ANNO XXX N. 1 GENNAIO-FEBBRAIO 1978 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di serv1z10 ROMA ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 1978 ABBONAMENTI ANNO . . . . . . . . . . . . L. 12.750 UN NUMERO SEPARATO . . . . . . . . . . . . . 2.250 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA e/e postale 1/2640 Stampato in Italia -Printed in ltaly Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 (8219105) Roma, 1978 -Istituto Poligrafico dello Stato P.V. INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura del/'avv. Giuseppe Angelini-Rota e del/'avv. Franco Favara) . . pag. I Sezione seconda: GIURISPRUDENZA ZIONALE (a cura COMUNITARIA E INTERNAdel/' avv. Oscar Fiumara) . 58 Sezione terza: GIURISPRUDENZA SDIZIONE (a cura SU QUESTIONI DI GIURIdel/' avv. Carlo Carbone) . 75 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA cato Adriano Rossi) CIVILE . {a cura de/l'avvo 78 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA del/'avv. Raffaele Tamiozzo) . {a cura 97 Sezione sesto: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA vocato Carlo Bafle) . (a cura de/l'av 112 Sezione settima: GIURISPRUDENZA APPALTI PUBBLICI toria) . IN MATERIA DI ACQUE ED (a cura del/'avv. Paolo Vit 130 Sezione ottava: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura dell'avv. Paolo Di Tarsia di Be/monte) . 138 Parte seconda: QUESTIONI -LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO QUESTIONI . pag. LEGISLAZIONE 15 CONSULTAZIONI 22 INDICE BIBLIOGRAFICO . 7 t La pubblicazione diretta dall'avvocato:. UGO GARGIULO CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AWOCATURE Avvocati Glauco NoRI, Ancona; Francesco Cocco, Bari, Michele DIPACE, Bologna, Giovanni CoNTU, Cagliari Americo RALLO, Caltanissetta; Filippo CAPECB MINUTOLO DEL SASSO, Catanzaro; RAFFAELE TAMIOZZO, Firenze; Francesco GUICCIARDI, Genova; Carlo BAFILE, L'Aquila; Giuseppe Orazio Russo, Lecce; Marcello DELLA VALLE, Milano; Aldo ALABISO, Napoli; Nicasio MANcuso, Palermo; Rocco BERARDI, Potenza; Umberto GIARDINI, Torino; Maurizio DE FRANcHIS, Trento; Paolo SCOTTI, Trieste; Giancarlo MAND, Venezia. ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI BRAGUGLIA I. M., per animali Additivi e sostanze indesiderabili negli alimenti I, 58 FIUMARA o., Corte di Giustizia circolazione delle merci delle Comunit uropee e libera Il, 1 MARZANO A., Sulla possibile irrilevanza delle definizioni comunitarie nelle materie di esclusiva competenza degli Stati membri delle Comunit europee . . . . . . . . . . . . . . I, 69 TAMIOZZO R., Sfera di applicazione delle competenza del Questore . . . . . . . misure di sicurezza di . . . . . . . I, 100 TAMIOZZO R., Su alcuni effetti collegati al cumulo di impieghi pubblici I, 97 PARTE PRIMA INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ACQUE PUBBLICHE ED ELETTRICITA ~ Competenza e giurisdizione -Tribunali ordinari e tribunali delle acque -Alveo -Delimitazione controversa -Competenza dei tribunali delle acque, 130. APPALTO -Appalto di opere pubbliche -Cauzione -Estensione e durata della garanzia, 132. -Appalto di opere pubbliche -Riserva -Onere -Fatti continuativi -Sussiste -Tempo della riserva, 134. -Appalto di opere pubbliche -Trattamento dei lavoratori -Pagamento di ufficio delle retribuzioni arretrate -Facolt dell'amministrazione Limiti, 132. CASSAZIONE -Motivi di ricorso -Difetto di motivazione -Punto decisivo -Fattispecie, 135. -Motivi di ricorso -Presupponenti nuovi accertamenti di fatto -Inammissibilit, 134. COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Giurisdizione ordinaria ed amministrativa -Impiego pubblico: ordinanza di reintegra nel posto di lavoro -Successiva sentenza declinatoria della giurisdizione dell'A.G.O. Protrazione del rapporto di lavoro Sussistenza dell'originario rapporto, 75. - Giurisdizioni speciali -Ricorso per . cassazione -Motivi attinenti alla giurisdizione -Cessazione della materia del contendere -Deducibilit -Esclusione, 75. COMUNE - Autonomia comunale -Limiti, 24. COMUNIT EUROPEE - Direttive C.E.E .. -Efficacia, 52. -Diritti di visita sanitaria -Settore del latte e dei prodotti lattierocaseari -Incompatibilit con regolamenti comunitari, 52. ~ Normativa comunitaria -Definizione di azienda agr.icola rilevante ad ogni effetto -Insussistenza, con nota di A. MARZANO, 69. -Ravvicinamento delle legislazioni in materia agricola -Alimenti per animali -Direttiva sostanze indesiderabi1i -Clausola di salvaguardia -Validit, con nota di I.M. BRAGUGLIA, 58. - Ravvicinamento delle legislazioni in materia agricola -Alimenti per animali -Potere degli Stati membri di considerare provvisoriamente indesiderabile una sostanza o di fissarne la quantit massima, con nota di l.M. BRAGUGLIA, 58. -Ravvicinamento delle legislazioni in materia agricola -Alimenti per animali -Sostanze e prodotti indesiderabili -Potere degli Stati membri di vietare lo smercio e l'importazione, con nota di I.M. BRAGUGLIA, 58. - Ravvicinamento delle legislazioni in materia agricola -Alimenti per animali -Sostanze e prodotti indesiderabili -Poteri residui degli Stati membri, con nota di I.M. BRAGUGLIA, 58. CORTE COSTITUZIONALE -Conflitto di attribuzione -Invito statale a provvedere -Non comporta menomazione della competenza regionale, 42. INDICE DELLA GIURISPRUDENZA vn -Processo penale costituzionale -Efficacia della connessione -Giurisdizione della Corte costituzionale nei confronti degli imputati c.d. laici >>, 26. EDILIZIA POPOLARE ED ECONOMICA -Art. 33 1. 865/1971 in relazione all'art. 3 1. 167/1962 -Rapporto fra piano di zona, piano regolatore generale e programma di fabbricazione, 110. -Natura del piano di ricostruzione Effetti sulla approvazione del piano di zona, 109. -Natura del termine ex art. 2 1. 167/ 1962 -Effetti, 108. -Piano di zona -Forma dell'opposizione dei privati -Esposto inoltrato direttamente al Ministero -Irritualit -Effetti, 109. -Piano di zona -Motivazione -Rilevanza delle deduzioni comunali Sussiste, 109. -Piano di zona e piano finanziario ' Rapporto, 109. -Presupposti di legittimit del piano di zona -Approvazione sopravvenuta del piano regolatore generale -Irrilevanza ai fini della sanatoria del piano di zona, 110. ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT -Determinazione dell'indennit di espropriazione -Sopravvenienza della legge Bucalossi -Restituzione degli atti ai giudici a quibus, 57. -Edilizia economica e popolare -Criter~ previsti dalla I. 167/1962 per la determinazione dell'indennizzo -Manifesta infondatezza della questione di costituzionalit, 109. -Occupazione d'urgenza -Occupazione di immobili ex 1. 167/1962 -Motivazione per relationem -Legittimit, 109. -Occupazione d'urgenza a favore del- 1'1.A.C.P. ex art. 9 1. 167/1962 -Legittimit, 109. -Occupazione d'urgenza ex 1. 167/1962 -Criteri per la determinazione della indennit -Modalit, 109. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA -Appello -Interesse -Fattispecie in tema di requisizione -Interesse all'impugnativa da parte del Sindaco Estensione, 108. -Appello -Omesso deposito della sentenza appellata -Improcedibilit Sussiste, 106. -Deposito del ricorso -Onere -Effetti -Dichiarazione di decadenza -Necessit di apposito ricorso -Sussiste, 102. -Esecuzione di giudicato -Ammissione del ricorso per ottemperanza relativamente a decisioni dell'A.G.O. Sussiste -Fattispecie di giudizio di opposizione ad ingiunzione fiscale, 104. -Giudizio di appello -Dies a quo Necessit di notifica della sentenza di primo grado al procuratore costituito -Sussiste -Fattispecie in tema di mancata notificazione. della sentenza alla Avvocatura dello Stato domiciliataria ex lege del Sindaco quale Ufficiale di Governo, 103. - Giudizio di appello -Poteri del Con , siglio di Stato in tema di anullamento della sentenza impugnata per difetto di procedura -Effetti -Contrasto di opinioni giurisprudenziali -Rimessione all'Adunanza Plenaria -Opportunit -Sussiste, 107. -Impugnabilit di un atto non definitivo -Sussiste, 103. -Intervento ad adiuvandum -Presupposti -Limiti -Proprietari di terreni destinati ad edilizia popolare ed economica, 110. -Misure di prevenzione -Sicurezza pubblica -Atti del Questore -Natura -Impugnabilit immediata, nota di R. TAMIOZZO, 99. -Pensionati statali -Atti definitivi Provvedimenti della Direzione provinciale del Tesoro per recupero somme -Definitivit -Sussiste, nota di R. TAMIOZZO, 97. - Revoca ex nunc dell'atto impugnato Effetti in ordine alla cessazione della materia del contendere -Limiti, 104. - Ricorso giurisdizionale -Inammissibilit di motivi dedotti in memoria non notificata a controparte -Sussiste, con nota di R. TAMIOZZO, 105. VIII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -Spese del giudizio -Omesso deposito -Imposte dirette -Rapporti tra iil VIII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -Spese del giudizio -Omesso deposito -Imposte dirette -Rapporti tra iil del ricorso -Condanna alle spese Necessit di apposito ricorso -Sussiste, 102. -Spese giudiziali -Presupposto -Effetti -Limiti, 102. IMPIEGO PUBBLICO -Concorsi -Nomina vincitori -Accertamento dei requisiti di buona condotta al momento della nomina -Espressa previsione nel bando -Legittimit dell'esclusione -Sussiste, con nota di R. TAMIOZZO, 105. -Concorsi -Requisiti -Esclusione per valutazione del requisito di buona condotta -Pendenza di procedimento penale -Valutazione del fatto Legittimit dell'esclusione -Sussiste, con nota di R. TAMIOZZO, 105. -Pensionati statali -Pensionato dello Stato riassunto presso un ente pubblico -Sospensione pagamento indennit integrativa speciale -Controversia -Giurisdizione esclu5iva . Sussiste, con nota di R. TAMIOZZO, 97. - Pensionati statali -Riassunzione - Cumulabilit di assegni e pensioni -Indennit integrativa speciale -Illegittimit della sospensione -Fattispecie -Limiti, con nota di R. TAMIOZZO, 97. IMPOSTA DI REGISTRO. -Agevolazione per le case di abitazione non di lusso -Decadenza -Fallimento del compratore -Forza maggiore -Esclusione, 112. -Agevolazione per le case di abitazione non di lusso -Decadenza -Solidariet del venditore -Sussiste 112. IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE. -Reddito di capitale -Presunzione di interessi -Fattispecie varie, 116. IMPOSTE E TASSE IN GENERE. -Imposte dirette -Prescrizione -Prescrizione quinquennale dell'art. 2948 e.e. -Esclusione -Prescrizione ordinaria -Si applica, 126. procedimento innanzi alle Commissioni e l'azione in sede ordinaria Decisione definitiva -Decisione non i: notificata nel termine di cui all'art. 35 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516 Successiva impugnazione -Inammissibilit -Azione in sede ordinaria I Proponibilit, 118. -Rapporto tra il giudizio innanzi al I le Commissioni e azione ordinaria Vizi del procedimento -Indeducibi I lit -Eccezioni -Dichiarazione di @ inammissibilit del ricorso alla Commissione centrale -Incensurabilit innanzi all'A.G.O., 122. ISTRUZIONE PUBBLICA. -Professori universitari -Divieto di attivit professionale presso case di cura private -Legittimit costituzionale, 7. LAVORO. -Rivalutazione dei crediti del lavoratore -Decorrenza, 44. LEGGI, DECRETI E REGOLAMENTI. -Legislazione del Regno di Napoli Provvedimento sovrano concessivo ad enti locali di beni appartenenti a ordini religiosi soppressi -Trasferimento della propriet -Sussiste, 78. LOCAZIONE. -Affitto di fondo rustico -Comissioni tecniche provinciali -Composizione non paritetica -Illegittimit costituzionale, 29. -Affitto di fondo rustico -Determinazione dell'equo canone -Illegittimit costituzionale -Coefficienti di maggiorazione -Legittimit costituzionale, 29. -Affitto di fondo rustico -Miglioramenti -Poteri del proprietario concedente e dello affittu~rio, 29. PENA. -Perdono giudiziale -Imputato maggiorenne seminfermo di mente -non estensibilit, 25. INDICE DEI.LA GIURISPRUDENZA POSSESSO. -Ad usucapionem -Interversione Condizioni, 78 PREVIDENZA E ASSISTENZA. -Assicurazione sociale per invalidit e vecchiaia -Religiosi e religione dipendenti da enti concordatari -Soggezione ed assicurazione -Limiti, 20. -Crediti per prestazioni previdenziali -Rivalutazione -Esclusione. -Ospedali clinicizzati -Personale sanitario dipendente dal Ministero della Pubblica Istruzione -Applicabilit di normativa dettata per i sanitari ospedalieri, 7. -Personale sanitario -Divieto di attivit professionale presso case di cura private -Termine perentorio del 1 gennaio 1976 -Non eccede della delega legislativa, 7. -Retribuzioni dei medici condotti Fissazione di un minimo -Legittimit costituzionale, 25. PROCEDIMENTO CIVILE .. -Impugnazione incidentale tardiva Ammissibilit -Limiti, 78. -Istanza di delibazione sentenza -Prescrittibilit, 90. PROCEDIMENTO PENALE -Imputato ignoto -Diritto di difesa Non sussiste, 18. -Revisione -Assoluzione con formula pi favorevole -Errore giudiziario Riparazione pecuniaria -Ammissibilit, con nota di O. FIUMARA, 138. -Revisione -Errore giudiziario -Riparazione pecuniaria -Criteri di valutazione, con nota di O. FIUMARA, 138. -Revisione -Errore giudiziario -Riparazione pecuniaria -Concetto, con nota di o. FIUMARA, 138. - Revisione -Errore giudiziario -Riparazione pecuniaria -Limiti -Effetti dannosi della sentenza irrevocabile errata ed effetti dannosi del procedimento penale, con nota di O. FIUMARA, 138. -Revisione -Errore giudiziario -Riparazione pecuniaria -Procedimento Spese, con nota di O. FIUMARA, 138. -Segreto politico o militare -Interesse alla difesa della patria e alla sicurezza nazionale -Limiti alla giurisdizione e al diritto di difesa, 1. PROFESSIONI. -Notaio -Assegno di integrazione -Totale impignorabilit -Illegittimit costituzionale, 18. REGIONE -Finanza regionale -Servizi di Tesoreria -Possono essere autonomi, 42. REQUISIZIONE. -Esigenza di provvedere a case per terremotati -Inesistenza della immediatezza rispetto all'evento calamitoso -Effetti, 103. -Limiti del potere del Sindaco -Funzione sostitutiva -Intervento solo in caso di impossibilit di provvedere da parte del Prefetto -Conseguenze, 108. -Provvedimento di derequisizione Competenza della Giunta -Non sussiste, 103. SARDEGNA. -Competenza in materia di motorizzazione civile -Rimangono allo Stato, 22. SICUREZZA PUBBLICA. -Misure di prevenzione -Diffida del Questore -Natura -Presupposti -Limiti, con nota di R. TAMIOZZO, 99. -Misure di prevenzione -Diffida del Questore -Rapporto con precedente rilascio di porto d'arma -Irrilevanza, con nota di R. TAMIOZZO, 99. TRATTATI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI. -Convenzione dell'Aja del 15 aprile 1958 -Applicabilit -Condizioni, 90. INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 24 maggiq 1977, n. 86 2 giugno 1977, n. 103 . 2 giugno 1977, n. 104 . 2 giugno 1977, n. 105 . 9 giugno 1977, n. 108 . 9 giugno 1977, n. 110 . 20 giugno 1977, n. 118 . 20 giugno 1977, n. 120 . 4 luglio 1977, n. 125 22 dicembre 1977, n. 153 22 dicembre 1977, n. 155 29 dicembre 1977, n. 161 29 dicembre 1977, n. 162 29 dicembre 1977, n. 163 1.9 dicembre 1977, n. 165 (ordinanza) CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE 5 ottobre 1977, nella causa 5/77 . 28 febbraio 1978, nella causa 85/77 GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. Un., 9 luglio 1976, n. 2591 Sez. I, 4 aprile 1977, n. 1279 . Sez. I, 9 maggio 1977, n. 1777 Sez. I, 28 luglio 1977,. n. 3369 . Sez. I, 4 agosto 1977, n. 3472 Sez. I, 4 agosto 1977, n. 3474 Sez. Un., 5 agosto 1977, n. 3516 . Sez. Un., 3 ottobre 1977, n. 4178 Sez. Un., 3 ottobre 1977, n. 4185 . Sez. I, 6 ottobre 1977, n. 4251 Sez. I, 4 gennaio 1978, n. 13 . Sez. I, 26 gennaio 1978, n. 360 Sez. I, 16 febbraio 1978, n. 726 pag. 1 7 18 18 " 20 22 24 25 26 29 42 44 44 . 52 57 pag. 58 69 pag. )) )) )) 78 90 90 112 116 118 122 75 75 126 130 132 134 Xl I:XDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 7 giugno 1977, n. 548 pag. 97 )) 99 Sez. IV, 7 giugno 1977, n. 569 Sez. IV, 7 giugno 1977, n. 574 )) 102 )) 103 Sez. IV, 7 giugno 1977, n. 577 Sez. IV, 7 giugno 1977, n. 582 )) 104 Sez. IV, 21 giugno 1977, n. 618 105 Sez. IV, 21 giugno 1977, n. 626 106 Sez. IV, 21 giugno 1977, n. 634 (ordinanza) )) 107 108 Sez. IV, 10 luglio 1977, n. 645 )) 108 Sez. IV, 5 luglio 1977, n. 660 . 110 Sez. IV, 28 luglio 1977, n. 704 GIURISDIZIONI PENALI CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 22 febbraio 1978, n. 432 . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 138 PARTE SECONDA INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLE CONSULTAZIONI ACQUE PUBBLICHE. - Concessioni di acque per grandi deri . vazioni -Concessionari privati -Realizzazione di opere -Procedure di esproprio -Normativa applicabile, 22. -Concessioni di acque per piccole derivazioni -Concessionari privati Realizzazione di opere -Procedure di esproprio Normativa applliicabiilte, 22. -Coil1Cessi:oni di acqrue per piccole deriva: ziioni -Concessionari privati Reatlzzazionre di opere -Plrocec:Lure di esproprio -Determinazione dell'indennit -Normativa applicabile, 22. -Concessioni di acque per grandi derivazioni -Concessionari pubblici Realizzazione di opere -Procedure di esproprio -Determinazione dell'indennit -Normativa applicabile, 22. AGRICOLTURA. -Beni dello Stato -Alienazione -Fondi rustici -Diritto di prelazione del coltivatore -Leggi speciali -Applicabilit, 23 . -Comitato provinciale per l'assegnazione dei prodotti petroliferi agevolati per l'agricoltura -Designazione dei rappresentanti delle categorie agricole -Competenza, 23. -Enti di sviluppo -Personale -Normativa sul riordino del parstato Dipendenti trasferiti -Conservazione della qualifica e della posizione -Promozoini -Divieto, 23. -Enti di sviluppo Normativa sul riordino del parastato -Applicabilit, 23. - Impiego pubblico -Servizio repressione frodi in agricoltura -Laboratorio chimico dogane e imposte dirette -Personale estraneo all'aministrazione finanze -Inquadramento -Divieto di assunzione di nuovo perso nale -Facolt di avvalersi di analizzatori esterni, 23. -Produttori olio d'oliva -Integrazione prezzo -Crediti vari dello Stato Compensazione -Limiti, 24. -Collegi consultivi compartimentali dei periti doganali -Espletamento di funzioni in regime di prorogatio spettanze delle indennit 25. -Collegi consultivi compartimentali dei periti doganali -Scadenza del quadriennio dalla costituzione -Legittimit dell'espletamento delle funzioni sino all'insediamento del nuovo collegio, 25. -Enti lirici -Contratto di scrittura teatrale -Natura -Difetto di giurisdizione dell'A.G.O. -Limiti, 24. -Enti lir.ici -Direttore artistico requisiti per la nomina -Significato da attribuire al termine musicista usato nell'art. 12 della I. 800/1967, 25. -Enti pubblici -Associazione nazionale combattenti e, reduci Natura, 25. -Enti pubblici -Enti pubblici non economici -Riordinamento degli enti e del rapporto di lavoro del personale dipendente -I. 20 marzo 1975, n. 70, applicabilit agli enti edilizi soppressi col d.p. 30 dicembre 1972, n. 1036, ed alla giovent italiana Esclusione, 25.. -Enti pubblici -Organi -Organo collegiale -Incompletezza -Organo scaduto -Prorogatio, 24. -Enti pubblici istituzionali -Riordinamento degli enti -Disposizioni sui membri del consiglio di amministrazione -Temporaneit della carica Rinnovabilit limiti, 26. -Enti pubblici istituzionali -Riordinamento degli enti -Disposizioni sui membri dei consigli di amministrazione -Rinnovabilit della carica Limiti -Situazioni pregresse, 26. - Entrate patrimoniali -Riscossione coattiva mediante ingiunzione Xlll INDICE DELLE CONSULTAZIONI Emissione -Competenza -Dirrigenti superiori e primi dirigenti -Natura e limiti della competenza, 26. -Soppressione di enti -Giovent italiana -Soppressione ex 1. 18 novembre 1975, n. 764 -Trasferimento del compensio immobiliare agli enti considerati nella stessa legge -Effetto dalla data di entrata in vigore di questa, 24. -Ufficiale giudiziario -Pignoramento -Versamento della somma da parte del debitore esecutato -Mancata consegna al creditore pignorante Responsabilit della P.A., 24. -Universit -Collaudi di appalti di opere effettuati da tecnici ipendenti da amministrazioni statali -Pagamento dei compensi, 25. ANTICHITA' E BELLE ARTI. -Comuni delle Marche colpiti dal terremoto -Provvidenze -Interventi nei centri storici -Parere della commissione tecnica speciale -Estensione -Limiti, 26. APPALTO. -Contratto di fornitura di paletti di ferro -Ritardo imputabile ad inadempienza di imprese siderurgiche (per agitazioni sindacali) nei con fronti dell'appaltatore Eccezionale rilevanza nei confronti della P A. appaltante ed esclusione della penale per ritardo, 27. -Imposta valore aggiunto -Anticipazioni concesse dallo Stato ad appaltatori o fornitori di beni o servizi -Assoggettabilit alla imposta, 28. -L. 22 febbraio 1973, n. 37, che esclude patti contrari o in deroga al regime della revisione prezzi Carattere non retroattivo, 27. -Opera pubblica Mancata consegna dei lavori nei termini contrattuali per fatto dell'amministrazione Recesso dell'appaltatore Conseguenze economiche, 27. -Opere pubbliche -Appalto Esecuzione in danno dell'appaltatore - Riaggiudicazione a condizioni pi onerose Maggiori spese Imposta valore aggiunto sul maggior corrispettivo contrattuale, 28. -Revisione prezzi -Esclusione del patto contrario o in deroga sancita dall'art. 2 1. 22 febbraio 1973, n. 37 -Rinunzia a maggiori compensi per revisione per la maggior durata dei lavori corrispondente alla proroga del termine di ultimazione con cessa della P A. committente Non costituisca patto di deroga al regime delle revisioni, 27. -Revisione prezi -Mano d'opera Variazione costi Elementi computabili Indennit e rimborso spese per lavoro prestato in luogo diverso da quello di provenienza, 27. ASSICURAZIONE. -Assicurazione obbligatoria della responsabilit civile derivante dalla circolazione degli autoveicoli Nozione di assicurato Conducente non contraente - tale, 28. -Assicurazione obbligatoria della responsabilit civile derivante dalla circolazione degli autoveicoli Procedimento penale a carico dell'assicurato Posizione di responsabile civile dell'assicuratore, 28. -Assicurazione obbligatoria della responsabile derivante dalla circola zione degli autoveicoli Processo penale a carico di conducente della P.A. -Obbligo di intervento della compagnia assicuratrice a norma di polizza Sussistenza, 29. - Edilizia economica e popolare . Cessione con patto di riservato dominio di alloggi costruiti dall'ONIG E finanziati con contratto di mutuo garantito da ipoteca e cessione di contributo statale Momento di trasferimento in capo ai cessionari degli alloggi del rapporto assicurati vo relativo a polizza contro i rischi dell'incendio stipulata in adempimento del contratto di mutuo e vincolata in favore dell'istituto mutuan te, 28. ATTI AMMINISTRATIVI. -Apparecchiature radiologiche e sorgenti radioattive Assicurazione ob bligatoria -Premi Determinazione ministeriale Efficacia retroattiva, 29. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -Delegazione amministrativa -Atti compiuti dall'organo delegante inerenti alle attribuzioni delegate -Imputabilit al medesimo -Edilizia scolastica -Affidamento in concessione delle opere -Approvazione dei progetti da parte del provveditorato regionale 00.PP. -Impugnabilit nei confronti di questo dell'atto di approvazione viziato, 29. -Provvedimento -Prezzo del CIP Impugnativa giurisdizionale -Competenza -funzionale del TAR del Lazio, 29. -Tribunali amministrativi regionali Impugnativa di atto dell'amministrazione centrale che dispone il pagamento di una somma di denaro Competenza territoriale del TAR nella cui circoscrizione ricompreso l'ufficio di tesoreria che deve procedere al pagamento, 29. COMPETENZA E GIURISDIZIONE. -Enti lirici -Contratto di scrittura teatrale -Natura -Difetto di giurisdizione dell'A.G.0. -Limiti, 30. -Ricorso giurisdizionale -Istanza di sospensione -Accog1imento -Rimedi esperibili averso l'ordinanza, 30. -T.A.R. -Rapporti di pubblico impiego -Competenza -Ricorsi di magistrati -Estensione, 30. COMUNI E PROVINCE. -Elezioni comunali -Convalida -Annullamento da parte della C.P.C. Giurisdizione -Spettanza, 30. -Enti locali -Autorizzazione ad assumere mutui con contributo statale per ripianamento del bilancio Competenza del ministro dell'Interno -Art. 130 Costituzione, 30. -Enti locali -Trasferimento alle regioni ordinarie dei poteri di controllo sugli atti -Conservazione da parte dello Stato di altre forme di controllo generale, 31. COMUNIT ECONOMICA EUROPEA. -Prezzi -Disciplina -Blocco dei prezzi -Disciplina comunitaria nel settore agricolo -Compatibilit, 31. -Prodotti agricoli -Esportazione in paesi extra C.E.E. -Domanda di restituzione -Termine di presentazione -Natura, 31. -Prodotti agricoli -Esportazione nei paesi extra C.E.E. -Domanda e pratica di restituzione -Decorrenza del termine, 31. -Prodotti agricoli -Esportazione in paesi extra C.E.E. -Domanda e pratica di restituzione -Onere di produzione, 31. CONCESSIONI AMMINISTRATIVE. -Concessioni di beni demaniali -Costruzioni a confine con propriet private -Distanze legali -Rispetto , -Limiti, 32. -Tassa di plateatico -Strada comunale -Concessione di attraversamen" to -Imposizione di canone ricognitorio -Compatibilit, 32. CONSIGLIO DI STATO. -Perizie ed indagini demandate dal giudice amministrativo ad una amministrazione che non parte in giudizio -Modalit di esecuzione delfincombente istruttorio -Compensi, 32. CONTABILIT GENERALE DELLO STATO. -Beni dello Stato -Alienazione -Fondi rustici -Diritto di prelazione del coltivatore -Leggi speciali Applicabilit, 32. -Contratto di pubblica fornitura Prezzo -Clausola di revisione -Mancanza -Effetti -Svalutazione monetaria -Eccessiva onerosit sopraggiunta -Applicabilit, 32. -Fermo amministrativo -Debiti di imposta -Produttori d'olio d'oliva Notificazione prima del d.P.R. n. 727 del 1974 -Efficacia, 33. -Imposta valore aggiunto -Anticipazioni concesse dallo Stato ad appaltatori o fornitori di beni o servizi -Assoggettabilit all'imposta, 33. -Opere pubbliche -Appalto -Esecuzione in danno dell'appaltatore - Riaggiudicazione a condizioni pi ' INDICE DELLE CONSULTAZIONI onerose -Maggiori spese -Imposta valore aggiunto sul maggior corrispettivo contrattuale, 33. -Produttori olio d'oliva -Integrazione prezzo -Crediti vari dello Stato -Compensazione limiti, 33. CONTENZIOSO TRIBUTARIO. -Definizione agevolata delle pendenze tributarie ex dl. 660-1973 -Decisione della commissione emanata dopo l'entrata in vigore del detto dl. Subordinazione degli effetti alla non operativit della definizione agevolata, 33. -Definizione agevolata delle pendenze tributarie ex d.l. 660/1973 -Pendenza di r .m. decisione di annullamento della commissione centrale posteriore all'entrata in vigore del dl. Successiva istanza di definizione - Riperibilit per la liquidazione dei tributi alla decisione annullata, 34. -Procedimento innanzi alle commissioni -Fascicolo d'ufficio -Rimessione -Ufficio cui va rimesso -Identificazione, 34. CONTRABBANDO. -Importazione temporanea di autoveicolo Omessa riesportazione nei termini -Natura della infrazione doganale -Reato a. condotta libera, 34. CONTRIBUTI E FINANZIAMENTI. -Contributi in conto capitale -Concessione a favore dei Comuni ed enti pubblici -Revoca -Ingiunzione di pagamento a carico degli enti -Ammissibilit, 35. -I.N.F.I.R. -Concessione di mutui per la ricostruzione -Quote di ammortamento -Insolvenza dei mutuatari -Riscossione coattiva -Facolt di avvalersi della procedura esattoriale -Estensione della procedura alla espropriazione immobiliare, 34. -Opere di miglioramento fondiario Contributi in conto capitale Inadempienza dei concessionari -Revoca -Recupero contributi -Riscossione coattiva per entrate patrimoniali -Legittimit, 34. -Opere di miglioramento fondiario Contributi in conto capitale -Inadempienza dei concessionari Re- voca -Recupero contributi -Termine prescrizionale -Decorrenza, 35. CORTE DEI CONTI. -Invalido civile -Controversia circa la concessione di pensione o assegno di invalidit Giurisdizione della Corte dei conti Insussistenza, 35. DANNI DI GUERRA. -Tribunali amministrativi regionali Impugnativa di atto dell' amministrazione centrale che dispone il pagamento di una somma di denaro - Competenrza territoriale del TAR nella cui circoscrizione ricompreso l'ufficio di tesoreria che deve procedere al pagamento, 35. ENTI PUBBLICI. -Enti di sviluppo -Normativa del parastato -Applicabilit, 36. -Enti di sviluppo .-Personale -Normativa sul riordino del parastato Dipendenti trasferiti Conservazione della qualifiica e della posizione -Promozioni -Divieto, 35. ESECUZIONE FISCALE. -Esecuzione esattoriale Eredit giacente -Divieto di esecuzioni indi'lidualii -Operativit nei confronti dell'esattore, 36. ESECUZIONE FORZATA. -Assegnazione o distribuzione del ricavato -Mancata opposizione del debitore all'esecuzione -Possibilit di ripetizione ~ella somma, 36. -Esecuzione esattoriale -Eredit giacente -Divieto di esecuzioni individuali -Operativit nei confronti dell'esattore, 36. -Esecuzione individuale Dich!a'razione di fallimentto o ammissione ad amministrazione controllata Effetti -Declaratoria di inefficacia del ricavato della assegnazione Possibilit, 36. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -Ufficiale giudiziario -Pignoramento -Versamento della somma da parte del debitore esecutato -Mancata consegna del creditore pignorante -Responsabilit della P.A., 37. ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITA. -Alloggi per fermvieri -Aree Espropriazione -Indennit liquidazione Normativa applicabile, 38. -Concessioni di acque per grandi derivazioni -Condessionari privati Realizzazione di opere -Procedure di esproprio -Normativa applicabile, 37. -Concessioni di acque per grandi derivazioni -Concessionari pubblici Realizzazione di opere -Procedure di esproprio -Determinazione della dndennit -Normativa applicabile, 37. -Concessioni di acque per piccole derivazioni -Concessionari pubblici Realizzazione di opere -Procedure di esproprio -Determinazione della indennit -Normativa applicabile, 38. -Concessioni di acque per piccole derivazioni -Concessionari privati - ReaHzzamone di opere -Procedure di esproprio -Normativa applicabile, 37. -Enti pubblici locali -Espropriazioni -Competenza delle regioni, 44. -Indennit aggiuntiva -Proprietario diretto coltivatore -Natura, 42. -Indennit aggiuntiva -Terreni dati in coltivazione a fittavoli -Mezzadri -Coloni e compartecipi -Natura, 42. -Legge sulla casa -Ambito di applicazione -Opere pubbliche statali Applicabilit della nuova disciplina Limiti, 43. -Legge sulla casa -Ambito di applicazione -Opere pubbliche statali Tangenziale di Napoli -Applicabilit, 43. - Legge sulla casa -Ambito di applicazione -Regioni a statuto speciale -Competenza normativa esclusiva in materia urbanistica ed edilizia -Applicabilit della nuova disciplina -Lmiti, 43. -Legge sulla casa -Cessione volontaria Proposta dell'espropriato -Na tura ed effetti -Maggiorazione dell'indennit -Limite massimo, 42. -Legge sulla casa -Cessione volontaria -Proprietario coltivatore diretto -Maggiorazione -Base di commisurazione -Indennit raddoppiata o indennit provvisoria, 43. - Legge sulla casa -Determinazione dell'indennit -Criteri -Cessione volontaria dell'area -Maggiorazione del 30 % -Estensione alle espropriazioni per le singole opere pubbliche, 40. -Legge sulla casa -Determinazione della indennit -Criteri -Estensione a tutte le singole opere pubbliche -Efficacia dichiarativa o innovativa, 40. - Legge sulla casa -Determinazione dell'indennit -Indicazione della indennit provvisoria -Competenza, 40. -Legge sulla casa -Entrata in vigore -Procedimenti espropriativi pendenti -Determinazione della indennit -Nuova disciplina -Applicabilit, 44. -Legge sulla casa -Entrata in vigore -Procedimenti espropriativi pendenti -Determinazione della indennit -Opposizione -Competenza giudiziaria, 44. -Legge sulla casa -Indennit aggiuntiva -Coltivatore diretto -Prova della qualit -Principio della libert di prova -Atto notorio -Inidoneit, 42. - Legge sulla casa -Indennit di espropriazione -Criteri di determinazione -Estensione alle espropriazioni per la realizzazione di opere statali -Indennit aggiuntiva -Estensione, 42. -Legge sulla casa -Indennit di esproprio -Criteri di determinazione -Ambito di applicabilit -Limiti 37. -Legge sulla casa -Opere regionali Trasferimento delle competenze alle regioni a statuto ordinario -Estensione -Effetti, 43. -Legge sulla casa -Opere statali Dichiarazione di espropriazione e di occupazione d'urgenza -Competenza, 41. -Legge sulla casa -Procedimento Competenza -Attribuzioni delegate INDICE DELLE CONSULTAZIONI XVll al presidente della giunta regionale -Scadenza della delega -Effetti, 43. -Opere pubbliche statali -Legge sulla casa -Estensione -Costruzioni ferroviarie -Dichiarazione di indifferibilit e urgenza requisiti, 39. -Opere pubbliche statali -Legge sulla casa -Estensione -Costruzioni ferroviarie -Indennit -Criteri di determinazione pi favorevoli -Applicabilit, 38. -Opere pubbliche statali -Legge sulla casa -Estensione -Espropriazioni in corso -Ius superveniens, 39. -Opere pubbliche statali -Legge sulla casa -Estensione -Indennit -Accordi amichevoli gi intervenuti lus superveniens -Effetti, 39. -Opere pubbliche statali -Legge sulla casa -Estensioni -Indennit -Criteri di determinazione -Asservimento -Applicabilit, 40. -Opere pubbliche statali -Legge sulla casa -Estensione -Indennit gi liquidate -Ordine di pagamento o di deposito -Modificabilit per ius superveniens, 39. - Opere pubbliche statali -Legge sulla casa -Estensione -Indennit provvisoria gi liquidata -Modificabilit o integrabilit per ius superveniens, 39. -Opere pubbliche statali -Legge sulla casa -Estensione -Limiti, 38. -Opere pubbliche statali -Legge sulla casa -Estensione -Occupazione di urgenza -Esclusione, 38. - Opere pubbliche statali -Legge sulla casa -Estensione -Opere statali di edilizia residenziale -Applicabilit, 38. -Procedimento -Proposta di cessione volontaria -Termine -Natura Inosservanza -Effetti, 41. -Province autonome di Bolzano e di Trento -Competenza -Opere da realizzare con onere a carico dello Stato, 41. - Province autonome di Bolzano e di Trento -Opere di competenza statale -Procedure in corso alla entrata in vigore delle norme di attuazione dell'autonomia provinciale -Competenza e normativa, 41. -Province autonome di Bolzano e di Trento -Opere statali -Realizzazione mediante delega alla provincia Normativa provinciale -Applicabilit, 41. -Province autonome di Bolzano e di Trento -Riparto di competenze con lo Stato e la Regione -Norme di attuazione dello statuto di autonomia -Effetti, 41. -Servit di elettrodotto -Applicabilit delle disposizioni della 1. 22 ottobre 1971, n. 865 (ex legge sulla casa) per la determinazione delle indennit di asservimento, 40. -Trasferimento delle funzioni alle regioni -Ripartizione di competenza tra Stato e regione -Criteri, 44. FALLIMENTO -Ammissione al passivo -Credito di imposta -Contestazione -Ammissione con riserva -Opposizione a stato passivo -Necessit -Limiti, 45. -Ammissione al passivo -Credito di imposta -Contestazione avanti le commissioni -Ammissione con riserva -Estensione della riserva, 44. -Concordato preventivo -Imposte dirette riferite ad esercizi precedenti -Iscrizione a ruolo successiva Anteriorit o meno del credito tributario agli effetti del concorso, 45. -Crediti tributari contestati avanti alle . commissioni -Ammissione con riserva al passivo fallimentare -Onere dell'opposizione allo stato passivo -Esclusione, 45. -Esecuzione individuale -Dichiarazione di fallimento o ammissione ad amministrazione controllata -Effetti -Declaratoria di inefficacia del ricavato della assegnazione -Possibilit, 45. -Riscossione esattoriale -Domanda di ammissione al passivo -Contestazione del privilegio -Chiamata in causa o intervento volontario della amministrazione -Ammissibilit, 44. FALSO CIVILE -Cassetta di sicurezza -Apertura -Dichiarazione di esistenza in vita di cointestatario -Falsit -Illecito am XVlll RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ministrativo previsto dalla legge tributaria sulle successioni -Falso in scrittura privata -Concorso, 45. FERROVIE -Alloggi per ferrovieri -Aree -Indennit liquidazione -Normativa applicabile, 46. -Case economiche per ferrovieri Sfratto amministrativo -Graduazione pretorile -Sottoposizione -Necessit, 47. :__ Opere pubbliche statali -Legge sulla casa -Estensione -Costruzioni ferroviarie -Dichiarazione di indifferibilit e urgenza -Requisiti, 46. -Opere pubbliche statali -Legge sulla casa -Estensione -Costruzioni ferroviarie -Indennit -Criteri di determinazione pi favorevoli -Applicabilit, 46. -Opere pubbliche statali -Legge sulla casa -Estensione -Espropriazioni Espropriazione in corso -Ius superveniens, 46. -Opere pubbliche statali -Legge sulla casa -Estensione -Indennit Accordi amichevoli gi intervenuti lus superveniens -Effetti, 47. -Opere pubbliche statali -Legge sulla casa -Estensione -Indennit Criteri di determinazione -Asservimento -Applicabilit, 47. -Opere pubbliche statali -Legge sulla casa -Estensione -Indennit gi liquidate -O!'dine di pagamento o di deposito -Modificabilit per ius superveniens, 47. -Opere pubbliche statali -Legge sulla casa -Estensione -Indennit provvisoria gi liquidata -Modificabilit o integrabilit per ius superveniens, 46. GIURISDIZIONI SPECIALI -Elezioni comunali -Convalida -Annullamento da parte della C.P.C. Giurisdizione -Spettanza, 48. -Ricorso giurisdizionale -Istanza di sospensione -Accoglimento -Rimedi esperibili avverso l'ordinanza 47. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA -Competenza dei T .A.R. -Atti con efficacia territorialmente limitata -Diniego riconoscimento qualifica redu ce dalla deportazione -Ricorso gerarchico -Provvedimento ministeriale di rigetto -Natura -Effetti sulla competenza per territorio, 49. -Giudizi innanzi al T.A.R. -Competenza per territorio -Pubb1ico impiego -Sede di servizio -Liquidazione buonuscita -Applicabilit del criterio, 48. -Giudizi innanzi al T.A.R. -Competenza sugli atti degli organi centrali dello Stato e degli enti pubblici ultraregionali Competenza del T.A.R. del Lazio cori sede in Roma Natura, 48. - Giudizio amministrativo -Impugnativa di pi atti oggettivamente connessi -Spostamento di competenza, 49. -Giudizio amministrativo -Riporto di competenze funzionali inderogabili in senso verticale ed in senso oriz zontale Eccepibilit della relativa eccezione di incompetenza al di fuori dello specifico procedimento di regolamento di competenza, 49. -Giudizio amministrativo -Sentenza di primo grado del T.A.R. -Esecuti vit Concetto limiti, 49. -Perizie ed indagine demandate dal giudice amministrativo ad una am ministrazione che non parte in giudizio -Modalit d'esecuzione dell'incombente istruttorio Compensi, 49. -Ricorso giurisdizionale Avverso provvedimento a contenuto negativo Istanza di sospens~one Accoglimento -Obbligo di conformarsi dell'amministrazione Consistenza e limiti, 48. -Ricorso giurisdizionale . Istanza di . sospensione Accoglimento -Rimedi esperibili avverso l'ordinanza, 49. - T.A.R. -Rapporti di pubblico impiego -Competenza -Ricorsi di magistrati -Estensione, 48. IMPOSTA VALORE AGGIUNTO -Decreto-legge recante maggiorazioni di aliquote -Conversione in legge con modificazioni -Decorrenza della maggiorazione, 50. -Imposta valore aggiunto -Anticipazioni concesse dallo Stato ad appaltatori o fornitori li beni o servizi - Assoggettabilit all'imposta, 50. INDICE DELLE CONSULTAZIONI -Opere pubbliche -Appalto -Esecuzione in danno dell'appaltatore - Riaggiudicazione a condizioni pi onerose -Maggiori spese -Imposta valore aggiunto sul maggior corrispettivo contrattuale, 50. IMPOSTE DI FABBRICAZIONE -Imposte di fabbricazione -Esercenti depositi liberi per usi commerciali di oli minerali carburanti combustibili e lubrificanti autorizzati all'emissione dei certificati di provenienza per i prodotti estratti dai loro depositi -Obbligo di trasmettere agli UTIF i riscontrini dei certificati emessi non oltre il giorno successivo non festivo a quello di emissione, 51. -Pagamento differito -Saggio di interesse -Nuova misura introdotta con legge di conversione di decreto- legge regolante la materia -Decorrenza della maggiorazione, 50. IMPOSTE DIRETTE -Ammissione al passivo -Credito di imposta -Contestazione -Amissione con riserva -Opposizione a stato passivo Necessit -Limiti, 52. -Ammissione al passivo -Credito di .imposta -Contestazione avanti le commissioni -Ammissione con riserva -Estensione della riserva, 51. -Appalti -Stipulati all'estero -Esecuzione in Italia -Tassabilit, 52. -Atti delle pubbliche amministrazioni -Decreti di espropriazione a favore dell'A.NA.S. -Assoggettabilit al tributo, 52. -Collegi consultivi compartimentali dei periti doganali -Espletamento di funzioni in regime di prorogatio spettante delle indennit, 53. -Collegi consultivi compartimentali dei periti doganali -Scadenza del quadriennio dalla costituzione -Legittimit dell'espletamento delle funzioni sino all'insediamento del nuovo collegio, 53. -Concordato preventivo -Imposte dirette riferite ad esercizi precedenti iscrizione a ruolo successiva -Anteriorit o meno del credito tributario agli effetti del concorso, 51. -Crediti tributari contestati avanti alle Commissioni -Ammissione con riserva al passivo fallimentare -Onere dell'opposizione allo stato passivo -Esclusione, 52. -Esenzioni e agevolazioni -Aree depresse del centro-nord Nuove imprese artigiane e industriali -Impianti fissi -Limiti di investimento Locazione o fusione delle aziende Spettanza dei benefici, 51. -Industrializzazione del Mezzogior~ no -Agevolazioni fiscali -Case di cura -Non spettanza delle agevolazioni, 53. ' -Reddito tassabile -Presupposto Proventi ospedalieri -Riassorbibilit negli esercizi successivi -Tassabilit, 51. -Uffici catastali -Diritti vari -Agevolazioni per il mezzogiorno -Atti e servizi diretti al raggiungimento dei fini della cassa -Estensione, 52. IMPOSTE VARIE -Esenzioni e agevolazioni -Zona del Vaiont -Nuove imprese -Esenzione da imposta di r.m. Imposte comunali varie, Ilor e lrpeg -Nuova disciplina delle agevolazioni tributarie -Sopravvenienza dei benefici, 53. -Industrializzazione del Mezzogiorno -Agevolazioni fiscali -Case di cura Non spettanza delle agevolazioni, 54. -Imposta di negoziazione -Esenzioni e agevolazioni -Quote sociali di cooperative edilizie -Applicabilit del beneficio previsto per azioni e obbligazioni, 53. -Uffici catastali -Diritti vari -Agevolazioni per il Mezzogiorno -Atti e servizi diretti al raggiungimento dei fini della cassa -Estensione, 54_ INCOLUMIT PUBBLICA -Catastrofe del Vaiont -Provvidenze -Pensioni di invalidit e di riversibilit -Prescrizione triennale Rinuncia della P.A. -Ammissibilit. 54. INFORTUNI SUL LAVORO -Apparecchiature radiologiche e sorgenti radioattive -Assicurazione ob xx RASSEGNA DBLL'AVVOCATURA DELLO STATO bligatoria -Canoni -Azione giudi- LEGGI E DECRETI xx RASSEGNA DBLL'AVVOCATURA DELLO STATO bligatoria -Canoni -Azione giudi- LEGGI E DECRETI ziaria Previo ricorso in via amministrativa, 55. -Apparecchiature radiologiche e sorgenti radioattive -Assicurazione obbligatoria -Premi -Determinazione ministeriale -Efficacia retroattiva, 55. -Catastrofe del Vaiont -Provvidenze Pensioni di invalidit e di riversibilit -Prescrizione triennale -Rinuncia della P .A. -Ammissibilit, 54. -Infortunio sul lavoro -Terzo responsabile -Azione di rivalsa dell'assicuratore -Liquidazione della rendi -Decreto-legge recante maggiorazioni di aliquote -Conversione in legge con modificazioni Decorrenza della maggiorazione, 57. -Pagamento differito Saggio di interesse -Nuova misura introdotta con legge di conversione di decreto- legge regolante la materia -Decorrenza della maggiorazione, 56. -Stato giuridico del personale direttivo ispettivo docente e non docente della scuola materna -Elementare secondaria e artistica dello Sta- ta -Condanna al pagamento -Passaggio in giudicato -Effetti -Riliquidazione successiva -Possibilit di rivalsa, 55. ISTRUZIONE -Delegazione amministrativa -Atti compiuti dall'organo delegante inerenti alle attribuzioni delegate -Imputabilit al medesimo -Edilizia scolastica -Affidamento in concessione delle opere -Approvazione dei progetti da parte del provvedimento regionale oo.pp. -Impugnabilit nei confronti di questo dell'atto di approvazione viziato, 55. -Professori universitari -Indennit speciale -Equiparazione ai primari ospedalieri -Transito dalla posizione di incaricato a quella di ruolo - Effetti, 55. -Stato giuridico del personale direttivo ispettivo docente e non docente della scuola materna -Elementare secondaria e artistica dello Stato -Legge di delegazione 30 luglio 1973, n. 477 -Norme non sviluppate n ripetute di sede delegata -Efficacia, 56. -Universit -Collaudi di appalti di opere effettuati da tecnici dipendenti da amministrazioni statali Pagamento dei compensi, 56. LAVORO -Contratto di lavoro -Scrittura teatrale -Spettacolo lirico -Preparazione collettiva adeguata -Mancanza Rifiuto di prestazione dell'interprete Legittimit, 56. -Istruttori o allenatori sportivi -Centri sportivi marina militare -Rapporto di lavoro -Natura, 56. to -Legge di delegazione 30 luglio 1973, n. 477 -Norme non sviluppate n ripetute in sede delegata -Efficacia, 57. LOCAZIONI DI COSE -Case economiche per ferrovieri - Sfratto amministrativo -Graduazione pretorile -Sottoposizione Necessit, 57. -Contratti passivi di locazione della P.A. -Legislazione vincolistica -Applicabilit -Contratto in corso -Nozione -Continuazione della detenzione dopo la scadenza -Effetti, 57. LOTTO E LOTTERIE -Lotterie -Vincita -Pagamento del premio -Requisiti di integrit del biglietto, 57. MATRIMONIO -Impiegato statale -Cessazione degli effetti civili del matrimonio -Ordine del giudice all'Amministrazione del tesoro di pagare direttamente alla ex coniuge del dipendente una quota dello stipendio -Limiti, 58. MEZZOGIORNO -Cassa per il Mezzogiorno -Sovvenzioni finanziarie in favore di iniziative industriali -Cessazione dell'attivit di impresa -Conseguenze, 58. -Industrializzazione del Mezzogiorno -Agevolazioni fiscali -Case di cura -Non spettanza delle agevolazioni, 59. INDICE DELLE CONSULTAZIONI -Legge sulla casa -Indennit cli esproprio -Criteri di determinazione -Ambito di applicabilit -Limiti, 58. - Uffici catastali -Diritti vari -Agevolazioni per il Mezzogiorno -Atti e servizi diretti al raggiungimento dei fini della Cassa -Estensione, 58. MILITARI -Servizio militare -Figli maschi di vedove di guerra -Esonero -Discrezionalit dell'Amministrazione -Non sussiste, 59. -Servizio. militare -Figli maschi di vedova di guerra e non anche del militare deceduto -Esonero, 59. NOTAIO -Cooperative edilizie -Finanziamento cassa pensioni dipendenti enti locali -Contratti di assegnazione alloggio e mutuo edilizio individuale Stipula notarile Onorari Riduzione, 59. OCCUPAZIONE -Opere pubbliche statali -Legge sulla casa -Estensione -Occupazione d'urgenza -Esclusione, 59. POLIZIA -Autoveicoli -Dispositivi luminosi e acustici -Istituti di vigilanza privata -Autorizzazione alla istallazione -Possibilit, 40. PRESCRIZIONE -Catastrofe del Vaiont -Provvidenze Pensioni di invalidit e di riversibilit Prescrizione triennale Rinuncia della P.A. -Ammissibilit, 60. -Opere di miglioramento fondiario Contributo in conto capitale -Inadempienza dei concessionari Revoca -Recupero contributi -Termine prescrizionale -Decorrenza, 60. PREVIDENZA E ASSISTENZA -Avvocati e Procuratori -Regime previdenziale -Esenzione da contributi sugli atti e provvedimenti relativi a controversie individuali di lavoro o a rapporti di pubblico impiego, 61. -Camere di Commercio Segretari generali -Trattamento previdenziale e assistenziale, 62. - Dipendenti O.N.I.G. -Iscrizione alla C.P.D.EL. -Iscrizione al fondo di previdenza del personale -Compatibilit, 61. -Dipendenti O.N.I.G. -Riscatto servizio pre-ruolo Prima richiesta al fondo di previdenza del personale Successiva iscrizione e richiesta alla C.P.D.EL. -Effetti sulla procedibili t delle domande, 61. - Infortunio sul lavoro Terzo responsabile -Azione di rivalsa dell'assicuratore -Liquidazione della rendita Condanna al pagamento -Passaggio in giudicato -Effetti -Riliquidazione successiva -Possibilit di rivalsa, 61. -Istruttori o allenatori sportivi -Centri sportivi Marina Militare -Rapporto di lavoro -Natura, 62. -Legge sui combattenti -Applicabilit dei benefici agli invalidi per causa di lavoro -Azione promossa dal lavoratore -Questione sulla legittimazione passiva della cassa pensioni dipendenti enti locali, 60. -Medici incaricati del servizio sanitario a favore di reparti della G.d.F. Natura del rapporto Posizione assicurativa -Costituzione, 62. - Mutilati e d'invalidi civili Pensione sociale -Somme anticipate dagli E.C.A. -Rimborso da parte dello I.N.P.S. -Somme corrisposte prima dell'entrata in vigore della 1. 13 ottobre 1969, n. 743, 61. - Scuole e corsi di addestramento G.d.F. -Incarico di insegnamento Soggetti estranei alla P.A. Posizione assicurativa -Costituzione, 62. PREZZI -Generi di largo consumo -Blocco dei prezzi -Prezzi praticati alla data del 16 luglio 1973 -Interpretazione, 62. -Generi di largo consumo -Blocco dei prezzi -Violazioni -Sanzioni Proventi -Riscossione coattiva -Organo preposto, 63. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -Provvedimento -Prezzo del C.I.P. Impugnativa giurisdizionale -Competenza funzionale del T .A.R. del Lazio, 62. PROCEDIMENTO PENALE -Assicurazione obbligatoria della responsabilit civile derivante dalla circolazione ' degli autoveicoli . Procedimento penale a carico dell'assicurato -Posizione di responsabile ci~ vile dell'assicuratore, 63. -,-, Assicurazione obbligatoria della responsabilit civile derivante dalla circolazione degli autoveicoli Processo penale a carico di conducente della P A. -Obbligo d'intervento della cmpagnia assicuratrice a norma di polizza -Sussistenza, 63. -Assicurazione obbligatoria della responsabilit civile derivante dalla circolazione di veicoli Nozione di assicurato -Conducente non contraente - tale, 63. PROFESSIONI -Agente di cambio -Albo professionale -Iscrizione -Decreto presidenziale di nomina Sufficienza, 63. PROPRIET -Concessioni di beni demaniali -Costruzioni a confine con propriet private Distanze legali -Rispetto Limiti, 64. PUBBLICO UFFICIALE -Opere in conglomerato cementizio armato Denuncia dei lavori Certificato di deposito -Rifiuto per incompletezza degli atti -Reato del pubblico ufficiale -Esclusione, 64. REGIONE SICILIA -Esenzioni e agevolazioni -Societ avente sede in Sicilia -Obbligazioni -Interessi -Successiva incorporazione in altra societ avente sede non in Sicilia Effetti, 64. -Esenzioni e agevolazioni -Stabilimenti industriali -Alberghi -Sicilia -Legislazione nazionale -Legislazione regionale -Rapporti, 64. REGIONE TRENTINO ,-ALTO ADIGE -Province autonome di Bolzano e di Trento -Competenza -Opere da realizzare con onere a carico dello Stato, 65. -Province autonome di Bolzan e di Trento -Opere di competenza statale -Procedure in corso alla entrata in vigore delle norme di attuazione dell'autonomia provinciale Competenza e normativa, 65. -Province autonome di Bolzano e di Trento -Opere statali -Realizzazione mediante. delega alla provincia Normativa provinciale -Applicabilit, 65. -Province autonome di Bolzano e di Trento -Riparto di competente con lo Stato e la Regione Norme di attuazione dello statuto di autonomia -Effetti, 65. REGIONI -Edilizia residenziale pubblica -Competenza primaria ed esclusiva delle province autonome di Trento e Bolzano -Alloggi ex INCIS destinati a particolari categorie di dipendenti statali -Competenza provinciale o statale, 65. -Enti locali -Autorizzazione ad assumere mutui con contributo statale per ripianamento del bilancio -Competenza del ministero dell'Interno, 66. -Enti locali -Trasferimento ,alle Regioni ordinarie dei poteri di ontrollo sugli atti -Conservazione da parte dello Stato di altre forme di controllo generale, 66. -Enti pubblici locali Espropriazioni -Competenza delle Regioni, 67. -Legge sulla casa -Ambito di applicazione -Regioni a statuto speciale -Competenza normativa esclusiva in materia urbanistica ed edilizia -Applicabilit della nuova disciplina -Limiti, 67. -Legge sulla casa -Opere regionali Trasferimento delle competenze alle Regioni a statuto ordinario -Estensione -Effetti, 66. -Pesca marittima e lagunare -Dirit ti esclusivi di pesca -Trasferimento delle funzioni alle Regioni -De .. . ~: XXlll INDICE DEUE CONSULTAZIONI limitazione della competenza tra Stato e Regione, 66. -Trasferimento di funzioni alle Regioni -Ripartizione di competenza tra Stato e Regione -Criteri, 67. RESPONSABILIT CIVILE. -Assicurazione obbligatoria della responsabilit civile derivante dalla circolazione degli autoveicoli -Procedimento penale a carico dell'assicurato -Posizione di responsabile civile dell'assicuratore, 67. -Assicurazione obbligatoria della responsabilit derivante dalla circolazione degli autoveicoli -Processo penale a carico di conducente della PA. -Obbligo di intervento della compagnia assicuratrice a norma di polizza -Sussistenza, 68. -Assicurazione obbligatoria della responsabilit civile derivante dalla circolazione di veicoli -Nozioni di assicurato -Conducente non contraente -1'. tale, 68. -Ufficiale giudiziario -Pignoramento -Versamento della somma da parte del debitore esecutato -Mancata consegna al creditore pignorante Responsabilit della P.A., 67. RICOSTRUZIONE. -I.N.F.I.R. -Concessione di mutui per la ricostruzione -Quote di ammortamento -Insolvenza dei mutuatari -Riscossione coattiva -Facolt di avvalersi della procedura esattoriale -Estensione della procedura all'espropriazione immobiliare, 68. RISCOSSIONE -Concordato preventivo -Imposte dirette riferite ad esercizi precedenti Iscrizione a ruolo successiva -Anteriorit o meno del credito tributario agli effetti del concorso, 69. -Contributi in conto capitale -Concessione a favore di comuni ed enti pubblici -Revoca -Ingiunzione di pagamento a carico degli enti Ammissibilit, 69. -Entrate patrimoniali -Riscossione coattiva mediante ingiunzione -Emissione -Competenza -Dirigenti . superiori e primi dirigenti -Natura e limiti della competenza, 70. -I.N.F.I.R. -Concessione di mutui per la ricostruzione -Quote di ammortamento -Insolvenza dei mutuatari -Riscossione coattiva -Facolt di avvalersi della procedura esat toriale -Estensione della procedura dell'espropriazione immobiliare, 69. -Opere di miglioramento fondiario Contributi in conto capitale -Inadempienza dei concessionari -Revoca -Recupero contributi -Riscossione coattiva per entrate patrimoniali -Legittimit, 69. -Riscossione esattoriale -Domanda di ammissione al passivo -Contestazione del privilegio -Chiamata in causa o intervento volontario dell'amministrazione -Ammissibilit, 68. XXIV RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO LEGISLAZIONE QUESTIONI DI LEGITTIMIT COSTITUZIONALE I -Norme dichiarate incostituzionali II -Questioni dichiarate non to'ndate III -Questioni proposte . . . . . . pag. 15 15 16 INDICE BIBLIOGRAFICO . . . . . . . . . ...... pag. 71 < # 2 .;.:f'' I m i:~ PARTE PRIMA i j I l I I GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIJ.\IA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, 24 maggio 1977, n. 86 -Pres. Rossi -Rel. Roehrssen -Sogno Rata del Vallino (avv. Pinto). Procedimento penale -Segreto politico o militare -Interesse alla difesa della patria e alla sicurezza nazionale -Limiti alla giurisdizione e al diritto di difesa. (cast., artt. 101, 102 e 112; cod. proc. pen., artt. 342 e 352). ' L'interesse alla difesa della Patria e alla sicurezza nazionale (e non anche il desiderio di governanti di impedire l'accertamento di fatti eversivi dell'ordine costituzionale) condiziona la giurisdizione e limita il diritto di difesa. Gli artt. 342 e 352 cod. proc. pen. sono costituzionalmente illegittimi nella parte in cui prevedono che il procuratore generale presso la Corte di Appello informi il Ministro per la grazia e la giustizia e non il Presidente del Consiglio dei Ministri, e nella parte in cui non prevedono che il Presidente del Consiglio dei ministri debba fornire, entro un termine ragionevole, una risposta fondata sulle ragioni essenziali dell'eventuale conferma del segreto (1). (Omissis). -Osserva la Corte che il giudice a quo contesta non la legittimit costituzionale del segreto politico-militare in s e per s considerato o nella sua estensione, bens la legittimit costituzionale della disciplina che in concreto ad esso hanno dato gli artt. 342 e 352 c.p.p., ponendo in essere una normativa di sbarramento per effetto della quale il giudice non ha alcuna possibilit di intervenire ed il potere esecutivo rimane pienamente arbitro di decidere. (1) La sentenza 6 aprile 1976, n. 82, richiamata nella motivazione, pubblicata in questa Rassegna, 1976, 464. Una differenza di prospettiva tra detta sentenza e quella ora in esame ravvisata da PISA, Il segreto di stato di fronte alla Corte Costituzionale, in Giur. cost., 1977, I, 1206. Cfr. anche RooRIGUEZ, Sicurezza dello Stato e pubblici segreti nella prospettiva dei rapporti tra poteri, in Riv. dir. proc., 11977, 57, e PISA, Il segreto di Stato, .1977. Com' noto, 1a l~ge 24 ottobre 1977, n. 801, ha ora disdplilinato la materia in coerenza con i principi enunciati nella sentenza in rassegna. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pur essendo questi i limiti della denuncia proposta dal giudice a quo, fa Corte ritiene che la questione di legittmit costituzionale delle citate norme della parte in cui si riferiscono al segreto politico o militare (art. 342) ovvero (art. 352) a segreti politici o militari dello Stato o altre notizie che possono nuocere alla sicurezza dello Stato o all'interesse politico, interno o internazionale, dello Stato, non possa essere convenientemente risolta senza delimitare con la maggiore esattezza possibile, sotto il profilo obbiettivo, il contenuto delle cennate espressioni in modo da dare ad esse una interpretazione che sia conforme ai principi della Costituzione. Quando si parla di segreto politico-militare o di segreto di Stato si pone necessariamente un problema di raffronto o di interferenza con altri principi costituzionali (come appunto quello del rapporto con i principi che reggono la funzione giurisdizionale), sicch occorre dare una interpretazione la quale deve essere armonizzata ed inquadrata nel nostro assetto costituzionale. Un principio di segretezza che possa resistere anche dinanzi ad altri valori costituzionali, quali quelli tutelati dal potere giurisdizionale, deve, cio, trovare, a sua volta, fondamento e giustificazione in esigenze anch'esse fatte proprie e garantite dalla Costituzione e che possano essere poste su un piano superiore. Questa Corte, con la sentenza n. 82 del 1976, premesso che il segreto militare (art. 86 c.p.m.p.) assiste le notizie concernenti la forza, la preparazione e la difesa militare dello Stato, ha rilevato che esso involge il supremo interesse della sicurezza dello Stato nella sua personalit internazionale, cio l'interesse dello Stato-comunit alla propria integrit territoriale, alla propria indipendenza e, al limite, alla stessa sua sopravvivenza. Tale interesse -si aggiunto - presente e preminente su ogni altro in tutti gli ordinamenti statali, quale ne sia il regime politico, e trova !!Spressione, nel nostro testo costituzionale, nella formula solenne dell'art. 52, che afferma essere sacro dovere del cittadino la difesa della Patria. Richiamando e sviluppando tale concetto, che trova fondamento nella individuazione di un interesse costituzionale superiore, rileva la Corte che occorre fare riferimento proprio al concetto di difesa della Patria ed a quello di sicurezza nazionale (del qu~le ultimo cenno nell'art. 126 della Costituzione ed in numerose altre disposizioni degli Statuti delle Regioni ad autonomia speciale). II primo concetto, quello di difesa della Patria, pu avere una accezione molto larga ed abbracciare anche aspetti che vanno al di l di quel che in effetti merita di trovare una protezione che valga a superare (come si vedr in prosieguo) altri principi che pur sono ritenuti essenziali nel nostro ordinamento costituzionale. Ma si pu osservare che in altre disposizioni, il concetto di difesa assume un significato pi specifico, come nell'art. 87 Cost. che prevede un organo ad hoc denominato Con PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUD1!NZA COSTITUZIONALE siglio supremo di difesa e che certamente, anche nel silenzio della norma, ha compiti attinenti in maniera rigorosa ai probi.emi concernenti la difesa militare e, pertanto, la sicurezza dello Stato. E proprio a questo concetto occorre fare riferimento per dare concreto contenuto alla nozione del segreto politico-militare, ponendo il concetto stesso in relazione con a,ltre norme della stessa Costituzione che fissano elementi e momenti imprescindibili del nostro Stato: in particolare vanno tenuti presenti la indipendenza nazionale, i principi della unit e della indivisibilit dello Stato (art. 5) e la norma che riassume i caratteri essenziali dello Stato stesso nella formula di Repubblica democratica (art. 1). Con riguardo a queste norme si pu, allora, parlare della sicurezza esterna ed interna dello Stato, della necessit di protezione da ogni azione violenta o comunque non conforme allo 'spirito democratico che i$pira il nostro assetto costituzionale dei supremi interessi che valgono per qualsiasi collettivit organizzata a Stato e che, come si detto, possono coinvolgere la esistenza stessa dello Stato. In tal modo si caratterizza sicuramente la natura di questi interess'i istituzionali, i quali devono attenere allo Stato-comunit e, di conseguenza, rimangono nettamente distinti da quelli del Governo e dei partiti che lo sorreggono. solo nei casi nei quali si tratta di agire per la salvaguardia di questi supremi, imprescindibili interessi dello Stato che pu trovare legittimazione il segreto in quanto mezzo o strumento necessario per raggiungere il fine della sicurezza. Mai il segreto potrebbe essere allegato per impedire I'acertamento di fatti eversivi dell'ordine costituzionale. Perci al criterio oggettivo della materia -che andrebbe meglio qualificata e precisata in sede legislativa -si deve aggiungere, in ogni singolo caso concreto, un ragionevol rapporto di mezzo a fine. Questo rapporto pu essere dichiarato all'inizio di una determinata operazione o di una determinata serie di atti o di fatti fra loro collegati; ma questa predeterminazione non pu costituire caratteristica costante o essenziale, non essendo da escludere casi nei quali una predeterminazione non sia possibile. Comunque anche in caso di predeterminazione del segreto permangono i problemi che si vanno ad esaminare. La individuazione dei fatti, degli atti, delle notizie, ecc. che possono compromettere la sicurezza dello Stato e devono, quindi, rimanere segrete, costituisce indubbiamente il frutto di una valutazione della autorit preposta appunto a salvaguardare questa sicurezza e non pu non consistere in una attivit ampiamente discrezionale e, pi precisamente, di una discrezionalit che supera l'ambito ed i limiti di una discrezionalit puramente aministrativa, in quanto tooca la salus reipublicae ed , quindi, intimamente legata all'aocertamento di questi interessi ed alla RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO valutazione dei mezzi che ne evitano la compromissione o ne assicurano la salvaguardia. A giudizio della Corte questo un compito che pu essere definito istituzionale per i supremi organi dello Stato, per quelli, appunto, ai quali spetta il compito di salvaguardare -come si detto -la esistenza, la integrit, la essenza democratica dello Stato. A questo punto di pongono, allora, due problemi fondamentali allo scopo di operare quel bilanciamento di interessi e di poteri di cui cenno nella ordinanza di rimessione, come anche in dottrina: l'uno riguarda la 'Competenza a stabilire in via definitiva quando il segreto sia necessario; l'altro attiene alle possibilit di controlli sulle determinazioni di autorit competenti. Quanto al primo problema la soluzione non sembra dubbia: quando si pongono problemi che attengono alla sicurezza nazionale come sopra intesa si al vertice delle attivit di carattere pubblico e perci dinanzi ad attivit che tutte le altre sovrastano e condizionano. Consegue da ci che, anche se la iniziativa di operazioni rientranti in quel concetto pu partire da organi diversi e minori, nel momento nel quale si tratta di adottare le decisioni definitive e vincolanti non pu non intervenire chi posto al vertice della organizzazione governativa, deputata a ci in via istituzionale. Torna qui applicabile senz'altro. il disposto dell'art. 95, primo comma, della Costituzione, in virt del quale il Presidente del Consiglio dei ministri dirige la politica generale del Governo e ne responsabile . In questa sintetica espressione non pu non essere compresa la suprema attivit politica, quella attinente alla difesa esterna ed interna dello Stato. Se si aggiunge che, come continua la norma citata, il Presidente del Consiglio dei ministri deve anche coordinare l'attivit dei Ministri -e possono essere pi i Ministri direttamente competenti in argomento anche in singoli casi -la predetta affermazione rimane corroborata, sicch al Presidente di quel Consiglio che deve essere riportata la direzione, nel pi ampio senso del vocabolo, della gestione di tutto quanto attiene ai supremi interessi dello Stato. Ed allora si profila un primo motivo di illegittimit costituzionale degli artt. 342 e 352 c.p.p. i quali, in definitiva, riportano ogni decisione in ordine al segreto al Ministro di grazia e giustizia, al quale si deve ri~olge're il procuratore generale della Corte di appello investito dell'affare dalla autorit procedente nel singolo caso. Pur non disconoscendo che possono esservi validi motivi, almeno in talune fattispecie, perch il Ministro di grazia e giustizia esprima il suo avviso (in quanto si tratta di rapporti fra la autorit politica e quella giurisdizionale), peraltro da osservare che, mentre la posizione PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE s del Ministro stesso nell'ordinamento repubblicano notevolmente diversa da quella che aveva nell'ordinamento precedente, egli ha competenza per un singolo settore e pu non essere a conoscenza di altri e forse anche pi rilevanti aspetti della sicurezza nazionale. Ritiene, pertanto, la Corte che, alla stregua delle vigenti norme costituzionali, gli artt. 342 e 352 siano da ritenere costituzionalmente illegittimi nella parte in cui conferiscono il potere di decidere definitivamente sulla conferma o meno del segreto di Stato al Ministro di grazia e giustizia e non al Presidente del Consiglio dei ministri. L'altro aspetto della questione, come sopra indicata, quello' che tocca pi da vicino il problema sollevato dalla ordinanza di rimessione, poich si tratta di stabilire se il c.d. sbarramento all'esercizio del potere giurisdizionale si possa o meno considerare conforme al nostro sistema costituzionale e quindi, in definitiva, di stabilire come la Costituzione risolva il bilanciamento fra l'interesse alla sicurezza e quello della giustizia nei casi nei quali vengano a conflitto. Considera al riguardo la Corte che Ia sicurezza dello Stato costituisce interesse essenziale, insopprimibile della collettivit, con palese carattere di assoluta preminenza su ogni altro, in quanto tocca, come si ripetuto, la esistenza stessa dello Stato, un aspetto del quale la giurisdizione. E questa Corte ha gi riconosciuto che non mancano, appunto, alcuni interessi rilevanti che condizionano la stessa giurisdizione o rendono legittime norme che limitano in qualche modo il diritto di difesa, come l'art. 349, ultimo comma, c.p.p., sul segreto,di polizia, la cui legittimit costituzionale stata affermata con sentenze n. 114 del 1968 e n. 175 del 1970. D'altronde il giudizio sui mezzi idonei e necessari per garantire la sicurezza dello Stato ha natura squisitamente politica e, quindi, mentre connaturale agli organi ed alle autorit politiche preposte alla sua tutela, certamente non consono alla attivit del giudice. Nel nostro ordinamento, del resto, di regola inibito al potere giurisdizionale di sostituirsi al potere esecutivo ed alla P.A. e, quindi, di operare il sindacato di merito sui loro atti, e ci vale anche per il giudice amministrativo, al quale il controllo di merito consentito solo nei casi tassativamente determinati dalla legge. Contraddire a questo principio significherebbe capovolgere taluni criteri essenziali del nostro ordinamento e, in fatto, eliminare praticamente il segreto ancor prima di una qualsiasi pronuncia del giudice e -pu ben dirsi -nel momento stesso del quale la questione della ammissibilit o meno del segreto fosse sottoposta ad un giudice. Tutto ci, peraltro, non significa che la autorit competente sia da ritenere sciolta da qualsiasi vincolo, dotata di un potere assolutamente incontrollato ed incontrollabile e, di conseguenza, del tutto irresponsabile per gli eventuali abusi: a parte che l'autorit competente deve for 6 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nire risposta entro un termine ragionevole e che il giudice deve sempre aocertare la competenza di chi ha opposto il segreto, una esenzione da responsabilit del Governo (peraltro solo temporanea, per quel che si dir poco pi innanzi) pu aversi soltanto nei riguardi del potere giurisdizionale per le considerazioni gi svolte. Rimane sempre, invero, la responsabilit generale ed istituzionale di ogni Governo, ribadita esplicitamente negli articoli 94 e 95 della Costituzione, responsabilit che pu essere fatta valere dal Parlamento in tutti i modi consentiti dalla stessa Costituzione. quella la sede normale di controllo nel merito delle pi alte e pi gravi decisioni dell'Esecutivo ed , quindi, quella la sede naturale nella quale l'Esecutivo deve dare conto del suo operato rivestente carattere politico: dinanzi alla rappresentanza del popolo, cui appartiene quella sovranit che potrebbe essere intaccata (art. 1, secondo comma, della Costituzione), che il Governo deve giustificare il suo comportamento ed la rappresentanza popolare che pu adottare le misure pi idonee per garantire la sicurezza di cui trattasi. In quella sede il Governo, come noto, pu vedersi revocata la fiducia o, se del caso, pu anche essere incriminato qualche suo componente (art. 96); pu, comunque, essere costretto a rivelare atti, fatti o notizie che il Parlamento valuti in maniera diversa. Ed allora la potest dell'Esecutivo non illimitata. Essa circoscritta, innanzi tutto, per qt1:el che si detto al n. 5, sotto un profilo oggettivo. Ma a questo primo limite non pu non aggiungersene un secondo, imposto non soltanto dalla estrema delicatezza della materia e dalla necessit di ridurre al minimo sia gli abusi sia la possibilit di contrasti con il potere giurisdizionale, ma soprattutto dalla necessit che siano note le ragioni fondamentali della eventuale determinazione del segreto: ritiene la Corte che a tal fine sussiste la necessit che l'Esecutivo indichi le ragioni essenziali che stanno a fondamento del segreto. A tali motivazioni d norma si atterr il giudice. Esse, tuttavia, possono, come di consueto, gevolare il sindacato politico del Parlamento e contribuire in tal modo ad assicurare, con i mezzi che sono propri del Parlamento stesso, l'equilibrio fra i vari poteri, evitando situazioni che potrebbero sfociare in un conflitto di attribuzioni (vedi anche ord. n. 49 del 1977). Conseguentemente la Corte ritiene che anhe sotto questo ulteriore profilo si debba constatare una illegittimit costituzionale dei citati artt. 342 e 352 cipip., nella parte in cui non prevedono l'obbligo di motivare il provvedimento che definitivamente decide sul mantenimento del segreto di Stato, con che rimane caducato il procedimentcr previsto dal 2 periodo del terzo comma dell'art. 352. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, 2 giugno 1977, n. 103 -Pres. Rossi -Rel. De Stefano -Melchionda ed altri (avv. Roversi Monaco), Tira ed altri (avv. Guarino), Savignoni (avv. Sorrentino, Sandulli e Guarino), Ente ospedali di Bologna (avv. Lessona e Predieri), Istituti ospedalieri di Cremona (avv. Giorgianni), Ospedale S. Sebastiano di Frascati (avv. Cervati), e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Giorgio Azzariti). Previdenza e assistenza . Ospedali chinicizzati Personale sanitario dipendente dal Ministero della Pubblica Istruzione -Applicabilit di normativa dettata per i sanitari ospedalieri. (cast., art. 3; legge 12 febbraio 1968, n. 132, art. 43; d.P.R. 27 marzo 1969, n. 129, art. 3). Istruzione pubblica -Professori universitari Divieto di attivit profes stonale presso case di cura private Legittimit costituzionale. (cast., art. 3; legge 12 febbraio, 1968 n. 132, art. 43; d.P.R. 27 marzo 1969, n. 129, art. 3, d.P.R. 27 marzo 1969, n. 130, artt. 24 e 133). Previdenza e assistenza -Personale sanitario Divieto di attivit professionale presso case di cura private Termine perentorio del 1 gennaio 1976 -Non eccede della delega legislativa. (cast., art. 76; d.P.R. 27 marzo 1969, n. 130, art. 133). Premesso che l'espressione "personale sanitario dipendente dagli ospedali clinicizzati deve essere interpretata come equivalente alla espressione " personale sanitario in servizio presso gli ospedali clinicizzati o convenzionati, anche se dipendente dalla amministrazione della pubblica istruzione >>, e che le funzioni didattico-scientifica e di assistenza ospedaliera (diagnosi e cura) sono tra loro compatibili e suscettibili di ottimale collegamento, deve escludersi che contrastino con l'art. 3 Cost. l'art. 43, lett. d), della legge 12 febbraio 1968, n. 132, nella parte in cui afferma, tra l'altro, che le norme concernenti i rapporti di lavoro a tempo pieno ed a tempo definito, propri dello stato giuridico dei sanitari ospedalieri con funzioni di diagnosi e cura, valgono anche per il personale sanitario degli ospedali clinicizzati o convenzionati, e l'art. 3 del d.P.R. 27 marza 1969, n. 129, per la parte in cui fa applicazione di tale principio. Premesso che, pur in mancanza di specifica norma autorizzativa, i prof es sori universitari di materie mediche o chirurgiche possono iscriversi all'albo professionale ed esercitare la libera professione, e che il divieto all'esercizio di tale professione nelle case di cura private ha fatto venir meno soltanto uno dei possibili modi di attivit professionale, deve escludersi che contrastino con l'art. 3 Cost. l'art. 43, lett. d), della legge n. 132 del 1968, nella parte in cui afferma che la norma relativa all'incompatibilit dell'attivit libero-professionale in case di cura private, pro RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO pria dello stato giuridico dei sanitari ospedalieri con funzioni di diagnosi e cura, vale anche per il personale sanitario a tempo pieno degli ospedali clinicizzati o convenzionati, e, per estensione, l'art. 3 del citato d.P.R. n. 129 del 1969, e gli artt. 24 e 133 del d.P.R. 27 marza 1969, n. 130. Premesso che da tempo la legge ordinaria vieta al personale ospedaliero sanitario ogni forma di esercizio professionale esterno in concorrenza con l'attivit dell'ospedale, si esclude che la previsione, ad opera dell'art. 133 del d.P.R. 27 marzo 1969, n. 130, del termine -che deve confermarsi perentorio -del 1 gennaio 1976 per la piena operativit del divieto, per i sanitari ospedalieri con rapporto di lavoro a tempo definito, di esercizio libero-professionale in case di cura private, sia in contrasto con l'art. 43, lett. d), della legge di delega n. 132 del 1968, e quindi con l'art. 76 Cost.; e ci vale anche per il personale sanitario gi in servizio all'atto dell'emanazione del citato d.P.R. n. 130 del 1969. D'altro canto, la sussistenza o meno -in punto di fatto -degli ambienti idonei all'esercizio dell'attivit professionale intramurale fatto acciden,tale che inerisce all'attuazione della normativa in esame e che irrilevante in sede di valutazione della compatibilit della normativa medesima con l'art. 3 Cost.; del pari a questo effetto irrilevante, in quanto di mero fatto, la disparit tra sanitari che, in ragione della loro specializzazione, possono esercitare la libera professione al di fuori dell'ospedale, nel loro studio privato, e sanitari, come ad esempio chirurghi o anestesisti, che possono esercitare solo nell'ambito di strutture complesse, quali, al di fuori dell'ospedale, possono offrire solo le cliniche private. (Omissis). -Le questioni sollevate dal TAR per l'Emilia-Romagna, e puntualizzate alle lettera A) e B) del precedente n. l, non sono fondate. Va preliminarmente precisato che esse muovono dall'assunto, fatto proprio dal giudice a quo, che il legislatore, con l'espressione personale sanitario medico dipendente dagli ospedali clinicizzati o convenzionati, adoperata nel denunciato art. 43, lett. d), della legge n. 132 del 1968, abbia inteso riferirsi ai sanitari universitari che operano in tali ospedali. Pur tacciando di scarsa propriet la locuzione (che qualifica come dipendente , personale legato agli ospedali in argomento, non da rapporto d'impiego ma da rapporto di servizio), questa interpretazione, dalle ordinanze di rimessione, stata ritenuta logicamente preferibile ad altra, che individui il personale medesimo in quello dipendente da enti ospe dalieri, da questi ultimi, per effetto delle convenzioni stipulate con le universit, messo a disposizione, a fianco del personale universitario, per il funzionamento dei complessi convenzionati. Invero, in questa seconda ipotesi -obietta il TAR per l'Emilia-Romagna -non vi sarebbe stato motivo di estendere una disciplina ed una incompatibilit, che gi direttamente trovavano collocazione nello stato giuridico proprio del personale sanitario medico dipendnte dagli enti ospedalieri, secondo quanto .., PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE esplicitamente prescritto dalla prima parte dello stesso art. 43, lett. d). A sostegno della tesi accolta dal TAR merita di essere ricordato che, nel corso dell'iter parlamentare della legge n. 132 del 1968, l'espressione originaria (personale sanitario dipendente dagli ospedali clinicizzati ) era stata, innanzi alla Camera, sostituita, con emendamento governativo, da altra inequivocabile ( personale sanitario medico in servizio presso gli ospedali convenzionati o clinicizzati, da qualunque amministrazione dipenda ). A sua volta quest'ultima fu successivamente modificata nei termini attuali, ma, come risulta dalla relazione della Commissione di igiene e sanit del Senato, sono stati cos riprodotti i termini esatti di accordi a suo tempo intervenuti su questa materia comune tra clinici universitari e medici ospedalieri, per cui la modifica, nel pensiero del Ministro e della Commissione, di carattere formale e lascia inalterato il significato della norma quale stata approvata dalla Camera . Non va da ultimo taciuto che l'interpretazione fornita dal TAR accolta anche dal decreto 24 giugno 1971 (in Gazzetta Ufficiale n. 182 del 20 luglio 1971), con il, quale i Ministri per la sanit e per la pubblica istruzione, di concerto con quello per il tesoro, hanno approvato lo schema tipo di convenzione previsto dal:l'art. 4 del citato d.P.R. n. 129 del 1969, per la disciplina dei rapporti tra gli enti ospedalieri ed istituti pubblici di ricovero e cura, di cui all'art. 1 della citata legge n. 132 del 1968, e le universit. Ivi, infatti, si ribadisce, al quarto comma dell'art. 7 dello schema, che i sanitari universitari addetti all'assistenza nei complessi convenzionati, sono soggetti alle disposizioni di Iegge sull'assistenza ospedaliera e devono osservare la disciplina e le norme dei regolamenti dell'ente ospedaliero che stipula la convenzione, in particolare per quanto attiene ai rapporti con la sovraintendenza o la direzione sanitaria, all'osservanza degli orari di lavoro, alle limitazioni dell'esercizio dell'attivit libero.professionale presso case di cura private, analogamente a quanto previsto per i medici ospedalieri. La prima delle due ordinanze del TAR per l'Emilia-Romagna, una volta interpretato nei sensi sopra esposti l'art. 43, lett. d), della legge di delega n. 132 del 1968, ne fa conseguire l'applicabilit ai sanitari universitari dei complessi clinicizzati o convenzionati, dell'obbligo dell'orario di servizio, dettato per i sanitari ospedalieri dall'art. 24 del citato d.P.R. n. 130 del 1969, nei termini ivi previsti per il servizio a tempo pieno (40 ore settimanali) e per quello a tempo definito (non inferiore alle 30 ore settimanali e non superiore alle 36 ore). Applicabilit che trova conferma nell'art. 3 del decreto delegato n. 129 del 1969, a tenore del quale i professori universitari di ruolo ed incaricati, in quanto responsabili di una divisione o di un servizio speciale di diagnosi e cura, assumono, a tali effetti, la qualifica di primari ospedalieri e, conseguentemente, nei confronti dell'ente ospedaliero, i diritti e i doveri dei primari, in quanto applicabili (comma primo); e gli aiuti e gli assistenti di ruolo RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 10 delle stesse divisioni e sezioni, agli effetti ed in relazione alle attivit assistenziali svolte, sono considerati rispettivamente aiuti ed assistenti ospedalieri (secondo comma). Ora, la estensione di tale normativa, dettata per i sanitari ospedalieri, ai sanitari universitari, aventi stato giuddico fondato su altri presupposti, evidenzierebbe un principio di parificazione di due diverse categorie di dipendenti pubblici, che al giudice a quo apparso del tutto irragionevole, inducendolo a sollevare la questione di legittimit costituzionale tanto dell'art. 43, lett. d), della legge di delega n. 132 del 1968, quanto dell'art. 3 del decreto delegato n. 129 del 1969, in relazione al principio di eguaglianza affermato dall'art. 3 della Costituzione. La Corte, per, non ravvisa nella denunciata normativa l'asserita violazione del richiamato principio, violazione che si concreterebbe nell'avere il legislatore disciplinato in maniera eguale situazioni diverse. In proposito giova ricordare che i rapporti tra le facolt mediche e gli enti di assistenza ospedaliera sono di antica data, pressoch coevi all'instaurarsi e al diffondersi del moderno sistema di insegnamento della medicina, basato sull'osservazione clinica. In Italia, alla libera iniziativa delle istituzioni universitarie ed ospedaliere, realizzata per lo pi secondo tradizionali schemi privatistici, segu una prima disciplina in materia con la legge 17 luglio 1980, n. 6972, sulle istituzioni pubbliche di assistenza e di beneficenza, che, all'art. 98, faceva obbligo agli ospedali (in essi compresi i manicomi ed ogni altro istituto pubblico di beneficenza diretto alla cura di qualsiasi malattia: art. 124 del regolamento amministrativo approvato con r.d. 5 febbraio 1891, n. 99), nelle citt sedi di facolt medico-chirurgiche, di fornire il locale e lasciare a disposizione i malati e i cadaveri occorrenti per i diversi insegnamenti . Si veniva cos a sancire, al fine di conseguire il necessario coordinamento fra l'esigenza dell'assistenza ospedaliera e l'esigenza didattico-scientifica, una collaborazione, le cui forme e modalit, peraltro, erano lasciate al sistema contrattualistico. Nuova disciplina viene successivamente dettata dal r.d.l. 10 febbraio 1924, n. 549 (di poi trasfuso negli artt. 27-35 del testo unico delle leggi sulla istruzione superiore, approvato con r.d. 31 agosto 1933, n. 1592), e dal regolamento per la sua esecuzione, approvato con r.d. 24 maggio 1925, n. 1144. Gli ospedali delle citt sedi di facolt medico-chirurgiche, ricor rendo determinati presupposti ed a seconda dei bisogni dell'insegnamento, vengono trasformati in ospedali clinici: essi funzionano a totale carico delle istituzioni cui appartengono, ma le universit provvedono al personale sanitario direttivo ed alle spese per trattamenti speciali, mettendo a disposizione i propri mezzi diagnostici e terapeutici. Il personale sanitario universitario, cui affidata ex lege la direzione tecnica dei singoli reparti, viene cos ad essere incardinato nell'organizzazione ospedaliera, continuando, peraltro, a dipendere dalla amministrazione l! ! 1: f ,,. ..,,,~ ,,, ,,,, ,,......".,,,....,,,,,,,,,,,., .....................................,,.,,..,........,,....,..,,.....,. .,,,,,,,, .,,,. ,,,,,,,,,,,,,,,,,,J PARIB I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE universitaria. La collaborazione non pi, dunque, circoscritta all'apprestamento dei locali ed alla messa a disposizione degl'infermi e dei cadaveri ritenuti necessari agli scopi dell'insegnamento, ma investe gli aspetti pi salienti dell'organizzazione e dell'attivit degli ospedali clinicizzati, sui quali viene ad esplicarsi una spiccata ingerenza univernitaria. In altri termini, nelle sedi di facolt medico-chirurgiche il fine didatticoscientifico dell'universit attrae il fine assistenziale dell'ente ospedaliero: l'ospedale clincizzato si trasforma in strumento dell'attivit universitaria, la quale, dal suo canto, si estende all'ambito assistenziale, per la stretta connessione tecnica fra insegnamento clinico e cura degli ammalati. Del che conferma ~a fattispecie, correlativamente disciplinata, della c.d. clinica ospedalizzata, e cio della clinica universitaria, dotata di propri locali, chiamata a funzionare come reparto ospedaliero, alle condizioni convenute tra amministrazione universitaria e pubblica istituzione di assistenza ospedaliera. Conclusivamente, ai fini che qui interessano, va sottolineato che gi vigendo tale normativa i sanitari universitari, obbligatoriamente investiti della direzione e della responsabilit dei reparti clinico-ospedalieri, sono tenuti a prestare in essi servizio per la realizzazione dei congiunti fini didattico-scientifici ed assistenziali. Su gl'indicati rapporti hanno ora sensibilmente inciso la legge n. 132 del 1968, avente ad oggetto gli enti ospedalieri e l'assistenza ospedaliera, e i decreti emanati in attuazione della delega con essa conferita al Governo. Cardine della riforma, che con la richiamata normativa si inteso attuare, appare la posizione profondamente diversa dal passato, riconosciuta all'infermo, cittadino o straniero, che abbisogni di ricovero e cure. L'ammalato, invero, non pi accolto nel nosocomio sotto il segno di un'assistenza filantropico-caritativa, che ha pure le sue storiche benemerenze, ma nella cui prospettiva trova collocazione, quasi come doverosa contropartita delle elargite cure, anche la sua eventuale utilizzazione, da vivo o da .morto, ad oggetto di osservazione scientifica e didattica. In attuazione del principio del supremo interesse della collettivit alla tutela della salute, consacrata come fondamentale diritto dell'individuo dall'art. 32 della Costituzione (sentenze n. 21 del 1964 e n. 149 del 1969), l'infermo assurge, nella novella concezione dell'assistenza os.edaliera, alla dignit di legittimo utente di un pubblico servizio, cui ha pieno e incondizionato diritto, e che gli vien reso, in adempimento di un 'inderogabile dovere di solidariet umana e sociale, da apparati di personale e di attrezzature a ci strumentalmente preordinati, e che in ci trovano la loro stessa ragion d'essere. All'assolvimento del servizio, in cui si concreta l'assistenza ospedaliera pubblica, il legislatore ha inteso mobilitare non soltanto tutti gli enti ospedalieri, ma anche gl'istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, le cliniche e gl'istituti universitari, dichiarandoli soggetti, per la parte, appunto, assistenziale, alla disciplina unitaria della stessa legge di riforma (art. l, comma secondo e terzo, legge 12 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELl..O STATO n. 132 del 1968); e prevedendo l'emanazione di norme delegate per la disciplina dell'ordinamento interno dei servizi di assistenza delle cliniche e degl'istituti universitari di ricovero e cura (art. 40, n. 2, della legge n. 132 del 1968). L'universit, dunque, in ragione dell'alto livello di preparazione. scientifica e tecnica dei suoi docenti, stata chiamata ad assicurare, con le sue cliniche, con i suoi istituti, con il suo personale sanitario addetto agli ospedali totalmente o parzialmente clinicizzati, un prezioso apporto al pi efficace perseguimento di quella finalit assistenziale- curativa, additata dal ricordato precetto costituzionale, ed alla quale va riconosciuto rilievo non inferiore a quello emergente dall'art. 33 della stessa carta costituzionale per la finalit didattico-scientifica, che l'universit istituzionalmente tenuta a perseguire. Correlativamente, agli enti ospedalieri regionali, sia generali che specializzati, sono stati assegnati come compiti istituzionali, oltre quello precipuo dell'assistenza ospedaliera, quello di contribuire alla preparazione professionale ed all'aggiornamento del personale medico, nonch quello di collaborare nella ricerca scientifica' (combinato disposto degli artt. 2, comma secondo; 23, comma terzo, e 24, comma secondo, della citata legge n. 132 del 1968). Il tutto si compendia in una positiva evoluzione ed intensificazione della pregressa cooperazioni:!, esplicitamente sottolineata in sede parlamentare con l'indicare tra gli obiettivi essenziali della riforma ospedaliera la promozione della massima integrazione e collaborazione, nel rispetto reciproco, dell'ospedale con l'universit, nell'interesse supremo del malato, per l'esigenza della salute pubblica e per il progresso della medicina. Ed appunto in tale prospettiva enti ospedalieri ed universit vengono chiamati dal citato decreto interministeriale 24 giugno 1971 a stipulare nuove convenzioni, secondo uno schema tipo dallo stesso decreto approvato, per disciplinare in modo uniforme i relativi rapporti, onde rendere operativo un complesso funzionale universitario ospedaliero, rispondente in modo unitario ai fini istituzionali cos dell'ente ospedaliero come delle universit contraenti (art. 3). Nel delineato contesto, approdo di una scelta politica che ha inteso adeguarsi al precetto costituzionale, non appare certo irrazionale che al personale sanitario universitario (docenti, aiuti ed assistenti), chiamato a compiti di assistenza ospedaliera e, a tali effetti, assimilato nelle qualifiche al personale sanitario degli enti ospedalieri con funzioni di diagnosi e cura (primari, aiuti, assistenti), siano state estese con le denunciate norme le modalit di prestazione del servizio dettate per questi ultimi, offrendo anche ai primi la opzione tra il servizio a tempo pieno e quello a tempo definito . Non si nega che il personale universitario anzidetto debba nel contempo assolvere compiti, di non minor rilievo, ad esso istituzionalmente assegnati per il perseguimento della concomitante finalit didattico-scientifica, e che a ci debba in conseguenza dedicare parte della sua attivit. Ma in proposito va innanzi tutto '"'.-:'.:::::::::::-..........-.......................-../.........-:.-......-.-......:.-;.-..:...:.:--:-:-::'.'.'.""'-""".".....::.!:...:.:...........:...........-..-...:.....:........-.............;"............................::..:..:.-.-.-.-..........................:..-.-........ PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE osservato trattarsi di funzioni fra loro nient'affatto incompatibili, sib bene, al contrario, suscettibili di ottimale collegamento o addirittura compenetrazione, come reso palese dalla stessa strutturazione della clinica universitaria, e come pu del resto desumersi anche dalla normativa sullo stato giuridico dei professori e degli assistenti universitari. Ed infatti, la legge 18 marzo 1958, n. 311, prevede, all'art. 6, per i professori l'esercizio dell'insegnamento, in relazione alla sua natura ed alla sua estensione, anche sotto forma di esercitazioni cliniche, nonch l'obbligo aggiuntivo di attendere alla direzione, o alla esplicazione della propria attivit di collaborazione, negl'istituti, cliniche e simili; correlativamente la coeva legge n. 349, per gli assistenti, all'art. 3, prevede anch'essa l'obbligo di coadiuvare il professore con particolare riguardo alle esercitazioni, e, ove rivestano la qualifica di aiuto, di collaborare anche nella d.irezione dell'istituto, venendo preposti, di regola, alla direzione dei reparti o servizi nei quali l'istituto sia suddiviso. Ma ci che va soprattutto sottolineato, onde escludere che il legislatore abbia inteso disciplinare in modo eguale situazioni almeno parzialmente diverse, che l'osservanza dei doveri, dettati per i sanitari ospedalieri, da parte dei corrispondenti sanitari universitari, non sancita per questi ultimi in forma assoluta, ma , dalla denunciata normativa, subordinata alla loro applicabilit (art. 3, comma primo, del citato d.P.R. n. 129 del 1969): s che, in un ipotetico conflitto tra doveri assistenziali e doveri didattici o accademici, dovr pervenirsi in concreto ad un ragionevole contemperamento degli uni e degli altri, da ricercarsi con appropriate forme e nelle competenti sedi. Siffatta esigenza, del resto, stata tenuta presente anche dal ricordato schema-tipo di convenzione, prevedendosi ivi, all'art. 7, quinto comma, che dell'osservanza degli orari di lavoro nello svolgi mento delle proprie mansioni didattiche, di ricerca ed assistenziali -globalmente considerate -i medici universitari dovranno rispondere alla direzione dell'unit di appartenenza; ed al successivo comma sesto, che per quanto riguarda, in particolare, le mansioni assistenziali prestate in unit a direzione universitaria, il personale medico universitario -globalmente considerato -deve garantire all'amministrazione ospedaliera un numero di ore 'lavorative pari a quello che sarebbe fornito da una dotazione organica minima ospedaliera di unit corrispondente . Per quanto in particolare concerne il servizio assistenziale a tempo pieno , la sua compatibilit con il servizio universitario confermata dall'art. 54 della legge 18 aprile 1975, n. 148, a mente del quale anche i medici ospedalieri a tempo pieno possono espletare incarichi di insegnamento universitario. In concreto, va poi rilevato che, secondo l'art. 24 del citato d.P.R. n. 130 del 1969, la prestazione di tale servizio ha. carattere volontario, presupponendo una esplicita richiesta da parte dell'interessato, che a siffatta scelta, rispetto al servizio a tempo definito'" siasi ovviamente determinato avendo liberamente valutato la propria 14 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO disponibilit; mentre, d'altro canto, il necessario imprescindibile rispetto dei concomitanti doveri inerenti all'insegnamento ed alla ricerca scientifica, comporta che il sanitario universitario possa sempre, per tali comprovati motivi, recedere dall'effettuata opzione; e che, a fortiori, la prestazione del servizio a tempo pieno non possa essergli imposta in carenza di una specifica richiesta, secondo quanto previsto, invece, dal menzionato art: 54 della legge n. 148 del 1975 per il personale sanitario ospedaliero. Ad eguale conclusione di infondatezza delle mosse censure deve pervenirsi in ordine all'altra questione, sollevata con la seconda delle due ordinanze del TAR per l'Emilia-Romagna, e relativa -nei termini di cui alla lett. B) del precedente n. 1, e nella interpretazione della denunciata normativa, esposta al successivo n. 3 -alla estensione ai sanitari universitari addetti all'assistenza nei complessi clinicizzati o convenzionati, della incompatibilit dell'esercizio professionale in case di cura private, sancita per i medici ospedalieri. Rinviando al .prosieguo della motivazione la trattazione delle questioni, sollevate dalle ordinanze dei TAR per la Lombardia e per il Lazio in ordiI1;e a tale incompatibilit e puntualizzate alle lettere C), D) ed E) del precedente I).. l, va qui preliminarmente precisato che il TAR per l'Emilia-Romagna accusa di violazione dell'art. 3 della Costituzione, non la norma che stabilisce la incompatibilit, ma soltanto la norma che la estende al personale universitario sopra indicato. L'art. 43, lett. d), della citata legge n. 132 del 1968, infatti, avrebbe sotto tale profilo, a detta del giudice a quo, leso il principio di eguaglianza per aver stabilito una parificazione irragionevole in relazione a condizioni diseguali. La questione evidentemente pu essere prospettata soltanto nei confronti dei sanitari universitari che prestino servizio assistenziale a tempo definito, perch coloro che abbiano chiesto ed ottenuto di prestare servizio a tempo pieno, hanno con ci stesso rinunciato a qualsiasi attivit libero-professionale extra-ospedaliera, a mente dell'art. 24, terzo comma, lett. A), del citato d.P.R. n. 130 del 1969. I sanitari universitari a tempo definito, invece, secondo la successiva lett. B) del richiamato art. 24, hanno, alla stessa stregua dei sanitari ospedalieri, per effetto del citato art. 3 del d.P.R. n. 129 del 1969, la facolt del libero esercizio professionale entro e fuori dell'ospedale, ma non presso le case di cura private. La Corte nella estensione di tale divieto non ravvisa segni di irrazio nalit. Trattasi di scelte discrezionali riservate al legislatore, e valgono al riguardo le considerazioni esposte nei precedenti numeri 4 e 5; soggiungendo, peraltro, che sotto il profilo in esame non si pone nemmeno il problema, dianzi toccato, della compatibilit temporale tra le due funzioni (didattico-scientifica ed assistenziale), al cui congiunto esercizio i l ~[ i''.' ~: l:: 11 li PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE sanitari universitari sono chiamati, in quanto il divieto in parola certamente non ostacola, ma anzi agevola l'esercizio medesimo. N maggior pregio pu riconoscersi all'assunto che in tal guisa, legiferando sullo stato giuridico dei medici ospedalieri con funzioni di diagnosi e cura, si sarebbe inciso surrettiziamente anche sullo stato giuridico dei docenti universitari. Premesso che, come gi ricordato, fin dal 1924 nello stato giuridico del personale sanitario universitario era compresa la possibilit di esser tenuto a prestare servizio negli ospedali clinicizzati o nelle cliniche ospedalizzate, non pu non riconoscersi al legislatore, in sede di riforma dell'assistenza ospedaliera pubblica, la potest di ampliare e potenziare l'apporto, in tale ambito, delle universit, e di disciplinare all'uopo in modo unitario l'omogeneo rapporto di servizio assistenziale del personale sanitario ospedaliero ed universitario, fatto salvo per quest'ultimo l'adempimento dei compiti didattici e di ricerca scientifica. Vero, altres, che, pur in mancanza di specifica norma autorizzativa, i professori universitari di materie mediche o chirurgiche possono, ai sensi dell'art. 10 del d.lg.vo C.P.S. 13 settembre 1946, n. 233, iscriversi all'albo professionale ed esercitare la libera professione. Ma questa loro facolt non stata certamente soppressa dalla denunciata normativa, la quale ha, con il divieto dell'esercizio nelle case di cura private, fatto venir meno soltanto uno dei possibili modi di attivit professionale, disponendo in sua vece, con l'art. 133 del citato d.P.R. n. 130 del 1969, che all'interno dell'ospedale siano apprestati appositi ambienti qualitativamente idonei per l'esercizio di una attivit professionale che pu appunto considerarsi equivalente a quella non pi esperibile presso le case di cura private. N pu in questa sede essere apprezzato l'asserito danno economico che gl'interessati risentirebbero per il minor guadagno professionale derivante dall'anzidetto divieto; anche se non va taciuto che al personale medico universitario svolgente attivit assistenziale, spetta, ai sensi dell'art. 4 della legge 25 marzo 1971, n. 213, in aggiunta allo stipendio, una indennit non superiore a quella necessaria per equiparare il trattamento economico a quello del personale medico ospedaliero di pari funzioni ed anzianit; e che, per l'attivit libero-professionale esplicata nell'ambito ospedaliero, gl'interessati percepiscono i compensi stabiliti nel tariffario previsto dall'art. 47 del citato d.P.R. n. 130 del 1969. (Omissis). Si assume dal giudice a quo che l'art. 43 della citata legge n. 132 del 1968, nel dettare i principi e criteri direttivi per lo stato giuridico ed il trattamento economico del personale sanitario medico dipendente dagli enti ospedalieri, cui dovevano ispirarsi le norme delegate previste dal precedente art. 40, n. 3, avrebbe, alla lett. d), subordinato l'operativit delle norme limitative dell'esercizio dell'attivit professionale nelle case di cura private, all'apprestamento, da parte dell'amministra RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zione ospedaliera, di appositi ambienti qualitativamente idonei per il libero esercizio dell'attivit professionale all'interno dell'ospedale. La norma delegata all'uopo emanata (art. 133 del d.P.R. n. 130 del 1968) ha, invece, posto un termine perentorio (31 dicembre 1975), oltrepassato il quale il divieto opera anche nella ipotesi che non siano stati apprestati gli ambienti in parola: il che, secondo il giudice a quo, concreterebbe un eccesso dai limiti della delega, in violazione dell'art. 76 della Costituzione. La questione non fondata, in quanto muove da una interpretazione della norma delegante, che non pu condividersi. L'art. 43, lett. d), nella. parte che ne occupa, ha inteso configurare una situazione di incompatibilit tra il rapporto di servizio a tempo definito del medico ospedaliero, e l'esercizio professionale in case di cura private. Giova ricordare c_he gi la preesistente normativa (art. 19 r.d. 30 settembre 1938, n. 1631; art. 13 bis d.lg.vo 3 maggio 1948, n. 949, ratificato con modificazioni ed aggiunte dalla legge 4 novembre 1951, n. 1188; art. 3 legge 10 maggio 1964, n. 336) vietava al personale sanitario ospedaliero ogni forma di esercizio professionale esterno in concorrenza con gl'interessi dell'ospedale; ma essa veniva non di rado elusa, come fu riconosciuto in sede parlamentare, nella quale fu appunto dichiarato il chiaro intendimento del legislatore di apprestare all'uopo nuove disposizioni tassative . Ecco perch, pur facendo nello stesso art. 43, lett. d), salva l'applicazione per tutti i sanitari delle disposizioni di cui all'art. 3 della legge 10 maggio 1964, n. 336 >>, si volle, nel contempo, trasformare, per quanto concerne specificamente le case di cura private, quello che era un divieto generico, attualizzabile solo mediante accertamento caso per caso, in un divieto puntuale e predeterminato. Tale incompatibilit trova poi la sua fondamentale ratio, pi che nella difesa-di interessi concorrenziali dell'ospedale, soprattutto nella tutela degli stessi principi posti a base della riforma ospedaliera, che ha inteso potenziare su nuove strutture l'organizzazione del servizio pubblico di assistenza ospedaliera; sulla cui efficienza, secondo la discrezionale valutazione del legislatore, avrebbe spiegato effetti negativi ed impeditivi, il consentire alla collaterale organizzazione dell'assistenza sanitaria privata, di assorbire, con impegni quasi sempre non accidentali, il personale sanitario ospedaliero, lasciando oltretutto gravare sugli enti pubbici da cui esso dipende, i non indifferenti oneri derivanti dal relativo stato giuridico e trattamento economico, ed attuando cos, in termini economici, un sostanziale trasferimento di costi. Questa consapevole rilevante svolta rispetto al passato stata dal legislatore volutamente improntata ad opportuna gradualit, essendo gi scontata la resistenza che avrebbe incontrato l'attuazione del divieto, in ragione dei precostituiti interessi sui quali avrebbe sensibilmente inciso. Fu, pertanto, la stessa norma di delega a predisporre un ampio inter PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE vallo temporale (oltre sette anni), indicando un termine (31 dicembre 1975), decorso il quale la incompatibilit avrebbe spiegato la sua generale operativit; e prevedendo nel contempo che il divieto potesse anticipare i suoi effetti solo ove si fosse riscontrata la disponibilit dei cennati ambienti. Protrarre sine die la possibilit della inosservanza avrebbe significato non soltanto vanificare il termine stesso, ma soprattutto subordinare la precettivit della norma alla discrezionalit delle singole amministrazioni, che pi difficilmente in tal caso avrebbero potuto superare le previste resistenze. Il termine, adunque, perentorio tanto nella norma di delega quanto nella norma delegata, e va perci disattesa la mossa censura. -(Omissis). I pi volte citati articoli, 43, lett. d),, della legge n. 132 del 1968 e 133 del d.P.R. n. 130 del 1969, vengono, infine, denunciati dalle due ordinanze del TAR per la Lombardia e del TAR per il Lazio, per violazione degli artt. 3 e 4 della Costituzione, nei termini gi indicati alla lett. E) del precedente n. 1. Un primo profilo dell'asserita disparit di trattamento -una volta riconosciuta la perentoriet del termine iniziale per la generale operativit del divieto di esercizio dell'attivit professionale nelle case di cura private -si concreterebbe, nell'ambito dei medici ospedalieri, fra coloro per i quali sussista la disponibilit degli ambienti idonei all'esercizio dell'attivit professionale intramurale, e gli altri, per i quali gli enti da cui dipendono non abbiano potuto o voluto attrezzare tali ambienti. A questo proposito, richiamando quanto gi osservato al precedente n. 8, in merito alla perentoriet del termine, va, peraltro, osservato che aver riconosciuto non subordinata alla disponibilit degli ambienti la operativit del divieto, non sta certo a significare che per le amministrazioni ospedaliere non sussistesse, puntuale e cogente, l'obbligo di apprestare gli ambienti medesimi entro lo stesso termine. Il diritto all'esercizio professionale nell'ambito dell'ospedale, gi enunciato dall'art. 43, lett. d), della legge n. 132 del 1968, stato, infatti, esplicitamente sancito dalla norma delegata (art. 47 del d.P.R. n. 130 del 1969), che, al comma terzo, fa obbligo a tutti gli enti ospedalieri di predisporre, entro lo stesso termine del 31 dicembre 1975, sale separate qualitativamente idonee per il ricovero di malati paganti in proprio con un numero di letti variabile dal quattro al dieci per cento del totale, dove i medici, nel rispetto della competenza nosologica attribuita alla divisione o al servizio, e delle attribuzioni inerenti alla qualifica rivestita da ciascun sanitario, possono esercitare la loro attivit professionale. Un obbligo cos esplicito e tassativo, posto a carico :di tutte le amministrazioni ospedaliere, presuppone da parte del legislatore la valutazione politica della sua generale concreta realizzabilit: sul piano razionale, dunque, non sussiste la lamentata discriminazione, in quanto, nella previsione normativa, tutti i medici ospedalieri, a far tempo dal 1 gen RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO naio 1976, dovevano essere messi in grado di esercitare, volendo, la professione all'interno dei rispettivi ospedali. Che ci non si sia ancora verificato. in quanto non tutti gli enti ospedalieri avrebbero ottemperato all'obbligo (che la scadenza del termine non ha certo fatto venir meno, ma anzi ha reso ancor pi cogente), un fatto accidentale, che inerisce all'attuazione della legge, ed cagione di una disparit di mero fatto. Ad essa pu e deve porsi riparo nelle competenti sedi, con il necessario intervento degli organi di vigilanza sugl'inadempienti enti ospedalieri, e con i possi'!Jili rimecU giurisdizionali. Che se poi il legislatore avesse a constatare di aver errato neHa previsione oiI1ca la concreta realizzabilit dell'obbligo posto a carico di tutte le amministrazioni ospedaliere, ad esso spetterebbe di intervenire nei pi opportuni modi. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 2 giugno 1977, n. 104 -Pres. Rossi -Rel. Rochrssen -Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Azzariti). Procedimento penale -Imputato ignoto -Diritto di difesa -Non sussiste. (cast. artt. 3 e 24; cod. proc. pen., artt. 304, 304 bis, 304 ter, 304 quater e 305). L'ambito di operativit del diritto di difesa non pu eccedere il limite costituito dal momento in cui un indizio di reit si soggettivizza nei confronti di una determinata persona, perch altrimenti verrebbe snaturata la stessa figura del difensore, il quale, in mancanza di un soggetto da difendere concretamente individuato diventerebbe una sorta di garante della legalit nella ricerca del reo (l). (1) La sentenza pubblicata in Foro it., 1977, I, 1605. CORTE COSTITUZIONALE, 2 giugno 1977, n. 105 -Pres. Rossi -Rel. Rochrssen -Santangelo (n.p.). Professioni -Notaio -Assegno di integrazione -Totale impignorabilit Illegittimit costituzionale. (cast., art. 3, r.d.l. 27 maggio 1923, n. 1324, art. 12). Contrasta con l'art. 3 Cast. l'art. 12 del r.d.l. 27 maggio 1923, n. 1324, convertito nella legge 17 aprile 1925, n. 473, nella parte in cui non prevede I i I PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 19 la pignorabilit per crediti alimentari degli assegni di integrazione corrisposti ai notai dalla Cassa nazionale del notariato negli stessi limiti stabiliti dall'art. 2, n. 1, del d.P;R. 5 gennaio 1950, n. 180 (1). (Omissis). -L'art .4 del r.d.l. 9 novembre 1919, n. 2239, ha istituito un assegno di integrazione per notai in esercizio che non raggiungano nel corso di u nanno di attivit un limite massimo di onorari (ora fissato in lire 4 milioni), considerato come necessario per il mantenimento di un livello di vita consono alla professione esercitata. L'art. 12 del successivo r.d.l. 27 maggio 1923, n. 1324, ha stabilito la totale impignorabilit di detto assegno integrativo: questa norma viene ora denunciata sotto il profilo del contrasto con l'art. 3 della Costituzione, dato che in via generale vige il principio che i crediti per causa di alimenti possono essere, in una certa misura, soddisfatti anche con i crediti alimentari del debitore e non vi sarebbe una valida ragione per derogare a tale principio quando il debitore sia un notaio. -(Omissis). Data la funzione pubblica svolta dai notai, ritiene la Corte che per essi dovrebbero valere le ragioni che giustificano la disciplina vigente in tema di pignorabilit degli assegni dei pubblici dipendenti, tenuto anche conto che l'art. 12 del r.d. n. 1324 del 1923 ha sostanzalmente la stessa finalit degli artt. 1 e 2 del d.P.R..n. 180 del 1950, mirando a garantire la correttezza, il decoro e la continuit dell'esercizio delle funzioni notarili, cos come il d.P.R. n. 180 mira ad assicurare il buon andamento e la continuit degli uffici della P.A. Ne deriva che, se possono ritenersi sussistenti ragioni idonee a giustificare, in tema di pignorabilit dell'assegno integrativo in questione, norme diverse e pi favorevoli di quelle vigenti in tema di pignorabilt di stipendi dei dipendenti privati, da escludere la possibilit di ravvisare un ragionevole fondamento alla disciplina totalmente diversa del pi volte citato art. 12 rispetto a quella vigente per i pubblici dipendenti. -(Omissis). La Corte Costituzionale dichiara la illegittimit costituzionale dell'art. 12 del r.d.l. 27 maggio 1923, n. 1324, convertito nella legge 17 aprile 1925, n. 473, nella parte in cui non prevede la pignorabilit per crediti alimentari degli assegni di integrazione corrisposti ai notai dalla Cassa nazionale del notariato negli stessi limiti stabiliti dall'art. 2, n. 1 del d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180. (1) Merita segnalare che la Corte Costituzionale non si limitata a demolire la disposizione sub judice, ma ha anche ricostruito il tessuto normativo optando per una estensione della portata dell'art. 2 del d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180. Su questo articolo, cf.r. Corte Cost. 16 marzo 1976, n. 49 (in questa Rassegna, 1976, 318). La motivazione integrale della sentenza in Foro it., 1977, I, 1604. 20 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 9 giugno 1977, n. 108 -Pres. Rossi -Rel. Elia -Amerio (n.p.), I.N.P.S. (avv. Romoli) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Bafile). Previdenza e assistenza Assicurazione sociale per invalidit e vecchiaia Religiosi 1e religiose dipendenti da enti concordatari . Soggezione ed assicurazione -Limiti. (cost., art. 3 e 38; legge 3 maggio 1956, n. 392). A fronte del carattere generale della disposizione dell'art. 38, s,econdo comma, Cast. viene unicamente in considerazione lo status di lavoratore; pertanto contrasta con gli artt. 3 e 38 Cast. l'articolo unico, primo comma della legge 3 maggio 1956, n. 392, nella parte in cui esclude dalla soggezione alle assicurazioni sociali obbligatorie per la invalidit, vecchiaia e per tubercolosi di cui al regio decreto 4 ottobre 1935, n. 1827, e successive modificazioni ed integrazioni, i religiosi e le religiose quando prestano attivit di lavoro retribuita alle dipendenze di enti ecclesiastici, di associazioni e case religiose di cui all'art. 28, lettere a e b del Concordato tra la Santa Sede e l'Italia, diversi dall'ordine o dalla congregazione religiosa d'appartenenza (1). (Omissis). - dunque in distinto riferimento al disposto dell'art. 38, secondo comma, e dell'art. 3, primo comma, della Costituzione che si manifesta la illegittimit costituzionale della limitazione contenuta nell'articolo unico, primo comma, della legge n. 392 del 1956. Invero, a fronte del carattere generale della disposizione dell'art. 38, secondo comma, Cost. perde di rilievo lo status di religioso o di sacerdote e viene unicamente in considerazione lo status di lavoratore. La differenza di trattamento esistente in atto non pu essere giustificata n dalle diversit che caratterizzano lo status di sacerdote secolare rispetto a quello di appartenente al clero regolare n, pi in generale, della peculiarit dello status di religioso rispetto a quello di tutti gli altri lavoratori. Va infatti tenuto nettamente distinto il complesso rapporto, che lega il religioso al suo ordine e alla sua congregazione, dal rapporto di lavoro retribuito che qui unicamente viene in rilievo: e comunque, sufficiente riscontrare in una prestazione di attivit i requisiti necessari ad integrare i presupposti previsti nella legge, per stabilire la sussistenza del rapporto previdenziale. In particolare non pu essere motivo di diverso trattamento il vincolo di obbedienza che a seguito della professione dei voti astringe il (1) 1.a 111101ivazione intgeraie della ~ f: .~ f f lfilrllllMllllllllJllJtllJlllJllJllfllllflll#.llt:llJllllalllllflM PARTE I; SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE fondamentali disposizioni dell'art. 42, secondo comma, e dell'art. 44, primo comma. La legge riconosce e garantisce la propriet privata, e in particolare aiuta la piccola e media propriet terriera, alla quale pu bens imporre obblighi e vincoli, ma per il duplice fine del razionale sfruttamento del suolo e del conseguimento di equi rapporti sociali, senza incidere eccessivamente sulla sostanza del diritto di propriet, a beneficio di altri soggetti privati, pur meritevoli di speciale tutela. Questa Corte non intende fornire nuove indicazioni, oltre quelle gi date in via esemplificativa nella precedente sentenza, circa la congruit dei coefficienti di moltiplicazioni minimo e massimo, che spetta al legislatore di stabilire nella sua ampia discrezionalit di valutazione politica; ma ritiene di dover esprimere l'esigenza che, volendosi tener fermo il sistema di determinazione dei canoni sulla base dei redditi dominicali, nel periodo che sar necesssario per l'attuazione della nuova revisione generale degli estimi e del classamento del catasto terreni disposta dal d.P.R. 29 settembre 1973, n. 604, i coefficienti di moltiplicazione dei redditi riferiti al triennio 1937-1939 vengano fissati in misure pi congrue, e con pi ampio divario tra il coeffficiente minimo ritenuto idoneo a garantire ad ambo le parti l'equit del canone di affitto, e quello massimo consentito dalla produttivit dei migliori terreni, s da permettere alle commissioni tecniche provinciali di procedere alla formazione delle tabelle, in conformit alle direttive della commissione tecnica centrale, con una maggiore elasticit di apprezzamento, aderente alla multiforme variet delle situazioni caratteristiche delle diverse zone agrarie. In correlazione con l'accertata illegittimit dell'art. 3, secondo comma, nella parte in cui stabilisce tra un minimo di 24 e un massimo di 55 volte i coefficienti di moltiplicazione dei redditi dominicali, occorre considerare le disposizioni dell'art. 1 della stessa legge, dirette a consentire l'applicazione, sui valori monetari dei canoni stabiliti sulla base delle tabelle formate ogni quattro anni dalle commissioni tecniche provinciali, di coefficienti (percentuali) di adeguamento in aumento o in diminuzione. Anche queste disposizioni sono state denunciate dalle stesse ordinanze dei tribunali di Mantova, Santa Maria Capua Vetere, Agrigento e Sassari, rilevando che sarebbero inidonee ad assicurare una forma di rivalutazione periodica dei canoni in denaro, corrispondente alle variazioni di valore della moneta, secondo il principio enunciato da questa Corte nella sentenza n. 155 del 1972. -(Omissis). Tutti questi inconvenienti dovranno essere eliminati con un migliore coordinamento delle disposizioni sotto il profilo tecnico-normativo, e con l'avvio d'un regolare ciclo di adempimento delle diverse operazioni amministrative. Essi non sono tuttavia tali, a giudizio di questa Corte, da comportare allo stato una declaratoria di illegittimit dell'art. 1, le cui disposizioni non confliggono con alcune dei parametri costituzionaE 34 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO indicati, ed appaiono, nel complesso, idonee, se puntualmente e tempestivamente applicate in conformit alla ratio che ne ha dettato l'introduzione, ad assicurare i periodico adeguamento del valore monetario dei canoni, in rapporto alle variazioni del valore della lira. -(Omissis). L'ordinanza del tribunale di San Remo (n. 362/1975), solleva questione di legittimit della disposizione dell'art. 3, terzo comma, lett. b, della legge n. 814 del 1973, in riferimento agli artt. 3, 42 e 44 Cost., denunciando la insufficienza del coefficiente aggiuntivo fino a sette punti in pi, previsto per la determinazione dei canoni di fondi rustici dotati di efficienti. investimenti fissi che rechino un diretto apporto alle condizioni di produttivit. La questione concerne una fattispecie paradigmatica: il proprietario d'un fondo destinato alla redditizia coltivazione floreale, che aveva eseguito investimenti fissi prima dell'entrata in vigore delle nuove leggi del 1971-1973 nella legittima previsione di adeguata remunerazione, e aveva pattutito un canone di lire 800.000 annue, riceve ora un canone di sole lire 120.360, di fronte ad oneri accertati da consulenza tecnica di ufficio, di circa lire 400.000 annue, mentre il conduttore ricava un reddito netto, depurato anche dell'importo del canone legale, di lire 5.394.760. La sperequazione, in questo, caso particolare, aggravata dal fatto che gli investimenti effettuati non hanno ancora dato luogo a revisione del classamento del fondo migliorato ed alla conseguente variazione dell'estimo catastale (la quale consentir peraltro solo una parziale' remunerazione del capitale investito nei miglioramenti); ma si tratta precisamente d'un caso tipico di grave sperequazione del canone rispetto al livello medio dei canoni stabiliti per la provincia di Imperia, che dovrebbe essere regolato a norma dell'art. 3, ottavo comma, e del d.m. 19 gennaio 1974. Nonostante la peculiarit della fattispecie, questa Corte ritiene che la questione di legittimit dell'art. 3, terzo comma, lett. b, non possa dichiararsi fondata, perch, in linea generale, i coefficienti aggiuntivi previsti dalle lett. a e b di detto comma non possono essere ritenuti assolutamente incongrui .o irrisori, se applicati ad integrazione di canoni-base stabiliti in misura rispondente ad equit. ( Omissis). L'ordinanza del Tribuna~e di Santa Maria Capua Vetere (n. 495/1974), solleva la questione di legittimit della disposizione dell'art. 3, quarto comma, per cui nella determinazione del canone dovuto dall'affittuario che non sia coltivatore diretto previsto un coefficiente di maggiorazione da un minimo di cinque ad un massimo di dieci punti. La disposizione confliggerebbe con gli artt. 3, 41 e 42 Cost., per la insufficiente misura della maggiorazione consentita nei confronti dell'affittuario imprenditore, che non gode dell speciale tutel garantita dagli artt. 35 e 36 Cost. all'affittuario coltivatore, e non potrebbe ricevere un trattamento privilegiato rispetto al proprietario, assistito da pari garanzia '~ costituzionale. I I 1 I I PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE La questione, proposta da quest'unica ordinanza in connessione a quella delle disposizioni degli artt. 1 e 3, secondo comma, non fondata. Il coefficiente di maggiorazione, eliminata la inadeguatezza del canonebase, non pu ritenersi assolutamente inidoneo a differenziare la posizione dell'affittuario imprenditore rispetto a quella del coltivatore diretto. La distinzione tra le due categorie oggi assai meno rilevante che nel passato, sia perch la qualifica di coltivatore diretto (proprietario o conduttore) non comprende solo i pi modesti lavoratori manuali che coltivano un piccolo fondo con il lavoro proprio e dei familiari, ma, secondo la vigente legislazione, riconosciuta anche ad imprenditori che conducono aziende meccanizzate di notevole estensione e produttivit, ricorrendo a salariati per i due terzi della mano d'opera corrente; sia perch, d'altronde, accanto ai grossi affittuari conduttori di imprese capitalistiche v' un cospicuo numero di medi e piccoli imprenditori agricoli che, pur senza essere lavoratori manuali della terra, vi svolgono una quotidiana attivit di lavoro. La misura della maggiorazione discrezionalmente stabilita dal legislatore per gli affittuari non coltivatori sfugge pertanto alla proposta censura di incostituzionalit. Le ordinanze dei tribunali di Mantova (n. 252/1974) e Sassari (numero 402/1975) sollevano la questione di legittimit della disposizione dell'art. 2, primo comma, nella parte in cui non prevede per la composizione delle commissioni tecniche provinciali, una rappresentanza paritetica dei proprietari che affittano fondi rustici a coltivatori diretti, rispetto a quella di questi ultimi. Secondo l'ordinanza del tribunale di Mantova, la norma confligge con gli artt. 3 e 44 Cost., per difetto di secondo l'ordinanza del tribunale di Sassari essa contrasta con l'art. 3 ragionevolezza, lesivo del principio della equit dei rapporti sociali; Cost., perch disconosce il principio della rappresentanza paritetica delle categorie controinteressate, a cui gi si ispirava l'art. 2 della legge 12 giugno 1962, n. 567 e nel quale anche la relazione di maggioranza della commissione agricoltura del Senato sulla legge n. 814 aveva ravvisato la pi solida garanzia di una obbiettiva applicazione delle norme " La questione fondata. Gi nella legge 18 agosto 1948, n. 1140 la composizione delle commissioni tecniche provinciali incaricate della valutazione dell'equit dei canoni era stata disposta su base paritetica, e la pariteticit delle rappresentanze dei contrapposti interessi era stata confermata ancora dalla legge 12 giugno 1962, n. 567. Essa era starn alterata, dopo oltre vent'anni, solo con l'art. 2 della legge 11 febbraio 1971, n. 11; ma il disegno governativo di legge presentato dopo la sentenza n. 155 del 1972 di questa Corte l'aveva ripristinata, e la relazione ministeriale dichiara al riguardo che si rende necessario modificare la composizione della commissione tecnica provinciale, assicurando la rappresentanza paritetica di tutte le categorie . RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO A difesa della non pariteticit della commissione stato osservato che essa costituisce un collegio le cui deliberazioni possono essere validamente adottate con l'intervento della met pi uno dei componenti ed a maggioranza assoluta dei presentii ma l'obiezione non appare pertinente, proprio perch trattasi di una commissione tecnica amministrativa, tipicamente caratterizzata dalla :r:appresentanza degli interessi delle diverse categorie di proprietari e di affittuari, per cui nulla pu giustificare, nella sua composizione, una disparit di trattamento tra le categorie stesse. Questa Corte, chiamata a giudicare della legittimit della legge 12 giugno 1962, n. 567, sotto il profilo della denunziata violazione del principio della riserva di legge attraverso il deferimento alle commissioni tecniche provinciali del potere di stabilire i limiti minimi e massimi della misura dei canoni di affitto rustico, nelle sentenze n. 40 e 80 del 1964 aveva gi avuto occasione di osservare che le commissioni, non senza ragione definite dalla legge come tecniche in quanto chiamate alla redazione delle tabelle attenendosi essenzialmente alle regole tecniche dell'economia agraria, offrivano garanzia di imparzialit grazie alla rappresentanza paritetica delle categorie interessate. Per vero, non si comprende perch con la disposizione denunciata si sia voluto disattendere, proprio in ordine alla determinazione delle tabelle di equo canone, questo requisito che costituisce presupposto essenziale per un imparziale e giusto regolamento dei contrapposti interessi; e ci anche in relazione all'esigenza enunciata dall'art. 97 Cost., che dalle leggi siano assicurati il buon andamento e l'imparzialit dell'amministrazione. Appare pertanto palese la violazione del principio di eguaglianza. Quattro ordinanze, del tribunale di Ravenna (n. 189/1973), del tribunale di Brescia (nn. 15/1974 e 51/1975), e del Consiglio di Stato (numero 123/1974), propongono questioni di legittimit delle disposizioni circa l'esecuzione dei miglioramenti e la loro incidenza sulle obbligazioni contrattuali e sulla misura dei canoni, introdotte dalla legge 11 febbraio 1971, n. 11. -(Omissis). Le questioni sono solo in parte fondate. Con le norme del tit. II, sui poteri dell'affittuario e sulla esecuzione dei miglioramenti, la legge n. 11 del 1971 ha chiaramente inteso attribuire anche agli affittuari di fondi rustici il potere di promuovere ed eseguire miglioramenti, assumendo l'iniziativa nel caso di inerzia o impossibilit dei proprietari. Questo fine della riforma legislativa pienamente legittimo: La Corte ha gi avuto occasione di affermare al riguardo che l'istanza del miglioramento oggi intrinseca a tutte le forme di gestione dell'impresa agricola, e giustamente la nuova disciplina dell'affitto di fondi rustici introdotta con la legge 11 febbraio 1971, n. 11, in considerazione dell'interesse pubblico allo sviluppo quantitativo e qualitativo della produzione agraria, ha PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 37 attribuito anche all'affittuario le pi ampie iniziative di organizzazione e di gestione richieste dalla razionale coltivazione del fondo, dall'allevamento di animali, o dall'esercizio delle attivit connesse, indipendentemente dall'esistenza di clausola migliorataria, anzi comminando la nullit di ogni clausola convenzionale limitatrice dei poteri riconosciuti all'affittuario per l'esecuzione dei miglioramenti (sentenza n. 53 del 1974). , d'altra parte, fuori discussione la pienezza dei poteri che, in materia di miglioramenti, competono ai proprietari, anche per i terreni concessi ad altri in condizione, salvo il rispetto delle iniziative e responsabilit di gestione dell'impresa agricola: l'art. 41 Cost. tutela l'iniziativa economica di tutti gli operatori privati; l'art. 42 consente limiti alla propriet privata proprio per assicurarne la funzione sociale; l'art. 44 pone in risalto il duplice fine di. conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali, comune alla propriet e all'impresa. Con sentenza n. 107 del 1974, questa Corte, dichiarando l'illegittimit dell'art. 32 della legge n. 11 del 1971, ha riconosciuto il diritto del proprietario concedente di riacquistare la disponibilit del fondo locato, per compiervi opere di radicale trasformazione agraria la cui esecuzione sia incompatibile con la prosecuzione del rapporto, previo controllo dell'Ispettorato agrario sulla loro utilit. Ci premesso, occorre accertare se, e in quale misura, le disposizioni denunciate dalle ordinanze di rimessione abbiano determinato ingiusta disparit di trattamento tra affittuari e proprietari, o lesione dei diritti garantiti a questi ultimi dagli artt. 41, 42 e 44 della Costituzione. (Omissis). La questione non fondata nemmeno per quanto concerne le disposizioni dell'art. 11, le quali espressamente riconoscono a ciascuna delle parti il potere di eseguire miglioramenti dei fondi e dei fabbricati rurali, purch corrispondenti ai programmi regionali di sviluppo o, in difetto, alle tendenze di sviluppo delle zone in cui essi ricadono, nonch addizioni relative alla utilizzazione agricola, ossia migliorative, che non alterino la destinazione economica dei fondi. Anche il procedimento assicura alle parti una effettiva parit di condizioni, con eguali garanzie di controllo del progetto tecnico di massima e di contraddittorio davanti all'Ispettorato agrario. Dopo il parere tecnico favorevole dell'Ispettorato l'affittuario proponente tenuto ad invitare il proprietario a far conoscere se egli stesso intenda eseguire i miglioramenti, e soltanto in caso di risposta negativa o di silenzio o di inosservanza del termine indicato dal l'Ispettorato per l'esecuzione dei lavori, l'affittuario autorizzato a pro cedervi direttamente. Appare dunque del tutto ingiustificata l'affermazione che l'art. 11 attribuisca alle parti solo in apparenza un eguale potere in ordine all'esecuzione dei miglioramenti. Al contrario, la parit sostanziale quanto alle iniziative, e il procedimento conserva al proprietario la priorit per l'esecuzione, attribuendo giustamente all'affittuario il RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO potere di provvedervi solo dopo avere accertato il rifiuto o l'inerzia del proprietario: talch queste disposizioni non possono considerarsi lesive n del principio di eguaglianza, n delle garanzie costituzionali della propriet. L'ordinanza del tribunale di Ravenna lamenta la imposizione al proprietario dei miglioramenti prop~sti dall'affittuario per effetto di un provvedimento amministrativo assunto discrezionalmente dall'Ispettorato provinciale dell'agricoltura; e quella del Consiglio di Stato fa richiamo ai contributi, agevolazioni e garanzie che l'art. 13 accorda, per l'esecuzione dei miglioramenti, agli affittuari, singoli o associati, con esclusione dei proprietari. Ma entrambe le osservazioni sono carenti di fondamento: il parere vincolante dell'Ispettorato agrario provinciale sui progetti tecnici di massima delle opere di miglioramento atto di controllo tecnico, soggetto al normale sindacato di legittimit degli atti amministrativi, in regime di contraddittorio tra 1e parti interessate; e d'altra parte l'art. 13 non riserva ai soli affittuari, bens estende ad essi le provvidenze accordate dalle leggi statali o regionali ai proprietari, ammettendone la concessione direttamente agli affittuari che eseguano i miglioramenti. Le -ordinanze del tribunale di Brescia e del Consiglio di Stato denunziano le disposizioni del primo comma dell'art. 14, nel presupposto che esse precludano ai proprietari di fondi concessi in affitto a coltivatori diretti l'iniziativa e l'esecuzione di miglioramenti, e rilevando la diversit della procedura. di controllo preventivo all'esecuzione delle relative opere, che integrerebbe, una ingiustificata disparit di trattamento. Ma il presupposto appare erroneo, perch la facolt di eseguire miglioramenti riconosciuta ai proprietari dall'art. 11 in termini generali, senza alcuna limitazione all'ipotesi di affitto a conduttori non coltivatori, sicch la prima disparit di trattamento denunciata dalle ordinanze non sussiste. L'art. 14 non consente all'affittuario coltivatore diretto altro beneficio che quello di una semplificazione del procedimento per i miglioramenti di cui assuma l'iniziativa, e sotto questo unico profilo deve essere valutata la legittimit delle sue disposizioni. Indubbiamente il primo comma dell'~rt. 14, a differenza da quanto disposto dall'art. 11, non richiede la preventiva presentazione d'un progetto tecnico di massima, ma una semplice comunicazione al locatore; l'Ispettorato agrario provinciale pu essere chiamato ad esercitare il proprio controllo sulle iniziative dell'affittuario solo sull'eventuale ricorso del proprietario; il silenzio dell'Ispettorato nel termine di legge equivale a rigetto del ricorso, e rende senz'altro possibile l'esecuzione dei miglioramenti. L'opportunit di questa diversa disciplina pu essere opinabile, anche per le considerazioni gi sopra svolte circa una troppo netta distinzione tra affittuari coltivatori ed affittuari non coltivatori; ma questa Corte ritiene peraltro che le disposizioni del primo comma dell'art. 14 PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE non integrino una disparit di trattamento lesiva del principio di eguaglianza, data la posizione di privilegio, differenziata rispetto a quella degli altri imprenditori agricoli, che la legislazione vigente accorda, sotto molteplici aspetti, ai coltivatori diretti, posizione che pu giustificare un diverso regime quanto all'esecuzione dei miglioramenti, nel fine di esonerare questa categora di lavoratori-imprenditori da pi complessi e costosi adempimenti amministrativi, salva sempre la facolt dei proprietari concedenti di ricorrere all'Ispettorato contro eventuali iniziative non rispondenti alle esigenze tecnico-economiche della conduzione aziendale. Anche il codice civile, del resto, dettava per i miglioramenti norme speciali nel caso di affitto a coltivatore diretto (cfr. artt. 1632, 1651). Fondata invece la questione di costituzionalit rispetto al secondo comma dell'art. 14 che attribuisce all'affittuario coltivatore diretto la facolt di esecuzione dei miglioramenti che sia in grado di compiere col lavoro proprio e della famiglia, senza dover seguire le procedure previste dal precedente comma e dall'art. 11 , ossia senza nemmeno darne comunicazione al proprietario del fondo. Ora, vero che l'art. 1651 del codice civile prevede l'eventualit che l'affittuario abbia eseguito miglioramenti senza essere autorizzato dal locatore, ma in tale ipotesi il giudice pu attribuirgli una equa indennit solo quando trattasi di miglioramenti di durevole utilit per il fondo, che non siano il risultato dell'ordinata e razionale coltivazione; l'art. 14, invece, non pone alcun limite o requisito, salvo quello della capacit di esecuzione diretta, escludendo qualsiasi possibilit di divieto o di controllo, mentre altre norme della stessa legge accordano all'affittuario, anche per tali modesti lavori di miglioramento, una serie di diritti di grande importanza. Si impone pertanto la dichiarazione di illegittimit dell'art. 14, secondo comma, per contrasto con l'art. 3 in relazione agli artt. 41 e 42 Cost., per l'irrazionale disparit di trattamento che, consentendo l'esecuzione di migliorie anche inscio o invito domino, sacrifica oltre ogni giusta misura i diritti del proprietario concedente. L'art. 12 della legge n. 11 del 1971 dispone che qualora l'affittuario abbia eseguito a sue spese i miglioramenti con le procedure di cui agli artt. 11 e 14, il contratto di affitto prorogato, alla scadenza, per un periodo non inferiore ad anni dodici, e pu altresl essere ceduto dall'affittuario ad uno pi componenti della propria famiglia, anche senza il consenso del locatore; e d'altra parte preclude al proprietario sia la possibilit di vendere il fondo, con effetto risolutivo del rapporto, anche per la formazione della propriet coltivatrice, sia di riacquistare la disponibilit del fondo per condurlo personalmente, quando abbia la qualifica di coltivatore diretto. L'ordinanza del tribunale di Ravenna denunzia la violazione degli artt. 3 e 42 Cost., ravvisando nelle disposizioni dell'art. 12 il tentativo di attribuire all'affittuario che abbia eseguito i miglioramenti un diritto reale sul fondo stesso, che mal si concilia con la speci 40 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEI.LO STATO fica natura del rapporto di affitto, ed osservando che tanto pi grave appare l'incidenza sul diritto del proprietario di disporre del proprio fondo, quando nello stesso art. 12 si prevede proprio contro il proprietario coltivatore diretto il divieto di condurre direttamente il suo fondo, ostacolando la formazione della propriet diretto-coltivatrice a favore esclusivamente degli affittuari. Le illazioni del giudice a quo circa gli scopi perseguiti dal legislatore sono ingiustificate, perch le disposizioni dell'art. 12 ricollegano all'esecuzione dei miglioramenti da parte degli affittuari conseguenze giuridiche di notevole importanza, ma non comportano tuttavia l'attribuzione, formale o sostanziale, d'un diritto reale sui terreni migliorati. Nella ricordata sentenza n. 53 del 1974, la Corte ha gi avuto occasione di constatare che negli sviluppi anche recenti del nostro ordinamento positivo, l'iniziativa e l'esecuzione di opere_ di trasformazione fondiaria come di miglioramento agrario, da parte dei concessionari di fondi rustici altrui in base a contratti di tipo associativo o commutativo, non hanno mai costituito titolo per l'acquisto della propriet, ma unicamente per la riduzione dei canoni, per la proroga dei rapporti, per la corresponsione di una giusta indennit; e in applicazione di questi principi stata dichiarata la illegittimit costituziona!e dell'art. 3 della legge 8 dicembre 1970, n. 1138, che modificava la disciplina dei contratti di colonia e di affitto con clausola migliorataria quando il colono o l'affittuario avessero eseguito opere di trasformazione fondiaria e agraria di carattere sostanziale e permanente di qualunque tipo . La questione peraltro fondata, per irrazionale uniformit di disciplina di situazioni anche profondamente diverse; e per aperta violazione della garanzia offerta dall'art. 12 fa discendere limitazioni tanto rilevanti ai poteri di godimento e di disposizione dei proprietari concedenti dalla esecuzione di miglioramenti a spese dell'affittuario, senza alcuna , specificazione circa la loro importanza qualitativa e quantitativa, in rapporto alla estensione del fondo, agli ordinamenti colturali, alle esigenze d'una razionale coltivazione, all'effettivo incremento della produttivit dei terreni. Solo l'indennit spettante all'affittuario dall'art. 15 commisurata {( all'aumento di valore conseguito dal fondo e sussistente alla fine dell'affitto; ma nulla stabilito invece dall'art; 12, e la lacuna appare tanto pi grave in quanto l'art. 11 non contiene indicazioni. circa l'entit dei miglioramenti, e dichiara altres che sono considerati miglioramenti anche le addizioni , senza nemmeno far salvo il caso della loro separabilit (cfr. artt. 975, 986, 1593 codice civile). La norma deve quindi essere dichiarata 'illegittima nella parte in cui non limita gli effetti giuridici ivi previsti a favore dell'affittuario che abbia eseguito a sue spese miglioramenti, in relazione alle sole opere di migliora,n;_ento che determinano un sostanziale e permanente aumento di valore del fondo ed un I_ apprezzabile incremento della sua produttivit. ! 1 l l I I PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE Gli artt. 15 e 4 della legge del 1971 disciplinano le conseguenze dell'esecuzione dei miglioramenti con disposizione che fanno alle due parti un trattamento nettamente differenziato. Il locatore che abbia eseguito miglioramenti pu richiedere all'affittuario l'aumento del fitto corrispondente alla nuova classificazione del fondo (art. 15, primo comma) e qualora le migliorie non giustifichino una modifica della qualit e della classe catastale, le commissioni tecniche provinciali possono stabilire criteri e misure di un aumento del canone, purch questo non venga a superare il livello corrispondente al coefficiente massimo st~bilito dalla legge (art. 4, terzo comma). L'affittuario che abbia eseguito i miglioramenti ha invece diritto ad una indennit corrispondente all'aumento di valore conseguito dal fondo, sussistente alla fine dell'affitto o alla data di anticipata risoluzione del rapporto (art. 15, secondo comma), e le migliorie da lui apportate non dnno luogo a revisione del canone fin quando non sia stata corrisposta l'indennit (art. 4, quarto comma). Le disposizioni dell'art. 15 si applicano, a norma del sesto comma, anche per i miglioramenti previsti nel contratto e concordati dalle parti, o comunque eseguiti in data anteriore all'entrata in vigore della presente legge. ~ palese il vizio di illegittimit delle disposizioni dell'art. 4, terzo comma, e dell'art. 15, primo comma, che quando, il canone gi corrisponda o sia prossimo al limite massimo di legge fissato dall'art. 3, secondo comma, con le maggiorazioni per coefficienti aggiuntivi previste dallo stesso art. 3, terzo e quarto comma, non consentono una adeguata revisione del canone a favore del proprietario miglioratore. Sono queste disposizioni che, specie a fronte di quelle dettate a favore dell'affittuario miglioratore, introducono una profonda e immotivata sperequazione tra le parti, lesiva non solo del principio di eguaglianza, ma anche, come ha notato il tribunale di Ravenna, dei poteri di iniziativa, di godimento, di disposizione dei proprietari, e, sotto questo profilo, rendono solo apparente la pari facolt di eseguire miglioramenti, togliendo ai proprietari ogni interesse a nuovi investimenti nelle loro terre, disincentivando e mortificando la propriet proprio nella sua funzione sociale e produttiva, sancita dagli artt. 42 e 44 della Costituzione. Deve pertanto dichiararsi la i,llegittimit dell'art. 4, terzo comma, e dell'art. 15, primo comma, in quanto non prevedono un'adeguata revisione del canone nel caso di migliorie eseguite dal proprietario. -(Omissis). CORTE_ COSTITUZIONALE, 22 dicembre 1977, n. 155 -Pres. Rossi Ret. Paladin -Regione Veneto (avv. Berti) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Giorgio Azzariti). Corte costituzionale Confitto di attribuzione -.Invito statale a provvedere Non comporta menomazione della competenza regionale. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Regioni Finanza regionale Servizi di tesoreria Possono essere autonomi. (cost., artt. 119; legge 19 maggio 1976, n. 335, art. 33). . L'atto con il quale una autorit statale esprime ad una Regione un invito non imperativo a provvedere nel senso richiesto. non comporta una menomazione concreta ed attuale della competenza regionale; pertanto inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione proposto avverso tale atto. La legislazione ordinaria facoltizza le , Regioni ad istituire propri servizi di tesoreria oppure ad avvalersi delle tesorerie dello Stato, lo affluire di fondi statali destinati alle Regioni in conti correnti fruttiferi presso la tesoreria centrale non pu legittimamente trasformarsi in uno strumento di controllo sulla gestione finanziaria regionale (1). La Regione Veneto ha proposto ricorso per conflitto di attribuzione, con atto notificato il 10 giugno 1975, avverso i telegrammi che le sono pervenuti il 14 aprile ed il 12 maggio 1975, mediante i quali -rispetti vamente -il Ministro per il tesoro ed il Ministro per il bilancio . e la programmazione econimica invitavano la Regione a ricihedere l'apertura di un conto corrente fruttifero presso la tesoreria centrale, in cui far affluire i versamenti effettuati dallo Stato a favore della Regione stessa. (Omissis). In altre parole, il ricorso regionale nou inammissibile in quanto tardivo, bens per il prevalente motivo che il tenore degli atti impugnati, da cui la decisione della Corte non potrebbe prescindere, tale da esprimere -di per se stesso -un invito piuttosto che un'imposizione. Imper niati come sono sulle formule di stile pregasi voler provvedere o pregasi voler richiedere , i telegrammi in questione non fanno che rivolgere -sia pure con molta insistenza -una domanda di collaborazione: rappresentando il frutto della funzione governativa di coordinamento, esercitata in una forma non autoritaria, con il dichiarato intento di concordare un controllo sull'andamento generale dei flussi finanziari e monetari. E la circostanza che, nel corso della serie delle istanze miranti all'apertura di un conto corrente presso la tesoreria centrale dello Stato, si siano registrati -a quanto rileva la difesa della Regione vistosi ritardi nei versamenti dovuti all'amministrazione regionale, non (1) Nel d,d.J:. n. 1095 ireoontemente aipprovato da~ Senato per fa iriforma del!La contabi[it dello Stato, previsto che tutti ~ri enti pubblici sono t~uti alFattua zione dehle prescrizioni di cui aiLlia ~egige 6 ag.osto 1966, n. 629 . j, PARTE I, SBZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE sta a significare che gli atti impugnati possano considerarsi come la causa dei ritardi stessi, cos da concretare un'effettiva lesione dell'autonomia finanziaria garantita dall'art. 119 della Costituzione. Del resto, il fatto stesso che da parte statale si sia ritenuto necessario influire sui comportamenti regionali per mezzo di direttive non vincolanti, anzich disporre in via diretta ed imperativa l'istituzione di un conto corrente per ciascuna Regione, fornisce la riprova che lo Stato non ha inteso esercitare alcun potere puntualmente determinato dall'ordinamento giuridico, di cui questa Corte sia competente ad accertare la spettanza nella sede di un conflitto di attribuzione. In realt, sono rimaste per ora isolate le disposizioni sul tipo di quelle contenute nelle leggi 16 ottobre 1975, n. 492 e n. 493 (di conversione dei decreti-legge 13 agosto 1975, n. 376 e n. 377), in cui si prevede che le somme destinate alle singole Regioni per il rilancio dell'economia saranno versate dal Ministero del tesoro in appositi conti correnti infruttiferi aperti presso la Tesoreria centrale . N, d'altra parte, potrebbero venire riferite alle amministrazioni regionali le Norme circa la tenuta dei conti correnti con il Tesoro, dettate dalla legge 6 agosto 1966, n. 629: sia perch i relativi lavori preparatori concordano nel senso che le istituzioni autonome territoriali non rientrino fra gli enti che sotto qualsiasi forma beneficiano di contributi... assunti a carico del bilancio dello Stato, considerati dall'art. 2 primo comma della legge medesima; sia perch la finanza delle Regioni ordinarie -sebbene essenzialmente derivata da quella dello Stato -non basata di norma sull'assegnazione di veri e propri contributi statali, bens sul riparo di fondi alimentati attraverso la soppressione a lariduzione di un complesso di stanziamenti gi iscritti negli stati di previsione della spesa dei vari ministeri interessati; sia soprattutto -perch le Regioni non hanno l'obbligo di tenere le disponibilit liquide in conti correnti con il Tesoro (come invece dispone l'art. 1 della legge n. 629), in quanto una secie di norme regionali e statali che si riassumono nella previsione dell'art. 33 della legge 19 maggio 1976, n. 335, la facoltizza ad istituire propri servizi di tesoreria. Anche per queste ragioni, per, non pensabile che i conti correnti fruttiferi presso la ~esoreria centrale nei quali attualmente affluiscono i fondi statali destinati alla Regione Veneto come pure ad altre Regioni ordinarie, possano legittimamente trasformarsi in un anomalo strumento di controllo sulla gestione finanziaria regionale, che si presti a venire manovrato in modo da precludere ed ostacolare la disponibilit delle somme occorrenti alle Regioni stesse per l'adempimento dei loro compiti istituzionali, nelle forme, nelle misure e nei tempi variamente indicati dalla legislazione statale sulla finanza regionale, in attuazione dell'art. 119 Cost. E se, viceversa, si verificasse in tal senso una reale menomazione dell'autonomia finanziaria regionale, alle Regioni non mancherebbero mezzi per invocarne ed ottenerne la tutela. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I. CORTE COSTITUZIONALE, 29 dicembre 1977, n. 161 -Pres. Rossi -Rel. Reale -Mancini e altri (n.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Azzariti). Lavoro -Rivalutazione dei crediti del lavoratore Decorrenza. (cost., art. 3, cod. proc. civ., art. 429 novellato). L'interpretazione data dalla Corte di Cassazione al nuovo testo dell'art. 49 comma terzo c.p.c., nel senso della rivalutazione dei crediti di lavoro controversi anche per il tempo anteriore all'entrata in vigore della legge 11 agosto 1973, n. 533, deve essere considerata come norma vivente , della cui avvenuta formazione anche la Corte costituzionale deve prendere atto. Non sussiste peraltro contrasto tra l'art. 429 comma terza c.p.c. cos interpretato e l'art. 3 Cost. (1). Il. CORTE COSTITUZIONALE, 29 dicembre 1977, n. 162 -Pres. Rossi -Rel. Reale -Zaia (n.p.), I.N.P.S. (avv. Maresca) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Azzariti). Previdenza e assistenza Crediti per prestazioni previdenziali Rivalutazione -Esclusione. (cost., art. 3; cod. proc. civ., art. 429 novellato). giustificata la diversit di trattamento, quanto alla rivalutazione, tra crediti del lavoratore verso il datore di lavoro privato e crediti per prestazioni previdenziali; pertanto, l'art. 429 comma terzo c.p.c., il quale non prevede la rivalutazione anche di questi ultimi crediti, non contrasta con l'art. 3 Costituzione. (1) La Corte costituzionale ha evitato di entrare nuovamente nel merito delle questioni trattate nella ordinanza di rimessione 14 aprile 1977 delle Sezioni unite della Corte di cassazione (sulle quali cfr. la sentenza Corte cost., 1977, n. 113, in questa Rassegna, 1977, 212, ed ha riconosciuto l'autonoma competenza delle magistrature per quanto attiene alla interpretazione del diritto scritto. Data la rilevante importanza della ordinanza di rimessione, se ne pubblicano i brani pi significativi: Invero, riesaminando a fondo il problema gi risolto in modo non uniforme dalla Sezione Lavoro dell Corte di cassazione, queste Sezioni Unite ritengono di dover affermare che, ai sensi del comma 3 dell'art. 429 c.p.c., modificato dall'art. 1 I. n. 533 del 1973, il giudice di merito ha sempre il poteredovere di determinare anche d'ufficio, in ogni grado del giudizio, la rivaluta PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 45 I Con due distinte ordinanze -aventi medesimo contenuto -emesse in data 14 aprile 1977, ed iscritte rispettivamente ai nn. 345 e 395 del registro ordinanze 1977, le sezioni unite della Corte di cassazione hanno prospettato il dupbio che l'art. 429, terzo comma, c.p.c., come modificato dall'art. 1 della legge 11 agosto 1973, n. 533 violi l'art. 3 della Costituzione, per il trattamento ingiustificatamente pi favorevole riservato ai crediti di lavoro, rispetto agli altri crediti pecuniari, quanto alla possibilit di decorrenza del diritto alla rivalutazione anche da dai:a anteriore a quella di entrata in vigore della indicata legge. -(Omissis). zione dei crediti di lavoro, sa:l'Vo nel caso che risulti una inequivocabile volont espressa o implicita del lavoratore di non volerla: onde la mancata determinazione in appello pu formare oggetto di ricorso per Cassazione, pur in mancanza di una precedente domanda o di una qualsiasi sollecitazione della parte interessata. N al riguardo potrebbe ipotizzarsi una questione di costituzionalit in considerazione del fatto che nella sentenza n. 13 del 1977 la Corte costituzionale, dopo aver elencato fra le questioni sottopostele (che, poi, respinse tutte) anche quella della "liquidabilii: ex 'officio del danno da svalutazione", nulla disse in proposito nella motivazione. Ci, infatti, non pu essere inteso se non come una dichiarazione implicita di manifesta infondatezza di tale questione, concernendo essa anche il tempo successivo all'entrata in vigore della 1. n. 533 del 1973 e non essendo, peraltro, assorbita dal rigetto n della questione connessa con la retroattivit n, tanto meno, delle altre risolte nella medesima sentenza. Con le sentenze 29 aprile 11974 n. 1225, e 2 agosto 1975 n. 2961, la Sezione Lavoro di questa Corte afferm che la rivalutazione de qua pu essere disposta anche d'ufficio, in base alla mera affermazione che il comma 3 del nuovo art. 429 c.p.c. costituisce un'applicazione dell'art. 1224 e.e. Invece con le sucsive sentenze 29 aprile '1976 n. 1557, 20 maggio 1976 n. 11818, 22 ottobre 1976 n. 3785, e 3 novembre 1976 n. 4014, ritenne che tale valutazione pu essere disposta esclusivamente a seguito di una specifica domanda del lavoratore, come tale prnponibie soltanto in primo ~rado e non eniens, nei giudizi pendenti in grado di appello alla data di entrata in vigore della 1. n. 533 del 1973. A ci la Sezione Lavoro pervenne configurando la rivalutazione come un'ulteriore prestazione di natura autenticamente risarcitori.o di un danno, alla quale il datore di lavoro tenuto in forza di un'obbligazione autonoma, derivante da un titolo distinto rispetto al rapporto da cui trae origine il credito di lavoro. Una diversa configurazione era stata per elaborata dalla precedente sentenza 8 febbraio 1975 n. 495, secondo la quale jl legislatore del 1973, nell'attribuire alla svalutazione in s considerata diretta rilevanza causale di un danno presunto per i crediti di lavoro, avrebbe separato tale ipotesi dalle altre tutelabili mediante ricorso all'art. 1224 e.e., attraendo i momenti della maturazione del credito, una svalutazione e liquidazione in una fattispecie complessa entro la quale non v' pi posto per la mora, risultando l'inadempimento equiparato al fatto illecito, in adozione del regime risarcitorio (di valore) delle obbligazioni. Questa sentenza non si era occupata della rilevabilit d'ufficio della svalutazione, avendo accertato che nella specie esisteva "uno specifico RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 46 La Corte non pu non prendere atto che la giurisprudenza dei giudici ordinari, dopo esitazioni e divergenze, si venuta affermando nel senso di attribuire efficacia retroattiva alla norma della quale si tratta. A questa .interpretazione con le due identiche ordinanze di rimessione le Sezioni Unite della Cassazione (pur rilevando la diversit delle motivazioni sulle quali essa era stata fondata, in particolare nelle sentenze della Sezione del Lavoro della stessa Cassazione) hanno impresso il suggello della loro adesione e della loro autorit. Il che impone (come fu gi fatto in situazioni analoghe: sentenze n. 52 del 1965 e n. 198 del 1972) di considerare ormai -per usare una espressione altre volte usata dalla Corte -come norma vivente quella definita dalla detta interpretazione e di affrontare, partendo da essa, la questione di costituzionalit proposta. -(Omissis). capo di domanda, alimentato da un espresso motivo di ricorso". Ma, in base alla detta configurazione, le sentenze 2 ottobre '1976 n. 3215, e 22 ottobre J.976 n. 3788, si convinsero di poter risolvere tale questione in senso affermativo, considerando sempre contenuta nella domanda di pagamento di un credito di lavoro, proposta prima o dopo l'entrata in vigore della 1. n. 533 del 1973, un'implicita domanda di rivalutazione, per l'intima connessione di questa con runitaria situazione di fatto prospettata, cio l'esistenza del credi~o di lavoro fatto valere in giudizio. Senonch la sentenza 16 novembre 1976 n. 4258, chiarendo e integrando l'elaborazione effettuata dalla suddetta sentenza n. 495 del 1975, ne dedusse invece che l'accessoriet dehla domanda 1r1sarcitoria non comporta alcun automatismo, che rimasto integro l'onere dell'allegazione del fatto costitutivo e della domanda di riconoscimento del diritto e che, pertanto, tale domanda risarcitoria non proponibile :Per la prima volta in grado d'appello se non nei limiti di cui al comma 1 dell'art. 34S c.p.c., senza possibilit tuttavia di estensione al danno precedente per effetto dello ius superveniens, non pendendo controversia sul rapporto accessorio. Infine con la sentenza 11 gennaio 1977 n. 96, la Sezione Lavoro dichiar be.s di voler aderire all'indirizzo seguito dalle suddette sentenze n. 3215 del 1976 e n. 3788 del 1976, ma in sostanza poi giustific la ritenuta possibilit di un rilievo della svalutazione anche d'ufficio, non tanto insistendo nel considerarla una necessaria conseguenza dell'accoglimento della teoria della "fattispecie complessa", quanto piuttosto ravvisando nel comma 3 del nuovo art. 429 c.p.c. un apposito precetto legislativo di natura '.Processuale, oltre e in aggiunta a quello di natura sostanziale. Ora, queste Sezioni Unite ritengono che soltanto per quest'ultima via si possa giungere a una soluzione indiscutibile del problema: il che, peraltro, consente di prescindere dal prendere posizione sull'altro problema della configurazione della fattispecie sostanziale prevista in quel comma 3. Tale comma dispone testualmente che " Il giudice, quando pronuncia sentenza di condanna al pagamento di somme di denaro pr credito di lavoro, deve determinare, oltre gli interessi nella misura legale, il maggior danno eventualmente subito dal lavoratore per la diminuzione di valore del suo credito, condannandolo al pagamento della somma relativa con decorrenza dal giorno della maturazione del diritto". Quindi, stando alla lettera della norma, l'univoco significato dell'es:Pressione "il giudice... deve determinare" non con PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 47 In altri termini, per porre un dubbio di costituzionalit ex art. 3 della Costituzione bisognerebbe che i crediti di lavoro e non di lavoro, fossero entrambi rivalutabili in virt dell'art. 429, comma terzo, del co dice di procedura civile ma, sempre in virt della detta norma, fossero gli uni (quelli di lavoro) rivalutabili dall'origine, gli altri (quelli non di lavoro) rivalutabili solo dall'entrata in vigore della legge n. 533 del 1973. Ma poich invece (sempre ragionando sul piano della legittimit co stituzionale), i crediti non di lavoro sono legittimamente esclusi dalla rivalutazione, ne consegue l'impossibilit di ipotizzare una incostituzio nalit dipendente dal fatto che gli stessi crediti non godono di una riva lutazione retroattiva. sente di supporre che il legislatore abbia esclusivamente inteso riconoscere un diritto di natura sostanziale del lavoratore, da farsi necessariamente valere in giudizio da lui con una domanda accessoria specificamente proposta, ma impone di ritenere che abbia voluto attribuire al tempo stesso direttamente e immediatamente al giudice un potere-dovere di provvedere comunque al ri guardo, purch accerti, da un lato, di dover pronunciare condanna al paga mento di somme per crediti di lavoro e, dall'altro, che la moneta non si sva lutata fra il giorno della maturazione del diritto e quello della liquidazione. Inoltre, a conferma della non equivocit dell'espressione, si deve considerare che non ci si limitati a dire che il giudice "determina", il che sarebbe stato sufficiente per attribuirgli un potere-dovere da attuare anche d'ufficio (come, per esempio, nel caso dell'espressione ,, il giudice... condanna,, dell'art. 91 c.p.c.), ma si ritenuto opportuno impigare altres la voce del verbo "dovere", al fine evidente di dare maggior forza al discorso. -(Omissis). Dai punto di vista logico, ritenendo che il legislatore abbia inteso operare esclusivamente sul piano sostanziale nel disporre che "il giudice... deve determinare, oltre gli interessi... il maggior danno", gli si attribuirebbe senza alcuna giustificazione un linguaggio tecnicamente improprio (oltre che semanticamente inesatto), idonei soltanto a creare perplessit sotto un duplice aspetto. Anzitutto, infatti, sarebbe stato facile servirsi di una formula che puramente e semplicemente enunciasse in modo diretto e immediato, come avviene di solo in materia di obbligazioni, o il diritto di uno dei soggetti del rapporto di pretendere la prestazione, o l'obbligo dell'altro di effettuarla. In secondo luogo, se non fosse destinato a esonerare la parte dall'onere della specifica domanda e dell'allegazione dei fatti relativi, il "deve" attribuito al giudice risulterebbe quanto meno pleonastico, posto che l'art. 1112 c.p.c. gli impone in via generale di pronunciare su tutte le domande specificamente proposte e non oltre i limiti di esse. Quanto alla ratio della norma, desumibile dall'oggettivo suo contenuto pratico, essa fornisce un'ulteriore conferma dell'esattezza della soluzione accolta. Invero, com' stato posto in luce anche dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 13 del '1977, con il comma 3 del nuovo art. 429 c.p.c., integrato dal l'art. '150 disp. att. modificato dall'art. 9 I. n. 533 del 1973, si stabilito un mec canismo di conservazione del valore in senso economico delle prestazioni dovute al lavoratore, volto fra l'altro a preservare o, comunque, ripristinare quel "po tere di acquisto di beni reali " che si connette alla retribuzione e alle indennit di fine rapporto, ancorando queste alle variazioni in aumento degli indici dei 48 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I I I t=: ~:::. II (Omissis). -La Corte esaminando nella sentenza n. 13 del 1977 le ragioni' che stanno a fondamento dell'introduzione, operata con la legge I n. 533 del 1973, del dovere del giudice, quando pronuncia sentenza di condanna al pagamento di somme di denaro per crediti di lavoro , di determinare oltre gli interessi nella misura legale, il maggior danno eventualmente subto dal lavoratore per la diminuzione di valore del suo eredito (art. 429, comma terzo, c.p.c.), ebbe a rilevare che esse onsistono precipuamente nella necessit di protezione del potere di acquisto del lavoratore, senza conseguente depauperamento del patrimonio del I ~ prezzi calcolati per la scala mobile per i lavoratori dell'industria. Si inoltre I I ili svincolata sotto l'aspetto sostanziale l'operativit di un siffatto meccanismo r dal presupposto della costituzione in mora e dall'onere di provare il concreto j verificarsi di un danno, oltre che dalla necessit dell'imputabilit dell'inadempi @ mento al debitore, gi.esclusa nell'ipotesi del comma 2 dell'art. 1224 e.e.. Infine la specifica allegazione dei fatti costitutivi del diritto alla rivalutazione risul! f terebbe comunque superflua, in quanto il citato nuovo art. 150 fornisce alle parti e al giudice un criterio automatico per stabilire e l'esistenza della svalutazione e la misura in cui se ne deve t.enr conto. Tutto ci considerato, non I appare affatto strano, ma anzi coerente, che il legislatore abbia voluto introdurre altres una presunzione di esistenza implicita di una domanda di rivalutazione in ogni domanda di pagamento di crediti di lavoro, essendosi proposto di tendere a far coincidere la somma globale di denaro giuridicamente attribuibile al lavoratore con quella che, dal punto di vista economica, costituirebbe il corrispettivo esatto, nel momento della liquidazione, delle sue prestazioni e che pertanto presumibile che, se possibile, egli voglia in effetti conseguire nel rivolgersi al giudice. A questo punto, resta soltanto da aggiungere che il diritto-dovere vige anche per i processi pendenti al momento dell'entrata in vigore della I. n. 533 @. del 11973, giacch esso ha per fonte la norma di natura processuale, che si ravvisata (oltre ed accanto a quella di natura sostanziale) nel comma 3 del nuovo art. 429 c.p.c., e giacch tutte le norme di natura processuale previste ' ~ dalla detta legge " sono applicabili anche ai giudizi in corso al momento della ~~ sua entrata in vigore", ai sensi del comma 1 dell'art. 20 legge stessa. D'altronde, in mancanza di un'esplicita eccezione, non lecito supporre che il legislatore possa avere inteso escludere dall'immediata applicazione proprio quella determinata norma. Infatti, in palese contrasto con lo spirito della I. n. 533 del 1973, :1! volta ad accellerare e semplificare i giudizi; ci costringerebbe l'interessato a -: proporre la domanda di rivalutazione in un distinto processo, che ovviamente ~ dovrebbe svolgersi col nuovo rito e che, di conseguenza, molto spesso richiederebbe l'essere sospeso a norma dell'art. 295 c.p.c., non potendo formare oggetto 111 di riunione a quello in corso per la domanda principale, sia se gi definito in primo .grado, sia in caso contrario, se da proseguirsi davanti al Tribunale, come k disposto dal comma 2 del citato art. 20. ):: Nell'affrontare la questione se, a norma del comma 3 del nuovo art. 429 c.p.c., la determinazione dei maggior danno da svalutazione risulti o meno con-1:: ~\: ..-' f ~: PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 49 datore di lavoro, e nella necessit di porre una remora alla resistenza ed agli ingiustificati ritardi dei datori di lavoro stessi nell'adempimento delle loro obbligazioni: ragioni che, sussistendo per i crediti di lavoro e non per gli altri crediti di pecunia, giustificavano il diverso trattamento di essi ed escludevano quindi una violazione dell'art. 3 della Costituzione. Del pari, con la sentenza n. 43 del 1977, la Corte escluse che fosse costituzionalmente ingiustificata la inapplicabilit della rivalutazione stabilita nell'art. 429, terzo comma, c.p.c. ai crediti dei dipendenti degli enti pubblici non economici che, proprio ed anche per la specie dei debitori, legittimamente potevano essere sottratti alla generale disciplina di cui alla norma predetta. sentita anche per quella intervenuta prima dell'entrata in vigore della l. n. 533 del 1973, non si pu fare a meno di premettere che, pi di ogni altro giudice, questa Corte di cassazione e in particolare le sue Sezioni Unite devono "procedere con somma cautela a eventuali mutamenti della propria giurisprudenza, avendo fra gli altri il compito istituzionale di assicurare l'uniforme interpretazione della legge, ai sensi del comma 1 dell'art. 65 r.d. 30 gennaio 1941 n. 12, del comma 2 dell'art. 374 c.p.c. Nella specie la soluzione affermativa stata costantemente accolta, sia pure con motivazioni in parte diverse, in tutte le quattordici sentenze pronunciate in materia dalla Sezione lavoro di questa Corte ~~~~n~~~n~~~n~~~n~ ~~n~~~n~~~n~~~n~~~ n. 3788 del 1976, n. 4112 del 1976, n. 4258 del 1976, n. 96 del 1977, n. 300 del 1977). N queste Sezioni Unite ritengono di potersi discostare da una tale uniforme giurisprudenza (peraltro condivisa anche da numerosi giudici di merito e da una non scarsa parte della dottrina), nonostante l'autorevole opinione contraria della Corte costituzionale. ;'. indubbio che la soluzione accolta non pu giustificarsi ipotizzando una immediata operativit della nuova norma, che :possa prescindere da una previsione legislativa di retroattivit; giacch il danno da svalutazione e il relativo risarcimento, ad esso disciplinati per determinate obbligazioni pecuniarie in modo diverso rispetto alla legge anteriore, costituiscono effetti non ancora esauriti di una fattispecie giuridica verificatasi in passato, tra i cui elementi costituivi rientra, oltre l'inadempimento del datore di lavoro, la necessit della costituzione in mora e dell'esistenza di un danno non semplicemente presunta. Quanto alla retroattivit, essa non pu considerarsi dettata in modo espresso dalla gi riferita disposizione del comma 11 dell'art. 20 I. n. 533 del 1973, come ritenne la prima sentenza in materia della Sezione lavoro di questa Corte (n. 1225 del 1974) giacch nelle due sentenze immediatamente successive (n. 217 dl 1975 e n. 495 del .1975) si dimostr in base a concordanti criteri ermeneutici (titolo, rubrica, lettera, ratio, lavori preparatori) che tale disposizione non pu riferirsi alle norme di natura sostanziale previste dalla detta legge, ma solo a quella di natura 'processuale. N pu condividersi l'avviso (sentenze n. 495 del 1975 e n. 4258 del 1976) che individua un'affermazione espressa di retroattivit nella menzione (ultima parte del comma 3 del nuovo art. 429 c.p.c.) della decorrenza della rivalutazione dal giorno della maturazione del diritto: se non altro perch, diversamente opinando, tale menzione non risulta affatto superflua, servendo invece a determinare (e non solo per la rivalutazione, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 50 Ora, le tre ordinanze sopra ricordate pongono l'accento sulla natura definita alimentare dei crediti di pensione, siccome derivanti, sia pure mediatamente, da attivit di lavoro e negano, pertanto, che possa giustificarsi costituzionalmente il diverso trattamento fatto dal legislatore a tali crediti rispetto a quel1i del lavoratore verso il datore di lavoro. Ma se pur vero che le pensioni, al pari dei crediti di lavoro, hanno funzione di sostentamento, e quindi il ritardo, a volte rilevante, nella loro liquidazione e corresponsione, costituisce un danno ed un disagio per il creditore e per la sua famiglia (danno e disagio peraltro limitato dalle disposizioni della legge 16 aprile 1974, n. 114 che autorizzano l'l.N.P.S. a corrispondere un trattamento pensionistico di prima liquidazione a titolo di anticipazione), ad escludere che sia incostituzionale non aver preveduto la rivalutazione dei crediti da pensione valgono tre considerazioni. In primo luogo, come osserva la difesa dell'I.N.P.S., il credito da pensione, anche se pu avere il suo antecedente in un rapporto di ma anche per gli interessi) il dies a quo, posto che si esclusa la necessit della costituzione in mora e che, soprattutto, un unico credito di lavoro pu comprendere pi e varie componenti, maturate in tempi diversi. Tuttavia la circostanza che il diritto alla rivalutazione si fatto decorrere proprio dalla maturazione del diritto principale di conseguire il corris'.Pettivo delle prestazioni di lavoro, anzich da un qualsiasi momento posteriore, costituisce un valido elemento per rafforzare la convinzione che il legislatore non pu non avere inteso scegliere, sia pure implicitamente, la via dell'efficacia retroattiva: convinzione, che costituisce il logico corollario della ratio della norma in esame, specie se considerata alla luce delle ragioni che la occasionarono. Invero, richiamando quanto si esposto in ordine a tale ratio, appare evidente che solo mediante la decorrenza dal giorno della maturazione del diritto il legislatore poteva sperare di avvicinarsi il pi possibile al conseguimento dello scopo '.Pratico al quale mirava. Ma in realt questo scopo pratico non era altres realizzabile in modo conforme appieno ai principi della giustizia sociale se non incidendo con uguale decorrenza anche sugli effetti non ancora esauriti delle situazioni pregresse, posto che il numero di queste e la loro gravit doveva presumersi enorme, se la mole e l'annosit di quelle gi pervenute di fronte ai giudici resero necessarie le disposizioni transitorie sui giudizi pendenti di cui all'art. 22 I. n. 533 del Ll.973. Inoltre, entro certi limiti, l'integrale applicazione della norma del comma 3 del nuovo art. 429 c.p.c. non poteva non apparire al [egisatore quasi pi utile con riferimento al passato che ail'l:'avvenire, grazie alla funzione anche di futura '.Prevenzione insita in tale norma e stante l'evidente speranza di esso legislatore che col nuovo rito i lavoratori avrebbero conseguito i propri crediti con la massima speditezza. N varrebbe obiettare che, volendo davvero attribuire efficacia retroattiva alla norma in esame, non si sarebbe mancato di affermarlo in modo esplicito, dato che tale efficacia pu incidere gravemente in senso negativo sugli interessi dell'altro soggetto del rapporto di lavoro, il quale, sotto l'impero della legge del tempo in cui era maturato il suo obbligo, in caso d'inadempimento correva soltanto il rischio del verificarsi della ipotesi di cui ai due commi dell'art. 1224 e.e. Invero non stupisce che la nuova legge possa non essersene preoccupata, PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 51 lavoro dipendente, ha, rispetto all'Istituto erogante, caratteristica autonoma di natura pubblicistica. In secondo luogo, il fatto che le pensioni non vengano rapidamente liquidate (ci che deve giudicarsi deplorevole e degno della massima attenzione del legislatore e dell'autorit amministrativa), non pu essere certamente ascritto al proposito degli Istituti debitori di lucrare sulla probabile svalutazione monetaria. In terzo luogo, poich il ritardo nel pagamento in un certo senso non volontario (ma sostanzialmente derivante dalla procedura di liquidazione e da complicazioni burocratiche), da escludersi che la sanzione della rivalutazione avrebbe effetto di remora e per cos dire funzione dissuasiva, come nel caso di crediti di lavoratori verso il datore di lavoro privato. Queste diversit escludono che l'art. 3 della Costituzione imponesse al legislatore una parificazione, quanto al diritto alla rivalutazione, tra i crediti di lavoro e i crediti da pensione dei quali si tratta. -(Omissis). trattandosi di interessi la cui tutela risultava ormai condannata dalla coscienza sociale, in quanto, stante l'endemico accumularsi della svalutazione monetaria, i datori di lavoro, che pur avevano tempestivamente ottenuto le prestazioni delle contro'parti, si avvantaggiavano ulteriormente ai danni di esse. Si aggiunga che, quando una legge mira a sanare situazioni divenute socialmente insostenibili, gli interessi individuali da essa presi in favorevole considerazione finiscono per trascendere i singoli soggetti, ai quali direttamente e immediatamente si riferiscono, e per riguardare l'intera collettivit: onde si spiega che la loro tutela debba prevalere su quella degli interessi contrapposti. D'altra parte, ove rimanesse qualche dubbio, andrebbe posto in rilievo che in materia di lavoro, dove l'ordine delle cose e dei concetti si evolve e trasforma incessantemente e rapidamente sotto la spinta di nuove esigenze e di nuovi sentimenti e costumi, il legislatore ordinario sembra da tempo propenso (come del pari nella materia, sotto questo aspetto analoga, della previdenza sociale) a disapplicare il 'principio generale della irretroattivit della legge, che pur costituisce, di regola, espressione di civilt giuridica. Tale tendenza, infatti, si manifest gi in occasione dell'emanazione del vigente codice civile, sia perch l'art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale, subito dopo aver sancito quel principio, vi derog per i contratti collettivi di lavoro (aventi allora carattere normativo), sia perch il contrario principio della retroattivit venne ampiamente accolto nelle disposizioni transitorie relative alle nuove norme sul lavoro subordinato ed autonomo e sui contratti agrari (artt. 195, 196, 197, 202, 203 r.d. 30 marzo 1942 n. 318). N una tendenza siffatta pu dirsi oggi in contrasto con la Costituzione, la quale, mentre ha reso vincolante il principio della irretroattivit soltanto per le leggi penali, ha mostrato con numerosi 'precetti di voler privilegiare il lavoro e i relativi crediti dei lavoratori. Dal che consegue, oltre un'ulteriore conferma della bont dell'opinione accolta, anche la impossibilit che l'interprete di una nuova legge in materia di lavoro faccia riferimento a soluzioni adottate, in sede legislativa o giurisprudenziale, nel caso di successione nel tempo di leggi concernenti le obbligazioni pecuniarie in genere, o determinate obbligazioni pecuniarie di natura diversa dai crediti di lavoro. Si osserva da ultimo che i lavori preparatori della 1. n. 533 del 1973 non offrono elementi di certezza n in un senso n nell'altro. -(Omissis) . RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 29 dicembre 1977, n. 163 -Pres. Rossi -/?-el. Astuti -Soc. Unilit (avv. Ferrati), Soc. Ariete (avv. Catalano), e Presidente. Consiglio dei Ministri (sost. avy. gen. Zagari). Comullit europee -Diritti di visita sanitaria Settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari Incompatibilit con regolamenti comulli tari. (cost., art. 11; legge 30 dicembre 1970, n. 1239). Comunit europee -Direttive C.E.E. Efficacia. Il potere dei singoli Stati membri della C.E.E. di emanare provvedi' menti di controllo sanitario a tutela della pubblica salute deve essere esercitato in forme che non confliggano con i principi dell'unione doganale e non costituiscano stacolo alla libera circolazione delle merci nel1' ambito del mercato comune. costituzionalmente illegittimo l'articolo unico della legge 30 dicembre 1970, n. 1239 e della annessa tabella dei diritti per la visita sanitaria ai confini dello Stato del bestiame, delle carni, dei prodotti e avanzi animali: a) nella parte in cui prevede l'applicazione dei diritti di. visita per i prodotti ai quali si riferisce il regolamento 27 giugno 1968, n. 804, del Consiglio della Comunit economica europea; b) nella parte in cui prevede l'applicazione dei diritti di visita per i prodotti ai quali si riferisce il regolamento 27 giugno 1968, n. 805. A norma dell'art. 189, terzo comma, del trattato di Roma le direttive, a differenza dei regolamenti comunitari, non hann, 'di regola, efficacia normativa diretta, in quanto si rivolgono generalmente agli Stati, ai q~ali richiedono l'adozione,. entro certi termini, di provvedimenti legislativi, regolamentari o amministrativi, per il conseguimento di determinati obiettivi comuni. Esse non possono, pertanto, giustificare, n sanare con effetto retroattivo eventuali norme di diritto interno preesistenti, incompatibili con i regolamenti comunitari (1). (Omissis). -Richiamandosi alla interpretazione data dalla Corte di giustizia alle disposizioni del trattato di Roma e dei regolamenti comunitari n. 14/1964 e 805/1968, relativi al settore delle carni bovine, le ordi (1) In ordine alla partiolare forza cogente delle direttive la Corte costituzionale appare vicina all'opinione espressa in questa Rassegna, 1976, 875 (in [J()ta). La Corte di Giustima delile Comunit europee tende invece a afferma.re che l'ap'plicazione delle norme contenute in direttive integrative di disposizioni del trattato o di regolamento comunitari pu essere direttamente pretesa anche dagli individui. 53 PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE nanze di rimessione hanno constatato che non pu sussistere dubbio sulla interpretazione delle identiche disposizioni dei regolamenti n. 13/1964 e 804/1968, relativi al settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari; e d'altra parte, interpretando autonomamente la normativa vigente in Italia circa la percezione dei diritti di visita sanitaria alla frontiera, in base alle tabelle allegate alle leggi 23 gennaio 1968, n. 30 e 30 dicembre 1970, n. 1239, hanno con,cordemente ritenuto che tale normativa confligga in modo palese con le ricordate disposizioni comunitarie, em~ate in materi. a di competenza degli organi della Comunit con piena ed immediata efficacia obbligatoria, e dia quindi luogo a questione di legittimit costituzionale delle leggi interne. In questa sede, l'Avvocatura dello Stato ha contestato la sussistenza del denunciato vizio di incostituzionalit, sotto un duplice profilo. stato anzitutto sostenuto che la Corte di giustizia delle Comunit avrebbe recentemente modificato la propria giurisprudenza circa il divieto di riscossione dei diritti di controllo sanitario, secondo quanto risulterebbe. da due sentenze del 25 gennaio 1977 (in causa n. 46/76) e del 12 luglio 1977 (in causa n. $9/76), prodotte in udienza. Ma l'esame di queste decisioni non legittima l'assunto dell'Avvocatura sulla asserita evoluzione giurisprudenziale. Infatti, con la prima sentenza la Corte ha deciso che soltanto gli oneri pecuniari riscossi in ragione di controlli sanitari imposti da tilla norma comunitaria (direttiva del Consiglio C.E.E. 26 giugno 1964, n. 432):, aventi carattere uniforme e da effettuarsi obbligatoriamente, prima della spedizione, nello Stato membro esportatore, non costituiscono tasse di effetto equivalente a dazi doganali all'esportazione, purch il loro importo non ecceda il costo effettivo del controllo; mentre invece, qualsiasi ulteriore controllo imposto unilateralmente da uno Stato membro sia di propria iniziativa, sia per soddisfare esigenze, ormai, ingiustificate, di un altro Stato membro, costituisce una misura di effetto equi valente a una restrizione quantitativa, e qualsiasi onere pecuniario riscosso in ragione di siffatto controllo , per tale motivo, incf!>tnpaitibile con il diritto comunitario . Bwis" Con la seconda sentenza -emanata in giudizio promosso. -d~.CCom . missione delle Comunit contro il regno dei Paesi Bassi a ~adell'art. 169 del trattato CEE per violazione degli obblighi comfilttari, dipendente dalla riscossione di diritti per ispezione fitosanitaria delle piante e di prodotti d'origine vegetale esportati in altri Stati membri -, la Corte ha ritenuto che detti diritti, connessi al rilascio dei certificati fitosanitari richiesti dalla convenzione internazionale per la protezione delle piante firmata a Roma il 6 dicembre 1951, non costituiscono misura unilateralmente imposta dal regno dei Paesi Bassi, trattandosi di controlli organizzati su basi identiche in tutti gli Stati membri, in quanto partecipanti alla convenzione , talch i diritti medesimi non si possono considerare tasse d'effetto equivalente a dazi doganali, se il loro importo non supera ---:.:':'? RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO il costo effettivo delle operazioni in occasione delle quali essi vengono percepiti . Anche questa decisione non pu dunque ritenersi indicativa di un nuovo orientamento giurisprudenziale della Corte di giustizia, in quanto si riferisce ad un particolare tipo di controllo sanitario uniforme, istituito in base ad una convenzione internazionale, la cui efficacia fatta salva dall'espressa disposizione dell'art. 234 del trattato di Roma. L'Avvocatura dello Stato ha inoltre fatto richiamo ad una direttiva del Consiglio CEE 12 dicembre 1972, n. 462, sulla cui interpretazione pende davanti alla Corte di giustizia delle Comunit un giudizio promosso dal pretore di Alessandria, a norma dell'art. 177 del trattato di Roma, nel fine di stabilire se in base a detta direttiva possa o non ritenersi legittima la riscossione da parte della nostra Amministrazione finanziaria di somme corrispondenti al costo effettivo dei controlli sanitari ese guiti su prodotti importati da paesi terzi; ed ha pertanto osservato che in tale ipotesi il contrasto con le norme comunitarie riguarderebbe solo le importazioni intracomunitarie e non quelle provenienti da paesi terzi . L'obiezione non pu essere accolta per i seguenti motivi: a) a norma dell'art. 189, terzo comma, del trattato di Roma le diret tive, a differenza dai regolamenti comunitari, non hanno, di regola, efficacia normativa diretta, in quanto si rivolgono generalmente agli Stati, ai quali richiedono l'adozione, entro certi termini, di provvedimenti legislativi, regolamentari o amministrativi, per il conseguimento di determinati obiettivi comuni. Esse non possono, pertanto, giustificare, n sanare con effetto retroattivo eventuali norme di diritto interno preesistenti, incompatibili con i regolamenti comunitari. Nella specie, la direttiva n. 462 del 1972 stabilisce al riguardQ che gli Stati membri sono tenuti ad attuarne le diverse disposizioni in pi tempi, per il 1 ottobre 1973, per il 1 gennaio 1976, e per il 1 gennaio 1977 (art. 32); b) La direttiva 12 dicembre 1972, n. 462, relativa a problemi sanitari e di polizia sanitaria all'importazione di animali delle specie bovina e suiru.tqe'rid.i carni fresche in provenienza dai paesi terzi, prevede una minuziosa disciplina di autorizzazioni e divieti di importazone da parte degli StaltiiLmembri, sulla base di certificati di sanit rilasciati da veterinari uffiicia-li dei paesi terzi speditori (artt. 11 e 22), e di ulteriori controlli sanitari degli animali e delle carni al loro ingresso nel territorio della Comunit (artt. 12 e 23-24). A parte l'ovvio rilievo che trattasi d'un regime speciale, comunque non applicabile alle importazioni di latte o prodotti lattiero-caseari, non occorre sottolineare la differenza tra il regime di controlli previsto da questa direttiva (e quello previsto, con disposizioni diverse, dalla parallela direttiva 12 dicembre 1972, n. 461, relativa a problemi di polizia sanitaria in materia di scambi intracomunitari di carni fresche), e il sistema dei diritti fissi di visita imposti dalla legge italiana in misura corrispondente al numero dei capi o al quantitativo dei prodotti, e non limitati soltanto al rimborso delle spese effettive di PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE controllo; diritti che sono inoltre richiesti, per una parte delle voci tariffarie -tra cui proprio il latte e i prodotti derivati -soltanto per l'iinportazione, e non invece per l'esportazione. Come gli altri Stati membri, anche l'Italia potr ovviamente emanare provvedimenti di attuazione delle due direttive del 1972, uniformandosi a quanto dalle medesime prescritto. Del resto, gi il regolamento n. 805/1968 prevedeva per le importazioni di carni l'eventualit della applicazione di misure di carattere sanitario, da adottarsi per mediante deliberazioni comunitarie, secondo la procedura di cui all'art. 43, n. 2 del trattato di Roma. L'inconsistenza delle eccezioni sollevate dall'Avvocatura dello Stato dimostrata dalle disposizioni della recentissima legge 14 novembre 1977, n. 899 (Gazzetta Ufficiale 12 dicembre 1977, n. 337), con le quali i diritti fissi di visita sanitaria di cui alla tabella annessa alla legge n. 1239 del 1970 sono stati soppressi e dichiarati non dovuti sui prodotti soggetti ad organizzazione comune dei mercati agricoli, nonch sugli altri prodotti indicati nella tabella stessa, in importazione ed esportazione interessanti il territorio di uno degli Stati membri della Comunit economica europea, ovvero dei Paesi associati (art. 1); e sono stateal tempo stesso abrogate tutte le disposizioni che esentano i prodotti sopra indicati dal pagamento dei diritti di visita sanitaria all'interno del territorio nazionale (art. 2). Giova qui ricordare che il legislator nazionale ha non solo abrogato le norme contrastanti con il diritto comunitario, ma ha altres istituito fonri per il finanziamento dei regolamenti comunitari direttamente applicabili nell'ordinamento interno (legge 3 ottobre 1877, n. 863); e d'altra parte ha impegnato anche le Regioni all'applicazione dei regolamenti del la CEE nonch all'attuazione delle sue direttive , sotto il controllo e po tere d'intervento sostitutivo del Governo n~l caso di inadempiinento agli obblighi comunitari (legge 22 luglio 1975, n. 382 e d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616). La pubblicazione della citata legge 14 novembre 1977, n. 889, le cui disposizioni valgono solo per l'avvenire, ovviamente non esonera questa Corte dal pronunciarsi sulla questione di costituzionalit sollevata dalle ordinanze di rimessione, rilevante ai fini delle decisioni dei giudici di merito sui rapporti pregressi. Preso atto delle motivazioni che giustificano, in conformit ai principi e fini fondamentali dell'ordinamento comunitario, la interpretazione data dalla Corte di giustizia delle Comunit, nell'ambito della propria competenza esclusiva sancita dall'art. 177 del trattato di Roma, alle disposizioni dell'art. 12 del regolamento n. 14/1964 e degli artt. 20, n. 2 e 22 del regolamento n. 805/1968 (interpretazione che deve riconoscersi sicuramente estensibile alle identiche disposizioni dell'art. 12 del regolamento n. 13/1964 e degli artt. 19, n. 2 e 22 del regolamento n. 804/1968), questa Corte ritiene di aderire, anche in base alle considerazioni gi esposte, alla RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO interpretazione data dalle ordinanze di rimessione alle denunciate norme legislative italiane sulla imposizione dei diritti di visita sanitaria, le quali rivelano, con chiara evidenza, per il loro contenuto ob!ettivo e per le caratteristiche e modalit di applicazione di quei diritti fissi, il palese ed incontestabile contrasto con il tassativo divieto di riscossione di qualsiasi tassa di effetto equivalente a dazio doganale, disposto dai regolamenti comunitari sopraindicati. forse superfluo avvertire che non viene qui in discussione il potere dei singoli Stati di attuare provvedimenti di controllo sanitario per ragioni di tutela della pubblica salute; ma questo potere, per gli Stati membri della Comunit economica europea, deve essere esercitato in forme che non confliggano con i principi dell'unione doganale e non costituiscano ostaco'lo alla libera circolazione delle merci nell'ambito del mercato comune. Ci posto, non occorre ricordare qui i principi gi enunciati da questa Corte circa il regime dei rapporti tra ordinamento comunitario e ordinamento interno, e in specie circa la piena efficacia obbligatoria e diretta applicabilit dei regolamenti comunitari, i quali prevalgono sulle norme incompatibili con essi, previgenti nei diversi Stati membri, e debbono -semprech abbiano completezza di contenuto dispositivo -entrare contemporaneamente in vigore in tutti gli Stati, come fonte immediata di diritti ed obblighi sia per gli Stati sia per i loro cittadini in quanto soggetti delle Comunit, ricevendo ovunque applicazione uguale ed uniforme nei confronti della generalit dei destinatari (cfr. le sentenze n. 183/1973; n. 232/1975; n. 205/1976). In conformit a questi principi, che la Corte conferma, si deve riconoscere che le citate disposizioni dei regolamenti del Consiglio CEE 5 febbraio 1964, nn. 13 e 14, e 27 giugno 1968, nn. 804 e 805, hanno rispettivamente determinato l'implicita abrogazione delle anteriori disposizioni, con esse incompatibili e confliggenti, dell'art. 32, quarto comma, del t.u. delle leggi sanitarie approvato con r.d. 27 luglio 1934, n. 1265, e della annessa tabella, come modificata con d.l.gs.vo. del Capo provvisorio dello Stato 27 settembre 1947, n. 1099, nonch della legge 23 gennaio 1968, n. 30, che saranno pertanto disapplicate dal giudice a quo, senza che qui occorra dichiararne l'illegittimit costituzionale. Deve invece pronunciarsi, in base ai principi enunciati nella sentenza n. 232 del 1975, la incostituzionalit, in riferimento all'art. 11 Cost., della successiva legge 30 dicembre 1970, n. 1239 , emanata in contrasto con le disposizioni degli artt. 19, nn. 2 e 22 del regolamento n. 804/1968, nonch con i principi sanciti dagli artt. 9, 12, 13 e 94 del trattato di Roma, limitatamente alla parte in cui prevista l'applicazione dei diritti di visita sanitaria per le importazioni o esportazioni disciplinate da detto regolamento del Consiglio C.E.E. ( Omissis). PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, 29 dicembre 1977, n. 165 (ordinanza) -Pres. Rossi -Rel. Maccarone -Istituto agrario Bonafons (avv. Sandulli) e numerosi altri. Espropriazione per pubblica utilit -Determinazione dell'indennit di espropriazione -Sopravvenienza della legge Bucalossi -Restituzione degli atti ai giudici a quibus . (cost., artt. 3 e 42; legge 22 ottobre 1971 n. 865, artt. 16, 17 e 20). In conseguenza dell'entrata in vigore della legge 28 gennaio 1977, n. 10, si rende necessario restituire ai giudici a quibus gli atti dei giudizi relativi alla legittimit costituzionale degli artt. 16 e segg. della legge 22 ot tobre 1971, n. 865. (Omissis). -Ritenuto che con le ordinanze in epigrafe sono state sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 42 Cost., questioni di legittimit costituzionale degli artt. 16, 17 e 20 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 (recante norme sull'edilizia residenziale pubblica), i quali dettano i criteri e le modalit di determinazione dell'indennit per le espropriazioni e le occupazioni d'urgenza autorizzate ai sensi della predetta legge n. 865 del 1971; che tutte le ordinanze sono state emesse nel corso di giudizi aventi ad oggetto la determinazione dell'indennit di occupazione o di esproprio; considerato che nel corso del presente giudizio di legittimit costituzionale entrata in vigore la legge 28 gennaio 1977, n. 10 (recante norme per l'edificabilit dei suoli), il cui art. 14 ha sostituito, con un nuovo testo, quello delle disposizioni denunciate, introducendo nuovi criteri per la determinazione dell'indennit di esproprio o di occupazione, applicabili ai giudizi in corso ove la misura della indennit non sia stata definitivamente determinata (art. 19); che, pertanto, si rende necessario restituire gli atti ai giudici a quibus perch accertino, alla stregua della nuova situazione normativa determinatasi in conseguenza dell'entrata in vigore della legge 28 gen naio 1977, n. 10, se le questioni sollevate siano tuttora rilevanti. SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE, 5 ottobre 1977, nella causa 5/77 -Pres. Kutscher -Rel. Mertens de Wilmars -Avv. Gen. Mayras - Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Pretore di Lodi nella causa tra Carlo Tedeschi c. s.r.l. Denkavit Commerciale (avv. Ubertazzi e Capelli). Interv.: Governo del Regno Unito (ag. Godwin), Governo italiano (ag. Maresca, avv. Stato Braguglia), Commissione delle Comunit_ europee (ag. Marenco), Consiglio delle Comunit europee (ag. Sacchettini). Comunit europee Ravvicinamento delle legislazioni in materia agricola Alimenti per animali -Sostanze e prodotti indesiderabili Poteri residui degli Stati membri. (direttiva del Consiglio 17 dicembre 1973, n. 74/63). Comunit europee Ravvicinamento delle legislazioni in materia agricola Alimenti per animali Potere degli Stati membri di considerare provvisoriamente indesiderabile una sostanza o di fissarne la quantit massima. (direttiva del Consiglio 17 dicembre 1973, n. 74/63). Comunit europee Ravvicinamento delle legislazioni in materia agricola Alb.enti per animali Sostanze e prodotti indesiderabili Potere degli Stati membri di vietare lo smercio e l'importazione. (trattato CEE, artt\ 30 e 36; direttiva del Consiglio 17 dicembre 1973, n. 74/63, art. 5)., Comunit europee Ravvicinamento delle legislazioni in materia agricola Alimenti per animali Direttiva sostanze indesiderabili Clausola di salvaguardia Validit. (direttiva del Consiglio 17 dicembre 1973, n. 74/63, art. 5). Anche dopo l'entrata in vigore della direttiva d'armonizzazione n. 74/63, gli Stati membri hanno, nell'ambito dell'art. 5 della suddetta direttiva e nel rispetto delle condizioni sostanziali e formali che essa precisa, il potere di considerare provvisoriamente come indesiderabili talune sostanze che, pur essendo note al momento dell'adozione della direttiva, non figurano nell'elenco ad essa allegato, purch i provvedimenti adottati si applichino nello stesso modo ai prodotti indigeni ed a quelN importati dagli altri Stati membri (1). (1-4) Additivi e sostanze indesiderabili negli alimenti per animali. Uno degli aspetti pi importanti nella sentenza in rassegna, che non appare dal dispositivo, quello della identificazione delle nozioni, nella materia PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 59 Fatto salvo il divieto di trattare i prodotti importati in modo diverso dai prodotti indigeni, l'art. 5 della direttiva n. 74/63 autorizza uno Stato membro a fissare, a titolo di provvedimento provvisorio, la ,quantit massima consentita d'una sostanza contenuta nei mangimi d'importazione a base di latte in polvere, anche se, in passato, nessuna quantit massima era mai stata fissata n nello Stato membro esportatore n nello Stato meml!ro importatore (2). L'art. 5 della direttiva n. 74/63 consente ad uno Stato membro di vietare lo smercio dei prodotti che siano risultati violare il provvedimento nazionale provvisorio che lo Stato stesso autorizzato ad adottare. Per i prodotti provenienti dagli altri Stati membri questo divieto di smercio pu assumere l'aspetto di un divieto d'importazione (3). Dall'esame della quarta questione non sono emersi elementi atti a porre in dubbio la validit dell'art. 5 della direttiva n. 74/63 (4). (Omissis). -Con ordinanza 17 dicembre 1976, pervenuta in cancelleria 1'11 gennaio 1977, il Pretore di Lodi ha sottoposto alla Corte diverse questioni pregiudiziali concernenti, da un lato, l'interpretazione della direttiva del Consiglio 17 dicembre 1973, n. 74/63/CEE, relativa alla fissazione di quantit massime per le sostanze e i prodotti indesiderabili negli alimenti per gli animali (G.U. 11 febbraio 1974, n. L 38), ed in particolare del suo art. 5, e, dall'altro, la validit del suddetto art. 5. considerata, di additivi e di sostanze e prodotti indesiderabili. Quindi, delle rispettive sfere di applicazione della direttiva additivi (23 novembre 1970, n. 524, GUCE 14 dicembre ,1970, n. L 270) e di quella sostanze indesiderabili (17 dicembre 1973, n. 74/63, GUCE 11 febbraio .1974, n. L 38). Tale questione non era stata sottoposta alla Corte da parte del giudice a quo; tuttavia, nelle osservazioni scdtte, il Governo italiano aveva dedotto che il provvedimento contenente H divieto di importazione, per i prodotti e nei limiti indicati in sentenza, era stato adottato non in base alla clausola di salvaguardia contenuta nella direttiva sostanze indesiderabili, bens in conformit alla ddrettiva additivi la quale non prevedeva come additivo consentito (e quindi lo vietava) il nitrato di potassio. Malgrado la riluttanza della Corte, altre volte manifestata, a pronunciarsi su questioni non espressamente ad essa sottoposte, l'importanza del problema sollevato da parte del Governo italiano ha indotto la Corte medesima a prendere posi:zfone su tale problema; che tuttavda, sia nei suoi termini generali che con riferimento al caso di specie, stato rislto in modo da non fugare del tutto dubbi e perplessit. Per tale ragione, pare opportuno riprodurre qui di seguito la parte di difesa orale svolta, sul punto, nell'interesse del Governo italiano. (Omissis). -Sembra innegabile che la direttiva sostanze indesiderabili, alla quale si riferiscono i quesiti posti dal Pretore di Lodi, riguardi esclusivamente le sostanze ed i prodotti che si rinvengono naturalmente o inevitabilmente neglri aldmenti per animali. Questa affermazione avvalorata in primo luogo dal considerando 3 e 4 della direttiva, dai quali si evince chiaramente che la sfera di applicazfone della RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 60 Le questioni sono state sollevate nell'ambito d'una causa vertente sull'inadempimento d'un contratto di fornitura di mangimi a base di latte in polvere: la convenuta in tale causa sostiene, per giustificare la mancata consegna, che la merce fu illegalmente bloccata alla frontiera dalle autorit sanitarie italiane a causa del suo tenore in nitrato di potassio, superiore a quello consentito dalle suddette autorit. Il provvedimento di cui trattasi fu adottato sulla base d'un biglietto urgente del 7 settembre 1976 inviato dal Ministero italiano della Sanit agli uffici veterinari di confine, dei porti, degli aeroporti, nonch agli uffici veterinari provinciali, per vietare l'importazione di mangimi a base di latte in polvere quando il tenore in nitrati dei suddetti alimenti superasse 30 parti per milione nei latti interi e magri in polvere ovvero SO parti per milione nel siero di latte in polvere. Secondo la convenuta e le intervenienti nella causa principale, i provvedimenti italiani sono incompatibili con la direttiva n. 74/63. Come risulta dal suo quarto considerando, tale direttiva, tenuto conto dell'impossibilit di escludere totalmente la presenza di certe sostanze o prodotti indesiderabili negli alimenti per animali, ha per oggetto di ridurne almeno la quantit in modo da impedire che essi nuocciano alla salute animale, o per la loro presenza nei prodotti animali, alla salute umana. direttiva sostanze indesiderabili rivolta verso quelle sostanze che sono contenute negli alimenti per animali e che possono nuocere a questi od all'uomn. Nel 3 considerando, quindi, si parla di sostanze contenute : contenute naturalmente o per processo inevitabile, non gi aggiiunte dall'uomo agli alimenti :per animali. Ma ci non tutto. Nel 4 considerando si prende atto che, ai livelli attuali della scienza, impossibile escludere totalmnte la presenza delle sostanze indesiderabild. A contrario, questa motivazione significa che, se la scienza e la tecnica lo consentissero, le sostanze indicate dalla direttiva dovrebbero essere completamente eliminate dagli alimenti. Ed infatti, la parte finale dello stesso 4 considerando si arrende esclusivamente di fronte al suddetto Limite tecnico e scienti.fico. ~ impossibile fissare detta quantit al di sotto del limite di sensibilit dei metodi di analisi afferma la parte finale del 4 considerando: e cio, se un giorno la sensibilit dei metodi di analisi venisse migliorata, lo spiri.to della direttiva dovrebbe condurre alla eliminazione o alla riduzione della quantit di quelle sostanze dndesiderabili che possano essere eliminate o ridotte e controllate con i migliorati metodi di analisi. Un'ulteriore conferma di questa tesi si ha esaminando l'elenco delle so: stanze e dei prodotti indesiderabdli, allegato alla direttiva. Sono tutte sostanze o prodotti contenuti naturalmente negli alimenti, tranne il piombo, che rappresenta una sostanza indesiderabile ineV'itabdle perch deriva da contaminazione ambientale, dai ,tubi di scarico. Ed proprio la presenza del piombo nell'allegato alla di11ettiva che ha indotto gli autori di questa a non usare il termine natura1i , aggiunto all'espressione sostanze e prodotti indesiderabili. Ci non intacca, tuttavia, la tesi del Governo italiano secondo il quale la direttiva 74/63 concerne soltanto sostanze o prodotti contenuti naturalmente od inevitabilmente negli alimenti per animali. 61 PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE A norma dell'art. 3 della direttiva, gli Stati membri prescrivono che le sostanze e i prodotti elencati nell'allegato sono tollerati negli alimenti per gli animali soltanto alle condizioni previste in tale allegato, vale a dire al di sotto d'una certa quantit massima. L'art. 7 recita: Gli Stati membri provvedono affinch gli alimenti per gli animali conformi alla presente direttiva non vengano sottoposti ad altre restrizioni in materia di commercializzazione per quanto riguarda la presenza di sostanze e di prodotti indesiderabili . Nell'art. 5, n. l, si legge tuttavia quanto segue: Qualora uno Stato membro ritenga che una quantit massima fissata nell'allegato o una sostanza o un prodotto non menzionato nell'allegato presenti un pericolo per la salute degli animali o per quella umana, tale Stato membro pu provvisoriamente ridurre tale quantit, fissare una quantit massima o vietare la presenza della sostanza o del prodotto negli alimenti per gli animali. Lo Stato membro comunica senza indugio agli altri Stati membri e alla Commissione le misure adottate accompagnate da debita motivazione . Il n. 2 dello stesso art. 5 dispone che, in caso d'adozione del provvedimento provvisorio di cui al n. 1 da parte d'uno Stato membro, venga Ben diversa dnvece la sfera di applicazione della direttiva 70/524. Essa abbraccia, in astratto, tutte le sostan:lle che possono venire artificialmente aggiunte agli alimenti per animali; considera pi in partiicolare gli additivi che hanno un effetto favorevole sulle caratteriistiche degli alimenti, che non hanno effetti sfavorevoli sulla salute andmale ed umana, che non recano pregiudizio al consumatore deii prodotti animali; ed ammette infine che soltanto gli additivi aventi tali requisiti possono essere aggiunti agli alimenti per animali. Sembra di tutta evidenza che l'ammissione, da parte della direttiva 70/524, soltanto degli additivi aventi certe caratteristiche favorevoli o non nocive, comporti necessariamente l'esclusione, da parte della direttiva medesima, del l'aggiunta di sostanze diverse che, ad esempio, pur avendo un effetto favorevole sulle caratteristiche degli alimenti, sono nocive, in s o a certd liveUi, alla salute animale e umana. E sembra anche evidente che l'esclusione disposta dalla direttiva 70/524 debba riferirsi anche all'aggiunta di quelle sostanze che sono nocive senza possedere alcun effetto favorevole. Insomma, a tutte le sostanze che non sono egpressamente indicate nella direttiva stessa e nelle sue successive modificazioni. Da quanto esposto risulta anche la distinzione che intercorre tra sostanze e prodotti indesiderabili, da un lato, e additiw, dall'altro. L'elemento distintivo principale il fatto che le sostanze indesiderabili sono contenute naturalmente od inevitabilmente negli alimenti e, se fosse tecnicamente possibile, bisognerebbe eliminarle totalmente o, ridurle al minimo. Gli additdvii sono sostanze aggiunte dalla mano dell'uomo: talvolta con effetti favorevoli e non nocivi, talaltra con effettii favorevoli ma nocivi. Queste ultime sostanze, cio gli additivi, non rientrano nella disciplina della direttiva 74/63, ma o sono ammessi o sono esclusi dalla direttiva 70/524. Ma in base a quali criteri pu esser fatta tale distinzione per ci che concerne la sostanza in questione, cio il nitrato di potassio? RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO immediatamente deciso, secondo la procedura prevista dall'art. 10, se l'allegato debba essere modificato. Il citato n. 2 aggiunge: Fino a quando il Consiglio o la Commissione non adottino alcuna decisione, lo Stato membro pu mantenere le misure da esso poste in applicazione >>. Risulta dal fascicolo processuale che, gi il 27 luglio 1976, le autorit italiane avevano attirato l'attenzione della Commissione sulla presenza di nitrato di potassio in proporzioni varianti da 40 a 4000 parti per milione (milligrammi per chilogrammo), residui della preparazione di determinati tipi di formaggi, in talune partite di siero di latte provenienti dalla Francia, dai Paesi Bassi e dalla Germania federale e chiesto che fosse esaminato il problema dell'armonizzazione delle legislazioni nazionali con riferimento alla presenza della suddetta. sostanza '" Dopo aver deciso, mediante comunicazione urgente del 5 agosto 1976, di intensificare le ana:lisi di laboratorio sulle partite importate di siero di latte e di mangimi miscelati contenenti siero di latte e dopo aver fissato, in un primo momento, il tenore massimo in nitrati ad una parte per milione, le autorit italiane adottavano il 7 settembre 1976 il provvedimento controverso. Pare che la risposta non possa che venire dall'espenienza scientifica. Se si stabilisce, sul piano scientifiico, che nel latte in polvere o nel siero di latte in polvere, non importa se destinato all'alimenta2Jione animale od umana, la presenza naturale od inevitabile del mtrato di potassio non supera una certa quantit, sar conseguente concludere che il nitrato di ;potassio rinvenuto in quantit superiori non pu che essere stato aggiunto artificialmente; non pu che essere un additivo. A questo proposito opportuno sottolineare che -secondo l'esperienza scientifica italiana -il nitrato di potassio, pur essendo nocivo a determinati livelli sia per gli animali che per l'uomo, presenta un aspetto favorevole ~r i prodotti in cui incorporato. Trattasi della sua funzione conservatrice, s'.Pecialmente per i prodotti dell'industria lattiero-casearia, funzione che deriva dal potere dei nitrati di impedire la proliferazione microbica nel latte e nei latticini. E S1 pu cos rispondere alla seconda domanda posta dalla Corte: da dove provengono i quantitativi di nitrato di potassio riscontrati nella polvere di latte e nel siero di latte in polvere? Nella polvere di latte, fino ad un determinato livello (gli esperti i.talii.ani Io hanno stabilito in 30 parti per milione), i nitrati di potassio ;possono ritenersi come contenuto naturale, tenuto anche conto delle dovute tolleranze. Se sii. riscontra un livello superiore, o stato aggiunto siero di latte !in polvere alla polvere di latte -e saremmo in presenza di. una frode commerciale oppure sono stati aggiunti i nitrati di potassio, come agenti conservativi, al latte liquido prima dell'essic~one. Non sar !inutile precisare al riguardo che la presenza naturale di nitrati nel latte fresco non supera mai le 2 parti per milione e che in tutti i paesi membri non consentiita l'aggiunta di nitrati al latte fresco, che venga desti nato al consumo alimentare sia umano che zootecnico. Soltanto alcuni paesi membni consentono l'aggiunta di nitrati al latte, ma solo ai fini della caseifi 63 PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE In seguito ad uno scambio di nGte svoltosi nei mesi d'agosto e di settembre fra le autorit comunitarie e quelle italiane, queste ultime facevano pervenire alla Commissione, in data 7 ottobre 1976, una documentazione tossicologica intesa come motivazione ai sensi dell'art. 5, n. 1 della direttiva. Il Governo italiano contesta la rilevanza delle questioni in esame ai fini delle definizioni della causa principale, osservando che il provvedimento controverso non stato adottato in base all'art. 5 della direttiva n. 74/63, bens in conformit alla direttiva del Consiglio 23 novembre 1970, n. 70/524, relativa agli additivi negli alimenti per gli animali (G.U. 14 dicembre 1970, n. L 270, pag. 1). La distinzione fra le sfere d'applicazione delle due direttive importante perch ogni smercio di alimenti contenenti additivi non autorizzati assolutamente vietato, mentre, in relazione alle sostanze indesiderabili, il divieto di smercio concerne, salvo applicazione dell'art. 5 e della procedura di cui all'art. 10, soltanto gli alimenti contenenti le sostanze indesiderabili espressamente elencate nell'allegato della direttiva. Ove il nitrato di potassio, di cui s' constatata la presenza nei mangimi importati, dovesse essere considerato come un additivo non autorizzato, ne conseguirebbe che il divieto italiano sarebbe senz'altro giustificato ed cazione. I nitrati, in questo caso, sono ag~iunti al momento della lavorazione casearia. Se alla polvere di latte si aggiunge, in frode, il siero di latte proveniente dalla caseificazione trattata con i nitrati, questi necessariamente si ritrovano, ed in rilevanti quantit, nella polvere di latte. E non sembra che a questo proposito si possa introdurre una fondata distinzione tra 11 nitrato aggiunto iin fase di caseificazione ed il nitrato residuo nel siero di latte. Il nitrato continua ad essere un additivo e comunque non pu essere considerato una sostanza presente naturalmente o inevitabilmente nella polvere di latte alla quale stato aggiunto il siero. Analogo diiscorso va fatto per stabilire la provenienza del nitrato di potassio nel siero di latte in polvere. In tale alimento, la presenza naturale del nitrato di potassio non supera, secondo le esperienze scientifiche italiane, le 50 parti per milione, comprese le tolleranze. Se si riscontra una quantit supeI1i. ore o v' stata un'aggiunta di nitrati, come agente conservativo, al latte fresco, o il siero di latte residuo di caseificazione con aggiunta di nitrati. Anche se il nitrato di potassio continua ad avere un suo effetto come agente conservativo, non risulta un suo scopo specilico nell'aggdunta del nitrato stesso al latte in polvere od al siero di latte in polvere per alimentazione animale. L'aggiunta, fraudolenta o comunque dannosa, avviene ad uno stadio precedente. Come aggiunta di nitrati al latte fresco, ovvero come aggiunta, alla polvere di latte, di siero proveniente da una caseificazione trattata con nitrati di potassio. In ogni caso, da escludere che il nitrato di potassio possa considerarsi naturalmente presente nei mangimi a base di latte, in quantit superiori a quelle scientificamente stabilite. E ci, bene precisarlo, a prescindere dal fatto che H suddetto additivo sia dannoso o meno. -(Omissis). Sulla base delle trascritte osservazioni, la soluzione adottata dalla Corte, che :pur doveva trovare una linea netta di demarcazione tra le rispettive sfere 64 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO inoltre che ad esso non avrebbe dovuto far seguito la procedura prevista dall'art. 10 della direttiva n. 74/63 per stabilire se si dovesse o meno completare l'elenco delle sostanze indesiderabili. L'art. 177, fondato sulla netta separazione tra le funzioni dei giudici nazionali e quelle della Corte, non consente a quest'ultima di pronunziarsi sui fatti di causa, n di sindacare la motivazione della domanda d'interpretazione. Di conseguenza, quando un giudice nazionale chiede l'interpretazione di un testo di diritto comunitario, si deve ritenere che esso consideri l'interpretazione come necessaria per la risoluzione della controversia. La Corte non pu dunque esigere d1e il giudice nazionale dichiari espressamente applicabile il testo la cui interpretazione gli pare necessaria. La Corte pu tuttavia fornire al giudice nazionale gli elementi di interpretazione propri del diritto comunitario che potranno guidarlo nella valutazione degli effetti della norrria cui si riferiscono le questioni sottopostele. Nella direttiva n. 74/63 (sostanze indesiderabili) precisato che essa si applica fatte salve le disposizioni relative, in particolare, agli additivi nell'alimentazione degli animali. Occorre quindi, per interpretarla utilmente, definirne la sfera d'applicazione rispetto a quella della direttiva n. 70/524 (additivi). I di applicazione delle due direttive, non pu non lasciare perplessi. Non si riesce invero a scorgeve la ragione di fondo per la quale una sostanza, intenzionalmente aggiunta in una certa fase di lavorazione di un prodotto (quindi un additivo), debba in prosieguo mutar natura e diventare un residuo necessariamente presente nell'alimento, fuor di dubbio che l'additivo impiegato nella lavorazione si ritrovi poi come residuo, necessariamente presente, ad esempio, nel siero di latte. Ma pare altrettanto certo che chi impiega tale siero di latte come componente di altro prodotto (ad esempio, mangime per animali), non ignora la sua :Provenienza e quindi la presenza, in esso, dell'additivo non consentito. Si tratta dunque, pur sempre, di un'aggiunta intenzionale e non dovrebbe aver rilievo il fatto che invece di aggiungere l'additivo vietato (nella specie: il nitrato di potassio), venga aggiunto o meglio adoperato, come componente, un prodotto (nella specie: siero di latte) che tale additivo contiene. La questione, come la stessa Corte ha sottolineato, riveste un grande rilievo pratico giacch mentre la direttiva additivi vieta il commercio di alimenti contenenti additivi non autovizzati, la direttiva sostanze indesiderabili (salva la clausola di salvaguardia) lo vieta soltanto per gli alimenti contenenti prodotti espressamente elencati nella direttiva medesima. Di conseguenza, una volta escluso il rigido criterio di deLimitazione dell'ambito delle due direttive proposto dal Governo italiano, pare necessario un maggior coordinamento tra le direttive stesse al fine di evitare che l'aggiunta di una sostanza, vietata .come additivo, risuHi invece ammessa quale residuo di precedenti ~avo razioni. Ivo M. BRAGUGLIA PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE In base all'art. 2 della direttiva n. 70/524 sono considerate come ad ditivi le sostanze che, incorporate negli alimenti per animali, possono influire sulle caratteristiche di questi o sulla produzione animale. Il quinto considerando della stessa direttiva precisa che per additivi si intendono, in linea generale, le sostanze aventi effetto favorevole sugli alimenti nei quali sono incorporate, nonch sulla produzion ani male. Bench la direttiva n. 74/63 non definisca la nozione di sostanze e prodotti indesiderabili , i suoi terzo e quarto considerando precisano tuttavia che si tratta di prodotti o sostanze indesiderabi1'i che gli alimenti per gli animali contengono sovente e di cui impossibile esclu dere totalmente la presenza . Risulta dal fascicolo processuale e dalle osservazioni svolte dalle parti in udienza che la presenza, nei.mangimi importati, di nitrato di potassio in misura superiore alle quantit massime fissate dal Governo italiano deriva dalla mescolanza del latte scremato in polvere con una dose di siero di latte, sottoprodotto della preparazione del formaggio, durante la quale il nitrato adoperato per garantire la conservazione del prodotto. Il Governo italiano ritiene che il nitrato aggiunto nel corso del processo di caseificazione continui, nelle fasi ulteriori di impiego del siero di latte, ad essere un additivo e non possa venir considerato come una sostanza presente naturalmente o necessariamente negli alimenti per animali cui stato aggiunto il siero di latte. Al contrario, la convenuta nella causa principale e la Commissione osservano che il nitrato, non essendo stato aggiunto intenzionalmente ai mangimi a base di latte in polvere, ma trovandovisi gi come residuo d'una fase anteriore della produzione del latte in polvere e del formaggio, non pu essere considerato un additivo. Dal confronto dei considerando sopra menzionati s'ev\nce che le direttiva n. 70/524 (additivi) e n. 74/63 (sostanze indesiderabili), pur concernendo entrambe la composizione dei mangimi, distinguono, per quanto riguarda la loro rispettiva sfera d'applicazione, tra certe sostanze intenzionalmente aggiunte ai predetti alimenti per influenzarne favorevolmente le caratteristiche e le sostanze indesiderabili inevitabilmente presenti in tali alimenti sia allo stato natural sia come residui delle lavorazioni subite in precedenza dagli alimenti stessi o dalle loro componenti. Cos stando le cose, non si pu considerare come additivo una sostanza che, a causa di un'aggiunta anteriore, indipendente dall'impiego ai fini dell'alimentazione animale, si trovi necessariamente presente in una delle componenti dell'alimento quale residuo della precedente fabbricazione d'un altro prodotto. L'accertamento della presenza d'una simile sostanza rientra nella sfera d'applicazione della direttiva n. 74/63 (sostanze indesiderabili) e non gi in quella della direttiva n. 70/524 (additivi). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEU.O STATO 66 Sulla prima questione Con la prima questione si domanda in sostanza se; nell'ambito della direttiva n. 74/63 ed in vista dell'eventuale ('l.pplicazione del provvedimento provvisorio contemplato nel suo art. 5, gli Stati membri abbiano ancora il potere di considerare come sostanze indesiderabili determinate sostanze (nella fattispecie: nitrati) che, pur essendo gi note e conosciute al momento dell'adozfone della direttiva n. 74/63 e della ricezione della medesima negli ordinamenti giuridici interni, sono state escluse dall'elenco delle sostanze indesiderabili allegato alla predetta direttiva. A norma dell'art. 1 g) del regolamento del Consiglio 27 giugno 1968, n. 804 (G.U. 28 giugno 1968, n. L 148), relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari, gli alimenti per animali a base di prodotti lattiero-caseari rientrano nella suddetta organizzazione di mercato e devono, in forza dell'art. 22 dello stesso regolamento, poter circolare liberamente fra gli Stati membri. I provvedimenti nazionali che regolano la composizione dei mangimi possono in taluni casi costituire misure d'effetto equivalente a restrizioni quantitative, suscettibili nondimeno, quando appaiono giustificate della tutela della salute animale od umana, di rientrare nella sfera d'applicazione dell'art. 36 del Trattato. L'art. 36 non ha tuttavia lo scopo di riservare talune materie alla com-. petenza esclusiva degli Stati membri, ma ammette che le norme interne deroghino al principio della libera circolazione, nella misura in cui ci sia e continui ad essere giustificato per il conseguimento degli obiettivi contemplati da questo articolo. Allorch, in applicazione dell'art. 100 del Trattato, direttive comuni tarle dispongono l'armonizzazione dei provvedimenti necessari per garantire la tutela della salute animale ed umana e approntano procedure comunitarie di controllo della loro osservanza, il ricorso all'art. 36 perde la sua giustificazione e i controlli appropriati vanno allora effettuati ed i provvedimenti di tutela adottati secondo lo schema tracciato dalla direitiva d'armonizzazione. Al fine d'armonizzare le disposizioni nazionali, stata emanata la direttiva n. 74/63 ed stata posta in essere una procedura comunitaria di controllo. Nell'ambito della realizzata armonizzazione, l'art. 5 consente tuttavia agli Stati membri di impedire, a titolo provvisorio, lo smercio nel loro territorio di mangimi contenenti sostanze che potrebbero risultare inde siderabili per la salute degli animali e dell'uomo, pur non essendo men zionate negli allegati della direttiva. Bench gli artt. 6 e 9 della direttiva dispongano che l'elenco delle sostanze indesiderabili possa essere modificato, secondo una procedura comunitalia, in ragione dell'evoluzione delle conoscenze scientifiche e tee PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE niche, era tuttavia giustificato prevedere ugualmente un mezzo per rimediare ad una lacuna delle legislazioni armonizzate allorch sorge un pericolo che esiga un intervento immediato. L'eventualit presa in considerazione dall'art. 5 comprende l'ipotesi in cui sostanze anteriormente considerate innocue risultino non essere tali, specie quando essendo state considerate in precedenza innocue perch presenti in quantit trascurabili, esse appaiano invece presenti, in altri miscugli alimentari o in miscugli diversamente dosati, in una proporzione suscettibile di renderle indesiderabili. La prima questione va dunque risolta nel senso che, anche dopo l'entrata in vigore della direttiva d'armonizzazione n. 74/63, gli Stati membri hanno, nell'ambito dell'art. 5 della direttiva e nel rispetto delle condizioni sostanziali e formali che la direttiva precisa, il potere di considerare provvisoriamente come indesiderabili talune sostanze che, pur essendo note al momento dell'adozione della direttiva n. 74/63, non figurano nell'elenco ad essa allegato, purch i provvedimenti adottati s'applichino nello stesso modo ai prodotti indigeni ed a quelli importati dagli altri Stati membri. Sulla seconda questione Con la seconda questione si domanda in sostanza se l'art. 5 della direttiva n. 74/63 autorizzi uno Stato membro a fissare unilateralmente la quantit massima consentita d'una sostanza contenuta negli alimenti per gli animali a base di latte in polvere importati, anche se in passato .essuna quantit massima era mai stata fissata n nello Stato membro esportatore n nello Stato membro importatore. Fatto salvo il divieto di trattare i prodotti importati in modo diverso dai prodotti indigeni, le ragioni addotte per la soluzione della prima questione obbligano a risolvere in senso affermativo anche la seconda. In effetti, se certe sostanze non sono state ritenute indesiderabili in quanto, in uno stadio anteriore, determinati alimenti per animali palesavano una composizione nella quale erano presenti soltanto quantit trascurabili di tali sostanze, non si pu escludere che in altri miscugli diversi dette sostanze compaiano in proporzioni tali da potere, a causa della loro quantit, essere considerate indesiderabili. Sulla terza questione Con la terza questione si domanda in sostanza se l'art. 5 della diret tiva consenta ad uno Stato membro, che ne applichi il n. l, di bloccare l'importazione del prodotto di cui trattasi proveniente da un altro Stato membro. Nella misura in ci l'art. 5, n. 1, della direttiva n. 74/63 consente allo Stato membro interessato di fissare provvisoriamente, tanto per i prodotti 68 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO indigeni quanto per i prodotti importati, condizioni diverse da quelle contemplate nella stessa direttiva, deve essere altres possibile a questo Stato di vietare lo smercio di prodotti che siano risultati tali da violare il provvedimento nazionale provvisorio. Un simile divieto di smercio sul mercato nazionale pu, per quanto riguarda i prodotti provenienti dagli altri Stati membri, assumere l'aspetto d'un divieto d'importazione, dato che, ai fini dell'applicazione della direttiva, l'importazione pu essere assimilata alla prima messa in commercio nel territorio dello Stato membro. Il suctdetto divieto non pu tuttavia avere portata generale e deve riguardare unicamente le spedizioni di merci che, in seguito ad un controllo, anche solo per campione, risultino contenere sostanze considerate provvisoriamente come indesiderabili nell'ambito dell'art. 5 della direttiva. Sulla quarta questione Ove la Corte risolvesse in senso affermativo le prime tre questioni, si domanda ancora se l'art. 5 della direttiva n. 73/64 possa considerarsi valido in quanto amplia i poteri degli Stati membri oltre i limiti giustificati dall'art. 36 e consente loro, grazie all'ultimo comma dell'art. 10, di sottrarsi, senza limiti di tempo, alle disposizioni direttamente applicabili dell'art. 30 del Trattato, nonch a quelle concernenti l'organizzazione comune dei mercati agricoli. La direttiva, pur obbligando gli Stati membri ad emanare norme comuni per quanto riguarda la presenza di sostanze nocive o indesiderabili nei mangimi, lascia, in base all'art. 5, agli Stati un p'otere discrezionale d'apprezzamento per porre in essere provvedimenti supplementari provvisori relativi ad altre sostanze o alla proporzione delle sostanze elencate nel suo allegato. A norma dell'art. 5, n. 2, quando uno Stato membro ha provvisoriamente adottato un provvedimento del tipo indicato al n. l, si decide immediatamente, secondo la procedura prevista dall'art. 10 della direttiva, se l'allegato vada modificato. La convenuta nella causa principale sostiene, in appoggio alla propria tesi, che l'art. 5 della direttiva invalido e che la procedura contemplata dall'art. 10 potrebbe talvolta, in forza dell'ultimo comma del suddetto articolo, condurre ad una proroga senza limiti di tempo del provvedimento provvisorio. Il citato art. 10 dispone, al n. 4, che la decisione relativa alla modifica dell'allegato sia emanata vuoi dalla Commissione, su parere conforme del Comitato permanente degli alimenti per gli animali, vuoi dal Consiglio, su proposta della Commissione, qualora la Commissione non s'adegui al parere del Comitato o quest'ultimo non emetta alcun parere. 69 PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE Il n. 4 precisa successivamente che se il Consiglio non procede alla adozione di misure entro quindici giorni dalla data di presentazione della suddetta proposta, la Commissione adotta le misure proposte e ne assicura l'immediata applicazione, tranne nel caso in cui il Consiglio si sia pronunciato a maggioranza semplice contro dette misure . vero che l'ultimo comma dell'art. 10 impedisce alla Commissione di mettere in vigore la propria proposta non solo quando essa sia stata respinta dal Consiglio, ma addirittura quando, in tal caso, il Consiglio si astenga dal formulare una soluzione alternativa. La Commissione rimane tuttavia competente ad emanare, seguendo la procedura di cui al n. 4, 1 comma, ogni altro provvedimento che essa ritenga appropriato. L'ultimo comma dell'art. 10 non ha dunque per effetto di paralizzare la Commissione n di permettere una proroga di durata indefinita del provvedimento nazionale adottato a titolo provvisorio. Si deve dunque concludere che dall'esame della quarta questione non sono emersi elementi atti a porre in dubbio la validit dell'art. 5 della direttiva. -(Omissis). CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE, 28 febbraio 1978, nella causa 85/77 Pres. Kutscher Avv. gen. Reischl (conf.) Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal giudice istruttore del Tribunale di Roma nella causa soc. Sant'Anna Azienda Avicola (avv. Ubertazzi e Capelli) c. I.N.P.S. (avv. Giallombardo e Romoli) e S.C.A.U. - Interv.: Governo italiano (ag. Maresca e avv. Stato Marzano) e Commissione delle Comunit europee (ag. Prozzillo). Comunit europee Normativa comunitaria Definizione di azienda amcola rilevante ad ogni effetto Insussistenza. (trattato CEE, artt. 38 e segg. e ali. II; regolamenti del Consiglio 16 giugno 1966, n. 70 e 30 aprile 1976, n. 1035, regolamento della Commissione 29 giugno 1966, n. 91). Non possibile ricavare dal trattato C.E.E. o dal diritto comunitario derivato una definizione comunitaria generale ed uniforme di azienda agricola universalmente valida per l'intero settore delle disposizioni legislative e regolamentari concernenti la produzione agricola (1). (1) A commento delle questioni trattate nella causa di interpretazione pregiudiziale (non tutte esaminate dalla Corte di giustizia) si trasc!'ivono le osservazioni presentate per il Governo italiano a norma dell'art. 20 dello Statuto della Corte di giustizia. Sulla possibile irrilevanza delle definizioni comunitarie nelle ma terie di esclusiva competenza degli Stati membri delle Comunit europee: 1. -Le questioni proposte dal giudice nazionale sono dirette ad ottenere la competente interpretazione delle definizioni di azienda agricola contenute in talune norme del regolamento del Consiglio 14 giugno 1966, n. 70, e del 70 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -Con ordinanza 19 maggio 1977, pervenuta in cancelleria il 5 luglio 1977, il Tribunale civile di Roma ha chiesto alla Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato e.E.E., l'interpretazione dell'art. 38, nn. l, 3 e 4, del Trattato C.E.E., con riferimento all'allegato II del Trattato stesso, nonch di determinate disposizioni del regolamento (C.E.E.) del Consiglio 14 giugno 1966, n. 70 (G.U. n. 112, pag. 2065) e del regolamento (C.E.E.) della Commissione 29 giugno 1966, n. 91 (G.U. n.: 121, pag. 2249), ed ha formulato un certo numero di questioni concernenti la nozione comunitaria di .azienda agricola e le sue eventuali ripercussioni sugli ordinamenti giuridici degli Stati membri. Risulta dall'ordinanza di rinvio che la societ attrice nella causa principale, che pratica in Italia l'allevamento di pollame e di galline ovaiole, ha citato dinanzi al giudice nazionale l'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (l.N.P.S.) per fare accertare ch'essa ha diritto ad essere considerata, in relazione al versamento dei contributi previdenziali per la manodopera alle sue dipendenze, come un'impresa agricola e non gi come un'impresa industriale, ed a versare pertanto i summenzionati contributi regolamento della Commissione 29 giugno 1966, n. 91, e volte inoltre a conoscere, nella sostanza, e con vari quesiti proposti in via subordinata, se sia stata adottata una nozione comunitaria di azienda agricola e se tale nozione sia vincolante per gli Stati membri anche per quanto concerne, in . particolare, la normativa nazionale in tema di previdenza sociale .. I vari quesiti risultano proposti nell'ambito di una controversia nella quale si discute, per quanto pu desumersi dal provvedimento di rinVlio e dalle stesse deduzioni delle '.Parti in causa, se la parte attrice sia tenuta al pagamento dei contributi agricoli unifdcati (dovuti aI Servizio Contributi Agricoli Unificati) o soggetta all'ordinario regime di previdenza sociale (con contributi da corrispondere all'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale). 2. -Com' noto la Corte di giustizia, pur avendo in talune occasioni escluso di dover valutare la rilevanza effettiva delle questioilli proposte dai giudici nazionali, ha tuttavia sostanzialmente ridimensionato la portata di tale preclusione (consapevole delle pregiudfai.evoli conseguenze che ne possono derivare sul piano concreto) affermando la possibilit di fornire al giudice del rinvio, indipendentemente dai formali ed astratti quesiti proposti, indicazioni utili ad una corretta impostazione delle questioni da risolvere ai fini della decisione; e tale affermazione di principio, sintomatica della sensibilit della Corte di giustizia alla esigenza di agevolare una equa deiinizione delle singole e specifiche controversie, risulta a'ppunto intervenuta in fattispecie nelle quali non gli estremi degli astratti quesiti proposti ma proprio i concreti termini della vertenza di merito (stricto jure estranei alla fase di interpretazione pregiudiziale) hanno consentito alla Corte di giu'stiziia di avvertire la erronea imposta zione seguita dal giudice nazionale ai fini della decisione della causa di merito. Anche gli avvocati generali, del resto, hanno talora segnalato la opportunit di una valutazione, sia pure sommaria, della Corte di giustizia sulla effettiva rilevanza delle questioni proposte, quantomeno al fine di non dare seguito a quesiti la cui irrilevanza per la decisione da rendere nella causa principale risulti ictu oculi manifesta; n sono mancate occasioni, invero, in cui la stessa Corte di giustizia, come nella sentenza 3 febbraio ,1977, resa nella causa 52/76, I I I I I PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 71 unicamente al Servizio dei Contributi Agricoli Unificati (S.C.A.U.) sulla base delle aliquote in vigore per le imprese agricole, aliquote che sono, a quanto pare, meno elevate di quelle che valgono per le aziende industriali e che l'l.N.P.S. esige dall'attrice stessa. Occorre anzituttO prendere in esame la questione 1 b), con cui il giudice nazionale domanda se esista nel diritto comunitario una nozione comune di impresa agricola, ai fini di identificare le imprese di questo tipo, e, in caso di risposta affermativa, se gli Stati membri siano pertanto obbligati a far ricorso alle nozioni offerte dal Trattato e dai regolamenti succitati per identificare le imprese agricole, cui vanno applicati poi i principi stabiliti in sede comunitaria e quelli accolti dai rispettivi diritti nazionali anche in materia previdenziale. La soluzione negativa del primo punto di tale questione renderebbe infatti prive d'oggetto le altre questioni proposte alla Corte. L'art. 38, n. l, del Trattato C.E.E. afferma che il mercato comune comprende l'agricoltura e il commercio dei prodotti agricoli . Benedetti, ha dubitato della reale pertinenza delle questioni proposte dal giiudice nazionale, ed ha anzi espressamente escluso di "poter uHimente risolvere quesiti di interpretazione in mancanza di precisi dati di fatto relativi alla causa di merito pendente dinanzi al giudice del rinvio: dubbi e preclusioni che sarebbero in effetti incompatibili con un'astratta e teorica interpretazione della normativa comunitaria (se la Corte di giustizia, cio, fosse tenuta a risolvere ogni e qualsiasi quesito le venisse comunque rivolto da un giudice nazionale, fosse o no pertinente al thema decidendum e fosse o no iin concreto rilevante ai fini della decisione), e che dimostrano quindi quanto la Corte di giustizia sia invece sensibile ai concreti termini della singola specie in discussione ed alla esigenza di evi.tare che il ricorso all'art. 177 del trattato CEE, com' noto gJ sufficientemente strumentailizmto, possa in conareto iriso1ven<;i, come ebbe gii a suo tempo occasione di segnalare I'avv. gen. Gand, in decisioni sterilii. e prive di utili effetti nella causa pendente dinanzi al giudice nazionale. Gi in via di principio, inoltre, ogni astratta questione di interpretazione, cos come del resto qualsiasi questione giuridica, va riconosciuta mammissibile, per difetto di interesse, quando Ja sua soluzione risulti estranea o comunque non pertinente alla concreta pretesa dedotta in giudizio, essendo la funzione giurisdizionale strumentale rispetto al conseguimento di determinati risultati tutelatii dall'ordinamento, e non certo palestra per mere quanto astratte esercitazioni accademiche; e non potrebbe certo ammettersi che tale fondamentale principio, proprio e comune ad ogni girisdizione, possa ritenersi non rilevante proprio per la Corte di giustizia. 3. -A tali riHevi 'e considerazioni si ritenuto di dover accennare, in questa sede, per la particolare rilevanza che assumono nella fase di interpretazione pregiudiziale promossa con il provvedimento di rinvio sopra indicato. Non si comprende, invero, quale concreta 'portata possa riconoscersi, anzitutto, al quesito volto ad ottenere la interpretazione di talune norme del regolamento del Consiglio 14 giugno 1966, n. 70, e del regolamento della Commissione 29 giugno 1%6, n. 91, n quale dubbio sia ipotizzabile relativamente alle definizioni in tali norme contenute (con formulazioni che non consentono invero alcuna perplessit); cos come non si comprende come possa ipotizzarsi 7 72 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DEU.O STATO Sempre in base a tale articolo per prodotti agricoli si intendono i prodotti del suolo, dell'allevamento e della pesca, come pure i prodotti di prima trasformazione che sono in diretta connessione con tali prodotti , tutti elencati nell'allegato II del Trattato. L'art. 39, n. 2, del Trattato dispone che, nell'elaborazione della politica agricola comune e dei metodi speciali che questa pu implicare, si considerino specialmente il carattere particolare dell'attivit sociale dell'agricoltura e le disparit strutturali e naturali fra le diverse regioni agricole. Viceversa, poich il Trattato non contiene alcuna precisa definizione I dell'agricoltura, n tanto meno dell'azienda agricola, spetta alle istituzioni comunitarie elaborare, se necessario, ai fini della disciplina derivante dal Trattato, detta definizione di azienda agricola. Bench l'espressione azienda agricola ricorra pi volte nella nor ~ mativa comunitaria emanata dal Consiglio o, dalla Commissione in materia agricola -nonch nei regolamenti cui fa cenno l'ordinanza di rinI fil vio -la definizione di detta espressione, lungi dall'essere uniforme nel ffi Iffi la possibilit di desumere una nozione generale ed assoluta dii azienda agricola da tali norme, che risultano contemplate in regolamenti emanati all'unico ed esclusivo scopo dii rilevamone statistica (con tutti i condi:llionamenti ed i limiti ~:: che tale specifica finalit necessariamente comportano). e che contemplano definizioni predisposte, espressamente, e secondo criterio abitualmente adottato, del resto, nella normativa comunitaria, (soltanto) per I'aP'Plicazione del presente regolamento . 4. -Deve escludersi, d'altra parte, che una no:llione comunitaria di azien~ da agricola possa ricavarsi, senza arbitraria attribuzione dei caratteriz~ti ~[ requisiti, dalle norme del Trattato o addirittura, come pure ipotizza il giudice del rinvio, dalla sola elencazione contenuta, quanto ai prodotti agricoli, nell'allegato II del Trattato; ed evtidente, comunque, che se pur una nozione I comunitaria dd azienda agricola volesse assumersi desumibile da tali indicazioni (con il rischio, peraltro, di dover qualificare aziende agricole , in ragione dei prodotti ottenuti, anche imponenti stabilimenti industriali), tale nozione non potrebbe riconoscersi rilevante, e vincolante, se non limitatamente I allo specifico tema disciplinato dalla normativa comunitaria (agricoltura): conclusione la cui validit non pu non essere avvertita, invero, quando si I consideri che nell'ambito di uno stesso ordinamento giuridico (e quindi, come r' nei singoli ordinamenti nazionali, anche in quello comunitario) istituti e nozioni possono assumere differente portata, ed essere diversamente considerati, I a seconda del ramo del diritto (civile, amministrativo, penale, tributario, ecc.) ~ w nell'ambito del quale vengono di volta in volta in rilievo. ~ Non pu affermarsi, del resto, che il limitare la rilevanza dd una nozione ~~ comunitaria di azienda agricola (ove tale nozione fosse ipotizzabile) al solo !!: tema dell'agricoltura comporterebbe le pregiudizievoli discriminazioni alle quali :-: ~-: si accenna nell'ultimo dei quesiti proposti dal giudice del rinvio. f:o 1: infatti evidente, anzitutto, che dii una discriminazione rilevante nell'ambito del diritto comunitario potrebbe discutersi, e soltanto sotto il profilo rn ~: t i:' ' degli aiuti vietati dall'art. 92 del Trattato, nel solo caso in cui talune imprese o produzioni risultassero favorite dalla normativa nazionale e gli imprenditori interessati venissero qUJindi assoggettati ad oneri minori di quelli im !: I: J!i ~: ii ... .... .. ... ............... ............................... ....... ......................... ...................................................... ~ PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 73 l'insieme di tale normativa, del resto assai eterogenea, varia a seconda degli specifici obiettivi perseguiti dalle norme comunitarie in questione. Anche nel limitato settore della statistica, in. cui rientrano i regolamenti menzionati nell'ordinanza di rinvio, le definizioni di azienda agricola conte~ute negli atti comunitari non sono identiche. Cos, per esempio, il regolamento n. 70/66, relativo all'organizzazione di una indagine principale nel quadro di un programma di indagini sulla struttura delle aziende agricole, dichiara, all'art. 2, che per l'applicazione del presente regolamento s'intende per azienda agricola un'unit tecnicoeconomica localmente delimitata, soggetta ad una gestione unitaria, che produce i prodotti elencati nell'allegato I dello stesso regolamento. Il regolamento n. 91/66, relativo alla scelta delle aziende contabili ai fini della constatazione dei redditi nelle aziende agricole, pur rinviando, per la propria applicazione, alla definizione test menzionata, aggiunge una nuova categoria di aziende agricole, e precisamente le aziende agricole interessate alla vendita, a quelle gi citate dal regolamento n. 70/66. Al contrario, l'art. 2 del regolamento (C.E.E.) del Consiglio 30 aprile 1976, n. 1035, relativo all'organizzazione di un'indagine sulla retribuzione dei lavoratori agricoli fissi (G.U~ n. L 118, pag. 3) circoscrive l'ambito del- posti a carico di analoghe categorie imprenditoriali; e non certo quando si discuta, come nella causa di merito, se una determinata categoria di cittadlni nazionali sia soggetta ai maggiori oneri propri dell'ordinario regime di previdenza sociale: questione la cui effettiva portata pu essere pi agevolmente avvertita, oltretutto, quando si consideri che nel pi favorevole regime dei contributi agricoli unificati assumono 'preminente rilievo la qualifica di coltivatore diretto e di famiglia colonica. agevole rilevare, inoltre, e comunque, che discriminazioni del ti(po al quale sembra riferirsi (oltretutto secondo viziata prospettiva) il giudice del rinvio, e quindi discriminazioni dipendenti dal maggior o minore carico fiscale o previdenziale gravante sui cittadini dei vari Stati membri, sono allo stato non solo inevitabili, ma ovviamente compatibili con la normativa comunitaria, per essere la normat~va in tema di tributi interni riservata alla esclusiva competenza di ciascuno degli Stati membri, e potendo di conseguenza la concreta incidenza degli oneri a carico dci cittadini comunitari legittimamente variare a seconda della loro narionalit, e senza che se ne possa desumere un contrasto con la normativa comunitaria. 5. -Nell'ambito delle considerazioni finora riassunte risulta evidente, in defimtiva, che dei numerosi quesiti proposti nel provvedimento di rinvio di assorbente rilievo, in effetti, quello diretto a conoscere se una (eventuale) nozione comunitaria di azienda agricola sia \nincolante per gli Stati membri anche per quanto concerne la normativa nazionale in tema dii previdenza sociale; ed tale questione che si ritiene debba essere oggetto di preliminare (ed esclusivo) esame (secondo criterio di selezione gi del resto altre volte adottato dalla Corte di giusti2lia), apparendo la sua soluzione assorbente e :Preclusiva di ogni altra possibile questione. Non compete invero alla Corte di giustizia, n pu competere, specialmente in difetto di direttive volte in argomento al ravvicinamento delle disposizioni legislative nazionali, di accertare e stabilire se e quali nozioni debbano essere RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 74 l'indagine a tutte le aziende che esercitano attivit delimitate e definite dalla classe 01 della nomenclatura generale delle attivit economiche nelle Comunit Europee ed esclude quindi le imprese di prima trasformazione, considerate ad altri fini come attivit agricole. Il complesso delle considerazioni di cui sopra mostra che impossibile ricavare dal Trattato o dal diritto comunitario derivato una definizione comunitaria generale ed uniforme di azienda agricola universalmente valida per tutto il settore delle disposizioni legislative e regolamentari concernenti la produzione agricola. Visto pertanto che, in mancanza di detta definizione, la questione presa in esame va risolta negativamente, le altre questioni proposte alla Corte dal giudice nazionale diventano prive d'oggetto. -(Omissis). adottate dalle singole autorit nazionali nel disciplinare la materia della previdenza sociale, trattandosi di materia non trasferita con U T1:attato ailla competenza delle Istituzioni comunitarie ed in ordine alla quale gli Stati membri hanno esclusiva competenza. noto, infatti, che la stessa specifica ed analitica discipLina contemplata nei regolamenti del Consiglio n. 3 e n. 1408/71 non costituisce espressione di un'autonoma normativa comunitaria (ostacolata proprio dalle divergenti impostazioni dci vari sistemi di sicurezza sociale a'.pplicati nei vari Stati membri), ma risponde alla esigenza di conseguire le specifiche finalit previste dall'art. 51 del trattato CEE, ed volta quindi ad assicurare, nci limiti del possibile, e nel diverso quadro della libera circolazione dei lavoratori degli Stati membri (e non certo nel settore dell'agricoltura), dl coordinamento dei differenti sistemi cli previdenza sociale al fine di garantire il cumulo dei periodi di lavoro ed il pagamento delle prestaziond cui i lavoratori hanno diritto; e le stesse moltepLici definizioni in tali regolamenti contemplate risultano riferite e limitate, del resto, alle sole norme previste nei regolamenti, senza rifilessi sui vari e divergenti regimi di previdenza sociale adottati nei singoli Stati membri. A maggior ragdone, quindi, deve escludersi che nozioni (eventualmente) dettate nell'ambito della politica agricola comune possano condizionare le normative nazionali in tema di previdenza sociale, di competenza degli Stati membri; e la rilevanza di tale preclusione non pu invero essere disconosciuta, ai fini in esame, quando si consideri che un differente criterio di princrpio comporterebbe, eV'identemente, interferenze anche in tema dii imposizioni di diritto interno, la cui normativa pure riservata a11a esclusiva competenza degli Stati membri: parallelismo che non pu non essere in argomento sottolineato, specialmente quando si tenga presente il generalizzato orientamento, in taluni Stari membri gi in concreto attuato, ad una lliscalizzazione dei cc.dd. oneri sociali. 6. -Sulla base delle sopra riassunte considerazioni, si propone quindi che la Corte di giustizia, ove non ritenga di dichiarare i quesiti proposti inammis sibili per manifesta drrilevanza, e limitando comunque il suo esame all'assor bente e preclusivo quesito di cui all'ultima parte del n. 1-b del provvedimento di rinvio, escluda la sua competenza a :pronunciarsi (trattandosi di questione relativa a norme di diritto interno), o si limiti, in subordine, ad affermare in diritto che le nozioni da. considerare per l'applicazione dei regimi na2!ionali di previdenza sociale vanno determinate sulla base delle disposizioni di diritto interno. ARTURO MARZANO SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 3 ottobre 1977, n. 4178 Pres. Caporaso -Rei. Vela -P. M. Gambogi (concl. conf.) -Reibaldi (avv. Prosperetti) c. Ministero di Grazia e Giustizia (avv. Stato Siconolfi). Competenza e giurisdizione -Giurisdizioni speciali Ricorso per cassazione -Motivi attinenti alla giurisdizione -Cessazione della materia del contendere -Deducibilit Esclusione. (cost., art. 111; cod. proc. ci:v., artt. 100 e 362; t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 48). La giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo si estende tanto agli interessi quanto ai diritti ravvisabili nei rapporti dei quali pu conoscere il predetto giudice; pertanto dal momento che soltanto a costui spetta stabilire i caratteri ed i .limiti di tali posizioni giuridiche soggettive, l'accertamento e la valutazione dei fatti che avrebbero provocato la cessazione della materia del contendere non pu mai dar luogo al superamento dei limiti del potere giurisdizionale, ma costituire, al contrario, esercizio di tale potere nella suddetta materia (1). (1) La sentenza -d!i. cui si riporta soltanto la massima -conferma la recente decisione 3 marzo 1976, n. 799, Giust. civ. mass., 1976, 311. In quest'ultima le Sezioni Unite hanno anzitutto ribadito che in sede di regolamento preventivo di giurisdizione non ammiss!i.bile una richiesta di risarcimento del d.anno -anche ex art. 96 c.p.c. -perch sono estranee a tale fase incidentale le questioni diverse da quelle attinenti alla giurisdizione. Inoltre la Cassazione ha affermato, appunto, che inammissibile in quanto preclusa, ogni indagine e decisione sull'eventuale sopravvenuta cessazione della materia del contendere. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 3 ottobre 1977, n. 4185 -Pres. Vinci Orlando -Rel. V:ela -P.M. Gambogi (concl. conf.) -Ente Autonomo Teatro Regio di Torino (avv. Stato Conti) c. Professione (avv. Giordano). Competenza e giurisdizione -Giurisdizione ordinaria ed amministrativa Impiego pubblico: ordinanza di reintegra nel posto di lavoro -Successiva sentenza declinatoria della giurisdizione dell'A.G.O. -Protrazione del rapporto di lavoro -Sussistenza dell'originario rapporto. Nell'ipotesi in cui .na controversia di lavoro, dopo l'ordinanza di reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, si concluda in secondo grado RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO con una sentenza declinatoria della giurisdizione dell'A.G.O., il rapporto di lavoro che si protragga dopo il passaggio in giudicato della sentenza declinatoria della giurisdizione conserva la sua natura d'impiego pubblico (1). (Omissis). -Per risolvere la questione di giurisdizione proposta dal Teatro Regio, occorre accertare soltanto se il servizio prestato da Professione, durante il periodo compreso fra il passaggio in giudicato della sentenza di appello e la data in cui il predetto, a seguito della lettera del 27 agosto 1974, smise le sue prestazioni, sia ascrivibile ad un atto di nomina del musicista a componente dell'orchestra. Incontestata ed incontestabile , infatti la ricorrenza nella specie di tutti gli altri estremi del pubblico impiego: natura pubblica e non economic dell'ente datore di lavoro, continuit ed inerenza delle prestazioni rese dal dipendente ai fini istituzionali dell'ente stesso, subordinazione, costanza e predeterminazione della retribuzione. Alla tesi dell'attore -ribadita nel controricorso e nella memoria oppone l'Ente che, come l'ordine pretorile non ebbe altro effetto all'in-, fuori del ripristino del rapporto pubblico e della temporanea sospensione del licenziamento che ne aveva prodotto la risoluzione, cos la sentenza della Corte torinese restitu al predetto licenziamento la sua efficacia, che fu poi resa concretamente operante con la lettera del 27 agosto 1974. Ed aggiunge che comunque, anche se non si aderisse a questa prospettazione, non potrebbe mai negarsi che il preteso secondo rapporto provoc il reinserimento del Professione nella organizzazione di esso Ente ed ebbe quindi carattere. pubblico. Osserva la Corte che anche se si respingesse la tesi dell'unicit del rapporto, ugualmente si dovrebbe ammettere che il servizio prestato da Professione dopo il passaggio in giudicato della sentenza di appello riconducibile ad un atto di nomina, costituito dalla lettera di riassunzione del 19 dicembre 1972, la quale di tale provvedimento presenta tutti i requisiti formali, perch esprime, nella dovuta forma scritta, l'intento ,dell'Amministrazione di reinserire il musicista nell'orchestra e di attribuirgli, cos, l'identica posizione che egli aveva prima del licenziamento e che, esattamente la Corte di merito ebbe a qualificare di impiegato pubblico (ininfluenti sono, invece, l'affermato carattere provvisorio del provvedi (1) In questa interessante fattispecie -prospettata in modo particolarmente originale dalla difesa di ~ontroparte -, il Supremo Collegio ha inteso troncare sul nascere una configurazione ghwidica suscettibile di ampie generalizzazioni a danno della P .A. Del tutto corretta la soluzione adottata: difatti H venir meno dell'ordinoom di ireintegrozione net posto di liavoro provoca l'assoluta ed automatica caducazione del provvedimento formale con il quale la P A., ottemperando all'ordine del giudice, aveva disposto il reins~rimento del lavoratore nella propria organizzazione. PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE mento e l'espressa riserva di caducazione del medesimo qualora fosse sopravvenuto l'accoglimento dell'appello: ripetute volte questa Corte ha avvertito che non la stabilit caratterizza il pubblico impiego, bens l'inserimento del dipendente nell'organizzazione dell'amministrazione pubblica). Nel caso in esame sarebbe infatti arbitrario individuare, dopo la data di riammissione in servizio del Professione, due fasi distinte e diverse, l'una anteriore, l'altra successiva al passaggio in giudicato della sentenza di secondo grado. Non neppure allegata una qualsiasi differenza fra tali fasi, n si vede quale rilevanza abbia in proposito l'asserto -enunciato dall'attore -che col venir meno dell'ordine pretorile, venne meno il presupposto del provvedimento di reintegrazione. Ci pu esser vero. Ma vale solo ad introdurre una questione di merito -improponibile, quindi, in questa sede -, perch mentre sposta l'indagine sulla tempestivit dell'Ente convenuto nell'adeguarsi alla sentenza d'appello, non pone in discussione l'esistenza di quel provvedimento, essendo. noto che il difetto di un presupposto non provoca mai l'automatica ed assoluta eliminazione dell'atto in base ad esso emanato. Pertanto, va senz'altro indugio dichiarata la giurisdizione esclusiva del giudice ammi~istrativo, a norma degli artt. 2 e 7 I. 6 dicembre 1971 n. 1034... -(Omissis). SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA CIVILE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 9 luglio 1976, n. 2591 -Pres. Caporaso -Rei. Corsaniti -P. M. Berri (conf.). Ministero Finanze ed Interno (avv. Stato Zagari) c. Comune di Lecce (avv. Sorrentino) c. Provincia di Lecce (avv. Lecciso). Leggi, decreti e regolamenti Legislazione del Regno di Napoli -Provvedimento sovrano concessivo ad enti locali di beni appartenenti a ordini religiosi soppressi -Trasferimento della propriet -Sussiste. (decreti muratiani 15 febbraio 1807, 7 agosto 1809 e 28 novembre 1811; decreto borbo nico 6 novembre 1816). Procedimento civile -Impugnazione incidentale tardiva -Ammissibilit Limiti. (cod. proc. civ., art-334). Possesso -Ad usucapionem -Interversione -Condizioni. (cod. civ., artt. 1140 e 1141). Il decreto muratiano del 28 novembre 1811, convalidato dal Borbone (Ferdinando IV) con decreto 6 novembre 1816, ha trasferito al Comune di Lecce, con vincolo modale di destinazione a uffici pubblici, la piena propriet dell'immobile gi destinato a convento del soppresso ordine dei Celestini, sito in tale citt (1). La parte chiamata ad integrare il contraddittorio pu proporre appello incidentale tardivo anche contro una parte diversa da quella che ha proposto appello principale solo quando l'interesse ad impugnare sia determinato dalla proposizione dell'appello principale, mentre tale potere non sussiste quando l'interesse d'impugnare sorga direttamente dalla pronunzia della sentenza (2). Il compimento protrattosi per lungo tempo di opere di restauro, manutenzione, trasformazione o completamento di un edificio deve riconoscersi esteriorizzazione di un possesso corrispondente all'esercizio del diritto di propriet e quindi idoneo all'acquisto per usucapione (3). (1-3) Con questa sentenza conforme ahle preoodenti a sezione sempldce (da ultimo sent. 5 giugno 1974, n. 11644, in questa Rassegna, 1974, I, 1404) le S.U. chiudono, sii pu ben dire defilnitivamente, la questione relativa ai controversi effetti derivanti dai decreti mwatiiani, oon.fenmati dai Borboni, relativi Wlla destinazione dei beni gi a:ppartenent!i ai soppressi ordini ecclesiastici. Non pu peraltro sottacersi che le S.U., se hanno confermato il precedente indirizzo, ne hanno tuttavia sostanzialmente modificato la motivazione perch PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 79 (Omissis). -Va poi esaminato con precedenza rispetto alle altre censure, che rimarrebbero assorbite dall'eventuale accoglimento di esso, il primo motivo del ricorso incidentale delle Amministrazioni dello Stato, diretto contro la statuizione con cui fu definitivamente respinta dalla Corte del merito la domanda di accertamento a favore della Amministrazione finanziaria della (persistenza della) propriet demaniale sull'ex convento dei Celestini. Sostengono con tale motivo le ricorrenti amministrazioni dello Stato che la Corte di merito err nella individuazione, della portata del decreto reale di Gioacchino Murat 28 novembre 1811, con cui l'edificio olim Convento dell'Ordine dei Celestini in Lecce - gi riunito e cio acquisito al Demanio dello Stato, al pari delle .altre propriet di quell'Ordine, con la legge eversiva 14 febbraio 1807, n. 36 di Giuseppe Napoleone (soppressiva dell'Ordine stesso) -fu concesso al Comune di Lecce per installarvi l'Intendenza della Provincia ed al successivo decreto reale di Ferdinando IV di Borbone 6 novembre 1816, che tale destinazione conferm definitivamente (in presedenza, col decreto borbonico 24 agosto 1815, con cui erano stati rimossi in via generale gfr analoghi atti degli invasori relativi al demanio dello Stato, le destinazioni a favore dei comuni e di altri stabilimenti pubblici erano state provvisoriamente conservate). In particolare sostengono che la Corte del merito err per avere riconosciuto ai detti decreti effetto attributivo di propriet dell'edificio con l'onere (modus) di impiegarlo al fine suindicato anzich effetto analogo a quello di una mera concessione amministrativa in uso di un bene demaniale. E l'errore denunciato alternativamente come violazione di norma di diritto, per l'ipotesi che i decreti in parola siano ritenuti atti aventi natura legislativa e come vizio della motivazione, per l'ipotesi che essi siano ritenuti atti aventi natura amministrativa. essa non si fonda pi esclusivamente sulla affermata non conoscenza in quel tempo della distinzione tra trasferimento e concessione in uso di bene pubbllico -cl&stim:lliOllle che recenti studi hanno !in effetti riCOlllosciuto pienamente nota gi nei primi decenni del 1800, tanto da essere coclificata in un descriUo del vicer di Napo1i del 1820 e recepita da circo1ari de11a Dke:llione deJ Demanio pubb!Jico dii quel Regno; ma su U!Ila iinteripretazione dellia concessione " in una vi!sione complessiva del!l'fa1tera vicenda evensiva ne1 (["egno dii Napodi. Anche se tale nuova motivazione non pu non destare qualche perplessit da un '.punto di vista storico, la ragionevolezza di essa (per ripetere l'espressione di un commentatore) t(["ova La sua sostanziarne giustificazione dell'es1genza attuaJJe di sostegno dei lini di decentramento e di autonomia che isp1rano incliscutibiillmente Ja v1gente Costituzimle e.di cm ~a s,c. ha tenuto deciisamente conto nella vicenda. Il principio enunciato nella seconda massima conforme all'dnsegnamento della stessa Corte (v. le sentenze citate in motivazione) e della dottrina (v. per tutti SATTA, Commento al codice di procedura civile, vol. II, 1966, !P 83 ss.). 80 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Le Amministrazioni ricorrenti ammettono che l'impugnata decisione conforme al pi recente indirizzo della giurisprudenza di questa Suprema Corte -affermatosi con la sentenza n. 1693 del 1971 e quindi con le sentenze n. 98 del 1972 e n. 1664 del 1974, tutte rese a Sezioni semplice -ma di tale indirizzo chiedono il riesame a queste Sezioni Unite, le quali non ritengono di potersene dispensare. Gli argomenti addotti nel ricorso e nella memoria possono cos rias sumersi e raggrupparsi: 1) Erroneamente con le precedenti sentenze di questa Corte Suprema sarebbe stato tratto argomento dalla impossibilit di attribuire, ai termini concessione, o concedere o accordare, adoperati nei decreti (e particolarmente in quello del Murat) un preciso significato tecnico-giuridico nel senso della concessione amministrativa su beni demaniali, nel presupposto che tale istituto sia stato introdotto in epoca pi recente e che la regolamentazione dell'uso speciale dei beni demaniali, all'epoca, fosse affidata a negoziazioni privatistiche. Al contrario anche nell'ordinamento del tempo e del luogo erano previste concessioni pubblicistiche in uso di beni demaniali e comunque, una volta che i beni in parola, erano stati riuniti al demanio e quindi ne facevano parte, l'attribuzione della piena propriet :;tl Comune con la sola imposizione di un modus avrebbe dovuto risultare espressamente dal testo della legge o essere dimostrata con certezza in relazione alla inaliena bilit propria dei beni demaniali. Del pari inconferente l'argomento tratto dall'uso nei decreti, ed in particolar modo in quello del 1816 del Borbone, di espressioni solenni, asseritamente evocatrici della pienezza della potest sovrana e pertanto incompatibili con una mera concessione in uso: la ridondanza delle espressioni potrebbe giustificarsi invece col carattere confermativo (di concessioni fatte dall'usurpatore) e generale (riguardante pi concessioni) del provvedimento e comunque col fatto che con esso si effettuava, dopo tutto, l'attribuzione al concessionario di un possesso pieno e non revocabile almeno fino a che non fosse mutata la destinazione del bene, e cos si sanciva il perpetuo asservimento di questo. Perplessit suscita, infine, la terza massima. Ed dnvero nella specie occor~ reva che l'ente provinciale dimostrasse, non tanto l'interversione del possesso nei confronti del Comune, ritenuto proprietario del bene, ma addirittura l'inizio del possesso a suo favore per le partd dell'edificio sempre destinate ad uffici stataJli e qrudndi certamenrte matemaJ1mente detenute dalilo Stato, posto che non potendosi ritenere a ci sufficiente il semplice compimento di attivit di manu tenzione, restauro e tirasform:azione, specie se si tiene presente che fin dalla prima legge comunale e provinciale unitaria del 11865, all'ente provincia era stato fatto carico di provvedere o a fornire i locali da destinare ad uffici periferici defilo Stato o alila manutenzione ed al restauro dei beni adibiti a tali lii!lli dd propriet defilo Stato o da questo goduti a qualsiasi titolo. Sul punto, peraltro, la Corte dovr pronunziarsi nuovamente su vicenda analoga che gi stata sottoposta al suo esame. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVIl.E Del resto che il decreto del Borbone 6 novembre 1816, n. 533, non importasse attribuzione di propriet sarebbe positivamente dimostrato -sempre secondo le ricorrenti -dal confronto fra tale decreto, con cui si accenna, confermandosene alcune, a destinazioni, assegnazioni e concessioni av~nti a scopo l'utilit pubblica ed il precedente decreto del 14 agosto 1815, n. 65, con cui erano state revocate le donazioni, dotazioni, assegnazioni (fatte dall'usurpatore) in libera propriet: queste s attributive di diritto dominicale. Vano sarebbe, infine argomentare, come pur .fatto dalle sentenze precedenti di questa Corte Suprema, della identit delle espressioni adoperate nei coevi decreti n. 532 e 531, certamente attributivi della piena propriet di fondi rustici censi e rendite ad istituti di beneficienza o di istruzione, attesa la differente natura, patrimoniale e non demaniale, dei beni attribuiti con tali ultimi decreti. 2) Ma -sempre secondo le ricorrenti -l'indirizzo di cui si chiede il riesame sarebbe inficiato da ancor pi gravi errori esegetici e storici. In particolare si sarebbe equivocato ravvisando nell'art. 31 del decreto murattiano 7 agosto 1809 -con cui il monarca si riservava di fissare su proposta dei suoi Ministri la destinazione definitiva dei beni oggetto di eversione secondo i bisogni dei dipartimenti rispettivi il riferimento ai bisogni delle popolazioni locali, laddove si sarebbe dovuto ravvisarvi il riferimento alle esigenze delle branche della amministrazione centrale, intendendosi l'espressione dipartimenti nello stesso senso in cui sarebbe stata adoperata nella legge organica del Regno delle Due Sicilie 10 gennaio 1817, n. 596. Ci si sarebbe in tal modo rifiutati, in relazione ad un supposto disegno da parte del Sovrano di riorganizzazione amministrativa caratterizzata da un lato dal maggior riguardo per gli interessi e le autonomie locali e dall'altro dall'affrancamento delle terre dai vincoli feudali, di ravvisare del detto decreto un provvedimento accentratore dell'amministrazione e dei demani. Ma non si sarebbe tenuto conto che le tendenze seguite dai Napoleonidi, sia nella riorganizzazione amministrativa dello Stato, che nell'impostazione e nella soluzione del problema dell'eversione dei beni ecclesiastici, inspirandosi al modello francese non potevano essere che accentratrici ed assolutiste. E non lo erano meno le tendenze seguite dal Borbone dopo la restaurazione. Tanto pi che, poi, qui si trattava in definitiva soltanto della tendenza propria dello Stato moderno, al potenziamento del demanio come mezzo necessario all'esercizio delle funzioni statuali. N era possibile porre una netta distinzione tra l'orientamento seguito con la prima legge eversiva, suella di Giuseppe Napoleone del 14 febbraio 1807, che aveva proceduto, secondo il modello francese, all'incameramento immediato dei beni ecclesiastici a favore dello Stato e quella murattiana del 7 agosto 1809, che perseguiva lo stesso obiettivo, sia pure con articolazione di tempi e di scelte. D'altro canto, non era neppure possibile, se non a prezzo di una visione gravemente antistorica del .fenomeno, anticipare al momento del RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO l'eversione napoletana esigenze di riconoscimento e di tutela degli interessi delle popolazioni ai beni' ecclesiastici, esigenze avvertite ed espresse univocamente soltanto con le leggi di eversione del Regno di Sardegna e dell'unificato Regno d'Italia (dal 1848 al 1866). Si gi cennato che la riunione al demanio dei beni dell'ordine monastico dei Celestini era stata in realt operata con la legge 13 febbraio 1807, n. 36, di Giuseppe Napoleone, soppressiva di quell'ordine (cfr. testo al n. 8 fase. ricorrenti davanti al Tribunale) e non col decreto reale di Gioacchino Murat del 7 agosto 1809 (con cui era stata operata -cfr. testo nel fascicolo ricorrente davanti alla Corte d'appello -la riunione al demanio dei beni di altri ordini contestualmente soppressi, come quelli dei Carmelitani, Domenicani ecc. cui si riferiscono le sentenze precedenti di questa Corte Suprema). E ci anche se la precisazione non ha molta importanza, essendo pacifico che nel provvedere alla successiva e definitiva destinazione dei beni del soppresso Ordine dei Celestini si procedette non gi in applicazione della legge del 1807, che prevedeva la vendita dei beni oggetto di eversione e la devoluzione del ricavo a profitto dei creditori dello Stato, bens in applicazione del decreto del 1809, che prevedeva una diversa destinazione, peraltro da fissare in un momento successivo (art. 31). Ci posto, agli specifici, ma frammentari rilievi raggruppati sub 1) agevole opporre risposte puntuali. Intanto non sono erronei gli argomenti tratti, per respingere la qualifica. zione dei decreti murattiano e borbonico come concessioni pubblicistiche in uso, dalla considerazione che in relazione alla concezione patrimoniale del Demanio consolidatasi con la Dieta di Roncaglia (con la riconduzione al concetto di jura regalia sia dei bona in uso pubblico sia dei bona in patrimonio fisci) qualsiasi bene demaniale potesse essere e di solito fosse oggetto di tati di disposizione patrimoniale e quindi anche di atti di attribuzione di propriet (privata). Ma anche ad ammettere che all'epoca e in loco fossero divenute dominanti le opposte tendenze circa l'inalienabilit del demanio affermatesi in Francia gi fin dall'Editto di Moulins, occorre tener conto che i beni in argomento erano in s, per la maggior parte, patrimoniali (edifici, fondi rustici) e che la loro riunione al demanio altro non era stata che lo strumento tecnico- giuridico dell'eversione e che nulla quindi si opponeva in linea di principio alla loro alienazione. Questa, anzi, era addittura prevista come vendita, sia pure a beneficio dei creditori dello Stato, dalla legge eversiva 13 febbraio 1807. E lo stesso decreto murattiano 7 agosto 1809 -da considerare come si dir meglio appresso, in relazione al suo contenuto ed ai suoi effetti, una legge eversiva al pari della prima -non esclude ed anzi sembra ammettere, quanto al definitivo destino . degli edifici oggetto di eversione, una loro attribuzione in propriet (o~viamente a soggetti diversi dallo Stato) anche se prescrive che sia tenuto conto, con valuta PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE zione ampia e generale, di esigenze di carattere pubblico ed anche se (o tanto pi che) come pure si dir meglio appresso, prescrive l'adozione di forma di legislazione singolare. Si trattava, del resto, come ammettono le ricorrenti, di sancire la sorte definitiva dei beni con attribuzione al destinatario dei benefici di un possesso irrevocabile: il che non si conf alla concessione in uso, per sua natura avente carattere temporaneo. Gli argomenti testuali addotti in senso contrario sono reversibili. In particolare la netta distinzione che dalle ricorrenti si vuol porre fra le attribuzioni di propriet libera revocate col decreto borbonico del 14 agosto 1815 e quelle in uso vincolato, con lo stesso decreto mantenute provvisoriamente in vita e quindi definitivamente confermate con il provvedimento del 1816, per sostenere che in questo caso la conferma si connetteva al carattere non attributivo di propriet, non persuasiva. Il fatto che soltanto per le prime disposizioni si parlasse di propriet libera non importava necessariamente ch le altre non fossero attributive di propriet, ma_ solo che, nel secondo caso, alla attribuzione si accompagnava un vincolo sia pure obbligatorio, un modus. Ed infine, non privo di valore il raffronto tra il decreto n. 533 del 1816 e quelli coevi n. 532 e 531 confermativi di altre attribuzioni in propriet: anche se si trattava di beni diversi (fondi rustici, censi, rendite) la causa della conferma era nell'una e nelle altre ipotesi, il concorso di scopi di utilit pubblica. Con riferimento, poi, alle osservazioni delle ricorrenti raggruppate sub 2) appare evidente che per la esatta individuazione della portata dei provvedimenti di cui si discute (decreto murattiano del 1811 e decreto di Ferdinando IV del 1816) occorre collocare i provvedimenti stessi nel quadro della vicenda dell'eversione dei beni ecclesiastici nel Regno di Napoli, considerando tale vicenda sia con riferimento agli strumenti tecnicogiuridici di cui si avvalse sia con riferimento ai contenuti obiettivi ed alle scelte che ne determinarono l'insorgenza e l'evoluzione. Quanto al primo ordine di considerazioni nessun dubbio pu sorgere sul carattere legislativo dei provvedimenti di soppressione degli ordini monastici e di riunione al demanio dei relativi Beni. E ci non soltanto per quel che concerne il provvedimento di Giuseppe Napoleone del 13 febbraio 1807, che anche formalmente si presenta come legge ma neppure per quel che riguarda il provvedimento murattiano del 7 agosto 1809, che come il primo innova profondamente l'ordinamento giuridico del tempo incidendo sull'esistenza di ordini religiosi e sulla sorte dei rispettivi patrimoni. Solo che mentre il primo regola contestualmente la sorte di tali patrimoni disponendo la conservazione a pro' dello stato delle biblioteche, dei libri, dei manoscritti e la vendita a beneficio dei creditori dello Stato di tutti gli altri beni immobili e mobili, il secondo, almeno per quel che con RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO cerne gli edifici conventuali (non cos per il denaro, gli arredi ed effetti destinati al culto, le biblioteche, i quadri ed altri soggetti di scienze ed arti), formula una riserva da sciogliersi in un secondo momento, ovviamente mediante l'esercizio della stessa potest normativa esercitata con i primi atti dell'eversione. E si gi cennato al carattere ampio e generale della valutazione che avrebbe dovuto presiedere, secondo la previsione dell'art. 31 del decreto murattiano del 1809, alla relativa determinazione, da adottare sul rapporto dei Ministri dell'interno e del culto e su proposta degli altri ministri. Onge che quando Gioacchino Murat provvede, col decreto 28 novembre 1811, a destinare l'edificio al Comune di Lecce perch vi installi la casa dell'Intendente (all'epoca rappresentante del governo e capo dell'Amministrazione provinciale) -attuando in tal modo la legge eversiva propria del 1809 anzich la legge eversiva del suo predecessore del 1807 -egli pone in essere un atto di legislazione singolare. Ed ancor pi evidentemente tale il provvedimento 6 novem I bre 1816, con cui il Borbone conferma la conc~ssione, in una con altre analoghe, egualmente disposte durante I' occupazione militare a bene1 f ficio di altri Comuni o Stabilimenti pubblici, facendo riferimento ai pro i pri poteri sovrani. Anche se il riferimento poteva essere suggerito dal i carattere derogatorio del beneficio (rispetto alla regola generale della revoca degli atti posti in essere dall'invasore posta col precedente de. creto 24 agosto 1815) e dall'intento di sanare in tal modo qualsiasi invati lidit dell'atto confermato, nondimeno esso rivelatore dell'esercizio del potere di incidere sull'ordinamento, sia pure st.atuendo sul regime di certi I beni e quindi di legiferare. E tale esercizio, mentre sarebbe stato ecce dente qualora si fosse trattato di un mero atto di gestione del bene, si conf perfettamente ad un provvedimento che del bene segni la sorte I definitiva chiudendo, a conferma del precedente provvedimento muratf tiano, il capitolo dell'eversione. ~ 1 Invero soprattutto questo va tenuto presente -e cos si passa al !1 secondo ordine di considerazioni -che cio, l'eversione dei beni ecclef siastici nel napoletano fu vicenda complessa ed evolutiva. innegabile ! f che da una prima fase, cui va riferita l'emanazione da parte di Giuseppe !; Napoleone della Legge 13 febbraio 1807, inspirata al criterio dell'inca I meramento definitivo seguito da conversione in danaro per il pagamento dei debiti dello Stato -e quindi al concetto dell'eversione come opera! I zione finanziaria ad esclusivo vantaggio dell'Amministrazione statale, se I condo il modello offerto dalla eversione realizzata in Francia ad opera ! della .Rivoluzione -si pass ad una fase attendista e possibilista, con trassegnata dalla formulazione di una riserva circa il definitivo destino dei beni, fase cui va riferita l'emanazione, da parte di Gioacchino Murat, i I I ! PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 85 del decreto 7 agosto 1809. Nella previsione di quest'ultimo decreto, eh~ costitu la base dell'eversione come realizzata da Murat -se vero che egli provvide in applicazione ad esso anche alla definitiva destinazione di beni contemplati, come quelli dei Celestini, dalla precedente legge eversiva 13 febbraio 1807 -era almeno possibile una destinazione definitiva a favore delle popolazioni dei luoghi in cui i beni erano siti e dei Comuni che di tali popolazioni erano gli enti esponenziali. Ci si desume dal manifestato proposito del Monarca di fissare la detta destinazione secondo i bisogni dei rispettivi dipartimenti: espressione codesta che sembra da intendere nel senso di circoscrizione territoriale, sia perch questo era il suo significato correp.te, in riferimento alle leggi sulla riorganizzazione amministrativa adottata in Francia durante la Rivoluzione e quindi ad opera di Napoleone, sia perch tale significato non ripugnava all'intervento dei Ministri proponenti, i quali avrebbero potuto influire sul tipo di interesse pubblico cui dare la prevalenza in loco. Ma soprattutto ci si desume dal rilievo, d'ordine storico, che l'eversione dei beni ecclesiastici come progettata e realizzata durante la Rivoluzione aveva dato luogo anche in Francia ad aspri dibattiti, in quanto mentre i fautori argomentavano che quei beni erano stati donati non al clero, ma alla Chiesa come corpo dei fedeli e quindi all'intera nazione ed inoltre che essendo stati quei beni destinati dai donatori a scopi di carit o di utilit generale, era giusto che fossero devoluti alla nazione la quale dagli stessi scopi si assumeva direttamente il perseguimento, si rispondeva dagli oppositori che i beni non erano stati donati n al clero n alla Chiesa, come corpo unico, ma a determinati istituti ecclesiastici per il perseguimento in loco degli scopi in parola. lecito infatti supporre che il Murat tenne conto di tali critiche, tanto pi incisive e preoccupanti nel Regno di Napoli in relazione alla provenienza straniera del sovrano e che con l'atteggiamento attendistico adottato col decreto del 1809 intese aprirsi la strada ad una soluzione che ne costituisse il pi opportuno superamento. Sicch l'attribuzione dei beni stessi ai Comuni, sia pure in considerazione degli scopi di utilit generale da essi perseguiti (nella specie l'apprestamento di locali quale sede dell'Intendente, che era -ripetesi -autorit governativa a competenza territoriale coincidente con la circoscrizione provinciale e capo delJ'Amministrazione provinciale) e quindi con l'imposizione di modus che assicurassero in via obbligatoria il perseguimento dei fini stessi, si configura come la risposta politica data dal Sovrano a quelle obbiezioni. E da tale soluzione il Borbone, che non rinneg ed anzi implicitamente diede per scontati i risultati ablativi della eversione, non aveva motivo di discostarsi. Tutto ci naturalmente non importa affatto attribuire al Murat o al Borbone una politica di decentramento dell'Amministrazione o dei demani che sarebbe certamente incompatibile con le tendenze accentratrici del RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tempo. Ma importa ravvisare nel sostrato ideologico-politico dell'eversione napoletana motivi ricorrenti nei dibattiti che accompagnarono o seguirono le eversioni di beni ecclesiastici a carattere generale a partire da quella francese, e quindi non dissimili da quelli che giustificarono nella successiva eversione del Regno di Sardegna e dell'Italia unita, soluzioni tecnico-giuridiche, secondo autorevole dottrina, analoghe. Con che rimane confutato l'addebito che tale ritenuta analogia sia frutto di antistorica anticipazione. Va ora esaminato il primo motivo del ricorso (principale) del Comune di Lecce motivo con cui si censura la sentenza impugnata per avere ritenuto inammissibile l'appello .incidentale di esso Comune. Si tratta di appello incidentale tardivo (proposto con la comparsa di risposta oltre il termine di trenta giorni dalla notifica della sentenza di primo grado al Comune) e diretto, come si cennato in narrativa contro la statuizione -gi presa di mira con uno dei motivi dell'appello principale delle Amministrazioni dello Stato -in causa -con la quale, in accoglimento di una domanda riconvenzionale della Provincia di Lecce, era stato dichiarato l'intervenuto acquisto da parte della medesima, per usucapione, dell'edificio olim Convento dei Celestini. La Corte del merito ritenne inammissibile l'appello incidentale considerando: a) che il Comune non era soccombente perch in primo grado aveva dichiarato di non essersi mai ingerito nel possesso della cosa ed aveva chiesto di essere dichiarato estraneo al giudizio; b) che con l'appello incidentale si proponeva una domanda nuova. Il Comune contesta l'esattezza di tali considerazioni con obbiezioni, che sono sostanzialmente valide in quanto: a) l'interesse ad impugnare nasce da una pronuncia sfavorevole per la parte, purch questa non avesse univocamente aderito alla domanda dell'altra parte cui la pronuncia giova, e nella specie vi era stata una pronuncia sfavorevole per il Comune, n questo aveva univocamente aderito alla domanda della Provincia; b) perch con l'appello incidentale il Comune non aveva proposto una propria domanda, ma si era opposto all'accoglimento della domanda riconvenzionale della Provincia. Ci. nonostante, l'appello incidentale era ugualmente inammissibile. giurisprudenza di questa Suprema Corte che, anche nelle ipotesi previste dall'art. 334 c.p.c. in cui ammissibile un'impugnazione incidentale tardiva, se la parte chiamata ad integrare il contraddittorio in fase di impugnazione pu proporre appello incidentale tardivo anche contro parte diversa da quella che ha proposto l'appello principale (nella specie l'appello incidentale del Comune era diretto contro la Provincia e non gi contro le Amministrazioni dello Stato appellanti principali) tale potere dato quando l'interesse ad impugnare sia determinato esclusivamente dalla proposizione dell'appello principale, mentre non I I ! I I PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE dato (dovendo la parte in tal caso impugnare in termini) quando l'in teresse ad impugnare nasca immediatamente e direttamente dalla pronuncia della sentenza (cfr. sent. n. 102/71, 41/71). Ora non vi dubbio che nella specie ricorresse, l'ipotesi ora indicata, perch l'interesse del Comune ad impugnare la sente.za -che dopo aver dato atto che esso aveva acquistato la propriet del bene per effetto dei noti decreti, dichiarava, in accoglimento della domanda riconvenzionale della Provincia, che tale propriet esso aveva perduto per acquisto fattone dalla Provincia stessa a titolo di usucapione -nasceva immediatamente dalla sentenza stessa. La Corte del merito, peraltro nell'implicito presupposto che si versasse in una ipotesi riconducibile all'art. 334 c.p.c. ritenne che il Comune potesse giovarsi dell'appello principale, diretto anche esso contro la stessa statuizione e quindi esamin le difese e le eccezioni sollevate con entrambi gli appelli, difese ed eccezioni che peraltro disattese, confermando l'accoglimento della domanda riconvenzionale. Vanno dunque esaminati, nell'ordine logico, i motivi che, rispettivamente il Comune di Lecce ricorrente principale e le Amministrazioni ricorrenti incidentali propongono contro la detta statuizione. Col secondo motivo il Comune deduce che la domanda riconvenzionale era stata proposta tavdivamente ed irritualmente, cio solo al momento della precisazione delle conclusioni e con formulazione inserita a verbale. L'obbiezione della Provincia resistente, che essa aveva implicitamente formulato tale domanda chiedendo riconvenzionalmente la condanna del Ministero dell'Interno al pagamento dei canoni locatizi inconsistente (la locazione non necessariamente posta in essere dal proprietario, la domanda al pi presupponeva l'affermazione che non fosse proprietario il conduttore e che quindi la locazione non fosse sine causa). La Corte del merito, peraltro, super il rilievo, gi sottoposto ad essa, osservando che il Comune aveva accettato implicitamente il contraddittorio sulla domanda riconvenzionale. Tanto in quanto, precisando le proprie conclusioni dopo che la Provincia aveva formulato la detta domanda, si era limitato a ripetere quelle a suo tempo precisate con la comparsa di risposta (in relazione alla domanda del Ministero) sicch, tenuto conto sia di ci sia del comportamento processuale complessivo da esso assunto, si doveva ritenere che l'espressione quanto meno dichiarare inammissibile e comunque infondata e in ogni caso rigettare qualsiasi pretesa spiegata nei confronti del Comune di Lecce non poteva interpretarsi come contestazione specifica ed univoca della ritualit della domanda riconvenzionale. E tali osservazioni vanno approvate, tanto pi ove si ponga mente che l'usucapione era gi stata dedotta dalla Provincia in via di eccezione, cio per chiedere il rigetto della domanda delle Amministrazioni dello Stato. Il motivo dunque infondato. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Va quindi esaminata la prima delle tre censure in cui si articola il secondo motivo del ricorso delle Amministrazioni dello Stato con la quale si sostiene che la Corte del merito err per avere ritenuto usucapibile un bene facente parte del demanio statale e mai trasferito al Comune di Lecce, violando in tal modo la regola sulla imprescrittibilit delle cose fuori commercio, ricorrente sia nell'ordinamento del Regno delle Due Sicilie, che nel nostro ordinamento. La censura va disattesa per le ragioni, sopra diffusamente esposte, che impongono il rigetto del primo motivo del ricorso delle Amministrazioni dello Stato ed anzi, a ben vedere, resta assorbita da tale rigetto. Vanno poi esaminate la seconda delle censure in cui si articola il secondo motivo del ricorso incidentale delle Amministrazioni dello Stato ed il terzo motivo del ricorso principale del Comune di Lecce. Le dette Amministrazioni censurano la impugnata sentenza per avere ritenuto possesso valido ad usucapionem la mera detenzione del bene, detenzione conferita alla Provincia in esecuzione del modus -di destinare l'immobile a sede dell'Intendente (ora Prefetto) -con cui l'immobile era stato attribuito, in propriet o in uso, al Comune di Lecce, e mai seguita da atti di intervenzione da parte dell'Amministrazione Provinciale. Da canto suo il Comune sottolinea che una volta accertato che i noti decreti avevano attribuito ad esso la propriet dell'edificio dei Celestini con l'obbligo di servirsene per provvedere alla sede dell'Intendenza e che proprio in osservanza del modus tale Amministrazione era stata immessa nella detenzione dell'immobile, non si sarebbe potuto parlare di usucapione se non sulla base della individuazione ben precisa di un atto di intervensione proveniente dalla stessa Amministrazione provinciale e tali non erano quelli indicati dalla sentenza, peraltro con perplessit -per se stessa censurabile -nella scelta fra essi. Esaminando congiuntamente; per la sostanziale corrispondenza del contenuto, le censure (anche se quella delle Amministrazioni dello Stato, a rigore, anche essa assorbita dal rigetto del primo motivo del ricorso delle Amministrazioni stesse) si perviene alla conclusione che esse sono infondate. L'impugnata sentenza accert che dopo l'insediamento nell'edificio degli uffici dell'Intendenza, la Provincia intraprese e comp nel corso del tempo, sostenendone da sola le spese, ingenti opere non solo di restauro e di manutenzione, ma addirittura di trasformazione e di completamento dell'edificio stesso. E mise in luce altres come tale comportamento -protrattosi ovviamente per un lungo periodo in relazione all'entit delle opere, certamente insuscettivo di essere ricondotto alla mera deten zione di_ cui la Provincia era stata originariamente investita quale tito lare di uffici annessi all'Intendenza e riferibile invece soltanto ad un possesso corrispondente all'esercizio del diritto di propriet era stato PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE posto in essere pubblicamente, cio con modalit tali da consentirne al Comune, ente locale avente sede nella stessa citt e sempre in stretti rapporti con la Provincia, la pronta e sicura conoscenza. N pu farsi carico al Comune di avere tenuto conto, nel valutare la ricorrenza degli estremi dell'interversione mediante opposizione al proprietario e nel ravvisare tale opposizione nelle modalit di e~teriorizzazione del comportamento in un quadro di particolare intensit e frequenza di rapporti col proprietario stesso, delle innegabili particolarit del caso concreto. Vanno esaminati da ultimo il quarto motivo del ricorso principale del Comune ed il terzo motivo del ricorso incidentale delle Amministrazioni dello Stato. Col quarto motivo il Comune di Lecce si duole che la Corte di appello non abbia preso in esame, erroneamente ritenendola domanda nuova, la sua deduzione che la Provincia non aveva occupato tutti i locali dell'edificio e che pertanto l'accertamento di intervenuta usucapione non poteva estendersi ai locali dove avevano sede uffici non provinciali. Ora vero che la corte del merito err nel ritenere che la deduzione desse vita ad una domanda nuova, mentre in realt costituiva una difesa diretta al rigetto parziale della domanda riconvenzionale della provincia. Ma il motivo non pu essere accolto perch la situazione possessoria fu in ogni suo aspetto esaminata dalla Corte del merito, la quale accert il possesso pieno ed esclusivo, da parte della Provincia, dell'edificio nel suo complesso. Sicch la circostanza che si sarebbe omesso di esaminare appare irrilevante, tanto pi che n con l'atto di appello n col ricorso viene fatto riferimento a specifiche circostanze idonee a far ritenere la configurabilit, nel caso di un possesso separato di singoli vani dell'edificio. Col terzo motivo del ricorso le Amministrazioni dello Stato censurano l'impugnata sentenza per avere ritenuto che l'Amministrazione provinciale, pur avendo esercitato sull'edificio un possesso conforme al modus (destinazione dei locali a sede della Prefettura) ed in esecuzione di esso, ne avesse usucapito la propriet come libera e non invece, come gravata dal modus anzidetto; per non avere, cio avvertito che l'usucapione non avrebbe comunque potuto compiersi se non con i limiti con cui il possesso era stato esercitato . Anche quest'ultimo motivo infondato. La Corte del merito giustamente osserv che l'acquisto per usucapione da parte della Provincia era avvenuto a titolo originario e quindi era svincolato dal modus, che era stato posto, con efficacia d'altronde obbligatoria, alla originaria concessione in propriet a favore del Comune. N ovviamente il modus, in quanto aveva per contenuto un fare positivo, poteva atteggiarsi come limite di esercizio del possesso corrispondente alla propriet. -(Omissis). 90 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 4 aprile 1977, n. 1279 -Pres. Mirabelli - Rel. Borruso -P. M. Pedace (conf.) -Vida (avv. Orni) c. Ministero dell'Interno (avv. dello Stato De Francisci). Trattati e convenzioni internazionali -Convenzione dell'Aja del 15 aprile 1958 -Applicabilit -Condizioni. (cod. proc. civ., art. 796; I. 4 agosto 1960, n. 918). La convenzione dell'Aja del 15 aprile 1958, concernente il riconosdimento e l'esecuzione delle sentenze sugli obblighi alimentari verso i figli minori si applica alle sole pronunzie straniere emanate successivamente alla ratifica nello stato italiano, indipendentemente dalla circostanza che analogo riconoscimento sia avvenuto da parte dello Stato, della cui sentenza si chiede la delibazione, n l'art. 796, fa alcun riferimento al principio della reciprocit delle ratifiche, come condizione di ammissibilit del giudizio di delibazione della sentenza straniera (1). II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 maggio 1977, n. 1777 -Pres. Iannuzzi - Rel. Borruso -P. M. Pedace (conf.) -Ministero dell'Interno (avv. dello Stato Bruno) c. Testa Gianfranco (avv. Paoletti). Procedimento civile Istanza di delibazione sentenza -Prescrittibilit. (cod. civ., art. 2946; cod. proc. civ., 796 e 797). L'istanza di delibazione della sentenza straniera, che si configura come azione di accertamento costitutivo in senso stretto, soggetta a prescrizione decennale (2). (1-5) Con le sentenze che si riportano, la Cassazione porta la sua attenzione ad alcuni problemi relat:ivi al procedimento di delibazione di sentenza straniera nel nostro ordinamento in relazione alla Convenzione dell'Aja del 15 ~prile 1958 afferimiancLo ~a via.1ooLativit un1liaterale dcl trattato e fa ipTescrittibiJl:it de]; d:iiritto emergente dalla pronumtla straniera (che si traduce nella prescrizione del. l'azione di delibazione in quanto costitutiva). A quailche perplessit pu dar luogo ~'iter logico seguito in tema di trasori zione: inutile appare infatti la questione dn merito alla costitutivit della sen tenza dd deliba:ifilone, ben potendosene desumere hl carauere dichiarativo; costitu tiva rimane semmai la pronunzia straniera e non quella italiana; e del pari, t ~ f f PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 91 I (Omissis). -Con il primo motivo si censura la sentenza impugnata per essere stato in essa ritenuto che la convenzione dell'Aja preveda un termine iniziale di efficacia valido per tutti gli Stati, anche per quelli che vi abbiano aderito dopo la stipulazione. Il ricorrente sostiene che, in assenza di contraria disposizione, il trattato internazionale di cui trattasi sarebbe diventato operante per ogni singolo Stato soltanto con la propria ratifica e spiegherebbe, quindi, efficacia solo per il tempo successivo, come disposto testualmente dall'art. 12. La convenzione rifletterebbe pertanto le sentenze pronunciate in uno Stato solo dopo l'entrata in vigore in quello Stato medesimo fissata alla scadenza del sessantesimo giorno dalla rispettiva ratifica (art. 16); con la conseguenza che la disciplina dettata dalla convenzion sarebbe inapplicabile alla sentenza in esame, essendo stata essa pronunciata prima dell'adesione della Svezia al trattato. La censura, pur partendo da presupposti esatti, perviene a conclusioni errate e non pu essere quindi accolta. Infatti, mentre esatto che: a) la convenzione dell'Aja del 15 aprile 1958, concernente il riconoscimento e l'esecuzione delle sentenze sugli obblighi alimentari verso i figli minori, stabilisce all'art. 12 che essa non si applica in relazione alle sentenze emanate prima della sua entrata in vigore; b) tale momento va individuato solo in linea generale, nel deposito del quarto strumento di ratifica (art. 16, primo comma), e, invece, per ogni singolo Stato ratificante la convenzione in data posteriore, nel sessantesimo giorno dal deposito del proprio strumento, di ratifica (articolo 16, secondo comma) non affatto conseguenziale a tali premesse ritenere che -avendo la Svezia ratificato la convenzione sopra citata dopo l'emanazione della sentenza di cui si poi chiesta la deliberazionein Italia -al relativo giudizio non potesse applicarsi la convenzione medesima. A consentire nella specie la sua applicabilit , infatti sufficiente constatare che, alloch fu emanata la sentenza svedese, l'Italia aveva gi ratificato la voncerizione in oggetto con la legge 4 agosto 1960, n. 918. Da quel momento, infatti, non v' dubbio che in Italia si sia reso operante il contenuto della convenzione e, pertanto, fosse possibile richiedere al giudice italiano, ai sensi dell'art. 2 di essa, che la decisione -resa in materia di alimenti in non approfondito appare il punto relativo alla legge regolatrice della prescrizione: se cio questa debba essere regolata dalla legge italiana o dello stato straniero. L'ultimo precedente in tema, 'm citata sen~a n. 1932 del 15 ~ugLio 1963, pu consultarsli in Giust. Civ. Mass., 1963, 9l3. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 92 Svezia, cio in uno degli Stati partecipanti alla convenzione stessa riconosciuta e resa esecutiva in Italia. E ci indipendentemente dalla successiva ratifica della convenzione stessa da parte dei competenti organi interni dello Stato svedese, non essendo subordinato, all'interno di ciascuno Stato che abbia gi ratificato una convenzione internazionale multilaterale qual' quella in oggetto, il rispetto di essa al controllo che analoga ratifica sia avvenuta anche da parte dello Stato di cui si debbono riconoscere determinati atti. Se, infatti, normalmente, un trattato internazionale entra in vigore dalla data dello scambio o del deposito delle rispettive ratifiche. da parte degli Stati contraenti, tale regola subisce eccezione per quei trattati multilaterali nei quali -come in quello de quo -sia stabilita, in linea generale, l'entrata in vigore per tutte le parti quando un determinato numero di contraenti abbiano depositate le loro ratifiche, salvo a differirla nei confronti di ogni singolo Stato che compia la ratifica posteriormente al momento del deposito di quest'ultima. Per effetto di tale disposizione infatti evidente che -verificatosi il deposito del numero prestabilito di ratifiche -per ogni Stato contraente, che ratifichi successivamente il trattato multilaterale, entra, per ci stesso, in vigore, senza che occorra il verificarsi di alcuna altra condizione di reciprocit bilaterale. Il controllo di tale ulteriore condizione potrebbe diventare necessario solo se, nel trattato multilaterale di cui trattasi, fosse stato previsto un meccanismo c.d. di bilateralizzazione , in forza del quale, al fine di rendere esecutivi in uno Stato gli atti emanati da un altro Stato necessario che i due Stati, oltre ad essere divenuti parti contraenti di una convenzione avente tale scopo, si siano accordati in tal senso per accordo complementare . Quanto sopra risulta, peraltro, in armonia con l'orientamento seguito da questa Corte (cfr., da ultimo, sent. n. 1476 del 1969) secondo cui gli artt. 796 e segg. c.p.c., nell'ammettere le sentenze straniere a giudizio di delibazione, non fanno alcun riferimento al principio della reciprocit come condizione all'ammissibilit del giudizio stesso, cio alla circostanza che anche lo Stato estero, dalla cui autorit giudiziaria stata emessa la sentenza delibanda, ammetta, a sua volta, le sentenze italiane alla delibazione per l'efficacia e l'esecuzione nel proprio territorio. (Omissis). II (Omissis). -Al quesito se l'azione di delibazione sia soggetta alla prescrizione prevista dal nostro ordinamento (che quella ordinaria, decennale) stato gi risposto positivamente da questa Corte con sen ~ !: ~j i: ~ ..-...-n....-....-.-..-.-....-.....-.-H.....-..-.-.-..-.-.-.-...-.-..-.-...-..-...-..............w.w.w.-..-.-....... ᥥ .-yp"""'""''."ᥥᥥ c.-crccrcuwcrrcrcJ PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE tenza n. 1932 del 1963. Ma i rilievi ad essa mossi dalla dottrina inducono ad un riesame completo della questione stessa. Occorre innanzi tutto delineare la struttura del giudizio di delibazione secondo il codice di procedura civile del 1942. La sentenza italiana di delibazione non nazionalizza la sentenza straniera nel senso di farne proprio il contenuto (tesi della ricezione materiale), ma costituisce soltanto il presupposto (la condicio iuris) per la sua efficacia. Quindi la sentenza straniera che continua a produrre gli effetti esecutivi, gli effetti del giudicato e tutti gli altri eventuali effetti che sono propri dell'atto giurisdizionale, come chiaramente emerge dal secondo comma dell'art. 797 c.p.c. in cui si stabilisce che ai fini dell'attuazione della sentenza straniera in Italia, il titolo costituito dalla stessa sentenza straniera e da quella della Corte d'Appello che ne dichiara la efficacia. Da questa ricostruzione si deducono due conseguenze: a) la sentenza italiana di delibazione ha per oggetto non il rapporto sostanziale oggetto della sentenza straniera, ma esclusivamente la idoneit della sentenza straniera a spiegare efficacia nell'ordinamento italiano; b) l'azione, derivante dalla esistenza di una sentenza straniera e tendente a farla dichiarare efficace nel nostro ordinamento, non soltanto non la stessa azione eventualmente spettante all'attore in base al rapporto giuridico fondamentale (esperibile per le vie ordinarie avanti al giudice italiano, se la lite rientra nei limiti della giurisdizione italiana fino a quando non sia passata in giudicato la sentenza straniera che la risolve, come previsto a'l n. 6 del citato art. 797), ma non va neppure confusa con l'actio iudicati nascente dalla predetta sentenza straniera, perch non mira semplicemente all'esecuzione, ma ad effetto pi ampio per la sua natura e pi ristretto per il suo ambito territoriale: cio alla dichiarazione di efficacia giuridica in Italia. Essa , dunque, un'azione autonoma, tendente ad una pronuncia di effetti meramente processuali. Da questa conclusione due corollari: 1) nel giudizio di delibazione non ammissibile discutere se sia prescritto il diritto fatto valere avanti al giudice straniero (cfr. in tal senso sent. 5 febbraio 1926 e n. 2362 del 1936). Quindi, nessuna rilevanza pu avere nella specie l'invocata imprescrittibilit del diritto agli alimenti fatto valere avanti al giudice svedese; 2) la questione della prescrizione dell'azione di delibazione diversa e preliminare rispetto all'altra questione se, per delibare una sentenza straniera, occorra o meno verificare se essa, secondo l'ordinamento da cui scaturita, sia ancora efficace o sia eventualmente gi prescritta (come ritenuto da questa Corte con la sent. n. 2362 del 1936). Resta ora da esaminare se l'azione di delibazione, come sopra delineata e distinta, sia soggetta a prescrizione. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO A tal fine appaiono decisivi i seguenti tre punti: 1) se la prescrizione, nel nostro ordinamento, possa avere ad oggetto oltrech i diritti, anche le azioni; 2) se -ammessa la soluzione positiva -il giudizio di delibazione di cui all'art. 796 c.p.c. sia un giudizio meramente dichiarativo (come tale imprescrittibile) ovvero costitutivo; 3) se -ammesso il carattere costitutivo di un siffatto giudizio il nostro ordinamento non preveda. un'altro giudizio meramente dichiarativo finalizzato al riconoscimento della sentenza straniera in Italia. Primo .punto. :: innegabile che l'istanza di delibazione si configura propriamente pi come una azione (o diritto d'azione) che non come un diritto in senso stretto, in quanto con essa si vuol far valere non quel diritto ad una prestazione in una direzione personale determinata che equipara, sulla soglia del processo, i diritti assoluti e relativi, reali e personali e che il convenuto avrebbe potuto adempiere e non ha adempiuto, ma un diritto protestativo ad ottenere un risultato (la delibazione), che l'avver-. sario non pu n impedire n soddisfare. Tuttavia, soggetti a prescrizione debbono ritenersi nel nostro ordinamento non soltnto i diritti, ma anche le azioni (che non vanno confuse con i c.d. diritti facoltativi). Se vero, infatti, che mentre l'art. 3135 vecchio e.e. riferiva la prescrizione alle azioni (... tutte le azioni si prescrivono... ), l'art. 2934 nuovo cod. civ. la riferisce ai diritti ( ... ogni diritto si estingue per presc:r:izione... ), pur vero che: 1) come la dottrina non ha mancato di rilevare, la terminologia del nuovo cod. civ. non costante. Negli artt. 249, 533, 606, 1422, 1442, 1495 la prescrizione riferita all'azione; nell'art. 480 si parla di prescrizione del diritto pur versandosi in tema di semplice facolt. In particolare taluni articoli (tra cui ad es.: gli artt. 387 e 502) paiono sottoporre a prescrizione non solo i diritti in senso stretto, ma anche taluni diritti potestativi e lo stesso potere di impugnativa; 2) la formulazione dell'art. 2934 e la preferenza in esso data al termine diritto si giustifica col proposito del legislatore di superare un'annosa disputa dottrinaria circa l'oggetto della prescrizione, privando di fondamento l'opinione che essa colpisse non il mancato esercizio del diritto, ma soltanto la mancata reazione giudiziaria del titolare aria sua violazione, s da determinare, quindi, non l'estinzione del diritto in s, ma semplicemente dell'azione.concessa dall'ordinamento a sua tutela. Pertanto, pare ragionevole che il termine diritto contenuto nel citato art. 2934 debba intendersi non in senso letterale e riduttivo, ma in senso ampio, comprensivo di tutte le situazioni giuridiche attive; 3) la prescrizione ha per scopo di far cessare l'incertezza dei diritti, consolidando con il decorso del tempo uno stato di fatto contrario al diritto e rendendolo esso stesso giuridico oppure sanando uno stato PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE giuridico difettoso, sicch ci che si perde con la prescrizione appunto quel potere di mutare lo stato di fatto o di diritto difettoso in cui si sostanzia l'azione. Del resto che la prescrizione sia legata all'azione risulta anche dalla regola contra non valentem agere non currit praescriptio di cui all'art. 2935 e.e. Secondo punto. vero che le azioni di mero accertamento sono ritenute, in genere, imprescrittibili perch esse non tendono a fare cessare uno stato di fatto contrario al diritto, ma semplicemente ad accertare qual' lo stato di fatto conforme al diritto, facendo cessare solo lo stato di incertezza esi stente al riguardo: con esse -ih altri termini non si accerta che qual cosa deve avvenire ma solo che qualcosa gi avvenuto. Ma l'azione di delibazione -come tutta la dottrina pressoch una. nime riconosce -tende non ad un mero accertamento, bens ad un accertamento costitutivo. Infatti, solo in alcune norme speciali (quali quelle previste ad es. in taluni trattati internazionali) il legislatore ita liano considera sufficiente, per attribuire efficacia alle sentenze straniere o di organi giudiziari internazionali, che essere rispondano a determinati requisiti: nel sistema del vigente c.p.c. si pone, invece, un'ulteriore condizione e, cio, l'accertamento giudiziale dei presupposti cui l'attribuzione di efficacia resta subordinata. Si ha, cos, una sentenza indubbiamente costitutiva, perch con essa si attua s una preesistente volont di legge ma, in quanto la legge con nette o condiziona un determinato mutamento giuridico all'accertamento giudiziario, questo diventa, per virt di legge, la concausa necessaria di quello. E le azioni di accertamento costitutivo sono normalmente soggette a prescrizioni, che sanziona non soltanto l'omessa reazione ad una vio lazione di un diritto, ma anche l'omesso esercizio del diritto a chiedere un mutamento di una situazione giuridica. Terzo punto. Si sostiene in dottrina che l'istituto della delibazione incidentale in corso di causa :_ consentita dall'art. 799 c.p.c. come pura e semplice incidentalis cognitio a qualsiasi giudice italiano (e non alla sola Corte d'Appello), senza eff~to di giudicato ma anche, senza limiti di. tempo -costringerebbe a ritenere anche la delibazion in via principale nonostante la formulazione in termini generali degli artt. 796 e 797, necessaria soltanto agli effetti dell'esecuzione forzata, cos come era nel vecchio cod. proc. civ. (artt. 559 e 941), e che, conseguentemente l'accertamento dei requisiti di cui all'art. 797 sia un mero accertamento (come tale imprescrittibile) -quando esso sia volto solo a riconoscere nella sentenza straniera gli effetti del giudicato ed, invece, un accertamento costitutivo quando miri ad attribuirgli anche efficacia esecutiva. Trattasi di una tesi certamente meritevole della massima considerazione, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO non fosse altro perch in linea con l'esigenza universalmente sentita di poter far valere quando occorra, e quindi senza limiti di tempo, avanti al giudice italiano lo status personale derivante da un giudicato straniero; ma, nel caso in esame, quand'anche si aderisse ad essa, il ricorrente non ne trarrebbe vantaggio concreto. Infatti, la distinzione tra i due possibili giudizi di delibazione sopra delineati potrebbe essere utile a ritenere non soggetta a prescrizione l'azione di delibazione di una sentenza dichiarativa o costitutiva ma non mai, come nella specie, di una sentenza di condanna. Quando, invero, si chiede la delibazione di una sentenza di condanna, per effetto della sua stessa natura, si chiede non soltanto il riconoscimento della regiudicata, ma anche l'attribuzione dell'efficacia esecutiva. Il giudizio di delibazione porta, cio, ad attribuire al giudicato straniero lo stesso valore che ha un giudicato italiano nel medesimo contenuto e una sentenza italiana di condanna passata in giudicato ha efficacia esecutiva. L'esame dei suesposti tre punti sembra autorizzare la conclusione che l'azione di delibazione di una sentenza straniera di condanna soggetta alla prescrizione ordinaria di dieci anni prevista nell'art. 2946 e.e. cos come, ha ritenuto nella sentenza impugnata. Ci posto, non ha pi rilievo accertare se la sentenza straniera fosse ancora efficace in base allo stesso ordinamento straniero nel cui ambito stata pronunciata ovvero se l'actio indicati da essa derivante fosse gi per avvenuta prescritta e, quindi, sotto tale riflesso non pi delibabile in Italia. -(Omissis). SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 7 giugno 1977, n. 548 -Pres. Roehrssen Est. Rizzo -Confuorto ed altri (avv. Lucisano) c. Direzione provin ciale tesoro di Roma (avv. Stato Mataloni). Impiego pubblico -Pensionati statali -Pensionato dello Stato riassunto 'presso un ente pubblico -Sospensione pagamento indennit integra tiva speciale Controversia -Giurisdizione esclusiva Sussiste. Giustizia amministrativa -Pensionati statali -Atti definitivi -Provvedi menti della Direzione provinciale del Tesoro per recupero somme Definitivit Sussiste. Impiego pubblico Pensionati statali -Riassunzione -Cumulabilit di assegni e pensioni Indennit integrativa speciale -Illegittimit della sospensione Fattispecie -Limiti. Qualora l'Amministrazione disponga la sospensione del pagamento della indennit integrativa speciale in precedenza corrisposta ad un pen'. sionato dello Stato riassunto in servizio presso un Ente pubblico che analoga indennit corrisponda, la relativa controversia appartiene alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (1). (1-3) Su alcuni effetti collegati al cumulo di impieghi pubblici. Il principio che la controversia concernente la sospensione del lJagamento dell'indennit integrativa speciale ad un pensionato statale riassunto in servizio presso altro ente sia riservata alla giurisdizione esclusiva trova ampio conforto giur.isprudenzia:le (cfr. in termini Ad. PI. 6 novembre 1964, n. 22, in Il Consiglio di Stato, 1964, I, 11885; Ad. PI. 28 novembre 1970 n. '12, ivi, 1970, I, 1840; Sez. IV .17 maggio ,1977 n. 480, ivi 1977, I, 739; Cass. SS.UU. 22 maggio 1963 n. 1354, dn Foro It. Mass. 1963, 400; Cass. 29 aprile 1967 n. 798, in Giust. Civ. Mass. 1967, 398). Tulle giuris:prudenza 1puntua!Li.zza, iil i'5ipede, il rapporto fra la com;>etenza del Giudice amministrativo e quella della Corte dei Conti, ristretta quest'ultima all'ambito delle contestazioni sul diritto stesso alla pensii. one, sulla sua misura e decorrenza, con esclusione di quelle successive alla liquidazione del trattamento pensionistico, relative ad esempio agli effetti del nuovo rap'porto dd impiego pubblico collegato alla riassunzione in servizio del pensionato. Per quanto concerne lii cumulo di retribuzioni e indennit integrative speciali a favore di un impiegato in servizio che risulti prestare la propria opera in due amministrazioni diverse, in linea generale va esclusa la possibilit di detto cumulo; invero l'art. 65 del T.U. sugli impiegati civili dello Stato ammette il cumulo dd dmpieghi solo come eccezione che deve essere prevista da una legge speciale; in ogni caso non sembra mai consentita la doppia percezione della indennit integrativa speciale. ffi ffi RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO @ In forza dei decreti legislativi delegati emanati per l'attuazione del decentramento amministrativo da ritenersi compreso fra gli atti devo~ i' luti ad organi perif eri~i e, come tale, definitivo anche il provvedimento emanato dalla Direzione provinciale del Tesoro ex art. 3 D.P.R. 30 giugno 1955, n. 1344, con il quale viene disposto il recupero di somme indebitamente percepite da un pensionato statale (2). Poich l'indennit integrativa speciale che gli istituti previdenziali II (INAIL, INPS, INAM) corrispondevano autonomamente ai propri dipen ! ~ Il citato articolo 65 fissa la norma di carattere generale che collega alla assunzione dii altro impiego l'effetto della cessazione di diritto dell'impiego 'precedente; interessante osservare che tale articolo, pur ponendo il divieto ~ di cumulo di impieghi pubblici, non contiene alcuna disposizione di carattere ~ sanzionatonio, n previsioni di natura disciplinare. II La giurisprudenza amministrativa (cfr. ad esempio Consiglio di Stato Sez. V, 31 gennaio 1967 n. 39, in Il Consiglio di Stato 1967, I, 34; Sez. VI, ,14 marzo 1975 n. 105, ivi, 1975, I, 344) ha ritenuto costantemente di dover !interpretare tale norma nel senso che, nel caso in cui l'impiegato statale gi vincolato da un precedente rapporto di impiego manifesti la volont di accettare il secondo posto, sorger senz'altro il nuovo rapporto, che sar cos giunidicamente effiI I cace, anche se l'impiegato, per non aver tempestivamente rinunciato al primo, abbia determinato una situazione di incompatibilit, esponendosi alle conseguenti sailZlioni disciplinari (e, aggiungeremmo, anche a quelle penali in ipotesi sussistenti, specie n relazione alle particolari modaltt seguite per consegurire il doppio posto: ad es. azioni ricadenti nella sfera punitiva degli artt. 495, 496, 640, 2 comma, c.p.). Invero, il cumulo di ampieghi si realizza non gi con il semplice conferi 'l:li ~ mento di. altro impiego al dipendente, bens se e quando iJl secondo ;impiego :: venga assunto senza rinunzia al primo; l'incompatibilit fra due impiegrn pub;,[ blici, fissata dd norma in linea generale, non va oltre un certo limite riguardata [ quanto agli effetti: essa infatti importa solo che la persona nominata al secondo ?.~ impiego non pu accettarlo senza far cessare il preesistente rapporto, non gi che la seconda Amministvazione possa rifiutarsi dd assumere l'interessato i con la motivazione che quest'ultimo gi legato da rapporti di impiego con t~ r-: altra Amministrazione. ID Cosicch il cumulo di impieghi non dar mai luogo alla illegittimit del ~ conferimento del secondo impiego, ma sempre e solo alla decadenza dalm l'impiego precedente. Tale decadenza operer automaticamente sull'unico, obiet ! ~~ tivo presupposto del cumulo, senza quindi che nel provvedimento relativo possa inseriirsi alcuna valutazione di tipo discrezionale. Confortano siffatte conclusioni ConSliglio di Stato Sez. VI 3 maggio 1961 n. 415 (.in Il Consiglio di Stato 1961, I, 959); .Sez. V 27 febbraio -1965 n. 156; (ivi, 1965, I, 285); Sez. V 9 novembre 1957, n 896 (ivi, 1957. I, 1400); Sez. V ;-: 24 marzo 1970 n. 300 (ivi, 1970, I, 450). f~ Sotto il profilo della valutazione della gravit dei reati [potizzabili in t subiecta materia, gravit richiesta fra l'altro dall'art. 91 del Testo Unico .lQ gen1=: naio 1957 n. 3, ricordiamo che, ad esempio, per il personale docente della scuola 1:: media solo con il D.P.R. 31 maggio 1974 n. 417 stato normativamente ed esplicitamente sancito il divieto del cumulo, laddove Jn passato la ammissibilit del );: cumulo, quale eccezione al generale divieto posto dal richiamato art. 65, era 'F. i: ~. u.crrr-:_-:_r.-rr..-..-,..,..,..-;,..,..,..,..-.......................................................I'"''"''""''""""'""""""'""'"'""""'"""""''' , .......................................................................................................................1.1 99 PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA denti e che successivamente stata conglobata nello stipendio riveste -per l'importo conglobato -natura giuridica diversa dalla indennit integrativa speciale erogata ai dipendenti statali, ne consegue che, qualora tale indennit (che sia stata erogata in uno con il trattamento di servizio) risulti -al netto della quota a suo tempo conglobata -inferiore a quella corrisposta unitamente al trattamento di pensionato statale, la mancata corresponsione di quest'ultima nonch la sospensione o il recupero della medesima sono illegittimi ex art. 7, comma 7, della legge 27 maggio 1959, n. 324 (3). espressamente prevista da norme S'peciali (cfr. ad esempio art. 3 R.D.L. 1 giugno 11946, n. 539; art. 24 D.P.R. 5 giugno 1965, n. 749), in ordine alle quali la stessa Corte CostitU2lionale, con sentenza 6 novembre 1970, n. 152 (in Foro It. 1970, I, 2641), sul presupposto specifico della legittimit del cumulo, si pronunci per l'incostituzionalit proprio di alcune norme che prevedevano una decurtazione del compenso spettante per incaricati e supplenti che rivestivano altro impiego pubblico di ruolo e non di ruolo. Attualmente, comunque, l'art. 91 del citato D.P.R. 417/1974 ha radicalmente innovato al riguardo; esso, infatti, nel contemplare es:Plicitamente il divieto di cumulo di impieghi, stabilisce che l'ufficio di docente... non cumulabile con a!Ltro xapporito di impiego pubblico. ![ predetto personale che assume a:lrtro illllPego pubblico tenuto a darne nmediata notizia a!Ll'Am:mirniistrazione. ,L'assunzione del J11Uovo impiego importa la ,cessazione di dmtto dailil'imrpiego precedente... . Il collegamento fra il terzo e il primo comma dell'articolo in esame induce a ritenere che ~'ipotesi cui intendeva rll:eria.isi il' legisi!Jatoce non era quella dell'impiegato di altra Amministrazione che assuma la qualifica di docente, ma solo il contrario, e cio quella del docente che decida dii assumere altro impiego pubblico, circostanza che comporta la cessazione ipso iure della qualifica di docente. Tuttavia anche il caso inverso (impiegato di altra Amministrazione che assuma la qualifica di docente) sembra destinato a identica soluzione, la quale si armonizza perfettamente, del resto, con il principio di ordine generale con tenuto nell'art. 65 gi ricordato, che collega per l'appunto all'assunzione di altro impiego solo l'effetto della cessazione di diritto dall'impiego precedente. RAFFAELE TAMIOZZO CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 7 giugno 1977, n. 569 -Pres. Roehrssen Est. Carbone -Cascio (avv. Magazz e Tinaglia) c. Prefetto di Palermo (avv. Stato Ferri). Giustizia amministrativa -Misure. di prevenzione -Sicurezza pubblica Atti del Questore -Natura -Impugnabilit immediata. Sicurezza pubblica -Misure di prevenzione -Diffida del Questore -Natura -Presupposti Limiti. 100 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO Sicurezza pubblica -Misure di prevenzione Diffida del Questore -Rapporto con precedente rilascio di porto d'arma -Irrilevanza. L'atto di diffida pronunciato dal Questore in applicazione dell'art. 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, non soltanto in posizione di pregiudizialit e strumentalit in ordine alle misure di prevenzione indicate agli artt. 2 e 3 del testo normativo citato, ma riveste altres un contenuto autonomo, con riflessi negativi nei confronti del diffidato e con possibilit, in particolare, di incidere direttamente su interessi giuridicamente tutelati, circostanza quest'ultima che ne giustifica la autonoma impugnativa da parte del soggetto inciso (1). (l-3) Sfera di applicazione delle misure di sicurezza di competenza del Questore. Sulla prima massima della decisione che si annota esiste giurisprudenza consolidata sia della Suprema Corte che del Consiglio di Stato (cfr. ad es. Sez. IV 9 novembre 1976 n. 1038, dn Il Consiglio di Stato 1976, I, 1175). In realt appare problematico negare che col prowedimento di diffida venga ineluttabilmente coinvolto il deldcato settore degli interessi della moralit e della onorabilit personale. intrinsecamente connesso alla diffida -come del resto motiva la stessa decisione all'esame -un certo comportamento di carattere generale che induca a presumere non tanto l'esistenza di reati consumati, quanto piuttosto una mera disponibilit a consumarli, tendenza che non esclusa dall'agire del soggetto nell'ambito del mercato delle aree e delle connesse attivit edilizie che ...costituiscono tipica zona di operazioni della nuova mafia ; n detta tendenzialit pu essere esclusa solo con l'addurre ..una fortunata e prohmgata attivit economica nel settore, oppure i buoni rapporti creditizi e amministrativi che costituiscono comunque la regola di ogni attivit e collusione mafiosa" In linea pi generale, ricordiamo che, ai sensi dell'art. 1 legge 27 dicembre 1956, n. 1423, la diffida e il provvedimento di riimpatrio trovano applica21ione nei confronti delle seguenti categorie di soggetti: '1) gld oziosi e i vagabondi abituali, validi al lavoro; 2) coloro che sono abitualmente e notoriamente dediti a traffici illeciti; 3) coloro che, per la condotta e il tenore di vita, debba ritenersi che vivano abitualmente, anche in parte, con il provento di delitti o con il favoreggiamento o che, per le manifestazioni cui abbiano dato luogo, diano fondato motivo di ritenere che siano rprocliivi a delinquere; 4) coloro che per il loro comportamento sdano ritenuti dediti a favorire o sfruttare la prostituzione o la tratta delle donne o la corrurione dei minori, ad esercitare il contrabbando, owero ad esercitare il traffico illecito di sostanze tossiche o stupefacenti o ad agevolarne dolosamente l'uso; 5) coloro che svolgono abitualmente altre attivit contrarne alla morale pubblica e al buon costume. Il rimpatrio, in particolare, trova applicazione qualora le persone di cui alla predetta elencazione siano pericolose per la sicurezza pubblica o per la pubblica moralit e si trovino fuori dei luoghi di residenza (arg. ex art. 2, legge 1423/11956). Sia il provvedimento di diffida che quello di rimpatrio debbono essere motivati; entrambi, in buona sostanza, mirano ad impedire, a prevenire la ~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 101 La motivazione di un provvedimento di diffida adottato dal Questore ai sensi dell'art. 1 legge 27 dicembre 1956, n. 1423, va necessariamente correlata alla natura dell'istituto -volto per l'appunto ad accertare situazioni e comportamenti non ancora coagulati in circostanze e fatti tali da concretizzare addebiti specifici, ma pur sempre sufficienti a giustificare un provvedimento preliminare e meramente contestativo in senso lato, prodromico alla comminazione delle vere e proprie misure di prevenzione -e quindi ben pu riferirsi a generici indizi e circostanze di natura solo tendenziale ma comunque significative se complessivamente e univocamente considerate (2). possibilit della comn11ss1one di fatti. illeciti, con 1a conseguenza, facilmente comprensibile per la natura stessa di detti provvedimenti, che entrambi non sono affatto condizionati dalla effettiva esistenza di condanne penali. Significativo al riguardo quanto affermato dalla Procura Generale presso la Corte d'Ap:pello di Torino: Le misure di prevenzione (disciplinate dalla legge 27 dicembre 1956, n . .1423) non sono affatto legate n all'accertamento di una pregressa attivit criminosa, n a quello della capacit a delinquere; bens all'accertamento che la persona sia da considerare pericolosa per la sicurezza pubblica o la pubblica mora1it, a causa di comportamenti che, anche se non sufficienti a provare la violazione della legge penale, siano tuttavia indicativi di un modo di vivere tale da far 11itenere il soggetto proclive a delinquere (cfr. impugnativa Proc. Gen. Repubqlica Torino, 26 marzo 1974, c/ Paoli Vincenzo). Alla base di ogni provvedimento di diffida o di rimpatrio vi dunque il motivo primario della considerazione e valutazione della sicurezza pubblica, considerazione e valutazione che vanno effettuate nel ;pieno e rigoroso rispetto degli schemi normativi all'uopo predisposti dalla citata legge 1423/1956. Costituisce puntuale applricazione di tale ordine di principi la sentenza del Pretore di Napoli 8 gennaio 1964 (in Arch. Pen. 1965, Il, 309), secondo la quale il provvedimento di rimpatrio (che costituisce misura di prevenzione applicata direttamente dall'Autorit di p.s. al di fuori di un controllo immediato dell'A.G.) deve essere adeguatamente motivato; peraltro sufficiente che tale motivazione consista nella indicazione di fatti (e quindi non necessariamente di. condanne penali), specifici e concreti, dai quali risulti che :hl rimpatriando appartenga ad una delle cinque categorie sopra indicate e sia altres pericoloso per la sicurezza pubblica. Altrettanto decisiva appare la decisione 11 dicembre 1970 della Cassazione (Sez. I" Pen., in La Giustizia Penale 1971, II, 843) che qualifica la pericolosit considerata dalla legge 1423/1956 come perdcolosit sociale in senso lato, com prendente cio, da un lato, la semplice immoralit non costituente reato, e dall'altro, la accertata predisposizione al de1itto e la presunta vita delittuosa di un soggetto nei confronti del quale non si raggiunga una '.Prova sicura di reit per un delitto; tale pericolosit -soggiunge il Supremo Collegio non necessariamente collegata ad una affermamone di colpevolezza per reato, ma si ricava dall'esame dell'intera personalit del soggetto e da situazioni che giustificano sospetti e presunzioni, purch gli uni e le altre appaiano fondati su elementi obietti.vi e su fatti specifici ed accertati, quali la compagnia di pregiudicati, l'omert, la mancanza di stabile lavoro, il tenore di vita e le RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Non sussiste alcuna contraddittoriet ma semplice successione storico- conoscitiva fra il provvedimento di diffida pronunciato dal Questore ex art. 1 legge 27 dicembre 1956, n. 1423, e un precedent.e rilascio della licenza di porto d'armi, ben potendo emergere, successivamente all'espletamento dell'istruttoria per il rilascio del porto d'armi, elementi di valu-' 'fazione della condotta e dell'affidabilit del soggetto del tutto diversi e contrastanti .con il quadro di valutazione anteriormente acquisito (3). denunce per deltti anche colposi (cf.r. in termini anche Sez. I, 31 ottobre 1969, in Giust. Pen. 1970, II, 620, 1432; Sez. I, 29 marzo .1965, ivi, 1965, III, 467, 522). La natura discrezionale del .giudizio di pericolosit .(attenendo esso ad un criterio di possibilit, o meglio di probabilit, comunque :proiettato nel futuro) comporta la impossibilit per n Giudice, anche quello Amministrativo, di sosllituire tna propria valutazione a quella del Questore, e ci specificamente in relazione alla preclusione, posta dall'art. 5, legge 20 marzo 1865, n. 2248, All. E, cli compiere un sindacato di merito sull'atto amministrativo discrezionale (cl.r. Cass. Sez. 1 Pen. 18 aip:rdle 1972, in Giust. Pen. 1973, III, 425). RAFFAELE TA~AIOZZO CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 7 giugno 1977, n. 574 -Pres. Roehrssen Est. Giovannini -Cipriano (avv. Ranieri) c. Annunziata (n.c.). - Giurisdizione amministrativa Limiti. -Spese giudiziali Presupposto -Effetti . Giurisdizione amministrativa Deposito del ricorso -Onere Effetti Dichiarazione di decadenza Necessit di apposito ricorso Sussiste. Giurisdizione amministrativa Spese del giudizio -Omesso deposito del ricorso Condanna alle spese Necessit di apposito ricorso Sussiste. Poich la condanna alle spese pu scaturire solo come effetto della soccombenza pronunciata nei confronti della parte onerata in relazione alla decisione in rito o in merito sulla controversia, non sussiste alcuna possibilit di una autonoma statuizione sulla domanda relativa alle spese del giudizio amministrativo (1). Posto che si vogliano considerare la notifica e il deposito del ricorso giurisdizionale amministrativo come componenti di una unica fattispecie (1-5) La decisione 574/Sez. IV chiarisce alcuni effetti del principio generale secondo cui la pronuncia di condanna alle spese segue sempre e necessariamente la soccombenza in relazione ad un giudizio effettivamente e formall I ! i ~ ! ( PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 103 complessa, l'introduzione del giudizio amministrativo si perfeziona all'atto del deposito presso la Segreteria dell'organo giurisdizionale amministrativo adito, deposito da eseguirsi, ex art. 36 t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, con l'originale del ricorso e che non potrebbe essere sostituito con il deposito a cura di una delle parti intimate della copia del ricorso alla medesima notificata; pertanto le controparti, che abbiano interesse a chiedere la pronuncia di decadenza ai fini della condanna del ricorrente inadempiente al deposito del ricorso, non essendo sufficiente un semplice controricorso o memoria, strumenti idonei solo ove fosse gi esistente un rapporto processuale che invece nella fattispecie ipotizzata non si mai instaurato (2). Qualora in caso di mancato deposito dell'originale del ricorso presso la competente Segreteria del Giudice adito in grado di appello da parte del soccombente in primo grado, l'appellato non abbia introdotto un ricorso autonomo con richiesta di declaratoria di decadenza, dovr essere pronunciata la inammissibilit del ricorso con cui l'appellato stesso si limiti a chiedere la condanna dell'appellante al pagamento delle spese del giudizio di appello (3). mente instaurato, condizione che si realizza in sede giurisdi:llionale amministrativa con fa notifica e il deposito presso la Segreteria de:l'l'ol1ig1naJe notificato del ricorso a cura del ricorrente. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 7 giugno 1977, n. 577 -Pres. De Capua Est. Imperatrice -Comune di Ancona (avv. Galvani) c. Sindaco di Ancona (avv. Stato Gargiulo), Vignati ed altro (avv. Felici} e Montanari (.c.) -Appello T.A.R. Marche 9 maggio 1975, n. 39. Requisizione -Provvedimento di derequisizione -Competenza della Giunta -Non sussiste. Requisizione -Esigenza di provvedere a case per terremotati -Inesistenza della immediatezza rispetto all'evento calamitoso -Effetti. Giudizio amministrativo -Impugnabilit di un atto non definitivo -Sussiste. Giudizio amministrativo -Giudizio di appello - Dies a quo -Necessit di notifica della sentenza di primo grado al procuratore costituito . Sussiste -Fattispecie in tema di mancata notificazione della sentenza alla Avvocatur~ dello Stato domiciliataria ex lege del Sindaco quale Ufficiale di Governo. 9 104 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Giudizio amministrativo Revoca ex nunc dell'atto impugnato Effetti in ordine alla cessazione della materia del contendere Limiti. La Giunta municipale non competente di derequisizione di immobili, spettando la esclusiva al Sindaco (1). in ordine ad una domanda relativa competenza in via Non pu essere disposta la rinnovazione di una requisizione di immobili per necessit di alloggi di terremotati ove l'autorit competente motivi il rinnovo con il semplice perdurare della situazione dei senza tetto senza alcun riferimento alla impossibilit di adottare soluzioni alternative di rimedio rispetto agli atti dispositvi della propriet privata, ed altres al di fuori della immediatezza dell'evento che ha determinato l'esigenza dell'intervento di urgenza (2). Ai sensi dell'art. 20 legge 6 dicembre 1971, n. 1034, irrilevante ai fini della ammissibilit del ricorso giurisdizionale al T.A.R. la non definitivit dell'ordinanza con cui il sindaco, quale Ufficiale di governo, dispone la rinnovazione di una requisizione di immobili (3). Qualora la sentenza di primo grado non sia stata notificata presso l'Avvocatura dello Stato domiciliataria ex lege, da considerarsi tempestivo ex artt. 28, comma 2, legge 6 diembre 1971, n. 1034 e 330 c.p.c. per mancato decorso del termine per l'impugnazione, l'appello proposto in materia di requisizione da un Sindaco quale Ufficiale di governo (4). Non vale a produrre l'effetto della cessazione della materia del contendere la revoca del provvedimento impugnato, ci in considerazione della efficacia ex nunc della medesima (5). (1-5) Sulla competenza in materia di requisizione cfr. Sez. IV, 22 giugno 1976, n. 486; Csi 29 ottobre 1976, li. 281, in questa Rassegna 11977, I, 136 e sgg. con nota di commento. Sulla proponibilit del ricorso giurisdizionale amministrativo anche contro atti non definitivi cfr. fra le tante Sez. IV, 29 aprile 1977, n. 446 (in Il Consiglio di Stato .1977, I, 578); Sez. VI, 13 maggio 1977 n. 417 (ivi, 1977, I, 855); Sez. IV, 9 luglio 1974, n. 532 (ivi, J.974, I, 891). Sull'ultima massima, essa pure consolidata, in giurisprudenza, non solo con riferimento alla sopravvenuta revoca, ma altres al sopravvenuto annullamento e al successivo provvedimento che sospenda senza altri effetti l'efficacia del provvedimento impugnato, cfr. Ad. PI. 30 novembre 1970 n. 91 '(in Foro Amm.vo 1970, I, 2, 1122); Sez. IV, 20 aprile 1971, n. 452 (ivi, '1971, I, 2, 419). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 7 giugno 1977, n. 582 Pres. De Capua Est. Trotta Pietrovito ed altri (avv. Lanciano) c. Amministrazione finanze Stato (n.c.). Giustizia amministrativa Esecuzione di giudicato Ammissione del ri decisioni dell'A.G.O. Suscorso per ottemperanza relativamente a siste Fattispecie di giudizio di opposizione ad ingiunzione fiscale. Poich la disciplina prevista dall'art. 27 del t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, trova applicazione di carattere generale, possibile proporre il 105 PARTE i, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA ricorso per ottemperanza di giudicato anche per le decisioni dell'A.G.O. che comportino la condanna dell'Amministrazione al pagamento di spese processuali (ad esempio liquidate in una sentenza di accoglimento di una opposizione ad ingiunzione fiscale), qualora si sia configurato un comportamento inerte e passivo dell'Amministrazione stessa di fronte alle diffide ritualmente inoltrate dalla parte vittoriosa (1). (1) L'Adunanza Plenaria con decisione 9 marzo 1973, n. 1 (~ Il Consiglio di Stato 11973, I, 35'1), esclusa l'alternativit fra i due strumenti dell'esecuzione forzata ordinaria e dell'esecuzione in sede amministrativa ex art. 27 (nel senso cio che l'uno potesse escldere raitrn), stabiil che l'dnteressato pu scegliere fra entrambi i rimedi, che sono pertanto da ritenere fra loro concorrenti e quindi esperibili anche contestualmente. Cfr., in termini, anche Csi. ;16 marzo 1972, n. 296 (ivi 1972, I, 508); Csi. 24 febbraio 1975, n. 19 (ivi 1975, I, 204); in dottrina, per una critica alla tesi della ammissibilit del giudizio chi ottemperanza in subiecta materia cfr. FIGLIOLI, Doppia tutel: azione esecutiva e giudizio di ottemperanza a favore del creditore della Pubblica Amministrazione, in Giurispr. It., 1974, III, 1, 51. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 21 giugno 1977, n. 618 -Pres. De Capua Est. Giovannini - Boni (avv. Vacca) c. Presidenza Consiglio Ministri e Istituto centrale di Statistica (avv. Stato Viola) e Di Paola ed altri (n.c.). Impiego pubblico Concorsi -Requisiti -Esclusione per valutazione del requisito di buona condotta Pendenza. di procedimento penale Valutazione del fatto Legittimit dell'esclusione Sussiste. Giudizio amministrativo Ricorso giurisdizionale Inammissibilit di motivi dedotti in memoria non notificata a controparte . Sussiste. Impiego pubblico Concorsi Nomina vincitori Accertamento dei requisiti. di buona condotta al momento della nomina Espressa previsione nel bando Legittimit dell'esclusione Sussiste. Legittimamente va pronunciata l'esclusione della nomina di un vincitore di un pubblico concorso con la motivazione della mancanza del requisito della buona condotta, accertata in relazione non alla semplice pendenza di un procedimento penale segnalato dal candidato fin dalla domanda di ammissione, ma altres a dati diversi di cui l'Amministrazione sia venuta a conoscenza autonomamente e in un secondo tempo (1).. Sussiste inammissibilit dei motivi dedotti con semplice memoria che non risulti notificata alla controparte (2). legittimo il provvedimento di esclusione da un pubblico concorsa pronunciato -al momento in cui si sarebbe dovuto procedere alla no (1-3) Sul concetto d precedente penale ai fini della esclusione da un pubblico concorso (che non coincide con la presenza di un procedimento penale in corso, ma solo con un riconoscimento d colpeovlezza a seguito di sentenza RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 106 mina del vincitore -sulla base di accertamenti compiuti autonomamente dall'Amministrazione, ci qualora il bando espressamente preveda la subordinazione della nomina al possesso dei prescritti requisiti, da valutarsi anche al momento stesso della nomina ove gi non sia intervenuto diniego di ammissione o esclusione dal concorso stesso (3). definitiva) cfr. T.A.R. Lazio, II Sez., 4 febbraio 1976, n. 63 (in I Tribunali Amministrativi Regionali, 1976, I, 778). La possibiLit della valutazione di un fatto che ha dato luogo a condanna ai fini de1l'aocer.tarnento del requisito della buona condotta e ri!ndipendente mente dalla successiva riabilitazione del condannato stata riconosciuta dalla Sez. VI nella decisione 19 ottobre 1976, n. 329 (in Il Consiglio di Stato, 1976, I, J.084). Neppure l'assoluzione in sede penale per amnistia comporta preclusione per la Pubblica Amministrazione ad esercitare il potere di considerare i fatti che diedero luogo al procedimento penale pro>rio al fine della valutazione del requisito della buona condotta di un partecipante ad un concorso per pubblico impiego (cfr. parere Sez. II Consiglio di Stato, n. 72 del 6 febbraio 1973, in Il Consiglio di Stato, 1973, I, 1993). Il particolare rigore evidenziato nelle decisioni sopra richiamate non pu che trvarci pienamente consenzienti; giover, inoltre, ricordare che la valutazione del possesso del requisito di buona condotta (come, del resto, di tutti gli altri requisiti di ammissione) atmene alla legittimit e, salvo disposizioni contrarie, rientra nella competenza dell'Amministrazione (non gi della commissione giudicatrice); cosicch la stessa Amministrazione esercita il poteredovere di accertare ii requisiti per l'ammissione in qualsiasi momento; essa, in particolare, pu anche rivedere, iin 1sede dii approvazione delle graduatorie, la determinazione adottata in sede di ammissione (cfr. T.A.R. Veneto 28 gennaio 1975, n. 110, in I Tribunali Amministrativi Regionali, 1975, I, 556; T.A.R. La2llo, Sez. Ili, 21 aprile .1975, n. 168, ivi, 11975, I, 1170). R. T. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 21 giugno 1977, n. 626 -Pres. De Capua Est. Carbone -Soc. Niuma (avv. Massaro) c. Ministero turismo e spettacolo -Appello T.A.R. Lazio I Sez. 28 luglio 1975, n. 554. Giudizio amministrativo -Appello -Omesso deposito della sentenza appellata -Improcedibilit -Sussiste. V a pronunciata la improcedibilit dell'appello per effetto del rinvio generale disposto dall'art. 29, comma 1, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, qualora non risulti depositata nel termine stabilito dall'art. 36, ultimo comma r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, presso, la Segreteria della Sezione del Consiglio di Stato la impugnata decisione del T.A.R., posto che detto PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 107 termine -riferito al deposito del provvedimento impugnato per il giudizio di primo grado e alla decisione del T.A.R. per il giudizio di secondo grado -condiziona la procedibilit del ricorso in quanto perentorio, non gi disponibile o dispositivo (1). (1) Decisione esatta e pienamente da condividere. L'appellante non aveva curato, nel termine posto dall'art. 36 ultimo comma, r.d. 26 giugno 1924, n. 11054 (30 giorni dalla notifica), il deposito presso la Segreteria della IV Sez. del Consiglio di Stato della deoisione appellata, n vi aveva provveduto successivamente. Giustamente il termine in parola stato ritenuto perentorfo e condizionante la procedibilit del ricorso in appello, oi in forza del rinvio generale disposto dall'art. 29, 1 comma, legge 6 dicembre 1971, n. 11034, alle norme che regolano il processo innanzi al Consiglio di Stato, per l'a'ppunto quelle del t.u. 1054 soprarichiamato. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 21 giugno 1977, n. 634 (ord.za) -Pres. (ff. Pezzana -Est. Imperatrice -Margheritelli ed altri (avv.ti Lessona e Guarino) c. Comune di Arezzo (avv. Lanzara) e Regione Toscana (avv. Narese). Giudizio amministrativo -Giudizio di appello Poteri del Consiglio di Stato in tema di annullamento della sentenza impugnata per difetto di procedura -Effetti -Contrasto di opinioni giurisprudenziali -Rimessione all'Adunanza Plenaria -Opportunit -Sussiste. Fermo che alla pronuncia di annullamento per difetto di procedra dovrebbe implicitamente e costantemente conseguire la preclusione per il giudice di secondo grado di un esame diretto del merito della controversia, va comunque rimessa all'esame della Adunanza Plenaria delle Sezioni Giurisdizionali la questione se e in quali ipotesi l'accoglimento dell'appello e l'annullamento della sentenza impugnata debbano comportare il rinvio della controversia al T.A.R. o direttamente la decisione in appello del merito della controversia stessa in applicazione rispettivamente dei commi 1 e 3 dell'art. 34, legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e ci in quanto sussiste contrasto giurisprudenziale circa l'individuazione specifica e la determinazione delle ipotesi di difetto di procedura quale presupposto per il rinvio della controversia al giudice di primo grado (1). ~1) L'.attesa decisione dell'Adunanza Plenaria sar senz'altro opportuna per uisolvere il prospettato quesito, anche se sembrerebbe, dn linea generale, effetto conseguenziale e naturale il rinvio al T.A.R. quantomeno nelle ipotesi cli annul lamento per mero difetto di procedura. 108 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CONSIGLIO, DI STATO, Sez. IV, 1 luglio 1977, n. 645 -Pres. Roehrssen Est. Trotta -Comune di Milano (avv.ti Masci, Lopopolo e Pirocchi) c. Re (avv. Riva Crugnola e di Pietro) e Russignaga (n.c.) -Appello avverso dee. T.A.R. Lombardia 16 luglio 1975 n. 191. Giudizio amministrativo -Appello -Interesse -Fattispecie in tema di requisizione -Interesse all'impugnativa da parte del Sindaco -Estensione. Requisizione -Limiti del potere del Sindaco -Funzione sostitutiva -Inter vento solo in caso di impossibilit di provvedere da parte del Pre fetto -Conseguenze. Nonostante la natura temporanea del provvedimento di requisizione destinato a far fronte a situazioni eccezionali, gli effetti 'del medesimo, peraltro, non sono strettamente collegati alla data di cessazione della concreta operativit, ma rilevano anche successivamente con ci legittimando il Sindaco, sotto il profilo dell'interesse, a proporre impugnazione avverso la decisione del T.A.R. che abbia ritenuto illegittimo il suo ope rato, essendo irrilevante a tale riguardo la circostanza della cassazione dello stato di necessit in ba.se al quale era stato emanato il provvedimento impugnato (1). In considerazione del carattere del tutto marginale dei poteri del Sindaco in materia di ordine pubblico, quale emerge fra l'altro dall'art. 54 del r.d. 3 marzo 1934, n. 383 e dall'art. 1 del r.d. 18 giugno 1931, n. 773, nonch della natura sostitutiva del suo intervento, illegittima la requisizione disposta dal Sindaco ex art. 7 legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, qualora, pur in presenza di una situazione di grave necessit pubblica, il Prefetto ne sia informato, possa valutarne gli estremi e sia posto in condizione di intervenire direttamente (2). (1-2) Massime esatte e da condividere entrambe. La seconda, in particolare, si allinea alla giUl1isprudenza consolidata in tema di requisizione; da ultimo cfr., in termini, Sez. IV, 22 giugno 11976, n. 486 e Csi 29 ottobre ;1976, n. 281; in questa Rassegna, 1977, I, 136 e sgg., con nota di richiami; cfr. anche Sez. V, 18 gennaio 1977, n. 21. ivi, 11977, I, 563. I CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 5 luglio 1977, n. 660 Pres. Roeprssen Est. Pezzana Cerafogli Iacoboni (avv.ti Guarino e Lubrano) c. Mini stro lavori pubblici ed altri, I.A.C.P. di Rieti (avv. Paoletti), Comune di Rieti (avv. Nigro) e Regione Lazio (avv. Lagonegro). Edilizia popolare ed economica. Natura del termine ex art. 2 L. 167/1962 Effetti. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 109 Edilizia popolare ed economica -Natura del piano di ricostruzione -Ef fetti sulla approvazione del piano di zona. Edilizia economica e popolare -Piano di zona e piano finanziario -Rap porto. Edilizia popolare ed economica -Piano di zona -Motivazione -Rilevanza delle deduzioni comunali -Sussiste. Edilizia popolare ed economica Piano di zona Forma dell'opposizione dei privati -Esposto inoltrato direttamente al Ministero Irritualit Effetti. Ei;propriazione per pubblica utilit -Edilizia economica e popolare Criteri previsti dalla L. 167/1962 per la determinazione d,ell'indennizzo -Manifesta infondatezza della questione di costituzionalit. Espropriazione e occupazione -Occupazione d'urgenza a favore del- 1'1.A.C.P. ex art. 9 L. 167/1962 -Legittimit. Espropriazione ed occupazione Occupazione d'urgenza ex L. 167/1962 Criteri per la determinazione dell'indennit -Modalit. Espropriazione ed occupazione Occupazine d'urgenza Occupazione di immobili ex L. 167/1962 -Motivazione per relationem -Legittimit. Essendo ordinatorio il termine contemplato dall'art. 2 della legge 18 aprile 1962, n. 167, sui piani delle zane da destinare alla edilizia economica e popolare, spetta al Comune il potere-dovere di provvedere anche successivamente alla sua scadenza (1). Stante la analogia fra il piano di ricostruzione e il piano regolatore generale sia quanto alla efficacia che alla competenza degli organi che lo approvano, legittimamente il Ministro dei lavori pubblici approva il piano delle zane da destinare ad edilizia economica e popolare in presenza del solo piano di ricostruzione (2). La semplice relazione sulla spesa prevedibile ben pu sostituire il piano finanziario che non costituisce elemento integrativo necessario de.l piano di zana per l'edilizia economica e popolare (3). Ali fini della reiezione delle opposizioni dei privati interessati il rinvio alle deduzioni del Comune costituisce idonea motivazione del provvedi mento di approvazione del piano delle zone da destinare ali' edilizia econo mica e popolare (4). Poich non costituisce opposizione ritualmente, proposta un esposto presentat direttamente al Ministero in materia di approvazione del piano delle zone da destinare all'edilizia economica e popolare, il suo rigetto non comporta l'obbligo di una motivazione specifica (5): (.1-12) Cfr. Sez. IV, 15 giugno J976, n. 427 in Il Consiglio di Stato, il976, I, 698; 24 febbraio 1976, n. '102, ivi, 11976, I, 143; Sez. IV, 15 maggio 1973, n. 553, in Il Foro lt., 11973, III, 275 con nota di richiami; Sez. IV, 115 marzo 1967, n. 78, in Il Consiglio di Stato, 1967, I, 127. 110 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In ordine ai criteri contemplati dalla legge 167/1962 per la determinazione dell'indennizzo va pronunciata la manifesta infondatezza della questione. di costituzionalit della norma in esame (6). L'art. 9 della legge 18 aprile 1962, n. 167, a norma del quale sono da ritenersi urgenti e indifferibili i lavori previsti dai piani di zona per l'edilizia economica e popolare, conferisce legittimit ai provvedimenti di occupazione temporanea in via di urgenza di immobili a favore degli I.A.C.P. (7). . La misura degli interessi legali sulla indennit di espropriazione rappresenta l'indennit di occupazione d'urgenza di immobili compresi nei piani di zona da destinare all'edilizia economica e popolare; detta indennit pu essere determinata anche con provvedimento successivo alla occupazione (8). Il richiamo alle richieste formulate dall'I.A.C.P. che abbia gi occupato l'area destinata alla edilizia popolare ed economica e abbia iniziato la costruzione degli alloggi costituisce idonea motivazione per relationem del provvedimento di occupazione temporanea d'urgenza di immobili compresi nei piani di zona previsti dalla legge 167/1962 (9). II CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 28 luglio 1977, n. 704 -Pres. De Capua Est. Giovannini -Stefanini ed altra (avv. Pallottino) c. Ministero lavori pubblici, Regione Toscana (n.c.), Comune di Pisa (avv. Decorti e Lorenzoni), Maccanti (avv. Bottai). Giudizio amministrativo Intervento ad adiuvandum -Presupposti Limiti -Proprietari di terreni destinati ad edilizia popolare ed economica. Edilizia popolare ed economica Art. 33 L. 865/1971 in relazione all'art. 3 L. 167/1962 -Rapporto fra piano di zona, piano regolatore generale e programma di fabbricazione. Edilizia economica e popolare -Presupposti di legittimit del piano di zona -Approvazione sopravvenuta del piano regolatore generale Irrilevanza ai fini della sanatoria del piano di zona. Va dichiarato inammissibilie l'intervento ad adiuvandum in giudizio del proprietario di un terreno assoggettato al piano di zona per l'edilizia economica e popolare analogamente l ricorrente, posto che l'intervenuto titolare di una autonoma situazione che ne legittimerebbe una impugnativa diretta del piano per la parte che lo interessa espressamente (10). (1-12) Suilil1a legHtimit del piaino di zona per l'edillriria economica e .popolare, che contenga solo una previsione di spese, senza un vero e :Proprio piano PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 111 Per il periodo anteriore all'entrata in vigore dell'art. 33 della legge 22 ottobre 1971 n. 865, la mancanza di un preesistente piano regolatore generale e della contestuale formazione di un programma di fabbricazione rendeva illegittimo il piano di zana per l'edilizia economica e popolare (11). La sopravvenuta approvazione del piano regolatore generale non riveste alcuna efficacia sanante per la legittimit di un piano di zana per l'edilizia. economica e popolare che risulti approvato in difetto di detto p.r.g. ai sensi dell'art. 3 della legge 18 aprile 1962, n. 167 (12). \ finanziario cfr. Sez. IV, 14 novembre 1972, n. 1074, -in Foro It. Rep. 1972, voce Edilizia popolare ed economica, 36-39. In dottriina cf.r. DI CIOMMO, Il procedimento di espropriazione della legge sulla casa, in questa Rassegna 1973, Il, 137. Sui limiti dell'intervento ad adiuvandum nel processo amministrativo cfr. Ad. PL '10 dicembre 1976, n. 6, in questa Rassegna, '1977, I, 434; Sez. V, 18 ottobre 1974, n. 407, in Il Consiglio di Stato, 1974, I, 1207. SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 luglio 1977, n. 3369 -Pres. Iannuzzi Est. Caturani P. M. Gentile (conf.) Soc. Petrone (avv. Abbamonte) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Angelini Rota). Imposta di registro Agevolazione per le case di abitazione non di lusso Decadenza Fallimento del compratore Forza maggiore Esclusione. (1. 2 luglio 1949, n. 408, art. 20). Imposta di registro Agevolazione per le case di abitazione non di lusso Decadenza Solidariet del venditore Sussiste. (l. 2 luglio 1949, n. 408, art. 20; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 93). La causa di forza maggiore che esclude la decadenza dalla agevolazione a norma dell'art. 20 della legge 2 luglio 1949, n. 408, deve intendersi in senso assoluto e.d oggettivo, come esterna e non imputabile al venditore; non tale la dichiarazione di fallimento (l); A seguito della decadenza dell'agevolazione prevista dalla legge 2 luglio 1949, n. 408, anche il venditore risponde, in solido con il compratore, dell'imposta e dei relativi interessi (2). (Omissis). -Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 20 della legge 2 luglio 1949, n. 408, e dell'art. 93 della legge di registro del 1923 e censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso che il fallimento dell'acquirente costituisca, causa di forza :piaggiore la quale giusti~chi l'inadempimento dell'obbligo di costruire, sostenendo che nei confronti dell'alienante solidalmente (1-2) La prima massima fa applicazione ineccepibile cli un princ1p10 generale. La seconda massima riconferma un orientamento ormai ben fermo {Cass. 14 novemb11e 1973, n. 3029, in questa Rassegna, 1973, I, 1186). da sottolineare la consideraziione che la normale solidariet del venditore risponde alla regola generale della solidaniet ordinaria in quanto la decadenza fa rivi vere ex tunc la situazione che si' sarebbe presentata se al momento della registrazione non fosse spettata l'agevolazione, dal che consegue la manifesta infondatezza del dubbio di legittimit costituzionale. Evidentemente innovativa Ja norma dell'art. 55 del vigente d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634; peraltro dubbo che detta norma, riferentesi all'imposta complementare, sia applicabile alla pdotesi di decadenza da agevolazione e comunque che questa norma produca effetto per decadenze oggi avverantisi rispetto ad agevolazioni non pi in vigore. ~j ~1 ~: PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA obbligato al pagamento dell'imposta, il fallimento dell'acquirente si pone come ostacolo obiettivo ed invincibile al raggiungimento del fine e che l'esistenza della causa ostativa deve essere apprezzata in relazione ad entrambi i soggetti dell'atto, altrimenti si determinerebbe una irrazionale disparit di trattamento fra gli stessi, con conseguente illegittimit costituzionale della norma sulla solidariet per disparit di trattamento (art. 3 Cost.). Anche questa censura infondata. A parte il fatto che nella specie la Corte del merito ha accertato che la decadenza dal trattamento di favore non derivata dalla sopravvenuta dichiarazione di fallimento della S.I.R., ma dalla rivendita della area operata da quest'ultima con l'atto Mazzarella 9 aprile 1965 e questo punto della motivazione non stato censurato dalla ricorrente, l'impugnata sentenza ha rettamente osserva.to che il fallimento dell'acquirente non rientra nel concetto di forza maggiore che impedisce, af sensi dell'art. 20 della legge 2 luglio 1949, n. 408, la decadenza dai benefici previsti dall'art. 14. A tal fine, l'impossibilit sopravvenuta dell'adempimento deve intendersi infatti in senso assoluto ed oggettivo, come causa esterna non imputabile al debitore, mentre lo stato di insolvenza che determina la dichiarazione di fallimento dipende da una condizione soggettiva in cui viene a trovarsi il debitore ed in quanto tale non a lui estranea. N pu sostenersi che in tal modo si profila una questione di costituzionalit dell'art. 93 dll'abrogata legge di registro, in quanto -come si vedr pi ampiamente nell'esame delle successive censure -l'obbligo del venditore di corrispondere l'imposta principale di registro deriva dalla sua qualit di contraente, a titolo solidale con le altre parti, onde, verificandosi il fatto che determina la decadenza dal beneficio, tutte le parti contraenti, su di un piede di assoluta parit, .sono tenute solidalmente al pagamento della imposta, qualunque sia la causa che determina la decadenza e salvo il caso della forza maggiore che nella specie si esattamente esclusa. Il secondo motivo del ricorso deve essere pertanto, respinto. Con il terzo e quarto motivo che opportuno trattare congiuntamente, la societ Petrone deduce: a) violazione e falsa applicazione dell'art. 93 della legge di registro, in quanto questa norma non applicabile all'obbligazione tributaria che deriva dalla decadenza di benefici fiscali la cui persistenza sia condizionata al raggiungimento di un certo risultato dipendente esclusivamente da una delle parti. In tal caso in sostanza il fatto costitutivo non pi l'atto di trasferimento ma il successivo comportamento della parte, in ordine al. quale preclusa qualsiasi interferenza dell'altro contraente; tale comportamento che si risolve nel ritrasferimento del suolo di per s idoneo a spezzare ogni vincolo solidale con l'altra parte ad esso estraneo; b) avuto riguardo alla evolu RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zione della giurisprudenza' in tema di solidariet tributaria, deve riconoscersi natura interpretativa dalla precedente legislazione, e quindi efficacia retroattiva all'art. 55 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, secondo cui l'importa complementare (nella lata accezione di cui all'art. 40) dovuta per un fatto imputabile soltanto ad una delle parti contraenti a carico esclusivamente di questi. In caso contrario, l'art. 94 sarebbe incostituzionale per contrasto con l'art. 3 della Costituzione, stante la disparit di trattamento che si riscontretrebbe tra soggetti versanti nella medesima situazione. Entrambi i motivi sono infondati. Gi questa Corte Suprema ha avuto modo di precisare che in tema di decadenza delle agevolazioni fiscali per gli acquisti di aree allo scopo di costruzione di case di abitazoine non di lusso, n l'art. 20 della legge 2 luglio 1949, n. 408, n la legge di proroga delle agevolazioni tributarie previste da tale legge n il d.l. 11 dicembre 1967, n. 1150, contengono alcuna deroga al principio di solidariet delle parti contraenti in materia di imposta di registro, stabilito dall'art. 93 del r.d. 30 dicembre 1923 n. 3369 (sent. 14 novembre 1973, n. 3029; 30 maggio 1969, n. 1917). Tale principio derogabile dal legislatore che pu, con norma eccezionale di stretta interpretazione porre invece a carico di uno solo dei contraenti l'imposta come si verificato in materia di norme in favore della piccola propriet contadina (art. 7 della legge 6 agosto 1954, n. 604). Ora la formulazione dell'art. 20 della legge 2 luglio 1949, n .488 (si decade dai benefici previsti) non consente di affermare che vi sia stata una deroga alla solidariet per l'ipotesi di decadenza ivi prevista. D'altronde se vero che la solidariet in materia tributaria disciplinata dai medesimi principi vigenti per le obbligazioni di diritto comune, dovendo escludersi una mutua rappresentanza tra i coobbligati, tale principio affermato da questa Corte Suprema con le sentenze 10 gennaio 1973, n. 40, 3 aprile 1971, n. 943 e 17 aprile 1970, n. 1085, in seguito alla nota sentenza 16 marzo 1968, n. 48, della Corte Costituzionale, esplica effetti sul piano processuale nel senso che, in tema di imposta di registro, l'accertamento di maggior valore notificato ad una sola delle parti contraenti non diventa definitivo anche nei riguardi dell'altra, in caso di mancata opposizione da parte di quest'ultima. Ilche esprime una esigenza di giustizia tributaria, la quale fa perno sul principio che la solidariet stabilita dall'art. 93 della legge di registro nei riguardi delle parti contraenti non si estende oltre l'ambito sostanziale del rapporto. Orbene, poich l'obbligo del pagamento dell'imposta principale di registro ha fondamento nella qualit di parte assunta dal contribuente nell'atto sottoposto a registrazione, ove il pagamento della imposta sia sospeso in virt di un beneficio tributario di cui godono entrambe le parti contraenti ed il definitivo godimento di tale beneficio sia condizionato per legge ad un successivo comportamento di una delle parti PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA contraenti (nella specie la esecuzione della costruzione da parte dell'acquirente), il fatto che determina la decadenza dai benefici, qualora la nuova costruzione, la ricostruzione o l'ampliamento non siano stati compiuti secondo le modalit di legge (art. 20 della legge n. 408 del 1949), fa rivivere ex tunc (analogo a quello che si produce in seguito al verificarsi di una condizione risolutiva) la pretesa tributaria nei confronti di tutte le parti contraenti, con il contenuto originario che avrebbe presentato ove non fosse stato concesso il beneficio. Secondo tale ricostruzione del fenomeno, si comprende come non abbia alcuna rilevanza la imputabilit o meno (tranne il caso della forza maggiore prevista dalla legge) del fatto che abbia prodotto la decadenza (Cass. 20 gennaio 1969, n. 138). N, per sostenere la tesi della esclusione della solidariet pu richiamarsi l'art. 55 'del d.P.R. n. 634 del 1972, giacch -come ha esattamente ritenutcl l'impugnata sentenza -trattasi di norma a contenuto chiaramente innovativo rispetto alla disciplina anteriore, pertanto non applicabile alla fattispecie in esame. Il che non fa sorgere un problema di costituzionalit dell'art. 93 della legge di registro in riferimento all'art. 3 Cost., posto che l'alienante che si giova di un beneficio accordato n vista di un futuro comportamento dell'acquirente, onde, ove questo non si verifichi secondo le previsioni, l'altra parte tenuta al pagamento dell'imposta normale di registro, a titolo solidale con l'acquirente in una situazione di perfetta parit di trattamento. N la disparit di trattamento pu essere esaminata sotto il profilo di un diversit di disciplina fra la vecchia e la nuova legge di registro, posto che non discutibile il potere del legislatore ordinario di innovare l'ordinamento e di modificare in tal modo la disciplina di determinati rapporti giuridici. La questione di legittimit costituzionale quindi manifestamente infondata. Il terzo ed il. quarto motivo del ricorso vanno, pertanto, anch'essi respinti. Con il quinto ed ultimo motivo la societ Petrone denuncia viola zione delle leggi 26 gennaio 1961, n. 29 e 28 marzo 1962, n. 147 e censura l'impugnata sentenza per essere stata condannata al pagamento degli interessi moratori in solido con la societ acquirente. Sostiene la ricorrente che non pu ad essa imputarsi la decadenza dai benefici fiscali in cui incorso la societ acquirente per fatto proprio (rivendita a terzi), nei cui confronti la venditrice non aveva alcuna nossibilit di intervenire. A parte il fatto che la censura risulta proposta per la prima volta in questa sede, avendo la societ ricorrente in grado di appello limitato le sue doglianze alla decorrenza degli interessi, la stessa priva di fondamento giuridico. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Come si accennato nell'esame delle censure che precedono, la solidariet tributaria risponde agli stessi principi della solidariet di diritto comune, onde p creditore ha il potere di esigere la prestazione principale e quella accessoria degli interessi da uno qualsiasi dei condebitori solidali (art. 1292 e.e.). E se l'obbligo principale tq1e nella specie fondamento dalla qualit di parte contraente assunta dalla societ Petrone nell'atto sottoposto alla registrazione, la stessa tenuta a corrispondere gli interessi per tale sua qualit in seguito al ritardo verificatosi nell'adempimento dell'obbligo tributario, preventivamente collegato a fatto imputabile al contribuente. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 4 agosto 1977, n. 3472 -Pres. Novelli Est. Martinelli -P. M. Antoci (diff.). Soc. E.S.E.P. (avv. Lupoi) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Camerini). Imposta di ricchezza mobile -Reddito di capitale -Presunzione di interessi -Fattispecie varie. (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, ai:tt. 85, 86 e 127; cod. civ., artt. 1499 e 1815). Nella vendita immobiliare isolata con termine per il pagamento del prezzo successivamente alla consegna del bene, l'intento creditizio del venditore deve essere specificamente dimostrato, solo dopo la scadenza del termine nel caso di concessione di proroga pu essere presunta la percezione di interessi a vantaggio del venditore; in ogni caso non sono tassabili gli interessi compensativi di cui all'art. 1499 e.e. corrisposti quando sia stato consegnato un bene fruttifero. E invece presumibile la corresponsione di interessi nella vendita con pagamento differito a scopo di commercio (1). ~1) Le statuizioni della massima sembrano improntate piuttosto a criteri di buon senso che di interpretazione della norma. La distinzione tra periodo del termine originario e periodo della proroga non sembra giustificabile nell'ambito dell'art. 86 del t.u. del 1958 e cos pure quella tra vendita isolata e vendita a sco;po di commercio. Quanto all'art. 1499 e.e. va osservato che, se vero che una particolare differenziazione ai fini del problema assumono gli interessi compensativi, non si pu generalizzare l'affermazione della intassabilit degli interessi collegati alla consegna di beni fruttiferi senza restringere la portata della norma tributaria all'ipotesi, ben rara, di vendita di cosa infrutmfera; se gli interessi hanno la loro ragion d'essere nel ritardato pagamento del prezzo, questi sono frutto del capitale anche se la cosa venduta fruttifera. Non possono comunque essere condivisi i due argomenti esposti a sostegno della decisione. La menzione dell'art. 1127 del t.u. non pertinente perch l'obbligo della ritenuta di acconto (che presuppone particolari requisiti soggettivi del sostituto di imposta) ha un campo di applicazione certamente meno ampio della imponibilit, che pu sussistere senza che vi sia obbligo cli ritenuta. Ancora meno persuade la parificazione della presunzione dell'art. 85 del t.u. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 117 (Omissis). -Con i due motivi, che stante la loro interdipendenza logica vanno esaminati congiuntamente, la ricorrente, lamentando la violazione degli artt. 85, 86 t.u. 29 gennaio 1958, n. 645. in relazione all'art. 360, n. 3 e 5 c.p.c., censura la sentenza impugnata: a) per aver erroneamente affermato che ogni credito soggetto a termine, non sor , gente da mutuo o d'altra operazione di finanziamento deve considerarsi -ex se -fruttifero indipendentemente da ogni espressa . pattuizione; b) per essere incorsa in contraddittoriet di motivazione, affermando la normale natura infruttifera -salva diversa volont negoziale -del credito sorgente da vendita rateale a scopo di commercio, a diversit di quello nascente da una isolata vendita con pagamento differito. Le censure sono meritevoli di, accoglimento. Invero, non consentito ritenere l'esistenza di un credito fruttifero o di un sotteso rapporto di mutuo, ai fini dell'applicazione dell'imposta di ricchezza mobile cat. A, prevista negli artt. 85, 86 t.u. cit., ogni qualvolta in un contratto di compravendita sia stabilito un termine per il pagamento del prezzo, successivamente, alla consegna del bene, ove non sia fornita la dimostrazione dell'esistenza di un intento creditizio perseguito dalle parti. del tutto evidente, infatti, che la determinazione di tale termine costituisca una mera modalit dell'esecuzione dell'obbligazione sorgente da un contratto di compravendita. A diversa conclusione, invece, deve pervenirsi, secondo l'id quod plerumque accidit, nel caso in cui, scaduto il termine di adempimento dell'obbligazione (posto a carico del compratore) questi ottenga una proroga nell'adempimento della medesima. Neppure sono tassabili come reddito gli interessi previsti dall'art. 1499 e.e. (una volta accertata la produttivit del bere consegnato dal venditore al compratore prima della scadenza del termine per il pagamento del prezzo), atteso che detti interessi hanno natura compensativa e non possono, quindi, rientrare nella categoria A, prevista nell'art. 85 t.u. cit. In proposito va rilevato che l'art. 127 t.u. del 1958, ai fini dell'applicazione della ritenuta dell'imposta sul pagamento degli interessi, fa riferimento ai soli redditi di capitale. Non possono ritenersi tali i corrispettivi di una compravendita isolata ove non sia dimostrata la finalit speculativa, e l'incremento patrimoniale, e a maggior ragione non sono tali gli interessi di cui all'art. 1499, stante il loro carattere, indubbiamente, compensativo con la presunzione di onerosit del mutuo di cui all'art. 1815, essendo evidentemente ben pi rigorosa la presunzione tributaria-. Oggi sono tassabili tutti gli interessi, non aventi natura compensativa, compresi quelli moratori su somme spettanti a titolo di risardmento del danno (art. 41, lett. e e i, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597) e la presunzione generalizzata (art. 43). Per la tassabilit degli interessi sull'indennit di espropriazio?e v. Relazione Avv. Stato, 1970-75, II, 647. 118 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ed indennitario diretto a rivalere il venditore per la mancata percezione di frutti e per l'ingiustificata locupletazione ottenuta dal compratore che, invece, gode di tale percezione prima del pagamento del prezzo. Per converso, la vendita effettuata a scopo di commercio determina l'assoggettamento di ogni incremento all'imposta di ricchezza mobile Cat. B. Alla luce dei suesposti principi, del tutto evidente che in subiec,ta materia, alcuna dimostrazione stata fornita in ordine all'esistenza di 118 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ed indennitario diretto a rivalere il venditore per la mancata percezione di frutti e per l'ingiustificata locupletazione ottenuta dal compratore che, invece, gode di tale percezione prima del pagamento del prezzo. Per converso, la vendita effettuata a scopo di commercio determina l'assoggettamento di ogni incremento all'imposta di ricchezza mobile Cat. B. Alla luce dei suesposti principi, del tutto evidente che in subiec,ta materia, alcuna dimostrazione stata fornita in ordine all'esistenza di una volont negoziale diretta a considerare il credito, rappresentato dal prezzo differito di una isolata vendita immobiliare, come fruttifero. N legittimo il ricorso operato dalla Commissione Centrale alla presunzione prevista nell'art. 86 t.u. cit., posto che la medesima postula la dimostrazione dell'esistenza di un mutuo o di altra operazione creditizia che, nella specie, difetta in modo assoluto. In proposito va considerato che l'art. 86 cit. rappresenta l'applicazione nella materia tributaria del principio civilistico circa il carattere oneroso che assumono il mutuo ed altro negozio creditizio (ex art. 1815 e.e.), la cui presunzione in. materia fiscale, neanche, pu essere vinta da una espressa volont contraria; tale necessario collegamento esistente tra le due norme citate esclude ogni possibilit di considerare l'art. 86 come riconoscimento del carattere fruttifero in ogni credito differito nel termine di adempimento. Pertanto, stante l'erroneo riferimento, contenuto nella sentenza impugnata alla presunzione prevista dall'art. 86 fuori dell'ipotesi in essa espressamente contemplate, in mancanza di ogni motivazione circa l'esistenza in merito di una volont negoziale diretta a riconoscere al credito de quo, carattere fruttifero, consegue l'accoglimento del ricorso con la restituzione del deposito di soccombenza in favore della ricorc rente. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. I, 4 agosto 1977, n. 3474 -Pres. Rossi Est. Gualtieri -P. M. Gambogi (conf.) Soc. Giannetti (avv. De Filippi) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Vitaliani). Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Rapporti tra il procedimento innanzi alle Commissioni e l'azione in sede ordinaria -Decisione definitiva -Decisione non notificata nel termine di cui all'art. 35 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516 -Successiva impugnazione -Inammissibilit -Azione in sede ordinaria -Proponibilit. (d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 22; r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, artt. 35 e 41). Quando la decisione della commissione provinciale non sia stata noti ficata dall'ufficio nel termine di 60 giorni dalla data del ricevimento, il ricorso alla commissione centrale precluso s che dalla scadenza di PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 119 detto termine comincia a decorrere il termine di sei mesi per la proposizione della azione in sede ordinaria che resta proponibile anche se contro la decisione ormai definitiva sia stato presentato ricorso alla Commissione centrale inammissibile sin dall'origine (1). (Omissis). -Con l'unico motivo, denunziando violazione e falsa applicazione degli artt. 6 legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, 22 d.l. 7 agosto 1936, n. 1639; 35 e 45 r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, in relazione all'art. 360, n. 1 e 3 del codice di rito, la ricorrente deduce che erroneamente la Corte di merito ha ritenuto che l'Amministrazione finanziaria ha correttamente proposto l'azione giudiziaria poich, essendo la controversia ancora pendente dinanzi alla Commissione Centrale delle imposte, la quale la sola legittimata a conoscere dell'eccezione di inammissibilit del ricorso alla Commissione stessa, tardivamente proposto, la decisione della Commissione provinciale non pu essere considerata definitiva ai sensi e per gli effetti dell'art. 22 d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, con la conseguenza che l'azione giudiziaria improponibile. Il motivo infondato. Va premesso che questa Corte ha gi avuto occasione di pronunciarsi in merito alla questione se, una volta che l'Ufficio distrettuale II. DD. sia decaduto dal diritto di ricorrere alla Commissione Centrale per non avere notificato la decisione della Commissione Provinciale entro il termine di 60 giorni dalla data del ricevimento, secondo quanto prescrive il combinato disposto dagli artt. 35 e 45 r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, la decisione stessa possa ritenersi definitiva ai sensi dell'art. 22, ultimo comma, r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, convertito nella legge 7 giugno 1937, n. 1016, e se, pertanto, l'Ufficio, che abbia proposto ricorso tardivamente, possa esperire l'azione giudiziaria senza dovere attendere la pronuncia di inammissibilit del ricorso da parte della Commissione centrale. (1) pacifico che la proposizione di una impugnazione OJ:1iginariamente inammissibile non produce effetto sui termini prestabiliti per altra a:ltlone e non d lruogo ad una pendenza che impedisca la decadenza, in quanto fa decisione che interverr per dichiarare l'inammissibilit ha valore meramente dichiarativo di una situazione gi avveratasi. Ci stato affermato sia in relazione ad impugnaziorui non previste' nell'ordinamento, come il ricorso in terzo grado alla Commissione centrale contro le decisioni definitive di valutazione neLlie imposte dtndirette (CaSiS., 25 ma~gio 1971, n. 1537, li!n questa Rassegna, 1971, I, 1093; 12 marzo 1973, n. 678, Riv. leg. fisc., 1973, 2135) sia in relazione ad impugnazioni intempestive (8 gennaio .1975, n. 40, in questa Rassegna, J975, I, 372). Di conseguenza dal momento in cui maturata la decadenza dalla impugnazione della decisione nell'ambito del contenzioso speciale (decorsi cio 60 giorni dal ricevimento della decisione da parte dell'ufficio) comincia a decorrere il termine semestrale per la proposizione dell'azione ordinaria che quiindi deve essere proposta ,in questo momento a pena di decadenza. La pendenza di una impugnazione proposta dopo la scadenza del termine non toglie alla decisione il carattere di definitivit ad f,ini della proponibilit dell'azione 10 RASSEGNA DELL'AVVOCATtJRA DELLO STATO Con la sentenza 25 maggio 1959, n. 1602, questa Corte Suprema ha ritenuto che il giudizio davanti l'A.G.O. pu, a norma del citato art. 22, essere proposto e svolgersi solo quando la decisione emessa dalla Com missione Provinciale sia divenuta definitiva e non sia pi, come tale, suscettibile di impugnazione o per l'inutile decorso dell'apposito termine ovvero quando la controversia sia stata definita dalla Commissione Centrale e che l'improponibilit dell'azione giudiziaria si verifica anche nel caso in cui, proposto ricorso a detta Commissione contro la decisione della Commissione Provinciale, la successiva rinunzia del ricorrente non sia stata ancora portata alla cognizione della Commissione Centrale per la pronuncia conseguenziale ed il ricorso risulti, perci tuttora pendente e non deciso al momento in cui viene proposta l'azione avanti al giudice ordinario. ''.'~ : Con sentenza 1 marzo 1971, n. 514, questa Corte ha ritenuto, con' riferimento all'art. 120 r.d. 11 luglio 1907, n. 560 (regolamento per l'im~ posta sui redditi di r.m.), che il termine semestrale per adire l'A.G.O. sulle questioni non definitivamente risolte in via amministrativa prima della formazione del ruolo e su quelle contemplate nei precedenti articoli 117 e 118, a norma dell'articolo surriferito, decorre dalla notificazione al contribuente dell'ultima decisione definitiva delle Commissioni. Peraltro, con la recente sentenza 8 gennaio 1975, n. 40, questa S.C. ha affermato, ancorch con riferimento all'art. 146 legge di registro e all'art. 29 del citato c,l.l. n. 1639 del 1936, che una ulteriore impugnazione non consentita contro la decisione definitiva, al pari di una impugnazione non tempestiva, perch proposta dopo la scadenza del termine per impugnare, non impedisce che decorra e si maturi il termine semestrale per proporre l'azione dinanzi al giudice ordinario. Infine, sempre in materia d imposta di registro, le sentenze 22 marzo 1969, n. 924 e 7 giugno 1966, n. 1484, hanno affermato il principio che ordinaria (art. 22, ultimo comma, d.l. 7 agosto '1936, n. 1639) n sospende il termine semestrale per questa stabilito. Su queste premesse la sentenza in rassegna da condividere. Il problema non per con ci esaurito, perch l'ammissibilit dell'impugnazione 'Pu essere controversa (ipotesi della notificazione nulla) ed in tal caso solo la commissione adita in grado di impugna- 2'lione pu decidere sul punto; accadrebbe allora che se l'impugnazione ritenuta ammissibile si avrebbe l'improponibilit dell'azione ordinaria proposta, se dichiarata inammissibile il termine semestrale non rimasto sospeso e pu essere maturato, se l'azione ordinaria non gi stata proposta m pendenza dell'impugnazione di dubbia ammissibilit. Nel caso di specie la situazione era ancor pi problematica perch se l'im'Pugnazione innanzi alla Com missione Centrale era preclusa per l'Amministrazione che quindi doveva adire il giudice ordinario, la decisione non notificata non era oggettivamente definitiva perch poteva essere impugnata dall'altra P>, per cui tale divieto nonna fondamentale e qualsiasi eventuale eccezione, del resto da interpretarsi restrittivamente, deve essere espressamente prevista (8). Con alcune pronunzie basilari, cui gi s& fatto cenno in linea generale in premessa, la Corte ha statuito che il divieto, riguardo all'introduzione di nuovi dazi o tasse di effetto equivalente (standstill), chiaro e incondizionato, e si concreta ~n un obbligo non gi di fare, bens di non fare, cui non fa riscontro alcuna facolt degli Stati di subordinarne !'.efficacia all'emanazione di un provvedimento di diritto interno, sicch per sua natura atto a ;produrre direttamente degH effetti sui rapporti giuridici intercorrenti fra gli Stam membri e i loro amministrati (9); e che pari efficacia hanno, ma a partire dalle date di scadenza indicate nel trattato, le norme che impongono l'abolizione di dazi e tasse di effetto equlivalente preesistenti, indipendentemente anche per esse da atti positivi di diritto interno degli Stati o da interventi delle istituzioni comunitare (10). In base a questi. rigorosi criteri la Corte ha ritenuto di poter indiv1duare tasse di effetto equivalente in numerose fattispecie sottoposte al suo esame. Si segnalano, peT la vasta portata dei princi{Pi affermati, le sentenze emesse ~n tema di tasse connesse al rilascio di licenze di importazione (11), peT i ,diritti per servizi amministrativi e 'di statistica (.12), per oneri !rclativi a controlli sanitari, fitosanitari e di qualit ~13), dove la Corte ha precisato che non si potrebbe parlare di tasse di effetto equlivalente solo se la prestazione pecuruiaria richiesta fosse il corrispettivo di servi2l effettivamente resi, limitando peraltro la concreta applicabilit di tale eccezione con la precisazione che l'onere richiesto non deve essere per superiore n al costo effettivo (8) Sentenza 13 novembre 1964, nelle cause riunite 90-91/63, Commissione c. Grand. Lussemburgo e Regno del Belgio, Racc. 1964, 1201. Con la gi citata sentenza 10 dicembre 1968, nella causa 7/68, nella nota questione della tassa riscossa dall'Italia per il rilascio di licenza d'esportazione d'opere d'arte, la Corte ha precisato che uno Stato non pu giustificare l'inserimento di una tassa di effetto equivalente ad un dazio doganale all'esportazione appellandosi al disposto dell'art. 36 del trattato, il quale invero consente di applicare misure ben diverse, quali le restrizioni quantitative all'esportazione delle opere d'arte costituenti il patrimonio artistico nazionale. (9) Sentenza 5 febbraio 1963, nella causa 26/62, citata nella nota 1. Qui la Corte ha precisato anche che per stabilire se un dazio doganale o una tassa di effetto equivalente siano stati aumentati -in spregio al divieto sancito dall'art. 12, si deve aver riguardo al dazio o alla tassa effettivamente applicati dallo Stato membro all'atto dell'entrata in vigore del trattato: l'aumento pu essere stato causato tanto da una rielaborazione della tariffa cui consegua la classificazione della merce sotto una voce colpita da dazio pi elevato, quanto dalla maggiorazione del dazio doganale . (10) Gi citate sentenze 17 dicembre 1970, nella causa 33/70, SACE, Racc. 1970, 1213, riguardo al complesso delle tasse di effetto equivalente; 26 ottobre 1971, nella causa 18/71, Eunomia, Racc. 1971, 811, riguardo ai dazi e tasse di effetto equivalente all'esportazione. Cfr. anche sentenze 19 giugno 1973, nella causa 77/72, Capolongo, Racc. 1973, 611; e 5 febbraio 1976, nella causa 87/75, Bresciani, Racc. 1976, 129. (11) Sentenza 16 giugno 1966, nelle cause riunite 52-55/65, Rep. fed. di Germania c. Commissione, Racc. 1966, 345. (12) Sentenze 1 luglio 1969, nelle cause 24/65, Commissione c. Rep. italiana, Racc. 1969, 193; 18 novembre 1970, nella causa 8/70, Commissione c. Rep. italiana, Racc. 1970, 961. (13) Sentenza 14 dicembre 1972, nella causa 29/72, Marimex, Racc. 1972, 1309; 11 otto bre 1973, nella causa 39/73, Rewe, Racc. 1973, 1039; 26 febbraio 1975, nella causa 63/74, Cadsky, Racc. 1975, 281; 5 febbraio 1976, nella causa 87/75, Bresciani, Racc. 1976, 129. - 6 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO n al valore reale del serv1z10, e, pi recentemente, che il servizio che pu rendere lecita la controprestazione deve consistere in un vantaggio reso individualmente ad un operatore e non genericamente ad una categoria di operatori (14) (15). Un'interessante manifestazione dell'ado:ziione di criteri interpretativi sempre tesi a cogliere la vera sostanza de1le cose, al di l della forma con cui si presentano, appare laddove 1a Corte ha ritenuto che anche il contributo che rientra in un regime generale di tributi interni, gravanti tanto sui prodotti nazionaLi quanto sui prodotti importati, secondo g1i stessi criteri, pu cionondimeno essere una tassa di effetto equivalente a dazi doganali all'importazione, quando sia esclusivamente destinato a finanziare attivit che giovano in modo specifico al prodotto nazionale tassato , ~n quanto un siffatto congegno tributario sarebbe soltanto in apparenza un sistema di imposiziorui interne (16)_ 3. -Restrizioni quantitative e misure di effetto equivalente. L'unione doganale importa il divtleto, fra gli Stati membri, oltre che dei dazi doganali e delle tasse di effetto equivalente ad essi, anche di restriziorui quantitative all'esportazione e all'importazione e di qualsiasi misura di effetto equivalente (artt. 30 e 34 del trattato). Il trattato stabilisce il divieto di introdurre nuove restrizioni dirette o inoorette e l'abolizione progressiva di quelle esistenti al :_pi tardi al termine della prima tappa del periodo transitorio per le esportaziorui e al termine del periodo transitorio per le drmportazioni (articoli 31 e segg.). Se la nozione dd restrizione quantitativa non poteva non risultare abbastanza chiara, era bene evidente che la delimitazione del concetto di mdsura di effetto equivalente e la concreta individuazione di esse avrebbero formato oggetto di molteplici questioni. La Commissione aveva definito '1e misure di effetto equivalente alle restrizioni quantitative come le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative, nonch ogni altro provvedimento posto in essere da un'Autorit pubbldca o ad essa amputabile, che impediscono importazioni o espo11tazioni che altrimenti potrebbero aver luogo, nonch le disposizioni, prassi e provvedimenti che rendono le importazioni 'pi difficili o pi onerose dello smercio dei prodotti nazionali (17). La Corte, richiamata e recepita la definizione della Commissione, si riferita, ancor pi vastamente, ad ogni normativa com (14) Cfr., in particolare, la sentenza 26 febbraio 1975, nella causa 63/74, citata nella nota precedente. (15) Peraltro, nelle recenti sentenze 25 gennaio 1977, nella causa 46/76, Bauhuis, Racc. 1977, 1, e 12 luglio 1977, nella causa 89/76, Commissione c. Regno dei Paesi Bassi, Racc. 1977, 1355, la Corte, esaminando diritti percepiti dai Paesi Bassi nella prima causa per controlli sanitari all'esportazione imposti da una norma comunitaria e nella seconda causa per controlli fitosanitari all'esportazione contemplati da una convenzione internazionale, ha escluso che si possa parlare di tasse di effetto equivalente allorch la misura non imposta unilateralmente da uno Stato membro in considerazione di un interesse puramente nazionale, bens di un controllo organizzato su basi identiche in tutti gli Stati membri, salva comunque la verifica -non richiesta nei casi di specie -della congruit dell'onere con il costo effettivo delle operazioni: le pronunzie sembrano invero limitare per qualche verso la portata dei principi rigorosissimi finora affermati. (16) Sentenza 19 giugno 1973, nella causa 77/72, Capolongo, Racc. 1973, 611. (17) Direttiva 22 dicembre 1969, n. 70/50, in G.U. n. L 13 del 19 gennaio 1970, p. 29 PARTE II, QUESTIONI 7 merciaie che possa ostacolare direttamnte o indiretJtamente, in atto o in potenza, gli scambi intracomunitari (18) (19). Nel solco di questa ampia ed elastica definizione la Corte si mossa con il costante impegno di individuare ed enucleare gli aspetti sostanziali delle fattispecie esaminate, tenendo conto dei loro concreti effetti al di l delle forme apparenti. Cos, pur partendo dal presupposto che le disposizioni limitative riguardano lo stadio della commercialdzzazione dei prodotti e non quello della produzione, la Corte ha ritenuto che un'organizzazione nazionale che tenda a Limitare la produzione altera, o comunque pu alterare, il sistema comunitario degli scambi, e costituisce una misura di effetto equivalente a restrizioni quantitative (20). La individuaiiione di misure !-li effetto equivalente in una molteplicit di fattispecie della pi diversa natura e struttura evidenzia aspetti molto interessati della progressiva realizzaziione di una effettiva unione doganale e sottolinea il determinante contributo dato in materia della Corte. Per l'incisivit dei concetti enucleati appaiono molto significative le pronunzie emesse: -relativamente a dichiarazioni d'origine dei prodotti richieste all'importazione, la cui imposizione stata ritenuta contraria al trattato allorch l'onere risulti sproporzionato allo scopo effettivo di garanziia che la misura dovrebbe limitarsi a '.Perseguire, osservandosi che finch non sar stato istituito un regime comunitario che garantisca ai consumatori l'autenticit della denominazione d'origine di un prodotto, gli Stati che intendano adottare provvedimenti contro comportamenti sleali .in tale settore possono farlo soltanto a condizione che tali provvedimenti siano ragionevoli e i mezzi di prova richiesti non abbiano per effetto di ostacolare il commercio fra gLi Stati , membri, ma siano accessibili a tutti i cittadini comunitari (21); (18) Sentenze 15 dicembre 197-1, nelle cause riunite 51 e 54/71, International Fruit Company, Racc. 1971, 1107; 30 aprile 1974, nella causa 155/73, Sacchi, Racc. 1974, 409; 11 luglio 1974, nella causa 8/74, Dassonville, Racc. 1974, 837. (19) Per l'efficacia diretta degli artt. 31 e 32 del trattato, cfr. la nota 2 e in particolare la sentenza 19 dicembre 1968, nella causa 13/68, ivi citata. (20) Sentenza 30 ottobre 1974, nella causa 190/73, Van Haaster, Racc. 1974, 1123, relativamente ad un regolamento olandese che imponeva, per la coltivazione di bulbi di giacinto, una licenza rilasciata per superficie limitata. Peraltro, con la sentenza 14 luglio 1976, nelle cause riunite 3-4 e 6/76, Kramer, Racc. 1976, 1279, relativamente alla fissazione di quote di cattura della pesca, ha ritenuto di escludere la natura di misure di effetto equivalente, osservando che sebbene una limitazione quantitativa della pesca possa far diminuire a breve termine i quantitativi di prodotti ittici che gli Stati membri possono commerciare, si tratta per di misure necessarie per garantire, a lungo andare, un rendimento ottimale e costante e, di conseguenza, l'approvvigionamento dei consumatori. (21) Sentenza 11 luglio 1974, nella causa 8/74, Dassonville, Racc. 1974, 837. Nella specie la legislazione belga richiedeva per l'importazione il certificato d'origine del whisky a garanzia della autenticit della denominazione d'origine, favorendo cos le importazioni dirette dai Paesi membri d'origine a danno delle importazioni da altri Paesi membri non produttori in cui il prodotto si trovava in libera pratica. Nello stesso ordine d'idee la sentenza ~6 dicembre 1976, nella causa 41/76, Donckerwolke. Sempre in materia di denominazione d'origine, ma sotto altro profilo, la Corte (sentenza 20 febbraio 1975, nella causa 12/74, Wingesetz, Racc. 1975, 181) ha individuato una misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa nella legge vitivinicola tedesca che riservava ai soli prodotti nazionali denominazioni che non costituivano n appellativo di origine, n indicazione di provenienza (Sekt, Weinbrand, Pradikatsekt): tali denominazioni -ha precisato -non assolvono alla loro funzione specifica se non nel caso in cui 12 8 RASSFGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -relativamente a regimi di prezm massimi, dove si avvertito che essri. non costituiscono di per s misure di effetto equivalente quando sri. applicano senza alcuna differenza ai prodotti narionali come a quelli importati, ma che la conclusione opposta se i prezzi massimi sono fissati. ad un liveJlo tale che ilo smercio dei prodotti importati venga reso impossibile o pi difficile di quello dei prodotti. nazionali, tenuto conto della rispettiva situazione di queste due categorie di prodotti (22); -relativamente a regimi monopolistici, a proposito dei quali stato osservato che, se la circostanza che in uno Stato membro un'impresa sia tri.tolare del diritto esclusivo di trasmettere messaggi pubblkltari telewsivi non di per s incompatibile con la libera circolazione dei prodotti di cui g1i stessi messaggi mri.rano ad incrementare H commercio, le conclusioni dovrebbero essere opposte qualora il diritto esclusivo venisse usato per favoriire, nell'ambito della Comunit, determinate correnti di scambio o determinati operatori economici a scapito di altri, :Perch tali effetti restrittivi sugLi scambi .non sarebbero infatti proporzionati allo scopo perseguito nell'organizzare la televisione come servii:zio di interesse pubblri.co, che all'origine dell'esclusiva conferita dallo Stato (23); -relativamente ad aiuti ammessi dal trattato, dove stato rilevato che pur implicando sovente gli ari.uti, per loro natura, una protezione e, quri.ndi, un certo frazionamento del mercato a scapito dei prodotti delle imprese che non ne fruiscono, ci non giustifica, tuttavia, effetti restrittivd che vadano al di l di quanto necessario perch l'aiuto possa raggiungere gli scopi ammessi dal trattato (24). Sri noti come la Corte abb~a sempre avuto presente l'esigenza di trovare un giusto equilibrio fra il principio fondamentale del libero scambio e quegli scopi sodali che il diritto comunitario indubbiamente intende garantire, ma che spesso sarebbero stati invocati dagli Stati oltre misura per giustificare autentiche restriZlioni unilaterali. Questa tendenza della Cotte risulta ancor pi evidente allorch stato esplioitamente invocato l'art. 36, che appunto ammette divieti e restrizioni per specifici e superdori interessi. Quivi la Corte ha precisato che fapplicabH>it dei provvedimenti consentiti dall'art. 36, in quanto trattasi di una deroga al pmncipio della ldbera circolazione delle merci, va intesa in senso restl'ittivo: gli Stati membri possono invocare l'art. 36 solo se ne rispettano rigorosamente i limri.ti per quanto riguarda sia lo scopo persegudto sia la natura dei mezzi, e la deroga deve il prodotto designato possegga effettivamente qualit e caratteristiche inerenti alla localizzazione geografica della sua provenienza, mentre un'indicazione di provenienza definita in funzione della superficie del territorio nazionale o di un criterio linguistico non pu bastare per costituire un ambito geografico, nel senso precitato, idoneo a giustificare un'indicazione di provenienza: se occorre, infatti, tener conto dell'esigenza di proteggere il consumatore e non solo il produttore da frodi commerciali, occorre che i meccanismi predisposti siano necessari e congrui e non un mezzo per favorire spinte protezionistiche. (22) Sentenze 26 febbraio 1976, nella causa 65/75, Tasca, Racc. 1976, 291, e nelle cause riunite 88-90/75, Sadam, Racc. 1976, 323. (23) Sentenza 30 aprile 1974, nella causa 155/73, Sacchi, Racc. 1974, 409. (24) Sentenza 22 marzo 1977, nella causa 74/76, Iannelli e Volpi; si hanno simili effetti ha precisato la Corte -qualora l'aiuto venga concesso agli operatori economici che acquistano prodotti importati tramite un ente statale, ma venga negato in caso di importazione diretta, senza che, manifestamente, tale distinzione sia necessaria alla realizzazione dell'obiettivo dell'aiuto e al suo finanziamento. I~= -11:: :: 9 PARTE II, QUESTIONI risultare indispensabile per 1a tutela dei diritti che costituiscono oggetto specifico della misura (25). Cos stato escluso che la tutela degli interessi superiori indicati nella norma possa essere perseguita con l'adozione di misure non previste specificamente nella norma stessa, quali l'introduzione di una tassa di effetto equivalente ad un dazio doganale, che sd ripercuote sulle condizioni economiche deJ!le operrunOlllfr commerciail!i senza, peraltro, intervenire in ffii.sura cogente nelle scelte degli operatori (26). In altra occasione stato precisato che se vero che divieti e restrizioni .all'importazione possono essere giustificati con l'esigenza di proteggere la propriet industriale e commerciale, ta!e esigenza appagata da norme nazionali che garantiscano il legittimo detentore di un marchio contro le contraffazioni da parte di persone prive di qualsiasi titolo, ma sarebbe estranea a norme che impedissero la commercializzazione in uno Stato membro di merci prodotte legalmente con un marchio identico, certamente non giustificabili con la ben diversa esigenza di informare i consumatori sull'origine dei prodotti di mai.rea (altrimenti penseguibile con strumenti che non pregiudichino la libera circolazione delle merci) (27). E in materiia di controlld sani.tari per l'importazione di prodotti farmaceutici stato precisato che l'art. 36 non pu giustificare normative o prassi anche utiili, che tuttavia presentino aspettii restrittivii motivati essenzialmente dalla preoccupazione di ridurre l'impegno dell'amministrazione o le spese pubbliche, a meno che, in mancanza delle predette normative o prassi, tale !impegno o tali spese risultino eccessdvamente onerosi . In particolare la Corte ha rilevato che senz'altro eccessivo esigere dagli dmportator.i una documentazione tecnica sul valore terapeutico e sull'innocuit dei medicinali importati, quando le automt sanitarie dello Stato importatore gi dispongano cli tale documentazione per essere stati gli stessi prodotti gi importati in passato (28). Parallelamente, per i controlld sanitari alla frontiera degli anima1i e delle carni importatd, stato precisato che -essendo stato etti dell'unione doganale, ci sembra opportuno richiamaire qui brevemente, nelle linee generali, anche la giurisprudenza della Oo:rite m materia dii tariffa dogana!Je comune. Entrata in vigore tale tariffa, per i paesi membri originari, il 1 luglio 1968, con anticipo rispetto al termine ultimo filssato dal trattato, si avver1Jita subito la necessit di 'llil'interpretaZiilione e di un'aipphicazione urn;ifumne delqe voci, per garantire una assoluta parit di condiizionii nella circolazione dei prodotti. E questo compito non poteva essere assolto che a livello comunitario, con il contributo essenziale della Corte di giustizia. Le voci doganali, ha ben presto precisato la Corte, devono avere la stessa portata in tutti gli Stati membri. Questa esigenza resterebbe insoddisfatta (41) Sentenza 3 aprile 1968, nella causa 28/67, citata nella nota 32, con la quale la Corte ha precisato che spetta al giudice nazionale fare la comparazione, sulla base dei principi esposti, fra gli oneri gravanti il prodotto nazionale e quelli gravanti il prodotto importato. (42) Sentenza 1 dicembre 1965, nella causa 45/64, Commissione c. Rep. italiana, Racc. 1965, 886. (43) Sentenza 15 aprile 1970, nella causa 28/69, citata nella nota 38, in una fattispecie in cui l'Italia voleva che si tenesse conto dei maggiori oneri di produzione della polvere di cacao ottenuta in Italia. (44) Sentenza 22 marzo 1977, nella causa 74/76, Iannelli e Volpi. (45) Sentenza 13 dicembre 1973, nelle cause riunite 37 e 38/73, Diamantarbeiders, Racc. 1973, 1609. 13 PARTE II, QUESTIONI se, in caso di incertezza circa la classificazione doganale di una merce, ciascuno Stato membro potesse autonomamente determinare tale portata meciante ilnter,pretazione. vero che, iln caso di .d.ffioolit :rre!Hia dassificazione di una merce, l'amministrazione nazionale pu essere indotta ad emanare n011lile di attuazione ed a chiariTe in tale occasione ! dubb!i cui d ~uogo la descrizione di un :prodotto; essa per pu farlo soltanto nel rispetto delle norme comunitarie e senila poter dettare norme di interpretazione aventi carattere obbligatorio (46). Affermata anche qui, in via di principio, la PTevalenza del diritto comunitario, la Corte ha enunciato alcuni criteri generali di !interpretazione e di classificazione, precisando: -che t1ie note esplicative delJJa Commissione costlituiscono 11.liil importante mezzo d'interpreta2lione laddove le disposizioni tariffarie m:m sono chiare, ma non possono condurre ad una diversa interpTetazione di norme il cui significato e la cui portata sono gi di per s sufficientemente chiari, n modificare il testo della tari,ffa, del quale fanno parte integrante anche le note introduttive ai singoli capitoli (47); -che, in mancanza di note esplicative o di aLtre precisazioni da parte delle autorit comun!itarie, le note esplicative ed i pareri sulla classificazione redatti dal comitato della nomenclatura di cui alla Convenzione di Bruxelles del '1950 vanno considerati come strumenti idonei per l'interpretazione della tairiffa doganale comune (48); -che utiWi elementi di intepretazione sono anohe i rprincipi cui si informano gli acco11di stirpulati dahla Comunit nell'ambito del G.A.T.T. (49). La Corte ha ancora chiarito, sempre in via generale, ad esempio, che una merce va classificata nella voce relativa alle merci che con essa hanno una maggior afiinit, affinit che va valutata in funzione non solo delle caratteristiche filsiche dehl'.e merci, ma anche del Joro valore commerciale; che iLa nozione di PTezzo normale ha lo scopo precipuo di stabilire il prezzo reale delle merci, cio il prezzo effettivamente praticato dn una vendita effettuata in condizioni di libera concorrenza; che le spese di trasporto incluse sono le spese effettivamente sostenute dall'acquirente, anche se quelle inerenti al modo di trasporto impliegato abitualmente per la stessa merce sono meno onerose (50). Anche qui balza' evidente quella che abbiamo segnalato come (46) Sentenze 18 febbraio 1970, nella causa 40/69, Bollmann, Racc. 1970, 69:. 18 giugno 1970, nella causa 74/69, Krohn, Racc. 1970, 451; 8 dicembre 1970, nella causa 14/70, Bakels, Racc. 1970, 1001. Nella sentenza 19 novembre 1975, nella causa 38/75, Spoorwegen, Racc. 1975, 1439, stato precisato che ci vale quale che sia stata la forza cogente nell'ordinamento giuridico nazionale di un'interpretazione, anteriormente all'entrata in vigore della tariffa. doganale comune, relativa ad una voce di una tariffa doganale nazionale o comune soltanto a determinati Stati membri. (47) Sentenze 12 dicembre 1973, nella causa 149/73, Witt, Racc. 1973, 1587; 8 maggio 1974, nella causa 183/73, Osram, Racc. 1974, 477. (48) Sent1nze 14 luglio 1971, nelle cause 12/71 e 14/71, Henck, Racc. 1971, 743 e 779; 24 novembre 1971, nella causa 30/71, Siemers, Racc. 1971, 919; 29 maggio 1974, nella causa 185/73, Konig, Racc. 1974, 607; nella sentenza 11 novembre 1975, nella causa 37/75, Bagusat, Racc. 1975, vengono sottolineati gli ampi poteri discrezionali della Commissione, operante in stretta collaborazione con il comitato della nomenclatura, per decidere, ove sussistano varie possibilit, in quale voce della tariffa vada classificata la merce. Cfr. anche sentenza 19 novembre 1975, nella causa 38/75, sul valore dei pareri di classificazione del Consiglio di cooperazione doganale. (49) Sentenza 26 aprile 1972, nella causa 92/71, Interfood, Racc. 1972, 231. (50) Sentenze 8 dicembre 1970, nella causa 14/70, Bakels, Racc. 1970, 1001; 10 dicembre 1970, nella causa 27/70, Edding, Racc. 1970, 1035. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO una delle call"atteristiche della giurisprudenza della Corte: il rilievo dato alla sostanza della questione pi che alle s'pesso fuorvianti forme esterne. Naturalmente non questa la sede per richiamare le soluzioni date dalla Corte a singole fattispecie. Baster solo ricordare che nel corso di pochi anni la Corte ha msolto numerosissime questioni relative alla portata di singole voci doganali, concretizzando, attraverso la sua attenta opera interpretativa, quella effettiva unione doganale che, anche con l'istituzione della tariffa doganale comune, si inteso perseguire. 6. -L'apporto della Corte di Giustizia alla reaLizzazione degli obiettivi comunitari stato fondamentale e determinante in tutti i settori di interesse comune. L'esame della sua giurisprudenza sulla libera circolazione delle merci, pur nella sommariet cLi un'esposizione che ha mirato soprattutto ad enucleare alcuni dei principi generailii enunciati in materia, .oonfierma JJa iiID!PCJII'tanza, la validit e la vastit della sua opera. Resistenze ed ostacoli, diffidenze e incomprensiorui sono stati con il tem'.Po in gran parte superati. Oggi non pu non essere sottolineata anche la preziosa opera che ii giudizi nazionali dei vruri Paesi membra svolgono parallelamente. Essi, sempre pi sensibili all'idea comunitaria, determinano, via via con maggiore frequenza, gran parte degli interventi della Corte, richiedendo -ai sensi dell'art. .i77 del ,trattato -la sua pronuncia sulle norme e sugli atti comunitari, e contribuiscono cos direttamente, e in modo anch'esso essenzffiale, allo sviluppo dell'azione comunitaria attraverso l'interpretazione uniforme del diritto. OSCAR FIUMARA LEGISLAZIONE QUESTIONI DI LEGITTIMIT COSTITUZIONALE I -NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI codice di procedura civile, art. 143, ultimo comma. Sentenza 2 febbraio 1978, n. lO, G. U. 8 febbraio 1978, n. 39. codice di procedura penale, art. 427, secondo comma. Sentenza 2 febbraio 1978, n. 11, G. U. 8 febbraio 1978, n . .39. codice di procedura penale, art. 571. Sentenza 2 febbraio 1978, n. 12, G. U. 8 febbraio 1978, n. 39. legge 30 dicembre 1970, n. 1239, art. unico, nella parte in cui prevede l'applicazione dei diritti di visita per i prodotti ai quali si riferisce il Reg. Z7 giugno 1968, n. 804, della C.E.E. Sentenza 29 dicembre 1977, n. 163, G. U. 4 gennaio 1978, n. 4 . . II -QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE codice di procedura civile, art. 429, terzo comma (art. 3 del:!a Costituzione). Sentenza 29 dicembre 1977, n. 161, G. U. 4 gennaio 1978, n. 4. Sentenza 29 dicembre 1977, n. 162, G. U. 4 gennaio 1978, n. 4. legge 7 gennaio 19129, n. 4, art. 8 e 20 (art. 3 j:lella Costituzione). Sentenza 16 gennaio 1978, n. 6, G. U. 25 gennaio 1978, n. 25. r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, art. 7 (art. 3 e 36 della Costituzione). Sentenza 16 gennaio 1978, n. 1, G. U. 25 gennaio 1978, n. 25. legge 27 febbraio 1958, n. 64 (art. 3 e 51 della Costituzione). Sentenz~ .16 gennaio 1978, n. 5, G. U. 25 gennaio 1978, n. 25. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO legge 30 giugno 1965, n. 1124, art. 91 (artt. 38 e 32 della Costituzione). Sentenza 29 dicembre 1977, n. 160, G. U. 4 gennaio 1978, n. 4. legge 20 dicembre 1973, n. 831, art+. 116, 17 e 18 (artt. 3, 36, 100, 103 e 108 della Costituzione). Sentenza 16 gennaio 1978, n. 1, G. U. 25 gennaio 1978, n. 25. d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 16 gennaio 1978, n. 2, G. U. 25 gennaio 1978, n. 25. III -QUESTiIONI PROPOSTE codice C'Mle, art+. 2946 e 2948, n. 4 (art. 3 e 24 della Costituzione). Tribunale di Cosenza, Giudice del Lavoro, ordinanza 4 luglio 1977, n. 517, G. U. 11 gennaio 1978, n. 11. Pretore di Roma, ordinanza 10 ottobre 1977, n. 524, G. U. 25 gennaio 1978, n. 25. codice di procedura civile, art. 668, primo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Viareggio, ordinanza 18 luglio 1977, n. 486, G. U. 4 gennaio 1978, n. 4. codice penale, art+. 158 e 81 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 22 Juglio 1977, n. 567, G. U. 22 febbraio 1978, n. 53. cod,ice di ,procedura penale, art. 272 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Livorno, ordinanza 4 luglio 1977, n. 506, G. U. 4 gennaio 1978, n. 4. codice di procedura penale, art. 304 (art. 24 della Costituzione). Giudice istruttore presso il Tribunale di Napoli, ordinanza 9 novembre 1977, n. 579, G. U. 22 febbraio 1978, n. 53. codice d'i procedura penale, a'rt, 351 (artt. 3 e 21 della Costituzione). Pretore di Sondrio, ordinanza 15 settembre 1977, n. 569, G. U. 22 feb braio 1978, n. 53. cod-ic:e di procedura ,penale, art. 513, n. 2 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Corte di Cassazione, ordinanza 5 novembre 1976, n. 533, G. U. 25 gennaio 1978, n. 25. PARTE JI, LEGISLAZIONE codice di procedura penale, art. 513, n. 2 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Corte d'Appello di Roma, ordinanza 4 ottobre 1977, n. 531, G. U. 25 gennaio 1978, n. 25. codice di procedura penale, art. 513, n. 2 (artt. 3 e 24 de1la Costituzione). Corte d'Appello di Milano, ordinanza 14 dicembre 1976, n. 528, G. U. 1 febbraio 1978, n. 32. codice di procedura penale, art. 545, primo comma (artt. 3 e 24 de11a Costituzione). Giudice Istruttore presso il Tribunale di Lanusei, Ol'dinanza 29 luglio 1977, n. 537, G. U. l febbraio 1978, n. 32. r.d. 16 luglio 1905, n. 646, art. 20 (artt. 3 e 24 deHa Costituzione). Giudice dell'esecuzione del Tribunale di Lecce, ordinanza 8 aprile 1976, n. 562, G. U. 15 febbraio 1978, n. 46. r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, art. 63, primo e terzo comma (art. 3 della Costituzione). Corte dei Conti, quarta sezione giurisdizionale, ordinanza 19 ottobre 1976, n. 507, G. U. 4 gennaio 1978, n. 4. legge 20 luglio 1934, n. 1404, art. 9 (art. 3 della Costituzione). Tribunale per 1 minorenni di Napoli, ordinanza 17 ottobre 1977, n. 576, G. U. 22 febbraio 1978, n. 53. legge 7 marzo 1938, n. 141 (artt. 3 e 21 della cOstituzione). Tribunale di Macerata, ordinanza 24 ottobre 1977, n. 572, G. U. 22 febbraio 1978, n. 53. r.d. 5 giugno 1939, n. 1016, art. 32 (art. 3 della Costituzione). Tdbunale di Lucera, ordinanza 27 ottobre 1977, n. 570, G. U. 22 febbraio 1978, n. 53. Tribunale di Mistretta, ordinanza 18 ottobre 1977, n. 577, G. U. 22 feb braio 1978, n. 53. legge 3 giugno 1940, n. 1073 (artt. 3 e 35 della Costituzione). Tribunale di Aversano, ordinanza 9 settembre 1977, n. 512, G. U. 11 gen naio 1978, n. 11. r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 18, primo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 27 gennaio 1977, n. 508, G. U. 4 gennaio 1978, n. 4. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 49 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Tribunale di Grosseto, ordinanza 17 ottobre 1977, n. 571, G. U. 22 febbraio 1978, n. 53. legge t23 maggio 1950, n. 53, art. 7 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Padova, ordinanza 30 giugno 1977, n. 553, G. U. 15 febbraio 1978, n. 46. d.P.R~ 30 maggio 1955, n. 797, artt. 3 e 6 (artt. 3 e 29 della Costituzione). Pretore di Are,zzo, orclinanza .17 ottobre 1977, n. 564, G. U. 15 febbraio 1978, lll. 46. legge 2'4 'luglio 1957, 'n. 63\3, art. 1 O (artt. 3, 24, 36 della Costituzione). Tribunale di Ravenna, ordinanza 20 ottobre 1977, n. 566, G. U. 22 febbraio 1978, n. 53. 'legge '16 maggio 1960, n. 570, art. H (artt. 3 e 51 della Costituzione). Pretore di Reggio Calabria, ordinanza 22 a,PriJe 1977, n. 583, G. U. 22 febbraio 1978, n. 53. legge 10 lugUo 1960, n. 735, ort. 1 (art. 3 della Costituzione). T.A.R. per l'Emi1ia-Romagna, ordinanza 10 marzo 1977, n. 505, G. U. 4 gennaio 1978, n. 4. legge reg. Siciliana 15 marzo 1963, n. rl6 (artt. 3, 97, 103 e 108 della Costituzione). Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la regione Siciliana, ordinanza 19 ottobre 1976, n. 527, G. U. 25 gennaio 1978, n. 25. legge 30 giugno 1964, n. 11Z5 (artt. 3 e 24 defila Costituzione). Pretore di Pisa, orclinanza 1 luglio 1977, n. 580, G. U. 22 febbraio 1978, 111. 53. legge 13 tuglio 1965, n. 836, art. 1 (artt. l, 2, 35, 36 della Costituzione). Pretore di Bologna, ordinanza 13 luglio 1977, n. 518, G. U. 18 gennaio 1978, n. 18. legge 21 luglio 1965, n. 903 (artt. 3, 30, 31 della Costituzione). Pretore di Varese, ordinanza 11 ottobre 1977, n. 532, G. U. 1 febbraio 1978, n. 32. legge 15 lugMo 1966, n. 604, art. 11, primo c:omma (art. 3 e 37 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 25 giugno 1977, n. 503, G. U. 4 gennaio 1978, n. 4. Pretore di Bologna, ordinanza 25 ottobre 1977, n. 550, G. U. 8 febbraio 1978, n. 39. PARTE II, LEGISLAZIONB legge 2 agosto 1967, n. 799, art. 10 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Fasano, ordinanza 13 ottobre .1977, n. 525, G. U. 25 gennaio 1978, n. 25. Pretore di Venafro, ordinanza l7 ottobre 1937, n. 535, G. U.' 1 febbraio 1978, n. 32. legge 6 agosto 1967, n. 765 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Piacenza, ordinanza 12 ottobre 1977, n. 521, G. U. 25 gennaio 1978, n. 25. l1t9ge 7 ottobre 1969, n. 7421 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Tribunale di Rovigo, ordinanza 14 ottobre 1977, n. 544, G. U. 1 febbraio 1978, n. 32. legge Provfocia di BolzanQ, 23 giugno 1970, n. 20 (artt. 4 e 11 legge Costituzionale 26 febbraio 1968, n. 5). Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili, ordinanza 7 luglio 1977, n. 573, G. U. 22 febbraio 1978, n. 53. legge 28 ottobre 1970, n. 775, art. 10 (art. 76 della Costituzione). Consiglio di Stato, sesta sezione, ordinanza 8 luglio 1977, n. 534, G. U. 18 gennaio 1978, n. 18. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 58, quarto comma (art. 3 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Matera, ordinanza 31 maggio 1977, n. 516, G. U. 18 gennaio 1978, n. 18. legge 26 ottobre '1972, n. 643, art. 18, quarto comma (art. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Torinoi ordinanza 6 giugno 1977, n. 513, G. U. 4 gennaio 1978, n. 4. d.P.R. H ottobre 197:~ n. 644 (artt. 76 e 25 della Costitll2iione). Commissione tributaria di primo grado di Lucera, ordinanza 26 aprile 1947, n. 540, G. U. 1 febbraio 1978, n. 32. d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748, art, 50 (art. 3 della Costituzione). T.A.R. dell'Umbria, ordinanza 14 luglio 1977, n. 511, G. U. 18 gennaio 1978, n. 18. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commisione tributaria di Pordenone, ordinanza 29 marzo 1977, n. 541, G. U. 8 febbraio 1978, n. 39. 20 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d.P.R. 2,6 ottobre 1973, n. 643 (artt. 3, 53 e 42 della Costituzfone). Commissione tributaria di primo grado di Venezia, ordinanza 3 maggio 1977, n. 536, G. U. 1 febbraio 1978, n. 32. legge 22 dicembre 1973, n. 841, art. 1 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Padova, ordinanza 6 maggio 1977, n. 522, G. U. 25 gennaio 1978, n. 25. 'legge 18 dicembre 1973, n. 877 (artt. 70 e 72 dellia Costituzione). Corte di Cassazione, ordinanza 14 luglio 1977, n. 551, G. U. 8 febbraio 1978, n. 39. legge 29 dicembre 1973, n. 1032, art. 5 (art. 76 della Costituzione). Pretore di Napoli, ordinanza 12 settembre 1977, n. 515, G. U. l1 gennaio 1978, n. 11. d.P.R. 29 dicembre 1973, .n. 1092, art. 256 (art. 136 della Costituzione). Pretore di Lecce, ordinanza 30 maggio 1977, n. 519, G. U. 25 gennaio 1978, n. 25. d.P.R. 23 dicembre 1974, n. 688 (art. 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Lanciano, ordinanza 14 luglio 1977, n. 514, G. U. 11 gennaio 1978, n. 11. legge 18 aprile 1975 (art. 25 e 70 della Costituzione). Tribunale di Bologna, ordinanza 27 ottobre 1977, n. 546, G. U. 1 febbraio 1978, n. 32. legge 19 maggio 1975, n. 151 (artt. 3 24 deHa Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 21 ottobre 1977, n. 578, G. U. 22 febbraio 1978, n. 53. legge 22 dicembre 1975, n. 685 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Sondrio, ordinanza 19 luglio 1977, n. 565, G. U. 22 febbraio 1978, n. 53. Tribunale di Cremona, ordinanza 21 giugno 1977, n. 526, G. U. 25 gennaio 1978, n. 25. legge 2 7cficembre 1975, n. 780, art. 4 (artt. 3 e 38 della Costituzione). Pretore di Udine, ordinanza 8 ottobre 1977, n. 529, G. U. 25 gennaio 1978, n. 25. legge 5 maggio 1976, n. 313, art. 5 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Cittadella, ordinanze (tre) 26 settembre 1977, nn. 501, 509 e 510, 15 febbraio 1978, n. 46. PARm II, LBGISLAZIONB 1legge 1 O maggio 1976, n. 319, arff. '15, 21, 25 e 26 (artt. 2, 3 e 9 della Costituzione). Corte di Cassazione, sesta sezione penate, ordinanze (due) 9 marzo 1977, n. 547, G. U. 15 febbraio 1978, n. 46. legge 10 dicembre 1976, n. 797 (artt. 3 e 23 della Costituzione). Pretore di 'Cuneo, ordinanza 7 ottobre 1977, n. 549, G. U. 8 febbraio 1978, n. 39. Pretore di Torino, ordinanza 4 ottobre 1977, n. 543, G. U. 1 febbraio 1978, n. 32. legge t2i8 gennaio 1977, n. 10 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Gallarate, ordinanza 11 luglio 1977, n. 575, G. U. 22 febbraio 1978, n. 53. d.I. 17 giugno 1977, n. 326 (artt. 42 e 47 della Costituzione). Pretore di Padova, ordinanza 4 luglio 1977, n. 520, G. U. 18 gennaio 1978, n. 18 legge 9 ottobre 1977, n. 973 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Tribunale di Genova, ordim1:nze (tre) 23 maggio 1977, n. 558, 559 e 560, G. U. 15 febbraio 1978, n. 46. legge reg. Siciliana 21 dicembre 1977, interpretazione dell'art. 1, legge reg. 30 gennaio 1956, n. 8 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissario dello Stato per la regione siciliana, ricorso depositato il 5 gennaio 1978, n. 1, G. U. 18 gennaio 1978, n. 18. legge reg. Abruzzo 30 dicembre 1977, (art. 17 della Costituzione). Presidente del Consiglio dei Ministri, ricorso depositato il 24 gennaio 1978, n. 2, G. U. 1 febbraio 1978, n. 32. CONSULTAZIONI CONSULTAZIONI ACQUE PUiBBiLICHE , Concessioni di acque per grandi derivazioni -Concessionari privati -Realizzazione di opere -Procedure di esproprio -Normativa applicabile (l. 25 giugno 1865, n. 2359 -r.d. 11 dicembre 1923, i:z. 1775, ar,t. 33 -l. 27 giugno 1974, n. 247, art. 4). Se alle espropriazioni per la realizzazione di opere da parte di privati nelle concessioni di acque pubbliche per grandi derivazioni continuino ad applicarsi senza alcuna modificazione, pur dopo l'entrata in vigore della 1. 27 giugno 1974, n. 247 (art. 4), le disposizioni dettate dalla legge generale 25 giugno 1865, n. 2359, richiamate dall'art. 33 del t.u. sulle acque e impianti elettrici approvato con r;d. 11 dicembre 1933, n. 1775 (n. 124). Concessioni di acque per grandi derivazioni -Concessionari pubblici -Realizzazione di opere -Procedure di esproprio -Determinazione della indennit Normativa applicabile (l. 22 ottobre 1971, n. 865 -l. 27 giugno 1974, n. 247, art. 4 -l. 25 giugno 1865, n. 2359). Se alle espropriazioni per la realizzazione di opere da parte di soggetti pubblici 'nelle concessioni di acque pubbliche per grandi derivazioni si applichino, dopo la entrata in vigore della 1. 27 giugno 1974, n. 247, le disposizioni della 1. 22 ottobre 1971, n. 865 (titolo II) (per quanto concerne la determinazione della indennit di espropriazione e resti ferma la competenza degli organi statali (n. 125). Concessioni di acque per piccole derivazioni -Concessionari privati -Realizzazione di opere -Procedure di esproprio -Normativa applicabile (l. 25 giugno 1865, n. 2359 -l. 27 giugno 1974, n. 247, art. 4 -r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 33 e 34). Se alle espropriazioni per la realizzazione di opere da parte di privati nelle conses,sioni di acque pubbliche per piccole derivazioni continuino ad applicarsi, pur dopo l'entrata in vigore della 1. 27 giugno 1974, n. 247 (art. 4), le disposizi01).i dettate dalla leigge generale 25 giugno 1865 n. 2359 e, nei casi di cui all'art. 34 del r.d. 11 dicembre 1933, n. 1175, continuino ad applicarsi le disposizioni di cui all'art. 33 dello stesso decreto (n. 126). Concessioni di acque per piccole derivazioni -Concessionari privati -Realizzazione dJi opere -Procedure di esproprio -Determinazione dell'indennit Normativa applicabile (l. 25 giugno 1865, n. 2359 -l. 22 ottobre 1971, n. 865 l. 27 giugno 1974, n. 247, art. 4). Se alle espropriazioni per la realizzazione di opere da parte di soggetti pubblici nelle concessioni di acque pubbliche per piccole derivazioni trovino integrale applicazione, dopo l'entrata in viigore della 1. 27 giugno 1974, n. 247 (art. 4), le norme della 1. 22 ottobre 1971, n. 865 (titolo II) per quanto concerne la determinazione dell'indennit di espropriazione (n. 127). I .I I f :: E f f PARTE II, CONSULTAZIONI AGRICOLTURA Beni dello Stato -Alienazione -Fondi rustici -Diritto di prelazione del coltivatore -Leggi speciali -Applicabilit (l. 26 maggio 1965, n. 590 -l. 14 agosto 1971, n. 817 -r.d. 18 novembre 1823, n. 2440, art 21). Se alle alienazioni di fondi rustici dello Stato siano applicabili le disposizioni delle leggi 26 maggio 1965, n. 590 e 14 agosto 1971, n. 817, che assicurano a soggetti coltivatori di fondi agrari di essere preferiti nell'acquisto di questi ed anche di quelli confinanti con gli stessi, ovvero esclusivamente le norme sulle alienazioni contenute nella legige e nel regolamento di contabilit generale dello Stato (n. 87). Comitato provinciale per l'.assegnazione dei prodotti petroliferi agevolati per l'agricoltura -Designazione dei rappresentanti delle categorie agricole Competenza (l. 31 dicembre 1962, n. 1852, art. 5). Se sia di competenza dell'ispettorato agrario la designazione dei rappresentanti delle categorie agricole in seno al comitato provinciale per la distribuzione dei carburanti agevolati per J'agricoltura... (n. 88). Impiego pubblico -Servizio repressione frodi in agricoltura -Laboratorio chimico dogane e imposte indirette -Personale estraneo all'amministrazione finanze -Inquadramento -Divieto di assunzione di nuovo personale -Facolt di avvalersi di analizzatori esterni (l. 4 agosto 1975, n. 397, art. 14, commi 10 e 11 -r.d.l. 15 ottobre 1925, n. 2033, art. 43, comma 2). Se l'avvenuto inquadramento -a norma dell'art. 14, 10 comma, I. 4 agosto 1975, n. 397 -nei ruoli dell'amministrazione finanziaria, del personale ad essa estraneo che abbia prestato servizio o presso il laboratorio chimico delle dogane ed imposte indirette, ed il correlativo divieto, disposto dall'l1 comma dell'art. 14 succitato, di assumere nuovo ,personale sotto qualsiasi forma per hl servizio repressione frodii alimentari, abbia fatto venir meno la facolt per iii direttore del predetto laboratorio di. avvalersi di analizzatori esterni di sua fiducia, da compensare in ragione delle analisi eseguite, secondo quanto previsto dall'art. 43, 2 comma, del ir.dl. 15 ottobre 1925, n. 2033 (n. 89). Enti di sviluppo -Personale -Normativa sul riordino del parastato -Dipendenti trasferiti -Conservazione della qualifica e della posizione -Promozioni -Divieto (l. 20 marzo 1975, n. 70, art. 2). Se la disposizione di oui all'art. 2, ultimo comma, della I. 20 marzo 1975, n. 70, sul riordinamento degli enti pubblici e del rapporto di lavoro del personale dipendente, secondo la quale il personale trasferito collocato nell'ente di destinazione con la qualifica (se di ruolo) e nella posizione (se non di ruolo) corrispondenti a quella rivestita e posseduta nell'ente di ,provenienza alla data (3 aprile i975) di entrata in vigore della Jegige, implichi per gli enti di sviluppo in agricoltura .divieto di dar corso a promozioni alla data predetta (n. 90). Enti di sviluppo -Normativa sul riordlino del parastato -Applicabilit (l. 20 marzo 1975, n. 70, art. 35 -d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11, art. 2, 1 comma l. 30 aprile 1976, n. 386, artt. 6, 7 e 9 -l. 14 luglio 1965, n. 901, art. 9). Se la I. 20 marzo 1975, n. 70, sul riordinamento degli enti pubblici e del rapporto di lavoro del personale dipendente si applichi agli enti di sviluppo in agricoltura (n. 91). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Produttori olio dl'oliva -Integrazione prezzo -Crediti vari dello Stato -Com pensazione -Limiti ( d.P.R. 4 luglio 1973, n. 532, art. 1 -d.P.R. 24 dicembre 1974, n. 727, artt. 1 e 2, 2 comma -cod. civ. art. 1246). Se sia possibile operare, dopo l'entrata in vigore del d.P.R. 24 dicembre 1974, n. 727, la compensazione tra crediti del privato produttore di olio d'oliva nei confronti dell' AIMA sorti in base all'art.. 1 del d.P .R. 4 luglio 1973, n. 532, e dell'art. 1 del d.P.R. n. 727 citato e crediti dello Stato di qualunque genere, diversi da quelli AIIMA per recupero di pagamenti indebiti di somme concesse a titolo di integrazione (n. 92). AMMINISTRAZIONE PUBBiLICA Enti pubblici -Organi -Organo collegiale -Incompletezza -Organo scaduto, Prorogano (l. 14 agosto 1967, n. 800, art. 15). Se, non essendosi potuto provvedere alla nomina di un componente di un organo collegiale (nella S!Pecie: collegio dei revisori di un ente autonomo lirico) per mancata designazione da parte di una delle amministrazioni rappresentate nel cohlegio stesso, ila leg.ittima~one spetti al precedende coHegio gi scaduto, m applicazione del principio della prorogatio, ovvero al collegio di recente nomina anche se incompleto (n. 424). Soppressione di enti -Giovent italiana -Soppressione ex l. 18 novembre 1975, n. 764 -Trasferimento del compendio immobiliare agli enti considerati nella stessa legge -Effetto dalla data di entrata in vigore di questa (l. 18 novembre 1975, n. 764). Se per effetto della soppressione e messa in liquidazione della giovent italiana, disposta con la I. 18 novembre 1975, n. 764, il compendio immobiliare di questa 1sasi trasferito ape legis alla stessa data di entrata in vi.gore della citata legge (17 gen!1llio 1976) iil1 favore degli enti corisiderati nell'art. 2 e sempre da tale data questi ultimi siano subentrati, correlativamente, in tutte le situazioni attive o passive e nel rapporti processuali inerenti al compendio immobiliare predetto (n. 425). Enti lirici -Contratto di scrittura teatrale -Natura -Difetto di giurisdizione dell'A.G.O. -Limiti (r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 29, n. 1 -cod. proc. civ. art. 409 -l. 11 agosto 1973, n. 533, art 1). Se il rapporto nascente dal contratto di scrittura teatrale stipulato tra il cantante lirico e un ente lirico sia da qualificare come rapporto di lavoro subordinato con ente pubblico non economico, come tale rientrare nella giurisdizione esclusiva del giudice ammiruistrativo (n. 426). Ufficiale giudiziario -Pignoramento -Versamento della somma da parte del debitore esecutato -Mancata consegna al creditore pignorante -Responsabilit della P.A. (cod. civ. art. 2043 -cod. proc. civ. art. 494 -'d.P.R. 15 &f. cembre 1959, n. 1229, art. 1 -disp. att. codJ. proc. civ. art. 157). Se l'amministra:rione di grazia e giustizia possa essere ritenuta responsabile per il fatto illecito dell'ufficiale giudizfario che si sia appropriato della somma che i.!l debitore esecutato aveva versato ai sensi detll'art. 494 cod. proc. civ., nelle sue mani con l'incarico di consegnarla al creditore pignorante (n. 427). il [; !~ f: PARTE II, CONStJiTAZIONI 25 Enti pubblici -Associazione nazionale combattenti e reduci -Natura (r.d. 19 aprile 1923, n. 850, art. 1 -r.d. 24 giugno 1923, n. 1371 -r.d. 3 agosto 1943, n. 704, art. 5 -l. 21 marzo 1958, n. 259 -l. 20 marzo 1975, n. 70, art. 2). Se l'associazione nazionale combattenti e ;reduci abbia natura di ente pubblico ovvero di associazione privata (n. 428). Universit -Collaudi cDi appalti di opere .e:ffettuati da tecnici dipendenti da amministrazioni statali -Pagamento dei compensi (l. 15 novembre 1973, n. 7J4, art. 21 -d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748 art. 50 -d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3,. art. 61). Se ed a quali condizioni, particolarmente rper quanto riguarda il compenso, l'universit degli studi possano richiedere e ottenere da funzionari tecnici dello Stato prestazioni di natura tecnico-professionale (n. 429). Enti lirici -Direttare artistico requisiti per la nomina -Significato da attribuire al termine musicista usato nell'art. 12 della l. 800/1967 (l. 14 settembre 1967, n. 800, art. 12). Se la categoria dei musicisti, tra i quali deve essere scelto il direttore artistico degli enti lirici a norma dell'art. 12 della legge 14 settembre 1967, n. 800,debba intendersi comprensiva oltre che dei compositori , esecutori e cantanti anche degli eSiPerti di cose musicali, critici e studiosi di storia, teoria e tecnica della musica (musicologi) (n. 430). Collegi consultivi compartimentali dei periti doganali -Scadenza del quadriennio dalla costituzione -Legittimit dell'espletamento delle funzioni sino all'insediamento del nuovo collegio (d.P.R. 18 febbraio 1971, n. 18, art. 109 -d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 66). Se i collegi consultivi compartimentali dei periti doganali (di cui gi agli art. 109 seg. del d.P.R. 18 febbraio 1971, n. 18, ed attuaJ.mente agld artt. 66 seg. d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43) possano legittimamente svolgere le loro funzioni anche dopo la scadenza del quadriennio rper il quale sono stati costituiti e sino al perfezionamento delle nomine dei membri dei nuovi collegi (rectiussione all'insediamento dei nuovi collegi) (n. 431). Collegi consultivi compartimentali dei periti doganali -Espletamento di funzioni in regime di prorogatio spettanze delle indennit ( d.P.R. 18 febbraio 1971, n. 18, art. 109 -d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 67). Se ai membri dei colleghi consulitvi compartimentali dei periti doganali (gi !Prewsti dagld artt. 109 seg. d.P.R. 18 febbraio 1971, n .18, ed attualmente dagli artt. 66 seg. d.P .R. 23 gennaio 1973, n. 43) operanti in regime di prorogatio, doipo la scadenza del quadriennio della nomina, possono corrispondersi i trattamenti di missione ed i rimborsi spese previsti dalla legge per i membri dei collegi in carica (n. 432). ' Enti pubblici -Enti pubblici non economici -Riordinamento degli enti e del raporto di lavoro del personale dipendente -l. 20 marzo 1975, n. 70, applicabilit agii enti edilizi soppressi col d.p. 30 dicembre 1972, n. 1036, ed alla giovent italiana -Esclusione (d.p. 26 maggio 1976, n. 411, art. 45 -l. 20 marzo 1975, n. 70, o negativo, espresso o tacito) del .CI,p sulla determinazione del prezzo di un medicinale, avente natura di atto amministrativo a contenuto 1generale e produttivo di effetti non territorialmente delimitati, sia devoluto alla competenza funzionale del TAR del Lazio (n. 38). Tribunali amministrativi regionali -Impugnativa di atto dell'amministrazione centrale che dispone il pagamento di una somma di denaro -Competenza territoriale del T AR nella cui circoscrizione ricompreso l'ufficio di tesoreria che deve procea1ere al pagamento. Se, nel caso di impugnazione in via g1urisdizionale del ;provvedimento che dispone il ;pagamento di una somma di denaro di cui lo Stato debitore (nella specie decreto ministeriale che liquida un indennizzo per danni di guerra escludendo taluni cespiti dal beneficio), la competenza territoriale spetti al TAR nella cui circoscrizione ric;ompreso l'ufficio di tesoreria che deve procedere al pagamento secondo le norme della contabilit di Stato (n. 39). Apparecchiature radiologiche e sorgenti radioattive -Assicurazione obbligatoria -Premi -Determinazione ministeriale -Efficacia retroattivo (l. 30 gennaio 1968, n. 47, art. 1 -d.m. 13 ottobre 1973). Se al decreto del Ministro del lavoro e della previdenziale sociale 13 ottobre 1973 emesso ai sensi dell'art. 1 .della legge 30 gennaio 1968, n. 47, con il quale stato determinato l'ammontare dei premi della assicurazione obbligatoria per apparecchiature radiologiche e sorgenti radioattive, :possa riconoscersi efficacia retroattiva (n. 40). 30 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO COMPETENZA E GIURISDIZIONE T.A.R. -Rapporti di pubblico impiego -Competenza -Ricorsi di magistrati Estensione (l. 24 marzo 1958, n. 195, art. 17 -r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 29, n. 1 -l. 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 7, 2 comma -Cast., artt. 24 e 113). Se nel trasferimento ai tribunali amministrativi regionali della generale competenza del Consiglio di Stato in materia di pubblico impiego disposto con l'art. 7, 2 comma, della 1. 6 dicembre 1971, n. 1034, debba ritenersi compresa anche Ja competenza in materia di rapporto d'impiego dei magistrati gi devoluta al Consiglio di Stato dall'art. 17 della 1. 24 marzo 1958, n. 195 (n. 40). Ricorso giurisdizionale -Istanza di sospensione -Accoglimento -Rimedi esperibili aversa l'ordinanza (r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 39, 2 comma l. 6 dicembre 1971, n. 1034, artt. 21, 7 comma, e 28, 2 comma -c.p.c., art. 362, 12 comma). Se avverso fo ordinanze di sospensione dell'efficacia del provvedimento amministrativo impugnato siano ammissibili l'appello al Consiglio di Stato e il ricorso per cassazione per motivi di giurisdizione (n. 41). Enti lirici -Contratto di scrittura teatrale -Natura -Difetto di giurisdizione dell'A.G.0. -Limiti (r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 29, n. 1 -cod. proc. civ., art. 409 -l. 11 agosto 1973, n. 533, art. 1). Se il rapporto nascente dal contratto di scrittura teatrale stipulato tra il cantante lirico e un ente lirico sia da qualificare come rapporto di lavoro subordinato con ente pubblico non economico, come tale rientrante nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (n. 42). COMUNLI E PIROV:INCE Elezioni comunali -Convalida -Annullamento da parte della C.P.C. -GiurisWizione -Spettanza (l. 23 dicembre 1966, n. 1147, artt. 1 e 4 -d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, art. 82). Se spetti all'autorit giudiziaria ordinaria ovvero al giudice amministrativo fa giurisdizione sui ricorsi proposti avverso decisoni della Commissione ;provinciale di controllo che abbiano annullato delibere comunali di convalida di elezioni per meri vizi di forma (n. 170). Enti locali -Autorizzazione ad assumere mutui con contributo statale per ripianamento dJel bilancio -Competenza del ministro dell'Interno -Art. 130 Costituzione (l. 12 novembre 1971, n. 952). Se la :potest di autorizzare l'assunzione da parte di ente locale di mutuo destinato al ripianamento del bilancio, con il contributo dello Stato conferita dall'art. 2 della I. 12 novembre 1971, n. 952, al Ministero dell'interno, debba ritenersi automaticamente trasferita agli organi regionali proposti al controllo sui coimuni e sulle proV!ince ovvero l'autorizzazione p!redetta Sii configuri come una misura di controllo diversa ed ulteriore rispetto a quelle passate alla competenza regionale in attuazione dell'art. 130 della Costituzione (n. 171). I I '= llj -~ ' . . [ [ ., PARTE II, CONSULTAZIONI 31 Enti locali -Trasferimento alle regioni OY'dinarie dlei poteri di controllo sugli atti -Conservazione da parte dello Stato di altre forme di controllo generale (art. 130 Costituzione). Se ile potest di controllo sugli enti locali deferite dalla Costituzione alla regione a statuto oroinario siano limitate ai soli controlli, di legittimit e di merito, sugli atti di quelle amministrazioni, restando allo Stato, che conserva quindi ila titolooit dei poteri di SUiIJremazia suii comu ine le prov1nce senza la intermediazione regionale, tutte quelle altre forme di controllo istituite con leggi della Repubblica che non sono riconducibili, per funzioni ed effetti, alla categoria del controllo sugli atti, come quelle di carattere finanziario che investono necessariamente la globalit della gestione delle amministrazioni locali (n. 172). COMUNIT ECONOMICA EUROPEA Prezzi -Disciplina -Blocco dei prezzi -Disciplina comunitaria nel settore agricolo -Compatibilit (d.l. 24 luglio 1973, n, 425 -d.l. 24 luglio 1973, n. 427 reg. CEE 120/67). Se la normativa italiana istitutiva del CJd. blocco dei prezzi di cui ai dd.ll. 24 luglio 1973, nn. 425 e 427, sia in contrasto, per quanto attiene al settore delle importazioni agricole, con le disposizioni comunitarie disciplinanti le varie organizzazioni europee dei mercati agricoli (n. 20). Prodotti agricoli -Esportazione in paesi extra e.E.E. -Domanci!a di restituzione -Termine di presentazione -Natura (reg. comm. C.E.E. 21 dicembre 1967, n. 1041, art. 10, n. 2 -reg. comm. e.E.E. 17 marzo 1969, n. 499, art. 7). Se il termine semestrale stabilito per il deposito della pratica di restituzione a fronte di esportazione di iprovvedimento amministrativo impugnato siano ammissibili l'appello al Consiglio di Stato e il ricorso per cassazione per motivi di giurisdizione (n. 20). Giudizio amministrativo -Impugnativa di pi atti oggettivamente connessi Spostamento di competenza (l. 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 31). Se nel riporto di competenza fra i T .A.R. esistano spostamenti per ragioni di connessione (ipotesi di impugnativa di rpi atti oggettivamente connesSI, gl! uni a carattere generale e 1pJ:esupposti gli altri puntuali e applicativi) (n. 21). Giudizio amministrativo -Riporto di competenze funzionali inderogabili in senso verticale ed in senso orizzontale -Eccepibilit della relativa eccezione di incompetenza al di fuori .dello specifico procedimento dt regolamento di competenza (l. 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 31). Se nel giudil!lio amministrativo esista, accanto ad una competenza territoriale derogabile, che pu essere fatta valere solo in termine perentorio mediante regolamento idi competenza, anche una competenza funzionale inderogabile ohe, pur ipotendo essere dedotta in regolamento di competenza, pu tuttav!ia, anche in ddfetto :di questo, essere eccepita o rilevata d'ufficio [n ogni stato e grado del giudizio (n. 22). Giudizio amministrativo -Sentenza di primo grado del T.A.R. -Esecutivit Concetto limiti (l. 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 33). Se l'immediata esecutivit della sentenza dei T.AJR. comporti, rper l'amministrazione, ~'obbligo di ottemperanza (n. 23). Perizie ed indagini demandate dal giudice amministrativo adl una amministrazione che non parte in giudizio -Modalit d'esecuzione dell'incombente istruttorio -Compensi (r.d. 17 agosto 1907, n. 642, art. 31). Con quali. cond!izioni e con quali modalit debbano essere eseguite venificazioni o indagini tecniche (perizie) richieste dal giudice amministrativo ad una amministrazione che. non parte in giudfaio (n. 24). Competenza dei T.A.R. -Atti con efficacia territorialmente limitata -Diniego riconoscimento qualifica reduce dalla deportazione -Ricorso gerarchico Provvedimento ministeriale di rigetto -Natura -Effetti sulla competenza per territorio (l. 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 3, 2 e 3 comma). Se li provvedimenti ministeriali con i quali veniga rigettato il ricorso gerarchico proposto avverso il diniego rprefettizio di riconoscimento della qualifica di reduce civile daJJlia deportazione o dall'internamento abbiano efficacia territorialmente Lim!itata ai sensi e rper 1gli effetti di cui all'art. 3, 2 comma, della 1. 6 dicembre 1971, n. 1034, e sia endenti dele camere di Commercio di cui alla 1. 25 luglio 1971, n. 557 (n. 125). Scuole e corsi cDi addestramento G.d.F. -Incarico di insegnamento -Soggetti estranei alla P.A. -Posizione assicurativa -Costituzione (l. 23 aprile 1959, n. 189, art. 8). Se nei confrnnti dei s~getti incaricati, ai sensi dell'art. 8 deHa 1. 23 aprile 1959, n. 189, dell'insegnamento nelle scuole e nei corsi di addestramento della Guardia di Finanza, i quali non siano dipendenti di altre pubbliche amministrazioni n percepiscano compensi per altri lavori subordinati, debba costituirsi posizione previdenziale ed assistenziale in relazione al rapporto di insegnamento (n. 126). Medici incaricati del servizio sanitario a favore di reparti tklla G.d.F. -Natura del rapporto -Posizione assicurativa -Costituzione (r.d.l. 28 gennaio 1928, n. 26, art. 7 -l. 15 febbraio 1963, n. 242, art. 12). Se nei confronti dei medici con i quali vengono stipulate convenzioni intese all'affidamento del servizio sanitario per gli appartenenti ai reparti deHa Guardi.a di Finanza di stanza in localit in cui mancano medici militari, ar sensi di quanto consentito dall'art. 7 del r.d.l. 19 gennaio 1928, n. 26, debba costitudrsi posizione previdenziale ed assicurativa (n. 127). PREZZI Provvedimento -Prezzo del C.I.P. -Impugnativa giurisdizionale -Competenza funzionale del T.A.R. del Lazio (art. 3, comma 3, l. 6 dicembre 1971, n. 1034). Se l'impugnativa del provvedimento ~positivo o negativo, espresso o tacito) del C.I.P. sulla determinazione del prezzo di Uii medicinale, avente natura di atto amministrativo a contenuto generale produttivo di effetti non territorialmente delimitati, sia devoluta alla competenza funzionale del T.A.R. del Lazio (n. 76). Generi di largo consumo -Blocco dei prezzi -Prezzi praticati alla data del 16 luglio 1973 -Interpretazione (d.l. 24 luglio 1973, n. 427, artt. 1 e 4 -d.m. 3 agosto 1973, artt. 5 e 7). Se il blocco dei prezzi stabilito con l'art. 1 del d.l. 24 Iuglio 1973, n. 427, debba intendersi riferito al prezzo in concreto praticato da ognii singolo operatore economico alla data stabilita del 16 luglio 1973, ovvero ad un prezzo unico medio (na:1Jionale o locale) (n. 77). PARTE II, CONSULTAZIONI Generi Wi largo consumo -Blocco dei prezzi -Violazioni -Sanzioni -Proventi Riscossione coattiva -Organo preposto (d.l. 24 luglio 1973, n. 427, artt. 8 e 9 -d.m. 3 agosto 1973, art. 25 -l. 3 maggio 1967, n. 317, artt. 9 e 13 r. dJ. 14 aprile 1910, n. 639). Se alla procedura coattiva di Discossione dei (proventi delle sanzioni preminarie inflitte dal prefetto per le violazioni delle norme in materia di blocco dei prezZJi dei generi di largo consumo ai sensi degil artt. 8 e 9 del d.l. 24 Ju,glio 1973, n. 427, debba provvedere lo stesso Prefetto ovvero l'amministrazione del Tesoro e in particolare le singole direzioni provincialii del Tesoro (n. 78). PROCEDIMENTO PENALE Assicurazione obbligatoria della responsabilit civile derivante dalla circolazione degli autoveicoli -Procedimento penale a carico dell'assicurato -Posizione di responsabile civile dell'assicuratore (l. 24 dicembre 1969, n. 990, art. 18 -c.p.p. art. 107 -c.p.p. art. 112 -c.p.p. art. 27 -cod. civ., art. 2054). Se nel regime dell'assicurazione obbli1gatoria della responsabilit civile derivante dalla circolazione 'di autoveicoli, l'assicuratore assuma 1a veste dii responsabi1le civile nei dgmwdi del fatto di cud fassicurato chiamato a rispondere penalmente (n. 27). Assicurazione obbligatoria dJella responsabilit civile derivante dalla circolazione di veicoli -Nozione di assicurato -Conducente non contraente E tale (l. 24 dicembre 1969 n. 900, art. 18 -cod. civ., art. 2054 -cod. civ., art. 1917). Se, nel regime dell'assicurazione obbl1gatoma della responsabilit civile de! l.1ivante dalla circolazione dei veicoli 1il conducente. !llOlll rproprietardo dell'auto e non contraente della polizza assicurativa assuma comunque la veste di assicurato per tutto ci che attiene ail contenuto legale del rapporto esterno ed interno di. assicurazione (n. 28). Assicurazione obbligatoria della responsabilit derivante dalla circolazione degli autoveicoli -Processo penale a carico di conducente della P.A. -Obbligo d'intervento della compagnia assicuratrice a norma di polizza -Sussistenza (l. 24 dicembre 1969, n. 990, art. 18 -c.p.p., art. 107 -c.p.p. art. 112 -c.p.p. art. 27 -cod. civ., art. 2054). Se, allorch si procede penalmente a carico del conducente di auto della Pubblica Amministrazione e ci sia stata costituzione di (parte civdle (e si discuta quindi dell:a responsabdLit dell'assicurato, bench non contraente, tale essendo la posizione del detto conducente) Ja, compagnia ahsicuratrice abbia l'obbldgo di intervenire a norma del contratto assicurativo (n. 29). RROFESSIONJ Agente di cambio -Albo professionale -Iscrizione -Decreto presidJenziale di nomina -Sufficienza (1. 29 maggio 1967, n. 402, art. 1 -l. 23 maggio 1956, n. 515). Se la !iscrizione all'albo professionale degli agenti di cambio da parte del consliglio dell'ordine debba ritenersi atto dovuto una volta che il sog;getto !interessato abbia conseguito la nomina ad agente di cambio con decreto Presidenziale (n. 13). 64 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO PROPRIET Concessioni di beni demaniali -Costruzioni a confine con propriet private Distanze legali -Rispetto -Limiti (cod. civ., artt. 823, 2 comma, 828, 1 comma, 873 e 879). Se, neM'assentire concessioni su beni demaniali, la pubb1ica Amministrazione abbia l'obbligo d:i pretendere dal concessionarfo che siano osservate le distanze legali nel caso che nella concessione debbano essere costruite opere a confine con propriet private (n. 56). PUBBLLCO UFFICIALE Opere in conglomerato cementizio armato -Denuncia dei lavori -Certificato di deposito -Rifiuto per incompletezza degli atti -Reato del pubblico ufficiale -Esclusione (l. 5 novembre 1971, n. 1086, art. 4 -cod. pen., art. 328). Se iil !I'ifiuto dell'ingegnere dirigente l'ufficio del Genio Civile di rilasciare l'attestazione deil deposito dii denun:llia dei favori, di cui all'art. 4 deHa legge 5 novembre 1971, n. 1086, suLle opere in conglomerato cementizio armato, concreti il reato di rifiuto di atti di ufficio, qualora g1i atti ricevuti risultino inooilllPleti (n. 10). REGIONE SICILIA Esenzioni e agevolazioni -Societ avente sede in Sicilia -Obbligazioni -Interessi -Successiva incorporazione in altra societ avente sede non in Sicilia effetti (l. reg.ne 7 dicembre 1953, n. 61, art. 6 -l. reg.ne 20 marzo 1950, n. 29, art. 12 -l. 29 luglio 1957, n. 634, art. 38, lett. B). Se, nel caso di incorporazione di una societ avente sede nel territorio della Regione Sioi!1iana in un'altra avente sede fuori del territorio della regione, gli interessi sulle obbligazioni emesse dalla societ avente sede in Sicilia prima della incorporazione possano continuare a 1godere dell'esenzione daHa imposta di ricchezza mobitle prevista daigli artt. 6 legige reg;ne 7 dicembre 1953, n. 61, e 12 legge reg,ne 20 marzo 1950 n. 29 (n. 14). Esenzioni e agevolazioni -Stabilimenti industriali -Alberghi -Sicilia -Legislazione nazionale -Legislazione regionale -Rapporti ( d.l.c.p.s. 14 dicembre 1947, n. 1598 -1. reg. Sic. 4 aprile 1969, n. 6 -l. reg. sic. 20 marzo 1950, n. 29 -l. reg. Sic. 7 dicembre 1953," n. 61, art. 7). Se sia applicabile al .reddito prodotto da un albergo di recente costruzione in Sicilia l'esenzione decennale dall'iilllPosta di ricchezza mobile prevista dal d.l.cip:s. 14 dicembre 1947, n. 1598 per 1gli stabili.menti industriali tecnicamente ol'ganizzati nonostante la esistenza di una legislazione regionale sici:liana concernente regolante la stessa materia itn modo parziaLmente &fforme (n. 15). PARTE II, CONSULTAZIONI 6J REGIONE TRENTINO-ALTO ADIGE Province autonome di Bolzano e di Trento -Riparto di competenze con lo Stato e la Regione -Norme di attuazione dello statuto di autonomia Effetti (d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381, art. 1 e 2 -d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, artt. 4, n. 4 e 8, n. 22 -l. 22 ottobre 1971, n. 865). 1Se ml d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381, recante :norme di attuazione de:lla autonomia delle province di Bolzano e di Trento, abbia innovato quanto al mparto di com,peten2le tra lo Stato, la Regione autonoma e [e province atonome in materia di e51Propriazione per pubblica utilit, come satbildto dagli artt. 4, n. 4, e 8 n. 22 dello statuto di autonomia approvato con d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (n. 1). Province autonome di Bolzano e di Trento -Competenza -Opere dJa realizzare con onere a carico dello Stato (d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381, art. 1 e 2). Se per le opere pubbliche di competenza delle provdnce autonome di Bolzano e di Trento rimangano ferme ai sensi deglri artt. 1 e 2 del d.P .R. 22 marzo 1974, n. 381, 1e norme e la :procedura previste dalle l~gri provinciali in materia esipropriiativa, anche neiHa ipotesi che per la realiz2lazione di ta1i opere sia ;previsto che iil relativo onere faccia carico in tutto o in ;parte allo stato (n. 2). Province autonome di Bolzano e di Trento -Opere di competenza statale Procedute in corso alla entrata in vigore delle norme di attuazione dell'autonomia provinciale -Competenza e irormativa (d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381, art. 25). Se, ai sensi dell'art. 25 del d.PJR. 22 marzo 1974, n. 381, etti la realizzazione e a chi faccia carico la spesa delle opere pubbliche (n. 249). RESPONSABILIT CIVILE Uifficiale giudiziario -Pignoramento -Versamento della somma da parte del debitore esecutato -Mancata consegna al creditore pignorante -Responsabilit della P.A. (cod. civ., art. 2043 -cod. proc. civ., art. 494 -dl.P.R. 15 dicembre 1959, n. 1229, art. 1 -disp. att. cod proc civ., art. 157). Se i'amministrazione di Grazia e Giustizia possa essere ritenuta respo111sabile per hl fatto liHecito dell'ufficiale giuddziario che si sia appropriato della somma che iil debitore esecutato aveva versato ad sensd dell'art. 494 cod. proc. civ., nelle sue mani con l'incarico di consegnarla al creddtore pignorante (n. 286). Assicurazione obbligatoria della responsabilit civile derivante dalla circolazione dJegli autoveicoli -Procedimento penale a carico dell'assicurato Posizione di responsabile civile dell'assicuratore (l. 24 dicembre 1969, n. 990, art. 18 -c.p.p. art. 107 -c.p.p. art. 112 -c.p.p. art. 27 -cod. civ., art. 2054). Se nel regime dell'assicurazione obb!Lgatoria delta responsabilit civile derivante dalla circolazione di autoveicoLi, ['assicuratore assuma la veste di resiponsabile civile nei dguaridi del fatto di cui l'assicurato chiamato a rispondere penailmente (n. 287). 68 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Assicurazione obbligatoria della responsabilit civile derivante dalla circolazione di veicoli -Nozione dli assicurato -Conducente non contraente tale (l. 24 dicembre 1969, n. 990, art. 18 -cod. civ. art. 2054 -cod. civ. art. 1917). Se, nel Tegime dell'assicurazione obbliig.atoria della responsabilit civUe derivante daHa circolazione dei veicoli, il conducente non proprietario dell'auto e non contraente della polizza assicurativa assuma comunque la veste di assicurato per tutto ci che attiene al contenuto legale del rapporto esterno ed interno di assiicurazione (n. 288). Assicurazione obbligatoria della responsabilit derivante dlalla circolazione degli autoveicoli -Processo penale a carico di conducente della P.A. -Obbligo di intervento della compagnia assicuratrice a norma di polizza -Sussistenza (l. 24 dicembre 1969, n. 990, art. 18 -c.p.p. art. 107 -c.p.p. art. 112 c.p.p. art. 27 -cod. civ. art. 2054). Se allorch .si procede penalmente a carico del conducente dii auto della pubblica amministraZlione e ci sia stata costituzione di :parte civNe (e si discuta quindi de11a responsabilit dell'assicurato , bench non contraente, tale essendo la rposi:llione del detto conducente) la compagnia assicuratrice abbia l'obbligo di intervenire a norma del contratto assicurativo (n. 289). RICOSTRUZIONE l.N.F.l.R. -Concessione di mutui per la ricostruzione -Quote di ammortamento -Insolvenza dei mutuatari -Riscossione coattiva -Facolt di awalersi della procedura esattoriale -Estensione della procedura all'espropriazione immobiliare (l. 29 dicembre 1948, n. 1515, artt. 2 e 4 -l. 9 agosto 1954, n. 656, art. 3 -r.d. 16 luglio 1905, n. 646, artt. 39 e 40 -&P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 231, 1 comma -d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 78, 1, comma). Se 11a prncedura di riscossione esattoriale, della quale, ai sensi degli artt. 2 e 4 della fogge 29 dicembre 1948, n. 1515, nonch dell'art. 3 della legge 9 agosto 1954, n. 656, .Ylistituto nazionale per il finan:lliamento della ricostruziJone (gi seconda g,iunta del CASAS) faco11:izzato ad avvaliersi per ffia riscossione coattiva degli interessi e delle quote di ammortamento rimaste insolute, debba intendersi :limitata alla sola esipropriiazione forzata mobiliiare, ai sensi deH'aTt. 40 del rid. 16 luglio 1905, n. 646, sul. credito fondiario ovvero si estenda altres, dopo il risultato infruttuoso o insufficiente della p,rima, secondo l'onere :previsto dall'art. 231, 1 comma, del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, sulle imposte ,dirette (019gi: art. 78, 1 comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 sulla .rnscossione delle limposte sul reddito), anche alla espropriazione forzata immobiliare (n. 31). RISCOSSIONE Riscossione esattoriale -Domanda di ammissione al passivo -Contestazione del privilegio -Chiamata in causa o intervento volontario dell'amministrazione -Ammissibilit (d.P.R. 15 maggio 1963, n. 858, art. 77 -l. fall., art. 98, 4 comma -cod. proc. civ., artt. 105 e 106). Se la contestazione da parte del curatore ,del fallimento o di altri oreditori in ordine a1lla estensione temporale de:l pri~ileg.io fatto valere dall'esattore che PARTE II, CONSULTAZIONI abbia proposto domanda di ammissione al passivo possa configurarsi come opposizione che giustifica l'intervento volontario nel giudizio dell'Ammdnistrazione finanzJiaria a tutela delle proprie ragioni di ordine sostanziale relative alla qua1it del credito tributario (n. 31). Concordato preventivo -Imposte dirette riferite ad esercizi precedenti -Iscrizione a ruolo successiva -Anteriorit o meno del credito tributario agli effetti del concorso (r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 184 -d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 283 e 183 bis -l. 31 ottobre 1966, n. 958 -d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 11). Se agli effetti dell'art. 184 della legge falldmentare i crediti per imposte dirette siano da ritenere sorti soltanto al momento della dscrizione a ruolo e quindi non possano ritenersi anteriori all'apertura della procedura di concordato preventivo i crediti tributcu1i che, sia pur riferiti agld esercizi precedenti, siano stati iscritti a ruolo successivamente alla detta apertura (n. 32). l.N.F.I.R. -Concessione di mutui per la ricostruzione -Quote di ammortamento -Insolvenza dei mutuatari -Riscossione coattiva -Facolt di avvalersi della procedJura esattoriale -Estensione della procedura all'espropriazione immobiliare (l. 29 dicembre 1948, n. 1515, artt. 2 e 4 -l. 9 agosto 1954, n. 656, art. 3 -r.d. 16 luglio 1905, n. 646, artt. 39 e 40 -d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 231, 1 comma -d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 78, 1 comma). Se la procedura di riscossione esattoria1e, della quale, ai sensi degld articoli 2 e 4 della I. 29 dicembre 1948, n. 1515, nonch dell'art. 3 della I. 9 agosto 1954, n. 656, l'Istituto nazionale per il finanziamento de1la ricostruzione (.gi seconda giunta del CASAS) facoltizzato ad avvalersd per fa riscossione coatmva degli interessi e delle quote' di ammortamento rimaste insolute, debba intendersi limitata alla sola espropriazione forzata mobiliare, ai sensi del~ art. 40 del r,d. 16 lrugildo 1905, n. 646, sul credito fondiariio ovvero si estenda altres, dopo il risultato infruttuoso o insufficiente della IPI'ima, secondo l'onere previsto dall'art. 231, 1 comma, del d.P.R. 29 1gennaio 1958, n. 645, suMe imposte dirette (oggi: art. 78, 1 comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, sulla riscossione delle imposte sul reddito), anche alla espropriazione forzata immobiliare (n. 33). .. Opere di miglioramento fondiario -Contributi in conto capitale -Inadempienza dei concessionari -Revoca -Recupero contributi -Riscossione coattiva per entrate patrimoniali -Legittimit (r.d. 14 aprile 1910, n. 639). Se l'Amministrazione possa ricorrere a riscossione coatmva mediante ingiunzione amministrativa di pagamento, ai sensi del t.u. 14 aprile 1910, n. 639, sulla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato, per il recupero di fondi concessd, quali contributi in conto capita1e (per opere di miglioramento fondiario, a favore di enti pubblici e privati e successivamente revocati per inadempienza dei beneficiari alle condizioni previste per la concessione (n. 34). Contributi in conto capitale -Concessione a favore di comuni ed enti pubblici -Revoca -Ingiunzione di pagamento a carico degli enti -Ammissibilit (r.d. 14 aprile 1910, n. 639). Se possa essere emessa dall'Amministra2lione statale ingiunzione amministrativa di pagamento, in base al t.u. 14 apri!le 1910, n. 639, suHa riscossione deMe entrate patrimoniali dello Stato, a carico di comuni o di aitri enti pubblici (n. 35). RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO Entrate patrimoniali -Riscossione coattiva mediante ingiunzione -Emissione Competenza -Dirigenti superiori e primi dirigenti -Natura e limiti della competenza (r.d. 14 aprile 1910, n. 639 -dJ.P.R. 30 giugno 1972, n. 648, artt. 4, 5, 6, 7, 8 e 9). Se la competenza ad emettere ingiunzione amminist.ratdva di pagamento ai senS! del t.u. 14 aiprile 1910, n. 639, sulla riscossione delle entrate patri.mondali dello Stato rientri nelle attribuzioni proprie, oltre che dei dirigenti generali con funzioni di direttori genera11i o di capi .di uffici centrali o peruerici equiparati, anche in quelle, sia pure nei rispettivtl. 1imiti di valore, dei dirigenti superiori e dei primi dirigenti con funzioni dfrettive, ai sensi degli artt. da 4 a 9 del .d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748 (n. 36). INDICE BIBLIOGRAFICO delle upere acquisite alla biblioteca dell'Avvocatura Generale dello Stato A.LESSI NICOL, Servizio di esattoria e tesoreria e servizio economato nei grandi, medi e piccoli comuni. Noccioli, Firenze, 1970. BALSAMO FULVIO -RICCIARDI l..EoNARDO, Codice delle leggi sulla Corte dei Conti e leggi complementari. Giuffr, Milano, .1977. BoccHINI FERNANDO, Limitazioni convenzionali del potere di disposizione. Jovene, Na:poli, .1977. 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