di agevolare i creditori ipotecari, consentendo loro di ricavare direttamente il prezzo della vendita nei confronti dell'alienante, che, dal canto suo, vede estinguersi il credito nei confronti del terzo, unitamente alla sua liberazione dalla garanzia per evizione conseguente al cadere del vincolo ipotecario (11). Il diritto esercitato dal creditore iscritto -conclude il Rubino -no~ pertanto il credito ipotecario, che non si rivolge contro il terzo, n la pura e semplice ipoteca che non configurabile senza un credito... ma proprio il credito personale dell'alienante, con le modalit e i limiti suoi originari, sic ch l'azione non ha carattere reale (12). Sul connotato della personalit dell'azione comunque schierata la pm recente dottrina, da considerarsi ora prevalente: dal Maiorca (13), il quale, pur rilevando il carattere intrinsecamente contraddittorio dell'istituto -la purgazione dipende per sua natura da un potere concesso dalla legge al terzq (4) FRANCESCHELLI R., L'ipoteca come diritto reale, Riv. dir. Comm. 1938, 286. (5) MORTARA L., Commentario del Codice e delle Leggi di procedura civile, Milano, 1910, voi. V, 426-427. (6) MORTARA L., !oc. cit. (7) Cass. Firenze 28 dicembre 1893, con nota favorevole di TARTUFAR!, in Temi Veneta, 1894, 209. (8) COVIELLO L., Delle ipoteche, Napoli 1928, 339. (9) Identico avviso esprime il MELUCCI P., Il sistema ipotecario nel diritto civile italiano, Napoli, 1893, 296. (10) RUBINO D., L'ipoteca, Commentario al Codice civile diretto da Crcu e MESSINEO, Milano 1956, 468. (11) RUBINO D., L'Ipoteca, cit. 468. (12) RUBINO D., L'Ipoteca, cit. 468. (13) MAIORCA. PARTE II, QUESTIONI acquirente, e pertanto non ne concepibile l'esercizio coatto -finisce per ammetterne il carattere personale; al Gorla (14), che deduce la natura personale della purgazione dal suo effetto pratico, vale a dire l'obbligo del terzo di pagare il prezzo ai creditori iscritti, pena il diritto di costoro a soddisfarsi su tutti il suo patrimonio, e non soltanto sul bene ipotecato. 3. -Il panorama di dottrina , come si vede, abbastanza vario: ma altrettanta diversit di concezioni si riscontra anche con riferimento alla qualificazione dell'azione prevista dall'art. 2867 Cod. civ., anche se pare possa ammettersi una sostanziale unanimit ad escluderne l'identificazione con l'azione surrogatoria prevista dall'art. 2900. Un'affermazione in tal senso comunque reperibile nell'opera del Coviello (15) quando ne riconduce gli schemi a quelli di una vera e propria surrogatoria, modificata soltanto sotto l'aspetto della legittimazione attiva, dall'esi. stenza dell'ipoteca, per cui si puntualizza nei soli creditori iscritti; ed, antecedentemente il Mortara ne ricollega gli effetti all'art. 1234 del Codice 1865 (azione surrogatoria) in un rapporto di genus a species, nel senso che... l'art. 2030 disciplina ed attua, per un caso speciale, il principio generale scritto nell'art. 1234 (16). Ma gi altri avvertiva che, pur essendo evidente la difficolt di conte stare il rapporto di derivazione tra le due norme, si presentava facile inficiare la natura surrogatoria della purgazione coattiva, non foss'altro per la esclu sione dei creditori chirografari dal concorso con quelli ipotecari (17). E, successivamente, il Distaso, sempre al fine di escludere la presenza di elementi della surrogatoria, ebbe a rilevare che la legittimazione attiva spetta comunque al creditore ipotecario, e ci anche quando il soggetto verso cui si riVolge l'azione non sia un suo debitore personale, ma terzo acquirente egli stesso: ci risulta dalla ragion pratica dell'istituto, di evitare il rilascio del bene in danno del creditore stesso (18). Del fine caratterizzante l'azione di purgazione coattiva, volta allo esclu sivo soddisfacimento del diritto del legittimato, cui il pagamento va eseguito direttamente , e, pertanto in modo incompatibile con l'azione surrogatoria, parla anche il Rubino, qualificandola, a sua volta, una fattispecie di legitti mazione primaria all'esercizio di un diritto altrui, che troverebbe causa nella speciale tutela concessa dalla legge al credito ipotecario (19). Condivide questa opinione anche chi, con diversa motivazione, adduce l'in differenza per il terzo acquirente della persona cui il prezzo va corrisposto, e lo sfavore della legge nei confronti del rilascio del bene ai creditori, visto come un mezzo per eluderne, sul piano sostanziale il diritto all'integrale sod disfazione (20). Queste ultime spiegazioni, che fanno riferimento all'aspetto pratico pi che giuridico del fenomeno, non appaiono del tutto appaganti; pi che chiarire, sembrano infatti eludere il problema di un inquadramento teorico dell'istituto, come emerge all'evidenza tra gli autori che ne ravvisano... una ipotesi in cui la legge, sulla base di due rapporti di credito, nei quali il soggetto passivo dell'uno soggetto attivo dell'altro, attribuisce al creditore qualcosa in pi (14) GoRLA G., Del pegno e delle ipoteche, cit. 382 e segg. (15) Covrnu.o L., cit. 376. (16) MORTARA L., cit. 426. (17) FRANCESCHELU R., op. cit. 123. (18) DISTASO, cit. 123. (19) RUBINO D., cit. 469. (20) GoRLA G., cit. 385. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 4 dl una semplice legittimazione ad esercitare il diritto del proprio debitore (21). La connessione tra le posizioni di debitore e creditore sarebbe causale, pertanto, e non semplicemente occasionale, come nell'azione surrogatoria. 4. -Di fronte ad opinioni talmente varie e divergenti tra loro, appare difficile; almeno a prima vista, condividere le opinioni affermate dalla Cassazione, che, dal canto suo, trovandosi per la prima volta di fronte all'interpretazione della norma, ha preferito attenersi alla dottrina pi accreditata, oltre che numericamente prevalente, pur limitandosi ad affermare il carattere personale e non surrogatorio dell'azione di purgazione coattiva, senza per -esattamente a nostro avviso -entrare nella questione della sua qualifica sul piano teorico, di rilevanza, peraltro, prevalentemente dottrinale. Ad un attento esame, comunque, non pare giusto discostarsi da questa direttiva, considerato il carattere e la natura dell'azione ex art. 2867 Cod. civ. Sotto il primo profilo, l'unico modo per attribuire un senso alla disposizione, pare proprio considerare l'azione relativa in un'ottica personale e non reale: l'espressa previsione del divieto di rilascio del bene ai creditori (come limite alla responsabilit cd. di cosa per il terzo acquirente) al fine di sottrarsi agli obblighi gravanti nei confronti di questi ultimi, ed anzi il vincolo dell'intero patrimonio del terzo alle loro ragioni, costituiscono un primo, ma irrefutabile indice della caratteristica di personalit impressa dal legislatore all'azione di purgazione coattiva. Altri indizi a favore, possono trarsi dalla disciplina dell'opponibilit delle eccezioni ai creditori iscritti, che saranno solo quelle derivanti dai rapporti intercorsi tra il terzo acquirente ed il proprio dante causa. Infine, nel caso di rifiuto di pagamento da parte del terzo, il creditore iscritto si trova sempre e comunque privo di titolo in base a cui procedere nei confronti di quest'ultimo (che l'ipoteca si rivolge sempre nei confronti del datore e non del bene in s), e sar costretto ad intentare un normale giudizio di cognizione, diretto ad ottenere una ordinaria sentenza di condanna contro il terzo, senza poter esproprfare direttamente il bene, come invece concesso dall'art. 2858 al .creditore ipotecario, avverso il proprio datore d'ipoteca. A poco rileva, perci, l'espressa previsione della legge della trascrizione del titolo in qualit di condizione dell'azione, all'art. 2867, primo comma: a parte la svalutazione dell'istituto dei registri immobiliari quale mezzo di individuazione della posizione sostanziale, da porre in luce che la rilevanza della trascrizione si limita alla sola individuazione del soggetto passivo dell'azione di purgazione, e che in tema di diritti reali immobiliari il criterio dominante nell'insieme del Codice per individuarne i soggetti titolari, sta proprio nella trascrizione. Non perci difficile pensare che l'inciso della norma sia dovuto non tanto ad un'effettiva voluntas legis di caratterizzare l'azione, quando ad un modus operandi tralatizio del legislatore. 5 -Pi delicato diviene il discorso quando poi si tratta di qualificare in senso vero e proprio l'azione di purgazione coattiva, inquadrandola tra gli istituti desunti dalla dottrina, o, concludendo per l'impossibilit di una classi ficazione di questo genere, accontentandosi di soluzioni prettamente negative come pare che si pu desumere dalla lettura della sentenza, anche se - (21) NrcoL R., Della conservazione della garanzia patrimoniale, Commentario al Codice civile diretto da Scialoja e Branca, Bologna 1953, 53-54. ................-.........,-..r..rcr...,-r.-..-......:....).......!..:.........::..-.......-..,,f." ᥥ--ᥥ,,,,.....-,..,.... ...,.,.,,.,...,. . ...-. PARTE II, QUESTIONI da rilevare -bisogna ammettere che la Cassazione ha coerentemente operato, non essendo suo compito impegnarsi in definizioni dottrinali. Favorevole all'accostamento della purgazione coattiva con l'azione surrogatoria, anche se modificata sotto l'aspetto soggettivo della legittimazione, si dimostra il Coviello (22) che identifica la ratio dell'art. 2023 Cod. civ. 1865 soltanto nella necessit di chiarire, da parte del legislatore, la modificazione nella legittimazione ad agire, rispetto all'art. 1324: riguardo al quale solo una norma espressa poteva attribuire... direttamente ai creditori il diritto di esigere il prezzo per soddisfarsi dei propri crediti, ma limitando allo stesso tempo tale diritto ai soli creditori ipotecari. L'inquadramento non sembra per del tutto convincente; i creditori iscritti legittimati non sono soltanto quelli del debitore ipotecario che alieni al terzo, ma tutti quelli iscritti contro il precedente proprietario, che pu essere dunque anche un terzo acquirente intermedio: quindi i creditori iscritti non esercitano -contrariamente al disposto dell'art. 2900 e.e. -un'azione che sarebbe spettata esclusivamente al loro debitore (23). Neanche appaganti possono poi considerarsi le illazioni che riconducono l'azione in discorso a quelle connesse all'ipoteca... giacch il diritto d agire nasce dall'ipoteca ed legittimato da essa (24) , essendo il prezzo convenuto, per virt dell'ipoteca stessa, destinato per intero a soddisfare le ragioni dei creditori iscritti. .A parte l'incongruenza di raccordare siffatta conclusione con l'altra circa la natura personale dell'azione di purgazione, rimane sempre la difficolt di conciliare il carattere di realit dell'ipoteca e la limitazione di responsabilit al valore della cosa, con il vincolo -comunemente ammesso anche dai sostenitori di questa opinione (25) -, dell'intero patrimonio, oltre ai beni ipotecati del terzo acquirente. Di fronte a simili difficolt di ricostruzione, ben motivata pare dunque presentarsi la spiegazione di chi ne riconduce il fondamento ad una connessione causale, esistente ab initio tra le due situazioni creditore-debitore e debitore- terzo : effetto della connessione si sostanzia, in ultima analisi, nell'attribuzione al titolare della prima. delle due situazioni della potest di interferire nella seconda (26). In sostanza, il legislatore intende avvalersi dell'interesse dei creditori iscritti, concedendo loro l'azione, nei termini di cui all'art. 2867, qualora il terzo si trovi ancora in stato di debenza del prezzo dell'immobile ipotecato, dato che per questo indifferente pagare il prezzo al venditore o ai creditori di lui, dato che lo deve comunque pagare (27). Finisce cos per derivare un certo favor legis per i creditori iscritti, specie se il valore dell'immobile sia ribassato rispetto al prezzo di acquisto: ma ci si attua senza alcun danno per il terzo acquirente, il cui intento di subire l'espropriazione (rifiutandosi di pagare l'ipoteca) non pu essere comunque favorito, dato il sospetto -sempre presente -che, quando ribassato il valore dell'immobile rispetto al prezzo, egli ben potrebbe acconciarsi a subire l'espropriazione, e poi ripetere l'intero prezzo di acquisto dal proprio venditore, in base alla garanzia per evizione (28). (22) COVIELLO L., cit. 379. (23) L'osservazione del Cossu, op. cit. 532. (24) MORTARA L., op. cit. 428; DISTASO, op. cit. 123. (25) DISTASO, op. cit. 124. (26) NICOL R., op. cit. 54. (27) GORLA G., op. cit. 385. (28) GORLA G., !oc. cit. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 6 Ma, se l'azione si considera volta all'immediato ed esclusivo soddisfacimento del diritto del legittimato, cui il pagamento va eseguito direttamente, con relativa estinzione del credito, nulla osterebbe a cons~derarla in qualit di fattispecie di attribuzione ad un soggetto di legittimazione primaria all'esercizio di un diritto altrui, come sostenuto da un'autorevole dottrina (29). La sostituzione soggettiva che si verifica con la richiesta al terzo, pur avvenendo non nella titolarit, ma solo nell'esercizio del credito, totale, sicch dal momento in cui essa si realizza, il credito rimane sottratto alla disponibilit dell'alienante l'immobile. Allo stesso modo in cui, una volta realizzatasi la sostituzione, divengono irrilevanti tutte le vicende che affettano il rapporto sottostante (nalogamente a quanto si verifica in altre ipotesi di questo genere, ad es.: nella delegazione) (30), del pari indifferente che lo stesso oggetto dell'ipoteca, e quindi l'ipoteca stessa venga meno a causa del perimento in senso fisico o giuridico del bene stesso. Bene allora ha ragionato la Cassazione, offrendo, in questo caso non solo un esempio di chiarezza interpretativa, ma .una valida via per la ricostruzione dommatica dell'istituto della purgazione coattiva. CESARE LAMBERTI (29) RUBINO D., op. cit. 470. (30) Cfr. MESSINEO, Manuale, III, cit. 219. LEGISLAZIONE QUESTIONI DI LEGITTIMIT COSTITUZIONALE I -NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI Legge 25 settembre 1940, n. 1424, art. 116, primo comma. Sentenza 29 dicembre 1976, n. 259, G. V. 5 gennaio 1977, n. 4. d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, limitatamente alla parte in cui considera inelegg,ibilri coloro che ricevono uno stipendio o salario da enti, istituti ,o aziende dipendenti, sovvenzionati o sottoposti a vigilanza del comune, che abbiano fatto venir meno questa situazione prima della convalida della elezione. Sentenza 20 gennaio 1977, n. 45, G. V. 26 gennaio 1977, n. 24. d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, limitatamente alla parte in cui considera ineleggibili coloro che, avendo .lite pendente con il comune, abbiano rinunciato al giudizio pr~ma della convalida de1la elezione. Sentenza 20 gennaio 1977,. n. 45, G. V. 26 gennaio 1977, n. 24. d.P. reg. Siciliana 20 agosto 1960, n. 3, limitatamente alla parte in cl.lii considera ineleggibilii coloro che ricevono uno stipendio o salario da enti, istituti o aziende dipendenti, sovvenzionati o sottoposti a vigilanza del comune, che abbiano fatto venir meno questa situazione prima della convalida della elezione. Sentenza 20 gennaio 1977, n. 45, G. V. 26 geIJJilaio 1977, n. 24. legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 2, secondo comma, lettera a. Sentenza 29 dicembre 1976, n. 263, G. V. 5 gennaio 1977, n. 4. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 205, .primo comma, nella parte in cui esclude che i lavoratori agrico1i autonomi di et superiore ai settanta anni siano soggetti all'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro. Sentenza 23 dicembre 1976, n. 262, G. V. 5 gennaio 1977, n. 4. d.P.R. 30 giugno 1967, n. 1523, nella parte in cl.lii dette norme, senza preve dere un indennizzo, consentono che i vincoli di dest:iinazione preordinati all'espropria2iione siano imposti sui beni di propriet privata dai piani regolatori delle aree e dei nuclei di svi,luppo fodustniale, disciplirnati dagli artt. 146 e 147 dello stesso testo unico, senza prefissione di un termine di durata. Sentenza 29 dicembre 1976, n. 260, G. V. 5 gennaio 1977, n. 4. legge 30 aprile '1969, n. 153, art. 9, nella parte in cui esclude dall'aumento del dieci p.er cento le pensioni aventi decorrenza posteriore al 31 dicembre 1968 e che sono st0ate liquidate secondo le disposizioni vigenti anteriormente al 1 maggio 1968. Sentenza 18 gennaio 1977, n. 37, G. V. 28 gennaio 1977, n. 24. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 8 legge 23 aprile 1969, n. 153, art. 23, nella parte d!n cui esclude che sia dovuto i.I trattamenrto minimo della pensione diretta per l'invalidit, a carico dell'I. N .P.S., ai titolari di pensione diretta a carico di amministrazioni dello Stato. Sentenza 29 dicembre 1976, n. 263, G. U. 5 gennaio 1977, n. 4. d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 30.1, nehla parte !in cui non prevedono la esclusione de1la confisca per le cose oggetto del reato di contrabbando che siano state illegittimamenite sottratte a terzi, quando tale sottra2iione risulti giudizialmente accertata. Sentenza 29 dicembre 1976, n. 259, G. U. 5 gennaio 1977, n. 4. legge 11 agosto 1973, n. 533, art. 1, nella parte in cui non dispone che l'avvenuto deposito del decreto presidenziale di fissazione dell'udienre di discussione sia comunicato aM'.appellante e che da taile comunicazione decorra il termine per la notificazione all'appellato. Sentenza 14 geraJJaio 1977, n. 15, G. U. 19 gennaio 1977, n. 17. legge 11 agosto 1973, n. 533, artt. 1 e 20, nella parte fil cui, con riguardo alle cause pendenti al momento dell'entrata in vigore della Jegge, non prevista Ja comunicazione anche ailla parte contumace dehl'ordinanza che fissa 'udienza di discussione ed il termine perentorio per l'integrazione degli atti. Sentenza 14 gennaiio 1977, n. 14, G. U. 19 gennaio 1977, n. 17. d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 69, primo comma, limitatamente all'inciso purch non gli spetti Ja pensione normale . Sentenza 20. gennaio 1977, n. 48, G. U. 26 gennaio 1977, n. 24. .d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, artt. 112 e 118, secondo . comma, nella parte in cui non prevede, per il caso di cui all'art. 133, secoodo comma, lettera e, dello stesso testo unico, la corresponsione, in aggiunta al maggiore trattamento di qU!i.escenza che sarebbe spettato sulla base del solo servizio precedente, di un trattamento supplementare di quiescenza per il successivo periodo di servizio, da liquidarsi secondo le vigenN disposiziioni, iimitatamente a quella parte di detto servizio, che, sommato al precedente, non oltrepassi il limite massimo pensionabile. Sentenza 29 dicembre 1976, n. 275, G. V. 5 gennafo 1977, n. 4. II -QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE codice di procedura civile, art. 409, nn. 4 e 5 (artt. 3, primo e secondo comma, 4, primo comma, 25, primo comma, e 35, primo comma, della Costituzione). Sentenza 20 gennaio 1977, n. 43, G. U. 26 gennaio 1977, n. 24. codice di procedur termine in giorni 60 (n. 66). Fermo amministrativo -Enti pubblici diversi dallo Stato Applicabilit Limiti (r.d. 20 novembre 1923, n. 2440, art. 69, ultimo comma; l. 10 agosto 1950, n. 646, art. 8). Se il fermo amministrativo dei crediti della P .A. di cui all'art. 69, ultimo comma, della legge di contabilit generale dello Stato sia invocabile a favore di Enti pubblici che non siano soggetti in via generale alle norme sulla contabilit dello Stato (n. 67). 28 RASSEGNA DEIL'AVVOCATURA DELLO STA'fO MILITARI Dipendente militare -Procedimento penale avanti Tribunale Militare -Patrocinio dell'Avvocatura -(r.d.l. 30 ottobre 1933, n. 1611,' art. 44). Se possa concedersi, ai sensi dell'art. 44 del t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611, il patrocinio legale dell'Avvocatura dello Stato a favore di un militare soggetto a procedimento penale presso il tribunale militare (n. 29). MONOPOLIO Generi di monopolio -Sequestro penale -Devoluzione all'Amministrazione dei monopoli -Accreditamento del prezzo -Criteri di determinazione -(l. 17 luglio 1942, n. 907, art. 109). Se in caso di sequestro di generi di monopolio per violazione della legge sui monopoli, il prezzo da accreditare per la devoluzione all'Amministrazione della merce sequestrata debba corrispondere al valore di mercato dei beni ovvero a quanto effettivamente ricavato dall'Amministrazione con la loro utilizzazione (n. 53). Generi di monopolio e assimilati -Definizione amministrativa per reati punibili con pena non detentiva -Detenzione di accenditori automatici -Applicabilit (d.l. 20 aprile 1971, n. 162; l. 18 giugno 1971, n. 375; l. 3 gennaio 1951, n. 27, artt. 10 e 11). Se, dopo la entrata in vigore del d.I. 20 aprile 1974, n. 162 (convertito in legge 18 giugno 1971, n. 375) che ha istituito un'imposta di fabbricazione sugli appa recchi di accensione ed abrogato le norme contenute nel r.d.I. 26 febbraio 1930, n. 105, e nel d.l. 11 gennaio 1956, n. 2, debba ancora ritenersi applicabile il disposto degli artt. 10 e 11 della legge 3 gennaio 1951, n. 27, secondo cui chi abbia commesso reati punibili con la sola pena non detentiva, previsti dalle leggi relative ai generi di monopolio ed ai generi a questi assimilati, pu chiedere all'Intendente di Finanza di definire il contesto con pagamento di una somma da stabilirsi entro i limiti minimi e massimi della pena (n. 55). Tabacco lavorato estero -Contrabbando -Provvedimenti relativi alla merce sequestrata -Modalit e competenza -(l. 25 settembre 1940, n. 1424, art. 140; l. 17 luglio 1942, n. 907, art. 109; d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 333. Se, concorrendo con la violazione alla legge sui monopoli la violazione alla legge doganale, i provvedimenti relativi all'utilizzazione del tabacco lavorato estero sequestrato debbano essere adottati ai sensi dell'art. 109 della legge sui monopoli (automatica devoluzione all'Amministrazione con accreditamento del prezzo) ovvero ai sensi dell'art. 140 (ora 333) della legge doganale (vendita previo provvedimento dell'Autorit giudiziaria) (n. 54). NAVI Navigazione marittima -Navi sommerse costituenti pericolo o intralcio -Ordine di rimozione -Scadenza del termine -Effetti sul trasferimento della propriet del relitto -(cod. nav. art. 73, 1 e 2 comma; reg. nav. mar. art. 92, 1 comma). Se il semplice ordine di rimozione del relitto di nave sommersa, dalla quale possa derivare un pericolo o un intralcio alla navigazione, impartito dall'autorit PARTE II, CONSULTAZIONI marittima al proprietario ai sensi dell'art. 73, 1 e 2 comma, cod. nav., determini automaticamente alla scadenza del termine in esso fissato, il passaggio di propriet del relitto in capo allo Stato, facendo sorgere un onere per lo Stato di provvedere direttamente alla rimozione stessa (n. 140). Navigazione marittima Navi sommerse costituenti pericolo o intralcio Poteri dell'autorit marittima -Recupero dei privati -Rapporto (cod. nav. art. 73; cod. nav. art. 501; cod. nav. art. 507; reg. nav. mar. art. 450). Se, nel caso di sommersione di navi da cui possa derivare pericolo o intralcio alla navigazione, l'Autorit marittima sia obbligata a far uso dei poteri conferitile dall'art. 73 cod. nav. quando il recupero possa avvenire ad opera dei privati nelle forme ordinarie di cui all'art. 501 cod. nav. e tale recupero si ravvisi preferibile (n. 139). Navigazione marittima -Piloti -Trattamento di quiescenza Marittimi abilitati al pilotaggio -Riconoscimento (cod. nav, artt. 89, 94 e 96; d.P.R. 15 febbraio 1952, n. 328, artt. 109, 116 e 122). Se i piloti nominati ex art. 109 del regolamento per la Navigazione Marittima abbiano titolo al riconoscimento, agli effetti del trattamento di quiescenza, del periodo di servizio quali marittimi abilitati al pilotaggio a sensi dell'art. 96 cod. nav (n. 138). Nave italiana -Vendita giudiziale -A societ panamense Autorizzazione ministeriale -Dismissione di bandiera Trattato italo-panamense Deroga ai principi -(trattato internazionale 7 ottobre 1965, art. 25; l. 12 febbraio 1968, n. 308; trattato internazionale 5 novembre 1948, art. 26; l. 3 luglio 1950, n. 886; cod. nav. artt. 156 e 157). Se, nel caso di vendita giudiziale di nave italiana a una societ panamense, si possa rinvenire nel trattato internazionale bilaterale tra Italia e Panama del 7 ottobre 1965, ratificato e reso esecutivo in Italia con legge 12 febbraio 1968, n. 308, in base alla eventuale presenza della clausola della nazione pi favorita, una deroga al principio desumibile dal codice della navigazione, secondo cui l'acquisto, anche mediante vendita giudiziale, di una nave italiana da parte di uno straniero soggetto ad autorizzazione ministeriale e al procedimento di dismissione di bandiera (n. 137). OBBLIGAZIONI E CONTRATTI Forniture -Inadempienza per sciopero incidente sul sub-fornitore Responsabilit. Se il fornitore che non adempia o ritardi ad adempiere a causa di scioperi che colpiscano l'attivit del suo sub-fornitore possa invocare la causa di forza maggiore (n. 58). OPERE PUBBLICHE Appalto Contabilizzazione dei lavori -In assenza dell'appaltatore Facolt o obbligo Ritardo -Effetti sull'obbligo degli interessi (r.d. 17 marzo 1932, n. 366, artt. 16, 32, 4 comma, e 46, 6 comma). Se la possibilit di procedere alla contabilizzazione dei lavori in assenza dell'appaltatore sia da ritenere una facolt dell'Amministrazione appaltante ovvero RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO un obbligo del cui inadempimento l'Amministrazione sia tenuta a rispondere eon la conseguenza che, per il ritardo di detta contabilizzazione, siano dovuti dall'Amministrazione gli interessi moratori sui pagamenti in acconto (n. 136). Appalto opere pubbliche -Garanzia fideiussoria in luogo delle ritenute sui pagamenti" iii conto -Applicabilit ai pagamenti effettuati prima dell'entrata in Vigore l. 12 gennaio 1974, -n. 8. Se la facolt concessa agli appaltatori di opere pubbliche dell'art. 1 della legge 12 gennaio 1974, n. 8, di costituire anche per i contratti in corso di esecuzione garanzia fideiussoria in sostituzione delle ritenute di garanzia sui pagamenti in conto, possa essere esercitata anche in relazione alle ritenute gi applicate sui pagamenti in conto efiettuati prima dell'entrata in vigore della legge (n. 137). 'Appalto di opere pubbliche -Sospensione di lavori illegittma -Aggravio di spese generali -Determinazione dell'indennizzo spettante (d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063). In qual modo debba determinarsi l'indennizzo per le spese generali aggravate a danno dell'impresa appaltatrice di opere pubblihe in conseguenza di sospensione di lavori illegittime (n. 138). Cassa per il Mezzogiorno e enti concessionari -Appalti -Capitolato Generale LL.PP. -Applicabilit -(l. 10 agosto 1950, n. 646, art. 8; d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063): Se gli appalti stipulati dalla Cassa per il Mezzogiorno e da enti suoi conces sionari siano da considerare, in virt dell'art. 8 della legge 10 agosto 1950, n. 646, alla stessa stregua di quelli stipulati dallo Stato e siano pertanto ad essi appli cabili le norme regolamentari contenute nel Capitolato Generale dei LL.PP. (n. 133). Cassa per il Mezzogiorno e enti concessionari -Appalti -Capitolato Generale Ll.PP. -Norme dispositive -Derogabilit Capitolato Generale Cassa Norme difformi -Limiti di applicabilit -(d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063). Se negli appalti stipulati dalla Cassa per il Mezzogiorno e da enti suoi con cessionari l'obbligo di uniformarsi alle difformi disposizioni del Capitolato Gnerale della Cassa possa valere soltanto nell'ambito delle regole del Capitolato Generale dei LL.PP aventi carattere dispositivo (n. 134). Cassa per il Mezzpgiorno e enti concessionari -Appalti -Competenza arbitrale Esclusione -Termine -(d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, art. 47). Se l'art. 47 del Capitolato Generale dei LL.PP. che stabilisce il termine di giorni 30 per l'esercizio della facolt di esclusione della competenza arbitrale prevalga sull'analogo art. 48 del Capitolato Generale della Cassa che fissa il detto termine in giorni 60 (n. 135). Ritardi nei pagamenti degli acconti e del saldo -Interessi moratori -Onere di riserva -(r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 36, 37 e 54, d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, artt. 35 e 36). Se in materia di interessi moratori per ritardo dell'Amministrazione nei pagamenti della rata di acconto e della rata di saldo in favore dell'appaltatore sussista a carico di quest'ultimo l'onere della tempestiva riserva in applicazione degli artt. 36, 37 e 54 del rd. 25 maggio 1895, n. 350 (n. 132). PARTE II, CONSULTAZIONI PARTE CIVILE Assicuratore -Surroga nei diritti dell'assicurato -Danneggiato -Costituzione di parte civile -Inammissibilit -(art. 22 cp.p.; r.d. 16 agosto 1939,, n. 1275). Se l'assicuratore (hell. specie l'Ammlnistrazione P.T. che agisce in surrogazione quale istituto assicuratore dei propri dipendenti) possa costituirsi parte civile nel processo penale contro il danneggiante in relazione all'avvenuto pagamento delle indennit all'assicurato (dip'endente) dnneggiato (n. 13). PENSIONI Navigazione marittima -Piloti -Trattamento di quiescenza -Marittimi abilitati al pilotaggio -Riconoscimento -(cod. nav., artt. 89, 94 e 96; d.P.R. 15 febbraio 1952, n. 328, artt. 109, 116 e 122). Se i piloti nominati ex art. 109 del regolamento per la Navigazione Marittima abbiano titlo al riconoscimento, agli effetti del trattamento di quiescenza, del periodo di servizio quali marittimi abilitati al pilotaggio ai sensi dell'art. 96 cod. nav. (n. 146). PORTI Porto di Venezia -Servizi portuali -Competenza alla determinazione delle relative tariffe -(art. 1, lett. G, l. 12 gennaio 1974, n. 6; art. 101 CN; art. 91 CN). Se competa al Provveditorato al porto di Venezia ovvero alla Capitaneria di Porto la determinazione (e la revisione) delle tariffe dei servizi portuali (n. 18). POSTE E TELECOMUNICAZIONI Utenze telex -Canoni -Credito -Privilegio dell'amministrazione -(d.P.R. 29 mar zo 1973, n. 156, art. 253; cod. civ., artt. 2745 e 2752). Se il credito dell'Arnministr~zione delle Poste e Telecomunicazioni per canoni di utenza telex abbia natura privilegiata ovvero chirograferia (n. 152). Utenze telex . Canoni -Natura -(d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, art. 253). Quale sia la natura economica e giuridica dei canoni di utenza telex di cui all'art. 253 del codice postale approvato con d.P.R. 29 marzo .1973, n. 156 (n. 151). PRESCRIZIONE Soggetti passivi Solidariet -Prescrizione -Atti interruttivi -Provenienti dal debitore d'imposta Efficacia -Estensione -Limiti -(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3259, artt. 140 e 141; cod. civ., artt. 1310, 1 comma, 2943, 1 comma, e 2945, 2 comma). Se in materia tributaria possa trovare applicazione il disposto dell'art. 1310, 1 comma, cod. civ. circa la estensione degli effetti interruttivi della prescrizione rispetto ai condebitori solidali dell'imposta, qualora l'interruzione derivi da un atto dello stesso debitore (nella specie: opposizione ad ingiunzione fiscale ai sensi dell'art. 141 della L.0.R.) (n. 89). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 32 PREVIDENZA E ASSISTENZA Invalidi civili -Pensione sociale -Somme anticipate dagli ECA Rimborso Legittimazione -(l. 6 agosto 1966, n 625, art. 5; l. 13 ottobre 1969, n. 743, art. 2; d.l. 14 gennaio 1970, n. 2; l. 11 marzo 1970, n. 74). Se spetti alle Prefetture, e con quali modalit, l'azione di rimborso delle somme anticipate dagli Enti Comunali di Assistenza a mutilati ed invalidi civili in attesa della corresponsione agli stessi della pensione sociale da parte dell'Istituto Nazionale Previdenza Sociale (n. 108). Versamento contributi previdenziali -Inadempienza della P.A. Interessi moratori -Debenza. -Limiti -(cod. civ., art. 1282; r.d. 23 maggio 1924, n. 827, art. 77). Se le Amministrazioni dello Stato che siano inadempienti all'obbligo del versamento dei contributi previdenziali dovuti per legge siano altres tenute alla corresponsione di somme aggiuntive a titolo di interessi moratori per il periodo anteriore alla emissione del titolo di spesa (n. 107). PREZZI Disciplina dei prezzi dei beni di largo consumo -Carni fresche e bestiame vivo da macello -(d.l. 4 luglio 1973, n. 327, conv. in l. 4 agosto 1977, n. 496, art. 2, n. 1; d.m. 3 agosto 1973, art. 13). Se il regime del blocco dei prezzi fissato per le carni fresche di qualunque specie animale si applichi anche al bestiame vivo da macello (n. 75). PRIVILEGI Utenze telex Canoni Credito Privilegio dell'amministrazione -(d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, art. 253; cod. civ., artt. 2745 e 2752). Se il credito dell'Amministrazione delle Poste e Telecomunicazioni per canoni di utenza telex abbia natura privilegiata ovvero chirograferia (n. 12). REATI FINANZIARI Generi di monopolio e assimilati Definizione amministrativa per reati punibili con pena non detentiva Detenzione di accenditori automatici -Applicabilit (d.l. 20 aprile 1971, n. 162; l. 18 giugno 1971, n. 375; l. 3 gennaio 1951, n. 27, artt. 10 e 11). Se, dopo l'entrata in vigore del d.l. 20 aprile 1971, n. 162 (convertito in legge 18 giugno 1971, n. 375) che ha istituito un'imposta di fabbricazione sugli apparecchi di accensione ed abrogato le norme contenute nel r.d.l. 26 febbraio 1930, n. 105, e nel d.l. 11 gennaio 1956, n. 2, debba ancora ritenersi applicabile il disposto degli artt. 10 e 11 della 1. 3 gennaio 1951, n. 27, secondo cui chi abbia commesso reati punibili con la sola pena non detentiva, previsti dalle leggi relative ai generi di monopolio ed ai generi a questi assimilati, pu chiedere all'Intendente di Finanza di definire il contesto con pagamento di una somma d stabilirsi entro i limiti minimi e massimi della pena (n. 16). PARTE II, CONSULTAZIONI REGIONE FRIULI VENEZIA GIULIA Dipendenti -Danno recato all'Ente regione -Responsabilit amministrativa Accertamento -Giudizio di responsabilit -Competenza -(r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, art. 52; r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 83; d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 19; Cost~, art. 103). Se la competenza ad accertare la responsabilit di dipendenti della Regione FriuliVenezia Giulia, che con il loro comportamento abbiano arrecato danno all'Amministrazione da cui dipendono e a promuovere il relativo giudizio di responsabilit. spetti alla Corte dei Conti (n. 2). REGIONE VALLE D'AOSTA Val d'Aosta -Concessioni all'ENEL -Competenza -(Statuto Valle d'Aota, articoli 5, 7, 8, 9, 18). Se, fino a quando non vengano emanati provvedimenti legislativi che modifichino l'attuale normativa, l'adozione di provvedimenti di concessione all'ENEL, a scopo idroelettrico, di acque pubbliche esistenti in Val d'Aosta spetti allo Stato ovvero alla Regione a statuto speciale Valle d'Aosta (n. 1). REGIONI Molluschicoltura Poteri di vigilanza -Delega alle Regioni -Molluschi eduli Autorizzazione alla coltivazione -Competenza -(d.P.R. 14 gennaio 1972, n. J, art. 13, n. 15; l. 4 luglio 1929, n. 1315, art. 1). Se nei poteri di vigilanza in materia di molluschicoltura, il cui esercizio stato delegato alle Regioni a statuto ordinario in forza dell'art. 13, n. 15 del d.P .R. 14 gennaio 1972, n. 4, sia compresa anche la competenza a ril~sciare autorizzazioni per la coltivazione dei molluschi eduli ai sensi dell'art. 1 della legge 4 luglio 1929, n. 1315 (n.224). Regione Friuli-Venezia Giulia -Attribuzione di poteri statali -Estensione -(d.P.R. 26 agosto 1965, n. 1116, artt. 22 e 30). Se per effetto degli artt. 22 e .30 del d.P.R. 6 agosto 1965, n. 1116, che hanno attribuito alla Regione Friuli-Venezia Giulia i poteri gi spettanti allo Stato in materia di espropriazione per pubblica utilit, siano da ritenere trasferiti alla Regione suddetta i poteri espropriativi con riguardo ad ogni tipo di espropria~ zione (con esclusione solo di quelle riguardanti opere a carico dello Stato) ovvero solo con riguardo alle espropriazioni per l'esecuzione di opere pubbliche in senso stretto (n. 220). Regione Friuli-Venezia Giulia -Espropriazioni per la zona industriale di Trieste Opere portuali Competenza -(d.P.R. 26 agosto 1965, n. 1116, artt. 22 e 30). Se la competenza in materia di espropriazioni per opere portuali a favore dell'Ente Zona Industriale di Trieste (E.Z.I.T.) sia da ritenere ricompresa nell'attribuzione dallo Stato alla Regione Friuli-Venezia Giulia dei poteri in materia operata con gli artt. 22 e30 del d.P.R. 26 agosto 1965, n. 1116, ovvero sia rimasto allo Stato (n. 221). I RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I Regione Marche -Legge n. 6/1973 sulla protezione della flora -Costruzione di !inuove strade da parte dell'ANAS -Rispetto della legge -(art. 1 legge Regione Marche 22 febbraio 1973, n. 6; art.' 5 legge Regione Marche 22 febbraio 1973, n. 6). I Se l'ANAS sia tenuta, nel tracciare ed eseguire nuovi tronchi di strade statali, all'osservanza della legge della Regione Marche sulla protezione della flora, che I vieta in modo assoluto l'abbattimento degli alberi di alto fusto secolari e di particolare valore naturalistico ed ambientale della specie da essa indicate (n. 222). Trasferimento degli uffici dallo Stato alle Regioni -Consiglio Provinciale di Sanit -Potere di nomina dei membri non di diritto -Spettanza -(d.P.R. 11 febbraio 1961, n. 257, art. 12; d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 4, art. 12, 2 comma, lett. A). Se a seguito del trasferimento dallo Stato alla Regione degli uffici periferici del Ministero della Sanit e di altri organi competenti in materia sanitari e ospedaliera, operato dall'art. 12 del d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 4, il Prefetto conservi tuttora il potere di nomina dei membri non diritto del Consiglio Provinciale di Sanit ai sensi dell'art. 12 del d.P.R. 11 febbraio 1961, n. 257, ovvero tale potere debba essere ora esercitato dal competente organo regionale (n. 223). RESPONSABILIT CIVILE Responsabilit civile -Trattati e convenzioni internazionali -Trattato Nato -Danni a stato contraente -Legittimazione attiva stato di soggiorno -(convenzione di I i Londra 19 giugno 1951, arft. 8, n. 5, l. 30 novembre 1955, n. 1335). Se in forza della convenzione di Londra sulla Nato lo stato di soggiorno sia legittimato a richiedere in gidizio il risarcimento dei danni subiti, ad opera di terzi, da altri stati contraenti dll'esecuzione dei servizi previsti (n. 281). I I RICORSI AMMINISTRATIVI Ricorso alla G.P.A. -Natura amministrativa -Istituzione e funzionamento dei T'.A.R. -Rimessione -(l. 11 giugno 1971, n. 426, art. 32; l. 6 dicembre 1971, n. 1034, I artt. 38 e 42). I ! Se, in ordine a un ricorso proposto dinanzi alla Giunta Provinciale Amministrativa ai sensi dell'art. 32 della 1. 11 giugno 1971, n. 426, una volta sopravvenuta la istituzione e il funzionamento dei tribunali Regionali Amministrativi possa trovare applicazione l'istituto della rimessione ovvero se tale ricorso, in quanto proposto prima di tale funzionamento, debba essere esaminato e deciso dalla Giunta, in quanto proposto successivamente, debba essere dichiarato inammissibile (n. 27). I ! RISCOSSIONE f Imposta sull'incremento di valore aree fabbricabili e contributi di miglioria -! E Addizionale -Riscossione versamento in otesoreria -Inadempimento degli Enti ~ locali -Sanzioni amministrative -Applicabilit -(d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 169, 170 e 260, 1 comma; d.l. 18 novembre 1966, n. 976, art. 80; l. 23 dicembre 1966, n. 1142, art. 1). I Se siano applicabili le sanzioni amministrative di cui all'art. 260, 1 comma, del t.u. imposte dirette approvato con d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 a carico di I ! ~ f PARTE II, CONSULTAZIONI Jf quegli Enti locali che non abbiano effettuato, nei termini stabiliti dagli artt. 169 e 170 del t.u. citato, presso le competenti Tesorerie provinciali dello Stato, i versamenti dei proventi :derivanti dall'applicazione dell'addizionale straordinaria sull'imposta sugli incrementi di valore delle aree fabbricabili e sui contributi di miglioria istituite con l'art. 1 della legge 23 dicembre 1966, n. 1142, che ha costituito l'art. 80 d~l d.l. 18 novembre 1966, n. 976 (n. 21). Riscossione delle imposte -Contratto esattoriale -Conferma dell'esattore per il periodo 1975-1983 -Servizio di tesoreria gestito dallo stesso esattore -Conferma per lo stesso periodo -(art. 31 d.P.R. 29 ottobre 1973, n. 603). ~e la conferma dell'esattore per il periodo 1975-1983 ex art. 31 d.P.R. 29 ottobre 1973, n. 603, debba necessariamente comprendere anche il servizio di tesoreria ove il titolare della gestione esattoriale gestisca pure. il servizio di tesoreria per essere rimasto a suo tempo aggiudicatario di entrambi i servizi della stessa gara (n. 19). Riscossione esattoriale -Consorzi esattoriali -Esattore consorziale -Domanda di conferma -Parere -Competenza -(d.P.R. 29 settembre 1973, n. 603, art. 36; d.P.R. 15 maggio 1963, n. 858, artt. 15, 31 e 36, 4 comma). Se, dopo l'entrata in vigore del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 603, che, con l'art. 36 ha espressamente abrogato la norma dell'art. 36, 4 comma, del t.u. 15 maggio 1963, n. 858, secondo cui, in deroga alle norme di carattere generale, se la domanda di conferma di esattoria riguarda un consorzio esattoriale richiesto il parere di tutti i consigli comunali interessati, il parere sulla domanda di conferma dell'esattore consorziale debba essere ora espresso dal consiglio consortile (n. 20). SANZIONI AMMINISTRATIVE Assicurazione obbligatoria -Violazioni -Accertamento -Su strade non statali e da parte di organi di polizia locali -Proventi -Spettanza -(l. 24 dicembre 1969, n. 990, artt. 32 e 33; r.d. 15 giugno 1959, n. 393, artt. 137 e 139; l. 3 maggio 1967, n. 317, artt. 5 e 6). Se i proventi, contravvenzionali per infrazioni alla disciplina sull'assicurazione obbligatoria per la circolazione dei veicoli a motore previsti dagli artt. 32 e seguenti della I. 24 dicembre 1969, n. 990, spettino allo Stato anche nel caso di accertamenti effettuati da organi di polizia locale per violazioni concesse su strade non statali (n. 9). Impianti di distribuzione carburanti -Disciplina -Violazioni -Sanzioni pecuniarie -Impugnazione -Competenza giurisdizionale dell'A.G.O. -(l. 29 luglio 1971, n. 538, art. 10). Se i provvedimenti di applicazione delle sanzioni pecuniarie per contravvenzioni alla disciplina dei turni festivi degli impianti di distribuzione di carburante incidano su situazioni di diritto soggettivo e siano pertanto di competenza del giudice ordinario le relative controversie (n. 10). 36 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO SEQUESTRO Generi di monopolio -Sequestro penale -Devoluzione all'Amministrazione dei monopoli -Accreditamento del prezzo -Cl"iteri di determinazione -(l. 17 luglio 1942, n. 907, art. 109). Se in caso di sequestro di generi di monopolio per violazione della legge sui monopoli, il prezzo da accreditare per la devoluzione all'Amministrazione della merce sequestrata debba corrispondere al valore di mercato dei beni ovvero a quanto effettivamente ricavato dall'Amministrazione con la loro utilizzazione (n. 25). Tabacco lavorato estero -Contrabbando -Provvedimenti relativi alla merce sequestrata -Modalit e competenza -(l. 25 settembre 1940, n. 1424, art. 140; l. 17 luglio 1942, n. 907, art. 109; d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 333). Se, concorrendo con la violazione alla legge sui monopoli la violazione alla legge doganale, i provvedimenti relativi all'utilizzazione del tabacco lavorato estero sequestrato debbano essere adottati ai sensi dell'art. 109 della legge sui monopoli (automatica devoluzione all'Amministrazione con accreditamento del prezzo) ovvero ai sensi dell'art. 140 (ora 333) della legge doganale (vendita previo provvedimento dell'Autorit giudiziaria) n. 26). SPESE GIUDIZIALI Difensore antistatario -Provvedimento di distrazione -Pagamento -Efficacia liberatoria -(cod. proc. civ., art. 93, 1 comma; cod. civ., art. 1188). Se abbia efficacia liberatoria il pagamento eseguito al difensore in favore del quale sia stato emesso provvedimento giudiziale di distrazione delle spese e onorari liquidati nella sentenza di condanna ai sensi dell'art. 93, 1 comma, cod. proc. civ. (n. 31). Imposta sul reddito delle persone fisiche -Professionisti -Ritenuta d'acconto Difensore antistatario -Distrazione spese e onorari -Pagamento -Applicabilit -(d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 23, 25 e 29; l. 9 ottobre 1971, n. 825, art. 10, n. 5; l. 28 ottobre 1970, n. 801, art. 3; cod. proc. civ., art. 93, 1 comma). Se le Amministrazioni dello Stato debbano applicare la ritenuta d'accontd prevista dall'art. 5 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, relativa all'imposta sul reddito delle persone fisiche, sui pagamenti dovuti ai difensori delle controparti vittoriose in giudizio in favore dei quali siano stati emessi provvedimenti giudiziali di distrazione delle spese e onorari liquidati nella sentenza di condanna ai sensi dell'art. 93, 1 comma, cod. proc. civ. (n. 32). Statuto dei lavoratori -Repressione di condotta antisindacale -Decreto del pretore -Capo di condanna alle spese -Esecutivit immediata -(l. 20 maggio 1970, n. 300, art. 28; cod. proc. civ., art. 91). Se il decreto del pretore emesso ai sensi dell'art. 28 della legge 20 maggio 1970, n 300, sia immediatamente esecutivo anche per il capo relativo alla refusione PARTE II, CONSULTAZIONI delle spese del procedimento pretorile, pur in pendenza di opposizione al decreto innanzi al Tribunale (n. 30). STRADE Autostrade Distanze di rispetto dal ciglio -Creazione di nuove pertinenze stradali Spostamento delle fascie di rispetto -(d.m. 1 aprile 1968, art. 3; l. 6 agosto 1967, n. 765, art. 19). Se la creazione di aree di servizio lungo 1 raccordi autostradali comporti il trasferimento delle fascie di rispetto di mt. 60, come previsto dall'art. 3 del d.m. 1 aprile 1968, anche al di l delle pertinenze stradali da realizzare e ci anche ai fini della determinazione dell'indennit di espropriazione relativa alle porzioni di terreno eccedenti la profondit di ml. 60 misurata dal ciglio stradale (n. 109). Regione Marche L. 6/1973 sulla protezione della flora -Costruzione di nuove strade da parte dell'ANAS Rispetto della legge -(art. l legge Regione Marche 22 febbraio 1973, n. 6; art. 3 legge Regione Marche 22 febbraio 1973, n. 6). Se l'ANAS sia tenuta, nel tracciare ed eseguire nuovi tronchi di strade statali, all'osservanza della legge della Regione Marche sulla protezione della flora, che vieta in modo assoluto l'abbattimento degli alberi di alto fusto secolari e di particolare valore naturalistico ed ambientale della specie da esso indicate (n. 110). Violazione dell'obbligo di non costruire case a distanza dal confine stradale minore di quella prescritta Ordinanza prefettizia di riduzione in pristino Carattere discrezionale Esclusione (art. 1, n. 11, r.d. 8 dicembre 1933, n. 1740; art. 19 l. 6 agosto 1967, n. 765). Se, nei casi di costruzione eseguita in violazione delle norme del codice stradale, da parte dei prefetti possa valutarsi, prima di emettersi l'ordinanza di ripristino dei luoghi ai sensi dell'art. 20 r.d. 8 dicembre 1933, n. 1740, l'effettivo pregiudizio alla funzionalit e visibilit della strada recato dalla costruzione abusiva (n. 108). TERREMOTO Immobili in Pozzuoli Danni da bradisismo Contributo di riparazione o ricostruzione -Ordinanza di sgombero Necessit e limiti -(d.l 1 giugno 1971, n. 290, artt. 1, lett. h), 2, 7 e 16; l. 19 luglio 1971, n. 465). Se per la concessione del contributo previsto dal d.l. 1 giugno 1971, n. 290 (convrtito in I. 19 luglio 1971, n. 465) per la riparazione o la ricostruzione di immobili urbani, siti in Pozzuoli, danneggiati da fenomeni di bradisismo sia richiesto che l'immobile sia stato. dichiarato inabitabile e abbia formato oggetto di ordinanza di sgombero ovvero di altro provvedimento a tutela della incolumit pubblica entro la data del 31 maggio .1971 (n. 28). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Zone terremotate del viterbese -Abitazioni per i senza tetto -Espropriazione aree occorrenti -Legislazione applicabile -(d.l. 1 aprile 1971, n. 119, artt. 9, 10 e 11; l. 26 maggio 1971, n. 288; d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8, art. 13; d.P.R. 5 maggio 1973, n. 245, art. 4 lett. e); l. 22 ottobre 1971, n. 865, artt. 9, 16 e 20). Se per la espropriazione delle aree occorrenti per la costruzione di abitazioni per i senza tetto in Comune di Piansano (prov. Viterbo) colpito dal sisma del 1971, possano trovare applicazione le disposizioni di cui agli artt. 9 e 10 del d.l. 1 aprile 1971, n. 119 (convertito con modificazioni in legge 26 maggio 1971, n. 288) ovver.o si applichino le disposizioni di cui alla legge 22 ottobre 1971, n. 865 (n. 27). TRATTATI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI Cittadini stranieri -Obblighi di assistenza -Assunzione di garanzie patrimoniali - Legittimt -(accordo italo-somalo 1 luglio 1960). Se dall'obbligo di assistenza a cittadini di paesi diversi che lo Stato italiano assume con atti internazionali (nella specie con l'accordo italo-somalo del 1 luglio 1960) discenda altres la possibilit e legittimit per lo Stato di assumere, tramite la rappresentanza consolare, impegni che importino una garanzia patrimoniale a favore di detti cittadini esteri (n. 41). Nave italiana -Vendita giudiziale -A societ panamense -Autorizzazione ministeriale -Dismissione di bandiera -Trattato italo-panamense -Deroga ai principi ( trattato internazionale 7 ottobre 1965, art. 25; l. 12 febbraio 1968, n. 308; trattato internazionale 5 novembre 1948, art. 26; l. 3 luglio 1950, n. 886; cod. nav., artt. 156 e 157). Se, nel caso di vendita giudiziale di nave italiana a una societ panamense, si possa rinvenire nel trattato internazionale bilaterale tra Italia e Panama del 7 ottobre 1965, ratificato e reso esecutivo in Italia con l. 12 febbraio 1968, n. 308, in ):>as~ alla eventuale presenza della calusola della nazione pi favorita, una deroga al principio desumibile dal codice della navigazione, secondo cui l'acquisto, anche mediante vendita giudiziale, di una nave italiana da parte di uno straniero soggetto ad autorizzazione ministeriale e al procedimento di dismissione di bandiera (n. 40). Responsabilit civile -Trattati e convenzioni internazionali -Trattato Nato -Danni a Stato contraente Legittimazione attiva Stato di soggiorno -(convenzione di Londra 19 giugno 1951, art. 8, n. 5; l. 30 novembre 1955, n. 1335). Se in forza della convenzione di Londra sulla Nato lo stato di soggiorno sia legittimato a richiedere in giudizio il risarcimento dei danni subiti, ad opera di terzi, da altri Stati contraenti nell'esecuzione dei servizi previsti (n. 42). TURISMO E SPORTS Costruzione di ippodromo -Dichiarazione di pubblica utilit Competenza prefet tizia -Limiti -Pubblico interesse provinciale -Necessit -(l. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 10, 1 comma). Se il Prefetto abbia competenza, ai sensi dell'art. 10, 1 comma, seconda parte, della 1. 25 giugno 1865, n. 2359, a dichiarare la pubblica utilit dell'opera ai fini dell'espropriazione di un'area da destinare alla costruzione di un ippodromo, qualora l'utilit di tale impianto sportivo non sia limitato all'ambito provinciale ma si estenda a livello nazionale (n. 27). ~: )-: . I PARTE II, CONSULTAZIONI Costruzione di ippodromo -Pubblico interesse. Se la costruzione di un ippodromo senza contributi o sovvenzioni da parte dello Stato possa essere considerata opera di pubblico interesse ai fini della espropriazione per pubblica utilit (n. 26). ' Finanziamento e tasso agevolato delle iniziative turistiche costruzione, ampliamento, adattamenti e attrezzature degli impianti previsti dall'art. 6 l. 22 luglio 1966, n. 614 -Ristrutturazione di seggiovia -(art. 6 l. 22 luglio 1966, n. 614). Se le opere concernenti lo spostamento a monte della stazione di partenza, la sostituzione della fune portante-traente con altra di maggiore sezione, il potenziamento del motore e degli altri impianti di una seggiovia possano ricomprendersi nel concetto di costruzione, ampliamento adattamento e attrezzatura degli impianti ai fini dell'ammissione al finanziamento a tasso agevolato di cui all'articolo 6 della legge 22 luglio 1966, n. 614, concernente le agevolazioni alle iniziative turistiche (n. 28).