ANNO XXII -N. 4 LUGLIO -AGOSTO 1970 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ROMA ISTITUTO POLIGRAFJO DEUO STATO 1970 ABBONAJ\4ENTI A.NNo ................................ L. 7.500 UN NUMERO SEPARATO 1.300 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA e/e postale 1/40500 Stampato in Italia Printed in Italy Autorizzazione Trlbunalo di Roma -Decreto n. 11089 do! 13 luglio 1961> (9212790) Roma, 1970 Istituto Poligrafico dello Stato P.V. Nell'esprimere il profondo cordoglio per la immatura scomparsa del caro collega Roberto Sembiante, ne ricordiamo commossi le alte doti di bont ed ingegno e la prziosa collaborazione prestata alla Rassegna. La Redazione INDICE Parte p~ima: GIURllSPR!UDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE (a cura dell'avv. Michele Savarese) pag. 497 Sezione seconda: GIURISPRUDENZA SDIZIONE (a. cura SU QUESTIONI DI GIURIdel/' avv. Benedetto Baccari) 543 Sezione terza: GIURISPRUDENZA CIVILE (a cura del/'avv. tro de Francisci) . . . Pie 553 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura del1' avv. Ugo Gargiulo) . , 600 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura degli avvocati Giuseppe Angelini -Rota e Carlo Bafile) 605 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE (a cura dell'avv. Franco Carusi) , . , , 661 Sezione settima: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura tonino Terranova) . , . . , . del/'avv. An , . 710 Parte seconda: QUESTIONI -RASSEGNE -CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO RASSEGNA DI DOTIRINA (a cura del/'avv. Luigi Mazze/la) pag. 121 RASSEGNA DI LEGlSLAZIONE (a cura dell'avv. Arturo Marzano) 123 CONSULTAZIONI , , . 148 La pubbf.icazione diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI DI PACE M., Regolarizzazione di societ di fatto e imposta di registro . . . . . . . . . . . . . . . pag. 605 DI TARSIA P., Un'ipotesi di peculato degli ufficiali giudiziari 710 MARZANO A., Sulla inammissibilit della c. d. consulenza tecnica nelle cause di risarcimento danni da occupazione illegittima o promosse per la determinazione giudiziale della indennit di espropriazione . . . . . . . . . . . . . 572 ::f, ::f, -Appalto di opere pubbliche Onere di denuncia con specifica ed immediata riserva da parte dell'appaltatore delle sue pretese a compensi maggiori o diversi da quelli che gli sono stati riconosciuti nel registro di contabilit -Sussiste, 676. -Appalto di opere pubbliche -Pretese dell'appaltatore a maggiori compensi -Domanda giudiziale Dies a quo del termine perentorio di sessanta giorni per la sua proposizione, qualora la decisione amministrativa sulle riserve e l'approvazione del collaudo non siano contestuali, 669. -Appalto di opere pubbliche Pretese dell'appaltatore a maggiori compensi -Ricorso al giudizio arbitrale o ordinario per la risoluzione delle controversie -Condizioni di promovibilit Necessit del collaudo (approvato) anche qualora sia stata gi emessa la decisione amministrativa sulle riserve -Sussiste, 668. -Appalto di opere pubbliche -Pretese di maggiori compensi o indennizzi per aggravi derivanti da fatti continuativi -Onere della immediata riserva da parte dell'appaltatore -Sussiste -Differimento dell'assolvimento dello onere alla chiusura della contabilit -Esclusione, 674. - Appalto di opere pubbliche Somme contestate ai sensi e per gli effetti dell'ultimo comma dell'aa."t. 40 Cap. gen. 1895 -Nozione, 678. ARBITRATO Arbitrato rituale e irrituale -Distinzione -Volont delle parti Elementi decisivi, 661. COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Legge ed atti aventi forza di legge -Incidenza sui diritti sogget Eilllff%t'ftMF!Jfffff@f{ff@iffimfffif1\iiffffif:lf%#TI\ffKmfWif&:f:far&ill&ffffB%&rr~ INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA APPALTO -Appalto di opere ferroviarie Controversie fra l'appaltatore e l'Amministrazione -Facolt dell'appaltatore di adire il G.O. Esclusione, 664. -Appalto di opere pubbliche -Appalto a forfait -Richieste dell'appaltatore di maggiori compen, , si o indennizzJi -Onere della tempestiva riserva -Sussiste, 674. -Appalto di opere pubbliche , Contabilizzazione dei lavori per partite provvisorie -Pretese dell'appaltatore a maggiori compensi rispetto a quelli fatturati con partite provvilsorie -Onere della immediata riserva -Esclusione, 677. -Appalto di opere pubbliche Onere della tempestiva riserva dell'appaltatore -Finalit -Controllo da parte dell'Amministrazione appaltante dell'andamento della spesa -Sussiste -Giustificazione della decadenza delle domande dell'appaltatore in caso di mancato assolvimento dell'onere anche nel principio della buona fede -Sussiste, 676. -Appalto di opere pubbliche Onere della tempestiva riserva dell'appaltatore -Finalit -Controllo da parte dell'Amministrazione appaltante dell'andamento della spesa -Sussiste -Legittimit della decadenza delle domande dell'appaltatore, in caso di mancato assolvimento dell'onere, comminata dal Regolamento numero 350 del 1895, 674. - Appalto di opere pubbliche Onere della tempestiva riserva dell'appaltatore -Finalit -Controllo dei fatti non pi accertabili -Pretese dell'appaltatore a maggiori compensi o indennizzi per aggravi da fatto continuativo accertabile in ogni tempo Onere della immediata riserva Esclusione, 677. INDICE VII tivi -Provvedimento ablatorio avente forza di legge -Questione di legittimit costituzionale Giurisdizione del giudice ordinario, 544. -Questioni concernenti lo stato e la capacit dei privati individui Giurisdizione del giudice ordinario -Limiti, 543. -Regolamento preventivo di giurisdizione -Rapporti con il procedimento al quale si riferisce Effetti della prosecuzione di tale procedimento, 543. -Regolamento preventivo di giurisdizione -Rapporti con il procedimento al quale si riferisce Effetti sulla notifica della istanza relativa, 543. -Responsabilit civile -Interessi legittimi -Risarcibilit dei danni per la lesione di interessi -Esclusione -Improponibilit della domanda, 545. CORTE COSTITUZIONALE -Giudice a ,quo -Natura decisoria del provvedimento emesso dal giudice istruttore -Ammissibilit della questione di legittimit costituzionale, 531. -Giudizi di legittimit costituzionale in via principale -Commissioni per il gratuito patrocinio Inammissibilit della questione, 541. COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA -V. Corte Costituzionale. Diritti promiscui ed usi civici, Energia Elettrica, Esecuzione forzata, Fallimento, Imposte e tasse in genere, Lavoro. Leggi e decreti, Misure di sicurezza, Obbligazioni e contrati, Ordinamento giudiziario, Pena, Previdenza ed assi . stenza, Procedimento civile, Procedimento penale, Reato, Regione, Sicurezza pubblica. DELITTI CONTRO L'INTEGRITA E SANITA DELLA STIRPE -Delitti contro la incolumit pubblica -Delitti colposi di danno e di pericolo -Disastro -Nozione Fattispecie in tema di naufragio, 712. DIRITTI PROMISCUI E USI CIVICI -Commissariati regionali -Circoscrizioni -Funzioni giurisdizionali dei commissari -Questioni di costituzionalit, 504. EDILIZIA POPOLARE ED ECONOMICA -Piano di zona -Decreto di approvazione -Impugnazione Termine -Decorrenza -Decorso del tempo -Notoriet dell'esistenza dell'atto -Non importa presunzione di conoscenza, 603. -Piano per l'edilizia popolare ed economica Impugnazione Omessa opposizione alla deliberazione del piano -Irrilevanza, 603. ENERGIA ELETTRICA -Norme integrative della legge istitutiva dell'Enel -Illegittimit costituzionale per eccesso dei limiti della delega -Esclusione, 498. ESECUZIONE FORZATA -Istituti autorizzati -Poteri del ministro di grazia e giustizia -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 521. ESPROPRIAZIONE PER P. U. -Azioni di risarcimento danni da occupazione illegittima e opposizioni a stima ai sensi dell'art. 51 della legge 25 giugno 1865, nu VIII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mero 2359 -Onere probatorio della parte istante -Contenuto e mezzi di osservanza -Eventuale attivit suppletiva ex ufficio, con nota di A. MARZANO, 572.. -Azioni di risarcimento danni da occupazione illegittima e opposizioni a stima ai sensi dell'art. 51 della legge 25 giugno 1865, numero 2359 -Valore venale dell'immobile occupato o espropriato -Criterio di determinazione -Carattere sussidiario dell'ausilio del consulente tecnico e condizioni di ammissibilit della nomina, con nota di A. MARZANO, 572. -Espropriazioni ferroviarie -Territori colpiti dal terremoto -Indennit di esproprio -Dete'.rlninazione -Legge applicabile, 565. - Indennizzo -Valore venale del bene -Valutazione, 560. FALLIMENTO -Assoggettamento del solo imprenditore commerciale -Questione infondata di costituzionalit, 534. FARMACIA -Medico provinciale -Atto che riconosce il trasferimento della farmacia mortis causa -Istruzioni dell'autorit ,superiore -Definitivit -Esclusione -Concorso Rifiuto di interpello ex artt. 11 e 12 r. d. n. 1706 del 1938 -Definitivit -Esclusione, 603. . FERROVIE - V. Appalto, Espropriazione per p. u. FRIULI-VENEZIA GIULIA -Istituzioni sportive Persone giuridiche private -Riconoscimento -Conflitto di attribuzioni -Nomina dei componenti le commissioni per la tenuta del ruolo per agenti e rappresentanti di commercio -Conflitto di attribuzioni -Spetta allo Stato, 523. IMPIEGO PUBBLICO -Infermit -Riconoscimento delle infermit dipendenti da cause di servizio -Riconoscimento del diritto ad equo indennizzo -Diversit di competenza degli organi che accertano l'uno e l'altro, 600. - Infermit -Riconoscimento delle infermit dipendenti da causa di servizio -Riconoscimento del diritto ad equo indennizzo -Presupposti e procedimenti diversi, 600. -Stipendi -Cumulo con la pensiqne -Richiamati dal congedo Fattispecie -Illegittimit, 601. -Stipendi -Prescrizione -Restituzione di somme trattenute sullo stipendio a titolo di recupero di rate di pensione pagate -Prescrizione decennale, 601. - Stipendi -Prescrizione breve Presupposti -Pagamento sospeso per contestazione -Prescrizione ordinaria -Applicabilit, 601. IMPOSTA DI REGISTRO , -Atti compiuti dal falsus procura- tor e non ratificati -Natura Efficacia traslativa -Esclusione, 631. -Benefici fiscali legge regionale siciliana n. 11 del 1954 -Fallimento dell'acquirente e trasferimento dell'area edificabile agli assuntori del concordato -Decadenza dai benefici fiscali -Obbligazione degli assuntori per le imposte normali -Sussiste, 614. - Sentenza dichiarativa dell'inefficacia del contratto compiuto dal procuratore posteriormente alla revoca della procura -Imposta di retrocessione -Non dovuta, -Competenza della Regione, 502. 631. r[ ~~ ' __._,d8?JF7~'.13WMIW61MJ\11PM_.j ::; versie di diritto -Controversia infondata di costituzionalit, 541. versie di diritto -Controversia infondata di costituzionalit, 541. INDICE IX -Societ -Rimessione di debiti dei soci verso la societ a scopo di risanamento -Animus donandi -Esclusione -Tassabilit come conferimento, 628. -Societ di fatto -Trasformazione in una societ di persone Imposta di enunciazione di convenzione verbale in atto scritto e imposta di trasformazione Applicabilit, con nota di M. DI PACE, 605. -Solidariet delle .parti contraenti -Notifica dell'accertamento di valore ad una sola delle parti Definitivit dell'accertamento nei confronti delle altre parti Esclusione, 634. -Vendita contemporanea della nuda propriet e dell'usufrutto Imposta di consolidazione a carico del nudo proprietario - dovuta, 626. IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE -Spese e passivit inerenti alla produzione del reddito -Pagamento da parte degli istituti di credito dell'imposta di r. m. cat. A sugli interessi dovuti ai depositanti e mancato esercizio dell'azione di rivalsa -Detraibilit dal reddito di ricchezza mobile cat. B -Esclusione, 654. IMPOSTA DI SUCCESSIONE -Imposta sul valore globale -Autonomia -Addizionale istituita con d. 1. 7 novembre 1954, numero 1025 -Non si estende all'imposta sul valore globale, 636. IMPOSTA STRAORDINARIA SUL PATRIMONIO -Presupposto -PossessQ. di beni -Presunzione -Prova contraria -Sentenza che dichiara la simulazione - idonea, 636. IMPOSTE E TASSE IN GENERE -Commissioni tributarie -Controversie di valutazione e contro sulla natura agricola o edificatoria di un terreno - controversia di valutazione -Competenza della Commissione Centrale Esclusione, 620. -Commissioni tributarie -Controversie di valutazione e controversie di diritto -,Controversia sulla. natura agricola o edificatoria di un terreno - controversia di valutazione Controversia sull'applicabilit delle leggi numero 1044 del 1954 e n. 1706 del 1962 - controversia di diritto, 619. -Competenza e giurisdizione Questione sui poteri delle Commissioni - questione di giurisdizione, 620. -Composizione delle Commissioni tributarie -Illegittimit costituzionale dedotta innanzi al giudice ordinario -Irrilevanza, 645. -Estimazione semplice -Difetto di giurisdizione del giudice ordinario -Illegittimit costituzionale Manifesta infondatezza, 645. -Estimazione semplice e complessa -Nozione -Differenze, 645. -Imposte dirette -Maggiorazione per ritardata iscrizione a ruolo Infedele dichiarazione -Concetto -Applicazione di sanzioni DiV'erso concetto di dichiarazione infedele, 641. -Procedimento di esecuzione esattoriale -Questione infondata di costituzionalit, 535. -Riscossione -Ingiunzione fiscale -Requisiti -Necessit della menzione della causa del credito Limiti, 614. - Violazione delle leggi finanziarie e valutarie -Oblazione -Restituzione della somma pagata Esclusione, (!39. LAVORO -Contratto di lavoro marittimo Inapplicabilit della disciplina dell'impiego privato -Questione RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO X LEGGI, DECRETI E REGOLAMENTI ,__ Leganti idraulici -Normativa delle caratteristiche tecniche e dei requisiti per l'accettazione Azioni nelle compravendite provate -Compressione del diritto di difesa -Esclusione, 499. -V. anche Competenza e gi1.1,Tisdizione. MANDATO -Mandato tacito -Prova -Presunzioni -Ammissibilit, 553. MISURE DI SICUREZZA -Computo del periodo tli carcerazione preventiva -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 537. OBBLIGAZIONI E CONTRATTI -Agenzia -Contratto a tempo in, determinato -Indennit di scioglimento -Questione infondata di legittimit costituzionale, 508. OPERE PUBBLICHE -Concorso di 'enti pubblici nella realizzazione dell'opera -Deliberazione di assunzione di spesa Efficacia vincolante nei rapporti tra gli enti, 556. V. anche Appalto. ORJDINAMENTO GIUDIZIARIO - Controllo di costituzionalit, 521. -Magistrati -Diversit di funzioni -Pretori e in sottordine Questione infondata di costituzionalit, 521. PENA -Codice penale -Sospensione condizionale -Revoca di diritto Questioni fondate di costituzionalit, 527. PRESCRIZIONE -Prescrizione civile -Danni prodotti dalla circolazione dei vei coli -Prescrizione biennale Presupposti -Carrelli elettrici in movimento sui marciapiedi di stazioni ferroviarie -Prescrizione biennale -Inapplicabilit, 568. - V. anche Impiego pubblico. PREVIDENZA E ASSISTENZA -Assistenza malattie -Lavoratore agricolo -Questione infondata di costituzionalit, 530. PREZZI -Comitato provinciale prezzi Adunanza -Partecipazione di reggenti di Ufficio o di delegati Legittimit -Adunanze -Interventi di tutti i componenti -Non prescritto, 602. -Comitato provinciale prezzi Competenza, 602. -Comitato provinciale prezzi -Deliberazione -Efficacia -Termine per l'impugnativa -Decorrenza, 602. - Comitato provinciale prezzi -Deliberazione -Impugnativa -Controinteressati -Esclusione, 602. PRIVATIVE PER INVENZIONI INDUSTRIALI -Consorzio industrie fiammiferi Partecipazione di altre imprese Impedimento -Riserva della fabbricazione, importazione e vendita per il consumo di apparecchi di accensione a pietrina focaia -Questioni fondate 0di costituzionalit, 513. PROCEDIMENTO CIVILE -Appello -Parte vittoriosa -Riproposizione delle difese di primo grado -Appello incidentale Non necessario, 555. -Consulenti tecnici -Liquidazione di compensi -Natura particolare del compenso -Questione in INDICE XI fondata di legittimit costituzio nale, 531. -Disdetta -p,erdita del documento -Onere della prova -Prova testimoniale -Limitazioni per. valore -Non sussistono, 553. -Nomina del consulente tecnico Ammissibilit -Limiti, con nota di A. MARZANO, 572. -Qualificazione della domanda Limiti. -Azioni risarcitorie da illecito e di responsabilit per atti legittimi -Unificazione -Inammissibilit, 560. PROCEDIMENTO PENALE -Airresto ad opera di privati Questione infondata di costituzionalit, 532. -Difesa dell'imputato -Gratuito patrocinio -Questione infondata di costituzionalit, 538. -Esecuzione -Pagamento delle pene pecuniarie -Questione di costituzionalit -Inammissibilit, 522. - Incidenti di esecuzione -Mancata nomina del difensore -Mancato avviso del giorno della deliberazione Incostituzionalit, 501. REATO -Apologia di reato -Contrasto con la libert di manifestazione del pensiero -Esclusione, 497. -Peculato -Tassa pari al decimo dei diritti e della indennit di trasferta spettanti all'ufficiale giudiziario -Versamento effettuato nelle mani dell'ufficiale giudiziario -Approvazione delle relative somme -Sussistenza del reato, con nota di P. DI TARSIA, 710. RESPONSABILIT CIVILE -Diritto al prestigio professionale -Tutela -Esercizio di potere discrezionale dell p. A. -Contemporanea lesione di diritto soggettivo e di interesse legittimo Configurabilit, 545. -V. anche Competenza e giurisdizione, Espropriazione per p. u. SARDEGNA -Dipendenti regionali eletti a cariche presso enti autonomi territoriali -Oneri a carico degli enti -Illegittimit costituzionale, 511. SICILIA - V. Imposta di registro. SICUREZZA PUBBLICA -Misure di prevenzione -Persone pericolose per la sicurezza e la pubblica moralit -Questioni di costituzionalit Infondatezza parziale, 509. -Riunioni non pi"ecedute da preavviso -Pene per coloro che prendono la parola -Parziale costituzionalit della normativa, 534. SOCIET -Societ di fatto -Trasformazione in societ in accomandita semplice -Ammissibilit, con nota di M. iDI PACE, 605. -Societ di fatto -Volont dei soci di regolarizzarla -Estinzione della societ -Incompatibilit, con nota di M. DI PACE, 605. - V. anche Imposta di registro. ! i I I l ! I l ' I I INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CdRTE COSTITUZIONALE 4 maggio 1970, n. 65 pag. 497 4 maggio 1970, n. 66 498 4 maggio 1970, n. 68 499 18 maggio 1970, n. 69 501 18 maggio 1970, n. 70 502 25 maggio 1970, n. 73 504 25 maggio 1970, n. 75 508 25 maggio 1970, n. 76 509 25 maggio 1970, n. 77 511 3 giugno 1970, n. 78 513 3 -giugno 1970, n. 79 521 3 giugno 1970, n. 80 521 3 giugno 1970, n. 81 522 3 giugno 1970, n. 82 523 10 giugno 1970, n. 86 527 10 giugno 1970, n. 87 530 10 giugno 1970, n. 88 531 10 giugno 1970, n. 89 532 10 giugno 1970, n. 90 534 16 giugno 1970, n. 94 534 16 giugno 1970, n. 95 535 16 giugno 1970, n. 96 537 16 giugno 1970, n. 97 538 16 giugno 1970, n. 98 541 16 giugno 1970, n. 99 541 GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 10 giugno 1969, n. 2668 pag. 661 Sez. I, 16 gennaio 1970, n. 92 605 Sez. III, 27 gennaio 1970, n. 171 553 Sez. I, 6 febbraio 1970, n. 243 . 614 . Sez. I, 24 febbraio 1970, n. 433 . 555 Sez. Un., 25 febbraio 1970, n. 442 543 Sez. Un., 25 febbraio 1970, n. 448 544 Sez. Un., 5 marzo 1970, n. 533 545 Sez. Un., 26 marzo 1970, n. 824 619 Sez. I, 3 aprile 1970, n. 878 . 626 Sez. I, 4 aprile 1970, n. 907 . 628 Sez. I, 4 aprile 1970, n. 915 . . 631 Sez. I, 15 aprile 1970, n. 1036 560 Sez. I, 17 aprile 1970, n. 1085 634 Sez. I, 20 aprile 1970, n. 1130 . 565 INDICE xm Sez. I, 20 aprile 1970, n. 1132 . . pag. 636 Sez. I, 20 aprile 1970, n. 1134 . 636 Sez. I, 23 aprile 1970, n. 1168 . 639 Sez. I, 23 aprile 1970, n. 1171 641 Sez. Un., 24 aprile 1970, n. 1181 645 Sez. Un., 24 aprile 1970, n. 1182 620 Sez. III, 8 settembre 1970, n. 1341 568 CORTE D'APPELLO Brescia, Sez. Civ., 16 gennaio 1970, n. 11 .. pag. 654 TRIBUNALE Roma, Sez. I, 19 dicembre 1969, n. 10761 Roma, Sez. I, 25 febbraio 1970, n. 1517 Roma, Sez. I, 7 aprile 1970, n. 2674 Napoli, Sez. I, 27 giugno 1970 . . . . pag. > > 664 668 674 572 LODI ARBITRALI 24 marzo 1970, n. 23 (Roma) pag. 676 7 luglio 1970, n. 63 (Roma) > 677 GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Ad. Plen., 10 aprile 1970, n. 2 . pag. 600 Sez. IV, 10 aprile 1970, n. 245 . > 601 Sez. IV, 14 aprile 1970, n. 280 . > 601 Sez. IV, 14 aprile 1970, n. 285 . > 602 Sez. IV, 21 aprile 1970, n. 304 . > 603 Sez. IV, 21 aprile 1970, n. 308 . > 603 GIURISDIZIONI PENALI CORTE DI CASSAZIONE Sez. VI, 25 febbraio 1970, n. 478 . pag. 710 Sez. IV, 28 febbraio 1970, n. 2630 712 SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA RASSEGNA DI DOTTRINA DI FEDERICO G., Il reclutamento dei magistrati, Ed. Laterza, Bari, 1968 . , . . . . . . . , . . . . . . . . . . . . . . , . pag. 121 DI FEDERICO G., La Corte di Cassazione, Ed. Laterza, Bari, 1969 . 121 Dum -DE FALCO -Depenalizzazione delle contravvenzioni stra dali, Ed. La Tribuna, Piacenza, 1970 . . . . . . . . . . 121 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE Leggi e decreti (segnalazioni) ......, pag. 123 NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMIT COSTITUZIONALE -Norme dichiarate incostituzionali: codice civile, art. 145, primo comma ..... codice civile, art. 156, quinto comma . . . , . codice penale, art. 635, secondo comma, n. 2 codice della navigazione, art. 1238, art. 1242, art. 1243, art. 1246, e art. 1247 . . . . . . . . . . . , . . . r. d. I. 15 ottobre 1925, n. 1929, art. 7, secondo comma . , r. d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 15 . . . . . , . . . . r. d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 147, secondo comma . d. P. R. 26 aprile 1957, n. 818, art. 10, ultimo comma . d. P. R. 16 gennaio 1961, n. 145, articolo unico d. P. R. 9 maggio 1961, n. 868, articolo unico . . . . . -Norme delle quali stata dichiarata non fondata la questione di -legittimit costituzionale: codice civile, art. 10 . . . , . . . . Codice civile, art. 156, primo comma codice civHe, art. 1916 . . codice civile, art. 2221 . . codice di procedura civile, ~t. 621 codice di procedura civile, art-. .700 codice penale, art. 206, ultimo comma-. codice penale, art. 663 . . , . . . . . codice di procedura penale, art. 31, art. 74, art. 389, ultimo comma, art. 398 e art. 403, ultimo comma . codice di procedura penale, art. 93, secondo comma, art. 94, primo e secondo comma, art. 468 . . ... codice di procedura penale, art. 128, e art. 130 . . . . codice di procedura penale, art. 170, terzo comma .. codice di procedura penale, art. 314, secondo comma . codice di procedura penale, art. 501, primo comma, e ultimo comma . . . . . . . . ' . . . . . . codice di procedura penale, disp. artt., 4 e 5 codice della navigazione, art. 1304 . . . . . . pag. 123 123 > 124 124 124 124 125 125 > 125 > 126 pag. 126 > 126 127 127 127 127 127 128 > 128 128 128 129 > 129 > 129 129 129 INDICE xv r. d. 30 dicembre 1923, n. 3282, art. 18 pag. 130 r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 148 . . 130 r. d. I. 15 ottobre 1925, n. 1929, artt. 5 e. 6 . 13(} r. d. 8 gennaio 1931, n. 148, art. 10, quarto comma ; 13(), r. d. 28 maggio 1931, n. 602, artt. 4 e 5 . . .. 13(), r. d. 18 giugno 1931, n. 773, artt. 108, primo comma, 109, primo, secondo e terzo comma e 145 . 130 r. d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 113 . . . 131 r. d. 21 dicembre 1933, n. 1736, art; 116 .. 131 r. d. I. 6 febbraio 1936, n. 377, artt. 1 e 2 . 131 r. d.1. 13 settembre 1938, n. 1730 . . ... 131 legge 23 gennaio 1941, n. 166, artt. 2 e 4 . 132: r. d. 30 gennaio 1941, n. 12, artt. 1, 2, secondo comma, 33e172 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 132: legge 22 aprile 1941, n. 633, artt. 96 e 97 . . . . . . 132 r. d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 1 con tutte le norme di legge che ne derivano . . . . . . . . . . 132: d. lg. C.P.S. 8 novembre 1947, n. 1417, art. 9 .. 132 legge 8 febbraio 1948, n. 47, art. 21, terzo comma 132 d. lg. 11 febbraio 1948, n. 50, artt. 1 e 2 . . . . . . 133 d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 261 e 262 . . 133 legge reg. sarda 17 dicembre 1968, riappr. 6 novembre 1969, articolo unico . . . . . . . . . . . 133 -Norme delle quali stato promosso giudizio di legittimit costituzionale . . . . . . . . . . . 133 -Norme delle quali il g.iudizio di legittimit costituzio nale stato definito con pronunce di estinzione di inammissibilit, di manifesta infondatezza, o di restituzione degli atti al giudice di merito . . . . . 140 INDICE DELLE CONSULTAZIONI (secondo l'ordine di materia) Aeronautica e aeromo bili . . . . . . . Agricoltura . . . . Appalto ..... . Bellezze artistiche e naturali. . . . . Bonifica . . .... Circolazione stradale . Contributi . . . . Danni .... Edilizia economica e popolare . Elettricit ed elettro dotti . . ..... Fallimento . . . . Ferrovie .... Importazione ed espor tazione . . .... pag. 148 > 148 148 149 149 149 149 150 150 150 150 151 151 Imposta di bollo . . . Imposta di registro . . Imposta di successione Imposte e tasse . Imposte varie . . , Invalidi di guerra Lavoro .. Previdenza ed assi stenza . Prof.essioni Ratei finanziari Regioni .... Responsabilit civile . Spese giudiziali . Strade . . .... . Terremoto .... . Trattati e convenzioni internazionali pag. 151 152. 153 153 .153 153 154 154 154 154 155 155 I 151> 155 156 f 156 I I ! . I _____,~,~~ . I PARTE PRIMA I I ,1 I ~ ~ ! ' ! I I I I i I I I ! I I GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE (~) CORTE COSTITUZIONALE, 4 maggio 1970, n. 65 -Pres. Branca Rei. Rossi -Traniello (n. C.) e P.residente del Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Ca~amassima). Reato -Apologia di reato -Contrasto con la libert:di manifestazione del pensiero -Esclusione. (Cost., art. 21; c.p. art. 414, ultimo comma). Non fondata, con riferimento alla Ubert di manifestazione del pensiero di cui aU'art. 21 Cost., la questione di legittimit costituzionale dell'art. 414, ultimo comma, codice penale, ove esso sia interpretato come sanzionatorio di un comportlamooto concretamente idol)'l,eo a provocare la commissiOl)'l,e di delitti (1). (Omissis). -La questione sottoposta 'all'esame della Corte la seguente: se l'art. 414, ultimo comma, del codice penale, colpendo la pubblica apologia di ogni delitto, non possa in talune ipotesi, costituire ingiusto impedimento alla libert di manifestare il proprio pensiero; libert fondamentale garantita a tutti, senza distinzione di modi e di materia, dall'art. 21, primo comma, della Costituzione. Il denunciato contrasto non sussiste, ove dell'art. 414, ultimo comma, del codice penale si dia corretta interpretazione. Ogni ordinamento statuale prevede e indica i mezzi per mutare le leggi penali 'iluando esse appaiono non pi rispondenti al comune sentimento della giustizia. Non solo, quindi, i regimi autoritarii, ma altresl quelli liberali, democratici, popolari hanno sempre preveduto e prevedono il reato d'apologia del delitto, gi contemplato nell'art. 247 del codice penale italiano del 1889. L'art. 414, ultimo comma, del codice penale non limita in alcun modo la critica della legislazione o della giurisprudenza, n l'attivit propagandistica di singoli, partiti, movimenti, gruppi, diretta a promuo (*) Alla redazione delle massime e delle note di questa Sezione ha collaborato anche l'avv. RAFFAELE CANANSI. (1) La questione era stata proposta dal G. I. del Tribunale di Rovigo 23 novembre 1968 (Gazzetta Uff. 29 gennaio 1969, n. 25). / 498 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO vere la deletio di qualsiasi norma incriminatrice, anche nel momento in cui essa viene applicata in concreto. N costituisce reato d'apologia l'affermare che fatti preveduti dalla legislazione vigente come delitti hanno, o possono avere, soggettivamente od oggettivamente positivo contenuto morale o sociale: che l'autore di un reato possa aver agito per motivi di particolare valore morale o sociale riconosciuto del resto dall'art. 62, n. 1, del codice penale. Diversa dalla critica alla legge, dalla propaganda per il suo aggiornamento, dal giudizio favorevole sui moventi dell'autore, che sono tutte lecite manifestazioni di pensiero, la pubblica apologia diretta, e idonea, a provocare la violazione delle leggi penali. Plaudire .a fatti che l'ordinamento__ giuridico punisce come delitto e glorificarne gli autori da molti considerata una ipotesi di istigazione indiretta: certo attacco contro le basi stesse di ogni immaginabile ordinamento apologizzare il delitto come mezzo lodevole per ottenere l'abrogazione della legge che lo :m:evede come tale. Non sono -concepibili, infatti, libert e democrazia se non sotto forma di obbedienza alle leggi che un popolo libero 1si d liberamente e pu liberamente mutare. L'apologia punibile ai sensi dell'art. 414, ultimo comma, del codice penale non , dunque, la manifestazione di pensiero pura e semplice, ma quella che per le sue modalit integri comportamento concretamente idoneo a provocare la commissione di delitti. Si vuole ricordare, a chiarimento, che la libert di manifestazione del pensiero, garantita dall'art. 21, primo comma, della Costituzione, trova i suoi limiti non soltanto nella tutela del buon costume, ma anche nella necessit di proteggere altri beni di rilievo costituzionale e nella esigenza di prevenire e far Cessare turbamenti della sicurezza pubblica, la cui tutela costituisce una finalit immanente del sistema (sentenze n. 19 dell'8 marzo 1962, n. 87 del 6 luglio 1966, n. 84 del 2 aprile 1969). -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 4 maggio 1970, n. 66 -Pres. Branca -Rel. Chiarelli -Enel (avv. Piccardi) -Presidente Consiglio dei Ministri e Ministero Industria (Sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). Energia elettrica -Norme integrative della legge istitutiva dell'Enel Illegittimit costituzionale per eccesso dai limiti della delega Esclusione. :. ~:~;::~::"rl::=:...~; ::~,:e:.::::::;:~::,~ gazione !ogUlat. ~ f PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 503 presa la materia delle istituzioni sportive, espressamente attribuita alla competenza legislativa e, corrispondentemente, amministrativa, della regione. La Societ nautica Pietas julia per le sue finalit istituzionali, consistenti nell'incremento degli sports acquatici e per la sua area di operativit, significata sia dalla localizzazione in sede regionale (Monfalcone) sia dall'assenza di qualsiasi indice di espansione. extra-territorio, non pu che ritenersi inquadrata nella suindicata materia statutaria. 3. - poi da rilevare che l'attivit amministrativa in esame, operando in materia di istituzioni sportive , non pu non comprendere tutti gli aspetti concreti riconducibili alle .istituzioni medesime. In questo senso, il riconoscimento della personalit ha una sua rilevanza nel settore della competenza regionale in esame: onde apparirebbe non logicamente corretto considerarlo come fenomeno giuridico a 1s stante e del quale convenga ipotizzare, ai fini della compe-, tenza, una disciplina differente rispetto alla materia di cui, invece, parte integrante. Il che risulta ancora pi evidente, ove si consideri che il generale interesse che caratterizza ed accompagna un'attivit di educazione fisica i qui rapportato alla misura locale, per cui giustificato che la valutazione discrezionale degli scopi e dei mezzi pertinenti alle istituzioni da riconoscere, sia pi agevolmente compiuta con gli strumenti d'indagine e di conoscenza a disposizione immediata e diretta dell'autorit decentrta, alla pari di quanto lo stesso art. 12 del codice civile consente per determinate categorie di enti operanti nell'ambito provinciale anzich nazionale. E ci indipendentemente dalla natura privata dell'ente, in quanto la procedura che culmina nell'atto di riconoscimento si concreta e si esaurisce nella valutazione della sussistenza degli elementi necessari per poter giungere, mediante l'identificazione dei connotati dell'ente stesso, al conferimento della personalit; ci Configurandosi come vero e proprio esercizio di pubblica amministrazione in una materia che, pur costituendo l'oggetto e lo scopo .dell'ente privato, coincide con la materia attribuita alla competenza amministrativa regionale. Le suesposte conclusioni non \risultano in contrasto con la precedente giurisprudenza con cui questa Corte ha escluso la competenza normativa della regione in materia di diritto privato, giacch questo criterio non riguarda, ovviamente, il caso in esame, in cui non si tratta di dettare una particolare disciplina interna in materia di rapporti privati, bensi di dar corso, mediante una attivit strettamente amministrativa, ad una competenza chiaramente indicata dallo statuto. La soluzione adottata trova poi positivo riscontro nella sentenza n. 66 del 1961 con cui questa Corte, nel determinare l'ambito della competenza legislativa della regione della Valle d'Aosta in materia di attivit agricole, industriali e commerciali, ha precisato che la compe RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tenza stessa si estende anche alla organizzazione di dette attivit semprech tale organizzazione si esaurisca nell'ambito d.i esse, cosi come si sopra constatato verificarsi con riguardo all'attivit ammin.istrativa di riconoschnento degli enti privati, in relazione alla materia di cui all'art. 4, n. 14, dello statuto speciale. , infine, il caso d.i aggiungere ,che la competenza cosi riconosciuta alla Regione partecipa dei limiti posti dall'ordinamento al:l'attivit della pubblica amministrazione, onde gli atti relativi restano suscettibili dei rimedi previsti dalla legge Ol'dinaria. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 25 maggio 1970, n. 73 -Pres. Branca - Rel. Trimarchi -Frazion.i di Ponte e d.i Rocchetta (avv. Cervati) c. Comune di Cerreto di Spoleto; Scarpetta (avv. Astuti) c. Comune di Fond.i; Cervelloni (avv. Cervati) c. Comune di Terracina e Mari (avv. Curis); eredi d.i Scalfati c. Comune di Terracina, Comune di Sabaudia (avv. Cannada Bartoli e Barillaro) e societ Domiziana (avv. Franchi); Presidente Consiglio Ministri (sost. avv. gen. Stato Chiarotti). Diritti promiscui e usi civici -Commissariati regionali. -Circoscrizioni -Funzioni giurisdizionali dei commissari -Questioni di costituzionali~. (Cost., artt. 25 e 108, 2 comma; legge 16, giugno 1927, n. 1766, artt. 27, 1 e ultimo comma, 29, 2 comma; legge 16 giugno 1927, n. 1255). In riferimento agli artt. 25 e 108, comma secondo, della Costituzione, inammissibile, per difetto di rilevanza, la questione di legittimit costituzionale. dell'art. 27, ultimo comma, del.la legge 16 giugno 1927, n. 1766, sul ri,prdinamento degli usi civici, che attribuisce al Ministro per l'agricoltura e le foreste la determinazione della circoscrizione di ciascun commissariato regionale per la liquidazione degli usi civici (1). In riferimento agli artt. 25 e 108, comma secondo, della Costituzione, infondata la questione di costituzionalitd degli artt. 27, primo comma, e 29, comma secondo, i qua!i attribuiscono l'attuazione del riordinamento degli usi civici a commissari regionali con funzioni amministrative e giurisdizionali e assegnano a detti commissari la cognizione di tutte le controversie circa gli usi civici (2). (Omissis). -2. -La Corte di appello non precisa come l'eventuale dichiarazione di illegittimit costituzionale delle norme denunciate possa (1-2) Le .quattro ordinanze della Corte d'Appello di Roma -sezione speciale per gli usi civici -con Le quali sono state sollevate le questioni PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 505 rilevare nelle cause sottoposte al suo esame. Osserva solo che codeste norme si riferirebbero a poteri esercitati nelle fattiiwecie dal commissario regionale per la liquidazione degli usi civici, facendo quindi intendere che, ove di dette norme dovesse risultare l'illegittimit costituzionale, verrebbe meno ex tunc la base per quei poteri. . L'affermazione ora riportata con la sua probabile interpretazione, pu valere come sufficiente motivazione circa la rilevanza a proposito dell'art. 27, comma primo, della citata legge 1927 n. 1766 e dell'art. 29, comma secondo in relazione al primo della stessa legge, ma non anche per quanto ha riferimento all'art. 27, ultimo comma. L'eventuale dichiarazione di illegittimit di quest'ultima norma, .in forza della quale il Ministero (per l'economia nazionale ed ora quello) dell'agricoltura e delle foreste ha il potere di determinare la circoscrizione e la sede di ciascun commissariato, non avrebbe modo di incidere autonomamente e direttamente sui giudizi di merito (infatti le controversie di cui si tratta sono sorte in ordine a diritti di uso civico che interessano popolazioni e comuni che insistono sul territorio compreso nella circoscrizione del commissariato con sede in Roma e precisamente sulla parte di detto territorio che stata ad esso attribuita con un provvedimento, r.d. 16 giugno 1927, n. 1255, conforme all'ordinamento del tempo) e non modificherebbe minimamente la sfera di competenza (nascente da quel provvedimento) del commissario con sede in Roma, il quale potrebbe continuare a conoscere delle cause in oggetto. Conseguentemente, a giudicare dalla motivazione, la questione, almeno per quanto concerne l'art. 27, ultimo comma, deve dirsi priva di rilevanza. 3. -La Corte chiamata, prci, a pronunciarsi 1sulla conformit agli artt. 108, comma secondo, e 25 della Costituzione, dell'art. 27, comma primo, e dell'art. 29, comma secondo: in base alla prima norma i commissari regionali provvedono Con funzioni amministrative e giudiziarie all'attuazione di quanto disposto nella legge riguardante il riordinamento degli usi civici; in virt della seconda norma i commissari decidono tutte le, controversie circa la esistenza, la natura e la estensione dei diritti (di cui all'art. 1 della legge) e delle altre situazioni indicate nel primo comma dello stesso art. 29, comprese quelle nelle quali sia contestata la qualit demaniale del suolo o l'appartenenza a titolo particolare dei beni delle associazioni, nonch tutte le questioni a cui dia luogo lo svolgimento delle operazioni loro affidate. di costituzionalit sono pubblicate nella Gazzetta Uff. 16 luglio 1969, n. 179 e 5 novembre 1969, n. 280. Sul rapporto tra giudice ordinario e commissario regionale 1v. Cass. 19 aprile 1968, n. 1174 Foro it. Rep., 1968, v. Diritti promiscui, n. 11). In dottrina: PALERMO, EnfitetfSi, superficie, oneri reali, usi civili, 1965; BERRI, in Giwr. itJ., 1970, IV, 44. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 506 Di conseguenza la Corte deve rispondere ai quesiti: se sono garantite l'indipendenza e l'impa~zialit del commissario, in quanto titolare e nell'esercizio delle funzioni giurisdizionali, per il fatto che allo stesso organo sorio aissegnate o dalla stessa persona fisica vengono esercitate funzioni amministrative, ed in particolare perch il commissario giudica dopo che in sede -amministrativa abbia ispezionato i .luoghi in contesa o nominato un istruttore perito (in sede di verifica demaniale) o delibato, senza modifiche, il progetto di legittimazione, o disposto la pubblicazione del progetto, o respinto le opposizioni al progetto e disposto la leg,ittimazione. 4. -Va anzitutto rilevato che dalla pura e semplice coesistenza in testa al commissario regionale di poteri riconducibili a funzioni amministrative ed a funzioni giurisdizionali nulla pu dedursi in ordine all'asserita mancanza di indipendenza e di imparzialit del commissario quale giudice. Nei casi in cui egli conosca di controversie in sede giurisdizionale senza che ci sia in corso una fase amministrativa, da escluder.si che il commissario non abbia l'indipendenza e l'imparzialit volute; per il (e nel) concreto esercizio dei poteri giurisdizionali egli non ha vincoli di precedente attivit amministrativa e, appartenendo all'ordine giudiziario, non dipende da alc;uno n tenuto a seguire istruzioni di alcuno, essendo soggetto soltanto alla legge. Ma, anche nell'ipotesi (normale) di esercizio delle funzioni giurisdizionali nell'ambito di un procedimento incidentale ed accessorio nei confronti di quello amministrativo, si deve, parimenti, riconoscere la piena indipendenza e imparzialit dell'organo giudicante, dato che la coesistenza nella stessa persona delle funzioni amministrative e giurisdiziali no_n comporta di per s che l'e.sercizio delle I>rime pregiudichi quello delle seconde. La sua stessa condizione di appartenente all'ordine giudiziario garanzia perch il commissario distingua una funzione dall'altra con assoluta obiettivit. La circostanza che il commissario sia chiamato. a giudicare e giu7 dico del magistrato preposto alla funzione commissariale sono tali da renderlo distaccato non soltanto dall'organo che ne ha proposto la nomina, la quale oggi di spettanza del Consiglio superiore della magistratura, ma anche dall'interesse amministrativo che l'organo proponente chiamato a curare. 5. -Non si perviene a conclusioni differenti, in ordine alla questione in esame, qualora se ne valutino gli aspetti particolari (ed i riflessi concreti). La circostanza che il commissario sia chiamato a giudicare e giudichi dopo che nella materia, in ordine alla quale insorta la controversia, abbia compiuto atti nello .svolgimento delle sue funzioni amministrative, non deve far ritenere che il commissario quale giudice non sia ' .. -I::: ===~ : ~~ -----:= [f:ffiflff[t1Jffffut002Bf:fff{2f0if:fff:IE:f&ii0ifilK0lff'fffill1f:fffff:\2KsW:tff:Tf:iuiflli:w&:f&f0f&@illl~ PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 507 indipendente ovvero manchi o sia messa in pericolo o in forse la sua imparzialit. Un primo aspetto del problema si rende evidente nella eventualit che il commissario giudice abbia compiuto, nell'esercizio delle sue funzioni amministrative, atti per esempio di ricognizione o di accertamento o comunque estranei ad un1 concreto esercizio di poteri autorizzativi, dispositivi o concessivi, sJscettibili di incidere sulle situazioni giuridiche soggettive degli interessati. In tal caso, l'utilizzabilit in sede giurisdizionale dei risultati acquisiti o accertati nella fase precedente o delle situazioni verificatesi in dipendenza di atti (non giurisdizionali) del procedimento (considerato per intero) non in contrasto con l'obiettivo esercizio delle funzioni giurisdizionali. Il fenomeno non raro a verificarsi qualora ad un organo giurisdizionale 1siano attribuite anche funzioni amministrative da esercitare pregiudizialmente o preliminarmente rispetto alle funzioni giurisdizionali, ed pacifico che non compromette l'indipendenza o l'imparzialit del giudice. Altrettanto perci deve dirsi qualora (come nella specie) ad un organo siano attribuite istituzionalmente funzioni amministrative e giurisdizionali e l'esercizio di queste ultime funzioni normalmente sia incidentale. Un secondo aspetto del problema si coglie nell'eventualit che il commissario giudice abbia, nell'esercizio delle sue funzioni amministrative, posto in essere accertamenti o pronunce nella materia o anche sulla questione che oggetto del suo esame in sede giurisdizionale. Ma neppure in questo caso ricorre l'asserita mancanza della indipendenza e dell'imparz.ialit volute dalla Costituzione. possibile infatti constatare che l'attivit giurisdizionale non condizionata nei suoi contenuti da quella amministrativa svolta in precedenza; e che ( a conferma idi ci), in fase giurisdizionale, sul terreno probatorio il commissario pu esercitare d'ufficio un potere inquisitorio o d'iniziativa e che comunque le opposizioni Io.richiamano in sede giurisdizionale a nuove valutazioni in relazione ai vizi di attivit che gli sono stati denunciati e sui quali deve esprimere esclusivamente la volont della legge riferita al caso concreto. vero che nell'esercizio dell'attivit amministrativa pu accadergli di manifestare il SUO pensiero sulla questione, su cui pi tardi deve pronunciar!;i come giudice, e che con tutto ci, in questa seconda fase, non pu essere ricusato n astenersi. Ma occorre rilevare che l'esigenza di imparzialit, che in generale trova la stia manifestazione processuale nell'istituzione stessa del giudice, non disattesa dai particolari modi di essere della disciplina legtslativa dell'astensione e della ricusazione. A tal proposito -come giustamente osserva l'avvocatura dello Stato - infatti da considerare 0che, mentre l'ordinamento processuale penale conosce come espresso e specifico motivo di ricusazione e astensione il fatto che il giudice abbia manifestato il suo parere sull'oggetto del 508 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO processo fuori dell'esercizio delle funzioni giudiziarie, analogo motivo non previsto dall'ordinamento processuale civile; e che la mancanza di codesta specifica previsione normativa, data la diversit di situazioni, non sostanzia violazioni dell'invocato principio costituzionale. E ci comporta che per il processo in materia di usi civici, stante il rinvio all'ordinamento processuale civile di cui all'art. 31, comma terzo, della legge n. 1766 del 1927, si debba pervenire alle stesse conclusioni. 6. -Posta la questione nei termini sopradetti, non rilevano ai fini della decisione le numerose e ampie argomentazioni svolte dal giudice a quo e dalle parti e :relative tra l'altro allo statuto del commissario quale giudice ovvero alla materia delle conciliazioni. E pertanto, sulla base delle considerazioni fatte nei paragrafi che precedono, si conclude per la non fondatezza deUa questione. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 25 maggio 1970, n. 75 -Pres. Branca - Rel. Trimarchi -Bauchi (avv. Morabito) c. Calzturificio Barbagli (av:v. Sermonti, Fornario). Obbligazioni e contratti -Agenzia -Contratto a tempo indeterminato Indennit di scioglimento -Questione infondata di legittimit costituzionale. (Cost., artt. !31, 4 e 36; e.e., art. 1751, 1 comma). In riferimento agli artt. 3, 4 e 36 della Costituzione, infondata la questione di legittimit costituziooole deti'a1t. 1751, 1 comma, del codice 'civile, nella parte in cui dispone che l'indennit per lo scioglimento del contratto di. agenzia a tempo indeterminato dovuta so.io se il contratto si sciolga per fatto non imputabile all'agente (1). (1) La questione stata .sollevata con ordinanze 3 luglio e 19 novembre 1968 della Corte di Cassazione (Gazzetta Uff. 28 settembre 1968, n. 248 e 26 marzo 1969, n. 78), con ordinanze 9 e 11 aprile 1969 del Tribunale di Bologna (Gazzetta Uff. 16 e 23 luglio 1969, nn. 179 e 186), con ordinanza 7 febbraio 1969 della Corte d'appello di Milano (Gazzetta Uff. 23 aprile 1969, n. 105) e con ordinanza 24 giugno 1969 del tribunale di Padova (Gazzetta Uff. 5 novembre 1969, n. 280). La Corte ha escluso che il rapporto di agenzia a tempo indeterminato sia assmilabile al rapporto di lavoro subordinato (in questo senso v. Cass. 2 maggio 1969, n. 1452, Foro it.. 1969, I, 3200). La sentenza della Corte n. 75 del 1968, sull'indennit di anzianit nel contratto di lavoro a tempo indeterminato, riportata in questa Rassegna, 1968, 699. J~ riffffilliffilf8flmrffrnE@IEiff@f:(KfllrlMllifilfffiI@Ifmlfiffiifftifffil'ifffi1ffilMrtfillf8mflilFfff[fl'&f~ PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 509 CORTE COSTITUZIONALE, 25 maggio 1970, n. 76 -Pres. Branca - Rel. Capalozza -D'Angela ed altri (n.c.) e P;residente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Ohiarotti). Sicurezza pubblica -Misure di prevenzione -Persone pericolose per la sicurezza e la pubblica moralit -Questioni di costituzionalit Infondatezza parziale. (Cost., artt. 2, 3, 13, 16, 17, 18, 24, 25 e 27; legge 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 1, 2, .3, 4, 5 e 9). In riferimento all'art. 24, 20 comma, della Costituzione, illegittimo l'art. 4, 20 comma, della legge 27 dicembre 1956 n. 1423 (misure di prevenzione nei confronti di persone pericolose per la sicurezza e per la publbica moralit), nella parte in cui, disciplinando la misura deZZa sorveglianza speciale della pubblica sicurezza, da adottarsi dal tribunale in camera di consiglio, non prevede l'assistenza obbligatoria del difensore (1). In riferimento agli articoli 3, 13, secondo comma, e 24, secondo comma della Costituzione, non fondata la questione di costituzio. nalitd degli articoli 1 e 2 delZa legge 27 dicembre 1956 n. 1423, che prevedono la diffida deZZe persone pericolose per la sicurezza e la pubblica moralitd e il rinvio al luogo di residenza mediante foglio di via obbligatorio (2). In riferimento agli articoli 2, 3, 13, 16, 17, 18, 25 e 27, secondo e terzo con,ima, della Costitu.zione, sono manifestaanente infondate le questioni di cos'bituzionalitd relative agli articoli 1, 2, 3, 5 e 9 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (3). (Omissis). -1. -Le questioni sollevate con le sette ordinanze si riferiscono allo stesso testo legislativo. Le relative cause sono state trattate congiuntamente e possono essere decise con unica sentenza. 2. -Sono stati denunciati, per violazione degli artt. 2, 3, 13, 16, 17. 18, 24, 25 e 27 della Costituzione, gli artt. 1 (e per relationem, l'art. 3), nonch gli artt. 2, 4, 5 e 9 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (.Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralit ). (1-3) Le questioni sono state sollevate con le seguenti ordinanze: 13 dicembre 1968 del tribunale di Torino (Gazzetta Ufficiale, 26 febbraio 1969 n. 52); 19 dicembre 1968 del pretore di Torino (Gazzetta Ufficiale, 12 marzo 1969, n. 66); 31 gennaio 1969 del tribunale di Vibo Valentia (Gazzetta Ufficialel, 9 aprile 1969, n. 91); 21 aprile 1969 del tribunale di Milano (Gazzetta Ufficiale, 13 agosto 1969, n. 207); 10 luglio 1969 del tribunaledi Torino (Gazzetta Ufficiale, 5 novembre 1969, n. 280); 18 settembre 1969 del RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Le questioni sollevate per gli artt. 1, 2, 3, 5 e 9 sono state pi volte dichiarate infondate da questa Corte in riferimento ai richiamati artt. 2, 3, 13, 16, 17, 25 e 27 della Costituzione (sentenze n. 27 del 1959, n. 45 del 1960, n. 126 del 1962, n. 23 del 1964, n. 68 del 1964 e n. 32 del 1969). Quanto all'assunta lesione dell'art. 3, primo comma, della Costituzione, sotto il diverso profilo dell'irrazionale e discriminatoria duplicazione della pena, per il fatto che colui ohe sia sottoposto alla sorve glianza .speciale debba rispondere, insieme, di violazione dE!gli obblighi particolari impostigli (art. 9) e di violazione della norma di diritto comune che prevede un reato, tale motivo non pu essere accolto, perch altra la situazione soggettiv.a di chi commetta un reato rispetto a quella di chi lo commetta essendo sorvegliato speciale. N ricorre la violazione dell'art. 3, secondo comma, dato che la disciplina denunciata non priva di sorvegliato speciale del diritto al mantenimento e all'assistenza sociale della'rt. 38 della. Costituzione. . Gli stessi criteri che sono stati adottati nella citata sentenza n. 27 del 1959, quanto al preteso eontrasto con l'art. 17 della Costituzione, valgono per la denunciata lesione dell'art. 18. 3. -Ind:ondata anche la questione di legittimit degli stessi articoli 1 e 2, avanzata sotto il profilo della m~ncata previsione dell'inter-. rogatorio dell'inquisito, da parte del questore. La Corte costituzionale ha ritenuto che l'interrogatorio dell'imputato sia necessario solo quando ci ompiano atti istruttori. Ci non pu dirsi per un procedimento che, come quello disciplinato dalla legge impugnata, sfocia in provvedimenti di polizia di sicurezza non preordinati al processo. 4. -Le doglianza, invece, sono fondate in ordine alla assunta violazione, ad opera dell'art. 4, secondo comma, dell'art. 24, secondo comma, della Costituzione, per la omessa previsione dell'assistenza tecnica obbligatoria del difensore (ordinanze del pretore e del tribunale della giurisprudenza di questa Corte, la quale, con la sentenza n. 53 di Torino). E fo sono, per carenza del diritto di .difesa, alla stregua del 1968, pronunciando l'illegittimit costituzionale degli artt. 636 e 637 del codice di procedura penale, ha gi esposto i motivi dell'incostituzionalit dell'art. 4, secondo comma, che a quelle due norme espressamente si richiama (v. anche sentenza n. 69 del 6 maggio 1970). -(Omissis). pretore di Novi Ligure (Gazzetta Ufficiale, 26 novembre 1969, n. 299); 10 luglio 1969 del pretore di Legnano (Gazzetta Ufficiale, 28 gennaio 1970, n. 24). La sentenza n. 32 del 1969, richiamata in motivazione, pubblicata in questa Rassegna, 1969, 210, con nota di richiami. In dottrina: ELIA, Libertd personale e norme di prevenzione, Giur. costit., 1964, 938; NUVOLONE, ibidem, 1964, 197; BARBERA, ibidem, 1969, 325. ' PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 511 CORTE COSTITUZIONALE, 25 maggio 1970, n. 77 -Pres. Branca - Rel. Crisafulli -Presidente Consiglio Ministri (sost. avv. gen. Stato Savarese) c. Presidente Regione Sarda (avv. Gasparri). Regione -Sardegna -Dipendenti regionali eletti a cariche presso enti autonomi territoriali -Oneri a carico degli enti. -Illegittimit costituzionale. (Cost., art. 51; St. reg. Sardegna, art. 3, lett. a). Per violazione dell'art. 3 lett. a deUo Statuto della Regione sarda, Wegittimo l'art. 1, 2 comma, deUa legge della Regione deUa Sardegna approvata il 5 dicembre 1968, e riapprovata il 6 novembre 1969, disciplinante la posizione ed il trattamento dei dipendenti della Regione sarda eletti a cariche presso enti autonomi territoriali, nella parte in cui, mediante rinvio alla legge statale 12 dicembre 1966, n. 1078, pone a carico degU enti o aziende locali gli assegni e relativi obblighi di trattenuta di cui all'art. 3, 1 comma n. 2, e commi 2, 3 e 4, della legge stessa (1). (Omissis). -1. -Come accennato in narrativa, la legge impugnata ha per oggetto la posizione ed il trattamento economico dei dipendenti regionali eletti a cariche presso determinati enti locali e ricalca sostanzialmente lo schema della corrispondente legge statale del 12 dicembre 1966, n. 1078, differenziandosene per sotto un duplice aspetto. In primo luogo, stabilendo che detti dipendenti siano collocati in aspettativa d'ufficio, anzich dietro loro richiesta; in .secondo luogo, ampliando l'ambito deg!i enti, l'assunzione ad uffici elettivi dei quali presa in considerazione ai fini del collocamento in aspettativa. Rientrano, infatti, nelle previsioni della legge statale, oltre all'ufficio di consigliere regionale, quelli di presidente di giunte provinciali e di assessore di giunte di provincie con pi di 700.000 abitanti; di sindaco di capoluogo di provincie ovvero di comuni con pi di 50.000 -abitanti; di assessore di comuni con pi di 100.000 abitanti; di pre.sidente di enti e di aziende di enti autonomi territoriali con pi di 1.000 dipendenti. Rientrano invece nelle pi larghe previsioni della legge regionale gli uffici di presidente e assessore provinciale, senza distinzioni; di sindaco, o di assessore di comuni con pi di 15.000 abitanti; di presidente di enti e aziende comunali, provinciali e consortili, senza riguardo al numero dei rispettivi dipendenti. La legge regionale rinvia poi alla normativa della legge n. 1078 del 1966 per quanto concerne il trattamento eco (1) La sentenza n. 60 del 1966, richiamata in motivazione, e massimata in questa Rassegna, 1966, 545. Sulle norme che regolano le cause di incompatibilit con il diritto elettorale passivo, cfr. sentenza n. 108 e n. 46 del 1969, in questa Rassegna, 1969, 378 e 377. 512 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nomico di aspettativa, ponendo a carico dell'ente presso cui i dipendenti regionali siano stati eletti l'onere della retribuzione ad essi spettante nell'amministrazione di appartenenza, ovvero, quando sia prevista una indennit di carica, la differenza tra i quattro decimi di quest'ultima e la retribuzione anzidetta. Su questi due punti si accentrano le censure del ricorso, deducendosi -quanto al primo -che la legge de qua avrebbe creato una incompatibilit senza riscontro nella legislazione statale, con violazione dell'art. 51 della Costituzione, che vuole garantito a tutti i cittadini l'accesso alle cariche pubbliche elettive in condizioni di eguaglianza; deducendosi altresi ~quanto al secondo punto -che la legge regionale, imponendo il concorso finanziario di enti locali che non vi sarebbero altrimenti tenuti, violerebbe l'art. 3, lett. a, dello statuto, incidendo su materia sottratta alla competenza legislativa della regione. 2. -La Corte osserva anzitutto che nel potere della regione di dettare norme in tema di ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi della regione e stato giuridico ed economico del personale (art. 3, lett. a, dello statuto) rientra certamente quello di regolare nel modo pi adeguato all'interesse del buon andamento dell'amministrazione regionale (art. 97 della Costituzione) la posizione dei propri dipendenti che siano stati eletti a pubblici uffici di enti locali. vero quanto rilevato dalla Avvocatura dello Stato, che, cio, disponendo nei confronti dei dipendenti che si trovino nelle condizioni indicate l'obbligatoriet del collocamento in aspettativa, la legge regionale viene a configurare una incompatibilit (meramente funzionale, da soggiungere), che non invece prevista per situazioni analoghe dalla legge statale; ma ci non offre motivo di censura, dal momento che le incompatibilit sono cosa diversa dalla ineleggibilit e sono per loro natura caratterizzate dal duplice riferimento alle due funzioni, il cui simultaneo esercizio si reputi, non irragionevolmente, lesivo dei pubblici interessi a ciascuna connessi. Incompatibilit possono perci essere stabilite dal punto di vista dell'uno o dell'altro ufficio, dell'una o dell'altra funzione od atti;vit, purch -beninteso -da chi ne abbia rispettivamente il potere. E questa Corte ha gi avuto occasione di affermare che, in linea di principio, nell'attribuzione di potest legislativa sull'ordinamento di un ente da ritenere sia compresa la competenza a dettare norme in tema di incompatibilit (sentenza n. 60 del 1966): ora, tale appunto il caso della competenza spettante' alla regione della Sardegna ex art. 3, lett. a, dello statuto. Certo, come pure stato messo in rilievo nella ricordata sentenza, anche la disciplina delle incompatibilit, per i suoi possibili riflessi sul concreto esercizio del diritto elettorale passivo, deve conformarsi ai principi enunciati nell'art. 51 della Costituzione: tra i quali viene in primo luogo in considerazione nella specie, trattandosi di incompatibi PARTE r, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 513 lit funzionale con l'esplicazione attiva delle mansioni di servizio dei dipendenti regionali, il principio dell'ultimo comma, cui la legge in questione risulta perfettamente aderente. Essa, infatti, mentre assicura ai propri dipendenti chiamati a pubbliche funzioni la conservazione del posto e la integrit delle pos.izioni economiche e di carriera, consente loro la pratica possibilit di dedicarsi interamente ai compiti inerenti agli uffici cui sono eletti, senza interferenze di sorta con l'osservanza dei doveri ad essi derivanti dal rapporto di servizio con l'amministrazione regionale. ' 3. -Quel che invece la regione non pu fare di porre, in tutto o in parte, a ci.rico degli enti locali presso .i quali i suoi dipendenti siano stati eletti a ricoprire determinat uffici l'onere finanziario del trattamento economico a quelli attribuito, fuori delle ipotesi contemplate dalla legislazione statale. Deve, infatti, considerarsi pacifico che tra gli enti amministrativi della Regione, cui allude lo statuto nella lettera a dell'art. 3, non sono inclusi gli enti ai quali ha riferimento la legge impugnata (provincie, comuni ed aziende rispettive): come risulta confermato a contrario dalla espressa previsione, in altre di~posizioni dello statuto e nello stesso art. 3, sotto la lett. b, dei soli poteri specificamente attribuiti alla regione nei confronti di comuni e provincie. Non avendo la regione il potere di prescrivere obblighi di spesa agli enti locali autonomi, essa non pu estendere obblighi di tal genere ad enti locali diversi da quelli che vi sono tenuti a norma delle leggi statali, n pu modificare, per questi ultimi, la fattispecie costitutiva dell'obbligo, col trasformare da facoltativo in necessario il collocamento in aspettativa. Deve, perci, ritenersi fondato il secondo motivo di censura dedotto nel ricorso e dichiararsi in conseguenza la illegittimit costituzionale del secondo comma deli'art. 1 della legge regionale impugnata, limitatamente alla parte in cui ~ rinviando all'art. 3 della legge statale n. 1078 del 1966 -obbliga gli enti elencati nel primo comma, presso i quali i dipendenti regionali ricoprano le cariche elettive ivi anch'esse indicate, a concorrere all'onere derivante dal trattame~to economico complessivamente attribuito ai dipendenti medesimi a norma del medesimo art. 3, comma primo n. 2, e comma terzo. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 3 giugno 1970, n. 78 -Pres. Branca - Rel. Fragali -Soc. Ronson (avv. Benvenuti, Sorrentino) c. Consorzio industrie fiammiferi (avv. Giannini, Jemolo, Mastrogiovanni) e S.A.F.F.A. -Presidente Consiglio dei Ministri -(Sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). Privative per invenzioni industriali -Consorzio industrie fiammiferi Partecipazione di altre imprese -Impedimento -Riserva della 514 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO fabbricazione, importazione e vendita per il consumo di apparecchi di accensione a pietrina focaia -Questioni fondate di costituzionalit. (Cast., art. 41; r.d. 11 marzo 1923, n. 56Q, art. 3; convenzione annessa artt. 1, 2, 9, 10 e 12; r.d.l. 26 febbraio 1930, n. 105 convertito nella legge 1 maggio 1930, n. 611, art. da 2 a 15; convenzione annessa artt. l, 2, 3, 10 e 12 d.Ig. 17 aprile 1948, n. 525 art. 1; convenzione aggiuntiva art. 12; d.l. 11 gennaio 1956, n. 2" convertito in 1. 16 marzo l,956, n. 109, art. 8). Per violazione delL'art. 41 della Costituzione deve dichiararsi l'iUegittimit costituzionale. 1) dell'art. 3, ultimo comma, del r.d. 11 marzo 1923, n. 560 (sull'abolizione del monopoUo dei fiammiferi e l'istituzione in sua vece di una imposta di fabbricazione), nonch degli artt. 1, ultimo comma, 2, 9, secondo comma, e 10 della Convenzione annessa al detto decreto, nena parte in cui essi impediscono ad altri imprenditori la partecipazione al Consorzio quando essa non sia in contrasto con fini di utilit sodale; 2) deU'art. 12 delle norme di esecuzione allegate al decreto legislativo 17 aprile 1948, n. 525, reLativo alla rinnovazione delle convenzioni fra Lo Stato ed il Consorzio industrie fiammiferi; 3) degli artt. 2, 3, 4, 6, 7 e 9 del r.d.l. 2'6 febbraio 1930, n. 105, convertito nella legge 1 maggio 1930, n. 611, concernente i diritti erariali sugli apparecchi automatici di accensione; 4) degli artt. 1, .2, 3 e 10 della Convenzione annessa al predetto decreto legge: 5) dell'art. 8 del d.l. 11 gennaio 1956, n. 109, sul diritto fisso dovuto per La detenzione di apparecchi di accensione. In applicazione deU'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, deve dichiararsi inoltre la iHegittimit costituzionale: a) degli artt. 4, 5, 6, 7, 8, 9 e 11 de:Lla Convenzione annessa al suindicato r.d.L. 26 febbraio 1930, n. 105; b) dell'articolo unico del r.d.l. 18 gennaio 1932, n. 14, convertito nella legge 7 aprile 1932, n. 356, riguardante rinnovazione della Convenzione tra lo Stato e iL Consorzio per quanto concerne la importazione, la fabbricazione e vendita degli apparecchi di accensione a pietrina focaia; c) dell'art. 4 d.lg.Lgt. 12 ottobre 1944, n. 317, relativo aiia proroga delle Convenzioni stipulate fria lo Stato e il Consorzio. @ -~~ ..~ (Omissis. -1. Le cause vanno decise con una sola .sentenza a W causa della loro connessione, dato che per il monopolio degli aceendi-r.:::: (1) La que"1one mta introdotta eon o'di"""'" 14 novembe 1968 . del '.!Tibun'1e di Milano (Gazzetta Utf. 26 mru-w 1969, n. 78) e eon O'ligo ad esso fatto, che, essendo stato posto nell'interesse particolare del Consorzio, si rivela in contrasto con l'art. 41, .secondo comma, della Costituzione. Non si pu obiettare che l'industria degli accenditori doveva necessariamente ancorarsi a quella dei fiammiferi, che dei primi sono succedanei: anteriormetite la fabbricaz-ione e la vendita degli accenditori aveva ricevuto un tratta mento distinto da quello dei fiammiferi, l'una essendo stata riservata allo Stato, l'altra al Consorzio, e si riconosceva, in tal modo, che i due settori erano -scindibili, che la difesa collaterale dell'industria dei fiammiferi era bene assicurata dall'imposta di fabbricazione sugli accenditori e dal monopolio statale, e che non era necessaria un'organizzazione unitaria di questo secondo settore. Tanto quella difesa era assicurata che la citata relazione alla legge di conversione del decreto in esame giudicava che l'industria dei fiammiferi era gi affermata al tempo del 520 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO l'istituzione del monopolio privato degli accenditori e capace di resistere alle pressioni economiche straniere di cui si gi fatta parola. Alla Corte consentito di verificare lo scopo di una legge quando si contesta la legittimit di quest'ultima nel confronto di una norma costituzionale che vincola ad un fine la discrezionalit legislativa; e.d alla Corte anche consentito di vagliare il rapporto di congruit fra mezzi e fini, per .salvaguardare la libert garantita contro interventi arbitrariamente restrittivi (Corte cost. 7 febbraio 1963, n. 12) o contro interventi che praticamente annullano il diritto primario inerente alla libert stessa (Corte cost. 3 aprile 1963, n. 39). Sotto questo secondo riflesso non sostenibile che la legittimit costituzionale delle norme in esame trovi sostegno in necessit attinenti ad interessi fiscali. Il d.l. 11 gennaio 1956, n. 2, incentr tali interessi in un diritto annuale riscuotibile mediante vendita di marche-contrassegno, che l'utente deve apporre sull'accenditore o su un qualsiasi documento di riconoscimento personale. Il diritto predetto non viene accertato e corrisposto 1in misura della produzione di apparecchi, come era-antecedentemente per l'imposta di fabbricazione, ma nella misura del consumo; e non perci corrisposto dal produttore, ma dall'utente, sia pure con corresponsabilit del rivenditore per la marca di primo acquisto. Epper tale ordinamento non rende congrua e razionale la limitazione della libert di iniziativa dei produttori, del tutto estranei all'imposta, e del cui gettito non sono n possono essere responsabili. Ci tanto vero che l'art. 3, secondo comma. del citato d.l. del 1956 attribuisce al Consorzio unicamente il compito della distribuzione primaria delle marche e, se vero che ci pu dar luogo a riscossione anticipata del tributo, non si pu dire che questo garantito dal consorzio, perch le marche che risultassero invendute alla fine dell'anno vengono sostituite con marche dell'anno successivo (art. 8 d.m. 4 febbraio 1956). Ora, appare del tutto assurdo che, per pr>Vvedere alla distribuzione delle marche rappresentative del pagamento di una imposta da essi non dovuta, sia congruo imporre ai produttori di accenditori di riunirsi in organizzazione comune e di sottostare alle direttive che questa organizzaz.ione pu impartire in merito alla loro attivit. Non v', perci, nelle norme denunciate alcun aspetto che resista al confronto con le norme costituzionali invocate; e se ne deve dichiarare l'illegittimit. Il che non significa che al Consorzio fiammiferi non possa rimanere affidato il servizio di distribuzione e vendita delle marche per il diritto annuale, secondo le disposizioni dell'art. 3 del d.l. 11 gennaio 1956, n. 2, ma vuol dire soltanto che il consorzio lo esplicher non in quanto consorzio obbligatorio fra i fabbricanti di accenditori. 6. -Resta assorbita ogni altra questione. -(Omissis). PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 521 CORTE COSTITUZIONALE, 3 giugno 1970, n. 79 -Pres. Branca -, Rel. Benedetti -Finanze c. Patrizi. Esecuzione forzata -Istituti autorizzati -Poteri del Ministro di Grazia e Giustizia -Illegittimit costituzionale -Esclusione. (Cost,, artt. 70 a 82, 87, 5 comma; r.d. 18 dicembre 1941, n. 1368, art. 159, 3 comma). In riferimento agli artt. 87, 5 comma, e 70 a 82 della Costituzione, infondata la questione di costituzionalit dell'. Dopodich il pretore rileva che: a) mentre la Costituzione garantisce la difesa gratuita dei non abbienti, nulla dice per gli abbienti, cosicch non sembra legittimo, proprio in relazione all'art. 23 della Costituzione ed alle finalit di pubblico interesse che esso presuppone, imporre all'avvocato di assumere il rischio patrimoniale di non essere retribuito, che giova soltanto al prevenuto; b) la difesa d'ufficio si , in concreto, trasformata in una finzione tale da abbattere moralmente lo stesso avvocato che, per i suoi impegni, non pu materialmente svolgere' con la debita seriet il compito affidatogli senza vedersi ridurre e quindi, annullare quelle soddisfazioni economiche che l'incarico di fiducia, al contrario, gli conferisce. In base a questi rilievi il pretore ha sollevato la questione de legittimit costituzionale degli artt. 128 del codice di procedura penale e 4 e 5 delle relative norme di attuazione, in riferimento agli artt. 23 e 36 della Costituzione. Precisati cosi i termini della questione, si rileva: L'art. 24 della Costituzione al secondo comma sancisce che la difesa diritto inviolabile del cittadino in ogni stato e grado di procedimento. L'esercizio di tale diritto , poi, praticamente imposto dalla normativa vigente in materia processuale. Nel giudizio penale l'imputato deve, a pena di nullit, essere assistito dal difensore (art. 125 c.p.p.) e in base alla pi recente giurisprudenza di questa Corte tale obbligo deve essere esteso anche al periodo istruttorio. In materia civile davanti al pretore le parti di regola non possono stare in giudizio se non con il ministero di un difensore; salvo i casi in cui la legge dispone altrimenti, davanti ai tribunali e alle Corti d'appello le parti debbono stare in giudizio col ,ministero di un 1procuratore legalmente esercente I dello Zangrilli, e la Corte ha deliberato, con ordinanza dibattimentale, la inammissibilit di tale costituzione. ! , ' La Corte ha gi esaminato la questione di legittimit costituzionale degli articoli 128, comma secondo, e 131 .p.p., in connessione col gratuito ~ patrocinio, con la sentenza n. 114 del 1964, in questa Rasesgna, 1964, 1Q14. ~ La sentenza n. 23 del 1968, richiamata in motivazione, pure riportata I' i in questa Rassegna, 1968, 170. > Sulla natura delle commissioni per il gratuito patrocinio cfr. la sentenza n. 98 del 1970 qu di seguito riportata. I I I ! m:~~~ 540 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO e davanti la Corte di' cassazione col ministero di un avvocato iscritto in apposito albo (art. 82 c.p.p). Davanti a questa Corte e davanti al Consiglio di Stato ed alla Corte dei conti pure obbligatorio il patrocinio di un avvocato iscritto nell'apposito albo delle magistrature superiori. Ecco perch gli esercenti le professioni forensi, in quanto dell'opera di essi il pubblico sio per legge obbligato a valersi, agli effetti della legge penale,, sono considerati persone esercenti un servizio di pubblica necessit (art. 359, n. 1, c.p.). , poi, molto significativo in relazione alla questione in esame che il secondo comma dello stesso art. 359 del codice penale considera persone esercenti un servizio di pubblica necessit anche i privati che, non esercitando una pubblica funzione n prestando un pubblico servizio, adempiono un servizio dichiarato di pubblica necessit mediante n atto della pubblica Amministrazione, essendo evidente il riferimento alla materia ora soggetta all'osservanza del precetto di cui all'art. 23 della Costituzione. Ma in materia penale vi di pi: poich l'imputato deve essere assistito dal difensore a pena di nullit del giudizio, interessa tutta la collettivit che quella nullit non si verifichi e pevci il'difensore d'ufficio deve essere nominato anche all'imputato abbiente che per qualsiasi ragione ne sia rimasto privo o, addirittura, non intenda nominarne uno di fiducia. Appunto in considerazione di quanto precede questa Corte non solo con la pi volte citata decisione del 1964, n. 114, argomentando dall'art. 23 della Costituzione, ha escluso l'illegittimit dell'imposizione agli avvocati dell'obbligo di difesa gratuita dei non abbienti; ma, con la decisione n. 23 del 1968, per il carattere di pubblico interesse, data la funzione di essenziale collabomzione con gli organi della giurisdizione riconosciuto alla professione forense, ha ritenuto legittima la corresponsione obbligatoria di predeterminati contributi alla Cassa nazionale di previdenza e di assistenza degli avvocati e procuratori, anche da parte di soggetti diversi dagli esevcenti tali professioni ed indipendentemente da tale qualit. Ci posto, il sostenere che l'imposizione dell'obbligo della difesa d'ufficio nel giudizio penale anche di persone eventualmente abbienti (che, quindi, in base all'art. 4 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale sono tenute a corrispondere l'onorario al difensore) esuli dalla previsione dell'art. 23 della Costituzione perch impone all'avvocato di assumere il rischio patrimoniale di non essere retribuito veramente eccessivo : infatti, come sopra si posto in rilievo, la difesa dell'imputato, con o senza retribuzione, di interesse pubblico, in quanto attiene alla validit del giudizio che, alla sua volta, di azione e di interesse pubblico; perci la si pu imporre. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 541 Sul .punto, poi, che una seria ed effettiva difesa di ufficio impegnerebbe talmente da annuUare la possibilit dell'esercizio della professione libera, si pronunciata questa Corte -sempre con la sentenza n. 114 del 1964 -osservando: Ma nel caso in esame non v' dubbio che la previsione, contenuta nella legge, di una saltuaria prestazione obbligatoria, eventualmente gratuita, non contvasta con l'indicata norma costituzionale (art. 23) n col sistema di principi che da essa si ricava. N l'ordinanza di rinvio contie.ne argomenti tali da potere indurre questa Corte a mutare opinione. Dimostrato, cosi, che non pu ravvisarsi alcuna violazione dell'art. 23 della Costituzione, in base ai princpi sopra richiamati, viene meno anche la prospettata violazione dell'art. 36. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 16 giugno 1970, n. 98 -Pres. Branca - Rel. De Marco -Chiesa (n.c.). Corte costituzionale -Giudizi di legittimit costituzionale in via principale -Commissioni per il gratuito patrocinio -Inammissibilit della questione. (Cost., art. 134; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3282, art. 5, 20 e 22). Poich le commissioni per il gratuito patrocinio non sono organi giurisdizionali, inammissibile la questione di legittimit costituziona.le da esse sollevata (1). (1) La questione stata proposta con ordinanza 18 gennaio 1969 dalla commissione per il gratuito patrocinio presso il Tribunale di Milano (Gazzetta Ufficiale, 9 aprile 1969, n. 91). CORTE COSTITUZIONALE, 16 giugno 1970, n. 99 -Pres. Branca - Rel. Chiarelli -Di Carlo (avv. Bussi) c. SIRM (avv. Biamonti). Lavoro -Contratto di lavoro marittimo -Inapplicabilit della disciplina dell'impiego privato -Questione infondata di costituzionalit. (Cost., art. 39; r.d.1. 6 febbraio 1936, n. 337, art. 1 e 2; Cod. navig., art. 1034). In riferimento all'art. 39 della Costituzione, non fondata la questione di legittimit costituzionale degli articoLi 1 e 2 del r.d.l. 6 feb 542 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO braio 1936 n. 337, che, disciplinando la risoluzione del rapporto marittimo a tempo indeterminato, in connessione con l'art. )304 del codice della navigazione, non operano una riserva normativa a favore della contrattazione collettiva (1). (1) La questione stata introdotta con ordinanza 3 maggio 1968 della Corte di Cassazione (Gazzetta Ufficiale, 28 dicembre 1968, n. 329). Sull'arti- colo 39 della Costituzione cfr. Corte Cost. 19 dicembre 1962, n. 106, Foro it., 1963, I, 17 e 648, con nota di PERA. SEZIONE SECONDA GIU:RISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 25 febbraio 1970, n. 442 -Pres. Flore -Rel. Leone -P. M. Trotta (conf.) Automobil Club d'Italia (avvocati Andrioli,' Ferri, Galateria e Piccardi) c. S.M.I.V.E. soc. p. az. (avvocati Benvenuti, Delitala e Guarino) e nei confronti del Ministero dei Lavori pubblici, del Comitato Centrale per l'albo costruttori presso il Ministero dei lavori pubblici, del Comitato regionale per l'albo costruttori presso il provveditorato alle opere pubbliche di Palermo, dell'Assessorato per i lavori pubblici della Regione siciliana e della Commissione per la formazione e la tenuta nell'albo regionale degli appaltatori presso I'Assessorato per i lavori pubblici della Regione siciliana (avvocato Stato Albisinni), della Amministrazione provinciale di Messina (n.c.) e della Soc. p. az. Servizio Segnalazioni Stradali (avvocati Giannini e Paoletti) nonch di quest'ultima .contro l'Automobil Club d'Italia e nei confronti di tutte le altre parti. \ Competenza e giurisdizione -Regolamento preventivo di giurisdi zione -Rapporti con il procedin,iento al quale si riferisce -Effetti sulla notifica della istanza relativa. (c.p.p~ artt. 41 e 170). Competenza e giurisdizione -Regolamento preventivo di giurisdizione Rapporti con il procedimento al. quale si riferisce -Effetti della prosecuzione di tale procedimento. (c.p.c., artt. 41 e 367). Competenza e giurisdizione -Questioni concernenti lo stato e la capa .... cit dei privati individui -Giurisdizione del giudice ordinario Limiti. (legge 20 marzo 1865, n. 2248 all. E, artt. 1 e segg.; t.u. 26 giugno 1924, n. 1054,, art. 28). Il regolamento preventivo di giurisdizione una fase del procedimento nel quale si inserisce, fase rivolta a far precisare dalla Corte Suprema, con effetto vincolante per le parti e per il Giudice, quale sia 5 544 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO il Giudice, ordinario o speciale, cui spetti di conoseere la controversia; quindi, l'istanza di regolamento deve essere considerata atto dell'unico procedimento pendente, sul quale produce effetti diretti ed i~mediati, e di conseguenza la notijeazione deve essere fatta, per Le parti costituite, al rispettivo pq-ocuratore (1). Il regolamento preventivo di giurisdizione esperibile anche quando il giudizio pende davanti ad un giudice speciale e perfino la eventuale decisione nel merito da parte di questo, nonostante la pendenza del regolamento anzidetto di cui abbia pur legale conoscenza, non impedisce alla Suprema Corte di pronunciarsi sul rego('amento stesso dichiarando anche la giurisdizione di un giudice diverso (2). L'ultimo comma dell'art. 28 del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato, che attribuisce alla competenza esclusi12a dell'Autorit giudiziaria ordinaria le questioni concernenti lo stato e la capacit dei privati individui, si riferisce unicamente alle persone fisiche, mentre le analo,ghe questiol)'l,i relative alle persone giuridiche seguono la regola comune secondo cui il giudice amministrativo pu conoscere con effetti limitati al giudizio principale le questioni pregiudiziali o incidentali relative a diritti soggettivi, quando la soluzione di tali questioni funzioni da presupposto necessario per la decisione deUa controversia relativa ad un interesse (3). (1-2-3) La sentenza pubblicata per esteso in Foro it., 1970, I, 1063. Sulle massime di cui si tratta cfr. ivi le note 1 e 2 nonch di seguito le note 3 e 4, con ampi richiami di dottrina e di giurisprudenza. Su talune delle relative questioni cfr. altres Cass., Sez. Un., 19 luglio 1965, n. 1631, in questa Rassegna, 1966, I, 783 ed ivi, 784 nota 2, nonch Cass., Sez. Un., 17 febbraio 1965, n. 259 e Cass., Sez. Un., 5 luglio 1965, n. 1401 in questa Rassegna, 1966, I, 289 e segg. ed ivi note 1 e 2. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 25 febbraio 1970, n. 448. -Pres. Marletta -Rel. Greco -P. M. Di Majo (conf.) -Cosimini (avv. Turco) c. Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste (avv. Stato Savarese) e Cosimini (avv. Doria). Competenza e giurisdizione -Legge ed atti avertti forza di legge -In cidertza sui diritti soggettivi -Provvedimento ablatorio avente forza di legge -Questione di legittimit costituzionale -Giurisdi zione del giudice ordinario. (Cost., artt. 134 e 136, primo comma; legge 20 marzo 1865, 2248, all. E, art. 2). Quando la tutela giurisdiziol)'l,ale venga invocata in ordine ad una situazione originariamente di diritto soggettivo, sulla quale abbia incisa - PARTE 1, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 545 un provvedimento ablatorio ave111,te forza di legge, nel presupposto della illegittimitd costituzionale del provvedimento stesso, da dichiararsi dalla Corte Costituzionale, la giurisdizione awartiene al giudice ordinario (1). (1) Cfr. Cass., Sez. Un., 24 giugno 1967, n. 1556 in questa Rassegna, 1968, I, 17 ed ivi not 1-2. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 5 marzo 1970, n. 533 -Pres. Flore - Rel. Moscone -P. M. Di Majo (conf.) -Raparelli (avv. D'Abbiero) c. Mini.stero della Pubblica Istruzione (avv. Stato Gentile) e Vaccari (n.c.). Competenza e giurisdizione -Responsabilit civile -Interessi legittimiRisarcibilit dei danni per lesione di interessi -Esclusione -Improponibilit della domanda. (e.e., art. 2043). Responsabilit civile -Diritto al prestigio professionale -Tutela Esercizio di potere discrezionale della p. A. -Contemporanea lesione di diritto soggettivo e di interesse legittimo ,.. Configura bilit. (e.e., art. 2043). Qando una norma (norma d'azione) impone alla pubblica Amministrazio111, e un determinato comportamento allo scopo diretto ed immediato di disciplinarlo in vista di un interesse pubblico, apprestando solo indirettamente ed occasionalmente una tutela giuridica al privato che si trovi in UM particolare situazione, tale tutela non pu non. esaurirsi davanti al Giudice amministrativo, dapprima con l'impugnazione del provvedimento per illegittimitd e poi eventualmente, con il cosiddetto g.iudizio di ottemperanza: se cosi non fosse e se a seguito della pronunzia di annullamento fosse consentito proporre l'azione di risarcimento, la situazione originaria del privato verrebbe ingiustificatamente ma necessariamente a trasformarsi da una posizione di interesse legittimo ad una posizione di diritto soggettivo (1). Il diritto al prestigio professionale tutelabile no111, solo in sede penale ma anche in 'sede civile ed un determinato comportamento della p.a., pur nell'esercizio di un potere discrezionale, pu in un caso con (1-2) La prima massima riguarda la questione della risarcibilit degli interessi, risolta sempre negativamente dalla giurisprudenza: alla sentenza citata in quella, di cui si tratta (Cass., Sez. Un., 30 giugno 1969, n. 2371) 546 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO creto risultare ai tempo stesso Lesivo non solo di un interesse legittimo ma altres di un diritto soggettivo, qualora di per s costituisca violazione della norma fondamentale dei neminem laedere (2). (Omissis). -Per trattare secondo un ordine logico le varie censure, occorre esaminare dapprima i due ultimi motivi, concernenti la domanda nei confronti del Mip.istero della P.I., e poi i primi tre, concernenti quella nei confronti della Vaccari, mentre anche all'interno di ciascuno gruppo opportuno non seguire l'ordine adottato nel ricorso. Col quinto mezzo la Raparelli denunzia, in relazione ai nn. 1, 3 e 5 dell'art. 360 c.p.c., la violazione degli artt. 112 cod. proc. civ., 28 Cost., 803 cod. civ., 142 t.u. n. 577 del 1928, 32 t.u. n. 3 del 1957, 2 e 3 d.l. n. 237 del 1946, e 30 t.u. n. 1054 del 1924, dolendosi che la Corte di merito non abbia esaminato la domanda contro il Ministero della P.I. sotto il profilo che il diritto agli assegni speciali non percepiti e il diritto al rimborso delle spese sostenute in sede gerarchica sarebbero stati conseguenziali al provvedimento con cui venne data esecuzione alla decisione del Consiglio di Stato, e la abbia dichiarata improponibile sotto il profilo del risarcimento dei danni, affermando erroneamente la non risarcibilit di danni derivati da lesione d'interessi legittimi e l'inesistenza di un diritto soggettivo della Raparelli all'assegnazione provvisoria. Si tratta di censure palesemente infondate. Non occorre soffermarsi sulla tesi della risarcibilit dei danni che il 1privato assuma essergli derivati dalla lesione da parte della P.A. di un suo interesse legittimo: tesi respinta con costante giurisprudenza da questa Corte Suprema (da ult. n. 2371 del 30 giugno 1969), e a so .stegno della quale la stessa ricorrente ha speso pochissime parole, senza addurre argomenti nuovi. Al riguardo basta osservare che, quando una norma (norma d'azione) impone alla P.A. un determinato comportamento allo scopo diretto o immediato d.i disciplinarlo in vista di un interesse pubblico, e appresta solo indirettamente ed occasionalmente una tutela giuridica al privato che si trovi in una particolare situazione, adde tra le altre numerose, Cass. 15 ottobre 1968, n. 3291, Cass. 31 marzo 1967, n. 709 e Cass. 3 maggio 1966, n. 1109, quest'ultima in Foro it., 1967, I, 338 ed ivi nota 1 con ampi richiami. In dottrina v., per tutti, FoLIGNo, La pretesa responsabilit della P.A. per lesione di interessi legittimi, in questa Rassegna,, 1963, 1 e segg. Sulla seconda massima cfr. in questa Rassegna, 1967, I, 397, MAND, In tema di responsabilit della p.a. ,Per la migliore comprensione di entrambe le massime e per l'interesse delle questioni che vi hanno dato origine, tutte risolte nel caso di specie favorevolmente alla p.a., si ritiene opportuna la pubblicazione dell'intera sentenza. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 547 tale tutela non pu non esaurirsi avanti al giudice amministrativo, dapprima con l'impugnazione del provvedimento per illegittimit e poi, eventualmente, con il cosiddetto giudizio di ottemperanza. Se cos non fosse e se, a seguito della pronunzia di annullamento fosse consentito proporre l'azione di risarcimento, la situazione originaria del privato verrebbe ingiustificatamente ma necessariamente a trasformarsi da una :posizione d'interesse J.egittimo a una posizione di diritto soggettivo. D'altra parte, sono facilmente criticabili gli argomenti addotti a sostegno della tesi che la Raparelli potesse vantare un diritto sqggettivo alla assegnazione provvisoria alla scuola statale delll.'Istituto Vaccari, e va comunque escluso che l'interesse di un maestro, con sede di servizio in un comune, ad essere assegnato provvisoriamente dal Provveditore agli studi a una scuola di un altro ,comune, pur mantenendo come sede di servizio effettiva quella anteriore, possa configurarsi come un interesse direttamente e immediatamente protetto da una norma norma di relazione) e costituisca, pertanto, un diritto soggettivo. Anzitutto, l'assegnazione provvisoria de qua non pu confondersi con quella prevista dall'art. 142 del t.u. n. 577 del 1928 sull'istruzione elementare, la quale riguarda un trasferimento effettivo, anche se non definitivo, da una a un'altra sede, per motivi di servizio, nel corso dell'anno scolastico. Ad ogni modo, non esatta rl'affermazione della ricorrente che, in materia di pubblico impiego, tutte le posizioni soggettive previste dagli artt. 31 e segg. del t.u. n. 3 del 1957 sullo statuto degli impiegati civili dello Stato costituiscano diritti soggettivi, perch, per esempio, va escluso proprio un diritto soggettivo alla sede, in quanto le norme relative ai trasferimenti, sono da ,classificarsi come norme d'azione (cfr. Cass., S.U. n. 1419 del 1966). Inoltre, bene la sentenza I impugnata ha affermato che nessun diritto soggettivo scaturiva dalla civcolare con cui il Ministero della P.I. aveva impartito ai Provveditori agli studi istruzioni per la formazione di una graduatoria dei maestri aspiranti ad assegnazione provvisoria, ovvero dall'inclusione nella graduatoria, giacch le circolari ministeriali costituiscono atti interni della P .A. che, se vincolano gli uffici dipendenti a un dato comportamento nello svolgimento dell'attivit amministrativa, non possono far sorgere di per s solo diritti soggettivi a favore dei privati. N la Corte di merito avrebbe potuto ritenere, come vorrebbe la ricorrente, che neJ.la specie un diritto soggettivo fosse scaturito dal fatto che il Provveditore agli studi di Roma aveva portato a conoscenza dei maestri da lui dipendenti il contenuto della circolare, dopo averlo recepito in un suo proprio :i;irovvedimento, ovvero in quanto, a seguito dell'emanazione di quest'ultimo provvedimento, il quale, sempre secondo J.a ricorrente, avrebbe contenuto anche norme di relazione, il Provveditore sarebbe stato vincolato ad accogliere le domande dei maestri che si trovassero nelle previste condizioni. Tutto ci, infatti, frutto di confusione di 548 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO concetti, giacch, ove una pos1z10ne di diritto soggettivo non sia prevista in una norma di relazione .emanata con un atto avente valore di legge, essa non pu mai sorgere per effetto di puri e semplici atti inerenti all'azione amministrativa, anche se un determinato ufficio sia tenuto a comportarsi, in quegli atti; in ottemperanza di disposizioni impartitegli da un ufficio superiore, o nell'eseguire di un proprio atto precedente. Infine, non poteva la sentenza impugnata esaminare la domanda sotto il profilo che un diritto agli assegni speciali non percepiti e un diritto al .rimborso delle spese sostenute in sede gerarchica sarebbero sorti come diritti conseguenziali al provvedimento con cui il Ministero della P.I., in esecuzione della decisione del Consiglio di Stato, riconobbe che alla Raparelli spettava la richiesta assegnazione provvisoria. Invero, a parte che era stata proposta soltanto un'azione di risarcimento di danni, non concepibile il sorgere del preteso diritto a rimborso per effetto dell'atto amministrativo emesso in sostituzione di quello lesivo di un interesse legittimo. D'altra parte, se un diritto al conseguimento di assegni speciali era eventualmente sorto in conseguenza del nuovo provvedimento ministeriale, la relativa pretesa doveva farsi valere avanti al Consiglio di Stato, l quale ha giurisdizione esclusiva per tutte le controversie derivanti dal rapporto d'impiego, ivi comprese quelle aventi per oggetto il pagamento di stipendi ed altri assegni. Col quarto mezzo fa ricorrente denunzia, in relazione ai nn. 3 e 5 dell'art. 360 c.p.c., la violazione degli artt. 112 e 113 cod. proc. civ., 2043 cod. civ. e 323 c.p. In proposito si duole che sia stata respinta la domanda di risarcimento dei danni provocati dal comportamento colposo del Provveditore agli studi di Roma, il quale con imprudenza e negligenza avrebbe avallato gli apprezzamenti ingiuriosi della Vaccari, assume che nella specie sussisteva una posizione di diritto soggettivo, per essere stati direttamente 1esi da tale comportamento il suo prestigio professionale e il .suo patrimonio (mancata percezione di assegni e spese legali), e osserva che un diritto tutelabile in sede penale pu essere tutelato ancle in sede civile quando l'azione penale sia venuta meno, e' che una lesione patrimoniale pu concorrere con la distinta violazione di un interesse legittimo. Anche questo mezzo va rigettato. indubbio che la Corte di merito caduta in errore, laddove ha affermato che il diritto al prestigio professionale tutelabile unicamente in sede penale. Ed del pari indubbio che un determinato comportamento della P.A., pur nell'esercizio di un potere discrezionale, pu in un caso concreto risultare al tempo stesso lesivo, oltre che di un interesse legittimo, anche di il.Il diritto soggettivo, qualora di per s costituisca violazione della norma fondamentale del neminem laedere. ' PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 549 Ma nella specie, anche a volere ammettere che il Provveditore agli studi di Roma avesse re8pinto la richiesta della Raparelli basandosi soltanto, imprudentemente ,e negligentemente, sug.Ji apprezzamenti sfavor, evoli della Vaccari, senza controllarne la fondatezza, un comportamento di questo genere non avrebbe certo leso in modo diretto e immediato n il prestigio professionale n il patrimonio dell'attuale ricorrente, giacch in ogni caso simHi lesioni si sar,ebbero verificate come mera conseguenza della mancata assegnazione provvisoria e, quindi, della lesione di un interesse legittimo. Per quanto concerne la domanda proposta nei confronti della Vaccari, la Raparelli con il secondo mezzo denunzia, in relazione ai numeri 3 e 5 dell'art. 360 c.p.c., la violazione degli artt. 112 e 113 c.p.c. e 1362 e.e., nonch del t.u. n. 577 del 1928, del r.d. n. 1297 del 1928 e successive modificazioni, e del t.u. n. 3 del 1957, dolendosi che la Corte di merito abbia ritenuto che lo statuto dell'Istituto Vaccari e la convenzione da questo stipulata con il Ministero della P. I. conferiscono alla Vaccari, quale presidente del detto Istituto, il poter,e di vigilanza sull'attivit didattica dei maestri della scuola statale funzionante presso l'Istituto stesso. La censura va rigettata, giacch, attraverso varie argomentazioni apparentemente dirette a porre in luce er,rori di diritto e vizi ilogici, in sostanza tutta invece si risolve nell'inammissibile tentativo di sostituire una diversa interpretazione di tale statuto a quella compiuta con insindacabile apprezzamento dai giudici di merito. Sostiene anzitutto la ricowente che questi giudici non avrebbero considerato: a) che le norme dello statuto non sarebbero state formulate con riferimento alla scuola elementare statale funzionante presso l'Istituto, bens con riferimento a una scuola non statale ad esso annessa, di cui all'art. 28 del r.d. 1 luglio 1935, n. 787; b) che ci risulterebbe dagli artt. 5 e 6 dello statuto; e) che, diversamente da qu_anto affermato in sentenza, il sucaessivo art. 13 conferirebbe al Consiglio dell'Istituto, non al Presidente, il poter,e di sovraintendere all'andamento delle scuole annesse e, comunque, non vi comprenderebbe la possibilit di un giudizio sulla attitudine didattica dei maestri, spettante per legge al direttore didattico e all'ispettore scolastico. Ma cos facendo, oltre ad esprimere con le argomentazioni di cui sub e) veri ,e propri apprezzamenti di fatto difformi da quelli della sentenza impugnata, si dimentica che questa, prendendo espressamente in esame identiche censure mosse contro la sentenza di primo grado, ha ritenuto che, appunto in considerazione degli scopi dell'Istituto Vaccari enunciati negli arti. 5 e 6 dello statutQ, alla cui reailizzazione serve la scuola elementare statale, non si pu concepire una completa separazione fra il servizio scolastico da essa fornito e _la restante organizzazione dell'ente, e che, di conseguenza, i poteri di sorveglianza attribuiti dall'art. 13 dello statuto RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 550 al Presidente devono evidentemente esplicarsi anche nei confronti della scuola stessa. Pertanto, rion vi stata violazione dei principi di ermeneutica, n omesso esame di punti decisivi. In secondo luogo, la Corte di merito sar,ebbe incorsa in una contraddizione nell'affermare, da un lato, il dovere degli organi dell'Istituto di non interferire nello stato giuridico dei maestri e, dall'altro, la legittimit della valutazione attitudinale della Raparelli da parte della Presidente, ignorando che una valutazione di questo genere un momento dello stato giuridico (rapporto informativo) e ,rientra nella competenza del direttor,e didattico e dell'ispettore scolastico, e ignorando inoltre che l'atto della Vaccari determin il diniego del trasferimento temporaneo (assegnazione provvisoria), il quale un altro momento dello stato giuridico. Ora, esatto che la valutazione delle attitudini didattiche degli insegnanti costituisce una tipica attivit delle autorit scolastiche a cui spetta redigere il rapporto informativo, e che essa incide nella formazione del loro stato giuridico; ed esatto altresi che l'assegnazione temporanea di un maestro a una scuola un atto determinante una variazione del suo stato giuridico. Tuttavia, ci constatato, non si pu accogliere nel resto l'argomentazione della ricorrente. Invero, allorch la Vaccari espresse un giudizio sulle attitudini della Raparelli (e si noti che, secondo l'accertamento di fatto della sentenza, co,ntenne il suo rilievo nei limiti dehla valutazione delle attitudini ad attendere all'insegnamento nei confronti di minorati fisici), non interferi lilffatto nel di lei stato giuridico, ma forni semplicemente al Provveditore delle informazioni, che ,egli poteva e doveva valutare con assoluta discrezionalit, senza restarne in aJ.cun modo vincolato. Il che del pari si verifica ogni qualvolta l'organo competente alla compilazione del rapporto informativo per l'impiegato si avvalga di informazioni da altri fornitegli. Col primo mezzo la ricorrente denunzia, in relazione ai nn. 1, 3 e 5 dell'art. 360 c.p.c., la violazione degli artt. 112 e 113 c.p.c., 2907 e.e., 4 5 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E), dolendosi che la Corte di merito, la quale ritenne non necessaria l'esibizione dehla convenzione stipulata fra il Provveditorato agli studi di Roma e l'Istituto Vaccari per il funzionamento di una scuola statale presso quest'ultimo, abbia omesso di esaminare la sua eccezione subordinata di illegittimit di tale convenzione e dehlo statuto dell'ente nei punti contrastanti con lo stato giuridico dei maestri di ruolo, sebbene si tratta.sse d'indagine decisiva, posto che vennero esclusi s~,a i reati di diffamazione e di abuso d'ufficio sia l'illecito civile solo perch la Vaccari avrebbe esercitato un potere legittimo conferitole dallo statuto. Va premesso che nella memoria ihlustrativa la ricorrente ha lamentato, fra l'altro, l'omesso ordine di esibizione della conrvep.zione, sebbene ci non avesse formato oggetto di specifico motivo di ricorso, e che, PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 551 comunque, ove si potesse esaminare tale doglianza, la Corte di merito, nei cui poteri discrezionali rientrava ogni decisione circa la necessit o meno di acquisire il documento, non risulterebbe censurabile, avendo giustificato con adeguata motivazione H rigetto della relativa istanza. Va inoltre notato che, come si ricava dal verbale di udienza dell'8 marzo 1965 e dalla comparsa conclusionale della Raparelli, costei in grado d'appello ,si limit a chiedere il.'esibizione della convenzione, allo scopo di meglio dimostrare che la Vaccari non aveva poteri di vigilanza sulle maestre, ma non eccepl affatto l'illegittimit della convenzione ste,ssa, onde il giudice di appello non poteva prendere in esame la questione, n questa pu dedursi per la prima volta in sede di legittimit. Per il resto, l'anzidetta censura priva di fondamento, perch non pu dirsi affatto che la sentenza impugnata abbia omesso di esaminare la questione della legittimit o meno delle disposizioni statutarie, le quali, secondo l'interpretazione da essa acco'1ta, attribuivano alla Vaccari, nella sua qualit di presidente dell'omonimo Istituto, il potere di controllare le attitudini delle maestre della scuola statale esistente presso I l'Istituto stesso a svolgere il particolare insegnamento ivi richiesto. Invero, la questione appare implicitamente affrontata e risolta laddove, dopo avere affermato che lo statuto attribuisce al Consiglio e al Pre I II ~ sidente il potere di sorveglianza sul servizio scolastico, si osserva che F.~ per gli organi indicati devono astenersi, nell'esercizio di tale potere, dall'interferire nello stato giuridico degli insegnanti, indicando cosi i limiti contro i quali vanno interpretate le disposizioni statutarie. D'altronde, dopo quanto si detto a proposito del secondo motivo di ricorso, chiaro che ci bastava per respingere l'eccezione d'illegittimit dello statuto. Infine col terzo _mezzo la ricorrente denunzia, in relazione ai nu I meri 1, 3 ,e 5 dell'art. 360 c.p.c., la violazione degli artt. 112 e 113 c.p,c., 28 Cost., 51, 323 e 595 c.p., e 2045 e.e., e si duole che la Corte di merito abbia negato la sussistenza dei reati di diffamazione e abuso d'ufficio, affermando (a proposito del diritto al prestigio professionale) che la lesione di un diritto tutelabile penalmente non perseguibile in sede civile dopo l'estinzione dell'azione'penale, e che l'esercizio di un potere sufficiente da solo a escludere tali reati, e abbia omesso di esaminare nel merito la sussistenza dell'illecito civile. Anche queste ultime censure non meritano accoglimento. Anzitutto, l'affermazione erronea (cfr. quanto si detto a proposito del quarto motivo di ricorso) deHa tutelabilit del diritto al prestigio professionale esclusivamente in sede penale venne fatta dalla sentenza impugnata a proposito della domanda contro il Ministero della P.I., n venne richiamata o incise n alcun modo ,sul1a pronunzia relativa aUa domanda contro la Vaccari e sulla sua motivazione. In secondo luogo, non esatto che la Corte di merito abbia affermato che, in ast:rat 552 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO to, l'esercizio di un potere sia sufficiente da solo a escludere la sussistenza dei reati di diffamazione e abuso d'ufficio, vero essendo invece che essa si limit a ritenere che, nel caso concreto, era da escludere il dolo dia parte della Vaccari, la quale aveva fatto esercizio del potere conferitOile dallo statuto dell'ente da lei presieduto, e non aveva oltrepassato i Hmiti .di tale potere. Concludendo, il ricorso va integralmente rigettato, con conseguente condanna della Raparelli alla perdita del deposito e al pagamento delle spese del giudizio di cassazione a favore dell'Amministrazione resistente. -(Omissis). ~~~~ -= .;~ rt-Ewrw.rtmirm111wmmrzmfffmmfffff&100mrffrr01rriffs%ITfillfffillfrt&Ff&ft1r1r1rrtffmffffffITTrmfimrE&Ef&tfif~ SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA CIVILE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 27 gennaio 1970, n. 171 -Pres, Vallillo -Est. Dni -P. M. Pandolfelli (conf.) -Piscitelli (avv. Tassoni) c. Opera Valorizzazione Sila (Avv. Stato Agr). Procedimento civile -Disdetta -Perdita del documento -Onere della prova -Prova testimoniale -Limitazioni per valore -Non sussi stono. (e.e., artt. 2721; 2724; 2729). Mandato -Mandato tacito -Prova -Presunzioni -Ammissibilit. (e.e., art. 1703). La disdetta, quale atto unilaterale, non soggiace alle restrizioni stabilite in tema di contratti in 01dine alla prova per testimoni e per presunzioni e pertanto, in caso di perdita del documento, colui che intende giovarsene pu in ogni caso avvalersi di taLi mezzi probatori con l'onere di provarne la esistenza; il contenuto, al fine di stabilirne la regolarit formale e sostanzialit; e la sua mancanza di colpa in tale perdita (1). (1) In senso conforme oltre alla sentenza 24 agosto 1954, n. 303, citata in motivazione, cfr. Cass., 17 giugno 1942, n. 1688 con riferimento alla disciplina dettata dall'abrogato codice civile (art. 1341). Che la disposizione contenuta nell'art. 2721 e.e., sui limiti di valore per l'ammissibilit della prova testimoniale, si riferisca ai contratti, in quanto siano invocati come fonte di _diritti ed obblighi dalle parti, cfr. Cass., 23 maggio 1953, n. 1517. Sulla natura della disdetta, quale atto negoziale unilaterale e recettizio in senso stretto, diretta ad un soggetto determinato con efficacia al momento in cui perviene (art. 1334 e.e.) cfr. Cass., 30 maggio 1963, n. 1428; 18 giugno 1953, n. 1811. In dottrina ROMAGNOLI, voce Disdetta, in Enciclopedia del diritto; CARIOTA- FERRARA, Il negozio giuridico nel dir. priv. it., 1956, p. 154, il quale respinge il dubbio che la disdetta possa essere intesa come atto non negoziale e cio consistente in una mera comunicazione della futura cessazione del rapporto, in quanto costituisce essa l'atto che ne determina la cessazione. 554 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La esistenza di un tacito mandato pu essere desunta anche mediante presunzioni con riferimento, in particolare, al comportamento interno ed esterno delle parti, in funzione della contemplatio domini (2). (Omissis). -Con il primo motivo i ricorrenti -denunciando vfolazione :(j falsa applicazione degli artt. 6 della legge 12 maggio 1950, n. 230, ed unico della legge 25 luglio 1950, n. 525, 360 n. 3 c. p. c. deducono che ai fini del controllo dell'efficacia della diffida era indispensabile l'esibizione dell'originale, perch solamente in tal modo avrebbe potuto darsi la prova di una valida manifestazione di volont del Presidente dell'O.V.S. o di un suo procuratore speciale, e che la prova testimoniale era inammissibile, giacch non era stato dimostrato lo smarrimento avvenuto per colpa, Il motivo infondato. Deve subito premettersi che le restrizioni alla prova per testimoni e per presunzioni, che la legge stabilisce per i contratti, non possono estendersi anche alla disdetta, che un atto unilaterale (Cass. 2ri agosto 1954, n. 3003). Chi, poi, invoca a proprio ~avore un documento, che assume e'ssere andato perduto, deve, in deroga alle limitazioni imposte dalla legge, dimostrare le seguenti circostanze: a) l'esistenza del documento stesso; b) il su.o contenuto, allo scopo di stabilire la sua validit formale e sostanziale; e) la perdita verificatasi senza sua colpa. Orbene, la Corte di merito, attraverso un minuzioso ed esauriente esame delle prove acquisite (documenti e testimonianze) ha accertato l'esistenza ed il valido contenuto formale e sostanziale delle due disdette notificate nelle date 30 maggio e 30 luglio 1950 a Giuseppe e Luigi Piscitelli, affittuari dei fondi espropriati, deducendo, attraverso la ricostruzione delle 'stesse, che non occorreva la loro produzione. Si sostiene pure che la Corte di merito avrebbe erroneamente interpretato e valutato le prove stesse, ma, in conformit della consolidata giurisprudenza di questo Collegio, spetta al giudic~ di merito, individuare le fonti del proprio convincimento e valutarne le prove, controllarne l'attendibilit e le conseguenze, scegliere fra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee, a dimostrare i fatti costitutivi della domanda (2) Giurisprudenza pacifica; cfr. Cass., 9 settembre 1963, n. 2454; 17 ottobre 1958, n. 3296; 4 giugno 1956, n. 1885; 31 luglio 1954, n. 2802. Il mandato non costituisce infatti un contratto formale onde l'incarico ben pu essere conferito verbalmente ed essere accertato con ogni mezzo di prova, secondo le regole generali. Sul valor del contratto, al fine dei limiti di ammissibilit della prova per testi cfr. MINERVINI, Il mandato, Utet, 1957, per il quale occorre tener conto del valore dell'atto di cui il mandatario stato incaricato. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 555 o dell'eccezione, dar prevalenza all'uno o all'altro mezzo di prova, rientrando tutto questo nel suo potere discrezionale ai sensi dell'articolo 116 c.p.c. N il giudice di merito ha, poi, l'obbligo di esaminare analiticamente tutte le risultanze processuali, ma dopo averle valutate nel loro complesso, solo tenuto ad indicare le ragioni del suo convincimento, restando in conseguenza disattese, per implicito, quelle prove che, pur non essendo state confutate, siano tuttavia incompatibili con la dedsione adottata. Perci la valutazione delle risultanze processuali, effettuate dal giudice di merito, si risolve in, un apprezzamento dei fatti, il quale sfugge al sindacato in sede di legittimit, salvo che sussista un vizio di motivazione, che non ricorre nel caso in esame. N, infine, pu e'ssere censurato l'apprezzamento della corte di merito relativo allo smarrimento delle disdette, avendo riscontrato la condotta dell'Ente pubblico priva di elementi di imprudenza e negligenza, anche in considerazione del tempo decorso dall'intimazione delle disdette. Con il secondo motivo i ricorrenti -denunziando omessa motivazione, omesso esame degli elementi probatori e violazione del giudicato interno (art. 360 n. 3 e 5 c. p. c.), nonch violazione degli artt. 1456, 1306, 1308 e 1708 c. c. -sostengono che la notificazione delle disdette a due soltanto degli affittuari non estendeva i suoi effetti anche agli altri due affittuari, ai quali l'Opera avrebbe dovuto comunicare la volont di avvalersi della risoluzione di diritto non essendo ipotizzabile una rappresentanza di fatto, men,tre a nulla rileva l'acquiescenza del Giuseppe Piscitelli all'intertuzione del rapporto di locazione. Anche questa censura infondata. Come ha avuto occasione di rilevare questa Corte (n. 2802 del 1954), l'esistenza di un mandato tacito ,pu essere desunto da una serie di elementi presuntivi da valutarsi con riferimento in special modo all'esteriore comportamento tenuto dalle parti nei rappo,rti interni ed esterni, in funzione della contemplatio domini._-(Omi..~sis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 24 febbraio 1970, n. 433 -Pres. Marletta -Est. Geri -P. M. Caccioppoli (diff.) -Comune di Corleone (avv. Restivo e Corso) c. Assessorati Igiene e Sanit e LL. PP. della Regione Siciliana (avv. Stato Foligno). Procedimento civile -Appello -Parte vittoriosa -Riproposizione delle difese di primo grado -Appello incidentale -Non necessario. (c.p.c., artt. 343 e 346). 556 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Opere pubbliche -Concorso di enti pubblici nella realizzazione del l'opera -Deliberazione di assunzione di spesa -Efficacia vinco lante nei rapporti tra ~li enti. La parte vittoriosa non tenuta a riproporre le proprie difese con appeUo incidentale, ma pu semplicemente lim'itarsi a riprospettarle con comparsa di risposta e negli ulterio1i scritti difensivi (1). La deliberazione con la quale il Comune stabilisce di concorrere, mediante assunzione di parte della spesa, alla realizzazione di un'opera pubblica (nella specie di un ospedale) che, seppure compresa tra quene poste a carico della Regione, soddi.~fa altres ad un proprio specifico interesse, realizza un 1egolamento d'indole pubblicistica dei rapporti di cooperazione tra gli Enti con efficacia vincolante, ancorch non sia stata tradotta in un ben definito negozio giuridico (2). (Omissis). --Nel primo motivo del ricorso il ricorrente Comune sostiene che la Corte di merito non avrebbe potuto riprendere in esame la questione relativa al concorso di colpa, decisa allo stato dal Tribunale, senza che l'Amministrazione regionale avesse proposto appello incidentale. La c~nsura priva di fondamento. Essa parte dal presupposto che sul predetto concorso di colpa si sarebbe formato il giudicato per difetto di impugnazione da parte dell'ente interessato. Trattasi per di una prospettiva erronea ove si tenga presente che l'appellainte Comune invest con il gravame, davanti al giudice di secondo grado, la statuizione sulla propria responsabilit, negandola integralmente e giustificando, per contrasto, l'opposta difesa degli assessorati, che a loro volta negarono integralmente la propria, riproducendo le precedenti loro consider.azioni difensive. Torn dunque in discussione l'intera materia del contendere, senza che l'appellante Comune di Corleone avesse eccepito, in 2<> grado, come (1) Giurisprudenza pacifica, cfr. Cass., 7 maggio 1969, n. 1548; 29 aprile 1969, n. 1389; 9 aprile 1969, n. 1139, ecc. Il principio, come noto, non si riferisce alla ipotesi di soccombenza su capi autonomi della sentenza, rispetto ai quali il riesame possibile solo se sia proposta impugnazione in via incidentale. (Cass., 21 febbraio 1956, n. 488). Cfr. altres Cass., 14 dicembre 1948, n. 3974 per la quale appunto la parte vittoriosa, ove intenda riproporre domanda di rivalsa nei confronti di un terzo gi convenuto in prima istanza, per quanto eventualmente venisse condannato a pagare all'appellante, tenuto a proporre appello incidentale. In dottrina, 8ATTA, Commentario, 1966, II, parte seconda, pagg. 120 ss. (2) Non constano precedenti in termini. La Corte di Cassazione dopo l'esame del problema concernente la imputazione giuridica, nei confronti PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZ.A CIVILE 557 Iavrebbe dovuto, il preteso difetto di appello incidentale da parte della Regione, sicch la relativa questione risulta proposta per la prima volta in questa sede, pur potendolo ed anzi dovendolo essere in grado di I appello. ili fj Peraltro, a conferma dell'infondatezza di questo primo motivo, vale r pur sempre la. statuizione finale del Tribunale, il quale rigett la domanda, malgrado l'affermazione nella parte motiva di un concorso di I colpa per ritardo della Regione, giustificando l'applicazione del principio secondo il quale la parte vittoriosa non tenuta a riproporre le proprie difese con appello incidentale, essendo sufficiente la loro semplice prospettazione nella comparsa di risposta e nella ulteriori comparse o me I morie difensive (Cass. 13 settembre 1968, n. 2.940). Nel secondo motivo del ricorso si sostiene la violazione e falsa I applicazione degli arit. 6 ed 8 della legge regionale 5 luglio 1949, n. 23, modi~cata con legge regionale 15 luglio 1950, n. 62, nonch dei priq,cipi sulle obbligazioni legali della P.A. e sulla formazione dei contratti della stessa in relazione all'art. 1372 <;.c., ed infine insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia. Il Comune infatti non avrebbe assunto alcuna obbligazione nei confronti delle Amministrazioni regionali, con la propria deliberazione del 17 novembre 1950, la quale costituirebbe soltanto un atto interno, con valore limitato di mero antecedente della complessa fattispecie contrattuale dll'ente pubblico, non suscettibile di assumere il carattere costitutivo di un rapporto di diritto privato. Il motivo, forse esatto nella sua proiezione privatistica, per destituito di fondamento se venga riguardato sotto l'aspetto pubi;>licistico concernente l'esigenza della cooperazione fra enti ai fini della realizzazione di opere pubbliche. Occorre anzitutto porre in particolare risalto come nella presente controversia, non si discuta della responsabilit del Comune verso i terzi espropriati dei fondi, sui quali insiste la costruzione dell'ospedale. Tale responsabilit risulta ormai definitivamente ed irretrattabilmente accertata nei giudizi promossi, dai privati proprietari dei terreni a suo tempo occupati dal Comune e mai restituiti a causa della costruzione dell'ospedale. di terzi, degli effetti della attivit compiuta per la realizzazione dell'opera pubblica al cui compimento abbiano concorso pi Enti {cfr. Cass., 31 gennaio 1968, n. 313, in questa Rassegna, 1968, I, 419; 13 luglio 1968, n. 2496, ivi, 1969, I, 45; 6 maggio 1969, n. 1525, ivi, 461), con la sentenza che si annota affronta quello concernente il rapporto interno di cooperazione tra gli enti, esaminando e puntualizzando la efficacia per essi vincolante delle deliberazioni adottate nell'ambito del regolamento di indole pubblicistica, realizzato in funzione del compimento dell'opera nel comune pubblico interesse, ancorch non tradotte in uno specifico negozio giuridico. / 558 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Non interessa quindi in causa, se non indirettamente, l'accertamento dei rapporti fra la Regione ed il Comune ai fini di detta responsabilit, ma ~nteressa accertarli esclusivamente ai fini dell'azione di rivalsa esercitata dal Comune, poich la loro sussistenza o meno, la loro portata ed il loro eventuale atteggiarsi consentono di stabilire se detta azione sia fondata o infondata. opportuno osservare, prima di procedere all'indicata [ndagine, che il carattere di antecedente necessario per la formazione di un vincolo giuridico negoziale attribuito alla delibera 17 novembre 1950, con la quale il Comune decideva di intervenire al fine di acquisire il fondo occorrente per la costruzione ospedaliera, non appare determinante per escludere un regolamento d'indole pubblicistica dei rapporti di cooperazione fra due enti pubblici per la costruzione di un'opera pubblica di comune interesse. In altri termini anche se la predetta delibera ed i successivi atti formali e materiali per la 'sua esecuzione possono o debbono essere considerati preparatori, e quindi non ancora tradotti in ben defi.!niti negozi giuridici, non per questo il Comune perderebbe la sua qualit (peraltro gi consacrata nei giudizi con i privati), di responsabile verso i terzi ed acquisterebbe il diritto di rivalsa di quanto ha dovuto versare a costoro. Ci perch il comportamento dell'Ente ed i corrispondenti suoi atti, quando siano rivolti alla soddisfaziO'Ile di un interesse pubblico generale ed al tempo stesso specifico dell'ente medesimo, possono essere sufficienti (e nella specie lo sono) non soltanto per renderlo obbligato verso l'esterno, ma per dar luogo ad una obbligazione propria. questo un fenomeno comune ad ogni settore del diritto, anche se pi spiccatamente rilevabile in quello pubblico, e si verifica quando la condotta volontaria ispirata al soddisfacimento di un bisogno proprio del soggetto a cui tale condotta va attribuita, crea effetti obbligatori non riferibili per delegazione, affidamento, mandato, rappresentanza od altre figure affini a nessun altro soggetto. Nella specie accadde che il Comune di Corleone, consapevole della grande importanza della costruzione di un ospedale nuovo e della istituzione di un corrispondente,ente ospedaliero circoscrizionale nel proprio territorio, volle evitare il pericolo che la Regione, priva di mezzi finanziari, anzich por mano all'opera, si limitasse ad ampliare gli ospedali esistenti, con risultato manifestamente ridotto e meno rispondente alle moderne esigenze di assistenza sanitaria. Fu indotto perci a partecipare agli oneri della erigenda costruzione, assicurando a proprie spese il terreno occorrente per la realizzazione dell'opera, la quale rispondeva, pur essendo a carico della Regione, ad uno specifico pubblico preminente interesse delle popolazioni del Comune, nel cui territorio avrebbe dovuto sorgere. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 559 Questo intento, come pacifico, giustific e fu posto a base della deliberazione 17 !Il.Ovembre 1950 e di tutti i successivi atti, con i quali 11 Comune concretamente manifest la volont di cooperare attivamente, per la sua parte di spese spontaneamente assunta, alla realizzazione dell'opera pubblica. Non occorreva che le generali intese intercorse fra il Comune e l'Assessorato competente della Regione, in base alle quali il primo attu cO!Il atti concreti, la cooperazione necessaria per conseguire il fine della costruzione di un nuovo moderno ospedale sul luogo, si traducessero in un preciso negozio giuridico, disciplinante pi o meno minuziosamente i rapporti interni fra i due enti e la loro proiezione verso l'esterno, per ritenere l'insorgenza dell'obbligo da parte del Comune stesso di sopportare l'onere dell'acquisto o della espropriazione del fondo. Era infatti sufficiente che l'uno o l'altro caso, ai fini della cooperazione e nell'ambito del compito da ciascuno assunto all'uopo, dimostrasse con atti concludenti di volere a proprio earico cooperare, entro certi limiti (che nella specie risultarono circoscritti per l'ente minore all'acquisizione del terreno), alla realizzazione dell'opera e che ci si verificasse spontaneamente cio in contemplazione di un proprio rilevante interesse e non gi per effetto di un vincolo giur~dico legale o convenzio!Ilale. Il riferimento alle leggi regionali ed agli atti successivi con i quali la Regione, sostituendosi al Comune, port a compimento l'espropriazione dei fondi, appaiono irrilevanti con riferimento alla situazione sopra delineata. Infatti la Regione non avrebbe realizzato l'opera, sebbene la legge regionale ponga a suo carico l'onere corrispondente, se fosse mancata la cooperazione del Comune, si sarebbe limitata ad ampliare l'ospedale gi esistente ed avrebbe atteso tempi finanziariamente pi propizi. Non pu dunque il Comune invocare a proprio vantaggio la forza cogente di una legge, che non avrebbe avuto applicazione e soprattutto che non ripudia, ma anzi favorisce, la cooperazione fra gli enti ai fini della realizzazione di opere pubbliche di comune generale interesse. N maggior pregio pu avere il riferimento agli atti finali di espropriazione compiuti dalla Regione, per assolvere il Comune dal suo obbligo, appunto perch gli stessi furono compiuti, come pone in rilievo la denunziata sentenza, a causa dell'inerzia del Comune stesso nell'assolvere ai propri compiti. Che, dunque, si voglia qualificare come delegazione o sostituzione o affidamento improprio il rapporto insorto fra i due enti (vedasi al riguardo Cass. n. 313 del 1968) ha relativa importanza, perch. in ogni caso, il Comune risultato responsabile verso i terzi per fatto proprio, e per la stessa ragione, essendosi assunto spontaneamente il carico della spese d'acquisto del fondo e avendo agito nel proprio prevalente interesse, pienamente compreso nei suoi fini istituzionali risulta del tutto privo di qualsiasi titolo, sia sotto il profilo pubblicistico che privatistico, per porgere un valido fondamento all'azione di rivalsa. -(Omissis). 6 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 aprile 1970, n. 1036 -Pres. Pece Est. Fa1cone -P. M. Majo (conf.) -Azienda F.S. (Avv. Stato De Francisci) c. Ottan (Avv. Flesca). Procedimento civile -Qualificazione della domanda -Limiti -Azioni risarcitoria da illecito e di responsabilit per atti le~ittimi -Uni ficazione -Inammissibilit. (e.e., art. 2043; legge 1865 n. 2359, art. 46; c.p.c., art. 112). Espropriazione per p. u. -Indennizzo -Valore venale. del bene -Valutazione. (legge 1865 n. 2359, artt. 39 e 50). L'azione di indennizzo per il nocumento subto da atti legittimi (art. 46 legge 25 giugno 1865, n. 2359) non pu unificarsi con quella risarcitoria da mecito (art. 2043 c. civ.) divergendo esse sia per il peti tum, limitato nel primo caso al detrimento che dalt'opera pubbiica sia stato arrecato al pat1imonio immobitiare; sia per la causa petendi che, quale fatto giuridico costitutivo dell'azione, si sustanzia per la prima nella liceit della condotta e per la seconda nella itliceit del fatto. In conseguenza, ove l'azione fatta valere in giudizio sia fondata sulLa responsabilit per illecito, non pu il giudice, senza esorbitare dai limiti deUa domanda, pronunziar la condanna del convenuto anche al ristoro del pregiudizio subto dall'attol/"e nei fondi posti in pl/"ossimit dell'opera pubblica (1). Per dete!J"minare l'indennit di espropriazione per p.u. occorre far riferimento al valore del fondo nel suo stato di consistenza alla data del relativo decreto costitutivo del trasferimento e pertanto dovr tenersi conto della eventuale diminuzione di valore 1"erificatasi per vincoli di (1) La liceit della condotta della P.A. circoscrive l'oggetto dell'indennizzo, ex art. 46 legge sull'espropriazione per p.u., alla parte sacrificata del valore intrinseco, effettivo ed attuale del bene che ha subito il pregiudizio, senza che sia possibile estenderlo al valore soggettivo e potenziale del bene leso, come si verifica invece, sia pure col rispetto del principio di causalit, nel normale risarcimento del danno. (Cfr. Cass., S.U., 28 ottobre 1961, n. 2481 in Foro it., 1962, I, 271). Circa la impossibilit di unificare l'azione da risarcimento per fatto illecito con quella di cui all'art. 46 della legge 1865 n. 2359 la giurisprudenza costante, cfr. Cass., 30 dicembre 1965, n. 2482; 29 aprile 1964, n. 1039; 12 ottobre 1959, n. 2762, in cui si precisa che, diversificando le due azioni nei presupposti, non possibile la loro unificazione, pur essendo astrattamente ammissibile un concorso in senso alternativo. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 561 inedijcabiiit imposti con legge in epoca antecedente, quantunque posteriore alla preventiva occupazione del fondo medesimo da parte dell'espropriante (2). (Omissis). -Con il primo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione dell'art. 112 cod. proc. civ., in relazione all'art. 46 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, l'amministrazione delle Ferrovie dello Stato sostiene che i giudici di merito hanno pronunciato extra petita nell'attribuire alla Ottan -la quale aveva proposto soltanto la domanda di risarcimento dei danni derivatile dall'occupazione ultrabiennale del fondo su cui era stata realizzata l'opera pubblica -una somma non richiesta, per un titolo non dedotto, e cio una indennit per il danno consistente nella inedificabilit del fondo medesimo in conseguenza della avvenuta costruzione del raccordo dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria. La censura, circoscritta al vizio di extra petizione, per essere stato accordato, con una pronuncia eccedente i limiti della pretesa, non tocca la questione -oggetto del secondo motivo -se il diritto all'indennit di cui alla citata norma dell'art. 46 della legge sulle espropriazioni per pubblico interesse non spettasse -in ipotesi -alla Ottan nei confronti dell'ANAS, quale costruttrice dell'opera pubblica da cui era derivato il suddetto danno al fondo poi espropriato dalle Ferrovie dello Stato, anzich nei confronti di queste ultime. La censura stessa fondata. Ed invero, dal riesame degli atti del processo, consentito a questa Corte per l'accertamento dell'attivit compiuta dalla parte quando in relazione alla stessa sia denunciato un errore in procedendo del giudice, non risulta che sia :stata proposta la domanda poi accolta dai giudici di merito con la statuizione censurata. La Ottan, con la citazione 12 marzo 1965, in seguito all'occupazione temporanea e d'urgenza di due porzioni dell'aranceto di sua propriet disposta dal Prefetto di Reggio Calabria (in data 6 dicembre 1960 e 6 giugno 19<61) e non seguita nel biennio dal decreto di espropriazione, ha chiesto il risarcimento dei danni subiti indicandoli analiticamente: nel valore del suolo espropriato, corrispondente al prezzo che lo stesso avrebbe avuto in una libera contrattazione di vendita; nella distruzione delle colture in atto al momento dell'occupazione; nella mancata perce (2) In senso conforme Cass., 16 maggio 1967, n. 1019, in Foro it., 1968, I, 517. Cfr. altres Cass., 26 luglio 1967, n. 1970, in Giust. civ., 1967, I, 1767; T. Napoli, 8 novembre 1967, in Riv. giur. edilizia, 1968, I, 81. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 562 zione dei frutti a decorrere dallo stesso momento. E, nel prospettare tali profili di danno, non ha fatto nemmeno riferimento all'occupazione definitiva, nel frattempo intervenuta (maggio 1962), di altra parte dello stesso fondo da parte dell'ANAS per la costruzione del raccordo della autostrada Salerno-Reggio Calabria, occupazione dalla quale conseguiva, per effetto dell'art. '9 della legge n. 729 del 1961, l'inedificabilit lungo detto tracciato di una zona della profondit di 25 metri nella quale ricadevano le porzioni gi occupate dalle Ferrovie dello Stato. N una domanda, come quella accolta dalla Corte di merito poteva ritenersi implicitamente compresa nell'ambito della formulazione, per quanto ampia, di una pretesa rivolta a conseguire sotto i suoi diversi aspetti, il solo risarcimento per i danni dipendenti dal comportamento illecito delle Ferrovie dello Stato. La pretesa rivolta ad ottenere il ristoro del pregiudizio di ordine materiale e giuridico subto dai fondi posti in prossimit dell'opera pubblica, di cui sia causa il fatto della costruzione di questa ultima non pu, infatti, essere unificata con la domanda di risarcimento dei danni, da cui differisce per petitum e per causa petendi. Le due azioni, di responsabilit da illecito (art. 2043 e.e.) e di responsabilit da atto legittimo (art. 46 1. 25 giugno 1865, n. 2359) si diversificano, infatti, sia per il petitum che nella prima si estende a tutto il pregiudizio derivato all'altrui sfera giuridico-patrimoniale e non soltanto al detrimento arrecato dall'esecuzione dell'opera pubblica al patrimonio immobiliare, sia per la causa petendi e cio per il fatto giuridico costitutivo dell'azione, che va ravvisato, nel primo caso, nell'illiceit del fatto e, nel secondo caso, invece, nella liceit della condotta della pubblica amministrazione. (Cass. 30 dicembre 1965, n. 2482.; Cass. 29 aprile 1964, n. 1030). Nessun mutamento del thema decidendi si poi verificato quando, dopo la pronuncia del decreto di espropriazione da parte del Prefetto di Reggio Calabria (12 febbraio 1966) la Ottan ha preferito proporre opposizione alla stima dell'indennit con citazione del 6 aprile 1966, anzich insistere, come sarebbe stato sufficiente per raggiungere lo stesso risultato pratico, sulla domanda giudiziale da lei proposta. Quando, infatti, il decreto di espropriazione interviene dopo che l'occupazione sia divenuta illegittima, mentre gi in corso il giudizio promosso dal proprietario per ottenere il risarcimento del danno subto in conseguenza della perdita dell'immobile illegittimamente occupato ed utilizzato dalla pubblica amministrazione, non necessaria, ove il proprietario insista sulla domanda giudiziale gi da lui proposta, la opposizione alla stima prevista dall'art. 52 della legge n. 2359 del 1865, in quanto che, in tal caso, come il diritto di propriet si converte in diritto alla indennit, cos l'originaria PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 563 azione di risarcimento del danno si converte in quella di opposizione alla stima in virt della quale stata determinata l'indennit di espropriazione (Cass. 30 dicembre 1968, n. 4086). La Ottan ha continuato a chiedere, sia pure quale giusta indennit per l'espropriazione ormai intervenuta, la stessa somma che chiedeva a titolo di danni per la definitiva perdita della disponibilit dell'immobile sul quale era stata costruita l'opera pubblica, pi le altre somme domandate per i danni subti durante l'occupazione legittima e quella illegittima nell'identico ammontare e per gli stessi titoli gi dedotti; da escludere, pertanto, che dalla attrice sia stata introdotta in questa fase un nuovo petitum fondato su una diversa causa petendi. Del resto, l'iter processuale della controversia consente, a conferma della conclusione raggiunta, l'ulteriore rilievo che la Ottan aveva proposto la domanda di indennizzo. per l'imposizione della servitus inaedificandi sul .suolo occupato e poi espropriato dalle Ferrovie, nel separato giudizio riunito a quello di cui si discute, iniziato contro l'ANAS quale costruttrice dell'opera (raccordo autostradale) dalla quale l'imposizione della servit anzidetta derivava. Riconosciuto, con l'accoglimento del primo motivo di ricorso, che una pretesa di indennizzo a norma dell'art. 46 della legge n. 2359 del 1865 non era stata mai avanzata dalla Ottan nei confronti delle Ferrovie dello Stato, deve essere dichiarato assorbito il secondo motivo con il quale si sostiene sotto il profilo della violazione e falsa applicazione dell'art. 46 citato, e dell'art. 100 cod. proc. civ. che l'anzidetta indennit poteva, in ipotesi, far carico soltanto all'ANAS, proprietaria dell'opera pubblica la cui costruzione aveva determinato la concreta imposizione della 'servit di inedificabilit del suolo prevista dalla legge n. 729 del 1961. Con il ricorso incidentale, condizionato al mancato rigetto del ricorso principale, la Ottan sostiene che ove sia riconosciuto che l'indennit a norma dell'art. 46 non era stata autonomamente domandata( in accoglimento del primo motivo) o era stata erroneamente richiesta ad un soggetto diverso da quello tenuto a corrisponderla (in accoglimento del secondo motivo), la sentenza impugnata deve essere cassata per non avere tenuto conto, nella liquidazione della indennit di espropriazione a carico delle Ferrovie, della natura edificatoria del suolo di cui si discute, al momento dell'occupazione. La diminuzione di valore del suolo espropriato per il sopravvenuto vincolo di inedificabilit rappresentanza infatti -ad avviso della ricorrente -una conseguenza diretta della espropriazione, poich essa pro- I ! ' I ' ' 564 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO pacificamente riconosciuto al suolo al momento dell'occupazione, proprio per effetto della perduta disponibilit di esso. La censura infondata. Secondo la giudsprudenza costante di questa Corte, dovendo l'indennit dL espropriazione essere. commisurata al giusto prezzo che l'immobile avrebbe avuto in una libera contrattazione di compravendita, la valutazione del bene espropriato va fatta in relazione allo stato di consistenza in cui esso si trova alla data del decreto di espropriazione il quale ha effetto costitutivo del trasferimento (Cass. 21 ottobre 1965, n. 2175; Cass. 19 giugno 1968, n. 2031). Esattamente, pertanto, i giudici di merito, nel fissare l'indennit di espropriazione a seguito dell'opposizione alla stima, hanno tenuto conto del fatto che al momento della pronuncia del decreto prefettizio, il suolo in discussione aveva ormai perduto la sua attitudine edificatoria sicch doveva essere valutato come agrario. La circostanza, poi, che la Ottan per effetto della servitus inaedificandi, imposta per legge a carico del fondo in seguito alla costruzione del raccordo autostradale avvenuta durante il periodo di occupazione provvLsoria del bene da parte delle Ferrovie, era stata privata di concrete possibilit di sfruttare il suolo stesso come edificatorio, poteva, in ipotesi, prospettarsi come rilevante nell'ambito della situazione creata dall'occupazione e dei diritti che ne scaturivano. Ma al riguardo ogni questione -del resto nemmeno adombrata nelle difese dell'appellata era rimasta preclusa. Il Tribunale, come stato esposto nello svolgimento del processo, dopo avere dato atto che nessuna pretesa era stata formulata a titolo di indennit per l'occupazione provvisoria biennale, perch era stata accettata la somma di lire 152.617, liquidata per l'anzidetto titolo dal Prefetto e gi depositata presso la Cassa Depositi e Prestiti, ha ritenuto di potere accogliere integralmente la domanda di risarcimento dei danni che la Ottan assumeva di avere sofferto, sia durante tale periodo di occupazione legittima che per quello successivo di occupazione illegittima fino all'espropriazione, nella misura corrispondente al valore dei frutti non percetti. Ha, infatti, liquidato a titolo di danni per il periodo decorrente dall'occupazione del fondo fino alla pronuncia del decreto di espropriazione la somma di lire 180.000 annue, corrispondente al valore dei frutti (lire 300.000 annue) separato dalle spese di produzione (40 %), accogliendo integralmente la domanda della Ottan. Questa statuizione, impugnate dalle Ferrovie soltanto sotto il profilo della compiuta liquidazione dei danni per il periodo di occupazione legittima ed illegittima in misura diversa e maggiore di quella corrispondente all'ammontare degli interessi legali sull'indennit di espropria ~~~ 565 ziont;l, non sono state censur,ate dalla Ottan, la quale avendo sentito accogliere integralmente li sua domanda, si limitata a chiedere, con il rigetto dell'appello, la conferma della decisione dei primi giudici. Pertanto la Corte di merito dopo aver~ correttamente provveduto sul capo relativo alla det~rminazione dell'indennit di espropriazione, in base al principio che tale operazione va computata alla stregua del vlore lel fondo al momento della. pronuncia del decreto, non poteva he d:ate !lltto dell'avvenuta accettazione dell'indennit per il biennio di oocupafd~:me legittima e. limitare la sua pronuncia sui danni per il periodo. di occupazione. (legittima ed illegittima) del fondo nei limiti della. questone .ad essa devoluta. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, 1Sez. I, 20 aprile 1970, n. 1130 -Pres. Favara Est. NOVlli -P. M, De lV!arco (conf.) -Amministrazione delle Ferrovie pllcabil~. (legge 15 gennio 1885, n. 2892, art. 13; 'legge 7 luglio 1907, n. 429, art. 77; (t..u. 19 agoSto :wl'1, :no 1399, rt. 161). La indeooit per le espropriazioni ferroviarie, ove i beni siano compresi nelle zone colpite da! terremoto calabro-siculo, non va determinata in base ai criteri stabiliti dalla iegge sul risanamento di Napoli 15 gennaio 1885, n. 2892 richiamata dall'art. 77 della legge 7 luglio 1907, n. 429, sull'ordinamento deU'e.sereizio ferroviario, sibbene secondo le norme dettate dalla legge fondamentale suita espropriazione del 1865, n. 2359:, cui rinvia ii t:u.19agosto1917, n. 1399, art. 161, su.i Com'Uni terremotati. (Omissis). -L'Amministrazione delle Ferrovie dello Stato con l'unico motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 161 t.u. 19 agosto 1917, n. 1399, in relazione all'art. 77 legge 7 luglio 1Q07, n. 429, con riferimento all'art. 13 legge 15 gennaio 1885, n. 2892, sul risanamento della Citt di Napoli e art. 360 n. 3 c.p.c. La questione esaminata dalla Corte di Cassazione concerne non tanto il fenomeno della successione di leggi nel tempo, quanto involge il problema relativo alla determinazione della nozione di legge generale, speciale ed eccezionale. La sentenza ha posto in rilievo come non possa attribuirsi V1ilore assoluto alle predette classificazioni, la cui portata non del tutto immune 566 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La questione sottoposta all'esame di questa Corte verte sull'applicabilit dell'art. 161 t.u. n. 1399 del 1'917 che contiene disposizioni relative al criterio di determinazione dell'indennit nei, procedimenti espropriativi da eseguirsi nelle zone terremotate calabro-siciliane, qualora tali procedimenti riguardino costruzioni ferroviarie per le quali provvede, con efficacia generale l'art. 77 della legge 7 luglio 1907, n. 429. E poich la legge del 1917 sancisce l'applicabilit della legge generale sull'espropriazione del 1865 e la legge del 1907 quella del 1885, n. 2892 sul risanamento dela dtt di Napoli, occorre stabilire quale dei due criteri di determinazione dell'indennit di espropriazione previsti nelle leggi richiamate deve essere adottato nell'potesi di espropriazioni da eseguirsi nei Comuni compresi nella tabella allegata al t.u. del 1917 tra i quali il Comun.e che interessa la presente causa. Questa Corte, con decisioni 17 marzo 1925, n. 730 e 27 luglio 1937, n. 3'297, ritenne che l'art. 161 del t.u. del 1917 non avesse sostituito l'art. 77 della legge 1907 per dette zone. Senonch, successivamente con sentenza 18 aprile 1962, n. 753, pronunciando su analoga .questione relativa alle costruzioni di edifici scolastici negli stessi territori, ha ritenuto per contro che la speciale regolamentazione, d'ordine generale, di tale materia, comprendente, tra l'altro, la determinazione dei criteri di calcolo dell'indennit di esproprio con riferimento alla legge del 1885, dovesse applicare soltanto alle costruzioni scolastiche successive alla legge del 1928 che aveva regolato ex novo la materia, mentre per le costruzioni precedenti doveva necessariamente applicarsi la pi favorevole legge del 1865 prevista nel t.u. del 1917. Questa sentenza, bench si sia occupata solo incidentalmente della questione, ha espresso, in sostanza, un mutamento di indirizzo in ordine all'applicabilit delle leggi speciali antecedenti al testo unico del 1917 che questo Collegio condivide per le ragioni che seguono. pacifico che in tema di successioni di leggi, la non applicabilit della legge anteriore per avvenuta abrogazione da parte della legge successiva, qualora manchi una dichiarazione espressa dal legislatore, pi che ubbidire ad una classificazione corrispondente a categorie di leggi -per la quale resterebbe ancora da stabilire quale sia la generale e quale la speciale tra una legge che si riferisce ad una determinata materia con efficacia per tutto il territorio ed una legge che si riferisce a tutte le materie ma applicabile in una parte del territorio -deve aver riguardo all'intenzione del legislatore al fine di riscontrare o meno le da incertezze, ma occorra acclarare in concreto la voiuntas legis sulla base dei pi generali strumenti interpretativi. Le sentenze in senso contrario, della Corte di Cassazione, menzionate in motivazione, dell'll marzo 1925, n. 730 e del 27 luglio 1931, n. 3297 si leggono rispettivamente in Giur. it., 1925, I, 705 e Foro it., 1932, I, 107. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 567 569 iotesi di abrogazione previste dall'art. 15 delle preleggi e cio patibilit tra le nuove disposizioni e le precedenti e la esistenza, 1ova legge, di una regolamentazione generale della materia gi t dalla legge anteriore. .e necessit comporta, ovviamente, che verificatosi il contrasto, ~da all'interpretazione delle leggi (art. 12) e in particolare di nuova, la quale,. proprio per essere successiva e per l'efficacia ~ propria (art. 11), deve contenere nelle sue disposizioni, la vo~ l legislatore di sostituire la precedente regolamentazione dispoiella materia in modo diverso e incompatibile con quello prece .e volont gi desumibile dalla sola interpretazione letterale , 161 avuto riguardo al significato proprio delle parole secondo essione di esse, in quanto la norma dispone che le indennit per 1priazioni nei Comuni compresi... eseguita dallo Stato e dalle Amazioni comunali e provinciali per qualsiasi scopo... sono deterapplicando le disposizioni della legge 25 giugno 1865, n. 2359 . bene l'espressione per qualsiasi scopo impedisce di operare 1i, nell'ambito dei procedimenti espropriativi, quali, le espro1i per opere ferroviarie rispetto alle altre, come sostiene la ricor mministrazione, senza incorrere in una interpretazione di con: on lo stesso contenuto letterale della legge. raltro l'applicazione , in via generale, dei criteri di liquidazione dalla legge del 1865 per le zone terremotate, resta confermata lall'interpretazione logica qualora si consideri in pa;rticolare : la legge del 1865 stabilisce il pagamento dell'indennit secondo il venale del bene espropriato e cio fissa il criterio di calcolo pi ole in caso di espropriazione per pubblica utilit. La norma pu soltanto aver esteso tale pi favorevole criterio a regolaioni meno favorevoli, tra le quali le espropriazioni ferroviarie; .il criterio previsto dalla legge del 1865 costituendo il criterio .e di liquidazione delle indennit di esproprio, si pone come unica tiva ai criteri previsti dalle leggi speciali, non potendosi ravvitre ipotesi di applicazione della norma in discussione. In conse' se l'espressione per qualsiasi scopo volesse non riferirsi ai previsti dalle leggi speciali, dovrebbe concludersi che l'intera ~ione contenuta nell'art. 161 sia privo di campo di applicazione, !ome si detto, che due possibilit possono verificarsi in tema di it di esproprio: l'applicazione della norma prevista nella legge l5 oppure delle norme contenute in altre leggi e Ln particolare ~gge del 1885 in pi occasioni richiamata; e) la natura di norma di 1zione, da attribuire all'art. 161, cosi come a molte altre del t.u. . 7, non pu essere negata avuto riguardo alla finalit dei decreti i in detto testo unico. Essa stata quella di favorire la ricostru ! per rag; o privata iine deUe fl,ccedervi, ma osser . diritto a ~soggiace ~nno pro ~re 1934, le la pre) dell'inci; alla dojlento del ( risposta l giudice fo chiuso, ~icabilit costituito rilevarsi ~ logico! gione di !bile era !J.ando la piennale, huizione fciapiede ~ breve la il bi- si moviun altro, l:lte spe~ bblica o i veicoli ore 1961, 570 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO della stazione ferroviaria), qualifica.bile, a suo avviso, e ai fini di che trattasi, come area di uso pubblico adibita al traffico, anche se non illimitato, di pedoni e veicoli di ogni specie, e della natura di veicolo, attribuibile al mezzo (carrello elettrico) ,su di essa in movimento, non ha bene identificato l'esatta portata della norma (art. 2947 comma 2<>) che stabilisce la prescrizione breve di due anni per il risarcimento del danno prodotto dalla circofazione dei veicoli. L'art. 2947 c. civ., nello stabilire la prescrizione biennale per il danno cagionato da.I veicolo, pone come presupposto che l'azione causale compiuta dall'agente sia stata quella della circolazione, assunto codesto termine non nel significato empirico di un qualunque spostamento del veicolo in uno spazio qua1siasi, bens in un significato tecnico, che gli caratteristicamente proprio nel particolare campo della disciplina della circolazione stradale, l dove cio i due termini di circolazione e di strada reciprocamente si condizionano nei loro significati, nel senso. cio che la circolazione , intesa come attivit di spostamento da' un luogo ad un altro, la quale viene presa in considerazione dalle norme di polizia predisposte per la pubblica incolumit, quella dei pedoni, degli animali e dei veicoli che si svolge sulle strade, e strada l'area aperta, come mezzo di collegamento da un luogo ad un altro, alla circolazione dei pedoni, degli animali e dei veicoli. pur tuttavia da osservare che il termine in questione, derivato dall'art. 120 dell'abrogato codice della strada, ed inserito nella normativa di diritto privato del nuovo codice, si affranca, nelle pi ampie significazioni di cui in questo suscettibile, dal limite che lo definiva nella sua particolare sede di provenienza, costituito cio dal presupposto che l'area destinata a strada fosse di uso pubblico. Ma pur indiscutibile, che dovendo la espressione conservare nella. diversa sede del codice civile il significato tecnico che gli proprio, in mancanza di elementi che altro gliene assegnino, l'allargamento normativo di cui suscettibile, si da ricomprendere anche la circolazione del veicolo su strade private, quando questa venga in considerazione come La Cassazione Penale, 30 gennaio 1963, rie. Chiodo, in Giust. pen., 1964,. II, 36, a sua volta ha pi;ecisato: a) che le norme sulla circolazione stradale contenute nel r.d. 8 dicembre 1933, n. 1740 e t.u. 15 giugno 1959, n. 393, si applicano alle strade soggette a pubblico transito ed agli spazi di suolo aperti alla pubblica circolazione, ancorch non rientrino nella nozione di strada o di sua pertinenza; b) che l'elemento che contraddistingue tutti gli spazi sopra indicati e ne determina l'assoggettamento alla disciplina della circolazione stradale l'uso pubblico per esigenze di circolazione; e) che tale uso pu anche essere limitato ed assoggettato ad una particolare disciplina, ma sempre in conformit all'interesse pubblico della. circolazione, che il bene destinato a soddisfare. PARTE I, SEZ. III, GIURIB.PRUDENZA CIVILE 571 fatto illecito che ha .cagionato danno, ai fini dal risarcimento, non pu estreniarsi dall'ambito che obiettivamente nella sostanza le definisce cio sempre movimento del veicolo su area destinata alla circolazione. Occorre, in definitiva, perch la norma dell'art. 2947 sulla prescrizione dei due anni svolga la sua efficienza, che sempre vi sia stata come causa del danno la circolazione del veicolo, la quale si sia svolta su una strada, su un'area cio, pubblica o privata, ad essa destinata. Le predette qualificazioni non trovano elementi di fatto ai quali essere congruamente riferite, quando si tratti, come nella specie, di danni cagionati da carrelli in movimento sui marciapiedi e sulle banchine delle stazioni (ferroviarie, vale a dire su spazi che normalmente sono destinati all'uso dei viaggiatori, i quali a piedi li attraversano, all'inizio del viaggio, per accedere ai convogli, o al termine di esso, _per uscire dalla stazione, nonch a coloro che vi camminano per recarsi ai vari uffici e locali in essa siti. Manca in tal caso quel particolare ambiente, di cui dianzi si parlato, costituito dalla Strada., quale area normalmente destinata alla .circolazione di persone, animali e veicoli, sul piano della quale sia in effetti possibile svolgere un'attivit di collegamento di un luogo con un altro, nell'osservanza delle specifiche regole di comportamento all'uopo predisposte per l'attuazione di un ordinato transito e per la tutela della incolumit delle persone (nella specie di noli confusamente in movimento sui marciapiedi e sulla banchina delle stazioni ferroviarie). Ricorrono quindi caratteristiche differenziali che impediscono di assimilare il movimento dei carrelli elettrici sui marciapiedi e sulle banchne delle stazioni ferroviarie ad una circolazione di veicoli, come tecnicamente intesa dall'art. 2947 c. civ., quando per i danni da essa cagionati stabilisce la minore prescrizione biennale, mentre la circostanza di essere il movimento dei carrelli svincolato dall'osservanza, altresl ostacolata dalla condizione dei luoghi, delle regole che disciplinano la circolazione stradale, imprime al fatto dannoso una pi incisiva nota di illiceit, la cui presenza anche giustifica una pi lunga durata per la estinzione del diritto al risarcimento del danno, vale a dire quella della ordinaria prescrizione di cinque anni prevista dallo stesso art. 2947 per i fatti illeciti in genere. Pertanto, merita accoglimento il secondo motivo del ricorso, cassandosi la impugnata decisione che indebitamente ha esteso la prescrizione breve di due anni a una fattispecie di danno diversa dai casi considerati nella relativa norma (di carattere eccezionale), la quale I soltanto dettata per i danni cagionati dalla circolazione dei veicoli, e non pu comprendere un qualunque movimento di veicoli in uno spazio qualsiasi, che non sia normalmente adibita, per sue caratteristiche fisiche I e per sua peculiare destinazione, alla circolazione dei veicoli. -(Omissis). I ! ~ I !1 , I _.,.~~~~.J 572 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO TRIBUNALE DI NAPOLI, Sez. I, 27 giugno 1970 -Pres. Cortesani Est. Scotti -Lo Sapio (avv. Testa) c. A.N.A.S. (avv. Stato Marzano). Procedimento civile -Nomina del consulente tecnico -Ammissibilit Limiti. (Cod. proc. civ., artt. 61-64 e 191-198; disp. att. cod. proc. civ., artt. 13-24 e 89-92). Espropriazione per pubblica utilit -Azioni di risarcimento danni da occupazione illegittima e opposizioni a stima ai sensi dell'art. 51 della legge 25 giugno 1865, n. 2359 -Onere probatorio della parte istante -Contenuto e mezzi di osservanza -Eventuale attivit suppletiva ex ufficio. "' ti (Cod. civ., art. 2043; legge 25 giugno 1865, n. 2359, art. 51; cod. civ., art. 2697; w cod. proc. civ., art. 15, primo e secondo comma, 118 e 213). m @ Espropriazione per pubblica utilit -Azioni di risarcimento danni da -~ occupazione illegittima e opposizioni a stima ai sensi dell'art. 51 j @ della legge 25 giugno 1865, n. 2359 -Valore venale dell'immobile occupato o espropriato -Criterio di determinazione -Carattere l@ ('' sussidiario dell'ausilio del consulente tecnico e condizioni di am ~fil\j missibilit della nomina. !E (Cod. civ., art. 2043; legge 25 giugno 1865, n. 2359, art. 39; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 30; cod. civ., art. 2967; cod. proc. civ., art. 61, primo comma). La onsulenza tecnica non una prova n un mezzo di prova e non ~ pu essere disposta allo scopo di acquisire agii atti il materiale probatorio che le parti in causa, secondo le rispettive posizioni processuali, hanno l'onere di fornire (1). Per l'ammissibilit della nomina del consulente tecnico necessario che la controversia presenti oggettivamente degli aspetti tecnici e che I ~m ..,, ;:: fil w @ (1-4) Sulla inammissibilit della c. d. consulenza tecnica nelle cause f... di risarcimento danni da occupazione illegittima o promosse per la deter-fffe.~. imnazione giudiziale della indennit di espropriazione. ~ La decisione in rassegna affronta per la prima volta ex professo, con ~~ lodevole e .coraggiosa iniziativa, le questioni che in concreto si pongono in fa ordine alla concorrenza dei poteri del giudice con l'onere probatorio a pi carico delle parti in causa ed ai limiti e alle condizioni di ammissibilit @ della nomina del consulente tecnico, pervenendo con attenta ed analitica 1,,-:j.'_,:',,:,:,. disamina a conclusioni in significativo contrasto con la prassi denunziata ;, dalla difesa della -convenuta amministrazione, quella, cio, secondo cui \''* la decisione delle cause di risarcimento danni da occupazione illegittima f': o promosse ai sensi dell'art. 51 della legge 25 giugno 1865, n. 2359 viene f: ad .,,,..,.. '""'nzfalmente oon:i;;::;1;"2r@;::;:::;rn0iffi;:m:;:~tTt':zfrt:f""'.:nr:ff1e;0 PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 573 per la comprensione e valutazione di tali aspetti tecnici non basti quanto gi acquisito al processo n basti il ricorso alle regole di comune esperienza o ad altri mezzi istruttori disposti di ufficio: con,dizioni di ammissibilit che comportano una valutazione correlata alla responsabile esigenza, per il giudice, di sentirsi assolutamente in grado di padroneggiare g"Li aspetti tecnici deUa vicenda giudiziaria in base alle sue conoscenze ed aUe regole di comune esperienza (2). nico, che a tanto differenti risultati conducono quanto divergenti possono risultare le vedute soggettive di ciascun consulente. Anche per il difetto di precedenti giurisprudenziali, la pregevole decisione in rassegna assume rilevanza e portata invero non indifferenti, tanto pi che alle questioni esaminate anche la dottrina non risulta sensibile, forse perch la generale assuefazione al denunciato sistema istruttorio non consente di avvertirne il carattere patologico e di rilevare quella incompatibilit con i principi che una meditata ed obiettiva valutazione rende invece subito evidente. Nel merito, le affermazioni di principio contenute nella decisione vanno condivise, risultando rigorosamente conformi alle commentate disposizioni di legge, e tali, invero, da evidenziare che il problema, ove sia avvertito e re,sponsabilmente affrontato, non altra soluzione consente se non quella prospettata dal tribunale di Napoli. Alla decisione in esame pu solo addebitarsi, tutt'al pi, un benevolo ottimismo nella valutazione secondo cui cognizioni tecniche possano veramente consentire un efficace e non arbitrario ausilio del consulente in alcune delle ipotesi segnalate nell'ultima parte della motivazione (quelle, cio, p,er le quali potrebbe ravvisarsi la necessit di nominare il consulente tecnico), apparendo di non agevole individuazione, in particolare, il contenuto tecnico delle cognizioni che dovrebbero rendere possibile vivificare ed aggiornare, in base a criteri generali di economia di zona, dati comparativi piuttosto vecchi o ricercare in un mercato instabile una costante di incremento o di decremento attraverso la media ponderata di elementi comparativi dissimili . Cos come rimane da spiegare quali cognizioni tecniche consentirebbero al consulente di valutare, e dimostrare, la incidenza dei fattori anomali che assumono rilievo nell'ultimo esempio ipotizzato nella motivazione della sentenza, e quale criterio scientifico possa veramente consentire di determinare, senza possibilit di alternative e secondo risultato suscettibile di verifica, il saggio di capitalizzazione da adottare in valutazione eseguita con il metodo di stima analitica. Quanto alla tesi prospettata dalla difesa della convenuta amministrazione e sostanzialmente condivisa dal tribunale di Napoli, si ritiene utile -non senza segnalare la evidente irrilevanza in contrario di norme quali quelle contenute nell'art. 32 e seguenti della legge 25 giugno 1865, n. 2359 o nell'art. 568, ultima parte, del codic~ di procedura civile, e con riserva di esaminare altri aspetti patologici del sistema (quali quelli relativi alla costante quanto erronea applicazione dell'art. 40 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, o alla erroneit di una autonoma liquidazione dei frutti pendenti quando gi .si attribuisca, in ragione al mancato reddito, l'indennit di occupazione) -riportare qui di seguito parte della comparsa conclusione depositata per la convenuta amministrazione: memoria difeni ~ ! i I --! ~~A'if!'~~~~llj RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Nelle cause di risarcimento danni da occupazione illegittima incombe all'attore di provare i fatti materiali posti a base della domanda (quando siano ex adverso contestati) ed il danno che assume di aver subito, cosi come nelle cause di opposizione a stima deve l'opponente dimostrare quanto valeva il bene espropriato e quale sia perci la giusta indennit di espropriazione: prove da fornire con testimonianze, elementi compara siva che appare opportuno riprodurre, per la rilevanza di princ1p10 della questione, anche nella breve premessa sulla necessit di documentare la legittimazione attiva ad causam, e i cui spunti polemici vanno giustificati in ragione della novit delle ,questioni trattate e della comprensibile reSistenza offerta dalla consolidata prassi contraria. (Omissis!. -Secondo quanto pi volte osservato nel corso del giudizio (e senza che a tale :segnalazione abbiano le controparti dato concreto seguito) deve preliminarmente accertarsi la ricorrenza del condizionante presupposto della legittimazione ad causam degli attori: indagine che non sembra possa peraltro risolversi in senso positivo, considerato che n le risultanze della procedura di espropriazione (promossa, come per legge, sulla base delle sole risultan~e ,catastali, prive di efficacia probatoria in ordine alla effettiva appartenenza degli immobili) n i documenti ex adverso prodotti costituiscono elementi sufficienti a documentare la legittimazione degli istanti, cos come non lo sarebbero, come noto, per riscuotere la indennit di espropriazione depositata presso la Cassa depositi e prestiti o per garantire ad un eventuale acquirente la libert e disponibilit degli immobili. N pu dall'indicato accertamento prescindersi per il fatto che il Tribunale, ove ritenesse di dover liquidare una maggiore indennit, dovrebbe comunque limitarsi a digporre il deposito della differenza presso la Cassa depositi e prestiti (e non invece condannare l'Amministrazione al pagamento), in quanto nelle cause di opposizione alla stima la questione di legittimazione assume rilievo anche e sopratutto sotto il profilo dell'interesse ad agire, la cui ricorrenza va ugualmente verificata (anche) di ufficio, e nella carenza del quale si risolve, evidentemente, u,n eventuale difetto di l,egittimazione ad causam: rilievo la cui validit va a maggior ragione riconosciuta quando si consideri che una sentenza emessa su istanza di soggetto non legittimato (e quindi carente di interesse) risulterebbe in realt inutiliter data (tanto pi che l'effettivo avente diritto non potrebbe ovviamente avvalersene) e tuttavia obbligherebbe ugual. mente l'Ammintstrazione a provvedere alla disposta integrazione (senza concreta possibilit di ottenere poi lo svincolo del deposito), lasciandola per di pi esposta alla condanna alle spese di un-giudizio che solo a posteriori, e quando non sarebbe comunque possibile ottenere la restimzione delle somme versate a titolo di ,spese giudiziali, Tisulterebbe (attraverso la impossibilit di fornire, i documenti richiesti per lo svincolo della indennit) promosso da soggetto diverso dall'effettivo avente diritto. I. "' Preliminarmente all'esame di merito al quale il Tribunale, nonostante la denunciata insufficienza di prova sulla legittimazione attiva, ritenesse di poter procedere, andrebbe disposta, ad avviso della difesa della comparente, la revoca dell'ordinanza del 10 settembre 1967, relativa alla nomina del consulente tecnico. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 575 tivi circa il valore degli immobiLi della z01ia (contratti di compravendita, accertamenti di valore, concordati fiscali, certificazioni di uffici competenti, ecc.), dati sintomatici della produttivit generica dei fondi della zona, mezzi rivelatori della produttivit specifica, e via dicendo, mentre ben pu il giudice, una volta evidenziatasi un'eventuale difficoit, per l'attore, di fornire determinati elementi probatori, dispone mezzi di La difesa della comparente ritiene infatti, secondo una tesi gi altre volte prospettata, che la valutazione, ai fini in esame, di un immobile non costituisca materia di consulenza tecnica e, in subordine, che del ricorso all'opera di un consulente tecnico (che Comporta notevole dispendio di attivit e aggravio di spese) non possa comunque ravvisarsi la condizionante necessit (art. 61, primo comma, c.p.c.) quando ad iniziativa delle stesse parti in causa (ed in particolare di quella cui incombe l'onere della prova) sia possibile acquisire agli atti del processo quegli stessi documentati elemen~i di valutazione ai quali il consulente di ufficio (tenuto a documentare, per il necessario controllo delle parti e del giudice, le propri.e conclusioni) dovrebbe comunque far riferimento: tesi rimasta finora priva di efficace confutazione e che gli stessi istruttori oramai convinti della sua fondatezza esitano tuttavia ad applicare in concreto senza un preventivo orientamento del Tribunale in sede collegiale. II. -Nella specie in esame, invero, cos come in tutte le numerose analoghe controversie, occorre PTeliminarmente accertare se potessero ravvisarsi sussistenti i presupposti di ammissibilit del ricorso all'opera del consulente tecnico, ed questa appunto la questione che si pone, nel meditato proposito di provocare una pronuncia del Tribunale sulla concorrenza dei poteri istruttori del giudice con l'onere probatorio a carico della parte, sui limiti e sulle condizioni di ammissibilit della c.d. consulenza tecnica, sulle finalit che il ricorso all'opera del tecnico predisposto a conseguire, e sul concreto contenuto della relazione prevista dall'art. 195 del codice di procedura civile. N pu dubitarsi della rilevanza della questione, e della conseguente necessit di una approfondita valutazione, ove sf consideri che le pandette della sezione sono piene di cause promosse per risarcimento danni da occupazione ultrabiennale o per opposizione ai sensi dell'art. 51 della legge 25 giugno 1865, n. 2359: cause che si risolvono, ed notorio, sempre e solamente in danno delle convenute Amministrazioni, a carico delle quali, in ragione della ravvisata soccombenza ., spno .poste le spese giudiziali, in importo che la immancabile consulenza tecnica , disposta senza che ne ricorra il condizionante presupposto dalla necessit, risulta a volte inadeguato al valore della controversia e comunque in ammontare pi che doppio rispetto a quello cui potrebbe limitarsi se si ricordasse che la parte istante, a norma dell'art. 2697 del codice civile, deve fornire la prova del danno e che all'opera del consulente tecnico consentito di fare ricorso solo per la soluzione di questioni di natura tecnica e sempre che a tal fine risultino insufficienti le cognizioni del giudice. Gi per altre controversie la difesa della comparente ha avuto occasione di evidenziare quanto la prassi abbia snaturato la portata ed il contenuto delle disposizioni previste dal codice di procedura civile a proposito del consulente tecnico, ma la inammissibilit del reclamo ex art. 178 c.p.c. avverso le ordinanze istruttorie a tale prassi aderenti -inammissibilit ..,;: 576 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO indagine ex officio come l'ispezione e la richiesta di informazioni pll"esso uffici competenti (3). Il valore venale di un immobile, ai fini deUa detelf"minazione deL risarcimento del danno da occupazione illegittima o della giusta inden nit di esp!f"opriazione, va detelf"minato attrave!f"so l'esame comparativo degli elementi forniti dalle parti (secondo l'onelf"e probatorio) o a.equi affermata dal prevalente orientamento giurisprudenziale (cfr. per, contra: Trib. Monza, 10 marzo 1966, Mon. trib., 1967, 28, con nota di SALAFIA; Trib. Firenze, 15 giugno 1965, Foro it., Rep., 1965, 662, n. 10; Trib. Foggia, 14 luglio 1961, Giur. it., Rep. 1962, 819, n. 38) -ha impedito in concreto che su11e prospettate questioni si pronunciasse il Tribunale in sede collegiale; e quancfo pure tale occasione si avuta (per essere stata la causa rimessa al collegio per la decisione su questioni pregiudiziali) il Tribunale si astenuto, pur emettendo sentenze non definitive di contenuto essenzialmente procedurale, dal prendere il problema in esame, oppure ha omesso, di esaminare la questione di fondo, quella cio sulla contestata possibilit di considerare la valutazione di un immobile materia di consulenza tecnica. Finora, una sola delle cause neUe quali l'accennata questione stata prospettata, stata decisa con sentenza definitiva (13 novembre 1969, n. 7356), ma la motivazione in argomento adottata risultata non sofo inidonea ad una efficace confutazione, ma tale, in eff.etti, da confortare la convinzione della comparente sulla fondatezza della tesi, anche per il vizio di progpettiva che se ne desume, agevolmente, quanto alla concreta utilizzazione della c.d. consulenza tecnica. La indicata decisione, invero, ha c;onsiderato come solo parametro utile,. e nonostante le motivate argomentaZoni svolte dalla difesa della comparente sulla insufficienza ed inattendibilit di tale valutazione, quell'unico contratto di compravendita indicato dal consulente di ufficio (senza estremi di registrazione) su segnalazione di un notaio della zona (.... in causa con l'amministrazione per altri immobili della stessa zona), ritenendo invece irrilevanti, ai fini della decisione, i diciannove parametri documentati (ma veramente documentati) dalla difesa della comparente con riferimento ad altri immobili della zona. Nell'evidenziare che la funzione del consulente era in effetti risultata, come per tante altre analoghe vertenze, del tutto identica (a parte il diverso costo) a quella di un qualsiasi testimone, la comparente aveva anche rilevato, nel contestare la utilizzabilit delle notizie fornite dal consulente dt ufficio, che il consulente non pu essere sentito come testimone (Cass., 21 marzo 1962, n. 575) e che la relazione di consulenza non vale quando s limita a riferire dichiarazioni di persone interrogate (Cass., 25 giugno 1953,. n. 1957), ma il Tribunale ha ritenuto che le notizie fornite dal consulente, in quanto suscettibili, per la indicazione della fonte, di controllo, fossero. in concr.eto utilizzabili, facendo peraltro con tale valutazione coincidere l'esigenza processuale di' verificare la esattezza degli elementi forniti dal consulente con la teorica possibilit di controllo e risolvendo quindi l'attivit .giurisdizionale in una questione di affidamento. La questione di principio sulla contestata ammissibilit, nella materia, della c. d. consulenza tecnica non stata comunque nemmeno esaminata nella sentenza (cos come in precedenti ordinanze collegiali), essendosi il Tribunale limitato ad affermare, ritenendo che non qui il caso di esa PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 577 siti di ufficio attraverso richieste di informazioni e semmai attraverso l'ispezione, potendosi far ricorso all'ausilio del consulente tecnico, se.nza mai supplire, ovviamente, alle carenze deLle part.i in relazione al rispettivo onere probatorio, solo quando la controversia presenti aspetti non risolvibili attraverso la semplice valutazione comparativa degli elementi acquisiti al processo o facendo ricorso alle comuni re- minare le argomentazioni prospettate dalla difesa della comparente, la utilit (!) di disporre consulenza tecnica (perch siano accertati tecnicamente e con visione da parte di persona competente le caratteristiche degli immobili posti in comparazione): considerazione che non appare invero sufficiente per risolvere il problema, quando della stessa configurabilit di una questione tecnica si discute. La censurabilit della decisione (che la comparente ha naturalmente dovuto appellare) risulta del resto evidente quando si consideri che il Tribunale, nell'affermare I' utilit' della consulenza tecnica proprio per l'accertamento della comparabilit degli immobili al valore dei quali si abbia riguardo e nel denunciare al tempo stesso la mancanza di prova quanto alla comparabilit dell'immobHe espropriato con quelli dei quali la convenuta Amministrazione aveva documentato il valore, incorso in palese e sintomatica contraddizione, e secondo valutazione, oltretutto, nella quale la consulenza viene a risultare non solo un mezzo di prova, ma addirittura un mezzo di prova riservato alla parte attrice, e che solo a favore della parte attrice, e non per la convenuta, possa in concreto essere utilizzata! Nel merito, quanto cio alla giustizia sostanziale della pronuncia (ed proprio per ovviare alle assurde ed inique conseguenze dovute alla prassi adottata nella istruzione delle cause del genere che la questione stata proposta), sar suffi,ciente far presente che nessun concreto controllo stato possibile effettuare presso le fonti delle informazioni riferite dal consulente tecnico; che da ulteriori indagini risultato che all'immobile indicato dal consulente di ufficio in via comparativa stato attribuito dall'ufficio tecnico erariale, agli effetti fiscali, un valore pari a meno di un quarto di quello che il consulente riferiva di aver appreso dal notaio della zona; e che il valore di quello stesso immobile parte del quale era stato espropriato , stato dichiarato, accertato e concordato (con riferimento a data addirittura successiva a quella del decreto di espropriazione) secondo un prezzo unitario in misura rispettivamente pari ad un sesto, a meno della met ed a meno di un terzo di quello che il Tribunale ha ritenuto di poter adottare nella determinazione dell'indennit di espropriazione. Senza necessit di prospettare qui gli ulteriori profili di censura di cui suscettibile la sopra indicata decisione (l'unica definitiva, si ripete, resa in causa nella quale sia stata trattata ex professo la questione sull'ammissibilit, nella materia, della c.d. consulenza tecnica), risulta quindi evidente la opportunit di riproporre la questione in sede collegiale, nell'ulteriore tentativo di evitare che ogni iniziativa della pubblica amministrazione nel campo delle opere pubbliche sia da risolvere sempre in danno, per lo Stato, del tutto sproporzionato all'effettivo p!'egiudizio economico subito dal1e parti private. La espressa finalit con riguardo alla quale la questione viene nuovamente prospettata consenta quindi alla difesa della comparente -e tale precisazione necessaria anche per un dovuto riguardo alla difesa delle 578 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO gole di esperienza, e sempre che l'indagine corrisponda ad una effettiva necessit in rapporto a conseguenze processualmente e sostanzialmente rilevanti, e non costituisca il motivo di ingresso di una consulenza tecnica niente affatto necessaria (4). (Omissis). -Bisogna quindi determinare il valore delle superfici espropriate. controparti -di svolgere le proprie argomentazioni prescindendo dalla singola fattispecie concreta ed esaminando invece il proposto problema nei suoi aspetti generali, quali si evidenziano nella quotidiana esperienza forense. III. -Come noto, nella prassi, la semplice domanda di risarcimento danni proposti da un proprietario che abbia subito l'occupazione di un immobile (domande nelle quali manca, spesso, una qualsiasi identificazione dell'area ,occupata, risultando proposte sulla generica affermazione che l'Amministrazione ha occupato un immobile dell'istante ) generalmente sufficiente per far disporre la consulenza tecnica sollecitata dall'istante: consulenza che spesso anzi viene non disposta , ma ammessa con formula cio gi di per s sintomatica di una viziata concezione. Le deduzioni della comparente sulla necessit di una rigorosa documentazione della legitimatio ad causam della parte attrice e sulla necessit di condizionare a tale documentazione ogni istruttoria in ordine al quantum debeatur, vengono. spesso intese come meri espedienti difensivi a scopo defatigatorio, senza considerare che l'Amministrazione, a parte anche il diritto di difesa che le spetta come ad ogni altro soggetto, ha ovviamente interesse a pagare il valore delle aree utilizzate solo agli effettivi aventi diritto; n si considera, in tale superficiale apprezzamento, che.nessun valido motivo pu avere l'Amministrazione per procrastinare la definizione della vertenza, sia perch l'emissione, medio tempore, del decreto di espropriazione vale solo a provocare un altro giudizio (risultando anzi successiva la data di rif.erimento per la determinazione del valore dell'area), sia perch spesso la possibilit che il decreto intervenga esclusa a priori (o per vizio iniziale della 1:)rocedura o perch la occupazione avvenuta d'accordo con gli interessati, senza promuovere, cio, la rituale procedura di espropriazione), sia perch, infine, il naturale incremento dei prezzi di mercato rende la definizione giudiziale tanto pi convenie!l!te, per l'amministrazione, quanto pi sollecitamente si proceda alla determinazione del valore delle aree occupate. Quanto poi ai rilievi della comparente sulla necessit che la parte attrice fornisca la prova delle cil'costanze di fatto sulle quali la domanda fondata, del fatto illecito, cio, che si assume produttivo di responsabilit -questione che sorge, a volte, quando la stessa Amministrazione non in grado di controllare dagli atti in suo possesso la veridicit, in punto di fatto, delle lamentate occupazioni (alcune delle quali si fanno risalire ad epoca remota), o quando non sia stato possibile fornire all'organo legale, in tempo utile per l'udienza di comparizione, gli elementi necessari alla difesa dell'Amministrazione nel merito -le motivate argomentazioni della difesa appaiono, a controparti e giudici istruttori, addirittura pretestuose o quanto meno sorprendenti ., quasi che i principi stabiliti dall'art. 2697 del codice PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 57\J In ordine a tale valutazione l'avvocatura dello Stato esprime una vivace critica alle indagini espletate dal consulente tecnico su incarico del giudice istruttore e ai risultati espressi nella relazione scritta, critica che si estende all'esercizio del potere di nomina del consulente in rapporto alle condizioni cui l'art. 61 cod. proc. civ. collega l'esercizio del potere stesso. Nelle sue implicazioni generali, ed oltre civile e dall'art. 115 del codice di rito fossero solo discutibili suppos1z10ni dell'Avvocatura dello Stato; n sono in passato mancati apprezzamenti negativi, gratuiti quanto giuridicamente privi di fondamento, sulla impostazione difensiva al riguardo adottata dalle convenute Amministrazioni, apprezzamenti oltretutto condiziom1ti al presupposto -quanto valido agevole intendere -che le Amministrazioni debbano dare per scontato quanto ex adverso dedotto in punto di fatto. La compiacenza con la quale si indulge al facile vittimismo degli interessati, e che risolve il maggior danno conseguente ad una irrituale prassi giudiziaria nel fatto che l'Amministrazione versa in re illicita, creando invero sanzioni di nuovo genere, non considera, inoltre, quali e quante difficolt possono ostacolare il perfezionamento tempestivo delle procedure di espropriazione, quante volte dovrebbe in concreto escludersi la configurabilit di un fatto illecito dell'Amministrazione espropriante, ed in qual misura la condotta degli stessi interessati determini spesso il ritardo nella emissione del decreto di espropriazione, quando non ne precluda a priori l'ammissibilit con accordi ed adesioni che rendono superflua una specifica procedura di espropriazione e sono in prosieguo di tempo sistematicamente disconosciuti, determinandosi, quindi, situazioni di fatto che non consentono alternative alla soluzione giudiziale. IV. -A ben altre riflessioni dovrebbe poi indurre -a proposito di vittimismo -il sintomatico contrasto che si verifi9a nella posizione dei proprietari interessati nel passaggio dalla fase di progettazione di un'opera pubblica a quella della successiva realizzazione. Quando si tratt di decidere la realizzazione di un'opera pubblica, ed in particolare quando sono in progetto la esecuzione di una nuova arteria stradale, di varianti, svincoli, ecc., o la realizzazione di raddoppi stradali (e le polemiche sorte a proposito dell'ipotizzata nuova strada della penisola sorrentina fanno scuola), si fanno capriole, come suol dirsi, perch il tracciato interessi questa o quella zona; si discute di programmazione economica; si condizionano i progetti alla opportunit di favorire lo sviluppo di zone depresse; sembra che solo da una particolare ubicazione dell'opera pubblica o da un determinato tracciato della strada .da costruire debba dipendere la stessa possibilit di sviluppo di determinate zone; s'intravedono, dai singoli interessati, favorevoli prospettive correlate al prevedibile incremento di valore del1e aree interessate dalla nuova opera pubblica; si sollecitano interventi, raccomandazioni, si fanno progetti; si concordano, al momento delle occupazioni, prezzi unitari ragionevoli ed onesti; si consentono, anzi si provocano occupazioni che possono in ragione della desti I nazione delle aree risolversi in vantaggio per i suoli adiacenti; si agevolano trattative; si superano formalit e cosi via. A cose fatte, decorso il fatidico biennio (che poteva andar bene nel 1865, ma risulta insufficiente, anche per le penuria di personale, con l'ecce- I I I 580 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO l'aspetto tecnico-interpretativo rivolto a determinare l'esatta portata delle norme in materia, la critica esprime la preoccupazione che un uso non corretto del potere di nomina del consulente tecnico e l'assenza di un controllo tempestivo sulla di lui attivit (cio non solo in fase decisoria, quando l'attivit ; gi compiuta, ma anche nel corso dell'espletamento dell'incarico) possa alterare il principio dispositivo in rapporto all'onere probatorio e possa tradursi nella meccanica ricezione zionale incremento delle opere pubbliche dei tempi nostri), la musica cambia; qualsiasi area, in qualsiasi campagna si trovi, diventa, in sede di valutazione, suolo edificatorio ; 1' area residua ., inutile dirlo, tutta deprezzata (quale che sia la sua estensione); l'opera pubblica, tanto auspicata, sembra avere determinato lo sconvolgimento di intere zone, pregiudicandone programmi edilizi (assurdamente ipotizzati proprio per calcolare l'incidenza del deprezzamento ), e danneggiando, senza distinzione, tutte le propriet limitrofe alle nuove arterie; si esclude l'applicazione del criterio di cui all'art. 41 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, perch trattasi di occupazione iUegittima e si applica invece, e anche quando ne difettano i presupposti di fatto, il criterio stabilito dall'art. 40 per l'ipotesi di espropriazione parziate ; l'incremento di valore determinato dalla realizzazione dell'opera pubblica viene riconosciuto al solo fine di calcolar.e sui maggiori valori la percentuale dell'immancabi1e deprezzamento dell' area residua , e senza alcuna compenscitio lucri cum damno; il mancato reddito (che in quanto danno emergente dovrebbe essere specificamente provato) viene sistematicamente calcolato nella misura del cinque per cento sul valore attuale. dell'area occupata, in misura che riferita al valore dell'area alla data della occupazione risulta pari a cento volte il capitale di cui dovrebbe rappresentare il presumibi1e reddito; favoriti dalla (indiscriminata) applicazione di principi giurisprudenziali tanto consolidati quanto 'erronei ed iniqui, i proprietari interessati risolvono sempre a loro vantaggio (per quanto minima possa essere stata la superficie occupata) qualsiasi iniziativa promossa dall'Amministrazione nel campo delle opere pubbliche, con un danno, per l'Amministrazione, del tutto sproporzionato rispetto a quello effettivamente subito dai singoli privati. Questa la situazione nella realt dei fatti, ed stata gi altre volte denunciata a chiare lettere: situazione che l'Amministrazione non in grado di modificare con il tempestivo perfezionamento delle procedure di espropriazione, perch lo stesso discorso si ripropone anche per le opposizioni ex art. 51 della legge 25 giugno 1865, n. 2359 (immancabili quanto frequenti sono le azioni di risarcimento danni da occupazione ultrabiennale), e alla quale solo la Magistratura pu porre riparo, procedendo alla verifica dei principi giurisprudenziali che si applicano, proprio perch consolidati, senza alcuna motivazione sulla loro validit giuridica, e limitando il ricorso all'opera dei consulenti tecnici, che della denunciata situazione speculativa costituisce inconsapevole fattore determinante, ai soli casi in cui, per la effettiva necessit di risolvere problemi di natura tecnica, possano ravvisarsene i condizionanti presupposti giuridici di ammissibilit. V. -Nella prassi corrente, invero, diffusa la convinzione, cui ci si adegua per un non giustificabile senso di assuefazione piuttosto che per ragionata deliberazione, che nelle cause per risarcimento danni da occu PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 581 I di un complesso valutativo, spesso fondato su generiche informazioni o ~ anonime notizie, che in 'buona sostanza esaurisce la ste,ssa decisione. Donde il pericolo che si trasferisca al consulente l'essenza e fa responi a sabilit del giudizio. opportuno quindi puntualizzare i connotati della normativa in Ii materia nell'ampia problematica sollevata dall'avvocatura dello Stato Ii e in riferimento alla natura del presente giudizio. pazione ultrabiennale (o per le liquidazioni giudiziali dell'indennit di I espropriazione) la consulenza tecnica sia indispensabile, e che solo a suo I mezzo possa procedersi alla determinazione del valore dell'immobile: con sulenza che viene inoltre ammessa, come si detto, senza che siano prima I fornite la prova positiva delle circostanze dedotte, in punto di fatto, nell'atto introduttivo (occupazione sine titulo dell'immobile) e la documentazione della ricorrenza dei presupposti di fatto richiesti, nella materia, per la I proponibilit della domanda (decorso del biennio dalla data di effettiva occupazione). I Gi in via preliminare deve osservarsi invece che la necessaria valutazione sulla ricorrenza, nei singoli casi, di quella necessit cui la legge condiziona la ammissibliit della consulenza tecnica non pu prescindere dal preliminare accertamento della occupazione ultrabiennale, del fatto illecito cio che si assume produttivo di responsabilit civile e fonte dell'obbligo di risarcimento a carico della Amministrazione, non potendo evidentemente procedersi ad una istruttoria sul quantum-debeatur quando ancora nessuna prova risulti fornita, n offerta, in ordine ll'an debeatur; prova che, in particolar modo per quanto attiene al fatto storico', non pu essere acquisita a mezzo di consulenza tecnica che -gi in via di principio ammissibile solo in caso di necessit (art. 61, primo comma, c,p.c.) ed esclusa quindi quando della fondatezza della domanda possa in altro modo fornirsi la prova -non costituisce mezzo esonerativo della prova. N pu la validit di tali deduzioni contestarsi nel rilievo che le spese di una consulenza tecnica che risultasse a posteriori non rilevante graverebbero in definitiva a carico dell'istante, in quanto la consulenza tecnica, come si precisato, non un mezzo di prova rimesso all'iniziativa della parte, ma solo uno strumento sussidiario predisposto per fornire, quando sia necessario, chiarimenti di ordine tecnico al giudice, che pu e deve evitare, anche con riguardo alla economia del giudizio, ogni dispendio di attivit o aggravio di spese di cui anche solo in via ipotetica possa preventivarsi la superfluit ai fini della decisione. La fondatezza di tali rilievi risulta del vesto confermata daWesperienza, non essendo invero mancate ipotesi (cfr. ad esempio causa Milo-ANAS) in cui, contestatasi dall'Amministrazione la dedotta occupazione e disposta ci nonostante la consulenza tecnica, risultato che la costruzione della strada non aveva nemmeno marginalmente interessato l'immobile dell'attore. VI. -Quando risulti acquisita agli atti la relazione di stima della procedura amministrativa, dovrebbe poi riconoscersi la rilevanza condizionante, rispetto ad ogni eventuale ulteriore istruttoria in ordine al quantum debeatur, dell'esame e della valutazione giudiziale di tale relazione, che a norma di legge e anche quando sia predisposta dagli organi tecnici dell'Amministrazione cui la legge demandi le necessarie valutazioni, ha natura ed effi 582 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 2. -Il sistema processuale vigente ha ,soppresso la perizia intesa come risultato di un accertamento che trova posto, quale materiale probatorio, nel sillogismo giudiziale, ed ha delineato la figura del consulente tecnico come ausiliare del giudice; cio ha sostituito al profilo oggettivo di un accertamento tecnico (proprio del vecchio codice) il profilo soggettivo del collaboratore tecnico che assiste il giudice per il compimento di singoli atti o per tutto il processo (art. 61). cacia di stima giudiziale ed in cui risultano evidenziati tutti gli elementi in tal caso, invero, non dovrebbe prescindersi dal preventivo esame della in tal casi, invero, non dovrebbe prescindersi dal preventivo esame della relazione di stima, potendosi ravvisare la necessit di ulteriori indagini tecniche solo qualora l'apprezzamento del magistrato sulla validit dei criteri adottati nella relazione di stima e sulla congruit della liquida zione dovesse risolversi in senso negativo. l l w La necessit di: tale preliminare valutazione risulta anzi a maggior ra:::: . gione evidente quando si consideri che l'ammissibilit della consulenza tecnica gi in via di principio condizionata alla insufficienza, ai fini della de cisione, degli elementi gi acquisiti agli atti (Cass., 7 luglio 1969, n. 2501; w w 20 luglio 1966, n. 1974; 5 luglio 1966, n. 1740; 27 settembre 1965, n. 2051; &. 11 aprile 1964, n. 842; 10 novembre 1964, n. 2721; 26 novembre 1964, n. 2798; ii 14 giugno 1962, n. 1479; 15 ottobre 1960, n. 2769, Foro it., Rep., 1960, 595, I ~~ n. 2; 26 luglio 1960, n. 2163, ibidem, 596, n. 7), e che la decisione pu essere fondata non solo su consulenze tecniche disposte in altro giudizio (Cass. 30 ' ' ~- marzo 1967, n. 686) e su accertamenti disposti in sede di istruzione preven ii:1:1 tiva (Cass., 21 marzo 1961, n. 638), ma anche su consulenze stragiudiziali -prive cio della natura ,e della -efficacia prprie di quelle in questione e pur se impugnate dall'altra parte (Cass., 30 luglio 1969, n.2904; 7 agosto J 1967, n. 2102; 24 agosto 1964, n. 2378; 27 luglio 1962, n. 2164, Sett. Cass. 1962, 877; 18 aprile 1959, n. 1164; 17 dicembre 1957, n. 4718; 2 novembre 1957, n. 4242; 19 ottobre 1954, n. 3855; 3 luglio 1954, n. 2305); n si comprende, invero, come possa la necessit di indagini tecniche ravvisarsi per il solo I fatto che la parte cui incombe di provvedere si astenga dal produrre quegli , . elementi la cui acquisizione potrebbe rendere superflue le indagini tecniche, . cos come non si comprende in virt di quale criterio discretivo possa con' siderarsi impedito al giudice, per quanto attiene alla relazione dell'Ammini I strazione, l'esercizio di quello stesso potere di verificazione e di controllo ~ che dovr comunque esplicare, quale perito dai periti, sulla relazione del lill ~-'. consulente di ufficio. Non pu non considerarsi, inoltre, che le stime delle Amministrazioni d cui la legge demandi di procedere alle valutaz_ioni delle indennit sono sem I pre calcolate secondo valori comunicati dall'Ufficio tecnico erariale, organo w della cui qualificata competenza non pu certamente dubitarsi. Al riguardo, ~? invero, gli interssati si mostrano g.eneralmente diffidenti e non esitano f~ a denunciare la inattendibilit delle valutazioni dell'indicato organo tec nico, come se l'Ufficio tecnico erariale avesse interesse, nello espletamento dei suoi compiti istituzionali, a fornire alle Amministrazioni esproprianti informazioni inesatte e compiacenti (?); la effettiva portata di tali diffidenze I e censure risulta peraltro evidente e sintomatica non appena si consideri i: che le valutazioni dell'Ufficio tecnico erariale sono oggetto di analoghi 0t-Y0Hfftffilmffffftif&%1filillffffiffiffffff~EffWiffiMfff@Kfffffillfm@Rlfffafdil'Mfill'ifillf:WliflfKf:Klflfftf&ifJ PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 583 Da questa constatazione normativa derivano alcune conseguenze. In primo luogo il codice, innovando al precedente sistema processuale e pur contemplando la possibilit di autorizzare di volta in volta il consulente a compiere indagini da solo (artt. 62 e 194, 2 comma), ha inteso porre, quando la materia della causa lo richieda, un rapporto soggettivo costante fra il giudice e il consulente che egli abbia nominato, nel senso di partecipazione col giudice all'attivit istruttoria rilievi -ma in senso diametralmente opposto! -quando si tratta di controversie in materia tributaria... VII. -Nelle cause in questione, del resto, l'ammissibilit del ricorso all'opera del consulente tecnico dovrebbe escludersi anche sotto un differente, autonomo profilo, con riguardo cio alla natura ed alle finalit degli accertamenti proposti dagli istanti. Ai fini della fiquidazione del risarcimento, invero, l'unico chiarimento in materia tecnica necessario al giudice risulta normalmente attinente al valore venale dell'area occupata per la realizzazione della opera pubblica. Tale valore venale, peraltro, non pu essere determinato dai consulenti tecnici -tenuti a documentare, per il necessario controllo delle parti e del giudice, le proprie conclusioni -se non con riferimento a precisi dati in merito ad atti di compravendita relativi ad immobili ubicati in prossimit di quello da valutare: gli stessi dati cio che le parti hanno la possibilit -e quindi l'onere -di fornire a sostegno delle rispettive ragioni, e che lo stesso giudice pu acquisire agli atti avvalendosi delle facolt di cui agli artt. 210 e 213 c.p.c., ed ovviando con tale iniziativa, e senza necessit di dispendiose indagini, alle acune di ordine tecnico (?) che risultino eventualmente di ostacolo ad una competente determinazione del risarcimento; n pu seriamente dubitarsi che una valutazione fondata su elementi documentali in tal modo acquisiti agli atti risulterebbe di maggiore garanzia per gli interessi della giustizia, e ,certamente pi valida di quelle adottate dai consulenti tecnici, molti dei quali - notorio -determinano il valore delle aree sulla base di generiche quanto incontrollabili informazioni assunte sul posto, , precludendo oltre tutto, alle parti ed ai giudici, la stessa possibilit di verificare la validit delle conclusioni. VIII. -Gi in via di principio del resto, e pvescindendo da quanto finora osservato, quantomeno discutibile che l'apprezzamento di valore di un bene -suscettibile di essere documentato dalle parti con i normali mezzi di prova ed in ordine al quale il consulente tecnico pu esprimere, per forza di cose, solo un parere pro scientia e non certamente fornire una soluzione pro veritate (quale il ricorso alla sua opera sarebbe invece predisposto ad ottenere) -possa costituire ,espressione di quella particolare competenza tecnica (art. 61 c.p.c.) di cui il giudice pu risultare in concreto sprovvisto. La possibilit di acquisire agli atti la prova documentale necessaria per determinare il valore di mercato da tener presente nella liquidazione del risarcimento (quella stessa prova documentale -si ripete -alla quale dovrebbe comunque far riferimento il consulente tecnico) dovrebbe quindi fare escludere, sotto un ulteriore profilo, la possibilit di ravvisare quella necessit cui la legge condiziona l'ammissibilit del ricorso all'opera del tecnico. 584 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (art. 61 e 194, 1 comma). Tuttavia la prassi giudiziaria, spesso per motivi legati a disfunzioni concrete, non ultimi quelli della elevata molteplicit di cause da trattare nella stessa udienza e della normale inosservanza del principio della concentrazione, trascura quel rapporto costante ed esaurisce la collaborazione del tecnico nell'espletamento di indagini che egli--compie da solo. IX. -Utile risultato sarebbe del resto agevole ottenere disponendo la ispezione dei luoghi (special:.iente quando, malgrado la documentazione fornita dalle parti, sussistessero dubbi sulla comparabilit delle aree delle quali fosse stato documentato il valore con quella oggetto della valutazione), tanto pi che in sede di sopraluogo potrebbero assumersi -senza spese quelle ulteriori informazioni delle quali si ravvisasse la necessit ai fini della decisione. La difesa della comparente non dubita invero che ai tempi nostri, in cui anche i bambini sanno come funziona un motore ed in cui basta seguire la stampa anche non specializzata per conoscere l'andamento del mercato immobiliare,. ai giudici non difettano le cognizioni (tecniche?) necessarie per apprezzare quale di due fondi di una stessa zona sia pi appetibile; ed a maggior ragione tale competenza va riconosciuta (anche a prescindere dalla veste propria del peritus peritorum) ove si consideri l'esperienza che ogni magistrato acquista con la quotidiana trattazione di cause del genere. Per quanto utile possa risultare il ricorso alla ispezione dei luoghi (che andrebbe peraltro disposta solo quando risultassero forniti dalle parti tutti gli elementi documentali sopra indicati, e sempre che tale documentazione risultasse insufficiente ai fini della decisione), non si pretende, tuttavia, che a tale mezzo di istruzione sia da far ricorso per tutte le cause in argomento, o anche nei soli casi in cui possa risultare risolutivo ai fini della decisione. Si tratterebbe sempre di un rilevante numero di cause, infatti, e la dif,esa della comparente (malgrado quanto in contrario potrebbe desumersi dalla facolt di delega prevista dall'art. 259 c.p.c. proprio con riguardo alle esigenze di servizio ) non pu ignorare in quali gravose e disagiate condizioni i magistrati -e per un complesso di cause ad essi certamente non imputabili -siano costretti a svolgere la loro delicata funzione, n pu non prevedere in quale misura l'indicato sistema istruttorio concorrerebbe a rendere ancora pi sacrificata la loro attivit. Tale riconoscimento non impedisce peraltro alla difesa della comparente di insistere sulla necessit di una approfondita meditazione sulla validit di tutto quanto ,sopra osservato e dedotto, e sulla conseguente opportunit, quantomeno, di evitare q-uel sistematico ricorso alla consulenza tecnica che ostacola la sollecita definizione delle vertenze, comporta un dispendio di attivit a volte inadeguato al valore della controversia, e raddoppia, per lo meno, l'importo delle spese giudi,ziali, a tutto danno deile I m convenute Amministrazioni sulle quali, e per quanto minima risulti l'ecce w denza del valore accertato in via giudiziale, finisce con il gravare il mag gior onere del processo: maggiore onere che potrebbe invece evitarsi e che si ripercuote, necessariamente, su tutti i contribuenti. Di pi sistemi istruttori possibili, invero, non giusto ricorrere sempre e solamente a quello pi dispendioso, e ci a maggiot ragione se le alter native proposte siano pi adeventi alle disposizioni del codice di rito. I r 1:1 lli - PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 585 In secondo luogo la consulenza tecnica non una prova n un mezzo di prova, se per mezzi di prova si intendono le persone (testimoni), le cose (documenti) e le operazioni (ispezioni, interrogatori formali, esperimenti) dai quali e mediante i quali si traggono gli elementi di prova: il consulente un ausiliare che assiste il giudice non solo rispondendo a quanto di tecnico gli venga richiesto ma coadiuvando, con X. -La difesa della comparente, del resto, non ha mancato di dimostrare, con i fatti, la superfluit della c.d. consulenza tecnica, e la possibilit di decidere prescindendo da dispendiose iniziative processuali, producendo in giudizio, pur senza averne onere alcuno, fogli di mappa, planimetrie, estratti da piani regolatori, decreti di espropriazione non opposti, accordi stipulati con le ditte espropriate, certificazioni dei competenti uffici finanziari sul valore dichiarato, accertato e concordato (e deciso dalle commissioni tributarie) per atti di trasferimento relativi ad immobili limitrofi a quello da valutare, relazioni di consulenza o addirittura sentenze gi intervenute in giudizi relativi ad immobili della stessa zona, ecc.; si cio acquisita agli atti dei processi una documentazione completa ed esauriente, tale che ad essa ;nessun ulteriore elemento potesse il consulente tecnico aggiungere, se non quella stessa valutazione comparativa alla quale l'autorit giudiziaria potrebbe, e quindi dovrebbe direttamente procedere, evitando dispendio di spese e di attivit. E per quante consulenze di ufficio si siano esaminate, invero, non una, a quanto consta, ha mai offerto tanti e cos obiettivi elementi di valutazione. Rarament_e, per, l'impegno mostrato dalla difesa della comparente ha avuto utili risultati, perch il pi delle volte i giudici istruttori (e quelli stessi che condividono, in linea . di principio, la tesi sostenuta dalla difesa della comparente) hanno ugualmente disposto la consulenza tecnica, senza peraltro alcuna motivazione fornire sulle prospettate argomentazioni se non quella, appunto, relativa alla affermata opportunit di provocare un preventivo orientamento del tribunale in senso diverso da quello finora sempre seguito nella prassi: motivazione certamente insufficiente (e della quale si tuttavia tenuto debito conto, come la stessa presente memoria dimostra), considerato che la questione assume rilevanza proprio in istruttoria, mentre in sede collegiale, tanto pi che si esclude l'ammissibilit del reclamo ex art. 178 c.p.c., la questione risulta normalmente gi di fatto superata. Altre volte, le argomentazioni della difesa della comparente hanno indotto i giudici istruttori a formulare ai consulenti analitici e specificati quesiti, tali da circoscrivere nei limiti del possibile la discrezionalit delle valutazioni e diversi, comunque, da quello con il quale viene normalmente demandato al consulente di programmare il contenuto della emittenda decisione ( determini-il consulente la indennit di espropriazione, ecc ); e si sono visti in udienza consulenti sorpresi e quasi risentiti da una cos analitica e gravosa specificazione dei quesiti, sorpresa e risentimento oltretutto comprensibili quando si consideri che la prassi corrente ha finito con il far considerare i consulenti tecnici come dei ex machina della situazione in materia di espropriazione. del resto quanto mai sintomatico che quanto i giudici istruttori, in accoglimento della tesi sostenuta dalla dif.esa della comparente (e per quanto nessuna documentazione risultasse fornita dalla comparente) hanno 586 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO la sua esperienza tecnica, ai compiti tipici del giudice di acqms1z10ne e di valutazione delle prove. La consulenza -se proprio si vuole obiettivizzare l'opera del tecnico - piuttosto uno strumento per l'utilizzazione dei mezzi e degli elementi di prova, perch il consulente, impiegando le sue conoscenze specifiche, rende utili elementi solo utilizzabili. Inoltre l'opera del consulente tecnico, considerata nella prospettiva di cui al sistema vigente, cio nella prospettiva dell'ausiliare che sta rigettato, con lodevole spirito di iniziativa, l'istanza rivolta a far ammettere la consulenza tecnica ., invitando le parti attrici a documentare la fondatezza della domanda, tali e tanti documenti sono stati dalle controparti prodotti in giudizio (e da quelle stesse parti che assumevano la consulenza tecnica come unico ed indispensabile mezzo di accertamento) da fornire esse stesse la pi convincente riprova della fondatezza della tesi sulla inammissibilit, nella materia, della c.d. consulenza tecnica. XI. -Ulteriore conferma della tesi in esame si ottiene agevolmente quando si accerti se ed in qual effettiva misura l'ausilio del tecnico possa realmente fornire al giudice elementi diversi da quelli che aliunde possano comunque essere acquisiti, e se non sia invece da riconoscere che in materia di valutazione di immobili nessuna cognizione tecnica occorre di quelle di cui il giudice pu risultare teoricamente sprovvisto. Com' noto, nella liquidazione del danno da occupazione ultrabiennale e nella determinazione giudiziale dell'indennit di espropriazione i consulenti tecnici adottano il metodo' di stima si:r;itetica (o comparativa) o quello di stima analitica, ed in genere adottano uno solo dei due sistemi, senza cio procedere alla verifica, con il secondo dei metodi, della validit delle conclusioni alle quali sono pervenuti applicando il primo (s che viene in concreto preclusa, alle parti ed al giudice, quella unica possibilit di verificazione teoricamente ipotizzabile), mentre quando alla contestuale adozione dei due metodi si procede appare spesso manifesto che la coincidenza delle conclusioni stata in effetti raggiunta applicando il secondo metodo... a ritroso! Quanto al sistema di valutazione comparativa, i valori unitari adottati nella liquidazione del risarcimento o nella determinazione dell'indennit risultano indicati o sulla base di fantomatiche quanto incontrollabili informazioni assunte sui posto., oppure come la media dei due-trequattro prezzi unitari desunti da determinati atti di compravendita intervenuti per immobili della zona, generalmente ricordati senza i necessari estremi di identificazione (e con riferimento ai soli valori accertati e non j invece a quelli definiti agli effetti tributari) e ai quali viene a volte ag,; o giunto un ulteriore valore unitario semplicemente e arbitrariamente ipotizzato ; cos, e proprio nel presente giudizio, indicato il prezzo di mercato, dopo ampia ricognizione sul luogo e sentito il parere (!) dei sensali e dei Icontadini (!) in lire 545 (!) al mq., calcolato con la stima analitica un 8 ulteriore valore di lire 640 al mq., e ipotizzato un terzo valore unitario rJ di lire 2500 al mq., in ragione di una teorica utilizzabilit edificatoria, il prezzo unitario da calcolare nella liquidazione risulta in definitiva deter1- l. minato, con sorprendente disinvoltura, in lire 1.230 al mq. (545+640+ +2.500 :3!). E questo solo un esempio! Quanto tali criteri siano censurabili tanto evidente da rendere superfluo ogni commento (in particolare, nel senso che la relazione di consu- Jl~ ' ~ f@Ifffffifiliffilff@TIHf@f:ffKJillfmfif&ffiiIMtmrmrnr@@Iff!F&Ifillf[ffifilitillNlfillEfffilmffilfifif;ffi@Mff:[filfilfffffiilll PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 587 accanto al giudice, non pu sostituire l'onere probatorio distribuito secondo le rispettive posizioni processuali: ciascuna parte offrir le sue prove, e il consulente -se il magistrato lo ha nominato o riterr di nominarlo -coadiuver il giudice nell'acquisizione e valutazione delle prove, e potr svolgere, a questi fini, le indagini commessegli dal giudice. evidente perci che la nomina del consulente tecnico non pu essere lenza non vale quand si limita a riferire dichiarazioni di persone interrogate, cfr. Cass., 25 giugno 1953, n. 1957). comunque ovvio che, per la prima ipotesi, quella cio delle informazioni assunte sul posto , tanto varrebbe sentire i consulenti o meglio i sensali o i contadini come testimoni, mentre per la seconda ipotesi, quando cio il prezzo unitario risulta determinato nella media dei prezzi desunti da atti di compravendita, altrettanto ovvio che non occorrono cognizioni tecniche per reperire e acquisire agli atti determinati contratti di compravendita, n per fare la media aritmetica di tre-quattro numeri. Quanto al metodo di stima analitico, poi, non sembra si consideri che le formule (quanto mai semplici) dell'oestimo, come in genere tutte le formule, in tanto sono utilmente applicabili in quanto si tratti di accertare una determinata incognita conoscendo come certi gli altri elementi della formula; cosi, conoscendo il reddito lordo e il costo di produzione (e quindi il reddito netto), e il saggio di capitalizzazione, si applica la formuletta e si determina il valore dell'immobile. Ma quando, come nella materia in esame, sono gli stessi consulenti a dover stabilire tutti i fattori della formula, e con valutazioni affatto soggettive e comunque non suscettibili di verifica, ovvio che a qualsiasi risultato pu condurre l'applicazione della formula, data la estrema variabilit di ciascun elemento di computo e la incidenza che ogni minima variazione determina, attraverso i vari conteggi, sul risultato finale; il che poi ancora pi evidente nell'accertamento del fattore incidenza-suolo degli immobili di natura edificatori, quando cio i singoli elementi con i quali il consulente deve costruire le formule (e che vengono indicati senza alcuna possibilit di verificazione) sono ancora pi numerosi e variabili. Ad evidenziare la fondatezza di tale assunto basta del resto tener presente che il valore di un immobile, agrario o edificatorio che sia, viene a risultare -immutati restando tutti gli altri elementi di computo in lire 10 milioni o 20 milioni (oppure 100 milioni o 200 milioni) e l'Amministrazione viene quindi condannare a pagare 10 o 20 milioni (oppure 100 milioni o 200 milioni) a seconda che sia del 4 per cento o del 2 per cento il saggio di capitalizzazione adottato, quel tasso, cio, della cui specifica applicabilit nessun consulente ha mai neppure tentato una dimostrazione, e che pur condizionando in tal misura il risultato dei conteggi risulta in definitiva espressione della discrezionale ed insindacabile valutazione di ciascun consulente. Pertanto, o dei singoli fattori da calcolare possibile fornire specifica documentazione (mercuriali, indici, statistiche, certificazioni della Camera di commercio o dell'Ispettorato agrario, ecc.), e potranno allora le stesse parti interessate (eventualmente autorizzate a richiedere le necessarie certificazioni) fornire al giudice tutti gli elementi perch possa poi calcolarsi, con semplice operazioni aritmetiche, quale valore sia da attribuire all'im 588 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO disposta allo scopo di acquisire al processo il materiale probatorio sostituendo l'onere delle parti. 3. -Il potere del giudice di nominare un consulente tecnico condizionato dalla necessit (art. 61) di ricorrere all'ausilio di un soggetto che ha le cognizioni tecniche occorrenti; ci non contraddetto dall'espressione pu, che pur si riscontra nella norma, perch tale espresmobile in questione (e una tale prova andrebbe fornita, ad esempio, sull'effettivo reddito del fondo, certo meno fantomatico di quello teoricamente ipotizzabile); in questo caso, quindi, non si farebbe altro che applicare, nella materia, i normali criteri di liquidazione adottati, e senza che nessuno se ne meravigli, in tutte le altre cause di risarcimento danni, come ad esempio in tema di danni alla persona, in cui il lucro cessante, per non dire del mancato -reddito (dalla specifica prova del quale nessun giudice penserebbe mai di poter prescindere), viene liquidato, secondo prestabiliti criteri, sull'effettivo e documentato reddito del danneggiato e non certo in base ad una teorica possibilit di guadagno! Oppure dei singoli fattori di valutazione non possibile fornire una documentazione, e allora ovvio che il metodo di stima analitica, basato su formule che in tanto possono valere in quanto una sia la incognita da accertare, e sulla base di dati certi e controllabili, non , nella materia, concretamente applicabile; il che porta necessariamente ad ammettere che la consulenza tecnica a tale criterio di liquidazione ispirata non serve a niente, di nessuna garanzia potendosi riconoscere ai fini di una decisione giusta se a tanti risultati pu condurre quanto variabili siano le vedute soggettive di ciascun consulente. A parte il fatto, poi,. che l'ammissibilit di una stima analitica deve nella materia in esame escludersi a priori, avendo il legislatore espressamente stabilito che l'indennit deve consistere nel giusto prezzo che l'immobile avr-ebbe avuto in una libera contrattazione di compravendita, in un prezzo, cio da accertare esclusivamente con il sistema di valutazione comparativa! A tali considerazioni di principio pu aggiungersi brevemente: a) quanto alla natura agraria o edificatoria di un immobile, trattasi di questione di contenuto certamente pi giuridico che tecnico, essendo la individuazione dei caratteri della edificatoriet frutto della elaborazione giurisprudenziale, e oggetto, comunque, di valutazione da adottare con riguardo alla ricorrenza di predeterminati presupposti di fatto (destinazione pr-evista nel piano regolatore o, in alternativa, facilitd di accesso, esistenza di vie pubbliche e di collegamento con la cittd vicina, edificazione gid iniziata nella zona, ~resenza di servizi pubblici necessari al vivere civile, quali acqua, luce, fognature, ecc. ): presupposti di fatto per l'accertamento dei quali non occorrono certo cognizioni tecniche e che spetta comunque alle parti interessate di documentare, come per ogni fatto dedotto a fondamento di una domanda giudiziale; b) questione altrettanto giuridica va ovviamente riconosciuta quella relativa alla individuazione del criterio di legge applicabile nella determinazione dell'indennit, ed sulla base di determinati presupposti di fatto, per la determinazione e l'accertamento dei quali vale quanto gi sopra osservato, che pu ammettersi o escludersi l'applicabilit del criterio stabilito dalla legge per l'ipotesi di espropriazione parziale; PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 589 sione va riferita al potere ex officio, nel senso che il giudice, per nominare il consulente tecnico, non ha bisogno di richiesta n di sollecitazione di parte. Il termine necessit deve essere bene inteso: in primo luogo richiede che la controversia presenti oggettivamente degli aspetti tecnici per la cui comprensione e valutazione non basti quanto gi acquisito al e) quando al deprezzamento dell'area residua, risarcibile solo quando risultino ricorrenti i presupposti di fatto dell'espropriazine parziale (e non invece per il solo fatto che l'area espropriata sia parte di un immobile di maggior estensione), si domanda quale cognizione tecnica .. possa consentire una documentabile determinazione (escluse, per i motivi sopra indicati, l'ammissibilit e la validit di una stima analitica per differenza), e se non sia il buon senso, patrimonio dei magistrati almeno quanto dei consulenti tecnici, guida pi sicura che non un inesistente criterio tecnico. nella determinazione della percentuale di deprezzamento. XII. -La fondatezza della tesi in e,same, del resto, risulta maggiormente evidente quando si consideri in qual effettiva misura l'intervento del consulente tecnico condizioni in pratica le decisioni giudiziali e quanto fondato possa essere il dubbio che nella materia in esame si sia nella prassi pervenuti ad un nuovo tipo di arbitrato o quantomeno di arbitraggio processuale. La difesa della comparente, invero, nel prospettare la propria tesi (sostenuta, espressamente, proprio in relazione alle inique conseguenze cui conduce, sul piano pratico, l'attuale prassi giudiziaria) non ha mancato di segnalare che molte, moltissime relazioni di consulenza risultano motivate, per quanto attiene alla indicazione del valore venale unitario, esclusivametne sulle informazioni assunte sul posto , senza documentazione alcuna che consenta alle parti ed. al giudice di controllare la validit delle conclusioni del consulente di ufficio. In pratica, quindi, le aree delle quali le Amministrazioni occupanti o esproprianti devono corrispondere il valore sono pagate, in effetti, a lire 100 (o 90) 1.000 (o 900) o 10.000 (o 9.000) al metro quadrato a seconda che il singolo consulente di ufficio -arbitratore di nuovo tipo -abbia indicato in lire 100, o 1.000 o 10.000 al metro quadrato il prezzo unitario da calcolare nella determinazione del valore complessivo, nessun dato documentale risultando fornito al giudice che gli consenta di verificare la effettiva congruit del prezzo determinato dal consulente o gli permetta altro che di giostrare attorno a quello specifico valore indicato, senza documentazione, dal consulente (ed ovvio che non questione di sfiducia o di diffidenza nei confronti del singolo consulente tecnico, cosi come :r;ion pu evidentemente parlarsi di sfiducia o di diffidenza per il magistrato quando se ne censuri una decisione per difetto di motivazione!). Anche le riduzioni generalmente apportate ai valori unitari risultanti dalle relazioni di consulenza, infatti, non possono riferirsi che a quel determinato valore affermato dal consulente, nessuna seria alternativa ponendosi al giudice, per il difetto di elementi documentali, se non quella di sostituire, al valore che ritenesse non attendibile, quello effettivo che la sua competenza in materia gli consentisse di indicare: con la conseguenza, per, in questo caso, che la decisione a tale diversa valutazione ispirata risulterebbe 590 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO processo n basti il ricorso alle regole di comune esperienza o ad altri mezzi istruttori disposti di ufficio; in secondo luogo esso comporta una valutazione correlata alla responsabile esigenza, per il giudice, di sentirsi assolutamente in grado di padroneggiare gli aspetti tecnici della vicenda giudiziaria in base alle sue conoscenze ed alle regole di comune esperien evidentemente suscettibile di quella stessa critica che possibile muovere alle relazioni non documentate! Che se poi si riconosce al giudice, quale perito dei periti, la competenza necessaria per valutare la congruit dei prezzi indicati dai consulenti e per discostarsene, occorrendo, oltre che per una riduzione (o maggiorazione) a tali prezzi invece riferita, dovr a maggior ragione riconoscersi la validit di quanto sopra osservato sulla superfluit delle dispendiose consulenze tecniche e sulla pi obiettiva valutazione cui possibile pervenire sulla base della documentazione che le parti possono fornire e che il giudice pu acquisire, anche di ufficio, agli atti del processo. Ad evidenziare 1a fondatezza di tali rilievi sar del resto sufficiente considerare che se non si vuole ammettere che le sentenze rese nella materia sono necessariamente condizionate, quanto meno per la cifra-base, alle valutazioni del consulente-arbitratore, dovr riconoscersi che ad ogni valutazione differente da quelle del consulente di ufficio e che se ne discosti in misura rilevante il Tribunale pu in effetti pervenire solo in base alle proprie cognizioni nella materia: quelle stesse cognizioni, cio, che avrebbero reso superfluo il ricorso all'opera del consulente tecnico (cfr. nel senso che il giudice possa esimersi dalla nomina del consulente quando si ritenga in possesso di quelle nozioni di comune esperienza che stima sufficienti ai -fini della decisione, Cass. 27 novembre 1963, n. 3046, Foro it., 1964, I, 820; 23 agosto 1962, n. 2634; 14 ottobre 1954, n. 3679; nel senso che possa il giudice procurarsi aliunde 1e cognizioni necessarie, cfr. Cass. 11 aprile 1964, n. 842; 22 febbraio 1952, n. 470). XIII. -Le argomentazioni sopra riassunte, se sono valse a far ravvisare la necessit di condizionare l'istruzione sul quantum debeatur alla preventiva documentazione della legitimatio ad causam (ma ci si contenta a volte del solo titolo di acquisto, se non addini.ttura di semplici certificati catastali), hanno trovato sporadico accoglimento, in sede istruttoria, quanto all necessit di una pi severa indagine sulla ammissibilit della consulenza tecnica e sulla effettiva indispensabilit delle indagini tecniche . La c.d. consulenza tecnica (e si dice cosidetta perch nessuna disposizione contempla tale termine, parlandosi sempre e solo di consulente tecnico in significativa armonia con il sistema quale la difesa della comparente ritiene doversi ravvisare nella materia in esame) continua per lo pi ad essere -nei risultati concreti se non per quanto dai mandati conferiti potrebbe desumersi -un vero e proprio mezzo di prova (e quantomeno sotto questo profilo dovrebbe ammettersi il reclamo ex art. 178 c.p.c.): mezzo di prova della legittimazione ad causam, mezzo di prova dell'an debeatur, mezzo di prova del quantum debeatur. Secondo i principi, la consulenza tecnica non va intesa come mezzo esonerativo della prova, che retta dal principio della disponibilit di cui all'art. 115 c.p.c., ma solo un mezzo sussidiario messo a disposizione del giudice per avere, quando sia necessario, la possibilit di ricevere chiarimenti in materia tecnica (Cass., 5 gennaio 1966, n. 93, Rass. Avv. Stato, PARTE I, SE.Z. III, GIUJilISPRUDENZA CIVILE 591 za; quindi, ove il giudice non si ritenga, con adeguato senso di responsabilit, del tutto autosufficiente in rapporto agli aspetti tecnici del caso giudiziario, ricorre senz'altro la necessit di cui all'art. 61. Insomma una incertezza, sia pure parziale, sulla propria autosufficienza equivale a necessit tale da giustificare la nomina del consulente. In questi ter 1966, I, 106 (102); sulla funzione della consulenza tecnica, v. pure: Cass., 24 ottobre 1968, n. 3454; 22 marzo 1968, n. 908; 28 luglio 1967, n. 2010; 27 novembre 1964, n. 2817; 16 ottobre 1960, n. 2769, Foro it., Rep, 1960, 595, n. 2; 12 marzo 1960, ri. 477; 8 febbraio 1960, n. 176; 6 aprile 1955, n. 996; 28 dicembre 1954, n. 4619; 7 giugno 1954, n. 1845; Trib. Napoli, 28 luglio 1964, Foro nap., 1965, I, 49): questa la funzione della consulenza tecnica ., quale risulta dal complesso delle norme che disciplinano il ricorso all'opera del consulente tecnico (cp.c., artt. 61-64 e 191-198; disp. att. c.p.c. artt. 13-24 e 89-92). Nella prassi invece -con costante disapplicazione, in particolare; delle norme di cui all'art. 194, primo comma, ultima parte, c.p.'c. e all'art. 90, secondo comma, disp. att. c.p.c. (e tale ultima norma di evidente rilievo quanto ai limiti delle indagini commesse al consulente tecnico); senza tener presente che il consulente tecnico, in quanto ausiliario del giudice, non pu sostituirsi alla parte nel fornire la prova delle circostanze di fatto dedotte a fondamento della domanda giudiziale (Cass. 7 giugno 1965, n. 1131; 6 aprile 1955, n. 996; Tuffi. Spoleto, 23 luglio 1955, Foro it., Rep. ~955, 538, n. 40); e con sostanziale violazione dei diritti della difesa -la consulenza tecnica viene in concreto utilizzata come mezzo di prova. Nel merito, il ricorso all'ausilio del consulente tecnico si risolve, cosi come inteso nella consolidata prassi giudiziaria, in una inammissibile forma di arbitraggio processuale, con notevole dispendio di attivit ed evitabile aggravio di spese, e senza nulla aggiungere a quanto le stesse parti possono documentare se non sterili riassunti dei fatti della vertenza, artificiose argomentazioni pseudoscientifiche ,e soggettive valutazioni del singolo consulente;.,arbitratore. Quel che pi sorprende, comunque, come professionisti di indiscussa qualificazione possano veramente credere, in perfetta buona fede (del che non vuol dubitarsi), nella validit delle loro valutazioni (tanto mutevoli quanto variabili sond i singoli fattori che ne costituiscono l'affermato e non controllabile presupopsto), come possano, cio, pretendere veramente di poter fornire una dimostrazione scientifica del valore venale di un immobile, e come non si rendano conto, ad esempio, di ,quanto sia assurda una affermazione quale quella per cui un valore unitario di lire 21.487 (ventunomilaquattrocentottantasette!) viene in analoga controversia indicato come valore che rispecchia fedelmente il valore di mercato e tale da farlo considerare libero dai tradizionali concetti di approssimazione e talvolta di scetticismo con i quali si soliti guardare l'estimo .. Le relazioni c.' d. di consulenza tecnica, in effetti, sono condizionate a preconcetti schemi logici ed a paradigmi aprioristici, cui si adegua per un non giustificabile senso di assuefazione piuttosto che per ragionata consapevolezza; e non vi relazione (e la presente controversia ne offre palese riprova) della quale non possa fornirsi efficace confutazione (sullo stesso terreno logico sul quale dovrebbero determinate conclusioni essere prospettate), cos come non vi argomentazione o calcolo di cui non sia 8 592 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mini -e soltanto in questi termini -pu~ dirsi che la nomina del consulente discrezionale. 4. -Chiariti in termini generali la funzione del consulente tecnico e i poteri del giudice al riguardo, occorre riferirsi, pi specificamente, alle controversie che abbiano per oggetto l'occupazione di immobili da parte agevole dimostrare la infondatezza o l'erroneit! del resto sintomatico che gli stessi consulenti tecnici , interpellati nelle vie brevi e in posizione svincolata, quindi, dall'automatico condizionamento cui sono costretti quando debbono predisporre relazioni, non hanno esitato a riconoscere che a tanti diversi risultati pu condurre una . consulenza tecnica .~ quanto differenti siano le vedute soggettive di ciascun tecnico ., e che il valore di un determinato immobile, quando non lo conoscano gi per diretta esperienza di mercato (come qualsiasi mediatore o chiunque abbia interesse ad acquistare immobili in una determinata zona), tanto diverso pu in concreto risultare quanto variabili siano i singoli fattori di computo considerati e differenti i criteri estimativi adottati da ciascun singolo consulente. Dal complesso delle disposizioni in argomento previste nel codice di procedura civile (travisate da una irrituale prassi giudiziaria) invero agevole desumere che il ricorso all'ausilio del consulente tecnico stato previsto dal legislatore per la soluzione pro veritate di questioni tecniche, tale da presupporre cio particolari cognizioni scientifiche, idonee, per loro natura, a non consentire alternative alla soluzione raggiunta: presupposti dei quali non certo possibile ravvisare la ricorre~a nella materia in esame. Ad avvertire la validit di tale conclusione invero sufficiente considerare, con riferimento ad una qualsiasi relazione di consulenza, a quanto diversi risultati dovrebbe il giudice condizionare le proprie determinazioni se solo variassero i valori unitari assunti dal consulente a base della liquidazione o se differente saggio di capitalizzazione risultasse adottato nella stima analitica o se differente decurtazione fosse stata apportata dal consulente nel calcolare un eventuale deprezzamento: rilievo la cui validit maggiormente si evidenzia quando si consideri che la ipotizzata diversa indicazione delle cifre base (e l'esame di qualsiasi relazione convalida tale affermazione) non comporterebbe modifica alcuna alla motivazione tutta della relazione, il che vale a dire che una relazione di consulenza a tali e tanti risultati pu condurre, ed altrettanti motivarne, quanto differenti possono in concreto risultare le vedute soggettive di ciascun consulente tecnico in ordine ai prezzi correnti nella zona, a quei valori cio proprio per accertare i quali si vorrebbe giustificare il ricorso al tecnico (e senza che aleunch di tecnico possa invece ravvisarsi), e che risultano in definitiva (e diversamente da quanto pu dirsi per valutazioni condotte su adeguati elementi documentali) espressione di personali e ovviamente variabili convincimenti, oltretutto non suscettibili di verifica. Quanto ai concreti risultati ai quali conduce la erronea concezione della funzione e della portata della consulenza tecnica nella materia in esame, la difesa della comparente preferirebbe astenersi da ogni commento. Certo che in grado di appello -ed il rilievo induce ad illazioni di evidenza tanto intuitiva da renderne superflua la precisazione -cause PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 593 della pubblica amministrazione per l'impiego nella esecuzione di opere pubbliche senza che sia intervenuto un atto di esproprio ovvero l'opposizione alla stima. Non c' dubbio che queste controversie rispondono alle regole probatorie comuni. Li'occupazione abusiva, inizialmente tale o divenuta tale promosse ad iniziativa dei privati non ve ne sono. E ci malgrado che in primo grado i valori determinati dai consulenti di ufficio, quando non sono accettati dal Tribunale, siano oggetto sempre di riduzioni e non certamente di maggiorazioni! Una ragione di tutto questo deve pur esserci, e non pu sfuggire certo alla sensibilit del Tribunale. Senza voler commentare le numerosissime fattispecie dalle quali pure potrebbero desumersi elementi utili ai fini in esame, sar tuttavia utile ricordare al Tribunale che solo producendo in giudizio fotografie di un immobile di cui doveva determinarsi il valore (causa Sorrentino contro ANAS) la difesa della omparente riuscita ad evidenziare quanto inattendibili fossero le conclusioni del consulente di ufficio; dalle fotografie, infatti, risultava che l'immobile -valutato dal consulente, con una relazione apparentemente motivata e documentata, in lire 7.500 al metro quadrato -era costituito da un roccione alto circa 30 metri a strapiombo sulla strada, assolutamente inutilizzabile anche a scopi solamente agrari! Un suolo nelle immediate vicinanze della Mostra d'Oltremare, invece, (uno di quei suoli che in qualsiasi campagna si trovino diventano subito edificatori non appena siano utilizzafi per la realizzazione di un'opera pubblica), stato valutato dal consulente (n dubbi sulla validit della relazione sono sorti n supplementi di istruttoria sono stati disposti), in L. 2.000 (duemila) al metro quadrato, divenute poi circa 1.000 (mille) per l'applicazione del criterio di cui all'art. 13 della legge 15 gennaio 1885, n. 2892 (sentenza 20 gennaio 1968, in causa Deo-Mostra d'Oltremare), mentre per altro suolo della stessa zona si arrivati anche a lire 300 (trecento) al metro quadrato (sentenza 10 novembre 1967, ih causa PisaMostra d'Oltremare). Ma in entrambi i casi si trattava -lou soit qui mal j pense -di retrocessione! Quanto fondate e valide siano le argomentazioni prospettate dalla difesa della comparente sulla necessit di escludere a priori che la valu tazione di un immobile possa costituire materia di consulenza tecnica dovr del resto necessariamente riconoscersi quando si consideri che lo stesso immobile valutato dal Tribunale, nella sentenza ora ricordata, secondo il prezzo unitario di lire 2.000 (duemila), lo stesso immobile, si ripete, stato valutato, con autonoma e contemporanea indagine tecnica condotta, in una nuova procedura di espropriazione medio tempore pro mossa dall'Italsider, in lire 40.000 (quarantamila) al mq.! (ordinanza di deposito 21 gennaio 1968 del Tribunale di Napoli). Nello stesso periodo di tempo, cio, due consulenti tecnici, l'uso nominato dall'istruttore in una causa di retrocessione, l'altro dal presidente del tribunale nella procedura di espropriazione promossa, per lo stesso immobile oggetto della retrocessione, dall'Italsider (e tutti e due valenti professionisti di indiscutibile capacit), hanno determinato il valore di uno .stesso Ii I I 1 fllififJ&ffm{ti'.wffiRiff@lft!tWrii&Mff!ff~Ifflfiliilifilffil{filj\ffil~t&ITifl'EKfllfi\fif:tr:f:flfl'ffftlK'frrtf' 594 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STA~O per decorrenza del biennio dal decreto di urgenza, un illecito per cui incombe all'attore la prova del fatto materiale e del danno che pretende di aver subito; e da notare in proposito che spesso la pubblica amministrazione non contesta il fatto in s e per s, ma solo l'entit del danno in relazione al valore economico del bene occupato (ed impiegato nel / immobile, e con due relazioni entrambe esaurienti, -convincenti e documentate, in lire 2.000 (duemila) e in lire 40.000 (quarantamila) al metro quadrato. In analoga vertenza poi (Maresca-ANAS) stato addirittura lo stesso consulente -si ripete, lo stesso consulente -e senza spendere nemmeno una parola sulla presupposta erroneit della prima valutazione a determinare il valore di un immobile prima in lire 190 e poi in lire 3.000 al mq., con lo stesso sintomatico riferimento alle caratteristiche intrinseche ed estrinseche dell'immobile . Vedr ora il Tribunale come possa una immotivata quanto frequente duplicit di valutazioni conciliarsi con la presupposta necessit di ricorrere, nella materia, all'ausilio del consulente tecnico, e quanta rilevanza possa in argomento attribuirsi alle c.d. cognizioni tecniche ., a quelle cognizioni, cio, che consentono ad un consulente di valutare un fondo, con due distinte ed entrambe motivate relazioni, a lire 190 o a lire 3.000 al mq. Cosi come rimane al Tribunale di valutare, tenendo presente che la scienza non ammette alternative ai risultati che consente di determinare, quanto di tecnico e di scientifico possa nella materia rinvenirsi, se a tale disparit di conclusioni pu uno stesso consUlente pervenire, e con la stessa scrupolosa (1" rel.) e serena (2" rel.) obiettivit i e di quale validit possa considerarsi, e quale garanzia possa costituire, e per il cittadino e per l'Amministrazione, un Sistema istruttorio che a tale divergenza di risUltati consenta di pervenire. XIV. -Si gi sopra accennato quale sistema probatorio sia dt adottare, ad avviso della difesa della comparente, che consenta di evitare il dispendio di attivit e l'aggravio di spese correlati alle indagini tecniche e al tempo stesso garantisca la equit delle decisioni certo pi del ricorso alla opera del consulente-arbitratore. La espressa finalit della presente memoria induce peraltro la difesa della comparente ad aggiungere in argomento ulteriori considerazioni, anche per evidenziare che la eccepita inammissibilit del ricorso all'opera di un consulente tecnico non costituisce un defatigatorio espediente difensivo, ma consegue alla effettiva e concreta possibilit di fornire altrimenti, e senza spese, tutti gli elementi necessari ai fini della decisione. Deve innanzitutto precisarsi, per, che la fondatezza della tesi della inammissibilit, nella materia in esame, della c.d. consulenza tecnica, non pu ovviamente essere confutata replicandosi che da cento anni a questa parte si sempre fatto cos , trattandosi evidentemente di argomentazione priva di rilevanza giuridica e fondata per di pi su quella stessa prassi costante di cui si contesta la validit. Cos come non pu in contrario argomentarsi dalle eventuali difficolt che gli interessati possono tncontrare nella ricerca degli elementi di valutazione, pbich ovvio che le stesse difficolt si pongorio per il consulente tecnico, non comprendendosi quali particolari cognizioni tecniche (!) ' PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 595 l'opera pubblica) e, semmai, le dimensioni del bene stesso e l'esistenza di altri eventuali danni. Quanto alle controversie di opposizione alla stima, per dimostrare l'inesattezza e l'erroneit della stima l'attore deve provare, secondo le regole dell'onere probatorio, quanto valeva il bene espropriato e perci quale sia la giusta indennit di espropriazione. possano essergli di aiuto nel reperimento dei dati presso i competenti uffici pubblici. In concreto, va tenuto presente che in molte fattispecie l'acquisto del bene espropriato, per atto inter vivos o per successione mortis causa, di data recente, tale cio da consentire all'interessato di fornire utili elementi di valutazione riferiti proprio all'immobile del quale deve determinarsi il valore: elementi che possono essere determinanti quando la eventuale divergenza tra il valore calcolato per la determinazione dell'indennit e quello denunciato agli effetti fiscali risulti tale da assorbire ogni ipotizzabile ulteriore aumento di valore conseguito dall'immobile nell'ultimo periodo fino alla data della espropriazione, e da rendere quindi irrilevante, sotto il profilo pratico, il fatto che non ci sia perfetta coincidenza temporale fra le due valutazioni (tanto pi che tutti gli altri eventuali atti di trasferimento per immobili della zona, quegli atti, cio, ai quali sarebbe necessario aver riguardo nella valutazione comparativa, non risulteranno certo stipulati nella stessa data di emissione del decreto di espropriazione). La difesa della compar,ente non pretende, peraltro, che ai soli valori dichiarati dalle parti agli effetti tribuari si abbia riguardo nell'indagine sulla congruit dell'indennit determinata per la espropriazione, essendo notorio che i contribuenti dichiarano spesso (se non sempre) valori i~ponibili inferiori a quelli effettivi; e non si vuol ,certo ritorcere a danno delle controparti, la valutazione, da esse stesse adottaita ai fini fiscali, per quanto sarebbe agevole giustificare una tale ritorsione. Non comprende per, la difesa della comparente, quali difficolt impediscano agli interessati di produrre in giudizio l'avviso di accertamento di maggior valore eventualmente notificato dall'Amministrazione finanziaria o di documentare l'effettivo valore imponibile sul quale sono state in definitiva liquidate le imposte di registro o di successione (a seguito di concordato o di decisione delle commissioni tributarie). ovvio, del resto, che le parti istanti non possono certo pretendere di calcolare l'indennit di espropriazione secondo valori unitari diversi da quelli determinati in sede fiscale (risolvendo cio sia il rapporto di espropriazione sia quello tributario sempr,e e solamente a danno dello Stato), tanto pi che la legge prevede, e con analoga formula, lo stesso criterio di valutazione sia: per la determinazione del valore imponibile che per la determinazione dell'indennit di espropriazione (cfr. art. 39 della legge 25 giugno 1865; n. 2359 e art. 30 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269). Nelle ipotizzate fattispecie, quindi, possibile acquisire agli atti del processo ~senza dispendio di attivit n aggravio di spese -elementi di valutazione relativi proprio all'immobile del quale deve determinarsi il valore: elementi cio ovviamente pi pertinenti di tutti quelli ai quali dovrebbe comunque far riferimento comparativo un eventuale consulente tecnico, e tali da evidenziare sotto un ulteriore profilo la superfluit di dispendiose indagini tecniche (?). La fondatezza di tale rilievo risulta a maggior ragione evidente, poi, \ 596 ' RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pertanto, la nomina di un consulente tecnico disposta al fine specifico ed esclusivo di sostituire con la sua opera l'attivit probatoria dell'attore violerebbe il principio dispositivo e snaturerebbe .la figura stessa del consulente tecnico. Quindi rimane l'onere della parte di provare i fatti posti a base della sua domanda, attraverso testimonianze, attraverso quando si consideri che nella. materia in esame la legge stabilisce espressamente che l'indennit di espropriazione va determinata con il metodo di valutazione comparativa (art. 39 della legge 25 giugno 1865, n. 2359), implicitamente escludendo l'adozione di ogni altro possibile sistema, e che la congruit o meno dell'indennit di espropriazione dovrebbe quindi essere accertata con riguardo ai valori di mercato degli immobili della zona, quali risultano dai trasferimenti intervenuti (inter vivos o mortis causa) all'epoca della espropriazione, secondo elementi di valutazione, cio, riferiti adimmobili diversi da quello da valutare e di portata analoga a quelli che gli stessi opponenti possono invece fornire, senza spese, proprio per l'immobile in questione. In altri termini, la valutazione comparativa che un eventuale consulente tecnico dovesse effettuare dovrebbe essere fondata, in sostanza, sulle stime dell'Ufficio tecnico erariale o dei competenti uffici del registro relative ad altri immobili della zona, o meglio sui valori concordati (o stabiliti dalle commissioni tributarie) per la liquidazione delle imposte di trasferimento: su elementi, cio, in ogni caso della stessa natura e portata, ma meno determinanti e pertinenti di quelli che le stesse parti possono acquisire agli atti, e senza spese. Quante volte dagli stessi documenti prodotti sulla legitimatio ad causam risultasse di recente data l'acquisto dell'immobile poi espropriato sarebbe quindi agevole acquisire, e senza spese, utili e determinanti elementi ai fini della decisione. Quando invece non sia possibile acquisire agli atti elementi di valutazione riferiti allo stesso immobile del quale deve determinarsi il valore, le parti istanti potranno chiedere all'istruttore di essere autorizzate a svolgere dirette indagini presso il competente Ufficio tecnico erariale, al fine di accertare quali trasferimenti (inter vivos o mortis causa) siano intervenuti negli ultimi anni relativamente ad altri immobili della zona, e ad ottenere dai competenti Uffici del registro, sulla base degli estremi in tal modo acquisiti, distinti certificati nei quali siano indicati, per ciascun trasferimento e con specificazione degli estremi catastali e della superficie di ciascun immobile trasferito, il valore dichiarato dalle parti, quello dPterminato in sede di accertamento fiscale e quello sul quale sono state in definiti.va liquidate le imposte complementari di registro o di successione a seguito di concordato o di decisioni delle commissioni tributarie. Gli stessi elementi potranno del resto essere acquisiti anche di ufficio, con ricorso alla facolt di cui all'art. 213 del codice di procedura civile, ed ulteriori elementi eventualmente necessarci per la determinazione del reddito potranno essere forniti dall'Ispettorato agrario provinciale e dalla Camera di commercio. Agli atti del processo risulter in tal modo acquisita tutta la docu mentazione necessaria per procedere ad una valutazione comparativa (a quell'unica valutazione, cio, nella specie consentita): senza aggravio di spese, senza dispendio di attivit e senza dilazionare per mesi e mesi la definizione della vertenza. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 597 elementi comparativi circa il valore degli immobili nella zona (contratti di compravendita, accertamenti di valore, concordati fiscali, certificazioni di ufficio competenti, ecc.), attraverso dati sintomatici della produtti vit generica dei fondi nella zona, attraverso mezzi rivelatori della produttivit specifica, e via dicendo. Tuttavia bisogna rendersi conto delle La liquidazione giudiziale dell'indennit, inoltre, non sar pi l'esito di un arbitraggio rimesso al consulente tecnico, che ad essa pervenga con affermazioni non suscettibili di effettiva verifica da parte del giudice, ma costituir il risultato di una consapevole valutazione, propria del giudice, condotta sulla base di elementi documentali e certi, .e tale da svincolare l'esito del giudizio da soggettivi ad arbitrari apprezzamenti. XV. -Certamente, non pu escludersi a priori che la documentazione come sopra acquisita agli atti del processo possa risultare insufficiente ai fini della decisione. In tale ipotesi la domanda della parte attrice, a carico della quale grava l'onere di documentare la dedotta insufficienza dell'indennit di espropriazione, dovrebbe essere in via di principio rigettata, tanto pi che non si comprende quali poteri o cognizioni possano consentire ad un tecnico di integrare .gli elementi di valutazione come .sopra raccolti con dati di cui sia gi a priori accertata la insussistenza; n tale conclusione dovrebbe sorprendere, quando si consideri che non certo la concreta impossibilit di indicare testi sulle modalit di un ,sinistro (o sul fatto stesso che l'incidente sia effettivamente avvenuto) ad impedire il rigetto della domanda di risarcimento fondata sul dedotto fatto illecto. Anche a voler prescindere da tali considerazioni, peraltro (e dalla stessa possibilit di integrare eventuali lacune con una ispezione dei luoghi), sar sempre condizionatamente alla ravvisata insufficienza dei documenti che le parti hanno la possibilit, e quindi l'onere, di produrre in giudizio che potranno !'!Ventualmente ritenersi necessarie le indagi-ni tecniche sollecitate dagli interessati, non potendo ovviamente una tale necessit ravvisarsi solo per avere la parte omesso di assolvere l'onere probatorio a suo carico (cfr. Cass., 17 dicembre 1951, n. 2842 nel senso che non possa disporsi la consulenza per supplire alla deficienza della prova, e non sia quindi censurabile il rifiuto del giudice di ricorrere al consulente perch indaghi sull'eventuale sussistenza di altri elementi; cfr. pure Cass., 8 febbraio 1960, n. 176). La comparente non ovviamente in grado di anticipare quali potrebbero essere le risultanze di una documentazione predisposta nei termini sopra indicati, ma l'eventualit che ile risultanze siano contrarie agli interessi dell'Amministrazione non pu costituire utile motivo per indurre la difesa della comparente a desistel'e da una impostazione fondata sulla inammissibilit, nella materia, della consulenza tecnica, e: sulla possibilit quindi di evitare l'aggravio di spese a tale mezzo istruttorio_ necessariamente conseguente. Del resto, non vi certo ragione di negare agli aventi diritto quella maggiore indennit che risultasse effettivamente dovuta. N a tal fine .pu naturalmente essere ispirata la difesa dell'Amministrazione. (Omissis). ARTURO MARZANO RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 598 difficolt e degli ostacoli che talvolta la parte incontra, almeno per alcuni a'spetti probatori; e certo il privato non ha quelle disponibilit presso uffici pubblici che invece ha l'avvocatura dello Stato. In tali casi !Jen pu il giudke, una volta evidenziatosi l'ostacolo, disporre mezzi di indagine ex officio, come l'ispezione e la richiesta di informazioni presso uffici competenti. 5. -L'avvocatura dello Stato pone in termine generali il quesito se l'accertamento del valore di un fondo occupato o espropriato costituisca oppur no una questione tecnica, tale cio da giustificare, a prescindere dalla quesHone dell'onere probatorio, la nomina del consulente; quindi riosolve in senso negativo il quesito stesso, affermando che il criterio di determinazione del valore dell'immobile, dovendo consistere l'indennit di espropriazione nel giusto prezzo che avrebbe avuto l'immobile in una libera contrattazione di compravendita (e il problema, salvo eccezioni, si pone in termini analoghi quando occorra determinare il risarcimento per un bene di cui il proprietario sia stato privato a seguito di occupazione illegittima), corrisponde a quello del valore in comune commercio enunciato dall'art. 30, 2, r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269 al fini dell'imposta di trasferimento. Ne consegue -secondo l'avvocatura -che non si tratta di un problema tecnico ma di semplice indagine comparativa da effettuarsi (secondo le indicazioni contenute nell'art. 30 del r.d. del 1923) sui valori delle alienazioni di altri immobili che si trovino nella stessa localit e in analoghe condizioni,. oltre che sulle alienazioni, divisioni e stime giudiziarie dello stesso immobile anteriori di non oltre un quinquennio. Il collegio non ritiene che la questione possa risolversi-in termini generali; nel contempo sottolinea, ad evitare confusioni metodologiche, che una cosa l'aspetto tecnico della controversia (presupposto indispensabile perch il giudice possa avvalersi dell'ausiliare), altra cosa l'alter" nativa fra la possibilit di autosufficiente valutazione e la necessit (ritenuta dal giudice) di valersi dell'opera del consulente tecnico in questa valutazione. indubbiamente esatto che, in molti casi, l'esame comparativo di elementi offerti dalle parti, secondo l'onere probatorio o acquisiti di ufficio attraverso richieste di informazioni e semmai attraverso l'ispezione, consenta di determinare il risarcimento del danno o (secondo la natura della causa) la giusta indennit di esproprio. Questo non esclude I>er che vi possono essere aspetti tecnici non risolvibili attraverso la semplice valutazione comparativa o facendo ricorso alle comuni regole di esperienza. Si pensi, per esempio, alla eventuale necessit di individuazione del suolo occupato o espropriato rispetto alle risultanze dei titoli di propriet, cio alla necessit di localizzare gli estremi documentali con cui :q.ei titoli viene identificato il bene (purch, sia ben chiaro, l'indagine corrisponda ad una effettiva necessit in rapporto a conse PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 599 guenze processualmente e sostanzialmente rilevanti, e non costituisca il motivo di ingresso di una consulenza tecnica niente affatto necessaria); si pensi alla necessit di accertare l'esistenza di falde freatiche nell'immediato sottosuolo o di una cavit che rendano discutibile un insediamento edilizio in zone apparentemente edificabili; si pensi ad indagini sul sistema di irrigazione di un fondo, che potrebbe venire alterato dall'occupazione o espropriazione parziale; si pensi ancora alla eventuale necessit di vivificare ed aggiornare, in base a criteri generali di economia di zona, dati comparativi piuttosto vecchi o di ricavare in un mercato instabile una costante di incremento o di decremento attravel'so la media ponderata di elementi comparativi dissimili. Si aggiunga che non sempre il mercato dei suoli ha un andamento per cos dire fisiologico, ma talvolta subisce alterazioni dovute a fattori anomali non evidenziabili attraverso una meccanica comparazione; accade cos che un suolo, semmai dotato di infrastrutture ambivalenti e non decisive, pur non avendo possibilit giuridiche di edificabilit, abbia tuttavia acquistato, in breve tempo e a prescindere dall'esecuzione dell'opera :Pub blica, un valore pi lto rispetto al suo impiego agricolo. Ebbene in tutti questi casi possono non bastare le regole di esperienza e pu risultare indispensabile l'aiuto del consulente tecnico nella valutazione dei dati obiettivi offert,i dalle parti o acquisiti d'ufficio, e pu apparire opportuno incaricare il consulente di indagini specifiche, a norma degli artt. 61 e 194 cod. proc. civ. (senza mai supplire, ovviamente, alle carenze delle parti in relazione al rispettivo onere probatorio), indagini rivolte ad una pi esatta e aderente valutazione dei dati stessi. Inoltre, se vero che in tema di espropriazione bisogna adottare il criterio estimativo sintetico avendo la legge posto l'accento sul giusto prezzo che l'immobile avrebbe avuto in una libera contrattazione di compravendita, ugualmente vero che potrebbero mancare idonei dati comparativi, per cui bisogna far ricorso al metodo analitico; cos come si potrebbe far ricorso a questo metodo in materia di ocupazione abusiva. Ed in proposito no.n Pl\ condividersi la riduzione -che l'avvocatura fa -ad una semplicistica formula aritmetica della valutazione di un fondo in termini di stima. analitica: il fatto stesso che vi siano delle incognite (in particolare il tasso di capitalizzazione) le quali vanno risolte alla stregua di criteri non certo giuridici e attraverso una adeguata lettura di elementi indicativi (offerti dalle parti o acquisiti di ufficio), significa che bisogna compiere una valutazione tecnica in cui il giudice pu avvertire la necessit dell'ausiliare. Ovviamente qusti, nel dare il suo apporto, dovr motivare e spiegare; che talvolta -o spesso, come dice l'avvocatura -non spieghi, costitutsce una deficienza concreta senz'altro censurabile, ma non dimostra la generale inidoneit e super fluit dell'intervento del tecnico. -(Omissis). SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA CONSIGLIO DI STATO, Ad. Plen., 10 aprile 1970, n. 2 -Pres. Vetrano -Est. Mezzanotte -Esposito (avv. Delavigne) c. Ministero Interno (avv. Stato Terranova). Impiego pubblico -Infermit -Riconoscimento delle infermit dipen denti da causa di servizio -Riconoscimento del diritto ad equo indennizzo -Presupposti e procedimenti diversi. Impiego pubblico -Infermit -Riconoscimento delle infermit dipendenti da cause di servizio -Riconoscimento del diritto ad equo indennizzo -Diversit di competenza degli organi che accertano l'uno e l'altro. In materia di impiego pubblico il riconoscimento delle infermit da causa di servizio ha presupposti diversi dal riconoscimento del diritto ad equo indennizzo, e diversi sono i procedimenti: l'infermit riconosciuta con apposito procedimento come contratta a causa di servizio, che non sia accompagnata da una menomazione dell'integrit fisica, d luogo ai benefici che la fogge prevede; se invece produce un.a menomazione dell'integrit fisica, previsto l'ulteriore beneficio di un equo indennizzo, con un autonomo procedimento (1). In sede di procedimento per la concessione dell'equo indennizzo, il Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie deve esprimersi sul se la menomazione sia conseguenza deU'infermit gi dichiarata dipendente da causa di servizio, non potendo riesamina.re l'accertamento della dipendenza dell'infermit da causa di servizio, n sotto il profilo di e.ventuali vizi del procedimento, n sotto ii profilo di merito. illegittima pertanto la pronuncia del Comitato, la quale,\ nel pronunciarsi sulla domanda di concessione dell'indennizzo, rieswmini le questioni gi risolte, di procedura o di merito, in sede di riconoscimento della malattia come dipendente da causa di servizio (2). (1-2) Si segnala l'interesse della decisione che ha risolto un contrasto in vario modo manifestatosi nelle pronuncie della IV e VI sezione del Consiglio di Stato: cfr. Sez. IV, 25 settembre 1964, n. 1001, Il Consiglio di Stato, 1964, I, 1438; Sez. VI, 29 marzo 1968, n. 299, ivi, 1968, I, 507. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 601 CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 10 aprile 1970, n. 245 -Pres. Lancli Est. Melito -Fiorentino (avv. Tamburini) c. Ministero Difesa (avv. Stato Petroni). Impiego pubblico -Stipendi -Cumulo con la pensione -Richiamati dal congedo -Fattispecie -Illegittimit. iUegittimo il diniego di cumulo tra pensione e stipendio, ai sensi dell'art. 100 t.u. 31 dicembre 1928, n. 3458, sul presupposto della posizione di richiamato dal congedo del dipendente, ove il nuovo servizio (anche se militare) no1'1. sia prosecuzione del precedente servizio ed abbia propria autonomia (1). (1) Non constano precedenti: Massima esatta. I CONSIGLIO DI STATO, 1Sez. IV, 14 aprile 1970, n. 280 -Pres. Mezzanotte -Est. Vivenzio -Mazzanti (avv. Gor) c. Ministero Te II soro (avv. Stato Mataloni). I Impiego pubblico -Stipendi -Prescrizione breve -Presupposti -Pagamento sospeso per contestzione "' Prescrizione ordinaria II Applicabilit. Impiego pubblico -Stipendi -Prescrizione -Restituzione di somme trattenute sullo stipendio a titolo di recupero di rate di pensione ~ pagate -Prescrizione decennale. La prescrizione breve si applica aHa ipotesi in cui, essendo paci fico il diritto del dipendente alla percezio1ie dello stipendio, la P. A. si astenga di fatto dal corrispondere le rate dovute, e in tal caso il dipendente ha l'onere di proporre l'istanza per l'interruzione ai sensi dell'art. 2 r.d.l. 19 gennaio 1939, n. 295 entro il biennio decorrente dal giorno di scadenza della rata non pagata. Nell'ipotesi, invece, in cui la P. A. contesti il diritto alla percezione delle rate s1cadute e ne sospende il pagamento, la situazione litigiosa che ne deriva disci plinata daLla prescrizione decennale deH'art. 2946 e.e. (1). Nel caso di restituzione di somme trattenute nello stipendio a titolo di recupero di rate di pensioni pagate, applicabile la prescri zione decennale (2). (1-2) Entrambe le massime sono esatte. Per i precedenti cfr. Sez. IV, 29 dicembre 1965, n. 1002, Il Consiglio di Stato, 1965, I, 2129. ! RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 14 aprile 1970, n. 285 -Pres. Barra Caracciolo -Est. Felici -Soc. Gestione Acqua Massima di Punta del Lago (avv. Lordi) c. Comitato provinciale prezzi di Viterbo (avv. Stato . Ciardulli). Prezzi -Comitato provinciale pressi -Deliberazione -Efficacia Termine per l'impugnativa -Decorrenza. Prezzi -Comitato provinciale prezzi -Deliberazione -Impugnativa - Controinteressati -Esclusione. Prezzi -Comitato provinciale prezzi -Competenza. Prezzi -Comitato provinciale prezzi -Adunanza -Partecipazione di reggenti di Uffici o di delegati -Legittimit -Adunanze -l:.tr " venti di tutti i componenti -Non prescritto. Le deliberazioni del comitato provinciale dei prezzi ai sensi dell'art. 10 d.l. 15 settembre 1947, n. 896, acquistano efficacia mediante . . la pubblicazione nel foglio degli annunci legali; e, perci, prima di tale pubblicazione, non sono impugnabili, non essendo ancora operative, anche se gi, conosciute dagli interessati (1). La deliberazione del Comitato provinciale dei prezzi emessa per soddisfare un'esigenza di interesse coUettivo; pertanto, per la rituautd dell'impugnativa, non si configurano controinteressati al ricorso proposto contro di essa (2). Il Comitato provinciale dei prezzi emette determinazioni generali, ma anche speciali, allorch la fissazione di tariffe per particolari rap.porti contrattuaU costituisca ii correttivo di situazioni pi ampie e sia preo!l'dinata al fine di ~ere:quare un settore economico avente interesse nell'ambito generale (nazio11iale o provinciale); pertanto, la manata valutazione, in tal caso della sit!Uazione generale per adattarla al caso particolare, costituisce vizio di illegittimi.t, deilla delibera (3). Alle adunanze del Comitato provinciale dei prezzi legittimamente partecipa, in vece del titolare, il reggente deilL'Ufficio vacante o un delegato; ma non prescritto l'intervento di tutti i componenti nelle adunanze, che pertanto sono regolate dal principio maggioritario (4). (1-4) Cfr. Sez. IV, 7 dicembre 1955, n. 957, Il Consiglio di Stato, 1955, I, 1334: Sez. IV, 16 marzo 1966, n. 151, ivi, 1966, I, 405; Sez. IV, 26 giugno 1963, n. 494, ivi, 1963, I, 922; Sez. IV, 25 maggio 1966, n. 437, ivi, 1966, I, 956. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 603 CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 21 aprile 1970, n. 304 -Pres. Potenza -Est. Mezzanotte -Di Marco (avv. Siniscalchi) c. Ministero della Sanit (avv. Stato Zagari). I Farmacia -Medico provinciale -Atto che riconosce il trasferimento della farmacia mortis causa -Istruzioni dell'autorit superiore Definitivit -Esclusione -Concorso -Rifiuto di interpello ex artt. 11 e 12 r. d. n. 1706 del 1938 -Definitivit -Esclusione. In seguito ait'entrata in vigore deHa legge 2 aprile 1968, n. 475, relativa ai servizio farmaceutico, sono in vigore le norme non in co.ntrasto con tale legge e, quindi, ai sensi deil'art. 357 del t.u. 27 luglio 1934, n. 1265, contro i provvedimenti deU'autorit inferiori ammesso ricorso all'autorit superiore. Pertanto, il provvedinJ-ento del me,dico provinciale che riconosce il diribto al trasferimento della farmacia anche se confotrme alle istruzioni delL'autorit superiore ovvero il .provvedimento che rifiuta l'interpello dei farmacisti conorrenti ad una sede farmaceutica, graduati prima dell'interessato, atto non definitivo (1). (1) Sulla definitivit dei provvedimenti adottati su istruzione dell'autorit centrale, cfr. Sez. VI, 14 novembre 1969, n. 718 e 20 gennaio 1970, n. 23, H Consiglio di Stato, 1969, I, 106. Sulle altre questioni cfr. da un punto di vista generale Ad. plen. 17 marzo 1966, n. 8, ivi, 1966, I, 517. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 21 aprile 1970, n. 308 -Pres. Potenza -Est. Battara -Angeletti (avv. Gava) c. Ministero dei Lavori Pubblici (avv. Stato Casamassima). Edilizia popolare ed economica -Piano di zona -Decreto di approvazione -Impugnazione -Termine -Decorrenza -Decorso del tempo -Notoriet dell'esistenza dell'atto -Non importa presuniione di conoscenza. Edilizia popolare ed economica -Piano per l'edilizia popolare ed economica -Impugnazione -Omessa opposizione alla deliberazione del piano -Irrilevanza. Il termine per, impugnare in s.g..il decreto di approvazione di un piano di zona per l'ediLizia p()polare ed economica, ai sensi dell'art. 8 legge 18 aprile 1962, n. 167, non decorre daila data di notifica del- I I 604 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ili' Irn j l'eseguito deposito presso la segreteria comunale, bens dalla data di pubblicazione del decreto nella Gazzetta UfficiaJe, anche se noto1Tia l'esistenza del piano, la quale non ne fa p1Tesumere la conoscenza (1). La deliberazione con la quale il ConsigLio comunale adotta il piano per l'edilizia popolare ed economica, atto p!Teparatorio del procedimento che si conclude col decreto ministeriale di app!Tovazione del piano, il quale impugnabile anche per vizi dell'atto p1Teparatorio; pertanto, la mancata proposizione di opposizioni all'atto p1Teparatorio non preclude il sindacato di. legittimit dell'atto., in quanto atto definitivo, che costituito dal decreto di approvazione del P.E.E.P. da parte del Ministero dei LL.PP. o da parte del Provvedito1e 00.PP. (2) ~ I II ~ 1z rl ~=-~ fil'"' Ii 1ii I !iil M Ml;,:;, l'j. ~ ,, ., 0 (:: (1-2) Sulla prima massima cfr. Sez. IV, 29 novembre 1958, n. 953, Il Consiglio di Stato, 1958, I, 1295; nella seconda cfr. Sez. IV, 15 marzo 1967, n. 78, ivi, 1967, I, 367. ~ii~ SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 gennaio 1970, n. 92 -Pres. Giannattasio -Est. Alibrandi -P. M. Caccioppoli (conf.). Ditta Piazza Battista di Piazza Ubaldo e C.S.A.S. (avv. Guerra) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Tracanna). Societ -Societ di fatto -Trasformazione in societ in accomandita semplice -Ammissibilit. (e.e., artt. 2498 ss., 2247, 2297, 2;313). Societ -Societ di fatto -Volont dei soci di re~olarizzarla -Estinzione della societ -Incompatibilit. (e.e., artt. 2498 ss., 2308 ss., 1362). Imposta di Re~istro -Societ di fatto -Trasformazione in una societ di persone -Imposta di enunciazione di convenzione verbale e imposta di trasformazione -Applicabilit. (r.d. 30 dicembre 1923, n . .3269, art. 62, secondo e terzo comma; tariffa all. A, artt. 81 e 83). La disposizione contenuta nelL'art. 2498 c. c. relativa alla trasformazione di una societ di persone in una societ di capitali, si applica sia alla societ in nome coUettivo non 1egolarmente costituita che si trasformi in una societ di capitali, sia all'ipotesi di una societ di fatto che si trasformi in .uno dei tipi legali. di societ di persorne (1). La volont dei soci di regoLarizzare una societ di fatto in un tipo legale di societ incompatibile con la volont di estinzione della stessa, ove risulti accertato dal giudice di merito, con giudizio insindacabile in cassazione, la persistenza dell'identit soggettiva dei soci ed oggettiva dei beni patrimoniali, l'identit dell'oggetto sociale e la mancanza di liquidazione effettiva di tutti i rapporti giuridici coi terzi (2). (1~3) Regolarizzazione di societ di fatto e imposta di registro. La Corte di Cassazione, nella sentenza in esame, ha ribadito il suo noto positivo orientamento sull'ammissibilit nel nostro ordinamento delle trasformazioni di societ irregolari e di fatto in tipi di societ legali regolate dal codice civile. Tale orientamento, iniziatosi con la sentenza 18 .. .. ':?'ffe:>.=:~=/./.:Y.%W.-:W"W..:::::w.1ff.W-/.'"'''"''1""'''f.'>::w~0n<'.:::w-="..w.-M'="",.,,z-%=='.W.::W.::?::,...:::>~::::::wz.:-..::~.,,,.~==w.'{"''"z..::mw.vm"'""'"'"J.m>;:;aw.7"x~~::m.=J v.,w-..:-;NfP/.1.=W:tf?t'*.t?-rM=frit(W.:::"Ji@.:::=-&tif4.?.?d(t1'.f.??0Wif:::ffx~V#&W'.iffe.tNpf&iftf:ftJ.t%Vtf'.i%li:W4fi.fifgf.%:=Jff.i@q:.-=r&r@~rg"' 606 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dovuta, oltre all'imposta sulla trasformazione, anche l'imposta sull'enunciazione della societ di. fatto contenuta nell'atto con cui i soci manifestano la volont di regolarizzarla in un tipo di societ previsto dalla legge, non comportando tale intento la estinzione della societ enunciata nell'atto (3). (Omissis). -Con il primo motiyo del ricorso la soc. Piazza Battista, denunziando la violazione dell'art. 2248 c. c., in relazione all'art. 360 n. 3 c. p. c., si duole che la Corte del merito abbia ritenuto ammissibile la trasformazione di una societ di fatto in una societ in accomandita semplice. Deduce la ricorrente che la sentenza impugnata, facendo erronea applicazione dei principi giuridici che presidiano la trasformazione e l'estinzione delle societ commerciali, non ha considerato che la tra- aprile 1958, n. 1268 (annotata in senso sfavorevole dal BIANCHI D'EsPINOSA in Giust. civ., 1958, I, 1045) ha incontrato resistenze sia da parte della dottrina che da parte della giurisprudenza di merito. (Per la dottrina: oltre al BIANCHI D'ESPINOSA cit. v. MESSINEO, Manuale di diritto civile e commerciale, vol. III, Milan(), 1953, p ..551; ROMANO-PAVONI, Le deliberazioni delle assemblee delle societ, Milano, 1952, p. 235 ss.; MossA, Trattato del nuovo diritto commerciale, vol. II, Padova, 1951, p. 611; BRACCINI, in nota a Comm. Centr. 9 gennaio 1963, n. 93841, in Dir. e pr. tributaria, 1964, II, 113; e 1968, II, 903; per la giurisprudenza: Trib. Brescia, 11 febbraio 1963, in Foro pad., 1963, I, 577; Trib. Firenze, 14 marzo 1966, in Giust. civ., 1966, p. 1016, con nota di GIANNATTASIO, nella quale si auspicava un interv ento delle S.U. della Cassazione. Costantemente contraria alla tesi della sentenza. annotata la giurisprudenza della Commissione Centrale delle imposte, la quale ha ritenuto applicabile l'imposta di costituzione in tutti i casi di trasformazione di societ irregolari e di fatto in societ regolari: cfr. le decisioni citate in nota a Cass., 25 maggio 1966, n. 1347, in Foro it., 1967, p. 607, ma in senso contrario ora Comm. Centr., 24 aprile 1969, n. 3431, 6966, in Comm. Centr. imp., 1969, I, 410; Comm. Centr., 7 luglio 1967 ,n. 43803, in Rep. foro it., 1968, voce Registro, n. 266). Peraltro, la giurisprudenza della Cassazione costante nel senso della ammissibilit della 'trasformazione di una societ di fatto o irregolare in una societ avente personalit giuridica (cfr. Cass., 26 luglio 1968, n. 2708, in questa Rassegna, 1969, I, 88, con nota di FAVARA; Cass., 3 luglio 1967, n. 827, in Foro it., 1967, I, 1215, con nota di RoVELLI; Cass., 11 giugno 1968, n. 1849, in Riv. leg. fi,sc., 1969, 135; Cass., 25 maggio 1966, n. 1340, in questa Rassegna, 1966, I, 1301, con nota di Pagano; Cass., 18 maggio 1967, n. 1070; Cass., 16 febbraio 1966, n. 482, in Mass. Foro it., 1966, p. 159; Cass., 18 ottobre 1966, n. 2502, in Riv. leg. fi,sc., 1967, p. 255; Cass., 25 maggio 1966, n. 1347, in questa Rassegna, 1967, 120 e in Foro it., 1967, p. 607, con nota redazionale), ed ora ha esteso tale principio, con l'annotata sentenza, anche alla trasformazione di una societ di fatto in una societ di persone (nella specie in accomandita semplice) affermando che anche tale tipo di trasformazione si deve ritenere previsto e regolato dall'art. 2498 e.e. Ne deriva che la c.d. regolarizzazione della societ di fatto la quale assuma la for,ma di una delle societ tipiche del codice civile non comporta m!fffifil;&&011mr12J.XmrttwI1wtWITf&tffitt1F&mrm:&t&W1tffifv~&r~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 607 one consentita soltanto tra societ costituite secondo le norme il quale non prevede e non disciplina la societ di fatto, esprese designa soltanto un insieme di rapporto al quale il nostro ~nto giuridico, che determina i tipi legali delle societ, non ~ natura societaria. LOtivo non fondato. mdo la giurisprudenza di questa Corte Suprema, la disposizione a nell'art. 2498 cod. civ., relativa alla trasformazione di societ 1e in societ di capitali, si applica sia alla societ in nome colon regolarmente costituita che si trasforma in societ di capi t. n. 1268 del 1958, sent. n. 2502 del 1966 e sent. n. 827 del :i alla societ di fatto che si trasforma in societ a responsabilit ne della prima societ e la creazione di un nuovo centro di im! di diritti e di obblighi, avendosi soltanto la continuazione della mciet la quale, in una nuova veste, resta titolare dei rapporti patrimoniali da essa costituiti prima della trasformazione. biezione che la trasformazione presuppone una societ regolar1stituita mentre la societ di fatto non prevista dalla legge, la le risponde richiamando gli artt. 2297 e 2317 e.e. secondo i quali ~t che non iscritta nel registro delle imprese si estendono le mi relative alla societ semplice nei rapporti con i terzi, mentre ~ggi (art. 4, 1. 17 febbraio 1968, n. 57) hanno espressamente previsto di fatto o irregolari equiparando la c.d. regolarizzazione alla tzione regolata dall'art. 2498 e.e. esi della Cassazione appare esatta ove si tengano presenti due da ritenersi ormai acquisiti nel diritto delle societ, dei quali il mlve in senso positivo il problema dell'ammissibilit e della riletridica nel nostro ordinamento delle c.d. societ di fatto, da tenere wncettualmente distinte dalle societ irregolari per mancata iscri! registro delle imprese, anche se a queste sono accomunate da regole giuridiche nei rapporti con i terzi; il secondo riguarda di applicazioni dell'art. 2498 e.e. nel senso che la possibilit della 1zione in senso tecnico deve essere compresa e limitata entro l'am a causa societaria i cui elementi sono da individuarsi nella le dell'art. 2247 e.e. missibilit nel nostro ordinamento giuridico delle c.d. societ di iva dal fatto che nelle societ organizzate su base personale il sociale non di per s un contratto formale, e la redazione del itto nella societ in nome collettivo o in accomandita semplice ta non per esigenze di forma o di prova, ma unicamente quale sto della pu}?blicit legale, per cui, per la costituzione di un rap societ, basta che vi sia il conferimento di beni o servizi da parte pi persone per l'esercizio in comune di un'attivit economica dividerne gli utili (art. 2247 e.e.). ci sia realizzato, pu dirsi che si realizzata una societ, mentre ~ealizzare altri requisiti voluti dalla legge (in genere requisiti for : aversi una societ di un dato tipo. 11 ch ormai pacifico in giurisprudenza che ai fini dell'esistenza 609 II :rmazione ~ ta. societ -ffe. lsta obie- I quali r i ] ~tendono, ~ iPOSiziop.i i secondo principi ~ varsi che \roJ.azioni b. per le i. estende (rregolari tituita in provveda ~ontenuto I Ua strut ~ io il con % t ~ ~lla legge e.e., ma ! ~ppresen ! :; i ~a societ )n si tra~ cando di ; un tipo itali un 29 mag::. ~te nella ~n unico ~ un tipo!r il solo !prese, si ronti dei i rapporti il diverso locit i;n lo per le ~rtt. 2297, ~do com..; e societ rispettii: l societ e. ver ideniolare, ha - 610 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO che dopo la data di entrata in vigore della legge stessa (cto quella del 1965) si regolarizzino mediante atto assoggettato alla registrazione con il pagamento delle relative imposte> (art. 4 comma I), equiparando, agli effetti fiscali, la c. d. regolarizzazione delle societ di fatto ed irregolari alla trasformazione della societ ex art. 2498 c. c. Ben vero che questa norma, di carattere innovativo, non applicabile nel caso in esame, essendo entrat in vigore successivamente all'atto di regolarizzazione dell'll febbraio 1960. Tuttavia essa, facendo particolare applicazione nel campo tributario di una regola di pi ampia portata, propria del diritto comune, sta ad indicare che il sistema della legge in materia di societ non respinge la possibile trasformazione di una societ di fatto in societ di persone, conforme ad un modello legale. Con il secondo motivo del ricorso la soc. Piazza, nel denunziare, in relazione all'art. 360 n. 3 c. p. c., la violazione degli artt. 1362 ss. c. c., dato adito alla giuirisprudenza prevalente della Commissione Centrale che, non ritenendo possibile una trasformazione da una societ irregolare ad una regolare per l'assorbente motivo che la prima non un dato tipo di societ ma solo una societ gi tipica sia pure irregolare, ha ritenuto applicabie solo l'imposta di costituzione, ove detta imposta non fosse stata corrisposta in precedenza, nel caso di regolarizzazione di una societ di fatto in una regolare di p,ersone. (V. R. BRACCINI, in Dir. e pr. trib., 1968, II, 908). Ma, se tale tesi pu ritenersi esatta per la regolarizzazione di una societ, di persone irregolare che si iscriva nel registro deUe societ, perch tale atto non implica trasformazione, ove la c.d. r,egolarizzazione avvenga per una societ di fatto, l'atto implica una trasformazione strutturale e formale dell'organismo sociale. Infatti la trasformazione prevista dall'art. 2498 e.e. implica un mu- tamento di struttura della societ che assume una forma diversa corrispondente ad un diverso tipo sociale senza perdere la sua individualit. La legge prevede, attraverso la modifica del contratto sociale e ove esista dell'atto costitutivo, che una societ muti la sua forma senza che essa per diventi un'altra societ, in modo che prosegua la sua esistenza come organismo economico-giuridico senza soluzione di continuit, mutata solo nella forma. Ci possibile anche per la societ di fatto perch essa partecipa della causa societaria . Infatti la trasformabilit nel nostro ordinamento opera solo nell'ambito della causa sociale e del tipo contrattuale di societ poich, ~ . fermi restando i caratteri costanti della causa sociale previsti nell'art. 2247 e.e. per tutti i tipi di societ, vengono ad essere mutati i c.d. elementi variabili della causa come ad es.: la responsabilit dei soci, la partecipazione dei soci all'amministrazione, l'acquisto della personalit giuridica, ') l'autonomia patrimoniale (v. SIMONETTO, Trasformazione e fusione delle societ, in Comm. Scialoia e Branca, pp. 34). E proprio perch la legge (art. 2437 e.e.) indica la trasformazione come una delle modifiche, sia pure gravi, dell'atto costitutivo, la volont dei soci di trasformare la societ incompatibile con la volont di estinguere la medesima, creandone un'altra di tipo diverso. Esattamente la Cl:!ssazione ha ritenuto che, ammessa in via generale la :: ffil?~~-Rrfrf&ift-Thf@I&triffili&r*Z*ifm&filfilii&irim;w&r&i}.:i{i}.:=:&==='4 PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 611 lamenta che la Corte del merito, esaminando il contenuto negoziale dell'atto pubblico 11 febbraio 1960, sia incorsa nella violazione delle norme di legge sulla interpretazione dei contratti. In particolare, sostiene la ricorrente che il giudice d'appello, malgrado il chiaro tenore delle clausole inserite nell'atto, abbia erroneamente inteso la volont delle parti nel senso della trasformazione della societ di fatto, senza la sua contestuale estinzione, mentre tale volont -a dire della ricorrente -era univocamente diretta ad estinguere la societ di fatto ed a conferire i beni patrimoniali di questa nella societ in accomandita semplice, costituita ex noyo con l'atto di regolarizzazione sopra indicato. La censura non si ravvisa fondata. Premesso che insindacabile in sede di legittimit l'accertamento del giudice di merito secondo cui una societ commerciale la trasformazione di altra gi esistente e non gi una societ nuova, con estinzione di quella precedente (Cass. 15 febbraio 1958, n. 504), rilevasi che la trasformabilit di una societ di fatto in una di persone .regolare, tale questione in concreto sia da risolvere in base all'interpretazione delle clausole contenute nell'atto modificativo. Infatti lo stesso risultato economico giuridico si pu raggiungere sia attraverso la modificazione della struttura sociale in una di diverso tipo, che con l'estinzione della precedente societ e la creazione di una nuova di tipo diverso. Ma ove tutti gli elementi essenziali della societ precedente non risultino mutati dall'atto deliberativo di trasformazione, n la societ suddetta sia stata posta in liquidazione effettiva, e non solo formale, di modo che tutti i rapporti con i terzi e con i soci non siano stati definiti, evidente che non potr mai parlarsi di estinzione del vecchio organismo, e creazione del nuovo, ma solo di trasformazione della sua forma in altra di tipo diverso con continuazione della sua esistenza. Seguendo un costante orientamento giurisprudenziale la sentenza annotata ribadisce che per aversi estinzione di una societ non solo debbono mutare i suoi elementi strutturali (ma dubbio che il mutamento di alcuni degli elementi strutturali, ad es. dell'oggetto sociale, possa comportare l'estinzione), ma la societ deve aver definiti i rapporti giuridici con i terzi e con i soci, rapporti che ad essa facevano capo (art. 2456 e.e., Cass. 30 aprile 1969, n. 1396), attraverso la procedura della liquidazione che per la societ regolare termina con la concellazione della societ dal registro delle imprese. Ove invece non solo non avviene tale liquidazione, ma i soci prevedono nell'atto deliberativo che la nuova societ subentri in tutti i diritti e gli obblighi della precedente, non vi pu essere dubbio che si di fronte ad un atto di trasformazione di struttura e non ad un atto estintivo della societ, con esclusione di una successione tra gli enti. Gli aspetti privatistici sopra delineati in via generale sulla trasformazione delle societ, danno conto dell'esattezza della terza massima della sentenza in esame, poich la tassazione dell'atto modificativo con l'imposta pi farevole sulle trasformazioni sociali (art. 83 tariffa allegato A alla legge di registro), ma anche, ove si tratti di societ di fatto non precedentemente tassata, con la c.d. tassa di enunciazione, diretta conseguenza della considerazione che con l'atto modificativo non si verificata 612 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sentenza impugnata ha ampiamente motivato, senza incorrere in errori logico-giuridici, in ordine alla esclusione della prospettata estinzione della 'societ di fatto. Invero, la Corte del merito, dopo aver rilevato che la manifestata volont delle parti, di regolarizzare la societ, facendole assumere una veste cnforme ad un tipo legale, era incompatibile con la volont di estinguere la societ medesima, si data carico di sottolineare che l'identit soggettiva dei soci, quella oggettiva dei beni patrimoniali e l'immutata destinazione di questi nell'ambito di un medesimo oggetto sodale dimostravano la ininterrotta continuit tra i due enti societari. Ed ha appropriatamente aggiunto che il subingresso di una societ in tutti i diritti e gli obblighi che facevano capo ad altra costituiva sicuro indice della volont dei soci, diretta a trasformare l'originaria societ, _in quanto la fattispecie concreta risultante dall'atto di regolarizzazione ben poteva essere ricondotta nella previs\one di cui all'articolo 2498 cod. civ. La Cor>te d'appello ha anche correttamente dimostrato che alla clausola n. 7 dell'atto di regolarizzazione, relativa al dichiarato intento dei soci di estinguere la societ di fatto -clausola 'sulla quale, anche in questo giudizio fa in particolar modo ~eva la difesa della ricorrente '-non poteva attribuirsi quel valore riconosciutole dal Tribunale, osservando, anzitutto, che detta clausola era in contrasto con la volont l'estinzione del precedente ente sia pure di fatto, ma la sua trasformazione in un altro ente societario di tipo diverso. noto che l'art. 62 della legge di registro richiede per la tassabilit delle onvenzioni verbali enunciate in un atto scritto che queste, oltre alla enunciazione in un atto soggetto a registrazione, siano in connessione diretta con l'atto enunciante, e che non siano gi estinte o si estinguano con l'atto che contiene l'enunciazione. Oltre questi requisiti la giurisprudenza costantemente richiede che l'enunciazione contenga tutti gli elementi per individuare la natura e il contenuto della convenzione verbale enunciata e che l'atto enunciante sia stipulato dalle medesime persone tra le quali intervenuta la convenzione verbale, (v. Cass., 25 maggio 1966, n. 1340, in questa Rassegna, 1966, p. 1301, con nota critica di PAGANO; Cass., 8 gennaio 1968, n. 32; Cass. 4 giugno 1968, n. 1682, in Foro it., 1968, I, 2359, con nota di richiami). Pertanto una volta ammesso che la c.d. regolarizzazione della societ di fatto in un tipo legale di societ costituisce un semplice mutamento della precedente organizzazione e non gi la creazione di un nuovo ente, all'atto deve essere applicato non solo il regime tributario della trasformazione della societ (art. 83 della tariffa allegata A), ma, ove la soci-et di ftto non abbia scontato la tassa proporzionale di costituzione, deve essere sottoposta a quest'ultima perch enunciata per la prima volta nell'atto modificativo, il quale non solo non la estingue, ma si presenta come un atto ricognitivo di una situazione di fatto che ha in s tutti gli elementi di una organizzazione economica giuridica societaria sia pure irregolare, che lo stesso atto modificativo provvede a regolarizzare. M. DIPACE PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 613 di regolarizzare la societ, in precedenza manifestata dalle parti, e, in secondo luogo, che con essa i soci non potevano realizzare l'estinzione della societ di fatto, stante la pendenza di debiti e di crediti che a questa si ricollegavano, cme risulta dalla situazione patrimoniale esposta nello stesso atto pubblico dell'll febbraio 1960. Tale rilievo fatto dalla Corte del merito giuridicamente corretto e si uniforma ad un principio giurisprudenziale ormai consoli.dato per cui la societ non si estingue . se non si verificata la liquidazione effettiva, e non soltanto formale, di tutti i rapporti giuridici che ad essa facevano .capo (cosi, da ultimo, Cass. 30 aprile 19619, n.. 1396). Tale considerazione priva di efficacia anche un altro argomento svolto dalla ricorrente la quale sostiene che dall'omessa liquidazione della societ di fatto non possibile dedurre una circostanza impeditiva della sua estnzione, sottolineando che, rispetto alle societ di persone, il procedimento formale di liquidazione non prescritto dalla legge in modo assoluto, ma costituisce una .fase facoltativa nella vita di detta societ, che pu essere disposta nell'esclusivo interesse dei soci, ma questi possono evitarla pervenendo all'eStinzione dell'ente sociale attraverso una divisione consensuale. Infatti, tale argomento non , nella speie, rilevante, dato che, come ha incensurabilmente accertato la Corte del merito, con valutazione di sua esclusiva competenza, alla data del1' 11 febbraio 1960 erano ancora pendenti rapporti di debito che si riferivano alla societ di fatto, onde, indipendentemente dalla liquidazione con .i suoi adempimenti forII).ali, l'estinzione dell'ente societario non avrebbe potuto comunque avverarsi, perch tale evento richiede che l'elemento formale corrisponda a quello sostanziale, cio alla realt giuridica effettiva, secondo il principio giurisprudenziale pi volte affermato, che stato sopra richiamato. Con il terzo motivo la societ ricorrente, denunziando .la vi6lazione dell'art. 62 comma 3, della legge di registro (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269), in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., si duole che la Corte del merito non abbia ritenuto esente dall'imposta di registro l'enunciata costituzione della societ. di fatto, sebbene la convenzione a questa relativa si estinguesse con l'atto di regolarizzazione dell'll febbraio 1960 che ne conteneva l'enunciazione. Sostiene, pertanto, la societ ricorrente che la Corte d'appello ha malamente ritenuto non applicabile l'esenzione dall'imposta prevista nel citato art. 62 n. 3. Anche questo motivo di ricorso non fondato. Nel sistema della legge di registro, se una convenzione verbale enunciata in un atto scritto, resta soggetta anch'essa all'imposta (c.d. tassa di enunciazione) quando presenti una diretta connessione con il contenuto dell'atto enunciante. Questa disposizione -che, come noto, trae il suo fondamento da un principio gi espressamente formulato nel codice civile del 1865 (art. 1318), secondo cui l'atto scritto fornisce la 614 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO prova anche della convenzione verbale in esso enunciata -non applicabile allorquando quest'ultima sia gi estinta o si estingua per effetto dell'atto stesso che la enuncia (art. 62, comma 3, legge organica di registro). Ora, nel caso di ispecie, la censura contenuta nel mezzo che si esamina muove dal presupposto che per effetto dell'atto di regolarizzazione dell'll febbraio 1960 si sia verificata l'immediata estinzione della societ di fatto. Tale presupposto, per, non esatto per i motivi svolti nell'esame del secondo mezzo. Invero, senza ripetere le considerazioni di cui sopra, sufficiente osservare che l'esenzione prevista dal citato art. 62 n. 3 postula la estinzione della convenzione relativa alla societ di fatto, mentre tale evento , nella specie, escluso non solo dal contenuto nego-, ziale dell'atto di regolarizzazione, secondo l'interpretaz.ione datane dalla Corte del merito, con motivazione adeguata ed immune da errori logicogiuridici, ma anche dalla circostanza, pure incensurabilmente accertata in sede di merito, secondo cui alla data dell'll febbraio 1960 erano pendenti rapporti di debito della societ, circostanza che ostava al verificarsi dell'estinzione della societ medesima, come stato in precedenza chiarito. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 febbraio 1970, n. 243 -Pres. Pece Est. Boselli -P. M. Cutrupia (conf.). Grassi e Timpanaro (avv. Famiani) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). Imposte e tasse in genere -Riscossione -Ingiunzione fiscale -RequisitiNecessit della menzione della causa del credito -Limiti. (legge 14 luglio 1866, n. 3121; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 144, secondo comma; istr. min. 10 settembre 1866, art. 86). Imposta di registro -Benefici fiscali legge regionale siciliana n. 11 del 1954 -Fallimento dell'acquirente e trasferimento dell'area edificabile agli assuntori del concordato -Decadenza dai benefici fiscali -Obbligazione degli assuntori per le imposte normali -Sussiste. (1. reg. sic. 28 aprile 1954, n. 11 artt. 2, 9; 1. reg. sic. 18 ottobre 1954, n. 37. art. 1; r.d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 135. 184). Elemento essenziale delt'ingiunzione fiscale, quale atto amministrativo col quale l'ente pubblico accerta un proprio credito e comanda al debitore di soddisfarlo, la indicazione della causa del credito la quaie pone il contribuente in grado di stabilire se quanto gli viene richiesto sia dovuto. A soddisfare tale esigenza formale sono idonee anche le for PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 615 mule sintetiche adottate dagli uffici impositori purch sufficienti a rendere noto all'intimato il presupposto di fatto e di diritto dell'ordine amministrativo (nel caso di specie si sono riteniite idonee a soddisfare la menzione della causa creditoria l'indicazione nell'ingiunzione del negozio che si intendeva in concreto perseguire e ei soggetti che l'avevano stipulato) (1). Nel caso di trasferimento di un'area edificabile, il cui acquisto aveva goduto di agevolazioni fiscali (nella spede quelle previste dall'articolo 2 della legge regionale siciLiana n. 11 del 28 aprile 1954), dalL'acquirente fallito agli assuntori del fallimnto per concordato, quest'ultimi sono tenuti al pagamento delle imposte normali, in quanto la decadenza dalle agevolazioni fiscali concesse sul primo atto, deve farsi risalire ad epoca anteriore al concordato, essendo il fallimento dell'acquirente valso ad occertare come il fallito versasse di gi in condizioni da non poter adempiere a nessuna delle condizioni cui era subordinato il godimento delle agevolazioni fiscali concesse (2). (Omissis). -Col primo motivo del ricorso -denunziando violazioni: dell'art. 144, comma secondo, della ,legge 30 dicembre 19'23, n. 3269 -i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per avere respinto l'eccezione di nullit della ingiunzione fiscale loro intimata, affermando apoditticamente che la stessa non conteneva una precisa indica1 zione d~lla causale del tributo, laddove -essendosi con l'atto not. Pellizzi del 4 aprile 1956 (cui l'imposta aveva riferimento) operati da parte dei <:ignori Bonaiuto due distinti trasferimenti di aree fabbricabili, l'uno a favore del Costanzo e l'altro a favore dei germani Caviezel -il rich;amo contenuto nell'in~iunzione a tale atto rendeva lecito il dubbio (1) La prima massima conferma l'ormai pacifico orientamento giurisprudenziale secondo cui, essendo l'ingiunzione fiscale un atto amministrativo, elemento essenziale dell'atto bench non espressamente previsto dall'art. 144 l.r. deve ritenersi la motivazione, la quale pu essere succinta, purch sia idonea a far conoscere la norma giuridica o il fatto su cui il provvedimento si fonda. Nell'ingiunzione fiscale la motivazione si traduce nella pura e semplice indicazione della causa del credito che, come ha precisato la sentenza annotata, pu desumersi dall'indicaziOne dei soggetti passivi e del negozio cui l'imposta si riferisce. Sulla natura giuridica dell'ingiunzione fiscale e sul giudizio di opposizione; v. Cass., Sez. Un., 9 ottobre 1967, n. 2339, in questa Rassegna, 1968, p. 90 ss., con ampia nota di DI TARSIA e richiami di dottriri.a e giurisprudenza specie in nota n. 1; nonch Cass., 9 maggio 1969, n. 1581, ivi, 1969, I, 527, con nota di BAFILE; Cass., 23 gennaio 1969, n. 196, ivi, 1969, p. 499, con nota di VITALIANI; e Cass., 23 luglio 1969, n. 2775, ivi, 1969, I, 917, con nota di BAFILE. Sulla idoneit delle formule sintetiche contenute di solito nelle ingiunzioni fiscali, purch sufficienti ad individuare l'ammontare del debito d'imposta e la causa di esso, ad evitare la nullit dell'ingiunzione,-v. Cass., 616 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO SE.: l'Ufhcio intendesse richiedere le somme nascenti dalla decadenza del ;.apporto .Bonaiuto-Costanzo oppure quelle nascenti dalla decadenza dd rapporto Bonaiuto-Caviezel . Il motivo infondato. L'ingiunzione -recita il secondo comma dell'art. 144 Legge di Registro -consiste ne~l'ordine emesso dal componente Ufficio del Registro di pagare entro trenta giorni, sotto pena degli atti esecutivi, le tasse e sopratasse e le pene pecuniarie dall'Ufficio stesso indicate. Sebbene non espressamente richiesta dalla legge, dottrina e giurii. prudenza hanno ritenuto ugualmente conforme alla volont del legislatore (desumibile dall'art. 86 delle istruzioni ministeriali del 10 settembre 1866 impartite per l'esecuzione della Legge di Registro 14 luglio 18fi6, n. 3121 e del relativo Regolamento), non meno che alla intrinseca natura della ingiunzione, quale atto amministrativo col quale l'ente ?UbblLo accerta un proprio credito di denaro e comanda al debitore di soddisfarfo, e comunque rispo"ldente a criteri di logica e giustizia, che lemcni.o essenziale dell'atto sia la indicazione della causa del credito , dovendo il contrtbuente -di fronte ad un ordine siffatto essere :nesso in condizione di conoscere con la necessaria precisione non @ solo l'ammont\re del tributo ma anche la causale del debito, all'effetto :? . di .s1ab:1ire se quanto gli viene richiesto sia effettivamente dovuto. p . I ~:} In relazione, peraltro, alla funzione specifica di una tale indicazione, dottrina e giurisprudenza hanr.o ritenuto che, a soddisfare l'esigenza formale era accennata, pos:;;ano ritenersi idonee anche le formule sintetiche usualmente adottate dagli Uffici impositori, purch sufficienti a rendere noto all'intimato il presupposto di diritto e di fatto dell'ordine t amministrativo. .:.-...; -,~fil .:.. I I -~ 3 luglio 1968, n. 2214, in Riv. leg. fisc., 1969, p. 229; Comm. Centr., Sez. IX, 12 dicembre 1967, n. 46983, ivi, 1968, p. 1073; Comm. Centr., 28 ottobre ru 1964, n. 14123, in Rep. foro it., 1966 (voce Registro n. 660), nonch Cass., 9 maggio 1956, n. 1520, in cui per la prima volta si afferm che l'omissione dell'esplicita menzione della causa del debito non produce la nullit della ingiunzione fiscal, qualora detta causa fosse facilmente desumibile dal complesso degli elementi indicati nell'atto stesso, facendo applicazione dei II principi generali in tema di sanatoria della nullit dell'atto per raggiungimento dello scopo cui esso mirava. (2) La seconda massima, indubbiamente esatta nella conclusione del riconoscimento dell'avvenuta decadenza dai benefici fiscali previsti dalla Il legge regionale siciliana n. 11 del 1_954 nel caso di trasferimento. dell'area . edificabile agli assuntori per concordato del fallimento, lascia perplessi !I nella motivazione ov afferma che il trasferimento dell'area attuato merc il concordato agli assuntori del fallimento non implica decadenza del fal~ jj~~ lito dai benefici fiscali in questione. 1:~:~ Sembra esatto invece proprio il contrario, perch essendo pacifico che con il passaggio in giudicato della sentenza omologativa del concordato I~ r.:.:: li!], I J J 'll ' PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 617 I I Ci ~.,osto, non pan.: che ad un tal precetto non siasi ottemperato fil t nella specie sol perch il rogito not. Pellizzi del 4 aprile rn56, indicato & r: come pre<>upposto di fatto della pretesa tributaria, era astrattamente iu.oneo ad ingenerare equivoco mlla persona dell'obbligato avendo a suo fil i~ ..:ontenuto rion solo il trasferimento a favore del Costanzo (che si intenf; f; deva eoncretam1mte coi.pire) :na anche quello a favore dei germani Cc:.viezel. Infatti, ad elimillare ogni possibilit di dubbio in proposito, I era pi che sufficiente;, fra e o.ltre indicazioni, quella relativa appunto ai soggetti (Costanzo, Grassi e Timpanaro) del negozio che si intendeva concretamente perseguire. I E la riprova pi evidente della insussistenza della denunziata equivocit sta nel fatto che a proporre opposizione alla ingiunzione sono stati precisamente il Grassi ed il Timpanaro, ossia proprio coloro cui l'Amministrazione finanziaria intendeva rivolgere l'ordine di pagamento. Col secondo motivo i ricorrenti denunziano falsa applicazione dell'art. 135 legge fallimentare (con riferimento agli artt. 2 e 9 della Legge regionale siciliana 28 aprile 1954, n. 11, richiamat dall'art. 1 della Legge regionale siciliana 18 ottobre 1954, n. 37). Muovendo dalla duplice premessa: a) che il fallito Rosario Costanzo sarebbe decaduto dal beneficio fiscale di cui aveva fruito l'atto not. Pellizzi 4 aprile 1956, a sensi dell'art. 2 della Legge regionale siciliana n. 11 del 1954, per effetto di un evento (il ritrasferimento' ad essi assuntori dell'area acquistata con l'atto medesimo) distinto e comunque successivo alla apertura del fallil~1ento (6 ottobre 1958); si attua il trasferimento dei beni del fallito, acquisiti al fallimento, agli assuntori del concordato quale corrispettivo dell'accollo dei debiti del fallito da parte degli stessi,, nel caso in esame si verificherebbe la decadenza dalle agevolazioni fiscali di cui godeva il primo acquisto dell'ar.ea per la rivendita della stessa senza che siano state effettuate le costruzioni delle abitazioni non di lusso, dal primo acquirente, alla quale obbligazione il beneficio era vincolato. L'obiezione degli assuntori, i quali peraltro accettano la tesi della decadnza per trasferimento dell'area in seguito al concordato, secondo cui, essendo la decadenza in questione verificatasi dopo il fallimento, il debito d'imposta doveva considerarsi sorto in epoca successiva all'apertura del fallimento e perci al di fuori di quelli che essi si erano accollati, era facilmente superabile dall'ormai pacifico principio che nel caso in cui un atto goda di benefici fiscali vincolati al verificarsi di eventi futuri, il rapporto che si instaura con la concessione in via provvisoria dei benefici a percepire le normali imposte sotto condizione, essendo la sua efficacia subordinata al non adempimento da parte dell'acquirente dell'obbligazione cui vincolato il beneficio (es. quella di costruire). Da ci la natura complementare dell'imposta in caso di decadenza dalle agevolazioni per rivendita dell'area e la conseguenza logica che il credito delle finanze a per 618 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO b) e che, in caso di decadenza del contribuente da consimili benefici fiscali, il diritto della Finanza a percepire l'imposta non sorge alla data della registrazione dell'atto bens successivamente, a seguito del verificarsi della decadenza, il Grassi ed il Timpanaro assumono che -contrariamente a quanto affermato dalla Corte del merito -essi non potevano essere tenuti a corrispondere l'imposta loro richiesta con l'impugnata ingiunzione, dato che un tal debito, dovendosi --per le ragioni ora riferite -considerare sorto in epoca successiva alla apertura del fallimento, non poteva farsi rientrare nel novero di quelli che essi si erano.accollati col concordato del 14 aprile 1961. Il motivo deve essere respinto per la palese inesattezza della premessa (sub a) che ne costituisce il principale fondamento. Senza bisogno, invero, di riesaminare in questa sede il delicato problema relativo al momento in cui sorge il debito d'imposta ai fini della applicazione dell'art. 184 legge fallimentare, nonch della nozione di creditori anteriori al concordato in essa contenuta, allorquando -come nella specie -la pretesa tributaria pu esseve fatta valere solo per effetto di decadenza da benefici fiscali, non pu non reputarsi assorbente e decisiva, al fine di respingere l'assunto dei ricorrenti (secondo cui la decadenza in questione si sarebbe verificata successivamente alla data di apertura del fallimento), la considerazione -peraltro posta bene in evidenza dalla sentenza impugnata -che il trasferimento dell'area attuato merc il concordato, lungi dal determinare di per s la decadenza del fallito dal beneficio fiscale, aveva al contrario posto in evidenza come una tale decadenza dovesse farsi risalire ad epoca sicuramente anteriore al concordato, essendo valso ad accertare, in modo incontrovertibile, come il fallito versasse di gi in condizioni da non poter adem cepire l'imposta normale sorge al momento della registrazione dell'atto, bench non sia esigibile, perch sottoposto. a condizione del mancato adempimento dell'obbligazione di costruire (v. Cass., S.U., 27 giugno 1969, n. 2311, in questa Rassegna, 1969, p. 567 che fa il punto, in motivazione, della questione esaminata). Pertanto sarebbe apparso evidente che la decadenza dalle agevolazioni fiscali previste dalla legge regionale siciliana in questione, di cui godeva l'acquisto dell'area da parte del fallito, per il trasferimento agli assuntori del fallimento, avendo fatto venir meno la sospensione del pagamento della residua imposta normale, aveva fatto sorgere un debito sicuramente anteriore al concordato che rientrava tra quelli che gli assuntori si ~rano accollati. (Sulla natura giuridica dell'assuntore, del fallimento per concordato e degli effetti inerenti ai beni fallimentari, v. PROVINCIALI, Manuale di diritto fallimentare, vol. Il, par. 618 ss.; DI SABATO, L'assuntore del concordato fallimentare, Napoli, 1960; nonch da ultimo Cass., 6 giugno 1969, n. 1975, in Giust. civ., 1969, I, 1644; Cass., 11 maggio 1968, n. 1443, in Giur. 'it., 1969, I, 1, 739). M. DI PACE PARTE I, SEZ. V, GIURISPJ;tUDENZA TRIBUTARIA 619 re ad alcuna delle obbligazioni e condizioni cui era subordinato il limento delle agevolazioni concesse della citata Legge regionale siciDe per !la (art. 9 della legge n. 11 del 1954). le deci- Talch non poteva dubitarsi che l'imposta in questione, costituendo :i delle ragioni creditorie che erano rese esigibili per effetto stesso del ~ delle Limento, rientrasse nel novero di quei debiti ... anche se non insinua! raluta> non ancora ammessi, verso banche, istituti previdenziali, enti pub7 ago- ci in genere ed uffici tributari, etc.... di cui il Grassi ed il Timpanaro ~rano, col concordato del 14 aprile 1961, accollato il pagamento. Il ricorso deve pertanto essere rigettato ed i ricorrenti vanno con~ ifetto :uentemente condannati alla perdita del deposito ed alle spese del ~gosto ~sente giudizio di cassazione. -(Omissis). tuenti ~Iuta ,, 'que- I ~beni :: ' >RTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 26 marzo 1970, n. 82'4 -Pres. Flore Est. Geri -P. M. Trotta (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato bunSoprano) c. Biscardi. '1a1e, !di:fi, poste e tasse in genere -Commissioni tributarie -Controversie 954, di valutazione e controversie di diritto -Controversia sulla natura ~ssa agricola o edificatoria di un terreno - controversia di valutazione -Controversia sull'applicabilit delle leggi n. 1044 del 1954 pe, e n. 1706 del 1962 - controversia di diritto. ~io. (r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, artt. 28, 29, 30; legge 20 ottobre 1954, n. 1044; lor legge 22 novembre 1962, n. 1706). i:>la L'accertamento della. natura di un fondo, ai fini di stabilirne l'edifi~ tta >ilit o la rusticit, si risolve in una questione di fatto, nella quale va !za ~uto conto, caso per caso, dello stato dei terreni, in base aLla loro tura e caratteristiche unitamente a quelle della zona circostante, per iu: lurne se abbiano una effettiva e stabile destinazione agricola, oppure !e1 no utilizzabili, all'epoca del loro trasferimento, come m;ee edifi: te ;orie in relazione al fenomeno d.i espansione edilizia, alla loro ubica~ a 'ne ed accessibilit, all'esistenza in atto o in fieri di servizi pubblici tispensabili, di strade, fognature, acquedotti, condotture elettriche, alloro inclusione o meno nei piani regolatori, alla prossimit di centri ltati pi o meno importanti o di facile raggiungimento e cos via. 'ece controversia di diritto, devoluta in primo grado alla Commissione >vinciale -sezione di diritto -e in secondo grado alla Commissione itmle, quella relativa alla interpretazione ed applicazione concreta ile leggi n. 1044 del 1954 e n. 1706 del 1962 (1). (1-3) Sulle prime due massime la giurisprudenza ormai del tutto ~ifica sia sul punto che la questione sulla natura agricola o edificatoria 622 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO quale va tenuto conto, caso per caso, dello stato dei terreni, in base alla loro natura e caratt.eristiche unitamente a quelle della zona circostante, per dedurne se abbiano una effettiva e stabile destinazione agricola oppure siano invece utilizzabili, ll'epoca del loro trasferimento, come aree edificatorie in relazione al fenomeno di espansione edilizia, alla loro ubicazione ed accessibilit, all'esistenza in atto o in fieri di servizi pubblici indispensabili, di strade, fognature, acquedotti, condotture elettriche, alla loro inclusione o meno nei piani regolatori, alla prossimit di centri abitati pi o meno importanti o di facile raggiungimento e cos via. Si tratta insomma di un complesso di elementi, requisiti e fattori caratterizzanti, affidati al prudente apprezzamento del giudice al di fuori di ogni operazione di carattere giuridico, tenuto conto che la legge, nel riferirsi ai terreni, non offre alcuna definizione giuridica predeterminata della loro natura. Questo primo motivo tuttavia fondata in ordine al dispositivo ed a quella parte della motivazione, che prescrivono una valutazione del fondo, una volta qualificatolo agricolo, con .i coefficienti automatici. noto che l'applicabilit del sistema estimativo tabellare, di cui alla legge 20 ottobre 1954, n. 1044, dei terreni rustici, si verifica ai sensi della legge 22 novembre 1962, n. 1706 quando nell'atto soggetto a registrazione non sia stato dichiarato alcun valore ed indipendentemente dall'indicazione del prezzo contrattuale e qualora non sia stato espressamente dichiarato che i fondi hanno un valore inferiore a quello risultante dalle tabelle. Escluso che la denunziata decisione abbia fatto riferimento ai coefficienti automatici al fine, meramente strumentale, di stabilire quale avrebbe dovuto essere il criterio valutativo del fondo, cio se quello proprio del cosiddetto giudizio di congruit (art. 30 legge organica di registro) o quello tabellare medesimo, ma abbia viceversa voluto prescrivere finalisticamente il solo criterio tabellare, come si evince agevolmente dal senso della breve motivazione sul punto, devesi ricono quella della giurisdizione ordinaria e che la Commissione Centrale avesse una funzione analoga alla Corte di Cassazione e fosse dotata di un generale potere di sindacato di legittimit su tutte le Commissioni di merito; ci poteva significare che ogni organo di giurisdizione speciale fosse a se stante anche quando esista per alcuni di essi una subordinazione per gradi, analogamente e quanto si affermava per la Giunta provinciale amministrativa in sede giurisdizionale ed il Consiglio di Stato. Ed una riprova di ci si poteva vedere nel fatto che le decisioni involgenti questioni di difetto di potere delle Commissioni venivano adottate a Sezioni Unite. Nel tempo pi recente, per, pur essendo rimasto prevalente l'uso di devolvere, senza un'espressa motivazione, alle Sezioni Unite le dette que , , . ..:-: ~ ---. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 623 scere che una siffatta prescrizione si risolve in un giudizio di valore cio in una operazione giuridica direttamente rivolta alla applicazione della legge e quindi esclusa dalla comp~tenza della Sezione estimativa. Infatti, giusta il gi accennato tenore della legge 22 novembre 1962, : n. 1706, non basta, ai fini dell'applicazione dei coefficienti tabellari, che il terreno sia considerato agricolo, ma occorre un'ulteriore attivit di carattere esegetico ed accertativo per stabilire i limiti di applicazione della predetta legge. Sorgono cio, anche in presenza di fondi rustici, una serie di probiemi, i quali postulano uria certa soluzione, prima di poter ricorrere al sistema tabell::e di valutazione. necessario ad esempio individuare il significato e la portata del prezzo indicato nell'atto, esaminare se il contribuente, dichiarandone una misura inferiore a quella tabellare, abbia voluta: invocare il giudizio di congruit; determinare le conseguenze giuridiche della mancata richiesta (nei ricorsi alle Commissioni tributarie) di applicazione dei coefficienti; stabilire jl rapporto corrente fra prezzo e valore; interpretare infine quella parte del precetto legislativo, secondo cui si dovrebbe procedere a valutazione tabellare <~ indipendentemente dalla indicazione, nell'atto, di un prezzo contrattuale. Non v'. dubbio che tutte queste operazioni abbiano carattere in tutto o in parte giuridico e siano dirette alla applicazione della legge n. 1706 del 1962 in relazione a quella n. W44 del 1954. Come tali esse sono sottratte alla cognizione della Commissione distrettuale e di quella provinciale -Sezione estimativa -essendo invece espressamente devolute' in primo grado alla Commissione provinciale -Sezione giuridica -ed in secondo grado alla Commissione Centrale. La denunziata decisione deve perci, sul punto, essere cassata con - rinvio alla medesima Comm1ssione provinciale, affinch, sospeso il giudizio sulla valutazine, investa la Sezione speciale di diritto delle questioni giuridiche sopra indicate circa i limiti di applicabilit dei coefficienti tabellari cio in definitiva della legge n. 1044 del 1954. stioni, non sono mancate pronunce sulla stessa materia emesse dalla sezione semplice; ed anzi proprio la prima Sezione (6 giugno 1967, n. 1241, in questa Rassegna, 1967, I, 1046) ha affrontato in modo espresso il problema ed ha affermato che la ripartizione delle funzioni delle Commissioni implica una questione di competenza funzionale inderogabile ma non di giurisdizione; si'.ill stessa linea si collocano, anche se in modo meno esplicito, le decisioni della Sez. I, 6 giugno 1967, n. 1236 (Riv. leg. f,sc., 1967, 1998) e delle Sez. Un. 23 luglio 1969, n. '2780 (ivi, 1970, 183); nello stesso senso anche Comm. Centrale 11 gennaio 1967, n. 87440 (ivi, 1967, 1192). Di diverso avviso invece l'altra pronuncia delle Sez. Un. 5 aprile 1966, n. 874 (ivi, 1966, 1164). Ora la sentenza che si c_ommenta affronta apertamente il problema e con- IO RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Riolto questo problema nella appropriata sede sar poi ripreso il giudizio estimativo davanti al competente organo, che appunto la Commissione provinciale di rinvio. -(Omissis). II (Omissis). -Con il primo motivo la ricorrente Amministrazione finanziaria denuncia il difetto di giurisdizione della Commissione Centrale per le Imposte a conoscere della controversia in esame, e deduce che l'accertare, ai fini dell'applicazione dell'imposta di registro, se un terreno abbia natura agraria o edificatoria, importando la risoluzione di una questione di mera valutazione e non di diritto, spetta, in prima istanza, alle Commissioni distrettuali e, in appello, alle Commissioni provinciali. Il motivo fondato. Queste Sezioni Unite, invero, con le recenti sentenze 1 luglio 1968, n. 2207, 1 agosto 1968, n. 2737, 30 settembre 1968, n. 3026 e 10 febbraio 1969, n. 446, hanno definitivamente risolto la questione -che aveva dato luogo a notevoli dubbi e perplessit, tanto da determinare incertezze giurisprudenziali -relativa alla natura della controversia (se di diritto o di mera valutazfone) sulla qualificazione, come fondo rustico o area edificatoria, di un immobile oggetto di trasferimento tassabile. Con le suindicate decisioni, pur rilevando la possibilit di fattispecie del tutto particolari per le quali la soluzione potrebbe essere diversa, in quanto la natura del bene trasferito fosse desumibile direttamente dalla legge, queste Sezioni Unite hanno decisamente affermato che la qualificazione di un fondo come rustico o come area edificatoria, in quanto determinata da circostanze di solo fatto, non pu essere d~finita questione di diritto, e deve essere pertanto riservata alle Commissioni di valutazione. Da tale principio, la cui esattezza non pu essere contestata sia per l'impossibilit di ritenere di diritto una controversia per la semplice considerazione degli effetti giuridici che dalla sua soluzione derivano (applicabilit o meno della legge n. 1044 del 1954), sia per la concreta elude che sono questioni di giurisdizione non solo quelle in cui si discute se la lite debba essere decisa da un giudice ordinario o da un giudice speciale, ma anche quella nella qule si disputi se una controversia sia devoluta alla competenza giurisdizionale dell'uno o dell'altro dei giudici speciali ; affermazione questa autorevole e chiara sulla quale si dovrebbe pienamente convenire. Ma non si pu tacere che in altre recentissime decisioni si torna ad affermare che ogni questione sulla potest delle Commissioni investe non gi la giurisdizione ma la competenza (funzionale inderogabile). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 625 natura della controversia diretta a stabilire la categoria di appartenenza di un terreno, discende che nella fattispecie la Commissione Centrale, affermando che nel giudizio di valutazione dei terreni oggetto del trasferimento, dovesse applicarsi il criterio automatico stabilito dalla legge n. 1044 del 1954, anzich il criterio della stima del valore, ha valicato i limiti della propria giurisdizione, avendo risolto una questione di mera valutazione e non di diritto. Come, infatti, pi volte si affermato da questa Corte (cfr. da ult. sent. n. 2184 del 19 settembre 1967) il sistema della legge (titolo IV del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639) nel senso di devolvere le controversie in tema di valutazione alle Commissioni ordinarie distrettuali, in prima istanza, e provinciali in appello, composte secondo i criteri di cui agli artt. 24 e 25 del decreto n. 1639 del 1936, e,c;;cludendo per tali decisioni, emesse, cio, nel giudizio di valutazione, la possibilit di impugnativa davanti alla Commissione Centrale. N contro l'applicazione dei suesposti principi nel caso di specie vale obiettare, come si obietta dai resistenti, che fu la stessa odierna ricorrente ad adire la Commissione Centrale giacch, essendo la determinazione della giurisdizione sottratta alla disponibilit delle parti, del tutto irrilevante che la parte, che prospetta il difetto di giurisdizione in sede di Cassazione, abbia essa stessa adito il giudice di cui contesta la giurisdizione oppure abbia o meno sollevato la questione nelle pregresse fasi del giudizio, dato che il giudice stesso, indipendentemente dalle posizioni assunte dalle parti, tenuto a prendere in esame la questione quando, comunque, si prospetti. Che, poi, nella specie si tratti di una questione di giurisdizione, e non di competenza, non pare che possa dubitarsi, posto che, secondo la interpretazione pi accolta, alle norme dell'attuale codice di rito, in materia di giurisdizfone, si deve riconoscere un campo di applicazione pi vasto di quello proprio dei precetti della previgente legge 31 marzo 1877, n. 3761, per cui si devono considerare ricomprese tra le questioni di giurisdizione sottoposte alla disciplina del codice di rito non soltanto quelle nelle quali occorra stabilire se la pronuncia richiesta sia o meno riservata alla giurisdizione e quelle nelle quali si discute se una determinata lite debba essere decisa dal giudice ordinario o da un giudice speciale, ma anche quelle nelle quali si disputi se una controversia sia devoluta alla competenza giurisdizionale dell'uno o dell'altro dei giudici speciali. Il ricorso dell'Amministrazione deve essere, quindi, accolto in relazione al primo motivo, restando cos assorbito il secondo motivo che prospetta questioni di merito. L'impugnata decisione va, di conseguenza, cassata senza rinvio. -(Omissis). I I ~ I ~ I I i 1 I I ( l ~ I II 626 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 3 aprile 1970, n. 878 -Pres. Glannattasio -Est. Falletti -P. M. Gentile (conf.) -Santangeli (avv. Brugnoli) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Freni). Imposta di registro -Vendita contemporanea della nuda propriet e dell'usufrutto -Imposta di consolidazione a carico del nudo proprietario - dovuta. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 93 n. 5). Quando L'usufruttuario, dimettendosi daL suo diritto d'accordo col nudo proprietario, dichiari di trasferirlo ad un terzo, non si dd vita co1S aUa cessione deLL'usufrutto prevista daH'art. 980 e.e., La quale postula il permanente collegamento dell'usufrutto con la vita del cedente, ma sorge in tal caso, con l'assoluto distacco del diritto daila persona deL cedente, una situazione di rinuncia abdicativa che comporta, come conse.guenza immediata, La riunione delL'usufnitto con la nuda proprietd neUa persona stessa del nudo proprietario. Su questo pertanto deve gravare l'imposta di,consolidazione secondo l'art. 93 n. 5 della Legge di registro (1). (Omissis). -Con il primo mezzo i ricorrenti lamentano che la pronuncia impugnata abbia fatto erronea applicazione degli artt. 211, 86 e 91 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269 e degli artt. 980, 1014, 1350 e 2643 e.e. E svolgono nelle seguenti proposizioni le loro censure: a) la imposta di consolidazione ha carattere autonomo; il debito relativo sorgf' nel momento e in capo a colui che attualmente realizzi la riunione dell'usufrutto con la nuda propriet; non . quindi un'imposta che gravi q,b origine su colui che ha acquistato 1a nuda propriet, come parte della imposta dal medesimo dovuta per il suo acquisto; b) non vero che il (1) Sulla applicabilit della imposta di consolidazione a carico del nudo proprietario nel caso di vendita contemporanea dell'usufrutto e della nuda propriet a favore della stessa persona, la Corte di Cassazione aveva gi avuto modo di pronunciarsi affermativamente con le recenti sentenze 30 dicembre 1968, n. 4083, in Riv. leg. fisc., 1969, 1178 e 27 aprile 1968, n. 1297, ivi, 1968, 2340. Peraltro, con altra sentenza del 26 ottobre 1968, n. 3579, in Foro it., 1969, 1, 1943, la stessa Suprema Corte aveva limitato tale affermazione al caso in cui debba ritenersi, in base a valide risultanze, che l'usufrutto si sia consolidato nella persona del nudo proprietario prima della sua alienazione. ~ I . I Con la sentenza in esame la giurisprudenza inizialmente citata viene ora confermata, e di tale conforma non pu, non darsi atto con soddisfazione, essendo del tutto evidente che, nelle ipotesi di vendita contestuale dell'usufrutto e della nuda propriet in favore della stessa persona, l'acquisto di entrambi i diritti viene effettuato in considerazione della loro conso 11:j: lidazione come piena propriet, onde questa stessa che costituisce il presupposto di detto acquisto. I % .< ~~~ ~~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 627 consenso alla vendita da parte dell'usufruttuario si traduca nel consenso all'estinzione dell'usufrutto, cio alla sua consolidazione nel nudo proprietario; si verificano invece due trasferimenti: uno dell'usufrutto, l'altro della nuda propriet, ed entrambi intercorrono con l'acquirente; n pu supporsi l'effetto di una rinuncia, perch, riferendosi a diritti immobiliari, es.sa dovrebbe farsi per iscritto e sarebbe soggetta a trascrizione; c) l'imposta di consolidamento deve configurarsi come un obbligo soggetto non solo a termine ma anche a condizione: il nudo proprietario dovr pagare l'imposta se acquister il pieno dominio per un fatto giuridico non altrimenti assoggettabile a tributo, quale la morte dell'usufruttuario, la scadenza del termine finale, la prescrizione. Con il secondo mezzo i ricorrenti denunciano la violazione dell'art. 132 c.p.c., perch la Commissione Centrale, richiamandosi al prevalente indirizzo della propria giurisprudenza, non avrebbe motivato la sua pronuncia. Il ricorso non fondato. Si pu procedere dal secondo mezzo, la cui confutazione vale insieme a dimostrarne l'inconsistenza e ad escludere come superflue, progredite oltre i termini obiettivi e specifici della decisione impugnata, le tesi critiche svolte dai ricorrenti nel primo mezzo, sul principio di questioni inattuali e irrilevanti. La Commssione Centrale non si limitata a richiamare genericamente la propria giurisprudenza, ma ha qualificato in senso concreto questo argomento, adeguandolo ai rilievi (concisi sia pure ma esaurienti) di una fattispecie che presentava nel merito, intrinsecamente e particolarmente, le ragioni essenziali della propria soluzione. Invero, dopo il rilievo anzidetto, la Commissione ha osservato che di conseguenza anche nella presente fattispecie deve considerarsi avvenuto il consolidamento dell'usufrutto in capo al nudo proprietario nel momento in cui procedeva alla vendita del suo diritto contestualmente alla vendita del~ l'usufrutto da parte del rispettivo titolare, con trasferimento contemporaneo alla stessa persona . rimasto dunque accertato (ed ormai incontroverso) che nel rapporto de quo gli alienanti effettuarono il trasferimento contemporaneo e contestuale dei rispettivi diritti alla medesima persona, la quale pervenne cos ad acquisire immediatamente la piena propriet dell'immobile compravenduto. Contestualit dell'atto vuol dire -come la Com.missione ha ritenuto -che usufruttuario e nudo proprietario si sono accordati affinch le rispettive ragioni di godimento e di dominio passassero insieme all'acquirente, nella confluenza strumentale di un unico negozio e neU'o;rnogenea inter-ezza di un unico diritto. Se prima e sia pure nell'imminenza della stipulazione sussistevano, separati, usufrutto e nuda propriet; e se poi l'acquirente, per effetto appunto del contestuale negozio, ha subito acquistato, originale ed autonoma, la propriet piena dell'immobile (non la nuda propriet e l'usufrutto, sia pure insieme ma ancora distinti e destinati a riunirsi 628 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nella coincidenza della sua titolarit), ci significa che la riunione avvenuta in un momento anteriore, estinguendosi dunque l'usufrutto nella persona dell'alienante, che era nudo proprietario e . ne divenne consolidatario. A questo punto anche una considerazione d'ordine generale pu infine obiettarsi alle impostazioni critiche dei ricorrenti: che quando pure l'usufruttuario, dimettendosi dal suo diritto d'acco'l'do col nudo proprietario, dichiari di trasferirlo ad un terzo, non si d vita cos alla cessione dell'usufrutto prevista dall'art. 980 e.e., la quale postula tuttavia il permanente collegamento dell'usufrutto cori. la vita del cedente; ma sorge in tal caso, con l'assoluto distacco del diritto dalla persona del cedente, una situazione di rinuncia abdicativa che comporta, come conseguenza immediata, la riunione dell'usufrutto con la nuda propriet nella persona stessa del nudo proprietario: su questo pertanto deve gravare l'imposta di consolidazione, secondo l'art. 93 n. 5 della legge di registro (Cass. 27 aprile 1968, n. 1297). -(Omissis). COR'.I'E DI CASSAZIONE, Sez. I, 4 aprile 1970, n. 907 -Pres. Rossano Est. Alibrandi -P. M. Del Grosso (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano) c. Soc. F.A.R.I. (avv. Grenga). Imposta di re~istro -Societ -Rimessione di debiti dei soci verso la societ a scopo di risanamento -Animus donandi -Esclusione Tassabilit come conferimento. (r.d. 30 dicembre 192.3, n. 3269, art. 8 cpv.; tariffa all. A, artt. 81 e 85). La remissione di debiti dei soci verso La societ, determirnata al fine di riportare la societ in una situazione economico-finanziaria di normalit e al di fuori di ogni animus donandi, bench non prevista da u,na specifica voce delLa tariffa, tassabile, ai sensi deU'art. 8 cpv. deUa legge di registro, come conferimento di capitale (artt. 81 e 85 della tariffa), essendo destinata in modo esclusivo ad attuare gli scopi sociali e, attraverso questi, l'interesse patrimoniale dei soci (1). (Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso l'Amministrazione delle finanze denunzia, con riferimento a~l'art. 360 n.ri 3 e 5 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 81 e 85 della tariffa all. A della legge di (1) In senso conforme Cass., 17 maggio 1969, n. 1693, in Riv. leg. fis,c., 1969, 1948 e 3 luglio 1968, n. 2215, ivi 1969, 237, richiamate in motivazione. Giova per sottolineare che trattasi in ogni caso di pronuncie di specie, il quanto riferite agli accertamenti di fatto compiuti dai giudici di merito in ordine alla concreta esclusione dell'animus donandi. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 629 registro (r.d. 30 dicembre 1923, n. 326_9) e degli artt. 8 e 44 di questa legge, in relazione alla legge 12 maggio 1949, n. 206, nonch degli articoli 769, 2247, 2325, 2362 e 2438 ss. e.e. Deduce la ricorrente che i soci Martella e Bellucci non erano tenuti ad effettuare il loro intervento finanziario e che la rinunzia dei detti soci ai loro crediti nei riguardi della societ d luogo ad un vero e proprio atto di liberalit, in quanto la partecipazione alla societ del Martella e del Bellucci rimasta immutat. rispetto a quella precedente nei confronti degli altri soci che non erano intervenuti, punto questo decisivo della controversia non esaminato dalla sentenza impugnata. Aggiunge la ricorrente che, agli effetti dell'imposta proporzionale di registro, conferimenti sono solo quelli de:stinati ad incrementare il fondo sociale, in quanto si traducono nell'aumento del capitale della societ, onde la Corte del merito 1 incorsa in errore nel ritenere applicabile all'operazione di cui trattasi la imposta prevista dalla legge per i conferimenti. Il motivo non fondato. La questione giuridica sollevata dalla ricorrente gi stata esaminata, negli stessi termini e tra le medesime parti, da questa Corte suprema che ha escluso rispetto ad analoghe fattispecie, l'applicabilit della norma della legge sull'imposta di registro relativa agli atti di liberalit (cfr. sent. 3 luglio 1968, n. 2215 e sent. 17 maggio 19619, n. 1693). li'ondate si ravvisano tuttora le ragioni addotte nelle precedenti decisioni. L'atto cui si riferisce l'imposizione tributaria che viene in considerazione non nominativamente indicato nella tariffa allegata alla legge organica dell'imposta di registro (r.d. n. 32.69 del 1923) per cui d'uopo ricercare nella tariffa stessa, formulata secondo un criterio descrittivo, l'atto che presenti maggiore analogia, per la sua natura e per i suoi effetti, a quello in concreto posto in essere, secondo il criterio contenuto nel secondo comma dell'art. 8 della medesima legge. Questa norma muove dall'intento di assicurare la regolamentazione giuridica, agli effetti dell'applicazione dell'imposta di registro, di atti e rapporti che non rientrano in una determinata categoria di fattispecie tipiche, intento non diverso da quello che ispira ogni disposizione che prescrive l'applicazione della legge mediante ricorso a norme che regolano casi simili o materie analoghe (art. 12 comma 2, disp. prel.). La Corte del merito, seguendo tale criterio, ha ritenuto che la fattispecie di causa presenti caratteristiche analoghe sia al conferimento di somme di danaro, eseguito in occasione di costituzione o di fusione di societ (art. 81 ali. A), sia all'aumento di capitale in societ gi costituita (art. 85 ali. A), atti entrambi soggetti a tassa proporzionale. Tale apprezzamento la Corte d'appello ha esaurientemente motivato mettendo in evidenza che l'operazione compiuta dai soci Martella e Bel 630 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA nELLO STATO lucci, per la sua intrinseca natura e per i suoi effetti sulla situazione economica della societ, le cui passivit della gestione sociale venivano ad essere sanate, poteva assimilarsi agli atti previsti nei citati artt. 81 I e B5 della tariffa ali. A. D'altro lato, la Corte del merito ha escluso che l'atto dei soci suindi li cati, al quale si riferisce l'imposizione tributaria, possa, sulla base del criterio analogico previsto nel secondo Comma del citato art. 8, assimilarsi ad un atto di liberalit, mancandone l'elemento soggettivo ( animus donandi ). Ora, in materia di imposta di registro, il trattamento fiscale delle remissioni di debito pu essere ricondotto nella previsione di cui al menzionato art. 44 della legge di registro solo nel caso in cui il remittente si sia determinato all'atto esclusivamente per spirito di liberalit e cio quando all'obiettivit gratuita dell'atto si accompagni l'arricchimento dell'accipiensa, con corrispondente depauperamento dell'agente, effetti .-questi -che vanno concepiti l'uno in correlazione dell'altro, realizzando la causa della donazione (art. 769 e.e.). E tale volont dei soci Martella e Bellucci di porre in essere un atto di liberalit la Corte del merito ha escluso 'dopo aver individuato la ragione della operazione compiuta dai predetti soci nella finalit di riportare la soc. FARI ad una situazione economico-finanziaria di norma I lit, precisando che questo risanamento si era reso necessario sia per I evitare lo scioglimento della societ, sia per poter realizzare l'oggetto sociale e, quindi, la conseguente percezione d~gli utili, da ripartirsi secondo le disposizioni statutarie (art. 2328 n. 7 e.e.). In tale situazione, la Corte del merito ha ritenuto che l'operazione oggetto d'imposizione tributaria si presentava come voluta e destinata in modo esclusivo, con un rappprto di mezzo a fine, ad attuare gli scopi sociali e, attraverso questi, l'interesse patrimoniale dei soci, proprio e tipico di ogni specie di societ lucrativa, nella quale l'esercizio in comune di un'attivit economica svolto allo scopo di dividerne gli utili (art. 2247 e.e.). L'accennato fine specifico dell'operazione, accertato in sede di merito, esdude la causa donationis, facendo venir meno l'arricchimento di una parte con il correlativo depauperamento del1'altra. E vale, al riguardo osservare che l'ipotesi formulata nell'art. 44 della legge sull'imposta di regi~tro (donazione) corrisponde puntualmente alla fattispecie normativa delineata dal diritto comune (art. 769 e.e.), onde il problema della qualificazione dell'atto, ai fini del trattamento tributario, si ravvisa correttamente risolto dalla Corte del merito che ha fatto riferimento alla figura negoziale propria del diritto comune. La ricorrente, sempre al fine di dimostrare. l'esistenza dell'asserito atto di liberalit, .richiama la norma dell'art. 2325 e.e. e deduce che la FARI, quale societ per azioni, che risponde dei debiti sociali, mentre PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 631 gli azionisti Martella e Bellucci erano tenuti solo nei limiti delle loro rispettive quote. L'argomento non , per, rilevante, perch il fatto che i detti soci non fossero tenuti personalmente a reintegrare la perdita verificatasi nella gestione sociale, non esclude che l'operazione sia stata da essi posta in essere per un fine di loro, sia pure indiretta, utilit economica, e ci sufficiente per escludere l'elemento soggettivo della donazione. N ha fondamento la censura di difetto di motivazione su punto decisivo della controversia, mossa dalla ricorrente sul rilievo che la sentenza denunziata non ha preso in esame la circostanza che la partecipazione alla societ del Martella e del Bellucci, malgrado il loro intervento finanziario, fosse rimasta immutata nei confronti degli altri soci che non erano intervenuti, circostanza questa che, secondo la ricorrente, avvalorerebbe la configurabilit del prospettato atto di liberalit posto in essere dai due soci suddetti.. Invero, escluso l'elemento soggettivo della donazione, detta circostanza, anche se fosse stata presa in esame dalla Corte del merito, non avrebbe potuto condurre a decisione diversa da quella adottata. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 4 aprile 1970, n. 915 -Pres. Stella Richter -Est. Valore -P. M. Minetti (conf.) -Valenti (avv. Vannini) c. Ministero. delle Finanze (avv. Stato Freni). Imposta di registro -Atti compiuti dal falsus procurator e non ratificati -Natura -Efficacia traslativa -Esclusione. (e.e., artt. 1396, 1398 e 1399). Imposta di registro -Sentenza dichiarativa dell'inefficacia del contratto compiuto dal procuratore posteriormente alla revoca della procura -Imposta di retrocessione -Non dovuta. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 68; tariffa all. A, artt. 114 e 120). Il negozio rappresentativo compiuto dal falsus procurator un negozio soggettivamente complesso a formazione successiva, idaneo a produrre i suoi effetti subordinatamente al verificarsi della condicio iuris della ratifica da parte del dominus. Un simile negozio del tutto inidoneo ; a produrre il suo effetto traslativo in quanto inefficace ed , quindi, privo di qualsiasi rilevanza nei confronti dell'effettivo titolare del di! ritto (1). I (1-2) Con la presente sentenza la Suprema Corte ribadisce quanto gia affermato in materia con la sentenza 8 marzo 1969, n. 754 (in questa Ras- l I i ! I I 632 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La pronuncia giudiziale dell'inefficacia del contratto concluso dal falsus procurator (o dal rappresentante oltre i limiti dei suoi poteri) e non ratificato dal domnus, soggetta all'imposta fissa di registro e non gi a quella gradt1Jale o proporzionale stabilita dall'art. 68 legge di registro e dagli artt. 114 e 120 della tariffa all. A alla legge medesima. Ci vale anche nel caso di contratto dichiarato inefficace perch concluso dal rappresentante dopo la revoca della proura, dato che alla Finanza no1i pu 1iconoscersi la qualifica di terzo ai sensi dell'art. 1396 e.e., qualifica che spetta soUanto a coloro che sono parti contraenti del negozio giuridico o che, quanto meno, hanno col rappresentante contatti contrattuali (2). (Omissis). -La r1corrente, lamentando la violazione e falsa applicazione degli artt. 1372, 1396 e.e. e 68 ultimo comma della legge di registro, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., sostiene che l'Amministrazione finanziaria non poteva invocare la salvaguardia assicurata dall'articolo 1386 e.e. -e che conseguentemente era ad essa opponibile la sentenza che dichiarava l'inefficacia della vendita -in quanto i terzi contemplati dalla norma suddetta, nei cui confronti il rappresentante ha l'onere di far conoscere la revoca della procura, sono quelli con i quali andr a compiersi il negozio oggetto della procura medesima e non qualunque soggetto della collettivit (nei cui confronti, peraltro, non potrebbe neppure essere adempiuto l'onere di informativa)., La censura fondata. Premesso che la sentenza oggetto dell'imposizione ha dichiarato l'inefficacia del contratto perch quest'ultimo era stato stipulato da chi non aveva i necessari poteri, va ricordato che questa Suprema Corte ha ripetutamente chiarito (tra le decisioni pi recenti: 8 marzo 1969, n. 754; 28 ottobre 1967, n. 2668) che il negozio rappresentativo compiuto dal falsus procurator un negozio soggettivamente complesso a formazione successiva, idoneo a produrre i suoi effetti subordinatamente al verificarsi della condicio iuris della ratifica da parte del dominus. Si tratta, invero, di un negozio in itenere o in stato di pendenza, dato che manca il consenso necessario per la sua conclusione che, per, pu essere manifestato in un secondo momento attraverso la ratifica dell'operato del falsus procu:rator. Quindi un simile negozio del tutto inidoneo a produrre il ,suo effetto traslativo in quanto inefficace ed , quindi, privo di qualsiasi rilevanza ~ei confronti dell'effettivo titolare del diritto. segna, 1969, I, 300 con nota di R. SEMBIANTE alla quale si rinvia) e ne estende la applicaizone al caso del procuratore che agisce posteriormente alla revoca della procura, fornendo una interpretazione della norma dell'art. 1398 e.e. su cui non sembra possibile formulare riserve. PAR.TE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 633 Detto negozio non nullo e neppure annullabile, posto che ci che nullo privo di ogni potenziali~ di perfezionamento e posto che il negozio annullabile spiega i suoi effetti fin dal suo sorgere e li mantiene sino a quando non intervenga, eventualmente, la pronuncia che lo annulli e quegli effetti rimuova. Pertanto il negozio concluso dal falsus procurator non suscettibile di convalida ex art. 1444 e.e., ma solo di ratifica ai sensi dell'art. 1399 e.e. Di tali principi questa Corte ha fatto coerente applicazione nel campo di diritto tributario, statuendo che la pronuncia giudiziale della inefficacia del contratto concluso dal falsus procurator (o dal rappresentante oltre i limiti dei suoi poteri) e non ratificato dal dominus, soggetta all'imposta fissa di registro e non gi a quella graduale o proporzionale, stabilita dall'art. 68 legge Registro e dagli artt. 114 e 120 della tariffa all. A alla legge medesima, rispettivamente per le sentenze che comportino condanne r'elative ad oggetti valutabili ovvero trasmis sioni o retrocessioni della propriet. Ci perch la sentenza dichiarativa dell'inefficacia non contiene alcuna attribuzione di diritti o condanna o trasferimento di sorta, limitandosi, al contrario, ad accertare che il contratto, attraverso cui si sarebbe voluto trasferire la propriet, non mai giunto a conclusione, per il difetto del potere di disporre del diritto da parte di uno degli stipulanti, e per non essersi verificata la condicio iuris consistente nella ratifica da parte di chi avrebbe potuto disporne. Deve, altres, escludersi che una siffatta sentenza possa aver posto in essere una retrocessione del bene costituente l'oggetto del contratto, in quanto tal retrocessione presupporrebbe quel precedente trasferimento ae1 bene che un contratto non giunto a cnclusione non pu invece aver attuato. Lia denunciata sentenza della Corte milanese, pur non disconoscendo la validit di codesti principi, afferma per che essi non si attagliano esattamente alla peculiarit del caso di spede, in quanto, versandosi nell'ipotesi di contratto dichiarato inefficace perch concluso da rappresentante dopo la revoca della procura, non pu trascurarsi la norma dell'art. 1396 e.e., che subordina l'efficacia di tale revoca all'uso dei mezzi idonei a renderla conoscibile ai terzi destinatari e, in mancanza, alla loro effettiva conoscenza. Onde, continua la sentenza, indipendentemente dalla eventuale opponibilit della revoca al terzo acquirente, quando risulti dimostrato (come nella fattispecie) che questi la conosceva al momento della conclusione del contratto, la revoca, nel caso di inadempimento dell'onere di conoscibilit, non pu essere opposta, agli effetti tributari, alla Finanza, dovendosi questa ricomprendere tra quei terzi destinatari indeterminati, cui fa riferimento il citato art. 1396, in relazione all'art. 1372 e.e., che ammette la possibile incidenza del contratto nella sfera giuridica di soggetti diversi dalle parti contraenti. \ 634 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'errore in cui caduta la Corte di merito manifesto. Senza immorare sulla problematica della posizione di terzo nella teoria del negozio, .che sarebbe un fuor d'opera, e rilevato che la qualifica di terzo ha carattere di relativit e di variabilit in funzione degli interessi che sono in giuoco, occorre distinguere tra la figura, indeter-. minata e non individuabile a priori, dei terzi , in genere, nel negozio giuridico, e cio di tutti coloro che, di massima, non sono parti e che al negozio non hanno partecipato come parti, e quella dei terzi indicati negli artt. 1393-1396, e cio nel campo dei negozi giuridici con rapporto di rappresentanza. In quest'ultima ipotesi, l'espressione terzi comprende s6ltanto coloro che sono parti contraenti nel negozio giuridico o che, quanto meno, hanno col rappresentante contatti contrattuali. La procura rilasciata al rappresentante ha per destinatari esclusivamente costoro, con i quali il rappresentante destinato ad entrare in rapporto per assolvere l'incarico assunto verso il rappresentato. A conforto di siffatta interpretazione basta rilevare che, sia la giurisprudenza che la dottrina, in relazione all'art. 1396, qualificano spesso i terzi indicati in detta norma come terzi contraenti, terzi acquirenti, terzi interessati, il che ribadisce la esatta ed al tempo stesso limitata portata del termine. Il richiamo.poi all'art. 1372, secondo comma e.e. (il contratto non produce effetto rispetto. ai teil'zi che nei casi previsti dalla legge ) non affatto calzante, in quanto tale disposizione concerne ipotesi del tutto diverse (contratto a favore di terzi, ecc.). Applicando l'art. 1396 la Corte del merito ha mostrato di non avere bene inteso il senso e la portata di codesta norma di legge, che nel caso di specie non poteva trovare ingresso, essendo la Finanza un terzo del tutto estraneo, giuridicamente non apprezzabile agli effetti della richiamata disposizione. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 aprile 1970, n. 10'85 -Pres. Giannattasio -Est. Falletti -P. M. Gentile (conf.) -Guerriero (avv. Lanciani e Struppa) c. Ministero deile Finanze (avv. Stato Castiglione Morelli). Imposta di registro -Solidariet delle parti contraenti -Notifica del- l'accertamento di valore ad una sola delle parti -Definitivit del- l'accertamento nei confronti delle altre parti -Esclusione. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 93 n. 1; r.d.l. !_7 agosto 1936, n. 1639, artt. 20 e 21). Per effetto della dichiarazione q,i incostituzionalit degli artt. 20 e 21 del d.( 7 agosto 1936, n. 1639, relativamente al principio secondo cui PARTE I, SEZ; V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 635 dalla contestazione ovvero dalla notificazione delL'accertamento d'imponibile ad uno solo dei coobbligati decorrono i termini per l'impugnazione giurisdizionale anche nei confronti degli altri, la notifica dell'accertamento di maggior valore effettuata al solo venditore e la mancanza di opposizione da parte sua non pu aver pregiudicato e reso definitivo detto accertamento anche nei riguardi del compratore (1). (Omissis). -Fondato invece il secondo motivo, con cui i ricorrenti lamentano che la Corte d'Appello ha erroneamente interpretato l'art. 93 n. 1 della legge di registro, perch la solidariet ivi stabilita a carico dei contraenti per il pagamento dell'imposta non pu estendersi, oltre l'ambito sostanziale del rapporto, anche ai suoi riflessi processuali. In realt, come anche riconosce la difesa dell'amministrazione resistente, manca nella legge una statuizione che sancisca espressamente l'esistenza di una solidariet anche processuale fra i condebitori d'imposta. La giurisprudenza ne aveva peraltro ammesso il principio desumendone l'affermazione dal rigore e dalle intrinseche esigenze del sistema tributario (Cass. 1967, n. 2850; 1966, n. 2071; 1958, n. 3228; 1955, n. 2717). Ma questa ratio normativa, cui ancora aderisce la decisione impugnata, contrasta ormai con le pronunce della Corte Costituzionale (sentenze 1968, n. 48 e 139) che hanno ritenuto l'illegittimit degli articoli 20 e 21 del d.1.1. 7 agosto 1936, n. 1639 sulla riforma degli ordinamenti tributari, e dell'art. 66 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270 sulla imposta di successione, relativamente al principio secondo cui dalla contestazione ovvero dalla notificazione dell'accertamento d'imponibile ad uno solo dei coobligati decorrono i termini per l'impugnazione giurisdizionale, anche nei confronti degli altri. Nella speci~. come pacifico, l'accertamento del maggior valore fu soltanto notificato alla societ venditrice e perci la mancanza di opposizione da parte sua non pu aver pregiudicato o reso definitivo detto accertamento anche nei riguardi dei compratori, attuali ricorrenti. ~ (Omissis). (1) Tale sentenza si pone nel quadro della nuova giurisprudenza della Suprema Corte relativamente all'istituto della solidariet tributaria (cfr. da ultimo Cass., 28 ottobre 1969, n. 3534, in questa Rassegna, 1970, 1, 81) ed in perfetta aderenza alle pronuncie della Corte Costituzionale richiamate. in motivazione. 636 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STAT CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 aprile 1970, n. 1132 -Pres. Stella Richter -Est. Caputo -P. M. Minetti (diff.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano) c. Guicciardini. Imposta di successione -Imposta sul valore ~lobale -Autonomia Addizionale istituita con d. 1. 7 novembre 1954, n. 1025 -Non si estende all'imposta sul valore ~lobale. (d.l. 8 marzo 1945, n. 90, artt. 6, .11 e 13; d.1. 7 novembre 1954, n. 1025, art. 1). L'imposta sul valore globale, sebbene informata alla stessa finalit di colpire i trasferimenti della ricchezza mortis causa, nettamente distinta dall'imposta di successione e indipendente da questa; conseguentemente l'aumento dell'imposta addizionale stabHito con l'art. 1 del d.l. 7 novembre 1954, n. 1025, limitatamente all'imposta di registro, di successione e ipotecaria, non si estende all'imposta sul valore globale (1). (1) Si riafferma l'orientamento gi emerso con le sentenze 9 febbraio 1970, n. 304 e 10 febbraio 1970; n. 321, pubblicate in questa Rassegna, 1970, I, 294, alla cui annotazione si rinvia. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 aprile 1970, n. 1134 -Pres. Pece Est. Leone -P. M. Chir -Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano) c. Renza (avv. Di Stefano). Imposta straordinaria sul patrimonio -Presupposto -Possesso di beni -Presunzione -Prova contraria -Sentenza che dichiara la simulazione - idonea. (t.u. 9 maggio 195(1, n. 203, artt. 1 e 34). Sebbene ai fini dell'applicazione dell'imposta straordinaria sul patrimonio, che colpisce il patrimonio del quale il contribuente aveva il possesso alla data del 28 marzo 1947, non sia necessaria la dimostrazione di un titolo di propriet e bench l'Amministrazione finanziaria possa avvalersi di presunzioni per dimostrare lo stato di possesso 1icavandole dalla trascrizione degli atti di acquisto e dalle risultanze dei registri catastali, consentito al contribuente offrire prove contrarie alle presunzioni per dimostrare di non _essere in possesso dei beni che risultino formalmente a suo nome dai pubblici registri. Validamente, pertanto, pu il contribuente dimostrare che i beni che risultano da esso acquistati sono in realt di propriet e nel possesso di terzi mediante l'esibizione di una sentenza che abbia dichiarato simulato l'acquisto (1). (1) Come gi affermato nella sent. 29 ottobre 1968, n. 3610, citata nel testo (in questa Rassegna, 1968, I, 1044) il possesso sufficiente presupposto ....,..,,, PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 637 (Omissis). -L'Amministrazione ricorrente denunzia la sentenza di appello, perch essa avrebbe erroneamente interpretato la legge sulla imposta ;;;traordinaria, che prefiggendosi di colpire coloro che appaiono titolari di diritti reali sugli immobili, piuttosto che seguive gli eventi sul diritto sostanziale di propriet, parla di patrimonio posseduto e non si riferisce ai titolari dei diritti di propriet. Nella specie, assume la ricorrente, alla data di riferimento del 28 marzo 1947, i titoli formali e .le risultanze catastali al nome di Antonietta Renza concordavano e tale concordanza rendeva legittima l'imposizione, nonostante che in data successiva fosse stato dichiarato, con sentenza costituente giudicato tra le parti, tra le quali non era presente l'Amministrazione, che l'immobile era stato acquistato dal padre della Renza, che lo aveva fittiziamente intestato ai figli. In ogni caso, aggiunge la ricorrente, la Corte d'appello non si sarebbe dato carico di accertare l'effettivo possesso dell'immobile (primo motivo). L'Amministrazione denunzia anc;ora (nel secondo motivo) che il giudice d'appello, pur dichiarando che dal giudicato suddetto risultava che Raimondo Renza aveva in realt intestato l'immobile ai figli per ragioni fiscali anche in vista della futura successione; non avrebbe rilevato che tale fattispecie, costituiva un negozio indiretto, per cui si doveva escludere un effetto retroattivo erga omnes dell'accertamento ad esso relativo. Su tal punto, comunque, la Corte avrebbe omesso di motivare. Le censure esposte, che per la loro interdipendenza vengono esaminate congiuntamente, sono prive di fondamento giuridico. In effetti, _ai fini dell'applicazione dell'imposta straordinaria sul patrimonio -che colpisce il patrimonio del quale il contribuente alla data del 28 marzo 1947 aveva il possesso ed il godimento uti dominus non necessario che dei beni assoggettabili al tributo si sia stato proprietario alla cennata data di riferimento, essendo sufficiente che di essi a quella data, si sia avuto il possesso, esercitato con lo svolgimento di una attivit corrispondente all'esercizio della propriet (Cass. 29 ottobre 1968, n. 3610): ed pure da ritenere che, al fine di accertare lo stato di possesso cos qualificato, l'Amministrazione finanziaria possa utiliz dell'imposizione quando manchi un legittimo titolo di propriet ed necessario requisito quando alla titolarit formale non corrisponda la pienezza del godimento. Tuttavia proprio l'art. 34 del t.u. 9 maggio 1950, n. 203, imponendo al contribuente di dichiarare, fornendone le prove, chi sia l'effettivo proprietario, esclude che possa disconoscersi il .possesso dell' intestatario fino a che non sia dimostrato il possesso altrui. La sentenza in rassegna desta quindi qualche perplessit su un duplice profilo: se la dichiarazione e la prova del possesso altrui deve essere fornita con la dichiarazione (da presentarsi entro il 31 dicembre 1947), dubbio che possa essere utile ~ ~ 638 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zare gli elementi presuntivi ricavabili dalle trascrizioni degli atti di acquisto del diritto di propriet sugli immobili e dalle iscrizioni nei registri catastali al nome di un soggetto determinato, identificato in tale modo quale soggetto passivo dell'imposta; infatti nel sistema delle leggi relative a tributi su immobili che per l'Amministrazione finanziaria siano probatorie le risultanze dei pubblici registri, relativi allo stato di propriet o di possesso (a seconda dei tributi) dei cespiti tas,sabili. Ma, di regola, pure nel sistema di tali accertamenti che il contribuente -possa produrr.e le prove atte a vincere l'efficacia degli elementi presuntivi sopraindicati, per dimostrare di non essere in realt soggetto passivo dell'imposta. Questa facolt del soggetto, verso cui l'Amministrazione avanza la pretesa impositiva, si ricava proprio'in materia di imposte straordinarie sul patrimonio, tra l'altro, dalla disposizione dell'art. 34 cpv. del d.p.r. 9 maggio 1950, n. 2oa, che ha approvato il t.u. delle deposizioni riguardanti le dette imposte. Stabilisce la norma:regolante il contenuto della dichiarazione che il contribuente tenuto a fare, che quando taluna delle attivit intestate al contribuente ,sia di propriet di terzi, il contribuente intestatario deve, nella propria dichiarazione, designare l'effettivo proprietario ed indicare la prova relativa: designazione del proprietario effettivo -corroborata da prove .,--che non pu avere scopo diverso da quello di denunziare che all'intestazione formale non corrsponde uno stato di possesso uti dominus e di indirizzare l'azione di accertamei;i.to verso l'effettivo contribuente. Nella specie Antonina Renza s' avvalsa di tale facolt di dare prova contr_aria alle presunzioni sulle quali l'Amministrazione ha fondato la -propria pretesa di tributo ed ha in effetti provato, secondo l'apprezzamento del giudice di merito, che alla data del 28 marzo 1947 l'immobile era di propriet ed era di fatto goduto da Raimondo Renza. Tale prova ella ha fornito esibendo la sentenza del Tribunale di Napoli in data 21 novembre 1949 e passata in giudicato, con la quale era stato dichiarato che l'immobile -attualmente oggetto della controversa imposizione --era stato intestato fittiziamente ai propri figli dall'effettivo a tal fine una sentenza costitutiva pronunciata nel 1949; posto che, come si riconosce, la sentenza non apponibile alla Finanza che non fu parte nel giudizio, sembra alquanto incongruo dar rilevanza di mezz di prova ad una pronuncia che riconosce che nell'atto di compravendita la propriet fu fittiziamente intestata a soggetto diverso dal reale acquirente proprio al precipuo scopo di evitare gravami fiscali. Il principio della non opponibilit, codificato nell'art. 6 della legge sulle imposte di successione, deve essere applicato integralmente escludndo ogni rilevanza della sentenza pronunciata senza la presenza della Finanza, perch anche la sentenza , per legge, sospetta di simulazione attuata fra le .parti. I ~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 639 acquirente e proprietario Raimondo Renza, che si era prefisso il duplice scopo di evitare gravami fiscali in ordine alla sua qualit di commerciante (ed eventualmente sottrarre l'immobile ai creditori in caso di dissesto) e di evitare il trapasso per successione, nel caso che non volesse, in vita, alienare il cespite. Nella cennata sentenza veniva dato atto che i figli intestatari' avevano anche rilasciato al padre Raimondo Renza una dichiarazione coo la quale riconoscevano che l'intero immobile sarebbe rimasto sempre ne] pieno uso e godimento del padre stesso, che ne avrebbe fatto propri i frutti non per concessione dei figli ma per:ch titolare del diritto di propriet. Ci posto consegue: a) che il detto giudicato, non opponibile come accertamento all:a P. A. che non fu parte del procedimento concluso con la richiamata sentenza del 1949, costituisce tuttavia prova valida del possesso eser.citato da Raimondo Renza sull'immobile de quo fin dal momento dell'acquisto di questo; I b) che la idoneit di tale prova a vincere le presunzioni su cui la P. A. ha ritenuto di poter fondare la pretesa tributaria contro Antonina Renza stata ritenuta dai giudici di merito, nell'esplicazione del proprio sovrano potere di apprezzamento del materiale probatorio; ed risaputo che l'esercizio di tale potere non censurabile in sede di legittimit. I c) che il riferimento alla sentenza del 1949 innanzi richiamata, ~ I ~contenuto nella sentenza ora impugnata, messsa in relazione al thema ~ decidendum rettamente identificato dai giudici di mexito (stato di possesso dell'immobile alla data del 28 marzo 1947) argomentazione valida e sufficiente a sostegno dell'accertamento conclusivo su tale punto adottata dalla Corte di appello. d) che sul cennato effetto dello stato reale di possesso non presenta alcun rilievo la struttura giuridica del negozio utilizzato per la I fittizia intestazione ai figli dell'immobile comprato da Raimondo Renza e da questi goduto uti dominus. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 aprile 1970, n. 1168 -Pres. Pece Est. Sposato -P. M. Toro (conf.). -Ministero delle Finanze (avv. Stato Coronas) c. Soc. AVE ed altri (avv. Uckmar). Imposte e tasse in genere -Violazione delle leggi finanziarie e valutarie Oblazione -Restituzione della somma. pagata -Esclusione. (c.p., art. 162; legge 7 gennaio 1929, n. 4, art. 14). Sebbene l'oblazione sia considerata dalla legge come una causa estintiva del reato, condizione della sua validit ed efficacia non la 11 ...... 640 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sussistenza del reato, tanto vero che il principale effetto delL'oblazione, come delle altre cause-estintive del reato, quello di impedire l'esercizio dell'azione penale ossia del mezzo che, salva qualche eccezione, l'unico possibile per accertare se il reato sussiste oppure no. Di conseguenza l'oblatore non pu aver diritto alla restituzione della somma pagata qualora il reato, in relazione al quale l'oblazione ha avuto luogo, risulti insussistente (1). (Omissis). -Accolto deve essere, invece, il secondo motivo. La Corte di merito ,non ha tenuto presente che le ditte armatoriali avevano esposto -e la stessa sentenza impugnata lo ha esplicitamente ricordato nella sua parte narrativa -di aver dovuto corrispondere, insieme con l'imposta generale sull'entrata, altri tributi. Di conseguenza ha omesso di esaminare -come sarebbe stato necessario ai fini dell'affermazione dell'insussistenza del reato estinto per oblazjone -se la denunzia infedele, presentata dalla ditta acquirente della nave Bogliasco, dovesse servire anche alla determinazione degli altri tributi, o di alcuni di essi, oltre che alla determinazione dell'imponibile ai fini dell'imposta generaie sulla entrata all'importazione. Inoltre, e pi in genere, non esatta l'affermazione della sentenza denunciata, che l'oblatore abbia diritto alla restituzione della somma pagata qualora il reato, in relazione al quale l'oblazione ha avuto luogo, risulti instJ-ssistente. Difatti, sebbene l'oblazione sia considerata dalta legge (artt. 162 c.p. 13 e 14 I. 7 gennaio 1929, n. 4) come una causa estintiva del reato, risulta, nondimeno, dal sistema delle norme penali, sostanziali e processuali, che condizione della sua validit ed efficacia non , per nulla, la sussistenza del reato, tanto vero che il suo primo effetto -non diversamente da ci che avviene per altre cause che la legge definisce come cause di estinzione del reato, per esempio l'amnistia propria .__ quello d'impedire l'esercizio dell'azione penale, ossia del mezzo che, salva qualche eccezione, l'unico possibile per accertare se il reato sussista oppure no. -(Omissis). (1) Massima di evidente esattezza. La ragion d'essere dell'oblazione verrebbe meno qualora si ammettesse il rimborso della somma pagata; ma soprattutto, avvenuta l'oblazione, viene meno la concreta possibilit di stabilire se il reato estinto fosse sussistente. N potrebbe configurarsi l'applicabilit dell'art. 152 c.p.p. perch, oltre che ragioni di ordine generale del processo penale, la norma espressa dell'art. 51 capov. della legge 7 gennaio 1929, n. 4 dispone che la estinzione del reato, ove il procedimento non siasi esaurito precedentemente, dichiarata con sentenza pronuciata in camera di consiglio, il che esclude che dopo l'oblazione possa mai giungersi ad una pronuncia di merito. PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 641 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 aprile 1970, n. 1171 -Pres. Marletta -Est. Mazzacane -P. M. Del Grasso (Coof.) -AGIP (avv. Goduti) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Avella). Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Maggiorazione per riritardata iscrizione a ruolo -Infedele dichiarazione -Concetto Applicazione di sanzioni -Diverso concetto di dichiarazione infedele. (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 184 bis, 199 bis e 245; legge 25 ottobre 1960, ~ Ul~ I La maggiorazione del 2,50 per cento sulle imposte o sulle maggiori imposte dovute in base a rettifica o ad accertamento di ufficio a seguito di dichiarazione omessa, incompleta o infedele (art. 184 bis del t.u. delle imposte dirette, introdotto con l. 25 ottobre 1960, n. 1316) dovuta dal contribuente per il sol fatto che l'iscrizione a ruolo sia ritardata, cosi come dovuta un'indennit di egual misura (art. 199 bis) a vantaggio del contribuente ogni volta che sia iscritta provvisoriamente a ruolo un'imposta di ammontare superiore a quello 4efinitivamente stabilito. A questo fine quindi dichiarazione infedele ogni dichiarazione comunque inesatta che provoca un ritardo nella pubblicazione dei ruoli per la parte del reddito accertato che risulti superiore a quello dichiarato. Diverso invece il concetto di infedele dichiarazione di cui all'art. 245 del t.u., riferito aU'applicazione di una soprattassa a carattere sanzionatorio, che pu o no concorrere con la maggiorazione dell'art. 184 bis, e che dovuta solo quando l'imponibile dichiarato sia inferiore di almeno ~quarto a quello accertato ed esclusa quando la differenza dipenda da indetraibilit di spese, passivit ed oneri (1). (Omissis). -L'Agip censura la sentenza impugnata assumendo: che essa, interpretando l'art. 184-bis del testo unico sulle imposte dirette approvato con d.P.R. 21 gennaio 1958, n. 645 e successive modificazioni, ha erroneamente ritenuto che si abbia dichiarazione infedele, suscettibile di determinare la maggiorazione di imposta ivi prevista, in ogni ipotesi di discrepanza fra reddito dichiarato e reddito accertato; che invece i requisiti della dichiarazione infedele, alla quale consegue la maggiora (1) Massima di evidente esattezza; non constano precedenti. Notevole la motivazione che, partendo dal concetto di accertamento, distingue chiaramente le due ipotesi riportando l'indennit, che costituisce l'analogo degli interessi nelle imposte indirette, al semplice fatto della ritardata iscrizione e la soprattassa alla sanzione per vera e propria infedelt. La maggiorazione dell'art. 184 bis un semplice indennizzo (nel caso inverso dall'art. 199 bis j I I II I 642 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zione di imposta, sono quelli stessi fissati nell'art. 245 del t.u. citato, apparendo inammissibile che in un medesi.mo sistema legislativo (t.u. del 1958) Ia dichiarazione infedele abbia diverso significato e diverso ambito di appli.cazione, tanto pi che l'art. 184Jbis e l'art. 245 del citato -~ . . 642 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zione di imposta, sono quelli stessi fissati nell'art. 245 del t.u. citato, apparendo inammissibile che in un medesi.mo sistema legislativo (t.u. del 1958) Ia dichiarazione infedele abbia diverso significato e diverso ambito di appli.cazione, tanto pi che l'art. 184Jbis e l'art. 245 del citato -~ . . testo unico assolvono a finalit identiche. La censura cosi riassunta ammissibile in rito poich -contrariamente a quanto assume in via preliminare l'Amministrazione delle Finanze -enuncia i motivi per i quali si chiede la cassazione della sentenza impugnata ed indica le norme di diritto su cui si fondano (art. 366 n. 4 c. p. c.). La censura medesima peraltro infondata. La determinazione del debito di imposta compiuta in base agli elementi di fatto necessari alla caratterizzazione del presupposto e alla individuazione della base imponibile. La liquidazione, se gli elementi occorrenti siano mancanti o insufficienti, non pu essere eseguita nella giusta misura dovuta, di guisa che, ogni qualvolta quegli elementi vengono acquisiti 1n un secondo tempo, l'Amministrazione procede ad una nuova determinazione quantitativa del debito del contribuente, correttiva di quella precedente. Il fenomeno pu verificarsi in concreto per omissioni od insufficienti dichiarazioni del con~ribuente, e per conseguente inesatta valutazione da parte dell'ufficio accertatore degli elementi predetti, pur se denunziati dalle parti. L.'ordinamento tributario tende ad evitare l'inconveniente stimolando, con apposite norme, l'esatto soddisfacimento, da parte dei c<;>ntribuenti, dell'obbligazione tributaria e il tempestivo adempimento, da parte della Amministrazione finanziaria, degli obblighi che ad essa incombono verso i contribuenti. In tale linea direttiva si inquadrano le disposizioni della legge 25 ottobre 1960, n. 1316 che hanno istituito a carico dei contribuenti una maggiorazione sui carichi arretrati di imposta iscritti a ruolo ed a carico dello Stato una indennit a favore dei contribuenti ai quali venga liquidato in ritardo lo sgravio di imposte dovute. In particolare, l'art. 184-bis, 10 comma del t.u. delle leggi sulle imposte dirette (aggiunto con la menzionata legge n. 1316 del 1960) dispone: Decorso un semestre dalla data di pubblicazione dei ruoli in cui vengono iscritte le imposte risultanti dalle dichiarazioni presen si parla appunto di indennit) per il mancato impiego del danaro, mentre la sopratassa, bench automaticamente doVlJta indipendentemente da una valutazione discrezionale e bench costituisca un accessorio della imposta, risponde ad una funzione che, pur non potendosi considerare punitiva, caratterizzata da uno scopo sanzionatorio. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 643 tate, ovvero dalla data in cui le imposte medesime si sarebbero dovute versare alla sezione di tesoreria provinciale, si applica, indipendentemente dalle sanzioni stabilite dal titolo XI, a carico del contribuente che abbia omesso la dichiarazione o che l'abbia presentata incompleta o infedele, una maggiorazione del 2,50 per cento sulle imposte e sulle maggiori imposte dovute, in base a rettifica delle dichiarazioni stesse o ad accertamento di ufficio, per ogni semestre intero successivo fino alla data di pubblicazione dei ruoli nei quali effettuata l'iscrizione. Correlativamente l'art. 199-bis 1 comma del citato t.u. (aggiunto anche esso dalla legge n. 1316 dei 1960) dispone: Il contribuente che, in applicazione degli artt. 175 e 176, sia stato iscritto a ruolo a titolo provvisorio per un ammontare d'imposta superiore a quello definitivamente stabilito per lo stesso periodo, ha diritto, per la maggior somma effettivamente pagata, ad una indennit pari al 2,50 per cento per ogni semestre intero, escluso il primo, compreso tra la scadenza dell'ultima rata del ruolo in cui stata iscritta la maggiore imposta e la data dell'elenco di sgravio. In tal modo le disposizioni trascritte hanno voluto stabilire, per ragioni di e.quilibrio, una parit di trattamento fra i contribuenti che, per effetto della omissione, incompletezza o infedelt della dichiarazione, soddisfano con ritardo il debito tributario e l'Amministrazione finanziaria che restituisce tardivamente le somme che sono state riconosciute indebitamente percepite. Ci posto, non pu essere condivisa la tesi della societ ricorrente, pi sopra riassunta, la quale -fondata sulla dedotta coincidenza fra la infedele dichiarazione di cui all'art. 184-bis t.u. leggi sulle imposte dirette e la infedele dichiarazione di cui all'art. 245 t.u. cit. -porta alla conseguenzf che se l'imponibile dichiarato non inferiore di a,lmeno un quarto a quello accertato o se la differenza dipende, come nella specie, da indetraibilit di spese, passivit ed oneri (art. 245 t.u. cit.) il contribuente non solo non pu essere assoggettato alla sopratassa prevista dal citato art. 245, ma nemmeno alla maggiorazione di cui all'art. 184-bis t.u. cit. Invero la infedele dichiarazione assume, in ogni caso, il significato di una divergenza fra l'imponibile dichiarato e quello accertato, ma tale divergenza pu avere presupposti diversi e correlativamente, effetti diversi, onsiderati dal legislatore, gli uni e gli altri, sotto distinti aspetti. L'art. 245 ha un ambito di applicazione pi limitato: la divergenza fra imponibile dichiarato e imponibile a,ccertato deve raggiungere un determinato importo quantitativo (1 comma) o deve concernere redditi 644 RASSEGNA DEL~'AVVOCATURA DELLO STATO aventi particolare natura (2 comma); e la divergenza non ha rilievo se dipende da indetraibilit di spese. passivit ed oneri. Pertanto non pu dirsi, come si assume, che nell'art. 245 sia definito il concetto di dichiarazione infedele a tutti gli effetti previsti dal t.u. del 1958. Anzitutto, se cosi fosse, dovrebbe giungersi alla assurda conclusiorne che, nel pensiero del legislatore, costituisce dichiarazione :lledele quella di un reddito imponibile inferiore di meno di un quarto a quello accertato. A parte ci, deve rilevarsi che l'art. 245 si limita a fissare i criteri in base ai quali nella dichiarazione di un reddito inferiore (in certa misura) a quello accertato po~sono ravvisarsi gli estremi per l'appliazione delle sanzioni previste: criteri validi per tali sanzioni, ma inestensibili alle maggiorazioni di imposta di cui all'art. 184-bis non tanto per il silenzio della legge quanto per la pi ampia sfera di apJ?licazione di quest'ultima norma. Infatti l'art. 184-bis si applLca indipendentemente dalle sanzioni Istabilite dal titolo XI. Ne consegue che le due norme possono anche non coesistere: fa suS'sistenza dei presupposti dell'art. 245 e il mancato decorso del tempo minimo (decorso un semestre... ) di cui all'articolo 184-bis rendono applicabile la sola sanzione indicata dall'art. 245; per contro il ritardo oltre il limite ora indicato nella pubblicaz.ione dei ruoli anche se concerne una differenza di imposta inferiore al quarto rende applicabile soltanto la maggiorazione. Ci perch la sopratassa ha finalit san~ionataria e consegue alla infedelt della denun.cia~ indipendentemente dal momento dell'accertamento definitivo (art. 245); la maggiorazione ha natura risarcitoria conseguente ad un qualsiasi fatto per cui la dichiarazione, stante la sua inesattezza, abbia provocato un ritardo nella pubblicazione dei ruoli. In tal senso dichiarazione irnfedele, per gli effetti di cui all'art. 184-bis, anche quella in cui il contribuente abbia indicato un reddito inferiore, ottenuto mediante la detrazione di spese passivit ed oneri -che siano poi definiti indeducibili -pokh pure tale dichiarazione provoca, per i necessari accertamenti, quel ritardo nel pagamento della imposta che l'art. 184-bis ha inteso, invece, evitare. Infatti l'art. 184-bis testualmente prevede che la maggiorazione applicata sull'imposta dovuta stabilita in base a rettifica delle dichiarazioni o ad accertamento di ufficio. Orbene la prima ipotesi concerne l'accerta:~ mento in rettifica degli imponibili dichiarati (art. 31 t.u. cit.), cio .:: ......:; $! anche i casi in cui l'imponibile dichiarato risulti ~nferiore per detrazioni fii in~mmissibili. N Pertanto rettamente la decisione impugnata ha ritenuto che la infe-~)i~ r~ dele dichiarazione, ai fini della maggiorazione di imposta di cui all'art. 184-bis, configurabile ogni qualvolta il reddito definitivamente 1::11 accertato risulti superiore a quello dichiarato. -(Omissis). il:;~ ,11 ~j~ -:=: __,~l~AlllYAlllY~AUY~ .:~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 645 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 24 aprile 1970, n. 1181 -Pres. Marletta -Est. Geri -P. M. Tavolaro (conf.) -Mantegna (avv. Sangiorgi) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). Imposte e tasse in genere -Estimazione semplice -Difetto di giuri sdizione del giudice ordinario Illegittimit costituzionale -Ma nifesta infondatezza. (Cost., art. 113; t.u. 24 agosto 1877, n. 4021, art. 53; r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 22). Imposte e tasse ingenere -Composizione delle Commissioni tributarieIllegittimit costituzionale dedotta innanzi al giudice ordinario .. Irrilevanza. (Cost., artt. 102, 108, e 136; r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, artt. 24, 25 e 32; legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 30). Imposte e tasse in genere -Estimazione semplice e complessa Nozione -Differenze. (r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, art. 45; t. u. 24 agosto 1877, n. 4021, art. 48). Una volta riconosciuto carattere di giurisdizionalit alle Commissioni tributarie, manifestamente infondata la questione di legittimit costituzionale dell'art. 53 del t.u. 24 agosto 1877, n. 4021 e dell'art. 22 del r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, essendo assicurata per le controversie di estimazione semplice, sia al contribuente sia all'Amministrazione, una sufficiente ed adeguata tutela giurisdizionale (1). La questione di legittimit costituzionale degli artt. 24, 25 e 32 del r.d. 7. agosto 1936, n. 1639, che regolano la composizione delle Commissioni tributarie, irrilevante nel giudizio innanzi al giudice ordinario (2). Sono questioni di estimazione complessa quelle. che si risolvono in operazioni di esegesi giuridica quali sono L'identificazione dei vizio del P'J'Ocesso di accertamento, della natura del cespite onde riconoscerne o meno l'imponibilit, della decCiidenza, della prescrizione a.pplicabile, del signifi.cato e portata di leggi, regolamenti, sentenze, atti amministrativi o negozi giuridici ecc.; sono invece questioni di estimazione semplice quelle che implicano la mera indagine sulla sussistenza di una spesa, onere o perdite oppure di un reddito fisso, n l'operazione semplice di dedurre la prima dal secondo, al fine di determinare quantitativamente l'imponibile (3). (1-3) Nella prima massima, confermando le precedenti impegnative pronunce sulla natura giurisdizionale delle decisioni delle Commissioni delle imposte (20 giugno 1969, n. 2175, in questa Rassegna, 1969, I, 538 e n. 2177, Riv. leg. fisc., 1969, 2048; 21 giugno 1969, n. 2201, ivi, 1969, 2115) e sottolineando anzi che le controversie di estimazione semplice trovano nelle 646 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -I primi due mezzi, concernenti un difetto di motivazione (I motivo) sulla sollevata questione di legittimit costituzionale delle norme escludenti la giurisdizione ordinaria in tema di estimazione semplice (II mezzo), devono essere esaminati congiuntamente, non senza peraltro osservare che, essendo rilevabili d'ufficio in qualsiasi stato e grado del processo le questioni di costituzionalit delle leggi, il dedotto difetto di motivazione sul punto perde ogni sua rilevante ed autonoma incidenza ai fini della-domandata cassazione della sentenza impugnata. il caso tuttavia di osservare, in proposito, come il dedotto vizio sia del tutto inconsistente, poich il giudice d'appello afferm la manifesta infondatezza della questione di costituzionalit, dopo aver riconosciuto il carattere giurisdizionale delle commissioni tributarie. Escluso quindi che in tema di estimazione semplice mancasse del tutto un giudizio per volont di legge, come affermavano i contribuenti, era sufficiente riconoscere l'esistenza di codesto giudizio per soddisfare, sia pur con sobriet e concisione, alla esigenza di motivare la decisione sul punto adottata. In questa sede, non soltanto nel secondo motivo, ma con memoria aggiunta, si ripropone- sotto due distinti profili la questione di costituzionalit: l'uno relativo all'art. 53 del t.u. 24 agosto 1877, n. 4021 ed all'art. 212 d.l. 7 febbraio 1936, n. 1639, perch, precludendo al giudice ordinario la ,cognizione delle controversie in materia di estimazione semplice, tali norme priverebbero il cittadino della tutela giurisdizionale, l'altro relativo agli artt. 24, 25, 32 del d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 per contrasto con gli artt. 102 2 comma e 108 2 comma della costituzione in ordine alla discrezionalit della nomina dei componenti deHe commissioni tributarie, alla composizione delle stesse ed alle inadeguate garanzie di indipendenza dei componenti stessi. Commissioni distrettuale e provinciale un giudice meglio qualificato e appositamente composto con esperti conoscitori della materia imponibile., capace quindi di esercitare pi che in sede di giurisdizione ordinaria la sua funzione, le Sez. Unite hanno facilmente ritenuto manifestamente infondata la questione di costituzionalit delle norme che sottraggono al giudice ordinario l'estimazione semplice, imperniata sulla mancanza di tutela giurisdizionale per tali controversie. Tuttavia della questione di costituzionalit la Corte Costituzionale stata egualmete gi investita con ordinanze 18 aprile 1969, del Tribunale di Milano (Giust. civ., 1970, III, 68) e 27 febbraio 1970, della Corte di Appello di Torino (ivi, 194). La seconda massima sottolinea l'indirizzo delle Sez. Unite (come gi nella pronunzia 25 novembre 1969, n. 3823, Foro it., 1969, I, 2721) di contenere, anche nel campo specifico del diritto tributario, entro ragionevoli limiti gli effetti retroattivi delle pronunzie di accoglimento della Corte Costituzionale. Poich il giudizio innanzi all'A.G.0., come pacifico, non PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 647 Sul primo profilo, il solo in relazione al quale si pronunzi la Corte di meTito, ila denunziata sentenza ha rettamente respinto l'eccezione propos~a, per manifesta infondatezza. Una volta riconosciuto infatti carattere di giurisdizionalit alle Commissioni tributarie, come una annosa giurisprudenza di questa Suprema Corte ha costantemente affermato con dovizia di argomentazioni, ribadite di recente da queste stesse Sezioni Unite (sent. n. 2175, 2176, 2177 e 2201, del 1969), resta priva di fondamento l'affermazione che le controversie in materia di estimazione semplice siano private di un giudice idoneo ad offrire sufficiente ed adeguata tutela sia al contribuente che alla Amministrazione finanziaria. Non va dimenticato al riguardo che tali controversie meramente estimative non importano alcuna risoluzione di questioni giuridiche, talvolta difficili e delicate, n problemi di interpretazione di leggi, regola- menti, pronunzie, negozi giuridici, n indagini sui vizi del processo di accertamento tributario o sugli istituti giuridici applicabili ecc., essendo limitate ai fatti materiali relativi alla sussistenza quantitativa del reddito al fine di determinarne l'ammontare per la concreta applicazione dell'imposta. Ora di tutta evidenza che siffatte funzioni meramente accertative possono utilmente e pi efficacemente essere esercitate in sede locale da organi appositamente composti con esperti conoscitori della materia imponibile, pi che in sede di giurisdizione ordinaria. Questa tuttavia, onde evitare qualsiasi arbitrio pur 1sempi'e configurabile anche nel settoLl'e della semplice estimazi:001e, pu essere adita ai sensi dell'art. 111 della Costituzione per violazione di legge, che si verifica ad esempio, fra l'altro, anche quando le Commissioni tributarie in sede di valutazione abbiano esorbitato dai limiti della l:oLl'o competenza giurisdizionale. costituisce una fase di impugnazione del giudizio svoltosi innanzi alle Commissioni (diversamente si sarebbe presentato il problema se si fosse trattato di ricorso per cessazione ex art. III cost.), irirfovante la questione di illegittimit costituzionale delle norme che regolano la composizione delle Commissioni, perch la validit della decisione gi adottata non verrebbe vulnerata da un'eventuale dichiarazione di illegittimit della norma. Sulrargomento la Corte Costituzionale, che coh la sentenza citata nel testo 22 marzo 1967, n. 30 (in questa Rassegna, 1967, I, 214) aveva ritenuto irrilevante sulle decisioni gi pronunciate l'illegittimit della composizione della Giunta provinciale amministrativa in sede giurisdizionale, ha ora escluso che violi l'art. 136 della costituzione il principio tempus regit actum secondo l'interpretazione limitativa della r.etroattivit adottata dalla Corte di Cassazione (sent. 2 aprile 1970, n. 49, ivi, 1970, I, 339). L'ultima massima, riconnettendosi ai concetti recentemente ribaditi dalle Sez. Unite (20 febbraio 1969, n. 565, in questa Rassegna, 1969, I, 141 e 21 maggio 1969, n. 1770, ivi, 745), opportunamente riconosce di estimazione 648 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Mentre dunque si delinea un giudice meglio qualificato in ordine alla specifica materia devoluta alla sua cognizione, ricorre altresi un estremo controllo da parte della giurisdizione ordinaria, assicurando cosi anche ane controversie di carattere meramente estimativo quella tutela, che :a torto i ricorrenti pretendono inesistente. Il secondo profilo di illegittimit costituzionale non rilevante ai fini del decidere. Queste stesse Sezioni Unite hanno avuto occasione di affermare il principio secondo cui la dichiarazione di illegittimit circa la composizione del giudice speciale (si trattava della Giunta provinciale amministrativa in sede di tributi locali) non incide sulla efficacia delle decisioni emesse dallo ,stesso giudice prima della pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale (sent. n. 2201 del 1969). A maggior ragione devono tenersi ferme, nella specie, le decisioni delle Commissioni tributarie locali e di quella Centrale, non essendo stata ancora pronunziata alcuna sentenza sulla incostituzionalit della loro composizione, in relazione alle modalit di nomina dei loro componenti e ad un loro preteso difetto di indipendenza. Questo orientamento, ispirato alla esigenza, pi o meno intensamente rispettata .nel nostro ordinamento, di preservare l'attivit svolta in precedenti gradi o fasi del giudizio, risponde al generale principio di conservazione ed economia processuale. Esso non contrasta con le pi recenti tendenze volte alla ricerca di una sicura o almeno ragionevole soluzione a'l delicato problema degli I effetti, sui rapporti giuridici non del tutto esauriti, della dichiarazione di illegittimit c9stituzionale. I Si tratta di individuare il significato e la portata, al riguardo, dell'art. 136 Costituzione e 30 3 comma della legge 11 marzo 1953, n. 87. semplice la controversia sulla determinazione quantitativa del reddito consistente nella individuazione del reddito lordo e delle spese detraibili. Nella motivazione si accenna alla interpretazione di norme di esperienza ., che secondo il ricorrente sarebbe oggetto di estimazione complessa, ma si esclude in concreto che l semplice operazione aritmetica di detrarre le spese dal reddito lordo costituisca inter:i;iretazione di norme generali; non si afferma cio, ma non si esclude nemmeno, che l'impiego di norme di esperienza trasporti il giudizio sulla determinazione del reddito nell'estimazione complessa. Sembra peraltro evidente che proprio per quanto si affermato nella prima massima, il giudice della valutazione meglio qualificato ed esperto conoscitore della materia imponibile ., possa avvalersi della comune esperienza nel giudizio di estimazione semplice meglio ed ancor pi del giudice ordinario e che anzi proprio l'impiego di conoscenza ed esperienza da parte di un organo specializzato giustifichi la sottrazione delle questioni di estimazione semplice dalla giurisdizione dell'A.G.O. . ' Nffffm@fffffffilfffillffBffff@Mff:fil"fffffiffffff:ff:ifff&ifffff@fff@Kf@@filfffififI@MffffMxlmMW%%ilifffffffif.1.fillfill1Efifi'B PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 649 . La problematica concernente l'efficacia della dichiarazione di illegittimit costituzionale, dopo la pubblicazione della sentenza che la contiene, sui pregressi rapporti giuridici di diritto pubblico, privato o processuale, definitivi oppure non ancoca esauriti, con effetti istantanei, oppure differiti, frazionati, periodici, permanenti ecc., si arricchita recentemente di ulteriori preziosi apporti dottrinali e giurisprudenziali. Ci specialmente in relazione ai limiti della retroattivit o (secondo lo opposto punto di vista) della irretroattivit di tale declaratoria in base alla esegesi delle predette norme fondamentali (art. 136 Cost., 1 legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e 30 3 cornrna legge ord. 11 marzo 1953, n. 87). Non soltanto devesi ormai escludere, nella soggetta materia, l'assimilabilit di detta efficacia ad una abrogazione, non ricorrendo un caso di ius 1superveniens propdo di una disposizione abrogatrice, normalmente sostitutiva, che d luogo ai ben noti problemi di diritto transitorio, ma viene progressivamente abbandonato anche il tentativo, agitatosi specialmente nella dottrina, di ricorrere ai concetti di inesistenza (da taluno negato specialmente in diritto amministrativo), nullit o annullabilit, propri dei negozi giuridici di diritto privato o degli atti amministrativi. Infatti questi istituti hanno uno specifico riferimento alla mancanza di requisiti essenziali od alla sussistenza di vizi originari dei negozi o degli atti con il conseguente effetto retroattivo della loro dichiarazione di nullit o di annullamento. Evidente appare la particolare difficolt di poterli adattare ai rapporti sorti in base ad una legge che, nel momento della sua applicazione, doveva ritenersi vigente e valida, come si evince significativamente dalle accennate disposizioni, secondo le quali, in seguito alfa dichiarazione d'illegittimit costituzionale, la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale. Si prospettato all'attenzione degli interpreti -in base aU'espressione letterale della legge n. 87 del 1953 (art. 30 3 cornrna) secondo cui la norma dichiarata illegittima non pu avere applicazione dal giorno successivo alla pubblicazione predetta -il criterio del,Ja cosidetta disappUcazione , intesa come uno strumento intermedio fra l'annullamento con effetti retroattivi e l'abrogazione con effetto ex nunc . ed implicante in s il concetto che non possa, in ogni caso, parlarsi di invalidit originaria della norma. Trattasi di una costruzione concettuale non suscettibile di inquadramento nei tradizionali istituti concernenti i limiti di efficacia o validit delle norme giuridiche ed avente :piuttosto un certo carattere d'empirismo. Essa tuttavia, trovando una sua collocazione logica non in contrasto con il concetto di annullamento propido del giudizio incidentale 650 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di costituzionalit, consente di escludere l'adozione dei rigidi criteri di retroattivit o irretroattivit assolute, da respingersi ambedue. La norma dichiarata illegittima, secondo questa concezione, non soltanto deve essere disapplicata ex nunc , ma anche, in tutto o in 1 parte, ex tunc , 1se ci discenda come necessaria esigenza dalla sua natura o dalla disciplina in essa contenuta, oppure dall'indole e dalla portata del precetto costituzionale violato, nonch del rapporto instauratosi. Non pu infatti escludersi a priori che l'incompatibilit fra il precetto costituzionale e quello proprio della disposizione ritenuta illegittima sia tale da travolgere anche rapporti gi definiti, ed i loro effetti perm~enti, quando la sopravvivenza degli stessi si riveli in contrasto non sanabile, anche per il passato, con la norma della Costituzione. A questa ipotesi estrema e rara, e tuttavia astrattamente configurabile, con conseguente efficacia ex tunc della pronunzia di illegittimit della norma, altre se ne possono prospettare attenua-te e diverse. Ci avviene qualora ~ppunto la disciplina prevista nella norma illegittima, la natura del rapporto dalla stessa nascente e quella del precetto costituzionale violato comportino la caducazione dei soli effetti non definitivi ed anche, nei rapporti in itinere, la 1sofa caducazione degli atti successivi alla pubblicazione della sentenza di incostituzionalit, fermi restando quelli anteriori, che, nell'ambito loro proprio, pur sempre compreso nella pi ampia cornice del rapporto considerato, hanno esaurito l in tutto o in parte i loro eventuali effetti costitutivi, estintivi, traslativi e modificativi. I Una significativa applicazione di questi generaJ.i concetti, con loro particolare approfondimento, stata effettuata in tema di imposta sull'inbremento di valore delle aree fabbricabili (Cass., Sez. Un., 25 novembre 1969, n. 3823), fissandosi il .pdncipio secondo il quale non sono pi dovute, anche se iscritte a ruolo, le rate d'imposta non ancora scadute nel giorno della pubblicazione della sentenza dichiarativa deH'illegittimit costituzionale della norma, sulla cui base era.si instaurato il rapporto tributario e, se corrisposte, sono ripetibili. Viceversa nessun effetto pu essere attribuito alla stessa sentenza rispetto al gi avvenuto pagamento del tributo o delle rate scadute in seguito ad accertamento divenuto definitivo nella vigenza della norma successivamente riconosciuta illegittima. Ci perch n il contenuto di detta norma, n quello del precetto costituzionale violato, sono di tal natura da importare deroga al prin. cipio di validit della norma stessa, prima d'essere stata dichiarata illegittima. Ecco dunque spiegato il senso del concetto di disapplicazione, il quale, lungi dall'invalidare ab origine la norma riconosciuta succes PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 651 sivamente in contrasto con la Costituzione~ si dimostra tuttavia suscettibile, a seconda dei casi, dii effetti retroattivi pi o meno limitati. Questi rilievi, non par dubbio, trovano, nella specie, utile applicazione. Infatti le dedotte cause di illegittimit costituzionale investirebbero, se fossero in ipotesi ritenute fondate, il procedimento davanti alle Commissioni tributarie, gii esauritosi, in base alla vigente disciplina, in tutte le sue varie fasi, alle quali hanno fatto seguito ben due gradi di giuri sdizione ordinaria con identico oggetto. Nessuna ragione di deroga al principio di operante validit delle norme impugnate, fifi:o alla loro dichiarazione di incostituzionalit, ricorre, in materia processuale, per ritenere un effetto assolutamente retroattivo di detta dichiarazione. Questo effetto non si verifica n in base al rapporto processuale tributario instauratosi davanti alle Commissioni, n a causa delle norme che lo reggono e neppure del precetto costituzionale, con il quale, secondo i ricorrenti, si porrebbero in contrasto. Infatti, a parte ogni considerazione sul valore del principio tempus regit actum proprio del diritto transitorio in materia processuale e sul generale disfavore dell'ordinamento verso ogni forma di retroattivit, la pretesa inconciliabilit del precetto costituzionale con le norme sulla composizione delle Commissioni e la nomina e l'indipendenza dei loro componenti, quand'anche in via ipotetica si volesse ritener sussistente, non sarebbe di grado ed intensit tali da proiettarsi nel passato fino ad invalidare atti e fasi del procedimento, che avessero gi raggiunto il loro naturale obiettivo o dovessero considerarsi esauriti limitatamente all'ambito loro proprio. Diverso sarebbe il caso qualora l'incostituzionailit fosse stata opposta, prima della formazione del,l'atto, proprio al fine di evitarne il compimento in base a norme ritenute non conformi all'ordinamento costituzionale. In detta ipotesi la palese rilevanza della questione importerebbe necessariamente la retroattivit delia declaratoria di illegittimit deHa norma e quindi dell'atto in ibase ad essa compiuto, ma non oltre questo limite temporale. Che il contestato effetto retroattivo non possa profilai'si al di fuori dell'ipotesi ora accennata, appare tanto pi vero in tema di controversie tributarie, ricche di tanti gradi di giurisdizione speciale ed ordinaria, in quanto si tratterebbe pur sempre di vizi di attivit, suscettibili d'essere corretti o sanati nelle ulteriori fasi deil processo e, normalmente, incapaci di incidere in senso negativo sul rapporto di diritto sostanziale. Ben P.i intetnSa si rivela, di solito, l'incidenza della illegittimit su quest'ultimo rapporto, alla cui tutela preo11dinata strumentalmente la ,'}; 652 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO disciplina del procedimento, molto spesso incapace -per se stessa dd influenzarne in modo irrimediabile l'esito finale. Esito, che potrebbe invece risultare profondamente alterato o modificato se gli atti anteriori, malgrado la loro inscindibtlit genetica o funzionale con quelli successivi del medesimo rapporto, non si dovessero ritenere travolti dalla dichiarazione di illegittimit costituzionale intervenuta medio tempore fra gli uni e gli altri. Ben ,si pu dunque affermare, nella specie, J.a irrilevanza della questione, sollevata !Peraltro dopo due gradi di giurisdizione ordinaria al trasparente scopo di travolgere l'intero lunghissimo giudizio e capovolgerne la sfavorevofo.soluzione. Questo orientamento non confortato soltanto dalle richiamate sentenze delle Sezioni Unite, ma anche da altre precedenti (ad e:s. 2'4. apdle 1968, n. 1251, 17 maggio 1968, n. 1546, 21 giugno 1968, n. 2072,, 11 dicembre 19'65, n. 5 (quest'ultima delle Sez. Un. penali), ispirate al principio di conservazione ed economia processuale nel pres.ervare l'attivit svolta ed esaurita in precedenti fasi e gradi del giudizio. La stessa Corte Costituzionale (decisione n. 30 del 1967) ha avvertito che l'illegittimit della composizione della giunta provinciale amminitsrativa non ha rilevanza sulle decisioni dalla stessa pronuniiiate in ma~ teria elettorale e n9n preclude J.a prosecuzione del giudizio nei successivi gradi. Occorre dunque esaminare il merito del ricorso, concentrato nel terzo motivo. Si sostiene in esso che erroneamente la Corte di merito avrebbe ritenuto trattarsi, nella specie, di estimazione semplice anzich di estimazione complessa, la quaJ.e ricorrerebbe anche quando viene in considerazione l'applicazione e violazione di massime di esperienza e di norme tecniche generali costituenti le premesse della estimazione. Nell'.esercizio della tonnara l'ammontare ~lelle spese costituirebbe un dato fisso e costante indipendente dal risultato della pesca, tenuto conto che le spese stesse ,sarebbero determinate dall'impiego di materiale, mezzi e mano d'opera secondo sistemi tradizionali non suscettibili di variazioni rilevanti. Non sarebbe quindi configurabile, dn base all'esperienza, la possibilit di una spesa, che si riduca sensibilmente rispetto a quella degli anni precedenti, fino a1la met ed anche oltre. Il motivo manifestamente infondato. il caso anzitutto di ricordare che l'ammontare delle spese per l'anno 1951 venne fissato in L. 8.595.436 dalla Commissione provin-. ciale, rispetto a L. 7 .923.000 relative all'anno precedente, per il quale non v' pi contrasto. Differenza dunque veramente modesta, che ben poco influ sulla determinazfone del reddito imponibile, la cui sensibile PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 653 variazione in pi rispe.tto al 1950 deriv essenzialmente da.I maggior reddito lordo conseguito nel 1951. Risulta dunque inesatto il rilievo contenuto nel ricorso circa un .eccessiV'O divario nella determinazione delle spese dell'uno rispelt.to all'altro anno, gli unici che interessano in questo giudizio. Tali considerazioni, derivanti da una mera constatazione di quanto risuil.ta dagli atti, validamente contribuiscono a confermare l'opinione dei giudici di merito circa il carattere di estimazione semplice della controversia. Nel tentativo di volerla riportare nell'ambito di un giudizio di valore di natura complessa, onde sottrarla al suo giudice naturaile, i ricorrenti non soltanto sono ricorsi ad affermazionti. che non trovano, come si detto, un preciso riscontro negli atti, ma invocano l'applicazione e la violazione delle norme di esperienza, intese come premessa necessaria dell'estimazione. Senonch facile. osservare che la semplice operazione aritmetica di detrazione delle spese dal 'reddito lordo, ed, a maggior ragione, quella di accertare, con indagine di mero fatto, l'ammontare delle spese stesse, non costituiscono certo interpretazione di norme generali, sia pure di esperienza, che importino un giudizio di valore cio un apprezzamento di carattere giuridico. A nulla rileva, in proposito, che certi oneri o spese abbiano carat tere pressoch costante. questo infatti un fenomeno comune a qual siasi tipo di attivit industriale o commerciale, essendo evidente come certi oneri, derivanti da fattori insuscettibili di variazione, restino fermi nel tempo in modo quasi invariato (canoni, ammortamento, manuten zione locali, etc.), mentre altri subiscono continue modifiche, in rela zione specialmente alle oscillazioni pi o meno intense del mercato (costo del lavoro, delle materie prime, dei servizi e cosi via). La circo stanza materiale che in talune attivit l'ammontare delle spese, data la loro natura, subisca variazioni minori (o maggiori) che in altre, non trasforma certo il fenomeno in una specie di massima di esperienza, la quale richieda un processo pi o meno complesso di interpretazione, ma costituisce semplicemente un dato di fatto, del quale l'accertatore terr conto ai fini della sua indagine, pur sempre limitata ad attivit meramente accertative e non certo esegetiche. Diversa deve essere ritenuta, secondo il costante orientamento di questa Suprema Corte, la cosidetta estimazione complessa e, come risulta . dal testo, l'applicazione della legge, nella quale rientrano soltanto quelle questioni, che si rusolvono in operazioni di esegesi giuridica, quali sono l'identificazione dei vizi del processo di accertamento, della natura del cespite onde riconoscerne o meno l'imponibilit, di una decadenza, della prescrizione applicabile, del significato e portata di leggi, regola 654 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO menti, sentenze, atti amministrativi o negozi giuridici e cosi via (sentenza 565/1969). Non rentrano certamente in tale ambito n la mera indagine sulla sussistenza, in concreto, di una spesa, onere e perdita oppure di un reddito lordo, n l'operazione semplice di dedurre la prima dal secondo, al fine di determinare quantitativamente l'imponibile. -(Omissis). CORTE DI APPELLO DI BRESCIA, Sez. Civ., 16 gennaio 1970, n. 11 - Pres. Loguercio -Est. Carratello -Banca PkcoJo Credito Bergamasco (avv. Tedeschi e Mesiano) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Raffa). Imposta di ricchezza mobile -Spese e passivit inerenti alla produzione del reddito -Pagamento da parte degli istituti di credito dell'imposta di r. m. cat. A sugli interessi dovuti ai depositanti e tn.f!.ncato esercizio dell'azione di rivalsa -Detraibilit dal reddito di ricchezza mobile cat. B -Esclusione. Essendo gLi Istituti di Credito tenuti al pagamento deU'imposta di R.M. -Cat. A -sugLi interessi in qualit di sostituto di imposta e riconoscendo La Legge agli Istituti medesimi il diritto di rivaLsa med~ante ritenuta, iL pagamento dell'imposta non costituisce, in s, giuridicamente una spesa, in quanto fa sorgere un credito degLi Istituti verso il depositante. Tale credito pu essere realizzato dagli Istituti o mediante ritenuta al momento del pa.gamento degli interessi oppure in wn momento successivo, in forza dei principi generali (art. 1203, n. 3 e.e.). Nel caso in cui gli Istituti di Credito rinuncino a far valere La rivalsa ed a recuperare il credito, noin pu ugualmente ritenersi che gli Istituti sopportino una spesa in senso giuridico, detraibile, cio, in virt dell'art. 91 del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, ai fini della determinazione del reddito di Cat. B, proprio degli Istituti di Credito. Il mancato esercizio della rivalsa non ha il carattere di spesa inerente alla produzione del reddito, che gli Istituti di Credito producono con l'esercizio della loro normale attivit e ci in quanto manca il necessario collegamento tra mancato esercizio della rivalsa e (preteso) incremento della produzione del reddito. Nel mancato esercizio delLa rivalsa potrebbe, a tutto coincedere, ravvisarsi una perdita, che gli Istituti di Credito subiscoino al fine di raggiungere lo scopo di evitare la concorrenza fra loro. Trattan~ dosi di perdita, per, noin pu prescindersi dalla volontariet o meno della rinuncia all'esercizio deUa rivaLsa, essendo l'elemento della volontariet quello che distingue le spese dalle perdite, in relazione al citato art. 91 (1). (1) La Corte Bresciana si giustamente adeguata, nella sentenza in rassegna, alla giurisprudenza, che pu dirsi ormai consolidata, della Corte PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 655 (Omissis). -1. -L'appellante sostanzialmente deduce: a) che il mancato esercizio del rivalsa, da parte della Banca, a sensi dell'ultimo comma, lett. b) art. 127 t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, d luogo ad una spesa inerente alla produzione del reddito di categoria B della Banca, essendo diretta ad aumentare i depositi: come tale, detraibile dal reddito lordo, in forza dell'art. 91 t.u. citat; b) che la Banca in via di fatto, sopporta sempre una passivit pari all'interesse lordo -costituito dal netto v~rsato ai depositanti e dalla imposta ver:sata all'Erario -qualunque registrazione contabile venga posta in atto ; e) che il pagamento dell'imposta di rivalsa costituisce pur sempre una spesa di produzione, anche come parte dell'annualit passiva , in quanto dalla Banca sopportata per l'acquisto dei mezzi finanziari, allo stesso titolo degH interes,si pagati ai depositanti, senza che tale immanente caratteristica di spesa inerente alla produzione del reddito mobiliare di esercizio possa ritenersi alterata a causa del mancato esercizio della rivalsa, di fatto dalle Banche operata per compensazione ; d) che, trattandosi di rivalsa facoltativa, il creditore (sostituto d'imposta) pu liberamente disporre del credito, sia facendone l'ab buono, sia riscuotendolo ail.l'atto del pagamento del reddito mediante ritenuta, sia, in caso di mancata ritenuta, nei modi ordinari. Nel caso di rivalsa facoltativa, al sostituto, se incombe l'obbligo di pagare nomine proprio l'imposta, non d.ncombe l'obbligo di pagarla con somme prele vate dagli averi del terzo . 2. -I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente dato il loro intimo legame, sono infondati. A norma dell'art. 127, ult. comma, lett. b), t.u. cit., sono obbligati al pagamento dell'imposta di cat. A con facolt di rivalersene verso i. reddituari mediante ritenuta: ... b) i soggetti tassabili in base a bilancio e le aziende ed istituti di credito per gli interessi e premi dovuti, aventi natura di redditi di capitale . di Cassazione (Cass. Romana, 24 febbraio 1902, in Foro it., 1902, I, col. 759; Cass., I Sez. 24 novembre 1927, n. 3672, in Riv. legisl. fisc. 1928, 241; Cass. I Sez., 7 maggio 1963, n. 1115, in Giur. it., 1964, I, 1, col. 822; Cass., Sez. Un., 12 gennaio 1967, n. 125, in questa Rassegna, 1967, 1, 645). La Corte Bresciana ha, peraltro, aggiunto una ulteriore argomentazione a quelle svolte nelle sentenze della Corte di Cassazione, in relazione a nuove deduzioni prospettate dalla Banca di piccolo credito bergamasco. Ha affermato la Corte che gli accordi interbancari e quelli, in ipotesi, intercorsi fra gli Istituti di Credito ed il depositante, in forza dei quali gli Istituti si obbligano a non rivalersi dell'imposta pagata sui depositanti, non possono essere opposti all'Amministrazione. Si tratterebbe, in tal caso, di un contratto in danno del terzo (Amministrazione Finanziaria), rispetto al quille il contratto stesso non potrebbe produrre effetti, in forza dei principi generali, (art. 1372 comma secondo e.e.). In virt, infatti, del 12 656 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO rill A sensi, poi, dell'art. 91, il reddito netto costituito dalla diffeI renza tra l'ammontare dei ricavi lordi che compongono :LI reddito sog l getto all'imposta e l'ammontare delle spese e passivit inerenti alla produzione di tale reddito . It L'appellante sostiene che, in vrt di accordi interbancari, gli tstituti di credito, corrispondendo gli interessi ai depositanti, rinunziano a far I valere la rivalsa, loro concessa dall'art. 127, al fine di incrementare i depositi e, quindi, la produzione del reddito: da ci consegue, conclude la Banca, che il mancato esercizio della rivalsa, essendo rivolto ad incre-' mentare la produzione del reddito, costituisce una spesa, la quale deve essere detratta nella valutazione del reddito di categoria B della Banca, a sensi dell'art. 91 [motivi sub a) b) e c)]. La questione che all'esame della Corte stata oggetto di ripetute decisioni da pa,rte de1l Supremo Collegio (Cass. 5 maggio 1963, n. 115; Cass., Sez. Un., 12 gennaio 1967, n. 125), -il quale ha costantemente affermato che non possa ravvisarsi il carattere di spesa detraibile ex art. 91 nel mancato esercizio della rivalsa, da parte delle Banche. Questo Collegio di avviso che ricorrano fondate ragioni per seguire l'indirizzo segnato dalla Corte regolatrice. Si osserva, anzitutto, che, essendo _la Banca tenuta al pagamento dell'imposta di categoria A sugli interessi in qualit di sostituto d'imposta e riconoscendo la legge alla stessa il diritto di rivalsa mediante ritenuta, il pagamento dell'imposta non cos.tituisce, in s, giuridicamente, una spesa, in quanto fa sorgere un credito della Banca verso il depositante. Tale credito pu essere realizzato dalla, Banca o mediante ritenuta al momento del pagamento degli interessi oppure in un momento successivo, in forza dei principi generali (art. 1203, n. 3, c..c.). Nel caso in cui la Banca rinunci a far valere la rivalsa ed a recuperare iii. suo credito, non pu egualmente ritenersi che l'Istituto sopporti una spesa in senso giuridico, detraibile, cio, in virt dell'art. 91, ai fini della determinazione del reddito di categori~ B, proprio della Banca. l'art. 127 del t.u. sulle Imposte Dirette 29 gennaio 1958, n. 645, l'imposta di R. M. sugli interessi corrisposti ai depositanti ha come soggetto passivo il depositante e come sostituto di tale imposta gli Istituti di Credito. Questi ultimi, pagando l'imposta, hanno facolt di rivalersene o meno sul soggetto passivo, ma non possono, rinunziando alla rivalsa in forza di un patto interbancario o con il depositante, riversare sulla Amministrazione, in tutto o in parte, l'importo della imposta pagata: tale, invero, sarebbe l'effetto della rinunzia e della tesi che considera come spesa inerente alla produzione del Teddito il mancato esercizio della rivalsa in applicazione degli accordi citati. I predetti accordi, per l'effetto che producono, cagionano un pregiudizio giuridico alla Finanza, poich questa, in conseguenza dei detti accordi, verrebbe a perdere in gran parte l'imposta di Cat. A, la quale PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 657 Non pu dirsi sicuramente dimostrato che la corresponsione degli interessi al netto dell'imposta di ricchezza mobile costituisca una spesa diretta ad incrementare i depositi e, quindi, la produzione del reddito. Non , cio, dimostrato che il depositante, in tanto deposita i suoi risparmi in Banca, in quanto gli vengono corrisposti gli interessi ail netto (con accollo dell'imposta, da parte della Banca). Come esattamente rileva la difesa dell'Amministrazione, pod.ch noto che gli interessi corrisposti dalle Banche sono i pi bassi rispetto a tutte le atre forme di investimento (Buoni Postali, Obbligazioni, Cartene Fondiarie, Buoni del Tesoro, ecc.), deve logicamente ritenersi che colui, il quale deposita il suo denaro in Banca, ag1sce per ragioni diverse dalle modaJ.it di pagamento degli interessi (opera, invero, per poter disporre liberamente e senza intralci delle somme depositate): se cosi non fosse, se, cio, U risparmiatore tenesse presente, in modo determinante, la> circostanza del pagamento degli interessi (al lordo, o al netto, dall'imposta di R. M.), si orienterebbe verso altre forme pi redditizie di investimento e non verso il deposito bancario. Ne consegue che il mancato esercJzio deUa riva'1sa nOill ha il carat tere di spesa inerente alla produzione del reddito, che le Banche producono con l'esercizio della loro normale attivit; e ci in quanto manca il necessario Collegamento tra mancato esercizio deHa rivalsa e (preteso) incremento della produzione del reddito. Nel mancato esercizio della rivalsa p.otrebbe, a tutto concedere, rav visarsi una perdita , che le Banche subiscono al fine di raggiungere lo scopo di evitare la concorrenza fra loro (e questo , con molta proba bilit, il vero fine del c.d. cartello bancario). Trattandosi di perdita, per, come il Supremo Collegio ha sicura mente dimostrato, non pu prescindersi dalla volontariet, o meno, della rinuncia all'esercizio della rivalsa, essendo l'elemento della voilontariet quello che distingue le spese dalle perdite, ~n relazione al citato art. 91. E, poich la rinuncia alla rivalsa deriva da un atto contrattuale (accordi interbancari ed accordi tra la Banca ed il depositante), deve sarebbe anticipata dagli Istituti di Cred,ito all'atto della corresponsione degli ' interessi ai depositanti, ma sarebbe, poi, detratta sotto forma di spesa di produzione nella determinazione del reddito di Cat. B proprio degli Istituti di Credito: ne verrebbe che, in tutto o in parte, l'imposta di Cat. A sugli interessi non sarebbe corrisposta n dal soggetto passivo n dal sostituto, ma passerebbe a carico dell'Erario, ente impositore. Vi sarebbe, in tal caso, un salto di imposta., che, se pu essere consentito dal Legislatore per ragioni di politica fiscale, non pu certo ammettersi che si attui, determinando una evasione fiscale, in forza di accordi fra privati, i quali, sovvertendo gli inderogabili precetti della legislazione tributaria, accollino allo Stato (in quale proporzione non ha importanza) l'imposta dovuta dal privato (cfr. Nota della Redazione, in questa Rassegna, 1969, 1, 951). 658 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO necessariamente concludersi che volontaria una rinuncia (ed , quindi, esclusa dalla detrazione di cui all'art. 91), la quale non imposta da alcuna nocrma di legge, ma. liberamente consentita nell'ambito deHa autonomia contrattuale. 3. -Non solo il mancato esercizio della rivalsa non costituisce, in s considerato, giuridicamente, una spesa, o una perdita, inerente alla 0 produzione del reddito di categoria B della Banca,ma da ritenere che gli accordi (interbancari o tra Banca e depositante), in v o in parte, l'importo dell'imposta pagata: tale, invero, l'effetto della r.inunzia e della tesi che considera come spesa inerente alla, produzione del reddito il mancato esercizio della rivalsa, in applicazione degli accordi, pi volte citati. I predetti accordi, per l'effetto che producono, cagionano un pregiudizio giuridico alla Finanza, poich questa, in conseguenza di essi, verrebbe a perdere in gran parte l'imposta di categoria A, la quale: 1) sarebbe anticipata I dalla Banca all'atto della corresponsione degli interessi al depositante; 2) ma sarebbe, poi detratta sotto forma di spesa nella determinazione: del reddito di categoria B , proprio della Banca: ne verrebbe che, in I tutto o in parte, l'imposta di categoria A sugli intressi non sarebbe I! corrisposta n dal soggetto passivo n dal sostituto, ma passerebbe a ( carico dell'Erario, ente impositore. l A questo punto, appare evidente che la Banca ed i privati possono j disciplinare nel modo che meglio ritengono le modalit dell'esercizio della rivalsa ex art. 127, ma non possono interferire sulla posizione del i ! terzo (Amministrazione Finanziaria), non avendo legittimazione ad inci,) j dere sui diritti e sugli interessi di quest'ultimo. l, Se si dichiarasse, secondo l'assunto dell'appellante, la liceit della ! inclusione della imposta de qua tra J.e spese detraibil.i a sens,i dell'art. 91, I in forza dei citati accordi, si verificherebbe, come . stato acutamente l I 660 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO osservato da una recente dottrina, un salto di imposta, perch, per la parte corrispondente alle c.d. spese detraibili, n il soggetto passivo n il sostituto pagherebbero l'imposta sugli interessi, la quale sarebbe compresa tra le spese inerenti alla produzione del reddito. Or, se il legislatore, per ragioni di politka fiscale, pu talora con sentire che si verifichino duplicazioni o salti di imposta, non pu certo ammettersi che siffatti anormali effetti si attuino in forza di privati accordi, i quali, sovvertendo gli inderogabili precetti della legislazione fiscale, accollino allo Stato (in quale proporzione non ha importanza) l'imposta dovuta dal privato. A quanto .si detto da aggiungere che due sono i rappOTti tributari nei riguardi della Finanza: l'uno, relativo al pagamento dell'imposta di R. M., categoria A, sugli interessi dei depositi bancari, e l'altro, relativo all'imposta di R. M., categoria B, dovuta dalla Banca sul reddito derivante daffesercizio dell'impresa commerciale. I due rapporti sono, e. debbono rimanere, distinti:. l'imposta di categoria A commisurata al II,:< reddito del soggetto passivo (depositante e perdpiente gli interessi), la ;j imposta di categoria B in relazione al reddito dell'impresa bancaria. La COTte di Cassazione (Sez. Un. 1967, n. 125) ha rilevato che H rapporto tributario, di fronte al fisco, resta immutato ed indipendente dal ' soggetto passivo chiamato a risponderne, quando l'eventuale diversit del soggetto non sia idonea a modificare l'intima natura del reddito col-ml it;j pito . Dalle esPoste premesse, necessariamente consegue: a) che la sosti tuzione di imposta per la R. M., categoria A, non pu influenzare, nel caso di rinunzia alla r.ivalsa, il distinto rapporto di imposta di R. M., I categoria B; b) che, nel caso di mancato esercizio della rivalsa, gli effetti IW, si esauriscono nell'ambito del rapporto a cui la rival.sa si riferisce (R. M., ~~ cat. A), sicch H sostituto, che vi ha rinunziato, non pu chiedere la f"g riduzione dell'imposta a suo carico, dovuta in foTza di un titolo separato I (R. M., cat. B); I ~ e) che, nulla rilevando la sorte riservata alla rivalsa nell'economia generale dell'impresa bancaria (Cass.. Sez. Un. cit.), l;:i Banca non pu utilizzare, con accordi privati, lo stTumento tecnico della sosti II tuzione (voluta al fine di una pi sicura e sollecita percezione dell'im posta sugli interessi da parte della Finanza) allo scopo di conseguire una , ' I . detrazione ed una riduzione d'imposta nell'ambito del proprio e distinto rapporto tributario (R. M., categoria B). ~~ Per quanto si detto, l'appello va, sotto ogni aspetto, rigettato. (Omissis). I r &7~~ SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 giugno 1969, n. 2668 -Pres. Rossano -Est. Perrone-Capano -P. M. Gentile (conf.) -Amm. Prov. Ancona (avv. Ascoli) c. Impresa Borghi (avv. Andriani e Nicolai). Arbitrato -Arbitrato rituale e irrituale -Distinzione -Volont delle parti -Elementi decisivi. La distinzione tra arbitrato rituale ed arbitrato irrituale va ricercata nella volont delle parti, che nell'arbitrato rituale diretta ad investire gli arbitri di una funzione giurisdizionale, al fine di ottenere una decisione destinata ad acquistare, col decreto di esecutoriet del pretore, un'efficacia sostanzialmente identica a quella della sentenza pronunciata dal giudice, mentre nell'arbitrato irrituale diretta ad attribuire agli arbitri, in qualit di mandatari e non di giudici, il compito di definire in via negoziale le contestazioni insorte fra le parti, in ordine ad un determinato rapporto giuridico, mediante una composizione transattiva, o mediante un negozio di mero accertamento, e cio mediante un'attivit sostitutiva di quella che sul piano contrattuale potrebbero svolgere le parti medesime, le quali si impegnano a considerare la decisione degli arbitri come espressione della propria volont, obbligatoria e vincolante (1). (1) La sentenza, il cui testo pu leggersi in Foro it., 1969, I, 3061, merita di essere segnalata in particolare per la precisazione in essa contenuta degli indici in concreto rivelatori dell'uno o dell'altro tipo di arbitrato (rituale e irrituale). Il criterio, affermato nella prima massima per distinguere i due tipi di arbitrato, poggia sulla intuizione Che diversi siano nei due casi l'attivit degli arbitri e il modo attraverso il quale avviene la composizione della lite: e cio che nell'arbitrato rituale si abbia una attivit logica identica a quella del giudice e nell'arbitrato irrituale un'attivit formalmente e materialmente identica a quella che potrebbero svolgere le parti. 662 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Al fine di accertare se in concreto ricorra l'una o l'altra figura di arbitrato, non riLeva n che gli arbitri siano stati qualific,ati come amichevoli compositori e siano stati investiti del potere di decidere secondo equit, n che le parti non abbiano espressamente manifestato la volont che la decisione degli arbitri abbia ed ottenga efficacia di sentenza. li;lementi rilevanti sono invece la circostanza che l'arbitrato abbia o non il suo fondamento in una clausola compromissoria; la considerazione o non degli arbitri come rappresentanti dell'una o deti'altra parte, autorizzati a manifestare una volont nell'ambito meramente contrattuale; ta natura del rapporto sostanziale e la qualit delle parti; l'at- Se si fosse approfondito il discorso, la contrapposizione avrebbe potuto essere espressa in termini pi rigorosi, nel senso cio, incisivamente evidenziato da SANTORo-PASsARELLI, (Negozio e giudizio, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1956, pag.-1197 .e segg.), che la diversit sostanziale tra arbitrato rituale e arbitrato irrituale risiede nel fatto che la composizione della lite nel primo avviene attraverso l'accertamento (cio attraverso un'attivit logica identica a quella del giudice), mentre nel secondo avviene attraverso la disposizione della situazione esistente, (cio attraverso una attivit formalmente e materialmente identica a quella che potrebb~ro svolgere le stessa parti). La sentenza, invece, non essendosi impegnata ad approfondire questo punto, tralatiziamente finisce per mettere sullo stesso piano negozio di accertamento, transazione e arbitrato irrituale (in arg. cfr. VECCHIONE, in nota a Cass. 24 novembre 1960, n. 3134 in Giur. it., 1961, I, 1, 1075). Com' stato notato (cfr. VASETTI, Arbitrato irrituale, in Nuovissimo Digesto Italiano, voi. 1/2, pag. 856), non pu per darsi eccessivo peso al rilevato accostamento, che nella giurisprudenza mitigato dal riferimento ad un accertamento concretantesi in una composizione transattiva della lite, tornadosi cos, sia pure implicitamente, ad ammettere che l'arbitrato irrituale postula un atto di disposizione. Verosimilmente l'equivoco deriva da una non sempre esatta nozione dell'accertamento negoziale" e della stessa transazione (in arg. cfr. SANTORO PASSARELL, Accertamento negoziale e transazione, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1956, pagg. 1 e segg.) e dalla mancata considerazione che la composizione dell1:1 lite mediante arbitrato irrituale non comporta necessariamente sacri fici per entrambe 1e parti in lite, a differenza della transazione, caratteriz zata dalle reciproche concessioni, proprio_ perch l'intervento del terzo l'alternativa, ancora sul piano negoziale, alla reciprocit delle con cessioni (SANTORO-PASSARELLI, Negozio e giudizio, loc. cit., p. 163; 'cfr. altres NoRI, in nota a Cass. 6 marzo 1959, n. 369, in Acque, Bon., Costr., 1959, pagg. 173 e segg., il quale acutamente rileva essere chiaro che gli arbitri potrebbero non produrre alcuna modifica nella posizione reciproca delle parti, ma ci si presenta come coincidenza e non come scopo d'el loro intervento ). D'altra parte, se si prescinde dalla rilevata distinzione sostanziale nei sensi dianzi posti, sembra insuperabile l'obiezione del SANTORO-PASSARELLI (op. da ultimo cit.) che se l'arbitrato irrituale differisce dell'arbitrato PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERlA DI ACQUE, APPALTI ECC. 663 teggiamento tenuto dagU arbitri e il comportamento delle stesse parti (2). rituale soltanto sotto l'aspetto formale, si dovrebbe, con certezza, negarne la legittimit, perch non potrebbe ammettersi che i privati si sottraggono all'sservanza delle norme pubblicistiche regolanti l'arbitrato . (2) In ordine alla seconda massima e per quanto attiene all'indicazine degli elementi rilevanti o meno ai fini di stabilire in concreto se si tratti di arbitrato rituale o irrituale, sembrano opportune alcune precisazioni, limitatamente ad alcuni degli indici considerati dalla sentenza e segnatamente: a) Designazione degli arbitri come amichevoli compositori . La espressione nell'art. 20 c.p.c. abrogato era usata per indicare gli arbitri secondo equit e nella pratica rimasta per esprimere l'autorizzazione agli arbitri rituali di pronu"nziare secondo equit, che pu essere data a norma dell'art; 822 c.p.c. con qualsiasi espressione (cfr. ScHIZZEROTTo, op. cit., pag. 143). Sembrerebbe perci indice di arbitrato rituale anzich soltanto, secondo l'affermazione della sentenza, elemento non decisivo per l'indivi duazione di un arbitrato irrituale. b) Attribuzione agli arbitri del potere di decidere secondo equit. La decisione secondo equit compatibile solo con l'arbitrato rituale (arg. art. 822 c.p.c.) ed invece incompatibile con l'arbitrato irrituale, atteso che il giudice, al quale conferito dalla legge o dalle parti di decidere secondo equit, non compie attivit di disposizione (o negoziale) ma attivit di giudizio o di accertamento anche se le norme che chiamato ad appli care non sono quelle del diritto ma quelle dell'equit (in arg. cfr. SANTORO PASSARELLI, Negozio e giudizio, cit., pagg. 1166 e segg.). Sembrerebbe perci indice rivelatore dell'arbitrato rituale e non elemento non decisivo all'op posto fine. c) Mancata espressa previsione ad opera delle parti che la decisione "debba avere efficacia di sentenza: sicuramente irrilevante essendo la particolare efficacia del lodo un effetto dell'arbitrato rituale che non pu essere assunto ad elemento distintivo. d) C~ausola compromissoria. Sembra incompatibile con l'arbitrato irrituale dovendosi escludere la validit' di una clausola implicante un atto di disposizione in relazione ad una controversia che non ancora sorta (in arg. dr. VECCHIONE, L'arbitrato nel sistema del processo civile, pagg. 80 e segg. Napoli, Morano, 1953). e) Qualit delle parti. L'arbitrato irrituale non sembra ammissibile nei confronti della P.A., la quale non pu demandare ad altri soggetti la formazione e l'espressione della sua volont negoziale, al di fuori e in vio1azione delle norme che regolano il processo formativo della volont della P. A. e i controlli preventivi e successivi in ordine agli atti della P.A. e ci in specie rispetto ad atti che si sostanziano in negozi del tipo transattivo per i quali sono richiesti procedimenti e formalit particolari (cfr. artt. 148, n. 10, r.d. 3 marzo 1934, n. 383). Sembra Quasi superfluo ricordare che pacifica la natura rituale dell'arbitrato previsto dal capitolato generale d'appalto per le opere pubbliche (v. Relazione deil'Avvocatura dello Stato per gli anni 1961-1965, voi. III, p. 503). A. FRENI . I Eilffmmfamr1&01rr~mmtmff&rWl&f.iftrrfe111rmffffr1smrifffiltfill&mrr0rr00rrrnrrnrr1rrru1miffilfiilltlffrt&~ 664 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO TRIBUNALE DI ROMA, Sez. I, 19 dicembre 1969, n. 10761 -Pres. Paolicelli -Est. Verde -Impre,sa Quadrio Curzio (avv. Barbera) c. Amministrazione FF.SS. (avv. Stato Del Greco). Appalto -Appalto di opere ferroviarie -Controversie fra l'appaltatore e 1'Amministrazione -Facolt dell'appaltatore di adire il G. O. Esclusione. (Cap. gen. per l'es. lav. e forn. per conto FF. SS. appr. con del. Cons. A.mm. 3 maggio-14 luglio 1922, mod. con d.m. 13 ottobre 1931, con d.m. 20 giugno 1945, con d.m. 11 gennaio 1950 e con d.m. 30 luglio 1958, art. 14). IL Capitolato generale per l'esecuzione dei lavori pe1 conto della Amministrazione delle Ferrovie dello Stato in O'l''dine alla definizione delle controversie fra appaltatore e stazione a.ppaltante contiene una norma di jus singulare, dettata nell'esclusivo interesse dell'Amministrazione, in quanto, fermo restando il principio base della competenza normale dell'A.G. e della competenza eccezionale del collegio arbitrale, la facolt di devolvere la deCisione delle controversie a quest'uitimo riservata unicamente all'Amministrazione, che pu farla valere anche in via di eccezione nei confronti dell'appaltatore, che abbia adito il G.O. (1). (Omissis). -Rileva il Collegio che il primo esame deve essere portato sulla eccezione di caratte.r pregiudiziale sollevata dall'Amministrazione convenuta, poich, se la stessa dovesse trovare accoglimento, ogni esame delle altre questioni prospettate verrebbe ad essere precluso. Il Ministero dei trasporti ha eccep_ito la incompetenza dell'adito magistrato, essendo competente a conoscere della controversia un collegio arbitrale, e ci in base ad una precisa clausola contrattuale. Giova, quindi, ricordare, anzitutto, iil testo dei patti stabiliti dalle parti nel capitolato particolare circa la definizione delle controversie: art. 23 'L'Amministrazione appaltante si riserva la facolt di sottoporre al giudizio d'arbitri la decisione di qualsiasi contestazione e divergenza di qualunque natura, che fossero per insorgere fra essa e l'appaltatore in dipendenza dell'appa:lto, e l'appaltatore non pu in nessun caso rifiutarvisi . Dalla lettura di tale patto appare evidente che le parti hanno inteso tenere obbligata in ogni caso l'appaltatrice a sottoporsi all'arbitrato (1) Cfr. Cass., Sez. Un., 19 febbraio 1946, n. 171, Foro it., 1946, I, 453 e segg., ed ivi nota di riferimenti. In ordine alle affermazioni della sentenza in rassegna, sulla natura dei Capitolati generali, si richiamano quelle dello stesso Tribunale di Roma, contenute nella successiva sentenza, 7 aprile 1970, n. 2675, qui pure riportata (infra, 674), che ha chiaramente ribadito il carattere regolamentare delle condizioni generali d'oneri dello Stato, in conformit alla giurisprudenza della Corte di Cassazione (v., di recente, Cass., 23 luglio 1969, numero 2766, in questa Rassegna, 1969, I, 762). PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 665 e riservare alla stazione appaltante la facolt di deferire tutte le questioni all'arbitro e al giudice ordinario. Resta, quindi, da esaminare se il patto cos come voluto possa produrre effetti giuridici. In dottrina ed in giurisprudenza nell'argomento della formazione del consenso per la conclusione di negozi giuridici si ritiene norma\l.mente la validit delle proposte ferme e delle cosiddette opzioni, in base al 1principio generale della libert delle parti di addivenire per gradi agli impegni diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico. Nessuna disposizione imperativa di legge vieta che nella formazione del patto denominato clausola compromissoria le parti procedano per gradi; l'oggetto dell'accordo (impegno fermo di una parte verso l'altra di ricorrere agli arbitri) lecito in quanto la stessa legge consente di compromettere le questioni. La causa si presume insita nehlo scopo pratico che l'appaltatrice si propone di raggiungere addivenendo al contratto di appalto portante clausole specifiche anche circa la definizione delle controversie. Non viene messo in essere un impegno che lasci la incertezza di .ricorrere agli arbitri ed al giudice contestualmente o promiscuamente, ma viene concretata la dichiarazione irrevocabile di una parte di compromettere tutte le questioni e la dichiarazione dell'altra, di accettare o meno la proposta ferma. La clausola compromissoria preveduta nella legge negozio giuridico bilaterale, in quanto richiede l'accordo della volont delle due parti di obbligarsi a compromettere e produrre l'effetto coercitivo di far luogo alla nomina di arbitri, se questa non fu fatta: ma prima che l'obbligazione di compromettere sia sorta per entrambe le parti con l'accettazione della proposta non pu farsi riferimento ail concetto della clausola voluta ed accettata da entrambe le parti e con effetti coercitivi; evidentemente .solo dopo l'accettazione si potr invocare l'effetto previsto dalla legge e costringere alila nomina di a.rbitri. N pu farsi riferimento al concetto della corrispettivit, che non si ritiene possa attagUal'si propriamente all'indole dei contratti di compromesso e di dausola compromissoria, i quali sono diretti a dirimere inertezze giuridiche e si differenziano nettamente dai contratti commutativi; comunque e poich la forma di opzione nel concludere questi ultimi ammessa nella giurisprudenza, a fortiori deve ammettersi per i contratti di compromesso e per le clausole compromissorie, nei quali la determinazione delle parti procede non per ottenere prestazioni reciproche ma per la convenienza comune di far capo all'arbitrato anzich alla giurisdizione ordinaria (conf. Cass., 19 ottobre 1960, n. 2837). Non pu, in pi, ritenersi che l'articolo del capitolato cui si fa riferimento contiene una norma illegale e, quindi, nulla, perch contraria al principio della parit contrattuale, per la quale la deroga alla competenza ordina.ria non pu dipendere dalla sola volont della Amministrazione, ma da quella, concorde, di tutte le parti contraenti. 666 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Cos come ha affermato il Supremo Collegio (S.U., 19 febbraio 1946), pu rilevarsi che l'articolo citato (che sostanzialmente riproduce la norma del capitolato generale 3 maggio -4 luglio 1922, con cui furono introdotte modificazioni al capitolato generale del 9 aprile 1909 per le opere che si eseguono per conto dell'Amministrazione delle Ferrovie dello Stato ed a cui le parti hanno fatto espresso riferimento) contenga una norma di jus singulare, dettata nello esclusivo interesse della pubblica amministrazione, in quanto, fermo restando il principio base della competenza normale dell'autorit giudiziaria e della competenza eccezionale del collegio arbitrale, la facolt di ricorrere a quest'ultimo riservata unicamente alla Amministrazione e non, anche, al privato. Ma la norma di jus singulare trova la sua giustificazione nel carattere del regolamento stesso e delle finalit alle quali chiamato a rispondere. I capitolati generali contengono le clausole generali di un determinato tipo e di un determinato gruppo di contratti e sono prestabiliti per quelle convenzioni che si potrebbero definire di carattere strumentale in quanto con le stesse la pubblica amministrazione si procura i beni necessari alla realizzazione dei suoi scopi pubblici. Anche se abbiano originariamente e mantengano, normalmente, le caratteristiche di semplice offerta di contratto al privato, sono creati nell'indiscutibile interesse della pubblica amministrazione, la quale, nel contrasto eventuale col diritto del privato, intende provvedere nel modo migliore e pi ampio alla propria salvaguardia, se del caso stabilendo condizioni particolari, che apparentemente possono sembrare lesive dei diritti del singolo, ma che, sostanzialmente, non lo ledono, in quanto il privato, salvo eccezioni, non tenuto coattivamente a sottostare alle norme generali e particolari; non tenuto, in altri termini, i$ ad aderire all'offerta di contratto, ma, se vi aderisce, accetta, per ci f~ stesso, quelle norme, che vengono ad assumere efficacia imperativa fa non di per se stesse, ma solo per effetto funzionale dell'accettazione del I' privato. E la facolt, riservata all'amministrazione e ad essa soltanto, , di adire, se del caso, un collegio arbitrale, trova inoltre la sua giustifi- I cazione in ci che le contestazioni o le divergenze in materia di appalti (f: per opere pubbliche possono offrire ~uestioni di mero carattere giuri-~ dico o questioni di mero carattere tecnico o prevalentemente tecnico, ~ cos che, per queste ultime, una semplificazione nella indagine istrut-i] toda possa indurre a consigliare l'esame di un collegio di arbitri ~ anzich quello dell'autorit giudiziaria. 1~1 Non pu, poi, darsi alla clausola in esame una interpretazione ff restrittiva, nel senso cio che la facolt di adire il collegio arbitrale M sia riservata alla Amministrazione delle ferrovie soltanto nel caso in rn cui questa agisca nella veste di attrice e non nel caso di specie in cui PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 667 l'attore appaltatore, in quanto nulla nella clausola autorizza una tale interpretaz~one. Evidente scopo della clausola; invece, quelilo di affidare la decisione delle controversie agli arbitri, in relazione alla specifica natura del dissenso, da apprezzarsi dalla pubbblica amministrazione, che si riservata la facolt di accettare o meno la competenza arbitrale. Trattasi di una clausola compromissoria unilaterale ., obbligatoria per una delle parti (l'appaltatore) e facoltativa per l'altra (il committente), la quale, se lo preferisce, potr, invece di adire gli arbitri, portare la controversia innanzi ai giudici ordinari. Sul piano strettamente negoziale la clausola compromissoria unilateralmente facoltativa pu essere inquadrata, come innanzi accennato, nella figura dell'opzione. , difatti, opzione, a sensi dell'art. 1331 e.e., la facolt attribuita ad un soggetto, di accettare o meno una offerta contrattuale, cui l'offerente resta vincolato per espresso accordo. In virt del patto di opzione un contraente ottiene che l'altro si assoggetti ad un certo legame incondizionato, al quale egli non resta affatto vincolato, avendo la libera scelta fra il pretendere l'osservanza dell'obbligo ed il rinunziarvi, lasciandolo cos cadere (Cass., 24 febbraio 1958, n. 616). Tale scelta sar determinata dalla convenienza o dalle possibilit del primo contraente, chiamato contraente favorito; dell'una o delle altre, questi giudice esclusivo. L'obbligo rimane in sospeso, nel senso che non pu avere esecuzione, sino a quando non sia esercitata, in senso affermativo, la scelta di cui si detto; vi corrisponde per il contraente favorito (nella specie il committente) una aspettativa di diritto, che a di lui libito si trasformer in diritto attuale. In definitiva, all'opzione si applicano le norme sulla proposta irrevocabile (art. 1329 e.e.), con la differenza strutturale che la proposta unilaterale, mentre la opzione convenuta contrattualmente; ma, nell'uno e nell'altro caso, per concludere il negozio, occorre una successiva manifestazione di volont, l'adesione cio della parte che si riservata la facolt di accettare o meno. Su questo punto, quindi, la clausola compromissoria obbligatoria per una delle parti, si risolve in una offerta ferma da parte del contraente che vincolato (nel caso in esame l'appaltatore) di adire il giudizio arbitrale; ed in una facolt dell'altro contraente di dar vita al negozio di compromesso, o di rifiuto ad esso, accettando o meno di adire il detto giudizio (Cass., 19 ottobre 1960, n. 2837). N pu sorgere alcun osfacolo, all'applicabilit alla clausola compromissoria delle regole dettate per le proposte irrevocabili per le opzioni, dalla natura di accordo processuale della clausola medesima, in quanto, pur essendo il compromesso un negozio che spiega effetti di carattere processuale, ad esso non .pu negarsi il carattere negoziale e 668 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO la assoggettabilit, per diversi riguardi, alle disposizioni dettate per i contratti (Cass., 2 maggio 1960, n. 968). Va ancora ricordato che gli effetti del compromesso si riflettono, cos come stato costantemente ritenuto dalla Suprema Corte, nel campo della competenza. La competenza arbitrale, quindi, si pone accanto a quella ordinaria, ed vegolata con disposizioni, che, sia pure sommariamente, possono essere paragonate a quelle che disciplinano la competenza per territorio. L'art. 808 c.p.c., come ha osservato la Cassazione (19 febbraio 1946, n. 171), funziona soltanto in senso positivo, non in senso negativo, nel senso cio che la competenza arbitrale, nei limiti in cui stata accettata, non pu essere declinata da una delle parti. Ci non toglie, per, che possa non essere adito il collegio arbitrale previsto, portando, invece, concordemente, la controversia innanzi al giudice competente. Nella sfera di facolt lasciate alle parti in proposito, ben pu inquadrarsi, quindi, l'istituto del compromesso unilateralmente facoltativo, nel quail.e una delle parti, ed una soltanto, ha la facolt di scelta fra competenza ordinaria e competenz arbitrale. Il diritto di opzione va, di regola, esercitato entro dato termine predisposto dalle parti. Ma, quando, come nel caso di specie, un termine per l'accettazione non sia stato fissato, il capoverso dehl'art. 1331 c. c. dispone che esso pu essere stabilito dal giudice. Si tratta, come evidente, di una applicazione della regola di cui al capoverso dell'art. 1183 e.e., per cui la Impresa Quadrio Curzio avrebbe dovuto provocare una sentenza del magistrato con la quale venisse imposto aU'Amministrazione dei trasporti di dichiarare entro un termine se intendeva o meno avvalersi della clausola compromissoria. Ci l'attrice non ha fatto ed il mancato esperimento dell'interpello rende legittimo il comportamento della convenuta Amministrazione, che, chiamata in questa sede, ha eccepito la incompetenza dell'adito magistrato. Non si pu, infine, riconoscere che il ricorso al giudizio arbitrale d luogo a pratiche difficolt, nel caso in cui, come nella-'specie, attore sia l'appaltatore (questi dve previamente interpellare la pubbli:ca amministrazione, per sapere se intende ricorrere all'arbitro o al giudice ordinario), essendo, come chiaro, sufficiente che la convenuta manifesti la sua volont di valersi della facolt che si riservata: ad esempio con il sollevare l'eccezione di incompetenza, se convenuta innanzi al giudice ordinario, cos come ha fatto nel caso concreto. -(Omissis). TRIBUNALE DI ROMA, Sez. I, 25 febbraio 1970, n. 1517 -Pres. De Martino -Est. Pittiruti -Impresa Asfalti Sintex (avv. Carbone) c. ANAS (avv. Stato Carusi). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Pretese dell'appaltatore a maggiori compensi -Ricorso al giudizio arbitrale o ordinario per la PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 669 risoluzione delle controversie -Condizioni di promovibilit Necessit del collaudo (approvato) anche qualora sia stata gi emessa la decisione amministrativa sulle riserve -Sussiste. (d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, artt. 42, 44; r.d. 25 maggio 1895, n . .350, artt. 23, 54, 109). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Pretese dell'appaltatore a maggiori compensi -Domanda giudiziale - Dies a quo del termine perentorio di sessanta giorni per la sua proposizione, qualora la decisione amministrativa sulle riserve e l'approvazione del collaudo non siano contestuali. (d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, art. 46). Anche nel caso che sia gi intervenuta in corso d'opera la decisione amministrativa sulle riserve dell'appaltatore, la domanda giudiziale di costui improponibile, in mancanza del collaudo, e relativa approvazione, dell'opera (1). Qualora la decisione amministrativa sulle riserve intervenga in corso di opera, il termine di decadenza di sessanta giorni per la proposizione della domanda giudiziale dell'appaltatore decorre dalla notifica del provvedimento di apprO'Vazione del collaudo (2). (Omissis). -Preliminare M richiamo delle norme e dei principi vigenti in materia per la definizione delle controversie in sede contenziosa, con particolare riferimento alle condizioni di ~romovibilit del giudizio, alla cui luce e nel cui ;rispetto debbono essere vagliate le opposte eccezioni e difese. In tema di appalti di opere pubbliche, il ricorso al giudizio avbitrale o ordipario per la risoluzione delle controversie subordinato al verificarsi di due condizioni di promovibilit, a termini del Capitolato generale di appalto approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, condizioni che debbono congiuntamente ed autonomamente coesistere. Nel caso in esame, la citata J.egge di previsione risulta richiamata diret (1-2) Confutando un diverso indirizzo della giurisprudenza arbitrale (v., ad es., lodo 26 agosto 1951, in Giur. oo.pp., 1952, I, 146), la sentenza in rassegna osserva, anzitutto, che .la ratio ispiratrice della norma circa il rinvio del giudizio ad epoca successiva al collaudo, da essa ravvisata nella opportunit di porre l'Amministrazione in grado di valutare in base alle risultanze del collaudo stesso la convenienza di evitare il giudizio o di resistervi, continua a sussistere, anche quando sia intervenuta la decisione amministrativa sulle riserve, poich nulla vieterebbe all'Amministrazione di valutare nuovamente in base alle risultanze del collaudo l'opportunit di transigere o meno la lite; e, comunque, sottolinea che, secondo la legge di previsione (artt. 43 e 44 d.P.R. n. 1063 del 1962), si tratta di due 670 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tamente dal contratto principale stipulato tra le parti e mediatamente dal capitolato speciale (art. 23, ultimo comma). La prima condizione costituita dalla necessit che sulle pl'etese dell'appaltatore si sia previamente e definitivamente pronunziata la amministrazione. Infatti, l'art. 43 del Capit~lato generale deferisce al giudizio arbitrale, con facolt di deroga in favore del giudice ordinario (art. 47), tutte le controversie tra l'Amministrazione e l'appaltatore, cos durante l'esecuzione come al termine del contratto, che non si siano potute definire in via amministmtiva a norma del pl'ecedente art. 42 . A sua volta, questa ultima disposizione stabilisce che alla risoluzione delle controversie in via amministrativa si deve procedere a norma del regolamento approvato con r.d. 25 maggio 1895, n. 350. Dal che deriva che il provvedimento risolutivo della controversia in sede amministrativa dovr essere, di massima, il provvedimento previsto dall'art. 109 del citato regolamento, per 1e controversie in sede di collaudo, ovvero il provvedimento previsto dall'art. 23 dello stesso regolamento, per le controversie in corso d'opera: in entrambe le ipotesi, cio, dovr trattarsi di una decisione definitiva emessa dal Provveditore regionale alle opere pubbliche o dal Ministero dei Lavori Pubblici, ove a questo il primo abbia devoluto la risoluzione della controversia; in ogni caso dovr consistere in una pronunzia emessa dal competente organo, centrale o locale, dello Stato e non suscettibile di gravame in via amministrativa. La seconda condizione costituita dall'approvazione del collaudo: dispone, infatti, 1'.art. 44, primo comma, del Capitolato generale che per tutte le controversie non pu proporsi la domanda giudiziale se non dopo l'approvazione del collaudo. La l'egola non esente da eccezioni, poich, ai sensi della stessa norma di previsione (art. 44 citato, secondo comma), pu farsi luogo alla instaurazione del giudizio, anch~ durante l'es"ecuzione dei lavori e prima dell'approvazione del collaudo, quando vi sia l'accordo delle .parti o quando lo esigano la natura o la rilevanza economica della controversia. La rilevanza -precisa la presupposti autonomi e distinti, che debbono congiuntamente sussistere ai fini della promovibilit del giudizio. La prefissione del termine perentorio di sessanta giorni dalla notifica della decisione amministrativa sulle riserve, di cui all'art. 46 d.P.R. n. 1063 del 1962, non fa venir meno il sistema ed i principi attinenti al tempo del giudizio arbitrale e, qualora quella decisione sia intervenuta in corso di opera, la risoluzione 'della controversi a, a meno che non ricorra una delle ipotesi previste in via di eccezione dall'art. 44, ugualmente non potr aver luogo prima dell'approvazione del collaudo, ed dalla notificazione della delibera di questa approvazione che, ove l'appaltatore abbia provveduto ad inserire tempestiva, apposita riserva nel registro di contabilit, decorrer il termine per la domanda giudiziale (per gli appalti del G.M. v. art. 54 r.d. 17 marzo 1932, n. 366). PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 671 norma -deve essere valutata in relazione all'importo totale dell'appalto ed essere tale da portare notevole pregiudizio alla continuazione dei lavori. Orbene, nel caso in esame, non vi dubbio che la prima condizione di proponibilit si sia verificata; risulta attualmente acquisito al processo, infatti, l'ordine di servizio del 4 giugno 1968, il quale fa espresso riferimento alle citate norme procedurali del Capitolato generale e chiaramente dimostra che sulle pretese della societ appaltatrice si gi pronunciata I'Amminisrtazione, in via definitiva, a mezzo della Direzione Generale dell'A.N.A.S., all'uopo competente quale organo esecutivo centrale dell'Azienda stessa. Ma nulla quaestio, altres, che non si sia verificata la seconda condizione e, cio, che non sia ancora intervenuta l'approvazione del collaudo. Sostiene la societ che si tratta di controversia in corso d'opera, non essendo ancora ultimata l'esecuzione dei lavori, e che sussistono i presupposti normativi per la proponibilit della domanda in costanza dei lavori medesimi. Fondato il primo assunto, non condividibile il secondo. Se infatti da ritenere accertato che l'esecuzione dell'opus ancora in corso, poich, da un fato, la comunicazione medesima dell'avvenuta reiezione delle riserve a precisare che queste sono state esaminate durante il <:orso stessq dei lavori e, dall'altro, non stata contestata dall'Amministrazione l'affermazione avversaria che vi sono tuttora dei lavori in sospeso a causa di alcune varianti allo studio, invece da escludere che le parti Siano d'accordo nel non differire la risoluzione della controversia, o che la natura o la rilevanza economica di questa siano tali da esigerne la definizione in corso d'opera e prima dell'approvazione del collaudo. A sostegno della tesi .relativa al p:rieteso accordo tra le parti, la difesa dell'attrice deduce che lAmministrazione, con il procedere in corso d'opera all'esame delle riserve, ader implicitamente a che la controversia venisse risolta prima del completamento dei lavori e prima dell"approvazione del collaudo; e ci in quanto l'adesione alla pronunzia immediata non potrebbe ritenersi limitata al procedimento amministrativo, ma dovrebbe necessariamente intendersi estesa alla fase giudiziale. D'altronde -aggiunge l'attrice -non nuovo alla giurisprudenza arbitrale il principio per cui l'istanza di arbitrato pu essere proposta anche prima dell'appirovazione del colfaudo, allorch sia intervenuta una decisione amministrativa definitiva; verrebbe meno in tale ipotesi -si affermato -la ratio ispiratrice del rinvio del giudizio ad epoca successiva al collaudo, rinvio suggerito dalla opportunit di porre l'Amministrazione in .g.rado di valutare, in base alile risultanze del collaudo stess, la convenienza di evitare il giudizio ovvero ,,di resistervi. 672 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Non ritiene il Tribunale che possa essere accolto il primo sillo ,::gismo o possa essere condivisa quest'ultima giurisprudenza. Prescindendo dal:la considerazione che la ratio della norma sopravvive, come intuitivo, anche nel caso in cui sia intervenuta una pronunzia defi' . nitiva dell'Amministrazione in corso. d'opera (poich nulla vieta alla . Amministrazione stessa di valutare nuovamente, in base alle risultanze del collaudo, l'opportunitt di transigere o meno LI.a lite), agevole osservare che la legge di previsione, il citato Capitolato genei;ale di appalto, non stabilisce alcuna condizione o rp\reclusione temporale per la proposizione e la risoluzione, in via amministrativa, della domanda e dei reclami dell'impresa (art. 42); le condizioni, Le due gi citate, sono invece stabilite, chiare ed univoche, soltanto per la instaurazione del giudizio arbitrale, l'una costituita, come si detto, dal previo esperimento del rimedio amministrativo (art. 43); l'altra dail.l'avvenuta approvazione del collaudo (a.rt. 44). Si tratta di due presupposti autonomi. e distinti, che debbono congiuntamente sussistere ai fini della promovibilit del giudizio; del tutto arbitrario, quindi, desumere dal verificarsi dell'uno suMettivi el,ementi per elidere la necessit dell'altro. La lettera della legge nitida e sicura, chiaramente evidenziato il suo contenuto obiettivo; non consentito pertanto ricerca\re quale sia st:ata la precisa mens del legislatore e, in hase all'esito di siffata ricerca, procedere ad una interpretazione che non pi tale, poich -avulsa dal valore contenutistico della norma -non pu nemmeno definirsi restrittiva o evolutiva, ma si traduce in una violazione della no\rma stessa sulla mera affermazione che la sua osservanza sarebbe resa superflua dalla non ravvisabilit, nella singola fattispecie, delle ragioni che l'inspirano. ormai canone pacifico di giurisprudenza ch nella. interpretazione della norma il Sistema il.etterale ha preminente importanza e che gli altri criteri ermeneutici, diversi da esso, hanno carattere sussidiario ed acquistano rilevanza soltanto quando la lettera dia luogo a dubbi, in modo da rendere necessaria l'individuazione della precisa . intenzione del legislatore. Ove questi dubbi non sussistano, ma siano invece ravvisabili soJt.anto disarmonie o incongruenze non superabili con il suddetto sistema interpretativo, il giudice deve limitarsi a. metterle in luce per favorire l'intervento del legislatore, ma non pu in nessun caso sostituirsi a quest'ultimo, sia pure nel lodevole intento di portare l'armonia tra disposizioni diverse, apparentemente disorgarniche o incongruenti. Esulerebbe tail.e comportamento dai compiti demandati all'interprete e minerebbe in radice la fonda- mentale esigenza della certezza del diritto. N a favore della tesi sostenuta dall'attrice pu trarsi argomento dalla disposizione di cui all'art. 46, iH quale stabilisce che l'istanza per l'arbitrato deve essere notifieata nel termine di sessanta giorni da quello in cui :liu comunicato il provvedimento dell'Amministrazione che ' ffiillff@ffffillffiffil@MfffilfffffftfffSMifff&Jffffff@ffilfffiff@E@ffifilliffftfffilf1fflf@lfilfffill1fffiffffoillfili0m1%imfif&i@fi1fwJ PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 673 ha risolto la controversia in sede amministrativa. vero, infatti, che il termine 'di decadenza ed ha carattere perentorio, ma rpur vero che, ove il provvedimento sia. emanato in corso d'opera, non per questo verranno meno il sistema ed i principi attinenti al tempo del giudizio arbitrale: la risoluzione della controversia, a meno che non ricorra una delle ipotesi previste in via di eccezione dall'art. 44, ugualmente non potr avere luogo prima dell'approvazione del coll.audo, ed dalla notificazione della delibera di questa approvazione che -ove 'l'appaltatore abbia provveduto ad inseriire tempestiva apposita riserva nel registro di contabilit -decorrer il termine per la domanda giudiziale. Soluzione, questa, che organicamente si innesta nel sistema della legge, unanimamente condivisa dalla dottrina, espressamente, con efficacia analogica, stabilita dalle Condizioni generali per l'appalto dei lavori del Genio Militare (art. 54 del r.d. 17 marzo 1932, n. 366, modificato con r.d. 24 maggio 1937 n. 1062). Da'l pari infondato l'assunto per il quale la natura e rilevanza economica della controversia sarebbero tali da non consentire che la sua risoluzione venga differita. Non ne tale la natura -requisito, questo, sul quale per altro non si sofferma l'ttrice -atteso che la controversia, valutata, come deve essere, sotto il profilo obiettivo, non richiede accertamenti non pro crastinabili in .riferimento d un attua1le, prevedibilmente mutevole, stato dei luoghi; n, considerata sotto l'aspetto contenutistico, intro duce una domanda di per s incompatibile con la prosecuzione dei lavori, quale ad esempio la domanda di risoluzione per inadempienza dell'Amministrazione o la domanda di nullit del contratto. Non ne tale J.a rilevanza economica -presupposto, questo, sul quale viene fondato l'assunto -poich detta rilevanza, per espressa previsione del citato art. 44, deve essere valutata in riferimento all'im porto totale dell'appalto ed alla eventuale pregiudizievole incidenza del differimento sulla continuazione dei lavori.. Orbene, la rilevanza economica della controversia valutata, in relazione all'importo totale dell'appalto (secondo il dettato ~lla legge), appare senz'altro esigua, in quanto gli oneri finanziari denunziati con le riserve sono dli poco superiori, nel loro complesso, al decimo dell'importo netto dei lavori appaltati. L'esito negativo dell'indagine sulla ra'vvisabilit del requi sito della rilevanza economica, in riferimento al totale importo del contratto, renderebbe superfluo l'accertamento del~a esistenza del me desimo presupposto sotto il diverso profilo della sua attitudine ad arre care notevole pregiudizio alla continuazione dei lavori . comunque agevole osservare, sia pure per mera completezza espositiva, che l'Im presa, su cui incombeva il relativo onere, non, ha provato, non ha chiesto di provare, invero non ha nemmeno adombrato -bench la necessit di tale elemento fosse stata posta in risalto nella citata ordi 674 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nanza del Giudice Istruttore -la sussistenza e la natura di un qualsiasi pregiudizio che dal differimento della risoluzione della controversia potrebbe derivare alla esecuzione dei residui lavori; residllli lavori di cui, peraltro, in atto la sospensione per altra causa e di cui, soprattutto, si ignorano l'importo ed il rHievo nella economia del contratto di appalto. Per le considerazioni che precedono, il Tribunale deve dichiarare improponibile la domanda. -(Omissis). I TRIBUNALE DI ROMA, Sez. I, 7 aprile 1970, n. 2675 -Pres. Paolicelli -Est. Tondo -Impresa Antonnicola (avv. Carbone) c. ANAS (avv. Stato Carusi). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Onere della tempestiva riserva dell'appaltatore -Finalit -Controllo da parte dell'Amministrazione appaltante dell'andamento della spesa -Sussiste -Legittimit della decadenza d~lle domande dell'appaltatore, in caso di mancato assolvimento dell'onere, comminata dal Regolamento n. 350 del 1895. (r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 11, 16, 20, 21, 22, 23, 36, 37, 53, 54, 64, 89, 107; 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, artt. 346 e 364; d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, art. 26). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Pretese a maggiori compensi o indennizzi per aggravi derivanti da fatti continuativi -Onere della immediata riserva da parte dell'appaltatore -Sussiste Differimento dell'assolvimento dell'onere alla chiusura della contabilit -Esclusione. (r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 11, 16, 36, 37, 53, 54, 64, 89, 107). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Appalto a forfait -Richieste dell'appaltatore di maggiori compensi o indennizzi -Onere della tempestiva riserva -Sussiste. (r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 46 e 118). La ratio della normativa che impone l'obbligo di formulare le riserve nel corso della contabiiit non si esaurisce nell'intento di assicurare l'efficace e tempestivo controllo da parte dell'Amministrazione su fatti non pi accertabili, ma persegue, invece, l'ulteriore, essenziale scopo di consentire che gli organi deLl'Amministrazione sian immediatamente PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 675 informati nel corso del rapporto di qualsiasi pretesa atta a turbare l'equilibrio economico del contratto, s da essere in grado di esaminare il merito .della pretesa e di fronteggiarla con adeguati provvedimenti e massimamente con l'esercizio, nei congrui casi, della facolt di risoluzione prevista dall'art. 345 l. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, sui lavori pubblici. Nel caso di mancata osservanza di quell'onere', legittimamente comminata dall'art. 54 del Rego.zamento n. 350 del 1895 la decadenza dell'appaitatore dalle relative pretese, poich L'art. 2966 e.e., quando stabilisce che iL termine di decadenza pu essere posto dalla legge, oltre che dal contratto, deve essere interpretato nel seinso dell'ammissibilit di una determinazione anche in virt di regolamento, ossia di legge in senso materiale (1). Anche nel caso di pretese fondate su fatti continuativi sussiste per l'appaUatore l'onere della immediata riserva, poich, nonostante la continuit dell'aggravio1 tuttavia possibile precisarne l'importo con riferimento alle partite via via contabilizzate, mentre una eventuale impossibilit di precisazione del medesimo vale a giustificare soltan.to il differimento della quantificazione, ma non anche della formulazione della riserva con 1iferimento al fatto, sia pure continuativo, che si assume produttivo dell'aggravio (2). (1) (4) Cfr. Corte App. Roma, 19 aprile 1966, n. 666, in questa Rassegna, 1966, I, 712; 28 settembre 1968, n. 2301, id, 1968, I, 1110; 30 novembre 1968, n. 2790; ivi I, 1111; 23 gennaio 1969, n. 113, i.., 1969, I, 350; per la giurisprudenza arbitrale, v. lodo 17 marzo 1967, n. 18 (Roma), id., 1967, I, 320. Tale ratio dell'istituto stata sostanzialmente riconosciuta dalla stessa Corte di Cassazione: v. sent. 30 giugno 1969, n. 2393, in questa Rassegna, 1969, I, 578 ed in relazione v. nota critica a lodo 4 ottobre 1969, n. 56 (Roma), ibidem, 1188 e segg. Sulla seconda parte delle due massime cfr. Cass., 12 giugno 1963, n. 1568, Giur. it., Mass., 1963; 537, sub c) ed in conformit Cass., 23 luglio 1969, n. 2766, in questa Rassegna, 1969, I, 762, nonch lodo 18 maggio 1967, n. 40 (Roma), id., 1967, I, 907; lodo 21 maggio 1969, n. 21 (Roma) id., 1970, I, 483. (2) V., in senso conforme alla prima parte della massima, Cass., 29 marzo 1943, n. 719, Giur. oo.pp., 1943, I, 204; v. anche, analogamente, la giurisprudenza della Corte di Appello di Roma e il lodo 17 marzo 1967, n. 18 (Roma) citati alle note (1) (4). Con la sentenza 30 giugno 1969, n. 2393, pure ivi citata, la Corte di Cassazione, pel caso di fatto continuativo, ha genericamente affermato che l'onere della riserva va ritenuto operante al momento in cui si renda manifesta la rilevanza causale del fatto generatore della situazione dannosa e si disponga di ogni elemento necessario per indicare l'importo del compenso richiesto sotto forma di maggiore onere; su tale affermazione, v. considerazioni in nota in questa Rassegna, 1969, I, 1190 e seg. Con la successiva sentenza 29 dicembre 1969, n. 4046, in questa Rassegna, 1970, I, 482, la Corte di Cassazione ha affermato che l'onere di denunzia di fatti o situazioni che causino aumento di spesa nella esecuzione dell'opera generale e nessuna ragione di compenso pretermessa nella contabilit pu ritenervisi sottratta ; l'onere della riserva non 680 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Nella specie, le parti hanno riconosciuto come parte integrante del contratto il Capitolato generale approv. con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, che all'art. 26 stabilisce che i documenti contabili sono tenuti secondo le prescrizioni del regolamento approv. con r.d. 25 marzo 1895, n. 350, e che le osservazioni dell'appaltatore sui predetti documenti, nonch sul certificato di collaudo, devono essere presentate ed iscritte, a pena di decadenza, nei termini e nei modi stab'.iliti dal regolamento medesimo, sicch non dubbio 'che la forza vincolante di quest'ultimo stata appunto ribadita e confermata dalla volont dei contraenti. L'impresa Antonnicola ha, inoltre, sostenuto che l'onere della riserva, stabilito dall'art. 54 del cit. regolamento (ed espressamente richiamato, sia pure mediatamente, proprio nel contratto di cui si discUte), non sarebbe applicabile agli appalti a corpo od a forfait, in quanto previsto per i soli appalti a misura e non analogicamente estensibile. L'assunto si fonda, in primo luogo, su di un rilievo meramente letterale e formalistico: quello che l'art. 53, inizialmente considerando il libretto delle misure ( notate nel libretto delle misure nel luogo dell'opera, le partite di lavoro eseguite ecc. ), farebbe intendere chiaramente che gli adempimenti in esso prescritti si riferiscono agli ppalti a misura, per i quali si deve provvedere alla iscrizione, nei registri .contabili, delle singole partite di lavoro man mano che vengono eseguite, mentre rimrrebbero esclusi dall'ambito dell'applicazione della norma gli appa.lti a forfait, nei quali non si iscriverebbero partite di lavoro, bensi percentuali di lavoro eseguiti. Quest'ultima circostanza, inoltre, escludendo la registrazione di singole partite di lavoro, e quindi di specifici fatti possibilmente pregiudizievoli per l'appaltatore, escluderebbe addirittura la ragione della iscrizione della riserva, perch non sussisterebbe la necessit di contestare fatti di cui nel registro di contabilit non traccia. La tesi per non convince. L'art. 46 del regolamento, con riferimento ai lavori a . corpo, dispone, infatti, che nel libretto (corrispondente al libretto di misura dei lavori e delle provviste, tanto che l'art. 38, elencando i documenti amministrativi e contabili, fa riferimento, sotto la lettera C, soltanto a quest'ultimo; vedi inoltre gli artt. 43 e 45, che ribadiscono una siffatta assimilazione) i predetti lavori potranno notarsi per aliquote indicando partitamente l'aliquota relativa a ciascun elemento essenziale del lavoro acorpo, come scavi, spianamenti e simili ; ed aggiunge che ~ ogni notamento richiamer i precedenti, per guisa da evitare dupli-jjj ca;;doni ed omissioni e che le quantit .saranno desunte da calcoli fil sommari, basati, ove sia d'uopo, sopra appositi rilievi geometrici . ,_i______ ,'_r__ ,'_~-_::_:; ::_;,_i_. Non quindi vero che per i lavori a corpo le registrazioni contabili \ abbiano per oggetto percentuali od aliquote astratte, prive di riferi- I1 mento ai lavori concretamente eseguiti, ma vero, al -contrario, che @~ @ f~ I I ___ lJ I . ~ 1 t I ff:. J ._f,::ff.,.,WdtLfadf:':,,,,:::i~:Jb:::f:fa:::t-&:::it:.,,:::;:::ib:t::::'.:itf:Mtlfilffiffil}:fffilffilffilff@[{fffJfifilM&ff1IYtf@iff:fff{:fiml 680 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Nella specie, le parti hanno riconosciuto come parte integrante del contratto il Capitolato generale approv. con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, che all'art. 26 stabilisce che i documenti contabili sono tenuti secondo le prescrizioni del regolamento approv. con r.d. 25 marzo 1895, n. 350, e che le osservazioni dell'appaltatore sui predetti documenti, nonch sul certificato di collaudo, devono essere presentate ed iscritte, a pena di decadenza, nei termini e nei modi stati'.iliti dal regolamento medesimo, sicch non dubbio 'che la forza vincolante di quest'ultimo stata appunto ribadita e confermata dalla volont dei contraenti. L'impresa Antonnicola ha, ino.Ure, ,sostenuto che l'onere della riserva, stabilito dall'art. 54 del cit. regolamento (ed espressamente richiamato, sia pure mediatamente, proprio nel contratto di cui si diseute), non sarebbe applicabile agli appalti a corpo od a forfait, in quanto previsto per i soli appalti a misura e non analogicamente estensibile. L'assunto si fonda, in primo luogo, su di un rilievo meramente letterale e formalistico: quello che l'art. 53, inizialmente considerando il libretto delle misure ( notate nel libretto delle. misure nel luogo dell'opera, le partite di lavoro eseguite ecc. ), farebbe intendere chiaramente che gli adempimenti in esso prescritti si riferiscono agli ppalti a misura, per i quali si deve provvedere alla iscrizione, nei registri conta. bili, delle singole partite di lavoro man mano che vengono eseguite, mentre rimarrebbero esclusi dall'ambito dell'applicazione della norma gli appalti a forfait, nei quali non si iscriverebbero partite di lavoro, ista bensi percentuali di lavoro eseguiti. Quest'ultima circostanza, inoltre, ttv.; I, I, escludendo la registrazione di singole partite di lavoro, e quindi di alla specifici fatti possibilmente pregiudizievoli per l'appaltatore, esclude hni, rebbe addirittura la ragione del.fa iscrizione della riserva, perch non per sussisterebbe la necessit di contestare fatti di cui nel registro di coninetabilit non traccia. con( la La tesi per non convince. 1tit, L'art. 46 del regolamento, con riferimento ai lavori a. corpo, ditione spone, infatti, che nel libretto (corrispondente al libretto di misura dei lo in fpello lavori e delle provviste, tanto che l'art. 38, elencando i documenti ammi ita 1). nistrativi e contabili, fa riferimento, sotto la lettera C, ,soltanto a que oc, Ri st'ultimo; vedi inoltre gli artt. 43 e 45, che ribadiscono una siffatta n. 44. assimilazione) i predetti lavori potranno notarsi per aliquote indicontra. cando partitamente l'aliquota relativa a ciascun elemento essenziale a lodo 'iserva del lavoro a corpo, come scavi, spianamenti e simili ; ed aggiunge che eppure ogni notamento richiamer i precedenti, per guisa da evitare dupli a ricocazioni ed omissioni e che le quantit .saranno desunte da calcoli a nota, sommari, :basati, ove sia d'uopo, sopra appositi rilievi geometrici . 1-4) ed di pi, Non quindi vero che per i lavori a corpo le registrazioni contabili giugn<> abbiano per oggetto percentuali od aliquote astratte, prive di riferi mento ai lavori concretamente eseguiti, ma vero, al contrario, che RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO enunciano lo scopo della contabilit e dell'accertamento e della registrazione dei lavori, non consente di distinguere, agli effetti del>l'onere della immediata denuncia, tva fatti istantanei e fatti continuativi ed accertabili in ogni tempo, perch anche rispetto a questi ultimi sussiste l'interesse della Pubblica Amministrazione ad esserne prontamente informata, al fine di poter dare a tempo e con sicurezza le debite disposizioni per la esecuzione dei rimanenti lavori, di promuovere, senza ritardo; gli opportuni provvedimenti in caso di deficienza di fondi, di valutare, con immediatezza, la convenienza, ed opportunit di recedere dal rapporto. N sembra esattd l'argomento che ,trattandosi di fatti continuativi c.d. generali, che si ripercuotono, cio, sul complesso dei lavori, il calcolo del danno sarebbe poSiSibile soltanto ad op&a ultimata, con conseguente impossibilit per l'appaltatore di predsare all'atto delle anteriori sottoscrizioni del registro, o nei quindici giorni successivi (articolo 54), le cifre di compenso cui crede di aver diritto. Ed invero, mentre una siffatta impossibilit non sempre sussiste, ben potendosi dare che, nonostante la continuit dell'aggravio, sia tuttavia possibile precisare il corrispondente peso con riferimento alle partite successivamente contabilizzate, sembra poi chiaro che, giusta quanto gi sostenuto in dottrina, una eventuale impossibilit di precisazione del quantum pu costituire causa di esonero dall'osservanza dell'onere di precisare l'esatto ammontare del compenso, non gi da quello di protestare, mediante tempestiva riserva, la sussistenza del fatto, sia pure continuativo che l'aggravio determina. In conformit della propria cosfante giurisprudenza, ritiene pertanto il Co1legio che, anche trattandosi di futti continuativi, l'intempestivit della riserva implichi decadenza a far valere ogni diritto a maggiori compensi per il tempo anteriore all'iscrizione della riserva stessa, e che, pertanto, essendo state nella specie le riserve iscritte solo in sede di contabilit fina1le dei lavori, la decadenza si sia immediatamente verificata (vedi art. 64 Reg., secondo cui l'appaltato.re, all'atto della firma del conto finale, non potr iscrivere domande per oggetto o per importo diverse da quelle formulate nel registro di contabilit durante fo svolgimento dei lavori, ai termini dei precedenti artt. 53 e 54 ). La domanda deve perci essere dichiarata improponibile. (Omissis). II (Omissis). -1. -Il primo quesito, cos .come viene formulato dalla Impresa nella domanda di arbitrato, non consente di rilevare il contenuto delle sottostanti pretese. Con esso, infatti, si avanza la richiesta complessiva di L. 14.632.709 con riferimento a due diverse categorie PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 675 informati nel corso del rapporto di qualsiasi pretesa atta a turbare l'equilibrio economico del contratto, s da essere in grado di esaminare il merito ,della pretesa e di fronteggiarla con adeguati provvedimenti e massimamente con l'esercizio, nei congrui casi, della facolt di risoluzione prevista dall'art. 345 l. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, sui lavori pubblici. Nel caso di mancata osservanza di quell'onere, legittimamente comminata dall'art. 54 del Regolamento n. 350 del 1895 la decadenza dell'appaltatore dalle relative pretese, poich l'art. 2966 e.e., quando stabilisce che il termine di decadenza pu essere posto dalla legge, oltre che dal contratto, deve essere interpretato nel sernso demammissibilit di una determinazione anehe in virt di regolamento, ossia di legge in senso materiale (1). Anche nel caso di pretese fondate su fatti continuativi sussiste per l'appaltatore l'onere della immediata riserva, poich, nonostante la continuit dell'aggravi'! tuttavia possibile precisarne l'importo con riferimento alle partite via via contabilizzate, mentre una eventuale impossibilit di perecisazione del medesimo vale a giustificare soltanto il differimento della quantificazione, ma non anche della formulazione della riserva con riferimento al fatto, sia pure continuativo, che si assume produttivo dell'aggravio (2). (1) (4) Cfr. Corte App. Roma, 19 aprile 1966, n. 666, in questa Rassegna, 1966, I, 712; 28 settemb!t'e 1968, n. 2301, id, 1968, I, 1110; 30 novembre 1968, n. 2790; ivi I, 1111; 23 gennaio 1969, n. 113, id.., 1969, I, 350; per la giurisprudenza arbitrale, v. lodo 17 marzo 1967, n. 18 (Roma), id., 1967, I, 320. Tale ratio dell'istituto stata sostanzialmente riconosciuta dalla stessa Corte di Cassazione: v. sent. 30 giugno 1969, n. 2393, in questa Rassegna, 1969, I, 578 ed in relazione v. nota critica a lodo 4 ottobre 1969, n. 56 (Roma), ibidem, 1188 e segg. Sulla seconda parte delle due massime cfr. Cass., 12 giugno 1963, n. 1568, Giur. it., Mass., 1963; 537, sub c) ed in conformit Cass., 23 luglio 1969, n. 2766, in questa Rassegna, 1969, I, 762, nonch lodo 18 maggio 1967, n. 40 (Roma), id., 1967, I, 907; lodo 21 maggio 1969, n. 21 (Roma) id., 1970, I, 483. (2) V., in senso conforme alla prima parte della massima, Cass., 29 marzo 1943, n. 719, Giur. oo.pp., 1943, I, 204; v. anche, analogamente, la giurisprudenza della Corte di Appello di Roma e il lodo 17 marzo 1967, n. 18 (Roma) citati alle note (1) (4). Con la sentenza 30 giugno 1969, n. 2393, pure ivi citata, la Corte di Cassazione, pel caso di fatto continuativo, ha genericamente affermato che l'onere della riserva va ritenuto operante al momento in cui si renda manifesta la rilevanza causale del fatto generatore della situazione dannosa e si disponga di ogni elemento necessario per indicare l'importo del compenso richiesto sotto forma di maggiore onere i su tale affermazione, v. considerazioni in nota in questa Rassegna, 1969, I, 1190 e seg. Con la successiva sentenza 29 dicembre 1969, n. 4046, in questa Rassegna, 1970, I, 482, la Corte di Cassazione ha affermato che l'onere di denunzia di fatti o situazioni che causino aumento di spesa nella esecuzione dell'opera generale e nessuna ragione di compenso pretermessa nella contabilit pu ritenervisi sottratta ; l'onere della riserva non 676 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'onere della tempestiva riserva da parte dell'appaltatore, per far valere nei confronti dell'Amministrazione pretese ad eventuali, maggiori compensi o indennizzi, sussiste anche per gli appalti a forfait (3), II LODO 24 marzo 1970, n. 23 (Roma) -Pres. Vozzi -Est. Evangelista Impresa Soc. Borghi (avv. Fortini) c. Ministero dei Lavori Pubhlici (Avv. Stato Albisinni). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Onere della tempestiva riserva dell'appaltatore -Finalit -Controllo da parte dell'Amministrazione appaltante dell'andamento della spesa -Sussiste -Giustificazione della decadenza delle domande dell'appaltatore, in caso di mancato assolvimento dell'onere, anche nel principio della buona fede -Sussiste. (r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 11, 16, 20, 21, 22, 23, 36, 37, 53, 54, 64, 89, 107; e.e., art. 1.375). I Appalto -Appalto di opere pubbliche -Onere di denuncia con speci I fica ed immediata riserva da parte dell'appaltatore delle sue pretese a compensi maggiori o diversi da quelli che gli sono stati riconosciuti nel registro di contabilit -Sussiste. (r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 53 e 54). Dal sistema normativo, quale risulta dalle disposizioni della l. 20 marzo 1865 n. 2248 all. F e da quelle del Regolamento n. 350 d.el 1895 dirette ad assicurare la registrazione analitica .e tempestiva di ogni :fatto da. cui derivi per l'Amministrazione committente un onere finan investirebbe, tuttavia, le pretese per danni originate da mora dell'Amministrazione (come la pretesa degli interessi moratori), trattandosi di ~ituazione estranea e posteriore all'attivit4,.. soggetta a registrazione, che quella svolta dall'appaltatore per l'esecuzione dell'opera . Questa precisazione vale a limitare significativamente la portata della predetta massima e non appare idonea, pertanto, ad inficiare i concetti esposti in nota, in questa Rassegna, 1969, I, 1187 e segg.; si veda anche infra, nota 5. La sentenza n. 4046 del 1969 della Corte di Cassazione sar pubblicata in extenso nel sesto fascicolo dell'annata in cors di questa Rassegna. (3) Anche per tali appalti, infatti, ai sensi dell'art. 118 r.d. n. 350 del 1895, valgono le norme relative all'onere della riserva, ad essi applicabili in quanto si procede all'annotamento dei lavori per aliquote ai sensi dell'art. 46 e v' una contabilit di tutti i fatti produttivi di spesa per l'esecuzione dell'opera ai sensi dell'art. 36 stesso Regolamento: v. nota, in questa Rassegna, 1969, I, 1192. ' 676 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'onere della tempestiva riserva da parte dell'appaltatore, per far valere nei confronti dell'Amministrazione pretese ad eventuali, maggiori compensi o indennizzi, sussiste anche per gli appalti a forfait (3), II LODO 24 marzo 1970, n. 23 (Roma) -Pres. Vozzi -Est. Evangelista l. II).presa Soc. Borghi (avv. Fortini) c. 'Ministero dei Lavori Pubblici (Avv. Stato Albisinni). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Onere della tempestiva riserva dell'appaltatore -Finalit -Controllo da parte dell'Amministrazione appaltante del~'andamento della spesa -Sussiste -Giustificazione della decadenza delle domande dell'appaltatore, in caso di mancato assolvimento dell'onere, anche nel principio della buona fede -Sussiste. (r.d. 25 maggio 1895, n: 350, artt. 11, 16, 20, 21, 22, 23, 36, 37, 53, 54, 64, 89, 107; e.e., art. 1.375). I Appalto -Appalto di opere pubbliche -Onere di denuncia con specifica ed immediata riserva da parte dell'appaltatore delle sue. pre- I tese a compensi maggiori o diversi da quelli che gli sono stati I riconosciuti nel registro di contabilit -Sussiste. E f.*p (r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 53 e 54). Dal sistema normativo, quale risulta dalle disposizioni della i. 20 marzo 1865 n. 2248 alt. F e da quelle del Regolamento n. 350 d.el 1895 I dirette ad assicurare la registrazione analitica .e tempestiva di .ogni fatto da. cui derivi per l'Amministrazione committente un onere finan ministrazione (come la pretesa degli interessi moratori), trattandosi di : situazione estranea e posteriore all'attivit4,. soggetta a registrazione, che , quella svolta dall'appaltatore per l'esecuzione dell'opera . Questa precisa- I :i-::.~~~el~i::.~".::i":~'.:=.!cii:r::n::.~~.:or:.".r-: '::'.":~ I 11 :..;.r. .. ....1.:... ... ..~:,;[.:.~.1!..1.~.,..1..1.~.~.~~;,.1,1 ;.~~;.b!~?E~~I~l~:~~~~ 1I ~.,.1~ r.~. . i l'art. 46 e v' una contabilit di tutti i fatti produttivi di spesa per l'es-@ :,"'~~:.~~::~:.: ~:-;::~ dell'fil"t. 36 ''""'" Regolamento' v. noto, in que- I .. . I ~ ! -~8fBVd[fjf[8f-tff&Mff:fiJ0Bflli:4%t.fXffffiltfffE[gf~.f.&---ff@r'~;;:,/t;%1:.dif! 680 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Nella specie, le parti hanno riconosciuto come parte integrante del contratto il Capitolato generale approv. con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, che all'art. 26 stabilisce che i documenti contabili sono tenuti secondo le prescrizioni del regolamento approv. con r.d. 25 marzo 1895, n. 350, e che le osservazioni dell'appaltatore sui predetti documenti, nonch sul certificato di collaudo, devono essere presentate ed iscritte, a pena di decadenza, nei termini e nei modi stabiliti dal regolamento medesimo, sicch non dubbio che la forza vincolante di quest'ultimo stata appunto ribadita e confermata dalla volont dei contraenti. L'impresa Antonnicola ha, inoltre, sostenuto che l'onere della riserva, sta:bilto dall'art. 54 del cit. regolamento (ed espressamente richiamato, sia pure mediatamente, proprio nel contratto di cui si discUte), non sarebbe applicabile agli appalti a corpo od a forfait, in quanto previsto per i soli appalti a misura e non analogicamente estensibile. L'assunto si fonda, in primo luogo, su di un r1lievo meramente letterale e formalistico: quel.Io che l'art. 53, inizialmente considerando il li:bretto delle misure ( notate nel libretto delle. misure nel luogo dell'opera, le partite di lavoro eseguite ecc. ), farebbe intendere chiaramente che gli adempimenti in esso prescritti si .riferiscono agli ppalti a misura, per i quali si deve provvedere alla iscrizione, nei registri contabili, delle singole partite di lavoro man mano che vengono eseguite, mentre rimrrebbero esclusi dall'ambito dell'applicazione della norma gli appa.iti a forfait, nei quali non si iscriverebbero partite di lavoro, bensi percentuali di lavoro eseguiti. Quest'ultima circostanza, inoltre, escludendo la registrazione di singole partite di lavoro, e quindi di .specifici fatti possibilmente pregiudizievoli per l'appaltatore, escluderebbe addirittura la ragione de1la iscrizione della riserva, perch non sussisterebbe la necessit di contestare fatti di cui nel registro di contabilit non traccia. La tesi per non convince. L'art. 46 del regolamento, con riferimento ai lavori a. corpo, dispone, infatti, che nel libretto (corrispondente al libretto di misura dei lavori e delle provviste, tanto che l'art. 38, elencando i documenti amministrativi e contabili, fa riferimento, sotto la lettera C, soltanto a quest'ultimo; vedi inoltre gli artt. 43 e 45, che ribadiscono una siffatta assimilazione) i predetti lavori potranno notarsi per aliquote indicando partitamente l'aliquota relativa a ciascun elemento essenziale del lavoro a corpo, come scavi, spianamenti e simili ; ed aggiunge che ogni notamento richiamer i precedenti, per guisa da evitare duplica: i;ioni ed omissioni e che le quantit .saranno desunte da calcoli sommari, :basati, ove sia d'uopo, sopra appositi rilievi geometrici. Non quindi vero che per i lavori a corpo le registrazioni contabili abbiano per oggetto percentuali od aliquote astratte, prive di riferimento ai lavori concretamente eseguiti, ma vero, al contrario, che PARTI!: I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 681 l'aliquota deve essere riferita a ciascun elemento essenziale del lavoro a corpo e che le quantit devono essere desunte da calcoli, sia pure sommari. Anche nell'appalto a forfait, inoltre, le notazioni sul libretto devono essere, ai sensi dell'art. 53, iscritte nel registro di contabilit, facendo cos sorgere l'onere di riserva di cui si discute. Se si consideri, inoltre, che, ai termini del generale disposto del l'art. 36, la contabilit dell'opera ha, anche in questo {!aSO, per oggetto l'accertamento e la registrazione di tutti i fatti produttivi di spese per il.'esecuzione dell'opera e che, giUtSta il secondo comma del successivo art, 37, l'accertamento e la registrazione dei fatti anzidetti deve pur sempre procedere di pari passi al loro avvenimento, specialmente per le partite la cui esecuzione richieda scavi e demolizioni di opere, onde, colla conoscenza dello .stato di avanzamento di lavoro, e dell'importo dei medesimi, nonch dell'entit dei relativi fondi l'ufficio S trovi sempre in grado di rilasciare prontamente i certificati di avnzamento dei lavori per il pagamento degli acconti (vedi art. 58) nonch di dare a tempo e con sicurezza le debite disposizioni per l'esecuzione dei lavori entro i limiti delle somme autorizzate, appare chiaro che, anche nell'esecuzione di un appalto a co!1po, l'appaltatore ha l'onere di con testare, mediante l'iscrizione di riserve ai sensi dell'art. 54, la registra zione dei fatti anzidetti, quando essa contrasti con le concrete moda lit di esecuzione dell'opera o comunque pretermetta ragioni che gli diano diritto ad indennit. L'attrice ha ancora sostenuto, in subordine, che almeno le prime tre riserve atterrebbero ad aggravi di carattere continuativo e sempre rilevabili, sicch l'onere di riserva, anche se sussistente, si dovrebbe considerare differito al momento della ultimazione dell'opera. Ritiene peraltro il Collegio che la ratio della normativa, che im pone l'obbligo di formulare le riserve nel col"\So della contabilit, non si esaurisce nell'intento di assicurare l'efficace e tempestivo controllo da parte dell'Amministrazione su fatti recenti, il cui accertamento sia ancora possibile, con la conseguenza che non importerebbe decadenza l'omessa riserva per quei lavori che si palesano accertabili in ogni tempo e computabili nel loro ammontare (vedi Cass., 4 dicembre 1967, n. 2869; Cass., 9 maggio 1969, n. 2393), ma persegue, invece, l'ulteriore, essenziale scopo di consentire che gli organi dell'Amministrazione , siano immediatamente informati, nel corso del rapporto, di qualsiasi pretesa atta a turbare l'equilibrio economico del contratto, si da essere messi in grado di esaminare il merito della pretesa e di fronteggiarla con adeguati provvedimenti, e, massimamente, con l'esercizio, nei congrui casi, della facolt di risoluzione prevista dall'art. 345 della legge 20 marzo 1865 sui lavori pubblici. Questa finalit, attestata da tutta la disciplina del regol. 25 maggio 1895, n. 350, ed in particolare dai citati artt. 36, 37, che espressamente I I I ! ' ! I ; ; i I ~ I - 682 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO enunciano lo scopo della contabilit e dell'accertamento e della registrazione dei lavori, non consente di distinguere, agli effetti dell'onere della immediata denuncia, tra fatti istantanei e fatti continuativi ed accertabili in ogni tempo, perch anche rispetto a questi ultimi sussiste l'interesse della Pubblica Amministrazione ad esserne prontamente informata, al fine di poter dare a tempo e con sicurezza le debite disposizioni per la esecuzione dei rimanenti lavori, di promuovere, senza ritardo; gli opportuni provvedimenti in caso di deficienza di fondi, di valutare, con immediatezza, la convenienza, ed opportunit di recedere dal rapporto. N sembra esattd l'argomento che ,trattandosi di fatti continuativi c.d. generali, Che si ripercuotono, cio, sul complesso dei lavori, il calcolo del danno sarebbe possibile soltanto ad opera ultimata, con conseguente impossibilit per l'appaltatore di precisare all'atto delle anteriori sottoscrizioni del registro, o nei quindici giorni successivi (articolo 54), le cifre di compenso cui crede di aver diritto. Ed invero, mentre una siffatta impossibilit non sempre sussiste, ben potendosi dare che, nonostante la continuit dell'aggravio, sia tuttavia possibile precisare il .corrispondente peso con rHerimento alle partite successivamente contabilizzate, sembra poi chiaro che, giusta quanto gi sostenuto in dottrina, una eventuale impossibiUt di precisazione del quantum pu costituire causa di esonero dall'osservanza dell'onere di precisare l'esatto ammontare del compenso, non gi da quello di protestare, mediante tempestiva riserva, la sussistenza del fatto, sia pure continuativo che l'aggravio determina. In conformit della propria costante giurisprudenza, ritiene pertanto il Col>legio che, anche trattandosi di :liatti continuativi, l'intempestivit della riserva implichi decadenza a far valere ogni diritto a maggiori compensi per il tempo anteriore all'iscrizione della riserva stessa, e che, pertanto, essendo state nella specie le riserve iscritte solo in sede di contabilit fina1le dei lavori, la decadenza si sia immediatamente verificata (vedi art. 64 Reg., secondo cui l'appaltatore, all'atto della firma del conto finale, non potr iscrivere domande per oggetto o 'per importo diverse da quelle formulate nel registro di contabilit durante lo svolgimento dei lavori, ai termini dei precedenti artt. 53 e 54 ). La domanda deve perci essere dichiarata improponibile. (Omissis). II (Omissis). -1. -Il primo quesito, cos .come viene formulato dalla Impresa nella domanda di arbitrato, non consente di rilevare il contenuto delle sottostanti pretese. Con esso, infatti, si avanza la richiesta complessiva di L. 14.632.709 con riferimento a due diverse categorie PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 675 informati nel corso del rapporto di qualsiasi pretesa atta a turbare l'equilibrio economico del contratto, si da essere in gra,do di esaminare il merito della pretesa e di fronteggiarla con adeguati provvedimenti e massimamente con l'esercizio, nei congrui casi, deUa facolt di risoluzione prevista dall'art. 345 l. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, sui lavori pubblici. Nel caso di mancata osservanza di quell'onere', legittimamente comminata dall'art. 54 del Regolamento n. 350 del 1895 la decadenza dell'appaltatore dalle relative pretese, poich '/,'art. 2966 e.e., quando stabilisce che il termine di decadenza pu essere posto dalla legge, oltre che dal contratto, deve essere interpretato nel sernso deU'ammissibilit di una determinazione anche in virt di regolamento, ossia di legge in senso materiale (1). Anche nel caso di pretese fondate su fatti continuativi sussiste per l'appaltatore l'onere della immediata riserva, poich, nonostante la continuit dell'aggravio, tuttavia possibile precisarne l'importo con riferimento alle partite' via via contabilizzate, mentre una eventuale impossibilit di p'!'ecisazione del medesimo vale a giustificare soltan,to il differimento della quantificazione, ma non anche' della formulazione della riserva con riferimento al fatto, sia pure continuativo, che si assume produttivo dell'aggravio (2). (1) (4) Cfr. Corte App. Roma, 19 aprile 1966, n. 666, in questa Rassegna, 1966, I, 712; 28 settembre 1968, n. 2301, id, 1968, I, 1110; 30 novembre 1968, n. 2790; ivi I, 1111; 23 gennaio 1969, n. 113, id.,, 1969, I, 350'; per la giurisprudenza arbitrale, v. lodo 17 marzo 1967, n. 18 (Roma), id., 1967, I, 320. Tale ratio dell'istituto stata sostanzialmente riconosciuta dalla stessa Corte di Cassazione: v. sent. 30 giugno 1969, n. 2393, in questa Rassegna, 1969, I, 578 ed in relazione v. nota critica a lodo 4 ottobre 1969, n. 56 (Roma), ibidem, 1188 e segg, Sulla seconda parte delle due massime cfr. Cass., 12 giugno 1963, n. 1568, Giur. it., Mass., 1963, 537, sub e) ed in conformit Cass., 23 luglio 1969, n. 2766, in questa Rassegna, 1969, I, 762, nonch lodo 18 maggio 1967, n. 40 (Roma), id., 1967, I, 907; lodo 21 maggio 1969, n. 21 (Roma) id., 1970, I, 483. (2) V., in senso conforme alla prima parte della massima, Cass., 29 marzo 1943, n. 719, Giur. oo.pp., 1943, I, 204; v. anche, analogamente, la giurisprudenza della Corte di Appello di Roma e il lodo 17 marzo 1967, n. 18 (Roma) citati alle note (1) (4). Con la sentenza 30 giugno 1969, n. 2393, pure ivi citata, la Corte di Cassazione, pel caso di fatto continuativo, ha genericamente affermato che l'onere della riserva va ritenuto operante al momento in cui si renda manifesta la rilevanza causale del fatto generatore della situazione dannosa e si disponga di ogni elemento necessario per indicare l'importo del compenso richiesto sotto :forma di maggiore onere; su tale affermazione, v. considerazioni in nota in questa Rassegna, 1969, I, 1190 e seg. Con la successiva sentenza 29 dicembre 1969, n. 4046, in questa Rassegna, 1970, I, 482, la Corte di Cassazione ha affermato che l'onere di denunzia di fatti o situazioni che causino aumento di spesa nella esecuzione dell'opera generale e nessuna ragione di compenso pretermessa nella contabilit pu ritenervisi sottratta ; l'onere della riserva non 676 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'onere della tempestiva riserva da parte deli'appaltatore, per far valere nei confronti dell'Amministrazione pretese ad eventuali, maggiori compensi o indennizzi, sussiste anche per gli appaiti a forfait (3), II LODO 24 marzo 1970, n. 23 (Roma) -Pres. Vozzi -Est. Evangelista lll). presa Soc. Borghi (avv. Fortini) c. Ministero dei Lavori Pubblici (Avv. Stato Albisinni). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Onere della tempestiva riserva dell'appaltatore -Finalit -Controllo da parte dell'Amministrazione appaltante dell'andamento della spesa -Sussiste -Giustificazione della decadenza delle domande dell'appaltatore, in caso di mancato assolvimento dell'onere, anche nel principio della buona fede -Sussiste. (r.d. 25 maggio 1895, n.' 350, artt. 11, 16, 20, 21, 22, 23, 36, 37, 53, 54, 64, 89, 107; e.e.. art. 1.375). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Onere di denuncia con specifica ed immediata riserva da parte dell'appaltatore delle sue pretese a compensi maggiori o diversi da quelli che gli sono stati riconosciuti nel registro di contabilit -Sussiste. (r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 53 e 54). Dal sistema normativo, quale risulta daUe disposizioni della l. 20 marzo 1865 n. 2248 all. F e da quelle del Regolamento n. 350 del 1895 dirette ad assicurare la registrazione analitica .e tempestiva di ogni fatto da. cui derivi per l'Amministrazione committente un onere fi,nan investirebbe, tuttavia, le pretese per danni originate da mora dell'Amministrazione (come la pretesa degli interessi moratori), trattandosi di l!ituazione estranea e posteriore all'attivit4,. soggetta a registrazione, che quella svolta dall'appaltatore per l'esecuzione dell'opera . Questa precisaz~ one vale a limitare significativamente la portata della predetta massima e non appare idonea, pertanto, ad inficiare i concetti esposti in nota, in questa Rassegna, 1969, I, 1187 e segg.; si veda anche infra, nota 5. La sentenza n. 4046 del 1969 della Corte di Cassazione sar pubblicata in extenso nel sesto fascicolo dell'annata in cors di questa Rassegna. (3) Anche per tali appalti, infatti, ai sensi dell'art. 118 r.d. n. 350 del 1895, valgono le norme relative all'onere della risrva, ad essi applicabili in quanto si procede all'annotamento dei lavori per aliquote ai sensi delli ~ l'art. 46 e v' una contabilit di tutti i fatti produttivi di spesa per l'esecuzione dell'opera ai sensi dell'art. 36 stesso Regolamento: v. nota, in queJ sta Rassegna, 1969, I, 1192. ~ ' f: ! ~{'-~~~ ~ f PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 677 ziario per la esecuzione dell'opera pubblica, appare chiaro che l'onere della tempestiva riserva dell'appaltatore istituito al fine di porre l' Amministrazione medesima in grado di esplicare un controllo continuo ed efficace sulla spesa e di trarre da esso adeguate conseguenze, quali 1a tempestiva provvista di ulteriori fondi, ovvero la diminuzione di lavori o addirittura la risoluzione del contratto. La correlativa sanzione di decadenza, in caso di mancato, tempestivo assolvimento dell'onere, giustificata anche moralmente in relazione al principio della :buona fede contrattuale (4). L'appaltatore deve, pertanto, denunciare con specifica riserva, e .subito, le sue pretese a compensi maggiori o diversi da quelli che gli .sono stati riconosciuti nel registro di contabilit, in relazione alle .singole partite di lavoro nel medesimo annotate (5). III LODO 7 luglio 1970, n. 63 (Roma) -Pres. Stumpo -Est. Condeml Impresa Marchioro (avv. Pallottino) c. Ministero dei Lavori Pubblici (Avv. Stato Carusi). Appalti -Appalto di opere pubbliche -Contabilizzazione dei lavori per partite provvisorie -Pretese dell'appaltatore a maggiori compensi rispetto a quelli allibrati in partite provvisorie -Onere della immediata riserva -Esclusione. (r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 36 e segg.), -Appalti -Appalto di opere pubbliche -Onere della tempestiva riserva. dell'appaltatore ,,\ Finalit -Controllo dei fatti non pi accertabili -Pretese dell'appaltatore a maggiori compensi o indennizzi (4) V. supra nota 1. (5) qui opportuno ricordare che negli appalti amisura il sistema
  • n. 149 anzich del prezzo n. 148 (differenza: L. 700 ;tato impiegato cemento tipo 680 in luogo di quello ondi lavori viene richiesta l'applicazione del prezzo prezzo n. 147 (differenza: L. 3.240 a mc.) sia per la cemento impiegato, sia per il diverso e pi oneroso dall'opera. !SSO, pu passarsi all'es'ame della prima domanda del quanto ad essa, deve dirsi preliminarmente che l'Av dello Stato, nell'interesse dell'Amministrazione dei tlleva eccezione di inammissibilit, adducendo che la t colpita da decadenza, perch proposta con riserva i contabilit del quarto stato di avanzamento: dopo 1 stati contabilizzati nei precedenti stati di avanzailizzazione, quindi, accettata dalla Impresa, i lavori i prezzi poi contestati dall'Impresa . > Stato fa ovviamente richiamo all'art. 54 del regolaone, contabilit e collaudazione dei lavori dello Stato, . 25 maggio 1895, n. 350, disposizione richiamata al! l decreto del Ministro per i Lavori Pubblici 28 magova il capitolato generale per gli appalti delle opere Listero dei Lavori Pubblici. ifensore dell'Impresa controdeduce (2a memoria) che guarda il solo caso di mancata iscrizione della riserva itabilit e che l'efficacia della norma limitativa dei :ore esclude qualsiasi estensione . te (3a memoria) lo stesso difensore, ritornando sula che l'eccezione di de{!adenza non confortata dalle ;tro di contabilit e che comunque le riserve furono nbre 1962, anteriormente al 5 stato di avanzamento ~PPALTI ECC. 685 . ' iOrdine ai fatti dai fperci la sanzione ione investa circo controllabili dalla isi possa verificare, ~zzabile difficolt a pposto, che ad una ioni, quale quella, ~e arbitrariamente !ti la finalit, attri~ sentire che restino ~ ritiene di fondare ) pi importante di k1ente finalit di :~ danno dell'ammilel costo dell'opera :~ isulta dalile disposi-0 ltrazione analitica e histrazione commit I ~a pubblica (art. 20, I, appare chiaro che I JQ l'amministrazione ! ~pesa e di trarre da i promuovere senza I ;enza di fondi cosi ~sa, disponendo una mtratto (artt. 344 e ~ ora esposta che va ~golamento del 1895 lndare con gpecifica ii o diversi da quelli !ut in relazione alle ~ rigorosa, ch l'arti ~stiva iscrizione della id~mento morale nel iatto deve essere ese iegistro di contabilit rtite di lavoro in esso ui egli ritiene di aver rva, alla stazione ap 686 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO paltante. Ove non lo faccia, la legge presume che egli abbia rinunciato definitivamente a :far valere quel suo diritto successivamente, nella stessa sede o in altra. Sulla basedelle considerazioni ora fatte, si deve dichiarare parzialmente inammissibile, per avvenuta decadenza, la domanda di indennizzo proposta con il quesito primo, lett. a), avente per oggetto un m;aggior compenso di L. 1.949.086 per mc. 2.680,486 di conglomerato cementizio impiegato nella costruzione del muro di cinta. La domanda stessa .non inammissibile nella sua totalit, ma solo per le partite di lavoro registrate con i primi tre stati di avanzamento, che l'appaltatore firm senza riserva: 1 stato di avanzamento, mc. 491,503; 2 stato: mc. 819,762; 30 stato: mc. 72,000; in totale mc. 1.383,265. 3. -La domanda invece ammissibile per le altre partite della stessa categoria e precisamente per le partite comprese nei successivi stati di avanzamento, le quali, come si evince dalla consultazione del registro di .contabHit (muro di cinta, splateamento all. 17I A), assommano a mc. 1.297 ,221. 1Senonch la domanda, nei limiti in cui ammissibile, non merita accoglimento. -(Omissis). III (Omissis). -Seguen.do l'ordine logico deve darsi la precedenza all'eccezione relativa all'asserita tardivit delle riserve proposte daU'impresa istante, per quanto concerne i primi cinque quesiti della domanda d'arbitrato, sia perch, via via preliminarmente sollevata dalla difesa dell'Amministrazione dei Lavori Pubblici, sia perch attinente ad una questione .pregiudiziale dei sopraspecificati quesiti e che perci va esaminata primieramente. Come premesso nell'esposizione del fatto, l'Amministrazione resistente assume, in sostanza, che l'Impresa Marchioro sarebbe, anzitutto, decaduta dalle richieste sopra formulate sotto il profilo che le relative riserve sarebbero state tardivamente ed irritualmente proposte nella contabilit dell'appalto. L'eccezione, validamente di volta in volta confutata dall'Impresa istante, priva di fondamento. Ed invero, il problema della tempestiva iscrizione delle riserve, da parte dell'appaltatore, in relazione ai molteplici aspetti attraverso cui esso si manifesta, stato oggetto di ampia elaborazione nella giurisprudenza, ritenendosi per fermo che l'onere medesimo, nei confronti dell'appaltatore, strettamente connesso con la rigoros osservanza delle prescrizioni relative alla tenuta dei registri contabili, da parte della, committente, in obbedienza al generale principio, secondo il quale il valore probatorio di una determinata documentazione opera soltanto se detta documentazione 1sia tenuta secondo le PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 6$7 forme e nei modi previsti dalle stesse norme che le attribuiscono una particolare efficacia probatoria; con fa conseguenza che, non sussistendo le condizioni per una regolare iscrizione di riserve fin quando la contabilizzazione dei lavori mantenga un carattere di provvisoriet, non pu parlarsi di decadenza dell'Impresa per la mancata tempestiva iscrizione delle riserve nel registro di contabilit (lodo 30 ,Juglio 1962, n. 54; lodo 3 dicembre 1962, n. 65; lodo 25 genn.io 1964, n. 2; lodo 23 gennaio 1965, n. 2; Corte di Appello di Roma 22 dicembre 1965, n. 225). Ed, infatti, le' operazioni relative alla contabilit devono essere eseguite .:e documentate dalla parte committente secondo ile forme e le modalit stabilite dagli artt. 346 e 364 della legge sui lavori pubblici e dal regolamento relativo (r.d. 25 maggio 18'95, n. 350), cui detti articoli rinviano, in quanto la osservanza di tali norme e modalit, mentre costituisce una garanzia per la pubblica amministrazione, riveste anche un particolare interesse ai fini delle preclusioni che ne rpossono derivare in danno dell'appaltatore e che, secondo l'avviso della dottrina dominante e della prevalente giurisprudenza, operano in quanto quelle norme e quelle modalit siano, conseguentemente, rispettate. Presupposto necessario, affinch l'appaltatore possa ritenersi decaduto dal diritto di far valere, in qualunque tempo e modo, pretese riferentisi a fatti o contabilizzazioni, risultanti di volta in volta dall'atto contabile, , per, che si tratti di contabilit definitiva, non gi di registrazioni a carattere puramente provvisorio, nel qual caso questo carattere, escludendo che l'atto possa considerarsi come definitiva determinazione dell'Amministrazione, non rende operativo l'onere della riserva. A codesto orientamento aderisce il Collegio arbitrale, posto che la norma, la quale prescrive il tempo d'iscrizione delle riserve e che commina la decadenza per inosservanza di esso, presuppone la sussistenza di una regolare e definitiva contabilit, ma non tenuta in modo provvisorio, come quella dell'appalto de quo. Difatti, nella presente fattispecie, validamente la difesa dell'Impresa oppone .che, inizialmente e fino all'epoca della prima iscrizione delle riserve nel registro, la contabilit stata tenuta per partite provvisorie. Conferma codesto assunto l'approfondito esame della prodotta documentazione, da cui rilevasi che, effettivamente, le quantit di lavoro sono state allibrate in termini provvisori e senza alcun riferimento a misurazioni esatte via via tenute. E valga il vero: la contabilizz.azione riferentesi alla galleria principale (art. 131/a elenco prezzi) condensata tutta nel libretto delle misure n. 5, dal quale si evince che dal 28 ottobre 1960 al 4 ottobre 1961 sono state contabilizzate tutte partite provvisorie per complessivi mc. 38.500; che in data 31 gennaio 1962 sono sfa.te annullate tutte le partite provvisorie e ricontabilizzati mc. 18.176 di scavo in base alle sezioni 14 688 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO della calotta; che in data 30 aprile 1962, ma sempre nello stesso state> di avanzamento, sono stati contabilizzati in provvisorio altri 3.000 mc. In seguito, la 'Contabilizzazione stata tenuta in via provvisoria fino al 31 luglio 1962 e solo in data 15 settembre stesso anno, sul libretto delle misure, ed in data 23 ottobre successivo, sul registro di contabilit, stata operata J.a contabilizzazione definitiva seguita .dalla tempestiva riserva dell'Impresa. Tuttavia, l'intera precedente contabilit stata, ancora una volta, annullata in data 24 marzo 1964 (sul libretto delle misure) e ricontabilizzata in definitivo e con disegni definitivi. Per la galleria secondaria -art. n. 131/b elenco prezzi -la contabilizzazione, condensa~a tutta nel libretto delle misure n. 7, ha seguito lo stesso procedimento della galleria principale e cio dal 29 aprile al 5 ottobre 1961 sono state contabilizzate solo partite provvisorie per complessivi mc. 18.800, nuovamente annullati in data 31 gennaio 1962 e ricontabilizzati per mc. 12.723, in base alle sezioni della calotta e dei relativi rivestimenti. Successivamente la contabilizzazione avvenuta con gli stessi criteri, e, parte, in via chiaramente provvisoria, fino alla data del 15 settembre 1962, seguita dalla riserva della Impresa; quindi tutta la precedente contabilit, nuovamente annullata in data 24 marzo 1964, risulta contabilizzata in definitivo e con disegni definitivi. Per il camerone -Bivio di Roiano -art. 131/A elenco prezzi la cui contabilizzazione condensata nel libretto delle misure n. 10 & n. 10/bis, la prima partita di scavo in provvisorio per mc. 3.040 stata contabilizzata il 31 gennaio 1962; quindi in data 15 settembre 1962 sul libretto delle misure ed in data 23 ottobre stesso anno sul registro di contabilit stata annullata la partita provvisoria e ricontabilizzata in. definitivo per mc. 4.442 'Con la tempestiva riserva dell'Impresa. Successivamente la contabilit avvenuta parte in provvisorio e parte in definitivo fino alla data del 24 marzo 1964 (li!brtto delle misure numero 10/bis) quando tutta J.a precedente contabilizzazione stata, ancora una volta, annullata e ricontabilizzata con disegni definitivi. Orbene, in tale situazione, evidente che non sussisteva per l'Impresa Marchioro, sino alla data della contabilit per partite provvisorie, alcun obbligo di riserve, mancando anzi la materia da contestare e da quantificare, Come prescritto dall'art. 54 del Regolamento n. 350 del 1895. Senza dire che, per quanto concerne addirittura la richiesta di cui. al 10 quesito, trattandosi di riserva, a carattere cosidetto continuativo,. essa non era soggetta all'onere della fempestiva denunzia, n quindi alla decadenza conseguente alla sua inosservanza, fino a quando l'onere continuativo seguitava a prodursi. In tali sensi, del resto, il costante orientamento della miglioredottrina, nonch della pi autorevole giurisprudenza arbitrale e della Corte Suprema. PARTE I, SEZ. VI, GIURIS; IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 689 Ed, infatti, stato costantemente ritenuto da parte degli arbitri che la rigida osservanza dei termini e dei modi stabiliti dall' definitiva. Peraltro, questo Collegio arbitrale condivide in pieno l'opinione della difesa dell'Impresa Marchioro, in relazione al concetto di contabilit provvisoria e definitiva, senza esitare a concludere che, nel caso in esame, si in presenza di una contabilit formalmente tradotta nei documenti ufficia.Ii, ma non eseguita con postazioni esattamente determinate, secondo una prassi normalmente invalsa in materia di opere pubbliche, , cio, in via provvisoria, in modo da consentire rettificazioni in pi o in meno delle partite iscritte, ma tuttavia non conforme alle disposizioni del Regolamento 25 maggio 1895, n. 350, fra cui sono particolarmente rilevanti quelle enunciate dall'art. 53 del detto regolamento, dalle quali agevolmente desumibile la necessit di esatte misurazioni nel ibretto delle misure e della inserzione definitiva di tali misurazioni nel registro di contabilit; sicch, mancando o essendo incompleta o provvisoria la registrazione dei fatti , non possibile far operare la decadenza, di cui al successivo art. 54 del menzionato regolamento, che strettamente connessa alla regolare registrazione dei fatti stessi. Diversamente opinando, si dovrebbe concludere che a carico dell'appaltatore si voluto porre un onere impossibile e .si traviserebbe, conseguentemente, lo scopo della legge, che, se da una parte permette alla Amministrazione committente di esplicare un continuo ed efficiente controllo della spesa, dall'altra parte regola il procedimento attraverso il quale l'appaltatore ammesso a far valere i suoi diritti e non gi ad impedirgliene l'esercizio nello stesso momento in cui gliene viene attribuita l'astratta titolariet. Consegue, quindi, che, qualora l'Impresa richieda, come nel caso di che trattasi, il ristoro di maggiori oneri sostenuti per l'esecuzione di scavi, non pu essere sollevata alcuna eccezione sulla tempestivit della riserva, in quanto manca il presupposto che ne legittima la proposizione. N migliore sorte pu essere riservata all'eccezione dell'Avvocatura dello Stato, sottq l'ulteriore profilo, anche esso dedotto, di volta in volta, in relazione alle richieste, per non avere l'appaltatore osservato la procedura di cui all'art. 23 Regol. n. 350 del 1895. Tale disposizione, a .parte che non rpregi11diziale alle riserve, infatti inapplicabile in situazioni come quelle di specie, l'Impresa Marchioro non avendo mai sollevato alcuna contestazione alla Dirigenza in ordine alle prescrizioni, variazioni ed esecuzione di categorie di lavori .mx-- x. fil ,.~:@../"':::::-~ "/~ -.: ~!ll1llll9B 11!!!\1 I I PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 691 che ha sempre accettat di eseguire regolarmente, solo che, a suo giudizio, ha domandato il relativo compenso. Ci posto deve respingersi l'eccezione di tardivit della riserva sollevata dalla difesa dell'Amministrazione appaltante, che non pu essere t seguita neppure .nelle ulteriori argomentazioni in ordine al contenuto della prima richiesta avanzata dall'appaltatore per i maggiori oneri di scavi in roccia da mina eseguiti in galleria con limitazioni (nella quan I tit e nei tempi) delle cariche di esplosivo e dei brillamenti. I Quesito. -Secondo la committente, la riserva sarebbe infondata per il riflesso che l'Impresa non poteva ignorare, all'atto dell'offerta, l'eventualit di incorrere in limitazioni nell'uso degli esplosivi, come effettivamente avvenuto, a seguito delle prescrizioni dettate dalla Questura di Trieste, dato che il lavoro interessava una zona della citt densamente abitata e le gallerie presentavano scarsa copertura di terreni; che l'evento, non attinente, peraltro, ad alcuna causa geologica, ma esclusivamente al factum principis era perfettamente prevedibile ed, anzi, sarebbe stato previsto in contratto col prezzo n. 131 per lo scavo in sottosulo da eseguirsi in qualsiasi qualit o natura di materie, compreso il carico, il trasporto e lo scarico a rifiuto a qualsiasi distanza e con qualunque mezzo delle materie scavate, comprese, altres, le armature e puntellazioni, la ventilazione, gli aggottamenti e quanto altro occorrente per la completa esecuzione degli scavi ecc . ., come si evince anche dall'art. 13, primo comma, del Capitolato generale tecnico delle Ferrovie dello Stato, !facente parte integrante del contratto di appalto, nel quale espressamente statuito 'che per le mine che occorressero nell'esecuzion dgli scavi, tanto all'aperto che in galleria l'appaltatore deve osservare tutte le prescrizioni delle leggi e dei regolamenti in vigore . L'Impresa Marchioro, da parte sua, contesta energicamente l'assunto avversario adducendo -e giustamente -che l'imprevedibilit della circostanza dello scavo, a regime ridotto, risulta chiaramente provata dallo stesso comportamento dell'Amministrazione, che, nel 1 atto aggiuntivo, redatto in data 18 novembre 1961, ha dovuto riconoscere all'appaltatore un nuovo prezzo per la parte di scavo eseguita, o che do veva essere eseguita, con divieto assoluto di mine, tanto vero che, nella stessa premessa dellq stesso atto aggiuntivo, risulta esplicitamente ammesso che pure imprevedibile stato il divieto delle autorit di P.S. di procedere allo scavo, nel tratto allo scoperto e ,nella prima parte delle gallerie, con l'uso di esplosivi per la vicinanza della linea ferroviaria in esereizio e della strada statale n. 14, nonch per la presenza di pregevoli edifici in zona di scarsa copertura . Donde, la contraddizione di non aver poi voluto riconoscere un compenso, ancorch minore, per la parte di scavi eseguiti con riduzione dell'uso delle mine e che era stata tale da modificare il ritmo e le caratteristiche del lavoro. 692 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Premesso che l'onere dello scavo con riduzione dell'impiego di mine ha interessato parzialmente tutte le categorie di detti lavori, nella galleria principale, in quella secondaria e nel camerone di raccordo, l'imprevedibilit della circostanza suddetta, oltre che dagli elementi messi in evidenza dall'Impresa, emerge, altresi, dall'incuria dimostl'.ata dalla stessa Amministrazione in sede di rilevazioni e studi della progettazione, tanto vero che la Dirigenza dei Lavori ha dovuto esplicitamente ammettere, sempre nella premessa del menzionato 1 atto aggiuntivo, di es~ersi trovata dLfronte a gravi problemi ed a gravi difficolt, dovuti, in gran parte, alla natura dei terreni, 1alla stratificazione degli stessi molto irregolari, sia negli spessori che nella disposizione e che tutto ci non si era potuto prevedere in sede di studio e di progetto per le scarse notizie che si erano potute raccogliere presso gli organi competenti e per la mancanza di studi geognostici della zona interessata dal tracciato ferroviario. Ne consegue che, dovendo riferirsi all'Amministrazione i difetti degli studi e dei rilievi della progettazione preventivi al lavoro, cui, peraltro, la committente era, invece, tassativamente tenuta, non poteva l'Impresa addossarsi il rischio dell'imprevedibilit negli scavi, tanto per il divieto assoluto, quanto per la riduzione dell'impiego delle mine; imprevedibilit del tutto identica in entrambe le ipotesi, ma con effetti di diversa graduazione nell'un caso e nell'altro. Orbene, in codesta situazione, avendo la committente riconosciuto un nuovo prezzo per lo scavo dovuto eseguire senza l'uso degli esplosivi, il che conferma che il prezzo originario dello scavo stesso era stato elaborato e accettato sul presupposto del lavoro con l'uso delle mine e non con altri mezzi, lo stesso riconoscimento, sia pure con compensi gradualmente diversi, doveva effettuare dove fa rid4-zione degli esplosivi stata tale da modificare ritmo e caratteristiche di lavoro, con conseguenti maggiori oneri, anch'essi non previsti contrattualmente, ma ugualmente sopportati e che hanno influito sensibilmente nell'economia dell'appalto. D'altra parte, l'appaltatore, per quanto concerne l'art. 13 del Capitolato generale tecnico delle Ferrovie dello Stato, richiamato dal Capitolato speciale -come era suo dovere -si sempre attenuto alle prescrizioni delle autorit nell'impiego degli esplosivi e nella loro conseguent disciplina, solo che ne chiede il ristoro economico, rispetto alle diverse previsioni contrattuali, ristoro cui, indubbiamente, ha diritto, trattandosi di aggravamento esecutivo d'una categoria di lavoro (scavo in roccia da mina eseguito in galleria con limitazioni delle cariche di esplosivo e dei brillamenti) con relativi maggiori oneri per l'Impresa derivati dall'intermittenza del lavoro, dalla abolizione del turno continuo, dalle diverse difficolt di avanzamento, dai maggiori costi delle esplosioni, per via dell'ordinti imposto dalla autorit di P.S. di Trieste. E come risulta dal documento n. 6, proveniente dalla stessa Ammini ! ~~0"~~ PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 693 strazione, mentre la Direzione dei Lavori non ha potuto non riconoscere durante il corso degli scavi (lettera 9 aprile 1963) le difficolt e gli ltre. L'effi.denza del tombino, la sua funzionalit ed il punto di scarico pi o meno valido rientravano negli oneri dell'Amministrazione, essendo stata apposta nel contratto la clausola dell'art. 7 n. 9 senza alcuna altra alternativa. Peraltro, l'affermazione dell'Amministrazione, secondo cui sarebbero stati i fanghi contenuti nelle acque a provocare l'inefficienza del tombino certamente da ,disattendere, posto che la comune esperienza dimostra l'impossibilit che le acque fuoruscenti da_ gallerie, nonostante tutti g1i accorgimenti, possano raggiungere un qualsiasi grado di limpidezza. Del Testo, l'Impresa, com' incontestato, non ha esitato a pren~ere, di .propria iniziativa, 9uei provvedimenti atti ad eliminare, ma senza risultato, la irregolare .funzionalit del tombino, avendo provveduto, a ,sue spese, a ripulire il tombino medesimo, a costruire le vasche di decantazione, a stendere una inghiaiata negli avvallamenti formatisi sul fondo delle gallerie e, allorch tutti i provvedimenti adottati si sono dimostrati inutili, ha dovuto cambiare radicalmente sistema di smalti mento delle dette acque, ricorrendo all'impiego di autobotti, sospen dendo il servizio solo quando I'AmmiJ!listrazione si decise ad ordinare 1 la costruzione di un'apposita condotta in acciaio per lo scarico delle acque a mare e regolarmente pagata all'Impresa. Da quanto esposto non sussiste dubbio sulla fondatezza della richie sta di compenso, nei dovuti limiti, avuto riguardo che le operazioni di smaltimento delle acque delle gallerie si sono dovute svolgere in modo del tutto diverso da quello coptrattualmente previsto e indubbiamente PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 703 pi oneroso d.i quello fissato dal Capitolato speciale; senza dire che I'AmminIStrazione, prima 'con l'ordinazione dei diversi e provvisori sistemi di scarico di fortuna e, successivamente, col pagamento della conduttura in acciaio, per lo scarico diretto a mare delle acque stesse, ha rkonosciuto, in definitiva, che la previsione dell'art. 7 del Capitolato speciale era risultata, in concreto, assolutamente inadeguata. Del resto, dalle prove testimoniali hinc et. inde raccolte (senza la violazione del contraddittorio lamentata dalla difesa dell'Amministrazione nella udienza istruttoria del 21 aprile 1970, non avendo essa ottemperato -in nessuna delle risposte alla domanda avversaria [1 memoria in data 20 novembre 1969] di ammissione del1a prova testimoniale poi espletata il 23 marzo 197Cf -all'art. 244, sec~:mdo comma, c.p.c., relativamente sia all'articolazione dei fatti per la controprova diretta, sia all'indicazione dei testi) risultato quanto appresso: -il tombino comunale, che raccoglieva le acque discendenti dalla montagna, passava in sotterraneo sotto il viale Miramare, raggiungeva, sempre in sotterraneo, la zona del Porto Franco e dopo circa 20 metri lineari si arrestava; sicch le acque si disperdevano per assorbimento nella zona circostante comprendente anche il fascio dei binari di smistamento; -dopo l'inizio dello scarico delle acque della galleria nel tombino, a causa del fun~ionamento irregolare, lo stesso fu pi volte espurgato e ripulito a cura e spese dell'Impresa e, persistendone il funzionamento irregolare, intervenuto il divieto, da parte del Comune di Trieste, di scaricare le acque nel tombino stesso in data 3 maggio 1962; -in conseguenza di tale divieto, l'Impresa stata costretta ad organizzare un servizio di autobotti con pompe ad aspirazione. Nella prima fase, e cio dall'inizio del trasporto con autobotti fino al 20 luglio 1961, secondo il teste CARINI, indotto sia dall'Impresa, sia dall'Amministrazione, la discarica avveniva a mare nella zona concessa dalla Capitaneria di Porto di Trieste ad una distanza di drca 1 km. dal punto di carico, circostanza confermata anche dal teste CEscuT, indotto dall'Impresa, il quale ha limitato, per, il periodo della prima fase in due o tre mesi e la distanza in km. 1,5 e, nella seconda fase, cio dalla seconda met di luglio 1961 fino all'agosto 1963 (geom. CARINI), nella unica discarica ammessa, alle Noghere , ad una distanza di circa 20 km. Anche quest'ultima circostanza stata confermata dal geom. CEscuT, il quale ha specificato il periodo da due a tre mesi, dopo l'inizio del servizio autobotti, fino all'agosto, 1963. La quantit giornaliera di acque fangose trasportate con autobotti stata indicata dai due testi in mc. 12 (per un anno, secondo il CARINI 15 704 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO e per 9 mesi secondo il CEscuT) ed in mc. 30 giornalieri sino alla fine, stabilita al 20 agosto 1963. Secondo i risultati della prova testimoniale : le autobotti impiegate erano in media due della capacit di mc. 6 ciascuna; mentre la percentuale di materiali solidi contenuti nelle acque fangose era del 10 % ; l'Impresa aveva costruito n. 2 gruppi di vasche di decantazione con due o tre vasche ciascuno delle dimensioni di circa ml. 2 X 20 2 X 15; i fanghi depositati nelle vasche venivano portati a rifiuto con autocarri. Il piano delle gallerie era in terreno naturale costituito da marne calcaree con alternanza di arenarie e su di esso non stata stesa alcna inghiaiata, essendo stati colmati solo gli avvallamenti con materiale arido e ghiaia, in proporzione circa del 40-50 % dell'intero piano, che si presentava coperto da quasi cm. 30 di fango, derivante dal degradamento dei materiali rocciosi costituenti il fondo sia per la presenza di acque freatiche sia per il passaggio degli automezzi nell'interno della galleria; le acque fangose venirvano aspirate dall'interno all'esterno mediante pompe, nella galleria a doppio binario, o fatte defluire per scorrimento nella cunetta laterale, nella galleria a binario unico. Orbene, per la determinazione del compenso da riconoscere alla Impresa, tenuto conto di tutte le circostanze sopra elencate, che hanno reso notevolmente pi onerosa la prestazione e tenuto 1conto degli elementi di spesa indicati nella riserva dell'appaltatore, se ne deduce che: a) nessun compenso pu spettare all'istante per la pulizia e riattivazione del tombino per '.L'uso indiscriminato di esso con acque fangose senza alcuna preventiva decantazione; b) che, del pari, nessun compenso pu essere riconosciuto per la costruzione successiva delle vasche di decantazione, in quanto essa rientrava negli accorgimenti da adottare a cura dell'Impresa per un regolare svolgimento del lavoro; c) che nessun compenso pu essere riconosciuto per il trasporto dei fanghi decantati con autocarro in quanto essi rappresentavano una parte dei materiali di 1scavo, per il quale trasporto l'Impresa gi stata compensata; d) che il traspoTto con autobotti, prima nella zona a mare concessa dalla Capitaneria e poi alla discarica pubblica Noghere ., deve essere compensato in ragione del tempo impiegato per ogni viaggio, ma con una. diminuzione del 10 % avuto riguardo al materiale solido contenuto nelle acque fangose; e) che per il periodo di scarico a mare, dalle met di marzo fino al 20 luglio 1961, si possono considerare 90 giorni lavorativi; !J; .f. :] i i ~f: ~,,: ȓ il I ~ A~ !ff w ~ II ~=~=~ Ili I, ~? PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 705 f) che il tempo impiegato dalle autobotti per ogni viaggio in detta zona, compreso carico, scarico e manovre pu essere determinato in ore 1; g) che per il successivo periodo dal 20 luglio 1961 alla met di marzo 1962, durante il quale rimaneva inalterata la quantit media di acque fangose trasportate in mc. 12, il cui sarico avveniva alle Noghere , si possono considerare 170 .giorni.lavorativi; h) che per l'ultimo periodo dal marzo 1962 all'agosto 1963, riferito sempre alla discarica delle Noghere., ma con una quantit media giornaliera di mc. 30, tenuto conto che l'Impresa fa scadere tale periodo al 20 aprile 1963 e non al 20 agosto stesso anno, come indicato dai testi, si possono considerare 280 giorni lavorativi; i) che il tempo impiegato dalle autobotti, per ogni viaggio alle Noghere., compreso carico e scarico pu essere determinato in ore 2; l) che il costo medio orairio delle autobotti, riferito all'epoca di che trattasi, pu essere fissato, in base alla comune esperienza, in L. 4.000; tanto premesso, ritiene il Collegio, quindi, di poter determinare in L. 13.176.000 (tredicimilioni centosettantaseimila) il giusto compenso da corrispondere per la riserva di cui al quesito. VI Quesito -La richiesta , n. 145. codice di procedura penale, art. 314 (Facolt del giudice di procedere a perizia), secondo comma, limitatamente alla parte in cui fa divieto di perizia per stabilire la tendenza a delinquere, il carattere e la personalit dell'imputato e in genere le qualit psichiche indipe!/1,denti da cause patologiche (art. 27, terzo comma, della Costituzione). Sentenza 9 luglio 1970, n. 124, G. U. 15 luglio 1970, n. 177. Ordinanza di rimessione 16 gennaio 1969 del pretore di Bologna, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. codice di pl'ocedura .penale, art. 501 (Comparizione del contumace), primo comma, per l'inciso prima che sia cominciata la discussione I finale , e ultimo comma (art. 24 della Costituzione). Sentenza 26 giugno 1970, n. 111, G. U. 1 luglio 1970, n. 163. I Ordinanze di rimessione 22 maggio 1968 della seconda sezione penale della Corte di cassazione (G. U. 30 novembre 1968, n. 305) e ! 10 dicembre 1968 della Corte d'appello di Caltanissetta (G. U. 26 febbraio 1969, n. 52). codice di procedura penale, disp. att. (r. d. 28 maggio 1931, n. 602), artt. 4 e 5 (artt. 1, 2, 3, 4, 23, 24, 35 e 36 della Costituzione). Sentenza 16 giugno 1970, n. 97, G. U. 1 luglio 1970, n. 163. Ordinanze di rimessione 17 aprile 1968 del pretore di Roma (G. U. 28 settembre 1968, n. 248), 12 agosto 1968 del giudice istruttore del tribunale di Vercelli (G. U. 30 novembre 1968, n. 305), e 10 dicembre 1968 del pretore di Roma (G. U. 26 marzo 1969, n. 78). codice della navigazione, art. 1304 (Norme appUcabili al personale arruolato) (art. 39 della Costituzione). Sentenza 16 giugno 1970, n. 99, G. U. 1 luglio 1970, n. 163. Ordinanza di rimessione 3 maggio 1968 della Corte di cassazione, I G. U. 28 dicembre 1968, n. 329. I l (13) Analoga questione stata dichiarata non fondata, nei sensi di cui in motivazione . con sentenza 18 giugno 1963, n. 90. I ! ---Il 130 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO r. d. 30 dicembre 1923, n. 3282 (Testo unico delle leggi sui gratuito patrocinio), art. 18 (avtt. 1, 2, 3, 4, 23, 24, 35 e 36 della Costituzione). Sentenza 16 giugno 1970, n. 97, G. U. 1 luglio 1970, n. 163. Ordinanza di rimessione 12 agosto 1968 del giudice istruttore del tribunale di Vercelli, G. U. 30 novembre 1968, n. 305. r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269 (Legge del registro), art. 148 (artt. 3, 24, primo, secondo e terzo comma, e 113 della Costituzione). Sentenza 6 luglio 1970, n. 116, G. U. 8 luglio 1970, n. 170. Ordinanza di rimessione 7 ottobre 1968 del tribunale di Genova G. U. 12 marzo 1969, n. 66. ' r. d. I. 15 ottobre 1925, n. 1929 (Provvedimenti per combattere le frodi nella torrefazione del caff), artt. 5 e 6 (artt. 24 e 3 della Costituzione). Sentenza 6 luglio 1970, n. 118, G. U. 8 luglio 1970, n. 170. Ordinanze di rimessione 5 novembre 1969 del tribunale di Reggio Calabria (G. U. 25 marzo 1970, n. 76) e 15 novembre 1969 del pretore di Melito Porto Salvo (G. U. 28 genm;1.io 1970, n. 24). r. d. 8 gennaio 1931, n. 148 (Coordinamento deile norme sulla disciplina giuridica dei rapporti collettivi di lavoro con quelle sui trattamento giuridico-ecoinomico del irersonale delle ferrovie, tranvie e linee di navigazione interna in regime di concessione), cosi come modificato dall'articolo unico della legge 24 luglio 1'957, n. 633, art. 10, quarto comma (artt. 3, 24, :primo comma, e 35, prlmo comma, della Costituzione) (14). Sentenza 13 il.uglio Hl70, n. 130, G. U. 15 luglio 1970, n. 177. Ordinanze di rimessione 4 febbraio 1969 (tre) e 3 gennaio 1970 del pretore di Torino (G. U. 9 aprile 1969, n. 91 e 25 marzo 1970, n. 76). r. d. 28 maggio 1931, n. 602 (Disposizioni di attuazione del codice di procedura penale), artt. 4 e 5 (artt. 1, 2, 3, 4, 23, 24, 35 e 36 della Costituzione). Sentenza 16 giugno 1970, n. 97, G. U. 1 Luglio 1970, n. 163. Ordinanze di rimessione 17 aprile 1968 del pretore di Roma (G. U. 28 settembre 1968, n. 248), 12 agosto 1968 del giudice istruttore del tribunale di Vercelli (G. U. 30 novembre 1968, n. 305), e 10 dicembre 1968 del pretore di Roma (G. U. 26 marzo 1969, n; 78). r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), artt. 108, primo comma, 109, primo, secondo e terzo comma, (14) Questione dichiarata non fondata, con sentenza 21 marzo 1969, n. 39, in riferimento all'art. 36 della Costituzione. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 131 e 145 (artt. 2, 3, 10, 13, 14, 15, 16, primo comma, 17, secondo comma, 41 e 42 della Costituzione). Sentenza 16 luglio 1970, n. 144, G. U. 22 luglio 1970, n. 184. Ordinanze di rimessione 17 gennaio 1969 del pretore idi Orbetello (G. U. 26 marzo 1969, n. 78), 25 gennaio 1969 del pretore di Gemona del Friuli (G. U. 2 luglio 1969, n. 165), 11 febbraio 1969 del pretoire di Bologna (G. U. 16 apri.ile 1969, n. 98), 22 aprile 1969 del pretore di Sampierdarena (G. U. 9 luglio 1969, n. 172), e 17 giugno 1969 del pretore di Bologna (G. U. 6 agosto 1969, n. 200). r. d'. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), art. 113 (art. 21 della Costituzione). Sentenza l3 luglio 1970, n. 129, G. U. 15 luglio 1970, n. 177. Ordinanza di rimessione 3 dicembre 1968 del pretore di Ronciglione, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. r. d. 21 dicembre 1933, n. 1736 (Disposizioni suU'assegno bancario, sull'assegno circolare e su alcuni titoli speciali dell'Istituto cU emissione, del Banco di Napoli e del Banco di Sicilia), ar,+. 116, inciso e nei casi pi gravi la reclusione sino a sei mesi , nei sensi di cui in motivazione (artt. 24, secondo comma, e 25, secondo comma, della Costituzione) (15). Sentenza 13 luglio 1970, n. 131, G. U. 15 luglio 1970, n. 177. Ordinanza di rimessione 22 gennaio 1969 del pretore di Bologna, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. r. d. I. 6 febbraio 1936, n. 377 (Norme per la risoluzione del rapporto di lavoro marit.timo a tempo indeterminato), artt. 1 e 2 (art. 39 della Costituzione). Sentenza 16 giugno 1970, n. 99, G. U. 1 luglio 1970, n. 163. Ordinanza di rimessione 3 maggio 1968 della Corte di cassazione, G. U. 28 dicembre 1968, n. 329. r. d. I. 13 settembre 1938, n. 1730 (Autorizzazione al comune di Bologna ad applicare il contributo di fognatura), convertito. con legge 5 gennaio 1939, n. 269 (artt. 23 e 53 della Costituzione). Sentenza 26 giugno 1970, n. 113, G. U. 1 luglio 1970, n. 163. Ordinanza di rimessione 28 giugno 1968 del tribunale di Bologna, G. U. 14 dicembre 1968, n. 318. (15) Altre questioni di legittimit costituzionale della disposizione sono state dichiarate non fondate con sentenze 11 luglio 1961, n. 53 e 7 giugno 1962, n. 47. 132 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 23 gennaio 1941, n. 166 (Nolf'me integrative della cUsciplina II delle pubbliche affissioni), artt. 2 e 4 (art. 21 della Costituzione). Sentenza 13 luglio 1970, n. 129, G. U. 15 J.uglio 1970, n. 177. Ifj Ordinanza di rimessione 3 dicembre 1968 del pretore di Ronciglione, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. r. d. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario), artt. 1, 2, secondo comma, 33 e 72 (artt. 3, primo comma, 24, secondo comma, 104, primo comma, 105, 106, primo e secondo comma, 107, 108 e 112 della Costituzione). Sentenza 9 luglio 1970, n. 123, G. U. 15 luglio 1970, n. 177. Ordinanze di rimessione 25 gennaio 1969 del pretore di Porretta Terme (G. U. 12 marzo 196,9, n. 66), 24 marzo 1969 del pretore di Prato (G. U. 11 giugno 1969, n. 145), 3 giugno 1969 del pretore di Roma (G. U. 7 gennaio 1970, n. 5), e 12 luglio 1969 del pretore di Torino (G. U. 24 dicembre 1969, n. 324). legge 22 aprile 1941, n. 633 (Protezione del diritto di autore e di altri diritti connessi al suo esercizio), artt. 96 e 97 (art. 21, terzo comma, dclla Costituzione). Sentenza 9 luglio 1970, n. 122, G. U. 15 luglio 1970, n. 177. Ordinanza di rimessione 30 dicembre 1968 del pretore di Roma, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. r. d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fatlimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), art. 1 con tutte le norme di legge che ne derivano (art. 3 della Costituzione). Sentenza 16 giugno 1970, n. 94, G. U. 1 luglio 1970, n. 163. Ordinanza di rimessione 27 giugno 1968 del pretore di Roma, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. d. lg. C. P. S. 8 novembre 1947, n. 1417 (Disciplina delle pubbliche affissioni e detla pubblicit affine), art. 9 (art. 21 della Costituzione). Sentenza 13 luglio 1970, n. 129, G. U. 15 luglio 1970, n. 177. Ordinanza di rimessione 3 dicembre 1968 del pretore di Ronciglione, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. legge 8 febbraio 1948, n. 47 (Disposizioni suila stampa), art. 21, terzo comma, nella parte in cui non prevede l'interrogatorio dell'imputato prima della citazione a giudizio direttissimo (art. 24, secondo comma, della Costituzione) (16). 16) Altre questioni di legittimit costituzionale della disposizione sono state dichiarate non fondate con sentenze 11 luglio 1961, n. 56 e 3 dicembre 1969, n. 146. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 133 Sentenza 26 giugno 1970, n. 109, G. U. 1 luglio 1970, n. 163. Ordinanza di rimessione 20 dicembre 1968 del tribunale di Como, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. d. lg, 11 febbraio 1948, n. 50 (Sanzioni per omessa denunzia di stranieri o apolidi), artt. 1 e 2 (artt. 2, 3, 10, 13, 14, 15, 16, primo comma, 17, secondo comma, 41 e 42 della Costituzione) (17). Sentenza 16 luglio 1970, n. 144, G. U. 22 luglio 1970, n. 184. Ordinanze di rimessione 11 febbraio 1969 del :pretore di Bologna (G. U. 16 apriie 1969, n. 98), 25 marzo 196'9 del pretore di Tione (G. U. 23 luglio 1969, n. 186) e 22 aprile 1969 del pretore di Sampierdarena (G. U. 9 luglio 1969, n. 172). d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte dirette), art. 205 (artt. 24, 25, prima parte, e 3 della Costituzione). Sentenza 16 giugno 1970, n. 95, G. U. 1 luglio 1970, n. 163. Ordinanza di dmessione 30 ottobre 1968 del pretore di Modena, G. U. 26 febbraio 1969, n. 52. d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte dirette), art+. 261 e 262. (artt. 3 e 4 della Costituzione). Sentenza 6 luglio 1970, n. 114, G. U . .a luglio 1970, n. 170. Ordinanze di rimessione 17 luglio 1968 del Consiglio nazionale forense (G. U. 14 dicembre 1968, n. 318), 30 gennaio 1969 della Corte d'appello di Venezia (G. U. 21 maggio 1969, n. 128), e 27 marzo 1969 del tribunale di Treviso (G. U. 18 giugno 1969, n. 152). legge reg. sarda 17 dicembre 1968, riappr. 6 novembre 1969 (Autorizzazione al trasporto all'esercizio successivo degli Olf'dini di accreditamento emessi dall'Amministrazione regionale per spese in conto capitale), arti colo unico (art. 81 della Costituzione e artt. 41 e 26 delle norme di attuazione dello Statuto speciale per la Sardegna). Sentenza 26 giugno 1970, n. 107 G. U. 1 luglio 1970, n. 163. Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri depositato il 1 dicembre 1969, G. U. 10 dicembre 1969, n. 311. NORME DELLE QUALI STATO PROMOSSO GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE Codice civile, art. 1751 (Indennit per lo scioglimento del contratto), in quanto :prevede il diritto dell'agente all'indennit solo per la ipotesi (17) Altre questioni di legittimit costituzionale del d.Ig. 11 febbraio 1948, n. 50 sono state dichiarate non fondate, in riferimento agli artt. 76, 77, 14, 3, 2 e 10 della Costituzione, con sentenza 26 giugno. 1969, n. 104. 134 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO in cui il contratto di agenzia a tempo indeterminato si sciolga per fatto non imputabile all'agente (artt. 3 e 36 della Costituzione) (18). Tribunale di Naipoli, ordinanza 11 marzo 1970, G. U. 15 luglio 1970, n. 177. codice penale, art. 266 (Istigazione di militari a disobbedire all leggi), primo comma, in quanto punisce manifestazioni di pensiero a carattere istigatorio o apologetico indipendentemente da un qualsiasi effetto sulla struttura giuridica e disciplinare della compagine militare (aTt. 21 della Costituzione). Tribunale di Torino, ordinanza 28 aprile 1970, G. U. 22 luglio 1970, n. 184. codice penale, art. 341 (Oltraggio a un pubblico ufficiale), in quanto attribuisce al pubblico ufficiale un prestigio maggiore di quello. riconosciuto agli altri cittadini (artt. 1, 3, 28, 54, 97 e 98 della Costituzione) (19). PretoTe di Montebel1una, ordinanza 24 febbraio 1970, G. U. 1 luglio 1970, n. 163. Pretore di. Caltanissetta, ordinanza 13 marzo 1970, G. U. 1 !luglio 1970, n. 163. codice penale, art. 635 (Danneggiamento), secondo comma, n. 2, in quanto assume, come fondamento dell'aggravante speciale, con ingiustificata discriminazione a danno det lavoratori, il nesso di occasionalit con l'eseicizio del diritto di sciopero (artt. 3 e 40 della Costituzione) (20). Giudice istruttore del tribunale di Ferrara, ordinanza 28 marzo 1970, G. U. 1 luglio 1970, n. 163. codice di procedura penale, art. 28 (Autoritd del giudicato penale in altri giudici civili o amministrativi), in quanto estende gli effetti del giudicato a soggetti rimasti estranei al giudizio penale (art. 24, primo e secondo comma, della Costituzione) (21). Tribunale di Bologna, ordinanza 9 aprile 1969, G. U. 1 luglio 1970, n. 163. (18) Questione dichiarata non fondata con sentenza 25 maggio 1970, n. 75. (19) Questione dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 1 e 3 della Costituzione, con sentenza 19 luglio 1968, n. 109. (20) Dichiarazione dichiarata incostituzionale, sotto l'indicato profilo, con sentenza 6 luglio 1970, n. 119. (21) Questione dichiarata non fondata con sentenza 19 febbraio 1965, n. 5. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 135 codice di procedura penale, art. 169 (Prima notificazione all'imputato non detenuto), primo comma, in quanto consente la consegna a persona diversa dall'imputato di atti a contenuto pregiudizievole per la riservatezza del destinatario, senza imporre cautele idonee ad evitare la violazione del diritto alla segretezza della corrispondenza (art. 15, primo comma, della Costituzione) (22). Tribunale di Torino, ordinanza 12 marzo 1970, G. U. 8 luglio 1970, n. 170. codice di procedura penale., art. 304 bis (Atti a cui possono assistere i difensori), primo comma, in quanto non consente al difensore di assistere all'interrogatorio de1l'imputato (art. 24, secondo comma, della Costituzione) (23). Corte costituzionale, ordinanza 4 giugno 1970, G. U. 15 luglio 1970, n. 177. codice di procedura penale, art. 413 (Riunione di giudizi) e art. 439 (Questioni preliminari), in quanto consentono al giudice di non applicare le noi-me he prevedono lo spostamento di competenza in caso di connessione con procedimento pendente davanti ad altro giudice (art. 25, primo comma, della Costituzione). Pretore di Volterra, ordinanza 2 aprile 1970, G. U. 15 luglio 1970, n. 177. r. d. I. 15 marzo 1927, n. 436 (Disciplina dei contratti di compra.vendita degli autoveicoli ed istituzione del pubblico Registro Automobilistico presso le sedi dell'Automobile Club d'Italia), convertito con legge 19 febbraio 1928, n. 510, art. 7, secondo comma, in quanto prevede la decadenza dal beneficio del termine indipendentemente dalla gravit delil'inadempimento o dallo stato di insolvenza del debitore, consente la vendita dell'autoveicolo sequestrato immediatamente dopo la esecuzione del sequestro e non consente al debitore di interloquire in ordine alle modalit della vendita; art. 7, terzo comma, in quanto stabilisce per l'opposizione un termine di soli dieci giorni, pi breve di quello stabilito dall'art. 641 del codice di procedura civile per il procedimento (22) Per l'ultimo comma della disposizione differente questione stata proposta, in riferimento all'art. 24, secondo comma, della Costituzione, dal tribunale di Sondrio (ordinanza 23 maggio 1970, G. U. 3 giugno 1970, n. 136). (23) Questione gi proposta dal pretore di Camposampiero (ordinanza 21 marzo 1969, G. U. 13 agosto 1969, n. 207) e dal pretore di Roma (ordinanza 9 febbraio 1970, G. U. 25 marzo 1970, n. 76) e, per l'art. 303 del codice di procedura penale, dal giudice istruttore del tribunale di Roma (ordinanza 10 marzo 1969, G. U. 21 maggio 1969, n. 128). 17 136 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di ingiunzione (artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione) (24). Pretore di Recanati, ordinanza 31 marzo 1970, G. U. 22 luglio I 1970, n: 184. i r. cf. 8 gennaio 1931, n. 148 (Coordinamento delle norme suUa disciplina giuridica dei rapporti collettivi di lavoro con quelle sul trattamento giuridico-economico del personale delle ferrovie, tranvie e linee di navigazione interna in ragione di concessione), artt. 26 e 27 deJl'al legato A, in quanto limitano il diritto all'indennit di anzianit, non prevedendolo per i casi di destituzione e di dimissioni (art. 36 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 13 marzo 1970, G. U. 8 luglio 1970, n. 170. / r. d. 12 luglio 1934, n. 1214 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento delta Corte dei conti), art. 64, in quanto, con criterio diverso da quello stabilito in tema di pensioni di guerra dall'art. 14, secondo comma, della legge 10 agosto 1950, n. 648, sancisce la inammissibilit del ricorso proposto da chi abbia dscosso l'indennit concessa in luogo della pensione privilegiata ordinaria iprima della scadenza del termine per ricorrere alla Corte dei conti (artt. 3, primo .comma, 24, primo comma, e 113, primo e secondo comma, della Costituzione). Corte dei conti, quarta sezione, ordinanza 2 febbraio 1970, G. U. 1 luglio 1970, n. 163. r. d. 7 agosto 1936, n. 1639 (Riforma degli ordinamenti .tributari), art. 29, terzo c:omma, in quanto consente di ricorrere contro le decisioni delle commissioni provinciali delle imposte solo in ipotesi di grave ed evidente errore di apprezzamento ovvero per mancanza o insufficienza di calcolo nella determinazione deU'imponibile ., escludendo la tutela giurisdizionale per le controversie relative alla determinazione del valore imponibile (art. 113 d1la Costituzione) (25). Tribunale di Napoli, ordinanza 29 dicembre 1969, G. U. 15 luglio 1970, n. 177. (24) Altra questione di legittimit costituzionale, proposta per il quarto comma delle disposizione, stata dichiarata non fondata con sentenza 5 maggio 1967, n. 59. (25) Questione gi proposta dalla corte di appello di Torino (ordinanza 27 febbraio 1970, G. U. 20 maggio 1970, n. 125) e, per l'art. 22, terzo comma, dal tribunale di Milano (ordinanza 18 aprile 1969, G. U. 10 dicembre 1969, n. 311) e dalla corte di appello di Torino (ordinanza citata). La stessa questione stata gi proposta anche per l'art. 285, primo comma, del r.d. 14 settembre 1931, n. 1175 (ordinanza 4 dicembre 1969 del tribunale di Rimini, G. U. 4 marzo 1970, n. 57) e per l'art. 6 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E (ordinanza 27 febbraio 1970 della corte di appello di Torino, G. U. 20 maggio 1970, n. 125). EfclUfilNfilTdffffffITi.fiWJfWJ&fflf:Ifffifffffilffffilffirff[[ffJfillmffffffilJGTurftlfffffiffffil'iffffEfflffilffiflfffJiffffffiffiffffil PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 137 r. d. 14 aprile 1939, n. 636 (Modificazfoni delle disposizioni sulle assicurazioni obbligatorie pe1 l'invalidit e la vecchiaia, per la tubercolosi e per la disoccupazione involontaria), convertito, con modifiche, nella legge 6 luglio 1939, n. 1272, art. 1O, prima parte, in quanto stabilisce, ai fini della qualificazione di invalido, differenti percentuali di riduzione della capacit per gli impiegati e per gli operai (artt. 3, prima parte, e 38, secondo comma, della Costituzione) (26). Tribunale di Pesaro, ordinanza 4 aprile 1970, G. U. 15 luglio 1970, n. 177. r. d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), art. 100, primo comma, in quanto non consente al fallito di impugnare i crediti ammessi allo stato passivo (art. 24 della Costituzione). Giudice del tribunale di Alessandria, ordinanza 29 aprile 1970, G. U. 1 luglio 1970, n. 163. r. d. I. 31 maggio 1946, n. 511 (Guarentigie della Magistratura), art. 34, in quanto limita l'assistenza del difensore alla sola fase di discussione orale (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Consiglio superiore della magistratura, ordinanza 12 maggio 1970, G. U. 22 luglio 1970, n. 184. legge 7 novembre 1957, n. 1051 (Determinazione degli onorari, de,i diritti e delle indennit spettanti agli avvocati e procuratori per prestazioni giudiziali in materia civile), articolo unico, in quanto conferisce al Consiglio nazionale forense, senza indicazione di criteri idonei a delimitarne la discrezionalit, il potere di determinare la misura dei compensi spettanti agli avvocati ed ai procuratori legali (art. 23 della Costituzione) (27). Pretore di Roma, ordinanza 17 marzo 1970, G. U. 1 luglio 1970, n. 163. d. P. R. 11 dlcemb.re 1961, n. 1642 (Norme sul trattamento economico e normativo degli operai dipendenti delle imprese edili ed affini delle provincie di Catania, Palermo, Siracusa e Trapani), articolo unico, in quanto rende obbligatori erga omnes gli artt. 12 e 18 del ,contratto collettivo 8 novembre 1957 e l'articolo unico, lettera b del contratto (26) Questione gi proposta, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal tribunale di Potenza (ordinanza 10 luglio 1969, G. U. 10 dicembre 1969, n. 311). (27) Analoga questione stata dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 70 e 76 della Costituzione, con sentenza 4 aprile 1960, n. 20. 138 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO collettivo 26 febbraio 1'959, che impongono l'accantonamento di percentuali presso la cassa edile siracusana (28). Pretqre di Lentini, ordinanza 29 gennaio 1970, G. U. 8 luglio 1970, n. 170. legge 30 aprile 1962, n. 283 (Modifica degli artt. 242, 243, 247, 250 e 262 dei vesto unico delle Leggi sanitarie approvato con regio decreto 27 Luglio 1934, n. 1265: DiscipLina igienica delLa produzione e deUa vendifJa delle sostanze alimentari e deUe bevande), art. 1, modificato dall'art. 1 della legge 26 febbraio 1963, n. 441, e art. 3, in quanto consentono il compimento di atti di istruzione senza l'osservanza degli articoli 390, 304 bis, ter e quater del codice di procedura penale (artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione) (29). Pretore di Cosenza., ordinanza 18 marzo 1970, G. U. 22 luglio 1970, n. 184. d. P. R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico deLLa disposizioni per L'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sui Lavoro e Le maLattie professionali), art. 10, quinto comma, e art. 112, ultimo comma, in quanto elevano a tre anni il termine di un anno stabilito, rispettivamente, dall'art. 4 e dall'art. 67, ultimo comma, del r. d. 17 agosto 1935, n. 1765, con eccesso dai limiti della delega conferita con l'art. 30, secondo comma, della legge 19 gennaio 1963, n. 15 (arit. 76 e 77 della Costituzione) (30). Tribunale di Padova, ordinanza 19 febbrafo 1970, G. U. 8 luglio 1970, n. 170. legge 18 dicembre 1967, n. 1198 (Modificazioni alLa Legge 24 marzo 1956, n. 195, suUa costituzione e funzionamento dei Consiglio superiore (28) L'articolo unico del d.P.R. 11 dicembre 1961, n. 1642 stato gi dichiarato incostituzionale nelle parti in cui rende obbligatori erga omnes gli artt. 9, 10 e 13 dell'accordo collettivo 30 settembre 1959 per la provincia di Palermo (sentenze 2 aprile 1964, n. 31, 12 novembre 1964, n. 78, e 2 giugno 1965, n. 43). (29) L'art. 1 della legge 30 aprile 1962, n. 283, modificato dall'art. 1 della legge 26 febbraio 1963, n. 441, stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 3 dicembre 1969, n. 149, nella parte in cui per la revisione delle analisi esclude l'applicazione degli artt. 390, 304 bis, ter e quater del codice di procedura penale. (30) Il terzo comma dell'art. 10 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (nella parte in cui limita la responsabilit civile del datore di lavoro per infortunio sul lavoro derivato da reato all'ipotesi in cui questo sia commesso dagli incaricati della direzione o sorveglianza del lavoro e non anche dagli altri dipendenti) e il quinto comma dello stesso articolo (in quanto consente che il giudice possa accertare che il fatto che ha provocato l'infortunio costituisca reato soltanto nelle ipotesi di estinzione dell'azione penale per morte dell'imputato o per amnistia, senza menzionare l'ipotesi di prescrizione del reato) sono stati dichiarati incostituzionali con sentenza 9 marzo 1967, n. 22. L'art. 112, primo comma, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1125 stato dichiarato incostituzionale con sentenza 8 luglio 1969, n. 116. ,: rnrc:tKfilfElfffwrnmmwferrrumrtr&w&1=tif&tiffimm;;w1&rE!1m1w&&r2.,l&F&i.illmfifffmillffilPi&r~24 PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 139 deHa magistratura) artt. 1 e 2, che modificano gli artt. 4 e 6 della legge 24 marzo 1958, n. 195, in quanto demandano la cognizione dei procedimenti disciplinari ad una sezione del Consiglio superiore della magistratura (artt. 104 e 105 della Costituzione). Consiglio superiore della magistratura, ordinanza 12 maggio 1970, G. U. 22 luglio 1970, n. 184. legge 30 aprile 1969, n. 153 (Revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia dii sicurezza sociale) art. 66, quinto comma, in quanto, nel rendere applicabili le modifiche apportate all'ordine dei privilegi anche alle procedure esecutive concorsuali ancora in corso aJ. momento della entrata in vigore della legge, non ha previsto a tutela dei creditori Controinteressati che non erano prima legittimati alla impugnazione dei crediti ammessi per difetto di interesse, alcun mezzo che consenta loro di impugnare tardivamente l'ammissione dei crediti ai quali si trovano definitivamente posposti, in sede di graduazione, per effetto delle nuovi disposizioni di legge (artt. 3 e 24, primo e secondo comma, della Costituzione). Tribunale di Genova, ordinanza 12 febbraio 1970, G. U. 8 luglio 1970, n. 170. legge reg. sic. 2 luglio 1969, n. 20 (Applicazione in Sicilia della legge nazionale 22 luglio 1966, n. 607, reoante: norme in materia di enfiteusi e prestazioni fondiarie perpetue), in quanto contempla disciplina di rapporti privati non consentita alla legislazione regionale (eccesso di potere legislativo della Regione) e consente di determinare i canoni ed il prezzo dell'affrancazione in misura lesiva del diritto di una delle parti del rapporto (art. 42, terzo comma, della Costituzione), condizionando inoltre la proponibilit dell'azione giudiziaria al preventivo esperimento de.I tentativo di conciliazione (31). Tribunale di Agrigento, ordinanza 21 marzo 1970, G. U. 8 luglio 1970, n. 170. Pretore di Caltanissetta, .ordinan21a 5 maggio 1970, G. U. 15 luglio 1970, n. 177. legge 21 maggio 1970, n. 282 (Delegazione al Presidente deUa Repubblica per la concessione di amnistia e di indulto), art. 5, in quanto il termine fissato per l'efficacia dell'amnistia non coincide con un mutamento della situazione obiettiva che valga ad attribuire diversa pO!l'tata criminale ai fatti commessi prima o dopo il termine stesso (articoli 3 e 79 della Costituzione). ' Pretore di Chieri, ordinanza 26 maggio 1970, G. U. 8 luglio 1970, n. 170. (31) Questione gi proposta dal tribunale di Palermo con ordinanza 17 gennaio 1970, G. U. 11 marzo 1970, n. 64. 140 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d. P. R. ~2 maggio 1970, n. 283 (Concessione di amnistia e di indulto), art. 5, in quanto il termine fissato per l'ffi.cacia dell'amnistia non coincide con un mutamento della situazione obiettiva che valga ad attribuire diversa portata criminale ai fatti commessi prima o dopo il termirie stesso (al'tt. 3 e 79 della Costituzione). Pretore di Chieri, ordinanza 26 maggio 1970, G. U. 8 luglio 1970, n. 170. NORME DELLE QUALI IL GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE STATO DEFINITO CON PRONUNCE DI ESTINZIONE DI INAMMISSBILITA, DI MANIFESTA INFONDATEZZA, O DI RESTITUZIONE DEGLI ATTI AL GIUDICE DI MERITO Codic:e penale, art. 92 (Ubriachezza volontaria o colposa ovvero preordinata), ,primo c:omma (artt. 3 e 27 .della Costituzione) -Manifesta I infondatezza (32). I Ordinanza 16 luglio 1970, n. 150, G. U. 22 luglio 1970, n. 184. Ordinanza di rimessione 25 febbraio 1970 del pretore di Seneghe, G. U. 6 maggio 1970, n. 113. I w Vi c:odke penale, art. 168 (Revoca delLa sospensione) primo comma, n. 2 @] -Manifesta infondatezza (33). I ~ Ordinanza 13 luglio 1970, n. 138, G. U. 22 1ugJ.io 1970, n. 184. Ordinanza di rimessione 13 marzo 1970 del pretore di Manduria, G. U. 6 maggio 1970, n. 113. w rn c:odic:e penale, art. 559 (Adulte1io), terzo e quarto c:omma, e art. 560 (Concubinato) -Manifesta infondatezza (34). ~t. I Ordinanza 16 giugno 1970, n. 103, e sentenza 26 giugno 1970, nu rx mero 108, G. U. 1 luglio 1970, n. 163. Ordinanze di rimessione 22 maggio 1969 del pretore di Roma