NNO XVIII -N. 4 LUGLIO -AGOSTO 1966 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ROMA ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 1966 ABBONAMENTI ANNo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . L. 5.000 UN NUMERO SEPARATO .. .. .. .. .. 900 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA e/e postale 1/40500 Stampato in Italia -Printed in Italy Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 (5213783) Roma, 1966 -Istituto Poligrafico dello Stato P. V. Il giorno 12 ottobre 1966 il Presidente del Consiglio dei Mi nistri on. Moro, ha ricevuto l'Avvocato Generale dello Stato, Giovanni Zappal, il quale Gli ha presentato la relazione sui giudizi di costituzionalit ed il Contenzioso dello Stato nel quin quennio 1961-1.965. L'opera che illustra l'attivit dell'Avvocatura dello Stato nel campo costituzionale e nel campo contenzioso e consultivo, divisa in tre volumi, il primo dei quali dedicato ai giudizi di costituzionalit ed il secondo ed il terzo al Contenzioso dello Stato. La materia costituzionale stata divisa in quattro Sezioni, delle quali la prima tratta del controllo di costituzionalit e dei giudizi di legittimit costituzionale, la seconda della tutela della Costituzionale nella giurisprudenza della Corte Costituzionale, la terza dell'ordinamento regionale, la quarta della riforma fondiaria. La materia relativa al contenzioso dello Stato stata divisa in due parti, la prima, costituita di quattro capitoli, ove sono state esposte le tesi sostenute dall'Avvocatura sia nei giudizi ver titi dinanzi la Corte di Giustizia della Comunit Europea, dinanzi le Commissioni di Conciliazione e dinanzi autorit giurisdizionali straniere, sia in materia di giurisdizione e di responsabilit della pubblica Amministrazione, avendo cura di dare notizia anche delle pi rilevanti manifestazioni giurisdizionali intervenute in giudizi cui l'Avvocatura rimasta estranea (per non riguardare lo Stato o gli Enti pubblici da essa rappresentati e difesi) e ci al fine di dare un panorama generale delle varie questioni co munque interessanti, in via diretta o indiretta, la pubblica Am ministrazione intesa in senso lato. Nella seconda parte de Il Contenzioso dello Stato hanno trovato sistemazione, in cinque distinti Titoli, i beni ed i mezzi dello Stato, l'attivit della Pubblica Amministrazione sotto lo aspetto formale e sostanziale e nei rapporti di diritto comune, il rapporto di pubblico e gli indennizzi in dipendenza della guerra. Trattasi di un'opera di particolare utilit per quanti si inte ressano ai problemi giuridici in genere ed in particolare a quelli relativi alla pubblica Amministrazione, e dalla quale l'uomo di governo, il magistrato, il funzionario, l'avvocato e lo studioso possono trarre un concreto ausilio, o quanto meno un primo orientamento, anche dalla semplice consultazione. A tal fine l'opera corredata da ampi indici e da tavole statistiche ove l'attivit dell'Avvocatura viene, per cos dire, visualizzata, dando modo di rendersi conto della notevole mole di lavoro svolto in un quinquennio. Infatti, gli affari trattati dalla Avvocatura negli anni 1961 1965 hanno raggiunto la cifra di 184.128, dei quali 71.565 affari consultivi e 112.536 affari contenziosi, con un notevole incremento rispetto ai 164.187 affari trattati complessivamente nel quinquennio precedente. Questi dati statistici, insieme con quelli relativi agli affari contenziosi definiti nel quinquennio e tenendo anche conto della gravit e della delicatezza delle questioni trattate, mettono in rilievo l'alto grado di rendimento raggiunto dall'Istituto. ' INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTffUZIONALE E INT,ERNAZIONA> LE pag. 755 Sezione seconda: GIURISPIRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDl- ZIONE )) 783 Sezione terza: GIURISPIRUDENZA CIVILE )) 829 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA )) 876 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRl,BUTARIA )) 894 Sezione sesta: GIURISPiRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBUCHE, APPALTI E FORNl1TU~E )) 947 Sezione settima: GIURISPiRUDENZA PENALE )) 962 Parte seconda: QUESTIONI -RASSEGNE -CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO QUESTIONI pag. 181 RASSEGNA DI DOTTRINA )) 189 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE )) 194 CONSULTAZIONI )) 214 NOTIZIARIO 225 La pubblicazione diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO Le sezioni della parte prima sono curate, nell'ordine, dagH avvocati: Michele Savarese, Benedetto Baccari, Franco Carusi, Ugo Gargiulo, Mario Fanelli, Giuseppe 1Del Greco, Antonino Terranova Le rassegne. di dottrina e legislazione dagli avvocati: Luigi Mazzella e Arturo Marzano ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI ARGAN F., Osservazioni in tema di invenzioni di dipendenti sta tali e di imposizione di vincolo di segretezza su invenzioni interessanti la difesa militare . . . . . . . . . . . . . . I, 788 CARUSI F., Sostituzione nell'esecuzione di opera pubblica, occupazione abusiva di suolo alieno e legittimazione passiva nel giudizio promosso dal proprietario a tutela del proprio diritto leso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 864 MARZANO A., Ancora sulla demaniabilit delle spiagge lacuali I, 949 FOLIGNO D., Gli effetti dell'a dichiarazione di illegittimit costituzionale (nuovi spunti in margine alla sentenza sul plusvalore delle aree fabbricabili) . . . . . . . . . . . . . II, 181 INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ACQUE PUBBLICHE ED ELETCITA -Controversia sul se un terreno faccia pi parte dell'alveo -Competenza del Tribunale delle Acque -Sussiste -Controversia sulla propriet di un terreno che abbia cessato di far parte dell'alveo -Competenza del G. O. Sussiste, 947. -Laghi -Condizione giuridica nel periodo anteriore alla legislazione vigente -Demanialit, con nota di A. MARZANO, 948. -V. anche Competenza e giurisdizione. AMMINISTRAZIONE DELLO f!lrATO E DEGLI ENTI PUBBLICI -Contratti dello Stato -Interpretazione extratestuale -Inammissibilit -Deliberazioni preparatorie -Rilevanza, con nota di F. ARGAN, 829. -Delegazione amministrativa intersoggettiva -Eliminazione delle abitazioni malsane -Delega dell'Amministrazione dei Lavori Pubblici agli Istituti Autonomi per le case popolari -Estensione della delega anche alle espropriazioni per p. u. -Necessit dell'esame dell'atto di delega Sussiste, 838. -V. anche Corte dei Conti. APPALTO -V. Opere pubbliche. ARBITRATO -V. Competenza e giurisdizione. ATTO AMMINlSTRATIVO -Estradizione Provvedimento ministeriale -Natura, 885. -Firma per il Ministro -Irregolarit nella copia notificata Rilevanza -Limiti, 892. -Silenzio -Provvedimento interlocutorio, a carattere meramente dilatorio -Non impedisce la formazione del silenzio impugnabile, 877. -V. anche Competenza e giurisdizione. CAISSAZIONE -Obbligazioni e contratti -Interpretazione della volont contrattuale -Pronuncia del giudice di merito -Incensurabilit, 904. -Procedimento innanzi alla Corte di Cassazione -Facolt di produrre atti e documenti, non prodotti nei precedenti gradi del processo, riguardanti la nullit della sentenza impugnata e l'ammissibilit del ricorso e del controricorso -Estensione anche ai documenti relativi alla legittimazione al ricorso o al controricorso -Sussiste, 854. -Provvedimenti di carattere decisorio in forma di ordinanza -Ricorso a norma dell'art. 111 della Clostituzione -Ammissibilit, con nota di F. ARGAN, 833. -Ricorso a norma dell'art. 111 Cost. -Provvedimenti impugnabili -Provvedimenti decisori con attitudine a produrre efficacia di giudicato e non altrimenti impugnabili, con nota di F. ARGAN, 835. -V. anche Competenza e giurisdizione. COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Atto amministrativo di delimitazione del demanio naturale -Lesione di diritto soggettivo perfetto del privato -Controversia dell'A. G.O., 947. VIII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -Atto amministrativo -Poteri del Giudice ordinario -Accertamento incidentale di legittimit, 818. -Atto amministrativo -Poteri del Giudice ordinario -Estensione 819. ' -Consiglio di Stato -Questioni pregiudiziali -Giudicato preclusivo -Limiti, 783. - Danni di guerra -Indennizzo ex 1. n. 968 del 1953 a favore dei proprietari di navi requisite o noleggiate dallo Stato -Interesse legittimo Giurisdizione del C.d,S., 877. -Difetto di giurisdizione -Deducibilit anche dalla parte che abbia precedentemente sostenuto la tesi contraria -Rilevabilit in ogni stadio e grado del giudizio anche di ufficio. 823. ' -Espropriazione per pubblica utilit -Procedimento speciale per le zone terremotate -Effetti Giurisdizione del Giudice amministrativo -Fattispecie, 823. -Estradizione -Giurisdizione ordinaria e amministrativa -Discriminazione -Criteri, 885. -Giurisdizione ordinaria e giurisdizione amministrativa -Controversie tra privati, 783. -Giurisdizione ordinaria e giurisdizione amministrativa -Determinazione e criteri -Petitum sostanziale, 822. -Giurisdizione ordinaria e giurisdizione amministrativa -Discriminazione -Criteri, 784. -Giurisdizione ordinaria ed amministrativa -Discriminazione Criteri, 887. -Giurisdizione ordinaria e giurisdizione aministrativa -Domanda di revoca di un atto amimnistrativo -Inammissibilit -Effetti rispetto alla giurisdizione sulle altre domande, 820. -Impiego publico e privato -Dipendenti -Corte dei C'onti -Ammissione -Esclusione dalle prove d'esame -Competenza del Consiglio di Stato, 883. -Insegnanti dei Convitti Nazionali -Rapporti di impiego -Controversie -Giurisdizione amministrativa -Susi;;istenza, 878. -Principi generali -Regolamento di giurisdizione -Sentenza della Corte di Cassazione -Declaratoria di giurisdizione del Consiglio di Stato -Effetti -Obbligatoriet della decisione del Consiglio di Stato, 384. -Principi generali -Regolamento di giurisdizione -Sentenza della Corte di Cassazione -Effetti . Decorrenza, 883. -Principi generali -Regolamento di giurisdizione -Sentenza della Corte di Cassazione -Fa stato nel giudizio davanti al Consiglio di Stato, 883. -Regolamento di competenza Ambito del giudizio della Corte di Cassazione -Designazione del giudice competente -Esclusione di ogni altra questione non attinente in modo diretto e necessario alla decisione sul punto della competenza -Sussiste, 848. .,.._ Regolamento di competenza Criterio differenziatore tra la competenza dei Tribunali delle acque pubbliche e quella della A. G. in sede ordinaria -Oggetto della controversia -Attinenza anche indiretta ad interessi pubblici relativi allo sfruttamento ed alla regolamentazione delle acque pubbliche -Controversia relativa alla costruzione di una pertinenza di un'opera di regolazione di acque puibbliche -Competenza del Tribunale Regionale delle acque pubbliche -Sussiste, 848. -Regolamento di competenza Provvedimenti impugnabili -Arbitrato -Ordinanza del Tribunale declinatoria della competenza a provvedere sulla liquidazione dei compensi agli arbitri -Esclusione, con nota di F. ARGAN, 832. -Regolamento preventivo di giurisdizione -Obbligo della parte di sollevare la questione di giurisdizione davanti al Giudice di merito -Insussistenza, 820. lND.ICJ: IX -Regolamento preventivo di giurisdizione -Proposizione da parte dell'attore -Ammissibilit, 822. -V. ~che A.eque pubbliche, Espropriazione per p. u., Imposte e Tasse in genere. CONCESSIONI - V. Demanio, Mezzogiorno. CONFLITTO DI ATTRIBUZIONI - V; Sicilia, Valle d'Aosta. CONTABILIT GENERALE DELLO STATO - V. Amministrazione dello Stato. CONTRABBANDO - V. Monopoli. CORTE COSTITUZIONALE -Giudizio di legittimit costituzionale in via incidentale -Applicabilit di norme di esclusiva competenza del Giudice istruttore Legittimazione a sollevare la questione, 755. -Giudizi di legittimit costituzionale in via incidentale -Questione sollevata dal giudice dell'esecuzione esattoriale -Ammissibilit, 780. -Giudizio di legittimit costituzionale in via incidentale -Regolamenti -Esclusione, 764. CORTE DEI CONTI -Controllo sugli Enti publici Limiti -Fattispecie in tema di societ concessionarie di servizi postali marittimi, 886. COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA -V. Esecuzione fiscale, Espropriazione per p. u., Giustizia amministrativa, Impiego pubblico, Im posta di registro, Imposte e Tasse in genere, Patria potest, Pensione, Prescrizione, Sicilia, Valle d'Aosta. DANNI -Sottrazione o danenggiamento di cose sottoposte a danenggiamento o sequestro -Obbiettivit giuridica -Permanenza del vincolo sulla cosa -Sussistenza del reato -Cessazione del vincolo Cause, 969. DANNI DI GUERRA -Beni mobili ed immobili -Indennizzo -Navi requisite o noleggiate dallo Stato, 1. 968 del 1953 Applicabilit, 877. -Beni perduti all'estero per trattato di pace -Accertamento Esigenza del contraddittorio Limiti, 889. ~ V. anche Competenza e giurisdizione. DEMANIO E PATRIMONIO -Beni demaniali -Concessione con effetti retroattivi -Irrilevanza ai fini del possesso utile per la usucapione, con nota di A. MARZANO, 949. .,.... Beni demaniali -Possesso immemorabile -Effetti, con nota di A. MARZANO, 948. -Demanio marittimo -Concessioni -Prescrizioni di massima -Circolare 10 aprile 1961, n. 41 Esclusione della discrezionalit in ordine alla valutazione dei casi singoli -Non sussiste, 892. -Demanio marittimo -Concessioni -Prescrizioni di massima Circolare 10 aprile 1961, n. 41 Divieto di costruzione di opere aventi carattere di abitazione Legittimit, 892. -Demanio naturale -Delimitazione ex lege -Inesistenza di un potere della P. A. di delimitazione in base a valutazioni discrezionali, 947. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO X -Demanio storico ed artistico Vincolo Motivazione come parco annesso -Insufficienza, 893. Demanio storico e artistico -Vincolo -Motivazione -Necessit ed estremi, 892. Dichiarazione legislativa di demanialit -Effetti, con nota di A. MARZANO, 948. -Laghi pubblici -Spiaggia -Condizione giuridica -Demanialit, con nota di A. MARZANO, 948. -V. anche Acque pubbl'iche. EDILIZIA -Piano di lottizzazione -Natura Atto preliminare alla licenza edilizia -Effetti, 889. ENTI PUBBLICI -Comune -Spese per opere pubbliche -Esonero -Atto di esclusione -Sindacato del giudice amministrativo, 887. -V. anche Corte dei Conti, Impiego pubblico, Opere pubbliche. ESECUZIONE FISCiALE -Disposizioni che non consentono al debitore esecutato contestazioni sulla valutazione dei beni staggiti -Violazione del principio di difesa -Esclusione, 780. ESECUZIONE FORZATA -Opposizione agli atti esecutivi Creditore procedente -Legittimazione, con nota di F. ARGAN, 835. -Pignoramento di crediti del debitore verso terzi -Dichiarazione del terzo -Ordinanza di assegnazione -Natura. decisoria -Crediti impignorabili -Stipendi Riduzione del pignoramento a un quinto dello stipendio -Atto di esecuzione -Rimedio -Opposizione agli atti esecutivi, con nota di F . .ARGAN, 835. ESPROPRIAZIONE PER P. U. -Espropriazione -Elettrodotto Inefficacia per decorrenza dei termini della dichiarazione di p. u. -Emanazione del decreto di asservimento -Illegittimit, 881. -Espropriazione -Elettrodotto Termine inizio lavori -Decorrenza -Effetti sul decreto di asservimento, 881. -Giunta speciale presso la Corte di Appello di Napoli -Ambito della giurisdizione della Giunta Estensione alle ,questioni di chiamata in causa del soggetto legittimato -Sussiste, 854. -Giunta speciale presso la Corte di Appello di Napoli -Carattere normalmente preliminarei della pronuncia -Giunta sull'indenni I t rispetto alla emissione del decreto espropriativo -'Sussiste Irritualit della stima da parte di un perito provocata dal Pre I fa fetto e conseguente illegittimit !~ del decreto espropriativo -Susi~ sistono -Facolt dell'espropria to di limitarsi a contestare l'ade I ' l guatezza dell'indennit innanzi alla Giunta invece di far va1ere l'illegittimit del trasferimento Sussiste -Necessit che in tal caso la stima da parte della Giunta sia riferita al valore dell'immobile alla data del decreto I:. d'espropriazione -Sussiste, 854. ~ I -Indennit -Interessi compensa-: -: tivi (e non moratori) sulla parte ' ' di indennit non depositata prima dell'emissione dal decreto di espropriazione -Decorrenza Immissione dell'espropriante nel possesso del bene, 841. -Nozione secondo la Costituzione -Limitazione della nozione ai trasferimenti coattivi -Esclusione -Atto espropriativo in senso materiale, 872. -Occupazione d'urgenza -Stato di consistenza -Avviso agli interessati -Forma -Irrilevanza -Limiti, 883. -Occupazione d'urgenza -Stato di consistenza -Irregolarit -Illegittimit dell'occupazione, 883. INDICE XI -Rapporto di espropriazione -Delegazione amministrativa intersoggettiva al compimento degli atti necessari per il perfezionamento di procedura espropriativa -Opposizione alla stima dell'indennit di espropriazione Legittimazione passiva dell'Ente delegante -Esclusione -Legittimazione passiva dell'Ente delegato -Sussiste -Fattispecie, 838. -V .anche Competenza e giurisdizione, Giustizia amministrativa. FARMACIA -Farmacia comunale -Apertura Autorizzazione del Medico Provinciale -Discrezionalit -Farmacie private -Apertura -Autorizzazione del Medico Provinciale -Discrezionalit -Differenza, 876. -Farmacia Comunale -Atti del Medico Provinciale Definitivit -Esclusione, 876. GIUSTIZIA AMMINlSTRATIVA -Intervento -Ad opponendum Presupposti -interesse astratto e futuro indipendente dalla conservazione dell'atto impugnato Inammissibilit, 890. -Notificazioni e comunicazioni C'ontrointeressati -Fattispecie, 882. -Notificazioni e comunicazioni - Controinteressati -Nozione, 882. -Perenzione -Art. 40 t. u. 26 giugno 1924, n. 1054 -Contrasto con le norme costituzionali che prevedono la tutela degli interessi legittimi -Manifesta infondatezza, 891. -Perenzione -Art. 40 t. u. 26 giugno 1924, n. 1054 -Istanza per la sospensione dell'atto -Irrilevanza, 891. -Perenzione -Interruzione del termine -Compimento dell'atto di procedura necessario -Prova legale, 885. -Ricorso giurisdizionale -Affittuario di immobile espropriato -Legittimazione -Esclusione, 888. -Ricorso giurisdizionale -Deposito atto impugnato -Copia non autentica -Inammissibilit, 888. -Ricorso giurisdizionale -Identificazione atto impugnato -Mediante formule di rito -Impossibilit -Fattispecie, 889. -Ricorso giurisdizionale -Motivi aggiunti non notificati -Inammissibilit, 888. -Ricorso giurisdizionale -Motivi dedotti in memoria -Inammissibilit, 885. -V. anche Competenza e giurisdizione. IMPIEGO PUBBLICO -Insegnanti incaricati presso i Convitti Nazionali -Indennit di anzianit -Esclusione, 878. -Insegnanti dei Convitti Nazionali -Norme applicabili -Fattispecie, 878. -Promozioni -Merito comparativo -Attitudini al grado superiore -Punteggio -Proporzione con gli altri titoli -Non necessaria, 880. -Promozioni -Merito comparativo -Cultura generale -Attribuzione del punteggio -Criterio Titolo di studio -Valore, 880. -Promozioni -Merito comparativo -Funzioni di quali.fica superiore -Non costituisce titolo a s, 880. -Promozioni -Merito comparativo -Incarichi -1Svolgimento delle funzioni normali di ufficio Valutazione -Omissione -Legittimit, 880. -Promozioni -Merito comparativo -Qualit del servizio prestato -Attribuzione -Ciriterio, 880. -Rapporto a termine -Prosecuzione di fatto -Rinnovazione tacita del rapporto -Esclusione, 878. XII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -Retribuzione -Integrazione ex art. 36 Costituzione -Azionabilit della pretesa -Condizioni, 878. -V. anche Competenza e giurisdizione, Privative per invenzioni industriali. IMPOSTA DI REGISTRO -Agevolazioni previste dalla 1. 29 luglio 1957, n. 634 per gli aumenti di capitale preordinati al potenziamento della attivit industriale da parte di societ aventi sede ed operanti nel Mezzogiorno -Aumenti di capitale da parte di societ il cui statuto prevede lo svolgimento di attivit anche commerciale e finanziaria e l'istituzione di succursali e stabi. limenti anche fuori del Mezzogiorno -Inapplicabilit, con nota di F. PAGANO, 943. -Diritto dell'Amministrazione alle ordinarie imposte per decadenza del contribuente dai benefici Termini prescrizionali previstidalla legge organica del registro -Inapplicabilit -Prescrizione ordinaria decennale -Applicabilit, 939. -Divieto per i cancellieri di rilasciare copie di sentenze non registrate -Violazione del diritto di difesa -Illegittimit costituzionale, 775. -Imposta complementare ed imposta suppletiva -Nozione, 895. -Imposta liquidata in relazione ad un cespite per errore non considerato nella liquidazione della imposta principale -il imposta suppletiva -Mancata liquidazione e richiesta di tale imposta entro il termine di cui all'art. 21 del d. I. 7 .agosto 1936, n. 1639 Decadenza -Esclusione -Fattispecie, 895. -Imposta suppletiva -Prescrizione -Decorrenza, 927. -Natura ed effetti degli atti e dei trasferimenti -Fidejussioni bancarie, in favore di terzi, verso pubbliche amministrazioni -Fattispecie, 927. -Societ -Sovraprezzo azioni di nuova emissione -Imposta rproporzionale -Esclusione, 938. -Termine per la notifica dell'accertamento di valore -Natura Decorrenza, 894. LMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE -V. Profitti di contingenza. IMPOSTA DI SUCCESSIONE -Legge 20 novembre 1955, n. 1123, per l'equiparazione del trattamento tributario delle successioni da adottante ad adottato a quello delle successioni tra genitori e figli legittimi -Retroattivit -Esclusione, 942. -V. anche Imposte e tasse in genere. IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA -Non imponibilit dei corrispettivi relativi a servizi internazionali -Nozione di tali servizi -Attivit dei commissionari in affari di importazioni ed esportazioni -Imponibilit dei corrispettivi -Limiti, 917. IMPOSTE E TASSE IN GENERE. -Accertamento -Avviso di accertamento -Indicazione dei fatti obiettivi a base dell'accertamento e della loro qualificazione giuridica -Diversa qualificazione ad opera del giudice -Ammissibilit, 928. -Acquiescenza in ordine ad accertamento tributario e, in particolare, ad ingiunzione fiscale -Ammissibilit, 894. -Competenza e giurisdizione Controversia sulla regolarit formale del procedimento esecutivo ex t. u. 14 aprile 1910, n. 639 Competenza del foro dello Stato Sussiste, 921. XIV RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -Importazioni ed esportazioni temporanee -Diritti per merci introdotte in temporanea importazione e non riesportate -Natura e momento della nascita dell'obbligazione d'imposta, 922. -Importazioni ed esportazioni temporanee -Inserimento nel sistema generale della legislazione doganale -Sussiste, 922. INGIUNZIONE -V. Imposte e tasse in genere, Procedimento civile. LAVORO -Delega al Governo per la disciplina della contrattazione e erga omnes -Legge di proroga Concessione di altri quindici mesi per l'esercizio della legislazione delegata, 765. -V. anche Prescrizione. MEZZOGIORNO -Cassa per il Mezzogiorno -Realizzazione di opere straordinade nelle provincie meridionali Esecuzione delle opere a mezzo di appalti diretti o di concessioni -Aplicabilit delle norme vigenti per l'esecuzione delle opere di competenza del Ministero dei Lavori Pubblici -Sussiste, 843. -Legge speciale per la citt di Napoli 9 aprile 1953, n. 297 -Affidamento da parte della Cassa per il Mezzogiorno dell'esecuzione dei lavori, a norma dell'ultimo comma dell'art. 41, n. 297 del 1953, all'Amiministrazione dell'Ente locale interessato -Natura giuridica ed effetti, anche in ordine alla responsabilit verso i terzi, 854. -V. anche Imposta di registro. MONOPOLI -Monopolio e dogana -Carburante assegnato in esenzione fiscale per la pesca -Mutata destinazione -Reato configurabile Contrabbando doganale per indebito uso, 964. -Monopolio e dogana -Contrabbando -Tabacchi esteri -Detenzione abusiva -Norme aplicaibili, 962. NAVE -V. Competenza e giurisdizione. NOTIFICAZIONE -Difformit fra l'originale e la copia notificata -Prevalenza della seconda -Decreto di citazione Data di comparizione -Erronea indicazione -Nullit, 967. OBBLIGAZIONI E CONTRATTI -Interessi compensativi -Nozione, 841. -Interpretazione -Regole finali di cui all'art. 1371 c. c. -Applicabilit in via sussidiaria, 904. -V. anche Cassazione, Espropriazione per p. u. OCCUPAZIONE -V. Espropriazione per p. u. OPERE PUBBLICHE -Capitolati generali per gli appalti delle opere pubbliche dello Stato -Natura regolamentare Sussiste -Norme processuali contenute nei capitolati -Applicazione immediata anche ai rapporti sorti anteriormente alla loro entrata in vigore -Sussiste Nuovo capitolato generale di appalto per le opere di competenza del Ministero dei Lavori Pubblici entrato in vigore n 10 settembre 1962 -Norme sull'impugnabilit del lodo arbitrale -Natura di norme processuali di immediata applicazione -Sussiste, 843. INDICE xv -Opere pubbliche di competenzadegli enti locali -Necessit ed indllleribilit delle opere ed imposslbilit degli enti locali interessati di provvedere al relativo finanziamento -Sostituzione dello Stato all'ente locale nell'esecuzione dell'opera, nei limiti della somma all'uopo assegnata dal Ministero dei Lavori Pubbliei Potere dell'Amministrazione dei lavori pubblici di avvalersi, nell'espletamento della sostituzione, dell'ufficio tecnico dell'ente locale sostituito -Affidamento a quest'ultimo della stessa titolarit dell'esecuzione dell'opera ... Diversa portata giuridica delle due ipotesi, con nota di F. CARusx, 862. -()pere pubbliche dj competenzadegli .enti. locali ~ Sostituzione dello. Stato a. norma . del d. lgt. 10 agosto 1945, n. 517 al omune interessato nella costruzione di un edificio scolastico -.Occupazione senza titolo di suolo indicato. nel progetto redatto dal .. l'u6lcio tecnico del Comune . Azione proposta dall'Amministrazione delle Finanze, proprietaria del suolo, contro il Comune entrato in possesso. dell'opera ultimata, per ottenerne la condanna al rilascio del medesimo o, in mancanza, al pagamentodel suo valore venale -Difetto di legittimazione passiva del Comune -Sussiste, con nota di F. CARus1, 863. PATRIA POTES'l'A -Attribuzione al padre naturale Violazione del principio della eguaglianza dei genitori -Esclusione, 770. PENSIONI -Cumulo con lo stipendio -Limite -Art. 14 1. n. 149 del 1949 Eccezione di incostituzionalit Manifesta infondatezza, 891. -Cumulo con lo stipendio -Limite -Art. 14 1. 149 del 1949 Pensione di. riversibilit -Applicabilit, 890. PIANO REGO:t.ATORE -Piano. regolatore generale -Prescrizioni di zona immediatamente efficaci -Inosservanza -Conseguenze -Fattispecie in tema di mercati, 888. PRESCRIZIONE -Decorrenza del terxnine durante il rapporto di lavoro -Incompati! bilit con l'art. 36 Cost. -Illegittimit costituzionale, 758. -Prescrizione dei diritti di credito derivanti da rapporti di lavoro - Incompatibilit n la natura del diritto al salario -Esclusione, 758. . -V. anche Imposta di registro. P:Etrv.A'l'IVE PER INVENZIONI INDUSTRALI -Invenzioni realizzate durante il rapporto di impiego -Amministrazione dello Stato -Funzione del Ministro preposto all'Amministrazione circa i diritti patrimoniali dell'inventore -Natura Limiti, con nota di F. ARGAN, 787. -Invenzioni utili per la difesa del paese -Poteri dell'Ainimnistrazione eompetente -Effetti, con nota di F. ARGAN, 787. -Potere di segretazione dell'Amministrazione della Difesa -Presupposti -Natura -Effetti -Non osservanza dei termini stabiliti in materia con norme regolamentari -Irrilevanza in rapporto alla funzione ed al carattere di tali norme, 785. PROCEDIMENTO CIVILE -Estinzione nel corso del processo per mancata, tempestiva riassunzione della causa cancellata dal ruolo -Presupposto di validit -Ordinanza di cancellazione emessa previa comunicazione a - XVI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tutte le parti del provvedimento di fissazione di udienza successiva a quella di mancata comparizione delle medesime' -Difetto di previa, valida cotnunic~ione di tale provvedimento -Conseguenze -Nullit dell'atto (e di quelli successivi) per mancanza di requisito indispensabile al raggiungimento dello scopo -Sussiste, 852. -Principio dell'onere della prova -Limite della sua operativit Ipotesi, 848. -Proedimento per ingiunzione Esecuzione provvisoria dietro cauzione -Contrasto con il diritto di difesa -Esclusione, 755. -Successione titolo particolare inter vivos ad una delle parti durante il termine per ricorrere o controricorrere in Cassazione Notifica dell'impugnazione al .dante causa -Effetto -Impedimento del passaggio in giudicato della sentenza nei confronti dell'avente causa -Legitimazione del successore a titolo particolare a ricorrere o controricorrere in Cassazione -Sussiste, 854. - V. anche Esecuzione forzata. PROFITTI DI CONTINGENZA -Accertamento dei fatti produttivi dei profitti avocabili, con riguardo all'ipotesi impositiva di profitti leciti -Inquadramento degli stessi fatti ,ad opera del giudice, nell'ipotesi impositiva concernente i profitti illeciti Legittimit, 928. -Detrazione della quota gi soggetta. all'imposta di ricchezza mobile -Condizione, 929. -Profitti in dipendenza di operazioni l~ali o illegali in valute Irrilevanza della distinzione, 929. REATO ..._ .Reato finanziario -Luogo di accertamento del reato finanziario Determinazione, 967. SENTENZA -V. Cassazione, Competenza e giurisdizione. SICILIA -Conflitto di attribuzioni -Modalit sulle conferenze periodiche in materia di energia elettrica Competenza dello Stato, 772. -Legge regionale recante disposizione a favore del personale in soprannumero della Regione Violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione, 771. STRADE -Strade private -Servit di uso pubblico -Diritto di propriet privata -Persiste, con nota di F. ARGAN, 829. -Uso publico -Servit -Titolo costitutivo -Necessit -con nota di F. ARGAN, 829. SERVITU. MILITARI -Limitazioni contemplate nell'articolo 2 1. 20 dicembre 19'32, n. 1849 -Cumulo di due o pi limiti -Pu integrare una ipotesi di espropriazione postulante indennizzo, 872. VALLE D'AOSTA -Conflitto di attribuzione tra Stato e Regione -Nomina di Commissario del Governo -Sospensione del provvedimento impugnato Esclusione, 765. INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 10 giugno 1966, n. 62 pag. 755 10 giugno 1966, n. 63 758 10 giugno 1966, n. 64 762 10 giugno 1966, n. 66 764 10 giugno 1966, n. 67 765 15 giugno 1966, n. 70 765 21 giugno 1966, n. 71 770 21 giugno 1966, n. 72 771 2 luglio 1966, n. 79 772 2 luglio 1966, n. 80 775 2 luglio 1966, n. 81 777 2 luglio 1966, n. 83 780 GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. Un., 19 luglio 1965, n. 1631 . pag. 783 Sez. Un., 23 luglio 1965, n. 1724 . . 787 Sez. Un., 11 ottobre 1965, n. 2111 . 784 Sez. II, 14 gennaio 1966, n. 214 . 829 Sez. I, 17 gennaio 1966, n. 238 . . . 894 Sez. II, 14 febbraio 1966, n. 445 . . 832 Sez. III, 14 febbraio 1966, n. 453 . . 835 Sez. Un., 15 febbraio 1966, n. 476 . 819 Sez. Un., 2 marzo 1966, n. 619 . . 818 Sez. Un., 16 marzo 1966, n. 752 . 9(}2 Sez. I, 25 marzo 1966, n. 798 . 904 S'ez. I, 25 marzo 1966, n. 807 . 8~8 Sez. I, 28 marzo 1966, n. 819 . 912 Sez. I, 28 marzo 1966, n. 821 . 913 Sez. I, 5 aprile 1966, n. 875 . . 841 Sez. Un., 6 aprile 1966, n. 901 . 820 Sez. Un., 6 aprile 1966, n. 902 . 822 Sez. I, 6 aprile 1966, n. 904 . . 895 Sez. I, 6 aprile 1966, n. 909 . . 843 Sez. Un., 16 aprile 1966, n. 950 . 823 Sez. Un., 16 aprile 1966, n. 951 . 917 Sez. III, 9 maggio 1966, n. 1186 . 921 Sez. I, 10 maggio 1966, n. 1193 . 922 Sez. I, 16 maggio 1966, n. 1230 . 927 S'ez. I, 20 maggio 1966, n. 1293 . 848 Sez. III, 28 maggio 1966, n. 1408 . 852 Sez. Un., 30 maggio 1966, n. 1412 . 854 Sez. I, 31 maggio 1966, n. 1451 . 928 Sez. I, 11 luglio 1966, n. 1822 . 938 Sez. I, 11 luglio 1966, n. 1826 . 939 XVIII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Sez. I, 11 luglio 1966, n. 1829 . Sez. I, 15 luglio 1966, n. 1894 . Sez. I, 10 agosto 1966, n. 2181 . Sez. I, 20 agosto 1966, n. 2267 . TRIBUNALE Napoli, 4 aprile 1966 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE 7 ottobre 1965, n. 17 . 14 ottobre 1965, n. 22 . . . . . . . . . . . GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Ad. Plen., 16 marzo 1966, n. 8 . Ad. Plen., 5 aprile 1966, n. 10 . Ad. Plen., 13 maggi<> 1966, n. 11 . Sez. IV, 2 marzo 1966, n. 126 . Sez. IV, 2 marzo 1966, n. 127 . Sez. IV, 13 marzo 1966, n. 155 . Sez. IV, 5 aprile 1966, n. 219 . Sez. IV, 20 aprile 1966, n. 245 . Sez. IV, 20 aprile 1966, n. 266 . Sez. IV, 11 maggio 1966, n. 344 . Sez. IV, 11 maggio 1966, n. 347 . Sez. IV, 11 maggio 1966, n. 353 . Sez. IV, 11 maggio 1966, n. 371 . Sez. IV, 18 maggio 1966, n. 409 . Sez. IV, 25 maggio 1966, n. 432 . Sez. V, 2 aprile 1966, n. 564 . . Sez. VI, 4 marzo 1966, n. 226 . Sez. VI, 11 marzo 1966, n. 256 . Sez. VI, 29 aprile 1966, n. 417 . Sez. VI, 17 maggio 1966, n. 452 . GIURISDIZIONI PENALI CASSAZIONE Sez. I, 3 gennaio 1966, n. 1451 Sez. I, 3 gennaio 1966, n. 1465 . Sez. III, 28 gennaio 1966, n. 1 . Sez. I, 31 gennaio 1966, n. 1123 . Sez. I, 22 febbraio 1966, n. 1902 . Sez. III, 4 marzo 1966, n. 133 . . pag. 862. 947 942 872 pag. 943 pag. 947 948 pag. 876 877 .878 880 881 882. 883 883 885 885 886 887 888 888 889 889 890 891 892 892: pag. 962: 964 966 967 967 969 SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA QUESTIONI FOLIGNO D., Gli effetti della dich-iarazione di illegittimit costituzionare (nuovi spunti in margine alla sentenza sul plusvalore delle aree fabbricabili) . . . . . . . . . . . . . pag. 181 RASSEGNA DI DOTTRINA BozzI A., Istituzioni di diritto pubblico, Giuffrr, Milano 1965 ' pagg. 525 ...................' pag. 189 CANNELLA G. -FAZIO S., Codice delle leggi, sulla Previdenza Sociale, Cedam, Padova, 1965, Tomi due di compi., pagg. 4575 189 CATALDI D. -GIACCI D., L'indennit di buonuscita e l'assegno vitalizio, Giuffr, Milano, 1966 . . . . . . . . . . . . 190 GIANNINI M. S., Corso di Diritto Amministrativo (dispense anno accademico 1964-65), Giuffr, Milano, 1965, pag:g. 344 . . . 19() RASSEGNA DI LEGISLAZIONE DISEGNI E PROPOSTE DI LEGGE Disegno di legge n. 1663 (Camera Deputati). -Norme sui referendum previsti dalla costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 194 LEGGI E DECRETI (segnalazioni) . . . . . . . . . . . . . . . 196 NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMIT COSTITUZIONALE -Norme dichiarate incostituzionali: codice penale, art. 272, secondo comma . pag. 197 r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 117 . 198 r. d. 13 gennaio 1936, n. 2313 . . . > 198 1. reg. sic. 19 febbraio 1951, n. 20 . 198 I. 31 luglio 1956, n. 991, art. 17 . . 198 I. 18 aprile 1962, n. 208, art. 7 . . . . . . . . . . . 198 I. reg. sic. aipprov. 14 dicembre 1965, artt. 4, 5, 6, 8, 10, secondo comma e tabella B . . . . . . . . . . . . 198 xx RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -Norme delle quali stata dichiarata non fondata la questione di legittimit costituzionale: codice penale, art. 272, primo comma . . . . . . . pag. 199 codice penale, art. 327 . . . . . . . . . . 199 r. d. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 34, secondo e terzo comma ................... . .. 199 1. 10 agosto 1950, n. 648, artt. 62, terzo comma e 64 . . 199 1. reg. sic. 27 dicembre 1950, n. 104, art. 15, primo, secondo, terzo e quarto comma . . . . . . . . . . 199 d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 202, 233, primo comma, lettera c, e, f, h, 235, 236, primo e secondo comma e 237 ................ . 200 1. 6 dicembre 1962, n. 1643, art. 6, quarto comma . . 200 1. 29 dicembre 1962, n. 1745, art. 3, settimo comma . 200 1. 3 febbraio 1963, n. 126, artt. 2 e 3 . . . . . . . 200 1. 15 novembre 1964, n. 1162, art. 5, primo comma . 200 -Norme delle quali stato promosso giudizio di le'gittimit costituzionale . . . . . . . . . . . . . 201 ! -Norme delle quali il giudizio di legittimit costituzionale stato definito con pronunce di inammissibilit, di manifesta infondatezza o di restituzione degli atti al giudice di merito . . . . . . . . . . . . . . . . . . 213 INDICE DELLE CONSULTAZIONI (secondo l'ordine di materia) Acque pubbliche . pag. 214 Giurisdizioni speciali pag. 218 Amministrazione pub-Impiego pubblico . 218 blica 214 Imposta di registro . 219 Appalto . . 214 Imposta di ricchezza Assicurazioni 215 mobile 220 Commercio 215 Imposte e tasse . 220 Competenza e giurisdi-Lotto e lotterie . 221 zione 215 Mezzogiorno . 221 Contrabbando 215 Notificazione . 221 Contributi e finanzia-p,ersona giuridica . 222 menti. 216 Piani regolatori 222 Corte dei C'onti 216 Regioni . 222 Dazi doganali 216 Requisizione . 222 Demanio 217 Responsabilit civile 223 Edilizia economica e Servit . 223 popolare 217 Successioni 224 Elettrodotti . . 217 Trattati e convenzioni Espropriazione per p. u. 218 internazionali 224 NOTIZIARIO Convegno di studi . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 225 PARTE PRIMA GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, 10 giugno 1966, n. 62 -Pres. Ambrosini - Rel. Benedetti -Soc. Matton Nord (avv. Sivieri) e Presidente Consiglio Ministri (Sost. avv. gen. Stato Chiarotti). Corte costituzionale -Giudizio di legittimit costituzionale in via incidentale -Applicabilit di norme di esclusiva competenza del Giudice istruttore -Legittimazione a sollevare la questione. (Cost., art. 134; 1. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23). Procedimento civile -Procedimento per ingiunzione -Esecuzione provvisoria dietro cauzione -Contrasto con il diritto di fidesa -Esclusione. (Cost., art. 24; c. p. c., art. 648, secondo comma). n giudice istruttore del processo civile di opposizione a decreto ingiuntivo legittimato a proporre la questione di legittimitd costituzionale dell'art. 648, secondo comma, c. p. c., poich trattasi di una norma che egli solo tenuto ad applicare per decidere in merito ad un provvedimento di sua esclusiva competenza (1). (1) La questione era stata proposta con ordinanza 14 maggio 1964 del Giudice istruttore presso il Tribunale di Bologna (Gazzetta Ufficiale 13 marzo 1965, n. 65). Circa la legittimazione del giudice istruttore a proporre la questione, la sentenza non si discosta dai precedenti della stessa Corte. Si ricorder, infatti, che la sentenza 20 dicembre 1962, n. 109 (Giur. it., 1963, I, 1, 707 e nota di CHIARLONr; nonch in Giur. cost., 1962, 1467 e nota di SATTA) la Corte aveva escluso la legittimazione del giudice istruttore perch, nella particolare fattispecie, egli era sfornito di poteri decisori propri rispetto alla questione fatta valere. Ad analoghe conclusioni era pervenuta la Corte con la successiva sentenza 9 aprile 1963, n. 44 (Giur. it., 1963, I, 1, 937 anche essa con nota di CHIARLONI; nonch in questa Rassegna 1963, 78 e nota di TRACANNA) a RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Non fondata, con riferimento all'art. 24 Cost., la questione di legittimit costituzionale dell'art. 648, secondo comma, c. p. c., che fa obbligo al giudice istruttore di concedere la provvisoria esecuzione al decreto ingiuntivo, se la parte istante offre cauzione, dato che il giudice deve tener conto delle eventuali deduzioni difensive del debitore nella determinazione della cauzione (2). (Omissis.). -1. -Il presente giudizio trae origine da una ordinanza di rinvio emessa dal Giudice istruttore del Tribunale di Bologna in un procedimento civile di opposizione a decreto ingiuntivo. La questione sottoposta all'esame della Corte se la norma contenuta nell'art. 648, comma secondo, le Codice di procedura civile, che fa obbligo al giudice istruttore di concedere l'esecuzione provvisoria del decreto inginutivo qualora la parte che l'ha chiesta offra cauzione, violi il principio del contraddittorio e il diritto di difesa per il debitore ingiunto e sia conseguentemente illegittima per contrasto con l'art. 24 della Costituzione che assicura l'inviolabilit del diritto di difesa in ogni stato e grado del procedimento. I 2. -La Corte osserva, in via preliminare, che esattamente il Giudice istruttore ha ritenuto di poter promuovere, con propria ordinanza, il presente giudizio di legittimit costituzionale. La norma processuale denunciata riserva al giudice istruttore poteri decisori in ordine al provvedimento di provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo, provvedimento che, per come dispone il primo comma del citato articolo, assume la forma di ordinanza non impugnabile. proposito della legittimazione a sollevare la questione relativa agli incombenti fiscali nel processo. Il provvedimento di cui all'art. 648, secondo comma, c. p. c., viceversa, non solo atto riservato alla esclusiva competenza del giudice istruttore, ma anche vincolato quanto alla sua emanazione, ricorrendone tutti i presupposti. Di conseguenza non pu contestarsi la legittimazione del giudice istruttore ad assumere la veste di giudice a quo nel giudizio di legittimit costituzionale della norma in discussione. (2) Sulla questione di merito, pu richiamarsi la dottrina (LIEBMAN, In tema di esecuzione provvisoria del decreto di ingiunzione in Riv. dir. proc. 1951, II, 80 e segg.; Il principio del contraddittorio e la Costituzione Postilla -in Riv. dir. proc. 1954, 128-129 secondo cui il diritto di difesa deve ritenersi rispettato nel procedimento per ingiunzione (genericamente considerato) per la ragione che, sebbene il decreto venga emanato inaudita altera parte, l'efficacia del decreto stesso sospesa dal termine, PARTE I, SEZ, I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 757 Poich trattasi di una norma he solo il giudice istruttore in pendenza delropposizione tenuto ad applicare per decidere in merito ad un .provvedimento che di sua esclusiva competenza, non pu disconoscersi che nel caso considerato spetti a tale giudice, e non al Collegio al quale egli addetto, valutare se sia non manifestamente infondata e rilevante l'eccezione di incostituzionalit riguardante detta norma e proporre, il1 conseguenza, a questa Corte la relativa questione di legitti: i:riita costituzionale. 3. ~ Per la decisione del merito della questione non occorre esaminare le interpretazioni correttive della norma impugnata richiamate dal1' Avvocatura per superare la questione di legittimit. La Cp:t"te ritiene che non sussiste l'asserito contrasto tra l'art. 648, comzna se.condo, del Codice di procedura civile e l'art. 24 della Costituzione. L'esecuzione provvisoria, come risulta dallo stesso titolo della norma denunciata, concessa con ordinanza in pendenza di opposizione, in un momento cio in cui essendosi, ad istanza del debitore, instaurato un normale giudizio di cognizione, si costituito il contraddittorio e il debitore pu esercitare il suo diritto di difesa. E non v'ha dubbio che il giudice, nell'esaminare la richiesta del creditore convenuto nel giudizio entro il quale il debitore pu con l'opposizione, ristabilire il contraddittorio momentaneamente soppresso e provvedere alla sua difesa in condizioni che non si discostano da quelle normali di ogni altro giudizio. Il debitore, cio, pu legittimamente essere condananto senza essere sentito, sol perch pu a sua volta prendere l'iniziativa del contradditodo dopo la pronuncia del provvedimento, ma prima che esso acquisti efficacia (LIEBMAN, Il principio cit., Zoe. cit., 129). La misura cauzionale di cui all'art. 648, secondo comma c. p. c., poi, si accompagna all'emanazione di un provvedimento di condanna provvisoria, caratterizzato esso stesso da prevalente funzione cautelare, onde tale misura assume la veste di controcautela. Non tanto interessa l'identificazione della natura giuridica della cauzione (MORI, Appunti sul deposito cauzionale in Foro It. 1939, I, 364 e segg.), quanto la constatazione degli ampi poteri che il Giudice ha sulla indicazione nel modo di prestarla (DE PETRls, Cauzione -Dir. proc. civ. -in Enc. del diritto, VI, Milano 1960, 656 e segg.): dal combinato disposto degli artt. 119 del Codice e 86 delle disposizioni di attuazione si riscontrano quei poteri del Giudice, il quale pu stabilire che la cauzione sia prestata mediante uno degli schemi di garanzia reale (pegno, ipoteca), mediante fdeiussone di un terzo o con deposito di danaro o di titoli. Di conseguenza, in questa stessa natura e funzione della cauzione sono da ravvisare, come la sentenza ha ravvisato, gli elementi caratterizzanti la tutela giuridica del debitore ingiunto. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di opposizione, debba tener conto delle eventuali deduzioni che la difesa del debitore riterr di sottoporgli e che non potranno non influire sul provvedimento che il giudice tenuto ad adottare. Infatti, poich la provvisoria esecuzione subordinata ad una cauzione la cui misura e il modo nel quale deve essere prestata restano affidati al prudente apprezzamento del magistrato, evidente che le ragioni difensive del debitore non mancheranno di esercitare a tal fine la loro efficacia. Anche in ragione della gravit dei motivi rappresentati, il giudice determiner la cauzione in modo che essa risulti giusta ed adeguata s da richiamare, da un canto, il creditore ad un meditato apprezzamento del proprio diritto e da rappresentare, d'altro canto, per il debitore una seria garanzia non solo per le spese e le restituzioni ma anche per i danni che gli potranno derivare dall'esecuzione del decreto impugnato. La disposizione denunciata consente al creditore, al quale non sia stato concesso dal giudice dell'ingiunzione, di ottenere, nel rispetto del contraddittorio e garantendo il debitore con congrua cazione, l'esecuzione provvisoria di un decreto emesso attraverso la preventiva valutazione degli elementi formali previsti dalla legge, salva naturalmente restando ogni ulteriore discussione in ordine alla fondatezza della pretesa del creditore. Si pu, quindi, affermare che la difesa della parte debitrice sia formalmente e sostanzialmente assicurata. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 10 giugno 1966, n. 63 -Pres. Ambrosini - Rel. Branca -Giacchetta (avv. Di Stefano) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. Stato Savarese). Prescrizione -Prescrizione dei diritti di credito derivanti da rapporti di lavoro -Incompatibilit con la natura del diritto al salario Esclusione. (Cost., artt. .3, 4, 36; c. c., artt. 2948, nn. 4 e 5; 2955, n. 2; 2956, n. 1). Prescrizione -Decorrenza del termine durante il rapporto di lavoro Incompatibilit con l'art. 36 Cost. -Illegittimit costituzionale. (Cost., art. 36; c. c., artt. 2948, n. 4; 2955, n. 2; 2956, n. 1). Non fondata, con riferimento agli artt. 3, 4 e 36 Cost., la questione della prescrittibilit dei diritti di credito derivanti da rapporto di lavoro, in quanto la tutela costituzionale del diritto al salario d al diritto stesso una forza maggiore di quella che gli deriverebbe dalla legge ordinaria, ma non lo rende necessariamente perpetuo, dato che la prescrizione ' fil I '!;,:: . I I I I PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 759 un modo generale di estinzione dei diritti, fondata sull'esigenza di certezza dei rapporti giuridici (1). fondata, con riferimento an'art. 36 Cost., la questione di legittimit costituzionale relativa alla prescrizione, sia breve che presuntiva, dei crediti derivanti da rapporto di lavoro, limitatamente alla parte in cui si consente che la prescrizione stessa decorra durante il rapporto di lavoro (2). (Omissis.). 1. -Sono stati denunciati gli artt. 2948 nn. 4 e 5, 2955 n. 2 e 2956 n. 1 c. c. per contrasto con gli artt. 3, 4 e 36 della Costituzione: la prescrizione quinquennale e quella presuntiva, previste per le retribuzioni corrisposte a periodi non superiori o superiori al mese, sarebbero incompatibili con la natura del diritto al salario qual' garantito dalla Costituzione. Presa nella sua assolutezza, la denuncia non pu essere accolta. Dato che la prescrizione modo generale d'estinzione dei diritti, la garanzia costituzionale d'un diritto non vieta, di per s, che esso si estingua per il decorso del tempo; la tutela constituzionale d al diritto soggettivo una forza maggiore di quella che gli deriverebbe dalla legge ordinaria; ma (1) La questione era stata sollevata con ordinanza 16 settembre 1964 del Tribunale di Ancona (Gazzetta Ufficiale 3 aprile 1965, n. 85). Con la precedente sentenza 14 giugno 1962, n. 57 (Giur. it., 1962, I, 1, 1295) la Corte Costituzionale affermava che non c' norma della Costi tuzione che inibisca alla legge di stabilire termini prescrizionali da diritto a diritto, implicitamente ammettendo, cosi, che non c' norma della Costituzione la quale vieti al legislatore di stabilire termini di prescri zione in via assoluta. Con la sentenza in rassegna, la Corte ribadisce il principio della pre scrittibilit di tutti i diritti, anche di quelli ostituzionalizzati purch, naturalmente, disponibili. E mentre la disponibilit stata esclusa l dove la Costituzione parla espressamente di irrinunciabilitd (art. 36 Cost., ultimo comma), cio pel riposo settimanale (sent. 7 luglio 1962, n. 76, Giur. cost. 1962, 893 e nota di PROSPERETTI) e per le ferie annuali retribuite (sent. 19 maggio 1963, n. 66, ivi, 1963, 569 e nota di TAVASSI), con la sentenza in esame la Corte non ha confermato l'equivalen';;a fra i due termini relativamente ai crediti salariali. Dalla irrinunciabilit delle prestazioni salariali (non espressa, ma implicitamente desumibile, secondo la Corte, dall'ultimo comma dell'art. 36 Cost.), la. sentenza ha tratto solo la statuizione di cui alla seconda massima, dichiarando l'illegittimit costituzionale degli artt. 2948, n. 4, 2955, n. 2 e 2956, n. 1 c. c., limitatamente alla parte in cui consentono che la prescrizione decorra anche durante il rapporto di lavoro. Per la verit, le predette disposizioni del c. c. nulla affermano circa la decorrenza della prescrizione ivi indicata. Il problema della decorrenza piuttosto collegato all'art. 2935 c. c. (contra non valentem agere non RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 760 non lo rende necessariamente perpetuo poich, se alla base della prescrizione sta un'esidenza di certezza dei rapporti giuridici, questa tocca di regola qualunque diritto, compresi quelli costituzionalmente garantiti. La parte privata nelle sue deduzioni si richiama a una dottrina che qualifica il diritto alla retribuzione sufficiente come diritto della personalit: ne deriverebbe che, alla pari di tutti questi diritti, esso sarebbe imprescrittibile; ma, accettata la premessa, non se ne pu sottoscrivere la deduzione, una cosa essendo il diritto al salario, che secondo questa dottrina spetterebbe erga omnes, ed altra il diritto alle prestazioni salariali dovute periodicamente dal datore di lavoro: il diritto della personalit imprescrittibile solo nel senso che le facolt, di cui si compone, potranno sempre esercitarsi per un lunghissimo periodo di tempo; non nel senso che anche le pretese patrimoniali, derivanti di volta in volta dalla lesione di quel diritto, possano farsi valere in perpetuo. Dissociazione, questa, che si produce anche in altri rapporti, come accade per il diritto agli alimenti, che imprescrittibile mentre si prescrivono in un quinquennio le singole annualit delle prestazioni alimentari. 2. -Vero che nel nostro ordinamento non sono soggetti a prescrizione i diritti indisponibili (art. 2934 c. c.); ma l'indisponibilit del diritto alle prestazioni salariali non sancita nell'art. 36 n si ricava da altre norme della Costituzione: ad esso il lavoratore non pu rinunciare, come si desume a fortiori dall'ultimo comma dello stesso art. 36, currit praescriptio) che alle norme sostanziali le quali stabiliscono i vari termini. (2) Da un punto di vista formale, pertanto, non potrebbe disconoscersi che la sentenza, per giungere ad un risultato equitativo nei confronti della parte pi debole del rapporto di avoro, ha tenuto fermi i termini delle varie prescrizioni, brevi e presuntive, aggiungendo, idealmente, un ulteriore comma agli articoli del c. c.: La prescrizione di cui ai numeri ..... non comincia a decorrere se non dal giorno della cessazione del rapporto di lavoro. Migliore via sarebbe stata, viceversa, operare direttamente, almeno per quanto riguarda la prescrizione presuntiva, sull'art. 2957 c. c., che fissa appunto il dies a quo del relativo termine; ma c'era l'ostacolo costituito dall'ordinanza di remissione, che non denunciava tale ultimo articolo. Di qui la decisione adottata nei limiti, la quale, tuttavia, nella fattispecie, si configura come vero e proprio atto di produzione legislativa. . Sull'art. 36 Cost. cfr. MoRTATI, Il lavoro nella Costituzione, Dir. lav. 1954, I, 149; PuGLIATTI, Sulla minima retribuzione sufficiente ai lavoratori, Riv. giur. lav. 1951, II, 174. In giurisprudenza, per la decorrenza della prescrizione da ogni singola scadenza del credito, cfr. Cass. 15 febbraio 1962, n. 308, Giust. civ. 1962, I, 869. - PARTE I, SEZ. I, .GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 761 che. stabilisce l'arrinunciabilit del diritto alle ferie e al riposo settimanale; ma l'irrinunciabilit, essendo concetto meno ampio dell'indisponibilit richiamata dal c. c., non basta a rendere perpetuo un diritto soggettivo. Infine la denuncia contenuta nell'ordinanza di rinvio non trova conforto neanche nell'a.rt. 4 della Costituzione, che .garantisce il diritto aLlavoro ma, alla pari dell'aJ,'t. 3, non .contiene precetti od insegnamenti sulla sorte delle singole prestazioni salariali; n lo trova nell'art. 2 poich l'inviolabilit dei diritti dell'uomo non esclude che il tempo consumi ie. pretese di carattere patrimoniale ad essi collegati. 3. Pero; se il diritto alle presta~iorii slariali pu prescriversi, non tutt il regime della prescrizione compatibile colla speciale garanzia che deriva dall'art. 36 della Costituzione. Iri un rapporto non dotato di quella resistenza, che caratterizza invece. il rapporto d'impiego pubblico, il timore del recesso, cio del liceniiamento, spinge o pu spingere il lavoratore sulla via della rinuncia a una parte dei propri diritti; dimodoch la rinuncia, quando fatta durante quel rapporto, non pu essere considerata una libera espressione di volont negoziale e la sua validit sancita dall'art. 36 della Costituzione: lo stesso art. 2113 c. c., che la giurisprudenza ha gi inquadrato nei principi costituzionali, ammette l'annullamento della rinuncia proprio se questa intervenuta prima della cessazione del rapporto di lavoro o subito dopo. In sostanza si voluto proteggere il contraente pi debole contro la sua propria debolezza di soggetto interessato alla conservazione del rapporto. Le norme impugnate, in verit, non si riferiscono al negozio di rinuncia; per consentono che la prescrizione prenda inizio dal momento in cui matura il diritto a ogni singola prestazione salariale: se si eccettua n n. 5 dell'art. 2948, il termine prescrizionale decorre fatalmente anche durante il rapporto di lavoro poich non vi sono ostacoli giuridici che impediscano di farvi valere il diritto al salario. Vi sono tuttavia ostacoli materiali, cio la situazione psicologica del lavoratore, che pu essere indotto a non esercitare il proprio diritto per lo stesso motivo per cui molte volte portato a rinunciarvi, cio per timore del licenziamento; cosicch la prescrizione, decorrendo durante il rapporto di lavoro, produce proprio quell'effetto che l'art. 36 ha inteso precludere vietando qualunque tipo di rinuncia: anche quella che, in particolari situazioni, pu essere implicata nel mancato esercizio del proprio diritto e pertanto nel fatto che si lasci decorrere la prescrizione. Entro questi limiti la questione fondata: il precetto costituzionale, pur ammettendo la prescrizione del diritto al salario, non ne consente il decorso finch permane quel rapporto di lavoro durante il quale essa maschera spesso una rinuncia. -(Omissis). 762 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 10 giugno 1966, n. 64 -Pres. Ambrosini - ReZ. Branca -Fallimento Serventi (n. c.), Esattoria Civica di Cremona (avv. Citti), Presidente Consiglio dei Ministri e Amministrazione finanziaria dello Stato (sost. avv. gen. Stato Coronas). Imposte e tasse in genere -Privilegi stabiliti dal testo unico delle impo ste dirette -Innovazione alla disciplina stabilita dal codice civile Eccesso di delega -Esclusione. (Cost., art. 76; 1. 5 gennaio 1956, n. l, art. 63; t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 211; e.e., artt. 2752, 2771). L'art. 211 del t. u. sulle imposte dirette (d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645), emanato in virt della delega di cui all'art. 63 della legge 5 gennaio 1956, n. 1, stabilendo il privilegio legale delle ultime quattro annualitd di imposta iscritta nei ruoli. non ha innovato alla disciplina generale stabilita dagli artt. 2752 e 2771 c. c., ma costituisce il legittimo esercizio di quegli ampi poteri di coordinamento, in relazione al mutamento del sistema di iscrizione a ruolo, che la legge di delegazione aveva conferito al Governo (1). (Omissis). - stato denunciato, in riferimento all'art. 76 della Costituzione, l'art. 211 del t. u. delle leggi sulle imposte dirette (d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645): questa norma assicurerebbe sempre il privilegio legale delle ultime quattro annualit di imposta iscritte nei ruoli e perci rappresenterebbe una vera e propria innovazione rispetto agli (1) La questione era stata sollevata con ordinanza 30 marzo 1965 dal Tribunale di Cremona (Gazzetta Uffeciale 19 giugno 1965, n. 151). La Corte ha accolto la tesi prospettata dall'Avvocatura, relativa all'adeguamento della diSPosizione impugnata alle nuove norme previste dal t. u. delle imposte dirette in materia di ruoli. L'art. 182 del detto t. u., infatti, ha eliminato ogni distinzione fra ruoli principali e ruoli suppletivi, stabilendo, invece, una nuova distinzione fra ruoli ordinari (di prima e seconda serie), speciali e straordinari (cfr. in dottrina, DE ANGELIS, PoTENZA E TESTA, T. u. delle leggi sulle imposte dirette, Milano, 1960, 891; COCIVERA, Guida alle imposte dirette, Torino, 1961, 180). Tutti i ruoli, quindi, a qualunque serie appartengano, possono avere, in pratica, iscritte imposte relative a periodi anteriori all'anno dell'esecuzione ed a quello precedente. Giustamente, per tale evenienza, il legislatore ha previsto, nell'art. 211 del t. u., che rstano fermi i limiti fissati dagli artt. 2752 e 2711 c. c. Per la giurisprudenza dominante, ricordata dalla Corte costituzionale, nel senso che l'ultimo biennio., stato identificato nelle due annualit pi recenti iscritte nel complesso dei ruoli relativi ad una stessa imposta, cfr. Cass. 5 gennaio 1963, n. 13 (Dir. prat. trib., 1963, II, 349, e nota di MARINI). In dottrina, nel senso della sentenza in rassegna, cfr. Ruxs1, Ancora in tema di privilegio generale dei crediti per imposte dirette, Riv. trim. dir. e proc. civ., 1961, 695). 764 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 10 giugno 1966, n. 66 -Pres. Ambrosini Rei. Bonifacio -Pasceri (n. c.). Corte Costituzionale -Giudizio di le~ittimit costituzionale in via inci t,, dentale -Re~olamenti -Esclusione. (Cost., art. 134; 1. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23; r. d. 6 maggio 1940, n. 635, art. 225). inammissibile la auestione di legittimit costituzionale in via incidentale di una norma regolamentare (nella specie art. 225 Reg. P. S.) la quale svrovvista di forza di legge (1). (1) Questione sollevata dal Pretore di Pizzo con ordinanza 30 giugno 1965 (Gazzetta Ufficiale 27 novembre 1965, n. 297) e decisa con procedimento in Camera di Consiglio, in mancanza di costituzione di parti. Giurisprudenza conforme alle precedenti pronuncie della stessa Corte, fedelmente aderenti al testo ed allo spirito dell'art. 134 della Costituzione. Con la sentenza 22 novembre 1962, n. 92 (Giur. it., 1963, I, 1, 323 e nota di PizzoRusso), invero, veniva dichiarata inammissibile la censura di illegittimit costituzionale riferita al r. d. 12 febbraio 1911, n. 297, per l'esecuzione della legge comunale e provinciale; e, successivamente, con la sentenza 9 aprile 1963, n. 47 (Giur. cast., 1963, 201 e nota di CRISAFULLI, Atti. con forza di legge e regolamenti atipici) eguale decisione veniva adottata a proposito delle norme di attuazione)> della legge 13 marzo 1958, n. 264. Quest'ultima sentenza identificava i canoni ermeneutici che portavano ad escludere la natura legislativa del testo impugnato nei seguenti criteri, che, ovviamente, sono validi anche fuori della fattispecie allora esaminata: a) denominazione usata sia nell'intestazione che nel corpo del provvedimento; b) approvazione della pretesa legge di delegazione, in base alla quale le norme di attuazione erano state emanate, da parte del Parlamento in Commissione e non nelle Assemblee, come , invece, prescritto, per tal genere di leggi, dall'art. 72 Cost.; c) audizione del parere del Consiglio di Stato, che prescritto solo per i regolamenti. Nella specifica materia del regolamento di esecuzione della legge di P.S. da ricordare, altresi, la sentenza 24 giugno 1961, n. 38 (Giust. pen., 1961, I, 260) la quale, fra l'altro, dichiarava inammissibile la questione di legittimit costituzionale riferita all'artt. 197 di detto regolamento. La Corte rilevava che, anche se la norma regolamentare integrasse la norma legislativa, ci non sarebbe sufficiente per attrarre nell'ambito della competenza della Corte un atto che, per sua natura, ne escluso; sar competenza del giudice ordinario esaminare se la norma regolamentare si , sia tenuta nei limiti della legge, o non abbia inteso, invece, sotto specie di integrazione, aggiungere qualcosa ad essa, modificandone od ampliandone la sfera di efficacia. PARTE I, SEZ. I, GIURIS, COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 765 CORTE COSTITUZIONALE, 10 giugno 1966, n. 67 -Pres. Ambrosini - Rel. Chiarelli -Martino (n. c.), De Franceschi, (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. Stato Savarese, Agr). Lavoro -Delega al Governo per la disciplina della contrattazione erga omnes -Legge di proroga -Concessione di altri quindici mesi per l'esercizio della legislazione delegata. (Cc.st., art. 76; 1. 11 luglio 1959, n. 741, 1. lo ottobre 1960, n. 1027, art. 2). Non fondata la questione di legittimit costituzionale di due decreti delegati di recezione di contratti collettivi (d. p. r. 9 maggio 1961, n. 803 e d. p. r. 2 gennaio 196.2, n. 346) ai sensi della c. d. legge erga omnes (l. 14 luglio 1959, n. 741) per la scadenza del termine di delega, in quanto la legge di proroga di detto termine (l. 1 ottobre 1960, numero 1027) aggiunse agli originari 12 mesi l'ulteriore termine di 15 mesi, per dar modo al Governo di completare, mediante l'esercizio della delega la sua opera di emanazione di norme conformi ai contratti collettivi (1). (1) La questione, decisa con unica sentenza, era stata sollevata in relazione ai due decreti delegati con ordinanza del Pretore di Campobasso rispettivamente del 6 maggio 1965 (Gazzetta Ufficiale 19 giugno 1965, n. 151) e 26 aprile 1965 (Gazzetta Ufficiale 17 luglio 1965, n. 178). Sui problemi connessi alla reiterazione della delega legislativa della c. d. legge erga omnes, si richiama la precedente sentenza della Corte Costituzionale 19 dicembre 1962, n. 106 (Giur. cost., 1962, 1414 e nota di CRISAFULLI, Su alcuni aspetti problematici della delega ecc.). CORTE COSTITUZIONALE, 15 giugno 1966, n. 70 (ordinanza) -Pres. Ambrosini -Rel. Cassandro -Presid_ente Regiqne Val d'Aosta (avv. Lucatello) c. Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. Stato Guglielmi). Valle d'Aosta -Conflitto di attribuzione tra Stato e Regione -Nomina di Commissario del Governo -Sospensione del provvedimento impugnato -Esclusione. (Cost., art. 134; l. 11 marzo 1953, n. 87, art. 40). Non pu essere accolta l'istanza di sospensione del provvedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri, impugnato dalla Regione Val 766 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d'Aosta per conflitto di attribuzione, col quale veniva nominato un Commissario di Governo nella Regione col compito di indire la convocazione del Consiglio regionale (1). (Omissis). -Ritenuto che, con ricorso notificato il 23 maggio 1966, il Presidente pro tempore della Giunta regionale della Regione valdostana ha sollevato conflitto di attribuzioni chiedendo l'annullamento del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 18 maggio 1966 col quale il dott. Guido Padalino veniva nominato Commissario del Governo (1) Data la delicatezza e novit della questione decisa con l'ordinanza, si ritiene utile riportare integralmente il testo delle deduzioni difensive depositate dall'Avvocatura nell'interesse del Presidente del Consiglio dei Ministri: L'esecuzione degli atti che hanno dato luogo al conflitto di attribuzione fra Stato e Regione -dispone l'art. 40 1. 11 marzo 1953, n. 87 pu essere sospesa per gravi ragioni in pendenza del giudizio. La norma, anche in relazione al rinvio contenuto nel precedente art. 22 al regolamento di procedura del Consiglio di Stato, stata finora interpretata nel senso che possa pervenirsi alla sospensione dell'atto impugnato se v' pericolo nel ritardo e sempre che il ricorso appaia, prima facie, fondato, onde la necessit di esaminare se sussiste pericolo nel ritardo o se per avventura l'atto non abbia esaurito i suoi effetti e se sussiste il fumus boni iuris. In ordine al primo punto ci sembra di potere affermare con tutta tranquillit che l'atto di nomina del Commissario, avendo esaurito i suoi effetti con la riunione del Consiglio, non sia suscettibile di sospensione. Il Consiglio regionale ormai si convoca, si riunisce e delibera -secondo noi validamente, ma la cosa non ha importanza -per effetto di provvedimenti o iniziative sue proprie, prescindendo del tutto dall'impulso iniziale dato dalla nomina del Oommissario e dal conseguente invito da lui rivolto al Consiglio di riunirsi. L'invasione della sfera di competenza della Regione -posto che vi sia stata, cosa che noi contestiamo - durata solo per il tempo necessario a diramare gli inviti. Da questo momento ogni cosa si svolta per iniziativa degli organi regionali ed , perci, che noi definiamo irrilevante, ai fini del giudizio per conflitto di attribuzione, ogni questione relativa alla regolarit delle deliberazioni adottate dal Consiglio e delle sue successive convocazioni. Nell'attivit esplicata dal Consiglio -dopo che i consiglieri ebbero ricevuto l'invito del Commissario -non c' stata e non c' interferenza statale, che possa far ipotizzare un insorgere o un perpetuare del conflitto. Ai fini che interessano, una pronunzia di sospensione del provvedimento di nomina del Commissario non avrebbe alcun effetto pratico perch non potrebbe rendere infectum quod factum est. Non sussiste uno status permanente, che possa ricollegarsi, come causa ad effetto permanente, al provvedimento impugnato e che sia .suscettibile di essere eliminato, sospendendo o annullando quest'ultimo. Le successive convoca PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 767 con l'incarico di indire la convocazione del Consiglio regionale della Valle, fissandone la data e l'ordine del giorno, e di assicurare il libero accesso alla sede assembleare dei consiglieri regionali; nonch di tutti i provvedimenti adottati conseguentemente dal Consiglio regionale; che contestualmente il Presidente pro tempore della Giunta regionale della Valle d'Aosta chiedeva la sospensione del provvedimento data la sua gravit ed il pericolo di turbamento dell'ordine pubblico; zioni e le deliberazioni adottate dal Consiglio non traggono pi origine dall'invito del Commissario, ma da atti del Consiglio stesso, cio, compiuti da un organi regionale nell'esercizio della sua autonomia. Non sussistono, perci, quelle gravi ragioni, che giustificano la sospensione del provvedimento in pendenza del giudizio, perch non c' nessuna situazione giuridica o stato di fatto, dipendente da quel provvedimento ad effetti istantanei -che possa essere fatto cessare sospendendone l'efficacia. N. all'invocato provvedimento di sospensione potrebbero attribuirsi gli effetti, non previsti dall'ordinamento, di un provvisorio annullamento del procedimento . impugnato. Sotto questo profilo pu anzi dirsi che il ricorso sia divenuto inammissibile per sopravvenuto difetto di interesse e cessata attualit del conflitto. Il Consiglio, organo massimo della Regione, nella sua prima riunione poteva e doveva verificare i suoi poteri, controllando la legittimit della convocazione e dell'Adunanza. Se, nell'esercizio della sua autonomia, ha ritenuto di essere legittimamente costituito, ha cosi sanato ogni eventuale vizio della convocazione. Con le sue successive ordinanze e deliberazioni, cio, il Consiglio, ratificando la convocazione fatta dal Commissario ha fatto cessare ogni ipotetico conflitto ed ha fatto venire meno ogni interesse ad una .pronunzia sulla legittimit della prima convocazione, che certamente non potrebbe travolgere i successivi atti e le successive deliberazioni adottate dal Consiglio stesso nell'esercizio della sua autonomia. Il secondo punto, cio, la sussistenza di un fumus boni iuris merita, forse, un pi lungo discorso. L'art. 20 S.S.VA. dispone che il Consiglio convocato dal suo Presidente in sessione ordinaria nella prima settimana di aprile e di ottobre di ogni anno e in sessione straordinaria su richiesta del Presidente della Giunta regionale o di almeno un terzo dei suoi componenti ; l'art. 21 a sua volta, stabilisce che le deliberazioni del Consiglio della Valle non sono valide se non presente la maggioranza dei suoi componenti e se non sono adottate a maggioranza dei presenti, salvo che sia prescritta una maggioranza speciale . Dal combinato disposto di queste due disposizioni si evince, a nostro avviso, che la convocazione , per il Presidente, un atto dovuto, ma non presupposto per la validit delle deliberazioni del Consiglio, che deve, perci, ritenersi possa autoconvocarsi. Questa conclusione trova conferma anche nell'art. 62 Cost., il quale prevede, per le Camere, la riunione di diritto, cio, senza convocazione o su convocazioni di un terzo dei componenti (autoconvocazione). Analogamente provvedono gli artt. 20 e 21 S.S.S.A. e l'art. 14 1. 10 febbraio 1953, n. 62. Se la tesi esatta nel senso, cio, che il Consiglio possa autoconvocarsi, deve escludersi che la nomina di un Commissario per indire la ==== - 768 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO che il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, ha depositato deduzioni il 6 giugno 1966, sostenendo l'insussistenza del grave pericolo nel ritardo e della fondatezza prima facie del ricorso che, a suo avviso, debbono concorrere per potersi dar luogo al provvedimento di sospensione degli atti che hanno dato origine al conflitto di attribuzioni; che la Giunta della Regione della Valle d'Aosta con deliberazione 8 giugno 1966 ha revocato l'incarico conferito con deliberazione 22 maggio convocazione abbia invaso la sfera di compentenza attribuita in via esclu siva al Presidente del Consiglio regionale e sia, perci, idoneo a porre in essere un conflitto di attribuzione costituzfonale. L'invito del Commissa rio non ha sostituito, n sotto il profilo della titolarit n sotto quello degli effetti giuridici, l'attivit dell'inerte Presidente, che aveva il potere dovere di convocare il Consigli'O; il predetto invito e resta un atto giu ridicamente irrilevante (i nostri contraddittori lo definiscono giuridica mente inesistente), non suscettibile di invadere la sfera di attribuzione degli organi regionali. Non esercizio di un potere regionale, cui faccia riscontro il dovere di altri 'Organi, l'invito del buon padre di famiglia, che esorta i figlioli ribelli a fare il loro dovere, senza sanzione giuridica. D'altra parte, il Presidente del Consiglio regionale organo dotato di poteri esterni nel quadro dell'ordinamento regionale. Le sue funzi'Oni si esauriscono nell'ambito dell'Assemblea, che le riassume, onde pu af fermarsi che -come l'atto del Presidente in s non idoneo ad invadere la sfera di attribuzione riservata allo Stato -cos l'atto sostitutivo del C'Ommissario inidoneo ad invadere la sfera di competenza attribuita al Consiglio regionale. Infatti, se il Consiglio aderisce all'invito, ratifica l'atto di convocazione che resta assorbito nella deliberazione consiliare, con la conseguente cessazione dell'ipotetico conflitto; se il Consiglio non aderisce, l'atto di convocazione resta privo di ogni effetto, salvo quello connesso al fatto della mancata riunione consiliare, quale sintom'O della sua impossi bilit di funzionamento. Giuridicamente rilevante -e forse non solo giuridicamente - l'altra funzione attribuita al Commissario, ma trattasi di potere certa mente statale, non contestato dalla Regione: quello di mantenere l'ordine pubblico, qual'Ora il Presidente della Regione non avesse provveduto, e di garantire la libera autoconvocazione del Consiglio ed il libero svolgi mento delle sue attivit istituzionali. Sul punto, dovendosi limitare la memoria a contestare il fumus boni iuris del ricorso, riteniamo sufficienti questi pochi accenni, salvo a svilup pare i concetti esposti nella discussione di merito. Resta da aggiungere qualche consider:azione sulla spettanza del potere allo Stato per l'ipotesi, in cu dovesse ritenersi che il compito attribuito al Commissario di indire la conV'Ocazione del Consiglio s'identifichi con il potere-dovere del Presidente del Consiglio stesso di convocarlo. Il provvedimento, che ha dato origine al ricorso, fondato non sol'O (e non tanto) sulla interpretazione analogica dell'art. 19 1. 10 febbraio 1953, n. 62, quanto sul principio -pi volte riaffermato dalla Corte secondo il quale spetta allo Stato e, per esso, al Governo un potere gene rale di vigilanza su tutti gli enti ed organi compresi nel suo ordinamento PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 769 dello stesso anno agli avvocati Guido Lucatello e Giuseppe Guarino; Considerato che il provvedimento impugnato ha conseguito per intero i suoi effetti; che non sussistono le gravi ragioni addotte per indurre la Corte a concedere la invocata sospensione del provvedimento; Visti l'art. 40 della legge 11 marzo 1953, n. 87, e l'art. 28 delle Norme integrative del 16 marzo 1956; per garantre la tutela della legalit e l'indefettibile funzionamento delle istituzioni e degli organi pubblici. L'esistenza di questo principio generale dell'ordinamento innegabile ed stato pi volte riconosciuto dalla Corte ecc.ma, la quale ha ritenuto che il potere generale di vigilanza attribuito per quanto riguarda pi direttamente il presente giudizio, dall'art. 48 agli organi centrali dello Stato (enunciato o presupposto, fra l'altro, dagli artt. 6 e 19 t. u. leggi com. e prov., 19 1. 10 febbraio 1953, n. 62, nonch S.S.VA.) trova un limite solo in situazioni costituzionalmente garantite, che impongono al Governo di proporre ricorso alla Corte per la risoluzione del conflitto, escludendo, perci, la possibilit di un suo intervento diretto. Occorre, perci, .accertare se sussista questo limite .o se, invece, come noi riteniamo, non esista una norma, che implicitamente riconosca al Governo il potere di no!Ilinare un Commissario per sostituire l'iniziativa di un organo regionale, colpevolmente inerte. Il discorso a questo punto si concentra sull'art. 48 S.S.VA., che, secondo i nostri contraddittori, pone un limite, formale e sostanziale, al patere di vigilanza spettante al Governo sul funzionamento degli organi regionali e, secondo noi, invece, ribadisce la spettanza di questo potere e consente l'emanazione del provvedimento impugnato. L'art. 48 cit. attribuisce al Governo il potere di promuovere lo scioglimento o, qualora l'atto si ritenga del Governo e non proprio del Presidente della Repubblica, sciogliere il Consiglio regionale quando ricorrano determinati presupposti, fra cui l'impossibilit di funzionamento. All'uopo prevede un particolare procedimento, che culmina col decreto motivato del Presidente della Repubblica. Ora, a prescindere dalla considerazione che il pi comprende il meno e che, perci, se attribuito al Governo il potere di sciogliere il Consiglio, deve ritenersi che gli spetti anche quello, minore, di convocarlo quando gli organi regionali, che avrebbero il dovere di farlo, restano colpevolmente inerti, deve tenersi presente che l'art. 48 attribuisce, sia pure implicitamente ma inequivocabilmente, al Presidente del Consiglio un potere di inizatva. il Presidente del Consiglio, infatti, che deve promuovere la deliberazione del Consiglio dei iMnistri, richiedere il parere della Commissione parlamentare per le questioni regionali e, infine, sottoporre alla firma del Presidente della Repubblica il dcreto di scioglimento, di cui, con la controfirma, assume la piena responsabilit. Se questo vero -e ci sembra incontestabile -non pu negarsi al Presidente del Consiglio il potere-dovere di accertare la sussistenza dei presupposti, che legittimano il provvedimento di scioglimento, e nella specie tale accertamento non poteva essere effettuato senza la convoca zione del Consiglio. Questa rappresentava una condicio sine qua non per l'accertamento dell'impossibilit di funzionare, che deve sussistere in senso obiettivo e per ragioni intrinseche, indipendentemente, cio, dall'inter 770 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Per questi motivi la Corte Costituzionale riservata ogni decisione sulle questioni di rito e di merito sollevate, compresa quella sulla validit della revoca del mandato ai difensori della Giunta regionale; rigetta l'istanza di sospensione del provvedimento 18 maggio 1966 del Presidente del Consiglio dei Ministri, presentata dal Presidente della Giunta regionale della Valle d'Aosta col ricorso notificato il 23 maggio 1966. -(Omissis). vento di cause esterne, che nella specie si identificavano con l'arbitrario comportamento omissivo dell'Ufficio di Presidenza. N, a tali effetti, si poteva prescindere dalla considerazione che nella seduta del 23 marzo il Consiglio regionale aveva espresso una maggioranza (destinata ad essere incrementata con l'intervento dei due consiglieri chiamati a sostituire i dimissionari) che ben lo poneva in grado di funzionare. L'inerzia, dolosa, dell'Ufficio di Presidenza -inadempiente al dovere di convocare il Consiglio, in sessione ordinaria, nella prima settimana di aprile e, in sessione straordinaria, sulla richiesta di un terzo dei consiglieri -che non consentiva al Consiglio di esprimere una valida maggioranza non era certo sufficiente ad accertare se il Consiglio fosse o meno in grado di funzionare, onde la necessit di convocarlo al fine di accertare la sussistenza del presupposto per la legittimit del richiesto provvedimento di scioglimento. A prescindere, quindi, da ogni considerazione sulla natura del potere esercitato dal Governo e della funzione attribuita al Commissario e, con seguentemente, della idoneit dell'atto ad invadere la sfera di competenza attribuita dallo Statuto alla Regione, deve ritenersi che il potere eserci tato dal Presidente del Consiglio, al quale spetta l'iniziativa per il prov vedimento di scioglimento previsto dall'art. 48 S.S.V A., rientrava, come mezzo al fine, fra i poteri istruttori, che necessariamente spettano a chi tenuto ad adottare iniziative sul presupposto di circostanze determinate. Questa conclusione, cui agevolmente si perviene attraverso una serena disamina dell'art. 48, ci esonera, almeno in questa fase incidentale, dal l'esaminare la questione se spetti al Governo in via generale un potere di controllo sostitutivo sugli organi della Regione Valdostana. CORTE COSTITUZIONALE, 21 giugno 1966, n. 71 -Pres. Ambrosini - Rel. Mortati -Minuto (n. c.). Patria potest -Attribuzione al padre naturale -Violazione del princi pio dell'e~ua~lianza dei ~enitori -Esclusione. (Cost., artt. 3, 29; c. c., art. 260). Non fondata la questione di legittimit costituzionale dell'art. 260 c. c. che attribuisce l'esercizio della patria potest al padre naturale, sia - PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 771 con riferimento alL'art. 29 Cost., il quale riguarda solo la famiglia legittima, sia con riferimento all'art. 3 Cost., dato che la norma denunciata non n arbitraria, n irrazionale, ma dettata nell'interesse del figlio (1). (1) Questione sollevata con ordinanza 15 maggio 1965 dal Tribunale dei minorenni di Torino (Gazzetta Ufficiale 17 luglio 1965, n. 178) e decisa con provvedimento in Camera di Consiglio, non essendovi stata costituzione di parti. Anche nella motivazione di questa sentenza la Corte costituzionale ha rivolto un chiaro invito al legislatore per l'adeguamento della legislazione familiare alle norme della Costituzione. Ci era gi avvenuto nella precedente sentenza 23 maggio 1966, n. 49, in questa Rassegna 1966, I, 530. Cfr. anche, per l'illegittimit costituzionale dell'art. 156, primo comma, c. c., la coeva sentenza 23 maggio 1966, n. 46, ivi, I, 1966, 528 e nota di richiami di dottrina. CORTE COSTITUZIONALE, 21 giugno 1966, n. 72 -Pres. Ambrosini - Rel. Jaeger -Commissario Stato per la Regione Siciliana (sost. avv. gen. Stato Guglielmi) c. Presidente Regione Siciliana (avv. Silvestri). Sicilia -Legge regionale recante disposizione a favore del personale in soprannumero della Regione -Violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione. (Cost., artt. 3, 97; 1. reg. 26 ottobre 1965}. costituzionalmente illegittima, per violazione sia del principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 Cost., sia del principio del buon ordi' namento della P. A., previsto dall'art. 97 Cost., la legge regionale siciliana 26 ottobre 1965, a favore del personale in soprannummero della Regione, la quale crea sperequazioni di trattamento rispetto al personale di ruolo, provocando notevole malcontento fra questo e rendendo pi difficile la collaborazione necessaria, a discapito dell'efficenza .della P. A. (1). (1) La sentenza in rassegna da segnalare, al di l della questione specifica cui essa si riferisce, per la precisazione del concetto di buon andamento della P. A., giusta l'art. 97 della Costituzione. Sulla identificazione di tale concetto la giurisprudenza della Corte ha seguito un progressivo affinamento e, si potrebbe dire, una progressiva incidenza in profondit, al di l degli aspetti meramente estrinseci e formali dell'organizzazione della P. A. Nella sentenza 9 marzo 1959, n. 9 (Giur. cost., 1959, 237), la Corte aveva, anzitutto, lasciato impregiudicata la questione se l'art. 97 Cost. si 772 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO riferisse solo all'organizzazione dello Stato, oppure a quella di altri Enti pubblici. Aveva affermato, poi, che l'apprezzamento della idoneit delle norme dirette ad assicurare il buon andamento e l'imparzialit della P. A. in quanto non contrastanti con specifiche norme costituzionali, rientrava nell'esercizio del potere discrezionale del legislatore. Un passo pi avanti venne compiuto dalla successiva sentenza 12 marzo 1962 n. 14 (Foro it,. 1962, 1061) con la quale la Corte ravvisava la violazione dell'art. 97 Cost. tutte le volte che la legge provvedesse ad istituire uffici ed a destinarvi personale, ma omettesse di stabilire, di quegli uffici, ordinamento ed attribuzioni. Fin qui si restava ancora nel campo formale ed oggettivo del problema, riguardato esclusivamente con riferimento agli uffici ed alla loro organizzazione. Il problema stato posto a fuoco anche dal punto di vista soggettivo, invece, e con indagine condotta sulla intrinseca validit dell'organizzazione, con la sentenza 10 marzo 1966, n. 22 (Foro it., 1966, 543) la quale ha ravvisato nell'applicazione del principio di eguaglianza tra i funzionari una garanzia del buon funzionamento della P. A. Con la sentenza in esame, infine, il principio di eguaglianza viene con-: siderato anche nei riflessi psicologici che una sua disapplicazione o misap I plicazione provocherebbe nei funzionari, creando malcontento nell'ambito degli uffici, e rendendo, per tal via, meno efficiente la P. A. Attraverso questo iter giurisprudenziale daito cogliere, quindi, una ' I affermazione di competenza della Corte a sindacare la validit intrinseca delle soluzioni legislative approntate in materia di organizzazione della I Pubblica Amministrazione, sia essa statale, regionale o locale. Validit che I ~ va necessariamente rapportata ai criteri di ragionevolezza e di non arbi0 trariet, nei quali si sustanzia -secondo la consolidata giurisprudenza della Corte -il principio costituzionale di eguaglianza. CORTE COSTITUZIONALE, 2 luglio 1966, n. 79 -Pres. Ambrosini -Rel. Cassandro -Presidente Regione Siciliana (avv. Sorrentino) c. Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. Stato Chiarotti). Sicilia -Conflitto di attribuzioni -Modalit sulle conferenze periodiche in materia di energia elettrica -Competenza dello Stato. (St. spec. reg. sic., artt. 14, lett. d), 20; l. P. R. 15 dicembre 1962, n. 1670, art. 2, n. 5). Poich la Regione Siciliana non ha competenza nelle materie delle riforme economiche e sociali, tra le quali rientra la nazionalizzazione dell'industria elettrica, spetta allo Stato la competenza ad emanare le: PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 773 norme di organizzazione che agevolino l'attuazione delle riforme e la loro aderenza alle necessitd locali (1). (Omissis). -Le due censure mosse dalla Regione al provvedimento del Ministro per l'industria e il commercio, che regola la composizione e il funzionamento delle conferenze periodiche in materia di energia elettrica, sono infondate: sia la prima, che costituisce la tesi principale della difesa regionale, sia la seconda, che proposta come tesi subordinata. Quanto alla prima, che _rivendica alla Regione la competenza nella determinazione delle modalit esecutive delle conferenze periodiche, occorre ricordare che la Regione siciliana non ha competenza nelle materie delle riforme economiche e sociali, tra le quali, come la Corte ha avuto occasione di affermare (sent. n. 13 del 1964), rientra la nazionalizzazione dell'industria elettrica. Il richiamo alla competenza regionale in materia di industria e commercio (art. 14, lett. d, dello Statuto siciliano) e alle relative norme di attuazione (d. p. r. 5 novembre 1949, n. 1182) non fatto a proposito, perch la competenza nella materia delle riforme agrarie e industriali esplicitamente riservata allo Stato, in virt del primo comma dell'art. 14 dello Statuto siciliano, npn pu ritenersi trasferita alla Regione come parte della competenza che ad essa spetta in materia di industria e commercio. N il richiamo a questa competenza pu superare il generale limite dell'interesse nazionale che la potest legislativa regionale incontra e che prevalente nel caso della nazionalizzazione dell'industria elettrica. Pertanto, il trasferimento delle funzioni amministrative alla Regione in materia di industria e commercio si deve intendere avvenuto col rispetto dei limiti assegnati alla competenza legislativa regionale, conformemente al sistema che prevede, nell'ambito regionale -e anche in quello delle Regioni a statuto speciale -, una stretta correlazione fra potest legislativa e potest amministrativa. Di conseguenza, cosi come spetta allo Stato la competenza a deliberare le riforme agrarie e industriali, anche allo Stato spetta la competenza ad emanare le relative norme di organizzazione. Se esigenze di buon funzionamento richiedono l'istituzione di organi e strutture periferiche, che agevolino l'attuazione delle riforme e l'aderenza loro alle (1) La Regione siciliana aveva proposto giudizio per conflitto di attribuzione avverso il decreto del Ministro per l'industria ed il Commercio 28 ottobre 1965 recante le modalit relative alle conferenze per1oa1cne in materia di energia elettrica. Sui problemi connessi all'istituzione dell'Enel, cfr. la successiva sentenza 11 luglio 1966, n. 94 retro. In dottrina, cfr. LANDI, voce Energia elettrica, in Enciclopedia dir., pag. 875 e segg. 774 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO necessit locali, non ne consegue che la normativa di siffatta organizzazione, articolata su base regionale o su altra ripartizione territoriale, sia di competenza della Regione. 2. -Se infondata la censura principale mossa dalla Regione al provvedimento ministeriale, infondata anche la censura proposta in via subordinata. Infatti, se la determinazione delle modalit esecutive delle conferenze periodiche non spetta in via di principio alla Regione, non si vede come possa spettargliene una parte: la designazione, cio, degli enti che devono essere rappresentati negli organi consultivi, o l'individuazione delle organizzazioni di categoria pi rappresentative operanti nella Regione, indicate nei numeri 17, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24 e 215 del primo comma dell'art. 3 del decreto ministeriale, alle quali l'E.N.E.L. tenuto a richiedere la nomina di rappresentanti, o, infine, la determinazione degli organismi di ricerca e cultura, i cui rappresentanti devono essere invitati dal Ministro a far parte delle conferenze, o degli esperti che il Ministro medesimo deve designare, qualora se ne ravvisi la necessit. Anche per questi particolari aspetti della composizione degli organi consultivi, che vanno sotto il nome di conferenze periodiche, la competenza non pu essere se non dello Stato. Non che sia da escludere in via di principio la possibilit di un concorso di competenze amministrative tra Stato e Regione, ma ci sempre quando vi sia un analogo concorso di competenze legislative non quando, come nel caso, la competenza spetti nella materia del tutto allo Stato (o alla Regione) e, per di pi, l'eventuale diversit di criteri ispiratori della duplice e concorrente competenza amministrativa possa dar luogo a una ridotta funzionalit dell'organo e a una non perfetta sua corrispondenza allo scopo per il quale costituito. La Corte ha avuto si occasione di affermare che nella disciplina delle materie di competenza generale dello Stato, come le riforme agrarie e industriali e la programmazione, deve essere fatta salva la competenza delle Regioni e la tutela degli interessi, dei quali queste sono portatrici. Ma, nel caso di specie, si visto che non sussisteva una competenza della Regione che potesse perci essere illegittimamente disattesa; e sta poi in fatto che, in questa periodica consultazione che l'Ente tenuto a fare nello svolgimento della sua attivit, necessariamente impostata su fondamenti unitari, estesa a tutto il territorio dello Stato e rivolta a interessi generali, gli interessi regionali sono tenuti presenti, la maggior parte dei componenti delle conferenze essendo rappresentanti di enti ed organismi regionali o di organi statali operanti nella Regione e designati di regola da codesti medesimi enti, organismi od organi, e non dal Ministro, n dall'E.N.E.L. -(Omissis). PARTE l, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 775 CORTE COSTITUZIONALE, 2 luglio 1966, n. 80 -Pres. Ambrosini - Rel. Mortati -Di Bella (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Stato Carbone). Imposta di registro -Divieto per i cancellieri di rilasciare copie di sen tenze non registrate -Violazione del diritto di difesa -Ille~ittimit costituzionale. (Cost., art. 24; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 117). L'art. 117 della vigente legge di registro, che fa divieto ai cancellieri di rilasciare copia di sentenze non ancora registrate, con la conseguenza dell'improcedibilit. del giudizio di gravame, nel quale la copia dev'essere prodotta (art. 347 e 348 c. p. c.) costituzionalmente illegittimo, in relazione all'art. 24 Cost., in quanto del tutto estmneo alle esigenze del giudizio, e diretto a finalit esclusivamente fiscali (1). (Omissis). -La questione sollevata dalla Corte di appello di Catania deve essere esaminata anzitutto con riguardo al primo dei motivi di incostituzionalit prospettati, qual' fatto derivare dal contrasto delle norme di legge denunciate con l'art. 24 della Costituzione. Il problema della compatibilit fra il principio costituzionale, che garantisce a tutti di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti, e le norme che impongono oneri fiscali a carico di chi tale tutela intenda richiedere, stato oggetto di ripetuto esame da parte della Corte, e questa ha ritenuto che, per risolverlo, si renda necessario distinguere fra gli oneri che siano razionalmente collegati alla pretesa dedotta in giudizio, allo scopo di assicurare al processo uno svolgimento meglio conforme alla sua funzione, di prevenire altres eccessi riprovevoli nell'esercizio del diritto di azione, eccitando nel titolare un senso di responsabilit, e che perci devono ritenersi consentiti, e quegli altri i quali (1) La questione era stata proposta con ordinanza 16 luglio 1965 della Corte di Appello di Catania (Gazzetta Ufficiale, 25 settembre 1965, n. 242). Le conseguenze pratiche della decisione in rassegna non riguardano come bene la Oorte ha precisato -l'istituto della improcedibilit dell'appello nel suo complesso, perch esso concerne anche ipotesi diverse dalla mancata presentazione del fascicolo di parte contenente copia della sentenza appellata (art. 347, secondo comma, art. 348, n. 2, c. p. c.), ma solo l'art. 117 della legge di registro. D'ora in avanti, fermo l'obbligo dei cancellieri, sancito dall'art. 80 n. 2 legge di registro, di trasmettere le sentenze all'ufficio del registro, essi potranno rilasciare copia delle medesime anche prima ed indipendentemente dalla registrazione; pi esattamente, anzi, eliminato l'ostacolo costituito dall'art. 117 legge di registro, dovranno rilasciare la copia a chiunque la richieda, come tassativamente prescritto dagli artt. 347 e segg. c.ip.c. evidente, quindi, che la liberalizzazione cos introdotta nel rilascio delle copie di sentenze, si riferisce a tutte le sentenze, sia quelle appellabili 776 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO invece tendono alla soddisfazione di interessi del tutto estranei alle finalit predette, e, conducendo al risultato di precludere o ostacolare gravemente l'esperimento della tutela giurisdizionale, incorrono nella sanzione dell'incostituzionalit sent. 45, 56, 83, 113 del 1963; 47, 69, 91, 100 del 1964). Alla stregua del criterio richiamato deve ritenersi fondata l'eccezione proposta in confronto all'art. 117 del r. d. n. 3269 del 19,23 (modificato con il r. d. 13 gennaio 1936, n. 2313) quando sia messo in relazione con l'art. 348 c. p. c.. Infatti il divieto ch'esso impone ai funzionari delle cancellerie giudiziarie di rilasciare copia di qualsiasi atto soggetto a registrazione, prima che questa sia stata effettuata, in quanto precluda il rilascio della copia della sentenza di primo grado a favore di colui che intenda proporre gravame contro di essa, ha per conseguenza di pregiudicare il valido esercizio di tale diritto, dato che l'ultimo comma del citato art. 348 c. p. c. fa derivare l'improcedibilit dell'appello stesso dal mancato deposito, alla prima udienza di comparizione, del fascicolo dell'appellante, fascicolo del quale elemento essenziale la copia della sentenza impugnata, secondo il tassativo disposto del precedente art. 347. Quando, come nella specie, l'onere del previo pagamento prescritto dal citato art. 117 non riguarda solo la spesa di registrazione della sentenza, ma si riferisce anche al titolo posto a base della medesima e formante oggetto della contestazione, appare chiara la sua estraneit alle esigenze del giudizio di appello ed il suo rivolgersi a finalit esclusivamente fiscali, qual' quella di stimolare il contribuente al pagamento dell'imposta sul titolo predetto, e per conseguenza il suo netto e radicale contrasto con il precetto costituzionale. L'esercizio del potere di gravame garantito a favore di chi si senta ingiustamente leso dalla sentenza di primo grado viene subordinato alla condizioni del previo pagamento di una imposta, rispetto alla quale sia quelle ricorribili; per cui non sembra fondata l'opinione espressa dall'ANDRIOLI (Foro it., 1966, I, 1002) sulla necessit di una autonoma questione di legittimit costituzionale per l'art. 369, n. 2 c. p. c., che sanziona l'improcedibilit del ricorso per Cassazione allorch non venga prodotta copia autentica del1a sentenza impugnata; o sulla dichiarabilit d'ufficio, ex art. 27 I. 11 marzo 1953, n. 87, di tutti i combinati disposti che san ciscono improcedibilit delle impugnazioni per mancato deposito della sentenza. E l'uno e l'altro strumento sono superflui, perch, d'ora in avanti, l'improcedibilit per mancato deposito della sentenza potr s, continuare a sussistere ed operare, ma eventualmente solo per fatto imputabile alla parte, la quale non trova pi alcun ostacolo d'ordine fiscale alla conquista della prescritta copia della sentenza. Sui problemi connessi agli oneri fiscali nel processo cfr. la precedente sentenza della Corte 9 aprile 1963, n. 45 (Riv. dir. proc., 1965, 443 e nota di CoMAGLio), e per i procedimenti davanti alla stessa Corte, la sentenza 6 dicembre 1965, n. 75, in questa Rassegna, 1965, 1102). - PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 777 non riesce ancora possibile la determinazione non gi solo del suo esatto ammontare, ma della stessa sussistenza dell'obbligo correlativo, data la mancanza di definitivit dell'accertamento giudiziale sul titolo controverso. La condizione stessa, nel caso che ha dato luogo al giudizio, assume poi aspetto particolarmente gravoso, trattandosi di sentenza che ha ritenuto la simulazione della compravendita in contestazione, sulla quale l'imposta da applicare in misura proporzionale. Nulla potrebbe dedursi in contrario dal potere discrezionale, che l'art. 348 del Codice di procedura civile attribuisce al Consigliere istruttore, di concedere all'appellante una dilazione alla presentazione del fascicolo. A parte l'ovvia considerazione che la dilazione, anche se fosse consentito disporla a tempo indeterminato, non soddisfa l'interesse alla tutela giurisdizionale, la quale pu raggiungersi solo con l'emanazione di una sentenza definitiva di merito, impossibile ad ottenersi senza il previo pagamento del tributo, da osservare che essa, differendo da quella necessaria ex art. 195 c. p. c., o dall'altra di cui all'art. 108 della legge di registro, esige la fissazione di un termine, decorso il quale, (ove non si verifichino le ipotesi di cui agli artt. 305 o 307 c. p. c.), si apre alla parte interessata la facolt di richiedere la definizione del giudizio sospeso, che non potrebbe altrimenti effettuarsi se non con la dichiarazione di improcedibilit. Una volta accertata la incostituzionalit della norma denunciata, pel suo contrasto con l'art. 24, non si rende necessario prendere in esame la questione sollevata in confronto all'art. 3 della Costituzione. La pronuncia di incostituzionalit deve essere limitata all'art. 117 della legge di registro, nella parte denunciata dall'ordinanza, poich, venuto meno il divieto ch'esso impone, la improcedibilit sancita dall'ul timo comma dell'art. 348 rimarrebbe necessariamente limitata ai casi di inadempienze da parte dell'appellante diverse da quelle della man cata esibizione della sentenza impugnata per effetto dell'omessa osser vanza dell'obbligo fiscale. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 2 luglio 1966, n. 81 -Pres. Ambrosini - Rel. Benedetti -Fondazione Girola (avv. Nonnis, Mazzullo) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Stato Agr). Imposte e tasse in genere -Legge istitutiva di una ritenuta di acconto sugli utili distribuiti dalle societ -Sperequazione di trattamento allorch il soggetto percipiente sia esente dall'imposta sulle societ Esclusione. (Cost., artt. 3, 53; 1. 29 dicembre 1962, n. 1745, art. 3, settimo comma). Non fondata la questione di legittimit costituzionale dell'art. 3, settimo comma, della legge 29 dicembre 1962, n. 1745 istitutiva di una 778 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ritenuta di imposta sugli utili percepiti da soggetti esenti dall'imposta sulle societ, dato che, per questi ultimi, la ritenuta ha carattere di una nuova imposta, basata su presupposti diversi da quelli che sono a fondamento della ritenuta d'acconto per gli enti soggetti all'imposta sulle societ (1). (Omissis). -La questione prospettata dall'ordinanza di rinvio non fondata. Il giudice a quo ha ravvisato un contrasto tra la disposizione contenuta nell'art. 3, comma settimo, della 1. 29 dicembre 1962, n. 1745 e gli artt. 3 e 53, comma primo, della Costituzione perch ha ritenuto sussistente una identit di situazione tra gli enti soggetti all'imposta sulle societ nei confronti dei quali la ritenuta istituita con tale legge operata a titolo di acconto, e gli enti esenti dall'anzidetto tributo nei confronti dei quali la norma impugnata dispone che la ritenuta sia I eseguita a titolo d'imposta. E' per evidente che trattasi di situazioni cos diverse che legitti I mano una disparit di trattamento normativo sotto l'aspetto tributario qui considerato. Infatti la ritenuta d'acconto sugli utili spettanti ai soggetti tassa I bili in base a bilancio non un tributo autonomo, ma costituisce una parte dell'imposta sulle societ e perci viene dedotta dall'ammontare dell'imposta dovuta per l'esercizio sociale nel corso del quale il diritto I agli utili stato acquisito. ' La ritenuta d'imposta, invece, costituisce un nuovo tributo basato su presupposti diversi da quelli che hanno giustificato la ritenuta di acconto in quanto richiede che il soggetto passivo sia esente dall'imposta sulle societ. (1) La questione era stata introdotta dalla Commissione Distrettuale delle Imposte di Milano con ordinanza 24 novembre 1964 (Gazzetta Ufficiale 30 aprile 1965, n. 109). La trasformazione della ritenuta d'acconto in una nuova ed autonoma imposta, anche per i contribuenti sottoposti all'imposta sulle societ, resa ancor pi evidente nella c. d. cedolare secca ., istituita dall'art. 1, secondo comma, del d. 1. 23 febbraio 1964, n. 27, conv. nella 1. 12 aprile 1964, n. 191. Ci elimina ogni sospetto di sperequazione rispetto alle due categorie di soggetti considerati dalla sentenza in rassegna. Per i problemi posti dalla legge sulla imposta cedolare, cfr. FERRI, La legge istitutiva del'la imposta cedolare di acconto ed i problemi che determina, Riv. dir. comm., 1965, I, 63; e, in particolare, con riferimento alla cedolare secca, PIAZZA, Cedolare d'acconto dell'imposta complementare e dell'imposta sulle societ, Milano, 1965. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 779 La ritenuta a titolo d'imposta istituita con la norma impugnata non comporta quindi violazione dei principi di eguaglianza e della capacit contributiva. Baster all'uopo rilevare che, prima della sua istituzione, gli utili spettanti agli enti esenti dall'imposta sulle societ non erano soggetti ad alcun tributo, mentre gli utili sui quali effettuata la ritenuta di acconto erano gi assoggettati a tributo, costituendo uno degli elementi del reddito complessivo sul quale viene applicata l'imposta sulle societ. Del pari erroneo sostenere che sarebbero stati violati i suddetti principi perch l'aliquota della ritenuta d'imposta, elevata dal 15 al 30 per cento per il triennio nel quale hanno efficacia le disposizioni del d. l. 23 febbraio 1964, n. 27, pi alta dell'aliquota dell'imposta sulle societ e perci a parit di reddito non corrisponderebbe parit d'imposizione fiscale. L'ordinanza vorrebbe istituire un raffronto tra l'onere tributario che grava sugli utili soggetti alla ritenuta in conto dell'imposta sulle societ e quello che grava sugli utili soggetti alla ritenuta prevista dalla norma impugnata. L'inammissibilit del raffronto per evidente perch gli utili soggetti alla prima forma di ritenuta si cumulano, agli effetti dell'applicazione del tributo, con gli altri redditi immobiliari e mobiliari del contribuente (art. 148 del t. u. delle leggi sulle imposte dirette), mentre l'obbligazione tributaria dei soggetti esenti dall'imposta sulle societ limitata agli utili azionari. Nessun rilievo pu poi essere attribuito alla circostanza che tra i soggetti colpiti dalla ritenuta d'imposta vi siano enti -come la Fondazione Girola -le cui finalit assistenziali avevano rappresentato valido motivo per la concessione della esenzione dall'imposta sulle societ. Non pu, infatti, configurarsi come violazione del principio di eguaglianza il fatto che il legislatore non abbia ritenuto, nella sua discrezionale valutazione, concedere l'esenzione anche in ordine al tributo ora in questione. L'istituzione della cedolare d'acconto e d'imposta fu originata dalla necessit di colpire il fenomeno di evasione fiscale degli utili derivanti dai titoli azionari, fenomeno che la legge istitutiva della nominativit obbligatoria di tali titoli e successive modifiche (leggi 9 febbraio 1942, n. 962 e 5 gennaio 1956, n. 1) non erano riuscite ad eliminare. E fu proprio in relazione alla gravit e generalit di tale fenomeno che la norma denunciata non ritenne di disporre esenzioni in favore di soggetti percettori di dividendi azionari ed istitu, in forma di autonoma imposta, il tributo di cui trattasi anche nei confronti di quegli enti che erano stati originariamente esentati dall'imposta sulle societ in considerazione della loro natura giuridica e dei fini perseguiti'. ( Omissis). 780 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 2 luglio 1966, n. 83 -Pres. Ambrosini - Rel. Mortati -Pozzi, Esattoria di Livorno Ferraris (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Stato Agr). Corte Costituzionale -Giudizi di legittimit costitu.zionale in via incidentale -Questione sollevata dal giudice dell'esecuzione esattoriale -Ammissibilit. (Cost., art. 134; I. cost. 9 febbraio 1948, n. 1, art. 1; 1. 11 marzo 1953, n. 87, art. 2,3). Esecuzione fiscale -Disposizioni che non consentono al debitore esecutato contestazioni sulla valutazione dei beni staggiti -Violazione del principio di difesa -Esclusione. (Cost., artt. 24, 113; t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 236, 237). n giudice preposto aH'esecuzione esattoriale legittimato a sollevare questione di legittimit; costituzionale in via incidentale (1). Non contrasta col principio del diritto di difesa la norma dell'articolo 236 t. u. delle imposte dirette (e connesse norme degli artt. 202, 233, 235, 237), la quale vieta al debitore esecutato ogni contestazione sul valore dei beni staggiti nell'esecuzione esattoriale, sia perch si verte in una fase amministrativa, nella quale non applicabile l'art. 24 Cost., sia perch le determinazioni amministrative adottate dall'Intendente di Finanza sono impugnabili in via giurisdizionale davanti ai competenti organi della giustizia amministrativa (2). (Omissis). -In via preliminare da accertare se il Pretore, quale giudice preposto all'esecuzione esattoriale immobiliare ai sensi dell'articolo 200 del t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, sia legittimato a sollevare (1) La questione era stata sollevata dal Pretore di Santhi con ordinanza 6 febbraio 1965 (Gazzetta Ufficiale 15 maggio 1965, n. 122). Per quanto concerne la legittimazione del giudice a proporre questione di legittimit costituzionale, si rinvia alla nota redazionale, in questa Rassegna 1966, 30, a commento della sentenza della Corte costituzionale 12 febbraio 1966, n. 13. (2) Con la sentenza 7 luglio 1962 n. 87 (Dir. e prat. trib., 1962, II,. 440)), menzionata nel testo, la Corte costituzionale aveva dichiarato non fondata la questione di legittimit costituzionale degli artt. 208 e 209 del t. u. sulle imposte dirette, dato che il legislatore -fu ritenuto -non ha negato al contribuente le garanzie apprestate dal codice di procedura civile, ma le ha sostituite con altri mezzi di tutela, conformi al carattere amministrativo dell'esecuzione forzata. Ad analoghe conclusioni la Corte era pervenuta con le sentenze 26 novembre 1964, n. 93 e 16 giugno 1964, n. 42 (in questa Rassegna, 1964, rispettivamente 998 e 634). Egualmente la C:orte aveva gi fissato i principi che avverso i provvedimenti dell'Intendente di Finanza sono ammessi il ricorso in via giurisdizionale .o quello straordinario al Capo dello Stato (sent. 26 novembre 1964, n. 93 cit., e sent. 4 luglio 1963, n. 116, Giur. it., 1963, I, 1, 1172). PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 781 le questioni di illegittimit costituzionale di cui all'art. 134 della Costituzione. La Corte, nelle sue precedenti pronuncie, ha ritenuto che gli artt. 1 della legge costituzionale n. 1 del 1948, 23 della legge n. 87 del 1953 e 1 delle Norme 'integrative consentano una determinazione dei requisiti necessari alla valida proposizione delle questioni stesse, tale da condurre, per una parte, a far considerare autorit .giurisdizionale anche organi che, pur estranei all'organizzazione della giurisdizione ed istituzionalmente adibiti a compiti di diversa natura, siano tuttavia investiti, anche in via eccezionale, di funzioni giudicanti per l'obiettiva applicazione della legge, ed all'uopo posti in posizione super partes, e per un'altra a conferire carattere di giudizio a procedimenti che, quale che sia la loro natura e le modalit di svolgimento, si compiano per alla presenza e sotto la direzione del titolare di un ufficio giurisdizionale. Poich, pertanto,. alla stregua dell'interpretazione adottata, i due requisiti, soggettivo ed oggettivo, non debbono necessariamente concorrere affinch si realizzi il presupposto processuale richiesto dalle norme richiamate, e poich nella specie ricorre uno di essi, e cio l'intervento di un soggetto appartenente all'autorit giudiziaria ordinaria, anche se non destinato (almeno nella fase del procedimento esecutivo riguardante la vendita dei beni pignorati) alla risoluzione di controversie, la questione sollevata con l'ordinanza in esame si deve ritenere ammissibile. Nel merito la questione infondata. Deve anzitutto essere con fermato quanto la Corte ha gi in precedenza statuito in ordine al carattere sostanzialmente amministrativo del procedimento previsto da gli artt. 200 e seguenti del citato t. u. (sent. n. 87 del 1962). Dal che deriva che non potrebbe mai riscontrarsi nella disciplina disposta dalle norme sottoposte alla Corte una violazione del diritto di difesa, che l'art. 24 vuole sempre garantito, ma per i soli procedimenti giurisdi zionali. Nessuna questione di costituzionalit pu pertanto proporsi in confronto all'art. 236, nella parte in cui non consente il ricorso ad altro consulente tecnico che non sia l'ufficio tecnico erariale, allorch si debba procedere a perizia del prezzo base di incanto del bene pigno rato, essendo proprio dei procedimenti amministrativi di giovarsi, quan do occorra, dell'opera di consulenza degli uffici appositamente costi tuiti a tale scopo nel seno della P. A.. Nessun accostamento si rende possibile fra la norma in esame e quella che la sentenza n. 70 del 1961 ha dichiarato incostituzionale perch sottraeva al giudice, cui erano sottoposte controversie in materia di diritti soggettivi, il potere di scelta del perito e lo vincolava all'accertamento dei fatti compiuto dall'uf ficio tecnico designato dalla norma stessa. Neppure fondate, sotto l'aspetto dell'allegata violazione dell'art. 24, possono considerarsi le censure riguardanti la diversa posizione che 782 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nella esecuzione esattoriale viene attribuita al giudice rispetto all'altra che questi riveste nell'ordinario procedimento esecutivo, ed in particolare la censura rivolta all'art. 202, secondo cui la vendita dei beni pignorati si effettua a cura dell'esattore senza autorizzazione dell'autorit giudiziaria. Infatti tale diversit corrisponde alla specifica finalit del primo tipo di esecuzione, intesa a tutelare il preminente interesse della pubblica finanza, che esige il ricorso a strutture pi agili e rapide, nelle quali il posto predominante rilasciato all'attivit di impulso e di decisione dei soggetti dell'amministrazione, come l'Intendente di finanza, o operanti per suo conto, come l'esattore. Il quale ultimo, essendo tenuto all'obbligo del non riscosso per riscosso, non potrebbe adempier1o se non fosse messo in condizione di venire rapidamente in possesso della somma dovuta dal debitore di imposta. Risulta dalle precedenti considerazioni che la questione di costituzionalit in esame prospettabile solo con riferimento al primo comma del detto art. 24, che garantisce a tutti di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. Principio che trova applicazione, quando si contesti la legittimit degli atti amministrativi, nella norma dell'art. 113, al quale esclusivamente deve aversi riguardo per la soluzione della questione prospettata. Tale articolo ha, nel secondo comma, inibito al legislatore di disporre esclusioni o limitazioni della tutela giurisdizionale per singole categorie di atti o per singoli mezzi di impugnativa, consentendogli solo, nell'ultimo comma, di determinare in quali casi sia possibile disporre l'annullamento dell'atto (escludendone eventualmente alcuni), nonch gli organi competenti a dichiararlo e gli effetti conseguenziali. Non esatta l'interpretazione che nell'ordinanza si d della norma dell'art. 236 t. u. (che quella direttamente rilevante per la soluzione del giudizio a quo), secondo cui al debitore d'imposta sarebbe riconosciuto il solo potere di rivolgere istanza all'Intendente di finanza, diretta a chiedergli che si disponga una nuova stima degli immobili pignorati, mentre i conseguenti provvedimenti dell'Intendente stesso non sarebbero assoggettabili ad alcun sindacato. E' invece da ritenere che, contrariamente a quanto afferma il Pretore, le norme generali sulla giustizia amministrativa trovino piena applicazione anche in confronto al sub-procedimento di cui all'art. 236, che si conclude con la decisione dell'Intendente di finanza in ordine alla determinazione del prezzo base. Il principio consacrato nell'art. 113 appare suscettibile di piena applicazione anche in confronto alle decisioni relative alla determinazione del prezzo base, impugnabili, per qualsiasi motivo di illegittimit compreso quello dell'eccesso di potere, o mediante il ricorso straordinario (entro il minore termine stabilito dall'art. 208) o con ricorso al Consiglio di Stato, al quale compete anche il potere di disporre la sospensione del procedimento in corso di svolgimento. -(Omissis). SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 19 luglio 1965, n. 1631 -Pres. Ma stropasqua -Est. Giannattasio -P. M. Criscuoli (conf.) -Societ Ariston (avv. Parodi) c. Maglio (avv. Fragola). Competenza e giurisdizione -Giurisdizione ordinaria e giurisdizione amministrativa -Controversie tra privati. (I. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 2}. Competenza e giurisdizione -Consiglio di Stato -Questioni pregiudiziali -Giudicato preclusivo -Limiti. (r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 28}. La giurisdizione del Giudice ordinario sussiste tutte le volte che si controverta tra privati e la controversia pur ricollegandosi eventualmente ad un atto amministrativo non investa direttamente quest'ultimo ma si esaurisca nell'ambito delle posizioni di diritto soggettivo dei privati medesimi (1). Il Consiglio di Stato decide le questioni pregiudiziali a norma dell'art. 28 r. d. 26 giugno 1924, n. 1054 senza preclusione dell'ulteriore co (1) La prima massima ribadisce un principio pi volte affermato dalle sezioni unite della Corte di Cassazione, specialmente in materia di acque (v. Cass., Sez. Un., 28 ottobre 1961, n. 2481, in Foro it., 1962, I, 271 e Cass., Sez. Un., 12 marzo 1960, n. 497, in Foro it., 1960, I, 360) ed in materia di piani regolatori (v. C1ass., Sez. Un., 27 gennaio 1959, n. 221, in Foro it., 1959, I, 216). Le sentenze ora citate e quella, di cui si tratta, hanno peraltro ben precisato che quando la lite tra privati trae origine dall'uso fatto da una delle parti dei poteri inerenti ad una sua situazione soggettiva ed incidenti su situazioni soggettive di altri privati, qualificate dall'ordinamento giuridico come diritti soggettivi, e la legittimit dell'uso di tali poteri dipende dal previo esercizio di una potest da parte della P. A., rispetto al quale esercizio sussistono altre distinte posizioni soggettive, in direzioni contrarie, di entrambi i privati, il problema relativo alla giurisdizione ha differenti soluzioni a seconda che si contenda tra privati intorno alle lesioni del diritto o si investa direttamente l'atto della P. A. lesivo di un interesse legittimo; aggiungendosi, implicitamente od esplicitamente, come nella sentenza in rassegna, che ove la controversia venga mantenuta nell'ambito 784 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO gnizione ordinaria: pu aversi giudicato preclusivo solo quando le questioni decise costituiscano l'oggetto principale e diretto della controversia (2). della lesione del diritto soggettivo, la giurisdizione spetta sempre al giudice ordinario perch in tal caso rimane estranea alla causa ogni questione relativa all'atto amministrativo, mentre, se invece l'esercizio della potest pubblica oggetto di cognizione diretta, la questione proposta conitro la P. A. ed essa concerne posizioni di interesse legittimo nel senso tradizionale, le quali si connettono esclusivamente all'attivit amministrativa, onde la domanda non pu essere proposta che davanti al Giudice amministrativo. Con tali precisazioni e con le relative conseguenze, nei limiti di cui si dir appresso (in questa Rassegna, 1966, I, 821), il principio innanzi esposto pu accettarsi. (2) Che a norma dell'art. 28 del r. d. 26 giugno 1924, n. 1024 il Consiglio di Stato sia autorizzato a decidere tutte le questioni pregiudiziali ed incidentali relative a diritti la cui risoluzione sia necessaria per pronunciare sulla questione principiale di sua competenza anche in materia in cui non ha giurisdizione esclusiva risulta dall'espressa disposizione della norma riportata (v. pure, in terminis, per le questioni pregiudiziali, Cass., sez. Un., 21 giugno 1965, n. 1297, in Giust. civ., 1965, I, 2226, e, per le questioni incidentali, C. d. S., V sez., 3 marzo 1962, n. 184, in Giust. civ., 1962, II, 121), come da questa risulta che su dette questioni pregiudiziali ed incidentali, tuttavia, la efficacia della cosa giudicata rimane limitata alla questione principale decisa nel caso (v. pure Cass., Sez. Un., 27 luglio 1962, n. 2175, in Giust. civ., 1963, I, 1385), ossia alla decisione sull'atto impugnato, all'infuori di che non vi giudicato, onde le questioni relative ai diritti risolte in via pregiudiziale od incideniaie dal Giudice amministrativo potrebbero successivamente essere riproposte dalle stesse parti al Giudice ordinario il cui potere non resterebbe paralizzato dall'exceptio rei iudicatae (Gu1cc1ARDI, La giustizia amministrativa, Padova, 1954, 171). In questi sensi sembra debba intendersi il principio contenuto nella massima, di cui si tratta, derivata tuttavia da un'affermazione fatta per incidens nella sentenza. appena poi il caso di ricordare che, a' sensi dell'ultimo comma dell'articolo innanzi citato, restano sempre in esclusiva competenza dell'Autorit giudiziaria ordinaria l'incidente di falso e le questioni concernenti lo stato e la capacit dei privati individui, salvo che si tratti della capacit di stare in giudizio. I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 11ottobre1965, n. 2111 -Pres. Tavolaro -Est. Jannelli -P. M. Di Majo (conf.) -Ministero Difesa-Esercito (avv. Stato Tracanna) c. Boffa (avv. Cosinelli). Competenza e ~iurisdizione -Giurisdizione ordinaria e ~iurisdizione amministrativa -Discriminazione -Criteri. (1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 2). PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 785 Privative per invenzioni industriali -Potere di segretazione dell'Ammi nistrazione della Difesa -Presupposti -Natura -Effetti -Non osservanzadei termini stabiliti in materia con norme regolamentari Irrilvanza in rapporto alla funzione ed al carattere di tali norme. (1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, artt. 2 e 5; r.d. 29 giugno 1939, n. 1127, art. 40; r.d. 5 febbraio 1940, ri. 244, artt. 45 e 46). Ai fini della discriminazione tra la giurisdizione del Giudice 01dinario e quella del Giudice amministrativo, in mate1ia nella quale quest'uitimo non abbia giurisdizione esclusiva, occorre accertare quale sia l'oggetto essenziale della pretesa dedotta in giudizio e cio se la parte istante intenda far valere un diritto soggettivo od un interesse legittimo tenendo.presente che se la legge conferisce. all'Au.torit amministrativa ii potere di incidere sui diritti soggettivi per la tutela di un interesse pubblico, il diritto soggettivo del singolo si attenua nella sua consistenza e si trasforma, soltanto relativamente, ossia soltanto di fronte alla Pubblia Amministrazione, in un interesse legittimo, come tale tutelabile in sede contenziosa soltanto davanti alla Giurisdizione amministrativa; ma poich in tanto il diritto si attenua nella sua consistenza e ne muta la tutela giurisdizionale in quanto un potere discrezionale di disporre di esso sia conferito all'Autorit amministrativa, ove dal soggetto controinteressato si nega che un siffatto potere sia all'Autorit stessa conferito e la negazione presenti in concreto sostanziale aderenza alla legge, spetta al Giudice ordinario conoscere della vertenza, occorrendo accertare se il diritto soggettivo sia tale pure di fronte alla pubblica Amministrazione, laddove allorquando la vertenza abbia invece per oggetto il preteso scorretto uso dell'esercizio del potere discrezionale da parte della pubblica Amministrazione sotto l'aspetto della competenza, della forma e del contenuto, specie con riferimento all'eccesso di potere in tutte le sue manifestazioni, spetta al Giudice amministrativo conoscere della vertenza medesima (1). (1) Con la prima masima della prima sentenza le sezioni unite della Corte di Cassazione ritornano sui criteri di discriminazione tra giurisdizione ordinaria e giurisdizione amministrativa. Benvero, talune delle espressioni usate nell'anzidetta sentenza sembrano riecheggiare la cosiddetta teoria della prospettazione, ormai ritenuta inconferente ai fini dell'accennata discriminazione, fondata, invece, dalla giurisprudenza fin qui costante delle medesime sezioni unite sul criterio del petitum sostanziale (in contrapposto appunto al petitum formale): cfr. da ultimo Cass., sez. un., 12 febbraio 1965, n. 220 in questa Rassegna, 1965, I, 1117 e Cass., sez. un., 19 luglio 1965, n. 1628, ivi, 1965, I, 829, nonch le rispettive note di richiami. Ma, in realt, dopo gli accenni alla necessit di accertare se la parte istante intenda far valere un diritto soggettivo od un interesse legittimo ., al cittadino che nega l'esistenza del potere nell'Amministrazione e all'esercizio, che si pretenda scorretto con riferimento a tale potere, si fa 786 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il potere di segretazione (di cui all'art. 40 del r. d. 29 giugno 1939, n. 1127) sui brevetti per invenzioni industriali sottoposto, sia per quanto attiene al suo sorgere sia per quanto attiene alla possibilit del suo esercizio, alla sola condizione che il brevetto riguardi un'invenzione utile per la difesa militare del paese: compete, quindi, alla discrezionalit dell'Amministrazione della Difesa lo stabilire in concreto se sussista una tale utilit e se sussistendo questa di quel potere sia conveniente l'esercizio, di fronte al quale pertanto si affievolisce il diritto del privato inventore titolare del brevet~o, il cui interesse protetto dalla legge solo nel modo e nella misura concretamente compatibile con le esigenze dell'interesse pubblico come innanzi apprezzato; n il potere stesso limitato nei confronti del controinteressato, il cui diritto rimane sempre affievolito salvi gli eventuali vizi dell'atto amministrativo e salvo ove sia tempestivo il ricorso alla giurisdizione amministrativa, dalla inosservanza dei termini stabiliti per il suo esercizio negli artt. 45 e 46 del r. d. 5 febbraio 1940, n. 244 (contenente le disposizione regolamentari in materia di brevetti per invenzioni industriali), pur dichiarati perentori dalla seconda di dette norme, giacch queste hanno entrambe contenuto e carattere interni, senza alcuna efficacia preclusiva nei rapporti tra l'Amministrazione della Difesa ed i controinteressati in quanto dirette non a circoscrivere rigidamente l'ambito dei poteri spettanti all'anzidetta Amministrazione nei confronti degli inventori ma piuttosto a regolare i rapporti tra i Ministeri interessati e l'ufficio centrale dei brevetti, e comunque sarebbero contra legem in quanto contrastanti con la no1ma primaria dell'art. 40 del r. d. 29 giugno 1939, n. 1127, e come tali suscettibili quindi di disapplicazione a norma dell'art. 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E (2). richiamo alla legge per stabilire se essa conferisca all'Autorit amministrativa il potere di incidere sui diritti soggettivi ., mutandone consistenza e tutela, e se ad essa quella negazione presenti in concreto sostanziale aderenza . In definitiva, si ritiene che con la sentenza, di cui si tratta, le sezioni unite della Oorte di Cassazione hanno inteso attraverso le rilevate contrapposizioni chiarire esemplificando come si desuma congiuntamente dai due elementi della domanda e della natura della controversia il petitum sostanziale (l'oggetto della domanda, secondo l'espressione dell'art. 386 c. p. c.), costituito proprio dalla vicendevole integrazione di quei due elementi e di cui dato per pacifico all'inizio della parte motiva la funzione di criterio discriminatore. (2-3-4) Dalla seconda delle due sentenze, che pubblichiamo entrambe per esteso pure nella parte di fatto onde il lettore possa rendersi meglio conto delle situazioni, cui esse si riferiscono, parso il caso di estrarre soltanto le due massime dportate. Benvero, con tale seconda sentenza, la Corte di Cassazione, riaffermato .che essa ha il potere dovere di interpretare il giudicato formatosi nello stesso processo e statuito che nel caso concreto si formato il giudicato PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 78 7 II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 23 luglio 1965, n. 1724 -Pres. Ma stropasqua -Est. Pratillo -P. M. Criscuoli (conf.) -Ministero Difesa Aeronautica (avv. Stato Carafa) c. Nunzi e Scelzo (avv. Ozzo). Privative per invenzioni industriali -Invenzioni realizzate durante il rapporto di impiego -Amministrazione dello Stato -Funzione del Ministro preposto all'Amministrazione circa i diritti patrimoniali dell'inventore -Natura -Limiti. (r.d. 29 giugno 1939, n. 1127, art. 25, comma secondo). Privative per invenzioni industriali -Invenzioni utili per la difesa del paese -Poteri dell'Amministrazione competente -Effetti. (r.d. 29 giugno 1939, n. 1127, art. 40; 1. 1 luglio 1959, n. 514, art. 5). La funzione del Ministro preposto all'Amministrazione dello Stato, da cui dipende l'inventore, di stabilire ii premio, il canone o ii prezzo a questo spettante, a differenza di quella del collegio arbitrale previsto neUa medesima legislazione speciale, di natura amministrativa e riguarda solo il quantum debeatur (3). In tema di invenzioni utili per la difesa del paese l'Amministrazione competente ha il potere di segretazione , il cui esercizio produce l'effetto di bloccare de iure per otto mesi (salva la proroga per un triennio) la ordinaria procedura di rilascio dell'attestato, nonch il potere di procedere atla espropriazione: nei termini di cui sopra, ove essa non abbia .manifestato la volont di procedere all'espropriazione, la procedura ordinaria di rilascio dei brevetti, cessando de iure la segretazione, riprende il suo corso; ove, invece, abbia manifestato la volont di procedere alla espropriazione, senza poi provvedervi tempestivamente, .essa tenuta per i danni nei confronti dell'inventore (4). riguardo alla giurisdizione del giudice ordinario a decidere sull'an debeatur .ed alla competenza del Ministro della Difesa-aeronautica a stabilire il .quantum, ha richiamato suoi precedenti al fine di differenziare rispetto :alla natura ed ai poteri del collegio arbitrale previsto nel primo comma dell'art. 25 del r. d. n. 1127 del 1939 la natura ei i poteri del Ministro pre: POsto all'Amministrazione dello .Stato, da cui dipende l'inventore. Inoltre, con la stessa sentenza, la Corte di Cassazione, pur affermando i principi, di cui alla seconda massima della prima sentenza innanzi ripor tata, circa la discrezionalit dell'Amministrazione e l'affievolimento dei diritti dell'inventore, ha ribadito quanto esplicitamente disposto dalle nor me degli artt. 40 del r. d. n. 1127 del 1939 e 5 della 1. n. 514 del 1959 ed ha .ritenuto di poter dichiarare l'Amministrazione responsabile dei danni nei RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 788 I (Omissis). ~ Boffa Giuseppe conveniva innanzi al Tribunale di Roma il Ministero della Difesa Esercito esponendo che il 22 agosto 1942, previi adempimenti di legge, l'ufficio centrale dei brevetti gli aveva rilasciato il brevetto n. 397490, relativo alla invenzione di uno speciale apparecchio, denominato telegoniometro econometro elettromagnetico. L'Amministrazione Militare, sebbente interpellata dal detto Ufficio, ai sensi dell'art. 40 r. d. 29 giugno 1939, n. 1127, lasciava trascorrere il termine prescritto dalle speciali disposizioni in materia, senza opporsi alla esecuzione del brevetto. Solo il 18 settembre 1942 detta Amministrazione imponeva il vincolo del segreto militare, che durava breve tempo e cio sino al 9 aprile 1943. Ci premesso, il Boffa deduceva che tale provvedimento, adottato in violazione delle norme di cui ai rr. dd. 3 giugno 1939, n. 1127, 3 aprile 1941, n. 396, e 3 febbraio 1940, n. 244, aveva impedito la pubblicazione del brevetto industriale e lo sfruttamento della invenzione e chiedeva, quindi, previa declaratoria di illegittimit ed inefficacia del vincolo di. segretazione posto al brevetto, o, quanto meno, previa dichiarazione che il vincolo stesso concretava una requisizione di brevetto, la condanna del Ministero Difesa-Esercito al risarcimento dei danni, da liquidarsi in seperata sede. confronti dell'inventore per non aver provveduto tempestivamente in rapporto al preannunciato procedimento espropriativo. Orbene, se sulla natura amministrativa della funzione svolta dal Mi nistro, a' sensi del secondo comma del citato art. 25, si deve convenire, sembra che siano da formulare delle riserve circa i limiti fissati per tale funzione e che con le statuizioni, di cui si tratta, non possa considerarsi definitivamente risolta per casi del genere ogni questione di giurisdi zione circa la tutela dell'inventore nei riguardi del provvedimento mini steriale mentre non pare da condividersi, almeno in linea di massima, la anzidetta ritenuta responsabilit dell'Amministrazione. Di tutto ci, comunque, anche, si scriver nelle seguenti Osservazioni in tema di invenzioni di dipendenti statali e di imposizione di vincolo di segretezza su invenzioni interessanti la difesa militare. 1. -Nelle due sentenze che si annotano, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno deciso alcune questioni di notevole interesse in materia di invenzioni di dipendenti di amministrazioni statali e di imposizione di vincolo di segretezza su invenzioni interessanti la difesa militare. La prima questione affrontata dalla Corte Suprema nella sentenza 23 luglio 1965, n. 1724 attiene alla competenza a decidere sull'an debeatur del premio spettante, nell'ipotesi dell'art. 23 2 comma r. d. 29 giugno 1939, n. 1127, al dipendente di Amministrazione statale per l'invenzione fatta nell'esecuzione o nello adempimento del rapporto di impiego, in relazione al potere attribuito al Ministro preposto all'Amministrazione stessa dall'art. 25 2 comma 1. inv. di provvedere, in luogo del Collegio arbitrale PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 789 L'Amministrazione convenuta eccepiva che: a) la domanda era impronibile per difetto di diritto soggettivo; b) il Ministero aveva fatto legittimamente uso del potere di segretazione; e) non esisteva il preteso danno. Il Tribunale di Roma, con sentenza 10 marzo 1961 accoglieva la domanda. Proponeva impugnazione il Ministero Difesa-Esercito insistendo nelle eccezioni avanzate in primo grado ed eccependo, inoltre, il proprio difetto di legittimazione passiva e la prescrizione del preteso diritto al risarcimento dei danni. La Corte di Appello di Roma, con sentenza 26 luglio 1963, confermava la sentenza di primo grado. Preliminarmente la Corte dichiarava la domanda proponibile, sussistendo la giurisdizione del giudice ordinario, essendo stata denunciata la lesione della situazione giuridica soggettiva connessa alla titolarit dei diritti derivanti dal brevetto, sul presupposto dell'inesistenza del potere amministrativo di incidere su tale situazione. Nel merito, la Corte osservava che era infondata la tesi dell'Amministrazione, secondo la quale i termini perentori stabiliti dagli articoli 45 e 46 r. d. 5 febbraio 1940, n. 244 (termine di 20 giorni dalla comunicazione della domanda di brevetto per potere prendere visione della domanda stessa; ulteriore termine successivo, pure di 20 giorni, per chiedere il differimento della concessione del brevetto) erano illegittimi perch fissati in un decreto che, contenendo il regolamento di esecuzione del t. u. 29 giugno 1939, n. 1127, non poteva fissare i termini pe (previsto dal 1 comma dello stesso articolo), a stabilire il premio medesimo con deliberazione insindacabile. Sul problema della competenza la Corte di Cassazione si era gi pronunciata, nello stesso giudizio, con riguardo alla giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato in materia di rapporto di pubblico impiego (1). La sussistenza di siffatta giurisdizione era stata negata dalla C:assazione -in ordine all'azione promossa ex art. 23 1. inv. dall'inventore dipendente di Amministrazione statale -in base alla considerazione che, anche quando l'attivit inventiva prevista come oggetto del rapporto di impiego, l'invenzione realizzata mediante tale attivit non trova nel rapporto d'impiego la sua causa ma unicamente l'occasione . La Corte aveva osservato che non possibile considerare l'attivit inventiva svolta in esecuzione del contratto di impiego quale semplice prestazione di lavoro, sia pure intellettuale, data la natura del bene prodotto, l'invenzione, che realiz (1) Sez. Un. 16 maggio 1952, n. 1412, Foro it., 1952, 1, 856. Per un approfondito commento critico, cfr. TRACANNA, In tema di invenzioni degti impiegati de!!o Stato, in questa Rasse!!na, 1953, 41. La sentenza fu invece annotata favorevolmente da: FORMIGGINI, in Riv. dir. industriale, 1952, 2, 121; RIBOLZI, in Foro pad., 1952, 1175; SORDELLI, ivi, 1952, 1179. -ffii . . . . , X ~~: ===::;:== ,== 790 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO rentori all'esercizio di poteri previsti in un atto legislativo, senza trasmodare dai rigorosi limiti entro i quali deve esercitarsi il potere regolamentare del Governo nel porre le norme di esecuzione della legge. infatti legittima e coerente -osservava la Corte -con gli scopi che si intendono perseguire attraverso le norme di esecuzione, la norma regolamentare che, :p.ell'ambito della legge cui accede, circoscriva rigorosamnte, entro stretti limiti di tempo, l'esercizio di poteri di supremazia riconosciuti all'Amministrazione e destinati ad incidere nella sfera di interessi privati, perch costituisce una autolimitazione della pubblica autorit, che determina meglio, nell'interesse dei cittadini, l'ambito dei poteri spettanti all'Amministrazione. Pertanto, il superamento dei detti termini perentori non dava vita alla semplice illegittimit degli atti di cui si esprimeva l'esercizio del potere discrezionale ed alla conseguente potest di tutela del privato mediante ricorso alla giurisdizione amministrativa. Quando la potest discrezionale dell'Amministrazione deve esercitarsi entro i prefissi limiti di tempo, la trasgressione di tali limiti deve essere considerata come superamento dell'ambito entro il quale l'Amministrazione pu legittimamente comprimere la sfera degli interessi del privato, e quindi sussiste un diritto soggettivo del singolo verso l'Amministrazione. Non poteva, poi, sostenersi che il potere esercitato, nella specie, avesse il suo titolo nell'art. 43 del t. u. 29 giugno 1939, n. 1127, la quale norma consentirebbe all'Amministrazione una ulteriore ed estrema possibilit di inserimento, mediante la facolt accordatale di chiedere che il procedimento di concessione del brevetto si svolga in forma segreta, assicurandosi cosl la possibilit di raggiungere, in ogni caso, le finalit specifiche a cui presidio posto l'istituto della segretazione. La norma delrart. 43 stabilisce soltanto che, qualora, in ipotesi di differimento di zazione, mediante processo intellettivo, dell'idea inventiva, la cui pater nit attiene alla personalit dell'autore ed tutelata anche nelle ipotesi contemplate dall'art. 23 I. inv. Identico orientamento stato assunto, in due decisioni (una delle quali pronunciata sempre nella stessa complessa controversia decisa dalla sen tenza che si annota), dal Consiglio di Stato (2), il quale ha sostanzialmente riprodotto, nel suo contenuto essenziale, la motivazione della citata sen tenza della Suprema Corte. In senso opposto, il Consiglio di Stato si era invece pronunciato in una precedente decisione (3), emessa per in una (2) Sez. VI, 7 novembre 1959, n. 800, Cons. Stato, 1959, 1, 1544; Sez. V, 21 ottobre 1961, n. 548, Cons. Stato, 1961, 1, 1676. (3) Sez. IV, 4 maggio 1956, n. 475, Foro amm., 1956, 1, 1, 430 con nota contraria di RUBINO. Con la recente decisione 15 novembre 1963, n. 850, in questa Rassegna I (mass.) 1964, l, 346 (pubblicata per esteso in Foro it., 1964, 3, 176 e Giust. civ., 1964, 2, 60), il Consiglio di Stato non si invece occupato della questione di giurisdizione di cui trattasi, avendo soltanto implicitamente ritenuto la propria competenza I (in sede di ordinaria giurisdizione di legittimit e non di giurisdizione esclusiva) in una controversia che atteneva esclusivamente ai criteri adottati dal Ministro nella determinazione del quantum del premio di cui al capoverso dell'art. 2.3 1. inv. I ! ! i - PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 791 cui all'art. 40, il Ministero consenta la concessione del brevetto, la procedura si svolge, a richiesta dello stesso Ministero, in forma segreta; e quindi la norma non riconosce all'Amministrazione una sorta di potere residuale che possa sopperire alla sua inerzia nella fase pregressa della procedura, ma accorda all'Amministrazione di far luogo ad un procedimento segreto allorch essa, nel rispetto dei termini suddetti, non abbia inteso procedere all'esproprio. ma abbia consentito alla concessione del brevetto, in modo che possano conciliarsi le giuste esigenze del privato con i i superiori interessi pubblici attinenti alla difesa dello Stato. L'art. 13 della legge di guerra 3 aprile 1941, n. 396 non aveva innovato tale sistema, ma aveva soltanto svincolato l'Amministrazione dal termine di otto mesi stabilito dall'art. 40 t. u. n. 1127 del 1939 per la comunicazione della sua intenzione di procedere all'espropriazione. Pertanto, accertato che il vincolo era stato imposto oltre i rigorosi limiti di tempo stabiliti dalle norme sopra indicate, doveva concludersi che la proposta domanda era diretta alla tutela di un diritto soggettivo del Boffa conculcato in concreto da un atto arbitrario della pubblica Amministrazione, e doveva escludersi l'ipotesi di una responsabilit per atto legittimo. Legittimato passivo era il Ministero della Difesa. Al riguardo, a nulla rilevavano la pa.rticolare autonomia dell'Ufficio centrale dei brevetti e la sua dipendenza dal Ministero dell'Industria, perch il provvedimento di vincolo era stato voluto dal Ministero della Guerra e l'Ufficio centrale dei brevetti si era limitato ad eseguirne le determinazioni. Al pi si sarebbe potuto configurare una responsabilit solidale dell'Ufficio centrale dei brevetti con quella del Ministero della Difesa. Ai fini della condanna generica il danno derivava, in ipotesi, dall'arbitraria imposizione del vincolo e dal conseguente ostacolo, di natura fattispecie in cui la contestazione verteva non sull'an debeatur ma soltanto sul quantum del premio spettante all'inventore-dipendente ai sensi dell'art. 23 comma 2 1. inv. 2. -Anche ai fini dell'impostazione del problema della soggezione, o meno, alla giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato delle controversie che possono sorgere in sede di applicazione dell'art. 23 1. inv. (4) non sembra potersi trascurare il rilievo, di ordine generale, che oggetto del rapporto di impiego o di lavoro non pu mai essere l'invenzione, ma soltanto l'attivit inventiva, intesa come attivit rivolta al conseguimento dell'invenzione. Mentre l'opera dell'ingegno pu essere concepita come diretto oggetto di un contratto di lavoro, in quanto -come osservava acutamente Ascarelli (5) - forse sempre possibile scrivere un brutto poema, ma (4) La questione presenta interesse anche in relazione alla competenza del Ministro (di cui si specificamente occupata la sentenza che si annota), sotto il profilo della determinazione del giudice cui spetta di conoscere delle impugnazioni dei provvedimenti emessi dal Ministro in subiecta materia. (5) AscARELLI, Teoria della concorrenza e dei beni immateriali, Milano, 1960, 806. 792 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO giuridica ed economica, che un tale provvedimento pu arrecare al lecito sfruttamento dell'invenzione. La prescrizione, infine, eccepita dall'Amministrazione, era stata interrotta, da varie istanze dirette dal Boffa al Ministero della Difesa per la tutela dei suoi diritti relativi all'invenzione: tali missive, anche quando non contengono particolari indicazioni sull'ammontare e sulle modalit del credito, sono idonee ad interrompere la prescrizione se manifestano, come nella specie, la chiara volont del creditore di ottenere il soddisfacimento del suo diritto. Contro tale sentenza ricorre per cassazione il Ministero Difesa-Esercito sulla base di cinque motivi di annullamento, illustrati da memoria. Resiste, con controricorso, il Boffa. MOTIVI DELLA DECISIONE Con il primo motivo l'Amministrazione ricorrente, ~denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 4 e 5 I. 20 marzo 1865, n. 2248 all. E, degli artt. 40, 41 e 43 r. d. 29 giugno 1939, n. 1127, degli artt. 45 e 46 r. d. 5 febbraio 1940, n. 244 e dell'art. 13 r. d. I. 3 aprile 1941, n. 396, nonch difetto di motivazione, in relazione allo art. 360 nn. 1, 3 e 5 c p. c., -sostiene che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di merito, la domanda giudiziale del Boffa assolutamente improponibile ed inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice ordinario; e la Corte di merito ha errato ritenendo che, avendo nella specie l'Amministrazione esercitato il potere di segretazione oltre i limiti temporanei stabiliti dagli artt. 45 e 46 del regolamento 5 febbraio 1940, n. 244, il diritto soggettivo del privato non potesse ritenersi legittima- non perci sempre possibile raggiungere una sia pur modesta invenzione ., l'invenzione, dato il suo carattere di mera eventualit (6), non invece suscettibile di essere dedotta in un rapporto di impiego o di lavoro come oggetto della prestazione dovuta dal prestatore d'opera. Di conseguenza, non sembra potersi affermare, a rigore, che tra rapporto d'impiego ed invenzione sia individuabile un nesso diretto e necesario di causa ad effetto (7), ma piuttosto una relazione di occasionalit sia pure assai prossima. Qualora l'invenzione sia conseguita, i diritti che al dipendente spet tano quale inventore si mantengono pertanto -a sommesso avviso di chi scrive -pur sempre concettualmente autonomi rispetto ai diritti ed (6) Ci appare in maniera particolarmente evidente nei sistemi, come quello italiano, che ritengono costituire invenzione (intrinsecamente) nuova e brevettabile soltanto quel trovato che trascenda le possibilit del tecnico medio e sia frutto di uno sforzo inventivo, ma appare vero anche in un sistema che, come quello francese, ripudi il requisito del niveau inventif (CASALONGA, Trait technique et pratique des brevets d'invention, Paris, 1949, voi. 3o, 24 segg.). (7) Cfr. nello stesso senso, AscARELLI, op. cit., 603. Contra, invece, FORMIGGINI, op. cit. PARTE I, SEZ. II, Gll)"RIS. Sl)" Ql!ESTIONI DI GIURISDIZIONE 793 mente affievolito ad interesse legittimo e quindi conservasse integra la tutela come diritto soggettivo perfetto dinanzi al giudice ordinario. Secondo 1'Amministrazione ricorrente la segretazione pu incidere, oltre che sulla concessione del brevetto e quindi sulla domanda, anche soltanto sulla pubblicazione del brevetto gi concesso; comunque, per l'art.. 4-0 del decreto n. 1127 del 1939, il potere di segretazione condizionato al solo presupposto che il brevetto riguardi invenzioni utili alla difesa militare del Paese ed in presenza di questo solo presupposto il diritto soggettivo del privato si affievolisce di fronte alllesercizio del potere discrezionale di segretazione, potere che pu essere esercitato anche. fuori termine, perch questo si riferisce all'esercizio e non all'esistenza del .Potere stesso. E, nche ammesso che si tratti di vera e propria perentoriet, il regolamento di esecuzione 5 febbraio 1940, n. 244, quale fonte secondaria e subordinata, non pu contenere decadenze di poteri n a carico dei privati n a carico della P.A., e quindi la Corte di merito avrebbe dovuto disapplicarlo; ai sensi dell'art. 5 1. n. 2248 all. E del 1865. Sempre secondo la ricorrente, n la legge sui brevetti, n il regolamento di esecuzione stabiliscono termini per l'esercizio dell'autonoma e separata facolt, compresa nella materia della segretazione, di imporre il vincolo del segreto sul brevetto non ancora pubblicato e divulgato, sicch l'Amministrazione pu presentare la domanda di cui all'art. 43 del r. d. n. 1127 del 1939 fino a quando le descrizioni e i disegni dei brevetti non siano stati pubblicati e posti a disposizione del pubblico, come risulterebbe anche dall'art. 13 della legge di guerra 3 aprile 1941, n. 396. Questo Supremo Collegio osserva che, per risolvere il problema di giurisdizione, sollevato con questo motivo, occorre predere le mosse dal criterio discriminatore tra la competenza del .giudice ordinario e quella del giudice amministrativo, nella materia in cui quest'ultimo non abbia agli obblighi derivanti dal rapporto di lavoro, non soltanto per quanto attiene al diritto al riconoscimento della paternit dell'invenzione, ma anche per quanto concerne i riflessi patrimoniali della posizione di inventore, pur se essi risultino in varia misura limitati e compressi e si atteggino in maniera particolaTe per effetto della influenza che sulla situazione giuridica dell'inventore esercitata dalla concomitante condizione di quest'ultimo quale soggetto di un rapporto d'impiego. La difficolt di inquadrare, stricto sensu, nell'ambito del rapporto di impiego subordinato i rapporti che sorgono a .seguito dell'effettivo conseguimento dell'invenzione stata avvertita da quegli Autori (8), i quali fanno discendere il trattamento attribuito all'inventore e l'acquisizione dell'invenzione al datore di lavoro, nelle ipotesi contemplate dall'art. 23 1 e 2 comma 1. inv., da un distinto contratto, avente natura di contratto (8) AULETTA, Commentario al codice civile a cura di Scialoia e Branca, Zanichelli 1947, commento all'art. 2590 e.e.; RIVA S. SEVERINO, Contratto individuale di lavoro, Cedam 1953, 158. 794 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO competenza esclusiva, che si desume congiuntamente dai due elementi della domanda e della natura della controversia, i quali si integrano a vicenda per costituire il petitum sostanziale, ovvero l'oggetto della domanda, secondo l'espressione dell'art. 386 c p. c. Occorre, pertanto, accertare quale sia l'oggetto essenziale della pretesa dedotta in giudizio, e cio se la parte istante intenda far valere un diritto soggettivo ovvero un interesse legittimo. Se la legge conferisce all'autorit amministrativa il potere di incidere sui diritti soggettivi per la tutela di un interesse pubblico, il diritto soggettivo del singolo si attenua nella sua consistenza e si trasforma, soltanto relativamente, ossia soltanto di fronte alla pubblica amministrazione, in un interesse legittimo e come tale, non pu ricevere protezione se non dalla giurisdizione amministrativa. Ma, poich in tanto il diritto si attenua nella sua consistenza e muta di tutela giurisdizionale, in quanto un potere discrezionale di disporre di esso sia conferito all'autorit amministrativa, ne deriva che, se il cittadino nega che siffatto potere sia all'autorit stessa conferito e la negazione presenti in concreto sostanziale aderenza nella legge, la competenza a conoscere della controversia spetta al giudice ordinario, occorrendo appunto accertare se il diritto soggettivo sia tale anche di fronte alla pubblica amministrazione. Se, invece, la controversia abbia per oggetto l'esercizio che si pretende scorretto del potere discrezionale conferito sotto l'aspetto della competenza, della forma e del contenuto, specie in violazione all'eccesso di potere in tutte le sue manifestazioni, la competenza a cono scere del giudice amministrativo. A questo fondamentale criterio la Corte di merito ha, in astratto reso ossequio, ma in concreto ne ha tratto una conseguenza errata, quando ha affermato che l'attore tende a conseguire il risarcimento del danno derivatogli dall'atto arbitrario con il quale la pubblica amministrazione aveva violato il suo diritto soggettivo, impedendo la pubblicazione del brevetto e lo sfruttamento economico della relativa invenzione; e ci perch la denuncia della lesione della situazione giuridica aleatorio o di vendita di cosa futura (9), che sarebbe dato individuare accanto a quello di lavoro o di impiego. Il presupposto di questa costruzione teorica sembra, per le ragioni suaccennate, da condividere, anche se ,parrebbe forse pi aderente al sistema positivo qualificare l'acquisto in capo al datore di lavoro dei diritti patrimoniali sull'invenzione e la corrispondente eliminazione o restrizione delle ragioni patrimoniali del dipendente- inventore non quali effetti di un separato contratto ma piuttosto come conseguenze ex le.ge del collegamento esistente tra l'invenzione e (9) Per l'AULETTA sarebbe da riscontrarsi un contratto aleatorio nell'ipotesi del lo comma dell'art. 23 1. inv., nel quale una retribuzione ad hoc corrisposta al prestatore di lavoro indipendentemente dall'effettiva realizzazione dell'invenzione, mentre nell'ipotesi del capoverso dello stesso art. 23 sarebbe da ravvisarsi un contratto di vendita di invenzione futura, nel quale l'equo premio avrebbe natura di prezzo. Per la RIVA S. SEVERINO, invece, in entrambe le ipotesi previste dall'art. 23 si avrebbe una vendita di cosa futura. - PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 795 subiettiva, connessa alla titolarit dei diritti derivanti dal brevetto, presuppone, contrariamente al vero, l'inesistenza del potere amministrativo di incidere su tale situazione. Invero, il r. d. 1. 29 giugno 1939, n. 1127, contenente il testo delle disposizioni legislative in materia di brevetti per invenzioni industriali, dopo aver disciplinato nei titolo I il diritto di brevetto e nel titolo II l'oggetto e la titolarit del brevetto, nel titolo III contiene le norme attinenti alla domanda, all'esame ed alla concessione del brevetto. L'art. 40, per la parte che qui interessa, cos dispone: L'Ufficio centrale dei brevetti comunica al Ministero della Difesa l'elenco delle domande ad esso pervenute. Qualora la domanda di brevetto riguardi invenzioni utili alla difesa militare del Paese, il Ministero anzidetto pu prendere visione della descrizione e dei disegni appena eseguito il deposito. Pu anche richiedere il differimento della concessione del brevetto e di ogni pubblicazione relativa alla invenzione. La richiesta di differimento deve essere dall'Ufficio centrale dei brevetti comunicata all'interessato. Se entro otto mesi dalla data del deposito della domanda di brevetto, il Ministero competente non avr inviato all'Ufficio e al richiedente, in quanto 1 questi abbia indicato il proprio domicilio nello Stato, la notizia di voler procedere all'espropriazione in conformit di questo decreto, si d seI guito alla procedura ordinaria per la concessione del brevetto. Per il successivo art. 43 qualora per invenzione interessante la difesa miliI tare del Paese, il Ministero competente richieda o, nell'.ipotesi di differi t mento di eui all'art. 40, consenta la concessione del brevetto, la procedura '-relativa si svolge, su domanda dello stesso Ministero, in forma segreta. In tal caso. non si ~ffettua alcuna pubblicazione e non si consentono le visioni indicate da questo decreto. Questi due articoli fanno parte di un testo unico emanato in forza del potere di delega conferito al Governo dagli artt. 1, 3 e 5 del r. d. 1. 24 febbraio 1939, n. 317, conv. nella 1. 2 giugno 1939, n. 739. l'attivit diretta al suo conseguimento, in quanto dedotta come prestazione in un rapporto di impiego (10). Vi allora da chiedersi, in relazione alla particolare natura del rapporto di impiego pubblico ed alla funzione della giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato, se, ai sensi dell'art. 29 della legge sul Consiglio di Stato, debbano necessariamente intendersi com.e inclusi nella materia relativa al pubblico impiego soltanto quei diritti che trovino la loro causa nel rapporto di impiego od anche quelli che, pur non traendo immediato fondamento da quest'ultimo, siano tanto strettamente collegati con il rapporto di impiego da esserne profondamente influenzati nella loro stessa struttura ed attengano comunque ai rapporti tra Stato ed impiegato. Che una tale situazione si verifichi nel caso delle invenzioni effettuate (10) Cfr. in questo senso GIARRATTANA, Osservazioni sugli artt. 23 e 24 r.d., n. 1127, del 29 giugno 1939, Foro it.., 1960, 1, 1360. Conforme anche GHIRON, Corso di diritto industriale, 1937, vol. 2o, 301. 796 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il r. d. 5 febbraio 1940, n. 244, invece, contiene il testo delle disposizioni regolamentari in materia di brevetti per invenzioni industriali ed stato emanato dal Governo in forza dell'art. 105 del r. d. n. 1127 del 1939. Detto regolamento cos dispone all'art. 45: L'Ufficio centrale dei brevetti, comunica, in via riservata, ai Ministeri della guerra, della marina e della aeronautica, l'elenco di tutte le domande ad esso pervenute, dirette ad ottenere brevetti per invenzioni industriali, indicando, nell'elenco, i nomi dei richiedenti e, ove siano noti, degli inventori, nonch i titoli delle invenzioni. I detti Ministeri, entro venti .giorni dalla comunicazione, possono prendere visione, nella sede dell'ufficio centrale dei brevetti, a mezzo degli ufficiali o funzionari all'uopo delegati, delle descrizioni e dei disegni riferentisi a invenzioni ritenute utili alla difesa del Paese. I Ministeri anzidetti sono tenuti all'obbligo del segreto sulle descrizioni e sui disegni di cui hanno preso visione, nonch sugli elenchi di cui al .primo comma . Il successivo art. 46 cos formulato: La richiesta di differimento della concessione del brevetto e di ogni pubblicazione, ai sensi dell'art. 40, comma terzo, del r. d. 29 giugno 1939, n. 1127, limitata alle invenzioni che abbiano formato oggetto di visione, deve essere comunicata all'Ufficio centrale dei brevetti nei venti giorni successivi alla scadenza del termine fissato nell'articolo precedente. I termini stabiliti in questo articolo e nel precedente sono perentori . Devesi subito osservare che pu prescindersi, nell'esame del problema, dal ricordato art. 43 del r. d. n. 1127 del 1939, che non attribuisce un potere autonomo all'amministrazione militare, ma si limita a precisare che, nell'ipotesi di differimento di cui al precedente art. 40, la procedura segreta. Del pari l'art. 13 della legge di guerra 3 aprile 1941, nell'ambito del rapporto di impiego sembra innegabile. Si pu anzi affermare che se, per la sopra ricordata partkolare natura dell'invenzione, difficilmente sostenibile che il conseguimento della stessa possa mai essere considerato, almeno in senso proprio, come prestazione dedotta in un rapporto di lavoro, tuttavia quest'ultimo (in quanto consente all'inventore di godere dei mezzli tecnici ed organizzativi necessari per lo svolgimento dell'attivit inventiva) costituisce, almeno in una larga percentuale di casi, una condicio sine qua non per la realizzazione dell'invenzione. Per effetto di siffatto stretto collegamento, il diritto patrimoniale dell'inventore, che -di re.gola -consiste nello sfruttamento economico in esclusiva dell'invenzione, si trasforma nel diritto ad un corrispettivo pecuniario che, nelle due ipotesi dell'art. 23 1. inv., si identifica con la stessa retribuzione dell'impiegato (1 comma) o con un equo premio (2 comma), mentre, per converso, la propriet dell'invenzione spetta al datore di lavoro proprio in virt di tale sua qualit. Sotto fil profilo or accennato, non sembra impossibile che, qualora dovesse affermarsi in avvenire una concezione pi estesa dei limtii della giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato, abbia a verificarsi una revisione dell'attuale prevalente orientamento giurisprudenziale. La reciproca influenza delle coesi.stenti posizioni di inventore e di prestatore di lavoro subordinato .del resto confermata in maniera sin PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 797 n. 396, che prevedeva, per il periodo di durata della guerra, e con il consenso dell'interessato, la proroga del termine di otto mesi di differimento della concessione del brevetto e delle pubbliche invenzioni, di cui all'art. 40 del r. d. n. 1127 del 1939, invocato dalla ricorrente, non apporta alcun contributo alla risoluzione del problema, .sia perch prevede una ipotesi che richiede il necessario consenso dell'interessato, sia e sopratutto perch attiene alla durata del differimento della concessione del brevetto e delle pubblicazioni, lasciando inalterato il problema dell'esistenza e del modo di esercizio del potere di segretazione. Cosicch la norma fondamentale da tenere presente proprio quella, dianzi ricordata, dell'art. 40 del r. d. n. 1127 del 1939, per la quale il potere di segretazione sottoposto ad una sola condizione, sia per quanto attiene al suo sorgere, sia per la possibilit di esercizio, e cio che il brevetto riguardi una invenzione utile alla difesa militare del Paese. Stabilire, in concreto, se sussista tale utilit per la difesa nazionale e se, I in presenza di essa, sia conveniente per I'Amministrazione militare l'esercizio del potere di segretazione, appartiene alla discrezionalit I dell'Amministrazione stessa, con la conseguenza che, di fronte all'eserdzio di siffatto potere discrezionale, si affievolisce il diritto soggettivo I del privato inventore titolare del brevetto. L'interesse di quest'ultimo II trova, cio, -protezione nella legge solo nel modo e nella misura in con~ \ I creto consentita dalle esigenze dell'interesse pubblico apprezzate dil screzionalmente dall'autorit amministrativa. i L'impugnata sentenza ha ritenuto di potere negare l'affievolimento del diritto subiettivo del privato inventore di fronte all'inosservanza, da parte dell'Amministrazione militare, dei termini perentori degli artt. 45 e 46 del regolamento del 1940, ma non sembra che i termini stessi pos~ sano rappresentare un limite all'essenza del potere di segretazione, si da circoscrivere nel tempo ogni possibilit di manifestazione della volont tomatica dalla circostanza (sia pure, natura:lmente, non decisiva) che 1a disciplina dei diritti derivanti dall'invenzione industriale dell'impiegato statale stata trasfusa (sia pure .senza modifiche) nell'art. 34 del d. P. R. 10 gennaio 1957, n. 3 (Statuto degli impiegati dello Stato). La definizione dei rapporti patrimoniali che possono sorgere tra dipendente- inventore e datore di lavoro per effetto dellla realizzazione dell'invenzione presuppone tuttavia l'analisi del concreto atteggiarsi del rapporto di impiego. Tale esigenza sussiste anche nella ipotesi, regolata dall'art. 24 1. inv., de'll'invenzione che rientri semplicemente nel campo di attivit dell'azienda a cui addetto l'inventore. Ipotesi, quest'ultima, nell.la quale non pu sussistere dubbio alcuno circa la natura meramente occasionale della relazione intercorrente tra rapporto d'impiego ed invenzione. d'altra .parte certo che la legge ha inteso attribuire un trattamento unitario, dal punto di vista processuale, a tutte le ipotesi contemplate dagli artt. 23 e 24 l. inv., distiuguendo soltanto, in base ad un criterio soggettivo, le invenzioni dei dipendenti statali da quelle dei dipendenti da datori di lavoro diversi dallo Stato. 798 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO da parte dell'Amministrazione. Innanzi tutto, le norme in questione, anche in relazione al momento storico in cui furono emanate, cio in regime politico autoritario, all'indomani di due successive guerre ed alla vigilia dell'entrata dell'Italia nel secondo conflitto mondiale, non erano affatto intese a circoscrivere rigidamente l'ambito dei poteri spettanti all'Amministrazione .nei confronti dei privati inventori, ma piuttosto a regolare i rapporti tra i Ministeri interessati e l'Ufficio centrale dei brevetti; norme, quindi, a contenuto e carattere interni, senza alcuna diretta efficacia preclusiva nei rapporti tra le Amministrazioni militari ed i privati interessati. Ove si abbia riguardo a questa ratio delle norme in questione -che appena menzionano i privati inventori e stabiliscono adempimenti che riguardano i rapporti tra l'Amministrazione militare da una parte e l'Ufficio centrale dei brevetti dall'altra -si pu agevolmente dedurre che, malgrado la dichiarata perentoriet del termine, stabilito per la visione degli elenchi, i privati non avrebbero potuto negare al Ministero competente il potere di richiedere la segretazione anche dopo la scadenza del termine fissato per la visione ed in relazione a domande delle quali 1'Amministrazione militare avesse preso visione dopo la scadenza del termine medesimo. Ch, se ci non fosse esatto, sarebbe comunque da escludere che le disposizioni degli artt. 45 e 46 del r. d. del 1940 abbiano potuto porre un limite all'essenza del potere di segretazione, perch il re,golamento di esecuzione non pu di regola contenere decadenza dai diritti n a carico dei privati n a carico della P. A. ed ove la norma regolamentare ponga al potere amministrativo, riconosciuto da una disposizione avente forza di legge, un limite di tale gravit qual' quello dell'assoggettamento al decorso di un brevissimo termine perentorio, il giudice ordinario dovr disapplicare la norma regolamentare perch ritenuta contra legem. 3. -Nella sentenza che si annota, le Sezioni Unite hanno negato la possibilit di estendere al potere attribuito al Ministro dal capoverso dell'art. 25 1. inv. il principio, sancito da una giurisprudenza ormai consolidata (11), che la competenza del Collegio arbitrale di cui al lo comma dello stesso art. 25 comprende la cognizione sia dell'an che del quantum debeatur del premio, del canone o del prezzo spettanti all'inventore-prestatore di lavoro nei casi degli artt. 23 e 24 1. inv. E ci perch, mentre il procedimento che si svolge avanti al Col:legio arbitrale or menzionato stato dalla Corte Suprema qualificato come un arbitrato obbligatorio (12), non possibile considerare di natura giurisdizionale le funzioni attribuite al Ministro dal citato capoverso dell'art. 25 1. inv. senza ravvisare, nell'ipotesi di cui trattasi, la figura di Ministro-giudice, della cui costituzio( 11) Cfr. Coll. arb. 5 luglio 1954, Riv. dir. ind., 1955, 2, 348; Coll. arb. 16 gen- naio 1961, Riv. dir. ind., 1962, 2, 307; Cass. 19 luglio 1957, n. 3050, Foro it., 1957,. 1, 1408; Trib. Genova, 17 aprile 1962, Foro pad., 1962, 1, 1092; Cass., 5 ottobre 1964,. n. 2517. (12) Cass., 5 ottobre 1964, n. 2517 cit.; Cass., 27 gb~gno 1961, n. 1547, Giur. it.,, 1962, 1, 1, 1464. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 799 Infatti, il Governo pu dettare, in un regolamento di esecuzione, le norme secondarie che si possono derivare, in via d'interpretazione e di deduzione, dalle norme primarie, sempre per che siano di carattere complementare ed integrativo di quelle contenute nella legge, e ci in forza dell'art. 1 della l. 31 gennaio 1926 n. 100, che generalmente ritenuta tuttora in vigore in questa parte, laddove si parla di norme necessarie. per l'esecuzione delle leggi; ma le norme integrative, ove contrastino con le norme primarie o ne limitino a tal punto la portata, da renderle praticamente inoperanti, incorrono nella disapplical!iione per non conformit alla legge, a norma dell'art. 5 della 1. 20 marzo 1865, n. 2248 ali. E. I regolamenti per la disciplina delle facolt spettanti al potere amministrativo, che mirano a regolare le modalit di uso delle facolt stesse, non possono prevedere modalit da restringere, sin quasi ad annullare, tali facolt, e ci anche nel caso che queste ultime siano discrezionali. Con ci si gi risposto anche alla considerazione contenuta nella impugnata sentenza, secondo la quale il Governo con il regolamento di esecuzione pu autolimitarsi circoscrivendo, entro stretti limiti di tempo, l'esercizio dei poteri di supremazia destinati ad incidere nella sfera degli interessi privati. Pu aggiungersi che sebbene lo Stato sia una persona giuridica unica, quale che siano gli atti che esso compie, gli uffici centraU. dell'Amministrazione governativa hanno attribuzioni determinate in ragione della materia attine:Ote alla branca di amministrazione che qualifica il singolo Ministero. Ne consegue che, se il regolamento di esecuzione contiene le norme che il Governo detta per tradurre ad effetto una legge speciale, non si vea come il regolamento emanato dal Governo per dare attuazione alla legge sui brevetti industriali possa attuare una autolimitazione dei poteri di supremazia dell'Amministrazione militare. nalit sarebbe lecito dubitare anche alla stregua della sentenza 27 giugno 1958 n. 40 della Corte Costituzionale (13). La sopravvivenza, sul piano della legittimit costituzionale, dell'art. 25 capovevso 1. inv. non pu pertanto essere assicurata se non considerando come amministrativa la competenza attribuita al Ministro da tale dispo sizione (14). La differente natura delle funzioni, giurisdizionali e contenziose le prime, amministative le seconde, spettanti rispettivamente al Collegio arbi (13) In questo senso, le Sezioni Unite si erano gi espresse con la sentenza 4 aprile 1963, n. 853, Foro it., 1963, 1, 669. (14) Per il carattere amministrativo del provvedimento demandato al Ministro dall'art. 25 cpv., cfr. la citata disione del Consiglio di Stato, Sez. IV, 4 maggio 1956, n. 475, Foro amm., 1956, 1, 1, 430. La natura giurisdizionale della competenza attribuita al Ministro dalla norma predetta era stata, del resto, esclusa, dalla stessa difesa dell'Amministrazione ricorrente nella causa decisa con la sentenza che si annota. Cfr. pure, nello stesso senso, FACCHINO, Natura e competenza del Collegio previsto per la determinazione del compenso delle invenzioni dei dipendenti, Riv. dir. comm., 1958, 2, 121. 800 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Comunque, quindi, si considerino gli artt. 45 e 46 del r. d. 5 febbraio 1940, n. 244, e cio se si intendano quali norme a carattere interno e quindi senza efficacia preclusiva nei rapporti tra l'Amministrazione militare e l'inventore o se si intendano invece come norme regolamentari contra legem e quindi da disapplicarsi, l'inosservanza dei termini in tali articoli stabiilti non immuta il potere di segretazione nei confronti del privato, il cui diritto rimane sempre affievolito, salvi gli eventuali vizi del potere amministrativo e, ove sia tempestiva, la consenguente tutela del privato mediante ricorso alla giurisdizione amministrativa. Il primo motivo del ricorso va pertanto accolto (con assorbimento di tutti gli altri) e va dichiarato il difetto di giurisdizione dell'autorit giudiziaria ordinaria, con cassazione della impugnata sentenza senza rinvio, perch la domanda non poteva essere proposta (art. 382, terzo comma, c. p. c.). Dato che ricorrono giusti motivi, stimasi compensare fra le parti le spese di giudizio. -(Omissis). II (Omissis). -Il gen. Luigi Scelzo, con atto notificato il 22 marzo 1949, convenne a .giudizio, innanzi il Tribunale di Roma, il Ministero della Difesa-Aeronautica esponendo che lo Stato italiano, su proposta di detto Ministero, aveva proceduto nei suoi confronti a espropriazione o a vincolo al segreto di un importante complesso di brevetti relativi ad invenzioni da lui fatte, senza corrispondergli indennit alcuna nonostante il decorso di un lungo periodo di tempo e le insistenti richieste, e trale ed al Ministro ai sensi dell'art. 25 1. inv. comporta, quale conseguenza necessaria, una diversa estensione dell.e relative competenze. La natura dell'arbitrato, a prescindere dalle questioni di interpretazion letterale dell'art. 25 1 comma 1. inv. (15), non di per s incompatibile con la cognizione della questione concernente l'esistenza e la titolarit del diritto al premio, prezzo o canone di cui ai pi volte citati artt. 23 e 24 1. inv. Il giudizio arbitrale, ino'ltre, per il suo carattere contenzioso, presuppone una controversia ( se non si raggiunga l'accordo ci11ca il premio, il canone o il prezzo ., si esprime l'art. 25) sull'an o sul quantum debeatur o su entrambi. Il provvedimento del Ministro, previsto dal capoverso dello stesso art. 2,5 1. inv. si identifica, invece, indipendentemente dalla sussistenza di disaccordo e quindi di controversia tra le parti, con l'espressione formale della determinazione unilateralmente assunta dall'Amministrazione, di cui esso Ministro il rappresentante, in ordine alle pretese del dipendente-inventore (16). Naturalmente, l'attribuzione de~ (15) L'orientamento accolto dalla Corte di Cassazione circa l'estensione della competenza del Collegio arbitrale di cui trattasi non condiviso da parte della dottrina (cfr. ASCARELLI, op. cit., 604). (16) Cfr. in questo senso la citata decisione del Consiglio di Stato, IV Sez., 4 maggio 1956, n. 475. W:ey'ff~(fil[fZ.&M::::>":74'{{fil'/.Yffe"""..:&:z%~Y-f/~..f%7ff'-'T~-fo.::W-:.V.g<'X;"::::>.'<@rf-W<$X-.fyIT%?:'V::f::?::f=~V@?(:@fW.{:Nt:ff.'1'$.Wi:':f%':~%%W:w1%'4. - PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 803 l'altra questione pregiudiziale sulla nullit, eccepita dall'Amministrazione, dei brevetti, in quanto ove questi fOssero risultati sostanzialmente nulli, sarebbe venuta meno la necessit di ogni altro accertamento, sia in ordine al corrispettivo dovuto allo Scelzo, Che alle spese e ai danni dallo stesso domandati, e con seperata ordinanza, pertanto, provvide per il proseguimento della causa. Avverso detta sentenza il Ministero della Difesa, oltre a formulare riserva di appello, propose ricorso per regolamento di giurisdizione, e in conseguenza il giudice istruttore all'udienza del 3 aprile 1951 dispose la sospensione della causa. Queste Sezioni Unite con sentenza n. 1412 del 16 maggio 1952 rigettarono il ricorso statuendo, tra l'altro; la giurisdizione del giudice ordinario, e non del Consiglio di Stato (in relazione al rapporto di pubblico impiego fra lo Scelzo e l'Amministrazione), per accertare in quale delle ipotesi previste dagli artt. 23 e 24 del r. l. 29 giugno 1939, n. 1127, rientrasse la fattispecie prospettata dallo Scelzo. Ripresa la trattazione della causa innanzi il Tribunale di Roma con l'intervento del P. M., vennero espletate consulenza tecnica collegiale sul contenuto delle invenzioni e prova testimoniale sull'attivit svolta dallo Scelzo. Quindi il Tribunale, con sentenza definitiva del 2,9 agosto 1961, dichiar, dopo aver respinto la eccezione di nullit dei brevetti sollevata dall'Amministrazione, che tutte le invenzioni dello Scelzo erano state fatte nell'adempimento del rapporto d'impiego con l'Amministrazione Aeronautica, onde, in applicazione dell'art. 23, secondo comma, del r. d. 29 giugno 1939, n. 1127, allo Scelzo spettava un equo premio> da determinarsi dal Ministero della Difesa; condann l'Amministrazione all'art. 113 della Costituzione) malgrado la insindacabilit della deliberazione del Ministro sancita dall'art. 25 1. inv. (17). 4. -La questione pure trattata della Sentenza 23 luglio 1955, n. 1724, secondo la quale l'accertamento della novit dell'invenzione costituisce apprezzamento di fatto non censurabile in Cassazione se adeguatamente motivato, non richiede particolare commento. Essa offre, tuttavia, l'occasione per puntualizzare che il diritto all'equo premio ex art. 23 cpv. 1. inv. presuppone la brevettabilit della invenzione, sotto il profilo della sussistenza dei J,'equisiti di novit (intrinseca ed. estrinseca) e di industrialit (18). Si pone, anzi, il delicao problema se la spettanza del premio suddetto sia subordinata all'effettiva brevettazione (e non alla sola brevettabilit) (17) Cfr., implicitamente in questo senso, la decisione del Consiglio di Stato, Sez. IV, 15 novembre 1963, n. 850 (citata -v. nota 3), la quale ha ritenuto inammissibile, perch attinente al merito della determinazione adottata dall'amministrazione, la censura con cui si sostiene soltanto non essere equo il premio corrisposto, in relazione alla importanza dell'invenzione. (18) Per le invenzioni non brevettabili per effetto di un espresso divieto di legge {quali quelle in tema di medicamenti) il problema pi complesso e non pu essere affrontato in questa sede. Cfr. al riguardo FoRMIGGINI, La legge S'Utle privative 8C4 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO al rimborso di met delle spese di giudizio, dichiarando comp'ensate fra le parti la residua met, ed al rimborso dell'intero importo delle spese di consulenza tecnica. Avverso tale sentenza, e l'altra non definitiva del 12 aprile 1950, propose appello, con atto notificato agli eredi Scelzo (essendo nel frattempo deceduto il generale Luigi Scelzo), l'Amministrazione della Difesa- Aeronautica, la quale, deducendo quattro motivi di gravarne, chiese che, in riforma della sentenza impugnata, si dichiarasse, in via principale, quanto ai brevetti, il difetto di giurisdizione dell'autorit giudiziaria ordinaria a decidere se spettasse un premio allo Scelzo (ed ora ai suoi eredi), ai sensi degli artt. 23, secondo cornrna, e 25 secondo cornrna del r. d. 29 giugno 1939, n. 1127, e, in via subordinata, la nullit dei brevetti a sensi dell'art. 59, n. 1, della legge citata; quanto alle domande di brevetto, in via principale, il difetto di giurisdizione dell'autorit giudiziaria ordinaria a provveder.e sulle pretese relative alle domande segretate , in via subordinata o la inammissibilit della domanda ai "sensi dell'art. 40, u. c. della legge o il difetto di giurisdizione dell'autorit giudiziaria ordinaria a decidere se e quanto spettasse allo Scelzo (ed ora ai suoi eredi) come premio, ai sensi degli artt. 23, secondo cornrna, e 25 secondo cornrna della legge citata, o, ancora, la nullit delle domande dello Scelzo. Gli eredi del quale, costituitisi, chiesero il rigetto dell'appello della P. A. e proposero appello incidentale censurando la sentenza impugnata per aver erroneamente ritenuto che il gen. Scelzo era pervenuto alle invenzioni di cui ai brevetti nell'adempimento del rapporto di impiego che lo legava all'Amministrazione e chiedendo quindi che, negata l'applicabilit alla fattispecie delle disposizioni di cui agli artt. 23 e 25 del decreto n. 1127 del 1939, fossero conseguenzialmente accolte tutte le domande gi proposte in primo grado. deJil'invenzione da parte del datore di lavoro, o quanto meno alla utilizza zione dell'invenzione da parte di questo ultimo (19). Se non pare potersi industriali e le invenzioni non brevettabili, Riv. dir. comm., 1953, l, 193 segg., anche per l'affermazione del diritto del datore di lavoro di opporre al dipendente la inesistenza di un'invenzione brevettabile. Conf. App. Bologna 19 giugno 1959, Riv. dir. ind., 1959, 2, 281. Contra invece: App. Milano, 8 aprile 1955, Riv. dir. ind., 1956, 2, 473. In merito alla non necessariet dell'intervento del P. M. quando la nullit del brevetto sia eccepita incidenter tantum al fine di sostenere la insussistenza del diritto al premio, cfr. Cass. 8 marzo 1957, n. 1586. (19) Per la necessit del solo requisito della brevettabilit e per la configurazione del diritto al premio quale corrispettivo della cessione legale della facolt di procedere alla brevettazione cfr. Coll. arb. 16 gennaio 1961, Riv. dir. ind., 1962, 2, 307. Nel senso che il diritto al premio presuppone la brevettazione dell'invenzione: Cass. 27 giugno 1961, n. 1547, Foro it., 1961, 1, 1306; Trib. Milano 28 giugno 1959, Rep. Foro it., 1960 voce: Privative per invenzioni nn. 73-74. Nel senso, invece, che il diritto al premio presupponga soltanto l'utilizzazione dell'invenzione (anche se non brevettata) da parte del datore di lavoro: FoRMIGGINI, La legge sulle privative industriali e le invenzioni non brevettabili, cit. ..: ~ PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 805 Il P. M. chiese il rigetto dell'impugnazione principale e di quella incidentale, e in tal senso decise la Corte d'appello di Roma con sentenza del 26 marzo 1964. La Corte ritenne che la tutela dell'interesse dell'inventore, in tutte le ipotesi previste dalla legge n. 1127 del 26 giugno 1939, , pur nei limiti da esse previsti, piena e perfetta, cosicch l'accertamento del diritto soggettivo dell'inventore, quando l'invenzione sia stata fatta nell'adempimento d'un rapporto di pubblico impiego ma non sia prevista come oggetto del rapporto stesso (art. 23 comma secondo), comprende, per necessit logica, l'accertamento da parte del giudice ordinario dell'an debeatur del premio, rimanendo il Ministro preposto all'Amministrazione da cui dipende l'impiegato competente esclusivamente riguardo la determinazione del quantum. Osserv, altresi, che, comunque, ogni indagine sulla giurisdizione era preclusa dal giudicato formatosi a seguito della sentenza delle Sez. Un. che aveva rigettato il ricorso per regolamento di di giurisdizione proposto dal Ministro della Difesa-Aeronautica contro la pronuncia non definitiva del Tribunale di Roma, che aveva espressamente affermato essere la competenza del Ministro suddetto limitata alla determinazione del quantum dovuto allo Scelzo. Circa la dedotta nullit dei brevetti la Corte ritenne di dover respingere, come gi aveva fatto. il Tribunale, l'eccezione del Ministero, in quanto le invenzioni dello Scelzo non mancavano di novit estrinseca n di novit intrinseca, la quale ultima risultava accertata da esauriente consulenza tecnica affidata a un collegio di esperti. Infine, posto che l'invenzione anche prima che sia brevettata fonte di diritti soggettivi per l'inventore e che la differenza, rispetto l'invenzione brevettata, consiste non nel difetto di tutela ma nel diverso grado di esclusivit del diritto, la Corte rilev che, avendo lo Scelzo fondata la sua domanda di indennizzo, quanto alle invenzioni segretate > dal Ministero della Difesa-Aeronautica, nel comportamento illecito di que disconoscere il diritto al compenso del prestatore d'opera nell'ipotesi che il datore di lavoro preferisca sfruttare l'invenzione (di per s brevettabile) mediante il mantenimento del segreto, sembra, d'altra parte, contrario alla e ratio. dell'art. 23 cpv. 1. inv. imporre al datore di lavoro l'onere del compenso al proprio dipendente quando l'invenzione (anche se dotata dei requisiti di brevettabilit) sia per lui priva (anche soltanto da un punto di vista soggettivo) di ogni pratico interesse. Tuttavia, poich l'invenzione (se veramente tale) costituisce pur sempre oggettivamente un bene (di valore pi o meno rilevante), sembrerebbe equo ammettere (almeno de jure condendo) che il dipendente possa esercitare nei confronti del datore di lavoro una sorta di actio interrogatoria che gli consenta, nel caso di disinteresse del datore di lavoro, di brevettare e di sfruttare per proprio conto l'invenzione, acquisendo, in caso contrario, senz'altro il diritto al compenso. E ci per non creare una ingiustificata disparit di trattamento con il dipendente che, trovandosi invece nella condizione prevista dal 1 comma dell'artt. 23 I. inv., non ha, sotto il profilo 806 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sto, per aver mantenuta la segretazione per diversi anni, oltre il limite di otto mesi consentito dall'art. 40 della 1. n. 1127 del 1939, concluse che il giudice ordinario aveva giurisdizione pure riguardo tale domanda (anche a non considerare che essa era stata dichiarata dalla citata sentenza delle Sez. Un., cosicch ogni questione era sul punto preclusa), e che il Ministero della Difesa-Aeronautica era legittimato passivamente rispetto la domanda stessa. Contro questa sentenza il Ministero della Difesa-Aeronautica ha proposto ricorso per Cassazione con tre mezzi di annullamento illustrati da memoria; v' controricorso degli eredi Scelzo pure illustrato con memoria. MOTIVI DELLA DECISIONE Con il primo mezzo si denuncia, in riferimento all'art. 360, nn. 3, 5 c. p. c., la violazione e la falsa applicazione dell'art. 25 comma secondo del r. d. n. 1127 del 29 giugno 1939 e degli artt. 41, 324, 382 c. p. c., e si afferma che il giudice ordinario non avrebbe potuto pronunciare sull'an debeatur rispetto le invenzioni fatte dallo Scelzo nell'adempimento del rapporto di pubblico impiego. Si osserva, innanzi tutto, che, al riguardo, non vi sarebbe la preclusione, affermata dalla Corte di appello, conseguente alla pronuncia delle Sez. Un. n. 1412 del 13-16 maggio 1952, in quanto con questa la giurisdizione del giudice ordinario sarebbe stata dichiarata limitatamente alla ritenuta esclusione delle domande dello Scelzo dalla giursdizione esclusiva del Conisglio di Stato, ma non sarebbe stata risolta la questione, attinente al caso concreto, circa l'esistenza e l'estensione dei poteri del Ministro della Difesa-Aeronautica a sensi dell'art. 25 cpv. del r. d. n. 1127 del 1939. Quindi si sostiene che al Ministro sarebbe conferito, dalla norma ora citata, il potere di determinare, circa il premio dovuto all'inventore dipendente della P. A. patrimoniale, interesse alla brevettazione dell'invenzione, essendo stato compensato anticipatamente in via forfettaria mediante una speciale retribuzione (20). 5. -L'ultima parte della sentenza 23 luglio 1965, n. 1724 e l'intiera sentenza 11 ottobre 1965, n. 2111 si occupano di alcune questioni in tema di e segretazione . La questione decisa dalla prima sentenza riguarda una fattispecie nella quale, avendo l'Amministrazione militare richiesto il differimento della concessione del brevetto ai sensi dell'art. 40 1. inv., il vincolo di segretazione si era protratto oltre il termine di otto mesi stabilito dalla disposizione medesima. L'Amministrazione militare aveva contestato la competenza del giudice ordinario sotto il profilo del verificatosi affievolimento del diritto (20) Osserva l'AscARELLI (op. cit, 601) che, anche nell'ipotesi dell'art. 23, comma lo, 1. inv., il dipendente-inventore ha interesse alla brevettazione dell'invenzione e per far valere quella particolare tutela del suo diritto morale che pur la legge gli riconosce in relazione alla menzione .del suo nome nel brevetto . PARTE I, SEZ. II,. GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 807 non solo il quantum ma anche l'an debeatur, in conformit a quanto stato ritenuto per la competenza del Collegio arbitrale ex art. 25 comma secondo del r. d. n. 112'7 citato. Con il secondo mezzo si la:rnenta, in riferimento all'art. 360, nn. 3 e 5 c. p. c., la violazione e la falsa applicazione degli artt. 12, 15, 59, n. 1 del :t\ d n. 1127 >del 1939, poich la Corte del merito, omettendo cosi anche di motivare su un punto decisivo della controversia, avrebbe limitatol'esame del requisito della novit delle invenzioni, ai fini della denunciata nullit d.ei .brevetti; alla novit estrinseca e circoscritto il requisito di quella intriseca all'originalit e mancanza di notoriet, senza tener 'conto affattodellaforo utilizzabilit industriale o no, sopratutto riguardo due brevetti del gen. Scalzo per i qaU vi erano state sul punto divergenze anche tra i consulenti tecnici d'ufficio. CGn il terzo mezzo di denuncia, in rapporto all'art. 360, rin. 1, 3, 5 c. p; c.; la violazione degli artt. 2 e 4 della 1. n. 224S alt E '.del 20 marzo 1865, 40 del r. d. n. 112'7 del 1939, 99, 100, 101, c. p, . in relazione agli artt. 41, 324 e 382 c. p. c., 2043 c. c. e si afferma che la Corte del merito avrebbe dovuto rilevare il proprio difetto di giurisdizione circa la domanda dello Scalzo di danni o indennizzi per la segretazione di domande di brevetto, considerando che, per l'esercizio da parte della P. A. del potere di vincolare al segreto domande di brevetto nell'interesse della difesa militare del Paese, il diritto soggettivo del privato si affievolirebbe senz'altro, mentre la legge non prevederebbe, in tal caso, indennizzo alcuno :per il differimento della concessione di brevetto. Si afferma altresi, che, ove nel termine previsto di otto mesi, la P. A. non abbia disposto di espropriare l'invenzione, automaticamente cadrebbe il vincolo, indipendentemente cio da ogni ulteriore manifestazione di soggettivo dell'inventore di fronte al potere discrezionale di e segretazione ed aveva eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva, in quanto la scadenza del suindicato termine di otto mesi comportava l'automatica cessazione del vincolo di segretazione, talch la ulteriore protrazione dJ quest'ultimo non poteva costituire ragione di responsabilit per l'Ammini strazione militare. La Corte Suprema ha invece fatto discendere siffatta responsabilit dalla circostanza che, prima della scadenza del termine di otto mesi, l'Am ministrazione militare aveva comunicato di voler procedere ad espropria zione, prolungando cosi sine die il vincolo di segretezza, senza dare poi effettivo corso . al procedimento di espropriazione. Sebbene la legge non stabilisca un termine per il.compimento di tale procedimento, la C'orte ha ritenuto che l'inerzia dell'amministrazione, se priva di valida giustifi cazione, finisca con il rendere . ilegittimo il vincolo di segretezza e, anche se non lo ha espressamente affermato, a tale sopravvenuta illegittimit del vincolo sembra aver ricollegato il risorgere nella sua primitiva pienezza del diritto soggettivo, gi affiievoUto a fronte del potere discrezionale di segretazione: In questa particolare materia, le Sezioni unite hanno quindi adottato un indirizzo analogo a quello recentemente accolto dalla giurispru denza dello stesso Supremo Collegio, con riferimento alle occupazioni di RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO volont della P. A., cosicch la procedura di concessione del brevetto riprenderebbe il suo normale corso. Si aggiunge che, contrariamente a quanto affermato dalla Corte di merito, non vi sarebbe giudicato, derivante dalla sentenza n. 1412 del 1952 delle Sez. Un. di questa Suprema Corte, riguardo la giurisdizione del giudice ordinario e la legititmazione passiva del Ministero ricorrente in ordine alle domande di brevetto dello Scelzo segretate dalla P. A. Il primo mezzo infondato: innanzi tutto perch, come esattamente ha affermato la Corte del merito, ormai preclusa la questione di giurisdizione con esso riproposta, essendosi su questa formato il giudicato a seguito della precedente pronuncia della Suprema Corte a Sez. Un., emessa a sensi degli artt. 41 e 367 c. p. c. Invero il Ministero della Difesa-Aeronautica eccep, tra l'altro, innanzi il Tribunale di Roma, che avendo il gen. Scelzo realizzate le sue invenzioni e conseguiti i brevetti di cui si discuteva quando era addetto alla Direzione Superiore degli Studi ed Esperienze del Ministero stesso, ricorreva o una delle due ipotesi previste dall'art. 23, o l'altra dell'art. 24 del r. d. 29 .giugno 1939, n. 1127, con la conseguenza che, a norma dell'art. 25 comma secondo del r. d. citato, era il Ministro preposto ali'Amministrazione stessa competente a decidere se fosse o no dovuto un premio o canone o prezzo allo Scelzo e, in caso positivo, a determinarne l'ammontare. Ma il Tribunale di Roma, con la sua sentenza non definitiva del 1,2 aprile 1950, respinse tale eccezione affermando che, sia per quanto riguardava i brevetti espropriati, sia per quelli (o le relative domande) sottoposti a vincolo di segreto, poich si controverteva in materia di diritti soggettivi, era il giudice ordinario competente a decidere sull'an debeatur: quindi ad accertare quale delle tre ipotesi previste dagli artt. 23 e 24 del r. d. n. 1127 del 1939 ricorresse nel caso concreto, come urgenza disposte per l'esecuzione di opere militari ai sensi dell'art. 76 I. 25 giugno 1865 n. 2359, cui -com' noto -non applicabile il termine biennale di cui all'art. 73 stessa legge (21). opportuno, per, puntualizzare che siffatti indirizzi giurisprudenziali, non essendo fondati sulla prefissione di un termine ad opera di una espressa disposizione di legge, vanno valutati con prudenza e con stretto riferimento alle singole fattispecie, in relazione alle quali sono state pronunciate le decisioni. Queste non possono infatti non subire l'influenza della particolare anormalit di certe situazioni di fatto e non si prestano quindi facilmente ad essere considerate come l'espressione di principi generali. Vi peraltro da chiedersi, in relazione alla particolare fattispecie (che conceirneva invenzioni fatte da un ufficiale nello adempimento del rapporto di impiego e ritenute soggette alla particolare disciplina dell'art. 23 : cpv. 1. inv.) se -come aveva dedotto la difesa dell'Amministrazione -la j declaratoria di responsabilit dell'Amministrazione per illecita protrazion : : del vincolo di segretezza non sia incompatibile con l'affermato diritto .} (21) Cfr. Cass. 30 luglio 1964, n. 2187. i@ rur.-{@}.W@Wf."'.W#.lf.if.*-*"/.-:"WJiff""&ffA".illf-'7=-wr~w.-::.:<~W:f===:.m::::w..:".:>2-@(W&fX::?tr.&w.4.f:f;?'fWW.f:'?:m!:-:==-J ~ PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI. DI GIURISDIZIONE 809 la validit dei brevetti contestata dall'Amministrazione militare, mentre il Ministro della Difesa-Aeronautica era competente esclusivamente a determinare il quantum del premio o canone o prezzo. Tale pronuncia venne impugnata dal Ministero della Difesa-Aeronautica, con ricorso per regolamento di giurisdizione con il quale (secondo mezzo) tra l'altro si affermava che, trattandosi di controversia relativa a un rapporto di pubblico impiego, era il Consiglio di Stato competente a decidere sull'an debeatur, data la giurisdizione esclusiva di tale giudice amministrativo in materia di rapporti di pubblico impiego, e che secondo l'ipotesi prevista dall'art. 23 cpv. del r. d. n. 1127 del 1939 (quella in discussione) sarebbe spettato al gen. Scelzo (pag. 26 del ricorso) ... un equo premio, la determinazione del quale dalla legge stessa sottratta alla cognizione dell'Autorit Giudiziaria Ordinaria ed affidata alla competenza esclusiva del Ministro preposto all'Amministrazione stessa . Senonch queste Sez. Un. con la sentenza n. 1412 del 16 maggio 1952 rigettarono tale mezzo di ricorso osservando che, nella specie, si controverteva in materia di diritti soggettivi riguardo sia i brevetti espropriati, che quelli (o le relative domande) sottoposti a vincolo di segreto, e che la pretesa patrimoniale dello Scelzo aveva nel rapporto di pubblico impiego non la sua causa petendi, sibbene un nesso meramente occasionale, cosicch andava dichiarata la giurisdizione dell'Autorit Giudiziaria Ordinaria ... innanzi alla quale era sin d'oggi impregiudicata ogni questione sull'an debeatur... anche in riferimento all'ipotesi prevista dall'art. 2.3 comma 2 del r. d. n. 1127 del 1939, che sembrava ricorrere nella specie dato che ... il corrispettivo, proprio sulla base delle deduzioni a prova della Amministrazione militare ... non era in diretta correlazione con le invenzioni del gen. Scelzo ... . dell'inventore ad un premio per le invenzioni segretate. Ed infatti, se le invenzioni di cui trattasi appartenevano ab initio all'Amministrazione ex art. 23 cpv. 1. inv., l'ac.certamento del diritto dell'inventore al premio e la determinazione dell'ammontare dello stesso dovevano essere compiuti in base a presupposti ben diversi dal semplice protrarsi del vincolo di segretezza (in tal caso sempre perfettamente legittimo perch esercitato dall'Amministrazione su invenzioni di sua propriet). Se non si fosse, invece, versato nell'ipotesi dell'art. 23 cpv., il diritto derivante all'inventore dall'illecita protrazione del vincolo di segretezza non poteva concretarsi se non nel diritto al risarcimento del danno (ila cui determinazione esula dalla competenza attribuita al Ministro dall'art. 25 cpv I. inv.). 6. -La fattispecie decisa dalla sentenza 11 ottobre 1965 n. 2111 ha per oggetto la imposizione del vincolo di segretezza su di una invenzione gi brevettata. La Corte di Cassazione, dopo aver affermato, in via generale, l'affievolimento del diritto dell'inventore per effetto del potere di segretazione di cui all'art. 40 1. inv., ha escluso che possa valere ad impedire tale affievolimento, per sopravvenuta carenza dl. detto potere nell'Amministrazione, ::::w-wrw.v..-.::<:-W}.'.{W.-:"'i'"%{ii[o/#f.-'4W%{:.:::ff.~i?-'!l'=::'3.f.{{f""@ - 810 RASSEGNA. DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Dopo queste precisazioni evidente che non possibile affermare, come fa il Ministero ricorrente, aver queste Sez. Un. deciso sulla giurisdizione dell'Autorit .giudiziaria ordinaria rispetto soltanto il Consiglio di Stato e non anche rispetto quella e il Ministero della Difesa-Aeronautica. Infatti nel ricorso, proprio con riferimento all'ipotesi prevista dall'art. 23 comma 20 del r. d. n. 1127 del 1939 in discussione, venne prospettata la tesi della competenza del suddetto Ministro a decidere e sull'an e sul quantum, competenza che, se pure implicitamente, in modo chiarissimo e sicuro queste Sez. Un. hanno respinta circa I'an debeatur nel confermare la sentenza non definitiva del Tribunale di Roma che l'aveva limitata al quantum: pronuncia contro la quale venne diretto il ricorso per regolamento di giurisdizione e che costituisce, anche, il presupposto logico e indispensabile sulla cui base va interpretata la precedente sentenza delle Sez. Un. Interpretazione che, essendo relativa a giudicato formatosi nello stesso processo, le Sezioni stesse hanno il potere-dovere di fare direttamente (cfr. Cass., sent. n. 314 del 14 febbraio 1964), statuendo che senz'altro nel caso concreto si formato il giudicato riguardo la giurisdizione del giudice ordinario a decidere sull'an debeatur e la competenza del Ministro della Difesa-Aeronautica a stabilire il quantum. Ma questa Suprema Corte ritiene essere anche giuridicamente cor retta l'interpretazione che i giudici del merito hanno data all'art. 25 comma 20 del r. d. n. 1127 del 29 giugno 1939, cosicch il mezzo in esame andrebbe comunque respinto. esatto aver essa Corte gi ritenuto (sent. n. 3050 del 19 luglio 1957) che con il comma 1<> dell'art. 25 suddetto stato conferito al Collegio arbitrale, previsto da tale norma, il potere di decidere su qualsiasi controversia giuridica per ci che riguarda il compenso dovuto al prestatore d'opera per le sue invenzioni, cio le questioni, non solo sul quantum ma anche sull'an debeatur (quindi comla circostanza che la segretazione sia stata imposta dopo la scadenza dei due termini di 20 giorni ciascuno, stabiliti dagli artt. 45 e 46 del regolamento di esecuzione approvato con il r. d. 5 febbraio 1940 n. 244 ed espressamente dichiarati perentori dalle disposizioni medesime. Sembrano pienamente da condividere le argomentazioni con le quali la Corte Suprema, accogliendo la tesi dell'Amministrazione, ha negato la legittimit dell'imposizione di siffatti termini di decadenza mediante un semplice regolam~nto di esecuzione della legge (la quale non prevede altro termine se non quello di otto mesi di cui all'art. 40 1. inv.) ed ha comunque ritenuto che la dichiarata perentoriet dei termini si riferisca soltanto ai rapporti interni tra Amministrazione militare ed Ufficio brevetti. A tale ultimo riguardo, sembra invero che i termini predetti abbiano piuttosto l'effetto di impedire il rilascio del brevetto prima della loro scadenza e, per converso, di abilitare l'Ufficio brevetti a dar corso alla concessione del brevetto medesimo non appena essi siano inutilmente decorsi, senza con ci far cessare il potere dell'Amministrazione militare di intervenire nei modi e nei limiti di cui PARTE I, SEZ. II, GIU.RIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 8ll PARTE I, SEZ. II, GIU.RIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 8ll petente detto Collegio ad accertare la natura e il contenuto del rapporto d'impiego, nel corso del quale l'invenzione sia .stata fatta, e la validit dei brevetti). Senonch queste Sez. Un. hanno anche affermato (sent. cit. e n. 1647 del 27. giugno 1961) che il Collegio di arbitri suddetto integra un arbitrato obbligatorio necessario, attribuendo, pertanto, allo stesso fu.zioni. di. indubbia natura giurisdizionale. Ora se dovessero estendersi al Wnistro, di cui al comma 2 dell'art. 25 in parola, identiche funzioni, cio se a lui, Jegale rappresentante diuna delle parti; si affidasse la deci11ione sull'esistenza e l'estensione di un diritto spettante alla controparte, egli . verrebbe ad assumere funzioni di natura .giurisdizionale e, quindi, la figura, del tutto abnorme nella nostra legislazione, di Ministrogiudice; cosicch sarebbe davvero da dubitare, di fronte agli artt. 24 e 113 della Costituzione, della legittimit costituzionale dell'art. 25 comma 2<> del r. d. n .. 1127 del 1939, come accenn questo Supremo Collegio con .la sentenza n. 853 del 4 aprile 1963. Limitando, invece, le funzioni del Ministro alla sola determinazione del quantum del premio, canone o prezzo dovuto all'inventore, cio di un elemento economico del rapporto, ed escludendo la sua competenza circa ogni altra questione preliminare alla liquidazione del compenso, la norma si salverebbe dall'imputazione di incostituzionalit, poich il Ministro sarebbe un arbitrato e non un arbitro. Ora, ad avviso della Corte, a tale limitazione dei poteri del Ministro non solo non osta affatto come si vedr, la lettera della legge, ma ad essa invita anche un principio di carattere generale affermato dalla Corte Costituzionale (sent. n. 40 del 27 giugno 1958), secondo cui -i provvedimenti delle Autorit amministrative, sopratutto se attinenti a questioni in cui 1'Amministrazione stessa sia interessata, anche se inerenti ad attribuzioni contenziose, debbono, in mancanza di univoche qualificazioni le- all'art. 40 segg. I. inv. Siffatta interpretazione sembra essere confortata dall'esame dell'analogo testo dell'art. 4 del r. d. 3 agosto 1925, n. 1491 (contenente norme di attuazione del r. d. I. 16 ottobre 1924, n. 1828 che disciplinava la materia anteriormente alla legge vigente), il quale dall'inutile decorso degli identici termini in esso previsti faceva, con pi chiara formulazione; discendere la conseguenza che la domanda di privativa segue la procedura ordinaria ., senza escludere pertanto necessariamente la possibilit di .un successivo intervento dell'Amministrazione militare che, ai sensi dell'art. 1 del r. d. 1. n. 1828 del 1924 (che non sembra destare dubbi interpretativi), era anzi espressamente ammesso anche dopo il rilascio dell'attestto (limitatamente alle pubblicazioni), con il solo limite del termine di otto mesi dalla data di deposito della domanda. La sentenza che si annota lascia invece perplessi ove, .limitandosi ad affermare in via generale l'idoneit del potere di segretazione ad affievolire il diritto soggettivo dell'inventore, ha omesso di precisare se e quale influenza eserciti su tale potere il termine di otto mesi stabilito dall'art. 40 1. inv. ed ha escluso la rilevanza, ai fini della decisione, sia dell'art. 43 1. inv., cui la difesa dell'Amministrazione militare si era richiamata per affermare l'esistenza di un autonomo potere di segretazione in ordine ai brevetti gi 812 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO gislative in senso diverso, essere ritenuti di natura amministrativa e non giurisdizionale, vale a dire che, nel dubbio sulla loro natura, debba darsi prevalenza all'interpretazione che li fa rientrare nell'ambito della potest amministrativa, poich giudice non pu essere chi portatore di uno degli interessi in conflitto. Riguardo la fattispecie, in esame, in tanto, l'aver queste Sez. Un. negato, con la sent. n. 1412 del 1952, la competenza del Ministro a decidere sull' an debeatur circa il premio o canone o prezzo spettante all'inventore pubblico impiegato, trattandosi di questione relativa a diritti soggettivi, significa gi negare funzione giurisdizionale al Ministro in materia e, quindi, dare implicitamente al comma 2 dell'art. 25 in parola l'interpretazione che qui si sostiene. Poi l'art. 23 del r. d. n. 1602 del 13 settembre 1934 disponeva che, ove non si fosse raggiunto l'accordo e circa l'ammontare del premio, canone o prezzo, avrebbe provveduto un collegio di arbitri, e si riteneva che questo aveva potere di decidere soltanto sulla quantit del compenso. L'art. 25 comma 1 del r. d. n. 1127 del 1939, invece, usa la pi semplice e breve espressione, ma pi ampia di significato, circa il premio, canone o prezzo, che questa Suprema Corte (sent. n. 3050 del 1957 cit) ha ritenuto decisiva per affermare la competenza del Collegio di arbitri anche riguardo all'an debeatur. Senonch il comma 2 dell'art. 25 in esame non ripete, a proposito del Ministro, la espressione del comma precedente, ma usa l'altra: provvede a stabilire il premio, canone o prezzo, per giunta con deliberazione insindacabile (tuttavia al riguardo deve tenersi presente l'art. 113 della Costituzione). Ora (come ritiene la prevalente dottrina, che anzi punta decisamente sulla dizione del comma in esame per limitare al quantum anche la competenza del Collegio arbitrale) il comma 2 dell'art. 25 in parola non dice nulla di pi e di diverso di quanto diceva l'art. 23 del r. d. n. 1602 del 1934, poich stabilire il premio canone o prezzo significa determinare fissare la cifra, la somma da liquidare all'inventore concessi ma non pubblicati, sia dell'art. 13 della legge di guerra 3 aprile 1941 n. 396, invocata, sempre dalla difesa dell'Amministrazione in quanto prevedeva la proroga, in tempo di guerra, del suaccennato termine di <>tto mesi. La semenza non si cosi specificatamente soffermata, come sarebbe stato desiderabile data la loro difficolt e delicatezza, sui seguenti problemi ehe, oltre alla questione dell'interpretazione e della legittimit degli artt. 45 e 46 reg. di esecuzione del 1940, av.evano formato oggetto di ampio dibattito nella causa: 1) se il potere di segretazione possa o meno incidere anche sui brevetti gi concessi ma non ancora pubblicati e, nell'affermativa, se esso tragga fondamento, in ordine ai brevetti medesimi, dall'art. 40 o dallo art. 43 1. inv.; 2) se, di eonseguenza, il differimento ex art. 40 1. inv. possa riferirsi anche alla sola pubblicazione disgiuntamente dalla concessione del brevetto o se, invece, sia configurabile un autonomo potere di imposizione del @ .., . ;mr,.<-wf<'ff?::W.::-fff.-m-f:':'<'"W::':'"'."/1[<:':::r.::::;:: (Cass., Sez. Un., 7 aprile 1965, n. 592, in questa Rassegna, 1965, I, 896 ed ivi. I, 898, n. 3 con richiami di precedenti giurisprudenziali). Ma, nella motivazione della sentenza che qui si considera, le sezioni unite. della Corte di Cassazione, mentre nel ricordato precedente si limitano alla riportata affermazione richiaxnandosi a Cass., Sez. Un. 14 luglio 1961, n. 1714 (v. in Giust. civ., 1961, I, 1779), precisano che per dimostrare l'interesse del privato a richiedere una pronuncia di mero accertamento basta considerare come questa costituisca .la premessa ed il fondamento non solo delle conseguenziali pretese di carattere patrimoniale ma pure dell'obbligo dell'Amministrazione di procedere alla revoca od all'annullamento dell'atto, ove iU esso sia dichiarata la illegittimit (v .. pure Cass., Sez. Un., 14 aprile 1964, n. 895, .in Giust. civ., 1964, I, 1365). C'osi, per, sembra svuotarsi di contenuto la disposizione del primo comma dell'art.A della legge n. 2248, all. E, del 1865, ladd.ove si statuisce che i Tribunali si limiteranno. a conoscere degli effetti > dell'atto. In proposito giover richiamare, da .un canto, quanto si osservato retro (pagg. 783 e 818), aggiungendo, alle sentenze ivi considerate. e menzionate, Cass., .I sez. civ., 23 luglio 1964, n. 1987 (in Foro amm., 19641 I, 1, 489), e, rieordare; dall'altro, come nella citata sentenza n. 1714 del 1961 si faceva riferimento ad un sindacato del Giudice ordinario nei limiti di. .una declaratoria di illegittimit ai ;fini della condanna ai risarcimento dei danni se atti o comportamenti della pubblica Amministrazione fossero stati direttamente lesivi di un diritto soggettivo, per concludere che onde possa sostenersi la giurisdizione del Giudice ordinario occorre almeno che quei fini siano espressi attraverso un'eplicita domanda ad hoc. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 6 aprile 1966, n. 902 -Pres. Tavolaro -Est. Tamburrino -P. M. Di Majo (conf.) -Impresa Fratelli Garr (avv. Boccardi, Fabri e Tamburini) c. Amministrazione comunale di Piacenza (avv. Del Vecchio e Andreoli). Competenza e giurisdizione ~ Regolamento preventivo di giurisdizione Proposizione da parte dell'attore -Ammissibilit. (c.p.c., art. 41). Competenza e giurisdizione -Giurisdizione ordinaria e giurisdizione amministrativa -Determinazione e criteri -Petitum sostanziale. (I. 20 marzo 1865, n .. 2248, all. E, art. 2). IZ regolamento preventivo di giurisdizione ammissibile pure se proposto dall'attore, essendo innegabile l'interesse anche di questi a vedere definitivamente determitiato, attraverso la pronuncia della Corte di .Cassazione sui relativo ricorso, prima delle discussioni di merito, il Giudice munito della potest. di decidere sulle sue domande (1). Nei rapporti tra privati e pubblica Amministrazione per decidere se la potest. giurisdizionale spetti ai Giudice ordinario o al Giudice amministrativo occorre esaminare in base alla esatta determinazione della domanda dell'attore -sempre tenuto conto non della mera prospettazione soggettiva, sibbene del cosiddetto petitum sostanziale, cio della necessaria connessione tra petitum e causa petendi -quale sia l'intrinseca consistenza e la natura dell'interesse dedotto in giudizio, ossia se esso possa configurarsi come u.n diritto subbiettivo, azionabile davanti al Giudice ordinario, o come un interesse legittimo, deducibile, nei modi di legge, davanti al Giudice amministrativo (2). (1) Nel caso deciso si faceva riferimento a regolamento preventivo di giurisdizione proposto dalla parte attrice che aveva adito il Giudice ordinario, di cui in ricorso si affermava la potest giurisdizionale, e se ne poneva in rilievo l'interesse a proporlo e di fronte alla esplicita eccezione di difetto di giurisdizione di quel giudice, formulata in limine dal convenuto . Ma pare che pi genericamente in ogni altro ipotizzabile caso chi proponga una domanda ad un Giudice possa aver interesse a vedere definitivamente determinato dalla Corte di Cassazione, attraverso la istanza per regolamento preventivo di giurisdizione, quanto prima e fin quando possibile, se e quale Giudice abbia la potest di decidere sulle sue domande. Circa la necessit dell'esistenza di una questione sulla giurisdizione onde la istanza per il regolamento preventivo sia ammissibile v. retro, p. (2) Riaffermazione esplicita ed inequivoca del criterio discriminatore assunto dalla giurisprudenza ormai consolidata della Corte di Cassazione tra giurisdizione ordinaria e giurisdizione amministrativa (v. retro, p. 785); cfr. pure, da ultimo, con ampi richiami di dottrina, CoRso, Astratto e concreto nel potere: in margine al criterio discriminatore fra giurisdizione ordinaria e giurisdizione amministrativa, Foro amm., 1966, II, 56 e segg. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 823 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 16 aprile 1966, n. 950 -Pres. Lonardo -Est. Straniero -P. M. Di Majo (conf.) -Gangemi (avv. Samarelli e Virga) c. Prefetto Messina (avv. Stato Gargiulo), Comune Messina (avv. Scarcella) e Lo Pinto (avv. Brancati). Competenza e giurisdizione -Difetto di giurisdizione -Deducibilit anche dalla parte che abbia precedentemente sostenuto la tesi contraria -Rilevabilit in ogni stadio e grado del giudizio, anche di ufficio. (c.p.c., art. 37, primo comma). Competenza e giurisdizione -Espropriazione per pubblica utilit -Procedimento speciale per le zone terremotate -Effetti -Giurisdizione del Giudice amministrativo -Fattispecie. (d. 1. lgt. 19 agosto 1917, n. 1339). Il difetto di giurisdizione pu essere dedotto anche dalla parte, la quale nene precedenti fasi del giudizio abbia sostenuto la tesi contraria, perch la determinazione della giurisdizione costituisce materia sottratta alla disponibilit delle parti e rilevabile pure di ufficio in ogni stato e grado del giudizio (1). Lo speciale procedimento di espropriazione previsto per le zone terremotate dal testo unico approvato c>n il decreto legislativo luogotenenziale n. 1339 del 1917 si articola in diverse fasi, a ciascuna delle quali deve essere riconosciuta una relativa autonomia, che non esclude interdipendenza di effetti tra i vari atti preparatori dell'atto terminale di espropriazione ma non importa indipendenza assoluta di posizione fra aggiudicatario ed espropriato, onde la pretesa dell'espropriato che il bene non gli venga sottratto deve necessariamente importare l'impugnazione dell'attribuzione del bene stesso all'aggiudicatario, non potf!ndo coesistere i due diritti, e non sussiste, quindi, difetto assoluto di giurisdizione del Giudice amministrativo, il quale abbia dichiarato inammissibile il ricorso rivolto all'annullamento del solo decreto :prefettizio di espropriazione ma non involgente formale impugnativa dell'atto di aggiudicazione: nella specie, si erano pronunciati il Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana, in primo grado, ed il Consiglio di Stato (adunanza plenaria), in secondo grado, mentre dai Ticorrenti in Cassazione si assumeva che la pronuncia del Giudice amministrativo sarebbe intervenuta su diritti soggettivi perfetti, in quanto la fase della gara riservata ai comproprietari inteTessati e diretta ad individuare il soggetto attivo dell'espropriazione -assegnatario del (1) Massima costante e principio da condividersi. V. da ultimo Cass., Sez. Un., 17 febbraio 1964, n. 347 (citata nella motivazione) in Giur. it. 1965, I, 1, 263. 824 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO comparto -costituisce una regolamentazione interna di rapporti condominiali, la quale avrebbe avuto natura privatistica e si porrebbe, rispetto alla procedura pubblicistica di espropriazione, come un semplice incidente eterogeneo (2). (Omissis). -I resistenti si oppongono in limite all'esame del ricorso sulla base di alcune eccezioni pregiudiziali. Sostiene, in primo luogo, la Lo Pinto, che la pronuncia di inammissibilit emessa dal Consiglio di Stato non era impugnabile con ricorso a queste Sezioni Unite, a norma dell'art. 48 del t. u. sul Consiglio medesimo, perch qualsiasi organo giurisdizionale ha, in quanto tale, la potest fondamentale di giudicare delle condizioni formali di ammissibilit delle istanze che gli vengano proposte. L'eccezione non fondata. La giurisprudenza di questa Corte nel senso richiamata dalla Lo Pinto (sentenza 4 maggio 1960, n. 1006, 14 maggio 1955, n. 1398) ma la ratio che la informa, restrittiva del diritto di impugnazione, non pu essere estesa alla ipotesi, propria della fattispecie ma sostanzialmente ben diversa, nella quale non si censura la valutazione che delle condizioni abbia eventualmente fatto il giudice amministrativo ma si deduce a motivo di ricorso che il giudice stesso ha pronunciato l'inammissibilit in base a un determinato aspetto del rapporto espropriativo che in realt era del tutto estraneo all'oggetto del giudizio, quale quest'ultimo era venuto ad enuclearsi e fissarsi alla stregua dell'atto introduttivo e del successivo atto di impugnazione. Del pari infondata l'ulteriore eccezione, con la quale si deduce che i Gangemi non sono legittimati a prospettare la questione di giurisdizione perch proprio essi hanno adito quel giudice amministrativo la cui giurisdizione pretendono ora contestare. E' sufficiente rammentare (2) Cfr. Cass., I Sez. civ., 15 aprile 1958, in Foro it., 1958, I, 676. La decisione dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato 11 novembre 1963, n. 20, avverso la quale stato proposto il ricorso rigettato con la sentenza di cui si tratta, pubblicata, tra l'altro, in Cons. Stato, 1963, I, 1529; la decisione del Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana 17 marzo 1962, n. 129, intervenuta nella medesima controversia, ivi, 1962, I, 614. Le sentenze 19 ottobre 1962, n. 3047, 4 maggio 1960, n. 1006, e 24 ottobre 1958, n. 3457, tutte delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, richiamate nella motivazione con altre precedenti, si possono leggere rispettivamente in Foro it., 1963, I, 559, in Foro amm., 1960, II, 210, in Giust. civ., 1958, I, 2029 ed ivi v. SANDULLI, Lesione di diritti soggettivi per Vese1cizio di potestas nondum nata. Cfr., altres, Sulla posizione giuridica soggettiva dei proprietari di immobili soggetti a trasformazione per l'attuazione dei piani regolatori, Riv. giur. edil., 1958, II, 52, in riferimento anche a Cass., Sez. Un., 19 febbraio 1957, n. 591, pure citata nella motivazione della sentenza di cui st tratta e pubblicata, con note di commento, sia in Giust. civ., 1957, I, 3037 sia in Giur. it., 1958, I, 1, 264. - PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 825 al riguardo che questa Corte ha gi statuito (da ultimo con la sentenza 17 febbraio 1964, n. 347) che il difetto di giurisdizione pu essere dedotto anche dalla parte che nelle precedenti fasi del giudizio abbia sostenuto la tesi contraria perch la determinazione della giurisdizione costituisce materia sottratta alla disponibilit delle parti e rilevabile, anche di ufficio, in ogni stato e grado del processo. Sostiene, infine, il Comune che la questione di giurisdizione non pu essere esaminata perch gi coperta dal giudicato, formatosi, nello stesso processo, a seguito del rigetto, da parte del Consiglio di Giustizia Amministrativa, della eccezione proposta, in quella sede, dalla Lo Pinto sul riflesso che il decreto di espropriazione in materia di ricostruzione di comparti del piano regolatore di Messina non da ritenersi compreso nella giurisdizione amministrativa perch aderisce ad un interesse privato, non gi ad una pubblica esigenza. Sia la Lo Pinto che le altre parti in causa (i Gangemi si limitarono ad impugnare la decisione del Consiglio esclusivamente per motivi di merito) avrebbero, infatti, accettato la pronuncia di rigetto. Pur quest'ultima eccezione va, peraltro, disattesa. Nessuna preclu sione alla valutazione del profilo di diritto alla cui stregua stato de dotto in questa sede il difetto di giurisdizione denunciato col primo motivo del ricorso, cio la natura privatistica, attinente a diritti sog gettivi, del cosiddetto subprocedimento di aggiudicazione pu, invero, sorgere da una pronuncia priva di una qualsiasi statuizione di merito (il Consiglio di Giustizia si limit ad accogliere un diverso profilo di inammissibilit, posteriore nell'ordine logico ma dedotto dalla stessa Lo. Pinto) e che risolve la questione esclusivamente sotto il limitato aspetto del decreto di esproprio, cio di un aspetto in ordine al quale i Gangemi non hanno mai contestata la giurisdizione del giudice am minJstrativo. N, a maggior ragione, l'eccezione di giudicato pu avere fondamento per le censure, egualmente inerenti alla giurisdizione, prospettate col secondo motivo, dal momento che tali ultime censure riguardano esclusivamente affermazioni direttamente formulate dalla decisione impugnata e non aventi alcuno nesso o riferimento con le posizioni assunte dalle parti nella precedente fase del processo. Rimosse in tal modo le eccezioni pregiudiziali, questo Supremo Collegio pu osservare che il primo motivo del ricorso si ricollega, sotto il profilo del difetto di giurisdizione per violazione degli artt. 2 e se guenti della I. 20 marzo 1865, n. 2248 all. E, sia al motivo di impugna zione col quale i Gangemi avevano sostenuto che la procedura espro priativa era stata svolta nei confronti di Amalia Maria Iannelli sotto l'erroneo presuposto che la stessa (da tempo, invece, deceduta) fosse ancora comproprietaria del comparto, sia alla motivazione della deci sione impugnata, con la quale il Consiglio di Stato, dopo aver premesso che lo speciale procedimento di espropriazione previsto dal t. u. 9 ago 826 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sto 1939, si compone di diverse fasi (delimitazione del comparto, determinazione della indennit di esproprio, gara per l'aggiudicazione, decreto di esproprio) e che gli atti conclusivi delle singole fasi hanno una relativa autonomia in funzione della immediata produzione di taluni effetti, ha soggiunto che i Gangemi, dal momento che i vizi denunciati investivano direttamente gli atti del procedimento e che il soggetto espropriato pu limitarsi ad impugnare il decreto di esproprio soltanto se intende denunciare vizi che riguardino direttamente il decreto stesso, avrebbero dovuto impugnare almeno il verbale di aggiudicazione, quale atto terminale, per l'appunto, del subprocedimento. Sostengono al riguardo i Gangemi che il giudice amministrativo non poteva pronunciare l'inammissibilit del ricorso, in dipendenza della mancata impugnazione del subprocedimento, perch le doglianze prospettate denunciavano soltanto i riflessi negativi, in particolare la menomazione delle garanzie legali di sostanza e di forma, che ai veri proprietari derivavano dalla anomala attuazione di un procedimento di espropriazione nei confronti di un soggetto passivo che dal 1939 non risultava pi proprietario, degli immobili espropriati e, pertanto, non contestavano n comunque ledevano il titolo ed i diritti di soggetto attivo della espropriazione che alla Lo Pinto erano derivati dall'aggiudicazione e la cui determinazione costituiva l'unico oggetto essenziale del subprocedimento. Aggiungono, inoltre, i ricorrenti che l'ipotesi apposta, il convincimento, cio, di un fondato richiamo del Consiglio di Stato al subprocedimento di aggiudicazione dovrebbe risolversi, conseguenzialmente, nel riconoscimento che U Consiglio medesimo si sia pronunciato su diritti soggettivi estranei alla sfera della sua giurisdizione, dal momento che il subprocedimento, malgrado persegua il fine di indi\ riduare, attraverso l'assegnatario del comparto, il soggetto attivo della espropriazione e l'obbligato al versamento dell'indennit, e malgrado si svolga sotto il controllo dell'autorit amministrativa, concreta in realt essenzialmente, con la gara riservata ai comproprietari interes sati, una regolamentazione interna di rapporti condominiali che ha natura, privatistica e, in dipendenza di detta sua natura, si pone, rispetto alla procedura pubblicistica della espropriazione, in posizione di semplice incidente eterogeneo. Il primo profilo di doglianza non fondato. La caratterizzazione in pi fasi del procedimento espropriativo prescritto dal t. u. del 1917 ed il riconoscimento che quella, fra tali fasi, che si incunea fra la pubblicazione dei piani tecnici e della stima provvisoria della indenru . nit e l'ordine di deposito di somme nella Cassa Depositi e Prestiti impartito dal prefetto all'assegnatario del comparto, ha uno speciale . e limitato fine, non consentono di prescindere da detta fase in sede di impugnazione del decreto se il vizio denunciato ad essa si riferisce. Il -: carattere relativamente autonomo non significa, in altri termini, netta -...--:; %@fff.@>ff7..@Wff:='Z'.~%%.&f'%.f#&;Z.Kr%::7i?:ff.f%.f.7.-!"P'Yff.f."1W:'0.filW'"''w.r:.:::::r:::::::::x:y:r0::r@r::::rz::::::tf:f;'(:{@'f&:'.:Z:::jf:'.:7:::C:'0r.M PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 827 separazione degli altri atti del procedimento, esclusione di quella interdipendenza di effetti fra i vari atti in funzione di elementi preparatori dell'atto terminale della espropriazione che informa la legge fondamentale del 1865 ed indipendenza assoluta di posizioni fra aggiudicatario ed espropriato se vero che, come ha posto in rilievo la decisione impugnata, il diritto dell'aggiudicatario al bene viene affermato nei confronti di tutti i soggetti che .partecipano al procedimento e che, a sua volta, la pretesa dell'espropriato a che il bene non gli venga sottratto deve necessariamente importare anche l'impugnazione della attribuzione del bene medesimo all'aggiudicatario perch i due diritti non possono coesistere. Neppur fondato il secondo profilo. Certamente, questo Supremo Collegio, in sostanziale applicazione di una sua consolidata giurisprudenza (sentenza 19 ottobre 1962, n. 3047, 10 gennaio 1959, n. 42, 19 febbraio 1957, n. 591) -in tema di procedimenti di espropriazione per ;pubblica utilit di immobili compresi in comparti costituenti unit fabbricabili di piani regolatori, ha affermato, in relazione al t. u. del 1917 (sent~nza 24 ottobre 1958, n. 3457), il principio che, nella particolare disciplina statuita per le zone terremotate calabro-sicule, la notificazione, agli intestatari catastali dell'area compresa nel comparto, dell'invito per la determinazione della consistenza dell'area stessa costituisce un adempimento prescritto anche al fine di assicurare loro, attraverso la conoscenza dell'inizio del procedimento, l'esercizio del diritto di partecipazione alla gara ad essi riservata e che, sia per tal motivo sia perch il diritto di propriet non riceve dal solo fatto dell'approvazione del piano regolatore quell'affievolimento al quale va soggetto, a seguito della dichiarazione di pubblica utilit, nell'ordinario procedimento di espropriazione, l'omissione sindacabile dal giudice ordinario ai fini della declaratoria di illegittimit del decreto di esproprio e della conseguente condanna al risarcimento del danno. Il richiamo, da parte dei Gangemi, dei suddetti precedenti giurisprudenziali in relazione al loro assunto che l'erronea identificazione del soggetto espropriato abbia, fra l'altro, inciso negativamente proprio sulla formazione del contraddittorio nelle diverse sue manifestazioni e nelle diverse possibilit e garanzie che esso offriva ed abbia, quindi, importato la conseguenza che la espropriazione, disposta senza che a tutti i comproprietari del comparto fosse stata offerta la possibilit di esercitare il loro diritto a partecipare alla gara, debba essere considerata come esercizio di una potestas nondum nata e come fonte di lesione di diritti soggettivi, non appare, peraltro, pertinente al fine di ravvisare nella decisione impugnata il preteso difetto di giurisdizione per indebita pronuncia su tali diritti. Nessuna pronuncia che comunque si riferisca al procedimento di aggiudicazione ed al relativo contraddittorio o che comunque caratterizzi un diritto soggettivo, ha, invero, ovvia - 828 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mente emesso il Consiglio di Stato se ha escluso di poter comunque esaminare i vizi denunciati in ordine agli atti anteriori al decreto di espropriazione per difetto di formale impugnazione al riguardo e se presupposto del riconoscimento (o della negazione) di una qualsiasi giurisdizione o competenza su una domanda l'accertamento dell'effettiva proposizione dell.a domanda medesima. Il motivo di ricorso, il cui. esame ovviamente non investe n la form.la della decisione che, ai sensi della giurisprudenza di questa Corte, il Consiglio di Stato avrebbe dovuto adottare se il ricorso avesse concretato una impugnativa pi ampia n la proponibilit delle questioni di diritto soggettivo dinanzi al giudice competente, va perci rigettato. Il secondo motivo si riferisce anch'esso al difetto di giurisdizione sotto il profilo della violazione degli artt. 2 e seguenti 1. 20 marzo 1865, n. 2248 ali. E e dell'art. 28 t. u. 26 giugno 1924, n. 1054. I ricorrenti sostengono, invero, che il Consiglio di Stato si pronunciato su materia estranea alla giurisdizione del giudice amministrativo malgrado non ricorressero neppur gli estremi della q1:1estione pregiudiziale, quando ha affermato che il decreto di esproprio perfeziona il trasferimento, costituisce titolo soggetto a trascrizione ed opponibile ai terzi ed ha per necessario presupposto l'attribuzione dell'immobile all'aggiudicatario, con effetto sia per l'ufficio espropriante sia per l'espropriato ed ha inoltre soggiunto che dall'atto di aggiudicazione che afferma il diritto dell'aggiudicatario nei confronti, oltre che degli altri concorrenti, anche di tutti i soggetti che partecipano al procedimento, sorge il diritto soggettivo dell'aggiudicatario medesimo all'attribuzione del bene. Ci, dal momento che le affermazioni suddette costituiscono una pronuncia in tema di trasferimento della propriet a favore dell'aggiudicatario o comunque di diritti soggettivi che derivano dalla aggiudicazione. La censura non , peraltro, fondata. Le affermazioni denunciate non costituisc.ono premessa di nessuna statuizione che comunque riguardi la risoluzione della controversia ma rappresentano soltanto elementi di una esposizione riassuntiva della struttura dello speciale procedimento espr()priativo, con particola..re riferimento alle conseguenze giuridiche dei verbali di assegnazione dei comparti e dei decreti prefettizi di espropriazione, che il giudice amministrativo ritenne di dover fare a . migliore intelligenza delle pretese dei Gangemi e delle eccezioni alle stesse opposte. Il ricorso va perci rigettato con le conseguenze di legge in ordine al deposito ed all'onere delle spese del giudizio di cassazione. ( Omissis). SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA CIVILE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 14 gennaio 1966, n. 214 -Pres. Gionfrida -Est. Berri -P. M. Caldarera (conf.) -Margiotta (avv. Picaro) c. Fallimento Ditta Bruksal, Bruni, Salamina (avv. Chiarelli). Strade -Strade private -Servit di uso pubblico -Titolo costitutivo Necessit. Amministrazione dello Stato e de~li enti pubblici -Contratti dello Stato -Interpretazione extratestuale -Inammissibilit -Deliberazioni ed atti preparatori -Rilevanza ai fini interpretativi del contratto. Strade -Strade private -Servit di uso pubblico -Diritto di propriet privata -Persiste. La costituzione di una servit di uso pubblico su di una strada privata presuppone l'esistenza di un valido titolo. Di conseguenza, l'accertamento in giudizio di una siffatta servit comporta una iesauriente 1Ti.otivazione sugli elementi da cui pu trarsi Za prova di un idoneo titolo costitutivo (1). Nei contratti in cui parte la Pubblica Amministrazione esclusa l'indagine sulla presumibile volont delle parti, qualora !?SSa appaiQ, contrastante col testo letterale della convenzione. Tuttavia, lecito avvalersi, per l'interpretazione del. contratto, delle deliberazioni e degli altri atti che hanno costituito ii procedimento amministrativo preparatorio della manifestazione di volont contrattuale della Pubblica Amministrazione (2). Le strade non cessano di essere di propriet privata per il solo jatto di essere gravate da una servit di pubblico transito, anche se la soggezione all'uso pubblico imprime ad esse un certo carattere di (1) Nello stesso senso, per la necessit di un titolo costitutivo (convenzione o usucapione), quale presupposto del sorgere di una servit di uso pubblico, cfr.: Cass., 15 dicembre 1960, n. 3257, Foro it., 1961, 1, 23; 10 novembre 1964, n. 2727, id., Mass., 1964, 470; 12 luglio 1965, n. 1458, ivi, 1965, 422. Per una recente trattazione dei problemi concernenti le strade soggette a servit di uso pubblico cfr. pure: ORUSA L., Riflessioni in materia di diritti di uso pubblico, Giur. it., 1965, I, 1, 90 e Precisazioni in materia di diritti di uso pubblico (e di vie vicinali), id., 1966, I, 1, 161. (2) Sulla prima parte della massima cfr., in senso conforme: Cass., 18 maggio 1960, n. 1255, Giust. civ., 1960, I, 2104, sub 10; 28 gennaio 1960, n.101, Foro it., 1961, I, 382. In dottrina, cfr.: SPAGNUOLO VIGORITA V., Rilevanza di elementi extratestuali ai fini dell'interpretazione e della validit dei .Contratti privati della pubblica amministrazione, Rass. dir. pubbl., 1961, - 830 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO pubblicit, che si estrinseca, tra l'altro, nell'esercizio dei poteri di polizia da parte deU'ente titolare dell'uso pubblico. Il proprietario privato delta strada conserva, pertanto, il potere di tutelare il suo iritto nei 'confronti di chi abbia illegittimamente occupato parte di essa, mediante la costruzione di un edificio (3). (Omissis). -Col primo motivo la ricorrente denuncia la violazione dell'art. 825 c. c., dei principi generali in tema di servit di uso pubblico e di interpretazione degli atti negoziali. a) Lamenta la ricorrente che la Corte abbia ipotizzato l'insorgenza di una servit di uso pubblico, nella stradella in questione, ignorando che a tanto necessaria l'esistenza di un titolo; b) altra censura muove la ricorrente in relazione ai criteri di interpretazione degli atti, seguiti dalla Corte, che avrebbe ricercato la volont dei contraenti contro il chiarissimo testo del contratto e nonostante che una delle parti fosse un ente pubblico; per di pi utilizzando soltanto una parte delle risultanze processuali e valutando il solo comportamento delle parti private, successivamente al contratto. Osserva la Suprema Corte che entrambe le censure del primo motivo di ricorso non sono fondate, perch la Corte d'appello di Lecce si attenuta ad esatti criteri giuridici. Invero la Corte di merito, ben consapevole della necessit dell'esistenza di un titolo valido per la costituzione di una servit di uso pubblico (da ult. Cass. sent. 2727 /1964, 3257 e 420/1960, 4135 del 1957). ha diligentemente ed esaurientemente motivato sull'esistenza di un titolo costitutivo idoneo nel caso, reperendolo nelle due delibere podestarili del 24 febbraio e del 23 giugno 1942 interpretate congiuntamente, come i richiami alla prima, contenuti nella seconda, comportavano; nel consecutivo avviso di asta dell'll gennaio 1943; nel successivo verbale di aggiudicazione del 3 febbraio 1943 a Giovanni Salamina; nel contratto di vendita 14 giugno 1943 del Comune di Martina Franca al predetto Salamina, e quindi nelle ulteriori alienazioni pro quota del teneno in contestazione, oltrech nel costante comportamento delle parti in esecuzione delle varie alienazioni. 512; GIANNINI M. S., L'interpretazione dell'atto amministrativo e la teoria generale dell'interpretazione, Milano, 1939, 339 segg. Sulla seconda parte della massima cfr., in senso conforme: Cass., 8 febbraio 1961, n. 265, Sett. Cass., 1961, 302. Per riferimenti cfr., pure, BATISTONI-FERRARA, Integrazione ed interpretazione dei contratti, in questa Rassegna, 1965, I, 1169. (3) Cfr., in senso conforme: Cass., 15 dicembre 1960, n. 3257, Foro it., 1961, I, 23; 4 giugn 1960, n. 1461, Foro amm., 1960, II, 401; 8 giugno 1961, n. 1333, Giust. civ., 1961, I, 1829; Pret. Atina, 1 maggi'() 1963, Nuovo dir., 1964, 85; Cass., 12 luglio 1965, n. 1458, Foro it., Mass., 1964, 470. F. ARGAN PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE Dall'esame, condotto con cura e penetrazione, di tutti i surriportati atti e in particolare dalle due deliberazioni podestarili, che costituiscono l'antecedente logico del contratto di vendita del 14 giugno 1943, e di questo ultimo contratto, atti tutti tra i quali non sussiste alcun contrasto, come a torto asserisce la ricorrente, richiamando quella giurisprudenza che giustamente esclude l'indagine sulla presumibile volont delle parti nei contratti in cui interviene la P. A. qualora essa sia in c.ontrasto col testo letterale della convenzione (Cass., sent. n. 1255 del 1960), contrasto nella specie assolutamente inesistente, la Corte di Lecce ha rilevato emer.gere, senz'ombra di dubbio, che la striscia di terreno in questione, secondo la volont della P. A., alienante, veniva vincolata con destinazione a strada di uso pubblico e non a semplice strada privata di disimpegno di due lotti. Il convincimento della Corte di appello basato su una serie di argomentazioni logiche; tra le altre vanno ricordate quelle relative alle risultanze della perizia Semeraro, che ha costituito parte integ1rante della deliberazione originaria e di tutti gli atti successivi; quelle riguardanti l'interesse pubblico relativo allo sviluppo urbanistico della citt; quelle tratte dal prezzo di asta, rimasto invariato e corrispondente al prezzo determinato dal perito Semeraro; senza parlare, poi, delle varie istanze dei successivi acquirenti al Comune, affinch provvedesse a dare sistemazione adeguata alla strada, che, infatti, a seguito delle opere curate dal Comune, si presenta come una via urbana: elementi questi ultimi valutati a norma dell'ultima .parte dell'art. 1362 c. c.. La ricorrente, anche in memoria, per contrastare tale ampia ed adeguata motivazione, assume che, non potendo desumersi da facta concludentia la volont della P. A., sarebbe stato necessario che la destinazione della predetta strada ad uso pubblico fosse risultata esclusivamente dell'atto di vendita al Salamina del 14 giugno 1943; ma la Suprema Corte deve contrapporre che a buon diritto tale contratto tra il Comune e il privato doveva essere interpretato alla stregua di ~utti gli atti anteriori, costituenti il necessario procedimento amministrativo preparatorio, e in particolare di quelli che hanno portato all'aggiudicazione dell'intero immobile al Salamina (cfr, Cass., sent. 265 del 1961 e 1901 del 1962). I suesposti rilievi provano, poi, l'infondatezza dell'ulteriore doglianza della ricorrente, che assume esser.si la Corte di appello richiamata ad elementi di fatto equivoci, non provenienti dalla P. A., ma da terzi. Invece deve rilevare questo Supremo Collegio che i richiami ad elementi provenienti da terzi sono stati fatti unicamente per dimostrare che l'intendimento della P. A., chiaramente manifestato, era stato esattamente inteso anche dai successivi acquirenti del terreno, su cui era posta la strada in contestazione. - 832 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pertanto il primo motivo si ravvisa destituito di giuridico fondamento. Fondato , al contrario, il secondo motivo, con cui la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 938 e 825 c. c.. Essa sostiene che, concessa in ipotesi l'esistenza di una servit di uso pubblico nel suo terreno, non poteva trarsene -come implicitamente la Corte di merito aveva fatto -la perdita del suo diritto di propriet. Avrebbe dovuto, quindi, la Corte esaminare la domanda proposta a norma dell'art. 938 c. c. per l'abusiva occupazione di un tratto della stradella da parte del Bruni. In effetti la Corte Suprema deve richiamare la sua giurisprudenza, secondo cui le strade private, quando siano destinate ad un uso pubblico, continuano ad essere oggetto di propriet privata, anche se l'uso pubblico imprime ad esse un certo carattere di pubblicit, che si estrinseca, tra l'altro, nell'esercizio dei poteri di polizia da parte dell'ente pubblico, titolare del diritto di uso pubblico (sent. 1333 del 1961). Per conseguenza, la Corte di appello avrebbe dovuto egualmente pronunciarsi sulla domanda proposta in primo grado e ritualmente riproposta e coltivata in appello dalla Margiotta, diretta a conseguire I il pagamento del doppio del valore del suolo occupato dal Bruni nella stradella, tanto pi che l'istruttoria era vertita anche su tale occupazione. Invece la Corte di Appello ha omesso di motivare in merito, o I inavvertitamente, ovvero nell'erronea convinzione che la domanda fosse stata travolta dalla pronuncia dell'esistenza di una servit di uso pubblico; ma detta statuizione, non escludendo sibbene presupponendo la ,' I propriet privata della stradella, comportava la necessit di un esame J della domanda in questione. La pronunia su detto punto, erratamente omessa, dev'essere emes, . sa dal giudice di rinvio, a cui appare opportuno rimettere la pronuncia Ilrelativa alla liquidazione delle spese di questo grado del giudizio (articolo 385 c. p. c.). -(Omissis). ' ' II , I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 14 febbraio 1966, n. 445 -Pres. Gionfrida -Est. Corasaniti: -P. M. Pedace (conf.) -Consorzio di bonifica versante jonico meridionale (avv.ti Fortino, Jemolo) c. Sardiello (avv.ti Rizzo, D'Atena). lf: Competenza e giurisdizione -Regolamento di competenza -Provvedi menti impugnabili -Arbitrato -Ordinanza del Tribunale decli natoria della competenza a provvedere sulla liquidazione dei com. pensi agli arbitri -Esclusione. (c. p. c., artt. 42, 43, 814). PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 833 Cassazione -Provvedimenti di carattere decisorio in forma di ordinan za -Ricorso a norma dell'art. 111 della Costituzione. Ammissi bilit. (Cost., art. 111). Sono impugnabili con regolamento di competenza solo le decisioni che per legge devono essere adottate con provvedimenti aventi il valore formale di sentenza, anche se siano state erroneamente emanate sotto forma di ordinanze. Non , pertanto, ammissibile il regolamento di competenza avverso quei provvedimenti, ai quali la legge attribuisce la forma di orinwnza, anche se si tratti di pronunce concernenti la sola questione di competenza (nella specie, ordinanza con la quale il Tribunale si dichiarato incompetente ad em~t:tere il provvedimento di liquidazione dei compensi agli arbitri, di cui all'art. 814 c. p. c.) (1). Il ricorso per cassazione previsto dall'art. 111 della Costituzione ammissibile anche avverso quei provvedimenti di contenuto decisorio che per legge devono essere pronunciati sotto forma di ordinanza, stante il senso lato in cui, in tale disposizione, impiegata la locuzione sentenza (2). (Omissis). -Non pu disconoscersi che il regolamento di competenza ad istanza di parte, sebbene, in relazione agli effetti propri della pronuncia cui esso mette capo (non coincidenti con quelli della pronuncia che esso tende a rimuovere), appaia come un mezzo di impugnazione affatto particolare, nondimeno concepito dalla legge, quanto alla struttura, come un mezzo di impugnazione contro sentenze; che abbiano pronunciato sulla competenza (artt. 42, 43, 44, 323, 360, n. 2, c. p. c.). Di qui la necessit, perch sia ritenuto ammissibile il mezzo: da un lato, che l'organo giudiziario, avendo in astratto potest di deci~ dere controversie, abbia affermato o negato di poterla esercitare in ordine ad una data controversia; dall'altro, che, nel caso concreto, la decisione dovesse, per legge, essere adottata in forma di sentenza e cio con provvedimento avente valore formale di sentenza. (1) Sulla prima parte della massima cfr., in senso conforme: Cass., 22 giugno 1963, n. 1669, Foro it., Mass., 1963, 486; 25 ottobre 1963, n. 2831, ivi, 810; 26 ottobre 1964, n. 2659, id., 1964, 713; 8 maggio 1965, n. 864, id., 1965, 253; 11 agosto 1965, n. 1930, ivi, 253. Sulla seconda parte della massima, pure in senso conforme, cfr.: Cass., 22 ottobre 1965, n. 2212, Foro it., Mass., 1965, 648. In dottrina cfr., anche per ampi riferimenti giurisprudenziali, ANDRIOLI, Commento al codice di procedura civile, vol. I, Napoli, 1954, 152 e segg. (2) Cfr. Cass., 4 febbraio 1965, n. 181, in questa Rassegna, 1965, I, 138, con nota di richiami; 27 marzo 1965, n. 531, Foro it., Mass., 1965, 148; v. anche, sull'istituto, Cass., 14 febbraio 1966, n. 453, in questa Rassegna, 1966, I, 835, sub 1. F.ARGAN w.@Wfg-M"M"f< non I possono avere carattere moratorio, ma solo compensativo, secondo quanto stato stabilito da questa Corte Suprema (S. U., 4 gennaio 1964, n. 6). Interessi compensativi attivi, sempre secondo questa Corte Suprema (sentenza n. 2291 del 26 giugno 1956), sono quelli dovuti nei contratti di scambio, quando le reciproche prestazioni dei due contraenti deb bono avvenire contemporaneamente, e sono cosi chiamati perch ser vono a compensare il creditore dei mancati frutti della cosa da lui consegnata all'altra parte prima di ricevere da questa la contropre stazione. Inaccoglibile pertanto la tesi del ricorrente, secondo la quale il decorso degli interessi compensativi dovrebbe iniziarsi col trasferimento della propriet della cosa e non anche con la materiale consegna di questa. Tale tesi trova testuale smentita proprio nell'art. 1499 c. c., del quale il Giambianco denunzia la violazione. Con detta norma di legge, infatti, si impone l'obbligo della corresponsione di interessi compensa tivi qualora la cosa venduta e consegnata produca frutti od altri pro (2) La sentenza in rassegna, quanto alla prima parte della massima, fa riferimento a Cass., Sez. Un., 4 gennaio 1964, n. 6, in questa Rassegna, 1964, I, 319, la quale esclude che trattisi di interessi moratori, ma allude, poi, alla produttivit del danaro, ossia, propriamente, ad interessi corrispettivi. Pi chiara , invece, l'analogia stabilita dalla sentenza in rassegna fra gli interessi ritenuti dovuti sulla parte di indennit di espropriazione non depositata prima della emissione del decreto epropriativo e quelli compensativi, dovuti nella compravendita a norma dell'art. 1499 o. c. Ma, sul punto, si vedano i rilievi in nota sub 1 a Cass., Sez. Un., 4 gennaio 1964, n. 6, sopra citata, in questa Rassegna, 1964, I, 319 e seg. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 843 venti . Poich anche in tema di espropriazione, su questo punto, deve valere; come il riorrente, ripetesi, riconosce, lo stesso principio, manifesto che gli interessi sulla parte di indennit non depositata all'atto del decreto di esproprio non sono dovuti, finch la cosa espropriata non sia stata consegnata, o comunque appresa dall'espropriante. -(Omissis). CORTE.DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 aprile :1966, n. 909. -Pres. Pece Est Ro~si A. -P. M, Tuttolomondo (parz. diff.). -Consorzio di bonifica dell'U,F.I.T.A. (avv .. ompagno) c. Delle M.onache (avv. Messina) Mezzogionio ~ CassaperilMezzogiorno -Realizzazione di opere straordinarie nelle province meridionali -Esecuzione delle opere a mezzo di appalti diretti o di concessioni -Applicabilit delle norme vigenti per l'esecuzione delle opere di competenza del Ministero dei Lavori Pubblici -Sussiste. (1. 10 agosto 1950, n. 646, art. 8). Opere pubbliche -Capitolati generali per gli appalti delle opere pubbliche dello Stato -Natura regolamentare -Sussiste -Norme processualfContenute nei capitolati -Applicazione immediata anche ai rapporti sorti anteriormente alla loro entrata in vigore -Sussiste Nuovo capitolato generale di appalto per le opere di competenza del Ministero dei Lavori Pubblici entrato in vigore il 1 settembre 1%2 -Norme sUU'Jmpugnabillt del todo arbitrale -Natura di norme processuali di immediataapplicazione "' Sussiste. (d. P; R. 16 luglio 1962; n. 1063, art; 51). A norma deit'art. 8 l. 10 agosto 1950, n. 646 la Cassa per il Mezzogiorno pro'l1vede alla realizzazione di opere straordinarie neZZe province meric.lionaZi e perse{}"l./,e i suoi fini attuando tali opere o attraverso concessioni ad enti pubblici, ,o mediante affidamento ad Amministrazioni ed Enti autonomi statali, ovvero con il sistema degli appalti diretti. In virt del citato art. 8 l. n. 646 del 1950 gli appalti stipulati daila Cassa o da enti suoi concessionari sono considerati azza stessa stregua di quem stipulati dallo Stato e ad essi devono applicarsi le norme contenute nei capitolati generali per le opere p,ubbliche deZZo Stato (1). (1) C!r. Cass., 19 gennaio 1963, n. 67, Giur. it., Mass., 1963, 20, sub a), nonch Cass., 23 giugno 1958, n. 2219, Foro it., 1958; I, 1450. Sulla particolare portata della nozione di affidamento a cui fa riferimento l'art. 8 844 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I capitolati generali per le opere pubbliche dello Stato non hanno natura contrattuale, ma di regolamenti di organizzazicme, epper le loro norme sono dotate di imperativit esterna, propria delle ntazione ivi, 225 e segg., con citazioni di dottrina e giurisprudenza. Per quanto riguarda l'esclusione dell'applicabilit dell'art. 51, comma terzo, del nuovo Capitolato generale di appalto per le opere pubbliche ai lodi pubblicati anteriormente al 1 settembre 1962, v. Cass., 28 marzo 1966, n. 815, Giur. it., Mass., 1966, 358, sub a, .nonch 14 giugno 1965, n. 1198, Foro amm., 1965, I, 431, sub 2, ove si afferma (433, nella motivazione) che la forza giuridica della sentenza, cui appartiene !'.effetto della impugnabilit o meno di essa, non pu essere che quella del momento nel quale la stessa viene a giuridica esistenza e pertanto la facolt di impugnativa e i modi e i termini per esercitarla sono disciplinati dalla legge vigente quando la sentenza venne pubblicata, trattandosi di un effetto, che, compiutosi sotto la detta legge, si sottrae perci al principio della immediata applicazione della nuova legge processuale. Non sembra corretto, tuttavia, pa.rlare in generale di impugnabilit come di forza giuridica della stessa sentenza, oggetto dell'impugnazione, chiaro essendo che il potere fuori dell'oggetto dell'atto di esercizio del medesimo (e, cosi, l'impugnazione non costituisce svolgimento della forza della sentenza, ma rivolta, appunto, contro di essa, per non dire, poi, dell'appello, che, essendo propriamente un gravame, prescinde addirittura da specifici vizi. della sentenza medesima: cfr. ZANzuccu1, Dir. proc. civ., vol. Il, Milano, 1948, 151 e segg.). r&Jrllit&Tmmw&.flflf&m&~f~IMf.wfilimffw!WKYw&1r1rBrwr.&r.m -l~At11~1JJllllrAB PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE della I. 20 marzo 1865, n. 2248, allegato F, dell'art. 45 r. d. 2'3 maggio 1924, n. 827, del capitolato della Cassa ,per il Mezzogiorno 6 luglio 1954, del capitolato dei Lavori Pubblici approvato con d. m. 28 maggio 1895, degli artt. 806 e seguenti c. p. c. -censura la Corte d'appello per avere negato l'applicabilit alla specie del Capitolato generale della Cassa per il Mezzogiorno, che non contiene alcuna clausola d'inimpugnabilit del lodo. Premesso che l'art. 8, ultimo comma, della legge n. 646 del 1950 non riflette un rinvio di portata indiscriminata alle norme sulle opere pubbliche di competenza del Ministero dei Lavori Pubblici, perch di tali norme prevede l'osservanza in materia di esecuzione di opere per conto della Cassa, solo in quanto applicabili, il Consorzio sostiene che, competendo alla Cassa il potere regolamentare spettante alle altre Amministrazioni dello Stato, e, in particolare, il potere di adottare, a norma dell'art. 323 della legge sui lavori pubblici n. 2248 del 1865, allegato F e dell'art. 45 del Regolamento per l'amministrazione del patrimonio e la contabilit generale dello Stato (decreto n. 827 del 1924), un proprio capitolato per la disciplina dei lavori rientranti nella sua competenza, il capitolato generale deliberato il 6 luglio 1954 dal consiglio di amministrazione della Cassa per regolare tutte le opere e forniture da questa finanziate -al quale, solo, le parti hanno fatto espresso riferimento contrattuale -preclude, nel caso concreto, l'applicazione del capitolato generale per le pere pubbliche dello Stato. La tesi non pu essere accolta. Contrariamente a quanto ha mostrato di ritenere la Corte di appello, nel contratto di cottimo fiduciario, che ha dato origine alla controversia, le parti hanno fatto espresso richiamo al capitolato generale a stampa per gli appalti e le forniture delle opere: finanziate dalla Cassa per il Mezzogiorno, considerando le norme del medesimo come facenti parte dell'atto, purch non derogate o modificate da quelle del capitolato speciale di appalto e dalle clausole dell'atto stesso (articolo primo), e solo per la direzione contabilit e collaudazione dei lavori relativi al presente cottimo hanno stabilito (articolo citato, ultimo comma) l'osservanza delle norme del regolamento del Ministero dei Lavori Pubblici, di cui al r. d. 25 maggio 18,95, n. 350, ove non fosse diversmente stabilito nel capitolato speciale e nell'atto stesso. Senonch, anche in mancanza di richiamo contrattuale, l'applicabilit alla specie delle norme del capitola,to generale dello Stato per gli appalti delle opere pubbliche deriva dal tenore dell'art. 8, ultimo comma, della I. 10 agosto 1950, n. 646, istitutiva della Cassa per il Mezzogiorno, che, per l'esecuzione delle opere di competenza della Cassa, prevede l'osservanza, in quanto applicabili, delle norme vigenti per l'esecuzione - 846 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO delle opere pubbliche di competenza del Ministero dei Lavori Pubblici. A norma del citato art. 8, la Cassa per il Mezzogiorno ,provvede alla realizzazione di opere straordinarie nelle province meridionali e persegue i suoi fini attuando tali opere o attraverso concessioni a enti pubblici o mediante affidamento ad organi dello Stato e ad aziende autonome statali , ovvero con il sistema degli appalti diretti. E gi la Suprema Corte ha avuto modo di chiarire (sentenza 19' gennaio 1963, n. 67) come il menzionato ultimo comma dell'art. 8, dichiarando applicabili agli appalti stipulati dalla Cassa le norme vigenti per l'esecuzione delle opere di competenza del Ministero dei Lavori Pubblici, si riferisca a tutte le ipotesi previste nei commi precedenti~ cio tanto a quelle in cui appaltante sia la stessa Cassa quanto a quelle in cui ..__ come nel caso in esame -lo sia un ente di diritto pubblico per affidamento avutone dalla Cassa. Senza fondamento, quindi, il Consorzio sostiene che il proprio gravame avverso la sentenza arbitrale a~missibile a norma del capito- lato della Cassa per il Mezzogiorno, che, in materia di impugnazioni;! del lodo, non contiene alcuna clausola limitativa. D'altra parte, all'applica- bilit di tale capitolato alla specie non giova neppure l'ulteriore considerazione del ricorrente, secondo cui i contraenti, attraverso il richiamo. espresso al capitolato della Cassa, avrebbero, quanto meno, derogato, 'al capitolato ministeriale relativamente al regime di iIIljpugnazionedel lodo. Ed invero, in virt del citato art. 8 della 1. n. 646 del 1950, gli ap-palti stipulati dalla Cassa o da enti suoi concessionari sono considerati alla stessa stregua di quelli stipulati dallo Stato e ad essi devono applicarsi le norme contenute nei capitolati generali per le opere pubbliche dello Stato, che hanno natura regolamt;mtare e quindi l'imperativit esterna che propria delle norme obiettive. Consegue che in siffatti appalti l'obbligo che le parti abbiano as sunto di uniformarsi alle difformi disposizioni del capitolato della Cassa per il Mezzogiorno pu valere soltanto nell'ambito delle regole del ca pitolato per le opere pubbliche aventi carattere dispositivo; fra queste,. peraltro, non sono da annoverare le norme sull'arbitrato, che sono, al contrario, inderogabili (Cass. 14 giugno 1965, n. 1198). Con il terzo mezzo, denunciando, in subordine, ai sensi dell'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., la violazione e la falsa applicazione del nuovo capitolato generale delle opere pubbliche approvato con d. P. R. 16 luglio 1962, n. 1063, del capitolato ministeriale 28 maggio 1895, dell'art. 8, ultimo comma, della 1. n. 646 del 1950 e dell'art. 829, secondo comma, c. p. c., il Consorzio censura la Corte, per avere negato l'applicabilit in materia j -~ ,., 1" . . ' . 1 ' If; f:' PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 847 d'impugnazione della sentenza arbitrale del disposto dell'art. 51 del nuovo capitolato generale del 1962. La censura fondata. Non possono essere condivise le ragioni con le quali -accertata correttamente, alla stregua del dettato dell'art. 8, ultimo comma, della 1. n. 646 del 1950, l'applicabilit al caso cncreto del capitolato generale d'appalto per le opere dello Stato -la Corte ha, poi, ritenuto applicabili le norme del capitolato del 1895 (che contiene, nell'art. 49, limiti d'impugnativa del lodo arbitrale non previsti nel capitolato pi recente) e non gi le norme del nuovo capitolato generale d'appalto per le opere dello Stato, di cui al d. P. R. n. 1063 del 1962, vigente alla data in cui era stata promossa la procedura arbitrale di cui discussione. La questione dell'applicabilit del nuovo capitolato generale in tema d'impugnabilit del lodo reso in ordine a rapporti sorti anteriormente alla data della sua entrata in vigore (1 settembre 1962, giusta l'articolo unico della premessa al d. P. R. n. 1063 del 1962) gi stata esaminata dalla Corte di Cassazione e risolta in senso positivo con la sentenza 9 aprile 1965, n. 623, il cui indirizzo va tenuto fermo. , invero, giurisprudenza consolidata che i capitolati generali per gli appalti delle opere .pubbliche hanno natura normativa (regolamenti di organizzazione) e non contrattuale e che le norme processuali in essi contenute sono di applicazione immediata anche rispetto ai rapporti sorti anteriormente alla loro entrata in vigore (Cass. 23 luglio 1964, n. 1989). Relativamente ai contratti stipulati prima del 1 settembre 1962, mentre, in ordine ai reciproci diritti e obblighi delle parti contraenti continuano ad avere applicazione le norme del vecchio Capitolato, quelle del nuovo Capitolato, che regolano le situazioni giuridiche di ca rattere processuale, sono d'immediata applicazione e devono, perci, re golare gli arbitrati in corso o quelli originati dai contratti di appalto anteriori al 1 settembre 1962. Di conseguenza, poich le norme relative alla proposizione dei mezzi di impugnazione sono norme processuali e la sentenza arbitrale de qua > stata resa quando era gi in vigore il nuovo capitolato, che, all'art. 51, ha rimosso la limitazione contenuta nell'art. 49, secondo omma, del vec chio capitolato, consentendo anche in subiecta materia l'azione di nullit per errores in iudicando , l'impugnazione del Consorzio era stata legittimamente proposta secondo le nuove disposizioni. La sentenza denunciata, che ha negato l'applicabilit alla fattispecie del capitolato del 1962, e conseguentemente l'ammissibilit dell'impugnazione del lodo ai sensi delle norme del capitolato stesso, deve essere, pertanto, cassata, in relazione al motivo accolto. -(Omissis). 848 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 maggio 1966, n. 1293. -Pres. Favara -Est. Malfitano -P. M. Pedace (conf.) -Milani e Fumagalli (avv.ti Martillaro, Vitali) c. Consorzio dell'Adda (avv. Nonnis) e Ministero dei Lavori Pubblici (avv. Stato Correale). Competenza e giurisdizione -Regolamento di competenza -Criterio differenziatore tra la competenza dei Tribunali delle acque pubbliche e quella dll'A.G. in sede ordinaria -Oggetto della controversia -Attinenza anche indiretta ad interessi pubblici relativi allo sfruttamento ed alla regolamentazione delle acque pubbliche Controversia relativa alla costruzione di una pertinenza di un'opera di regolazione di acque pubbliche -Competenza del Tribunale Regionale delle acque pubbliche -Sussiste. (t. u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 140). Procedimento civile -Principio dell'onere della prova -Limite della sua operativit -Ipotesi. (c. c., art. 2697; c. p. c., art. 115). Competenza e giurisdizione -Regolamento di competenza -Ambito del giudizio della Corte di Cassazione -Designazione del giudice competente -Esclusione di ogni altra questione non attinente in modo diretto e necessario alla decisione sul punto della competenza Sussiste. (C. p. C., artt. 42, 43, 49). Il criterio differenziatore tra la competenza dell'Autorit giudiziaria in sede ordinaria e quUa dei Tribunali delle acque pubbliche dato dall'oggetto della controversia, nel senso che questa devoluta all'organo specializzato in materia di acque, quando attenga, direttamente o indirettamente, ad interessi pubblici relativi allo sfruttamento ed alLa regolamentazione delle acque pubbliche. Epper anche la controversa relativa alla costruzione di una pertinenza di un'opera inerente alla regolazione di acque pubbl.iche rientra nella cognizione del Tribunale Regionale delle acque pubbliche (fattispecie di controversia relativa ad assunte, illecite servit, derivanti dalla costruzione di una strada di accesso ad una diga di sbarramento 'fluviale) (1). Il principio generale, secondo cui l'onere della prova incombe su colui che allega i fatti posti a base deila domanda o deLl'eccezione, non operante ai fini della decisione della causa, allorch il Giudice possa (1) Conf. Cass., 27 luglio 1964, n. 2100, Giur. it., Mass., 1964, 696, sub a; 21 luglio 1960, n. 2072, Giust. Civ., Mass., 1960, 772. V. anche, per applicazione del concetto di opere collegate a quelle di PARTE I, SEZ, III, GIURISPRUDENZA CIVILE 849 desumere il proprio convincimento, sulla veritd dei fatti stessi dagli elementi probatori acquisiti al processo, da qualunque parte forniti (2). I vizi della sentenza diversi. da quelli che. ne determinano l'assoluta' inesistenza non possono essere denunciati in sede. di regolamento di competenza, ma vanno fatti valere con l'ordinaria impugnazione, in quanto, in sede di. regolamento di competenza, ii compito della Corte di Cassazione limitato alla designazione del giudice competente, con esclusione di ogni altra questione, anche se inerente alla decisione della lite~ che. non. attenga. in modo diretto e necessario alla risoluzione del punto relativo alla .competenza, sia che si tratti di .questioni process'l, tali, sia che si tratti di questioni di carattere sostanziale (3). (Omissis). -Con il primo motivo i J.'.icorrenti sostengono che il Tribunale abbia erroneamente ritenuto che la causa in esame rientri nella competenza del Tribunale Regionale delle acque pubbliche, in quanto non ha accertato se l'opera di cui lamentano la costruzione sia compresa nel progetto per la regolazione delle acque del fiume Adda, n abbia considerato che, in ogni caso, tale opera non aveva alcuna attinenza con il regime delle acque pubbliche, essendo destinata non a regolamentare l'invaso, la presa o la distribuzione del lago, ma soltanto a rendere possibile l'accesso degli impiegati all'ufficio amministrativo del Consorzio . . La censura infondata. Come questa Corte Suprema ha pi volte affermato, il criterio differenziatore .tra la coznpetenza dell'Autorit G.iudiziaria in sede ordinaria e quella. dei Tribunali delle acque pubbliche dato dall'oggetto della controversia, nel seni;;o che questa devoluta all'organo specializzato in maferia. di acque, quando. attenga direttamente.. o indirettamente ad interessi. pubblici. relativi al~() ~ruttamento. e.. ~la regolamentazione delle acque ~ubbche (v. sent. n> 2ioo del 1Q64). . . Sistemazione idraulica, Cass., 20 luglio 1965, n. 1654, in questa Rassegna, 1965, I, 1136 ed ivi nota di riferimenti. . SUila natura di. organi speciali degli uffici giudiziari ordinari, inseriti, nel complesso unitario della giUrisdizione ordinaria, dei Tribunali Regionali e del Tribunale. Superiore delle acque pubbliche, in sede di appello dalle decisioui dei primi. v. Cass., ~ez. Uu..1 22 dicembre 1964, n. 2950, in questa Rassegna, 1965, I, l28, sub 1, con nota di rifer.imenti. (2) Conf. Cass., .25 luglio . 1964, n. 2044, Giur. it., Mass., 1964, 673, sub d; 18 agosto 1962, ri. 2599, id., Mass., 1962, 884, sub c. Avverte ancora la giurisprudenza della Corte di Cassazione che il materiale probatorio raccolto ad un certo fine pu, nello stesso giudizio e fra le stesse parti, essere utilizzato anche ad altro scopo, per sostenere altre domande ed eccezioni: cosi Sez. Un., 2 aprile 1965, n. 567, in questa Rassegna, 1965, I, 686, Sb 2, ed ivi nota di riferimenti. (3) Conf. Cass., 17 febbraio 1965, n. 262, Giur. it., Mass., 1965, 75, sub e e sub f, ed ivi note (5 e 6) di ulteriori riferimenti. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Nella specie, ricorrono tutti i presupposti della competenza del giudice specializzato, in quanto la controversia riguarda la esecuzione di un'opera che ha stretta attinenza con lavori di interesse pubblico ed ha, quindi, anche essa natura di opera pubblica. Invero gli stessi attori, nell'atto di citazione, hanno testualmente ammesso che la strada, a sostegno della quale stato costruito il terrapieno, che assumono lesivo dei diritti, serve per accedere alla diga di sbarramento dell'alveo del fiume Adda e, quindi, al passaggio degli impiegati ed operai del Consorzio delle imprese addette alla manutenzione della diga e il Consorzio ha, a sua voHa, precisat" che nel fabbricato sito presso la diga, al quale si accede da detta strada, non vi sono uffici amministrativi (i quali trovansi a Milano), ma gli impianti di manovra delle paratoie della diga, l'ufficio incaricato della regolazione e della sorveglianza diurna e notturna del livello delle acque e gli alloggi del personale a ci addetto. Alla stregua di questi elementi, che trovano piena conferma nelle planimetrie e negli altri documenti esibiti, non vi alcun dubbio che oggetto della controversia sia non una comune opera stradale, come sostengono i ricorrenti, ma una pertinenza della diga di sbarramento del fiume Adda, cio, un'opera inerente alla regolazione di acque pubbliche. N ha rilevanza che il Tribunale non abbia accertato se la strada a sostegno della quale fu costruito il terrapieno sia compresa nel pro getto generale per la regolazione delle acque del fiume Adda, perch, a parte che essa risulta compresa nella planimetria generale allegata al progetto definitivo di regolazione del lago di Como redatto nel no vembre 1940, per stabilire se un'opera abbia o meno natura pubblica occorre aver riguardo alla funzione cui essa in concreto destinata, nonch alla sua effettiva idoneit a soddisfare interessi pubblici e non a circostanze, che, pur se rivelatrici della natura pubblica di un'opera, possono tuttavia anche non sussistere, senza che perci tale natura venga meno. I ricorrenti sostengono che la strada non sia strettamente necessaria per la realizzazione dei compiti affidati al Consorzio e che la regolazione delle paratoie della diga di sbarramento possa essere seguita da lontano, anzich dal fabbricato al quale si accede da detta strada, ma l'indagine per accertare la fondatezza, o meno, di tale assunto esula dai poteri di questa Corte Suprema e, comunque, sarebbe irrilevante, perch, anche se l'assunto risultasse fondato, non verrebbe meno la natura pubblica dell'opera, quale risulta dalla sua concreta destinazione alla regolamentazione di acque pubbliche. Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano che il Tribunale non abbia rilevato che il Consorzio, anzich esibire la copia dei progetti di massima ed esecutivi approvati il 30 settembre 1939 ed il 25 novembre PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 851 1940, come era stato disposto con ordinanza collegiale al fine di accertare l'attinenza della strada alla regolazione delle acque del fiume Adda, abbia prodotto un progetto del 30 maggio 1942 ed altri documenti irrilevanti. I progetti di cui era stata disposta la esibizione, si aggiunge, avrebbero chiarito che la strada in questione si sviluppa in due tronchi, uno dei quali del tutto estraneo alle opere destinate alla re.golamentazione delle acque del fiume. La doglianza, che in fatto per di pi solo in parte fondata, perch, come si rileva dal verbale di udienza del 18 aprile 1963, il Consorzio deposit una copia fotostatica del progetto del 18 aprile 1940, sotto il profilo giuridico del tutto irrilevante, perch questa Corte Suprema deve risolvere la questione di competenza soltanto in base agli atti della causa, i quali, nella specie, offrono sufficienti elementi per affermare che la strada in questione un'opera accessoria di quelle destinate alla regolazione delle acque dell'Adda, in quanto si sviluppa in due tronchi, dei quali uno serve per l'accesso al fabbricato ove si trovano gli impianti di manovra delle paratoie della diga di sbarramento e l'a1tro costituisce un comodo accesso dal detto fabbricato alla diga. Con il terzo motivo i ricorrenti deducono che il Tribunale ha erroneamente ritenuto che incombesse loro l'onere della prova della natura pubblica dell'opera di cui essi lamentavano la costruzione, in quanto tale onere era a carico del Consorzio che aveva eccepito la incompetenza del Tribunale adducendo che l'opera medesima atteneva alla regolazione di acque pubbliche. La censura va disattesa. Invero il principio generale secondo cui l'onere della prova incombe a colui che allega i fatti posti a base della domanda o della eccezione non operante ai fini della decisione della causa, quando, come nella specie, il giudice pu desumere, in base agli elementi probatori acquisiti al processo, da chiunque forniti, il proprio convincimento sulla verit dei fatti stessi (v. sent. Cass. 2044 del 1964). Con il quarto motivo si censura la sentenza del Tribunale, per avere ritenuto ammissibile l'intervento in causa dell'Amministrazione dei Lavori Pubblici, sebbene non risultasse che la strada fosse stata costruita con il contributo dello Stato. Tale censura inammissibile. Invero, come questa Corte Suprema ha altre volte affermato, i vizi della sentenza, diversi da quelli che ne determinano l'inesistenza assoluta, non possono essere denunciati in sede di regolamento di competenza, ma possono essere fatti valere con il gravame ordinario, in quanto, in sede di regolamento di competenza, il compito della Corte di Cassazione limitato alla designazione del giudice competente, con esclusione di ogni altra questione, anche se inerente alla decisione della lite, che - RASSEGNA DELL'AVVOdATURA DELLO STATO 852 non attenga in modo diretto e necessario alla risoluzione del punto relativo alla competenza, sia che si tratti di questioni processuali, sia che si tratti di questioni di carattere sostanziale (v. sent. n. 262 del 1965). Consegue che si deve rigettare il ricorso e dichiarare la competenza del Tribunale Regionale delle acque pubbliche di Milano. ( Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 28 maggio 1966, n. 1408. -Pres. Scarpella -Est. Ginetti -P. M. Raja (diff.) -Amministrazione delle Ferrovie dello Stato (avv. Stato Pietrini-Pallotta) c. Casati (avv.ti Cattaneo, Gagliardi). Procedimento civile -Estinzione nel corso del processo per mancata, tempestiva riassunzione della causa cancellata dal ruolo -Presupposto di validit -Ordinanza di cancellazione emessa previa comunicazione a tutte la parti del provvedimento di fissazione di udienza successiva a quella di mancata comparizione delle medesime -Difetto in concreto di previa, valida comunicazione di tale provvedimento -Conseguenze -Nullit dell'atto (e di quelli successivi) per mancanza di requisito indispensabile al raggiungimento dello scopo -Sussiste. (c. p. c., art. 309 e, in relaz., artt. 181, comma primo, 307, comma primo, 101, 136, 170, 156, comma secondo, 159, comma primo). Disposta la canceUazione della causa dal ruolo a norma degli articoli 309 e 181, comma primo, c. p. c., presupposto della estinzione del processo che sussista un'ordinanza di cancellazione, validamente pronunciata, dopo che alle parti sia stato comunicato i1 provvedimento di fissazione deUa udienza successiva a quella di mancata comparizione, in modo che, rispettandosi i1 fondamentale principio del contraddittorio, ognuna di essa sia messa in condizione di conoscere la situazione processuale e di valutarne le conseguenze. Benvero, la comunicazione dell'anzidetto provvedimento costituisce elemento necessario per la perfezione dell'atto, la mancanza del quale lo rende invalido in rapporto a quel destinatario, a norma dell'art. 156, commi.a secondo, c. p. c.: e la nullit non solo si ripercuote sull!.ordinanza di cancellazione, ma anche sulla (tardiva) riassunzione del processo e sul provvedimento di estinzione (1). (1) Ed infatti, secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, devesi ritenere la nullit di tutti gli atti compiuti in assenza di una delle PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUJ>ENZA CIVILE S53 (Omissis). -Nel codice di rito la estinzione del processo dettata dalla .esigenza di ottenere l'acceleramento dei processi e colpisce l'inattivit delle parti che pu verificarsi sia all'inizio che nel corso del processo stesso. Per quest'ultima ipotesi gli artt. 309 e 181, comma 10, c. p. c. stabiliscono che, se nel corso del processo nessuna delle parti si presenta all'udienza; il giudice istruttore fissa una udienza successiva, di cui il cancelliere d comunicazione alle parti costituite; se nessuna delle parti comparisce alla nuova udienza, il giudiee con ordinanza non impugnabile dispone la cancellazione della causa dal ruolo; Nel caso in esame, avvenuto che l'ordinanza di cancellazione fu emessa senza che alla Casati fosse stato comunicato il provvedimento di fissazione della udienza successiva a quella di mancata comparizione. Ci posto, occorre stabilire quale valore possa avere la conseguente ordinanza (li estinzione del processo, pronunciata per essere stato questo riassunto oltre il termine perentorio di un anno dalla data del provvedimento di . cancellazione. Presupposto della estinzione, nella ipotesi in esame, che esista una ordinanza di cancellazione della causa dal ruolo, pronunciata dopo che alle parti sia stato comunicato il provvedimento di fissazione della udienza successiva a quella di mancata comparizione, e siano quindi messe in condizione di conoscere la situazione processuale e di valutarne le conseguenze, in modo che la ulteriore assenza possa loro direttamente imputarsi. Quarido; invece, veriga meno ia comunicazione ad una delle parti -nell specie alla Casati che ha rissurito il processo -si verifica una di quelle ipotesi in cui palesemente violato il principio del contraddittorio sancito dall'art. 101 c. p. c. Peraltro la non impugnabilit della ordinanza pronunciata ex articolo 181, comma 1o., c. p. c. non porta ad escludere n doveroso controllo dei giudice sulla regoarit e validit degli atti del processo. Nella specie, la comunicazfone del provvedimento. alla Casati costituiva un elemento necessario per la perfezione dell'atto, la cui mancanza lo rendeva inefficace irt rapporto a quel desti:natario, per cui sussiste la nullit prevista .dall'art. 156, comma 20, c. p. c.: nullit che non solo si ripercuote sull'ordinanza di cancellazione, ma anche sulla riassunzione del processo e sul provvedimento di esti:nzione fondato su quell'ordinanza, trattandosi di atti tra loro dipendenti: art. 159, comma 10, c. P c. -(Omissis). parti dopo l'emissione di un'ordinanza pronunciata fuori udienza e non comunicata al procuratore costituito . e ci per violazione del principio del contraddittorio: Cass., 4 gennaio 1950, n. 17, .Foro it., Mass., 1950, 7. - 854 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 30 maggio 1966, n. 1412. -Pres. Flore -Est. Sbrocca -P. M. Di Majo (conf.) -Comune di Napoli (avv.ti Gleijeses, Peccerillo) c. Napolitano (avv. Mailler) e Cassa per il Mezzogiorno (avv. Stato Tavassi-La Greca). Procedimento civile -Successione a titolo particolare inter vivos ad una delle parti durante il termine per ricorrere o controricorrere in Cassazione -Notifica dell'impugnazione al dante causa -Effetto Impedimento (\el passaggio in giudicato della sentenza nei confronti dell'avente causa -Legittimazione del successore a titolo particolare a ricorrere o controricorrere in Cassazione -Sussiste. (c. p. c., art. 111). Cassazione -Procedimento innanzi alla Corte -Facolt di produrre atti e documenti, non prodotti nei precedenti gradi del processo, riguardanti la nullit della sentenza impugnata e l'ammissibilit del ricorso e del controricorso -Estensione anche ai documenti relativi alla legittimazione al ricorso o al controricorso Sussiste. (c. p. c., art. 372). Espropriazione per p. u. -Giunta speciale presso la Corte di Appello di Napoli -Ambito della giurisdizione della Giunta -Estensione alle questioni di chiamata in causa del soggetto legittimato Sussiste. (d. 1. Igt. 27 febbraio 1919, n. 219, conv. nella I. 24 agosto 1921, n. 1290, artt. 17 e 18). Mezzogiorno -Legge speciale per la citt di Napoli 9 aprile 1953, n. 297 Affidamento da parte della Cassa per il Mezzogiorno dell'esecuzione dei lavori, a norma dell'ultimo comma dell'art. 4 1. n. 297 del 1953, all'Amministrazione dell'Ente locale interessato -Natura giuridica ed effetti, anche in ordine alla responsabilit verso i terzi. (I. 9 aprile 1953, n. 297, art. 4, ult. comma). Espropriazione per p. u. -Giunta speciale presso la Corte d'Appello di Napoli -Carattere normalmente preliminare della pronuncia della Giunta sull'indennit rispetto alla emissione del decreto espropriativo -Sussiste -Irritualit della stima da parte di un perito provocatadal Prefetto e conseguente illegittimitdel decreto espro i priativo -Sussistono -Facolt dell'espropriato di limitarsi a con-1:: [I~ ~ I., .. -' , . - PARTE I, SEZ~ III, GIURISPRUDENZA CIVILE 855 testare l'adeguatezza dell'indennit innanzi alla Giunta invece di far valere l'illegittimit del trasferimento -Sussiste -Necessit che in tal caso la stima da parte della Giunta sia riferita al valore dell'immobile alla data del decreto d'espropriazione -Sussiste. (d. I. lgt. 27 febbraio 1919, n. 219, conv. nella I. 24 agosto 1921, n. 1290, art. 17). Il processo prosegue tra le parti originarie, se nel corso di esso si trasferisce a titolo particolare, per atto tra vivi, il diritto controverso (non corrispondendo, cio, alla successione nel diritto una successione necessaria nel rapporto processuale). Ma, poich la notifica dell'impugnazione al dante causa, generalmente considerato come sostituto proces$ Uale dell'avente causa, impedisce il passaggio in giudicato della sentenza anche nei confronti di quest'ultimo, il successore a titolo particolare pu ricorrere per cassazione o resistere al ricorso da altri proposto avverso la sentenza pronunziata nei riguardi del suo dante causa, anche se non sia interveinuto, n sia stato chiamato nel processo a quo ed anche se l'intervento o la chiamata non siano stati pos$ ibili per essersi la successione verificata durante il termine per ricorrere o per controricorrere (1). L'eccezione prevista dall'art. 372 c. p. c. in ordine all'ammissibilit, nel giudizio di cassazione, del deposito di atti e documenti non prodotti nei precedenti gradi del processo concerne anche la produzione di documenti relativi alla legittimazione ad agire, poich l'esame della legittimazione attiva attiene all'ammissibilit del ricorso o del controricorso e l'interpretazione dell'atto, a questo fine, rientra nei poteri del giudice di legittimit (2). La giurisdizione della Giv,nta speciale per le espropriazioni per p. u. presso la Corte d'Appello di Napoli relativa, oltre che all'accertamento del diritto all'indennit, alle questioni che attengono alla (1) Cfr. Cass., Sez. Un., 12 febbraio 1963, n. 259, Giur. it., Mass., 1963, 85: a norma dell'ultimo comma dell'art. 111 c. p. c., il successore a titolo particolare nel diritto controverso ha un potere autonomo di ricorrere per cassazione, anche se non sia intervenuto o non sia stato chiamato nel giudizio di merito; v. anche, in senso conforme, Cass., 12 luglio 1962, n. 1868, id., Mass., 1962, 671 ed ivi ulteriori riferimenti giurisprudenziali. (2) Cfr. Cass., 7 maggio 1965, n. 843, Giur. it., Mass. 1965, 305, sub b; v. anche Cass., 13 marzo 1965, n. 419, ibidem, 137, sub a e sub e, ove si avverte invece che in ordine alle questioni di difetto di legittimazione passiva la Corte di Cassazione giudice anche di fatto, ma pu decidere soltanto sulla base degli eleme!llti probatori gi acquisiti nelle fasi di merito ; ed infatti, come ribadisce Cass., 17 luglio 1965, n. 1604, ibidem, 586, la possibilit di produrre nel giudizio di Cassazione nuovi documenti rigorosamente circoscritta dall'art. 372 c. p. c. ad ipotesi ben determinate. - 856 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO misura della medesima o all'attribuzione ed alla liquidazione dell'indennit per danni ai sensi dell'art. 46 l. 25 giugno 1865, n. 2359, o all'imposizione e determinazione dei contributi stabiliti dalle disposizioni legislative richiamate dal primo comma dell'art. 18 d. l. lgt. 27 febbraio 1919, n. 219, convertito nella l. 24 agosto 1921, n. 1290, nonch a quelle che attengono alla chiamata in causa del soggetto passivamente legittimato, dovendo ogni giudice, ordinario o speciale, accertare l'esistenza delle condizioni dell'azione, tra le quali compresa la legittimazione azia causa. Esula dalla giurisdizione speciale deilla Giunta ed appartiene alla cognizione del Giudice ordinario ogni altra questione e cos anche quella relativa alla chiamata in garanzia, propria o impropria, da parte dell'espropriante, di un terzo, per il rimborso in via di regresso dell'indennit di espropriazione, o per essere risarcito degli effetti deila condanna da lui subita nei confronti dell'espropriato (3). Per effetto dell'affidamento, da parte della Cassa per il Mezzogiorno al Comune di Napoli interessato, dell'esecuzione dei lavori di costruzione di un'opera compresa in programma di cui all'art. 4 l. 9 apriie 1953, n. 297, il Comune medesimo deve, sia nei rapporti con l'ente affidante che nei riguardi dei terzi, provvedere al perfezionamento delle necessarie procedure espropriative. Anche a prescindere dal rilievo che le opere appartengono alla competenza istituzionale del Comune, va osservato, infatti, che l'affidamento anzidetto si inquadra nella figura della delegazione amministrativa (intersoggettiva) e che tra gli atti del dele.,. gato rientrano anche le occupazioni e le espropriazioni necessarie per l'esecuzione deLle opere, come che ad essa inscindibilmente connesse (4). Prescindendo dall'ipotesi di procedura d'urgenza di cui all'art. 12, comma secondo, del d l. lgt. 27 febbraio 1919, n. 219, convertito nella (3) Sulla giurisdizione della Giunta speciale presso la Corte d'appello di Napoli, v. Cass., Sez. Un., 7 dicembre 1964, n. 2858, in questa Rassegna, 1964, I. 328, sub 1 ed ivi ulteriori riferimenti di giurisprudenza. (4) Per l'inquadramento dell'ipotesi di affidamento dell'esecuzione di opera pubbl:ioa, di cui all'ultimo comma dell'art. 4 1. 9 aprile 1953, n. 297, nello schema della delegazione amministrativa (intersoggettiva) v. gi Collegio arbitrale: arbitri Rizzatti Pres., Gionfrida Est., Reggiani, Tesauro, Giannini M. S., lodo 23 dicembre 1963, Soc. Meridionale Strade c. Comune di Napoli, Foro it., 1964, I, 2249-2250; ma, come gi avvertito .in nota in questa Rassegna, 1965, I, 1164-1165, trattasi pi propriamente di rapporto di concessione di costruzione di opera pubblica, distinguibile concettualmente da quello di delegazione -pur se avente in comune il carattere sost~tutorio (l'agire in nome proprio e sotto propria responsabilit) -per .ci che la delega non soddisfarrebbe ad alcun interesse proprio del soggetto delegato (BENVENUTI, La concessione di opere pubbliche, Acque, bon., costruzioni, 1958, 3). Nel riconoscere al Comune affidatario dei lavori la veste PARTE I:. SEZ. III/ GIUlUSPRUDENZA CIVILE 857 l. 211: a{lasto.1921.. n..1290. se vero che la legge speciale prescrive. anche all'.autoritt espropriante di promuovere la pronuncia della Giunta sulla indennit PTima della emissione del decreto di espTopriazione, essa non esclude, per.altro, ch,e, quando ii Prefetto abbia provocato irritu.almente la stima da parte di un, perito;, l'espropriato; iZ quale pur potrebbe accett; ra:r(l l'i'.1'l4(:!nnit coli~ determinata, possa limitarsi a contestarne l'adeguatezza di:nanzi. aiza Giunta, senza far valere l'illegittimit del trasferime- nto~ In tal caso, compito deUa Giunta speciale quello di sostituire ia, Ptoprict, stim~ a g.'lf(?lla .indicata nel decreto di espropriazione, sempre pn: rif~ri~entq al ~atore f:lAl ricorso del .Comune di Napoli resistono con unico controricorso l'c:>riginario opponente Alberto Napolitano ed i suoi figli, cio i fratelli Antonio, Concetta, Annunziata e Maria Napolitano, i quali si dichiaran cessionari del credito per indennit di espropriazione, accertato in favore del loro dante <:ausa dal'la sentenza impugnata, in forza di atto }tosanova del 1<> agosto 1964, che si assume notificato al debitore ceduto (Comune), ma che non stato depositato in giudizio. Ora, mentre dal Comune si eccepisce l'inammissibilit del contro ricors() dei :fratelli Napolitano, perch, anche se in ipotesi successori a ~i en~ esproP~i~~te.111 Co~te.dL(:;!assazione, con la se~tenza in rassegna, :Pa i'ienuto di far.leva s'(jpi-aiutto s'iil. suo. consolidato insegn~ento. (Cass., 19 1ugli6 1965(n;>1608, in questa: Rassegna, 1965, I, 1142, sub. ed ivi, 11511, not.a diriferimenti)1. second il quale l'ente delegat risponde' direttamente nei confronti dei terz.i dell'esecuzione della delega, affermando .che tra gli atti del delegato rientrano .a11che le ocupazioni e .. le. espropriazioni neces$ arie per l'esecuzione delle opere e che all'esecuzione sono intimamente connesse ~. Peraltro, nella specie, questo insegnamento dvrebb~ presupporre che 111 stessa sostitu;ti()n dell, .. Cassa ai Comune si estenda alle espropriazioni, donde la possfbilit c1le tale onere torni .al Comune interessato pereffetto dell'affidamento. Ma ladimostrazione dell'assunto, contro il:quale sussistono serieobie.Zforii (cfr. fiota in questa Rassegna; 1965, I, 1162 e 1167), manca nella sentenza, la quale si limitata ad aderire alla tesi subordinata, pur sostenuta in questa Rassegna (nella predetta nota, in Rassegnq cit., 1965, I, 1163 e segg.). l?er altri rili~vi in ordinealla portata della sostituzione nell'esecuzione di opere pubbliche v. nota in questa Rassegna, 1966, I, 864 e segg. ... rn> !Qfr. Giunta.speciale per le espropriazioni per p. u. presso la Corte d'Appello di Napli, 6 aprUe 196.1, n. 5, Riv. giur. edil., 1961, I, 608; v. anche lJI MAxo A., Sui poteri della Giunta per le espropriazioni presso la Corte d Apj>eHo di Napoli, ivi, 608 e segg. 858 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLQ STATO titolo particolare nel diritto controverso, essi furono estranei alla fase di merito e non potrebbero intervenire in sede di legittimit, i Napolitano sostengono che la sentenza passata in giudicato nei loro confronti, in quanto non ebbero notifica del ricorso del Comune, che fu invece notificato al loro dante causa (creditore cedente). In proposito si osserva che secondo il pi recente orientamento giurisprudenziale di questa Corte Suprema, da cui non sussistono valide ragioni per discostarsi (cfr. sent. n. 1868 del 1962, e n. 259 del 1963), il successore a titolo particolare .pu ricorrere per cassazione o resistere al ricorso da altri proposto avverso la. sentenza pronunziata. nei riguardi del suo dante causa, anche se non sia intervenuto, n sia stato chiamato nel processo a quo ed anche se l'intervento o la chiamata non sj siano resi possibili, perch la successione avvenne, come si afferma nel caso di specie, durante il termine per ricorrere o controricorrere. Tuttavia, proseguendo il processo, tra le parti originarie se nei corso di esso si trasferisce il diritto controverso per atto tra vivi a titolo particolare, non corrispondendo cio alla successione nel diritto una successione necessaria nel rapporto processuale, la notifica dell'impugnazione al dante causa, .generalmente considerato come sostituto processuale dell'avente causa, impedisce il passaggio in giudicato della sentenza anche nei confronti di quest'ultimo. Sotto tale profilo la tesi avanzata dai fratelli Napolitano destituita di fondamento, mentre la dichiarazione di inammissibilit del ricorso da essi proposto (e non di quello del loro dante causa) si giustifica, con siderando che non hanno dimostrato la '.legittimazione ad agire nel giu dizio di cassazione attraverso il deposito dell'atto Rosanova, da cui ri sulterebbe il rapporto di successione, deposito consentito dall'art. 372 c. p. c., attenendo l'esame della legittimazione alla ammissibilit del ricorso o del controricorso e rientrando l'interpretazione a questo fine dell'atto nei poteri del giudice di legittimit. Con il primo motivo del ricorso il Comune denuncia la violazione dell'art. 4 della legge 9 aprile 1953, n. 297, recante provvedimenti a favore della citt di Napoli, e dell'art. 106 c. p.c., e sostiene che erro neamente la Giunta ha ritenuto inammissibile l'intervento nel processo su istanza di parte della Cassa per il Mezzogiorno, a cui la causa sarebbe comune. La censura non merita accoglimento. Occorre premettere che, per gli articoli 17 e 18 del d. I. lgt. 27 febbraio 1919, n. 219, convertito nella 1. 24 agosto 1921, n. 1290, la giurisdizione della Giunta limitata, oltre che all'accertamento del diritto all'indennit, alle questioni che attengono alla misura dell'indennit stessa o alla attribuzione e liquidazione dell'indennit per danni ai sensi . ' li I ff: I 11'I?, r - PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 859 dell'art. 46 della legge organica sulle espropriazioni per causa di pubblica utilit 25 giugno 1865, n. 2359 o all'imposizione e determinazione dei contributi stabiliti dalle disposizioni legislative, che il primo comma dell'art. 18 richiama. Ogni altra questione esula dalla giurisdizione del giudice speciale, e cosi anche quella relativa alla chiamata in garanzia, propria o impropria, da parte dell'espropriante, di un terzo, per il rimborso in via di regresso dell'indennit di espropriazione o per essere risarcito degli effetti della condanna da lui subita nei confronti dell'espropriato. Tale questione riservata alla giurisdizione del giudice ordinario, e pertanto sotto questo profilo manifestamente infondata l'eccezione di illegittimit costituzionale degli articoli 17 e 18 del d. n. 219 in relazione all'art. 24 della Costituzione, prospettata nella memoria della difesa del Comune, appunto perch l'eventuale diritto di regresso o di risarcimento dell'espropriante trova davanti al giudice ordinario la sua naturale e pi completa tutela. Sotto il profilo della comunanza di causa e della chiamata nel processo della Cassa per il Mezzogiorno come :passivamente legittimata in ordine alle controversie sull'espropriazione dei suoli necessari per l'esecuzione delle opere contemP'late dalla legge n. 297 del 1953, la questione rientra, invece, nella giurisdizione della Giunta, dovendo ogni giudice, ordinario o speciale, accertare la esistenza delle condizioni dell'azione, tra le quali compresa la legittimazione ad agire. Ma, se per l'art. 4 della legge citata la Cassa provvede alla progettazione ed all'esecuzione delle opere di competenza del Comune di Napoli con il .ricavo dei mutui concessi all'ente dagli istituti a ci autorizzati, l'esecuzione dei singoli lavori pu, in base al medesimo articolo, essere dalla Cassa affidata all'amministrazione interessata. L'affidamento stato accertato nel giudizio di merito, e la tesi difensiva, prospettata dalla Cassa ed ammissibile in questa sede, che esso comporti la legittimazione del Comune agli atti delle procedure espropriative sia nei riguardi dei terzi, sia nei rapporti con l'ente affidante. Tesi codesta che appare pienamente accettabile, risolvendosi l'affidamento, consentito dalla legge, da un ente pubblico ad altro ente pubblico, in una delega di diritto pubblico, attributiva di competenza derivata, che pone il delegato, nei imiti stabiliti dall'atto relativo e per la durata di esso, in una condizione pari a quella del delegante; il quale, a sua volta, viene a trovarsi, rispetto agli atti di esecuzione della delega, nella posizione di .soggetto investito di funzioni di controllo. Il che importa, di regol, che l'ente delegato ha il potere di provvedere in merito all'oggetto della delega in nome proprio, e non in veste Amministrazione medesima di avvalersi degli uffici deil'ente locale, tecnicamente attrezZJati, per la progettazione dell'opera e la direzione dei lavoiri, da essa dati in appalto, senza che ci implichi che l'opera stessa venga compiuta dall'ente locale, ove, insieme alla 'lJrogettazione ed alla direzione dei lavori, non venga a questo addiritt11" a affidata la titolarit della esecuzione dell'opern (1). (1) La figura dello affidamento della titolarit dell'esecuzione dell'opera da parte dell'Amministrazione statale sostituta a norma dell'art. 2 d. lg. lgt. 10 agosto 1945, n. 517 allo stesso ente locale interessato, a cui pure allude la sentenza in rassegna, si inquadra nello schema della concessione. Per un caso, previsto da legge speciale, di affidamento dell'esecuzione di opera pubblica -da parte di ente pubblico sostituto allo stesso ente sostituito, che assume, quindi, la veste di delegatario (rectius: concessionario), v. l'art. 4 1. 9 aprile 1953, n. 297 e nota in questa Rassegna, 1965, I, 1152 e ~ l!gg., segnatamente 1164 e segg.; v. anche Cass., Sez. Un., 30 maggio 1966, n. 1412, in questa Rassegna, 1966, I, 854, sub 4. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Nena predetta ipotesi, di sostituzione dell'Amministrazione statale dei lavori pubblici ai Comune interessato, nena realizzazione di opera pubqlica di competenza e pertinenza di quest'ultimo, secondo le norme del d. lg. lgt. 10 agosto 1945, n. 517, legittimato passivo alla domanda giudiziale del proprietario del suolo, occupato senza titolo per l'esecuzione dell'opera medesima, tendente ad ottenerne la restituzione, ovvero il valore venale a data corrente, oltre al risarcimento dei danni, non l'ente locale entrato in possesso deU'opera, ma l'Amministrazione statJale che l'ha costruita sul suolo medesimo -sia pure indicato nel progetto redatto da;Wufficio tecnico comunale -senza il rispetto deUe norme e forme previste dalla legge (2). (Omissis). -L'Amministrazione finanziaria chiedeva che il Comune fosse condannato a rilasciare l'immobile o a pagare la somma di lire ll.000.000 sulla base di lire 3.000 al mq. nonch al risarcimento dei danni. Il Comune di Matera costituitosi in giudizio, eccepiva la mancanza della propria legittimazione passiva, in quanto l'opera era stata realizzata, in forza delle provvidenze straordinarie di cui al d. l. 10 agosto 1945, n. 517 dal Provveditorato alle opere pubbliche per la Lucania su progetto redatto dall'ufficio del Genio Civile di Matera e l'improponibilit della domanda di rilascio, in quanto erano stati ultimati i lavori di costruzione dell'edificio scolastico, e deduceva che la somma, da corrispondersi a titolo di indennit di occupazione, doveva essere determinata in base al valore del suolo al momento dell'occupazione, e cio a lire 500 al mq. (2) Cfr., per l'enunciazione del principio che passivamente legittimato all'azione del proprietario del suolo, occupato senza titolo per la costruzione di opera pubblica, a tutela del suo diritto di propriet ingiustamente leso, , in ogni caso, l'ente che ha direttamente proceduto all'illegittima occupazione, Cass., 30 marzo 1965, n. 557, in questa Rassegna, 1965, I, 1139, sub 2, segnatamente: 1146, nella motivazione; ma v. sul punto, sulla natura dell'azione e sul problema della legittimazione passiva, riserve e citazioni di giurisprudenza contraria nella annotazione che segue: (1-2) Sostituzione nell'esecuzione di opera pubblica, occupazione abusiva di suolo alieno e legittimazione passiva nel giudizio promosso dal proprietario a tutela del proprio diritto leso. I. -Secondo la sentenza in rassegna, l'intervento dello Stato nell'esecuzione di opere pubbliche di competenza di enti locali previsto e disciplinato dalle norme del d. lg. lgt. 10 agosto 1945, n. 517, come si evincerebbe anche dalla premessa contenuta nel d. lg. medesimo, ha natura sostitutoria (sul concetto di sostituzione v. MIELE, Principi di diritto amministrativo, Padova, 1953, 73 e segg.): lo Stato, cio, avoca a s l'esecuzione dell'opera, che il Comune non in grado di realizzare, rimanendo PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 865 Con sentenza non definitiva 11 dicembre 1958 il Tribunale riteneva infondata l'eccezione di difetto di legittimazione passiva proposta dal Comune di.Matera e dichiarava il proprio difetto di giurisdizione a provvedere sulla domanda di rilascio dell'immobile. Con sentenza definitiva del 6 novembre 1961 lo stesso Tribunale determinava in lire 2.500 al mq. il valore del suolo occupato fissando in lire 9.200.000 la somma dovuta dal Comune di Matera all'Amministrazione finanziaria a titolo di risarcimento dei danni, oltre agli interessi legali dal giorno dello inizio dell'occupazione. Su gravame del Comune di Matera la Corte di Appello di Potenza, con sentenza 30 giugno 1963, ritenuto che legittimata passivamente doveva ritenersi esclusivamente l'Amministrazione dei LL.PP., che aveva realizzato l'opera, in riforma delle decisioni impugnate, rigettava la domanda proposta dall'Amministrazione finanziaria contro il Comune di Matera per difetto di legittimazione passiva di quest'ultimo. Avverso questa sentenza l'Amministrazione finanziaria, con atto del -9 ottobre 1963 ha proposto ricorso per Cassazione sulla base di due motivi di annullamento, cui resiste il Comune di Matera con controricorso. Motivi della decisione Col primo mezzo, la Pubblica Amministrazione ricorrente, denunciando la violazione degli articoli 1, 2, 3 del d. lg. 10 agosto 1945, n. 517, in relazione all'art. 360, n. 3, c. p. c., si duole che la Corte abbia escluso la legittimazione passiva ad causam del Comune di Matera, sulla considerazione che, avendo l'Amministrazione dei LL.PP. fatto uso della quest'ultimo soltanto obbligato verso lo Stato, con rapporto puramente interno fra i due enti, al rimborso rateizzato del 50 % della somma impiegata. Il consenso dell'ente locale interessato alla sostituzione, a norma dell'art. 2 d. lg. lgt. n. 517 del 1945, giusta la denunciata sentenza della Corte d'Appello, convalidata dalla Corte di Cassazione, non vale soltanto quale adesione alla iniziativa del Provveditore 00.PP., ma anche e sopra tutto quale accettazione dell'obbligo di restituire allo Stato la met della spesa che quest'ultimo avr sostenuto per eseguire il lavoro .. Dato che si tratti di sostituzione, da ribadire (v. gi nota in questa Rassegna, 1965, I, 1167) che lo ,spostamento di attribuzioni dall'uno a1l'altro ente pubblico, in ordine alle attivit di cura della materia considerata, non pu verificarsi, ,se non nei precisi limiti in cui esso sia stato autorizzato da speciale norma di legge derogatoria, che, incidendo sull'ordinamento delle competenze dei due enti, ferma restando, beninteso, l'appartenenza del risultato alla sfera del sostituito, va interpretata con rigorosa aderenza al suo dettato, n pu essere a sua volta derogata, nella sua applicazione, da norme inferiori, tanto meno pattizie. Ci si dice, per sottolineare che: a) non pu, rettamente, ritenersi sottratto alla competenza istituzionale dell'ente sostituito, relativamente alla materia considerata, 866 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO facolt di sostituirsi al Comune, a norma delle predette disposizioni, solo l'Amministrazione dello Stato fosse passivamente legittimata e dovesse rispondere del bene occupato, anche se destinatario e beneficiario dell'opera fosse il Comune, laddove le norme citate non prevedono la sostituzione dello Stato ai Comuni nella realizzazione delle opere e l'Amministrazione dei LL.PP. si limitaita alla vigilanza ed al collaudo dell'opera eseguita dal Comune di Matera. La doglianza infondata. Consider la Corte di merito che la costruzione dell'edificio scolastico doveva ritenersi realizzata, con le provvidenze di cui al d. lg. 10 agosto 1945, n. 517, dal Provveditorato alle 00.PP. della Lucania, onde legittimata passivamente per il pagamento del suolo doveva ritenersi esclusivamente l'Amministrazione dei LL. PP., alla quale, e non al Comune di Matera, doveva farsi risalire la responsabilit dell'abusiva occupazione del suolo medesimo. A tale risultato la Corte di Appello pervenne attraverso l'esame delle norme contenute nel citato d. lg. n. 517, che permetteva allo Stato, e per esso al Ministero dei LL.PP., di sostituirsi ai Comuni nella realizzazione di opere pubbliche di competenza degli enti locali, non senza avere sottolineato il fine preminente perseguito da detta legge, che era quello di alleviare la disoccupazione. Le conclusioni della sentenza impugnata resistono alle censure della ricorrente. Al riguardo assume rilevanza la premessa contenuta nel d. lg. in esame, che chiaramente enuncia l'interesse dello Stato a sostituirsi agli enti locali per la esecuzione di opere, che rivelino carattere di particolare importanza ed urgenza. Il secondo comma dell'indicata premessa nulla di pi e di diverso di quanto previsto dalla norma di legge derogatoria; b) ove, secondo il disposto di tale norma, la ipotizzata sostituzione non si estenda all'intero ambito delle attivit di competenza, in materia, dell'ente passivamente legittimato, l'assetto legale delle attribuzioni amministrative, quale risultante dalla intervenuta modifica, sia pure temporanea .e contingente, dell'ordinamento, coinvolger necessariamente, nello svolgimento della sostituzione, e per la realizzazione del pubblico interesse, uno specifico rapporto di cooperazione fra i due enti, con rilevanza esterna, verso i terzi. Da ci appare dimostrata, a sommesso avviso di chi scrive, l'inadeguatezza della ricostruzione del fenomeno, quale proposta, nel caso considerato, dalla sentenza in rassegna, con la surriferita proposizione, ove si vorrebbe ridurre il rapporto ente locale-Stato ad un mero rapporto interno di carattere finanziario. Circa l'altra proposizione, ove si afferma che, avendo... la Corte di merito accertato che lo Stato si era sostituito al Comune nella realizzazione dell'opera, correttamente ha ritenuto che l'iniziativa del procedimento di espropriazione spettava al soggetto che si proponeva di costruire l'opera e cio al Ministero dei LL.PP. e non al Comune , da rilevare che essa pu esser.e ricollegata all'insegnamento PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 867 recita, infatti: riconosciuta l'opportunit di assumere a cura dello Stato l'esecuzione di opere di enti locali. Non si tratta, quindi, di un semplice intervento finanziario o tecnico, ma di assunzione diretta delle opere da parte dello Stato, che si surroga ai Comuni impossibilitati a provvedere. Lo Stato, cio, avoca a s l'esecuzione dell'opera, che il Comune non in grado di realizzare, rimanendo quest'ultimo soltanto obbligato, verso lo Stato, con rapporto puramente interno fra i due enti, al rimborso rateizzato del 50 % della somma impiegata. inesatto, pertanto, affermare -come fa l'Amministrazione finanziaria ricorrente -che le norme del citato d. lg. n. 517 del 1945 non consentono la sostituzione dello Stato ai Comuni nella realizzazione delle opere di interesse degli enti locali e che, nella specie, l'Amministrazione dei LL.PP. si sia limitata alla vigilanza e al collaudo dell'opera, realizzata dal Comune, laddove, invece, vi stata assunzione diretta della opera da parte dello Stato e cio sostituzione del soggetto nella realizzazione della stessa per raggiungere il fine preminente tutelato con il d. lg. n. 517 del 1945. N a far ritenere il Comune passivamente legittimato di ausilio l'argomento che esso sia stato, in definitiva, destinatario o beneficiario dell'opera pubblica, non versandosi, nella specie, nell'ipotesi di un normale rapporto di espropriazione e di occupazione di urgenza disposta dal Prefetto a favore del Comune, in cui tenuto al pagamento del suolo colui che si giova del trasferimento coattivo del bene o dell'occupazione autorizzata, bensl in una ipotesi di fatto illecito lesivo dell'altrui propriet (occupazione senza titolo), di cui deve rispondere chi se ne reso autore. La prima censura va pertanto disattesa, perch basata sopra una inesatta interpretazione del rapporto venuto a stabilirsi tra il Ministero presupposto, per esempio, nella precedente sentenza 30 maggio 1966, n. 1412 delle Sezioni Unite (in questa stessa Rassegna, 1966, I, 854), in ordine all'estensione alle espropriazioni per p, u. della sostituzione della Cassa per il Mezzogiorno nella progettazione ed esecuzione delle opere di competenza del Comune o della Provincia di Napoli incluse nei programmi di cui all'art. 4 1. 9 aprile1 19513, n. 297. Ma precisamente questo caso sta a dimostrare, ad avviso di chi scrive, che non basta la generica affermazione, che l'attivit di occupazione ed espropriazione sono necessariamente connesse con quella di esecuzione dell'opera pubblica, ad autorizzare il corollario che la sostituzione nell'esecuzione dell'opera debba, in generale e necessariamente, essere estesa anche a quelle attivit. Ed infatti la 1. n. 297 del 1953, mentre prevede la predetta sostituzione, attribuisce nel contempo alla stessa Cassa per il Mezzogiorno la veste non gi di ente espropriante, sibbene di autorit sopraordinata alle parti del rapporto espropriativo (v. artt. 4 ed 8 1. n. 297 del 1953 ed in relazione nota, in questa Rassegna, 1965, I, 1162). Quanto, poi, al d. lg. lgt. 10 agosto 1945, n. 517, dell'applicazione del quale si trattava nella 868 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dei LL.PP~ ed il Comune di Matera in virt del pi volte menzionato d. lg. 10 agosto 1945, n. 517. Col secondo mezzo la Pubblica Amministrazione ricorrente, denunciando la violazione degli artt. 2043 e 2041, in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c. p. c., censura l'impugnata sentenza, per avere, ai fini dell'accertamento della legittimazione passiva ad causam, omessa l'indagine diretta ad identificare l'autore dell'occupazione, che doveva essere ricercato nel Comune di Matera, che aveva redatto il progetto per la costruzione dello edificio e diretto e contabilizzato i lavori. Inoltre l'impugnata sentenza non avrebbe considerato che l'onere della costruzione degli edifici per le scuole elementari a carico dei Comuni, i quali ne sono per legge proprietari (art. 91 t. u. legge com. e prov.) e che tale titolarit non perdono neanche quando l'opera venga realizzata con interventi da parte dello Stato. Infine, la stessa sentenza non avrebbe tenuto presente che, in ogni caso, anche in mancanza del fatto illecito dell'occupazione senza titolo, il Comune di Matera deve indennizzare lo stesso essa Amministranzione ricorrente della correlativa diminuzione patrimoniale, a norma dell'art. 2041 c. c. Anche tali censure non vulnerano la sentenza denunciata, giacch la decisfone rimane sorretta da ragioni logico-giuridiche esatte, che la giustificano pienamente. Avendo, infatti, la Corte di medto accertato che lo Stato si era sostituito al Comune nella realizzazione dell'opera, correttamente ha ritenuto che l'iniziativa del procedimento di espropriazione spettava al soggetto che si proponeva di costruire l'opera e cio al Ministero dei LL.PP. e non al Comune. specie, da osservare che proprio gli artt. 2 e 3 del medesimo configurano l'attivit sostitutiva dello Stato come relativa alla esecuzione dei lavori (art. 3) e nei limiti delle somme che saranno all'uopo assegnate dal Ministero dei lavori pubblici (art. 2). Anche tale normativa dimostra, pertanto, che la stretta connessione fra i due ordini di attivit non esclude che giuridicamente esse possano essere attribuite a soggetti diversi: la complementarit delle attivit dimostra la necessit della cooperazione fra i due enti, ma non, invece, a priori, la necessit che la sostituzione debba comprenderle entrambe, mentre ci dipende dall'attenta interpretazione, caso per caso, delle singole normative. La riprova dell'esattezza di tale assunto si potrebbe trovare ancora nell'art. 13 1. 25 giugno 1949, n. 409 (e gi nell'art. 59 d. lg. 10 aprile 1947, n. 261), che prevedeva espressamente l'attribuzione al Ministero dei lavori pubblici, quale sostituto del Comune nell'attuazione totale o parziale del piano di ricostruzione, del potere di procedere alle espropriazioni per p. u., con ci dimostrando che le due attivit sono giuridicamente scindibili e riferibili a soggetti diversi, nonch nell'art. 15 della successiva 1. 27 ottobre 1951, n. 1402, che, nel 1 dettare la nuova disciplina del potere sostitutivo del Ministero dei lavori :: pubblici nell'attuazione dei piani di ricostruzione, menziona, accanto al conferimento di tale potere, quello di tutte le facolt attribuite dalla ~--==___;__==,=. ~; i PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 869 Valutando gli elementi probatori acquisiti al processo e soprattutto valutando il decreto del Provveditorato alle 00. PP., hanno considerato i giudici di appello che con tale decreto il Comune di Matera fu espressamente delegato soltanto per la direzione e contabilizzazione dei lavori e non anche per le espropriazioni a farsi, bench non ne ignorasse affatto la necessit, come era dato evincere dal testo di tale provvedimento, col quale venivano approvati, a tutti gli effetti, il piano parcell'are grafico e descrittivo relativo alle espropriazioni occorrenti per l'esecuzione dell'opera. Se, quindi, l'Amministrazione dei LL.PP. aveva deliberato di realizzare l'opera pubblica, sia pure avvalendosi di proget.ti tecnici redatti dal Comune, ed in effetti costruiva l'opera stessa sul suolo altrui senza curare, n preventivamente n successivamente, l'acquisizione, in via bonaria o con la procedura dell'espropriazione, del suolo medesimo, a ragione stata negata la legittimazione passiva del Comune nel presente giudizio di danni, posto che la responsabilit del fatto lesivo dell'altrui propriet doveva essere fatta risalire soltanto all'Amministrazione dei LL. PP., che aveva assunto la costruzione dell'opera. Non di rilievo la circostanza che l'area era stata prescelta dal Comune e che allo stesso era stata affidata la direzione e 1a contabilizzazione dei lavori, in quanto la scelta del suolo non faceva venir meno l'onere incombente all'Amministrazione dei LL.PP. di predisporre tempestivamente gli atti di espropriazione e di occupazione, idonei a conseguire la disponibilit del suolo stesso, mentre le funzioni delegate al Comune di direzione e contabilizzazione dei lavori avevano un ambito ben delimitato, riguardando la regolare e puntuale esecuzione dell'opera da parte dell'appaltatore, cui i lavori erano stati aggiudicati dal Prov legge al Comune medesimo per l'attuazione del piano, con ci fornendo la stessa dimostrazione, in ordine alla scindibilit delle attivit, cosi come del resto confermato dall'art. 324 I. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, sui lavori pubblici. A questa norma di legge fa, cosi, riscontro, pel campo degli appalti nonch delle concessioni di costruzione di opere pubbliche, quella giurisprudenza della Suprema Corte regolatrice, secondo la quale: quando i lavori per la esecuzione di un'opera pubblica vengano dati in concessione o in appalto e sia necessario a detto fine procedere ad espropriazione di immobili, possono essere trasferiti dall'espropriante al concessionario o appaltatore gli oneri concernenti il compimento degli atti della procedura di esproprio (Cass., 9 maggio 1962, n. 928, Giur. it., Mass., 1962, 336 e Foro it., 1962, I, 2105 ed ivi riferimenti, sub 1, di dottrina e giurisprudenza). II. -Sempre secondo l'annotata sentenza, il problema di legittimazione passiva, sollevato dalla difesa dell'Amministrazione statale ricorrente, doveva ritenersi relativo ad un giudizio di danni . Lia Corte ha cosi affermato che, nel caso di specie, non interessa che in definitiva il Comune di Matera Sia divenuto proprietario dell'immobile di cui trattasi, bensi chi ha costruito sul terreno altrui, occupandone l'area senza il rispetto 870 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO veditorato alle 00.PP. a seguito di licitazione privata: funzioni che il Comune svolgeva in rappresentanza dell'Amministrazione committente. Non , infatti, vietato all'Amministrazione dei LL. PP. di avvalersi degli uffici di enti locali, tecnicamente attrezzati, per la progettazione di opere pubbliche interessanti gli enti medesimi e per la direzione dei lavori, senza che ci implichi che le opere stesse vengano compiute da detti enti locali, ove insieme alla progettazione ed alla direzione dei lavori non venga ad essi a.ffidata la titolarit della esecuzione delle opere, ipotesi quest'ultima, nella specie, esclusa dalla Corte di merito. Non giova alla tesi dell'Amministrazione ricorrente l'ulteriore argomento che proprietari degli edifici costruiti per le scuole elementari sono per legge i Comuni interessati (art. 911. com. e prov.), anche quando il finanziamento sia avvenuto a totale carico dello Stato, in quanto, pur non dubitandosi che, una volta costruito e consegnato, l'edificio scolastico entra a far parte del patrimonio comunale, nella specie non interessa che in definitiva il Comune di Matera sia divenuto proprietario dell'immobile di cui trattasi, bens chi ha costruito sul terreno altrui, occupandone l'area senza il rispetto delle norme e forme previste dalla legge; e si visto sopra che, secondo la Corte di merito, l'opera fu realizzata direttamente dall'Amministrazione dei LL. PP., la quale pertanto obbligata a tenere indenne l'Amministrazione finanziaria ricorrente dei danni subiti in conseguenza dell'abusiva occupazione. delle norme e forme previste da1la legge , onde, non essendo questi, secondo l'accertamento attribuito alla Corte di merito, il predetto Comune, rettamente sarebbe stata esclusa la sua legittimazione a contraddire alla domanda dell'Amministrazione finanziaria, proprietaria del suolo abusivamente occupato. Questa conclusione, per, non pu non lasciare perplessi. Ed invero, nel caso, come peraltro rilevato dalla stessa sentenza denunciata, Si tl"attava di domanda di rilascio del suolo o in mancanza di condanna al pagamento del suo valore venale, indicato nella somma di L. 11.000.000, proposta dall'Amministrazione finanziaria, dopo l'ultimazione dei lavori di costruzione dell'edificio scolastico, contro il Comune, ormai entrato in possesso dell'immobile. Ma, se cos era e se competeva alla Corte, investita della questione di legittimazione passiva, l'esatta qualificazione della natura dell'azione ( noto, invero, che, secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, il riferimento all'impostazione data alla controversia dalla parte ed alla configurazione che le ha attribuito il giudice di merito ha luogo quando ci sia necessario per individuare le norme di rito ad essa applicabili : Cass., 22 luglio 1966, I n. 1991 -in pubblicazione nel prossimo fascicolo di questa Rassegna I ~ mentre in generale spetta al giudice di definire la precisa natura dell'azione, indipendentemente dalla qualificazione prospettata dalle parti : Cass., 10 gennaio 1966, n. 189, Giur. it., Mass., 1966, 78, sub c), come premessa indispensabile per la soluzione della questione propostale, non pare che l'annotata sentenza abbia colto nel segno, col ritenere azione personale, PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 871 Cade cos la censura di vizio di motivazione in ordine al punto concernente l'identificazione dell'autore dell'occupazione del suolo, avendo i giudici di appello espresso, al riguardo, il lor convincimento in forma logica e coerente, con adeguata valutazione delle risultanze di causa e delle deduzioni delle parti e senza che sia possibile riscontrare fra motivazione e dispositivo ovvero fra parti essenziali della prima una qualsiasi deficienza o .lacuna, tali da impedire l'individuazione dell'iter logico seguito dalla Corte nella decisione adottata. Quanto all'ultimo profilo della censura, secondo cui la Corte di merito avrebbe, in ogni caso, dovuto applicare l'art. 2041 c. c. e condannare il Comune di Matera, per l'ingiustificato arricchimento, ad indenniZzare l~Amministrazfone ricorirente della correlativa diminuzione paitrimoniale subita, appena necessario rilevare che la norma in esame conferisce all'azione di arricchimento senza causa carattere esclusivamente sussidiario, sicch pu farsi ricorso all'azione stessa solo quando non sia stata prevista altra specifica azione per l'indennizzo. Inoltre, tale carattere sussidiario fa s che essa non possa essere esperita, non solo ove sussista altra azione sperimentabile dal danneggiato contro l'arricchito, ma anche quando l'azione sia sperimentabile contro persona diversa, che sia, per legge o per contratto, obbligata all'indennizzo. E poich, nella specie, la ricorrente Amministrazione ha azione normale contro l'Amministrazione dei LL. PP. in forza dell'art. 2043 c. c., ci esclude il ricorso all'azione sussidiaria, di cui alla norma dell'art. 2041, contro l'arricchito Comune di Ma,tera. -(Omissis). risarcitoria, quella che, invece, doveva rettamente qualificarsi come azione reale, di revindica. Proprio la Suprema Cbrte regolatrice ha, infatti, gi avuto occasione di avvertire che, in caso di oceupazione di immobile sine titulo per l'esecuzione di opera pubblica, l'azione proposta innanzi al G. O., essendo sperimentata a tutela del diritto di propriet, di natura reale e tale resta, pur se in luogo del rilascio dell'immobile sortisca soltanto il risarcimento del danno (Cass., Sez. Un., 8 febbraio 1957, n. 490, Acque, bon., costruz., 1957, 320, con nota del CoLETTI), spiegando che, secondo la pi autorevole dottrina, chi detiene arbitrariamente la cosa altrui nega di fatto il diritto di propriet, sebbene non lo contesti espressamente, perch trae a s quella utilit che il diritto vuole attribuire al legittimo titolare. E l'azione che la legge appresta per ristabilire l'ordine giuridico turbato si concreta appunto nel diritto reale di vedersi riconosciuto il bene o il suo equivalente oggetto della controversia (Cass., 19 giugno 1961, n. 1440, Foro it., 1961, I, 1317). Il riconoscimento del carattere reale dell'azione avrebbe, allora, dovuto indurre la Corte a riconoscere, altresi, la legittimazione passiva del Comune, esattamente convenuto in giudizio dall'Amministrazione finanziaria, quale possessore dell'immobile (Cass., Sez. Un., 26 maggio 1965, n. 1038, Giur. it., Mass., 1965, 378, sub a; Cass., 9 agosto 1962, 1962, n. 2501, id., Mass., 1962, 857). F. CARUSI 872 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 agosto 1966, n. 2267 -Pres. Pece -Est. D'Armiento -P. M. Tuttolomondo (conf.) -Cornetti (avv.ti Avesani, Spano, Trabucchi) c. Ministero Difesa-Esercito (avv. Stato Tracanna). Espropriazione per p. u. -Nozione secondo la Costituzione -Limitazione della nozione ai trasferimenti coattivi -Esclusione -Atto espropriativo in senso materiale. (Cost., art. 42, comma terzo). Servit militari -Limitazioni contemplate nell'art. 2 I. 20 dicembre 1932, n.1849 -Cumulo di due o pi limiti -Pu integrare una ipotesi di espropriazione postulante indennizzo. (I. 20 dicembre 1932, n. 1849, art. 2) La nozione di espropriazione pe1 motivi di pubblico interesse, quale enunciata nell'art. 42, comma terzo, della Costituzione non pu essere ristretta al concetto di trasferimento coattivo, n l'obbligo dell'indennizzabilit pu essere ricondotto esclusivamente a tale concetto. Secondo la logica del sistema, si ha espropriazione da indennizzare non soltanto nei casi in cui posta in essere una traslazione totale o parziale del di.ritto, ma anche nei casi in cui, pur restando intatta la titolarit, il diritto di propriet viene in concreto annuUato o menomato, ossia allorch il godimento del bene, nel senso d'utilizzazione e di disposizione, sia in tutto o in parte sottratto al titolare del diritto, essendo senza decisiva importanza che tale titolarit rimanga immutata. Epper, ha carattere espropriativo anche l'atto, che, pur non disponendo una tmslazione totale o parziale del diritto, imponga limitazioni tali, da svalutare di contenuto il diritto di propriet, incidendo sul godimento del bene tanto profondamente, da renderlo inut.ilizzabile in rap;porto alla destinazione inerente alla sua natura, o determinando il venir meno, o una penetrante incisione, del suo valore di scambio (1). Nessuna deile limitazioni contemplate nell'art. 2 l. 20 dicembre 1932, n. 184.9 rappresenta, isolatamente considerata, una ipotesi di espropTiazione; ma, considerate cumulativamente, esse potrebbero rappresentarla, semprech, daUa imposizione di due o pi limiti, risuitasse impedita la coltivazione e la raccolta dei frutti di un fondo agricolo, o la possibilit di abitazione (soggiorno, preparazione e consumazione dei pasti, ecc.) in un edificio a ci destinato, con ci involgendo il diritto a congruo indennizzo (2). (Omissis). -Con i due mezzi di ricorso si censura la pronunzia della Corte di merito, per avere ritenuto non indennizzabile la imposizione delle servit militari in base a principi errati di diritto ed a falsa inter PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 873 pretazione sia della legge del 1865 sull'espropriazione, sia della legge del 1932 sulle servit militari. Si sostiene, in particolare, che le servit militari, al contrario di quanto opinato dal Tribunale e dalla Corte veneta, costituiscono delle vere e proprie espropriazioni parziali, soggette ad indennizzo, in base al principio sanito dalla Costituzione, che, ogniqualvolta un privato subisce un esproprio per motivi di interesse generale deve essere indennizzato. A torto la Corte di appello ha qualificato come limiti delle vere e proprie servit; non risponde ad esattezza che il limite consista soltanto in un non facere e la servit in un pati; se quindi gli oneri P()Sti nelbando militar~ d'imposizione consistono prevalentemente in un non. face,re, essi possono, ciononostante, qualificarsi come servit negative. Non neppure esatto che nelle servit vi sarebbe sempre un fondo dominante, mentre ci non avverrebbe nell'ipotesi d'imposizione di limiti; sia le servit di diritto pubblico che i limiti sono posti a vantaggio della collettivit o a vantaggio di una serie di fondi appartenenti alla collettivit. D'altra parte, se proprio si volesse ravvisare la necessit del fondo dominante, esso dato da quei terreni dell'Amministrazione della Difesa-Eserdto, in favore dei quali vengono imposte le servit limitrofe (che sono ammiss:ibili, giusta l'art. 11 della legge n. 1849 del 1932, solo in vicinanza delle opere militari). errata, infine, la sentenza, quando afferma che le limitazioni imposte dall'autorit militare costituiscono una compressione di talune facolt comprese nel diritto di propriet, considerate per in astratto e non con riferimento al singolo diritto concreto, o a determinati, singoli beni. La compressione in atto proprio a carico di alcuni specifici beni di propriet dell'attore ed in (1) La nozione di atto espropriativo in senso materiale avallata dall'autorit della Corte Costituzionale, che l'ha delineata, per prima, organicamente, con la sentenza 20 gennaio 1966, n. 6, in questa Rassegna, 1966, I, 15, con nota di rilievi e riferimenti, nonch in Giur. Cost., 1966, 72 e segg., sub 3-5, nella motivazione della quale si legge (ivi, 91) che non ha importanza il fatto che il sacrificio sia imposto direttamente dalla legge o con atto amministrativo in base alla legge, perch non la forma dell'atto di imposizione quella che dd all'atto stesso la sua camtteristica come atto di espropriazione. In dottrina v. LuBRANo, Alcune considerazioni ecc., in nota alla citata decisione n. 6 del 1966 della Corte Costituzionale, Giur. cost., 1966, 91. (2) Cfr. Corte Cost., 20 g.ennaio 1966, n. 6, cit. a nota 1, Giur. Cast., 1966, 72, sub 6 (74), che, perci, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 3, comma 2, 1. 20 dicembre 1932, n. 1849, sulle servit militari, in riferimento all'art. 42, comma 3, Cost., in quanto non prevede indennizzo per limitazioni della propriet privata di natura espropriativa . Sulla portata di tale pronuncia, che avrebbe dichiarato la illegittimit costituzionale della lacuna della norma., v. LuBRANo, op. cit., a nota 1, 76 e segg. 874 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sostanza il fondo del Cornetti, per effetto delle servit, pu essere sfruttato assai meno che nell'ipotesi in cui le servit non ci fossero. Conclude, pertanto, il ricorrente sostenendo che le servit militari sono vere e proprie servit negative e che quindi una indennit va pagata ai sensi della legge sulle espropriazioni, che prevede appunto il pagamento d'indennizzi in caso d'imposizioni di servit. Ritiene questo Supremo Collegio che il ricorso sia fondato, alla stregua della intervenuta sentenza della Corte Costituzionale, la quale ha dichiarato l'illegittimit costituzionale dell'art. 3, secondo comma, della legge 20 dicembre 1932, n. 1<849 sulle servit militari, in riferimento all'art. 42, terzo comma, della Costituzione, sulla base dei seguenti principi ed osservazioni, che opportuno riporta~e in questa sentenza: a) la nozione di espropriazione, enunciata nell'art. 42 terzo comma, della Costituzione, non pu essere ristretta al concetto di trasferimento coattivo, n l'obbligo dell'indennizzabilit pu essere ricondotto esclusivamente a tale concetto. La logica del sistema impone di considerare che la violazione della garanzia si ha non soltanto nei casi in cui posta in essere una traslazione totale o parziale del diritto, ma anche, nei casi in cui, pur restando intatta la titolarit, il diritto di propriet viene in concreto annullato o menomato senza indennizzo; b) la legge pu non disporre indennizzi quando i modi ed i limiti che essa segna, nell'ambito della garanzia accordata dalla Costituzione, attengono al regime di appartenenza o ai modi di godimento dei beni in generale o d'intere categorie di beni, ovvero quando essa regola la situazione che i beni stessi abbiano rispetto a beni o a interessi della Pubblica Amministrazione; c) si ha espropriazione, quando il godimento del bene (nel senso di utilizzazione e di disposizione) sia in tutto o in parte sottratto al titolare del diritto, essendo senza decisiva importanza il fatto che titolare ne resti o no il proprietario; d) ha carattere espropriativo anche l'atto, che, pur non disponendo una traslazione totale o parziale del diritto, imponga limitazioni tali, da svuotare di contenuto il diritto di propriet, incidendo sul godimento del bene tanto profondamente da renderlo inutilizzabile, in rapporto alla destinazione inerente alla natura del bene stesso, o determinando il venir meno, o una penetrante incisione, del suo valore di scambio. e) ha parimenti carattere espropriativo l'atto, che costituisce servit o impone limiti a carico della propriet, quando le une o gli altri siano di entit apprezzabili, anche se non tali da svuotare di contenuto il diritto del proprietario; f) nessuna delle limitazioni contemplate nell'art. 2 della 1. 20 dicembre 1932, n. 1849 rappresenta, isolatamente considerata, una ipo PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE tesi di espropriazione; considerate, per, cumulativamente, lo potrebbero rappresentare, sempre che, dalla imposizione di due o pi limiti, risultasse impedita la coltivazione e la raccolta dei frutti di un fondo agricolo, o la possibilit di abitazione (soggiorno, preparazione e consumazione dei pasti, ecc.) in un edificio a ci destinato. Stanti gli esatti principi e rilievi di cui sopra, la sentenza della Corte di Appello deve cassarsi e rinviarsi la causa, per nuovo esame, ad altra Corte di merito, accogliendosi il ricorso. Lia sentenza denunziata, infatti, sull'erroneo presupposto che non si potesse addirittura porre, nel caso di specie, la questione di incostituzionalit dell'art. 3, comma secondo, della legge n. 1849 del 1932, pervenuta alla conclusione di respingere la domanda d'indennizzo proposta dal Cornetti. La sentenza della Corte di merito pu ben dirsi che trova la sua ratio decidendi su di una serie di ragioni tutte in contrasto con i principi, che debbono caratterizzare come espropriativo, e quindi indennizzabile, l'atto dell'Amministrazione militare, che costituisca servit o imponga limiti a carico della propriet privata. Non appare superfluo aggiungere che il giudice di rinvio dovr procedere ad una rielaborazione completa della materia, alla stregua dei criteri gi visti; dovr procedere, cio, ad esaminare, se e quale sia stata e sia l'incidenza delle limitazioni, considerate singolarmente e nel loro insieme, imposte dall'Amministrazione militare sul godimento da parte del Cornetti della sua propriet, tenuto conto della normale utilizzazione e destinazione della propriet medesima, della durata delle limitazioni e di ogni altro elemento utile allo scopo. E solo .a seguito di detta indagine, condotta sulla scorta di corretti principi logico-giuridici, potr stabilire, se nel caso concreto il Cornetti abbia diritto ad indennizzo ed in quale misura. -(Omissis). SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA CONSIGLJ:O DI STATO, Ad plen., 16 marzo 1966, n. 8 -Pres. Bozzi C. -Est. Granito -Accardo ed altri (avv. D'Atera) c. Ministero Sanit e Medico Provinciale di Ferrara (avv. Stato Varvesi) e Comune di Ferrara (avv. Tamburrini). Farmacia -Farmacia comunale -Apertura -Autorizzazione del Medico Provinciale -Discrezionalit -Farmacie private -Apertura Autorizzazione del Medico Provinciale -Discrezionalit -Differenza. Farmacia -Farmacia comunale -Atti del Medico Provinciale -Defini. tivit -Esclusione. L'autorizzazione all'apertura di farmacie comunali, ai sensi dell'articolo 27 della l. 9 giugno 1947, n. 530, costituisce l'esercizio di un potere discrezionale che sostanzialmente diverso da quello attribuito allo stesso Medico Provinciale per l'apertura di farmacie private, essendo diverse le procedure per l'esercizio dell'uno e dell'altro potere, ed essendo diversi gli effetti e la durata dei provvedimenti che vengono emanati; in particolare l'autorizzazione all'apertura di farmacie comunali fondata non su di un pubbiico concorso e sul mero accertamento della tempestiva esecuzione di determinate formalit, ma su una discrezionale valutazione delle esigenze farmaceutiche locali, specie se l'autorizzazione sia richiesta in deroga al criterio (demografico o topografico) adottato daZZ,a pianta organica per la istituzione di nuove farmacie (1). 1 provvedimenti adottati dal Medico Provinciale per l'apertura di farmacie sono, per principio generale, impugnabili, salva diversa espressa disposizione di legge, col ricorso gerarchico al Ministro della Sanit; (1-2) Con questa decisione l'Adunanza plenaria, dopo aver esattamente individuato i diversi presupposti e il diverso contenuto del potere attribuito al Medico Provinciale in tema di farmacie comunali e di farmacie private, ha superato il conflitto esistente nella giurisprudenza della IV Sezione. Questa aveva ritenuto, in un primo momento, senza affrontare espressamente la questione, la definitivit degli accennati provvedimenti (dee. 29 luglio 1955, n. 574, Il Consiglio di Stato, 1955, I, 865); in un secondo momento aveva ritenuto invece fondata la tesi della non defi PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 877 pertanto; i provvedimenti con i quali il Medico Provinciale, ai sensi del cit. art. 27, autorizza l'apertura di farmacie comunali, non sono definitivi (2). nitivit (17 maggio 1957, n. 525, ivi, 1957, I, 621). Successivamente la Sezione si . orientata per la definitivit dei provvedimenti (dee. 28 luglio 1960, n. 759, ivi, 19.60, I, 1187), applicando in via analogica la norma rac<: hiusa nell'art. 105 t. u. 1265, del 1934 per le autorizzazioni all'apertura di :farmacie private. Di recente con decisione 22 gennaio 1964, n. 6, ivi, 1964, 1, 15, la Sezione ha di nuovo negato il carattere della definitivit. CONSIGLIO DI STATO, Ad plen. 5 aprile 1966, n. 10 -Pres. Bozzi C. -Est. Tozzi -Giovannini (avv. Danese), Bertozzi ed altri (avv.ti Biamonti E. e F. Sansone) c. Ministero Tesoro (avv. Stato Albisinni). Atto amministrativo -Silenzio -Provvedimento interlocutorio, a carattere meramente dilatorio -Non impedisce la formazione del silenzio impugnabile. Competenza e giurisdizione -Danni di guerra -Indennizzo ex 1. n. 968 del 1953 a favore dei proprietari di navi requisite o noleggiate dallo Stato -Interesse legittimo -Giurisdizione del C.d.S. Danni di guerra -Beni mobili ed immobili -Indennizzo -Navi requisite o noleggiate dallo Stato -L. 986 del 1953 -Applicabilit. Nel caso che i motivi addotti dall'Amministrazione nella risposta alla diffida a provvedere abbiano solo scopo dilatorio, essi sono inidonei ad impedire la for.mazione del silenzio-rifiuto impugnabile (1). La l. 27 dicembre 1953, n. 963 riconosce ai proprietari di navi requisite o noleggiate dallo Stato, o comunque obbligatoriamente assicurate contro i rischi di gue1ra, un interesse legittimo ad ottenere l'indennizzo per i danni riportati dalle navi a seguito degli eventi bellici; pertanto, la controversia rientra nella giurisdizione del Consiglio di Stato (2). (1) Sul punto, vedasi la decisione Ad. plen. 3 maggio 1960, n. 8, n Consiglio di Stato 1960, I, 822. Cfr. altresi, IV Sez. 15 novembre 1961, n. 574 e 22 gennaio 1964, n. 18, ivi, 1961, I, 1861; 1964, I, 32. (2) Nella stesso senso, in precedenza, par. III, Sez. 23 gennaio 1962, n. 4 e 12 febbraio 1963, n. 94, n Consiglio di Stato, 1962, I, 1723; 1964, I, 212. ~'-ifilf~dW1J.WiITT7JW"i:%?'im'@W".jW?%'%W:W:r.:.:t:::.:;r.:..:::=:ifWffi.f[f{rp;-rfF"@rffe"w:=:'f.:t.q('f"'4J.f$f.f"-tt"q]lfwt.Zw@fil __. 878 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Le navi requisite o noleggiate dallo Stato, ai sensi del r. d. i. 28 aprile 1937, n. 707 e della i. 13 luglio 1939, n. 1154, nonch le navi di stazza lorda superiore a mine tonnellate, obbligatoriamente assicurate in base ai r. d. i. 23 novembre 1939, non possono essere escluse dall'ambito di applicazione della i. 17 dicembre 1953, n. 968 -che prevede un trattamento risarcitorio pi favorevole -nell'ipotesi che esse siano andate perdute per fatti di guerra, quand'anche i proprietari abbiano percepito l'indennit prevista dal r. d. i. n. 1939 cit. (3). (3) Nello stesso senso sia pure da un aspetto particolare (nel caso di concessione gi determinata) cfr. Cass. Sez. Un., 27 gennaio 1966, n. 314, in questa Rassegna 1966, I, 554. CONSIGLIO DI STATO, Ad. plen, 13 maggio 1966, n. 11 -Pres. Bozzi Est. Landi -Paganuzzi (avv. D'Abbiero) c. Convitto Nazionlae Maria Luigia> di Parma (avv. Gragani). Competenza e giurisdizione -Insegnanti dei Convitti Nazionali -Rapporti di impiego -Controversie -Giurisdizione amministrativa Sussistenza. Impiego pubblco -Insegnanti dei Convitti Nazionali -Norme applicabili -Fattispecie. Impiego pubblico -Retribuzione -Integrazione ex art. 36 Costituzione - Azionabilit della pretesa -Condizioni. Impiego pubblico -Insegnanti incaricati presso i Convitti Nazionali Indennit di anzianit -Esclusione. Impiego pubblico -Rapporto a termine -Prosecuzione di fatto -Rinnovazione tacita del rapporto -Esclusione. Le vertenze in materia di rapporto di impiego degli insegnanti delle scuole gestite dai Convitti Nazionali rientrano nella giurisdizione del Consiglio di Stato (1). (1) In senso contrario si erano espresse le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza 11 aprile 1964, n. 847, in questa Rassegna, 1964, I, 669, con nota di ZAGARI, La giurisdizione in tema di rapporto degli w.@fP.&~::W.::V{.(::f::@.""?:@?~%f.fr!ff::'"=f$.0.""-i.f-W::gif:p.:':"-@"::'~::'"4::':"0:iego l'art. 2097, III comma, c. c., non applicabile, la prosecuzione di fatto del rapporto di impiego oltre il termine non implica rinnovazione del rapporto stesso n trasforma il rapporto a tempo determianto in rapporto a tempo indeterminato (5). insegnanti delle scuole dei Convitti Nazionali, la cui impostazione critica, sotto il profilo che l'attivit scolastica rientrerebbe nelle finalit istituzionali dei Convitti, stata sostanzialmente accolta dalla decisione in rassegna. D'altra parte, in analogo ordine di idee, il Consiglio di Stato, Sez. V, gi con la decisione 23 settembre 1961, n: 476, Il Consiglio di Stato, 1961, I, 1409, aveva ritenuto pubblico il rapporto di impiego del personale assunto da un Ente pubblico per l'amministrazione del patrimonio dal quale l'Ente stesso traeva le fonti di reddito necessarie per il persegui mento delle sue finalit. (2) Sulla normativa applicabile al rapporto di impiego degli insegnanti dei Convitti, cfr. Cons. Stato, Sez. V, 26 novembre 1960, n. 813, Il Consiglio di Stato, 1960, I, 2097; Cons. Stato, Sez. VI, 8 marzo 1961, n. 209, ivi, 1961, I, 566. (3) Nello stesso senso v. Cons. Stato, Sez. V, 3 giugno 1961, n. 245, Il Consiglio di Stato, 1961, I, 1444; Cons. Stato, Sez. V, 15 aprile 1961, n. 128, ivi, 1961, I, 721; Cons. Stato, Sez. VI, 15 febbraio 1961, n. 169, ivi, 1961, I, 355. (4) Per qualche precedente cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 22 aprile 1964, n. 341, Il Consiglio di Stato, 1964, I, 794. Sulla non spettanza del diritto alla indennit di anzianit quando il contratto di lavoro sia a termine o quando il termine risulti dalla specialit del rapporto, v. Consiglio Stato, Sez. VI, 23 ottobre 1950, n. 372, Foro Amm., 1951, I, 3, 74. In particolare, per quanto concerne la natura a termine del rapporto di servizio dell'insegnante incaricato presso un Convitto nazionale, cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 17 ottobre 1962, n. 669, Il Consiglio di Stato, 1962, I, 1608. (5) Giurisprudenza consolidata; cfr Cons. Stato, Sez. IV, 9 ottobre 1954, n. 641, Il Consiglio di Stato, 1954, I, 1070; Cons. Stato, Sez. V, 14 marzo 1959, n. 166, ivi, 1959, I, 380; Cons. Stato, Sez. V, 10 dicembre 1960, n. 853, ivi, 1960, I, 2288; Cons. Stato, Sez. VI, 17 ottobre 1962, ivi, 1962, I, 1688. 880 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 2 marzo 1966, n. 126 -Pres. De Marco -Est. Tozzi -Santomauro (avv. Sciacca) c. Presidenza Consiglio Ministri (avv. Stato Del Greco). Impiego pubblico -Promozioni -Merito comparativo -: Attitudini al grado superiore -Punteggio -Proporzione con gli altri titoli -Non necessaria. Impiego pubblico -Promozioni -Merito comparativo -Qualit del servizio prestato -Attribuzione -Criterio. Impiego pubblico -Promozioni -Merito comparativo -Cultura generale -Attribuzione del punteggio -Criterio -Titolo di studio Valore. Impiego pubblico -Promozioni -Merito comparativo -Punizioni di qualifica superiore -Non costituisce titolo a s Impiego pubblico -Promozioni -Merito comparativo -Incarichi Svolgimento delle funzioni normali di Ufficio -Valutazione Omissione -Legittimit. In sede di scrutinio di promozione per merito comparativo il punteggio da attribuire per attitudine alle funzioni della qualifica superiore, ai sensi dell'art. 169 t. u. 10 gennaio 1957, n. 3, non deve essere rigorosamente proporzionale al punteggio ottenuto per gli altri titoli, e ci sia perch il fatto che alcuni scrutinati abbiano ottenuto il punteggio massimo in tutte le categorie dei titoli, non esclude che fra essi vi sia chi detti titoli possegga in misura maggiore, sia perch il punteggio e l'attitudine alle funzioni della qualifica da conseguire deve essere attribuito non solo in base ai titoli considerati dal Consiglio di Amministrazione nella scheda personale, come avviene per la qualit del servizio prestato o per la cultum e la preparazione professionale, ma in base a tutti gli altri elementi c0-munque risultanti dal fascicolo personale (1). In sede di scrutinio di promozione per merito comparativo il punteggio massimo per ogni categoria di titoli viene attribuito non in base ad un raffronto fra i titoli di ciascun candidato ed i titoli di tutti gli altri, ma in base ad un giudizio diretto a stabilire se un dato scrutinando possegga quel titolo in misura sufficiente per ottenere il massimo punteggio previsto; pertanto, in sede di valutazione del servizio (1) Cfr. Sez. IV, 3 febbraio 1965, n. 122, Il Consiglio di Stato, 1965, I, 167; Sez. V, 29 settembre 1965, n. 990, ivi, 1965, I, 1460. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 881 prestato nessuna importanza pu avere il numero delle mansioni svolte o la importanza delle stesse, venendo il punteggio attribuito per il modo col quale le mansioni sono state esercitate (2). In sede di scrutinio di promozione per me1'ito comparativo l'attribuzione del punteggio per cultura generale non va fatta solo in base ai titoli posseduti, perch evidente che il titolo di studio solo uno degli elementi da valutare, non potendosi escludere che il funzionm io durante la carriera abbia migliorato la sua cultura generale rispetto a quella che si pu desumere dal titolo di studio; pertanto, non pu ravvisarsi illegittimitd nel fatto che per la cultura generale sia attribuito un punteggio superiore a chi abbia un titolo di studio uguale o. inferiore rispetto ad altri, a meno che questi altri non abbiano titoli di tale preminenza rispetto ai primi che rivelino immediatamente una illogicitd nella valutazione (3). Lo svolgimento delle mansioni della qualifica da conferire non attribuisce, in sede di promozione per merito comparativo, alcun titolo, potendo esso costituire anche un elemento negativo se le mansioni stesse siano state male esercitate (4). In sede di scrutinio di promozione per merito comparativo, lo svolgimento del normale compito inerente alla qualifica rivestita non pu essere valutato come incarico a s, suscettibile di autonomo punteggio (5). (2) Cfr., per il criterio di valutazione del servizio prestato, Sez. IV, 16 marzo 1966, 148, ivi, 1966, I, 459, con giuris. ivi cit. (3) Cfr. Sez. IV, 1 dicembre 1965, n. 749, ivi, 1965, I, 2071; v. anche Sez. IV, 2 marzo 1966, n. 130, ivi, 1966, I, 434; 19 gennaio 1966, n. 3, retro I, 638. (4) Cfr. Sez. VI, 11 giugno 1965, n. 443, ivi, 1965, I, 1263, che conferma una giurisprudenza pacifica. (5) Cfr. Sez. IV, 17 marzo 1965, n. 285, ivi, 1965, I, 422. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 2 marzo 1966, n. 127 -Pres. De Marco -Est. Battara -Rubegni (avv. Lorenzoni) c. Prefetto Roma (avv. Stato Terranova) e Comune Roma (avv. Bozzi). Espropriazione per p. u. -Espropiazione -Elettrodotto -Termine inizio lavori -Decorrenza -Effetti sul decreto di asservimento. Espropriazione per p. u. -Espopriazione -Elettrodotto -Inefficacia per decorrenza dei termini della dichiarazione di p. u. -Emanazione del decreto di asservimento -Ille~ittimit. Il mancato inizio dei lavori relativi alla imposizione di una servit di elettrodotto, entro il termine stabilito dall'art. 13 u. c. l. 25 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO giugno 1865, n. 2359, importa la inefficacia della dichiarazione di p. u., con la conseguente nullit del decreto di asservimento, e non ha nessuna rilevanza il fatto che il ritardo nell'emanazione del decreto sia dovuto alla opposizione prodotta dall'espropriato (1). Venuta meno, per la decorrenza degli accennati termini, la efficacia della dichiarazione di p. u. dei lav01i relativi alla imposizione della servit di elettrodotto, illegittimo il decreto di asservimento che risulti adottato dopO la predetta scadenza, a nulla rilevando che la relativa procedura sia stata iniziata prima della scadenza (2). (1-2) Sulla finalit dei termini nella procedura esproriativa e sugli effetti della relativa inosservanza, cfr. Ad. plen. 20 dicembre 1965, n. 40, in questa Rassegna, 1966, I, 370, con nota. La inefficacia, per decorrenza dei termini della dichiarazione di p. u. produce, sul decreto di esproprio, gli stessi effetti della omessa indicazione dei termini: cfr. Sez. IV, 2 marzo 1966, n. 141, Il Consiglio di Stato, 1966, I, 447; 23 febbraio 1966, n. 106, Riv. giur. ed., 1966, I, 878 (relativa ad una dichiarazione di p. u. senza fissazione dei termini e al rinnovo della procedura espropriativa se i lavori non sono iniziati), con nota di G. PALMA. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 13 marzo 1966, n. 155 -Pres. De Marco -Est. Risi -Perrelli (avv. Stoppani) c. Ministero Interno (avv. Stato Albisinni). Giustizia amministrativa -Notificazioni e comunicazioni -Controinteressati -Nozione. Giustizia amministrativa -Notificazioni e comunicazioni -Controinteressati -Fattispecie. Sono controinteressati soltanto coloro che hanno un interesse giu ridicamente qualificato alla conservazione dell'atto che investito significhi che la Banca VQlle limitare la fideiussione alle operazioni di temporanea importazione compiute entro i sei mesi dalla prestazione della stessa e non gi, come sostenuto dalla Banca, che la fideiussione avrebbe perduto ogni validit dopo sei mesi dalla sua prestazione. In tal caso, secondo l'insindacabile giudizio della Corte del merito, condotto in base al raffronto delle date dt\Ile lettere e dei termini ivi indicati, con quelle delle bollette di temporanea importazione cui si riferivano, e dei termini per le riesportazioni ivi stabiliti, la fideiussione sarebbe venuta meno ancor prima della scadenza della obbligazione per cui era stata prestata, onde, per il principio di cui all'art. 1367 c. c., i~ contratto doveva interpretarsi nel senso in cui poteva avere qualche effetto anzi che in quello secondo cui non ne avrebbe avuto alcuno. N sussiste che la Corte del merito abbia cosi violato la regola interpretativa stabilita dall'art. 1371 c. c. per cui il contratto, se a titolo gratuito, deve essere inteso nel senso meno gravoso per l'obbligato, essendo principio pi volte affermato da questo Collegio Supremo (da ultimo sent. 12 febbraio 1965, n. 217) che detta regola, come le altre regole interpretative finali contemplate dal detto articolo, hanno carattere assolutamente sussidiario, nel senso che sono applicabili solo quando il contratto, nonostante l'applicazione dei precedenti criteri interpretativi stabiliti dal codice, permanga oscuro in modo da rendere impossibile la identificazione del reale vq11ere delle parti. La Corte del merito ha giustamente disatteso l'assunto della Banca secondo cui il momento della scadenza della obbligazione principale doveva identificarsi con quello dlla scadenza de1iJia validit delle bollette di temporanea importazione, ed ha quindi negato che sussistesse la lamentata violazione dell'art. 1957 c. c. Con corretta esegesi delle disposizioni del r. d. 18 dicembre 1913, n. 1453 sulle importazioni temporanee e del relativo regolamento n. 547 del 1922, nonch degli artt. 220 e 221 del Regolamento alla legge doganale (t. u. 26 gennaio 1896, n. 20) e mediante una lucida rappresentazione del complesso sistema della riscossione dei diritti di confine nel caso della mancata riesportazione delle merci temporaneamente importate, la Corte del merito ha dimostrato, con angomentazioni logiche e conseguenti, che l'assunto della Banca era incompatibile con il sistema. In questa sede, ,la ricorrente non porta alcun apprezzabile argomento nuovo, ma ripropone tutte le ragioni fatte valere nel giudizio di merito che, peraltro, trovano nella denunciata sentenza esauriente confutazione. La Corte del merito ha, innanzi tutto, rilevato che, secondo i principi che regolano il sistema delle temporanee importazioni, quale si evince dalle norme del r. d. 18 dicembre 1913, n. 1453, le merci estere PARTE I,. SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRI:EfUTARIA 909 che devono ricevere in Italia determinate lavorazioni, o essere impiegate nella fabbricazione di prodotti destinati alla esportazione, possono essere importate temporaneamente senza il pagamento dei diritti di confine, a condizione che il proprietario si obblighi, nei modi prescritti, a riesportarle entro un termine stabilito (art. 1). Per tali importazioni viene emessa una bolletta di temporanea importazione (art. 7), deve essere. pres~ata una garanzia per i diritti eventualmente dovuti . e per gli interessi di mora (art. 6), e le merci non sono ammesse alla riesportazione se non hanno subito la lavorazione alla quale sono destinate. (art. 9)'. Se aJ,la scadenza del termine fissato nella bolletta, le merci non sono state riesportate, sono dovuti i diritti di confine che si sarebbero dovuti pagare nel giorno della importazione, oltre gli interessi di mora da liquidarsi nella ragione annua del 4 % per il tempo decorso dal detto giorno a quello della scadenza del termine (art. 17). Prima di qusta scadenza, data facolt al proprietario di chiedere la immissione a.J. consumo in Italia delle merci importate; nel qual caso sono. dovuti i diritti di confine, oltre gli interessi per il tempo frattanto decorso, interessi che non devono essere corrisposti ove si tratti di merci la cui lavorazione sia avvenuta in stabilimenti sottoposti alla speciale vigilanza dell'Amministrazione (art. 14). Salvo eccezioni stabilite dal Regolamento, le merci, dopo avere subito la lavorazione, possono essere introdotte nei depositi dogana.Li o nei depositi franchi o godere delle franchigie od altre concessioni doganali' consentite alle stesse merci quando si importano dall'estero (art. 15). In base all'art. 10 del Regolamento 6 aprile 1922, n. 547, la riesportazione pu avvenire a mezzo di dogane diverse da quella presso cui avvenne l'importazione, ed in tal caso le prime devono subito avvisare: .quest'ultima o mediante apposito avviso di scarico, quando lo scaricio parziale, o trasmettendole la stessa bolletta munita delle attestazioni di scarico, se questo totale. Un altro caso in cui i documenti attestanti la uscita delle merci devono essere inviati alfa dogana, che emise le boUette di temporanee importazione, da altre diverse dogane, previsto dall'art. 15 dello stesso Regolamento. L'art. 12 prevede, infine, il caso in cui l'attestazione di uscita della dogana italiana deve essere convalidata da quella corrispondente di entrata dell dogana estera. Da ci r1a Corte del merito ha giustamente inferito che il sistema regolato dalla legge in materia di temporanee importazioni tale per cui, nel gforno di scadenza del termine concesso per la riesportazione, la Dogana, nella quasi totalit dei casi, non e non .pu essere in grado di conoscere se la merce sia uscita o non siauscita dal territorio dello Stato e, in quest'ultima ipotesi, se i diritti di confine siano o non siano ugualmente dovuti. 910 RAS.';EGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La Dogana, pertanto, i,1 giorno di scadenza del termine concesso per la riesportazione non pu essere assolutamente in .grado di pretendere il pagamento dei diritti di confine dei quali, comunque, dovrebbe essere sempre calcolato il preciso ammontare, unitamente agli interessi. A riprova, la Corte del merito ha fermato il suo esame sull'art. 26 del Regolamento n. 547, alla stregua del quale entro quindici ~forni dalla scadenza del termine stabilito dalla bolletta di temporanea importazione, per la riesportazione delle merci, senza che la bolletta stessa abbia avuto scarico totale, la Dogana procede alla liquidazione dei diritti di confine e degli interessi di mora dovuti passando in riscossione la parte di cauzione corrispondente. Nei casi nei quali la riesportazione delle merci si pu effettuare per altra Dogana, a~1a riscossione dei diritti di confine e degli interessi di mora sar provveduto decorsi trenta .giorni dalla scadenza delle bolletta senza che sia pervenuto alla Dogana il certificato di scarico o la bolletta discaricata. Dal complesso de~le dette disposizioni la Corte del merito ha tratto la esatta conseguenza che, secondo il sistema legislativo del 1913, la liquidazione dei dir.itti di confine costituisce, non gi un atto meramente I formale avente un semplice contenuto contabile, ma, invece, l'atto nel Iili quale si concreta l'accertamento compiuto dalla Dogana in ordine al,la effettiva sussistenza dell'obbUgo della corresponsione dei diritti di con ' fine, per quali partite ed in quale misura, e che tale accertamento non si esaurisce in una semplice operazione meccanica, ma richiede una. raccolta di elementi (che pu anche essere particolarmente complessa). il loro controllo, e la valutazione. Solo dopo questi adempimenti la Dogana pu pervenire alla decisione se i dir.itti di confine siano dovuti, ed in caso affermativo procedere alla liquidazione e, quindi, pretendere il pagamento di quanto dovuto, rivo1gendosi, a tal fine, al debitore principale ed al garante. Con la scadenza del termine per la riesporta zione, si avvera la condizione cui era subordinata la sussistenza d~a obbligazione, ma ci non rende ancora liquido ed esigibile il relativo. credito. In contrario, non rileva che le bollette di temporanea importazione contengano il calcolo preventivo di quanto dovuto nel caso di mancata. riesportazione, perch, come la Corte del merito ha esattamente rilevato, tale conteggio viene effettuato ai soli fini della determinazione della cauzione da prestare, tanto vero che, nelle bollette per cui - causa, l'importo preventivo in esse indicato non coincide con quello. risultante dalla liquidazione. Pertanto, la Corte del merito ha giustamente concluso che la sca-denza della obbligazione si era verificata il 25 ottobre 1958 allorquando il Ricevitore Oapo della circoscrizione doganale di Venezia, con lettera. diretta alla societ Molini Conselvan e, per conoscenza, alla Banca_ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 911 Nazionale del Lavoro, aveva notificato l'ammontare dei diritti di confine dovuti in lire 41.975.661 e ne aveva richiesto il pagamento. N poteva essere accolta l'altra tesi della Banca secondo cui la scadenza della obbligazione si sarebbe, comunque, verificata, a norma dell'art. 55 della legge fallimentare, Con la dichiarazione di fallimento della societ Conselvan, avvenuta il 23 novembre 1956. Invero, come la Corte del merito ha giustamente rilevato, la disposizione invocata, per la quale i debiti pecuniari del fallito si considerano scaduti, agli effetti del concorso, alla data di dichiarazione del fallimento, non poteva affatto valere a supplire a,ID.a mancanza di un atto, quale quello di liquidazione, con il quale soltanto l'obbligo di corrispondere i diritti di confine v.iene accertato, e la relativa misura stabilita. Sulla base delle su esposte considerazioni, la Corte del merito ha giustamente negato che l'assunto della Banca, di essere ormai liberata dalla obbligazione fideiussoria, potesse trovare conforto nell'art. 1957 c. c.; e di ci ha trovato ulteriore conferma nelle disposizioni che regolano la restituzione della cauzione. In base al collegato disposto degli articoli 3 e 4 del Regolamento n. 547 del 1922, e 220 e 221 d~l Regolamento doganale, la cauzione di cui all'art. 6 della legge n. 1453 del 1913 deve essere prestata mediante deposito di denaro in contanti o di cartelle di rendita del debito pubblico italiano o in buoni del tesoro a lunga scadenza e, in determinati casi, mediante fideiussione da parte di Istituti di Credito; donde il perfetto parallelismo tra cauzione e fideiussione e l'applicabilit anche a quest'ultima delle norme relative alla prima. Poich, per il disposto dell'art. 21 del Regolamento n. 547 del 1922, la restituzione della cauzione avviene dopo ~l discarico della bolletta, consegue che anche la fideiussione conserva la sua efficacia fino a quel momento. N l'assunto della Banca di essere rimasta liberata dalla obbliga zione poteva trovare accoglimento sotto il profilo dell'art. 1955 c. c., per avere la Dogana, con il suo fatto -procedendo alla liquidazione oltre il termine di quindici giorni stabilito dall'art. 26 del Regolamento impedito che potesse avere effetto la surrogazione del fideiussore nei privilegi del creditore. Come la Corte del merito ha giustamente rilevato, il termine di quindici giorni, di cui al citato art. 26, un termine interno che con cerne unicamente i doveri disciplinari dei funzionari preposti alla liqui dazione, onde la sua inosservanza si risolve nella violazione dei doveri medesimi, senza influire, peraltro, nei rapporti esterni con i terzi, posto che nessun obbligo di pagare incombe al debitore prima della liqui dazione. Del tutto estraneo ai rapporti tra il funzionario e l'Amministrazione il debitore, il quale, d'altra parte, nessun interesse potrebbe avere di 912 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dolersi della scarsa sollecitudine della Dogana nel pretendere il pagamento di quanto dovutole. Inoltre, affinch la Banca, effettuando il pagamento, potesse far valere il privilegio spettante alla Dogana sulla merce importata era necessario che questa fosse ancora esistente e recuperabile; il che la Corte del merito ha escluso con insindacabile apprezzamento di fatto. N, infine, la Banca ha ragione di dolersi che la Corte del merito, in accoglimento dell'appello incidentale, abbia ritenuto che, oLtre i diritti di confine, fossero dovuti anche gli interessi. Poich l'art. 4 del Regolamento dispensa dalla corresponsione degli interessi quando la lavorazione delle merd importate avvenga in stabilimenti sottoposti alla speciale vigilanza della Amministrazione, in modo da essere impedito il passaggio al consumo delle merci stesse senza l'intervento della Dogana, ed in tal caso data facolt di prestare garanzia mediante fideiussione, il Tribunale ne desunse che anche nella specie la lavorazione del grano importato fosse avvenuta in detti stabilimenti, per il fatto che la .garanzia era stata prestata mediante fideiussione. Senonch, l'art. 4 del regolamento non autorizza l'illazione che. la fideiussione possa essere prestata soltanto in quel caso e non in altri, e, d'altra parte, la Corte del merito ha escluso che gli stabilimenti di Padova della Conselvan, nei quali avvenne la lavorazione del grano, fossero sottoposti alla speciale vigilanza di cui all'art. 4 del regolamento, tanto vero che le merci ottenute dalla lavorazione erano state potute immettere al consumo senza l'intervento della Dogana. -(Omissis). I. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 marzo 1966, n. 819 -Pres. Pece Est. Arienzo -P. M. Di Majo (conf.) -Ministero Finanze (avv. Stato Tavassi La Greca) c. Porcile (avv. Vigotti). Imposte e tasse in genere -Imposte indirette sui trasferimenti -Decisioni delle commissioni in tema di valutazione -Legittimit Condizioni. (d. I. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 29; r. d. 8 luglio 1937, n. 1516, art. 42). Imposte e tasse in genere -Giudizio dinanzi ai tribunali ordinari, ex art. 29, terzo comma, d. 1. n. 1639 del 1936, sulla legittimit delle decisioni delle commissioni tributarie in tema di valutazione -Pro w.:...-~~:::::w-r.-::r-:r::'%ff.@ff""4%<':'::f.:?-::ff.VW.{%j."/.f':~0:.::'1fiff7-=?::::?N4'/.:1.:lf%fWffe"::fW#.:':?i:Wf.%.ff.?'=~F-o/.4illfilff-Wl . fil - PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 913 nuncia del gidlce di merito sulla ricorrenza dei vizi di grave ed evidente errore di apprezzamento o mancanza o insufficienza di calcolo -Censurabilit in Cassazione -Esclusione. (c. p. c., art. 360; d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 29). Le decisioni delle commissioni tributarie in tema di determinazione del valore, ai fini dell'applicazione delle imposte indirette sui trasferimenti, debbono contenere una motivazione, sia pur sommaria, dalla quale emergano i dati in base ai quali si proceduto al calcolo dei valori: dati che non possono essere desunti da semplici riferimenti o richiami ad elementi esterni, o generici, o astratti, ma debbono essere specifici, e tali perci da consentire il controllo dell'iter seguito nella formazione del giudizio estimativo (1). Costituisce giudizio di merito, che si sottrae al controllo della Corte di Cassazione, se immune da vizi logici e. giuridici, quello relativo alla indagine sulla specificit e congruit della motivazione delle decisioni deUe commissioni tributarie, ai sensi degli artt. 29, terzo comma, d. l. 7 agosto 1936, n. 1639, e 42 r. d. 8 luglio 1937, n. 1516, in tema di determinazione del valore per l'applicazione delle imposte indirette sui trasferimenti (2). II. CORTE DI CASSAZIONE, Sez, I, 28 marzo 1966, n. 821 -Pres. Fibbi Est. Gambogi -P. M. Toro (parz, diff.) -Albenzio-Viterbo (avv. Albenzio) c. Ministero Finanze (avv. Stato Lancia). Imposte e tasse in genere -Imposte indirette sui trasferimenti -Decisioni delle commissioni in tema di valutazione -Adozione di criteri non contrari a legge, ma non espressamente previsti -Illegittimit per: grave ed evidente errore di apprezzamento -Esclusione -Fattispecie in tma di aree edificabili destinate, da piani regolatori, a strade p:ubt>liche. (d, I. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 29). Pure ammesso che il grave ed evidente errore di apprezzamento, ex Oirt. 29, terzo comma, d. l. 7 agosto 1936, n. 1639, nelle decisioni delle commissioni tributarie in tema di valutazione, possa consistere nell'adozione di criteri non conformi a legge, la ricorrenza del vizio va tuttavia esclusa allorch la non conformit non si traduca in una =-=~ - 914 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO violazione della legge stessa, la quale invero non impedisce la scelta di criteri di stima diversi da quelli indicativamente enunciati, che non contrastino con i precetti normativi e risultino giustificati ed idonei; e non contrario a legge, ed inoltre idoneo e giustificato, il c1iterio di riferimento al valore edificatorio di aree destinate, da un piano regolatore, a strade pubbliche, quando il valore medesimo sia da considerare nella determinazione delle indennit, in caso di espropriazione per la attuazione del piano (3). I (Omissis). -La ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 111 Cost. 42 cit. 15, 16 e 29 d. I. 7 agosto 1936, n. 1639 e sostiene che la sentenza impugnata abbia errato nell'escludere la nullit della decisione della commissione provinciale che, invece, sarebbe affetta da difetto di calcolo e da grave ed evidente errore di apprezzamento, cosicch, sotto il primo profilo, la decisione si risolverebbe in una vaga formula di stile, priva di contenuto decisorio e adattabile a qualsiasi statuizione di valore. La censura infondata. (1-3) In generale, sulle questioni in tema di sindacato dell'autorit giudiziaria, ai sensi dell'art. 29 del d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639, sulle deci sioni delle commissioni tributarie in tema di valutazione, ai fini dell'ap plicazione delle imposte indirette, si veda Relaz. Avv. Stato, 1961-65, II, 352 ss., 470 ss. In ordine alla prima massima, che enuncia un principio ormai conso lidato, cfr., tra altre: Cass. 27 maggio 1963, n. 1385, Riv. leg. fisc., 1963, 1956, id. 8 luglio 1963, n. 1855, ivi, 2274, che riaffermano l'esigenza che la motivazione dc.Ile decisioni, sia pur sommaria, sia per tale da consentire il controllo dell'iter logico .giuridico seguito nella determinazione dei valori: esigenza che va riconosciuta, invero, in relazione alla stessa natura del sindacato, di mera legittimit, spettante nella soggetta materia alla autorit giudiziaria (E, sul punto, ed anche per le implicazioni in ordine all'inammissibilit di ricorso alla commissione centrale nelle controversie di valutazione in discorso, cfr. Relaz. Avv. Stato, 1961-65, U, 317, con riferimenti giurisprudenziali). In relazione alla terza massima, poi, va segnalato che altra volta la Corte Suprema ha affermato doversi il ricorso all'a.g.o., ex cit. art. 29 d. 1. n. 1639 del 1936, ritenere consentito anche nell'ipotesi di adozione, da parte delle commissioni, di criteri di valutazione non conformi a legge, e ci nel rilievo che sarebbe violato, in tal caso, il diritto soggettivo del contribuente ana giusta imposizione: cfr., oltre le sentenze ricordate nella motivazione, Cass. 6 dicembre 1963, n. 3111, in questa Rassegna, 1964, I, 168, PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUl)E~ZA TRIBUTARIA 915 L'art. 42 del r. d. 8 luglio 1937, n. 1516 prescrive che le decisioni delle commissioni distrettuali e provinciali in materia di imposte sui trasferimenti della ricchezza debbono contenere una sommaria mtiva :zione dalla quale risultino gli elementi di fatto tenuti a calcolo nella determinazione dei valori imponibili. Tale disposizione stata inter~ pretata dalla Corte del merito nel senso che non sia richiesta la mdicazione del calcolo o del metodo seguito per la determinazione dei valori n la specificazione del criterio estimativo e che sia, invece, sufficiente che dalla sommaria motivazione risultino gli elementi di fatto posti a base del calcolo. La sentenza impugnata ha, quindi, precisato che tali elementi debbono essere indicati in modo specifico e non con formule generiche adattabili alla valutazione di qualsiasi trasferimento di ricchezza e, infine, ha ritenuto che, nel caso di specie, la decisione della commissione provinciale conteneva la specificazione degli elementi posti a base della valutazione e costituiti dalla vetust, dal decadimento, per lo stato di abbandono, e dall'ubicazione degli immobili in zona periferica. Quanto ai presupposti giuridici, la sentenza impugnata, pur non espressamente richiamandoli, si uniformata a principi enunciati dalla giurisprudenza di questo S.C. A norma dell'art. 42 del r. d. 8 luglio 1937, n. 1516, le decisioni delle commissioni tributarie, distrettuali e provinciali, per la risoluzione delle controversie in materia di imposte sui trasferimenti di ricchezza in genere, e mortis causa in particolare, devono essere motivate, sia pure in modo sommario, in modo che possa controllarsi l'ite'I" seguito dai predetti organi per la formazione del loro giudizio, e, a tal fine, sufficiente che dalla motivazione risultino con certezza gli elementi di fatto sui quali stato impostato il calcolo ai fini della motivazione dei valori imponibili. L'obbligo della motivazione non pu ritenersi adempiuto da parte delle commissioni tributarie se la decisione non contenga l'indicazione dei dati in base ai quali si proceduto al calcolo dei valori imponibili, e tali dati non possono essere desunti da semplici riferimenti o richiami ad elementi esterni o ad elementi generici ed astratti, quali l'ubicazione, la estensione, la con nota critica di L. CoRREALE, che sottolineava come, nel sistema dei giu dizi dinanzi alle commissioni, in materia di imposte indirette sui trasferi menti, sono tenute nettamente distinte le questioni di diritto da quelle di valutazione, sl che una questione sulla scelta dei criteri potrebbe ipotiz zarsi, e ritenersi proponibile, nell'ambito dell'impugqativa giudiziaria ai sensi del xipetuto disposto del terzo comma dell'art. 29 del d. 1. n. 1639 del 1936, soltanto nei limiti in cui la violazione denunciata possa risolversi, in concreto, in difetto di calcolo o in grave ed evidente errore di apprez zamento. Nella sentenza n. 821 in rassegna, la questione non stata affrontata ex professo, ma di rilievo che sia stata prospettata soltanto dialettica 916 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO natura e lo stato dei beni (Cass. 27 maggio 1963, n. 1397). A tali principi si ispirata la sentenza impugnata nel formulare le premesse giuridiche della propria decisione ed ha, poi, con apprezzamento incensurabile in questa sede, ritenuto che la commissione avesse, nella proprio pronuncia, indicati specifici e non generici elementi di fatto, posti a base del calcolo nella determinazione del valore attribuito ai beni caduti nella successione, che diede luogo all'accertamento contestato, e costituiti dalla vetust, dal decadimento per mancata manutenzione, dal tipo popolare ed economico degli immobili e dalla loro ubicazione in zona perifer.ica. La specifica indicazione dei suddetti elementi di fatto, tenuti a base del calcolo, soddisfa l'esigenza della sommaria motivazione, in quanto consente di poter controllare l'iter seguito per la formazione del giudizio sul valore dell'immobile. -(Omissis). II (Omissis). -Col secondo mezzo la ricorrente, denunziando la violazione dell'art. 16 dello stesso d. l. 7 agosto 1936, n. 1639, nonch la erronea motivazione, lamenta: a) che la sentenza impugnata non abbia rilevato che la Commissione provinciale delle imposte, nel valutare il terreno de quo ., non aveva seguito i criteri obbligatoriamente fissati da tale norma di legge, e cio il raffronto con i prezzi di alienazione di immobili di analoghe ubicazione e condizioni, e la capitalizzazione del reddito; b) che a tali criteri si sia sostituito l'apprezzamento del valore in base ad una presunta indennit di espropriazione del terreno come fabbricativo, senza tener conto del fatto che il terreno stesso trovasi in una zona destinata dal piano regolatore di Bari a strada ed a verde pubblico, e come tale non edificabile. Queste doglianze possono essere esaminate solamente sotto il profilo del vizio giuridico e logico della motivazione con la quale la Corte mente ( pure ammesso, ecc. ) la eventualit che l'adozione di criteri non conformi a legge possa giustificare l'impugnativa ex art. 29, e che ci sia stato ipotizzato non con riferimento ad una autonoma ragione di illegittimit delle decisioni, bens in considerazione della possibilit che la scelta di quei :contrari criteri concreti, invece, ed evidenzi, un grave errore di apprezzamento, e cio uno degli specifici vizi denunciabili dinanzi all'a..g. o. con il rimedio in parola. Sulla non tassativit dei criteri di valutazione, di cui all'art. 16 del d. I. 7 agosto 1936, n. 1639, cfr. Oass. 8 luglio 1963, innanzi citata, in particolare circa l'esigenza che non siano adottati criteri contrari a legge, nonch Cass. 2 ottobre 1962, n. 2800, Riv. teg. fi,sc., 1963, 625, per la necessit che dalle decisioni delle commissioni risultino le ragioni della scelta di altri idonei criteri di stima. - PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 917 di Appello ha escluso la esistenza del ~ grave ed evidente errore di apprezzamento nella decisione della Commissione tributaria, dovendosi in questa sede riesaminare, sotto il profilo della legittimit, non la decisione suddetta, bens la sentenza impugnata. Ci. posto, va allora osservato: a) che, pure ammesso che il grave ed evidente errore di apprezzamento ., di cui si discute, possa consistere anche nella adozione di criteri non conformi a legge (sentenze n. 1626 del 1958 e n. 828 del 1956), stato d'altronde ritenuto da questa Corte Suprema che i criteri di valutazione adottati dalle commissioni tributarie possono anche essere diversi da quelli indicativamente menzionati dalla legge (valore comparativo e capitalizzazione del reddito), purch, in tal caso, si faccia risultare, almeno per implicito, la ragione della scelta di un diverso criterio che sia idoneo allo scopo e non contrario legge (sent. n. 2800 del 2 ottobre 1962); b) che tale diverso criterio, indicato nella constatata edificabilit del terreno, non inidoneo n contrario a legge per il fatto che il terreno stesso sia stato destinato dal piano regolatore di Bari a strada e verde pubblico. Giustamente ha, infatti, osservato la Corte del merito che il terreno al momento della espropriazione dovr comunque essere valutato come terreno edificativo nel calcolo della indennit relativa; tale rilievo della impugnata sentenza pienamente conforme a diritto. Questa Suprema Corte, invero, ha gi affermato che, salvo che la legge speciale di approvazione di un piano regolatore, come quello concernente la citt di Roma, approvato con r. d. 6 luglio 1931, n. 981, non abbia espressamente stabilito, con disposizione avente carattere eccezionale, la regola restrittiva secondo cui la indennit di espropriazione delle aree destinate a piazze ed a strade va determinata considerando le aree stesse prive del requisito della edificabilit, deve applicarsi la norma generale contenuta nell'art. 9 della legge sui piani di :ricostruzione, 27 ottobre 1951, n. 1402, la quale dispone che l'indennit di espropriazione deve corrispondere al giusto prezzo che l'immobile avrebbe avuto in libera contrattazione di vendita; e, pertanto, nella determinazione della indennit di espropriazione non pu tenersi conto della diminuzione di valore subita in conseguenza del provvedimento che ha imposto il vincolo (sentenza n. 119 del 22 .gennaio 1965). -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 16 aprile 1966, n. 951 -Pres. Scarpello -Est. Saya -P. M. Pedote (conf.). -Ministero Finanze (avv. Stato Tavassi La Greca) c. Soc. It. Bunge (avv. Cutrera). Imposta ~enerale sull'entrata -Non imponibilit dei corrispettivi relativi a servizi internazionali -Nozione di tali servizi -Attivit - 918 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dei commissionari in affari di importazioni ed esportazioni -Imponibilit del corrispettivi -Limiti. (d. I. 9 gennaio 1940, n. 2, conv. in 1. 19 giugno 1940, n. 762, art. 1, lett. h.). Rientrano nel concetto di servizi internazionali , i cui corrispettivi non sono soggetti all'imposta sull'entrata, ai sensi dell'art. 1, lett. h, della legge organica, soltanto quei servizi che comportano prestazioni da svolgere parte in Italia e parte all'estero, e che hanno funzione strumentale rispetto alle esportazioni dall'Italia all'estero: sicch, mentre Testano non soggette all'imposta le provvigioni dei commissionari, che operano in Italia, ed intrattengono rapporti con gli operatori esteri, per affari di esportazione, devono ritenersi invece normalmente imponibili sia le entrate dei commissionari che operano in affari di importazione, sia quelle dei commissionari che, operando in Italia, svolgono la loro attivitd tra due imprese entrambe straniere (1). (Omissis). -Con il primo mezzo la ricorrente Amministrazione denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 1, comma terzo, lett. h) d. I. 9 gennaio 1940, n. 2, convertito nella I. 19 giugno 1940, n. 762, in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ., per avere la Corte di merito, considerato servizio internazionale l'attivit di commissionario svolta dalla resistente societ Bunge a. favore di imprese estere, e per avere conseguentemente ritenuto esenti dall'imposta generale sull'entrata le provvigioni dalla medesima percepite come corrispettivo di tale attivit. In proposito rileva il Collegio che il d. I. citato ha istituito l'imposta generale sull'entrata per tutte le entrate in denaro e con mezzi di pagamento sostitutivi del denaro conseguite da qualsiasi soggetto in corrispondenza di cessioni di beni o di prestazioni di servizi, effettuate nel territorio dello Stato (art. 1, primo comma), stabilendo che non costituiscono, tra l'altro, entrata imponibile le somme introitate per la esportazione delle materie, merci o prodotti e per noli ed altri corrispettivi relativi a servizi internazionali (3 comma, lett. h, art. cit.). Questa Corte ha gi avuto occasione di precisare che la previsione concernente i servizi internazionali si riferisce non gi a prestazioni di servizi effettuate interamente all'estero, bens a prestazioni di ser (1) Le Sezioni Unite hanno cos confermato l'indirizzo gi segnato, nella soggetta materia, da Cass., Sez. I, 24 luglio 1965, n. 1756, in questa Rassegna, 1965, I, 1237, con nota cui si rinvia. Cfr., altres, Relaz. Avv. Stato, 1961-65, II, 638. La sentenza confermata, App. Milano, 13 marzo 1964, pubblicata in Giust. civ., 1964, I, 2095. Le sentenze Cass., 19 novembre 1956, n. 4262 e 21 dicembre 1962, n. 1756, richiamate da quella odierna, possono leggersi in Riv. leg. fisc., 1957, 169 e 1963, 700. PARTE. I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA vizi eompiute parte in Italia e parte all'estero, sicch rientra nel concetto di servizio internazionale, ed conseguentemente esente da imposta sull'entrata, l'opera svolta dal commissionario che opera nei confronti di imprese straniere (Cass. I Sez., 19 novembre 1956, n. 4262; 21 dicembre 1962, n. 3401); ed ha precisato altres che nella prospettata ipotesi del commissionario, l'esenzione concerne soltanto l'attivit correlativa alle esportazioni dall'Italia all'estero e non anche il caso inverso delle importazioni (cfr. Cass. I Sez., 24 luglio 1965, n. 1756). Tale orientamento va mantenuto, non ricorrendo ragione alcuna per discostarsene. Sul primo profilo da rilevare che, con l'espressione servizi internazionali , la legge non poteva riferirsi alle prestazioni compiute interamente in Italia le quali indubbiamente sono soggette al tributo, e non poteva riferirsi neppure alle prestazioni svolte completamente all'estero, in conseguenza del carattere territoriale dell'imposta, sancito espressamente nel primo comma del cit. art. 1 d. I. 9 gennaio 1940, n. 2, ove stabilito che l'imponibile costituito soltanto dalle entrate per cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato itaiiano. Non possibile invero ritenere che il legislatore abbia predisposto un'apposita ed esplicita esenzione, relativamente ad una situazione la quale gi restava fuori della previsione tributaria per effetto della natura del tributo istituito: sicch, logicamente, non pu pervenirsi ad una conclusione diversa di quella gi enunciata da questa Corte Suprema, secondo cui per servizio internazionale , agli effetti della legge in esame, deve intendersi la prestazione di un'attivit svolta parte in Italia e parte all'estero. In tale vasta nozione rientra perci anche l'opera svolta dal commissionario (lato sensu), ossia di colui che svolga comunque e a qualsiasi titolo (commissionario in senso stretto, agente, ecc.) un'attivit sostanziaimente diretta alla conclusione di affari tra imprese italiane e imprese straniere. Al riguardo indifferente che l'operatore abbia la residenza o la sede in Italia, contrariamente a quanto ritiene l'Amministrazione ricorrente, giacch l'elemento rilevante e nel contempo decisivo in proposito dato dall'ambito in cui si svolge l'attivit del commissionario, che non si limita al territorio italiano, ma si proietta anche all'estero per i rapporti che occorre tenere con le imprese straniere. N sarebbe consentito da un corretto procedimento ermeneutico adottare un criterio di prevalenza quantitativo, come pure ritiene la ricorrente Amministrazione, risultando siffatto criterio del tutto estraneo alla previsione normativa, e peraltro concretmente inapplicabile, per l'impossibilit di distinguere in un servizlo, che ha all'evidenza carattere unitario; la parte svolta in Italia e quella svolta all'estero. Ci posto, osserva la Corte che l'attivit del commissionario, per rientrare nell'esenzione disposta dalla legge, deve avere una funzione strumentale rispetto alle esportazioni dall'Italia all'estero, mentre ne 920 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO resta esclusa quella concernente le importazioni in Italia ovvero le esportazioni e importazioni tra altri Stati. Il che si evince chiaramente sia dalla formula legislativa, che accomuna i servizi internazionali alle esportazioni di materie, merci e prodotti, ma ancor pi dalla ratio dell'esenzione in oggetto. Con essa, invero, come gi questa Corte ha rilevato, il legislatore ha voluto favorire e proteggere le esportazioni nazionali le quali, altrimenti, potrebbero trovarsi in difficolt sul mercato estero in dipendenza dell'incidenza dell'imposta sul prezzo delle merci esportate (cfr. le ,,sentenze gi citate n. 4262 del 1956 e 1756 del 1965). Tale intento non pu invece intuitivamente ricorrere per le importazioni, rispetto alle quali, anzi, salvi i casi di una disciplina particolare dipendente da singoli accordi internazionali, vigono generalmente delle misure direttamente o indirettamente limitative: del che si ha specifica conferma anche nella materia in questione, in quanto il legislatore, preoccupato che dall'istituzione della imposta potessero comunque avvantaggiarsi le importazioni, non soggette a tale tributo, stabili per esse un'imposta surrogatoria per il solo fatto obiettivo della importazione nella misura del 2 % (art. 17 e segg. d. I. cit.). N si potrebbe ritenere che, anche quando si tratta di esportazione, si avrebbe pur sempre un ingresso di ricchezza dall'estero all'interno, rappresentata dalle provvigioni corrisposte dall'imprenditore straniero al commissionario, onde potrebbe pur sempre ritenersi sussistente la rilevata ratio Zegis. Ben diverso invero il fatto dell'esportazione, la quale oggetto di una particolare tutela, da quello di un'attivit ausiliaria all'importazione, che non pu non essere considerata dal legislatore con lo stesso disfavore con cui considerata l'importazione stessa; sicch tale inidoneit di equiparazione tra le due situazioni esclude sicuramente che possa ritenersi ricorrente il medesimo intento legislativo nella disciplina tributaria in esame. Peraltro da osservare come l'ingresso di ricchezza sia meramente apparente, riflettendosi l'ammontare delle provvigioni corrisposte al commissionario sul prezzo delle merci straniere vendute in Italia, sicch, in sostanza, quella ricchezza ritorna per altra via, cio come parte del prezzo, all'esportatore straniero. Sebbene tale rilievo sia assorbente e decisivo, si pu ancora rilevare che, se l'esenzione fosse applicabile, l'effettivo beneficiario sarebbe lo esportatore straniero, in conseguenza delle minori pretese del commissionario residente in Italia, non tenuto al pagamento dell'imposta sui corrispettivi ricevuti, il che consentirebbe all'esportatore suddetto di praticare prezzi pi bassi in Italia, risultando cos favorito nella competizione di mercato rispetto agli operatori economici nazionali. Giova infine aggiungere che, ritenendo soggette a tributo le provvigioni del commissionario che svolge la sua attivit per le importazioni in Italia, non sussiste l'eventualit di una duplicazione di tributo. vero PARTE I, SEZ. V, dlURISPRUDENZA TRIBUTARIA 921 che l'art. 96 del Regolamento 26 gennaio 1940, n. 10, per l'esecuzione del citato d. 1. 9 gennaio 1940, n. 2, istitutivo del tributo, integrando la previsione dell'art. 18 dello stesso d. l., in base alla deleg,a contenuta nell'art. 57 del medesimo d. 1., considera ai fini della determinazione del valore imponibile anche le spese di commissione, ma ci dispone unicamente ai fini dell'imposta surrogatoria di importazione; e pertanto concerne unicamente quelle spese relative a commissioni effettuate interamente all'estero; le quali non possono essere ritenute entrate imponibili. rispetto all;imposta in oggetto in dipendenza del ricordato carattere territoriale del tributo, mentre non si riferisce ai servizi internazionali.> Si deve. perci. concludere che, se>tto ogni angolo visuale, l'esenzione non spetta nell'ipotesi prospettata. Analogamente da ritenere per le provvigioni del commissionario ch svlg la sua attivit tra due imprese entrambe straniere, pur operand, o in Italia, trovando fondamento e giustificazio~e .l'esenzione, secondo quanto gi si rilevato, soltanto per l'attivit correlata alle esportazioni dall'Italia. Ci chiarito in linea generale, rileva la Corte che l'impugnata sentenza, mentre si esattamente attenuta al primo profilo del principio, richiamando in proposito l'indirizzo di questo Supremo Collegio, ha completamente omesso di prospettarsi il secondo, sicch non ha compiuto l'indagine, che pure era necessaria, tendente ad accertare se le provvigioni percepite dalla resistente concernessero esportazioni di merci, materie e prodotti dall'Italia all'.estero, al fine di considerare esenti dal richiesto tributo soltanto tali provvigioni. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 9 maggio 1966, n. 1186 -Pres. Vallillo -Est. Aliotta -P. M. Gentile (conf.) -Soc. Viggi (avv.ti Guerra, Tim) c. Colombo (avv. Lanzavecchia) Ministero Finanze (avv. Stato Santoro Passarelli). Imposte e tasse in genere -Competenza e giurisdizione -Controversia sulla regolarit formale del procedimento esecutivo ex t. u. 14 apri le 1910, n. 639 -Competenza del foro dello Stato -Sussiste. (c. p. c., art. 25; r. d. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 8; t. u. 14 aprile 1910, n. 639). Costituisce controversia tributaria -devoluta ana competenza funzionale inderogabile del tribunale del luogo dove ha sede l'ufficio delZ'Avvocatura dello Stato, nel cui distretto si trova l'ufficio finanziario che ha liquidato l'imposta o emesso l'ingiunzione di pagamento -ogni controversia che si svolga tra i soggetti del rapporto tributario, sia che attenga alla sussistenza ed all'ammontare dell'obbligazione d'imposta, sia che riguardi la regolarit, anche soltanto dal punto - 922 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ' di vista formale, del procedimento esecutivo promosso dall'Amministra zione ai sensi del t. u. 14 aprile 1910, n. 639 (1). (1) Giurisprudenza consolidata. In argomento v. Relaz. Avv. Stato, ~961-65, ,rr, 359, e cfr., tra le pi recenti [pronunce, Cass. 28 aprile 1964, n. 1021, in questa Rassegna, 1964, I, 773, con specifico riferimento al tema della competenza territoriale-funzionale, nonch Cass. 14 giugno 1965, n. 1207, e 18 giugno 1965, n. 1261, ivi, 1965, I, 561. Nella sentenza odierna puntualizzato che la competenza territorialefunzionale del foro dello Stato, per le controversie attinenti alla regolarit formale del processo di esecuzione, si collega a ci che l'esecuzione sia attuata dall'Amministrazione in virt del t. u. 14 aprile 1910, n. 639, osservandosi che ci appare !Pienamente giustificato, se si consideri che le norme che regolano il procedimento speciale per la esazione coattiva delle imposte formano parte integrante, sotto il profilo sanzionatorio, di quelle di carattere sostanziale che determinano il sorgere dell'obbligazione tributaria; per cui ogni controversia relativa alle norme di carattere formale costituisce, come quelle sorte in sede di interpretazione e applicazione delle norme sostanziali fiscali, una controversia tributaria . Sulla legittimit costituzionale delle norme sul foro dello Stato, in genere, cfr. Corte Cost., 22 dicembre 1964, n. 118, in questa Rassegna., 1964, I, 1017, con nota. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 maggio 1966, n. 1193 -Pres. Rossano -Est. Straniero -P. M. Tuttolomondo (conf.) -Soc. Magazzini Generali di Lombardia (avv.ti Regard, Quaglia, Rosai) c. Ministero Finanze (avv. Stato Coronas). Imposte doganali -Importazioni ed esportazioni temporanee -Inserimento nel sistema generale della legislazione doganale -Sussiste. (1. 25 settembre 1940, n. 1424; r. d. 18 dicembre 1913, n. 1453). Imposte doganali -Importazioni ed esportazioni temporanee -Diritti per merci introdotte in temporanea importazione e non riesportate -Natura e momento della nascita dell'obbligazione d'imposta. (1. 25 settembre 1940, n. 1424, art. 4; r. d. 18 dicembre 1913, n. 1453, artt. 14-17). Imposte doganali -Deposito di merci estere in magazzini generali Obbligazione dell'esercente i magazzini -Estrazione dai magazzini di merci estere in temporanea importazione -Mancata riesportazione -Obbligazione dell'esercente i magazzini per i diritti doganali dovuti -Sussiste. (1. 25 settembre 1940, n. 1424, d. l. lo luglio 1926, n. 2290, art. 12; r. d. 16 gennaio 1927, n. 126, artt. 36, 37; d. 1. 18 dicembre 1913, n. 1453, artt. 5 ss.).. Il regime tributario delle impolf'tazioni ed esportazioni temporanee non avulso da quello generale in tema di imposte doganali, bens. in questo si inserisce, costituendo la impolf'tazione o la esportazione PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 923 temporanea non altro che destinazioni doganali ., ai sensi deH'art. 6 della legge organica 25 settembre 194-0, n. 1424 (1). L'obbligazione per le imposte doganali, nelle importazioni temporanee, sorge, come nelle importazioni definitive, al momento del passaggio delle merci attraverso la linea doganale, e soltanto sospensivamente condizionata alla mancata riesportazione nei termini e modi p.revisti dalla legge (2). Gli esercenti i magazzini generali sono obbligati per i diritti doganali dovuti per le merci depositate ed in relazione alla destinazione doganale che alle stesse sia data, e perci anche dei diritti dovuti per le merci estratte in temporanea importazione e non riesportate (3). (Omissis).. -La questione fondamentale che le parti propongono all'esame di questo Supremo Collegio consiste nell'accertare se l'esercente un magazzino generale, che, per estrarre dal proprio stabilimento merci estere in temporanea importazione, abbia presentato esclusivamente in .proprio la dichiarazione doganale prevista dall'art. 36. del i;. d. 16 gennaio 1927, n. 126, debba o meno rispondere, verso l'Amministrazione delle Finanze, dei maggiori diritti di confine e dei tributi accessori, che siano divenuti esigibili a seguito della mancata lavorazione e riesportazione della merce importata, anche nella ipotesi in cui non gli si possa comunque imputare, in ordine all'evento ostativo,. alcuna responsabilit. La societ ricorrente, col primo motivo del ricorso (impostato sulla denuncia di violazione e falsa applicazione dell'art. 12 r. d. l. 10 luglio 1926, n. 2290, e dell'art. 37 del citato r. d. 16 gennaio 1927, n. 126, in relazione con l'art. 6 del r. d. 18 dicembre 1913, n. 1453), censura per l'appunto la sentenza della Corte di Milano, in quanto ha affermato che la responsabilit dell'esercente, depositario fiduciario della Dogana, sorge, verso quest'ultima, ope legis, in dipendenza della disciplina legislativa della materia, che non consente che l'Amministrazionefinanziaria possa comunque trovarsi scoperta nella percezione dei di (1-3) Sulla natura dell'obbligazione tributaria per i diritti doganali dovuti su merci temporaneamente importate e non riesportate, e nel senso che si tratti di obbligazione sospensivamente condizionata, cfr. C'ass. 25. marzo 1966, n. 798, retro, 904, con richiami in nota. Ineccepibile appare, poi, l'inquadramento delle disposizioni in tema di importazioni ed esportazioni temporanee nel pi ampio e .generale sistema della legislazione doganale, non sembrando potersi revocare in dubbio, especialmente alla stregua del preciso disposto dell'art. 6 della legge n. 1424 del 1940, come sottolineato nella sentenza in nota, che quelle operazioni. corrispondono a destinazioni doganali > espressamente previste dalla menzionata legge organica, nel cui ambito vanno a collocarsi. Conseguenziale la l:-iconosciuta sussistenza deli'obbligazione dell'ente esercente i magazzini, ptir i diritti dovuti in relazione alla destinazionedoganale data alle merci estratte dai magazzini medesimi, e ci gi illl. 924 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ritti che le competono, e, in particolare, che la stessa debba ritenersi sostituita all'esercente medesimo, quanto alla responsabilit dell'ulteriore destinazione, nel periodo successivo alla estrazione della merce estera, con le formalit e per i fini di legge. Ora, non si pu contestare che la ratio decidendi della sentenza impugnata tragga alimento da un complesso di norme, di principi e di precedenti giurisprudenziali, che si ricollegano alla disposizione di cui all'art. 12 del r. d. l. 1<> luglio 1926, n. 2290, in quanto questa norma impone ai magazzini generali l'onere di rispondere verso l'erario pubblico dei diritti e dei dazi dovuti sopra le merci di cui assumono il deposito e di sottostare alle disposizioni delle leggi e dei regolamenti emanati o emanandi dall'Amministrazione finanziaria. Va ricordato, invero: che il diritto della Finanza alla riscossione delle imposte di confine per effetto del potere di imposizione sorge nel momento del passaggio legittimo della merce attraverso la linea d()ganale (Cass. 10 giugno 1964, n. 1436; 17 dicembre 1962, n. 3136) anche nella ipotesi di importazione temporanea, sia pure, in questo caso, con il correttivo dell'assoggettamento alla condizione sospensiva della conversione della importazione stessa in definitiva; che soggetti passivi dell'obbligazione tributaria sono, per la legge doganale 25 settembre 1940, n. 1424, oltre il proprietario della merce, e tutti coloro per conto dei quali la merce stessa viene importata o esportata (art. 5), anche il presentatore in dogana e il detentore al momento del passaggio della linea doganale, in quanto considerati proprietari dall'art. 16, salvo, il diritto della Finanza di identificare, ove lo ritenga opportuno, il proprietario effettivo (Cass. 19 maggio 1962, n. 1151; 14 marzo 1951, n. 638); che la presentazione si effettua, nella ipotesi dell'esercente un magazzino ,generale che intenda estrarre la merce estera dal proprio magazzino, con la presentazione, all'ufficio di dogana, della dichiarazione di cui all'art. 16 della legge del 1940 (art. 36 r. d. 16 gennaio 1927, n. 126). Sostiene, peraltro, la ricorrente che le norme contenute nella legge doganale e in quella sui Magazzini Generali sono, in ogni caso, inapplicabili alle importazioni temporanee, regolate, specificamente e inte base al combinato disposto degli articoli 5 e 16 della legge, secondo cui con eventuali altri obbligati - soggetto al tributo il proprietario della merce, quale considerato colui che la presenta in dogana o la detiene al momento del passaggio della linea doganale e che, in relazione a ci, tenuto a presentare la dichiarazione e ad indicare la destinazione. Coerenti al sistema, del resto, sono poi le specifiche disposizioni che sanciscono la responsabilit degli esercenti i magazzini, dichiarandoli ob bligati per tutte '1e imposte dovute sulle merci di cui assumono il deposito (art. 12 d. 1. 1 luglio 1926, n. 2290), e precisando che gli esercenti medesimi sono tenuti a presentare la dichiarazione scritta, redatta nelle forme pre scritte daUa leg.ge doganale , in ogni caso di estrazione delle merci, ed PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 925 gralmente, da una legge speciale, il r. d. l. 18 dicembre 1913, n. 1453, in dipendenza del rinvio di cui all'art. 57, comma secondo, della legge doganale, e del principio generale di diritto per il quale la legge speciale prevale su quella di carattere generale. La struttura giuridica e lo specifico condizionamento delle importazioni temporanee sono, da altra parte, tali, per la societ ricorrente, da escludere che la responsabilit dei Magazzini Generali per il pagamento dei diritti doganali possa sopravvivere alla fine del deposito e alla estrazione della merce, e che i Magazzini medesimi debbano, per esonerarsi da detta responsabilit, ricorrere necessariamente alla traslazione prevista nell'art. 37 del r. d. del 1927. Ci, dal momento che la struttura in questione impostata ess.enzialm,ente sulla considerazione determinante della personalit del proprietario della merce, che entra in rapporto diretto con la Dogana e, altrettanto direttamente, assume verso la stessa l'obbligo della riesportazione, e dal momento, altresl, che la disciplina della materia comporta, a sua . volta,. un sistema di garanzie tale da eliminare, per la Finanza, qualsiasi possibilit di rischio 'Per mancata riesportazione, in quanto il principio di una garanzia reale, integrale ed autosufficiente, derogabile soltanto limitatamente alle sovrimposte di confine e alle ditte che presentino particolari requisiti, e soltanto con il correttivo di un ampio privilegio assoluto, sostanziale garanzia virtuale, a favore della Dogana (art. (, commi secondo e terzo r. d. I. 18 dicembre 1913, n. 1453). Il carattere e l'ampiezza della garanzia dovuta dal proprietario e l'essere l'importazione temporanea in funzione di una preventiva concessione ad personam, cio di un rapporto giuridico alla cui creazione e al cui svolgimento i Magazzini sono del tutto estranei, non giustificano, invero, la configurabilit, a carico dei Magazzini medesimi, di una garanzia sussidiaria, che non richiamata dalla legge speciale, e che pu avere senso logico soltanto per le importazioni definitive, in ordine alle quali la Dogana entra in rapporto, per le merci estere presentate dai Magazzini, soltanto con questi ultimi. Le argomentazioni della ricorrente non sono fondate. anche quando intendano compiere l'operazione per altra persona (artt. 36-37 r. d. 16 gennaio 1927, n. 126). Sulla o.uestione, ed anche sul punto che la responsabilit dell'esercente i magazzini deve ritenersi anche nel caso che con la dichiarazione sia designata la persona per la quale fatta l'operazione (cit. art. 37) -punto che non rientrava nell'economia della decisione della vertenza definita con la sentenza in rassegna, e che era stato, sia pur soltanto in via teorica, ne.gat! vamente risolto dalla impugnata sentenza 26 giugno 1964 della Corte di Appello di Milano -v. Relaz. Avv. Stato, 1961-65, II, 681, e cfr. le osservazioni di A. Ca1cco, in Foro Pad., 1965, I, 205, in nota alla detta sentenza della Corte milanese. La sentenza del Tribunale di Milano, 16 maggio 1963, nella stessa vertenza, pubblicata in Mon. Trib., 1963, 1145, con nota di E. SALAFIA. 926 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Premesso che, per il caso concreto, che ha riguardo ad una situazione verificatasi nel 1960, non ha comunque ragion d'essere il richiamo alla coslddetta garanzia limitata e virtuale (prevista, in commi aggiunti all'art. 6 del decreto del 1913, soltanto dall'articolo unico della posteriore legge 10 luglio 1961, n. 568), va rilevato, invero, in primo luogo, che il regime giuridico delle importazioni temporanee non in realt un momento autonomo della legislazione doganale ., dal momento che il testo del capoverso dell'art. 57 della legge del 1940 non autorizza, per il carattere limitato del rinvio, a ritenere che il legislatore abbia voluto sganciare la normativa particolare dai principi fondamentali dell'ordinamento specifico e da un sistema nel quale la importazione temporanea ha la posizione essenziale, di destinazione consentita in base alla dichiarazione prevista dall'art. 16 della legge medesima. Posto, d'altra parte, che l'operazione eseguita dai Magazzini Generali di Lombardia si identifica con la destinazione della merce, l'assunzione di responsabilit, in ordine ai diritti che all'Erario derivano dalla mancata riesportazione, sorge per essi, in relazione alla esplicita norma di cui all'art. 12 del r. d. 1. 1 luglio 1926, n. 2290, dall'art. 6, lett. b) della legge doganale, in quanto la destinazione, che il dichiarante ha il dovere di indicare, si concreta in una operazione complessa, che si inizia con la dichiarazione, si protrae nel tempo fino alla riesportazione, ed ha una fisionomia unitaria malgrado nelle importazioni temporanee l'obbligazione tributaria assuma una particolare struttura. Quest'ultima struttura non consente, infatti, di considerare la mancata riesportazione e la conseguente conversione della natura della importazione, agli effetti fiscali, come due fatti giuridici autonomi, che derivino da altrettante obbligazioni diverse e distinte, e non toglie pertanto che esse rappresentino in realt due successivi momenti di un'unica obbligazione, sorta, col vincolo della condizione sospensiva della mancata riesportazione, nel momento del passaggio della merce attraverso la linea doganale, e che spiega i suoi effetti, nel successivo momento del verificarsi della condizione, sotto un profilo di carattere oggettivo, indipendentemente dalle cause che abbiano determinato la nuova situazione. Ci posto, il diritto dell'Amministrazione di esigere dall'importatore una garanzia idonea a coprire la totalit dei diritti doganali e degli interessi di mora, non infine incompatibile con la possibilit della stessa di avvalersi, per le merci estratte dai magazzini generali, della responsabilit particolare che, per l'esercente di questi ultimi, sorge direttamente dall'art. 12 del r. d. 1 luglio 1926, n. 2290 e dall'art. 36 del regolamento relativo, indipendentemente dalla esistenza, dalla natura e dai limiti dei rapporti della Dogana con .gli altri soggetti passivi della obbligazione tributaria. -(Omissis). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 927 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 maggio 1966, n. 1230 -Pres. Rossano -Est. Arienzo -P. M. Pedace (conf) -Banca Nazionale del Lavoro (avv. Scandale) c. Ministero Finanze (avv. Stato Colletta). Imposta di registro -Natura ed effetti degli atti e dei trasferimenti Fideiussioni bancarie, in favore di terzi, verso pubbliche amministrazioni -Fattispecie. (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 8; tariffa A, art. 54, modif. da 1. 25 maggio 1954, n. 306, art. 3). Imposta di registro -Imposta suppletiva -Prescrizione -Decorrenza. (r. d. 30 diceml>re 1923, n. 3269, artt. 7, 136). In virt del principio, per cui Ze imposte di registro vanno applicate secondo la natura e gli effetti degli atti e dei trasferimenti, pur se non vi corrispondano il titolo o Za forma apparente, va esclusa Z'appZicabiiit delle aliquote ridotte previste per Ze fideiussioni di durata inferiore ad uno o a due anni, p1estate da aziende ed enti di credito, in favore di terzi, verso pubbliche amministrazioni, aZZorch risulti che le parti, neZZ'espZicazione della Zoro autonomia contrattuale, abbiano inteso sussumere in unico rapporto, risultante di durata ultrabiennale, vari rapporti fideiussori, ciascuno per durata non superiore all'anno o al biennio, posti in essere con precedenti separati atti (1). (1) La motivazione pu leggersi in Riv. Leg. fisc. 1966, 1504. Nella specie, con giudizio insindacabile della corte del merito, era stato ritenuto che le parti, nello stipulare pi fideiussioni, ciascuna per la durata di sei mesi, a garanzia dei diritti doganali relativi a meirci in temporanea importazione, avessero, con l'ultima di esse, sussunto in unico rapporto, risultante di durata ultrabiennale, anche quelli in precedenza posti in essere. E, con riferimento a tale unitario rapporto, ed in puntuale applicazione dei principi di cui all'art. 8 della legge OII'ganica del registro, stata cosi riconosciuta l'applicabHit delle ordinarie aliquote di imposta, ai sensi del primo comma dell'art. 54 della tariffa A, e non di quelle ;ridotte, di cui al successivo comma (aggiunto con l'art. 3 della legge 25 maggio 1954, n. 306), previste per le fideiussioni di durata inferiore prestate da aziende o enti di credito, in favore di privati, veirso pubbliche amministrazioni. tn tema di fideiussioni a garanzia dei diritti doganali su merci introdotte in temporanea importazione, e con riguardo ana persistenza dell'obbligazione del fideiussore anche oltre la scadenza dell'obbligazione garantita, cfr. Cass. 25 marzo 1966, n. 798, retro, 904. Nel senso che, con riferimento alla durata del vincolo del fideiussore, debbano le fideiussioni in materia doganale sempre ritenersi a tempo indeterminato, e perci in ogni caso soggette all'imposta di registro con le aliquote ordinarie, cfr. Comm. Centr. 18 novembre 1963, n. 1964, Riv. Leg. Fisc., 1965, 2215. In argomento, pu del resto rilevarsi che le fideiussioni prestate per temporanee importazioni sono ex lege destinate a garantire non soltanto 928 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La prescrizione del diritto dell'Amministrazione, per le imposte suppletive, decorre dalla registrazione dell'atto, in relazione al qiiale va accertata l'obbligazione tributaria (2). i diritti dovuti per il caso di mancata riesportazione, ma anche (art. 15, r. d. 6 aprile 1922, n. 547) i diritti per una eventuale successiva operazione, quale quella della spedizione con bolletta di cauzione dei prodotti ottenuti dalla lavorazione delle merci temporaneamente importate, e cio per una operazione che ha una propria autonomia (art. 6, lett. c, 1. 25 settembre 1940, n. 1424), e che pu compiersi entro il termine, originario o prorogato, concesso per la Tiesportazione; e pu quindi osservar.si che tali fideiussioni, indipendentemente dalla durata indicata dalle parti, sono in ogni caso idonee a garantire anche obbligazioni derivanti da operazioni espletabili in un tempo successivo, non precisabile, e sono perci sempre da riguardare, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 8 della legge del registro, come prestate per un tempo non determinabile, e che, comunque, pu anche superare il biennio. appena il caso di aggiungere, poi, che non pu rilevare, in contrario, la previsione legislativa di un termine annuale per le fideiussioni in discorso (r. d. 13 febbraio 1896, n. 65, art. 221, modif. da d. p. 2 agosto 1952, n. 1968), giacch essa attiene al periodo durante il quale possono effettuarsi le temporanee importazioni, con la copertura della garanzia fideiussoria, mentre questa si estende, poi, come si visto, ad una eventuale successiva e diversa operazione (la spedizione con bolletta di cauzione), che fonte di una d~stinta obbligazione tributaria, e che pu avvenire, come ben s'intende, anche oltre quel termine annuale, ed anche dopo un biennio, se dopo un anno, o dopo due anni, viene a scadere il termine concesso per la riesportazione. (2) Massima di ovvia esattezza. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 31 maggio 1966, n. 1451, Pres. Pece Est. Giannattasio -P. M. Di Majo (parz. diff.) -Soc. Italviscosa (avv.ti Tumedei, Cattaneo) c. Ministero Finanze (avv. Stato Cavalli). Imposte e tasse in genere -Accertamento -Avviso di accertamento Indicazione dei fatti obiettivi a base dell'accertamento e della loro qualificazione giuridica -Diversa qualificazione ad opera del giudice -Ammissibilit. (c. p. c., art. 112; d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639; t. u. 29 gennaio 1958, n. 645). Profitti di contingenza -Accertamento dei fatti produttivi dei profitti avocabili, con riguardo all'ipotesi impositiva di profitti leciti Inquadramento degli stessi fatti, ad opera del giudice, nell'ipotesi impositiva concernente i profitti illeciti -Legittimit. (c. p. c., art. 112; d. I. 7 agosto 1936, n. 1639; t. u. 29 gennaio 1958, n. 645; d. I. 28 aprile 1947, n. 330, art. 1}. - PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 929 Profitti di contingenza -Profitti in dipendenza di operazioni legali o illegali in valute -Irrilevanza della distinzione. (d. I. 28 aprile 1947, n. 330, art. 1). Imposte e tasse in genere -Imposta di ricchezza mobile -Profitti di contingenza -Soggetto passivo -Mandatario dell'effettivo reddituario - tale. (t. u. 29 gennaio 1958, n. 645; d. I. 28 aprile 1947, n. 330, c. c., art. 1705). Profitti di contingenza -Detrazione della quota gi soggetta all'imposta di ricchezza mobile -Condizioni. (d. 1. 28 aprile 1947, n. 330, art. 2). In applicazione del pi generale principio, secondo cui il giudice nell'esercizio del potere-dovere di determinare quale sia l'esatto nomen juris dell'azione e quali siano le norme ed i principi di diritto applicabili alla concreta fattispecie sottoposta al suo esame - libero di dare al rapporto controverso una qualificazione giuridica diversa da quella prospettata dalle parti, e di sostituire, al titolo posto a fondamento della domanda, un altro titolo che valga a sorreggerla, incontrando in ci l'unico limite del rispetto della situazione di fatto prospettata dalle parti, ben pu il giudice medesimo, in materia tributaria, riesaminare il titolo giuridico posto a base dell'imposizione, e questa giustificare in base ad una diversa definizione legale dell'atto tassato o a una diversa classificazione dei fatti economici produttivi di redditi imponibili (1). Deve ritenersi legittimo un accertamento di profitti di contingenza operato con riguardo al conseguimento di profitti leciti, anche se, ferma la determinazione economica dei profitti medesimi, siano questi da qualificare illeciti, e perci da classificare in altra delle ipotesi impositive previste dalla legge, rientrando tale qualificazione nel potere-dovere del giudice di riesaminare il titolo giuridico dell'imposizione (2). (1-2) Espressamente la Suprema Corte si riferita, nel risolvere la questione, anche ai principi di diritto comune, secondo i quali spetta al giudice il potere-dovere di attribuire all'esperita azione, sulla base dei fatti prospettati, la appropriata qualificazione giuridica, sostituendola a quella, eventualmente erronea, indicata dalle parti: cfr., da ultimo, in argomento, Cass., 9 febbraio 1965, n. 198 e n. 205; id., 7 maggio 1965, n. 838. A fortiori ci deve dirsi per la materia tributaria, in relazione alla quale, anche sulla base dei principi del tutto generali che si ricavano dall'art. 8 della legge organica del registro, deve sempre ritenersi spettante al giudice il potere-dovere di qualificare la pretesa d'imposta, sulla base dei presupposti di fatto accertati, la cui ricorrenza determina ex lege l'insorgenza dell'obbligazione tributaria. In tali sensi, cfr., tra altre, Cass. - 930 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO n profitto rappresentato dalla differenza tra il cambio libero e quello ufficiale delle valute, sia che derivi da un'operazione iUegale, sia che tragga origine da un'operazione soltanto socialmente riprovevole, costituisce, nella legge sui profitti di contingenza, profitto avocabile (3). Soggetto passivo nelle imposte sui redditi colui che consegue redditi imponibili, indipendentemente dalla lo10 concreta destinazione ed erogazione; e soggetto passivo, quindi, va ritenuto anche il mandatario senza rappresentanza, alla cui sfera giuridica vanno riferiti gli effetti giuridici dell'attivit posta in essere per il mandante (4). Ai sensi dell'art. 2 del d. l. 28 aprile 1947, n. 330, va detratta, dai profitti di contingenza avocabili, la parte di essi soggetta all'imposta sui profitti di guerra, e quindi con detrazione anche dell'imposta di ricchezzq, mobile sulla differenza tra i maggiori utili complessivi e quelli ordinari, a condizione, per, che l'accertamento di tali detraibili tributi sia in concreto stato effettuato, nei confronti del soggetto passivo dell'imposta sui profitti di contingenza, e sia divenuto definitivo (5). (Omissis). -Con il primo motivo la societ ricorrente censura la 'i sentenza impugnata, denunciando la violazione del principio dell'immutabilit del titolo (causa petendi) dell'accertamento tributario, extrapetizione e violazione delle norme sulla prescrizione, in particolare denunciando la violazione: dell'artt. 94 reg. 11 luglio 1907, n. 560; del r. d. l. 7 agosto 1936, n. 1639; del d.1.1. 10 agosto 1944, n. 199, art. .+5; degli artt. 31 e 32 r. d. l. 8 luglio 1937, n. 1516; dell'art. 288 t. u. 29 gen16 aprile 1953, n. 999, citata nella motivazione della sentenza in nota, e che pu leggersi in Riv. leg. fisc., 1953, 658, e Cass., 13 febbraio 1951, n. 347, ivi, 1951, 279. (3) Si veda, in argomento, Relaz. Avv. Stato, 1951-55, II, 1009, ove richiamo a Sez. Un. 14 ottobre 1954, n. 3690 (Riv. leg. fisc., 1954, 1647), che ugualmente ribadiva l'indifferenza, ai fini dell'avocazione dei profitti di contingenza, della liceit o illiceit dei profitti medesimi. (4-5) Sull'irrilevanza della destinazione dei redditi, ai fini dell'imposizione nei confronti del soggetto che li realizza, cfr. Cass., 13 ottobre 1961, n. 2128, Riv. leg. fisc. 1962, 655. Devono ritenersi irrilevanti, a maggior ragione, e la Cassazione lo ha sottolineato nella sentenza in nota, i rapporti interni tra il mandatario senza rappresentanza ed il mandante, giacch l'attivit del mandatario alla sua propria sfera giuridica riferibile (cfr. Cass., 14 settembre 1963, n. 2513, Foro It., 1963, I, 2095; id. 20 maggio 1959, n. 1512, Riv. leg. fisc., 1959, 1518; id., 13 febbraio 1958, n. 459), ed i redditi dell'attivit di gestione posta in essere devono, conseguentemente, da lui medesimo ritenersi conseguiti. Del che fatta corretta applicazione anche in relazione alle questioni di cui alla quinta massima, per la coerente non riferibilit al mandatario, ed ai fini dell'imposizione che lo riguarda, di situazioni concernenti il mandante. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 931 naio 1958, n. 645 (in relazione al secondo comma e alla lett. a del primo comma dell'art. 1 del .d. l. 28 aprile 1947, n. 330, erroneamente interpretati, e agU artt. 99 e 112 c. p. c.); dell'art. 2, 1. 23 dicembre 1948, n. 1451; degli artt. 4 e 47 1. 11 gennaio 1951, n. 25;. dell'art. 24 t. u. 5 luglio 1951, n. 573; dell'art. 32 t. u. 29 gennaio 1958, n. 645; il tutto in relazione all'art. 360, n . .4 e 3 c. p. c. Lamenta .la ricorrente che la Commissione Centrale delle Imposte, con la decisione 12 aprile 1955 abbia ritenuto che il fatto economico da cui il reddito scaturisce rientri nelle previsioni della lettera a) del primo comma dell'art. 1 d. p. 28 aprile 1947, n. 33Q, anzich del secondo comma dello stesso articolo; che l'iniziale accertamento era basato sul preteso sfruttamento dei bisogni e penurie bellidhe e importava l'inquadramento nella ipotesi del secondo comma delrart. 1, e che non era mai stato notificato un atto di cambiamento del titolo, onde la pretesa fiscale, basata sul nuovo titolo, era improponibile e prescritta. N -si aggiunge -si tratta di sola qualificazione giuridica, perch sono i fatti invocati che vengono c'ambiati, e le varie ipotesi del decreto del 1947 sono altrettanti distinti titoli di imposizione. La sentenza, cio, si afferma, ha violato il principio dell'immutabilit del titolo dell'accertamento, ed , quindi, incorsa in extrapetizione di fronte alla conclusione di conferma dell'accertamento, ed una volta erroneamente esclusa la novit della pretesa fiscale, ha erroneamente rigettato l'eccezione di prescrizione. La censura infondata. La denunciata violazione o falsa applicazione di numerosi articoli di legge, e dei principi giuridici richiamati nel primo mezzo del ricorso, muove dall'errato presupposto di fatto della novit della pretesa fiscale, e cio dalla affermazione, non esatta, che la Commissione centrale, prima, e i giudici di merito, poi, abbiano posto a base dell'accertamento fatti radicalmente diversi da quelli oggetto dell'accertamento, pur se il reddito imponibile rimasto invariato. In realt, l'art. 1 del d. I. c. p. s. 28 aprile 1947, n. 330 prevede, nel primo comma, diverse ipotesi di avocazione allo Stato dei profitti eccezionali di contingenza e, in particolare, ai sensi della lett. a) di tale comma, sono avocati allo Stato i profitti di contingenza conseguiti dal 10 gennaio 1939 in dipendenza e dell'esercizio di qualsiasi attivit in contrasto con le disposizioni concernenti il conferimento obbligatorio od il blocco delle merci e delle derrate, o la limitazione dei prezzi . Nel secondo comma dello stesso articolo prevdsta l'avocazione allo Stato dei e profitti eccezionali di contingenza che, pur non rientrando nei casi previsti nel comma precedente, prendano origine da ogni attivit diretta a trarre particolare vantaggio dai bisogni e dalle privazioni determinate dalla guerra e dagli eventi con la medesima connessi, o siano il frutto di un improvvisato affarismo, sorto in relazione agli eventi suddetti. 932 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'accertamento dei profitti di contingenza fu originariamente motivato dall'ufficio come conseguenza della cessione, al cambio libero, di un certo quantitativo di sterline, in base alla differenza tra il cambio libero e quello ufficiale e ci a norma del d. I. 28 aprile 1947, n. 330 . A seguito di reclamo della Soc. Italviscosa, e pendendo il procedimento dinanzi alla Commissione distrettuale, l'ufficio -come stato accertato nelle fasi di merito -notificava alla Italviscosa in data 12 giugno 1948 altro avviso, nel quale precisava che l'accertamento trovava la sua ragion d'essere nel secondo comma dell'art. 1, nel senso che la societ, avvalendosi delle particolari situazioni che si erano venute a creare nel commercio dei filati, aveva tratto particolare vantaggio dai bisogni determinati dalla guerra e dagli eventi con la medesima connessi, subordinando la vendita dei filati, sul mercato interno, alla condizione che gli acquirenti le riconoscessero, al cambio ufficiale, una certa aliquota del 50 % della valuta proveniente dalla esportazione dei prodotti fabbricati con i filati stessi realizzando cos a proprio profitto la differenza tra il cambio libero e quello ufficiale, per l'ammontare dell'accertamento notificato . La Commissione Centrale delle Imposte, infine, con decisione non definitiva 21 giugno 1955 affermava l'applicabilit della disposizione di cui all'art. 1, primo comma, lettera a) del decreto n. 330 del 1947. Cosi ritenendo, la Commissione Centrale ha, in concreto, lasciato del tutto immutato il fatto economico dal quale il reddito scaturisce, e che costituito dal vantaggio che il privato ha tratto per effetto della negoziazione di valuta, ed ha unicamente inquadrato in una diversa disposizione di legge il fatto economico produttivo del reddito, il fatto generatore dell'obbligo tributario, che rimane immutato, salvo a rien- trare nella previsione della lett. a) del primo comma dell'art. 1 del decreto n. 330 del 1947, anzich in quella del secondo comma dello stesso articolo. Il che perfettamente legittimo, e non urta contro alcuna delle disposizioni di legge indicate nel ricorso e dinanzi ricordate, n contro alcuno dei principi dei quali si denuncia la violazione, perch ben pu il giudice riesaminare il titolo giuridico posto dall'ufficio a base della tassazione e questa giustificare in base ad una diversa definizione legale dell'atto tassato. Il giudice, cio, come questo Supremo Collegio ha gi avuto occasione di affermare, fermo il fatto economico produttivo di reddito, pu dare ad esso una diversa definizione legale, quale titolo giuridico dell'imposizione (Cass. 16 aprile 1953, n. 999). Nel caso di specie l'ufficio ha sempre contestato alla Soc. Italviscosa che il profitto eccezionale di contingenza era costituito dalla cessione al cambio libero di lire sterline 1.166.994 e, per conseguenza, dalla realizzazione della differenza tra il cambio libero e quello ufficiale,. come si sempre richiamato all'art. 1 del d. I. 28 aprile 1947, n. 330. PARTE I, SEZ. V, dIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 933 Il particolare, poi, che le commissioni tributarie e l'autorit giudiziaria hanno riportato la suesposta situazione di fatto nella previsione contemplata da un comma piuttosto che da un altro di tale articolo 1, costituisce legittimo esercizio della facolt di identificare e qualificare il rapporto tributario anche in maniera diversa da quella affermata dal1' Amministrazione finanziaria. Si tratta, in fondo, di una particolare applicazione del pi generale principio, secondo il quale il giudice, nell'esercizio del potere-dovere di determinare quale sia l'esatto nomen iuris dell'azione, e quali siano le norme e i principi di diritto applicabili alla concreta fattispecie sottoposta al suo esame, libero di dare al rapporto controverso una qualificazione giuridica diversa da quella prospettata dalle parti e di sostituire al titolo posto a fondamento della domanda un altro titolo, che valga a sorreggerla, incontrando in ci l'unico limite del rispetto della situazione di fatto prospettata dalle parti. Che, poi, il fatto della realizzazione della differenza tra il cambio liber e quello ufficiale sia da considerarsi un'operazione illegale, ove lo si riconduca nell'ambito di un comma dell'art. 1, mentre operazione legale ma socialmente riprovevole se ricondotta sotto altro comma dello stesso articolo, questione del tutto indifferente ai .fini tributari, per i quali quello che interessa il fatto. economico produttivo di reddito; sicch, quale che sia la valutazione sotto il profilo etico e anche sotto quello giuridico dei singoli fatti dai quali la legge fa derivare i profitti eccezionali di contingenza, quello che importa che questi fatti, agli effetti dell'avocazione allo Stato, sono posti sullo stesso piano e soggiacciono alla medesima disciplina. Esclusa la configurabilit di una pretesa fiscale nuova, cio di una imposizione diversa da quella originaria, cade il presupposto della pretesa e dedotta violazione delle norme sulla prescrizione. Avuto riguardo all'originaria e tempestiva imposizione, di cui si riconosciuta la persistenza, il corso della prescrizione rimasto sospeso durante lo svolgimento del procedimento innanzi alle commissioni amministrative, conclusosi con la decisione definitiva della Commissione Centrale delle Imposte. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia omessa e insufficiente o contraddittoria motivazione sul punto decisivo, relativo alla avvenuta esistenza di negoziazioni illegittime di valuta (art. 360 n. 5 c. p. c.), violazione dell'obbligo del giudice di giudicare secondo le risultanze delle prove esistenti in atti (art. 115, 360 n. 4 e 5 c. p. c.), violazione dei principi sul trasferimento di propriet delle cose determinate solo nel genere (art. 1378, 1178 cod. civ.; 360, n. 3 c. p. c.), violazione delle norme sull'ammissibilit delle presunzioni (art. 2729 c. c. ; 360 n. 3 c. p. c.), violazione e falsa applicazione dell'art. 1, comma primo, lett. a), del d. I. 28 aprile 1947, n. 330, e degli artt. 1 e 3 d. I. 26 marzo 1946, n. 139 e 360 n.3 c. p. c. La ricorrente assume di avere 934 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO opposto, al tardivo assunto della illegittima negoziazione di una parte della valuta cedutale, la tesi, fondata su documenti, che nessuna negoziazione di tal genere era avvenuta, in quanto era stata ceduta al cambio ufficiale la valuta che la Italviscosa poteva utilizzare ed aveva utilizzato per importazioni di materie prime dall'estero occorrenti alle sue committenti, mentre la parte di valuta non utilizzabile per le importazioni non era stata ceduta ad essa dagli esportatori del tessuto, che l'avevano direttamente ceduta a terzi importatori di altri prodotti esteri, ritenendo a proprio beneficio solo il controvalore in lire italiane, pari al cambio ufficiale, ed accreditando alla Italviscosa il maggior importo in lire italiane ,corrispondente al pi alto cambio che era stato pagato dai suddetti importatori. Del tutto irrilevante, poi, ai fini della legalit, era la circostanza che i cedenti trasferissero all'Italviscosa, in lire italiane, una parte del ricavo della cessione di valuta. La decisione impugnata, in sostanza, difetta di motivazione sul punto in cui ha riconosciuto che l'Italviscosa era cessionaria della valuta, laddove vi stata un'unica cessione, nel pieno rispetto del decreto n. 139 del 1946. Anche tale censura priva di fondamento. La corte di merito, dopo aver compiuto un dettagliato esame del regime normativo delle negoziazioni valutarie stabilito, allo scopo di favorire il commercio di esportazione, dal d. 1. 26 marzo 1946, n. 139, e dopo aver ricordato che la valuta lasciata nella disponibilit degli esportatori poteva, a norma dell'art. 1 di quel decreto, essere da essi utilizzata direttamente, o ceduta, ma non pi di una volta, ha precisato che, mentre non era illegittima la prima parte dell'operazione valutaria posta in essere dalla Italviscosa , e consistente nell'acquisizione di una determinata aliquota della valuta estera ottenuta dagli esportatori, era invece illegittima la seconda fase, relativa alla successiva negoziazione della valuta cos procuratasi, perch la societ, quale cessionaria di valuta, non poteva cederla ulteriormente a terzi, ma avrebbe dovuto, ai sensi dell'art. 1, comma secondo del detto decreto, utilizzarla solo per la importazione dall'estero di merci, o, in difetto di utilizzazione, cederla all'Istituto italiano per i cambi. La Corte del merito, con diffusa e logica motivazione, ha confutato, poi, la tesi dell'Italviscosa, secondo la quale la valuta da essa negoziata sarebbe stata di primo giro , rilevando che essa, nel vendere i propri filati alle ditte fabbricanti di tessuti, pose in essere un rapporto economico-giuridico diverso, per soggetti e per oggetto, da quello costituito dalla successiva vendita all'estero dei manufatti, sicch le banche autorizzate a funzionare quali agenzie della Banca d'Italia avrebbero dovuto considerare le valute provenienti dalla esportazione dei tessuti, accreditate sui conti valutari delle ditte esportatrici, quale valuta di primo giro per queste ultime, salvo a trasferirle, poi, su richiesta delle predette ditte, sui conti della PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 935 Italviscosa, quale mezzo di pagamento utilizzabile solo per le importazioni di merci dal'estero. Sottolineata, quindi, l'irrilevanza giuridica dell'errore di valutazione da parte di alcuni istituti di credito, circa la considerazione della valuta (da essi ritenuta di primo giro ), e l'irrilevanza dell'inerzia degli organi governativi di controllo valutario, la corte di merito ha posto bene in risilto l'illecita negoziazione dell'Italviscosa, attuata con un abile espediente, consistente nel lasciare sui conti dei singoli esportatori le valute cui essa avrebbe avuto diritto in base ai contratti di vendita dei filati, finch, per la parte che non le era possibile utilizzare direttamente, non avesse indicato il soggetto cui le .dette valute dovevano essere cedute al cambio libero, ottenendo, cosi, il risultato di far figurare un solo diretto trapasso tra le ditte esportatrici e quelle acquirenti della valuta, in luogo dei due trapassi avvenuti in concreto. Trattasi di una, .ricostruzione dei fatti, compiuta in base alla documentazione di causa, ampiamente motivata ed ispirata a rigore logico ed. esente da errori giuridici, per cui non si vede come essa possa formare oggetto di riesame in questa sede di legittimit. Neppure censurabile la sentenza per un preteso vizio di attivit, concernente la valutazione delle prove, e, in particolare, della relazione della Banca d'Italia, perch la corte di merito ha esaminato tale relazione e l'ha riscontrata conforme alla valutazione da essa compiuta, in quanto da quella relazione risulta -si legge nella sentenza -che la valuta estera non fu trasferita sui conti valutari dell'Italviscosa, ma fu riportata direttamente dai conti valutari degli esportatori sui conti di altri industriali in base alle disposizioni di volta in volta impartite dalla ltalviscosa, che ne era invece la vera proprietaria, facendosi cos figurare quali cedenti della valuta gli industriali esportatori. Si ha, dunque, non solo fa considerazione, ma la piena utilizzazione del contenuto probatorio della relazione della Banca d'Italia, anche se la corte di merito non ha creduto, nel suo sovrano apprezzamento, di fare proprio il giudizio conclusivo della stessa relazione. Con il terzo motivo la ricorrente censura la sentenza impugnata denunciando la violazione del principio che soggetto passivo delle imposte chi abbia effettivamente acquisito un reddito o un arricchimento (artt. 23 e 53 della Costituzione; t. u. 29 gennaio 1958, n. 645; 1 d. 1. 28 aprile 1947, n. 330), la falsa applicazione analogica dell'istituto del sostituto d'imposta (art. 14 t. u. n. 645 del 1958), la violazione e falsa applicazione delle norme sul mandato senza rappresentanza (artt. 1705, 1706, 1707, 1708, 1711, 1713, 1718 primo cpv., c. c.), la violazione delle norme sulla utilizzazione delle valute estere (artt. 1 e 3 d. I. I. 26 marzo 1946, n. 139): il tutto in relazione all'art. 360 n. 3 c. p. c.; omessa e contradditoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 n. 5 c. p. c.). La Italviscosa -si afferma -quale mandataria 936 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO era stata assoggettata con imposizione per un reddito delle sue man . danti. La relativa eccezione, accolta dal Tribunale, stata invece respinta dalla Corte con motivazione errata, pur essendosi ammesso, in , . linea di fatto, che l'Italviscosa non si era avvantaggiata degli utili del~ l'operazione avendoli riversati alle due mandanti. La corte ha detto che, trattandosi di mandato senza rappresentanza, il profitto si era verificato esclusivamente nella sfera giuridica dell'Italviscosa. Ma la legge tributaria assoggetta a tributo i titolari effettivi e non i titolari ' annarenti o nominali di redditi, e specie la legge sui profitti di contingenza colpisce chi ha conseguito per s un eccezionale arricchimento, altrimenti sarebbe alterato il principio della capacit contributiva (art. 53 Cost.). Comunque, nella specie, la presunzione di appartenenza del profitto alla Italviscosa era stata vinta da prova contraria. Sempre secondo la ricorrente, non era dato parlare di sostituto d'imposta, che ricorre solo in casi determinati; per l'art. 1705, primo comma, c. c., tutto ci che il mandatario acquista in nome proprio, per conto del mandante, appartiene di diritto a quest'ultimo fin dall'origine; non vero che la negoziazione di valuta esorbitava dal mandato, e comunque vi sarebbe stata ratifica tacita; infine, la motivazione con la quale era stata respinta l'eccezione di improponibilit dell'accertamento era insufficiente e contraddittoria. La corte ha ammesso che debitore di imposta non colui il quale ha compiuto l'operazione, ma chi si arricdhito attraverso la stessa; poi, contraddittoriamente, non ha tratto le conclusioni discendenti dalla constatazione che il cosiddetto profitto , ~j~~ era stato versato alle societ mandanti, n ha tenuto conto della circo i:1 ~ stanza che la tassazione del profitto stesso _per ricchezza mobile era . stato fatto in capo alle committenti. 1 @. Sgombrato il terreno da richiami che non riguardano la presente :l'! ::::: controversia -come quello all'art. 23 della Costituzione (secondo ffi il quale nessuna prestazione personale o patrimoniale pu essere impo ~ )li sta, se non in forza di legge), dal momento che il provvedimento di ~ m imposizione avente forza di legge esiste e precisa a chi in astratto 2. va imposta la prestazione; o come quello all'art. 53 della Costituzione, ffi m dovendosi accertare in concreto chi il titolare del profitto straordina ~ ] rio di contingenza e non discutere della progressivit del sistema tribu] tario, intesa come direttiva al legislatore per attuare la giustizia sociale; I x< o come quello del sostituto d'imposta (art. 14 t. u. n. 645 del 1958), perch la sentenza impugnata, che ha individuato nell'Italviscosa il @ soggetto che ha prodotto il reddito oggetto di imposizione, non ha ! ,.... parlato n aveva '8gione di P"'lare di tale iotituto -, con la cenmra 1 ='.j=,_.=':_,.1_. :i in esame, attraverso la citazione di una serie di articoli di legge, si .... 1 ?\ vuole in sostanza sostenere che i titolari apparenti di redditi non pos-I I aono e"ere a"oggettati alla avoc.,ione in esame, peroh la legge I I% I I w.. I --' : S:mwrtlf,a-ffJJ1fllfJf1':rffllflf . ,,_yz...===ll&r.4f1if-AWclt1","JiJL. y,,_.,,,.llFA&,,,..,~111'1~ PARTE. I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA speciale sui profitti di contingenza colpisce soltanto chi ha effettivamente conseguito per s un eccezionale arricchimento. La censura infondata. Mancando nella legislazione sui profitti eccezionali di contingenza una norma che disciplini le ipotesi di dissociazione tra il soggetto passivo dell'avocazione ed il beneficiario dei profitti e, in particolare, che distingua da quest'ultimo il reddituario apparente, mandatario senza rappresentanza, devesi necessariamente far ricorso ai criteri vigenti per l'imposta di ricchezza mobile, e ritenersi che, una volta accertata l'esistenza di un profitto eccezionale, tale profitto soggetto ad avocazione al nome del soggetto che lo ha acquisito, indipendentemente dalla concreta destinazione ed erogazione del profitto stesso dopo la sua acquisizione a quel soggetto (Cass. 13 ottobre 1961, n. 2128). Ed giusto che sia cosi, non solo perch in caso contrario l'Amministrazione finanziaria dovrebbe affrontare difficili ricerche del soggetto che si effettivamente arricchito, ma anche e soprattutto perch, mentre nella rappresentanza c' la contemplatio domini, nel mandato senza rappresentanza (o nella commissione) difetta la spendita del nome del mandante. Il negozio posto in essere dal rappresentante, che opera in nome e per conto del rappresentato, produce effetti giuridici direttamente in capo a quest'ultimo, laddove il negozio posto in essere dal commissionario, che opera in nome proprio bench per conto del committente, produce effetti giuridici nel patrimonio dello stesso commissionario, anche se, poi, con un ulteriore atto giuridico, tali effetti sono riversati nel patrimonio dell'altro. In altri termini, di fronte all'amministrazione finanziaria, la commissione, tra l'Italviscosa da una parte e la Snia Viscosa, la Chatillon e la Snia Viscosa dall'altra, res inter alios acta. Senza dire che il giudice di merito ha accertato, in linea di fatto, che il commissionario doveva provvedere le materie prime e vendere i filati, ma era escluso che potesse compiere negoziazione di valuta, per cui avrebbe addirittura agito fuori dei limiti del mandato e l'operazione compiuta non costituiva esecuzione del mandato, il quale restava collegato ad essa operazione attraverso un nesso meramente occasionale. N infine ha fondamento l'ultima questione, relativa alla detrazione, dai profitti di contingenza del commissionario, di quanto gi colpito per imposta di ricchezza mobile in capo alle committenti. esatto che, a norma dell'art. 2 del d. I. C. P. S. 28 aprile 1947, n. 330, dall'importo dei profitti eccezionali di contingenza accertati a mente del precedente art. 1 portata in detrazione la parte dei profitti medesimi che sia stata, eventualmente, compresa nell'accertamento ai fini dell'imposta straordinaria sui profitti di guerra, quando detto accertamento sia divenuto definitivo; ed noto che la determinazione della quota avocabile agli effetti dell'imposta straordinaria sui maggiori utili di guerra (d. 1. 1. 27 maggio 1946, n. 436) si effettuava calco 938 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO lando la detrazione per imposta di R. M. sul maggiore utile, costituito dalla differenza tra il reddito complessivo e quello ordinario. Per ottenere, per, che dalla base imponibile del profitto di contingenza vengano detratti gli oneri di ricchezza mobile, occorre essere stati assoggettati al pagamento di questo tributo, mentre pacifico che l'Italviscosa non vi stata assoggettata ed anzi di tale esonero essa si avvale per dedurne che il tributo mobiliare deve essere stato corrisposto dalle committenti. Ammesso che ci sia esatto, ed anche a ritenere che tale eventuale pagamento sia privo di causa, non per questo l'Italviscosa, che nulla ha versato, sarebbe legittimata a ripeterne l'importo. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 11 luglio 1966, n. 1822 -Pres. Favara -Est. Roperti -P. M. Colonnese (conf.) -Ministero Finanze (avv. Stato Peronaci) c. Soc. S.T.E.T. (avv. Sequi). Imposta di registro -Societ -Sovrapprezzo azioni di nuova emissione Imposta proporzionale -Esclusione. (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 8; tariffa all. A, artt. 81, 85). Imposte e tasse in genere -Restituzione di imposte -Interessi ex 1. 26 gennaio 1961 n. 29 -Applicabilit ai pagamenti indebiti effettuati prima della sua entrata in vigore -Decorrenza. (1. 26 gennaio 1961, n. 29, art. 5). L'imposta proporzionale prevista dall'art. 85 della tariffa all. A della legge di 1egistro 30 dicembre 1923, n. 3269 non si applica al sovrap prezzo che sia riscosso dalle societ azionarie sulle azioni di nuova emis sione, in dipendenza di una deliberazione di aumento di capitale, oltre il valore nominale delle azioni emesse: ci in quanto il detto sovrap prezzo azionario ha natura di conferimento al patrimonio sociale e non di aumento di capitale al quale esclusivamente si riferisce l'art. 85 della ricordata tariffa (1). Ai sensi della legge 26 gennaio 1961, n. 29, gli interessi sulle somme da restituire per tasse ed imposte indirette sugli affari riconosciute, con provvedimento amministrativo o giudiziario, non dovute, spettano anche per i pagamenti indebiti effettuati prima della data dell'entrata in vigore (1) Nello stesso senso Cass. 15 gennaio 1965, n. 85, in questa Rassegna, 1.965, I, 774, ove si rilevava, in nota, che la soluzione lascia perplessi, ma risponde ad un orientamento della Corte Suprema ormai consolidato (cfr., pure, la conforme Cass. 25 marzo 1965, n. 488, Foro It., 1965, I, 763). In argomento, si veda Relaz. Avv. Stato, 1961-65, II, 485. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 939 di detta legge, ma con decorrenza da tale data, ovvero, se a questa sia posterio1e l'istanza di rimborso, dalla data dell'istanza medesima (2). (2) Giurisprudenza consolidata. Si veda, da ultimo, Cass. 22 ottobre 1965, n. 2189, in questa Rassegna, 1965, I, 1268, e cfr. Relaz. Avv. Stato, 1961-65, II, 374. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 11 luglio 1966, n. 1826 -Pres. Fibbi Est. Malfitano -P. M. Colonnese (conf.) -Bartoli (avv. Capozzi) c. Ministero Finanze (avv. Stato Masi). Imposta di registro -Diritto dell'Amministrazione alle ordinarie imposte per decadenza del contribuente dai benefici -Termini prescrizionali previsti dalla legge organica del registro -Inapplicabilit Prescrizione ordinaria decennale -Applicabilit. (c. c., art. 2946; r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 136, 137, 138; I. 2 febbraio 1960, n. 35, art. 4; I. 6 ottobre 1962, n. 1493, art. 2). L'azione dell'Amministrazione per il recupero delle ordinarie irnposte, dovute per decadenza da benefici, non inquadrabile in alcuna delle ipotesi per le quali gli artt. 136, 137 e 138 della legge organica del registro prevedono particolari termini di prescrizione, e pertanto -alla stregua della normativa anteriore all'entrata in vigore delle leggi n. 35 del. 1960 e n. 1493 del 1962 -deve in materia ritenersi l'applicabilit dell'ordinaria prescrizione decennale, ai sensi dell'art. 2946 c. c., con decorrenza dalla data dell'avveratasi decadenza (1). (Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso, denunziandosi la violazione dell'art. 136 della legge di registro e il difetto di motivazione della sentenza impugnata, si censura la sentenza medesima per avere (1) La Corte Suprema, per la prima volta occupandosi della questione, ha dato a questa la lineare soluzione, di cui alla massima, ricordando che le norme ordinarie in tema di prescrizione sono applicabili anche in materia tributaria, quando le singole leggi d'imposta non dispongano diversamente (ed in tali sensi cfr., gi, Cass. 13 febbraio 1951, n. 347, Riv. Leg. Fisc. 1951, 279, con riferimento alla disciplina delle cause interruttive della prescrizione), e sottolineando -avuto riguardo alla normativa vigente prima dell'entrata in vigore delle leggi n. 35 del 1960 e n. 1493 del 1962 la non inquadrabilit dell'ipotesi di recupero di imposte normali, a seguito di decadenza da benefici, in alcuna delle fattispecie contemplate, per una speciale disciplina della prescrizione, dalla legge organica del registro. In senso conforme, cfr. la sentenza confermata della Corte di Genova, 29 novembre 1963, Dir. Prat. Trib. 1964, II, 507, con nota contraria del RAsTELLO, il cui rilievo -circa l'inquadrabilit della ipotesi in esame nell'ambito della disciplina dell'art. 136 della legge del registro, e ci nella considerazione che nel caso di recupero di imposte a seguito di decadenza da benefici, il diritto dell'Amministrazione da ritenere gi sussistente al 940 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ritenuto che il diritto della Finanza a percepire l'imposta proporzionale di registro sull'atto del 30 giugno 1951 non fosse prescritto per non essere decorso il termine previsto dall'art. 2946 del codice civile. In proposito si deduce che non poteva farsi ricorso ai termini di prescrizione previsti dal codice civile perch essi sono fuori dal sistema tributario e che, nella specie, trattandosi di richiesta di imposta relativa a tin atto gi registrato, era applicabile la prescrizione triennale di cui all'art. 136, secondo comma della legge di registro, con la conseguenza che il diritto della Finanza era prescritto per essere stato fatto valere dopo i tre anni dalla data di registrazione dell'atto di rivendita dell'immobile non ricostruito, la quale determinava la decadenza dal beneficio fiscale e la correlativa insorgenza del diritto a pretendere la imposta proporzionale di registro sul precedente atto registrato con il pagamento della tassa fissa. La censura infondata. La Corte di merito ha esattamente ritenuto che l'azione della Finanza per il pagamento dell'imposta di registro, dovuta dal Bartoli nella misura ordinaria per essere decaduto dalle agevolazioni tributarie concernenti la ricostruzione edilizia, si prescriva con il decorso di dieci anni dalla data in cui si verific la decadenza. Invero, questa azione non si identifica con nessuna di quelle per le quali la legge di registro ha stabilito un termine di prescrizione. L'art. 136 della legge di registro stabilisce che si prescrive con il decorso di tre anni l'azione della finanza per il pagamento di un supplemento di tassa . Ora, pur intendendosi questa espressione in senso lato, s da comprendervi l'imposta suppletiva e quella complementare, non pu farsi rientrare in essa anche l'imposta dovuta per effetto di decadenza da benefici fiscali, perch il diritto della finanza a percepire l'imposta suppletiva e quella complementare, alla data della registrazione del- momento della registrazione, sia pure condizionato al verificarsi della deca denza medesima -trova puntuale ed incisiva confutazione nella sentenza in rassegna, che pone in luce come l'indicata disposizione pu riferirsi, in ogni caso, soltanto alle azioni che trovano fondamento nella situazione esistente al momento della registrazione ., e cio a quelle relative al recu pero di imposte non liquidate, per errore oggettivo o soggettivo, in sede di registrazione, e che in tale sede, altrimenti, sarebbero state normal mente liquidabili; cosa che non pu dirsi, ovviamente, per le imposte do vute a seguito di decadenza del contribuente dalle agevolazioni. In senso contrario alla massima, cfr. App. Torino, 1 dicembre 1962, Foro Pad., 1963, I, 272, con argomentazioni che ugualmente trovano gi 0 confutazione nella sentenza in nota, i cui rilievi portano a ritenere altres superato il diverso orientamento (applicabilit del termine previsto dalle leggi n. 35 del 1960 e n. 1493 del 1962 anche ai rapporti anteriormente sorti), espresso da Trib. Firenze, 9 marzo 1964, Dir. Prat. Trib., 1964, II, 532. - RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ritenuto che il diritto della Finanza a percepire l'imposta proporziona di registro sull'atto del 30 giugno 1951 non fosse prescritto per m essere decorso il termine previsto dall'art. 2946 del codice civile. l proposito si deduce che non poteva farsi ricorso ai termini di prescr. zione previsti dal codice civile perch essi sono fuori dal sistema tri butario e che, nella specie, trattandosi di richiesta di imposta relativi a rin atto gi registrato, era applicabile la prescrizione triennale d. cui all'art. 136, secondo comma della legge di registro, con la conseguenza che il diritto della Finanza era prescritto per essere stato fatto valere dopo i tre anni dalla data di registrazione dell'atto di rivendita dell'immobile non ricostruito, la quale determinava la decadenza dal beneficio fiscale e la correlativa insorgenza del diritto a pretendere la imposta proporzionale di registro sul precedente atto registrato con il pagamento della tassa fissa. La censura infondata. La Corte di merito ha esattamente ritenuto che l'azione della Finanza per il pagamento dell'imposta di registro, dovuta dal Bartoli nella misura ordinaria per essere decaduto dalle agevolazioni tributarie concernenti la ricostruzione edilizia, si prescriva con il decorso di dieci anni dalla data in cui si verific la decadenza. Invero, questa azione non si identifica con nessuna di quelle per le quali la legge di registro ha stabilito un termine di prescrizione. L'art. 136 della legge di registro stabilisce che si prescrive con il decorso di tre anni l'azione della finanza per il pagamento di un supplemento di tassa . Ora, pur intendendosi questa espressione in senso lato, si da comprendervi l'imposta suppletiva e quella complementare, non pu farsi rientrare in essa anche l'imposta dovuta per effetto di decadenza da benefici fiscali, perch il diritto della finanza a percepire l'imposta suppletiva e quella complementare, alla data della registrazione del- momento della registrazione, sia pure condizionato al verificarsi della deca denza medesima -trova puntuale ed incisiva confutazione nella sentenza in rassegna, che pone in luce come l'indicata disposizione pu riferirsi, in ogni caso, soltanto alle azioni che trovano fondamento nella situazione esistente al momento della registrazione., e cio a quelle relative al recu pero di imposte non liquidate, per errore oggettivo o soggettivo, in sede d registrazione, e che in tale sede, altrimenti, sarebbero state normal mente liquidabili; cosa che non pu dirsi, ovviamente, per le imposte do vute a seguito di decadenza del contribuente dalle agevolazioni. In senso contrario alla massima, cfr. App. Torino, 1 dicembre 1962, Foro Pad., 1963, I, 272, .con argomentazioni che ugualmente trovano gi confutazione nella sentenza in nota, i cui rilievi portano a ritenere altres superato il diverso orientamento (applicabilit del termine previsto dalle leggi n. 35 del 1960 e n. 1493 del 1962 anche ai rapporti anteriormente sorti), espresso da Trib. Firenze, 9 marzo 1964, Dir. Prat. Trib., 1964, II, 532. 942 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 agosto 1966, n. 2181 -Pres. Pece -Est. Straniero -P. M. Pedace (conf.) -Druetti (avv. Manfredonia) c. Ministero Finanze (avv. Stato Cavalli). Imposta di successione -Legge 20novembre1955, n.1123, per l'equiparazione del trattamento tributario delle successioni da adottante ad adottato a quello delle successioni tra genitori e figli legittimi Retroattivit -Esclusione. (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270; d. I. 8 marzo 1945, n. 90; I. 20 novembre 1955, n. 1123). Imposte e tasse in genere -Imposta di successione -Momento della nascita dell'obbli~azione tributaria. (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270). Le disposizioni della legge 20 novembre 1955, n. 1123, per l'equiparazione del trattamento tributario delle successioni da adottante ad adottato a quello delle successioni tra genitori e figli legittimi, non sono retroattive (1). L'obbligazione tributaria sorge nel momento in cui si determina la situazione di fatto che la legge assume a presupposto dell'imposizione, e tale momento, per le imposte di successione, coincide con quello dell'apertura della successione (2). (1) In ar.gomento, si veda Relaz. Avv. Stato, 1961-65, II, 590. L'attuale pronuncia della Corte Suprema conferma il chiaro indirizzo, nella soggetta materia, gi segnato da Cass. 6 novembre 1964, n. 2693, in questa Rassegna, 1965, I, 185. (2) In motivazione,al riguardo, la Corte Suprema, ricordando che la obbligazione tributaria sorge sia quanto all'esistenza che alla misura, nel momento in cui si determina la situazione di fatto che la legge considera generatrice dell'imposta, e che ne costituisce, pertanto, il presupposto, ha rilevato che, per l'imposta di successione, quel momento coincide con quello in cui, con l'apertura della successione, sorge per l'erede il diritto alla surrogazione nei diritti e nelle obbligazioni del de cuius ; ha altres sottolineato, con riferimento ai principi, che l'attivit, dell'Amministrazione o del contribuente, da esplicarsi ai fini della liquidazione del tributo, va inquadrata nel momento dell'accertamento, che costituisce, vero, momento essenziale del rapporto giuridico d'imposta, sotto il profilo della necessit della verifica del concorso in concreto dei presupposti per l'applicazione del tributo, della valutazione dei cespiti e della concreta determinazione della somma che il contribuente dovr corrispondere , ma soltanto, ed appunto, mezzo strumentale di ricerca, determ~nazione e liquidazione ., che non incide, quindi, sulla nascita dell'obbligazione d'imposta. Sul tema generale dell'accertamento, ed anche per ulteriori riferimenti giurisprudenziali, cfr. Relaz. Avv. Stato, 1961,65, II, 293 ss. Per la natura dichiarativa dell'accertamento, cf. GIANNINI, I concetti fondamentali, Torino, 1956, 174; CocIVERA, Accertamento tributario (in PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 94;3 Enc. Dir., vol. I, Milano, 1958, 246, ss.). Contra: ALLORIO, Dir. proc. trib. Torino, 1953, 118, secondo cui, per, come noto, al concetto stesso di accertamento dovrebbe sostituirsi quello di imposizione; BERLIRI, Principi di diritto tributario -voi. III -L'accertamento, Milano, 1964, 277 ss., per la critica della cui opinione, sul punto che per i tributi e con imposizione spetterebbe all'Amministrazione, prima che sia posta in essere l'atto di imposizione, soltanto un diritto potestativo, cfr. la recensione alla citata opera, in questa Rassegna, 1964, II, 193 ss. Con specifico riferimento alla materia dei tributi successori, per la coincidenza della nascita della relativa obbligazione con il momento della apertura della successione, cfr. SERRANO, Le imposte di successione, Torino, 1953, 56. TRIBUNALE DI NAPOLI, 4 aprile 1966 -Pres. Capozzi -Est. Mattiello -Soc. Mobilchimica Italiana (avv. Berardinone) c. Ministero Finanze (avv. Stato Pagano). Imposta di registro -Agevolazioni previste dalla 1. 29 luglio 1957, n. 634 per gli aumenti di capitale preordinati al potenziamento della attivit industriale da parte di societ aventi sede ed operanti nel Mezzogiorno -Aumenti di capitale da parte di societ il cui statuto prevede lo svolgimento di attivit anche commerciale e finanziaria e l'istituzione di succursali e stabilimenti anche fuori del Mezzogiorno -Inapplicabilit. (1. 29 luglio 1957, n. 634, art. 38, lett. a). Ai fini dell'applicazione del beneficio fiscale della registrazione a tassa fissa, previsto dall'art. 38 lett. a) della l. 29 luglio 1957, n. 634 per gli atti relativi ad aumenti di capitale preordinati al potenziamento dell'attivit industriale da parte di societ aventi sede ed operanti nel Mezzogiorno, necessario che la societ, il cui capitale viene aumentato, abbia ad oggetto unicamente l'esercizio di attivit industriale, e che l'attivit stessa venga esplicata soltanto nel territorio del Mezzogiorno e che tali condizioni si desumano con certezza dall'atto costitutivo e dallo statuto sociale; sicch quando lo statuto sociale preveda lo svolgimento anche di attivit commerciale e finanziaria, e l'istituzione di succursali e stabilimenti anche in territori diversi da quelli del Mezzogiorno, va esclusa l'applicabilit del beneficio fiscale (1). (1) Con la sentenza in rassegna, che si segnala per la novit della questione, il Tribunale di Napoli ha esattamente individuati i limiti entro cui deve essere mantenuta l'applicazione del beneficio fiscale, previsto dall'art. 38 lett. a) della legge 29 luglio 1957, n. 634 per gli aumenti di 944 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -Secondo il disposto dell'art. 38 lett. a) della 1. 29 luglio 1957, n. 634, concesso il beneficio della registrazione a tassa fissa per gli aumenti di capitale preordinati al potenziamento dell'attivit industriale da parte di societ aventi sede ed operanti nel Mezzogiorno d'Italia. Pertanto condizioni indispensabili per l'ottenimento del beneficio sono da un lato che la societ il cui capitale viene aumentato abbia ad oggetto l'esercizio di attivit industriale dall'altro che l'attivit stessa venga esplicata nell'Italia Meridionale. Ora, come esattamente rilevato dalla difesa dello Stato, necessario che siffatte condizioni possano desumersi con certezza dall'atto costitutivo e dallo statuto che identificano e delimitano l'oggetto e gli scopi sociali nonch l'ambito territoriale entro il quale gli stessi devono essere realizzati; senza che al riguardo possa riconoscersi valore decisivo al contenuto della deliberazione di aumento, che di per s nessuna garanzia pu offrire circa l'effettiva destinazione del capitale agli scopi avuti di mira dalla norma agevolativa. Il cui meccanismo di applicazione si risolve tutto e soltanto nell'accertamento, al momento della deliberazione di aumento, della sussistenza delle condizioni anzi cennate senza alcuna possibilit per il fisco di controlli ulteriori circa l'effettivo impiego del capitale, non essendo al riguardo prevista la decadenza dal beneficio per il non corretto uso del capitale medesimo. Sicch unica garanzia ai fini dell'esatto adempimento del precetto legislativo in relazione agli scopi dallo stesso perseguiti quella na scente dalla circostanza che, in base all'atto costitutivo ed allo statuto, la societ non possa esercitare altra attivit che quella industriale e non possa utilizzare l'aumento di capitale se non. per il potenziamento della stessa attivit nei territori del Mezzogiorno d'Italia. Alla stregua di tali premesse non pu dirsi che la societ oppo nente abbia titolo per fruire della agevolazione fiscale in questione. capitale preordinati al potenziamento della attivit industriale da parte di societ aventi sede ed operanti nel Mezzogiorno. Il Tribunale ha acutamente avvertito come l'applicazione del beneficio fiscale, in considerazione che l'effettivo impiego del capitale non soggetto a successivo controllo da parte della finanza e non sono previste decadenze dai benefici concessi, debba essere necessariamente ancorata alla certezza che l'aumento stesso sia destinato al potenziamento di attivit industriale da esercitarsi nel Mezzogiorno, e come tale certezza, attesa la mera stru mentalit della delibera di aumento, possa acquisirsi solo facendo riferi mento all'atto costitutivo ed allo statuto sociale, ed unicamente quando da tali atti, fondamentali per la costituzione ed il funzionamento della societ, risulti che la stessa altra attivit non possa esercitare se non quella industriale, ed in nessun altro territorio se non in quello del Mez zogiorno. Quando, invece, la societ, come nella specie esaminata dal Tribunale, - PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 945 Invero, come si ricava dall'art. 3 dello Statuto sociale (che a norma dell'art. 2328 c. c., anche se forma oggetto di atto separato, si considera parte integrante dell'atto costitutivo), la societ potr istituire succursali, agenzie, rappresentanze, stabilimenti e depositi in Italia e all'estero ., inoltre nell'art. 2 del medesimo atto, nel definire l'oggetto sociale, si precisa che in esso rientra una serie di attiv.it commerciali e finanziarie da svolgersi in Italia ed all'estero ed implicanti operazioni di compravendita di mater.ie prime e prodotti finiti o semilavorati, di macchinari, motocicli, natanti e brevetti, di azioni, obbligazioni e titoli di altre societ, nonch l'assunzione della partecipazione ad imprese aventi oggetto analogo al proprio con la realizzazione di operazioni immobiliari, commerciali, industriali e finanziarie idonee a facilitare l'esplicazione dello scopo sociale. Ora, se la soc. Mobil Chimica ha in programma di istituire stabilimenti anche all'estero oltre che in altre regioni d'Italia e di esercitare attivit commerciale e finanziaria accanto a quella industriale fuor di dubbio che la stessa manca dei requisiti idonei a consentirle di fruire dell'agevolazione fiscale dopo che il suo capitale istituzionalmente destinato anche alla realizzazione di finalit estranee alla previsione normativa di favore volta ad agevolare l'aumento di capitale soltanto per le societ il cui oggetto ed i cui scopi si adeguino alle condizioni in essa stabilite. Condizioni la cui sussistenza, come gi detto, deve potersi desumere con certezza, al momento della deliberazione di aumento, dall'atto costitutivo e dallo statuto, che soli possono dare la garanzia dell'esatto adempimento del precetto legislativo; a nulla rilevando le finalit dichiarate a giustificazione dell'aumento. Questo, infatti, avendo un valore meramente strumentale ai fini della realizzazione dell'oggetto e degli scopi sociali, non pu spiegare alcuna efficacia qualificante in ordine agli stessi che restano pur sempre quelli identificati e definiti dall'atto costitutivo e dallo statuto. possa esercitare anche attivit non industriale, o in territorio diverso da quello del Mezzogiorno, manca l'accennata certezza, nonostante qualsiasi contraria dichiarazione nella delibera di aumento del capitale, potendo quest'ultimo essere indifferentemente impiegato per la realizzazione di tutti i fini sociali. La sentenza, dunque, non pu che condividersi. Si segnala che, con coeva sentenza e con analoga motivazione, il Tribunale di Napoli ha dichiarato inapplicabile il beneficio fiscale previsto dall'art. 36 della legge 29 luglio 1957, n. 634 ad atti costitutivi di societ, il cui statuto preveda l'esercizio anche di attivit commerciale e finanziaria, e l'istituzione di succursali e stabilimenti anche in territori diversi da quelli del Mezzogiorno. F. PAGANO 946 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO N pu dirsi che cosi opinando si incorra in violazione dell'art. 8 della legge di registro che impone l'applicazione delle tasse secondo la intrinseca natura e gli effetti degli atti. Invero negando l'applica2lione del beneficio fiscale e liquidando l'imposta nella misura normale, l'ufficio non ha mancato di tener conto dell'intrinseca natura dell'atto la cui identificazione, anche quanto agli effetti, ai fini della operativit della norma di favore, non poteva farsi, giusta quanto fin qui detto, se non alla luce dell'atto costitutivo e dello statuto. Che poi le disposizioni statutarie innanzi richiamate abbiano valore meramente programmatico circostanza che non rileva ai fini per i quali stata dedotta, valendo esse pur sempre ad identificare e definire l'oggetto e gli scopi sociali. N alcuna implicazione favorevole alla tesi dell'opponente pu trarsi dal fatto, dalla medesima asserito, di aver utilizzato i suoi capitali per la istituzione in Barra di uno stabilimento industriale; ci perch le condi2lioni richieste per la concessione dell'agevolazione devono sussistere al momento della deliberazione di aumento a nulla rilevando l'effettiva destinazione del capitale aumentato, non soggetta ad alcun controllo da parte del fisco. -(Omissis). SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 luglio 1966, n. 1894 -Pres. Fibbi Est. D'Amico -P. M. Pedace -Sollima Morso (avv. Ture) c. Ministero Finanze (avv. Stato Albisinni). Acque pubbliche -Controversia sul se un terreno faccia pi parte dell'alveo -Competenza del Tribunale delle Acque -Sussiste -Controversia sulla propriet di un terreno che abbia cessato di far parte dell'alveo -Competenza del G. O. -Sussiste. La controversia sul se, ed entro quali limiti, un terreno abbia cessato di far parte dell'alveo di un fiume, rientra nella competenza del Tribunale delle Acque, mentre la controversia sulla appartenenza di un terreno che abbia gi cessato in modo definitivo di far parte dell'alveo rientra nella competenza del giudice ordinario (1). (1) Massima esatta. TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 7 ottobre 1965, n. 17 -Pres. Reale -Est. Daniele -Club Nautico Bardolino (avv. De Sanutis Mangelli) c. Ministeri dei LL.PP. e delle Finanze (avv. Stato Del Greco). Demanio e patrimonio -Demanio naturale -Delimitazione ex lege -Inesistenza di un potere della P. A. di delimitazione in base a valutazioni discrezionali. .Competenza e ~iurisdizione -Atto amministrativo di delimitazione del demanio naturale -Lesione di diritto soggettivo perfetto del privato -Controversia -Competenza dell'A.G.O. La delimitazione dei beni del demanio naturale (nella specie lacuale) trae origine esclusivamente dalla legge e non da valutazioni 948 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO discrezionali della P. A. che non ha alcun potere di sacrificare il diritto del privato, trasformando da patrimoniale in demaniale la natura di un bene e trasferendo questo dal patrimonio del privato a quello demaniale (1). La P. A~ che con un atto amministrativo di delimitazione del demanio naturale (nella specie lacuale) ricomprenda in questo un bene di proprietd privata, agendo al di fuori del potere conferitole dalla legge, viola un diritto soggettivo pe1fetto del cittadino, la cui tutela rimessa al giudice ordinario (2). (1-2) Cfr., in argomento, C'ass., 20 luglio 1965, n. 1652, in questa Rassegna, 1965, I, 1134, con nota; Trib. Sup. Acque, 8 giugno 1965, n. 14, ibidem, 830, con nota di MARZANO, In tema di delimitazione dei laghi demaniali e delle spiagge; id., 8 novembre 1960, n. 29, Foro amm., 1964, I, 339 con richiamo ad altri precedenti. Per l'affermazione di analoghi principi in materia di demanio marittimo, cfr. Cons. Stato, VI, 9 novembre 1965, n. 788, retro, 146. TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 14 ottobre 1965, n. 22 -Pres. Reale Est. Jannuzzi -Ministero Finanze e Ministero LL. PP. (avv. Stato Santoro Passarelli) c. Bora e Allgeyer (avv. Ungaro) e Allgeyer e Comune di Belgirate (n. c.). Acque pubbliche ed elettricit -Laghi -Condizione giuridica nel periodo anteriore alla legislazione vigente -Demanialit. (c. c., art. 822; c. c. 1865, art. 427; r. d. 11 dicembre 19.33, n. 1775, art. 1). Demanio e patrimonio -Laghi pubblici -Spiaggia -Condizione giuridica -Demanialit. (c. c., art. 822; r. d. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 1). Demanio e patrimonio -Dichiarazione legislativa di demanialit Effetti. (c. c., art. 822). Demanio e patrimonio -Beni demaniali -Possesso immemorabile Effetti. (c. c., artt. 822, 1145 e 1158). PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 949 Demanio e patrimonio -Beni demaniali -Concessione con effetti retroattivi -Irrilevanza ai fini del possesso utile per la usucapione. (c. c., art. 822 e 1158)~ I laghi con attitudine ad usi di pubblico interesse, e le relative spiagge, erano beni demaniali anche nel periodo anteriore alla legislazione vigente (1). Il demanio lacuale comprende anche le spiagge (2). La dichiarazione di demanialit di un determinato gruppo di beni comprende tutti queLZi per i quali sussistano i presupposti, e non ha rilevanza l'eventuale appartenenza o il modo di acquisto di alcuno di essi a fav01e di privati in conf11onto alla dichiarazione legislativa che riconosce la destinazione naturale di quei beni a soddisfare in modo esclusivo un preminente interesse generale (3). Il possesso ab immemorabili di un bene demaniale, tale che per la sua vetustas si sia perduta la memoria deHe sue origini, se non idoneo aU'acquisto del bene per usucapione, pu costituire un valido mezzo di prova della legittimit del possesso e dar luogo alla presunzione che esso sia stato legittimamente iniziato e mantenuto in virt di un atto, espresso o tacito, di sdemanializzazione (4). La retroattivit degli effetti di una concessione in sanatoria di un'occupazione ritenuta illegittima non importa riconoscimento di un possesso utile per l'usucapione in favo1e dell'Amministrazione (5). (Omissis). -Il Tribunale Regionale ha ritenuto, in via di principio, che, secondo la legislazione previgente, i laghi non potevano annoverarsi fra i beni demaniali e, conseguentemente, che tale carattere (1-5) Ancora sulla demanialit delle spiagge lacuali I. -La controversia decisa con la sentenza in rassegna aveva ad oggetto l'accertamento della propriet, demaniale o privata, di un terreno ricavato, a tre metri circa sul livello delle acque, sopra un tratto di spiaggia del lago Maggiore, con la costruzione, eseguita in epoca remota e comunque anteriore al 1800, di un terrapieno con relativo muro di sostegno in pietrame. La questione, dopo due giudizi definiti senza pronunce nel merit, era stata riS'Olta in senso favorevole alle parti private con sentenza 12 gennaio 1960 (non definitiva) e 14 luglio 1962 del Tribunale regionale delle acque di Torino (quest'ultima in Foro Padano, 1962, I, 1222, con nota critica di BuscA, In tema di usucapione di spiaggia lacuale), sul presupposto, per, che prima dell'entrata in vigore dell'attuale codice civile i laghi e le relative spiagge non appartenessero al demanio e fossero quindi suscettibili di possesso utile ai fini dell'usucapione: presupposto di cui invece il Tribunale Superiore, in applicazione di principi gi altre volte affermati in dottrina ed in giurisprudenza, ha motivatamente escluso la validit. - 950 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO non poteva attribuirsi alle spiagge. Al riguardo ha osservato che l'articolo 427 dell'abrogato codice civile non faceva menzione dei laghi, ma solo il r. d. 1 dicembre 1895, n. 726 dichiarava soggette ad uso pubblico le spiag.ge dei laghi pubblici; che neanche le leggi precedentemente in vigore nel territorio del Lago Maggiore consideravano i laghi e le spiag ge fra le pertinenze del demanio regio o pubblico. Ci posto, il Tribunale ha osservato che gi prima della entrata in vigore delle nuove disposizioni che comprendono i laghi fra i beni demaniali, si era verificata a favore dei danti causa delle istanti l'usucapione del terreno in contesa -quand'esso non aveva carattere demaniale -, con la conseguenza che non operante, rispetto al terreno stesso, il principio, invocato dalla P. A., che la dichiarazione di demanialit ha effetto immediato e retroattivo, non potendo esso applicarsi ad un bene legittimamente passato in propriet di privati in virt delle leggi previgenti. I Ministeri appellanti contestano tali argomentazioni e deducono che non si pu dubitare della demanialit delle acque e delle spiagge dei laghi idonei alla navigazione e ad altri usi di pubblico interesse, anche in relazione al periodo in cui mancava una norma del tenore di quella dell'art. 822 c. c. vigente. Rilevano che, nella specie, il carattere demaniale della spiaggia di cui si discute risulta dall'esistenza di uno scivolo per il passaggio delle barche dalla strada al lago nonch II. -Fra le parti in causa non si faceva questione sulla demanialit, in linea di principio, delle spiagge lacuali, discutendosi piuttosto della natura demaniale dei laghi (e, come pacifica conseguenza, delle spiagge) nel periodo anteriore all'entrata in vigore del codice civile del 1942; proprio sotto questo profilo, peraltro, nella esplicita se pur conseguenziale affermazione, cio, della demanialit delle spiagge lacuali, che si ritiene di dover segnalare l'importanza della decisione in rassegna, per il contrasto in cui, con tale valutazione, si pone con la sentenza 8 giugno 1965, n. 14 dello stesso Tribunale Superiore. In tale decisione, criticamente commentata in questa Rassegna, 1965, I, 830, il Tribunale Superiore delle acque aveva infatti ritenuto di poter escludere la demanialit delle spiagge dei laghi pubblici (in base ad argomenti per la confutazione dei quali si rinvia alla ricordata nota di commento); nella decisione in rassegna, invece, non solo viene affermato l'opposto principio, ma risulta evidente, dal testo della motivazione, che anche per il Tribunale Superiore, come per le parti in causa, un'autonoma questione sulla demanialit delle spiagge lacuali neppure si pone. N potrebbe sminuirsi la rilevanza dell'affermazione di principio con la considerazione che la demanialit delle spiagge lacuali viene riconosciuta senza un'autonoma e specifica valutazione del problema, in quanto tutta la impostazione della sentenza presuppone la ~ demanialit delle spiagge lacuali, mentre evidente, con riguardo alle w circostanze di fatto della controversia, che una ritenuta esclusione delle spiagge dal demanio lacuale avrebbe assunto rilevanza risolutiva, precludendo l'esame di questioni che il Tribunale Superiore ha ritenuto invece di dover affrontare. del resto significativo, in argomento, che la decisione espressamente rilevi che la questione sulla demanialit delle ac- I' I. ~ li -.11_~ W.@"///@"f.:":W.W.lf.x:::f;f.@."":?f.WAfff"#V..@.:9."/&Y.~if."P?."4~ff/.<"/@~U/.:'".@."x.=%:Y.@/..f.%@?.YZ":""$'7@/a:7ff,&/.@'"::?&.$-=''-$"(-=':.J%rF.J w.m=Wl=*;..0;:;::--fil:~:x?=::::. -::::=0q..::-= .-:::-:::.r.0==-= Mir&=-========.:::.::: -.W.*-0.:=-xx::-=;:-===w/x-:::=.:-.::::~=========.:.m:~.qW.=t=:...:::::::::~==::=::::====tx.-:x-=:::=-;x.:::.::::-;z:g;.m.r-====*..::===::::..:: PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 951 di un approdo costruito in parte sul terreno in contestazione; che, inoltre, la costruzione di opere di difesa delle acque non importa la cessazione della demanialit della spiaggia sulla quale esse insistono; che peraltro tali opere dovevano essere eliminate, essendo le istanti concessionarie dell' allea per oltre trent'anni. Il Tribunale Superiore osserva che la questione della demanialit delle acque e, quindi, delle spiagge dei grandi laghi non pu essere risolta In senso negativo, relativamente al periodo anteriore alla legislazione vigente, solo in base alla osservazione che n l'art. 427 dell'abrogato codice civile, n le Costituzioni del Re di Sardegna comprendevano i laghi fra i beni demaniali. E' noto, infatti, che l'opinione prevalente della dottrina, condivisa _da alcune decisioni giurisprudenziali, anche di questo Tribunale Superiore, ha affermato il carattere demaniale dei laghi, anche in mancanza di un'espressa indicazione legislativa, quando essi siano destinati ad uso pubblico, qual' indubbiamente quello dlla navigazione. Ricorre, in tali casi, la stessa esigenza che ha indotto il legislatore a considerare pubbliche le acque e le spiagge del mare: la navigazione nei grandi laghi, al pari di quella che avviene per mare, costituisce un mezzo indispensabile di comunicazione nell'interesse generale, e specialmente delle popolazioni residenti sulle rive, onde le acque -e le spiagge che hanno funzione com que e, quindi, delle spiagge dei grandi laghi non pu essere risolta in senso negativo, relativamente al periodo anteriore alla legislazione vigente, solo in base alla osservazio_ne che n l'art. 427 delL'abrogato codice civile, n le Costituzioni del Re di Sardegna comprendevano i laghi fra i beni demaniali : proprio il difetto di specifica previsione legislativa, infatti, era stato ritenuto sufficiente ., nella sentenza n. 14 del1'8 giugno 1965, ad escludere, secondo una valutazione sostanzialmente antitetica a quella adottata nella decisione in rassegna, la demanialit delle spiagge dei laghi pubblici. L'esattezza dei principi enunciati nelle prime due massime non , dunque, suscettibile di contestazione; lo stesso va detto per la terza massima, che ribadisce principi pi volte affermati. III. -Qualche perplessit, e sotto diversi profili, suscitano invece le affermazioni di cui alla quarta e alla quinta massima, in applicazione delle quali la sentenza ha in effetti riconosciuto il diritto di propriet delle parti private sul bene in questione. Il Tribunale Superiore delle acque, invero, nella premessa che alle spiagge dei laghi pubblici non possa disconoscersi natura di bene demaniale, e in base a tale valutazione escludendo l'ammissibilit di un acquisto del bene per usucapione, appunto in quanto demaniale, ha ugualmente riconosciuto il diritto di propriet privata in virt dell'immemorabile, nel rilievo che per il terreno de quo non potessero pi riscontrarsi i caratteri della demanialit (in quanto privo dell'attitudine a svolgere la funzione di spiaggia) e che dovesse presumersi la esistenza di un atto espresso o tacito di sdemanializzazione, idoneo a legittimare l'acquisto del bene. Ma -sembra potersi osservare -se il bene non poteva pi 952 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO plementare di approdo -risultano naturalmente destinate a soddisfare un interesse generale. Ora non si potrebbe contestare che tali condizioni ricorrano per il Lago Maggiore. N ha carattere decisivo l'altra osservazione della sentenza impugnata, intesa ad escludere, relativamente al terreno in contesa, l'applicazione delle leggi successive al codice del 1865 -che considerano demaniali o comunque soggetti ad uso pubblico i laghi e le spiagge solo perch il terreno stesso sarebbe stato acquistato per usucapione sotto il vigore delle leggi anteriori, che, secondo il Tribunale Regionale, disconoscevano la demanialit. Invero la dichiarazione di demanialit di un determinato gruppo di beni comprende tutti quelli per i quali sussistano i presupposti, e non ha rilevanza l'eventuale appartenenza o il modo di acquisto di alcuno di essi a favore di privati in confronto della dichiarazione legislativa che riconosce la destinazione naturale di quei beni a soddisfare in modo esclusivo un preminente interesse generale. Pertanto, anche ammesso l'acquisto della propriet dell'allea a favore degli appellati, esso, tuttavia, non avrebbe potuto importare l'esclusione del carattere demaniale in dipendenza delle leggi so- essere considerato demaniale, in quanto sottratto alla sua naturale destinazione di spiaggia, nessun ostacolo si poneva all'ammissibilit di un acquisto per usucapione (in tal senso BuscA, loc. cit.), e di conseguenza superfluo, anzi inammissibile, doveva considerarsi il ricorso all'istituto dell'immemorabile. Altri motivi del resto -e sotto questo profilo si evidenzia, nella diversit delle soluzioni, la gravit degli effetti conseguenti all'applicazione del principio dell'immemorabile -avrebbero comunque impedito il riconoscimento di un acquisto per usucapione. La difesa dell'Amministrazione aveva infatti osservato, in via preliminare, che il bene in contestazione, ove se ne fosse potuto escludere la demanialit, si sarebbe dovuto comunque considerare acquistato dallo Stato per usucapione; ci in quanto, nell'ottenere, nel 1933, la concessione in sanatoria dell'occupazione illegittima (accertata nel 1919), le parti private avevano espressamente riconosciuto, con effetto dal 1919 e da tale data obbligandosi a versare il canone della concessione, il diritto di propriet dello Stato, che quindi avrebbe comun que acquistato la propriet del bene per possesso ultratrentennale ante riore alla proposizione dell'azione di revindica (iniziata nel 1953). Il Tri bunale Superiore non ha condiviso la tesi, osservando che, essendo il pos sesso un potere di fatto corrispondente all'esercizio di un diritto neces saria, ai fini dell'usucapione, l'esplicazione di una attivit concreta avente i predetti requisiti e non pu essere reputato idoneo il mero riconosci mento di un possesso inesistente ; sotto lo stesso profilo il Tribunale Superiore ha negato rilevanza all'occupazione del bene, avvenuta nel 1919, da parte dell'Ufficio del Genio Civile, considerandone gli eventuali effetti favorevoli annullati dal successivo comportamento dell'Amministrazione, e alla stessa domanda di concessione presentata dagli interessati, nella quale ha escluso che potesse riscontrarsi una chiara ammissione di essere detentore del ter1eno sopratutto per l'accenno, in essa contenuto, alle annose vertenze giudiziarie sostenute dall'istante per la rivendicazione PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 953 pravvenute, qualora il terreno avesse conservato le caratteristiche di spiaggia al momento dell'entrata in vigore delle leggi stesse, che comprendono anche le spiagge dei laghi fra i beni demaniali. Ora ci si deve sicuramente escludere nel caso in esame, poich dagli atti del processo, e particolarmente dalla relazione del consulente tecnico, risulta che il terreno in contestazione costituito da un piazzaletto di forma triangolare, formato da un terra.pieno sostenuto, verso il lago, da un muro in pietrame alto tre metri rispetto alla spiaggia; che, inoltre, l'attuale sistemazione anteriore al 1800. Si deve, conseguentemente, ritenere che, fin da tale epoca, il terreno non potesse essere pi raggiunto dalle acque del lago e che, quindi, non avesse l'attitudine ad essere adibito a spiaggia. Peraltro le amministrazioni appellanti non contestano la predetta situazione, ma chiedono che siano eventualmente disposte ulteriori indagini tecniche dirette ad accertare che sono ancora soggette a sommersioni, perch situate a livello inferiore alla quota di piena del Lago Maggiore, la spiaggia e la sponda del lago sulle quali sono stati costruiti il terrapieno ed il muro, e non dell'immobile nei confronti del Comune di Belgirate (vertenze definite peraltro con decisioni che fecero sempre salvi i diritti del Demanio). La soluzione adottata dal Tribunale Superiore sembra suscettibile di critica, con riguardo sia al fatto che il riconoscimento del dominio emi nente dello Stato proveniva dalla stessa parte che aveva in seguito riven dicato il bene, sia ai peculiari caratteri che, relativamente al demanio naturale, sembrano doversi riconoscere al possesso (quale relazione di fatto) da parte dello Stato, caratteri tali, cio, da consentire una partico lare concezfone, elastica e diversa da quella riferibile al privato, dell'ani mus possidendi; e comunque ulteriori argomentazioni a favore della tesi sostenuta dall'Amministrazione potevano desumersi dalla domanda, pre sentata nel 1949, diretta ad ottenere il rinnovo della concessione prossima a scadere. Ai fini in esame, per dimostrare, cio, che pur nella ipotizzata non demanialit del bene non si sarebbe comunque potuto ammettere un acquisto per usucapione in favore dei privati, sufficiente peraltro osser vare che, se inidoneo a determinare la decorrenza del possesso, utile per l'usucapione, da parte dell'Amministrazione, il riconoscimento eff.ettuato nel disciplinare di concessione in ordine al dominio eminente deUo Stato si sarebbe dovuto considerare produttivo di effetti ai sensi dell'art. 2937 c. c., applicabile in virt dell'art. 1165 c. c., con la conseguenza di escludere, per effetto della implicita rinuncia, l'acquisto dell'usucapione. IV. -La sentenza in rassegna ha invece ritenuto, come si accennato, che Ticorressero nella specie i presupposti di fatto dell'immemorabile. Anche a tal proposito, peraltro, e a prescindere dai rilievi sopra formulati in ordine alla inammissibilit del ricorso all'immemorabile per la ritenuta natura non demaniale del bene in contestazione, la decisione suscita perplessit. La soluzione adottata involge, invero, delicate questioni di diritto pubblico, che, senza affrontare, presuppone risolte. A parte il dubbio sull'applicabilit, in linea di principio, dell'istituto dell'immemorabile in tema di beni demaniali, ed in particolare per quelli del demanio naturale (problema ancora in discussione), sembra infatti superflua, ai fini 954 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO anche il terreno formato dal terrapieno stesso e sorretto dal muro alto tre metri. La sopradetta istanza dei Ministeri appellanti , quindi, diretta a sostenere che la costruzione del terrapieno e del muro su una spiaggia, di cui non si disconosca la natura demaniale, non vale a trasformarla in un bene privato, come, in via generale, non vengono meno i caratteri della demanialit in dipendenza della costruzione di opere di difesa dalle acque di un fiume o del mare. Ora tale affermazione , di per se stessa, esatta; ma essa non risolve la questione, la quale verte sul punto se possano riscontrarsi ancora i caratteri della demanialit relativamente ad un appezzamento di terreno, di circa 600 metri quadrati, sottratto all'azione delle acque del lago mediante la costruzione di un terrapieno e di un muro e che, di conseguenza, non pu considerarsi pi facente parte della spiaggia. Per tale ragione la proposta indagine tecnica si dimostra irrilevante, come la circostanza che, al lato del terreno in contestazione, vi sia uno scivolo > per il passaggio delle barche dalla strada ed un approdo costruito sulla sponda del lago. Infine dell'immemorabile, e discutibile, con riguardo alla natura di bene del demanio naturale, l'ipotizzata presunzione di esistenza di un atto, espresso o tacito, di sdemanializzazione: superflua, in quanto il possesso ab immemorabili assume autonoma rilevanza determinante in ordine alla presunzione di esistenza del titolo, per cui non necessario individuare, neppure in via presuntiva, la fonte legittimante (ch anzi, ove a tale individuazione si pervenga o sia possibile pervenire deve escludersi l'operativit dello istituto); discutibile, sia perch la sdemanializzazione precluderebbe il ricorso all'immemorabile, che si applica, se si applica, ai beni demaniali in quanto tali, sia per la difficolt di ammettere una sdemanializzazione di un bene del demanio naturale disposta, come deve necessariamente desumersi dalle ipotesi prospettate in sentenza, quando ancora il bene pre I senti i caratteri e gli attributi !richiesti :oer la sua destinazione a finalit di interesse pubblico. Una sdemanializzazione espressa di un bene com Ij preso nel demanio naturale sembra doversi invece escludere a priori, trat :.. tandosi di beni che la legge ha riconosciuto idonei a svolgere funzioni di interesse pubblico e dei quali l'Amministrazione non pu disporre, si che un provvedimento di sdemanializzazione non pu ipotizzarsi, e anche in tal caso con efficacia solamente dichiarativa, se non con riguardo all'intervento di fattori naturali a seguito dei quali il bene risulti sottratto alla sua specifica destinazione, oppure in conseguenza, nella pi sfavorevole delle ipotesi, di una valutazione comparativa di due aspetti dell'interesse pubblico che il bene pu risultare utile a soddisfare: presupposti di fatto che non possono quindi ritenersi ricorrenti quando invece il mutamento nella destinazione naturale del bene sia determinato dal fatto dell'uomo e a fini esclusivamente privati. A maggior ragione, poi, sarebbe da escludere la possibilit di ipotizzare, sia pure al solo fine di individuare una possibile origine della legittimit del possesso ab immemorabili, una sdemanializzazione tacita del bene; ai motivi sopra invocati uer contestare, per quanto concerne i beni del demanio naturale, l'ammissibilit di una cessazione della demanialit che non sia disposta dalla legge o che non consegua allo snatura ';1... :-1 ~:;,; ":(.(/.t(,..Z//AV(//. ... /"9"..ffl.'7.i :.f.:"'fil.~ff.#..(.(.:=:-'4..:.-=-:..:-::.::w...:x.(h.:X. v..:::::...:::-:::-.::::::::::::::--m. x.::r..-z.;.-;,_w..(/.i "JZ.XW..t"/..(.X..-:<(.X"H&.":.:Y..:4./.:;:.-P..-w...:.-:.H:h:.::.-!:w.:~:..z;::.:.:-:.~==:..-":'f:.:.Z{:J - PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 955 non varrebbe a conferire il carattere di demanialit al terreno in contestazione il riconoscimento delle appellate, implicito nella richiesta e nell'accettazione della concessione, poich la demanialit sussiste solo in virt di circostanze obbiettive. Si pu, quindi, concludere che non si pu disconoscere la demanialit delle acque e delle sponde del Lago Maggiore anche relativamente al periodo anteriore all'entrata in vigore della legislazione vigente: che si deve ammettere il carattere demaniale del tratto di spiaggia sottostante al terrapieno nei limiti in cui essa raggiunta dalle acque del lago e risulta perci idonea a soddisfare, anche in via complementare, un interesse generale; che, inversamente, non si pu ritenere che abbia carattere demaniale, solo perch insistente su una spiaggia, il terrapieno e l'allea che ne risultata, atteso che, invece, essi non sono pi soggetti all'azione delle acque. Ci posto, il punto centrale della controversia sta nell'esaminare se le appellate possano vantare un diritto sul terreno in contestazione. La sentenza impugnata ha riconosciuto, a loro favore, il diritto di propriet, che sarebbe stato acquistato per usucapione del tratto di mento del bene, si aggiunge infatti la considerazione che per la sdemanializzazione tacita si richiede il concorso di atti univoci e concludenti della pubblica Amministrazione, incompatibili con la vol<>nt di conservare la originaria destinazione del bene: comportamento che, gi di dubbia ammissibilit, in linea di principio, per i beni del demanio naturale, non sembre possa essere oggetto di presunzione. La sentenza in rassegna, quindi, pur partendo da esatte premesse in ordine al fondamento dell'immemorabile, sembra viziata, per eccesso, nella precisazione relativa alla possibile origine del possesso, in cui finisce in effetti per evidenziarsi, per quanto osservato, la debolezza dell'impostazione. V. -Anche con riguardo alla ritenuta esclusione dei caratteri della demanialit sembra possibile qualche rilievo, pur nell'ambito della imp<>stazione adottata nella sentenza. II Tribunale Superiore, infatti, riconosce espressamente la validit del principio sostenuto dalla difesa delle Amministrazioni appellanti, che cio la costruzione del terrapieno e del muro su una spiaggia, di cui non si disconosca la natura demaniale, non vale a trasformarla in un bene privato, come, in via generale, non vengono meno i caratteri della demanialitd in dipendenza della costruzione di opere di difesa dalle acque di un fiume o del mare ; tale principio, per, viene in definitiva ad essere violato, quando, con riguardo alle concrete circostanze di fatto e per la costruzione, cio, del muro e del terrapieno, si esclude che il bene, in quanto sottratro all'azione delle acque, possa considerarsi ancora spiaggia e che possano quindi ad esso riconoscersi i caratteri della demanialit. Non solo, ma se vero che la demanialitd sussiste solo in virt di circostanze obiettive ., vero pure che la ricorrenza dei necessari caratteri deve essere accertata anche in relazione all'attitudine potenziale del bene a soddisfare quell'interesse pubblic'O cui la dichiarazione legislativa di demanialit ha inteso avere riguardo; n sembra possa dubitarsi che tale potenzialit debba riconoscersi nel caso di specie, con- 956 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO spiaggia sul quale il terrapieno stato costruito, nel presupposto che, durante tutto il tempo necessario per l'acquisto medesimo, la spiaggia non fosse un bene demaniale. Ma, una volta negato il presupposto, si deve coerentemente disattendere la predetta conclusione e negare il diritto in virt dell'usucapione. Tuttavia, si pu pervenire alla stessa conclusione in virt del possesso immemorabile invocato dalle appellate, e ci in base agli stessi elementi di prova emergenti dagli atti, che sono stati valutati dai giudici di primo grado al fine di ritenere perfezionato l'acquisto per usucapione. Il possesso prolungato per moltissimi anni di un bene demaniale, tale che per la vetustas si sia perduta la memoria delle sue origini, se non reputato idoneo all'acquisto del bene stesso per usucapione, pu costituire, invece, secondo la comune opinione della dottrina e della giurisprudenza, un valido mezzo di prova della legittimit del possesso stesso e dare luogo alla presunzione che esso sia stato legittimamente iniziato e mantenuto in virt di un atto della P. A. idoneo a costituire siderato il carattere artificiale della costruzione che attualmente impedisce l'utilizzazione del bene in funzione di spiaggia. VI. -Non pu non rilevarsi infine che, nella specie, doveva comunque escludersi la ricorrenza dei presupposti per il ricorso all'istituto dell'immemorabile. Ai fini di tale ricorrenza, infatti, perch, cio, possa affermarsi la presunzione di legittimit dello stato attuale del possesso, si richiede, come si pi volte avuto occasione di precisare e in dottrina e in giurisprudenza, che l'ordinamento del tempo al quale si fa riferimento riconosca una simile presunzione, risultando privo di effetti, ai fini dell'immemorabile, il possesso che non risalga a quella determinata epoca in cui l'istituto era previsto: principio di cui risulta evidente la rilevanza preclusiva per la specie in esame ove si consideri che la prescrizione immemorabile, soppressa dall'art. 630 del codice civile del 1865, era contemplata nel Codice Albertino del 1837 (art. 649), nel codice Feliciano del 1827 (art. 302) e nel codice Napolon promulgato per il Regno d'Italia con decreto del 30 maggio 1805 (art. 691) limitatamente alle servit continue e discontinue, mentre gi nel diritto comune il possesso di beni demaniali era senza effetto giuridico ai fini dell'usucapione. VII. -In senzo sostanzialmente conforme alle prime quattro massime, in un caso di specie analogo, nei presupposti di fatto, a quello deciso con la sentenza in rassegna, cfr. Trib. Sup. Acque, 23 febbraio 1921 (con una interessante distinzione fra beni demaniali suscettibili di possesso immemorabile e beni demaniali per i quali invece l'immemorabile risulta privo di effetti), Acque e Trasp., 1921, 146, con nota sostanzialmente adesiva di CONTE. Sulla demanialit dei laghi, in decisioni emesse prima dell'entrata in vigore del codice civile del 1942, cfr. App. Venezia, 2 marzo 1932, Riv. Amm., _1932, 776; Trib. Sup. Acque, 18 marzo 1930, Acque e Trasp., 1930, 332; Trib. Acque Milano, 22 settembre 1926, ivi, 1926, 400; id., 12 giugno 1926, ibidem, 310; id., 8 maggio 19-26, ibidem, 308; Cass., 27 febbraio 1926, :~ PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 957 diritti a favore di privati su una parte di un bene demaniale. II decorso del lunghissimo periodo di tempo e le vicende storiche rendono sommamente difficile a colui che invoca il diritto di reperire l'atto sul quale esso si fonda; ma il possesso pacifico e pubblico di una parte di un bene demaniale, specialmente quand'esso si concreti, come nella specie, nell'uso esclusivo a favore del privato con la conseguente sottrazione all'uso generale, ben pu tener luogo dell'atto mancante e costituire una valida presunzione della esistenza del diritto corrispondente al ;possesso. Ora, nella specie, la prova documentale, la consulenza tecnica e la prova testimoniale hanno fornito elementi certi e sufficienti a far ritenere che la sistemazione attuale del terrapieno e dell'allea, la quale importa l'impossibilit che essi siano raggiunti dalle acque del lago, stata sempre tale a memoria d'uomo e risale ad epoca molto antica, certamente anteriore al 1800, come risulta dall'et delle piante, dalle caratteristiche del pietrame adibito per la costruzione del muro nonch da una data impressa in una pietra del muro prospiciente lo scivolo ; che, inoltre, a memoria d'uomo, l' allea stata sempre n. 562, Sett. Cass., 1926, 216; Trib. Sup. Acque, 10 febbraio 1926, Acque e Trasp., 1926, 94; Cass., Sez. un., 3 luglio 1919, Riv. Amm., 1919, 544. Sulla condizione giuridica dei laghi, generalmente nel senso di riconoscerne la demanialit solo quando abbiano attitudine ad usi di pubblico interesse, cfr.: Trib. Acque Napoli, 26 ottobre 1960, Acque, bonif., costruz., 1960, 512; Trib. Acque Torino, 29 aprile 1960, ivi, 1961, 145; Trib. Sup. Acque, 14 luglio 1959, n. 22, Foro Amm., 1959, II, 3, 38; Cass., Sez. un., 20 giugno 1958, n. 2141, Giur. it., 1958, I, 1, 1126; Trib. Sup. Acque, 14 giugno 1957, n. 21; Acque, bonif., costr., 1957, 518; id., 27 luglio 1956, n. 17, ibidem, 163; Cass., Sez. un., 31 ottobre 1955, n. 3571, ivi, 1956, 40; Cass., 21 maggi'Cl 1955, n. 1488, Giur. it., 1956, I, 521; Trib. Sup. Acque, 9 gennaio 1954, n. 9, Acque, bonif., costr., 1954, 489; in dottrina, cfr.: BuscA, Le acque nella legislazione itatiana, 1962, 76; GIAVINA, Re1~ nel territorio nazionale, che costituisce appunto il reato di cui all'articolo 102 della legge doganale (1). . (Omissis). -Si deduce nel ricorso del Patrovita violazione o errata applicazione degli artt. 94, 97 e 107 I. doganale nonch dell'art. 42 c. p., perch: 1) ritenendo che con il dare al carburante assegnatogli. per la I pesca destinazione diversa, esso Patrovita avesse commesso reato di contrabbando, la Corte di appello avrebbe obliato il senso delle disposi I zioni di legge citate e l'insegnamento di questa Corte Suprema, per cui ~ tale reato sarebbe configurabile soltanto nell'ipotesi, non ricorrente nella specie, di commercio del gasolio stesso; 2) il mancato scarico negli appositi libretti (al quale si era limitata la constatazione dei verbalizzanti) di una quantit di nafta assegnata per la pesca, non faceva sorgere a carico del Patrovita la presunzione di contrabbando. stabilita dall'art..94, 2 comma, I. doganale, che presuppone la detenzione di merci estere, soggette a diritti di confine, delle quali il detentore non dimostri la legittima provenienza, bensl integrava la sola violazione dell'artico (1) La sentenza si conforma agli indirizzi giurisprudenziali della Corte Suprema. V. per i riferimenti, le sentenze indicate in motivazione. ---[ PARTE. I; .SEZ. vn,. GIURISl>l'l.UDENZA PENALE 965 lo 23 bis l. n. 769 del 1939, modificato dalla 1. n. 476 del 1957 sugli olii minerali; 3) la Corte di merito non aveva tenuto conto, nell'indagine sull'elemento soggettivo del reato, che il Patrovita acquistava al mercato libero (nei distributori pubblici) la nafta occorrente per gli altri motori, da lui usati per l'azienda alberghiera e che, quindi, poteva essere avvenuto uno scambio involontario di destinazione tra questa nafta e quella agevolata. Tali censure non hanno pregio. Infatti questa Corte Suprema ha pi volte affermato che la diversa destinazione del carburante assegnato in esenzione fiscale per la pesca non configura il reato di cui all'art. 23 bis I. n. 769 del 1939, modificato dalla l. n. 474 del 1957, ma costituisce contrabbando doganale punito a norma della I. n. 1424 del 1940 (v., per tutte, sent. 16 giugno 1961 rie. Menale, e 30 giugno 1961 rie. Abate in Mass. Cass. Pen. 1962, p. 113 nn. 182/183). La massima trova fondamento -come ha ricordato la denunciata sentenza -nella considerazione che, a seguito dell'emissione da parte della Dogana, a norma del d. m. 23 ottobre 1960, della regolare bolletta di esportazione, il carburante in parola deve aversi per snazionalizzato, ed assume quindi a tutti gli effetti il carattere di merce estera; di talch, con l'uso diverso da quello consentito ai fini dell'esenzi.one fiscale, viene ad operarsi un'abusiva reintroduzione del gasolio nel territorio nazionale, che costituisce appunto il reato di cui all'art. 102 l. doganale. (Sent. 2 aprile 1962, in Rep. Foro it., 1963, col 1862, n. 88, id 9 febbraio 1961, in Giust Pen. 1961, II, 728, n. 914). Ci stante, la Corte di Appello, avendo ritenuto, in base alle dichiarazioni dei verbalizzanti, alle risultanze delle indagini e alle ammissioni implicite dell'imputato, che lo stesso aveva consumato i Kg. 560 di gasolio assegnatogli per la pesca e non scaricato sugli appositi libretti, per trasportare villeggianti e materiali occorrenti per il suo albergo e per nuova costruzione, bene ha sussunto il fatto nella norma dell'art. 107 della legge doganale, anzich nello schema della mera contravvenzione per irregolare tenuta di registri. Non si ravvisa, infine, la violazione dell'art. 42 c. p. dedotta dal ricorrente, perch, avendo ritenuto, nell'esercizio del suo potere di apprezzamento dei fatti e delle prove, che i Kg. 560 di gasolio di cui si tratta, dopo essere entrati a far parte delle provviste di bordo delle due motobarche, erano stati consumati per trasporti eseguiti con le stesse, e .non per la pesca, la Corte di Appello ha escluso necessariamente la possibilit che fosse avvenuto un involontario scambio di destinazione tra detto carburante e quello acquistato dal Patrovita al mercato libero per il gruppo elettrogeno installato nell'albergo, ossia che l'impiego del gasolio agevolato per scopo diverso da quello consentito fosse qualificato da colpa e non da dolo. -(Omissis). ~ -:=: :~ ~ -:=: :~ 966 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 28 gennaio 1966, n. 1 -Pres. Loschiavo -Rel. Stipo -P. M. Paternostro (conf.) -Rie. Soprano. Impugnazione -Motivi -Presentazione -Termini -Mancata annota' zione della data di presentazione da parte del cancelliere -Risolu zione del dubbio sulla tempestivit a favore dell'impugnante. (c. p. p., art. 201). I La omissione da parte del Cancelliere della annotazione circa la data dell'avvenuto deposito dei motivi di impugnazione non elemento sufficinte per fare ritenere tale presentazione avvenuta fuori del termine di legge. Il dubbio sulla tempestivit della presentazione dei motivi deve essere risolto in favore dell'impugnazione ed anche la semplice afjoliazione degli atti del procedimento, a cum del cancelUere, pu dissipare il dubbio e sanare cos la omissione verificatasi (1). (Omissis). -Come pi volte affermato da questa Corte Suprema la omissione da parte del cancelliere della annotazione circa la data dell'avvenuto deposito dei motivi d'impugnazione non el,emento che possa ~ar .ritenere. tale presentazione avvenuta fuori dal termine legale e pregiudicare cos la difesa dell'interessato; a ritenere ci occorre invece che proprio la tardivit risulti dall'annotazione che il cancelliere ha !.'obbligo di fare in calce all'atto contenente i motivi spediti o depositati in Cancelleria. Il dubbio sulla tempestivit della presentazione dei motivi deve essere risolto in favore dell'impugnazione ed anche la semplice affoliazione degli atti del procedimento a cura del cancelliere pu dissipare il dubbio e sanare cosi la omissione verificatosi. Ora nel caso in esame, come bene osserva il P. M., i motivi d'appello si trovano a fogl. 24 e 25 del fascicolo processuale, mentre la -notifica dell'impugnazione a norma dell'art. 199 bis c. p. c. all'imputato in data 10/14 agosto 1961 trovasi a fol. 26, il che sta a denotare che i motivi sono stati presentati del 18 agosto termine di scadenza per il deposito dei motivi stessi. ~ (Omissis). (1) Si tratta di un indirizzo giurisprudenziale improntato al favor rei che trova piena giustificazione nei principi che disciplinano il nostro processo penale. PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 967 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 31 gennaio 1966, n. 1123 -Pres. Fumu -Rel. Cortese Riva Palazzi -P. M. (conf.) -Rie. Conti. Reato -Reato finanziario -Luogo di accertamento del reato finanziario Determinazione. (c. p. p., art. 54). Ai fini della determinazione del luogo di accertamento del reato finanziario si deve tenere conto solo del luogo ove si sono svolte le indagini e sono state raccolte le prove (1). (Omissis). -Si riporta la requisitoria del Procuratore gen~rale la cui motivazione e le -cui conclusioni sono state adottate dalla Corte Suprema: Il conflitto deve essere risolto con l'affermazione della competenza del Tribunale di Como. Invero_ la giqrisprudenza ormai costante di codesta Ecc.ma Corte ha affermato il principio che luogo dell'accertamento del reato finanz~ ario quello in cui sono state svolte le indagini e sono state raccolte le prove e non quello in cui avvenuta la redazione del processo verbale di denuncia (cfr. Cass. 6luglio 1962, Aldeghi; id. 27 aprile 1959, c. Asta). Orbene, nel caso di specie, risulta che le indagini e la raccolta delle prove da parte della guardia di finanza di Lecco sono avvenute a Lurago d'Erba ove si proceduto anche al sequestro della mere contrabbandata, a bordo dell'autovettura targata C0-136157 . E poich detta localit appartiene al circodario di Como, va dichiarata la competenza di quel Tribunale-. ~ (Omissis). (1) La sentenza trova riscontro nei precedenti giurisprudenziali citati in motivazione. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 febbraio 1966, n. 1902 -Pres. Foschini -Rel. Palumbo -P. M. Sullo (conf.) -Rie. Damato. Notificazione -Dift'ormit fra l'originale e la copia notificata -Prevalenza della seconda -Decreto di citazione -Data di comparizione Erronea indicazione -Nullit. (c. p. p., artt. 176, 135, n. 3; 407, n. 2; 412). Nei confronti dell'interessato fanno fede, a norma dell'art. 176, c. p. c., le attestazioni della copia allo stesso notificato. Il decreto di citazione notificato all'imputato, non comparso, con l'indicazione nella 968 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO copia di una data dell'udienza di comparizione diversa da quella stabi lita, nullo a norma degli artt. 185, n. 3 413 c. p. p., e la nullit asso-~ iuta si estende al giudizio, per l'erronea dichiarazione di contumacia, g ed alla sentenza (1). ~ (Omissis). -Damato Carmine ricorre per cassazione contro la sen-(a tenza 14 giugno 1965 del Tribunale di Trani, che ha confermato nei suoi confronti quella del Pretore di Barletta, che lo condannava alla pena, condizionalmente sospesa, di giorni cinque di arresto e lire 40.000 di ammenda per contravvenzione all'art. 18 del t. u. delle leggi di P. S., per avere, in Barletta il 27 giugno 1964, organizzato un corteo ed un pubblico comizio, senza averne dato tempestivo avviso all'Autorit di P. S. Il Damato, al quale il decreto di citazione del giudizio di appello risultava dall'originale ritualmente notificato in data 20 maggio 1965 con citazione a comparire all'udienza del 14 giugno 1965, non essendosi presentato, venne dichiarato contumace. Con i motivi di ricorso il Damato preliminarmente deduce la nullit del giudizio di appello e della sentenza nei suoi conftonti per la I nullit del decreto di citazione, in quanto per errore nella copia notificatagli e da lui esibita era indicata la data dell'udienza di compari I zione del 16 giugno 1965 invece di quella del giorno 14 dello stesso mese, fissata nell'originale e in cui il dibattimento di appello ebbe I@ luogo nella sua dichiarata contumacia. ~~ Osserva che i predetti motivi di carattere preliminare sono fondati, risultando dalla copia del decreto di citazione notificata al Da II mato e dallo stesso esibita l'erronea indicazione della udienza di comparizione per il giudizio di appello, per la quale venne indicata la data del giorno 16, anzich quella stabilita del giorno 14 giugno 1965. ~ Nei rapporti dell'interessato fanno fede, a norma dell'art. 176 del i codice di rito, le attestazioni della copia allo stesso notificata. Il decreto I di citazione notificato all'imputato, non comparso, con l'indicazione nella copia di una data della udienza di comparizione diversa da quella stabilita nullo a norma degli art. 185 n. 3 e 412 c. p., e la nullit assoluta si estende al giudizio, per l'erronea dichiarazione di contumacia, e alla sentenza. -(Omissis). (1) La C.S. ribadisce con questa sentenza i principi costantemente seguiti e che trovano puntuale rispondenza nella interpretazione dell'art. 176 c. p. c., v. Cass., 10 febbraio 1964, n. 464, in questa Rassegna 1964, 980 e ivi Giurisprudenza citata. :: .' ! ---9-~ffe"'Wd',_,$-A\W-~ -:i=:::vt.t==~W<:ttMf:x=Wf.MftW?= non autorizzata della cosa sottoposta a pignoramento, o sequestro, realizza il delitto di cui all'art. 334 c. p. quando la cosa sia tolta dal luogo in cui deve essere custodita, in modo da rendere difficile, o impedire, il ritrovamento e ostacolare la realizzazione delle finalit del vincolo giudiziario su di essa gravante, ha osservato ' che nella specie il reato era da considerarsi realizzato in tutti i suoi elementi oggettivi e soggettivi. Sotto il profilo oggettivo in quanto era rimasto provato che allorch l'Ufficiale Giudiziario della Pretura di , Fossano in data 20 febraio 1964 si rec in casa del Cuva per procedere I a ricognizione dei mobili pignorati accert che questi aveva asportato f... i mobili di sua propriet, e di cui era stato nominato custode, nonostante che su di essi gravassero tuttora due pignoramenti, uno eseguito ' I I rJ il 4 gennaio 1964 ad istanza della Ditta Cananta e l'altro il successivo 29 gennaio 1964 su richiesta della Ditta Panero. , Del resto il ricorrente sin dal suo primo interrogatorio al Magistrato ammise il fatto, spiegando di avere trasferito i mobili da Fossano a Cai l praia, ove era stato, quale agente di custodia, trasferito per servizio, in . data 8 febbraio 1964. . l Tenne tuttavia a precisare che avendo in precedenza estinto il suo ' debito verso uno dei creditori, (la Ditta Panero), e aveva raggiunto una transazione con l'altro creditore procedente -Ditta Cannata -tramite il suo legale, tuttoci, a suo dire, caducava il pignoramento e conseguentemente i vincoli e i doveri inerenti alla sua custodia dei mobili pignorati. Al riguardo, per, i giudici di merito hanno escluso, sulla base delle risultanze processuali, che esistesse in atti la prova di tale raggiunto Iaccordo, e della consegue.nte autorizzazione da parte della Ditta Cannata, che non era stata alla data dell'8 febbraio 1964 ancora pagata, al-. l'asporto dei mobili da Fassano a Capraia. Al riguardo giova ricordare, in conformit dell'insegnamento di questa S.C. che l'obbiettivit giuri-1= dica del reato in oggetto non costituita dall'interesse del singolo ere-j ditore, ma da quello della Pubblica Amministrazione rispetto aJ vincolo . ' :: PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 971 cautelare, e pertanto tutti i fatti che non escludono l'attualit di tale vincolo sono irrilevanti ai fini penali, fino a quando il vincolo stesso non diventi inefficace in virt d'una espressa disposizione di legge, o d'una formale pronuncia di revoca, d'inefficacia o di nullit da parte del competente giudice dell'esecuzione (Cass. 3 marzo 1960 rie. Coda Giust. Pen. II 1960 mass. 716). Escluso, quindi, in punto di fatto, giusta gli accertamenti dei giudici di merito, che per effetto di una siffatta pronuncia il vincolo giudiziario fosse gi venuto meno alla data in cui le cose pignorate vennero trasferite, esattamente il Tribunale ritenne perfezionato il reato contestato in tutti i suoi elementi, anche sotto il profilo del dolo. Al riguardo la sentenza ha osservato che ai fini della sussistenza dell'elemento psicologico del reato sufficiente che l'agente, nella commissione del fatto, abbia la coscienza e volont di eludere il vincolo di indisponibiljt esistente sulla cosa pignorata (o sequestrata) venendo in tal modo meno agli obblighi della custodia, il che quanto ha ritenuto, nella specie, il giudice di merito. Il ricorso va quindi rigettato non sussistendo il denunziato vizio logico-giuridico nella sentenza impugnata. (Omissis). PARTE SECONDA I I I i ;:; I I ~ I I & QUESTIONI GLI EFFETTI DELLA DICHIARAZIONE DI ILLEGITTIMITA COSTITUZIONALE (NUOVI SPUNTI IN MARGINE "ALLA SENTENZA SUL PLUSVALORE DELLE AREE .FABBRICABILI) 1. -Con la sent. costituzionale 4 maggio 1966 n. 44 stata dichiarata l'illegittimit costituzionale dell'art. 25, comma 2, nonch degli artt. 27 comma 2 e 43 comma 3 della I. 5 marzo 1963, n. 246. Tale pronuncia, che involge gravi problemi in ordine ai rapporti in precedenza intervenuti fra enti locali impositori e contribuenti, ha riproposto, con pi vasta prospettiva, il tema controverso circa l'estensione degli effetti conseguenti alla dichiarazione di illegittimit costituzionale. 2. -La questione presenta, allo stato della dottrina e della giurisprudenza, notevoli incognite; le quali non possono essere n semplicisticamente superate, attraverso l'adozione di tesi, (bens) conforme ad una parte (ma non prevalente) della giurisprudenza e controversa in dottrina; n ritenersi irrilevanti al fine dell'indirizzo da seguirsi dalle parti, specie quando trattasi di organi della P. A., tenuti ad osservare l'intervenuta pronuncia, nell'ulteriore loro attivit amministrativa; ma debbono essere risolte attraverso una rielaborazione, che involge necessariamente la costruzione di una teoria, per s suscettibile di contrasti, e nondimeno valevole come contributo dottrinario, in vista della sempre pi vasta casistica contenziosa. 3. -Non pare che, alle esigenze della ricerca dogmatica, possa opporsi l'opportunit di una battuta d'attesa, in vista dell'imminente pronuncia della Corte Costituzionale sull'art. 30 1. 11 marzo 1953, n. 87, indiziato di illegittimit con ord. Trib. Ferrara {l luglio 1965 (in G. U. 31 dicembre 1965) sotto il profilo di difformit del precetto ivi contenuto, a quello dell'art. 136 Cost. Al CALAMANDREI, La illegittimit costituzionale delle leggi nel processo civile, in 1950, 92, e all'EsPOSITO, Il controllo giurisdizionale sulla costituzionalit delle leggi, in e La Costituzione italiana ., Saggi , 1954, 1269, risale forse, il torto di aver provocato l'art. 30 1. cit., con l'inconfigurabile spauracchio dell'applicabilit della legge incostituzionale anche nel caso in giudizio, sotto il profilo -per s opinabile della forza abrogante della sentenza, in prospettiva processualistica (sentenza di annullamento ex nunc secondo Calamandrei; sentenza di accertamento costitutivo, secondo Esposito). Laddove, come si vedr il problema si poneva in modo diverso e, in ogni caso, anche dal punto di vista processuale, la natura stessa dell'incidente di legittimit costituzionale implicava l'effetto diretto, immediato della pronunzia sul giudizio a quo (AzzARrrr, Problemi attuali di diritto costituzionale, 1951, p. 151; LIEBMANN, Contenuto eld efficacia delle decisioni della Corte Costituzionale, in Riv. dir. proc., 1957, p. 512). Il problema era gi stato rilevato, nonostante la dichiarata portata interpretativa (v. Relaz. all'a Camera, Tesauro, in Lex 1953, II, 68 ss., 85, 86), da una parte della dottrina, che vi ravvisava un'autentica evoluzione, in quanto l'art. 30 avrebbe operato una metam:t'fosi, nel senso che la dichiarazione di inefficacia ex nunc (abrogazione) della norma ille - 182 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO gittima, voluta dall'art. 136, Cost. si sarebbe trasformata per effetto della dichiarazione di inapplicabilit di dette norme in nuilit ex tunc (annullamento) (CoNso, La doppia pronuncia sulle garanzie della difesa nella istruzione sommaria: struttura ed efficacia, Giur. cost., 1965, 1147; CALAMANDREI, Corte Costituzionale e Autorit Giudiziaria, Riv. dir. proc., 1956, 7 ss., 26; ma gi l'EsPOSITO, Il controllo giurisdizionale cit., 270, aveva rilevato che, nel caso, veniva in esame un problema di esecutoriet., e non di validit della legge: dichiarazione, in astratto, di invalidit ex tunc; in concreto, di cessazione di efficacia ex nunc. Successivamente anche il LIEBMAN, Contenuto ed eifficacia, cit., 512-513, aveva ricondotto nel presupposto che la sentenza costituzionale sia dichiarativa, o di mero accertamento -gli effetti di questa al concetto di inapplicabilit come di cessazione di efficacia; (Sul punto v. rilievi di: CARNELUTTI, Una pezza all'art. 136 delta Costituzione, ivi, rn58, 239 ss.; Perpetuatio jurisdictionis nel processo penale, ivi, 1963, 450). Invero, a prescindere dalle possibilit di accoglimento delle stragiudiziali di inammissibilit, non significa, certo, voler precorrere la pronuncia della Corte Costituzionale, prospettare un ripensamento, afferente la natura intrinseca della sentenza costituzionale di accoglimento, in opposizione a quel criterio estrinseco che ha, finora, sorretto la variet di soluzioni nella ampia casistica dei c.d. rapporti esauriti , e travolto lo stesso concetto di esaurimento del rapporto (cosi in tema di rapporti processuali esauriti, a proposito del procedimento sommario: CAVALLARI, La dichiarazione di illegittimit costituzionale dell'art. 392, 1 comma c. p.p. ed i suoi effetti sulle istruzioni sommarie gi compiute, Riv. dir. proc. pen., 1965, 1103, 1105 e PxzzoRusso, Concidentia oppositorum, Foro it., 1966, II, 66 ss.). Considerando la sentenza costituzionale, solo formalmente giurisdizionale e, sostanzialmente, di rilevanza legislativa, la ricerca della natura degli effetti della sentenza stessa, secondo gli schemi della dottrina processualistica (in particolare, per la tesi dell' accertamento costitutivo v. PIERANDREI, Corte Costituzionale, Encicl. dir.) si rivela inadeguata; sicch mi sembrato doversi concentrare le possibilit di soluzione, nell'area delle sanzioni di antigiuridicit . Orbene, sotto .qusto profilo, la tesi (corrente) della retroattivit della sentenza costituzionale dichiarativa della illegittimit di norma ordi naria, non si sorregge, in quanto legata alla problematica dell'invalidit (inesistenza, nullit o annullabilit), mentre quella della inefficacia (in senso proprio) che sembra tecnicamente pi corretta, e in base ad essa soltanto, possono giustificarsi fatti giuridici di preservazione di situazioni giuridiche costituite anteriormente alla pronuncia di illegittimit, di estensione maggiore o addirittura di specie diversa rispetto a quelli -di cui si ammette la resistenza alla retroattivit -, come il giudicato, la prescrizione, la decadenza, nonch atti, negozi o fatti rilevanti al di fuori della norma illegittima (Sez. Un. 16 giugno 1965, n. 125-1). Le pronuncie della S. C. di Cassazione, che fan capo al principio della retroattivit, sono non univoche nella rato-decidendi circa gli effetti della sentenza rispetto alla norma illegittima: G. U. 22 giugno 1963 n. 1707 secondo cui la sentenza, limitatamente retroattiva, di accertamento costitutivo di nullit originaria; Cass. 3 ottobre 1963, n. 2620; Cass. 9 ottobre 1963, n. 2683 secondo cui si opera l'annullamento della norma; Sez. Un. 27 marzo 1963, n. 748 e 30 dicembre 1965, n. 2485 per le quali la sentenza dichiaratoria di inefficacia ab origine; mentre altra opinione segue l'Ad. Pl. del Consiglio di Stato (dee. 8 aprile 1963, n. 8) nel senso ~~4{f'f4.W4iliff.%.!W-"$.f%?::'@7{ff#.f'W-'{::'t:'.f:W.1f.(&7f.WP'f7%~W.=wr:i.i.'.~::"iZf%.i:Y.:f.Wf'fif:%fW'i.f?::f:@Hrf.f:%yX#l ~~ PARTE II, QUESTIONI che la sentenza operi soltanto sugli atti posti in essere in virt della norma illegittima determinandone l'imnullabilit. Ora, non si potrebbe condividere una affermazione di ine.sistenza ed inefficacia ex tunc della norma dichiarata incostituzionale. Pren)esso che inesistenza ed inefficacia sono fenomeni -sanzioni dell'o.g., in ordine a situazioni di anti-giuridicit che attengono, la prima alla invalidit, la seconda all'ineseguibitit .di un atto , (quest'ultima, di regola, dipendente dall'invalidit, ma talor sanzione a s stante) l'inter-. preta:1;ione letterale degli artt. 136, Cost. e 30, comma 4<>, 5 della 1. 11 marzo 1953, n. 87 -assolutamente privi di qualsiasi riferimento a ipotesi di invalidit, e per (!i stesso carenti di sanzione invalidante (v. in arg. CARUSI, Sugli effetti della dichiarazione di incostituzionalit ecc. in Rassegna Avv. Stato, 1964, I, III, 87) -sembra pi coerente con la previsione di inefficacia in senso stretto, (cessazione di efficacia, divieto di applicazione, cessazione deIJa secuzione e degli effetti penali). D'altra parte, pur nel presupposto che le sanzioni di invalidit elaborate per l'atto processuale e per quello negoziale possano estendersi a quello legislativo (problema per s assai delicato) non si ritiene che la previsiOne di declaratoria di illegittimit costituzionale sia, necessariamente, da ricondurre ad una delle dette sanzioni (tipiche): inesistenza, nullit, annullabilit. Non a quella dell' inesistenza posto che non pare probabile (v. Ad. Plen. cit.) -pur non potendosi escludere, in tesi, il caso limite (CERVATI, Gli effetti, ecc. -in Giur. Cost . ., 1963, 1214) -che una norma possa presentarsi priva del minimo di requisiti od elementi di riconoscibilit, prima facie, come tipici della fattispecie minimo di Thatbestand) la cui mancanza secondo la dottrina pi autorevole, (SANTORO PASSARELLI, CARIOTA FEl!RARA, ecc.) concreta, per l'appunto, l'ipotesi di inesistenza . Diverso il problema, circa la qualificazione del vizio afferente il contrasto fra norma ordinaria e norma costituzionale, in quanto, in effetti, siffatta contrariet verificandosi in ordine a norme che, in massimo grado, presentano natura pubblicistica, di tipo imperativo -potrebbe apparire idonea a determinare il fenomeno sanzionatorio della nullit, cui non ripugnerebbe la coesistenza con la esecutoriet (in arg. Sez. Un.: 22 giugno 1963, n. 1707). Senonch, -a prescindere dalla difficolt d meccanica trasposizione della teoria della invalidit del negozio giuridico, nell'area di invalidit della legge - la stessa norma costituzionale che si oppone a tale configurazione laddove non muove dal presupposto della invalidit de jure della norma, prima della pronuncia della Corte. Ed sotto questo profilo che assume rilievo il carattere dell'obbligatoriet della norma -fino alla sentenza della Corte -rilevato dalle sent. Sez. Un. 22 giugno 1963, n. 1705 e 1706, e Cass. Civ.; Sez. I, 9 ottobre 1963, n. 2683. Onde, devonsi far salvi, i rpporti esauriti, sotto l'impero della norma ordinaria, indi, dichiarata illegittima, con ci stesso escludendosi quella carenza effettuale che tipica della nullit. La giurisprudenza, peraltro, e non infrequentemente, ha fatto capo al tema dell'annullabitit. (Sez. Un. 22 giugno 1963, n. 1707; Cass. Civ. III, 30 ottobre l963, n. 2620; Cass. Civ. I, 9 ottobre 1963, n. 2683), evidentemente perch evidenziata dal meccanismo della reazione dell'o.g. nel senso che -sul presupposto della validit oppugnabile -si inserisca il procedimento di impugnativa (principaliter o incidenter) come impeditivo di efficacia erga omnes, restitutoria nel solo rapporto dedotto. (Sotto altro profilo, nel senso dell'annullabilit, con effetti ex nunc, v. MoRTATI, Istituzioni di dir. pubblico 1962, 995). 184 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Si , peraltro, rilevato che l'annullamento, nel caso, non cancella tutti gli effetti gi prodottisi, e da esso non possa derivare responsabilit per illecito, in quanto il comportamento conforme alla norma indi dichiarata illegittima era imposta dall'obbligo dell'osservanza della norma medesima (Cass. 9 ottobre 1963, n. 2683). E tuttavia, neppure con tali emendamenti questo tipo di reazioni si pu, con sicurezza, accogliere ccme parametro della illegittimit costituzionale, posto che il potere della Corte non sta al potere legislativo, come il potere del Giudice sta all'autonomia negoziale dei soggetti. A differenza dell'attivit di giurisdizione, la sentenza costituzionale, non opera supra partes, n con attivit sostitutoria, e non apprende quindi direttamente il rapporto dedotto (come ha chiaramente ammesso la stessa S. C. con sent. Sez. Un. 30 dicembre 1965, n. 2485: La dichiarazione di illegittimit costituzionale ha per oggetto la norma di legge ritenuta illegittima ma non gli atti amministrativi che si fondano su di essa, i quali, pertanto, devono considerarsi esistenti fino a quando non siano stati rimossi con uno degli strumenti a ci idonei ., La sentenza opera dunque attraverso una attivit che paralizza gli effetti della norma (con un sistema che potrebbe essere suscettibile di accostamenti a quello dello jus edicendi pretorio rispetto allo jus civile), senza abrogarla e senza, neppure, eliminarla dall'o.g. Trattasi, dunque, di una sanzione di inefficacia in senso stretto con le caratteristiche proprie della sanzione, in relazione alla natura dell'atto su cui viene a cadere, ossia la cessazione della applicazione della norma illegittima; cessazione di applicazione la quale ovviamente, non potrebbe apprendere i rapporti ricompresi nella previsione della norma illegittima. Sicch la tematica della retroattivit, ripetuta pi tralaticiamente che tecnicamente non sembra avesse pi contenuto, gi nella stessa giurisprudenza civile della Corte attesa l'ambiguit di una retrattivit, con salvezza di ultrattivit di rapporti definiti in virt della norma illegittima. Ma, con la nota pronunzia Sez. Un. Pen. 11 dicembre 1965, n. 5 (Pres. Tavolaro, ed. Duni) stato ritenuto: Dato che, ai sensi dell'art. 30, 1. 11 marzo 1953, n. 87, la norma dichiarata illegittima da una decisione della Corte Costituzionale perde la sua efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione, il giudice non pu farne diretta applicazione nei gi.udizi in corso, rispetto ai rapporti giuridici non ancora definiti; pertanto, se per la pronuncia della decisione la norma non deve ricevere applicazione diretta, la retroattivit della dichiarazione di illegittimit esclusa, con la conseguenza che la relativa indagine va compiuta, in via di interpretazione, caso per caso. (Il discorso potrebbe, ovviamente, ripetersi, anche sulla base del solo art. 136 Cost.). Questa sentenza in relazione a due 'sentenze della Corte Clostituzionale, dalle quali la prima aveva ritenuto legittimo l'art. 392 c. p. che re,gola l'istruzione sommaria, ritenendo applicabili anche a tale forma di istruzione le garanzie defensionali previste per la istruttoria formale (sent. 19 febbraio 1965, n. 11; e la seconda, dopo che la Corte di Cassazione aveva insistito sulla inapplicaibilit di tali garanzie all'istruttoria sommairia, aveva dichiarato illegittima tale norma (sent. 26 giugno 1965, n. 52). Ha introdotto, quindi, il criterio distintivo fra applicazione diretta e applicazione indiretta con riguardo agli atti processuali (nel senso che la prima ha luogo nel momento in cui vengono compiuti; la seconda in sede di controllo della loro validit) sostanzialmente coincidente con il suaccennato criterio dell'inefficacia. (Cfr. altresi, Cass. iPen., 1 luglio 1965, Giust. pen., 1965, III, 555; 6 luglio 1965, ivi, 554). I . . I. PARTE II, QUESTIONI 185 Non pare che questa massima~ e per il contesto che si incentra sugli effetti paralizzanti della declaratoria di illegittimit, e per la stessa composiz\ one del collegio giudicante -possa restare priva di rilevanti conseguenze, sulla ulteriore giurisprudenza della Corte, anche al di fuori della materia del processo penale. Si che talune sentenze civili pubblicate immediatamente, dopo detta pronuncia possono non rispecchiare esattamente il definitivo orientamento della Corte Suprema (Cass. III, 5 gennaio 1966, n. 121; e 7 febbraio 1966, n. 399). 4. -Si osserva, poi, che pur nell'ambito della retroattivit, si controverte -come si detto -se la resistenza degli effetti prodottisi in base alla uorma illegittima, siano da ricollegare alla norma stessa (Cass. 16 giugno 1965, n. 1751, Giur. it. con nota di ONIDA) o al principio della consolidazione di situazioni antigiuridiche (Ad. pl. cit. e, in dottrina, PIERANDREI, Corte Costituzionale, Enc. Dir.; BALLADORE PALLIERI, Effetti e natura della sentenza della C. Cost., Riv. dir. proc. civ., 1965, 161; Diritto Costi tuzionale, 1965, 342). Ora, pur sotto il primo profilo, la casistica ipotizzabile di tale estensione (v. sent. Cass. 1965, n. 1251 cit.) da non prestarsi ad una previsione per l'indirizzo futuro della giurisprudenza. Per converso, nel presupposio che si restringano le ipotesi di resistenza dei raipporti esauriti a quelle di consolidazione e per effetto di giudicato, prescrizione e decadenza, stato osservato che la regola sarebbe, tuttavia, di incerta e non assoluta applicazione, posto che ciascuno degli eventi, a cui l'ordinamento ricollega il consolidamento del rapporto, non pi suscettibile pertanto di un accertamento giudiziale basato sulla disapplicazione delle disposizioni dichiarate illegittime, opera nei limiti e secondo le regole ad esso proprie >. e Cosi la prescrizione, non essendo rilevabile d'ufficio, in tanto impedir tale accertamento giudiziale, e quindi in tanto impedir che la pronuncia di incostituzionalit spieghi effetto nel giudizio, in quanto venga eccepita da chi vi ha interesse: in mancanza, ancorch il termine prescritto sia decorso, il giudice non potr omettere di dettare la disciplina concreta del rapporto, quale si desume dalla disapplicazione delle disposizioni illegittime: onde, in questo caso, l'effetto della pronuncia id incostituzionalit viene ad operare pur nell'ambito di un rapporto che dovrebbe, per l'intervenuta prescrizione, considerarsi esaurito Cosi, ancora, l'atto amministrativo, fondato su di una legge dichiarata incostituzionale, non potr essere impugnato, se decorso il termine di decadenza; ma ci nn precluder un eventuale annullamento d'ufficio da parte della stessa Amministrazione, basato sull'accertata originaria illegittimit dell'atto stesso, derivante dalla illegittimit della legge applicata; e non impedir la disapplicazione dell'atto da parte dei giudici, nella misura in cui tale disapplicazione si ritenga possibile nei confronti degli atti amminstrativi inoppugnabili . (ONIDA, Conseguenze processuali della dichiarazione di illegittimitd costituzionale, ecc., Giur. it., 1966, I, I, 1026, n. 3). Ma vi di pi che, in tema di consolidazione di atti amministrativi, occorre ancora distinguere se alla dichiarazione di illegittimit costituzionale possano resistere consolidazioni di situazioni di interesse legittimo o di diritto soggettivo. Viene, a questo proposito, in esame la questione relativa al concetto di inoppugnabilit dell'atto, in che la dottrina identifica il fenomeno della decadenza, distinguendola dal c.d. atto inoppugnabile ., e dall'atto irrevocabile . fillp@?@f18ffi%-%.f.'@rnf:r.f~F:fyif7f.f.8Wffe'.pf%fY-W.-%-W-":'o/..ff:f.':f::'.::::::fW::'".ff.W%@'f.ff41'tfilffef@'"':@=W".i.f"(.@r.ffffil 186 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In effetti, l' inoppugnabilit dell'atto non sta all'atto stesso, come la cosa giudicata formale alla sentenza (cfr. in ag. GIANNINI, Atto amministrativo, Enc. Dir.; CANNADA BARTOLI, L'inoppugnabilitd ecc., Riv. Trim. dir. pubblico, 1962, p. 24 e segg. (BRACCI, l'atto amministrativo inoppugnabile, ' ' 186 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In effetti, l' inoppugnabilit dell'atto non sta all'atto stesso, come la cosa giudicata formale alla sentenza (cfr. in ag. GIANNINI, Atto amministrativo, Enc. Dir.; CANNADA BARTOLI, L'inoppugnabilitd ecc., Riv. Trim. dir. pubblico, 1962, p. 24 e segg. (BRACCI, l'atto amministrativo inoppugnabile, ' ' ~ I. ecc. Studi Cammeo, 1933, I, 154). ... Essa rappresenta -per la sola ipotesi di decadenza -un minimo di inattaccabilit, per decorso del termine; onde si ritiene che si determini la consolidazione dell'atto, ma non anche con efficacia preclusiva, e dichiarativa o costitutiva; di guisa che lo stesso giudice amministrativo potrebbe, in ogni altro processo, disapplicarlo e -a fortiori -dovrebbe essere disapplicato dal giudice civile, in caso di atto lesivo di diritti soggettivi, salvo espressa comminatoria (ad es.: art. 146 1. Reg.; art. 90 t. u. F. L.; ecc.). Diverso il concetto pi ampio di atto amministrativo inoppugnabile (che sta alla inoppugnabilit come il genus alla species e rappresenta la fattispecie dell'atto non soggetto a ricorso gerarchico, n ad impugnativa, (per ragioni diverse dalla decorrenza dal termine) e pur revocabile. Diverso, ancora, il concetto di atto dotato, anche, di irrevocabilit; in ordine al quale non pacifica la sottrazione alla disapplicazione, da parte del giudice civile e al c. d. annullamento d'ufficio. S che non pare si possa, con sicurezza, affermare che queste ipotesi ricadano nella categoria dei rapporti esauriti, allorquando si fa questione di atto amministrativo lesivo di interessi legittimi. Ovviamente, il tema si atteggia diversamente, laddove la decadenza sia comminata in tema di atti amministrativi lesivi, di diritto soggettivo. 5. -Infine, a vulnerare l'intangibilit di situazioni precostituite si profilata la breccia dell'azione di risarcimento contro la P. A., quale ammessa dalla sentenza della Corte di Cass. I, 16 giugno 1965, n. 1025 (in Giur. it. 1966, con nota adesiva di ONIDA n. 9), tesi peraltro resistita dalla sent. della stessa Corte di Cassazione, I, 9 ottobre 1963, n. 2683, con ineccepibili argomenti in ordine all'obbligatoriet della norma fino al di della pubblicazione della sentenza di illegittimit costituzionale. 6. -Tutto quanto sopra premesso palese, che l'effetto della 'dichiarazione di illegittimit costituzionale non possa concretarsi in misure di restitutio in integrum, o di riconoscimento di diritti, salvo che siano imposte, come necessaria e immediata conseguenza, dalla stessa sentenza costituzionale, dove;ndosi in ogni altra ipotesi far capo al presupposto dell'obbligatorietd della legge e della sua efficacia fino alla pronuncia di iUegittimitd; salvo che si tratti di situazioni giuridiche irretrattabili ricollegabili unitariamente al criterio dell'autonomia normativa delle parti (o a quella sostitutoria del Giudice). a) Misure1 restitutorie direttarnente dipendenti dalla sentenza costituzionale sono da ritenere gli adempimenti im:;>osti dalla stessa disapplicazione della norma: cos la restituzione del fondo, in tema di illegittimit dei decreti di scorporo; la cessazione della imposizione di vincoli alla propriet privata, ritenuti illegittimi; in una parola, ogni esercizio di diritti che implichi una protrazione di effetti nel tempo; cos in materia penale la cessazione della esecuzione della condanna (che viene in tal modo a rinquadrarsi nel sistema generale e non quale eccezione). b) Situazioni giuridiche frretrattabili sono certamente, quelle derivanti da adempimento totale, pacifico, e senza riserve, sulla base della norma indi dichiarata illegittima. PARTE II, QUESTIONI Questa sembra la tesi accolta dalla Corte Costituzionale con sent. 29 marzo 1960, n. 6, in via di interpretazione della definizione legislativa contenuta nella I. 6 agosto 1958, n. 790. Ovviamente, diversi saranno gli effetti della decadenza in tema di interessi legittimi (per la gi esaminata incertezza degli effetti dell'inoppugnabilit) e in tema di diritti soggettivi (laddove l'adesione del destinatario sia inequivoca e non determinata da compulsione per la forza esecutoria dell'atto). (:&.: da rilevare la difficolt, per la P. A., di far luogo al riconoscimento di siffatte situazioni, al di fuori di una pronuncia giurisdizionale). A tale riguardo va rilevato che l'A. G. ha considerato irripetibili, i contrbuti E.P,T. (Cass. 30 settembre 1961, n. 1271; 27 febbraio 1963, n. 476) da cui muovono i rilievi di BAFILE, Sull'efficacia delta dichiarazione di incostituzionalit sui rapporti esauriti al di fuori det processo. in Rass. Avv. Stato 1965, I, III 140, nel senso della irripetibilit anche delle tasse di occupazione di . suolo pubblico, affissioni ecc,, percette in base a norme 'Uchiarate illegittime con sent. cost. 30 gennaio 1962, n. 2. 7, -In applicazione della suesposta tesi, gli effetti della Sentenza Costituzionale sul plusvalore delle are.e fabbricabili possono riepilogarsi nei seguenti termini, ritenendosi esauriti: I) -i rapporti definiti in forza, del giudicato o sulla base degli atti amministrativi di accertamento in ordine ai quali sia scaduto il termine perentorio di decadenza che condiziona e limita, in via normale, il diritto del contrbuente a tutelarsi contro gli atti illegittimi dell'Ente impositore; Il) -i rapporti definiti in base al concordato che, la giurisprudenza e la dottrina pi recente, configurano come un atto amministrativo di accertamento unilateralmente compiuto dall'Ente impositore con l'adesione del contribuente. Ed invero, se non possono pi essere posti in discussione gli atti ammi nistrativi di. accertamento tributario concretatisi senza la collaborazione del contribuente o, addirittura, contro la sua stessa volont per effetto del mancato esercizio di un diritto di impugnativa di costui entro un rigoroso termine di decadenza, a maggior ragione dovr considerarsi esaurito ilrapporto tributario consolidato sulla base di un atto amministrativo compiuto con la collaborazione dello stesso contribuente e, quindi, senza riserva da parte del medesimo ad impugnativa; III) -i rapporti definiti mediante delibera di accettazione da parte dell'Ente impositore della dichiarazone resa dal contribuente oppure mediante accettazione tacita della stessa per non avere l'Ente, nei termini di cui all'art. 17 della l. 5 marzo 1963, n. 246, e successive modificazioni, provveduto alla rettifica della dichiarazione medesima. E ci in quanto, sia la delibera di accettazione sia il silenzio dell'Ente -che in tal caso assume rilevanza giuridica -devono considerarsi atti amministrativi che fanno decadere non solo il Comune ma anche il contribuente dalla possibilit di impugnare il rapporto tributario venutosi a determinare sulla base delle convergenti volont di entrambi. IV) Per tutti questi casi, si ritiene che l'azione di rimborso sia inipotizzabile, in relazione a pagamenti effettuati in virt di rapporti esauriti posto che l'istituto del rimborso ha carattere bens di generalit, ma sul presupposto di nullit del rapporto giuridico di imposta che invece giusta la suesposta tesi, devesi escludere. 188 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Si ritiene, ancora, che la riscossione debba proseguire per le imposte dovute in virt di giudicato o di irretrattabile atto di accertamento, concordato o dichiarazione di parte senza riserve. Infatti nel meccanismo della riscossione delle imposte in esame, sulle alienazioni anteatte, il pagamento era dovuto in due tempi e modi: a) in unica soluzione sul dichiarato, salvo ratizzo in 12 rate, e non attraverso iscrizione a ruolo, sibbene sotto forma di dilazione del debito (arg. da art. 27, 2 e 3 comma I. 246/63) onde devesi ritenere che l'intero carico sia dovu.to come riferentesi a rapporto esaurito; b) medi.ante iscrizione a 1uolo, per gli importi definiti in seguito a rettifica (artt. 17 e 30 L. cit.), e neppure in tali ipotesi potrebbesi dubitare che il rapporto sia esaurito. Salvo che sia stato proposto ricorso tempestivo contro i ruoli. Ben vero potrebbesi, in contrario, osservare che mancherebbe quell'adempimento totale in cui si ravvisa l'estremo dell'esaurimento del rapporto; posto che l'adempimento in discorso va riferito non al comando della norma ., ma all'adempimento dell'obbligazione che ne sorta. (v. in arg. Sent. Cost. 29 marzo 1960, n. 16) nel senso che si intendano non esauriti i rapporti di affitto, per i quali sia stato effettuato il pagamento parziale. In subiecta materia, non varrebbe alligare un esonero per le scadenze successive, nel presupposto che le scadenze, in quanto previste dalla legge di riscossione, rappresentino altrettante ed autonome obbligazioni che ripetano loro causa della legge di imposta cui si riferiscono, e della cui obbligazione si potesse, quindi, ancor far questione. In effetti, l'iscrizione a ruolo costituisce il contribuente debitore dell'intero carico, e pertanto a detto adempimento ufficioso occorrerebbe far capo per discriminare ~ rapporti esauriti dai non esauriti, mentre potrebbesi ritenere consentito addirittura risalire all'atto di accertamento, o di concordato o allo stesso giudicato. In ogni caso, non sta all'Ente impositore -in re dubia -procedere alla eliminazione dei ruoli, n procedere a rimborso per i ratei pagati, col mezzo di un annullamento di u~cio, inammissibile per il principio generale della inderogabilit della pretesa tributaria. Per quanto concerne: a) le dichiarazioni per le quali non si sia ancora realizzata l'ipcte.si di cui al precedente punto III; b) le dichiarazioni per le quali sia ancora in corso il procedimento di rettifica di cui al richiamato art. 17 della legge del 1963, n. 246; e successive modificazioni; c) i giudizi ancora pendenti, quale che sia la fase o il grado in cui si trovano, non potr essere fatta valere alcuna pretesa tributaria. D. FOLIGNO RASSEGNA DI DOTTRINA A. BozzI, Istituzioni di diritto pubblico. Giuffr, Milano, 1965, pagg. 525. Il libro in rassegna raccoglie le lezioni di Istituzioni di diritto pubblico tenute dall'A. nella facolt di scienze statistiche, demografiche ed attuariali dell'universit di Roma. Il volume ha come suoi pregi essenziali una chiarezza d'esposizione veramente esemplare ed una notevole organicit di trattazione. Le indubbie capacit di sintesi dell'A. vengono in chiaro risalto nella parte relativa alla giustizia amministrativa, dove l'efficacia della trattazione non risente affatto della necessaria brevit dello spazio. Spunti interessanti si rinvengono nella parte relativa ai partiti politici, al parlamento ed alle garanzie costituzinali previste dal nostro ordinamento. In appendice al volume sono riportati il testo della Costituzione della Repubblica Italiana, un elenco delle leggi costituzionali approvate successivamente all'entrata in vigore della Costituzione ed una bibliografia, veramente molto ricca, sia generale che per argomento. L. M. G. CANNELLA -S. FAZIO, Codice delle Leggi sulla Previdenza Sociale, CEDAM, Padova, 1965, Tomi due di compi. pagg 4575. Nell'intento di effettuare una raccolta, quanto pi completa possibile, delle disposizioni normative vigenti nella materia, gli AA. hanno compilato il 1Codice in rassegna, che se non presenta il requisito della completezza come viene ammesso nella stessa presentazione dell'opera -costituisce un ausilio pratico di notevole utilit per chi debba addentrarsi nell'intricata congerie di norme relative al vasto campo della previdenza sociale. I due Tomi del Codice risultano divisi in sette libri, nel primo dei quali sono state incluse, per comodit di consultazione, le norme della C1ostitu zione, quelle degli Statuti Regionali, le disposizioni dei Codici e le norme speciali di carattere generale relative alla materia presa in considerazione. La legislazione previdenziale vera e propria stata raccolta tenendosi distinte le norme relative alla previdenza in favore dei lavoratori subordi nati da quelle relative alla previdenza in favore dei lavoratori autonomi. Nell'ultimo libro sono stati raggruppati i pi importanti testi interna zionali sulla materia ed in particolare le convenzioni e gli accordi europei. Sull'opera in rassegna, che si presenta ben curata anche nella veste tipografica ed corredata da tre utili indici -sommario, legislativo ed analitico -v', a nostro avviso, un solo rilievo da fare. Nell'indice analitico il rinvio alle norme fatto per paragrafi e non per pagine (come negli altri due indici). Orbene, poich il paragrafo non riportato in testa ad ogni 190 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO pagina (al fianco della intestazione del titolo) ci costringe il lettore ad una ricerca piuttosto difficoltosa. Com' ben chiaro, l'inconveniente facilmente eliminabile e si pu esser certi che sar eliminato nelle prossime edizioni dell'opera. L.M. CATALDI D., GIACCI D., L'indennitd di buonuscita e l'assegno vitalizio, Giuffr, Milano, 1966. Indennit di buona uscita ed assegno vitalizio appartengono a quelle zone del diritto amministrativo nelle quali si incontra difficolt di orientamento, per la molteplicit delle leggi e per la complessit di taluni istituti. A superare tali difficolt di molto aiuto il recente volume di CATALDI e di G1Acc1 che si recensisce, nel quale la materia trova una lucida ed ordinata esposizione, con indicazione delle norme che disciplinano ogni singolo aspetto. Dopo aver accennato alle origini dei due istituti ed alla autorit amministrativa preposta alla loro applicazione, vengono esposti i principi comuni agli stessi istituti. Segue una trattazione analitica dell'assegno vitalizio e dell'indennit di buonuscita, fornendo in questo modo un quadro I completo della materia. Gli Autori riportano, quindi, la giurisprudenza che si formata sugli istituti in esame ed i pareri espressi dal Consiglio di Stato sulle pi impor ~,~.,, tanti questioni che si sono dibattute. , Chiude il volume un prontuario delle retribuzioni e delle corrispondenti ., quote annue dell'indennit di buonuscita e dell'assegno vitalizio con una elencazione della relativa legislazione. I Il volume ha intenti pratici e li raggiunge in maniera perspicua; onde esso si mostra assai utile per gli operatori del diritto. CARMELO CARBONE .< : M. S. GIANNINI, Corso di Diritto Amministrativo (Dispense anno accademico 1964-65), Giuffr, Milano, 1965, pagg. 344. Il libro in rassegna costituito da una prima parte dedicata alle pre messe sociologiche e storiche, oltre che ai profili costituzionali, della materia trattata e da una seconda parte rE:lativa alla teoria della organizzazione amminist:rativa L'A., convinto, forse sulle orme del LEVY-BRUHL (di cui si cfr. gli Aspects sociologiques du Droit, Paris, 1955), della necessit di un esprit sociologique per avvicinare il diritto alla vita, impernia la prima parte del suo discorso intorno alle amministrazioni pubbliche sul carattere sociologico, oltre che giuridico, della nozione di amministrazione, precisando a tal fine che mentre tutte le amministrazioni hanno rilevanza sociologica, perch tutte le organizzazioni di gruppo interessano la sociologia, solo alcune di esse hanno un vero e proprio rilievo giuridico. J;'ARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA Altra esigenza prospettata nella prima parte del volume, e ripetutamente affermata nel corso dell'intera trattazione, , per l'A., la necessit di storicizzare il diritto in generale ed il diritto amministrativo in ispecie. Viene cos sottolineato che le nozioni ed i concetti relativi aUe amministrazioni pubbliche degli Stati non hanno un valore universale ma solamente storico, per cui essi non sono validi in ogni tempo ed in ogni luogo ma rispondono unicamente ai bisogni ed alle istanze degli uomini componenti i gruppi, dalla cui realt sono nati. A quest'affermazione segue un quadro, sintetico ma efficace, delle Amministrazioni pubbliche dall'evo antieo ai nostri giorni, tracciato seguendo contemporaneamente, come fili conduttori della vicenda, realt sociologica, dati elaborati dalla scienza e realt giuridica. Nel1a seconda parte del volume, il G. sviluppa la parte generale dello intero corso, la teoria dell'organizzazione amministrativa, da lui considerata vero e proprio fulcro del diritto amministrativo. La materia b;-attata in tale sede troppo varia e complessa perch se ne possa qui dare una rapida sintesi. L'esame delle figure soggettive operanti in campo amministrativo precede il tema dell'imputazione ad esse degli effetti giuridici e del rapporto organico. All'esplicazione dei vari significati del termine ufficio (soggettivo, munus. od oggettivo) segue una dettagliata esposizione delle caratteristiche particolari degli organi dello Stato contemporaneo pluriclasse, un'indagine sugli enti di rilievo pubblico ed un esame dei complessi rapporti interorganici. Il libro in rassegna si caratterizza, a nostro avviso, principalmente per la larghezza degli interessi sociologici e storici dell'A. e per la carica fortemente polemica in esso insita. Sulla prima caratteristica non occon-e dire molto: essa traspare ben chiara fin dalla parte introdutiva del volume ed sempre presente anche nell'esame degli argomenti pi strettamente tecnici. Sulla seconda, si deve, invece, osservare che essa contribuisce indubbiamente a dare maggiore vivacit all'esposizione e ad aumentare, conseguentemente, l'interesse alla lettura, ma molto spesso si rivela anche un limite dell'opera. E ci perch molte delle demitizzazioni ripetutamente tentate dall'A. appaiono non scevre da pregiudizi forse altrettanto pericolosi quanto quelli che contribuiscono a mantenere in vita i miti. La -reazione alla c. d~ retorica statalista nasconde, a nostro avviso, un inconfessata propensione per i grandi apparati tecnocratici dell'era moderna, che fa ricadere il G. in una nuova forma di retorica Sul piano pi strettamente giuridico, v', poi, da dire che il tentativo di dissoluzione del mito dello Stuto 'lembra non tener conto del dettato della nostra Costituzione, che, luP.gi dall'operare una riduzione dello Stato ad uno dei tanti enti pubblici di amministrazione operanti nella comunit -come vorrebbe l'A. -pone l'attivit dell'Amministrazione pubblica dello Stato ad un livello pi alto di quella svolta da altri enti operanti nella realt gimidica amministrativa, riconoscendo al Governo una generale potest di annullamento degli atti illegittimi di qualsiasi autorit amministrativa. D'altro canto la tendenza a voler considerare inesistente nel nostro sistema amministrativo un potere esecutivo, oltre a trovarsi anch'essa in contrasto con i principi del nostro ordinamento, prescinde del tutto dalla 192 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO considerazione pratica che solo la presenza di un'unit operativa, qual' il potere esecutivo, pu costituire un'alternativa valida al caos determinato dalla proliferazione indiscriminata di amministrazioni e di enti, cosl attuale nel nostro ordinamento. Occorre, infatti, una buona dose di ottimismo per ritenere che la composizione dei vari fini pubblici, spesso confliggenti, di enti diversi si possa ottenere, in assenza di un potere esecutivo, sulla semplice linea della programmazione. Particolarmente vivace e ricca di spunti interessanti la polemica del G. contro la dottrina pandettistica (MAYEi!, LABANo, JELLINE.K jr., ORLANDO, S. ROMANO). Sull'assunto della storicit del diritto, l'A. contesta l'esattezza dell'opposta te:1denza a dare un carattere universalizzante alle costruzioni dommatiche elaborate dalla scienza giuridica ed a concepire un diritto senza spazio e senza tempo, valido ovunque e sempre. Alla critica dell'indirizzo panc!ettistico si riannoda, nel testo, una chiara rivalutazione della concezione realistica del diritto (HA(Jluou, DUGUIT) e degli apporti ad essa dati dallo stor:.cismo. Altre dottrine favorevolmente accolte dal G. sono quella dell'indiTiz::o politico del GuE;.1. Tra gli errori di prospettiva che il G. contesta ai pandettisti, primo tra gli altri sarebbe quello di aver sempre considerato il principio della divisione dei poteri come necessaria base sistematica per la costruzione del diritto amministrativo, obliterando o mettendo, comunque, in scarso rilievo problematiche ben pi importanti come quella relativa al rapporto: Autorit- Libert; problematica, quest'ultima, evidenziata dall'A. gi nelle LEZIONI pubblicate nel 1950, dove era sufficientemente lumeggiato il carattere bipolare del diritto amministrativo, inteso come tendenza della normazione da esso considerata a presidiare da un lato l'autorit e da un altro la libert. Per il G. la stessa costruzione del principio di divisione dei poteri pre sterebbe il fianco alla critica per diversi motivi. Innanzitutto, perch -se condo l'A. -le funzioni dello Stato supererebbero certamente il numero di tre ed in secondo. luogo perch la distinzione tra potere in senso sog gettivo e potere in senso oggettivo (o funzione), escogitata dai pandettisti per giustificare l'esercizio da parte di ogni potere non solo delle funzioni ad esso demandate in via principale ma anche, sia pure in via secondaria, di altre demandate in via principale ad altri poteri, non riuscirebbe a celare la realt dei fatti e cio un'aperta violazione dello stesso principio. Altra caratteristica del libro -che sembra sottintendere un ulteriore spunto polemico - la tendenza ad opporre a tutte le schematizzazioni e generalizzazioni dommatiche, proprie della dottrina dominante in campo pubblicistico, analisi, distinzioni e suddistinzioni sempre pi approfondite e sottili. Solo per citare un esempio, nel campo degli enti pubblici il G. individua tante diverse categorie di enti da porre problemi interpretativi di non facile soluzione in caso di lacune legislative. Questa propensione dell'A. per l'analisi fa si, d'altra parte, che manchi alla sua teoria dell'orga nizzazione quella caratteristica di ricostruzione unitaria dei vasti fenomeni amministrativi, che riscontrabile nei testi c. d. tradizionali. opportuno, forse, concludere queste brevi note, ricordando che dal j:: libro in esame, traspare, oltre alla gi sottolineata vastit degli interessi culturali dell'A., un suo particolarissimo interesse per .gli ordinamenti giu . ridici dei paesi anglosassoni e dell'Inghilterra in ispecie. . . ' ~~ ~, ~ ~ PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 193 'l'alune distinzioni -come, ad esempio, quella tra Stati-Ente e Staticomplesso coordinato di enti, fatta in ragione degli elementi dell'organizzazione costituzionale e comportante la presenza di una sola persona giuridica costituzionalmente rilevante, nel primo tipo, e l'attribuzione della personalit giuridica a pi officia costituzionalmente rilevanti, ordinati, quanto alla loro attivit, secondo un disegno unitario con conseguente presenza di tante distinte organizzazioni amministrative quanti sono gli enti costituenti nel loro complesso l'organizzazione dello Stato, nel secondo tipo; e l'altra tra Ordinamenti a diritto cornune ed Ordinamenti a diritto amministrativo, fondata sul contenuto delle norme che disciplinano l'amministrazione e l'attivit amministrativa pubblica ed in base alla quale i fatti amministrativi sono regolati da norme che appartengono ad un settore di normazione unico, comune ad operatori pubblici e privati, nel primo tipo, e da una normazione pubblicistica speciale diretta a regolare l'attivit della amministrazione pubblica, nel secondo tipo -lasciano intuire nell'A. una tendenza a scorgere nelle modificazioni verificatesi in questi ultimi anni nella nostra realt amministrativistica il segno di un avvio verso la costruzione di un sistema diverso modellato in gran parte su quello c. d. di tipo inglese. L. MAzZELLA RASSEGNA DI LEGISLAZIONE I DISEGNI E PROPOSTE DI LEGGE Disegno di legge n. 1663 (Camera dei Deputati), presentato dal Presidente del Consiglio dei Ministri, dal Ministro dell'Interno e dal Ministro di Grazia e Giustizia, di concerto con il Ministro del Tesoro, concernente: Norme sui referenqum previsti dalla costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo. Il disegno di legge sopraindicato, presentato alla Camera dei Deputati nella seduta del 22 settembre 1964, fu assegnato fin dall'ottobre successivo alla la Commissione Permanente (Affari costituzionali, Organizzazione dello Stato, Regioni, Disciplina generale del rapporto di pubblico impiego), ma solo di recente, e pi precisamente il 14 giugno 1965, avvenuta la presentazione alla Presidenza della Relazione della Commissione. Come noto, il disegno in esame mira ad attuare, ad integrazione del sistema attualmente vigente di democrazia rappresentativa, gli istituti di democrazia diretta previsti dalla Carta costituzionale e consistenti nella produzione da parte del popolo di norme giuridiche (articoli 138, 75 e 132 Cost.) e nella iniziativa legislativa popolare (art. 71 Cost.). Esso consta di 53 articoli, suddivisi in cinque titoli, e di quattro tabelle allegate, relative alla schede di rotazione. Nel primo titolo (artt. 1-26) viene disciplinato l'istituto del refe rendum previsto dall'art. 138 della Costituzione; nel secondo (artt. 27 40) l'istituto del referendum abrogativo previsto dall'art. 75 della Costi tuzione; nel terzo (artt. 41-47) l'istituto del referendum per la modi ficazione territoriale delle Regioni .previsto dall'art. 132 della Costitu zione e nel quarto (artt. 48-49) l'iniziativa del popolo nella formazione I delle leggi di cui all'art. 71 della Costituzione. L'ultimo titolo, il quinto (artt. 50-53), contiene disposizioni finali concernenti rinvii ad altre leggi e la ripartizione delle spese necessarie per lo svolgimento dei referendum. Non ci si pu in questa sede, per evidenti ragioni di spazio, sof fermare su tutte le disposizioni contenute nel disegno. necessario per .sottolineare che talune, importanti modifiche sono state apportate dalla Commissione al testo predisposto dal Governo. Tali modifiche hanno riguardato principalmente i due istituti del referendum inserito nel procedimento di revisione costituzionale e del referendum abrogativo ed hanno avuto lo scopo di semplificare ulteriormente le forme di esercizio della richiesta di referendum e di ridurre, ove possibile, i termini. Gli articoli modificati sono il 7, 8, 9, 11, 12, 15, 27, 28, 31 e 49. Le principali modifiche risultano cosi sintetizzate nella relazione al disegno: PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 195 1. -L'art. 7 del disegno di legge stabilisce che i promotori della raccolta delle 500.000 firme debbano presentarsi alla Cancelleria della Corte di Cassazione, portando i fogli sui quali si propongono di raccogliere le firme dei richiedenti il referendum di cui all'art. 138 della Costituzione. Sui fogli, che debbono contenere al loro inizio, a stampa o con stampigliatura, la dichiarazione della richiesta del referendum, con le indicazioni prescritte dall'art. 4, il cancelliere della Corte di Cassazione appone il timbro a data dell'ufficio e la propria firma, e li restituisce ai promotori entro tre giorni dalla presentazione. Si rilevato nel Comitato ristretto e nella Commissione che porre a carico dei promotori l'onere di trasportare a Roma presso la Cancelleria della Corte di Cassazione decine di migliaia di fogli da distribuire poi nei comuni dove le firme dovrebbero essere raccolte, rende estremamente complicato e dispendioso l'esercizio del diritto costituzionale; e senza apprezzabile necessit, per gli scopi che si intendono perseguire, con la verifica e la vidimazione preventiva dei fogli. Gli stessi scopi si possono raggiungere decentrando l'operazione di vidimazione dei fogli. La Commissione pertanto ha modificato l'articolo 7 nel senso che i promotori debbono presentarsi alla Cancelleria della Corte di Cassazione per richiedere il referendum, ma i fogli possono essere presentati per la vidimazione, alla Segreteria Comunale o alle cancellerie degli uffici giudiziari . Le modifiche inoltre hanno ridotto da 3 a 2 giorni il termine per la restituzione dei fogli ai presentatori da parte degli uffici. 2. -Anche l'art. 8 del disegno di legge pone a carico dei promotori (o almeno in tal senso stato interpretato), un onere che appare eccessivamente gravoso, laddove dispone che accanto alle firme degli elettori, nei fogli di cui sopra, debbano essere indicati per esteso, a cura del notaio o del cancelliere, il nome, cognome, luogo e data di nascita del sottoscrittore e il comune nelle cui liste elettorali questi iscritto . Si ritenuto cio, in base a tale norma, che lo stesso pubblico ufficiale, notaio o cancelliere, debba apporre tali indicazioni, ci che ritarderebbe enormemente, ed inutilmente, le operazioni di autentica delle firme degli elettori. Si eliminata, pertanto, l'espressione a cura del notaio o del cancelliere , limitandosi in tal modo l'intervento del notaio o del cancelliere all'autentica delle firme (anche collettiva, cio foglio per foglio). Allo scopo di accelerare e semplificare le operazioni di autentica, si aggiunto al notaio ed al cancelliere della pretura o del tributale, il giudice conciliatore. Si infine ridotto da 5 giorni a 48 ore il termine entro il quale i sindaci debbono rilasciare agli elettori i certificati d'iscrizione nelle liste elettorali. 3. -L'art. 12 del disegno di legge, ropo avere stabilito l'Ufficio centrale per il referendum, costituito presso la Corte di Cassazione, decide sulla legittimit della richiesta entro 30 giorni dalla presentazione; che nello stesso tempo contesta le eventuali irregolarit ai presentatori, i quali entro 5 giorni debbono dichiarare se intendono sanarle; prescrive, poi, che a sanare tali irregolarit i presentatori deb17 196 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO bono provvedere entro il termine massimo di tre mesi dalla pubbli- I cazione della legge, previsto dall'art. 138 della Costituzione. La Com--~ missione ha rilevato che se un termine vuole.con~edersdi ai present~-I~:~ 11tori, non lo si deve far decorrere dalla pubb icaz10ne e11a egge, m quanto un termine siffatto pu essere gi del tutto consumato alla data dell'ordinanza dell'ufficio centrale che rileva l'irregolarit; per cui i I presentatori avrebbero disponibili 5 giorni per dichiarare di voler sanare le irregolarit contestate, ma in effetti si troverebbero nell'impossibilit di sanarle, essendo il relativo termine gi scaduto. Infatti lo stesso termine di tre mesi dalla pubblicazione della legge, previsto dall'art. 138 della Costituzione, dato per la presentazione della richiesta di referendum; altri 30 giorni sono dati all'ufficio centrale per la emanazione dell'ordinanza; per cui, ripetesi, alla data di questa, i 3 mesi dalla pubblicazione della legge possono gi essere largamente scaduti. La Commissione propone pertanto che il termine per sanare le irregolarit (che fissa in venti giorni) decorra dalla data dell'ordinanza dell'ufficio centrale. 4. -Tra le altre modifiche o ritocchi di termini, appare di rilievo I' la riduzione, dall'anno ai sei mesi (successivi alla data di convocazione : dei Comizi elettorali per la elezione di una delle Camere), durante i quali non pu essere depositata richiesta di referendum abrogativo ~ I (art. 31 del disegno di legge). -~ I LEGGI E DECRETI * il I d. P. R. 21 dicembre 1965, n. 1720. -Approva lo Statuto dell'Ente nazionale per l'energia elettrica (G. U. 18 luglio 1966, n. 176). ~ ~ d. P. R. 1 O maggio 1966, n. 591. -Approva il regolamento per l'ammiI nistrazione e l'erogazione del Fondo di previdenza per il personale provinciale dell'Amministrazione del catasto e dei servizi tecnici erariali (G. U. 10 agosto 1966, n. 190). legge 5 luglio 1966, n. 518. -Modifica le sanzioni stabilite agli articoli 110, 111, 112, 113, 114, 115, 116, 117, 118, 119, 120, 121 e 124 della legge sul lotto (G. U. 15 luglio 1966, n. 173). legge 13 luglio 1966, n. 559. -Disciplina l'organizza2iione e l'attivit ,::' dell'Istituto Poligrafico dello Stato (G. U. 26 luglio 1966, n. 184). i1 :; (*) Si segnalano provvedimenti ritenuti di maggiore interesse. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 197 legge 13 luglio 1966, n. 610. -Modifica ed integra le vigenti disposizioni in tema di previdenze per la ricostruzione dei fabbricati danneggiati dalla guerra (G. U. 8 agosto 1966, n. 196). legge 13 luglio 1966, n. 653. -Ratifica i Protocolli n. 2 e n. 3, firmati a Strasburgo il 6 maggio 1963, addizionali alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libert fondamentali, concernenti, il Protocollo n. 2, l'attribuzione alla Corte europea dei diritti dell'uomo della competenza ad esprimere pareri consultivi, ed il Protocollo n. 3 la modifica degli articoli 29, 30 e 34 della Convenzione (G. U. 25 agosto 1966, n. 210). legge 25 luglio 1966, n. 570. -Prevede una nuova disciplina per la nomina a magistrato di Corte di appello (G. U. 28 luglio 1966, n. 186). legge 25 luglio 1966, n. 571. -Eleva il limite di valore della competenza del conciliatore e del pretore, rispettivamente, a lire cinquanta mila e a lire settecentocinquantamila, portando a lire trecentomila il limite stabilito per le cause relative a beni immobili nelle quali il valore si determina, ai sensi dell'articolo 15 del codice di procedura civile, in base a tributo diretto verso lo Stato, e a lire ventimila il limite di valore entro il quale il conciliatore decide le cause secondo equit ed inappellabilmente, a norma degli articoli 113, secondo comma, e 339, ultimo comma, del codice di procedura civile (G. U. 28 luglio 1966, n. 186). legge 6 agosto 1966, n. 629. -Obbliga le Amministrazioni dello Stato, comprese quelle con ordinamento autonomo e le gestioni speciali dello Stato, a tenere le disponibilit liquide in conti correnti con il Tesoro, per un tasso di interesse e secondo modalit di cui rimette la determinazione al Ministro .per il tesoro (G. U. 19 agosto 1966, n. 205). NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE * NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI Cod'h:e penale, art. 272 (Propaganda ed apologia sovversiva o antinazionale), secondo c:omma (1). Sentenza 6 luglio 1966, n. 87, G. U. 9 luglio 1966, n. 168. Ordinanza di rimessione 20 gennaio 1965 della Corte di assise di Modena, G. U. 30 aprile 1965, n. 109, e in questa Rassegna, 1965, II, 46. (*) Tra parentesi sono indicati gli articoli della Costituzione in riferimento ai quali sono state proposte o decise le questioni di legittimit costituzionale. (1) r"a questione di legittimit costituzionale del primo comma della disposizione stata dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 21 della Costituzione, con la stessa sentenza (infra). ;--..: :::: .-X.X .-z..X .- Y/. X " .- .-::::: ... :-: .... ... .... ......-~ 198 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269 (Legge del registro), art. 117, modificato con l'art. 1 del r. d. 13 gennaio 1936, n. 2313, nella parte in cui vieta ai funzionari delle cancellerie giudiziarie di rilasciare, prima che sia avvenuta la loro registrazione, copie o estratti di sentenze il cui deposito in giudizio sia condizione essenziale per la procedibilit dell'impugnativa, ai sensi dell'art. 348 del Codice di procedura civile. -~ Sentenza 2 luglio 1966, n. 80, G. U. 9 luglio 1966, n. 168. Ordinanza di rimessione 16 luglio 1965 della Corte di appello di Catania, G. U. 25 settembre 1965, n. 242, e in questa Rassegna, 1965, II, 142. r. d. 13 gennaio 1936, n. 2313 (Modificazioni alla legge del registro), art. 1, nella parte in cui sostituisce l'art. 117 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, in quanto vieta ai funzionari delle cancellerie giudiziarie di rilasciare, prima che sia avvenuta la loro registraZiione, copie o estratti di sentenze il cui deposito in giudizio sia condizione essenziale per la procedibilit dell'impugnativa, ai sensi dell'art. 348 del Codice di proiCedura civile. Sentenza 2 luglio 1966, n. 80, G. U. 9 luglio 1966, n. 168. Ordinanza di rimessione 16 luglio 1965 della Corte di appello di Catania, G. U. 25 settembre 1965, n. 242, e in questa Rassegna, 1965, I II, 142. legge reg. sic:. 19 febbraio 1951, n. 20 (Espropriazione per pubblica utilit dell'area per il costruendo palazzo della Regione). Sentenza 6 luglio 1966, n. 90, G. U. 9 luglio 1966, n. 168. Ordinanza di rimessione 4 giugno 1965 del Tribunale di Palermo, G. U. 25 settembre 1965, n. 242. legge 31 luglio 1956, n. 991 (Modificazioni alla legge 8 gennaio 1952, n. 6 sulla Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore degli avvocati e dei procuratori), art. 17, limitatamente agli atti previsti dagli artt. 27 e 28 del r. d. 25 giugno 1940, n. 954. Sentenza 2 luglio 1966, n. 82, G. U. 9 luglio 1966, n. 168. Ordinanza di rimessione 26 aprile 1965 del Pretore di Moncalieri, G. U. 13 novembre 1965, n. 284, e in questa Rassegna, 1965, II, 174. legge 18 aprile 1962, n. 208 (Modifiche alla tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche), art. 7. Sentenza 6 luglio 1966, n. 88, G. U. 9 luglio 1966, n. 168. Ordinanza di rimessione 21 maggio 1965 del Tribunale di Torino, G. U. 31 dicembre 1965, n. 326, e in questa Rassegna, 1965, II, 175. I legge reg. sic:. approv. 14 dicembre 1965 (Istituzione e coordinamento dell'Azienda speciale dell'Autoparco regionale), artt. 4, 5, 6, 8 (salvo ultimo comma), 1O, secondo comma, e tabella 8. Sentenza 11 luglio 1966, n. 96, G. U. 16 luglio 1966, n. 175. II Ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana, depositato il 13 gennaio 1966, G. U. 15 gennaio 1966, n. 12, e retro, II, 164. -~ PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 199 NORME DELLE QUALI STATA DICHIARATA NON FONDATA LA QUESTIONE DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE Codil:e penale, art. 272 (Propaganda ed apologia sovversiva o anti nazionale), primo o:omma (art. 21 della Costituzione) (2). Sentenza 6 luglio 1966, n. 87, G. U. 9 luglio 1966, n. 168. Ordinanza di rimessione 20 gennaio 1965 della Corte di assise di Modena, G. U. 30 aprile 1965, n. 109, e in questa Rassegna, 1965, II, 46. codice penale, art. 327 (Eccitamento al dispregio e vilipendio delle istituzioni, delle leggi o degli atti dell'Autorit), per la parte relativa all'eccitamento al dispregio delle istituzioni (artt. 3 e 21, primo comma, della Costituzione). Sentenza 11 luglio 1966, n. 100, G. U. 16 lugHo 1966, n. 175. Ordinanza di rimessione 21 giugno 1965 del Tribunale di Rovigo, G. U. 28 agosto 1965, n. 216, e in questa Rassegna, 1965, II, 107. r. d. 26 giugno 1924, n. 1054 (Testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato), art. 34, secondo e terzo comma (art. 113 della Costituzione) (3). Sentenza 2 luglio 1966, n. 78, G. U. 9 luglio 1966, n. 168. Ordinanza di rimessione 29 ottobre 1964 delle Sezioni unite civili della Co:vte di cassazione, G. U. 27 marzo 1965, n. 78, e in questa Rassegna, 1964, I, 1059 e 1965, II, 47. legge 10 agosto 1950, n. 648 (Riordinamento delle disposizioni sulle pensioni di guerra), artt. 62, terzo comma, e 64 (artt. 38, primo comma, 30, terzo comma, e 3, primo comma, della Costituzione). Sentenza 6 luglio 1966, n. 92, G. U. 9 luglio 1966, n. 168. Ordinanza di rimessione 23 marzo 1965 della Seconda sezione giurisdizionale della Corte dei conti, G. U. 28 agosto 1965, n. 216, e in questa Rassegna, 1965, Il, 109. le99e reg. sic. 27 dicembre 1950, n. 104 (Riforma agraria in Sicilia), art. 15, primo, sec:ondo, terzo e quarto comma (artt. 42, 113 e 117 della Costituzione e 14 dello Statuto speciale per la Sicilia). Sentenza 11 luglio 1966, n. 95, G. U. 16 luglio 1966, n. 175. Ordinanze di rimessione 20 maggio 1965 (due) del Tribunale di Siracusa e 27 agosto 1965 della Corte di appello di Catania, G. U. 27 novembre 1965, n. 297. (2) Il secondo comma della disposizione stato dichiarato illegittimo con la stessa sentenza (supra). (3) Le disp05izioni sono state gi dichiarate illegittime, in quanto il procedimento per la proposizione e la risoluzione del ricorso straordinario non assicura ai controinteressati la possibilit della tutela giurisdizionale , con sentenza lo febbraio 1964, n. 1. La questione di legittimit costituzionale sollevata dalle Sezioni unite della Corte di cassazione era relativa al principio dell'alternativit del ricorso al Presidente della Repubblica con il ricorso giurisdizionale al Consiglio di Stato. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte dirette), artt. 202, 233, primo comma, lettere c, e, f, h, 235, 236, primo e secondo comma, e 237 (artt. 24 e 113 della Costituzione). Sentenza 2 luglio 1966, n. 83, G. U. 9 luglio 1966, n. 168. Ordinanza di rimessione 6 febbraio 1965 del Pretore di Santhi, G. U. 15 maggio 1965, n. 122, e in questa Rassegna, 1965, II, 80. legge 6 dicembre 1962, n. 1643 (Istituzione dell'Ente nazionale per l'energia elettrica e trasferimento ad esso delle imprese esercenti le industrie elettr~che), art. 6, quarto comma, nella parte in cui pone il divieto di distl'ibuzione di dividendi superiori al 5,50 per cento per l'esercizio 1962 delle societ per azioni quotate in Borsa (artt. 42, 43, 47 e 3 della Costituzione) (4). Sentenza 11 luglio 1966, n. 94, G. U. 16 luglio 1966, n. 175. Ordinanze di rimessione 3 febbraio 1965 del Tribunale di Parma, e 8 febbraio 1965 (tre) del Tribunale di Genova, G. U. 19 giugno 1965, n. 151, e in questa Rassegna, 1965, II, 82. legge 29 dicembre 1962, n. 1745 (Istituzione di una ritenuta di acconto o di imposta sugli utm distribuiti dalle societ), art. 3, settimo comma, nella parte in cui dispone che la ritenuta sugli utili spettanti ai soggetti tassabili in base a bilancio esenti dalla imposta sulle societ sia operata a titolo d'imposta. (artt. 3, 53, 31, 32, 33 e 34 della Costituzione). Sentenza 2 luglio 1966, n. 81, G. U. 9 luglio 1966, n. 168. Ordinanza di rimessione 24 novembre 1964 della Commissione distrettuale delle imposte di Milano, G. U. 30 aprile 1965, n. 109, e in questa Rassegna, 1965, II, 51. legge 3 febbraio 1963, n. 126 (Disciplina della riproduzione bovina), artt. 2 e 3 (artt. 41, terzo comma, e 42, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 6 luglio 1966, n. 91, G. U. 9 luglio 1966, n. 168. Ordinanze di rimessione 21 maggio 1965 del Pretore di Vicenza (G. U. 17 luglio 1965, n. 178, e in questa Rassegna, 1965, II, 112) e 16 giugno 1965 del Pretore di Padova (G. U. 4 settembre 1965, n. 223, e in questa Rassegna, 1965, II, 145). legge 15 novembre 1964, n. 1162 (Istituzione di un'addizionale all'imposta generale sull'entrata), art. 5, primo comma (artt. 23, 3 e 53 della Costituzione). Sentenza 6 luglio 1966, n. 89, G. U. 9 luglio 1966, n. 168. Ordinanza di rimessione 5 aprile 1965 del Giudice conciliatore di Genova-Voltri, G. U. 5 giugno 1965, n. 139, e in questa Rassegna, 1965, II, 82. (4) La questione di legittimit costituzionale della legge 6 dicembre 1962, n. 1643, nel suo complesso, stata dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 81, quarto comma, 47, 25, 102, secondo comma, 113 e 76 della Costituzione, con sentenza 12 luglio 1965, n. 66. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 201 NORME DELLE QUALI STATO PROMOSSO GIUDIZIO DI LEGITTIMIT COSTITUZIONALE Codio:e di procedura civile: art. 74 (Responsabilit del pubblico ministero), e art. 55 (Responsabilit civile del giudice), in quanto imputano soltanto al magistrato la responsabilit dei danni provocati nell'esercizio delle sue funzioni e limitatamente alle ipotesi di dolo, frode e concussione (art. 28 della Costituzione) (5). Tribunale di Bologna, ordinanza 23 novembre 1965, G. U. 9 luglio 1966, n. 168. codice di procedura civile, comb. disp. art. 301 (Morte o impedimento del procuratore) e art. 305 (Mancata prosecuzione o riassunzione), in quanto prevede l'estinzione del processo per mancata riassunzione nel termine perentorio di sei mesi dall'interruzione anche per l'ipotesi di interruzione per morte, radiazione o sospensione del procuratore, in cui il termine decorre da una data che pu senza colpa rimanere ignota alle parti (art. 24 della Costituzione) (6). Corte di cassazione, prima sezione civile, ordinanza 16 febbraio 1966, G. U. 27 agosto 1966, n. 213. c:-odice di procedura :ivile, art. 674 (Cauzione), in quanto prevede la possibilit di imporre al sequestrante la prestazione di una cauzione (artt. 3 e 24 della Costituzione). Tribunale di Ancona, ordinanza 15 aprile 1966, G. U. 23 luglio 1966, n. 182. codice penale, art. 204 (Accertamento di pericolosit. Pericolosit sociale presunta) e art. 222 (Ricovero in un manicomio giudiziale), nella parte in cui dispongono l'obbligatorio ricovero in manicomio giudiziario del prosciolto per totale infermit di mente da reato punito con la reclusione per un tempo superiore a due anni, in quanto impongono al giudice di ordinare il ricovero in manicomio anche di persone attualmente sane di mente (artt. 13, 32, 27 e 24 della Costituzione) (7). (5) Nell'ordinanza di rimessione, pur non risultando espressamente proposta una questione di legittimit costituzionale per l'art. 56 del codice di procedura civile (questione nella specie non rilevante), si osserva, inoltre, che gli artt. 56 e 57 del codice di procedura civile condizionano la proponibilit dell'azione di responsabilit all'autorizzazione del Ministro di grazia e giustizia, mentre nessuna liJ:nitazione in argomento contemplata dall'art. 28 della Costituzione. (6) Questione gi proposta dal Tribunale di Catania, con ordinanza 17 gennaio 1966 (G.U. 12 marzo 1966, n. 64, e retro, 11, 100). (7) La questione di legittimit costituzionale dell'art. 204, secondo comma, del codice penale, sollevata dalla Corte di appello di Genova, in riferimento all'art. 13 della Costituzione, stata dichiarata non fondata con sentenza 10 marzo 1966, n. 19. 202 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pretore di Pieve di Cadore, ordinanza 26 maggio 1966, G. U. 27 agosto 1966, n. 213 (8). codice penale, art. 574 (Sottrazione di persone incapaci), primo comma, i nella parte in cui indica come soggetto passivo del reato solo il genitore esercente la patria potest (artt. 3, primo comma, e 29, secondo comma, I della Costituzione) (9). Pretore di Cavalese, ordinanza 11 maggio 1966, G. U. 27 agosto 1966, n. 213. codice di procedura ,penale, art. 231 (Atti e informative del pretore) e art. 398 (Poteri del pretore nel procedimento con istruzione sommaria), limitatamente alle parti in cui, conferendo al Pretore la facolt di scegliere tra il compimento di atti di polizia giudiziaria, di atti di istruzione sommaria e l'esclusione di qualsiasi indagine, non prevedono la contestazione del fatto e l'interrogatorio dell'imputato quando si debba procedere all'emissione del decreto di citazione in seguito ad atti diversi dall'istruzione sommaria (art. 3 e 24 della Costituzione) (10). Pretore di Venezia, ordinanza 13 maggio 1966, G. U. 27 agosto 1966, n. 213. codice d'i procedura penale, art, 398 (Poteri del pretore nel procedimento con istruzione sommaria), terzo .;omma, in quanto consente al pretore di emettere decreto di citazione a giudizio senza che l'imputato sia stato interrogato (art. 24, secondo comma, della Costituzione) (11). Pretore di Pietrasanta, ordinanza 16 dicembre 1965, G. U. 16 luglio 1966, n. 175. (8) Per altre ordinanze di rimessione (tutte di data anteriore alla sentenza 10 marzo 1966, n. 19, ricocdata nella nota precedente), cfr. in questa Rassegna, 1965, 11, 175 e retro, 11, 22. (9) L'art. 574 del codice penale, in quanto limita il diritto di querela al genitore esercente la patria potest, stato dichiarato illegittimo con sentenza 22 febbraio 1964, n. 9. (10) L'art. 398, terzo comma, del codice di procedura penale, limitatamente alle parti in cui, nei procedimenti di competenza del Preto'e, non prevede la contestazione del fatto e l'interrogatorio dell'imputato, qualora si proceda al compimento di atti di istruzione, stato dichiarato illegittimo con sentenza 28 aprile 1966, n. 33. Nell'ordinanza di rimessione sopra citata, una ulteriore questione di legittimit costituzionale degli art. 231 e 398 del codice di procedura penale, in quanto non prevedono la contestazione del fatto e l'interrogatorio dell'imputato per l'ipotesi in cui la citazione a giudizio sia disposta, senza alcune indagine, sulla sco.rta della generica e non qualificata notizia criminis (art. 24 della Costituzione), stata ritenuta dal Pretore di Venezia manifestamente infondata. La questione di legittimit costituzionale dell'art. 2.31, primo comma, del codice di procedura penale stata gi I proposta, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Pretore di ;~ Novara (ordinanza 12 febbraio 1966, G.U. 30 aprile 1966, n. 105, e retro, 11, 100). (11) La disposizione, sotto il denunciato profilo, stata dichiarata illegittima con sentenza 28 aprile 1966, n. 33. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 203 Tribunale di Spoleto, ordinanza 21 aprile 1966, G. U. 27 agosto 1966, n. 213. Tribunale di Melfi, ordinanza 27 aprile 1966, G. U. 23 luglio 1966, n. 182. codice di ,procedura penale, art. 503 (Atti del giudizio direttissimo), ultimo comma, in quanto rimette alla discrezione del giudice la concessione di un termine per preparare la difesa (art. 24 della Costituzione (12). Pretore di Milano, ordinanza 28 marzo 1966, G. U. 23 luglio 1966, n. 182. legge 23 dicembre 1865, n. 2700 (Ta1iffa per gli atti giudiziari in materia civile), art. 436 (13). Tribunale di Varese, ordinanza 21 gennaio 1966, G. U. 23 luglio 1966, n. 182. r. d. I. 30 dicembre 1923, n. 3267 (Riordinamento e 1iforma della legislazione in materia di boschi e di terreni montani), artt. 10 e 11, se ed in quanto conferiscano ai Comitati provinciali forestali il potere di dettare norme per la previsione e la repressione di reati (art. 25, secondo comma, 70 e 77 della Costituzione) (14). Pretore di Santo Stefano di Camastra, ordinanze 8 aprile 1966, G. U. 9 luglio 1966, n. 168, e 2 maggio 1966, G. U. 27 agosto 1966, n. 213 (15). (12) Questione gi proposta dal Pretore di Bari con ordinanza 16 marzo 1966 (G.U. 21 maggio 1966, n. 124, e retro, Il, 154), dal Tribunale di Bari con ordinanza 22 marzo 1966 (G.U. 28 maggio 1966, n. 131, e retro, II, 154) e, con riferimento anche all'art. .3 della Costituzione, dal Tribunale di Belluno con ordinanza 10 dicembre 1965 (G.U. 12 febbraio 1966, n. 38, e retro, II, 23). (13) Questione proposta unitamente a quella relativa all'art. 11 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3282, infra. (14) L'art. 10 del r. d. I. 30 dicembre 1923, n. 3267 stato dichiarato illegittimo, in riferimento agli artt. 3, 25 e 70 della Costituzione, con sentenza 23 marzo 1966, n. 26; con la stessa pronuncia la Corte costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimit costituzionale dell'art. 11, sollevata, in riferimento alle stesse disposizioni della Costituzione, dal Tribunale di Ascoli Piceno. (15) Dal testo delle due ordinanze di rimessione la questione di legittimit costituzionale risulta proposta, con la prima, anche per gli artt. 28, primo comma, e 30, primo e secondo comma, delle prescrizioni di massima e polizia forestale per i boschi e i terreni sottoposti a vincolo nella provincia di Messina, e, con la seconda, anche per gli artt. 2 e 79 delle stesse prescrizioni di massima; per gli artt. 2, 27, primo comma, .30 e 79 la questione di legittimit costituzionale stata proposta dallo stesso Pretore con altre due ordinanze dell'8 aprile 1966 (G.U. 25 giugno 1966, n. 156, e retro, Il, 156). Analoga questione risulta gi sollevata, per gli artt. 27 e 30 delle prescrizioni di massima e polizia forestale per la provincia di Enna e in riferimento agli artt. 25 e 77 della Costituzione, con due ordinanze 11 novembre 1965 del Pretore di Troina (G.U. 29 gennaio 1966, n. 25 e 12 marzo 1966, n. 64, e retro, Il, 23 e 102). 204 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO r. d. 30 dicembre 1923, n. 3282 (Legge sui gratuito patriconio), art. 11, n. 3, ~n quanto impone ai periti di prestare gratuitamente la propria . opera professionale nei giudizi civili nei quali il pubblico ministero I ij risulti soccombente (artt. 3 e 36 della Costituzione) (16). Tribunale di Varese, ordinanza 21 gennaio 1966, G. U. 23 luglio 1966, n. 182. i r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico deHe leggi di pubblica sicurezza), art. 156, in quanto consente una diversa disciplina per la materia ecclesiastica (art. 3 della Costituzione) e preclude la possibilit di promuovere raccolte, collette e questue per finalit diverse da quelle tassativamente indicate (art. 2 della Costituzione) (17). Pretore di Bari, ordinanza 4 maggio 1966, G. U. 27 agosto 1966, n. 213. r. d. 14 settembre 1931, n. 1175 (Testo unico per Za finanza locale), art. 48, se-:ondo comma (18), in quanto esclude la condanna dell'Amministrazione soccombente al pagamento delle spese giudiziali per l'ipotesi in cui l'opposizione in via giudiziaria sia proposta senza che siano stati esauriti tutti i gravami amministrativi (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Lucera, ordinanza 23 marzo 1966, G. U. 27 agosto 1966, n. 213. r. d. 3 marzo 1934, n. 383 (Legge comunale e provinciale), artt. 106, 107, 108, 109 e 110, in quanto, con surrogazione dell'autorit amministrativa a quella giurisdizionale (art. 25 della Costituzione), pregiudizio per l'intervento e l'azione del giudice ordinario (art. 112 della Costituzione) e possibilit di differenziata applicazione delle sanzioni (art. 3 :~ (16) Dal testo dell'ordinanza la stessa questione risulta proposta anche per l'art. 34 del d. m. 28 giugno 1966 (Istruzioni per l'esecuzione della tariffa civile), sostituito dall'art. 11 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3282. (17) Questione dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 17, 18, 19, 21, 33, 39, 45 e 49 della Costituzione, con sentenza 26 gennaio 1957, n. 2. Sotto il profilo sopra indicato la questione stata gi proposta dal Tribunale di Reggio Emilia in riferimento agli artt. 2, 3 e 21 della Costituzione (ordinanza 12 febbraio 1965, G.U. 30 aprile 1965, n. 109, e in questa Rassegna, 1965, II, 48), dal Pretore di Avezzano in riferimento all'art. 3 della Costituzione (ordinanza 14 giugno 1965, G.U. 28 agosto 1965, n. 216, e in questa Rassegna, 1965, II, 108), dal Tribunale di Brescia in riferimento all'art. 3 della Costituzione (ordinanza 14 settembre 1965, G.U. 30 ottobre 1965, n. 273, e in questa Rassegna, 1965, II, 143), dal Pretore di Gonzaga in riferimento agli artt. 2, 3, 18, 21 e 49 della Costituzione (ordinanza 19 novembre 1965, G.U. 12 marzo 1966, n. 64, e retro, II, 103), dal Pretore di Mantova in riferimento agli artt. 3, 2, 18, 38 e 39 della Costituzione (ordinanza 15 dicembre 1965, G.U. 14 maggio 1966, n. 118, e retro, II, 158), dal Tribunale di Grossetto in riferimento agli artt. 3 e 38, ultimo comma, della Costituzione (ordinanza 7 marzo 1966, G.U. 21 maggio 1966, n. 124, e retro, II, 158) e dal Pretore di Lucera in riferimento all'art. 3 della Costituzione (ordinanza 14 aprile 1966, G.U. 11 giugno 1966, n. 143, e retro, II, 158). (18) Aggiunto con l'art. 1, lett. b) del r. d. 1. 25 febbraio 1939, n. 338. 11:: .: ' ' J PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 205 della Costituzione), rimettono l'accogHmento o il rigetto della domanda di oblazione e la determinazione della somma da pagare alla discrezionale valutazione del sindaco (19). Pretore di Fermo, ordinanza 27 aprile 1966, G. U. 27 agosto 1966, n. 213. r. d. 12 luglio 1934, n. 1214 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento della Corte dei conti), art. 7, come integrato dall'art. 2 del d. lg. lgt. 14 luglio 1945, n. 430, primo, secondo e terzo comma, in quanto consente la immotivata, libera ed indiscriminata nomina di e estranei ., da parte del Governo, alla qualifica di consigliere della Corte dei conti (artt. 100, terzo comma, 106, secondo comma, e 108, secondo comma, della Costituzione). Corte dei conti, Sezioni unite, ordinanza 3 giugno 1966, G. U. 9 luglio 1966, n. 168. r. d. I. 20 luglio 1934, n. 1404 (Istituzione e funzionamento del tribunale per i minorenni) (20), art. 11, in quanto, nell'imporre al giudice di svolgere accertamenti sulla persona dell'imputato minorenne, consente una ispezione personale senza atto motivato dall'autorit giudiziaria (art. 13, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Napoli, ordinanza 4 aprile 1966, G. U. 27 agosto 1966, n. 213. r. d. I. 4 ottobre 1935, n. 1827 (Perfezionamento e coordinamento legislativo deZla previdenza sociale) (21), artt. 11, nn. 1 e 2, 15, 18, 22, 24 e 29, nel testo sostituito con l'art. 1 del d. I. G. P. S. 13 maggio 1947, numero 436 (22), in quanto disciplinano la composizione di organi pubblici secondo il criterio della maggiore rappresentativit e della base nazionale delle organizzazioni sindacali (artt. 39 e 97 della Costituzione). Pretore di Agropoli, ordinanza 29 aprile 1966, G. U. 23 luglio 1966, n. 182. (19) Analoghe questioni risultano gi proposte dal Pretore di Narni per l'art. 77 del r. d. 5 giugno 1939, n. 1016 (ordinanza 18 gennaio 1966, G.U. 26 marzo 1966, n. 76 e retro, II, 104) dal Pretore di Reggio Calabria per l'art. 9 del d. P. R. 19 marzo 1955, n. 520 (ordinanza 25 gennaio 1966, G.U. 30 aprile 1966, n. 105, e retro, II, 105), dal Pretomma, della Costituzione), e art. 2, primo c:omma, in quanto contempla l'or.-}, ganizzazione privatistica di pubblici uffici, quali devono essere conside( 28) Nel testo dell'ordinanza di rimessione il richiamo alle modificazioni introdotte con l'art. 1 del d. 1. C. P. S. 13 maggio 1947, n. 436, risulta limitato all'art. 18. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 209 rati gli Istituti di patronato e di assistenza sociale (artt. 51, primo comma, 97, primo e terzo comma, e 98, primo comma, della Costituzione). Tribunale di Ferrara, ordinanza 5 aprile 1966, G. U. 27 agosto 1966, n. 213. d. lg. 15 aprile 1948, n. 548 (Modificazione alla composizione degli organi dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro le malattie), art. 1, nella parte in cui modifica gli artt. 15 e 27 della legge 11 gennaio 1943, n. 138 sostituiti con l'art. 2 del d. l. C. P. S. 13 maggio 1947, n. 435, in quanto disciplina la composizione di organi pubblici secondo il criterio della maggiore rappresentativit e della base nazionale delle organizzazioni sindacali (artt. 39 e 97 della Costituzione). Pretore di Agropoli, ordinanza 29 aprile 1966, G. U. 23 luglio 1966, n. 182. legge reg. sic. 18 gennaio 1949, n. 2 (Sgravi fiscali per le nuove costruzioni ediiizie), art. 1, in quanto in discordanza con i principi riformatori ai quali ispirata la legislazione fiscale dello Stato in materia di agevolazioni tributarie concesse per l'incremento delle costruzioni edilizie, ed in particolare con le norme previste dalla legge 2 luglio 1949, n. 408, non condiziona la concessione del beneficio ad una determinata durata dei lavori di costruzione (art. 36 dello Statuto della Regione siciliana e art. 117 della Costituzione). Tribunale di Palermo, ordinanza 6 maggio 1966, G. U. 27 agosto 1966, n. 213. legge 27 maggio 1949, n. 260 (Disposizioni in materia di ricorrenze festive), art. 3, in quanto, nel prescrivere per i giorni considerati solennit civili l'orario ridotto negli uffici pubblici, nulla dispone, contrariamente a quanto previsto per i giorni festivi dall'art. 155 del codice di procedura civile, in ordine alla scadenza dei termini processuali (artt. 24 e 113 della Costituzione). Tribunale di Campobasso, ordinanza 20 marzo 1966, G. U. 16 luglio 1966, n. 175. legge reg. sic. 28 aprile 1954, n. 11 (Sgravi fiscali per le nuove costruzioni edilizie), artt. 1 e 12, in quanto, in discordanza con i principi informatori ai quali ispirata la legislazione fiscale dello Stato in materia di agevolazioni tributarie concesse per l'incremento delle costruzioni edilizie, ed in particolare con le norme previste dalla legge 2 luglio 1949, n. 408, non condizionano la concessione del beneficio ad una determinata durata dei lavori di costruzione (art. 36 dello Statuto della Regione siciliana e art. 117 della Costituzione). Tribunale di Palermo, ordinanza 6 maggio 1966, G. U. 27 agosto 1966, n. 213. - 210 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d. P. R. 30 maggio 1955, n. 797 (Testo unico delle norme concernenti gli assegni familiari), artt. 54 e 56 e successive modificazioni (29), in quanto disciplinano la composizione di organi pubblici secondo il criterio della maggiore rappresentativit e della base nazionale delle organizzazioni sindacali (artt. 39 e 97 della Costituzione). Pretore di Agropoli, ordinanza 29 aprile 1966, G. U. 23 luglio 1966, n. 182. legge 17 aprile 1956, n. 561 (Ratifica, ai sensi dell'art. 6 del d. lg. lgt. 16 marzo 1946, n. 98, di decreti legislativi emanati dal Governo durante il periodo della Costituente), artic:olo unico, per la parte in cui ratifica il d. lg. C. P. S. 29 luglio 1947, n. 804, che prevede impiegati pubblici, nominati anche senza concorso (art. 97, terzo comma della Costituzione) e scelti fra i soli appartenenti ad una determinata categoria (art. 51, primo comma, della Costituzione), che sono alle dipendenze, e quindi al servizio, di associazioni private di lavoratori (art. 98, primo comma, della Costituzione), e in particolare l'art. 1, primo, secondo e quarto comma, che impedisce agli esercenti le professioni legali di tutelare in sede amministrativa .gli interessi previdenziali dei lavoratori (art. 41, primo e secondo comma, della Costituzione), e l'art. 2, primo comma, che contempla l'organizzazione privatistica di pubblici uffici, quali devono. essere considerati gli Istituti di patronato e di assistenza sociale (artt. 51, primo comma, 97, primo e terzo comma, e 98, primo comma, della Costituzione). Tribunale di Ferrara, ordinanza 5 aprile 1966, G. U. 27 agosto 1966, n. 213. legge 26 ottobre 1957, n. 1047 (Estensione dell'assicurazione pe1 invalidit e vecchiaia ai coltivatori diretti, mezzadri e coloni), art. 7, in quanto disciplina la composizione di organi pubblici secondo il criterio della maggiore rappresentativit e della base nazionale delle organizzazioni sindacali (artt. 39 e 97 della Costituzione). Pretore di Agropoli, ordinanza 29 aprile 1966, G. U. 23 luglio 1966, n. 182. d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte dirette), art. 176, in quanto conferisce al fisco il diritto di pretendere una imposta relativa ad un presunto reddito futuro (art. 53 della Costituzione) (30). (29) Le disposizioni sono state, rispettivamente, sostituite e modificate dagli artt. 12 e 14 della legge 17 ottobre 1961, n. 1(}.38. (30) Nella stessa ordinanza la Commissione distrettuale delle imposte di Crotone ha ritenuto manifestamente infondate le questioni di legittimit costituzionale sollevate, per la stessa disposizone, in riferimento agli artt. 70, 76, 77, 24, e 113 della Costituzione. La questione rimessa all'esame della Corte costituzionale stata gi proposta, anche per eccesso dai limiti della delega conferita con l'art. 63 della legge 5 gennaio 1956, n. 1 e in riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione, dalla Commissione distrettuale delle imposte di Milano con due ordinanze del 15 luglio 1965, G. U. 14 maggio 1966, n. 118, e ret?o, II, 161. I . I ~ -::; ' PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 211 Commissione distrettuale delle imposte di Crotone, ordinanza 16 aprile 1966, G. U. 27 agosto 1966, n. 213. d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte dirette), art. 252, per eccesso dai limiti della delega conferita con l'articolo 63 della legge 5 gennaio 1956, n. 1, in quanto ripristina la disposizione prevista dall'art. 21, ultimo comma, della legge 7 gennaio 1929, n. 4, la cui applicabilit esclusa dall'art. 35 della legge 5 gennaio 1956, n. 1 (art. 76 della Costituzione). Corte di appello di Milano, ordinanza 13 maggio 1966, G. U. 27 agosto 1966, n. 213. d. P. R. 15 giugno 1959, n. 393 (Testo unico delle norme sulla circolazione stradale), art. 141, quinto comma, limitatamente alle parole ovvero riguardi persona che non 1isiede in Italia ., in quanto esclude la necessit della notificazione per le persone non residenti in Italia (art. 24, secondo comma, della Costituzione) (31). Pretore di Chiusa, ordinanza 4 aprile 1966, G. U. 27 agosto 1966, n. 213. legge 4 luglio 1959, n. 463 (Estensione dell'assicurazione obbligatoria per la invaliditd, la vecchiaia ed i superstiti agli artigiani ed ai loro familiari), art. 1O, in quanto disciplina la composizione di organi pubblici secondo il criterio della maggiore rappresentativit e della base nazionale delle or.ganizzazioni sindacali (artt. 39 e 97 della Costituzione). Pretore di Agropoli, ordinanza 29 aprile 1966, G. U. 23 luglio 1966, n. 182. legge 30 luglio 1959, n. 559 (Condono in materia tributaria per sanzioni non aventi natura penale), art. 2, terzo comma, ultima parte, in quanto esclude, con ingiustificata discriminazione, l'applicazione del condono per le sopratasse e le pene pecuniarie dovute per accertamenti gi definiti alla data di entrata in vigore della legge (art. 3 della Costituzione) (32). Tribunale di Bologna, ordinanza 4 marzo 1966, G. U. 9 luglio 1966, n. 168. (31) La questione di legittimit costituzionale del d. P. R. 15 giugno 1959, n. 393, nel suo complesso, stata dichiarata non fondata con sentenza 19 dicembre 1963, n. 163. (32) II terzo comma della disposizione, nella parte in cui esclude l'applicazione del condono se non interviene la definizione amministrativa dell'accertamento entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge, stato dichiarato illegittimo con sentenza 22 dicembre 1965, n. 85. 212 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d. P. R. 11 settembre 1960, n. 1326 (Norme sul trattamento economico e normativo dei lavoratori dipendenti dalle imprese grafiche e affini), artic:olo unic:o, in quanto rende obbligatorio erga omnes l'art. 10 del contratto collettivo nazionale di lavoro 10 ottobre 1959 per la parte relativa alla disciplina dell'istruzione professionale da affidare ad un ente nazionale appositamente costituito, per eccesso dai limiti della delega conferita con la legge 14 luglio 1959, n. 741 (art. 76 della Costituzione). Pretore di Bologna, ordinanza 23 aprile 1966, G. U. 9 luglio 1966, n. 168. d. P. R. 9 maggio 1961, n. 779 (Norme sul trattamento economico e normativo degli operai dipendenti dalle imprese edili ed affini delle provincie di Matera e Potenza), artic:olo unic:o, in quanto rende obbligatorio erga omnes, nella parte relativa alle Casse edili, l'art. 10 del contratto collettivo integrativo per la provincia di Potenza del 10 settembre 1959 (art. 76 della Costituzione). Pretore di Pescopagano, ordinanza 29 aprile 1966, G. U. 27 agosto 1966, n. 213. d. P. R. 16 maggio 1961, n. 636 (Regolamento di esecuzione della legge I4 marzo 1958, n. 261, concernente il riordinamento dei Patronati scolastici) per eccesso dai limiti temporali della delega conferita con l'articolo 18 della legge 4 marzo 1958, n. 261 (art. 76 della Costituzione); in .partic:olare, artt. 19 e 12, per contraddittoriet delle norme sulla composizione del Consiglio di patronato scolastico, oltre i limiti consentiti dalla legge delegante (art.. 76 della Costituzione). Corte di appello di Cagliari, ordinanza 29 aprile 1966, G. U. 27 agosto 1966, n. 213. legge 15 settembre 1964, n. 755 (Regolamentazione delle vendite a rate), art. 14, prlmo e terzo c:omma, in quanto, nel prorogare i contratti di mezzadria fino a nuova disposizione , pur essendo intervenuta una definitiva disciplina della materia dei patti agrari, protrae sine die, e per un tipo di contratto ormai superato e addirittura contrario all'ordine pubblico, un vincolo dichiaratamente temporaneo e giustificato in precedenza dal difetto di organica regolamentazione (art. 44, primo comma, della Costituzione). Tribunale di Firenze, Sezione agraria, ordinanza 23 febbraio 1966, G. U. 27 agosto 1966, n. 213 (33). legge reg. sic:. approv. 7 luglio 1966 (Norme relative al personale direttivo di segreteria e di servizio della scuola magistrale ortofrenica (33) Nella stessa ordinanza il Tribunale di Firenze ha ritenuto manifestamente infondate le questioni di legittimit costituzionale sollevate, per la stessa disposizione, in riferimento agli artt. 3, 4, 41, 42 e (sotto un profilo diverso da quello sopra indicato, per il pregiudizio arrecato, cio, alla piccola e media propriet >) 44 della Costituzione. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE regionale di Catania, istituita con legge regionale 4 aprile 1955, n. 33 e successivo decreto presidenziale 10 dicembre 1959, n. 10). Commissario dello Stato per la Regione siciliana, ricorso depositato il 22 luglio 1966, G. U. 27 agosto 1966, n. 213. NORME DELLE QUALI IL GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE STATO DEFINITO CON PRONUNCE DI INAMMISSIBILITA, DI MANIFESTA INFONDATEZZA O DI RESTITUZIONE DEGLI ATTI AL GIUDICE DI MERITO Codice di procedura penale, art. 398 (Poteri del pretore nel procedimento con istruzione sommaria), nella parte in cui, nei procedimenti di competenza del Pretore, non prevede la contestazione del fatto e l'interrogatorio dell'imputato, qualora si proceda al compimento di atti di istruzione -manifesta infondatezza per sopraggiunta ineffijcacia della norma ai sensi della sentenza n. 33 del 20 aprile 1966 (pubblicata il 28 aprile 1966). Ordinanza 2 luglio 1966, n. 85, G. U. 9 luglio 1966, n. 168. Ordinanze di rimessione 21 settembre 1965 del Tribunale di Ferrara (G. U. 11 dicembre 1965, n. 309, e in questa Rassegna, 1965, II, 173); 12 ottobre 1965 del Pretore di Ronciglione (G. U. 11 dicembre 1965, n. 309, e in questa Rassegna, 1965, II, 173); 26 ottobre 1965 del Tribunale di Ferrara (G. U. 29 gennaio 1966, n. 25, e retro, II, 22); 9 novembre 1965 (due) del Tribunale di Ferrara (G. U. 15 gennaio 1966, n. 12, e retro, II, 22); 12 novembre 1965 del Pretore di Caltagirone (G. U. 31 dicembre 1965, n. 326, e in questa Rassegna, 1965, II, 173); 16 novembre 1965 (due) del Tribunale di Ferrara (G. U. 29 gennaio 1966, n. 25 e 12 febbraio 1966, n. 38, e retro, II, 22); 20 novembre 1965 del Pretore di Ferrara (G. U. 12 febbraio 1966, n. 38, e retro, II, 22); 23 novembre 1965 (tre) del Tribunale di Ferrara (G. U. 12 febbraio 1966, n. 38, e retro, II, 22); 7 dicembre 1965 del Tribunale di Ferrara (G. U. 12 marzo 1966, n. 64, e retro, II, 101); 17 dicembre 1965 del Pretore di Castelfranco Veneto (G. U. 12 marzo 1966, n. 64, e retro, II, 101); 21 dicembre 1965 (quattro) del Tribunale di Ferrara (G. U. 12 marzo 1966, n. 64, e retro, II, 101). d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1011 (Norme sui licenziamenti individuali dei lavoratori dipendenti dalle imprese industriali), arfi.colo unico, nella parte in cui rende obbligatoria erga omnes la clausola 10 dell'accordo interconfederale del 18 ottobre 1950 sui licenziamenti individuali manifesta infondatezza per sopraggiunta inefficacia della norma ai sensi della sentenza n. 50 del 11 maggio 1966 (pubblicata il 26 maggio 1966). Ordinanza 2 luglio 1966, n. 86, G. U. 9 luglio 1966, n. 168. Ordinanza di rimessione 10 novembre 1965 del Pretore di Catanzaro, G. U. 12 marzo 1966, n. 64, e retro, II, 105). CONSULTAZIONI ACQUE PUBBLICHE Requisizione fonte acqua minerale. Se la P.A. debba sopportare le conseguenze della svalutazione monetarla nel pagamento delle indennit di requisizione solo quando sussista da parte sua un ritardo colpevole nella liquidazione (87). AMMINISTRAZIONE PUBBLICA Azienda di Stato pe1 le foreste demaniali. Se l'azienda di Stato per le foreste demaniali possa costituirsi parte civile in un procedimento penale per atti di bracconaggio (art. 38 r. d. 5 giugno 1939, n. 1916; T.U. delle leggi sulla caccia) (314). !I Intestazione dei titoli di spesa delle quietanze. Come si possa ovviare al caso che gli intestatari dei titoli di spesa, sulle ,' cui quietanze, giusta le norme vigenti in materia, dovrebbero apporre tanto I il proprio nome e cognome, quanto la data ed il luogo di nascita, sappiano scrivere solamente la propria firma ma non gli altri dati richiesti (315). Titoli di spesa esigibili presso le tesorerie provinciali. I Se si possa consentire agli intestatari di titoli di spesa esigibili presso le Tesorerie provinciali di poter chiedere dopo l'apposizione della firma di quietanza sui titoli stessi, che le somme dovute siano loro corrisposte, I anzich in contanti, con una delle forme previste dalle lettere a), b), e) ed e) dell'art. 1 d.P.R. 25 gennaio 1962, n. 71, oppure mediante altra operazione bancaria (316). Nell'affermativa, se sia necessario un apposito provvedimento legislativo per la normativa della nuova disciplina (316). APPALTO Servizio di manovalanza. Se, nei rimborsi disposti dall'Amm.ne Militare relativamente ai contratti di appalto del servizio di manovalanza in favore degli Enti militari, debba tenersi conto della quota giornaliera spettante agli operai per la 14" mensilit (294). PARTE II, CONSULTAZIONI ASSICURAZIONI Circolazione autoveicoli della P.A. Se possa ritenersi consentita alle Amministrazioni dello Stato la conclusione di contratti di assicurazione della responsabilit civile (72). Se la garanzia assicurativa copra soltanto il rischio normale (72). Se la violazione delle norme di comportamento e lo svolgimento dell'attivit in situazione di pericolo possano comportare l'esistenza del rischio normale (72). Se l'assicurazione delle auto della Polizia copra tutti i rischi connessi all'impiego di detti automezzi (72). COMMERCIO Commercio di riso avariato. Se il commercio di riso avariato integri il reato di cui all'art. 12 della legge 18 marzo 1958, n. 325 -modificato dalla legge 5 giugno 1962, n. 586 che disciplina appunto il commercio di riso, ovvero il reato di cui all'art. 5, comma d) della legge 30 aprle 1962, n. 283 -modificata ed integrata dalla legge 26 febbraio 1963, n. 441 -che concerne la disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande (25). Se la pena accessoria dell'interdizione dall'esercizio del commercio e dell'attivit industriale porti alla chiusura dell'esercizio od alla sospensione dell'esercente dalla sua attivit commerciale (25). COMPETENZA E GIURISDIZIONE Foro dello Stato. Quali siano i presupposti ed i limiti per la propos1z1one della azione di arricchimento ex art. 2041 e.e. nei confronti dello Stato (23). Quale sia il foro competente per convenire in giudizio l'Amministrazione (23). CONTRABBANDO Merci su navi militari. Se configuri l'ipotesi del delitto di cui all'art. 107 della legge doganale il fatto di avere imbarcato su navi militari merci eccedenti i bisogni della nave, eludendo il controllu di congruit devoluto alla dogana (38). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CONTRIBUTI E FINANZIAMENTI Se per ottenere la concessione del contributo nel pagamento degli interessi sull'importo delle anticipazioni ottenute dai produttori di zolfo sulle fedi di deposito per la produzione abbassata del 1 gennaio 1958 siano ne" cessarie e sufficienti al momento della richiesta del contributo la qualit di produttore di zolfo, la titolarit della fede di deposito e la ottenuta anticipazione bancaria (59). Contributo di miglioria specifica. Se il contributo di miglioria specifica (legge 5 marzo 1963, n. 246) debba essere applicato nei confronti dei proprietari dei beni al momento della delibera istitutiva del contributo, ovvero ai proprietari dei beni al momento del compimento dell'opera (60). Cumulabilit. Se siano cumulabili contributi statali previsti da una legge con altri contributi previsti da altra legge (61). Provvidenze per l'eliminazione del naviglio vetusto. Se possano ritenersi oggetto di contributo le demolizioni di naviglio vetusto indicate successivamente alla iniziale presentazione della domanda di contributo ma prima dell'inizio della costruzione delle nuove unit (62). CORTE DEI CONTI I Controllo. Se dopo il rifiuto di registrazione di un atto da parte della Delegazione I della Corte dei Conti presso un Ministero e il deferimento della questione alla Sezione di controllo, sia ammissibile ai sensi dell'art. 24 T.U. 12 luglio 1934, n. 1214 l'intervento in tale sede di un Avvocato dello Stato per l'illustrazione delle deduzioni dell'Amm.ne interessata (6). DAZI DOGANALI Spiriti: vini aromatizzati diluiti. Se sussista o meno l'obbligo di applicare il contrassegno di Stato sui recipienti contenenti vini aromatizzati diluiti con acqua gassata, la cui preparazione ed imbottigliamento in recipienti non superiori ad un decilitro, stata consentita, sotto vigilanza fiscale permanente presso i produttori, dal penultimo comma dell'art. 13 d. 1. 11 gennaio 1956, n. 3 nel testo modificato dalla legge di conversione 16 marzo 1965, n. 108 (34). PARTE II, CONSULTAZIONI 217 DEMANIO Ente Autonomo del Porto di Palermo. Se ai sensi della le!{ge 14 novembre 1961, n. 1268, l'Amm.ne dei LL.PP. sia tenuta a corrispondere mediante apposita convenzione all'Ente Autonomo del Porto di Palermo, oltre il contributo annuale nella spesa per l'ordinaria manutenzione del porto e delle sue attrezzature, un contributo nelle spese straordinarie e nelle spese relative ai servizi di pulizia, illuminazione e consumo d'acqua delle aree dello scalo (209). EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE Disciplina di alloggi costruiti dalla UNRA-CASAS con fondi pro alluvionati. Se gli alloggi costruiti dalla UNRA-CASAS con fondi provenienti da raccolte pro alluvionati siano da considerare soggetti alla disciplina sul riscatto degli alloggi costruiti a totale carico o col concorso o contributo dello Stato di cui al d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2 ed alla legge 27 aprile 1962, n. 231 (180). Divieto di alienazione degl-i alloggi trasferiti in immediata propriet. Se gli alloggi realizzati anteriormente alla entrata in vigore della legge 14 febbraio 1963, n. 60 trasferiti immediatamente in propriet con garanzia della ipoteca legale possano essere alienati dagli assegnatari prima che siano trascorsi dieci anni dalla data di trascrizione del contratto di trasferimento in loro favore, qualora il debito venga estinto prima di tale termine per normale ammortamento o per anticipata estinzione (181). Espropriazione -Alloggi popolari: alienazione. Se l'intervenuta dichiarazione di p.u. dell'opera da realizzare su area di risulta da demolizione di un edificio F.S. composto di alloggi ceduti a riscatto sia idonea a far superare il divieto di alienazione degli alloggi imposto ai singoli cessionari ex art. 16 d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2 (25). Se gli atti di alienazione degli alloggi posti in essere dai cessionari in sede di accordo .sull'identit di espropriazione incorrano nella nullit san cita dall'art. 16 d.P.R. n. 2 del 1959 (182). ELETTRODOTTI Servit. Se i danni derivanti dalla esecuzione delle opere per l'impianto di servit di elettrodotto nonch di quelle necessarie per la manutenzione or dinaria dell'elettrodotto siano ricompresi nell'indennizzo di asservimento (25). Se i danni derivanti da opere ai manutenzione straordinaria dell'elet trodotto che comportino l'occupazione temporanea dell'immobile asservito possano esorbitare dall'indennizzo di asservimento (25). 218 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT Indennit di esproprio. Se con l'art. 31 legge 26 giugno 1965, n. 717, il quale prevede per le espropriazioni a favore di consorzi per lo sviluppo industriale del Mezzo-*. giorno l'applicabilit dell'art. 12 legge 18 aprile 1962, n. 167 e successive modificazioni, si sia inteso anche attribuire una specifica competenza agli Uffici tecnici erariali nella determinazione dell'indennit (223). Se sia applicabile l'art. 6 legge 4 novembre 1963, n. 1460 in relazione alle modifiche apportate all'art. 12 legge 18 aprile 1962, n. 167 (223). Occupazione d'urgenza. Se l'Amm.ne espropriante debba restituire al proprietario espropriata le imposte fondiarie versate dal momento dell'occupazione alla data dell'esproprio (224). Raccordi ferroviari. Se l'Azienda Autonoma FF.SS. possa far luogo direttamente all'espropriazione dei terreni occorrenti per la costruzione di binari di allacciamento che dalla ferrovia giungano in prossimit degli ingressi degli stabilimenti industriali e commerciali (225). I , . ' . . GIURISDIZIONI SPECIALI Quale sia l'organo giurisdizionale competente a giudicare i presidi che abbiano compiuto delle irregolarit nella gestione dei fondi della Cassa I scolastica (3). IMPIEGO PUBBLICO Benefici per i profughi. I Se debba ritenersi estesa ai profughi dei Territori ceduti allo Stato Jugoslavo, ed alle altre categorie di profughi di cui alla legge 27 febbraio 1958, n. 130, anche la disposizione dell'ultimo comma dell'art. 9 della legge 3 giugno 1950, n. 375 che prevede il beneficio della elevazione dei limiti di et per l'ammissione agli impieghi presso le Amministrazioni pubbliche (626). Buoni C.I.P.S. Se l'impiegato, cui sia stato indirizzato con lettera assicurata un buono ili. del Comitato interministeriale Provvidenze agli Statali (C.I.P.S.), se ne lli debba considerare debitore, anche se il buono non gli sia mai stato con-t.~ segnato, essendo stato smarrito da parte dell'Amm.ne che doveva curarne: .:: la consegna. (627). . _.i.,l Quali siano i rapporti conseguenti a11o smarrimento, fra l'Amm.ne ed . il C.I.P.S. (627). I ;, . J . I ,, ;,.,, x w,w:::: ~.x:w,, :::: :::: :::: wm .ir.Ǩ ::::::::< .W,'4-f: ,~<"::::::W-.{4.:':"-:"&.-::.::;-'lWW ~ _.1.w.&l"EW.G1awwe1wtWSJaft11lr.-1rralmrffefrtflt1r& ~~-*-:---;,~~~:=:m:~_::::-:::==:-':mJ,::=-:: PARTE II, CONSULTAZIONI 219 Dipendenti delle imprese Municipalizzate. Se le norme del D.L.C.P.S. 3 dicembre 1947, n. 1222 sull'assunzione obbligatoria degli invalidi del lavoro trovino applicazione nei confronti delle Aziende Municipalizzate (628). Impiegato statale -Coll.ocamento a riposo. Se ai fini del collocamento a riposo, il servizio non di ruolo riscattato possa essere computato come servizio effettivo (629). Indennit per mancata assegnazione di alloggio. Se i direttori degli Istituti di prevenzione e di pena abbiano un diritto perfetto all'assegnazione di un alloggio gratuito. Se i censori abbiano diritto all'assegnazione di un alloggio gratuito (630). U.I.C. -Trattamento di liquidazione ai superstiti di dipendenti in prova. Se ai superstiti di un dipendente in prova dell'Ufficio Italiano Cambi, competa il trattamento di liquidazione di cui all'art. 83 del vigente regolamento del personale (631). IMPOSTA DI REGISTRO Agevolazioni fiscali -Atti stragiudiziali. Se l'espressione atti giudiziali e stragiudiziali di cui all'art. 28 della Tab. all. C al r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, che prevede la registrazione gratuita degli atti giudiziali e stragiudiziali compiuti all'Opera Nazionale Invalidi di Guerra, si debba interpretare in modo da far rientrare gli atti civili nella dizione di atti stragiudiziali (233). Cont-ratti di prestito agrario -Agevolazioni fiscali. Se la legge 6 dicembre 1965, n. 1381 sia effettivamente interpretativa, e non piuttsoto innovativa, dell'art. 21 del r.d.1. 29 luglio 1927, n. 1509 (234). Transazione riguardante i criteri di determinazione della base imponibile. Quale sorte debba avere la transazione fra la Amm.ne finanziaria ed il contribuente, avente ad oggetto la determinazione dei criteri per il calcolo della base imponibile di imposta, in mancanza di una chiara disciplina legislativa, nel caso venga a mancare la possibilit di applicare la normativa 220 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO convenzionale, per il. mutamento della situazione di fatto ivi presupposta, ,::: ed essendo altres sopravvenuta una precisa disciplina legislativa in me / rito (235). . f= Trasferimento fondi rustici. i' Se l'art. 4 della legge 22 novembre 1962, n. 1706 sia in contrasto con gli artt. 3, 44, 53 della Costituzione (236). Vendite effettuate all'asta pubblica. Se sia possibile procedere all'accertamento del valore venale dei beni aggiudicati ai pubblici incanti (237). IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE Struttura del tributo; estensione del privilegio. I Se la tassazione dei redditi di natura mobiliare attualmente compresi nelle categorie A B C/1 C/2, sia strutturata in quattro distinti tributi invece che in un'unica imposta aderente alle varie classi di redditi (32). Se il privilegio speciale accordato dall'art. 2759 e.e. ai crediti per l'imposta di r.m. dovuta per l'esercizio di un commercio, industria, arte o professione possa estendersi anC'he all'imposta di r.m. categoria C/2 (32). I I ~ IMPOSTE E TASSE Agevolazioni trib?.itarie. Se i benefici fiscali previsti dall'art. 2 1. 939 del 1965 per i macchinari navali di costruzione nazionale si applichino anche agli apparati motori di limitata potenza (415). Se i materiali di propriet del committente consegnati al cantiere e non valutati ai fini della restituzione IGE a quest'ultimo spettante possano essere ritenuti impiegati direttamente dal proprietario ed essere ammessi alla agevolazione in esame in base all'art. 3 1 comma (415). Se le prime vendite di navi siano soggette a regime fiscale dell'articolo 6 ( 415). Se i benefici fiscali previsti dall'art. 2 lett. a) e b) e dall'art. 4, 1 comma, debbano essere concessi solo ai galleggianti, pontoni di sollevamento a struttura metallica e draghe (415). Tasse di sosta nei porti. Se ai fini della non applicazione delle tasse di sosta nei porti possano sempre considerarsi rasi fortuiti o di forza maggiore il ritardo delle navi e lo sciopero degli addetti allo scarico ( 416). ---- ~~-:::::l/ffl'f/Xj X.:"'"'x:H:::X.~::::" w m.m ::::::w.:wm.@w.:=::-:w.-w.. -~;'"?' V.ffeP@~;::;l::Ufil /"WW.::="&.:f.%& :::::};.:%:=a ipi.tW@AWt-icy.f.W,.,.01tfl=::