.: L::L.,O''-. S:T'1A\iT,,o-__ J.j. . :~~ . rj . l i :.-~: :~~ il !~~ \ ~:: DE Progetto grafico dell'architetto CAROLINA VACCARO. ANNO XLIV -N. 1 GENNAIO -MARZO 1992 ~AJEGrNA AVW(Q)CCA1r1UIB&A ID>JEJLJL(Q) 1rAJr(Q) PUBBLICAZIONE TRIMESTRALE DI SERVIZIO ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO ROMA 1992 - ABBONAMENTI ANNO 1993 ANNO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . L. 52.000 UN NUMERO SEPARATO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13.500 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO Direzione Marketing e Commerciale Piazza G. Verdi, 10 -00100 Roma e/e postale n. 387001 Stampato in Italia -Printed in Italy Autorizzazione Tribunale di Roma Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 (4219120) Roma, 1993 -Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato P.V. INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE {a cura del /'avv. Franco Favara) .. pag. Sezione seconda: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNA , ZIONALE (a cura dell'avv. Oscar Fiumara) 35 Sezione terza: GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI {a cura degli avvocati Antonio Cingolo e Giuseppe Stipo) )) 52 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura del/' avv. Raffaele Tamiozzo) . . : 84 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura del/'avvocato Carlo Bafile) . . )) 110 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA PENALE . )) 154 Parte seconda: aUESTIONI -RASSEGNA DI DOTTRINA RASSEGNA DI LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO CONSULTAZIONI QUESTIONI ........ . pag. RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 29 , CONSULTAZIONI ..... . 43 Comitato di redazione: Avv. D. Del Gaizo -Avv. G. Mangia - Avv. M. Salvatorelli -Avv. F. Sclafanl La pubblicazione diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI C. BAFILE, Ancora sulla rinnovazione della notifica dell'accertamento ......................... . I. F. CARAMAZZA e F. BASILICA: Appunti sulla tutela cautelare nel processo amministrativo . . . . . . . . . . . . . . . . . . A. CINGOLO, Brevi note in materia di profili processuali dell'accesso ai documenti amministrativi ex lege n. 241 del 1990 . . . . . . . A. CINGOLO, Inammissibilit del ricorso per assoluta carenza di una posizione giuridica tutelabile dinanzi al G. A. e carenza di interesse processuale ad attire .in giudizio; difetto di legittimazione attiva . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . F. FAVARA, Maggiorazione di conguaglio e compagine societaria . .. O. FIUMARA, Decadenza da aiuto comunitario per mancato rispetto di termini .. U. PERRUCCI, Punto fermo della Cassazione sulle cosiddette assicurazioni fidejussorie . . . . . . . . . . . . D. SNAIDERO, Dai servizi archivi e impianto al Servizio di supporto amministrativo per l'attivit professionale degli avvocati . ... G. STIPO: L'equo indennizzo ai dipendenti dell'Ente Ferrovie dello Stato R. TAMIOZZO, Effetti della natura dichiarativa del vincolo di interesse culturale sulla tutela dei beni immobili e, in particolare, delle zone archeologiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 128 II, I, 94 I, 103 I, 3 I, 35 I, 144 II, 19 I, 52 I, 84 PARTE P~lMA INDICE ANALITICO-ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ANTICBIT E BELLE ARTI -Beni di interesse storico e 'artisti co Provvedimento di vincolo ~ Di screzinalit Effetti; . con nota di R. TAMIOZZO; 84; - Beni di interesse storico e artisti co Provvedimento di vincolo Istruttoria Pre,deteI'lllinazione di criteri .procedurali e termini rigidi Insussistenza, con nota di R. TA ?v:l.O.ZZ!J, .84, ...,.. Beni di interesse storico e artisti CO' Provvedimento di vincolo Motivazione " Motivazione ob relationem J:,egittit;nit .e sufficienza, con nota dLR. TM116zzo, 84. -Beni di interesse storico e artistico Provvedimento di viticolo Motivazione Valutazione . compa., rativa. degli. interessi pubblici e privati ~ Ne<:e~sh -EsClusione, con noi:a di R~ 'l'~iozzof 84. - Beni di interesse storico e artistico Provvedimento di vincolo su aree di interesse archeologico Ambito e limiti Esigenza che i reperti di . interesse .. archeologico. risulti no :Visibili -No,n sussiste, con nota di R .. TAMIOZZO,. 84. ARBITRATO ..,,.. Lodo -. Decreto pretorile di esecutivit " Emissione inaudita altera parte -Violazione del diritto di difesa Non sussiste; 21. ATTO AMMINISTRATIVO -Diritto di accesso agli atti della pubblica armninistrazione Legge n. 241 del 1990 -Esercizio Legitti mazione, con nota di A. CINGOLO, 93. --Diritto di accesso agli atti della pubblica amministrazione Legge n; 241 del 1990 Operativit -Dall'entrata in vigore dei decreti . ex art. 24, 1. cit., con nota cU .A. CIN GOLO, 94. CIRCOLAZIONE STRADALE .,... Sosta veicoli. in zona a traffico limita. to Autorizzazione tl.et Ministero interessato Legittimit, con nota di A. CINGOLO, 102.. COMMERCIO ~. Oro greggio Regime di monopelio , per l'acquisto all'estero Commercio interno Attribuzioni del MiIiistero del tesoro Vincolo di desti. nazione ad usi industriali :Legittimit, 62. COMUNIT .EUROPEE -Agricoltura -Aiuti alla distillazione del vino Presentazione delle prove della distillazione ~ Termine Validit, con nota di O. FIUMARA, 35. -Appalti pubblici di forniture -InadempimeJ: lti di uno Stato -Parere motivato Cessazione dell'inadem piJ:nentO -Ricorso alla Corte Irri cevibilit, 47. -. Libera circolazione delle merci Propriet industriale Brevetto nazionale per invenzione industriale o nuova variet v~getale Licenza obbli~ atoria~ 40. DEMANIO -Demanio comunale Uso particolare Istituzione di zona a traffico litnitato . Motivi di sicurezza e protezione degli addetti all'amministra zione della Giustizia Legittimit, con nota di A. CINGOLO, 102. VI RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE -Assistenza continua -Non costituisce convivenza, 66. ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT -Costruzione di opera pubblica con irreversibile trasformazione del suolo -Risarcimento del danno con riferimento agli strumenti urbanistici vigenti e non all'edificabilit di fatto,. 76. -Costruzione di opera pubblica prima che intervenga il decreto di espropriazione -Diritti di credito dell'ex proprietario per la perdita del suolo e per il periodo di occu pazione legittima e il periodo di occupazione illegittima, 76. GIURISDIZIONE CIVILE -Inconfigurabilit in astratto del diritto fatto valere in giudizio -Questione di merito -Fattispecie in tema di danno per lesione di interesse legittimo -Regolamento di giurisdizione -Inammissibilit, 59. PENSIONI -Periodo eccedente i sei mesi calcolato per anno intero -Norma di carattere eccezionale -Divieto di interpretazione analogica, 68. POSTE E TELECOMUNICAZIONI -Corrispondenza raccomandata Mancato recapito -Limitazione di responsabilit -Legittimit costituzionale, 11. -Corrispondenza: raccomanda -Sottrazione dolosa del contenuto ad opera di dipendenti dell'amministrazione -Limitazione di responsabilit -Illegittimit costituzionale, 11. PROCEDIMENTO CIVILE .......; Delega autenticata da difensore non abilitato al patrocinio in Cassazione -Nullit di ricorso o controricorso -Sottoscrizione dell'atto da parte di avvocato cassazionista -Irrilevanza, 68. -Ordine di esibizione documenti Condizioni -Incensurabilit dello esercizio del potere del giudice di merito; 65. REATI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE -Peculato -Differenza con il reato di abuso di ufficio, 154. -Peculato -Differenza con il reato di truffa, 154. -Peculato -Imputazione per peculato per distrazione -Condanna per peculato per appropriazione -Identit dei fatti accertati -Legittimit, 154. -Peclilato -Nozione di possesso del bene -Disponibilit -Carta di credito -Costituisce possesso, 154. -Peculato -Nozione di pubblico ufficiale e incaricato di pubblico servizio -Criterio oggettivo -Irrilevanza della natura dell'Ente, 154. -Peculato -Nuva legge modificativa dell'art. 314 cod. pen. -Effetti, 154. REGIONI -Limiti della legislazione regionale Legittimazione postuma di fatti illeciti -Contrasta con prinipio fondamentale dell'ordinamento, 1. SANZIONI AMMINISTRATIVE -Produzione e cmmercio di metalli preziosi privi di marchio -Ordinanza ingiunzione -Opposizione sul quantum -Limiti della contestazione -Poteri del Pretore e natura del giudizio pretorile ex artt. 22 e segg. della legge 24 novembre 1981 n. 689, con nota di U. PERRUCCI, 72. STUPEFACENTI E SOSTANZE PSICOTROPE -Detenzione in quantit superiore alla dose media giornaliera -Coscienza dell'antigiuridicit del fatto e conoscibilit del precetto penale -Violazione del principio della personalit della responsabilit penale e della finalit rieducativa della pena -Infondatezza, 24. TRJ\S~q;ttt ~l~~tt;y.s.~f;, -Ferrovie Equo inderonizo Termini. per la. presentazione . della domanda Sanatoria ex art. 11 legge n. .564 del 1981, con nota di G. STIPO, 52. - Ferrovie Personale delle ferrovie e autolinee in concessione Inden nit di bttciiluseita Contrattazione collettiva -Nullit di clausola esclusiva della computabilit di emolumenti cli natura retributiva, 82. TRIBUTI ERARIALI DIRETTI -IMPEG Maggiorazione . d conguaglio -Utili distribuiti a soci asseritamente non residenti -Discre;zionalit del legislatore ordinario, con nota di F. FAVARA, 2. -Imposta sui redditi delle persone fisiche . Sanzioni Socio di societ di persone Infedele dichiarazione Riferimento alla dichiarazione della societ -Responsabilit del socio, 135. ..-.; Imposta suJi reddito delle persone . fisibhe " Redt;lito jfi impresa Accer. .. tamenm di maggiori ricavi . Deduzione. dLc(;>&# edorteri11on .imputati al. co.nt9 )y()l6mieo -, Art. 74 l.P.R. 29 settembre 1973 n, 591.~ De. tirfilln~zfal:i~ a~tfetamt i%tfo, .140. TRIBU'fI.::t\RJU !NDlRET!U. .. \ Im~st stdiValore aggi~to ~ Di cfilarazine,;; Rettifica'bilit"Liniite, 122; . . 2~Tifiil~~~$ii~,1~~fcfia:d;e; . . QUJ;tntita . bnprecisata Deterniina zian~ .della: quantit ai : .fini della ..ijq1#di:tZ~l'.>ne.~l'iII1posta:.: Legittimi J> l?i:e9Iilsiort!; d: giudicare Esclu ...s~.e;< 114.......... /.'ᥥ . -~~o~~~?~=nita;.1t;~~iti!i~~s~ 'I'rasll1zic.)rie dell'.oriere su> altri>sog~ .. iir~fepf3/ol1 ii. Aits ??R;~fti~til~itl~ :,::;:..:.:::,:.:: ":-:.:- : -Rnborsi accelerati di iva -ASsicur11zi9ni fi.d.eiu,ssor,ie . . . . . A.:wno;mia dell i::ela.dve.obblig~oni ;>J11am missibilita della collfpep.saziorie an che se patiia:if-. Effettl. di :a. even . @e ......... cazii'.irie def~()):di:irio j>re- Visto ;~rfr 26 della legge 516/82, con nota di u. PERRUCCI, 143. TRIBUTI IN GENERE -Accertamento Motivazione Prova dei fatti -Non attiene alla motiva zione, 117. -Accertamento Notificazione Elezione di domicilio D.icbiarazione espressa -Indicazione nella dichia razione del domicilio fiscale Non vale come elezione di domicilio, 119. _. Accertamento tributario Motivazione Prowedimento . sulla spet tanza di esenzioni Agevolazio11i per le case di abitazio11e non di lusso Difformit dalla normativa urbanistica Richiamo alla norma violata Sufficienza, 124. -Co11tenzioso tributario Impug11azione Termine art. 327 cod. proc. civ. Applicabilit alle decisioni del le commissioni tributarie di primo e secondo grado, 113. vm RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO -Contenzioso tributario -Notificazione -Consegna a persona di famiglia -Rapporto di convivenza -Accettazione della ricezione dell'atto Sufficienza, 126. -Contenzioso tributario -Notificazione -Omessa indicazione nella relazione del luogo di consegna della copia -Validit, 126. -Contenzioso tributario -Rimborsi Imposte dirette -Legittimazione passiva -Intendente di finanza e ufficio distrettuale delle imposte -Sono ambedue legittimati, 124. -Contenzioso tributario -Rinnovazione della notifica dell'atto impugnato -Ordinanza della commissione -Non ha valore decisorio -Impugnabilit autonoma Esclusione, con nota di C. BAFILE, 128. -Dichiarazione -Mancanza di sottoscrizione -Nullit, 139. -Dovere di concorrere alle spese pubbliche in ragione della capacit contributiva -C.d. segreto bancario Non opponibile, 15. -Soggetti passivi -Solidariet -Articolo 1306 cod. civ. -Debitore nei cui confronti intervenuto accettamento definitivo -Ricorso unita. mente ad altro condebitore per il quale il termine non decorso Inammissibilit, 132. -Soggetti passivi -Solidariet -Giudicato pi favorevole ottenuto da altro condebitore -Estensione dalla imposta di registro all'imposta sull'incremento di valore dei beni immobili -Art. 1306 cod. civ. -Si applica, 120. TRIBUTI LOCALI -Ilor -Redditi fondiari -Imposta sui fabbricati -Esenzioni e agevolazioni -Esenzione venticinquennale -Costruzione difforme dalla concessione edilizia -Difformit relativa a singole porzioni di fabbricato -Perdita dell'esenzione per l'intero immobile, 112. -Imposta locale sui redditi -Societ di persone -Adempimenti da parte del socio -Consapevolezza di soddisfare debiti altrui -Necessit, 115. -Invim -Esenzioni e agevolazioni Immobili appartenenti ad enti morali -Destinazione immediata e diretta al perseguimento dei fini istituzionali -Esenzione totale dell'imposta -Utilizzazione indiretta e mediata -Riduzione del SO% dell'imposta, 110. INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 24 gennaio 1992, n. 16 3 febbraio 1992 n. 44 . . . 18 febbraio 1992, n. 50 . . . 18 febbraio 1992 n. 51 (com. cons.) 28 febbraio 1992, n. 74 (cam. cons.) 4 marzo 1992, n. 80 . . . . . . . . 27 marzo 1992, n. 133 . . . . . . . 27 marzo 1992, n. 136 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE Sez. VI, 27 novembre 1991, nella causa C-199/90 Sed. plen., 18 febbraio 1992, nella causa C-235/89 Sed. plen., 31 marzo 1992, nella causaC-362/90 . GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 20 settembre 1991, n. 9846 Sez. I, 23 settembre 1991, n. 9911 Sez. lavoro, 27 dicembre 1991, n. 13955 Sez. Un., 10 gennaio 1992, n. 202 Sez. I, 1 gennaio 1992, n. 209 . Sez. Un., 14 gennaio 1992, n. 367 Sez. I, 16 gennaio 1992, n. 502 . Sez. I, 18 gennaio 1992, n. 590 . Sez. I, 5 febbraio 1992, n. 1257 Sez. I, 7 febbraio 1992, n. 1382 Sez. I, 10 febbraio 1992, n. 1473 Sez. I, 11 febbraio 1992, n. 1529 . Sez. I, 17 febbraio 1992, n. 1901 . Sez. un., 17 febbraio 1992, n. 1918 Sez. Un., 18 febbraio 1992, Sez. I, 18 febbraio 1992, n. Sez. I, 18 febbraio 1992, n. Sez. I, 20 febbraio 1992, n. Sez. I, 22 febbraio 1992, n. Sez. I, 24 febbraio 1992, n. n. 1990 2041 2060 2112 . 2191 . 2269 . Sez. I, 2 marzo 1992, n. 2514 . Sez. I, 5 marzo 1992, n. 2662 . Sez. I, 13 marzo 1992, n, 3081 . pag. 1 )) 2 )) 11 15 11 )) 21 24 ,. 33 pag. 35 ,. 40 47 pag. 110 112 52 )) 113 114 59 62 65 115 117 119 120 122 124 68 124 126 128 )) 132 )) 133 135 )) 139 )) 72 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO I ~ Sez. I, 13 marzo 1992, n. 3083 . . . 140 Sez. Un., 18 marzo 1992, n. 3355 . 76 Sez. Un., 19 marzo 1992, n. 3465 . 143 ~~ ~ Sez. Lav., 25 marzo 1992, n. 3694 . 82 ~ ~ ~ ,.~ GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 18 novembre 1991, n. 874 . pag. 84 Sez. VI, 27 marzo 1992, n. 193 . . . 93 T.A.R. Lazio, Sez. II, 27 gennaio 1992, n. 210 . 102 GIURISDIZIONI PENALI TRIBUNALE DI ROMA Sez. X pen., 8 aprile 1991 . pag. 154 ! --1~!~--~Jllll PARTE SECONDA QUESTIONI pag. 1 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE Questioni di legittimit costituzionale: -Norme dichiarate incostituzionali . 29 )) -Questioni dichiarate non fondate . 35 )) Consultazioni 43 PARTE PRIMA GIURlSPRUDENZA i/ ~s~~C?m ~~ .. QltJR.lS1?RJJDJ3NZA CQSTlTt1ZtONAL$ CORTE COSTITUZIONALE, 24gennaiol992, u;t6 -Pres; Corasaniti R:ed. Csvla ~ Cmmissario dll Stato per la regione Sicilia (avv. Stato Fa\iara) e.Regione Sidli (avv. Castaldi e Silvestri). R,egioQi l.~tl delliti Jegi$lazio11e regio,IlaJe . :Legittimazic;lDe..p<>s~wua .cli fatti illeciti C:o:tJt~sta coIJ. .Principio.fonc1amenta1e dell'or(linamento, . Ogni norma che. soprawenga ad omot6gare fatti consguiti .. alla vioiM. :>nit a& .fieiJlirtefu laedere li pohe fili:lri Jet quadro dei valori sii .cui t castrito to sidtO d{diritto.tiquindi c"Ostiizionairiienie iliegttttma za delibera legislativa regionale (nella specfe, della ~gione Sicilia) che con~ solida silud.iiOitl d(fdtto Bqstituitesi illegalmente (1). (omiss#) L questioni su BU.r questa Corte deve pro:frunciarsi sono tre: . . .... .. . ..... . al. inefficacia.cie1 gisegiiJ 4ilegge per ta1diva comunicazione delbl! pprovazicme da parte de'Assernblea regionale al Commissario dello Stato; b) illegittimitik 99stituzionale dell'art. 2, primo ....e... secondo cc;>mma, della legge regionale impugriata, per. viol!lzio11e dell'art. 53 della .. legge n. 457 del 5 agosto 1978 (Norme per l'eclilizia residenziale), in COJ:lllessione e.on l'ai;t. 26 della legge. 8 agosto 1977. n 513 (Prqyvedimenti urgenti per }'.accelerazione <;lei. programmi in coi;sp, fina.ziamento d. tll1. programma straordinario e canone. :i.inimp dell.'edilizia ... residenziale pubblica), in relazione ai limiti posti dagli articoli 14 e 17 dello $tjil.tuto della Regione siciliana; e) illegittimit costituzionale dell'art. 5, terzo. comma, della . stessa legge ililpugna~a, in relazione all'art'. 11 del d;P.R. 30 dicembre 1972, n.1035. (6missis) La questione sub b) fondata. Con l'art. ~. primo e secon(:).o comma, la Regione provv~de a regolariz zare l'occupaziol{le abusiva d alloggi.. d .edilizia. soyvenzionata, compensando 11 gi individuato legittimo assegnatario, cui non sia stata.cons~griata l'abitazione perch illecitamente occupata, con mera attribuzione di () Il legislatore regionale non pu dare esempio di diseducazi:>ne civile '" La sentenza va: ben oltre il caso esaminato; , 2 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO precedenza nell'assegnazione di altro alloggio popolare, anche se non incluso nella graduatoria generale vigente. Pur dandosi atto che la Regione stata indotta a procedere a tale sanatoria daHa difficolt di fronteggiare emergenze di ordine pubblico, derivanti da operazioni di sgombero coattivo, degli occupanti senza titolo, dagli alloggi da consegnare ai legittimi assegnatari; non si pu non rilevare che una normativa consolidante situazioni di fatto costituitesi illegalmente a danno di assegnatari gi individuati in pubbliche graduatorie, di per s causa di ben pi gravi e durature tensioni sociali, oltre che esempio di diseducazione civile, dimostrandosi ai cittadini rispettosi delle leggi che essi, anzich tutelati, sono spogliati delle loro spettanze a favore di chi, anche se spinto dall'impulso di soddisfare l'esigenza fondamentale dell'abitazione ha violato la legge. Si tocca qui uno dei principi costitutivi dell'ordine giuridico, il divieto di farsi ragione da s con k;sione del diritto altrui. Ogni norma che sopravvenga ad omologare fatti conseguiti alla violazione del neminem laedere si pone fuori del quadro dei valori su cui costruito lo Stato di diritto. Nel caso di specie, proprio ad impedire ogni regolarizzazione postuma di situazioni di abuso, il legislatore statale ha comminato, per atti posti in essere violando le prescrizioni dettate in materia, non solo sanzioni amministrative, ma la nullit assoluta ed insanabile, fatta valere da chiunque vi abbia interesse e rilevabile d'U!ffido dal giudice (art. 26, ultimo comma, della legge n. 513 del 1977). inconfutabile la violazione dell'art. 53 della legge 5 agosto 1978, n. 457, che esclude la regolarizzazione dell'occupazione quando essa abbia sottratto il godimento dell'alloggio ad assegnatario gi individuato in graduatorie pubblicate a norma di legge, nonch dell'art. 26, quarto comma, del!la legge 8 agosto 1977, n. 513, che esclude dalla assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica chiunque occupi un alloggio di edilizia residenziale pubblica senza autorizzazioni previste dalle disposizioni in vigore. (omissis) CORTE COSTITUZIONALE, 3 febbraio 1992 n. 44 -Pres. Corasaniti -Red. Granata -Sp.A. Contraves italiana {avv. Chiola) e Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Favara). Tributi erariali diretti -IRPEG -Maggiorazione di conguaglio Utili distribuiti a soci asseritamente non residenti Discrezionalit del legislatore ordinario. (Cost., artt. 3 e 53; legge 2 novembre 1983 n. 649, art. 2). Operando la funzione compensativa dt#l'imposta di conguaglio IRPEG in riferimento a due termini, ogge,Jto di comparazione, ossia PARTB 1, SEZ. I, GlURlSPRUDENZA.COSTITUZlONALE IRPEG pagata dalla societ e credito d'imposta riconosciuto al socio percettore del dividendo, conseguenziale che due siano anche i piani di un possibile intervento di correzione del meccanismo: .quello dell'imposta personale. sulla societ e quello dell'imposta personale sul socio. Pertanto la soluzione invocata nell'ordinanza di rimessione (che auspica pe,r i dividendLattribuitiai socinon residenti la detraibilit dalla base imponibile dell'impo:;:ta di conguaglio IRPEG) si affianca quanto meno ad una simmetrica soluzione, .anch'essa ipotizzabile, che intervenga sul versante della tassazione personale del reddito distribuito ai soci (1). >~ st1;tta sollevata questione incidentale di; ,legittimit costituzionale dell'art 2;secondo comma, legge 25 novembre 1983 n. 649. di conversione in legge, con modificazingUaglio IRPEG (imposta sul reddito delle persone giuridiche), non esclude dal calcolo del reddito imponibile anche la parte di utiH attribuiti ai soci non residenti per sospetta violazione degli artt. 3 e 53 Cost. (1) Maggiorazione di conguaglio e compagine societaria. Come noto, la maggiorazione. dell'IRPEG a titolo di conguaglio. {sulla quale, ora gli artt; 105-107 del T.U.I.R.>apptovato con d.P.R. 22 dicembre 1986. n. 917, integrati dall'art. 4 del. d.P.R .. 4 febbraio 1988, n. 42) costituisce non un tributo a s stante~ ma -appunto ,;,;.. una maggiorazione integrativa del quantum dell'IRPEG gravante sulla societ (di capitali) o ente. Del. tutto diversa dalla predetta maggiorazione la ritenuta -di norma a titolo di acconto , in casi particolari a titolo di imposta -che la societ od ente tenuta ad operare, in qualit di sostituto di imposta, sui dividendi distribuiti ai propri soci: tale ritenuta grava sui soci sostituiti; i quali ricevono un dividendo decurtato, anche se -a fini di accertamento, relativo contenzioso e riscossione -un rapporto tributario intercorre tra fisco e1 societ od ente sostituto. Tra maggiorazione e ritenuta non v', sul piano giuridico, collegamento alcuno, e non soltanto per il profilo per certi versi soggettivi cui si test accennato. Anche oggettivamente la ritenuta attiene all'ambito dell'imposta (IRPEF o IRPEG) relativa al socio, della quale costituisce un acconto o un sostitutivo. Per coritro, il socio non affatto coinvolto, sul piano giuridico, dalla ... maggiorazione, la.. quale rimane int!'lgralmente nell'ambito dell'IRPEG relativa alla societ od ente. L'assenza di collegamento tra maggiorazione e ritenuta , del resto, confermata dalla contemporanea pendenza in concreto del giudizio a quo e di altra controversia volta ad ottenere, con analoghe argomentazioni, ll rimborso dd ritenute. Come la ritenuta anche il credito di imposta (ora artt. 14. 15 e 92 del citato T.U.I.R.) attiene all'ambito dell'imposta (IRPEF o IRPEG) relativa al socio. Valgono per detto credito le considerazioni test svolte con riguardo alla ritenuta, alle quali va aggiunto che il recupero del credito di imposta vicenda dalla quale la societ rimane del tutto estranea (ovviamente, per esso RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO atteso che tale esclusione invece prevista per l'ipotesi di utili attribuiti a soci titolari di azioni di risparmio al portatore. Giova premettere che l'imposta di conguaglio IRPEG -il computo della cui base imponibile oggetto della censura di incostituzionalit mossa dalla Commissione rimettente -rappresenta il pi recente approdo di uno sviluppo normativo risalente alla riforma tributaria del 1973, che nell'originario regime introdotto dal d.P.R. 29 settembre 1973, n. 598, istitutivo dell'IRPEG, aveva previsto che il reddito della societ per azioni fosse tassato sia presso la societ, quale utile di esercizio, sia presso gli azionisti, in occasione della distribuzione dei dividendi, due essendo le capacit contributive prese in considerazione: quella della societ (persona giuridica autonoma e distinta) e quella del socio. L'art. 27 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, prevedeva poi in generale una ritenuta a titolo di acconto sui dividendi distribuiti, che viceversa per i soci non residenti era (eccezionalmente) operata a titolo d'imposta. Una settoriale inversione di tendenza si avuta con il d.I. 8 aprile 1974, n. 95, convertito in legge 7 giugno 1974, n. 216, che -nell'introdurre le azioni di risparmio con parziale deroga al principio della nominativit -ha contemplato un regime fiscale ad hoc prevedendo all'art. 20 per le azioni di risparmio al portatore una ritenuta a titolo di imposta e per le azioni di risparmio nominative un'opzione tra la rite non pu aversi neppure sostituzione). La disciplina del credito di imposta attiene integralmente alla imposi7Jione sul socio. Se questi non residente, detta disciplina posta dalle norme estere relative alle imposte corrispondenti alla IRPEF ed alla IRPEG. Ed infatti pi convenzioni internazionali per evitare la doppia dmposizione trattano anche l'argomento credito di imposta. Tra maggiorazione di conguaglio e credito di imposta un qualche collegamento pu essere stabilito solo sul piano politico-economico'. Su quest'ultimo piano incontestabile (cfr. circ. min. 16 marzo 1984, n. 8) che la maggiorazione di conguaglio stata introdotta -come misura difensiva del fisco -per evitare una duplicazione di benefici, e cio per evitare il cumulo di esenzioni dall'IRPEG (a favore della societ) e crediti di imposta (a favore dei soci). appena il caso di rammentare che il credito di imposta in questione stato introdotto dalla legge 16 dicembre 1977 n. 904, al fine di consentire ai soci di recuperare pro quota la IRPEG pagata dalla societ; sicch sarebbe irrazionale concedere crediti di imposta ove e per quanto la societ stata esonerata dall'IRPEG. Posto che antecedente empirico della maggiorazione di conguaglio un beneficio fruito dalla societ, la maggiorazione -lungi dall'essere un carico aggiuntivo - in realt uno strumento che compensa (si parla di imposizione compensativa ), neutralizza e, per cos dire, fa venir meno ex post l'anteriore beneiiicio, riportando a livello normale il trattamento di redditi in precedenza favoriti (c.d. principio di copertura). appena il caso di rammentare anche che il credito di imposta in questione, se giova particolarmente a quegli operatori che, con relativamente modesto capitale proprio, controllano -tramite holdings e sub-holdings eventualmente quotate in borsa -societ operative di cospicue dimensioni, determina, per, sul piano economico una diversit di trattamento tra utili distri f PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 5 nuta a titolo d'imposta (cdme per quelle al portatore) e la ritenuta a titolo di acconto (come per le azioni ordinarie ex art. 27 d.P.R. n. 600/73 cit.). Successivamente ed in relazione, pi in generale, al trattamento fiscale dei dividenti assegnati ad azioni ordinarie, il legislatore -dopo un'iniziale opzione per il regime della cedolare secca (art. 20, I comma, d.l. n. 95 cit., poi abrogato dall'art. 5 legge 16 dicembre 1977, n. 904) -ha introdotto il meccanismo del credito d'imposta integrale (art. 1 della cit. legge 16 dicembre 1977, n. 904): ai soci percettori di dividendi attribuito un credito d'imposta pari originariamente alla percentuale di 1/3, successivamente incrementata a 9/16, dell'ammontare degli utili che concorrono a formare il reddito imponibile ai fini dell'IRPEG o dell'IRPEF dei soci medesimi. Il meccanismo era, ed , tale per cui nella ba!se imponibile del socio viene ricostituito il valore (al lordo deU'incidenza dell'IRPEG pagata dalla societ) dei. dividendi distribuiti e poi, una volta calcolata l'imposta dovuta, da essa si detrae il credito d'imposta. L'automaticit di tale meccanismo comporta per che, ove i redditi della societ siano esenti da IRPEG ovvero siano stati assoggettati ad una aliquota ridotta, il credito d'imposta sui dividendi distribuiti risulta conseguentemente buiti ed utili non distribuiti (tant' che molti Paesi, e tra essi gli U.S.A., preferiscono non prevedere il credito di imposta di che trattasi, e praticare aliquote meno elevate, in tal modo incentivando la public company ossia la societ a diffusa partecipazione). L'ordinanza di rimessione aveva ipotizzato una pronuncia additiva '" e cio di aggiungere, alle parole diminuita della parte (di dividendi distribuiti) assegnata alle azioni di risparmio al portatore (risultanti tali dal libro soci, aggiunge la menzionata circolare ministeriale), una ulteriore previsione per la parte (dei dividendi predetti) assegnata alle azioni, diverse da quelle di risparmio al portatore, appartenenti a soggetti non residenti nel momento in cui i dividendi sono corrisposti. Pervero, la addizione ipotizzata era stata formulata in termini vaghi ed imprecisi, al punto che essa sarebbe risultata di ardua applicabilit in concreto. Si era parlato di parte di utili attribuita a soci non residenti >>, senza precisare quali dati oggettivi, ed a quali momenti riferiti, debbano comprovare la appartenenza delle azioni e la non-residenza del socio (nella specie, era stata esibita a base della domanda una carta denominata attestazione che l'intero pacchetto azionario della societ intestato a soggetti giuridici non residenti prodotta dalla stessa societ e perci non qualificabile prova documentale, carta anche priva di oggettiva attendibilit posto che la circolazione delle azioni ordinarie italiane pu aver luogo per girata persino ignota alla societ emittente le azioni stesse), e senza indicare quali rimedi dovrebbero prevenire una circolazione dei titoli azionari a scopo di elusione fiscale. N era stato affrontato il problema del diffondersi alla societ e quindi a tutti i soci (anche quelli residenti) di un trattamento che si ipotizza rapportato alla condizione di fatto (tale la non-residenza) di un singolo socio; e ci con riguardo anche alla articolata disciplina delle riserve non tassate. Ancora era stato, omesso 6 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATa determinato in misura superiore a:ll'imposta IRPEG pagata dalla societ. Al dichiarato fine di rimuovere tale (ritenuto) inconveniente ed inserendosi in questo contesto normativo, la citata legge n. 649 del 1983 ha introdotto l'imposta di conguaglio IRPEG che opera (soltanto) ove si verifichi -come presupposto di fatto dehl'imposizione addizionale -una eccedenza dei dividendi distribuiti sull'utile di esercizio (diminuiti della parte aissegnata alle azioni di risparmio al portatore) rispetto a:l 64% del reddito imponibile, al lordo delle perdite riportate da precedenti esercizi, dichiarato dalla societ ai fini dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche dovuta per l'esercizio medesimo. Tale imposta (che grava sulla societ, e non sul socio, talch essa legittimata a contestarne l'ammontare ed conseguentemente rilevante la questione di legittimit costituziona:le della norma che tale ammontare determina, sollevata -'Come nella specie -nel giudizio che abbia ad oggetto la pretesa della societ al rimborso dell'imposta di conguaglio pagata) ha la funzione (compensativa) di rendere il credito d'imposta, riconosciuto ai soci in ragione della percezione dei dividendi, esattamente pari all'imposta complessiva versata dalla societ a titolo di IRPEG e di conguaglio IRPEG. Tale funzione compensativa -ritenuta nell'ordinanza del giudice rimettente e sulla quale concordano le difese sia dell'Avvocatura gene- ogni esame delle complessit conseguenti alla vigenza di numerose, e sovente differenziate, convenzioni internazionali per evitare le doppie imposizioni (nella vicenda a qua, ad esempio, rilevava la convenzione italo-svizzera, che consente una ritenuta alla fonte non superiore al 15 %). Del resto, in occasione della redazione del citato T.U.LR. non sono mancati coloro che si sono resi latori della soluzione ipotizzata dal giudice remittente. Il legislatore delegato l'ha per ritenuta inaccoglibile. e non solo per considerazioni relative ai limiti della delega. Gi adesso, con la legislazione vigente, numerosi operatori trovano vantaggioso localizzare all'estero (ad esempio, in Lussemburgo, in Olanda, per non dire dei c.d. paradisi fiscali), le holdings di controllo su societ italiane. In libreria possibile trovare cataloghi in veste di libri, ove sono elencati ed illustrati i vantaggi conseguibili mediante siffatte localizzazioni. stata quindi (ed ) vivamente avvertita l'esigenza di non incentivare il fenomeno, mediante dirette od indirette detassazioni dei flussi di utili in uscita (sovente pi apparente che effettiva) dal territorio dello Stato. Ed invero la ricchezza mobiliare , per sua natura, mobilissima e sfuggente; dar rilevanza a condizioni soggettive relative a singoli soci equivale ad aprire la strada ad ogni genere di elusione. Ed semplicemente ingenuo pensare di porre limiti o steccati mediante annotazioni su libri dei soci; questi sono libri appartenenti a privati, scritti da privati e che restano nelle mani dei privati (salvo casi marginali, quali il fallimento). In assenza (e non certo per colpa del nostro Paese) di una armonizzazione a livello continentale delle legislazioni in tema di imposizione diretta sui capitali, sta dilagando il c.d. tax shopping, ossia l'offerta di condizioni sempre pi attraenti alla ricchezza mobiliare da parte di Stati messi in concorrenza tra loro. La vera sovranit (economica e non) sta transitando PAl!.TB I, SBZ. I, GIUl!.lSPl!.UDENZA CO&tlTUZIONALB 7 rale. dello Stato; sia della societ costituita .,,_ emerge: a) dalla lettura dei lavori preparatori della dt. legge n. 649;. nonch della legge finanziaria per Tanno 1984~< di cui la prltna .contiene . ..,.... in. parte. qua ..,,...,. uno stralcio (in entrambe le. sedLinfatti si ebbe . a precisare che . t< U. credito d!iniposta deisoci e le imposte dovute. dalla societ sugli utili distribuiti d~yi));lj)cl'risporidere)fb) dallamisuradell'eliquota (che pal:'i a>nove sedke~Hni dell'eccedenza> dei dMdendi distribuiti sull'tUe riiia censrat~ {attualme).lte al'1;. 106 d.J?'.it n. 917 del 1986 cit.) che ~per ;~t~~u~lp~ev~~!r~~~ii6i!J~~~i=~o1:~~~:;i!~~~!~:ogJrt:o~!:~~st: aurnep.~~ta di. .n. imp9r~Q pi;irl i;illa diff~renza t;p:l l'hn.p()s~a ordinarifl....~ rlll1pos.ta .rid<:>tta ~ c;emtempla. un cor:rettivo <:li c;alcolo proprio al fine di realizzare in ogni ci:iso (salvo alcune. deroghe dalla stessa norma indi rag~daU1ente vel"~9C:olorn.. che po~sono trarre.. maggior. beneficio dalla mobilit delfa ticcl:iezza... ikcli~ ;non pare proprio il caso di incentivare le esterovesti: z:ione e,. in 1;i:l1f!sto. CJ.uadro, anche la collocazione all'estero dei momenti terminali dei flussi df red.dl.to mobiliare. . .... . . D'altro <:ai;ito, )e regqle speciali, poste per le ~ioni di risparmio non possono costituire tertium .. carnparationis. Le aziorii di risparmio sono state introdotte nel nostro ordi;iamerito dagli artt. 14, 15 e 16 d.el d.l. 8 aprile 1974, n .. 95, coi;iv. nella legge 7 giugno 1974, n. 216, che ha istituito la Consob. Nelle affermaiioni ufficiali. esse avrebbero dovuto costituire uno strumento per favorire. l'afflusso del . piccolo rispannio. al. mercato. azionario.. In questo quadro si addotto che. s~rebbe stato opportuno. differ-eJ;lZiare anche formalmente la PO$zione dell'azioxiato di comando da quelfa dell'aiionato " di risparmio , coin:pensando .. quest'ultimo . della sottrazione . dei diritti di . voto mediante il riconoscimento di congrui . benefici nel . momento del dividendo e sul piano della sicurezza dell'investimento . .fo realt, le cose sono ai;ic{ate diversamente da .come asserito nelle originarie procla.mazi()ni: inei;itreJ bene~ici accordati agli azi()ll.fati di~sparmio a carico dell'aiionaria.fo di comando e . coqiunque ordinario )I .sono stati irrisori, pesanti sono stati gli svantaggi anche per pratic;he disinvote (ad esempio, ingenti soprapprezzi imposti in occasioni di aumenti di capitale); e l'azionariato di risparmio stato strumentalizzato dalle societ per otfo,:1.ere agevolazioni per se stesse a c.arico del fisco, La disciplina legi!)lathra delJ.e ~oni di risparmio, nel complesso poco equilibrata, ha prodotto risultati ii;isoddisfacenti, tant' che ancor oggi dette azioni sono molto penalizzate, come emerge con evidenza dalla lettura dei listini di borsa. Cos., sul piano fiscale, le societ quotate hanno premuto sul legislatore per ottenere un beneficio a loro favore (cio non a favore degli azionisti di . RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STAT() 8 cate) l'equivalenza tra credito d'imposta dei soci ed imposta complessivamente versata dalla societ. Coerente a tale funzione compensativa dell'imposta di conguaglio in esame la diminuzione (prevista dalla norma censurata) della parte di dividendi assegnati alle azioni di risparmio al portatore dalla base imponibile dell'imposta medesima. Ed infatti gi l'art. 20, primo comma (tale dopo l'abrogazione del comma che precedeva), del citato d.l. n. 95 del 1974, ha previsto uno speciale regime tributario, che si inserisce nel contesto di misure dirette a favorire l'afflusso del risparmio al mercato azionario: sugli utili attribuiti alle azioni di risparmio al portatore la ritenuta, prevista in generale sui dividendi azionari dall'art. 27 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, applicata (anche nel caso di soci non residenti) a titolo d'imposta (e non gi d'acconto), peraltro secondo la minore (e pi favorevole) aliquota del 15% (successivamente elevata al 50 % dall'art. 1 d.l. 10 ottobre 1976, n. 694, convertito in legge 6 dicembre 1976, n. 788, ma poi . ripristinata nella misura originaria per effetto dell'abrogazione di tale norma). In tale contesto normativo, evidentemente, il meccanismo del credito d'imposta non pu operare (come era ben presente al legislatore del 1984, leggendosi nella relazione alla citata legge finanziaria che la base imponibile dell'imposta di conguaglio de qua risparmio); ed in effetti hanno ottenuto con l'art. 13 della legge 2 dicembre 1975 n. 576 (come si vede, si sempre nel periodo a cavallo della met degli anni Settanta) addirittura la deducibilit, dal reddito della societ, dei dividendi corrisposti agli azionisti di risparmio. Questa disposizione stata abrogata (per troppo vistosa asistematicit) alcuni anni dopo, ma costituisce per cos dire il precedente che vale a comprendere l'effettivo significato dell'inciso relativo alle azioni di risparmio contenuto nella disposizione oggi sub judice. In questo quadro appare palese come l'inciso diminuita della parte assegnata alle azioni di risparmio al portatore contenuto nell'art. 2 della legge n. 649 del 1983 risulta esso stesso asistematico. La sentenza in rassegna, dopo aver ripercorso accuratamente le vicende legislative, pervenuta alla esatta soluzione riferita nella massima. Sono rimasti assorbiti altri profili, quali la gi osservata inidoneit della normativa particolare e derogatoria relativa alle azioni di risparmio al portatore a fungere da tertium comparationis, e la oggettiva diversit delle situazioni messe a confronto. quella degli azionisti di risparmio titolari di azioni al portatore e quella dei soci non residenti titolari di azioni ordinarie, essendovi nel primo caso un dato oggettivo che rende riconoscibile la situazione alla quale si applica la norma indicata come tertium comparationis, mentre nell'altra ipotesi vi un dato meramente soggettivo, mutevole de die in diem, manipolabile secondo convenienza, in concreto non controllabile dagli uffici finanziari. Giova sottolineare come la Corte abbia palesemente evitato di riconoscere al credito di imposta di che trattasi una qualche protezione costituzionale. L'attribuzione o meno, ed in quale misura (eventualmente parziale), di tale credito -che parecchi (e non secondari) ordinamenti tributari non conoscono, e che consono ad un capitalismo familiare - rimessa al legislatore ordinario. (F.F.) PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE deve essere depurata dei dividendi assegnati alle azioni di risparmio al portatore, e quindi senza credito d'imposta). Nessuna esigenza, quindi, di compensazione pu insorgere in alcun caso, non potendo il soggetto passivo dell'imposta personale effettuare alcun ricalcolo dell'imposta dovuta avendo egli definito il suo obbligo tributaTio, limitamente al reddito rappresentato dalla percezione dei dividendi, con il pagamento (in via definitiva e non d'acconto) della ritenuta d'imposta. Altres coerente alla funzione compensativa .dell'imposta di conguaglio IRPEG il paraHelo regime fiscale delle azioni di risparmio nominative: per i possessori di queste ultime il terzo comma dell'art. 20, cit., prevede la facolt di optare per l'ordinario regime della ritenuta d'acconto ai sensi dell'art. 27 cit., facendone richiesta all'atto del1a riscossione degli utili; in mancanza della quale, trova invece applicazione 1o stesso regime della ritenuta a titolo d'imposta, previsto per le azioni di risparmio al portatore. Optando per la ritenuta d'acconto, il possessore di azioni di risparmio nominative pu operare il ricalcolo dell'imposta personale dovuta portando in detrazione il credito d'imposta. Questa possibilit rende piena ragione del fatto che dalla base imponibile dell'imposta di conguaglio IRPEG non si detraggano i dividendi assegnati ai possessori di azioni di risparmio nominative (ma soltanto quelli assegnati ai possessodi di azioni di risparmio al portatore). Nel quadro normativo cos delineato deve essere esaminata la compatibilit con i parametri costituzionali invocati nell'ordinanza di rimessione del regime fiscale risultante dagli artt. 2, secondo comma, legge n. 649 del 1983 cit., e 27, terzo comma, d.P.R. n. 600 del 1973 cit., al quale sono sottoposti i possessori di azioni ordinarie che siano non residenti nel territorio nazionale. In sostanza rper costoro (ma non in ogni caso essendo previsto, come si dir, un regime speciale per 'le societ od enti di cui all'art. 2, lettera d), d.P.R. n. 598 del 1973) da una parte opera l'art. 27, terzo comma, cit. che prevede sui dividendi distribuiti ai soci non residenti una ritenuta d'imposta (e non gi d'acconto) nella misura del trenta per cento (aliquota questa talora fisisata in diversa misura da accordi internazionali, come nel caso della convenzione italo-svizzera del 9 marzo 1976, ratificata con legge 23 dicembre 1978 n. 943, che prevede un'aliquota del 10 %). Sicch il socio non residente possessore di azioni ordinarie, al pari del possessore di azioni di risparmio al portatore, definisce immediatamente e definitivamente i suoi obblighi tributari con il pagamento della ritenuta d'imposta e quindi non si giova, al pari del primo, del meccanismo del credito d'imposta. D'altro canto l'art. 2, secondo comma, non defalca dalla base imponibile dell'imposta di conguaglio IRPEG i dividendi attribuiti ai soci non residenti (a differenza dei dividendi attribuiti ai possessori di azioni di risparmio al portatore), sicch la societ tenuta a corrispon 10 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO dere, per la parte imputabile a questi ultimi, un'imposta compensativa in relazione ad un'eccedenza contabile di credito d'imposta (rispetto all'imposta personale sulle persone giuridiche effettivamente pagata dalla societ medesima) che non si traduce per i soci (non residenti) percettori dei dividendi in un'effettiva detrazione dell'imposta personale sui medesimi gravante. Orbene, ove anche la diversit di trattamento fosse apprezzabile in termini di costituzionalit e richiedesse un intervento correttivo, deve comunque prendersi atto che si profila una pluralit di soluzioni possibili, la quale -proprio perch tale -implica ineludibilmente una scelta demandata unicamente alla discrezionalit del legislatore. Ed infatti, operando la funzione compensativa dell'imposta di conguaglio IRPEG in riferimento a due termini, oggetto di comparazione, ossia IRPEG pagata dalla societ e credito d'imposta riconosciuto al socio percettore del dividendo, conseguenziale che due siano anche i piani di un possibile intervento di correzione del meccanismo: quello dell'imposta personale sulla societ e quello dell'imposta personale sul socio. Pertanto la soluzione invocata nell'ordinanza di rimessione (che auspica per i dividendi attribuiti ai soci non residenti la detraibilit dalla base imponibile dell'imposta di conguaglio IRPEG) si affianca quanto meno ad una simmetrica soluzione, anch'essa ipotizzabile, che intervenga sul versante della tassazione personale del reddito distribuito ai soci con meccanismi correttivi, come la facolt di opzione per il regime della ritenuta d'acconto prevista per le azioni di risparmio nominative ovvero anche l'adozione di questo solo regime come gi previsto per le societ (od enti) non ,residenti (ossia quelle di cui all'art. 2, lettera d), d.P.R. n. 598 del 1973) aventi stabile organizzazione nel territorio dello Stato. E neppure pu escludersi che il legislatore, sempre nell'esercizio della sua discrezionalit, privilegi gli inevitabili aspetti di diritto internazionale del problema, preferendo lo strumento del trattato internazionale per trovare di volta in volta la soluzione pi opportuna. In questo scenario aperto la soluzione invocata nell'ordinanza di rimessione si presenta come una delle tante possibili; ed anzi appare come quella che meno si connota per aderenza alla (ipotizzata) esigenza correttiva atteso che l'auspicata (dal giudice a quo) detrazione dalla base imponibile dell'imposta di conguaglio IRPEG dei dividendi assegnati ai soci non residenti avrebbe l'effetto di differenziare il trattamento fiscale delle societ in ragione di una condizione di fatto (la non residenza) rapportata ai singoli soci, penalizzando (ingiustificatamente) le societ che abbiano prevalentemente soci residenti rispetto a quelle che prevalentemente abbiano soci non residenti. N priva di rilievo la considerazione che le altre soluzioni che a quest'ultima si contrappongono -ed in particolare quella gi positivamente accolta per una determinata 1categoria di soci non residenti (le PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA cosnTUZIONALB societ od enti aventi una stabile organizzazione nel territorio dello Stato) -appaiono maggiormente rispettose del canone costituzionale della progressivit dell'imposizione (art. 53, 2 comma, Cost.), cui viceversa non si ispira l"(eccezionale) regime della ritenuta a titolo d'imposta (e non gi d'acconto), regime il quale riisulterebbe invece accentuato ove .ne scaturisse l'ulteriore conseguenza della non computabilit dei dividendi assegnati a soci esteri nella base imponibile dell'imposta di conguaglio IRPEG. La sollevata questione di costituzionalit va pertanto dichiarata inammissibile. I CORTE COSTITUZIONALE, 18 febbraio 1992, n. 50 -Pres. Corasaniti - Red. Mengoni. Poste e Telecomunicazioni -Corrispondenza raccomandata Mancato re capito Limitazione di responsabilit -Legittimit costituzionale. (Cost., artt. 3 e 113; d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 6, 28, 48 e 93). Funzione istituzionale del servizio di raccomandazione della corrispondenza quella d.i forriire un mezza di prova facilmente accessibile della spedizione e dell'arrivo a destinazione di una lettera o di un plico, non la funzione di mezzo di trasporto di oggetti di valore. Se l'utente include nella corrispondenza raccomandata carte-valore, pur nei limiti in cui ci non vietato dall'art. 83 del codice postale (che vieta solo l'inclusione di titoli esigibili al portatore), egli usa il servizio per uno scopo estraneo alla causa del contratto, e quindi a suo rischio e pericolo. Se non intende correre questo rischio e garantire il contenuto della corrispondenza deve scegliere, pagando un corrispettivo adeguato, la forma dell'assicurazione convenzionale, che comporta l'assunzione da parte dell'Amministrazione, di responsabilit commisurata al valore dichiarato. II CORTE COSTITUZIONALE, 28 febbraio 1992, n. 74 (cam. cons.) -Pres. . Cora:saniti -Red. Mengoni. Poste e Telecomunicazioni Corrispondenza raccomandata Sottrazione dolosa del contenuto ad opera di dipendenti dell'amministrazione Limitazione di responsabilit Illegittimit costituzionale. Cost., artt. 3 e 28; d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 6, 28, 48 e 93). L'art. 28 Cost. non esclude che il legislatore ordinario possa, nell'ambito dei rapporti contrattuali, limitare la responsabilit (o permet 12 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO tere la limitazione della responsabilit) dello Stato per inadempimenti; in tal caso, per, la legislazione ordinaria deve rispettare il canone della razionalit. Contrastano con l'art. 28 Cost. gli artt. 6, 28, 48 e 93 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 (testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni) nella parte in cui non eccettuano dalla limitazione di responsabilit dell'amministrazione delle poste per i danni derivati da perdita totale di corrispondenze raccomandate il caso di sottrazione dolosa del loro contenuto ad opera di dipendenti dell'amministrazione medesima (1). -I Dal Pretore di Firenze sollevata questione di legittimit costituzionale degli artt. 6, 28, 48 e 93 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 (codice postale), per possibile contrasto con gli artt. 3, primo comma, 28 e 113 della Costituzione, in quanto stabiliscono che il Ministero delle poste e telecomunicazioni non tenuto ad alcuna forma di risarcimento verso l'utenza oltre l'indennit prevista dall'art. 28 dello stesso decreto presidenziale, nel caso di mancato recapito o manomissione di raccomandata . In riferimento agli artt. 3 e 113 Cost. la questione non fondata. Che il rapporto dell'Amminrstrazione delle poste con gli utenti abbia natura contrattuale e sia perci fondamentalmente soggetto al regime del diritto privato (sent. n. 303 del 1988) non una premessa sufficiente per dedurre che, in caso di perdita di una corrispondenza raccomandata, l'Amministrazione deve essere assoggettata a responsabilit per il pieno risarcimento dei danni, secondo la regola generale dell'art. 1218 cod. civ. Come ha precisato ulteriormente la 'Sent. n. 1104 del 1988, questo dato non conduce di per s ad escludere la possibilit di configurare una disciplina speciale, ispirata a criteri pi restrittivi di quella ordinaria in rapporto tanto alla complessit tecnica della gestione quanto all'esigenza del contenimento dei costi. Non vale richiamare il precedente della sentenza n. 303 del 1988, perch il caso su cui verte il giudizio a quo non pu essere paragonato al caso che ha dato luogo a quella sentenza, nel quale il mittente (Banca d'Italia) era legalmente tenuto a usare la forma della corrispondenza raccomandata. N si pu obiettare che le norme denunciate, in quanto riducono la responsabilit dell'Amministrazione a una somma pari a dici volte l'im (1) La sentenza parrebbe comportare la necessit di predisporre strumenti di indagine pi incisivi e distaccati e procedure meno di routine per l'acclaramento delle cause di perdita delle corrispondenze raccomandate; la frequenza delle perdite di raccomandate contenenti assegni potrebbe di per s indurre i giudici ordinari alla severit nei confronti dell'amministrazione. 13 PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA cosnTUZIONALE porto del diritto di raccomandazione, non rispettano la condizione che la somma-limite della responsabilit sia fissata in misura tale da garantire in ogni caso un ristoro serio e non fittizio del danno. La misura dell'indennizzo (conforme all'art. 50, n. 4, della Convenzione postale universale, resa esecutiva con d.P.R. 11 febbraio 1981, n. 358) correlativa al basso prezzo del servizio di raccomandazione, la cui funzione istituzionale quella di fornire un mezzo di prova facilmente accessibile della spedizione e dell'arrivo a destinazione di una 'lettera o di un plico, non la funzione di mezzo di trasporto di oggetti di vailore. Se l'utente include nella corrispondenza raccomandata carte-valore, pur nei limiti in cui ci non vietato dall'art. 83 del codice postale (che vieta solo l'inclusione .di titoli esigibili a1 portatore), egli usa il servizio per uno scopo estraneo alla causa del contratto, e quindi a suo rischio e pericolo. Se non intende correre questo rischio e garantire il contenuto della corrispondenza deve scegliere, pagando un corrispettivo adeguato, la forma dell'assicurazione convenzionale, che comporta l'assunzione, da parte del!' Amministrazione, di responsabilit commisurata al valore dichiarato. L'art. 113 Cost. richiamato fuori di proposito. Le norme denunciate non impediscono la tutela giurisdizionale del diritto dell'utente contro atti dell'Amministrazione postale, bens limitano il diritto per il quale la tutela pu essere invocata. {omissis) -II (omissis) In riferimento all'art. 28 Cost. il giudice a quo si duole dalla mancata distinzione, nelle disposizioni impugnate, tra perdita di lettere raccomandate cagionata da anomalie del servizio e perdita causata da sottrazione dolosa ad opera di dipendenti dell'Amministrazione postale. Sotto questo limitato profilo e in riferimento anche al principio di razionalit di cui all'art. 3 Cast., la questione fondata. n rinvio operato dell'art. 28 Cast. concerne le leggi regolatrici della responsabilit dei funzionau-i e dipendenti pubblici verso i terzi danneggiati, alla quale viene poi riferita la responsabilit concorrente dello Stato o dell'ente pubblico. Nell'ambito dei rapporti contrattuali la norma costituzionale non esclude la possibi'lit di legge restrittive di tale responsabilit concorrente, anche in deroga al limite dell'art. 1229 cod. civ. Ma in questi casi l'art. 28 Cast. conserva valore di principio, in riferimento al quale le accennate leggi restrittive devono giustificarsi secondo il canone della razionalit. Come gi si rammentato, la restrizione del!la responsabilit dell'Amministrazione in caso di perdita totale di corrispondenze raccomandate si giustifica, in generale, in correlazione al basso costo del servizio, imposto dall'esigenza di fornire alla popolazione un agevole mezzo di prova RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STA'fO della spedizione e dell'arrivo a destinazione di una comunicazione epistolare o di carte manoscritte o stampate. La legge (art. 83 del t.u. citato) non vieta che nel plico raccomandato siano incluse carte-valore a legittimazione nominale (sul presupposto, in realt sempre pi labile, della non negoziabilit di esse da parte di persone diverse dagli intestatari), ma l'utente che si avvale di tale facolt lo fa a suo rischio e pericolo, perch la funzione di trasporto di carte-valore, comprese quelle non colpite dal divieto dell'art. 83, esula da questa forma del servizio postale, e quindi non pu tradursi nel contenuto dell'obbligazione assunta dal vettore e della corrispondente responsabilit per l'adempimento. La ratio ora individuata vale per a giustificare l'esclusione del risarcimento dei danni, oltre la misura dell'indennit prevista dall'art. 48 del codice postale, solo nei casi in cui la perdita della lettera raccomandata, per ipotesi contenente titoli di credito aH'ordine o nominativi, sia causata da fatti di disservizio dovuti a inefficienze organizzative o gestionali oppure a colpa, anche grave, di singoli dipendenti. fuori dalla sua portata il caso di illecito impossessamento del contenuto della corrispondenza operato da agenti del servizio postale al fine di trarne profitto per s o altri. Alla stregua della razionalit pratica, matrice dell'equit, manifestamente contraddittorio consentire l'indusione nelle corrispondenze raccomandate di titoli all'ordine o nominativi addossando tuttavia all'utente anche il rischio di questo caso. L'obbligazione di trasporto e consegna al destinatario del plico raccomandato rimane qui inadempiuta non a causa di un'anomalia del servizio, che ha inciso nell'attivit di adempimento (cio per perdita o distruzione della corrispondenza dovute a negligenza di addetti al servizio o a difetti delle macchine di raccolta e di selezione), bens a causa dell'appropriazione del contenuto del plico da parte di dipendenti del gestore, in violazione non solo della legge penale, ma altres dell'obbligo specifico di evitare nell'esecuzione del contratto comportamenti pregiudizievoli alla persona o ai beni del creditore: obbligo pure derivante dal contratto in virt della regola di correttezza sancita dall'art. 1175 cod. civ., e in ordine al quale il debitore risponde anche del fatto dei suoi ausiliari (art. 1228 cod. civ.). Per stabilire l'imputabilit dell'illecito all'Amministrazione, ai fini della sussunzione sotto la fattispecie dell'art. 28 Cost., sufficiente il nesso di occasionalit necessaria con l'attivit di esecuzione del contratto, non essendo applicabile nel campo della responsabilit contrattuale il requisito di imputazione dei fatti illeciti extracontrattuali, per cui le attivit materiali e giuridiche dei pubblici dipendenti non sono riferibili all'Amministrazione se dettate da un fine egoistico, estraneo agli scopi istituzionali dell'ente (cfr. Cass. n. 3612 del 1979). Trattandosi di violazione di un obbligo ex contractu (obbligo accessorio di rispetto e di salvaguardia della persona e delle cose della contro 15 PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE parte) non correlato con la controprestazione dell'utente, l'esonero dell'Amministrazione da responsabilit per un congruo risarcimento deroga senza .giustificazione al principio della responsabilit concorrente dell'ente sancito dall'art. 28 Cost., e pertanto deve essere dichiarato costituzionalmente illegittimo. CORTE COSTITUZIONALE, 18 febbraio 1992, n. 51 (cam. cons.) -Pres. Corasainiti -Red. Baldas'Sarre. Tributi in genere Dovere di concorrere alle 'Spese pubbliche in ragione della capacit contributiva C.d. segreto bancario -Non opponibile. (Cost., artt. 76 e 77; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 63; d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 33; d.P.R. 15 luglio 1982, n. 463, artt. 2 e 7). Il se, il quanto e il come della tutela del segreto bancario sono lasciati alla scelta discrezionale del legislatore ordinario, il quale, in tale valutazione, tenuto a un non irragionevole apprezzamento dei fini di utilit e di giustizia sociale che gli artt. 41, secondo comma, e 42, secondo' comma, della Costituzione prevedono a proposito della disciplina delle attivit economiche e del regime delle appartenenze dei beni patrimoniali. Comunque, le scelte discrezionali del legislatore, ove si orientino a favo re della tutela del segreto bancario, non possono spingersi fino al punto di fare di quest'ultimo un ostacolo all'adempimento di doveri inderogabili di solidariet, primo fra tutti quello di concorrere alle spese pubbliche in ragione della propria capacit contributiva (art. 53 della Costituzione), ovvero fino al punto di farne derivare il bench minimo intralcio all'attuazione di esigenze costituzionali primarie, come quelle connesse all'amministrazione della giustizia e, in particolare, alla persecuzione dei reati (1). (1) Sentenza di grande importanza, che esclude il sussistere di una diretta garanzia costituzionale del riserbo bancario e ripristina con linearit e chiarezza una scala di valori rimasta sinora velata e distorta per il pluridecennale stratificarsi di opinioni non disinteressate. D'ora in poi, qualsiasi intervento del legislatore ordinario (o dell'interprete, spesso pi garantista del legislatore) a tutela del riserbo bancario dovr rispettare i principi enunciati nella. sentenza. Secondo tali principi, il circuito delle informazioni e dei documenti non deve subire interruzione alcuna, e deve tradursi -ove si realizzino i presupposti delle singole imposte -in atti di accertamento. Sotto -questo aspetto (trasmissione delle notitiae fiscalmente rilevanti ed utilizzazione delle stesse) non v' sostanziale differenza concettuale e pratica tra istruttoria fiscale con conseguente accertamento dell'illecito fiscale ed istruttoria penale con conseguente accertamento del reato. Il che ovvio, nell'uno e nell'altro caso dovendo l'ordinamento reprimere il comportamento deviante di un soggetto individuale. L'unico limite che occorre rispettare (cos recita la sentenza) quello dato dalla esigenza di evitare che, nei casi in cui una istruttoria penale abbia 16 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO La Commissione tributaria di primo grado di Pordenone ha sollevato questione di legittimit costituzionale dell'art. 63 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto), e dell'art. 33 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), che, a seguito delle modifiche apportate dagli artt. 7 e 2 del d.P.R. 15 luglio 1982, n. 463, al primo e al terzo comma, contengono una disposizione identica, in base alla quale la Guardia di finanza -nell'ambito di un rapporto di cooperazione con gli uffici finanziari per l'accertamento dell'imposta sul valore aggiunto, in un caso, e delle imposte sui redditi, nell'altro caso previa autorizzazione dell'autorit giudiziaria in relazione alle norme che disciplinano il segreto istruttorio, utilizza e trasmette agli uffici delle imposte documenti, dati e notizie acquisiti nei confronti dell'imputato nell'esercizio dei poteri e facolt di polizia giudiziaria e valutaria. Secondo il giudice a quo, tale disposizione violerebbe gli artt. 76 e 77, primo comma, della Costituzione, dal momento che costituirebbe l'esercizio di una funzione legislativa delegata svolta in contrasto con un principio direttivo contenuto nell'art. 10, n. 12, della legge 9 ottobre 1971, n. 825 (delega legislativa al Governo della Repubblica per la riforma tributaria), in base al quale il Governo stato delegato a stabilire l'introduzione, limitata a ipotesi di particolare gravit, di deroghe al segreto bancario nei rapporti con l'amministrazione finanziaria, tassativamente determinate nel contenuto e nei presupposti . La questione di costituzionalit sollevata dal giudice a quo non fondata. Con il termine di segreto bancario si denota un dovere di riserbo cui sono tradizionalmente tenute le imprese bancarie in relazione alle operazioni, ai conti e alle posizioni concernenti gli utenti dei ad affiancarsi ad una istruttoria fiscale o ad essere iniziata in assenza di una istruttoria fiscale, una troppo sollecita trasmissione di documenti ed informazioni anche agli uffici finanziari interessati potesse innescare iniziative di detti uffici (od illecite fughe di notizie) tali da arrecare pregiudizio o turbativa alle ulteriori indagini eventualmente in corso od attivabili ad iniziativa del magistrato inquirente. Si tratta dunque di una esigenza di coordinamento tra due (o pi) parallele e reciprocamente autonome attivit istruttorie: di una esigenza che l'accelerazione impressa alle istruttorie penali dal nuovo codice di procedura penale ha reso meno condizionante per le attivit istruttorie e di accertamento di competenza degli uffici finanziari, attivit che subiscono ritardi (e possono subire pregiudizio) dall'ancorch temporaneo e parziale black out informativo determinato dal segreto istruttorio, Si detto temporaneo e parziale perch -ovviamente -la salvaguardia del segreto istruttorio cessa automaticamente con il venir meno di detto segreto, e perch agli uffici finanziari devono essere trasmessi senza indugio e senza necessit di autorizzazione tutti quei documenti ed informazioni che non rivestono rilevanza penale. Come noto, in argomento ha statuito l'art. 18 commi 1 e 2 della legge 30 dicembre 1991, n. 413. I I ~ . ' ~~ PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE servizi da esse erogati. A tale dovere, tuttavia, non corrisponde nei singoli clienti delle banche una posizione giuridica soggettiva costituzionalmente protetta, n, men che meno, un diritto della personalit, poich la sfera di riservatezza con la quale vengono tradizionalmente circondati i conti e le operazioni degli utenti dei servizi bancari direttamente strumentale all'obiettivo della sicurezza e del buon andamento dei traffici commerciali. In ragione di ci, il se, il quanto e il come della tutela del segreto bancario son lasciati alla scelta discrezionale del legislatore ordinario, il quale, in tale valutazione, tenuto a un non irragionevole apprezzamento dei fini di utilit e di giustizia sociale che gli artt. 41, secondo comma, e 42, secondo. comma, della Costituzione prevedono a proposito della disciplina delle attivit economiche e del regime delle appartenenze dei beni patrimoniali. Al livello dei principi costituzionali resta fevmo, comunque, che le scelte discrezionali del legislatore, ove si orientino a favore della tutela del segreto bancario, non possono spingersi fino al punto di fare di questo ultimo un ostacolo all'adempimento di doveri inderogabili di solidariet, primo fra tutti quello di concorrere alle spese pubbliche in ragione della propria capacit contributiva .(art. 53 della Costituzione), ovvero fino al punto di farne derivare il bench minimo intralcio all'attuazione di esigenze costituzionali primarie, come quelle connesse all'Amministrazione della giustizia e, in particolare, alla persecuzione dei reati. Entro questa cornice di principi costituzionali va collocata la legge delega invocata come norma interposta del giudizio di costituzionalit sulle disposizioni impugnate. Il legislatore delegato, infatti, tenuto a dare attuazione alla legge di delegazione interpretandone i contenuti normativi in armonia con i principi costituzionali. Sicch l'inquadramento delle direttive stabilite dall'art. 10, n. 12, della legge n. 825 del 1971 all'interno delle norme costituzionali di riferimento si rende necessario proprio .al fine di valutare la costituzionalit delle disposizioni poste dal legislatore delegato in attuazione di quelle direttive. Interpretata nel contesto dei principi costituzionali ora menzionati, la disposizione della legge delega invocata come norma interposta nel presente giudizio di costituzionalit non pu avere il significato ad essa attribuito dal giudice a quo. In altri termini, la norma direttiva contenuta nell'art. 10, n. 12, della legge n. 825 del 1971 -per la quale il legislatore delegato tenuto a provvedere alla introduzione, limitata a ipotesi di particolare gravit, di deroghe al segreto bancario nei rapporti con l'Amministrazione finanziaria, tassativamente determinate nel contenuto e nei presupposti -non pu avere il significato di riconoscere il segreto bancario come principio anche nei confronti dell'autorit finanziaria procedente all'accertamento degli illeciti tributari, principio che pu essere derogato soltanto nei casi, tassativamente determinati, di illeciti di particolare gravit. Se questo dovesse esserne il significato, si do 18 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO vrebbe seriamente dubitare della legittimit costituzionale dell'art. 10, n. 12, della legge delega in riferimento ai principi costituzionali affermati negli artt. 2 e 53 della Costituzione e questa Corte non esiterebbe ad accogliere il suggerimento dell'Avvocatura dello Stato a sollevare di fronte a se stessa la questione di costituzionalit. In realt, se la norma di delega dev'esser interpretata in armonia con la Costituzione e, pi in particolare, con il principio che il dovere di riservatezza connesso con il segreto bancario non pu coprire illeciti tributari e non pu essere di ostacolo all'accertamento dei medesimi illeciti, l'art. 10, n. 12, non pu essere visto come diretto a riconoscere il principio del segreto bancario, di fronte al quale gli interventi dell'autorit pubblica vlti all'accertamento degli illeciti tributari siano configurati come deroghe eccezionali e, persino, sospette , tanto da esigere determinazioni tassative e limitate ai casi di maggior gravit. In altri termini, alla riservatezza cui le banche sono tenute nei confronti delle operazioni dei propri clienti non si pu applicare il paradigma di garanzia proprio dei diritti di libert personale, poich alla base del segreto bancario non ci sono valori della persona umana da tutelare: ci sono, pi semplicemente, istituzioni economiche e interessi patrimoniali, ai quali, secondo la giurisprudenza costante di questa Corte, quel paradigma non applicabile (v. sentt. nn. 55 del 1968 e 22 del 1971). Ci significa che la stessa norma di delega non pu essere interpretata come una norma restrittiva dei poteri di accertamento dell'Amministrazione tributaria di fronte al segreto bancario, tanto pi che, quando l'art. 10, n. 12, fa riferimento alle ipotesi di particolare gravit che legittimerebbero l'accesso degli uffici finanziari ai dati riservati custoditi dalle banche, non pu non ricomprendere in quelle ipotesi tutti i possibili casi di illecito tributario per evasione. Alla luce dei principi costituzionali, infatti, l'evasione fiscale costituisce in ogni caso una ipotesi di particolare gravit, per il semplice fatto che rappresenta, in ciascuna delle sue manifestazioni, la rottura del vincolo di lealt minimale che lega fra loro i cittadini e comporta, quindi, la violazione di uno dei doveri inderogabili di solidariet >>, sui quali, ai sensi dell'art. 2 della Costituzione, si fonda una convivenza civile ordinata ai valori di libert individuale e di giustizia sociale. In definitiva, la direttiva contenuta nell'art. 10, n. 12, della legge n. 825 del 1971, vincola il legislatore delegato a conformare i rapporti tra le imprese bancarie e i poteri di accertamento propri dell'Amministrazione tributaria in modo che quest'ultima possa accedere ai dati relativi alle operazioni o ai patrimoni di singoli clienti, tenuti riservati dalle I banche, purch si tratti di ipotesi e di modalit prestabilite dalla legge. fil f: Infatti, poich in via di principio nessun documento o nessun dato, II ~~ relativo agli utenti dei servizi bancari e detenuto confidenzialmente dalle f.: banche, pu essere sottratto ai poteri di accertamento degli uffici tribu PARTE I, SBZ. I, GIURISPRUDENZA .COSTITUZIONALE 19 tari, il significato sostanziale della norma di delega ora esaminata qello di sottoporre tali poteri al principio di legalit, di modo che questi ultimi non po:ssano essere svolti arbitrariamente e indiscriminatamente. Ad avvis del giudice a quo, il legislatore delegato mentre avrebbe accti:ratatnente attuato la predetta direttiva con fart. 51 bis deL d.P.R. n. 633 del 1972 e con l'art. 35 del d.P.R. n. 600 del 1973, ne avrebbe, invece, violato il contenuto sostanziale con le disposizioni impugnate. I ricordati artt. 51 bis e 35, nei testi introdotti, rispettivamente, dall'art. 5 e dall'art. 3 del d.P.R. 15 luglio 1982, n. 463 (che, peraltro, risultano ora abrogati dalla legge 30 dicembre 1991, n. 413 art. 18, punto 2, lett. e) e pnto 1, 1ett. h; hanno predeterminato _..... l'uno in relazione all'imposta sul valore aggiunto e l'altro in relazione alle imposte sui redditi -i fatti o gli indizi . (omessa presentazione della dichiarazione, accertamento di corrispettivi o redditi reali superiori di una certa percentuale rispett a quelli dichiarati, etc.), in presenza dei quali gli uffici finanziari sono abilitati ad accedere ai documenti, alle notizie e ai dati conservati . dalle aziende e dagli istituti di credito. In tali casi, occorre ricordarlo, l'esercizio del potete di accesso alle predette informazioni riservate. subordinato alla previa autorizzazione del presidente della commissione tributaria di primo grado territorialmente competente, vale a dire alla previa autorizzazione di un magistrato incaricato di presiedere un organo avente natura giurisdizionale. Le disposizioni impugnate -cio l'art. 63, primo comma, seconda proposizione, del d.P.R. n. 633 del 1972 e l'art. 33, terzo comma, seconda proposizione, del d.P.R. n. 600 del 1973, nei testi risultanti dopo le modifiche ad essi apportati, rispettivamente, dagli artt. 7 e 2 del gi menzionato d.P.R. n. 463 del 1982 -prevedono una via ulteriore e diversa attraverso la quale gli uffici finanziari, pur sempre ai fini dell'accertamento di eventuali illeciti tributari, possono avere accesso ai documenti e ai dati riservati tenuti dalle aziende o dagli istituti di credito. In base alle citate disposizioni, infatti, la Guardia di finanza, previa autorizzazione dell'autorit giudiziaria in relazione alle norme sul segreto istruttorio, utilizza e trasmette agli uffici delle imposte documenti, dati e notizie acquisiti nei confronti dell'imputato nell'esercizio dei poteri di polizia giudiziaria e valutaria; Secondo il giudice a quo, la previsione in questa disposizione della sola previa autorizzazione del giudice inquirente e la mancata predeterminazione, in tal caso, delle ipotesi legittimanti l'accesso ai dati riservati costituirebbero motivo d'illegittimit costituzionale per violazione della norma di delega esaminata nel . punto precedente della motivazione. Tale assunto, tuttavia, non pu essere condiviso. In realt le norme sospettate d'incostituzionalit abilitano la Guardia di finanza a trasmettere agli uffici delle imposte informazioni, dati o documenti, rilevanti per l'accertamento di illeciti tributari, che .,._ :--... ... -. --::-: ... ... .. .. .... ..... ... -...... :-: . 20 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO siano stati acquisiti dalla stessa Guardia di finanza nell'esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria. Ci significa che quest'ultima ha originariamente accesso ai dati cui si riferiscono le disposizioni impugnate in relazione a ipotesi che la legge penale predetermina come ipotesi di reato, in conformit al principio di riserva assoluta di legge, stabilito dall'art. 25, secondo comma, della Costituzione. Inoltre, nella sua attivit di polizia giudiziaria, vlta al reperimento o alla verifica dei suddetti dati, la Guardia di finanza agisce, oltrech secondo modalit stabilite dalla legge, sotto l'impulso, il controllo e la vigilanza dell'autorit giudiziaria, cos come previsto in genera.le per le attivit di prevenzione e di repressione dei reati. .Tutto ci dimostra che l'accesso ai dati riservati cui si riferiscono le disposizioni impugnate sottoposto a rigorose condizioni di predeterminazione legale e di controllo giudiziario, le quali anzi, proprio perch attengono alla persecuzione dei reati, sono definite persino in modo pi preciso e garantistico rispetto a quelle stabilite dai ricordati artt. 51 bis e 35 per l'accertamento degli illeciti tributari da parte degli uffici delle imposte. L'illimitata trasmissibilit dei dati coperti da segreto bancario da parte della polizia giudiziaria a favore dell'amministrazione finanziaria si basa, dunque, sul presupposto che il segreto ban I cario non pu in alcun modo sussistere di fronte alla (legittima) attivit I di prevenzione e di repressione dei reati (artt. 248, secondo comma, c.p.p. I e 255 c.p.p.). E poich tale attivit risponde a requisiti di legalit e di controllo giudiziario particolarmente rigorosi, nessun ostacolo pu sus II sistere affinch i dati riservati (legittimamente) acquisiti per tale via possano essere comunicati all'amministrazione finanziaria e possano essere da quest'ultima pienamente utilizzati, anche al di l delle ipotesi previste dai pi volte citati artt. 51 bis e 35 (come ora, a definitivo chiarimento, stabilisce l'art. 5, quattordicesimo e quindicesimo comma, del decreto-legge 3 maggio 1991, n. 143, convertito dalla legge 5 luglio 1991, I n. 197). Ci, del resto, come si prima accennato, corrisponde al bilanciamento dei valori costituzionali, in base al quale i valori collegati ~ ~ * al dovere di riserbo sui dati bancari sono sicuramente recessivi di fronte a quelli riferibili al dovere inderogabile imposto dall'art. 53 della Costituzione e, a maggior ragione, di fronte all'esigenza costituzionale primaria collegata alla persecuzione dei reati. L'unico limite che occorre rispettare. nella altrimenti piena possibilit della polizia giudiziaria di trasmettere agli uffici delle imposte gli anzidetti dati va individuato nella imprescindibile esigenza. che a quclla trasmissione non consegua alcun pregiudizio agli interessi protetti con il segreto istruttorio o, in genere, con il segreto attinente alla fase delle indagini preliminari. Di ci, a ragione, si . preoccupano le disposizioni impugnate allorch subordinano la trasmissione agli uffici finanziari delle informazioni e dei documenti in possesso della polizia giudiziaria alla previa autorizzazione del giudice, la quale espressamente giustificata PARTE I,. -SBZ. I, (;llJRISPR:ul>BNZA .COSTITUZIONALE dall'esigenza disalvaguatdare l'efficienza e -iL buon esito della mdagine penale e di tutelare i diritti della persona sottoposta all'indagine medsima. l'ale __ autorizzazione_ evidentemente -diretta a ~golare i-confini e le . possibili interferenze tra !'.istruttoria pnale e quella. tributaria, sicch, contrariamente a quanto suppone il giudice a quo, non pu essere posta $illl9 stess9 pi~Q dei poteri giudiziali di aces1>9 .ai dati.-ri1>e:rvati, che sono drstinta,rnertte disciplinati _.dalle . norme sulle indagini di polizia giUdiziaria: {arttCi4s, secondo comma, e 255 c.p.p;) e_ da quelle sull'accertamento tributario (artt 51 bis e 35, prima ricordati). COR.'fE CST~.l'UZION.ALE, 4.. marzo 1992,. n..80 Pres. CorasantL~ R.ed. (Jranata S.p.,A. ',l'echnicolor (avv. Colesanti), S~p.A. Telecolor. (avv. Decret1> pretorile di esecutivit Emissione inaudita ajteJ:l\-Ptirte ~ Vie>la~oJie deldi:ritto di difesa -~-Ne>n sus1dste. {Coi;t.; -art'}4; .cod.ne di provvedimenti indilazionabili ex art. 618 cod. proc. civ., i quali secondo un';:iccre.ditata opinione dottrinale, fatta propria dal[a pi recente giurisprudenza della Corte di Cassazione, comprendono anche la facolt di sospendere l'esecuzione. In dottrina si ritiene amn:dssibile anche un'ordinaria azione di accertamento. Inoltre, nel caso particolare dell'erre>re commesso dal pretore nel valutare come rituale (e quindi omologare) un lodo ohe invece . irrituale, la giurisprudenza ritiene ammissibiile l'impugnativa negoziale del lodo stesso e non gi l'azione di nullit, ciella sentenza arbitrale. Ci. che comunque in questa sede, ..rileva , che. il .. diritto di difesa, sanclto. dall'art. 24 Cost., .vuole che. il. provvedimento del pretore che ha. controllato i presupposti .per. la dichiar;:izione di esecutivit del lodo trasformandolo in sentenza arbitrale sia -come in effetti -esso stess9. sindacabile anche se successivamente. Tanto sufficiente al fine dell'esame della questione di costittiziona. it per poter riconoscere che il. contraddittorio tra le parti si instaura in termini costituzionalmente adeguati dopo l'emanazione d,el decreto pretorile anche nell'ipotesi in cui esso sia dichiarativo dell'esecutivit del lodo. Versandosi quindi in fattispecie di mero differimento dell'instaurazione del contraddittorio, questa Corte ritiene di conferm~e la propria giurisprudenza in . ordine alfa ritenuta compatibilit. di siffatta posticipazione con la garanzia del diritto di difesa sancito daill'art. 24 Cost. . Cos, con riferimento al decreto con cui il giudice liquida il compnso al consulente tecnico, decreto che costituisce titolo esecutivo contro la parte a carico della quale posto il pagamento ed . pr<;munciato senza la previa i.nstaurazione del contra~l<;littorio (art. 24, disp. att. cod. proc. civ.), la Corte (sent. n. 125 .del 19]2) -nehl'a.ssimilare tale provvedimento al decreto ingiuntivo con conseguente ritenuta ammissibilit dell'opposizione della parte interessata -ha affermato ch in tale fattispecie non precluso il contraddittorio, ma ne differita l'attuazione alla fase processuale di opposizione ed in questa successiva fase che trova esplicazione la garanzia deil diritto di difesa, che non resta infirmato dlla legge che ne adegua le modalit di esercizio alle speciali caratteristiche di struttura dei singoli procedimenti . E tale indirizzo ha trovato cnferma anche con riferimento al procedimento per ingiun RASSEGNA AVVOCATURA DEIJ,Q STATO 24 zione e alla possibilit di iscrizione dell'ipoteca giudiziaile sulla base del decreto provvisoriamente esecutivo (ord. n. 37 del 1988). Solo allorch nel procedimento che precede l'instaurazione del contraiddittorio si sia formato un titolo dotato di provvisoria esecutivit, non suscettibile di sospensione nel'la successiva fase in cui il contraddittorio viene instaurato, risU!lterebbe gravemente inciso il diritto di difesa (sent. n. 141 del 1970); ma nella specie -come gi posto in evidenza -l'esecuzione della sentenza arbitrale, formatasi sulla base di un illegittimo decreto pretorile dichiarativo dell'esecutivit del lodo, in ogni caso suscettibile di sospensione. (Omissis) CORTE COSTITUZIONALE, 27 marzo 1992, n. 133 -Pres. Corasaniti - Red. Granata. Santuzzi ed altri c. Presidente del Consiglio dei Ministri (avv. Stato Caramazza). Stupefacenti e sostanze psicotrope Detenzione in quantit superiore alla dose media giornaliera . Reato di pericolo Discrezionalit del legislatore Incensurabilit Violazione del principio di offensivit del reato, del principio di eguaglianza e della libert personale Manifesta infondatezza. Stupefacenti e sostanze psicotrope -Detenzione in quantit superiore alla dose media giornaliera Decreto del Ministro della Sanit che fissa i limiti quantitativi massimi di principio attivo per la determinazione della dose media giornaliera . Violazione della riserva di legge Manifesta infondatezza. Stupefacenti e sostanze psicotrope Detenzione in quantit supeliore alla dose media giornaliera . Coscienza dell'antigiuridit del fatto e conoscibilit del precetto penale Violazione del principio della personalit della responsabilit penale e della finalit rieducativa della pena -In fondatezza. Stupefacenti e sostanze psicotrope . Detenzione in quantit superiore alla dose media giornaliera Sospensione dell'esecuzione della pena detentiva per l'attuazione di un programma terapeutico o socioriabilitativo -Inapplicabilit in concreto al mero tossicofilo -Violazione del principio di eguaglianza Infondatezza. Cqst., artt. 3, 13, 25, 27; d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, artt. 73, 75, 78, 90). Le incriminazioni di pericolo presunto non sono incompatibili in via di principio con il dettato costituzionale purch non siano irrazionali ed arbitrarie, .pertanto manifestamente infondata la questione di legittimit costituzionale degli artt. 73, 75 e 78 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, con riferimento agli artt. 3, 13 e 25 Cast. nella parte in cui adottano un criterio quantitativo oggettivo ai fini della discriminazione della PARTE I; SEZ. I, .GIURISPRUDENZACOSTITUZIONALE 25 condotta punibile con sanzione penale (spaccio) da quella punibile con sanzione amministrativa (consumo) non essendo n arbitraria n irragionevole la scelta di politica criminale di valutare il pericolo di spaccio come insito nell'accumulazione di sostanze stupefacenti oltre un dato limite (1). manifestamente infondata la questione di legittimit costituzionale degli artt. 73, 75 e 78 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, in riferimento all'art. 25 Cast., nella parte in cui demandano ad un decreto del Ministro della Sanit la determinazione dei limiti quantitativi massimi di principio attivo per la determinazione delle dosi medie giornaliere, in quanto la fattispecie penale risulta sufficientemente descritta nei suoi elementi essenziali dalla norma primaria, residuando soltanto una determinazione tecnica sulla base di nozioni di tossicologia, farmacologia e statistica sanitaria (2). infondata la questione di legittimit costituzionale degli artt. 73, 75 e 78 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, in riferimento all'art. 27, primo e terza comma, Cast., nella parte in cui prevede che il discrimine quantitativo della detenzione di stupefacenti penalmente rilevante sia correlato ad una misura predeterminata in via generale non suscettibile di adattamento al caso concreto e senza tener conto della variabilit dei quantitativi di sostanza pura presente nelle singole dosi, di cui l'agente non consapevole (3). infondata la questione di legittimit costituzionale dell'art. 90 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, in relazione all'art. 3 Cast., nella parte in cui la sospensione dell'esecuzione della pena detentiva per l'attuazione di un programma terapeutico o socio-riabilitativo in pratica appli( 1-4) La Corte conferma buona parte di quanto affermato nella sent. 11 luglio 1991, n. 333 (in questa Rivista, 1991, p. 172, con nota di W. FERRANTE, Modica quantit, dose media giornaliera e modesta entit nella detenzione di stupefacenti ed in Foro it., 1991, I, 2628, con osservazioni di G. GIORGIO e nota di G. FIANDACA) a cui hano fatto seguito varie ordinanze di manifesta infondatezza. Due le questioni nuove esaminate, e dichiarate infondate, nella sentenza in commento. La prima riguarda la coscienza dell'antigiuridicit della condotta sotto il profilo sia della conoscibilit della d.m.g. fissata dalla norma e applicabile al caso, sia della consapevolezza di detenere droga con una quantit di principio attivo superiore a quella indicata nel decreto ministeriale. Secondo il giudice rimettente la previsione di un discrimine quantitativo rigidamente predeterminato in via generale e la variabilit della quantit di sostanza pura nelle c.d. dosi da strada esporrebbero il detentore al rischio di essere punito anche quando non consapevole di detenere droga in misura superiore alla d.m.g. In realt la questione della conoscenza della quantit di principio attivo nella dose di droga detenuta non nuova perch gi incidentalmente esaminata nella sent. 333/91 in cui si legge: nell'ipotesi in cui il soggetto tossicodipendente o tossicofilo acquisti una quantit di droga che normalmente contiene un principio attivo inferiore a quello di legge ma llASSBGNA AVVOCATURA -DELLO STATO cabile solo in caso di consumo abituale di droghe pesanti perch presuppone di fatto uno -stato di tossicodipendenza non ipotizzabile in caso di consumo occasionale o di droghe leggere che non inducono a dipendenza (4). (Omissis) La prima delle numerose questioni di costituzionalit sollevate, ch si vengono ard esaminare separatamente, suddividendole secondo le norme impugnate ed i parametri costituzionali di riferimento, ha ad oggetto gli artt. 71, 72 e 72 quater della 1legge 22 dicembre 1975, n. 685, come modificati dalla legge 26 giugno 1990, n. 162 (corrispondenti rispettivamente agli artt. 73, 75 e 78-del t.u. approvato on d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, norme alle quali di segtlito si far esclusivo riferimento); tali disposizioni -secondo giudici rimettenti (g.i.p. presso il Tribunale di Roma, Tribunale di Torino -violano l'art. 3 Cost. perch prevedono un'arbitraria ed irragionevole presunzione assoluta di spaccio di sostanze stupefacenti nel caso di detenzione in misura superiore alla dose media giornaliera (di seguito d.m.g.) in quanto l'esperienza giudiziaria mostra che non dato escludere che i tossicodipendenti ricorrano aj:l'accv.mulazione di sostanze stupefacenti in quantit superiore a tale parametro per il soddisfacimento del fabbisogno quotidiano. La questione manifestamente infondata. Nella sentenza n. 333 del 1991 questa Corte ha gi affermato che le incriminazioni di pericolo presunto non sono incompatibili in via di principio con iil dettato costituzionale, purch non siano irrazionali I od arbitrarie. Ha quindi individuato la ratio (non arbitraria, n irragio I ~ nevole) deila norma incriminatrice, che prevede come reato la detenzione di sostanze stupefacenti per uso personale in misura superiore alla che per avventura risulti essere particolarmente pura e quindi ricca di principio attivo in misura superiore a quella di legge, potrebbe mancare la con I sapevolezza del superamento della soglia di punibilit e quindi il dolo e, per esso, il reato stesso . Dopo aver richiamato tale obiter dictum la Corte osserva, sul secondo profilo, che il giudizio sulla conoscibilit del punto di discrimine tra detenzione lecita ed illecita appartiene al giudice del merito il quale dovr accertare -seguendo i criteri fissati nella nota sent. Corte Cost., 24 marzo 1988, n. 364, in Foro it., 1988, I, 1385 con nota di G. FIANDACA -se il detentore versi in uno stato di scusabile ignoranza della quantit di d.m.g. normativamente prevista. La seconda questione nuova riguarda il c.d. patto terapeutico che secondo il gidice rimettente costituirebbe un ingiustificato privilegio del tossicodipen dente perch di fatto solo lui, e non anche il mero tossicofilo, potrebbe usufruirne; ma scndo la Cort lo stato di tossicodipendenza il logico presupposto di tale misura premiale sia perch nei confronti del tossicofilo-non tossicodipendente viene meno la ratio della norma (che di incoraggiare e sostenere una terapia o riabilitazione), sia perch il consumo di droga indotto da uno stato di dipendenza cosa ben diversa da quello riconducibile nella sfera di libero arbitrio del soggetto. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE d.m.g., nell'esigenza -conseguente ad una pi rigorosa valutazione del fenomeno-droga e dei suoi effetti -sia di rendere estremamente improbabile che il detentore possa spacciare, od anche solo cedere a terzi, pur se in piccola parte, la sostanza detenuta, sia di limitare l'accumulo di droga per uso personale al fine di contrastarne l'illecito traffico, costretto dalla parcellizzazione della domanda a moltiplicre i rivoli dell'ultima fase dello spaccio. Tale principio, pi ampiamente argomentato nella citata sentenza, non pu che essere ribadito anche in questa sede, non avendo i giudici rimettenti prospettato profili nuovi e diversi rispetto a quelli gi valutati da questa Corte. E stata poi sollevata (dal Tribunale di Roma, dal g.i.p. presso il Tribunale di Roma, dal Tribunale di Torino, dal g.i.p. presso il Tribunale di Campobasso, dal g.i.p. presso il Tribunale di Crotone) questione di costituzionalit degli artt. 73, 75 e 78 del t.u. citato per contrasto con l'art. 3 Cost. sotto il profilo della disparit di trattamento nella forma di pari trattamento di situazioni diverse perch, in caso di detenzione di sostanze stupefacenti in misura superiore alla d.m.g., sarebbero assoggettati alla stessa pena sia lo spacciatore che ha ceduto la droga, sia il tossicodipendente o tossicofilo che l'ha consumata. Anche tale seconda questione manifestamente infondata. Ha gi affermato questa Corte, nella cit. sentenza n. 333/91, che le due fattispecie poste a raffronto (spaccio e mera detenzione per uso personale di sostanze stupefacenti), ove aventi ad oggetto una quantit appena superiore alla d.m.g. non sono affatto entrambe al limite minimo della soglia di punibilit, atteso che lo spaccio, essendo sanzionato anche se relativo a quantitativi inferiori alla d.m.g., non rappresenta la condotta di minor disvalore penale destinata in linea di principio all'applicazione della pena minima, salva la possibile incidenza in concreto della valutazione discrezionale del giudice ex artt. 132 e 133 cod. pen. al fine della quantificazione della pena. Tale differenziazione sul piano sanzionatorib -progressivamente pi rilevante in caso di quantitativi che superano in misura maggiormente considerevole la d.m.g. -esclude la disparit di trattamento prospettata dai giudici rimettenti, mentre la configurazione in tal caso di un solo reato con plurime condotte alternative non in s arbitrari od irragionevole irt considerazione del fatto che offerta (spaccio) e domanda (consumo) sono profili interagenti di un unico fenomeno . D'altra parte la posizione del consumatore non spacciatore si differenzia ulteriormente perch -come ha gi affermato questa Corte l'inequivoca destinazione all'uso personal della droga detenuta anche in quantit non lieve pu essere valorizzata dal giudice penale al fin di ritenere non di meno integrato il presupposto del fatto di lieve entit, di cui al quinto comma dell'art. 73, con conseguente applica 28 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO zione delle meno severe pene da tale disposizione previste, atteso che tra le circostanze dell'azione ivi menzionate sono comprese anche le circostanze soggettive tutte, e quindi anche le finalit della condotta tenuta dall'agente; infatti, come risulta inequivocabilmente dagli atti parlamentari (v. soprattutto l'intervento del rappresentante del Governo, I =~ sen. Castiglione, Senato della Repubblica, seduta del 12 giugno 1990), la sostituzione, nel quinto comma dell'art. 73, dell'originario riferimento alle circostanze inerenti alla persona del colpevole con quello alle circostanze dell'azione era stata dettata dall'esigenza di ampliare (e non gi di restringere) la rilevanza delle circostanze per comprendervi quelle soggettive e quelle oggettive. Un'ulteriore questione di costituzionalit ha investito gli artt. 73, 75 e 78 del t.u. citato per contrasto con gli artt. 13 e 25 Cost. per violazione del principio della necessaria offensivit del reato, quale limite alla discrezionalit del legislatore penale, giacch nel caso della detenzione destinata al consumo o di effettivo consumo di sostanze stupefacenti in quantit superiore alla d.m.g. non sarebbe configurabile la lesione o I l'esposizione a pericolo di alcun bene giuridico che possa giustificare la I sanzione penale. Anche tale questione -sollevata dal Tribunale di Roma, dal g.i.p. presso il Tribunale di Roma, dal Tribunale di Torino, dal g.i.p. presso I I r.: il Tribunale di Campobasso - manifestamente infondata; ed infatti questa Corte, dopo aver precisato che la condotta punita la detenzione I ~= per uso personale di sostanze stupefacenti e non gi il consumo (n != tanto meno -pu aggiungersi -il consumo pregresso), ha gi ritenuto, ~ nella pi volte citata sentenza n. 333 del 1991, che il principio della necessaria offensivit del reato non stato leso, essendo l'apprezzamento del legislatore in ordine alla condotta prevista nella fattispecie penale astratta n irrazionale, n arbitrario in ragione della (gi ricordata) ratio sottesa i: " all'incriminazione della detenzione per uso personale di quantit di droga superiore alla d.m.g.; ratio che quella per un verso, di ridurre il pericolo che una parte della sostanza detenuta possa essere venduta o ceduta a terzi, e, per altro verso, di indurre la domanda, e di riflesso l'offerta, a modellarsi su quantitativi minimi in guisa da costringere lo spaccio a parcellizzarsi al massimo e da renderne cos pi difficile la pratica; tutto ci per perseguire l'obiettivo di tutela di valori costituzionalmente rilevanti (salute pubblica, sicurezza pubblica, ordine pubblico). Invece l'offensivit della condotta concreta tenuta dall'agente costituisce oggetto di accertamento (caso per caso) del giudice di merito. Si poi ritenuto (dal Tribunale di Roma, dal Tribunale di Camerino, dal Tribunale di Torino, dal Tribunale di Sassari, dal g.i.p. presso il Tribunale di Campobasso) che i medesimi artt. 73, 75 e 78 del t.u. citato contrastino con l'art. 25 Cost. per violazione della riserva di legge in materia penale in quanto demandata ad un decreto del Ministro della PARm I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE sanit la determinazione dei limiti quantitativi massimi di princ1p10 attivo per le dosi medie giornaliere senza che risulti soddisfatta l'esigenza di predeterminazione ad opera della norma primaria del contenuto essenziale della fattispecie penale .. Tale questione stata gi .esaminata da questa Corte nella sentenza n. 333 dell991, in cui le norme censurate sono state ritenute compatibili conJ'obbligo della riserva .di..legge, essendo sufficientemente determinato dalla norma .primaria il precetto penalmente sanzionato, mentre -in funzione di mera integrazione. dello stesso - demandato al Ministro della sanit l'esercizio di una cliscrezionalit meramente tecnica, tenendo conto dello stato attuale delle conoscenze scientifiche, senza che sia con sentita alcuna valutazione in chiave di prevenzione o di repressione. Invece l'eventuale illegittimit in concreto dell'integrazione amministrativa della norma incriminatrice non pone un problema di compatibilit con il precetto costituzionale della riserva di legge, ma radicherebe. il potere-dovere del giudice ordinario di disapplicare caso per caso il decreto .ministeriale suddetto .. .Comiessa a quest'ultima questione. poi quella, specificamente sollevata dal Tribunale di Torino, che investe gli artt. 73, 75 e 78 del T.U. citato, ulteriormente censurati per contrasto con gli artt. 3 e 25 Cost. sotto i profili della disparit di trattamento di situazioni analoghe, della violazione del principio. di offensivit e della violazione del principio della riserva di legge, perch la quantificazione in maniera tassativamente tabellata della d.m.g. comporta la conseguenza di far discendere la responsabilit del soggetto da un fattore (la misurazione) che per definizione presenta margini pressoch imprescindibili di errore. Anche in tal caso soccorrono le valutazioni gi fatte nella sentenza n. 333/91 per ritenere manifestamente infondata la questione. Dovendo la soglia quantitativa (la d.m.g.), che scrimina tra la detenzione punibile e quella non punibile, essere media ed essere riferita all'arco di una giornata, conseguenziale -ma non per ci solo irragionevole -che tale criterio presenti margini inevitabili di approssimazione , cos come ogni standardizzazione. sufficiente per, per ritenere rispettato il precetto costituzionale della riserva di legge, che la determinazione del suddetto parametro avvenga seco.ndo le attuali conoscenze scientifiche e tecniche di campionatura e di accertamento, mentre la prevista variabilit delle tabelle in relazione alla evoluzione delle conoscenze del settore (art. 78, secondo comma) rappresenta un sufficiente correttivo del possibile errore statistico del criterio adottato. Un'ulteriore. questione di costituzionalit (anch'essa sollevata dal Tribunale di Torino) riguarda i medesimi artt. 73, 75 e 78 del T.U. citato per contrasto con il principio della personalit della responsabilit penale, posto dall'art. 27, 1 co., Cost., e con il principio della finalit di rieducazione cui la pena deve tendere (art. 27, 3 co., Cost.) perch il soggetto RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO agente non posto in condizione di percepire l'antigiuridicit del comportamento tenuto per essere il discrimine quantitativo (della detenzione penalmente rilevante), correlato non gi alle sue personali necessit quotidiane di droga, ma ad una misura rigidamente predeterminata in via generale, non suscettibile di adattamento al caso concreto; e perch inoltre, la variabilit dei quantitativi di sostanza pura presente nelle singole dosi da strada viene a determinare una situazione di rischio alla quale l'agente deve soggiacere a prescindere da ogni effettiva componente individuale di prevedibilit e consapevolezza. Entrambi i profili di censura non sono fondati. Ed infatti la coscienza dell'antigiuridicit della condotta -valorizzata da questa Corte nella sentenza n. 364 del 1988, che ha dichiarato l'illegittimit costituzionale dell'art. 5 c.p. nella parte in cui non esclude dall'inescusabilit dell'ignoranza della legge penale l'ignoranza inevitabile -attiene al precetto normativo e non gi al giudizio di disvalore ad esso sotteso, che espressione della scelta di politica ciriminale del legislatore, in astratto sindacabile sotto i profili finora esaminati, ma non certo censurabile ove in concreto difforme dall'apprezzamento soggettivo del singolo autore della condotta vietata. In particolare la citata sentenza n. 364/88, dopo aver giudicato corretta la tesi della inesistenza nella Costituzione di un vincolo per il legislatore ordinario di non sanzionare penalmente fatti carenti di effettiva conoscenza dell'antigiuridicit, ha poi ravvisato come requisito subiettivo minimo costituzionalmente necessario la possibilit della conoscenza della legge penale ed ha conseguentemente elevato a ragione di esclusione della colpevolezza l'ignoranza inevitabile della stessa, pur qualificando tale soltanto quella che l'agente non ha potuto evitare nemmeno adempiendo ai doveri strumentali di informazione e conoscenza. La coscienza dell'antigiuridicit richiesta dalla Costituzione si risolve quindi nella conoscibilit del precetto penale da parte del soggetto agente, con la precisazione che anche in relazione a reati sforniti di disvalore sociale deve ritenersi che l'agente versi in evitabile e, pertanto, rimproverabile ignoranza della legge penale quando la mancata percezione dell'illiceit derivi dalla violazione degli obblighi di informazione della normativa vigente che sono alla base di ogni convivenza civile. Escluso il denunciato vizio di incostituzionalit della norma, rimane per affidato al giudice di merito -nei limit puntualizzati dalla citata sentenza n. 364/88 -stabilire in concreto se -alla stregua delle informa zioni in proposito fornite al singolo nell'attuale contesto storico -debba dirsi percepibile o non percepibile dall'agente, anche a livello di mero dubbio, l'illiceit della condotta tenuta, quale detentore di una quantit di droga superiore alla d.m.g. Quanto al secondo profilo questa Corte, nella sentenza n. 333/91, ha gi affermato che l'eventuale errore dell'agente nell'apprezzamento della PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE quantit di principio attivo contenuto nella sostanza stupefacente detenuta non privo di rilevanza perch al fine dell'integrazione dell'elemento soggettivo del dolo, necessario che gli sia consapevole di detenere (per uso personale) una quantit totale di sostanza stupefacente tale che contenga il relativo principio attivo in misura superiore a quella tabellata nel decreto ministeriale. Gli artt. 73, 75 e 78 del T.U. citato sono poi sospettati (dal g.i.p. presso il Tribunale di Campobasso) di contrastare con l'art. 3 Cost., per disparit di trattamento nella .forma di pari trattamento di situazioni diverse dei vari possibili consumatori perch, in caso di detenzione d sostanze stupefacenti in misura superiore alla d.m.g., la condotta penalmente rilevante dipende da un dato quantitativo oggettivo senza tener conto n della maggiore o minore efficacia stupefacente della sostanza secondo il modo di assunzione, n del grado di tolleranza del soggetto assuntore. Anche tale questione manifestamente infondata. Questa Corte nella sentenza n. 333/91 ha riconosciuto -come gi rilevato -l'offensivit della condotta del tossicodipendente o tossicofilo che, per il suo personale consumo differito, accumuli una quantit di sostanza stupefacente superiore a quella tabellata. Superata tale soglia di punibilit, le circostanze soggettive e oggettive (che in concreto connotano la detenzione per uso personale e tra cui rientrano il grado di tolleranza del soggetto assuntore ovvero la maggiore o minore efficacia stupefacente del modo di assunzione) possono essere non di meno apprezzate dal giudice penale ex artt. 132 e 133 c.p. Pertanto il fatto che il medesimo quantitativo di esubero della droga accumulata possa avere una diversa valenza in ragione del maggiore o minore grado di tolleranza del soggetto assuntore, ovvero delle modalit di assunzione, non privo di rilevanza e pu condurre ad un trattamento differenziato in termini di gravit del fatto accertato, non senza considerare che l'offensivit della condotta non viene meno per il fatto che l'accumulo in ragione dello stato di assuefazione particolarmente accentuato del tossicodipendente -risulti essere di minima (ma non nulla) entit. Infine il medesimo giudice rimettente censura l'art. 90 del T.U. citato perch contrastante con l'art. 3 Cost., per disparit di trattamento riservato a s1tuazioni meno gravi (droghe leggere ovvero consumo occasionale) rispetto a quello previsto per situazioni pi gravi (droghe pesanti ovvero consumo abituale), applicandosi in particolare solo a queste ultime la sospensione dell'esecuzione della pena detentiva per la attuazione di un programma terapeutico o socio-riabilitativo. La questione non fondata. L'art. 90 T.U. approvato con d.p.r. 9 ottobre 1990 n. 309 prevede che nei confronti di persona condannata ad una pena detentiva non Superiore a tre anni, anche se congiunta a pena pecuniaria, per reati com 32 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO messi m relazione al proprio stato di tossicodipendente, il tribunale di sorveglianza pu sospendere (una sola volta) l'esecuzione della pena per cinque anni qualora accerti che la persona si sottoposta o abbia in corso un programma terapeutico e socioriabilitativo, sempre che dopo l'inizio di tale programma non abbia commesso altro delitto non colposo punibile con la reclusione. La soglia di applicabilit del beneficio portata a quattro ani di pena detentiva inflitta, ove i reati accertati siano quelli previsti dal quinto comma dell'art. 73. Il presupposto di applicabilit del beneficio (che, all'esito del programma terapeutico e sempre che il tossicodipendente nei cinque anni successivi al provvedimento non commetta un delitto non colposo punibile con la sola reclusione, comporta l'estinzione della pena e di ogni altro effetto penale) quindi duplice: mancato superamento di un tetto massimo di pena inflitta (ed a tal fine il tribunale pu tener conto cumulativamente di pene detentive inflitte con pi condanne gi divenute definitive); effettuazione di un programma terapeutico e socioriabilitativo. Ed essenzialmente questa seconda condizione che costituisce la ratio dell'istituto volto a favorire il recupero dei tossicodipendenti, che in tal modo abbiano concretamente e meritevolmente mostrato di volersi adoperare per sottrarsi al gioco della droga e nello stesso tempo si siano astenuti dal commettere altri delitti (non colposi). Sicch questa speciale sospensione dell'esecuzione della pena detentiva assume un carattere latamente premiale (che l'accomuna alla disciplina altrettanto speciale della custodia cautelare e dell'affidamento in prova prevista rispettivamente dagli artt. 89 e 94 T.U. cit. ove il tossicodipendente si sottoponga ad un programma terapeutico di recupero) ed una connotazione incentivante del recupero stesso (perch la mancata prosecuzione del programma comporta la revoca del beneficio). Secondo il giudice rimettente, per, l'ammissione al beneficio -proprio perch condizionato alla praticabilit da parte del soggetto di un programma terapeutico e socioriabilitativo -presuppone uno stato di tossicodipendenza non ipotizzabile in caso di consumatori occasionali, o di consumatori di droghe leggere che non inducono dipendenza. Deve per rilevarsi che la norma censurata non contiene, nel suo tenore testuale, nessuna limitazione in ragione del tipo di sostanza stupefacente che abbia determinato nel soggetto condannato lo stato di dipendenza (inteso come limitazione dell'area del libero arbitrio e della piena capacit di autodeterminazione, indotta dall'abitualit del consumo di sostanze stupefacenti), stato che costituisce l'unico elemento giuridicamente rilevante. L'accertamento in concreto dello stato di tossicodipendenza del soggetto condannato unitamente a quello del correlato carettere terapeutico e socioriabilitativo del programma di recupero demandato al tribunale di sorveglianza. Nessuna disparit di PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 33 trattamento sussiste quindi in ragione del tipo di sostanza stupefacente che abbia determinato lo stato di dipendenza. Nel caso invece di consumo occasionale ovvero di consumo abituale che non abbia causato alcuno stato di tossicodipendenza viene meno il presupposto della misura premiale nel senso che l'eventuale persistere del soggetto nel consumo di droga pienamente ed integralmente nella sfera del suo libero arbitrio, sicch non ingiustificatamente discriminante per la. diversit delle situazioni poste in comparazione che non trovi applicazione la speciale misura della sospensione dell'esecuzione della pena, non essendo ipotizzabile alcuna terapia o riabilitazione del tossicofilo-non tossicodipendente da incoraggiare e sostenere. In tali casi per -ricorrendone i presupposti -pu trovare applicazione (in sede di pronuncia della condanna) il generale beneficio della sospensione condizionale della pena. Se per la disciplina differenziata contenuta nella norma censurata non confligge con il canone costituzionale dell'eguaglianza di trattamento, non di meno -nel quadro della globale verifica, sul concreto terreno applicativo, degli effetti della legge n. 162 del 1990, anche al fine di individuare le linee di ogni possibile ed utile modifica migliorativa (sent. 333/91) - rimessa alla discrezionalit del legislatore pure la eventuale valutazione dell'opportunit di introdurre, in relazione ai reati previsti dall'art. 73, quinto comma, cit., una parallela misura premiale anche in favore del mero tossicofilo. CORTE COSTITUZIONALE, 27 marzo 1992, n. 136 -Pres. Corasaniti - Red. Granata -S.p.A. Finshipping (n. p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato D'Amato). Procedimento civile -Interruzione del processo per fallimento della parte costituita -Non automatica Decorrenza del termine per la rlasswizione. (Cost., art. 24; cod. proc. civ., art. 305), Stante la possibilit per il curatore del fallimento -in dipendenza dell'obbligo di informazione gravante sul procuratore del fallito -di avere preventiva e comunque tempestiva conoscenza della pendenza del processo e della sua interruzione, nessuna violazione del diritto di difesa prospettabile, in suo danno, sotto il profilo della integrale utilizzabilit del termine semestrale per la riassunzione del giudizio (1). (1) Una pronuncia che pu risultare significativa anche per il caso di cosidetta trasformazione di ente (o azienda) pubblico in societ per azioni. 34 .RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATU (omissis) . .Diversamente che nei casi di morte o perdita della capacit della parte non costituita (art. 299 c.p.c.) e di morte od impedimento del procuratore (art. 301 c.p.c.) (ai quali, rispettivamente si riferiscono le sentenze 159/71 e 139/1967, qui non utih:nente richiamate), ed in cui l'interruzione del processo interviene automaticamente nel momento nel quale si verifica l'evento impeditivo, nelle ipotsi invece di perdita delle capacit, anche in conseguenza di fallimento, come in quella di morte della parte costituita (art. 300 c.p.c.), l'interruzione non automatica ma interviene soltanto se il procuratore della parte, cui l'evento si riferisce, ne renda nota la causa. Per il disposto del comma primo del citato art. 300, la produzione degli effetti interruttivi invero, in detti casi, subordinata alla dichiarazione (ui si attribuisce carattere di manifestazione di volont e non di scienza) che il procuratore della parte fallita (o deceduta) -ed egli soltanto -faccia in udienza dell'evento in questione; ed in difettto della quale -per consolidata giurisprudenza -il processo prosegue regolarmente nei confronti della parte (dichiarata fallita o defunta). La sopravvivenza (o ultrattivit) -cos codificata -della rappre~entanza processuale al fallimento o morte del mandante si spiega, peraltro, proprio in funzione della esigenza (avuta di mira dal legislatore) di tutelare gli interessi degli aventi causa dal soggetto colpito dall'evento inter I ruttivo: che sottintende di conseguenza un obbligo del procuratore di rendere noto a quei soggetti l'evento medesimo, concordando con essi la correlativa dichiarazione. Un tale obbligo, anche se non esplicitato nel richiamato art. 300, trova infatti il suo referente normativo, sul piano sostanziale, nel combinato disposto dell'art. 1728 comma primo e.e. (la cui applicabilit anche al IIcaso del fallimento del mandante ritenuta dalla prevalente dottrina, con cui concorda la giurisprudenza della Corte regolatrice, sia pur relativa ~ alla parallela ipotesi, sub co. 2 della stessa norma, di fallimento del man ~ datario) e dell'art. 1710 cod. civ. A tenore dei quali quando il mandato si estingue per morte od incapacit sopravvenuta (come nel caso di fallimento) del mandante, il mandatariq che ha iniziato l'esecuzione deve continuarla se vi pericolo nel ritardo (art. 1728 cit.): ed a lui di conseguenza incombe anche di rendere note le circostanze sopravvenute che l;n.cidono sulla sorte del mandato {art. 1710). Informazione, questa, che nel caso di ma,ndato processuale ha appunto come naturali destinatari gli aventi causa del mandante che nel processo sono chiamati a succedergli (111 c.p.c.). (omissis) SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE, 6" sez., 27 novembre 1991, nella causa C-199/90 -Pres. Schockweiler -Avv. Gen. Darmon -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale di Roma nella causa Italtrade S.p.A. (avv.ti proff. F. Capelli e A. Giardina) c. A.I.M.A. -Interv.: Governo italiano (avv. Stato Fiumara) e Commissione delle C. E. (ag. de March). Comunit Europee -Agricoltura -Aiuti alla distillazione del vino Presentazione delle prove della distillazione -Termine -Validit. (regolamenti CEE del Consiglio 5 febbraio 1979, n. 337/79, art. 11; e della Commissione 22 agosto 1983, n, 2373, art. 8, e 12 dicembre 1983, n. 3501). I termini prescritti dall'art. 8 del regolamento (CEE) della Commissione 22 agosto 1983, n. 2373, che stabilisce le modalit di applicazione della distillazione di cui all'art. 11 del regolamento (CEE) n. 337/79 per la campagna viticola 1983/1984, e prorogati dal regolamento (CEE) della Commissione 12 dicembre 1983, n. 3501, sono ter.mini imperativi la cui inosservanza comporta ipso iure come sanzione l'incameramento parziale o, a seconda dei casi, totale, della cauzione. L'esame congiunto delle questioni seconda e terza non ha rivelato alcun elemento atto ad infir~ mare la validit dell'art. 8, n. 2, del regolamento n. 2373/83 (1). (1) Decadenza da aiuto comunitario per mancato rispetto di termini. Il principio enunciato dalla Corte (nel solco di un indirizzo gi delineato in precedenti sentenze: cfr. quelle citate in motivazione 18 novembre 1987, nella causa 137/85, MAIZENA, in Racc., 4587, 27 giugno 1990, nella causa C-118/89, LINGENFELSER, in Racc. 1-2637, 12 luglio 1990, nella causa C-155/89, PHILIPP BROTHERS, in Racc., 1-3265, cui adde 22 gennaio 1986, nella causa 266/84, DENKAVIT, in Racc., 164, 8 marzo 1988, nella causa 2%/86, McNICHOLL, in Racc., 1507), in senso conforme alle osservazioni formulate in causa dal Governo italiano, suscettibile di essere generalizzato: non viola il principio di proporzionalit una norma comunitaria, in tema di aiuti, che contempli una decadenza dai benefici, totale o parziale a seconda delle circostanze, per il mancato rispetto dei termini entro cui va eseguita l'operazione che si intende agevolare e va fornita la prova dell'esecuzione della stessa, ove i termini siano congruamente stabiliti. L'aiuto comunitario viene concesso, di norma, quando ricorrono due condizioni, l'una sostanziale, consistente nell'esatta esecuzione dell'operazione che la norma stessa intende agevolare, l'altra formale, consistente nell'esibizione della prova dell'esatta osservanza della prima. Naturalmente per il rispetto della prima fissata una data: l'operazione deve essere eseguita entro una certa data. Se cos non fosse, e fosse invece 36 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO (omissis) 1. -Con ordinanza 29 marzo 1990, pervenuta in cancelleria il successivo 29 giugno, il Tribunale civile di Roma ha sottoposto alla Corte, ai sensi dell'art. 177 del Trattato CEE, tre questioni pregiudiziali vertenti sull'interpretazione e sulla validit dell'art. 8 del regolamento (CEE) della Commissione 20 agosto 1983, n. 2373, che stabilisce le modalit di applicazione della distillazione di cui all'art. 11 del regolamento (CEE) n. 337/79 per la campagna viticola 1983/1984 (G. U. 1. 232, pag. 5), come modificato dal regolamento (CEE) della Commissione 12 dicembre 1983, n. 3501 (G. U. 1. 350, pag. 5). 2. -Tale questione stata sollevata nell'ambito di una controversia sorta fra la societ Italtrade S.p.A. e l'Azienda di Stato per gli interventi nel mercato agricolo (in prosieguo: l' AIMA ), ente d'intervento italiano competente per l'applicazione della politica agricola comune, in ordine all'incameramento di cauzioni costituite nell'ambito di una operazione di distillazione preventiva del vino. 3. -L'art. 9, n. l, del regolamento (CEE) del Consiglio 25 luglio 1983, n. 2179, che stabilisce regole generali relative alla distillazione dei vini e dei sottoprodotti della vinificazione (G. U. L. 212, pag. 1), prevede il versamento, al distillatore o al produttore che effettui la distillazione, di un anticipo sull'aiuto, a condizione che sia stata costituita una cauzione. Ai sensi del n. 2 dello stesso articolo la cauzione svincolata soltanto se, entro un termine da stabilirsi, fornita la prova della distillazione e quella del pagamento al produttore, entro i termini fissati, del prezzo d'acquisto. possibile operare in qualsivoglia momento senza limiti temporali, secondo la buona volont dell'operatore, l'aiuto non avrebbe senso, perch non si realizzerebbe quell'impatto dell'operazione agevolata nel mercato, in ragione del quale l'aiuto stato previsto. :e possibile, per, che un qualche ritardo possa essere tollerato nel senso che ad esso non possa essere rigidamente e necessariamente collegata una totale perdita dell'aiuto, ove lo stesso non incida sostanzialmente sull'efficacia dell'aiuto: e cos la Corte, con la sentenza LINGENFELSER sopracitata, in tema anch'essa di aiuti alla distillazione del vino, ha ritenuto che un'inosservanza del termine di pagamento del prezzo minimo da parte del distillatore al produttore, che non alteri le condizioni di svolgimento dell'operazione in modo cos notevole rispetto a quelle dei normali negozi commerciali da scoraggiare il produttore dall'offrire il vino alla distillazione, non pu essere considerata atta a compromettere la stessa finalit del regime di distillazione, sicch una disposizione (art 9, n. 2, reg. CEE della Commissione 15 dicembre 1982, n. 2499) che punisce con la perdita totale dell'aiuto qualsiasi superamento, anche minimo, del termine deve essere ritenuta sproporzionata rispetto alla finalit perseguita con l'istituzione del termine stesso. Per quanto riguarda il rispetto della condizione formale per l'aiuto, cio l'esibizione della prova dell'esatta esecuzione dell'operazione, chiaro che anche per essa deve essere rispettato un termine, non patendo ammettersi, per PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 37 4. -L'art. 8, n. 2, del regolamento n. 2373/83, prevedeva che ai fini dello svincolo della cauzione la prova della distillazione del vino e del pagamento . del prezzo d'acquisto entro i termini . previsti dovesse essere fornita entro e non oltre il 31 ottobre 1984. Ove tale termine non fosse stato :spettato, ma la prova fosse stata fornita anteriormente al 1 febbraio 1985, l'importo da svincolare era pari all'80% della cauzione, con incameramento della differenza. 5. -Il regolamento n. 3501/83 sostituiva alle date del 31 ottobre 1984 e del 1 febbraio 1985 quelle del 31 dicembre 1984 e del 1 aprile 1985. 6. -Poich la documentazione probatoria relativa al pagamento del prezzo d'acquisto al produttore era stata prodotta dall'Italtrade qualche giorno dopo la scadenza del 1 aprile 1985, l'AIMA incamerava le garanzie prestate per gli anticipi richiesti e concessi. 7. -Investito del ricorso proposto avverso questa decisione dell'AIMA, il Tribunale civile di Roma ha disposto la sospensione del procedimento, fintantoch la Corte non si sia pronunciata sulle seguenti questioni pregiudiziali: 1) Se il termine previsto nell'art. 8 del regolamento della Commissione (CEE) n. 2373/83, come prorogato dal regolamento n. 3501/83, sia o non sia da interpretare come termine imperativo, alla cui inosservanza ricollegata non una sanzione, ma la decadenza del benefi un princ1p10 di ordine amministrativo, che la pratica resti aperta fino a che non decida di chiuderla l'interessato, a sua completa discrezione. In relazione alla prova, per, un termine pu assumere una rilevanza diversa, maggiore o minore, a seconda delle modalit di erogazione dell'aiuto. t;:. chiaro, infatti, che se l'aiuto deve essere materialmente erogato solo dopo la verifica delle prove offerte dall'interessato, vi sono due interessi convergenti alla definizione della pratica entro un certo termine: da un lato v' l'interesse amministrativo alla chiusura e dall'altro v' un parallelo ma distinto interesse dell'operatore a presentare la documentazione che attesti l'avvenuto rispetto delle condizioni per conseguire al pi presto il pagamento dell'aiuto in suo favore. Ma se l'aiuto stato corrisposto in anticipo, sia pure in via provvisoria e con cauzione, e salva la verifica della ricorrenza delle condizioni imposte dalla norma, sar ancor pi necessario, a tutela dell'interesse dell'ente erogatore dell'aiuto (e quindi dell'interesse della Comunit), che la prova sia prodotta entro un certo termine e non oltre esso. Pu essere ragionevole, anche qui, che sia ammessa entro certi limiti una prova tardiva, ma chiaro che; al di l di un certo termine, nessuna prova pu essere pi ammessa e l'anticipazione corrisposta deve essere restituita per la constatata impossibilit di verificare la ricorrenza, a posteriori, delle condizioni dell'aiuto. E appunto, nel caso sottoposto all'esame della Corte in cui veniva corrisposta un'anticipazione (corrispondente al presumibile aiuto) per consentire l'immediato pagamento del prezzo minimo al produttore, il regolamento della RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 38 ciario dal diritto di richiedere il contributo previsto per la distillazione del vino; 2) Qualora venga data risposta negativa al quesito sub l), se le disposizioni su citate siano da ritenere invalide in quanto la sanzione prevista (perdita del contributo) violi il principio di proporzionalit sia perch eccessiva rispetto all'infrazione (di natura meramente formale) commessa sia perch punisce con pari rigore violazioni di diversa gravit (inadempienze sostanziali connesse alle operazioni di distillazione e meri ritardi nella produzione della documentazione probatoria sullo svolgimento di tali operazioni); 3) In caso tale sproporzione sia ritenuta sussistente, se l'invalidit sia comunque da escludere in relazione al fatto che le disposizioni in esame prevedono una graduazione delle sanzioni (rispettivamente perdita del 20% o dell'intero contributo) in funzione dell'entit del ritardo (superamento del termine del 31 dicembre 1984 o di quello del 31 marzo 1985) . 8. -Per una pm ampia illustrazione degli antefatti della causa principale, dello svolgimento del procedimento e delle osservazioni scritte presentate alla Corte, si fa rinvio alla relazione d'udienza. Questi elementi del fascicolo sono richiamati solo nella misura necessaria alla comprensione del ragionamento della Corte. 9. -Alla luce dell'ordinanza di rinvio e della controversia pendente dinanzi al giudice nazionale, vertente sulla legittimit dell'incamera- Commissione (n. 2373/83 mod. con il n. 3501/83), rispettando la linea impostale dal regolamento del Consiglio (n. 337/79), di graduare le conseguenze di un ritardo nella presentazione della prova, aveva fissato un termine di quattro mesi per la presentazione della documentazione, scaduto il quale sarebbe stata ancora concessa la possibilit di presentare la documentazione per un ulteriore periodo di quattro mesi ma con la perdita del 20 % della cauzione (che corrispondeva all'anticipazione, cio all'aiuto previsto, con una maggiorazione del 10 % per il presumibile ritardo); scaduto anche l'ulteriore termine di 4 mesi (in totale, cio, 8 mesi) la cauzione veniva incamerata per intero (il che significa, praticamente, che l'aiuto non era pi corrisposto e l'anticipazione doveva essere restituita con la maggiorazione del 10 %). 1l. stato riconosciuto che il doppio termine ragionevole e sufficientemente ampio per consentire all'operatore di adempiere: e ci non poteva proprio essere posto in dubbio, essendo evidente, ictu oculi, l'ampiezza del termine. Certamente pu sembrare cattivo che un aiuto di grossa consistenza si perda a causa del mancato rispetto del termine per la prova per soli uno o due giorni di ritardo. Ma questa la conseguenza della scadenza dei termini, che, se ragionevoli, non possono non essere rispettati: tanto pi se si tratta di un doppio termine con una graduazione ragionevole delle conseguenze negative. OSCAR FIUMARA PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITMUA E INTERNAZIONALE mento delle garanzie prestate, le suddette questioni devono essere intese nel senso che il Tribunale civile di Roma mira in sostanza a stabilr: -se l'incameramento della cauzione prevista all'art. 8, n. 2, del regolamento n:. 2373/83, abbia natura sanzionatoria e, in caso affermativo; -se la disposizione iii parola sia conforme al principio di proporzigtia} i:t.~ in onsiderazione dell'entit del 11uperamento del termine di presentazione delle prove e della graduazione delle sanzioni prevista dal detto art. 8, n. 2, in funzione della gravit di tale ritardo. 10. -Pet quatito riguarda la prima questione, occo.rre ribadire che secondo uria gitiri~prudn:Z costante l'incameramento di una cauzione, destinata a garantire un determinato impegno e applicabile al1orch l'operatore economico non abbia prodotto entro il termine stabi1ito le prove prescritte per dimostrare che l'operazione che si era impegnata a compiere stata effettivamente. compiuta, deve essere considerata una sanzione (v. in particolare; sentenza 18 novembre 1987, Maizena, causa 137/85, Racc, pag. 4587; e 12 luglio 1990, Philipp Brothers, causa C-155/89, Racc, pag. I-3265). 11. -Pertazito la prima questione, nei termini incui stata riformu lata, dev'essere risolta nel senso che i termini prescritti dall'art. 8 del regolamento n. 2373/83 e prorogati da regolamento n. 3501/83 sono termini imperativi, la cui inosservanza comporta ipso iure come sanzione l'incamerame:ato parziale o, a seconda dei casi, totale, della cauzione. 12. -Per risolvere la seconda questione, cos come stata riformulata, opportuno ricordare che, per stabilire se una disposizione del diritto comunitario conforme al principio di proporzionalit, bisogna esaminare se i mezzi a cui essa ricorre per realizzare il proprio obiettivo si accordano con .l'importanza di questo e se sono necessari per raggiungerlo (v. da ultirno, le sentenze 12 luglio 1990, Philipp Brothers, gi citata, e 27 giugno 1990, Lingenfelser, causa C-118/89, Racc. pag. I-2637). 13. -Per quanto riguarda la normativa che oggetto del presente procedimento pregiudiziale, l'obiettivo della fissazione di un termine imperativo per la presentazione della prova della distillazione e del pagamento del prezzo aJ. produttore viene enunciato nel . ventesimo considerando>> del regolamento n. 2179/83, in cui si legge che ai fini di un funzionamento uniforme del sistema negli Stati membri, opportuno prevedere che la presentazione della domanda nonch il versamento dell'aiuto ai . distillatori avvengano entro termini da determinare . I termini imperativi prescritti dall'art. 8, n. 2, del regolamento n. 2373/83 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 40 sono pertanto intesi a garantire la buona gestione amministrativa del sistema degli anticipi e l'osservanza del principio di parit di trattamento tra gli operatori economici, evitando, in particolare, che un operatore economico consegua un vantaggio indebito ottenendo un anticipo del quale non potr giustificare il fondamento se non in tempi eccessivi (v. sentenza 12 luglio 1990, Philipp Brothers, gi citata). 14. -Ai fini di una valutazione della congruenza del regime dell'incameramento della cauzione prevista dall'art. 8, n. 2, del regolamento n. 2373/83, all'importanza dell'obiettivo sopra richiamato nonch della sua necessit per conseguirlo, occorre rilevare che la sanzione prevista non forfettaria, bens proporzionale alla gravit del ritardo, e che la perdita totale della cauzione interviene solo se il distillatore non abbia prodotto la documentazione probatoria allo scadere di un termine perentorio successivo allo scadere di un primo termine, per il quale comminata la perdita parziale della cauzione. 15. -Stando cos le cose, si deve constatare che l'art. 8, n. 2, del regolamento n. 2373/83, prevede un regime sanzionatorio adeguato allo scopo perseguito e necessario per l'attuazione del medesimo e che tale norma , di conseguenza, conforme al principio di proporzionalit, la cui importanza del resto ribadita nel ventesimo considerando del regolamento n. 2179/83. 16. -La questione posta dal giudice nazionale dev'essere pertanto risolta nel senso che l'esame congiunto delle questioni seconda e terza non ha rivelato alcun elemento atto ad infirmare la validit dell'art. 8, n. 2, del regolamento n. 2373/83. (omissis) CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE, Sed. plen., 18 febbraio 1992, nella causa C-235/89 -Pres. Due -Avv. Gen. Van Gerven -Commissione delle C.E. (ag. Marenco e White) c. Rep. italiana (avv. Stato Fiumara) -Interv.: Regno di Spagna (ag. Conde de Saro e Navarro Gonzales), Regno unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord (ag. Candwell) e Rep. portoghese (ag. Inez Fernandes, Mota Capito e Ruy Serra). Comunit Europee -Libera circolazione delle merci -Propriet industriale Brevetto nazionale per invenzione industriale o nuova variet vege tale Licenza obbligatoria. (trattato CEE, artt. 30, 36 e 222; r.d. 29 giugno 1939, n. 1127, artt. 52, 53, 54, 54-bis e 54-ter; legge 12 agosto 1975, n. 974, art. 14; conv. di Parigi 20 marzo 1883, art. 5). Avendo consentito il rilascio di licenze obbligatorie quando un brevetto per invenzione industriale o per una nuova variet vegetale non PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 41 viene attuato sotto forma di produzione nel territorio nazionale e quando il brevetto viene attuato sotto forma di importazioni da altri Stati membri, la Repubblica italiana venuta meno agli obblighi che le incombono in forza dell'art. 30 del Trattato CEE (1). (omissis) h -Con atto intrOduttivo depositato nella cancelleria della Corte il 27 luglio 1989, la Commissione delle Comunit Europee ha proposte>, ai sensi dell'art. 169 del Trattato CEE, un ricorso diretto a far dichiarare che la Repubblica italana, col prevedere la concessione di licenze obbligatorie qualora il titolare di un brevetto per invenzione ind~striale per una nuovavariet vegetale . non attui. il brevetto sotto forma di. produzione nel territorio italiano, venuta meno agli obblighi c:be le incombono in forza dell'art. 30 del Trattato CEE. 2. -In Italia i brevetti per invenzione industriale sono in particolare disciplinati< dal regio decreto 29 giugno 1939 (G.U.R.I. n. 189 del 14 ligsfo 1939), :rriodificafo cn decreto del Presidente della Repubblica 26 febbraio 1968; n. 849 (G.U.RL n. 193 del 31 luglio 1968). 3. ,.,.... Ai sensi dell'art. 52 del citato regio decreto n. 1127: L'invenzione industriale che costituisce oggetto di brevetto deve essere attuata nel territorio dello Stato in misura tale da non risultare in grave sproporzione con 1 bisogrJ.i del Paese.,. L'art. 53 dello stesso decreto precisa che: L'introduzione o la vendita nel territorio dello Stato di oggetti prodotti all'estero non costituisce attuazione dell'invenzione . 4.._,.. Le conseguenze della mancata attuazione sul territorio na-zionale. dell'invenzione tutelata da un brevetto sono previste dagli artt. 54, 54-bis e 54-ter del regio decreto n. 1127, nella versione risultante (1) Nelle difese scritte del Governo italiano (e in quello degli Stati intervenuti -Spagna, Regno Unito e Portogallo -, le cui .legislazioni, unitamente a quelle di Danimarca, Germania .e, almeno al momento dell'inizio della causa, Francia, Irlanda e Grecia, erano nella stessa linea di quella italiana), lungi dal sostenersi che era preoccupazione del legislatore nazionale favorire la produzione nazionale (punto 25 della sentenza), si era rilevato che la normativa interna non impediva certo al titolare del brevetto di importare il prodotto brevettato in Italia, ma limitava soltanto, con pieno rispetto dello spirito dell'art. 36 del Trattato, la tutela della propriet industriale -di competenza degli Stati membri -in caso di non utilizzazione dell'invenzione sul territorio italiano. In tale angolazione -si era detto -non appare. possibile parlare di discriminazione fra prodotti importati e prodotti nazionali, n di una restrizione dissimulata al commercio fra gli Stati. Il prodotto brevettato pu essere realizzato fuori del territorio nazionale ad opera del titolare del brevetto o di chi per esso ed essere quindi importato senza alcuna limitazione da chiunque; ovvero pu essere realizzato in Italia dallo stesso titolare del brevetto o da chi ha il suo consenso o, non provvedendo l'uno o l'altro, da parte 42 . RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO dal citato decreto del Presidente della Repubblica n. 849. L'art. 54, primo comma, dispone che: Trascorsi tre anni dalla data di rilascio del brevetto, o quattro anni dalla data di deposito della domanda se questo termine scade successivamente al precedente, qualora il titolare del brevetto o il suo avente causa, direttamente o a mezzo di uno o pi licenziatari, non abbia attuato nel territorio dello Stato l'invenzione brevettata, o l'abbia attuata in misura tale da risultare in grave sproporzione con i bisogni del paese, pu essere concessa licenza obbligatoria per l'uso non esclusivo dell'invenzione medesima, a favore di ogni interessato che ne faccia richiesta. 5. -'1 brevetti concernenti nuove variet vegetali sono disciplinati dal decreto del Presidente della Repubblica 12 agosto 1975, n. 974 (G.U.RJ. n. 109 del 26 aprile 1976), modificato dalla legge 14 ottobre 1985, n. 620. Ai sensi dell'art. 14 di questo decreto: Ai brevetti concernenti nuove variet vegetali si applicano, in quanto compatibili con le disposizioni contenute nel presente decreto, le norme del decreto del presidente della Repubblica 26 febbraio 1968, n. 849, e successive modificazioni, in materia di licenze obbligatorie. La mancanza, la sospensione o la riduzione dell'attuazione prevista dall'art. 1 del citato decreto si verifica quando il titolare del brevetto o il suo avente causa, direttamente o a mezzo di uno o pi licenziatari, non pone a disposizione degli utilizzatori, nel territorio I I ~ dello Stato, materiale di propagazione e di moltiplicazione della variet vegetale brevettata in misura adeguata alle esigenze dell'economia nazionale . 6. -Ritenendo che queste disposizioni nazionali costituissero misure I di effetto equivalente a restrizioni quantitative all'importazione ai sensi I di chi ottiene licenza obbligatoria. Nessun effetto limitativo ne deriva alle importazioni, le quali possono essere effettuate in piena libert, pur se in concorrenza con la produzione nazionale realizzata in regime di licenza obbligatoria. Quel che il titolare del brevetto perde non certo il mercato italiano, che esso pu tranquillamente utilizzare per le sue importazioni, ma l'esclusiva nel mercato stesso e ci in ragione della mancata attuazione da parte sua del brevetto nel territorio italiano . Affermandosi che lo sfruttamento attraverso le importazioni deve essere messo sullo stesso piano dello sfruttamento sul territorio, nazionale, si sono anticipati, in sostanza, gli effetti delle due convenzioni sul brevetto comunitario citate in motivazione, le quali, per, non ancora in vigore, consentivano agli Stati membri cLi esprimere una riserva tempO'I'anea sul punto, il che giustificava ampiamente la normativa italiana dettata in aderenza ai principi della convenzione di Parigi per la protezione della propriet industriale del 20 marzo 1883, riveduta a Bruxelles, Washington, L'Aja, Londra, Lisbona e da ultimo Stoccolma il 14 luglio 1967. In tema di licenza obbligatoria cfr. anche in questa Rassegna, 1985, I, 748, la sentenza della Corte 9 luglio 1985, nella causa 19/84, PHARMON. PARTE I, SEZ. 111 GIURIS. COMUNITARIA R INTERNAZIONALE dell'art. 30 del Trattato, la Commissione ha proposto il presente ricorso per inadempimento. 7. -Per una pi ampia illustrazione delle disposizioni comunitarie e nazionali, dello svolgimento del procedimento nonch dei mezzi e argomenti delle parti, si fa rinvio alla relazione d'udienza. Questi elementi del fascicolo sono richiamati solo nella misura necessaria alla comprensione del ragionamento della Corte. Sull'oggetto del ricorso. 8. -La Commissione precisa nel ricorso di non contestare, su di un piano generale, n l'obbligo per il titolare del brevetto di attuare il brevetto e di soddisfare la richiesta sul mercato nazionale del prodotto brevettato, n la facolt per le autorit competenti di uno Stato membro di concedere una licenza obbligatoria quando tale obbligo non sia adempiuto. La contestazione riguarda esclusivamente le citate disposizioni della normativa italiana in quanto operano una distinzione tra la fabbricazione del prodotto sul territorio nazionale e l'importazione di detto prodotto dal territorio di un altro Stato membro, e sfavoriscono l'importazione mediante i requisiti cui subordinano la concessione, da parte delle autorit competenti, di una licenza obbligatoria qualora il brevetto venga attuato sotto forma di prodotti importati. Questo l'oggetto del ricorso, cos circoscritto, sul quale deve pronunciarsi la Corte. 9. -La Commissione allega anche l'incompatibilit con l'art. 30 del Trattato delle disposizioni nazionali che limiterebbero al solo territorio nazionale l'esercizio dei diritti conferiti da una licenza obbligatoria. L'incompatibilit contestata costituisce una censura distinta la quale, non esi;endo oggetto delle conclusioni del ricorso, non sar esaminata dalla Corte nell'ambito della presente controversia. Sulla fondatezza del ricorso. 10. --La Commissione ritiene che le citate disposizioni nazionali favoriscano la produi:ione nazionale a scapito dell'attuazione del brevetto sotto forma di importazioni nel territorio nazionale. Tali disposizioni, che spingono il titolare del brevetto a produrre sul territorio nazionale piuttosto che ad importare dal territorio di altri Stati membri, costituirebbero misure di effetto equivalente a restrizioni quantitative alle importazioni. Avendo gi riconosciuto che una semplice campagna pubblicitaria organizzata da autorit statali a favore di prodotti nazionali costituisce una misura di effetto equivalente (sentenza 24 novembre 1982, Commissione/ Irlanda, causa 249/81, Racc. pag. 4005), a maggior ragione la Corte, considerata la gravit delle conseguenze giuridiche dell oncessione di una RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO licenza obbligatoria, dovrebbe dichiarare l'incompatibilit delle disposizioni controverse con il Trattato. Quest'ultime non potrebbero trovare giustificazione nelle disposizioni di deroga di cui all'art. 36 del Trattato perch la normativa contestata non sarebbe volta a garantire la tutela della propriet industriale e commerciale ma, al contrario, a circoscrivere i diritti conferiti da detta propriet. L'obiettivo perseguito, cio favorire la produzione nazionale, sarebbe inoltre diametralmente opposto a quelli del Trattato. Infine i provvedimenti adottati non sarebbero comunque proporzionati a tale obiettivo. 11. -La Repubblica italiana, convenuta, nonch il regno di Spagna, il Regno Unito e la Repubblica portoghese, intervenienti, chiedono alla Corte di respingere il ricorso e deducono a tal fine diversi mezzi e argomenti. In primo luogo, le modalit per l'istituzione di un regime di licenza obbligatoria, in materia di propriet industriale e commerciale, conformemente alle disposizioni degli artt. 222 e 36 del Trattato, sarebbero di competenza esclusiva del legislatore nazionale. In secondo luogo, le disposizioni controverse sarebbero conformi all'art. 5 della Convenzione di Parigi del 20 marzo 1883 per la protezione della propriet industriale, come riveduta ultimamente a Stoccolma il 14 luglio 1967 (in prosieguo: la convenzione di Parigi). In terzo luogo, le disposizioni controverse non comporterebbero il divieto o la riduzione delle importazioni. In quarto luogo, l'argomentazione sostenuta dalla Commissione non sarebbe in realt volta a garantire la libera circolazione delle merci bens a consolidare i diritti del titolare del brevetto in condizioni che disconoscono le esigenze della libera concorrenza fra gli operatori economici dei diversi Stati membri. In quinto luogo, la censura nei confronti delle disposizioni di cui causa sarebbe essenzialmente teorica perch dette disposizione nella pratica sono raramente applicate. In sesto luogo, solo nell'ambito di un'armonizzazione comunitaria del complesso delle normative degli Stati membri potr essere raggiunto lo scopo perseguito dalla Commissione con il presente ricorso. Infine il ragionamento della Commissione porterebbe a considerare che talune disposizioni della convenzione sul brevetto comunitario firmata a Lussemburgo il 15dicembre 1975 (in prosieguo: la prima convenzione sul brevetto comunitario) e della convenzione sul brevetto comunitario allegata all'accordo firmato a Lussemburgo il 15 dicembre 1989 (in prosieguo: la seocnda convenzione sul brevetto comunitario) sono in contrasto con il Trattato. 12. -Nello stato attuale del diritto comunitario le disposizioni in materia di brevetti non sono state ancora oggetto di unificazione nell'ambito della Comunit o di ravvicinamento delle legislazioni. La prima convenzione sul brevetto comunitario, che ha il duplice scopo di creare un brevetto comunitario ed istituire un regime comunitario dei brevetti 46 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 20. -Il tiolare del brevetto, per evitare il rischio di perdere il suo I diritto esclusivo, che non pu essere effettivamente compensato, a suo I ili parere, dal versamento da parte del licenziatario dell'equo compnso pre-' visto dll'art. 54-bis del citato regio decreto n. 1127, pertanto indotto a produrre nel territorio dello Stato in cui stato rilasciato il brevetto, piuttosto che a importare da altri Stati membri il prodotto tutelato da brevetto. 21. -Siffatte disposizioni, a prescindere dal numero delle licenze IIobbligatorie concesse, sono atte ad ostacolare direttmente o indirettamente, in. atto o in potenza, il commercio intracomunitario. 22. -Del pari, come ha rilevato l'avvocato generale nelle sue conclusioni (punto 10), l'applicazione di queste disposizioni, quando conduce alla concessione di una licenza obbligatoria ad un produttore nazionale, comporta necessariamente un calo dell'importazione da altri Stati membri del prodotto brevettato, a danno del commercio intracomunitario. 23. -Pertanto dette disposizioni costituiscono misure di effetto equivlente a restrizioni quantitative all'importazione ai sensi dell'art. 30 del Trattato (sentenza 11 luglio 1974, Dassonville, causa 8/74, Racc. pag. 837, punto 5 della motivazione). 24. -Bench la sanzione per la mancata o insufficiente attuazione del brevetto possa essere ritenuta la necessaria contropartita dell'esclusiva territorile attribuita dal brevetto, rion vi invece nessuna ragione inerente all'oggetto specifico del brevetto che giustifichi la discriminazione operata dalle controverse disposizioni fra l'attuazione del brevetto sotto forma di produzione nel territorio nazionle e quella per mezzo di importazioni provenienti dl territorio di altri Stati membri. 25. -Una discriminazione del genere non in realt motivata dalle esigenze specifiche della propriet industrile e commerciale bens, come riconosce peraltro lo Stato convenuto, dalla preoccupazione del legislatore nazionle di favorire la produzione nazionale. 26. -Orbene, siffatta considerazione, che ha la conseguenza di frustrare gli scopi della Comunit sanciti in particolare dall'art. 2 ed elaborati dall'art. 3 del Trattato, non pu essere applicata per giustificare una restrizione l commercio fra gli Stati membri. 27. -N le disposizioni dell'art. 5 della Convenzione di Parigi, che si limitano ad offrire agli Stati firmatari la facolt di prevedere la concessione di licenze obbligatorie per prevenire gli abusi che potrebbero risultare dll'esercizio del diritto esclusivo attribuito dal brevetto, come ad esempio la mancata attuazione, n l'intento di garantire una maggior 41 . . .... .. . :.:.:::-::::::<. :::::::::::::. ~9nc9~' fj;a i di'\1',t.i;i. op~at<>ri economici lintajld.o i diritti esclu $i~ ahfi~tU,tt{ᥥ~ ptjrtipj ~~ten.unJ,tj~f>rtosfatipr~si m considefazirieda~li .s:tattfir&tfuiani au:. Bon&enifoni $m bf\r~tfo eofuitrfo.1:.iiK&2 i~! lm~ 9,g#y~;~99~ I ~t'v~tt9 8?mWii!~r~9 ~ iiif! n ~na ~~ ITBWl11S~ ᥥ!g~tq.~ ~imttg ~~i+m'ffi~.wero L'~t'.~~ ~e.a; .p9'.Jp;\ .. ~<>nye~fopf... e .. fiitt $3' "1~U, ~~condi :{)#\rel#~re\ri$tQ .. che gU .tati ffiii~tF~6~~~6....lli. tlli~ ~\!>pcliiibili~.;;~~~eeseiYe.suJ1'applica,Zi9ye .... ᥥ4~0~ i~t~cij$p<)$~:qmec.e. .tajf.. riseh'e P9$$al:io rivel~si.:u::or:npatibili ~-~t11~i~:~~~-ii~;r~11a.i!1~~i:~~rb~it:v~ta~~:ezt;Jt:::~~: . ~r~t;i~4*!a~4Isl1q~lii~~tt~WiJ.t.93a~11~i:>tim~.(;C>#v~Pitoneedell'aH.2, tifi, dll~i29t4.SLdevepertanfo dchiafi::e cneiaRepubblici itruiana, verido 6ri,S~nt1to il iila$ci di li!e:ClZe obbligatorie quando un brevetto per nvenzi<:>ne ingustriale . o. per nuova. variet vegetale non viene attuato sotto roil,tr ~ pr()g~i~ne .el t,rrit()rio nazionale e quando il brevetto viene attt(atfsc.Jtto fol'D.1a cl.i! mportazioni . da altri .Stati .membri; .ve. nutameno agli. obblighi che le incombono in forza dell'art. 30 del Trat tato: . c:Sfa (pmissis) CORTE Df t1STlZA bBtLE coMiTNlTX EiTROPEll sed. Ien. 31 .......... ... ... .. . . ... . ' . p , .... :w,i.:z9JQ~~, ne:lla.cia..~C-362/90 .~.R:re.~.Due -Avy.. Gen.. Lenz .Com mi~~d,91;1:e:del1~ 9~.tlitt .eurQpee (ag, Be:ni.rdis e Aresu) c. Repubblica .. italiana (avv. ~~a,to !Jragugli.a). ....... .... .. ... . . :-:-.-: . .-:.-:::::.~.: :.. . ... -: :. .. . ... ... . ..:.. . .. c'lm1Uljt E;.rope~ ~ J\.pp~tl pubblici di fonlitute .~.l:n~dernpimento. di. ~o .Stato~ Parere m,9tivato Cessazione delrinadempimento Ricorso . alla Corte Jrri(,:e\tibjlit. (trattato CEE, fu.t>169; direttiva del Consiglio 21 dicembre 1976, n. 77/62/CEB); :S irricevibile i(ricorso proposto, ai sensi dell'art. 169 del Trattato CEE, aalla Commissione delle Comunit Europee dopo la scadenza del 48 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO termine fissato nel parere motivato per far cessare l'inadempimento, se alla data della scadenza l'inadempimento contestato non sussiste pi per esaurimento degli effetti (1). (omissis) 1. -Con atto depositato nella cancelleria della Corte 1'11 dicembre 1990, la Commissione delle Comunit Europee ha proposto, ai sensi dell'art. 169 del Trattato CEE, un ricorso diretto a far constatare che, avendo imposto l'Unit Sanitaria Locale XI -Genova 2 (in prosieguo: l' USL) che il 50 % dell'importo minimo di forniture, realizzato nell'ultimo triennio e richiesto per poter partecipare ad ul appalto di forniture, sia stato effettuato in favore di amministrazioni pubbliche, la Repubblica italiana venuta meno agli obblighi che le incombono in forza della direttiva del Consiglio 21 dicembre 1976, 77/62/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture (G. U. 1977, 1. 13, pag. 1). 2. -L'USL faceva pubblicare nella Gazzetta Ufficiale della Repubolica italiana, parte II, 10 ottobre 1988, n. 238, un bando di gara per la fornitura di vari prodotti, tra i quali in particolare carne bovina fresca per un importo di 5.800.000.000 di lire. Il bando subordinava l'ammissione alla gara alla condizione che i potenziali offerenti avessero effettuato, nell'ultimo triennio (1985/1986/1987), la fornitura di prodotti identici per un ammontare pari almeno a sei volte il valore di ciascuna fornitura per la quale intendevano fare un'offerta; il 50 % di detto ammontare doveva essere costituito da forniture ad amministrazioni pubbliche. 3. -La Commissione riteneva che detta condizione, in quanto faceva riferimento alla fornitura dei prodotti considerati ad amministrazioni pub( 1) Decisione di indubbia esattezza, nella quale la Corte ribadisce aspetti fondamentali del procedimento di infrazione di cui all'art. 169 del Trattato CEE. Anzitutto, il fatto che la ricevibilit del ricorso della Commissione deve essere esaminata anche d'ufficio (punto 8 della motivazione). In secondo luogo, il fatto che il ricorso non ricevibile se l'inadempimento contestato pi non sussista alla data stabilita nel parere motivato (punto 10). Opinare diversamente significherebbe invero vanificare la funzione primaria del parere motivato, che quella di indurre lo Stato membro a conformarsi per tempo, evitando cos il giudizio. Si pu aggiungere che la Corte ha rigettato (anche se su tale punto nulla traspare dalla motivazione) la tesi della Commissione secondo la quale il suo interesse a ricorrere permaneva posto che, pur essendo cessato l'inadempimento contestato, il Governo italiano continuava a sostenere la legittimit della clausola del bando di gara. Statuizione anche questa ineccepibile, posto che il giudizio ex art. 169 del trattato CEE tende a constatare in concreto un'infrazione; e non gi ad accertare, in astratto e quando l'infrazione sia tempestivamente cessata, se questa sussistesse o meno. (I.M.B.) PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE bliche nella misura del SO%, fosse in contrasto con l'art. 23 della citata direttiva 77/62, norma che stabilisce in maniera limitativa i mezzi di prova che le amministrazioni aggiudicatrici possono esigere per dimostrare le capacit tecniche dei fornitori, e, pertanto a norma dell'art. 14, lett. d), della medesima direttiva, detta condizione non dovesse figurare nel bando di gara dell'USL. 4. -Con lettera 10 febbraio 1989, la Commissione, ai sensi dell'art. 169 del Trattato, ha invitato il governo italiano a comunicarle, entro quindici giorni, le sue osservazioni sull'inadempimento addebitatogli. Ritenendo che le spiegazioni inviatele dal governo italiano con lettera 30 giugno 1989 non fossero soddisfacenti, la Commissione ha invitato la Repubblica italiana, con parere motivato 27 marzo 1990, ad adottare i provvedimenti richiesti per conformarsi a detto parere entro quindici giorni a decorrere dalla sua notificazione. 5. -Per una pi ampia illustrazione degli antefatti della causa, dello svolgimento del procedimento e dei mezzi e degli argomenti delle parti, si fa rinvio alla relazione d'udienza. Questi elementi del fascicolo sono richiamati solo nella misura necessaria alla comprensione del ragionamento della Corte. 6. -Nel controricorso il governo italiano ha fatto valere che il ricorso della Commissione era privo di oggetto poich il contratto di fornitura seguito alla gara d'appalto per l'anno 1989 aveva esaurito ogni suo effetto il 31 dicembre 1989, e che i bandi di gara per gli anni 1989 e 199,1, pubblicati nella Gazzetta Ufficiale delle Comunit Europee 4 novembre 1989, S 213, e 3 novembre 1990, S 216, non recavano la condizione controversa. Di conseguenza, esso ha chiesto alla Commissione di rinunciare al proprio ricorso e, qualora questa avesse proseguito la sua azione, ha invitato la Corte a respingerlo. Nella controreplica detto governo ha aggiunto che l'inadempimento addebitato era terminato prima ancora della scadenza del termine di 15 giorni impartitogli dalla Commissione nel parere motivato 27 marzo 1990 e, di fronte al diniego della Commissione di rinunciare al ricorso, ha chiesto che il ricorso stesso fosse dichiarato irricevibile. 7. -Nella replica la Commissione ha negato che il proprio ricorso fosse privo di oggetto poich, tenuto conto delle obiezioni formulate dal governo italiano riguardo al merito della causa, non era affatto dimostrato che la condizione controversa non sarebbe stata inserita in futuro in un altro bando di gara. All'udienza la Commissione ha osservato inoltre che il 17 agosto 1989 aveva emesso un primo parere motivato, e che aveva formulato il parere motivato 27 marzo 1990 soltanto per tener conto della risposta del governo italiano alla sua diffida, pervenutale il 6 luglio 1989. RASSEGNA AVVOCATURA DEIJ..O STATO 50 .8. -In via preliminare si deve rilevare come il fatto che il governo italiano abbia formalmente eccepito !'irricevibilit del ricorso soltanto nella fase della controreplica non pu impedire alla Corte di esaminare la ricevibilit del ricorso stesso. Infatti, gli argomenti sostenuti al riguardo dal governo italiano erano gi stati formulati nel controricorso, nel quale esso aveva formalmente chiesto il rigetto del ricorso. La Commissione ha avuto quindi la possibilit di confutare questi argomenti nella replica. D'altro canto, la Corte, in ogni caso, pu esaminare d'uf. ficio se ricorrano i presupposti contemplati dall'art. 169 del Trattato perch sia proposto un ricorso per inadempimento. 9. -A questo proposito si deve ricordare in primo luogo che dalla lettera stessa dell'art. 169, secondo comma, del Trattato emerge che la Commissione pu adire la Corte con un ricorso per inadempimento solo qualora lo Stato membro di cui trattasi non si sia conformato a detto parere entro il termine impartitogli dalla Commissione a tale scopo. 10. -In secondo luogo si deve osservare che, secondo la costante giurisprudenza della Corte, l'oggetto del ricorso proposto ai sensi dell'art. 169 consiste nel far dichiarare che lo Stato di cui trattasi venuto meno agli obblighi impostigli dal Trattato, e che esso non ha posto termine a questo inadempimento entro il termine fissato a tal fine nel parere motivato della Commissione (sentenza 13 dicembre 1990, Commissione I Repubblica ellenica, punto 40 della motivazione, causa 347/88, Racc. pag. I-4747). La Corte ha del pari costantemente affermato che la sussistenza di un inadempimento deve essere valutata in relazione alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine fis, sato nel parere motivato (sentenza 27 novembre 1990, Commissione / Repubblica ellenica, punto 13 della motivazione, causa 200/88, Racc. pag. I-4299). 11. -Orbene, nella fattispecie pacifico che il controverso bando di gara aveva esaurito ogni suo effetto il 31 dicembre 1989, vale a dire ancora prima dell'emissione del parere motivato 27 marzo 1990. Inoltre, i bandi di gara per gli anni 1990 e 1991, pubblicati rispettivamente il 4 novembre 1989, vale a dire prima della formulazione del parere motivato, e il 3 novembre 1990, vale a dire prima della proposizione del presente ricorso, non recavano pi la condizione controversa. 12. -Si deve rilevare inoltre che la Commissione non ha agito in tempo utile per evitare, con i procedimenti di cui dispone, che l'inadempimento addebitato producesse effetti, e non ha neanche eccepito l'esistenza di circostanze che le avrebbero impedito di terminare il procedimento precontenzioso, contemplato dall'art. 169 del Trattato, prima che detto inadempimento avesse cessato di sussistere. Il fatto, addotto al- I I I I I I I ., ,.,.,,,.,.,,,,.,..,..,a I PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTERNAZIONALE l'udienza. che essa avesse gi emesso un primo parere motivato il 17 agosto 1989 a questo. proposito irrilevante, . dato che questo parere non stato menzionato nel corso del procedimento e che il ricorso non fondato su di esso, Peraltro, lo stesso fatto non pu costituire un elemento di diritto o di fatto emerso durante il procedimento, ai sensi dell'art. 42, n. 2, del regolamento di procedura, di modo che qualsiasi mezzo basato su di esso dev'essere ritenuto tardivo e perci irricevibile. 13. -Dalle considerazioni che precedono emerge che alla data di scadenza del termine fissato nel parere motivato della Commissione 27 marzo 1990 l'inadempimento addebitato non era pi sussistente. Il ricorso della Commissione dev'essere pertanto dichiarato irricevibile. (omissis) SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI CORTE DI CASSAZIONE, sez. lavoro, 27 dicembre 1991, n. 13955 -Pres. Sandulli -Rel. Farinaro -P. G. La Valva (conf.). -Ente F. S. (avv. Stato Nucaro) c. Scazzola (avv. Cal). Trasporti -Ferrovie -Equo indennizzo -Termini per la presentazione della domanda -Sanatoria ex art. 11 legge n. 564 del 1981. Trasporti -Ferrovie -Equo indennizzo -Rivalutazione monetaria -Ammis sibilit. L'art. 11 legge 6 ottobre 1981, n. 564, disciplinando per la prima volta l'istituto dell'equo indennizzo in favore dei dipendenti F. S. ha delegato al Ministro dei trasporti l'emanazione delle norme di attuazione ed ha contestualmente disposto una sanatoria in forza della quale, per le infermit manifestatesi dopo il 30 giugno 1956, tutte le domande di equo indennizzo prodotte prima dell'entrata in vigore della legge e comunque non oltre il semestre successivo sono ammissibili, anche in caso di tardiva presentazione della domanda di riconoscimento della causa di servizio. L'equo indennizzo, in quanto grava esclusivamente sul datore di lavoro, in diretta derivazione del rapporto di impiego (di carattere privatistico per i ferrovieri a seguito della legge n. 210 del 1985) e non ha natura n risarcitoria n previdenziale, per cui costituisce oggetto di un credito suscettibile di rivalutazione monetaria ai sensi dell'art. 429, terzo comma, cod. proc. civ. L'equo indennizzo ai dipendenti dell'Ente Ferrovie dello Stato. La problematica dell'equo dndennizzo ai ferrovieri stata esaminata in numerose sentenze della Corte di Cassazione, anche a Sezioni Unite, ed riassunta nella sentenza in rassegna (V. Sez. Un., 5 aprile 1991, nn. 3559, 3560, 3561; Sez. Lavoro, 30 marzo 1992, n. 3911; 11 febbraio 1992, n. 1521; 8 febbraio 1992, n. 1415; 6 luglio 1991, n. 7502; 21 giugno 1991, n. 6997). Prima della istituzione dell'Ente Ferrovie dello Stato, avvenuta con legge 17 maggio 1985, n. 210, lo stato giuridico dei ferrovieri era regolato dalla legge 26 marzo 1958, n. 425. Una delle norme finali di quest'ultima legge, e precisamente l'art. 209, faceva richiamo alla legge generale degli statali, cos disponendo: Per le materie non specificamente disciplinate dalla presente legge valgono le disposizioni della legge generale concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato. I PARm I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 53 (omissis) Con il primo motivo, l'Ente FF. SS. -denunciando violazione degli artt. 11, 12, 13, 14 e 15 Preleggi, 68 d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, e degli artt. 36 e 51 d.P.R. 3 maggio 1957, n. 686, 209 L. 25 marzo 1958, n. 435, 11 L. 6 ottobre 1981, n. 564, 21 L. 6 dicembre 1971, n. 1034, 1362 cod. civ. per difetto di interpretazione del D. M. 19 dicembre 1958, n. 2716 e succ. modf. e della Cfrcolare del Direttore Generale della FF. SS. 6 agosto 1975, n. 14500, nonch omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione (art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ.) -sostiene che la sanatoria dell'art. 11 della legge n. 564 del 1981 riguarda le sole domande di equo indennizzo, che presuppongono un tempestivo e valido riconoscimento della causa di.. servizio, e non gi le domande aventi per oggetto siffatto riconoscimento, sottoposte al termine di decadenza di sei mesi dalla data della conoscenza della malattia previsto dall'art. 36 d.P.R. 3 maggio 1957, n. 686, quando siano, come nella specie, preordinate al Orbene, la legge generale per gli impiegati statali era rappresentata dal d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, emanato in virt della legge di delega 20 dicembre 1954, n. 1181. L'art. 68, ottavo comma del citato d.P .R. n. 3 cos stabiliva: Per l'infermit riconosciuta dipendente da causa di servizio sono altres, a carico dell'amministrazione, le spese di cura ... -nonch un equo indennizzo per la perdita della integrit fisica eventualmente subita dall'impiegato , Secondo la Cassazione, il rinvio di cui all'art. 209 dello stato giuridico dei ferrovieri stato limitato solo alle norme della legge in generale (citato d.P.R. n. 3 del 1957), ma non anche alle disposizioni regolamentari di attuazione. Non pertinente quindi, a proposito dell'equo indennizzo dei ferrovieri, richiamare la disciplina del regolamento di esecuzione d.P.R. 3 maggio 1957, n. 686, ed in particolare l'art. 36 (che prevede il termine di sei mesi dall'infermit per la domanda dell'impiegato diretta all'accertamento della causa di servizio) e l'art. 51 (che prevede il termine di sei mesi dal riconoscimento della causa di servizio per la domanda dell'impiegato diretta a conseguire l'equo indennizzo). In virt del richiamo di cui all'art. 209 dello stato giuridico, i ferrovieri avevano perci il diritto a conseguire l'equo indennizzo, ma non esistevano le norme di procedura per la concessione. Per il riconoscimento della inabilit come dipendente da causa di servizio, lo stato giuridico dei ferrovieri all'art. 91, ultimo comma stabiliva che nulla innovato alle disposizioni in vigore che prevedono termini e procedure ai fini del riconoscimento -di inabilit dovuta ... a malattia contratta per causa unica e diretta di servizio . Il successivo art. 208 dello stesso stato giuridico stabiliva poi che il Ministro dei Trasporti emaner con propri provvedimenti, le norme di applicazione della presente legge . In attuazione del citato art. 208 veniva quindi emanato il d.m. 19 dicembre 1958, n. 2716, pubblicato in Gazz. Uff. 23 aprile 1959, n. 97 (modificato dal d.m. 17684/1969 e dal d.m. 8711/1971, art. 4), che all'art, 38 stabiliva che per conseguire il riconoscimento della dipendenza da cause di servizio di una infermit ... il dipendente deve, entro sei mesi dalla data in cui si verificato 54 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO conseguimento cli alcuno dei benefici previsti dall'art. 68 T.U. 10 gennaio 1957, n. 3. Con il secondo motivo, si denuncia violazione dell'art. 11 legge n. 564 del 1981 e dell'art. 36, primo comma, d.P.R. n. 686 del 1957 (art. 360 n. 3 cod. proc. civ.), non avendo la sentenza impugnata tenuto conto della circostanza decisiva che il dipendente era incorso nella decadenza prevista dal cit. art. 36, non sanata dall'art. 11, che opera per le domande di equo indennizzo presentate fuori termine, sempre, per, sul presupposto che sia gi stata validamente riconosciuta la causa cli servizio. Col terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 1124 e.e. (art. 360, n. 3 c.p.c.) per avere il giudice del merito attribuito al dipendente la rivalutazione monetaria sugli importi liquidati a titolo di equo indennizzo, mentre tale rivalutazione non compete trattandosi di crediti di natura previdenziale sui quali possono essere tutt'al pi liquidati gli interessi nella misura globale. l'evento dannoso o da quello in cui ha avuto conoscenza dell'infermit, presentare domanda scritta ... , Dunque per i ferrovieri era disciplinata la procedura per il riconoscimento della causa di servizio (valevole ai fini della rendita d'infortunio, della pensione privilegiata, ad ulteriori effetti del rapporto di lavoro, nonch ai fini dell'equo indennizzo) ma non era ancora disciplinata la procedura per la concessione dell'equo indennizzo. A ci stato provveduto con l'art. 11 della legge 6 ottobre 1981 n. 564, che cos dispone: Per il personale dipendente dall'Azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato la competenza a concedere e liquidare l'equo indennizzo attribuita al Ministro dei Trasporti, previo parere del Consiglio di Amministrazione dell'Azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato, sulla base del verbale emesso dall'ufficio Sanitario Compartimentale o dalla sezione sanitaria competente per territorio. Le domande prodotte dagli interessati o dai loro aventi causa anteriormente all'entrata in vigore della presente legge, ovvero nel semestre successivo alla data in questione, sono considerate ammissibili semprech le infermit o le lesioni si siano manifestate posteriormente al 30 giugno 1956. li Ministro dei Trasporti potr emanare con propri provvedimenti, previo parere del Consiglio di Amministrazione delle Ferrovie dello Stato, sentite le Organizzazioni Sindacali maggiormente rappresentative su base nazionale, le norme di applicazione necessarie per l'attuazione delle disposizioni contenute nei commi precedenti. Le norme stesse potranno consentire che i provvedimenti negativi siano emessi prescindendo dall'esame di merito degli organi sanitari dell'Azienda, qualora manchino presupposti giuridici per la concessione dell'equo indennizzo , In base a tale disposizione coloro che avevano ottenuto il riconoscimento della causa di .servizio di una infermit, potevano, ove non lo avessero fatto prima, presentare domanda per la concessione dell'equo indennizzo entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della citata legge e cio entro il 28 aprile 1982, essendo stata la legge pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 13 ottobre 1981, n. 281. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTi 55 I due primi motivi, suscettibili di congiunto esame, sono infondati. L'istituto dell'equo indennizzo -disciplinato dal d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, T.U. degli impiegati civili dello Stato, e dal d.P.R. 3 maggio 1957, n. 686, contenente norme di esecuzione dello stesso T.U. -risulta in effetti ricompreso nel generico rinvio effettuato dall'art. 209 della legge 25 marzo 1958; n.. 425 sullo stato giuridico dei dipendenti della Azienda Autonoma FF.SS., ma tale rinvio, limitato alle disposizioni della legge generale, con esclusione di quelle dei relativi regolamenti di esecuzione, necessitava di un'ulteriore specifica disciplina: appunto contenuta nell'art. 38 del D.M. 19 dicembre 1958, n. 2716 (norme di applicazione dello Stato giuridico del personale delle Ferrovi dello Stato), emanato dal ministro per i trasporti in forza dell'art. 208 della stessa legge n. 425 del 1958. Questa disciplina dell'equo indennizzo prevedeva, al primo comma del cit. art. 38, che per conseguire il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di una infermit, fuori dei casi di infor- Si trattato, in altri termini di una legge di sanatoria, che ha inteso stabilire per la prima volta un termine per le domande di equo indennizzo in relazione ad infermit contratte dal 30 giugno 1956 all'entrata in vigore della legge. Indipendentemente dal riconoscimento della causa di servizio, i ferrovieri inabili per servizio, avevano l'onere di presentare la domanda di equo indennizzo entro i:l 28 aprile 1982 a pena di inammissibilit. La Cassazione non ha ancora considerato le domande di equo indennizzo presentate per infermit contratte dopo l'entrata in vigore della citata legge 6 ottobre 1981, n. 564. A tal fine l'ultimo comma del soprariportato art. 11 della legge delegava il Ministro dei Trasporti ad emanare le norme di applicazione necessarie per l'attuazione. Tali norme sono state emanate con il d.m. 2 luglio 1983, n. 1622 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale 3 ottobre 1983, n. 271), che ne ha disciplinato la procedura, la misura, ed il cumulo con la pensione privilegiata ed altri indennizzi assicurativi. Con successivo d.m. 9 giugno 1984, n. 1429 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale 5 luglio 1984; n. 184) sono state dettate modifiche ed integrazioni al regolamento per la concessione dell'equo indennizzo ai ferrovieri. Per quanto riguarda i termini, l'art. 4 del sopracitato d.m. 2 luglio 1983, n. 1622, primo comma, cos\ stabilisce: Per conseguire l'equo indennizzo il dipendente deve presentare domanda entro sei mesi dal giorno in cui gli stato comunicato il provvedimento col quale si riconosce la dipendenza da cause di servizio della menomazione dell'integrit fisica, ovvero entro sei mesi dalla data in cui si verificata la menomazione dell'integrit fisica in conseguenza dell'infermit o della lesione gi riconosciuta dipendente da cause di servizio. In sostanza si ripetuta la disposizione dell'art. 51 del Regolamento per gli impiegati dell Stato di cui al citato d.P.R. 3 maggio 1957, n. 686. I regolamenti di esecuzione dell'art. 11 della legge 6 ottobre 1981, n. 564 (il cui testo stato retro riportato) non trattano della procedura diretta al riconoscimento della causa di servizio, che pertanto resta regolata dal gi citato art. 38 d.m. 19 dicembre 1958, n. 2716. .RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 56 tunio e di malattia professionale, il dipendente deve, entro sei mesi dalla data in cui si verificato l'evento dannoso o da quella in cui ha avuto conoscenza dell'infermit, presentare domanda scritta al Direttore centrale o al Direttore compartimentale competente indicando specificamente la natura dell'infermit, le circostanze che vi concorsero, le cause che la produssero e, ove possibile, le conseguenze sull'integrit fisica . Nessun particolare termine era invece previsto per 1a presentazione della domanda di equo indennizzo, e tale lacuna -non ovviabile con la applicazione dell'art. 36 del decreto n. 686 del 1957, trattandosi di norma relativa agli impiegati civili, non direttamente applicabile, come gi detto, al personale delle FF. SS. -fu appunto colmata solo con l'art. 4 D.M. 2 luglio 1983, n. 1622, che al primo comma stabil che per conseguire l'equo indennizzo il dipendente deve presentare domanda entro sei mesi dal giorno in cui gli stato comunicato il provvedimento col quale si Con l'intervento dei regolamenti di esecuzione, la procedura per la concessione dell'equo indennizzo del tutto analoga a quella prevista per i dipendenti civili dello Stato, per cui pu farsi riferimento alla giurisprudenza amministrativa per la risoluzione delle questioni particolari. Pertanto, successivamente al d.m. 2 luglio 1983, n. 1622, il ferroviere che intendeva ottenere l'equo indennizzo aveva l'onere di richiedere nel termine semestrale di cui al d.m. 19 dicembre 1958, n. 2716 (art, 38) il riconoscimento della dipendenza dell'infermit da causa di servizio e successivamente richiedere nel termine semestrale di cui al d.m. 2 luglio 1983, n. 1622 (art. 4) la concessione dell'equo indennizzo. La stessa Cassazione, con alcune decisioni che si erano discostate dall'orientamento prevalente espresso dalla sentenza in rassegna, aveva precisato che, ai sensi dell'art. 12 delle preleggi, la disposizione dell'art. 11, secondo comma, della legge n. 564 del 1981. deve intendersi comprendere solo le domande rivolte alla concessione dell'equo indennizzo, stante il carattere transitorio della disposizione, restando perci escluse dalla sanatoria le domande di accertamento dell'infermit da causa cli servizio, tenutot anche conto dell'autonomia e delle distinte finalit del procedimento per il riconoscimento della causa di servizio e di quello diretto ad ottenere l'equo indennizzo (Cass., 14 giugno 1991, n. 6753; Cass., 3 luglio 1991, n. 7279; Cass., 8 giugno 1991, n. 6536). Ed in precedenza, con altra sentenza 4 ottobre 1990, n. 9802 (in questa Rassegna, 1990, I, 450) la stessa Cassazione aveva evidenziato che il riconoscimento della causa di servizio e la concessione dell'equo indennizzo costituiscono situazioni giuridiche diverse fondate su distinti presupposti giuridici e sono regolate da separate norme, come peraltro ritenuto dal Consiglio di Stato (v. sez. VI, 31 luglio 1987, n 512; 19 marzo 1987, n. 139). Comunque l'orientamento prevalente, adottato dalle Sezioni Unite, cui si uniformata la sentenza in rassegna, pur non disconoscendo i principi ora esposti, ha ritenuto di estendere la sanatoria di cui all'art. 11 legge 6 ottobre 1981, n. 564, anche alla domanda di riconoscimento della causa di servizio, per cui tali principi non sono applicabili alle domande di equo indennizzo presentate entro il semestre dalla entrata in vigore della stessa legge. Al riguardo l'art. 15 ultimo comma del regolamento per la concessione dell'equo indennizzo (d.m. 2 lugldo 1983, n. 1622 pi volte citato) cos dispone: I 1 .,,.,,,,,,,,,.,,....,,.1,1 PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 57 riconosce la dipendenza da cause di servizio della menomazione dell'integrit fisica in conseguenza dell'infermit o della lesione gi riconosciuta dipendente da cuasa di servizio . Come questa Corte ha gi ritenuto, la sentenza impugnata ha, ci premesso, esattamente escluso che il primo comma dell'art. 11 della legge 6 ottobre 1981, n. 564, possa essere interpretato nel modo restrittivo prospettato dall'Ente FF. SS. La norma detta che le domande prodotte dagli interessati o dai loro aventi causa anteriormente all'entrata in vigore della presente legge, ovvero nel semestre successivo alla data in questione, sono considerate ammissibili sempreche le infermit e le lesioni si siano manifestate posteriormente al 30 giugno 1956 . La portata generale della sanatoria, cos accordata, attestata sia dalla lettera della disposizione, che ampia, comprensiva e condizionata al solo fatto che le domande, presentate nei termini da essa previsti, siano relative ad infermit manifestatesi successivamente alla detta data; sia dalla ratio, costituita dalla opportunit di rimettere in termine i ferrovieri, pregiudicati da quella grave carenza regolamentare che aveva di Per le domande di concessione dell'equo indennizzo prodotte prima della data di entrata in vigore della legge 6 ottobre 1981, n. 564, ovvero nel semestre successivo alla data stessa, si prescinde dal termine perentorio previsto dall'art. 4, primo comma, del presente regolamento, semprech le infermit o le lesioni si siano manifestate posteriormente al 30 giugno 1956 . Si pone pertanto il problema della efficacia retroattiva del termine semestrale stabilito con l'art. 4 del d.m. 2 luglio 1983, n. 1622, che la lettera della norma regolamentare sembra riguardare anche le domande di equo indennizzo presentate nell'arco di tempo dal 28 aprile 1982 (semestre successivo alla entrata in vigore della legge 6 ottobre 1981, n. 564) al 2 luglio 1983, n. 1622 (data del regolamento), in relazione al quale periodo non vale la sanatoria dell'art. 11 della citata legge n. 564 e non era stato ancora stabilito con regolamento il termine semestrale di decadenza. Riconoscere efficacia retroattiva ad un termine di decadenza sembra per eccessivo e contrario ai principi generali dell'ordinamento giuridico; per cui appare logico ritenere che per il periodo successivo al 28 aprile il termine semestrale di cui al citato art. 4 non pu che avere inizio dal 2 luglio 1983, cio dalla data del regolamento che stabilisce tale termine. Successivamente alla legge 6 ottobre 1981, n. 564 ed ai regolamenti di esecuzione, intervenuta la legge 17 maggio 1985, n. 210 che ha istituito l'Ente Ferrovie dello Stato, con personalit giuridica e autonomia patrimoniale distinte dallo Stato. L'art. 21, primo comma, della citata legge n. 210 stabilisce che il rapporto di lavoro del personale dipendente dall'Ente Ferrovie dello Stato regolato su base contrattuale collettiva ed individuale . Orbene, come puntualizzato nella sentenza in rassegna, alla stregua della costante giurisprudenza della Cassazione, l'equo indennizzo, essendo in im~ mediata e diretta derivazione dal rapporto di impiego (ora di natura privatistica per i ferrovieri), costituisce oggetto di un credito non previdenziale ma di lavoro (confermato peraltro dalla coincidenza del soggetto erogante con RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO fatto impedito di fruire di un beneficio solo astrattamente loro concesso dalla legge; ma, soprattutto, dalla decisiva considerazione che, diversafil mente, la disposizione sarebbe stata priva di contenuto ed inutile, dal momento che, come si visto, la sola ipotesi di decadenza prevista dalla disciplina vigente nel 1981 era proprio quella discendente dalla tardiva @ presentazione della domanda di riconoscimento della causa di servizio, r. perch quella derivante dalla intempestiva domanda dell'equo indennizzo fu successivamente introdotta dall'art. 4 D.M. n. 1622 del 1983. dunque impossibile che il ripetuto art. 11 sia stato diretto a sanare (come il ricorrente sostiene) quest'ultima decadenza e che si sia invece inteso escludere l'efficacia della sanatoria rispetto alla prima decadenza, che era l'unica allo stato esistente. Relativamente al terzo motivo si deve in primo luogo osservare che il ricorrente ha denunciato la violazione dell'art. 1224 cod. civ., mentre i giudici del merito hanno fatto applicazione del meccanismo di rivalutazione di cui al terzo conima dell'art. 429 cod. proc. civ., coordinato (e non cumulabile) con quello dell'art. 15 D.M. 2 luglio 1983 (operante in sede il datore di lavoro), tanto vero che stato ritenuto suscettibile di rivalutazione monetaria ai sensi dell'art. 429, terzo comma, codice procedura civile. Se quindi l'equo indennizzo ha natura retributiva, la sua regolamentazione non pu che avere sede nella contrattazione collettiva e, trattandosi di un istituto proprio del rapporto di pubblico impiego, l'equo indennizzo incompatibile con il rapporto di impiego privato, fatto sta che non figura nei due contratti collettivi finora intervenuti. N pu valere la disposizione del secondo comma dell'art. 21 della legge 17 maggio 1985, n. 210, ove detto che i contratti collettivi ed i regolamenti di organizzazione, che in sede di prima applicazione della presente legge, rechino modifiche al vigente regime di costituzione e cessazione del rapporto di lavoro nonch alla materia della responsabilit civile e disciplinare dei dipendenti, non possono, a pena di nullit, contenere una disciplina della materia meno favorevole ai lavoratori di quella vigente all'atto della entrata in vigore della presente legge; e infatti, la materia retributiva (di cui fa parte l'equo indennizzo) diversa dalle materie contemplate dall'ora riportato secondo comma dell'art. 21 della legge n. 210. Da quanto sopra possono perci ricavarsi le seguenti conclusioni: -sino all'entrata in vigore del primo contratto collettivo, e cio sino al 5 febbraio 1988, continuano ad applicarsi le vecchie norme sullo stato giu ridico del personale (v. Corte Cost., 22 aprile 1992, n. 191; Cass., 3 maggio 1989, n. 2050, in Foro it., 1989, I, 1786 e successiva giurisprudenza costante), per cui da riconoscersi il diritto all'equo indennizzo per le infermit contratte entro tale data; -essendo state sostituite le norme sullo stato giuridico dei ferrovieri dalla disciplina della contrattazione collettiva, a quest'ultima che occorre fare riferimento per determinare il trattamento retributivo dei dipendenti ferroviari, per cui non pu continuare ad applicarsi un istituto che la contrattazione collettiva non prevede. GIUSEPPE STIPO PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 59 amministrativa ai fini del calcolo dell'indennizzo); sicch, per ci solo, la censura non coglie nel segno. Si deve comunque osservare che, una volta esclusa (del tutto pacificamente) la natura risarcitoria dell'equo indennizzo, se ne deve del pari escludere la natura previdenziale per la totale ed esclusiva incidenza del relativo carico sul datore di lavoro; ragione questa, che ha gi indotto a ritenere che nel rapporto di pubblico impiego la stessa pensione, direttamente erogata dallo Stato o da altro ente datore di lavoro, integra una forma di retribuzione differita a fini previdenziali (v. Corte Cost. sent. n. 501/88, n. 173/86, n. 26/80, n. 124/68; e, per i fondi di previdenza privi di autonomia rispetto al datore di lavoro, sent. S. U. 10 giugno 1988, n. 3937). Sussistendo, pertanto, una derivazione diretta ed immediata dell'equo indennizzo dal rapporto d'impiego, correttamente il giudice del merito ha inquadrato il relativo credito tra i crediti di lavoro ed ha ad esso applicato la rivalutazione monetaria di cui al terzo comma dell'art. 429, cod. civ.; tanto pi che l'equo indennizzo in favore dei dipendenti dell'Ente FF. SS. inerisce ora ad un rapporto di natura privatistica. Si deve del resto rilevare che la pretesa natura previdenziale del credito di per s non escluderebbe l'applicabilit, ricorrendone i presupposti, dell'ultimo comma dell'art. 1224 cod. civ. CORTE DI CASSAZIONE, sez. un., 14 gennaio 1992 n. 367 -Pres. Montanari Visco -Rel. Rocchi -P. M. Amatucci (concl. parz. conf.) -Pazzi ed altri, nonch Ministero del Tesoro e Commissione nazionale per la societ e la borsa (Avv. Stato D'Amato) c. Gatti ed altri (avv. Giorgianni, La Villa, Danovi e Villata) e Matturi (avv. Manzi e Celona). Giurisdizione civile -lnconfigurabllit in astratto del diritto fatto valere in giudizio -Questione di merito -Fattispecie in tema di danno per lesione di interesse legittimo -Regolamento di giurisdizione -Inammissibilit. L'inconfigurabilit in astratto del diritto fatto valere in giudizio questione di merito, non di giurisdizione -e come tale non pu essere dedotta in sede di regolamento ex art. 41 c.p.c -pertanto la questione della non risarcibilit del danno per lesione di interessi legittimi comporta non gi la improponibilit per difetto assoluto di giurisdizione ma la reiezione nel merito della domanda per difetto del diritto (1).' (1) Decisione conforme al pi recente orientamento della Cassazione secondo il quale la questione della mancanza di una norma qualificatrice dell'interesse fatto valere consiste in un giudizio sull'esistenza o inesistenza del diritto ed perci strutturalmente estranea all'ambito delle questioni di giurisdizione ed appartenente al merito della controversia (in tal senso: Cass., Sez, Un., 20 giugno 1987, n. 5449, in Giust. civ., 1987, I, 2849; Cass., Sez. Un., 15 giu 60 RASSEGNA AVVOCATURA DELW STATO (omissis) Tutti i regolamenti proposti sono inammissibili, nei termi ni delle proposizioni che seguono. In punto di regolamento proposto dalle parti private -sulla base del rilievo che il caso concreto, costituito da una controversia tra privati, integra un'ipotesi di improponibilit assoluta della domanda e, quindi di difetto assoluto di giurisdizione, in quanto la posizione soggettiva fatta valere in giudizio non corrisponde, neppure in astratto, a una posizione di diritto soggettivo -va rilevato che l'istanza di regolamento preventivo di giurisdizione stata proposta in un caso diverso da quelli contemplati dal sistema processuale ricavabile dagli artt. 41 e 37 c.p.c. Tale sistema, infatti, prevede che il regolamento pu essere proposto (oltre che nell'ipotesi attinente alla giurisdizione del giudice straniero, che non viene in considerazione nella specie) nel caso in cui sorga problema di rapporti fra giudice ordinario e giudice speciale, o fra giudice ordinario e pubblica amministrazione, mentre, nel caso concreto, stato adito il giudice ordinario, ma secondo la prospettazione dei ricorrenti parti private, nessun giudice avrebbe potuto essere adito perch difetta, anche in astratto, una posizione di diritto soggettivo. Orbene, queste Sezioni Unite, modificando il precedente indirizzo, hanno in proposito affermato il principio, dal quale l'attuale Collegio non intende discostarsi, secondo cui una prospettazione quale quella in esame non vale a giustificare la proposizione di un regolamento preventivo di giurisdizione, proprio perch il caso della c.d. improponibilit assoluta della domanda non espressamente contemplato dai citati articoli del codice di rito: con la conseguenza che appare pi aderente al sistema codificato ritenere che la fattispecie della configurabilit o della inconfigurabilit in astratto del diritto fatto valere in giudizio costituisca questione di merito e non di giurisdizione, e vada, perci, giudicata dal gno 1987, n. 5256, ivi, 1987, I, 1913 ed in Foro it., 1987, I, 2015; per il precedente orientamento si veda Cass., Sez. Un., 29 maggio 1951, n. 1330, in Foro it., 1952, I, 701 con osservazionii di A. SCIALOJA, ed in Giur. Cass. civ., 1951, III, 427, con nota di BERRI, nonch Cass., Sez. Un., 25 ottobre 1982, n. 5530, in Giur. it., 1983, I, 390 con nota di F. ROSELLI). La dottrina da tempo favorevole a questa interpretazione, cfr. A. PROTOPISANI, Problemi e prospettive in tema di regolamenti di giurisdizione e di competenza, in Foro it., 1984, V, 89; E.T. LIEBMAN, Manuale di diritto processuale civile, I, Milano, 1980, p. 24. nota 23; C. MANDRIOLI, Corso di diritto processuale civile, I, Torino, 1989, p. 49 nota 1; V. ANDRIOLI, Improcedibilit assoluta della domanda tra privati, in Giur. cass. civ. 1952, I, 13. Non la prima volta che il suddetto principio viene affermato in tema di domanda di risarcimento del dannoJ per lesione di interesse legittimo ove la qualificazione della situazione soggettiva assume rilevanza ai fini della ingiustizia del danno (cfr. Cass. Sez. Un., 3 luglio 1989, n. 3183, in Giust. civ. mass., 1989; Cass. Sez. Un., 21 maggio 1989, n. 6168, in Mass. giur. lav .. 1989, 254; Cass., Sez. Un., 31 maggio 1984, n. 3316 e n. 3318, in Giust. civ., 1984, I, 2415). PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI giudice adito, al pari della esistenza concreta del diritto stesso (v., per tutte, Cass. 5449/1987). In punto di regolamento proposto dalla Consob e dal Ministero del Tesoro, il discorso, pur portando ad identica conclusione, esige una maggiore articolazione. Va, innanzitutto, ricordato come, al riguardo la controversia originaria verta non tra privati, ma tra privati e P.A., cio contempli un rapporto coinvolgente potenzialmente anche posizioni soggettive aventi natura e consistenza di interessi legittimi, posizioni che trovano la loro istituzionale tutela attraverso la competente giurisdizione del giudice amministrativo. Alla Consob (Commissione Nazionale per le Societ e per la Borsa) sono, infatti, affidate dalla legge istitutiva e successive modifiche (d.l. 95/74, convertito in legge 216/74, legge 77/,1983, legge 281/1985), per quanto interessa in questa sede, funzioni volte ad assicurare l'osservanza di regole procedimentali e di standard informativi da parte degli operatori e degli intermediari finanziari che intendono sollecitare il risparmio diffuso, in una prospettiva di sviluppo del mercato finanziario ed a tutela dell'interesse generale all'ordinata attivazione ed alla trasparenza di quel settore specifico rappresentato dal mercato mobiliare, con il fine precipuo di evitarne eccessive frammentazioni e consentirne l'efficienza e l'esplicazione delle capacit selettive. In tale prospettiva la situazione soggettiva del privato e, in particolare, dell'eventuale futuro acquirente del prodotto finanziario offerto al pubblico, si traduce nell'interesse all'appropriato svolgimento, da parte della Consob, delle funzioni regolatrici e di vigilanza demandatele, e trova, quindi, considerazione nell'ordinamento solo in maniera indiretta e a livello, quindi, di mero interesse variamente qualificato. Orbene, a fronte di una potenziale posizione di interesse legittimo del privato, che assume violata la propria situazione soggettiva nei confronti della P.A., il problema della giurisdizione si pone (o pu porsi) in termini relativi, cio in termini di rapporti tra giudice ordinario e giudice speciale e, quindi, di scelta del giudice giurisdizionalmente competente, nell'ambito del sistema sopra descritto. Al riguardo va, per, ricordato che, secondo un indirizzo ormai costante di queste Sezioni Unite (vedi, per tutte, Cass. 3183/89), la questione della non risarcibilit del danno per lesione di interessi legittimi presupponendo la fattispecie dell'illecito civile di cui all'art. 2043 e.e. in ogni caso la violazione di un diritto soggettivo -comporta non l'improponibilit per difetto assoluto di giurisdizione, ma la reiezione, nel merito, per difetto del diritto, della domanda risarcitoria proposta dal privato nei confronti della P .A., in relazione alla lesione di una sua posizione soggettiva avente consistenza di interesse legittimo. 62 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Di conseguenza, anche il regolamento proposto dalla Consob e dal Ministero del Tesoro va dichiarato inammissibile, implicando non una questione di giurisdizione, ma una questione di merito, che si traduce nell'infondatezza della domanda risarcitoria per difetto di violazione di un diritto soggettivo. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 gennaio 1992, n. 502 -Pres. Bologna - Rel. Lupo -P.M. (conci. diff.) -Maranghi (avv. Irti, Rossi, Uckmar, Bocchiola) c. Ministero del Tesoro {avv. Stato De Figueiredo). Commercio -Oro greggio -Regime di monopolio per l'acquisto all'estero Commercio interno . Attribuzioni del Ministero del tesoro Vincolo di destinazione ad usi industriali Legittimit. (r.d.l. 14 novembre 1935, n. 1935; d.l.lgt. 17 maggio 1945, n. 331; legge 2 giugno 1968, n. 46; d.P.R. 29 settembre 1987, n. 454). La disciplina del commercio dell'oro greggio (contenuta nel r.d.l. 1935/1935 e nel d.l.lgt. 331/1945) oltre ad introdurre un regime di monopolio per l'acquisto all'estero dell'oro, attribuisce al Ministero del Tesoro il potere di sottoporre a limitazioni e controlli il commercio interno di tale metallo ove ci si renda opportuno per assicurare le esigenze pubblicistiche tutelate dal regime di monopolio; rientra, pertanto, nell'esercizio di tali poteri il d.m. 23 marzo 1968 che prevede l'importazione e la circolazione interna dell'oro greggio limitata alla sua destinazione ad usi industriali potendo tale metallo essere ceduto alle sole imprese esercenti attivit che implichino l'impiego dell'oro come materia prima (1). (omissis) Il ricorrente sostiene che la Corte di Appello ha erroneamente affermato l'esistenza di un monopolio sulla circolazione interna dell'oro. Questo monopolio non era contenuto nel testo originario del (1) La giurisprudenza ha avuto rare occasioni di occuparsi della disciplina del commercio dell'oro, oltre a Cass., 22 febbraio 1986, n. 1078, in Foro it., 1986 I, 1297, conforme alla sentenza in commento, si veda per qualche riferimento Corte App. Trento, 17 maggio 1983, in Foro it., Rep. 1983, voce Oro e metalli preziosi n. 2. In dottrina si segnalano gLi studi di F. CAPRIGLIONE e F. CIRILLO, Oro, iin Enc. giur., XXII, Roma, 1990; E. ANTONINI, L'Oro disciplina giuridica, in Il sistema valutario italiano, a cura di F. CAPRIGLIONE e V. MEzZACAPO, I, Milano, 1981; G. PANICO, In tema di legittimit delle disposizioni sul commercio dell'oro, in Gazz. val., 1979, 425 e G. PANICO, Sulla legittimit delle disposizioni sul commercio interno dell'oro, in Atti del Convegno IPSDA >>, Milano, 3-4-5 1979; G. SCIACCA, Il commercio interno dell'oro greggio di importazione, in Riv. dir. ec. val., 1980, 707. Come correttamente si legge in sentenza, la disciplina vincolistica sul commercio interno dell'oro si applica in via esclusiva all'oro greggio, non lavorato n semi-lavorato, ed importato dall'estero, con esclusione quindi del c.d. oro nazionale. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 64 gio limitata rigidamente alla sua destinazione ad usi industriali, potendo tale metallo essere ceduto alle sole imprese esercenti attivit che implichino l'impiego dell'oro come materia prima , Una chiara conferma della esattezza della interpretazione data da questa Corte alla disciplina del commercio interno dell'oro greggio pu trarsi dalla successiva evoluzione legislativa. La normativa sul commercio dell'oro, contenuta nel r.d.l. n. 1935/1935, stata espressamente abrogata dall'art. 42 del t.u. delle norme di legge in materia valutaria approvato con d.P.R. 31 marzo 1988, n. 148, il cui art. 15 (conforme all'art. 15 del d.P.R. 29 settembre 1987, n. 454) ha inequivocabilmente limitato il commercio interno dell'oro greggio importato alla produzione di beni in Italia, confermando l'esistenza del vincolo di destinazione gi affermato da questa Corte. Non pu quindi sostenersi che le abrogazioni di alcune disposizioni del r.d.l. n. 1935/1935 -attuatesi negli anni 1947-48 -abbiano comportato un'assoluta libert del commercio interno dell'oro greggio, perch -cos opinando -si verrebbe ad attribuire un effetto restrittivo di carattere innovativo alle recenti modifiche normative in materia valutaria, le quali sono state notoriamente ispirate, in linea generale, da finalit liberalizzatrici. Nella memoria e nella discussione orale il ricorrente, pur non contestando l'orientamento interpretativo affermato da questa Corte con la sentenza n. 1078/86, ha sostenuto che la violazione della normativa che impone la destinazione industriale dell'oro commerciato pu essere ascritta al solo venditore dell'oro, e non anche a colui che l'ha acquistato per uso non produttivo. Pur se la fattispecie presa in esame dalla citata sentenza di questa Corte era relativa alla vendita di oro greggio a terzi effettuata da soggetto che lo aveva acquistato per la lavorazione in proprio, non pu negarsi che la violazione della norma che impone una particolare destinazione all'oro greggio commerciato parimenti commessa sia dal venditore che dal compratore, tenuto conto che, come ha affermato detta sentenza, la disciplina del commercio dell'oro tende ad impedire una incondizionata commerciabilit del bene mediante atti dispositivi. Non inutile, infine, osservare che al Maranghi stata applicata la pena pecuniaria per avere egli non solo acquistato ma anche rivenduto lingotti d'oro non destinati a finalit produttiva. 2. -Con il terzo motivo il ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. l, 2 e 3 del r.d.l. 5 dicembre 1938, nonch degli artt. 3 e 4 della legge 7 gennaio 1929, n. 4 e, altres, vizi di motivazione, censurando la sentenza impugnata per avere ritenuto applicabile una sanzione amministrativa in violazione del principio di legalit, in quanto manca una legge formale che prevede espressamente come illecito il comportamento della COFIMER. ~ I ~ I ~ 3"=~"""_"_,_,__,,,,,,,____~--,,-,,,.,..,..,, ..,,.... ,,.,..,.,....,..,,.,__,_.., .........,,..,.....,,.....,.......Jr ..,,~1~1 PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVlLE, GIURISDIZIONE E APPALTI 65 Il motivo di ricorso infondato. Il r.d.l. 5 dicembre 1938, n. 1928 (convertito nella legge 2 giugno 1939, n. 739) comminava la pena pecuniaria per le violazioni delle norme sul commercio dell'oro contenuto nel r.d.l. 14 novembre 1935, n. 1935, noch dei decreti ministeriali emanati per l'attuazione dello stesso (v. l'art. 1). La pena pecuniaria quindi prevista anche per la violazione del d.m. 23 marzo 1968 che, come si osservato nel precedente paragrafo, stato emanato in attuazione del r.d.l. n. 1935/1935. Poich la sanzione amministrativa comminata da una legge formale per la violazione di un precetto posto da un decreto ministeriale in attuazione della stessa legge, non sussiste la dedotta violazione del principio di legalit. 3. -Con il quarto motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione della legge 20 gennaio 1968, n. 46, nonch la contraddittoriet della motivazione, sostenendo che la Corte di appello ha confuso la disciplina del commercio interno dell'oro con quella della marchiatura dell'oro, dettata dalla legge n. 46/68. La sanzione per le violazioni di quest'ultima legge prevista nell'art. 26, onde, al pi, poteva essere applicata tale sanzione, di minore gravit. Il motivo di ricorso infondato. Nessuna confusione tra normative diverse si ravvisa nella sentenza impugnata. La Corte di appello, come si dir nel successivo paragrafo, ha fatto richiamo alla disciplina della marchiatura dell'oro solo per escludere la fondatezza della tesi del Maranghi che i lingotti da lui commerciati provenissero da squaglio, ma, in ordine al tipo di violazione ritenuta sussistente, ha fatto sempre riferimento alla normativa del r.d.l. del 1935 e del d.m. del 1968, interpretati come limitativi del commercio interno dell'oro greggio. La sussistenza della violazione di tali limiti, per la quale stata inflitta la sanzione in discorso, non esclusa dalla possibile esistenza anche di una infrazione alla legge n. 46/1968, che, come ha osservato la stessa ricorrente, ha una propria autonomia, onde ammissibile il concorso dei diversi regimi sanzionatori. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 18 gennaio 1992, n. 590 -Pres. Scanzano - Rel. Borruso -P.G. Leo (conf.) -Bonalumi (avv. Vigan) c. Ente Ferrovie dello Stato (avv. Stato Stipo). Procedimento civile . Ordine di esibizione documenti Condizioni Incensurabilit dell'esercizio del potere del giudice di merito. Edilizia economica e popolare Assistenza continua Non costituisce convivenza. L'ordine di esibizione di documenti a una delle parti in lite o a un terzo, previsto dall'art. 210 cod. proc. civ., pu essere pronunciato solo 66 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Iquando sia certa la materiale esistenza dei documenti; il mancato esercizio del potere da parte del giudice di ordinarne la esibizione non censurabile in sede di legittimit neppure sotto il profilo del difetto di motivazione. Agli effetti della normativa sull'edilizia economica e popolare, non IIcostituisce convivenza con una persona il fatto di recarsi sia pure quotidianamente in casa sua per assisterla e di rimanervi per molte ore anche notturne quando si continui ad avere una casa propria e a volerla considerare tale. I I (omissis) Il motivo infondato per tre ragioni: a) perch l'ordine di esibizione, dei documenti a una delle parti in lite (o a un terzo) previsto dall'art. 210 cod. proc. civ. pu essere pronunciato solo quando sia certa la materiale esistenza dei documenti (certezza che nella specie i giudici di merito hanno mostrato, sia pure implicitamente ma chiaramente di non aver acquisito) (cfr. Cass., sent. 1123 dell'87); b) perch il mancato esercizio del potere da parte del giudice di ordinare la suddetta esibizione non censurabile in sede di legittimit neppure sotto il profilo del difetto di motivazione (vedi in tal senso Cass., sent. nn. 5657 dell'80, 3465 dell'82, 3883 dell'85, 1123 e 3499 dell'87); c) perch, sia nell'atto di citazione in primo grado sia in quello d'appello ci si limita ad affermare che, morto nel 1973 Martino Croci che aveva fatto domanda di riscatto dell'alloggio, la vedova, Alessandrina Anzaghi, con atto del 25 agosto 87 la riconferm ai sensi e per gli effetti dell'art. 27 della 1. 8 agosto 1977, n. 513, lasciando cos chiaramente intendere di non aver essa provveduto a dare, in precedenza, un'altra conferma: precisamente quella imposta dall'art. 7, comma quarto della 1. n. 231 del 27 aprile 1962, che, sostituendo l'art. 10 del d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2, cos disponeva: In caso di decesso dell'aspirante, i discendenti entro il 3 grado e gli ascendenti conviventi con l'aspirante possono confermare la domanda entro 30 giorni dall'evento. La Corte d'Appello ha ritenuto che l'abrogazione del d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2, da parte della 1. 8 agosto 1977, n. 513 (art. 27) non abbia comportato anche l'abrogazione della norma soprariportata, avendo previsto la possibilit di confermare le domande presentate in precedenza dagli aspiranti proprietari, quindi, implicitamente, mantenuta ferma la disciplina relativa alla loro proposizione: di qui la perdurante necessit per l'attrice di dimostrare l'avvenuta conferma dell'originaria domanda del nonno non solo dopo l'emanazione della legge del 1977 sopracitata ma, ben prima di essa, entro 30 giorni dalla morte del nonno (avvenuta nel 1972) ai sensi del soprariportato art. 7 della 1. n. 231 del 1962. 6 68 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATCl Premesso, infatti, in diritto che non costituisce convivenza con una persona il fatto di recarsi sia pure quotidianamente in casa sua per assisterla e di permanervi per molte ore anche notturne quando si continui ad avere una casa propria e a volerla considerare tale, appare incensurabile in questa sede la valutazione dei giudici di merito secondo cui i capitoli di prova testimoniale articolati dalla Bonalumi fossero diretti a dimostrare non tanto la convivenza quanto piuttosto l'assistenza e, quindi, non meritassero di essere ammessi. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 18 febbraio 1992, n. 1990 Pres. Brancaccio -Red. Baldassarre -P.G. Di Renzo (conf.). Provveditorato al Porto di Venezia c. C.P.D.E.L. (avv. Stato Stipo) c. Ceccon (avv. Zanardi). Pensioni -Periodo eccedente i sei mesi calcolato per anno intero -Norma di carattere eccezionale -Divieto di interpretazione analogica. Procedimento civile -Delega autenticata da difensore non abilitato al patrocinio in Cassazione -Nullit del ricorso o controricorso -Sottoscrizione dell'atto da parte di avvocato cassazionista Irrilevanza. I La disposizione secondo cui, per la determinazione degli anni di servizio, quando risulti una frazione d'anno, il periodo che eccede sei mesi calcolato per anno intero, ha carattere eccezionale e vale ai fini del normale pensionamento; detta disposizione non pu, in assenza dt pre Icise indicazioni normative, assumere portata precettiva nel diverso ambito di una speciale disciplina dell'anticipata risoluzione del rapporto di lavoro, nell'ambito della quale, salvo espresse deroghe, si deve tener conto I del servizio effettivo e dei versamenti previdenziali in concreto effettuati. ~ Sono inammissibili il ricorso per cassazione ed il controricorso quando I ! la firma della parte nella procura speciale a margine o in calce dell'atto ' ii sia certificata autografa da un difensore non ammesso al patrocinio innanzi alla Corte di Cassazione, a nulla rilevando che l'atto medesimo sia firmato anche da altro avvocato, iscritto nello speciale albo, cui sia stato, in tal modo, conferito il mandato. I (omissis) 1. Con il primo mezzo, denunciandosi violazione degli artt. 7 e 9 d.l. 17 dicembre 1986 n. 873, convertito in legge 13 febbraio 1987 n. 26, degli artt. 3 e 21 della legge 6 dicembre 1971 n. 1034, nonch omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, ai sensi dell'art. 360 nn. l, 2 e 3 cod. proc. civ., si addebita al Tribunale di avere affermato la giurisdizione del giudice ordinario a conoscere della legittimit del decreto interministeriale 28 luglio 1987 e di quello in data 4 novembre 1987 del Provveditore, senza considerare che la Casson, la quale aveva gi presentato e visto respingere domanda di pensionamento anticipato, avrebbe PARTE I, SEZ. III1 .GIURISPI.mDENZA CIVILE, GI~ISDIZIONE E APPALTI dovuto impugnare,. una.. v'olta divenuto. attuale il suo.. interesse,il decreto interministeriale; in mancanza, questo (atto presupposto) era divenuto incenimrabile e non potevano essere pi censurati i p:i:ovvedimenti .che ne rappresentano l'esecuzione. nmotivo non . :fondato. Invero, dalla non controversa <(e affermata per altro dall'art. 2 r.d.l. n. 503/29, convertito neUa legge n; 2342/29, come risulta dal testo sostituito dalla legge m. 6/74) natura di ente pubblico economico del Provveditorato al Porto .di Venezia, del quali;: la Casson era dipendente l momento della domanda; deriva che le controversie, nelle quali venga allegato il rapporto di lavoro cori l'Ente .ed invocata la tutela dei connessi diritti soggettivi, appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario ed alla competenza . del Pretore quale giudice del lavoro. Nella specie; anche. se l'istante ha chiamato in giudizio le altre su indicate amministrazioni ...-... in relazione, per, ai .:riflessi di carattere previdenziale della . deeisione, di cui si dir in prosiegUo - oggetto immediato del giudizio l'accertamento del diritto vantato dalla lavoratrice all'anticip13.t1;1 ~essazio.e del rapporto (il c,d~ prepensionamento), in forza della dtata normativa. sul risariamerito della gestione dei porti, e di quello consegUenziale a rimanere, sino al pensionamento, alle dipendenze del Provveditorato invece che, previo trasferimento, della SAVE S.p.A. Nella vertenza cos promossa -senza che sia parte in giudizio il Ministero dei trasporti, il quale, di concerto con gli altri competenti, ha emesSo il ptil::no dei due prowedimenti indicati nel ricorso -il giudice del merito, essendo investito del potere-dovere di disapplicare gli atti mministrativi illegittimi, ritenuti lesivi dei diritti della lavoratrice istante; non ha ecceduto dai limiti della propria giurisdizione, allorch ha preso in esame i predetti provvedimenti e giudicato irrilevante il decreto interniinisterale e illegittimo, per contrasto con l'art. 9 cit., quello del Provveditore al Porto. Consegue il rigetto del primo mezzo. 2. Con il secondo motivo si deduce la violazione dell'art. 60 r.d.l. 3 marzo 1938 n. 680, nonch vizio di motivazione, per avere il Tribunale affermato il diritto dell'istante alla fruizione della pensione in virt dei criteri di arrotondamento di cui all'art. 10 della legge 26 luglio 1965 n. 965 e all'art. 35 del r.d.l. n. 680/38, mentre avrebbe dovuto accogliere l'eccezione di difetto di giurisdizione, appartenendo alla giurisdizione della Corte dei conti anche le azioni di mero accertamento; ovvero, ritenendo che l controversia riguardasse solo il rapporto di servizio, avrebbe dovuto estromettere la C.P.D.E.L. dal giudizio. Il motivo deve .essere dichiarato inammissibile, in quanto assegna alla denunziata sentenza una portata decisoria che essa non ha. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 70 La sentenza, che reca nel dispositivo pronuncia di semplice rigetto dell'appello, non contiene in motivazione alcun accertamento riferibile al rapporto previdenziale, bens l'espressa precisazione che la controversia non affatto finalizzata alla liquidazione e alla corresponsione della pensione, ma concerne l'accertamento del diritto dell'appellata a far cessare il rapporto di lavoro con determinati benefici , Anche con maggiore chiarezza la confermata sentenza di primo grado, dopo avere precisato che il diritto al pensionamento anticipato non attiene alla corresponsione della pensione, aveva concluso che la domanda ha dunque come diretti destinatari il Ministero del tesoro e il Provveditorato al Porto, non la C.P.D.E.L., che si limiter a corrispondere la pensione quando ne avr l'obbligo ... . Del resto la stessa Cassa ricorrente non nasconde le proprie perplessit sul contenuto della sentenza nella parte che la riguarda, tanto che lamenta, in via alternativa, la mancata estromissione dal giudizio; estromissione che -alla stregua dei rilievi che precedono -deve ritenersi, per, pronunciata dai giudici del merito. 3. Con il terzo motivo si censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 7 e 9 del d.l. 17 dicembre 1986 n. 873, cenvertito in legge 13 febbraio 1987 n. 26, degli artt. 33, 47, 67, 68 e 71 del r.d.l. n. 680 del 1938, nonch vizio di motivazione, e si assume che: a) nell'interpretare la norma dell'art. 9, non pu essere dato rilievo all'attribuito effettiva, in quanto riferito alla contribuzione I.N.P.S. e non anche a quella della C.P.D.E.L., se si tiene presente che l'espressione contribuzione indica avvenuti versamenti e che nell'ordinamento della Cassa, a differenza di quello dell'I.N.P.S., non sono previste contribuzioni figurative; b) per la Ceccon, che era stata assunta presso il Provveditorato il 15 marzo 1972, alla data del 31 dicembre 1988 risultavano versati contributi C.P.D.E.L. per soli anni 16, mesi 9 e giorni 16, non essendo rilevante e, comunque, nemmeno avvenuta la ricongiunzione di precedenti contribuzioni I.N.P.S.; e) nessuna norma prevede che il personale avente diritto al prepensionamento continui a prestare servizio presso il provveditorato. La censura sub b) inammissibile, in quanto propone, per la rima volta in questa sede di legittimit, questione -che implica, per di pi, specifici e mai richiesti accertamenti di fatto -rimasta estranea al giudizio di merito. La doglianza sub e) presenta carattere gradato rispetto alla prima e rimane assorbita dall'accoglimento di essa. 1 4. Il terzo mezzo, limitatamente alla censura riassunta sub a), infatti fondato. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI Ai sensi dell'art. 9, lettera b), cit. costituiscono requisiti per l'esercizio della facolt di presentare domanda irrevocabile di pensionamento anticipato: et inferiore a 52 anni, con almeno 27 anni di contribuzione effettiva assicurativa all'I.N.P.S. o presso altre forme previdenziali ed assicurative sostitutive o con almeno 20 anni. di contribuzione assicurativa se iscritto alla c.assa di previdenza dipendenti enti locali o presso le previdenze locali previste dai regolamenti degli enti porti. Per i lavoratori marittimi si applicano, ai fini del computo della predetta anzianit contributiva, le disposizioni del titolo III della legge 26 luglio 1984, n. 413 . Il Tribunale ha tratto argomento dal dato letterale, rilevando che, con riguardo agli iscritti alla C.P.D.E.L., la legge non usa la qualificazione effettiva, riferita, invece, alla contribuzione I.N.P.S. L'argomento potrebbe assumere rilievo ermeneutico se detta qualificazione non trovasse ragione nel sistema delle assicurazioni I.N.P.S., che prevede, accanto alla contribuzione effettiva obbligatoria, correlata cio ai periodi di prestazione di lavoro, contribuzioni figurative , utili a determinati fini, le quali da detta prestazione prescindono. Sarebbe stato invece pleonastico, oltre che fonte di perplessit con riguardo al sistema I.N.P.S., il generalizzato riferimento alla contribuzione effettiva, posto che per gli iscritti alla Cassa non si pone il problema dei contributi figurativi. Lo stesso art. 9, lett. b), con riguardo ai lavoratori marittimi, volendo adottare il sistema di computo proprio dello speciale regime assicurativo della categoria, non limitato agli effettivi versamenti, ha ritenuto insufficienti le espressioni contribuzione o anzianit contributiva ed avvertito l'esigenza di indicare la precisa fonte legislativa a cui attingere la disciplina del computo. In effetti l'espressione contribuzione assume nell'art. 9 il significato ben preciso di corresponsione di contributi ed diversa da quella adoperata, in tema di arrotondamento, dagli art. 35 del r.d.l. 3 marzo 1938 n. 680 e 10 della legge 26 luglio 1965 n. 965, nei quali il computo della frazione di anno e di mese quale anno o mese intero riferito al servizio , Dispone in particolare l'art. 35 che per la determinazione degli anni di servizio e dell'et degli impiegati, quando risulti una frazione d'anno, il periodo che eccede 6 mesi calcolato per anno intero, altrimenti si trascura. N una tale norma, di carattere eccezionale, dettata ai fini del normale pensionamento, pu -in assenza di precise indicazioni normative -assumere portata precettiva nel diverso ambito della speciale e temporanea disciplina dell'anticipata risoluzione di determinati rapporti di lavoro; disciplina che, implicando oneri contributivi a carico dello Stato, deve RASSEGNA AVVOCATRA DELLO STATO 72 tener conto, salvo espresse deroghe, dei versamenti previdenziali effettuati, pi che di quelli computabili. L'effettiva anzianit contributiva, in caso di accoglimento della domanda e di conseguente risoluzione del rapporto, va aumentata, ai fini della liquidazione della pensione, del periodo previsto dal terzo comma dell'art. 9 ed solo in sede di liquidazione che deve operare il predetto criterio di arrotondamento, non anche agli effetti del computo della contribuzione utile per detta risoluzione. Conseguono il parziale accoglimento del terzo motivo del ricorso e la cassazione della sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Treviso, il quale, procedendo a nuovo, limitato esame della causa, far applicazione del seguente principio: Al fine dell'esercizio della facolt di presentare domanda di pensionamento anticipato, ai sensi dell'art. 9 del d.l. 17 dicembre 1986 n. 873, convertito in legge 13 febbraio 1987 n. 26, il requisito di almeno venti anni di contribuzione assicurativa per gli iscritti alla Cassa di previdenza dipendenti enti locali, di cui alla lettera b) del primo comma di detto articolo, va computato in base ai contributi versati, non operando, a tal fine, il criterio di arrotondamento previsto dall'art. 35 del r.d.l. 3 marzo 1938 n. 680 , (omissis) Va, ad ogni effetto, dichiarato inammissibile il controricorso, in quanto la firma apposta dalla Ceccon alla procura speciale a margine di tale atto, in favore dell'avv. Luciano Jaconis (oltre che, invalidamente, del dottor proc. Paolo Zanardi ), risulta autenticata dal predetto dott. proc. Zanardi, mentre entrambi i legali hanno sottoscritto il controricorso. ~ stato gi chiarito infatti, dopo iniziale contrasto, che sono inammissibili il ricorso per cassazione ed il controricorso quando la firma della parte nella procura speciale a margine o in calce dell'atto sia certificata autografa da un difensore non ammesso al patrocinio innanzi alla Corte di cassazione, a nulla rilevando che l'atto medesimo sia firmato anche da altro avvocato, iscritto nello speciale albo, cui sia stato, in tal modo, conferito il mandato (conf. sent. nn. 5664/89 S. U., 4661/86, 3718/86, 4511/82, 1954/79). CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 13 marzo 1992, n. 3081 -Pres. Montanari Visco -Est. Baldassarre -Uff. prov. metrico e del saggio dei metalli preziosi di Roma c. Fiermonte ed altri (Avv. Stato Cenerini). Sanzioni amministrative -Produzione e commercio di metalli preziosi privi di marchio -Ordinanza ingiunzione -Opposizione sul quantum -Limiti della contestazione -Poteri del Pretore e natura del giudizio pretorile ex artt. 22 e segg. della legge 24 novembre 1981 n. 689. L'ordinanza-ingiunzione (nella specie emessa onde infliggere la sanzione dovuta per la produzione ed il commercio di metalli preziosi privi PARTE I, SEZ. III; GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 73 di marchio) non pu limitarsi a riportare una generica contestazione contenuta nel verbale di accertamento e consistente nella sostanziale parafrasi. del testo normativo, ma deve fornire elementi specifici per individuare l'ipotesi di infrazione contestata e determinare la sua concreta consistenza; Ancorch il .. ricorso.dell'opponente sia limitato aWammontare della sanzJone, il Pretore pu rilevare il vizio di motivazione del provvedimento1 ove. l'opponente abbia .nel corso del giudizio integrato i motivi dell'Qpposizione; deducendo l'indeterminatezza della contestazione, e l~Ufficio non abbia, sul punto, rifiutato il contradditorio ..(1). (omissis) Del dtorso principale il secondo mptivo presenta carattere pregiudiziale e pric>ritario, Con esso si den:.nzia infatti. fa violazione e falsa applicazione dell'art. 112 cod. proc. civ. per avere il Pretore annullato il provvedimento dell'Ufficio metrico suJ1a l:>ase ne solo nella sua eccessivit. llmotivo, che. prende le mosse da esatte premesse in diritto, non trova riscontro concreto nella realt processuale. Le Sezioni Unite di questa Corte (conf. sent. n. 3271/90), superando il contrasto creato, in relazione ad un consolidato indirizzo, dalla sent. n. 2323/89, hanno definitivamente chiarito che l'opposizione avverso l'ingiunzione di pagamento di una somma di denaro a titolo di sanzione amministrativa, di cui agli artt. 22 e segg. della legge 24 novembre 1981, n. 689, configura l'atto introduttivo, secondo le regole del procedimento civile davanti al pretore, di un giudizio di accertamento della pretesa sanzionatoria, il cui accertamento delimitato, per l'opponente, dalla (1) Al di l della singolarissima fattispecie, che riguardava la produzione ed il commercio di metalli preziosi privi di marchio (1), la sentenza in rassegna ripropone il problema della natura giuridica dello speciale giudizio pretorile pervisto dalla legge 24 novembre 1981, n. 689 .e dei poteri in esso esercitabili dal Pretore. In proposito gi le Sezioni Unite, con la sentenza 19 aprile 1990, n. 3271, avevano richiamato la nota giurisprudenza, affermatasi in sede tributaria, secondo cui l'atto di impugnazione del provvedimento amministrativo costituisce il veicolo di accesso al giudizio di merito (2). Si era, cio affermato che tale giudizia concerne innanzitutto la legittimit formale e sostanziale del provvedimento impugnato, sicch il giudice pu anche arrestars~ all'invalidazione dell'atto, allorch ricorrano vizi talmente (1) La stessa fattispecie costituisce anche oggetto di un illecito di natura valutaria: v. Cass., 16 gennaio 1992, n. 502. (2) Assai significativa in tal senso la motivazione. di Cass., Sez. Un. 3 febbraio 1986, n. 661 (in Corr. trio~. 1986, pag. 802). 74 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO causa petendi fatta valere con l'opposizione e, per l'amministrazione, dal divieto di dedurre motivi o circostanze diverse da quelle enunciate con l'ingiunzione. Ne consegUe che il giudice, salve le ipotesi di inesistenza, non ha il potere di rilevare d'ufficio ragioni di nullit del provvedimento opposto o del procedimento che l'ha preceduto, nemmeno sotto il profilo della disapplicazione del provvedimento, e che l'opponente, se ha facolt di modificare l'originaria domanda nei limiti consentiti dagli artt. 183 e 184 cod. proc. civ., non pu introdurre in corso di causa domande nuove, a meno che su di esse non vi sia accettazione del contraddittorio da parte dell'amministrazione. Nella specie risulta dalla sentenza impugnata e, negli esatti termini, dal ricorso principale e dall'avverso controricorso, che, deducendo l'illegittimit dell'ordinanza per violazione di legge, difetto di motivazione e difetto di prove sulla responsabilit dell'interessato, gli opponenti chiedevano l'annullamento dell'ordinanza o, quanto meno, la riduzione della sanzione. In prima udienza gli opponenti integravano i motivi dell'opposizione deducendo l'indeterminatezza della contestazione . Con il ricorso principale non si deduce per che di quest'ultima allegazione, comprendente in modo non equivoco il concetto del difetto di motivazione l'Ufficio opposto abbia eccepito la novit, rifiutando il contraddittorio. In conseguenza, anche a voler ammettere che non vi fosse specifica deduzione nell'atto di opposizione (il che da escludere in base a quanto I I i gravi da non consentire neppure l'identificazione dei presupposti materiali e giuridici cui correlata la pretesa dell'Amministrazione; ma nello stesso tempo si era riconosciuto che, a parte tale dpotesi, di ben limitata verificazione, il giudizio di impugnazione un 'giudizi<> sul rapporto giuridico (e non sull'atto), " nel corso del quale entrambe k parti, sia l'opponente che l'Amministrazione ~ opposta, possono liberamente dedurre o produrre nei limiti previsti dall'art. 184 ~ del cod. proc. civ. Questo orientamento sembrava far salvo il valore di un giurisprudenza, meno recente ma autorevolissima e pressoch consolidata, secondo cui nel giudizio di I opposizione ad ingiunzione fiscale, l'Amministrazione pu ben proporre domanda riconvenzionale per l'accertamento della legittimit della sua pretesa, e ad I dirittura, senza la necessit di proporre domanda riconvenzionale, pu dedurre a fondamento della medesima un titolo diverso da quello indicato nell'atto amministrativo opposto (3). Sta di fatto che le Sezioni Unite avevano ritenuto tali principi applicabili anche allo speciale procedimento previsto dagli artt. 22 e 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689, nonostante l'accentuazione dei poteri del Pretore di verificare in limine l'ammissibilit dell'impugnazione, di disporre d'ufficio i mezzi di prova, e di ordinare all'Amministrazione il deposito in cancelleria del rapporto con gli atti relativi all'accertamento, nonch alla contestazione o notificazione della violazione. (3) Cosi Cass., 20 settembre 1971, n. 2623 (in Rass. Avv. Stato, 1971, I, pag. 1473). PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA.CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI ,75 pacificamente riferito), il Pretore ben poteva e doveva accertare '-.come, esprimendo giudizio negativo, ha fatto '---' se l'ordinanza presentasse dati esplicativi tali da rendere attuabile la difesa degli intimati ed il contraddittorio. Non. sussiste; per. tanto; il denunciato vizio di ultrapetizione e va presa in esame l~ulteriore, gradata doglianza. Con ilprimo ~otivo l'Ufficio lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 23~ comma 11 e 12, legge 24 novembre 1981, n. 689, 18 stessa legge; rton<:h erronea e contraddittoria motivazione, per non avere considerato il Pretore che nell'irrogazione delle sanzioni non sussiste alcun potere. discrezionale della P.A., dovendo questa limitarsi ad accertare l'esistenza del . fatto costituente la violazione; che il giudice non chiamato a disapplicare l'atto amministrativo, ma pu revocarlo in tutto o in parte; che la motivazione dell'ingiunzione deve essere interpretata con riferimento alle eventuali ragioni addotte dal. trasgressore; che nella specie non occorreva una . .maggiore . specificazione .della condotta, posto che -l'ali considerazioni inducono ad esprimere qualche perplessit sul diverso orientamento .. emergente dalla motivazione della . sentenza in esame. In primo foogo, la difesa dell'Amministra:ifone avva dedotto che gli opponenti non avevano contestata la sussistenza del fatto posto a fondamento dell'ordinanza-ingiunzione, n la generica qualificazione dello stesso, e tanto meno la mancanza di motivazione, ma soltanto. l'ammontare della sanzione, ritenuto eccessivo. Stando cos le cose, non solo era mancata la deduzione da parte dei ricorrenti di viii che consentissero al Pretore di invalidare l'atto amministrativo opposto, ma addirittura si era configurata sul pU11to una mancanza di contestazione che ben rientra nei poteri dispositivi della parte privata, e che, quindi, delimitava al solo quantum l'oggetto della contesa. Riesce, pertanto, difficile condividere l'opinione del Pretore il quale, tra valicando l'ambito della contestazione, in un giudizio a carattere pur sempre dispositivo, aveva rilevato vizi, astrattamente capaci di precludere un esame nel merito, che non erano stati dedotti dalla parte opponente. D'altra parte, anche a voler accettare una siffatta impostazione, e ritenere con la Suprema Corte che gli opponenti, integrando i motivi dell'opposizione in udienza, avessero lamentato l'indeterminatezza della contestazione, ben singolare che sia stato POltO a carico dell'Ufficio di non aver eccepito la novit, rifiutando il contraddittorio . Anche. a voler prescindere.dal. fatto che indeterminatezza della contestazione non significa mal1canzs Cass;, Sez. Un., 26 febbraio 1983, n. 1464). In favore dell'ex proprietario del bene, resta pertanto il diritto al controval6i- e del bene stesso, acquisito a titolo originario dall'Ente titolare del l'opera pubblica (v. Cass., 11 luglio 1990, n. 7210, in Foro it., 1990, I, 2789 con nota di DE MARZO). Secondo una prima costante giurisprudenza, l'illegittima occupazione, divenuta definitiva ed irreversibile per la radicale trasformazione del fondo conseguente alla destinazione del bene alla costruzione di un'opera pubblica, costituisce un illecito istantaneo, sia pure con effetti permanenti, che fa sorgere nell'ex proprietario il diritto al controvalore soggetto alla prescrizione quinquennale dal momento della trasformazione del fondo (Cass., Sez. Un., 26 febbraio 1983, n. 1464; Cass., Sez. Un;, 9 marzo 1983, n. 1754; Cass., 13 luglio 1983, n. 4767; Cass., 21 maggio 1984, n. 31119; Cass., 5 febbraio 1985, n. 784. Tuttavia successivamente, con la sentenza 11 luglio 1990, n. 7210, la Cassazione ha inteso precisare che l'acquisto della propriet non costituisce l'effetto dell'eventuale fatto illecito della Pubblica Amministrazione, ma opera indipendentemente da questo come modo autonomo ed originario dell'acquisto della propriet; in altri termini, l'acquisto della propriet del bene a titolo originario non deriva mad dall'illecito, anche se la propriet sorta in occasione dell'illecito ; da ci la conseguenza che il diritto dell'espropriato al controvalore, non rientrando nell'ambito del fatto illecito, non soggetto alla prescrizione quinquennale prevista dall'art. 2947 cod. civ., ma carne qualsiasi altro diritto personale di credito, si prescrive nel termine ordinario decennale stabilito dall'art. 2946 cod. civ. Essendo la Pubblica Amministrazione legittimata a trattenere il bene, questo non pu pi essere restituito al suo proprietario, con la conseguenza che dal momento della sua irreversibile trasformazione, cessa il diritto alla 78 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO (omissis) Col primo motivo, l'Ente Ferrovie dello Stato denuncia la violazione degli artt. 13 e 50 legge 25 giugno 1865, n. 2359, degli artt. 4 e 5 legge 20 marzo 1865, n. 2248, ali. E; degli artt.. 2, 3 e 4 legge 6 dicembre 1971, n. 1034, nonch omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione (art. 360 n. 1, 3 e 5 cod. proc. civ.), osservando che non esatto che il termine di cui all'art. 13 legge n. 2359/1865 possa essere prorogato una sola volta e per motivi di forza maggiore, per cui, caduta la premessa .su cui si basa la pronuncia, ne deriva che doveva essere rigettata la domanda di risarcimento del danno. Secondo l'Ente FF.SS., una volta ammesso che al momento della pronuncia del decreto ablativo del 31 luglio 1976, cio pochi giorni dopo la proroga, l'opera ferroviaria non fosse compiuta, non vale il principio invocato dalla Corte d'Appello secondo cui l'esecuzione dell'opera comporta l'irreversibile trasformazione del fondo con l'estinzione del diritto di propriet del privato e la contestuale acquisizione a titolo originario della propriet in capo all'ente espropriante; se perci il decreto di espropriazione intervenuto quando l'opera pubblica non stata ancora realizzata, gli eventuali vizi del decreto andavano denunciati davanti al giudice amministrativo e la Corte d'Appello non avrebbe potuto decidere, I per carenza di giurisdizione. j Il motivo (che ha determinato la rimessione della causa alle Sezioni I ~ Unite) infondato. Con esso si attribuisce alla Corte d'Appello un'affermazione che era contenuta nella decisione di primo grado, e che la Corte di Messina ha I indennit di occupazione e ad esso occorre far riferimento per il risarcimento del danno corrispondente al valore del bene e al mancato godimento dei frutti I per la sua occupazione abusiva, mentre i fatti sopravvenuti non esplicano alcuna rilevanza giuridica sulla obbligazione risarcitoria dell'Amministrazione; tra tali I fatti sopravvenuti possono citarsi il decreto di espropriazione successivamente intervenuto (che stato ritenuto irrilevante dalla giurisprudenza della Cassazione da ultimo citata), come pure gli eventi di forza maggiore; con riferimento al fatto di forza maggiore la Cassazione, 8 giugno 1979, n. 3243, ha affermato che nel caso in cui l'opera pubblica sia rimasta sommersa dall'erosione marina, ci non vale a far ritenere che l'obbligazione risarcitoria si estinta. Per quanto riguarda l'occupazione, ha natura risarcitoria, siccome derivante da fatto illecito, l'azione proposta contro la Pubblica Amministrazione per i danni subiti in relazione al periodo di occupazione abusiva e ad essa pertanto applicabile la prescrizione quinquenale di cui all'art. 2947 cod. civ.; viceversa il diritto spettante per il periodo di occupazione legittima non ha natura risarcitoria, ma di compenso per fatto lecito ed perci soggetto alla ordinaria prescrizione decennale anche quando l'indennit stessa viene liquidata mediante calcolo degli interessi sulla somma corrispondente al valore venale del suolo, trattandosi sempre di un capitale e di un accessorio di esso e non potendo il modo di liquidazione mutarne la natura (Cass., 7 agosto 1963, n. 2234). PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI modificato, affermando, in modo espresso, che il decreto di espropriazione intervenuto quando il suolo era stato gi irreversibilmente trasformato con l'esecuzione dell'opera pubblica. Il suddetto decreto di esproprio stato considerato dalla Corte d'Appello, in via alternativa, o illegittimo (perch emesso sotto il vigore della terza proroga del termine per l'esecuzione di lavori) o irrilevante, perch emesso -ad opera gi compiuta -durante il periodo dell'occupazione illegittima, essendo gi scaduto da tempo, alla data del 31 luglio 1976, il periodo di occupazione legittima (giurisprudenza costante di questa Corte, ribadita con numerosissime sentenze). L'Ente Ferrovie ha censurato soltanto la prima ratio decidendi, ma non la seconda, di guisa che la censura inammissibile, posto che il suo accoglimento non porterebb alla cassazione della sentenza impugnata, la quale si regge sufficientemente sulla seconda ratio, non impugnata. Con il secondo motivo, l'Ente ferrovie denuncia la violazione dell'art. 39 legge 25 giugno 1865, n. 2359, dell'art. 16 legge 22 ottobre 1971, n. 865, dell'art. 4 legge 27 giugno 1974, n. 247, degli artt. 11 e 34 legge 17 agosto 1942, n. 1150, nonch omesso esame di punto decisivo e difetto di motivazione, ai sensi dell'art. 360 n. 3 e n. 5 cod. proc. civ., osservando che fin dal giudizio di primo grado era stato prodotto il certificato del 24 aprile 1982 con il quale il Sindaco di Messina attestava che alla data del 3 luglio 1976 l'edificazione doveva svolgersi in conformit alle prescrizioni del programma di fabbricazione (adottato e presentato all'Assessorato Regionale allo sviluppo) e con le limitazioni di cui all'art. 28 della legge regionale 26 maggio 1973, n. 21; che il terreno de quo, in data 3 luglio 1976, ricadeva, nel programma di fabbricazione, in zona es attrezzature di zona di progetto con densit edilizia fondiaria massima consentita di 0,01 mc/mq; che la stessa part. n. 235 del foglio di mappa n. 205, alla data del 3 luglio 1976, ricadeva, come tutt'oggi, nel Piano regolatore generale approvato successivamente in data 21 marzo 1978, su fascia di rispetto dove sono ammesse attrezzature tecnologiche pubbliche o di interesse pubblico, allacciamenti ai servizi tecnologici, parcheggi, sistemazione a verde, allacciamenti stradali e percorsi pedonali e ciclabili ed il mantenimento dell'attivit agricola, con esclusione di qualsiasi tipo di edificazione. Nell'atto di appello l'Ente aveva insistito perch il terreno fosse valutato secondo i valori agricoli medi nella zona in questione ed aveva lamentato che per stabilire il valore del terreno era stato preso a raffronto un terreno vicino degli stessi Urz destinato in piano regolatore in zona B3D con indice di edificabilit 3 mc/mq. Nella sentenza impugnata -osserva il ricorrente -non contenuto alcun accenno agli strumenti urbanistici. Esclusa la natura edificatoria del terreno, la valutazione andava eseguita con i criteri dei valori agricoli di cui alla legge n. 865 del 1971 e, se si voleva fare riferimento 80 RASSEGNA AVVOCATURA DEU.O STATO al valore venale del terreno, questo non poteva essere valutato come suolo edificatorio, quando nel P.R. poteva essere adibito a parcheggi, verde pubblico e sede viaria. Il motivo fondato. La Corte d'Appello ha fatto riferimento all'edificabilit di fatto, senza spiegare in alcun modo le ragioni per le quali non ha tenuto conto della destinazione del terreno de quo, alla stregua degli strumenti urbanistici che lo riguardavano (e che la Corte deve esaminare d'ufficio, a prescindere da qualsiasi iniziativa probatoria delle parti). Non vale l'obiezione dei controricorrenti, secondo cui la destinazione edificatoria del terreno era stata riconosciuta dall'ente nel verbale di consistenza dell'll marzo 1971, perch non questa la data che occorreva prendere in considerazione, bens quella sicuramente successiva di irreversibile trasformazione del suolo. Parimenti non decisiva -allo stato - l'altra obiezione secondo la quale il certificato del Comune faceva riferimento ad una data (3 luglio 1976) in cui era venuto meno il potere di pronunciare l'espropriazione e l'occupazione temporanea era gi divenuta illegittima. Infatti, non risultando con esattezza dalla sentenza qui impugnata il momento dell'acquisto della propriet, . deve accertarsi la destinazione I urbanistica del terreno de quo con riguardo all'epoca dell'illegittima trasformazione, ovvero, se l'opera era stata gi compiuta durante il periodo di occupazione legittima biennale, con riguardo alla scadenza del bien I nio (Cass., 20 giugno 1990, n. 6209, fra le molte conformi). Infine, il parametro di comparazione adottato (terreno venduto con rogito dell'll dicembre 1978) non giustificato da una puntuale inda I I1 gine circa la similarit di destinazione urbanistica del terreno preso a raffronto. Pertanto, la causa va rimessa ad altro giudice, che dovr eseguire detti accertamenti, in relazione agli strumenti urbanistici di conformaI ' zione generale delle propriet ricadenti nella zona in cui compreso il terreno occupato de quo. Col terzo motivo l'Ente FF.SS. denuncia la violazione dell'art. 72 legge 25 giugno 1865, n. 2359, dell'art. 16 legge 22 ottobre 1971, n. 865, dell'art. 4 legge 27 giugno 1974, n. 247, degli artt. 11 e 34 legge 17 agosto 1942, n. 1150, nonch omesso esame di punto decisivo e difetto di motivazione (art. 360 n. 3 e n. 5 cod. proc. civ.), osservando che la sentenza censurabile, anche nella parte in cui ha determinato l'indennit di occupazione: anzitutto, per quanto esposto nel primo motivo, nessun periodo di occupazione pu essere considerato illegittimo; inoltre, per quanto esposto nel secondo motivo, l'indennit di occupazione non pu essere calcolata sul valore attribuito dalla Corte d'appello. Il motivo assorbito. Quanto alla prima censura, in conseguenza del rigetto del primo motivo, l'occupazione deve considerarsi illegittima a partire dalla scadenza PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 81 del biennio (mai prorogato) di occupazione legittima (cfr. Cass., 7 dicembre 1990, n. 11733), ma l'occupazione illegittima indennizzabile soltanto se l'irreversibile trasformazione del bene avvenuta in epoca successiva al suddetto biennio, e soltanto fino a detta irreversibile trasformazione, che dovr essere accertata in modo puntuale. Quanto alla seconda censura, essa assorbita in conseguenza dell'accoglimento del secondo motivo, perch la nuova indagine che il giudice di rinvio . dovr compiere sulle caratteristiche e sul valore del terreno in fluir anche sulla determinazione dell'indennit di occupazione legittima biennale (dovuta in ogni caso), da considerarsi debito di valuta, in base al valore del terreno all'epoca di detto biennio; nonch sull'indennit di occupazione illegittima (debito di valore), se ed in quanto dovuta fino al momento dell'irreversibile trasformazione del bene (v. infra). Col quarto motivo, l'Ente Ferrovie denuncia la violazione dell'art. 2043 cod. civ. e dell'art. 72 legge 25 giugno 1865, n. 2359; nonch omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, ai sensi dell'art. 360 n. 3 e n. 5 cod. proc. civ. osservando che, per il caso che dovesse essere ritenuto valido quanto affermato dalla Corte d'appello, nel senso che l'acquisto irreversibile della propriet in capo alla P.A. sia intervenuto per effetto del compimento dell'opera (e non per effetto del decreto di esproprio) non ha senso una condanna al risarcimento ed all'indennizzo per il periodo di occupazione. Il m()tivo fondato, per quanto di ragione. La sentenza impugnata ha liquidato l'indennit di occupazione legit tima biennale, e questa liquidazione (salvo il nuovo esame in ordine al suo ammontare, in conseguenza di quanto detto supra) dovr essere in ogni caso mantenuta ferma, perch l'occupazione legittima biennale deve essere indennizzata, anche se il successivo decreto di esproprio irrilevante, perch emesso dopo la scadenza dell'occupazione legittima e dopo l'irreversibile trasformazione del suolo in bene pubblico. Per, la sentenza impugnata ha anche confermato nel resto la sentenza di I grado, la quale aveva condannato l'Ente FF.SS. a pagare l'indennit per il periodo di occupazione illegittima, successiva al biennio, in lire 4.244.000 per anno, fino al decreto di esproprio. Tale condanna, in conseguenza nella diversa soluzione data dalla Corte d'appello al problema del momento dell'acquisto della propriet, non per effetto del decreto di esproprio (ritenuto irrilevante), ma per effetto dell'irreversibile ed illegittima trasformazione del bene, con conseguente acquisto della propriet in capo all'Ente, non ha alcun senso. Invero, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, posto che, nel caso di occupazione illegittima di un suolo da parte della P.A., la costruzione dell'opera pubblica determina l'acquisto della propriet da parte dell'Amministrazione ne consegue che all'ex proprietario del suolo, a partire dalla data di tale acquisto, spetta soltanto il risarcimento per la perdita dell'im 82 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO mobile (e cio il valore, rivalutato al momento della decisione, dell'immobile stesso), ma non spetta anche l'indennit di occupazione temporanea che, stante la perdita della propriet, non gli pi dovuta (Cass., n. 5127 del 1987). Pertanto: a) se l'irreversibile trasformazione del bene avvenuta durante il biennio di occupazione legittima, all'ex proprietario spetta (oltre all'indennit per tale occupazione) soltanto il controvalore del bene; b) se l'irreversibile trasformazione avvenuta durante il periodo di occupazione illegittima, l'indennit per quest'ultima occupazione spetter soltanto fino al momento di tale illegittima trasformazione, da identificare in modo preciso. In ogni caso, non ha senso un'indennit di occupazione illegittima fino ad un decreto di esproprio che del tutto irrilevante, come si detto rigettando il primo motivo. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, sez. lav., 25 marzo 1992 n. 3694 -Pres. Scala -Rel. De Luca -P.G. Zema (conf.) -Rubiu (avv. Chiesa) c. Gestione Governativa Ferrovie della Sardegna (avv. Stato Stipo). Trasporti -Ferrovie -Personale delle ferrovie e autolinee in concessione Indennit di buonuscita -Contrattazione collettiva -Nullit di clausola esclusiva della computabilit di emolumenti di natura retributiva. I criteri fissati per l'indennit di anzianit degli artt. 2120 e 2121 cod. civ. trovano applicazione anche con riguardo all'indennit di buonuscita prevista dalla contrattazione collettiva in favore del personale autoferrotranviario, con la conseguente nullit di clausole contrattuali esclusive della computabilit di emolumenti di natura retributiva. (omissis) 2. Con l'unico motivo dei ricorsi, si censura la sentenza impugnata per non aver dichiarato la nullit della clausola contrattuale (accordo nazionale 31 maggio 1981, punto 3) -che esclude il c.d. elemento distinto della retribuzione (E D R ) dalla base di calcolo dell'indennit di buonuscita, prevista contrattualmente in favore degli autoferrotranvieri cessati dal servizio con diritto a pensione -in quanto contrasta con la nozione onnicomprensiva della retribuzione (ex art. 2121 cod. civ.), che va posta a base del calcolo di quell'indennit. I ricorsi sono fondati. 3. Questa Corte (v., per tutte, le sentenze 10203, 11475, 2787, 2056, 443/90, 346/89, 6862/87, 3140/85, 1735/83, 1437/82, 5043/81; in senso contrario, tuttavia, pare l'isolata sent. 1687/90) ha gi avuto occasione di affermare il principio di diritto seguente: il principio affermato dalla Corte PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI Costituzionale (con sentenza n. 124 del 1975) -secondo cui la retribuzione da prendere a base del calcolo dell'indennit di buonuscita spettante al personale autoferrotranviario senza diritto a pensione (artt. 21 e 27 all. A) al r.d. 8 gennaio 1931, n. 148) deve intendersi in senso onnicomprensivo, secondo i criteri fissati per l'indennit di anzianit (dagli artt. 2120. e 2121 cod. civ.) -trova applicazione anche riguardo all'indennit di buonuscita prevista dalla contrattazione collettiva (accordo nazionale 19 febbraio 1948 e contratto collettivo 23 luglio 1976) in favore del personale autoferrotranviario con diritto a pensione, la quale ha anch'essa la medesima natura e funzione dell'indennit di anzianit prevista in via generale dal codice civile, con la conseguente nullit di clausole contrattuali eventualmente esclusive della computabilit di emolumenti di natura retributiva (cos, testualmente, Cass. 10203/90 cit.). La sentenza impugnata non si uniformata al principio di diritto enunciato e merita, quindi, le censure che le vengono mosse dai ricorrenti. (omissis) SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI -18 novembre 1991, n. 874 -Pres. Impera trice -Est. Luce -Ministero beni culturali e ambientali ed altro (avv. Stato Arena) c. Petrucci ed altro (avv. Lais) -annulla T.A.R. Lazio, Sez. II, 14 dicembre 1989 n. 1787, in T.A.R. 1990, I, 34). Antichit e belle arti -Beni di interesse storico e artistico -Provvedimento di vincolo -Discrezionalit -Effetti. Antichit e belle arti Beni di interesse storico e artistico -Provvedimento di vincolo -Istruttoria -Predeterminazione di criteri procedurali e termini rigidi -Insussistenza. Antichit e belle arti -Beni di interesse storico e artistico -Provvedimento di vincolo su aree di interesse archeologico -Ambito e limiti -Esigenza che i reperti di interesse archeologico risultino visibili -Non sussiste. Antichit e belle arti -Beni di interesse storico e artistico -Provvedimento di vincolo -Motivazione -Motivazione ob relationem -Legittimit e sufficienza. Antichit e belle arti -Beni di interesse storico e artistico -Provvedimento di vincolo -Motivazione -Valutazione comparativa degli interessi pubblici e privati -Necessit -Esclusione. La discrezionalit che caratterizza il provvedimento di vincolo di un bene immobile di particolare interesse storico e artistico ha natura strettamente tecnica e, come tale, si sottrae ad ogni sindacato di merito in sede giurisdizionale (1). (1-5) Effetti della natura dichiarativa del vincolo di interesse culturale sulla tutela dei beni immobili e, in particolare, delle zone archeologiche. 1. La sentenza che si annota costituisce una significativa conferma della tesi della natura dichiarativa del vincolo ex L. 1089/1939, ribadita con forza anche dalla pi recente giurisprudenza del Consiglio di Stato, con specifico riferimento ai criteri da seguire per la legittima imposizione di vincoli su aree ritenute dalla competente Amministrazione per i beni culturali e ambientali di interesse archeologico. Il TAR del Lazio, con la sentenza riformata dal Consiglio di Stato, aveva ritenuto -in accoglimento delle censure mosse sul punto dai ricorrenti in primo grado -che il provvedimento amministrativo impugnato, impositivo del vincolo di interesse archeologico, fosse andato decisamente oltre lo stretto necessario in relazione alla collocazione e concentrazione dei reperti e senza che fosse stata offerta una adeguata giustificazione delle ragioni in base PARm I, SEZ~ IV; GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 8S La procedtura pre,vista dalla legge 1 giugno 1939; n. 1089: per l'ema nazione del vincolo di importa:nte interesse storico e >artistico su beni di propriet privata. non caratterizzata dalla esigenza del rigoroso rispetto di.. termini rigidi e:d;ssolttti .e .. pertanto l'istruttoria che precede Vemanazione d.ell'atto fitiaJe impositivo del vincolo pu essere svolta dalle comt;J.eten# autorit~>centrate: e periferica,. dell'Amministrazione .. anche in tempi t#vepsi (~h: < . Ferina lieslgenza di una attenta valutazione di tutte .. le circostanze di fatto esis,tenti :noncM.>delle diverse modalit e. intensit della presenza di beni .. amheologici .in un determinato territorio da sottoporre a vincolo drciitdgico) vtt peraltro riconosciuta alla pubblica Amministra~ zione .un'ampia .sfera dt discrezionalit .nella. valutazione della presunta disseminazione dei reperti archeologici e, in particolare, dei ruderi, anche se non ancQra portati alla luce, considerato. che la disciplina normativa alle quali il; vincolo era; stato esteso.a terreni.ǥris.ltati completamente sterili di materiale archeologico. Nel caso di specie, .invero,. l'.obiettivo, dell'azione dF tutela era costituito da un'area nella quale sondaggi esegmti negli anni 1984 e 1986 avevano gi dato esito positivo.con. la scoperta inequivooa. di alcune antiche struttw;e; nel successivo pro.vvedimento. di . vincolo veniva .esplicita mente indicato .ohe nell'area (dellaquale. erano> individuate e precisate.le particelle. catastali. di. :riferimento). insistevano. resti di .. un complesso . immobiliare; presumibilmente una villa romana indicata dagli studiosi con la villa Faonte sulla via.Patinarla nellaquale,. secondo Svetonio, Nerone mor; 10 stesso provvedimento di .vincolo. precisava ohe i resti della villa; ohe si estendeva presumibilmente per .circa 300 metri. da via delle Vigne Nuove, .. erano rappresentati. essenzialmente da un . cripto-portico .lungo circa. 25 metri. a due. navate, con cortina in opus reticulatum; in un. sistema sotterraneo gi .. esplorato nel 1981, costituito da una galleria e una serie di cunicoli con pozzi verticali, forse destinati alla raccolta delle acque piovane e da altre strutture la cui presenza era stata gi accertata nel 1986. Nella . valutazione operata in sede di apprezzamento tecnico-discrezionale l'AmministraziOne per i beni culturali e ambientali aveva ritenuto, proprio in relazione' alla presumibile estensione. dei resti e delle presenze archeologiche, anche se non portati alla. luce; di sottoporre a tutela l'intera area archeologica nella quale erano disseminati i ruderi, in quanto la stessa rappresentava complesso unitario costituente indubbiamente un documento di interesse :Particolarmente importante; come richiesto .dall'art. 3, :.primo comma, della legge 1'1'. giugno 1939; n..1089 sulla tutela delle cose di interesse artistico e storico; in quanto CQmplesso ;.; ~.; . legato a vicende storiche dell'antica Roma e della storia delle ricerche archeologiche, nonch come interessante esempio di villa romana di et imperiale ed elemento topografico di rilevante valore per la conoscenza del territorio compreso tra la via Nomentana Salaria sul percorso dell'antica via Patinai'ia : motivazione questa ohe il Consiglio di Stato ha ritento ' frutto di un giudizio non sindacabile sotto il profilo. del merito e caratterizzata da incontestabili profili di correttezza sul piano della legittimit, in quanto addotta a conclusione del procedimento previsto e sulla base di un apprezzamento operato dopo la compiuta acquisizione di tutti gli elementi utili alla decisione stessa. 86 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO vigente non richiede, ai fini della imposizione del provvedimento di notifica, che i reperti predetti siano stati gi trovati o portati alla luce (3). Qualora risulti che, sulla base dell'iter logico seguito per l'imposizione di un vincolo di notifica su beni di interesse storico e artistico, la fattispecie considerata rientra a pieno titolo nella previsione normativa, anche una specifica motivazione ob relationem e succintamente espressa deve essere considerata sufficiente ad assicurare la legittimit del provvedimento emanato (4). Poich in sede di imposizione di un vincolo su beni di interesse storico e artistico l'interesse del privato sempre subordinato e soccombente rispetto a quello pubblico di assicurare la tutela e la conservazione del bene, non necessario in sede di motivazione del provvedimento indicare i criteri di comparazione fra i due interessi, pubblico e privato, seguiti dall'autorit preposta alla emanazione del vincolo stesso (5). 2. Se la fattispecie concreta esaminata dal Consiglio di Stato appare particolarmente ricca di elementi (resti in luce sia pure sparpagliati, esiti positivi dei sondaggi, elementi storicoctopografici, etc.) cos da giustificare una pronuncia di piena legittimit dell'azione amministrativa in funzione della consistenza e concorrenza degli indizi comprovanti la presenza dell'area archeologica, la decisione in esame riveste un peculiare, pi pregnante interesse per le affermazioni di portata generale che essa contiene in motivazione e che sembrano senz'altro da condividere, in particolare laddove si afferma che :m.presi ..nell'lilSs ere.ditario; in tale veste legittimato passivamente ad ow:ii< atto rifetjbi:le alla sf:a. giuri(iica; dell'esecutore stesso ed .efficace, conse~ ueiltem,~nte, ~iconfre>!di &egli eredjproprietari .. (cfo; . in termini, Consiglio .di tati:>, c;!kVI;~9 .genr.iaio.1980, n. 73; Sez>. VI, 14.dicembre 1979;. n. 889; Sez;., IV, 28 settembre 1967, Ii; A3Q; Sez. lVi .22 novembre 1967, n., 632,. in Jl Consiglio di Stato, . .rispettivamente 1986, .I; 98; 1979>; I, l8SO; 1967, I; 16U e 2907; cfr..anche Cassazione, Sez, U Penale, 21 dicembre .~., 22 roag~o 1982, n. 1987, in Il C.O.rt$/JJiQ;t# '/Stato., i983;, .Jl, 1212, la, qulille, dalla..premessa che il vincolo di foteJ:esse stdco-artistico inerisce al bene oggettivamente. individuato e non ai soggE)tti . prop;rietari, possessori.. o .detentori; fa conseguire la. interessante cncl.sione,. pienamente da condividere,. che .l'art. 59 della legge 1 giugno 1939. n.1089,ilq.ale. punisce itrasg;ressorialle .. disposizioni.di. tutela e conservazione i;lc;!i bel)i . ultlilraj.i di caj aglk.artt. Jl, .12i 13, 18, 19;. 20 e. 21 della stessa legge, ~a <::onte 4e$tinatari nlztsol<> ip:t'oprietati.deLbene. vincolato edi soggetti. a questi . equiparati (Possessori o detentori), In.a anche tutti gli altri. soggetti (terzi es~ranei) i q.ali, pur n<>n essendo Jit<:>lati di poteri e facolt sul bel)e medesimo, Possono dLf11tto; att:rave:rsoc:1,ut loro ci:>m:Pottamento .(restauro. privo di autoriz ~;r;tone .m,b.:);isJerilil!e, modifica, , rimozione./ o demolizione), operare modifiche alla condizione materiale o giq;ridica della cosa tutelata in un senso vietato d~ disp()sizioni che la ;riguardano; e la Cassazione nell'occasione precisa che,.. q.ando ' tali coropo:i;tamenti .:rllat:eriali . vengono posti in essere da terzi estranei, senz'altro possibile che essi integrino gli estremi di reati comuni 4es,tin,ati a concorxe:re'.. cori il reato speciale,. previsto dall'art. 59 sopra ricor .dato). Ne consegue, . altresi, che .la notificazione del vdncolo; pur essendo neces satia per Ja produzione degli effetti ad .. esso connessi, non vale ad integrare liii Ji;ittispecie dell'atto ricettizio, relativamente al quale, come noto, la notifica zlc:me ' del provvedimento svolge la funzione necessaria ed esclusiva di rendere legalmente edotti dell'atto< tutti coloro la cui sfera venga in qualche modo incisa dal provve.dimento .. stesso. Direttamente connesso al profilo del carattere ricettizio o meno della notizia l'altro. problema cui sopra si. fatto cenno, della natura, dichiarativa o, costitutiva, delprovvedimento d'imposizione del. vincolo. La soluzione, gi motivatamente recepita, della natura dichiarativa trova ulteriore sostegn con riferimento ad una situazione, come quella gi descritta, in cui .....,. come si visto -un soggetto privato destinato a sottostare a> tutte le obbligazioni di natura pubblicistica collegate al vincolo imposto sul bene di . cui .vanta la .propriet, al)che se il vincolo medesimo risulti essere stato notificato ad un soggetto diverso, il quale, contro la volont del primo, proprietario, detiene il bene senza valido titolo giuridico. 4, Oltre a quelle finra indicate; possono essere addotte ulteriori e altrettanto significative argomentazioni a giustificazione della indicata natura dichiarativa, Tali argomentazioni fanno capo, da un lato, ai' risultati che scaturiscono da una indagine del complesso sistema normativo della tutela del bene culturale; dall'altro ad un approfondimento, compiuto con criteri di particolare rigore filologic, in merito a quella che e deve essere considerata la natura, l'essenza stessa del bene culturale. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 90 Ed invero l'esame delle norme che disciplinano il regime della tutela porta ad escludere che il requisito della preventiva notifica dell'imposizione del vincolo d'interesse storico-artistico sia sempre richiesto e costituisca requisito condizionante e presupposto indispensabile ai fini della applicabilit della normativa speciale. In aggiunta al gi ricordato art. 20 della legge 1089/1939, che disciplina il potere di sospensione lavori da parte dei soprintendenti, sar sufficiente ricordare che l'art. 6 della legge 1089/1939 al primo comma stabilisce che: Sono soggette alla vigilanza del Ministro per i beni culturali le cose che hanno l'interesse di cui agli articoli 1, 2 e 5 : il legislatore, cio, non ha ritenuto di dover richiamare la condizione della preesistenza dell'imposizione del vincolo per definire e sanzionare il potere di vigilanza che comunque compete e deve competere allo Stato sui beni culturali di propriet privata, indipendentemente quindi dalla notifica; significativo rilevare altres che l'uso del verbo avere (hanno) fa riferimento al possesso, da parte del bene, di particolari qualit e caratteristiche che ne costituiscono l'essenza indipendentemente dal riconoscimento formale che un atto pubblico, comunque emanato e qualificabile, gli abbia in precedenza attribuito. Diversa forse avrebbe potuto essere l'interpretazione se, invece che il verbo avere (hanno), il legislatore avesse usato il verbo rivestire ( rivestono ): solo in tale ipotesi, infatti, avrebbe potuto trovare giustificazione sul piano logico ed ermeneutico l'equiparazione provvedimento = paludamento , manto, vestito dall'esterno imposto per caratterizzare e contraddistinguere in qualche modo e misura la trasformazione (fatto costitutivo) della cosa in bene di interesse culturale. Le considerazioni sopra svolte trovano ulteriore conferma ove si abbia riguardo alla disciplina stabilita dalla legge 1089/1939 per i beni culturali di propriet di province, comuni, enti e istituti legalmente riconosciuti. Per tali beni va richiamato il noto principio secondo cui la demanialit non una qualit che venga attribuita ad un bene della pubblica amministrazione, ma qualit inerente alla natura stessa del bene, per la funzione cui esso destinato, con la conseguenza che l'iscrizione del medesimo in un elenco di beni demaniali non attributiva, ma meramente ricognitiva della natura demaniale; con riferimento specifico al bene culturale di propriet statale o di enti pubblici, la natura degli elenchi descrittivi previsti dall'art. 4 non quella di atti costitutivi della qualit di bene storico-artistico e attributivi del relativo, connesso interesse meritevole di tutela, ma semplicemente quella di atti dichiarativi cosicch, in funzione del carattere puramente strumentale degli elenchi stessi, il bene culturale deve essere considerato soggetto ipso iure alle norme di tutela della legge 1089/1939 qualora appartenga ai predetti enti pubblici; n il riconoscimento, spettante alla soprintendenza (c.d. declaratoria), dell'interesse storico o artistico pu essere addotto per contrastare tale ordine di principi, considerato che la declaratoria altro non che un mero atto ricognitivo di una realt preesistente, non certamente un atto con effetti, sia pure solo parzialmente, costitutivi. L'esigenza della presentazione, da parte degli enti, degli elenchi descrittivi sta solo a significare che la legge ha ritenuto di affidare a detti enti, per ragioni evidenti di convenienza pratica, la funzione di accertare e far conoscere quali cose debbano essere considerate soggette alla normativa di tutela: non si tratta, cio, di semplice onere, ma di un vero e proprio compito di collaborazione attiva con lo Stato (cos, in dottrina, ALIBRANDI FERRI, I beni culturali e ambientali, Milano, Giuffr, 1985, pag. 291 seg.). 5. Premesso quanto sopra in linea generale sulla natura del provvedimento impositivo del vincolo di interesse culturale, un esame pi approfondito della ."7' RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 92 6. Come risulta dai lavori parlamentari che portarono alla approvazione della legge n. 431, l'esigenza che ha ispirato il legislatore la stessa che era stata posta a base della disciplina contenuta nell'A.C. 1974-974 bis-A, diretta a conseguire un effettivo e ben pi efficace ampliamento della disciplina di tutela al fine di ricomprendervi, oltre ai beni singolarmente individuati e ai complessi di beni nel senso tradizionale del termine (cio le serie e le collezioni previste dall'art. 5 della legge 1 giugno 1939, n. 1089, per le quali, peraltro, rkhiesto il requisito non dell'importante ma dell' eccezionale interesse artistico o storico), anche le cosiddette zone funzionali (come, in realt, sono le zone di inte resse archeologico), con specifico riguardo al contesto e alle caratteristiche del territorio nel quale i beni stessi sono inseriti. In tale nuova ottica viene cos consentito di dare idonea protezione non solo alle aree caratterizzate dalla presenza di resti archeologici accertati perch affioranti o perch scavati, ma anche a tutte le altre aree individuate come aree di interesse archeologico solo in base ad un qualsiasi metodo riconosciuto valido ai fini dell'accertamento scientifico dell'esistenza del predetto, specifico, interesse culturale e, specificatamente, anche le zone individuate a mezzo di indagini effettuate con metodologie non tradizionali, con l'ausilio della chimica e della fisica, per l'accertamento delle stratificazioni archeologiche, per l'effettuazione di indagini topografiche di antichi insediamenti, per la definizione infine delle loro datazioni; ugualmente tutelabili debbono essere ritenute tutte le zone archeologiche e in particolare le necropoli non ancora portate alla luce e individuate esclusivamente con strumenti aerofotografici e gli altri metodi di rilevazione aerea del territorio, senza alcuna necessit di operare interventi materiali diretti, sia pure a campione, sul territorio interessato (saggi di scavo, sondaggi, carotaggi, etc...). Con riferimento allo stato attuale della legislazione vigente, non va dimenticato tuttavia che l'art. 1 della legge 431/1985 deve essere necessariamente raccordato con l'art. I-bis, il quale, ai fini della piena operativit del vincolo paesaggistico, prescrive che le regioni sottopongano a specifica normativa d'uso e di valorizzazione ambientale il relativo territorio mediante la redazione di piani paesistici o di piani urbanistico-territoriali, con specifica considera zione dei valori paesistici ed ambientali presenti nel territorio medesimo; pertanto la tutela delle zone di interesse archeologico non pu non essere subordinata all'inserimento preventivo della zona stessa nel piano paesistico o urbanistico- territoriale; in difetto dell'inserimento il richiamo alla legge n. 431, quantomeno per tali beni, non pu essere validamente operato. In siffatta situazione e considerato lo stato della normativa, ove la stessa fosse stata interpretata nel senso di pretendere la presenza di reperti immobili visibili, anche se solo parzialmente, appare evidente che l'azione di tutela sarebbe risultata di ben ridotta efficacia e decisamente lacunosa. A tale lacuna ha fortunatamente sopperito la sensibile e intelligente opera di ermeneutica cui si sono dedicati gli organi della giustizia amministrativa nel settore in considerazione. stato cos escluso che, ai fini della imposizione del vincolo di cui alla legge 1 giugno 1939, n. 1089 su beni immobili di interesse archeologico, si debba richiedere, quale requisito indispensabile, che i reperti siano stati naturalmente trovati, portati alla luce o comunque individuati con precisione attraverso sistematici sondaggi e scavi, ed stata invece ritenuta sufficiente, ai fini della legittimazione del vincolo, la motivazione collegata ad un giudizio tecnico-discrezionale in base al quale l'Amministrazione per i beni culturali e ambientali abbia ritenuto sussistere la presenza, nelle zone considerate, di resti di interesse archeologico (cfr. TAR per l'Umbria, 24 gennaio 1990, n. 4 e 25 maggio 1990, n. 191, in I Tribunali Amministrativi Regionali, rispettivamente RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 94 Atto amministrativo Diritto di accesso agli atti della pubblica ammini strazione Legge n. 241 del 1990 Operativit Dall'entrata in vigore dei decreti ex art. 24 I. cit. L'accesso agli atti della pubblica amministrazione consentito soltanto a coloro ai quali gli atti stessi, direttamente o indirettamente, pertengono e che se ne possano, eventualmente, avvalere per la tutel di una posizione soggettiva di interesse legittimo (1). Ai sensi dell'art. 31 della legge n. 241 del 1990, l'operativit delle norme sul diritto di accesso ai documenti amministrativi fatta coincidere con la data di entrata in vigore dei decreti di cui al precedente art. 24 della stessa legge (2). (1-2) Si tratta della prima sentenza, ampiamente motivata, del Consiglio di Stato sulla nuova disciplina dell'accesso ai documenti amministrativi, contenuta nella legge 7 agosto 1990, n. 241: cfr., negli stessi termini, e fra le tante TAR Lazio, Sez. I, 23 ottobre 1991, n. 1836, in I T AR 1991, I, 3721 ss. e TAR Lazio, Sez. I, 13 dicembre 1991, n. 2106, in I T AR 1992, I, 10 ss. Segue una nota dell'avv. dello Stato ANTONIO CINGOLO. Brevi note in materia di profili processuali dell'accesso ai documenti amministrativi ex lege n. 241 del 1990. La sentenza in rassegna costituisce la prima puntualizzazione diffusamente argomentata del Consiglio di Stato in merito alla nuova disciplina dell'accesso ai documenti amministrativi sancita nel Capo V della legge 7 agosto 1990, n. 241 (un accenno, conforme nel dispositivo ma assai pi scarso quanto alla motivazione, era gi rinvenibile nel precedente provvedimento (emesso per in forma di ordinanza) del 14 giugno 1991, n. 615 della VI Sezione. Essa, nell'accogliere integralmente le tesi dell'Amministrazione resistente, rappresenta l'orientamento del Supremo Conses'So di Giusti:1'Jia amministrativa in relazione al contrasto giurisprudenziale manifestatosi nella giurisprudenza dei Tribunali amministrativi regionali in ordine all'operativit immediata o meno delle norme del Capo V, successivamente all'inutile decorso dei termini dettati dall'art. 24 per l'emanazione di fonti secondarie regolamentari. Due sono state le principali problematiche affrontate. La prima, quanto mai interessante, quella della legittimazione giudi ziiale in materia di accesso ai documenti amministrativi, ed stata provocata dell'intervento ad adiuvandum spiegato in appello da due soggetti (una organi:lzazione sindacale di categoria e una associazione di utenti e consumatori) rimasti estranei al primo grado di giudizio. Occorre preliminarmente osservare, sul punto, che la recente legge 7 agosto 1990, n. 241 ha dettato, al Capo V, norme in materia di accesso ai documenti amministrativi riconoscendo il relativo diritto al fine di assicurare la trasparenza dell'attivit amministrativa e di favorirne lo svolgimento imparziale , a chiunque vi abbia interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti (art. 22). Tale affermazione ha sacralizzato nell'ordinamento un pvincipio di carattere generale di tenore opposto a quello rinvenibile nelle norme fondamentali preesistenti (cfr. ad es. art. 15 t.u. n. 3/1957, sul segreto d'ufficio), ancorch alcune disposi~ zioni settoriali gi prevedessero casi specifici di accesso, come ad es. la legge 27 dicembre 1985, n. 816 (art. 25), in tema di aspettative, permessi e indennit PARTE I, SEZ; IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 95 L Va, preliminarmente, osservato che l'intervento adesivo nel giudizio amministrativo, anche di appello, condizionato dalla sussistenza nell'interventore oltre che di un interesse a ricorrere, dalla titolarit di una posizione sostanziale di interesse legittimo, anche .se dipendente da quella fatta valere in via principale, ovvero non ancora direttamente incisa dall'atto dell'amministrazione. Va rilevato; altres, che la norma . di cui al primo comma dell'art. 22 della legge 7 agosto 1990 il. 241, pur riconoscendo il diritto di accesso ai documenti . amministrativi a chiunque vi abbia. interesse , non ha, tutt1: wia, introdotto. alcun tipo di azione popolare, dal momento che ha, successivamente, ricolleg.at siffatto interesse all'esigenza di tutela di situ.azioni soggettive giuridicamente rilevanti . degli amministratori locali, secondo cui tutti i cittadini hanno diritto di prenttati..dai co:rnuni, dalle province, dai consigli .. circoscrizionali, dalle aziende . speciali .. di enti territoriali, dalle Unit Sanitarie Locali; dalle comttnit montane; l'art, 2 commal, n. 9 legge qqadro sul p.);>blico. impiego; l'art. 14 comma 3, legge 8 luglio 1986, n. 349, .che prevede il diritto dei cittad.ini di acceclere alle informazioni sullo staJo dell'am bdente clisponibili presso gli uffici; il d.P.R, 23 glugno 1988, n. 250, cl;ie .prevede la poss~bilitit .di ottenere copia dei pareri resi dal Consiglio di Stato per la decisione.. dei. ricorsi straordinari <> su richiesta delle amministrazioni puh bliche (se queste u1time non coml,l,llicano, entro 90 giorni, che il parere riguarda materia riservata), Anche la giurisprudenza, invero, aveva mostrato una linea evolutiva tendente al rico11oscimento del diritto di. accesso agli atti amministrativi, almeno in quei casi in cui questo appariva. funzionalmente indispensabile per il pieno esercizio del.diritto di difesa (1) . La recezione del diritto in parola ora operata dalla legge 241/90, muovendo dai principi costituzionali della. libert di manifestazione del pensiero (di cui l';ideguatezza dell'informazione C()Stituisce indefettibile presupposto) e della pienezza del diritto di difesa in relazione agli atti amministrativi (che postula la necessaria conoscenza degli stessi) viene indirizzata dal legislatore all'ulteriore fine di assicurare la traspanmza dell'attivit amministrativa e di favo rirne lo svolgimento imparziale, nel solco cio dei principi di cui all'art. 97 Cost. Tuttavia siffatta tutela pu essere originata -'-a differenza di quanto stabilito dalla legge n. 142/90 sulle autonomie locali -solo dalla sussistenza di 1,l,ll interesse connesso a .si:tqazioni giuridicamente rilevanti: la nuova regola della pubblicit relativa a tutte le conoscenze pubbliche oggettivizzate in documenti di vario tipo (art..22) trova quindi 1,l,ll espresso limite nella qualit dell'interesse dedotto, che pu essere solo giuridico e non politico (2). Tale regola sostanziale si riflette anche sul piano processuale, sotto il profilo della legittimazione ad esperire il rimedio di cui all'art. 25 (cfr. al riguardo (1) Cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 10 giugno 1980, n. 22, in materia di accesso del ricorrente in via straordinaria agli atti e alle deduzioni dell'Amministrazione. (2) SAvo AMooro A., op. cit., p. 2980; cfr. anche Atti parlamentari, seduta Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati, 21 marzo 1990, nella quale fu respinto un emendamento volto ad ampliare la formula in guisa di quella contenuta nella legge delle autonomie locali. - 96 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Il diritto in questione stato, in tal modo, configurato come pretesa strumentale per l'eventuale tutela di posizioni normativamente qualificate; pur conseguendo, quindi, al proclamato intento di assicurare la trasparenza dell'attivit amministrativa e favorirne lo svolgimento imparziale , l'accesso agli atti della pubblica amministrazione consentito soltanto a coloro ai quali gli atti stessi, direttamente o indirettamente, pertengono e che se ne possano, eventualmente, avvalere per la tutela di una posizione soggettiva di interesse legittimo. Ne consegue, nella fattispecie, l'inammissibilit dell'intervento del Coordinamento delle associazioni per la difesa dell'ambiente e dei diritti degli utenti e consumatori (CODACONS), dell'avv. Lo Mastro e del Sindacato nazionale C.G.I.L. scuola, il cui interesse all'esame degli atti concernenti anche l'art. 25, comma 2, che prescrive che la richiesta di accesso ai documenti deve essere motivata). Il comma 5 dell'art. 25 introduce infatti una procedura giudiziale abbreviata dinanzi al giudice amministrativo contro le determinazioni amministrative concernenti il diritto di accesso e nei casi previsti dal comma 4 (che concerne una forma particolare di silenzio-rifiuto riconnessa all'inutile decorso di 30 giorni dalla richiesta del privato): contro il rifiuto esplicito o implicito dell'Amministrazione dato quindi ricorso entro 30 giorni al Tribunale Amministra Itivo Regionale competente (quello in cui ha sede l'Amministrazione destinataria ~ della richiesta, e cio, ai sensi del comma 2 dell'art. 25, quella che ha formato il documento o lo detiene stabilmente), che decide in camera di consiglio entro trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso. La decisione del TAR appellabile entro trenta giorni dalla notifica della stessa al Consiglio di Stato il quale decide con le medesime modalit e negli II stessi termini. Si tratta, all'evidenza, di un procedii.mento speciale caratterizzato dalla drastica riduzione dei tempi di proposizione del ricorso introduttivo e dell'appello nonch dalla rapidit della trattazione di entrambi i gradi di merito del e I giudizio, pur se con forme (camera di consiglio) tipiche del processo amministrativo cautelare (3): il legislatore ha quindi mutuato, in materia, lo schema procedimentale stabilito dall'art. 21 I. 1034/19711 per la definizione delle istanze di sospensione degli atti impugnati, al fine di assicurare, stavolta la pronta trattazione e definizione del merito. Dal che consegue che il provvedimento Igiudiziale conclusivo di ciascuno dei gradi previsti deve essere -stante il suo tipico contenuto decisorio -quello della sentenza e non gi (come nel procedimento cautelare) quello dell'ordinanza (4). Nella specie, infatti, il giudizio cos definito con il provvedimento che respinge (o dichiara inammissibile) o accoglie il ricorso, in tale ultimo caso ordinando, all'occorrenza, all'Amministrazione l'esibizione dei documenti richiesti. (3) L'efficacia di tale rimedio era stata gi descritta da VIu.ATA R., op. cit., p. 555, in sede di analisi del progetto di riforma Nigro . (4) Cosl ad es. T.A.R. Lazio, Sez. I, 21 marzo 1991, n. 392; contra T.A.R. Marche, n. 163/91 e Cons. Stato, 14 giugno 1991, n. 615. Cfr. anche parere Cons. Stato, Ad. Gen., n. 7/87 del 17 febbraio 1987, in Cons. Stato, 1987, II p. 550. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 97 la . mancata promozione dell'alunno Davide .De Concilio non pu ricollegarsi, neppure indirettamente, all'eventuale tutela di proprie posizioni differenziate e qualificate come interesse legittimo, identificandosi piuttosto col generico ed indistinto -e come tale non assistito da specifica e puntuale tutela giurisdizionale -interesse di ogni cittadino al legittimo esercizio dell'attivit della pubblica amministrazione. <2. I1 l'riqunal~. Amministrativo Regionale ha dichjarato inammissib, ile il .rio:rso p:roposto .da Lucia Sorvillo e Romeo De Concilio, in quanto l>asato. su una normativa formalmente ritenuta non ancora operante,. stante. la. ll1ancata adozione della prevista e prescritta. regolamentazione attuativa. Deve ritenersi, quindi, che la disposizione in parola abbia riconosciuto una nuova ipotesi di giurisdizione esclusiva in relazione a un diritto soggettivo del privato nef confronti. della p .A; . Ancorch si tratti di posizione giuridica la cui operativit ed effettivit consegue alla sussistenza di particolari requisiti condizionanti previsti dalla fogge (o anche dalla fonte regolamentare), sembra che ruso costante e quasi -si direbbe ...;... insistente del termine diritto da parte del legislatore non possa ritenersi casuale, al punto da giustificare egualmente la sussunzione della situazione giuridica in parola.. nella categoria degli interessi legittimi (5). Il Consiglio di Stato, nella sentenza in rassegna, fa propri i suindicati principi, affermando che, pur trattandosi di situazione giuridica avente natura di diritto sqggettivo, ad.. essa non corrisponde alcun tipo di azione popolare, dovendo la relativa posizione ricollegarsi all'esigenza di. tutela di situazioni sog gettive giuridicamente. rilevanti facenti capo a quei soggetti ai quali gli atti di cui si chiede la visione direttamente o indirettamente pertengono e che se ne possano .eventualmente avvalere per la tutela di una posizione soggettiva di interesse legittimo . Alla stregua di tali principi, correttamente il Consiglio di Stato ha escluso,. nella fattispecie . posta al suo vaglio, la ammissibilit dei due interventi (del Codacons e della organizzazione sindacale C.G.I.L. Scuola) in quanto non sostenuti dal collegamento alla. tutela di proprie situazioni diffe. renziate di interesse legittimo, In .questa parte, la pronuncia in argomento ha dunque confermato la valenza squisitamente strumentale dell'accesso, configurato soprattutto come istituto volto a consentire al titolare di un interesse legittimo la previa acquisizione di dati documentali idonei a meglio sostenere e supportare l'impugnativa di un atto amministrativo precedentemente noto solo come atto finale di un procedimento i cui termini di riferimento (e soprattutto gli elementi della istruttoria} erano . ignoti. In effetti, deve convenirsi sulla bont dell'impostazione, atteso che lo scopo fondamentale della nuova disciplina di accesso e trasparenza dell'attivit amministrativa non gi quello di consentire un controllo politico dell'operato della p.a., quanto invece quello di precostituire al cittadino i dati dell'impugna (5) Di tale ultimo avviso PALBOLOGO G., La legge 1990, n. 241: procedimenti amministrativi ed accesso ai documenti della Amministrazione, in Dir. proc. amm., 1991, p. 8. Il Consiglio di Stato, peraltro, nella prima pronuncia in materia (ord. 14 giugno 1991, n. 615, Sez. VI) si mostra nel senso di considerare quello dell'accesso come un diritto . 98 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Nel censurare la sentenza del T.A.R., gli appellanti, oltre a richiamare le argomentazioni difensive svolte in primo grado, deducono: Violazione di legge (artt. 22 e segg. della legge n. 241/1990), eccesso di potere, sviamento, travisamento, difetto di motivazione e di presupposti, omissione, violazione dei principi di trasparenza, efficienza, pubblicit e buon funzionamento della pubblica Amministrazione, nonch violazione dell'art. 97 della Costituzione. Concretamente, rilevano che la posizione soggettiva fatta valere identifica un diritto soggettivo pubblico e non un generico diritto civico, come ritenuto dal T.A.R.; una posizione, cio, protetta direttamente dalla legge e garantita dalla Costituzione e che, in quanto tale, non necessita, per essere azionata, di alcuna norma regolamentare. tiva, limitando cos i casi di ricorso al giudice amministrativo ad ipotesi supportate da elementi documentali concreti, con esclusione dei casi, finora assai frequenti, di impugnazione al buio e successiva (ma a volte farraginosa) istruzione giudiziale. Nella seconda parte, la pronuncia annotata ha avuto modo di dirimere il contrasto giurisprudenziale circa la decorrenza operativa della nuova disciplina dell'accesso posto dalla legge 241/90. La prima fase applicativa dello strumento giudiziale dell'art. 25 ha infatti denotato un oscillante orientamento della giurisprudenza di primo grado nel senso di ritenere o meno inoperanti -secondo il disposto dell'art. 31 della legge 241/90 -le norme sull'accesso ai documenti di cui al Capo V della legge stessa fino alla emissione dei decreti governativi di cui all'art. 24, comma 2 (6) e dei regolamenti ministeriali di cui al comma 4 del medesimo articolo, tenendo altres conto del carattere o meno di ordinatoriet (e non perentoriet) del termine semestrale previsto da entrambe le disposizioni per l'emanazione di tali decreti. In tal senso il TAR del Lazio ha ripetutamente ritenuto (7) che l'evidente fine della previsione dell'art. 31 quello di differire l'applicazione dell'intera normativa sul diritto di accesso al momento in cui sar stato definito, pregiudizialmente, sia l'ambito delle materie per le quali l'accesso sia da escludere in relazione alle ipotesi indicate dalla stessa legge n. 241, sia le modalit di esercizio del diritto in parola: il che impedisce che possano essere assunti provvedimenti nella materia de qua, finch i decreti in questione non siano entrati in vigore. Taluni Tribunali amministrativi regionali periferici si sono mostrati, invece, di contrario avviso ritenendo che l'inutile decorso del termine in argomento non possa riverberarsi in una illegittima vanificazione sine die del diritto conclamato dalla legge in favore del cittadino (8). (6) Si tratta di decreti intesi a disciplinare le modalit di esercizio del diritto di accesso e degli altri casi di esclusione del diritto stesso ove non gi presenti nell'ordinamento vigente quali casi di segreto o di divieto di divulgazione , secondo quanto espressamentegi disposto dal primo comma dell'art. 24. (7) Cfr. T.A.R. Lazio, Sez. I, sentenze nn. 1836/91, 2106/91, 70/92, 291/92, 381/92; Sez. III, sentenze nn. 392/91 e 1682/91, nonch altre in corso di pubblicazione. (8) Cfr. ad es. T.A.R. Lombardia, Sez. Brescia, 26 marzo 1991, n. 268, in Foro lt., 1991, Ili, 323 (riformato per dal Consiglio di Stato con decisione in corso di pubblicazione). PARTE I, SBZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 99 Ne conseguirebbe che, scaduto il termine di sei mesi, di cui al l'art. 24 legge n. 241/1990, assegnato all'Amministrazione per l'adozione dei regolamenti attuativi, la piena operativit della disciplina concernente il diritto stesso, il cui ambito e contenuto sarebbero sufficientemente definiti ed avrebbero un concreto referente normativo costituzionale del'i:vante dal disposto di cui all'art. 97 della Costituzione. La censura infondata e come tale va respinta, stante l'espresso ed esplicito disposto di ui all'art. 31 dell'indicata legge n. 241/1990, in base al quale l'operativit delle norme sul diritto di accesso ai documenti amministrativi fatta coincidere con la data di entrata in vigore dei decreti di cui al precedente art. 24. Per il che appare evidente come l'adozione della normativa regolamentare; lungi dall'incidere, come sembrano ritenere gli appellanti, sulla Il Consiglio di Stato ha ora nettamente affermato che l'adozione della normativa regolamentare in discorso, lungi dall'incidere negativamente sul diritto dei ricorrenti, identifica positivamente il momento temporale di efficacia della legge che la stessa concerne e la qualifica come diritto soggettivo . Il Supremo Consesso ha, in altri termini (facendo in ci piena recezione degli argomenti difensivi espressi nella discussione orale dalla difesa dell'amministrazione appellata), ritenuto che il delicatissimo passaggio dal sistema di riservatezza a quello di trasparenza necessita inderogabilmente di una fase di mediazione e dimensionamento, costituita dall'emanazione di atti organizzativi discre zionali interni all'Amministrazione e non surrogabili dall'intervento del giudice, soprattutto in vista del definitivo dimensionamento in relazione alla salva guardia di altri .interessi fondamentali per l'ordinamento (cfr. lett. 4), b), e) e d) del comma 2 dell'art. 24) che, ove si desse immediata applicazione alle norme nell'accesso, rischierebbero di restare irrimediabilmente travolte, con conseguente pregiudizio di altri interessi protetti dn via primaria dall'ordinamento e, dunque, in direzione opposta a quella evidentemente voluta dal legislatore. Da ultimo, interessante , tuttavia, il monito espresso in via conclusiva dal Consiglio di Stato, nel non mtenere giustificato il protrarsi dell'i.nerzia del1' Amministrazione , monito che appare in tutto da condividere: la mancata emissione entro i sei mesi previsti dalla norma, infatti, se da un lato giustifi cata dalla estrema .complessit e delicatezza della materia da regolare, non pu tuttavia perdurare a lungo (9). Ci soprattutto in ragione del fatto (fondamentale) che le norme del Capo V della legge 241/90 (e, in realt, tutta la stessa legge) non devono in verit, ritenersi norme dettate solo in vista dell'interesse dei cittadini, bens costituiscono, a ben vedere, un momento di svolta e modernizzazione dell'attivit amministrativa, integrando in tal senso un complesso strumentale di miglioramento della buona amministrazione, la cui sollecita e piena attuazione non pu che essere auspicata e perseguita da ogni pubblico funzionario, prima ancora che dal cittadino destinatario di prestazioni o servizi. Le conclusioni espresse dal Consiglio di Stato nella pronuncia in epigrafe devono altres, ad .avviso di chi scrive, essere riferite anche alla facolt di cui (9) Risulta, peraltro, che l'apposita Commissione per l'accesso, abbia da qualche tempo completato i propri lavori, elaborando un progetto di testo di decreto governativo. 8 _;z:: .-~~ - -L ~-~ Y. --li@ X'--,--,'"' 100 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO qualificazione della pos1z10ne soggettiva tutelata, identifica positivamente il momento temporale di efficacia della legge che la stessa concerne e la qualifica come diritto soggettivo. Anche a voler ritenere, cio, che l'accesso agli atti dell'Amministrazione, pi che un diritto civico, tutelato alla stregua di un interesse legittimo, identifichi, invece, un diritto soggettivo pubblico, tutelato, direttamente ed immediatamente, dalla norma (di relazione) che lo prevede, non per questo pu essere pretermessa la prescrizione di cui al richiamato art. 31 legge n. 241/1990, che differisce l'entrata in vigore delle norme che tale diritto riconoscono alla data di adozione della regolamentazione attuativa concernente le modalit di esplicazione. N a diverso risultato conduce l'osservazione secondo cui l'Amministrazione sia rimasta inadempiente rispetto al termine massimo (di sei all'art. 10 lett. a) della legge 241/90, laddove si prevede che i soggetti interessati ad un procedimento amministrativo dn corso possano prendere visione degli atti, salvo quanto previsto dall'art. 24 (10). Anche in tale ipotesi -che riguarda il limitrofo ma distinto problema della partecipazione di soggetti (privati) al procedimento amministrativo durante il corso del medesimo -la situazione giuridica attiva prevista dall'art. 10 lett. a) non pu ritenersi operante (giusta il rinvio di tale norma all'art. 24, che poi richiamato dall'art. 31, quale norma contenuta nel capo II) fino a quando non saranno stati emessi i decreti governativi e i regolamenti ministeriali volti al completamento dell'individuazione del campo di interessi -contrapposti a quello della pubblicit degli atti e ritenuti su questo preminenti -indicati nelle generali categorie di cui alle lettere a), b), e), d) del secondo comma del ripetuto art. 24. Sul punto appare dl caso di precisare, con l'occasione, che peraltro il rimedio giurisdizionale posto dall'art. 25, comma 5, legge 241/90, proprio in virt della sua specialit, non pu ritenersi applicabile ad ipotesi diverse (ancorch analogiche) da quelle cui la legge lo riferisce: di talch, mentre esso certamente applicabile alle controversie relative all'accesso ai documenti amministrativi gi formati. non lo invece per questioni attinenti alla ~denegata visione degli atti nell'ambito del procedimento amministrativo in corso (art. 10, lett. a), in relazione ai quali nessuna tutela specifica prevista, sicch devono ritenersi operanti, in quanto ne ricorrano i presupposti, le ordinarie forme di tutela previste dall'ordinamento (11). A riprova di tale conclusione va osservato che, ove ci ha voluto, il legislatore anche nel capo III ha regolato problemi di natura processuale (cfr. art. 11, comma 5) e quindi, ove ci avesse voluto, avrebbe disciplinato in via specifica anche la tutela della situazione di cui al ricordato art. 10 lett. a). Detto del profilo di inammissibilit della attivazione dell'art. 25, comma 5, fino all'attuazione del precedente art. 24, merita infine rilievo tm ulteriore (10) Contra, T.A.R. Lombardia, Sez. Brescia, 26 marzo 1991, n. 268, in Foro lt., 1991, III, 323, che per risulta riformata dal Consiglio di Stato, Sez. VI, con decisione ad udienza 28 giugno 1991, in corso di pubblicazione. (1) Contr. T.A.R. Lombardia n. 268/1991 cit., riformata per in appello dal Consiglio di Stato, Sez. VI. 101 PUTE I, SBZ; IV; GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA m:esi).en~il q.W,e av~bbe.dovuto.adottatela:no11'ruttiva regolamentare ain:ictettat. della. relativa.)Q.(;lagine solo la rispondenza tbi~~l~itll&1~eedr~~e:~r1~~iti!ri~i:Crii~\v~~d~~~n:1~:s!~~a~;;~~~ ~inalb:zata i.ii:t iicludere tu.tti casiAn cui la vicbiesta del privato non sia giustificata con Ja puntuali') indicazione dell'interesse sotteso nonch, soprattutto, <:lel!a siNa#Pl1e gj.qli~ che rniativa assai pi i&;ii!?ii:fl~i~~\~1;~ controllo >, sede della Corte di Cassazione, per consentire lavori di manutenzione dell'edificio, poi (a seguito della rimozione di tali strutture metalliche) all'istituzione di un'area a traffico limitato, all'interno della quale per consentita la sosta dei veicoli di propriet di magistrati e impiegati, autorizzati dal Ministero di Grazia e Giustizia. PAl~TE ~' SBZ. IV, (JIURlSP1'UDBNZA AMMINISTRATIVA 103 .S ()nforme aft(.l, clJs;iplina generale degli artt; 3 4d.P .8:;J5 giugno 1959 n. 393 (y0dice delta Strada) .Ja possibilit. attribuita. ai dipendenti degli Ufffoi dl: }!atazzo d gtustit,ia di parcheggiare veieoli, previa autorizzazione discrezionale; dell'Amministrazione della GiustiZ~i nella sJi;ddett zana a .tr4ftido .. t'mitatt:J..(nelfJtJ~dro....4i ... ury . us: ... varticala.re..di .. qu.est'ulti1rtltl ..onde kdf. . (4) i.., p1;9:riJJ.Ilqj1:1. :i\1:1. pre!j!i99M iritt:igralrne:rtte. reepito.)e argoweritazi9ni .. di ij~1sibt!::rtt~lfied!~~z~~~s~rlf!!fri~:f1!~~;Jffe~it~~:,1t~a21!~~al~~~~ deiv.ari s()ggettirlc9l::reri.~{. Ai;;i~e Jltim() J!roposito si J.:ip()rt1:1. il semiel1tfl estratt() della m~ol;ja. llf~n~iv1:1..J?rdott:t.Jl:t g~.i:lizi;. . .. ~~i::~~~~~~ A) I~ ;ririt6 lu~('> o6~o~re radiCalmente contestare la presenza di i1:n fate. resse gittc.lizi1:1.Ime:.t(il tutelabile in capo al Cdacons, nonch la legittimaziotie attiva a. ricorrere Aello stes~o.... Pur dando dverosamente atfo, infatti; della tendenza giudsprudenziale>.ad animettereᥥlatuteladi.rtteresst.diffusi di cui si faC(lia t?ort~to.re u.i1 ente esponenziale . noi:i. pu negarsi, peraltro;. la ptesenza obiettiva di limiti all'ammissione di una tale tutela, sii!: nei termini rtdicati ..,,A.alla giurfspru~leriia, sia come precisati rt sede Iegislativ.a. ( >l.a ste~sa dQ1:tr:l11a (y; N1G1to;Giusti~ia4,mt#itiis(t gli inieress diffllsi; ssia quegli .. interessi cheappa#tettgdno .aduna pluralit.di soggetti pi o menovasta ectetermfuata, siano tutelabili se non si 'Vuol vedere nell'azione giurisdizionale ammfriistrativa un'azione' popolate e alterare essenzialmente .lo stess /concetto di-interesse Iegittiin(>, oltre l()he >confondere.. i ompti di urt . organo guriSdizfonale con quelli pfopn dell'tgano di direzione p6litica . :S necessarick pertanto in (>gni caso-trov.are dei momenti di collegamento tra la.. posizione del sggetto che chiede tutela ed.. il bene,. che qualifichirio l'rtteresse.> in mdo differenziato: ma tali elementi di Colleganza risultano difettare del tutto nella fattispecie che qui interessa. Nel caso in cui urt;associazione si faccia portatrice di un interesse diffuso necessari; infatti; che 104 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO denti addetti alla Corte di Cassazione nelle carreggiate di via Triboniano e via Ulpiano prospicienti l'edificio ove ha sede la Corte medesima, e, precisamente, le note 11 settembre 1989 del Ministero di Grazia e Giustizia e 24 aprile 1989 del Comitato provinciale per la Sicurezza pubblica. I ili 2. In punto di fatto va precisato che, anteriormente all'adozione della delibera in parola, la sede stradale di via Ulpiano e di via Triboniano immediatamente adiacente la Corte di Cassazione era circondata da bandoni metallici, la cui posa in opera risale al mese di aprile 1970, dopo il distacco di alcune parti della struttura esterna dello stabile. L'interdizione al transito dell'intero perimetro del Palazzo, allora disposta, si protratta durante l'intero corso delle opere di consolidamento e restauro, per l'esigenza di evitare ostacoli alle macchine ed attrezzi delle ditte impegnate nelle opere, e perdura tuttora per motivi di protezione della sede della. Corte di Cassazione e delle persone che istituzionalmente vi svolgono la propria attivit. Le ragioni di non consentire utilizzazioni del suolo immediatamente circostante il Palazzo di Giustizia diverse da quelle inerenti la custodia dell'edificio e le esigenze interne degli uffici, ivi comprese quelle dei magistrati e degli altri addetti individualmente identificati o autorizzati, t' ,v ,,)f<.: !->A'< .' ~{~,,/< i;t-:_,._:).,.-1:_~.._~,.,. questo corrisponda ad'. un interesse univocamente connesso alla tutela dello scopo istituzionale i'. dell'associazione stessa (v. ALBAMONTE, Danno ambientale nella legge 349 del )986 e responsabilit dei privati, in Cons. Stato, n. 10, ottobre 1988; v. anchslCons. Stato, Ad. Plen., 19 ottobre 1979, n. 24). , Di converso( lo scopo statutario ~concernente la itutela dell'ambiente. " dei diritti degli utenti. e consumatori dei beni pubblici e dei pubblici servizi ~ppare in s troppo vasto, vago ed indeterminato prch in esso possano rinvenirsi precisi specifici momenti di collegamento con i beni di cui I . ~. ~- invoca tutela, ed in particolare per quanto attiene alla specie con tl-berul i.::.~~,_ ;~4;p~...,,.,,,.--"~"" eHa-dispmr.ihlHt-t!.elle..ar-ee..adiacen:tLaLP...al.azzo..d.LG.iust~ia, tale da far con ;'>,;W-L ~ ~:~;~~f,~. figurare una lesione di interesse meritevole qi tutela nella_sottxazi-One,.della:eitatl!I"; e? ~ ~b'"'pubb.lWe..r-~-.f~...~ ~;.::::....~\,v...;.. '"1.r.:J:_..... ~....&. ""'""""~ !i-.;..:--i\o"""~' ~.. ~,,........~~~...-.::~~.~:-,;, ~.::_,...;., {;~-#iifi. 1 ,.-~JJ:.,'"*;..t.o _ La estrema.. genericit del conclamato scopo associativo si pone in verit come inequivoco indice rivelatore di una mera ,..copex:tura formale per poter agire in maniera del tutto indiscriminata, costituendo in ogni e qualsiasi situazione di lesione di interessi una presunta posizione differenziata dell'interesse di volta in volta fatto valere; la quale in realt non sussiste perch poggiata su elementi di differenziazione completamente generici. Il Codacons, affermando tra l'altro di agire a tutela della collettivit intera, si pone in evidente contraddiizione con la realt dei fatti, non potendosi certamente riconoscere per tutti i cittadini l'interesse..aH'elimil'l:M:iene ~:na &.. .Jt""'"""fi';"I.,..,~ ~-~tante...il--P.alazw,di-Giu.stiz.i,~b,P-wero.el,...presunwposteggia,. ' ,che.c-i:v.infatti costituita proprio dal carattere di esponenzialit di un certo ordine di interessi, ed all'evidenza incompatibile con tale concetto la figura di enti che, come quelli odierni ricorrenti, pretenda di farsi paladino di tutti gli interessi relativi all'ambiente e ai diritti degli utenti e consumatori. fin troppo chiaro che questa pur abile costruzione involge l'inaccettabile conseguenza di dover ammettere in ogni caso (e quindi in palese elusione e pieno disdoro del quadro leglslativo . giurisprudenziale vigente in materia) la legittimazione ad agire di qualsiasi ente, a ci bastando soltanto la mera conclamazion di llilO scopo statutario privo di effettive delimitazioni settoriali. W>, .,~ Tutto~'~i''}{~ova conferma nello stesso richiamo fatto dall'associazione in questione alla sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 725 deF 27 maggio 1988, la quale non certamente di sostegno: alla posizione del ricorrente Codacons: l'ammissione della tutela giudiziale in quel caso, oltre che riferita specificamente alle associazioni utenti del telefono, fu conseguenza del riconoscimento di queste come organizzazioni dotate di autonomia soggettiva portatrici di interessi dndividuali ed autonomi... che li legittimano ad impugnare gli atti di regolamentazione del settore da parte dell'art. 5 d.1.vo 15 settembre 1947, n. 846. Completamente diversa appare, pertanto, la posizione di tali associazioni rispetto a quella del Codacons. La stessa legge 8 luglio 1986, n. 349, che ammette all'art; 18 che le assoc1az1oni possano ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa per l'annullamento di atti illegittimi limita tale facolt alle sole associazioni di -11 106 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO di Grazia e Giustizia, prende atto di siffatte necessit, secondo quanto prevede l'art. 13 della legge 24 marzo 1989, n. 122. La finalit che essa persegue di proteggere il Palazzo di Giustizia e le persone che instituzionalmente in esso svolgono la propria attivit e prevenire, con ci, possibili attentati, ben si presta, invero, ad integrare i presupposti afferenti l'ordine pubblico, in base a cui la predetta norma consente alle Amministrazioni comunali la potest di istituire le zone a traffico limitato. L'operato del Comune deve, pertanto, ritenersi immune dai profili di censura inerenti il difetto di motivazione e lo sviamento, adombrate nel primo motivo del ricorso che va, conseguentemente, respinto. 3. Parimenti infondati sono, poi, gli ulteriori aspetti d'illegittimit contenuti nella censura predetta e nel terzo motivo, circa la possibilit attribuita ai dipendenti degli uffici del Palazzo di Giustizia di parcheggiare le loro autovetture, munite dell'apposito contrassegno, nelle carreggiate interne delle vie Ulpiano e Triboniano, prospicienti quest'ultimo. Anche all'interno delle zone previste dall'art. 13, L. 122/89, ove l'accesso veicolare limitato a particolari categorie di utenti, la potest dei protezione ambientale a carattere nazionale e quelle presenti in almeno 5 regioni individuate con decreto del Ministro dell'Ambiente in base all'art. 13 della stessa legge: mentre di certo non l'ammette in generale per tutte le associazioni. Con decreti ministeriali 20 febbraio 1987 (in G.U. 27 febbraio 1987), 26 maggio 1987 (in G.U. 2 giugno 1987) e 1 marzo 1988 (in G.U. 19 maggio 1988) il Ministero dell'ambiente ha individuato 17 associazioni, qualificate di protezione ambientale ai sensi e per gli effetti dell'art. 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349 tra le quali per non menzionata la ricorrente associazione, che pertanto deve necessariamente ritenersi del tutto priva di legittimazione a proporre il ricorso giurisdizionale de quo. Le considerazioni che precedono devono parimenti ritenersi valide e pertinenti non solo in relazione al Codacons, ma anche agli altri due enti ricorrenti (Lega per l'Ambiente e Associazione Utenti Servizi Pubblici), essendo evidente che tali soggetti non possono vantare una posizione differenziata qualificabile in relazione ad uno specifico rapporto obiettivo esistente tra i beni (che si assumono lesi dalle scelte della Amm.ne comunale) ed i soggetti stessi. In sostanza, come codesta stessa Sezione Ecc.ma ha gi avuto modo di affermare (sent. 13 gennaio 1984, n. 21) l'interesse specifico delle associazioni ricorrenti deve per ottenere tutela, essere localizzato ovvero localizzabile .in quel determinato ambiente o in una zona comunque circoscritta che lo ricomprenda o presenti con esso una obiettiva connessione : la tutela dei relativi interessi deve poi formare oggetto dei fini statutari e tali interessi devono presentare dei requisiti concreti di specificit che impediscano la loro quali. ficazione a livello di interessi semplici . Ma, nell'ipotesi che qui interessa, tale differenziazione manca del tutto per gli enti ricorrenti: non vi alcuna posizione circoscritta, localizzata e dif PARTE I, SBZ. IV, GIURISPRUDBNZA AMMINISTRATIVA 107 Comuni di limitare o interdire il parcheggio o la sosta delle autovetture soggetta -ad avviso del Collegio -alla disciplina generale degli artt. 3 e 4 del d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393 (cd. Codice della Strada) e dall'annesso regolamento. In base a tale disciplina, in particolare all'art. 4, d.P.R. 393/59, nei centri abitatL. laddove siano stati stabiliti obblighi divieti o limitazioni di carattere, permanente oppure sia stata vietata la sosta... possono essere accordati, per accertate necessit, permessi subordinati a speciali condizioni e cautele. Di siffatte necessit e cautele data precisa contezza non solo nei richi~ati verbali in data 17 febbraio ed 8 aprile 1989 del Comitato Provinciale per l'Ordine e la Sicurezza Pubblica, ma anche, e con specifico richiamo all'art. 4 del Codice della Strada, nel verbale della riunione tenutasi il 31 maggio 1989 presso il Ministero di Grazia e Giustizia, ove stato pnntt,1.alizzato eh(:'! i motivi di sicurezza ..,. non debbono essere riferiti esclusivamente all'incolumit pubblica ma, in primo luogo alla tutela dei magistrati e del personale addetto alla Corte di Cassazione che per la particolare fw:Jzione cui chiamata va garantita da atti di terrorismo , Ad avviso del Comitato, pertanto... nella zona recintata devono accedere e parcheggiare . le autovetture in quanto viene cos garantita la ferenziata adducibile da chi intenda vantare un generico interesse a calcare il suolo del demanio comunale (sottratto al transito veicolare comune dal provvedimento impugnato), senza poter spiegare quali particolari ragioni rendano tale interesse leso in misura maggiore e pi intensa di quanto non avvenga per ogni normale utente automobilista. B) Ancora va denunciata la carenza di un interesse qualificabile come legittimo in capo ai soggetti ricorrenti in proprio. L'avv. Canestrelli, I'on. Realacci e il sig. De Russis non hanno neppure manifestato il loro presunto titolo di legittimazione a ricorrere: ma se questo va individuato nel fatto di essere semplici possessori di patente, fin troppo evidente che tale condizione non pu configurare in capo ai succitati soggetti una posizione differenziata rispetto alla posizione. comune agli altri cittadini (la stragrande maggioranza dei quali parimenti titolare di patente e libretto di circolazione e potrebbe nello stesso modo addurre di dover calcare, per motivi vari, il suolo circostante la sede della Corte di Cassazione) che li colleghi in modo particolare all'esercizio del potere amministrativo. Del resto, se effettivamente una posizione di interesse legittimo potesse essere . vantata dai ricorrenti in parola non si comprende perch questi non avrebbero dovuto evocare in giudizio come controinteressati (con conseguente inammissibilit del ricorso) tutti gli altri cittadini che invece consentono e condividono l'istituzione dell'area di rispetto attorno al Palazzo di Giustizia nonch tutti coloro che a qualsiasi titolo circolano in quell'area. C) Per quanto ancora riguarda, infine, l'on. Realacci baster osservare che il membro parlamentare che ricorra in proprio non ha alcuna facolt di farsi portatore di interessi generici della collettivit in sede giurisdizionale, mentre appare evidente che l'unica legittima sede di suo intervento sia quella politica. A. CINGOLO RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 108 vigilanza delle stesse ai fini della sicurezza del personale che ne proprietario . Il riferimento all'interesse generale della sicurezza del personale che opera presso gli Uffici della Corte di Cassazione anche sottoponendo ad idonea vigilanza le loro autovetture, giustifica per un verso che -oltre alla circolazione ed al transito nella zona a traffico limitato -siano consentiti la sosta ed il parcheggio dei veicoli autorizzati in appositi spazi, e, per altro canto, legittima la possibilit che una parte della predetta area venga sottratta all'uso pubblico, per essere devoluta all'uso particolare del predetto personale. Ci stante, neppure possono ritenersi in atto ostativi alla predetta destinazione della carreggiata interna di via Ulpiano e di via Triboniano i commi settimo ed ottavo dell'art. 59, del regolamento di esecuzione al predetto T. U. sulla circolazione stradale (d.P.R. 30 giugno 1959, n. 420) e la circostanza -pure addotta nelle censure in esame -che nei cortili interni del Palazzo di Giustizia esistano altre aree da destinare al parcheggio delle predette autovetture. Quanto al primo di tali aspetti di censura, va ribadito che le restrizioni alla possibilit di derogare al divieto di sosta enumerate nei predetti commi (che consentono siffatta deroga in favore delle sole specifiche categorie di veicoli appartenenti alle forze armate, polizia, vigili del fuoco, servizi di soccorso, limitatamente alle aree antistanti le rispettive sedi e per l'estensione strettamente indispensabile) non possono comprimere la potest dell'Amministrazione a introdurre ulteriori ipotesi di eccezioni al divieto, in aggiunta a quelle specificamente contemplate (Cass., III, 27 giugno 1979, n. 3596). La giurisprudenza oramai consolidata (Cass. pen., Sez. IV, 28 novembre 1961, Cerrone; Cass. pen., Sez. IV, ,16 gennaio 1962, Zappal) ha ritenuto, infatti, illegittime, e pertanto inapplicabili tali disposizioni del regolamento di esecuzione, in quanto restringono la potest degli enti locali di disporre deroghe al divieto di sosta, qualora essi ne ravvisino come nella specie -la necessit per ragioni diverse da quelle ivi specificate. Circa il secondo dei ricordati aspetti, deve ritenersi rimessa totalmente alla discrezionalit dell'Amministrazione -perch responsabile delle pi opportune misure -la scelta delle aree e degli spazi pi idonei ove possono concretamente operare i mezzi pi efficaci per garantire la sicurezza e la prevenzione da eventuali attentati dei veicoli in parcheggio o in sosta appartenenti al personale del Palazzo di Giustizia. Tali valutazioni attengono infatti, al merito dell'azione amministrativa, una volta che la vigilanza dei veicoli di propriet del personale predetto sia stata dichiarata attinente ad un interesse generale, nel corso della riunione del 31 maggio 1989, tenutasi fra gli esponenti dell'Ufficio ~= I I , I I I PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 109 per il controllo e la Sicurezza della Corte di Cassazione e quelli del Comitato Provinciale per l'Ordine e la Sicurezza Pubblica. 4. Quanto ai predetti uffici ed orgalll, il primo rappresenta, invero, un'articolazione interna dell'organizzazione burocratica dell'Amministrazione della Giustizia, ed il secondo risulta istituito dalla legge 1 aprile 1981, n. 121. Ne deriva l'infondatezza del secondo motivo, articolato sulla loro irrilevanza a statuire circa l'uso degli spazi di che trattasi. Secondo l'art. 20 della legge n. ,121/81, il Comitato ha, infatti, la funzione di tutelare l'ordine e la sicurezza pubblica nonch prevenire la violenza eversiva ed ha la possibilit di avvalersi, a tal fine, anche delle autorit locali di Pubblica sicurezza e dei responsabili delle Amministrazioni dello Stato e degli enti focali interessati ai problemi da trattare. Esso pertanto specificamente competente ad emanare direttive e prescrizioni in subjecta materia, come lo , tra l'altro, quella riportata nel verbale 17 febbraio 1989, circa la necessit dell'apposito contrassegno per accedere nella zona controllata. 5. Sono, cos, da rigettare, anche il quarto ed il quinto motivo, ove viene censurato di incompetenza il rilascio di siffatti permessi da parte del Ministero di Grazia e Giustizia. Sia l'istituzione della zona a traffico limitato che la riserva della carreggiata interna delle vie Ulpiano e Triboniano, alla sosta ed al parcheggio per determinati utenti trovano, infatti, ragion d'essere nelle esigenze inerenti la prevenzione da attentati ed a garanzia dell'incolumit del personale appartenente alla Corte di Cassazione. pertanto consequenziale che a tale Amministrazione sia attribuita la potest di valutare l'esistenza dei presupposti per derogare al divieto di circolazione e sosta, a ci non ostando alcuna espressa disposizione della I. 122/89, o del d.P.R. 393/59, n tantomeno alcuna diversa manifestazione di volont dei competenti organi del Comune di Roma. SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 settembre 1991, n. 9846 -Pres. Montanari Visco -Rel. Prato -P. M. Golia (concl. conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Favara) c. Fondazione Girolamo Gaslini (avv. Romanelli e Uckmar). Tributi locali -Invim -Esenzioni e agevolazioni -Immobili appartenenti ad enti morali -Destinazione immediata e diretta al perseguimento dei fini istituzionali -Esenzione totale dall'imposta -Utilizzazione indiretta e mediata -Riduzione del 50 % dell'imposta. (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 25; legge 22 dicembre 1975, n. 694, art. 3). L'esenzione dal pagamento dell'JNVIM per gli immobili appartenenti ad enti pubblici e privati non aventi per oggetto esclusivo o principale. l'esercizio di attivit commerciale e destinati all'esercizio delle attivit istituzionali dell'ente presuppone la destinazione immediata e diretta di detti immobili al raggiungimento dei fini d'istituto mentre l'utilizzazione indiretta e mediata di essi comporta la riduzione del 50 % dell'imposta (1). (omissis) Secondo l'orientamento gi espresso da questa Corte (cfr., tra le altre, Cass., 2 luglio 1990, n. 6767 e Cass., 2 agosto 1990, n. 7759), l'esenzione dal pagamento dell'imposta sull'incremento di valore, relativamente agli immobili appartenenti agli enti pubblici e privati non aventi per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attivit commerciali, (indicati nell'art. 2, lett. c) del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 598, in materia di IRPEG), che siano destinati all'esercizio delle attivit istituzionali, prevista dall'art. 25, comma secondo, lett. c) del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, come (1) La Corte conferma l'indirizzo gi espresso in Cass., 2 agosto 1990, n. 7752, in Foro it., 1990, I, 507 e Cass., 2 luglio 1990, n. 6767, nonch da alcune pronunce della Commissione Tributaria Centrale (dee. 7 settembre 1990, n. 5410, in Foro it., Rep. 1989, voce Tributi locali>>, n. 67; 8 giugno 1989, n. 4228, ibidem, n. 68; 26 novembre 1984, n. 10227, id., Rep. 1985, voce cit., n. 186). La decisione di evidente esattezza in quanto il legislatore ha posto in modo chiaro la differenziazione tra immobili destinati e non destinati allo esercizio delle attivit istituzionali e l'ha fondata sul criterio della destinazione immediata e diretta la quale non pu che essere accertata attraverso l'attivit svolta nell'immobile intesa nella sua oggettiva connotazione, altrimenti la diversa misura dell'esenzione espressamente prevista dall'art. 25 d.P.R. 643/72 non avrebbe ragion d'essere . ,.,,,,,,._,ti. PARTE I; SSZ. V; GIUIUSPRUDENZA TRilltlTAIUA Hl modificato: mediata di essi compqtta la rid~one del 50 % dell'imposta, ai sensi dell'art. 25, comma qui.to,.le.tt... ,~, ...... . OU~$t&fiiliifilid.niHt~V~$ione. .. / . ;; ~-rj~~~~,~~.o. ~~.~.9~~$fu.. norn1~i~~~i A... ~ai~i~iPi~~.posto una . netta .differeJilZiaziime tra immobiliv destinati /all~esercizioartecipare .al. rggi.ngW!ento dei.finipropri dell'ente; .mediante .la uti.lizz~.one indi:rtta e non immediata dell'immobile all'esercizio delle attivit istitUZionali. > . ~.$tregw.i AAt criteri en'llllciati, e tenendo . conto lel carattere ecC: e#onaj.e cb,e ya ricQ:n9sciuto ajle ipotesi di esenzione fiscale; deve essere col).s~4erata)a i:;~tui;tZion,e in es~e. nella quale, come. paciiice>,. l'l$tituto Giannina Gaslini un ente del tutto distinto dalla Fondazione GeJ:Qlt:J.n'lo Gasllni,.. dl,e;. cos1;jt.ito al Jine di esercitare .. la difesa .. e l'assMelilZa dell'infanzia .~/deijf,i.. f@iu}~e.a, questo fine. pe:rsegue. i,n concrete> conila ge&:tic;>ne del .. p.i:oprio. patrimonio,. allo . scopo di . devolverne le. .rendite aU'JsP.tt1J9{1,Ut.3)egge 2ln9veinbre .1950,. n.. S.97) e di apprestare i.mezzi t.ateJ;'tW:i pei; il ~~~entodi questo, .13: }\)(>ich. ci) c:he rileva, ai fini della destinazio.ne degli innnbili, non la finalit(generalment perseguita, ina l'attivit svolta nella sua ()ggettva connotazione, non dubbio che quelli in questione; non essendo statLdirettamenteire in via risarcitoria contro di lui PARTE I, SEZ; V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 113 1967, la perdita per l'intero immobile della esenzione venticinquennale della imposta sui fabbricati di cui all'art. 13, della legge 408 del 1949. Ci anche quando la difformit riguardi singole porzioni di fabbricato, giacch tanto la imposta quanto la esenzione si riferiscono ad una caratteristica gii.lridiea che identifica, in quanto tale, un immobile ed un s@ pi anipfo regime. (Cass; :ti, 9322 del 10 settembre 1990; n; 4726 del 2f ltlglio l9SS); La> revoca in questione, peraltro opera ape legis, ovvero automaticamente all'accertamento delflllecito edilizi.o, ed al di fuori di qualunque possibilit valutativa della amministrazione finanziaria. La quale .pertanto tenuta, a seguito dell'accertamento dell'illecito suddetto, e senza rilievo alcuno per la considerazione delle parti nella..controversia inerente l'accertamento di tale illecito edilizio, a revocare il beneficio gi concesso. Ovviamente con riferimento all'intero immobile e non al titolare o ai titolari di porzioni eventualmente separate dopo. della concessione del . beneficio,. poi revocato. Cosicch, il requisito d.e:U.a conformit alle normative edilide vigenti, si atteggia conie carattedstica giuridica oggettiva dell'immobile. (Cass. 8982/87). <>. . . . .... La contestazione della carenza di tale caratteristica determina il .: ::. . ..<" . . .. . . . sqrgere della pretesa tributaria. Questa, nei confronti del contribuente acquir@11tl:l della porzione di immobile, non pu che essere esercitata che attraverso la iscrizione .a ruolo dell'imposta dovuta, che dunque corrisponde; quanto all'acquirente, alla revoca del beneficio. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 10 gennaio 1992, n. 202 -Pres. Brancaccio -Est. Sgroi -P. M. Caristo (conf.) -Hardouin c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Palatiello). Tributi in genere -Contenzioso tributarlo -lmpugnazione Termine art. 327 cod. proc. civ. Applicabilit alle clecisioni delle commissioni tributarle di PrltnO e . . . secondo grado. . (cod. proc. civ., art. 327; d.).>.R. 26 .ottobre 1972, n. 636, art. 39). La decadenza prevista nell'art. 327 cod. proc. civ. opera nei riguardi~ delle impugnazioni delle commissioni tributarie di primo e di secondo; grado (1). (1) Nt\OVO indirizzo, confermato con le sentenze 30 gennaio 1992 nn. 668 e 669. lH RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 1 gennaio 1992, n. 209 -Pres. Scanzano -Est. Morelli -P. M. Simeone (diff.). -Ministero delle Finanze (avv. Stato Linguiti) c. Cadei. Tributi erariali indiretti -Imposte doganali Contrabbando Giudicato pen~le di condanna per quantit imprecisata Determinazione della quantit ai fini della liquidazione dell'imposta Legittimit Preclu sione da giudicafo Esclusione. cod. proc. pen. abrog., art. 28). La se.ntenza penale di condanna per contrabbando di quantit imprecisata di tabacchi nella quale si affermi che mancano sufficienti elementi per la determinazione della quantit, non preclude, ex art. 28 cod. proc. pen. abrog., la quantificazione in sede civile della liquidazione della, imposta evas (1). 1. Dopo aver rilevato che nella sentenza penale, di condanna per contrabbando, pronunciata nei confronti del Cadei, si d atto che manI cano precisi riscontri obiettivi in ordine alla determinazione del quan I ~ titativo di sigarette contrabbandato, la Corte a quo ne ha inferito che la ricostruzione dei dati obiettivi accertati come mancanti rientri nella ricostruzione del fatto che vincola il giudice civile , ai sensi dell'art. 28 cod .proc. pen., precludendogli una determinazione quantitativa della merce contrabbandata al fine del computo dei tributi correlativamente evasi. I 2. Tale conclusione forma, appunto, oggetto di contestazione da I ~ parte della Finanza. La quale, all'uopo, denuncia l'errata interpretazione ed applicazione della richiamata norma processuale, in relazione anche all'art. 2697 cod. civ. 3. La censura fondata. I Invero, la quantificazione delle sigarette contrabbandate non un I fatto materiale, ai fini dell'effetto vincolante, ex art. 28 cod. proc. pen., del relativo accertamento negativo; bens una operazione logica di tipo induttivo che si innesta su un fatto materiale (questo s), accertato in sede penale (contrabbando), utilizzato come premessa per desumerne nel concorso di altri dati fattuali (entit del corrispettivo ricavato dalla rivendita delle sigarette; prezzo di questi al mercato nero) -il quantitativo appunto della merce oggetto della condotta illecita. Ed appena il caso di aggiungere che un tale giudizio sul quantum -oltrech non impedito, per quanto gi detto, dal precedente giudicato penale, era anzi doveroso in sede civile. (1) Decisione di molto interesse suscettibile di estensione. Il vero giudicato sul fatto accertato in sede penale in genere non riguarda direttamente le quantit che andranno a costituire nella fase successiva la base imponibile. U:6 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO essa dovuta. Aggiunge che non rileva, al riguardo, il preteso adempimento da parte dei singoli soci, poich, in disparte il fatto che questi non hanno inteso soddisfare il debito della societ (la quale non ha, comunque, adempiuto gli obblighi strumentali a suo carico e sarebbe, perci solo, soggetta al versamento della soprattassa), avendo pagato in nome proprio crede11.o di essere personalmente obbligati (al punto da aver chiesto il rimborso, una volta avvedutisi dell'errore), non trovano, comunque, spazio nella materia, data la specialit della relativa disciplina, n l'istituto di cui all'articolo 1180 cod. civ. n il principio sancito dal comma secondo del successivo articolo 2331. Il ricorso fondato. Entrambe le preposizioni di cui si nutre la motivazione della decisione impugnata sono, infatti, effettivamente errate. Nori , in primo luogo, esatto che i soci delle societ di fatto sono solidalmente obbligati con esse iil pagamento dell'imposta di cui si discute, poich soggetto passivo di quest'ultima, ai sensi dell'att. 2 d.P.R. 599/1973, unicamente la societ, nei confronti della quale soltanto si instaura, quindi, il rapporto impositivo, che non pu essere, pertanto, esteso ai soci, promanando esso da una fonte legale tipica e, quindi, da una fattispecie esclusiva compiutamente disciplinata, la cui rigidit si ripercuote sulla II collegata situazione effettuale, esaurendone, senza residui, le corrispondenti qualificazioni (oggettive e soggettive). Relativamnte alle quali non sono, dunque, correttamente ipotizzabili I dilatazioni di matrice codicistica, nella specie, per di pi, tratte dalla apodittica equiparazione (generalmente rifiutata) della societ non (ancora) I II iscritta (articolo 2331 cit.) alla societ di fatto. Posto ci, conviene solo aggiungere che i richiami alla giurisprudenza di questa Corte contenuti nel controricorso non sono appropriati, riguardando essi la configurabilit (ormai ripudiata, com' ampiamente noto) della c.d. supersolidariet tributaria e, quindi, un problema che rispetto a quello qui considerato si pone, con evidenza, come cura posterior, avendo per oggetto non la (presupposta) individuazione delle ipotesi di responsabilit solidale in campo fiscale, ma il relativo trattamento, questo s, rinvenibile, in via di massima, nelle pertinenti norme del codice civile. Al quale, in .secondo luogo, pu farsi anche ricorso, oltre che nei casi di rinvio espresso, per eventuali integrazioni attinenti (non al momento genetico o alla struttura, ma) all'attuazione dell'obbligazione tributaria, se non precluse dalla disciplina speciale dei singoli tributi. L'adempimento di un'obbligazione siffatta da parte del terzo (articolo 1180 cod. civ.) non pu dirsi, dunque, in principio escluso (v. tra gli altri, art. 49 d.P.R. 602/1973), ma ovviamente necessario, a questo fine che il terzo adempia, oltre che in nome proprio, con la consapevolezza di soddisfare l'obbligazione altrui, poich se (come nella specie) adempie nell'erroneo PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 117 convincimento di essere personalmente obbligato si verte nell'ipotesi di indebito soggettivo (art. 2036 cod. civ.) e l'obbligazione, perci, non si estingue, potendo il solvens ripetere, di norma, ci che ha pagato (come nel caso concreto , in realt, avvenuto). Di cui l'ulteriore errore fondatamente addebitato alla decisione impugnata, che deve essere, di conseguenza, cassata, con rinvio alla Commissione di provenienza. CORTE DI CASSAZIONE, sez. I, 7 febbraio 1992, n. 1382 -Pres. Falcone Est. Sensale -P. M. Golia (diff.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Palatiello) c. Soc. Santa Seconda Casalotti (avv. Selvaggi). Tributi in genere -Accertamento -Motivazione -Prova dei fatti -Non attiene alla motivazione. (d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39).. La motivazione dell'accertamento, che .attiene alla legittimit formale, va distinta dalla prova dei fatti, che attiene alla fondatezza sostanziale della pretesa tributaria, che sar verificata nel processo (1). (omissis) Fondato, invece, il secondo motivo, con il quale l'Amministrazione denuncia la violazione degli artt. 39 e 42 del d.P .R. 29 settembre 1973 n. 600 ed il vizio di difetto di motivazione, deducendo che l'avviso d'accertamento era sufficientemente motivato secondo le prescrizioni dell'art. 42 prima citato e che la Commissione Centrale, ritenendo il contrario, avrebbe confuso la prova del maggior reddito accertato, che pu essere data anche in sede contenziosa, con le indicazioni motivazionali dell'accertamento>>, che erano puntualmente contenute nel relativo avviso, il quale era sicuramente analitico, perch l'ufficio contest singole voci di bilancio, rideterminando i redditi nel quantum, tanto da permettere alla contribuente, sin dal ricorso di primo grado, una effettiva e concreta difesa. Invero, con riguardo all'accertamento in rettifica della dichiarazione del contribuente per redditi risultanti da scritture contabili, l'art. 39 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 distingue le irregolarit meno gravi, (1) Decisione da condividere pienamente di cui va sottolineata l'importanza (in senso conforme Cass., 2 febbraio 1991, n. 1025, in questa Rassegna, 1991, I, 110). Spesso, confondendo i due concetti e i due momenti, le commissioni dihiarano la nullit dll'accertamento per difetto di prova senza scendere all'esame della fondatezza della pretesa. U8, RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO contemplate nel primo comma ed a fronte delle quali rAmministrazione pu procedere a rettifica analitica (utilizzando gli stessi dati forniti dal contribuente ovvero ricorrendo a presunzioni, munite dei requisiti di cui all'art. 2729 cod. civ., in ordine al~a inesattezza o incompletezza di una o piposte), dai casi, di maggiore gravit, previsti dal secondo c.omma, che evidenzian.o una inattendibilit globale delle scritture ed autorizzano l'Amministrazione a procedere in via induttiva avvalendosi anche di semplici indizi sforniti dei requisiti idonei necessari a costituire prova presuntiva (sent. 24 febbraio 1989 n. 1022). La differenza fra i due tipi di accertamento , cio, data dal fatto che la rettifica investe le singole poste del bilancio (urta, pi' anche, eventualmente, tutte), distintamente considerate, o\ivero investe l'iter contabilit, globalmente considerata, in quanto le irregolarit siano di tale gravit da farla ritenere inattendibile nel suo complesso. In entrambe le ipotesi l'tto d'accertamento dev'essere motivato, con riferimento ai presupposti che consentono il ricorso al metodo adottato (analitico o sintetico) ed alle ragioni che giustificano il calcolo in rettifica, tenendo per presente che la motivazione su detti presupposti pu emergere implicitamente; specie nel caso di rettifia analitica, dove la singola ripresa pu di per s evidenziare l'inesattezza della contabilit che giustific la rettifica.medesima (sent 1022/89; citata);' Problema diverso da quello concernente la motivazione dell'accertamento, che attiene alla legittimit formale dell'avviso, _(( quello della prova della maggiore pretesa tributaria, ossia della st,la fonda.te;zza sostanziale, ,he sar verificata nel processo aperto dalla opposizione. all'avviso d'accertamento, s che far rilevare le due esigenze . a_I momento dell'accertamento (e non nei due momenti diversi, l'.uno dell'accertamento e l'altro, successivo, del processo) costituisce un equivoco logico giuridio, che quello in cui ~ incorsa la decisione .impugnata. In altri termini, quando l'Ufficio add.ca, , nel, .processo, elementi a sostegno della . pr:etesa tributaria, non integra .n avv~so d'accerta.mento n.llo,_ma adempie gli oneri che ad esso_ inombono come parte <;lei processo, n da; ci pu trarsi argomento in ordine alla .natura del metodo seguito, che analitico o sintetico non in dipendenza . dalla prova, che venga fornita opp'ur no, ma a seconda che la rettifica~ investa,, le singole poste del .bilancio ovvero Ja contabilit nella .sua complessit. La decisine impugnata n:move, dunque, da un errore .di . partenza che ne inficia la motivazione circa la interpretazione data all'avviso d'accertamento in ordine alla individuazione del metodo adottato dall'Ufficio ed alla motivazine dell'avviso, interpretazione che indubbiamente compito del giudice del merito, ma . censurabile in sede di legittimit ~e. non congruamente motivato e se )a motivazione non immune da vizi logici e giuridici. (omissis) PARTE r, SEZ. . V, 'GIURISPRUDENZA 'TRIBtJITARIA 119 CORTB DICASSAZIONE, Sez. I, te febbraio 1992> n. 1473 -Pres. Corda Est. Berruti -P. M. Donnarumma .(conf;) Di Felice (avv. Vasile) c. Ministero delle Finanze (avv. Stati:> Palatiello). Tributi in genere -Ac1;1ertin~nto N()tificazione -Elezione di domicilio .., ,Dihiarazo;ne .espr.e~a ... Indicazione nella . dicl.arazione de,l 49ipi~o fiscale ~ Non yale C()ll1e ~lezioJ}e di domicilio; (d.P..l~.. 29..settembre 1973, n.,<6(l0' 11rtt 5$ e 60; .cobl:>ligatO .al. pagamento. dell'imposta . di registro, abbia annullafo () ridotto quell'accerfa~ento: . stante l'identit di valore . del bene trasferlto ag effett dell due imposte; postulato dall'art. 6 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 643, rettament~ interpretato in conformit agli artt. 3, 53 e 97cost. e fa prevalenza. comunque, dell'accertamento giurisdizionale su.quelle>(relativo a.I medesimo bene, nel medesimo contesto temporale e negoziale) contenuto nel provvedimento amministrativo, sia pur definitivo (per l'alienante). (omissis) , (1) Dopo che le Sezioni Unite con la. sentenza 3 luglio 1991, n. 7321 (in questa Rassegna, 1991, I, 367) avevano prudentemente contenuto la nuova regola cl.ella solidariet fra i condebitori della stessa . .imposta, la Sez. semplice, con assai succinta motivazione, fa l'ulteriore passo. di estendere n giudicato .intervenuto sUll'iniposta di registro all'INVIM. A ci non socorre l'art. 1306 cod. civ. non essendovfsolidariet; eci assai dubbio che il solo coordinamento fra le due imposte giustifichi tale estensione. Non valgono a tal fine le considerazioni, fatte nell'altra sentenza, sulla necessit di uniformit della definizione quantitativa del tributo per l'osservanza del prinipio della capacit contributiva: l'estensione del giudicato infatti pu (non deve) essere opposta. E non improbabile che il giudicato non venga opposto. ' Al di fuori della solidariet, l'estensione finisce col produrre effetto non solo nei confronti del creditore (Amministrazione) ma anche nei confronti dell'altra parte non, coobbligata; il compratore che ha ottenuto il giudicato favorevole ai fini dell'imposta di registro,. ha un interesse nettamente contrario a che n venditore riduca la base imponibile dell'INVIM, perch questo minor valore graver sul compratore nel futuro trasferimento. Il giudicato dovrebbe cio essere opposto anche al compratore che non n il creditore n un condebitore, il che non pare conciliabile con l'ar:t. 1306 cod. civ. 122 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 febbraio 1972; n. 1901 -Pres. Scanzano -Est. Morelli -Soc. Esplosivi e Affini c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Laporta). Tributi erariali indiretti Imposta sul valore aggiunto Dichiarazione -Rettificabilit Limite. (d.P.R. 26 otto1:>re 1972, n. 633, artt. 1, 2, 6, 28 e 43). Sebbene la dichiarazione del contribuente, in quanto atto di scienza e non di volont, sia in linea di principio rettificabile, l rettifica deve essere effettuata per essere pr.~sa in considerazione dall'ufficio (non in ogni tempo ed anche. in sede giudiziari) esattamente nelle stesse forme della dichiarai.ione e nello stesso termine, s da costituire una sostituzione della dichiarazione inesatta (1). (omissis) 2. Con .i tre mezzi del ricorso prii:icipale -_incentrati sull;;t violazione, rispettivamente degli artt. 40 e 29 d.P.R. 636/1972; 43 d.P.R. 633/1972;. e 28, 29 legge 516/1987 -la soc_iet c,ritica la Corte, di Brescia per avere, una volta amm.essa la rettifi:abilit _senza limiti temporali della dichiarazione I.V.A., erroneamente, afferma.to poi che il controllo contabile, finalizzato a tale rettifica, _costituisse questione "di. valutazione estimativa sottratta alla competenza di essa Corte. . E contraddittoriamente inoltre anticipano l'.esto di detto controllo, sia affermando che le sanzioni pecuniarie andavano comunque corrisposte ai sensi dell'art. 43 (che postula una differenza tra imposta dichiarata ed imposta dovuta, -ancora -da dimostrare), sia ritenendo che il condono di tali sanzioni avrebbe potuto validamente operarsi solo con fa definizione automatica ex art. 18 legge 416/82, anche sotto questo aspetto gi dando, quindi, per scontata 1a dehenza _dl. una imposta UI~eriore.: 3. A sua voita, l'Amministrazione contesta, con il ricorso inddentale, la premessa maggiore (vale a. dire ia rettificabilit in ogni tempo e sec:le della dichiarazione I.V.A.), su cui si imposta la decisione impugnata (in parte qua, ovviamente, condivisa dalla contribuente). (1) Decisione di grande rilievo. Nel campo specifico dell'IVA, la massima giustificata da precisi riscontri. Ma pi in generale, non ostante il riferimento acritico e ripetitivo alla dichiarazione di scienza, si ritiene, pur con qualche contrasto (Cass., 24 settembre 1991, n. 9965,. in' questa Rassegna, 19911 I; 586) che la ritrattazione della dichiarazione possa essere manifestata nello stesso termine stabilito per la dichiarazione da rettificare, e per le imposte dirette nel termine di. un mese successivo di cui all'art. 9 ultimo comma del d.P.R. n. 600/1973 (Cass., 9 giugno 1989, n; 2321, in Giust. civ., 1989, I, 2321). Per pi ampi riferimenti v. BAFILE, Considerazioni sugli effetti della dichiarazione, in questa Rassegna, 1983, I. 935; ID, Riflessioni sulla dichiarazione e sul processo, in Rass. trib., 1988, I,. 513. PARTE 'I/SEZ.' V{GltlRISPRUDBNZA :TRIBUTARIA E ,tale censura, .che si< risolve in una dentineia di~ violazione degli artt 19, 28 :e43 d.P;R.. 633/72, :per essere'l6gicainente pregiudiziale (in quanto suscettiva ove in tesi accolta .di assorbire ogni doglianza ex adverso formulata) va esaminata con carattere di priorit. ~~+:lli~~~i:~::~~i:=~~: ai fini IN.A., in quanto atto di scienza, .,e non di .vo10nt, in Jinea di principio rettificabile, vero anche per che -come di recente gi PN~ljzzato ~<:l'evel).tuale rettifica deve essere effettuata;::per essere pres~ ~n<::Ql)sJ,der.zione dall'uffici ~... [non gi ' in ogni tempo, ed. anche in sedei gb;Jdiiaria,. eome erroneamente opina la Corte a qu9.~ sibbeneJ esattamente nelle stesse forme della dichiarazione e quindi sostanzialmente mediante la S()Stltuzone, nei termini, della dichiarazione inesatta, con altra coniplefat ed emendata .(cfr; Set; I, 4 :giugri 1990;'n. 9240). . . ..' CoriduC:i a tal~ dbn6b.tsfone ....;.; che qutmediftamente, sf ribadisce '-u: na serie convergente di indicazioni normative, emergenti dalla disciplina dell'.I.V.A. Fra le quali: a) Ja minu:d()s,a regolamentazione cleUe re.ttifich!i!, d~l1!i! annotazioni irl~saite, ispirata ad' innegabili crit~ri formali '(v. art. 26, cmnii , 2 e 4 d;P.R; cit.){ . > .. . . , .. . .. , . . .. .... ... . . . . b) le stesse prescrizioni formali che accompagnano 1a dichiarazione an.nuale.<1:1rt... 28) anche per .quanto ri.gu1:1rda nveicolo .. obbligato (apposito ffl;odttb) clf11J Stl pt$ntazion; ... ~) . la ~~~fi~~iio~e della . fattispeje di .11,~sattd dichigrazione come. infrazione di. aiotratto pericolo, sanzionata, come tale, a presindere dal concreto pregiudizio, effettivo o virtuale, dell'Amministrazione . ./.D'altra .parte va . q~servato che .talf)1 se. ,pur;rigoro~a. interpretazione ciel.la normatiya, . stJl!'l..,Y~A., .on present1:1.... l:lspetti di irr1:1gionevolezza. ed adeg\latamente,. inv, on1:ernpera . e bilancia rhiteresse del Fisco, con quello del contribuente. Infatti il rilevato sbarramento temporale per la presentazione e per la ret:tifica(con so$tituzi<:1ne).. della di:cbiarazione ,annuale (il quale, in linea di principio; non opera con rigaa:rdo alla producibilit di . ulteriori docurrzihU a . comptova He c:rcsfi1nz<;l.. . degli .. elementi . gi dedotti nella dicl;.ar~~one), '.el. menfre. attribuisce a.1. contdburitf1,il... vant1:1ggl di conseg\lb;e il d:cn1;>orso delle eccedenze sulla base . della propria dichiarazione, contemporaneamente. tutela l'amministrazione erogante; ponendola al riparo dal pricolo (che concretamente si. prosJ?ettetebbe ove, al di l di quelle . prescriz~oni di forma e di tempo,. la dichiarazfone p,tesse comunqu~. essere ancor1:1 modificata) di rimborsare al.dicpiarante somme non spettantigli. (omissis) 124 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 17 febbraio 1992, .n. 1918 -Pres. Brancaccio -Est. Sensale -P. M. Amatucci (diff.) -Ministero delle. Finanze (avv. Stato Palatiello) c. Gelso. Tributi in genere -Accertamento tributario -Motivazione. -Provvedimento sulla spettanza di esenzioni -Agevolazioni per le case di abitazione non di lusso -Diformit dalla normativa urbanistica -Richiamo alla norma violata -Sufficienza. ((legge 6 agosto 1967, n. 765, art. 15). Per giustificare il diniego delle agevolazioni per le case di abitazione non di lusso, in quanto non conformi alla normativa urbanistica, suf-, ficiente il richiamo all'art. 15 della legge 6 agosto 1967 n. 765 (1). (1) Le Sezioni Unite tornano ancora sull'argomento con una assai ampia motivazione che ripercorre quella di Cass., 14 ottobre 1991, n. 10769, in questa Rassegna, 1991, I, 587. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 18 febbraio 1992, n. 2041 -Pres. Montanari Visco -Est. Morelli -Ministero delle Finanze (avv. Stato. Palatiello) c. Luiso (avv. Soprano). Tributi in genere -Contenzioso tributario -Rimborsi -Imposte dirette -Legittimazione passiva -Intendente di finanza e ufficio distrettuale delle imposte -Sono ambedue legittimati. (d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, artt. 37 e 38; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 16). Per resistere al ricorso contro il rigetto dell'istanza di rimborso delle ritenute e dei versamenti diretti di cui agli artt. 37 e 38 del d.P.R. n. 602/1973, la legittimazione passiva alternativamente duplice dell'intendente di finanza e dell'ufficio distrettuale delle imposte (1). (1) La pronunzia desta perplessit. Invero essa parte dalla premessa pacifica che l'istanza di rimborso debba essere dil:etta all'intendente di finanza e non all'ufficio distrettuale delle imposte e non contraddice i precedenti che sono nel senso della inammissibilit dell'istanza diretta all'ufficio delle imposte (16 gennaio 1986, n. 210, in questa Rassegna, 1986, I, 168 e 16 giugno 1990, n. 6105). Su questa premessa appare poco giustificata la legittimazioh dell'ufficio delle imposte, anche perch la competenza della commissione va determinata con riferimento alla sede dell'intendente di finanza che non sempre coincide con quella dell'Ufficio delle imposte. Altro problema, che ha creato qualche iinconveniente pratico, se dente possa delegare per gli atti del processo l'ufficio delle imposte e rilievo abbia detta delega agli effetti delle notifiche. l'intenquale I I I I I I l 'RASSEGNA AVVOCATURA 'DjlLLO STATO ricorso avverso detto atto proposto dall'interessato (anche in applicazione dell'art. 15 lett. C) e 16 comma terzo d.P.R. n. 636 del 1972, nel testo novellato del d.P.R. n. 739 del 1981); e, sotto il secondo profilo, che analoga legittimazione vada appunto riconosciuta all'Ufficio competente all'imposizione ove la fondatezza di questa sia (come nella fattispecie) sostanzialmente rimessa in discussione. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez, I, 18 fbbraio 1992 n. 2060 -Pres. Bologna Est. Nardino. -P. M, Martinelli (diff.) - Pagliarini c. Ministero dlle Finanze (avv. Stato Criscuoli). Tributi in genere ~ Contenzioso tributario -Notificazione -Omessa indicazione nella rela2:ione del luogo di consegna della copia -Validit. Tributi in genere -Contenzioso tributario -Notificazione -Consegna a persona di famiglia -Rapporto di conviyenza -Accettazione della rice zione dell.'atto -Sufficienza. ,(cd. proc. civ., art. 139). L'omessa indicaziOne nella relata di notifica del luogo di onsegna della copia non comporta nullit della notificazione dovendosi ritenere che la consegna, in difetto di contraria indicazione, sia stata eseguita nel luogo indicato nell'atto da notifiare il cui contenuto non irrilevante e inutilizzabile ai fini della regolarit della notificazione (2). La consegna della copia dell'atto da notificare a persona qualificata come di famiglia che abbia accettato di ricevere l'atto regolare anche se non sussista un rapporto di stabile onvivenza (2): (omissis) Peraltro, il ricorso del Pagliarini, con il quale si dduce violazione e falsa applicazione dell'articolo 32 d.P.R. 636/1972 e degli articoli 137, 139 e 148 c.p.c. , non fondato. . Correttamente la C.T.C. ha affermato che l'omessa i:J.dicazione, 'nella relata di notifica dell'ufficiale giudiziario, del luogo di consegna dela copia dell'atto non comporta la nullit della notificazione, dovendosi nella speie ritenere che la medesima, ~' in difetto di contraria indicazione sia stata (1-2) La prima massima corregge la inaccettabile affermazione di Cass., 26 febbraio 990, n. 1434, in qusfa Rassegna; 1990, I, 332. La seconda massima orniai consolidata. Sul punto si pu osservare che, valendo la rela1z:ione di notifica fino a querela di falso, l'indicazione in essa di una qualit di convi.vente dimostra che la persona che ha ricevuto la copia per tale si qualificata; non pu quindi successivamente dimostrarsi, meno che mai da semplici certificati anagrafici, che quel rapporto di parentela o di convivenza non sussisteva. PARTE Ii SEZ.<.\l',.GlURISJi'IHJl)ENZ'A 'tll;lBUTARIA eseguita neldoniiilio del contribuente (cofocidente aon.l'abitazine), esattarnerite2in: dicatJ nell'atto danotifiCare/incalce al quale la relata: risulta redatta../ '<' Ser:.vero fufattlcbe -+ di tegola-gU tlementi idone>.stabilire ili;~~fi~ Qties~ Crt~ llll HpettitaJlerite affemiat l'opposto principio-, mri $i:ff$aE~~:iE~MA::.:. qulillld01tali dati sianoindica.t... nell'atto d ric;>tintare, ctovehdsi in tale casQri~nere; fil)() a' querela; di falso, che la.noiifici\li sia stata effettuata :~i~{f,~irn~!~n?11~e!~~~~~~~:-~~~~~:i ;~~~1:~~;>d!{t!4~:ii~=6)~e:: notiflca rdf un: ~tfo (: {t; ~eo~r~ esa~inare ; l'intero C())ltesto ..dell'atto stesso dlla ri,test~ion ifua telazione>di notiffoazfon~; potendo. in. qual~ siasf parte di esso. trovarsi la indicazione idonea a colmare eventuali lacune .. (Cass. 28 febbraio 1987 n. 2152) . ... Nella . ,fatti~p~ie iJ:J, !)aJl1e pon ~lo l'orciinan:Z:lil ga not~fic.are. c.01;1t~ !:~~~~~~~~~t~l;i~J:~:: fica), m~ esi$te. _,.comela. stessa Commissione Centrale. non ha ll1an !~~:~~Jilllrf1!;~~j stata consegnata copia dell'atto si trovava solo . temporaneamente .. nella ~~~lilj~~~~!iiY:~~;s~~~~~~~j.:::~~~:icoJ:los!Htne induce )l disattenciere i.iche la pens.ra di nullit dell~ l'J.Qti~ic~ie>nc:l, per. inesistel)~1'1 di un ra,:pporto di convivenza (o anche solo stabile) tra il r\qrrente e::Ja>persona (signora: Men:apace).che .rice~ vette la copia dell'atto. Poich tale persona viene qualificata, nella relazione dell'ufficiale giudiziario, cognata :' del destinatario; la sua .presenza . nell'abitazione c;U, q.est~ultime>: ed il fatto di avere accettat0i senza riserve Ja c;onsegna dell'atto diretto ;ai Paglarini giustificano pienamente l'affermazione della C;'f.c. second cui fa Mnapace ra persori~ incaricata idone . a r~d1aye:J;"tt l'~i:.to:. stsso ~d il 'onseguent gil:~c:lizfo cli esclusione. della dedott J:lullit. 128. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Cos decidendo la Commissione Centrale si , infatti, uniformata al costante orientamento della giurisprudenza di questa Corte, la quale ha stabilito che, ai fini della validit della notifica a persona di famiglia, ai sensi dell'articolo 139 c.p.c., non richiesto necessariamente un rapporto di convivenza tra detta persona ed il destinatario dell'atto, con la conseguenza che, ove il familiare trovato dall'ufficiale giudiziario nell'abitazione del destinatario stesso accetti l'atto senza riserve, la validit della notificazione pu essere esclusa soltanto se il notificando, il quale assuma di non aver ricevuto l'atto, fornisca adeguata dimostrazione che la presenza in casa del familiare era del tutto occasionale e temporanea, non essendo a tal fine sufficiente la produzione di certificato anagrafico attestante che il familiare abbia ltrove la propria residenza (confronta Cass. nn. 2682/89; 5954/87; 8655/86; 7191/1986, 3304/85 e numerose altre pronunce conformi). Nel presente caso siffatta dimostrazione manca in modo assoluto; per contro le circostanze sopra evidenziate consentono di presumere fondatamente che la Menapace (in qualit di affine, oltre che di incaricata a ricevere la notifica) avrebbe consegnato al Pagliarini l'atto ricevuto nell'abitazione del medesimo ed a lui destinato. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 febbraio 1992 n. 2112 -Pres. Bologna Est. Graziadei -P. M. Romagnoli (conf.). -Cavallo (avv. Lombardi) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Cenerini). Tributi in genere Contenzioso tributario Rinnovazione della notifica del l'atto impugnato Ordinanza della commissione Non ha valore deci sorio Impugnabilit autonoma Esclusione. (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 21). L'ordinanza con la quale la commissione tributaria, a norma dell'art. 21 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636, ordina la rinnovazione dell'atto impugnato, non ha valore decisorio e non autonomamente impugnabile; detta ordinanza invece revocabile e soggetta a riesame nella fase decisoria e sar impugnabile la successiva decisione (1). (1) Ancora sulla rinnovazione della notifica dell'accertamento. La S.C., affrontando per la prima volta il problema, boccia la tesi, sostenuta da autorevole dottrina (CONSOLO, Irrevocabilit dell'ordinanza che dispone la rinnovazione dell'atto impugnato e rimedi concessi nei suoi confronti, in Rass. trib. 1985, Il, 687; ID., Sul contenuto e sulla natura decisoria di merito dell'ordinanza di rinnovazione ex art. 21 d.P.R. n. 636 e della conseguente eventuale dichiarazione di cessazione della materia del contendere, in Giur. it. 1988, PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 129 Con il ricorso si sostiene che l'ordine di rinnovazione della notifica dell'accertamento stato emesso dalla Commissione di seconda istanza in violazione dell'art. 21 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636, e doveva essere considerato impugnabile, perch irretrattabilmente definiva l'intera contesa, residuando al contribuente solo la possibilit di instaurare autonoma controversia contro il nuovo atto di accertamento. La tesi infondata. Il citato art. 21 del d.P.R. n. 636 del 1972 (nel testo riformulato dall'art. 13 del d.P.R .. n. 739 del 1981), reso applicabile in fase d'appello dal richiamo di cui al successivo art. 23, consente alle commissioni tributarie di primo. e di secondo grado di disporre la rinnovazione dell'atto impugnato, con contestuale sospensione del i;>rocesso, al fine di sanare vizi dell'atto medesimo, purch essi non coinvolgano l'esistenza e l'ammontare della pretesa creditoria, n consistano in difetto di motivazione, e sempre che non sia verificata decadenza a carico dell'Amministrazione (cfr. Cass. n. 2358 del 12 aprile 1984). Si conviene sul rilievo che detta rinnovazione pu sottendere od esprimere un'anticipazione del giudizio della commissione in senso sfavorevole al contribuente; evenienza prospettabile nella vicenda concreta, posto che tale rinnovazione riguardava un atto anteriore a quello impugnato, la cui invalidit era allegata per contrastare la pretesa imposi- III, 1, 17), che l'ordinanza di rinnovazione dell'atto ex art. 21 del d.P.R. n. 6'36/1972 abbia valore decisorio. Invero tale tesi, pur bene argomentata, urta contro serie difficolt sul punto della impugnabilit dell'ordinanza. La posizione ora assunta dalla S.C. suscita tuttavia non minori problemi riguardo alla impugnazione, riconosciuta ammissibile, della decisione che abbia riesaminato, confermandola (ma anche revocandola), l'ordinanza. L'impugnazione, se pure attraverso la decisione, vanifica lo scopo della norma. Se, come sembra evidente, scopo dell'art. 21, come di analoghe norme del cod. proc. civ., quello di provocare una sanatoria la cui ragione d'essere la eliminazione del capo della controversia sul quale la sanatoria opera (BAFILE, Rinnovazione della notifica dell'accertamento e sanatoria dei vizi, in questa Rassegna, 1990, I, 333). sembra incongrua la impugnabilit dell'atto che ha aperto la strada alla sanatoria. L'art. 21 sarebbe, anzi, soltanto una fonte di inutile dispendio di attivit processuale: se sorge questione sulla validit della notifica dell'accertamento e viene ordinata la rinnovazione, ma poi dn sede di decisione si torna a discutere della validit della notifica, come se non fosse stata sanata l'irregolarit, si soltanto perso tempo e lavoro. La sanatoria non ha pi senso se si pu tornare a discutere della validit della notifica (inutil mente) sanata. Anche indipendentemente dalla espressa previsione della cessazione della materia del contendere (di cui si vedr pi innanzi), l'impedimento della deca denza, che l'effetto della sanatoria, impedisce per l'appunto che la decadenza possa essere successivamente dichiarata. Non pertinente l'osservazione, che si legge nella sentenza, he pur dopo la rinnovazione (e la cessazione della materia del contendere) il presidente 130. RASSEGNA AVVOCATURA nELLO STATO tiva, di modo che il riconoscimento dell'emendabilit dell'invalidit stessa veniva ad infirmare i presupposti delle deduzioni dell'istante. Siffatta anticipazione, peraltro, implicita od esplicita che sia, non si traduce e non pu tradursi in pronuncia sulla domanda del contribuente, perch resta meramente delibativa e strumentale, nell'ambito di un'iniziativa di tipo ordinatorio, che precede e non vincola la decisione, ancora da adottarsi. Una situazione analoga ' si verifica nei casi in cui sia .disposta la rinnovazione della notificazione della citazione introduttiva o l'integrazione del contraddittorio. La valutazione sottesa ai relativi ordini, circa la sussistenza di una nullit sanabile o circa la spettanza ad un determinato soggetto della. qualit di litisconsorte necessario, ha funzione provvisoria ed interinale, potendo e dovendo .essere riesaminata con la sentenza che. chiuda il processo o comunque definisca le questioni alle quali gli ordini stessi ineriscono. La riesaminabilit del ,provvedimento in esame, e quindi la sua revo, cabilit in fase decisoria; non possono essere messe in dubbio in relazione al terzo comma dell'art. 21, ove contempla, come effetto ope legis , la cessazione della materia del contendere sui motivi che hanno determinato la rinnovazione. La norma, invero, prosegue con il disporre che,-dopo la. rinnovazione (o l'.inutile._ decorso del termine per . essa assegnato), il presidente della commissione fissa la nuova udienza di deve fissare la nuova udienza di discussione (il che escluderebbe che l'ordinanza abbia, valore decisorio). L'impedimento della decadenza opera su un capo preliminare della controversia s che resta ancora -necessario decidere il merito e definire comunque il giudizio, anche in relazione all'ipotesi, espressamente prevista nell'ultimo comma dell'art. 21, che. alla rinnovazione ordinata le parti non abbiano provveduto. Si dovrebbe allora concludere che l'ordinanza di rinnovazione non impugnabile autonomamente non sia nemmeno soggetta a riesame, e quindi ad impt1gnazione, con la . deisione. Si deve precisare che l'art. 21, che nel testo originario si riferiva soltanto alla-rinnovazione della notifica dell'atto impugnato, ha, nel testo novellato, so1o apparentemente ampliato la sanatoria, Si prevede infatti la sanatoria del vizio di incompetenza o di ogni altro vizio che non attiene alla esistenza o all'ammontare del credito di imposta. Ma il. vizio di incompetenza, che comporta una nullit sostanziale, difficilmente sanabile, se non altro perch comporterebbe non: la, rinnovazione, ma la emanazione di un nuovo atto da parte di un diverso -ufficio tributario, il che potrebbe dar luogo alla competenza di altra commissione; gli altri vizi che non attengono all'esistenza o all'ammontare del credito tributario non comportano nullit e non hanno bisogno di essere sanati. I.n sostanza quel che resta del testo novellato dell'art. 21 la rinnovazione della notifica 'dell'atto impugnato affetta da uno dei vizi che, a norma dell'art. 160 cod. proc. civ., riguardano la consegna della copia. L'art. 21 ha dunque, come ho osservato nella nota citata, funzione analoga a quella degli artt. 291 e 647 cod. proc. civ. Perde di c:cmseguenza consistenza la previsione della cessazione della mate;ria del contendere sui motivi che risultano accolti dall'atto rinnovato (ipote PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 131 discussione: la causa, pertanto, ancora da decidere, anche per quanto riguarda la dichiarazione del verificarsi dei suddetti effetti di legge, previo accertamento delle prescritte condizioni (inclusa la legittimit dell'ordine in precedenza impartito). La riattivazione del processo sospeso, del resto, si atteggia come un obbligo .del presidente della commissione, sicch l'evenienza di un indebito protrarsi della quiescenza della causa, dopo il provvedimento in discorso, integra un fatto anomalo, ovviabile con le opportune iniziative della parte interessata, e comunque non utilizzabile per inferire una diversa natura del provvedimento stesso. Acclaratasi la non decisoriet e revocabilit dell'ordine di rinnovazione da parte della commissione che l'ha emesso, si deve conseguenzialmente negare la sua autonoma impugnabilit davanti ai giudici del grado superiore, dato che, nella disciplina del contenzioso tributario, non trova deroga la regola generale secondo cui il rimedio dell'impugnazione accordato contro la pronuncia del giudice adito che definisca (totalmente o parzialmente) la contesa, con attitudine ad acquistare autorit di giudicato. Ove l'ordine sia illegittimo, come si assume nel caso in esame, le posizioni dei contendenti rimangono tutelabili in via d'impugnazione della successiva decisione della medesima commissione tributaria che lo abbia confermato.. A tali principi si uniformata la sentenza della Corte d'appello, e, q$di, il ricorso del Cavallo deve essere respinto. (omissis) si che nella ormai decennale esperienza non ha mai avuto occasione di concretarsi); al di l dell'apparenza, in forza dell'art. 21 non si emana un nuovo atto ma si rinnova la notificazione dello stesso atto. Se cos , e comunque quando, come nel caso deciso, la rinnovazione riguarda soltanto la notificazione, perfettamente normale che l'ordinanza che dispone la rinnovazione al fine di sanare il sospetto di una irregolarit non sia impugnabile. Non dubbio, infatti; che in riferimento all'art. 291 cod. proc. civ. resti esclusa ogni possibilit di ridiscutete della irregolarit dell'atto come se non fosse intervenuta la sanatoria. Nella materia in discussione si presenta normalmente una contrapposizione irriducibile di posizioni: se la notifica dell'accertamento nulla. l'Amministrazione decaduta dal potere di accertare, ma se la notifica dell'accertamento valida il soggetto passivo che sar decaduto dalla impugnazione; per troncare questo esasperato contrasto interviene l'art. 21 che fa obbligo al giudice di ordinare la notificazione (il giudice non pu . decidere sulla valich':t della notifica perch ha il dovere di provocare la sanatoria) con il che viene impedita ogni decadenza, sia per l'ufficio che per il soggetto passivo che potr impugnare l'atto di cui ha avuto conoscenza. Qusto risultato sarebbe frustrato se il giudice in un momento successivo potesse revocare l'ordinanza e decidere sulla validit della notifica; ma evidente che quello stesso dovere di provocare la sanatoria senza decidere sulla nullit che aveva al momento della ordinanza, il giudice lo ha ancora al momento della decisione finale (e lo ha perfino ex art. 24 il giudice di appello). CARLO BAFILE 10 132 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 febbraio 1992 n. 2191 -Pres. Scanzano -Est. Sensale -P. M. Amirante (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Palatiello) c. Lodovici. Tributi in genere Soggetti passivi Solidariet -Art. 1306 cod. civ Debi tore nei cui confronti intervenuto accertamento definitivo -Ricorso unitamente ad altro condebitore per il quale il termine non decor so Inammissibilit. (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 16; cod. civ. art. 1306). Poich per ogni atto diretto a pi condebitori notificato a ciascuno di essi in tempi diversi il termine per l'impugnazione decorre per ciascun soggetto dalla notificazione ricevuta, il debitore che abbia lasciato decorrere il termine non pu, ex art. 1306 e.e., far propria l'impugna- zione proposta tempestivamente da altro condebitore asserendo di volersi giovare di un eventuale giudicato futuro (1). (omissis) Con il primo motivo l'Amministrazione denuncia la violazione dell'art. 31 del d.P.R. 3 novembre 1981 n. 739, anche con riferimento agli artt. 1306 e 1310 e.e. e, in genere, ai principi delle obbligazioni solidali e all'art. 2966 e.e., censurando la decisione impugnata nella parte in cui ha ritenuto ammissibili i ricorsi davanti alla Commissione tributaria di primo grado di Mario e Lodovico Lodovici, nonostante fossero stati proposti oltre il termine di sessanta giorni dalla notificazione dell'atto impugnato, sull'erroneo presupposto che, nel caso di pi obbligati solidali, il termine decorrerebbe per tutti dall'ultima notificazione. La censura fondata. Invero, i principi relativi alle obbligazioni solidali non giustificano l'affermazione contenuta nella decisione impugnata. Com' noto, tali obbligazioni danno luogo, sul piano processuale, a cause scindibili, ciascuna delle quali pu avere una sorte diversa da quella dell'altra. Conseguentemente di fronte ad un atto indirizzato a pi condebitori, ma notificato a ciascuno di essi in tempi diversi, il termine per impugnare l'atto decorre per ognuno dalla notificazione che egli ne abbia avuto e bene pu accadere che taluni dei coobbligati impugni tempestivamente l'atto e che gli altri decadano dal potere d'impugnazione, scindibilmente loro attribuito, per non averlo esercitato nei termini stabiliti dalla legge. (1) Decisione di evidente esattezza. In senso conforme Cass., 21 gennaio 1991, n. 535, in questa Rassegna, 1991, I, 367. Nel caso deciso l'impugnazione tardiva e non salvabile ex art. 1306 cod. civ. stata dichiarata inammissibile. Questo un giudicato che non ammette l'estensione di altro giudicato. Ma quale effettiva differenza vi tra una definitivit incontestabile dell'atto dell'ufficio e una definitivit dichiarata dal giudice? PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 133 N contrasta con tali affermazioni la regola dettata dall'art; 1306, secondo comma, e.e., che consente al condebitore inerte di opporre al creditore la sentenza favorevole formatasi nel giudizio vertito tra questo ultimo ed altro condebitore. Presupposto della norma, infatti, che tale sentenza sia stata gi pronunciata (e sia passata in giudicato) e che nonostante ci, il creditore si rivolga esclusivamente . al condebitore rimasto inerte per realizzare il suo credito, senza tener conto del giudicato, che, nei rapporti di ajtro condebitore, abbia negato l'esistenza del credito o l'abbia ridotto. Ma ritenere gi sorto, in capo al condebitore che no11 i1llpugni tempestivamente l'atto indirizzato a tutti, e in pendenza della tempestiva impugnazione di altro condebitore, l'interesse ad opporre al creditore un giudicato favorevole che non si ancora formato (e potrebbe non formarsi neppure successivamente) vorrebbe dire attribuirgli non gi la facolt di utilizzare la disposizione di cui all'art. 1306, secon:do comma, e.e. (di cui mancavano ancora i concreti presupposti), ma il potere di far propria l'impugnazione tempestivamente proposta da altri e. d'interloquire sul merito di una controversia, alla quale egli, per sua negligen:za, si preclusa la partecipazione: e ci in violazione della norma (nei' caso, l'art. 7 del d.P.R. n. 739/81) che consente l'impugnazione dell'atto dell'Amministrazione entro il termine perentorio, che, per ciascuno dei coobbligati solidali, decorre dalla data in cui l'atto stesso gli stato notificato. Ne consegue che, nel caso concreto, essendo stato notificato l'avviso di liquidazione il 18 marzo 1983 a Mario Lodovici ed il 1 aprile dello stesso anno a Lodovico Lodovici; ed avendo costoro proposto opposizione, oltre il termine di sessanta giorni stabilito dalla legge, il 10 giugno 1983, la Commissione tributaria centrale avrebbe dovuto ritenere inammissibile il ricorso alla Commissione di primo grado di Mario e Lodovico Lodovici. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 24 febbraio 1992 n. 2269 -Pres. Caturani Est. Sgroi -P. M. Martinelli (conf.) -Soc. Bayerland Vipiteno (avv. Manzi) c.. Ministero delle Finanze (avv. Stato Favara). Tributi erariali indiretti -Imposte doganali -Incompatibilit con norme comunitarie -Rimborsi Traslazione dell'onere su altri soggetti Pro va -Art. 29 legge 29 dicembre 1990 n. 428 -Retroattivit. (legge 30 settembre .1982, n, 688, art. 19; legge 29 dicembre 1990, n. 428, art. 29). Poich l'art. 29 della legge 29 dicembre 1990 n. 428, che esclude il rimborso di imposte illegittimamente percepite quando il relativo onere sia stato trasferito ad altri soggetti, retroattivo e non in contrasto con la RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 134 normativa comunitaria in quanto l'onere della prova posto a carico del@ l'Amministrazione, non pu pi essere seguita la giurisprudenza formatasi sull'art. 19 della legge 30 settembre 1982 n. 688 (1). (Omissis) Con l'unico motivo di ricorso la Societ Bayernland denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 19 della I. n. 873 del 1982, contrastante con l'ordinamento comunitario; invero, la giurisprudenza della S. C; ferma nel ritenere che l'importatore legittimato, in quanto solvens, a richiedere il rimborso; a prescindere dal trasferimento a terzi della merce e dall'effettivo depauperamento; l'art. 19 cit. ha carattere di indivisibilit ed esso deve essere totalmente disapplicato, perch in contrasto con l'ordinamento comunitario (Cass. n. 2347, 2346 e 2344/1989). Il motivo infondato. La causa si deve decidere alla stregua dello jus superveniens, costituito dal comma 2 dell'art. 29 della legge comunitaria n. 428 del 29 dicembre 1990: I diritti doganali all'importazione (omissis) riscossi in applicazione di dispositivi nazionali incompatibili con il diritto comunitario sono rimborsati, a meno che il relativo onere non sia stato trasferto su altri soggetti. La norma retroattiva (comma 7). La norma conforme ai principi del diritto comunitario, quali risultino dalle sentenze della corte e.E.E. 9 novembre 1983 (in causa n. 104/86). Basta richiamare le ragioni della disapplicazione del precedente art. 19 della legge del 1982 (poggiate sull'impossibilit di distinguere la norma ttinente all'indebito da quella attinente alla prova: da ultimo, fra le molte, Cass. n. 2216/89), ed osservare che nella considerazione -parimenti unitaria -della nuova norma (che pone l'onere della prova della traslazione a carico dell'Amministrazione, salvo che gi risulti ex actis) non sussistono ragioni di contrasto col diritto comunitario e la sua attuazione in tema di indebito: esso, invero, non esclude che la norma nazionale tenga conto del fatto che l'onere del tributo indebitamente riscosso pu essere stato trasferito, mentre sono incompatibili col diritto comunitario tutte le modalit di prova che abbiano l'effetto di rendere eccessivamente difficile ottenere il rimborso. Nella specie, poich l'operatore, oltre il fatto obiettivo del pagamento indebito, non deve provare altro -alla stregua dell'art. 2, l'incompatibilit non sussiste, neppure con riguardo ad una diversit di trattamento con l'analogo indebito interno (o extracomunitario), nel quale vige l'art. 19 (come espressamente si esprime l'art. 29) della legge del 1982, il quale stato ritenuto costituzionale (Corte Cost. n. 651 e n. 807/88) ed assai (1) Coerentemente con la sent. 2 luglio 1991, n. 7248 (in questa Rassegna, 1991, I, 355), la S.C. si avvia al nuovo regime in materia di rimborsi di diritti illegittimamente percepiti. PARTE I, SBZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 135 pi penalizzante per l'importatore, per cui coloro che si trovano nella sfera di applicazione della legge. del 1990 sono pi favoriti. Le suddette considerazioni portano alla reiezione dell'unica censura contenuta nel ricorso; d'altra parte, non esiste alcuna censura in ordine alla diffusa motivazione della sentenza impugnata che ...,.. indipendentemente dall'onere della prova. documentale della non traslazione, imposta dall'art. 19 Ifmotivo infondato, . La rettifica a carico dell'imprenditore tenuto alle .. $critturazioni contabili1in tutti i casicontemplati dall'art. 39 del d.P.R. 29 settembre 1973 n; 600, presuppone. l!individuazione di. un maggior reddito d'impresa, vale a dire diunprofitto, pi.consistente.rispettoa quello dichiarato, che sia stato conseguito dall'imp'['enditore med.esi.mo come risultat della propria attivit economica professionale ed organizzata. Pertanto, ove l'applicazione della suddetta norma riguardi un comme'[' ciante, e si colleghi all'accertamento di rivendite di merci ulteriori rispetto a quelle contabilizzate,; la rettifica non pu andare oltre. la differenza fra. ilprezzo di rivendita ed il prezzo diacquisto, atteso che il Si deve condividere l'affetirtaziorte che l'art. 74 terzo comma presuppone la determinazione analitica del reddito, quella cio che si stabilisce sulla base del conto dei profitti e delle perdite secondo il disposto dell'art. 52 del d.P.R.. n. 597, anche nel aso in cui alcune rettifiche di singole poste siano eseguite in base ad elementi induttivi, ma senza sovvertire la impostazione fondamentalmente analitica dell'accertamento. In tal caso il conto dei profitti e delle perdite, che lo scudo di protezione del contribuente e che pu essere modificato solo sulla. base di: prove dirette (art. 39 primo comma, d:P.R. n. 600/1973), vincola il contribuente medesimo nel bene e nel male. Quando invece si procede all'accertamento extracontabile, prescindendo dalle riswtanze del bilancio e delle scritture contabili (art. 39 secondo comma) deve essere determinato in modo sintetico un reddito ragionevolmente corriSpndnte all'utile netto. Va per precisato che in questo caso il contribuente non pu dimostrare i costi sopportati avvalendosi delle prove di cui in possesso, che non risultino dalla contabilit; la determinazione dei costi, al pari dela determinazione dei ricavi, sar eseguita induttivamente. con quelle approssimazioni (riduzioni percentuali, ricarichi medi ecc,) che possono essere assai. pericolose per il cntribtiente. L'art. 74 non pu essere aggirato (come potrebbe sembrare da qualche passo della motivazione); si deve solo ammettere che esso non impedisce la determinazione induttiva del reddito netto, al di fuori delle risultanze contabili. Cos nel caso della contabilit in nero, l'ufficio non deve tener conto dei costi da essa risultartti come se fossero regolarmente contabilizzati; pu dare solo valore di indizio, concorrente con altri, alle notizie estraibili da tale contabilit e, dopo aver stabilito i ricavi determinare, sempre con criteri extracontabili il reddito netto. Le vivaci critiche mosse all'art. 74 hanno portato ad una riformulazione nel nuovo t.u. delle imposte dirette (art. 75, comma 4); ora stabilito che le spese e gli oneri specificamente afferenti i ricavi ed altri proventi, che. pur 142 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO relativo importo segna il limite massimo del profitto configurabile in tali operazioni. Il riportato principio non trova deroga nelle disposizioni del secondo e terzo comma dell'art. 74 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 597, ove escludono la deducibilit di costi ed oneri non imputati al conto dei profitti e delle perdite allegato alla dichiarazione, ovvero non registrati o registrati irregolarmente nelle scritture all'uopo prescritte. Detta norma, invero, alla luce della sua collocazione e formulazione letterale, si riferisce inequivocamente alle detrazioni che il contribuente pretenda di apportare a decurtazione del reddito dichiarato, sicch non opera nella distinta sede della rettifica della dichiarazione sulla base del riscontro di altri redditi, non indicati dal dichiarante. Tale affermazione, conforme a quanto gi ritenuto da questa Corte con la sentenza n. 5071 del 24 novembre 1989, resta insensibile all'interpretazione autentica del citato art. 74, introdotta dall'art. 2 n. 6 bis del D.L. 27 aprile 1990 n. 90, convertito, con modificazioni, in legge 26 giugno 1990 n. 165, riguardando detta interpretazione solo i requisiti necessari affinch le menzionate componenti negative possano considerarsi imputate al conto dei profitti e delle perdite. L'estensione od applicazione analogica dell'art. 74 in esame, nel senso voluto dalla ricorrente, trova insormontabile ostacolo nel rilievo che la non risultando dal conto dei profitti e delle perdite concorrono a formare il reddito sono ammessi in deduzione se e nella misura in cui risultano da elementi certi e precisi. Se l'ufficio accerta ricavi non indicati nel conto possono essere dedotti i costi, se specificamente afferenti, che risultino da elementi certi e precisi. Oi deve intendersi nel senso che in caso venga rilevato Wl cespite totalmente omesso nel conto, sia per l'attivo che per il passivo, l'ufficio deve ammettere in deduzione i costi afferenti se risultano da elementi certi e precisi; non sono invece deducibili maggiori costi relativi a ricavi compresi nel conto economico. Resta a vedere cosa debba intendersi per elementi certi e precisi. Sicuramente non sono tali le risultanze delle contabilit informali; parimenti non possono avere rilievo dati documentali generici che non trovano riscontro preciso con altre risultanze anche di altri soggetti (incrocio di contabilit). Si dovrebbe ritenere che siano certi e precisi gli elementi desumibili dalle scritture contabili, o almeno da alcune di esse. Ci trova conferma nell'art. 2 comma 6 bis del d.I. 27 aprile 1990, n. 90, che con riferimento sia all'art. 74 del d.P.R. n. 597 sia all'art. 75 del nuovo t.u. stabilisce che le spese e i componenti negativi sono imputati al conto dei profitti e delle perdite (rectius: si considerano imputati pur non figurando in detto conto) se e nella misura in cui siano stati annotati nelle scritture contabili ed abbiano concorso alla determinazione del risultato netto del conto dei profitti e delle perdite, indipendentemente dalla specifica evidenza in tale documento. Per una pi ampia disamina v. BAFILE, Considerazioni sui requisiti e sugli effetti del bilancio nella determinazione del reddito di impresa, in Rass. trib., 1984, I, 155; ID., Reddito di impresa e bilancio nel nuovo t.u. delle imposte sui redditi, ivi, 1987, I, 373. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 143 norma, prendendo in considerazione i costi e gli oneri che vanno ad abbattere i proventi, riposa sulla distinzione, dal profitto lordo, di quello netto, quale risultante dopo. la sottrazione delle spese (anche generali) necessarie per la sua produzione, e si traduce sostanzialmente in una presunzione di coincidenza del primo. con il secondo (e quindi con l'imponibile), in correlazione all'inopponibilit di poste passive non oggetto di regolare notazione nelle s.critture d'impresa. La delineata distinzione non entra in gioco con riguardo alla rettifica in discussione, dato che, rispetto ad un'attivit di rivendita di beni, la parte dell'incasso sostituita dal prezzo per l'acquisto dei beni medesimi non componente del profitto, nemmeno in termini lordi, ma mero recupero dell'esborso occorrente all'atto di commercio in cui si articola l'esercizio imprenditoriale. Del resto, la logica delle disposizioni in discorso, che quella di impedire decurtazioni dal reddito lordo all'imprenditore inadempiente ad obblighi contabili, sarebbe stravolta, se si accedesse alla soluzione propugnata dall'Amministrazione, perch si andrebbe al di l di una perdita di facolt di deduzione, a titolo di sanzione per irregolarit contabili, e si verrebbe a tassare, come reddito d'impresa, quanto, secondo lo stesso accertamento dell'ufficio, reddito non ; risultato inconciliabile con l'art. 53 della Costituzione, poich il prelievo fiscale a carico del commerciante sarebbe ancorato al risultato di cassa, e, quindi, ad un parametro che non esprime, o quantomeno non esprime per il suo intero ammontare, capacit contributiva. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. un., 19 marzo 1992 n. 3465 -Pres. Brancaccio -Est. Favara -Fondiaria Compagnia di assicurazioni e riassicurazioni c. Ministero delle Finanze (Avv. Stato De Stefano). Tributi erariali indiretti -Rimborsi accelerati di Iva -Assicurazioni fidejussorie Autonomia delle relative obbligazioni -Inammissibilit della compensazione anche se parziale -Effetti di una eventuale applicazione del condono previsto dall'art. 26 della legge 516/82. La polizza fidejussoria prevista dall'art. 38 bis del d.P.R. 633/72 rappresenta un contratto di garanzia del tutto autonomo rispetto all'obbligazione tributaria sottostante, e quindi da adempiersi in prevenzione rispetto all'esito della controversia tributaria fra debitore garantito ed Amministrazione finanziaria, a semplice richiesta di quest'ultima. La compagnia assicuratrice escussa non pu validamente opporre all'Amministrazione eventuali pagamenti, totali o parziali, eseguiti posteriormente alla predetta richiesta. 144 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO La domanda di condono, proposta dal contribuente ai sensi dell'art. 26 della legge 516/82, non estingue l'obbligazione di garanzia, avendo il solo effetto, in caso di spettanza del condono accertata dal compe1 tente giudice tributario, di consentire il successivo recupero del 60 %1\ versato dal contribuente per avvalersi di detto beneficio. 2. Con i primi due motivi del ricorso principale, deducendo violazione degli artt. 1362 e seguenti in relazione agli artt. 1936 e seguenti del codice civile, nonch degli artt. 26 e seguenti D.L. n. 429/1982, si sostiene che erroneamente la Corte del merito ha ritenuto autonoma l'obbligazione fideiussoria assunta da essa ricorrente rispetto a quella tributaria gravante sulla societ contribuente. A tale errore la Corte stata indotta anzitutto a causa di una inesatta accezione della nozione e della fun. zione della polizza fideiussoria, la quale d luogo sostanzialmente ad una fideiussione, la cui disciplina improntata all'opposta regola dell'accessoriet: ma anche a causa di una non corretta lettura e interpretazione della disciplina contrattuale, poich l'art. 4 della polizza non impediva al fideiussore di opporre (ai sensi degli artt. 1936 e seguenti del codice civile) l'avvenuta estinzione del debito tributario da parte del garantito, come nella specie era avvenuto a seguito dell'ammissione del contribuente al condono fiscale. Sostiene in particolare la ricorrente, sul primo punto, che l'assicurazione fideiussoria ha per contenuto l'obbligo del garante ad un adempimento sostitutivo o di regresso: e si qualifica perci come Pwtto fermo della Cassazione sulle cosiddette assicurazioni fidejussorie . Con la sentenza 19 marzo 1992, n. 3465, le Sezioni Unite della Cassazione pongono fine, nel senso pi favorevole all'Amministrazione, ad una lunga serie di controversie riguardanti la natura giuridica delle cosiddette polizze fidejussorie , rilasciate a garanllia dei rimborsi IVA previsti dall'art. 38-bis del d.P.R. 633/72. Le questioni erano insorte in occasione del condono fiscale previsto dalla legge 516/82, allorch molte Compagnie assicuratrici che tali polizze avevano rilasciato si erano rifiutate di onorare le prestate garanzie, sostenendo che l'estinzione del rapporto tributario, a loro dire determinata dalla presentazione della domanda di condono da parte del contribuente garantito, avrebbe determinato altres l'estinzione dell'obbligazione accessoria del fidejussore. Peraltro gi la Corte d'appello di Milano, con la sentenza 8 luglio 1986, n. 1649, che risulta essere la prima di una lunga serie conforme, ebbe ad accogliere le eccezioni svolte dalla difesa dell'Amministrazione finanziaria, riconoscendo che le polizze fideju:ssorie rilasciate a garanzia dei rimborsi IVA, secondo un apposito modello approvato dal Ministero, non configurano ipotesi di fidejussione in senso tecnico, ma piuttosto forme di garanzia astratta alla tedesca (garantievertrag), del tutto autonome rispetto al rapporto tributario garantito, il cui scopo non era quello di rifondere all'Amministrazione quanto dovuto dal contribuente garantito in esito al processo tributario, bens di anticipare ,, il rientro nelle casse dell'Erario di somme che vi erano uscite solo provvisoriamente, in attesa di verificare se il contribuente stesso fosse effettivamente tlto PARTE I, SBZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 145 sottotipo innominato di fideiussione, cui estranea la previsione di una garanzia automatica, scollegata dal rapporto principale. Sul secondo punto, .la F.CAR. sostiene che l'esegesi del contratto, che la Corte di merito ha del tutto trascurato, conferma che essa ricorrente aveva assunto una prestazione accessoria; destinata ad operare in via sostitutiva solo nell'ipotesi .in cui il debitore principale non fosse stato in grado di adempiere o comunque non avesse.adempiuto. Ci si appunto verificato nel caso in esame in cuila richiesta di condono, determinando ipso jure l'estinzione del rapporto tributario (art. 31,..comma 2, D.L. n. 429/1982), ha realizzato la condizione prevista dal citato art. 4 della polizza, contenente l'inciso a :i:neno che non vi abbia gi provveduto il contribuente , essendo l'estinzione del debito principale equivalente in termini giuridici all'avvenuto pagamento del debito d'imposta, anche se accertato in via di rettifica, per effetto di condono tributario. Con il terzo e quarto motivo la S.p.A. F.C.A.R., denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 38-bis, d.P.R. n. 633/1972, anche in relazfone agli artt. 14 e 15 delle preleggi, e degli artt. 26, 31 e 32 del D.L. n. 429/19821 nonch il vizio di difetto di motivazione, sostiene che l'estinzione dell'obbligazione tributaria a carico del debitore principale, per ef fetto delle norme sopravvenute (rispetto all'avviso di rettifica), di cui al D.L. n. 429/1982, e perci speciali rispetto al citatoart. 38-bis, e comunque per l'estinzione automatica del rapporto d'imposta dopo la presentazione della domanda integrativa di ammissione al condono, si determilare del credito IVA dichiarato; e quindi dovevano rientrarvi a semplice richiesta dell'Amministrazione, come conseguenza della rettifica cui era stata sottoposta la relativa dichiarazione IV A. In quella occasione la Corte milanese, con espressione sintetica ma efficace, ebbe a dichiarare che la legge aveva inteso giustificare i cosiddetti " rimborsi accellerati di IVA, eseguii.ti prima di verificare la posizione fiscale del con tribttente, reintroducendo per vfa contrattuale nei confronti della Compagnia assicuratrice garante .il famoso principio del solve et repete, che qui trova una giustificazione fondamentale nella natura stessa del rimborso. Tale principio della reciproca autonomia fra obbligazione d'imposta ed assicurazione fidejussoria fu anche confermato dalla Sez. I della Cassazione, eppoi con la sentenza 24 aprile 1991, n. 4519 (in questa Rassegna 1991, I, 128), ma eppoi con la sentenza 24 aprile 1991,. n. 4519 (in questa Rassegna. 1991, I, ...), ma non pienamente, nel senso che la Suprema Corte, pur riconoscendo l'astrattezza della polizza fideJussoria, ritenne opponibile all'Amministrazione creditrice l'eccezione di adempimento ti:>tale o parziale dell'obbligazione d'imposta, da chiunque ed in qualunque momento avvenuto. Essa, in sostanza, ritenne che il versamento del 60 % dell'imposta o della maggiore imposta dovuta, previsto dall'art. 26 della legge 516/82 come condizione indispensabile per avvalersi del condono da parte del contribuente garantito, fosse invocabile per ridurre di pari importo (pro concurrenti quantitate) l'ob bligazione fidejussoria; sicch la Compagnia assicuratrice potrebbe liberarsi dal suo obbligo limitandosi a versare il residuo 40 %, o addirittura non ver - 146 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO nata l'inefficacia dell'avviso di rettifica (cui si sostituisce la dichiarazione integrativa. ex D.L. n. 429/1982; e comunque ne derivata l'opponibilit al Fisco da parte del fideiussore dell'eccezione. di avvenuto pagamento del debito garantito, negando la quale si verrebbe ad escludere anche la facolt di surroga che l'art. 1941 del codice civile assicura al predetto soggetto,. in contrasto peraltro anche con la finalit del provvedimento di condono, quella . cio di prevenire e comporre le controversie tributarie. La ricorrente aggiunge che la Corte di Milano si poi indebitamente rifiutata di conoscere incidentalmente dell'intervenuta estinzione automatica del debito d'imposta, o di sospendere il giudizio in attesa della decisione del giudice tributario sulla questione pregiudiziale relativa alla legittimit dell'ingiunzione fiscale. dopo l'intervenuta ammissione del contribuente al condono (nella specie negata dalle Commissioni tributarie di I e II grado, e ignorata dalla.Corte di merito). 3. Tali censure non hanno fondamento, La categoria dei contratti autonomi di garanzia, che la prassi commerciale ha imposto in figure negoziali variamente caratterizzate, stata da tempo riconosciuta dalla dottrina e dalla giurisprudenza, anche di questa Suprema Corte (cfr. S.U. 1 ottobre 1987, n. 7341; Cass. 6 ottobre 1989, n. 4006; 21 febbraio 1991, n. 1852). Si tratta di figure atipiche nelle. quali la finalit di garanzia viene perseguita solitamente attraverso I la clausola di pagamento a prima richiesta , o senza eccezioni , con I I ~ sando alcunch ma rilasciando il diverso tipo di polizza fidejussoria prevista dal sesto comma del citato art. 3&-bis. In tal modo si istituiva fra obbligazione tributaria e obbligazione fidejussoria un collegamento destinato ad operare, non solo in via di regresso fra garante e garantito, ma anche prima di quel momento con l'effetto di ridurre al 40 % l'obbligazione sostanziale di garanzia, e di annullare la pregiudizialit del I processo civile sulla debenza della garanzia stessa rispetto a quello tributario sulla debenza o meno dell'imposta accertata dall'Amministrazione. Assai pi coerentemente le Sezioni Unite, con la sentenza in esame. halll.Ilo accolto integralmente le argomentazioni che la difesa dell'Amministrazione aveva sviluppato sin dai gradi di merito. Ribadita la validit anche nel nostro ordinamento dei contratti autonomi di garanzia, che la prassi negoziale e la stessa Cassazione avevano gi riconosciuto al di fuori dell'ambito tributario (v. per tutte Cass., Sez. Un., 1 ottobre 1987, n. 7341), la Corte Regolatrice ha cos configurato anche la garanzia prevista dall'art. 38-bis primo comma del d.P.R. 633/72, assai opportunamente sottolineando che le polizze fidejussorie rilasciate in occasione dei rimborsi accelerati di IV A svolgono la medesima funzione delle cauzioni in titoli di Stato o garantiti dallo Stato, che ivi prevista come forma cli garanzia alterna tiva e che, proprio per la sua natura, consente al creditore di soddisfare diret tamente il vantato credito, senza necessit di collaborazione del debitore e senza attendere i tempi lunghi del processo tributario, necessario per conoscere l'esistenza e le dimehsioni. del credito stesso. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 147 la quale il garante si obbliga ad eseguire la prestazione oggetto della garanzia senza potere opporre eccezioni attinenti alla validit, all'efficacia, o in genere alle vicende del rapporto principale. Anche se ispirate al modello della fideiussione, le garanzie autonome -quali negozi atipici -se ne discostano soprattutto perch derogano al principio dell'accessoriet che connota detta figura negoziale tipica e in particolare al regime delle eccezioni consentite al garante. L'esigenza che i contratti autonomi di garanzia soddisfano e l'utilit che essi forniscono al creditore, quella di assicurare prontezza e sicurezza nel pagamento dell'obbligazione garantita; e l'autonomia si esplica, gi nel momento causale genetico, elidendo il nesso di accessoriet con l'obbligazione garantita, le cui sorti per eventi successivi alla richiesta della prestazione di garanzia -non hanno incidenza diretta sull'obbligazione del garante, dovuta in ogni caso, perch indipendente dal rapporto principale, in seguito alla semplice dichiarazione del creditore-beneficiario circa il verificarsi dell'evento cui ricollegata la garanzia. A tale schema negoziale si ispira la polizza fideiussoria prevista dall'art. 38-bis del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633. Tale norma tributaria, nel disciplinare le modalit del rimborso richiesto dal contribuente per il credito d'imposta eventualmente risultante dalla dichiarazione annuale presentata ai fini dell'Iva (quando risulti che nell'anno egli ha versato somme in eccedenza rispetto a quelle dovute), dispone che il contribuente pu ottenere il pagamento . accelerato (senza cio un previo riscontro Tuttavia il fatto nuovo e rilevante che la Corte non si limitata ad elaborare in un discorso compiuto e sistematico tali argomentazioni, in qualche modo gi prefigurate dalla Sez. I nelle decisioni dianzi citate. Infatti le Sezioni Unite, interpretando con rigore letterale ed in armonia con la ratio della norma il testo della polizza fidejussoria sottoposta al relativo giudizio, hanno soggiunto che l'unica eccezione proponibile da parte della Compagnia garante nei confronti dell'Amministrazione quella di un pagamento avvenuto anteriormente alla formale richiesta di quest'ultima, necessariamente da parte de'l debitore garantito. Ci significa che ogni altra somma, sia essa versata successivamente alla richiesta ed a diverso titolo, come il 60 % dell'imposta versata per avvalersi del condono, sia essa versata da soggetto diverso rispetto al debitore, non vale ad estinguere neppure parzialmente la garanzia fidejussoria. Di qui la conseguenza, in tutto coerente con le premesse, che il pagamento effettuato dal contribuente al fine di richiedere l'applicazione del beneficio previsto dall'art. 26 della legge 5'16/82 non determina l'estinzione, neppure parziale, dell'obbligazione fidejussoria, come aveva ritenuto la Sez. I; infatti le Sezioni Unite non mancano di avvertire l'inammissibilit della compensazione di un credito certo e liquido, come quello vantato dall'Amministrazione in relazione alla polizza fidejussoria che costituisce una forma di garanzia a prima richiesta , con un debito del tutto incerto, perch ancora sub judice, derivante da una ipotetica applicazione del condono richiesto dal debitore garantito, il quale, com' noto non trova applicazione in caso di utilizzo di li RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 148 della spettanza del credito dedotto) a condizione che presti idonea garanzia per la restituzione della somma pagata, nel caso in cui l'Amministrazione successivamente accerti che non esisteva il dedotto credito d'imposta. Tale garanzia pu essere fornita o da una cauzione in titoli di Stato attraverso altri negozi, tra cui la polizza fideiussoria rilasciata da un istituto di credito o da un'impresa di assicurazione. Successive istruzioni ministeriali, con la predisposizione di una clausola-tipo da inserire in simili polizze, hanno precisato in quale modo perseguire in via autonoma la predetta finalit di garanzia. Come tale garanzia destinata ad operare risulta chiaro, per il fatto che, nel sistema di legge, alternativa a simile polizza la prestazione di un deposito cauzionale in titoli di Stato, che una volta consegnati al creditore permettono a questo di soddisfarsi direttamente del proprio credito, senza necessit di collaborazione del garante e senza alcun possibile margine di incertezza in ordine al regime di opponibilit delle eccezioni (le quali, se consentite, farebbero rivivere l'accessoriet, per definizione esclusa). Nel caso di specie, simile clausola (conforme al modello ministeriale) risulta del seguente tenore: La societ (garante) si obbliga a versare, a meno che non vi abbia gi provveduto il contraente, senza eccezione alcuna, le somme richieste dall'ufficio Iva entro 30 giorni dalla data di notifica al contraente dell'avviso di rettifica o di accertamento. Nell'interpretazione datane dal giudice del merito, la dizione senza eccezione alcuna sancisce l'obbligo del garante di pagare a prima richiesta fatture fittizie (v. Comm. centrale, Sez. XI, 25 luglio 1987, n. 5898, in Corr. trib., 1987, pag. 2627). Parimenti nessun rilievo pu essere attribuito ad un pagamento del residuo 40 % avvenuto ad opera della Compagnia assicuratrice dopo la richiesta dell'Amministrazione nelle more del giudizio civile pendente nei confronti della medesima; e ancor meno pu attribuirsi rilievo al fatto che, in luogo del l'accennato 40 %, mancante nelle casse dell'Erario, la Compagnia abbia ritenuto di prestare la divesa garanzia prevista dal sesto comma del citato art. 38-bis, dato che lo scopo della disposizione rimane quello di consentire che l'Amministrazione rientri nell'integrale possesso delle somme rimborsate in anticipo rispetto alla definizione del rapporto impositivo controverso. Gi costituisce una concessione il fatto che la Suprema Corte riconosca alla Compagnia assicuratrice che ha pagato il 100 % della somma garantita la possibilit di agire in regresso, oltre che nei confronti del contribuente garantito, anche nei confronti dell'Amministrazione finanziaria, relativamente al solo 40 %, nel caso che successivamente fosse accertata con efficacia di giudicato la spettanza del richiesto e ,contestato condono, cos in sostanza mutando l'originaria imputazione del pagamento del 60% effettuato dal contribuente per avvalersi del beneficio; laddove a noi sembra che una eventuale restituzione del 60 %, dopo l'integrale adempimento della garanzia fidejussoria, sia di spettanza del solo contribuente. e semprech la ipotizzata restituzione non urti contro le norme specifiche riguardanti la richiesta di condono. UBALDO PERRUCCI PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 149 e determina pertanto la. deroga al principio di accessoriet proprio del contratto di .fideiussione, con conseguente inopponibilit di qualsiasi eccezione attinente al rapporto principale. La motivazione che si .legge nella sentenza impugnata riguardo all'interpretazione del citato art. 4 dell!;t; polizza si sottrae alle censure mosse dalla ricorrente (col second.q motivo), se lette in relazione.>alla premi;: ssa teorica sui. contratti autonomi di garanzia .che la stessa sentenza far.richiamando< correttamente i principi dottrinari e giurisprudenziali in argomento. Ed dirimente ai fini del problema dell'opponibilit dell'eccezione di estinzione del debito principale formulata con il terzo e quarto motivo di ricorso, la notazione fatta -sempre in punto di lettura e di interpretazione della clausola ,;..,.__ dalla Corte di Appello in ordine all'inciso a meno che non vi abbia gi provveduto il contraente . Simile patto sta infatti a significare che solo il pagamento del debito garantito anteriore alla richiesta di. garanzia rende questa inoperante. consentito cio al garante unicamente di eccepire che il pagamento stato gi eseguito dal debitore principale prima della richiesta di garanzia; ineide:lld tale 314 codice penale, il pos s~~o pu 'essere diretto ed indiretto; immediato e mediato, e; pucJ consistere sia netta materiale detenzione sia. nella disponibilit giuridica del denaro o della cosa mobil'e>detenuti da altri soggetti, mate:nalmente, mci di Cui t'dgentpossa conseguirne la cbnse:gna mediante un atto dispositivo di. sda competenza (mattdato, .ottlne, delibera, .ecc.); pertanto, avendo la iarta d cr-edito vatore rappresentativo del denaro, essa ha natura di bene suscettibile: df v"alutazione economica, intrinseca .ed estrinseca (4); F criteri di differertt.iazione tra truffa e peculato investno il pos~ sesso, conseguito, nel primo caso, att'raverso raggiri ed artifici e, nel (2) Cfr. Oass. pen., 17 maggio 1965, Gabriele, che cos si espress: L'art. 314 cod. pen. prevede. ciue ipotesi di illecito. del pubblico ufficiale, ossia l'appropriazione indebita e la distrazione di cose dell'amministrazione; a prfitto proprio o di altri: l'appropriazione consiste nl cofupiere sulfa cosa atti di disposi2lione dominicali; la distrazione nel dare alla cosa stessa una destinazione diversa da quella normale; la distrazione, per assurgere a reato, deve essere compiuta a profitto proprio o di altri, ed chiaro che quando compiuta a profitto proprio importa l'appropriazione della stessa, di talch appropriazione o distrazione della cosa a proprio profitto sono termini che si equivalgono n richiedono o comportano diversit di azione da parte del pubblico ufficiale agente. Non immuta la contestazione della accusa di cui all'art. 314 cod. pen., la sentenza che affermi essersi il pubblico ufficiale appropriato di una certa somma della p.a., anzich ritenere che eg1i abbia distratto a profitto proprio la som:tna stessa. (3) Per il concetto di pubblico ufficiale e incaricato di pubblico servizio la sentenza in rassegna ha richiamato le seguenti decisioni: Cass., Sez. Un. penali, 10 ottobre 1981, imp. Carf, in Foro it., 1981, Il, 553 con nota; Cass. Sez. Un. penali, 24 luglio 1989, imp. Bert. (4) La nozione di appropriazione rimasta invariata dopo la riforma di cui alla legge n. 86/1990, per cui il requisito richiesto dall'art. 314 cod. pen. soddisfatto qualora il pubblico ufficiale abbia del denaro o cosa pubblica il possesso o la disponibilit per ragioni del proprio ufficio (Cass., VI sez. pen., 13 settembre 1991, imp. Regazzoni). La nozione di possesso di cui all'art. 314 cod. pen. ha un significato pi ampio di quello civilistico, comprendendo la disponibilit giuridica del bene anche se questo sia da altrii custodito (Cass., sez. VI penale, 16 gennaio 1991 ud. 6 giugno 1990). Ancorch il denaro venga convertito in titolo di credito, la somma non perde il carattere di pecunia pubblica, sicch il pubblico ufficiale che se ne appropria commette peculato (Cass., sez. VI penale, 24 ottobre 1989, n. 14124). 156 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO secondo caso, per .effetto della posizione della persona nell'ambitjo dell'ente, in forza della quale si ha il possesso del denaro, possesso inteso come disponibilit giuridica, anche indiretta e mediata, delle res detienute da altri, delle quali pu conseguire anche la detenzione materiale attraverso atti dispositivi rientranti nella sfera delle sue attribuzioni. Accertato ci, sono irrilevanti le modalit dell'appropriazione e il peculato sussiste e pende di valore il criterro di differenziazione relativo alla precedenza cronologica dell'appropriazrone rispett,o ai raggiri; in tale ipotesi, gli eventuali raggiri e l'eventuale inganno rientrano nel surretizio operare per mascherare o occultar,e il peculato 1(5). Riguardo il d.elitto di abuso di ufficio, anche il nuovo testo dell'art. 323, secondo comma, codice penale norma incriminatrice generica e sussidiaria che, punendo l'agire del pubblico ufficiale finalizzato ad un interesse diverso da quello proprio della pubblica amministrazione, prescinde dal profitto economico che pu derivare all'agente e dal danno che pu subire l'ente; quando l'azione tipica quella dell'appropriazione del denaro pubblico, sussiste pertanto il reato di peculato e non quello sussidiario di abuso in atti di ufficio. (5) Sugli elementi differenziali dei reati di peculato e truffa v. Cass., sez. VI penale, 19 settembre 1990. imp. Morreale, in Riv. pen., 1991, 488; Cass., sez. VI penale, 21 settembre 1988, imp. Barone. i I i f I I . I PARTE SECONDA QUESTIONI APPUNTI SULLA TUTELA CAUTELARE NEL PROCESSO AMMINISTRATIVO (*) SOMMARIO: 1. Premessa; 2. La disciplina delle notifiche e la peculiare posizione dell'avvocato dello Stato; 3. Il giudizio sull'atto ed H giudizio sul rapporto; 4. Lo strumento cautelare: genericit e specificit; 5. La sospensiva secondo l'impostazione tradizionale; 6. Il c.d. potere generale di cautela e l'art. 700 cod. proc. civ. nei confronti della P A.; 7. La posizione della Corte Costituzionale; 8. La sospensiva in funzione anticipatoria; 9. Conclusioni. 1. Diceva Salvatore Satta che se la forza della matematica quella di non essere una opinione, la forza del diritto , invece, quella di essere una opinione (1) e trovava il miglior riscontro della verit di questo suo assioma nel modo di funzionamento del processo, in cui la verit si forma attraverso lo scontro delle due contrapposte opinioni delle parti in causa, attraverso una prima sintesi costituita dalla opinione mediatrice del giudice ed attraverso il confronto delle opinioni successive dei vari giudici dei gradi di impugnazione per arrivare, poi, al risultato finale, non pi revocabile in dubbio. Risultato finale che, non a caso, riposa su un dato puramente formale -quello della incontestabilit della cosa giudicata -a testimonianza della relativit della verit processuale. Orbene, sembra che a questa intuizione di Satta si siano informati g1i organizzatori nell'elaborare la filosofia di questi incontri di studio, che prevedono, appunto, il confronto delle opinioni dei diversi operatori del diritto che si misurano nella realt del processo amministrativo: l'avvocato della parte ricorrente, l'avvocato della parte resistente, il giudice. II gioco delle parti impone, pertanto, in questa sede di affrontare il problema dal punto di vista del difensore della parte pubblica, con quel tanto di immedesimazione che c' sempre tra avvocato e patro cinato (2). (*) H presente articolo tratto da una conversazione sul tema tenuta alla Scuola forense istituita presso l'ordine degli avvocati e procuratori legali di Roma, nel quadro di un corso di aggiornamento organizzato dalla Societ italiana degli avvocati amministrativisti. (1) S. SATTA, Diritto processuale civile, Padova, 1948, VIII. (2) Sui problemi della difesa dello Stato in giudizio, con particolare riferimento al giudizio amministrativo, v.: l.F. CARAMAZZA e ML. SPINA, L'Avvocato nel processo amministrativo, in Rass. Avv. Stato, 1990, Il, 11 ss. "-"..... ....... ..-:-: .......#:-:-: .. 0.'-'...... :-: ..-:-:-: ~--=--..A ... W....:= ., . / ;.:.;:?-_._._._... _.:-:%= '"' ~~..dfiillB@-----ff~ :-:./ ..Y..- -AW@"V.4%.rn--' ............ _,.-... 2 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 2. Va precisato, in proposito, che il difensore istituzionale della parte pubblica si trova nel giudizio cautelare amministrativo in una posizione del tutto particolare, innanzi tutto per la disciplina vigente in tema di notifiche. Fino agli anni '30, anche nel giudizio contro lo Stato le notifiche andavano effettuate presso la parte e quindi il privato patrocinante che doveva chiamare in giudizio la P.A. richiedeva che la notifica fosse effettuata presso l'organo competente. Nel 1933 venne affermato il principio che tutte le notifiche andavano fatte presso l'Avvocatura dello Stato: la regola non valeva, per, per i giudizi amministrativi (3). Nel 1958, con la famosa riforma Trabucchi (4), che semplificava la individuazione dell'organo da evocare in giudizio, riconoscendo la legittimazione passiva dello Stato nella persona dei ministri competenti, venne estesa la regola delle notifiche presso l'Avvocatura dello Stato anche ai giudizi amministrativi. Ma il Consiglio di Stato abrog pretoriamente quella norma (5) affermando il principio secondo il quale anche dopo la promulgazione della legge Trabucchi, era valido il ricorso notificato direttamente presso l'Amministrazione. E questo, per l'Avvocatura, era estremamente conveniente perch l'Istituto veniva investito dell'affare a cura dell'Amministrazione resistente. e quindi riceveva il ricorso insieme con una relazione su quelli che erano i fatti di causa. La legge 3 aprile 1979, n. 103, riafferm invece la regola che anche nei giudizi amministrativi la notifica del ricorso andava fatta presso l'Avvocatura dello. Stato (6). Questo ha comportato, per gli avvocati dello Stato, un serio problema perch la camera di consiglio per la sospensiva segue di due o tre settimane, grosso modo, la notifica del ricorso. Sicch non ci sono i tempi burocratici materiali perch l'Avvocatura possa chiedere informazioni all'Amministrazione e possa poi riceverle. Quindi, il pi delle volte, l'avvocato dello Stato si trova a discutere la sospensiva senza conoscere della questione niente di pi di quello che scrive nel ricorso l'avversario. 3. Fatta questa premessa opportuno chiedersi se esiste ancora un processo amministrativo come istituto unitario. Esisteva in realt un processo amministrativo unitario fino al 1923, ed era il classico processo amministrativo di tipo impugnatorio, giu (3) R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611. (4) Legge 25 marzo 1958, n. 260. (5) Cons. Stato, Ad. Plen. dee. 15 gennaio 1960, n. 1, in Cons. Stato, 1960, I, 3 ss. (6) V. sul punto, M. NIGRO, L'infelice resurrezione per i giudizi amministrativi della legge 25 marzo 1958, n. 260, in Cons. Stato, 1979, II, 103; nonch la recentissima decisione Cons. Stato, Ad. Plen., 6 giugno 1990, n. 5, in Dir. Proc. Amm., 1991, 549 ss., con nota di V. DOMENICHELLI. 3 PARTE Il, QUESTIONI dizio di annullamento di atti su rii.corso proposto a tutela di interessi legittimi. Nel 1923 vene istituita la novit della giurisdizione esclusiva per alcune materie, la pi importante delle quali era quella del pubblico impiego. In questo .campo, l'introduzione di una competenza ratione materiae del .giudice amministrativo apparve il rimedio legislativo pi opportuno per risolvere i delicati problemi di riparto, visti gli insuccessi delle soluzioni giurisprudenziali derivanti dal complicato intreccio di diritti (connessi allo stato economico) ed interessi legittimi (connessi allo stato giuridico del dipendente) (7). Ma, da allora in poi, molta acqua passata sotto i ponti e molte leggi sono passate al vaglio del Parlamento: la giurisdizione esclusiva si andata progressivamente espandendo. La stessa legge istitutiva dei T.A.R,. (8) introdusse un nuovo ed importante campo di giurisdizione esclusiva: quello delle concessioni di beni e di servi!zi pubblici. Va ri cordata poi la Legge Bucalossi del 1977 (9), che introdusse la giurisdizione esclusiva anche in materia di concessioni edilizie e di sanzioni urbanistiche. Continuando a citare esemplificativamente e non esausti vamente, si possono ricordare ancora la legge Prodi sulle grandi aziende in crisi (10), la legge sul procedimento amministrativo (11), la legge antitrust (12). Si vanno moltiplicando, quindi, i casi in cui il giudice amministrativo diventa giudice del rapporto, e non pi dell'atto (13), per tutta una serie di blocchi di materie (14). Ed il giudizio sul rapporto, in sede (7) Cfr. V. CAIANIBLLO, I caratteri della giurisdizione amministrativa esclusiva, in Foro Amm.. 1971, III, 480 ss. (8) Legge 6 dicembre 1971, n. 1034. (9) Legge 28 gennaio 1977, n. 10. (10) Legge 3 aprile 1979, n. 95. (11) Legge 7 agosto 1990, n. 241. (12) Legge 10 ottobre 1990, n. 287. (13) La distinzione accolta, tra gli altri, da M. NIGRO, Giustizia amministra tiva, Bologna, 1983, 293 ss. ed A.M. SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1989, 1365, stata sottoposta a critica da M.S. GIANNINI e A. PIRAS, Giurisdizione amministrativa, Voce dell'Enc. del dir., XIX. 1970, 254 ss. seguiti da V. CAIANELLO, Manuale di diritto processuale amministrativo, Torino, 1988, 403 ss., e da A. QUARANTA, Lineamenti di diritto amministrativo, Novara, 1987, 443 ss. (14) F. BBNVBNtiTI, in Atti Parlamentari, Camera, I Commissione Perma nente Audizioni sullo stato della giustizia amministrativa, seduta 24 ottobre 1984. Sul punto, v. I. F. CARAMAZZA e P, GENTILI, La giurisdizione amministrativa (100 anni dopo l'istituzione della IV sezione del Consiglio di Stato), in Rass. Avv. Stato, 1990, II. 1 ss. 4 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO di giurisdizione esclusiva, logicamente ed ontologicamente assimilabile al giudizio civile (15). Quest ha condizionato la indivitluazione del criterio di riparto tra le giurisdizioni; che anche fuori dei casi di giurisdizione esclusiva, si va trasformando. Diventano, infatti, sempre pi rare le sentenze in cui si discrimma fra competenza: del giudice ordinario e competenza del giudice amministrativo sulla base della distinzione tradizionale diritto soggettivo- interesse legittitpo, mentre diventano sempre pi frequenti le sentenze che trovano questo criterio discriminatore nel tipo di materia regolata (16); Si assiste, d'altronde, statistioamente ad un'inversione di parti tra reg,ola ed eccezione, nel senso che se tradizionalmente il giudizio sull'atto era stato la regola ed il giudizio sul rapporto in sede di gforisdizi! l.e esclusiva l'eccezione, vero oggi rinverso, in quanto la grande maggioranza delle Ol:J.USe davanti al giudice amministrativo sono in ma.terfa di giurisdizione esclusiva. :E. chiaro che questo fenomeno esercita una forza traente, volta a, modificare la disciplina del tradizionale giudizio amministrativo sull'atto. E si sono andate moltiplicando negli ultimi anni le tendenze ad operare dei trapianti sic et simpliciter di tutto l'armamentario del pro, cesso civile nel processo amministrativo (17), senza discriminare tra giurisdizione esclusiva e giurisdizione di pura legittimit. (15) Un contributo rilevante alla costruzione del giudizio sul rapporto di pubblico impiego con garanzie simili a quelle del processo del lavoro stato dato dalla Corte Costituzionale, che intervenuta con due sentenze additive a colmare le lacune della legge n. 1034 del 1971. Si fa riferimento alla nota sentenza 28 giugno 1985, n. 190 (di cui si tratter diffusamente al par. 7) ed alla pi recente sentenza 23 aprile 1987, n. 146 che ha dichiarato incostituzionale la norma del processo amministrativo che non consente l'adozione dei mezzi istruttori previsti nel processo del lavoro. Cfr. sul punto: R. MARONE, Il nuovo pubblico impiego, Napoli, 1991, 116 ss. (16) Cfr. M. NIGRO, in Atti Parlamentari, cit., seduta 16 ottobre 1984; nonch A. NOCCELLI, Principio di partecipazione e funzione del giudice amministrativo, in Studi per il centocinquantenario della istituzione del Consiglio di Stato, MHano, 1981, III, 1671-1672. E da ultimo: S. GIACCHETTI, La giurisdizione esclusiva, in Foro amm. 1985, Il, 2068 ss. (17) Cfr. G. VERDE, Norme processuali ordinarie e processo amministrativa in Diritto amministrativo e giustizia amministrativa nel bilancio di un decennio di giurisprudenza, Rimini, 1987, I, 283, per il quale l'analisi della giurisprudenza amministrativa dimostra che in atto un fecondo processo di osmosi tra processo civile e processo amministrativo. L'opportunit di un integrale trapianto del sistema processual-civilistico nel giudizio amministrativo in materia di pubblico impiego stata sostenuta da I. F. CARAMAZZA, La riforma del processo amministrativo, Atti della Tavola rotonda 19 aprile 1980, in Riv. Amm., 1980. PARTB II, QUESTIONI f Vedremo tra. poco. come questa distinzione tra i due tipi di processo svolga1 un ruolo determinante per la sospensiva. Sta di fatto, per, che. la .tendenza evolutiva. del . processo amministrativo negli ultimi ventiventicinque anni. .ancorata ~n'Che..a questo ampliarsi dei. campi di giurisdizione. esclusiva. ed alla CO!O!Seguente pr;opensione del giudizio tradizionale s.ll'atto a trasforrna.rsLin giudizio sul rapporto .(18). Come nQt0, la differenza fo.damentale fra i due.tipi di giudizio cbe, mentre :il giudizi() s:ul rapporto fa. conseguire alla parte il bene della vi11a per cmlotta, cos non avviene per Jl giudtzio sull'atto (a meno che l'interesse fatto valere non sia meramente oppositivo). Il bene della vita ,. s, presente anche nel giudizio sull'atto perch lo condizionacin quanto il giudice. amministrativo, prima di decidere un ricorso; va1uta se esiste o meno l'interesse legittimo da tutelare. Soltanto se riconosce: Ja sussistenza di un interesse legittimo come posizione sostanziale, e quindi giudicai ammissibile il ricorso, passa poi all'esame del merito. l~er la decisione non riconosce o disconosce un bene della vita, ma si Mmita ad annullare o non aillllllllare un atto. Il: bene<4ella vita non viene, q:uindi,. m quesitione al momento della decisione, e non viene perci mtelato: verr tutelato se ed in quanto l'atto che l'Amministrazione emaner successivamente afl'attmullamento lo riconoscer. :a noto infatti che ~ sentenza del giudice amministrativo che annulla l'atto impugnato si conclud,e con la formula: salvi gli ulteriori. provvedim~:ti dell'.Amminis.trazione . Il bene della vita risulter tutelato, dunque, se ed in quanto l'Amministrazione .adotter quell'atto che: il ricorrente auspica. Mai ci non aqcadenecessariam.ente: l'Amministrazione .Potrebbe, per esempio, reiterare l'atto lesivo deM'interesse con altra motivazione, ove l'annullamento fosse stato pronunciato per difetto di quella . .Di ciui la tradizionale doglianza della insufficiente tutela offerta dal giucli~o amministrativo sull'atto e. l'a:uspicio di una pienezza di giustizia da realizzarsi attraverso 1a sua trasformazione in giudizio sul rapporto. Orbene, si ha l'impressione che lo strumento della sospensione nel giudizio amministrativo sia sfato il cavallo di Troia con il quale il giudizio sul rapporto, attraverso l'evoluzione giurisprudenziale, pene trato attraverso la ben munita cinta che presidiava il giudizio sull'atto, nella sua classica conformazione. Si cereher di analizzare il fenomeno, partendo da qualche cenno generale sulla tutela cautelare (19)., (18) Cfr. M. NtGRo, hl Atti parlamentari, cit. (19) Ricordiamo che autorevole dottrina ritiene che l'analisi vada condotta dal punto di vista del provvedimento e non della c.d. azione cautelare, poich il provvedimento ad individuare e reggere il proprio iter di formazione di ctlli. l'azione parte: cos E. FAZZALARI, Profili della tutela cautelare, in I prov 6 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 4. Nel migliore dei mondi possibili, sognato da un Candido redivivo, in cui la giustizia potesse funzionare in tempo reale, lo strumento cautelare non avrebbe ragione di essere. Per la giustizia, risaputo, richiede tempo; da noi ne richiede troppo, ma anche se ne chiedesse in misura pi ragionevole vi sarebbe purtuttavia una discrasia tra il momento in cui viene chiesta giustizia ed il momento in cui viene resa (20). L'azione cautelare mira proprio a porre rimedio al pericolo di tardivit della tutela giurisdizionale, per evitare, per dirla col CHIOVENDA, che la durata del processo danneggi la parte che ha ragione (21). La tutela cautelare risponde dunque all'esigenza di massima strumentalit del processo rispetto al diritto sostanziale ovvero di effettivit della tutela giurisdizionale, riassunta neU'altro celebre principio chiovendiano secondo cui il processo deve dare per quanto possibile praticamente a chi ha diritto tutto quello e proprio quello ch'egli ha diritto di conseguire in base alla legge sostanziale (22). Appare dunque evidente il carattere strumentale della garanzia cautelare (23) attesa la sua funzione anticipatoria dei prevedibili effetti di una pronuncia di merito favorevole alla parte, basata sull'accertamento della sussistenza dei presupposti che legittimano la cautela e cio il fumus boni iuris (la c.d. parvenza del buon diritto) ed il periculum in mora, elemento quest'ultimo in base al quale si determina tipologicamente il provvedimento cautelare richiesto (sicch, per esempio il creditore che teme di perdere le garanzie del proprio credito chieder un sequestrq conservativo). Nel processo civile, il legislatore ha accolto il principio di tipicit delle misure cautelari, temperandolo attraverso l'introduzione della vedimenti cautelari ed urgenti in materia di energia, Quad. della Rass. giur. energia elettrica, Milano, 1991, 4. (20) Cfr. A. PROTO PISANI, Prospettive di riforme urgenti della tutela cautelare. Atti del convegno di Trevi, II, 13 dicembre 1987, in Quaderni del Consigl!io Superiore della Magistratura, 65 ss.; nonch P, PAJARDI, Note sull'urgenza come valore nel processo civile, in I provvedimenti cautelari ed urgenti, cit., 191 ss. (21) G. CHIOVENDA, nota Cass., Roma 7 marzo 1921, in Giur. Civ. e Comm., 1921, 362 ss. (22) G. CHIOVENDA, Della azione nascente da contratto preliminare, in Saggi di diritto processuale, Roma, 1930, I, 110-111. Si tratta di un principio cardine di tutto il sistema chiovendiano di grandissima portata sul piano interpretativo, sul quale si vedano i rilievi di V. ANDRIOLI, Progresso del diritto e stasi del processo, in Scritti giuridici in memoria di Pietro Calamandrei, V, Padova, 1958, 409 ss., e pi recentemente, di A. PROTO PISANI, Appunti sulla tutela di condanna, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1978, 1104 ss.; dello stesso autore, che ha molto valorizzato l'insegnamento chiovendiano, si veda inoltre: Chiovenda e la tutela cautelare, in Riv. dir. proc., 1988, 16 ss. (23) Evjdenziato soprattutto da P. CALAMANDREI, Introduzione allo studio dei provvedimenti cautelari, Padova, 1936, 39. Sulla strumentalit della ordinanza di sospensione, v. invece: M. NIGRO, Giustizia amministrativa, cit. 283 e P. VIRGA, Diritto amministrativo, Atti e ricorsi, vol. II, Milano, 49, 366. 7 PARTE II, QUESTIONI norma di chiusura dell'art. 700 cod. proc. civ.,. che si applica in via residuale. Nei casi, cio, in cui non sia possibile assicurare una efficace tutela interinale con i rimedi tipfa;zati (24). La normativa sul processo amministrativo contempla invece un'unica J;Uisura cautelare: la sospensione delrefi'icacia del provvedi.mento impugnato che .. non .. prevista com co:nsguenza automatica della proposi ziope del ricorso giurisdizionale, proprio per evitare che la proposizione di ricorsi $olo pretestl,.losi. paralizzi di fatto lo svolgimento dell'attivit amministrativa. /.. La; . sospensione mira, infatti, ad evitare che in forza del principio di. esecutivit ed esecutoriet del provvedimento impugnato, che consente alla P.A. di dare d. esso esecuzione, usando la coazione, se necessario, o di. porlo a pres.upposto di ulteriori provv:edimenti, ad onta della sua.denunciata illegittimit; la posizione soggettiva del ricorrente subisca. un pregiudizio irreparabile (25). 5. La scheletrica disciplina normativa della cautela amministrativa, rimasta sostanziahnente .inamutata dal 1889 ad oggi, dimostra chiaramente l'idea che il legislatore aveva della sospensione, come un incidente del processo amministrativo, a carattere eventuale e di rara applicazione. (26), idea largamente sconfessata dalla grande crescita della domanda cautelare, che ha indotto la giurisprudenza amministrativa ad intervenire pretoriamente (27) per conferire all'istituto una fisionomia nuova. Nell'ottica di un processo amministrativo di tipo impugnatorio ed in un contesto normativo che non prevedeva una clausola generale di cautela sulla falsarigli dell'art. 700 cod. proc. civ., 1a .sospensiva rappresentava fonico strumento cautelare che consentisse alla pronuncia di annullamento di spiegare jnteramente la sua efficacia ripristinatoria (28). (24) A. PROTO PISANI, I provvedimenti d'urgenza ex art. 700 cod. proc. civ., in Appunti sulla giustizia civile, Bari, 1982, 367 ss. (25) Sulla natura giurisdizionale del potere cautelare amministrativo, v. per tutti: M. NIGRO, Sulla natura giuridica della sospensione da parte del Consiglio di Stato degli atti amministrativi impugnati, in Foro Amm., 1941,. I, 2, 276. (26) E. FoLLIERI, La cautela. tipica e la sua evoluzione, in Dir. proc. amm., 1989, 648. (27) Per V. ANDRIOLI: la sospensione degli atti amministrativi offre ( ...) un esempio del mirabile lavorio, da taluni addirittura definito pretorio, con il quale il supremo consesso amministrativo ha integrato le regole positive incomplete o deficienti '" Su la sospensione del provvedimento impugnato disposta dal giudice amministrativo, in Riv. dir. proc. civ., 1942, Il, 29. (28) La tesi era sostenuta da G. PALEOLOGO, Il giudizio cautelare amministrativo, Padova, 1971, 12 ss. Sulle ragioni della resistenza giurisprudenziale a configurare misure cautelari diverse dalla sospensiva, v. A. DE ROBERTO, La sospen 8 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO Ma si trattava di uno strumento chiaramente inadeguato (29) che non poteva certo assicurare una completa tutela cautelare al ricorrente, anche perch l'impostazione tradizionale ne restringeva la sfera operativa in limiti troppo angusti. Da un lato, infatti, l'interpretazione letterale delle norme degli artt. 39 t.u. Cons. di Stato e 21 legge TAR, ch parlano di sospension~ dell'esecuzione dell'atto o del provvedimento impugnato restringeva in pratica l'ambito applicativo del rimedio ai soli giudizi su atti (secondo il modulo processuale impugnatorio-annullatorio). D'.altro lato, l'interpretazione teleologica arguiva, dalla funzione eminentemente conservativa della sospensiva, un ulteriore limite alla operativit del rimedio, nell'ambito dei giudizi impugnatori, ritenendolo diretto a preservare una situazione di vantaggio di fronte ad un provvedimento restrittivo della P.A. e perci ammissibile solo a tutela di interessi legittimi di tipo oppositivo, il cui nucleo centrale -come spiegava Mario Nigro - costituito dall'interesse alla conservazione di un bene (30). Ci anche perch il Consiglio di Stato fino agli anni '60 considerava la sospensiva uno strumento per impedire la produzione degli effetti materiali del provvedimento impugnato, sicch lo riteneva inutilizzabile nei confronti degli atti negativi, che non pongono effetti innovativi sul reale (31), in ordine ai quali solo l'annullamento pu determinare un effetto vantaggioso per il ricorrente, obbligando la P.A. a provvedere ed a conformarsi alle statuizioni del giudice. 6. A tale situazione hanno tentato di reagire la dottrina e la giurisprudenza, sia ordinaria che amministrativa, a partire dagli anni '70, battendo due strade entrambe dirette al risultato dell'ampliamento della tutela cautelare nei confronti della P.A. Da un lato, si infatti affermato il principio della generalizzazione della tutela cautelare attraverso l'interpretazione estensiva dell'art. 700 cod. proc. civ.; dall'altro si cercato di ampliare la stessa sfera di applicazione dell'art. 21 legge TAR al di l degli angusti limiti individuati. dalla dottrina tradizionale. sione del provvedimento amministrativo, in Il giudizio cautelare amministrativo (aspetti e prospettive), Atti della giornata di studio tenuta a Brescia il 4 maggio 1985, Roma, 1987, 73 ss. (29) Di inadeguatezza del sistema parla R. LASCHENA, Profili innovatori della disciplina del processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 1986, 30 ss. (30) M. NIGRO, Giustizia amministrativa, cit., 149. (31) Relazione del Consiglio di Stato al Presidente del Consiglio dei Ministri per il quadriennio 1961-1965, vol. III, 903. Il dibattito con ampi riferimenti dottrinali e giurisprudenziali riassunto da E. FoLLIERI, Giudizio cautelare amministrativo ed interessi tutelari, Milano, 1981, 86 ss. Pl\RTB II, .QUESTIONI Esamineremo separatamente tali linee di ten.denza ed i risultati cui sono .pervenute, non senza aver chiarito preliminarmente .che entrambe mirano a porre rimedio alla carenza di una tutela cautelare in funzione anticipatoria , nei confrontidella P.A., attesa la funzione solo conservativa della sospensiva tractizionale, congruente unicamente con la sit}.\azione esistente . nell'infanzia della giustizia amministrativa quando la grandissima parte degli interessi da tutelare erano di tipo oppositivo. Muovendosi nella prima direzione, si tentato ...,.. soprattutto dai pretori civili ...,.... di risolvere il problema della generalizzazione della tutela . cautelare, non .attraverso !'.allargamento forzoso della cautela amministrativa, ma affiancando ad essa i provvedimenti cautelari innominati del processo civile, ex art. 700 cod. proc. civ. (32), idonei a neutralizzare non solo il c.d. p.erico1o da infruttuosit pratica della decisione dLmerito, ma anche il c,d. pericolo da tardivit della decisione sul merito, in funzione io anticipatoria (33). Tale soluzione stata proposta rivisitando il problema alla luce dei principLcostituzionali, La dottrina pi innovativa (34) ha infatti argomentato dal combinato disposto degli artt. 24, 103 e 113 Cost., .affer mando che risulterebbe violato il principio di effettivit e completezza della tutela del privato nei confronti della P.A. ove si escl.desse l'ipotiz zabilit di una tutela piena anche a livello cautelare. In tal senso si era.tentato.d,i superare} limiti c:Iie la lettera dell'art. 700 pone .all'ammissibilit del ricorso ai provvedimenti d'urgenza, al fine di ridurre sempre pi, in via interpretativa, gli spazi c:tie separano la misura cautelare atipica dell'art. 700 dal c.d. potere generale di cautela, che consentirebbe all'autorit giudiziaria, di adottare, caso per caso, le misure .che appaiono pi opportune ad assicurare il miglior risultato del processo e soprattutto di evitare che i tempi di produzione della tutela giurisdizionale ne frustrino in concreto l'effettivit ed utilit (35). (32) Cfr. F. G. ScocA, Modello tradizionale e trasformazione del processo amministrativo, in Diritto amministrativo e giustizia amministrativa .. ., cit., 210 e ss. (33) Ripetiamo .nel testo la classica distinzione del CALAMANDREI, cit., 55 ss. (34) Ci si riferisce alle opinioni espresse, .. quanto meno de iure condendo '" da M. NIGRO, Linee di una riforma necessaria e possibile del processo amministrativo, in Riv. dir. proc., 1978, 288 ss.; ID., Trasformazioni dell.'amministrazione e tutela giurisdizionale differenziata, in Riv. trim. dir. civ., 1980, 19 ss.; e da A. PROTO PISANI, I provvedimenti. d'urgenza ex art. 700 ood.. proc. civ., cit., 369 ss. (35) Cos: L. MoNTESANO, Proposta di un modello di misura cautelare generale, in Le nuove frontiere del diritto e il problema dell'unificazione, Milano, 1979, II, 752, il quale ricorda come esempi di potere generale di cautela il sistema francese del rfr e l'art. 324 del progetto .Carnelutti di riforma del cod. proc. civ. del 1926. Nel vigore del codice previgente' la dottrina pi 1:0 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Il primo ostacolo in cui il tentativo si imbatt derivava dal dato normativo che consente il ricorso ai provvedimenti di urgenza solo per tutelare i diritti suscettibili di essere fatti valere in via ordinaria, escludendo tutti quegli interessi legittimi rispetto ai quali la tutela cautelare ottenibile con la sospensiva si presenti inidonea a cautelare l'istante da un diverso periculum in mora che pur presenti gli estremi della irreparabilit. La Corte di Cassazione ha infatti sempre ritenuto insuperabile tale limite: cosi ad esempio, le Sezioni Unite (36) dopo aver qualificato interesse legittimo la posizione del privato che, in difetto di autorizzazione trasmetteva programmi televisivi in ainbito locale, hanno escluso che il potere cautelare generale attribuito al giudice ordinario dall'art. 700 cod. proc. civ. sia esperibile rispetto a situazioni di interesse legittimo rientranti nella giurisdizione generale di legittimit del G.A. Particolarmente controverso era del pari il problema dell'ammissibilit del ricorso in parola a tutela di diritti soggettivi la cui causa di merito rientrava nella giurisdizione esclusiva del G.A., qualora il periculum in mora che si intendeva neutralizzare non potesse essere eliminato con il ricorso alla sospensiva. I problemi pi delicati sorgevano per le controversie inerenti ai rapporti di lavoro alle dipendenze di enti pubblici, dove la magistratura pretorile ha pi volte accordato la tutela cautelare invocata, ritenendo ammissibile il ricorso all'art. 700 ad onta appunto del dettato normativo che ne restringe l'operativit ai soli diritti suscettibili di essere fatti valere in via ordinaria (37). Considerando la norma in parola espressione del principio generale che la durata del processo non deve danneggiare la parte che ha ragione, la parte pi giovane ed innovativa della magistratura ordinaria operava nella direzione della massima valorizzazione della tutela cautelare, considerandola una componente essenziale della tutela giurisdizionale. autorevole ha ritenuto di poter desumere, dai principi generali, tale potere generale di cautela, sulla falsariga delle einstweilige Verfilgungen dell'ordinamento tedesco: v. C. CHIOVENDA, Istituzioni di diritto processuale civile, l, Napoli, 1935, 259; (36) Sentenza 1 ottobre 1980, n. 5336, in Foro lt., 1980, I, 2391, con nota di PARDOLESI. (37) Il leading case costituto dall'ordinanza del Pretore di Pisa, 30 luglio 1977, in Foro lt., 1977, I, 2354, emanata a tutela del diritto dei contrattisti ed assegnisti universitari ad ottenere, una volta qualificato il loro rapporto come rapporto di pubblico impiego, la corresponsione dell'indennit integrativa speciale e delle quote di aggiunta di famiglia. Il dibattito giurisprudenziale riassunto da A. PROTO PISANI, Due note in tema di tutela cautelare, in Foro it., 1983, V, 146 ss. PARTE II, QUESTIONI 11 A sostegno di tale tesi si. adducevano tra l'altro i seguenti argomenti: sul piano .sistematico, si arguiva dal principio di unicit della giurisdi zione statuale pur nella diversit dei giudici chiamati a pronunciarsi in sede di cognizione piena; sul piano esegetico, invece, si argomentava dalla disciplina. dei sequestri ,....., ... elevata ad archetipo da prendere a modello per integrare le lacune il difetto di giurisdizione del G.Q. che non si pu pretendere di superare sulla base di un argomento. quale quello desunto dall'art. 6Tl;, comma terzo, cod . pro.e. civ. (in tema di sequestri), poich basato sulla estensione analogica di una norma.. eccezionale. D'altra parte,. si diceva, l'operativit dell'art. 700 cod. proc. civ. nei confronti della P;A. incontrerebbe un ostacolo insormontabile nell'art. 4 Legge abolitiva del contenzioso amministrativo (40) poich il provvedimento d'urgenza, per la sua portata anticipato.ria della decisione di merito, comporterebbe inevitabilmente l'imposizione .di un facere alla P.A., determinando una inclebita ingerema del potere giurisdizionale su quello amministrativo. 7. A fronte di tale consolidato insegnamento clella Cassazione -che segn la fine del tentativo d.ei pretori cli amministrare la cautela amministrativa -si pone il diverso esperimento tentato. dalla J1lagistratura amministrativa, sia con la reinissione di questioni cli costituzionalit alla Consulta (41) che con una opera di ortopedia ermeneutica. (38) Cfr. G. ARIETA, I provvedimenti d'urgenza, Padova, 1982, 171 .ss.; nonch, A. PRoro PISANI, Due note in tema di tutela cautelare, cit., 155 ss. (39) Cass., Sez. Un., 25 novembre 1977, n. 5132, in Giust. civ., 1978, 960 ss.; 25 ottobre 1979, n. 5575, in Giust. civ., 1980, 1672 ss., 16 marzo 1981, n. 1484 in Foro lt., n. 1981, I, 985. Si tratta di un orientamento consolidato ribadito recentemente da Cass .. Sez. Un., 4 agosto 1989, n. 3599, in Foro lt., 1990, I, 552; 26 agosto 1991, n. 9128, in Foro 1t., 1991, I, 3043. (40) Legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E. (41) Le ordinanze di rimessione erano due: una del TAR Lazio, Sez. Ili, 5 maggio 1980 (Pres. DE ROBERTO, Est. MILLEMAGGI, in Foro amm., 1980, I, 1482) e 12 RASSEGNA AVVOCATURA :nBLLO STATO Sotto il primo profilo, il giudice amministrativo propose alla Corte Costituzionale la seguente provocatoria alternativa: o si riteneva illegittimo l'art. 700, in quanto inapplicabile nelle controversie patrimoniali in materia di pubblico impiego, devolute alla giurisdizione esclusiva de\ TAR; oppure si riteneva illegittimo l'art. 21 legge TAR per la sua inapplicabilit nelle medesime controversie che si traducevano in giudizi su rapporti. La Corte Costituzionale era gi intervenuta sull'argomento con la nota sentenza 1 aprile 1982, n. 63 (42) che; pur essendo stata resa in una controversia tributaria, conteneva affermazioni di carattere generale di grande rilievo, quale soprattutto quella secondo cui la potest~ cautelare non costituisce una componente essenziale della tutela giurisdizionale ex artt. 24 e H3 Cost. ~ La Corte Costituzionale, pur interpretando in chiave precettiva il principio di effettivit, afferma che questo riguarda la tutela giurisdizionale in genere e non l tutela cautelare, che una tutela meramente eventuale, aggiuntiva, frutto di una soelta discrezionale del legislatore ordinario, che ha escluso un potere cautelare generalizzato; se pertanto ha ritenuto che nel giudizio amministrativo come giudizio su atti la sospensiva l'unico rimedio a disposizione del ricorrente, nessuna censura di incostituzionalit pu essere mossa. Nei confronti della PA., dunque, la sospensiva pu essere azionata solO in funzione conservativa e l'art. 700 solo nel rispetto dei limiti posti dall'art. 4 L.A.C. (con riferimento cio alla sola attivit ire privatorum e nei confronti dei comportamenti materi\ali della P.A.). Ci anche perch .._ come ha chiarito qualche commentatore -se si consentisse il ricorso all'art. 700 in presenza di atti illegittimi della P.A. si arriverebbe al paradosso che il G.O., dopo aver deciso in sede cautelare, dovrebbe rinviare per il merito al G.A. e ci stravolgerebbe il principio di omogeneit della giurisdizione e del giudice naturale ex art. 25 Cost., poich il giudice naturale degli interessi verrebbe ad OCCU parsi di una questione che, sia pure in sede di cognizione sommaria, stata gi decisa in via anticipata dal G.O. L'esigenza di completamento della tutela cautelare trov tuttavia in tale decisione solo una battuta d'arresto, poich di l a poco la stessa Corte Costituzionale analizz pi a fondo il problema in relazione alla diversit dei giudizi d competenza del giudice amministrativo. l'altra Ciel TAR Toscana, 18 aprile 1980, n. 182 (Pres. CAIANIELLO, Est. ZEVIANI PALLOTTA, in Foro lt., Rep. 1981, voce Giust. amm. , n. 716). (42) Corte Cost., 1 aprile 1982, n. 63, in Foro lt., 1982, I, 1216 ss. Sulla sospensione della riscossione dei tributi da parte del giudice amministrativo, v.: C. BAFILE, Osservazioni sulla sospendibilit della riscossione dei tributi nel processo amministrativo, [n Dir. proc. amm., 1986, 212 ss. :-.... . .. . . .. .... ...ᥥ../lnfattl,ᥥconᥥlan()tse1'.l;tenza...f19Qdel1985 (43) ...stato affermato c1leJaᥥsUfficfonia de1. ~udido... atelare amministrativo .riguarda $olo Ja; git,trl~(li,<,me generale (;ll1egittipxliaroioil ~udizo sull'atto. Quando~ .lflJiliiiiil~ ~-i~~~~ .ᥥ Perfavedt:;: I pfoi:i.niarigtia:rdaes~.lU:sNamente Ie cause patrimcr *11~1j df, pul?l:>lico .npiego, ~~r(kla ratio. ~alef 1~~~~~~~~,~~~1= ~~~~~~t=~~~1:~::E~ ~;.~~1:i~!~:.~:~::-~:1~r;;1:~0;:.=h~5i!';!;~fo:~~~::~:~0~~~~!Z st:rativo sc>no. racl:use in quetp0cbissni . llU"ticolkche.sappiamQ> men tre le regole gi.g~~ali assat.pint,lmerose che lo0 :r.egg0no.sonp state s~iUe. 4aigi.4lb~: amminisJrativi. . ... . '~: tomal'e . \ll'l ~ttmo<1ll d~scorsq .. gell'attegg!a.me:nte> Psicologico ::~:l=~~~l=:~t:~~~r!~~eg~t~~:d:en::.:::~oi~~~=::i;:::h:~ ric<:>rrentebadi;. fronte a s~ Jm ~:v:vers!i!-do atterl:'-i :me:ntre,qua:nto meno in Italia ed in. tutti"".-:"""--'-:-:.'. ..:::""::=:-..... (43) Corte Cost1'.gll~'11ln~l985, n,.MlO;J.iut'[~4J985;.I, 1. connptadi M. N)G!lo, L'art. 7()0 cQ'JfJtiJstq, cmche> il pro(j~so amministrativo; nonh, in Foro lt., 1985, I, 1881, fillnqtata da A:: PRoio PISANI, Rilevanza de(principio secondo cui fa durata. del' protsso rion devi andate a danno dtl'attore che 'ha ragione; e poi commentata nella stessa Rivista da A. ROMANO, Tutela cautelare nel processo amministrativo e giurisdizione di merito, 1985, I, 2491; (44) E. FAZZALAl!.I; Il futuro .. del prcedimento .amministrativo visto da un processualcivilista,>in Foro amm., 1985, Il, 349. (45) Vi al riguardo: I.F. CARAMAZZA e p, GENTILI;. La.. giurisdizione ammi nistrativa, cit., 1 ss. 14 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO sario da battere, ma un demone da esorcizzare, e quel demone non l'avversario, ma il giudice, perch il rapporto Amministrazione-giurisdizione nasce all'insegna del cattivo rapporto. La rivoluzione francese, si caratterizz, tra l'altro, per l'assoluta disistima nei confronti del potere giudiziario, da un lato, e per la convinzione, dall'altro, che l'interferenza del potere giudiziario con il potere amministrativo fosse una ingerenza che sostituiva un potere all'altro. Tanto questo vero che il nostro Consiglio di Stato, in larga parte erede della tradizione francese, non nato come giudice amministrativo, ma come organo di amministrazione, che, in ultima istanza e con un sindacato di legittimit di tipo puramente cassatorio, doveva esercitare un controllo. In questa situazione, la sospensiva costituisce una stortura logico-giuridica, perch il rimedio della sospensione dell'atto impugnato in un giudizio di tipo cassatorio non dovrebbe mai spettare al giudice della cassazione, tant' vero che nel processo civile, quando si chiede la sospensione dell'esecutivit della sentenza in presenza di un ricorso per Cassazione, non la si chiede alla Cassazione ma al giudice di merito. Ci discende dal fatto che la sospensiva comporta un giudizio di merito (46). Tanto vero che nella originaria normativa dell'89, la sospensione veniva concessa dalla IV Sezione del Consiglio di Stato con decreto motivato, cio con un atto tipicamente amministrativo. Contro gli atti della P.A. era concesso quindi un ricorso amministrativo al Consiglio di Stato, che esercitava un controllo di legittimit di tipo cassatorio; era altres concessa la facolt di chiedere la sospensione dell'atto ed in quel caso per il Consiglio di Stato pronunciava non nell'ambito di un provvedimento di tipo cassatorio, ma nell'abito di un diverso procedimento di tipo appellatorio, tanto vero che anche quando il Consiglio di Stato acquist, in via pretoria, natura giurisdizionale, per molti anni ancora la dottrina continu a sostenere che la sospensiva era un provvedimento amministrativo. Ci in quanto proprio la diversit tra la struttura logica del giudizio cautelare e la struttura logica del giudizio sulla istanza di annullamento, che porta a tale risultato. Infatti, sia il giudice della cautela che il giudice del merito valutano l'esistenza o meno dell'interesse che legittima ad accedere al giudizio: il c.d. esame preliminare di ammissibilit. Dopo di che, per, il giudice del merito annulla o meno l'atto, senza pi curarsi dell'esistenza dell'interesse legittimo e della sua soddisfa (46) Cfr. sul punto: L. CUONZO, La innominativit della pronuncia cautelare del giudice amministrativo: notazio>, non sull'atto, garantendo il bene della vita. Questo, probabilmente, non fu molto chiaro in un primo momento, poich originariamente il giudizio cautelare era volto a tutelare esclusivamente interessi di tipo oppositivo, che trovavano piena soddisfazione con l'annullamento dell'atto impugnato e la sospensione non faceva altro che consentire a tale annullamento di spiegare interamente la sua efficacia ripristinatoria. Tuttavia, soprattutto a partire dagli anni '70 di questo secolo, considerandosi il posto occupato dallo strumento cautelare nel quadro della tutela giurisdizionale, per assicurare l'effettivit e la completezza della tutela del privato nei confronti della P.A., si ampliata la sfera di applicazione della sospensiva oltre gli angusti limiti individuati dalla dottrina tradizionale. L'evoluzione della giurisprudenza amministrativa in tema di sospensiva nell'ultimo ventennio troppo nota perch vi si debba indugiare: stata, infatti, affermata e sistematizzata la sospendibilit di una serie di atti amministrativi (quali dinieghi di ammissione, atti intermedi di procedimenti, atti negativi di controllo, ecc.) esclusi dalla sospendbilit secondo le teorie classiche perch atti negativi. Oltretutto il giudice amministrativo ha utilizzato con estrema duttilit lo strumento cautelare piegandolo, per esempio, a fini istruttori o mirandolo meglio al fine attraverso l'introduzione di elementi accessori come il termine o la condizione. Si cos giunti a sdddisfare, in sede di sospensiva, non solo interessi oppositivi , ma anche interessi pretensivi (quanto meno quelli a soddisfazione preregolata ). (47), restando quindi esclusi, come posizioni conoscibili, soltanto quegli interessi pretensivi per la cui soddisfazione l'Amministrazione conservi margini di discrezionalit in ordine all'an, al quomodo ed al quando (48)~ Certo, per tale via, il giudice amministrativo sconfina non poco da quel mero effetto anticipatorio della pronuncia di merito che dovrebbe avere la decisione cautelare alla luce dell'insegnamento chio (47) F. FOLLIERI, Giudizio cautelare amministrativo e interessi tutelati, cit., 148 ss. (48) Parte della dottrina ha spiegato tale evoluzione come fisiologica presa di coscienza di una realt esistente sin dal 1889: la estensione al merito della competenza del giudice amministrativo in sede cautelare: A. ROMANO, Tutela cautelare nel processo amministrativo..., cit., 2491. In senso contrario si veda invece: I. F. CARAMAZZA e M. G. MANGIA, Le misure cautelari nel processo amministrativo, in Rass. Avv. Stato, 1986, II, 90 ss. 16 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO vendiano secondo cui il tempo necessario ad avere ragione nel processo non deve tornare a danno di chi ha ragione. Ed infatti accade oggi che il ricorrente paradossalmente chieda ed ottenga di pi in sede cautelare, di quanto non possa ottenere in sede definitiva (49). Si pensi, ad esempio, al caso in cui venga impugnato il diniego di ammissione ad un . concorso, con richiesta di sospensiva. La sospensiva, in questo caso, un provvedimento di ammissione con riserva, che consente al ricorrente di partecipare al concorso, fruendo del bene della vita in contestazione. La decisione definitiva di merito, invece, non sarebbe mai potuta andare al di l dell'annullamento del diniego di ammissione. In un caso del genere, quindi, il ricorrente ha ottenuto in sede cautelare pi di quanto non avrebbe potuto ottenere in sede definitiva. Ma evidente che in tal caso si verifica proprio quella ingerenza del giudice della cautela nell'esercizio dell'attivit amministrativa, che il legislatore vieta in ossequio al principio della separazione dei poteri. La peculiare funzione conservativa della sospensione cautelare risulta stravolta, attraverso una forzatura del sistema che porta a riconoscere la possibilit di una sospensiva con funzione anticipatoria , chiara violazione del principio fondamentale secondo cui il provvedimento cautelare non pu produrre effetti pi ampi di quelli che produrrebbe la sentenza definitiva di merito, cui collegata da un rapporto di necessaria strumentalit (50). Taluno ha parilato di sospensiva propulsiva, per spiegare che con la sospensione dell'atto negativo non si pi in presenza di un rimedio che cristallizza la situazione in attesa della decisione di merito, ma di un mezzo che modifica la situazione consentendo al giudice di operare non sulla amministrazione, ma come amministratore (51). (49) Nello stesso senso: F. G. ScocA, Provvedimento cautelare e provvedimento di merito, in I provvedimenti cautelari ed urgenti..., cit., 160 ss., il quale si dice convinto che nel processo amministrativo, la misura cautelare l!lon corrisponda mai alla misura di merito, cio alla sentenza di merito, ma sia sempre qualcosa di pi; e, ancora, A. DI MAJo, L'ambito della tutela cautelare nel rito civile, ivi, 171 ss., il quale riconosce che ormai tutti ricorrono al processo cautelare perch sanno di ottenere di pi da esso anzich dal giudizio di merito. Si vedano peraltro le osservazioni di C. VARRONE, ivi, 162 ss. (50) Su tale principio, v.: Cass. Sez. Un., 22 luglio 1983, n. 5063, in Coni. StatQ, 1983, Il, 1490 ss.; Cons. Stato, Ad. Plen., 5 settembre 1984, n. 17, in Foro lt., 1985, III 51 ss, (51) G. SAPORITO, Le sospensive propulsive>>, in Diritto amministrativo e giustizia amministrativa ..., cit., 355 ss. l~ I ! I ! I PARTE II, QUESTIONI 17 Il che una forzatura dell'ordinamento vigente. Se ne prende atto come realt, come fatto che sintomatizza una situazione di crisi, insieme con numerose altre divaricazioni della prassi giurisprudenziale dll normativa in materia, alle quali si eccenner brevemente. Si pensi innanzitutto al fatto che la legge, sin dal 1889, prescrive che il provvedimento di sospensiva deve essere motivato: noto che, invece la motivazione non viene stesa quasi mai. Ancora: l'ordinanza cautelare non dovrebbe essere soggetta ad appello, per logica e per preciso disposto normativo: ma il Consiglio di Stato ha deciso che le ordinanze che la concedono o la negano siano impugnabili (52). Terzo esempio: un principio generale prescrive che l'accoglimento dell'istanza deve fondarsi sul periculum in mora e sul fumus boni iuris . Per contro, il fumus non viene quasi mai preso in considerazione (e questo si raccorda alla mancanza di motivazione), Tanto questo vero che esiste un dato statistico sintomatico: i provvedimenti di sospensiva non costituiscono preannuncio della deci sione di merito, tranne che in un caso: quando, cio la sospensiva sia chiesta al Consiglio di Stato, in grado di appello, e quando l'appello sia proposto non avverso l'ordinanza cautelare, ma avverso una sentenza. In questo caso la statistica (quando non a chiare lettere lo stesso giudice) (53) ci dice che la concessione della sospensiva da parte del Consiglio di Stato prelude, generalmente, ad un accogli mento dell'appelo ed il diniego ad un rigetto. .E ci si spiega, perch in questo caso c' una motivazione pregressa, quella della sentenza di primo grado, e. quindi il giudice (di secondo grado) della cautela non pu non valutar(f il fumus boni iuris. 9. Traendo una sommaria conclusione del discorso sin qui svolto, sembra potersi osservare che l'evoluzione giurisprudenziale in materia di sospensiva ha determinato una profonda trasformazione nel processq amministrativo, che da processo di tipo impugnatorio, sull'atto, si sta trasformando in processo sul rapporto . In questo senso sembra provato il nostro assunto della sospensiva come cavallo di Troia attraverso il quale il giudizio sul rapporto penetrato nella cittadella del tradizionale processo di tipo cassatorio'. Si tratta di una profonda trasformazione che ha costituito il terreno fertile per una riforma legislativa del processo amministrativo che (52) Cons. Stato, Ad. Plen., 20 gennaio 1978, n. l, in Foro lt., 1978, III, 1 ss.. con nota di F. SATTA. La vicenda riassunta da V. CAIANIELLO, Diritto processuale amministrativo, cit., 591 ss. (53) Cons. Stato, Sez. IV, ord. 28 febbraio 1992, Min. Affari Esteri c. Urbini Giammario. 18 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO nella passata legislatura era stata approvata da un ramo del Parla.. mento (54). Trattasi di riforma profondamente innovatrice, sia per il giudizio definitivo che per il giudizio cautelare, perch -andando ovviamente per grandissime linee -il nuovo giudizio amministrativo previsto come pienamente satisfattivo delle pretese del ricorrente, realizzando pienamente il bene della vita di cui si lamenta la lesione. Il nuovo processo contempla, addirittura, il risarcimento dei danni da lesioni di interessi legittimi; prevede sentenze di accertamento, costitutive e di condanna; prevede la possibilit per il giudice di sostituirsi alla P. A. nell'adottare il provvedimento che avrebbe dovuto essere adottato con la sola eccezione dei casi in cui residui alla P.A. un potere discrezionale, in ordine al tipo di provvedimento e alle modalit della sua adozione. Ma questo a ben vedere, significa soltanto che in quel caso non c' una situazione sostanziale preesistente perch se c' un potere discrezionale di operare delle scelte, chiaro che da parte del privato non ci pu essere altra aspettativa che non sia quella alla legittimit dell'azione amministrativa. Si tratta, quindi, di un caso in cui non vi posizione sostanziale tutelata. Infine, proprio in sede cautelare, prevista l'introduzione dell'articolo 700, in quanto il giudice della cautela pu adottare tutte le misure necessarie per assicurare il risultato del processo: ed significativo che l'Adunanza Generale del ConsigliO' di Stato (55) abbia sottolineato l'importanza di tale disposizionle, in relazione al carattere del nuovo processo, connotato dalla centralit della posizione fatta valere in giudizio, e non pi dall'annullamento dell'atto. I. F. CARAMAZZA -F. BASILICA (54) Il disegno di legge pu leggersi in Cons. Stato, 1989, Il, con nota di MURA. (55) Cons. Stato, Ad. Gen., parere 8 febbraio 1990. RASSEGNA AVVQCATlJRA DELLO STATO Il problema invece stato brillantemente superato agendo sui seguenti fronti: 1) unificazione dei Servizi Archivio e Impianto e costituzione di un nuovo ServiZfo; 2) ristrutttirazione degli uffici e mobilit del personale; 3). riorganizzazicme .delle procedure . automatizzate. 1) Unificazione dei servz.i. L'unificazione. dei due Servizi non . stata una semplice operazione di cosmesi burocr~tica ma una precisa e>pzione organizzativa, volta alla risoluzione deLpro'blema. La creazione, infatti, del nuovo Servizio di S.pportot Amministrativo all'Attivit Professionale degli Avvocati ha sottolineato . li;t sua importanza nell'economia. operativa dell'Istituto ri spettompito del Servizio infatt~ quello di ricevere il materiale grezzo (lettere e attinotificat;i) e di. produrre ctei semilav:orati per gli altri Servizi (Esterno\ .Agenda, Segrete:rie.. degli. Avvocati). Il flusso di.. lavoro ha lue precisi ingressi (Ufficio Protocollo .Arrivo e Ufficio A.tti Notificati) e, tramite una sequenza. logica .di passaggi, una serie <;li uscite .(Impianto, Scadenziere, ecc.). CO'll tale decisione quindi si data una precisa collocazione, non solo oggettiva. ma psicologica, al personale impiegato che da cenerentola dell'Istituto si. visto proiettato al centro dello1 scenario. 2) Ristrutturazione degli Uffici e mobilit interna. Chiarite le premesse, si trattava ora di elaborare dei programmi operativi .adeguati. L'idea chiave stata quella. di formare dei piccoli gruppi fortemente motivati dalla consapevolezza di lavorare uno in funzione. dell/altro per il raggiunghp.ento di uno scopo chiaro e comune (l'eliminazione dell'arretrato). Per raggiungere tale scopo era necessario sviluppare nel personale addetto uno spirito di coinvolgimento e di coesione, far comprendere ad ognuno la concatnazione logica del lavoro., c;hiarire la coMocazfone di ognuno all'interno della struttura organizzativa e ottenere al pi presto dei risultati positivi per rompere la .spirale autolesionistica. A queste premesso concettuali si. affiancavano,. per, alcune difficolt. di carattere psicologico, perch si trattava (considerato che tutto il ciclo lavorativo subiva gravi ritardi) di impostare l'organiz, zazione del lavoro secondo alcune priorit, per non correre il rischio di considerare solo la quantit dell'arretrato giacente e non la sostanza delle singole lettere e atti. Venne quindi attribuito carattere di urgenza alle lettere in arrivo recanti il riferimento al numero di affare, ai ricorsi PAR'l'B II, W'BSTXONI 21 avanti il TAR con istanza di sospensiva, ai ricorsi avanti le Preture sez. Lavoro e, naturalmente, alle lettere e ricorsi con scadenza immediata (cd. a vista o fuori sacco }. Questa iimjlstazione metodologica .:.::_ presupponendo di per se stessa una st,tddivsibrie . del materiale lavorativo secondo . una seala . di prlorita .-'-.. gerierl> ..all;inizfo .. una serie di resisteru:e; peraltro i primii ristlltati ottenuti vaisro a ricreare nel personale. nuova fiducia. nelle proprie capacit. Nel 1990 si poteva passare alla secortda rrispond.enza in arrivo ancora da smistare ammontava a circa 10.000lettere; .:__ un.i::ihorso avanti il TAR non corredato da istanz~ di so~pensiva veniva impiantato a cinque mesi dalla natifica; -gli atti avanti le giurisdizioni ordinarie venivano impiantati a ridosso dell'udienza di comparizione; ;;.;;.;.; un consttltVo veniva impiantato :rt-Che a. tre mesi dalla ricezione della richiesta di parere. Per risolvere il complesso problema, gli impiegati vennero suddivisi .in due. gruppi. (per il lavoro corrente e per !':arretrato) e, soprattutto nelle ore pomeridiane {straordinario o altro), fu ritemito che il perscmale dovesse smaltire l'arretrato a prescindere dallo specifico settate ael quale era applicato (mobilit interna). Per la posta arretrata ci si preoceup anzitutto di catalagare tutte le lettere inevase, raggruppando i vari solleciti e successivamente di protocollarle in un affare contenitore (e.:d. calderone). In qttesto modo si pot acquisire la certezza sia dell'effettiva quantit dell'arretrato sia della certezza dell'arrivo' di una determinata lettera. L'arretrato dei vari impianti fu risolto anzitutto accorpando gli atti per gruppi omogenei (Am:mmistrazone, trggetto) e utilizzando in fase di impianto un nuovo programma ch permetteva una maggiure velocit produttiva e, inoltre, individuando una soluzione diversa per il c.d. penale tributario . La terza fase (non: alllcora conclusa) consiste in una maggiore razionalizzaz: one delle diverse procedure, evitando inutili passaggi verticali tra uri Servizio e l'altro o tra un piano e l'aHro ed analoghi inutli passaggi orizzontali tra i vari Uffici del Servizid. Per ottenere questo: -si . provveduto a far controllare gli atti notificati all'interno dell'Ufficio; -si fatto uso di lettere prefirmate per la richiesta di rapporto e clowmenti; -si pr-0vveduto ad indicare l'avvocato assegnatario dell'affare prima dell'impianto. I S RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 22 3) Riorganizzazione delle procedure automatizzate. Ai cambiamenti di modello organizzativo sopra indicati ha contribuito in modo determinante anche il Centro elaborazione dati, adeguando tra il 1989 ed il 1990, i propri programmi solftware alle accresciute esigenze, dotandosi di nuove apparecchiature hard-ware e fornendo l'utenza di un numero sufficiente di terminali. Anche il CED, del resto, soffriva di un analogo complesso di cenerentola perch, a sua volta, era ritenuto principale responsabile dell'impasse che, nel 1988, bloccava ormai i Servizi Archivio e Impianto. Orbene, i programmatori del CED riuscirono in brevissimo tempo a rivedere tutte le procedure di impianto, protocollo e ricerca, ponendo cos le premesse di un risultato che non appariva affatto scontato. In particolare, sembrano doversi evidenziare i seguenti aspetti peculiari. 1) Determinante per la risoluzione del problema, si rivelata la creazione di una maschera di base valido per tutti i tipi di impianto. I diversi casi o giurisdizioni ne risultavano differenziati poi solo in pochissimi elementi. In tal modo gli operatori divenivano interscambiabili all'interno dell'Ufficio, a seconlda del flusso di lavoro (mobilit interna), e non erano pi staticamente obbligati a lavorare solo per una specifica giurisdizione. 2) Con il programma per il controllo del numero di affari e del nome dell'avvocato incaricato, gli operatori del protocollo in arrivo (ed in partenza) sono riusciti ad avere la certezza .che una determinata nota si riferisse allo specifico numero di affare, assegnato ad un determinato avvocato. in tal modo che si reso possibile accellerare la distribuzione della corrispondenza che recava in evidenza il numero di affare anche se, ad onor del vero, le Amministrazioni interessate non hanno ancora utilizzato al massimo tale procedura. Va per aggiunto che gli avvocati non sono stati pi costretti a restituire la corrispondenza, per errata attribuzione, all'archivio. 3) Il programma di pre-impianto infine ha certamente rivoluzionato la metodologia di lavoro del Servizio. Tramite tale procedura automatizzata, introdotta nell'aprile del 1991, gli atti notificati non solo vengono immediatamente inseriti al terminale, ma M software anche in grado di stabilire se un dato atto si riferisca o meno ad eventuali affari precedenti e a quali. Con questo programma quindi non solo si sono eliminati tutti i supporti cartacei, ma si sono anche ridotti al minimo i margini di errore. Non va infine dimenticato che finalmente possibile fornire delle statistiche esatte su numero degli atti notificati presso l'Avvocatura Generale. PARTE LI, QUESTIONI Conclus,ion.i. Chi scrive si augura di aver ben evidenziato come i risultati ottenuti siano frutto di un determinante lavoro di equipe e che attualmente il supporto cartaceo non sia pi cos indispensabile come nel passato mentre, invece, si rende ora possibile operare con procedure automatizzate duttili e veloci. Si pu, quindi, guardare con motivata soddisfazione al lavoro fatto, anche se a tutti evidente che molto rimane ancora da fare. Il vecchio Servizio Archivio e Impianto ha costituito il banco di prova che ha consentito all'Istituto di trarre elementi utili sull'organizzazione del lavoro, sulla possibilit di applicazione e sull'imprescindibile utilit delle procedure automatizzate. In definitiva, si pu ora guardare con realistica fiducia al futuro ed alla fatidica soglia dell'anno duemila. DARIO SNAIDERO Preposto al Servizio 2+ RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO PROTOCOLLO IN PARTENZA 2+ RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO PROTOCOLLO IN PARTENZA 120.000 110.000 100.000 90.000 80.000 70.000 60.000 50.000 51.302 40.000 30.000 20.000 10.000 1986 1987 1988 1989 1990 1991 Incremento tra il 1986 ed il 1990 pari all'87,29% 120.000 110.000 100.000 90.000 80.000 70.000 60.000 50.000 40.000 0.000 20.000 10.000 PROlOC-Ot.10 lN ARRIVO 88.361 54.249 1986 1987 1988 1989 1990 1991 lncrementt> tra il 1986 ed il 1990 pari al 53,32% - 26 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO ATII NOTIFICATI 120.000 110.000 100.000 I 90.000 80.000 I 67.368 70.000 I I 60.000 II 50.000 40.000 I ~ ~ I ~ 30.000 ~ 20.000 10.000 I 1986 1987 1988 1989 1990 1991 ~ ' i Incremento tra il 1986 ed il 1990 pari al 295% f. E 22.827 PARTE II, QUESTIONI 27 TOTALE NOTE PROTOCOLLATE 1986 1989 Arrivo Partenza Arrivo Partenza 57.630 51.302 74.537 94.898 1987 1990 Arrivo Partenza Arrivo Partenza 54.249 65.308 88.361 96.087 1988 1991 (al 25 ottobre) Arrivo Partenza Arrivo Partenza 60240 72.256 74.264 . 89.200 INCREMENTO IMPIANTI 1980-1990 Contenziosi da 8.100 a 30.465 + 276,11 % Consultivi da 5.110 a 10.263 + 100,84 % Pignoramenti da 360 a 4.114 + 761,11 % Ordlni da 400 a 1.642 + 310,50 % == AFFARI IMPIANTATI I IContenziosi' 'Consultivi I Pigno-Ordini TOTALE ra.menti I 1980 1985 1986 (*) 1987 (*) 1988 (*) 1989 (*) 1990 1991 (parziale al 29 ott.) (*) + 105,6% 8.100 13518 14.578 19.982 28.815 31.591 30.478 23.039 5.110 7.172 8.290 8.245 9.515 11.564 10.264 6.829 360 487 752 1.053 1.582 3.555 4.115 3.096 400 13.970 587 21.764 824 24.444 786 30.066 983 40.895 1.037 47.747 1.643 46.500 1.507 34.471 RASSEGNA AWOOATURA DELLO STATO NOTE IN ARRIVO (IN ARRETRATO) ACCERTATE E PROTOCOLLATE NEL CORSO DEL 1990 Riguardanti gli anni 1986-1987 622 Riguardanti l'anno 1988 105 Riguardanti l'anno 1989 3.579 TOTALE 4.306 NOTE IN ARRIVO (IN ARRETRATO) ACCERTATE E PROTOCOLLATE NEL CORSO DEL 1991 Riguardanti l'anno 1987 Riguardanti l'anno 1988 Riguardanti l'anno 1989 Riguardanti l'anno 1990 768 2.087 1.745 1.390 TOTALE 5.990 TOTALE ATTI NOTIFICATI 1980 9.677 1985 20.433 1986 22.827 1987 31.159 percentuale 1988 53.688 +295% 1989 64.606 1990 67.368 1991 (proiezione) 68.000 Note protocollate in arrivo nel 1986 57.630 Note protocollate in arrivo nel 199{) 88.361 Incremento pari al 53,32 %. Note protocollate in partenza nel 1986 51.302 Note protocollate in partenza nel 1990 96.087 Incremento pari all'87,29 %. Proiezione note protocollate nel l9n in arrivo (calcolata in base ai dati relativi al 25 ottobre) 91.000 Incremento pari al 57,90 % rispetto al 1986. Proiezione note protocollate nel 1991 in partenza 109.000 Incremento pari al 112,46 % rispetto al 1986. .:aa...!~~=amw~a. ! RASSEGNA DI LEGISLAZIONE QUESTIONI DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE I -NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI codie di. I>rOQedura civile, art.705, primo comma, nella parte in cui subordina la proposizione del giudizio petitorio alla definizione della controversia possessoria e all'esecuzione . della decisione nel caso che ne derivi o possa derivarne un pregiudizio .irreparabile al convenuto. Sentenza 3 febbraio 1992, n. 25, G.U. 12. febbraio 1992, n. 7. codice di procedura penale, art. 34, secondo comma, nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio dibattimentale il giudice per le indag~ni preliminari presso la Pretura che abt>ia elJleSS() l'ordinanza di cui alrart. 554, secondo comma, dello stesso codice. Sentenza 30 dicembre 1991. n. 502, G.U. 8 gennaio 1992, n. 2. codice di procedw.-a penale, . aft 34, seco.do COIJlllla,, nella parte in c.i non prevede che non .possa partecipare al giudizio dibattimentale il giudice per le indagim preliminari presso il tribunale che abbia emesso l'ordinanza di cui all'art.. 409, quinto comma, dello stesso codice. Sentenza 30 dicembre 1991, n. 502, G.U. 8 gennaio 1992, n. 2. codice di procedura penale, art. 34, secondo comma, nella parte in cui non .prevede . l'incompatibilit a pa,rtecipare al giudizio del giudice per. le . indagini preliminari che ha rigettato la richiesta di decreto di condanna per la ritenuta inadeguatezza della pena richiesta dal pubblico ministero. Sentenza 30 dicembre 1991, n. 502, G.U. 8 gennaio 1992, n. 2. codice di procedura penale, art. 195, quarto comma. Sentenza 31 gennaio 1992, n. 24, G.U. 5 febbraio 1992, n. 6. codice procedura penale del 1930, artt. 382, primo CQlllD1a, e 482, primo comma, , nella parte in cui prevedono la condanna del querelante alle spese del procediment() a~ticipate dallo Stato, anche .nell'ipotesi di pr0scioglimento dell'ilJlputato perch~ il fatto nofl: costituisce reato. Sentenza 3 febbraio 1992, n. 29, G.U. 12 febbraio 1992, n. 7. combinato disposto artt. 438, 439, 440 e 442 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che il giudice, all'esito del dibattimento, ritenendo che il processo poteva -su richiesta dell'imputato e con il consenso del pubblico ministero -essere definito allo stato degli atti dal giudice per le indagini preliminari, possa applicare la riduzione di pena prevista dall'art. 442, secondo comma, dello stesso codice. Sentenza 31 gennaio 1992, n. 23, G.U. 5 febbraio 1992, n. 6. 30 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO. codice di procedura penale, art. 458, primo e secondo comma, nella parte in cui non prevede che il giudice, all'esito del dibattimento, ritenendo che il processo poteva -su richiesta dell'imputato e con il consenso del pubblico ministero -essere definito allo stato degli atti dal giudice per le indagini preliminari, possa applicare la riduzione di pena prevista dall'art. 442, secondo comma, dello stesso codice. Sentenza 31 gennaio 1992, n. 23, G.U. 5 febbraio 1992, n. 6. codice di procedura penale, art. 464, primo cmnma, nella parte in cui non prevede che il giudice, all'esito del dibattimento, ritenendo che il processo poteva -su richiesta dell'imputato e con il consenso del pubblico ministero essere definito allo stato degli atti dal giudice per le indagini preliminari, possa applicare la riduzione di pena prevista dall'art. 442, secondo comma, dello stesso codice. Sentenza 31 gennaio 1992, n. 23, G.U. 5 febbraio 1992, n. 6. r.d.l. 30 dicembre 1923, n. 3267, artt. 21, secondo, terzo e quarto comma, e 50, secondo comma. Sentenza 27 dicembre 1991, n. 488, G.U. 4 gennaio 1992, n. 1. I d.P.R. 30 giugno 1964, n. 1124, art. 11, primo e secondo comma, nella parte in cui consente all'INAIL di avvalersi, nell'esercizio del diritto di regresso I I I& contro le persone civilmente responsabili, anche delle somme dovute al lavoratore infortunato a titolo di risarcimento del danno biologico non collegato alla perdita o riduzione della capacit lavorativa generica. Sentenza 27 dicembre 1991, n. 485, G.U. 4 gennaio 1992, n. 1. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 10, sesto e settimo comma, nella parte in cui prevede che il lavoratore infortunato o i suoi aventi causa hanno diritto, nei confronti delle persone civilmente responsabili per il reato da cui l'infortunio derivato, al risarcimento del danno biologico non collegato. alla perdita o riduzione della capacit lavorativa generica solo se e solo nella misura in cui il danno risarcibile, complessivamente considerato, superi l'ammontare delle I indennit corrisposte dall'INAIL. Sentenza 27 dicembre 1991, n. 485, G.U. 4 gennaio 1992, n. 1. legge 22 luglio 1966, n. 613, art. 19, secondo comma, nella parte in cui non consente l'integrazione al minimo della pensione di invalidit erogata dalla Gestione speciale commercianti dell'INPS in caso di cumulo con pensione diretta a carico del fondo pensioni del personale addetto ai servizi di telefonia. Sentenza 19 marzo 1992, n. 114, G.U. 25 marzo 1992, n. 13. legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 3, secondo comma, lett. b), nella parte in cui subordina il diritto della prole maggiorenne dell'iscritto all'INADEL deceduto in attivit di servizio alla erogazione nella forma indiretta della indennit premio di servizio alla condizione di essere permanentemente inabile a lavoro proficuo, nullatenente e a carico dell'iscritto alla data del decesso del medesimo; e per le orfane all'ulteriore condizione dello stato di nubile o di vedova. Sentenza 24 febbraio 1992, n. 63, G.U. 4 marzo 1992, n. 10. PARTE Il, RASSEGNA; DI LEGISLAZ'.IONE le~ 8 marzo 1968,. n. 152, art. 12, nella parte in cui non prevede, per gli infermieri professionali ai quali,... ai. sensi dell'art. 24 della legge 22 novembre 1962, n. 1646, sia stato riconosciuto il riscatto del corso di studio a fini di quiescenza, il megesimo riconoscimento per la. liquidazione della indennit premio di servizio: Sentenza 3 febbrai<> 1992, n. 26, G. U. 12 febbraio 1992, n. 7. lgg 311 a1:fril 1''69( n. 153, art. 26 [come 111.cidificato dall'art. 3 del d.l. 2 matto 1914; n. 30, convertito in legge 16 aprile 1974, n; 114 e dall'art. 3 della legge 3 giugno 197S, n. 160] nella parte in cui; nell'fodicare il limite di reddito cumulato con quelIC) .elel coniuge. ostativo al conseguimento della pensione sociale, non prevede un meccanismo differenziato di determinazione per gli ultrasessantacinquenni divenuti invalidi. Se'nten:ia 9 marzo Wii, Ii:. 88,G~U. 18 marfo 1992, n. 12. legge prov; Bolzauo. 20. agosto 1912, n. 15,. art.46, .decimo comma [come sostituit dall'arti/5 della l~ge Ptov. Bolzano 23 maggio 1971, n. 13) e legge prov. Bolzano 23 maggio 1977, n. 13, art. 10, quinto comma. Sentenza 30 dicembre l.991; n. SOS, G.U. 8 gennaio .1992, n. 2. legg~ 2 fe)?bJ;"aio ..1973, n. 12, art. 20, quinto couuna; Sentenza 22 gennaio 1992i n. 1, G. U~ 29 gennaio>1992, n. S. d.P.R. 29 marzo 1913, n. 156, artt. 6, 28, 48 e 93, nella parte in cui non eccettuano dalla limitazione di responsabilit dell'Amministrazione delle poste per i danni derivati da perdita totale di corrispondenze raccomandate il caso di sottrazil: n:ie dolosa del loro 9ntenuto ad opera di dipe]ldenti dell'Amministrazione medesima.. .. .. Sentenza 28. febbraio 1992, n. 74, G. U. 4 marzo 1992, n. m d.P.R. 29 settembre 1913, n. 602, art. 97, terzo comma. Sentenza 9 marzo 1992, n. 89, G.U. 18 marzo 1992, n. 12. decreto-legge 2 marzo . 1914, n. 30, art. 2-novies, primo comma, introdotto dalla leg,ge di conversione 16 aprile 1974, n. 114, nella parte in cui non prevede la fac.olt~ diriscattate i l'eriodi corrispondenti alla durata degli studi per il coiiseguiril:ento del diplmadi educazione fisica rilasciato da uno degli Istituti superiori a d demandati. Sentenza 3 febbraio 1992, .n. 27, G.U. 12 febbraio 1992,. n. 7. legge 26 luglio 1915, n~354, art. 23, nella parte in cui stabilisce una riduzione dei tre decimi della mercede corrisposta per il lavoro dei detenuti da versarsi alla Cassa per il soccorso e l'assistenza alle vittime dei delitti e dopo la sua soppressione, alle regioni ed agli enti locali (province e comuni). Sentenza 18 febbraio 1992, n. 49, G.U. 26 febbraio 1992, n. 9. Sentenza 30 dicembre 1991, n. 506, G.U. 8 gennaio 1992, n. 2. Sentenza 30 dicembre 1991, n. 506, G.U. 8 gennaio 1992, n. 2. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO legge prov. Bolzano 23 maggio 1977, n. 13, art. 10, quinto onnna e legge prov. Bolzano 20 agosto 1972, n. 15, art. 46, decimo comma [come sostituito dall'art. 5 . della legge provineiale di Bolzano 23 maggio 1977, n. 13). I S~htenfa 30 dicembre 1991~ n. 505, G.U. 8 gehriaio 1992, n. 2. I ru. m legge 11 luglio 1978, n. 382, art. 15, secondo comma, nella parte in cui non prevede che il militare sottoposto a procedimento disciplinare ha la facolt di indicar<'/ come difensore nel procedimento stesso un altro militare non appartenente all' ente nel quale egli presta servizio. Sentenza 5 febbraio 1992, n. '37, G.U. 12 febbraio 1992, n. 7. d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, art. 53, primo comma, nella parte in cui non consente al personale ivi contemplat che al raggiungimento del limite di et per il collocamento a riposo non abbia compiuto il numero degli anni richiesti per ottenere il minimo della pensione, di rimanere su richiesta, in servizio fino al conseguimento di tale anzianit minima e, comunque, non oltre il settantesimo anno di et. Sentenza 9 marzo 1992, n. 90, G.U. 18 marzo 1992, n. 12. legge 20 settembre 1980, n. 576, art! 3, secondo comma, nella parte in cui prevede l'incompatibilit della corresponsione della pensione di anzianit con l'iscrizione ad albi o elenchi di lavoratori autonomi, diversi dagli albi di avvocato e di procuratore, e con qualsiasi attivit di lavoro dipendente. Sentenza 28 febbraio 1992, n. 73, G.U. 4 marzo 1992, n. 10. d.l. 6 giugno 1981, n. 283, art. 17, secondo comma, lett. a) [convertito in legge 6 agosto 1981, n. 432] nella parte in cui non prevede -ai fini dell'inquadramento ivi contemplato -l'attribuzione dello stipendio dell'ufficiale in servizio permanente effettivo, che segue nel ruolo, al militare pari grado che abbia conseguito un trattamento stipendiale inferiore. Sentenza 18 marzo 1992, n. 105, G.U. 25 marzo 1992, n. 13. legge 24 novembre 1981, n. 689, artt. 22 e 23, combinato disposto con l'art. 122 c.p.c., nella parte in cui non consentono ai cittadini italiani appartenenti alla minoranza linguistica slovena nel processo di opposizione ad ordinanze -ingiunzioni applicative di sanzioni amministrative davanti al pretore avente competenza su un territorio dove sia insediata la predetta minoranza, di usare, su loro richiesta la lingua materna nei propri atti, usufruendo per questi della traduzione nella lingua italiana, nonch di ricevere tradotti nella propria linqua gli atti dell'autorit giudiziaria e le risposte della controparte. Sentenza 24 febbraio 1992, n. 62, G.U. 4 marzo 1992, n. 10. legge reg. Calabria 17 dicembre 1981, n. 21, art. 62, quarto comma. PARTE Il, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE legge reg. Sicllia 4 gennaio 1984, n. 1, art. 6, nella parte in cui prevede che due dei tre rappresentanti delle associazioni degli industriali nei consigli generali dei consorzi siano designati dalle associazioni provinciali degli indu striali. Sentenza 9 marzo 1992, n. 87, G.U. 18 marzo 1992, n. 12. legge feg . Piemonte 10 dicembre 1984, n, 64, artt.. 20, ottavo comma, e 21, dodicesimo comma. Sentenza 27 dicembre 1991, n. 489, G.U. 4 gennaio 1992, n. 1. legge 16 febbraio 1987, n. 81, art. 2, n. 31, secondo periodo, nella parte in cui vieta l'utilizzazione. agli effetti del giudizio, attraverso testimonianza. della stessa polizia giudiziaria, delle dichiarazioni ad essa rese da testimoni. Sentenza 31 gennaio 1992, n. 24, G.U. 5 febbraio 1992, n. 6. legge 27 ottobre 1988, n. 458, art. 3, nella parte in cui non prevede che al proprietario del terreno utilizzato per finalit di edilizia residenziale pubblica senza che sia stato emesso alcun provvedimento di esproprio possa applicarsi la disciplina da detta norma prevista per l'ipotesi in cui -nella medesima situazione -il provvedimento espropriativo sia stato dichiarato illegittimo. Sentenza 27 dicembre 1991, n. 486, G.U. 4 gennaio 1992, n. 1. legge 21 novembre 1988, n. 508, art. 6, nella parte in cui non prevede l'erogazione dell'assegno di accompagnamento fino alla data di entrata in vigore della legge 11 ottobre 1990, n. 289. Sentenza 18 marzo 1992, n. 106, G.U. 25 marzo 1992, n. 13. dJ. 1 aprile 1989, n. 120, art. 2, secondo comma, [convertito in legge 15 maggio 1989, n. 181], nella parte in cui non riconosce alla lavoratrice del settore siderurgico, in caso di prepensionamento anticipato al compimento del cinquan tesimo anno, di conseguire la medesima anzianit contributiva fino a sessanta anni come per il lavoratore. Sentenza 30 dicembre 1991, n. 503, G.U. 8 gennaio 1992, n. 2. legge reg. Friuli-Venezia Giulia 28 agosto 1989, n. 23, art. 7, primo e secondo comma, [come modificato dall'art. 2 della legge regionale del Friuli 3 dicem bre 1990, n. 53], nella parte in cui dette norme prevedono, sia pure in via transi toria, la possibilit di continuare l'abusivo ammasso temporaneo di rifiuti tossici e nocivi all'interno dell'azienda, previa presentazione della istanza di autoriz zazione. Sentenza 30 dicembre 1991, n. 504, G.U. 8 gennaio 1992, n. 2. legge 9 gennaio 1991, n. 9, art. 3, primo e terzo comma, nella parte in cui non prevede che il permesso di prospezione accordato d'intesa , nei sensi espressi in motivazione, con la regione autonoma Valle d'Aosta o. la provincia autonoma di Trento o di Bolzano . Sentenza 27 dicembre 1991, n. 482, G.U. 4 gennaio 1992, n. 1. 15 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO legge 9 gennaio 1991, n. 9, art. 5, primo comma, e 6 primo comma, nella parte in cui non prevedono che il permesso di ricerca accordato d'intesa'" nei sensi espressi in motivazione, con la regione autonoma Valle d'Aosta o con la provincia autonoma di Trento o di Bolzano . Sentenza 27 dicembre 1991, n. 482, G.U. 4 gennaio 1992, n. 1. legge 9 gennaio 1991, n. 9, art. 9, in quanto non prevede che la concessione di coltivazione sia accordata, nei sensi espressi in motivazione, con la regione autonoma Valle d'Aosta o con la provincia autonoma di Trento o di Bolzano. Sentenza 27 dicembre 1991, n. 482, G. U. 4 gennaio 1992, n. 1. legge 9 gennaio 1991, n. 10, art. 5, primo comma, nella parte in cui prevede che le province autonome di Trento e Bolzano individuano i bacini, ivi considerati, d'intesa con anzich sentito i'ENEA. Sentenza 27 dicembre 1991, n. 483, G.U. 4 gennaio 1992, n. 1. legge 9 gennaio 1991, n. 10, art. 5, secondo comma, nella parte in cui prevede che le province autonome di Trento e di Bolzano predispongono i loro piani d'intesa con anzich sentiti gli enti locali e le loro aziende. Sentenza 27 dicembre 1991, n. 483, G.U. 4 gennaio 1992, n. 1. legge 9 gennaio 1991, n. 10, art. 5, quarto coQDa, nella parte in cui non prevede un congruo preavviso, nei sensi espressi in motivazione, alle province autonome di Trento e di Bolzano, in ordine all'esercizio dei poteri sostitutivi ivi disciplinati. Sentenza 27 dicembre 1991, n. 483, G.U. 4 gennaio 1992, n. 1. legge 9 gennaio 1991, n. 10, artt. 9 e 38, nella parte in cui, includendo le province autonome di Trento e di Bolzano nella delega relativa alla concessione di contributi di spettanza provinciale, non prevedono per queste le modalit di finanziamento secondo le norme statutarie. Sentenza 27 dicembre 1991, n. 483, G.U. 4 gennaio 1992, n. 1. legge 9 gennaio 1991 n. 10, art. 13, secondo c0DJ.1a1 nella parte in cui prevede che anche la provincia autonoma di Bolzano promuova accordi con le categorie professionali ivi indicate. Sentenza 27 dicembre 1991, n. 483, G.U. 4 gennaio 1992, n. 1. legge reg. Friuli-Venezia Giulia riapprovata il 26 febbraio 1991, art. 3, secondo comma. Sentenza 3 febbraio 1992, n. 28, G.U. 12 febbraio 1992, n. 7. legge reg. siciliana approvata l'l-2 maggio 1991, artt. 1, 2, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12 e 13. Sentenza 27 dicembre 1991, n. 484, G.U. 4 gennaio 1992, n. 1. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE legge approvata dall'Assemblea reg. siclllana nella seduta ri 3'70 dell'12 maggio 1991, art. 2, primo comma, limitatamente alla parte o, se assegnati, non si proceduto alla consegna al legittimo assegnatario , e secondo comma, nonch dell'art. 5, terzo coniina, della legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana nella seduta n. 370 dell'l-2 maggio 1991. Sentenza 24 gennaio 1992, n. 16, G.U. 29 gennaio 1992; n. 5. legge reg. Veneto, riapprovata dal Consiglio regionale il 23 maggio 1991. Sentenza 27 dicembre 1991, n. 487, G. U. 4 gennaio 1992; n. 1. legge 4 giugno 1991, n. 186, art .2, primo comma, lettere e) e h), nella parte in cui, ai fini del coordinamento e dell'adeguamento dei piani e dei programmi provfuciali ivi indicati con il Piano generale dei trasporti, non prevede l'intesa con le Province autonome di Trento e di Bolzano. Sentenza 5 febbraio 1992, n. 38, G.U. 12 febbraio 1992, n. 7. legge 4 giugno 1991, .n. 186; art. 2, primo comma, lett. m), .qu.i'ta e quinta proposizione. Sentenza 5 febbraio 1992, n. 38, G.U. 12 febbraio 1992, n. 7. legg~ reg. siciliana 19 giugno 1991, n. 39, art. 5, primo, secondo e terzo comma, nonch art. 6, quinto comma. Sentenza 5 febbraio 1992, n. 35, G.U. 12 febbraio 1992, n. 7. legge 19 luglio 1991, n; 216, art. 2, sesto comma, nella parte in cui non prevede la preventiva intesa fra lo Stato e le Province autonome di Trento e di Bolzano in ordine al decreto del Ministro dell'interno che dispone i contributi. di cu al medesimo art. 2 per il sostegno a iniziative attivate nell'ambito dei rispettivi territori provinciali. Sentenza 5 febbraio 1992, n. 36, G.U. 12 febbraio 1992, n. 7. . . legge 19 luglo 1991, .n. 216, !lrt. 6,. nella parte in cui estende la disciplina prevista dallo stesso articolo alle Province autonome di Trento e di Bolzano. Sentenza 5 febbraio 1992, n. 36, G.U. 12 febbraio 1992, n. 7. II QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE codice di procedura civile, art. 825 (art. 24 della Costituzione). Sentenza 4 marzo 1992, n. 80, G.U. 11 marzo 1992, n. 11. codice di procedura penale, art. 34, secondo comma, nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio il giudice che abbia proceduto al riesame delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva ai sensi del l'art. 309 dello stesso codice (artt. 76 e 25 della Costituzione). Sentenza 30 dicembre 1991, n. 502, G.U. 8 gennaio 1992, n. 2. l:tASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO codice di procedura penale, art. 55, primo comma (artt. 3, 24, primo comma, e 42 della Costituzione). Sentenza 3 febbraio 1992, n. 25, G.U. 12 febbraio 1992, n. 7. codice di procedura penale, art. 60 (art. 76 della Costituzione). Sentenza 18 marzo 1992, n. 108, G.U. 25 marzo 1992, n. 13. codice di procedura penale, art. 197 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 18 marzo 1992, n. 109, G.U. 25 marzo 1992, n. 13 . codice di procedura penale, art. 291, comma 1-bis (artt. 3, 24, 31 e 101 [rectius lll] della Costituzione). Sentenza 22 gennaio 1992, n. 4, G.U. 29 gennaio 1992, n. 5. codice di procedura penale, art. 469 (artt. 3, 101 e 112 della Costituzione). Sentenza 9 marzo 1992, n. 91, G.U. 18 marzo 1992, n. 12. codice penale militare di pace, art. 199, nella parte in cui dispone l'applicabilit del reato speciale di insubordinazione ai fatti commessi per cause estranee al servizio o alla disciplina militare, per la sola circostanza della presenza di militari riuniti per servizio (artt. 3 e 52, ultimo comma della Costituzione). Sentenza 5 febbraio 1992, n. 45, G.U. 12 febbraio 1992, n. 7. d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, art. 30, primo comma, lett. a) (artt. 3, 51 e 97 della Costituzione). Sentenza 4 marzo 1992, n. 83, G.U. 11 marzo 1992, n. 11. combinato disposto legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 13 e legge 7 febbraio 1978, recte 1979, n. 29, art. 2, comma terzo (artt. 3 e 38 della Costituzione). Sentenza 30 dicembre 1991, n. 508, G.U. 8 gennaio 1992, n. 2. legge 13 luglio 1967, n. 584, art. 2 (artt. 2 e 3 della Costituzione). Sentenza 18 febbraio 1992, n. 52, G.U. 26 febbraio 1992, n. 9. legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 18, quinto comma (artt. 3, 4, 35 e 41 della Costituzione). Sentenza 4 marzo 1992, n. 81, G.U. 11 marzo 1992, n. 11. legge 30 marzo 1971, n. 118, art. 19 e d.lgvo 23 novembre 1988, n. 509, artt. 6 e 8 (artt. 2, 3 e 38 della Costituzione). Sentenza 9 marzo 1992, n. 88, G.U. 18 marzo 1992, n. 12. II II RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO codice di procedura penale, art. 55, primo comma (artt. 3, 24, primo comma, e 42 della Costituzione). OJJ.tj !1Jtl 'i Sentenza 3 febbraio 1992, n. 25, G.U. 12 febbraio 1992, n. 7. codice di procedura. penale, art. 60 (art. 76 della Costituzione). Sentenza 18 marzo 1992, n. 108, G.U. 25 marzo 1992, n. 13. codice di pro.cedura penale, art. 197 (art..3 della Costituzione). Sentenza 18 marzo 1992, n. 109, G.U. 25 marzo 1992, n. 13 . codice di procedura penale, art. 291, comma 1-bis (artt. 3, 24, 31 e 101 [rectius 111] della Costituzione). Sentenza 22 gennaio 1992, n. 4, G.U. 29 gennaio 1992, n. 5. codice di procedura penale, art. 469 (artt. 3; 101 e 112 della Costituzione). Sentenza 9 marzo 1992, n. 91, G.U. 18 marzo 1992, n. 12. codice penale militare di pace, art. 199, nella parte in cui dispone l'applicabilit del reato speciale di insubordinazione ai fatti commessi per cause estranee al servizio o alla disciplina militare, per la sola . circostanza della presenza di militari riuniti per servizio (artt. 3 e 52, ultimo comma della Costituzione). Sentenza 5 febbraio 1992, n. 45, G.U. 12 febbraio 1992, n. 7. d.P.R. 16 maggio 19601 n. 570, art. 30, primo comma, lett. a) (artt. 3, 51 e 97 della Costituzione). Sentenza 4 marzo 1992, n. 83, G.U. 11 marzo 1992, n. 11. combinato dispsto legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 13 e legge 7 febbraio 1978, recte 1979, n. 29, art. 2, comma terzo (artt. 3 e 38 della Costituzione). Sentenza 30 dicembre 1991, n. 508, G.U. 8 gennaio 1992, n. 2. legge 13 luglio 1967, n. 584, art. 2 (artt. 2 e 3 della Costituzione). Sentenza 18 febbraio 1992, n. 52, G.U. 26 febbraio 1992, n. 9. legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 18, quinto comma (artt. 3, 4, 35 e 41 della Costituzione). Sentenza 4 marzo 1992, n. 81, G.U. 11 marzo 1992, n. 11. legge 30 marzo 1971, n. 118, art. 19 e d.lgvo 23 novembre 1988, n. 509, artt. 6 e 8 (artt. 2, 3 e 38 della Costituzione). Sentenza 9 marzo 1992, n. 88, G.U. 18 marzo 1992, n. 12. RASSEGNA AVVOCAtURA DELLO STATO FIDEIUSSIONE (CONTRATTO DI) -Garanzia concessa per operazioni di credito navale -Contenuto. Quale contenuto debba avere lo schema tipo di fideiussione prestato a garanzia di operazioni di credito navale, anche alla luce delle contestazioni giudiziarie insorte con riferimento alle polizze fideiussorie precedentemente adottate (es. 4946/91). IMPIEGO PUBBLICO -Sospensione cautelare in pendenza di procedimento penale -Inizio del procedimento disciplinare -Termine. Se il termine di 180 giorni decorrente dalla sentenza di proscioglimento per finizio del procedimento disciplinare nei confronti di pubblico dipendente sottoposto a procedimento disciplinare si applichi solo nel caso di intervenuta sospensione cautelare (es. 6794/91). IMPIEGO PUBBLICO -Trattamnto economico -Indennit di direzione Dirigenti USL -Se debba entrare nel computo dello stipendio. Se l'indennit di direzione spettante ai dirigenti USL poi comandati presso i Commissari straordinari per la ricostruzione delle zone terremotate debba essere computata nello stipendio ai fini della maggiorazione di cui all'art. 84 legge n. 219/81 (es. 3202/91). ISTRUZIONE E SCUOLE -Scuole non autorizzate -Riconoscimento legale da parte della Regione Sicilia -Effetti. Quali effetti possano derivare dal riconoscimento legale operato dalla Regione Sicilia di scuole per odontotecnici e ottici cui dalla stessa Regione sia stata precedentemente negata la autorizzazione di cui all'art. 140 t.u. n. 1275/31 (es. 5280/91). NAVE -Contributi per la costruzione -Navi destinate alla ricerca -Se spettino in caso di successiva diversa utilizzazione. Se spettino i contributi al cantiere per la costruzione di navi mercantili anche per navi originariamente destinate alla ricerca e successivamente utilizzate per attivit militari (es. 7687/90). PUBBLICA AMMINISTRAZIONE -Pubblico ufficiale -Personale addetto agli USTIF -Se rivestano tale qualifica. Se rivestano la qualifica di ufficiali ovvero di agenti di polizia giudiziaria i dipendenti degli Uffici Speciali per i Trasporti ad Impianti Fissi (es. 4503/91). RISCOSSIONE DELLE ENTRATE PATRIMONIALI -Recupero aiuti alla trasformazione di ortofrutticoli -Modalit. Con quali modalit possa procedersi al recupero di crediti vantati dall'AIMA per il recupero di aiuti alla trasformazione di ortofrutticoli (es. 4094/91). PARTE II, CONSULTAZIONI 4! TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI -Imposta di registro -Immobili non iscritti in catasto -Valutazione automatica in base al reddito catastale Liquidazione dell'imposta -Termini. Se, allorquando il contribuente, acquirente di immobile non ancora catastalmente censito, dichiari di volersi avvalere della particolare procedura volta alla valutazione automatica in base al reddito catastale, la richiesta dell'imposta da parte dell'Ufficio finanziario sia sottoposta ad un termine, e con quale decorrenza (es. 6936/91). TRIBUTI (IN GENERALE) -Agevolazioni per le operazioni BEI -Se si applichino ai prestiti di riconversione fatti dalla CECA. Se le agevolazioni fiscali previste per le operazioni della Banca Europea Investimenti si applichino anche ai prestiti di riconversione della CECA agli istituti finanziari, ai negozi accessori ed ai successivi prestiti aiccordati dagli istituti stessi alle singole imprese (es. 3279/91). TRIBUTI (IN GENERALE) -Tassa specale per fuoristrada e caravan -Quando debba essere corrisposta. Se debba essere corrisposta la tassa speciale per fuoristrada e caravan di cui alla legge n. 202/91 anche se gli stessi siano stati consegnati per la rivendita o per essi sia stata annotata la perdita di possesso prima dell'l maggio 1991, ma siano coperti da un pagamento di tasse automobilistiche con scadenza successiva a detta data (es. 7667/91). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO . legge 9 gennaio 1991, n. 9, art. 5, primo comma, e 6 primo comma, nella parte in cui non prevedono che il permesso di ricerca accordato d'intesa'" nei sensi espressi in motivazione, con la regione autonoma Valle d'Aosta o con la provincia autonoma di Trento o di Bolzano . Sentenza 27 dicembre 1991, n. 482, G.U. 4 gennaio 1992, n. 1. legge 9 gennaio 1991, n. 91art. 9, in quanto non prevede che la concessione di coltivazione sia accordata, nei sensi espressi in motivazione, con la regione autonoma Valle d'Aosta o con la provincia autonoma di Trento o di Bolzano. Sentenza 27 dicembre 1991, n. 482, G. U. 4 gennaio 1992, n. 1. legge 9 gennaio 1991, n. 10, art. 5, primo co:mma, nella parte in cui prevede che le province autonome di Trento e Bolzano individuano i bacini, ivi considerati, d'intesa con am;ich sentito !'ENEA. Sentenza 27 dicembre 1991, n. 483, G.U. 4 gennaio 1992, n. 1. legge 9.gemiaio 1991, n. 10, art. 5, secondo comma, nella parte in cui prevede che le provfuce autonome di Trento e di Bolzano predispongono i loro piani d'intesa con anzich sentiti gli enti locali e le loro aziende. Sentenza 27 dicembre 1991, n. 483, G.U. 4 gennaio 1992, n. 1. legge 9 gennaio 1991, n. 10, art. 5, quar.to co~a, nella parte in cui non prevede un congruo preavviso, nei sensi espressi in motivazione, alle province autonome di Trento e di Bolzano, in ordine all'esercizio dei poteri sostitutivi ivi disciplinati. Sentenza 27 dicembre 1991, n. 483, G.U. 4 gennaio 1992, n. 1. legge 9 gennaio 1991, n. 10, artt. 9 e 38, nella parte in cui, includendo le province autonome di Trento e di Bolzano nella delega relativa alla concessione di contributi di spettanza provinciale, non prevedono per queste le modalit di finanziamento secondo le norme statutarie. Sentenza 27 dicembre 1991, n. 483, G.U. 4 gennaio 1992, n. 1. legge 9 gennaio 1991 n. 10, art. 13, secondo COOllillla, nella parte in cui prevede che anche la provincia autonoma di Bolzano promuova accordi con le categorie professionali ivi indicate. Sentenza 27 dicembre 1991, n~ 483, G.U. 4 gennaio 1992, n. 1. legge reg. Friuli-Venezia Giulia papprovata il 26 febbraio 1991, art. 3, secondo comma. Sentenza 3 febbraio 1992, n. 28, G.U. 12 febbraio 1992, n. 7. legge reg. siciliana approvata l'l-2 maggio 1991, artt. 1, 2, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12 e 13. Sentenza 27 dicembre 1991, n. 484, G.U. 4 gennaio 1992, n. 1. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE legge. reg. Sicilia 4 gennio 1984, n. 1, art. 6, nella parte in cui prevede che due de tre rappresentanti delle associazioni degli industriali nei consigli generali dei consorzi siano designati dalle associazioni provinciali degli industriali. Sentenza 9 marzo 1992, n. 87, G.U. 18 marzo 1992, n. 12. legge reg. Piemonte 10 dicembre 1984, n, 64, artt. 20, ottavo comma, e 21, dodicesimo comma. Sentenza 27 dcembre 1991, n. 489, G.U. 4 gennaio 1992, n. 1. legge 16 febbraio 1987, n. 81, art. 2, n. 31, secondo periodo, nella parte in cui vieta l'utilizzazione. agli effetti del giudizio, attraverso testimonianza della stessa polizia giudiziaria, delle dichiarazioni ad essa rese da testimoni. Sentenza 31 gennaio 1992, n. 24, G.U. 5 febbraio 1992, n. 6. legge 27 ottobre 1988, n. 458, art. 3, nella parte in cui non prevede che al proprietario del terreno utilizzato per . finalit d edilizia residenziale pubblica senza che. sia stato emesso alcun provvedimento d esproprio possa applicarsi la cisciplina da detta norma prevista per l'ipotesi in cui -nella medesima situazione -il provvedimento espropriativo sia stato dichiarato illegittimo. Sentenza 27 dicembre 1991, n. 486, G.U. 4 gennaio 1992, n. 1. legge 21 novEilllbre 1988, n; 508; art. 6,. nella parte in cui non prevede l'erogazione dell'assegno di accompagnamento fino alla data di entrata in vigore della legge 11 ottobre 1990, n. 289. Sentenza 18 marzo 1992, n. 106, G.U. 25 marzo 1992, n. 13. dJ. 1 aprile. 1989, n. 120, art. 2, secondo comma, [convertito in legge 15 maggio 1989, n. 181], nella parte in cui non riconosce alla lavoratrice del settore siderurgico, in caso di prepensionamento anticipato al compimento del cinquan tesimo anno, di conseguire la medesima anzianit contributiva fino a sessanta anni come per il lavoratore. Sentenza 30 dicembre 1991, n. 503, G.U. 8 gennaio 1992, n. 2. legge reg. Friuli-Venezia Giulia 28 agosto 1989, n. 23, art. 7, primo e secondo comma, [come modificato dall'art. 2 della legge regionale del Friuli 3 dicembre 1990, n. 53], nella parte in cui dette norme prevedono, sia pure in via transitoria, la possibilit d continuare l'abusivo ammasso temporaneo di rifiuti tossici e nocivi all'interno dell'azienda, previa presentazione della istanza di autorizzazione. Sentenza 30 dicembre 1991, n. 504, G.U. 8 gennaio 1992, n. 2. legge 9 gennaio 1991, n. 9, art. 3, primo e terzo C