ANNO XIX -N. 4 LUGLIO -AGOSTO 1967 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ROMA ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 1967 ABBONAMENTI ANNO ................................ L. 5.000 UN NUMERO SEPARATO . 900 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: LIBRERIA DELLO STATO .. PIAZZA G. VERDI, 10 .. ROMA e/e postale 1/40500 Stampato in Italia , Printed in Ital:y Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 (6213629) Roma, 1967 , Istituto Poligrafico dello Suato P. V. INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezfone prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNA ZIONALE pag. 489 Sezione seconda: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE . )) 532 Sezione terza: GIURISPRUDENZA CIVILE )) 574 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRAlWA )) 620 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA )) 626 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUB BLICHE, APPALTI E FORNITUR:E )) 688 Sezione settima: GIURISPRUDENZA PENALE )) 694 Parte seconda: QUESTIONI -RASSEGNE -CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO QUESTIONI ..... . pag. 131 RASSEGNA DI DOTTRINA )) 134 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE )) 137 CONSULTAZIONI )) 166 NOTIZIARIO . . )) i 81 La pubblkazione diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO Le sezioni della parte prima sono curate, nell'ordine, dagli avvocati: Michele Savarese, Benedetto Saccari, Franco Carusi, Ugo Gargiulo, Mario Fanell.i, Giuseppe Del Greco, Antonino Terranova Le rassegne di dottr.ina e legislazione dagli avvocati: Luigi Mazzella e Arturo Marzano ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI CHICCO A., Gli orari dei pubblici uffeci e la Costituzione . I, 508 ZECCA E., Appunti sulla disciplina del commercio con l'estero I, 533 AZZARITI G., SuWeffecacia normativa del Capitolato generale oo. pp. per i contratti d'appalto stipulati dalla Regione Siciliana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 584 ALIBRANDI T., In tema di competenza del Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Siciliana . . . . . I, 621 ANGELINI ROTA G., Sulla tassazione di registro della sentenza che omologa il concordato preventivo con cessione dei beni ai creditori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 635 FAVARA F., Non deducibilit dai redditi di ricchezza mobile dell'onere economico derivante ai sostituti d'imposta dalla mancata rivalsa verso i sostituiti . . . . . . . . . . . I, 645 ANGELINI ROTA G., Sul criterio finalistico di interpretazione delle norme di agevolazione fiscale . . . . . . . . . . I, 666 MERCATALI A., Lo Stato come soggetto passivo di imposta. . I, 676 ALIBRANDI T ., La responsabilit dei membri del nucleo familiare nella riscossione dell'imposta complementare . . . . II, 131 J INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA AMMINISTRAZIONE DELLO STATO E DEGLI ENTI PUBBLICI -Azienda Nazionale Autonoma Strade Statali -Amministrazione del patrimonio e contabilit dell'Azienda -Applicazione delle norme della legge e del regolamento sull'amministrazione del patrimonio e sulla contabilit generale dello Stato -Sussiste, 606. -Contabilit generale dello Stato Formazione dei contratti della P. A. -Deliberazione di contrattare -Atto interno -Iniziativa esterna della P. A. -Qualificazione giuridica -Proposta Esclusione -Invito ad offrire Sussiste, 574. -Contabilit generale dello Stato -Lavori e forniture eseguiti nel- l'interesse della P. A. -Necessit del collaudo, sia che si tratti di lavori eseguiti o di merci fornite da terzi, in virt di contratto, comunque stipulato, sia che si tratti di lavori eseguiti o di merci acquisite direttamente, in economia, da organi della P.A, 607. -Dopolavoro ferroviario -Natura -Associazioni di mero fatto, 613. -Dopolavoro ferroviario -Patrocinio dell'Avvocatura dello Stato -Esclusione, 613. - V. anche Competenza e giurisdizione, Procedimento civile Tributi locali. ' APPALTO -Appalto di opere pubbliche -Capitolato generale -Esclusione di responsabilit per ritardi nei pagamenti -Limiti di applicazione, 688. - Appalto di opere pubbliche -Cessione di crediti dell'appaltatore accettata dalla P. A. -Diritto dell'Amministrazione di pagare direttamente le mercedi agli operai -Estinzione -Sussiste, con nota di F. ARGAN, 603. -Appalto di opere pubbliche Ritardo nei pagamenti -Responsabilit per maggiori danni, 688. - V. anche Opere pubbliche. ARBITRATO. -Costituzione del collegio arbitrale in epoca successiva al decennio dal rigetto delle riserve Prescrizione della pretesa avanzata con la domanda arbitrale, 692. - Rapporto processuale arbitrale Momento in cui si perfeziona 692. ATTO AMMINISTRATIVO -Atti di controllo negativo -Impugnativa -Competenza, 621. CACCIA E PESCA -Costituzione di riserve di caccia nella zona delle Alpi -Gestione da parte della Federazione Italiana della caccia a vantaggio degli iscritti -Illegittimit costituzionale, 499. COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Amministrazione dello Stato e degli Enti pubblici -Possesso ed azioni possessorie (in genere) -Azioni possessorie nei confronti della P. A. -Improponibilit -Fondamento -Limiti Qualit dell'attore -Irrilevanza, 561. VI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -Cassazione -Consiglio di Stato Decisioni -Sindacato delle Sezioni Unite della Corte Suprema -Limiti, 555. -Dogana -Esportazione e importazione di merci -Merci di provenienza libiea -Esenzione Condizioni -Imposizione del c. d. abbinamento Illegittimit del provvedimento -Risarcimento dei danni -Giurisdizione dell'A. G.O. a conoscere della relativa domanda, con nota di E. ZECCA, 532. -Energia elettrica -ENEL -Concessioni ad altri enti -Provvedimento di rigetto delle richieste -Giurisdizione del Consiglio di Stato -Mancanza della previa autorizzazione ministeriale -Irrilevanza agli effetti della giurisdizione, 564. -Guerra -Danni -Indennizzi e contributo di ricostruzione Provvedimento di concessione Posizione soggettiva del danneggiato prima e dopo la concessione -Revoca o modifica del provvedimento -Inammissibilit -Giurisdizione dell'A.G.O. Annullamento di ufficio -Ammissibilit -Sanatoria -Limiti Effetti -Fattispecie, 563. -Incompetenza -Omesso rilievo da parte del Giudice -Presunzione di acquiescenza -Esclusione -Principio applicabile ai casi analoghi di conflitto, 694. -V. anche Imposta complementare sul reddito, Imposte e tasse in genere. CONTABILIT GENERALE DELLO STATO -Contratti -Appalto concorso Procedimento -Offerte .,. Presentazione -Termine -Natura, 624. -Contratti -Revisione prezzi -Ribasso contrattuale -Atti aggiuntivi eccedenti il c. d. sesto quinto -Nozione, 625. - Contratti -Revisione prezzi -Ribasso contrattuale -Contratto principale seguito da atti aggiun tivi non eccedenti il c. d. sesto quinto -Nozione, 624. -Contratti di somministrazione e di compravendita -Trasferimento della propriet delle merci e passaggio del rischio -Necessit del previo collaudo da parte della P. A. acquirente -Sussiste, 607. -Natura ed efficacia delle relative norme -Norme di azione -Esclusione -Forza vincolante di diritto obiettivo anche al di fuori della materia relativa alla mera esecuzione di prestazioni pecuniarie -Sussiste, 606. - V. anche Amministrazione dello Stato. CORTE COSTITUZIONALE -Giudizi di legittimit costituzionale in via principale -Impugnativa di un decreto legge -Mancata impugnazione della legge di conversione -Ammissibilit della questione, 501. -Giudizio di legittimit costituzionale in via incidentale -Regolamenti -..Esclusione, 513. -Questione di legittimit costituzionale in via incidentale -Difetto di rilevanza assolutamente evidente -Inammissibilit della questione, 512. COSTITUZIONE DELLA REP.UBBLICA -Principio della divisione dei poteri -Competenza giurisdizionale dei Comandanti di Porto -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 506. -V. anche Caccia e pesca, Demanio e patrimonio, Friuli-Venezia Giulia, Imposta di registro, Imposte e tasse in genere, Misure di sicurezza, Pensioni, Previdenza e assistenza, Procedimento civile, Procedimento penale, Professioni, Reato, Sardegna, Sicilia, Sicurezza pubblica, Termini processuali. DE~a1ou A~:raa.TI.. V4,,.,,,. . -Fu~om di. uftigiale IW~ ~ . idi .!!lt~~ga- rS<:lg.t :\111 ....E~dvsU>- -Disciplina normativa -J'Ui8 an. fu~are . .~ ussiste -Applicaeio~ e aalo81ea -Esclusio:n,e1 f16. DE~a1ou A~:raa.TI.. V4,,.,,,. . -Fu~om di. uftigiale IW~ ~ . idi .!!lt~~ga- rS<:lg.t :\111 ....E~dvsU>- -Disciplina normativa -J'Ui8 an. fu~are . .~ ussiste -Applicaeio~ e aalo81ea -Esclusio:n,e1 f16. -ENEL -Concessione ad altri enti -Natura giuridica, 565. -V. anche Compete-nza e giurisdizione. ale sulla Ente :prlg . . .. Vi&l1l:zi<)fit . .. ~ '$lt;t,to a~onale -. ll~1~it Q~ i (l()ll; ''.te, ,~j :''' . .. ' . . . ai.. {~ >i; ~.J.iorsi n .f~aceuit~~ ;... . aiJ . :t?tes:~~~-~ u,~*~'~q1'~~;: cilU<~it~~-l>'lile,.-.Qom.. '.Pt?r 1e " ttelMive "i~t\,~ i . .. sul~ -et'ta ato; 5~3. -Pet~otu~le i'()'?~ mol'I) dl!!l1~ scllle . -,A$su.z'ione - InlPUglla~ione ...Cempet~aa, con ~& di 'il'. Al.XBllANl>l1 ;&'21. -v.. anc:fue Opere pub{)liche. Applicabilit del principio della compensatio lucri cum flmoo -Presupposto -Necessit che il danno e il vtintaggio derivino dal medesimo evento Vantaggio derivato alla parte residua del fondo di propriet aliena per effetto della realizzazione dell'opera pubblica -Esclusione, 616. -Responsabilit precontrattuale 1Dovere di comportamento secondo buona fede nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto -Estensione alla P. A. contrattante -Sussiste, 574. ;__ Sindaco ufficiale del Governo Provvedimenti contingibili ed urgenti in materia edilizia -Omissione -Condanna del Sindaco per reato colposo -Responsabilit SICU'llEZZA PUS:St.tO:A -.-InvttQ .a com);l,ar~, 588 Sez. Un., 21 giugno 1967, n. 1472 (in nota a Cass. 7 luglio 1967, n. 1672) ........ . 564 Sez. Un., 21 giugno 1967, n. 1473 . 600 Sez. I, 22 giugno 1967, n. 1484 . 603 Sez. III, 22 giugno 1967, n. 1518 606 Sez. III, 24 giugno 1967, n. 1563 . ,. 613 Sez. I, 27 giugno 1967, n. 1589 . 616 Sez. Un., 7 luglio 1967, n. 1672 . 564 TRIBUNALE Palermo, 8 maggio 1967 . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 581 LODI ARBITRALI 13 luglio 1966, n. 52 . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 692 GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Ad. Plen., 17 aprile 1967, n. 2 . pag. 620 Ad. Plen., 17 aprile 1967, n. 3 . 620 Ad. Plen., 17 aprile 1967, n. 4 . 621 Sez. IV, 26 aprile 1967, n. 153 . 624 Sez. IV, 24 maggio 1967, n. 189 . 624 Sez. IV, 31 maggio 1967, n. 202 . 625 INDICE xv GIURISDIZIONI PENALI CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 22 marzo 1966, n. 119 . Sez. I, 25 marzo 1966, n. 313 . Sez. III, 31 marzo 1966, n. 542 Sez. II, 25 agosto 1966, n. 680 Sez. III, 24 settembre 1966,, n. 2189 pag. 694 696 696 698 700 SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA--" QUESTIONI ALmRANDI T ., La responsabilit dei membri dei nucieo familiare nena riscossione deH'imposta complementare . pag. 131 RASSEGNA DI DOTTRINA BARILE P., Scritti di diritto Costituzionale, C.E.D.A.M., Padova, 1967 . . . . . . . . . . . . pag. 134 SORRENTINO F., I conflitti di attribuzione tra i poteri deUo Stato, Riv. trim. dir. pubblico, 1967 . . . . . . . " 134 STUCKA P. I., La funzione rivoluzionaria del Diritto deUo Stato ed altri scritti, Einaudi, Torino, 1967 . . . . > 136 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE Leggi e Decreti (Segnalazioni) . . . . . . . . . . . . . . pag. 137 NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMIT COSTITUZIONALE -Norme dichiarate incostituzionali: codice della navigazione, art. 84, terzo comma . pag. 137 codice della navigazione, art. 730 . 137 codice penale militare di pace, art. 28, primo comma, n. 2 > 138 r. d. 23 dicembre 1865, n. 2700, art. 436 . > 138 r. d. 11 dicembre 1887, n. 5138 . > 138 r. d. 21 febbraio 1895, n. 70, art. 54, nn. 4, 6 e art. 183 138 r. d. 2 luglio 1896, n. 313 . > 139 r. d. 5 luglio 1896, n. 314 . 139 r. d.1. 20 marzo 1924, n. 442 . 139 r. d. 1. 28 dicembre 1924, n. 2337 . 140 1. 17 aprile 1925, n. 473 . 140 1. 21 marzo 1926, n. 597 . 140 r. d. 16 agosto 1926, n. 1489 . 141 r. d. 6 novembre 1926, n. 1848, art. 215 . 141 r. d. 21 gennaio 1929, n. 61 . 141 r. d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 210 . 141 r. d. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 11 . 142 r. d. 1. 3 giugno 1938, n. 1032, art. 1 . 142 r. d. 3 giugno 1938, n. 1032, art. 3 . 142 1. 5 gennaio 1939, n. 84 . 142 INDICE xvn 1. 5 gennaio 1939, n. 84 . . . . . . . . . . . . . pag. 143 r. d. 7 giugno 1943, n. 651 . . . . . . . . . . . . > 143 d. P. R. 5 luglio 1951, n. 573, art. 22, primo comma > 143 d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 123; art. 141, primo comma; art. 142; art. 150, secondo comma > 143 d. P. R. 11 settembre 1960, n. 1326, articolo unico . . > 144 d. P. R. 9 maggio 1961, n. 868, articolo unico . 144 " 1. reg. Friuli-Venezia Giulia 16 dicembre 1966, n. 107 bis . . . . . . .... 144 " -Norme delle quali stata dichiarata non fondata la questione di legittimit costituzionale. codice civile, art. 316 e art. 320 . pag. 145 codice di procedura civile, art. 674 . > 145 codice di procedura penale, art. 419 . > 145 codice di procedura penale, art. 435 . > 145 codice di procedura penale, art. 503, terzo comma . " 145 codice della navigazione, art. 84, terzo comma . > 146 codice della navigazione, art. 226 . " 146 codice della navigazione, art. 1331 ,. 146 codice della navigazione, art. 1238 " 146 r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 72 . " 146 r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 31, primo, secondo e terzo comma " 146 r. d. 28 maggio 1931, n. 602, art. 28 . ,. 147 r. d. 3 marzo 1934, n. 383, art. 108 . > 147 r. d. 5 giugno 1939, n. 1016, art. 77 . ,. 147 r. d. 16 novembre 1939, n. 2229, art. 4, settimo comma " 147 1. 27 maggio 1949, n. 260, art. 3, prima parte . ,. 147 d. P. R. 19 marzo 1955, n. 520, art. 9 . ,. 147 d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 176 e 188 . ,. 148 d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 206 . ,. 148 d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1011 . ,. 148 d. P. R. 9 maggio 1961, n. 868, articolo unico . ,. 148 I. 12 aprile 1964, n. 191 . ,. 149 d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162, art. 23, lettera a, art. 35, secondo comma . " 149 I. 30 marzo 1965, n. 340, art. 11 . " 149 d. 1. 18 novembre 1966, n. 979, art. 80, ultimo comma " 149 I. 23 dicembre 1966, n. 1142 . " 149 -Norme delle quali stato promosso giudizio di legittimit costituzionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . 150 -Norme delle quali il giudizio di legittimit costituzionale stato definito con pronunce di estinzione, di inammissibilit, di manifesta infondatezza o di restituzione degli atti al giudice di merito . . . . . . . . . . . . . . " 162 2 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO INDICE DELLE CONSULTAZIONI (secondo l'ordine di materia). xvm Aeronautica e aeromo bili. . Agricoltura e foreste Amministrazione pub blica Antichit e belle arti . Appalto Autoveicoli Caccia e pesca . Competenza . . . Comuni e provincie . Concessioni ammini strative . Concorsi Contratti agrari Corte dei Conti Costituzione . Danni Danni di guerra . Demanio Deposito .. Edilizia economica e popolare Elettricit ed elettrodotti Elezioni NOTIZIARIO pag. 166 166 167 167 167 167 168 168 168 168 > 168 > 169 169 > 169 169 > 169 > 170 > 170 > 170 > 171 > 171 Espropriaz per p.u.. Ferrovie Impiego pubblico . Imposta di registro . Imposta generale sul l'entrata Imposte e tasse . Imposte varie . Lavoro Lotto e lotterie N otifi.cazione Pensioni Persona giuridica Poste e telecomunica zioni Prescrizione Previdenza e assistenza Reati finanziari Regioni Responsabilit civile Riscossione coattiva . Successioni Transazione Trascrizione Trasporto . Trattati e convenzioni internazionali pag. 172: 173 173 174 175 175 176 .. 176" 176: 176 177 177" 177 " 177 178 178" 179 179 > 179' " 180 > 180 " 180 > 180 > 18() pag. 181 PARTE PRIMA GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, 24 aprile 1967, n. 52 -Pres. Ambrosini - Rel. Cassandro --Silvestri (n. c.) e Presidente Consiglio Ministri (sost. avv. gen. Stato R. Bronzini). Sicurezza pubblica -Invito a comparire davanti all'autorit di P. s. Violazione del principio della libert personale -Esclusione. (Cost., art. 13; r. d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 15, primo comma). Non fondata, con riferimento all'art. 13 della Costituzione, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 15, primo comma, del t. u. delle leggi di P. S., che prevede per il cittadino l'obbligo, accompagnato dalla relativa sanzione penale, di presentarsi davanti all'Autorit di P. S. ad ogni legittimo invito di questa (1). (Omissis). -La questione di costituzionalit, cosi individuata:, infondata. Non pu infatti profilarsi in alcun modo un contrasto tra l'art. 13 della Costituzione, del quale pi volte la Corte ha chiarito la portata (sentenza n. 2 'del 14 giugno 1956, n. 11 del 19 giugno 1956, n. 27 del 20 aprile 1959, n. 49 del 9 luglio 1959, n. 12 del 15 marzo 1960, n. 45 (1) La questione era stata proposta con ordinanza 31 maggio 1965 del Tribunale di Ascoli Piceno (Gazzetta Ufficiale 29 gennaio 1966, n. 25). La Corte, accogliendo la tesi prospettata dall'Avvocatura, ha l'levato che la previsione contravvenzionale dell'impugnato art. 15 del t. u. di P. S. si ricollega all'art. 650 c. p. che impone l'obbligo dell'osservanza dei provvedimenti autoritativi in genere, in materia di giustizia, sicurezza, di ordine pubblico o di igiene e che, secondo la dottrina e la giurisprudenza, trova applicazione nei casi in cui non vi sia una norma speciale che preveda l'osservanza di provvedimenti specifici (Cass. 17 gennaio 1962, Mass. Cass. pen., 1962, 324, n. 554). L'art. 650 c. p., a sua volta, sistematicamente collocato. nella stessa sezione del codice che comprende anche l'art. 652, in tema di rifiuto di prestare la propria opera in occasione di tumulto, norma che, trovando riscontro nell'art. 23 della Costituzione, stata dichiarata legittima sempre in rapporto all'art. 13 della Costituzione (Corte Cost. 9 luglio 1959, n. 49, Giur. it., 1959, I, 1, 1121). Gli stessi principi, circa la sfera di applicazione dei precetti sanciti rispettivamente dagli artt. 13 e 23 della Costituzione in riferimento alle 490 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO del 21 giugno 1960, n. 30 del 22 marzo 1962, n. 72 del 24 maggio 1963, n. 23 del 4 marzo 1964, e n. 68 del 20 giugno 1964), e la norma impugnata, la quale si limita a sanzionare la disobbedienza a un ordine legittimo dell'autorit, come in altri numerosi casi previsti dall'ordinamento vigente e, in via generale, dall'art. 650 c. p. Alla base della legittimit della norma impugnata c' infatti il dovere del cittadino di collaborare con l'autorit di polizia per la prevenzione e la repressione dei reati, per la sicurezza e la pubblica tranquillit: dovere che, ove occorresse, trova la sua fonte, contrariamente a quanto pare ritenere l'ordinanza, nell'art. 23 della Costituzione, che conse.te di imporre prestazioni personali o patrimoniali in base alla legge. N si pu dire che la facolt riconosciuta all'autorit di p. s. possa tramutarsi in arbitrio, perch il provvedimento relativo, com' costante giurisprudenza, non sfugge ai rimedi giurisdizionali, che impediscono l'esercizio di quella facolt fuori dei casi che attengono ai fini che la polizia autorizzata a perseguire, e in maniera non conforme al decoro e alla dignit del cittadino. -(Omissis). specifiche finalit ed alla portata delle singole norme di volta in volta impugnate, sono stati applicati in materia dell'obbligo di residenza imposto al fallito (Corte Cost. 16 marzo 1962, n. 20, ivi, 1962, I, 1, 641); in materia di prestazioni di lavoro a favore dei Comuni per la costruzione e la manutenzione di strade (Corte Cost. 15 marzo 1960, n. 12, ivi, 1960, I, 1, 486); ed infine, in materia di rlievi segnaletici esteriori, quale forma di prestazione personale imposta dal fine di prevenzione dei reati (Corte Cost. 23 marzo 1962, n. 30, ivi, 1962, I, 1, 917). D'altra parte il cittadino trova nel sindacato dell' A.G. circa la legit timit dell'invito, ai fini della sussistenza o meno del reato (ed anche ai fini dell'eventuale arbitrariet dell'accompagnamento), la pi ampia garan zia dei propri diritti di libert (Cass. 25 febbraio 1959, Giust. pen., 1959, II, 955; Cass. 30 maggio 1962, ivi, 1969, II, 257; Cass. 7 novembre 1962, ivi, 1963, II, 398). CORTE COSTITUZIONALE, 24 maggio 1967, n. 61 -Pres. Ambrosini - Rel. Petrocelli -Provenzano ed altri (n. c.) e Presidente Consiglio Ministri (sost. avv. gen. Stato Chiarotti). Procedimento penale -Procedimento davanti al Pretore -Norme che prevedono il cumulo delle funzioni di P. M. con quelle di Giudice Ille~ittimit costituzionale -Esclusione. (Cost., artt. 101, 102, 107, 112; c. p. p .. artt. 74, 398 ed altri). Non fondata, con riferimento alle norme costituzionali sull'ordinamento giudiziario e sull'esercizio dell'azione penate, la questione di legit J PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 491 timit costituzionale degli artt. 74 e 398, e delle altre norme del codice di procedura penale che consentono al Pretore di esercitare l'azione penale, i:;truire il relativo processo, emettere il decreto di citazione a giudizio, ..cumulando le funzioni proprie del P. M., essendo indispensabile che taluni istituti, nell'interesse del sollecito andamento della giustizia, trovino possibilit di svolgersi con una propria e particolare disci plina (1). (Omissis). -Le questioni sono del tutto prive di fondamento. Le iunzioni miste che la legge assegna al Pretore nel processo penale, confe: rendogli la potest, oltre che di procedere al giudizio per i reati di sua competenza, di promuovere l'azione penale, e di compiere, quando occor rano, atti istruttori, non contengono elemento alcuno di contrasto con _gli artt. 101 secondo comma, 102, primo comma, 107, primo e quarto comma, e 112 della Costituzione: norme di cui appare palesemente :forzato il richiamo. Fermo rimane, infatti, anche per il Pretore, il principio che i giudici sono soggetti soltanto alla legge (art. 101, secondo -comma); non dubbio, inoltre, che il Pretore sia magistrato ordinario .che esercita le sue funzioni secondo le norme dell'ordinamento giudiziario (art. 102, secondo comma); e che gli spetti, come agli altri giudici, la garanzia dellainamovibilit (art. 107, primo comma). poi evidente .che il principio dell'obbligatoriet dell'azione penale (tale essendo il principio fissato dall'art. 112, e non che il promovimento dell'azione spetti esclusivamente al Pubblico Ministero) debba avere, ed abbia, la :sua piena attuazione anche nei precedimenti davanti al Pretore. Per ci che riguarda il concorso nello stesso organo, nella fase anteriore al giudizio, delle funzioni di Giudice e di Pubblico Ministero, va ricordato che questa Corte, in pi sentenze, ha riconosciuta la legittimit di norme nelle quali talune deviazioni dalle regole generali del processo penale trovano fondamento, senza lesione alcuna di principi ,costituzionali, nel principio della economia processuale. indispensabile infatti che taluni istituti, nell'interesse del sollecito andamento della giustizia, trovino possibilit di svolgersi con una propria e particolare (1) La questione era stata proposta con ordinanza 24 luglio 1965 dal Pretore di Prizzi (Gazzetta Ufficiale 27 novembre 1965, n. 297) e con <>rdinanza 15 luglio 1966 del Pretore di Caltanissetta (Gazzetta Ufficiale 24 settembre 1966, n. 239). Ricollegandosi alla sua precedente sentenza 18 aprile 1967, n. 46 (in questa Rassegna, 1967, I, 343) la Corte ha riconosciuto l'ortodossia costitu: donale del sistema processuale misto attribuito dalla legge all'istituto pretorile. In dottrina cfr. FoscHINI, Sistema dir. proc. pen., Milano, 1956, I, 220; Jn., Cenni sul P. M. e sul Pretore, Riv. dir. proc., 1949, II, 97 sgg.). 492 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO disciplina. Recentemente, con la sentenza n. 46 del 1967, la Corte ha considerato, nel dichiarare infondate le relative questioni, che taluni poteri conferiti al Pretore sono conseguenza necessaria del carattere particolare che, nel sistema processuale penale, assume il relativo procedimento, e delle esigenze di rapidit e semplicit cui esso si ispira. Di qui anche quella variet di funzioni che a torto si vorrebbe presentare come costituzionalmente illegittima. Perfino in tema di diritto di difesa la citata sentenza ha ribadito che esso, senza violare il precetto costituzionale, bene pu armonizzarsi con i vari tipi di procedimento. Nemmeno ha alcun rilievo, ai fini della legittimit costituzionale, la diversit delle .garanzie stabilite per il Giudice e per il Pubblico Ministero, non potendo sostenersi che sia contrastante con la Costituzione il fatto che le garanzie del Pretore in quanto giudice finiscano con l'involgere il Pretore anche nelle sue funzioni non giudicanti. Altri aspetti dell'ordinamento dell'ufficio del Pretore, come la non ricusabilit del giudicante che abbia compiuto anche atti istruttori (nel caso di specie si trattava di atti istruttori che si era ritenuto di compiere sulla imputazione di pascolo abusivo) sono deroghe al sistema processuale, che stabiliscono eccezioni, ma non ledono alcun principio costituzionale. Non poi il caso di indugiare sull'art. 3 della Costituzione, cui fa riferimento una delle due ordinanze, in quanto le stesse ragioni innanzi accennate costituiscono il fondamento della razionalit di tutte le norme impugnate, e quindi della loro legittimit anche in relazione al principio di eguaglianza, troppe volte invocate a rincalzo di altre deboli argomentazioni. E infine, anche al di fuori del profilo strettamente costituzionale della questione, non fuori luogo considerare i servigi che all'ordinamento della giustizia sono stati resi, attraverso lunga tradizione, dall'ufficio del Pretore, cosi come attualmente regolato; nonch l'entit degli assurdi sconvolgimenti ceh si pretenderebbe operare nell'istituto, in un momento nel quale si fanno sempre pi imperiose le esigenze della rapidit e semplicit degli ordinamenti processuali. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 24 maggio 1967, n. 62 -Pres. Ambrosini - Rel. Papaldo -Bortoluzzi (n. c.). Reati -Fabbricazione clandestina di spiriti -Equiparazione previs1;a dalla legge -Illegittimit costituzionale -Esclusione. (Cost., artt., 3, 24, 27; r. d. 30 gennaio 1896, n. 26, art. 18; d. m. 8 luglio 1924). Non fondata, con riferimento ai principi costituzionali di eguaglianza, di difesa e di personalit della pena, la questione di legittimit PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 493 costituzionale dell'art. 18, ultimo comma, testo unico sugli spiriti 30 gennaio 1896, n. 26 riprodotto con decreto ministeriale 8 luglio 1924, che punisce come fabbricazione clandestina di spirito l'introduzione o la detenzione di apparecchi e materie di distillerie nei locali della fabbrica od in quelli adiacenti, ben potendo il legislatore equiparare una figura di reato ad un'altra o disporre una eguale punizione per reati diversi (1). (Omissis). -Le dedotte censure non hanno fondamento. La norma ha inteso punire con le stesse pene previste per la fabbricazione clandestina di spirito colui che abbia introdotto o detenga nella fabbrica, o nei locali annessi o attigui, apparecchi di distillazione o parti di essi, materie alcooliche o alcoolizzabiH, senza aver prima denunziato all'ufficio fiscale, e prima che dall'ufficio stesso siano stati verificati, l'esistenza della fabbrica e le cose ivi giacenti. Ma, cos statuendo, la norma non ha posto una presunzione juris et de jure di responsabilit. Al contrario, la norma si riferisce ad un fatto prprio dell'agente, il quale risponde di una sua azione od omissione, in quanto ha collocato o non ha rimosso certe cose che non possono essere detenute in determinati locali sog.getti a particolare vigilanza senza che siano osservati alcuni precetti della legge. Non esatto che l'imputato sia privo di mezzi di difesa o abbia minori possibilit di difesa rispetto ad altri procedimenti che il giudice sia privo dei consueti poteri di accertamento e di valutazione. Il giudice dovr accertare se la detenzione di alcune cose in certi locali ed in certe circostanze sia conseguenza del comportamento dell'imputato ed in questo accertamento e nella valutazione che di esso il giudice deve compiere nessun limite po.sto al libero convincimento ed all'obbligo che egli ha di dare adeguata motivazione. Da parte sua, l'imputato pu fornire tutte le prove che siano atte a dimostrare che il fatto non sussista o che egli non lo abbia commesso o non vi abbia concorso e pu dedurre tutte le ragioni per illustrare la sua posizione difensiva. N costituisce causa di illegittimit il fatto che, secondo la norma denunziata, l'infrazione prevista dalla norma stessa debba essere senz'altro considerata e punita come fabbricazione clandestina, ben po (1) Questione introdotta con ordinanza 28 gennaio 1966 del Tribunale di Belluno (Gazzetta Ufficiale 30 aprile 1966, n. 105) e decisa con procedimento in camera di consiglio, non essendovi stata costituzione di parte. Gi altre volte la Corte si era occupata della legislazione sugli spiriti, dichiarandone la piena conformit all'ordinamento costituzionale (sent. 10 aprile 1957, n. 54, in I giudizi di costituzionalit, 1956-60, 47). La sentenza 25 maggio 1963, n. 79, ricordata in motivazione, leggesi in Giur. cost., 1963, 659. 494 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tendo il legislatore equiparare una figura di reato ad un'altra o disporre una uguale punizione per reati diversi. Ci rientra nei poteri del legislatore, cui spetta delineare le figure dei reati e comminare le pene. E l'esercizio di tali poteri le.gittimo ed insindacabile se non si presenti in contrasto con principi o norme della Costituzione. Nella specie non esiste contrasto con l'art. 27, primo comma, della Costituzione, dal momento che la norma denunziata prevede e punisce un fatto proprio dell'agente, a lui personalmente imputabile. Nello stesso senso varie volte si pronunciata la giurisprudenza di questa Corte (si veda, per tutte, la sentenza n. 79 del 25 maggio 1963). Non pu dirsi violato l'art. 24, terzo comma, giacch da escludere che nei giudizi per l'applicazione della norma denun~iata l'imputato incontri alcuna limitazione o alcun ostacolo alla sua difesa; e ci a prescindere da ogni riserva circa l'applicabilit al caso in esame del canone contenuto nella norma costituzionale predetta in riferimento all'interpretazione che della norma stessa ha dato questa Corte nelle sue non poche sentenze sull'argomento. Si osserva, infine, che, equiparando la infrazione meno grave, pre vista nell'ultimo comma dell'art. 18, al pi grave reato della :fabbrica zione clandestina di spirito, la norma non urta con il principio di egua glianza, giacch codesta equiparazione, disposto dal legislatore in virt dei suoi poteri, trova :fondamento di ragionevolezza nella esigenza di predisporre particolari misure atte a prevenire e reprimere il contrab bando. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 9 giugno 1967, n. 66 -Pres. Ambrosini Rel. Fragali -Pres. Regione Siciliana (avv. Gueli, Villari) c. Presidente Consiglio Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Guglielmi). Sicilia -Conflitto di attribuzione con lo Stato -Competenza a decidere i ricorsi straordinari in materia farmaceutica -Spetta al Presi dente della Regione. (St. spec. Reg. sic., art. 3.3, quarto comma; d. P. R. 9 agosto 1956, n. 1111). Spetta ai Presidente della Regione Siciliana, e non al Presidente della Repubblica, la competenza a decidere i ricorsi straordinari in materia di servizio farmaceutico, trattandosi di materia relativamente alla quale l'interesse pubblico del tutto localizzato (1). (1) Ladecisione conforme al parere espresso dall'Adunanza generale del Oonsiglio di Stato 30 settembre 1965, n. 724, in relazione all'interesse esclusivamente locale della materia oggetto del ricorso. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 495 CORTE COSTITUZIONALE, 9 giugno 1967, n. 67 -Pres. Ambrosini Rei. Jaeger -Minervini (n. c.). Procedimento civile -Pignoramento mobiliare presso il debitore Ricerca dei beni pignorabili sulla persona del debitore -Contrasto con il principio della libert personale -Esclusione. (Cost., art. 13; c. p. c., art. 513, primo comma). La facolt attribuita all'ufficiale giudiziario dall'art. 513, primo comma, codice di procedura civile, di ricercare i beni da pignorare anche sulla persona del debitore non contrasta con la garanzia dell' habeas corpus stabilita nell'art. 13 della Costituzione (1). (Omissis). -La ricerca dei mobili da pignorare un atto di istruzione del pignoramento e si inserisce nel processo di espropriazione mobiliare come una fase essenziale al suo effetto utile. La ricerca sulla persona del debitore una modalit di tale istruttoria, connaturale alla funzione del procedimento esecutivo al pari della ricerca nella casa del debitore. Come non pu ammettersi che questi impedisca l'ingresso nella sua abitazione all'ufficiale giudiziario, nemmeno pu ammettersi che egli sottragga le cose da pignorare alla apprensione esecutiva, ponendole addosso a s o addosso a s occultandole: si ammetterebbe che il debitore sia libero di sottrarsi alla responsabilit patrimoniale. Quello di ricercare sulla persona del debitore ci di cui questi deve essere espropriato allora un potere dell'ufficiale giudiziario che si pone sullo stesso piano del potere che ha di operare nella casa del debitore. Il relativo esercizio non richiede un'autorizzazione speciale, perch la autorizzazione nel titolo esecutivo; il quale abilita a compiere tutti gli atti coattivi che sono necessari alla realizzazione forzata dell'obbli gazione. L'ipotesi rimane distinta dalle altre in cui la coazione sulla persona del debitore deve essere espressamente autorizzata o convalidata dal giudice: in codeste ipotesi, la speciale autorizzazione o la convalida richiesta perch manca un qualsiasi titolo giudiziario preventivo che riconosca la necessit di compiere l'atto o abiliti a compierlo, mentre nell'espropriazione forzata, preesistendo quel titolo, si rendono inutili interventi singoli del giudice. N la norma che affida ad un giudice la direzione dell'espropria zione forzata (art. 484 primo comma cod. proc. civ.) apporta limitazioni ai poteri dell'ufficiale giudiziario: si richiede l'autorizzazione del pretore per l'esecuzione del pignoramento fuori orario (art. 519 secondo comma (1) La questione, proposta con ordinanza 28 novembre 1965 del Pretore di Fermo (Gazzetta Ufficiale 12 marzo 1966, n. 64) stata decisa con procedimento in Camera di Consiglio non essendovi stata .costituzione di parti. In dottrina, sull'art. 513 c. p. c., SATTA, La ricerca delle cose da pignorare, Riv. dir. proc. civ., 1965, 150. 496 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO c. p. c.), perch il tempo entro cui l'atto si pu compiere non ne una modalit. Ma l'art. 517 del codice sudedtto, ove il debitore non esibisca cose di sua scelta, impone all'ufficiale giudiziario di preferire il pignoramento di danaro contante, di oggetti preziosi e di titoli di credito che ritiene di sicura realizzazione; le due prime specie di cose, non di rado, possono ritrovarsi soltanto sulla persona del debitore, e la possibilit di ricercarvele un modo di assolvere al dovere di quella scelta, e nello stesso tempo un modo di soddisfare all'esigenza cui coordinata l'imposizione di tale dovere, rendere cio possibil~ un sollecito e fruttuoso rendimento dell'esecuzione. Garantisce, del resto, contro ogni abuso, da un lato, l'obbligo fatto all'ufficiale d aver rispetto del decoro della persona del debitore e, dall'altro lato, la responsabilit, anche penale, che su lui grava quando va oltre i limiti di ci che gli consentito di fare sulla base del titolo esecutivo, 'nell'osservanza del procedimento apprestato dalla legge; ed certo che l'ufficiale dovr tener conto, per le sue determinazioni, di tutte le circostanze che facciano ritenere opportuno l'esercizio del potere di cui si tratta. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 9 giugno 1967, n. 68 -Pres. Ambrosini - Rel. Fragali -Ceccarelli (avv. Sabatini). Misure di sicurezza -Periodo minimo di applicazione -Sottrazione al controllo del Giudice -Violazione del principio di libert -Esclu sione. (Cost. art. 13, 27; c. p., art. 204, 222). Non fondata la questione di legittimit costituzionale delle norme del codice penale (artt. 204, 222), le qual.i prevedono l'applicazione delle misure di sicurezza detentive per un periodo minimo prefissato, poich questo non sottrae al Giudice il controllo sulla durata delle misure di sicurezza, ma si risolve in un minimo di osse1vazione sullo stato sanitario de soggetto (1). (1) La questione era stata proposta con varie ordinanze di giudici di merito: Sez. Istr. App. Genova, 15 luglio 1965 (Gazzetta Ufficiale 27 novembre 1965, n. 297); Giud. Istr. Siena, 9 novembre 1965 e Sez. Istr. App. Genova, 16 novembre 1965 (entrambe in Gazzetta Ufficiale 15 gennaio 1966, n. 12), Pret. Pieve di Cadore 26 maggio 1966 (Gazzetta Ufficiale 27 agosto 1966, n. 213). La sentenza si ricollega alla precedente decisione della Corte 10 marzo 1966, n. 19, in questa Rassegna 1966, I, 276, sulla legittimit costituzionale, sotto altro profilo, dell'art. 204 c. p. In dottrina, oltre agli Autori citati in nota a detta sentenza, cfr. ELIA, Le misure di prevenzione tra l'art. 13 e l'art. 25 Cost., in Giur. cost. 1964, 949. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 497 CORTE COSTITUZIONALE, 9 giugno 1967, n. 69 -Pres. Ambrosini - Rel. Benedetti -Aloisi ed altri (avv. De Pasquale), I.N.P.S. (avv. Cannella). Previdenza e assistenza -Previdenza e assistenza obbligatoria -Dipendenti delle imprese di trasporti in concessione licenziati per motivi politici -Ricongiunzione del trattamento previdenziale con accredito al Fondo speciale dei contributi versati -Violazione del prlncipio di eguaglianza -Illegittimit costituzionale. (Cost., art. 3; d. I. I. 9 novembre 1945, n. 848, art. 6). L'art. 6 del d. l. l. 9 novembre 1945, n. 848, nel disporre che i contributi previdenziali versati dagli ex dipendenti delle aziende di trasporti in concessione licenziati per motivi politici, durante il periodo del licenziamento, siano trasferiti al Fondo speciale di previdenza personale dei trasporti, importa la perdita di un patrimonio assicurativo degli ex agenti, e viola, senza alcuna plausibile giustificazione, il trattamento stabilito per tutti gli altri lavoratori, onde va dichiarato costituzionalmente illegittimo (1). (1) La questione era stata proposta con due ordinanze del Tribunale di Roma, rispettivamente del 24 gennaio 1966 (Gazzetta Ufficiale 27. agosto 1966, n. 213) e del 30 maggio 1966 (Gazzetta Ufficiale 24 dicembre 1966, n. 324). Decisione di indubbia esattezza, che importa una restitutio in integrum ,, dei diritti dei lavoratori licenziati durante il regime fascista per motivi politici. CORTE COSTITUZIONALE, 9 giugno 1967, n. 70 -Pres. Ambrosini - Rel. Verzl -Perdomini (n. c.). Procedimento penale -Notificazione del procedimento all'imputato all'estero -Invito a eleggere domicilio -Formalit che non ritarda il procedimento -Parziale violazione del diritto di difesa. (Cost., art. 24; c. p. p., art. 177 bis, primo comma). parzialmente fondata, con riferimento al principio costituzionale di difesa, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 177 bis codice procedura penale, nei limiti in cui consente al Giudice di emettere il decreto di irreperibilit di cui all'art. 170 stesso codice, prima che sia trascorso un congruo termine per l'elezione di domicilio da parte dell'imputato (1). (1) Questione proposta con ordinanza 21 gennaio 1966 del Pretore di Castiglione delle Stiviere (Gazzetta Ufficiale 30 aprile 1966, n. 105) e de 498 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -La questione appare invece parzialmente fondata, in riferimento al secondo comma dell'art. 24 della Costituzione. Vanno tenute presenti le ragioni, per le quali, tanto il legislatore del 1913, quanto quello del 1955, che ha riprodotto la norma impugnata, hanno ritenuto che il procedimento non possa essere sospeso n ritardato dalle formalit dell'avviso di esso e della elezione di domicilio nel territorio nazionale. Indiscutibili esigenze processuali non tollerano che in attesa del14elezione di domicilio da parte dell'imputato, sia paralizzata l'attivit del giudice, siano sospese la ricerca e la raccolta delle prove, siano danneggiati altri eventuali imputati, i quali potrebbero trovarsi anche in istato di detenzione preventiva. Appare pertanto legittima la norma la quale afferma, in via generale, che un atto dipendente esclusivamente dalla volont dell'imputato non possa influire negativamente sul corso del procedimento. Va tuttavia rilevato che l'avviso di procedimento con invito alla elezione di un domicilio non pu essere considerato una pura formalit oppure u~ semplice monito, ma destinato a raggiungere determinati, precisi effetti, che possono compendiarsi nel trovare un punto di incontro nel territorio nazionale fra l'autorit procedente e lo stesso imputato al fine di consentire a quest'ultimo l'esercizio del diritto di difesa. E poich tutto ci richiede un certo tempo, che a volte pu essere anche di non breve durata a causa della distanza dello Stato estero in cui il giudicabile si trovi, evidente che il giudice -pur non sospendendo la attivit istruttoria -non pu, senza frustrare gli scopi dell'avviso, emettere immediatamente il decreto di irreperibilit preveduto dall'art. 170 e procedere ad atti cui l'imputato abbia diritto di assistere. Il che trova altresi conferma nella norma del secondo comma dell'art. 177 bis, secondo la quale il giudice non pu emettere il decreto di cui all'art. 170 se prima non abbia accertato la mancanza di elezione di domicilio da parte dell'imputato e se, quindi, non sia trascorso un congruo termine dalla spedizione dell'avviso di procedimento. Siffatta esigenza venne riconosciuta anche nel corso dei lavori preparatori dell legge del 1955, allorquando fu avanzata la proposta -non accolta che l'imputato dovesse procedere alla elezione di domicilio entro il termine di trenta giorni. cisa con procedimento in Camera di Consiglio, non essendovi stata costituzione di parti. Per le notifiche all'imputato all'estero si richiama la precedente sentenza 23 aprile 1965, n. 31 (Gittr. Cost. 1965, I, 303, e nota di richiami in dottrina). Nella sentenza in rassegna, da segnalare il testo del dispositivo, sopra massimato, relativo alla necessit di un congruo > termine. La solu , zione appare foriera di nuovi sviluppi giurisprudenziali in ordine alla determinazione della congruit" del termine ed al Giudice chiamato a verificarla: Giudice costituzionale o giudice ordinario di legittimit? PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 499. La Corte non pu tuttavia disconoscere che la prescrizione di un termine sia necessaria onde evitare che, sia pure nei ca.si limite, possano verificarsi gli inconvenienti lamentati dall'ordinanza di rimessione, con. grave pregiudizio del diritto di difesa .garantito dalla Costituzione. ( Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 9 giugno 1967, n. 71 -Pres. Ambrosini - Rel. Chiarelli -Marca (n. c.). Caccia e pesca -Costituzione di riserve di caccia nella zona delle Alpi Gestione da parte della Federazione italiana della caccia a vantaggio degli iscritti -Illegittimit costituzionale. (Cost., art. 3; r. d. 5 giugno 1939, n. 1016, art. 67, primo comma). costituzionalmente illegittimo, per contrasto con iZ principio di eguaglianza, l'art. 67, primo comma, del testo unico sulla caccia, approvato con r. d. 5 giugno 1939, n. 1016, nena parte in cui attribuisce ai son iscritti alla Federazione deZZa caccia la facolt di fruire delle riserve di caccia gestite dalla federazione stessa nella zona delle Alpi (1). (1) Questione proposta con ordinanza 17 gennaio 1966 del Pretore di Saluzzo (Gazzetta Ufficiale 30 aprile 1966, n. 105), e decisa con procedimento in camera di consiglio non essendovi stata costituzione di parti. La sentenza si ricollega alle precedenti decisioni della Corte che avevano riscontrato una violazione del principio di eguaglianza in quelle norme del testo unico sulla caccia che prevedono discriminazioni a favore degli iscritti alla Federazione della caccia. Sul che cfr., ampiamente, I Giudizi di costituzionalit 1961-65, 137. CORTE COSTITUZIONALE, 9 giugno 1967, n. 72 -Pres. Ambrosini - Rel. Branca -Daffara (n. c.) e Presidente Consiglio Ministri (sost. avv. gen. Stato Agr). Imposte e tasse in genere -Testo unico imposte dirette -Iscrizione provvisoria a ruolo -Innovazione rispetto alla le~ge di delega Illegittimit costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 76; 1. 11 gennaio 1951, n. 25, art. 49; I. 5 gennaio 1956, n. l, art. 63; t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 182, ultimo comma). L'art. 182, ultimo comma, del testo unico sulle imposte dirette, approvato con d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645, che consente l'iscrizione 500 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO provvisoria a ruolo del debito di imposta accertato e non ancora deP,nito non contiene alcuna innovazione rispetto alla legge di delega, ma ha aUeggerito e razionalizzato il sistema di iscrizione provvisoria (1). (Omissis). -Si denuncia per eccesso di delega l'art. 182, ultimo comma, del t. u. sulle imposte dirette (d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645) che consente l'iscrizione provvisoria, nei ruoli straordinari, dell'intero debito d'imposta accertato dagli uffici e non ancora definito: la norma conterrebbe un'innovazione che il legislatore delegato non aveva il potere di introdurre. La questione infondata. Il Governo, per l'art. 63 della legge di delegazione (n. 1 del 1956), doveva compilare, fra l'altro, un testo unico delle norme sulla riscossione apportando, oltre alle modifiche utili per un migliore coordinamento, quelle necessarie per " una razionale organizzazione dei servizi . Con la disposizione impugnata non ha trasceso questi limiti. Infatti le norme vigenti all'epoca della legge di delegazione erano due: l'art. 109 del r. d. 11 luglio 1907, n. 560 e l'art. 24 del t. u. 17 ottobre 1922, n. 1401 ( e successive modificazioni). Nell'art. 109 si prevedeva l'iscrizione. dell'intero reddito accertato provvisoriamente dagli uffici,. purch fossero passati almeno 60 giorni dalla trasmissione dell'eventuale ricorso del contribuente alla commissione di primo grado; con l'art. 24 si consentiva, su autorizzazione dell'intendente di finanza, la pubblicazione, in ogni tempo, di ruoli straordinari, senza precisare la misura dell'imponibile da iscrivervi. Il legislatore delegato, nel raccogliere e coordinare le due norme, si preoccupato da un canto di ridurre l'onere del contribuente nei casi normali, dall'altro, di assicurare il pi possibile la riscossione in casi (1) La questione era stata proposta con ordinanza 8 novembre 1965 della Commissione distrettuale delle imposte di Casale Monerrato (Gazzetta Ufjciale 12 marzo 1966, n. 64). Gi altra volta la Corte Costituzionale, respingendo analoga doglianza di eccesso di delega del testo unico delle imposte dirette, aveva posto in rilievo la distinzione tra principi e norme delle leggi precedenti, ravvisando solo nei primi il metro inderogabile per valutare la conformit della legge delegata alle leggi di delegazione (sent. 9 giugno 1961, n. 30, Giur. cost., 1961, 567 e nota di .ANTONINI, Concetto ed evoluzione normativa del periodo di imposta). Si pu ricordare, anche, sempre a proposito della legittimit costitu zionale di altra norma dello stesso testo unico rispetto alle leggi di dele gazione, la sentenza della stessa Corte 10 giugno 1966, n. 64, in questa Rassegna 1966, I, 762. Sulla nuova disciplina dei ruoli introdotta dal citato testo unico, cfr. in dottrina, DE .ANGELIS, POTENZA e TESTA, T. u. delle leggi sul'le imposte dirette, Milano, 1960, 891. Ji'Alt'rE 11 UZ, I, Gn1'Rl:S~ COSJ!lTU'ZIONALE E IWTERNAZlONALE 501 eccezionali, :Pere ha stabilito he di regola. fermo il termine a quo dei 66 giorni, si iseriva provvisoriamente a ruolo un'imposta corrispondente, non all'intero imponibile, ma alla met dell'imponibile (art. 175 lett..q;) tesse interpretare, rart~' 1i:> " ''r~~~tf~nte t!.u., la legislazione.dlegata, -vis~;:i ~el'~xt,s~eme, a~~ . . . . i. a~.'ct~.ni -enere di ruolo, piuttosto che .il')llovare. arbitra. l'l~~'1tarri) c. Presidente Cot1:sigllo Ministri (sost. avv. gen. Stato Guglielmi). h;'" .',.' S-' , it., 1942, III, 4; PALADIN, Decreto-legge, in Nuovissimo dig. ital. In merito ai rapporti cui d lu_Qgo la mancata conversione di un decretolegge cfr. la precedente sentenza della stessa Corte 6 luglio 1966, n. 89, in questa Rassegna, 1966, I, 983. (2) Nel merito la questione stata respinta, in quanto si ritenuto, accogliendosi la tesi dell'Avvocatura, che la ratio unitaria di tutti i provvedimenti emessi per far fronte alle alluvioni e mareggiate dell'autunno 1966 escludesse sii::t dall'origine la compartecipazione della Regione alla ripartizione dei proventi delle addizionali erariali coi provvedimenti stessi istituite. CORTE COSTITUZIONALE, 3 luglio 1967, n. 76 -Pres. Ambrosini - Rel. Chiarelli -Rossari (avv. Andreani), Giorgi (avv. Campania). Professioni intellettuali -Collaudo di strutture in conglomerato cementizio -Compenso al collaudatore -Discrezionalit assoluta del professionista -Illegittimit costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 23; r. d. 16 novembre 1939, n. 2229, art. 4; 1. 2 marzo 1949, n. 143,. art. 5 lett. h). La disposizione dell'art. 4 del r. d. 16 novembre 1939, n. 2229, la quale fa rinvio ail'art. 5, lett. h) della tariffa professionale per gli ingegneri ed architetti, approvata con legge 2 marzo 1949, n. 143, sulla retribuzione dell'opera dei collaudatori delle strutture cementizie, non importa una discrezionalit assoluta del professionista nella determinazione dell'onorario, che soggetta al parere del Consiglio dell'Ordine PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 503 ed eventualmente del Giudice, e pertanto non contrasta con l'art. 23 della Costituzione (1). (1) La questione era stata proposta con ordinanza. 24 febbraio 1966 del Pretore di Massa (Gazzetta Ufficiate 14 maggio 1966, n. 118). Sull'art. 23 della Costituzione, cfr. in via generale, I giudizi di costituzionalit, 1961-65, 272 sgg. CORTE COSTITUZIONALE, 3 luglio 1967, n. 77 -Pres. Ambrosini - Rel. Branca -Minoletti ed altri (avv. Casella, Dal Verme, Pogliani) c. Ministero Finanze e Presidente Consiglio Ministri (sost. avv. gen. Stato Tracanna). Imposte e tasse in genere -Testo unico imposte dirette -Iscrizione provvisoria a ruolo del reddito del penultimo anno -Illegittimit costituzionale -Eccesso rispetto alla legge di delega -Esclusione. (Cost., art. 3, 53, 113, 76; d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 176 e 188; 1. 5 gennaio 1956, n. 1, art. 63). Non importano violazioni dei principi costituzionali di eguaglianza, della capacit contributiva e della difesa in giudizio, n eccedono dai limiti della legge di delega, le norme di cui agli artt. 176 e 188 del testo unico sulle imposte dirette, le quali consentono all'Ufficio di iscrivere provvisoriamente a ruolo i contribuenti col medesimo reddito accertato nel penultimo anno precedente (1). (Omissis). -2. - stato denunciato innanzi tutto l'art. 176 del D.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 (t. u. sulle imposte dirette), secondo cui nel ruolo relativo ad ogni periodo d'imposta si iscrive a titolo provvisorio il tributo corrispondente all'imponibile del penultimo o dell'ultimo anno precedente. La disposizione, poich consente la iscrizione d'un imponibile che non quello dell'anno a cui si riferisce il tributo, violerebbe gli artt. 3, 53, 70, 71, 76, 81 della Costituzione. La questione infondata. Il sistema vigente di tassazione quello cosiddetto a consuntivo. Rispetto ad ogni periodo (anno solare o, per gli enti tassabili in base a ,bilancio, esercizio sociale), l'imposta dovuta per il reddito che si produce quell'anno, e durante quell'anno dovr essere pagata. Ne deriva (1) Questione proposta con numerose ordinanze di remissione da parte di varie Commissioni Distrettuali delle imposte. Per la risoluzione, nel medesimo senso, di analoga questione di legittimit costituzionale dello stesso t. u. con riferimento all'art. 63 della legge di delega, si vegga la sentenza 9 giugno 1967, n. 72, retro, I, 499). 504 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO che il tributo viene iscritto sui ruoli prima del tempo a cui si riferisce, vale a dire in un'epoca nella quale la misura precisa del reddito, non ancora maturato, inconoscibile e si pu soltanto presumere. Il sistema, che riposa in gran parte su norme non impugnate (articoli 3-5 t. u.), indubbiamente discutibile, ma non irrazionale sia in generale, sia in particolare, rispetto alla presunzione su cui l'iscrizione si fonda: in generale, poich la iscrizione provvisoria per il reddito dell'anno successivo evita di regola la formazione di ruoli suppletivi (resi necessari molto spesso dal sistema previgente); in particolare, poich, se si guarda al quod plerumque accidit, non arbitrario ritenere in via del tutto provvisoria che il reddito denunciato dal contribuente per un periodo d'imposta si produca, almeno nella stessa misura, anche nei due periodi successivi: permanendo la fonte produttiva, non sembra irragionevole prevedere la formazione d'un imponibile per lo meno uguale nell'anno o nei due anni seguenti. Perci non si pu negare che l'obbligazione tributaria sia ~ollegata a quello che il suo presupposto. La Corte non si nasconde che la rigida applicazione del sistema potrebbe portare talvolta a conseguenze ingiuste; ma anche in questi casi il pericolo sensibilmente ridotto innanzi tutto dalla possibilit di evitare l'iscrizione provvisoria se vi sia stata cessazione della fonte di reddito; in secondo luogo dal fatto che, nell'applicazione pratica, l'iscrizione viene contenuta in limiti ragionevoli se nel penultimo anno precedente alla formazione del reddito abbiano concorso componenti di carattere eccezionale o se, nell'anno dell'iscrizione, siano intervenuti mutamenti radicali nella situazione economica del debitore d'imposta: applicazione pratica che sembra trovare conforto nel sistema della legge. A ogni modo, se l'imponibile dovesse risultare inferiore a quello registrato provvisoriamente, il debitore d'imposta potr ottenere il rim borso in sede di conguaglio : e questo il motivo per cui solo in certi casi il diritto di ricorrere riconosciuto da quella norma (art. 188 lett. e t. u.), che, valendo anche per le iscrizioni provvisorie, lungi dal violare l'art. 113 della Costituzione, come pretendono invece alcune ordinanze di rinvio, applicabile del principio che lo ispira. In ultima istanza il contribuente paga l'imposta sul reddito accertato, cio in ragione della sua capacit contributiva. Perci l'art. 53 della Costituzione non riceve offesa dalla legge. 3. -Ma neanche l'art. 3 apparisce violato,: il fatto che per legge un reddito presunto sia tassato (provvisoriamente) come un reddito reale non d luogo a problemi di uguaglianza, per lo stesso motivo per cui non risulta leso l'art. 53 della Costituzione. Una delle parti ha sostenuto che con le iscrizioni provvisorie si registrano entrate ipotetiche e che ci renderebbe fittizio quell'equilibrio fra le entrate e l spese su cui deve poggiar il bilancio dello Stato (art. 81 RARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 505 della Costituzione); ma pu rispondersi che il bilancio, ovviamente, formato su previsioni, non su certezze, e che, come s' detto, previsioni ragionevoli sono quelle fondate sui redditi dell'anno o degli anni precedenti. Inoltre, poich legge anche la cosi detta legge delegata, gli artt. 70 e 71 della Costituzione, come l'art. 23 richiamato in corso di causa, sono stati male addotti. 4, -Infine pare alla Corte che il Governo si sia tenuto nei limiti della potest attribuitagli dalla legge di delegazione. Prima dell'emanazione del t. u., per gli enti tassabili in base al bilancio (redditi di cat. A, B) e, a discrezione degli uffici, per i percettori di reddiit di cat. C/2 vigeva il sistema della iscrizione provvisoria sulla base dell'imponibile dell'anno precedente (art. 12 legge 8 giugno 1936, n. 1231, e art. 1 r.d.1. 3 dicembre 1934, n. 1979); per gli altri contribuenti, invece, si provvedeva con iscrizioni definitive: l'imposta era dovuta per l'esercizio finanziario (1 luglio-30 giugno) e commisurata sui redditi dell'anno solare precedente (art. 18 legge 11 gennaio 1951, n. 25). Il Governo non ha ritenuto di mantenere i due tipi d'esazione, dato che gli. si chiedevano coordinamento e semplificazione (art. 63 legge 5 gennaio 1956, n. 1), ed ha esteso a tutti i soggetti il sistema vigente per gli enti tassabili in base al bilancio: facendo questa scelta invece di quella opposta ha esercitato un potere che la legge genericamente gli aveva conferito. In verit la norma impugnata contiene anche un'altra innovazione: per i soggetti non tassabili sul bilancio l'iscrizione provvisoria fatta sul reddito del penultimo anno precedente, mentre, in passato, si fondava, l dev'era in vigore, sull'imponibile dell'ultimo anno precedente; ma l'innovazione stata necessaria poich, essendosi portato ad anno solare il periodo d'imposta, normalmente gli uffici, allorch formano i ruoli, non sono ancora in possesso delle dichiarazioni dei redditi dell'anno precedente. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 3 luglio 1967, n. 78 -Pres. Ambrosini ~ Rel. Sandulli -Capponi (avv. Fornario) e Capelli (avv. Messina). Pensioni -Pensioni civili e militari -Disposizioni ostative del diritto a se~uito di condanna penale -Violazione della tutela del lavoro Ille~ittimit costituzionale. (Cost., art. 36; r. d. 21 febbraio 1895, n. 70, artt. 54 n. 4 e 6, 183 lett. b) e) d); d. l. 3 giugno 19.38, n. 1032, art. 1; c. p. m. p., art. 28). Anche a seguito dell'entrata in vigore della legge 8 giugno 1966, n. 424, che ha abrogato tutte le norme relative alla perdita della pen RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 506 sione in dipendenza di condanna penale o disciplinare, va dichiarata l'illegittimit costituzionale, per contrasto con l'art. 36 della Costituzione, delle medesime norme, applicabili per il periodo anteriore alla data del 6 luglio 1966, e pei casi in cui il diritto al trattamento di quiescenza tragga titolo da un rapporto di lavoro (1). (1) La questione era stata proposta. con cinque ordinanze della Porte dei Conti, Sez. IV giurisdizionale, 31 gennaio, 7 e 23 febbraio e 8 marzo 1966 (Gazzetta Ufficiale 10 settembre 1966, n. 226 e 2~ settembre 1966, n. 239). La sentenza non che l'ulteriore conseguenziale svolgimento della precedente sentenza della stessi;t Corte 13 gennaio 1966, n. 3, in questa Rassegna 1966, I, 12. In ordine al principio della rilevanza ed ammissibilit della questione anche relativamente a leggi abrogate, allorch queste possano ancora trovare applicazione, si richiama la precedente sentenza della Corte 30 gennaio 1962, n. 1 (Giur. cost., 1962, 2 e nota di ESPOSITO). CRTE COSTITUZIONALE, 3 luglio 1967, n. 79 -Pres. Ambrosini - Rel. SanduJ.li -Biferini (n. c.) e Pres. Consiglio Ministri (sost. avv. gen. Stato Agr). Costituzione della Repubblica -Principio della divisione dei poteri Competenza ~iurisdizionale dei Comandanti di porto -Ule~itti mit costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 104; c. d. nav., art. 1238). n principio della divisione dei poteri, sancito dall'art. 104 della Costituzione, non applicabile ai Comandanti di porto, i quali non fanno parte dell'ordine dei giudici ordinari, ma sono organi di giurisdizione speciale (1). (Omissis). -Nei termini in cui stata formulata e sottoposta a questa Corte la questione proposta dal Tribunale di Roma appare infondata. (1) Questione rimessa alla Corte con ordinanza 17 marzo 1966 del Tribunale di Roma (Gazzetta Ufficiale 21 magglo 1966, n. 124). Con la precedente sentenza 10 giugno 1960, n. 41 (Giur. cost., 1960, 660), ricordata in motivazione ,la Corte aveva gi dichiarato infondata la questione di legittimit costituzionale dell'art. 1238 cod. nav. sulla giurisdizione dei Comandanti di porto. In dottrina, sul problema delle giurisdi PARTE I, SEZ. 1, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 507 Il dubbio sollevato se l'art. 1238 del codice della navigazione, il quale conferisce al Comandante di porto attribuzioni giurisdizionali in materia penale, in occasione del cui esercizio tale organo potrebbe esser chiamato a conoscere della legittimit di provvedimenti normativi da esso stesso posti in essere in veste di autorit amministrativa, contrasti col principio della divisione dei poteri sancito dall'art. 104, primo comma, della Costituzione. L'art. 104 della Costituzione per fuori causa. A parte ogni considerazione circa il suo contenuto, esso riguarda soltanto la Magistratura, e cio l'Ordine dei giudici ordinari. E a tale Ordine i Comandanti di porto (la cui competenza giurisdizionale sopravvive ex VI disp. trans. Cost., come questa Corte ha affermato con la sentenza n. 41 del 1960) sono estranei anche quando operano in veste di giudici. Essi sono, in tale loro veste, .giudici speciali, non organi specializzati della giurisdizione ordinaria ai sensi dell'art. 102, secondo comma, della Costituzione. N con questo carattere contrasta il fatto che la loro competenza giurisdizionale si articola con quella dei tribunali ordinari, ai quali pu esser proposto appello avverso le loro sentenze. Il nostro ordinamento ha conosciuto e conosce anche altri complessi giurisdizionali costituiti, nei gradi inferiori, di organi di giurisdizione speciale e, nei gradi superiori, di giudici ordinari (sono noti gli esempi della materia del contenzioso elettorale e di quella degli usi civici). D'altro canto l'appello al principio della divisione dei poteri non pu valere se non con riferimento ai precetti della normativa costitu zionale. Infatti l'anzidetto principio risulta accolto, nel vigente ordina mento, non in astratto, bensi entro i limiti consacrati nelle norme della Costituzione. Comunque esso non pu considerarsi leso quando -come nel caso in esame -una legge non attribuisca a un organo compiti che una norma costituzionale abbia riservato ad organi diversi. Non essendo stata denunciata la violazione di altre norme costitu zionali, la questione deve essere perci dichiarata non fondata. (Omissis). zioni sp~ciali, cfr. SANDULLI, Sulla sopravvivenza delle giurisdizioni speciali, Giur. cost., 1956, 965. Sempre con riferimento alla competenza dei Comandanti di porto, sotto il profilo della precostituzione del giudice, e per la legittimit costituzionale dell'art. 1240 c. nav., cfr. la pi recente sentenza 28 gennaio 1965, n. 1, in questa Rassegna, 1965, I, 1. Per l'affermazione del principio che le guarentigie previste dalla Sezione I del titolo IV della Costituzione, sotto le quali inserito anche l'art. 104, riguardano solo la magistratura ordinaria, si fa rinvio alla sentenza 21 gennaio 1967, n. 1, in questa Rassegna 1967, I, 1. 508 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 3 luglio 1967, n. 80 -Pres. Ambfosini - Rel. Bonifacio -Titta (n. c.). Termini processuali -Orario ridotto negli uffici nelle solennit civili Mancata proroga dei ter:tnini -Illegittimit costituzionale -Esclu sione. (Cost. art. 24, 113; 1. 27 maggio 1949, n. 260, art. 3). Non fondata la questione di legittimit costituzionale dell'art. 3 della legge 27 maggio 1949, n. 260, che dispone la riduzione dell'orario di ufficio nelle giornate di solennit civili, senza una corrispondente proroga dei teTmini al giorno successivo, in quanto, nei termini fissati a giorni, a mesi o ad anni, quello che conta che l'interessato possa svolgere l'attivit sottoposta a teTmine anche nell'ultimo giorno utile (1). (Omissis). -L'art. 3, prima parte, della I. 27 maggio 1949, n. 260, viene impugnato dal Tribunale di Campobasso perch alla riduzione dell'orario dei pubblici uffici non si accompagna la proroga al giorno successivo dei termini processuali che abbiano a scadere in una giornata dichiarata solennit civile, a differenza di quanto avviene, in (1) La questione era stata proposta dal Tribunale di Campobasso con ordinanza 20 marzo 1966 (Gazzetta Ufficiale 16 luglio 1966, n. 175). Decisione di indubbia esattezza. D'altra parte, stata ritenuta manifestamente infondata la questione di legittimit costituzionale delle norme di rito che prescrivono i termini di impugnazione, allorch un giorno intermedio sia festivo (C'ass., Sez. I pen., 1 marzo 1966, rie. Orsini, Giust. pen., 1967, III, 255). La sentenza pubblicata nel Foro it., 1967, I, 1952, con nota di V. ANDRIOLI. Gli orari dei pubblici uffici e la Costituzione Un cittadino, al quale l'INAM aveva ingiunto di pagare una certa somma per contributi omessi, aveva predisposto una opposizione da notificare entro il 20 giorno. Senonch, il giorno di scadenza era 1'11 febbraio, solennit civile: e quando l'ufficiale giudiziario si rec nel pomeriggio del 20 giorno negli uffici dell'Ente, li trov chiusi, avendo l'INAM osservato l'orario ridotto alle ore antimeridiane (art. 3 1. 27 maggio 1949, n. 260). L'opposizione venne perci notificata nel giorno successivo, cio nel 21 giorno. Di qui l'eccezione di tardivit, sollevata dall'INAM: e il tentativo dell'opponente di superare l'eccezione contestando la legittimit costituzionale dell'art. 3 della citata legge, l dove aveva omesso di stabilire la proroga dei termini processuali scadenti nei giorni dichiarati " solennit civili . noto che la regola della proroga dei termini di diritto scadenti in giorno festivo non una regola generale del nostro ordinamento (A. Napoli, 30 giugno 1966, Foro it., 1966, I, 1860): tuttavia la proroga dei termini processuali scadenti in giorno festivo legislativamente stabilita dall'art. 155 c. p. c., s PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 509 forza dell'ultimo comma dell'art. 155 c. p. c. per i termini scadenti in giorno festivo. La questione non fondata. Nel promuoverla il giudice a quo parte dalla premessa che l'anticipata chiusura dei pubblici uffici produce una riduzione del termine assegnato dalla legge processuale per che la mancata estensione del princ1p10 ai giorni semi-festivi (o meglio, semi-feriali: Cass. pen., Sez. II, 8 giugno 1938, P. M. c. Badano, Giust. pen., 1939, IV, 22; Cass. pen. 20 marzo 1940, GANZELLI, Giust. pen., 1940, IV, 235) potrebbe apparire una lacuna legislativa. Tale apparve, comunque, al Tribunale di Campobasso, che ravvis non manifestamente infondata la questione della legittimit costituzionale dell'art. 3 1. n. 260 del 1949, e la rimise alla Corte Costituzionale. Il Tribunale rilev che effettivamente la legge del 1949, all'art. 3, trattando delle solennit civili , non disponeva nulla in ordine alle scadenze dei termini processuali (contrariamente a quanto previsto per i giorni festivi), ma intanto stabiliva l'orario ridotto, nella ricorrenza di tali solennit, per i pubblici uffici. Di talch, in tali occasioni, risulta ridotto il termine utile per il compimento di determinati atti, nei confronti degli Enti pubblci, che, quanto alla ricorrenza dell'll febbraio (anniversario del Concordato) avrebbero, ad esempio, potuto trovare adempimento fino alle ore 19, ove non si fosse invece disposta l'anticipata chiusura degli uffici alle ore 12. "Nel che -proseguiva il Tribunale di Campobasso -non pu non ravvisarsi una lesione della normale effettivit del diritto di difesa, ed altres una modica -ma sempre rilevante -restrizione al pratico esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale contro gli atti della pubblica Amministrazione. N vale obiettare che, a tutto concedere, si tratterebbe, per i privati, della perdita di poche ore sul normale decorso del termine processuale; oppure che, in pratica, molti uffici a orario unico chiudono la loro attivit, compresa quella di ricezione, quotidianamente alle ore 14. Cos come, ovviamente, appaiono di nessun rilievo le considerazioni inerenti ad una maggior diligenza da porre a carico della parte o dell'ufficiale giudiziario onde evitare che la notifica degli atti si riduca all'ultimo momento, in caso di scadenze verificabili in giorni di solennit civili. Si tratta, evidentemente, di considerazioni metagiuridiche che non possono inficiare la validit di principi dommatici, o scalfire e attenuare l'esatta portata delle norme scritte. Con la decisione annotata, la Corte Costituzionale ha fatto giustizia della questione, osservando che sul diritto alla difesa, come su quello alla tutela giurisdizionale garantito dall'art. 113 della Costituzione, in nessun modo incide l'orario dei pubblici uffici, che il soggetto privato ha l'onere di conoscere per una diligente cura dei suoi interessi . Gli orari dei pubblici uffici non ledono, dunque, i diritti costituzionali dei cittadini. Essi debbono essere osservati anche quando creino qualche disagio o qualche difficolt: conclusione che potrebbe apparire ovvia, ma che in non pochi casi richiese una pronuncia dell'autorit giudiziaria ordi naria, soprattutto in tema di notificazioni da effettuare alle Amministrazioni statali durante l'orario di ufficio (T. Palermo, 2 febbraio 1955, Giur. it., 1956, I, 2, 307; T. Firenze, 4 settembre 1956; id., 1957, I, 2, 45 entrambe con nota dello scrivente). Si pu aggiungere che quella giurisprudenza stata RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO il compimento di determinati atti. Ma cos non , perch nei Trmini fissati a giorni, a mesi o ad anni quel che conta che l'interessato possa svolgere l'attivit sottoposta a termine anche nell'ultimo giorno utile: e sul diritto di difesa, come su quello alla tutela giurisdizionale garantita dall'art. 113 della Costituzione, in nessun modo incide l'orario di recente confermata dalla Corte di appello di Genova, con specifico riferimento agli orari dell'Avvocatura. Dopo aver osservato che l'art. 140 c. p. c. non applicabile all'Avvocatura ( essendo da escludere, anche logicamente ed in linea di semplice buon senso, che all'Ufficio dell'Avvocatura dello Stato possa attagliarsi la qualifica di irreperibile, enunciata dall'art. 140 c. p. c. ,.) la Corte di Genova ha cosi proseguito: Vero soltanto che tale ufficio, nei giorni festivi e in parte di quelli semifestivi e in determinate ore degli altri giorni, chiuso appunto perch come altro ufficio pubblico, ha un proprio orario, del quale chiunque vi abbia interesse, ed in ispecie chi debba effettuare notificazioni, pu agevolmente informarsi. Ne consegue che, siccome gli atti giudiziali devono essere notificati, necessariamente ed esclusivamente, presso l'Ufficio dell'Avvocatura, la notificazione non pu che avvenire con l'osservanza dell'orario di detto ufficio (sent. 11 novembre- 19 dicembre 1966, n. 861, in causa Pedemonte c. Finanze, inedita). Queste osservazioni sembrano esatte. Il tempo pur sempre una delle dimensioni dell'attivit umana, nel senso che qualsiasi attivit trova nel tempo una sua misura e un suo limite. ben vero che, secondo l'insegnamento romanistico, un giorno comincia a mezzanotte e finisce alla mezzanotte seguente, si che tutto ci che si compie in questo spazio di tempo -e quindi anche nelle dimidiatis noctibus -si deve considerare quasi quavis hora lucis actum esset (PAOLO, fr. 8 Dig. II De feriis, 12). Tuttavia, lo stesso Paolo precisa, in altro passo delle fonti, che la maggior parte del giorno costituita dalle prime sette ore, non dalle ultime (perch, spiega POTHIER, " nella mattina gli uomini sono pi atti agli affari ,. ) : s che si pu, in un certo senso, ritenere coerente con questo presupposto l'orario unico attualmente vigente per la maggior parte degli uffici statali, limitato alle ore antimeridiane. Ad ogni modo, certo che l'orario di un ufficio pubblico, sebbene in taluni casi possa limitare nel tempo l'esercizio concreto di determinati diritti da parte .dei cittadini, non per questo lesivo dei diritti medesimi. A parte la considerazione che l'interesse ad un ordinato svolgimento del lavoro dei pubblici impiegati , di per s, un interesse semplice (cfr. SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, ed. 1964, p. 92), devesi ricordare che, secondo la dottrina pi recente (BASSI, La norma interna, p. 207 e sgg.) l'ordinamento organizzatorio statale strutturato in base a norme che sono oggetto di un riconoscimento diretto da parte dello Stato, ancorch non pieno. Questo riconoscimento abbraccia tutta l'organizzazione dello Stato in genere, indipendentemente da una previsione o da un riferimento specifico contenuti in una particolare norma di legge. Per ci che riguarda gli orari dei singoli uffici, esistono talvolta, in casi di particolare importanza, norme espresse che nrecisano la perentoriet di un orario (cfr. art. 87 legge del registro: L'ultimo giorno utile per la registrazione, la denunzia e il pagamento, si compie con l'ora stabilita per la chiusura dell'Ufficio del registro ,. ; art. 181 c. p.: Il termine per far dichiarazioni, depositare docu-.. 1- J PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 511 dei pubblici uffici, che il soggetto privato ha l'onere di conoscere per una diligente cura dei suoi interessi. Persino in relazione a norme la cui legittimit veniva contestata in considerazione della brevit di termini perentori la Corte (cfr. da ult. sent. n. 58 del 1967) ha costan menti o compiere altri atti in un ufficio giudiziario si considera scaduto nel momento in cui, secondo i regolamenti, l'Ufficio viene chiuso al pubblico "). Tuttavia, anche per questi servizi di particolare rilievo la fonte normativa -cio, la disposizione che precisa la durata concreta dell'orario - generalmente una norma interna (cfr. art. 1 Disp. regolamentari per l'esecuzione del c.p.p., che fa riferimento all'orario stabilito dai capi degli uffici giudiziari >; analogamente dispongono gli artt. 113 e 128 Disp. Att. al c.p.c.). Questa disciplina interna , d'altronde, prestabilita tenendo conto, da un lato, delle particolari esigenze del singolo servizio, e, dall'altro, della durata del servizio giornaliero degli impiegati addetti, durata che nominalmente di sette ore per gli impiegati statali (art. 106 r. d. 30 dicembre 1923, n. 2960, richiamato dall'art. 385 del vigente statuto degli impiegati dello Stato). Se, come si sopra osservato, la norma interna espressione di un potere organizzativo proprio di ogni istituzione, potere che si configura come un potere di supremazia quando esercitato da un ufficio statale, evidente che non esiste un diritto del ittadino a veder applicata una norma diversa da quella interna, emessa nel corretto esercizio di quel potere. Per meglio dire, esiste un interesse del cittadino anche in ordine alla c. d. norma interna: ma questo interesse in senso positivo, e non negativo, in quanto il privato pu impugnare per eccesso di potere un atto che violi una circolare, o si discosti ingiustamente da una prassi consolidata (c. d. e figura sintomatica> di eccesso di potere: cfr. SANDULLI, op. cit., p. 387): ma non un atto che si uniformi alla circolare o alla prassi, salvo altri motivi di illegittimit: fermo sempre restando il principio che la prassi non potrebbe mai far sorgere un diritto vero e proprio in favore del cittadino (Cass. 21 marzo 1963, n. 682, Giust. civ., 1964, I, 450). Queste osservazioni sembrano valide anche dopo la riserva introdotta dall'art. 97 della Costituzione ( I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialit dell'amministrazione "). Come stato giustamente osservato, l'art. 97 non introduce una vera e propria riserva di legge, in quanto l'esigenza ivi imposta non mira a garantire la libert o il patrimonio dei cittadini, ma piuttosto una corretta distribuzione di competenze (PREVIATI, Pianificazione e Costituzione, p. 283). Il Consiglio di Stato ha, del resto, pi volte precisato che l'art. 971 (cos come gli artt. 953, 813-4 della Costituzione) ha voluto soltanto salvaguardare a favore del legislatore le linee e le direttive fondamentali dell'organizzazione dei pubblici uffici, e la emanazione delle norme che comportino nuove o maggiori spese, lasciando al Potere esecutivo la competenza a dettare le norme integrative necessarie per la concreta disciplina, semprech, beninteso, non abbia ritenuto di dettarle il legislatore. (Il Consiglio di Stato nei settenni.o 1951-57, vol. I-A, p. 37; cfr., per una pi rigorosa concezione della riserva dell'art. 97, OTTAVIANO, Poteri deH'Amministrazione e principi costituzionali, in Riv. trim. .dir. pubb., 1964, p. 926). A. CHICCO 512 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO temente affermato che lesione del diritto costituzionalmente garantito si ha solo quando la irrazionale brevit del termine renda meramente apparente la possibilit del suo esercizio, e tale principio, certo a maggior ragione, conferma l'infondatezza della presente questione di legittimit costituzionale. CORTE COSTITUZIONALE, 3 luglio 1967, n. 81 -Pres. Ambrosini Rei. Oggioni -Lazzari (n. c.). Procedimento civile -Istanza per sequestro conservatiyo -Imposizione di una cauzione al sequestrante -Violazione dei principi di egua glianza e di difesa -Esclusione. (Cost., art. 3, 24; c. p. c., art. 674). La cauzione prevista dall'art. 674 codice procedura civile a carico della parte che richiede un sequestro conservativo ha lo scopo di salvaguardare, in pendenza del giudizio di m.erito, la parte assoggettata alla immobilizzazione delle cose sequestrate da eventuali dannose esorbitanze del sequestrante, che soltanto l'esito del giudizio potrebbe mettere in luce; e pertanto la norma che la prevede non contrasta con gli artt. 3 e 24 della Costituzione (1). (1) La questione era stata proposta con ordinanza 15 aprile 1966 del Tribunale di Ancona (Gazzetta Ufficiale 23 luglio 1966, n. 182). In conformit alla sentenza in rassegna, veggansi le precedenti decisioni della Corte, citate nel capitolo: Gli oneri patrimoniali nel processo, ne I giudizi di costituzionalit, 1961-65, 182. CORTE COSTITUZIONALE, 3 luglio 1967, n. 82 -Pres. Ambrosini - Rel. Petrocelli. Corte Costituzionale -Questione di legittimit costituzionale in via incidentale -Difetto di rilevanza assolutamente evidente -Inam missibilit della questione. (Cost., art. 134; I. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23; c. p., art. 574). inammissibile la questione di legittimit costituzionale dell'articolo 574, primo comma, codice penale, sotto il profilo della diseguaglianza della moglie rispetto al marito, allorch nel giudizio a quo PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 513 il soggetto passivo del reato risulti il marito, e l'ordinanza faccia ri:frimento ad una ipotetica soggettivit passiva dell'altro coniuge (1). (1) Questione proposta con ordinanza 11 maggio 1966 del Pretore di Cavalese e decisa con procedimento in Camera di Consiglio in mancanza di parti costituite. Nuovo esempio di manifesta mancanza di rilevanza della questione, esaminata direttamente dalla Corte Costituzionale ai fini della ammissibilit della questione stessa. Cfr. da ultimo, in conformit, la sentenza 14 maggio 1966, n. 43, in questa Rassegna 1966, I, 517. CORTE COSTITUZIONALE, 3 luglio 1967, n. 83 -Pres. Ambrosini - Rel. Branca -Di Maggio (n. c.). Corte costituzionale -Giudizio di legittimit costituzionale in via inci dentale -Regolamenti -Esclusione. (Cost., art. 134; 1. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23; r. d. 12 febbraio 1911, n. 297, art. 160). inammissibile la questione di legittimit costituzionale in via incidentale di una norma regolamentare (nella specie l'art. 160 regol. della legge comunale e provinciale), la quale sprovvista di forza di legge (1). (1) Questione introdotta dalla G.P.A. di Taranto con ordinanza 23 maggio 1966 (Gazzetta Ufficiale 10 settembre 1966, n. 226), e decisa con procedimento in Camera di Consiglio in mancanza di parti costituite. Giurisprudenza della Corte assolutamente costante: per il medesimo regolamento, si ricorda la sentenza 22 settembre 1962, n. 92 (Giur. it., 1963, I, 1, 323 e nota di P1zz0Russo); e, da ultimo, la sentenza 10 giugno 1966, n. 66, in questa Rassegna 1966, I, 764 e nota di richiami. CORTE COSTITUZIONALE, 8 luglio 1967, n. 91 -Pres. Ambrosini - Rel. Jaeger -Presidente Regione Siciliana (avv. Sorrentino) c. Presidente Consiglio Ministri (sost. avv. gen. Stato Guglielmi). Sicilia -Conflitto di attribuzione -Competenza per le istruzioni relative all'applicazione delle norme sull'Enel -Spetta allo Stato. (St. reg. sic., art. 14, lett. g, 20). Spetta allo Stato, e precisamente al Ministero dei LL. PP., la competenza a dettare le istruzioni opportune per l'applicazione delle norme integrative e di coordinamento relative all'istituzione dell'Enel, fatte l>l4 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO salve le attribuzioni alla Regione Siciliana nei limiti della sua ompetenza (1). (1) La Regione aveva impugnato la circolare del Ministero dei LL. PP., Direzione Generale delle Acque e degli Impianti Elettrici, in data 25 giugno 1965, la quale, peraltro, espressamente faceva salve le attribuzioni delle Regioni a Statuto speciale nei limiti della loro competenza. Di ci la Corte ha dato atto, dichiarando non fondato il ricorso deUa Regione nei sensi e nei limiti di cui in motivazione >. Per un precedente conflitto con la Regione Siciliana sempre in materia di Enet, veggasi la sentenza della Corte 2 luglio 1966, n. 79, in questa Rassegna, 1966, I, 772. CORTE COSTITUZIONALE, 8 luglio 1967, n. 92 -Pres. Ambrosini - Rel. Petrocelli -Cocozza (avv. Tesauro) c. Presidente Consiglio Ministri (sost. avv. gen. Stato Chiarotti). Procedimento penale -Reati commessi in udienza -Esclusione dei termini a difesa -Illegittimit costituzionale -Insussistenza. (Cost., art. 24; c. p. p., art. 435). Procedimento penale -Giudizio direttissimo -Potere discrezionale del Giudice di concedere il termine per la difesa -Illegittimit costituzionale -Insussistenza. (Cost., art. 3, 24; c. p. p., art. 503, terzo comma). Non comporta violazione del diritto costituzionale di difesa l'art. 435 codice procedura penale che esclude la concessione dei termini a difesa per i reati commessi in udienza, poich si tratta di una forma speciale di giudizio il cui precipuo carattere quello di attuarsi immediatamente dopo la commissione del reato, affinch, dati i particolari suoi aspetti nell'ambiente e nelle circostanze in cui si verifica. si abbia senza indugio l'applicazione della sanzione e la riaffermazione del diritto (1). Non fondata, sia con riferimento al principio costituzionale di eguaglianza che a quello di difesa, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 503, terzo comma, codice procedura penale, poich il potere discrezionale di concedere o meno il termine a difesa attribuito al. giudice affinch, con l'esame obiettivo e imparziale che nena natura del suo ufficio, egli possa cogliere e regolare le esigenze proprie del caso concreto (2). (1-2) La questione era stata proposta con varie ordinanze di remissione: Tribunale Belluno, 10 settembre 1965 e Pretore Bari, 16 marzo 1966 (Gazzetta Ufficiale 21 maggio 1966, n. 124); Pretore Milano 23 luglio 1966, n. 182 PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 515 (Omissis). -2. -Le due questioni non sono fondate. L'art. 435 del codice di procedura penale prevede una forma specialissima di giudizio, il cui precipuo carattere queUo di attuarsi immediatamente dopo la commissione del reato, affinch, dati i particolari suoi effetti nell'ambiente e nelle circostanze in cui si verifica, si abbia senza indugio l'applicazione della sanzione e la riaffermazione del diritto. Tale forma di giudizio verrebbe meno in quella che la sua propria natura ed efficacia se dovesse sospendersi a seguito di concessione di un termine per la difesa. Il diritto di difesa trova d'altra parte anche nel giudizio immediato la sua piena soddisfazione, giacch, essendo il reato commesso in pubblica udienza, la immediatezza degli elementi probatori rende possibile alla difesa di assolvere il suo compito, cos come rende possibile al giudice di assolvere il suo. Anche relativamente alla questione in esame la Corte deve richiamare ci che ha statuito in altre sentenze, vale a dire che le esigenze del processo penale, ai fini della migliore possibile applicazione della legge, si risolvono in taluni casi con forme speciali di procedimento, alle quali, come si adatta, senza che ne siano sostanzialmente lese le esigenze, la funzione della giustizia nel suo insieme, cos pu e deve adattarsi anche il diritto alla difesa, senza alcuna sua effettiva menomazione o sacrificio, e senza che ne risulti leso il principio costituzionale dell'art. 24. 3. -Nemmeno fondata la questione di legittimit costituzionale dell'art. 503, terzo comma, del codice di procedura penale. Il potere (Gazzetta Ufficiale 23 luglio 1966, n. 182); Tribunale Bari, 1, 8, 15 giugno 1966 (Gazzetta Ufficiale, rispettivamente, 28 maggio, 10 settembre e 12 no vembre 1966, n. 131, 226, 284). Per ci che concerne il giudizio dei reati commessi in udienza, la Cas sazione aveva escluso la possibilit della concessione dei termini a difesa, in considerazione della funzione e dell'efficacia della repressione seguita immediatamente all'offesa (Sez. II pen. 16 marzo 1957, rie. Biasco, Giust. pen., 1957, III, 328). Il che, nei Paesi del diritto anglosassone, corrisponde all'ipotesi del contempt of Court immediatamente giudicata e punita dallo stesso Giudice procedente; eccezione ammessa solo quando l'impu tato chieda di essere giudicato da una giuria (FERGusoN, The american system of Government, London, 1963, 387, nota 17). La Corte Costituzionale ha condiviso in pieno questa impostazione dei termini della questione prospettata dall'Avvocatura. In ordine alla questione della discrezionalit del Giudice nella conces sione del termine a difesa nel giudizio direttissimo, la Corte implicitamente ammette, nell'ipotesi di un non corretto esercizio del potere discrezionale da parte del Giudice, il ricorso ai normali rimedi giurisdizionali da parte dell'imputato. Sul procedimento nel giudizio direttissimo, cfr. in dottrina SABATINI, Trattato dei procedimenti speciali e complementari, Torino 1956, 158 sgg.; BELLAVISTA, Il procedimento direttissimo, in Studi Manzini, Padova 1954. 516 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO discrezionale che, nel giudizio direttissimo, la legge attribuisce a(gfodice di concedere o non concedere il termine per la difesa non pu essere considerato come fonte di arbitrio. La norma che prevede un siffatto potere indirizzata al giudice in quanto rivolto all'assolvimento fedele e non arbitrario del suo compito; e il potere discrezionale gli attribuito affinch, con l'esame obbiettivo e imparziale che nella natura del suo ufficio, egli possa cogliere e regolare )e esigenze proprie del caso concreto, stabilendo, volta per volta, se sia necessaria oppur no la concessione del termine. Se poi nella pratica, in questo o quel procedimento, si faccia da taluno uso non conveniente, o addirittura arbitrario, del potere, ci riguarda, con tutte le conseguenze, il caso singolo, non la legge nella generalit e normalit delle sue previsioni. D'altra parte bisogna rilevare che il giudizio direttissimo disposto, di regola, per i casi nei quali la semplicit dei fatti e l'immediatezza degli elementi della prova sono tali da rendere pi che sufficiente per la difesa la conoscenza che ne risulta dallo stesso svolgersi del dibattimento. Le precedenti considerazioni valgono anche ad escludere che la norma impugnata possa ritenersi illegittima in riferimento aU'art. 3 della Costituzione. Ritenuta non lesa la posizione dell'imputato dalla esistenza del potere discrezionale del giudice circa la concessione del termine a difesa, evidente che non pu qualificarsi lesiva del principio di uguaglianza la diversit di posizione che naturalmente ne risulta a seconda che il giudice si avvalga di quel potere in un senso o nell'altro, per accogliere o respingere la relativa istanza. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 8 luglio 1967, n. 93 -Pres. Ambrosini - Rel. Fragali -Garganego (n. c.). Procedimento penale -Citazione di testimoni a discarico -Anticipo delle spese da parte dell'imputato -Illegittimit costituzionale Esclusione. (Cost., art. 3, 24; c. p. p. art. 419; disp. att. 28 maggio 1931, n. 602, art. 28). Non fondata la questione di legittimit costituzionale, con riferimento al principio di eguaglianza e di difesa, dell'art. 419 codice procedura penle e dell'art. 28 disposizioni di attuazione che impongono all'imputato non ammesso al gratuito patrocinio di anticipare le spese per le citazioni e le indennit ai testimoni da lui richiesti (1). (1) Questione proposta con ordinanza 24 gennaio 1966 del Pretore di Venezia (Gazzetta Ufficiate 30 aprile 1966, n. 105) e decisa con procedimento in Camera di Consiglio non essendovi stata costituzione di parti. Gi con la sentenza 2 aprile 1964 n. 30, in questa Rassegna, 1964, I, 442, la Oorte aveva stabilito, a proposito delle spese giudiziarie, che nessuna norma costituzionale garantisce la gratuit della prestazione giudiziaria. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, 8 luglio 1967, n. 94 -Pres. Ambrosini . Rei. Sandulli -Germani (n. c.) c. Ministero Finanze e Presidente Consiglio Ministri (sost. avv. gen. Stato Coronas). Imposta di re~istro -Tassa di titolo sulle sentenze -Ille~ittim.it costituzionale -Esclusione. (Cost., artt. 3, 24, 113; r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 72). l'\fon fondata la questione di legittimit costituzionale dell'art. 72 della vigente legge di registro, con riferi~ento ai principi di uguaglianza e di difesa in giudizio, in quanto tale disposizione si limita a regolare l'i'mpQrto dell'imposta di nigistro dovuta in occasione 4eU'emanazione <'* c~rte' cq.t~gorie e in grado 'qiincidere in modo accentuatamente sfavorevole sul diritto di agire e di difendersi in giudizio dei meno abbienti. Perci appunto ssa. vulnererebbe i p_re-" cetti degli al'tt. 3, ,24 e 113 della Costituzione, e segnatamente dell'art. 24. L'ordinanza argomenta in: proposito dall'itnpossibilit, risultante dall'art. 117 della legge del registro, che chi sia interessato a impugnare una sentenza ne ottenga la copia da produrre nel giudizio di impugna (1) La questione era stata proposta con ordinanza 21 gennaio 1966 d'ella Corte di Appello di Milano (Gazzetta Ufficiale 30 aprile 11166, n. 105). Essa era gi stata decisa negli stessi termini con la precedente sentenza della Corte 8 giugno 1963 n. 82 (Giur. cost., 1963, 695). Successivamente, intervenuta la sentenza 2 luglio 1966, n. 80 (in questa Ra~segna, 1966, I, 775) la quale ha eliminato ogni ostacolo procedurale per il rilascio della c<;>pia della sentenza non ancora registrata. Per la precettivit della tassa di titolo anche se l'atto giudiziale non inoppugnabile cfr. da ultimo, Cass. 17 marzo 1967 n. 599 (Riv. leg. jsc., 1967, 1563 e nota di richiami). 4 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DE.LLO STATO 518 zione quando non sia stata pagata l'imposta di registro (e quindi la tassa di titolo) prescritta per quella sentenza, e dalla conseguente improcedibilit, statuita dal codice di procedura civile (artt. 347, secondo comma, e 348, secondo comma; ma v. pure l'art. 369), del giudizio di impugnazione proposto nonostante la mancata registrazione. Improcedibilit risolventesi a sua volta nell'assoluta non raggiungibilit, da parte di chi non sia in grado di pagare il tributo, del risultato della caducazione proprio di quella sentenza dalla quale, in ipotesi, avrebbe potuto derivare la sua indebita tassazione. Di qui l'accostamento alla fattispecie dell'art. 6 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E (regola del solve et repete), dichiarato illegittimo con la sentenza n. 21 del 1961 di questa Corte. Con la sentenza n. 82 del 1963 questa Corte ebbe per ad a:fferma~e che una denuncia come quella ora riferita era malamente proposta nei confronti dell'art. 72. Questo, infatti, non diversamente dagli articoli che immediatamente lo precedono (artt. 68-71), si limita a regolare l'importo dell'imposta di registro dovuta in occasione dell'emanazione di certe categorie di sentenze; e nei confronti di tale argomento nessuna denuncia viene sollevata. Nulla statuisce per l'articolo in ordine alle conseguenze del mancato assolvimento dell'obbligazione tributaria, e in particolare in ordine al divieto di rilascio di copie delle sentenze non registrate e all'improcedibilit dei giudizi d'impugnazione nel caso di mancato deposito della sentenza impugnata. Le statuizioni in questi ultimi sensi sono contenute invece in altre disposizioni (sopra ricordate) della legge del registro del codice di procedura civile, non denunciate n nel giudizio concluso con la sentenza n. 82 del 1963, n ora. Per di pi la sentenza di questa Corte n. 80 del 1966, intervenuta successivamente all'ordinanza che ha dato origine al presente giudizio, ha fatto venir meno quella parte della disposizione dell'art. 117 della legge del registro che vietava ai funzionari delle cancellerie giudiziarie di rilasciare, prima che fosse avvenuta la registrazione delle sentenze, copie o estratti di esse, il cui deposito in giudizio fosse condizione essen ziale per la procedibilit dell'impugnativa. Con la conseguenza che ormai gli effetti sfavorevoli denunciati dall'ordinanza di rimessione non sono, comunque, pi realizzabili. La questione proposta deve essere perci dichiarata non fondata. (Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 8 luglio 1967, n. 95 -Pres. Ambrosini - Rel. Petrocelli -Liti ed altri (n. c.) e Presidente Consiglio Ministri (Sost. avv. gen. Stato Peronaci). Reato -Reati e pene -Oblazione per la violazione della le~ge sulla caccia e dei re~olamenti comunali -Illegittimit costitu J PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 519 zionale dei poteri attribuiti al Prefetto ed al Sindaco -Esclu sione. (Cost., art. 3, 25, 102; t. u. 5 giugno 1939, n. 1016, art. 77; t. u. 3 marzo 1934, n. 383, art. 108). La facolt concessa al P1efetto ed al Sindaco, rispettivamente dall'art. 77 del t. u. sulla caccia e dall'art. 108 del t. u. della legge comunale e provinciale, di ammettere o negare la conciliazione amministrativa e di fissare i limiti minimi e massimi della somma da pagare, relativamente alle contravvenzioni in materia di caccia e di regolamenti locali, non contrasta n col principie di eguaglianza, n con quello di esclusivit della funzione giurisdizionale, n con quello del giudice naturale precostituito per legge (1). (Omissis). -1. -La predetta questione non fondata. La ,disposizione del terzo comma dell'art. 77 del t. u. della legge sulla caccia, approvato con r. d. 5 giugno 1939, n. 1016, oggetto dell'ordinanza del Pretore di Narni, e quella del primo comma dell'art. 108 del t. u. d,ella legge comunale e provinciale, approvato con r. d. del 3 marzo 1934, n. 383, oggetto delle ordinanze del Pretore di Orvieto, con l'attribuire rispettivamente al Prefetto e al Sindaco il potere di cui innanzi, non ledono in alcun modo il principio di eguaglianza. Si assume che l'esercizio di un tal potere pu dar luogo a disparit di trattamento fra un cittadino e l'altro per fatti contravvenzionali di pari gravit, e che si pu avere il caso di chi debba versare somma irrisoria mentre altri sia costretto a pagare somma pari al massimo delal pena edittale '. La Corte deve a questo proposito riportarsi a quanto, su identico oggetto, fu rilevato con la sentenza n. 25 del 1967. Per l'applicazione delle varie norme l'ordinamento non pu, di regola, procedere in base a quella predeterminazione fissa, o in via generale, che sembra auspicata nelle ordinanze di rimessione. Le norme impugnate, con l'attribuire al Prefetto e al Sindaco il potere di determinare volta per volta la somma da versare a titolo di oblazione, non fanno che soddisfare alla inderogabile esigenze dell'ordinamento di adeguare la norma generale alle particolarit di ciascun caso concreto. Il che indispensabile proprio per (1) Questione proposta con varie ordinanze di giudici di merito: Pretore Narni 18 gennaio 1966 (Gazzetta Ufficiale 28 marzo 1966, n. 76); Pretore di Orvieto 5 febbraio 1966 (Gazzetta Ufficiale 30 aprile 1966, n. 105). Essa era stata gi decisa, nei medesimi termini, con la recente sentenza 9 marzo 1967, n. 25 (in questa Rassegna 1967, I, 210 e nota di richiami). 520 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO realizzare nei suoi veri termini il principio di eguaglianza, che, nei casi in questione, si risolve in un principio di giusta proporzione. Tale funzione di adattamento della norma generale al caso concreto trova la sua peculiare espressione nel potere del giudice di fissare la pena fra il minimo e il massimo edittale, ma si .svolge largamente anche nel campo amministrativo, ogni volta che l'applicazione di una norma renda necessaria, a ciascun organo, una adeguata valutazione del caso concreto. Indubbiamente non si pu escludere che il potere discrezionale si esplichi talvolta in modo erroneo o addirittura ingiusto. Questa per una eventualit del momento applicativo, per la quale valgono i rimedi stabiliti dalla legge, non un motivo di illegittimit della norma che in via generale attribuisce il potere. 2. -Nemmeno fondata la questione, sollevata con l'ordinanza del Pretore di Narni, sulla legittimit del comma quarto dell'art. 77 del t. u. 5 giugno 1939, n. 1016, secondo il quale -il Prefetto pu respingere la domanda di oblazione nei casi di speciale gravit. Si assume che questa norma potrebbe costituire violazione della Costituzione nelle norme : a) dell'art. 102, in quanto la facolt concessa al Prefetto, con l'attribuire un esame del fatto, verrebbe a stabilire sostanzialmente un esercizio di funzione giurisdizionale da parte di un organo del potere esecutivo; b) dell'art. 25, in quanto l'esame dei fatti demandato al Prefetto potrebbe rappresentare distoglimento dell'imputato dal suo giudice na turale; e) dell'art. 3, potendo 1a facolt concessa al Prefetto portare a disuguaglianza dei cittadini davanti alla legge. Nessuna delle asserite violazioni ha fondamento. Non la violazione dell'art. 102, perch non pu dirsi esercizio di funzione giurisdizionale it' potere di valutazione, che, come nel caso della istanza di oblazione, viene attribuito all'autorit amministrativa, potere che, pur importando una valutazione del singolo caso, rimane di natura amministrativa, e si svolge prima e al di fuori del processo giurisdizionale. Del pari qui a torto invocato anche l'art. 25 della Costituzione perch, ove si disponga il non accoglimento della istanza, lungi dall'es serne distolto, l'esame del caso viene portato davanti al giudice naturale, proprio per l'attuazione di una pi adeguata tutela. Nemmeno infine si ha violazione dell'art. 3, per le stesse ragio:p.i per le quali si ritenuto non fondata la questione relativa al potere di fissare la somma da pagare fra il minimo e il massimo della pena stabi lita da:lla legge. -(Omissis). PltTE I, UZ. I, GIURlS COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 521 CORTE COSTITUZIONALE, 8 luglio 1967, n. 96 -Pres. Ambrosini - ReJ. Chiarelli -Saccenti (n. c.) e Ministero Marina Mercantile (sost. avv. gen. Stato Coronas). Demanio marittimo -Ingiunzione per recupero spese anticipate dalla *mmhJ,istruione -Opposizione relativa alla sola esistenza del cr~di:tq .. Illert.!ttlmit CO!!Jtltuzionale -Esclusione. (Coirt;., a.i:t. 24, ;113; c.na,y., art. 84, terzo comma). Dttlt 'tttiitttmo -lrigiunziori per recupero spese anticipate da,lla Amministrazione -Opposizione previo pagamento della somma in c<>Jttes-ione -Illel&ittimit costituzionale. ecHl't.i'~;>~4:;1 ''. nv., i;uit. Sf, t4'rzo omma, .730). '''l'1~'O"n'strasi con il' p.irinciPio costituzionale della difesa in giudizio co~tro ,zi,atti ~eita:P';A.tl'~. '81'iterzo comma; codice deltctntt1'iga:zione, i:J qctl1 ammette l''OpPO$izi'one 'a11;7vetso l'ingiunzione delta Aitorit& mari-& t~ p:er .ifrftpeiro de:ile spese anticipate daU'Amministrazione peir mottvt fntll~+ttii(ti'l~e~~t~. '.~eli Cftedito o al suo amrn''ittte , peftfh~ l!opf.losi:rione copre tutte le ipotesi di esercizio del potere ingiuntivo e pu essere p-roposta anche, secondo i comuni principi di diritto, pe1 m~tiittiti1i~t) atlaJorma d'tiyn atti o al procedimento (l). . Sflo ostituooamen'te illgittime, per violazione del pirincipio qi difesa, le disposizioni delVwrt. ,84, terzo comma. e dell'arl. 730 codice ~gal!fione nena prrteUt .cui~ prevedendo l'opposizione at:i'Ve11S'O Vingiunzione emessa. rispettivamente, dall'autorit marittima o aeronautica, st~bh(sono il principio del l?~lve et repete della somma in contesta~ ioin<:? <~). . (1-2) La. questione. era ~tat proposta con ordinanza 14 febbraio 1966 del:J?:retore di Clvi~aY!ecchia (Gazzetta Ujjciale 30 aprile 1966, n. 105). . Sqi,p,ot~rt dellai:tto:ri:t marittima per il recupero delle spese anticipate daU'Er~~o cfr, L#EBVRE -PESCATORE, Manuale diritto navigazione, Milano l~4, fQ2: Per i problemi inerenti alla dichiarazione di illegittimit costituzionale del sQ.lve et repete, si invia a: I giudizi di costituzionalit, 1961-1965, 176, 18~. CORTE COSTITUZIONALE, 8 luglio 1967, n. 97 -Pres. Papaldo - Rel. Oggioni -Ioncoli (avv. Merlino) e Ministero Difesa-Esercito e Presidente Consiglio Ministri (sost. avv. gen. Stato Guglielmi). Procedimento civile -Notificazione di atti giudiziali alle Amministrazioni dello Stato -Notifica presso il competente ufficio dell'Avvo 522 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO catura dello Stato a pena di nullit -Insanabilit della nullit Violazione del principio di uguaglianza -Illegittimit costitu zionale. (Cost., art. 3; t. u. 30 ottobre 193.3, n. 1611, art. 11, terzo comma). costituzional.mente illegittimo, per violazione del principio di uguaglianza, il terzo comma dell'art. 11 t. u. 30 ottobre 1933, n. 1611 sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato, nei limiti in cui esclude la sanatoria della nullit di notificazione con la costituzione del1.' Amministrazione (1). (Omissis). ~ Va premesso che la legittimit costituzionale dell'art. 11 del r. d. n. 1611 del 1933 gi stata esaminata e decisa da questa Corte per quanto riguarda il primo comma (sentenza n. 118 del 1964). La eccepibilit in ogni stato e grado de\I. giudizi~ e la rilevabilit di ufficio delle norme che stabiliscono la speciale competenza territoriale nelle cause in cui sia parte un'Amministrazione dello Stato, sono state ritenute non ,costituire violazione del principio di uguaglianza di cui (1) Questione proposta con ordinanza 24 ottobre 1965 della Corte Suprema di Cassazione, Sez. III civile (Gazzetta Ufficiale 25 giugno 1966, n. 156). La precedente sentenza della Corte, 22 dicembre 1964, n. 118, sul foro dello Stato, ricordata in motivazione, pubblicata in questa Rassegna, 1964, I, 1017. La questione della natura delle funzioni dell'Avvocatura dello Stato stata, recentemente, riesaminata in uno studio monografico (FOLIGNO, Lo Stato in giudizio, saggio di una teoria generale) di cui opportuno riferire taluni passi relativi alla collocazione dogmatica della partecipazione dello Stato al giudizio fra le funzioni pubbliche. "a) La partecipazione dello Stato al giudizio, in quanto fatto even tuale della fattispecie di attivit amministrativa o di altra di cui si con tenda (e non mero effetto, -per l'incidenza del fatto processuale -a :formazione successiva, del " rapporto giuridico fondamentale " della fatti .specie), si configura come derivata incidentale di detta attivit, e pertanto, .come esercizio di pubblica funzione. b) L'organizzazione statale riflette, puntualmente, tale principio con intensit differenziata per la partecipazione dello Stato e per quella di enti pubblici. e) A questo punto si pu rilevare che il principio impartisce particolari caratteri alla costituzione del rapporto procedurale. In.vero si pu rilevare che non va confusa la funzione, la quale attinente alla "situazione " processuale, con la corrispondente attivit. La " funzione " opera, nel campo di una disciplina normativa -discriminatoria, rispetto alla disciplina comune (fenomeno, del resto, comune ad ipotesi di partecipazione di altri soggetti) --nella costituzione del rapporto giuridico processuale, nonch in ordine alla natura e alle guarentigie della partecipazione dello Stato al giudizio; l"' attivit" processuale.. J PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 523 all'art. 3 della Costituzione. Ci perch la regola del foro dello Stato risponde ad una situazione differenziata e trova adeguata giustificazione nell'esigenza di concent:\'are .gli uffici dell'Avvocatura presso un numero ristretto di sedi giudiziarie, al fine di un minor costo e di una migliore organizzazione e specializzazione di un pubblico ufficio, nell'interesse dell'intera collettivit e secondo il dettato dell'art. 97 della Costituzione. L'attuale ordinanza di rinvio pone alla Corte altro e diverso quesito, riguardante la legittimit costituzionale del terzo comma del citato art. 11 che, per le notificazioni di atti giudiziari alle Pubbliche Amministrazioni, commina incondizionatamente la nulil.it, da pronunciarsi anche di ufficio, qualora non avvengano presso la competente Avvocatura di Stato; ci senza possibilit di quella sanatoria, riconosciuta, nei giudizi in cui non sia parte I'Amministrazione dello Stato, in relazione al raggiungimento dello scopo cui l'atto destinato e, per quanto riguarda la citazione, come effetto della costit'lJ.zione del convenuto (articoli 156 e 164 c.p.c.). opera nello svolgimento del processo, in quanto non interessi detta disciplina particolare, in modo uguale per tutti i soggetti. _ "La disuguaglianza di natura della partecipazione al giudizio, non implica, dunque, disuguaglianza di posizione nello svolgimento del processo davanti al giudice. d) Tali principi non contrastano con la Costituzione, anzi la realiz zano, nel senso che con la partecipazione dello Stato al giudizio, lo Stato concorre allo svolgimento della diversa funzione giurisdizionale, attra verso la dialettica dei poteri e -quindi -delle funzioni, (che rappresenta uno aspetto del principio della separazione dei poteri, non approfondito in dottrina, ma., realmente, presente nel nostro ordinamento giuridico), la quale si realizza, proprio, con l'accettazione del procedimento, tipico della funzione partecipata. " La letteratura giuridica ha proposto diverse spiegazioni, sul presup posto della partecipazione dello Stato al giudizio in qualit di parte tout court, senza porre l'accento sulla reale struttura di siffatta partecipazione, che, da un lato, non dismette la funzione, dall'altro assume la situazione processuale propria del procedimento. Sicch ne deriva una specialit sotto il primo profilo, e la comunanza di disciplina, sotto il secondo, da cui deriva, ancora l'agevole interpretazione delle norme pi sintomatiche . Fra queste, fondamentali, sotto il primo profilo, sono le norme che attengono all'organizzazione del servizio di difesa dello Stato in giudizio caratterizzate da una normativa speciale che si incentra: e a) nell'onere della partecipazione al giudizio (si assume il concetto di " onere " come subordinazione di interesse proprio del soggetto ad altro interesse del sog getto o all'interesse pubblico coincidente con interessi di altri soggetti C:ARNELUTTI, Teoria Generale del Diritto, cit., p. 157 e seg.); b) nel sistema della partecipazione al giudizio stesso (in via di rappresentanza organica diretta, sia quando ammessa la costituzione dell'organo legittimato, ma 624 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 2. -Che la norma del terzo comma dell'art. 11, cosi come formulata, sia da interpretarsi iri unico senso, escludente la possibilit di qualsiasi sanatoria, un dato costante nella giurisprudenza ordinaria: la quale ha ritenuto di attribuire il rigore del principio al fatto che, stabilendosi l'ufficio dell'Avvocatura dello Stato del luogo del giudizio come domiciliatario obbligatQrio, si tutela la difesa dell'Amministrazione, a scanso di eventuaU ritardi nelle informative e nella trasmissione di atti. Pur prendendo atto di questo dato interpretativo costante, la Corte deve ora esaminare se la norma in questione sia o meno riconducibile al principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione, al fine di controllarne la razionalit, ossia la esistenza di pres:upposti logici ed obiettivi che ne giustifichino l'adozione. anche quando prevista la rappresentanza di organo tecnico, o indiretta quando ammessa la rappresentanza di patrono che vi assume qualit di concessionario di p. funzione); e) nei riflessi processuali . La partecipazione al giudizio potere-dovere, cui la P. A. non pu sottrarsi, se non per una ragione di pubblico interesse alla pronuncia di nullit della costituzione del rapporto processuale. il per questa esigenza che la sua vocazione in giudizio circondata da speciali garanzie; a tale principio pu ricollegarsi la competenza del foro erariale e la disciplina peculiare per la notificazione degli atti (artt. 25 c.p.c., 11, t. u. Avvocatura dello Stato 30 ottobre 1933, n. 1611 e 1. 25 marzo 1958, n. 260). e La mancata costituzione in giudizio nelle cause passive e la mancata proposizione di liti attive sfuggono alla sfera di autonomia degli organi, in quanto, rispettivamente, la difesa e la pretesa costituiscono compiti inderogabili per il cui esercizio si attuano procedimenti amministrativi che pervengono ad una vera e propria deliberazione (atto amministrativo) dell'organo competente (di amministrazione attiva, o Avvocatura dello Stato) -(e molteplici sono le applicazioni del principio) -indipendentemente dalla natura, disponibile o non del diritto in contestazione. "La P.'A. sia nell'esercizio della potest, sia nella esplicazione o nell'esercizio dei diritti sog.gettivi, si pone unitariamente come organizzazione, nei suoi elementi di capacit di diritto pubblico, quand'anche operi in virt di una capacit di diritto privato (come si , ripetutamente, osservato, dianzi: RESTA, l'Onere di buona amministrazione, in "Annali Univ. Macerata", 1938 (vol. XII) p. 12 ss. (Estr.); GAsPARINI, Sul concetto di onere, in" Quaderni Studi economici Giuridici Univ. Cagliari", Como, 1945, Corso di diritto amministrativo, cit., I, p. 30; BETTI, Teoria Generale del negozio giuridico, cit., p. 112). " La struttura rappresentativa costituisce il primo caposaldo, nel quale si evidenzia la tesi esposta, che configura la partecipazione della P. A. al giudizio, come esercizio di pubblica funzione. Tale pubblica funzione esplicata dagli stessi Organi della P. A., oltre che dall'Avvocatura dello Stato, organo con specifiche attribuzioni consultive, decisorie di natura pubbli PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 525 3. -Secondo i rispettivi assunti delile parti, il quesito troverebbe la sua soluzione nella citata sentenza di questa Corte, relativa al primo comma dell'art. 11. Infatti, secondo la difesa della parte privata, la Corte avrebbe gi riconosciuto l'assoluta e costante identit nella posizione processuale dello Stato e del cittadino, pervenendo al riconoscimento della legittimit della norma allora denunciata soltanto in considerazione della sua sostanziale non incidenza sul diritto del cittadino di agire e difendersi in giudizio. Invece, secondo la difesa del Ministero, sarebbe proprio il riconoscimento della legittimit del primo comma a condurre, per coerenza sistematica, al riconoscimento deUa legittimit anche del terzo comma. Entrambi gli assunti non sono approvabili. Non il pfimo, perch i motivi posti dalla Corte a base della precedente decisione non sono stati interpretati nel loro esatto significato, cistica per l'azione o la resistenza -in giudizio dell'Amministrazione dello Stato, e postulatoria. L'esercizio della giurisdizione subisce -nei limiti degli effetti della costituzione del rappor~p -notevoli e, talora, imponenti deroghe alla disciplina valevole per tutti gli altri soggetti. Nel secondo momento, identificabile, invece, la estensione della disciplina normativa positiva di diritto comune >. Cardine del sistema, l'organizzazione dell'Avvocatura dello Stato, Istituzione collaborante con il Governo nell'esercizio di attribuzioni consultive, (art. 13 t. u. 30 ottobre 1933, n. 1611), e di rappresentanza in giudizio (art. 1 t. u. cit.) dello Stato nella sua unit (non delle singole amministrazioni dello Stato), di enti pubblici secondo leggi speciali (art. 43 t. u.), e, talora, di pubblici funzionari per fatti o cause di servizio (art. 44 t. u.) -per una migliore realizzazione dei pubblici interessi. Dipende organicamente dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri; ha, tuttavia, autonomia e indipendenza, garantite da riserva di legge; rispetto alla gerarchia burocratica. Caratteristica del sistema di partecipazione dello Stato al giudizio, proprio del nostro ordinamento giuridico, la rappresentanza organica diretta o postulatoria quando richiesta a rappresentanza di organo tecnico. Le note della collaborazione, rappresentanza e difesa dello Stato, nella sua unitariet, e della posizione di autonomia dell'Avvocatura, che la pone fuori della gerarchia burocratica (BELLI, Avvocatura dello Stato, in Enc. di dir., par. 1) sono, bens, essenziali per definire la struttura e l'attivit; ma non colgono il segno distintivo, il connotato sintomatico del sistema, per cui l'Avvocatura dello Stato titolare di attribuzioni proprie, di collaborazione e consulenza, ma anche di rappresentanza e difesa dello Stato, direttamente riferibili, nell'ambito e ai fini dello jus postulandi, alla situazione giuridica di che si contende. Sicch pi che dell'esercizio dello jus postulandi, si pu parlare di rappresentanza postulatoria. 526 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO posto che nella norma allora denunciata vennero po.sti in evidenza i profili particolari che giustificano razionalmente, in luogo di una identit di posizione di tutti i soggetti davanti ailla legge, una disciplina differenziata rispetto allo Stato, senza che vi risulti vulnerato il principio di eguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione.. Non il secondo, perch, pur nell'ambito di uno stesso sistema generale, ogni norma vi ha la sua particolare ragion d'essere che, senza contraddire al sistema, si presenti dettata da specifiche finalit da conseguire. Pertanto, il principio di razionalit della norma, che ha qualificato l'indagine contenuta nella precedente sentenza, deve anche qui operare, ma rapportato, con giudizio autonomo, ad una diversa situazione giuridica. 4. -Si assume, da parte dell'Avvocatura, che la razionalit della norma in esame deriva dalla considerazione che l'irregolare notifica di atti giudiziari alla Pubblica Amministrazione, incidendo sulla distribu Taluni riferimenti o avvertimenti dottrinari hanno fatto -talora -deviare l'attenzione degli scrittori, s da far perdere di vista che l'accenno ai rapporti tra Pubblica Amministrazione e Avvocatura -come cliente ad avvocato -aveva valore essenzialmente disgiuntivo; peraltro, senza escludere la funzione di rappresentanza, ai fini postulatori, attraverso un organo, distinto s da altri, ma organo dello Stato con quella specifica attribuzione. e Puntuale, invece, il pensiero di PICCARDI (Il problema della difesa dello Stato in giudizio e la sua soluzione italiana, in Riv. Dir. pubbt., 19~'1, I, 590 ss.; partic. p. 601), in cui si pone in rilievo che -pur di fronte all'attribuzione della capacit processuale agli organi cui appartiene la competenza sul rapporto controverso e all'attribuzione dello :im postulandi alla Avvocatura dello Stato -l'Avvocatura dello Stato come organo di questo, agisce direttamente per esso, e non gi per l'organo investito della capacit processuale, non potendosi costituire -rappresentanza inte-ro-rganica. In termini di tecnica giuridica, la questione si pone nel senso che -rtenuta la disposizione del diritto, in contesa, come atto di parte -il difensore pu assurgere a diversi livelli, rispetto a detta titolarit. Contro una rigoristica tesi di CARNELUTTI (espressa in scritti vari, v. particolarm.: Lezioni di Di-ritto P-roc. Civ., II, Cedam, Padova, 1930, n. 111, e Rappresentanza processuale e patrocinio forense, in Riv. Dir. proc. civ., 1939, I, pp. 332 ss.; 347 ss.), che considera il patrono come nuncius della parte e come tecnico del processo, si opposta la tesi della funzione deliberativa del patrono, -da CARNACINI (Tutela giitrisdizionale e tecnica del processo, in "Studi Redenti" II, (Estr. par. 3) e da CIALAMANDREI (Gli avvocati dello Stato e l'inamovibilit, in Foro It., 1943, III, p. 97 ss.) -sotto il profilo che la volont del mandante determinante nel momento dello incarico, non nei successivi modi di esplicazione. Senonch, in tal modo, si inseriscono nel discorso, quegli elementi metagiuridici della fiducia, da un lato, e della collabo-razione nei confronti del giudice, dall'altro, -per cui si parla (impropriamente, come si ve J J PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 527 zione della competenza tra i vari uffici dell'Avvocatura dello Stato, verrebbe a violare un principio di ordine pubblico, non suscettibile di alcuna sanatoria: per cui, non solo ragioni organizzative pratiche, ma soprattutto ragioni dipendenti dalla funzione dell'Avvocatura di rappresentante organica dell'Amministrazione statale nel processo e di domiciliataria ex lege nei singoli uffici territorialmente competenti, postulerebbero il'inderogabilit assoluta 'della norma. La Corte osserva che questi argomenti, se possono giustificare il rigore della norma e la comminatoria di nullit per la sua inosservanza, non esauriscono la questione di legittimit costituzionale qui proposta, la quale importa un ampliamento dei limiti d'indagine, verso altra direzione. A prescindere dal non congruo richiamo a principi-d'ordine pubblico, si comprendono le ragioni ispiratrici della norma, in funzione dell'elevata posizione assegnata nell'ordinamento all'Avvocatura, il cui precipuo compito quello di provvedere alla tutela legale dei diritti e degli interessi dello Stato (art. 13 r. d. n. 1611 del 1933). dr) di "funzione", sotto il profilo di "esercizio privato di pubblica funzione " (PICCARDI, Ii problema della difesa dello Stato in giudizio e la sua soluzione italiana, cit., p. 591) quali hanno rilevanza sul piano etico e tecnico, ma non anche sulla " disponibilit " del diritto pubblico soggettivo alla tutela giurisdizionale per cui non pu dirsi, puntualmente, che il patrono abbia la padronanza della lite (che condizionata dal mandato). Ed questo connotato che contrassegna la libera avvocatura dalla Avvocatura dello Stato, che ha, invece, veramente, la titolarit -in via di attribuzione -di detta disponibilit della lite. A tale riguardo, tornano puntuali le felici intuizioni del MANTELLINI (fin dalla lontana Relazione per l'anno 1876), sulle attribuzioni decisorie dell'Avvocatura dello Stato, in ordine alla lite sconsigliata o consigliata, e in quest'ultimo caso trattenuta; vieppi affermatasi nella successiva ela borazione legislativa, fino alla canonizzazione di un autentico potere deci sorio dell'Avvocato Generale, nel procedimento formativo della volont dello Stato, circa la provocazione della lite o la resistenza in giudizio (art. 15 t. u. 30 ottobre 1933, n. 1611). A tali principi vengono quindi, ricollegati i problemi del " Foro erariale " e della vocatio in jus. In ordine al primo punto e con riferimento a taluni rilievi della dot trina sulla giurisprudenza costituzionale (sentenza 12 dicembre 1964, n. 118), (GUELI. "Il Foro dello Stato" tra la ragione di Stato e lo Stato di diritbo, in Giur. cost., 1964, pp. 1191 e ss. partic. 1203) si controbatte l'opinione che la Corte avrebbe evitato la questione, circa la validit, nel processo ordinario, del principio di supremazia che l'ordinamento giuridico rico nosce allo Stato nei rapporti di diritto pubblico e disconosciuta la non coincidenza tra Stato-apparato e Stato-comunit, ribadendo il carattere di eccezionalit della deroga (GuELI, Il Foro dello Stato tra la ragione di Stato e lo Stato di diritto, cit., p. 1209, in cui si ripudia il criterio di GENOVESI) e prospetta le ragioni "che consentono di ricondurre la ragione della de RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 528 Si comprendono anche le ragioni pratiche che derivano dalla"":fipartizione di lavoro, senza tuttavia che il principio della unitariet basilare della funzione venga ad esserne intaccato. Ma, tanto ammesso e ritenuto, resta aperto il problema se, diversamente da quanto stabilito per le vertenze giudiziarie fra privati, la tutela delle funzioni dell'Avvocatura di Stato debba estendersi anche al di l della dimostrazione che, per fatto volontario della stessa, detta tutela risulti ugualmente salvaguardata e non elusa. Ci sempre e soltanto al fine di saggiare la razionalit e quindi la costituzionalit, della norma speciale in esame, che, unilateralmente, appare escludere qualsiasi sanatoria. Che la nullit di atti del processo civile non possa mai essere pronunciata se l'atto ha raggiunto lo scopo cui destinato e che la costituzione del convenuto sani ogni vizio della citazione risulta testualmente dagli artt. 156 e 164 c. p. c. La stessa regola vige nel processo penale, dove pur prevale l'interesse pubblico, e ci sia per quanto riguarda la sanatoria generale degli roga ", non alla " ragione di Stato '', o al privilegium fi,sci contrastanti con lo Stato di diritto, ma non solo alle ragioni organizzatorie e pratiche accolte dalla Corte Costituzionale, sibbene, proprio, alla realizzazione della dialettica dei poteri, strumentalizzata attraverso un organo dello Stato istituzionalmente ordinato all'esercizio della funzione in giudizio. La natura di pubblica funzione, che si esercita con la partecipazione dello Stato al giudizio, nel momento della costituzione del rapporto processuale ,trova conferma in tema di disciplina della vocazione dello Stato in giudizio. La rappresentanza dell'Avvocatura in giudizio si ritiene di ordine postulatorio, a tutti gli effetti processuali, da non confondere -per con la capacit processuale, come legittimazione ad agire, (ad processum), che attribuita, nel nostro o.g. come quella negoziale (capacit di agire), non allo Stato nella sua complessa ed unitaria personalit, ma ad uffici normalmente corrispondenti a Ministeri ad altre Amministrazioni con ordinamento autonomo, nei quali si articola la sua organizzazione, disciplinata -con riserva -dalla legge (art. 95 Cost.), (v. in arg. AMoRTH G. -ToMMASICCHio, Il giudizio civile, cit., p. 1 ss.; SANDULLI, Sulla rappresentanza dello Stato in giudizio, cit.). A tal fine la legge detta norma per l'individuazione dell'ufficio legit timato ad causam (argomentabile dagli artt. 1 e 3 r. 25 marzo 1958, n. 260), e per la vocazione di esso in giudizio, in persona dell'organo competente legittimato ad processum (indentificato nel Ministro: art. 3 1. cit.) con la comminatoria della rinnovazione, per il caso di erroneit di identificazione dell'organo legittimato processualmente, -estesa dalla giurisprudenza, al caso di erroneit di identificazione dell'ufficio legittimato ad causam -e ponendosi l'onere della dichiarazione relativa a tale identificazione, a carico dell'Avvocatura dello Stato, nella prima udienza (art. 4). Cl all'evidente fine di concorrere affinch l'atto venga rinnovato nei confronti dell'Amministrazione legittimata, e in persona dell'organo legittimato, af PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 529 atti nulli, per raggiungimento dello scopo, sia per quanto riguard la nullit delle -citazioni a giudizio e loro notificazioni (art. 187, terzo comma, e 188, primo comma, c. p. p.). Si tratta di principi introdotti nel sistema degli atti processuali attraverso ampia elaborazione che ha posto in evidenza la funzione dell'atto ai fini dello svolgimento e giusta definizione del processo. Per cui, se il vizio d'origine nell'atto rimasto senza conseguenze per fatti concludenti sopravvenuti, l'interesse ad una persistente rilevazione di nullit deve cedere di fronte alla realt di una avvenuta sanatoria. Esempio tipico ed evidente , appunto, il caso (come quello che ha dato luogo al presente giudizio) in cui sia proprio l'Ufficio dell'Avvocatura presso il quale avrebbe dovuto essere notificata l'impugnativa per cassazione, a provvedere, in luogo di affidarsi alla rilevabiJlit d'ufficio del vizio, alla regolare costituzione in giudizio, mediante controricorso; corredato di tutti gli atti e fascicoli delle fasi di merito: dando cos la finch la sentenza sia emessa nei riguardi di quello ufficio che aveva -per le sue attribuzioni -la concreta possibilit di adempiere alla pronunCia del giudice (cfr. sul punto Avv. Ge'n. Stato, Relazione 1961-'1965, cit., rrr;p. 489;) questo un connotato che caratterizza la pubblica funzione dello Stato in giudizio e la stessa fumione dell'Avvocatura dello Stto. La rappresentanza postulatoria dell'Avvocatura dello Stato si presenta, con tali particolari caratteri, da non essere minimamE)nte assimilabile a quella derivante da mandato, neppure nella speciosa figura del mandato ex lege: tipica, al riguardo la normativa in tema di notificazione degli atti di vocazione in giudizio ritenuta di ordine pubblico rilevabile ex offi,co in qualunque stato e grado, con la conseguente comminatoria di nullit insanabile. Che si tratti di nullit insanabile corollario dei principi suesposti, non potendo ovviamente configurarsi se non come nullit di ordine pubblico, e quindi inderogabile, in quanto attiene alla competenza dello ufficio, avente rappresentanza della P. A. nel processo, nei sensi precisati; ossia rappresentanza non professionale, sibbene organica; la quale, se non assorbe la legittimazione ad causam e neppure quella ad processum, si manifesta nondimeno attraverso l'attribuzione ad un organo avente la pubblica funzione di "litigare" per lo Stato, con gli stessi diritti e obblighi processuali dello Avvocato, nello svolgimento del processo, ma sempre conservandosi organo dello Stato, pur nel processo. La pubblica funzione dell'Avvocato dello Stato -a prescindere dalle riferite ragioni storiche - assimilabile a quella del P. M., che , pure, organo dello Stato partecipante al giudizio (sia esso inquadrabile nel potere esecutivo, o come organo autonomo, nel potere giudiziario, se condo le divergenti riferite opinioni) per cui vige, del pari, il principio della rilevabilit ex officio ed insanabiiit delle nullit afferenti il suo intervento (art. 158 c.p.c.). D'altra parte la nullit comunicata dall'art. 11 t. u. insanabile pro prio perch sanabile quella relativa alla indicazione dell'organo legit 530 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dimostrazione di essere in grado, per fatto volontario, di esercitare il diritto di difesa. Mancherebbe di razionalit ritenere che, nelle cause in cui sia parte una pubblica Amminis,trazione, difesa dall'Avvocatura di Stato, la suesposta regola di sanatoria, che vige per la generalit dei cittadini, debba subire una eccezione, non assistita da alcun logico fondamento. La difesa dell'Amministrazione conserva bensi, sotto altri riguardi, le sue prerogative istituzionali, ma non quella qui discussa che, sul piano del contraddittorio processuale, la porrebbe in posizione di disparit di trattamento, contro lo stesso fatto proprio compiuto. 5. -Di conseguenza, il terzo comma dell'art. 11 del r. d. 30 ottobre 1933, n. 1611, nei limiti in cui esclude la suddetta sanatoria della nullit di notificazione, va dichiarato illegittimo, perch contrastante con l'art. 3 della Costituzione. -(Omissis). timato ad causam o ad processum; sussistendo l'organo tecnico cui commesso il compito organizzatorio per la vocatio in ju.s. e Essa si deve, necessariamente, ricollegare alla distribuzione della competenza dei vari uffici dell'Avvocatura dello Stato, anche dopo l'entrata in vigore della legge citata modificativa dell'art. 11 t. u. 23 ottobre 1933, n. 1611; ma, pi puntualmen!e, essa ordinata ad assicurare la certezza della partecipazione dello Stato al giudizio, intesa (come si visto) con imparzialit amministrativa, come principio e fine della sua strumentale attivit processuale di parte; ordinata a conservare il tessuto connettivo della compagine statale, assicurando la puntualit e precisione dei servizi relativi a si delicato momento della vita dello Stato. Il che non potrebbe utilmente essere garantito se non con quella rigorosa sanzione che assiste l'obbligo di notificazione degli atti processuali, nella sede dell'organo avente, secondo una ripartizione circoscrizionale, la definitiva rappresentanza organica. Tale posizione dell'Avvocatura dello Stato ha suscitato in dottrina, perplessit, se le attribuzioni dell'organo e la sua dipendenza, in rapporto organico, della Presidenza del Consiglio dei Ministri (art. 17 t. u.), consentono di individuare una coincidenza tra attivit processuale dell'Avvocatura dello Stato e la stessa capacit dello Stato di stare in giudizio (.ANDRIOLI, Legittimazione processuale della P. A. e notificazioni, in Foro it., 1957, IV, 222 ss.). La qualificazione della legittimatio ad processum nella legge; tuttavia il rilievo resta valido per l'enucleazione di quel collegamento e di quelle attribuzioni che qualificano e coloriscono la rappresentanza postulatoria, c0tne funzione pubblica integrativa della stessa capacit processuale. Con la riforma attuata con la 1. 25 marzo 1958 n. 260, si mantenuta la distinzione -agli effetti dell'obbligo di notificazione degli atti processuali :fra la giurisdizione di cognizione e la giurisdizione di annullamento . Per effetto della sentenza in rassegna., la nullit comminata dall'art. 11 l del t. u. 30 ottobre 1933, n. 1611 spiegher pienezza di effetti solo allorch I non sia seguita e sanata dalla costituzione dell'Amministrazione convenuta. I l r : i PARTE I, SEZ. I, GlURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 531 CORTE COSTITUZIONALE, 8 luglio 1967, n. 100 -P1es. Ambrosini - Rel. Jaeger -Presidente Consiglio Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Agr) c. Presidente Regione Friuli-Venezia Giulia (avv. Cri safulli). Friuli-Venezia Giulia -Legge regionale sulla dotazione organica dell'Ente per lo sviluppo dell'artigianato -Violazione dello Statuto regionale -IlleiUttirnit costituzionale. (St. reg. Friuli-Venezia Giulia, art. 4 n. 1 e 68; I. reg. 16 dicembre 1966, n. 107 bis). La legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 16 dicembre 1966, n. 107 bis sulla dotazione organica ed il trattamento economico del personale dell'Ente per lo sviluppo dell'artigianato viola le disposizioni dello Statuto regionale e pertanto deve dichiararsi costituzionalmente illegittima (1). (1) La Corte ha ritenuto la violazione statutaria, oltre che nelle singole disposizioni della legge regionale, nelle intenzioni, nello spirito e nelle singole applicazioni dei principi assunti come base del provvedimento . SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 16 novembre 1966, n. 2770 -Pres. Tavolaro S. -Est. Mirabelli -P. M. Criscuoli (conf.). -S.p.a. S.A.P.I. (avv. Costa e Martinengo) c. Ministero Finanze e Ministero Agricoltura e Foreste (avv. Stato Agr). Competenza e giurisdizione -Dogana -Esportazione ed importazione di merci -Merci di provenienza libica -Esenzione -Condizioni Imposizione del c. d. abbinamento -Illegittimit del provvedimento -Risarcimento dei danni -Giurisdizione dell'A.G.O. a conoscere della relativa domanda. (L. 26 novembre 1956, n. 1406). La legge 27 novem!>re 1956, n. 1406 con la quale si esonerano dal pagamento dei dazi doganali talune importazioni di merci di origine e provenienza libica per il periodo 1 gennaio 1956-.31 dicembre 1958, prevedendo specifici adempimenti per l'applicazione di tale esenzione, esclude la imposizione di altri non previsti in essa: quindi, il provvedimento, con cui l'Autoritd amministrativa impone il cosiddetto "abbinamento '" ossia l'onere per l'importatore di acquistare determinate merci dello Stato, come condizione per lo sdoganamento della merce importata, lede un diritto soggettivo perfetto ed conseguentemente ammissibile davanti al Giudice ordinario la domanda di risarcimento dei danni fondata sulla illegittimitd del relativo atto amministrativo, senza che ne sia necessario il previo annullamento da parte del Giudice amministrativo (1). (Omissis). -Queste Sezioni Unite, prendendo in esame innanzi tutto la qualificazione della domanda proposta con il ricorso, ritengono che questa concerne un conflitto negativo di giurisdizione, e che (1) Come sarebbe se si trattasse di un diritto soggettivo affievolito; ch se si trattasse di un interesse legittimo la domanda di risarcimento dei danni sarebbe comunque improponibile. Senza soffermarci su ci e sem J PARTE I, SEZ. II; GIUl:US. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 533 trova applicazione, pertanto, il disposto dell'art. 362, 2 comma;n. 2, c.p.c. Sia la domanda preposta al Consiglio di Stato che la domanda proposta l!!il Tribunale di G.enova hanno come contenuto principale, infatti, la dichiarazione di illegittimit del provvedimento del Ministero delle Finanze 8 aprile 1958, con il quale la partita di olio importata dalla societ ri.eorrente stata aasoggettata al o. d. abbinamento con l'acquisto di cili di semi proveniente dalle scorte statali, e sulla decisione brando qui st!tJi>fctluo riportate in. merito citazioni di dottrina e di gluri~- Jt).~a gi\ alt~ 1iy!(1>ite pi. pettiftent~te fatte in questa Ral!fsegna, ttitentam"'"~J;if.Qiftun'O 'i)tl>bl'iea11e i seaanti 4PPUNT.',$,UL~A, PlSClBLINA, DEI.1< COMMERCIO CON L'EST:ERO ' ' ' ' ' ,,.; ~ ~ soroxfil;lrlo: ]~ .J1>~~!hte~ifw .~t;s~ ,.s~op' 'np~ ittscdzt di dazi toganaH ,. 3. nazi :l~giria~J e di~ct)nna .rtnm:l'SB. eta ~ccesS'it~ ~'l>o't~ziP'lte legislatiira: ""' 5. Se-... (il)u; l!Jimg0st0vsos1lenendo che esso si tradurrebbe in un assoggettamento deWimportaitore ad una prestazione di non meglio definita natura doganale, contrastante con le citate norme di esenzione daziaria, e come tale illegittimo. L'Amministrazione dal canto suo difende la legittimit del provvedimento richiamando l'intera disciplina amministrativa ed extra-fiscale del commercio con l'estero, e sostenendo che l'onere cui l'importazione era stata subordinata, lungi dall'essere un'imposizione di natura doganale, costituiva semplicemente una manifestazione dell'ampio potere discrezionale che la menzionata disciplina riserva all'Amministrazione stessa, nel 534 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di tale questione entrambi i giudici aditi hanno dichiarato ili}ropri<> difetto di giurisdizione. Deve essere statuito, quindi, quale di tali due giudici abbia, invece, la competenza giurisdizionale a decidere la questione di legittimit dell'atto amministrativo suddetto. Il Consiglio di Stato ha affermato che la questione concerne diritti soggettivi, in quanto ha rilevato che la domanda era fondata sull'affermazione che la legge 27 novembre 1956, n. 1406, con la quale l'ambito del controllo economico cui il commercio con l'estero -attraverso licenze di importazione e di esportazione - sottoposto dall'ordinamento. il: estremamente agevole scorgere come siffatta controversia sia di quelle che inducono immediate implicazioni sul piano della giurisdizione. La negazione dell'esistenza del potere di cui l'Amministrazione aveva inteso far uso e la correlativa allegazione di una situazione giuridica di diritto soggettivo perfetto, dall'una parte, l'affermazione della esistenza invece di un ampio potere discrezionale e la correlativa individuazione di una situazione giuridica di interesse legittimo dall'altra parte, costituiscono infatti il paradigma tipico della disputa sulla competenza giurisdizionale del giudice ordinario o amministrativo. Le Sezioni Unite della Cassazione erano appunto investite -ai sensi dell'art. 362 II comma n. 1 c. p. c. -della risoluzione del conflitto negativo di giurisdizione, creatosi a seguito delle decisioni (entrambe declinatorie di giurisdizione) del Tribunale ordinario e del Consiglio cti Stato, conflitto che stato risolto con la sentenza di cui si tratta. Tale sentenza si incentra sul rilievo della nessuna discrezionalit che la citata legge di esonero dazia.Tio lascerebbe all'Amministrazione, rilievo che appare logico ma poco pertinente allorch si consideri che il potere di cui l'amministrazione aveva inteso far uso nasceva da una disciplina che l'Amministrazione stessa prospettava come del tutto indipendente da quella. doganale. Una appropriata impostazione del thema decidendum imponeva invece che il Giudice -dopo aver verificato, nell'ambito della disciplina a cui l'Amministrazione stessa si richiamava, l'esistenza del potere e l'ampiezza della sua discrezionalit -si chiedesse se e come la disciplina tributaria del commercio estero potesse interferire con quella amministrativa fino a porsi come derogatoria di questa e come limitativa dei poteri discrezio:p.ali che, in funzione di controllo economico, essa conferisce. Ci suggerisce l'opportunit di questi appunti ,. ai quali assegnato ovviamente il limitato compito di segnalare l'interesse e l'importanza di taluni aspetti della disciplina del commercio estero-disciplina che apparsa delle pi intricate e complesse anche a chi ci sembra l'abbia meglio stu diata (1) con l'intento di portare un qualche chiarimento alla sua com (1) Cfr. SPAGNUOLO-VIGORITA, Attivit economica privata e potere amministrativo, Napoli 1962, 157; su tale disciplina e sui problemi ad essa relativi, per aspetti generali, cfr. da ultimi CuTRERA A., voce e Divieti di importazione e di esportazione" in Novissimo Digesto Italiano, Torino 1960; GERBINo, voce e Esportazione e importazione> in Enciclopedia del Diritto, Milano 1966; LIONETTI, Il commercio con l'estero nelt'ordinamento amministrativo italiano, Roma 1958, ed ivi ampi riferimenti PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 535 stata consentita l'importazione di determinati quantitativi di talune merci provenienti dalla Libia in esenzione doganale esclude l'ammissibilit di qualunque limitazione alla libera introduzione nello Stato dei quantitativi suddetti e che l'imposizione della limitazione del c. d. abbinamento, ossia l'acquisto di una determinata merce come presupposto per lo sdoganamento dell'altra, in base a circolare amministrativa e al di fuori di ogni previsione legislativa, viola il principio sancito dall'art. 23 della Costituzione, e cio ha ritenuto, quindi, fondata la prensione e non certo con la pretesa di dare soluzione ai numerosi problemi ch'essa pone. * * * 2. Scopi non 'fiscali dei dazi doganali. -L'ambito delle imposte doganali, e pi in generale quello delle imposte sui consumi, certamente il terreno su cui con maggior frequenza e intensit' dato riscontrare il perseguimento, attraverso l'applicazione di un'imposta, di scopi non fiscali (intendendosi per scopo fiscale quello tradizionale di procacciare un'entrata all'ente impositore). Il fenomeno dello scopo non fiscale dell'imposta non certamente esclusivo dei dazi doganali (2), tuttavia indubbio ch'esso si presenti qui sotto un aspetto tutt'affatto particolare: la funzione economica dell'istituto non meno caratterizzante -e diremmo anzi che Io sia assai pi -di quella fiscale, di guisa che la stessa imposta acquista i tratti di uno strumento di politica economica di grande rilievo prima ancora che quelli di una fonte di entrata (3). Si intende con ci sottolineare che, se ogni tributo deve fare i conti con le ripercussioni e gli effetti economici che la sua applicazione destinata a produrre sul mercato (ci che costituisce uno dei principali obbiettivi di studio della scienza delle finanze), se correlativamente ogni tributo pu in certe occorrenze essere impiegato come strumento di politica economica (essendo ragionevole attendersi determinati effetti economici da una sua modificazione), tuttavia tali possibilit d'impiego a scopo di manovra del mercato restano occasionali (e, in certo senso, anche eccezionali) laddove nei dazi doganali costituiscono invece la principale ragione di esistenza del tributo, la cui disciplina ne a tal segno informata da fondarsi appunto su una serie istituzionale di discriminazioni merceologiche in relazione ai tipi, all'origine, alla provenienza ecc.... delle merci. La presenza di una funzione economica accanto a quella fiscale ed il rilevo della normale posizione antitetica in cui le due funzioni si pongono bibliografici. Per gli orientamenti giurisprudenziali si veda ORUSA, Rassegna di giurisprudenza sulla disciplina generale degli scambi con l'estero in e Il diritto della economia ,, 1958, 736 ss. (2) Cfr. GIANNINI A. D., I concetti fondamentali del diritto tributario, Torino 1956, 59 ss.; GIANNINI A. D., Istituzioni di diritto tributario, Milano, 1960 (VIII ediz.), 53 ss.; si veda anche FORTE, Introduzione alla politica economica: il mercato e i piani, Torino 1964, 286 ss. (3) Cfr. STAMMATI, La Finanza pubblica, Bologna 1960, 205; ALESSI-STAMMATI, Istituzioni di diritto tributario, Torino 1965, 287. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 536 domanda su norme che non lasciano alla Pubblica Amministrazione alcun margine di discrezionalit, relativamente alla possibilit di limitare con richiesta di adempimenti a carattere patrimoniale le situazioni poste dalle norme stesse. Il Tribunale di Genova ha ritenuto, invece, che la controversia verta in materia di interessi legittimi, in quanto non ha ravvisato nell'imposizione del c. d. abbinamento un onere di carattere patrimoniale, assimilabile all'imposizione doganale, e ne ha ammesso, quindi, l'ap -nel senso che difficilmente possono trovarsi :frammiste nello stesso dazio, dovendo il perseguimento di uno scopo protettivo :fatalmente tradursi in una minor possibilit di rendimento fiscale -ha condotto alla distinzione tra dazi economici e dazi fiscali, distinzione che si :fonda non tanto su un criterio generale ed astratto (criterio che ha costituito oggetto di una vana ricerca) quanto piuttosto implica una analisi dei motivi contingenti di politica economica perseguiti nella istituzione di un determinato dazio. Deve infatti essere rilevato che anche quando ci si trovi in presenza di quelle che vengono considerate ::I.e tipiche caratteristiche di un dazio fiscale (4) -cio la non producibilit della merce all'interno del paese impositore ovvero la presenza di imposte di :fabbricazione sulla merce interna, di incidenza pari a quella del dazio sulla merce estera - possibile ci non di meno che il dazio abbia natura economica, essendosi ad esso attribuita la funzione di proteggere un prodotto succedaneo rispetto a quello colpito (funzione, in ipotesi, comune a1la stessa imposta di fabbricazione sul prodotto interno) ovvero quella di restringere importazioni non dannose al mercato, ma pregiudizievoli per la bilancia dei pagamenti e in genere per la politica valutaria, in vista delle proporzioni da esse assunte o dell'area monetaria dalla quale provengono. La variet delle congiunture economiche e delle situazioni di mercato in cui un certo dazio pu intervenire escludono pertanto, a nostro avviso, che la menzionata distinzione possa :farsi riposare su un criterio teorico astratto e generale, e impongono invece che la stessa si risolva in una alternativa da affrontare caso per caso e volta per volta, in relazione non solo ad un determinato dazio su una determinata merce posto da un determinato paese, ma anche in relazione ad un preciso momento storico (non essendo . infrequente il dazio che -imposto per ragioni meramente fiscali -venga conservato in vista di una nuova :funzione economica ch'esso assolva e che si contrappone allo svuotamento di quella fiscale che ne suggeri l'adozione). Suole affermarsi che questi scopi non fiscali dei dazi doganali, quand'anche preponderanti su quelli fiscali, non assumono tuttavia precisa rilevanza giuridica -cosl come non l'assume la menzionata distinzione tra dazi economici e dazi fiscali -in quanto " il loro regolamento legislativo non ha subito modificazioni essenziali per effeUo del nuovo scopo e continua (4) Cfr. STAMMATI, loco cit.; CuTRERA Achille, voce "Dogana (Funzioni)" in Novissimo Digesto Italiano., Torino 1960, vol. VI, 90 ss.; CuTRERA Achille, Principi di diritto e politica doganale, Milano 1927, 180 ss.; ma si veda sopratutto CoscIANI, Istituzioni di scienza delle finanze, Roma 1961, (IV ediz.), 467 ss.; cfr. anche Rossr L., voce Esportazioni e Importazioni,, in Novissimo Digesto Italiano, Torino, 1960. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 537 plicabilit pur in situazioni nelle quali sia stato previsto per legge un regime di esenzione dai dazi doganali. Queste Sezioni Unite sono d'avviso che sia da accogliere la tesi affermata dal Consiglio di Stato, in quanto, secondo l'interpretazione pi adeguata delle disposizioni contenute nella citata legge n. 1406 del 1956, si deve ritenere che questa prevedendo, unitamente all'esenzione doganale, anche gli specifici adempimenti cui era assoggettata l'introduzione delle merci nel territorio dello Stato, ha escluso che l'impor quindi ad imprimere al dazio protettivo la medesima struttura che alle altre imposte ,. (5). L'affermazione , a nostro avviso, di quelle che non possono essere accettate 'senza una precisazione che ne circoscriva la portata. Le cennate peculiarit funzionali non intaccano certamente la natura giuridica di imposta,. che ai dazi doganali riconosciuta, n giustificherebbero una trasposizione dell'istituto -sul piano costituzionale -dall'ambito delle norme che si riferiscono all'imposizione a quelle che contemplano il controllo ipubblico dell'economia (art. 41, secondo e terzo comma Cost.); esse no.n sono neanche idonee a incidere in maniera determinante sulla struttura dell'obbligazione tributaria cui il dazio d luogo, consentendo -poniamo -la disapplicazione dei principi generali in proposito elaborati ed imponendo la ricerca di nuovi e diversi principii in loro vece. Ci pare tuttavia indubitabile che sotto l'aspetto sistematico ed espli cativo (ma talvolta anche sotto quello applicativo) non possa non tenersi costantemente presente la precipua funzione del tributo come strumento di controllo e di manovra del commercio con l'estero. Ci pare anzi -e la natura di questi " appunti ,. non consente se non una brevissima notazione in proposito -che quelle dispute sul presupposto generatore dell'obbliga zione tributaria doganale (6), quella variet di tentativi di spiegare in opposte maniere la tendenziale indifferenza del tributo in parola verso la persona del debitore (7), da null'altro traggano origine se non da taluni aspetti della disciplina positiva dei dazi doganali che sono strettamente connessi alla cennata loro precipua funzione economica, la quale quindi avrebbe forse dovuto essere tenuta in maggiore considerazione -come dato generale caratterizzante -di quanta non ne meritassero singoli arti coli di legge o particolari aspetti di disciplina positiva. (5) Cfr. GIANNINI A.D., I concetti fondamentali ecc., loco cit. (6) In ordine a tale disputa, fondamentale resta sempre PESENTI, I soggetti passivi nella obbligazione doganale nell., vol. II, Tomo I, Milano, 1957, 89 ss.; e infine CUTRERA A., Principi di diritto e politica doganale cit., 43 e segg. con ampi richiami. (7) Cfr. VANONI, loco cit., BERLIRI, loco cit.; e in genere opere citate nella precedente nota. 538 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tazione potesse essere assoggettata ad altri adempimenti, ivi non previsti. Ed invero la stessa Amministrazione, nel dare applicazione alle disposizioni legislative, aveva espressamente disposto che all'importazione delle merci, cui la legge si riferiva, non potesse essere applicato, appunto, l'onere dell'abbinamento, ed ha successivamente mutato avviso, senza alcuna giustificazione. Nel reputare generalmente sottov,a,lutato il rilievo giuridico dello scopo non fiscale dei dazi doganali non pensiamo tuttavia soltanto ai problemi tradizionalmente dibattuti in quest'ambito, ma anche a molti che ci sembrano a torto trascurati. Cos del potere (che ci pare di chiara natura regolamentare, ma la cui spiegazione esigerebbe be.n approfondite analisi) conferito all'esecutivo dagli artt. 9 e 10 delle disposizioni preliminari alla tariffa doganale (approvata con d. P. R. 26 giugno 1965, n. 723), di istituire dazi differenziali e diritti compensativi in presenza di determinate contingenze di carattere economico nelle relazioni commerciali con determinati Paesi. Pensiamo altres a tutte le norme -contenute in vari accordi internazionali (cfr., ad esempio, l'art. 17 del trattato istitutivo della Cl.E.E.) -in cui il carattere fiscale o economico di un certo dazio assume preciso giuridico rilievo, giungendo a condizionarne la liceit (8). Pensiamo infine -ed questo l'aspetto che qui pi interessa -al problema delle relazioni tra la discipfina tributaria del commercio con l'estero e le altre normative che prendono in considerazione lo stesso settore, in diretta e immediata funzione di controllo economico, problema che si traduce nella individuazione delle reciproche posizioni di indipendenza e interferenza che tra queste normative possono darsi, e la cui comprensione (anzi la stessa impostazione) resta d'altronde preclusa fino a tanto che lo e scopo non. fiscale > dei dazi doganali resta relegato nell'ambito dei dati metagiuridici, irrilevanti e non meritevoli di considerazione per il diritto. * * * 3. Dazi doganali e disciplina amministrativa del commercio estero. Le normative cui si fatto allusione nascono storicamente dalla insufficienza dello sti:umento meramente daziario -che per lungo tempo fu pres( 8) Seppure in forma di pura ipotesi (anzi addirittura di interrogativo) un interessante caso di possibile rilevanza giuridica dello scopo non fiscale accenato in BATTISTON:t-FERRARA, Determinazione ufficiale del valore delle merci ai fini dell'I. G. E. alta importazione e posizione soggettiva del contribuente in Rass. Avv. Stato 1965, I, 968 ss. (l'accenno a pag. 936). Come ovvio si voJ.utamente fatta astrazione dalla rilevanza giuridica che tali scopi non fiscali possono assumere nel quadro della teoria generale dell'interpretazione funzionale delle norme tributarie, quale accolta ad es. nelle opere del GRIZIOTTI: in tal caso infatti la rilevanza rapportata ad una diversa impostazione generale dei problemi tutti del diritto tributario. J PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 539 Deve essere affermato, quindi, che l'imposizione dell'abbinamento ha leso il diritto soggettivo alla libera importazione, previsto dalla legge sopraindicata, e che l'illegittimit dell'atto amministrativo, fatta valere dalla societ ricorrente, stata rettamente posta a fondamento di una domanda di risarcimento di danni, rivolta al giudice ordinario. Il conflitto di giurisdizione deve essere risolto, pertanto, nel senso che la giurisdizione spetta all'autorit giudiziaria ordinaria. -(Omissis). socch l'unico mezzo per espr~mere la politica economica nei riguardi del commercio con l'estero -rispetto alle nuove esigenze poste dall'evoluzione degli scambi internazionali (9). Si tratta di normative che si collocano direttamente ed immediatamente nella sfera dei controlli pubblici sulla attivit economica privata, previsti dall'art. 41 della Costituzione (10), e che forniscono strumenti amministrativi di manovra del settore, con riguardo tanto all'aspetto economico in senso stretto quanto all'aspetto pi particolarmente valutario dello scambio internazionale (11). Questi strumenti si traducono -in via di larga massima e con un linguaggio per ora volutamente generico -nella predisposizione di un gioco di e divieti ,. e di e permessi ,. (12), caratterizzato da un ampio margine di manovrabilit, contrapponendosi cosi allo strumento daziario vuoi per la caratteristica di questo di consistere sempre in un mero onere economico vuoi per la rigidit che esso presenta e che gli deriva dalla sua natura d'imposta e dalla correlativa riserva di legge. Queste diverse caratteristiche non solo giustificano la simultanea presenza nell'ordinamento dei cennati strumenti, ma ne evidenziano altresi la posizione di reciproca complementariet sotto l'aspetto funzionale. (9) Cfr. GERBINO, op. cit., 755; ROSSI L., op. cit. (10) Su tali controlli e sulla portata dell'art. 41 della Cost. ampia bibliografia in SPAGNUOLO-VIGORITA, op. cit., passim. (nel quadro assai approfondito ed elaborato, che tale A. compie, la disciplina del commercio estero naturalmente vista coone uno dei molti aspetti che contribuiscono a formare l'oggetto generale dello studio ed i richiami ad essa sono frammisti, lungo tutta l'opera, al continuo riferimento ad altre discipline similmente significative per i problemi generali affrontati). (11) Del tutto genericamente l'autonomia della disciplina valutaria, rispetto I\ quella economica in senso stretto, affermata in Cass. 22 aprile 1964, n. 956 in Foro it., 1964, I, 1647 ss. La Corte peraltro pare abbia sottovalutato che l'aspetto monetario non meno importante per il controllo del mercato di quanto lo sia quello relativo al gioco della domanda e dell'offerta, del regime dei costi ecc. Se motivi valutari possono legittimamente consentire il rifiuto di una licenza di importazione, non contrastata nella sua opportunit da considerazioni settoriali di mercato, e viceversa, problema che va invece risolto alla stregua di un approfondito esame delle interferenze tra le due manovre, interferenze per che a noi sembrano tanto strette da imporre una soluzion opposta a quella adottata dalla Suprema Corte. Tali aspetti della disciplina amministrativa del commercio estero sono per volutamente lasciati fuori dalle considerazioni svolte nel testo, ed il presente fugace accenno non ha che un valore assolutamente relativo e non verificato. (12) In realt, come pi oltre sar precisato, almeno da un certo momento in poi, la manovra piuttosto fondata su un gioco di generalizzazioni e particolarizzazioni dei permessi>. 540 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Verificandosi l'esigenza o l'opportunit che ad una data merce di origine estera sia precluso l'ingresso sul mercato interno, non indifferente provvedere con l'istituzione di un dazio proibitivo o con la posizione di un divieto economico " all'importazione. Ci accade non gi perch il dazio, per quanto accentuato sia il suo carattere proibitivo, consente pur sempre giuridicamente l'importazione della merce, limitando il suo effetto ad una tale elevazione del costo da rend.ere economicamente inverosimile l'operazione: tale rilievo infatti, bench esatto, avrebbe il sapore di una ipotesi astratta e di scuola. La scelta tra dazio proibitivo e divieto economico non invece indifferente, perch il secondo consente, e non invece il primo, una deroga amministrativa all'ostacolo che si frapposto all'importazione di quella data merce, deroga che circostanze contingenti potranno consigliare come opportuna in guise e con frequenze non facilmente prevedibili "a priori" La scelta verr cosi ad essere condizionata dalla maggiore o minore esigenza di e manovrabilit,. che si prospetta ed in essa giocher un ruolo determinante il fatto che alle esenzioni o riduzioni daziarie non possa provvedersi che con atto avente forza di legge (l'art. 1, terzo comma delle disposizioni preliminari alla Tariffa doganale non fa in proposito che ribadire un precetto costituzionale, mentre il gi menzionato potere di cui agli artt. 9 e seguenti stesso testo, relativo all'istituzione di dazi differenziali e compensativi, certamente costituzionale proprio perch circoscritto a ben determinate ipotesi ed entro limiti anche quantitativamente prefis ~ati). Se un dazio economico non pu mai sostituire la funzione del gioco amministrativo dei divieti e dei permessi, questi non sono d'altro canto idonei a surrogarsi nei compiti di auello, trovando un insormontabile limite alla amplissima sfera di discrezionalit in cui si muovono, nella impossibilit di creare puri e semplici oneri pecuniari, capaci di correggere gli effetti della introduzione della merce estera sul mercato interno con uri artificiale aumento del suo costo di produzione. Dotato di un alto grado di agilit di manovra del settore, idoneo al controllo di una numerosa serie di dati tra quelli che possono avere rilevanza di pubblico interesse nello scambio iD.ternazionale (attraverso la variet delle clausole che possibile inserire nelle singole licenze) il gioco amministrativo dei divieti e dei permessi non per atto a influenzare direttamente e immediatamente il livello del costo al quale una certa merce estera (di cui si reputi in via di principio opportuna l'importazione) fa ingresso nel mercato interno. Gli esempi che parso utile addurre non sono che indicativi delle assai pi numerose e complesse situazioni che possono presentarsi, ciascuna delle quali diviene poi ancor pi complicata allorch si inserLsca l'aspetto valutario, il quale va a giustapporsi a quelli strettamente economici sovrastandoli non di rado in importanza. Ci che si detto appare tuttavia, in questa sede, sufficiente, a segnalare la natura della complementarit funzionale, tra le normative tributaria e amministrativa del commercio con l'estero, che premeva porre in luce. Complementarit che caratterizzata dal raffronto tra la convergenza verso un unico fine -il controllo del settore -e la diversit delle esigenze che, in relazione a quel fine, i due strumenti soddisfano. Si ha cosi una continua e costante interferenza sul piano operativo, evidenziata anche sotto l'aspetto organizzatorio dalla tendenziale unicit dell'apparato amministrativo che provvede, a livello esecutivo, a svolgere le mansioni di concreta applicazione delle due discipline (Amministrazione doganale) e dalla grande preponderanza che, a liveno deliberativo, acquista - r i ' ' ' . .' \f)m~stiiijif1\\!' 'l~~t~ . . .... .. i '... '11.'. oe-v... er)/ . . .. . ' , . . . . . it~u~ie-.~i . '. >. )Sj. eallueah~, :p\W i ' ' ' . .' \f)m~stiiijif1\\!' 'l~~t~ . . .... .. i '... '11.'. oe-v... er)/ . . .. . ' , . . . . . it~u~ie-.~i . '. >. )Sj. eallueah~, :p\W in questo settore t1 concerto amm:nistr.ativo (quasi tutte ~e attribuzioni dell'AJmn.inistrazione d.e1 eommerelo con i-estero si esprimono in atti di concerto: c:fr. d. lgt. 16 gennafo 1946, n. 12). D'altro canto la natura me.,_ ramen.te funzionale della complementarit, che si ~egnalata, fa sl cbe ad una continua interferenza s.l piano operativo corrisponda una assoluta autonomia e indipendenza, delle rispettive discipline, indipendenza che gi imJ'ldid4:a nella -~t d.ei r:iferimenti costi:blltZionali .in cui .esse si nollooa:ti:-0, .._.. . tuttavlia e~~~Cit~me~te ;ibadita dai\l~ai!t,.. 8 .elle. ~oslzioni pre~im~~aua w*jtftie e :W~~ sito di a .~,, .. . Q~-~~re;iproe~ P',al~i~1'i tti 'interf~nza :Gimziottale e di auten:omia . iill~~f . . ' rag!tomf' le ..~fwe1#wam11n.:te l: :1mtft~-~Q, c0-~1JJ;llY01.; fi. 1.,,._"""'Ali.t';...\;...;..:,,.:; ;.;,::.J!. ~ ')\:;..... 1 ... ~:l'W'~~~$..;q,,.~ .1f1l,w :ir.,4!1.Jw.:liililfii: n 'l'iJIU:Blto' in '~~~e 1*1-'~a s"ei\\'ta lil~~~:a: illa ruQllllt:to U;na . . . . ,sa~biG,di ,,tt;p,lf> nvettfnza ril'1''4~~' ,.. '' ' cc , ..., . . ... . . .f11 ,liJ.Pt$ li-$.ente 4ist~IJ'l ~ 'e, .rispetto ~a ;un1tt .;(1~~-~a ol~ui:tUia, :il,... . lt.;.,., ./ 1' , :, .;iaiit~' . Mt:i:!41 :,:f\,, 1,1,.. ,,, '. 1'\fl;' ;y!O~~ :W).: l{'f~:'ll+'U'fl'V~9 :'"!'li\l!lo'1l~Q.:, ~~ 1$.t~"'~ :os ... al~te legittimo 'U:tl l?~~Q,,~e e~tl.o ~\>:O. ~(!Q'!i4el ~tt))r~.(t:~,:~ ~M4!1tato pe11. tal d:()gana:le di determinat~mtci\''l\lbssano sorgere ~f .. ..... ~lta Cli~?e~b~it, di cui l'Amministrazione diS}l)one nella malli( l)'Vf >amtm'm:'fitti\tf!i":~!i sttore. Una tale legge inftt non pu esprimr~ e,--s~VO Suo e$pl'ieito riferimento -una soppressione della manovra ~ili~llt~$nl!i:tiva,,,..~...\l:J7ettiva vincolante di essa, nei riguardi delle merci Jdetj~ 1p~~nl~~ !Go$~derate, ma al contrario essa stessa un mezzo te<>stftlll~n~il: rUievo di fondo che suggerisce la sentenza annotata, sii(!.e tt'el1:!s~ssa appare inadeguatamente considerato il fatto che non e&tltl;l:i~~ \1.Jila .ano.malia, ma anzi una caratteristica dell'attuale disciplkta del .b~reio con l'estero e dello schema composito degli strumenti giuridici che vi sono presenti, la possibilit che ad una completa liberalizzazione daziaria poss~ far riscontro una manovra amministrativa di tipo altamente restrittivo, e viceversa, proprio perch i due ambiti bench convergentt verso un unico fine generale, svolgono, in relazione a tale fine, ruoli tutt'a:ffatto diversi e non .intercambiabili (precipuamnte nel senso che dati, al controllo dei quali pu essere applicato l'uno, sfuggono all'altro, mentre per converso l'agilit e il grado di concretezza di cui questo si giova (13) La legittimit costituzionale della disciplina in esame affermata nelle sentenze 5 aprile 1957 n. 50 (in Foro it., 1957, I, 1742) e 14 luglio 1958 n. 52 (in Foro it., 1958, I, 1229) della Corte Costituzionale, nelle quali (e segnatamente nella prima) si pone altresi in luce il riferimento preciso che tale normativa ha con l'art. 41, 2 e 3 comma, della Costituzione. 542 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mancano a quello), differenziazione che sul piano giuridico si traduce in una diversit di riferimento costituzionale e in una correlativa autonomia delle discipline (14). * "' "' 4. Il r. d. i. 14 novembre 1926 n. 1923 e la successiva evoluzione legislativa. -Si parlato -con espressa riserva di precisazione tanto nei concetti che nel linguaggio -di strumenti amministrativi di controllo e di manovra del commercio estero fondati su un gioco di divieti,. e di " permessi >. Prima di sciogliere tale riserva sono tuttavia indispensabili alcune brevi considerazioni sulla evoluzione della legislazione in materia, legislazione di cui si gi segnalato il carattere intricato e complesso. L'intendimento ovviamente quello di una massima semplificazione volta a cogliere, da un canto, quei tratti salienti che direttamente interessano le successive osservazioni, e dall'altro canto, taluni aspetti che 'Sembrano stranamente sottovalutati da chi questa evc>luzione legislativa ha pi di recente ripercorso (15). Il punto di partenza pu essere fissato nel r. d.1. 14 novembre 1926 n. 1923 (portante e unificazione delle disposizioni legislative in materia di divieti di importazione ed esportazione >) che pu essere considerato in certo senso la matrice di tutta la legislazione successiva. A questa legge erano annesse due tabelle (e A ,. e e B ,.) contenenti l'elenco delle merci di cui era vietata rispettivamente l'importazione e l'esportazione (art. 1). L'aspetto di maggior interesse di questa prima regolamentazione organica tuttavia da rinvenire non tanto nella distinzione tra merci colpite e merci non colpite da divieto (di importazione o esportazione), quanto piuttosto nel meccanismo di aggiornamento dei divieti da un canto, e in quello di deroga agli stessi, dall'altro. Per le esportazioni era stabilito che l'aggiornamento dei divieti, nonch le deroghe di carattere generale o per contingenti, avvenissero mediante atto avente forza di legge (art. 2, primo comma); in tal guisa la manovra lasciata all'Amministrazione era affidata -per ci che concerne le esportazioni -unicamente agli e speciali permessi in derogazione ai divieti > (c. d. licenze particolari), da accordare volta per volta in relazione ad ogni singola operazione, autorizzata in deroga al divieto (art. 4). Per quanto concerne le importazioni, invece, oltre a questo potere di deroga, era conferito alla P. A. altresl il potere di disporre nuovi divieti di importazione (tanto generali che per contingenti), nonch quello di altrimenti modificare -ad esempio, depennando talune merci da quelle colpite da divieto ovvero variando il contingente (14) Esattamente tale autonomia la Cassazione aveva d'altronde individuato nella sentenza 8 aprile 1963 n. 902 (Giust. civ., 1963, I, 2663) in causa GaspariniFinanze (causa che traeva tra l'altro origine da un caso assolutamente identico a quello su cui intervenuta la pronuncia annotata), nella quale fu invece correttamente affermata la giurisdizione del giudice amministrativo. Dei rapporti tra disciplina amministrativa e tributaria del commercio estero si talvolta occupata altresl la giurisprudenza penale, al fine di dichiarare il carattere non finanziario dei reati contemplati nella prima: cfr. Cass. 7 luglio 1955 in Giust. pen., 1955, II, 259 (m); Cass. 30 ottobre 1950 in Giust. pen., 1951, II, 61 (m), Cass. 20 dicembre 1950 in Giust. pen., 1951, II, 390 (m). Sul problema vedi pure DE GENNARO, Divieto di esportazione e legge doganale, in Giust. fin., 1954, I, 62 ss. (15) Si allude in particolare a CuTRERA, voce e Divieti, ecc.> cit. e GERBINO, op. cit. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 543 entro i cui limiti il divieto operava ecc.... -la tabella annessa alla legge (art. 2 secondo e terzo comma). Il decennio successivo alla legge del 1926 registra un crescente ampliamento ed una progressiva intensificazione del controllo pubblico del settore. A parte l'estensione del divieto di importazioni a nuove merci -che non propriamente da considerare modificazione o integrazione della disciplina, quanto puntuale impiego, in una determinata direzione, dei mezzi da essa apprestati -sono da segnalare in particolare i numerosi provvedimenti valutari (taluni dei quali prevedono strumenti di controllo non solo delle modalit di pagamento ma anche direttamente dello scambio commerciale: v. ad es. il r. d.1. 21 dicembre 1931 n. 1680, modificato con r. d.1. 22 marzo 1933 n. 176), nonch il r. d. 1. 20 settembre 1934 n. 1489 con il quale viene esteso anche alle esportazioni il potere della P. A. -gi previsto per le importazioni come si detto -di integrare o modificare l'elenco delle merci colpite da divieto (16). A questo punto il controllo pubblico sul commercio estero, prescindendo dagli aspetti specificatamente valutari, si esprime e si articola nella seguente variet di atti (che si prosegue per ora a designare con terminologia volutamente non impegnativa sotto il profilo della loro natura g1uridica): a) atti a carattere generale a mezzo dei quali si pongono nuovi divieti di importazione o esportazione, si sopprimono o si modificano in elementi accessori (contingenti ecc.) quelli gi esistenti; b) atti a carattere particolare a mezzo dei quali si deroga ai divieti, autorizzando singole operazioni, (designati comunemente con il nome di e licenze >); e) atti a carattere generale con cui si deroga in via generale (o per determinati contingenti, ma sempre astraendo da singole operazioni) ai divieti posti, stabilendo che per determinate merci, che continuano a rimanere colpite dal divieto, l'importazione possa essere consentita direttamente dalle dogane a certe condizioni o entro certi limiti. Quest'ultimo tipo di atto si differenzia da quello con cui .si sopprime il divieto, non .solo sotto l'aspetto giuridico, ma anche sotto quello operativo, perch generalizzando l'autorizzazione e lasciando in vita (seppur sullo sfondo) il divieto, J.a merce continua ad essere importata formalmente in deroga, ci che consente . appunto -attraverso le clausole suscettibili di accedere ad una autorizzazione generale -di controllare una serie di dati che sfuggirebbero invece in caso di pura e semplice soppressione del divieto e di una correlativa liberalizzazione istituzionale della merce. * * 5. Segue: l'art. 2 del d. l. 6 giugno 1956 n. 476. -Abbiamo dunque un sistema di controllo del settore a struttura piramidale ". La Amministra( 16) Di scarso rilievo invece il R.D.L. 3 novembre 1935 n. 1891 col quale si sostituiva all'unico elenco delle merci di e vietata importazione " un sistema fondato su un duplice elenco di merci, rispettivamente di vietata e di libera impartazione (artt. 1, 2 e 6), creando tra i due gruppi un complicato sistema intermedio, che rest per lettera morta, avendo ben presto il Ministro -in virt dei cennati poteri -trasferito con suo decreto le merci ad esso soggette nell'elenco di quelle sottoposte al regime di e vietata impartazione > (D.M. 28 dicembre 1939). 544 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zione ha a sua disposizione un triplice strumento di manovra: a seconda del diverso grado di intensit e di concretezza con cui reputi necessario intervenire, pu sia operare a livello dei divieti (ponendone di nuovi o sopprimendone di esistenti) sia a livello delle autorizzazioni generali (mantenendo il divieto, ma rinunciando ad un controllo operazione per operazione e :fissando invece in via generale certe modalit, certi limiti e condizioni, verificati di volta in volta dall'organo doganale, in presenza di quali l'operazione senz'altro da intendere autorizzata) sia infine a livello del pi penetrante controllo delle e licenze ". Accade per a questo punto una cosa estremamente significativa: con i decreti ministeriali 28 dicembre 1939, 15 luglio 1940 e 19 luglio 1940 tutte le merci vengono colpite da divieto di importazione edi esportazione. La disciplina del settore attribuisce all'esecutivo un potere di manovra tanto ampio da comprendere la stessa facolt di determinare direttamente la zona su cui la manovra pu essere esercitata, e l'ese.cutivo se ne avvale per estendere tale zona fino a farla coincidere con la totalit delle merci, e porre sotto controllo diretto e concreto l'intero settore. La distinzione tra merci di libera e di vietata importazione (su cui la legislazione del 1926, 1934, 1935 si fondava) perde ogni attualit; essa tuttavia non scompare, ma resta ad esprimere la giuridica possibilit di un diverso livello di manovra e di un diverso livello di liberalizzazione delle merci, non meno rilevante sol perch inattual. Il e divieto generale " posto con i d. m. del 1939-1940 doveva soprav vivere all'indirizzo politico contingente che lo aveva determinato, e le libe ralizzazioni degli scambi erano destinate dopo di allora, e anche nel periodo successivo al dopoguerra, a .seguire mediante generalizzazione del e per messo " e non mai con soppressione del divieto >. Nel 1956, con l'entrata in vigore del d. I. 6 giugno 1956 n. 476, si ha per una svolta di cui viene spesso sottovalutata la portata giuridica. Tale d. l. (portante nuove norme valutarie e istituzione di un mercato libero di biglietti di Stato ,. e convertito nella legge 25 luglio 1956 n. 786) contiene un art. 2 primo comma che recita testualmente: e Ai residenti fatto divieto di compiere qualsiasi atto idoneo a produrre obbligazioni fra essi e non residenti, esclusi i contratti di vendita di merci per l'esportazione nonch i contratti di acquisto di merci per l'importazione, se non in base ad autorizzazioni ministeriali. Ai residenti fatto divieto di effettuare esportazioni o importazioni di merci se non in base ad autorizzazioni ministeriali >. L'intitolazione della legge nella quale inserita ha stranamente condotto taluno (17) a fraintendere o sottovalutare la portata giuridica di questa norma, la quale, bench contenuta in un testo di disciplina valutaria (ci che non pu avere alcun rilievo di fronte all'ampiezza e generalit della norma, tanto pi che l'aspetto valutario intimamente legato a quello economico, di cui costituisce anzi una specifi.cazione) ha evidentemente la natura di un principio generale nella intera disciplina amministrativa del settore. Per cogliere invece la portata di tale norma occorre considerare (17) E cosi ad es. GERBINO, op. cit., e CUTRERA, Divieti... cit., il primo dei quali pare ritenerne la natura di norma esclusivamente valutaria e il secondo si limita ad una generica protesta di inopportunit. Esattamente ne cogie l'importanza invece Ross1 A., La natura giuridica della licenza di importazione e esportazione, in Riv. dir. comm., 1961, 360 ss., il quale per giunge a conclusioni che non sembra possibile condividere (su ci v. oltre). PIA'.ft~.I,:$j_;.: ~l, GJ~B~.SV' Q~S'flONl ~l GIWrMS:$1IZlQ.J(E 545 ehe. t>ihna ~d~.$iflla!;,eMJ:ata. in vigore,~ur vi~ndo un c:l.'1vie10 g~e.:aie di mp~~1ta~l<0ne -~.Sfo~~~ , .'Ul' este'rid\o la anovra aMd:ba .el!lclusiva: nient: ad ~tti (luo11:ori 'di tale e che a volte prendono ad oggetto una determinata operazione di importazione ed esportazione (c. d. licenza), ed altre volte assumono invece un contenuto generale per .stabilire che a certe condizioni, entro certi limiti, secondo certe modalit ecc. tutte le operazioni di un dato tipo "verranno consentite direttamente dalla dogana,. (cosi si esprimono generalmente i decreti ministeriali). Ad una manovra fondata essenzialmente su un gioco di divieti> e di e permessi,., qual'era quella presupposta dalla legge del 1926, si ormai definitivamente sostituita una manovra fondata esclusivamente su un gioco di permessi generali e particolari (19). A queste due specie di atti la prassi usa riconnettere la distinzione tra due distinti regimi, detti rispettivamente e a licenza > e e a dogana >. L'analisi della natura giuridica di questi atti presenta un grande interesse (sia sotto l'aspetto pi genea.-ale della qualificazione giuridica dell'intervento pubblico nell'attivit economica privata, sia sotto quello della teoria dell'atto amministrativo), ma essa esigerebbe un esame ben pi approfondito di quanto non consenta il carattere di questa nota, con la quale si intende soltanto segnalare alcuni punti nodali del problema. Conviene prendere le mosse dalla c. d. licenza d'importazione o esportazione (cio dall'atto che ha ad oggetto -per consentirla -una determinata operazione, non riconducibile ad alcuna autorizzazione generale e perci realizzabile solo dietro specifico permesso ministeriale), sulla quale prevalentemente, se non esclusivamente, si in genere soffermata l'attenzione della dottrina. (19) Si scioglie cosi la riserva formulata alla nota n. 12. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 547 L'opinione tradizionale (20) vuole che si tratti di una comune autorizzazione amim.inistrativa, di un atto cio destinato -secondo la formula definitoria generalmente accettata (21) -a rimuovere il limite posto allo esercizio di una attivit inerente ad un preesistente diritto soggettivo dell'interessato, previo riscontro della mancanza di ragioni di contrasto con le esigenze di tutela dell'interesse pubblico a garanzia del quale il limite stesso apprestato dall'ordinamento. Senonch l'ampiezza del potere discrezionafe di cui l'Amministrazione dispone nella emanazione di siffatte " licenze " ha indotto taluno a dubitare che l'esercizio del commercio internazionale possa essere ricondotto nell'ambito di un'attivit istituzionalmente libera (seppur limitata dall'ostacolo che l'atto sarebbe destinato a rimuovere) o comunque inerente ad un preesistente diritto, sia pure condizionato, del soggetto. Si perviene cosi ad una opinione esattamente opposta: la licenza non "consente" una attivit, peraltro gi istituzionalmente libera, ma " attribuisce > la facolt di compierla ampliando la sfera delle situazioni giuridiche del soggetto, -e venendo cosi ad assumre tipica natura concessoria (22). Dall'una parte si collocher l'accento sul diritto all'iniziativa economica privata e sul fatto che l'esercizio del commercio internazionale non pu non essere ricondotto, seppur in lontana istanza, a tale diritto; per converso, dall'altra parte, si far riferimento alle limitazioni che tale diritto, per espressa previsione della norma stessa che lo enuncia, pu subire dall'ordinamento e si rilever come vi un segno oltre il quale la profondit e l'ampiezza del controllo pubblico fa sfumare il carattere privato dell'attivit in una completa pubblicizzazione legittimando l'opinione che l'intero settore sia da considerare ormai in dominio> pubblico e che l'atto con il quale il privato ammesso ad operarvi non possa essere trattato che alla stregua di un e privilegio " a lui attribuito (23). Questa disputa intorno alla natura giuridica deHa licenza ministeriale di import-esport riflette in realt -ci di cui non sempre coloro che vi sono intervenuti sono stati consapevoli -una disputa di assai pi ampia portata e di assai pi vasto interesse, che coinvolge la sistemazione giuridica di una serie di atti e procedimenti a mezzo dei quali si esplica l'intervento pubblico nella economia. accaduto in quest'ambito (ma un fenomeno che si ripete ricorrentemente) che tradizionali strumenti giuridici, (20) Cfr. FRANCESCHELLI, Gli scambi internazionali e il diritto commerciale interno in Riv. dir. comm., 1950, I, 14 ss.; CUTRERA, voce e Divieti, ecc. >, cit.; GERBINO, op. cit.; BAELI, Le autorizzazioni generali e particolari in materia di esportazione di merce e capitati in Rass. dir. e tecnica doganale, 1957, 161 ss.; LoIACONo, Licenza ministeriale e operazioni di import-esport in compensazione privata in Banca, borsa e titoli di credito, 1957, II, 33; altra bibliografia in questo senso in LIONETTI, op. cit., passim. Per la giurispruednza cfr. OnusA, op. cit., nonch Trib. Roma 2 febbraio 1959 (in causa Cannella c. Min. Comm. Estero e Min. Tesoro) in Temi Romana, 1959, 239. (21) Amplissima e notissima essendo la bibliografia, superflua appare ogni citazione (un diligente elenco in GASPARRI, voce e Autorizzazione (dir. amm.vo) >, Enciclopedia del Diritto, Milano, 1959, vol. IV, 516). Jt piuttosto da segnalare che le critiche anche di recente mosse alla formula definitoria tradizionale (cfr. ad es. GIANNINI M. S., L'attivit amministrativa, Roma, 1962, 139 ss.) non alterano sostanzialmente lo schema fondamentale della categoria. (22) In tal senso SALVATORI, Aspetti giuridici del commercio con l'estero, in Riv. della Guardia di Finanza, 1956, 199 ss., e soprattutto RossI A., La natura giuridica della licenza di importazione, cit.; si veda pure sul problema LIONETTI, op. cit., 99. (23) Cfr. SPAGNUOLO-VIGORITA, op. cit., 171. 548 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO da tempo elaborati e di sperimentata applicazione, siano stati aaottati utilizzati per esprimere funzioni sostanzialmente nuove e diverse rispetto a quelle in vista delle quali erano stati originariamente elaborati e costruiti. Da qui una serie di istituti ai quali non riesce di trovare una categoria adeguata e che assai spesso rifiutano l'una per eccesso e l'altra per difetto non calzando in alcuna. Tra questi sono appunto una serie di atti che si pens di poter senz'altro costruire alla stregua di normali atti permissivi e che, pur conservando taluni tratti caratteristici generali di questi, :finirono con l'attirare sempre maggiore attenzione su certe peculiarit impresse dalla diversa funzione che erano destinati ad assolvere. Traducendosi poi queste peculiarit in altrettante specificazioni o diversificazioni di contenuto e in una correlativa differenziazione di regime giuridico, cosa del tutto. naturale che si sia cercato di individuare una categoria a parte di atti e di delinearne i tratti proprii e caratterizzanti, piuttosto che forzare una impacciata sistemazione in categorie preesistenti. Ch se poi tali atti o procedimenti cosi raggruppati e delineati, conservando alcuni tratti tipici della matrice da cui nascono, possano o debbano essere collocati nell'orbita di questa, alla stregua di una ben individuata sotto-categoria, problema che certamente non tocca la legittimit del criterio seguito ,di trovare concetti nuovi per fenomeni nuovi (o anche solo parzialmente tali) e nomi nuovi per concetti nuovi. ~ appunto ci che si fatto allorch nell'ambito della categoria generale delle autorizzazioni, si individuato un gruppo di atti i quali -pur riproducendo quella relazione funzionale, tra l'atto che si considera e un preesistente diritto ch' tipica delle autorizzazioni (24) -presentano tuttavia una ben delineata fisionomia propria rispetto agli altri esponenti della categoria generale, ci che giustifica la riduzione vuoi di questi e vuoi di quelli sotto nomenclature di sotto-classificazione capaci di esprimere ad un tempo la radice comune a tutti e gli elementi caraterizzanti di ciascuna. Nella categoria generale delle autorizzazioni si collocano cosi accanto alle e autorizzazioni in funzioni di polizia > quelle in funzione di controllo > ed ancora quelle in funzione di manovra" (25); ovvero (con differente nomenclatura cui non corrisponde peraltro una sostanziale differenza concettuale) si pongono accanto alle autorizzazioni con verifica del non contrasto" le "'autorizzazioni con esame del bisogno " (26). Le autorizzazioni di manovra (o con esame del bisogno ) presentano, secondo il profilo che ne ha tracciato chi meglio e pi a fondo le ha studiate (27), i seguenti aspetti caratterizzanti. La riconduzione nella categoria generale delle autorizzazioni si opera sotto il profilo della presenza del retrostante diritto di iniziativa economica privata, il quale, se non compresso fino alla sua totale vanificazione attra verso una formale riserva di quel certo settore allo stato (nel qual caso il passaggio alla distinta categoria delle concessioni obbligato), conserva pur sempre la sua forza di espansione, per quanto lontano e sullo sfondo la disciplina positiva del settore venga a collocarlo, e vale ad i,mpedire (24) Cfr. SANDULLI, Notazioni in tema di provvedimenti autorizzativi, in Riv. trim. dir. pubbt., 1957, 784 ss. (25) Cfr. GIANNINI M. S., L'attivit ecc., cit., 142. (26) Cosi SPAGNUOLO-VIGORITA, op. cit., 163 ss. (27) Lo studio pi esauriente e opprofondito di tali atti permissivi, in termini generali, si trova in SPAGNUOLO-VIGORITA, op. cit. (Capo Il). PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 549 che l'accesso a quel certo settore o l'esercizio di quella certa attivit non formalmente riservati allo Stato, ripetesi -si ritenga soggetto non gi ad un permesso, ma ad un vero privilegio > (28). La caratterizzazione di questi provvedimenti, all'interno-della categoria degli atti permissivi, avviene poi non gi con riguardo alla maggiore ampiezza di discrezionalit di cui l'Amministrazione dispone -discrezionalit praticamente limitata dalla sola funzione di manovra economica e all'interno di questa praticamente illimitata -ma in relazione al diverso riferimento del giudizio su cui essi si fondano. Il limite all'esercizio del diritto posto, e il potere di rimuoverlo dato, non gi perch la Amministrazione possa verificare di volta in volta il non contrasto dell'attivit da intraprendere con l'interesse pubblico (attraverso l'esame dell'idoneit del soggetto richiedente o del caratere non pregiudizievole dello specifico e concreto oggetto dell'attivit richiesta), ma perch l'Amministrazione possa valutare soprattutto -attraverso un giudizio non pi di carattere negativo, ma positivo -la convenienza oggettiva dell'attivit che si richiede di compiere in relazione alla sua idoneit specifica a soddisfare un bisogno collettivo. L'atto preordinato non gi alla verifica dell'assenza di impedimenti, ma alla presenza di un vantaggio " positivo ed attivo ", s che l'assenza dei primi si pone come elemento necessario ma non pi sufficiente per la conclusione favorevole del giudizio che precede l'atto e ad esso inerisce (29). Se il riferimento ad un retrostante diritto di iniziativa economica impone. dunque la riconduzione di questi atti nella categoria delle autorizzazioni, tuttavia la peculiare natura del giudizio discrezionale che essi presuppongono, fondato su una valutazione del bisogno del mercato, pongono -sul piano del regime giuridico ad essi riservato -alcune precise simiglianze con gli atti di natura concessoria, simiglianze che si originano da ci che mentre la. mera verifica del e non contrastb > consente una indefinita moltiplicazione degli atti, l'esame del bisogno impone una correlativa limitazione quantitativa -circoscritta appunto dal bisogno -degli atti che questi giudizi presuppongono: si pu parlare in proposito di un contingentamento in "re ipsa > della capacit permissiva. A misura che il bisogno > soddisfatto, con l'accoglimento di talune delle richieste avanzate, mutano gli elementi di giudizio alla stregua dei quali dovranno essere valutate le altre. Ci implica precise conseguenze in relazione alla necessit di una diversa strutturazione del procedimento di rilascio, alla risoluzione di un conflitto potenziale sul concorso di pi domande (conflitto che invece non si pone nelle autorizzazioni con riscontro del non contrasto, suscettibili in genere di indefinita moltiplicazione), nella possibilit di modificazioni soggettive conseguenti al carattere obiettivo e non strettamente personale che -almeno tendenzialmente -queste autorizzazioni presentano (30). Il tipo di discrezionalit che a questi provvedimenti inerisce, e non tanto invece la sua ampiezza, giustifica infine il fatto che si ritenga sempre presente in relazione ad essi un potere di revoca; riferiti infatti ad un vero e proprio potere di manovra del settore, compito da espletare non gi con interventi isolati posti in essere al momento del giudizio, ma con " vigile cura costante questi atti cosi come richiedono che l'Amministrazione non (28) Cfr. SPAGNUOLO-VIGORITA, op. cit., 161 ss. (29) Cfr. SPAGNUOLO-VIGORITA, op. cit., 163 ss. (30) Cfr. SPAGNUOLO-VIGORITA, op. cit., 177. 6 550 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO resti indifferente all'uso che se ne faccia da parte del soggetto atm'izzato. (ci che un altro elemento caratterizzante essendo appunto l'opposto di quel che normalmente accade nelle autorizzazioni con verifica del non contrasto), esigono il riconoscimento obbll.igato di un potere di perdurante verifica del permanere del bisogno> e un correlativo potere di revoca in caso di sua cessazione (31). Questo breve profilo, meramente riassuntivo dei lineamenti che la dottrina ha tracciato di questo gruppo di atti, consente di individuare il tratto pi significativo di essi in una caratteristica ambivalenza data dal rapporto tra l'elemento base che ne impone la riconduzione alla categoria generale delle autorizzazioni (ila presenza del retrostante diritto ex art. 41, primo comma, Cost., e la sua forza espansiva) e il regime assai prossimo a quello degli atti di natura concessoria che ad essi imprime la funzione di manovra > a cui sono preordinati e la qualit del relativo potere discrezionale. Questa ambivalenza fa immediatamente pensare a quel raggruppamento classificatorio che altri ha tentato sotto fa nomenclatura di e licenze> (32) e la cui caratteristica risiederebbe appunto in una posizione intermedia tra concessioni e autorizzazioni, e in una maggior prossimit alle prime che alle seconde, definita appunto dal fatto che la valutazione non investirebbe solo requisiti, ma l'opportunit medesima dell'attivit, ci che testimonierebbe l'assenza di un preesistente diritto soggettivo. Senonch sembra che giustamente si rimproveri a tale criterio classificatorio,. da un canto, di lasciare imprecisata quella maggior prossimit alle concessioni, dall'altro, di creare una classe intermedia senza definire lo spazioentro cui dovrebbe muoversi, giacch pur doveroso riconoscere che al di fuori del riferimento ad un sia pur generico diritto individuale non dato trovare un diverso criterio che segni il confine tra il "consentire,, proprio della licenza e l"' attribuire,, proprio della concessione (33). 7. Segue. -Fatte queste premesse, che non parso in alcun modo possibile eliminare, si tratta di vedere se e in che misura, una volta accettato come valido questo raggruppamento di autorizzazioni in funzioni di " manovra con propri tratti caratterizzanti, la licenza di import-esport vi possa essere ricondotta (3'4). Ed a noi pare -pur nei limiti confessati della presente indagine -che tale riconducibilit non solo si dia, ma altresl che la accettazione della categoria delle autorizzazioni di manovra o con esame del bisogno" condizioni la stessa possibillit di trovare alle licenze di import-esport una adeguata collocazione sistematica, non potendo -seppur per opposte ragioni -apparire tale n l'opinione tradizionale, n quella opposta che giunge a scorgervi vere e proprie concessioni.. (31) Cfr. SPAGNUOLO-VIGORITA, op. cit., 186. (32) Cfr. SANDULLI, Abilitazioni, autorizzazioni, licenze, in Rass. dir. pubbl., 1958, 11 ss.; SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo (V ediz.), Napoli, 1959, 279; la validit della terminologia sandulliana delle licenze esaminata da SPAGNUOLO- VIGORITA, op. cit., 171 ss. (33) Cfr. SPAGNUOLO-VIGORITA, op. cit., 173. (34) Lo SPAGNUOLo-VIGORITA ve la riconduce ma, lavorando con l'attenzione precipuamente rivolta agli aspetti generali dell'intervento pubblico nell'attivit economica privata, opera e costruisce ponendo in maggior risalto altri aspetti di tale intervento (il settore creditizio in particolare); sfuggono cosi a volte alcune peculiarit della disciplina in esame che -appunto perci -si avuto cura di porre nel testo in maggior risalto. PARTE I, SEZ. lI, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 551 Non quella tradizionale, perch rinuncia a porre in evidenza quanto di ear~tteristico la licenza di im:port-esport presenta rispetto allo schema tradizionale dell'autorizzazione, e non riesce quindi a giustificarne la singolarit di taluni aspetti d.el regime giuridico. In proposito estremamente siguli.cativo che rinadeguatezza dell'opinione tradizionale sia stata proprio avvertita allorch si trattato di trovare un.a spiegazione ad un potere dis.crezionale di revoca, che subito ]>arso doveroso riconoscere in vista deU,.e .funzioni .cui l'atto as~olve,. :ma che d'altra parte -almeno nei term. ini fJ.l ~l;li esso esi,ge;ya di essere ricQnosciuto -non riusciva a trovare sp~io nel/lo schema bnpr-e.eisatamente autorizzatorio che dell'atto si era dato.(~). . ........ i ... ' . Nell'ambito di questo sehema resta parimenti assai difficile spiegare come .mai. una volta :rimo~o il limite,. l'Amministrazione conservi un preci$6 ~$er!i!~; a ... chef~at~,vit a:i.itorl~ta sia ~tfet:tf;vamente posta in ~~~~ ;~n~o.ta il'l-~urla &ffl'. $emp~e ae~e&ere aWatto . \l~ limite. temporal~ cii td:i; . . . .:ne (~f,{l;. o ~om;~ ~ai. la e rimozione del Um1te " nei confronti di'. 'lUl. sof~~'t;to l1o~~aJllft~li-e fino . a P):'Ci!iiu~are !la possibilit di eguale;t#lc>zt9ztl;e nei. p~tonti di, .altri JJ&ggett richiedenti: aspetti questi che t~:n,to l)9eQ J!f giufti4can,Q n,~..tradtziPJ;);ale scherpa autoriz!&atorio da essere m:vec,e tra~ion~imente ousid~r;a,ti cat.atteristlci dell'.antitetico schema concessori<>. i: eyfl.fnte invece che Uni/l vQlta introdotto il riferimento ad un ~V~,O. ~f?O .di; it\l~j*i.Q is~~,.~iol)al,e, elementQ' . qaratter;i:zzante del gruppo ~'inte:plb d&l:Ui catego:i:ia, ., tli aspetti dive:ngono o:vVie conseguenze del :!?atto' eb~, se refietto ~ 'Pll'.J;' sempre ql;l~l di e con.sentire>, la funzione dli'atto q.~lla di manovrare dn merC!ato, e lo stesso e consentire " non fj" l)itr tanto preordinato al contrllo dell'attivit -assunta come ipoteticamSri. te pr!d'diz'i~vle di un interesse pubblico -quanto costituisce uno 1 strumento per e:tfettuare queI1a manovra e per bilanciare l'equilibrio di un bisogno collettivo. UAJl:l.ministr-one consente 11ttivit di impo1t-esport non tanto per eb non 'Vi sono ostacoli a cl:I,~ il soggetto esrciti il suo diritto d'iniziativa quanto peJ.lch vi un: bisogno collettivo a che tale attivit sia esercitata: da etti il preciso interesse a che al consenso segua in effetti l'attivit (e la relativa ineJ.lnza di un limite tempotale di utilizzazione del consenso); da qui l'in.tertil:ipendenza tra Ciascuno di consensi. dati e le alltre richieste di consenso; da <;tui il carattere .tendenzialmente -reale dll'autorizzazione, e che si traduce in una pssiblllt di cessione, ma solo congiuntamente alle merci cui l'atto si riferisce (37); da. qui infine una estrema ampiezza della (35) Alla conclusione della natura concessoria dell'atto in esame RossI A., op. cit., giunge appun~o attrav~rs() .una con-etta C]:'itica della sent. Cass. SS. uu. 26 aprile 1961 n. 932, in Riv. dir. comm., 1~61, S6, che riconosceva ampio potere di revoca, partendo ttittavja da una ,ost~i,one .im~:r.'ecif!at~te autorizzatoria dell'atto stesso. (36) Cfr. G~tsmo, op~ cl't., 757(11 tl'!iline a:Pposto normalmente di sei mesi. (37) Art. 13 r. d. 1. 14 ne.vembre 1926 n. 1923. Secondo la giurisprudenza la cessione. della licenza con contemporanea cessione della merce cui si riferisce (ci che condiziona la validit della cessione), ma senza Ja c. d. voltura della stessa a nome del nuovo titolare, comporta un persistere della responsabilit dell'originario titolare nei confronti della P. A. in ordine all'attivit autorizzata. Cfr. App. Torino 5 luglio 1956 in Rep. giur. it., 1956, voce cEsportaz. e importaz.,, n. 3; Cass. 31 gennaio 1955 n. 256. Tale aspetto implica il riconoscimento di un vero e proprio rapporto giuridico tra la P. A. e il titolare, conseguente alla emanazione dell'atto. Sulle autorizzazioni creative di tali rapporti cfr. FRANCHINI, Le autorizzazioni amministrative costitutive d.i rapporti QUridici tra l'Amministrazione e i privati, Milano, 1957. 552 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO discrezionalit, limitata praticamente soltanto dal carattere economico (e non quindi sanitario, milJ.itare, ecc.) degli scopi che con tali atti possono essere perseguiti, discrezionalit che si estrinseca altres nella possibilit di una serie indefinita di clausole e condizioni da apporre al consenso e la cui variet pienamente adeguata alla variet delle esigenze che la situazione del mercato pu presentare e delle finalit specifiche che, di volJ.ta in volta, la manovra pu avere di mira. Se questi rilievi conducono a concludere per una decisa insufficienza dell'opinione tradizionale, altre considerazioni impediscono tuttavi.a~ a nostro avviso, di compiere senz'altro il passaggio nell'ambito dei provvedimenti concessorii, e valgono definitivamente a convincere della esattezza (e della necessariet) della collocazione sistematica a cui si aderito. L'ostacolo che ci sembra precludere la possibilit di parlare di una concessione a proposito della licenza di import-esport non solo e non tanto la presenza ineliminabile del diritto di iniziativa economica, dotato di potenziale espansione per quanto lontano sullo sfondo possa collocarsi; non solo e non tanto la correlativa assenza di una formale riserva dell'attivit di import-esport allo Stato (elementi questi su cui invece, nell'ambito dello studio generale delle autorizzazioni di manovra o con esame del bisogno> particolarmente si insiste); quanto piuttosto il fatto che la disciplina amministrativa del commercio estero strutturata in funzione precipua di un protagonista economico privato, nei confronti del quale -si noti -l'ampiezza del potere discrezionale conferito all'Amministrazione gioca tanto nel senso di consentire il pi penetrante intervento quanto nel senso di consentire che se ne faccia praticamente del tutto a meno. Attraverso ilJ. gioco dei e divieti,. e dei e permessi,. (nella fase anteriore al 1956) e in quello delle autorizzazioni e generali> e e particolari,. (nella fase successiva al 1956), alla Amministrazione -seppur con diversa portata a seconda dei due meccanismi - sempre stata data la facolt di emarginare una certa zona del settore per operare su di essa una pi blanda manovra o per non operarne alcuna. Tanto POGO possiamo dunque dire che l'atto in esame e attribuisce ,. nuovi diritti a.il soggetto cui si rivolge, che in potere della stessa Amministrazione -attraverso una generalizzazione del permesso non subordinato a clausola alcuna (dopo il 1956) o attraverso la soppressione del divieto (prima del 1956) -di porre in essere i presupposti in presenza dei quali l'attivit costituente esercizio del preteso nuovo diritto invece del tutto libera e indipendente dallo specifico atto che quei diritti avrebbe dovuto creare, e pu -al limite svolgersi persino nella indifferenza dell'ente che quei diritti avrebbe dovuto attribuire. Le esigenze pubbliche e le necessit operative alle quali la disciplina del commercio estero si informa -in altre parole -sono siffatte che gli atti a mezzo dei quali si esprime, pur quando si pongono come derogatori di preesistenti divieti, in realt sono pi importanti dei divieti stessi, e di remmo anzi che lo stesso divieto (sia esso un divieto in senso proprio o semplice frutto di una mancata contemplazione della operazione in una autorizzazione generale) non inerisce gi ad un'attivit che l'ordinamento voglia effettivamente precludere, ma ad una attivit che in realt per nes sun'altra ragione si vieta se non per poterla autorizzare e -autorizzan dola -sottoporla ad un controllo di manovra. Ci che definitivamente convince della impossibilit di ridurre detta attivit nell'ambito di quelle che si ., concede,. di espletare, attribuendo il correlativo nuovo diritto, e .. J J PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 553 della necessit di riferirla invece ad un diritto preesistente il cui esercizio soggetto ad un istituzionale controllo pubblico preordinato ad una :finalit di manovra economica. 8. Gl'i atti di manovra a contenuto generale. -La manovra del settore del commercio estero stata sempre effettuata, oltre che con provvedimenti autorizzatori aventi ad oggetto singole operazioni, altresl -come si pi volte sottolineato -a mezzo di atti a carattere generale, atti che fino al 1956 potevano operare sia sul piano della esistenza stessa dei divieti sia su quello del meccanismo derogatorio di essi, mentre dopo il 1956 non possono -a nostro avviso -operare che su quest'ultimo (v. sopra n. 5). Tanto agli uni quanto agli altri -cio tanto a quelli che ponevano nuovi divieti o ne sopprimevano di esistenti, estendendo o restringendo cosi la zona manovrata, quanto a quelli che trasferiscono una merce dal regime e a dogana > al regime " a licenza > e viceversa, particolarizzando o generalizzando cosi il meccanismo di manovra -deve essere riconosciuta la natura di atti amministrativi generali a contenuto non normativo (38), venendo cosi ogni problema ad inquadrarsi in quello pi ampio attinente a .questa categoria di atti, dibattuta e controversa nei suoi aspetti particolari e nella determinazione del criterio individuatore, ma ormai pacificamente accettata (39). Ci che deve infatti essere posto nel massimo rilievo, allorch si considerano questi atti generali a mezzo dei quali il potere amministrativo controlla e manovra il settore del commercio estero, che essi non hanno la funzione e lo scopo di regolare astrattamente rapporti giuridici, contribuendo alla creazione o integrazione dell'ordinamento giuridico, bensl esattamente quello di provvedere -seppur in via generale -alla e cura di un interesse pubblico concreto e puntuale> (40). Essi in fondo non trovano altra giustificazione se non quella di consentire che il controllo e la manovra del settore, demandati dall'ordinamento al potere amministrativo, possano essere svolti a diversi livelli di concretezza a seconda delle esigenze che di volta in volta -cio rispetto ad (38) In tal senso D'ALBERGO, senza titolo nel testo (nell'indice: e In tema di disciplina amministrativa delle importazioni), in Foro it., 1964, I, 1648, come commento a Cass. 22 aprile 1964 n. 956. (39) In relazione a tali atti, esiste una copiosissima bibliografia formatasi principalmente -oltre che in studi di carattere generale sull'atto amministrativo e sull'atto normativo -nella scia delle discussioni cui ha dato luogo l'ammissibilit dei regolamenti ministeriali, da un canto, e la natura di alcuni atti particolari (quali ad es. i provvedimenti CIP), dall'altro. Tra i pi significativi di tali scritti devono essere ricordati: GIANNINI M. S., Provvedimenti amministrativi generati e regolamenti ministeriali in Foro it., 1953, III, 9 ss., DE VALLES, Regolamenti ministeriali e ordinanze generati in Foro it. 1951, IV, 97 ss.; GIANNINI M. S., Sui regolamenti ministeriali (a proposito degli ammassi dell'olio e dei vincoli dei prezzi) in Foro it., 1950, I, 664 ss.; SANDULLI, Sugli atti amministrativi generali a contenuto non normativo, in Foro it., 1954, IV, 217 ss. (ora in Scritti giuridici in memoria di V. E. Orlando ); GUARINO, Sul carattere discrezionale dei regolamenti, in Foro it., 1953, I, 537 ss.; Gu1cCIARDI, Natura giuridica e specialitd dei provvedimenti CIP, in Giur. it., 1955, III, 85 ss. Altra bibliografia in BILE, Appunti sulla natura giuridica dei provvedimenti CIP, in Giur. it., 1958, I, 645 ss.; con specifico riguardo al regolamento ministeriale, cfr. VIGNOCCHI, Il potere regolamentare dei ministri, Napoli, 1957; bibliografia a pag. 1, nota n. 1. (40) Cfr. GIANNINI M. S., Provvedimenti amministrativi generali ecc., cit., 20. 554 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO una singola merce o ad una singola provenienza in una certa congiuntura economica -si pongono, rendendo cosi fa manovra stessa adeguata alla finalit che, in concreto e in un certo momento~ essa si propone di perseguire. L'interesse pubblico che sta alla base di questa disciplina , in altre parole, siffatto da non esigere che alla sua cura si provveda sempre e comunque ad un medesimo-livello di concretezza; e l'ordinamento tiene conto di ci affidando all'amministrazione non solo il potere di manovra, ma altresl quello di delimitarne l'ambito (prima del 1956) o di graduarne l'intensit, ci che peraltro costituisce pur sempre un modo di provvedere alla cura di quell'interesse pubblico e non un modo di variare la disciplina che lo tutela. Accettata, con queste precipue giustificazioni, la natura di atti generali a contenuto non normativo .il problema non si per esaurito. Tralasciando l'atto con cui si abolisce un divieto o se ne istituisce Ul'.10 nuovo (aspetto che -come si detto -ha perso li attualit), e concentrando l'attenzione su ,quelli che, generalizzando l'autorizzazione, trasferiscono una certa merce dal regime e a licenza > a quello e a dogana >' si tratta altresl di stabilire qual' la portata del suo contenuto. In tali atti normalmente si dice che la importazione o esportazione di una data merce -a certe condizioni, limitatamente a certe provenienze o destinazioni, ma eventualmente anche senia alcuna di tali clausole -verranno e direttamente consentite dalla dogana >. Ci potrebbe immediatamente far pensare ad una delega amministrativa, nel senso che non tanto viene generalizzata una autorizzazione quanto piuttosto viene trasferito il potere di concederla ad organo periferico. 1Senza che sia possibile (41) in questa sede approfondire il problema sembra per che una tale configurazione debba senz'altro escludersi, non solo e non tanto per ragioni attinenti alla ammissibilit di una siffatta de lega, quanto piuttosto perch all'organo doganale non viene gi trasferito il potere di valutare discrezionalmente il bisogno e l'opportunit di quella certa importazione o esportazione (valutazione che per sua natura non pu essere effettuata che nella considerazione dell'intero mercato e quindi a livello centrale), ma esclusivamente il potere di verificare in relazione alle singole operazioni la ricorrenza delle condizioni in presenza delle quali l'operazione stessa pu ritenersi compresa tra quelle autorizzate in via ,generale. Nonostante l'impropria formulazione dei provvedimenti per tanto, la dogana non consente l'operazione, ma si limita a svolgere funzioni, di esecuzione del provvedimento generale, controllando che in effetti quella determinata operazione -per la qualit delle merci, loro confezione, loro destinazione o provenienza, loro quantit ecc.... -rientri tra quelle gi " consentite in via generale dalla autorit centrale. Resta tuttavia il fatto che l'importazione o la esportazione ,di queste merci, comprese in atti autorizzatori generali, non sono affatto attivit non coperte dal potere di manovra o in relazione alle quali tale potere sia venuto meno. Al contrario sono attivit in relazione alle auali il potere di manovra si esplicato in via generale, perch l'esame del bisogno o della opportunit che esse fossero compiute sfociato neHa conclusione della sufficienza di un minor grado di concretezza e nella determinazione che stabilite certe condizioni, o eventualmente certi contingenti -esse (41) Sulla delega amministrativa cfr. MIELE G., voce Delega (dir. amm.vo} in Enc. del DiT., vo.1. XI, Milano 1962, 905 ss. ed ivi bibliografia. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 555 possono senz'altro essere sopportate e tollerate dal mercato, fino a tanto che un nuovo esame non consigli una manovra operata invece a diverso e pi penetrante livello. Di tutto ci non tenne conto la giurisprudenza allorch, esaminando seppur a :fini del tutto particolari ( 42) -queste " autorizzazioni generali > ritenne di poterle senz'altro equiparare a quegli atti che, operando invece sul piano dell'esistenza stessa dei divieti, rendono la merce esente da permesso e puramente e semplicemente liberalizzata. In particolare la giurisprucle:nza non consider quell'aspetto singolare della disciplina tn esame costituito dalla possibilit di graduare il livello di manovra: in realt tanto poco l'abolizione del divieto poteva essere assimilata ad una generalizzazione del permesso, che questa seconda -attravel.lso l'apposizione di una. serie di clausole e condizioni, costituenti altrettante manifestazioni (lel suo contenuto l.eroga.torto -gradua .il livello di m~npvra, laddove la :Prima -traducendosi nella pura e semplice espunzione di una data merce dalla zon di manovra -esci.ude ia manovra stessa rispetto a quella merce (43). E. ZECCA (42) Cfr. le quattro aentenze Cass. 22 aprile 1964, nn. 955, 956, 95'7 e 958; la n. 956 . pubblicata in Foro it., 1964, I, 1648 con nota di D'ALB:maco, nonch in .Rass. Avv. Stato, 1914. I, 586, on nota redazionale. . (48:) Si avverte il bisogno di precisare che, nelle osservazioni contenute nel testo, si volutatnen'!;e tralasciato di considerare taluni aspetti -quali, ad es., il problema della imputazione degli atti considerati (che Gi:RBx*o, op. cit., considera atti complessi, con analisi tutta'via insufBCiente), quello della inc:lividuazione dei rapPorti interorganici cprrenti, nella emanazione c:li tali atti, tra l'Anuninistrazione del Commercio estero e quella delle Finanze, quello dell'influenza di tali atti sui rapporti negoziali interprivti sortiintorno ~opera'Zione di scmbio internazionale -aspetti che 11on apparivano essenziali rispetto alle osservazioni svolte. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 25 gennaio 1967, n. 218 -Pres. Scarpella -Rel. Straniero -P. M. Pedote (conf.). -Di Maggio (avvocati Abbamonte e Giannini) c. Marino (avv. Fragola), Medico provinciale di Napoli, Ministero Sanit e Polisi. Competenza e giurisdizione -Cassazione .. Consiglio di Stato -Decisioni -Sittdacato delle sezioni uniteJdella Corte Suprema Limiti. (Cost., art. 111, coma terzo; c. p. e., art. 362, comma primo; t. u. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 48). Giustizia amministrativa -Atto amministrativo -Interesse legittimo .. Legittimazione del terzo rispetto all'atto -Limiti -Fattispecie (in tema di farmacie). (t. u. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 26; t. u. 27 luglio 1934, n. 1265, artt. 104 e 109). Nei confronti delle decisioni pronunciate dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, la Corte di cassazione , per legge, chiamata a RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 556 rilevare soltanto se siano stati o meno osservati i limiti esterni dell giurisdizione e, in rapporto a ci, a individuare la materia che la legge assegna alla giurisdizione di quel Giudice, ad inquadrare in detta materia la particolare controversia, a valutare il contenuto dell'atto che definisce il procedimento in relazione all'esistenza di una giurisdizione che, se per talune materie si estende al merito, normalmente di semplice legittimit: l'impugnazione delle decisioni in questione , quindi, ammissibile soltanto per difetto assoluto di giurisdizione, cio per un error in procedendo" che il Consiglio di Stato abbia commesso con l'in'Vadere il campo riservato alla libera discrezionalit della pubblica Amministrazione, la sfera di giurisdizione propria d'altro Giudice, ordinario o speciale, ovvero con l'esplicare un sindacato di merito nei casi nei quali la potestas iudicandi " sia limitata esclusivamente all'indagine sulla legittimit dell'atto amministrativo ovvero, infine, col rifiutare di pronunciarsi sotto l'erroneo presupposto che la materia propostagli non possa costituire oggetto di funzione giurisdizionale (1). La titolarit di un interesse legittimo deve essere riconosciuta a colui che pur essendo terzo rispetto ad un atto amministrativo si trovi in una situazione tale da subire un danno nel caso in cui l'atto medesimo venga emanato in difformit dell'interesse pubblico perseguito da una norma di legge; in tal caso, infatti, l'interesse del terzo coincide con l'interesse pubblico all'osservanza di detta norma e trova, pertanto, nella norma stessa una protezione occasionale o riflessa, differenziandosi dan'interesse generico di tutti i cittadini al buon andamento della pubblica amministrazione: applicazione in tema di rispetto del limite di distanza di 500 metri da altre farmacie, per l'apertura di una nuova farmacia (2). (Omissis). -Il dott. Silvestro Marino, vincitore in seguito a pubblico concorso, della 77a sede farmaceutica del Comune di Napoli, comunic al Medico provinciale che intendeva ubicare la farmacia in un terraneo di sua propriet alla via Veterinaria n. 19 E. Il Medico provinciale ritenne, peraltro, che il locale proposto non era idoneo ad assicurare l'assistenza farmaceutica alla popolazione ai (1-2) Sulla prima massima v. oltre alle sentenze richiamate in quella, di cui tratta, Cass., Sez. Un., 30 settembre 1965, n. 2070, in questa Rassegna, 1966, I, 552 ed ivi, 553, nota 1. Sulla seconda massima v. Cass., Sez. Un., 18 maggio 1965, n. 964 (ricor data pure nella sentenza, di cui si tratta) in Foro it., 1965, I, 1450 nonch C. d. S., V Sez., 30 marzo 1963, n. 170, in questa Rassegna, 1964, I, 44 ed ivi, 45, AGR, Ancora sulla distinzione tra interesse legittimo ed interesse a ricorrere. In argomento cfr. altresi Relazione Avvocatura Stato, 1961-1965, II, 72 e III, 19-20. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 557 sensi dell'art. 109 del t. u. delle leggi sanitarie 27 luglio 1934, n. "i265 e, quindi, con nota in data 18 novembre 1963, concesse al Marino un termine perentorio di venti giorni per l'indicazione di un nuovo locale e lo preavverti che, in caso di mancata indicazione, esso Marino sarebbe stato dichiarato rinunciatario all'assegnazione della sede. Contro il provvedimento, il Marino propose ricorso al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, denunciando fra l'altro, la violazione degli artt. 104 e 109 del citato t. u. sotto il profilo che il Medico provinciale ha il potere di stabilire la sede farmaceutica, ma non gi anche l'altro di determinare il locale nel quale la farmacia di nuova istituzione deve essere aperta. Nel giudizio dinanzi al Consiglio di Stato intervennero volontariamente i dottori Michele Di Maggio e Luigi Palisi, titolari di sedi farmaceutiche adiacenti a quella del Marino, i quali dedussero che l'apertura della nuova farmacia nel locale proposto avrebbe loro prodotto un grave danno, in quanto avrebbe portato a cinque le farmacie esistenti, in breve raggio, nella zona. Il Consiglio di Stato, con decisione 15 gennaio -24 febbraio 1965, accolse il ricorso e annull di conseguenza, il provvedimento impugnato sotto il profilo che il Medico provinciale non ha il potere di sindacare la scelta topografica del locale da adibire a farmacia, che il farmacista vincitore di concorso abbia compiuto nell'abito della sede, col rispetto degli eventuali limiti in tema di distanze. Contro la decisione suddetta ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di un unico motivo di annullamento, illustrato con memoria, Di Maggio. Resiste, con controricorso e memoria, il Marino. Il Medico provinciale e il Ministero della Sanit, al quale il ricorso stato notificato, non si sono costituiti in questa sede. Egualmente assente , in questa fase del giudizio, il dott. Palisi, nei confronti del quale questa Corte, con ordinanza 5 maggio 1966, eseguita dal Di Maggio il 24 dello stesso mese, dispose la integrazione del contraddittorio. MOTIVI DELLA DECISIONE Il ricorrente, deducendo la violazione degli artt. 362 c. p. c. 48 del t. u. 26 giugno 1924, n. 1054, 104 e 109 t. u. leggi sanitarie 27 luglio 1934, n. 1265, sostiene che, con la decisione impugnata, il Consiglio di Stato ha violato, sotto un duplice profilo, le norme che ne delimitano la sfera di giurisdizione. Anzitutto esso, col negare al medico provinciale competente ad emettere il decreto di autorizzazione all'apertura ed esercizio di una farmacia di nuova istituzione il potere di sindacare, nella valutazione delle condizioni necessarie per l'apertura, l'ubicazione del locale, nel 558 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO quale il vincitore del concorso intende svolgere la propria attivit farmaceutica, e con l'annullare il provvedimento che in concreto a detto potere si sia richiamato, avrebbe indebitamente invaso una materia riservata alla libera discrezionalit della pubblica amministrazione. Ci, dal momento che i poteri a quest'ultima conferiti dal testo unico leggi sanitarie in tema di autorizzazione all'esercizio delle farmacie si debbono ritenere esercitabili, oltre che sotto gli aspetti tecnici previsti nell'art. 111 del t. u. medesimo, anche sotto l'altro della ubicazione, intesa come idoneit del locale prescelto a soddisfare le necessit della pubblica assistenza e, in relazione a tale ultimo riflesso,. a garantire la possibilit di un facile accesso da parte della popolazione servita e ad impedire, viceversa, che le farmacie si addensino nelle zone commercialmente pi favorevoli lasciando sguarnite le altre. Il rilevato disconoscimento avrebbe inoltre imputato, secondo il ricorrente, anche la conseguenziale implicita negazione della tutela giuri~dizionale del suo interesse legittimo a che una nuova farmacia non fosse aperta, rispetto all'altra della quale egli era titolare, ad una distanza inferiore al limite di 500 metri previsto dall'art. 104 comma terzo del citato testo unico. Il primo ordine di censure non denunciabile in questa sede di legittimit. Nei confronti delle decisioni pronunciate dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, questa Corte per legge (artt. 48 t. u. 26 giugno 1924, n. 1054, 362 c. p. c., 111 Costituzione) chiamata a rilevare se, nel singolo caso esaminato dal Supremo giudice amministrativo, siano stati o meno da quest'ultimo osservati i limiti esterni della giurisdizione, e, in relazione a ci, a individuare la materia che la legge assegna alla giurisdizione del Consiglio, ad inquadrare in detta materia la particolare controversia, a valutare il contenuto dell'atto che definisce il procedimento in relazione alla esistenza di una giurisdizione che, se per talune materie si estende al merito, normalmente di semplice legittimit. L'impugnazione delle decisioni in questione pertanto ammissibile soltanto per difetto assoluto di giurisdizione, cio per un errore in procedendo che il Consiglio di Stato abbia commesso con l'invadere il campo riservato alla libera discrezionalit della pubblica amministra zione o la sfera di giurisdizione propria di altro giudice ordinario o speciale ovvero con l'esplicare un sindacato di merito nei casi nei quali la sua potestas judicandi sia limitata esclusivamente alla indagine sulla legittimit dell'atto amministrativo ovvero, infine, col rifiutarsi di pronunciarsi sotto l'erroneo presupposto che la materia sottoposta gli non potesse costituire oggetto di funzione giurisdizionale. D'altra parte, ci posto, non possibile ritenere che la questione sollevata dal Marino davanti al giudice amministrativo con l'intervento .. in giudizio de:l !lt Maggio e del PaUsi a sas;tegno del provvedimento impug~tQ!t concr6,tt1i,$$$ 1.Ula que&tione di giBris<:Uzione ovvero che ad una questione di giurisdizione dia .comunque adito la decisione dello stesso a~l;l;d1c~ p~r .,av~re b~te:l'~etat in p;iill limitati confni la sfera dl p0:1;ere cbe, nella S:~tttta .,mf;ltena, il Medico provinciale di Napoli aveva ..imp~iitamex:tte. :eo~l!li~~r1to dji>V~sse. Cletivargli dalle disposizioni del..t~~~9 ~~'9'~'$P~~'ll~~~'l l) liJ;:~OA,.Si .~~f1'1t~i~~.invero, tal potere sotto il i.: t s~lubrit, sufficienza e :!i< '.} : . . , ~.:t~:\I'. neg sotto il profilo di a:l~~Oc...~~;1~~ u.. ~~~~~~" ma si sostenne sol ot'e nella seconda delle <"'.. ta nel senso della er esercitare in coniane, in altri termini, rezionale di accerta. in sede di autorizza. 1'esplicazione di una che veniva riconosciuto . agente, ovvero sia a riso!. . . : 'che, comunque censurato ~oifo, cio, . cleUa' competenza, dlla forma o del contenuto, ''l!iiare riguardo all'eccesso di potere nelle sue diverse mani 'Jkporta la girisdlzione del giudice amministrativo sulla {Cass. 11 ottobre 1965, n. 2111; 7 aprile 1965, n. 593; 13 l,:tijjt~'1 , .. . . n. 1910), anche nella ipotesi in cui l'atto o il provvedi~~~~:>~ p'~*'a;to abbia. leso la sfera patrimoniale di un soggetto pri~ t'*~ 'fl'9'.J'.t'"q.ltimo si dolga di tale lesione. N ci posto, pu ritenersi ~b;~1i~~ '~f'bversia abbia mutato natura, si da postulare la cognizione d~l gitti'fee ordinario, soltanto perch il Consiglio di Stato ha interpreta\'() ititatQ art. 109 in senso conforme alla tesi del Marino ed ha accol!li(!), 4i~onseguenza, il ricorso dello stesso annullando il provvedi mento impugnato. Per quanto la posizione delle parti si sia, in conseguenza dell'accoglimento, invertita ed in questa sede la controversia venga :Prospettata dal ricorrente in senso e per un fine diametralmente opposti al contenuto del ricorso davanti al Consiglio di Stato, non vi dubbio che la contestazione resti egualmente limitata ad una ipotesi di esercizio scorretto del potere, e che sostanzialmente il ricorrente addebiti al Consiglio di Stato un errore di interpretazione ed :applicazione di norme legislative, e, conseguentemente, una violazione 560 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di legge e che il medesimo ricorrente invochi l'indagine di '''questa Corte sulla denuncia di un vizio, il cui esame, viceversa, le precluso per quanto gi precisato in ordine ai limiti del sindacato giurisdizionale sulle decisioni del Consiglio di Stato, dal momento che i limiti medesimi non possono non escludere le violazione di legge comunque dipendenti da erronee e false applicazione di norme giuridiche (Cass. 7 aprile 1965, n. 593; 13 luglio 1963, n. 1910; 5 maggio 1962, n. 903). Una soluzione negativa va, d'altra parte, data anche al secondo profilo di doglianza, prospettato dal Di Maggio in dipendenza dell'affermato concorso, nella osservanza dei limiti di distanza, fra interesse pubblico alla continuit spaziale dell'assistenza farmaceutica ed interesse privato, suo specie di interesse legittimo ad una equa distribuzione dei possibili acquirenti, che il farmacista viciniore pu avere alla osservanza medesima. Vero che questo Supremo Collegio ha altra volta (sentenza 18 maggio 1965, n. 964) sia riconosciuto quale titolare di un interesse legittimo colui il quale, pur essendo nella posizione giuridica di terzo rispetto ad un atto amministrativo, si trovi in una situazione tale da subire un danno nel caso in cui l'atto medesimo sia stato emanato in difformit dell'interesse pubblico perseguito da una norma di legge, dal momento che, in tale ipotesi, l'interesse del terzo coincide con l'interesse pubblico alla osservanza di detta norma e trova, pertanto, nella norma stessa una protezione occasionale o riflessa, differenziandosi dall'interesse generico di tutti i cittadini al buon andamento della pubblica amministrazione, sia, altresl, soggiunto che lo specifico interesse del terzo, coincidente con l'interesse pubblico protetto dalla norma, ad impugnare il comportamento della pubblica amministrazione, nel caso che esso violi il precetto di legge, pu sorgere proprio dalla particolare situazione di vicinanza perch, per l'appunto, quest'ultima, in rapporto alla presenza di una norma che prescriva all'Amministrazione un dato comportamento, pu far sorgere nel terzo una situazione di vantaggio qualificata, e differenziata da quella di tutti gli altri cittadini. Nel caso concreto, peraltro, il giudizio di questa Corte, anche in ordine alla questione preliminare sulla possibilit di configurare come motivo attinente alla giurisdizione il diniego di tutela giurisdizionale dell'interesse legittimo assorbito dalla considerazione della mancanza dello stesso presupposto di fatto sul quale dovrebbe fondarsi l'interesse a ricorrere del Di Maggio. Quest'ultimo pone, infatti, a base della doglianza il suo interesse al rispetto del limite di distanza dei 500 metri previsto nell'art. 104 comma terzo t. u. leggi sanitarie, mentre, a sua volta, la decisione impugnata, lungi dal contestare la necessit del rigetto del limite, facoltativamente imponibile dalla amministrazione, ha, invece, espressamente precisato che la facolt di scelta del locale da parte del farmacista va J PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 561 sempre esercitata col rispetto per eventuali limiti in materia di distanze" Il ricorso va perci respinto con le conseguenze di legge in ordine al deposito e all'onere delle spese del giudizio di cassazione. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 12 giugno 1967, n. 1311 -Pres. Scarpella -Est. Saya -P. M. Tavolaro (conf.). -Ente siciliano di elettricit (avvocati Jemolo e Rizza) c. Ente di sviluppo agricolo della Regione siciliana (avv. Stato Albisinni). Competenza e giurisdizione -Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici -Possesso ed azioni possessorie (in genere) -Azioni possessorie nei confronti della P. A. -Improponibilit -Fondamento -Limiti -Qualit dell'attore -Irrilevanza. (1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 4). Il fondamento del divieto, per cui non consentito al Giudice 01dinario di revocare o modificare l'atto amministrativo, divieto al quale si ricollega l'improponibilit delle azioni possessorie e di nunciazione nei confronti della pubblica Amministrazione, salvo che questa agisca e iure privatorum " ovvero assolutamente al di fuori dei suoi fini istituzionali, non potendosi in siffatte ipotesi ravvisarsi la esistenza di un atto amministrativo, discende dal tradizionale principio della divisione dei poteri e risiede nello intento di tenere distinta l'attivit amministrativa dalla funzione giudiziaria, onde la qualit dell'attore agli effetti in questione e completamente irrilevante (1). (Omissis). -Con l'unico mezzo dedotto l'Ente ricorrente sostiene che non vi carenza di giurisdizione del giudice ordinario relativamen (1) Cfr., sul fondamento del divieto sancito dall'art. 4 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, in dottrina: SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1964, 699; ZANOBINI, Corso di diritto amministrativo, vol. II, Milano, 1959, 152; v. anche Relazione Avvocatura Stato, 1961-1965, vol. II, Roma, 1966, 86 e segg. Sulla improponibilit delle azioni possessorie e denunciative nei confronti della P. A., cfr., da ultimo, Cass., 15 luglio 1966, n. 1903; per la improponibilit di dette azioni anche quando manchi un formale atto amministrativo, cfr. Cass. 28 luglio 1964, n. 2115, in questa Rassegna, 1964, 1863; per la proponibilit delle azioni possessorie, quando l'Amministrazione agisca iure privatorum, cfr. Cass. 11 aprile 1964, n. 848: in argomento v., comunque, Relazione Avvocatura Stato, cit., 83 e segg., 192 e 247. (F. A.). 562 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO te alle azioni possessorie e a quelle di nunciazione (denuncia ar-nuova opera e di danno temuto) contro la pubblica Amministrazione se esse siano proposte da un altro ente pubblico. La censura non pu trovare accoglimento. Essa muove dal presupposto che il divieto contenuto nell'art. 4 della legge 20 marzo 1865 n. 2248 all. E, per cui non consentito al giudice ordinario di revocare o modificare l'atto amministrativo, divieto al quale si ricollega l'improponibilit delle azioni possessorie e di nunciazione nei confronti della pubblica Amministrazione, trovi il suo fondamento nella diversit di posizione tra il privato e l'Amministrazione, in dipendenza della quale il legislatore ha voluto che non fosse limitata l'attivit di quest'ultima. In contrario invece da rilevare che il fondamento del divieto discende dal tradizionale principio della divisione dei poteri e risiede appunto nello intento di tenere distinta l'attivit amministrativa dalla funzione giudiziaria, il che non si verificherebbe se il giudice ordinario potesse revocare (in senso lato: e perci anche annullare o sospendere) ovvero modificare un atto amministrativo, dato che la revoca e la 11J.Odifi.cazione concreterebbero un sostanziale esercizio di attivit amministrativa. Il principio esige, anzi, come peraltro ius receptum, che l'autorit giudiziaria ordinaria non pu emettere alcuna pronuncia che, comunque, rappresenti la sostituzione di un atto di volont dell'amministrazione ovvero l'imposizione ad essa della propria volont, ordinandole un determinato comportamento, positivo o negativo, ma deve limitarsi alla condanna di una somma di denaro. Appunto perci, come concordano dottrina e giurisprudenza, deve escludersi la proponibilit delle azioni possessorie e di quelle di ri.unciazione contro la pubblica Amministrazione, essendo tali azioni dirette a ottenere dal giudice ordini specifici a tutela del possessore (e, limitatamente alle seconde, anche del proprietario), i quali si concreterebbero in una sostanziale sostituzione del giudice nell'attivit di diritto pubblico dell'Amministrazione stessa; mentre ad opposta conclusione deve pervenirsi se questa agisca iure privatorum ovvero assolutamente al di fuori dei suoi fini istituzionali, non potendosi in siffatte ipotesi ravvisarsi l'esistenza di un atto amministrativo su cui verrebbe a incidere la pronuncia del giudice (cfr. Cass. 15 febbraio 1966, n. 475; 28 luglio 1964 n. 2125; 11 aprile 1964, n. 848; 27 novembre 1963, n. 3043). Ci posto, risulta evidente come la qualit dello attore, ai fini che qui interessano, sia completamente irrilevante, giacch la situazione non muta se trattasi di un ente pubblico, sussistendo egualmente anche in tal caso il divieto per il giudice ordinario di interferire nell'esercizio dell'attivit amministrativa con la conseguenza che egli manca di giuri PARTE I, SEZ. Il, GI'Q'RIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 563 sdizit'!nfl rispetto ad azioni che tendono a fare imporre autoritativamente alla pubblica Amministrazione un comportamento determinato. Il ricorso deve essete quindi rigettato, dichiarandosi il difetto di giurisdizione dell'autorit giudiziaria ordinaria. -(Omissis). COBT~J:>I CASSAZIONE, Sez. Un,, 12 giugno 1967, n. 1314 -Pres.. f:lor.e '7. Ret, 'Fenati -P. M .Pedote (conf.). Ministero Tesoro (avv. :.stato Galigiulo) c. Bellomo (avv. Peila). . '" <;lon:u~t'.n.za. jiurt&,,~tW-e -Guerra -:Pannl -lndenniz~ e contributo 4.l':tli~t\~lone "'~on~~qento citi cne,essl,ne .. Posizione so~.'~~ a:cdtt dm1~~1~0'ptlma e llopt> la eoa~sllil>ne -Revoca o '4'16.$c~..~~-' ,Pt:fi~t~i~~nt -lnf!intnlssi1rult.it - Giurisdizione . ~~;A~Q;Q.~.-~tW--~"41-.fft~io -~ssibiQt-Sanatoria .. '' ihs..:.....liiiJ w.-...-..;11 .. ,~~:w.111cino.i:.1:... ~J.UU' /.ErA.,1;U.:::~~w:W~~~ ~. (l. 20 ma:i:zo 1865, ..n~ 22'8, u. 11i~ art. 2; 1. 17 diceml:)re 1957, n. 1238, art. 1). ,, ' . -~ '' ~ '.i ; J ~ri~ ci~iz:e~~jp~~ deZ provvedimento di can.cessione dell'indein. 11;izzo o d~Z cdtttribut:o 1di ri.costTuzione, in materia di .danni di guerra, il 'd'a'ineggiato pottaWT:e a conseguirlo, it qual~ si tra$fOTm,a~ @po l'enianazione di que.l pTovvedimento, in di1#to sogg~ttiv<:> a' pagamento della somma liquidata: pertanto, mentr .~ ~a'lllrtf~ibUe che per ragioni di merito i'Amministmzione revochi o modirfjchi l'anzidetto provvedimento ed, ove vi proceda, spetta al i'Uciiee otctlfiitfio con-0scere della contToversia, derivantene, essa ha il ~i:are..4Q1'ere .di q"p,u.UaTlo, con effetto ex tunc, per ragioni di legi(timi.t, ma .. la sct~tora Telativa alla illegittimit degli atti di concessione~ prev:iata dttlla speciale legis1.azione in materia e da escludere soia peT le concessicmi che siano state conseguenza di reato e per queiie~ in cui fossero mancati tutti i presupposti, toglie, per le altre ip0 onde, alla stregua del precedente orientamento giurisprudenziale, e non pu dubitarsi dell'esistenza, in capo di privato beneficiario del contributo di ricostruzione, di un diritto subbiettivo perfetto, direttamente ed in modo pieno tutelabile di fronte al Giudice ordinario,. (Cass., Sez. Un., 6 giugno 1959, n. 1706, in Giust. civ., 1959, I, 1190), ha, procedendo in conformit di quanto sostenuto dall'Avvocatura Generale dello Stato, alla necessaria e interpretazione dell'art. 1 della legge citata per stabilire se lo stesso contempli tutti i casi di concessione illegittima ovvero se la sanatoria sia circoscritta a determinate ipotesi di illegittimit,., precisato che e come per espressa previsione della legge non data sanatoria nei casi in cui la concessione sia stata conseguenza di reati, sicch in quelle ipotesi il potere di annullamento permane integro, cosl del pari deve ritenersi che la sanatoria sia esclusa > pure e nei casi, in cui ,. , giusta quanto Tiportato nella massima, e fossero mancanti tutti i presupposti ,. occorrenti "per la concessione del contributo" Per e la fattispecie in esame accennata nella massima, le sezioni unite della Corte di Cassazione hanno, poi, ritenuto che questa si presenta e proprio come una concessione effettuata in difformit delle disposizioni vigenti, all'epoca, onde essa rientra nelle previsioni della legge di sanatoria > e non come e un atto in origine inesistente perch emesso senza che esistessero i presupposti indicati dalla legge ,. . CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 7 luglio 1967, n. 1672 -Pres. Scarpello -Rel. La Farina -P. M. di Majo (conf.) -ENEL (avv. Giannini, Guarino e Piccardi) -Ministero Industria e Commercio nonch Comitato dei Ministri per l'energia elettrica (avv. Stato Del Greco) -Comune di Spoleto. Competenza e giurisdizione -Ener!;tia elettrica~-ENEL -Concessioni ad altri enti -Provvedimento di rigetto delle richieste Giurisdizione del Consiglio di Stato -Mancanza della previa autorizzazione ministeriale -Irrilevanza agli effetti della giurisdizione. (1. 20 marzo 1865, n. 2248 all. E, artt. 4 e 5; t. u. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 26; l. 6 dicembre 1962, n. 1643, artt. 1 e 4 n. 5). PARTE I, SEZ. II, GIURI$. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 565 Enerl\ia elettrica -ENEL -Concessione ad altri enti -Natura ~foridica. (1. 6 dicembre 1962, n. 1643, artt. 1 e 4 n. 5). Appartiene al Consiglio di Stato la giurisdizione sulle controversie. -relative alla concessione dell'esercizio delle attivit, di cui all'art. 1 detla legge n. 1643, agli enti previsti neU'art. 4, n. 5, di tale legge, anche quando il provvedimento con ii quale l'E.N.E.L. rigetti la domanda di concessione avanzata da uno di questi enti sia stato adottato :Senza l'a previa autorizzazine ministeriale (1). Le concessioni, di cui sopra, non rappresentano una ritrasmissione sotto fdrme negoziali, di diritto pubblio o privato, del compito di eserdtare nel territorio nazionale le attivit riservate aU'E.N.E.L., ma costituiscno un eccezione al principio generale della nazionalizzazione (2). (Omissis). -In base al lisposto dell'art. 4, n. 5, della 1. 6 dicembre 1962, n. 1643, con istanza 16 ottobre 1964 diretta all'ENEL e al Ministero dell'Industria e Con;u:nercio, il Comune di Spoleto chiedeva la concessione delle attivit elettriche esercitate sul territorio comunale, a mezzo di una propria azienda municipalizzata. La domanda veniva respinta dal Consiglio di Amministrazione dell'ENEL, con deliberazione 26. luglio 196.5, cntro la quale il Comune proponeva ricorso al Consiglio di Stato, sia nei confronti dell'ENEL, che del Ministero dell'Industria e Commercio e del Comitato dei Ministri per l'energia elettrica previsto dall'art. 1 della 1. 6 dicembre 1964, il 2 ottobre successivo. (1-2) La decisione fa seguito a quelle del 30 gennaio, n. 253 e n. 254, e del 21 giugno 19617, n. 1472, riguardanti controversie in tutto analoghe. La giurisprudenza delle sezioni unite della Corte di Cassazione ha cos esplorato ogni possiJ:>ile profilo della questione circa la giurisdizione in tema di concessione dell'esercizio di attivit elettriche agli enti, di cui si tratta. Giurisdizione che in ogni caso spetta al Consiglio di Stato, perch il prov_ vedimento dell'ENEL che aecortla o nega la concessione un atto amministrativo e perch l'eventuale rifiuto della concessione incide su interessi legittimi e non su diritti soggettivi. Il Consiglio di Stato, con ordinanza 14 luglio 1967, n. 354, della IV Sezione (in causa Comune di Terni-ENEL), si mostrato perplesso circa l'esattez~a dell'indirizzo affermato dalla stessa sezione con la decisione 17 settembre 1965, n. 544 (in Foro it., 1965, III, 435), che aveva dato luogo ai ricorsi ed ai regolamenti preventivi di giurisdizione definiti dalle sezioni unite della Corte di Cassazione con le sentenze innanzi citate, ed ha rimesso l'esame dell'intera questione all'Adunanza plenaria. L'ordinanza summenzionata pubblicata in Rassegna giuridica dell'ENEL, 1967, II, 583; la sentenza 30 gennaio 1967, n. 253 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione in Foro it., 1967, I, 500, con ampi richiami. (G. d. G.) 7 566 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Tra i motivi principali di illegittimit della predetta deliberazione~ il Comune ricorrente lamentava che non fosse stato seguito il prescritt() procedimento, essendo mancato il preventivo intervento del Ministro dell'Industria e il Commercio, e che la concessione fosse stata negata. in base ad una valutazione di merito, che, nel sistema della legge speciale, dovrebbe intendersi riservata soltanto al giudizio del Ministro dell'Industria e Commercio e sottratta alla competenza dell'ENEL. In pendenza del ricorso al Consiglio di Stato, l'ENEL, con attodel 7 luglio 1966, ha proposto ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione alle SS. UU., mosso -come si specifica nello stesso atto dalrinteresse alla certezza del diritto, e, in particolare, alla certezza interpretativa del cit. art. 4 della legge costitutiva, per i riflessi di carattere giurisdizionale che ne derivano. Il Ministero e il Comitato dei Ministri si sono costituiti, medianteunico controricorso, mentre il Comune di Spoleto non si costituito. in questa sede. MOTIVI DELLA DECISIONE Ricordato il testo dell'art. 4 n. 5 della 1. 6 dicembre 1962, n. 1643: (e gli enti locali che esercitano, a mezzo delle imprese di cui al t. u. 15 ottobre 1925, n. 2578, le attivit di cui al primo comma dell'art. 1~ l'Ente autonomo del Flumendosa e l'Ente autonomo del Volturno, potranno ottenere dall'Ente nazionale, previa autorizzazione del Ministro dell'Industria e il Commercio, la concessione dell'esercizio di attivit menzionate al primo comma dell'art. 1, purch ne facciano richiesta entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge.. Saranno determinate le modalit per il rilascio, delle concessioni e per l'approvazione dei capitolati relativi, allo scopo di garantire all'utenza i massimi vantaggi compatibili con i fini di utilit generale assegnati all'Ente nazionale dalla presente legge "), l'ENEL, con il regolamento in esame, fa presente : a) che il Consiglio di Stato, pronunciandosi con decisione n. 544. della V Sezione, in data 17 settembre 1965, in fattispecie analoga alla presente dal punto di vista oggettivo, di rifiuto della concessione dei . servizi elettrici ad una Regione autonoma, sulla premessa implicita della propria competenza giurisdizionale, ha dichiarato la illegittimit di tale rifiuto per essere stato il provvedimento dell'ENEL emesso senza che fosse intervenuta la previa autorizzazione del Ministro dell'Industria e Commercio prevista dalle disposizioni in materia; che, per giungere a tale conclusione, il Co.nsiglio di Stato ha affermato che l'autorizzazione stessa da parte del Ministero dell'Industria, deve essere rilasciata all'ente territoriale che ha chiesto la concessione e non all'ENEL J PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 567 che, essendo un ente pubblico economico sprovvisto di potere di imperio, non avrebbe poteri decisori in proposito, e dovrebbe, quindi, procedere alla concessione dei servizi, come atto dovuto, allorch il Ministro avesse autorizzato l'istanza da parte dell'ente richiedente. Ci premesso, l'ENEL dichiara di dissentire dall'interpretazione della norma sopra riprodotta data dalla citata sentenza del Consiglio di Stato, per essere, a suo avviso, viziato l'iter logico, attraverso il quale si pervenuti, da parte di quel consesso, ad affermare la giurisdizione amministrativa in subiecta materia. Invero, secondo la predetta sentenza, l'autorizzazione del Ministero avrebbe valore determinante per l'ulteriore procedimento, nel senso che, se il Ministro neghi la autorizzazione della concessione, questa non pu essere accordata dall'ENEL, in difetto di un presupposto legale, mentre, se venga concessa, l'ENEL tenuta ad accordare senz'altro la concessione, non potendo sovrapporre la propria valutazione a quella del Ministro. Detta concessione assumerebbe, quindi, ex lege, il carattere di un atto vincolato o dovuto, sostanzialmente esecutivo del provvedimento ministeriale, in via eccezionale attribuito alla competenza di un ente pubblico quale l'ENEL, sfornito di potere d'imperio, siccome avente funzioni di natura esclusivamente industriale, svolte in regime di diritto privato. Se si accogliesse tale interpretazione -rileva il ricorrente -ne deriverebbe che l'atto che la norma denomina concessione, in realt, non sarebbe affatto una concessione amministrativa, cio un atto amministrativo; invero, non sembrerebbe coerente considerare l'ENEL un ente pubblico economico, che non emette mai atti amministrativi, e poi considerarlo autore dell'atto di concessione, concessione che sarebbe un non senso, siccome destituita da qualsiasi apprezzamento del pubblico interesse, gi, consumato nel deliberato ministeriale. Logica conseguenza della tesi dell' e atto dovuto sarebbe che la c. d. concessione all'ente locale verrebbe a concretarsi, in realt, in un appalto di servizi, sia pure di carattere necessario o coattivo, e, cio, in definitiva, in un negozio di diritto privato, con l'ulteriore conseguenza che il giudice delle controversie dovrebbe essere quello ordinario. L'ENEL, rifiutando un atto che esso credeva concretamente un provvedimento amministrativo, mentre, invece, un negozio di diritto privato, eserciterebbe un potere che non ha, n come potere amministrativo -e, quindi, ricorrerebbe un tipico esempio di carenza di potere -n come potere negoziale, perch, mancando l'autorizzazione ministeriale, esso non potrebbe disporre di alcunch. Il sistema della legge, invece, andrebbe inteso, secondo il ricorrente, nel senso che, dopo la scelta dell'Ente locale, l'ENEL decide sulla concessione, e, in caso affermativo, il Ministero dell'Industria ne autorizza il rilascio, approvando successivamente il relativo capitolato. 568 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Soltanto ove la legge fosse cos interpretata, la giurisdizione sull materia spetterebbe al giudice amministrativo perch la concessione sarebbe tale in senso proprio, e il rifiuto di concessione costituirebbe un provvedimento amministrativo discrezionale; talch non ne potrebbe derivare alcuna violazione di diritti soggettivi dell'ente territoriale. La giurisdizione sull'atto impugnato dal Comune di Spoleto, competerebbe, quindi, pur sempre al Consiglio di Stato, ma in base a ben diverso titolo da quello prospettato nella decisione dello stesso Consiglio: di qui, l'assoluta necessit di chiarirne il titolo in rapporto al procedimento per la concessione delineato dalla legge. A loro volta, i controricorrenti Ministero dell'Industria e Comitato dei Ministri dichiarano che la controversia in oggetto dovrebbe essere attribuita alla giurisdizione amministrativa, ma per ragioni diverse da quelle ritenute dal Consiglio di Stato, e parzalmente divergenti anche da quelle prospettate in questa sede dall'ENEL. L'errore fondamentale del Consiglio di Stato consisterebbe nell'avere considerato l'ENEL come un ente di natura privata, in contrasto con l'art. 43 della Costituzione, per cui i soggetti destinatari della riserva di attivit economiche ivi indicate e, quindi, destinatari e beneficiari di espropriazioni d'imprese di preminente interesse nazionale, non possono essere (a parte lo Stato e le comunit di lavoratori e di utenti) se non enti pubblici. Una volta corretta la qualifi.cazione circa la natura, erroneamente ritenuta privata, dell'ENEL, dovrebbe, tuttavia, ritenersi che la competenza a decidere sulle domande di concessione degli enti locali riservata in modo esclusivo e assoluto al Ministero dell'Industria, spettando unicamente a tale organo di valutare discrezionalmente la compatibilit o meno della richiesta concessione con i fini generali perseguiti dalla legge di nazionalizzazione; in altri termini, non troverebbero posto n una autonoma, n una concorrente valutazione da parte dell'ENEL, il CUi intervento non potrebbe avere se non carattere meramente esecutivo, determinato dalla necessit di coordinare, con le esigenze dell'ENEL stesso, sotto il profilo tecnico, l'esercizio delle attivit elettriche, nella zona di competenza dell'Ente locale o regionale concessionario. Ritiene, in linea preliminare, questa Corte Suprema che il ricorso per regolamento di giurisdizione sia ammissibile, pur non contestando specificamente il ricorrente ENEL la giurisdizione del Consiglio di Stato, adito dal Comune. vero che le S. U. hanno gi affermato che, postulando l'istanza per regolamento di giurisdizione una questione appunto di giurisdizione, allorch tutte le parti di un processo con cordino nel riconoscere la competenza giurisdizionale del giudice adito, non vi necessit alcuna, almeno fino a quando lo stesso giudice non si sia pronunciato in senso diverso, di fare dichiarare preventivamente J PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 569 tale competenza giurisdizionale dalla Cassazione, e che, quindi, in tali ipotesi, detta istanza di regolamento deve essere dichiarata inammis sibile per difetto di un presupposto necessario (sent. 14 aprile 1966, n. 893). Ma, nella specie, a parte il comportamento agnostico tenuto dal Comune, il quale, dopo avere .adito il Consiglio di Stato, si astenuto dal costituirsi in questa sede, non pu dirsi che tra le parti vi sia vera e propria conco.rdia sulla giurisdizione del Consiglio di Stato, perch l'ENEL prospetta motivati dubbi in proposito, pur esprimendo, in definitiva, il suo convincimento -in senso positivo. In tale situazione non pu negarsi alla parte interssata il diritto a ricorrere a questa Corte regolatric.e, a:ffinch sia rimosso ogni ragionevole dubbio circa la giurisdizione del giudice adito, e sia, cosi, evitato, a priori, l'eventualit di un giudizio inutile neLeaso che detta giurisdizione difettasse. Vero che indirettamente; attraverso la prospettazione in forma di dubbio di un Clifetto di giurisdizione..del Consigilo di Stato, l'ENEL finisce per profilare alcune questiCilni di fondo in ordine alla estensione dei suoi poteri di frnte alla c:lomanda di concessione dei servizi di produzione e dist:ribuzi-0ne dell'energia elettri:;a da cui. a,ll'art. 4, n. 5, della legge n. 1643 del .1962. Ma, quale c::he sia lo scopo ultimo di tale prospettazione, il ricorso rimane ammissibile -come, del resto, q.ueste Sezioni Unite hanno .gi implcitamente ritenuto, esaminando. nel merito altro analogo ricorso del medesimo ENEL, con sentenza 30 gennaio. 1967, n. 254 -giacch esso propone formalmente una effettiva questione di gi.risdizione. Rientra, poi, nei compiti di quest~ Suprema Corte il delimitare la propria pronuncia ai.I.la questione di g,iurisdizione, evitando di emettere statub;ioni che non rientrino nella matria del decidere, o che spettino,. addirittura, al giudice cui sia attribuita la giurisdizione.. Ci premesso, questo Supremo Collegio non pu aderire all'istanza dell'ENEL nei termini in cui essa stata proposta, nel senso, cio, di dichiarare la giurisdizione del Consiglio di Stato fondandola espressamente sull'attribuzione a detto ente del potere d'imperio quale delineato nel ricorso". Come recentemente hanno ricordato queste Sezioni Unite, nel decidere con sentenza n. 253 del 30 gennaio 1967 proprio il ricorso per difetto di giurisdizione proposto dall'ENEL contro la sentenza del Consiglio di Stato sulla controversia tra detto ente, la Regione Siciliana e l'Ente Siciliano di elettricit (decisione n. 544 del 1965 sopra indicata), il sindacato della cassazione in materia di giurisdizione del Consiglio di Stato deve arrestarsi a riconoscere soltanto, sulla base delle posizioni soggettive dedotte in giudizio, se i limiti esterni della giurisdizione siano stati osservati, senza che si possa sindacare se il supremo giudice amministrativo sia incorso in errores in fudicando nel decidere, e senza invadere, nell'ipotesi di regolamento preventivo di giuri 570 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sdizione, quello che dovr essere il campo di decisione del giudice cui la giurisdizione venga attribuita; detto sindacato, in altri termini, deve limitarsi all'esame dei presupposti strettamente necessari per risolvere la questione di giurisdizione. Applicando questi principi alla specie, appare evidente che non affatto necessario, per risolvere la questione di giurisdizione prospettata sotto forma di dubbio dall'ENEL, valutare, in difformit o in conformit di quanto ritenuto dail Consiglio di Stato nella diversa, per quanto analoga, controversia in cui era interessata la Regione siciliana e conclusasi con la sentenza n. 544 del 1965, l'estensione precisa dei poteri dell'ENEL rispetto a quelli dell'amministrazione centrale dello Stato, in ordine alla concessione dei servizi di produzione e di distribuzione dell'energia elettrica, a norma della nota disposizione di legge. E ci perch, nonostante i dubbi sollevati dall'ENEL circa il carattere di atto vincolato e dovuto, sostanzialmente esecutivo dal provvedimento ministeriale, della concessione deliberata formalmente dall'ENEL, e circa la riduzione della concessione stessa, se svincofata dal concetto dell'esercizio di pubblici poteri, ad un negozio didiritto privato, cio ad un appalto, sia pure coattivo, di pubblici servizi, non data scorgere alcuna necessit di collegamento tra l'affermazione della esistenza di un potere di detto Ente, primario ed autonomo, discrezionale ed assoluto di negare la concessione, e l'esistenza della giurisdizione amministrativa. Per affermare la giurisdizione del Consiglio di Stato nella specie sufficiente, infatti, ritenere: a) che il provvedimento col quale l'ENEL accorda o nega la concessione dei servizi elettrici un atto amministrativo; b) che il rifiuto della concessione non pu, come tale, vioil.are diritti soggettivi, ma soltanto incidere su interessi legittimi. Ricorrendo queste due presupposti, l'art. 2 della legge abolitiva del contenzioso amministrativo non pu trovare applicazione nel presente caso. Orbene, detti presupposti ricorrono, in quanto, a proposito delle tesi profilate, sia pure sotto la forma del dubbio, dall'ENEL, deve af fermarsi che l'atto di ,concessione emanato da detto Ente non un negozio di diritto privato n di appalto di servizi n di altra natura, bens un atto amministrativo, come parimenti atto amministrativo, e non gi manifestazione negativa di volont negoziale meramente pri vata, il rifiuto della concessione; b) che il rifiuto della concessione non pu violare diritti soggettivi, n dal punto di vista di tale pretesa natura privata del rapporto, n da quello di una carenza assoluta di potere in proposito da parte dell'ENEL. La tesi con la quale si configurerebbe una parificazione delle con cessioni previste dall'art. 4, n. 5 della legge 16 dicembre 1962, n. 1673 .. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 571 con i contratti di diritto privato che l'ENEL, come ente pubblico economico abilitato -e, sotto alcuni riflessi, anche obbligato (cfr. art. 2597 c. c.) -a stipulare con i terzi, ad es. per fornire l'energia elettrica, palesemente insostenibile. Nel sistema della legge, le concessioni ai soggetti pubblici di cui discorso non rappresentano subconcessioni, o ritrasmissioni, sotto altre forme negoziali di diritto pubblico o privato, del compito di esercitare nel territorio nazionale le attivit di produzione, distribuzione, e vendita della nergia e~ettrica, riservate all'ENEL dall'art. 1 della legge stessa. Tali concessioni, invece, costituiscono eccezioni al principio generale delle nazionalizzazioni, secondo quanto risulta dal testo dell'art. 1, che, dopo avere affermato detto principio generale, questo limita con l'inciso salvo quanto stabilito nei nn. 5, 6 e 8 dell'art. 4 (.che si riferisce, come si vede, anche alla fattispecie in esame), e si configurano, quindi, non come il distacco di una parte dei poteri e delle attivit economiche gi attribuite all'ENEL, bens come la mancata attribuzione iniziale a detto ente di una porzione delle attivit nazionalizzate; e tale eccezione al pri~cipio della nazionalizzazione si realizza, nell'ipotesi in cui al n: 5 dell'art. 4, con l'affidamento del compito di cui all'art. 1 ad un ente pubblico locale, anzich all'ente pubblico nazionale. Di tutto ci riprova il termine di decadenza di due anni dall'entrata in vigore della legge stabilito per la richiesta di concessione degli enti locali, termine che non avrebbe ragione d'essere se la concessione rappresentasse non una forma di delimitazione iniziale dei poteri e delle attivit dell'ENEL, bens una delega successiva ad altri di poteri e di attivit gi all'ENEL attribuite. Ci posto, evidente che un atto con il quale viene delimitato l'ambito iniziale di un provvedimento di natura eminentemente pubblica e generale, come quello col quale stato disposta la nazionalizzazione della produzione e distribuzione dell'energia elettrica, non pu assumere la natura di negozio di diritto privato, e che, conseguentemente, da escludere che l'ENEL al quale non siano trasferite le attivit gi esercitate da enti locali, cui la concessione viene attribuita, dia in appalto ,, agli enti locali stessi i servizi relativi. Deve, in proposito, ricordarsi che anche la relazione del Governo alla Camera dei deputati sulla legge in esame parla (capitolo 3, n. 3) di " continuazione della gestione sotto forma di concessione con appositi capitolati ,, , trovandosi, cos, conferma, nei lavori preparatori, del concetto che, sotto la forma della concessione amministrativa, si sono, in realt, poste in essere vere e proprie eccezioni al provvedimento generale di nazionalizzazione per mezzo dell'ENEL. Escluso, cos, che della giurisdizione in materia da parte del Consiglio di Stato si possa dubitare sotto il profilo di una presunta natura privata, contrattuale, del rapporto di concessione de quo e del proce 572 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dimento per pervenire alla formazione di detto rapporto, resta da vedersi se abbia consistenza il secondo motivo di incertezza prospettato dall'ENEL, con l'affermare che, adottando la configurazione giuridica data al rapporto stesso dal Consiglio di Stato, attribuendo, cio, al Ministero dell'Industria e Commercio il potere di decidere sulla richiesta di concessione, e degradando il compito dell'ENEL in proposito ad una semplice attivit esecutiva o dovuta, si verrebbe necessariamente a definire il rifiuto di tale attivit, rifiuto .che l'ente abbia emanato nel presupposto di esercitare, invece, un proprio potere amministrativo, eminentemente discrezionale, come tipico esempio di esercizio di un potere amministrativo totalmente ed assolutamente inesistente, con la conseguenza che il rifiuto stesso sarebbe sottoposto, secondo i principi generali, al sindacato di legittimit del giudice ordinario. Tale configurazione stata gi respinta da queste Sezioni Unite con le recenti sentenze nn. 254 e 253 dell'anno in corso, pronunciate in sede, rispettivamente, di regolamento di giuridisdizione e di ricorso ordinario, in controversie analoghe alla presente tra l'ENEL ed .altri enti (locali) richiedenti la concessione dei servizi elettrici. Deyesi, quindi, ripetere che il provvedimento col quale l'ENEL . stesso, a mezzo 'del suo Consiglio di Amministrazione, decide sulla richiesta di concessione, in senso positivo o negativo, '!ostituisce comunque, un atto amministrativo facente parte di un procedimento amministrativo complesso nel quale concorre, come altro elemento essenziale( almeno ai fini del provvedimento positivo di concessione), l'autorizzazione ministeriale; e che, pertanto, detto provvedimento dell'ENEL potr essere proceduralmente viziato, illegittimo, infondato, o ingiustificato nel :merito, ma mai giuridicamente inesistente per difetto assoluto di potere a provvedere dell'ente in materia in cui la legge gli conferisce il potere stesso. L'atto con quale .l'ENEL accorda o rifiuta la concessione rientra, quindi, nella sua competenza amministrativa istituzionale, e, come tale, se non violi diritti soggettivi, sottoposto alla giurisdizione del giudice amministrativo, al quale, naturalmente, spetter di controllare se l'atto stesso, se pure emesso nell'ambito deUa generale potest amministrativa dell'ente, sia viziato, o non sia viziato, da illegittimit formale o sostanziale (per rimanere aderenti alla specie,. per avere l'Ente ritenuto, esattamente o inesattamente interpretando la legge nel suo sistema, che, ail fine di provvedere in senso negativo sulle domande di concessione, possa o debba prescindersi dal previo intervento, in forma autorizzativa, del Ministero dell'Industria e Commercio, che, cio tale autorizzazione non sia giuridicamente necessaria), ovvero da incompetenza (relativa) o da eccesso di potere. Deve, poi, essere ribadito il concetto, sempre in accordo con le precedenti pronunce di queste Sezioni Unite, che la giurisdizione del giudice ordinario non potrebbe essere affermata sotto il profilo dell'esi PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 573 stenza di un diritto soggettivo dell'Ente locale alla concessione, certo essendo che l'Ente locale stesso non pu avere in materia che un interesse legittimo subordinato al potere discrezionale dell'Autorit centrale, sia questa il Ministero o l'ENEL, e che tale interesse legittimo non pu convertirsi in diritto soggettivo sol perch sia viziato il procedimento amministrativo in . seguito al quale la concessione stata rifiutata. Deve, quindi, concludersi l'argomento dichiarandosi che le controversie relative alla concessione dell'esercizio delle attivit di cui allo art. 1 della. I. 6 dicembre 1962, n. 1637, richiamato dall'art. 4, n. 5 della legge stessa, rientra nella competenza giurisdizionale del Consiglio di Stato, al quale esclusivamente spetta, conseguentemente, di stabilire quale sia l'ambito preciso dei poteri rispettivamente attribuiti, in materia, aUa Amministrazione dello Stato, all'ENEL e agli Enti pubblici locali. -(Omissis). SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA CIVILE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 gennaio 1967, n. 200 -Pres. Rossano -Est. Leone -P. M. Gentile (conf.) -Societ r. I. Airone (avv. Ronci) c. Comune di Roma (avv. Bozzi G.). Obbligazioni e contratti -Proposta di contratto -Nozione -Struttura e contenuto. (c. c., artt. 1326 segg.). Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici -Contabilit generale dello Stato -Formazione dei contratti della P. A. -Deliberazione di contrattare -Atto interno -Iniziativa esterna della P. A.-Qualificazione giuridica -Proposta -Esclusione -Invito ad offrire Sussiste. (r. d. 18 noy~mbre 1923, n. 2440, artt. 3 e segg.; r. d. 23 maggio 1924, n. 827, artt. 63 e segg.). Responsabilit civile -Responsabilit precontrattuale -Dovere di comportamento secondo buona fede nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto -Estensione alla P. A. contrattante -Sussiste. (c. c., art. 1337). La proposta di contratto si sostanzia in una dichiarazione di volont rivolta a persona o persone che possono avere interesse .a conoscerla, intesa a provocare una loro dichiarazione di accettazione, o anche, se non escluso dal proponente, una dichiarazione, che, prospettando modifiche del contenuto della proposta, assuma valore di controproposta. La proposta di contratto, pe1tanto, presuppone nell'autore la volont di pervenire alla conclusione del negozio, ma si materializza nella emissione della dichiarazione e nella comunicazione di essa alla persona, con cui si intende contrattare, con i mezzi e nei modi idonei a significare che essa rivolta proprio alla persona prescelta (salvo il caso di offerta rivolta al pubblico) (1). (1) La proposta di contratto, detta anche offerta, si sostanzia in una dichiarazione di volont completa (in modo che il destinatario possa dare. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 575 Mentre la deliberazione di contrattme di un ente pubblico non integra alcuna proposta di contratto, trattandosi di atto interno, neppure l'iniziativa esterna dell'Ente pubblico, diretta alla stipulazione di un contratto, assume il carattere di una proposta, dovendo, invece, attribuirsi ad essa, secondo le speciali norme vigenti in materia ed anche nel caso di contratto a t?attativa privata (salva tuttavia l'ipotesi di contratto stipulato a mezzo di corrispondenza con ditte commerciali), valore di un semplice invito ad offrire, che, se accolto, costituisce l'altro negoziatore quale p1oponente con la presentazione all'ente di un atto di impegno (2). Anche la P. A. tenuta all'osservanza dei principi di lealtd e di probit nelle contrattazioni con i privati, onde soggetta alla responsabilit ex art. 1337 c. c. (3). (Omissis). -Col primo mezzo la societ ricorrente denunzia violazione degli artt. 1326, 1336 e 1350 c. c., 210 c. p. c., 131 t. u. legge comunale e provinciale e 177 del relativo regolamento e sostiene che, mediante le deliberazioni del Consiglio comunale, contenenti tutte le condizioni del futuro contratto di compravendita, e la successiva accettazione di tali condizioni da essa manifestata con l'atto scritto del 16 ottobre 1951, era stato posto in essere un contratto preliminare. di compravendita. L'esibizione, da parte del Comune, delle deliberazioni relative alla vendita, esibizione espressamente richiesta daUa societ, la sua adesione con un semplice si), seria e indirizzata a persona determinata. A norma dell'art. 1326 c. c. il contratto si considera concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza dell'accettazione dell'altra parte ed un'accettazione non conforme alla proposta equivale a nuova proposta, con la conseguenza che, in tal caso, il contratto non pu ritenersi perfezionato che nel momento in cui la parte, che ha accettato con modifiche la proposta originaria, ha avuto a sua volta notizia dell'accettazione dell'altra parte: Cass., 7 giugno 1966, n. 1501, Giur. it., Mass., 1966, -667; v. anche Cass., 27 giugno 1964, n. 1717, id., Mass., 1964, 563, che mette in evidenza che l'accettazione deve riprodurre il medesimo contenuto sostanziale enunciato dal proponente " comprese anche le clausole cosiddette accessorie . (2) La prima parte della massima ovvia. La seconda parte della stessa :ripudia quell'insegnamento dottrinale, secondo cui -in conformit della nozione privatistica, che identifica la proposta con la dichiarazione di volont di colui che prende l'iniziativa del contratto allo scopo di concluderlo -la P. A. con il bando fa la proposta di contratto (GIANNINI M. S., L'attivit amministrativa, Citt di Castello, 1962, 69), ed accoglie, viceversa, la tesi dell'Avvocatura (su cui v. nota, in questa Rassegna, 1964, I, 491 e seg.). (3) Cfr. Cass., 8 maggio 1963, n. 1142, Giur. it., Mass., 1963, 388; Sez. Un., 11 ottobre 1963, n. 2711, ibidem, 921, sub h. Va rilevato, tuttavia, che RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 576 era, perc10, indispensabile ed il rifiuto opposto all'ordine di esiOizion illegittimo. La censura infondata. Essa si basa, in punto di fatto, sull'affermazione che il Comune aveva proposto la compravendita dell'area alla societ Airone, conformemente ad una sua delibera, ed aveva ricevuto accettazione di tale proposta in data 16 ottobre 1951. Aggiunge la ricorrente, non senza una palese contraddizione, che il 22 giugno 1953 il Comune aveva comunicato altra proposta, sulla base di maggior prezzo, e che, pur con le riserve del caso, la societ aveva risposto accettando. Ma la Corte d'appello ha escluso che la comunicazione del 22 giugno. 1953 avesse i caratteri di una proposta di contratto, specifica in ciascuno degli elementi di vendita (tale cio che co:n un'accettazione conforme il contratto potesse concludersi), dato che il prezzo era comunicato a titolo puramente indicativo ed era fatta salva la revisione di esso da parte dell'apposita commissione delle stime. Questo apprezzamento su circostanze di mero fatto, quali sono indubbiamente il contenuto ed i limiti di una proposta negoziale, congruamente motivato, .si sottrae a censure in sede di legittimit. Quanto poi alla tesi che il contratto sia stato concluso con l'atto di impegno del 16 ottobre 1951, avente contenuto ed effetti di accettazione, conforme, di una precedente pro.posta del Comune, deve rilevarsi che le censure della ricorrente prendono l'avvio da affermazione giuridicamente inattendibile: cio, che la deliberazione di un ente pubblico, di procedere alla vendita di un proprio bene, se contiene tutte le condizioni della compravendita, ha natura di proposta di contratto di vendita. La proposta di contratto si sostanzia invece in una dichiarazione di volont rivolta a persona o persone che possono avere interesse a conoscerla, intesa a provocare una loro dichiarazione di accettazione la concezione secondo la quale la discrezionalit amministrativa si esaurirebbe in sede di deliberazione di contrattare non si accorda con l'incon ... testabile principio che tutto il procedimento di formazione, esternazione ed approvazione della volont contrattuale della P. A. regolato dal diritto pubblico, onde non vengono in discussione norme che tutelano direttamente l'interesse della controparte, come sono ciuelle ex artt. 1337 e 1338 c. c.: il problema, pertanto, nella specie, non si pone sul piano della buona :fede oggettiva, ma della correttezza amministrativa: su questi concetti v. CARUSI, Osservazioni in tema di formazione dei contratti dello Stato, in questa Rassegna, 1964, I, 495 e segg. Peraltro, la forza derogatoria alle regole privatistiche delle norme della legge e del regolamento sulla contabilit dello Stato in materia di contratti stata di recente sottolineata dalla stessa Corte di Cassazione: cfr. Cass., 22 giugno 1967, n. 1518, in questa Rassegna, 1967, I, 606, sub 2, ed ivi nota di riferimenti. PARTE I, s:mz. III, GIURXSPRUDlilNZA CIVILE 577 o anche1 se no:tl escluso dal proponente, una dichiarazione, che, prospettando modifi:'j;)unto non ontroverso dll teoria dll~ :tormazione del ctmtr,.to non stato'bn consideratodalla soiet dcorten:te; che altrim~ n1lt a;v,~e ftl'.~i\l1Jiu1~ 1~ J)*:se rteeearia tiel proprto rali&M:mento , not;.'~olo e ll~;etl'.tto ;jj~la d~llltltaafone didl'ente,. 4tt~nt<{ nella sttcC'. essiva ~mi~Ji~ne Nlli' !ntlliaradon.e w volenl'del!'ente e n~1:a com ic~~ione tli essa proprio alla sGdiet'' Airne, 'tien ranzietto ~onte\;. nuto di i:txtziativa ~~lla/;uegoztazi<;>be, he i~ '.tipico della prll)osta di conti-atto. $.ic!Ch la ~'~ '.cU~P1'll~. con!1!a:t*1: elle l sdeiet ;;lppellanten~s1ilif ~on$ dli~a Cli cticl'ii.arazioni d~ll'organo rppresenta:tivo del Comutt;. Che; in at1tia.tiofil\ij della deliberaibne di vendita, vessero avuto cotenu,lio ed ~ett:t. df.pMj;lsta.a ra~~tie ha. Titenuto giuridicamente ins:l~iente alla e,&nclUsione del contratto la cUebiarazime d'impegno cilella socit Aiir<.JM (eomun.que questa pte8Se essere . valutata) ed iDrUevante resibU::ione in giudtzio delle eUbmzioni formactive della volont dell'ente, :m.a rimaste con carattere di a:tto interno, non espressbro della direaione.;d:ella volont all'incontro con la volont della so ciet Airone, al fine della conclusione del eontratto: tanto pi che le d$liberaz~oni.,riehimate dalla societ appellante etano quelle che autor; izzavano ila-vendita dell'area col mezzo dell'asta pubblica, mezzo sperim.entato vanamente, le quali deliberazioni, per il particolare meccnmo (li determinazione del prezzo reale di vendita del sistema dell"asta, non potevano sic et simpliciter essere considerate formative 'deUa voont dell'ente pubblico di vendere l'area a trattativa privata, per un ;p:rezzo non inferiore a quello di base nell'asta. Si pu utilmente aggiungere che le norme giuridiche concernenti i C():ntrtitti detli enti pubblici, per ovvie ragioni di cautela nello svolgimento dll'attivit di negoziazione, prescrivono che, anche quando sia l'ente ad assumere l'iniziativa della negoziazione, quest'iniziativa debba assumere il carattere non di una proposta ma di un semplice invito ad offrire, che, se accolto, costituisce l'altro negoziatore quale proponente, con la presentazione all'ente di un atto d'impegno. Questa struttura del procedimento di formazione del contratto, quando uno dei soggetti un ente pubblico, si riscontra anche nei con 578 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tratti a trattativa privata della Pubblica Amministrazione, nei quali e salvo il caso di contratto stipulato a mezzo di corrispondenza, con ditte commerciali -l'art. 17 r. d. 18 novembre 1923, n. 2440 qualifica offerente il negozfatore privato, in particolare, quando si riferisce alla stipulazione che avvenga con atto separato di obbligazione sottoscritto da chi presenta l'offerta : mezzo di stipulazione cui appunto si riferisce la ricorrente, quando richiama l'atto d'impegno del 16 ot tobre 1951. Deve rilevarsi, infine, che, presupposta la deliberazione di un ente pubblico di vendere un proprio bene, sia pure a trattativa privata, l'organo che rappresenta l'ente non pu ritenersi abilitato a concludere un semplice contratto preliminare di vendita -come la societ ricorrente assme essere avvenuto nella specie -data la diversit di natura e di effetti dei due tipi di contratto e la mancanza di volont dell'ente di concludere il contratto preliminare. Quanto ritenuto in relazione al motivo ora esaminato spiega effi cacia assorbente sul secondo e sul terzo motivo del ricorso. Con essi si denunziano rispettivamente la violazione degli artt. 1374, 1375, 1218 e 1453 c. c. e dei principi della responsabilit cpntrattuale e la violazione degli artt. 1337 e 1175 c. c. e dei principi che regolano la responsabilit extracontrattua1le degli enti pubblici: si sostiene cio che. il Comune, avendo concluso con la societ Airone un contratto preliminare di compravendita, era obbligato a sperimentare gli atti necessari per il perfezionamento del contratto e, violando detto obbligo, sarebbe incorso in responsabilit ex contractu; e che, anche a ritenere non concluso il contratto, si sarebbe dovuto pur sempre affermare la responsabilit precontrattuale del Comune, a causa dell'arbitraria modifica unilateralmente apportata, dopo anni di attesa, alle condizioni del contratto. Ma la conclusione del contratto stata rettamente esclusa, com' stato detto innanzi, sicch non pu sussistere responsabilit per ina dempimento delle obbligazioni, che per effetto del contratto si sarebbero costituite. Quanto alla responsabilit ex art. 1337 c. c., la cui ammissibilit nei confronti anche della P. A. stata affermata da questa Suprema Corte con le sentenze 8 maggio 1963, n. 1142 ed 11 ottobre 1963, n. 2711 (Sez. Un.), sull'ovvio rilievo che anche la P. A. tenuta all'osser vanza dei principi di lealt e di probit nelle contrattazioni con privati, deve rilevarsi che la diversa opinione dichiarata dalla Corte d'appello nella sentenza impugnata rende necessaria solo la correzione della motivazione in diritto, a norma dell'art. 384, cpv., C. p. c., dato che la pronuncia di rigetto della pretesa della societ Airone giuri I dicamente esatta. l I l PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 579' Deve condividersi, infatti, l'apprezzamento espresso dalla Corte di merito che il Comune si avvalso di facolt legittime ed in nulla ha offeso la sfera giuridica propria della societ Airone. Invero, perch sorga la responsabilit per ingiustificata rottura delle trattative, le quali, com' noto, se non impegnano a concludere il contratto, impegnano i negoziatori ad osservare comportamenti di lealt e di probit, necessario che le trattative stesse siano arrivate ad un punto di concludenza tale da far sorgere l'affidamento che il contratto sar concluso, sicch la rottura ingiustificata della negoziazione appaia contraria ai cennati doveri di lealt e di correttezza, cui debbono essere improntati i rapporti tra i soggetti degli atti giuridici, gi nella fase necessaria della attivit di negoziazione. Ma nella specie la Corte di merito ha dato ripetutamente atte> che la trattativa s'era limitata allo scambio di una proposta della societ e di una controproposta notevolmente difforme e condizionata del Comune: troppo poco, per poter parlare di concludenza nella negoziazione, nel senso detto innanzi, sicch legittimamente il Comune poteva variare gli elementi in essa apportati, in conseguenza dei reali aumenti del prezzo di scambio dell'area. ~e discende l'infondatezza anche del quarto motivo di ricorso, col quale la societ Airone, portando ad ulteriori effetti la responsa bilit extracontrattuale del Comune di Roma da essa sostenuta, afferma. che il Comune medesimo, avendo protratto oltre ogni normale e ragio nevole misura la definizione del rapporto in questione, pur avendo. ricevuto e contabilizzato una somma per l'acquisto dell'area, avrebbe dovuto rispondere dei danni per fatto illecito (art. 2043 c. c.). Con esatto criterio giuridico la Corte di merito ha escluso tale responsabilit, che, ove non dovesse sostanziarsi in quella precontrat tuale, della quale stato fatto cenno innanzi, per escluderla, dovrebbe scaturire dalla lesione di un diritto soggettivo della societ Airone, protetto dal dovere generico di astensione da interferenze dannose, imposto agli altri consociati e, tra essi, al Comune di Roma, per effetto del precetto del neminem laedere. Ma, fuori del rapporto di negoziazione, nessun diritto la societ Airone ha potuto allegare nei confronti del Comune, che potesse essere pregiudicato dal comportamento da questo avuto in occasione della negoziazione per cui causa: la situazione allegata rispetto alle cennate trattative di mera aspettativa e, come s' detto, in tesi tutelata solo ad un certo punto dell'evoluzione favovevoile di esse, col mezzo e nel limite della responsabilit contrattuale. A tale aspettativa nessun apporto modificativo ha arrecato la cir costanza che la societ Airone ha costituito un deposito cauzionale in vista della futura contrattazione col Comune, che tale cauzione necessariamente richiedeva (che si tratti di cauzione e non di caparra,. 580 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO come scrive la ricorrente, stato ritenuto sulla base del titolo di versamento): salvo naturalmente il diritto allo svincolo della cauzione, divenuta inutile, non essendo sorta la obbligazione che essa doveva garantire in parte. Il ricorso, pertanto, infondato in ogni suo mezzo e deve essere rigettato. -(Omissis). I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 marzo 1967, n. 528 -Pres. Rossano Est. Giannattasio -P. M. Tuttolomondo (conf.) -Assessorato ai LL.PP. della Regione Siciliana (avv. Stato Cavalli) c. Impresa Alessi Rocco (avv. Fornario, Crispi, Maniscalco-Basile). Opere pubbliche -Capitolato generale per gli appalti delle opere dipendenti dal Ministero dei lavori pubblici -Valore normativo -Sussiste solo pe,r lo .Stato. (d. m. 28 maggio 1895; d. P. R. 16 luglio 1962, n. 1063). Opere pubbliche -Res1ione Siciliana -Capitolato ~enerale per gli appalti delle opere dipendenti dal Ministero dei lavori pubblici Valore normativo per s1li appalti di opere pubbliche re~ionali Esclusione. n Capitolato generale per le opere pubbliche appaltate dallo Stato di cui al D. M. 28 maggio 1895 ed ora al d. P. R. 16 luglio 1962, n. 1063 ha valore normativo (interno) solo per lo Stato e non anche per gli altri enti pubblici, i quali possono assumerlo solo contrattualmente a regolamento dei loro appalti (1). La Regione siciliana un ente diverso dallo Stato, anche se ad essa sono state attribuite funzioni gi di competenza dello Stato, e nessuna legge statale o regionale prescrive per gli appalti da essa stipulati l'applicazione del Capitolato generale oo. pp., onde il rinvio alle norme del medesimo pu avere solo natura contrattuale (2). (1) Cfr., per tutte, Cass., 23 gennaio 1964, n. 160, in questa Rassegna, 1964, I, 395; per l'esame della questione, v. DEL GRECO, Sulla natura giuridica ecc., ibidem, 603 e segg.; CARUsI, Spunti in tema di efficacia regolamentare del capitolato generale oo. pp. e di rinvio alle sue norme, id., 1965, I, 225 e segg. Sulla seconda parte della massima v. anche infra, nota 2. (2) Cfr. Cass., 16 dicembre 1966, n. 2952, in questa Rassegna, 1967, I, 254, sub 4 ed ivi (256) riferimenti anche in senso contrario; ma per il carattere legale ed inderogabile del rinvio alle norme del cap. gen. oo. pp., nel caso di appalti di determinati enti pubblici, v. anche Cass., 18 mag-.. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 581 II TRIBUNALE DI PALERMO, 8 maggio 1967 -Pres. Giardina -Est. Nasca -Ente sviluppo agricolo -E.S.A. (avv. Stato del Greco) c. Impresa Rizzo (avv. Restivo). Opere pubbliche -Regione Siciliana -Capitolato generale per gli appalti delle opere dipendenti dal Ministero dei lavori pubblici Valore normativo per gli appalti di opere regionali -Sussiste. In mancanza di autonoma regolamentazione in materia di opere pubbliche da parte delia Regione siciliana, la normativa statal deve necessariamente trovare applicazione con forza vincolante (3). I (Omissis). -Con il primo motivo l'Assessorato LL.PP. della Regione Siciliana afferma che una clausola contrattuale che si fondi gio i965, n. 956, id., 1966, I, 450, sub 3, con nota di TRACANNA; Cass., 15 luglio 1965, n. 1557, Giust. civ . 1965, I, 1737; sul valore del rinvio alle norme del capitolato generale oo. pp. fatto in norme di legge o di regolamento, v. anche CARUSI, Spunti ecc., cit., in questa Rassegna, 1965, I, 232. Il principio della efficacia contrattuale del Capitolato suddetto, se richiamato negli appalti stipulati da enti diversi dallo Stato, trova, come afferma la Corte di Cassazione, la sua spiegazione nella libert ed autonomia contrattuali di tali enti: infatti, se gli stessi nella loro azione non sono tenuti all'osservanza di una specifica e determinata normativa, l'eventuale richiamo di quest'ultima in contratto evidente conseguenza di una libera scelta. L'ente, invece di precisare e dedurre nell'atto contrattuale le clausole che devono regolarlo, preferisce riferirsi ad una regolamentazione esterna, che automaticamente si inserisce nel contratto: pertanto, come sarebbero state di natura contrattuale le clausole direttamente pattuite, cos non possono non avere valore contrattuale le disposizioni della normativa richiamata. Ma il fondamento logico e giuridico di questa giustificazione -dato che sia esatto (v. i rilievi di CARUSI, Osservazioni ecc., in questa Rassegna, 1964, I, 493 e seg.) -ne segna al tempo stesso i limiti. Quando l'ente non goda della libert di scelta che si detta, ma sia tenuto a riferirsi ad una determinata normativa, sembra ovvia l'impossibilit di definire contrattuale il richiamo a quest'ultima. E tale situazione, in materia di opere pubbliche, si verifica, allorch la realizzazione di opere di competenza statale sia affidata ad enti diversi dallo Stato, o quando le opere appaltate da tali enti siano finanziate dallo Stato: nelle ipotesi suddette, l'obiettiva natura delle opere e la necessit del controllo dell'utilizzazione del pubblico danaro postulano l'inderogabile applicazione del capitolato generale statale, al fine dell'uniforme gestione degli appalti. Trattasi di principi d'ordine generale, riconosciuti da tempo validi in dottrina (ZANOBINI, Corso, IV, 1958, 504, nota 10); ed in base ai quali la g 582 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sopra una legge dichiarata incostituzionale non pu considerarsi'valida ed efficace tra le parti, per il divieto -posto dall'art. 30 della 1. 21 marzo 1953, n. 87. Si aggiunge che la Corte di merito, oltre a violare l'enunciato principio, ha omesso di indicare gli elementi dai quali si desumerebbe il comportamento complessivo, rivelatore di una comune intenzione delle parti, di volere liberamente la clausola di cui trattasi (indipendentemente, cio, dal vigore del precetto legislativo, dichiarato incostituzionale), e ha trascurato, inoltre, di considerare che il comportamento dell'Amministrazione Regionale appariva in netto contrasto con l'intenzione di considerare quella clausola come voluta, indipendentemente dalla validit ed efficacia della legge regionale n. 54 del 1957, e ha trascurato, altresi, di considerare la impossibilit di attribuire natura meramente contrattuale ad una clausola compromissoria, che prevede la nomina di arbitri da parte di pubbliche autorit, il cui potere-dovere non pu scaturire da fonti diverse dalla legge. Si assume, infine, che il contratto di appalto, sebbene firmato dopo l'emanazione della sentenza della Corte Costituzionale (che dichiar illegittimo l'art. 8 della legge regionale siciliana n. 54 del 1957), fu logicamente predisposto (unitamente al capitolato speciale, in cui la giurisprudenza pi autorevole non ha esitato a riconoscere la necessit di un' interpretazione estensiva dell'art. 294, u. c., della legge comunale e provinciale n. 383 del 1934, dichiarato applicabile non ai soli Comuni (espressamente previsti nella norma), ma anche alle Province (Cass., 18 aprile 1962, n. 754, Foro it. 1962, I, 618. Precisava testualmente il Supremo Collegio al riguardo: In realt, se si considera lo spirito informatore della norma in discorso, non vi pu essere dubbio che il Capitolato generale statale debba disciplinare sempre l'appalto dell'opera pubblica eseguita con danaro dello Stato, indipendentemente dalla circostanza che l'ente appaltante sia una Provincia anzich un Comune. Questo spirito informatore, in cui si concreta la ratio legis, si palesa evidente nella considerazione che lo Stato ha interesse, allorch i lavori appaltati vengano eseguiti con suo danaro, alla pi adeguata disciplina del rapporto d'appalto mediante l'applicazione delle norme del Capitolato, come se l'appalto fosse stato stipulato, invece che da un ente locale, dallo Stato. Ora un tale interesse dello Stato, qualora l'opera pubblica venga realizzata merc le contribuzioni statali, indubbiamente identico, tanto nel caso che l'ente appaltante sia un Comune, quanto nel caso che lo sia invece una Provincia, giacch in entrambi i casi sempre lo Stato che paga, in tutto o in parte, le spese dei lavori. .Sicch da ritenere che il legislatore, facendo obbligo ai Comuni, e non anche alle Province, nella ipotesi di pubblici appalti finanziati dallo Stato, di adottare il Capitolato generale, minus dixit quam 1'0luit, dovendosi, in omaggio alla ratio legis, procedere ad una interpretazione estensiva della norma... >). Appunto nella linea della giuridica esigenza in questione, sono l'articolo 80 del Testo unico sull'edilizia popolare ed economica 28 aprile 1938, n. 1165 e l'art. 8 della 1. 10 agosto 1950, n. 646 sulla Cassa per il .. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 583 clausola compromissoria contenuta) dalle autorit regionali quando la citata norma non era stata ancora dichiarata incostituzionale. La censura infondata. La sentenza impugnata non ha affatto affermato il principio, che le viene attribuito, secondo il quale potrebbe conservare efficacia normativa una disposizione di legge che sia stata dichiarata costituzionalmente illegittima, ma, al contrario, riconoscendo che la norma dichiarata incostituzionale debba essere disapplicata dal giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della decisione della Corte Costituzionale, ha soltanto accertato che le parti, nell'inserire nel capitolato speciale di appalto la clausola dell'art. 68, che stabiliva l'arbitrato ed attribuiva la cognizione al collegio composto in modo corrispondente a quanto gi disposto dall'articolo 8 della legge regfonale richiamata n. 54 del 1957 (dichiarato incostituzionale), hanno compiuto una libera e autonoma manifestazione di volont negoziale e che il riferimento alla legge regionale, non pi operante, ha un valore puramente indicativo del documento, sulla falsariga del quale la clausola arbitrale venne formulata. L'interpretazione della volont contrattuale, compiuta dalla Corte di merito, con apprezzamento insindacabile in questa sede, poggia su una adeguata motivazione, in quanto si escluso che i contraenti abbiano voluto applicare una norma dichiarata incostituzionale, con due argomenti Mezzogiorno: pure in tali casi, l'opera appaltata viene realizzata con danaro dello Stato e le norme suddette non sono che una specifica applicazione del principio generale ricordato. Se, poi, trattasi di opera di competenza statale, la realizzazione della quale venga data in concessione o comunque affidata ad ente pubblico, al principio ripetuto (essendo sempre l'opera pagata dallo Stato) fa riscontro l'automatica soggezione dei lavori al corpo d~ norme obiettive che regolano le opere pubbliche statali per efff'tto dell'art. 2, u. c., della I. 24 giugno 1929, n. 1137, contenente disposizioni sulle concessioni di esecuzione di opere pubbliche statali, che alla normativa statale fa esplicito riferimento per la condotta dei lavori. (3) Anche per le predette ragioni e per ulteriore applicazione dei precedenti concetti, la circostanza dell'essere stato un appalto stipulato ad es. dall'E. R.A.S. e non dalla Regione siciliana sarebbe inconferente, essendo i lavori di riforma agraria di competenza regionale e pagati dalla Regione (il d. l. 24 novembre 1947, n. 1716 ha esteso alle opere pubbliche del MiPistero dell'agricoltura le norme che disciplinano le opere pubbliche di competenza del Ministero dei lavori pubblici,., conferendo altres al Ministro ed al Ministero dell'agricoltura i poteri e le facolt attribuite, sP.condo le norme anzidette, al Ministro ed al Ministero dei lavori pubblici >. Quindi, come agli appalti concessi in Sicilia dal Ministero dell'agricoltura prima del d. I. 7 maggio 1948, n. 789 era applicabile ex lege il capitolato geuerale statale, dello stesso non pu essere dubbia, in forza dei principi illustrati, l'applicabilit ai lavori di competenza dell'Assessorato regionale, sostituito al Ministero ed investito di tutte le attribuzioni e funzioni ministeriali), autorizzata ad avvalersi per la loro esecuzione dell'E.R.A.S., addirittura qualificato come organo della riforma. Conseguentemente, i RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 584 logici: a) il contratto fu concluso due mesi dopo che era stata depositata e resa nota alla Regione Siciliana la pronuncia di incostituzionalit, che era perci conosciuta da almeno una delle parti contraenti e non poteva essere ignorata neppure dall'altra; b) il capitolato non si limit a rinviare, per la composizione del collegio arbitrale, all'art. 8 della legge n. 54 del 1957, il che avrebbe potuto anche significare il rinvio ad una disposizione di legge ritenuta erroneamente ancora in vigore, ma riport integralmente il contenuto dell'art. 8, appunto per significare che esso costituiva il parametro della clausola contrattuale. N a diversa conclusione si perverrebbe, ove il ricorrente avesse inteso, con la sua censura, affermare che la pronuncia di incostituzionalit non soltanto priva una disposizione di efficacia normativa, ma esclude persino che possa costituire la falsariga da u~ilizzare nell'ambito dell'autonomia contrattuale. L'errore di una tale interpretazione dimostrato proprio dalla sentenza 2 maggio 1958 n. 35 della Cort~ Costituzionale, che dichiar l'illegittimit costituzionale dell'art. 8 della legge regionale siciliana 25 settembre 1957, n. 54, ove detto: Altra cosa esercitare, rispetto ad uno o anche a pi controversie determinate o determinabili, un potere di disposizione, che strettamente richiami in contratto al capitolato generale ed alla legge ed al regolamento sull'esecuzione dei lavori pubblici sarebbero superflui; ed a seguito del l'entrata in vigore del capitolato generale del' 1962 vanno osservate le norme in esso previste, per la definizione delle controversie tra Impresa ed Ente appaltante. Sulle massime sub 1-2-3 v., inoltre, la seguente annotazione: Sull'efficacia normativa del Capitolato generale oo.pp. per i contratti d'appalto stipulati dalla Regione Siciliana. Contrariamente a quanto affermato dalla Corte .Suprema, nella sen tenza qui in rassegna sub I, con motivazione, per vero, succinta e non appagante, l'efficacia normativa del Capitolato generale oo. pp. anche per i contratti d'appalto stipulati dalla Regione siciliana dovrebbe emer gere indiscutibile in base ai principi generali relativi alla successione tra gli enti pubblici ed alla regolamentazione sostanziale delle materie attri buite alla competenza delle Regioni. Tale profilo stato esattamente visto dal Tribunale di Palermo, nella sentenza qui in rassegna sub Il, quando ha rilevato che la normativa statale, per la sua riconosciuta forza espansiva ed in coerenza anche al principio sancito dalla 1. regionale 1 lu glio 1947, n. 3, deve trovare necessariamente applicazione, in caso di assun zione da parte della Regione di poteri gi dello Stato, in tutti i settori lasciati scoperti dal mancato esercizio della potest legislativa o regolamen tare esclusiva della Regione, ed in tutti i casi in cui l'attivit della Regione, in forza dello Statuto e delle norme di attuazione, viene a porsi sullo stesso piano della corrispondente attivit dello Stato e perci soggetta alla stessa disciplina. N potrebbe sostenersi che il capitolato generale statale inappli cabile ex se alle Regioni, perch costituente corpo di norme regolamen PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 585 collegato al potere di azione, seppure non ne addirittura un aspetto o uno svolgimento, di guisa che concepibile che la Regione ne sia titolare, altra cosa dettare una norma legislativa, diretta a vincolare non soltanto la Regione, ma anche i terzi e per di pi a sottrarre preventivamente ed in via generale tutte le controversie concernenti i rapporti in certe materie alla sfera di competenza delle autorit giurisdizionali , N esatto che una clausola contrattuale, la quale rimetta la nomina degli arbitri a pubbliche autorit, sia da considerare nulla. Nessuna disposizione di legge sancisce siffatta nullit; anzi la legge, seppure esige che il compromesso o la clausola compromissoria stabilisca il modo di nominare gli arbitri (art. 809 c. p. c.), non ostacola, ma anzi favorisce, che tale nomina avvenga ad opera della pubblica autorit (artt. 810, 811 c. p. c.). In astratto potrebbe verificarsi che la pubblica autorit, non costrettavi dalla legge, rifiutasse di procedere alla nomina degli arbitri, il che imporrebbe il ricorso al presidente del tribunale, a norma del combinato disposto del secondo e del terzo comma dell'art. 810 c. p. c., o, nella peggiore delle ipotesi, potrebbe rendere inefficace il compromesso o la clausola compromissoria, ma in ogni caso escluso che, in vista di una ipotesi teorica ed irreale, possa preventi tari, non aventi cio valore di legge in senso formale. Invero, qualunque sia la ragione giustificatrice del principio, secondo cui le leggi statali in materia di competenza regionale esclusiva estendono la loro efficacia al territorio della Regione fino a quando la materia non sia regolata da legge regionale (unitariet ed indiyisibilit dello Stato italiano, sovranit del Parlamento, natura complementare della potest legisiativa regionale), chiaro che esso risponde ad evidenti esigenze di carattere pratico: alla attribuzione alle Regioni di determinate competenze legislative corrisponde sempre l'attribuzione delle funzioni amministrative nelle stesse materie (Statuto S'ardo, art. 6; Statuto Siciliano, art. 20; Statuto Trentino-Alto Adige, art. 13; Statuto Valle d'Aosta, art. 4; Costituzione Italiana, art. 118). Ora, l'attribuzione alle Regioni di competenze amministrative ha effetto immediato, con l'emanazione delle norme di attuazione degli Statuti, e quindi ben prima che gli organi legislativi regionali possano dare, nella loro autonomia, un completo assetto legislativo a tutte le materie attribuite alla loro competenza: sicch, se attribuzione di competenze amministrative dovesse significare perdita di effi.cacia di tutta la precedente normativa statale regolante la materia, ci significherebbe paralisi assoluta e concreta impossibilit, da parte delle Regioni, di svolgere alcuna attivit. Perci evidente che gli artt. 57 dello Statuto Sardo, 92 dello Statuto Trentino, 51 dello Statuto della Valle d'Aosta, 1 della legge regionale lo luglio 1947, n. 3, che pur costituiscono enunciazione di una regola generale, comune a tutte le Regioni, quando affermano la transitoria applicabilit delle leggi dello Stato finch non sia diversamente disposto con leggi regionali, usano il termine leggi nel senso materiale e non formale, per significare tutta la precedente regolamentazione normativa della 586 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO vamente dichiararsi nulla la clausola che demandi alla pubblica autorit la nomina di uno o di tutti gli arbitri.. Con il secondo motivo il ricorrente afferma che, ai sensi del d. p. n. 878 del 30 luglio 1950, che detta norma di attuazione dello statuto della Regione siciliana in materia di opere pubbliche, la Regione (art. 1) svolge nell'ambito del proprio territorio le attribuzioni del Ministero dei LL.PP. previste dall'art. 20 dello statuto regionale. Questa sostituzione di attribuzioni implicherebbe la soggezione della Regione alle norme gi vigenti in materia di opere pubbliche eseguite a cura dello Stato, finch la Regione non ne avr emanate di diverse, nei limiti della propria competenza legislativa. Conseguentemente il Capitolato generale dello Stato ha anche per la Regione la stessa forza che ha per lo Stato e, poich le norme processuali contenute in detto capitolato sono inderogabili, non pu ammettersi neppure per la Regione una diversa norma del capitolato speciale. Anche tale censura priva di fondamento. costante insegnamento di questo Supremo Collegio che il capitolato generale per le opere pubbliche appaltate dallo Stato (una volta d. m. 28 maggio 1895, oggi D. P. 16 luglio 1962, n. 1063) ha valore normativo (interno) solo per lo Stato e non anche per gli altri enti pubblici, i quali possono assumerlo solo contrattualmente a regolamento dei loro appalti. La materia, regolamentazione che la Regione potr certo modificare, ma che intanto costituisce il presupposto indispensabile per l'esercizio, da parte della Regione stessa, di qualsiasi attivit amministrativa. La sentenza 27 gennaio 1957, n. 6 della Corte Costituzionale ha affermato che, fin quando la Regione Siciliana non si fosse valsa della potest legislativa che la lettera i) dell'art. 14 dello Statuto le conferisce in materia di acque pubbliche, dovesse continuare ad aver vigore, nel territorio della Regione, la legislazione statale sulla materia stessa: posto tale principio, ha ritenuto concretamente applicabile non solo il t. u. 11 dicembre 1933, n. 1775 (legge formale), ma anche il regolamento approvato con r. d. 14 agosto 1920 n. 1285 (legge in senso materiale). Quanto si detto per le Regioni in genere appare ancor pi evidente per l'esercizio, da :parte della Regione Siciliana, delle attribuzioni amministrative in materia di lavori pubblici. Con Decreto Presidenziale 30 luglio 1950, n. 878 sono state dettate le norme di attuazione dello Statuto regionale siciliano in materia di opere pubbliche. L'art. 1 dello stesso stabilisce che la Regione Siciliana svolge nell'ambito del proprio territorio le attribuzioni del Ministero dei Lavori Pubblici. Ma evidente che trasferimento alla Regione di attribuzioni del Ministero dei Lavori Pubblici non avrebbe senso, se non presupponesse l'applicabilit di tutta la normativa che quelle attribuzioni delimita e nel cui ambito esse devono essere esercitate. E ci vale non solo per la legge sui lavori pubblici (20 marzo 1865, n. 2248, all. F) e successive modificazioni ed integrazioni; non solo per il regolamento per la contabilizzazione, collaudazione, ecc. delle opere pubbliche, ma anche per il Capitolato Generale, avente carattere regola-- J PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 587 Regione Siciliana un ente diverso dallo Stato, anche se ad essa sono .state attribuite funzioni gi di competenza dello Stato, e nessuna legge statale o regionale prescrive per gli appalti stipulati dalla Regione Siciliana l'applicazione del Capitolato generale. La Regione, quindi, ben poteva regolare l'appalto con 1'Alessi, richiamando in tutto oppure in parte il Capitolato generale, ovvero non richiamandolo affatto, e ci per il principio dell'autonomia contrattuale (art. 1322 c. c.), che implica anche la facolt di deferire ad arbitri di libera scelta la deci. sione delle controversie. Il ricorso va, pertanto, rigettato, con le conseguenze di legge. ( Omtssis). II (Omissis). -In contrario non vale addurre che l'ERAS ente soggetto al controllo dell'Amministrazione Regionale della Agricoltura, n il rilievo che i lavori oggetto dell'appalto sono stati finanziati da detta Amministrazione. mentare, nel quale gran parte di quelle attribuzioni vengono stabilite e disciplinate. Che, del resto, il Capitolato Generale sia entrato a far parte della normativa regolante l'esercizio da parte della Regione Siciliana delle attribuzioni amministrative in materia di opere pubbliche espressamente detto nell'art. 3, ultimo comma, della legge regionale 9 marzo 1953, n. 7, sulla istituzione dell'Albo regionale degli appaltatori di opere pubbliche, col quale viene stabilito che le Amministrazioni regionali conservano le facolt previste, oltre che da altre norme regolamentari, dall'art. 4 del Capitolato generale per gli appalti. La norma ora richiamata costituisce perci espressa -pu dirsi autentica -affermazione della perdurante vigenza, nel territorio della Regione, delle norme regolamentari poste dal C1apitolato generale. Nella situazione giuridica e normativa sopra prospettata s'inquadra perfettamente la normale 20 agosto 1962 dell'Assessore ai Lavori Pubblici della Regione Siciliana (pubblicata in Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana n. 44 del 15 settembre 1962), con la quale fu disposta l'applicazione, con decorrenza dal lo settembre 1962 (si tratta della stessa data in cui il nuovo Capitolato entr in vigore in tutto il territorio nazionale), del Capitolato Generale d'appalto approvato con d. P. R. 16 luglio 1962, n. 1063, per l'esecuzione dei lavori pubblici regionali. In base ai principi sopra enunciati ed alla normale ora ricordata il problema della natura ed efficacia delle disposizioni del Capitolato generale .e, in particolare, quello della applicabilit delle norme processuali di questo ai contratti di appalto stipulati prima del 1962 presenta identiche caratteristiche e deve avere perci identica soluzione in Sicilia come in tutto il restante territorio nazionale. GIORGIO AZZARITI 588. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Infatti .pu convenirsi con l'attore che al Capitolato generale dello Stato debba essere riconosciuto carattere normativo regolamentare in ordine alle opere di competenza dell'Assessorato Regionale dell'Agricoltura, posto che questo, nel territorio della Regione Siciliana, ha assunto ed esercita le attribuzioni ed i poteri del Ministero dell'Agricoltura e che alle opere di competenza di questo Ministero stata estesa l'applicabilit del Capitolato predetto (d. 1. 24 novembre 1947, n. 1716). E ci per la valida considerazione che, non avendo l'Amministrazio. ne regionale provveduto ancora a darsi una autonoma regolamentazione in materia, la normativa statale, per la sua riconosciuta forza espansiva (v. Corte Cost., 26 gennaio 1957, n. 6) ed in coerenza anche al principio sancito da:lla 1. r. 1 luglio 1947, n. 3, deve trovare necessariamente applicazione, senza possibilit di distinzione tra norme anteriori e norme successive all'assunzione dei poteri da parte della Regione, in tutti i settori lasciati scoperti dal mancato esercizio della potest legislativa o regolamentare. esclusiva della Regione ed in tutti i casi in cui l'attivit della Regione, in forza dello Statuto e delle norme di attuazione, viene a porsi sullo stesso piano della corrispondente ttivit dello Stato e perci soggetta alla stessa disciplina. Ma questo principio non operante nella :fattispecie, in cui il contratto di appalto stato costituito dall'Eras, il quale, se sottoposto alla vigilanza ed al controllo dell'Assessorato dell'Agricoltura e se investito, nel campo della riforma agraria, di compiti tecnico-amministrativi di carattere decisamente strumentale, non certamente un organo -neanche straordinario -del predetto Assessorato, bens un ente autonomo, fornito di attribuzioni proprie in ordine alla realizzazione dei suoi fini istituzionali, nei quali rientra indubbiamente l'oggetto dello specifico appalto, trattandosi di opere di assistenza e di miglioramento fondiario a favore degli assegnatari (art. 45 1. r. 27 dicembre 1950, n. 104, e art. 2 Statuto dell'Eras). -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 14 giugno 1967, n. 1329 -Pres. Flore -Est. Pratillo -P. M. Pedote (parz. diff.) -Ministero Interno (avv. Stato Savarese) c. Comune di Rocca di Papa (avv. Magrone) e Palozzi R. e R. (intimati) (*). Ordinanze amministrative -Sindaco -Funzioni di ufficiale del Governo -Provvedimenti contingibili ed urgenti in materia edilizia -Riferibilit allo Stato -Sussiste. (t. u. 4 febbraio 1915, n. 148, artt. 152, 153). PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 589 Responsabilit civile -Sindaco ufficiale del Governo -Provvedimenti contingibili ed urgenti in materia edilizia -Omissione -Condanna del Sindaco per reato colposo -Responsabilit dello Stato per i danni -Sussiste -Fattispecie. (t. u. 4 febbraio 1915, n. 148, art. 153; c. p. p., art. 27; c. c., art. 2043). Giudizio civile e penale -Sentenza penale di condanna divenuta irrevocabile -Efficacia nei confronti del responsabile civile -Limiti. (c. p, p., art. 27). Amministrazione dello Stato e degli Enti pubblici -Delegazione amministrativa -Sindaco -Funzioni di ufficiale del Governo -Natura di delega~ione intersoggettiva -Esclusione. (t. u. 4 febbraio 1915, n. 148, artt. 152, 153). Prescrizione -Condanna generica al risarcimento del danno pronunciata con sentenza penale irrevocabile - Actio iudicati -Termine di prescrizione decennale -Applicabilit -Estensione al responsabile civile rimasto estraneo al giudizio penale -Sussiste. (c. p, p., art. 27: c. c., art. 2953). n Sindaco, quando nelle materie a lui commesse dagli artt. 152 e 153 t. u. 4 febbraio 1915, n. 148 agisce come ufficiale del Governo, un vero e proprio organo statale e viene a trovarsi in rapporto di diretta dipendenza gerarchica dal Prefetto (1). Lo Stato risponde civilmente delle conseguenze dannose dell'omissione da parte del Sindaco dei provvedimenti contingibili ed urgenti ex art. 153 t. u. n. 148 del 1915, per la quale costui, con sentenza penale irrevocabile, sia stato riconosciuto colpevole di disastro ed omicidi colposi (fattispecie di un Sindaco che aveva omesso di rendersi conto delle condizioni di stabilit di un fabbricato e di disp01re, una volta accertato il pericolo di crollo, lo sgombero dell'edificio) (2). La sentenza di condanna irrevocabile, pronunciata nel giudizio penale a carico dell'autore del fatto dannoso, ha autorit di cosa giudi (*) Dello stesso tenore altra coeva pronunzia delle Sezioni Unite, recante il n. 1330, in causa Ministero dell'Interno (avv. Stato Savarese) c. Comune di Rocca di Papa (avv. Magrone) e Ticconi (intimata). (1-3) Il giudicato penale, a cui fa riferimento la sentenza in rassegna, aveva riconosciuto il Sindaco di Rocca di Papa responsabile di disastro colposo e di vari amidici colposi, per avere omesso, com'era suo dovere, di rendersi conto delle condizioni di stabilit del fabbricato e di disporre, una volta accertato il pericolo di crollo, le misure necessarie, cio ordinare lo sgombero dell'edificio stesso , condannandolo, altres, al risarcimento dei danni verso le parti civili, da liquidarsi in separata sede. E, nel successivo giudizio civile, la Corte di Cassazione, con la detta sentenza, superando, peraltro, col richiamo al giudicato penale condanna 590 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO cata, per quanto concerne la sussistenza del fatto, la sua illiceit e la responsabilit del condannato, anche nei confronti del responsabile civile, mentre nel successivo giudizio civile o amministrativo resta impregiudicata la sola questione, se i fatti accertati nel giudizio penale siano tali da impegnare la responsabilit di quest'ultimo secondo le norme di diritto civile o amministrativo (3). L'esercizio delle funzioni di ufficiale del Governo da parte del Sindaco non costituisce un caso di delegazione amministrativa intersoggettiva, perch questa presuppone non solo una norma di legge, che, in via generale, attribuisca ad un soggetto la facolt di trasferire ad altro soggetto la propria competenza, ma altres un atto con il quale si eserciti in concreto il potere di delegazione, mentre le predette funzioni sono attribuite al Sindaco direttamente dalla legge (4). La conversione dell'azione aquiliana in actio iudicati, conseguente alla condanna generica al risarcimento dei danni, pronunciata in favore della parte civile con la sentenza irrevocabile di condanna in sede penale, e quindi l'applicabilit del termine decennale della prescrizione ordinaria, in luogo della prescrizione breve quinquennale, si riferiscono al diritto al risarcimento dei danno in s e non alle singole persone dei coobbligati ed operano, pertanto, anche nei confronti del responsabile civile, che non abbia partecipato al giudizio penale (5). (Omissis). -Con il primo mezzo il Ministro ricorrente denuncia, con riferimento all'art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 153 del t. u. della legge comunale e provinciale n. 148 del 4 febbraio 1915, 2043 c. c., 28 della Costituzione, 27 c.p.p. e si duole per aver la Corte d'Appello ritenuto che delle azioni ed omissioni del Sindaco, quale tore, l'obiezione, che non avrebbe mai potuto lo Stato rispondere della omissione di un provvedimento discrezionale, come quello ex art. 153 t. u. n. 148 del 1915, ha ritenuto esatta l'individuazione in questa specifica :fonte normativa, fatta dalla sentenza denunciata, della Corte di appello romana, del potere che il sindaco avrebbe dovuto esercitare, per evitare il disastro, e si , quindi, dilungata a :fornire la dimostrazione che trattasi di una potest non propria del sindaco quale capo dell'amministrazione comunale, ma a lui attribuita per ragioni di decentramento funzionale, come organo o ufficio periferico dell'amministrazione statale in riferimento diretto ai compiti espressamente affidatigli dall'art. 152 . Anche a voler prescindere, per un momento, dalla sentenza in rassegna e dalle riserve che tuttora potrebbero :formularsi nei confronti di quella dimostrazione (per esemplificarne una, non sembra corretto negare, come fa la sentenza, in contraddizione con quanto altra volta -v. sent. 9 giugno 1959, n. 1718, Foro it., 1959, I, 915 -ritenuto dalla stessa Corte di Cassazione, sia pure con diversa e, sia consentito dirlo, inesatta valutazione degli effetti dell'istituto, che possa configurarsi una delega ex lege, nel senso che PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 591 ufficiale del Governo, debba rispondere lo Stato e precisamente il Ministero dell'Interno. Sostiene che anche quando agisce come ufficiale del Governo il Sindaco resta sempre organicamente il capo dell'amministrazione comunale, come sarebbe dimostrato: a) dalla attribuzione dell'onere delle relative spese al Comune a norma dell'art. 91, lett. B, del r. d. n. 383 del 3 marzo 1934; b) dal modo come esercitato il controllo sostitutivo del Prefetto, il quale non pu provvedere i:Urettamente con propria ordinanza -come avveniva a norma dell'art. 55 del d. 1. n. 383 del 1934, che riservava al Governo la nomina del podest -ma soltanto nominando un commissario prefettizio, come dispone l'art. 159 del T. U. n. 148 del 1915 in armonia con il sistema elettivo della carica del Sindaco, cosicch, in caso di controllo sostitutivo, non il Sindaco che viene immedesimato nell'organizzazione statale, ma il commissario di nomina governativa che va ad inserirsi nell'organizzazione comunale. Osserva ancora il ricorrente che, se non sono riferibili allo Stato i provvedimenti del Sindaco, a maggior ragione non lo debbono essere i non-provvedimenti: infatti il comportamento omissivo, quale quello addebitato dai giudici penali al Sindaco di Rocca di Papa, porta in s n elemento d'indifferenza (sarebbe puro nulla ), le cui conseguenze giuridiche, ove possano sorgere, investirebbero esclusivamente la sfera dell'ente che ordinariamente il Sindaco rappresenta, cio il Comune. Rileva altresl il Ministero dell'Interno che, come i provvedimenti contingibili e urgenti di cui all'art. 153 del T. U. del 1915 non danno mai luogo a lesione di diritti soggettivi, cosi non pu riconoscersi al privato alcun diritto soggettivo all'emanazione dei provvedimenti stessi la norma delegatoria renda superfluo, altres, uno specifico atto di delega; delega ex lege da assoggettare ai principi propri della delegazione amministrativa, che non si confondono con quelli del decentramento: cfr. in argomento, nota in questa Rassegna, 1964, I, 700 e segg., in part. 704 ed ivi riferimenti; v. anche infra, nota 4), un interrogativo di fondo si impone sul piano generale: davvero possibile configurare tout court un ordine di verifica di stabilit di un fabbricato e un ordine di sgombero degli abitanti da un edificio in pericolo di crollo come provvedimenti contingibili oltre che urgenti, ai sensi dell'art. 153 t. u. n. 148 del 1915, invece che come atti di esercizio della normale potest di polizia edilizia, spettante al sindaco come capo dell'Amministrazione comunale (v. i rilievi del LA TORRE, Provvedimenti del sindaco e responsabilit dello Stato, L'Amministrazione italiana, 1959, 889; v. anche nota, in questa Rassegna, 1966, I, 99 e segg., in part. 100-101 ed ivi riferimenti)? opportuno considerare, peraltro, anche l'affermazione della sentenza in rassegna, che dei danni che possono derivare a terzi in relazione ai provvedimenti emessi dal sindaco a sensi dell'art. 153 t. u. n. 148 del 1915 deve rispondere lo Stato e non il Comune ,, , per rilevare che non sembra che 592 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO da parte del Sindaco, o, allorch questi non provveda, all'esplicazione del potere di controllo sostitutivo da parte del Prefetto, onde anche sotto questo profilo dovrebbe escludersi il collegamento, ai fini risarcitori del danno, tra l'attivit del Sindaco quale ufficiale di Governo e lo Stato. Afferma, infine, che l'art. 27, comma 2, c. p. p. ammette la possibilit della scissione della responsabilit dell'ipotetico responsabile civile da quella del condannato, lasciando impregiudicata la relativa questione. Con il secondo mezzo il Ministero lamenta, con riferimento all'art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 2967, comma 3, 2953, 2909 e 1306, comma 1, c. c., e si duole che la Corte del merito abbia ritenuto che la trasformazione dell'azione di risarcimento danni, prescrittibile in cinque anni, in actio iudicati, prescrittibile in dieci anni, sia, nel caso concreto, operante anche nei confronti di esso Ministero, sebbene estraneo al giudizio penale conclusosi con la condanna generica del Sindaco di Rocca di Papa al risarcimento dei danni. Premesso che, a norma dell'art. 2909 c. c., il giudicato fa stato tra le parti, i loro eredi o aventi causa, sostiene che esso Ministero, mentre non rientra certamente tra le due ultime categorie, non potrebbe neppure ritenersi parte, non avendo partecipato al processo penale contro il Sindaco di Rocca di Papa. Rileva, altres, che, ammessa pure la solidariet passiva tra il Sindaco e il Ministero, dovrebbe trovare applicazione il principio che la sentenza pronunciata tra creditore e uno dei condebitori in solido non ha effetto contro gli altri debitori. E conclude che, nei confronti di esso ricorrente, ipotetico responsabile civile, restava aperta soltanto l'azione aquiliana soggetta a prescrizione quinquennale, nel caso concreto largamente decorsa. essa possa, comunque, fondarsi semplicemente sulla supposta riferibilit allo Stato dell'attivit "spiegata dal sindaco in tale materia. Come si vede, qui la Corte di Cassazione riprende ancora una volta il tema, con maggior frequenza ricorrente (cfr., di recente, Cass., 5 gennaio 1966, n. 92, in questa Rassegna, 1966, I, 98) nella sua giurisprudenza (ma, su quello della responsabilit per omissione di provvedimenti ex art. 55 t. u. n. 383 del 1934, le stesse Sezioni Unite della Suprema Corte hanno avuto, in passato, occasipne di pronunciarsi in senso opposto a quello ritenuto dalla sentenza in rassegna: cfr. Cass., Sez. Un., 25 settembre 1953, n. 3065, Giur. it., 1954, I,. 1, 830, con nota adesiva del CASETTA), e mostra di assorbire in un'unica funzione di "ufficiale del Governo anche la complessa attivit relativa alla esecuzione d'ufficio dei provvedimenti considerati, che, secondo i testi normativi, appare, viceversa, attribuita al Comune in proprio, ossia in via di decentramento autarchico (cfr., all'uopo, note, in Foro it., 1959, IV, 265 e segg. e 1960, IV, 102 e segg.; nonch nota in questa Rassegna, 1966, I, 103 e segg.). Non sembra che le affermazioni della sentenza rechino alcun nuovo contributo alla dimostrazione del contrario assunto, ormai divenuto giurisprudenza consolidata della Cassazione: quella che " l'attivit spiegata da un PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 593 Il resistente Comune di Rocca di Papa ha eccepito l'inammissibilit, nei suoi confronti, del ricorso: l'eccezione, da esaminare preliminarmente, fondata. Il Tribunale di Roma con la sua sentenza del 31 gennaio 1963 rigett la domanda di risarcimento danni, proposta dai Palozzi contro il Comune di Rocca di Papa, perch di essi, in solido con il Sindaco Emilio Guidi, doveva ritenersi legittimato passivo non il Comune ma il Ministero dell'Interno; dichiar, tuttavia, inammissibile la chiamata in causa del Ministero, avvenuta su richiesta ed a opera del Comune e non anche dei danneggiati, unici legittimati attivi ad causam: in conseguenza il Tribunale omise ogni pronuncia di condanna nei confronti dello stesso Ministero. La Corte d'Appello di Roma, con la pronuncia ora impugnata, ha dichiarato inammissibile, per difetto d'interesse, l'appello principale proposto dal Ministero dell'Interno (con il quale si chiedeva la riforma della sentenza di primo grado nel senso che fosse, invece, dichiarato civilmente responsabile, in solido con il Guidi, il Comune di Rocca di Papa), in quanto il Ministero non era rimasto soccombente in giudizio, precisando che la pronuncia appellata non poteva avere riflesso sfavorevole alcuno nei confronti dello stesso Ministero, essendo stata dichiarata in limine litis l'inammissibilit della sua chiamata in giudizio. D'altra parte non dubbio che, contrariamente a quanto afferma nella memoria il ricorrente, la motivazione della sentenza appellata -la quale a giustificare il dispositivo di rigetto della domanda proposta contro il Comune aveva affermato il principio di diritto, che legittimato passivo, in quanto eventualmente responsabile dei danni cagionati dal Sindaco quando agisce come ufficiale del Governo, il Ministro del- funzionario per conto dello Stato non attribuibile ad altro ente pubblico , ammesso che sia esatto fondare l'imputazione organica sul mero criterio dell'interesse, attende ancora la dimostrazione che l'esecuzione comunale di un provvedimento contingibile non sia fatta nell'interesse del Comune medesimo (v., invece, nota, in questa Rassegna, 1966, I, 101-102, ed ivi riferimenti); e quella relativa ad un non meglio approfondito carattere contabile , di gestione della spesa, per legge erogata dal Comune per provvedere all'esecuzione, perde ogni possibile rilevanza, ove si consideri che, de jure condito (art. 91, lett. B. n. 28, t. u. 3 marzo 1934, n. 383), non v' alcuna differenziazione di disciplina della erogazione di quella spesa, rispetto a tutte le altre a carico del Comune... per l'esecuzione di provvedimenti d'ufficio (v. nota in questa Rassegna, 1966, I, 104, nonch nota in Foro it., 1960, IV, 103), e cosi si resta nell'ambito delle spese e, quindi, delle funzioni vbbligatorie del Comune, tant' vero che non previsto da alcun'altra norma il diritto di quell'Ente di ripetere, viceversa, dallo Stato quelle sostenute per l'esecuzione dei particolari provvedimenti ex art. 153 t. u. 4 febbraio 1915, n. 148 e non potute, in tutto o in parte, recuperare dai proprietari interessati, a norma dell'art. 153, comma secondo, cit. t. u. n. 148 del 1915. ::: in 594 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO l'Interno era, come tale, insuscettibile di passare in giudfato e, quindi, non poteva recare pregiudizio alcuno al Ministero, la responsabilit del quale stata affermata dalla Corte d'Appello soltanto a seguito dell'accoglimento dell'appello incidentale dei danneggiati. Ora con il suo ricorso il Ministero dell'Interno ha denunciato, come si visto, la violazione o la falsa applicazione, da parte della Corte di merito, di quelle norme di legge in base alle quali stata affermata la responsabilit civile sua e non del Comune di Rocca di Papa a risarcire i danni ai Palozzi. Tuttavia non ha proposto un mezzo di ricorso contro quella parte della sentenza della Corte di merito, che ha espressamente dichiarato inammissibile il suo appello principale per difetto di interesse, pronuncia che, pertanto, passato in giudicato. Ne consegue il passaggio in giudicato anche della pronuncia del Tribunale, impugnata con l'appello principale, che aveva esclusa la corresponsabilit con il Guidi del Comune di Rocca di Papa a risarcire i danni, anche perch i danneggiati, intimati ma non costituitisi, non hanno proposto ricorso incidentale contro la sentenza di rigetto della domanda da loro proposta anche contro il Comune: finisce per ammetterlo, J;lella memoria, lo stesso ricorrente, quando afferma il difetto di lnteresse del Comune a resistere al ricorso, il quale , pertanto, ammissibile soltanto nei confronti dei danneggiati. Il primo mezzo infondato. L'art. 142 del T.U. della legge comunale e provinciale, approvato con r. d. n. 148 del 4 febbraio 1915 (richia.mato, con altri, in vigore dalla legge n. 1 del 7 gennaio 1946, ora T. U. n. 570 del 16 maggio 1960), stabilisce che il Sindaco capo dell'amministrazione comunale e ufficiale di governo . In riferimento a tale norma, mentre l'art. 151 precisa quali siano i compiti del Sindaco come negabile, pertanto, il decentramento autarchico e finanziario della funzione. Giudicare diversamente potr corrispondere a metagiuridiche valutazioni di opportunit (cfr. LA TORRE, op. cit., 890), ma non pu non coinvolgere un'arbitraria modifica del diritto vigente. (4) Sulla natura e sugli effetti della delegazione amministrativa v., pi di recente, Cass., 19 aprile 1966, n. 986, Foro it., Mass., 1966, 345; 28 ottobre 1965, n. 2285, in questa Rassegna, 1965, I, 1193, sub 1; 17 luglio 1965, n. 1588, ibidem, 947, sub 1; Sez. Un., 20 gennaio 1964, n. 128, id., 1964, I, 698, sub 3, con nota di CARUSI. In particolare, sulla delegazione ex lege v. MIELE, Delega (dir. amm.), in Enciclopedia del diritto, Vol. XI, Milano, 1962, 911, il quale avverte che la legge... in tal caso un modo come un altro per racchiudere la disposizione con cui l'ente delegato viene reso competente ad esercitare le funzioni amministrative di competenza dell'ente delegante, n ci trasforma la delega in un'attribuzione originaria di competenza; v. anche CARUSI, In tema di delegazione amministrativa. in questa Rassegna, 1964, I, 704 e seg. (5) Cfr. Cass., 5 gennaio 1966, n. 92, in questa Rassegna, 1966, I, 98,. sub 2 ed ivi riferimenti e rilievi critici. Pil'fl!l l, .Sl!lZ. XXX, GlUMSPltVl:U!lNZA CIVILE capo deU'amm.tnimazione c0:munale, l'art. 152 delimita i compiti al Sin<:1:aco J~9mme$si qu,a:le. t:li:ffici$ .di Governo; quindi 11a:r:t. 153 aggiunge che appartiene pure al Sindaco di fare i provvedimenti contingibili e u~genti di sicurezza pubblica nelle matefie di cui all'art. 217, n~ 9 cio.~ f.dilit. e :alizia l0cale _,... n,mlme da.~q;iaeillo dello .S:tato,. e c.osL l attri\ l\llti~i,. te f~-to~ ! potlr~ ~-~ . . . . .. . . ...... . )t!li ;~-tl> ha.. ~~-~nto .alt~e:. 'M'.oltec;-s~' .$1f;tl;>l?'ema .flfite .. (sentt. n~,j;; 't;le14~'91io1il\64r1::m:fi:lfl~ltl5.tf~:~1'6~)1 daiila cCiUocaziirle d:e~J't!l'P.'llH J;.!$.\ ~ .la .~,~~~' . ltli~ 'Pttil;'.blieo~. ~~$*Wt{t)bt>i;~awri~di ;fie~."~o~~ .;,"~~\;;>io~:'iuMciale.w_.. Qol.lfe1n" a.rsm.. :>T' ...,.;_'.0~;,;.,~<_..:... .. ~ , .:.,~. . ',;._,.::..,. ~.;,:. ... <.0i~\;<., ,; ,,:/.: . ..", .<11~e a'9(.~ ae~~,~-~~;/-~" l)t;i~,. ~' lt ~'. ,4~~'.>~; 0Y." :(J$l.~f~!5;, a.>;t..54, n~:&i 3:, d'ltt.,tJi. ~.isi8':~~3,~o;ttt'f)'. si evtuce ehe.l ~oti'Ba detta1 ~~ rf>lameJ1J;tt~~~~,,&: l+tin~:Jll~tes~. .non ~'11!'t) d\lt:Slnaaeo. qual~ '~$).~. ~1~1a~lr)'~-ti~~~1.1~~-.l. ..a.. lui.. ~~rihitita. ;per.tagif:)ni:di .dec.~ame~tP Jm~~'t>Ml;~~,:~~m) o~-a~~.. o ttedo~~~~Wt!le. dlla ~mi~cSttatiMte st~t~-~fl ttifll'~-1'1i ;~f!-,*1J.i: cQmpitl.$~es$J:n~te am~at~~:dall'allt.. 1,$:2,.;;:~~l.t'esto l',U't. 1#9. de].l$ ~$titt~Jl))e precisa '<>> e: i Cot!ti son-O a'tlok... C4ile~izic>ili .. dl etnettere. airfdi; n;en2le .di .~arattere contiJlJibU.e urg~te, in :i:na:teria .di. ediftt~. polizia l!il~iil~ ed igiene.e,. peiHm:o-'Vi. fii.sa~O' (;(tt.si~ezza pbbli'ear ihtM'essan t:i l'intera ptovinci~ o pi,,c~muni ct.eiJia m~dpisima {art. 30 det t. u. n. 383 del 1934), e si esa'"'3llel1te osserva$<> ,eh.e la stessa funzione non pu avere .uatw.a :di~et$aper mera diife:rtinza trninato un comrn:issa:t'io ad adempiere in luogo del Sindaco le :funzioni di de~ale di Governo, cosicch sarebbe ora possibile solo Wl controllo repressivo. Anche a non rilevare che si discute se l'art. 55 sia venuto meno a sensi dell'art. 10 del t. u. n. 570 del 16 maggio 1960, pure l'art. 55 del t. u. del 1934 consentiva, alternativamente, al Prefetto la nomina . di un commissario, in luogo dell'esercizio del potere surrogatorio diretto. Ma poi, se per l'art. 159 del t. u. del 1915 il Prefetto nomina un commissario per sostituire temporaneamente il Sindaco soltanto come ufficiale di Governo e non anche come capo della RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 596 amministrazione comunale, segno essere in gioco soltanto Ti' primo dei due uffici di cui investito il Sindaco, rimanendo l'altro del tutto estraneo al potere di controllo sostitutivo o repressivo del Prefetto. Ed ancora, se esatto che contro i provvedimenti contingibili e urgenti emessi dal Sindaco ex art. 153 del t. u. n. 148 del 1915 come contro le ordinanze che rendono esecutorie le note di spese per la loro esecuzione - dato ricorso in sede giurisdizionale alla G. P. A., che pronuncia anche nel merito (art. 1, n. 3, t. u. del 26 giugno 1924), tuttavia proprio perch il Sindaco agisce come ufficiale di Governo si ritiene che quei provvedimenti non sono definitivi e che con il ricorso alla G. P. A. concorre il ricorso gerarchico al Prefetto (Cass., sent. numero 2435 del 27 giugno 1932; Cons. Stato, parere Ad. gen., n. 110 del 10 marzo 1956; decis., sez. V, n. 1127 del 21 dicembre 1956): argomento questo decisivo, a detta dello stesso Ministero ricorrente (v. memoria, pag. 10, ult. periodo), per affermare, appunto, che il Sindaco agisce in materia come ufficiale di Governo e per ribadire, in conseguenza, il suo inquadramento, al riguardo, nell'organizzazione statale. Circa, poi, la duplicit delle funzioni attribuite al Sindaco, si afferma autorevolmente trattarsi di unione reale di uffici (in quanto l'ufficio del Sindaco appartiene a due enti diversi), ovvero anche di decentramento gerarchico o funzionale; comunque da escludere senz'altro che si tratti di un caso di delegazione amministrativa intersoggettiva ex lege, come sostiene, ai fini di cui si dir, il Ministero ricorrente nella memoria. Invero, nella delegazione il soggetto competente e quindi legittimato a emettere determinati provvedimenti autorizzato, in via generale, da norma di legge, ad eventualmente trasferire ad altro soggetto l'incarico di emettere in concreto quei provvedimenti. Si tratta, per il soggetto delegato, di competenza e quindi di legittimazione a provvedere in via derivata, essendo originaria la competenza del soggetto delegante. Tale competenza derivata, per divenire, da astratta, concreta e operante, ha necessit di uno specifico, particolare atto dispositivo della propria competenza da parte del delegante, il quale atto soltanto legittima il delegato a emettere provvedimenti giuridicamente validi ed efficaci: ci entro i limiti e secondo i criteri stabiliti nell'atto di conferimento, peraltro revocabile. Sono, quindi, necessari per la delegazione amministrativa la norma di legge, che, in via generale, attribuisce al soggetto competente a provvedere la facolt di trasferire ad altro soggetto la propria competenza, ed inoltre l'atto, con il quale si esercita in concreto il potere di delegazione. Ora concreti atti di delega non sono affatto necessari affinch il Sindaco, nelle materie a lui commesse dagli artt. 152 , 153 del t. u. n. 148 del 1915, possa esercitare le funzioni di ufficiale di Governo, poich la competenza a lui attribuita diretta, in virt delle norme di legge citate: quindi il Sindaco opera in tali casi in nome e per conto .. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 597 dello Stato, come organo od ufficio di questo. Delegazione interorganica (non intersoggettiva) delle funzioni di ufficiale di Governo si pu avere, invece, da parte del Sindaco a un consigliere comunale, a norma degli artt. 155 e 156 del T. U. del 1915. Pertanto l'attivit spiegata dal Sindaco quale ufficiale di Governo attivit statale decentrata e non istituzionale del Comune, e pur non potendosi negare che il Sindaco persegua anche interessi locali, questi vengono assorbiti in quelli pi ampi direttamente perseguiti dallo Stato e sono tutelati quindi in via riflessa. In sostanza il Sindaco, quando agisce come ufficiale di Governo, non si differenzia affatto dagli altri organi o uffici statali e viene, in materia, a trovarsi in rapporto di diretta dipendenza gerarchica dal Prefetto. Per tali motivi questo Supremo Collegio in ripetute decisioni (sentt. n. 1718 del 9 giugno 1959; n. 1061 del 4 maggio 1964; n. 92 del 5 gennaio 1966) ha affermato il principio che dei danni che possono derivare .a terzi in relazione ai provvedimenti emessi dal Sindaco a sensi dell'art. 153 del T. U. n. 148 del 1915 deve rispondere lo Stato e non il Comune, perch allo Stato riferibile l'attivit spiegata dal Sindaco in tale materia; mentre tale riferibilit non esclusa dal fatto che l'onere delle spese relative sia dalla legge (art. 91, lett. B, n. 28, del t. u. n. 383 del 1934) posto a carico del Comune. Tale onere si riferisce infatti all'attivit di gestione e avendo, quindi, la norma mero carattere contabile non pu essere intesa come determinatrice della responsabilit di un soggetto diverso da quello nel cui interesse la funzione e l'attivit vengono svolte; d'altra parte in caso di esecuzione coattiva del provvedimento le spese relative vengono poste a carico degli interessati (art. 153 t. u. del 1915; art. 55 t. u. del 1934). Ma, soprattutto, deve aversi presente, in materia, l'art. 28 della Costituzione, il quale stabilisce che i funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilit civile si estende allo Stato e agli enti pubblici. Ne deriva che l'attivit spiegata da un funzionario per conto dello Stato non attribuibile ad altro ente pubblico e pertanto a questo non pu farsi risalire la responsabilit civile dell'operato del funzionario statale; cosicch come lo Stato utilizza l'attivit lecita del Sindaco quando agisce come ufficiale di Governo, cosi esso deve risponderne dell'eventuale attivit illecita. Inconferente , poi, il richiamo, fatto nella memoria dal Ministro ricorrente, all'art. 97, cpv., della Costituzione, secondo il quale nell'ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilit proprie dei funzionari , poich gli artt. 152 e 153 del T. U. n. 138 del 1915 precisano e non lasciano .~ 598 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO affatto indeterminata la sfera di competenza e le attribuzioni i:fl Sindaco quale ufficiale di Governo, n lo esimono da personale responsabilit, mentre l'art. 28 precisa chi sia il responsabile civile di detta attivit. Infine, poich, come si visto, non si in tema di delegazione amministrativa intersoggettiva, neppure possono applicarsi i principi relativi, in materia di responsabilit civile, come vorrebbe il Ministro ricorrente. Non essendo, per quel che si detto innanzi, il Comune ente delegato, esso non pu essere direttamente responsabile, nei confronti dei terzi, degli atti posti in essere dal Sindaco quale ufficiale di Governo. Obiezione pi seria, in linea di principio, quella che, nel caso concreto, v' stato un comportamento omissivo e non attivo da parte del Sindaco di Rocca di Papa e che ha carattere discrezionale l'attivit come l'inattivit del Sindaco riguardo ai provvedimenti di cui all'articolo 153 del T. U. n. 148 del 1915, cosicch da esse potrebbe derivare soltanto lesione di interessi legittimi e non di diritti soggettivi. Senonch, nella fattispecie, intervenuta una sentenza penale definitiva, di condanna del Sindaco di Rocca di Papa per i delitti di disastro colposo (art. 449 c. p., in riferimento all'art. 434 c. p.) e di vari omicidi colposi (art. 589, cpv., c. p.), proprio perch egli era venuto meno al suo potere-dovere di emettere, quale ufficiale del Governo, quei provvedimenti, a sensi dell'art. 153 del T. U. n. 148 del 1915, che avrebbero evitato il crollo dell'edificio e la morte di alcune persone. noto, infatti, che il delitto colposo sussiste (art. 43 c. p.), se l'evento prodotto anche in forma omissiva, cio per violazione di quella specifica regola di condotta che impone l'osservanza di leggi o regolamenti. E l'art. 27 c. p. p. stabilisce che, nel giudizio civile o amministrativo per il risarcimento del danno, iniziato o, come nella specie, proseguito (cio quando vi sia stata costituzione di parte civile nel giudizio penale e condanna generica al risarcimento del danno), la sentenza definitiva di condanna ha autorit di cosa giudicata quanto alla sussistenza del fatto, alla sua illiceit e alla responsabilit del condannato, quando l'azione riparatoria, a fondamento della quale viene invocato il giudicato penale, sia basata sul medesimo fatto costituente reato, per il quale fu esercitata l'azione penale e vi fu condanna. E. la sentenza penale fa stato non solo nei confronti dei soggetti del procedimento penale, ma altresl erga omnes, e in particolare del responsabile civile (cfr. Cass., sent. n. 3769 del 21 novembre 1958; n. 1439 del 30 maggio 1966). Se, poi, quest'ultimo non ha partecipato al giudizio penale, vero che rimane impregiudicata la questione, se egli debba rispondere del danno .cagionato dal reato (art. 27, cpv., c. p. p.). Ma questo significa soltanto che il responsabile civile pu discutere, nel PARTE I, SEZ. Itr, GIURISPRUDENZA CIVILE 599 successivo giudizio civile o amministrativo, soltanto se i fatti accertati nel giudizio penale sano tali da impegnare la sua responsabilit secondo le norme di diritto civile o amministrativo; tale responsabilit discende, nel caso concreto, da quanto sopra si affermato. Infine, poich ogni reato il qu~le abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale obbliga al. risarcimento non solo il colpevole ma anche le persone fisiche o giuridiche, che, a norma delle leggi civili, debbono rispondere per il :l:ath:tdi lui, nel caso concreto il'diritto soggettivo al risarcimento del danno stato gi riconosciuto, in via generica, ai Palazzi, costituitisi parte ciViI~ net processo penale, dalla sentenza penale d~ condanna del Sindaco 'di Rocca di Papa. Infp.(lato anche tl secon~o mezzo. Non contesta il ricorrente che, se l'implitato, con ~ ~essa ~:eptQ~za ,penale definitiva, che lo ha condannato pr :fatto. illeito co&titu:ente reato, stato anche condannato, come nella specie il Sindaco di Rocca di Papa, al risarcimento gene ~ ' ' ,' ,. rico dei danni a favore del .. danneggiato costituitosi parte civile, il dirtto dei danneggfatti stessb'al tisarcimento non si prescrive pi in cinque anni (art. 2947 . c.) dll. data in cui la sentenza penale di condanna divenuta irrevocabile1 ma in dieci (art. 2953 c. c.), poich, ormai, titolo all'indennizzo la sentenza di condanna ad esso, dato che all'azione aquiliana, consumatasi, si sostituita l'actio iudicati. Ora, altre volte questo Supremo Collegio ha affermato (sent. n. 2633 del 20 ottobre 1964; n. 92 dell'8 gennaio 1966) che quel titolo non ha efficacia limitata alle parti presenti nel giudizio penale, come sastiene il ricorrente, ma anche contro il responsabile civile, se pure non :fu presente in quel giudizio, poich, per i principi su riferiti. relativi all'art. 27 c. p, p., robbligo al risarcimento dei danni ormai irrevocabilmente accertato anehe nei suoi confronti e, quindi, anche per lui l'acti.o iudicati si sostituita all'azione aquiliana e, in conseguenza, il termine ordinario suhentra a quello breve. N, come pure stato precisato nelle decisi.oni su richiamate, giova addurre contro l'art. 1306, camma I, c. c., he stabilisce non avere efficacia, nei confronti dei condebitori solidali non .presenti in giudizio, la sentenza favorevole al creditore pronunciata contro uno o pi altri condebitori solidali. Poich la conversione del termine prescrizionale prevista dall'art. 2953 c. c., che si inquadra tra gli effetti riflessi del giudicato, si riferisce al diritto in s al risarcimento de" danni e non alle singole persone coobbligate, e pertanto non concepibile che si verifichi per il solo imputato e non anche per il responsabile civile, vale a dire che la causa petendi anche contro di lui si fonda ormai sulla sentenza di condanna generica al risarcimento del danno e non pi sul fatto che cagion il danno stesso. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato con le conseguenze di legge. -(Omissis). 600 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 21 giugno 1967, n. 14'1:-r:. Pres. Flore -Est. Restaino; P. M. Di Majo (conf.). -Francia (avv. Esposito E.) c. Amm. Ferrovie Stato (avv. Stato Gargiulo). Demanio e patrimonio -Case economiche delle FF. SS. -Assegnazione in uso -Natura del rapporto -Concessione -Sussiste -Disciplina vincolistica delle locazioni di immobili urbani -Esclusione -Applicabilit quanto meno in ordine al blocco dei canoni -Esclusione Diritto soggettivo da parte dell'assegnatario dell'alloggio nei confronti della P. A. concedente -Insussistenza. (1. 14 luglio 1907, n. 553; 1. 19 giugno 1913, n. 641; r. d. 1. 27 novembre 1919, n. 2350; r. d. 1. 2 settembre 1925, n. 1647; r. d. 1. 4 novembre 1926, n. 2269; r. d. 1. 6 novembre 1930, n. 1954; 1. 18 giugno 1931, n..920; r. d. 1. 31 marzo 1932, n. 419; t. u. appr. con r. d. 28 aprile 1938, n. 1165, artt. 308-322). Spese giudiziali -Condanna in solido di pi parti soccombenti -Presupposto -Comunanza di interessi dei soccombenti -Nozione ai fini della condanna -Convergenza di atteggiamenti difensivi -Sufficienza -Sussiste. (c.p.c., art. 97). L'assegnazione, da parte deH'Amministrazione FF.SS. proprietaria, di un alloggio di casa economica ad un proprio dipendente in attivit di servizio, pur assumendo eventualmente la forma esteriore di un contratto di locazione, ha come premessa necessaria un atto unilaterale di concessione della P. A., che incide sulla natura del rapporto, modificandone i connotati essenziali e dandogli un fondamento di diritto pubblico, ossia facendone un vero e proprio rapporto di concessione. Ne consegue non soltanto la inapplicabilit della disciplina vincolistica delle locazioni degli immobili urbani, posta a regolamentazione della durata e dei corrispettivi dei soli contratti di locazione, ma benanche l'insussistenza di un diritto soggettivo, nei confronti della P. A., dell'assegnatario dell'alloggio, il quale non ha azione da far. valere innanzi al G. O., per opporsi all'esercizio del potere dell'Amministrazione concedente, di far cessare, nel concorso delle condizioni di legge, il rapporto di concessione (1). Ai fini della condanna in solido dei soccombenti al pagamento delle spese processuali sufficiente che sussista fra i soccombenti me (1) Per l'illustrazione di questi concetti -ora integralmente accolti dalla Corte di Cassazione nella sentenza in rassegna, di cui si segnala l'importanza -v. nota, in questa Rassegna, 1964, I, 1066 e segg., in part. 1076 e segg. e 1081, e nota, ivi, 1965, I, 321 e segg., ove riferimenti in vario senso. J PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 601 desimi una comunanza di interessi, desumibile anche soltanto da una convergenza di atteggiamenti difensivi diretti a contrastare l'avversa pretesa (2). (Omissis). -Con il primo mezzo di annullamento i ricorrenti denunciano la violazione dell'art. 8 della legge 14 luglio 1907, n. 553 e delle relative disposizioni regolamentari, addebitando alla sentenza impugnata di aver dato al rapporto in esame una definizione giuridica diversa da quella enunciata dalla legge regolatrice del rapporto medesimo, superando cio le stesse espressioni usate dal legislatore e arrogandosi una facolt riservata al potere legislativo. La censura infondata. Essa muove dal presupposto dell'applicabilit al rapporto in contesa della disciplina vincolistica delle locazioni di immobili, sul riflesso delle espressioni adottate dall'art. 8 della legge 14 luglio 1907, n. 553, sotto il cui impero sarebbe sorto il rapporto, che sarebbero proprie del contratto di locazione, l dove, cio, si parla di case da dare in affitto ai ferrovieri. A parte la considerazione che la qualificazione giuridica di un rapporto pu esser data dal giudice indipendentemente dal nomen iuris adottato dal legislatore, va in particolare rilevato che la disciplina relativa alla costruzione, gestione e assegnazione di case economiche dell'amministrazione delle Ferrovie dello Stato, stabilita dalla legge 14 luglio 1907 n. 553 e dalle successive disposizioni di cui alla legge 19 giugno 1913 n. 641, al r. d. 1. 27 novembre 1919, n. 2350, al r. d. l. 2 settembre 1925, n. 1647, al r. d. I. 4 novembre 1926, n. 2269, al r. d. 1. 6 novembre 1930, n. 1954, alla legge 18 giugno 1931, n. 920 e al r. d. I. 31 marzo 1932, n. 419, stata recepita dal Testo Unico delle disposizioni sull'edilizia popolare ed economica approvato con r. d. 28 aprile 1938, n. 1165, dove, nella parte seconda, titolo II, capo 2<>, sotto la intitolazione " Concessioni ed affitti , si prevede la " concessione " degli alloggi al personale delle Ferrovie dello Stato in attivit di servizio, avuto riguardo ai bisogni personali e della sua famiglia, alla qualit delle funzioni e alle necessit del servizio, e la locazione " (2) Cfr. Cass., 22 marzo 1967, n. 666, Giur. it., Mass., 1967, 242: pu pronunziarsi condanna solidale al pagamento delle spese giudiziali di pi parti soccombenti non solo quando vi sia indivisibilit o solidariet nel rapporto sostanzale, ma anche quando vi sia una mera comunanza di interessi, che pu desumersi anche da convergenza di atteggiamenti difensivi diretti a contestare la pretesa avversaria ed a sorreggere concomitanti, analoghe domande od istanze ; v. anche Cass., 30 agosto 1965, n. 1979, id., Mass., 1965, 725, sub e. 602 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dei soli pianterreni, pertinenze e locali accessori ad uso esclusivo di coperative di consumo, di scuole e di botteghe. L'assegnazione dell'immobile destinato ad alloggio, pur assumendo eventualmente la forma della locazione, ha come premessa necessaria un atto unilaterale di concessione della pubblica amministrazione, che incide, modificandola nei suoi connotati essenziali, sulla natura del rapporto, al quale d un fondamento di diritto pubblico, come prova la previsione della revoca della concessione da parte della Amministrazione, alla quale riservata la facolt di disporre in qualsiasi momento dei locali concessi, con preavviso di due mesi (art. 321). Ne consegue non soltanto la incompatibilit del rapporto con il regime vincolistico delle locazioni degli immobili urbani e con le norme particolari da esso stabilite, ma benanche la insussistenza di un diritto soggettivo da parte dell'assegnatario dell'alloggio, il quale non ha azione da far valere davanti al giudice ordinario per opporsi al potere dell'Amministrazione concedente di far cessare, concorrendo le condizioni speciali da cui il potere stesso regolato, il rapporto di concessione. D'altronde, gli stessi ricorrenti riconoscono la regolamentazione data alla materia dalle disposizioni del citato Testo Unico, se con il secondo mezzo essi si dolgono proprio della mancata applicazione nei loro confrnti del ricordato art. 321, relativo al periodo di proroga che l'amministrazione deve concedere al funzionario. La doglianza fuor di luogo, essendo la proroga di cui all'art. 321 subordinata, quella tacita annuale, alla mancata revoca della conces sione da parte dell'amministrazione nei due mesi anteriori alla sca denza, e quella relativa alla continuazione del godimento per un ulte riore periodo non superiore a due mesi, al verificarsi di uno degli eventi indicati (trasloco, cessazione dal servizio attivo, morte del concessio nario o cessazione delle condizioni per l'a.ssegnazione, perdita anche parziale dello stipendio), nessuno dei quali risulta essere stato nella specie dedotto. Con il terzo mezzo i ricorrenti addebitano al Tribunale di essere incorso nella violazione dei principi sull'onere della prova, avendo ac colto l'eccezione del Ministero dei Trasporti, senza che questa fosse stata confortata da alcuna prova, e omettendo di pronunciarsi su tale specifica doglianza prospettata anche in grado di appello. Il rilievo inconsistente, risultando dal contesto della motivazione della sentenza impugnata che l'accoglimento dell'eccezione dell'Ammi nistrazione convenuta, rilevabile peraltro di ufficio, stato dai giudici di appello pronunciato in base a presupposti di fatto gi acquisiti a.l pro cesso, sulla scorta dei quali si proceduto alla qualificazione giuridica del rapporto in contesa, traendone conseguenze, che, per essere difformi.. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 603 da quelle pretese dai ricorrenti, non possono da costoro venire impugnate in questa sede sotto il profilo della inversione di un inesistente onere probatorio. Il quarto mezzo, che -come il primo -muove dall'erroneo presupposto dell'applicabilit, nella specie, delle norme sul blocco dei canen.i, va del pari disatteso, in quanto pretende prescindere dalla defudzio:Qe della natura giuridica del rapporto per ritenere in ogni Cli!Sp .qperativa la discipli:P.'\ vincolistica, posta a regolamentazione d,ella dutata e dei corrispettivi dei soli contratti di locazione. Non ba migUor fondamento il quinto ed ultimo motivo, con cm i ricorre1di censurano la sentenza ~mpugnata per non aver rettificato la .pJ:'~D,!t:uicia (le\ p;retqre, che aveva posto a car~co di ciascuno degli attori s,<)~q9;mbenti l'interp on(\'lre delle spese, pur avendo, a tali fini, sciolto il litisc<>ns0.rzio facoltativo liberamente e insindacabilmente posto in essklre ~ai ricorr~p~i ". ~ c;Up;iostrazioae della incsistenza della censura sufficiente il rilievo che, ai fini lella condanna in solido dei soccombenti alle spese Droc,essu~li, non necessa,:ia l'esistenza di una obbligazione solidale, n:.ia sufficiente una comunanza cU interessi; desunta anche da una conv:er1enza di atteggiamenti clifensivi diretti a contrastare l'avversa pre~esa. Il ricorso va, pertanto, rigettato con la conseguente condanna dei ricorrenti alla perdita dl deposito e, in solido, al pagamento, in favore dell'Amministrazione resistente, delle spese processuali di questo grado. -(0mi8$is). COBTE ;Dl CASSAZlONE, Sez. I, 22 giugno 1967, n. 1484 -Pres. Rossano .,. JC:,t. Berarducci -P. M. Colonnese (conf.). -Ministero LL.PP. (aio;v. Stato Cavalli) c. Banco di Credito Generale (avv. Di Segni, Cagli). Appalto -Appalto di opere pu~bliche -Cessione di crediti dell'appaltatore accettata da;lla P. A. -Diritto dell'Amministrazione di pa gare .direttamnte la mercedi agli operai -Estinzione -Sussiste. (1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. Ji', art. 357; Cap. Gen. per gli appalti delle opere dipendenti dal Ministero dei Lavori pubblici appr. con d. m. 28 maggio 1895, art. 22). Il diritto spettante alla P. A., in base aWart. 357 della legge sui lavori pubblici, di pagare direttamente le mercedi agli operai dell'appaltatore, viene meno, quando sia intervenuta la cessione del credito dell'appaltatore a terzi con il consenso dell'amministrazione medesima, 604 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO salvo che questa, per riservarsi il predetto diritto, abbia prestato il suo consenso ad una cessione solo parziale del credito, con esclusione delle. somme eventualmente dovute dall'appaltatore ai suoi dipendenti (1). (Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso, denunciandosi violazione degli articoli 132, n. 4, c.p.c., 1362 e.e., 357 de1la legge sui lavori pubblici, 22 del Capitolato generale d'appalto dei lavori pubblici 28 maggio 1895, in relazione all'art. 360, nn. 3, 4 e 5, c. p. c., si censura la sentenza impugnata, per avere ritenuto che l'Amministrazione dei Lavori Pubblici, con l'adesione alla cessione del credito dalla soc. Fratelli Tinti al Banco di Credito Generale, avesse perduto il diritto di pagare direttamente gli operai che avevano lavorato alle dipendenze di detta societ. Si sostiene, in particolare, dalla ricorrente, che punto centrale della controversia era stabilire, se, con l'adesione alla cessione, l'Amministrazione avesse perso la facolt di pagare direttamente gli operai della ditta Tinti, e che, nel risolvere tale questione, la Corte di merito ha errato, in quanto non ha considerato che la volont dell'Amministrazione di conservare il diritto al pagamento degli operai risultava chiara dalla clausola, con cui, nell'atto di adesione alla cessione, erano stati fatti salvi tutti i diritti e le prelazioni dell'Amministrazione, fra cui, ovviamente, anche l'anzidetto diritto. Si assume, quindi, che la Corte, per ritenere tale diritto escluso dall'anzidetta clausola, avrebbe fatto ricorso ad argomenti o inconfe renti, quale quello, secondo cui la facolt di pagare gli operai non vincolava l'Amministrazione nei confronti di questi, o erronei, quale quello, secondo cui la riserva del pagamento delle mercedi agli operai avrebbe costituito una salvaguardia dei diritti di terzi e non dei diritti dell'Amministrazione, laddove, invece, la suddetta facolt dalla legge riconosciuta all'Amministrazione, quale dirittto proprio, per molteplici finalit, fra cui la tutela degli operai. Si aggiunge, infine, che l'argomento, secondo cui, intervenuto il fallimento, la facolt di pagare direttamente gli operai non competeva pi all'Amministrazione, sarebbe del tutto irrilevante, dato che la con troversia non riguardava 1'Amministrazione e la curatela fallimentare, ma 1'Amministrazione e il Banco di Credito Generale. (1) L'art. 22 del capitolato generale oo. pp. del 1895 stato sostituito dall'art. 17 (di contenuto sostanzialmente identico) del nuovo capitolato generale approvato con d. P. R. 16 luglio 1962, n. 1063. In senso conforme alla sentenza, cfr.: CrANFLONE, L'appalto di opere pubbliche, Milano, 1964, 623 e seg., ed ivi riferimenti. F.ARGAN PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 605 Il motivo infondato, pur non potendosi condividere l'ordine seguito dai giudici di merito nella trattazione delle questio;ni prospettate dalle parti. Stima, invero, questa Corte Suprema, che, avendo alla domanda 1'Amministrazione opposto, che essa, in virt della norma dell'art. 357 della legge sui lavori pubblici e dell'art. 22 del Capitolato generale d'appalto, aveva il diritto di pagare direttamente gli operai della societ appaltatrice e che tale diritto era stato fatto salvo nell'atto di adesione alla cessione, la questione che andava esaminata e decisa con priorit, perch di importanza fondamentale, non era, come ritenuto dalla Corte di merito, quella relativa al contenuto dell'atto di adesione alla cessione, se cio in tale atto l'Amministrazione si fosse riservato l'anzidetto diritto, ma era, invece, quella relativa al contenuto e, quindi, ai limiti della norma anzidetta, se cio questa potesse trovare applicazione anche nella ipotesi della cessione del credito dell'appaltatore, effettuata con il consenso della Amministrazione dei Lavori Pubblici. Devesi, d'altra parte, rilevare che quest'ultima, anche se non con la precedenza che le competeva, stata esaminata in linea del tutto autonoma, indipendentemente cio dalla soluzione data aUe aitre questioni, dalla Corte di merito, la quale l'ha risolta anche esattamente, ritenendo che l'esercizio del diritto conferito all'Amministrazione, di pagare direttamente i lavoratori dipendenti dall'appaltatore, sia legittimo, se ed in quanto esista un credito dello appaltatore e non anche quando il credito sia stato trasferito ad altri. Che tale soluzione sia giuridicamente esatta, lo si evince, invero, dalla lettera della norma dell'art. 357 della legge sui lavori pubblici e dell'art. 22 del Capitolato generale d'appalto del 1895, la quale, di per s chiara, non pu essere interpretat, se non nel senso che si sia inteso conferire all'Amministrazione dei Lavori Pubblici il diritto di soddisfare direttamente le ragioni dei lavoratori impiegati dall'appaltatore nella costruzione dell'opera appaltata, con le somme dovute all'appaltatore stesso, cio con le somme di spettanza di costui e non gi, quindi, con le somme, che, tuttora in possesso dell'Amministrazione, non siano tuttavia pi dovute ll'appaltatore, per essere stato il relativo credito da questo ceduto a terzi, con il consenso espresso dell'Amministrazione medesima. Di ci, peraltro, forniscono indubbia conferma, da un lato, l'ultima parte della norma stessa, con cui, disponendosi, sostanzialmente, che il pagamento non pu essere fatto quando pregiudichi i " sequestri che fossero gi stati concessi a favore di altri creditori , si inteso affermare il principio che il diritto conferito all'Amministrazione non un diritto assoluto, che possa essere esercitato anche in danno dei diritti dei terzi, che abbiano provveduto a cautelarsi sulle somme dell'appaltatore ancora in possesso dell'Amministrazione stessa, e, dell'altro, la RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 606 considerazione che detto diritto incompatibile con gli effettrpropri della cessione del credito dell'appaltatore consentita dall'Amministrazione, consistenti nel trasferimento del credito dell'appaltatore al terzo cessionario e, quindi, nell'obbligo dell'Amministrazione di pagare a quest'ultimo e non pi all'appaltatore cedente o ai creditori di costui. N giova opporre che ci vale, sempre che le parti, nella loro autonomia negoziale, non abbiano pattuita la riserva, a favore del1' Amministrazione, del diritto di pagare i lavoratori creditori dell'appaltatore. Invero, una tale riserva implicherebbe -per effetto dell'art. 9 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F e dell'art. 339 della stessa legge, all. F, che vietano la cessione dei crediti degli appaltatori, dipendenti dalla esecuzione di lavori pubblici, senza il consenso dell'Amministrazione debitrice -una cessione parziale del credito, .in quanto escluderebbe dalla cessione opponibile all'Amministrazione le somme eventualmente dovute dall'appaltatore ai suoi dipendenti. Pertanto, essa non pu essere ritenuta sussistente, ove non sia specificamente pattuita tra le parti; mentre, nel caso che ne occupa, la Corte di merito ha, con giudizio di fatto insindacabile in questa sede, perch congruamente motivato, rilevato che tale specifica pattuizione non venne posta in essere e che, pertanto, la cessione del credito fu totale, con conseguente trasferimento al cessionario di tutte le somme dall'Amministrazione dovute alla societ cedente, ivi comprese quelle da quest'ultima dovute ai suoi dipendenti, e con perdita, pertanto, del diritto della stessa Amministrazione di pagare direttamente detti dipendenti. ( Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 22 giugno 1967, n. 1518 -Pres. Cannizzaro -Est. De Santis -P. M. Colonnese (conf.). -ANAS (avv. Stato Gargiulo) c. Cotonificio A. Grassi (avv. Maccone, Tamburini). Amministrazione dello Stato e degli Enti pubblici -Azienda Nazionale Autonoma Strade Statali -Amministrazione del patrimonio e contabilit dell'Azienda -Applicazione delle norme della legge e del regolamento sull'amministrazione del patrimonio e sulla contabilit generale dello Stato -Sussiste. (1. 7 febbraio 1961, n. 59, art. 32; r. d. 18 novembre 1923, n. 2440; r. d. 23 maggio 1924, n. 827). Contabilit generale dello Stato -Natura ed efficacia delle relative norme -Norme di azione -Esclusione -Forza vincolante di diritto obiettivo anche al di fuori della materia relativa alla mera esecuzione di prestazioni pecuniarie -Sussiste. (r. d. 18 novembre 1923, n. 2440; r. d. 23 maggio 1924, n. 827). J PAtlTE I, SEZ. m, GIURISPRUDENZA CIVILE 607 Amministrazione dello Stato e deili Enti pubblici -Contabilit ienerale dello Stato Lavori e forniture ese~uiti ne11,interesse da11a P. A. Necessit del co11audo, sia che si tratti di lavori ese~iti o di merci fornite da terzi, in virt di contratto, comunque stipulato, sia che si tratti di avori esef,uiti o di merci acquisite direttamente, in economia, da Gr~ani della P. A. (r. d.. 2a; 1n.!;liirR1o 1$>24, n. ~aav, art. 121). Contabilit tene~ate de:ltn Stato .. G0:p;t:ratti di somminist:razi~e e di comprcavefiat'lla -Ttasl!erithento ae1a:proi>riet~ delle n~rcfe pas. $&ilio del.:tfischio -Necessita del previo collaudo da parte della P ..A..,acq~t,t~nte Su~sste. .(r:; a. aa,~astc!> 1924, n. a~7:. art. 121: c. c. art. i(ls5, uit. comma>. :Le uorh,e 4eila tegge e del regolamento sictvi4#,ministrazione del ~t'Mml'>n~o esu:U~ cont(t.bilit dello Stato .sono a.mt>McabiU arieh ctila 4mnihi8fra.zione del patrimonio ed alla contabilith dell'ANAS, per il rtchrJ;111;1;c<:1 .fattone nell'art. 33 d.P.R. 27 giugno 19:4(5, n~ 38' ed 011a nel- l'att. ~~ l. 7 ftbbraio 1961, n. 59 (1). Le 'ltorme d!.e1Jla Zgge e dei regolamento suU'amministwazione .del patrimonio e...sulfiaI eom;tabiZit dello Stato -e woo s.t'.>. Qusta seconda formulazione opera evidentemente un processo di contemporanea riduzione ed estensione del contenuto della norma statutaria: giacch, se il riferimento agli atti definitivi dell'Amministrazione regionale non esaurisce esegeticamente la categoria degli affari concernenti la Regione, non men vero che la nozione categoriale degli atti di diverse Autorit aventi sede nel territorio regionale va ben oltre l'ambito (definito concettualmente in termini di interesse e non di imputazione organizzativa) della attinenza dell'affare alla Regione. Per risolvere siffatta antinomia la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha elaborato il criterio composito della necessit della sussistenza di entrambi gli elementi (soggettivo: provenienza dell'atto; oggettivo: attinenza dell'affare), di cui si detto in precedenza. Qui non sembra n necessario, n utile discutere la fondatezza di un simile orientamento (criticato, peraltro, in dottrina: cfr. SIANDULLI, Il giudizio, cit., 567). Non si pu, per, non osservare che con esso il problema soltanto rinviato, dovendosi allora decidere i criteri di determinazione dell'appartenenza dell'affare alla Regione. In questo senso si rivela tutto l'interesse della decisione annotata, la quale -rinnegando il diverso orientamento seguito dalla VI Sezione con la pronuncia 17 giugno 1964, n. 478 (Il Consiglio di Stato, 1964, I, 1268) ha anzitutto deciso che il mancato uso del potere di legiferare da parte della Regione in materia di legislazione concorrente non implica il difetto di un concreto interesse regionale alla materia de qua, interesse che an drebbe, invece, desunt caso per caso da un analitico esame della fatti specie concreta; e, quindi, passando a tale indagine, ha fissato il criterio dell'appartenenza dell'affare alla Regione in un duplice ordine di consi derazioni: 1) essere il rapporto di impiego scolastico radicato nella scuola., e dunque in sede di territorio regionale; 2) essere il servizio scolastico tradizionalmente reso in collaborazione fra Stato ed Enti locali minori. Pur con il dovuto ossequio alle deliberazioni del massimo Consesso amministrativo, e pur auspicando che i criteri indicati dall'Adunanza Plenaria valgano, nella futura elaborazione giurisprudenziale, ad indicare un sicuro punto di riferimento pratico (gi in questo senso si orientato il Consiglio di Giustizia per la Regione Siciliana con la decisione 23 feb 624 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO braio 1967, n. 84, Il Consiglio di Stato, 1967, I, 262) non sembra ~ne detti criteri siano idonei a rimuovere ogni ragione di incertezza. Quanto al collegamento territoriale, baster osservare che con esso si riproduce l'accennata antinomia fra norma statutaria e art. 5 del decreto del 1948. Infatti, dire che la attinenza dell'affare alla Regione si determina sulla base della sede della Autorit che ha emanato l'atto (o, comunque, dell'ambito di efficacia territoriale dell'atto) significa puramente e semplicemente svuotare di significato il precetto dello Statuto risolvendo il problema di competenza sulla scorta esclusiva dell'art. 5. Quanto alla tradizionale collaborazione fra Enti minori e Stato, a prescindere dalla equivocit sempre insita in ogni criterio storico (e dunque necessariamente variabile), sta di fatto che con essa si assume un criterio di identificazione unicamente o prevalentemente funzionale, mentre il concetto di attinenza delineato dalla norma statutaria appare suscettibile di pi vaste implicazioni, potendo esere estesa a casi in cui l'interesse della Regione non risulta dalla sua concorrente attivit nell'esplicazione della relativa funzione amministrativa ma piuttosto da un interesse di tipo anche meramente economico. T. ALIBRANDI CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 26 aprile 1967, n. 153 -Pres. De Marco -Est. Gasparrini ,.. Caudelli (avv. Piccardi) c. Provveditorato 00.PP. di Bari (avv. Stato Casamassima). Contabilit generale delllo Stato -Contratti -Appalto concorso Procedimento -Offerte -Presentazione -Termine -Natura. Il termine di presentazione delle offerte in un appalto-concorso, perentorio; pertanto l'aggiudicazione dell'appalto in base ad un'offerta presentata fuori termine illegittima (1). (1) Giurisprudenza esatta; cfr. Sez. V, 24 febbraio 1950, n. 239, Il Consiglio di Stato, 1950, 422. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 24 maggio 1967, n. 189 -Pres. De Marco -Est. Mezzanotte -Impresa di Penta (avv. Selvaggi) c. Ministero LL.PP. (avv. Stato Vitucci). Contabilit generale dello Stato -Contratti -Revisione prezzi -Ribasso contrattuale -Contratto principale seguito da atti aggiuntivi non eccedenti il c. d. sesto quinto -Nozione. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 625 Contabilit generale dello Stato -Contratti -Revisione prezzi -Ribasso contrattuale -Atti aggiuntivi eccedenti il c. d. sesto quinto -No zione. In sede di revisione amministrativa dei prezzi, ai sensi dell'art. 1 del D. L. 6 dicembre 1947 n. 1501, il ribasso contrattuale si calcola considerando sia il ribasso d'asta relativo al contratto originario sia i ribassi relativi ai c. d. atti aggiuntivi i quali, nel limite del sesto quinto del contratto originario, formano con esso una unit originaria (1). Per gli atti aggiuntivi eccedenti il sesto quinto, che l'appaltatore non ha obbligo di stipulare ai sensi dell'art. 344 l. 20 marzo 1865 n. 2248 all. F., il ribasso contrattuale si calcola con riferimento esclusivo alle nuove pattuizioni (2). (1-2) Massime esatte. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 31 maggio 1967, n. 202 -Pres. De Marco -Est. Granito -Ingrassia (avv. Gueli) c. Ministero Grazia e Giustizia (avv. Stato N. Bronzini). Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Termine -Sospensione nel periodo feriale -Applicabilit. La dizione " termini processuali , contenuta nella legge 14 luglio 1965, n. 818, sta a indicare tutti i termini per il compimento degli atti del processo (art. 152 c. p. c.); e cio non solo quelli assegnati alle parti, dalla legge o dal giudice, per porre in essere gli atti occorrenti allo svolgimento del rapporto processuale e ad impedirne la perenzione (deposito del ricorso, integrazione del contraddittorio, motivi aggiunti, proposizione e deposito del ricorso incidentale, istanza per la fissazione dell'udienza ecc.), ma anche il termine fissato dalla legge per l'atto iniziale e introduttivo del giudizio amministrativo, quale la notifica del ricorso giurisdizionale (1). (1) Questione nuova, per quanto risulta. Sui limiti dell'applicabilit della legge n. 818 ai giudizi civili e sull'efficacia retroattiva della stessa, cfr. Sez. Un. 22 luglio 1966, n. 1991 e Cass. 13 luglio 1966, n. 1869, in questa Rassegna 1066, I, 1026. Sulla inapplicabilit della sospensione dei termini processuali al giudizio di legittimit costituzionale, cfr. Corte Cost. 9 febbraio 1967, n. 15, retro, I, 26. SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 31 maggio 1966, n. 1448 -Pres. Pece Est. Roperti -P. M. Di Maio (conf.) -Antonucci (avv. Rossi) c. Mi nistero Finanze (avv. Stato Foligno). Imposte e tasse in genere -Procedimento dinanzi alle commissioni Ricorsi -Presentazione a mezzo del servizio postale -Data quella della spedizione del plico. (r. d. 17 settembre 1931, n. 1608, art. 12; r. d. 7 agosto 1936 n. 1639, art. 43; r. d. 8 luglio 1937, n. 1516, artt. 23, 39, 41). Mentre per la notificazione a mezzo del servizio postale degli atti _del processo civile in genere vale la data deUa consegna al destinatario, nella materia tributaria, nei casi in cui consentito valersi della posta per la presentazione dei ricorsi, deve considerarsi quale data della presentazione stessa quella di spedizione del plico, risultante dal timbro postale (1). (1) La motivazione pu leggersi in Riv. leg. fisc., 1966, 1864. Alla conclusione di cui alla massima la Corte Suprema pervenuta attraverso l'esegesi delle disposizioni che regolano la materia dei ricorsi alle commissioni tributarie (rr. dd. 7 agosto 1936, n. 1639 e 8 luglio 1937, n. 1516), all'uopo considerando che per tutti tali ricorsi debba ritenersi fatto richiamo alle disposizioni dell'art. 12 del r. d. 17 settembre 1931, n. 1608, che, per la tempestivit della presentazione della dichiarazione dei redditi, nel caso di invio della stessa a mezzo del servizio postale, fa appunto riferimento espresso alla data di spedizione del plico. La Corte ha rilevato, tra l'altro, che sarebbe "' assurdo ritenere applicabile il principio della data di spedizione ai ricorsi riguardanti i giudizi di valutazione e negare ogni rilevanza alla data stessa per i ricorsi concernenti i giudizi di merito (controversie di diritto), laddove l'art. 12 sopra citato, per il richiamo che di esso fatto nell'art. 43 del r. d. n. 1639 del 1936 e nell'art. 23 del r. d. n. 1516 del 1937, ha la portata di un principio generale, trovando la norma la sua giustificazione non tanto nella particolare natura delle controversie portate alla cognizione delle commissioni tributarie, quanto piuttosto in una generale esigenza di disciplinare in modo uniforme la materia della prova circa la tempestivit della presentazione dei ricorsi tributari a mezzo del servizio postale, prova da trarsi dalla data sotto la quale i ricorsi sono stati presentati all'ufficio postale >. In relazione a tali argomentazioni, per, da sottolineare che esse PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 627 risultano riferite alla prospettata ipotesi di una diversa disciplina, quanto all'accertamento della data di presentazione, dei ricorsi in tema di valutazione e di quelli relativi a controversie di diritto, pur regolati gli uni e gli altri nell'ambito dello stesso ordinamento del contenzioso dinanzi alle commissioni. E giova, dunque, rilevare che anche la conseguente enunciazione del ritenuto principio generale deve rapportarsi, nella stessa sentenza in esame, alla sola materia dei ricorsi alle commissioni, senza che se ne possano trarre ulteriori deduzioni di applicabilit a materie diverse, essendo del rc;!sto manifesto il 'Carattere eccezionale delle disposizioni che impongono di aver riguardo alla data di spedizione, in deroga al principio davvero generale secondo cui, per gli atti da notificarsi, comunicarsi o presentarsi, la data da considerare soltanto quella della ricezione da parte del destinatario. In tali sensi, e per l'inapplicabilit del principio della data di spedizione ai ricorsi al Ministro avverso le ordinanze intendentizie, cfr. Cass. 17 settembre 1957, n. 3500, in questa Rassegna, 1957, 195, rispetto alla quale non sembra potersi considerare espressiva di un diverso orientamento di massima la successiva Cass. 22 maggio 1958, n. 1717, Foro it., 1958, I, 1455, che, invero, ribadendo la validit della regola della data di ricezione, riteneva -in una particolare specie (cfr. osservazioni in Relaz. Avv. Stato, 1956-60, II, 353 ss.), e con una estensione comunque opinbile -che una deroga si sarebbe dovuta ravvisare anche per la materia delle istanze amministrative in tema di imposta generale sull'entrata. Inoltre, per l'applicabilit della regola della ricezione alle istanze in via amministrativa volte ad ottenere agevolazioni tributarie; cfr. Cons. Stato, 3 luglio 1963, n. 394, Cons: Stato, 1963, I, 1070. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 31 maggio 1966, n. 1454 -Pres. Pece -Est. Roperti -P. M. Gedda (conf.) -Soc. Fratelli Gentile (avv. Scandale) c. Ministero Finanze (avv. Stato Foligno). Imposta di ricchezza mobile -Accertamento -Soggetti tassabili in base a bilancio -Accertamento induttivo -Condizioni. (t. u. 24 agosto 1877, n. 4021, art. 25; I. 8 giugno 1936, n. 1231, artt. 8, 20). Imposte e tasse in genere -Imposta di ricchezza mobile -Competenza e giurisdizione -Giudizio sulla ricorrenza delle condizioni che legittimano l'accertamento induttivo nei confronti di soggetti tassabili in base a bilancio -Competenza esclusiva delle commissioni. (1. 20 marzo 1865, n. 2248, alla E, art. 6; d. I. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 22). Imposte e tasse in genere -Accertamento -Imposte dirette -Invio di questionari ai contribuenti -Costituisce facolt dell'Ufficio Mancato esercizio di tale facolt - irrilevante ai fini della legittimit dell'accertamento. (I. 11 gennaio 1951, n. 25, art. 5). Se il bilancio di una societ commerciale rappresenta, per la presunzione di verit che lo assiste, la base normale per la determinazione 628 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dei redditi soggetti all'imposta di ricchezza mobile, tuttavia; ~'Quando esso si presenti inattendibile perch parte delle operazioni non risulta contabilizzata, e vi fondato motivo di ritenere, perci, che il documento non rispecchi la reale situazione economica, consentito all'Ufficio di procedere in via induttiva alla determinazione del reddito imponibile, secondo il disposto dell'art. 20, ultimo comma, della legge 8 giugno 1936, n. 1231 (1). Il giudizio sulla fondatezza delle ragioni di inattendibilit del bilancio che giustificano il ricorso all'accertamento induttivo dei redditi soggetti all'imposta di ricchezza mobile -ragioni che l'Ufficio ha obbligo di notificare al contribuente -si risolve in un apprezzamento di mero fatto, riservato alJ,a competenza esclusiva delle commissioni (2). Poich l'art. 5 della legge 11 gennaio 1951, n. 25 attribuisce allo Ufficio una semplice facolt di inviare questionar.i ai contribuenti, con richiesta di chiarimenti, il mancato esercizio della facolt stessa non pu di per s inficiare la procedura di accertamento (3). (Omissis). -Tutte le censure sono infondate. Sostanzialmente esse sono dirette contro la scelta del metodo induttivo e contro le modalit che l'ufficio ha ritenuto di seguire per con (1-2) Con riferimento alle disposizioni degli articoli 25 del t. u. 24 agosto 1877 n. 4021 e 8 e 20 della legge 8 giugno 1936, n. 1231, la sentenza in rassegna conferma un orientamento gi consolidato: cfr. Cass. 3 agosto 1964, n. 2211, in questa Rassegna, 1964, I, 954; Cass. 20 dicembre 1963, n. 3201, ibidem, 174, ove ulteriori richiami in nota. La facolt dell'Ufficio di procedere ad accertamento induttivo, nei confronti di soggetti .tassabili in base a bilancio, ora disciplinata dall'art. 120 del t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, che, peraltro, mantiene fermo il principio della legittimit del ricorso a quel metodo di determinazione dei redditi imponibili, oltre che per il caso di mancata presentazione della dichiarazione nei termini e nelle forme di legge, anche in relazione all'accertamento di ckcostanze, sia pure ora pi specificamente indicate, che inducano a ritenere inattendibile il bilancio. In materia, pertanto, il segnalato orientamento giurisprudenz!i.ale conserva, ai fini interpretativi, la sua validit (cfr. Relaz. Avv. Stato, 1961-65, II, 392). Quanto all'obbligo dell'Ufficio di notificare al contribuente i motivi che lo abbiano indotto a disattendere il bilancio (obbligo ora confermato dall'art. 120 del t. u. n. 645 del 1958), cfr. Cass. 30 .giugno 1961, n. 1577, in ,questa Rassegna, 1962, 94, cui pu farsi riferimento (in motivazione) anche per l'affermazione centrale di cui alla seconda massima tratta dalla sentenza in nota, .sul punto dell'esclusiva competenza delle commissioni a conoscere della fondatezza delle ragioni giustificatrici del ricorso all'accertamento induttivo, le quali, in quanto riferibili necessariamente ad elementi di puro fatto, non possono non implicare che un giudizio di c. d. semplice estimazione; sul qual punto, in riferimento all'analoga ipotesi di accertamento col metodo sintetico dei redditi soggetti all'imposta complementare, cfr. anche Cass. Sez. Un. 25 gennaio 1967, n. 217, ultra, 654. (3) Massima di ovvia esattezza. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 629 siderare inattendibili i risultati del bilancio sociale relativo all'esercizio 1954. Al riguardo va rilevato che -secondo l'insegnamento di questa Suprema Corte -il bilancio di una societ commerciale rappresenta la base normale per la determinazione degli utili netti sui quali deve gravare la imposta di ricchezza mobile, attesa la pres~nzione di verit che assiste il bilancio stesso. Ma, quando detto bilancio si presenta inattendibile, perch parte delle operazioni sociali non risulta contabilizzata e vi fondato motivo di ritenere che esso non rispecchi, perci, la reale situazione economica, consentito all'ufficio, ai sensi dello ultimo comma dell'art. 20 della legge 8 giugno 1936, n. 1231, procedere in via induttiva alla determinazione del reddito tassabile (Cass. 30 giugno 1961, n. 1577). Ora, la Commissione centrale, nel giustificare l'operato dell'ufficio delle imposte dirette di Napoli, non ha fatto altro che uniformarsi ai suindicati principi, avendo ritenuto che le irregolarit riscontrate dall'ufficio impositore nel bilancio esibito dalla societ ricorrente, consistenti in deficienze contabili, omissioni di ricavi, non rispondenza ad esatt~zza di molteplici voci e difetto di documentazione dei debiti interni della societ, fossero sufficienti a legittimare l'accertamento induttivo prescelto dall'Ufficio, trattandosi di contestazioni idonee a far venire meno la presunzione di veridicit che normalmente assiste il bilancio delle societ. L'obbligo dell'ufficio di notificare le ragioni per le quali le risul tanze del bilancio si ritengono inattendibili ai fini della determinazio ne del reddito tassabile, e quando le dette ragioni -attraverso il va glio del procedimento tributario -risultano fondate, non dato al Supremo Collegio sindacare l'effettiva portata dell'inattendibilit delle partite contabili, trattandosi di un apprezzamento di mero fatto riser vato alla competenza delle Commissioni delle imposte. Ad ulteriore giustificazione della censura, la societ ricorrente so stiene che la Finanza, nel procedere all'accertamento induttivo, sarebbe incorsa in una doppia violazione di legge: quella di non avere fatto dipendere l'accertamento dal controllo della contabilit e dalla richiesta di chiarimenti mediante invio di questionario, e l'altra di avere basato l'accertamento stesso su una verifica contabile riferentesi ad altro eser cizio (1955). Entrambe le deduzioni sono da disattendere. Quanto alla prima, appare inconcepibile che l'ufficio abbia potuto rilevare le deficienze ed irregolarit senza un appropriato esame del bilancio che tali deficienze contenevano, mentre la richiesta di chiari menti da parte dell'ufficio, mediante l'invio di questionario al contri 11 630 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO buente, previsto dall'art. 5 della legge 11 gennaio 1951, n. 25, costituisce una semplice facolt riconosciuta all'ufficio stesso; onde il mancato esercizio di essa non pu essere elevato di per s a vizio che possa inficiare la procedura di accertamento dell'imponibile. Quanto alla seconda, va rilevato che nei risultati della verifica contabile eseguita sul bilancio chiuso al 31 dicembre 1955 l'ufficio ebbe la conferma indiretta delle irregolarit riscontrate nel bilancio dello esercizio di competenza, avendo avuto modo di accertare che di norma la contabilit non era tenuta regolarmente dalla societ. Non sussiste, pertanto, l'eccepita violazione del principio dell'autonomia degli accertamenti in base a bilancio, non avendo l'ufficio preso a base il bilancio del 1955 per la tassabilit del reddito ricavato nell'esercizio dell'anno precedente, ma essendosi soltanto limitato a trarre da esso utili elementi ai fini di dimostrare l'inattendibilit del bilancio preso in considerazione: ci che gli era consentito fare. ( Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 giugno 1966, n. 1617 -Pres. Pece Est. Scanzano -P. M. Tuttolomondo (conf.) -Ministero Finanze (avv. Stato Salto) c. soc. Molino della Gaiazza (avv. Grossi). Imposte e tasse in genere -Imposta di registro -Azione giudiziaria Termine -Controversie che abbiano formato oggetto di decisioni delle commissioni tributarie -Decisini di contenuto meramente processuale -Irrilevanza di tale contenuto ai fini della decorrenza del termine per la proposizione dell'azione giudiziaria Decisione che dichiari l'inammis~ibilit di una impugnazione Computabilit del termine dalla notifica di tale decisione e non da quella della decisione impugnata -Limiti. (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 146). Il termine di sei mesi previsto daH'art. 146 della legge di registro per la proposizione dell'azione giudiziaria, nelle controversie che abbiano formato oggetto di decisioni delle commissioni tributarie, decorre in ogni caso dalla notificazione della dedsione che chiude la fase del procedimento dinanzi alle dette commissioni, ed anche se si tratti di decisione avente contenuto meramente processuale, come quella che dichiari l'inammissibilit dell'impugnazione proposta avverso la decisione resa dalla commissione di grado inferiore, salvo che l'inammissibilit sia la conseguenza di un fatto obiettivo, quale l'inutile decorso PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 631 del termine assegnato dalla legge per l'esperimento deH'impugnri:ztone stessa (1). (Omissis). -L'art. 146 della legge d registro, nel fissare in sei mesi il termine per ricorrere all'autorit giudiziaria in tutte le controversie che abbiano formato oggetto di decisione amministrativa, stabilisce che i sei mesi decorrono in ogni caso dalla data della notificazione della decisione predetta. chiaro, dal sistema della legge, che la decisione contemplata dalla norma quella che chiude la fase del procedimento innanzi alle commissioni tributarie, e che pertanto, nel caso in cui, come nella specie, vengano percorsi tutti i gradi del procedimento stesso, quella della commissione centrale, mentre la locuzione e in ogni caso >, usata dal legislatore, denota che, in linea di massima, il contenuto della decisione irrilevante agli effetti che qui interessano : il che, quindi, non esclude che anche una controversia che si risolva poi in una decisione di contenuto esclusivamente processuale possa, normalmente, essere idonea condizione dilatoria della decorrenza del termine prescritto per l'azione giudiziaria. La .diversa opinione espressa dalla corte bresciana, che nella specie ha anticipato tale decorrenza spostandola dalla notificazione dell'ultima decisione amministrativa (che stata quella della commissione centrale) al momento anteriore della notificazione della decisione della commissione provinciale, si fonda sulla sentenza n. 122 del primo febbraio 1947 -espressamente richiamata -di questo Supremo Collegio, secondo cui, qualora il contribuente, in materia di imposta di successione, ricorra tardivamente contro una decisione amministrativa, determinando una dichiarazione di inammissibilit del ricorso, il termine per la proposizione dell'azione giudiziaria decorre dalla notificazione della decsione tardivamente impugnata. Ma il richiamo non pertinente perch quella pronunzia concerne una fattispecie che , sotto un duplice profilo, caratteristica rispetto a (1) Corretta applicazione sia dei principi di diritto processuale, in genere, sia di quelli in tema di autonomia dei giudizi dinanzi alle commissioni tributarie e dinanzi all'autorit giudiziaria, e di rapporti tra i giudizi medesimi, sui quali cfr. Relaz. Avv. Stato, 1961-65, II, 336 ss., 361 ss., nonch Cass. 6 luglio 1966, n. 1749, Riv. leg. fisc., 1966, 2300. In argomento, sull'inammissibilit della rimessione in termine per errore scusabile, cfr. Cass. 19 febbraio 1964, n .370, in questa Rassegna, 1964, I, .392. La sentenza delle Sezioni Unite del 1 febbraio 1947, n. 122 -richiamata in motivazione e relativa alla ben diversa ipotesi di impugnazione, dinanzi alla commissione superiore, proposta dopo la scadenza del termine all'uopo previsto - pubblicata, in massima, in Riv. leg. fisc. 1947, 108; con riferimento ad essa, cfr., anche, Relaz. Avv. Stato, 1942-50, I, 429. 632 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO quella odierna. Ivi la fase anteriore all'azione giudiziaria si era--svolta con l'esperimento dei ricorsi gerarchici; e ci non privo di rilevanza, essendo estraneo, in quella ipotesi, il concetto di rapporto processuale, che invece presente nel procedimento avanti alle commissioni tributarie (pur nella forma pi elementare che sufficiente alle minori esigenze di esso), e che, riducendo ad unit le varie fasi del procedimento stesso, pur attraverso i vari gradi, non si dissolve che con l'ultima pronunzia emessa. Sotto altro profilo osservasi che in quella ipotesi la inammissibilit era la conseguenza di un fatto obiettivo quale la accertata inerzia del soggetto interessato durante tutto il termine assegnato dalla legge per l'esperimento del rimedio ulteriore, e derivava dalla constatazione che, per il vano decorso del termine, la decisione dell'organo inferiore realizzava la condizione perch cominciasse a decorrere il termine per la proposizione dell'azione giudiziaria. La fattispecie odierna invece del tutto diversa: anche se, infatti, nella notificazione richiesta dall'amministrazione finanziaria stata omessa una formalit richiesta dalla legge, ci non toglie che essa amministrazione abbia posto in essere un atto di impugnazione tempestivo e i~ s valido, compiendo cosi la attivit necessaria per impedire la consunzione del rapporto processuale in sede di commissioni tributarie. Ci determinava la legittima pendenza del procedimento avanti alla Commissione centrale, impediva che diventasse definitiva la decisione dell'organo inferiore e manteneva in vita la condizione ostativa della decorrenza del termine di cui all'art. 146 sopra citato: termine che, pertanto, cominci a decorrere con la data di notificazione della decisione della commissione centrale e cio l'otto maggio 1961. La sentenza denunziata, che ha omesso di pronunciare nel merito sull'erroneo presupposto di una inesistente decadenza dall'azione, va pertanto cassata... -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 giugno 1966, n. 1623 -.Pres. Vistoso -Est. Scanzano -P. M. Tuttolomondo (conf.). -INAPLI (avv. Scandale) c. Ministero Finanze (avv. Stato Pierantozzi). Imposte e tasse in genere -Procedimento dinanzi alle commissioni Impugnazioni -Impugnazione proposta dall'Ufficio con tardivo deposito dell'atto presso la commissione adita -Inammissibilit -Tempestivo deposito dell'atto presso altro organo del contenzioso tributario -Irrilevanza. (r. d. 8 luglio 1937, n. 1516, artt. 38, 45). J PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 633 Procedimento civile -Impugnazioni - Rilevabilit di ufficio di ra,.; gioni di inammissibilit. (c. p. c., artt. 1, 5, 323 ss.). n deposito, presso la commissione superiore, dell'atto col quale l'Ufficio impugni la decisione di una commissione tributaria, costituisce atto essenziale dell'esercizio del diritto di impugnazione. Pertanto, e poich i termini per le impugnazioni devono intendersi sempre stabiliti a pena di decadenza, da ritenere inammissibile una impugnazione proposta dall'Ufficio, se l'atto che la contenga, bench tempestivamente notificato al contribuente, sia fatto pervenire alla commissione adita oltre il termine di trenta giorni previsto dagli artt. 38 e 45 del r. d. 8 luglio 1937, n. 1516, senza che in contrario rilevi la circostanza che entro il detto termine l'atto sia stato depositato presso altro organo del contenzioso tributario (1). L'inammissibilitd di una impugnazione, in quanto costituisce fattore preclusivo dell'esercizio della giurisdizione da parte del giudice ad quem, deve essere rilevata di ufficio, restando rispetto ad essa escluso ogni . potere dispositivo della parte contro la quale l'impugnazione proposta (2). (Omissis). -Tanto premesso, la Corte osserva essere certo che nella specie il ricorso dell'Ufficio stato depositato presso la Commissione Centrale dopo circa sei mesi dalla notificazione al contribuente della decisione impugnata, e non essere contestato che, per il coordinato disposto degli artt. 35, 38 e 45 del r. d. 8 luglio 1937, n. 1516, il termine fissato al riguardo di trenta giorni per entrambe le parti. Il problema che si pone concerne, invece, la funzione che ha il deposito dell'atto e la natura del termine. In tema di impugnazione delle decisioni delle Commissioni tribu..: tarie da parte dell'Ufficio delle imposte, la legge prevede la notificazione da parte di questo, al contribuente, dela decisione stessa, il depo.; sito dell'atto presso la Commissione superiore, e la comunicazione del.: (1) In generale, sui modi e termini di presentazione dei ricorsi, cfr.' Relaz. Avv. Stato, 1961-65, II, 329, ove ulteriori richiami. In materia cfr., anche, Cass. 31 maggio 1966, n. 1448 (retro, 626, nonch, in extenso, in Riv. leg. :{isc. 1966, 1864), che accenna, in motivazione, alla questione di cui alla massima. (2) Cfr., conforme, Cass. 19 luglio 1965, n. 1621, in questa Rassegna, 1965, I, 1220, con richiami in nota, nonch Cass. 22 marzo 1967, n. 644, ultra, 670. 634 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO l'impugnazione al contribuente (a meno che essa non sia statli"data in occasione del primo adempimento e contemporaneamente ad esso). In tale sistema, la notificazione della decisione costituisce un onere che l'Ufficio deve adempiere per conservare la possibilit dell'impugnazione; la comunicazione di cui all'art. 38 del r. d. citato serve a far conoscere al contribuente la determinazione dell'Ufficio, onde sollecitarne le controdeduzioni e rendere effettiva la possibilit del contraddittorio, mentre l'atto essenziale che costituisce l'esercizio del diritto di impugnazione la presentazione del ricorso presso l'organo cui spetta deciderlo; il che, oltre ad essere conforme a tutto il sistema del contenzioso tributario; chiaro attraverso la stessa lettera della legge, disponendo l'art. 38 citato -cui fa richiamo il successivo art. 45 -che l'Ufficio pu impugnare le decisioni e con atto che deve giungere ,. alla competente commissione entro trenta giorni. In ordine, poi, a tale termine, il suo carattere perentorio, gi evidente nel predetto dettato legislativo, discende dal fatto di essere un termine di impugnazione. Poich, infatti, questa la condizione che impedisce la evoluzione del provvedimento giurisdizionale verso il momento della sua intangibilit, principio fondamentale di ordine processuale (e perci applicabile anche nel processo tributario), reclamato dall'esigenza della certezza dei rapporti giuridici, che i termini stabiliti per le impugnazioni debbano osservarsi a pena di decadenza, ed abbiano quindi natura perentoria pur in mancanza di una norma che li qualifichi espressa . mente tali (v. Cass. 30 maggio 1961, n. 1264). Dalle considerazioni sopra esposte discende, altresi, che, ai fini della ritualit della impugnazione, la tempestiva presentazione del ricorso presso la Commissione centrale non pu trovare un equivalente nella presentazione del ricorso stesso presso un diverso organo del contenzioso tributario. noto, infatti, che solo una espressa norma di legge (.che nella specie manca) potrebbe derogare al principio fondamentale della decadenza, cio la esigenza obiettiva del compimento di particolari atti entro un termine perentorio, indipendentemente dalle circostanze dalle quali dipende l'inutile decorso del tempo (v. Cass. 12 giugno 1963, n. 1568). Non pu neppure condividersi l'affermazione della Commissione centrale, secondo cui il concreto esercizio del contraddittorio da parte del contribuente renderebbe irrilevanti gli eventuali motivi di inammissibilit del ricorso dell'Ufficio. L'esistenza di una valida impugnazione , infatti, condizione per l'esercizio della giurisdizione da parte del giudice ad quem, sicch la sua inammissibilit costituisce un fattore preclusivo la cui rilevanza del tutto sottratta al potere dispositivo della parte contro cui la impugnazione proposta. -(Omissis). PARTE I, S.EZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 8 luglio 1966, n. 1793 -Pres. Rossano -Est. Giannattasio -P. M. Gedda (conf.) -Ministero Finanze (avv. Stato Azzariti Giorgio) c. Soc. Amelotti e c. (avv. Gandin). Imposta di registro -Concordato preventivo con cessione dei beni ai creditori -Imposta proporzionale -Non dovuta. (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 8; id., tariffa all. A, artt. 26, 32). La sentenza che omologa il concordato preventivo con cessione dei beni concluso dall'imprenditore eocmerciaZe con i propri creditori a norma degli articoli 160, secondo comma, n. 2, e 182, della legge fallimentare 16 marzo 1942, n. 267, soggetta all'imposta fissa di cui all'articolo 2.6 della tariffa atl. A alla legge di registro 30 dicembre 1923, n. 3269, e non a quella proporzionale di cui all'art. 32 della medesima tarirffa (1). (Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso l'Amministrazione finanziaria denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 32, 29, 26 e 15 della tariffa all. A della legge di registro 30 dicembre 1923, (1) $-Q.Ua tassu;ione di registto d'Ila sent~nza che omologa JJ. concordato p:revlltivo con cessione dei beni ai creditori. La sentenza in esame a:fl.'ronta e risolve per la prima volta il problema della tassazione di registro della sentenza di omologazione del concordato p:ceventi:vo con cessione dei be,ni ai creditori (artt. 160 comma secondo, n. 2, 182 e '186 cpv. legge fallimentare). Come noto, la legge di registro e la relativa tariffa non prevedono la tassazione di tale concordato, per la semplice ragione che la relativa disciplina costituisce una innovazione della pi recente legge fallimentare; on~e la soluzione del suddetto problema deve essere inquadrata nella fattispecie di cui all~art. 8 legge di rgistro, implicando l'indagine sulla intrinseca natuta e sugli effetti dell'atto considerato e la sua tassazione in conformit di quella . stabilita per l'atto Col quale esso presenta maggiore analogia. In sostanza, dunque, si tratta di stabilire se il concordato in parola maggiormente affine alla cessione dei beni ai creditori ora disciplinata dall'art. 1977 e seg.g. cod. civ., e per cui l'art. 26 della tariffa all. A gi stabiliva una tassazione con imposta fissa, o ad un normale concordatO preventivo (art. 160 comma 2 n. 1 legge fall.) per cui stabilita invece la tassazione con aliquota proporzionale (art. 32 della tariffa). La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, ha condiviso la esattezza di tale metodo di indagine, e, svolte le relative operazioni logiche, ha concluso che il concordato preventivo in argomento presenta maggiori affinit con la cessione dei beni ai creditori, onde la relativa sentenza di omologazione deve essere tassata con applicazione della imposta fissa di cui all'art.' 26 della tariffa. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA .DELLO STATO 636 n. 3269, dell'art. 8 della legge stessa, dell'art. 1977 c. c., e dell!a-rt. 160 della legge fallimentare 15 marzo 1942 n. 267. Lamenta l'Amministrazione che sia stato ritenuto applicabile, al concordato :preventivo mediante cessione di beni, l'art. 26 della tariffa all. A riguardante la cessione volontaria di beni fatta dal debitore alla massa dei suoi creditori per la vendita, senza considerare le differenze che intercorrono tra i due istituti relativamente agli aspetti obbligatori e liberatori. NeUa cessione civilistica la liberazione del debitore si opera nei limiti di quanto i creditori hanno ricevuto, mentre in quella concordataria P totale, attraverso l'obbligo di lasciare a disposizione dei creditori il ricavo delle liquidazioni dei beni stessi, ponendo in essere una nuova obbligazione, sicch, ai sensi dell'art. 29 della tariffa all. A, o sotto il profilo delle convenzioni tra creditori e debitore, l'atto va soggetto ad una tassazione d'obbligo. pacifica la tassazione proporzionale del concordato a percentuale. In quello per cessio bonorum, l'oggetto attuale Tali conclusioni non possono essere condivise per le seguenti ragioni. In primo luogo sembra opportuna una precisazione di carattere generale. Non v'ha dubbio, e la sentenza in esame l'ha giustamente messo in risalto, che si tratta della soluzione di un "problema squisitamente tributario ed chiaro pertanto che le relative indagini devono essere condotte in conformit delle norme e dei principi propri di tale ordinamento. Ci significa che la analogia di natura e di effetti a cui si riferisce l'art. 8 della legge di registro deve essere valutata rispetto a quegli elementi dei rapporti considerati che sono rilevanti ai fini della relativa tassazione. Non appare infatti corretto, per i fini che interessano, stabilire in ordine alla prevalenza delle affinit esistenti fra concordato preventivo con cessione dei beni e cessione dei beni ai creditori, o fra lo stesso concordato e quello cosidetto a percentuale, senza aver prima indicato gli elementi della fattispecie che hanno rilevanza determinante ai fini della tassazione di registro. evidente, ad esempio, che in relazione alla natura ed agli effetti, di carattere pubblicistico, connessi agli scopi del relativo procedimento, il concordato preventivo con cessione dei beni presenta maggiori analogie con il concordato preventivo a percentuale piuttosto che con la cessione dei beni di diritto comune, ma anche vero che quegli elementi non sono rilevanti ai fini della tassazione dell'atto, onde di essi non pu essere tenuto conto per la valutazione delle affinit cui si riferisce l'art. 8 della legge di registro. Appare pertanto necessaria, per la esatta soluzione del nostro problema, una indagine preliminare intesa ad individuare gli elementi sostanziali in considerazione dei quali per la cessione dei beni ai creditori stabilita la tassazione con imposta fissa, ed al concordato preventivo a percentuale riservata invece la imposta proporzionale. Tali elementi, in quanto relativi alla natura intrinseca ed agli effetti dell'atto e in quanto rilevanti ai fini della relativa tassazione, sono quelli che devono essere tenuti in particolare considerazione per la valutazione della maggiore PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 637 dell'obbligo la messa a disposizione dei beni, inquadrata nella fgtira del mandato, cosl come la cessio bonorum; ma questa realizza un mandato revocabile, la cessio concordataria, invece, un mandato irrevoc.bile, sottoponibile fiscalmente a tassazione proporzionale. La questione cos sottoposta all'esame della Corte di Cassazione pu enunciarsi nei seguenti termini: se la sentenza che omologa il concordato preventivo con cessione dei beni, conchiuso dall'imprenditore commerciale con i propri creditori a norma dell'art. 160, comma secondo n. 2 e 182 della legge fallimentale 16 marzo 1942, n. 267, sia assoggettabile, all'atto della registrazione, all'imposta proporzionale di cui all'art. 32 della tariffa all. A della legge di registro 30 dicembre 1923, n. 3269, ovvero alla tassa fissa di cui all'art. 26 della stessa ta"" riffa all. A. Il problema non ha precedenti nella giurisprudenza della Suprema Corte, e non trova, n pu trovare, testuale soluzione nella legge di analogia cui fa riferimento l'art. 8 della legge di registro e in base alla quale deve essere risolto il nostro problema. In verit la sentenza in esame ha precisato anch'essa che ai fini del..:. l'analogia di cui all'art. 8 della legge di registro deve essere attribuita e maggiore rilevanza> all'elemento che giustifica la diversa tassazione dei diversi negozi, ma proprio nella valutazione di tale elemento che si annida, a nostro sommesso avviso, l'errore in cui incorsa la Cassazione. Si afferma in sostanza che, a parte il carattere traslativo che manche rebbe sia nella cessione dei beni di diritto comune come in quella concor dataria, l'elemento che giustifica la diversa tassazione fra cessione dei beni e concordato a percentuale sta nel fatto che con questo, e non con quella, il debitore assume e l'obbligazione di pagare ai creditori somme di denaro nella percentuale convenuta nel concordato >. Premettiamo che non intendiamo affrontare la questione della natura giuridica e della eventuale efficacia traslativa della cessione dei beni con" cordataria; e ci nonostante la sua evidente rilevanza ai fini del nostro pro.;. blema tributario dato che, come noto, l'atto traslativo della propriet dei beni va tassato con imposta proporzionale. Su tale punto ricordiamo sol..;. tanto che la Cassazione, affermando che anche la cessione concordataria ha la natura giuridica di un mandato, ha confermato la sua precedente giuri sprudenza in argomento (cfr. Cass. 9 maggio 1958, n. 1519, Riv. dir. comm., 1959, II, 85), ma noto che autorevole parte della dottrina di opinione nettamente contraria e riconosce invece alla cessione concordataria quella efficacia traslativa che appare logica conseguenza dell'effetto immediata mente remissorio del concordato (cfr. Miccro: La cessione dei beni nei concordato, Milano 1953, 193; CASTANA: La cessione dei beni ai creditori, Milano, 1957, 295; AzZOLINA: n fammento, Torino 1961, III, 1590; e sopra tutto DE MARTINI: La cessione dei beni ai creditori, Riv. dir. comm., 1942, I, 390 e La cessio bonorum nei concordato preventivo, ivi, 1959, II, 85, ove altri ampi riferimenti di dottrina). Siccome il nostro dissenso dalle conclusioni cui pervenuta la Cassa zione con la sentenza in esame ci sembra giustificato da ragioni che non 638 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO registro, perch all'epoca dell'emanazione di quest'ultima (3-0....dicembre 1923), non era prevista l'ipotesi di un concordato preventivo mediante cessione dei beni ai creditori, che ha fatto la sua apparizione per la prima volta nella legge fallimentare del 1942, come, del resto, a quell'epoca non era neppure disciplinata, dalla legge civile, la cessione volontaria o spontanea dei beni ai creditori, istituto che, sebbene fosse stato elaborato dalla pratica come forma di autotutela, doveva fare ingresso nel sistema legislativo soltanto con il codice civile del 1942 (art. 1977). Si tratta di un problema squisitamente tributario, e, per la sua risoluzione, occorre muovere dall'art. 8 della legge di registro, secondo il quale l'imposta va applicata avuto riguardo all'intrinseca natura dell'atto o trasferimento e agli effetti che esso destinato a produrre, sicch il dato da tenere presente non uno schema astratto, ma l'atto economico quale si rivela attraverso il risultato giuridico concreto, consentono incertezze o diversit di opinioni, preferiamo tralasciare ogni argomento che, riallacciandosi ad una o ad altra teoria, conservi implici. tamente la opinabilit propria di queste. Premesso -ci, appare indubbiamente esatta la affermazione della Cassazione secondo cui la. diversa tassazione fra cessione dei beni ai creditori 1 e concordato a percentuale si giustifica per il fatto che con questo, e non con quella, il debitore assume la nuova obbligazione di pagare la percentuale concordataria. Come noto, infatti, la cessione dei beni ai creditori, presupponendo la situazione debitoria del cedente, si limita ad attuare un mandato di liquidazione e non influisce sul contenuto delle obbligazioni del debitore, mentre il concordato preventivo, a prescindere dal carattere pubblicistico che non interessa ai nostri fini tributari, consiste in una convenzione, fra debitore e creditori, con cui il primo si impegna e garantisce il pagamento della percentuale concordataria, ottenendo immediatamente (s'intende in seguito alla omologazione con sentenza passata in giudicato) la liberazione dal pagamento della rimanenza (effetto remissorio). E siccome, ai sensi dell'art. 4 della legge di registro, la imposta proporzionale spetta agli e atti che contengono obbligazione o liberazione di somme o prestazioni,., perfettamente logico e conseguente che, in base all'art. 32 della tariffa, il concordato preventivo sia tassato con imposta proporzionale, mentre, in base al precedente art. 26, la cessione dei beni ai creditori sia tassata con imposta fissa. Fino a tale punto, quindi, le affermazioni della sentenza in esame, anche in quanto logico sviluppo di precedente giurisprudenza, potrebbero essere accettate. Ma a tale punto il ragionamento ancora nell'ordine delle premesse, dovendosi effettuare l'ulteriore accertamento se il concordato preventivo con cessione dei beni contenga, come il concordato preventivo a percentuale, o non contenga, come la cessione dei beni ai creditori, e obbligazione o liberazione di somme >. In proposito la Cassazione ha affermato che nel concordato preventivo con cessione dei beni, a differenza di quanto avviene nel concordato a percentuale, il debitore non assume alcuna obbligazione pecuniaria. J PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 639 voluto e attuato volta a volta dalle parti. Si deve, in altri termini, tener conto della sostanza e non dell'apparenza o del nome dato alla convenzione, questo essendo il criterio tributario per la qualificazione dell'atto ai fini dell'assoggettabilit all'imposta di registro. Alla stregua di tale criterio, e considerato che il concordato preventivo con cessione dei beni ai creditori, in mancanza di una specifica previsione della tariffa, va assoggettato alla tassa che la tariffa stabilisce per quell'atto che presenta maggiori affinit, sia per la sua natura che per i suoi effetti, non sembra dubbio che, tra gli atti nominativamente indicati nella tariffa, la categoria pi vicina al concordato con cessione dei beni ai creditori quella contemplata dall'art. 26 della tariffa all. A. (" cessione volontaria dei beni fatta dal debitore alla massa dei suoi creditori per la vendita > ), che non quella disciplinata dall'art. 32 della medesima tariffa (" convenzioni e concordati tra i creditori e i loro debitori stipulati sia prima che dopo la dichiarazione di fallimento e contenenti obbligazioni di soll).me > ). Ora proprio tale affermazione che non pu essere n condivisa n accettata, per i seguenti motivi. Gi da un punto di vista letterale la norma dell'art. 160, comma se condo, della legge fallimentare non giustifica affatto una simile distinzione fra i due tipi di concordato preventivo da essa disciplinati. Nel primo caso infatti il debitore offre serie garanzie di pagare almeno il quaranta per cento dei crediti chirografari, e nel secondo caso offre, invece, per il paga mento dei suoi debiti, la cessione di tutti i suoi beni, la valutazione dei quali deve far fondatamente presumere che i creditori possano essere soddisfatti almeno nella misura del quaranta per cento. In base a tale norma non si comprende perch, quando il debitore offre garanzie di pagare almeno il 40 % dei debiti chirografari, egli si obbliga a tale pagamento, e quando invece cede, per il pagamento dei suoi debiti, beni del presumibile valore corrispondente al 40 % di quelli, non assume lo stesso obbligo. La verit appare infatti che l'identico riferimento, in entrambi i casi, al pagamento dei debiti nella percentuale concordataria, seppure espresso in modo diverso data la diversit dei mezzi di soddisfacimento offerti in ciascuno dei due casi, significa proprio che in ogni specie di concordato (cfr. anche art. 124 legge fall.) il debitore assume l'obbligo di pagare una percentuale dei debiti, e i creditori rinunciano al resto. Senza la assun zione di simili obblighi corrispettivi non si giustifica alcun concordato, onde, se deve ammettersi che in diritto comune la cessione dei beni ai creditori non implica la assunzione di alcun nuovo obbligo di pagamento, il concordato che si attua nelle procedure concorsuali, invece, implica sempre la assunzione di tale obbligo da parte del debitore, perch in tali casi esso ha effetto remissorio, e cio determina la liberazione del debitore da ogni altra obbligazione verso i creditori (cfr. Cass. 23 giugno 1942, n. 1766, in Foro it. Rep., 1942, v. Fallimento, n. 147). In verit la sentenza in esame non ha dimenticato l'effetto remissorio del concordato, ma lo ha ritenuto ininfluente per la soluzione del problema 640 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'Amministrazione ricorrente sostiene che l'art. 26 sia bensi invo.. cabile per la cessio bonorum dell'art. 1977 c. c., che non ha carattere traslativo, n funzione remissoria (art. 1984), ma non lo sia per il concordato preventivo mediante cessione dei beni ai creditori, in cui, invece, si ha liberazione del debitore anche se il valore dei beni ceduti risulti in concreto inferiore al 40 % dei crediti (art. 186 cpv. legge fall.). Cosi ragionando, per, la ricorrente non tiene conto di alcune considerazioni decisive. Innanzi tutto non soltanto nella cessio bonorum contemplata dall'art. 1977 c. c., ma neppure nel concordato preventivo con cessione dei beni si ha un trasferimento di diritti reali, ma unicamente un mandato che il debitore conferisce ai propri creditori per la gestione e la liquidazione dei suoi beni, i quali, quindi, restano di sua propriet fino alla chiusura della liquidazione. Secondariamente, l'effetto remissorio, cui I'Amministrazione sembra attribuire particolare rilievo, non ha causa nella convenzione, ma stabilito dalla legge. che ci interessa, affermando che esso avrebbe causa esclusivamente nella legge e non nella convenzione. Osserviamo, peraltro, che l'effetto remissorio del concordato disci plinato dalla legge (art. 184 legge fall.) in modo identico per entrambi i tipi di concordato preventivo, e ci in quanto esso costituisce caratteristica ed elemento causale insostituibile di ogni specie di concordato attuabile in un procedimento concorsuale (cfr. anche art. 135 legge fall.). Esso; cio, non rappresenta un semplice effetto legale ed inqualificato del con cordato preventivo, ma proprio la giustificazione causale della relativa convenzione, espressamente e costantemente stabilita dalla legge come e finalit essenziale del concordato > (DE MARTINI: La cessio bonorum cit., 93). Tale effetto (riduzione dei crediti) si pone come corrispettivo dell'im pegno del debitore di pagare la percentuale concordataria, indicandone i mezzi presumibilmente sufficienti, e costituisce pertanto un elemento cau sale ineliminabile e giuridicamente qualificante di ogni tipo di concordato. Proprio per questo anche il concordato attuato mediante cessione dei beni definisce immediatamente la situazione del debitore, modificando i prece denti debiti di lui negli attuali obblighi concordatari. per tale motivo che, secondo il MEssINEO (Manuale dir. civ. comm., Milano 1952, II, 2a, 323), mentre la cessione dei beni di diritto comune effettuata pro solvendo, quella concordataria fatta pro soluto (cfr. anche AzzoLINA: Il fallimento cit., 1587), e secondo il DE MARTINI (La cessione dei beni ai creditori, cit.) solo la cessione dei beni nel concordato preventivo configura una datio in solutum. Tutte figure giuridiche corrispondenti a specifiche assunzioni o liberazioni di obblighi e per cui prevista la tassa zione di registro con imposta proporzionale. La sentenza in esame ha inoltre ritenuto di poter trarre conforto, per la sua affermazione secondo cui il concordato preventivo con cessione dei beni non determinerebbe la assunzione da parte del debitore di alcuna obbligazione pecuniaria, dalla norma dell'art. 186 cpv. legge fall., per cui PARTE I, SEZ. V,. GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 641 Fondamentale , poi, la considerazione che l'elemento di maggfore rilevanza, contemplato nell'art. 32 per l'assoggettamento all'imposta proporzionale, l'assunzione dell'obbligazione di pagare ai creditori somme di denaro nella percentuale convenuta nel concordato. Proprio in forza di tale assunzione, l'atto viene sottoposto all'imposta proporzionale, in quanto si viene, in tal modo, a verificare una delle due ipotesi contemplate dall'art. 4 comma secondo della legge di registro (trasferimento di beni od obbligazioni o liberazioni di somme o prestazioni). Un elemento siffatto manca assolutamente nel concordato preventivo con cessione dei beni, perch, con esso, il debitore non assume alcuna obbligazione pecuniaria. Non si pu, infatti, sostenere che il debitore, assuma l'obbligazione di garantire il soddisfacimento dei creditori almeno nella misura del 40 % indicato nel n. 1 del cpv. dell'art. 160 legge fall., perch il successivo n. 2 contempla soltanto una previsione che il tribunale deve tenere presente ai fini dell'ammissibilit della proposta, ma non richiesto affatto che il debitor si renda garante del soddisfacimento dei creditori almeno in quella misura, come si ricava chiaramente dal gi il concordato con cessione dei beni e non si risolve se nella liquidazione si sia ricavata una '.Percentuale inferiore al quaranta per cento ,. . A nostro avviso tale norma costituisce invece la conferma che anche nel concordato preventivo con cessione dei beni il debitore assume l'ob bligo di pagare il 40 % dei suoi debiti. E difatti, ricordato che, per principio generale, la risoluzione del con cordato preventivo costituisce la sanzione dell'inadempimento del debitore all'obbligo di pagare la percentuale concordataria, la norma dell'art. 186 cpv. ha un proprio contenuto normativo soltanto in quanto costituisce eccezione a quel principio generale. Se infatti il concordato con cessione dei beni non implicasse l'obbligo del debitore di pagare la percentuale concordataria, il mancato conseguimento da parte dei creditori di tale percentuale non potrebbe determinare alcun inadempimento del debitore, e sarebbe quindi inconcepibile parlare, per tale motivo, di risoluzione del concordato. Proprio perch quell'obbligo invece sussiste e il relativo ina dempimento si verificato, per evitare la risoluzione del concordato il legislatore, e per ragioni di opportunit ed equit ,. (cosi DE SEMO: Di ritto faUimentare, Padova 1961, 552), 1ra disposto con la norma dell'art. 186 cpv., che costituisce pertanto una evidente deroga ai principi che gover nano l'intero sistema. Difatti, per il PROVINCIALI (Manuale dir. fall., Milano 1955, II, 1148) la norma dell'art. 186 cpv. costituisce " disposizione disputabile, perch contro le precise condizioni di ammissibilit del concordato (art. 160 n. 2) mentre per l'AzzoLINA (Il fallimento cit., 1587) detta norma significa soltanto che accettando la cessione i creditori hanno anche accettato il rischio di un minor realizzo rispetto alla percentuale offerta. Sembra quindi da ritenere che, in ogni ipotesi di concordato preventivo, il debitore assuma l'obbligo di pagare la percentuale concordataria, 642 RASS'EGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ricordato art. 186 cpv. legge fall., per il quale il concordato mediante cessione dei beni e non si risolve se nella liquidazione dei beni si sia ricavata una percentuale inferiore al quaranta per cento ". In sostanza, perch si abbia obbligazione di somma, nel significato voluto dall'articolo 32 della tariffa all. A. per l'assoggettamento all'imposta proporzionale di registro, occorre un atto consensuale tra chi propone il concordato e colui e coloro che l'accettano, in forza del quale il primo garantisce il pagamento dei crediti in una misura determinata, il che sicuramente difetta nel concordato preventivo con cessione di beni. Non senza significato che le norme speciali sull'applicazione dell'art. 32 della tariffa prevedano che la tassa dovuta per le obbligazioni assunte dal debitore o per le cession~ o dilazioni di pagamento di beni mobili o immobili fatte dal fallito al creditore, quando le cose date o cedute non debbano essere vendute dalla massa dei creditori. Di fronte a queste considerazioni, le differenze di struttura che esistono tra la cessio bonorum privatistica e quella dell'art. 160 cpv. . onde alla relativa sentenza di omologazione deve applicarsi, in ogni caso, la imposta proporzionale di cui all'art. 32 della tariffa. E tanto pi sorprende la diversa affermazione contenuto nella sentenza in esame, in quanto la Cassazione altra volta (sent. 5 dicembre 1957, n. 4370, Giur. it., 1960, I, 1, 1280) aveva affermato che e ai sensi del combinato disposto dell'art. 8 della legge sul registro e dell'art. 32 della tariffa all. A della legge stessa, la deliberazione con la quale i creditori, nell'adunanza prevista dall'art. 189 della legge sul fallimento, approvano la proposta del debitore rivolta ad ottenere l'ammissione alla procedura dell'amministrazione controllata, attesa la funzione dilatoria insita nell'istituto, soggetta alla tassa di registro nella misura prevista dal citato art. 32 " Ed anche i pi aspri e vivaci commentatori di tale sentenza (TALISSANO: !oc. cit.) avevano appuntato le loro critiche sul fatto che la amministrazione controllata, a differenza del concordato preventivo, non ha effetto remissorio e liberatorio per il debitore. A noi sembra piuttosto che la sentenza in esame, incentrando il suo ragionamento sulla supposta natura non qualificata della cessione concordataria, abbia dimenticato la vera realt della fattispecie esminata, e cio quella di un concordato preventivo. Non appare dubitabile infatti che, anche ad ammettere che la cessione concordataria abbia la stessa natura giuridica della cessione dei beni di diritto comune, in base alla norma dell'art. 160 comma secondo, n. 2, della legge fallimentare, essa costituisce soltanto il mezzo di attuazione del concordato preventivo e questo, sia quando riguarda la offerta di garanzia, come quando implica la cessione dei beni, sempre un accordo che definisce immediatamente ogni situazione debitoria mediante l'impegno del debitore di pagare una percentuale dei debiti e la rinunzia dei creditori al resto. E tale convenzione sicuramente tassabile con l'imposta proporzionale di cui all'art. 32 della tariffa. G. ANGELINI ROTA PABTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA n. 2 della legge fallimentare -in particolare quella che attiene alla revocabilit della prima ed alla irrevocabilit della seconda -sulle PABTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA n. 2 della legge fallimentare -in particolare quella che attiene alla revocabilit della prima ed alla irrevocabilit della seconda -sulle quali l'Amministrazione insiste, perdono ogni rilevanza sotto il profilo fiscale, e comunque non sono tali da giustificare un diverso trattamento tributario. Si aggiunga che il mandato del debitore concordatario bensl irrevocabile, ma non esclude l'obbligo del rendiconto, in quanto nliquidatore nominato dal Tribunale tenuto a rendere conto della sua gestione non solo ai creditori, nel cui interesse agisce, ma all'organo giudiziario e, per esso, allo stesso debitore, tanto che, ove in una non probabile ipotesi dovesse residuare un attivo, dopo pagati tutti i creditori, quegli ha diritto al residuo. Ben :rna.,,iori, del rest,o, sono le differenze tra concordato contenente obbtil;tazione di somme, che costituisce il presupposto della tassazione proporzionale, e la cessio bonorum concordataria, nella quale, solo ad eseeuzic>ne avvenuta, pu rilevarsi la parte di credito pagata e la parte di credito rimessa. N, infine, ha pregio l'altra deduzione della ricorrente, secondo la quale la cessio concordataria porrebbe in essere una novazione, in quanto alla originaria obbligazione pecuniaria si sostituirebbe la obbligazione di mttere a disposizione della massa dei creditori i propri beni, onde l'atto ricadrebbe sotto la previsione dell'art. 4 comma secondo legge registro e 29 della relativa tariffa ali. A. Invero, nella sentenza che omo~ Ioga il concordato preventivo con cessione di beni difetta tanto l'elemento soggettivo che quello obiettivo della novazione: non vi l'animus novandi, pereh le parti, nel concludere il concordato, non intendono sostituire ai precedenti loro rapporti di credito e di debito nuove obbligazioni, ma si propongono soltanto di attuare, nei limiti consentiti dall'entit dei beni ceduti, il pagamento di preesistenti debiti; non v' l'elemento oggettivo, perch il passaggio del patrimonio del debitore dalla funzione' di garanzia a quella di pagamento non importa sostituzione di una nuova obbligazione a quella precedente, che sia estinta. Si pu aggiungere che se davvero si dovesse riconoscere nella cessio bonorum concordataria un contenuto novativo, lo stesso do vrebbe dirsi della cessio bonorum dell'art. 1977 c. civ. e si dovrebbe, quindi, contro ogni evidenza e contro la stessa tesi dell'Amministrazione, sottoporre anche quest'ultima a tassazione proporzionale. Esattamente, quindi, la Corte del merito ha ritenuto che la sentenza, che omologa il concordato preventivo con cessione dei beni concluso dall'imprenditore commerciale con i propri creditori, a norma dell'art. 160, comma secondo, n. 2, e 182 della legge fallimentare, sia assoggettabile, all'atto della registrazione, alla tassa fissa di cui all'articolo 26 della tariffa all. A della legge di registro 30 dicembre 1923, n. 3269. -(Omissis). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 644 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. 12 gennaio 1967, n. 125"''".:. Pres. Flore -Est. Geri -P. M. Tuttolomondo (parz. diff.) -Banca popolare di Bergamo (avv. Visentini) c. Ministero Finanze (avv. Stato Foligno). Imposta di ricchezza mobile -Spese e passivit inerenti alla produzione del reddito -Spesa per il pagamento dell'imposta di ricchezza mobile di categoria A in luogo di terzi reddituari e con astensione dall'esercizio del diritto di rivalsa -Non deducibile. (t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 91, 99, 127). Imposta di ricchezza mobile -Spese e passivit inerenti alla produzione del reddito -Spesa per il pagamento dell'imposta sulle societ Non deducibile. (t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 91 ss., 145 ss.). L'esborso per il pagamento dell'imposta di ricchezza mobile di categoria A effettuato dagli istituti di credito, in luogo dei loro depositanti, sugli interessi a questi ultimi corrisposti, non costituisce n na spesa n una perdita inerente alla produzione del reddito di categoria B degli istituti medesimi, e non quindi detraibile, ai fini della determinazione di tale reddito, nemmeno nel caso che gli istituti non esercitino la rivalsa, ammessa dalla legge, nei confronti dei reddituari (1). La spesa per il pagamento dell'imposta sulle societ, anche per la parte di tale imposta che commisurata al patrimonio sociale, non costituisce spesa inerente alla produzione del reddito soggetto all'imposta di ricchezza mobile e non quindi da tale reddito detraibile (2). (Omissis). -La materia del contendere, quanto alla detraibilit dal reddito di categoria B dell'imposta di R. M. sui redditi di categoria A, trae la sua ragion d'essere dalla disposizione di cui all'art. 127 del T. U. 29 gennaio 1958, n. 645 sulle imposte dirette, secondo la quale i soggetti tassabili in base a bilancio e le aziende e gli istituti di credito (lett. b del terzo comma) sono obbligati al pagamento della (1-2) Per la prima volta la Corte di Cassazione ha enunciato il principio contenuto nella seconda massima, gi affermato dalla Corte di Appello di Firenze con sentenza 18 febbraio 1966 in causa Finanze c. La Reale Grandine (in questa Rassegna, 1966, 1113 con nota di FAVARA, alla quale si rinvia per i richiami di dottrina e giurisprudenza). La motivazione della pronuncia in rassegna conferma anzitutto che la questione della deducibilit o meno della spesa per il pagamento dell'imposta sulle societ va risolta esclusivamente con riguardo alla valutazione della e inerenza> J PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 645 imposta di R. M. cat. A in luogo dei depositanti, con facolt dfavalersene verso costoro mediante ritenuta. Poich l'Istituto ricorrente (come peraltro tutte le altre aziende di credito, giusta le allegazioni dello stesso) non si giovato della predetta facolt di rivalsa, l'importo corrispondente alle imposte pagate dovrebbe considerarsi detraibile dal suo reddito di cat. B .al pari di una spesa di produzione. Analoga tesi viene sostenuta in ordine all'imposta sulle societ prevista negli artt. 145 e seguenti del t. u. Ci pr~messo, i primi tre mezzi del ricorso, con i quali si denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 91, 98, 99, 105 e 127 del t. u., vanno trattati congiuntamente, data l'intima loro connessione e l'unicit del proble;i:na in essi esaminato. Possono cosi essere sintetizzati : 1) il mancato esercizio della rivalsa una spesa inerente alla produzione del reddito, ma quand'anche si potesse o volesse cQnsiderare quale e perdita " (art. 99 t. u.) non si potrebbe affermare, ai fini della detrazione, il limite della e non volontariet ,. di essa, nel silenzio della legge, che non pone alcuna condizione del genere per la detraibilit delle perdite; o meno di tale spesa alla produzione del reddito, e quindi che il concetto di spesa inerente alla produzione del reddito non pu comprendere tutte le spese sopportate dal soggetto produttore del reddito ma deve comprendere soltanto quelle spese che siano in " connessione specifica " on la produzione di un determinato reddito. Al principio enunciato dalla prima massima si riferiscono le seguenti osserv:azioni sulla: Non deducibilit dai redditi di ricchezza mobile dell'onere economico derivante ai sostituti d'imposta dalla mancata rivalsa verso i sostituiti Con la sentenza che si annota, la Corte di Cassazione ha confermato l'orientamento espresso nella sentenza 7 maggio 1963 n. 1115 (in questa Rassegna, 1963, 143 con nota reda~ionale e, in e:x:tenso, in Giur. it., 1964, I, 1, 822 con nota di FALsITTA, e in Riv. dir. fin., 1963, II, 293, con nota di JoNA CELESIA), nonch nelle sentenze 24 novembre 1927 n. 3672 (Foro it., 1928, I, 192) e 24 febbraio 1902 della Cassazione romana in causa Soc. Strade ferl'ate secondarie della Sardegna c. Ministero Finanze (in Foro it., 1902, I, 759). In senso contrario erano alcune isolate decisioni (12 ottobre 1960, n. 22148, Riv. dir. fin. 1962, Il, 173, con nota di JoNA CELEsIA; 29 ottobre 1962 n. 63914, Giur. imp. 1963, 530; 19 febbraio 1963 n. 54872, ibid, 1963, 534), con le quali la Commissione Centrale aveva mutato la decennale giurisprudenza, alla quale ritornata, a, quanto risulta dai repertori, dopo la sentenza n. 1115 del 1963 della Corte di Cassazione. La Corte di Cassazione ha basato la sua pronuncia principalmente sulla considerazione -peraltro gi svolta nella menzionata sentenza 12 . J RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 646 2) quando ricorre un obbligo contrattuale, che rientra nella li~ bera insindacabile scelta economica dell'imprenditore, di corrispondere, sulle somme depositate, gli interessi passivi al netto dell'imposta di R. M. di categoria A (cio di non esercitare la rivalsa), non si pu ritenere che tale mancato esercizio sia volontario, postoch fra le parti i contratti hanno forza di legge. Non ricorrerebbe quindi nessuna rinunzia volontaria al recupero dell'imposta, n alcuna elargizione o liberalit, anche perch, per effetto della stipulazione avvenuta fra le parti, mai sarebbe sorto il diritto alla rivalsa; 3) l'obbligo negoziale (accordi interbancari, contratti con i clienti, ecc.) di corrispondere ai depositanti gli interessi al netto dell'imposta di R. M. dunque rilevante, ai fini della detraibilit dell'imposta stessa dal reddito di cat. B, contrariamente alle affermazioni della denunciata sentenza, onde, in subordine, si imporrebbe l'annullamento con rinvio affinch, se non si ritenga sufficiente il riferimento della Commissione tributaria centrale a detto vincolo convenzionale, si accerti in base al contenuto della decisione della Commissione Provinciale, l'esistenza del vincolo stesso. n. 1115 del 1963 -che l'esborso per il pagamento dell'imposta di ricchezza mobile cat. A effettuato dall'istituto di credito in luogo dei depositanti non pu essere .qualificato n come spesa inerente alla produzione del reddito> n come perdita inerente all'attivit produttiva" Per di pi, la Corte ha rilevato -argomentando per absurdum -che, ove si seguisse la tesi del contribuente, verrebbe meno l'equiparazione giuridica ed economica,. del sostituto (l'istituto di credito) al sostituito (il reddituario), dal momento che il primo -in quanto percettore di redditi di cat. B -potrebbe detrarre da tali redditi un esborso che il secondo invece non potrebbe detrarre dai propri redditi. A ben vedere, anche nel caso in esame si assiste al tentativo di stabilire un artificioso collegamento tra una (ritenuta) passivit ed un reddito di R. M. cat. B, per cercare di fruire della deducibilit -consentita soltanto riguardo ai redditi di R. M. cat. B e C/1 -delle spese e passivit "inerenti alla produzione> di tali redditi. Tentativo giustamente frustrato, dal momento che la rigida determinazione ad opera del legislatore dei limiti della deducibilit delle poste passive impedisce che possano farsi confluire " verso i redditi delle categorie B e C/1 passivit sopportate per la produzione (solo o anche) di redditi diversi o, addirittura, prive di qualsivoglia specifico collegamento" con il.'attivit produttiva o comunque non rispondenti alle fattispecie previste dagli articoli 91 e segg, del vigente testo unico sulle imposte dirette. Oosl, nella specie, per cercare di ottenere la detrazione di una (ritenuta) posta passiva di bilancio, la si voluta presentare (alternativamente) come spesa ,. o come perdita " e la si voluta porre in correlazione con la produzione di un reddito di cat. B. Senonch, come si detto, in accoglimento di quanto sostenuto dall'Avvocatura dello Stato (c:fr. nota redazionale, citata, in questa Rassegna, 1963,143 e Relaz. Avv. Stato 1961 PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 64'1 Il ricorso, su tutti e tre i punti sopra considerati, destituito di fondamento. Il rilievo, contenuto nel primo mezzo, secondo il quale la legge non richiede, nell'art. 99 del t. u., che le perdite per essere detraibili siano involontarie , si fonda su di un'interpretazione meramente formale della legge, o meglio su un argomento tratto dal silenzio di essa, ma non pu essere condiviso quanto alle conseguenze che dal silenzio affrettatamente si vorrebbero trarre. Infatti, il punto di distinzione fra spese e perdite consiste proprio nella volontariet delle prime, dipendenti dall'autonomia negoziale dell'imprenditore, libero nella scelta dei mezzi economici diretti alla produzione del reddito, e nella involontariet delle seconde. La legge non aveva dunque bisogno di condizionare la detraibilit di queste ultime alla loro non volontariet, trattandosi di una limitazione connaturata nel concetto di perdita, tenuto conto che non essa e volontaria ,, , bensi la spesa necessaria per sopperirvi, la quale rientra appunto nell'ambito delle libere scelte economiche dell'imprenditore. 65, I.J, 402), esattamente stato affermato che l'esborso in questione non pu essere qualificato n come "spesa" n come perdita" Ed invero ci che si vorrebbe portare in detrazione non tanto una posta passiva (l'esborso dell'imposta di R. M .cat. A sugli interessi corri sposti a terzi redditua:ri) quanto il mancato venire in essere di una posta attiva (la somma recuperabile da detti terzi reddituari per effetto della rivalsa). A questo punto sembra opportuno aggiungere alcune precisazioni sul " diritto di rivalsa " attribuito al cosidetto sostituto di imposta nei con fronti del sostituito. L'argomento non consta atbbia formato oggetto di indagini specifiche, la dottrina essendosi soffermata pi ampiamente sul rapporto tra la Fi nanza e il sostituto di imposta e sul rapporto tra la Finanza e il soggetto sostituito, mentre solo di riflesso e brevemente si interessata del rap porto che -in seguito al pagamento del tributo -si viene a costituire tra sostituto e sostituito; e ci anche perch si dubitato della pertinenza di quest'ultimo rapporto al diritto tributario (cfr., in vado senso, VANONI, I soggetti passivi del rapporto giuridico tributario, Foro it., 1935, IV, 323; BonnA, Il sostituto d'imposta, Jus, 1941, 215; BERLIRI A., Principi di diritto tributario, 1957, II, I, 133; CocrvERA, Il sostituto d'imposta, Riv. dir. fin., 1959, I, 333; GIANNINI A. D., I concetti fondamentali del diritto tributario, 1956, 262; ALLoRro, Diritto processuale tributario, 1962, 137; PICCATTI; Le imposte pagate da soggetti obbligati in luogo di al'tri e loro detraibilit dal reddito industriale, Riv. dir. fin., 1964, I, 462; e, in giurisprudenza, Cass. 14 marzo 1959 n. 761, Giust. civ., 1959, I, 603). Ora, sembra sia il caso di precisare anzitutto che il credito di rivalsa sorge ex lege per effetto del pagamento del tributo da parte del sostituto " in luogo " del sostituito e non per effetto di un atto ad hoc emesso dal sostituto nell'esercizio di una e facolt" attribuitagli in seguito al paga mento. Il che si desume vuoi dalla lettera dell'art. 14 del vigente T. U. sulle imposte dirette (ove si dispone che il sostituto "ha diritto di 648 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Una indiretta ma significativa conferma di ci provienEf~1)roprio dalla ricorrente, laddove, nel secondo mezzo, tanto si preoccupa di dimostrare come il mancato esercizio della rivalsa non sia "' volontario ,. , ma vincolato all'osservanza di patti e convenzioni, i quali escludono che possa trattarsi di una elargizione o di una liberalit graziosa. Va innanzi tutto osservato, a questo punto, che il rispetto di patti o convenzioni, liberamente stipulati, deriva pur sempre da un atto volontario e non gi dalla forza cogente della legge, ma il rilievo non giova certo da solo alla soluzione del problema. invece particolarmente rilevante l'affermazione, tanto spesso ripetuta dalla difesa nel secondo mezzo, che il mancato esercizio della rivalsa risponde essenzialmente ad una effettiva esigenza di opportunit economica per assicurare una migliore e pi efficace produzione del reddito. Il che, si noti, ben potrebbe verificarsi anche in assenza di un vincolo contrattuale, rendendo, sotto questo diverso punto di vista, del tutto superfluo, ai fini di causa, l'accertamento della esistenza dei ricordati accordi interbancari o contratti con i depositanti, contenenti il divieto della rivalsa, contrariamente a quanto si sostiene nel terzo motivo del ricorso. rivalsa" e non si distingue tra rivalsa cosidetta obbligatoria e "facolt di rivalersi ") vuoi dalla considerazfone d'ordine sistematico che anche i crediti di regresso previsti dal codice civile (artt. 1299, 1950 e 2055 c. c.), derivati da azioni non ex contractu. quali l'actio de in rem verso e l'actio u.tilis negotioru.m gestoru.m, nascono ex lege per effetto del pagamento (sull'azione di regresso, cfr. tra gli scritti pi recenti GioRGIANNI, in Noviss. Digesto It. Obbligazione solidale e parziaria, 684; Miccm, Commentario UTET del Codice Civile, sub art. 1299, 504 seg.; RUBINO, Commentario Scialoja e Branca, sub art. 1299, 192 seg.; e, con opinione isolata, AMORTH G., Considerazioni su.i rapporti tra surrogazione e regresso nella obbligazione solidale, Riv. trim. dir. proc., 1958, I, 133). Rispetto alla fattispecie costitutiva del credito di rivalsa quindi indif ferente che la rivalsa sia -come si suol dire -" obbligatoria " ovvero " facoltativa ". Per quanto concerne la prima, il dovere del sostituto di imposta di eesrcitare la rivalsa" rimane esterno al rapporto giuridico con il sostituito e perci nulla aggiunge ad esso (cosi GIANNINI A. D. op. cit., 267 nota 3). Quando poi 11 legislatore attribuisce al sostituto d'imposta la " facolt di rivalersi" (cosi il terzo comma dell'art. 127 del t. u. sulle imposte dirette) senza imporre il dovere di esercitare tale facolt ", in realt esso attri buisce un credito con i poteri normalmente riconosciuti al creditore dal l'ordinamento. E il carattere facoltativo" del cosidetto esercizio della rivalsa" altro non che la conseguenza pratica della possibilit di norma lasciata al creditore di pretendere il soddisfacimento del proprio credito oppure di omettere di pretenderne il soddisfacimento (eventualmente, ma non necessariamente, in seguito alla emissione di un atto unilaterale di rinunzia o alla stipulazione di un contratto estintivo del credito). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 649 Non contesta l'Amministrazione resistente che detti accordreslstano e rispondano ad un indirizzo di natura giuridico-economica adottato dagli Istituti di credito. Se cosi , il mancato recupero dell'imposta, lungi dal rappresentare una liberalit, ha dunque una sua valida contropartita, che potrebbe consistere nella corresponsione di un minor tasso di interesse, nella eliminazione di registrazioni inutili e costose, nella facilitazione e consegUente incremento dei depositi, ed in altri fattori non agevolmente determinabili in misura esatta. In sostanza, quindi, si tratta di un diverso modo, forse anche pi proficuo del semplice esercizio del diritto alla rivalsa, di recuperare l'imposta pagata, assicurando all'istituto di credito l'acquisizione dell'equivalente (se non di pi) dell'imposta stessa in luogo di una rivalsa esercitata in rigorosi termini quantitativi e monetari. Non si verifica dunque n una perdita n una spesa (uniche voci sulla cui detraibilit legittimo discutere) per difetto della posta da detrarre, una volta riconosciuto, come gioco-forza riconoscere in base allo stesso sviluppo logico dell'impostazione difensiva della ricorrente, che l'esborso conseguente, dovuto alla corresponsione del tributo, viene N pu ritenersi che la rinunzia al regresso dichiarata o anche convenuta prima del verificarsi del fatto costitutivo del credito di rivalsa dia luogo ad una vicenda diversa da quella sin qui descritta, impedendo -ed anzi prevenendo -l'effetto costitutivo del fatto stesso. Anzitutto, le norme primarie dell'ordinamento che ricollegano a determinati fatti l'efficacia di costituire delle obbligazioni ed i correlati crediti, rispondendo ad esigenze politico-legislative fondamentali, sono cogenti e non possono essere derogate dai sottordinati precetti dell'autonomia privata; i soggetti possono certamente disporre dei crediti in loro favore costituiti dall'ordinamento ma non possono impedire che i crediti stessi siano costituiti. Inoltre, una rinuncia, anche se cronologicamente anteriore al sorgere della situazione giuridica soggettiva che ne forma oggetto, indubbiamente presuppone il sussistere della ,situazione stessa. Sicch, l'atto con il quale venga dichiarata o pattuita la rinuncia alla rivalsa pur sempre un fatto estintivo del credito di rivalsa, anche se idoneo ad operare contemporaneamente al sorgere di tale credito. Le considerazioni sin qui svolte in ordine al e diritto di rivalsa> riconosciuto al sostituto di imposta confermano quanto sopra si detto, circa l'erroneit del presentare l'onere economico conseguente al mancato esercizio della rivalsa come una posta passiva, e conseguentemente l'in fondatezza della tesi della sua deducibilit. Ed invero il mancato esercizio della rivalsa produce una riduzione dell'attivo, per un importo pari alla sommatoria dei crediti di rivalsa. Giustamente quindi stato affermato che non corretto spostare l'at tenzione dal fatto -che, ripetesi, produce una iriduzione dello attivo del mancato esercizio della rivalsa al fatto dell'esborso del tributo da parte del sostituto, e .considerare quest'ultimo fatto come spesa: il fatto del l'esborso del tributo non pu essere considerato isolatamente (ossia di 650 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO colmato da una equivalente o forse superiore entrata proprict in virt della negozialit insita nella facolt di rivalsa prevista in legge. Questa previsione non senza significato, poich assicura la parit giuridica ed economica del sostituto e del soggetto passivo d'imposta, ponendo il primo (l'istituto di credito) nella condizione di colui che ha soltanto anticipato un pagamento " non proprio , ed ha perci acquistato, onde non subire un danno per l'obbligo impostogli, il credito del e tantumdem . L'equiparazione dei due soggetti attraverso il gioco della rivalsa preveduta dalla legge o esercitata di fatto, cio, negoziata, giustifica la corresponsione del tributo da parte dell'uno in luogo dell'altro, senza altre conseguenze o ripercussioni sui loro rispettivi rapporti d'imposta. In altre parole, poich il reddito di cat. A. non comporta detrazioni (art. 86 del t. u.), l'operativit di. questa norma insensibile all'esistenza della sostituzione passiva dell'un soggetto all'altro, ferma restando l'equiparazione giuridica ed economica di costoro, a nulla rilevando la sorte riservata alla rivalsa nell'economia generale della impresa bancaria. sgiunto dal fatto dell'omessa rivalsa) e non pu quindi essere qualificato come " spesa. Sul punto, la Oorte di Cassazione gi nella citata sentenza 24 novembre 1927, aveva affermato che "il pagamento dell'imposta per legge a carico del reddituario, e al mutuatario, che sia tenuto ad antici parla per conto di quello, fatto salvo il diritto di rivalsa; se a questo diritto rinuncia e si accolla l'imposta, per un patto tra esso e il suo cre ditore, non fa che volontariamente erogare parte del suo reddito industriale e non pu pretenderne la deduzione; come spese che non precedono, ma seguono la produzione del reddito, assumono il carattere di erogazione del reddito medesimo>. D'altro canto, per, la riduzione dell'attivo conseguente alla omissione della :civalsa neppure pu essere qualificata come "perdita> ai sensi dell'art. 99 del vigente t. u. sulle imposte dirette. Come risulta dalla esem plificazione fattane in questo articolo e come si desume dal concetto stesso di perdita questa si ha solo quando, in relazione allo svolgimento della attivit produttiva del reddito , si verifica una diminuzione patrimoniale cagionata da un fatto (o anche da una situazione di mercato) non riferibile allo stesso soggetto produttore del reddito (sostanzialmente conformi, oltre alla sentenza in rassegna ed alla sentenza della Corte di Cassazione n. 1115 del 1963, FORTE, Detraibilit di spese per sinistri daT:l'imposta di R. M., Riv. dir. fin. 1950, II, 101; BERLIRI A., Il testo unico delle imposte dirette. 1960, 283 e 195, P1cCATTI, op. cit., 470, ed anche JoNA CELESIA, In tema d1 deducibilit deU'imposta di r. m. cat. A pagata dalle banche, Riv. dir. fin., 1963, 295). Ora, la rinuncia espressa (convenuta o meno) al credito di rivalsa o comunque l'omissione del suo esercizio, se pu essere considerata una diminuzione patrimoniale (prima che una riduzione dell'attivo), non pu ovviamente essere riguardata come un fatto non riferibile al soggetto che, appunto, pone in essere la rinuncia o il comportamento omissivo. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 651 La diversa opinione potrebbe condurre a individuare la sussistenza di una convenzione quanto meno oggettivamente in frode alla legge, quando, mediante lo strumento della sostituzione passiva (ch' solo ispirata ad esigenze tecniche nella riscossione dell'imposta), si dovesse ammettere una detrazione, sia pure ai fini del diverso reddito di categoria B, che il reddito di categoria A, per il quale soltanto viene corrisposto il tributo, assolutamente non comporta. In altri termini il rapporto tributario, di fronte al fisco, resta immutato ed indipendente dal soggetto passivo chiamato a risponderne, quando l'eventuale diversit del soggetto stesso non sia idonea a modificare l'intima natura del reddito colpito. Devesi quindi concludere che il pagamento della imposta di R. M. di categoria A effettuato dagli istituti di credito, in luogo dei loro depositanti, sugli interessi da quest'ultimi percepiti, non costituisce n una spesa n una perdita inerente alla produzione del reddito di categoria B proprio degli istituti medesimi, e non quindi detraibile nella determinazione del reddito stesso, neppur quando non sia stata esercitata la rivalsa concessa dalla legge ai primi nei confronti dei secondi. Anche il quarto mezzo del ricorso, relativo alla detraibilit dell'im posta sulle societ previste negli artt. 145 e seguenti del t. u., sempre Escluso che l'onere economico conseguente all'omissione della rivalsa possa essere qualificato come spesa,. o come perdita,. rimane superata la questione della sua inerenza ,. alla produzione del reddito. Pu tuttavia aggiungersi che, quand'anche erroneamente si ritenesse di considerare l'esborso dei tributi da parte del sostituto come una .. spesa,., non potrebbe non rilevarsi la mancanza di quella particolare relazione tra esborso e produzione del reddito che il legislatore definisce di inerenza ,. , e che -com' noto -si sostanzia nella immediata e diretta necessariet,. (e quindi, a fortiori, nella rilevanza causale) di una specifica spesa per la produzione di uno specifico reddito. Si voluta da taluno (JoNA CELESIA, op. ult. cit., 295) rinvenire tale necessariet nella situazione del mercato> della domanda ed offerta di danaro, asserendosi che e la banca si addossa la mancata rivalsa volonta riamente per lo scopo di accrescere i suoi depositi e quindi i suoi ricavi ,. (nello stesso senso, FALSITTA, Se sia detraibile dal reddito mobiliare degli istituti di credito l'imposta di R. M. sugli interessi passivi tassati in via di rivalsa, Giur. it., 1964, I, 1, 824). Senonch, facile obbiettare che la "ine renza " di una spesa alla produzione di un reddito non pu essere deter minata dal movente individuale di colui che effettua la spesa (FAVARA, Non deducibilit dell'imposta sulle societ dai redditi di ricchezza mobile, in questa Rassegna, 1966, 1120), ma soltanto da una relazione oggettiva, estratta dalla realt del fenomeno produttivo, e che comprende e presuppone il nesso di causalit naturale dell'evento produzione del reddito dal fatto effettuazione della spesa (anche se non si esaurisce in esso). L'esborso in questione, invece, di per s non produce reddito; e non tanto la prospettiva dell'esborso quanto la prospettiva della mancata rivalsa possibile (il RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 652 ai fini dela determinazione del reddito di categoria B degli,,,,istituti di credito, destituito di fondamento. La ricorrente si limitata a chiedere la detrazione di detta imposta nella parte afferente al patrimonio, indirettamente riconoscendo che quella riguardante il reddito non pu essere detratta, poich non concorre, manifestamente, alla formazione del reddito stesso. Al riguardo si discusso sul principio di unitariet dell'imposta, sulla sua origine storica, sul concetto che il patrimonio ed il reddito sarebbero dei semplici parametri per la commisurazione quantitativa del tributo, sulla prevalenza (o meno) dell'uno a scapito dell'altro carattere dell'imposta, se cio debba considerarsi fondata prevalentemente sul patrimonio oppure sul reddito, ma si tratta di considerazioni irrilevanti ai fini di causa. Infatti, mentre non dubbia la natura personale e soggettiva del tributo, che trae la sua fondamentale ragion d'essere dallo stesso esistere in un determinato modo del soggetto tassabile, l'indagine necessaria ai fini della detraibilit dello stesso dal reddito di categoria B concerne soltanto la inerenza di esso o meno alla produzione del reddito medesimo. discorso si fa per necessit meramente ipotetico) abbia influenzato -in modo peraltro molto indiretto -le scelte economiche di soggetti diversi dal produttore del reddito. N possibile pervenire (come fa il FALSITTA, op. cit., 825) a qualificare l'esborso di che trattasi come inerente alla produzione del reddito > argomentando che la corresponsione di un interesse con rinuncia alla rivalsa equivarrebbe alla corresponsione di un maggiore interesse al lordo della rivalsa e che quindi l'importo del tributo pagato con rinuncia alla rivalsa dalla banca Quale sostituto d'imposta andrebbe conglobato nel corrispettivo complessivo pagato per l'uso del danaro e come tale dovrebbe essere detratto. In realt, come rilevato dal P1ccATTI (op. cit., 471 e segg.) e dal GRn.Lo (Imposta di ricchezza mobite Cat. A sugli interessi passivi e mancata rivalsa della relativa imposta, Giust. Trib., 39'3), una siffatta equivalenza non sussiste n sul piano contabile n su quello giuridico (ed a rigore neppure sul piano economico perch, come rilevato dalla sentenza in rassegna, almeno in parte l'onere della mancata rivalsa compensato dalla eliminazione di costi aziendali). I redditi di capitale sono colpiti dall'imposta mobiliare non al netto ma al lordo dell'imposta medesima. Sicch coloro i quali adducono l'argomento in esame per ottenere la detraibilit dell'esborso effettuato dal sostituto d'imposta, anzich parlare di salto d'imposta " (cosi JoNA CELESIA, Deducibilit degli interessi dal reddito lordo di aziende di credito, Riv. dir. fin. 1962, 178), dovrebbero pi correntemente ammettere che il loro assunto conduce soltanto alla determinazione dell'imponibile del tributo di ricchezza mobile cat. A in un importo pari all'interesse lordo (ossia interesse netto pi tributo mobiliare su di esso calcolato). Si avrebbe, quindi, un aumento dell'imposizione di R. M. Cat. A, senza neppure la contropartita di una diminuzione dell'imposizione di R. M. cat. B per effetto PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 653 Dal concetto di e inerenza ,, deriva il criterio necessario p~r"distinguere quali poste siano e quali non siano detraibili. Lo prescrive, detto criterio, espressamente la legge, nell'art. 91 del t. u., e lo richiede la logica. In caso contrario non si vede a quali altri limiti distintivi sia possibile ricorrere per la esatta determinazione del reddito imponibile. Ci non ;negano n la dottrina n la giurisprudenza, la cui evoluzione peraltro ha portato ad un progressivo ampliamento del concetto di inerenza, includendovi voci prima decisamente eluse. Questo processo evolutivo, tuttavia, non deve n pu essere spinto oltre ogni ragionevole limite, se si vuol evitare il rischio di perdere ogni strumento logico di distinzione, cio di distruggere la nozione stessa di e inerenza ,, . In base a tali osservazioni l'onere derivante da una imposizione tributaria, posta a carico di una persona fisica o giuridica per il solo fatto di essere tale, cio di esistere, non pu essere considerato e inerente alla produzione del reddito, altrimenti ogni spesa ed ogni perdita, riconnettendosi necessariamente alla esistenza del soggetto, presupposto comune dei suoi profitti e delle sue perdite o poste passive, dovrebbe ritenersi indiscriminatamente detraibile. Il che, oltretutto, contrasta con ~a volont della legge. della detrazione dell'esborso effettuato, con rinuncia alla rivalsa, dal sosti tuto d'imposta. Infatti, va aggiunto, l'argomentazione secondo cui un importo pari a tale esborso andrebbe conglobato agli interessi e, cosi travestito, potrebbe essere portato in detrazione urta contro la impossibilit di porre sullo stesso piano -al fine della deducibilit e perci con riguardo alla situazione tributaria del soggetto in favore del quale la deducibilit dovrebbe , e la rinuncia al credito di rivalsa, che, come si visto, certamente una spesa non . La non omogeneit dei due termini impedisce quindi il loro conglobamento in un'unica posta passiva; come del resto avvertito dalla sopra menzionata sentenza 24 novembre 1927 della Corte di Cassazione, ove si legge che il pattuito rimborso dell'imposta non va considerato come un supplemento di interessi" Peraltro, la impossibilit di includere l'imposta mobiliare per la per cezione degli interessi da parte del sostituito nelle spese per la produ zione del reddito ,, del sostituto d'imposta trova conferma nell'argomenta zione per absurdum perspicuamente svolta nella sentenza in rassegna, argomentazione secondo cui, ove si seguisse la tesi del contribuente, ver rebbe meno l'equiparazione giuridica ed economi.ca,, del sostituto al sostituito. Ed invero quello stesso esborso per imposta di ricchezza mobile cat. A che -in mancanza della rivalsa -si vorrebbe deducibile dai redditi di ricchezza mobile cat. B del sostituto d'imposta, non deducibile quando invece la rivalsa sia stata esercitata -dai redditi di ricchezza mobile del sostituito. Questo secondo soggetto non pu infatti nutrire alcuna velleit di prospettare un (preteso) e specifico collegamento > del 654 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Occorre dunque un minimo di connessione specifica fra spesa e produzione del reddito, cio un, sia pur lieve, collegamento tra loro, che valga a giustificare la detrazione. Questo legame ha negato, in definitiva, la denunziata sentenza, esattamente affermando che l'imposta sulle societ " non serve a comporre il reddito . Essa cio si rivela, anche nella parte esclusivamente afferente al patrimonio, estranea alla formazione del reddito, quindi, al di fuori del concetto di inerenza. Ci tanto vero che il tributo sopravvive alla mancanza del reddito stesso, venendo meno soltanto quando nel difetto dei suoi due presupposti (patrimonio e reddito) viene praticamente meno anche il soggetto tassabile. -(Omissis). l'esborso in questione con un reddito di cat. B (o C/1); e, d'altro canto, il suo reddito mobiliare di cat. A sottoposto a tributo senza alcuna detrazione per effetto, prima che dell'art. 86 dei' citato T. U., del principio generale per cui dal reddito sottoposto a tributo diretto non pu essere detratto l'onere per il pagamento del tributo medesimo. Sicch, in pratica, la tesi qui contestata condurrebbe ad una discriminazione tra i percettori di redditi di capitale che pagando direttamente o .per effetto della esercitata rivalsa l'imposta mobiliare sui redditi stessi restano pienamente gravati da tale tributo, ed i percettori dei medesimi redditi di capitale ai quali (percettori) si vorrebbe invece consentire di spartire con il sostituto d'imposta il beneficio che si trarrebbe dalla deduzione dall'attivo di quest'ultimo soggetto, dell'onere economico conseguente alla mancata rivalsa. In realt, e senza esaminare in questa sede i problemi dibattuti in tema di sostituzione tributaria (per i quali si rinvia agl:i scritti sopra citati), non sembra contestabile che il principio della non deducibilit del tributo diretto dal reddito la cui percezione d luogo al tributo stesso opera anche nei confronti del sostituto d'imposta cosi come opera nei confronti del sostituito. e Appunto perch si tratta d'una persona cli.e prende il posto di un'altra in un determinato rapporto giuridico, le condizioni determinanti la nascita e il contenuto del rapporto devono verificarsi riguardo alla per sona del soggetto passivo, non del sostituto> (GIANNINI A. D., op. cit., 260); e in senso conforme si pronuncia la sentenza in rassegna, quando afferma che e il rapporto tributario, di fronte al fisco, resta immutato ed indipen dente dal soggetto passivo chiamato a risponderne >. F. FAVARA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 25 gennaio 1967, n. 217 -Pres. Scarpello -Est. La Farina -P. M. Pedote (conf.). -Cerulli Irelli (avv. Ligi) c. Ministero Finanze (avv. Stato Angelini Rota). Imposta complementare sui redditi -Accertamento -Accertamento dell'imponibile in via sintetica -Legittimit -Condizioni. (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3062, art. 12; d. 1. 17 settembre 1932, n. 1261). .t>ARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 655 Imposte e tasse in genere -Imposta complementare sui redditi Competenza e giurisdizione -Accertamento col metodo sintetico dei redditi sol;\getti all'imposta complementare -Condizioni che legittimano il ricorso a tale metodo -Sindacato dell'autorit giudiziaria ordinaria -Limiti. (1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 6; d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 22). Per l'accertamento dell'imponibile ai fini dell'imposta complemen .tare sui redditi, il ricorso al metodo sintetico, indubbiamente obbligatorio per il controllo dell'esattezza delle risultanze offerte dall'uso del metodo analitico, legittimo allorch fatti indici, desumibili dalle pi svariate direzioni e particolarmente dal tenore di vita del contribuente, inducano l'Ufficio a .ritnere che quelle risultanze analiti.che non rivelino l'effettiva capacit contributiva del soggetto (1). In tema di imposta complementare sui redditi, con riferimento all'ipotesi di accertamento operato dall'Ufficio col ricorso al metodo sintetico (nel rilievo di una sproporzione tra effettiva capacit contributiva del soggetto e risultanze del metodo analitico), la giurisdizione del giudice ordinario pu esplicarsi nei soli limiti di un sindacato sull'vvenuta specificazione e contestazione dei fatti indici e sulla loro astratta idoneit a legittimare l'accertamento sintetico, restando invece inibite sia l'indagine si criteri che, in concreto, abbiano cons.igliato la scelta di quel metodo, sia quella sulla esistenza effettiva dei fatti indici, sia, infine, la valutazione quantitativa degli stessi, e, in genere, delle circostanze attraverso le quali sia stata ritenuta l'esistenza dei redditi imponibili (2). (Omissis). -Con il primo motivo di ricorso, si censura la sentenza denunziando l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. La Corte di merito, dopo avere riconosciuto sia pure implicitamente la propria giurisdizione, negata invece dal Tribunale, sarebbe caduta, tuttavia, nell'esame del merito, in numerose contraddizioni; 1) Dopo avere riconosciuto che l'accertamento deduttivo, in luogo di quello analitico, ammissibile solo ove le risultanze del secondo (1-2) In tutto conforme Cass., Sez. Un., 25 gennaio 1967, n. 219, tra le stesse parti. Sulle condizioni che, in tema di imposta complementare, legittimano l'acecrtamento sintetico, cfr., ora, l'art. 137 del t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, che sostanzialmente riproduce le anteriori disposizioni, cui si riferita la sentenza in rassegna. Cir.ca il sindacato consentito all'Autorit giudiziaria nella soggetta materta, le Sezioni Unite hanno ribadito che esso deve ritenersi limitato a ci che riguarda l'avvenuta specificazione e contestazione dei c. d. fatti indki e la loro astratta idoneit a legittimare il ricorso al metodo sinetico di 656 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO si pongano in netto contrasto con quelle del primo, ed appaino quindi insufficienti, avrebbe affermato, nell'ultima parte della motivazione, che il ricorso al metodo deduttivo non richiede la dimostrazione che il tenore di vita sia cos elevato da non essere giustificabile con il reddito accertato con il metodo analitico, in quanto esso tenore potrebbe assurgere a prova della capacit contributiva anche se spiegabile alla stregua del reddito gi accertato. La Corte avrebbe, cos, obliterato il carattere surrogatorio del metodo deduttivo, al quale pu farsi ricorso solo se risulti la chiara impossibilit e l'insufficienza del metodo analitico. 2) Conseguentemente, la Corte avrebbe omesso l'indagine sul punto decisivo della controversia, riguardante l'esistenza o meno del contrasto tra le possibilit offerte al contribuente dal suo reddito analitico, ed il suo tenore di vita. Tale raffronto non avrebbe potuto risolversi che a favore del Cerulli, che godeva di un reddito analitico di lire 175.000 nel 1944, e di lire 350.000 nel 1945. Rilevato che affermazioni generiche e presuntive non possono avere efficacia ai fini della valutazione deduttiva dei redditi, che deve poggiare su dati positivi e concreti, e che, per compiere un'indagine adeguata all'applicazione o meno di tale principio, necessario operare nell'ambito della stessa valutazione, il ricorrente assume che, secondo la sentenza impugnata, nella specie sussisterebbero i seguenti indici: il vistoso patrimonio del contribuente, i frutti dei beni dotali della moglie, il valore locativo dell'abitazione, il personale di servizio, il possesso di un'automobile, manifestazioni di grande agiatezza. Ma, obbietta il ricorrente, il vistoso patrimonio, o si riferisce al possesso terriero, ed allora rientra nella valutazione analitica, o comprende altri cespiti, e, in tal caso, questi avrebbero dovuto essere indicati. Inoltre, il riferimento ai frutti della dote della moglie integrerebbe una gratuita presunzione. Si aggiunge, che, al tempo dell'accertamento, il contribuente non abitava pi nell'appartamento cui si riferisce il rilievo, e che il contribuente ha sempre negato di avere avuto a propria disposizione il personale di servizio che gli si attribuisce; accertamento dell'imponibile, ed hanno sottolineato che ogni altra indagine, sia sulla ricorrenza che sulla valutazione quantitativa dei fatti rivelatori dei maggiori redditi, si risolverebbe in apprezzamenti di semplice estima zione, riservati all'esclusiva competenza delle commissioni. Per riferimenti, nell'analoga ipotesi di accertamento induttivo opera bile per l'imposta di ricchezza mobile, nei confronti di soggetti tassabili in base a bilancio, in caso di inattendibilit del bilancio stesso, cfr. la recente Cass. 31 maggio 1966, n. 1454, retro 627. Pi in generale, sulle questioni di semplice e di complessa estimazione, cfr. Relaz. Avv. Stato. 1961-65, II, 344 ss., 400, e giurisprudenza ivi citata. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 657 d'altra parte, se l'Amministrazione non conosceva nemmeno l'esatto indirizzo del contribuente, non avrebbe potuto, a maggior ragione, essere al corrente del personale di servizio da lui impiegato. Il riferimento al possesso di un'automobile costituirebbe, infine, affermazione di assoluta genericit, e, del pari, si risolverebbe nel generico il richiamo a non precisate manifestazioni di grande agiatezza. In conclusione, secondo il ricorrente, una volta ammesso che il giudice ordinario possa e debba indagare e valutare la consistenza dei fatti indici addotti e posti a base dell'accertamento deduttivo, al fine di stabilire se un dato fatto generico e presuntivo, oppure certo e positivo, le sentenze devono essere motivate al riguardo, mentre la sentenza denunciata si limiterebbe ad elencare tali fatti. Le censure, come sopra riassunte, appaiono infondate. opportuno rilevare preliminarmente, che il motivo in esame si adegua all'inesatto presupposto che i giudici di appello avrebbero ritenuto la piena giurisdizione dell'A.G.O. sulla controversia in oggetto, rettificando la contraria opinione che sarebbe stata manifestata al riguardo dai giudici di primo grado. Vero , in contrario, che la Corte d'appello, prima di enunciare i dati obbiettivi, rivelatori della fondatezza della pretesa della Finanza e della correlativa infondatezza delle ragioni esposte dall'appellante, ha ben delimitato -al pari, del resto, dei giudici di primo grado -i limiti della giurisdizione dell'A. G.O. nella materia controversia, e della correlativa proponibilit delle domande del contribuente. Infatti, dopo avere precisato che nella materia stessa opera la discriminazione tra estimazione semplice e quella complessa, i giudici hanno esattamente precisato che, in casi del genere, I'A.G.O. ha un potere di indagine limitato alla avvenuta o meno specificazione dei fatti posti a base del metodo deduttivo, all'avvenuta o meno contestazione di essi al contribuente, nonch alla idoneit in astratto dei fatti stessi a legittimare il ricorso al metodo sintetico. Hanno aggiunto, quei giudici, che non possono formare, invece, oggetto di indagine in sede giudiziaria, la valutazione quantitativa dei fatti indici, n ,l'esistenza di essi, come sono stati aecertati prima dagli uffici finanziari e poi dalle commissioni tributarie, e che, particolarmente, l'A.G.O. non pu effettuare indagini che abbiano attinenza alla scelta di quel metodo, ai criteri che lo hanno consigliato e alla valutazione connessa, nonch alle circostanze attraverso le quali si ritenuta, in definitiva, l'esistenza del reddito. Precisati in tali termini i limiti della propria giurisdizione, il giudice d'appello ha dato atto che l'Ufficio (come risultava dalla pronuncia della Commissione provinciale) aveva adottato il metodo sintetico nel presupposto di un'evidente sproporzione tra l'imponibile, quale risultava dal metodo analitico, e la concreta capacit contributiva del Cerulli Irelli, quale risultava non da vaghi e imprecisi indici di presunzione, ma, come indubbia 658 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mente prescritto dalla legge, da fatti precisi e concreti, da elementi certi e positivi, rivelatori, nel loro complesso, di grande agiatezza, elementi specifi.camente contestati al contribuente predetto (vistoso patrimonio, frutti dei beni dotali della moglie, valore locativo della casa di abitazione, posta in Roma al quartiere Parioli, numero del personale di servizio, disponibilit di liquido). Le doglianze del ricorrente rimangono, quindi, svuotate di contenuto, giacch, essendo stato il metodo sintetico applicato dall'Ufficio sul presupposto di una evidente sproporzione tra capacit contributiva e risultanze del metodo analitico, la Corte d'appello ha proceduto alle sue indagini -le sole permesse e doverose nei predetti angusti limiti della giurisdizione -attinenti all'avvenuta specificazione e contestazione dei fatti indici e alla loro astratta idoneit a servire di premessa alle deduzioni cui era pervenuto l'Ufficio. I risultati di tale duplice indagine sono stati esattamente tratti, gli uni, da quanto emergeva dalle decisioni in.tervenute nei giudizi svoltisi innanzi alle Commissioni, e, gli altri, dall'elencazione dei fatti indici e dalla loro idoneit ed efficacia, in astratto, a determinare le predette deduzioni fiscali. Con tali indagini, veniva a risultare adeguatamente coperto il thema pro. bandi essendo, per il resto, inibito al giudice ordinario estendere l'indagine ai criteri che in concreto avevano consigliato all'Ufficio la scelta del metodo sintetico, alla valutazione di tali criteri, nonch alle circostanze di fatto attraverso le quali era stata ritenuta l'esistenza del reddito. appena necessario, a questo riguardo, precisare che l'imposta complementare sul reddito colpisce la capacit contributiva delle persone quale emerge attraverso il reddito complessivo, e affluente nell'economia dei singoli soggetti, non quale si manifesta all'atto della sua produzione, cio che tale reddito considerato non come oggetto diretto di tassazione, ma come esponente della suddetta capacit contri butiva; e che il ricorso al metodo sintetico, indubbiamente obbligatorio ai fini del controllo della esattezza dell'accertamento al quale si pervenuti con il metodo analitico, legittimo allorch fatti indici, desumibili dalle pi svariate direzioni, e, particolarmente, dal tenore di vita del contribuente, inducano l'Ufficio a ritenere che le risultanze emerse attraverso il metodo analitico non siano sufficienti a rivelare l'effettiva capacit contributiva. La precisazione, poi, che, nel caso concreto, il metodo sintetico non era poggiato sul puro e semplice richiamo al tenore di vita del Cerulli-Irelli, bensi su fatti deter minati e ~~ecifici, niente affatto generici e presuntivi (quelli sopra elencati) rappresenta un apprezzamento di fatto, assolutamente insin dacabile da parte dei giudici del diritto. Non sussiste, inoltre, omesso esame su punto decisivo, rappresen tato dalla sussistenza o insussistenza di un contrasto effettivo fra le .. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 659 possibilit offerte al contribuente dal suo reddito analitico ed il suo tenore di vita, perch tale esame sarebbe esorbitato dai limiti della giurisdizione, concernendo la valutazione quantitativa dei fatti indici, ri.onch l'esistenza concreta dei dati di fatto posti a base dell'accertamento. In definitiva, gli addebiti, mossi alla Corte d'Appello sotto il riflesso dell'omesso esame, investono, in via diretta ed immediata, l'esistenza in concreto dei fatti indici, e la valutazione quantitativa degli stessi cosi come accertati dalle commissioni delle imposte e, prima ancora, dagli uffici finanziari. Ma, come si gi detto, trattasi di valutazioni e di apprezzamenti che esorbitano dai limiti della giurisdizione dell'A.G.O. nella specifica materia. Resterebbe l'effettiva non incontrovertibilit dell'opinione espressa dai giudici di merito, e cosl vigorosamente censurata dal Cerulli-Irelli, secondo cui il ricorso al metodo sintetico non richiederebbe necessariamente la dimostrazione che il tenore di vita sia cos elevato da non essere giustificabile dalla misura del reddito quale accertata attraverso il metodo analitico. Senonch, non sembra che occorra attardarsi sulle censure relative, giacch l'affermazione della Corte d'appello ha il semplice valore di integrazione, ad abundantiam, di altre ragioni della decisione, di per s valide ed esaurienti; ragioni che, attraverso l'accertamento dell'esistenza di concreti fatti indici e della loro astratta idoneit a giustificare il ricorso al metodo sintetico, per evidente sperequazione tra i risultati del metodo analitico e l'effettiva capacit contributiva, nonch attraverso l'accertamento che i fatti indici stessi erano statr ritualmente contestati al contribuente, esaurivano l'ambito del tema contenzioso su cui l'A.G.O. poteva legittimamente pronunciare. Con il secondo motivo del ricorso, si censura la sentenza della Corte di appello di Roma per violazione e falsa applicazione dell'art. 1 del d. I. 17 settembre 1932, n. 1261, in relazione all'art. 7 del d. I. 30 dicembre 1923, n. 3062, modificato dall'art. 14 del d. ,I. 19 ottobre 1944, n. 384. A torto la sentenza denunziata avrebbe ritenuto che le Commis sioni avessero fatto ricorso al metodo deduttivo nel sospetto dell'esi stenza di altri redditi del Cerulli Irelli, diversi da quelli derivanti dalle sue propriet immobiliari. Invece, le Commissioni, nell'ignoranza assoluta delle leggi che regolano l'imposta complementare, avrebbero ritenuto in loro libero potere rivalutare gli stessi redditi che erano alla base dell'accertamento analitico. In particolare, la Commissione provinciale avrebbe ritenuto legit timo il procedimento deduttivo non per il sospetto di altri redditi, ma per il possesso dei 221 ettari denunciati dal contribuente, e di cui all'accertamento analitico. 660 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Anche tale motivo appare infondato. Le censure in esso contenute, al pari di quelle prospettate dal primo motivo, si basano sull'erroneo presupposto che sia attribuito all'A.G.O. una potest di pieno riesame del merito delle statuizioni adottate dalle commissioni delle imposte. In realt, i giudici di appello, nell'ambito limitato della giurisdizione attribuita all'A.G.O. nella soggetta materia, hanno accertato l'avvenuta specificazione e contestazione dei fatti indici posti a base dell'accertamento e l'astratta idoneit di tali fatti a servire di premessa alle deduzioni fatte dall'Ufficio; ci dopo avere precisato il dato obiettivo specifico, second,o il quale la Commissione provinciale aveva rilevato che il procedimento sintetico era stato. applicato sul presupposto di una evidente. sproporzione tra l'imponibile emergente dal metodo analitico e la concreta capacit contributiva del Cerulli-Irelli. Tale precisazione costituisce, nella specie, la giusta premessa della legittimit dell'indagine dell'A.G.O. sulla specificazione dei fatti indici e sulla loro astratta idoneit, sicch non dato identificare nella sentenza sottoposta all'esame di questa Corte la denunciata violazione e falsa applicazione delle norme sulla valutazione dei redditi e sul controllo della veridicit delle denunce. L'affermazione del ricorrente, secondo il quale il metodo sintetico si sarebbe, in concreto, risolto nella rivalutazione dei soli redditi patrimoniali gi accertati, contrastata sia dalla circostanza che la consistenza patrimoniale stata enunciata sia dall'Ufficio impositore che dalle Commissioni come uno soltanto dei fatti indici, sia dalla circostanza che tale enunciazione, come risulta sia dal testo della pronuncia della Commissione Provinciale come da quello della pronuncia della Commissione Centrale, non ha, in definitiva, portato ad alcuna specifica illazione, giacch l'esistenza del reddito stata desunta da un complesso di fatti indici, tra i quali, del resto, la Commissione Provinciale non ha affatto annoverato la consistenza patrimoniale del contribuente. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 gennaio 1967, n. 225 -Pres. Vistoso -Est. Roperti -P. M. Toro (conf.) -Soc. Italsider (avv.ti Nicol, Uckmar) c. Ministero Finanze (avv. Stato Coronas). Imposta di ricchezza mobile -Spese e passivit -Detrazione di perdite -So~~ettitassabiliinbase a bilancio -Detraibilit delle perdite di un esercizio dai redditi de~li esercizi successivi -Detraibilit .. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 661 delle perdite registrate in bilanci chiusi prima dell'entrata in vigore della legge 5 gennaio 1956, n. 1 -Esclusione. (t. u. 24 agosto 1877, n. 4021, art. 8; I. 8 giugno 1936, n. 1231, art. 12; 1. 5 gennaio 1956, n. 1, art. 25). La facoltd dei soggetti tassabili in base .a bilancio di portare la perdita di un esercizio in detrazione dal reddito degli esercizi successivi (ma non oltre ii quinto esercizio), ai fini della determinazione del reddito imponibile di ricchezza mobile, esercitabile soltanto per le perdite risultanti dai bilanci chiusi dopo l'entrata in vigore della legge 5 gennaio 1956, n. 1, il cui art. 25 ha previsto quella facoltd in deroga al principio dell'autonomia dei bilanci relativi a ciascun periodo di imposta (1). (Omissis). -Con l'unico mezzo la societ ricorrente, sotto il profilo della violazione dell'art. 25 della legge 5 gennaio 1956, n. 1 e falsa applicazione dell'art. 11 disp. prel. cod. civ., in relazione all'art. 360 n. 3 cod. proc. civ., censura la impugnata sentenza sostenendo che il diritto di compensare gli utili conseguiti durante il primo e i successivi esercizi sociali corrispondenti al primo e ai successivi periodi di imposta regolati dalla nuova legge 5 gennaio 1956, n. 1, con le perdite verificatesi nei cinque esercizi anteriori alla entrata in vigore della legge stessa, non implica applicazione retroattiva dell'art. 25, ma semplice applicazione immediata del medesimo. Secondo la ricorrente, con l'art. 25, test citato, non si voluto disciplinare il regime delle perdite agli effetti della imposta di R. M. ma si invece inteso accordare al contribuente la facolt di dare una particolare destinazione al reddito e cio di coprire perdite precedenti: dimodoch il risultato finale negativo di un esercizio, in s considerato, improduttivo di effetti giuridici rispetto al risultato finale positivo degli esercizi successivi, mentre produttiva di effetti giuridici , invece, (1) La soluzione data dalla Corte Suprema, con esauriente ed ineccepibile motivazione, alla questione dell'applicabilit o meno della disposizione dell'art. 25 della 1. 5 gennaio 1956 n. 1 (ora art. 112 del t. u. 29 gennaio 1958 n. 645) anche per le perdite degli esercizi chiusi prima dell'entrata in vigore della legge stessa, era stata accolta gi dei giudici del merito nella vertenza definita con la sentenza in rassegna: Trib. Genova, 30 novembre 1961, Foro pad., 1963, I, 251, con nota di ScANDALE E., Accertamento in base a bilancio e compensazione tra utili e perdite degli anni precedenti; App. Genova, 22 maggio 1963, Foro it. 1963, I, 1997, con osservazioni di BoRRuso R., cui si rinvia per ulteriori richiami di dottrina. Cfr. anche, negli stessi sensi, Comm. centr. imp. 13 aprile 1962, n. 57753, Riv. leg. fisc. 1963, 736. 13 662 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO la dichiarazione del contribuente di voler imputare tale risultato negativo, nella misura da lui medesimo prescelta, in compensazione del reddito degli esercizi successivi in occasione ed al tempo della emergenza del reddito medesimo. In altre parole, l'operativit della norma non sarebbe collegata al fatto della perdita, bensl a quello della manifestazione di volont del contribuente, mentre il fatto della perdita atterrebbe puramente alla formazione di siffatta volont. b~nsl vero che la perdita (fatto passato) assume una rilevanza giuridica in forza della nuova legge in quanto concorre alla qualificazione della base imponibile (fatto presente); ma altrettanto incontestabile che le conseguenze giuridiche regolate dalla legge del 1956 si producono solo ed in quanto si verifichi il fatto presente, cio derivano esclusivamente dal fatto e reddito , e tra questo fatto e la compensazione riconosciuta dall'art. 25 non intercorre un rapporto di causalit diretta ed immediata, ossia, in altri termini, le conseguenze che la legge attribuisce al fatto passato sono funzionalmente collegate al fatto presente. Le censure predette sono infondate. Dispone il primo comma dell'art. 25 della legge 5 gennaio 1956, n. 1 che le societ e gli enti tassabili in base a bilancio hanno facolt. di portare l'ammontare della perdita di un esercizio in diminuzione del reddito degli esercizi successivi per non oltre un quinquennio. La norma ha introdotto un principio innovatore del precedente sistema di tassazione delle societ ed enti equiparati, che era quello dell'autonomia dei redditi e dei bilanci, nel senso che la perdita di un esercizio non poteva essere portata in detrazione negli esercizi successivi. Invece, con la disposizione in esame consentita la compensazione degli utili con le perdite, purch rientranti nel termine massimo di un quinquennio. Non avendo per la nuova legge previsto per l'art. 25 alcuna disposizione transitoria per il regolamento dei rapporti sorti anteriormente alla sua entrata in vigore (24 gennaio 1956), sorta la questione se la norma sopra richiamata trovi applicazione anche alle perdite che fossero state accertate in bilanci sociali chiusi anteriormente alla entrata in vigore della legge (nella specie i bilanci 1953 e 1954). Infatti, la ricorrente societ sostiene, come aveva fatto dinnanzi ai giudici di merito, che la norma trovi applicazione anche alle perdite verificatesi prima della legge n. 1 del 1956, e ci come conseguenza della applicazione immediata della legge medesima e non gi per una efficacia retroattiva della norma in esame, come a torto stato ritenuto dalla sentenza impugnata. A sostegno di tale assunto la ricorrente, rifacendosi ai principi elaborati dalla dottrina con la nota teoria dei fatti compiuti (facta prae- PARTJ.l 'I;. s:mz. v. G!tl'RisPRUDENZA TRIBUTARIA 663 teri~) afferma che la nuova ,norma si limita a regolare non gia un fatto. paS.sato (peirdita del bilancio ehiuso anteriormente al 24: gennaio 1956), ma le conseguenze di esso, per se stesse considerate, in funzione della regolamentazione di un fati.o p:r:esente, il reddito imponibile che si .~rodotto successivamente .all'entrata in. vigore della nuova legge, e uno dei 'modi di tale regolamento ap]Junto costituito dalrinfluenza che Stt di. esso. hanao le perdite degli esercizi precedenti. , B;.~~--<>l :Per rile'\tare in. cotii,:atio che la. norma dell'art. 1,5., se a;ppii'be l :Per rile'\tare in. cotii,:atio che la. norma dell'art. 1,5., se a;ppii'be t}ss()' oon :6u ot.uW~ alla noV:a legg:'l!t o. it1.111tuato .ostitws~ .+~h1tlesbte di fatto tf;~:ui .;sca:tu~i~ona: e:ctinseg.uenze gi.tWicil.ch elle nota M1"6\'tb~1&: tUli:te .o la ~cehia legge. 0n~ia~re ti>al'E$f, 11 prinetp~ Q1 d~lla ~etroatthrit violato quafi,do si prettm.da riv:alutaire U fa\t~~1 ~tJpi'Q.to. S~si e prvisiorli, ohe verrebb~ o.a Mnticarill't~a specie 1<;t:\lalra si Ctoves$e Qortt!J.tvidet-e la tesi de1~ll. 1W11;1,1"f~te d,l~'a:rPPlieabllit de1I'llrt: .2'5 atthe'ag,i1 eser~~i cbiuBi e4 )fi~Ql'i~i anteriormente all'entrata in vigere 1deli-a 'l~fg.e eh.e la eontieDie. l:ttVefjl>;, il fatto passato (perdita dei bilanci 1958 e 1954) costituisce, Per la .nuova legge, l'elemento di fatta da cui scatut'iltlebbera conseUtlen~ e :jfit'Widiche {tra .cui la compensabilit deli perdite d'i' 'un eser~ eizio' ;~~B+ il reddita di altri esercizi) elle non sarehlilero so:i:te per l ~~i'fl legge in osse,q1 1do al gi rilevato p:rinoe-iT;>io di!sll"autonomia dei bilanciPP!aia v:igen.te. Ed, infatti, la 'ricorfbte altro 11.on 'vbrrebbe 11Jeeontil0 U;:eonvincimenta dei giudici ll mrit-o .;...:.. se non riValutare l& p;rdite di .bilanci chiusi prma del n:uovo Sistema ii tassazlone, par attribire ad esse quegli effetti che solo la nuava: volle ad esse attribuire. Ma,. in tali casi, si versa propria in tema di retroattivit tiella legge e nn gi di semplice applicazione immediata, ~ella legge mede sima, posto che il fatto passato e le sue co:ri:seguenze verrebbero sussunte dalla nuava legge non gi come puri e smplici dati sterici, sibbene come elementi, sia pure complementari, ma indispensabili, di quella camplessa situazione di fatta che costituisce il presupposto del tributo. Se la nuova legge regola -carne la stessa ricorrente riconosce le conseguenze di un fatto passato, non pare dubbio che, per questa ragione, si abbia, nel caso, applicazione retroattiva della legge per la J RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 664 rilevanza giuridica che la perdita assume in forza della nuova--legge, in quanto concorre alla determinazione della base imponibile ai fini della determinazione dell'ammontare del tributo. Non vale opporre che con l'art. 25, primo comma, non si inteso disciplinare il regime delle perdite agli effetti dell'imposta di ricchezza mobile, ma si invece voluto accordare al contribuente la facolt di dare una particolare destinazione al reddito, e cio di coprire perdite precedenti, o che presupposto oggettivo dell'imposta la produzione del reddito di ricchezza mobile, mentre la perdita di esercizi precedenti incide solo sulla determinazione della base. imponibile: evidente l'irrilevanza di dette .distin:zJioni, perch tale incidenza produttiva di effetti giuridici e si riflette concretamente nella determinazione dell'ammontare dell'imposta; e proprio invocando tale incidenza la riicorrente ha contestato il credito di imposta fatto valere dalla finanza. Ma la tesi della ricorrente trova ulteriore e decisiva smentita nel terzo ed ultimo comma dell'art. 25, che recita: e Per la determinazione della perdita si applicano le norme relative all'accertamento dei red diti'" Siffatte norme sono, senza possibilit di dubbio, le nuove norme di accertamento stabilite dalla legge del 1956 (titolo primo), le quali -come ha esattamente rilevato la denunciata sentenza -sono assai pi precise e rigorose (ad es. le disposizioni degli artt. 7 e 8) della precedente, nell'intento di frustrare i mezzi di evasione e le frodi ai danni della finanza. Infatti, con la citata legge la norma che consente la compensazione degli utili con le perdite accompagnata da una serie di disposizioni che se, da una parte, sono dirette a garantire la finanza circa la fedelt dei bilanci, dall'altra rivelano indubbiamente che si tratta di disposizioni che imprimono alla norma dell'art. 25 carattere assolutamente innovativo, escludente l'applicazione retroattiva; anzi la norma medesima riveste carattere eccezionale e, come tale, deve essere interpretata restrittivamente e, in difetto di una espressa dichiarazione di retroattivit, non pu trovare applicazione a fatti anteriori alla sua entrata in vigore. La norma legislativa pu avere eccezionalmente efficacia retroattiva, ma occorre che il legislatore lo dichiari chiaramente. Ora, nella specie, non solo una dichiarazione non esiste, ma esiste una dichiarazione contraria, in quanto la legge n. 1 del 1956 al titolo quinto "Disposizioni transitorie e finali " ha indicato per quali articoli l'applicazione avrebbe dovuto avere una decorrenza diversa da quella stabilita normalmente per ogni legge, e nelle disposizioni transitorie non si legge nessun riferimento all'art. 25. Pertanto, non pu esservi dubbio che l'innovazione apportata dalla disposizione citata, della compensazione degli utili con le perdite, ope PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 665 rando sul noto principio dell'autonomia dei bilanci e prevedericta la introduzione di perdite relative ad esercizi precedenti in un esercizio successivo, ha consentito l'innovazione soltanto per il futuro, e che lo stesso art. 25, prevedendo al terzo comma che per la determinazione delle perdite ammesse in detrazione si applicano le norme di accertamento stabilite dalla nuova legge, ha preso in considerazione soltanto le perdite che si sarebbero verificate nei bilanci chiusi successivamente all'entrata in vigore della legge, per le quali appunto sono previste condizioni e modalit che gli uffici finanziari, stante l'autonomia dei bilanci, non erano tenuti a compiere anteriormente alla legge del 1956. Pi chiaramente: se le norme relative all'accertamento dei redditi, che l'ultimo comma dell'art. 25 . dichiara applicabili alla determinazione delle perdite, sono quelle disposte dalla nuova legge ad integrazione delle norme riscontrate lacunose ed insufficienti dal legislatore in rapporto agli scopi prefissi, si deve escludere, per logica deduzione, la detraibilit delle perdite riferentisi ad esercizi anteriori all'entrata in vigore della legge, in ordine ai quali non erano stati predisposti i mezzi di accertamento ritenuti necessari a salvaguardia degli interessi dell'erario. D'altra parte, se per gli anni precedenti l'entrata in vigore della legge del 1956 gli accertamenti in base a bilancio erano divenuti definitivi, sui risultati di essi nessuna discussione ormai pi consentita, a meno che il legislatore non avesse disposto, con norma espressa, il riesame di detti bilanci. Consegue che le perdite deducibili, di cui all'art. 25, sono quelle e solo quelle eventualmente risultanti da bilanci chiusi successivamente all'entrata in vigore della legge 5 gennaio 1956, n. 1. Non ha pregio il rilievo che, in tal modo, si verrebbe a differire arbitrariamente l'applicazione immediata della legge, poich le perdite compensabili sarebbero inizialmente quelle verificatesi nel bilancio 1956, che verrebbero portate in detrazione nel successivo esercizio 1957. Tale inconveniente insito nelle stesse modalit di applicazione della cosiddetta compensazione delle perdite di un bilancio con il reddito di altro successivo bilancio, e l'applicazione graduata nel quinquennio del nuovo principio la necessaria conseguenza delle difficolt, inerenti alla sua immediata integrale attuazione, che il legislatore ha inteso evitare. Escluso, per la ragione sopra esposta, il diritto alla compensazione delle perdite con gli utili, verificatesi anteriormente alla legge n. 1 del 1956 agli effetti del tributo di ricchezza mobile, rimane ferma la tassazione, a carico della societ ricorrente, agli effetti della imposta sulla societ, ancorata, per legge, all'accertamento del reddito ai fini dell'imposta mobiliare di cat. B. -(Omissis). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 666 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 febbraio 1967, n. 417 -Pres. Rossano -Est. Leone -P. M. Pedace (conf.) -Ministero Finanze (avv. Stato Soprano) c. Soc. Porto Industriale di Livorno (avv. Virgilii). Imposta di re~stro -Agevolazioni -Agevolazioni per la vendita di aree comprese nella zona del porto di Livorno -Applicabilit alla retrocessione di tali aree -Esclusione. (1. 15 maggio 1939, n. 747, art. 7). La esenzione dall'imposta di registro disposta con l'art. 7 della legge 15 maggio 1939, n. 747, per i trasferimenti relativi ai beni indicati nell'art. 1 della legge medesima, concerne i trasferimenti dalla Soc.' Porto Industriale di Livorno a favore di terzi, ma non gli atti di retrocessione dei beni dai terzi acquirenti alla venditrice societ, ancorch compiuti in esecuzione di clausola risolutiva inserita nella ,vendita (1). (Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso, l'Amministrazione finanziaria censura la sentenza, denunziando la violazione degli art. 1 e 7 della legge 15 maggio 1939, n. 747, dell'art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale e degli artt. 1, 9 e 12 della legge di registro (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269), per aver essa ritenuto che vada esente da imposta di registro l'atto di retrocessione effettuato in applicazione di clausola risolutiva espressa inserita nel contratto col quale la soc. Porto Industriale di Livorno aveva venduto alla soc. U.N.O. l'area poi retrocessa, vincolandola espressamente a destinazione industriale da effettuarsi entro il biennio. Osserva la ricorrente che la sentenza, partita correttamente dal l'intento di restringere la portata dell'art. 7 della legge n. 747, finisce per estenderla non solo alle vendite ma addirittura alle risoluzioni delle medesime, introducendo nel nostro ordinamento l'ipotesi nuova e strana di un beneficio tributario applicato ad un contratto ed insieme alla sua risoluzione. (1) Sul criterio finalistico di interpretazione estensiva delle norme di agevola:done fiscale. La sentenza in esame, pe~ quanto relativa ad una fattispecie del tutto particolare, deve essere segnalata per la affermazione di interessanti prin cipi che eccedono tale particolarit ed assumono carattere sicuramente generale. stato infatti affermato che la agevolazione fiscale stabilita per un determinato trasferimento non pu estendersi alla relativa retrocessione per risoluzione, e ci neanche considerando tale retrocessione come stipu lata in funzione di una successiva rivendita dello stesso bene da assogget tarsi alla stessa agevolazione. noto come la giurisprudenza della Cassazione e dei giudici di merito, J PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 667 Anzitutto, afferma la ricorrente, nemmeno l'originario contratto di vendita dalla societ Porto di Livorno alla soc. U.N.O. fruiva dell'agevolazione di cui all'art. 7 della legge. Il trasferimento di cui parla l'art. 7, con riferimento all'art. 1, il passaggio in blocco delle aree dello Stato alla soc. Porto Industriale di Livorno, non i successivi trasferimenti, n tanto meno le retrocessioni conseguenti a risoluzione delle vendite per inadempimento. In contrario non vale opporre che tale passaggio avvenuto per legge, perch i successivi atti di attuazione della legge, con individuazione dei singoli beni, trascrizioni e simili, bene avrebbero potuto essere assoggettati a tributi se non vi fosse stata l'espressa norma di esenzione. Ad ogni modo, aggiunge 1'Amministrazione finanziaria, anche a ritenere che tutti i contratti di cessione delle aree conclusi dalla societ godano dell'esenzione in vista della finalit di agevolare l'attuazione dell'industrializzazione della zona portuale, evidente che l'agevolazione stessa verrebbe meno, ove la finalit della vendita non venisse realizzata. L'esenzione tributaria, infine, pu estendersi agli atti necessariamente connessi con l'atto principale, ma mai ad un atto puramente eventuale come la retrocessione per inadempimento. La censura fondata in parte. Delle due ragioni addotte con il motivo ora esposto, la prima non merita accoglimento. Il trasferimento dei beni indicati nell'art. 1 della legge n. 747 del 1939, che l'art. 7 della stessa legge dichiara esente dall'imposta di registro, non pu essere il trasferimento dallo Stato alla soc. Porto Industriale di Livorno, trasferimento che, disposto con legge, non comporta la formazione di atto sottoponibile a registrazione. Ci riconoscendo esatto, 1'Amministrazione assume che nella fase di esecuzione del detto trasferimento si sono avuti atti che si sarebbero dovuti registrare, se non fosse stata stabilita l'esenzione di cui si discute. evidente, per, che tali atti, dei quali non si specifica il tipo, sarebbero assoggettati all'imposta per essi specificamente prevista, non al fine della interpretazione estensiva delle norme recanti agevolazioni :fiscali, abbia frequentemente utilizzato il criterio del cosidetto " mezzo al fine e ritenuto pertanto che le agevolazioni relative a determinati atti legislativamente indicati siano estensibili a tutti quelli ad essi collegati come mezzo per la loro stipulazione. In ordine a tale criterio interpretativo la sentenza in esame ha innanzitutto affermato che esso non applicabile nei confronti delle risoluzioni dei negozi agevolati. E ci indubbiamente esatto, perch evidente che la risoluzione del trasferimento agevolato con la conseguente retrocessione del bene all'alienante, non costituisce un mezzo preordinato al conseguimento degli scopi per cui l'agevolazione fiscale stata concessa, ma soltanto uno strumento per riparare alla impossibilit di tale conseguimento. 668 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO a quella stabilita per il trasferimento, anche se enunciato nii'tto di esecuzione, trattandosi di trasferimento disposto con legge, cio con atto obiettivamente escluso da obbligo di registrazione. Il che deve essere apparso chiaro alla stessa Amministrazione finanziaria, che nelle fasi anteriori del giudizio ha impostato la difesa sul fondamento pacifico che il trasferimento cui si r-iferisce l'art. 7 citato sia quello eseguito con i contatti di alienazione delle aree dalla soc. Porto Industriale di Livorno a terzi. La seconda ragione enunciata col motivo di ricorso appare invece fondata, perch deve riconoscersi che la Corte di Firenze ha dato, in definitiva, al disposto dell'art. 7 della legge n. 747 del 1939 un'applicazione analogica, non consentita riguardo a norma di eccezione, ritenendo di mantenersi nell'ambito di un'interpretazione estensiva della norma stessa. L'art. 7 della legge 15 maggio 1939, n. 747, concede l'esenzione dall'imposta di registro al trasferimento delle aree disposto, come s' detto, dalla Societ Porto Industriale di Livorno, con attribuzione a favore di terzi. Nella specie, invece, la norma stata applicata al trasferimento operato da un terzo a favore della societ suddetta, sia pure in considerazione dell'obbligo assunto dal terzo medesimo, con l'atto di acquisto dell'area in precedenza vendutagli dalla soc. Porto Industriale di Livorno, di retrocedere l'area non utilizzata per costruzioni industriali nel biennio. Questo motivo del trasferimento eseguito dal terzo non giuridicamente rilevante agli effetti della disciplina dell'imposta di registro, secondo i criteri generali della legge organica (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269), il cui art. 64 stabilisce che la risoluzione di un contratto, anche quando ha luogo per effetto di condizione risolutiva espressa nel contratto medesimo, se dipende dalla sola volont dei contraenti, separatamente soggetta ad imposta di registro. Nella specie, dunque, l'esenzione dall'imposta di registro dell'atto di retrocessione -conseguente a dsoluzione del contratto dipendente dalla sola volont dei contraenti -dovrebbe risultare, in linea di L'atto di retrocessione difatti si pone in vera antitesi, e non in ordine causale, rispetto al trasferimento agevolato. Ma oltre a ci, e sempre con riferimento al ricordato criterio finali stico di interpretazione estensiva, la sentenza in esame ha anche affermato esplicitamente, e in ci risiede gran parte del suo interesse, che il detto critenio deve essere inteso come rapporto giuridico di interdipendenza tra atti, e non come mera relazione di fatto tra comportamenti onde esso non pu essere utilizzato per agevolare la retrocessione del bene per riso luzione, considerandola in funzione di una successiva ed eventuale rivendita agevolata. In sostanza, cio, perch possa operarsi una interpretazione estensiva delle norme di avegolazione in base al criterio finalistico ne PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 669 eccezione rispetto alla disciplina normale, proprio dall'art. 7 aella cennata legge del 1939, che, invece, regola espressamente solo i trasferimenti operati dalla soc. Porto Industriale di Livorno. Tali specificazioni limitative sono, poi, quelle che pi particolarmente attengono alla ragione del beneficio tributario, perch essendo commessa a detta societ la realizzazione dello scopo di interesse collettivo di curare l'industrializzazione della zona portuale di Livorno, mediante l'impiego delle aree ad essa attribuite dall'art. 1 della legge, con la menzione della necessaria provenienza da tale soggetto degli atti di trasferimento, s' inteso esattamente circoscrivere il campo di applicazione del beneficio :fiscale, ispirato a facilitare il raggiungimento del detto scopo di pubblico interesse. Ora razionalmente impossibile supporre che, indicando specificamente nella societ Porto Industriale di Livorno il soggetto che poteva mettere in essere gli atti di trasferimento, cui si intendeva attribuire un trattamento tributario privilegiato, la legge abbia voluto riferirsi anche a soggetti diversi: togliendo in tal modo qualsiasi significato alla specificazione del soggetto trasferente, che pur risulta essere determinante della ratio della legge . .Oltre che con la menzione del soggetto attivo del trasferimento, il privilegio tributario stato circoscritto con l'indicazione implicita, ma non per questo meno evidente, che si trattasse di trasferimento volto a realizzare direttamente l'impiego industriale dell'area, questa essendo la ragione del privilegio, che spiega i suoi effetti anche nei confronti dell'acquirente delle aree, appunto perch, con l'acquisto, egli diviene fattore dell'opera di industrializzazione favorita col beneficio tributario. Orbene, stante l'autonomia, agli effetti tributari, del trasferimento pr.imario e di quello di retrocessione e la tipica contrariet causale e di effetti dei due atti, il beneficio afferente al primo, realizzante direttamente l'interesse protetto, non pu ragionevolmente essere considerato estensibile al secondo e contrapposto trasferimento, diretto addirittura cessario che esistano due atti astrattamente tassabili in via autonoma, ma concretamente interdipendenti fra loro, nel senso che l'atto-mezzo deve essere stipulato in funzione oggettiva dell'atto-fine agevolato. Allorch, invece, come nella fattispecie decisa dalla presente sentenza, si abbia soltanto l'atto-mezzo (retrocessione), e l'atto-fine (rivendita) costituisca invece una mera ipotesi suscettibile di realizzarsi o meno in funzione della naturale incertezza del comportamento delle parti, chiaro che non pu pi parlarsi di interdipendenza fra atti ed il criterio finalistico di interpretazione estensiva non pu pi essere utilizzato, proprio per la mancanza del termine di riferimento su cui esso logicamente fondato. G. ANGELINI ROTA 670 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ad eliminare gli effetti dell'atto che doveva realizzare lo scopoc d'interesse pubblico: tanto pi che, presentandosi il secondo trasferimento come meramente eventuale e causato dall'inadempimento dell'acquirente all'obbligo di utilizzare l'area acquistata per quella destinazione industriale che era stata ragione del beneficio :fiscale, difetta, nella specie, anche la relazione di mezzo a fine che normalmente giustifica l'estensione all'atto-mezzo del beneficio fiscale concernente l'atto-fine (Cass. 27 maggio 1963, n. 1379). Con riferimento implicito a questo criterio, la sentenza impugnata accenna alla possibilit di agganciare l'esenzione dell'atto di retrocessione all'esenzione tributaria di cui beneficierebbe il nuovo trasferimento che della medesima area potr fare la soc. Porto Industriale di Livorno. Ma, a parte i notevoli dubbi circa la spettanza dell'esenzione ai trasferimenti successivi, ancorch compiuti da1la ripetuta societ, la relazione eziologica richiamata innanzi come criterio di estensione del beneficio fiscale deve essere intesa come rapporto giuridico di interdipendenza tra atti, non come mera relazione di fatto tra comportamenti: e tra l'atto di retrocessione di un'area e quello di successiva rivendita della medesima area non sussiste rapporto giuridico di dipendenza o altra connessione. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 marzo 1967, n. 644 -Pres. Stella Richter -Est. Leone -P. M. Di Salvo (conf.) -E.N.E.L. (avv.ti Stevens, Cogliati Dezza) e soc. S.I.P. (avv.ti Greco, Cogliati Dezza) c. Ministero Finanze (avv. Stato Coronas). Imposte e tasse in genere -Procedimento dinanzi alle commissioni Ricorso alla Commissione centrale -Motivi generici -Motivi contenenti la sola enunciazione delle disposizioni di legge che si assumono violate -Inammissibilit del ricorso. (c. p. c., artt. 360, n. 4, 398; r. d. 8 luglio 1937, n. 1516, artt. 38, 46). Procedimento civile -Impugnazione -:Rilevabilit di ufficio di ra~ioni di inammissibilit. (c. p. c., artt. 1, 5, 323 ss.). In base ai principi processuali di diritto comune in tema di impugnazioni va ritenuto inammissibile il ricorso alla Commissione centrale detle imposte proposto con l'indicazione di motivi generici, quali sono da ritenere quelli che siano espressi con la sola enunciazione degli articoli di legge che si assumono violati, senza la specificazione dei vizi di attivit o di giudizio in concreto riscontrati nena decisione impugnata e degli elementi giuridici e logici in dipendenza dei quali si intenda muovere censura, e che, pertanto, non consentano di identificare, con J J PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 671 la concreta questione controversa, il principio di diritto di cui si chieda l'affermazione per ricavarne Za volont di legge applicabile alla fattispecie (1). L'inammissibilit delle impugnazioni rilevabile di ufficio, atteso l'interesse pubblico a che l'esercizio della giurisdizione avvenga sul fondamento di un valido rapporto processuale (2). (Omissis). -Con l'unico mezzo, gli Enti ricorrenti denunziano violazione degli artt. 46, 48, 38 del r. d. 8 luglio 1937, n. 1516 e del principio del contraddittorio e sostengoh-0 che la Commissione Centrale avrebbe d"ovuto dihiarare l'inammissibilit del ricorso a causa dell'as . ' soluta indeterminatezza e genericit dei motivi, espressi con la sola indicazion degli". articoli di legge che si assumevano violati. La J:iedrrente iiorda che la giurisprudenza prevalente della stessa Commissione Centrale e quella concorde della Cassatione escludono la sufftxenza di una siffatta indicazione dei motivi di ricorso e richiedono, invee., che siano identificabili le ragioni, in base alle quali si muove censura alla sentenza impugnata. Il ricorso fondato. Dispone l'art. 46 del r. d. 8 luglio 1937, rt; 1516 che nei ricorsi aJla Commissione Centrale per i casi ammessi della legge debbono essere esposti il fatto, le questioni ed 1 capi della decisione contestata, indicando gli articoli di legge o di regolamento che si affermano violati o e:troneamnte applicati. La norma non commina un'apposita sanzione, ma, in correlazione alla natura dell'atto del quale stabilisce obbligatoriamente le prescrizioni di contenuto, la sanzione si ricava dai principi relativi agli atti d'impugnazione (artt. 360, n. 4, 398 c. p. c. 201 c. p. p.), per i quali la nullit causa di inammissibilit, termine con il quale si esprime il concetto che lo stesso rapporto processuale, che si sarebbe dovuto costituire per effetto della dichiarazione di impugnazione, in realt insussistente. (1..2) In tutto conformi sono le coeve Cass. ~2 marzo 1967, nn. 645, 646, 647, 648 e 649. (1) Per il ricorso per cassazione, nel senso che i motivi non possono consistere nella mera enunciazione delle norme giuridiche che si assumano violate, cfr., tra le recenti, Cass. 26 febbraio 1966, n. 601, Cass. 9 luglio 1966, n. 1811. Peraltro, per i giudizi dinanzi alla Commissione centrale delle imposte, e per le sole controversie per le quali la competenza della commissione stessa pu ritenersi piena e non di mera legittimit (cfr., in argomento, Cass. 19 luglio 1965, n. 1621, in questa Rassegna, 1965, I, 1220, e v. Relaz. Avv. Stato, 1961-65, II, 321), potrebbe osservarsi che il ricorso integri un gravame, con effetto devolutivo, piuttosto che una impugnazione in senso stretto; con la conseguenza che dovrebbe farsi riferimento non 672 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Poich l'inammissibilit dell'impugnazione rilevabile ENZA TRIBVTARTA 675 Q, alle province. Comeg'U{entemente, la tassa per la raccolta e if"'frasp9rlo dei rifiuti urbani i11iterni, che d~plinata daUo stesso t.u. del U.3l n, 11'15 (di C1f-i eos1iituisce parte integrante la novella recata dalla leflge ao Trf.(.trzo 1941. n. 366), e ve1 la q~ale l'esenzione non 4isposta, deve rit~nerS;i dovuta ariehe daUo ~tfkto (2). La tfl.ssa per la raccolta e il tr(!.sporto d.ei rifiuti urbani interni dovuta.l)e'f U so.zo fl;ltto che ~siste un serivizio fatitu!to dal comune, di ' . . . . (;!Ui .s~i:.f1U~. ~lr~i~! ~$~~+'8!~n,.,~a.fffiS~ .~Q$m~sce u~ li'relevamento co.attiv i(el .~wizio), ed .'UQ~tt,o PfJivp provve~.,eon m~zzi prQ~ al .tra@odo ed all'elimi 'lta~' "~;~~:6-1\\~I;);? ' . . . . ; : 1;:~,...ttMl"1111jle~ lflt.:llr4~~~'e~ia'QiMite An'ti~ r~~ui, ckHa 1avoirazt~ :ciJ;elle materie prime) (4). (Omt8$i8). -.. Cpn l\l rp:timo U>IOtiv<>, la ricor:r.ente -deducendo vi<>Jaaio.ne., ~ qq~Q.t0.m.en.o bi.li~ apnli:azione, .degli artt. 26 e 27 della legse :20.. mal'ZO 1.9!1ll,\ ;n . iEr:i.. l'~pettivamnte. modificativi dell'art. 10 n,, ~.e ''gli a;r:tt. 268, :2:6,Q, 2.70, se~oodo comma, '272 e 272 bis del t. u. per l,a -an~a l,oca~~ ~ppro1rato .con :r. d. 14 settembre 1931, n. 1175, nonch conseguente nullit ai sensi deH"art. 360 c. p. c. -lamenta che segue -si .vedno 1e sertteme della' ea'SSzioo. lel 21 luglio 1937, n. 2610 e. ~I.22 .ll:l'l!io 1&88, ..11,.t6't6, 'h ~no,riieor4ate.nella decisione in rassegna, e che possono.le$'g~si .in E:o11, it~, ltf1S8, I, 499 e 1622. Sw:ta: .c.tuesttQne speci~ea, in tema EN.ZA TRIBUTARIA 677 S&k caso per caso dovrebbe stabilirsi se lo Stato, nel c<>:nferire ad altro ente pub'blicQ la .lfi!fcolt .di impor:re, tributi, abbia inteso o meno assoggettat'.si a tali tributi. E, nel 0aso concreto, l'esame delle disposizioni della legge n. 86'6 del 1941 escluderebbe tale Uitenidimento. Il aotivo infe>nd$. Seeondo un concetto generalmente accettato, soggetto attivo della J>Ote$~ :ttibUt$*i~ .e <$l relativo rapp.o:i:to giuridico in primo luogo m1:St~'t~ .iti~<~11~~,:ft1,mie&'.~tttb.lltario altro noflt ebe una.dtme mani: Ce$'ti~~~i' IJ'.l:l~ ~*'fli~il laM~ Da, tle 'In.lt!iii:J.::'di*'lifil .\<,A"'1"""ifta,{:'...i~jd'i;t).!it$1'.ll~~a..,~._,-;,,4:eSilar.t'l~o cahe . ~E:;ltato~.1-..... .Ji"! . ~.<:li41il'Jl!l ..... ,... ~il!J' .. ~ ' ...... ' .. . a~~qr flP.~~o ttiv:o p'.ri-~do.dela ~test .;tributama,.n.on.. ;possa fisere ' p ;:,fl; ...meel~~~~ pot~$t~, .~~;PPsi'a.. ~ss.ePe,:.,,,in altri ~qf~~~*-':ff iblPdi~eitfi..~a;e"ttettttt.*1iaJe~ mm. n:~Mtili~&. lltl':.~~t~*:Dt:v!M.i~ ...s~ ~eslilo. :t t ~t)~.~~.. Jibul4iai.;enuni':ta la\l'.if!ilai* josativi~,,e.i~he.;. f1:W:~.:;.,i:lW1 .t, , < .: . .. :... . . . . . , ., . ...:H. : .:./ .. . . .. ' ' ...... .... ,;J:i"~~~~ ui~ ~$$erl~1 '.~SS0:1;J.40 ~ito,,n\WJ.a tt~mra .stessa .~(ieUa*'i~~f:ii'.;$ii~q0;1~11;JMl.'.li, e.,~Of1'i!lst~~. i11.~~leas1iftttre~~singpte J:e-~i.. tdrbu~'~e. z1$11..fiitien~'8.:ebe.. clo1....,,,0), no~ .;(!~a ass()gge:ttato. 1;1i :~~,;lon;~~~g-etta~.a~1i;t11i:buto in, ll>ase a~kun ,.~~~~1~~~r:d~s~1iJ011l ~tte.pttbl;ll~do; ~tale:.~esun&$to.., tut8 :ta~i?"". :sUS~EltftUie:fl.U:simrifile :$:'$ll:b\ifie'.ll<:e teeled-i mer esi<'J\en~ei "i .earat.;z <'~".)~,.~ .' ..:. ,.... , . ,. ... "~ , .. ".~. "~';.. .,. : ' r .. '+ , ,,tAif.o:ft11ti;~liZ~~i~~i ,8i~f~e:al le~~~re'~~~$t1tuzione :ttl 11J&s-frvi t1ibutai e ,., sostamlali1J>aee di gi110 e.,,.,a.. :i.r.t.&. ,:;a..,.u.... ,. . ,,,......... n~ f&i.. V.. n .i.i;i;i ~~11~<> ~~4' ;..""& 1Si"'!'l~a, "-i~,.,.n~za1~~. 'i' -~clt~es~ elle, '0~,alrl&.. Stato. cpOssGlliGr &Ssl! sog,etti attivi d~la pot~ tributar~a, .~..~. :r:Jl).,btti:tributai-i, a'llh lf,, :enti plJibblici mhtori,Cff: ~uflll:ti~te te1Jjtotile, o.nonv~tmnitariale, quando siano inlle&titi r,if! 41 <>di6.e a:to3fica "l .QO;ntune ri:sptto allo S:tato .(~fr. al riguardo BPMA?fG, ap~ .c$t~;~llt) . . . . . . .. . . . . . .. . .. . . . . . . . .. ~1. c'.h,El i~. ~~es@. V:ib~taria itt.v:i;a 9!!;'~~,J\o~1~ s~lo...allo $~~. d ... -iettam..te..1dll<> .51;~ C.Q:l,ltto di We potest. ~he pu PAJ.\TE I, slilz. V, GIUMSPRUJ>EN.ZA TRIBUTARIA 677 S&k caso per caso dovrebbe stabilirsi se lo Stato, nel c<>:nferire ad altro ente pub'blicQ la .lfi!fcolt .di impor:re, tributi, abbia inteso o meno assoggettat'.si a tali tributi. E, nel 0aso concreto, l'esame delle disposizioni della legge n. 86'6 del 1941 escluderebbe tale Uitenidimento. Il aotivo infe>nd$. Seeondo un concetto generalmente accettato, soggetto attivo della J>Ote$~ :ttibUt$*i~ .e <$l relativo rapp.o:i:to giuridico in primo luogo m1:St~'t~ .iti~<~11~~,:ft1,mie&'.~tttb.lltario altro noflt ebe una.dtme mani: Ce$'ti~~~i' IJ'.l:l~ ~*'fli~il laM~ Da, tle 'In.lt!iii:J.::'di*'lifil .\<,A"'1"""ifta,{:'...i~jd'i;t).!it$1'.ll~~a..,~._,-;,,4:eSilar.t'l~o cahe . ~E:;ltato~.1-..... .Ji"! . ~.<:li41il'Jl!l ..... ,... ~il!J' .. ~ ' ...... ' .. . a~~qr flP.~~o ttiv:o p'.ri-~do.dela ~test .;tributama,.n.on.. ;possa fisere ' p ;:,fl; ...meel~~~~ pot~$t~, .~~;PPsi'a.. ~ss.ePe,:.,,,in altri ~qf~~~*-':ff iblPdi~eitfi..~a;e"ttettttt.*1iaJe~ mm. n:~Mtili~&. lltl':.~~t~*:Dt:v!M.i~ ...s~ ~eslilo. :t t ~t)~.~~.. Jibul4iai.;enuni':ta la\l'.if!ilai* josativi~,,e.i~he.;. f1:W:~.:;.,i:lW1 .t, , < .: . .. :... . . . . . , ., . ...:H. : .:./ .. . . .. 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Stato. cpOssGlliGr &Ssl! sog,etti attivi d~la pot~ tributar~a, .~..~. :r:Jl).,btti:tributai-i, a'llh lf,, :enti plJibblici mhtori,Cff: ~uflll:ti~te te1Jjtotile, o.nonv~tmnitariale, quando siano inlle&titi r,if! 41 <>di6.e a:to3fica "l .QO;ntune ri:sptto allo S:tato .(~fr. al riguardo BPMA?fG, ap~ .c$t~;~llt) . . . . . . .. . . . . . .. . .. . . . . . . . .. ~1. c'.h,El i~. ~~es@. V:ib~taria itt.v:i;a 9!!;'~~,J\o~1~ s~lo...allo $~~. d ... -iettam..te..1dll<> .51;~ C.Q:l,ltto di We potest. ~he pu 4eani~~i?Y~fJ~~,,.:Pt:i'n'f.l~ icli ~i~~ttti~U*.9f~P ,I'" 11(); ;xr~oi, Diritto tribttt~ Q,.. 43; '..JN:ol\~~~~1.,.P~t~ri'J;f,to. e l~i'Ot d:e't ~pter".,,t;:rj:bu~q;riJl> a~gU Eirtti locdi., ~"''~ .. . ~Jl i$1~0 1~tabi- lire di'Viti d nat~a ftseale, . . IJ';!il.1.e ~~e giuridiche td:alle q..aU nas:e:~ o pu \l};ascfte a cal1t~~rǓM c:Jeter:minati individui o di determinate categorie di individui, l'Qbbligo di,paf~r~ ..a ei:tppQst11 o di rispettaret un ~mite t:dbutario li>. Non v'ba d.tthblioi ini~tti, he solo ano. S.tato e:om'E!eta, in via primaria, il potere di emanare norm.e giuridi!fbe. Dal principio che la potest tributaria spetta primariamente allo Stato e solo in via secondaria o delegata agli altri Enti pubblici deriva la conseguenza, esattamente rilevata dalla sentenza sopra riportata, della non 14 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 678 di tale potere da una norma di legge (ordinaria): trattasi, in-ta:l caso, non pi di una potest originaria, bensl di una potest derivata e secondaria; in altri termini, di un conferimento o di una delegazione del potere tributario da parte dello Stato. In rapporto a tale fenomeno di delegazione, si ritiene che sussista un principio o un criterio generale di esenzione -pi o meno propriamente intesa -dello Stato dal potere d'imposizione da esso stesso delegato all'Ente pubblico minore; a tale riguardo, alle considerazioni sopra esposte, che rendono, in linea di massima, non configurabile la sottoposizione dello Stato ai suoi stessi comandi tributari, si aggiunge l'ulteriore considerazione che, data la solidariet tra il sistema finanziario dello Stato e quello degli altri enti pubblici, simili reciproci versamenti di somme a titolo tributario costituirebbero una dispendiosa complicazione, senza alcun. effettivo incremento del complesso delle entrate tributarie (conformi le sentenze di questo S. C. 22 luglio 1938, n. 2676, e 21 luglio 1937, n. 2610). Tale opinione sui rapporti tra lo Stato e gli altri Enti pubblici impositori quella dominante, ed appare solidamente basata sulla struttura generale del nostro sistema tributario: ci sebbene non manchino manifestazioni di dissenso da parte di chi ritiene che, invece, anche lo Stato sia, di regola, soggetto ai tributi imposti da enti pubblici minori, salvo le numerose esenzioni stabilite nelle singole leggi tributarie, nonch da parte di chi tende a distinguere tra l'uno e l'altro tipo di attivit dello Stato, al fine di ammettere, e di limitare, allo stesso tempo, l'applicabilit dei tributi, rispetto a quel tipo di attivit statali che rientrano non nella sfera della sua sovranit, bensl nell'esplicazione della sua capacit di diritto privato (cfr. ancora la gi citata sentenza di questo Supremo Collegio, n. 2610 del 1937). Fermo il criterio generale del non assoggettamento dello Stato alla potest impositiva tributaria spettante agli enti pubblici sottor soggezione dello Stato, in linea di principio, alla potest tributaria, da lui stesso delegata, degli Enti minori. Un tale principio, come ebbe a rilevare l'lNGRosso (Se lo Stato possa essere soggetto passivo di imposte e tasse in genere, Foro it. 1938, I, 499) e inerente alla natura intrinseca del fenomeno tributario e non ha biso gno di essere accolto esplicitamente nella legislazione per essere elemento di interpretazione di norme positive . Dalla affermata sussistenza del suddetto principio generale deriva la necessit di esaminare alcune questioni. Tralasciando in questa sede il problema della possibilit per lo Stato di porsi come soggetto passivo di tributi erariali, problema in ordine al quale sussiste diversit di opinioni, sostenendosi da alcuni la soluzione negativa (INGRosso, op. Zoe. cit.) e da altri quella positiva (VANONI, Dir. trib., 211; RoToNDI, Appunti sull'obbligazione tributaria, 239; BERLIRI, O'.P. cit., 195), va qui esaminato se lo Stato, istituendo un tributo a favore di Enti minori J J PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 679 dinati, nulla, tuttavia, si oppone a che lo Stato compia, in via legis1attva, un atto di autolimitazione, sottoponendosi alle potest tributarie di tali altri soggetti pubblici. Non occorre, poi, che tale intento di autolimitazione debba essere esplicitamente affermato, essendo sufficiente che l'autolimitazione sia sicuramente rilevabile -al pari di qualsiasi altra ipotesi che, rispetto ad altro principio pi ampio e generale, sia nell'ordinamento giuridico considerata come speciale e derogativa -anche per implicito, e cio a seguito dell'interpretazione di una serie o di un complesso di altre norme che, pure non dichiarandola esplicitamente, implicitamente e necessariamente la presuppongono. Si tratta, in realt, di un criterio interpretativo analogo a quello che viene applicato per intendere il significato della norma eccezionale; per questa non si consente alcuna interpretazione analogica (analogia iuris) ma, tuttavia, ammissibile l'interpretazione estensiva, in base agli elementi logici e razionali che danno ragione della norma medesima. Ora, sulla base di tali criteri di interpretazione, agevolmente dimostrabile che, con il t. u. 14 settembre 1931, n. 1175, sulla finanza locale, lo Stato, dopo avere attribuito ai comuni e alle province varie potest tributarie, avendo minuziosamente specificato, tributo per tributo, le varie espresse esenzioni in favore dello Stato medesimo (a titolo meramente esemplificativo, si citano gli articoli 29 e 31, l'art. 123 lettera b e l'art. 133 lettera d, l'articolo 200 lettera a, l'articolo 220 lettera c, l'art. 227, l'art. 237, lettera a, l'art. 252), ha certamente inteso compiere un'autolimitazione al suo potere originario, attribuendo facolt a comuni e province di imporre anche nei suoi confronti, eccettuati i casi in cui ha posto loro un espresso divieto. Contemplando in modo cosi ampio, in un testo che rappresenta un sistema autonomo, organico e completo di imposizione tributaria, i rapporti tra la potest tributaria dell'Ente e lo Stato, la o autorizzando gli stessi ad istituirlo, possa, e in quali forme, assoggettarsi al tributo stesso, con un atto di autolimitazione. a) Che lo Stato possa compiere in via legislativa un atto di autolimitazione, sottoponendosi alla potest tributaria da lui stesso delegata agli Enti minori, e quindi ponendosi come soggetto passivo del rapporto giuridico di imposta, ormai riconosciuto in via quasi unanime dalla dottrina, la quale, tra l'altro, alla contraria tesi dello ScocA (Gli Enti pubblici impositori quali soggetti passivi dell'imposizione, Riv. dir. fin. 1937, I, 299), secondo cui in nessun caso lo Stato potrebbe essere soggetto passivo di imposta perch sarebbe e incompatibile l'esercizio di un imperium nei suoi confronti ha opposto che e l'istituzione di una imposta e non gi la sua applicazione che costituisce l'esercizio di un potere di imperio> (BERLmr, op. cit., 195). proprio, quindi, in ossequio al principio della sovranit dello Stato che pu riconoscersi la possibilit, per lo Stato medesimo, di legiferare RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 680 menzione, ivi contrapposta alla preterizione, acquista un in-equivoco significato, in quanto la portata positiva della norma si integra con il suo aspetto per cos dire negativo, nel senso che possa l'ente imporre anche nei confronti dello Stato, salvo il limite derivante dall'espresso specifico divieto. Non si saprebbe, altrimenti, come spiegare il carattere veramente pletorico che siffatte norme avrebbero nel sistema; e occorre insistere sull'aspetto sistematico del problema, perch questo il punto di vista da cui deve porsi l'interprete per intendere la funzione e gli scopi delle esenzioni, considerando, in primo luogo, che il significato tecnico dell'esenzione quello di deroga alla regola " della tassabilit. Sicch, quando lo Stato ha stabilito espressi casi di es'enzione a suo favore nell'applicazione dei tributi locali, ha certamente voluto rimanere soggetto ai medesimi nei casi non contemplati dall'esenzione. E da questo punto di vista, sistematico, di fronte ad una cos ampia e dettagliata casistica di esenzione a favore dello Stato (si trascura qualche sporadico caso in cui il legislatore possa essere stato mosso dalla necessit di definire situazioni che, invece di essere tecnicamente di esonero, sfuggono al tributo per mancanza di taluno dei presupposti di imponibilit), non pu, ovviamente, essere condivisa la tesi della Amministrazione, secondo la quale una simile casistica sarebbe dettata soltanto allo scopo di ribadire e convalidare, in via esemplificativa, il principio per cui lo Stato non pu essere soggetto passivo dei tributi imposti dagli enti locali; principio, questo, che di nessuna esplicita convalida aveva bisogno. Lo s~opo invece quello di prevedere vere e proprie norme di esonero, nell'implicito presupposto che, al di fuori dei casi ivi contemplati, lo Stato debba essere soggetto ai tributi cui il complesso delle norme si riferisce. In altri termini, ove il citato t. u. nulla avesse disposto circa la posizione dello Stato di fronte ai nei suoi stessi confronti, sottoponendosi ai tributi istituiti (da lui stesso o su sua autorizzazione) a favore degli Enti minori. Non par dubbio, quindi, che, fermo il principio generale della non assoggettabilit dello Stato ai tributi dei Comuni e delle Provincie, lo Stato stesso possa, legislativamente, derogare a tale principio, ponendosi come soggetto passivo del tributo dell'Ente minore. b) Ma tale atto di autolimitazione -ed questo il secondo e, per un certo verso pi importante problema -dovr risultare espressamente dalla legge o potr dalla stessa ricavarsi per mezzo dell'interpretazione logica, estensiva, sistematica, ecc.? In particolare, in caso di silenzio della legge istitutiva o autorizzativa del tributo, dovr ritenersi o non che esso tributo si applichi anche allo Stato? Pienamente convinti, come siamo, (cfr. in questa Rassegna 1966, I, 134142) della necessit di sottoporre ogni norma ad un completo processo interpretativo, riteniamo che l'autolimitazione potr essere desunta dalla legge con ogni mezzo che l'ermeneutica pone a disposizione dello interprete, J J PARTE I~ SEZ. V~ GIDlUS'.l?llUDENZA TBD3UTAlUA 681 tributi locali, si sa:ttebbe dovuto desumerne una generale esenzione nei cn:hionti tlell'Amministrazione dello Stato medesimo; viceversa, a se~ guit della specificazione delle singole esenzioni per singole categorie di tributi, la legge ha chiaramente fissato i limiti entro i quali deve rit-enersi operante l'accennata autolimitazione, in quanto la specifica in.dicazione di casi in :cui l'esenzione ammessa, non pu, per esigenza log;tca. aveil'e a1tro. sj.gnijicato be qu~llQ Eli sottoporre lo Stato a tributo in .ogni altl'fil> caso in '.cui della esenzione si taccia. c''alt criteri i\litH:pw:etatbri ion'O; poi, validi per risolvere anche il ~sb'di :.&pie. l)\Ve, infatti, rilevarsi l'erroneit della tesi sostenuta dai!U\r.tnmmi$'Wazione rie1:n:rente, sendo la quale la legge 20 marzo JLJ.tl:, ~.,0ft'fltJ:t'Sulla ;t4~<1Q-t;;t, lt~sjorto e, smaltimento dei rifiuti urbani -. ~~~, ~eW~~1'e'dis~~ijrare. U "Uibuto, llelativo, tace della esenzione fn ((ttsa~so ..;..,,.; '.tlaJl*;fjWes~trebl:i~ un cc;wpus univ.m, separato dal testo ~:ll~lil::l '.U),tl s(IJlift :flnza 1oca~'ei qindii da considerarsi, ai fini in\ t~ll'Jlltatnri, :.in \'Vf~atalitftenema1 1isl)etio a: catiesto. Invece, non contestabil dle, le, p'rehis"te. norme :f:l.seali costituiscono parte integrante del t. u.. :rmedesimp'1!~'dsul:Ie varie esenzioni tassativamente previste, n.d&ttiva he an<.;:he il tril:>uto in esame applicabile nei confronti dello Stat~ man:canr.il' (ordinari rifiuti dei fabbricati a qualunque uso adibiti), e non anche ai rifiuti e esterni > (immondizie e rifiuti delle aree pubbliche o, comunque, destinate, anche temporaneamente, ad uso pubblico), quali devono ritenersi quelli delle aree pertinenti agli impianti ferroviari in genere. Si deduce, infine, che costituendo l'Azienda delle Ferrovie dello Stato un'industria nazionale, e dovendo, pertanto, ritenersi che i rifiuti dai suoi impianti prodotti appartengono alla categoria dei rifiuti industriali, per i quali non sussiste ed , anzi, esclusa la presunzione di utenza del servizio, che i comuni gestiscono in esclusiva, l'imposizione sarebbe risultata priva di causa. Anche queste censure difettano di ogni fondamento. I I r Premesso che le Amministrazioni dello Stato non sono esenti dal pagamento della tassa di cui trattasi, ne deriva che, di fronte ad essa, le stesse amministrazioni debbono essere considerate non diversamente da qualsiasi altro soggetto che, secondo le previsioni dll'art. 269 t. u. fin. loc. (modificato dalla legge 20 marzo 1941, n. 366), occupi, oppure I pubblici istitutive dei tributi autorizzati per legge, tutt'altro che pacifica, specie dopo l'accurata indagine svolta dal GIANNINI M. S. sui provvedi menti amministrativi generali ~GIANNINI M; S. Provvedimenti amm.vi ge nera.Li e regolamenti ministeriali, Foro It. 1953, III ,9 segg.), tra i quali appunto dovrebbero classificarsi le delibere suddette. Con tutte le ovvie conseguenze in ordine alla sussistenza del vizio di violazione di legge del l'atto ammiinstrativo che sia emesso in spreto al principio generale della non assoggettabilit dello Stato ai tributi degli Enti minori. A parte la suesposta considerazione, peraltro, e anche a voler accogliere l'opinione del BERLmI in ordine alla natura di tali delibere, e a volerle ritenere quindi veri e propri regolamenti delegati, va rilevato che, come del resto lo stesso Autore riconosce (op. cit., 51), il regolamento delegato non pu modificare i principi fondamentali di diritto relativi a quella deter minata materia. Di conseguenza, non potrebbe neppure violare il principio che qui si esamina. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 683 conduca locali a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale. Conseguentemente, anche per l'Amministrazione statale valido il principio che regola la tassa in questione, che cio essa dovuta per la sola circostanza che esiste un servizio istituito dal Comune e di cui si pu usufruire, a prescindere dalla effettivit e dalla realt della prestazione del servizio, dall'utilit concreta, per il soggetto, del servizio stesso, dalle eventuali modalit che il soggetto medesimo possa avere eventualmente attuato per provvedere altrimenti al trasporto o alla eliminazione delle immondizie: principio il quale si desume, in via sistematica, dal carattere, inerente alla imposizione prevista dai gi citati articoli 268-270 del t. u. del 1931 (testo modificato dalla legge del 1941), non di corrispettivo di un servizio individuale per la raccolta e il trasporto dei rifiuti solidi urbani, bensl di un prelevamento coattivo che i comuni possono operare in base a tariffa, in relazione al costo complessivo del servizio (cfr. in proposito, la sentenza della Corte Costituzionale n. 51 del 6 luglio 1960); carattere indubitabile almeno in base al testo attuale dei predetti articoli, nei quali non in alcun modo riprodotta la disposizione del secondo comma dell'art. 269 (testo originario), in cui era previsto: "Non sono tenuti al pagamento del corrispettivo coloro che non profittano del servizio comunale e provvedono altrimenti al trasporto delle immondizie dai locali di loro pertinenza, quando sia riconosciuto dall'Ufficio comunale di Igiene che i mezzi da essi adoperati sono conformi alle esigenze della pubblica sanit e alle disposizioni dei regolamenti locali ,. . Ci premesso, invano l'Amministrazione intenderebbe attribuire ad alcune espressioni, enucleate dal contesto degli artt. 269 e 270 (testo attuale), quali e inizio dell'utenza ,. , e locali serviti ,., una indicazione nel senso di escludere dalla tassa quelle pubbliche amministrazioni che del servizio gestito dal Comune effettivamente non fruiscono o per disposizione regolamentare, o per esigenze Non basta. principio fondamentale che il regolamento delegato debba restare, rigidamente, nell'ambito della legge di delega. Ne consegue che quando, nella legge, non sussistono elementi per dimostrare la volont del legislatore di compiere un atto di autolimitazione, e, quindi, per quanto si sopra detto, debba concludersi che esso legislatore non abbia inteso derogare al principio generale, evidentemente il regolamento delegato non potrebbe, validamente, istituire il tributo a carico dello Stato. Nella fattispecie decisa, la Suprema Corte ha ritenuto dall'esame del testo unico sulla finanza locale di poter desumere, in via di interpretazione estensiva e, soprattutto, sistematica la sussistenza dell'atto di autolimitazione da parte del legislatore, concludendo che, in tutti i casi e per tutti i tributi disciplinati dal testo unico stesso in cui non siano previste espresse esenzioni a favore dello Stato, lo stesso debba essere considerato soggetto passivo di imposta. A. MEROATALI 684 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tecniche loro proprie, o per la natura del bene oggetto del""servizio. Quelle espressioni, alla stregua di quanto sopra si osservato, non escludono che il soggetto, privato o pubblico che sia, possa in effetti non usufruire del servizio o rifiutarlo, e che in tale singolare ipotesi sia sufficiente la virtualit della prestazione, cio la possibilit di fruirne, affinch sia legittima l'imposizione della tassa. Ci che rende superflua ogni ulteriore considerazione sul punto se, in sede di merito, la Amministrazione avesse effettivamente dedotto e dimostrato di avere organizzato un proprio servizio di rimozione dei rifiuti appunto in ordine ai locali tassati, o tale servizio non inerisse, invece, ad impianti ferroviari (strade ferrate e pertinenze) non identificabili in alcun modo con i locali tassati. Quanto al secondo ordine di censure contenute nel motivo in esame, conviene rilevare che l'Amministrazione tende a spostare, per la prima volta in questa sede, i dati di fatto specifici, sulla base dei quali fu svolta la controversia nei gradi di merito. Dalle sentenze pronunciate in quei gradi, emerge che gli immobili appartenenti allo Stato, per i quali il Comune di Firenze ha richiesto il pagamento della tassa per la raccolta e per il trasporto dei rifiuti solidi urbani, sono edifici situati nel territorio del Comune di Firenze, adibiti ad uffici, servizi, magazzini dell'Amministrazione Ferroviaria dello Stato, mentre non risulta in alcun modo che il Comune abbia preso in esame, agli effetti della tassazione, ed abbia effettivamente tassati, la strada ferrata e le aree pubbliche che della strada stessa costituiscono pertinenze. Pertanto, fuori di luogo il richiamo, da parte dell'Amministrazione delle Ferrovie, al concetto di rifiuti esterni (previsti dall'art. 1, lettera g, della pi volte citata legge, come quelli che si accumulano sulle aree pubbliche, o comunque destinate anche temporaneamente ad uso pubblico, e per i quali il Comune non ha la facolt di imporre la tassa), giacch, nella specie, oggetto della tassazione non sono state aree pubbliche, ovvero aree destinate ad uso pubblico produttive di rifiuti esterni, ma fabbricati siti nell'ambito cittadino, occupati da uffici, servizi o magazzini, e che, come tali, sono produttivi di immondizie qualificate come rifiuti interni. Non , infine, nemmeno degna di accoglimento la tesi secondo cui l'Azienda delle Ferrovie dello Stato sarebbe titolare di una attivit industriale, che, come tale, produrrebbe soltanto rifiuti industriali, i quali sarebbero fuori del potere di imposizione dei Comuni, a norma dell'art. 27 della legge del 1941. A questo riguardo, non pu che essere condivisa l'osservazione della Corte d'Appello, secondo cui, per rifiuti industriali debbono intendersi propriamente i detriti derivanti dall'esercizio di una attivit industriale, e, pi propriamente ancora, i residui della lavorazione delle materie prime, mentre ovvio che nei locali occupati dalle FF.SS. per uso d'uffici o di magazzini non si provveda affatto alla lavorazione di materie prime. PARTE I, SEZ. V;, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 685 D'altra parte, appare di per s anche inesatta l'asserzione prcui, ove si trattasse di locali adibiti a stabilimenti industriali, la tassa non sarebbe dovuta, perch nei predetti stabilimenti non verrebbero a residuare rifiuti comuni. Infatti (come questo Supremo Collegio ha gi stabilito con la sentenza 12 agosto 1963, n. 2295) la tassa per il servizio di rimozione dei rifiuti urbani espletato dai Comuni dovuta anche per gli stabilimenti industriali esistenti nelle zone del territorio comunale in cui il servizio di raccolta e trasporto istituito regolarmente; e ci in conseguenza dell'ovvio rilievo che nei locali ove si producono rifiuti industriali, come in tutti i locali comunque abitati, si producono anche rifiuti ordina:i;i, essendo questo l'effetto di un qualsiasi uso di ambienti e della semplice convivenza di persone, sicch anche in rapporto ad essi sussiste la presunzione della legge impositiva (art. 269), basata su un dato di comune esperienza, senza che occorra la prova specifica dell'esistenza e del quantitativo dei rifiuti asportati. Con il terzo motivo, infine, la ricorrente -denunciando violazione e falsa applicazione, sotto altro aspetto (subordinato rispetto a quelli precedentemente esaminati), delle stesse disposizioni di legge; violazione dell'art. 823 c. c.; conseguente nullit ai sensi dell'art. 360, n. 3 c. p. c. torna a lamentarsi che la Corte d'Appello non abbia considerato che la tassa in contestazione non sarebbe stata comunque dovuta, perche 1'Azienda delle Ferrovie dello Stato non profitta del servizio comunale, ma .provvede alla raccolta ed allo smaltimento dei rifiuti prodotti dai propri impianti con mezzi propri regolamentari, attuando cosi essa stessa un servizio ad hoc. Alla stregua della legge n. 366 del 1941 la tassa dovrebbe ritenersi non dovuta: a) perch la particolare imposizione non potrebbe prescindere dall'effettivit e realt della prestazione (nella specie escluse, attesa la non obbligatoriet del servizio per l'Azienda delle Ferrovie dello Stato); b) perch la privativa che il Comune ha in ordine al servizio in questione non sarebbe suscettibile di applicazione per i beni del demanio e del patrimonio indisponibile dello Stato; c) perch l'imposizione tributaria, destinata a fornire i mezzi per la soddisfazione di pubblici bisogni, sarebbe senza causa per i beni di cui cenno, trattandosi di beni destinati anch'essi alla soddisfazione di pubblici bisogni. Anche queste censure non appaiono meritevoli di accoglimento. Quanto ai rilievi formulati sub a), circa il non assoggettamento al tributo che conseguirebbe alla non effettiva fruizione del servizio, sufficiente ribadire i concetti che questa Corte ha espressi riguardo ai rilievi, sostanzialmente analoghi, contenuti nel motivo secondo del ricorso. Quanto alle censure di cui alla lettera b), conviene rinnovare l'osservazione che non pu in alcun modo affermarsi che il Comune abbia assoggettato al tributo la strada ferrata, le stazioni ferroviarie, i depo . I I ' RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 686 siti delle locomotive, ecc., nonch altri impianti e manufatti tali da potere essere considerati pertinenze della strada ferrata medesima, e quindi rientranti, insieme con la strada stessa, nella categoria dei beni demaniali a norma dell'art. 822 c. c. Trattasi, invece, d'immobili appartenenti al patrimonio indisponibile dello Stato, a norma dell'art. 826, ultimo comma, c. c. (edifici destinati ad uso di pubblici uffici, o, comunque, ad un pubblico servizio), soggetti, quindi, di regola, salvo il vincolo derivante dalla loro stessa destinazione (art. 828, secondo comma, c. c.), alla disciplina del diritto comune. Il richiamo delle FF.SS. al divieto di istituire sui beni demaniali o sui beni patrimoniali indisponibili diritti che non siano stati della legge espressamente stabiliti, nonch alla non assoggettabilit dei beni stessi ad imposizioni fiscali, appare tutt'altro che pertinente. Specie trattandosi di beni patrimoniali indisponibili, la loro qualit non rappresenta alcun ostacolo di carattere giuridico a che lo Stato possa usufruire del servizio predisposto dal Comune allo scopo di raccogliere e rimuovere i rifiuti solidi, non comprendendosi come l'esplicazione di tale servizio possa impedire la destinazione istituzionale dei beni stessi, o interferire sulla medesima. Quanto al profilo della assoggettabilit o non assoggettabilit dei beni pubblici ad imposizioni fiscali, neanche tale problema pu concretamente essere posto; esso potrebbe avere qualche significato rispetto a tributi o tasse di carattere reale, mentre non ne ha alcuno per una tassa di carattere personale e non reale, che non colpisce beni pubblici o destinati a pubblico servizio, ma soltanto i soggetti che occupano tali immobili. Questi non costituiscono propriamente l'oggetto, diretto o indiretto, del tributo, ma, come giustamente ha osservato la Corte di merito, rappresentano soltanto un punto materiale ed una misura di riferimento (superficie dei locali) per l'imposizione del tributo medesimo. Non pu, infine, essere riconosciuto fondamento nemmeno alle censure di cui alla lettera c), appoggiate ad un assunto principio generalissimo, secondo il quale, poich le imposizioni tributarie mirano a fornire i mezzi per la soddisfazione di pubblici bisogni, ogni volta che si abbiano beni destinati anch'essi, per la natura loro propria o per il servizio in concreto svolto, alla soddisfazione di pubblici bisogni, l'obbligazione giuridica d'imposta risulterebbe ,sfornita della causa giustificatrice. Ritenuto che nel caso concreto la causa dell'imposizione, cio lo scopo del tributo, quello di procurare ai Comuni le entrate occorrenti per far fronte all'organizzazione e alla esecuzione del servizio di raccolta e rimozione dei rifiuti, e tenuto presente che, come gi precisato, si tratta di una tassa in senso proprio, che colpisce chiunque si trovi nelle condizioni indicate nell'art. 296 del testo unico (anche se non voglia o non possa usufruire del servizio), ne deriva che la causa del PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 687 l'imposizione assolutamente indipendente dalla condizione giuridica o di fatto in cui si trovino coloro che occupano i locali esistenti nel territorio in cui funziona il servizio. N pu, da ultimo, essere attribuito pregio all'osservazione delle Ferrovie dello Stato, secondo cui i beni delle pubbliche amministrazioni destinati ad uso pubblico, non sarebbero suscettibili di quelle utilizzazioni di diritto privato, cui sarebbero connessi i concetti di " occupazione ,. e di e conduzione ,. , espressi dalla legge quale presupposto della presunzione di utenza e della stessa tassabilit. chiaro, invece, l'intento della legge stessa di riferirsi a qualunque forma diutilizzazione dei locali da cui possa derivare la produzione di rifiuti interni (cfr. l'art. 1 lettera b della legge 20 marzo 1941, n. 366, che prevede fabbricati a qualunque uso adibiti), utilizzazione indicata, in forma generica, esemplificativa ed atecnica, con le due predette espressioni, che non intendono circoscrivere l'utilizzazione a quelle legittimate da uno specifico titolo dominicale, ovvero da uno specifico titolo contrattuale di diritto privato (godimento in base a rapporto di locazione -conduzione). -(Omissis). SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 27 agosto 1966, n. 2285 -Pres. Sparvieri -Est. De Biasi -P. M. Caccioppoli (diff.) -Rainaldi (avv. Manfredonia) c. Comune Apricena (avv. De Filippis). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Capitolato generale -Esclusione di responsabilit per ritardi nei pagamenti -Limiti di applicazione. (Cap. gen. 28 maggio 1895, art. 40). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Ritardo nei pagamenti -Responsabilit per maggiori danni. (c. c., art. 1224). L'art. 40 del capitolato di appalto del ministero dei lavori pubblici, in base al quale i ritardi nei pagamenti non danno diritto all'appaltatore di pretendere indennitd di qualsiasi specie, n chiedere lo scioglimento del contratto, costituendo deroga alla disciplina generale dell'inadempimento limita la responsabilitd dello Stato per i danni causati all'appaltatore da ritardi nei pagamenti dei prezzi di appalto (1). Ma tale limitazione, per la stessa ratio che la giustifica -essendo i Titardi il pi delle volte l'effetto delle caratteristiche obiettive intrinseche dell'attivitd dell'apparato statale e della complessitd dell'iter di deliberazione, controllo e manifestazione esterna degli atti dell'amministrazione -non pu spiegare la sua efficacia in ogni ipotesi di inadempimento dello Stato ed anche quindi nel caso di inattivitd volontaria o gravemente colposa dei suoi organi, perch il totale ed incondizionato esonero di responsabilit sarebbe in contrasto ingiustificato con il principio generale che in uno Stato di diritto, lo Stato medesimo, al pari di ogni altra persona giuridica, non pu esimersi dal rispondere dei danni che, sul piano contrattuale, i-inadempimento volontario o gravemente colpOso di sue obbligazioni dete1mini ai privati (2). (1-2) La seconda massima non pu essere condivisa. La stessa terza sezione della Cassazione con sentenza 29 ottobre 1963, n. 2897 (in questa Rassegna, 1964, I. 192) aveva affermato il principio secondo cui l'art. 40 J J PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 689 (Omissis). -La sentenza di appello ancorata a tre essenziali proposizioni: -l'art. 40 del Capitolato generale per l'appalto delle opere di competenza del Ministero dei LL. PP., va interpretato nel senso di ritenere che, per sua norma, all'inadempimento colpevole od incolpevole dell'obbligo di pagare, nei termini, le rate di acconto o di saldo del prezzo di appalt consegue per l'Amministrazione dello Stato appaltante soltanto l'orire degli interessi legali stulle somme dovute e non corrisposte tempestivemente e non anche quello dell'ulteriore risarcimento danpi previsto nel seconao comma dell'art. 1204 c. c.; -11.'appUcazione di detto articolo peraltro non giustificherebbe, nella specie, l'attribuzione del richiesto risarcimento prch l'evento dedotto a titolo .gntico dei denunciati danni, ossia la mancata accettazione dll'.:fferta di un buon contratto di appalto da parte dell'ing. Piccirella, si sarebbe verificato ante 1942 (entrata in vigore del nuovo codice civile); -gli interessl legaa.i 'sui prezzo di appalto sono dovuti soltanto con de1correnza da cinque anni prima della domanda giudiziale e cio dal 6 maggio 1950, essendo quelli relativi al precedente periodo estinti per l'eccepita prescrizione quinquennale a norma dell'art. 2948 n. 4 c. c."' Il Raina:ldi, con l tre capi del suo ricorso, censura queste pronunce del giudice di appello per violazione di legge e vizio di motivazione e le censure, per le considerazioni di seguito espresse, che ne richiamano e sviluppano corretti ed essenziali nuclei di pensiero, meritano accoglimento. I. -L'art. 40 del Capitolato generale di appalto del Ministero LL. PP. dispone: i ritardi nei pagamenti non danno diritto all'appaltatore del Capitlato generale del 1895 disciplina l'ipotesi del ritardo nei pagamenti, fissandone in via preventiva, semplificata e forfettaria gli effetti. Ci in relaziene al solo dato oggettivo del ritardo, e senza che abbiano rilievo i' motivi del ritardo inteso, e quindi i profili soggettivi (di colpa o meno) nella condotta dell'Amministrazione. Nel commentare la decisione si osservava (loc. cit., 194), che il nuovo Capitolato generale del 1962, all'art. 35 espressamente definisce moratori gli interessi da ritardo, e comprensivi e del risarcimento del danno ai sensi dell'art. 1224, 20 comma, c. c. ,,. Secondo la relazione ministeriale (capo II, n. 4) la questione aveva dato luogo ad "ampie ed approfondite discussioni e rappresentava una notevole modifica della disciplina prevista nell'art. 40 del Capitolato generale del 1895. Al riguardo i rappresentanti dei costruttori avrebbero voluto che l'onere per i ritardi fosse pari all'interesse pagato alle banche, e che non fosse comprensivo del risarcimento dei danni. Le pretese erano sembrate eccessivamente gravose, e si era seguito una strada in un certo senso intermedia, applicando l'art. 1224, 20 comma del c. c. agli interessi da ritardo, e stabilendo che 690 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di pretendere indennit di qualsiasi specie n di chiedere lo scioglimento del contratto~. Nella specie stato dedotto in fatto che il Comune di Apricena non ha corrisposto all'ing. Rainaldi la somma di lire 305.0i25 dovutagli fin dal 1937, quale prezzo della costruzione in appalto di un tratto di fogna stradale, a causa, fra l'altro, di un'ingiustificabile e colpevole inerzia nell'espletamento delle pratiche amministrative necessarie all'apprestamento dei fondi finanziari da destinare alle spese dell'appalto stesso. Orbene che un tale comportamento come qualsiasi altro analogo, se -in realt sussistente, possa escludere, a norma del predetto art. 40, la responsabilit per danni dell'ente appaltante, oltre il limite degli interessi legali sul prezzo di appalto, non giuridicamente sostenibile. fuori dubbio che con tale norma, costituente deroga alla disciplina generale dell'inadempimento delle obbligazioni dettatadal codice civile, si inteso limitare la responsabilit dello Stato per i danni causati all'appaltatore da ritardi nei pagamenti dei prezzi di appalto. L'organizzazione strutturale dello Stato, invero, quale persona giuridica di vastissime dimensioni e compiti, nonch esigenze di il.egittimit impongono che la sua azione sia costituita da una serie di atti di preparazione, deliberazione, controllo ed attuazione il pi delle volte molto complessi non solo per la diversit degli organi individuali o collegiali rispettivamente competenti a porli in essere, ma ailtresi per le forme tassativamente chieste dalla legge per ciascuno di essi. D'altronde i fini istituzionali dello Stato stesso .giustificano una presunzione di legittimit per i suoi atti, di conformit cio ai precetti di legge e di assenza di ogni fine di ingiusto profitto a danno dei cittadini. Di qui l'esigenza di limitare la responsabilit dello Stato per i ritardi nei pagamenti dei suoi debiti di appalto, appunto perch detti ritardi il pi delle volte sono l'effetto delle caratteristiche obiettive intrinseche la misura dell'interesse doveva essere pari a quella praticata dagli istituti di credito di diritto pubblico >, al tasso accertato di anno in anno con decreto dei Ministri dei LL. PP. e del Tesoro. Per di pi, sempre secondo la citata relazione, persistendo l'inerzia dell'Amministrazione oltre determinati limiti, stato riconosciuto all'appaltatore, previa costituzione in mora, il diritto di promuovere il giudizio arbitrale per la risoluzione dell'appalto (cit. art. 35. u. c.; rel. cit., lett. c). Le disposizioni dell'art. 35 sono richiamate anche a proposito del ritardo nel pagamento della rata di saldo, sia nel caso di collaudo eseguito ma non approvato e per motivi attribuibili all'Amministrazione e sia nel caso di mancato collaudo negli eventuali termini fissati nel capitolato speciale. A conclusione del sistema, l'ultimo comma dell'art. 36, precisa che " sulle somme contestate e riconosciute in sede amministrativa e contenziosa, gli interessi legali cominciano a decorrere trenta giorni dopo la data di registrazione del decreto emesso in esecuzione dell'atto PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 691 della sua attivit e della complessit formale del relativo iter di deliberazione, controllo e manifestazione esterna. Ma tale limitazione, per la stessa ratio che la giustifica, non pu spiegare la sua efficacia in ogni ipotesi di inadempimento dello Stato, e cio qua1lunque possa esserne il comportamento come, ad esempio, nel caso di inattivit volontaria e gravemente colposa dei suoi organi, perch un totale ed incondizionato esonero di responsabilit sarebbe in contrasto ingiustificato col principio generale che in uno Stato di diritto questo, al pari di ogni altra persona giuridica, non pu esimersi dal rispondere dei danni che, sul piano contrattuale, l'inadempimento volontario o gravemente colposo di sue obbligazioni determini ai privati. E tale conclusione maggiormente valida quando iJ.'art. 40, che ne occupa, applicabile nei rapporti di appalto d'interesse di enti pubblici diversi dallo Stato, su richiamo contenutone nei relativi contratti, ha semplice valore di patto negoziale e non pi quello, originario, di precetto regolamentare (in questi ultimi sensi Cass. 20 marzo 1965, n. 462; 17 maggio 1963, n. 1266; 23 marzo 1961, n. 659). Per tali rapporti, fra i quali rientra quello oggetto di causa, deve in particolare affermarsi il principio che il ritardo nel pagamento del prezzo di appalto, per rate di acconto o per saldo, non esonera l'ente pubblico appaltante diverso dallo Stato dalla responsabilit per i maggiori danni, oltre gli interessi J.egali, derivati all"appaltatore dal ritardo stesso quando questo sia stato causato da volont di non adempiere (dolo) o da colpa grave. Principio questo espresso anche dall'art. 1229 c. c. che, sul piano generale della disciplina dell'inadempimento delle obbligazioni, commina la nullit di qualsiasi patto che esclude e limiti preventivamente la responsabilit del debitore per dolo o colpa grave. N in contrario vale obiettare che con tale interpretazione dell'articolo 40 del Capitolato generale se ne elude l'applicabilit suiJ. piano con cui, in sede amministrativa o arbitrale, sono risolte le controversie ,. . Le quali somme, da aggiungere, non potendo essere quelle delle rate di acconto o di quella di saldo, perch gi considerate nelle precedenti disposizioni, devono necessariamente riguardare pretese connesse alle vicende dell'appalto, e sulle quali si sia accesa controversia. N l'espressione " somme ,, idonea a far pensare alla limitazione ai soli corrispettivi per prestazioni contrattuali, dovendo essere la stessa riferita al sistema particolare della materia, secondo cui qualunque domanda di indennit > deve essere prospettata dall'appaltatore nei termini e con le modalit della riserva, e quindi -tra l'altro -con la precisa indicazione delle cifre di compenso cui crede di avere diritto ,, (art. 54, 3 comma, Regolamento 25 maggio 1895, n. 350; art. 26, Cap. gen. 1962). Pertanto da ritenere che la disciplina in esame sia applicabile in ogni ipotesi di ritardo nella gestione dell'appalto. 692 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO concreto, perch la limitazione di responsabilit per ritardo heT pagamento del prezzo di appalto -disposta da tale norma eccezionale per le ragioni giustificatrici innanzi espresse nei riguardi de1lo Stato e valide anche, seppure in grado minore, nei confronti degli enti pubblici diversi dallo Stato -resta salva in tutti i casi in cui il ritardo dipenda dal normale svolgimento delle procedure amministrative di detti enti pubblici, ovvero dal concorso di circostanze ostative della speditezza propria dell'attivit privata, purtroppo spesso ricorrenti e pertanto prevedibtli, imputabili o meno agli stessi enti appaltanti ovvero ad organi di controllo dello Stato, ed integranti o meno profili di culpa levis. -(Omissis). LODO ARBITRALE, 13 luglio 1966, n. 52 (Roma) -Pres. Trotta -Impresa Pepe (avv. Piaggio) c. Consorzio di bonifica Trigno (avv. Compagno) e Ministero Agricoltura e Foreste (avv. Stato Angelini Rota). Arbitrato -Rapporto processuale arbitrale -Momento in cui si perfeziona. Arbitrato -Costituzione del collegio arbitrale in epoca successiva al decennio dal rigetto delle riserve -Prescrizione della pretesa avanzata con la domanda arbitrale. Il rapporto processuale arbitrale si perfeziona solo con l'accettazione scritta da parte degli arbitri (1). Nel caso, pertanto, che la costituzione del collegio arbitrale abbia luogo a distanza di oltre un decennio dalla data di notifica del provvedimento di Tigetto deUe riserve, l'azione dell'appaltatore deve Titenersi prescritta (2). (Omissis). -Non pu invece, negarsi che nel caso in questione esista l'eccepita prescrizione. Come pone in evidenza il Consorzio, il rapporto processuale arbitrale si perfeziona soltanto con l'accettazione scritta degli arbitri (cfr. App. Roma, 10 ~arzo 1948, in Foro it., 1948, I, 426; Cass. 16 gennaio 1956, n. 30, in Giust. civ., 1956, I, 208; Cass. 22 febbraio 1961, (1-2) Nulla da eccepire sulla prima massima. La sentenza Cass. n. 1989/1964 citata nel testo, stata riportata e commentata in questa Rassegna, 1964:, I, 973. La seconda massima lascia perplessi. In questa Rassegna, 1965, I, 837, si sono precisate le ragioni per le quali nella domanda arbitrale deve identificarsi l'atto introduttivo del relativo giudizio. Ci sulla scorta della peculiare normativa dei pubblici appalti. appena il caso di rilevare, che la questione sl momento in cui pu dirsi instaurato il rap-.. PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 693 n. 409, ivi, 1961, I, 1460; cfr. anche Cass. 23 luglio 1964, n. 1989, in Giust. civ., Mass., 1964, 903). prima della quale non possibile parlare di instaurazione del rapporto processuale, dal momento che non esiste ancora l'organo giudicante (cfr. Cass. 29 luglio 1963, n. 2127, in Foro it. Rep., 1963, voce arbitrato , n. 81). Ci indubbio, ove si consideri che, mentre il giudizio ordinario comincia con l'atto di citazione nel quale necessariamente indicato il giudice adito, il giudizio arbitrale non ha inizio col compromesso, patto che le parti potrebbero anche non portare a concreti effetti e nel quale, comunque, potrebbero anche non essere nominati. gli arbitri , come stato esattamente osservato da un nostro acuto giurista. , d'altronde, noto che agli atti di :arattere transattivo intervenuti tr~ le parti non dato attribuire forza interruttrice della prescrizione (cfr. Cass. 29 marzo 1949, n. 702, in Foro it. Rep., 1949, voce cprescrizione, n. 12; Cass. 18 novembre 1959, n. 3042, in Giust. civ., Mass., 1959, 1151; Cass. 4 marzo 1960, n. 402, ivi, 1960, 155)'. Ora, dalla domanda di arbitrato risulta che il Commissario del Consorzio di Bonifica in Sinistra Trigno e Sinello notific all'Impresa Pepe il 2 settembre 1954 con ordine di servizio la reiezione delle domande di maggiori compensi avanzate dall'Impresa durante l'esecuzione dei lavori regQlarmente inserite nel registr~ di contabilit, ad eccezione deil.la prima e dell'ottava parzialmente accolte e per cui era .stata offerta la somma di L. 1.738.5r88 Il termine di prescrizione decorreva, pertanto, dal 2 settembre 1954, dovendo escludersi che il termine stesso avesse inizio dal giorno in cui fu notificato il provvedimento in data 22 febbraio 1956 con il quale l'Amministrazione, preso atto delle richieste dell'Impresa e al termine del riesame delle stesse, fece conoscere al Pepe le proprie determinazioni negative, a conferma della reiezione in precedenza pronunciata ", come sostiene l'Impresa Pepe. Di conseguenza, il termine decennale di prescrizione era decorso il 25 ottobre 1965, data di costituzione del Collegio arbitrale. -(Omissis). porto processuale arbitrale ben diversa da quella circa l'inizio del giudizio arbitrale. Sembra che nella specie alla domanda arbitrale non 12otesse essere comunque negato effetto interruttivo, ovviamente a carattere istantaneo e non permanente in mancanza della successiva costituzione del collegio arbitrale. da ritenere che il collegio arbitrale abbia considerato inutile l'approfondimento di tale profilo, perch le conseguenze pratiche sarebbero state le stesse: infatti, tra la domanda arbitrale, notificata il 2 ottobre 1954, e la data di costituzione del collegio intervenuta il 25 ottobre 1964, si era ugualmente maturato il decennio di prescrizione. 15 SEZIONE SETTIMA GIURISPRUDENZA PENALE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 marzo 1966, n. 119 -Pres. Fumu - Rel. Rivero -P. M. (conf.) -Conflitto competenza sollevato dal Tribunale di Milano in proc. Ventura. Competenza e giurisdizione -Incompetenza -Omesso rilievo da parte del giudice -Presunzione di acquiescenza -Esclusione -Principio applicabile ai casi analoghi di conflitto. (Cod. proc. pen., artt. 33, 42, 51). Il vigente sistema processuale non conosce l'acquiescenza del giudice come preclusione alla possibilit di rilevare la propria incompetenza, ma, al contrario, stabilendo che l'incompetenza possa essere dichiarata di ufficio in ogni stato e grado del giudizio ., (incompetenza per materia: art. 33 cod. proc. pen. e incompetenza funzionale) ovvero fino al momento immediatamente successivo al compimento delle formalit di apertura del dibattimento di primo grado (incompetenza per territorio: art. 42); ammette implicitamente la legittimit di tale declaratoria quale che sia stata la precedente attivit dello stesso giudice. La medesima regola riferibile anche ai casi analoghi di conflitto di competenza (1). (Omissis). -Nel giudizio di secondo grado, la Corte di Appello di Milano, rilevato che il collegio che aveva pronunziato la sentenza era composto dal presidente Giangreco, assegnato alla quarta sezione penale con decreto annuale di composizione delle sezioni, e dai giudici La Gioia e Tondi, assegnati .con il decreto medesimo alla terza sezione civile e provvisoriamente addetti come supplenti alla quarta sezione penale, osserv che era stata violata' la disposizione dell'art. 97, ultimo (1) V. per i precedenti le sentenze indicate in motivazione. PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 695 comma, dell'ordinamento giudiziario, che negli organi giudizia:d.""ollegiali vieta l'intervento in ciascuna sezione di pi di un supplente estraneo al collegio , e che tale violazione integrava la nullit di ordine generale inerente alla costituzione del giudice, indicato nell'art. 185, n. 1 c. p. p.: conseguentemente, con sentenza 3 agosto 1965, dichiar la nullit della sentenza di primo grado e rinvi gli atti al tribunale per il giudizio, a norma dell'art. 522, secondo comma, c. p. p .. Il Tribunale di Milano, con ordinanza 13 ottobre 1965, ha elevato conflitto di competenza, ritenendo che il divieto posto nell'ultimo comma dell'art. 97 dell'ordinamento giudiziario non si riferisca ai supplenti provenienti da altre sezioni dello stesso ufficio, ma soltanto a quelli provenienti da altri uffici a norma dell'art. 105 dell'ordinamento giudiziario. Il conflitto ammissibile come caso analogo ai sensi dell'articolo 51, secondo comma, seconda ipotesi, c. p. c. (giurisprudenza costante dopo la sentenza della Suprema Corte, Sez. I, 20 giugno 1958, P. M. in causa Di Maggio, in Giust. Pen. 1959, III, 22). Esso non pu, inoltre, ritenersi precluso per acquiescenza ", desumipile dall'avere il Tribunale, dopo la ricezione degli atti trasmessigli dalla Corte di Appello, svolto varia attivit ed emesso provvedimenti incidentali: il vigente sistema processuale non conosce, invero, l'acquiescenza del giudice come preclusione alla possibilit di rilevare la propria incompetenza, ma, al contrario, i:;tabilendo che l'incompetenza possa essere dichiarata di ufficio in ogni stato e grado del giudizio (incompetenza per materia: art. 33 c. p. p.; e incompetenza funzionale) ovvero fino al momento immediatamente successivo al compimento delle formalit di apertura del dibattimento di primo grado (incompetenza per territorio: art. 42), ammette implicitamente la legittimit di tale declaratoria quale sia stata la precedente attivit dello stesso giudice -la medesima regola riferibile anche ai casi analoghi di conflitto di competenza. Ci premesso, si osserva che il conflitto deve essere risolto nel senso indica\o dal Tribunale, giacch, secondo l'orientamento pi recente, ripetutamente espresso da codesta Corte Suprema, la disposizione dell'ultimo comma dell'art. 97 dell'ordinamento giudiziario deve essere interpretato nel senso che il divieto si riferisca ai supplenti provenienti da altri uffici giudiziari e non a quelli appartenenti ad altre sezioni dello stesso ufficio giudiziario collegiale costituito in sezioni (la sez., 13 febbraio 1963, Pagliano, in Cass. pen., Mass. ann., 1964, 93; sa sez., 19 giugno 1963, P. M. in c. Mascolo, ivi 1963, 909; 3a sez., 9 novembre 1964, Fandella, ivi 1965, 540; l8 sez., 26 giugno 1964, Spadaro, ivi 1965, 835). -(Omissis). A 696 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 marzo 1966, n. 313 -Pr~:..Fini - Rel. Amoroso -P. M. Vacca (conf.) Rk. D'Andrea. Dogana -Finanze e tributi -Contrabbando doganale -Contrabbando di tabacchi esteri -Detenzione abusiva -Concorrente evasione dell'IGE -Elemento psicologico del reato -Reato permanente. Ad integrare l'elemento psicologico del reato di contrabbando necessario e su:fficiente la consapevolezza di detenere tabacchi esteri introdotti in frode nel territorio dello Stato, anche se il detentore non li abbia importati e qualunque sia il modo con il quale egli ne sia venuto in possesso. Invero, la condizione di illegittimit, derivante dall'abusiva importazione del tabacco e dal correlativo omesso pagamento dell'IGE, accom pagna la merce nei successivi passaggi e le due violazioni di legge" assumendo carattere di reati permanenti, rendono tali reati configurabili nei confronti di tutti coloro che ne sono venuti successivamente in possesso (1). (1) Che il contrabbando sia un reato permanente e non istantaneo ormai affermazione giurisdizionale pacifica: v. Cass. 16 maggio 1951, rie. Porro; 5 febbraio 1958, in Giust. pen., 1959, II, 571 mass. 489; 5 febbraio 1959, ivi, 1958, II. c. 863 mass. 711; 9 novembre 1960, in Mass. Cass. pen., 1961, 248; 11 novembre 1960, ivi, 1961, 518. Altrettanto non pu dirsi invece per la dottrina che, specialmente quella pi recente, orientata in senso nettamente opposto: v. VINCIGUERRA, I delitti Doganali, 1963, 250; DE VINCENTIIS, Contrabbando Doganale, in Novissimo Dig. it., 439 e in particolare con dovizia di argomentazioni, v. RAGNO, n Contrabbando Doganale non reato permanente, in Giust, pen., 1956, II, 515. P.D.T. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 31 marzo 1966, n. 542 -Pres. Frisoli -Rel. Stipo -P. M. Sullo -Rie. Tombacco. Procedimento penale -Termini processuali -Sospensione nel periodo feriale -Termine della prima attuazione delle relative disposizioni. o. 14 luglio 1965, n. 818). Deve ritenersi che la sospensione dei termini processuali scadenti tm il 1 agosto ed il 15 settembre di ciascun anno fino a quest'uitima data, di cui alla legge 14 luglio 1965, n. 818, abbia avuto efficacia immediata a partire dal 1 o agosto 1965, ancorch la legge stessa sia entrata PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 697 in vigore il 4 agosto dello stesso anno: e ci perch, essendo la norma dettata pe1 consentire alla classe forense un periodo di pausa e di riposo annuale al suo diuturno lavoro in concomitanza col periodo feriale dei magistrati, il termine, cos prefissato nella sua durata, non pu essere ristretto arbitrariamente nella prima applicazione della legge (1). (Omissis). -Il ricorso fondato e deve essere accolto. Ritiene il Tribunale che, essendo la legge 14 luglio 1965 n. 818 sulle serie giudiziarie entrata in vigore soltanto al 15 giorno della sua pubblicazione (20 luglio 1965) e, cio, il 4 agosto successivo, ed ostando un'applicazione retroattiva della stessa perch non espressamente stabilita, il disposto del suo art. 1 (il corso dei termini processuali scadenti tra il 1 agosto ed il 15 settembre, sospeso di diritto fino a quest'ultima data) consentiva che col 16 settembre ricominciassero a decorrere i giorni utili eventualmente non consumati alla data del 4 agosto anzich del 1 agosto. Pertanto, nella fattispecie, essendo intervenute la notifica del deposito della sentenza di primo grado in data 19 luglio ed operando la sospensione soltanto dal 4 agosto, sarebbero residuati soltanto cinque (1) Sull'efficacia retroattiva della legge che ha stabilito la sospensione estiva dei termini processuali, questa risulta essere l'unica sentenza, mentre numerose sono le decisioni contrarie: v. Sez. IV, 26 gennaio 1966 in Mass. Uff. Decisioni Pen., 1966, 101246; Sez. IV, 28 aprile 1966, ivi, 1966, 101225; Sez. II 13 luglio 1966 ivi, 1966, 102082; Sez. II, 31 agosto 1966 ivi, 1966, 102446; Sez. II, lo ottobre 1966, ivi, 1966, 102558. La giurisprudenza della Cassazione civile presenta contrasti ancora maggiori, fin alle opposte decisioni della stessa seconda sezione che, con sentenza 7 gennaio 1967, n. 74 (in Foro It., 1967, I, 239) ha affermato la decorrenza della sospensione dal lo agosto, mentre con sentenza 18 gennaio 1967, n. 170 (in Foro It., 1967, I, 239) ha escluso la retroattivit della legge. Nello stesso senso di quest'ultima v. Cass. III, 13 luglio 1966, n. 1869 in questa Rassegna 1966, I, 1027. L'affermazione che il principio dell'irretroattivit -costituzionalizza.to soltanto per le leggi punitive -non ha valore assoluto e pu essere derogato, sia pur per implicito dal legislatore, frequente in giurisprudenza (Cass. civ. 12 maggio 1965. n. 905) e in dottrina (BARILE, Corso dt diritto costituzionale, 1964, 21; PERGOLESI, Diritto cost., vol. I, 1965, 289; CERE'l'I, Dir. Cost. it., 1958, 363; v. anche SANDULLI, Legge in Novisimo Digesto, it.), e parrebbe confortare questa isolata sentenza della Cassazione. Peraltro un'influenza decisiva sul predominante orientamento contrario deve aver esercitato la circostanza che nel testo definitivo della legge non sia stato accolto l'art. 3 del progetto Cacciatore, che prevedeva l'entrata in vigore della legge, il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. P.D.T. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 698 giorni utili decorrenti dal 16 settembre e scadenti perci col 2ft dello stesso mese e non gi col 24 come si sostiene. Osserva questa Corte Suprema che siffatta illterpretazione rigida sulla entrata in vigore della legge di cui sopra sia contraria allo spirito della norma che essa contiene. esatto che per l'art. 73 della Costituzione le leggi entrano in vigore il quindicesimo giorno successivo alla loro pubblicazione, salvo che le stesse stabiliscano un termine diverso, ma tale termine, oltrech espresso, si pu desumere dallo scopo che la norma persegue al fine di stabilire se essa debba considerarsi di immediata attuazione o non. Il principio della irretroattivit, secondo cui la legge non dispone che per l'avvenire ha -di regola -un valore assoluto per le leggi sostanziali, mentre pu ritenersi derogato dalle leggi a contenuto strumentale. Tali deroghe non sempre sono esplicite dovendo talora dedursi per via d'interpretazione. E l'interpretazione, nel caso di speci~, porta a dover stabilire che la sospensione dei termini processuali scaduti tra il 10 agosto ed il 15 settembre fino a quest'ultima data, di cui alla legge 14 luglio 1965, n. 818 deve avere efficacia immediata, a partire dal 10 agosto 1965, ancorch la legge stessa sia entrata in vigore il 4 agosto, e ci perch essendo la norma dettata per consentire alla classe forense un periodo di pausa e di riposo annuale al suo diuturno lavoro, in concomitanza col periodo feriale dei magistrati, il termine, cos prefisso nella sua durata, non pu essere ristretto arbitrariamente, nella prima applicazione della legge. Alla stregua delle suddette considerazioni i motivi del gravame presentati in data 23 settembre 1965 debbono considerarsi nei termini ed importano l'esame delle proposte doglianze per il quale il giudizio va rinviato ad altra sezione dello stesso tribunale, dovendosi annullare l'impugnata decisione. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 25 agosto 1966, n. 680 -P1es. D'Arienzo -Rel. Callegari -P. M. Pace (diff.) -Rie. Fabiano. Reato -Reato continuato -Circostanze -Attenuanti comuni -Danno di spe~iale tenuit -Valutazione del danno -Riferimento alle sin ~ole violazioni di le~~e. (Cod. pen., artt. 62 n. 4, 81, 2 comma). Nel caso di reato continuato, ai fini della eventuale applicazione dell'attenuante prevista dall'art. 62, n. 4, cod. pen., la entit del danno deve essere valutata con riferimento al pregiudizio cagionato dalle singole violazioni e non a quello complessivo, poich l'unificazione di PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 699 sposta daU'art. 81 cod. pen. per particolari fini (essenzialmente, per ovviare il rigore del cumulo delle pene) lascia integra l'autonomia e la struttura di ciascun reato (1). (Omissis). -Con i motivi di ricorso si chiede l'annullamento delle sentenze, con rinvio, per violazione di legge e difetto di motivazione in ordine alla mancata applicazione dell'attenuante della speciale tenuit del danno (art. 62 n. 4 c. p. e 475, 3 c. p. p.), il giudice di merito avendo considerato il valore complessivo delle cose rubate nell'ufficio del Comando dei vigili urbani di Matera anzich il danno subito dai singoli enti danneggiati in rapporto alle loro condizioni economiche. La censura non ha fondamento. esatto che l'entit del danno patrimoniale ai fini dell'applicazione dell'attenuante di cui all'art. 62 n. 4 c. p. nel caso di reato continuato, deve essere valutata con riferimento al pregiudizio causato dalle singole violazioni di legge e non gi a quella complessiva, perch l'unificazione di pi reato sotto il vincolo della continuazione stata disposta dalla legge a fini particolari, essenzialmente per ovviare al rigore del cumulo delle pene, lasciando integra la struttura e l'autonomia di ciascun reato. Senonch la sottrazione delle somme di lire 94.000, della pistola, della torcia, avvenuta nella notte dal 9 al 10 novembre 1960 nella sede dei vigili urbani di Matera, costituisce, come pacifico, un solo furto, uno dei vari furti ascritti agli imputati e unificati sotto il vincolo della continuazione. Il fatto che gli oggetti e le somme suddetti appartenessero a pi enti (lire 39.000 al Comune di Matera, lire 1950 alla Polizia Stradale, lire 4.000 alla Croce Rossa, ed altre somme minori ad altri enti) nulla toglie alla unicit del reato, perch non vi stata pluralit di azioni e di eventi, bens una sola azione (anche se costituita da pi atti, non discontinui) che ha prodotto un unico evento. Giustamente, quindi, agli effetti del diniego dell'attenuante stato considerato nella specie l'importo complessivo ( totale ) della somma e delle cose che formarono oggetto del furto suddetto. N era tenuto il giudice d'appello a prendere in considerazione le condizioni economiche degli (1) Esatta applicazione di principi giuridici relativi ad istituti distinti. La Corte ha fatto scaturire dalla concreta disciplina dell'art. 81 c. p. basato su una jctio iuris, la necessaria conseguenza della distinzione fra i singoli reati considerati, i quali, salvo che per i fini di cui all'art. 81 predetto, mantengano pur sempre la loro fisionomia. Pertanto il giudice in sede di applicazione della attenuante ex art. 62, 4, deve conseguentemente darsi carico dell'entit del pregiudizio determinato dalle singole violazioni della legge penale. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 700 enti danneggiati; avendo escluso nel valore in s della refurtiva il carattere della speciale tenuit del danno, era ultronea l'indagine sulla situazione economica delle persone offese, indagine attinente a criterio sussidiario agli effetti dell'accertamento della sussistenza degli estremi della attenuante in questione. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 24 settembre 1966, n. 2189 -Pres. Rosso -Rel. Rosso -P. M. (conf.) Rie. Olivero. Pena -Sospensione condizionale della pena -Reiterazione del be neficio -Condizione del pa~amento della pena pecuniaria prece d.entemente inflitta e condizionalmente sospesa -Presuppone l'esistenza del debito -Estinzione del reato precedente -Esclu sione della condizione. (cod. pen. art. 164, 5 ~omma). La condizione di pagare u.na pena pecuniaria inflitta con una 'P'f'e cedente condanna per altro reato, cui sottoposta la sospensione condi zionale della pena neU'ipotesi di cui aU'art. 164, 5 comma, c. p., ha ragione di essere in quanto ne sussista il fondamento, cio l'esistenza del debito; ma quando esso viene a mancare, perch il precedente reato estinto, ad es. per amnistia, anche la condizione viene meno, non potendosi imporre l'adempimento di una obbligazione inesistente. Perch ci si verifichi occorre non soltanto che il reato di cui alla precedente condanna sia com'P'f'eso nel decreto di amnistia, ma anche la concreta applicazione del beneficio da parte del giudice competente (1). (1) La giurisprudenza della Suprema Corte sembra orientarsi, con questa ultima decisione, nel senso pi corretto in ordine all'interpretazione dell'ultimo comma dell'art. 164 c.p. nel testo modificato dalla I. 24 aprile 1962, n. 191. Nello stesso senso si era gi espressa la stessa sezione (Cass., Sez. III, 12 ottobre 1964, in questa Rassegna, 1966, I, 740) e la Seconda sezione (Cass., Sez. II, 23 aprile 1965, n. 723, ivi, 1966, I. 743). Il contrario orientamento giurisprudenziale (Cass., Sez. III, 9 ottobre 1964; Sez. IV, 15 giugno 1965, n. 1247) era gi stato con esatte argomentazioni confutato da DE CARLO (in questa Rassegna, 1966, I, 739). P.D.T. PARTE SECONDA l.6 J QUESTIONI LA RESPONSABILIT DEI MEMBRI DEL NUCLEO FAMILIARE NELLA RIS'COSSIONE DELL'IMPOSTA COMPLEMENTARE La regolamentazione dell'opposizione di terzo nell'espropriazione esattoriale (definita con riferimento all'art. 619 c. p. c. e, dunque, come vera e propria rei vindicatio) risulta, come noto, principalmente dal secondo comma dell'art. 207 del t. u. sulle imposte dirette del 1958. Fuori questione l'ipotesi disciplinata dalla lett. a) della norma che in questa sede non interessa, prendono rilievo le due altre ipotesi di cui alle lett. b) e e), le quali rispettivamente prevedono che l'opposizione di ter:i!io non possa essere proposta e dal coniuge e dai parenti ed affini fino al terzo grado del contribuente o dei coobbligati, per quanto riguarda i mobili esistenti nella casa di abitazione del debitore, sempre che non si tratti di beni costituiti in dote con atto anteriore alla presentazione della dichiarazione annuale o alla notifica dell'avviso di accertamento dell'imposta ovvero dalle persone i cui redditi, ai fini dell'accertamento relativo alla imposta complementare per la quale si procede, siano stati cumulati con quelli del contribuente iscritto a ruolo . L'ambito delle due disposizioni evidentemente molto diverso. La prima ha riferimento ad un preciso elemento individualizzante del bene rispetto al quale l'opposizione non proponibile (trattarsi di bene mobile esistente nella casa di abitazione del debitore), la seconda prescinde completamente da ogni determinazione dell'oggetto della contestazione facendo riferimento -con formulazione estremamente ampia -ai soli soggetti cui viene esclusa la legittimazione a proporre opposizione. Se ci ha esegeticamente un senso -ed il valore del confronto tra il contenuto delle due disposizioni senza dubbio esaltato dalla identit della sedes materiae dovr concludersi che il divieto di opposizione .previsto dalla lett. e) dell'art. 207 si riferisce non soltanto ai beni mobili esistenti nella casa di abitazione del debitore ma ad ogni specie di beni appartenenti ai soggetti i cui redditi, ai fini dell'accertamento per l'imposta complementare ,siano cumulati con quelli del contribuente iscritto a ruolo; ed anche, per quanto pi particolarmente concerne la moglie del contribuente, ai beni costituiti in dote (cfr. in questo senso, CocIVERA, Guida alle imposte dirette, Torino, 1960, 255). Cosi chiarito l'ambito della norma in esame, resta da precisare se essa abbia funzione meramente processuale (nel senso, cio, di escludere la legittimazione ad una azione giudiziaria la quale presupponga pur tuttavia la esclusiva responsabilit sostanziale del solo contribuente iscritto a ruolo) o non piuttosto un pi ampio valore di fonte di garanzia patrimoniale dell'obbligazione tributaria oltre i limiti del patrimonio del soggetto passivo di imposta. Soccorre al riguardo la decisione 16 giugno 1964, n. 42, della Corte Costituzionale, in questa Rassegna, 1964, I, 634, con la quale la Corte, nel giudicare della legittimit costituzionale dell'art. 207 lett. b) del t. u. del 1958, ha precisato quanto segue: l'art. 207 lett. b) t. u. sulle imposte dirette si inquadra, pur con la particolarit delle sue disposizioni, nel sistema delle garanzie patrimoniali delle obbligazioni, regolate da norme di diritto 132 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sostanziale. , infatti, la legge sostanziale che stabilisce quali be:iiT costituiscono la garanzia del creditore. Esattamente stato osservato che la norma che determina l'oggetto su cui pu essere esercitata l'azione esecutiva del creditore una norma di diritto materiale, perch delimita l'ambito entro il quale pu essere usato lo strumento processuale fornito al creditore per la realizzazione del suo diritto, e stabilisce quali diritti del debitore e, in genere, quali situazioni giuridiche possono essere sacrificate perch sia soddisfatto tale diritto attraverso l'esecuzione coattiva >. In questo ordine di idee, cos autorevolmente espresso, poich non dato ravvisare tra la lett. b) e la lett. e) dell'art. 207 alcuna differenza di struttura o di funzione, che imponga di escludere per la seconda ipotesi la medesima qualificazione di norma sostanziale, e poich, al contrario, la riferibilit al concetto di situazione giuridica passibile di sacrificio (che al centro del ragionamento della Corte) si ripropone puntualmente anche in relazione alla posizione delle persone indicate nella lett. c), sembra possibile estendere la qualificazione di norma sostanziale anche a tale ipotesi normativa. In questa conclusione conforta anche, indirettamente, la disposizione di cui al secondo comma dell'art. 220 del t. u., dove previsto che l'ufficiale esattoriale deve astenersi dal pignoramento quando sia dimostrato che i beni appartengono a persone diverse dal debitore e dai soggetti indicati dal secondo comma dell'art. 207; il che equivale evidentemente a sanzionare la perfetta legittimit di una esecuzione promossa su beni che, gi al momento del pignoramento, risultavano dimostrati di propriet di un membro del nucleo familiare anzich del capo famiglia. Ci implica una conferma della natura sostanziale della soggezione dei beni dei membri del nucleo familiare all'esecuzione esattoriale, sotto un duplice aspetto: 1) in primo luogo, quando il difetto di legittimazione ad avvalersi di un mezzo processuale non sia limitato o sottoposto all'esercizio di oneri particolari ma risulti, in senso assoluto, preclusivo della possibilit stessa di avvalersi di quel mezzo, la carenza di legittimazione si risolve neces sariamente in compressione della sfera giuridica sostanziale dell'interes sato. Nella specie, trattandosi di prclusione all'esercizio di una pretesa di propriet, vuol dire che il diritto del proprietario istituzionalmente destinato a sopportare l'esercizio di una azione esecutiva per debiti altrui; 2) in secondo luogo, il fatto che l'accertamento della spettanza del bene ad uno dei soggetti indicati nel secondo comma dell'art. 207 non preclude l'esercizio dell'azione esecutiva gi nella fase preliminare (pigno ramento), e pur quando la titolarit del diritto risulti incontestabil mente provata, appare in contraddizione con la costruzione del fenomeno in chiave meramente processuale, dato che le tradizionali limitazioni alla facolt di revindica in sede esecutiva (art. 619 e 621 c. p. c.) -queste s veramente processuali -appaiono tutte rivolte alla diversa esigenza di garantire la seriet dell'opposizione e sono, comunque, tutte operanti soltanto in fase successiva al pignoramento, in fase cio strettamente contenziosa. I risultati fin qui conseguiti sulla scorta di una interpretazione mera mente esegetica possono essere ulteriormente confermati al lume di ta lune considerazioni sistematiche. Anzitutto evidente che la situazione ipotizzata, in cui ad un solo debitore di imposta in senso stretto (il contribuente iscritto) si affian chino altre persone chiamate a rispondere con il proprio patrimonio del l'adempimento del debitore, non ha in s alcunch di anomalo sol che si consideri come la possibilit di scissione tra debito e responsabilit nel PARTE II, QUESTIONI 133 l'ambito di un medesimo rapporto di obbligazione corrisponda a noti concetti di teoria generale (cfr. BETTI, Teoria generale delle obbtigazioni, Milano), ed a numerose fattispecie legislativamente previste (artt. 1936, 2755, 2784, 2808 c. c.). In secondo luogo sembra chiaro come siffatta situazione trovi particolare riscontro nella struttura dell'imposta complementare, in cui -tramite la persona del solo contribuente iscritto a ruolo -si intende in realt colpire il reddito in un intero nucleo familiare. Si dovr, allora, concludere che la possibilit di procedere esecutivamente sui beni degli altri componenti di tale nucleo pienamente in armonia con la ratio dell'istituto, risolvendosi in una maggiore garanzia per l'adempimento del medesimo debito. In questo ordine di idee non sembra utilmente invocabile, per la tesi contraria a quella qui sostenuta, la disposizione di cui all'art. 232, ult. comma, del t. u., perch il privilegio esattoriale sull'immobile -a parte il fatto che corrisponde a tutt'altra ratio e tradizione legislativa -, comunque, chiaramente rivolto a garantire il credito tributario per l'ipotesi, ben diversa da quella in discussione, in cui la propriet del bene immobile passi a persona estranea al nucleo familiare dell'originario proprietario. piuttosto opportuno precisare che la responsabilit solidale dei componenti il nucleo familiare opererebbe in ogni caso nei soli limiti in cui debba ritenersi rilevante, ai fini della complementare, il concetto stesso di nucleo familiare: cio nei soli limiti in cui sussiste effettivamente la cumulabilit dei redditi tassabili, a sensi degli artt. 131 e successivi del testo unico. Cos, ad es., il principio affermato potr subire eccezione nel caso di separazione legale di cui al secondo comma del citato art. 131. Peraltro, e con le limitazioni accennate, il principio della responsabilit solidale rester fermo. N sembrano determinanti in contrario le decisioni 15 marzo 1938 e 28 aprile 1938 della Corte di Cassazione (rispettivamente in Giur. it., 1938, I, 1, 575 e 729) le cui conclusioni sono soltanto apparentemente in contrasto con la tesi qui sostenuta. Queste due sentenze furono, infatti, rese in vigenza del vecchio t. u. sulla riscossione delle imposte dirette, approvato con r. d. 17 ottobre 1922, n. 1401, il cui art. 63, nel regolare la stessa materia dell'opposizione all'esecuzione oggi disciplinata dall'art. 207, prevedeva l'esclusione dalla facolt di opposizione nel solo caso corrispondente alla lett. b) dell'attuale art. 207. La disposizione di cui alla lett. e), sulla quale -come si visto -deve esegeticamente giustificarsi la soluzione in senso affermativo del quesito in esame, risulta introdotta nella nostra legislazione soltanto con l'art. 18 della I. 16 giugno 1939, n. 492, e cio in data successiva alle citate decisioni. N consta che in prosieguo di tempo la Cassazione abbia pi avuto modo di pronunciarsi sulla questione. T. ALIBRANDI RASSEGNA DI DOTTRINA BARILE P., Scritti di diritto Costituzionale, C.E.D.A.M., Padova, 1967, pagg. 750. Il libro in rassegna raccoglie i principali scritti dell'A., gi apparsi in varie riviste giuridiche o culturali dal 1947 al 1966, le sue pi significative relazioni e comunicazioni in Congressi e Convegni di studi, i suoi pareri e le sue risposte ad interviste pubblicate su giornali di inftormazione politica. Esso, mano a mano che si procede nena lettura, contribuisce a dare un quadro abbastanza ampio del pensiero del B. sui pi importanti e rilevanti problemi che la scienza giuridica ha dovuto esaminare e risolvere dall'entrata in vigore della Costituzione ad oggi. Non mancano nel volume anche scritti tuttora inediti, come ad esempio lo studio sul Potere costituente " e quello sul Presidente della Repubblica, che appariranno nel volume del Novissimo digesto Italiano in corso di pubblicazione. Di vivissima attualit, ed oltretutto adeguatamente aggiornato, ci sembrato l'articolo Per un ammodernamento delle strutture democratiche italiane, pubblicato sul Il Ponte nel 1964: in esso si affrontano temi che stanno formando oggetto di ripetuti dibattiti in sede politica ed in sede giuridica e che riguardano essenzialmente la composizione e la funzionalit del Parlamento (bicameralismo, potere dei partiti e dei gruppi di pressione, leggi di indirizzo politico e problema della delegiferazione). Da segnalare, infine, un efficace articolo sul Il dovere di imparzialit della P. A., per la chiarezza dei concetti in esso espressivi. L.M. SORRENTINO F., I conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato, Riv. trim. dir. pubblico, 1967. Traendo spunto da due recenti Ordinanze della Corte Costituzionale con le quali sono stati dichiarati inammissibili due ricorsi per conflitto fra poteri dello Stato, l'A. esamina diffusamente la questione, molto dibattuta nella dottrina, specialmente pi recente, che sottopone a severa ed acuta critica. Premessi alcuni cenni storici sul principio della separazione dei poteri, affermato solennemente gi da Locke e Montesquieu come strumento atto a garantire i singoli contro gli abusi dell'autorit, ed accertata la compatibilit del principio col regime prlamentare, in genere, e con l'attuale ordinamento italiano, in specie, l'A. passa alla individuazione dei soggetti e dell'oggetto del conflitto e, infine, del procedimento previsto per la sua risoluzione non senza aver esattamente precisato che l'indagine va condotta esclusivamente attraverso la interpretazione della Costituzione e delle norme di legge ordinarie dettate per la sua attuazione (in questi stessi sensi la recente sentenza n. 79 del 1967, nella quale la Corte Costituzionale ha affermato che il principio della divisione dei poteri risulta accolto, nel vigente ordinamento, non in astratto, bensl entro i limiti consacrati dalle norme della Costituzione ). PARTE II~ RASSEGNA DI DOTTRINA Sul primo e, direi, pi dibattuto aspetto della questione l'A., abbandonata decisamente la teoria, che tende ad individuare il potere in base alla funzione, identifica i soggetti del conflitto nell'organo singolo e nel gruppo di organi, ridotto ad unit rilevante per il mondo del diritto (entit) cui competa una sfera di attribuzioni o potest castituzionali (che possono comprendere una o pi delle tre funzioni fondamentali) e che sia in grado, attraverso l'esercizio o il mancato esercizio di queste attribuzioni, di formare o impedire la formazione della volont dello Stato. L'A., esclusa ogni identit con il conflitto di attribuzioni previsto dalla legge del 1877 ed esclusa, altresi, l'ipotesi di una vindicatio potestatis, identifica, poi, l'oggetto del conflitto nell'annullamento dell'atto (conflitto positivo) o nella dichiarazione d'illegittimit del comportamento omissivo (conflitto negativo) lesivo della sfera di competenza dell'altro potere (rispettivamente, petitum. e causa petendi), precisando -anche sulla scorta dell'elaborazione giurisprudenziale formatasi in relazione ai conflitti fra Stato e Regione -che tale lesione pu verificarsi o perch uno dei poteri si arroghi attribuzioni spettanti ad altro potere o perch, nell'ipotesi di attribuzioni concorrenti, si arroghi l'esclusivit della funzione (conflitti positivi o fattispecie di usurpazione) ovvera ometta di prestare la sua collaborazione, imposta da una norma costituzionale (conflitto negativo o fattispecie di turbativa). In concreto l'A. ravvisa ipotesi di conflitto nel rifiuto di promulgazione, nel rifiuto di controfirma, nel rifiuto presidenziale di' sottoscrivere atti del Governo o di autorizzare il Governo alla presentazione di disegni di legge, nel voto di sfiducia, nello scioglimento delle Camere. L'A. esclude, sia pure dubitativamente, che possa sussistere conflitto fra P. A. e potere giurisdizionale soprattutto quando la P. A. sia parte in causa e ci perch in tale ipotesi, essendo essa sottoposta alla giurisdizione, non sarebbe un potere. Tale conclusione, peraltro, ci trova decisamente dissenziente (vedansi, in proposito "I conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato , nella Raccolta di studi edita nel 1957 a cura di questa Rassegna, e " Gli atti politici ,. in Studi in onore di Gioacchino Scaduto, Padova, 1967). A nostro avviso, all' A., come a molti altri che si sono occupati dell'argomento, sfuggita la considerazione che l'art. 113 Cost. consente l'esercizio della giurisdizione nei confronti della P. A. solo per la tutela dei diritti soggettivi e degli interessi legittimi e, in ogni caso, esclude che l'autorit giurisdizionale possa annullare o revocare l'atto amministrativo fuori dei casi espressamente previsti dalla legge. Fuori di queste ipotesi -come nei riguardi degli atti politici o di Governo -l'azione non proponibile contro la P. A., la quale esente dalla giurisdizione e si pone, di fronte a questa, come potere a potere. D'altra parte, occorre considerare che l'art. 113 -come il precedente art. 24, su cui pi copiosa la giurisprudenza costituzionale - una disposizione costituzionale non pi rigida, n pi forte delle altre -che tutelano altri interessi primari e con le quali deve necessariamente essere coordinata, a volte cedendo e a volte prevalendo. Trattando, poi, del procedimento l'A. ritiene che non sia presupposto necessario per la proponibilit del ricorso un atto degli organi supremi di ciascun potere; questi sono i soggetti legittimati a proporlo ed a resistervi, ma il conflitto sorge anche per effetto di un atto o di un comportamento di organo inferiore (l'ipotesi fatta, del procedimento a carico di un parlamentare senza autorizzazione, lascia davvero perplessi). Am 136 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mette l'intervento adesivo autonomo d'altro potere, escludendo, mvece, sia la proposizione del conflitto in via incidentale, sia l'intervento del privato, al quale rimarrebbe aperta, in ogni caso, l'ordinaria via giurisdizionale per far valere il vizio d'incompetenza costituzionale. Anche su questo punto riteniamo di dover dissentire, ricordando, senza ripetere le cose gi dette (Questione di competenza costituzionale e giurisdizione, in Studi in Onore di Guido Zanobini, Milano, 1962), che l'ordinamento non conosce la figura dell'interesse legittimo costituzionale e che, -di fronte alle disposizioni della Costituzione, il cittadino non ha alcuna situazione giuridica protetta, neppure in via occasionale. Tanto ci vero che il Parlamento, nel corso della discussione di quella, che sarebbe stata, poi, la legge 11 marzo 1953, n. 87 bocci la proposta della Commissione speciale della Camera, la quale aveva previsto (art. 35/33 del progetto, divenuto art. 37 del testo definitivo) la possibilit che il conflitto fosse promosso anche da soggetti diversi dagli enti in conflitto, purch fossero direttamente interessati all'atto, che vi dava luogo. G. GUGLIELMI STUCKA P. I., La funzione rivoluzionaria del Diritto e dello Stato ed altri scritti, Einaudi, Torino, 1967, pagg, 547. A differenza di quanto avvenuto in Inghilterra, Francia, Stati Uniti e Germania, da noi le vicende e la problematica degli studi sovietici di teoria giuridica sono state a lungo trascurate. La pubblicazione di questo libro di uno dei maggiori protagonisti del dibattito dottrinale sui problemi del diritto e dello Stato, svoltosi nell'Unione Sovietica tra il 1917 ed il 1930, viene a colmare una notevole lacuna. L'interesse del volume prevalentemente di carattere storico: esso costituisce una diretta e viva documentazione dei fermenti di pensiero che caratterizzarono la prima fase della rivoluzione bolscevica e dei problemi assolutamente nuovi che si posero all'attenzione dei giuristi nella nuova societ sovietica. Il libro, oltre ad una serie di brevi ma interessanti saggi, contiene due testi fondamentali della dottrina sovietica: La funzione rivoluzionaria del diritto e dello Stato (apparso nel 1921), ed Introduzione alla teoria del diritto civile (uscito nel 1927). Dei due testi, il primo costituisce una trattazione organica e sistematica dei problemi di filosofia del diritto in chiave marxistica, il secondo un'analisi critica del diritto civile fatta al fine di adeguarlo ai problemi della societ che si. andava formando. L. M. . ~ J RASSEGNA DI LEGISLAZIONE LEGGI E DECRETI * legge 6 agosto 1967, n. 765. -Modifica gli articoli 8, primo comma, 16. primo e secondo comma, 26, 27, 28 primo e secondo comma, 30, 31, 35, secondo comma, 36 e 41 della legge 7 agosto 1942, n. 1150 (legge urbanistica), sopprimendo l'ultimo comma dell'articolo 11 e prevedendo nuove disposizioni dopo il primo comma dell'articolo 10, dopo il terzo comma dell'articolo i6, e con gli articoli da 41 bis a 41 octies (G. U. 31 agosto 1967, n. 218). NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE* NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI Codice della navigazione, art. 84 (Ingiunzione per rimborso di spese), terzo comma, limitatamente alle parole previo versamento deUa somma indicata neH'atto di ingiunzione . Sentenza 8 luglio 1967, n. 96, G. U. 15 luglio 1967, n. 177 (1). Ordinanza di rimessione 14 febbraio 1966 del Pretore di Civitavecchia, G. U. 30 aprile 1966, n. 105, e in questa Rassegna, 1966, II, 102. codice della navigazione, art. 730 (Ingiunzione per rimborso di spese), limitatamente alle parole previo versamento della somma indicata nell'atto di ingiunzione (2). Sentenza 8 luglio 1967, n. 96, G. U. 15 luglio 1967, n. 177. (Ordinanza di rimessione 14 febbraio 1966 del Pretore di Civitavecchia relativa a questioni di legittimit costituzionale dell'art. 84, (*) Si segnalano i provvedimenti ritenuti di maggiore interesse. (*) Tra parentesi sono indicati gli articoli della Costituzione in riferimento ai quali sono state proposte o decise le questioni di legittimit Costituzionale. (1) Con la stessa sentenza, la Corte costituzionale ha dichiarato non fondate le altre questioni di legittimit costituzionale della disposizione, sollevate dal Pretore di Civitavecchia in riferimento agli artt. 24 e 113 della Costituzione. (2) Illegittimit costituzionale dichiarata ai sensi dell'art. 27 della legge 11 mar. zo 1953, n. 87. 138 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO terzo comma, del codice della navigazione, G. U. 30 aprile 196(),'n. 105, e in questa Rassegna, 1966, II, 102). codice penale militare di pace, art. 28 (Degradazione), primo com.ma, n. 2, nella parte in base alla quale la degradazione priva il condannato "delle pensioni e del diritto alle medesime per ii servizio anteriormente prestato ", limitatamente alla parte in cui i diritti ai trattamenti econo111ici dei quali prevede la perdita traggono titolo da un rapporto di lavoro. Sentenza 3 luglio 1967, n. 78, G. U. 8 luglio 1967, n. 170. Ordinanza di rimessione 5 marzo 1966 della quarta sezione giurisdizionale della Corte dei conti, G. U. 24 settembre 1966, n. 239, e in questa Rassegna, 1966, II, 249. r. d. 23 dicembre 1865, n. 2700 (Tariffa per gli atti giudiziari in materia civile), art. 436, nei limiti in cui non prevede l'anticipazione da parte dello Erario degli onorari spettanti al consulente tecnico o ad altri ausiliari del giudice nei giudizi di interdizione e di inabilitazione promossi dal pubblico ministero. Sentenza 12 luglio 1967, n. 112, G. U. 15 luglio 1967, n. 177. Ordinanza di rimessione 21 gennaio 1966 del Tribunale di Varese, G. U. 23 luglio 1966, n. 182, e in questa Rassegna, 1966, II, 203. r. d. 11 dicembre 1887, n. 5138 (che chiama ia Consulta Araldica a dar pareri ai Governo in materia di titoli e distinzioni nobiliari, ,di stemmi ed altre pubbliche onorificenze e ne stabilisce le norme), nei limiti in cui gli si d applicazione per l'aggiunta al nome di predicati di titoli nobiliari anteriori al 28 ottobre 1922 ma non riconosciuti prima dell'entrata in vigore della Costituzione, nonch nei limiti in cui sottopone il diritto predetto e la relativa tutela giudiziaria ad una disciplina diversa da quella disposta dall'ordinamento per il diritto al nome. Sentenza 8 luglio 1967, n. 101, G. U. 15 luglio 1967, n. 177. Ordinanze di rimessione 13 dicembre 1965 (quattro) del Tribunale di Roma (G. U. 14 maggio 1966, n. 118, e in questa Rassegna, 1966, II, 155); 18 giugno 1966 del Tribunale di Bologna (G. U. 12 novembre 1966, n. 284, e in questa Rassegna, 1966, II, 286); e 7 novembre 1966 del Tribunale di Roma (G. U. 25 febbraio 1967, n. 51, e retro, II, 63). r. d. 21 febbraio 1895, n. 70 (Testo unico delle leggi suite pensioni civili e militari), art. 54, n. 4 -limitatamente alle parole " ed il tempo passato in aspettazione di giudizio seguito da condanna -, art. 54, n. 6 (3) e art. 183, lettere b, e, d, limitatamente alla parte in cui i di( 3) Nelle ordinanze di rimessione non risulta proposta la questione di legittimit costituzionale dell'art. 54, n. 6 del r. d. 21 febbraio 1895, n. 70. J J PARTE ~I, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 139 ritti ai trattamenti economici dei quali le disposizioni prevedono la perdita traggono titolo da un rapporto di lavoro (4). Sentenza 3 luglio 1967, n. 78, G. U. 8 luglio 1967, n. 170. Ordinanze di rimessione 31 gennaio 1966 (due), 7 febbraio 1966, 23 febbraio 1966, e 5 marzo 1966 della quarta sezione giurisdizionale della Corte dei conti (G. U. 10 settembre 1966, n. 226 e 24 settembre 1966, n. 239, e in questa Rassegna, 1966, II, 250 e 251). r. d. 2 luglio 1896, n. 313 (Nuovo ordinamento per la Consulta Araldica), nei limiti in cui gli si d applicazione per l'aggiunta al nome di predicati di titoli nobiliari anteriori al 28 ottobre 1922 ma non riconosciuti prima dell'entrata in vigore della Costituzione, nonch nei limiti in cui sottopone il diritto predetto e la relativa tutela giudiziaria ad una disciplina diversa da quella disposta dall'ordinamento per il diritto al nome. Sentenza 8 luglio 1967, n. 101, G. U. 15 luglio 1967, n. 177. Otdinanze di rimessione 13 dicembre 1965 (quattro) del Tribunale di Roma (G. U. 14 maggio 1966, n. 118, e in questa Rassegna, 1966, II, 155); 18 giugno 1966 del Tribunale di Bologna (G. U. 12 novembre 1966, n. 284, e in questa Rassegna, 1966, II, 286); e 7 novembre . 1966 del Tribunale di Roma (G. U. 25 febbraio 1967, n. 51, e retro, II, 63). r. d. 5 luglio 1896, n. 314 (Regolamento per la Consulta Araldica), nei limiti in cui gli si d applicazione per l'aggiunta al nome di predicati di titoli nobiliari anteriori al 28 ottobre 1922 ma non riconosciuti prima dell'entrata in vigore della Costituzione, nonch nei limiti in cui sottopone il diritto predetto e la relativa tutela giudiziaria ad una disciplina diversa da quella disposta dall'ordinamento per il diritto al nome. Sentenza 8 luglio 1957, n. 101, G. U. 15 luglio 1957, n. 177. Ordinanze di rimessione 13 dicembre 1965 (quattro) del Tribuna le di Roma (G. U. 14 maggio 1966, n. 118, e in questa Rassegna, 1966, II, 156); 18 giugno 1966 del Tribunale di Bologna (G. U. 12 novembre 1966, n. 284, e in questa Rassegna, 1966, II, 287); e 7 novembre 1966 del Tribunale di Roma (G. U. 25 febbraio 1967, n. 51, e retro, II, 63). r. d. I. 20 marzo 1924, n. 442 (Disposizioni per disciplinare l'uso di titoli od attributi nobiliari), convertito con legge 17 aprile 1925, n. 473, nei limiti in cui gli si d applicazione per l'aggiunta al nome di predicati di titoli nobiliari anterori al 28 ottobre 1922 ma non riconosciuti prima dell'entrata in vigore della Costituzione, nonch nei limiti in cui sottopone il diritto predetto e la relativa tutela giudiziaria ad una (4) L'art. 183, primo comma, lettera a, e terzo comma, del r. d. 21 febbraio 1895, n. 70, stato dichiarato incostituzionale con sentenza 13 gennaio 1966, n. ;;i. 140 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO disciplina .diversa da quella disposta dall'ordinamento per ff"diritt al nome. Sentenza 8 luglio 1967, n. 101, G. U. 15 luglio 1967, n. 177. Ordinanze di rimessiqne 13 dicembre 1965 (quattro) del Tribunale di Roma (G. U. 14 maggio 1966, n. 118, e in questa Rassegna, 1966, Il, 157); 18 giugno 1966 del Tribunale di Bologna (G. U. 12 novembre 1966, n. 284, e in questa Rassegna, 1966, II, 288); e 7 novembre 1966 del Tribunale di Roma (G. U. 25 febbraio 1967, n. 51, e retro, II, 65). r. d. I. 28 dicembre 1924, n. 2337 (Modificazioni al r. d. 20 marzo 1924, n. 442, contenenti norme per disciplinare l'uso di titoli ed attributi nobiliari), convertito con legge 21 marzo 1926, n. 597, nei limiti in cui gli si d applicazione per l'aggiunta al nome di predicati di titoli nobiliari anteriori al 28 ottobre 1922 ma non riconosciuti prima dell'entrata in vigore della Costituzione, nonch nei limiti in cui sottopone il diritto predetto e la relativa tutela giudiziaria ad una disciplina diversa da quella disposta dall'ordinamento per il diritto al nome. Sentenza 8 luglio 1967, n. 101, G. U. 15 luglio 1967, n. 177. Ordinanze di rimessione 13 dicembre 1965 (quattro) del Tribunale di Roma (G. U. 14 maggio 1966, n. 118, e in questa Rassegna, 1966, lI, 157) e 7 novembre 1966 del Tribunale di Roma (G. U. 25 febbraio 1967, n. 51, e retro, II, 65). legge 17 aprile 1925, n. 473 (Conversione in legge, con approvazione complessiva, di decreti luogotenenziali e regi aventi per oggetto argomenti diversi, emanati sino al 23 maggio 1924), per la parte in cui converte in legge il r. d. 1. 20 marzo 1924, n. 442, nei limiti in cui gli si d applicazione per l'aggiunta al nome di predicati di titoli nobiliari anteriori al 28 ottobre 1922 ma non riconosciuti prima dell'entrata in vigore della Costituzione, nonch nei limiti in cui sottopone il diritto predetto e la relativa tutela giudiziaria ad una disciplina diversa da quella disposta dall'ordinamento per il diritto. al nome. Sentenza 8 luglio 1967, n. 101, G. U. 15 luglio 1967, n. 177. Ordinanze di rimessione 13 dicembre 1965 (quattro) del Tribunale di Roma (G. U. 14 maggio 1966, n. 118, e in questa Rassegna, 1966, Il, 157); 18 giugno 1966 del Tribunale di Bologna (G. U. 12 novembre 1966, n. 284, e in questa Rassegna, 1966, II, 288); e 7 novembre 1966 del Tribunale di Roma (G. U. 25 febbraio 1967, n. 51, e retro, II, 65). legge 21 marzo 1926, n. 597 (che converte in legge, con approvazione complessiva, decreti luogotenenziali e regi aventi per oggetto argomenti diversi), per la parte in cui converte il r. d. 1. 28 dicembre 1924, n. 2337, nei limiti in cui gli si d applicazione per l'aggiunta al nome di predicati di titoli nobiliari anteriori al 28 ottobre 1922 ma non riconosciuti prima dell'entrata in vigore della Costituzione, nonch nei limiti in cui sottopope il diritto predetto e la relativa tutela giudizia J PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE ria ad una disciplina diversa da quella disposta dall'ordinamento per il diritto al nome. Sentenza 8 luglio 1967, n. 101, G. U. 15 luglio 1967, n. 177. Ordinanze di rimessione 13 dicembre 1965 (quattro) del Tribunale di Roma (G. U. 14 maggio 1966, n. 118, e in questa Rassegna, 1966, II, 157) e 7 novembre 1966 del Tribunale di Roma (G. U. 25 febbraio 1967, n. 51, e retro, II, 65). r. d. 16 agosto 1926, n. 1489 (Statuto delle successioni ai titoii e agli attributi nobiliari), nei limiti in cui gli si d applicazione per l'aggiunta al nome di predicati nobiliari anteriori al 28 ottobre 1922 ma non riconosciuti prima dell'entrata in vigore della Costituzione, nonch nei limiti in cui sottopone il diritto predetto e la relativa tutela giudiziaria ad una disciplina diversa da quella disposta dall'ordinamento per il diritto al nome. Sentenza 8 luglio 1967, n. 101, G. U. 15 luglio 1967, n. 177. Ordinanze di rimessione 13 dicembre 1965 (quattro) del Tribunale di Roma (G. U. 14 maggio 1966, n. 118, e in questa Rassegna, 1966, II, 158); 18 giugno 1966 del Tribunale di Bologna (G. U. 12 novembre 1966, n. 284, e in questa Rassegna, 1966, II, 288); e 7 novembre 1966 del Tribunale di Roma (G. U. 25 febbraio 1967, n. 51, e retro, II, 65). r. d. 6 novembre 1926, n. 1848 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), art. 215. Sentenza 12 luglio 1967, n. 114, G. U. 15 luglio 1967, n. 177. Ordinanza di rimessione 20 gennaio 1966 delle Sezioni unite civili deUa Corte di cassazione, G. U. 21 maggio 1966, n. 124, e in questa Rassegna, 1966, II, 158. r. d. 21 gennaio 1929, n. 61 (Approvazione dell'ordinamento dello stato nobiliare italiano), nei limiti in cui gli si d applicazione per l'aggiunta al nome di predicati nobiliari anteriori al 28 ottobre 1922 ma non riconosciuti prima dell'entrata in vigore della Costituzione, nonch nei limiti in cui sottopone il diritto predetto e la relativa tutela giudiziaria ad una disciplina diversa da quella disposta dall'ordinamento per il diritto al nome. Sentenza 8 luglio 1967, n. 101, G. U. 15 luglio 1967, n. 177. Ordinanze di rimessione 13 dicembre 1965 (quattro) del Tribunale di Roma (G. U. 14 maggio 1966, n. 118, e in questa Rassegna, 1966, II, 158); 18 giugno 1966 del Tribunale di Bologna (G. U. 12 novembre 1966,. n. 284, e in questa Rassegna, 1966, II, 288); e 7 novembre 1966 del Tribunale di Roma (G. U. 25 febbraio 1967, n. 51, e retro, II, 66). r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), art. 21 O. Sentenza 12 luglio 1967, n. 114, G. U. 15 luglio 1967, n. 177. 142 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO \ Ordinanza di rimessione 20 gennaio 1966 alle Sezioni urife civili della Corte di cassazione, G. U. 21 maggio 1966, n. 124, e in questa Rassegna, 1966, II, 159. r. d. 30 ottobre 1933, n. 1611 (Testo unico delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sullo ordinamento dell'avvocatura dello Stato), art. 11, nei limiti in cui esclude la sanatoria delle nullit di notificazione. Sentenza 8 luglio 1967, n. 97, G. U. 15 luglio 1967, n. 177. Ordinanza di rimessione 24 febbraio 1965 della terza sezione civile della Corte di cassazione, G. U. 25 giugno 1966, n. 156, e in questa Rassegna, 1966, II, 159. r. d. I. 3 giugno 1938, n. 1032 (Norme per disciplinare la perdita del diritto a pensione del personale statale destituito), convertito in legge 5 gennaio 1939, n. 84, art. 1, limitatamente alla parte in cui i diritti ai trattamenti economici dei quali prevede la perdita traggono titolo da un rapporto di lavoro. Sentenza 3 luglio 1967, n. 78, G. U. 8 luglio 1967, n. 170. Ordinanza di rimessione 31 gennaio 1966 della quarta sezione giurisdizionale della Corte dei conti, G. U. 10 settembre 1966, n. 226, e in questa Rassegna, 1966, II, 253. r. d. 3 giugno 1938, n. 1032 (Norme per disciplinare la perdita del diritto a pensioni del personale statale destituito), convertito in legge 5 gennaio 1939, n. 84, art. 3, che modifica l'art. 183, lettera b, del r. d. 21 febbraio 1895, n. 70, limitatamente alla parte in cui i diritti ai trattamenti economici dei quali prevede la perdita traggono titolo da un rapporto di lavoro. Sentenza 3 luglio 1967, n. 78, G. U. 8 luglio 1967, n. 170. Ordinanza di rimessione 23 febbraio 1966 della quarta sezione giurisdizionale della Corte dei conti, G. U. 24 settembre 1966, n. 239, e in questa Rassegna, 1966, II, 253. legge 5 gennaio 1939, n. 84 (Conversione in legge del r. d. l. 3 giugno 1938, n. 1032 che detta norme per disciplinare la perdita del diritto a pensione per il personale statale destituito), nella parte in cui converte l'art. 1 del r. d. 1. 3 giugno 1938, n. 1032 (limitatamente alla parte in cui i diritti ai trattamenti economici dei quali prevede la perdita traggono titolo da un rapporto di lavoro). Sentenza 3 luglio 1967, n. 78, G. U. 8 luglio 1967, n. 170. Ordinanza di rimessione 31 gennaio 1966 della quarta sezione giurisdizionale della Corte dei conti, G. U. 10 settembre 1966, n. 226, e in questa Rassegna, 1966, II, 253. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 148 legge 5 gennaio 1939, n. 84 (Conversione in legge del r. d. l. 3 giugno 1938, n. 1032, che detta norme per disczplinare la perdita del diritto a pensione per il personale statale destituito), nella parte in cui converte l'art. 3 del r. d. 1. 3 giugno 1939, n. 1032, che modifica l'articolo 183, lettera b, del r. d. 21 :febbraio 1895, n. 70 (limitatamente alle parti in cui i d.iritti ai trattamenti economici dei quali prevede la perdita traggono titolo da un rapporto di lavoro). Sentenza 3 luglio 1967, n. 78, G. U. 8 luglio 1967, n. 170. Ordinanza di rimessione 23 :febbraio 1966 della quarta sezione giurisdizionale della Corte dei conti, G. U. 24 settembre 1966, n. 239, e in questa Rassegna, 1966, II, 253. r. d. 7 giugno 1943, n. 651 (Ordinamento dello Stato Nobiliare Italiano), nei limiti in cui gli si d applicazione per l'aggiunta al nome di predicati nobiliari anteriori al 28 ottobre 1922 ma non riconosciuti prima dell'entrata in vigore della Costituzione, nonch nei limiti in cui sottopone il diritto predetto e la relativa tutela giudiziaria ad una disciplina diversa da quella disposta dall'ordinamento per il diritto al nome. Sentenza 8 luglio 1967, n. 101, G. U. 15 luglio 1967, n. 177. Ordinanze di rimessione 13 dicembre 1965 (quattro) del Tribunale di Roma (G. U. 14 maggio 1966, n. 118, e in questa Rassegna, 1966, II, 160); 18 giugno 1966 del Tribunale di Bologna (G. U. 12 novembre 1966, n. 284, e in questa Rassegna, 1966, II, 289); e 7 novembre 1966 del Tribunale di Roma (G. U. 25 :febbraio 1967, n. 51, e retro, II, 67). d. P. R. 5 luglio 1951, n. 573 (Norme sulla dichiarazione unica annuale dei redditi soggetti alle imposte dirette), art. 22, primo comma, limitatamente alle parti in cui dispone l'aumento del 10 per cento per i redditi di categoria A, di categoria B e di categoria C/1 da iscriversi a ruolo in caso di omessa dichiarazione. Sentenza 12 luglio 1967, n. 103, G. U. 15 luglio 1967, n. 177. Ordinanza 17 novembre 1964 della Commissione provinciale delle imposte di Catania, G. U. 26 marzo 1966, n. 76, e in questa Rassegna, 1966, II, 104. d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte dirette), art. 123, nella parte in cui prevede l'aumento del 10 per cento sul reddito accertato per il periodo di imposta precedente ai fini dell'imposta sui redditi di ricchezza mobile (5); art. 141, primo comma, nella parte in cui dispone che l'aumento del 10 per cento previsto dal( 5) Illegittimit costituzionale dichiarata, ai sensi dell'art. 27, ultima parte, della legge 11 marzo 1953, n. 87, negli stessi limiti sopra indicati per l'art. 22, primo comma, del d. P. R. 5 luglio 1951, n. 573. 144 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO l'art. 123 spiega automatica efficacia ai fini dell'imposta conpfomentare sul reddito (5); art. 142, nella parte in cui fa salvo l'effetto dello aumento del 10 per cento, previsto dall'art. 141, primo comma, ai fini dell'imposta complementare progressiva sul reddito complessivo (5); art. 150, sec:ondo c:omma, nella parte in cui dispone che l'aumento del 10 per cento previsto dall'art. 123 spiega automatica efficacia ai fini dell'imposta sulle societ (5). Sentenza 12 luglio 1967, n. 103, G. U. 15 luglio 1967, n. 177. (Ordinanza 17 novembre 1964 della Commissione provinciale delle imposte di Catania, relativa alla questione di legittimit costituzionale dell'art. 22, primo comma, del d. P. R. 5 luglio 1951, n. 573, G. U. 26 marzo 1966, n. 76, e in questa Rassegna, 1966, II, 104). d. P. R. 11 settembre 1960, n. 1326 (Norme sui trattamento economico e normativo dei Lavoratori dipendenti daHe imprese grafiche e affini), artic:olo unic:o, nella parte in cui rende obbligatorio erga omnes il versamento del contributo di cui all'art. 10, secondo comma, del contratto collettivo 1 ottobre 1959 per i dipendenti dell'industria grafica ed affini. Sentenza 12 luglio 1967, n. 107, G. U. 15 luglio 1967, n. 177. Ordinanze di rimessione 14 febbraio 1966 e 23 aprile 1966 del Pretore di Bologna (G. U. 30 aprile 1966, n. 105, e 9 luglio 1966, n. 168, e in questa Rassegna, 1966, II, 106, e 212). d, P. R. 9 maggio 1961, n. 868 (Norme sui trattamento economico e normativo degii operai dipendenti daUe imprese ediiizie ed affini deHe provincie di Ancona, Ascoii Piceno, Macerata e Pesaro), artic:olo unic:o, per la parte in cui rende obbligatorio erga omnes l'art. 10 del contratto collettivo integrativo 30 settembre 1959 per gli operai dipendenti dalle imprese edilizie ed affini della provincia di Ascoli Piceno. Sentenza 8 luglio 1967, n. 99, G. U. 15 luglio 1967, n. 177 (6). Ordinanza di rimessione 7 febbraio 1966 del Pretore di Fermo, G. U. 14 maggio 1966, n. 118, e in questa Rassegna, 1966, II, 162. legge reg. Friuli-Venezia Giulia 16 dic:embre 1966, n. 107-bis (Dotazione organica deU'Ente per io sviLuppo den'artigianato e stato giuridico e trattamento economico dei personaie) (artt. 4, n. 1, e 68, secondo comma, dello Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia). Sentenza 8 luglio 1967, n. 100, G. U. 15 luglio 1967, n. 177. Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, G. U. 28 gennaio 1967, n. 25, e retro, II, 21. . (6) Con la stessa sentenza la Corte costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimit costituzionale dell'art. 7 del contratto collettivo integrativo 30 settembre 1959, reso obbligatorio erga omnes dal d. P. R. 9 maggio 1961, n ..868. t r ~ i PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 1415 NORME DELLE QUALI STATA DICHIARATA NON FONDATA LA QUESTIONE DI LEGITTIMIT COSTITUZIONALE Codice Civile, art. 316 (Esercizio deila patria potest) e art. 320 (Rappresentanza e amministrazione) (artt. 3, 29 e 30 della Costituzione). Sentenza 8 luglio 1967, n. 102, G. U. 15 luglio 1967, n. 177. Ordinanza di rimessione 7 gennaio 1966 del Pretore di Imola, G. U. 30 aprile 1966, n. 105, e in questa Rassegna, 1966, II, 99. codice di .procedura civile, art. 674 (Cauzione) (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 3 luglio 1967, n. 81, G. U. 8 luglio 1967, n. 170. Ordinanza di rimessione 15 aprile 1966 del Tribunale di Ancona, G. U. 23 luglio 1966, n. 182, e in questa Rassegna, 1966, II, 201. codice di procedura penale, art. 419 (Anticipazione di spese) (artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 8 luglio 1967, n. 93, G. U. 15 luglio 1967, n. 177. Ordinanza di rimessione 24 gennaio 1966 del Pretore di Venezia, G. U. 30 aprile 1966, n. 105, e in questa Rassegna, 1966, II, 102. codice di procedura penale, art. 435 (Reati commessi in udienza; giudizio immediato) (artt. 3 e 24 della Costituzione) (7). Sentenza 8 luglio 1967, n. 92, G. U. 15 luglio 1967, n. 177. Ordinanza di rimessione 10 dicembre 1965 del Tribunale di Belluno, G. U. 12 febbraio 1966, n. 38, e in questa Rassegna, 1966, II, 22. codice di procedura penale, art. 503 (Atti dei giudizio direttissimo), terzo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 8 luglio 1967, n. 92, G. U. 15 luglio 1967, n. 177. Ordinanze di rimessione 10 dicembre 1965 del Tribunale di Belluno (G. U. 12 febbraio 1966, n. 38, e in questa Rassegna, 1966, II, 23); 16 marzo 1966 del Pretore di Bari (G. U. 21 maggio 1966, n. 124, e in questa Rassegna, 1966, II, 154); 22 marzo 1966 del Tribunale di Bari (G. U. 28 maggio 1966, n. 131, e in questa Rassegna, 1966, II, 154); 28 marzo 1966 del Pretore di Milano (G. U. 23 luglio 1966, n. 182, e in questa Rassegna, 1966, II, 203); 1 giugno 1966 del Tribunale di Bari (G. U. 10 settembre 1966, n. 226, e in questa Rassegna, 1966, II, 249); 8 giugno 1966 del Tribunale di Bari (G. U. 12 novembre 1966, n. 284, e in questa Rassegna, 1966, II, 286); e 15 giugno 1966 del Tribunale di Bari (G. U. 10 settembre 1966, n. 226, e in questa Rassegna, 1966, II, 249). (7) Questione gi dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 25 della Costituzione, con sentenza 9 luglio 1963, n. 122. 17 146 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO c:odic:e della navigazione, art. 84 (Ingiunzione per rimborso df'spese), terzo c:omma, nella parte non dichiarata incostituzionale (artt. 24 e 113 della Costituzione) (8). Sentenza 8 luglio 1967, n. 96, G. U. 15 luglio 1967, n. 177. Ordinanza di rimessione 14 febbraio 1966 del Pretore di Civitavecchia, G. U. 30 aprile 1966, n. 105, e in questa Rassegna, 1966, II, 102. c:odic:e della navigazione, art. 226 (Autorizzazione di servizi) (artt. 4 e 41, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 12 luglio 1967, n. 111, G. U. 15 luglio 1967, n. 177. Ordinanza di rimessione 14 febbraio 1966 del Pretore di Venezia, G. U. 14 maggio 1966, n. 118, e in questa Rassegna, 1966, II, 155. c:odic:e della navigazione. art. 1331 (Disposizioni per l'esecuzione del codice) (artt. 76, 77, 87 e 89 della Costituzione). Sentenza 12 luglio 1967, n. 111, G. U. 15 luglio 1967, n. 177. Ordinanza di rimessione 14 febbraio 1966 del Pretore di Venezia, G. U. 14 maggio 1966, n. 118, e in questa Rassegna, 1966, II, 155. c:odic:e della navigazione, art. 1238 (Competenza per le contravvenzioni) (art. 104, primo comma, della Costituzione). Sentenza 3 luglio 1967, n. 79, G. U. 8 luglio 1967, n. 170. Ordinanza di rimessione 17 marzo 1966 del Tribunale di Roma, G. U. 21 maggio 1966, n. 124, e in questa Rassegna, 1966, II, 155. r. d. 30 di,c:embre 1923, n. 3269 (Legge del registro), art. 72 (artt. 3, 24 e 113 della Costituzione (9). Sentenza 8 luglio 1967, n. 94, G. U. 15 luglio 1967, n. 177. Ordinanza di rimessione 21 gennaio 1966 della Corte di appello di Milano, G. U. 30 aprile 1966, n. 105, e in questa Rassegna, 1966, II, 103. r. d. 30 dic:embre 1923, n. 3270 (Legge tributaria sulle successioni), art. 31, primo, sec:ond9 e terzo c:omma (artt. 3 e 53 della Costituzione) (10). Sentenza 12 luglio 1967, n. 109, G. U. 15 lugli 1967, n. 177. Ordinanze di rimessione 22 febbraio 1966 della Corte di appello di Milano (G. U. 14 maggio 1966, n. 118, e in questa Rassegna, 1966, (8) La disposizione, con la stessa sentenza, stata dichiarata incostituzionale limitatamente alle parole previo versamento della somma indicata neU'atto di ingiunzione ". (9) Questione gi dichiarata non fondata con sentenza 8 giugno 1963, n. 82. (10) I primi due commi della disposizione, dichiarati incostituzionali con sentenza 12 luglio 1965, n. 69 "in quanto escludono le aziende agricole dal trattamento disposto per le aziende industriali e commerciali , sono stati sostituiti con legge 31 ottobre 1966, n. 948. , , Jt PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 147 II, 157) e 17 maggio 1966 della Commissione provinciale delle imposte di Napoli (G. U. 26 novembre 1966, n. 299, e in questa Rassegna, 1966, II, 288). r. d. 28 maggio 1931, n. 602 (Disposizioni di attuazione dei codice di procedura penale), art. 28, (artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 8 luglio 1967, n. 93, G. U. 15 luglio 1967, n. 177. Ordinanza di rimessione 24 gennaio 1966 del Pretore di Venezia, G. U. 30 aprile 1966, n. 105, e in questa Rassegna, 1966, II, 103. r. d. 3 marzo 1934, n. 383 (Testo unico della iegge comunale e provinciale), a.rt. 108 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 8 luglio 1967, n. 95, G. U. 15 luglio 1967, n. 177. Ordinanze di rimessione 5 febbraio 1966 (sei) del Pretore di Orvieto, G. U. 30 aprile 1966, n. 105, e in questa Rassegna, 1966, II, 104. r. d. 5 giugno 1939, n. 1016 (Testo unico delle ieggi sulla protezione della seivaggina e per i'esercizio deUa caccia), art. 77 (artt. 3, 25 e 102 della Costituzione). Sentenza 8 luglio 1967, n. 95, G. U. 15 luglio 1967, n. 177. Ordinanza di rimessione 18 gennaio 1966 del Pretore di Narni, G. U. 26 marzo 1966, n. 76, e in questa Rassegna, 1966, II, 104. r. d. 16 novembre 1939, n. 2229 (Norme per la esecuzione delle opere in conglomerato cementizio semplice od armato), art. 4, settimo comma, in relazione all'art. 5 della legge 2 marzo 1949, n. 143 (art. 23 della Costituzione). Sentenza 3 luglio 1967, n. 76, G. U. 8 luglio 1967, n. 170. Ordinanza di rimessione 24 febbraio 1966 del Pretore di Massa, G. U. 14 maggio 1966, n. 118, e in questa Rassegna, 966, II, 160. legge 27 maggio 1949, n. 260 (Disposizioni in materia di ricorrenze festive), art. 3, prima parte (artt. 24 e 113 della Costituzione). Sentenza 3 luglio 1967, n. 80, G. U. 8 luglio 1967, n. 170. Ordinanza di rimessione 20 marzo 1966 del Tribunale di Campobasso, G. U. 16 luglio 1966, n. 175, e in questa Rassegna, 1966, II, 209. d. P. R. 19 marzo 1955, n. 520 (Riorganizzazione centrale e periferica dei Ministero dei lavoro e deUa previdenza sociale), art. 9 (artt. 3 e 112 della Costituzione). Sentenza 12 luglio 1967, n. 105, G. U. 15 luglio 1967, n. 177. Ordinanza di rimessione 25 gennaio 1966 del Pretore di Reggio Calabria, G. U. 30 aprile 1966, n. 105, e in questa Rassegna, 1966, II, 105. 148 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle tmposte dirette), art+. 176 e 188 (artt. 3, 53, 70, 71, 76, 81 e 113 della Costituzione). Sentenza 3 luglio 1967, n. 77, G. U. 8 luglio 1967, n. 170. Ordinanze di rimessione 15 luglio 1965 (due) della Commissione distrettuale delle imposte di Milano (G. U. 14 maggio 1966, n. 118, e in questa Rassegna, 1966, II, 161); 16 aprile 1966 della Commissione distrettuale delle imposte di Crotone (G. U. 27 agosto 1966, n. 213, e in questa Rassegna, 1966, II, 210); 5 maggio 1966 (tre) della Commissione distrettuale delle imposte di Milano (G. U. 26 novembre 1966, n. 299, e in questa Rassegna, 1966, II, 290); 21 giugno 1966 della Commissione distrettuale delle imposte di Asti (G. U. 24 dicembre 1966, n. 324, e in questa Rassegna, 1966, II, 290); 14 luglio 1966 della Commissione distrettuale delle imposte di Acireale (G. U. 12 novembre 1966, n. 284, e in questa Rassegna, 1966, II, 290). d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte dirette), art. 206 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 12 luglio 1967, n. 115, G. U. 15 luglio 1967, n. 177. Ordinanze di rimessione 30 marzo 1966 del Pretore di Arzignano (G. U. 14 maggio 1966, n. 118, e in questa Rassegna, 1966, II, 162) e 12 1uglio 1966 del Tribunale di Livorno (G. U. 15 ottobre 1966, n. 258, e in questa Rassegna, 1966, II, 257). d. P. R. 14 luglio 1960. n. 1011 (Norme sui licenziamenti individuali dei lavoratori dipendenti dalle imprese industriali) (art. 39, primo comma, della Costituzione) (11). Sentenza 8 luglio 1967, n. 98, G. U. 15 luglio 1967, n. 177. Ordinanza di rimessione 13 ottobre 1965 del Tribunale di Milano, G. U. 14 maggio 1966, n. 118, e in questa Rassegna, 1966, II, 162. d. P. R. 9 maggio 1961, n. 868 (Norme sul trattamento economico e normativo degli operai dipendenti dalle imprese edilizie ed affini delle provincie di Ancona, Ascoli Piceno, Macerata e Pesaro), articolo unico, per la parte in cui rende obbligatorio erga omnes l'art. 7 del contratto collettivo integrativo 30 settembre 1959 per gli operai dipendenti dalle imprese edilizie ed affini della provincia di Ascoli Piceno (artt. 76 e 77 della Costituzione) (12). Sentenza 8 luglio 1967, n. 99, G. U. 15 luglio 1967, n. 177. Ordinanza di rimessione 7 febbraio 1966 del Pretore di Fermo, G. U. 14 maggio 1966, n. 118, e in questa Rassegna, 1966, II, 162. (11) Il d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1011 stato dichiarato incostituzionale, e per la sola varte in cui disciplina l'intervento di conciliazione delle organizzazioni di categoria con sentenza 26 maggio 1966, n. 50. (:12) Il d. P. R. 9 maggio 1861, n. 868, per la parte in cui rende obbligatorio erga omnes l'art. 10 del contratto collettivo integrativo 30 settembre 1959 stato dichiarato incostituzionale con la stessa sentenza. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE legge 12 aprile 1964, n. 191 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 febbraio 1964, n. 27, adottato ai sensi dell'art. 77, comma secondo, della Costituzione, recante modificazioni temporanee alla legge 29 dicembre 1962, n. 17 45, istitutiva di una ritenuta d'acconto o d'imposta sugli utili distribuiti dalie societ e modificazioni della disciplina della nominativit obbligatoria dei titoli azionari). Sentenza 12 luglio 1967, n. 113, G. U. 15 luglio 1967, n. 177. Ricorso del Presidente della Regione siciliana notificato il 16 maggio 1964, G. U. 13 giugno 1964, n. 144. d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162 (Norme per la repressione delle frodi nella preparazione e nel commercio dei mosti, vini ed aceti), art. 23, lettera a, e art. 35, secondo comma (art. 76 della Costituzione). Sentenza 12 luglio 1967, n. 106, G. U. 15 luglio 1967, n. 177. Ordinanze di rimessione 23 novembre 1966 del Pretore di Serravalle Scrivia (G. U. 28 gennaio 1967, n. 25, e retro, II, 20); 5 dicembre 1966 del Pretore di Canelli (G. U. 28 gennaio 1967, n. 25, e retro, II, 20); e 22 dicembre 1966 del Pretore di Verolanuova (G. U. 11 febbraio 1967, n. 38, e retro, II, 20). legge 30 marzo 1965, n. 340 (Norme concernenti taluni servizi di competenza deU'Amministrazione statale delle antichit e bene arti), art. 11 (artt. 3, primo comma, 81 primo comma, 97, primo e secondo comma, 100, secondo comma, e 103, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 12 luglio 1967, n. 108, G. U. 15 luglio 1967, n. 177. Ordinanza di rimessione 18 gennaio 1966 della seconda sezione giurisdizionale della Corte dei 1conti, G. U. 30 aprile 1966, n. 105, e in questa Rassegna, 1966, II, 107. d. I. 18 novembre 1966, n. 979 (Ulteriori interventi e provvidenze per la ricostruzione e per la ripresa economica nei territori colpiti dalle alluvioni e mareggiate deU'autunno 1966), convertito nella legge 23 dicembre 1966, n. 1142, art. 80, ultimo comma (artt. 8, primo comma, 47, secondo comma, e 54, quarto comma, dello Statuto speciale per la Sardegna). Sentenza 3 luglio 1967, n. 75, G. U. 8 luglio 1967, n. 170. Ricorso della Regione sarda depositato il 24 dicembre 1966, G. U. 14 gennaio 1967, n. 12, e retro, II, 21. legge 23 dicembre 1966, n. 1142 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 novembre 1966, n. 976, concernenti ulteriori interventi e provvidenze per la ricostruzione e per la ripresa economica nei territori colpiti dalle alluvioni e mareggiate dell'autunno 1966), nella parte in cui converte l'art. 80, ultimo comma, del d. 1. 18 novembre 1966, n. 979 (artt. 8, primo comma, 47, secondo comma, e 54, quarto comma, dello Statuto speciale per la Sardegna). 150 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Sentenza 3 luglio 1967, n. 75, G. U. 8 luglio 1967, n. 170. (Ricorso della Regione sarda, depositato il 24 dicembre 1966, proposto per l'art. 80, ultimo comma, del d. 1. 18 novembre 1966, n. 979, G. U. 14 gennaio 1967, n. 12, e retro, II, 21). NORME DELLE QUALI STATO PROMOSSO GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE Codice civile, art. 145 (Doveri del marito), primo comma, in quanto, con criterio diverso da quello stabilito per la moglie nel secondo comma della disposizione, impone al marito l'obbligo di somministrare alla moglie tutto ci che il necessario per i bisogni della vita indipendentemente dalle condizioni economiche della moglie (artt. 3, primo comma, e 29, secondo comma, della Costituzione) (13). Tribunale di Caltagirone, ordinanza 26 gennaio 1967, G. U. 29 luglio 1967, n. 190. codice civile, art. 156 (Effetti della separazione), primo comma, in quanto impone al marito l'obbligo di somministrare alla moglie tutto ci che necessario ai bisogni della vita, indip1:mdentemente dalle condizioni economiche della moglie, in ipotesi di separazione personale per colpa esclusiva del marito (artt. 3, primo comma, e 29, secondo comma, della Costituzione) (14). Tribunale di Caltagirone, ordinanza 26 gennaio 1967, G. U. 29 luglio 1967, n. 190. codice civile, art. 2450 (Nomina e revoca di liquidatori), terzo comma, se ed in quanto attribuisce al Presidente del Tribunale anche il potere di accertare e decidere, inaudita altera parte e con provvedimento non impugnabile, in merito alle cause di scioglimento della societ (art. 24, secondo comma, della Costituzione) (15). Tribunale di Milano, ordinanza 13 gennaio 1967, G. U. 8 luglio 1967, n. 170. (13) Questione gi proposta dalla Corte di appello di Messina con ordinanza 13 ottobre 1966 (G. U. 14 gennaio 1967, n. 12, e retro, II, 14). (14) La disposizione, nella parte in cui pone a carico del marito, in Tegime di separazione consensuale senza colpa di nessuno, l'obbligo di somministrare alla moglie tutto ci che necessario ai bisogni della vita, indipendentemente dalle condizioni economiche di costei >, ' stata dichiarata incostituzionale con sentenza 23 maggio 1966, n. 46. (15) Questione gi proposta, sotto analogo profilo, dal Presidente del Tribunale di Milano con ordinanza 14 luglio 1966 (G. U. 28 gennaio 1967, n. 25, e Tetro, II, 15). PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 151 codice di procedura civile, art. 545 (Crediti impignorabili), quarfocom ma, in quanto, pur essendo ispirato al fine di garantire al debitore il minimo indispensabile alla sua sopravvivenza, stabilisce che la somma dovuta dai privati a titolo di stipendio, salario o di altre indennit relative al rapporto di lavoro o di impiego sono pignorabili nella misura di un quinto, senza aver riguardo all'ammontare della retribuzione (art. 3 della Costituzione) (16). Pretore di Brescia, ordinanza 24 maggio 1967, G. U. 29 luglio 1967, n. 190. codice penale, art. 28 (Interdizione dai pubbLici uffici), secondo com ma, n. 5, per quanto attiene alle pensioni di guerra (artt. 3, 27 e 38 della Costituzione) (17). Corte dei conti, prima sezione giurisdizionale per le pensioni di guerra, ordinanza 16 dicembre 1966, G. U. 15 luglio 1967, n. 177. codice di procedura penale, art. 231 (Atti e informative del pretore) e 398 (Poteri del pretore nel procedimento con istruzione sommaria), in quanto non prevedono, nei procedimenti di competenza del pretore, la contestazione del fatto e l'interrogatorio dell'imputato quando si debpa procedere all'emissione diretta del decreto di citazione (artt. 3, primo comma, e 24, secondo e terzo comma, della Costituzione) (18). Pretore di Cecina, ordinanza 17 maggio 1967, G. U. 29 luglio 1967, n. 190. codice di procedura penale, art. 398 (Poteri del pretore nel procedimento con istruzione sommaria), in quanto consente al pretore di emettere decreto di citazione a giudizio senza contestazione del fatto e senza interrogatorio dell'imputato, nel caso di mancato compimento di atti istruttori (art. 3 della Costituzione) (18). Pretore di Padova, ordinanza 28 marzo 1967, G. U. 8 luglio 1967, n. 170. (16) Questione gi proposta, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, ma sotto un diverso profilo (per la disparit di trattamento, cio, rispetto ai dipendenti pubblici), dal Pretore di Gallarate con ordinanza 10 ottobre 1966 (G. U. 26 novembre 1966, n. 299, e in questa Rassegna, 1966, II, 285). (17) La disposizione stata gi dichiarata incostituzionale (sentenza 13 gennaio 1966, n. 3), ma limitatamente alla parte in cui i diritti in essa previsti traggono titolo da un rapporto di lavoro. (18) Questioni dichiarate non fOilldate (in riferimento all'art. 3 della Costituzione per l'art. 231, e in riferimento all'art. 24, secondo comma, della Costituzione per l'art. 398) con sentenza 18 aprile 1967, 11. 46. L'art. 398 del codice di procedura penale, e limitatamente alle parti in cui, nei procedimenti di competenza del pretore, non prevede la contestazione del fatto e l'interrogatorio deii'imputato, qualora si proceda al compimento di atti di istruzione, stato dichiarato incostituzionale con sentenza 28 aprile 1966, n. 33. 152 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice di procedura penale, art. 503 (Atti del giudizio direttissimo), ultima parte, in quanto rimette alla discrezione del giudice la concessione di un termine per preparare la difesa (artt. 3 e 24 della Costituzione) (19). Tribunale di Varese, ordinanza 28 marzo 1967, G. U. 15 luglio 1967, n. 177 (20). r. d. 21 febbraio 1895, n. 70 (Testo unico delZe leggi sulZe pensioni civili e militari), art. 187, in quanto prevede la riduzione della pensione in ipotesi di allontanamento dal servizio per effetto di procedimento disciplinare (artt. 3 e 36 della Costituzione). Corte dei conti, terza sezione giurisdizionale, ordinanza 10 gen naio 1967, G. U. 29 luglio 1967, n. 190. r. d. 17 agosto 1907, n. 642 (che approva il regolamento di procedura dinanzi alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato), artt. 90 e 91. in quanto non garantiscono il diritto di difesa (artt. 24, secondo comma, e 113 della Costituzione). Pretore di Sassari, ordinanza 24 giugno 1967, G. U. 19 agosto 1967, n. 208. r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270 (Legge tributaria sulle successioni), art. 31, primo, secondo e terzo comma, in quanto pone la presunzione iuris et de iure di esistenza di un predeterminato quantitativo di gioielli, denaro e mobili nel patrimonio ereditario (artt. 3 e 53 della Costituzione) (21). Commissione provinciale della imposte di Bari, ordinanza 2 marzo 1967, G. U. 29 luglio 1967, n. 190. r. d. 8 gennaio 1931, n. 148 (Coordinamento delle norme sulla disciplina giuridica dei rapporti collettivi di lavoro con quelle sul trattamento giuridico-economico del personale delle ferrovie, tranvie e linee di navigazione interna in regime di concessione), art. 10, modificato dall'articolo unico della legge 24 luglio 1957, n. 633, in quanto condiziona la proponibilit dell'azione giudiziaria alla preventiva presentazione del reclamo in via gerarchica (art. 36 della Costituzione). Tribunale di Palermo, ordinanza 17 marzo 1967, G. U. 8 luglio 1967, n. 170. (19) Questione dichiarata nOin fondata con sentenza 8 luglio 1967, n. 92. (20) Nella stessa ordinanza il Tribunale di Varese ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimit costituzionale dell'art. 502 del codice di procedura penale, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione. (21) Questione dichiarata non fondata con sentenza 12 luglio 1967, n. 109. PARTE II, RASSEGNA Dt LEGISLAZIONE 163 r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica.sicurezza), art. 114, in quanto vieta l'inserzione, nei giornali o in altri scritti periodici, di " avvisi amorosi (art. 21, sesto comma, della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 30 marzo 1967, G. U. 19 agosto 1967, n. 208. r. d. 30 ottobre 1933, n. 1611 (Testo unico delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull'ordinamento dell'avvocatura dello Stato), art. 11, terzo comma, in quanto commina la non sanabilit della nullit delle notificazioni (art. 3, primo comma, della Costituzione) (22). Tribunale di Campobasso, ordinanza 11 maggio 1967, G. U. glio 1967, n. 177. 15 lur. d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del failimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), art. 163, n. 4, in quanto, pur richiedendo il presupposto dello stato di insolvenza per l'utile proposizione della domanda di ammissione al concordato preventivo, condiziona l'esercizio del diritto al concordato preventivo al deposito della somma necessaria per le spese della procedura (art. 24 della Costituzione). n. Tribunale di Cassino, ordinanza 12 maggio 1967, G. U. 8 luglio 1967, 170. r. d. 19 agosto 1943, n. 737 (Nuovi provvedimenti in materia di im.: posta di registro), art. 4, in quanto, con disciplina diversa da quella prevista dall'art. 50 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269 per le vendite dei beni ai pubblici incanti (23), consente all'Amministrazione finanziaria di procedere all'accertamento del valore dei beni aggiudicati in seguito a vendite coatte promosse in dipendenza di mutui in danaro (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione provinciale delle imposte di Milano, ordinanza 19 novembre 1965, G. U. 8 luglio 1967, n. 170. Commissione distrettuale delle imposte di Santa Maria Capua Vetere, ordinanza 21 ottobre 1966, G. U. 19 agosto 1967, n. 208. d. lg. C.P.S. 1<> aprile 1947, n. 273 (Proroga dei contratti agrari), art. 1, lettera b, modificato dall'articolo unico della legge 13 giugno 1961, n. 527, in quanto rimette all'insindacabile valutazione dell'Ispettorato compartimentale dell'agricoltura l'accertamento sulla attuabilit del (22) La disposizione, sotto il denunciato profilo, stata dichiarata incostituzionale con sentenza 8 luglio 1967, n. 97. (23) La questione di legittimit costituzionale dell'art. 50, secondo comma, del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269 stata dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, con sentenza 6 luglio 1965, n. 62. .~ I 154 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO piano di trasformazione agraria (artt. 24, primo comma, e 102 della Costituzione) (24). Tribunale di Sciacca, ordinanza 5 maggio 1967, G. U. 29 luglio 1967, n. 190. legge 11 marzo 1953, n 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), art. 30, terzo comma, se ed in quanto l'efficacia retroattiva della declaratoria di illegittimit di norme tributarie sia da escludere, secondo l'interpretazione adottata dalla Corte di cassazione, anche oltre i limiti del giudicato e in particolare anche quando sia stato provveduto al pagamento del tributo imposto dalla norma dichiarata incostituzionale (art. 53 della Costituzione) (25). Commissione provinciale delle imposte di Milano, ordinanza 8 marzo 1967, G. U. 29 luglio 1967, n. 190. legge 26 novembre 1955, n. 1177 (Provvedimenti straordinari per la Calabria), art 1 (recte: 1B), se ed in quanto l'addizionale pro-Calabria sia applicabile anche all'imposta sulle societ riscuotibile a seguito di ruoli. emessi ai sensi dell'art. 168 del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 (art. 53 della Costituzione). Commissione distrettuale delle imposte di Prato, ordinanza 14 ottobre 1964, G. U. 8 luglio 1967, n. 170. legge 24 luglio 1957, n. 633 (Modifiche all'art. 10 del regio decreto 8 gennaio 1931, n. 148, sul trattamento giuridico economico del personale delle ferrovie, tramvie e linee di navigazione interna in regime di concessione), articolo unico, che modifica l'art. 10 del r. d. 8 gennaio 1931, n. 148, in quanto condiziona la proponibilit dell'azione giudiziaria alla preventiva presentazione del reclamo in via gerarchica (art. 36 della Costituzione). Tribunale di Palermo, ordinanza 17 marzo 1967, G. U. 8 luglio 1967, n. 170. d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte dirette), art. 84, lettera q, per eccesso dai limiti della delega conferita con la legge 5 gennaio 1956, n. 1, in quanto, innovando l'art. 28 della (24) Questione gi proposta, in riferimento anche all'art. 101 della Costituzione, dalla Sezione agraria della Corte di appello di Venezia (ordinanza 4 marzo 1966, G. U. 11 giugno 1966, n. 143, e in questa Rassegna, 1966, II, 163), e, in riferimento agli artt. 3, 25 e 102 della Costituzione, dalla Sezione agraria della Corte di appello di Catania (ordinanza 11 luglio 1965, G. U. 24 dicembre 1966, n. 324, e in questa Rassegna, 1966, II, 290). (25) Analoga questione, relativa agli effetti della declaratoria di illegittimit costituzionale di norme di diritto processuale, stata dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 24, secondo comma, e 136, primo comma, della Costituzione, con sentenza 29 dicembre 1966, n. 127. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 155 legge 5 gennaio 1956, n. 1, qualifica come reddito le somme erogate dalle imprese a titolo di liberalit in favore del personale dipendente (artt. 76 e 77 della Costituzione). Commissione provinciale delle imposte di Milano, ordinanza 11 gennaio 1967, G. U. 8 luglio 1967, n. 170. d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle ieggi sulle imposte dirette), art. 176, in quanto consente di assoggettare ad imposizione tributaria redditi solo presunti (art. 53 della Costituzione) (26). Commissione distrettuale delle imposte di Gubbio, ordinanza 3 marzo 1967, G. U. 29 luglio 1967, n. 190. d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1032 (Norme sui trattamento economico e normativo degii operai e degii impiegati addetti alle industrie ediiizie ed affini), articolo unico, in quanto rende obbligatori erga omnes gli artt. 46 e 47 del contratto collettivo nazionale di lavoro 1 agosto 1959 e l'accordo interconfederale 14 novembre 1947 (artt. 76 e 77 della Costituzione) (27). Tribunale di Cosenza, ordinanza 4 febbraio 1967, G. U. 15 luglio 1967, n. 177. legge 13 giugno 1961, n. 527 (Modifica deH'art. 1 dei decreto iegisiativo 10 apriie 1947, n. 273, concernente ia proroga dei contratti agrari), articolo unico, che modifica l'art. 1, lettera b, del d. lg. 1 aprile 1947, n. 273, in quanto rimette alla insindacabile valutazione dell'Ispettorato compartimentale dell'agricoltura l'accertamento sulla attuabilit del piano di trasformazione agraria (artt. 24, primo e secondo comma, e 102 della Costituzione) (28). Tribunale di Sciacca, ordinanza 5 maggio 1967, G. U. 29 luglio 1967, n. 190. (26) Questione dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 3, 53, 70, 71, 76, 81 e 113 della Costituzione, con sentenza 3 luglio 1967, n. 77. (27) Il d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1032, per la parte in cui rende obbligatorio l'art. 46 del contratto collettivo nazionale di lavoro 1 agosto 1959, stato dichiarato incostituzionale con sentenza 4 febraio 1967, n. 9. Il d. P. R. 14 luglio 1860, n. 1032 stato dichiarato incostituzionale anche per la parte in cui rende obbligatorie erga omnes le seguenti disposizioni del contratto collettivo nazionale di lavoro 24 luglio 1959: art. 34, per il riferimento alle Casse edili di cui alla fine del terzultimo comma (sentenza 13 luglio 1963, n. 129); art. 55 (sentenza 6 luglio 1965, n. 56); art. 56 (sentenza 23 maggio 1966, n. 45); art. 61 (sentenza 9 giugno 1966, n. 43), e art. 62 (sentenza 13 luglio 1963, n. 129). (28) Questione gi proposta, in riferimento anche all'art. 101 della Costituzione, dalla Sezione agraria della Corte di appello di Venezia (ordinanza 4 marzo 1966, G. u. 11 giugno 1966, n. 143, e in questa Rassegna, 1966, II, 163), e, in riferimento agli artt. 3, 25 e 102 della Costituzione, dalla Sezione agraria della Corte di appello di Catania (ordinanza 11 luglio 1965, G. U. 24 dicembre 1966, n. 324, e in questa Rassegna, 1966, II, 290). 11)6 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 30 aprile 1962, n. 283 (Modifica degli articoli 242, 243, 2'47, 250 e .262 del testo unico delle leggi sanitarie approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265: disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande), art. 5, lettera f, 6 e 10, in quanto, nel demandare al Ministro per la sanit, senza specificazione di limiti e di contenuto, il potere di dettare le modaUtd d'uso ,. per la colorazione artificiale delle sostanze alimentari, consentono all'autorit amministrativa di imporre prescrizioni penalmente sanzionate. (art. 25 della Costituzione) (29). Pretore di Milano, ordinanze 24 giugno 1966 (quattro), G. U. 19 agosto 1967, n. 208. legge 29 dicembre 1962, n. 1744 (Nuove disposizioni per l'applicazione delle leggi di registro, della imposta generale suli'entrata e del bollo sui contratti di locazione dei beni immobili urbani), artt. 1 e 2, in quanto dispongono, con trattamento tributario diverso rispetto a quello stabilito per le locazioni di beni diversi dagli immobili urbani (per le quali l'imposta generale sull'entrata dovuta solo sui prezzi e corrispettivamente versati), che il tributo, comprensivo dell'imposta generale sull'entrata, dovuto per tutta la durata convenzionale del contratto (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione provinciale delle imposte di Milano, ordinanza 9 novembre 1966, G. U. 8 luglio 1967, n. 170. legge 3 febbraio 1963, n. 69 (Ordinamento della professione di giornalista), art. 63, terzo comma, in quanto prevede l'integrazione del Tribunale con un giornalista, di cui non si indicano i requisiti di idoneit e che viene nominato, senza previsione di supplente, su designazione del Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti (artt. 102, secondo comma, e 108 secondo comma, della Costituzione). Tribunale di Torino, ordinanza 7 febbraio 1967, G. U. 29 luglio 1967, n. 190. d. P. R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), art. 215, per eccesso dai limiti della delega conferita con l'art. 30 della legge 19 gennaio 1963, n. 15, in quanto in contrasto con le norme di cui agli articoli 1 del d. lg. lgt. 23 agosto 1917, n. 1450, modificato dal d. 1. 11 febbraio 1923, n. 432, 6 del d. lg. lgt. 8 febbraio (29) La questione di legittimit costit-qzionale dell'art. 5, lettera g, della legge 30 aprile 1962, n. 283, nella parte in cui demanda al Ministro per la sanit di approvare con proprio decreto l'elenco degli addittivi chimici di cui consentita l'aggiunta nelle sostanze alimentari, stata dichiarata non fondata, nel rilievo che e tate elenco non concoTre a costituire it precetto penate :o, con sentenza 26 novembre 1964, n. 96. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 157 1946, n. 85, 2 e 6 della legge 20 febbraio 1950, n. 64, e 24 del r. d. 17 agosto 1935, n. 1765 (artt. 76 e 77 della Costituzione). Tribunale di Reggio Emilia, ordinanza 30 maggio 1967, G. U. 19 agosto 1967, n. 208. legge 22 luglio 1966, n. 607 (Norme in materia di enfiteusi e prestazioni fondiarie perpetue), per eccesso di potere legislativo, in quanto prevede per i rapporti agrari una disciplina indifferenziata, m1qua, antisociale, ed in contrasto con il precedente orientamento legislativo; art. 1, in quanto, con il livellamento della rivalutazione dei canoni enfiteutici, prevede una disciplina unitaria per situazioni obiettivamente differenti (art. 3 della Costituzione); art. 1, secondo e terzo comma, in quanto prevede per la determinazione dell'ammontare del canone enfiteutico un criterio che prescinde dal contenuto concreto dei singoli rapporti (art. 41 della Costituzione) e la cui applicazione si risolve nel sacrificio del diritto di propriet dei concedenti (art. 42, secondo e terzo comma, della Costituzione); art. 1, quarto comma, in quanto consente il trasferimento coattivo del diritto di propriet dei concedenti per motivi privati e non di interesse generale e con indennizzo non compensativo (art. 42, secondo e terzo comma, della Costituzione); artt. 2, 3, 4 e .5, in quanto prevedono un procedimento sommario che non consente ai proprietari concedenti la tutela giudiziale di propri diritti (artt. 24, 111 e 113 della Costituzione) (30). Pretore di Bisacquino, ordinanza 3 maggio 967, G. U. 8 luglio 1967, n. 170. legge 22 luglio 1966, n. 607 (Norme in materia di enfiteusi e prestazioni fondiarie perpetue), art. 1, primo, secondo, terzo e quarto comma, in quanto consente il trasferimento coattivo del diritto di propriet del concedente con indennizzo meramente simbolico e senza garantire, in concreto, il soddisfacimento dell'interesse generale (art. 42, secondo e terzo comma, della Costituzione) (30). Pretore di Terracina, ordinanza 1 aprile 1967, G. U. 8 luglio 1967, n. 170. legge 22 lugUo 1966, n. 607 (Norme in materia di enfiteusi e prestazioni fondiarie perpetue), art. 1, primo, secondo, terzo e quarto comma, in quanto, con regolamentazione uniforme di situazioni obiettivamente differenti (art. 3, primo comma, della Costituzione) e disciplina in contrasto con il precedente orientamento legislativo (eccesso di potere), consente sostanzialmente di espropriare il diritto di propriet dei concedenti con indennizzo meramente simbolico (art. 42, secondo e terzo comma, della Costituzione) (30). (.30) Per analoghe questiO\Ui. v. retro, II, 72, 73, 108 e 109. 158 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pretore di Trapani, ordinanza 20 maggio 1967, G. U. 8 lugo 1967, n. 170 (31). legge 22 lugUo 1966, n. 607 (Norme in materia di enfiteusi e prestazioni fondiarie perpetue), art. 1, .primo, secondo, terzo, quarto e sesto com ma, in quanto prevede, per la determinazione del canone enfiteutico e del capitale di affrancazione, un criterio la cui applicazione comporta il trasferimento coattivo del diritto di propriet del concedente con indennizzo meramente simbolico (art. 42, terzo comma, della Costituzione) (30). Pretore di Napoli, ordinanza 20 maggio 1967, G. U. 29 luglio 1967, n. 190. legge 22 lugUo 1966, n. 607 (Norme in materia di enfiteusi e prestazioni fondiarie perpetue), art. 1, in quanto, con disparit di trattamento tra gli enfiteuti e i proprietari concedenti e disciplina unitaria per situazioni obiettivamente differenti (art. 3 della Costituzione), modifica coattivamente il contenuto di rapporti giuridici liberamente concordati (art. 41 della Costituzione), prescindendo dalla volont delle parti (art. 2 della Costituzione) e pregiudicando, senza il presupposto della pubblica utilit, il diritto di propriet del concedente (art. 42 della Costituzione); art+. 8 e 9, in quanto abrogano disposizioni legislative, alterando l'originario contenuto di rapporti liberamente costituiti (art. 41 della Costituzione) (30). Pretore di Guardia Sanframondi, ordinanza 11 aprile 1967, G. U. 8 luglio 1967, n. 170. legge 22 lugli-o 1966, n. 607 (Norme in materia di enfiteusi e prestazioni fondiarie perpetue), art. 1, in quanto, con disciplina unitaria per situazioni obiettivamente differenti (art. 3 della Costituzione), modifica coattivamente il contenuto di rapporti liberamente costituiti (art. 41 della Costituzione), prevedendo per la determinazione del prezzo dell'affrancazione un criterio la cui applicazione comporta il trasferimento coattivo del diritto di propriet del concedente con indennizzo meramente simbolico (art. 42, terzo comma, della Costituzione); artt. 8 e 9, in quanto stabiliscono la prevalenza della domanda di affrancazione su quella di devoluzione anche nei casi di deterioramento del fondo enfiteutico o di grave inadempienza, avvantaggiando ingiustificatamente l'enfiteuca nei confronti del concedente (art. 3 della Costituzione) e negando il principio della funzione sociale della propriet (art. 42, secondo comma. (31) Con la stessa ordinanza il Pretore di Trapani ha ritenuto manifestamente infondate le questioni di legittimit costituzionale della legge per eccesso di potere di legislativo e in riferimento agli artt. 41, primo comma, 25, primo comma, e 24 della Costituzione. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 159 della Costituzione); art. 15, in quanto, attribuendo alle nuove norme efficacia retroattiva, comporta una disparit di trattamento per analoghe situazioni (art. 3 della Costituzione), alterando, senza alcun fine di utilit sociale, il contenuto di rapporti liberamente costituiti (art. 41 della Costituzione); artt. 4, quinto e sesto comma, e 5, quarto comma, in quanto, attribuendo efficacia esecutiva all'ordinanza che dispone l'affrancazione, non consentono ai proprietari concedenti la tutela giudiziale dei propri diritti (art. 24, secondo comma, della Costituzione) (30). Pretore di Palliano, ordinanza lQ giugno 1967, G. U. 19 agosto 1967, n. 208 (32). legge 22 lugli-o 1966, n. 607 (Norme in materia di enfiteusi e prestazioni fondiarie perpetue), artt. 1 e 5, in quanto, con disciplina unitaria per situazioni obiettivamente differenti (art. 3 della Costituzione), contemplano per la determinazione del capitale di affrancazione un criterio la cui applicazione comporta l'espropriazione del diritto di propriet dei concedenti senza alcun indennizzo per il valore superiore al limite determinato dalla legge (art. 42 della Costituzione) (30). Pretore di Sezze, ordinanza 11 marzo 1967, G. U. 8 luglio 1967, n. 170. legge 22 lugUo 1966. n. 607 (Norme in materia di enfiteusi e prestazioni fondiarie perpetue), artt. 1 e 13, in quanto, con disciplina unitaria per situazioni obiettivamente differenti (art. 3, primo comma della Costituzione), prevedono per la determinazione dell'ammontare del canone enfiteutico e del corrispettivo dell'affrancazione un criterio la cui applicazione comporta il trasferimento coattivo del diritto di propriet del concedente con indennizzo meramente simbolico (art. 42, secondo e terzo comma, della Costituzione); art. 8, in quanto abroga l'art. 972 del codice civile nella parte in cui disponeva la prevalenza della domanda di devoluzione su quella di affrancazione (artt. 3, primo comma, 42, secondo comma, e 44, primo comma, della Costituzione) (30). Pretore di Velletri, ordinanza 5 aprile 1967, G. U. 8 luglio 1967, n. 170 (33). legge 22 lugUo 1966, n. 607 (Norme in materia di enfiteusi e prestazioni fondiarie perpetue), artt. 1, quarto comma, e 13, primo comma, lette (32) Con la stessa ordinanza il Pretore di Palliano ha ritenuto manifestamente infondate le questioni di legittimit costituzionale degli artt. 2, 3, 6 e 7 (art. 3 della Costituzione) ed ha rimesso alla Corte costituzionale di rilevare eventualmente, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, la illegittimit costituzionale degli artt. 11, 12, 13, 16 e 18. (33) Con la stessa ordinanza il Pretore di Velletri ha ritenuto manifestamente infondate le questioni di legittimit costituzionale degli artt. 4 e 5 ('art. 3 e 24 della Costituzione) ed irrilevante quella relativa all'art. 15. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 160 re a e c, in quanto, con disciplina unitaria per situazioni obiettivamente differenti (art. 3 della Costituzione), prevedono per la determinazione del prezzo di affrancazione un criterio la cui applicazione comporta il trasferimento coattivo del diritto di propriet del concedente con indennizzo meramente simbolico (art. 42, terzo comma, della Costituzione); artt. 4, 5, 6 e 7, in quanto, con disparit di trattamento tra gli enfiteuti e i coloni da una parte ed i proprietari concedenti dall'altra (art. 3 della Costituzione), prevedono un procedimento sommario che non consente ai proprietari concedenti la tutela giudiziale dei propri diritti (art. 24, primo e secondo comma, della Costituzione) (30). Pretore di Anagni, ordinanze 20 febbraio 1967, 28 febbraio 1967, 10 marzo 1967 e 8 marzo 1967, G. U. 19 agosto 1967, n. 208 (34). legge 22 lugUo 1966, n. 607 (Norme in materia di enfiteusi e prestazioni fondiarie perpetue), artt. 1, primo comma, e 15, in quanto, determinando i canoni enfiteutici ed il prezzo dell'affrancazione sulla base di dati rilevati in epoche antecedenti e attribuendo alle nuove norme efficacia retroattiva, alterano coattivamente ,il contenuto di rapporti liberamente costituiti (art. 41 della Costituzione) e disconoscono sostanzialmente il diritto di propriet del concedente (artt. 2 e 42, secondo comma, della Costituzione); artt. 1, 15 e 18, in quanto contemplano norme relative Soltanto alle enfiteusi agrarie e non anche a quelle urbane (art. 3 della Costituzione); art. 4, in quanto, formalmente precludendo la ricorribilit per cassazione, definisce e ordinanza,. il provvedimento pretorile di affrancazione, di efficacia invece costitutiva e con natura sostanziale di sentenza (art. 111 della Costituzione) (30). Pretore di Pozzuoli, ordinanza 7 giugno 1967, G. U. 19 agosto 1967, n. 208 (35). legge 22 lugUo 1966, n. 607 (Norme in materia di enfiteusi e prestazioni fondiarie perpetue1, art. 1, primo, secondo e quarto comma, e art. 15, in quanto, con disparit di trattamento tra gli enfiteuti e i concedenti e disciplina unitaria per situazioni obiettivamente differenti (art. 3 della Costituzione), modificano coattivamente il contenuto di rapporti liberamente costituiti (art. 41 della Costtiuzione), prevedendo per la determinazione del prezzo dell'affrancazione un criterio la cui applicazione comporta il trasferimento del diritto in propriet del concedente (34) Con la stessa ordinanza il Pretore di Anagni ha ritenuto manifestamente infondate le questioni di legittimit costituzionale degli artt. 4, 5, primo, secondo, terzo e quarto comma (art. 113 della Costituzione), 1, quinto e sesto comma, 2, 3, 8, 9 e 10, e irrilevanti quelle relative agli artt. 1, primo, secondo e terzo comma, 11, 12, 13, primo comma, lettera b, secondo e terzo comma, 14, 15, 16, 17 e 18. (35) Con la stessa ordinanza il Pretore di Pozzuoli ha ritenuto irrilevanti le questioni di legittimit costituzionale della legge in riferimento agli artt. 7 e 81, quarto comma, della Costituzione. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 161 con indel'l:ni~zo meramente simbolico (art. 42, secondo e terzo comma, della 09$t.ituzione) (19). Pretore di S. Stefano di Camastra, ordinanza 18 maggio 1967, G. U. 12 agosto 1967, n. 208. legge 22 lugUo 1966.. a. 607 (Norme in materia di enfiteusi e prestazioni. t,ondiarie perpetue), ortt. 4 e 5, in quanto prevedono per l'esercizio del :dil\ttto di tMlrancazione dei canoni enfiteutici ed equiparati un p~~C~lil,nto sq~tn;ario che. c:.n:on CQl,1lsente ai :Prop,;ietal!i concedenti la tutel~.;;tip (pubblicata il 22 marzo 1967). Ordinanza 3 luglio 1967, n. 87, G. U. 8 luglio 1967, n. 170. Ordinanze di rimessione 25 novembre 1966 della Giunta provinciale amministrativa di Torino (G. U. 8 aprile 1967, n. 89, e retro, II, 67) e 12 dicembre 1966 della Giunta provinciale amministrativa di Milano (G. U. 25 marzo 1967, n. 77, e retro, II, 67). d. P. R. 28 giugno 1949, n. 631 (Regolamento per la navigazione interna) -Inammissibilit. Sentenza 12 luglio 1967, n. 111, G. U. 15 luglio 1967, n. 177. Ordinanza di rimessione 14 febbraio 1966 del Pretore di Venezia, G. U. 14 maggio 1966, n. 118, e in questa Rassegna, 1966, II, 161. d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1011 (Norme sui licenziamenti individuali dei lavoratori dipendenti dalle imprese industriali) (artt. 76 e 102 della Costituzione) -Manifesta infondatezza (42). Sentenza 8 luglio 1967, n. 98, G. U. 15 luglio 1967, n. 177 (43). Ordinanza di rimessione 13 ottobre 1965 del Tribunale di Milano, G. U. 14 maggio 1966, n. 118, e in questa Rassegna, 1966, II, 162. d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1032 (Norme sul trattamento economico e normativo degli operai e degli impiegati addetti alle industrie edilizie ed affini), articolo unico, nella parte in cui rende obbligatorio erga (42) Questione dichiarata non fondata, in riferimento anche all'art. 77 della Costituzione, con sentenza 26 maggio 1966, n. 50, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimit costituzionale del d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1011, e per la sola parte in cui disciplina l'intervento di conciliazione dette organizzazioni di categoria" (43) Con la stessa sentenza la Corte costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimit costituzionale del d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1011, in riferimento all'art. 39, primo comma, della Costituzione. 164 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO omnes l'art. 34 del contratto collettivo nazionale 24 luglio 1959 -Manifesta infondatezza (44). Sentenza 8 luglio 1967, n. 99, G. U. 15 luglio 1967, n. 177. Ordinanza di rimessione 7 febbraio 1966 del Pretore di Fermo, G. U. 14 maggio 1966, n. 118, e in questa Rassegna, 1966, Il, 162. d. P. R. 14 febbraio 1964, n. 237 (Leva e reclutamento obbligatorio nell'esercito, nella marina e nell'aeronautica), art. 1, lettera b (art. 52 della Costituzione) Manifesta infondatezza (45). Ordinanza 3 luglio 1967, n. 86, G. U. 8 luglio 1967, n. 170. Ordinanza di rimessione 6 dicembre 1966 del Tribunale militare di Padova, G. U. 25 febbraio 1967, n. 51, e retro, II, 69. d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162 (Norme per 'la repressione deUe frodi nena preparazione e nel commercio dei mosti, vini ed aceti) (artt. 73 e 76 della Costituzione) -Manifesta infondatezza (46). Ordinanze 3 luglio 1967, n. 84 e n. 85 (G. U. 8 luglio 1967, n. 170) e sentenza 12 luglio 1967, n. 106 (G. U. 15 luglio 1967, n. 177). Ordinanze di rimessione 23 novembre 1966 del Pretore di Serra valle Scrivia (G. U. 28 gennaio 1967, n. 25, e retro, Il, 20); 5 dicembre 1966 del Pretore di Canelli (G. U. 28 gennaio 1967, n. 25, e retro, II, 20); 7 dicembre 1966 (due) del Pretore di Casale Monferrato (G. U. 25 febbraio 1967, n. 51, e retro, II, 71); 7 dicembre 1966 del Pretore di Fermo (G. U. 25 febbraio 1967, n. 51, e retro, II, 71); 22 dicembre 1966 del Pretore di Verolanuova (G. U. 11 febbraio 1967, n. 38, e retro, II, 20). d. m. 29 settembre 1965 (Caratteristiche e limiti di alcune sostanze contenute nei vini e nell'aceto) -Inammissibilit. Sentenza 12 luglio 1967, n. 106, G. U. 15 luglio 1967, n. 177. Ordinanza di rimessione 22 dicembre 1966 del Pretore di Verolanuova, G. U. 11 febbraio 1967, n. 38, e retro, II, 20). (44) Disposizione gi dichiarata incostituzionale, per il riferimento alle casse edili di cui all:a fine del terzultimo comma, con sentenza 13 luglio 1963, n. 129. n d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1032 stato dichiarato illegittimo anche per la parte in cui rende obbligatorie erga omnes le seguenti altre disposizioni del contratto collettivo nazionale del 24 luglio 1959 : art. 55 (sentenza 6 luglio 1965, n. 56), art. 56 (sentenza 23 maggio 1966, n. 45), art. 61 (sentenza 9 giugno 1966, n. 43), e art. 62 (sentenza 13 luglio 1963, n. 129). n d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1032, stato inoltre dichiarato incostituzionale, con sentenza 4 febbraio 1967, n. 9, per la parte in cui rende obbligatorio erga omnes l'art. 46 del contratto collettivo nazionale di lavoro 1 agosto 1959 per gli impiegati addetti alle industrie edilizie ed affini. (45) Questione dichiarata non fondata con sentenza 24 aprile 1967, n. 53. (46) Questione dichiarata non fondata con sentenze 9 febbraio 1967, n. 13, 22 marzo 1967, n. 32, e 22 marzo 1967, n. 33. J PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 165 legge reg. sic. approv. 19 luglio 1966 (Contributi alle Amministrazioni provinciali, comunali e a loro consorzi ad integrazione di quelli previsti dalle leggi statali 12 febbraio 1958, n. 126, 21 aprile 1962, n. 181, e 20 gennaio 1963, n. 31) -Estinzione per rinuncia. Ordinanza 3 luglio 1967, n. 88, G. U. 8 luglio 1967, n. 170. Ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana depositato il 5 agosto 1966, G. U. 10 settembre 1966, n. 226, e in questa Rassegna, 1966, II, 261. legge reg. sic. approv. 1 febbraio 1967 (Provvedimenti di carattere finanziario per l'anno 1967) -Estinzione per rinuncia Ordinanza 3 luglio 1967, n. 89, G. U. 8 luglio 1967, n. 170. Ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana depositato il 9 febbraio 1967, G. U. 11 marzo 1967, n. 64, e retro, II, 73. legge reg. sic. ap.prov. 9 marzo 1967 (Istituzione dell'Ente per i paZazzi e le ville in Sicilia) -Estinzione per rinuncia. Ordinanza 3 luglio 1967, n. 90, G. U. 8 luglio 1967, n. 170. Ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana depositato il 25 marzo 1967, G. U. 8 aprile 1967, n. 89, e retro, II, 73. CONSULTAZIONI AERONAUTICA ED AEROMOBILI. Limitazione nei pressi degli aeroporti -Mappa -Opposizione. Se sia ammissibile, ai sensi degli artt. 715 ter e quater, cod. nav., un'opposizione avverso il decreto interministeriale che rende esecutiva la mappa della zona soggetta alle limitazioni nei pressi degli aeroporti (n. 20). Piani laterali di transizione. Da dove debba calcolarsi la distanza di metri 300 e dal perimetro dell'aeroporto'" prevista dalla 1. 4 febbraio 1963, n. 58, modificativa dell'art. 715 cod. nov. (n. 21). AGRICOLTURA E FORESTE Agevolazioni tributarie per mutui agrari. Se, dopo la 1. 6 dicembre 1965, n. 1381, le agevolazioni tributarie previste da:ll'art. 21 1. 5 luglio 1928, n. 1760 siano applicabili retroattivamente ai contratti di mutuo agrario che contengono clausole non necessariamente connesse alla disciplina del credito agrario (n. 46). Consorzio di bonifica montana dell'Appennino Parmense -Elezioni Minore et del Presidente del seggio. Se siano valide le elezioni consortili quando il Presidente di uno dei seggi elettorali, nominato dal!' Amministrazione Commissariale del Consorzio, non abbia raggiunto la maggiore et (n. 47). Interventi a favore di aziende agricole danneggiate da calamit naturali. Se possono ritenersi valide le domande di contributi per danneggiamenti derivanti da calamit naturali o da eccezionali avversit atmosferiche presentate all'Amministrazione Centrale anzich agli organi periferici (Ispettorati provinciali per l'Agricoltura e Ispettori:i.ti ripartimentali delle foreste), come disposto dall'art. 4 della 1. 21 luglio 1960, n. 739 (n. 48). PARTE II, CONSULTAZIONI 167 Se possono ritenersi valide le domande di contributi pervenute prima della pubblicazione del decreto di delimitazione delle zone danneggiate o anche prima delia pubblicazione della legge che, con riferimento alla legge quadro (21 luglio 1960, n. 739) disponga in concreto i benefici (n. 48). AMMINISTRAZIONE PUBBLICA Natura giuridica dell'UNIRE. Se l'UNIRE abbia natura di persona giuridica pubblica e se, conseguentemente, possa usufruire dei mutui dell'Istituto per il credito sportivo (n. 322). ANTICHIT E BELLE ARTI Perimetri di zona -Competenza. Se la competenza a emettere i provvedimenti previsti dall'art. 2 bis, 20 coinma, della 1. 28 settembre 1966, n. 749, relativi alla determinazione del perimetro di zona, delle prescrizioni d'uso e dei vincoli di inedificabilit nella Valle dei Templi di Agrigento, appartenga alla Amministrazione statale centrale, o debba intendersi delegata al Presidente della Regione siciliana in qualit di organo decentrato dello Stato ai sensi del d. l. C. P. S. 20 giugno 1947, n. 567 (n. 57). APPALTO Natura delle cauzioni. Se le cauzioni prestate per l'appalto di lavori pubblici abbiano natura reale (pegno regolare) ovvero obbligatoria (pegno irregolare) (n. 310). Se le stesse possano essere realizzate dalla Amministrazione senza altra formalit ovvero viga il divieto del patto commissorio (n. 310). Se, nell'ipotesi di fallimento o liquidazione coatta della dittta appal tatrice, intervenuti prima del collaudo, possa operarsi la compensazione ex art. 56 1. f. tra i crediti dell'Amministrazione e il credito della ditta alla restituzione della cauzione (n. 310). AUTOVEICOLI Pubblico registro -Trascrizione nelle more della reimmatricolazione. Sulle modalit di trascrizione del pignoramento di autoveicoli nelle more della reimmatricolazione nel P. R. A. di altra Provincia (n. 69). 168 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CACCIA E PESCA Concessione esclusiva di pesca -Aumento canoni -De'Correnza. Se gli aumenti dei canoni previsti dalla I. 21 dicembre 1961, n. 1501, decorrano o meno dalla data di entrata in vigore di detta legge (n. 34). Inclusione dei terreni demaniali nelle zone di ripopolamento e cattura. Se i terreni demaniali possano essere inclusi, con le modalit previste dall'art. 52, t. u. sulla caccia 5 giugno 1939, n. 1016, nelle zone di ripopolamento e cattura e se; comunque, per l'inclusione sia necessario il consenso dell'Amministrazione (n. 35). COMPETENZA Reati finanziari -Spostamenti di competenza per ragioni di connessione. Se, in casi di connessione di procedimenti fra reati finanziari di competenza del Giudice speciale (Intendente di finanza) e reati di competenza del giudice ordinario (Pretore o Tribunale), si eserciti sempre la vis attractiva di cui all'art. 49 (e 46) c. p. p. o se invece lo spostamento di competenza si verifichi solo a favore del Tribunale, tanto se la connessione dei procedimenti concerna reati finanziari quanto se concerna reati comuni (n. 25). COMUNI E PROVINCE Cariche incompatibili. Se la carica di Consigliere di amministrazione di una Azienda Autonoma di cura, soggiorno e turismo sia incompatibile con quella di consigliere comunale (n. 124). CONCESSIONI AMMINISTRATIVE Assoggettabilit degli atti di concessione dei beni demaniali. Se gli atti di concessione di beni demaniali siano soggetti a trascrizione ai sensi degli artt. 2645 e 2643 c. c. (n. 88). CONCORSI Legge 3 novembre 1961, n. 1255 -Partecipazione concorso ostetriche nominate nei ruoli dopo l'entrata in vigore della legge. Se debbono ammettersi al concorso nazionale per titoli e esami previsto dall'art. 18 della 1. 3 novembre 1961, n. 1255, per l'immissione nella qualifica iniziale del ruolo di concetto delle ostetriche, quelle nominate in ruolo posteriormente alla entrata in vigore della suddetta legge (n. 12). PARTE II, CONSULTAZIONI 169 CONTRATTI AGRARI Ripetizione dei canoni extralegali. Se la 1. 12 giugno 1962, n. 567, sia applicabile anche alle affittanze dei beni demaniali e patrimoniali indisponibili (n. 19). Se l'azione per la ripetizione dei canoni eccedenti la misura legale sia esperibile anche se l'affittuario sia decaduto, per decorso del termine, dalla domanda di perequazione (n. 19). CORTE DEI CONTI Giurisdizione della Corte dei Conti. Se i dipendenti della Gestione Navigazione Laghi debbano considerarsi sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti (n. 7). COSTITUZIONE Legge 19 luglio 1961, n. 659, art. 5 -Questione di legittimit costituzionale. Se possa ritenersi costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 3 della Costituzione, l'art. 5 della 1. 19 luglio 1961, n, 659 (n. 45). DANNI Attivit lesiva dell'autorit di P. S. -Risarcimento. Se la previsione dell'art. 7 t.u. P. S. che esclude qualunque indennizzo per i danni derivanti da esecuzione dei provvedimenti dell'autorit di P. S. nell'esercizio delle facolt ad essa attribuite dalla legge, integri un'ipotesi di esclusione del risarcimento del danno conseguente a lesione di interessi legittimi (n. 4). Se l'art. 7 t. u. P. S. escluda ogni risarcimento del danno derivante dall'esecuzione di un provvedimento di P. S. anche se questo debba considerarsi illecito, oppure escluda solo il risarcimento del danno derivante dall'esecuzione, non ispirata ai comuni princpi di perizia, prudenza e diligenza, di un provvedimento di P. S. valido (n. 4). DANNI DI GUERRA Criteri di commisurazione dell'indennizzo. Se, ai fini della determinazione dell'indennizzo per danni di guerra, previsto dall'art. 25, 10 comma, della 1. 27 dicembre 1962, n. 968, debbano prendersi in considerazione, per la commisurazione dell'entit del danno, anche le spese tecniche complementari (demolizioni, trasporti, ecc.) oltre al mero valore delle cose distrutte (n. 128). 170 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO DEMANIO Assoggettabilit degli atti di concessione dei beni demaniali. Se gli atti di concessione di beni demaniali siano soggetti a trascrizione ai sensi degli artt. 2645 e 2643 c. c. (n. 218). Inclusione dei terreni demaniali nelle zone di ripopolamento e cattura. Se i terreni demaniali possano essere inclusi, con le modalit previste dall'art. 52, t. u. sulla caccia 5 giugno 1939, n. 1016, nelle zone di ripopolamento e cattura e se, comunque, per l'inclusione sia necessario il consenso dell'Amministrazione (n. 219). Patrimonio indisponibile -Trasferimento di beni alla Regione FriuliVenezia Giulia. Se, a norma dell'art. 32 del d. P. R. 26 agosto 1965, n. 1116, possa effettuarsi il parziale trasferimento di un immobile alla Regione del Friuli-Venezia Giulia, quando l'altra parte dell'immobile stesso resti adibita a sede di un ufficio statale, con ci comportando una utilizzazione in comune tra Stato e Regione, senza costituzione di alcuna servit, di alcune parti dell'edificio ai sensi dell'art. 1117 c. c. (n. 220). DEPOSITO Modalit per la restituzione dei depositi cauzionali in caso di mutamenti della capacit delle persone fisiche. Se gli adempimenti richiesti dall'art. 8, penultimo comma, 1. 6 luglio 1949, n. 466, per la restituzione dei depositi cauzionali intestati alle ditte ad unico proprietario, alle societ semplici ed alle piccole imprese, siano applicabili anche: a) nel caso che il deposito sia intestato ad una persona fisica, e: b) nel caso che nello stesso atto di deposito risulti univocamente che il depositante ha la qualit di imprenditore (n. 23). EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE Determinazione dell'indennit di esproprio. Se per procedere alle espropriazioni -a termini della 1. 4 novem bre 1963, n. 1460 ---delle aree comprese nei piani di zona possa l'ISES richiedere direttamente la stima all'Ufficio Tecnico Erariale (n. 193). Se, per le espropriazioni da eseguire nelle localit dove non sia stato adottato il piano di zona, l'UTE sia tenuto a fornire ugualmente la stima su richiesta diretta dell'ISES (n. 193). Se, nei casi in cui il piano di zona della " 167 " sia stato adottato ma non ancora approvato, lo stesso sia da ritenere o meno operante ai fini della procedura da seguire (n. 193). J PARTE II, CONSULTAZIONI 171 Legge 5 marzo 1963, n. 246 -Espropriazione aree edificabili -Espropriabilit durante l'accertamento del valore. Se soltanto le aree che abbiano un valore dichiarato dal proprietario superiore a 100 milioni possono formare oggetto di espropriazione ai sensi dell'art. 13 1. 246 del 1963 (n. 194). Se l'espropriazione possa essere chiesta e disposta solo dopo che sia stato accertato nei modi di legge, qualora il proprietario dichiari un valore inferiore a 100 milioni, che l'area stessa ha un valore superiore a tale somma (n. 194). Legge n. 408 del 1949 -Acquisto di aree fabbricabili rivendute -Decadenza dai benefici fiscali. Se sia applicabile la sanzione di decadenza dai benefici fiscali deriva: t;1ti dalla legge Tupini n. 408 del 1949 per gli atti di acquisto di aree fabbricabili, non seguite, entro il termine di legge, dalla costruzione degli alloggi da parte del medesimo acquirente ma rivendute con le costruzioni gi iniziate ad un terzo, con l'onere di ultimarle entro il termine di legge (n. 195). Legge n. 408 del 1949 -Acquisto di aree per costruzione di pi fabbricati. Se sia preclusiva ~ll'applicazione dei benefici tributari agli atti di compravendita degli alloggi ubicati nei fabbricati che sono stati ultimati entro il prescritto biennio, e che sono autonomi da quelli che sono decaduti dai benefici per inosservanza del termine di ultimazione, la decadenza dalle agevolazioni fiscali di cui ha usufruito l'area fabbricabile (n. 196). ELETTRICIT ED ELETTRODOTTI Servit -Indennit. Se il decreto del Capo dello Stato determinativo di indennit, pre visto dall'art. 125 t. u. 11 dicembre 1933, n. 1775, sia un provvedimento di carattere generale o se invece detta previsione legislativa postuli l'emanazione di singoli provvedimenti di volta in volta adottati (n. 34). Se tale principio sia derogato -nei limiti dalla stessa previsti dalla norma di cui all'art. 5 d.1. C. P. S. 7 gennaio 1947, n. 24 (n. 34). ELEZIONI Se la proposizione di un ricorso alla Corte di Appello avverso una decisione della G. P. A. che aveva statuito in materia di operazioni elettorali a norma dell'art. 83 d. P. R. 16 maggio 1960, n. 570, comporti la sospen 172 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sione dell'esecuzione della decisione della G. P. A., nonostante che, trattandosi di materia devoluta alla cognizione del Consiglio di Stato, la Corte adita difetti di giurisdizione (n. 7). ESPROPRIAZIONE PER P. U. Competenza degli organi regionali. Se l'autorizzazione all'occupazione d'urgenza e la espropriazione delle aree, site nella regione Friuli-Venezia Giulia, occorrenti per la costruzione di opere di competenza dell'ENEL, siano di competenza degli organi, centrali o periferici dello Stato, ovvero di quelli regionali (n. 241). Dichiarazione di p. u. -Definitivit -Competenza. Se sia definitivo il provvedimento prefettizio di dichiarazione di p. u. di opere (n. 242). Se debba escludersi la competenza prefettizia alla dichiarazione di p. u. quando vi sia un contributo da parte dello Stato ai Comuni nella ipotesi in cui i Comuni esercitino la :facolt, concessa dalla 1. 25 giugno 1956, n. 602, di utilizzare il contributo di cui all'art. 2 della 1. 2~ aprile 1941, n. 392, per finalit diverse da quelle previste in tale ultima 11.egge (n. 242). Edilizia scolastica -Termini d'inizio e completamento dei lavori. Se il disposto della 1. 9 agosto 1954, n. 645, possa ritenersi implicitamente abrogato ad opera dell'art. 2 della I. 26 gennaio 1962, n. 17, relativamente alla :fonte della dichiarazione di p. u. e del connesso obbligo di indicare i termini per l'inizio ed il compimento delle espropriazioni e dei lavori, con la conseguenza della necessit della prefissione dei termini solo nella delibera di scelta dell'area, e non pure nel decreto o nella deliberazione di approvazione del progetto (n. 243). Giurisdizione della autorit giudiziaria ordinaria. Se nel caso di espropriazione ex 1. 9 agosto 1954, n. 636 sussista deroga alla competenza dell'aut'Orit giudiziaria ordinaria in :favore dell'arbitrato obbligatorio previsto dall'art. 64 della 1. 9 luglio 1908, n. 445 (n. 244). Legge 5 marzo 1963, n. 246 -Espropriazione aree edificabili -Espropriabilit durante l'accertamento del valore. Se soltanto le aree che abbiano un valore dichiarato dal proprietario superiore a 100 milioni possono formare oggetto di espropriazione ai sensi dell'art. 13 legge n. 246 del 1963 (n. 245). PARTE II, CONSULTAZIONI 173 Se l'espropriazione possa essere chiesta e disposta solo dopo cli.i sia stato accertato nei modi di legge, qualora il proprietario dichiari un valore inferiore a 100 milioni, che l'area stessa ha un valore superiore a tale somma (n. 245). FERROVIE Elezioni -Facilitazioni di viaggio. Se le facilitazioni di viaggio previste, in occasione delle elezioni comunali e provinciali, dalla 1. 24 novembre 1966, n. 933 si applichino anche a coloro che a:bbiano intrapreso il viaggio, per esercitare il diritto di voto, in data precedente alla entrata in vigore della legge stessa (n. 380). Facilitazioni tariffarie di cui al d. m. n. 5272 del 2 maggio 1958. Se le facilitazioni tariffarie previste per i trasporti ferroviari di materiali e macchinari destinati all'industrializzazione del Mezzogiorno siano applicabili anche quando le merci trasportate non siano state prima del trasporto esattamente o integralmente elencate nelle distinte analitiche prescritte dalle norme d'applicazione (n. 381). Piazzali esterni delle stazioni -Tassa comunale di occupazione. Se per l'occupazione dei piazzali esterni delle stazioni ferroviarie, concessi in uso ai Comuni, sia dovuta la tassa prevista dagli artt. 10, n. 3 192 t. u. sulla Finanza locale (n. 382). IMPIEGO PUBBLICO Missione -Utilizzazione di autovettura di propriet privata. Se per l'esecuzione di una missione di ufficio da parte di pi unit ispettive nella stessa localit l'Amministrazione possa consentire l'utilizzazione di un'autovettura di propriet di uno degli ispettori, corrispondendo, ai sensi dell'art. 13 della I. 15 aprile 1961, n. 291, al funzionario proprietario del veicolo l'indennit chilometrica di L. 30 ed agli altri ispettori in viaggio gratuito quella di L. 1,25 o 0,85 (n. 654). Prescrizione del diritto alla pensione. Se debba considerarsi prescrittibile il diritto alla pensione dei dipendenti dello Stato (n. 655). Previdenza ed assistenza personale della Amministrazione del Catasto e dei Servizi Tecnici erariali. Se il nuovo Regolamento per l'amministTazione e l'erogazione del Fondo di Previdenza per il personale dell'Amministrazione del Catasto 174 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO e dei Servizi Tecnici Erariali, approvato col d. P. R. 10 maggio 19m>;n.. 591, possa spiegare efficacia retroattiva in quei casi, definiti nell'ambito del _precedente Regolamento, nei quali sia stata corrisposta, in virt di quest'ultimo, una indennit superiore a quella da liquidare a sensi del regolamento vigente (n. 656). Nell'ipotesi in cui l'impiegato abbia maturato il diritto alla indennit prima della entrata in vigore del nuovo Regolamento, se debba aversi riguardo, ai fini della applicazione del vecchio e del nuovo regolamento, alla data della presentazione della domanda o della delibera del Consiglio di Amministrazione, ovvero alla data in cui si acquisisce il diritto alla indennit medesima (n. 656). IMPOSTA DI REGISTRO Agevolazioni tributarie in materia di costruzione di campi sportivi. Se, ai sensi dell'art. 3 del r. d. l. 2 febbraio 1939, n. 302, il beneficio fiscale debba essere concesso anche per gli atti di acquisto dell'area per !~esecuzione di un impianto sportivo ed agli eventuali atti di mutuo o di finanziamento (n. 255). Interruzione della prescrizione -Estensione. Se l'interruzione della prescrizione dell'imposta di registro, conseguente alla opposizione del contribuente, si estenda anche a pretesa diversa da quella opposta ma pur essa derivante dall'atto registrato (n. 256). Legge n. 408 del 1949 -Acquisto di aree per costruzione di pi fabbricati. Se sia preclusiva all'applicazione dei benefici tributari agli atti di compravendita degli alloggi ubicati nei fabbricati che sono stati ultimati entro il prescritto biennio, e che sono autonomi da quelli che sono decaduti dai benefici per inosservanza del termine di ultimazione, la decadenza dalle agevolazioni fiscali di cui ha usufruito l'area fabbricabile (n. 257). Legge n. 408 del 1949 -Acquisto di aree fabbricabili rivendute -Decadenza dai benefici fiscali. Se sia applicabile la sanzione di decadenza dai benefici fiscali derivanti dalla legge Tupini n. 408 del 1949 per gli atti di acquisto di aree fabbricabili, non seguite entro il termine di legge dalla costruzione degli alloggi da parte del medesimo acquirente ma rivendute con le costruzioni gi iniziate ad un terzo, con l'onere di ultimarle entro il termine di legge (n. 258). Legge 19 luglio 1961, n. 659, art. 5 -Questione di legittimit costituzionale. Se possa ritenersi costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 3 della Costituzione, l'art. 5 della 1. 19 luglio 1961, n. 659 (n. 259). PARTE II, CONSULTAZIONI 175 Trattamento tributario degli atti e contratti relativi agli edifici per la scuola media unica. Se gli atti e i contratti dei Comuni per la costn~zione ed il restauro degli edifici per la scuola media unificata, di cui alla l. 31 dicembre 1962, n. 1859, possono fruire del beneficio della imposta fissa, di registro, prevista dall'art. 44 della tariffa all. B alla legge di registro (n. 260). Se tale beneficio possa estendersi agli atti e contratti dei Comuni per l'arredamento, adattamento e simili degli edifici della scuola media unica (n. 260). IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA Restituzione d'imposta indebitamente percetta -Interessi moratori. Se, nel caso di istanze di restituzione IGE, presentate dapprima in via amministrativa, intempestivamente, ai sensi dell'art. 47 della legge sull'IGE, e, successivamente, in via giudiziale, la corresponsione degli interessi di mora, debba decorrere dalla data delle istanze amministrative, o dalla data delle citazioni (n. 118). Se il termine di prescrizione quinquennale di cui all'art. 2948 c. c. riguardi anche gli interessi moratori di cui all'art. 5 della 1. 26 gennaio 1961, n. 29 (n. 118). Sanzione della chiusura dell'esercizio -Art. 40 l. 19 giugno 1940, n. 762. Se in pendenza di procedimento penale per contrabbando sia opportuno sospendere la decisione del ricorso al Ministro proposto avverso provvedimenti dell'Intendente di Finanza ex art. 40 della l. 19 giugno 1940, n. 762, per violazione degli artt. 17, 18 e 33 di questa legge (n. 119). IMPOSTE E TASSE Interessi moratori -Prescrizione. Se la interruzione della prescrizione nei riguardi del tributo agisca anche relativamente agli interessi semestrali moratori dovuti all'Amministrazione ai sensi delle leggi 26 gennaio 1961, n. 29 e 28 marzo 1962, n. 147 (n. 442). Decorrenza -Rinuncia tacita -Imposta sui :filati esportati all'estero. Da quando decorre il termine biennale di prescrizione previsto dal l'art. 18 d. l. 3 gennaio 1947, n. 1, per ottenere l'abbuono o la restituzione dell'imposta sui filati esportati all'estero (n. 443). Se l'istituto della rinunzia tacita alla prescrizione sia applicabile a danno della P. A., con riguardo al credito per la ripetizione dei tributi sui filati esportati all'estero, indebitamente restituiti (n. 443). 176 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Rettifica di infedele denuncia. Se la sopratassa per infedele dichiarazione, prevista dal comma terzo dell'art. 5 della legge 1744 del 1962, debba essere applicata, sia pure nella misura ridotta alla met ai sensi del comma quarto del citato articolo, anche nel caso in cui lo stesso contribuente, prima della scadenza del termine di legge per la presentazione della dichiarazione, provveda alla rettifica della dichiarazione in precedenza presentata (n. 444). Spiriti -Abbuono d'imposta. Se in caso di perdita o distruzione di spiriti gi denaturati, l'abbuono dell'imposta sia subordinato alla dimostrazione che a norma dell'art. 9 del d. l. 23 ottobre 1964, n. 989, si tratti di distruzione dovuta a forza maggiore e senza colpa (n. 445). IMPOSTE VARIE Imposta di fabbricazione -Gas incondensabili di petrolio. Se sia applicabile l'imposta di fabbricazione sui gas incondensabili di petrolio, resi liquidi mediante compressione, allorch non siano destinati ad essere usati come combustibile o carburante (n. 6). LAVORO Operai canneggiatori del Catasto assunti con contratto a termine ex legge n. 959 del 1962 -Deroga alla disciplina del contratto a termine ex legge n. 230 del 1962. Se la facolt concessa dall'art. 25 della 1. n. 959 del 1962 all'Amministrazione del Catasto di reclutare con contratto di diritto privato e per la durata non superi'Ore a giorni 90 operai canneggiatori, deroghi alla disciplina del contratto a termine stabilito dalla 1. 18 aprile 1962, n. 230 (n. 47). LOTTO E LOTTERIE Se il limite di somma stabilito dall'art. 48 del Regolamento sul lotto pubblico approvato con r. d. 25 luglio 1940, n. 1077 possa ritenersi elevato per effetto del d. 1. 20 gennaio 1949, n. 18 e della I. 10 febbraio 1953, n. 936 e, comunque, se queste norme consentano al Ministero competente di procedere ad elevare il limite di somma suddetto (n. 29). NOTIFICAZIONE Indennit di trasferta agli uffciali giudiziari. Se debba essere anticipata agli ufficiali giudiziari l'indennit di trasferta dovuta per notifica di atti, in materia civile, a richiesta e nell'interesse di una Amministrazione dello Stato (n. 25). PARTE II, CONSULTAZIONI 177' PENSIONI Cumulabilit della pensione di guerra con quella privite.giata ordinaria. Se siano cumulabili la pensione di guerra e la pensione privilegiata ordinaria per aggravamento della infermit di guerra determinata dal successivo servizio (civile o militare non di guerra) (n. 117). Prescrizione del diritto alla pensione. Se debba considerarsi prescrittibile il diritto alla pensione .dei dipendenti dello Stato (n. 118). Riversibilit della pensione ordinaria -Legge n. 46 del 1958. Se, essendovi stato riconoscimento di paternit naturale in costanza di matrimonio e quindi in contrasto con l'art. 252 c. c., tale riconoscimento debba considerarsi convalidato ove muoia l'altro coniuge, e quindi debba riconoscersi al figlio il diritto alla pensione di reversibilit (n. 119). PERSONA GIURIDICA Persona giuridica pubblica. Se l'Associazione Nazionale Bieticultori abbia natura c;U persona giuridica pubblica (n. 5). POSTE E TELECOMUNICAZIONI Contravvenzioni alla esclusivit postale. Se le contravvenzioni previste dagli artt. 35 del codice postale (r. d .. 27 febbraio 1936, n. 645) e 142 e seguenti del relativo regolamento approvato con r. d. 18 aprile 1940, n. 689, rivestano carattere di reato finanziario (n. 125). Se la competenza per dette contravvenzioni spetti comunque al Tribunale (n. 125). PRESCRIZIONE Buoni fruttiferi postali -Deposito presso la Cassa DD. PP. -Effetto interruttivo della prescrizione. Se la prescrizione trentennale del credito rapprasentato dai buoni fruttiferi, stabilita dall'art. 158 codice postale, sia interrotta dal deposito.. 19 178 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dei titoli stessi per cauzione presso la Cassa DD. PP. e dalla annotazione del vincolo a norma dell'art. 217 r. d. 30 maggio 1940, n. 775, regolamento dei servizi postali (n. 65). Se tale interruzione abbia o meno efficacia permanente, per tutto il tempo in cui duri il deposito (n. 65). Decorrenza -Rinunzia tacita -Imposta sui filati esportati all'estero. Da quando decorre il termine biennale di prescrizione previsto dal l'art. 18, d. l. 3 gennaio 1947, n. 1, per ottenere l'abbuono o la restituzione dell'imposta sui filati esportati all'estero (66). Se l'istituto della rinunzia tacita alla prescrizione sia applicabile a dann della P. A. con riguardo al credito per la ripetizione dei tributi sui filati esportati all'estero, indebitamente restituiti (n. 66). Prescrizione del diritto alla pensione. Se debba con~iderarsi prescrittibile il diritto alla pensione dei dipendenti dello. Stato (n. 67). PREVIDENZA E ASSISTENZA Impiego pubblico. Se il nuovo regolamento per l'amministrazione e l'erogazione del Fondo di Previdenza per il personale dell'Amministrazione del Catasto e dei Servizi Tecnici Erariali, approvato con d. P. R. 10 maggio 1966, n. 591, possa spiegare efficacia retroattiva in quei casi, definiti nell'ambito del precedente Regolamento, nei quali sia stata corrisposta, in virt di que st'ultimo, una indennit superiore a quella da liquidare a sensi del rego. lamento vigente (n. 55). Nell'ipotesi in cui l'impiegato abbia maturato il diritto alla indennit prima dell'entrata in vigore del nuovo Regolamento, se debba aversi riguardo, ai fini della applicazione del vecchio e del nuovo regolamento, alla data della presentazione della domanda o della delibera del Consiglio di Amministrazione, ovvero alla data in cui si acquisisce il diritto alla indennit medesima (n. 55). REATI FINANZIARI Spostamento di competenza per ragioni di connessione. Se, in caso di connessione di procedimenti fra reati finanziari di competenza del Giudice speciale (Intendente di Finanza) e reati di competenza del giudice ordinario (Pretore o Tribunale), si eserciti sempre la vis attractiva di cui all'art. 49 (e 46) c. p. p. o se invece lo spostamento di competenza si verifichi solo a favore del Tribunale, tanto se la connessione dei procedimenti concerna reati finanziari quanto se concerna reati comuni (n. 4). PARTE II, CONSULTAZIONI 179 REGIONI Patrimonio indisponibile -Trasferimento di beni alla Regione Friuli-Vene zia Giulia. Se, a norma dell'art. 32 del d. P. R. 26 agosto 1965, n. 1116, possa effettuarsi il parziale trasferimento di un immobile alla Regione FriuliVenezia Giulia, quando l'altra parte dell'immobile stesso resti adibita a sede di un ufficio statale, con ci comportando una utilizzazione in comune tra Stato e Regione, senza costituzione di alcuna servit, di alcune parti dell'edificio ai sensi dell'art. 1117 c. c. (n. 150). RESPONSABILIT CIVILE. Circolazione abusiva di veicoli -Convenzione di Londra fra Stati aderenti al Trattato Nord-Atlantico. Se la P. A., nel caso di circolazione abusiva di un proprio autoveicolo, pur essendo sottratta alla presunzione di responsabilit di cui all'ultime> comma dell'art. 2054 c. c. in dipendenza dei divieti e ~:lelle norme regolamentari specificamente dirette ad escludere la stessa circolazione abusiva, possa comunque soggiacere alla responsabilit solidale con l'autista del mezzo allorch sia positivamente accertato un difetto di custodia o di diligenza del personale addetto ovvero che l'uso non autorizzato avvenne in occasione del servizio (n. 240). Se la eccezione "Sauf dans le cas o la force elle-nieme ou l'lment civil est lgalment responsable " di cui al paragrafo 7 dell'art. VIII della Convenzione di Londra 19 luglio 1951 abbia riguardo ai casi in cui la responsabilit dello Stato di origine possa essere messa positivamente in causa (esclusa ogni presunzione) per difetto di custodia o di diligenza del personale addetto ovvero per uso non autorizzato in occasione di servizio (n. 240). Forza maggiore. Se, in caso di evento dannoso, la decisione della Procura Generale della Corte dei conti che riconduce l'evento a cause di forza maggiore comporti implicitamente la esclusione di ogni colpa riferibile alla condotta di dipendenti della P. A. (n. 241). RISCOSSIONE COATTIVA Sovracanoni a favore degli Enti locali ex a.rt. 53, t. u. 11 dicembre 1933> n. 1775. Se il procedimento ingiunzionale previsto dal t. u. 14 aprile 1910, n. 639 possa essere applicato per la riscossione dei sovracanoni liquidati a favore degli Enti locali ai sensi dell'art. 53, t. u. 11 dicembre 1933, n. 1775 (n. 6). 180 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO SUCCESSIONI Liquidazione titol'i di risparmio postale -Atto notorio -Dichiarazione sostitutiva. Se in caso di successione la dichiarazione sostitutiva dell'atto di notoriet, resa ai sensi dell'art. 7 del d. P. R. 2 agosto 1957, n. 678, prodotta per ottenere la liquidazione di titoli di risparmio postale da parte dell'Amministrazione PP. TT., debba essere resa dalla stessa persona che richiede la liquidazione (n. 78). TRANSAZIONE Apposizione del visto di legalit. Se sia sufficiente da prte dell'Avvocatura dello Stato apporre il visto di legalit allo schema degli atti di transazione, o sia invece necessario apporre il visto sull'atto definitivo (n. 17). TRASCRIZIONE Assoggettabilit .degli atti di concessione di beni demaniali. Se gli atti di concessione di beni demaniali siano soggetti a trascrizione ai sensi degli. artt. 2645 e 2643 c. c. (n. 6). TRASPORTO Elezioni -Facilitazioni di viaggio. Se le facilitazioni di viaggio previste, in occasione delle elezioni comunali e provinciali, dalla 1. 24 novembre 1966, n. 933, si applichino anche a coloro che abbiano intrapreso il viaggio, per esercitare il diritto di voto, in data precedente alla entrata in vigore della legge stessa (n. 60). TRATTATI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI Circolazione abusiva di veicoli -Convenzione di Londra fra Stati aderenti al Trattato Nord-Atlantico. Se la P. A., nel caso di circolazione abusiva di un proprio autoveicolo, pur essendo sottratta alla presunzione di responsabilit di cui all'ultimo comma dell'art. 2054 c. c. in dipendenza dei divieti e delle norme regola"' mentari specificamente dirette ad escludere la stessa circolazione abusiva, possa comunque soggiacere alla responsabilit solidale con l'autista del mezzo allorch sia positivamente accertato un difetto di custodia o di diligenza del personale addetto ovvero che l'uso non autorizzato avvenne in occasione del servizio (n. 34). Se la eccezione Sauf dans le cas o la force elle-meme ou l'lment civil est lgalment responsable di cui al paragrafo 7 dell'art. VIII della Convenzione di Londra. 19 luglio 1951 abbia riguardo ai casi in cui la responsabilit dello Stato di origine possa essere messa positivamente in causa (esclusa ogni presunzione) per difetto di custodia o di diligenza del personale addetto ovvero per uso non autorizzato in occasione di servizio (n. 34). NOTIZIARIO CONVEGNI DI STUDI Organizzato dall'Automobile Club di Milano, sotto l'alto patronato della Presidenza della Repubblica, si tenuta a Stresa dal 28 settembre al 1 ottobre 1967 la XXIV conferenza del traffico e della circolazione. Il tema unico del Convegno stato: ~ L'automobile in Italia tra dieci anni" articolato in una prolusione del prof. Silvio Ceccato, direttore del centro di cibernetica del C.N.R. all'Universit di Milano, ed in tre relazioni curate rispettivamente dal dott. Enrico Minola, dal dott. ing. Pier Paolo Sandonnini e dall'avv. prof. Guido Mario Baldi. Nella prolusione il prof. Ceccato ha trattato dell'argomento: L'uomo nella citt motorizzata" ed ha puntualizzato i mutamenti che l'avvento dell'automobile e la sua diffusione hanno portato nel nostro modo di vivere, determinando squilibri cui necessario porre rimedio. L'ing. Minola, nella sua relazione, ha trattato, invece, il tema: " Economia ed industria " facendo previsioni quantitative e qualitative di sviluppo dell'automobile e formulando ipotesi sui riflessi dell'aumento della produzione automobilistica sull'attivit industriale ed economica della Nazione. Sul tema e Viabilit e parcheggio" il relatore ing. prof. Sandonnini ha richiamato l'attenzione dei partecipanti al Convegno sulla complessit del fenomeno, particolarmente accentrata nelle aree urbane, ed ha indicato le linee su cui dovrebbe essere avviato lo studio per la soluzione del problema. Sull'ultimo argomento in discussione Comportamento e legislazione ha parlato il prof. Guido Mario Baldi, che ha sottolineato l'esigenza di studiare un nuovo indirizzo per il risarcimento del danno alla persona, in vista dei problemi che saranno posti dalla societ di domani. Le relazioni di cui si fatto cenno e le numerosissime comunicazioni sul tema generale sono state pubblicate in un volume gi in distribuzione.