-.. . . :-:--.._.. :::-:-... ANNO XXXIV N. l GENNAIO-FEBBRAIO 1982 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO ROMA 1982 ABBONAMENTI ANNO L. 25.600 UN NUMERO SEPARATO . . . . . . . . . . . . . . 4.700 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO Direzione Commerciale -Piazza G. Verdi, 10 -00100 Roma e/e postale n. 387001 Stampato in Italia -Printed in Italv Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 (3219096) Roma, 1981 -Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato P.V. Il.Jt. X - I i INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura del/'avv. Franco Favara}. . . . . . . . . . pag. 1 Sezione seconda: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE (a cura del/'avv. Oscar Fiumara) . . 44 fiezione terza: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE (a cura degli avvocati Carlo Carbone, Carlo Sica e Antonio Cingolo} . . . . . . . 7 6 Sezione quarto: GIURISPRUDENZA CIVILE (a cura degli avvocati Adriano Rossi e Antonio Catricol} . . . . . . 91 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA {a cura del/' avv. Raffaele Tamiozzo} . . . . . . Sezione sesta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA [a cura dell'avvocato Carlo Bafle) . . . . . . . . . . . 121 ~ezione settima: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI (a cura degli avvocati Sergio Laporta, Piergiorgio Ferri e Paolo Vittoria} . . . 193 Sezione ottava: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura degli avvocati Paolo di Tarsia di Be/monte e Nicola Bruni} 212 Parte seconda: QUESTIONI -LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO QUESTIONI ............. pag. 1 LEGISLAZIONE 27 La pubblicazione diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AVVOCATURE Avvocati Glauco NoRI, Ancona; Francesco Cocco, Bari; Giovanni CoNTU, Cagliari; Francesco GUICCIARDI, Genova; Marcello DELLA VALLE, Milano; Carlo BAFILE, L'Aquila; Giuseppe Orazio Russo, Lecce; Nicasio MANCUSO, Palermo; ~occo BERARDI, Potenza; Maurizio DE FRANCHIS, Trento; Paolo SCOTTI, Trieste; Giancarlo MAND, Venezia. ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI F. FAVARA, Il primo centenario dell'Avvocatura dello Stato spagnola Il, 1 G. STERI, Considerazioni sul diritto di propriet nella normativa sull'edificabilit dei suoli . . . . . . . . . . . . . . . . . Il, 5 per crii:terii determinati per leggie -Hilegittimit costituzional1e, 1. equi\'aliente a restrizioni quaintita tive 1aihl'importa2lione -Denominazllio per crii:terii determinati per leggie -Hilegittimit costituzional1e, 1. equi\'aliente a restrizioni quaintita tive 1aihl'importa2lione -Denominazllio PARTE PRIMA INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ACQUE -Riicorsi avverso !hl piiaino regolatore genel:'ale deg:lri acquiedotJti -Giunisdri2; ione ciel Tribunalie supel:'iore AA.PP., 1193. AGRICOLTURA E FORESTE -Mfiitto di fondi 1rustrici -Estensione deJJl'affiitto a tutte i1e col1ture dd fondo -Mancata deroga per i cont1ratti -in corso -Viioliazione die~ prjindpio di eguaglrianza, 5. APPALTO -Conconso di Enti ne!il'esecuzione dell'o; pera .pubbWica -Aggiiudica21ione Approvazione da parte deWEnte affidante -Scaden21a de1 .termine -Dirotto di recesso deH'aggiiudioatario I. nsussristenza, 200. ARBITRATO -Compromesso e o1ausolia compromissoria -Controversie deferibili agLi 1aI1bitri -Riforma agran!1a -Con troversia su1 recesso da1' riapporito di assegnazione di terreni -Ol1auso~a compromi:ssoda -Nt111Wi1t, 199. -Rapporto tira arbitni e gudi!oe ammini. stnatirvo -Questione di gurisdizione -Configurabii!.it, 199. COMIMERCIO -Riirl'endita di giiornahl -Diiscipl~na del commenoio al minuto -Aipp1icabi' 1it, 93. COMUNI -Contro111i divel:'si da quellLi di cui aLl'art. 1130 Cost. -Presupposti di 1'egiittimi1t costiiituzionabe -App1rova21ione de1la commissione di con1tro1Llo ila finanza looalie -A:ssenza di . i COMUNIT EUiR:OPEE -Agricoltura -Organizzazione comune I dei mercati nel settoI'e degtlii or.tofruttioo1i -Esportiazione verso Paesi terzi -Restituzione all'esportazione Co1ndieiioni -Libem pratioa nel-Paese terzo, 44. -Agiricoilturia -011g;aniz21azione comune dei mer.aati nel] settore degld ortolirutticolii -Esportazione verso Paesi terni -Restituzione dia1l'esportazione -Dinitto sog:gettJivo Tute1abilit dav.anti a1 gudiioe mdinario, 44. -Corte di .giiusti21ia -Pronunda pnegiu1dizi ale ai sensi ide'IW1arit. 1Tl deil Trn1tritto elettorale passivo, sono di stretta interpretazione e devono comunque rigorosamente contenersi entro i limiti di quanto sia ragionevolmente indispensabile per garantire Ia soddisfazione delle esigenze dii pubblico interesse cui sono preordinate , Ed il cr.Herio sintetizzato dalla Corte con l'assunto che l'eleggibiilit 1a .regola, l'ineleggibilit J'ecoezione , vale non soltanto per le cause originarie di esclusione, ma anche per le cause 1sopraggiunte, compresa l'ipotesd di provvisoria sospensione daH'esercizio delle cariche elettive. In altre parole, malgrado la citata statuizione dell'art. 48, terzo comma, non s'timponga in questo campo con la stessa assolutezza che essa presenta in tema di limitazioni dell'elettorato attivo, resta che l'interesse alla conservazione dei collegi eletti dal popolo non pu essere sacrificato, se non in considerazione dii effettive necessit di giustizia, rimesse alle non arbitrarie valutazioni del legislatore. Non dunque casuale che entrambe le Camere abbiano recentemente esaminato ed approvato un testo dii legge non ancora promulgato, recante modifiche al sistema penale, con il quale si esclude fra l'altro -all'art. 124, terzo comma -l'applicabi1it dell'art. 140 cod. pen. a carico dei titolari di uffioi elettivi ricoperti per diretta investitura popolare. Tuttavia, nel caso dei consiglieri regionali (non diversamente, sotto questo aspetto, che nel caso dei parlamentari), concorrono fadicazioni costitu:zJionali pi specifiche e stringenti. Tanto i deputati siciliani (secondo l'art. 6 dello Statuto speciale), quanto i consiglieri delle Regioni di diritto comune (in base all'analogo disposto del qual'to comma de1l'art. 122 Cost.), sono infatti equiparati ai deputati ed ai senatori della RepubbLica, perch insindacabili od irresponsabili per i voti dati nell'Assemblea regionale e per le opinioni espresse nell'esercizio della loro funzione . In vista di tale disciplina la Corte ha sostenuto (con la sentenza n. 81 del 1975) che le conseguenti deroghe all'attuazione della funzione giurisdizionale -ispirate come sono allo scopo di rendere pienamente libere le discus RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 12 sioni che abbiano comunque luogo in sede consiliare -abbracciano qualsiasi tipo di deliberazione, non soltanto legislativa e di indirizzo politico, ma anche adottata in forma ammil1!istrativa ; ed ha pertanto affermato il difetto di giurisdizione dell'autorit giudiziaria ad accertare .le responsabilit penali dei consiglieri regionali, quanto ai voti espressi in seno ai Consigli. Ma, per ci stesso, si pone ora il problema se la comprensjva immunit funzionale da cui sono cos tutelati i consiglierii non sia tale da escludere a priori che in questo ambito possano farsi legittimamente valere le peculiari esigenze sulle quaH si fonda l'art. 140 cod. pen. Ed al quesito si deve rispondere nel senso affermativo, riconoscendo che le ricordate norme statutarie e costituzionaLi non lasciano spazio aUa provvisoria sospensione dell'imputato dall'esercizio dell'ufficio consiliare. La Corte non ignora che l'istituto dell'applicazione provvisoria di pene accessorie ha formato e forma J'oggetto di questioni e dibattiti. concernenti la sua natura e la sua ragion d'essere. Ma, ~nche in questo campo, si possono fissare alcuni punti fermi, determinanti per la .risoluziione dell'attuale controversia. La stessa Corte si gi pronunciata in proposito, con la sentenza n. 78 del 1969: nella quale si chiarisce -in riferimento al secondo comma dell'art. 27 Cost. ( l'imputato non considerato colpevole sino alla condanna definitiva) -che quelle previste. neH'art. 140 cod. pen. vanno ricostruite alla stre,gua di misure cautelari, e non di sanziioni penali irrogate prima del giudizio e quasi antioipandone i risultati . L'applicazione provvisoria di pene accessorie appare cio finalizzata -come si suole ritenere anche in dottrina, sia pure con prospettazioni e con valutazioni fortemente eterogenee --ad evitare il pericolo che dal continuato esercizio di un pubblico ufficio (o dii una professione o di un'arte o deHa patria potest...), da parte deWimputato di un reato imp~icante l'interdizione ai sensi degli artt. 28 ss. cod. pen., possano discendere ulteriori abusi penalmente iilleciti. In effetti, questo il concetto che gi si ricava sia dai lavori preparatori sia dal testo stesso dell'art. 140. Da un lato, la relazione sul progetto del codice penale osserva che si tratta di una norma avente intenti di sicurezza e definisce il provvedimento del tipo in esame come una misura amministratliva , affiancandolo alla carcerazione preventiva. D'altro lato, solo .in tal senso si spiega che l'art. 140 preveda espressamente la sospensione dall'esercizio di taluni specifici uffici, accanto all'ipotesi d'una applicazione proVV1isoria indiscriminata. Ed appunto in questa prospet:tiva che l'art. 124, primo comma, del ricordato testo di legge in tema di modifiche al sistema penale, precisa ora che alla sospensione stessa non pu farsi ricorso, se non quando sussistJano specificate, inderogabili esigenze istruttorie o sia necessario impedire che il reato venga portato a conseguenze ulteriori . PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE Ci basta per concludere che la norma in questione non pu comportare la sospensione dall'esercizio dell'ufiicio di consigliere regionale, per l'ovvia ragione che detto uffioio -in s considerato -risulta coperto da una piena immunit penale; sicch la provvisoria privazione non potrebbe svolgere, in tal caso, la funzione caute~are che le propria. (omissis) Viceversa, nessuna delle ragioni utilizzabiH per escludere la provvisoria sospensione dei' deputati regionaLi siciliani vale a risolvere nel medesimo senso il cor11ispondente problema relativo aglii assessod. Anche .in Sicilia, i componenti deUa Giunta regionale sono ormai sottoposti al comune ordinamento processuale penaie, da quando la Corte ha dichiarato -con la sentenza n. 6 del 1970 -l'illegitmmit costituzionale degLi artt. 26 e 27 dello Statuto speciale siciliano. E la ricordava sentenza n. 81 del 1975 ha d'altronde chiarito, in termini che non potrebbero non riferirsi a qualsiasi Regione, che J'irresponsabilit dei consiglieri non si estende a coprire le funzioni della. Giunta, perch non lo consentano la lettera dell'art. 122 Cost. e la ragion d'essere di tale immunit. (omissis) P.Q.M. 1) dichiara che non spetta agli organi giurisdizionali dello Stato la facolt di sospendere provvisoriamente dall'eserci~io del loro ufficio -in applicazione degli artt. 140 cod. pen. e 485 cod. proc. pen. -i deputati dell'Assemblea regionale sici1iana; e, di conseguenza, annuhla la sentenza pronunciata dal pretore di Augusta, il 18 febbraio 1980, nella parte in cui ordina che Salvatore Placenti sia provvisoriamente privato dell'esercizio del pubblico ufficio di deputato regionale; 2) dichiara che spetta agli organi giurisdizionali dello Stato Ja facolt di sospendere provvisoriamente dall'esercizio del loro uffioio -in applicazione degli artt. 140 cod. pen. e 485 cod. proc. pen. -gli assessori della Giunta regionale siciliana. CORTE COSTITUZIONALE, 1 febbraio 1982, n. 7 -Pres. e Rel. Elia -Soc. F.lli Vudafieri (avv. Benvenulli), Olivari ed altri (avv. RomaneUi), Regione Veneto (avv. Giannini, Pancino e Viola) e Regione Lombardia (avv. Pototschnig). Miniere, cave e torbiere Regime generalizzato di autorizzazione -Preven zione ad opera di leggi regionali Legittimit costituzionale. (Cost., artt. 42 e 117; I. reg. Veneto, 17 aprile 1975, n. 36, artt. 5, 16 e 18; I. reg. Lom bardia, 14 giugno 1975, n. 92, artt. 2, 3 e 22). In attesa di una legge statale contenente i principi fondamentali della materia " cave e torbiere , la previsione con leggi regionali di un regime generalizzato di autorizzazione per la coltivazione dei giacimenti o per RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO il proseguimento delle coltivazioni in atto non pu essere ritenuta icontrastante con gli artt. 42 e 117 Cast. (omissis) Le questioni sollevate riguardano quelle norme delle leggi regionali del Veneto e della Lombardia che hanno introdotto il regime autorizzatorio su scala generale per la coltiivazione dei giacimenti di cave e torbiere o per il proseguimento delle coltivazioni gi in atto al momento della entrata in vigo1:1e delle leggi stesse. Tale innovazione contrasterebbe con l'art. 117 della Costituzione in quanto dall'orle, dai princpi generali del nostro rdinamento, nel quale ipotesi di deroga sono stabilite da leggi ordinarie. Considerava poi la Corte che riconosciuta la compatibilit con fil nuovo ordinamento costituzidnale di una deroga alla giurisdizione che sia razionalmente e politicamente giustificabile, la deroga dnitrodotta dalle denunciate norme trovava appunto giustificaziione nel comp}esso sistema che, riconoscendo effetti civili al matdmonio cos come discipl1inato dal diritto canonico. non irrazionalmente devolve ai tribunali ecclesiastici la cognizione de11le cause di nullit del matrimonio. Nella pronuncia di non fondatezza cos motivata restavano assorbiti, ad avvdso della Corte, anche i diversi profJli dedotti dal giudice a quo con rufeliimento a~i artt. 24, 25 e 102, secondo comma, della Costituzione. Soggiungeva in proposito la Corte, in relazione all'addotta violazione del principio del giudice naturale, di cui all'art. 25 della Costituziione, che dovendosi consdderare giudice naturale quello precostituito per legge, 1tale espressamente risultava essere il tnibunale ecclesiastico proprio in quanto designato dalle norme impugnate. Nella coeva sentenza n. 176 del 1973 la Corte poi, nel dichiarare non fondata la questione di 1egittimit costituzionale dell'art. 2 della legge RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1 dicembre 1970, n. 898, recante disciplina dei casi di sciog:limento del matr1imonio, sollevata ;in riferimento agili artt. 7 e 138 della Costituzione, in relazione appunto all'art. 34 del Concordato ed alla legge c:lii esecuzione n. 810 del 1929, nonch agli artt. 5 e 17 deilla legge n. 847 dell 1929, affermava che la r1iserva di giurisdi:zJione ai tribunaLi ecclesiastici delle cause di nulHt dei matrimoni canonici ,trascritti agli effetti civili, ed il connesso riconoscimento d:i effetti civili alle sentenze dichiarative di tale nullit, sono coerenti con l'impegno assunto di considerare l'atto del matrimODJio, validamente sorto ne!J'mbito de1l'o11dinamento canonico, .quale presupposto cui attribuire -dopo rl'intervenuta trascrizione -gli effetti civili. La legtttimit costituzionale della ll'iserva disposta dall'art. 34 del Concordato a favore della giurisdizione ecclesiastica stata, dunque, gi riconosciuta da questa Corte -come vien ricordato anche nella sentenza n. 1 del 1977 -in relazione a princpi supremi che sono stati desunti da pa:mmetr. i costituzionali in gran parte coincidenti con gli stessi parametri invocati nella presente controversia. Ai parametri suddetti i giudici a quibus fanno invero riferimento per assumere che la riiserva de qua agitur concreti, in relazione a1le peculia11i caratteristiche che diversificano il sistema processuale canonico da quello statuale, una violazione del diritto alla tutela giU!I1isdizionale. Diritto, questo, che ila Corte ha gi annoverato fra quelli inviolabili deM'uomo, che la Costrituzione garantisce all'art. 2 (sentenza n. 98 del 1965), e che non esita ora ad ascrive11e tra i princpi supremi del nostro ordinamento costituzionale, tn cui intimamente connesso con lo 'stesso principio di democrazia l'assicurare a tutti e sempre, per qualsiasi controversia, un giudice e un giudizio. Non pu dunque rifiutarsi ingresso alla proposta questione intesa a ver1ificare se con tale pr1incip:io supremo contrastino le denunciate norme concordatarie, pur assdrstite da copertura costituzionale. Come gi messo in luce dalla r1ichiamata giurisprudenza di questa Corte, ile suddette disposizioni hanno sostituito, in subiecta materia, la girisdizione ecclesiastica alla giurisdizione statuale. Ma lllOn per questo ne risulta vulnerato il principio supremo del cliritto alla tute1a giurisdizionale, atteso che, ndle controversie relative al1a nullit di matrimoni canonici trascritti agli effettli civiJ,i, un giudice e un giudizio sono pur sempre garantiti: e si tiiatta di organi e di procedimenti, la cui natura giurisdizionale suffragata da una tradlizione plurisecolare. Ce:rito, non pu negarsi che l'organizzzione e l'esercizio della funzione gimisdizionale, in re matrimoniali, nell'ordinamento deilia Chiesa appaiono, sotto tafoni aspetti, ispirati a criteri non sempre conformi a quelli che caratterizzano J'organizzazione e l'esercizio dehla funzione giurisdizionale nell'ordinamento dello Stato; anche se il divarfo si at,tenua alla luce dei princpi proclamati da:Ile costituzioni e dai decretli del Concilio Vaticano II. Ma va, da un canto, ricordato che le difformit 'traggono per lo pi la foro ragion d'essere dalle stesse finalit spirituali CUii preordinato l'ord 'i ! PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE namento della Chiesa, di quale, pur con i connotati esplicitamente rJconosciuti dal primo comma dell'art. 7 della Costituzione, si modelila nondimeno siccome un ordinamento per 'sua stessa naitura dissimile da quello dello Stato. D'altro canto, iJ diritto alla tutela giurisdimonale si colloca al dichiarato livello di principio supremo solo nel suo nucleo pi ristretto ed essenmale, cui si 1innanzi accennato; ma tale qualifica non pu certo estendersi ai vari istituti in cui esso concretamente si estrinseca e secondo le mutevoli esigenze storicamente si atteggia, rpur se 'talund di questi .istituti siano gamntiti da precetti costituzionali. Con i quali Uiltimi -una vo1ta riconosciuto indenne il principio supremo -non consentito accevtare se specificamente contrastino, in ragione della .diversa disciplina dei corrispondenti istituti del processo matrimoniale canonico, ile denunciate norme concordatarie, atteso che a questo minor livelllo opera, come pi volte affermato da questa Corte, la copertura costituzionale dalla quale esse sono assistite. Pertanto la Corte, nel confermare la sua precedente giurisprudenza in materia, ritiene che anche sotto :iJ. profilo esaminato dn questa occasione 1a ci.serva alla giurisdi2lione eccleSliastioa delle cause di nullit dei maitrimonJ. canonici trascritti agli effetti civili, pur con le innegabili diver.sit che nei va11i dstituti processuali tale giurisdizione presenta rispetto a11a giurisdizione statuale, non incompatibile con l'orilimamento costituzionale. Detta r.iserva appare poi funzionalmente connessa alla disciplina del negozio matrimoniale canonico, cui il medesimo art. 34 del Concordato riconosce, mediante la trascrizione del relativo atto, efficacia civile. Se i:l negozio cui si attribuiscono effetti civili, nasce nell'ordinamento canondco e da questo regolato nei suoi requisiti. di validit, logico corollario che le controversie sulla sua validit siano riservate allla cognizione degli organJ. giurisdi2lionali dello stesso ordinamento, conseguendo poi le relative pronunce dichiarative della nullit la efficacia civile attraverso lo speciale procedimento di delibazione, anch'esso strutturato dall'art. 34 del Concordato. In ci va ravvisata 'appunto qudlla 1giustificazione razionaile e pd1itica della deroga alila giurisdizione statuale, cui questa Corte, come dianzi ricordato, si r.iferita nelila sentenza n. 175 del 1973. La Tiserva 'in parola costituisce perci uno dei cardini del vigente sistema concordatario matrimoniale, e di ci era ben consapevole il Costituente :allorch nel secondo comma de1l'a:rt. 7 della Costituzione ha fatto esplicita menzione dei Patti Lateranensi. N a diversa conclusione potrebbero dndurre g1i argomenti svolti nelle ordiJI1anze di irimer,sione, secondo cui ogni rinunzia dello Stato alla propria giucisdizione postula necessariamente -ai lini dell'accertamento della sua compatibilit con i principi supremi dell'orddnamento costituzionaile -[a puntuale verifica del grado di tutela asS>, ai sensi del regolamento predetto, era la sua immissione in libera pratica nello Stato di destinazione. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1967 n. 80, convertito nella legge 13 maggio 1967 n. 267 -abbia affermato che talle potere discrezionale fosse stato consumato con l'emanazione dei decreti ministeria1i 2 novembre 1968, 14 ottobre 1969 e 1 agosto 1970, posni a disciplina dei benefioi della .restituZJione in ordine alle esportazioni dei prodotti ortofrutticoli, e che conseguentemente, essendo stati predeteirminati con ta:li decreti i criteri, i presupposti e '1e misure dei cosiddetti rimborsi ortofrutticoli, la posizione giuridica dei singoli aventi diritto agli stessi dovesse configurarsi come diritto soggettivo, azionabile innanzi al giudice ordinario. Deduce, in particolaire, che le norme che disciplinano le cosiddette restituzioni all'esportazione, volte a favorire le esporitazioni rin paesi terzi -regolando gli strumenti di incentivazione e di .sostegno dell'economia nazionale nell'ambito di quella comunitaria ed assolvendo, quindi, la fun2lione di comandi legislativi rivolti all'attivit del!la pubblica amministrazione -costituiscono norme di azione, tese ad :indirizzare ['esercizio della potest amministrativa al perseguimento di scopi di generale interesse e che, quindi, le posizioni giur.iliche dei pr.ivati ad esso correlate siano configumbili come interessi legittimi, e non come diritti soggettivi. Il profilo di carenza di giurisdizione del giJUdice ordinario, delineato dall'Amministrazione ricorirente, non condiVtisiWe. Secondo la Corte di Giustizia delle ComUlilit Europee -la quale non si mai occupata direttamente degli :interessi leg,ittimi, !.n quanto essa giuilice di ogni tipo di interesse giuridicamente rHevante - spetta aill'ordinamento giuridico ili ciascuno Stato membro di designare Ja giuri sdizione competente ed, a tal effetto, di qualificare le posizioni giuridiche in base ai criteri di diritto nazionale (sent. 19 dicembre 1968 in causa n. 13 del 1968). H problema di riparto della giuriisdizione va, quindi, risolto, nel caso di specie, in base all'ordinamento giuridico italiano, secondo il criterio del cosiddetto petitum sostamiiale, e cio in rapporto a)Jla posraione soggettiva fatta valere in giudizio. E -poich oggetto della controversia sono obbligazioni a car.co della pubblica amministrazione -1a questione deve essel."e definita in base ai criteri sopra indicati e con riferimento alla materia dehle obb1igazioni pub bliche. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte Suprema (cfr. sent. 26 aprile 1977 n. 1561; sent. 15 ottobre 1975 n. 3334; sent. 18 settembre 1970, n. 1572), quando le norme che disciplinano la materia dcollegano La nascita dell'obbligazione pubblica al verificaI'.si di una situa:cione giuriidica, compiutamente desaritta e disciplinata, s da non fasciare alcun spazio all'apprezzamento discre2lionale dell'autoriit amministrativa, la quale, in tal caso, deve >. Lo Stato Italiano -dopo avere riprodotto fa norma comunitaria nell'art. 5 del dJ. 17 marzo 1967, n. 80 (converitito nella legge 13 maggio 1967 n. 267) nel senso che per' i prodotti di cui all'allegato III del rego1amento comunitario n. 159 del 1966 (prodotti ortofrutticoli trasformati) possono essere accordate restituzioni all'esportazione secondo i prindpi ed i crii,teri ivi stabiliti -ha disposto nell'art. 1 del decreto mdnisteriale 2 novembre 1968 (relativo alla restituzione all'esportazione di prodotti ortofrutticoli) (la cui efficacia stata estesa con i decreti mdnistel'i.aili 14 ottobre 1968 e 1 agosto 1970, in ordine ai pomodori pelati, conserva e succhi di pomodoro, fino al 31 dicembre 1970) ohe Je ifestituzioni all'esporitazione dei prodotti ortofrutticoli freschi e trasformati sono concesse a decorrere dal 1 gennaio 1967 secondo i princpi stabiliti dal regolamento n. 159 del 25 ottobre 1966 delJa Comunit Economica Europea. E -disponendo l'art. 7 del cit. d.1. n. 80 del 1967 che per i cosiddetti rimborsi ortofrutticoli si osservano le norme stabihlte dalle leggi e dai rregolamenti doganali in materia di restituziione dei dazi doganali , e l'articolo 5 del d.m. 2 novembre 1968 che le rrestituziond sono accordate sotto l'osservanza delle disposizioni previste dal regolamento per ['esecuzione delila fogge doganale su presentazione de11a bolletta di esporitazione munita delle attestazioni prescritte comprovanti .l'effettiva uscita delle merci da11o Stato , mentre l'art. 3 dello stesso decreto m1nisteriale prescrive che a comprova che 1a quantit di prodotti ortofrut1Jicoli, ammessi alle restituzioni, siano state effettivamente importate nei singoli Paesi di destinazione saranno presentati un documento di trasporto, vistato dal vettore responsabile, attestante che il prodotto pervenuto nel paese di destinazione, ed un documento rilasciato dall'autodt doganale del paese di destinazione, attestante che il prodotto stato ivi importato -sussistono dub bi su1la nozione di esportazione verso paesi terzi , non precisata nei regolamenti comunitari vigenti, e sulla conformit dell'ordinamento nazionale al diritto comunitario. Tale incertezza comporterebbe, a norma dell'art. 177, secondo comma, del Trattato istitutivo della Comunit Economica Europea, firmato a Roma I ' ' i ! i I PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE H 25 marzo 1957, il deferimento alla Corte di giustizia delle Comuni-t Europee della questione sull'interpretazione dehl'art. 11 del il'egolamento comunitario n. 159 del 25 ottobre 1966, la cui 11isoluzione necessari.a ai fini della decisione della presente vertenza. Peraltro -poich la Corte di giustizia, con Ja sentenza 27 otto'OO'e 1971 (nella causa n. 6 del 1971) ha gi ,interpretato una norma di contenuto identico ra quella oggetto del presente dibattito giudiziale, precisamente l'a:riticolo 20 n. 2 del regolamento comunitario n. 19 del 4 aprHe 1962, il quale autorizzava gli Stati membri a concedere restituzioni a11'esportaziooe verso i paesi terzi, .senza fissare diirettamente Je modalit di restitu2lione dn ordine ai prodotti trasformati (fra cui l'orzo mondato), nel senso che l'espressione esportazione verso paesi terzi, ai sensi di detto art. 20, presupponga che la merce sia stata posta in 1ibera pratica dn uno Stato terzo -questa Corte Suprema -facendo applicaziooe dell'interpretazione data alla norma comunharia di identico contenuto dalla decisione del:la Corte di Giustizia delle Comunit Europee -ritiene che, ai fini de1l'attdbuzione, nel caso di specie, delle cosiddette restituzioni alla esportazione, l'esportazione verso paesi terzi, ai sensi del regolamento comunitarfo n. 159 del 1966, richieda necessariamente che la merc sia stata introdotta nel mercato di uno Stato terzo, e cio che sia stata posta in libera pratica nello Stato estraneo alla Comunit. Pertanto -dovendo ritenersi che l'esportazione in uno Stato terzo, estraneo alla Comunit Economica Eumpea, si abbia soltanto quando ~a merce sia introdotta nell'economia di detto Stato e che H diritto al paga mento del premio consistente nelle restituzioni all'esportazione -non sussista nell'ipotesi in cui l'esportazione non si sria verificata -deve cOlll oludersi che la Corte d'Appello -attribuendo tale beneficio alla ditta resistente -non abbia pronunciato correttamente. In conclusione, iJ. secondo motivo di ricorso deve essere accolto. Con il terzo motivo, fa ricorrente -denunciata Ja violazione e la falsa applicazione degli artt. 16 disp. prelim. della taviffa doganale approvata con il d.P.R. 24 giugno 1965 n. 723; 16 del d.P.R. 1 dicembre 1961, n. 1339; 1 della legge 31 luglio 1954, n. 570; e segg. del d.P.R. 27 febbraio 1955, n. 192; nonch la omessa o insufficiente motivazione (airt. 360 n. 3 e 5 cod. proc. eiv.) lamenta che la Corte del merito abbia ritenruto che spettasse alla il'esistente la restituzione dell'I.G.E. ai sensi della legge 31 luglio 1954, n. 570, sul riflesso che cost~tuisce titolo idoneo a conseguire il :r.imborso la bolletta doganale di uscita, in quanto, nell'ipotesi in cui la merce sia reintrodotta nello Stato, dovrebbe farsi applicazione dell'art. 16 del d.P.R. 26 giugno 1965, n. 723. Anche questa doglianza fondata. Il regolamento della materia in tema di imposta generale sull'entrata, per H periodo che interessa, contenuto nella fogge 31 lu~io 1954, n. 570 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (restituzione dell'imposta generale sull'entrata sui prodotti esportati ed istituzione dii un diritto compensativo sulle importazioni), la quale, per agevolare l'esportazione di merci, ha concesso all'esportatore 1a restituzione di parte dell'imposta generale sull'entrata percepita sui prodotti nella fase di produzione ed ha imposto correlativamente un diritto di 'corrispondente misura (oltre all'imposta sostirtutiva deH'I.G.E. ex art. 17 della legge 19 giugno 1940, n. 762) sull'importazione degli stessi gened (d.P.R. 27 febbraio 1955, n. 192; d.P.R. 22 luglio 1955, n. 794). Invero, con l'art. 1 della legge n. 570 del 1954 sti. disposto che ~i esportatori dei prodotti industriali sono ammessi alla restituzione dell'amposrta generale iin relazione alle merai esportate ed alle materie prime ed altri prodotti impiegati nella loro fabbr.ica2lione e ohe ,sui prodotti industriali importati dall'estero dovuta un'imposta di conguaglio rapportata all'imposta genera!l.e sull'entrata che gli stessi prodotti av!l'ebbero assolto durante Ja loro fabbl1icazione iin Italia: Aii fini della restituzione dell'imposta generaJe sull'entrata, si , poi, stabilito, con l'art. 1 dcl d.P.R. 27 iebbraio 1955 (Norme per ['esecuzione delJa legge 31 luglio 1954, n. 570), che 'l'esportazione dei prodotti industriai1i deve essere effettuata a mezzo dii bolletta doganale di uscita con restituzione di diritti, da compilar-si, di regola, in corl1ispondenza di ogni fattura per vendite effettuate all'estero. In base a tale normativa, la Corte di Appello ha ritenuto che, verificandosi J'esportazione con iJ. passaggio della !linea doganale da parte della merce imbarca1Ja per l'estero, sia dovuta, in conseguenza di tale circostanza all'esportatore la restituzione dell'imposta generale sull'entrata percepirta sui prodotti nella fase dii produzione. Peraltro -poich ~art 16 dcl d.P.R. 21 rdicembre 1961, n. 1339, Approvazione della nuova tariffa dei dazi doganali di importazione (il cui testo stato integralmente riprodotto nell'art. 16 del d.P.R. 26 giugno 1965, n. 723, avente lo stesso oggetto), stabilisce che nel caso di reintroduzione di merci ammesse, quando si esportano, a.restituzione o ad abbuono cli diritti, devono ,essere rimborsate aHo Stato ~e somme relative alle restituzioni o agLi abbuoni usufruiti -ila soluzione data ail problema oggetto di disputa non pu ritenersi corretta. Invero -dovendo l'esportatore, .}a cui merce imbarcata per l'estero sia stata reintrodotta in Ita1ia, Timborsare 1allo Stato le somme attribuitegli a titolo di abbuoni -deve concludersi che, !in tal caso, ['esportatore non possa pretendere le cosiddette restituziollli aH'esportazione dallo Stato, giacch ila soluzione contraria comporterebbe dJl !l'icorso ad una inutile doppia partita, destinata necessariamente a perveniTe, attraverso un'operazione aritmetica di sottrazione, alla compensazione della voce creditorfa con quelLa debitoria. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 53 Deve, quindi, concludersi nel senso che 'l di:riitto al rimborso dell'Jmposta generaJe sull'entrata non spetti all'esportatore di prodotti ortofouMicol>, venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ,in virt degli artt. 30 e 36 del Trnttato CEE. questa sentenza la Corte aveva gi dichiarato che un simile divieto rappresenta una restrizione all'importazione confliggente con la libert di commercio tra gli Stati membri (art. 30 del Trattato). La sentenza in rassegna, questa volta in sede di rkorso della Commissione ai sensi dell'art. 169 del Trattato, ha riconfermato il punto, come del resto era prevedibile, cos che per questa sua prima parte la pronuncia non presenta un sostanziale aspetto di novit. Mrita per cogliere lo spunto per sottolineare l'incerta demarcazione tra giudizio di 1interpretazione e giudizio di madempimento, e gli effetti di sconfinamento del primo nel secondo, conseguenti ad una frequente impostazione dei quesiti interpretativi, che appaiono non tanto fondati su una incerta lettura delle norme comunitarie, quanto piuttosto diretti al confronto diretto e puntuale, in termini di compatibilit, tra le norme comunitarie ed una ben identificata disposizione di diritto interno. Pi interessante l'altro capo della sentenza che riguarda la contestazione di infrazione al Trattato in rapporto all'altra disposizione (art. 41 d.P.R. n. 162/65) che riserva la denominazione commerciale di aceto al solo aceto di vino. Qui la Corte ha ancora una volta enunciato il principio che la prtezione dei consumatori e la lealt dei negozi commerciali 1appartengono a quell'ord~ne di valori che lo stesso ordinamento comunitario riconosce preminenti rispetto agli obbiettivi di liberalizzazione degli scambi, derivandone la facolt per gli 55 PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 2. -A nrma dell'art. 51 del decreto del Presidente della R:epubblca 12 febbraio 1965, n. 162 (G.U.R.I. n. 73 del 23 marzo 1965), vietato -sotto pena di una multa o della reclusione -trasportare, detenere per la vendita, mettere in commercio o comunque utilizzare per uso a1imentare diretto o indiretto, fra l'altro, prodotti contenenti acido acetico non proveniente daHa fermentazione acetica del vino. A norma dell'art. 41 dello stesso decreto, la denominazione aceto riservata unicamente al prodotto ottenuto dalla fermentazione acetica dei Vlini. Tali disposizioni si applicano ancl).e ai prodottLi.mportati dall'.estero. 3. -La Commissione, ritenendo tale normativa contrastante con il principio della libera circolazione delle merci all'interno della Oomurut, trasmetteva al Governo italiano due successivi pareri motivati, emessi nelle condizioni qui di seguito indicate: 4. -Il primo cli taU pareri era stato preceduto, ai sensi dell'art; 169 del Tirart:tato, da una lettera del 14 clicembre 1978, 1in cui la Commissione faceva .osservare al Governo Haitiano che la normativa sopra indicata andava configurata come una misura d'effetto equiV1alente a deLle restrizioni quantitative all'importazione, contrastante come tale con l'aTt. '30 d~"Frate tato, e per ila quale sembrava da esdudersi una deroga ,iJil base,all'art. 36 del Tirattato stesso, in quanto appariva difficile sostenere -ed in ogni caso non era comunque dimostrabile -che l'aceto d'alcool di <;>rigine agricola fosse pi nocivo alla salute dell'aceto di vino. 5. -Nella lettera, la Commissione precisava ohe tale valutazione corierneva solo l'aceto di alcool ottenuto per mezzo della fermentazione acetica di prodotti agricoli ad eccezione quindi dell'acido acetico sintetico, che si poteva continuare ad escludere dal mercato dell'ace,to..Essa aggiungeva che, quanto all'aceto d'alcool di origine agricola, che doveva poter essere utilizzato nel -consumo diretto, allo stesso modo delJ'aceto di vino Stati membri di legiferare a tali fini anche con la ado2fone di misure oggettiva mente restrittive delle importazioni da altri Paesi della Comunit, se necessarie allo scopo. Scendendo per alla sua a:PPlicazione concreta, la Corte non si discostata dai criteri di estrema cautela e prudenza che caratterizzano, nelle sue pronunce, la valutazione delle esigenze di tutela degli interessi extra-commerciali perseguite dalle norme interne. Nella specie, comunque significativo che la Corte non stata insensibile alla necessit che un simile giudizio venga formulato non in astratto ma con adeguate considerazioni di quelle pecuHarit nazionali consi stenti in particolari circostanze ambientali (come appunto dl tradizionale con sumo in Italia di solo aceto di vino ed i suoi riflessi nell'uso comune del termine aceto) che possono far apparire giustificate, fo un Paese membro, delle dispo sizioni che non sarebbero altrimenti compatibili con l'art. 30 del Trattato. (P.G.F.) RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO e in concorrenza con questo, essa non vedeva alcllil inconveniente a che le autorit ita:liane adottassero le disposizfoni necessarie per permettere ai consumatori di operare fa loro scelta anche grazie ad un'etichettatura adeguata. 6. -Non avendo ricevuto :risposta entro il termine fissato -di due mesi-, ia Commissione emetteva, il 19 novembre 1979, nei confronti della Repubblica ita:liana, un parere motivato relativo al divieto d.i usare aceto cli alcool diverso dall'aceto di vino in cui, dopo 1aver richlamato la propria lettera del 14 dkembre 1978, essa constatava in confon:nit dell'airt. 169, primo comma, del Trattato CEE, che, vietando l'uso .cli aceto di fermentazione ottenuto mediante un prodotto diverso dal vino e dal VlinelJo, la Repubblica italiana ha mancato agli obblighi che [e derivano a norma del Trattato . Essa motivava .il proprio parere con la considerazione che l'aceto di fermemazione cliverso dall'aceto di vino, dn particolare l'aceto prodotto a base di alcole, di sidro o di malto forma oggetto di forte .produzione e consumo in vari Stati membri, e si pu constatare che questo consumo non presenta alcun pericolo per Ja salute. M divieto di usare a scopi alimentari aceto di fermentazione d.Werso dall'aceto di vino equiViale pertanto a creare barriere commerciali fra ~'Italia e gli altri Stati membri . 7. -Nel frattempo, il Governo italiano aveva presentato le proprie osservazioni, con lettera 8 novembre 1979, in cui, pur ribadendo il punto di vista secondo cui la sua JegislaZJione nazionale era nel suo complesso compatibile con il diritto comunitario, concentrava fa discussione sulle denominazfoni aceto e, rispettivamente, aceto di vino . 8. -In seguito a queste osserv.azioni, la Commissione trasmetteva al Gove:mo italiano, iJ. 28 luglio 1980, un ulteriore parere motivato relativo aJ. divieto di utilizzare la denominazione ' aceto ' per qualsiasi prodotto diverso da quello ottenuto dalla fel:'ll1entazione acetica del vino, con il quale, dopo aver precisato che essa intendeva proseguire ila proprfa azione e dopo aver richiamato due volte la lettera 14 dicembre 1978, constatava che, vietando di utilizzare la denominazione aceto per ogni pmdotto diverso da que1lo ottenuto dalla fermenta2Jione acetica del vino, Ja Repubblica italiana aveva mancato agli obblighi impostile dal Trattato. Nello stesso parere, .Ja Commissione faceva riferimento aHa sentenza, che nel frattempo era stata pronunziata, H 26 giugno 1980, nella oausa 788-79, Gilli e Andres, relativa all'importa:llione in Italia di aceto di mele (Racc. 1980, pag. 2071). 9. -Risulta dalla formulazione del parere motivato del 28 luglio 1980 che questo, nelle intenzioni esplicite della Commissione, complementare al precedente parere motivato, e che i due pareri, nel '1oro :insieme, si rife11iscono tanto al divieto di usare fa denominazione aceto per i prodotti PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE non ottenuti dalla fermentazione acetica del vino, quanto al divieto di mettere in commercio o di impor'1Jare acero di fermentazione ottenuto da un prodotto diverso dal vino. Jil contenuto dei due pareri motivati ribadito nelle conclusioni dell'atto introduttivo del ricorso, con iil quale s:i chiede che '1a Corte voglia constatare che la Repubblica :iitaliana, vietando l'importazione e ila commercializzazione, ,sotto la denomiil!azione ' aceto', di aceto non a base di vino, ha mancato agli obblighi che le incombono iin virt degli articoli 30 e segg. del Trattato CEE . 10. -In seguito alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale delle Comunit Europee di un estratto del ricorso, che poteva indurre a ritenere che ques:to si criiferisse anche a11.o smercio delJl'acido acetico di sintesi, il Gover~ no della Repubblica foancese ha chiesto ,di poter intervenire nella causa. Tale Governo affermava che, a suo avviso, l'Italia poteva legittimamente continuare a vietare il commercio dell'acido aoetico di sintesi e si riservava, qualora la Commis'Slione avesse inteso es1tendere il ricorso aHe questioni relative al commercio di ,taJe acido, di dntervenire a parz>iale ,sostegno delle conclus!ioni del Governo italiano. 11. -Rispondendo ad una domanda postag;li in udienza, l'agente della Commissione ha affermato che Je conclusioni da questa presentate hanno portata generale, e si riferiscono all'importazione ed aJ commercio di qualsiasi tipo di aceto, ma che 1a Commissione stessa sarebbe dg,sposta a circo scrivere '1'oggetto del ,ricorso, agli effetti del caso controverso, agli aceti di origine agricola, escludendo l'acido acetico di sintesi. 12. -Alla luce di quanto in precedenza esposto, questa Corte ritiene che Je questioni attinenti alfa denominazione ed al commercio deJl'acido acetico di smtesi non rientdno neH'oggetto della presente conkoversia. La Commissione aveva infatti chiaramente escluso questo tipo di aceto nella lettera di messa in mora del 14 dicembre 1978, richiamata espressa mente tanto nel primo quanto nel secondo parere motivato, concentrando il suo esame sulla sola questione relativ,a alla denomina:zJione ed aH'impor tazione dei diversi tipi di aceto derivato da prodotti ag;rico1i. Ne risulta che l'incertezza rilevata dal Governo francese trova una spiegazione nell'ambigua formu1aziione del ricorso, nel quaile non isi :rJflettono i limiti risultanti sia daJla lettera di messa in mora sia dai due pa:reri motivati. Cos stando le cose, la Commissione non pu estende:re J'ambito del ricorso ad una questione che, essendo stata espressamente esclusa fin dall'inizio dal procedimento avviato ai sensi deH'art. 169, non ha costitJUito oggetto di contraddittorio n in sede precontenziosa, n durante la fase scritta del procedimento dinanzi alla Corte; 13. -Si deve pertanto concludere che la presente controversia riguarda unicamente l'importazione, il commercio e fa denominazione in Italia dell'aceto ottenuto da prodotti ag:riicoli, escludendo l'acido acetico di sintesi. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 14. -Secondo il ricorso de1la Commissione, il cui oggetto va cos delimitato, la normativa italiana concreta due distinte violazioni dell'art. 30 del Trattato, in quanto vieta, da una parte, l'importazione ed il commercio dell'aceto di origine agricola che non sia quello ottenuto dalla fermentazione del vino e, dJl'altra, 1l'uso deMa denominazione aceto per gli aceti di rigine agricola che non siano aceti di vino. a) Sul divieto dell'importazione e del commercio degli aceti di origine agricola diversi dall'aceto di vino. 15. -Il Governo italiano contesta che il mantenimento in v:igore di questo div:ieto costituisca una violazione dell'obbligo di garantire la libera circola2lione delle merci. Esso adduce in primo luogo l'assenza di armonizzazione delle legislazioni deg1i Stati membri in mateda di aceto e, in secondo luogo, considerazioni relative all'assenza di discriminazioni, alla sanit pubblica e alla repressione delle frodi. 16. -Il Governo italiano ricorda .innanzitutto che il Consiglio, nelle sue risoluzioni del 28 maggio 1969 (G. U. n. C 76, pag. 1) e del 17 diceml>re 1973 (G. U. n. C 117, pag. 1), aveva compreso faceto fra quei prodotti alrimentari per i quali la Commissione avrebbe doVUJto presentare proposte di armonizzazione che potessero essere adottate dal Consiglio stesso al pi tardi il 1 luglio 1970, termine prorogato, in seguito, ail 1 gennaio 1977 con la seconda risolll2lione. Il Governo italiano argomenta che, nella misura in cui tale programma .rimane valido, la Commissione avrebbe dovuto procedere almeno ad un tentativo di armonizzazione, presentando una proposta ai sensi dell'art. 100 prima di invocare gli articoli 30-36 del Trattato. 17.. -Questa tesi va respinta. Il prnoipio fondamentale deH'unit del mercato ed il suo corollario, la libera circolazione delle merci, non possono -in alcun caso -essere subo11dinaH alla condizione preliminare del ravvicinamento delle legislazioni nazionali, in 1quanto una subordinazione di questo genere svuoterebbe il principio in questione del suo contenuto. Risulta d'altronde che gli artt. 30 e 100 perseguono finalit distinte. L'uno ha lo scopo di eliminare immediatamente, 1salvo ecce2lioni ben determinate, itutte le restri2lioni quantitative 1aH'i, i quali, !in lta:1ia, per itradizione plurisecolare , considererebbero -.in base al valore semantico del termine aceto -tutti gli aceti come acetii di vino. Essi sarebbero perci esposti al rischio di essere ingannati sulla qualit effettiva della materia prima e del prodotto finito. 26. -Questo argomento non pu essere accolto. Risulta dalle dispoSl.zionii comun.itanie che si applicano in. materia, ed in particolare dalla voce 22.16 della tariffa doganaJle comune, riprodotta anche nell'allegato II del Trattato a cui fa 'riferimento l'art. 38 dello stesso, che il itermine aceto non s[ rid'erisce solamente agli aceti di vino, i quali sono classificaiti, d'altronde, sotto una rubPica specifica. Ne deTiva che :il termine aceto una denominazione generica, ed incompatibile con gli scopi del mercato comune, ed .in particolare con il principio fondamentale della ~ibera circo~ azione delle merci, che una legislzaione nazionale riservi una denominazione generica ad una sola v.ariet nazionale, a detrimento delle altre varfot prodotte, in particolare, in aHri Stati membri. 27. -Non tuttavia escluso che, in seguito all'applicazione della normativa controversa, i consumatori irtaliaini si siano assuefatti 1all'uso commerciale del termine aceto, per il solo aceto di vino. In questa situazione, la sollecitudine del Governo italiano per la difesa dei consumatori pu risultare giustificata. Siffatta protezione pu tuttavia essere garantita con altri mezzi atti a sottoporre ad un pari trattamento i prodotti nazionali ed i prodotti importati, specialmente con l'obbligo di apporre un'etichetta appropriata, che specifichi le carattemstiche del pro PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE dotto venduto e comporti epiteti o complementi che precisino .iJ tipo di aceto posto in vendita, a condizione che tale prescrizione SI applichi per tutti g1i aceti, compreso l'aceto di vino. Infatti, siffatto procedimento permetterebbe al consumatore di operare la propria scelta dn piena cogni:llione di causa e garantirebbe :la trasparenza delle operazioni commerciali. e delle offerte al pubblico mediante l'indicazione della materia prima util:izzaita ne1l:a produzione dell'aceto. 28. -In conclusione, sii deve constatare che, v,ietando il commercio e l'importazione degli aceti di omgine ag:riicoLa diversi da 1quelli ottenuti dalla fermentazione acetica del viillo, e ll"iservando 1a denominazione aceito all'aceto di Vino, la Repubblica italiana venuta meno ag1i obblighd I.mpostile dagli artrt. 30 e seguenti del Trattato CEE. (omissis) CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE, 16 dicembre 1981, nella causa 244/80 -Pres. Mertens de Wilmars -Avv. Gen. Slynn. Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Pretore .di Bra nellla causa fra Pasquale Foglia (avv. Cappelli e De Catermi) c. Ma:riiella Novello (avv. Motzo) -Interv.: Governi f.rancese (:ag. Thierry Le Roy) e danese (ag. Lachmann) e Commissione delle C.E. (ag. Abate). Comunit europee -Corte di giustizia -Pronuncia pregiudiziale ai sensi dell'art. 177 del Trattato CEE -Attribuzioni rispettive del giudice nazionale e della Corte di giustizia. (Trattato CEE, art. 177). Comunit europee -Corte di giustizia -Pronuncia pregiudiziale ai sensi dell'art. 177 del Trattato CEE Questione relativa a normativa di Stato membro diverso da quello ove si svolge il giudizio Chiamata in causa dello Stato membro diverso dinanzi al giudice nazionale Diritto comunitario Indifferenza. (Trattato CEE, art. 177). Comunit europee Corte di giustizia Pronuncia pregiudiziale ai sensi dell'art. 177 del Trattato CEE Questione relativa a normativa di Stato membro diverso da quello ove si svolge il giudizio -Ammissibilit -Poteri della Corte di giustizia. (Trattato CEE, art. 177). Secondo il sistema dell'art. 177 del trattato CEE, compito del giudice nazionale valutare la necessit di ottenere la soluzione delle questioni di interpretazione sollevate in ordine alle circostanze di fatto e di diritto che caratterizzano le controversie di merito; tuttavia spetta alla Corte esami 62 RASSEGNA. DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nare, ove necessario, le condizioni in cui essa viene adita dal giudice nazionale al fine di verificare la propria competenza (1). In assenza di norme di diritto comunitario le possibilit di chiamare in causa dinanzi ad un giudice nazionale uno Stato membro diverso da quello ove si svolge il giudizio (allorch sia in discussione la normativa del primo Stato) dipendono sia dal diritto processuale di quest'ultimo sia dai princpi del diritto internazionale (2). Nel caso di questioni volte a consentire al giudice nazionale di valutare la conformit col diritto comunitario di disposizioni di legge o regolamenti di un altro Stato membro, il grado di tutela giurisdizionale non pu differire a seconda che tali questioni siano sollevate nell'ambito di un giudizio fra privati ovvero in un procedimento in cui sia parte lo Stato la cui normativa sia contestata, ma, nella prima ipotesi, la Corte deve vigilare in maniera del tutto particolare a che il procedimento di cui all'art. 177 non venga utilizzato per scopi non voluti dal Trattato (3). (omissis) 1. -Con ordinanza 18 ottobre 1980, pervenuta aHa Corte H 5 novembre 1980, il Pretore di Bra ha proposto, ,a,i ,sensi dell'art. 177 del Trattato CEE, cinque questioni pregiudiziald relative all'interpretazione degli artt. 177 e 95 del Trattato. 2. -Tale ol'.dinanza stata emanata nell'ambito di una controversia pendente .innnazi al Pretore, che ha gi ori~arto una prima serie di questioni pregiudiziali relative all'interpretazione degli artt. 92 e 95 del Trattato su cui la Corite si pronunciata 1'11 marzo 1980 (causa 104/79, Foglia c. Novello, Racc. pag. 745). 3. - opportuno ricordare che la causa principale verte sulle spese d.i sped.i:zone sostenute daill'attore, il sig. Foglia, commerciante di vini residente dn Santa Vittoria d'Alba, provincia 'W Cuneo, Piemonte, Italia, in relazione alJ'invio di alcUIIl! cartoni di v,ini ldquorosi Jtaliani acquistarti dalla convenuta, '1a sig.ra Novello, e spediti, per suo conto, ,ad una persona res,idente in Mentone, in Francia. (1-3) La sentenza l1 marzo 1980, citata in motivazione, la cui portata precisata nella sentenza annotata, pubblicata in questa Rassegna, 1980, I, 521, con nota di MARZANO, L'art. 177 del trattato CEE e la competenza della Corte di Giustizia delle Comunit europee. Cfr. anche TIZZANO, Controverie fittizie e competenza pregiudiziale della Corte comunitaria, in Foro it., 1980, IV, 254. Con la sentenza 10 marzo 1981, nelle cause riunite 36 e 71/80, IRISH CREAMERY MILK SUPLIERS ASSOCIATION, in Racc., 1981, 735, e in Foro it., 1982, IV, 26, con nota di DANIELE, la Corte ha ritenuto che rientri nel potere discrezionale del giudice nazionale decidere in quale stadio del procedimento pendente dinanzi ad esso debba essere sottoposta alla Corte stessa la questione pregiudiziale. I I I - PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 4. -Risulta dal fascicolo che nel contratto di vendita concluso fra il Fogliia e la Novello si era stipulato che eventuali tribuilli pretesi dalle autorit ita!liane o frwcesi e contrari al regime deHa libera circolazione delle merci fra i due paesi, o quanto meno non dovuti, non ,sarebbero stati posti a carico della Novello. Il Foglia inseriva una dausola analoga nel suo contratto con l'impresa Danzas da liui rincaricata di trasportare a Men:tone i cartoni di vini liquorosi; detta clausola stabiliva che gli Stessi tributi Hlegittimi o non dovuti non sarebbero stati posti a carico del Foglia. 5. -La prima ordinanza di Tinvio, che ha darto 'luogo alla sentenza 11 marzo 1980 succitata, constatava che Ja materia del contendere era drcoscritta al solo importo versato a ti,tolo di imposte di consumo all'atto delllintroduzione dei vini liquorosi in territorio f.rancese. Risu1tava dal fascicolo che tali imposte di consumo erano state paga.te all'amministrnzione francese dalla Danzas, senza proteste n reclami; che la nota di spese per la spedizione presentata da!lla Danzas al Foglia, comprensiva dell'importo di tali ~mposte, era starta mtegralmente saldata da quest'ultimo senza che venisse opposta la clausola espressamente patttllita circa d tributi illegittimi o non dovuti; che la Novello, al contrario, si era rifiutata di rifondere questo stesso importo al Foglia invocando l'Jdentica clausola inserita nel propnio contratto. 6. -Il Pretore, avendo inteso i mez~i difonsdvi delJa Novello come una messa in discussione della [egittinrlt della legislazione francese relativa alle imposte di consumo sui vini :.liquorosi 1alla Juce del Trattarto CEE, sottoponeva alla Corte una serie di questioni in ordine all'interpretazione dell'art. 95 e, secondariamente, dell'art. 92. 7. -Nella precitata senten:zla 11 marzo 1980 la Conte dichiarava la sua incompetenza a prolltUilciarsi sulle questioni sollevate dal giudice na~ionale. In tale occasione essa osservava che: La funzione che l'art. 177 del Trnttato affida alla Corte idi giustizfa quella 'di fornire ai giudici de11a Comunit gi1i elementi di interpretazione del diritto omunitario loro necessari per tla soluzione di controversie effettive loro sottoposte. Se, mediainte accorgimenti del tipo ,di que11i sopra descritti, la Corte fosse obbligata a pronunziarsi, si airrecherebbe pregiudizio al sistema dell'insieme dei rimedi giurisdiziona1i di cui dispongono i singoli per j I I I I PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 77 potere discrezionale al momento rin cui emana il provvecliimento di concessione del contributo, a:i sensi dell'art. 102 del .t.u. leggi st Mezzogiorno, mentre successivamente si instaura tra il concedente ed il concessionario un rapporto giuridico con reciproche .posizioDJi di diritto e di obbligo. Ne consegue, che ogni controversia che attiene al momento obbligatorio, come l'attuale dovrebbe rientrare nelLa giurisdizione dell'autorit giudi2Jiaria ordinaria, non potendo pi la p;a. incidere, in sede di adempimento con la propria unilaterale volont sulla misura della concessa erogazione. La resistente Cassa per il Mezzogiorno oppone e deduce a sostegno della competenza giuriscliizionaJ.e amministrativa di cui cbii.ese l'affermazione, che il provvedimento di concessione degli incentivi Jinanzi:ari viene adottato sulla sola base di programmatiche antenzioni del Singolo operatore dnteressato, in conformit del progetto all'uopo approntato e con riferimento ad un preventivo dii spesa di cui si verifilca necessariamente, mancando la relativa documentazione, soltanto !'astratta ammissibilit. Pertanto le valutaz;ioni richieste per la concessione clii tali incentivi non si esauriscono nella sola fase clii emana:zJione del provvedimento, ma assumono determinante rilievo, con effettiva determinazione del contributo da erogare, nelJ:a fase di liquidazione degl!i incentivi medesimi, ed evidente che rispetto alle va!lutazioni a tal fme richieste (concernenti apprezzamenti di merito sulla stessa pertinenza, congruit ed ammissibilit detlla spesa documentata), non sono ipotizzabili situazioni di diritto soggettlivo, suscettibili in quanto tali di tutela dinan2Ji ru. giudice ordinario. Nel contrasto delle tesi cos prospettate, quesite Sezioni lllllite ritengono che sia meritevole di accoglimento quella sostenuta dalla Cassa resistente. n contributo di cui si discute stato disposto dalla Cassa per il Mezzogiorno in favore della S.p.A. Sicula Fornaci, iad sensi dell.'art. 102 del t.u. delle leggi sul Mezzogiorno 30 giugno 1967, n. 1523, modificato daill'art. 10 della legge 6 ottobre 1971, n. 853, per la realizzaZJione e l'adeguamento di impianti industriali, con provvedimento del 29 aprile 1975 per la somma complessiva di L. 79.520.000. Poich con mandato n. 828 del 3 aprile 1976 la Cassa ordin, invece, tramite iil Banco di Sicilia il pagamento clii un contiributo lordo di L. 35.235.000; il quesito che Sii pone consiste nel decidere, ai fini della soluzione del problema di wiurisdizione, quale sia nell'ambito del procedimento all'uopo previsto dalla Jegge la natura e funzione del primo provvedimento emesso in data 29 aprile 1975. L'art. 102 del t.u. citato, dopo di aver disposto che per la costruzione di nuovi impianti .industriali e l'ampHamento di quelli esistenti sono concessi alle imprese determinanti contributi, cui provvede la Cassa per il Mezzogiorno, sulla base delle scelte prioritarie effettuate dal piano dd coordinamento, sia per quanto riguarda i settori di dntervento, sia in ordine alJ:e localizzazioni ed alle dimensioni delle singole iniziative, cos RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO statuisce con l'ultimo comma: Il contributo erogato entro i sei mesi dall'entrata !in funzione del nuovo stabilimento, o quando si t:1~atta di aziende esistenti, daLla ultimazione dei !lavori di ampliamento in base alla documentazione delle spese sostenute e a11e risultrunze dei contro1li eseguiti a cura della Cassa per il Mezzogiorno . Orbene, in linea di principio esatto quanto assume la difesa della ricorrente circa le diverse posizioni soggettive del privato cUJ sia stata accordata fa sovvenzione, per cui da un lato egli ha UJil diritto di credito verso la p.a. debitrice della somma di danaro oggetto della sovvenzione, diritto tutelabile innanzi al giudice ordinario, dall'altro titolare di un interesse legittimo in relazione ai poteri di autotutela che 'l'ordinamento conferisce a1l'autorit amministrativa (S.U. 12 maggio 1975, n. 1833, 8 maggio 1976, n. 1611). Non pu tuttavia accogliersi la successiva deduzione che nelJ:a specie la riduzione del contributo rispetto all'importo prevdsto nel precedente provvedimento di ammissione possa configurarsi come UJil mero rifiuto di adempiere un'obbligazione gi ormai definitivamente costitUJta a carico della Cassa per il Mezzogiorno nei confronti delila ricovrente. Giova considerare mico, rendendo prevalenti, sulle attivit dmprenditoriali che tuttora gli competono, i servizi svolti, attraverso rapporti sottriatti aUa disciplina del diritto privato, nell'esclusivo interesse delle Amministrnzioni statali. Tale nuovo orientamento, che mentre rdsulta corroborato, di recente, dal distacco della Zecca dal Ministero del tesoro e dalla costituzione di essa in Sezione autonoma dell'Istituto (legge 30 aprile 1975 n. 154), da quest'ulltimo non implica la soppressione di diritto, a norma dell'art. 2, primo comma, Iegge 20 marzo 1970 n. 70, in quanto ['Ente ha carattere strumentaile , essendo posto direttamente alle dipendenze deLlo Stato (SS.UU. 13 dicembre 1979 n. 6496), impone di ascrivere i rapporti di lavoro del personale dell'Ente stesso, non risolti prima della riforma (fra i quali compreso quello oggetto dell'attuale lite) alJ'area dell'impiego pubblico, sulla quale ha giurisdizione esclusiva .il giudice amministrativo: artt. 2, lett. a, e 7 legge 6 dicembre 1971 n. 1034. Difetta dunque, nella specie, la giuvisdizione del giudice oro.inario e la sentenza impugnata deve essere cassata senza :rinvlio (art 582, terzo comma, cod. proc. civ.), mentre resitano assorbiti gld ail.tri motivi dei ricors[. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 6 novembre 1981, n. 5853 -Pres. La Farina -Est. B1le -P. M. Saja -Cella (avv. Marino) c. Mdnistero del Lavoro e della Previdenza Sociale (avv. Stato Corti). Previdenza Ente Nazionale per la prevenzione infortuni Controlli Natura Provvedimenti abilitativi Difetto di potere discrezionale Situazioni di diritto soggettivo Giurisdizione onllnarla Sussiste. Il collaudo previsto dalla legislazione in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro -pur avendo un contenuto eminentemente permissivo, (1) Cfr. Sez. Un., 5 agosto 1977, n. 3518. I @ i f: I I I I 81 PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE in quanto consente l'espletamento di attivit altrimenti vietata in via di massima dal ricordato art. 7 del d.P.R. n. 547 del 1955 -non pu essere inquadrato nella categoria dei provvedimenti autorizzatori, caratterizzati dall'esercizio, da parte della pubblica amministrazione, di una pi o meno ampia potest discrezionale circa la conformit della situazione di specie all'interesse pubblico affidato alle sue cure. Pi corretta invece la sua collocazione nell'ambito dei provvedimenti abilitativi, che si contrappongono alle autorizzazioni per il difetto di poteri discrezionali da parte della pubblica amministrazione, la quale si limita a procedere ad accertamenti ed a valutazioni d'ordine puramente tecnico, circa l'esistenza in concreto di determinati requisiti o l'idoneit di persone o cose a svolgere la specifica attivit considerata dalla legge, con la conseguenza che le relative controversie rientrano nella giurisdizione ordinaria (1). 1. - Per valutare la portata della domanda proposta dall'attuaile ricorrente al Tribunale di Roma occorre tener conto -da un lat -del quadro normativo nel cui ambito essa si colloca e dall'altro -della situazione di fatto denunciata. In ,relamone al primo profilo, 11 d.P.R. 27 aprHe 1955, n. 547, recante norme per la prevenzione degli infoTtUil! scl lavoro, vieta (art. 7) la costruzione, la vendita, H noleggio e 1a concessione dn uso di macchine, di parti di macchine, di attrezzature, di utensili e ,di aprpareochi in genere, nonch l'installazione di impianti non rispondenti a1le norme di sicurezza previste nel decreto stesso; ed in particolare (art. 25) prevede che le scale aeree ad inclinazione variabile, i ponti sviluppabili su carro e i ponti sospesi muniti di argano devono essere co1laudat e sottoposti a verifiche annuali per accertarne lo stato di efficienza in ,riferimento alla sicurezza. L'esecuzione di questi controHi affidata dagli art. 5 ss. del d.m. 12 settembre 1959 all'Ente nazionale per la prevenzione degl!. infortuni; l'art. 8 di tale decreto stabilisce che :i v:erbaM di coLlaudo e di verifica periodica devono essere redatti su libretti conformi ai modelli a1legat. Peraltro l'art. 395, comma 3, del d.P.R. n. 547 del 1955 dichiara esenti dall'applicamone delle norme :in questione le macchine, gli d:mpianti e le loro parti, costruiti o installati dopo l'entrata in vigore del decreto, quando si tmtti di adottare nuovi mezm o sistemi di sicurezza di riconosciuta efficacia, diversi da quelli prescritti dal decreto stesso, finch il riconoscimento dell'efficacia dei nuovi mezm o sistemi non sia effet tuato con provvedimento del Ministro del lavoro e della previdenza sociale. (1) Massima conforme ai principi. 7 ᥥ--.,.c. ᥥ,-,,,,,,";...-....-.,.--;i RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO In relazione al secondo profilo, sono pacifiche fra le parti alcune circostanze di fatto, ed in particolare 11a costruzione da parte della Cella di att-rezzature per manutenzione aerea; la sottoposizione di tali attrezzature da parte della societ costruttrice al col!laudo dell'Ente na:llionale per la prevenZiione degli. iinfortuni; il contrasto insorto fra societ costruttrice e collaudatori a seguito di una circolare dell'Ente che imponeva ai propri tecnici di apporre una dasola di riserva in sede di prima verifica, in attesa delila produzione di una certa documentazione da parte deHa Cella, con la conseguente dilatazione dei tempi occorrenti per il collaudo. Sulla base di tali premesse la Cena S.p.A. -ritenendo che il comportamento dell'ENPI !l"ivelasse l'iimpossibilit di applicare a1le apparecchiature da essa prodotte i criteri enunciati dal d.P.R. n. 547 del 1955, sorpassati dall'evoluzione tecnologica successiva -ha chiesto al giudice di dichiarare che, in attesa dell'emanazione del provvedimento ministeriale prev.isto dall'ultima parte del comma 3 dell'art. 395 citato, le macchine di sua produzione non sono assoggettate ai collaudi previsti dalle norme prima ricordate. , 2. -L'eccezione di difetto assoluto di giurisdizione -sollevata da!I. Ministero del lavoro sotto H profilo che la Cella S.p.A. av.rebbe chiesto al giudice non una pronunzia attributiva di un bene, ma soltanto un parere - infondata. Dall'esposizione di cui al precedente paragrafo risulita ~nfatti eyidente come l'attuale ricorrente mi'.l'i a conseguire l'eliminazione di una situazione di oggettiva incertezza (di per s suscettibile di ar;recare pregiudizio) intorno all'esistenza del proprio diritto a non sottoporre i macchinari da essa prodot1Ji: al collaudo dell'ENPI e, correlativamente, alla pretesa di quest'ultimo di procedere ai collaudi stessi con il sistema prev.isto dalla circolare cui si fatto cenno. Ricorrono perci all'evidenza tutti gli estremi per ravv.isare un'azione di mero accertamento, la cui ammissibilit nel vigente ordinamento processuale comunemente accettata. 3. -Esattamente la domanda staita proposta all'autorit giudiziaria ordina11ia. Il coHaudo previsto dalla legislazione in maiteria di prevenzione degli infortuni sul lavoro -pur avendo un contenuto eminentemente permissivo, in quanto consente l'espletamento di attivit altrimenti vietata in via di massima dal :ricordato art. 7 del d.P.R. n. 547 del 1955 -non pu essere inquadrato nella categoria dei provvedimentJi autorizzatorl, caratterizzati dall'esercizio, da parte della pubblica amminisitrazione, di una pi o meno ampia potest discrezionale ckca la conformit de1la siituaZJione di specie all'interesse pubblico affidato alle sue cure. PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE P.i corretta invece la sua collocazione nell'ambito dei provvedimentii abilitativi, che si contrappongono alle autorizmzioni -secondo una nota formulazione dotJtrinale, condivisa anche in sede giurisprudenziale per il difetto di poteri discrezionali da parte della pubblica amministrazione, Ja quale si limita a procedere ad accertamenti ed a valutazioni d'ordine puramente tecnico, circa l'esistenza in concreto di determinati requisiti o l'idoneit di persone o cose a svolgere la specilica attivit considerata dalla legge. Dall'esame delle disposizioni del d.P.R. n. 547 del 1955 e del d.m. 12 settembre 1959 emerge a1l'evidenza come H collaudo da parte delJ'Ent:: nazionale per la prevenzfone degli infortuni si risolva in un"indagine puramente obiettiva, per verificare se nella costruzione della singola macchina siano state o meno r.ispettate le specifiche presorizoioni tecniche contenute nelle norme a proposito dei dispositivi di sicurezza e delle relative prove. Al riguardo particolarmente illuminante la natura degli accertamenti richiesti dai modelli allegati al d.m. citato del 1959, secondo H cui contenuto H collaudo deve essere eseguito, ai sensi dell'art. 8 del decreto stesso: si tratta esclusivamente di rilevare dati oggettivamente riscontrabili nella singola macchina e di esprimere un giudizio di efficienza o inefficienza ai fini della sicurezza sulla base di criteri esclusivamente tecnici, con assoluta escl1,1sione di qualsiasi apprezzamento discre~ zionale dell'autorit amminlstrativa circa la rispondenza dell'attivit imprenditoriale esercitata mediante la costruzione e la vendita dei macchinari rispetto all'interesse pubblico relativo al settore del lavoro. Il Ministero resistente obietta che il carattere (non discrezionale, ma) vincolato dell'attivit di collaudo non determinante al fine di configurare in termini di diritto soggettivo la posizione dell'imprenditore, ben potendo la vincoltezza dell'azione amminiistrativa essere funzionale al fine di assicurarne la conformit al pubblico interesse e non al fine di garantire immediatamente la tutela della posizione del privato. L'esame della normativa concernente la materia in esame conduce peraltro a ritenere non soltanto che essa impone ai pubblici uffici una attivit r.igidamente vincolata ed esclude la configurabilit di. un sia pur limitato margine di apprezzamento 'discreziona1e dell'interesse pubblico, ma anche che tale vincolo inteso a garantire l'esercizio -da parte dei soggetti costruttori delle macchine da collaudare -del diritto, costituzionalmente garantito, di iniziativa economica. In conolusione l'art. 7 del d.P.R. n. 547 del 1955 conferisce al privato costruttore di macchine da sottoporre al collaudo il diritto soggettivo di ottenere, nel concorso dei requisiti tecnici cui prima si accennato, l'espletamento in senso positivo dell'attivit di collaudo, con il conseguente obbligo della pubblica ammill!i.strazione a procedere a siffatto espletamento. E dal suo canto l'art. 395, comma 3, del medesimo decreto attri 84 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO buisce al costruttore di macchine per ile quali si debbano adottare mezzi o sistemi di sicurezza diversi da quelH previsti dal decr,eto, il diritto soggettivo di non sottoporre tali macchine al collaudo prima del :riconoscimemo dei nuovi sistemi e ['obbligo dell'amministrazione di aste nersi dall'esercitare l'attivit di contrnllo. Per la tutela di siffatti diritH soggettivi deve essere adto -secondo i criteri genera:1i 1n tema di ripa.irto delle giurisdizioni -il giudice ordina:riio. Le Sezioni Unite confermano cos '1'orientamento gi espresso con la (['ecente sentenza n. 2113 del 1981, che -sia pure 1in relazione ad una fattispecie retta da una diverisa disciplina -ha attriibuito natura di diritto soggettivo, tutelabile dinanzi il giudice ordinario, alla pretesa del privato di ottenere dalla pubblica 1amministrzione, ricorrendo tutti i presupposti previsti dalla legge, l'emanazione di un atto da compiersi mediante una serie. di accertamenti tecnici, senza alcun esercizio di potere discrezionale, al fine di rendere possibile l'attivit di impresa. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. un., 10 febbraio 1982, n. 833 Pres. Mirabelli . Rel. Buffoni P. M. Fabi Ministero dei Trasporti (avv. Stato Sernicola) c. De Domenico ed altrL Impiego. pubblico Qualificazione, pubblica o privata r1terio Atto formale di nomina Irrilevanza Volont tacita univoca dell'Ente Sufficienza. Giurisdizione civile . Mancato versamento contributi Fonte dell'obbll go del versamento nel rapporto ,cJi impiego Giurisdizione ammini strativa. Ai fini della qualificazione, pubblica o privata, di un rapporto di lavoro con un ente pubblico, ci che rileva non il tipo di attivit (intellettule o materiale) che il dipendente tenuto a prestare, n la posizione che gli attribuita nella pianta organica (impiegato, operaio, avventizio), bens l'inserimento del prestatore d'opera nella struttura organizzativa dell'Ente con continuit e in regime di subordinazione, per l'attuazione dei fini pubblici prestabiliti negli atti istitutivi dell'Ente, perdendo cos ogni rilevanza il requisito dell'atto formale di nomina, senza che tuttavia possa prescindersi dalla sussistenza della volont manifestata in qualsiasi modo purch adeguato ed univoco (1). Il rapporto di impiego, da cui scaturiscono gli obblighi del datore di lavoro che si assumono violati per il mancato versamento dei contributi assicurativi, costituisce il punto di riferimento della controversia, che rientra pertanto nella giurisdizione amministrativa (1). (1) Giurisprudenza pacifica sulla prima massima: cfr. Sez. Un., 19 novembre .1979, n. 6011, in questa Rassegna, 1980, I, 84, con nota; sulla seconda, Sez. Un., 19 novembre 1979, ivi, I, 319; Sez. Un., 7 maggio .1980, n. 2997, ivi, I, 7513. pf ! ....-...-..:r.y.-r.-.-.,:::,-. ""'"''- , If PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE Con il primo motivo la ricorrente ripropone la questione di giuvisdizione, deducendo che la Corte del merito, violando gli art. 29, n. 1 e 30 del T.U. 26 giugno 1924 n. 1054, avrebbe escluso iii rapporto di impiego pubblico sull'erroneo rilievo che esso non potrebbe costituirsi con gli operai avventizi, rispetto ai quali sarebbe configurabHe so1tanto un rapporto di lavoro di diritto pr;ivato, e col rilievo del pari erroneo, che difetterebbe J'atto di nom1na, requisito che sarebbe indispensabile per assumere la veste di pubblico impiegato. In contrario si sostiene che qualsiasi attivit anche materiale pu costituire oggetto del rapporto di pubb1ico impiego qualunque sia il carattere del rapporto (di ruolo o non di ruolo) e che la sussistenza di esso, in difetto di un formale atto dii nomina, pu essere desunta da atti contestuali o successivi al conferiimento dell'incarico. Da tali premesse, secondo la ricorrente conseguirebbe che della controversia, in quanto essa coinvolge il rapporito di pubblico dmpiego sub specie dell'inadempimento dell'ente mordine agli obblighi concernenti le assicurazioni sociali, deve conoscere in vfa esclusiva iJ. giudice amministrativo. La censura fondata. Tutte le argomentaziOil!i sulla quale essa si fonda s'identificano con quelle enunciate da queste Sezioni Unite in tema di pubblico dmpiego nonch per la indiv.iduazione del giudice competente a conoscere della domanda di risarcimento del danno per inadempimento agJii obblighi contributivi da parte dell'ente non economico, carattere, questo, che indubbiamente riveste l'Amministrazione delle Ferirovie dello Stato. Sul primo punto, in conformit alla dottrina pi autorevole, si affermato che, ai fini de11a qualificazione pubblica o privata di un rapporto di lavoro con un ente pubblico, ci che rileva non il tipo di attivit (ntellettuale o materiale) che il diipendente tenuto a prestare n tla posizione che gli attribuita nella pianta organica (impiegato o operaio, non di ruolo, avventizio). L'orientamento giur.isprudenziale espresso e ribadito nelle pi recenti deaisioni legge del 1865, per cui -in mancanza dell'accettazione da parte dell'espropriato e dell'espropriante :giammai la stima avrebbe potuto assumere il connotato di definita, svincolata come tale dall'incidenza della normativa 1introdotta ne1l'ambito del procedimento espropriativo ancora in corso di espletamento. Deve quindi affermarsi conclusivamente -su questo aspetto de11a controversia -che l'entrata in vigore della legge n. 247 del 1974, verificatasi prima della emissione del decreto di espropriazione (27 giugno 1975), comportava applicazione vincolante, quanto ai criteri di determinazione della indennit, della stessa Jegge in base alla quale ll'espropr.iarione era iniziata e proseguita fiino a quel momento perch, come si detto, taiJ.e ~egge aveva incorporato, facendole proprie, le disposizioni sui nuovti. criteri per lla determinazione de1l'indennit emanate con 'la ~egge n. 865 del 1971, PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE che erano .ie uniche vigenti Lil materia e non consentivano perci alternative o 'scelte. Il fenomeno della correlazione temporale tra data di emana2lione del decreto di espropriazione e normativa che cr;egola in quel momento .il sistema di liquidazione dell'indennit, quale corrispettivo lato sensu del bene assoggettato al trasferimento coattivo, corrisponde al p;rinoipio generale secondo cui ]l momento culminante del procedimento ab[atorio va ravvisato appunto nel detto decreto, che produce gli effetti traslativi della propriet del bene (Cass., 9 marzo 1978 n. 1182 e 23 febbraio 1981 n. 1061). Sorta contestaZJione, nella fattispecie concreta qui in esame, sulla misura dehl'iindennit di espr~iazione calcolata secondo i crite11i indicati nella legge n. 2882 del 1885 -che non erano pi ilil vigore all'atto della emissione del decreto di espropriazione, e portata tale contestazione all'esame del magistrato ordinario per far accertare (nell'ambito de1la tutela del diritto soggettivo dei soggetti del rapporto esprop;riativo alla liquidazione della indennit secondo legge) come si -dovesse procedere al calcolo e quale fosse la somma in effetti dovuta dall'Amministrazione espropriante, esattamente fu adito il tribunale e non :la Corte di appello, in quanto non si trattava di opposizione alla stima avvenuta in applicazione delle nuove disposizioni introdotte con [a Jegge n. 865 del 1971, e quindi di azione di competenza della Corte di appe1lo (art. 19 della citata Iegge), ma di una pi ampia problematica consistente nella individuazione della normativa vigente (e applicabile), al caso, e nelle conseguenti statuizioni sul modus procedendi circa fa determinazione della indennit. Ne1la detta situazione valevano, ovviamente, ,1e normali ,regole sulla competenza. La rJtenuta applicabilit delle disposizioni deHa legge n. 865 del 1971 non implica, peraltro, che la controversia debba dtornare in fase ammi nistrativa per il compimento di tutte le formalit che la detta Iegge prevede. In questi casi (come gi stato ritenuto con la citata sentenza n. 1061 del 1981 e con la sentenza delle Sezioni Uni,te in causa Ministero Poste c. Bruno Bernardo e altri, discussa_ all'udienza del 19 marzo 1981) la causa resta fogittimamente nella sfora di cognizione dell"autorit giudiziaria, la quale provvede alla valutazione occorrente per ila determinazione della indeilDlit di ,esproprio secondo i criteri staMliti da1le disposizioni effettivamente applicabili, avvalendosi dei suoi normali poteri d'indagine anche sul piano tecnico. Nella specie in esame il giudice non potr tener conto, Jogicamente, deHa stima in precedenza effettuata dal consulente secondo i criteri della legge del 1885 (che non erano pi vigenti a1l'epoca del decreto di espropria 104 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zione), ma dovr direttamente applicare la nuova normativa, essendo stata l'espropdazione pronunciata dopo l'entrata in vigore deUa legge n. 247 del 1974, ed essendo perci consentita (v. sent. SS.UU., avanti citata in causa Ministro Poste c. Bruno) la deroga al principio della non modifica bilit dei criteri di determinazione deM'indennit indicati nel decreto di espropriazione. In questi casi non si tratta infatti di modificare una scelta la giurisprudenza di questa Corte, si giustifica a tutela del danneggiato, divenuto, nel corso del giu 1 dizio risarcitorio, espropriato; ma prop,rio attesa tale finalit, non pu estendersi sino a neutralizzare la contraria volont dell'interessato che , e .resta, il titolare dell'azione. Ne consegue che quando il privato insiste, anche dopo il sopravvenire del decreto df espropriazione, sulla originaria domanda, fa conversione non pu operare, senza che rilevi la ragione (giuridica) che induce l'attore a contestare la conversione, anche se -come ovvio, la linea per cos dire obbligata in cui in concreto tale contestazione si muove .r,iguarda l'emanazione del decreto espropriativo in (ipretesa) carenza di potere. Ma la fondatezza delle ragioni addotte per escludere l'operare automatico della conversione attiene al merito del giudizio di danno che si intende perseguire; mentre sul piano processuale dispositivo, non dleva fa concreta giustificazione del rifiuto di conversione, -dovendosi far capo esclusivamente al comportamento tenuto, a prescindere dal riscontro degli argomenti che lo sorreggono. Basta, cio, per impedire la conversione, l'atto di volont ostativo, sia esso fondato o meno (nel merito) applicandosi 11 principio dispositivo alla stregua del quale la scelta dell'azione spetta aJJ'attore; '1a conversione in tanto si giustifica in quanto si presuma, ma non certo con presunzione iurisae de iure, che la modificazione lo trovi consenziente giacch nella maggioranza dei casi gli giova; il che non toglie che quale dominus della tutela dei suoi interessi (e sia pure attraverso un er.roneo apprezzamento della loro effettiva consistenza) fattore medesimo possa respingere la modificazione, contestando la presunzione su cui l'automatismo della conversione poggiava ed eventualmente tenendo in vita l'alternativa fra domanda risarcitoria (pi vantaggiosa) e quella di opposizione a1la stima, subordinando la seconda alla prima. 3. -La possibilit dell'attore di impedire che fa conversione dell'azione risarcitoria con una precisa manifestazione di volont processuale, consacrata nelle conclusioni, venendo ad essere investito il decreto di espropriazione, la cui incontroversa operativit, e la cui attitudine a spiegare effetti ablativi, sta alla base d~lla costruzione giurisprudenziale della conversione medesima, comporta che il manifest,arsi di Utle potest non espressione di una (asseritamente illegittima) esplicazione di ius novorum - - .:: . ~ 109 PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE in grado di appello, ma vale appunto per quel che pretende di essere, quale manifestazione dell'intento deJJ'attore di tenere ferma la domanda originaria, nonostante la sopravvenienza di quel fatto, escludendo l'effetto di conversione che non richiede per operare il concorso di un atto di impulso processuale da parte sua, ma non pu verificarsi iladdove esplicitamente vengano tenute ferme le origiJ!larie domande, escludendo che il discorso sul risarcimento danni resti assorbito e travolto da quello sulla determinazione del giusto indennizzo. N la soluzione qui accolta potrebbe trovare remora di specie nella circostanza che iJ!l un primo momento la Pucci ritenne di aderire a1la conversione della propria domanda in opposizione .alla stima, mutando subito dopo posizione quando, attraverso il meditato esame dei documenti esibiti dall'Amministrazione, si rese conto che era possibile sostenere in giudizio, con buoni margini di controvertibilit, che il decreto di \:!Spropriazione era intervenuto in carenza di potere, per essere stato emesso quando era gi scaduto il termine prefissato alla dichiarazione di p.u. non rinnovata. Ed, in effetti, se come si costantemente affermato l'adesione dell'interessato non spiega alcuna rilevanza ai fini dell'automatica trasformazione dell'azione, che pu essere impedita solo dal rifiuto espresso, si deve dare peso esclusivamente a questo ulteriore comportamento, verificandone la tempestivit, certamente sussistente quando emerge dal tenore delle conclusioni defin1tive, da ricollegare alla domanda introduttiva di primo grado ed alla posizione di resistenza assunta nei confronti dell'impugnazione in appello (prima che il decreto di espropriazione, ed i correlati documenti, venissero esibiti). L'eventuale illegittimit del decreto di espropriazione non impedisce l'o.perativit del meccanismo di automatica conversione che, proprio perch tale; spiega effetti in presenza delol'atto, nel presupposto (implicito) della sua legittimit; occorrendo all'uopo, l'eccezione processuale dell'espropriato che su quella illegittimit fa leva per mantenere ferma la pretesa risarcitoria rifiutando di muoversi nel circoscritto ambito della adeguatezza dell'indennizzo. Si tratta, quindi di verificare se la deduzione riguardante la (pretesa) carenza di potere espropriativo della P.A. si manifestata con strumenti formalmente idonei. Da questo punto di vista, il comportamento tuzioristico deJJa difesa Pucci che aval:la in un primo tempo quel che si sarebbe comunque verificato, non pu assumere valore preclusivo; mentre determinante la circostanza deMa formulazione dell'eccezione volta a sottolineare (e giustificare), re melius perpensa, H rifiuto dell'automatica CO'.Ilversione. L'azione risarcitoria resta tale, cos come proposta .iJ!l citazione, perch la contestazione della conversione si verificata prima che si chiudesse llO RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO la fase istruttoria del giudizio di secondo grado, con conseguenziale irrile vanza dell'iniziale adesione alla (automatica) conversione. L'impostazione del motivo non pertanto da condividere. La domanda della Pucci non va qualificata come nuova (indebitamente sovrappostasi su quella convertita), ma .rjmasta la stessa originaria, avendo avuto il comportamento processuale consacrato nelle conclusioni appunto l'effetto di impedirne ila conversione automatica. L'equazione condanna al risaricimento del danno-determinazione deHa giusta indennit, non , contrariamente a quel che afferma la difesa dell'A. N.A.S., una conseguenza inevHabile del sopravvenire del decreto di espropriazione nel corso del processo di risarcimento danni da occupazione illegittima, ma opera automaticamente solo quando )10n sia stato espresso dissenso da parte del proprietario del bene che conre consapevolmente iJ rischio di vedersi respingere la domanda Tisarcitoria, resitando ormai mtangibile la determinazione quantitativa della indennit, insuscettibile di adeguamenti in sede di opposizione alla stima {ove tale richiesta non sia stata avanzata nemmeno in via subordinata: ed appunto J'ipotesi di specie). Ma, a parte J'incongruit di considerare nuova fa domanda formulata con J'atto di citazione in quanto kavolta dall'avvenuta conversione, la tesi delJ'Avvocatura de11o Stato non potrebbe essere condivisa nemmeno se fosse vero 11 principio delfa indiscriminata automaticit della conversione (ridimensionato dalla giurisprudenza di questa Corte) stante il carattere derogatorio della deducibilit e rifovabi:lit del factum superveniens rappresentato dal decreto espropriativo. Se si ammette che detto fatto possa intervenire in qualsiasi momento dell'iter processuale, e quindi anche addirittura aill'udienza 'di discussione davanti a questa Corte di Cassazione, deve riconoscersi che l'elemento di novit nel thema decidendum rappresentato da1la [ntroduzione della nuova azione caratterizzata da petitum e causa petendi diversi, in deroga a1 principio del doppio grado (con J:'avvertenz.a che :iii doppio grado non previsto, ai sensi dell'art. 19 de:lla legge n. 865 del 1971 per il giudizio di opposizione alla stima da indennizzo calcolato alla stregua della legge medesima); e se ammessa la modificazione de11'azione, per tragioni di evidente simmetria, e per la tutela del diritto di difesa, non potrebbe precludersi alla parte, che vede immutata la materia del contendere, il potere processuale di far valere le proprie eccezioni (significativamente nel motivo si venti1a I'ipotesi che la contestazione della J:egittimit del decreto possa risolversi in una eccezione nuova) e quindi di dedurre gli eventuali vrrenti ele menti di carattere giuridico sopra indicati per i negozi intervenuti tra i tre interessati in relazione alle caratteristiche di legge di quei titoli e alle conseguenze da valutare pure in relazione alla pronuncia peraltro non vincolante, del giudice penale .(omissis) PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 155 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 2 luglio 1981, n. 4287 -Pres. Granata -Est. Cochetti -P. M. Silocchi (conf.). Minghetti ed altri (avv. Cogliati Dezza) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Carbone). Tributi (in genere) -Contenzioso tributarlo Procedimento innanzi alla Commissione centrale -Avviso di fissazione d'udienza Termine Inos servanza -Nullit della decisione. (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 27). Il termine di almeno 60 gg. stabilito dall'art. 27 del d.P.R. n. 636/1972 per la comunicazione della data della adunanza della Commissione centrale essenziale e la sua inosservanza comporta la nullit della decisione, a meno che la parte che ha ricevuto la comunicazione tardivamente non abbia esercitato il suo diritto di difesa senza eccepire il difetto del termine (1). (omissis) Con l'unico motivo i ricorrenti hanno censurato la decisione per violia2lione dell'art. 27, terzo e quarto comma, del d.P.R. n. 636 del 1972, lamentando il mancato rispetto, nel procedimento innanzi la Commissione Centrale del termine di sessanta giorni previsto dalla norma citata. Essi hanno sostenuto che gli avvisi per raccomandata -da essi prodotti in questa sede -della data di decisione del ricorso tributario (fissata per il 10 luglio 1970) sarebbero stati spediti soltanto il 25 maggio 1970 -come risulterebbe dal timbro postale -e, quindi, meno di sessanta giorni prima della data medesima. Poich l'indagine sul fondamento della censura, in relazione al dedotto errar in procedendo, pu essere compiuta da questa Corte esaminando direttamente gli atti del processo tributario, pu prescindersi dalla deci sione circa l'ammissibilit in questa sede di legittimit, ai sensi del l'art. 372 cod. proc. civ., della produzione dei documenti depositati dai ricorrenti, tendenti a corroborare la tesi dai medesimi sostenuta della nullit del procedimento svoltosi innanzi alla Commissione Centrale. (t!. noto che numerose sentenze di questa Corte hanno ritenuto -in con (1) Eta pacifico che, anche innanzi alla Commissione centrale, sempre essenziale la comunicazione della data della adunanza giacch la parte, pur non potendo assistere alla udienza, pu presentare difese scritte ed ha diritto di conoscere la composizione della Commissione ai fini della proposizione dell'istanza di ricusazione. Ora si aggiunge che anche il termine per la comunicazione essenziale. La stessa sentenza per precisa che l'inosservanza del termine comporta la nullit della decisione soltanto ove la parte resti passiva. Se infatti la parte esercita egualmente il suo diritto di difesa presentando la memoria e nulla eccepisce, nessuna nullit pu essere dichiarata. Se poi la parte eccepisce innanzi alla Commissione l'inosservanza del termine, questa dovrebbe fissare altra data eliminando cos ogni irregolarit. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO trasto con altre decisioni -che la locuzione nullit della sentenza di cu iall'art. 372, primo comma, cod. proc. civ. -che pone limiti alla produzione di documenti in Cassazione, deve essere intesa in senso restrittivo, come comprensiva delle sole nullit direttamente derivanti da vizi propri di tale atto, di ordine sia formale che sostanziale (art. 132, 156, cpv., 158, 161, secondo comma, cod. proc. civ.) con esclusione della nullit che possa, per via riflessa e mediata, scaturire da vizi propri del procedimento (v. sent. n. 3876/80; n. 6542/79; n. 4657/79; n. 962/79; n. 6096/78; contra: sent. n. 705/80; n. 4891/77; n. 3503/77; n. 3506/72). Tanto premesso, si osserva in merito alla dedotta inosservanza del termine previsto dal citato art. 27, terzo comma, che nel giudizio innanzi la Commiss!ione centrale il'obbligo della comunicazione ,alle parti, al.meno sessanta giorni prima, della data fissata per la decisione del ricorso (che avviene in Camera di Consiglio, senza discussione e senza la presenza delle parti, essendo previsto solo un contraddittorio scritto) stabilito in relazione al diritto delle parti medesime di presentare memorie e repliche entro certi termini e per consentire loro di conoscere la composizione della Commissione o di proporre un'eventuale istanza di ricusazione. Nel caso in esame, agli atti della Commissione centrale non vi traccia della copia dell'avviso di fissazione della decisione, n tampoco della ricezione da parte degli odierni ricorrenti della relativa comunicazione. La mancanza di prova della regolarit e della tempestivit della comunicazione importa la violazione del contraddittorio e, conseguentemente, la nullit dell'impugnata decisione. N pu ritenersi, come si fa dalla resistente amministrazione finanziaria, che poich l'avviso sarebbe pervenuto ai contribuenti -secondo il loro assunto -tardivamente ma, comunque, prima della data in cui stata pronunciata la decisione impugnata, l'eccezione di nullit derivante dall'inosservanza del termine di cui all'art. 27 sarebbe preclusa per mancata deduzione nel processo tributario, potendo la predetta nullit essere dichiarata -come questa Corte ha affermato con la sentenza n. 2880/77 -soltanto se la parte interessata l'abbia dedotta nella prima istanza o difesa successiva, ai sensi dell'art. 157, secondo comma, cod. proc. civ. La citata disposizione del codice di procedura civile (applicabile al procedimento innanzi alle Commissioni tributarie in virt della norma di rinvio contenuta nell'art. 39 del decreto presidenziale n. 636 del 1972) la quale impone alla parte che vi abbia interesse di eccepire la nullit di un atto processuale nella prima istanza o difesa che, nullitate cognita, essa rivolga al giudice, postula infatti -come reso palese dall'interpretazione letterale e logica della norma -un comportamento processuale attivo e positivo, non gi meramente passivo, nel quale deve inserirsi f ! f f. f. f f f f ' PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 157 l'omissione dell'eccezione di nullit relativa, non potendo ravvisarsi una rinuncia tacita a far valere le nullit verificatesi nel corso del processo nella mera inattivit processuale della parte (v. in argomento: sentenze n. 1994/80; n. 3475/79; n. 1757/74; n. 1497/69). Pertanto, non trova aderenza con la fattispecie in decisione il richiamo alla sentenza di questa Corte n. 2880/77, concernente una fattispecie processuale in cui le parti avevano presentato alla Commissione centrale memorie e repliche contenenti difese di merito, nelle quali nulla era stato dedotto sull'irregolarit dell'avviso. Nel caso in esame, per converso, risuha dal fascicolo di ufficio trasmesso dalla Commissione centmle che gli odierni ricorrenti non hanno presentato, successivamente alla comunicazione intempestiva, alcuna istanza o difesa alla predetta commissione, di modo che, essendo mancata l'accettazione del contraddittorio, non ha operato la fattispecie convalidatrice di cui al citato art. 157, secondo comma, cod. proc. civ. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 2 luglio 1981, n. 4289 -Pres. Marchetti Est. Zappulli -P. M. Gazzarra (conf.). Ministero delle Finanze (avv. Stato Palatiello) c. I.A.C.P. di Ravenna. Tributi focali -Imposta focale sui redditi -Immobili strumentali per l'esercizio di attivit commerciali -Case costruite dagli I.A.C.P. -Sono tali -Assoggettamento all'ILOR -Esclusione. (d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599, artt. 4 e 6; d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, artt. 21, 40 e 52; d.P.R. 29 settembre 1973, n. 598, art. 5). Le case costruite dagli l.A.C.P. per i propri fini istituzionali e destinate alla locazione sono beni strumentali per l'attivit commerciale da essi svolta. I redditi prodotti da tali immobili sono pertanto componente del reddito di impresa e non costituiscono redditi fondiari soggetti separatamente all'l.L.O.R. (1). (1) Sulla natura (oggettivamente) commerciale dell'attivit istituzionale degli I.A.C.P. v. Cass. 9 marzo 1979 n. 1479 e 9 luglio 1979 n. 3915, in questa Rassegna, 1979, I, 524 e 1980, I, 173. In base allo stesso prinoipio stato pure affermato che i proventi della cessione in propriet degli alloggi costituiscono ricavi, ossia corrispettivi di operaziorni dentranti nell'ordinaria attivit istituzionale e non plusvalenze (Cass. 22 settembre 1978 n. 4248, ivi, 1979, I, 193). Se dunque le case destinate alla cessione in propriet sono (secondo l'espressione dell'art. 53 del d.P.R. n. 597/73) beni alla cui produzione o al cui scambio diretta l'attivit dell'impresa sembra coerente l'affermazione che le case destinate alla locazione siano beni strumentali per la prestazione del servizio consistente nell'offerta di uso di alloggi dietro corrispE'ttivo secondo l'attivit di istituto degli I.A.C.P., anch'essa rientrante nell'esercizio di impresa. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO (omissis) Con l'unico motivo del ricorso avverso la decisione della Commissione tribu1lruria centraile, l'Amministrazione finanziaria ha lamentato la violazione, nella medesima, degli artt. 4 e 6 dei d.P.R. 29 settembre 1973 n. 599, 21, 40 e 52 del d.P.R. in pari data n. 597 e dell'art. 5 del d.P.R. ~n uguail data n. 598 per avere erroneamente Ja suddetta commissione ritenuto che gli alloggi dati in locazione dall'Istituto costituivano beni strumentali per l'esercizio di imprese commerciali da parte sua e che rientravano, come tali, nell'ipotesi prevista dall'art. 40 del menzionato decreto n. 597, istitutivo dell'IRPEF, richiamato, a sua volta, nel quinto comma dell'art. 6 del D.P. n. 599, relativo all'imposta locale sui redditi (ILOR), in virt del quale, per quei beni, era esclusa l'iscrizione a ruolo, con conseguente esenzione dall'imposta. Invece, secondo il Ministero ricorrente, l'attivit commerciale degli Istituti per le Case Popolari si esauriva con la costruzione delle case, non avendo ugual natura la successiva gestione del patrimonio mediante i contratti di locazione, i quali davano luogo ad una fonte autonoma di redditi fondiari, come tali soggetti all'ILOR, mentre quegli immobili non avevano il carattere di strumentalit rispetto all'esercizio dell'impresa. Il motivo infondato. Invero, sotto l'aspetto dell'attivit commerciale l'Amministrazione fiinanziaria ha riconosciuto che anche gli enti rpubblici, tra i quali l'Istituto suddetto, possono svolgere un'attivit commerciale che non identificabile necessariamente con quella svolta a fine speculativo (come anche nel campo dei soggetti privati: es. le cooperative di consumo, ecc.) e la limitazione affermata dal Ministero per la sola attivit di costruzione del tutto infondata e ingiustificata. Non si pu, infatti, per la stretta correlazione, separare, con conseguente contrapposizione, Uattivit di provvista, e cio di costruzione degli alloggi da destinarsi secondo i La sentenza ha per avuto cura di bene distinguere l'attivit di impresa consistente nell'intervento sul mercato edilizio con quella meramente patrimoniale che svolgono gli immobili diretti solo a fornire un reddito occasiona! mente connesso all'attivit imprenditoriale del possessore. Tale distinzione di molto rilievo ai fini della interpretazione dell'art. 40 del d.P.R. n. 597/1973; si esclude cio che tutti gli immobili relativi all'impresa e quelli posseduti da societ siano sempre beni strumentali, come tali non soggetti separatamente all'ILOR a norma dell'art. 4 del d.P.R. n. 599/11973, perch nell'ambito dei beni immobili, tutti relativi alla impresa, occorre distinguere fra beni che costituiscono il fine dell'attivit dell'impresa (che producono ricavi), beni strumentali veri e propri (che se ceduti producono plusvalenze) e beni patrimoniali che producono un reddito di natura fondiaria; quest'ultimo va sempre determinato secondo le risultanze catastali (o transitoriamente, per i fabbricati, in base alla legge 23 febbraio 1960, n. 131) e concorre a formare il reddito complessivo dell'impresa ai fini dell'IRPEF (art. 52 secondo comma d.P.R. n. 597/1973), ma soggetto separatamente all'ILOR (art. 4, comma quinto, d.P.R. n. 599/1973). PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA noti fini istituzionali alle categorie meno abbienti dalla loro sistematica e generale locazione (fuori dei casi di vendita previsti separatamente). Quest'ultima costituisce non una mera gestione di beni incidentalmente appartenenti all'istituto ma l'attivit istituzionale dell'ente, sorto con quel fine, e si estende, nell'attuazione del medesimo, all'assoluta maggioranza dei suoi beni immobili, con la immissione dei singoli appartamenti nel mercato locatizio e con scambio della prestazione del loro godimento contro un corrispettivo. Quest'ultimo, pur se determinato con particolari criteri e senza fini speculativi, non sfugge all'esigenza di assicurare all'ente la copertura dei suoi oneri e delle spese gi sostenute. Il fatto, poi, che i conduttori siano scelti con speciali procedure entro particolari categorie e che il rapporto locatizio sorga in seguito all'atto amministrativo relativo a tale scelta e con determinate condizioni, connesse ai fini istituzionali gi considerati, non esclude che quella generale attivit di locazione sia di carattere commerciale perch anche nel comune commercio vi possono essere, per legge o per pattuizione, particolari limitazioni soggettive e discipline diverse da quelle comuni, con sottrazione al libero scambio e alla generale libert di mercato. Il concorso di questa attivit commerciale dell'attivit locatizia e della identificabilit di quest'ultima con il fine istituzionale dell'ente, salvo che per le vendite specificamente previste, conferma il carattere stru mentale degli immobili locati per abitazioni perch attraverso la sud detta attivit che si realizza il menzionato fine e senza la stessa gli istituti non avrebbero ragione d'essere. Non sembra che la generica intitolazione del citato art. 40 immobili destinati ad attivit commerciali per la sua genericit sia tale da contrastare o limitare il riconoscimento del carattere strumentale dei beni che nella pi precisa e decisiva statuizione contenuta nell'articolo sono indicati con preciso riferimento al loro im piego per l'esercizio di imprese commerciali . N pu trascurarsi la diversit del suddetto art. 40 rispetto all'art. 72 del t.u. sulle imposte dirette approvato con d.P.R. 28 gennaio 1958 n. 645 relativo all'imposta fabbricati, perch quella precedente norma escludeva la suddetta imposta, e quindi il carattere fondiario dei beni, solo per le costruzioni destinate specificamente all'esercizio di attivit commer ciali e non suscettibili di altra destinazione senza radicale trasformazione... se il possessore esercita direttamente l'a.ttivit cui la costruzione desti nata con una rigorosa limitazione relativa ad elementi oggettivi e sog gettivi che non possono ritenersi necessari nella delimitazione della nuova legge per la pi generica strumentalit prevista con diversa formula. Non dubbio che il citato art. 40, attraverso la statuizione negativa (non sono considerati redditi fondiari) per quei beni immobili strumentali in esso menzionati, ha posto in rilievo la sottintesa contrappo 160 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sizione tra la funzione meramente patrimoniale di quelli che siano diretti solo a fornire un reddito occasionalmente connesso all'attivit imprenditoriale del possessore pur se concorrono, nella economia dell'impresa, ad assicurare mezzi finanziari per la sua attivit, e quelli che non rientrano in una gestione meramente incidentale ma formano il mezzo diretto per l'attivit imprenditoriale. In base a questa distinzione le locazioni delle abitazioni degli istituti considerati sono necessariamente destinati, con scambio di prestazioni e di corrispettivi pecuniari, a far conseguire, attraverso l'immissione sul mercato edilizio con effetti anche di calmiere, da un lato il soddisfacimento dei bisogni di abitazioni delle categorie meno abbienti e dall'altro quei mezzi pecuniari necessari per il mantenimento dei beni stessi e delle connesse attivit nel perseguimento dei fini istituzionali, mentre senza quelle locazioni rimarrebbe vana ed economicamente passiva la precedente attivit edilizia. Non possono, pertanto, quei beni immobili considerarsi per gli istituti suddetti una mera dotazione patrimoniale o un supporto economico estraneo alle loro finalit. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 11 luglio 1981, n. 4508 -Pres. Marchetti Est. Lipari -P. M. Leo (diff.) Ministero delle Finanze (avv. Stato Tamiozzo) c. A.C.I. Tributi (in genere) Contenzioso tributario -Ricorso per Cassazione Termine Art. 327 c.p.c. -Si applica -Notifica della decisione a cura della segreteria -Effetto incerto. (C.p.c. art. 327; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 38). Al ricorso per cassazione contro decisione della Commissione centrale sempre applicabile l'art. 327 cod. proc. civ. in base al quale l'impugnazione non pu essere proposta dopo il decorso di un anno dalla pubblicazione. Quanto al termine breve di 60 giorni, a parte l'ipotesi della notifica della decisione integrale ad istanza di parte, sussistono perplessit ed incertezze non ancora superate a proposito della idoneit a far decorrere il termine dalla notificazione o dalla comunicazione del solo dispositivo a cura della segreteria (1). (1) Sulla prima parte della massima la giurisprudenza ormai consolidata, ma sempre pi grave l'incertezza sull'effetto che produce sul termine la notificazione (a.lla parte privata) e la comunicazione (all'ufficio) che del dispositivo della decisione fa la segreteria a norma dell'art. 38 del d.P.R. 636/1972 (v. fra le pi recenti discordanti pronunzie Cass. 24 gennaio 1981, n. 542 e 27 gennaio 1981 n. 624, in questa Rassegna, 1981, I, 589 e 590). A complicare il problema sopravvenuta la novella sul contenzioso (d.P.R. 3 novembre 1981 n. 739) che ha modificato l'art. 38 sopprimendo (apparentemen ! f 'f f I f. r 161 PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRmUTARIA (omissis) Preliminarmente si deve verificare d'ufficio la tempestivit del ricorso. Al riguardo va premesso in fatto che la decisione della Commissione centrale delle :imposte impugnata, dell'll giugno 1977, risulta depositata H 30 luglio 1977, e comunicata 1all'Ufficio 1i!l 29 luglio 1978 e che il ricorso stato notificato in data 8 novembre 1978. Alla stregua delle disposizioni del nuovo contenzioso tributario, di cui al d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636, la disciplina della pubblicazione, comunicazione e notificazione delle decisioni, risultante dall'art. 38, cui si correlano i termini per le impugnazioni (cfr. art. 22 per il ricorso alla Commissione di secondo grado ed art. 25 per il ricorso alla Corte di appello) e la decisione delle Commissioni sono rese pubbliche mediante deposito in segreteria {primo comma), dl dispositivo delle decisioni medesime noti.fj.cato, a cura della segreteria, al contribuente entro dieci giorni dal deposito e nello stesso termine comunicato all'ufficio con elenco in duplice esemplare, uno <;lei quali, datato e sottoscritto dall'ufficio ricevente, restituito alla segreteria della commissione e tenuto a disposizione del contribuente. Nell'interpretare tale norma si ritenuto costantemente che la pubblicazione, tipologicamente unitaria secondo i princpi generali, si concreta nel deposito della decisione (vale a dire dell'intero testo della pronuncia giurisdizionale comprensivo della motivazione e del dispositivo formato in precedenza ai sensi dell'art. 20 terzo comma, immediatamente te) la notificazione per estratto della decisione. Nel nuovo testo si stabilisce (terzo comma) che il dispositivo comunicato alle parti ; non si parla pi di no1ificazioni a cura della segreteria. A sua volta nel nuovo testo dell'art. 32 (primo comma) si stabilisce che le comunica2'Jioni sono fatte mediante avviso consegnato alle parti o spedito in plico senza busta raccomandata con avviso di ricevimento e si aggiunge che all'ufficio le comunicazioni possono essere fatte mediante trasmissione di elenco in duplice esemplare; questa trasmissione con elenco che era dichiarata equivalente alla notificazione oggi esplicita mente definita una comunicazione. Potrebbe quindi pensarsi che la novella, raccogliendo l'eco delle pi recenti pronunzie, abbia inteso stabilire che, per far decorrere il termine breve sia necessaria la notifica integrale della decisione ad istanza di parte, posto che la segreteria non provvede mai alla notifica. Tutto questo potrebbe sembrare ragionevole se si discutesse soltanto del ricorso .per cassazione, come hanno fatto le molte pronunzie della S.C., sulla pre messa che il d.P.R. sul contenzioso non ha disciplinato questa impugnazione. Ma i menzionati artt. 32 e 38 sono norme generali che riguardano tutte le notifi cazioni e si riferiscono a tutte le decisioni di ogni grado. Sotto questa prospet tiva non pi ragionevole che ogni decisione debba essere notificata ad istanza di parte se si: vuole evitare una lunga stasi dopo ogni decisione (come se non fossero gi abbastanza lunghi i tempi del .processo tributario), e semprech si riconosca (e ci potrebbe essere sostenibile) che anche per l'appello e ricorso in terzo grado sia applicabile l'art. 327 c.p.c., che altrimenti si avrebbe una impugnabilit senza limiti di tempo. Ma se continuiamo a leggere l'art. 32 ve 12 162 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dopo la deliberazione). Questa scissione tra formazione (e deposito) del dispositivo e formazione (e deposito) della decisione si riverbera sulle forme di conoscenza all'uopo predisposte in relazione alla iniziativa relativa, ai contenuti ed alle forme eventualmente suscettibili di riflettersi sulla decorrenza dei termini. All'iniziativa della segreteria della Commissione affidato il compito di provvedere a portare a conoscenza rispettivamente del contribuente e dell'ufficio il dispositivo. All'uopo il legislatore adotta distinta terminologia, parlando di notificazione rispetto al primo e di comunicazione rispetto al secondo, caratterizzata dalla pluralit delle decisioni che, volta a volta, ne formano oggetto. La notificazione dell'intera decisione rimane, invece, affidata alla iniziativa facoltativa della parte, che pu, a tale scopo, richiedere copia autentica, che la segreteria tenuta a rilasciare, provvedendo quindi ai conseguenziali adempimenti notificatori. Nel sistema del contenzioso tributario, ai fini del termine per le impugnazioni, non rileva, quindi, in principio n la pubblicazione della decisione, n la sua notificazione in extenso, ma soltanto la conoscenza correlata per l'ufficio e per la parte risoettivamente alla comunicazione ed alla notificazione del solo dispositivo, con l'effetto che detto termine non ha decorrenza unica, tanto per l'amministrazione che per l contribuente (cfr. sent. 3242/77). diamo (rerzo comma) che le notificazioni possono essere fatte direttamente (non si sa se anche dal privato ma sicuramente dalla segreteria) mediante plico senza busta raccomandata con avviso di ricevimento. Cosicch l'operazione che fa la segreteria consistente nello spedire il dispo sitivo in plico senza busta raccomandato con avviso di ricevimento allo stesso tempo una comunicazione (primo comma) e una notificazione (terzo comma). Siamo cos tornati al punto di partenza. Bisogna allora vedere se a far decorrere il termine sia idonea una comunica zione-notificazione del solo dispositivo. Per quel che riguarda l'impugnazione in secondo e in terzo grado non sembra dubbio che valga a far decorrere il termine la notificazione del solo dispositivo; l'art. 22, non modificato per la parte che interessa e poco coordinato oggi con gli artt. 32 e 38, stabilisce ancora che il termine di 60 gg. a decorrere rispettivamente dalla notifica o dalla comunica zione prevista dal terzo comma dell'art. 38 e l'art. 25, del pari ignorato dalla riforma, ancor pi esplicitamente fa decorrere il termine rispettivamente dalla notificazione e comunicazione del dispositivo della decisione impugnata. In questa confusione che si creata per il mancato collegamento tra gli artt. 22 e 25 con gli artt. 32 e 38, una delle poche certezze che risultano proprio la idoneit del solo dispositivo a dare inizio alla decorrenza del termine nell'am bito del processo speciale. Si torna cos al problema iniziale se la disciplina speciale (ed unitaria) sulla notifica delle decisioni sia applicabile anche per la notifica della decisione della Commissione centrale che si collegia al :riicorso per cassazione. I I I f:~ I I ! !" I I PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Nessun dubbio sussiste circa l'operativit del sistema all'interno del processo tributario davanti aiHe Commissioni, cos come risulta discipHnato dal d.P.R. n. 636. Perplessit ed incertezza interpretative, non ancora definitivamente superate, sono sorte, invece, rispetto alla possibilit di far capo al suddetto sistema anche ai fini dell'identificazione dei termini per ricorrere in cassazione ex art. 111 Cost., specificamente a proposito della idoneit della comunicazione, e rispettivamente della notificazione, del solo dispositivo a far decorrere il termine base ex artt. 325, 326 cod. proc. civ. Ritiene H coMegio che nella situaz;ione di Specie non sia necessario prendere posizione sul punto, giacch anche accogliendo la soluzione, in via di superamento, che porta a considerare sufficiente a far scattare il termine breve la notificazione, ovvero la comunicazione del solo dispositivo, il ricorso risulterebbe ugualmente inammissibile per tardivit. La regola di cui all'art. 327 ha, invero, carattere assolutamente generale, fissando, per ragioni di certezza, un termine di per s invalicabile (salva l'incidenza di norme che comportino in linea di massima la proroga del termine stesso), sicch sulla sua decorrenza non pu innestarsi, scavalcando, il termine breve per effetto di notificazione avvenuta nell'imminenza del suo operare poich tale notificazione risponde ad una ratio di accelerazione, ed opera quindi esclusivamente all'interno del periodo considerato, in senso riduttivo. Per esprimere questo concetto la norma dell'art. 327 cod. proc. civ. sottolinea che l'impugnazione non pu essere proposta indipendentemente dalla notificazione, dopo il decorso di un anno dalla pubblicazione della sentenza, sicch deve essere dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione, pur se proposto entro i sessanta giorni dalla notificazione della sentenza, non soltanto qualora tale notificazione sia stata effettuata dopo il decorso di un anno dalla pubblicazione della sentenza stessa (cfr. sent. 5286/79), ma anche se il ricorso medesimo risulti notificato oltre l'anno (e correlative proroghe eventuali), essendo ancora pendente il termine di sessanta giorni agganciato ad una precedente notificazione della decisione compiuta entro l'anno (sentt. 3721/69, 2268/74, 5344/79, 1321/80). Ne consegue che anche il ricorso per cassazione avverso le decisioni della commissione tributaria centrale, al quale sicuramente si applicava come si gi osservato la disposizione dell'art. 327 cod. proc. civ., estensibile a tutte le giurisdizioni speciali che presentino una disciplina della pubblicazione della decisione riconducibile fondamentalmente agli schemi del codice di rito (cfr. ad esempio innovativamente rispetto al Consiglio di Stato sentt. 351/78, 391/79, 1583/80) incontra il limite di decadenza per decorso del termine annuale, e pertanto tale ricorso deve essere dichiarato inammissibile, pur essendo stato notificato entro sessanta RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 164 giorni dalla notifica:zJione della decisione della Commissione tributaria centrale, ma dopo oltre un anno dalla pubblicazione della decisione medesima che va individuata nel deposito in segreteria ai sensi dell'art. 38 del d.P.R. n. 636 del 1972, tenendo conto ovviamente della sospensione dei termini nel periodo feriale e quand'anche si trattasse non gi, come nella specie, della comunicazione del mero dispositivo, ma della notificazione della decisione in extenso (sentt. 1213/81, 658/80). Pertanto. la comunicazione all'ufficio del solo dispositivo, anche ad ammettere la idoneit a mettere in moto il termine breve, non renderebbe utilmente esperibile il gravame, scavalcando l'anno della pubblicazione che rappresenta, di per s, nel sistema del1a impugnazione ,l'insuperabile termine finia:l.e, suscettdbfile di essere ridotto per effetto della notificazione acceleratoria, ma mai di essere superato. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 11 luglio 1981 n. 4510 Pres. Mazzacane Est. Borruso -P. M. Ferraiolo (conf.). Niccoli c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Viola). Tributi (bi genere) Soggetti passivi Responsabile di imposta Socio illimitatamente responsabile di societ di persone Trasformazione: della Societ Permane la responsabilit del socio. (e.e., artt. 2498, 2499). Tributi (in genere) -Soggetti passivi -Responsabile di imposta -Socio illlmitatamente responsabile di societ di persone Trasfonnazione della societ Consenso dei creditori Art. 2499 e.e. Inapplicabilit alla Finanza. (e.e., art. 2499). Poich la trasformazione della societ non produce nessuna trasformazione dei rapporti giuridici esistenti in quanto non viene mutata la unicit del soggetto trasformato, legittimamente viene notificato al legale rappresentante della nuova societ l'avviso di accertamento di un'imposta riferibile al tempo anteriore alla trasformazione e validamente tale atto pu essere opposto al socio illimitatamente responsabile della societ originaria la cui responsabilit non viene meno con la trasformazione {1). La norma dell'art. 2499 e.e. che prevede il consenso dei creditori sociali alla trasformazione della societ di persone in una societ di capitali presuppone la disponibilit del credito e di conseguenza inapplicabile per i crediti tributari dell'Amministrazione (2). (1-2) Conformi sono le senten:re .in pa.11i data nn. 4511 e 4512. La prima massima fa un'applicazione ineccepibile di diversi principi giuridk.i civili e tributari. La societ successiva alla trasformazione sicuramente il soggetto destinatario 165 PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (omissis) Col primo motivo il ricorrente sostiene che, essendo stato notificato l'accertamento tributario soltanto alla societ di capitale dopo che in essa si era trasformata la preesistente societ in accomandita e non anche ad esso Niccoli, che era cos rimasto estraneo a tutto il successivo procedimento avanti alle Commissioni tributarie, la Finanza non poteva pi far valere nei suoi confronti alcun diritto per le imposte dovute dalla societ in accomandita semplice, in quanto essa, quando intende chiamare al pagamento di tributi arretrati di una societ i soci al tempo illimitatamente responsabili ma ormai estranei ad essa, deve notificare l'avviso d'accertamento personalmente anche a questi ultimi. Il motivo infondato. L'inequivoca disposizione contenuta nello art. 2498 cod. civ. secondo cui la societ conserva i diritti e gli obblighi anteriori alla trasformazione ha posto fine alla vecchia disputa se la trasformazione comportasse l'estinzione della vecchia societ e la creazione di una nuova; oggi, infatti, dottrina e giurisprudenza assolutamente prevalenti sono concordi nel ritenere che con la trasformazione si determina un semplice mutamento organizzativo della societ, un cambiamento, cio, della sua disciplina normativa, senza introdurre alcuna modificazione soggettiva nei rapporti giuridici esistenti (cfr. in tal senso Cass. 2722 e 953 del 1977; 2657 del 1972, 1287 del 1970; 1070 del 1967). Ne consegue che, nonostante la trasformazione, il soggetto passivo della obbligazione tributaria di cui trattasi rimasto identico e unico, sicch esattamente la Finanza ha notificato l'avviso di accertamento relativo ad una imposta concernente un anno anteriore alla trasformazione esclusivamente a chi risultava legale rappresentante della societ dopo la trasformazione stessa. Ci ovviamente non esclude che del debito d'imposta conseguente possa essere chiamato a rispondere dalla Finanza anche il Niccoli, come egualmente sarebbe potuto avvenire se non si fosse verificata la trasformazione e la societ fosse rimasta in acco dell'accertamento anche per i rapporti facenti capo alla societ trasformt\ta sia che essa sia lo stesso soggetto in nuova veste, come ai fini civi1i, sia che essa sia il successore a titolo universale, come sembrerebbe doversi ritenere ai fini tributari essendo prevista la estinzione del soggetto trasformato come dispongono gli artt. 73 d.P.R. 597/1973 e 11 d.P.R. n. 600/1973 (v. annotazione a Cass. 2 ~iugno 1980 n. 3596 in questa Rassegna, 1981, I, 366). Pi rilevante l'affermazione che l'accertamento notificato alla societ, nella persona del suo legale rappresentante, opponibile al socio illimitatamente re sponsabile, che non un comune debitore solidale, ma un responsabile di imposta che risponde delle obbligazioni altrui (della societ), tributarie e non, "per un particolare rapporto organico che lo lega al so~getto passivo (Cass. 28 luglio 1977 n. 1616 in questa Rassegna, 11977, I, 457). Per l'espressa previsione dello art. 2499 la responsabilit illimitata del socio non viene meno con la trasformazione della societ. L'esattezza della seconda massima di tutta evidenza. 166 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mandita semplice, ma il suo amministratore e rappresentante fosse stato per atto costitutivo un aocomandatario diverso dai! Niccoli. Anche in ta:l caso, infatti, sarebbe stato ben sufficiente notificare l'avviso di accertamento soltanto al legale rappresentante della societ, anche se poi, per una norma, peraltro inerente non al diritto tributario ma a quello della societ, il Niccoli, quale socio accomandatario, dovendo rispondere illi mitatamente dei debiti della societ (art. 2323 cod. civ.), avrebbe potuto essere chiamato a pagare anche i debiti tributari della societ. Invero, il principio affermato dalla Corte Costituzionale che tra condebitori solidali di un tributo non c' rappresentanza processuale, sicch la Finanza non pu pretenderne il pagamento se non da quelli verso i quali ha agito dando a ciascuno di essi la possibilit di difendersi, certamente non si applica nei confronti di chi sia chiamato al pagamento di un tributo non perch ne sia il soggetto passivo (e, nella specie, neppure perch ne debba rispondere solidalmente con lui per effetto di una speciale norma di diritto tributario avente lo scopo di rafforzare la garanzia dei crediti della Finanza), ma semplicemente perch, per un particolare rapporto organico che lo lega al soggetto passivo del tibuto, egli debba per legge rispondere in solido di tutti i debiti di quest'ultimo, siano o non siano di carattere tributario (vedi Cass. sent. n. 824 del 1973). Col secondo motivo di ricorso il Niccoli sostiene che la Commissione Centrale avrebbe violato nella specie il secondo comma dell'art. 2499 cod. civ., in quanto avrebbe dovuto considerare equipollente alla comunicazione per raccomandata al creditore ivi previsto dell'avvenuta trasformazione dd1a societ la registmzione del relativo atto pubblico presso l'Ufficio del Registro e ci non soltanto perch sia tale ufficio, sia quello delle Imposte sono uffici finanziari, ma soprattutto perch, avendo lo stes'So Ufficio delle Imposte lllotificato .l"avv1iso d',accertamento e coltivato il relativo procedimento tributario, che riguardava un'imposta dovuta dalla societ in accomandita, nei confronti della societ di capitale in cui la prima si era trasformata, era certo che lo stesso Ufficio delle Imposte avesse avuto piena ed ufficiale conoscenza dell'atto registrato recante l'avvenuta trasformazione sicch, per conservare la garanzia costituita dal permanere della responsabilit illimitata dei soci che l'avevano prima della trasformazione, avrebbe dovuto negare espressamente la sua adesione nel termine di trenta giorni dalla dimostrata conoscenza della trasformazione stessa. Anche questo motivo infondato per l'assorbente considerazione che l'art. 2499 cod. civ. nella parte in cui prevede che i creditori possano consentire alla trasformazione della societ e in tal modo perdere la garanzia costituita dal permanere dell'obbligo dei soci a responsabilit illimitata di rispondere dei debiti sociali anteriori alla trasformazione non pu applicarsi alla Finanza in quanto tale consenso -spiegabile solo in una 167 PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA ottica esclusivamente privatistica e come tale insindacabile dei propri interessi -presuppone ovviamente la disponibilit del credito, disponibilit che, invece, -com' pacifico -la Finanza assolutamente non ha per i crediti nascenti dai tributi e per le garanzie del loro soddisfacimento che danno luogo a rapporti di diritto pubblico inderogabilmente regolati dalla legge. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 14 luglio 1981 n. 4582 -Pres. Rossi Est. Caturani -P. M. Fabi (diff.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Braguglia) c. Bologna. Tributi (in genere) Contenzioso tributario Amone di mero accertamento Imposte indirette -Improponibilit anteriormente all'accertamento Sopravvenienza dell'accertamento Conversione della doman da -Decadenza per decorso del termine -Non si verifica. improponibile la domanda di accertamento negativo anteriormente all'emanazione del provvedimento amministrativo con il quale si manifesta e si rende riconoscibile la pretesa di percepire l'imposta, anche se siano gi intervenuti atti preparatori o intermedi (nella specie il verbale di contestazione nel procedimento dell'art. 55 della legge 7 gennaio 1929 n. 4). Tuttavia ove in corso di causa sopravviene l'atto di accertamento l'azione originariamente improponibile si converte nell'impugnazione dell'accertamento s che viene meno l'onere di autonoma impugnazione nel termine di decadenza stabilito (1). (omissis) Nell'ordine logico pregiudiziale l'esame della seconda censura contenuta nel primo motivo dei ricorsi, con cui l'amministrazione ricorrente assume che nella specie la domanda di accertamento negativo del debito tributario proposta dai contribuenti innanzi al giudice ordinario dovevct dichiararsi improponibile per difetto di giurisdizione, in quanto era in corso il procedimento amministrativo di accertamento della infrazione, e sostiene poi che, intervenuta nel corso del giudizio di primo grado l'ordinanza intendentizia che aveva determinato la imposta evasa e la pena pecuniaria, la quale non era stata impugnata, (1) Anche se riferita alla normativa anteriore alla riforma del contenzioso (per l'attuale improponibilit dell'azione di mero accertamento v. Cass. 8 marzo 1977 n. 942, in questa Rassegna, 1977, I, 302 con nota di C. BAFILE), molto interessante la motivazione della sentenza che ha eliminato ogni dubbio sulla questione dell'mone di mero accertamento. In passato era stata ammessa, nelle imposte indirette, la proponibilit di una tale domanda quando l'incertezza oggettiva o la situazione di pregiudizio era provocata da atti dell'amministra RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 168 la pretesa tributaria sarebbe divenuta definitiva e quindi non modificabile dal giudice con la pronuncia di accertamento (negativo). La censura infondata. Il problema -che riflette il nucleo centrale dei ricorsi -va risolto in base alle seguenti considerazioni. Il carattere di per s generale dell'azione di mero accertamento non ha impedito che anche in epoca anteriore alla recente riforma del contenzioso, si discutesse in giurisprudenza ed in dottrina circa la proponibilit di una tale azione nel diritto tributario. Il contrasto degli opposti orientamenti fu reso ancor pi vivo dalle diverse concezioni circa la natura giuridica dell'accertamento tributario, essendosi osservato da alcuni giuristi che se il rapporto giuridico di imposta si costituisce soltanto con l'atto di imposizione, non pu concepirsi una azione di accertamento di una obbligazione nondum nata; argomento che, peraltro, veniva superato dai fautori della natura meramente dichiarativa dell'imposizione tributaria. L'indirizzo seguito da questa Corte in detto periodo si adegu al prin cipio secondo cui mentre rispetto alle imposte dirette, ai sensi dell'art. 6 della fogge 20 marzo 1865 n. 2248 a:11. E, l'azione dirnanzi al!l'A.G.O. non poteva proporsi se non dopo la pubblicazione dei ruoli e l'esperimento almeno in un grado del ricorso alle commissioni tributarie, nelle contro versie in materia di imposte indirette, l'azione di accertamento negativo, davanti al giudice ordinario era proponibile prima ed indipendentemente dall'esperimento dei ricorsi amministrativi. Si osservava, invero, che, salvo limitazioni poste da leggi speciali, la giurisdizione dell'A.G.O. non incontra nella legge alcun limite in dipendenza dello stato cui sia perve nuta l'attivit della pubblica amministrazione tendente all'accertamento del tributo ed alla relativa ingiunzione di .pagamento, purch sussistano gli altri requisiti per la proponibilit della domanda, giustificata dal dub bio circa l'esistenza dell'obbligazione tributaria e quindi possa profilarsi zione preliminari all'accertamento o anche da affermazioni di massima contenute in circolari o risoluzioni (v. Relazione avv. Stato, 1971, 75, II, 597 e segg.). Oggi si ritorna sull'argomento per escludere la proponibilit dell'azione eh.e venga introdotta prima della notifica dello accertamento. E sono certamente di molto interesse le considerazioni contenute nella motivazione in linea con una , tesi sempre sostenuta dall'Avvocatura: l'azione avrebbe ad oggetto l'accertamento negativo non di una obbligazione ma dell'esistenza del potere dell'Amministrazione di eseguire l'accertamento e di conseguenza essa comporterebbe l'invasione di una sfera di attivit che la legge riserva in via 'esclusiva ai poteri della autorit amministrativa. Con queste premesse contrasta sorprendentemente la seconda parte della massima. Dopo aver ben puntualizzato che prima dell'accertamento la domanda im proponibile in quanto usurperebbe una potest riservata all'Amministrazione, si passa poi a considerare, in modo ingiustificatamente riduttivo, la mancanza 169 PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA un interesse concreto ed attuale dell'attore ad ottenere dal giudice una pronuncia (S.U. 24 giugno 1972 n. 2134; 8 giugno 1968 n. 1751; 16 marzo 1966 n. 752; 7 novembre 1957 n. 4259; 15 luglio 1957, n. 2901). Ora, non pu contestarsi che, in linea di principio, l'azione di mero accertamento, come azione generale che si fa valere innanzi al giudice ordinario per la tutela dei diritti soggettivi allorch se ne verifichino i presupposti, non possa essere negata in materia di imposte indirette, per il periodo anteriore alla recente riforma del contenzioso tributario. Questo, tuttavia, non esclude, ma anzi implica che occorra poi stabilire quando una tale azione sia in concreto proponibile e, con particolare riferimento alle infrazioni all'l.G.E. previste dalla legge 19 giugno 1940 n. 762 (che interessano il presente giudizio), se avuto riguardo al particolare procedimento ivi adottato per l'accertamento della violazione tributaria attraverso cui si realizza 1a funziOllle imposWva dello Stato, ,sia configurabile prima e durante il corso del procedimento un diritto soggettivo del contribuente e comunque un rapporto giuridico che possa dar luogo ad una azione di mero accertamento in prevenzione innanzi al giudice ordinario. Il problema di fondo risiede quindi nell'esaminare se la suddetta azione, la quale stata in generale considerata, per quanto attiene ai suoi presupposti in relazione a controversie tra privati, non debba eventualmente subire degli adattamenti quando si sia in presenza di una controversia tributaria. In tal caso, anche a prescindere dal problema della configurabilit o meno del rapporto tributario prima che sia intervenuto un atto ad hoc dell'amministrazione finanziaria, assume indubbio e decisivo rilievo la considerazione che si pur seinpre in presenza di una potest pubblica del preventivo accertamento come un difetto d'interesse la cui sopravvenienza rende successiivamente proponibile l'azione con efficacia retroattiva. Ma non si tratta semipl p. 15 ss.; G. REccHIA, Considerazioni sulla tutela degli interessi diffusi nella Costituzione, dn AA.VV., La tutela degli interessi diffusi nel diritto comparato con particolare riguardo alla protezione dell'ambiente e dei consumatori, Milano, 1976, p. 27 ss. (in part. p. 33); A. CoRASANTI, Profili generali di tutela giurisdizionale contro il danno ecologico, in La responsabilit dell'impresa per i danni all'ambiente e ai consumatori, Milano, 1978; da ultimo v. ancora S. PATTI, Ambiente (tutela civilistica), in Dizionario di diritto civile a cura di Irti, Milano, 1980, p. 29 ss. e La tutela civile della persona, Padova, 1979. (32) Cfr. F. LucARELLI, Principio di eguaglianza, cit., p. 522 s., il quale afferma che alla base delle leggi n. 865/1971 e 10/1977 vi sono finalit urbanistiche, finalit di carattere sociale e finalit di carattere economico-finanziario. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO duo (33), costituisce dunque anch'esso una delle condizioni primarie ed imprescindibili per il pieno sviluppo defila personalit (34). Cos l'art. 7, primo comma, legge n. 10/1977, prevede che per gli interventi di edilizia abitativa ivi compresi quelli sugli edifici esistenti, il contributo di cui al precedente art. 3 ridotto alla sola quota di cui all'art. 5 qualora il concessionario si impe~, a mezzo di una convenzione con il comune, ad applicare prezzi di vendita e canoni di Jocazione determinati ai sensi della convenzione-tipo prevista dal successivo art. 8 ; egualmente l'art. 9 lett. b) stabilisce che la concessione gratuita quando si tratti di interventi di restauro di risanamento conservativo e di ristrutturazione che non comportino aumento delle superfici utili di calpestio e mutamento della desti!Ilazione di uso e vi sia fimpegno di cui all'art. 7, primo comma, nonch quello di concorrere negli oneri di urbanizzazione (35). Per l'edilizia non convenzionata interviene invece la normativa dettata dalla legge n. 392 del 1978 (36). Si garantisce cos la finalit (33) Anche a voler negare carattere immediatamente precettivo all'art. 2 (sul punto v. retro nota 19), il diritto all'ambiente ed all'abitazione sarebbero egualmente configurabili quali diritti della personalit. Invero, questi sono un presupposto imprescindibile per assicurare un'esistenza libera e dignitosa (art. 36 Cost.) e la tutela della salute (art. 32 Cost.). In tal modo prima ancora che dalle norme di legislazione ordinaria, tali interessi sono espressa mente riconosciuti degni di protezione giuridica dalla Carta Costituzionale ove vengano qualificati come diritti. Sul punto cfr. pi ampiamente in part. F. LucAREU.I, Diritto all'abitazione e preesistenze urbane., Napoli, 1976. La salva guardia del territorio e, pi in generale dell'ambiente, assieme alla concreta realizzazione del diritto all'abitazione, costituiscono, poi, condizioni necessarie per evitare di arrecare pregiudizio al diritto alla salute. V. C. DoNISI, Verso la depatrimonializzazione , cit. in part. p. 686 ss., il quale rileva che oramai, anche nella pi recente legislazione (1. n. 833/1978), il diritto alla salute viene inteso non pi nel senso tradizionale, ossia come diritto alla (mera) integrit fisica, ma come diritto ad uno stato di benessere fisico-psichico direttamente correlato al (e, per ci stesso, anche condizionato dal) mondo esterno (ib., p. 689). (34) G. PALERMO, L'art. 26 della legge sull'equo canone, cit. p. 54 ss.; F. LUCARELLI, Regime dei suoli e progetto di equo canone, in Riv. trim., 1977, p. 1164ss. e Principio di eguaglianza, cit., p. 521; D. SoRACE, A proposito di propriet dell'abitazione, diritto d'abitazione e propriet (civilistica) della casa, in Riv. trim., 1977, p. 1186 ss.; U. BRECCIA, Il diritto all'abitazione, Milano, 1980. (35) Sulla possibilit che l'edilizia convenzionata possa assumere un. ruolo alternativo e sulla sussistenza di un reale interesse dell'industria edilizia privata per tali iniziative esprime dubbi F. LUCARELLI, Regime dei suoli e progetto dt equo canone cit. p. 1156. (36) Riguardo alla disciplina contenuta nella legge n. 392/1978 ed, in particolare, nel capo I concernente la locazione di immobili urbani adibiti ad uso di abitazione, v. per tutti G. PALERMO, L'art. 26 della legge sull'equo canone, cit., p. 54ss. 17 PARTE II, QUESlIONI di rendere pi agevole l'accesso alla casa come strumento dehla normale vita di relazione e, per converso, quella di riequilibrare la diversa forza contrattuale che il proprietario ha rispetto all'inquilino (37). Da un lato vi dunque il diritto all'ambiente e all'abitazione, dall'altro il diritto di propriet, tutelato ex artt. 42 e seguenti Cost. L'equilibrio tra questi due diritti poi varia quando alla propriet connesso lo svolgimento della iniziativa economica privata (art. 41, Cost.) e/o diritto-dovere al lavoro (art. 4, Cost.). Peraltro, mentre la prima rientra pur sempre tra i rappoti economici e, quindi, l'esigenza di tutelare un interesse fondamentale pu giustificare una sua eventuale compressione (38), ben diversa invece la situazione quando si in presenza del diritto-dovere al lavoro, il quale costituisce principio cardine del nostro ordinamento ed anch'esso condizione primaria ed imprescindibile per il pieno sviluppo della persona umana; si pone quindi sullo stesso piano di quegli altri interessi (39). Nel contemperare i contrapposti valori e nel conformare il nuovo regime giuridico dei suoli il legislatore non pu pertanto prescindere dalla presenza di questi ultimi. Gli interessi che sottostanno alla nuova normativa, invero, non sembra siano stati presi in considerazione nella pronuncia n. 5/1980 della Corte Costituzionale, la quale, soffermando la propria attenzione unicamente sui problemi connessi alla disciplina della concessione edilizia, giunge ad affermare che diritto di edificare continua ad inerire alla propriet . 4) L'individuazione della ratio legis consente di procedere ad una ricostruzione organica e coerente della disciplina sull'edificabilit dei suoli che, come si detto, incentrata sulla regolamentazione dei modi di esercizio della potest pubblica di dare un assetto al territorio e dei rapporti di questa con il potere privato. Pertanto, individuato il punto focale della legge n. 10/1977 nel problema della natura giuridica della concessione ediliziile dal carattere oneroso della concessione. 23 PARTE 11, QUESllIONI bile.. Infatti l'art. 13, quarto comma, 1. n. 10/1977, prevede che nei ,comurrl obbliga;ti ai sensi del terzo comma la concessione di cui all'arti- colo 1 della presente legge data solo p.er le aree incluse nei programmi .cli attuazione e, al di fuori di esse, per le opere e gli interventi previsti .(}a:I precedente articolo 9, semprech non siano in contrasto con le prescl'. irioni degli strumenti urbanistici . Dunque nelle ipotesi previste dall'art. 9 la concessione, per giunta gratuita, pu essere data, anche per opere oo interventi da realfizzarsi in aree non incluse nei programmi di ITTtmrzione. Deve per trattarsi di opere da realizzare nelle zone agricole ivi comprese le residenze in 'funzione detla conduzione del fondo e delle esigenze delJ'imprenditore ag.ricolo a titolo prinCipale, ai sensi dell'articolo 12 della legge 9 maggio 1975, n . .153 (art. 9 lett. a) (54). In aueste ipotesi, permanendo in capo al privato proprietario il potere di decidere se e quando edificare, pu affermarsi che al diritto di pr.opriet si accompa@ la .il c.d. jus aedificandi, sia pure con l~obbUgo 'Cdi conformarsi alle previsioni degli altri strumenti urbanistici {55). La conformazione idei regime giuridico avente ad -0ggetit0 i suoli attuata con la 1. n. 10/1977 si .ca:ratterizza dU111que per essere ctici) vi il jus aedi:ficandi e non. dovute ,iJ c0nt11i1mto, di cui all'art..3, per 'il rilascio de:l:la concessione. Nei casi invece .di costruziohi o impianti destinati ad attivit industriali o artigianali ovvero di costruzioni o impianti destinati ad attivit turistiche, commerciali e direzionali, l'art. 10, I. n. 10/1977, prevede una riduzione del contributo, stabilita in base ai criteri (che confermano la esattezza della ratio individuata) espressamente :indicati nella morma. (D) Cfr. L. MosCARINI, Propri.et dei suoli, cit., p. 593, il quale afferma che .fin taE.to che il pmprietario dell'area resta libero d!i. scegliere se e .quando edi fkare, continua a sussistere :la c.d. renrlita di posizione " Appare poi evidente che in ogni cso vanno osservate anche tutte le altre nor.me di legge, cos ci s dDVJ: a:tmenere alle disposiziomi degli artt. 41 sexies l.n. 1150/1942; 41 septies della .stessa 1e :il d;m. n. 3518/196&; 38 I. .n. U65/1934, etc., v. al riguardo A. PRElnER'.I, La 1kegge 28 .gennaiw Jl!Y17 n. 10 sull'edificabilit dei suoli, cit., p. 166. 24 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO modificata dalla presente legge . Questa infatti, collegata al disposto dell'art. 12 della stessa, il quale prevede ohe i proventi de11e c0111cessioni s1ano destinati anche all'acquisizione delle aree da espropriare per la realizzazione dei prog.rommi pluriennali, evidenzia 1a funzione svolta nell'ambito del nuovo sistema normativo di edificabillit dei suoli dai criteri di determinazione dell'indennit di esproprio che cos s~ rivelano essere una componente essenziale di questo sistema. Si pu quindi affermare che anche :i criteri di indennizzo sono pM"tecipi della ratio propria del sistema. Afla Juce dei principi di solidariet e di eguaglianza sostanziale, gli interessi fil precedenza indiv>iduati appaiono come principi giustificatori anche di questa parte delta disciplina. Con la previsione dell'art. 13, sesto comma, H legislatore ha appunto voluto dire ci, doven dosi e potendosi appHca;re quei criteri anche in mancanza di quest'ulte riore espressa previsione. Queste finalit alla cui soddisfazione volto il complesso sistema di determinazione dell'indennit di esproprio, stato osservato, non sono state tenute presenti dalla decisione della Corte Costituzionale che, invece, ha assunto la parit formale a criterio ispiratore del giudicato (56). Questo rilievo appare, invero, giustificato se si sofferma l'attenzione solo sulla motivazione della pronuncia. Noo pu, peraltro, non rilevarsi che al momento di trarre le conclusioni la Corte ha dichiarato l'illegittimit costituzionale non di tutto l'art. 16 1. n. 865/1971, come modificato dall'art. 14 1. n. 10/1977, ma solo dei commi cinque, sei o sette, lasciando in tal modo in vigore la disposizione di cui al nono comma la quale prevede che nella determinazione dell'indennizzo non deve tenersi alcun conto dell'utilizzabilit dell'area ai fini dell'edificazione nonch dell'incremento di valore derivante dalla esistenza nella stessa zona di opere di urbanizzazione primaria e secondaria e di qualunque altra opera o impianto pubblico. In questo senso si esprime pure J'art. 38 t n. 1150/1942 (57). Dunque s illegittimo far riferimento ail valore agricolo medio quale criterio di determinazione dell'indennizzo, in quanto questo introduce un elemento di valutazione del tutto astratto, ma ci non significa necessit di un ritorno al sistema di cui all'art. 39 1. 25 giugno 1865, n. 2359, e, quindi, ad un criterio di determinazione dell'indennizzo rapportato al valore venale del bene (58). La considerazione della destinazione 56) F. LucARELLI, Principio di eguaglianza, cit., p. 517. 57) R:ileva ci PoTOTSCHNIG, Commento, cit. p. 602, il quale afferma che come si accordino con l'affermazione della corte queste due disposizioni, en trambe tuttora vigenti (perch non ricomprese fra quelle dichiarate incostituzionali), rimane un mistero; sul punto v. infra nota 58. 58) Ritiene V. PoTorscHING, Commento, cit., p. 601, che essep.do stato di chiarato illegittimo anche l'art. 4 del d.1. 2 maggio 1974, n. 115, conv. dalla I. 27 giugno 1974, n. 247, che aveva esteso l'applicabilit dei criteri di indennizzo PARTE II, QUESTIONI 2f edilizia del bene e il riferimento al valore agricolo medio, non sono considerati dati dn alternativa di modo che, escluso il primo, vi l'altro. Come non rispondente a quei principi di solidariet e di parit sostanziale tener conto del primo, egualmente non equo far riferimento al secondo. Si prospetta in tal modo l'esigenza di giungere alJa formulazione di un altro criterio di determinazione dell'indennit, che nella pronuncia stato individuato solo negativamente da questi due dati. La Corte, pertanto, se pure argomenta in termini di parit formale, riconoscendo legittima la disposizione di cui al nono comma dell'art. 16, realizza, invero, un risultato corrispondente alle esigenze dettate dal principio di parit sostanziale. L'aver mantenuto in vita quella disposizione, in connessione col fatto che alla Corte non sfuggito che l'edificabilit dei suoli deriva dalla loro destinazione a tale scopo ad opera degli strumenti urbanistici, anche se poi il rilievo non stato compiutamente svolto, ha dunque un ben preciso significato. Risulta cos tracciata la strada da seguire per la fissazione dei nuovi criteri. In attesa di elaborare la nuova disciplina, il legislatore intervenuto dettando una normatiVia provvisoria (59), in base alla quale per determinare l'indennit di esproprio deve aversi riguardo al valore agricolo medio determinato a norma dell'art. 16 quarto comma, della stessa legge (n. 865/1971) come-modificata dall'art. 14 della Jegge 28 gennaio 1977, 10. corrispondente al tipo di coltura in atto nell'area da espropriare (art. 1, di cui al titolo II della 1. n. 865/1971, dovranno ora app1icarsi nuovamente le disposizioni contenute nella legge del 1865. Al riguardo rileviamo che l'art. 4 stato dichiarato illegittimo solo nella parte in cui ha esteso l'applicazione delle disposizioni dell'art. 16, commi cinque, sei e sette della legge n. 865 del 197,1 a TUTTE le espropriazioni , e non anche nella parte in cui ha esteso quella della rimanente disciplina e, in particolare, del comma nono; pertanto, essendo quest'ultimo in contrasto .con le disposizioni della 1. n. 2359/1865 e, in parti colare dell'art. 39, queste non potranno trovare app1icazione. In ogni caso a risolvere il problema intervenuto il legislatore con la 1. 29 luglio 1980 n. 385, ove sono previste norme provvisorie per la determinazione dell'indennit di esproprio. 59) v. L. 29 luglio 1980 n. 385, nella quale si prevedeva che la legge sosti tutiva delle norme dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale con sentenza n. 5 del 1980 (art. 1, co. I) avrebbe dovuto essere emanata entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge (recte 1. n. 385/1980). Tale termine, rimasto purtroppo inosservato ed stato ora prorogato con il d.l. 28 luglio 1981 n. 396 conv. in 1. 25 settembre 1981 n. 535. g prevedibile che tale proroga dar luogo ad ulteriori eccezioni di illegittimit costituzionale, con conseguente rimessione degli atti alla Corte Costituzionale. Invero, numerose ordinanze hanno gi portato all'attenzione della Suprema Corte la discip1ina di cui alla citata legge n. 385/80 della quale viene affermata la illegittimit sotto diversi profili; v. per tutti ord. Corte Appello Genova, 11 novembre 1980, in Giust. Civ., 1981, I, 377 ss.. lett. a), 'l. n. 385/l98ll'), per le aree esterne ai centri edificati, e sul valore agricolo medio della coltura pi redditizia tria que1le che nella regione :agraria in cui ricade J.'area da espropriare, coprono una SC!perficie snperiore al 'S per cento di quella coltivata dalla regione agraria stessa ~art. l, lett. b, 11. cit;), per 1e aree Comprese nei centri edificati. Per queste Ultime, .poi, ta1e valore moltip'licato per tl1'l coefficiente che varia .a secre inon di Dipensare ab imis i .c:rteri determh11a:1livi deIT~il'ldlel'lnit' di espre I prio, ma quello di limitarsi a dettare norme sosti1ltl!ti~ di .qiuel1e dihiarate il:legit:llime. Presumibilmente tale risultato sar reailiizzato modificando I in .aumento i coefficieB.ti per cui moltiplicare il vail:ore base. Se .al.ella Corte Costitwtlo.JJ:aile. I Appare evidente, infattL, ,che una nor.mativ.a quale quella ;prospettata non sarebbe idonea a superare i rilievi gi mossi alle precedenti norme e, I soprattutto, a dare atto della complessit del sistema quale sopra stato tratte_ggiato. :ffi Gml.IO Sn!RI < l * LEGISLAZIONE I -NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI Codice di procedura penale, art. 428, prime comma, nella parte in cui norr consente la sospensione o il rinvio del dibattimento ove l'imputato, gi interrogato, si astenga dal comparire o si allontani dall'udienza per legittimo impedimento. Sentenza 1" febbraio 1982, n. 9, G. U. 3 febbraio 1982, n. 33. codice di procedura penale, art. 428, secondo comma, limitatamente all'avverbio soltanto , Sentenza 1 febbraio 1982, n. 9, G. U. 3' febbraio 1982, n. 33. legge 27 maggio 1929, n. 81-0, art. 1, limitatamente all'esecuzione data all'articolo 34, quarto, quinto e sesto comma, del Concordato, e delrart. 17 della legge 27 maggio 1929, n. 847, nella parte in cui le suddette norme prevedono che la corte d'appello possa rendere esecutivo agli effetti civili il provvedimento ecclesiastico, col quale accordata la dispensa dal matrimonio rato e non consumato, e ordinare l'annotazione nei registri dello s.tato civile a. margine dell'atto d matrimonio. Sentenza 2 febbraio 1982, n. 18, G. U. 10 febbraio 1982, n. 40. legge 27 maggio 1929, n. 810,. art. 1, limitatamente all'esecuzione data all'articolo 34, sesto comma, del Concordato, e dell'art. 17, secondo comma, della legge 27 maggii; 1929; n. 847, nella parte in cui le norme suddette non prevedono che alla corte di appello, all'atto di rendere esecutiva la sentenza del tribunale ecclesiastico, che pronuncia la nullit del matrimonio, spetta accertare che nel procedimento innanzi ai tribunali ecclesiastici sia stato assicurato alle parti il diritto di agire e resistere in giudizio a cl'ifesa dei propri ci'iritti, e che la sentenza medesima non contenga disposizioni contrarie all'ordine pubblico italiano. Sentenza 2 febbraio 1982, n. 18, G. U. 10 febbraio 1982, n. 40. legge 27 maggio 1929, n. 847, art. 7, ultimo comma, nella parte in cui non dispone che l'autorit giudiziaria decida sull'opposizione anche quando questa sia fondata sulla causa indicata nell'art. 84 del codice civile. Sentenza 2 febbraio 1982, n. 16, G. U. 10 febbraio 1982, n. 40. legge 27 maggio 1929, n. 847, art. 12, nella parte in cui non dispone che non si faccia luogo, alla trascrizione anche nel caso di matrimonio canonico contratto da minore infrasedicenne o da minore che abbia compiuto gli anni sedici ma non sia stato ammesso al matrimonio ai sensi dell'art. 84 del codice civile. Sentenza 2 febbraio l98Z; n. 1'6, G. U. 10 febbraio 1982, n; 40. 28 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO l)TATO legge 22 febbraio i934, n. 370, art.-i;' secondo. comma, nn. 1, 2, 3, 4, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13 e 14, nella parte in cui consente che il riposo settimanale dovuto al personale dipendente corrisponda a ventiquattro ore non consecutive. Sentenza 4 febbraio 1982, n. 23, G.U. 10 febbraio 1982, n. 40. legge 22 febbraio 1934, n. 370, art. 1, secondo comma, n. 5, nella parte in cui consente che il riposo settimanale, dovuto al personale navigante, corrisponda a ventiquattro ore non consecutive. Sentenza 4 febbraio 1982, n. 23, G.U. 10 febbraio 1982, n. 40. legge regione Sardegna 17 maggio 1957, n. 20, ~t. 6. Sentenza 16 febbraio 1982, n. 43, G. U. 24 febbraio 1982, n. 54. legge regione Trentino-Alto Adige 24 giugno 1957, n. 11, art. 7. Sentenza 16 febbraio 1982, n. 43, G. U. 24 febbraio 1982, n. 54. legge regione Trentino-Alto Adige 24 giugno 1957, n. 11, art. 22, nella parte in cui estende ai tribunali ivi previsti le funzioni di cui all'art. 7 della legge medesima. Sentenza 16 febbraio 1982, n. 43, G. U. 24 febbraio 1982, n. 54. d.P.R. 31 dicembre 1971, n. 1432, artt. 9 e 14, nella parte in cui non consente la riliquidazione della pensione in forma retributiva a carico dell'assicurazione generale obbligatoria, sulla base dei nuovi criteri dalle stesse norme dettati per la valutazione dei contributi volontari, anche ai titolari di pensioni liquidate in forma contributiva, con decorrenza successiva al 30 aprile 1968 ed anteriore all'entrata in vigore delle norme medesime. Sentenza 16 febbraio 1982, n. 37, G. U. 24 febbraio 1982, n. 54. legge 21 febbraio 1973, n. 7, della regione Campania. Sentenza 29 dicembre 1981, n. 204, G. U. 13 gennaio .1982, n. 12. d.I. 1 ottobre 1973, n. 580, art. 3, primo comma [nel testo risultante dalla legge di conversione 30 novembre 1973, n. 766], nella parte in cui consente che siano collocati nel ruolo dei professori con qualifica di straordinario gli aggregati clinici di cui al r.d.l. 8 febbraio 1937, n. 794 >>, convertito nella legge 2 giugno 1939, n. 739. Sentenza 4 febbraio 1982, n. 20, G.U. 10 febbraio .1982, n. 40. legge regionale Toscana 2 settembre 1974, n. 55, limitatamente alle parole in agricoltura . Sentenza 16 febbraio 1982, n. 41, G. U. 24 febbraio 1982, n. 54. legge 3 gem1aio 1978, n. 1, art. 5, ultimo comma. Sentenza 1 febbraio 1982, n. 8, G. U. 3 febbraio 1982, n. 33. PARTE II, LEGISLAZIONE II QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE Codice di procedura penale, artt. 23 e 489 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 16 febbraio 1982, n. 39, G. U. 24 febbraio 1982, n. 54. codice di procedura penale, artt. 107 e 110 (art. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 16 febbraio 1982, n. 38, G. U. 24 febbraio 1982, n. 54. codice di procedura penale, art. 137, prlmo comma (artt. 3 e 6 della Costituzione e art. 3 statuto speciale regione Friuli-Venezia Giulia). Sentenza 11 febbraio 1982, n. 28, G. U. 17 febbraio 1982, n. 47. codice di procedura penale, art. 137, terzo comma (artt. 3 e 6 della Costituzione e art. 3 statuto speciale regione Friuli-Venezia Giulia). Sentenza 11 febbraio 1982, n. 28, G. U. 17 febbraio 1982, n. 47. codice di procedura penale, art. 544, terzo comma (art. 24, secondo comma, della Costituzione). . . Sentenza 4 febbraio 1982, n. 21, G. U. 10 febbraio 1982, n. 40. codice penale militare di pace, artt. 14 (art. 3 della Costituzione) e 182 (art. 21, primo comma, della Costituzione). Sentenza 11 febbraio 1982, n. 30, G. U. 17 febbraio 1982, n. 47. codice penale militare di pace, art. 184, secondo comma, ultima parte (artt. 17 e 21 della Costituzione). Sentenza 11 febbraio 1982, n. 31, G. U. li febbraio 1982, n. 47. legge 27 maggio 1929, n. 810, art. 1 (artt. 2, 3, 7, 24, 25, 101 e 102 della Costituzione). Sentenza 2 febbr~io 1982, n..18, e'. U. 10 febbraio 1982, n. 40. legge 27 maggio 1929, n. 847, art. 17 (artt. 2, 3, 7, 24, 25, 101 e 102 della Costituzione). Sentenza 2 febbraio 1982, n. 18, G. U. 10 febbraio 1982, n. 40. legge 20 dicembre 1951, n. 1564, art. 1 (art. 3 e 38 della Costituzione). Sentenza 1 febbraio 1982, n. 11, G. U. 10 febbraio 1982, n. 40. legge 30 aprile 1962, n. 283, artt. 5, lettera g) e 6 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 14 gennaio 1982, n. 1, G. U. 20 gennaio 1982, n. 19. legge 28 marzo .1968, n. 370, artt. 3, 6, 11, 12 e 15 (artt. 3, 18 e 24 della Costituzione). Sentenza 16 febbraio 1982, n. 40, G. U. 24 febbraio 1982, n. 54. !O RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO legge 13 giugno 1969, n. 282, art. 6, secondo comma (art. 3, 18 e 24 della Costituzione). Sentenza 16 febbraio 1982, n. 40, G. U. 24 febbraio 1982, n. 54. legge 24 dicembre 1969, n. 990, art. 21, primo, secondo e terzo comma (artt. 3, 24 e 32 della Costituzione). Sentenza 29 dicembre 1981, n. 202, G. U. 6 gennaio 1982, n. 5. cLP.R. 28 dicembre 1970, n. 1434, art. 7, secondo comma (art. 76 della Costituzione). Sentenza 16 febbraio 1982, n. 42, G. U. 24 febbraio ,1982, n. 54. d.P.R. 23 giugno 1972, n. 749, artt. 21 e 23 (artt. 3 e 76 della Costituzione). Sentenza 1 febbraio 1982, n. 12, G.U. 10 febbraio 1982, n. 40. d.l. 1 ottobre 1973, n. 580, art. 3 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 4 febbraio 1982, n, 20, G. U. 10 febbraio 1982, n. 40. d.P.R. 31 maggio 1974, n. 417, art. 26, lettera a), ultima parte (art. 3 della Costituzione). Sentenza 14 gennaio 1982, n. 2, G. U. 20 gennaio 1982, n. 19. legge regione Veneto 17 aprile 1975, n. 36, artt. 1, 5,. ultimo comma, e 16 (art. 117, primo comma, della Costituzione). Sentenza 1 febbraio 1982,, n. 7, G. U. 10 febbraio ,1982, n. 40. legge regione Veneto 17 aprile 1975, n. 36, art. 18 (art. 42 e 117 della. Costituzione). Sentenza 1 febbraio 1982, n. 7, G. U. 10 febbraio 1982, n. 40. legge regione Lombardia 14 giugno 1975, n. 92, artt. 2, 3 e 22 (art. 117, prime comma della Costituzione). Sentenza 1 febbraio 1982, n. 7, G. U. 10 febbraio 1982, n. 40. I legge 3 gennaio 1978, n. 1, art. 5, penultimo comma (artt. 3, 24, 97, 103 e 113 della Costituzione). Sentenza 1 febbraio 1982, n. 8, G. U. 3 febbraio 1982, n. 33. I legge regione siciliana 13 gennaio 1978, n. 1, art. 1, primo e terzo comma (artt. 3, 33, e 34 della Costituzione). Sentenza 16 febbraio 1982, n. 36, G. U. 24 febbraio 1982, n. 54. I d.J. 15 dicembre 1979, n. 625, art. 10 [convertito, con modificazioni, nella legge t 6, febbraio 1980, n. 15] (artt. 13, primo, secondo e quinto comma, e 27, secondo comma, della Costituzione). ( Sentenza 1 febbraio 1982, n. 15, G. U. 10 febbraio 1982, n. 40. PARTE II, LEGISLAZIONE d.l. 15 dicembre 1979, n. 625, art. 11 (artt. 13, primo, secondo e quinto comma, 25, secondo comma, e 27, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 1 febbraio 1982, n. 15, G. U. 10 febbraio 1982, n. 40. III -QUESTIONI PROPOSTE codice civile, art. 419, primo comma (art. 24 della Costituzione). Tribunale di Torino, ordinanza 8 maggio 1981, n. 662, G. U. 13 gennaio 1982, n. 12. codice di procedura civile, art. 429, terzo comma (artt. 1, 3 capoverso, 4, 34, 36 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 7 novembre 1980, n. 668/81, G. U. 27 gennaio 1982, n. 26. codice di. procedura civile, art. 648, secondo coinma (art. 24 della Costituzione). Giudice istruttore Tribunale Novara, ordinanza 8 luglio 1981, n. 631, G. U. 6 gennaio 1982, n. 5. codice penale, art. 57 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanze (quattro) 8 luglio, 17 giugno e 4 luglio 1981, nn. da 641 a 644, G. U. 13 gennaio 1982, n. 12. Tribunale di Roma, ordinanza 24 giugno 1981, n. 669, G.U. 27 gennaio 1982, n. 26. codice penale, art. 147, primo comma, n. 1, e secondo comma (artt. 25, secondo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione). Pretore di Pietrasanta, ordinanza 9 aprile 1980, n. 666/81, G. U. 13 gennaio 1982, n. 12. codice penale, artt. 314, 357 e 358 (artt. 3 e 47 della Costituzione). Tribunale di Torino, ordinanza 27 marzo 1981, n. 636, G. U. 6 gennaio 1982, n. 5. Tribunale di Roma, ordinanza 28 settembre 1981, n. 681, G. U. 20 gennaio 1982, n. 19. codice penale, art. 650 (art. 3, primo comma, della Costituzione). Pretore di Finale Ligure, ordinanza 13 marzo 1981, n. 671, G. U. 27 gennaio 1982, n. 26. codice penale, art. 688 (artt. 3, 27 e 32 della Costituzione). Tribunale di Venezia, ordinanza 10 giugno 1981, n. 712, G. U. 17 febbraio 1982, n. 47. II 32 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I ~ codice penale, art. 688 (artt. 3 e 32 della Costituzione). Pretore di Venezia, ordinanza 12 febbraio 1981, n. 713, G. U. 17 febbraio 1982, n. 47. I fof: codice di procedura penale, art. 102 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Locri, ordinanza 14 luglio 1981, n. 685, G. U. 3 febbraio 1982, n. 33. codice di procedura penale, artt. 107 e 110 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Voltri, ordinanza 18 giugno 1981, n. 604, G. U. 13 gennaio 1982, n. 12. codice di procedura penale, art. 589, terzo comma, ultima parte (artt. 24, primo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione). Pretore di Pietrasanta, ordinanza 9 aprile 1980, n. 666/81, G. U. 13 gennaio 1982, n. 12. codice penale militare di pace, art. 186, ultimo comma, ultima ipotesi (art. 3 della Costituzione). Tribunale militare territoriale di Torino, ordinanza 30 settembre 1981, n. 727, G. U. 17 febbraio 1982, n. 47. codice penale militare di pace, art. 189, primo comma, prima ipotesi (art. 3 della Costituzione). Tribnale militare territoriale di Torino, ordinanza 16 settembre 1981, n. 725, G. U. 17 febbraio 1982, n. 47. I I : legge 7 luglio 1901, n. 283, artt. 6, 7, 8 e 9 (artt. 24, secondo comma, e 33, quinto comma, della Costituzione). Pretore di Padova, ordinanza 25 giugno 1981, n. 673, G. U. 27 gennaio 1982, n. 26. legge 28 giugno 1928, n. 1415 (artt. 24, secondo comma, e 33, quinto. comma, IIdella Costituzione). Pretore di Padova, ordinanza 25 giugno 1981, n. 673, G. U. 27 gennai-O 1982, n. 26. legge 27 maggio 1929, n. 810, art. 1 (artt. 1, 2, 3, 7, 10, 11, 24, 29, 101 e 102 della Costituzione). Corte d'appello di Roma, ordinanza 26 marzo 1981, n. 693, G. U. 27 gennaio 1982, n. 26. r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 100 (art. 24 della Costituzione). Tribunale di Ferrara, ordinanz 26 giugno 1981, n. 610, G. U. 13 gennaio 1982, n. 12. PARTE II, LEGISLAZIONE dJ.l. 21 novembre 1945, n. 722, art. 3, primo comma (artt. 3; 29, 31 e 37 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale dell'Umbria, ordinanza 5 novembre 1980, n. 670/81, G. U. 20 gennaio 1982, n, 19. legge 8 febbraio 1948, n. 47, artt. 1, 9 e 13 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 3 giugno 1981, n. 606, G. U. 13 gennaio 1982, n. 12. Tribunale di Roma, ordinanze (quattro) 8 luglio, 17 giugno e 4 luglio 1981, nn. da 641 a 644, G. U. 13 gennaio 1982, n. 12. Tribunale di Roma, ordinanza 24 giugno 1981, n. 669, G. U. 27 gennaio 1982, n. 26. legge 29 aprile 1949, n. 264, art. 14 (artt. 3 e 4 della Costituzione). Pretore di Vigevano, ordinanza 30 giugno 1981, n. 639, G. U. 6 gennaio 1982, n. 5. legge 11 aprile 1950, n. 130, art. 4, quinto comma [sostituito dalla legge 8 aprile 1952, n. 212, art. 8) (artt. 3, 36, 37 e 38 della .Costituzione). Tribunale amministrativo regionale Emiila Romagna, ordinanza 11 febbraio 1981, n. 674, G. U. 20 gennaio 1982, n. 19. legge 10 agosto 1950, n. 648, artt. 10 e 22, primo comma (artt. 2 e 3 della Costituzione). Corte dei conti, sezione terza giurisdizionale, ordinanza 11 marzo 1981, n. 653, G.U. 3 febbraio 1982, n. 33. d.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, artt. 7, 41, 115, 389, lettera a), 389, lettera c) e 390 (artt. 3 e 27 della Costituzione). - : Pretore di Lugo, ordinanza 211 settembre 1981, n. 716, G. U. 17 febbraio 1982, n. 47. d.P.R. 19 .. marzo 1956, n. 303, art. 24 (artt. 3, 25 e 70 della Costituzione). Pretore di Desio, ordinanza 18 giugno 1981, n. 608, G. U. 6 gennaio 1982, n. 5. d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 23, 29 e 123 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Imperia, ordinanze (tre) 5 marzo 1981, nn. 619, 620 e 621, G. U. 13 gennaio 1982, n. 12. legge 20 febbraio 1958, 11. 93, art. 2, secondo comma (artt. 3 e 38 della Costituzione). Pretore di Bologna, ordinanza 6 luglio 1981, n. 601, G. U. IO febbraio 1982, n. 40. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 24 marzo 1958, n. 195, art. 23, secondo comma [come sostituito dalla legge 22 dicembre 1975, n. 695, art. 3] (artt. 3, primo comma, 104, quarto comma e 107, terzo comma, della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 9 luglio 1981, n. 744, G. U. 20 gennaio 1982, n. 19. Corte di cassazione, ordinanza 9 luglio 1981, n. 745, G. U. 20 gennaio 1982,. n. 19. Corte di cassazione, ordinanza 9 luglio 1981, n. 746, G. U. 20 gennaio 1982, n.19. Corte di cassazione, ordinanza 16 luglio 1981, n. 747, G. U. 20 gennaio 1982, Il. 19. d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 80, dodicesimo comma [come modif. dalla legge 14 febbraio 1974, n. 62] (artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione). Pretore di Alatri, ordinanza 4 febbraio 1981, n. 607, G. U. 20 gennaio 1982, 11. 19. d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 88, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Caltanissetta, ordinanza 24 luglio 1981, n. 718, G. U. 17 febbraio 1982, n. 47. legge 14 marzo 1961, n. 132, art. 1 . (art. 3 della Costituzione). Corte dei conti, sez. terza giurisdizionale, ordinanza 29 ottobre 1976, n. 581/81, G. U. 6 gennaio 1982, n. 5. legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 13 (artt. 3, 24 e 38 della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 27 maggio 1981, n. 599, G. U. 13 gennaio 1982, n. 12. d.P.R. 12 febbraio 1965, n. 162, art. 76 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Lecce, ordinanze (due) 22 maggio e 22 giugno 1981, nn. 613 e 614, G. U. 13 gennaio' 1982, n. 12. Corte d'appello di Torino, ordinanza 12 giugno 1981, n. 625, G. U. 20 gennaio 1982, n. 19. Tribunale di Mantova, ordinanza 9 luglio 1981, n. 678, G. U. 27 gennaio 1982, n. 26. Corte d'appello di Bologna, ordinanza 7 ottobre 1981, n. 719, G. U. 17 febbraio 1982, n. 47. PARTE II, LEGISLAZIONE d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 3 (artt. 3, 35 e 38 della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 8 maggio 1981, n. 600, G. U. 20 gennaio 1982, n. 19. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, artt. 10 e 11 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Nuoro, ordinanza 22 luglio 1981, n. 714, G. U. 13 gennaio 1982, n. 12. d.P.R. 30 giugno 1965, n, 1124, art. 134, secondo comma (art. 38, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 8 maggio 1981, n. 600, G. U. 20 gennaio 1982, n. 19. legge 14 luglio 1965, n. 963, art. 26, lettera e) (artt. 25, secondo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione). Pretore di Pietrasanta, ordinanza 9 aprile 1980, n. 666/81, G. U. 13 gennaio 1982, n. 12. legge 26 luglio 1965, n. 966, artt. 2 e 4 (art. 3, primo comma, della Costituzione). Pretore di Finale Ligure, ordinanza 13 marzo 1981, n. 671, G. U. 27 gennaio 1982, n. 26. legge 22 luglio 1966, n. 613, art. 19 (artt. 3 e 38 della Costituzione). Pretore di Genova, ordinanza 1 ottobre 1981, n. 715, G. U. 17 febbraio 1982, n. 47. legge 8 marzo 1968, n. 151, art. 2 (art. 3, primo comma, e 36, primo comma, della Costituzione). Pretore di Bassano del . Grappa, ordinanza 13 luglio .1981, n. 691, G. U. 27 gennaio 1982, n. 26. legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 3 (art. 3, primo comma, 29 e 38 della Costituzione). Pretore di Bologna, ordinanza 29 settembre 1981, n. 682, G.U. 17 febbraio 1982, n. 47. legge 13 marzo 1968, n. 313, artt. 9 e 11, primo comma (artt. 2 e 3 della Costituzione). Corte dei conti, sezione terza giurisdizionale, ordinanza 11 marzo 1981, n. 653, G. U. 3 febbraio 1982, n. 33. d.P.R. 2 ottobre 1968, n. 1639, art. 111 (artt. 3, 35 e 41 della Costituzione). Pretore di Ancona, ordinanza 16 ottobre 1979, n. 709/81, G. U. l7 febbraio 1982, n. 47. 36 RASSEGNA DEL!.'AWOCATURA DELLO STATO legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 8, ultimo comma (artt.. 3, primo comma, e 38 della Costituzione). Pretore di Bologna, ordinanza 29 settembre 1981, n. 683, G. U. 20 gennaio 1982, n. 19. legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 19, lettera a) (art. 39, primo e terzo comma della Costituzione). Pretore di La Spezia, ordinanza 15 luglio 1981, n. 699, G. U. 10 febbraio 1982, n. 40. legge 20 maggio 1970, . n. 300, art. 33 (artt. 3 e 4 della Costituzione}. Pretore di Vigevano, ordinanza 30 giugno 1981, n. 639, G. U. 6 gennaio 1982, n. 5. legge 9 ottobre 1971, n. 825, artt. 10, secondo comma, 14 e 15 (artt. 3, 24 e 76 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Torino, ordinanza 30 giugno 1980, n. 687/81, G. U. 27 gennaio 1982, n. 26. legge prov. di Bolzano 20 agosto 1972, n. 15, art. 12 (artt. 3 e 42 della Co~tituzione). Corte d'appello di Trento, ordinanza 24 giugno 1981, n. 708, G. U. 10 febbraio 1982, n. 40. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634; art. 42 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Rovereto, ordinanza 1 giugno 1981, n. 635, G. U. 13 gennaio 1982, n. l2. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, art. 54 (art. 3 della Costituzione). Commissione tributaria di primp grado di Rovereto, ordinanza 24 giugno 1981, n. 711, G. U. 17 febbraio 1982, n. 47. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 17, secondo comma (artt. 3, 24, 53 e 97 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Rieti, ordinanza 4 febbraio 1981, n. 624, G. U. 20 gennaio 1982, n. 19. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 17, secondo comma (artt. 53, 97 e 113 della Costituzione). , Commissione tributaria di secondo grado di Cagliari, ordinanza ,19 giugno 1981, n. 616, G. V. 20 gennaio 1982, n. 19. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 44 (artt. 3, 24 e 76 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Torino, ordinanza 30 giugno 1980, n. 687/81, G. U. 27 gennaio 1982, n. 26. PARTE II, LEGISLAZIONE 37 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637, art. 39 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Roma, ordinanza 11 maggi 1981, n. 630, G. U. 3 febbraio 1982, n. 33. legge prov. di Trento 30 dicembre 1972, n. 31, art. 28, primo e quinto comma (artt. 42, terzo comma, e 3 della Costituzione). Corte d'appello di Trento, ordinanza 7 luglio 1981, n. 703, G. U. 10 febbraio 1982, n. 40. d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 183, 195 e 334 [modificato dalla legge 14 aprile 1975, n. 603, art. 45] -(art. 3 della Costituzione). Pretore di Susa, ordinanza 15 maggio 1981, n. 698, G. U. 3 febbraio 1982, n. 33. d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 183, 195 e 334 [modificato <}alla legge 14 aprile 1975, n. 603, art. 45] (artt. 3 e 27 della Costituzione). ., Pretore di Reggio Emilia, ordinanze {due) 5 ottobre 1981, nn. 704 e 705, G. U. 3 febbraio 1982, n. 33. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, artt. 4, 5, 10 e 15 (artt. 3, 29, 30, 31 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Roma, ordinanza 26 marzo 1981, n. 659, G. U. 13 gennaio 1982, n. 12. d.P.R. ~ settembre 1973, n. 597, art. 10/c [come modificato dalla legge 13 aprile 1977, n. 114, art. 5] (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria df primo grado di Lucera, ordina;;ze (tre) ]S dicembre 1980, nn. 813, 814 e 815/81, G. U. 24 febbraio 1982, n. 54. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 10, lettera f) (artt. 3, 32 e 77 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di La Spezia, ordinanza 18 maggio 1981, n. 672, G. U. 27 gennaio 1982, n. 26. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, artt. 10 e 15 (artt. 3, 32, 38 e 53 della C6stituzione). Commissione tributaria di primo grado di Rovereto, ordinanza 13 maggio 1981, n. 710, G. U. 17 febbraio 1982, n. 47. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 74, secondo e terzo comma (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Verona, ordinanza 30 ottobre 1981, n. 9/82, G. U. 24 febbraio 1982, n. 54. 38 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 9, ultimo comma, 12, quarto comma, e 47, primo comma (art. 3, primo comma, della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Ancona, ordinanza 7 novembre 1980, n. 677/81, G. U. 27 gennaio 1982, n. 26. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 47 e 55 (artt. 3, 76 e 77 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Imperia, ordinanza 25 giugno 1981, n. 690, G. U. 27 gennaio 1982, n. 26. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, artt. 100 e .104 (art. 3 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Foggia, ordinanza 3 gennaio 1980, n. 749/81, G. U. 24 febbraio 1982, n. 54. legge 18 dicembre 1973, n. 877 (artt. 70, 72 e 73 della Costituzione). Pretore di Pistoia, ordinanze (tre) 19 maggio 1981, n. 627, 628 e 629, G. U. 20 gennaio 1982, n. 19. Pretore di Arezzo, ordinanza 8 luglio 1981, n. 679, G. U. 27 gennaio 1982, n. 26. Pretore di Pistoia, ordinanza 30 luglio 1981, n. 700, G. U. 10 febbraio 1982, n. 40. Pretore di Pistoia, ordinanza 24 giugno 1981, n. 701, G.U. 10 febbraio 1982, n. 40. Pretore di Pistoia, ordinanza 11 luglio 1981, n. 702, G. U. 10 febbraio 1982, n. 40. legge 14 febbraio 1974, n. 62, art. 2, quindicesimo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Soave, ordinanza 5 giugno 1981, n. 654, G. U. 13 gennaio 1982, n. 12. d.P.R. 31 mtlggio 19~4, n. 416, art. 24 (artt. 76 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 21 aprile 1980, n. 667/81, G. U. 13 gennaio .1982, n. 12. d.I. 8 luglio 1974, n. 264, art. 7, terzo comma, lett. a) [conv. in legge 17 agosto 1974, n. 386) (art. 39 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale della Lombardia, ordinanza 8 gennaio 1981, n. 602, G. U. 6 gennaio 1982, n. 5. legge reg. Toscana 20 marzo 1975, n. 22, art. 11 (artt. 3 e 24, primo comma della Costituzione). Pretore di Firenze, ordinanza 30 luglio 1981, n. 740, G. U. 17 febbraio 1982, n. 47. PARTE Il, LEGISLAZIONE legge 18 aprile 1975, n. 110, art. 2, terzo comma (art. 25, secondo comma della Costituzione). Tribunale di Vigevano, ordinanza 19 marzo 1981, n. 638, G. U. 6 gennaio 1982, n. 5. Tribunale di Vigevano, ordinanza 9 aprile 1981, n. 612, G. U. 20 gennaio 1982, n. 19. legge 18 aprile 1975, n. 110, art. 23 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Rovigo, ordinanza 24 settembre 1981, n. 692, G. U. 3 febbraio 1982, n. 33. legge 18 aprile 1975, n. HO, art. 23, terzo comma (art. 3 della Costi tuzione). Tribunale di Tolmezzo, ordinanza 30 gennaio 1981, n. 590, G. U. 3 febbraio 1982, Il. 33. Tribunale di Rovigo, ordinanza 1 ottohre 1981. n. 717, G. U. 17 febbraio 1982, Il. 47. legge 18 aprile 1975, n. 110, art. 25, terzo comma (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Bassano del Grappa, ordinanza 2 luglio 1981, n. 657, G. U. 13 gennaio 1982, n. 12. legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 50, secondo comma (art. 27, secondo comma, della Costituzione). Corte d'appello di Firenze, ordinanza 26 novembre 1980, n. 651/81, G. U. 13 ,gennaio 1982, n. 12. legge 2 dicembre 1975, n. 576, art. 19 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Termini Imerese, ordinanze (tre) :?3 marzo e 14 marzo 1981, nn. 646, 647 e 648, G. U. 10 febbraio 1982, n. 40. legge 22 dicembre 1975, n. 685, artt. 26, 28 e 71 (art. 3 della Costituzione). 1'rib.nale di Macerata, ordinanza 26 giugno 1981, n. 637, G. U. 6 gennaio 1982, n. 5. legge 5 maggio 1976, n. 313, art. 5 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Biella, ordinanza 14 ottobre 1981, n. 729, G. U. 13 gennaio 1982, n. 12. d.I. 10 dicembre 1976, n. 798, art. 1, terzo comma [convertito nella legge ti febbraio 1977, n. 16] (artt. 3 e 24 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Santa Maria Capua Vetere, orainanza 13 giugno 1981, n. 722, G. U. 17 febbraio 1982, n. 47. 40 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d.l. 28 ottobre 1977, n. 778, art. 1, secondo comma [convertito con. modif. nella legge 23 dicembre 1977, n. 928] (art. 3 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 12 maggio 1981, n. 663, G. U. 6 gennaio 1982, n. 5 legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 7 (artt. 3, 29, 30, 31 e 37 della Costituzione). Pretore di Bologna, ordinanza 19 marzo 1981, n. 676, G. U. 27 gennaio 1982, n. 26. d.I. 23 dicembre 1977, n. 942, art. 1 [convertito con modif. nella legge 27 febbraio 1978, n. 41] (artt. 3, primo comma, 36 e 38 della Costituzione). Pretore di Imperia, ordinanza 28 aprile 1981, n. 591', G. U. 3 febbraio 1982, n. 33. legge 27 dicembre 1977, n. 968, art. 8, quarto capoverso (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Ravenna, ordinanze (due) 6 luglio 1981, nn..649 e 650, G. U. 13 gennaio 1982, n. 12. legge 10 maggio 1978, n. 176, art. 1, primo e secondo comma (aitt. 3, 4, 42 e 44 della Costituzione). Tribunale di Brindisi, ordinanza 1 luglio 1981, n. 605, G. U. 13 gennaio 1982, n. 12. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 1, 3 e 4, ultimo comma . (art. 3 della Costituzione). Giudice conciliatore di Castellammare di Stabia, qrdinanza 12 ottobre 1981, n. 721,. G. U. 17 febbraio 1982, n. 47. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 4, ultimo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Gragnano, ordinanza 26 giugno 1981, n. 688, G. U. 20 gennaio 1982, n. 19. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 69, settimo comma (artt. 3 e 42 della Costituzione). Tribunale di Reggio Calabria, ordinanza 22 maggio 1981, n. 664, G. U. 13 gennaio 1982, n. 12. Pretore di Vasto, ordinanza 11 giugno 1981, n. 623, G. U. 20 gennaio 1982, n. 19. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 69, settimo e ottavo comma (artt. 3 e 24, primo comma della Costituzione). Pretore di Civitanova Marche, ordinanza 21 luglio 1981, n. 684, G. U. 27 gennaio 1982, n. 26. . I PARTE II, LEGISLAZIONE legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 69, settimo comma, e 73 (artt. 3, primo comma, 41, primo comma, e 42, secondo comma della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 7 aprile 1981, n. 645, G. U. 13 gennaio 1982, n. 12. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 69, settimo e ottavo comma, e 73 (artt. 3 e 42 della Costituzione). Pretore di Vigevano, ordinanza 31 luglio 1981, n. 694, G. U. 27 gennaio 1981, n. 26. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 73 [modificato dalla legge 31 marzo 1979, n. 93, art. I-bis] (art. 3 della Costituzione). Pretore di Poggibonsi, ordinanza 28 marzo 1981, n. 739, G. U. 17 febbraio 1982, n. 47. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 73 [come novellato dalla legge 31 marzo 1979, n. 93] (artt. 3 e 42 della Costituzione). Tribunale di Gorizia, ordinanza 25 giugno 1981, n. 592, G.U. 20 gennaio 1982, n. 19. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 74 (art. 3 della Costituzione); Pretore di Brindisi, ordinanze (due) 27 luglio 1981, nn. 695 e 696, G. U. 27 gennaio 1982, n. 26. d.P.R. 4 agosto 1978, n. 413, art. 4 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Napoli, ordinanza 29 giugno 1981, n. 706, G. U. 27 gennaio 1982, n. 26. d.l. 26 settembre 1978, n. 576, art. 2 [convertito nella legge 24 novembre 1978, 11. 738] (artt. 3 e 41 della Costituzione). Giudice conciliatore di Roma, ordinanza 12 settembre 1981, n. 697, G. U. 27 gennaio 1982, n. 26. legge 21 dicembre 1978, n. 843, artt. 16 e 18 (artt. 3, primo comma, 36 e 38 della Costituzione). Pretore di Imperia, ordinanza 28 aprile .1981, n. 591, G. U. 3 febbraio 1982, n. 33. d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, artt. 1, primo comma, 8, primo comma, 11, primo comma, e 83 (artt. 2 e 3 della Costituzione). Corte dei conti, sezione terza giurisdizionale, ordinanza 11 marzo 1981, n. 653, G. U. 3 febbraio 1982, n. 33. legge 9 febbraio 1979, n. 49, art. 4, primo comma (art. 3, primo comma della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale Emilia-Romagna, ordinanza 28 gennaio 1981, n. 675, G. U. 13 gennaio 1982, n. 12. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 23 novembre 1979, n. 595 (artt. 3, 4, 42 e 44 della Costituzione). Tribunale di Brindisi, ordinanza 1 luglio 1981, n. 605, G. U. 13 gennaio 1982, n. 12. legge 23 novembre 1979, n. 597, art. 6, ultimo comma (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 28 febbraio 1981, n. 686, G. U. 27 gennaio 1982, n. 26. legge 20 marzo 1980, n. 75, art. 6, primo comma (artt. 3, primo comma, 24, primo comma, e 103, primo comma della Costituzione). Pretore di Modena, ordinanza 9 giugno 1981, n. 589, G. U. 6 gennaio 1982, , n: 5. I I ffi legge reg. Veneto 2 maggio 1980, n. 40, art. 93 (artt. 3, 25 e 134 della Costituzione). Pretore di Portogruaro, ordinanza 16 giugno 1981, n. 689, G. U. 27 gennaio 1982, n. 26. legge 29 luglio 1980, n. 385, art. 1 (art. 42, tei;zo comma della Costituzione). Corte d'appello di Torino, ordinanza 19 giugno 1981, n. 609, G. U. 20 gennaio 1982, n. 19. legge 29 luglio 1980, 11. 385, artt. 1, 2 e 3 (artt. 3, 42, terzo comma, e 53 della Costituzione). Corte d'appello di Lecce, ordinanza 4 maggio 1981, n. 665, G. U. 20 gennaio 1982, n. 19. legge 20 settembre 1980, n. 576, art. 22 (artt. 2, 3 e 38 della Costituzione). Pretore di Lucca, ordinanza 17 ottobre 1981, n. 731, G. U. 17 febbraio 1982, n. 47. legge 16 dicembre 1980, n. 858 (art. 25 della Costituzione). Pretore di Pistoia, ordinanze (tre) 19 maggio 1981, nn. 627, 628 e 629, G. U. 20 gennaio 1982, n. 19. legge 16 dicembre 1980, n. 858 (art. 25, secondo comma della Costituzione). Pretore di Arezzo, ordinanza 8 luglio 1981, n. 679, G. U. 27 gennaio 1982, n. 26. legge 16 dicembre 1980, n. 858, artt. 1 e 3, primo comma (art. 25, secondo comma della Costituzione). Pretore di Pistoia, ordinanza 24 giugno 1981, n. 701, G. U. 10 febbraio 1982, n. 40. PARTE II, LEGISLAZIONE 4J Pretore di Pistoia, ordinanza 11 luglio 1981, n. 702, G. U. 10 febbraio 1982, Il. 40. Pretore di Pistoia, ordinanza 30 luglio 1981, n. 700, G. U. 10 febbraio 1982, n. 40. legge 12 marzo 1981, n. 58, art. 2 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Napoli, ordinanza 20 maggio 1981, n. 652, G. U. 13 gennaio 1982; Il. 12. legge 14 novembre 1981, n. 648, art. 3 (!. costit. n. 3/48, art. 3, lett. p). Presidente giunta regionale Friuli-Venezia Giulia, ricorso i8 dicembre 1981, n. 67, G. U. 6 gennaio 1982, l. 5. legge 14 novembre 1981, n. 648, art. 3, secondo, terzo, quarto, quinto e sesto comma. Presidente giunta regionale Sardegna, ricorso 24 dicembre 1981, n. 68. G. U. 20 gennaio 1982, n. 19. d.I. 20 novembre 1981, n. 663, artt. 6, 7, 8 e 9 (art. 3, lettera f), Statuto sneciale Sardegna). Presidente giunta regionale Sardegna, ricorso 29 dicembre 1981, n. 70, G. U. 20 gennaio 1982, n: 19. d.I. 20 novembre 1981, n. 663, artt. 6, 7, 8 e 9 (artt. 77, 97 e 117 della Costituzione). Presidente giunta regionale Emilia-Romagna, ricorso 2 gennaio 1982, n. 1, G. U. 20 gennaio 1982, n. 19. d.l. 26 novembre 1981, n. 677, art. 2, primo comma (artt. 117, 119 e 123 della Costituzione). Presidente giunta regionale Liguria, ricorso 6 gennaio 1982, n. 4, G. U. 20 gennaio 1982, n. 19. d.l. 26 novembre 1981, n. 677, artt. 2 e 4 (artt. 115 e 119 della Costituzione). Presidente giunta regionale Lombardia, ricorso 8 febbraio 1982, n. 9, G. U. 24 febbraio 1982, n. 54. d.l. 26 novembre 1981, n. 677, artt. 2, 4 e 5 (artt. 119, 117 e 118 della Costituzione). Regione Emilia-Romagna, ricorso 25 gennaio 1982, n. 6, G. U. 10 febbraio 1982, n. 40. d.I. 26 novembre 1981, n. 677, art. 3 (artt. 7, 8, 54, quarto comma, Statuto speciale Sardegna e art. 77 della Costituzione). Presidente giunta regionale Sardegna, ricorso 29 dicembre 1981, n. 69, G. U. 20 gennaio 1982, n. 19. x~, .;' :=:::-: X . .. 44 RASSEGNA DELL'i\VVOCATURA DELLO STATO d.I. 26 novembre 1981, 11. 678, artt. 1 e 6 (artt. 117, 118, 119 e 3 della Costi tuzione). Regione Emilia-Romagna, ricorso 25 gennaio 1982, n. 5, G. V. 10 febbraio 1982, n. 40. disegno di legge approvato dall'Assemblea regionale della Sicilia il 18 dl eembre 1981 (art. 17, lettera f), Statuto speciale regione Sicilia e artt. 3, 51 e 97 della Costituzione). Commissario dello Stato per la regione siciliana, ricorso 5 gennaio 1982, n. 2, G. V. 20 gennaio 1982, n. 19. disegno di legge n. 142 approvato dall'Assemblea regionale della Sicilia il 18 dicembre 1981 (artt. 3 e 97 della Costituzione e art. 17, lettera f). dello statuto speciale). Commissario dello Stato per la regione siciliana, ricorso 5 gennaio 1982, n. 3, G. V. 20 gennaio 1982, n. 19. d.I. 22 dicembre 1981, n. 786, artt. 26, secondo e terzo comma, 27, secondo comma, 28, primo comma, 29 e 34 (art. 119 della Costituzione). Presidente giunta regionale Lombardia, ricorso 8 febbraio 1982, n. 10, G. V. 24 febbraio 1982, n. 54. d.I. 22 dicembre 1981, 11. 786, art. 34 (artt. 77 e 117 della Costituzione). Presidente giunta regionale Toscana, ricorso 6 febbraio 1982, n. 8, G. V. 24 febbraio 1982, n. 54. legge riapprovata il 23 dicembre 1981 dal consiglio regionale della regione Abruzzo (artt. 3, 97, 117 e 128 della Costituzione). Presidente Consiglio dei Ministri, ricorso 2 febbraio 1982, n. 7, G. V. 10 febbraio 1982, n. 40. legge riapprovata il 15 gennaio 1982 dai consiglio provinciale della provincia di Bolzano (art. 9 dello Statuto speciale). Presidente Consiglio dei Ministri, ricorso 9 febbraio 1982, n. 11, G. V. 24 febbraio 1982, n. 54.