ANNO XXlll-N. 4 LUGLIO -AGOSTO 1971 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ROMA ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO l 9 7 l ABBONAMENTI ANNO L. 7.500 UN NUMERO SEPARATO . . . . . . . 1.300 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA e/e postale 1/40500 Stampato in Italia -Printed in ltaly Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 (1212932) Roma. 1972 -Istituto Poligrafico dello Stato P.V. INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE (a cura del/'avv. Michele Savarese) pag. 727 Sezione seconda: GIURISPRUDENZA SDIZIONE (a cura SU QUESTIONI DI GIURIdell'avv. Benedetto Baccari) 752 Sezione terza: GIURISPRUDENZA CIVILE (a tro de Francisci} cura del/'avv. Pie. 783 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura de/1' avv. Ugo Gargiulo) . 808 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura degli avvocati Giuseppe Angelini -Rota e Carlo Bafile) 833 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE (a cura del/'avv. Franco Carusi) '. 924 Sezione settima: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura del/'avv. Di Tarsia di Be/monte) Paolo 938 Parte seconda': QUESTIONI -RASSEGNE -CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO RASSEGNA DI DOTfRINA (a cura dell'avv. Luigi Mazze/la} . . . pag. 153 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE (a cura dell'avv. Arturo Marzano) 155 CONSULTAZIONI . . . . . . 178 La pubblicazione diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO ARTICOLI, NOTE. OSSERVAZIONI, QUESTIONI ROSSI A., Cenni in tema di realizzazione di plusvalenza da parte di soggetto tassabile in base a bilancio . . . . , . . . . pag. 833 VIRGILIO R., Appunti in tema di responsabilit della P. A. per atti legittimi . . . . . . . . . . . . . . . . . . 767 INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ACQUE PUBBLICHE ED ELETTRICIT -Concessione di udienza di acqua pubblica -Impossibilit o diminuzione di godimento della concessione -Irresponsabilit della Amministrazione concedente Limiti, 924. -Ricorsi aventi per oggetto diritti o interessi che si pretendono lesi dall'avvenuta concessione di utenza di acqua pubblica -Termine di decadenza -Applicabilit nei riguardi del terzo concessionario che assuma di essere stato leso nel suo diritto dalla nuova concessione -Esclusione, 924. ALBERGHI -Mutamento di destinazione Autorizzazione ministeriale allo svincolo -Comproprietario gestore dell'albergo -Interesse Sussiste, 819. -Mutamento di destinazione -Autorizzazione su istanza di taluni comproprietari Illegittimit, 819. APPALTO -Appalti di opere pubbliche Provvedimento finale dell'Amministrazione appaltante sulle riserve dell'appaltatore -Notificazione formale dell'atto ai fini del decorso del termine di decadenza per la proposizione della domanda di arbitrato, o davanti al giudice competente secondo le disposizioni del codice di procedura civile e del t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611 -Necessit -Sussiste, 933. -Appalto di opere pubbliche Appalti della Regione Siciliana Regolamento sulla direzione, contabilit e collaudo dei lavori pubblici statali appr. con r.d. 25 maggio 1895, n. 350 -Applica bilit agli appalti della Regione Siciliana in virt dell'art. 1 1. 1 luglio 1947, n. 3 -Sussiste, 928. -Appalto di opere pubbliche Collaudo -Funzione, 929. -Appalto di opere pubbliche -Collaudo -Pretesa dell'appaltatore al risarcimento dei danni per assunto ritardo nell'effettuazione del collaudo -Onere della riserva -Sussiste, 929. -Appalto di opere pubbliche. Gestione e contabilit dell'appalto -Oneri della immediata: contestazione e della immediata riserva da parte dell'appaltatore relativamente alle circostanze che riguardano la sua prestazione e siano suscettibili di produrre un incremento della spesa prevista -Sussiste, 929. APPELLO -Cognizione del giudice di appello -Divieto di reformatio in peius (in genere) -oncessione d'ufficio della provvisionale Violazione del divieto -Esclusione, 940. APPROVVIGIONAMENTI E CONSUMI -Frode nella preparazione e commercio di prodotti alimentari Compartecipazione degli analisti e scopritori al provento delle pene pcuniarie -Inammissibilit della questione, 746. ATTO AMMINISTRATIVO -Assegnazione di farmacia al vincitore del concorso - atto definitivo, 817. -Atto collegiale -Composizione del collegio -Partecipazione di congiunto ad un soggetto interessato alla deliberazione -Illegittimit, 814. VI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -Reclamo -Nozione -Potere dell'Autorit decidente -Limiti Motivi di impugnazione -Specificazione -Necessit, 831. AUTOVEICOLI E AUTOLINEE Ipoteca giudiziale -Ammissibilit, 783. BELLEZZE NATURALI Costruzioni edilizie -Ordine di demolizione -Eccesso di potere per omessa demolizione di altre costruzioni realizzate in difformit ai viri.coli -Non sussiste, 818. -Costruzioni edilizie sottoposte a vincolo della Sovrintendenza Inosservanza delle prescnz10ni relative -Ordine di demolizione -Soggetto passivo - il costruttore, 818. Costruzioni edilizie sottoposte a vincolo dalla Sovrintendenza Omessa impugnazione -Inosservanza delle prescrizioni relative -Effetti, 818. COMPETENZA E GIURISDIZIONE Concessioni amministrative Gestione di pubblico servizio di trasporto in danno del concessionario -Tutela del concessionario -Giurisdizione del giudice ordinario, 761. -Contratti della P.A. -Revisione prezzi -Controversie -Giurisdizione C.d.S., 827. Contratti pubblici -Revisione prezzi -Giurisdizione del Consiglio di Stato -Limiti, 811. -Edilizia popolare ed economica Alloggi cooperativi -Approvazione del riparto spese -Controversia -Giurisdizione del C.d.S., 831. - Elezioni amministrative -Competenza del Consiglio di Stato Limiti, 809. -Elezioni amministrative -Operazioni elettorali -Controversie -Competenza del Consiglio di Stato, 808. -Espropriazione per pubblica utilit -Decreto di espropriazione e piano particolareggiato -Impugnazione -Giurisdizione del giudice amministrativo, 752. -Giudicato -Estensione e preclusioni -Limiti, 752. Impiego pubblico -Giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato Limiti, 757. Interesse legittimo Nozione, 808. -Organizzazione degli uffici pubblici -Interesse del dipendente Non sussiste, 808. - Responsabilit della P.A. per atti legittimi -Indennizzo -Giurisdizione del giudice ordinario, con nota di R. VIRGILIO, 767. COMUNE -Imposte di consumo -Delibera di assunzione diretta -Alternativa con l'appalto -Elementi valutabili -Criterio, 822. -Imposte di consumo -Delibera di assunzione diretta -Annullamento prefettizio -Possibilit di nuova delibera indenne da vizi Sussiste, 822. -Imposte di consumo -Delibera di assunzione diretta -Incompletezza e contraddittoriet dei presupposti -Annullamento prefettizio -Legittimit, 822. CONFISCA - Mezzo d'impugnazione, 938. CONTABILIT GENERALE DELLO STATO -Contratti della P.A. -Revisione prezzi -Lavori concessi dal Ministero LL.PP. con contributo forfettario -Inammissibilit della revisione prezzi, 825. INDICE VII -Contratti della P.A. -Revisione prezzi -.Parere della Commissione ministeriale -Atto interno non impugnabile, 824. CONTRATTI PUBBLICI -Aggiunte e varianti -Con alterazione dei prezzi d'appalto -Atto di sottomissione o appendice al contratto -Duplicit di rapporti contrattuali -Esclusione, 827. -Qualificazione del rapporto -Accertamento del concreto intento negoziale perseguito dalle parti Necessit, 810. -Qualificazione del rapporto -Richiamo al Capitolato d'oneri delle forniture -Valore -Clausola diretta ad escludere la rivalutazione del compenso -Legittimit, 810. -Revisione prezzi -Diniego basato sulla qualificazione del rapporto contrattuale -Legittimit, 811. -Revisione prezzi -Domanda Presentata dopo l'ultimazione dei lavori -Pu essere esaminata dall'Amministrazione, 827. -Revisione prezzi -Domanda Termine -Opere pubbliche degli Enti locali -Art. 5 1. n. 463 del 1964 -Criterio di applicazione, 827. -Revisione prezzi -Parere interlocutorio della Commissione Comunicazione all'interessato Non impugnabile, 826. -Revisione prezzi -Provvedimento ministeriale -Insindacabilit Art. 5 terzo comma d.l.vo n. 1501 del 1947 -Non pi in vigore, 827. CORTE COSTITUZIONALE -Giudizi di legittimit costituzionale in via incidentale -Giudice a quo -Commissione elettorale mandamentale -Inammissibilit della questione, 743. COSA GIUDICATA -Esecuzione -Ricorso ex art. 27, n. 4 -Presupposti -Assenza di giudicato nei confronti della P. A. -Inammissibilit del ricorso, 809. COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA -V. Approvvigionamenti e consumi, Corte Costituzionale, Danni di guerra, Imposte e tasse in genere, Lavoro, Proce(iimento penale, Reato, Regione, Siicilia, Trentino Alto-Adige. DANNI DI GUERRA -Concessione di indennizzi per danni all'estero -Requisito della residenza o del domicilio in Italia del danneggiato -Violazione del principio di eguaglianza Esclusione, 731. EDILIZIA POPOLARE ED ECONOMICA -Assegnazione alloggi -Competenza della Commissione Centrale ex art. 14 d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2 -Limiti, 815. -Piani ex I. 18 aprile 1962, n. 167 Criteri e principi generali -Adozioni'! del piano da parte di comuni c;h.e gi dispongono di aree fabbricabili -Legittimit, 820. -Piani ex I. 18 aprile 1962, n. 167 -Incremento demografico -Calcolo -Criteri, 821. -.Piani ex 1. 18 aprile 1962, n. 167 Motivazione per relationem alla relazione illustrativa -Sufficienza, 820. -Piani ex I. 18 aprile 1962, n. 167 Previsione della spesa -Art. 81 Cost. -Inapplicabilit, 821. -Piani ex 1. 18 aprile 1962, n. 167 Scelta delle aree -Elementi valutabili -Insindacabilit, 820. VIII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT -Dichiarazione di indifferibilit e occupazione d'urgenza -Impugnazione cumulativa -Ammissibilit, 811. -Espropriazione Decreto di espropriazione -Omessa specificazione dell'indennit -Desumibilit aliunde -Legittimit, 823. Espropriazione Decreto di espropriazione -Omesso calcolo dell'area di sedime -Illegittimit, 826. - Espropriazione -Edilizia popolare ed economica -Art. 13 1. n. 246 del 1963 -Acquisto di area fabbricabile da parte del Comune -Deliberazione per l'acquisto -Mancanza di approvazione della G.P.A. -Preclude la possibilit di espropriazione, 829. Espropriazione -Edilizia popolare ed economica -Art. 13 1. numero 246 del 1963 -Aquisto di area fabbricabile da parte del Comune -Deliberazione per l'acquisto -Richiesta al Prefetto Atti preparatori non impugnabili, 829. -Espropriazione -Opere militari Designazione delle propriet espropriative od espropriande Firma del provvedimento -Funzionario precariamente preposto alla Direzione generale -Legittimit, 825. -Espropriazione -Opere militari Espropriazione di aree gi occupate anni prima e che la P.A. aveva dichiarato di voler restituire -Legitimit -Contraddittoriet -Non sussiste, 82.5. -Espropriazione -Opere militari Scelta dell'area -Omessa motivazione -Legittimit, 825. -Espropriazione -Servit militare -Limite di distanza -T.U. n. 401 del 1900 e r.d. n. 12 del 1901 -Non sono pi in vigore, 824. - Espropriazione -Servit militare -Procedimento -Procedura abbreviata Intervento della Commissione tecnica -Non oc corre, 824. -Espropriazione re -Urgenza dell'urgenza 824. Servit militaApprezzamento Insindacabilit, -Espropriazione -Servizio militare -Indennit annua - stabilita dalla legge -Manifesto della Autorit -Omessa indicazione dell'indennizzo Irrilevanza, 823. - Pubblica utilit dichiarata per legge -Individuazione del provvedimento impugnabile - il decreto di esproprio, 812. -Strade -Approvazione del progetto dei lavori -Equivale a dichiarazione di pubblica utilit Effetti, 814. FALLIMENTO Compensazione -Riserva della compensazione all'atto della insinuazione del credito da compensare -Non occorre, 864. Concordato -Fattispecie complessa -Crediti privilegiati Fallimento dell'assuntore -Efficacia del privilegio generale nei confronti dell'assuntore, 787. FARMACIA -Morte del titolare -Assegnazione per concorso -Invito del Prefetto al vincitore del concorso ad accordarsi sull'importo dell'indennit di avviamento -Atto preparatorio -Impugnazione Inammissibilit, 817. -Morte del titolare -Pagamento degli eredi, provviste e dotazioni -Contestualit alla consegna della farmacia -Non occorre, 817. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA -Procedimento giurisdizionale ~ Perenzione per inattivit delle parti -Presupposti e limiti, 816. INDICE -Procedimento giurisdizionale davanti al Consiglio di Stato Morte del ricorrente -Interruzione del processo -Non sussiste, 817. - Ricorso giurisdizionale -Atto impugnabile e non -Impugnativa contro il diniego di risultato pi favorevole -Mancata impugnativa del risultato meno favorevole- Irrilevanza, 832. GUERRA -Danni di guerra -Beni italiani all'estero -Perduti per trattato di pace -Liquidazione dell'indennizzo -Sindacato di legittimit- Limiti, 830. IMPIEGO PUBBLICO -Concorso -Inquadramento -Dipendenti C.R.I. -Concorsi -Ammissione -Requisiti -Si ha riguardo alle mansioni effettivamente esercitate, 832. Dovere di obbedienza -Limite Omesso esercizio -Della rimostranza -Punibilit del dipendente -Fattispecie, 823. -Indennit di buonuscita -Emolumenti computabili -Previsione regolamentare in deroga all'articolo 1221 e.e. -Legittimit, 820. Infortunio in itinere -Dipendenza di causa di servizio -Riconoscimento -Mezzo di trasporto utilizzato -Limiti, 814. Orario di lavoro -Determinazione con circolare -Necessit di impugnazione in termini -Non sussiste, 815. -Orario di lavoro -Disciplina introdotta dal decreto 17 settembre 1939 -i: in vigore, 815. Procedimento disciplinare -Annullamento in sede giurisdizionale -Rinnovazione dell'atto viziato -Legittimit, 813. -Procedimento disciplinare -Contestazione del fatto tratto dall'accertamento compiuto in sede penale -Legittimit, 810. -Procedimento disciplinare -Contestazione degli addebiti -Irrogazioni per gli stessi fatti di sanzioni diverse da parte di distinte Commissioni di disciplina -Eccesso di potere per disparit di trattamento -Insussistenza, 810. -Procedimento disciplinare -Termine ex art. 120 t.u. 10 gennaio 1957, n. 3 -Perenzione -Non sussiste, 813. -Procedimento disciplinare -Valutazione dei fatti e delle prove Discrezionalit, 810. -Procedimento disciplinare -Valutazione dei fatti e delle prove risultanti da distinte statuizioni penali -Insufficienza -Illegittimit, 813. -Promozione -Discrezionalit della P.A. -Limiti, 816. -Promozione -Merito comparativo -Attitudine alla qualifica superiore -Elementi valutabili ,Legittimit, 812. -Promozione -Merito comparativo -Attitudine alla qualifica superiore -Parere della Commissione di vigilanza -Non vincolante per la Commissione giudicatrice, 812. -Promozione -Merito comparativo -Criteri di massima -Determinazione del punteggio massimo per le sole categorie relative a titoli di studio universitari -Legittimit, 812. -Promozione -Rinnovazione -A seguito di annullamento giurisdizionale -Criteri da osservare, 828. - Promozione -Rinnovazione -A seguito di annullamento giurisdizionale -Scrutini annullato interamente -Rinnovazione solo per il ricorrente -Illegittimit, 828. -Provvedimento disciplinare Fatti punibili -Omesso esercizio di poteri di direzione, vigilanza e controllo -Punibilit, 823. - Risoluzione del rapporto per morte del dipendente -Indennit di buonuscita -Omesso computo del servizio non di ruolo Illegittimit, 820. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO IMPOSTA DI REGISTRO -Agevolazioni -Controversie Prova testimoniale -Inammissibilit, con nota di u. GARGIULO, 914. - Agevolazioni per le opere pubbliche di interesse degli enti locali -Natura -Limiti, 882. Agevolazioni per l'industrializzazione del Mezzogiorno -Costituzione di societ e aumenti di capitale -Possibilit di costituire sedi e succursali fuori del mezzogiorno -Esclusione dell'agevolazione, 895. -Appalto e concessione di pubblico servizio -Servizio di ristoro sulle Ferrovie dello Stato - concessione amministrativa, 872. -Concessione sul demanio stradale -Stazione di servizio -Costituzione di diritto di servit Tassazione, 860. -Finanziamento a medio termine con contributo statale -Imposta in abbonamento - dovuta, 849. Finanziamento bancario -Imposta di bollo surrogatoria dell'imposta di registro -Finanziamento mediante cambiali -Costituzione di ipoteca -Si estende, 843. -Mutuo fondiario -Anticipazione in denaro prima del perfezionamento della operazione -Tassazione di autonomo negozio, 852. - Mutuo fondiario -Deposito di cartelle fino alla iscrizione di prima ipoteca -Tassazi-One come contratto autonomo -Esclusione, 852. -Presunzione di appartenenza dei macchinari all'opificio -Art. 47 quinto comma legge di registro Illegittimit costituzionale -Manifesta infondatezza, 902. -Presunzione di appartenenza dei macchinari all'opificio -Presunzione assoluta, 902. - Regione Sieiliana -Potest legislativa concorrente con quella dello Stato -Concorso di disposizioni diverse o compatibili Conseguenze -Fattispecie (esen zione per le nuove costruzioni adibite ad abitazioni in Sicilia), con nota di u. GARGIULO, 914. -Usufrutto su edificio -Perimetro -Ricostruzione da parte del proprietario ex art. 1018 cpc. c. c. -Estinzione dell'usufrutto -Successiva morte dell'usufruttuario -Consolidazione -Non si verifica, 846. -Vendita fra parenti -Presunzione di liberalit -Prova della provenienza del prezzo -Certificazioni bancarie -Idoneit, 899. IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE -Plusvalenza -Permuta di titoli azionari -Realizzazione di reddito tassabile -Esclusione, con nota di A. RossI, 833. -IMPOSTA DI SUCCESSIONE -Deduzioni di passivit -Assegno bancario -Prova del debito verso la banca -Insufficienza -Con . tratto di apertura di credito di data certa -Necessit, 888. -Deduzione di passivit -Legge interpretativa 24 dicembre 1969, n. 1083 -Esclusione del rimborso di imposte versate -Illegittimit costituzionale -Manifesta infondatezza, 888. IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA -Entrata imponibile -Mance nelle case da gioco, 868. IMPOSTE DOGANALI - Importazione di merci tassabili ad valorem -Prezzo normale -Prezzo indicato in fattura Valore mm1mo imponibile Esclusione, 858. - Uscita delle merci dagli spaz~ doganali -Qualificazione merc:i:importate -Accertamento di fatto -Impossibilit, 884. INDICE XI -Valvole radioelettriche -Minore aliquota stabilita per il mercato comune -Limitazione alle valvole destinate ad apparecchi radioriceventi, 885. IMPOSTE E TASSE IN GENERE I.G.E. corrisposta a mezzo marche -Irripetibilit -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 727. -Impignorabilit del credito di imposta -Non costituisce. ostacolo alla compensazione con altri debiti della Amministrazione finanziaria, 864. Imposta di R.M. -Soggetti tassabili in base a bilancio -Deducibilit degli interessi passivi in maniera presuntiva -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 744. Imposta di successione -Azione giudiziaria condizionata alla presentazione della denuncia fiscale Illegittimit costituzionale Esclusione, 747. -Imposte sulle lotterie -Concorsi a premio e operazioni a premio Premi per l'incremento delle vendite -Premi promessi agli addetti alla vendita -Tassabilit, 879. -Imposte automobilistiche -Supplemento -Prescrizione triennale della legge di registro -Si estende, 878. -Imposte dirette -Accertamento -Accertamento analitico -Obbligatoriet -Eccezioni -Contribuente obbligato alla tenuta di scritture contabili, 841. Imposte dirette -Accertamento Obbligo della tenuta di scritture contabili -Societ in accomandita semplice -Sussiste, 841. Imposte dirette -Frode fiscale Eccesso rispetto alla legge di delega -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 735. -Imposte dirette -Riscossione Fallimento del contribuente Compensazione fra crediti della Esattoria e debiti dell'Ammini strazione finanziaria -Ammissi bilit, 863. Imposte indirette -Competenza . e giurisdizione -Decisione della Commissione provinciale di valutazione che risolve questioni di diritto -Incompetenza -Impu' gnazione al Tribunale ex art. 29 terzo comma .r.d. 7 agosto 1936, n. 1639 per difetto di calcolo ed errore di apprezzamento -Annullamento della decisione impugnata per incompetenza della Commissione -Deve essere pro nunciato d'ufficio, 909. -Imposte indirette -Controversie di valutazione e controversie di diritto -Decisioni -Regime processuale, 892. -Imposte indirette -Procedimento dinanzi alle Commissioni Vizi del procedimento -Valutazione dei fondi rustici -Parere della Commissione censuaria provinciale -Omissione -Nullit della decisione -Omessa impugnazione Formazione del giudicato, 907.. -Procedimento dinanzi alle Commissioni -Comunicazione della data dell'udienza -Rinvio -Comunicazione della data della nuova udienza -Non richiesta, 907. IMPUGNAZIONE -Impugnazioni civili Cause scindibili -Decorrenza unica del termine -Condizioni, 805. INTERESSE PRIVATO IN ATTI DI UFFICIO -Inefficacia, invalidit o revocabilit dell'atto -Irrilevanza, 941. LAVORO -Consulenti di lavoro -Divieto di svolgimento dell'attivit per relazioni ambientali -Discriminazione con altre categorie di consulenti -Illegittimit costituzionale, 729. XII -Prestazioni discontinue -Inapplicabilit della limitazione dell'orario -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 741. LEGGI, DECRETI E REGOLAMENTI Legislazione preunitaria -Regno delle Due Sicilie -Decreti di concessione agli Enti Locali dei beni dei soppressi ordini religiosi -Leggi provvedimenti -Attribuzione in propriet, 796. OBBLIGAZIONI E CONTRATTI Obbligazioni solidali -Pagamento -Surroga legale del condebitore -Limiti -Eccezioni opponibili, 802. PROCEDIMENTO CIVILE Legittimazione -Qualit di erede -Accertamento -Prova desunta dal comportamento processuale delle parti -Ammissibilit -Limiti, 792. Sospensione dei termini processuali dispos,ta dalla legge 1965, n. 818 -Applicabilit ai soli termini compresi nel periodo feriale -Sospensione disposta dalla legge n. 742 del 1969 -Efficacia retroattiva -Esclusione, 805. PROCEDIMENTO PENALE -Computo della pena agli effetti del mandato di cattura -Computo della recidiva -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 742. Giudizi di impugnazione -Avviso di deposito della sentenza Esclusione della notifica al difensore del dibattimento -Illegittimit costituzionale, 739. REATO Reati e pene -Vilipendio delle FF.AA. -Autorizzazione a procedere -Violazione dell'indipen- INDICE denza della Magistratura e del principio di eguaglianza -Esclusione, 732. REGIONE -Regioni a statuto ordinario -Potest legislativa -Necessit del previo trasferimento delle funzioni -Piano regolatore generale degli acquedotti -Ricorso in via principale -Inammissibilit, 749. RICORSI AMMINISTRATIVI -Ricorso gerarchico -Motivazione -Sufficienza, 822. SENTENZA -Interessi civili -Provvisionale Concessione d'ufficio a favore della parte civile -Legittimit, 939. Interessi civili -Provvisionale Contenimento entro la misura del danno provato -Esclusione, 939. SICILIA -Valle dei Templi di Agrigento - Perimetrazione della zona da parte del Ministero della P .I. Violazione della riserva di legge e della competenza della Regione Siciliana -Insussistenza, 737. SUCCESSIONE Chiamato all'eredit -Poteri Atti conservativi -Legittimazione a resistere in giudizio, 792. TRENTINO ALTO-ADIGE Conflitto di attribuzione con lo Stato -Legge urbanistica provinciale di Bolzano -Decreto di vincolo per edilizia scolastica Variante al piano regolatore ge: nerale -Potere spettante alla Provincia, 734. INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 29 aprile 1971, n. 88 . pag. 727 29 aprile 1971, n. 89 . 729 29 aprile 1971, n. 90 . 731 29 aprile 1971, n. 91 . 732 29 aprile 1971, n. 92 . 734 29 aprile 1971, n. 93 . 735 11 maggio 1971, n. 94 . 737 11 maggio 1971, n. 96 . 739 11 maggio 1971, n. 99 . 741 11 maggio 1971, n. 100 . 742 11 maggio 1971, n. 102 . 743 26 maggio 1971, n. 107 . 744 26 maggio 1971, n. 110 . 746 26 maggio 1971, n. 111 . 747 9 giugno 19971, n. 119 . 749 GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 29 ottobre 1970, n. 2231 . pag. 833 Sez. I, 30 marzo 1971, n. 908 . 841 Sez. I, 30 marzo 1971, n. 911 . 843 Sez. I, 30 marzo 1971, n. 913 . 846 Sez. I, 30 marzo 1971, n. 914 . 849 Sez. I, 3 aprile 1971, n. 944 . 852 Sez. Un., 6 aprile 1971, n. 1018 . 752 Sez. Un., 6 aprile 1971, n. 1023 . 858 Sez. I, 7 aprile 1971, n. 1038 . 860 Sez. I, 15 aprile 1971, n. 1056 . 852 Sez. I, 15 aprile 1971, n. 1061 . 863 Sez. I, 15 aprile 1971, n. 1064 . 868 . Sez. I, 15 aprile 1971, n. 1070 . 872 Sez. I, 15 aprile 1971, n. 1075 . 878 Sez. Un., 17 aprile 1971, n. 1104 . 757 Sez. I, 19 aprile 1971, n. 1112 . 879 Sez. Un., 22 aprile 1971, n. 1157 . 882 Sez. I, 26 aprile 1971, n. 1233 . 884 Sez. I, 28 aprile 1971, n. 1240 . 888 Sez. I, 12 maggio 1971, n. 1362 . 892 Sez. I, 12 maggio 1971, n. 1363 . 895 Sez. I, 12 maggio 1971, n. 1364 . 899 Sez. I, 13 maggio 1971, n. 1378 . 783 Sez. I, 13 maggio 1971, n. 1381 . 902 Sez. I, 13 maggio 1971, n. 1386 . 907 Sez. I, 15 maggio 1971, n. 1408 . 909 Sez. Un., 15 maggio 1971, n. 1442 . 761 Sez. I, 27 maggio 1971, n. 1580 . 787 XIV RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Sez. I, 5 giugno 197i, n. 1673 . . . pag. 792 Sez. I, 7 giugno 1971, n. 1693 . . . 796 Sez. Un., 14 giugno 1971, n. 1823 . 924 Sez. III, 21 giugno 1971, n. 1952 . 802 Sez. Un., 22 giugno 1971, n. 1959 . 767 Sez. I, 22 giugno 1971, n. 1962 . . 928 Sez. I, 30 giugno 1971, n. 2053 . 914 Sez. I, 7 luglio 1971, n. 2126 . 933 Sez. I, 8 luglio 1971, n. 2157 . . 805 GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Ad. Plen., 26 gennaio 1971, n. 1 . pag. 808 Ad. Plen., 6 aprile 1971, n. 3 . 808 Sez. IV, 2 marzo 1971, n. 183 . 809 Sez. IV, 2 marzo 1971, n. 188 . 810 Sez. IV, 2 marzo 1971, n. 190 . 810 Sez. IV, 9 marzo 1971, n. 225 . 811 Sez. IV, 9 marzo 1971, n. 231 . 812 Sez. IV, 9 marzo 1971, n. 237 . 813 Sez. IV, 16 marzo 1971, n. 279 . 814 Sez. IV, 16 marzo 1971, n. 280 . 814 Sez. IV, 16 marzo 1971, n. 283 . 814 Sez. IV, 30 marzo 1971, n. 366 . 815 Sez. IV, 30 marzo 1971, n. 367 . 815 Sez. IV, 6 aprile 1971, n. 426 . . 816 Sez. Iv, 16 aprile 1971, n. 451 . 816 Sez. IV, 20 aprile 1971, n. 452 . 817 Sez. IV, 20 aprile 1971, n. 463 . 818 Sez. IV, 20 aprile 1971, n. 467 . 819 Sez. IV, 20 aprile 1971, n. 469 . 820 Sez. IV, 27 aprile 1971, n. 510 . 820 Sez. IV, 27 aprile 1971, n. 511 . 822 Sez. IV, 4 maggio 1971, n. 542 . 823 Sez. IV, 4 maggio 1971, n. 546 . 823 Sez. IV, 18 maggio 1971, n. 565 . 824 Sez. IV, 18 maggio 1971, n. 568 . . 825 Sez. IV, 29 maggio 1971, n. 583 . 826 Sez. IV, 29 maggio 1971, n. 586 .. 828 Sez. IV, 15 giugno 1971, n. 639 . . 829 Sez. IV, 22 giugno 1971, n. 643 . 830 Sez. IV, 22 giugno 1971, n. 644 . 831 Sez. V, 11 maggio 1971, n. 449 . . 832 GIURISDIZIONI PENALI CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 9 aprile 1970, n. 1349 . pag. 938 Sez. IV, 13 novembre 1970, n. 1686 . 939 Sez. VI, 25 novembre 1970, n. 1718 . 941 SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA RASSEGNA DI DOTTRINA QNDEI E., Il matrimonio con effetto civile nella giurisprudenza, Ed. CEDAM, Padova, 1971 . . . . . . . . . . . . . . . pag. 153 PIRAINO S., La presupposizione negli accordi in tema di espropriazione per pubblica utilitd, Giuffr, Milano, 1971 . . . 153 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE Leggi e decreti (Segnalazioni) NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMIT COSTITUZIONALE Norme dichiarate incostituzionali: codice di procedura civile, art. 305 . pag. 155 codice di procedura civile, art. 707, primo comma, e art. 708 . . . . . . . . . . . . 155 codice penale, art. 136, primo comma . 155 codice penale, art. 151, primo comma . 156 codice di procedura penale, art. 246 . . 156 codice di procedura penale, art. 263 bis . 156 r.d.l. 19 ottobre 1923, n. 2328, art. 21 delle disposizioni annesse . . . . . . . . . . . . . . 156 r. d. 18 giugno 1931, n. 914, art. 45, primo comma . 156 r. d. 12 luglio 1934, n. 1214, art. 63 . . . . . . . . 157 d. 1. 14 aprile 1939, n. 636, art. 10, primo comma . . 157 legge 10 agosto 1950, n. 648, art.. 92, primo comma e tutti gli altri commi . . . . . . . . . . . . . . 157 legge 14 luglio 1959, n. 741, art. 7, secondo comma 157 d. P. R. emanati in base alla delega di cui agli artt. 1 e 7 della legge 14 luglio 1959, n. 741 . . . . . . . 158 d. P. R. 11 settembre 1960, n. 1326 ....... . 158 legge 15 giugno 1966, n. 604, art. 11 primo comma . 158 legge 21 maggio 1970, n. 282, artt. 1, 2 e 5 . . . . 158 d. P. R. 22 maggio 1970, n. 283, artt. 1, 2, e 5 . . . . 158 legge reg. Trentino-Alto Adige appr. 29 settembre 1970 e riapp. 7 ottobre 1970 . . . . . . . . . . . . . . 159 -Norme delle quali stata dichiarata non fondata la questione di legittimitd costituzionale: codice penale, art. 27 . . . . . . . . . pag. 159 codice penale, art. 596, primo comma . 159 codice penale, art. 650 . . . . . . . 159 codice penale, art. 650 . . . . . . . . 159 codice di procedura penale, art. 152 . . 160 codice di procedura penale, art. 152, primo comma . 160 codice di procedura penale, art. 236 . . . . . . . > 160 XVI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice di procedura penale, art. 269 . . . . . . pag. 160 codice di procedura penale, art. 586, quarto comma . 160 codice di procedura penale, art. 591 . 161 codice di procedura penale, art. 592 . . . . . . . 161 legge 20 marzo 1865, n. 2248, art. 4 . . . . . . . . 161 r. d. 18 novembre 1920, n. 1626, art. 12, terzo comma . 161 legge 22 febbraio 1934, n. 370, art. 1, secondo comma, n. 9 ....... . . . . . . . . . . . 161 d. 1. 21 febbraio 1938, n. 246, art. 19 . . . . . . 161 r. d. 1. 9 gennaio 1940, n. 2, art. 33, ultimo comma . 162 r. d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 98, primo comma . 162 legge 3 gennaio 1951, n. 27, art. 1 . . . . . . . 162 legge 7 novembre 1957, n. 1051, articolo unico . 162 d. P. R. 14 febbraio 1964, n. 237, art. 137, terzo comma . 162 legge 4 aprile 1964, n. 171, art. 7, terzo comma . 162 d. P. R. 30 giugno 1965, n. 1124 . . 163 legge 5 giugno 1967, n. 431, art. 6 . . . 163 legge 6 agosto 1967, n. 765 . . . . . . 163 legge 21 maggio 1970, n. 282, artt. 1 e 5 . 163 legge 21 maggio 1970, n. 282, art. 5, lett. d . 163 legge 21 maggio 1970, n. 282, art. 11 . . . . 164 d. P. R. 22 maggio 1970, n. 283, artt. 1 e 5 . 164 d. P. R. 22 maggio 1970, n. 283, art. 5, penultimo comm 164 legge 10 dicembe 1970, n. 898, art. 2 . . . . . 164 -Norme delle quali stato promosso giudizio di legittimit costituzionale . . . . . . . . . . . . . . . . 164 -Norme delle quali il giudizio di legittimit costituzionale stato definito con pronunce di inammissibilit, di manifesta infondatezza o di restituzione degli atti del Giudice di merito . . . . . . . . . . . . . . . . . 175 INDICE DELLE CONSULTAZIONI (secondo l'ordine di materia) Acque pubbliche pag. 178 Imposta di successio- Amministrazione pub-ne pag. 184 blica 178 Imposta generale sul- Appalto 178 l'entrata 185 Circolazione stradale . 178 Imposte di fabbrica- Contabilit generale zione 185 dello Stato 179 Imposte e tasse 185 Dazi doganali 179 Imposte ipotecarie 186 Difesa dello Stato . 180 Imposte varie . 186 Edilizia economica e Istruzioni superiore . 187 popolare 180 Lavoro 187 Elettricit ed elettro- Lotto e lotterie 188 dotto 181 Previdenza e assisten- Esecuzione forzata . 181 za 188 Espropriazione per pubblica utilit 181 Propriet 188 Impiego pubblico 182 Regione Sicilia 189 lmp. concessioni go-Regioni 189 vernative 183 Responsabilit civile . 189 Imposta di consumo . 183 Ricorsi amministrativi 189 Imposta di registro . 183 Tributi locali 190 PARTE PRIMA GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE (**) CORTE COSTITUZIONALE, 29 aprile 1971, n. 88 -Pres. B;ranca -Rel. De Marco -Soc. Adena (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri e Amministrazione Finanze dello Stato (Sost. avv. gen. dello Sfato Tracanna). Imposte e tasse in genere -I~G.E. corr~sposta a mezzo marche -Irripetibilit -Illegittimit costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 3; d.l. 9 gennaio 1940, n. 2, convertito nella legge 19 giugno 1940, n. 762, art. 47). Non fondata, con riferimento al principio di eguagiiarnza, la questione di legittimit costituzionale deLl'art. 47 legge orgmi,ica IGE, che esclude la ripetibiUt deil'imposta corrisposta a mezzo marche applicate dal contribuente (1). (Omissis). -1. -In base alla legge istitutiva ed a successive modificazioni, l'imposta generale sull'entrata viene pagata nei seguenti modi: 1) in modo ordinario (auto tassazione) mediante: a) applicazione di marche, obbligatoria per il pagamento di somme inferiori alle lire 100 e facoltativa per il pagamento di somme superiore alle lire 100 e non alle lire 2.0-00; b) versamento in conto corrente postale, facoltativo per i pagamenti di somme superio maggio 1969 del Pretore di Recanati (Gazzetta Ufficiale, 6 agosto 1969, n. 200) e con ordinanza 9 febbraio 1970 del Pretore di Cagli (Gazzetta Ufficiale 10 giugno 1970, n. 143). Su altra questione concernente i consulenti del lavoro V. Corte Cost. 16 luglio 1968, n. 102, in questa Rassegna 1968, 872. 730 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il detto articolo, inibendo ai consulenti del lavoro l'esel'cizio della loro attivit nell'ambito del territorio in 1cui il coniuge, parenti ed affini sino al secondo g.rado, ,prestano servizio come dipendenti del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, degli Lstituti di !Previdenza e assistenza sociale, e degli Istitluti di patronato, violerebbe, secondo le ordinanze di rimessione, gli artt. 3, 4 e 41 della Costituzione. Nel ritenere, in contrario avviso con l'Avvocatura, sufficiente la motivazdone in ordine alla rilevanza, si osserva in merito che l'art. 3 del . la Costituzione si assume violato, sotto un primo profilo, per trattamento eguale di situazioni soggettive ed oggettive differenziate, in quanto, nella incompatibilit sorgente dai rapporti di coniugio, di parentela e di affinit, tra il consulente del lavoro e il pubblico dlipendente, non si fa alcuna distinzione fra il caso in cui le mansioni cui quest'ultimo adempie, nell'ufficio al quale addetto, interferiscono con l'attivit che quello svolge presso lo stesso ufficio e quello in cui esse, in concreto, non interferiscono affatto. La censura non fondata. La norma che, in conformit dell'art. 97 della Costituzione, mira a garantire l'imparzialit, e quindi la moralit, dell'azione amministrativa, non pu ritenersi priva di ragionevolezza. Essa non pu perci essere sindacata, nei termini della sua formulazione, per quanto riguarda l'omessa distinzione del caso per caso, sulla quale, in so.stanza, la censura si impernia, pel'cr non consentito alla Corte un esame cosi penetrante della norma afferente il suo contenuto di merito, la cui regolamentazione riservata alla discrezionalit del legislatore. 2. -Ma, nelle ordinanze di rimessione, la violazione dell'art. 3 viene dedotta anche sotto altro profilo, in connessione con l'art. 4 della Costituzione. Si deduce al ri~rdo una differenza di trattamento tra i consulenti del lavoro autorizzati all'esercizio dagli Ispettorati del lavoro e quei professionisti (avvocati, procuratori, ragionieri ecc.) Cui consentito per legge di svo1gere la stessa attivit di consulenza, perch soltanto per i primi configurata la incompatibilit .di cui si detto ed disposto il divieto dell'esercizio. La questione fondata. Pur ammettendo che le situazioni soggettive dei consulenti autorizzati con provvedimento amministrativo e quelle dei professionisti autorizzati direttamente dalla legge a svolgere l'attivit di consulenti del lavoro siano differenziabilli, non pu ammettersi fra 'loro a1cuna distinzione in raip.porto a una situazione che ha Carattere oggettivo, come quella del rap,porto di coniugio, parentela o affinit con pubblici dipendenti di determinati uffici aventi sede nello stesso luogo. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 731 La ragione della incompati!bilit che dai quei vincoli si induce non pu non essere eguale per tutti perch consiste nella esigenza di evitare anche il sospetto di possibili collusioni a danno della pubblica ammindstrazione fra professionisti e pubblici dipendenti che svolgono attivit contrapposte, in rapporto agli stessi interessi, e nel medesimo ambito territoriale. Di fronte a tale identit di presupposti, la differenza di trattamento, che inibisce ad alcuni e non ad altri l'esercizio dell'attiv'it, non trova alcuna razionale gdustificazione, e viola, perci, come stato dedotto, l'art. 3 della Costituzione. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 29 aprile 1971, n. 90 -Pres. Branca -Rel. Oggioni -Girardi (n. c.) e Presidente Consiglio dei 'Ministri e Ministero del Tesoro (sost. avv. gen. dello Stato Vitucd). Danni di guerra -Concessione di indennizzi per danni all'estero Requisito della residenza o del domicilio in Italia del danneggiato -Violazione del principio di eguaglianza -Esclusione. (Cost., art. 3; 1. 27 dicembre 1953, n. 968, art. 52). Non fondata, con riferimento al principio di eguagLianza, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 52 deLla legge 27 dicembre 1953, n. 968 che co'IU1,iziorna la concessione di indennizzi per danni di guerra subiti all'estero al requisito deUa residenza o del domicilio in ltalia del danneggiato (1). (Omissis). -3. -La proposta questione di costituzionalit non fondata. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, il principio di uguaglianza, dichiarato dall'art. 3 della Costituzione, postula due corollari: a situazioni uguali deve corrispondere trattamento uguale, a situazioni diverse, trattamento differenziato: il tutto nei limiti di valutazioni razionali. (1) La questione era stata proposta con ordinanza 7 marzo 1969 del Consiglio di Stato, sezione IV (Gazzetta Ufficiale 16 luglio 1969, n. 179). Sulla stessa questione e su questioni connesse, Cons. Stato 18 giugno 1969, n. 286 (Foro It., Rep. 1969, v. Danni di guerra, n. 10) e 27 ottobre 1970, n. 7 (Foro it., 1971, III, 8). In dottrina, G. DALLARI, Guerra (danni di), voce dell'Enc. del diritto, 1970, XIX. 732 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Come anzidetto, nell'ordinanza di rinvio si assume che a situazioni diverse (concessione di contributi -concessione di indennit) la legge ha dettato una stessa regola di trattamento con la comune condizione del domicilio e della residenza in Italia per i richiedenti: la quale condizione, razionale per la prima ipotesi, non lo sarebbe per la seconda. Ugual difetto si riscontrerebbe con l'accordare o negare l'indennit, a cittadini italiani di pari diritto, in relazione ad un evento personale esteriore ed indifferente ai fini della legge. Cosi posta la questfone, sostanzialmente come questione di razionalit di disposizioni, la Corte .osserva e ritiene che la norma in esame, considerata in se stessa e nel quadro dei motivi che l'hanno determinata, ha la sua logica giustificazione. Questa giustificazione posta in evidenza dagli atti parlamentari (Relazione Vanoni al disegno d{ legge e successiva discussione) da cui risulta che, con la concessione di indennit ai danneggiati che non avessero chiesto il contributo per ricostruire, si inteso di agevolare comunque il reinserimento dei danneggil;ti stessi nel ciclo della vita economiica e della ripresa produttiva del paese: ci mediante la reintegrazione patrimoniale dei singoli, considerata come mezzo e non come fine. Al raggiungimento di questo fine si poi voluto dichiaratamente assegnare anche un valore etico e morale, oltre che economico. La condizione del domicilio e della residenza in Italia, alla quale stato sottoposto il conseguimento della indennit, trova, quindi, la sua collocazione nel sistema che il legislatore, nell'esercizio della sua scelta, ha voluto istituire. Trattasi di condizione non arbitraria, ma diretta, nei limiti di una presumibilit di risultati, ad ottenere che l'uso delle somme ricevute come indennit non subisca deviazioni verso utilizzazioni estranee al profitto da attuarsi mediante reinvestimento in area italiana. La questione, sotto entrambi i pJ:'Ofili con ciui stata proposta, va dichiarata non fondata. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 29 aprile 1971, n. 91 -Pres. Branca -Re!. Crisafulli -Porta (n. c.). Reato -Reati e pene -Vilipendio delle FF.AA. -Autorizzazione a pro cedere -Violazionefdell'indipendenza della Magistratura e del principio di eguaglianza -Esclusione. (Cost., art. 104, c.p. art. 313, comma terzo). L'autorizzazione a pll"oced.ere da parte del Ministro GuardasigiUi per il reato di vilipendio deHe Forze Armate detto Statoi, pl/"evista d:all'art. 313, terzo comma, codice penale, non lede il principio deU'Vndipen PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E 'INTERNAZIONALE 733 denza della Magistratura n -dovendosi ritenere indivisibile -ii principio di eguaglianza rispetto a tutti gLi imputati cLeUo stesso reato (1). (Omissis). -2. -L'ordinanza del tribunale di Lucca ripropone, 'con esclusivo riferimento all'art. 104, primcr comma, della Costituzione, la stessa questione di legittimit costituzionale dell'art. 313, terzo comma, del codke penale, che questa Corte ebbe gi a dichiarare non fondata con la sentenza n. 22 del 1959, alla stregua, tra l'altro, della norma costituzionale dell'art. 104, cui si rtchiama il tribunale di Lucca. E poich l'ordinanza non addUICe motivi nuovi nl si ravvisano ragioni che ,possano indurre a diversa decisione, la questione dev'essere dichiarata manifestamente infQndata . . 3. -Presenta, invece, un profilo parzialmente nuovo l'ordinanza della Corte d'assise di Torino, con riferimento -questa volta -al solo art. 3 dellla Costituzione e con specifico riguardo alla ,partkolare ipotesi, che si era concretamente verificata nel caso di specie, di Coilicorso di pi persone nel medesimo fatto-reato, l'autorizzazione a procedere prevista dall'art. 313, terzo comma, essendo stata concessa nei confronti di un imputato e negata, per contro, nei confronti di un altro. Di qui, e muovendo dalla premessa che una tale illimitata facolt di !Scelta sia effettivamente consentita al Ministro per la giustizia dall'art. 313, la denunciata violazione del principio di eguaglianza. Senonch, l'interpretazione assunta -peraltro, dubitativamente dall'ordinanza, oltre ad essere disattesa dalla dottrina pressoch unanime, si rivela in contraddizione con la ragion d'essere dell'istituto regolato nell'art. 313 cod. pen., tale disposizione prescrivendo la necessit dell'autorizzazione a procedere in considerazione della natura oggettiva dei reati ivi contemplati, e non in considerazione delle qualit personali degli imputati. Come questa Corte ebbe ad affermare nella menzionata sentenza n. 22 del 1959 la valutazione demandata al Ministro ;per la giustizia ha per oggetto il promuovimento o la prosecuzione dell'azione penale per determinati reati, chiunque ne sia l'autore ; ed per questo che la norma dell'art. 313, non Ojperando alcuna discriminazione tra i cittadini che versino in identica situazione, venne riconosciuta non in contrasto con l'art. 3 della Costituzione. (1) Il giudizio stato promosso con ordinanze 22 febbraio 1969 del giudice istruttore del Tribunale di Lucca (Gazzetta Ufjciale 16 aprile 1969, n. 98) e 28 novembre 1969 della Corte d'Assise di Torino (Gazzetta Ufficiale 4 marzo 1970, n. 57). 734 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO da ritenere perci conforme ai principi l'indivisibilit dell'autorizzazione, stabilita, come nel caso dell'art. 313, con riguardo al fatto, nulla rilevando in contrario che manchi nel codice una espressa disposizione in tal senso, quale si rinviene invece negli artt. 120, 12-3, 129 e 130, per la querela, la richiesta e l'istanza. Giac-ch, in queste ultime ipotesi, a differenza che in quella dell'art. 313, terzo comma, la procedibilit o la proseguibilit dell'azione penale possono indifferentemente essere subordinate a . valutazioni di ordine soggettivo, oltre ,che oggettivo, ed era quindi necessaria una norma che ne estendesse in ogni caso, d malg. rado, l'efficacia ai coimputati. -(Omissis). La sentenza n. 22 del 1959, richiamata in motivazione, leggesi in Foro It. 1959, I, 909. V. pure Corte Cost. 28 gennaio 1970, n. 9, in questa .Rassegna 1970, 26. Sull'effetto non estensivo dell'autorizzazione v. Cass. Sez. un., 18 novembre 1958, CLEMENTI, Giust. pen. 1959, II, 321. I CORTE COSTITUZIONALE, 29 aprile 1971, n. 92 -Pres. Branca -Rel. I Crisafulli -Presidente Re'.gione Trentino Alto Adige (avv. Guarino) c. Presidente Consiglio dei Ministri (so.st. avv. gen. dello Stato Sal varese). Trentino Alto Adige -Conflitto di attribuzione con lo Stato -Legge urbanistica provinciale di Bolzano -Decreto di vincolo per edilizia scolastica -Variante al piano regolatore generale -Potere spet tante alla Provincia. (St. reg. art. 11, n. 6; 1. 28 luglio 1967, n. 641, art. 60; d.1. 24 ottobre 1969, n. 701, conv. in 1. 22 dicembre 1969, n. 952, art. 5). Poich ia competenza statale in materia di edilizia scolastica deve essere coordinata con le competenze attribuite aLla Regione ed aila provincie trentine, il decreto di vincolo di un'area da destimare ad ediLizia scoLastica, da parte del Provveditore regionale alle 00.PP., pu essere emanato solo dopo he la giunta provinciale abbia detiberato suila proposta di variante del piano regolatore generale del Comune interessato (1). (1) Sulla legge statale 28 luglio 1967, n. 641 v. Corte Cost. 10 luglio 1968, n. 92, Foro it., 1968, I, 2362. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 735 CORTE COSTITUZIONALE, 29 aprile 1971, n. 93 -Pres. Branca -Rel. De Marco -De Sica (avv. Graziadei) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dell<> Stato Coronas). Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Frode fiscale -Eccesso rispetto alla legge di delega -Illegittimit costituzionale -Esclu sione. (Cost., art. 76, 1. 5 gennaio 1956, n. l, art. 63; d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 261, comma quarto). Non fondata, per violazione dei Limiti deila delega legislativa di cui aLl'art. 63 legge 5 gennaio 1956, n. 1, in relazione aWart. 76 della Costituzione, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 261, comma quarto, t.u. suUe imposte dirette, che punisce il contribuern;te moroso il quale abbia compiuto atti fraudolenti sui propri o sugli attrui beni (1). (Omissis). -L'art. 30 del r.d. 17 settembre 1931, n. 1608 (approvazione del t.u. delle disposizioni riguardanti le dichiarazioni dei redditi e le sanzioni in materia di imposte dirette), prevedeva una partcolare figura di r~ato (frode fiscale) riguardante il contribuente, moroso per sei rate successive d'imposta diretta, il quale, per sottrarsi al .pagamento, compie, sui propri e sugli altrui beni, atti fraudolenti, che rendano in tutto o in parte inefficace l'esecuzione forzata promossa dall'esattore. Sembra pacifica, ed presupposto logico dell'ordinanza di rinvio, l'opinione che per la S'USsistenza del reato, da quella n<>rrna preveduto, occorressero i due estremi della mora .protratta per sei rate consecutive d'imposta ed il compimento di atti f.raudolenti, ;posti in essere dopo il veriifcarsi di tale mora. In attuazione della delega legislativa contenuta nell'art. 63 della legge 5 gennaio 1956, n. 1, la sopra esaminata norma stata trasfusa nell'art. 261 del t.u. approvato con d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, che al primo comma prevede, come reato punibile con l'ammenda da L.. 1.000 a L. 20.0.000, il mancato pagamento di sei rate consecutive d'imposta per un ammontare complessivo non inferiore a L. 12.00.0 ed al quarto comma, come reato punibile Con la reclusione fino a tre mesi, il fatto del contribuente incorso in morosit che, al fine di sottrarsi al pagamento delle imposte dovute, abbia compiuto, sui propri o sugli altrui beni, (1) Il giudizio era stato promosso con ordinanza 19 aprile 1969 della Corte di Appello di Roma (Gazzetta Ufficiale 23 luglio 1969, n. 186). 736 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO atti fraudolenti che rendano in tutto o in parte inefficace l'esecuzione esattoriale. Argomentan.do dalla dizione abbia ,compiuto il giudice a quo ha ritenuto che nel testo unico sia stata introdotta una nuova fi.gura di reato, per la quale il contribuente moroso viene colpito anche nel caso che gli atti fraudolenti siano stati pos.ti in essere anteriormente al verificarsi della mora, con conseguente violazione dell'art. 76 della Costituzione, in quanto per il sopra citato art. 63 della legge di delega il Governo doveva limitarsi alle modifiche necessarie per l'attuazione dei seguenti criteri: 1) adattamento delle disposizioni all'esigenza di semplificare nell'applicazione dei tributi ed a quella di una razionale organizzazione dei servizi; 2) perfezionamento delle norme concernenti l'attivit dell'Amministrazione finanziaria ai fini dell'accertamento dei redditi. Ma, come concordemente oppongono sia l'Avvocatura generale dello Stato nell'interesse del Presidente del Consiglio dei ministri, sia il patrocinio della iparte pdvata, non pu ritenersi che il legislatore delegato abbia preveduto una nuova figura di reato. Presupposti comuni tanto all'art. 30 del t.u. del 1931, quanto all'articolo 261 del' t.u. del 19518 sono: a) l'esistenza di uno stato di morosit, qualificato dall'omesso pagamento di sei rate consecutive d'imposta; b) compimento di atti fraudolenti, diretti a rendere inefficace l'azione esecutiva dell'esattore. Il raffronto tra l'art. 3-0 del t.u. del 1'931 e l'art. 261 del t.u. del 1958 dimostra che i due presupposti sopra indicati esistono immu tati nelle due norme. In particolare il diverso uso del verbo compiere al presente nel l'art. 30, al (congiuntivo) passato nell'art. 261, omma quarto del t.u. del 1958, conse~enza diretta della formalmente diversa espressione adoperata per indicare la condizione di morosit del debitore d'imposta: l' nell'art. 30 la morosit qualificata definita direttamente; nell'art. 261 definita nel .primo comma a.gli effetti del pi Heve reato contravvenzionale consistente nel solo fatto di tale mora e viene poi richiamata nel quarto comma con la dizione incorso in morosit agli effetti del pi grave reato delittuoso commesso da Chi voglia rendersi insolvibile ed eludere, cos,. il debito fiscale. Di qui l'esclusione della volont del legislatore delegato di inno vare sulla previsione delittuosa gi contemplata dall'art. 30 del t.u. del 1931 e, conse.guentemente, la non violazione dell'art. 76 della Costi tuzione. La sollevata questione deve, quindi, dichiararsi non fondata. PARTE I, SZ. I, GIURIS. co_STITUZIONALE E_INTERNAZIONALE 737 . CORTE COSTITUZIONALE, 11 maggio 1971, n. 94 -Pres. Branca - Rel. Rossi -Ferlisi (n..c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Casamassima). Sicilia -Valle dei Templi di Agrigento -Perimetrazione della zona da parte del Ministro della P. I. -Violazione della riserva di legge e della competenza della Regione Siciliana -Insussistenza. (Cost., art. 42; si. reg. sic. art. 14; 1. 28 settembre 1966, n. 749, art. 2 bis). La questione di legittimit costituzicmaLe deU'art. 2 bis Legge 28 ,settembre 1966, n. 749, che d facolt al Ministro deLLa P.I. di pirocedere aUa perimetrozioo,e della zona archeologica della Vane dei Templi. di Agrigento non fondata con riferimento aLla riserva di legge di cui ano art. 42 della Costituzione; ed manifestamente infondata con riferi mento alla competenza della Regione Siciiiana di cui all'art. 14 del rela tivo statuto speciale (1). 1. -La Corte costituzionale chiamata a decidere le seguenti questioni: a) se l'art. 2 bis della legge 28 settembre 1966, n. 749, -disponendo che la Valle dei Templi di Agrigento dichiarata zona archeolqgica di interesse nazionale e che il Ministro per la pubblica istruzione, di concerto con il Ministro per i lavori pubblici, determina, con proprio decreto, il perimetro della zona, le prescrizioni d'uso, i vincoli di inedificabilit -contrasti o meno con la riserva di legge di cui all'art. 42, secondo comma, della Costituzione, per non aver specificato i criteri cui la pubblica amministrazione avrebbe dovuto adeguarsi nel dare esecuzine al dettato legislativo; b) se la norma predetta, provvedendo in siffatta maniera alla tutela del complesso archeologico della Valle dei Templi, non contrasti con l'art. 14 dello Statuto regionale, secondo cui l'Assemblea regionale (1) La questione era stata sollevata con ordinanza 20 marzo 1970 del Pretore di Agrigento (Gazzetta Ufficiale 17 giugno 1970, n. 150). Sull'art. 42, 2a comma, della Costituzione v. Corte Cost. 21 maggio 1968, n. 55 e 56 in questa Rassegna, 1968, 661 e 662. In dottrina, CASSESE, I beni pubblici, 1969. La sentenza n. 74 .del 1969 pubblicata in questa Rassegna, 1969, 415. 738 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO siciliana ha la legislazione esdusiva in materia di 1conservazione delle antichit e delle OJ;>ere artistiche. 2. -Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte la riserva relativa di legge, invocata anche nella specie, conse.nte al legislatore di attribuire alla pubblica Amministrazione il potere di incidere sulla concreta disciplina del godimento degli immobili qualora, nella legge ordinaria, siano contenuti elementi e criteri idonei a delimitare chiaramente la discrezionalit dell'Amministrazione (sentenza n. 38 del 1966). Di tale principio la Corte fece applicazione in relazione agli ampi poteri conferiti ai Comuni dall'art. 7 della .legge urbanistica, secondo cui, .com'i noto, mediante l'emanazione dei piani regolatori il territorio comunale viene distinto in zone pi o meno edificabili, con rilevanti conseguenze per il diritto del proprietario. In tale occasione fu riconosciuto che l'imposizione di vincoli di zona sulle aree altrimenti .fabbricabili non costituisce esercizio di discrezionalit indiscriminata ed incontrollabile , bensi di discre~ionalit tecnica, rimanendo pertanto esclusa la iproSiPettata violazione della riserva di legge. I medesimi criteri consentono a fortio1i di escludere, anche nella fattispecie ora in esame, il vizio di illegittimit costituzionale denunziato. Invero i poteri attribuiti dalla norma impugnata al Ministro per la pubblilca istruzione, concernenti la delimitazione del perimetro della Valle dei Tempi, le prescrizioni d'uso dei terreni, ed i vincoli di inedificabilit, involgono apprezzamenti e valutazioni strettamente connessi con discipline tecniche, e sono stati conferiti all'unico evidente fine di salvaguardare l'interesse aricreologico nazionale del comprensorio. Sono stati cosi previsti il divieto di usare particolari mezzi meccanici per il dissodamento del terreno e l'imposizione di limitazioni edificatorie variament configurate in relazione alla distanza dei terreni dai monumenti areheologici allo scopo di non danneggiare la proSiPettiva e la visione d'assieme. Deve quindi riconoscersi che la circoscritta discrezionalit conferita alla pubblica Amministrazione dalla norma in esame sufficientemente definita ed ha natura tecnica. Pertanto l'asserita violazione dell'art. 42., secondo comma, della Costituzione, non sussiste. 3. - chiara poi la manifesta infondatezza della seconda questione in esame. Invero questa Corte, con la sentenza n. 74 del 1969, ha gi escluso l'illegittimit costituzionale dell'art. 2 bis della legge 28 settembre 1966, n. 749, a suo tempo denunciato per asserita violazione dell'a.rticolo 14 dello Statuto regionale siciliano, questione ora riproposta -in termini del tutto generici -senza 1che siano addotti nuovi motivi. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTl!lRNAZIONALE 739 CORTE COSTITUZIONALE, 11 maggio 1971, n. 96 -Pres. Branca - Ret. Capalozza -Catenaccio ed altri (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Chiarotti). Procedimento penale -Giudizi di impugnazione -Avviso di deposito della sentenza -Esclusione della notifica al difensore del dibatti mento -Illegittimit costituzionale. (Cost., art. 24; c.p.p. art. 151, terzo comma). costituzionalmente illegittimo, per violazione del diritto di difesa, l'art. 151, terzo comma, Codice di procedura penale, nella parte in cui esclude che l'avviso di deposito della sentenza pronunziata in seguito a dibattimento sia notificato anche al difensore nel dibattimento non impugnante o non d~signato dall'imputato (1). (Omissis). -2. -La questione fondata. da premettere che dalla sistematica del codice di diritto proces suale penale (art. 125 e seg.g.) eme;rge il princLpio generale secondo cui il difensore non cessa dal mandato e dall'ufficio sino a quando non sia sostituito .con altro difensore (di fiducia o d'ufficio): la revoca e la no mina del nuovo difensore non producono effetto se non Comunicate alla autorit giudiziaria (art. 133, secondo comma, cod. proc. pen.); e il di fensore di fiducia deve essere sostituito con il difensore d'ufficio tanto nel caso in cui, essendo stato revocato dall'imputato, da questo non venga sostituito con un altro, quanto nel caso in cui sia egli stesso ad abbandonare l'incarico. Una puntuale a1Pplicazione di tale principio si ha nell'art. 201, pri mo comma, cod. proc. pen., che, proprio per il coordinamento con la norme impugnata, abilita chi stato difensore nel dibattimento a pre disporre, sottoscrivere e presentare i motivi, pur se l'imputato, diretta mente impugnate, non l'abbia designato nella dichiarazione di grava me (e, si ;ritiene, persino se nella dichiarazfone sia stato designato altro difensore: invero, il nuovo difensore potrebbe non accettare il man dato). 3. -Detto ci, se si scende all'esame diretto della questione, se ne scorge immediatamente la fondatezza. Come noto, l'avviso ha lo scopo di far decorrere il termine per l'individuazione, la formulazione e la presentazione dei motivi, i quali (1) Il .giudizio era stato promosso con varie ordinanze dei giudici di merito e della Cassazione. In dottrina, CAPALOZZA, in Riv. it. dir. proc. pen. 1968, 629 e 630; CoNso, Questioni nuove di procedura penale, 1969. 740 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO debbono essere esposti specificamente, a pena di decadenza (art. 201, ultimo comma, cod. proc. pen.). Orbene, l'art. 151, terzo comma, cod. proc. pen., indicando ed elencando i soggetti a eui va fatta la notifica del deposito della sentenza di:battimentaie, esclude tale notrnca per il difensore nel dibattimento, che non abbia proposto l'impugnazione per eonto della parte privata o che non sia stato, dalla parte direttamente impugnante, designato nella diehiarazione di gravame. Sicch esso difensore, al quale l'avviso non va notificato, non ha conoscenza autonoma del 1proposto gravame n dell'avvenuto deposito della sentenza impugnata e perci non v' la sicurezza che sia messo in condizione di appresta.re tempestivamente la difesa. Il che contrasta col criterio, pi volte affermato dalla Corte, per cui l'art. 24, secondo comma, della Costituzione eontiene un'effettiva garanzia del diritto della parte (e specialmente dell'imputato) all'assistenza tecnica in ogni stato e grado del procedimento e, correlativamente, del diritto del difensore a svolgere l'attivit necessaria per l'espletamento del mandato affidatogli '(vedi, da ultimo, sentenza n. 62/1971). L'illegittimit .costituzionale deriva, dunque, da ei: che -nel momento forse pi delicato del procedimento e in una fase costitutiva del gravame in eui le ottemperanze, a pena di decadenza e di Conseguente inammissibilit (artt. 201, ultimo comma, 207, primo comma, e 209, primo comma, cod. proc. pen.), sono ristrette entro termini assai angusti di tempo -l'interessato pu trovarsi privo dell'assistenza del difensore professionale; il che illogico, fra l'altro, se si pensa che' chi sia stato difensore nel giudizio a quo pu presenta.re i motivi di .gravame (sopra, n. 2). 4. -Devono essere disattese le argomentazioni dell'Avvocatura dello Stato -secondo la quale vigilantibus iura succurrunt -poich l'imputato e le altre parti private possono non essere in grado di conoscere o comprendere le esigenze essenziali d,el processo penale e, 1n particolar, la necessit della tempestiva redazione dei motivi con l'eventuale ausilio del difensore. Al rilievo della stessa Avvocatura che il difensore ~u presentare i motivi senza attendere la comunicazione della parte, agevole replicare che egli, come si gi accennato, non in grado di predisporli se ignora persino che il deposito avvenuto, n redigerli, se non ha diretta conoscenza della sentenza e di quant'altro vi attiene (vedi art. 201, terzo comma, cod. proc. pen.), dato che essi concernono la motivazione. E non vero che la mancata conferma del precedente difensore autorizzi a dedurre che la parte intenda sostituirlo: infatti, la nuova nomina va effettuata con atto ricevuto dall'autorit giudiziaria, o ad essa present. ato, ovvero con dkhiarazione resa, anche per lettera, alla cancelleria o segreteria (art. 134 cod. proc. pen.) o, quando si tratta di detenuto, con PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 741 dichiarazione ricevuta presso lo stabilimento carcerario (art. 80 cod. ;proc. pen.); e sino a che uno di questi atti non esista, resta difensore chi lo stato in precedenza. Ad ogni modo, quel che occmre la sicurezza di una difesa tecnica subito dopo la dichiarazione di gravame, sicurezza che la norma impugnata non d. A taeere, poi, del caso particolare in cui l'imputato non sia in grado o possa non essere in grado di provvedere alla difesa, allorch, essendo minorenne o altrimenti incapaiee, il genitore o il tutore impugnante (persona diversa da lui) non abbia designato il nuovo difensore. ~ (Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 11 maggio 1971, n. 99 -Pres. Branca - Rel. Chiarelli -De Lucia (n.c.). Lavoro -Prestazioni discontinue -Inapplicabilit della limitazione dell'orario -Ille~ittimit costituzionale -Esclusione~ (Cost. art. 36; r.d.l. 15 marzo 1923, n. 692, art. ~). NO'n fondata, con riferimento aUa tutela del lavoratore, la questione di legittimit costituziornale dell'art. 3 del decreto-legge 15 mmzo 1923, n. 692, che sottrae aiza disciplina della durata massima della gio1nata lavorativa le occupazioni discontinue o di semplice attesa o di custodia (1). (Omissis). -Si assume nell'ordinanza che l'art. 3 del decreto legge 15 marzo 1923, n. 692, nel sottz:arre alla disciplina della durata massima della giornata lavorativa le occupazioni discontinue o di semplice attesa o custodia, elude il disposto eostituzionale dell'art. 36, secondo comma, della Costituzione, che richiede che U limite di orario sia fissato dalla legge in via generale e inderogabile. Ma la questione non fondata. esatto che la citata norma costituzionale riconosce e garantisce il principio del limite legale della durata massima della giornata lavorativa. Tale principio trova rispondenza nell'art. 2'107 del codice civile, il quale stabilisce che la durata giornaliera e settimanale della prestazione di lavoro non ;pu superare i limiti posti dalla leggi speciali, e nell'articolo 2108 del codice civile, che prevede un aumento della retribuzione per il lavoro straordinario, la C'Ui durata, insieme alla misura della maggiorazione, fissata dalla legge. (1) J;,.a questione era stata proposta con ordinanza 21 marzo 1969 del Tribunale di S. Maria Capua Vetere (Gazzetta Uffeciale 6 agosto 1969, n. 200). Sull'art. 36 della Costituzione v. Corte Cost. 15 dicembre 1957, n. 150, in questa Rassegna 1968, 8; Cons. Stato, sez. IV, 8 maggio 1968, idem, 443. 742 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Ma dall'art. 36, secondo comma, della Costituzione non discende che il limite della giornata lavorativa debba essere fissato dalla legge in modo unifo.rme per ogni tipo di lavoro. conforme alla comune esperienza, e corrisponde a un criterio di razionalit, che la disciplina della duarta giornaliera del lavoro subordinato applicabile alle prestazioni di lavoro continuo non pu essere .la stessa per quelle prestazioni che non si svolgono continuamente nel tempo o che non si svolgono alle dipendenze di una impresa; ni! pu aversi una disciplina unica e indifferenziata .per le prestazioni di lavoro non continuativo, data la variet dei modi in cui queste si esplicano. Ci premesso, va rilevato che l'art. 3 del decreto legge n. 692 del 1923 determina la sfera a cui applicabile la disciplina del lavoro continuo , contenuta nel medesimo decreto, Telativo alle imprese industriali e comerciali; ma non esdude che, in attuazione del precetto costituzionale, altre leggi, in relazione ai vari tipi di rapporti di lavoro non compresi in quel decreto, regolino la durata o comunque il m-0do di prestazione nel tempo dell'attivit lavorativa (es., l'art. 8 legge 2 aprile 1958, n. 33,9, sul lavoro domestico). N dall'esistenza id una xegolamentazione dell'orario di lavoro continuativo, contenuta nel decreto n. 692 del 1923, discende che l'attivit lavorativa di diverso tipo possa essere prestata senza alcun limite gfornalilero di tempo. Ove manchi, infatti, una normazione speciale, la disctplina della durata delle prestazioni, in applicazione del principio cotsituzionale di tutela dell'integrit fisica del .lavoratore, sar sempre deducibile dall'ordinamento, secondo le disposizioni sulla legge in generale. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 11 maggio 1971, n. 10-0 -Pres. Brai.1ca - Rel. Rossi -Gonella (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Savarese). Procedimento penale -Computo della pena agli effetti del mandato di cattura -Computo della recidiya -Illegittimit costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 3; c.p.p., art. 255). Non fondata, con riferimento al principio di eguaglianza, la questione di legittimit costituzionale deU'art. 255 codice procedura penale che prescrive l'obbligo di tener cointo della recidiva nel computo delta pena gli effetti del mandato di cattura (1). (1) Il giudizio era stato promosso con ordinanza 27 maggio 1969 d'l Tribunale di Torino (Gazzetta Utlciale 5 novembre 1969, n. 280). PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTIT.UZIONALE E INTERNAZIONALE 743 (Omissis). -La norma per ooi nel computo della pena agli effetti del mandato di cattura (art. 253., 254, 255 c.p.,p.) si deve tener conto anche della recidiva non contrasta col principio di uguaglianza fra i cittadini sancito nell'art. 3 della Costituzione. L'ordinanza del tribunale di Torino ritiene non .conforme al principio di uguaglianza U far discendere l'obbligatoriet in ordine al mandato di cattura da quella che dottrina e giurisprudenza considerano come una condizione, o qualit ;personale dell'individuo, l'essere cio recidivo. A prescindere dal rilievo che la recidiva , secondo molti autori, non una condizione o qualit personale dell'imputato, ma piuttosto una circostanza aggravante dell'imputabilit e della pena, fuori dubbio che la recidiva costituisca un fatto oggettivo giudiziariamente accertato. Le, condizioni personali e sociali, collocate dall'art. 3 della Costituzione su,llo stesso piano del sesso, della razza, della lingua, della religione, delle opinioni poiitiche, per escludere ogni discriminazione fra cittadini, non sono certamente quelle c.he derivano da un'attivit illegale, o addirittura criminosa, posta in essere dal soggetto. Il .principio di uguaglianza invocabile in situazioni obiettivamente uguali, o giuridicamente compara:bili. assurdo. pensare che .chi ha ripor tato precedenti condanne penali ed indiziato di un nuovo delitto non ,possa, e non debba, venir considerato pi pericoloso del cittadino incen surato, in virt di una astratta uguaglianza. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 11 maggio 1971, n. 102 -Pres. Branca - Rel. Mortati-Rossi (n.c.). Corte Costituzionale -Giudizi di legittimit costituzionale in via in cidentale -Giudice a quo -Commissione elettorale mandamentale -Inammissibil_it della questione. (Cost., art. 134; 1. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23). inammissibil.e la questione di legittimit costituzionale soUevata in via incidentale da una Commissione elettorale mandamentale, poich essa non esercita poteri giurisdizionali neppure quando provvede aila decisione dei ricorsi relativi alle iscrizioni nelle liste elettoraii (1). (1) Sulla questione v. Corte Costituzionale 17 febbraio 1971, n. 17, in questa Rassegna, 1971, 236. In dottrina, M. S. GIANNINI, La giustizia amministrativa, 1964, 111; PALMA, Elezioni, voce dell'Enc. del dir., 1965, XIV, PIZZORUSSO, in Foro amm. 1965, 18, nota 30, 31. 744 RASSEGNA DELL'AVV?CATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 26 maggio 1971, n. 107 -Pres. Branca - Rel. Benedetti -Soc. Edison (avv. Uckmar), Presidente Consiglio dei Ministri e Amministrazione Fnanziaria dello Stato (sost. avv. gen. dello Stato Tracanna). Imposte e tasse in genere -Imposta di R. M. -Soggetti tassabili in base a bilancio -Deducibilit degli interessi passivi in maniera presuntiva -Illegittimit costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 3, 53; 1. 5 gennaio 1956, n. 1, art. 23, comma secondo; d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 110). Non fondata, sia con riferimento al principio di eguaglianza che a quello della capacit contributiva la questione di legittimit costituzionale dell'a1t. 23 della legge 5 11ennaio 1956, n. 1, corrispondente ora all'articolo 110 testo unico delle imposte dirette, chestabilisce, per i soggetti tassabili in base a bilancio, ta deducibitit degli interessi passivi per la parte corrispondente al rapporto tra l'ammontare dei ricavi lordi che compongono il reddito mobiliare e l'ammontare comples$ivo di tutti i ricavi del contribuente (1). (Omissis). -1. -Il tribunale di Milano ha de.IJJUnciato l'illegittimit costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, della norma contenuta nell'art. 23, comma secondo, della legge 5 gennaio 1956, n. 1, la quale -ai fini della determinazione del reddito imponibile agli effetti dell'imposta di ricchezza mobile dei soggetti tassabili in base al bilancio -dispone che: gli interessi passivi sono dedudbili per la parte corrispondente al rap.porto tra l'ammontare dei ricavi lordi che entrano a comporre il reddito assoggetta:bile a imposta di R.M., e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi lordi del Contribuente La questione non fondata. 2. -In tema di detraibilit degli interessi ;passivi la norma impugnata -ora corrispondente all'art. 110 del testo unico delle leggi .sulle imposte dirette approvato con d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 -detta, per la societ ed enti tassabili in base a bilancio e ,per gli altri contri( 1) La questione era stata sollevata dal Tribunale di Milano con ordinanza 21 marzo 1969 (Gazzetta Ufficiale 8 ottobre 1969, n. 256). In dottrina V. AMADIO, in Imp. dir. erariali, 1970, 404; BELLIRI, T.JI. della legge sulle imposte dirette, 1969; ZAPPAL-LANZA, L'imposta sui redditi mobiliari, 1964. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 745 buenti che chiedano che il loro imponibile sia accertato in base ai risultati delle scritture contabili, un criterio diverso da quello previsto per i soggetti non tassati sul bilancio. T.rattasi del criterio della proporzfonalit in virt del quale, nel caso in cui il contribuente tassabile in base al bilancio sia nello stesso tempo titolare di redditi assoggettabili e di redditi non assoggettabili all'imposta di ricchezza mobile, la determinazione degli interessi passivi detraibi1i viene effettuata nei limiti della quota percentuale corrispondente al rapporto fra l'ammontare dei ricavi lordi che compongono il reddito assoggettabile a .tale imposta e l'ammontare complessivo di tutti i.ricavi lordi del contribuente. La nota differenziale di questo crierio rispetto a quello stabilito per i soggetti non tassati in base a bilancio -(per i quali, anche :per la deducibilit degli interessi passivi si applica la regola generale sulla deducibilit degli interessi passivi si applica la regola generale sulla deduzione delle spese e passivit di cui al primo comma dell'art. 23 'della legge impugnata) -consiste nel fatto che col primo criterio l'accertamento degli inte.ressi deducibili presuntivamente effettuato sulla base di un calcolo proporzionale che non consente, n al contribuente, n alla mAmniistrazione finanziaria, di dimostrare che nel caso concreto gli interessi sono inerenti esclusivamente o in misura maggiore di quella risultante dall'anzidetta proporzione al redstacolono o indebitamente ne limitano l'esercizio. Ma, con sentenza 25 febbraio 1971, n. 39, la questione stata dichiarata priva di fondatezza: .si considerato anzitutto che la necessit del presupposto del previo trasferimento delle funzfoni e .del ;personale statale risponde ad esigenze di certezza nei rapporti fra Stato e Regioni, di ordinato e coordinato .svolgimento delle relative attribuzioni, di necessaria gradualit del passaggio da un sistema di organizzazione fortemente c.centrato ad uno, per -contro, di largo decentramento, anche a livello legislativo; si rilevato, in secondo luogo, che la fissazione di un termine decorso il quale le regioni potrebbero esplicare il loro ,potere anche per quelle materie rigua: rdo alle quali non ancora avvenuto il trasferimento di funzioni, soddisfa all'esigenza di evitare Che venga :procrastinata sine die e rimessa alfa mera discrezione statale l'effettiva esplicazione delle competenze che alle regioni attribuisce la Costituzione. Non risulta che sia avvenuto il trapasso alle ricorrenti di funzioni statali relative alla materia oggetto della legge denunziata; e non nemmeno decorso ancora il biennio di cui sopra si detto. La potest legislativa delle ricorrenti riguardo alle materie stesse non perci .ancora esercitabile, quindi non rivendicabile. Nel frattempo ovvio che lo Stato deve continuare ad esercitare la propria competenza; e .cosi ad esso soltanto ~etta la valutazione discrezionale dell'opportunit di interventi normativi nelle materie predette. Le regioni, in altre parole, avrebbero potuto rilevare che, nelle materie in esame, secondo il loro giudizio, si erano verificate invasioni nella sfera della loro potest da parte dello Stato soltanto se fosse venuto meno l'impedimento costituzionale che non ne consentiva l'esplieazione; sussistendo ancora tale impedimento, manca nelle medesime via principale, rispettivamente, avverso la legge ospedaliera 12 febbraio 1968, n. 132 e la legge sugli interventi nel Centro Nord, 22 luglio 1966, n. 614. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 751 -0gni interesse all'imipugnazione delle leggi denunciate, emanate dallo Stato in materia per la quale esso ha ritenuto non differibile una sistemazione normativa. Donde l'inammissibilit delle doglianze proposte. Si obietta .senza fondamento che la legge denuncipta, essend-0 desitnata ad operare anche dopo che le regioni avranno acquistato la legittimazione all'esercizio della rispettiva competenza, vengono a confiscare a favore dello Stato le corrispondenti potest regionali anche .per il tempo -in cui ne sar legittimo l'esercizio. Senonch, la legg~ -emanata dallo Stato in periodo di .quiescenza della potest legislativa regionale non ha la forza di impedire l'esercizio di quella potest, do.po che ne saranno maturati i presupposti: concorrer ad indicare i principi .fondamentali che le regioni ricorrenti dovranno osservare nella materia di cui si tratta e gli interessi che esse dovranno rispettare, secondo quanto prescrive l'art. 117 della Costituzione e l'art. 9 della citata legge 10 febbraio 1953, n. 62. SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 6 aprile 1971, n. 1018 -Pres. Scarpella -Rel. Greco -P. M. Tavolaro (diff.) -Assessorato ai lavori pubblici della Regiom'! Siciliana (avv. Stato Coronas) c. Fernandez n. q. (Avvocati Cavoli e Fernandez). Competenza e giurisdizione -Giudicalo -Estensione e preclusioni Limiti. (art. 2909 e.e.; artt. 324 e 386 e.p.e.). Competenza e giurisdizione -Espropriazione per pubblica utilit Decreto di espropriazione e piano particolare~giato -Imp~gnazione -Giurisizione del giudice amministrativo. (1. 20 marzo 1865, n. 2248 all. E, art. 4; I. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 16 e 48). li Il giudicato copre anche le ragioni giuridiche fatte valere esplicitamente nel giudizio e tutte I.e aitre che, in via di azione o di eccezione, si sarebbero potute o dovute dedurre e far valere: esso per non si fo1ma suUe qu.estioni che, sebbene dedotte, non siano state esaminate dal Giudice per l'avvenuta definizione di questioni di carattere pl/'eiiminare o pregiudiziali, di rito o di merito, di carattere decisivo, in via esclusiva, I e impeditivo della pronuncia di altre questioni di rito o di merito, n l si forma sulle considerazioni sv'olte dal giudice ad abundantiam, le quali & IT siccome incidentali e ultronee, restano irrilevanti (1). Per quanto riguarda il decreto di espropriazione, la sua impugna~ zione e quella del piano particolareggiato, che evidenzia la designazione e la utilizzazione particolare dei beni espropriati rispetto ai quali si I co'ncret.izzata la dichiarazione di pubblico interesse, rientrmw nella1 giurisdizione del Giudice amministrativo (2). (Omissis). -Concetta Nisi, con citazione del 20 novembre 1965, convenne in giudizio, dinanzi all Tribunale di Palermo, l'Assessorato ai Lavori Pubblici della Regione Siciliana, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni, perch, per negligenza ed imperizia dei suoi (1-2) Massime ovvie nella affermazione dei principi e tuttavia di particolare rilevanza nella specie, tanto che il P. M. aveva concluso per il rigetto del ricorso dell'Amministrazione, accolto invece dalla Corte: si ritiene, quindi, opportuna la pubblicazione integrale della sentenza. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 753 organi, le aveva espropriato una quantit di terreno (mq. 1~.585) maggiore di quella necessaria e sufficiente (mq. 12.000) e aveva destinato ad altra opera la maggiore estensione del terreno illegittimamente espropriato. L'Assessorato Regionale eccep il difetto di giurisdizione del giudice ordinario ed in subordine, chiese il rigetto della domanda nel merito. Con sentenza del 4 agosto 1966 il Tribunale dichiar inammissibile la domanda per difetto di giurisdizione del giudice ordinario. Appell la Nisi e resistette alla impugnazione l'Assessorato Re gionale. La Corte di appello di Palermo, con sentenza del 17 luglio 1967, dichiar la giurisdizione del giudice ordinario e rimise la causa al Tribunale. Consider che la Nisi aveva gi proposta la stessa domanda di risarcimento danni, negli identici termini nei confronti dello stesso Assessora~o, ma irritualmente nella comparsa conclusionale; il Tribunale aveva dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario ma essa ne aveva riconosciuta la giurisdizione dichiarando per inammissibile la domanda in quanto irritualmente proposta; le Sezioni Unite di questa Corte, su ricorso principale della Nisi e incidentale dell'Assessorato Regionale, in ordine alla domanda di risarcimento danni, avevano ritenuto che l'azione aquiliana, come formulata apparteneva sicuramente alla competenza del giudice ordinario, trattandosi di materia in cui si faceva questione di un diritto soggettivo e pertanto avevano escluso il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, avevano per confermata la decisione di inammissibilit della domanda rigettando il ricorso incidentale; la suddetta decisione emessa dalle Sezioni Unite nell'esercizio della loro funzione istituzionale di assicurare il rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni, risolvendo i conflitti ;positivi o negativi di giurisdizione e statuendo sulla giurisdizione in una determinata lite, operava anche al di fuori del processo nel quale era stata emessa e vincolava qualsiasi giudice, sempre che si trattasse della stessa questione tra le stesse parti; ricorrendo nella fattispecie le suddette condi zioni, non poteva dubitarsi della vincolativit della suddetta sentenza nel presente giudizio. Avverso la sentenza ha ricorso per cassazione l'Assessorato ai Lavori Pubblici della Regione Siciliana. Resiste mediante controricorso l'esecutore testamentario della Signora Concetta Nisi. MOTIVI DELLA DECISIONE L'Amministrazione Regionah~, con l'unico mezzo del ricorso. nel denunciare la violazione degli artt. 386 c .p..c., 2909 e.e., 4 legge 20 mm-zo 1865, n. 2248 all. E, sostiene che la Corte di appello incorsa in errore nella identificazione dei limiti del giudicato, in quanto le affermazioni 754 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO contenute nella precedente sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, della giurisdizione del giudice ordinario sulla domanda di risarcimento di danni, non era vincolante, sempre agii effetti della giurisdizione, in ordine alla nuova domanda proposta dalla Nisi, la cui decisione implica un sindacato di legittimit di atti amministrativi inoppugnabili sotto il profilo di un cattivo esercizio di poteri discrezionali e si risolve in un'azione di invalidazione di atti mministrativi inoppugnabili (programma approvato dalla Giunta Regionale, decreto di espropriazione, successivo provvedimento di rigetto della istanza di retrocessione ecc.) non essendo stati aditi .tempestivamente i competenti organi della giurisdizione amministrativa ed essendo intervenuti accordi tra le part{ Il ricorso fondato. Ritengono queste Sezioni Unite, anzitutto, che non sussiste la eccepita preclusione da giudicato sulla giurisdizione. Invero nella precedente sentenza esse non esaminarono affatto la questione di .giurisdizione ora portata per la prima volta al loro giudizio; esse non accertarono affatto se il giudice ordinario avesse o meno la potest di decidere l'azione di risal'cimento dei danni proposta dalla Concetta Nisi nei confronti dell'Assessorato Regionale per il suo cornpoi' ! tamento colpevole, per avere espropriato per le opere pubbliche, indi ' cate nella dichiarazione di pubblica utilit, una quantit di terreno j maggiore di quella occorrente ma si limitarono a confermare la pro 1 nuncia di inammissibilit emessa dalla Corte di merito per essere stata la domanda proposta irritualmente nella comparsa conc1usionale, avvertendo esplicitamente che la questione di giurisdizione non aveva II carattere preliminare in quanto su di essa non si era affatto formato il contraddittorio. Solo incidentalmente, e ad abundatiam, osservarono che la domanda, se fosse stata ritualmente proposta sarebbe stata di competenza del giu dice ordinario. Ora, in tale situazione, non si ;pu ritenere che si sia formato il giudieato sulla giurisdizione. Certamente la cosa giudicata in senso sostanziale si forma non solo sulle statuizioni espresse nel dispositivo ma anche sugli accertamenti e le pronuncie del giudice, effettuati in relazione alle domande e alle eccezioni delle parti, anche se contenute nella motivazione, purch abbiano carattere decisorio e si pongano come premessa e fondamento logico-giuridico della decisione. Il giudicato copre anche le ragioni giuridiche fatte valere esplicitamente nel giu dizio e tutte le altre che, in via di azione o di eccezioni, si sarebbero potuto o dovuto dedurre e far valere. Esso per non si forma sulle questioni Che, sebbene dedotte, non siano state esaminate dal giudice per l'avvenuta decisione di q1Uestioni di carattere preliminare o pre giudiziali, di rito o di merito, di carattere decisivo in via esclusiva, e PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 755 impeditivo della pronuncia di altre questioni di rito o di merito; n si forma sulle considerazioni svolte dal giudice ad abundantiam, le quali, siccome incedentali, e .ultronee, restano irrilevanti. Esclusa la preclusione da giudicato e passando al:l'esame della que-stione di giurisdiZione, queste Sezioni Unite, i.n applicazione dei criteri di determinazione della giurisdizione pi volte ribaditi, secondo cui devesi considerare il petitum sostanziale, cio il petitum in relazione alla. causa petendi, ritengono di dovere individuare la situazione di cui la resistente invoca la tutela giurisdizionale, se cio essa sia di diritto soggettivo o di interesse, in relazione alle norme di -cui si assume la violazione, se di relazione o di azione. Ora in tema di espropriazione, ed essa il tema della controversia -il diritto del privato riceve a volta una tutela pi ampia dinanzi al giudice ordinario, in quanto rimasto diritto di contro all'attivit della pubblica amministrazione mentre altre situazioni in cui esso . degradato a interesse, sono affidate per la tutela al -giudi-ce amministrativo. Nella fase antecedente alla costruzione dell'opera pubbli-ca, sono tutelabili dinanzi al: giudice ordinario, sempre nei confronti della pubblica amministrazione, le situazioni in cui sussiste una carenza del potere di espropriazione; sono invece tutelabili dinanzi al giudice amministrativo quelle che importano un sindacato sull'esercizio o sull'uso del potere espropriativo. Per quanto riguarda specificamente la dichiarazione di pubblica utilit, ehe a sua volta -condiziona lo stesso decreto di espropriazione, ma a sua volta condizionata dall'interesse pubblico sia come presupposto (interesse alla espropriazione) sia come effettua-zione (scelta e indicazione dei beni idonei a soddisfare rinteresse pubblico per la esecuzione dell'opera pubblica) di competenza del giudice ordinario l'accertamento della sussistenza e del~a sua efficacia (osservanza dei termini) o della materia oggetto della attivit amministrativa ipotizzantesi una carenza di potere; restano invece di competenza del giudice amministrativo l'accertamento dei vizi di legittimit e di merito della stessa dichiaraz_ione, il cui accertamento importa un sindacato sull'uso e sull'esercizio del potere (di espropriazione). Per quanto riguarda il decreto di espropriazione, la sua impugna- zione e quella del piano particolareggiato, che evidenzia la designa zione e la utilizzazione particolare dei beni espropriati rispetto ai quali si concretizzata la dichiarazione di pubblico interesse -sono di com petenza del giudice amministrativo. Inoltre nello stesso procedimento di espropriazione sono poi pre viste due ipotesi di retrocessione; la prima (art. 63 e 60) si rifeliisce alla mancata utilizzazione dei beni espropriati nei termini e discende dalla impossibilit giuridica di dare ai beni espropriati o ad alcuni di essi la prevista destinazione per effetto della decadenza della dichiara- 756 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zione di pubblica utilit, per scadenza del termine o per fatti sopravvenuti, che diano la assolulta certezza che quella opera non sar fatta e quei beni non saranno pi destinati all'opera ;pubblica per cui sono stati espropriati. Nell'altra ipotesi (art. 61 legge espr.) la inutilizzazione del bene consegue alla avvenJUta esecuzione dell'opera pubblica e riguarda un singolo bene o una parte dei beni espropriati che l'amministrazione deve prima riconoscere che non servono pi alla esecuzione dell'opera pubblica ossia i relitti. Relitt_o infatti il bene che sopravvanza dopo che sia stata costruita l'opera pubblica e che sia rimasto completamente inutilizzato o che sia in parte utilizzato per una opera non specificante prevista; che cio non abbia avuta la prevista destinazione. La prima situazione ii di competenza del giudice ordinario, attesa la verificatasi inefficace della dichiarazione .di pubblica utilit -che egli pu accertare e dichiarare; la seconda invece di competenza dello stesso giudice ordinario ma solo dopo -che la pubblica amministrazione abbia emanato il relativo decreto che accerti se i beni residui servano o meno all'opera pubblica in quanto non si pu es.eludere in senso assoluto e aprioristico, un rapporto di utilit tra il ielitto e l'opera pubblica anche per ragioni di semplice accessoriet e dipendenza; trattasi di acaccertamento che investe la sfera di discrezionalit amministrativa e quindi demandato isti11zionalmente alfa stessa pubblica amministra l f zione. Ora nella fattispecie, non pu ritenersi che sussista la giurisdizione del giudice ordinario. La situazione denunciata come violata dalla resistente non di diritto soggettivo in quanto essa importa l'indagine sulla violazione di I una norma regolatrice del potere della pubblica amministrazione e il i sindacato sull'uso e l'esercizio di esso; e non denuncia affatto una ca renza di potere. Del resto non si nega che la .dichiarazione di pubblica utilit sia intervenuta ed ~sista; ma, assumendosi che essa ha riguardato un complesso di beni, maggiore di quella occorrente al compimento delle opere pubbliche, si sindaca la scelta dei beni occorrenti per esse e la loro determinazione quantitativa, che un concreto esercizio e uso del potere espropriativo la .cui esistenza non posta nemmeno in dubbio. Si precisa poi che le opere indicate nella dichiarazione di pubblica utilit sono state compilllte e che rimasto un relitto e che su di esso stata costruita una diversa opera pubblica, e si adisce il giudice ordi nario senza che sia stata accertata prima in sede amministrativa la rela zione tra il relitto e l'opera pubbliea -atto necessario e indispensabile per la creazione della situazione di diritto soggettivo tutelabile dinanzi al giudice ordinario e in concreto solo con il risarcimento dei danni es sendovi stata di esso utilizzazione dalla pubblica amministrazione sia pure per un'opera diversa. J J PARTE I, SEZ. II, GIURI$. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 757 Pertanto il ricorso deve essere accolto; la sentenza impugnata deve essere cassata senza rinvio per difetto di giurisdizione del giudice ordinario a decidere sulla domanda della Nisi Concetta. Del deposito va ordinata la restituzione mentre ricorrono giusti motivi per la compensazione per intero delle spese dell'intero gi:udizio. -(Omissis). CORTE DI CASSA~IONE ,Sez. Un., 17 aprile 1971, n. 1104 -Pres. Flore -Rel. Berarducci -P. M. Di Majo (conf.) -Ascheri (avvocati Gelpi e Levi) c. Amministrazione delle Finanze dello Stato (avv. Stato Dallari). Competenza e giurisdizione -Impiego pubblico -Giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato -Limiti. (t.u. 26 giugno 1924, n. 1058, artt. 29, nn. 1 e 30). La giurisdizione esclusiva dei Consiglio di Stato in niateria di rapporti con i dipendenti deUo Stato e degl.i altri ,enti pubbtici si estende a tutte le controversie che rifiettooo questioni attinenti sia alle situazioni di diritto soggettivo sia aUe situazioni di interesse iegittimo, cotnprese pure queUe aventi contenuto patrimoniale, solo per quando vi sia u:n collegamento causaie tra i1, rapporto di pubbLico impiego e la pretesa dedotta in giudizio, cio quando tale rapporto, neila sua consistenza e nel suo svoigimento, operi quale momento genetico diretto ed immediato, della. pretesa stessa (1). (Omissis). -La questione posta con il regolamento di competenza, richiesto di ufficio dal Tribunale di Milano, se la controversia insorta tra l'Amministrazione finanziaria ed il 'Conservatore dei registri immobiliari di Como, avente per oggetto il rimborso; a detta Amministrazione, delle somme gi pagate dagli utenti dei servizi della conservatoria, a titolo di emolumenti; al conservatore, e da questo prelevate dalla cassa dell'ufficio, a' sensi dell'art. 35 della legge 25 giugno 1943, n. 540, abbia, oppur no, natura tributaria. (1) Cfr. oltre a Oass., sez., un., 17 aprile 1969, n. 1211; richiamata nella sentenza di cui si tratta, Cass., 25 febbraio 1967, n. 430 in questa Rassegna 1969, I, 238. Nel caso le sezioni unite della Corte di Cassazione hanno pure deciso una interessante questione di competenza con riferimento alla natura della controversia in esame, questione sulla quale non risultano precedenti specifici. Pertanto, si ritiene opportuna la pubblicazione integrale dei motivi della decisione. 4 758 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'anzidetto Tribunale ha p;rospettato la soluzione negativa della. questione rilevando che, pur avendo gli emolumenti previsti dal sopra citato art. 35 a favore del conservatore, natura di entrate di diritto pub blico, ossia di tasse, la controversia in oggetto concerne il momento successivo alla riscossione del tributo e verte, non ,gi tra l'ente pubblico e la persona che, in forza di legge, ha pagato il tributo, ma tra l'ente pubblico ed un suo funzionario per la restituzione di somme che si assumono illegittimamente prelevate dai tributi riscossi. Tale soluzione va .condivisa, anche se queste Sezioni Unite ritengono che, ai fini della decisione dell'anzidetta questione, sia superflua l'indagine diretta ad accertare la natu;ra giuridica degli emolumenti, che gli utenti dei servizi della conservatoria dei registri immobiliari son tenuti a corrispondere al conservatore a' sensi dell'art. 35 della legge n. 540 del 1943, se cio tali emolumenti, nel rapporto che instaura tra il conservatore e gli utenti, abbiano, oppur no; natura tributaria. Devesi, preliminarmente, osservare che il legislatore, nell'attribuire al conservatore dei registri immobiliari, il diritto di percepire gli emolumenti indicati nella tariffa tabella D, parte I e II, annessa alla leg.ge n. 540 del 1943 (v. art. 35 di detta legge), ipone l'obbli.go del pagamento di tali emolumenti a carico degli utenti dei servizi della conservatoria dei registri immobiliari. Pertanto, mentre l'oggetto di tale ob I bligazione costituito dalla prestazione di detti emolumenti, soggetti dell'obbligazione medesima sono, da un lato, il conservatore (creditore), e, dall'altro, gli utenti dei servizi della conservatoria (debitori). 1 Ci premesso, va rilevato che la conkoversia che costituisce oggetto del presente giudiizo non si .svolge tra il conservatore e gli utenti, ossia tra il soggetto attivo ed i soggetti passivi dell'obbligazione relativa agli anzidetti emolumenti, e non ha, d'altra parte, per oggetto, ta.le obbligazione. ~La controversia si svolge, invece, tra l'Amministrazione finanziaria -che ha rimborsato imposte ed emolumenti ai contribuenti, ritenendoli non dovuti -ed il cons&vatore, ed il suo oggetto costituito dalla questione se fu legittimo, o no, il prelievo, effettuato dal conservatore, dalla cassa dell'Ufficio, ai sensi del secondo comma dell'art. 35 della leg.ge n. 540 del 19~, delle somme versate dagli utenti in adempimento della detta obbligazione, e .se, di conseguenza, lo Stato avendo rimborsato agli utenti gli emolumenti riscossi dal Conservatore, ritenendoli non dovuti, possa pretenderne la restituzione a questo. Pertanto, qualunque sia la natura che all'obbHgazione, gi dagli utenti adempiuta, voglia riconoscersi, non par dubbio che essa, non costituendo detta obbligazione oggetto del giudizio, non sia idonea ad incidere sull'indole della controversia in esame. Non giova, infatti, opporre che l'accertamento della sussistenza, o meno, del diritto del conservatore di prelevare le somme versategli da.g_li utenti a titoli di emolumenti, involge la risolJUzione della questione della PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 759 sussistenza, o meno, dell'obbligo degli utenti medesimi di corrispondere tali emolumenti. Invero, il giudice chiamato a :pronunciarsi .su questa ultima qustione, non in via prindpale, nei confronti del soggetto ttivo e dei soggetti passivi della predetta obbligazione, ma incidenter tantum, nei confronti del coruiervatore e dell'Amministrazione finanziaria -che terza rispetto all'obbli:gazione medesma -, al solo scopo di accertare la sussistenza, o meno, dei presupposti del diritto del conservatore a resistere alla pretesa dell'amministrazione -destinataria dei tributi, in occasione dei quali .gli emolumenti furono perc~iti -con effetti, quindi, limitati alla controversia oggetto dello stesso giudizio. Ed noto che la aratterizzazion~ della controversia oggetto del giJUdizio, data dalla questione la cui decisione chiesta in via principale, e non dalla que stione di cui il giudice conosce solo incidentalmente. Posto, dunque, che il carattere degli emolumenti dovuti dagli utenti al conservatore dei registri ~mmobiliari, non incide sull'indole della controversia in oggetto, ne consegue che questa non pu essere quali ficata che conformemente all'unica questione sottoposta all'esame del giudice in via principale, ossia Conformemente alla questione dell'ac certamento della legittimit della pretesa della amministrazione e di coruieguenza della Je.gittimit o no, del p:relievo, effettuato dal conser vatore, dalla cassa dell'ufficio, delle somme in oggetto. E non v'ha dubbio, che questa sia una tipica questione di diritto patrimoniale, in quanto, praticamente, si contende sull'appartenenza di un bene economico, quale , indubbiamente, il denaro esistente nella cassa di un pubblic ufficio, qualunque sia il titolo in virt del quale in tale cassa esso sia entrato. Accertato che la controversia in esame non pu qualificarsi di na tura tributaria, si profila la questione -prospettata, in via subordinata;. dall'Amministrazione :finanziaria, nella sua memoria ~ se tale contro versia rientri nella giurisdizione del giudice ordinario, oppure in quella del giudice amministrativo, ossia del Consiglio di Stato. Assume, infatti, 1'Amministrazione finanziaria, che i conservatori dei registri immobiliari sono funzionari statali, che appartengono alla carriera del Ministero delle Finanze e fruiscono di quei trattamenti economici speciali dovuti a particolari situazioni giuridiche, di talch ogni questione riguardante tali trattamenti -fra cui quello relativo agli emolumenti previsti dalla legge n. 54() del 1943 -investe i diritti patrimoniali inerenti al rapporto di pubblico impiego, materia che, com' noto, rientra nella giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato, a norma degli articoli 29, n. 1 e 30 del t.u. 26 giugno 1924, n. 1058. Questa tesi infondata. , indubbiamente esatto che la giurisdizione esclusiva del Consi glio di Stato, in materia di rapporto di dipendenti dello Stato, e di altri enti pubblici, di cui agli artt. 29, n. 1 e 30, 1 e 2 comma, del dianzi 760 RAS~EGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO citato t.u. del 1924, n. 1058, si estende a tutte le controversie che riflettono questioni atti.nenti sia alle situazioni di diritto soggettivo sia a quelle di interesse legittimo, comprese anche quelle aventi contenuto patrimoniale. Devesi, per osservare che, com' giurisprudenza di queste Sezioni Unite, l'anzidetta giurisdizione, determinata ratione materiae, sussiste solo allorch vi sia un collegamento causale tra il rapporto di pubblico impiego e la pretesa dedotta in giudizio; il che si verifica quando tale rapporto, nella sua consistenza e nel suo .svolgimento, operi quale momento genetico, diretto ed immediato, della pretesa stessa, allorquando cio si controverta sulla sussistenza od estensione di tale rapporto e dei diritti da esso derivanti e che si assuma non essere stati dall'ente pubblico riconosciuti al suo dipendente, come, ad esempio, nel caso delle questioni relative alla mancata corresponsione ed alla misura di stipendi, indennit od altri assegni, che abbiano attinenza immediata e diretta Con il rapporto di p1ibblico impiego e che costituiscano o integrino la retribuzione (cfr. sent. 17 aprile 1969, n. 1211). Orbene, nel caso particolare, non sussiste alcun collegamento causale, come sopra inteso tra il rapporto di pubblico impiego, che lega iJ conservatore dei registri immobiliari all'Amministrazione finanziaria e la pretesa dello stesso conservatore, in quanto tale pretesa trae la sua origine, in via diretta 'ed immediata, non dalla sussistenza o dallo svolgimento dell'anzidetto rapporto di impiego, che fuori di ogni possibile contestazione, ma in virt dell'art. 35 della legge n. 540 del 1943, dal particolare ra.piporto che si instaura tra il conservatore e gli utenti dei servizi della conservatoria, per la prestazione di tali servizi. per ffetto di tale prestazione, e, quindi, di tale rapporto, Che, con il diritto di percepire gli emolumenti relativi alla prestazione medesima, la legge riconosce al conservatore il diritto di prelevare dalla cassa dell'ufficio le somme all'anzidetto titolo riscosse. e non v'ha dubbio, pertanto, .che, non avendo tale diritto alcuna attinenza diretta ed immediata con il rapporto di pubblico impiego, allorquando di esso si :controverta, tale controversia appartenga, non alla giurisdizione del Consiglio di Stato, ma, come ogni altra wtonoma questione di diritto ;patrimoniale, alla giurisdizione del giudice ordinario. Escluso, quindi, che la controversia in oggetto abbia natura tribu taria e rientri, come tale, a' sensi dell'art. 9, 2 comma, c.p.c., nella com petenza del Tribunale ed escluso, altresl, .che tale controversia rientri nella giurisdizione del Consiglio di Stato, la conseguenza che ne di scende che deve affermarsi la competenza del Pretore a conoscere della controversia medesima. Ricorrono giusti motivi perch le spese del presente giudizio siano dichiarate interamente compensate tra 'le parti. -(Omissis). PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 761 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 15 maggio 1971, n. 1442 -Pres. Scarpello -Rel. Cambogi -P. M. Tavolaro (conf.) -Societ catanese trasporti (avvocati Restivo, Sangior.gi e Sorrentino) c. Assessorato ai trasporti della regione siciliana (avv. Stato Del Greco). Competenza e giurisdizione -Conce'ssioni amministrative -Gestione di pubblico servizio di trasporto in danno del concessionario Tutela del concessionario -Giurisdizione del giudice ordinario. (1. 20 marzo 1865, n. 2248 all. E, art. 4; r.d.l. 4 giugno 1936, n. 1336, art. 1; I. 28 settembre 1939, n. 1822, art. 21). Non esiste il potere della pubblica Amministrazione di continuare in danno del concessionario decaduto la gestione di un pubblico servizio di trasporti in concessione privata e la inesistenza in rad.ice di tale .potere appare ancora pi 'flagrante quando la decadenza sia stata dichiarata non per inadempienza colpevole del concessionario (nel quale caso si avrebbe almeno un ri'fl,esso degli scopi di legge) ma per altri motivi (1). (Omissis). -La Societ Catanese Trasporti (SCAT), concessionaria dei servizi filotranviari della citt di Catania fino dal 1951, a seguito dell'aumento dei costi di esercizio e del blocco delle tariffe passeggeri si trov nel 1963 in precaria situazione economica, denunzia:ndo un deficit complessivo di lire 789.610:.077 per il sdlo periodo marzo 1962 marzo 1963. A seguito di ci, essendo andato completamente perduto il capitale sociale, l'Assemblea Straordinaria degli Azionisti, nella seduta del 6 giugno 1963, deliber di porre in liquidazione la societ. Il liql..J.idatore, peraltro, 'Prosegu la .gestione del servizio, ;pur facendo presente al competente Assessorato Regionale ai Trasvorti che tale gestione non awebbe potuto esser protratta che .per qualche giorno do.po il 15 luglio 1963. ' L'Assessorato Regionale ai Trasporti, con decreto del 29 luglio successivo, facendo seguito ad intimazione telegrafica del 24 luglio, dichiar la SCAT decaduta di pieno diritto da'lla concessione per effetto della messa in liquidazione, dispose la gestione dei servizi in danno della stessa SCAT; nomin un commissario gestore autorizzandolo ad avvalersi dei mezzi, del materiale e della organizzazione della ex concessionaria; fiss il termine improrogabile di cinque mesi alla gestione in danno. Detto (1) La massima, cui consegue pure nella specie la giurisdizione del Giudice ordinario, ricalca quella estratta dalla sentenza n. 118 del 1970 (in questa Rassegna 197.0, I, 752) riguardante analoga questione. La riaffer... mazione del principio allora enunciato, con l'apporto di ulteriori argomentazioni, induce a pubblicare per esteso la sentenza di cui trattasi. 762 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO termine fu poi prorogato, con altri cinque successivi decreti assessoria'li fino al 16 maggio 1964. Contro il decreto 29 luglio 1963, i successivi decreti di proroga ed un decreto in data 30 novembre 1963 .col quale fu stabilito un compenso mensile di lire 150.000, a carico dell'esercizio, per il Commissario gestore, la SCAT propose distinti ricorsi al Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, chiedendo 'l'annullamento dei provvedimenti impugnti. Con decisione 19 giugno -19 ottobre 1967 detto Consiglio di Giustizia, riuniti i ricorsi: a) dichiar ii proprio difetto di giurisdizione in ordine al ricorso rivolto contro il decreto assessoriale 29 luglio 1963 per la parte in cui si dichiarava la decadenza della SCAT dalla concessione; b) rigett i'.l ricorso contro tale decreto per la parte con cui si disponeva inizialmente la gestione in danno; e) rigett il r~corso relativo al compenso per il commissario; d) ordin ulteriori accertamenti istruttori per quanto concerneva i decreti di proroga della gestione in danno ed i servizi automobilistici. Osserv all'uopo: a) che per quanto concerneva la dichiarazione di decadenza daHa concessione, questa poteva implicare la violazione di diritti soggettivi e rientrava, quindi, nella giurisdizione del giudice or dinario; b) che il provvedimento che disponeva la gestione in danno, provvedimento che implicitamente ritenne sottoposto alla giurisdizione amministrativa, era legittimo, in quanto nessuna incompatibilit sus sisteva tra esso e la decadenza del concessionario della concessione, e ;perch, dal complesso delle norme che rego'lano il regime dei pubblici servizi, si poteva evincere il principio di carattere generale per cui l'autorit amministrativa cc:mcedente deve in ogni tempo assicurare la continuit dei pubblici servizi stessi e predisporne la continuazione; e) che, infatti, l'art. 1 del r.d.l. 4 giugno 1936, n. 1336, recante norme per le gestioni governative di ferrovie concesse all'industria privata, stabiliva .che, nel caso di inadempienza de'l concessionario, l'autorit pu disporre ia gestione a rischio e pericolo di costui finch la linea possa esser.gli riconsegnata o, nel caso di decadenza, consegnata ad altri; d) che ci dimostrava come nessuna incompatibilit sussista tra deca denza e gestione in danno; e) che l'Amministrazione nella s,pecie aveva inteso assicurare la continuazione del servizio indipendentemente dal'la decadenza, avendo lo stesso liquidatore della SCAT dichiarato che la societ era in grado di .provvedere a detta continuazione soltanto fino al 31 luglio 1963; j) che da ci deducevasi, appunto, che l'assessorato ai Trasporti non aveva inteso ancorare la .gestione in danno alla de.cadenza, ma solo prevenire la preannunziata interruzione del servi zio; g) che a tanto l'Amministrazione era abilitata dall'art. 1 del r.d.l. 14 luglio 1937, n. 1728, che estendeva alle filovie il regime legislativo delle tranvie ed autoservizi di linea, e, conseguentemente, dall'art. 1 PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 763 -del r.d.l. 4 giugno 1936, n. 1336 in materia di tranvie e dall'art. 21 della le.gge 2:8 settembre 1939, n. 1822 in materia di autoservizi di linea, che, appunto, davano diritto, rispettivamente, alla gestione in danno ed al'la prosecuzione del servizio per mezzo degli impianti e dei materiali del concessionario; h) che comunque la gestione. in danno :presupponeva la utilizzazione di tali impianti e materiali; i) che quindi, in definitiva, il :provvedimento era legittimo sia che si applicasse l'art. 21 della legge sugli autoservizi, sia che si aipplicasse l'art. 1 di quella sulle tranvie, non potendosi ammettere che runa societ ,concessionaria sia abilitata ad interrompere unilateralmente il pubblico servizio col semplice espediente di decidere il proprio scioglimento; L) che la completa perdita del capitale e il disavanzo della gestione erano problemi interni della SCAT, che non ;potevano esser fatti valere dinanzi al giudice amministrativo e che non tog'lievano l'obbligo dell'Amministrazione di procedere ad assicurare la prosecuzione del servizio; m) che la SCAT non aveva mai invocato la tutela giurisdizionale in ordine ad eventuali dinieghi di sovvenzioni da parte dell'Amministrazione, m\ del resto, avrebbe avuto diritto a tali sovvenzioni; n) che legittimo era anche il provvedimento col quale era stato concesso il comipenso al commissario, la cui cong.ruit :poteva comunque essere va'ltata in sede di rendicontc della gestione in danno; o) che la doglianza relativa alla gestione in danno dei servizi automobi:listici, rper i quali non era stata disposta la decadenza, doveva essere ulteriormente istruita in via documentale. Contro tale decisione ricorre, sotto il profilo ,del di:fetto di giurisdizione del Consig'lio di Giustizia Amministrativa della Regione Skiliana anche in ordine al provvedimento che disponeva la gestione in danno, e sulla base di due motivi di ricorso illustrati con memoria, la SCAT. Resiste con controricorso 1'Assessorato ai Trasporti della Regione Siciliana. MOTIVI DELLA DECISIONE Col primo mezzo del ricorso la SCAT sostiene che dalla declaratoria di difetto di giurisdizione con 'la quale il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sidliana si spogliato della questione relativa al:I:a dichiarazione di decadenza di essa SCAT dalla concessione del pubblico servizio discende necessariamente l'impossibilit per detto Consiglio di :pronunciarsi sulla legittimit della disposta gestione in danno. All'esame di tale doglianza per pregiudiziale la decisione sul secondo motivo di ricorso col quale si deduce che il Consiglio difettava comunque di giurisdizione in ordine alla .gestione in danno :perch non esiste il generico potere dell'Amministrazione di disporre la gestione stessa in ogni caso, indipendentemente, anche, dalla gi verificatasi decadenza del concessionario. evidente, infatti, che se detto autonomo 764 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO potere esistesse, almeno in radice, l'interessato potrebbe censurare l'indebito uso soltanto dinanzi al giudice amministrativo; e pertanto bene avrebbe fatto in tal caso il Consiglio di Giustizia .Amministrativa a scin l dere, dal punto di vista della giurisdizione, le due questioni. Passando cos all'esame dell'assorbente secondo motivo del gravame questa Corte Suprema deve riconoscerne la fondatezza, non esistendo i quel generico ed. incondizionato potere dell'Amministrazione di disporre la gestione in danno del concessionario, ancorch decaduto, sul quale la decisione impugnata ha basato la sua giurisdizione, e costituendo, quindi, vero e proprio diritto soggettivo dell'interessato il non sottostare a tale gravosa imposizione fuori dai casi in cui la cui la legge espressamente la prevede. Il Consiglio di Giustizia Amministrativa ha osservato che dal complesso de'lle varie norme che nel nostro ordinamento regolano la concessione dei pubblici servizi di trasporti sembra potersi evincere un principio di carattere generale secondo cui compito dell'autorit amministrativa concedente assicurare in qualsiasi tempo la continuit dei pubblici servizi stessi e prevenirne l'interruzione. Ora tale principio potr anche -esistere; ma come regola istituzionale che imipone all'Amministrazione di provvedere alla continuazione e prevenire l'in~ terruzione del servizio, non come norma che imponga al ,privato in genere, od anche al concessionario di servizi in particolare, di mettere all'uopo a disposizione i propri beni e la propria re::rponsahilit economica anche fuori dai casi espressamente previsti dalla legge, nonostante il disposto dell'art. 23 della Costituzione. Di ci, evidentemente, si reso conto il Consiglio di Giustizia Amministrativa che, dopo l'enunciazione del predetto principio generale, ha cercato di trovare anche le specifiche norme di legge che nellla specie avrebbero autorizzato la gestione in danno per provvedere alla continuazione del servizio. Ed all'uopo ha invocato, congiuntamente, l'art. 21 della legge 28 settembre 1939, n. 1822 sulla disciplina degli autoservizi di linea e l'art. 1 del r.d.l. 4 giugno 1936, n. 1336 sulle gesti~ ni governative di ferrovie concesse .all'industria 'privata, affermando che sia in base all'una che in base all'altra di tali disposizioni di legge l'Amministrazione aveva l'obbHgo e quindi il potere di assicurare la prosecuzione del servizio, occorrendo con la gestione in danno. La societ ricorrente si duole di questa doppia giustificazione legislativa del provvedimento, rilevando che alle concessioni di servizi pubblici filoviari non si pu allo stesso tempo applicare il regime delle ferrovie in concessione privata e quelle delle concessioni di autoservizi se i due regimi legislativi sono distinti; ma il contemporaneo richiamo delle due leggi pu essere effettivamente utile per una costruzione unitaria dell'istituto della gestione in danno ., del quale, per evidenti ragioni logiche e sistematiche, non si potrebbe comunque negare l'ap PARTE I, _SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 765 plicabilit al caso della gestione di pubblici servizi filoviari in concessione. Ma ci posto, deve allora riconoscersi che la fisionomia giuridica dell'istituto amministrativo de quo, quale risulta da1:le cennate disposizioni di legge, completamente diversa da quena ipotizzata dal Consiglio di Giustizia Amministrativa. La decisione impugnata, infatti, .partendo dal presupposto che l'obbligo della Pubblica Amministrazio:{le di assicurare comunque la prosecuzione del pubblico servizio a convertirsi sic et simpliciter in potere di provvedere giunge senz'altro alla consegu_enza che la gestione in danno p disporsi anche nei confFonti del concessionario decaduto, come se di fronte all'obbligo suddetto ed alla necessit di non interrompere il servizio non potessero esistere diritti soggettivi del privato. Ora, come si premesso, la possibilit giuridica della gestione in danno non discende da un simile generico ed indiscriminato potere. di disporre dei beni e della attivit altrui, potere che, ripetesi, non esiste, ma da precise e -particolareggiate norme di legge che esattamente delineano la natura, la portata ed i limiti del provvedimento. In base a tali norme, che sono appunto quelle indicate dalla decisione impugnata e sopra ricordate, la gestione in danno pu essere disposti:i nel caso di gra~i e ripetute irregolarit della gestione ;privata, quando il Concessionario non abbia ottemperato aUa regolarizzazione nel termine all'uopo prefissogli dall'Ispettorato generale ferrovie, tramvie ed automobili; ed destinata a .cessare quando le condizioni per la riconsegna della linea al concessionario, quando questi sia stato dichiarato decaduto, per la consegna ad altro ente, siano tali da assicurare, a giudizio esclusivo della amministrazione, la regolarit e continuit del servizio (art. 1 r.d.l. 4 giugno 1936, n. 1336). I capisaldi del sistema (che per le concessioni di autolinee risultano dal combinato disposto degli artt. 20, 21 e 34 lett. b) della legge 28 S\ettembr e 1939, n. 1822) sono dunque tre; e cio: a) la 0constatata e ripetuta inadempienza del concessionario ai suoi obblighi come giustificazione de1:1:a grave misura; b) la ;possibilit data al concessionario di porre fine a tale inadempienza ed alla gestione in danno mediante 1a regolarizzazione del servizio e la eliminazione degli inconvenienti; c) la successiva eventuale decadenza del concessionrio dalla concessione ove tale regolarizzazione non si verifichi. Che l'inciso quando questo sia dichiarato decaduto contenuto ne'l:l'art. 1 del r.d.l. 1336, del 1936 si riferisca ad un momento successivo al provvedimento di gestione in danno risulta chiaramente dalla rimanente parte della norma, il cui primo comma presenta a;ppunto la decadenza come momento terminale della procedura iniziata con la diffida e nella quale medio-tempore si inserisce, come misura provvisionale, la gestione in danno (secondo comma). 766 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Se cos stanno le cose, non dato vedere come 'la ges~ione in danno possa essere invece disposta, .senza che l'Amministrazione esorbiti dai limiti dello speciale potere di autotutela concessole dalla legge eccezionalmente, nei confronti di un concessionario decaduto, sia pure all'atto stesso della dichiarazione di decadenza. Anche ammessa, in. tal caso, in tesi generale (ne'.l:la specie, infatti, la decadenza era stata esclusivamente dichiarata in relazione alla messa in liquidazione della SCAT secondo quanto ha espressamente rilevato la decisione impugnata) la esistenza della inadempienza del concessionario decaduto, e cio la esistenza del presupposto sub a), mancano sempre quelli sub b) e .sub c), e cio l'alternativa concessa dalla legge, come preciso diritto del concessionario, tra ripristino della regolarit del servizio e prosecuzione della gestione in danno con la prospettiva sempre in caso di persistenza nella inadempienza, del provvedimento di decadenza della .concessione come momento finale del proce.dimento amministrativo; nel .quale, ripetesi, rordine di gestione in danno si inserisce non come ulteriore sanzione. conseguente alla decadenza, ma .come eventuale misura provvisionale, prodromica alla decadenza stessa. evidente, quindi, che se si dispone la gestione in danno del concessionario decaduto, si muta profondamente la fisionomia del provvedimento, che invece di essere una misura destinata a stimolare il concessionario alla regolarizzazione del servizio ed a provvedere medio-tempore alle esigenze del servizio stesso, diviene una sanzione contro il concessionario decaduto, il quale non pu far cessare la dannosa situazione (il secondo comma dell'art. 2 del r.d.l. n. 13~6, del 1936 precisa bene che le spese sostenute dall'Amministrazione per la gestione vengono recuperate nelle forme e con i privilegi delle imposte fondiarie) fino a che l'Amministrazione non abbia proceduto a nuova concessione del servizio. Deve pertanto ritenersi che anche l'esegesi delle norme di legge richiamate dalla decisione impugnata conferma che non esiste il potere dell'Amministrazione di continuare in danno del concessionario decaduto la gestione di un pubblico servizio di trasporti in concessione privata; e sar appena il caso di osservare che la inesistenza in radice di tale potere appare ancora pi flagrante quando la decadenza sia stata dichiarata non per inadempienza colpevole del concessionario (nel qual caso si avrebbe almeno un riflesso degli scopi di legge) ma per altri motivi. Anche nel caso di fallimento .del concessionario, ad esempio, sarebbe possibile la prosecuzione della gestione in danno se questa potesse ritenersi sufficientemente giustificata, come sembra ritenere il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, dalla sola esigenza di non interrompere il pubblico servizio; con la Conseguenza che .detta gestione si svolgerebbe, in realt, in danno dei creditori del concessionario fallito, risolvendosi cos in una specie di bancarotta obbligatoria per factum principis. i j 1 I ~ PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 767 In conclusione, quindi, deve affermarsi che manca in radice il potere della Pubblica Amministrazione di disporre la gestione di un pubblico servizio di trasporti in danno del concessionario gi dichiarato, decaduto dalla concessione; e che conseguentemente quella lamentata nella specie dalla SCAT i una violazione di diritto soggettivo e non di un sem.plice interesse legittimo, secondo quanto giurisprudenza costante di questa Corte Suprema. Il onsiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana difettava, pertanto, di giurisdizione non solo sulla questione della decadenza della SCAT dalla concessione, ma anche sulla questione della legittimit del provvedimento che disponeva la gestione in danno; ed il ricorso della SCAT medesima deve essere conseguentemente accolto, cassandosi snza rinvio la decisione iJ:hpugnata e dichiarandosi la giurisdi. zione del giudice ordinario; e tuttoci in piena armonia con la precedente sentenza n. 118 del 1970 di queste stesse Sezioni Unite, che gi ebbe a decidere nello stesso senza una controversia identica alla presente tra la Societ Anonima Siciliana Trasporti (SAST) e l'Assessorato Regionale ai ~rasparti. Alla ricorrente 8CAT deve essere restituito il deposito, mentre la Regione Siciliana deve essere condannata al pagamento delle spese. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 22 giugno 1971, n. 1959 -Pres. Flore -Rei. Pratis -P. M. Trotta (.parz. diff.) -Ministero degli Interni (avv. Stato Cerocchi) c. Consorzio cooperative tra gli istituti di vigilanza privata ed altri (avvocati Romanelli e Grasso). Competenza e giurisdizione -Responsabilit della P. A. per atti legittimi -Indennizzo -Giurisdizione del giudice ordinario. (1. 20 marzo 1865, n. 2248 all. E, art. 4; t.u. 18 giugno 1931, n. 773, artt. 133-139). Rientra nei principi generali del nostro 01dinamento ia regola secondo cui, quando io Stato si trova nella necessit di disporre anche solo temporaneamente di cose di propriet dei privati cittadini o dell'opera dei medesimi, a questi ultimi" dovuto un adeguato indennizzo: (1) Appunti in tema di responsabilit della P. A. per atti legittimi. La sentenza in esame importante in quanto viene a modificare la tesi finora seguita dalla Suprema Corte in tema di responsabilit per atti legittimi della P. A. Di tale questione si ampiamente occupata la dottrina e la giurisprudenza degli ultimi anni giungendo a soluzioni non del tutto .concordanti. 768 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO la competenza giurisdizionale a decidere deUa sussistenza del sacrificio e deila sua entit ai fini deU!indennizzo non pu che essere attribuita all'autorit giudiZiaria ordinaria la quale nel ritenere sussistente il sacrificio del privato e nel liquidare l'indennizzo, dovr, quando la legge non disponga altrimenti, accertare suiza base della comune esperienza e deUe prove fornite dagli interessati, quale sia stato l'effettivo pregiudizio risentito dal privato. (Omissis). -Con il secondo mezzo la ricorrente Amministrazione denuncia violazione dell'art. 139 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato .con r.d. 18 giugno 1931, n. 773 e deduce l'erroneit della tesi seguita dalla Corte del merito, secondo la quale lo speciale dovere di prestazione della propria opera, posto a .carico . degli istituti di vigilanza privata dalla predetta disposizione, non trova il suo fondamento in un preesistente rapporto fra l'autorit di Pubblica Sicurezza e gli istituti, costituito in conseguenza della licenza da questi ultimi ottenuta a norma degli artt. 133 e seg.g. dello stesso testo unico, ma sol- noto come con responsabilit per atti legittimi si indichi il problema se la Amministrazione che in seguito ad una sua legittima attivit sacrifichi I diritti ed interessi del privato sia tenuta al risarcimento del danno o meglio dell'indennizzo. i S'i preferisce parlare di indennizzo dal momento che il risarcimento sempre legato al concetto di attivit antigiuridica e co1pevole nei sensi I di cui all'art. 2043 e.e. (ALEss1, Responsabilit da atti legittimi in Nss. Dig. It. XV, 625; Cass., Sez. Un., 30 dicembre 1965, n. 2482) laddove l'indennizzo I presuppone una attivit consentita dalla legge. In tale significato il termine I anche sovente adoperato al di fuori del diritto amministrativo (v. art. 843, 1 e 2<> comma e.e., art. 925 e.e.), nella specie della imposizione di servit f coattiva (art. 1032 e segg, e.e.) e del danno cagionato in stato di necessit (art. 2045 e.e.). In molti casi anche nel diritto amministrativo le norme che facultano l'Amministrazione a sacrificare le ragioni del privato prevedono la corresponsione di una indennit (v. artt. 24 e segg. legge 25 giugno 1865, numero 2359; legge 4 marzo 1888, n. 525; d.l. 7 giugno 1894, n. 232; legge 13 giugno 1907, n. 103, art. 10; r.d. 29 luglio 1927, n. 1443, art. 265; r.d. 27 luglio 1934, n. 1265, art. 1; legge 26 dicembre 1940, n. 1543 ecc.). Per tutte queste norme essendovi una espressa previsione di indennizzo il problema non si pone a somiglianza di quanto previsto nelle surricordate disposizioni del codice civile. La questione sorge allorch nesuna indennit prevista di fronte alla posibilit per l'Amministrazione di disporre dei diritti del privato, ovvero nei casi in cui nessuna norma le conceda detta possibilit. Questa ultima ipotesi pu verificarsi quando il sacrifico del privato sia conseguenza soltanto indiretta di una attivit consentita all'Amministrazione ovvero di un'attivit necessitata per esigenze improrogabili di pubblico interesse (v. ALESSI, op. cit.; ZANOBINI, Corso di diritto amministrativo, 1958, I, pag. 349). La concezione pi restrittiva (ZANOBINI) tende ad escludere tale forma di responsabilit sia ove la legge non disponga l'indennizzo in contrapposto alla PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 769 tanto nella richiesta di prestazioni fatta a norma del predetto art. 139, escludendosi cos la gratuit di quelle prestazioni e altres ogni relazione sinallagmatica o di corrispettivit fra queste e la tutela accordata dallo Stato agli istituti nell'esercizio della loro attivit. Con il terzo mezzo l'Amministrazione ricorrente rileva, anzitutto, che nel caso in cui si dovesse ritenere esperibile l'azione di locupletazione, secondo la tesi subordinata degli istituti, poich la valutazione del vantaggio conseguito dalla Pubblica Amministrazione non potrebbe essere fatta che da quest'ultima, ogni azione avanti all'autorit giudiziaria ordinaria si dovrebbe ritenere ;preclusa. Denuncia poi violazione dell'art. 135 e, nuovamente dell'art. 139 del citato testo unico, sostenendo che non si pu ravvisare, come ritenuto dalla Corte d'Appello, nel rapporto costituitosi fra lAmministrazione e gli istituti di vigilanza, prev1,s10ne del sacrificio individua~e. sia negli altri casi m cui non esista una norma che preveda il sacrificio del singolo a meno che, a detta dell'autore, si tratti di diritti di propriet e di altre analoghe fattispecie sempre in materia comunque di diriti reali. Altra dottrina (SANDULLI), in un primo lavoro (Spunti in tema di indennizzo per atti legittimi dela P.A., Foro lt., 1947, I, 938) afferma invece che la responsabilit per atti legittimi della P.A. avrebbe portata generale .anche in mancanza di norma espressa. Successivamente per l'Autore (Manuale di Dir. Amm., Napoli, 1970, pag. 665-668) nega trattarsi di un principio generale affermando che attualmente detta responsabilit pur essendo una esigenza largamente diffusa da considerare pi una direttiva tendenziale che un criterio basato su norme po'sitive. Di con~ro altra corrente dottrinale (ALESSI, op. cit., ID, La responsabilit della P.A., Milano, 1955, 115 segg., ID, L'illecito e la responsabilit civile della P.A., Milano, 1964, 123 segg.; CASETTA, L'illecito degli enti pubblici, Torino, 1953, pag. 104 segg.), sostiene l'esistenza nel nostro diritto di un principio generale basato su un conceto di giustizia distributiva o di ristabilimento del'equivalenza patrimoniale e fondato sulle norme di cui all'art. 42 Costituzione e 46 legge 25 giugno 1865, n. 2359 in materia di espropriazione. A detta di tale corrente, che interpreta estensivamente le norme sopraccitate, sarebbe accolto nel nostro sistema il principio per cui, anche in mancanza di previsione espressa, il sacrificio del diritto del singolo autorizzato dalla lege per un pubblico interesse debba essere equamente indennizzato dalla P.A.. Su di un punto per tutte le teorie sono concordi; nell'escludere cio la responsabilit della P.A. per atti legittimi nel caso che venga sacrificato un interesse legittimo invece che n diritto soggettivo e, alla obiezione che gli atti legittimi della P.A. proprio in quanto legittimi non possono Che degradare i diritti ad interessi, si risponde che la distinzione va operata tra diritti ed interessi precedentemente all'eventuale affievolimento dei primi, rimanendo esclusa la indennizzabilit per i soli interessi legittimi originariamente tali prima che su di essi incidano le norme che ne autorizzano il sacrificio. Il caso pi trattato quello della revoca della concessione amministrativa, in cui dottrina e giurisprudenza escludono concordemente un diil'itto del concessionario all'indennizzo (v. per tutte Consiglio di Stato, Sez. IV, 14 febbraio 1969, n. 266 .con nota di GIUNTA in Finanza Pubblica, 1969, II, 123). 770 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO un rapporto privatistico di locatio operis, soggetto, perci, alle normali tariffe per le operazioni degli istituti, indicate nell'apposita tabella vidimata dal Prefetto. La ricorrente osserva che le tariffe sarebbero applicabili nei rapporti fra istituti e privati ma non nei confronti dell'Amministrazione, con la quale non sussiste alcun rapporto contrattuale, ma, al ,Pi, un diritto all'indennizzo, nel calcolo del quale dovrebbe essere, comunque, escluso il lucro cessante, mentre le tariffe tengono conto anche del profitto dell'impresa, che costituisce per l'imprenditore una mera aspettativa e non mai un diritto. La difesa dell'Amministrazione conclude, quindi, che, anche se si dovesse da.re ingresso all'azione degli istituti, il credito vantato da questi ultimi potrebbe ess~re determinato soltanto in termini di costo, basandosi non nelle tariffe delle prestazioni degli istituti di vigilanza, bensi .sulle tabelle dei salari da essi corrisposti ai loro dipendenti, tenendo conto dell'effettivo servizio poi da notare che mentre alcuni limitano il principio in analogia allo art. 42 C:ost. ai soli diritti patrimoniali o pi propriamente reali, altri (ALEss1, Op. cit.) lo estendono a tutti i casi in cui viene inciso un diritto anche della i)ersona come quello all'inviolabilit fisica ed alfa libert personale. Non sembra anzitutto che all'art. 46 legge espr. possa attribuirsi una portata cos generale da farne la base della teoria della responsabilit per atti legittimi della P.A.. Occorre infatti considerare il contesto storico in cui la norma fu dettata. , Con l'abolizione dei Tribunali del contenzioso amministrativo ed essendosi ricondotti alla giurisdizione del Consiglio di Stato i soli. interessi legittimi, per i danni derivanti dalla costruzione di opere pubbliche si sent la necessit di emanare una disposizione che ne stabilisse la indennizzabilit. All'epoca non era chiara la differenza tra discrezionalit amministrativa e discrezionalit tecnica della P.A. per cui le fattj.specie previste dall'art. 46 essendo dovute al potere discrezionale della P.A. nel campo delle valutazioni eminentemente tecniche sarebbero rimaste sfornite di tutela. A quel tempo infatti era escluso per il Consiglio di Stato, il sindacato di merito, sotto il quale prevalentemente avrebbero potuto ricadere, :poich la mancanza di un formale provvedimento ed i criteri di contingente opportunit e convenienza non avrebbero potuto farle esaminare sotto l'aspetto del controllo di legittimit per violazione di qualche disposizione di legge. I danni cagionati nella esecuzione di opere pubbliche, invero per 1o pi, sono basati sulla violazione di regole tecniche o di buona amministrazione che non sono norme giuridiche la cui applicazione rientra nel campo del me rito amministrativo. Lo stesso poteva dirsi per quanto riguardava la giurisdizione ordinaria. Anche se si fosse esaminata la fattispecie di cui all'art. 46 legge esp. sotto il profilo della violazione di diritti soggettivi, trattandosi di una responsabilit extra contrattuale, difficilmente avrebbe potuto essere riconosciuta dato che a quei tempi tale forma di responsabilit dello Stato si riteneva esclusa dalla dottrina e giurisprudenza dominanti. Si argomentava infatti (MANTELLINI, Lo Stato e il Codice Civile,.. Firenze 1879, pa.g, 56 e conforme giurispr.). che lo Stato in quanto titolare PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 771 prestato a favore dell'Amministrazione da ogni agente dipendente degli istituti. La difesa dell'Amministrazione si diffonde sulla considerazione della natura dell'atto, con il quale si consente agli i.Stituti di vigilanza e di investigazione privata l'esercizio della loro attivit e conclude che tale atto, se pure non integra in s tutti ed esattamente gli estremi di una concessione amministrativa , neppure costituisce una semplice autorizzazione , in quanto la licenza prevista dall'art. 134 del testo unico della legge di pubblica sicurezza attribuisce al [privato parte dei compiti e delle facolt degli agenti di pubblica sicurezza, compiti e facolt che non spettano, in via normale, alla generalit dei cittadini. In base a detta licenza gli istituti verrebbero ad essere, quindi, investiti da particolari poteri pubblici e a fruire di una speciale tutela; altrettanto dovrebbe dirsi per gli agenti da essi dipendenti, in seguito all'approvazione della sovranit e quindi della superiorit e dei potere di i;mperio, non potesse porsi con gli altri soggetti su quel piano di eguaglianza che il presupposto della responsabilit aquiliana. Si affermava (MEuccI, Della responsabilit indiretta delle pubbliche amministrazioni in relazione alle giurisdizioni amministrative, Arch. Giur., 1878, 341) che l'art. 1153 cod. civ. 1865 il quale fondava la responsabilit indiretta del committente per i danni dei commessi sulla culpa in eligendo o in vigilando, non si sarebbe potuto applicare allo Stato i cui dipendenti sono scelti con provvedimenti che tali forme di colpa escludono. Altri ancora, distinguendo tra atti di gestione ed atti di imperio, (MANTELLINI, op. cit., pag. 59; BONASI, La responsabilit dello Stato per atti dei suoi funzionari pag. 262; GIORGI, Teorie delle obbligazioni, Torino, pag. 574, ritenevano esclusa per i secoli (e rientravano in essi le ipotesi di cui al'art. 46 legge espr.) qualsiasi forma di responsabilit. Altri infine (v. SABBATINI-BIAMONTI, Commento alle leggi sull'espropriazione per p.u. e sul risarcimento, 3a ed., Torino 1913, I, pag. 772 e giurisprudenza ivi richiamata) escludevano la responsabilit della P.A. sul presupposto che la necesaria indagine sull'elemento della colpa avrebbe comportato una indagine sull'uso del potere da parte della P.A. vietata al giudice ordinario. Queste teorie oggi non sono molto seguite, ma passato da allora oltre un secolo di elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, ed pi logico rite- nere, date le vedute dei tempi, che l'art. 46 legge espr. riguardasse non gi un caso di responsabilit dell'Amministrazione per atti legittimi bens di responsabilit per illecito che, in mancanza della disposizione in esame, non avrebbe potuto ricevere tutela n in sede di .giurisdizione amministrativa n di giurisdizione ordinaria. In tale norma infatti non previsto alcun potere per l'Amministrazione di sacrificare i diritti dei privati n tale potere pu ritenersi insito in quello di costruire l'opera pubblica poich la stessa legge sull'espropriazione indica tassativamente quali diritti possono essere sacrificati e con quali garanzie. Opinando diversamente si verebbe a rite- nere che la P.A., nella esecuzione di attivit ad esse consentite ed in virt della legge che tale attivit faoulta, abbia il potere di comprimere ogni interesse di qualsiasi specie che venga a confl.iggere con l'interesse pubblico (v. conforme TORREGROSSA, Il problema della responsabilit da atto lecito, Milano, 1964).. 772 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO della loro nomina a guardie particolari. .A tutto ci conseguirebbe che le prestazioni alle quali sono tenute gli istituti, ai sensi dell'art. 139 dello stesso testo unico, troverebbero la loro giustificazione in quel preesistente rapporto di diritto pubblico e si dovrebbero inquadrare nella categoria delle prestazioni di privati alla Pubblica Amministrazione, prestazioni da ritenersi gratuite ove non. sia previsto dalla legge alcun corrispettivo. L'Amministrazione insiste, infine, nel sostenere la relazione sinallagmatica, ed anzi di vera e propria corrispettivit, delle prestazioni richieste in base al predetto art. 139, rispetto alla tutela accordata dallo Stato agli istituti, nell'esercizio della loro attivit. L'assunto dell'Amministrazione non :pu essere condiviso. Lo stesso ricorrente concorda nell'escludere che la licenza rilasciata agli istituti di vigilanza privata per l'esercizio della loro attivit Ci appare in contrasto con i principi in materia ed in particolare con quello che richiede da parte della P.A. il rispetto delle norme giuridiche e la necessit di un formale atto amministrativo e della previsione legislativa allorch si sacrifichino diritti del singolo, principio quest'ultimo oggi addirittura sottoposto con l'art. 23 Cost. a riserva di legge. Ed proprio questa invece la conseguenza che discende dal voler considerare l'art. 46 come la base della I'eSPonsabilit della P.A. per atti legittimi e cio, come sopra rilevato, di considerare non antigiuridico il sacrificio di ogni diritto, operato dalla P.A. nel corso di un'ativit che bensi autorizzata dalla legge ma che tale sacrificio non preveda. Sembrerebbe invece pi aderente al sistema ritenere che allorch la P.A. si trovi a dover incidere su diritti di privati il cui sacrificio non eSPressamente previsto da una norma, si versi nell'ipotesi di carenza di potere come tale generante reSPonsabilit per illecito secondo i principi generali. Tra l'attivit di un soggetto (privato o P.A.) e i diritti dei singoli si pone la regola del neminem laedere che, nello Stato moderno, fa considerare illecito ogni violazione di essi diritti inferta non solo contra legem, ma anche praeter legem quando cio la legge nulla disponga in proposito. Questo principio che oggi largamente accolto soprattutto dalla giurisprudenza che ne ha esteso l'applicazione in modo tale che SPesso partendo dall'articolo 2043 e.e. il giudice ordinario viene ad invadere a sproposito il campo della discrezicmalit amministrativa, allora era praticamente inesistente per le teorie vigenti surricordate e, proprio per tale motivo, si senti come si detto la necessit dell'art. 46 che prevedeva un'eccezionale responsabilit per illecito della P.A. in un'epoca che tale responsabilit per lo pi negava. La riprova di questo si ha nei casi analoghi a qullo dell'art. 46 di danni a terzi derivanti dall'adozione da parte della P.A. nell'ambito del suo potere discrezionale di misure o criteri in contrasto con norme tecniche o di buona amministrazione o, pi generale, con le regole della comune previdenza e diligenza. :ll noto come tale responsabilit in mancanza di una norma come l'art. 46 in principio fosse completamente esclusa, come in prosieguo fu amessa solo in caso di violazione di norme tassative (Cass. 24 febraio 1927, Foro It., 1927, I, 591), poi fu estesa ai casi di inosservanza di norme tecniche (C'ass. 28 luglio 1932, Foro lt., 1933, I, 25) ma solo oggi la si ammetta in caso di violazione della normale prudenza e diligenza (o PARTE I, SEZ. Ii:, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 773 abbia natura di concessione amministrativa, attributiva, come tale, di determinate :pubbliche funzioni. Ma la Corte Suprema ritiene che neppure ad altro titolo possa dirsi consentito -soltanto in forza della suddetta licenza -agli istituti di vigilanza privata l'esercizio di pubbliche :funzioni. infatti la stessa legge a disporre espressamente (art. 134, ultimo comma del citato testo unico) che la licenza medesima non pu essere conceduta per operazi'Oni che comportino l'esercizio di pubbliche funzioni, ed anche in considerazione di ci stato ripetutamei:ite .affermato, in giurisprudenza, che gli istituti di vigilanza ed investiga: zione privata hanno carattere di impresa commerciale, che esercita un servizio nell'interesse dei privati e per propri fini di lucro. L'esercizio di tale attivit soggetto a licenza (cos come soggetta ad ap addirittura delle istruzioni interne e disposizioni di servizio) come responsabilit aquiliana per illecito (v. per tutte Cass. 5 luglio 1966, n. 2039, C;ass. 21 febraio 1966, n. 520), in diretta derivazione del principio generale del neminem laedere a volte anche erroneamente in violazione dei criteri di separazione delle gi.urisdizioni. Concludendo su questo :punto sembrerebbe che allorch l'Amministrazione sacrifi.chi diritti del singolo al di fuori di ogni autorizzazione espressa in norme di legge non possa parlarsi di responsabilit della P.A. per atti legittimi e sussista invece una comune responsabilit per illecito. Il problema che per rimane da risolvere e che pi interessa concerne l'ipotesi in cui, pur essendo dalla norma previsto il sacrificio dei diritti del singolo, non sia concessa alcuna forma di indennizzo o addirittura si neghi esplicitamente la possibilit di indennizzo. La sentenza in esame aderendo alla tesi suesposta (.A:LEssI, opp. citt.) afferma l"esistenza di una regola generale del nostro sistema per cui il sacrificio del singolo nell'interesse generale dev.e essere ripartito sulla collettivit e pertanto indennizzato anche nel caso (come nella specie) di prestazioni person~li obbligatorie in analogia a quanto stabilito nell'art. 42 Cost. in tema di esproprio della privata prQPriet. Ci non pu ritenersi esatto. Esaminiamo anzitutto il problema delle prestazioni personali obbli gatorie. La norma costituzionale che le concerne in una con quelle patrimoniali l'art. 23, il quale non fa alcun cenno all'indennizzo. Mentre per per le seconde il prindpio potrebbe anche ricavarsi dall'art. 42, salvo quanto si dir in seguito, ci non pu dirsi per le prime che, per tradizione storica ;;ono sempre state gratuite. L'art. 23 infatti mira esclusivamente ad imped'ire che possano imporsi prestazioni con provvedimenti discriminati o addirittura singolari da parte della P .A. senza le garanzie offerte dal procedimento di formazione della legge e successivo controllo di costituzionalit, e ci in relazione ai precedenti periodi storici in cui tali garanzie non sussistevano o, quanto meno, erano imperfettamente applicate. N tale principio generale pu ricavaTsi dall'aTt. 42 che si riferisce oltretutto alla sola espropriazione per p.u. della privata propriet. E se pure nella espressione privata propriet potessero farsi rientrare i diritti reali che partecipano al pari della propriet del rapporto diretto del titolare con la cosa e che tradizionalmente sono considerati quasi come una parte del diritto di propriet stesso ed in esso compresi, non si vede come tale 5 774 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO provazione '> la scelta di coloro che prestino la propria specifica opera lavorativa di guardia particolare alle dipendenze degli istituti) solo per soddisfare all'esigenza di accertare l'esistenza delle specifiche condizioni poste per garantire che una attivit autonomamente scelta, ma che tuttavia ha scopi in parte convergenti con le finalit proprie delle funzioni di polizia, sia conforme alle necessit della sicurezza pubblica e a quelle della tutela della libert dei cittadini. Il fatto, poi, chie le guardie dipendenti da tali istituti possano, come tutte le guardie particolari private, eccezionalmente assumere la qualit di pubblici. ufficiali, quando, nell'esercizio delle loro mansioni, si trovino ad adempiere alle funzioni di prevenzione dei reati, non influisce sulla natura degli istituti e sul carattere della loro attivit, nello svolgimento della quale l'inte espressione possa essere aUargata fino a comprendere i diritti personali che presentano caratteri addirittura antitetici a quelli reali. Ci premesso ri:sulta evidente ohe in mancanza di direttive costituzionali in maiteTia la risoluzione della questione non pu che essere affidata al legislatore ordinario il quale, in caso di sacrificio di diritti personali, cnceder o meno l'indennizzo secondo ci sia pi o meno avvertito dalla coscienza sociale di cui interprete. Ne discende che in caso di mancata previsione legislativa, detto indennizzo dovr ritenersi escluso, non sussistendo alcun principio generale in proposito da fa:r valere nel silenzio della legge. La riprova di tale assunto nelle difficolt incontrate dal giudice nello stabilire casi e modalit di indennizzo per essersi voluto sostituire ail legislatore nella qualit di interprete della coscienza sociale. Si legge infatti che le prestazioni obbligatorie sono da ritenersi gTatuite allorch siano tali da non importare un apprezzabile sacrificio a carico degli obbligati e che diversamente deve concludersi allorch le prestazioni determinino notevole intralcio alla normale attivit del soggetto o addirittura la paralisi di .questo, in modo da arrecare un apprezzabile pregiudizio. chiara la contraddizione. Una volta affermato come principio generale che ogni prestazione anche personalle indennizzabile non ha luogo discernere quando la medesima compolt'ti un sacrificio piccolo o grande per farne discendere appunto la sua indennizzabilit. Ogni prestazione per definizione, anche minima, ogni sacrificio pu valutarsi pecuniariamente e corrisponde ad un sia pur minimo indennizzo e, voler affidare il criterio tra casi di indennizzo e non, a concetti variabili e soggettivi sia per le condizioni personali dell'obbligato, sia per le situazioni particolari in cui. la prestazione venga richiesta, significa affidare all'apprezzamento del giudice necessariamente mutevole in relazione alle varie circostanze, quella valutazione che invece riservata alla legge allorch, nell'autorizzare il sacrificio dei diritti del singolo, concede o meno quell'indennizzo che, come si visto, non assurge nel nostro sistema del diTitto a principio generale. Ci sembra infatti che pi che sull'indennizzo l'attuale ordinamento giuridico abbia voluto porre l'accento su una funzione sociale delle attivit e dei beni dell'uomo. Al giorno d'oggi cio in contrapposto all'esaltazione dell'individualismo del secolo scorso si tende a coordinare i vari diriti;i del singolo in funzione dell'interesse collettivo della societ. Ci ravvisabile in ogni campo del diritto. Non a caso lo stesso art. 42 Costituzione parla di funzione sociale della propriet privata, da cui discende una serie imponente di limiti di diritto PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 775 resse privato pu bens considere con quello pubblico, ma senza che il soddisfacimento di quest'ultimo rientri fra i fini specifici che gli istituti si propongono. Nessun rapporto particolare si instaura, pertanto, fra la pubblica amministrazione e gli istituti di vigilanza privata per il solo fatto del rilascio a questi ultimi della licenza per l'esercizio della loro attivit; sicch, non preesistendo un rapporto, dal quale possa direttamente ed immediatamente discendere un obbligo per gli istituti di prestare la propria opera' a favore dell'autorit di pubblica sicurezza, questa ultima pu, solo in forza dell'espressa disposizione dell'art. 139, del r.d. 18 giugno 1931, n. 773 richiedere a quegli istituti particolari prestazioni e conferire agli agenti da essi dipendenti particolari poteri pub- civile e amministrativo alla medesima. Cosi in materia di lavoro che ormai pu dirsi quasi completamente sottr.atta all'ini2:ioativa privata e regolata da norme inderogabili al fine di tutelare la funzione sociale-. Nel diritto penale ove la solidariet assurge ad obbligo giuridico ed al singolo imposto di prestare la propria attivit in caso di infortunio, tumulto, flagranza di di reato (art. 652 c.p.) ovvero a favore .di persone incapaci di provvedere a .se stesse (art. 593 c.p.). Lo stesso diritto tributario con il sistema progressivo (art. 53 oost.) mira con la falcidia dei cespiti pi elevati ad assicurare a fini socia
  • ncordato, possa dir.si mutata la causa dei singoli crediti che lo costituiscono : indagine che il controricorrente, in conformit dell'opinione del primo giudice, conclude in senso affermativo sul rilievo che l'assunzione di concordato realizza gli estremi di un accollo e che la causa dell'obbligazione dell'accollante risiede nello stesso negozio di accollo ed svincolata da quella che sor regge l'obbligazione originaria. Tali proposizioni, che rieccheggiano le conclusioni cui sull'argo mento giunta parte della dottrina italiana e straniera, non possono essere condivise in relazione al caso che ne occupa, non potendo l'assun zione del concordato ricondursi sic et simpliciter nello schema dell'ac 6 790 RASSEGNA DELI/AVVOCATURA DELLO STATO collo. Il riferimento che in tal senso contenuto nell'art. 124 I. fall. scolpisce il risultato finale della fattiSI:>ecie concordataria, ma non autorizza affatto la predetta trasposizione. Come ha gi rilevato questa Corte (sent. 28 ottobre 1969, n. 3541). il concordato si realizza attraverso una fatti.specie complessa, alla cui perfezione concorrono elementi di natura negoziale ed attivit e provvedimenti tipicamente processuali, i quali ultimi hanno funzione e rilievo preponderanti. L'attivit di tipo negoziale ha, infatti, il ruolo di un presupposto, Che prescinde dall'adesione di tutti i ereditori (essendo i privilegiati esclusi dal voto, e i dissenzienti vincolati dal voto della maggioranza, salvo il loro diritto di intervenire, mediante l'opposizione, nella fase successiva, e non pi negoziale, della omologazione) e produce effetto anche per i creditori non insinuati, cio per soggetti che, essendosi estraniati dal concorso fallimentare, non sono stati neppure chiamati a partecipare alla formazione del presupposto negoziale. Ma ci che esclude addirittura l'utilit del riferimento all'accollo la considerazione che al concordato non si addice la qualifica di astrat tezza in base alla quale la richiamata dottrina svincola la causa dell'ob bligazione dell'accollante da quella dell'obbligazione originaria, ed esclu de l'operativit del privilegio nei confronti del primo. Va in proposito, ricordato che la medesima dottrina non esita a negare la validit delle conclusioni anzidette nell'ipotesi in cui l'accollo si perfezioni con il riferimento alla situazione di base o comunque da questa non prescinda, .come nel caso di cessione d'azienda o di succes sione in patrimonio. Orbene, un dato di cui non pu in alcun modo dubitarsi appunto questo: che il conordato falli:mentare non concepibile come situa zione procedimentale ed effettuale svincolata dal fallimento sottostante. sufficiente, in proposito, rilevare che esso un modo di cessa zione della procedura fallimentare e, con la .sua omologazione, determina la chiusura del fallimento; che la fattispecie relativa si perfeziona col concorso ..della massa passiva fallimentare e degli organi preposti al fallimento;. che la valutazione di merito affidata al giudice della omo logazione (come, gi prima, al curatore, al .comitato dei creditori e al giudice delegato) . strettamente connessa al risultato di un rapporto tra le possibilit di soddisfacimento assicurate dalla liquidazione fallimen tare e quelle offerte dalla soluzione concordataria (che in definitiva si pone, quindi, .come uno strumento diretto ad eliminare gli effetti del dissesto); ehe l'assuntore vincolato dalle risultanze dello stato passivo. Nell'ambito di tale disciplina inconcepibile la posstbilit di uti lizzare l'astrattezza del negozio di accollo per svincolare dalla situazione sottostante gli obblighi dell'assuntore: cio ravvisare nell'assunzione in s un'autonoma causa obligandi ed escludere per tal via l'efficacia dei !Privilegi nei suoi confronti. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE Deve, quindi, concludersi che la causa del credito che si fa valere verso l'assuntore quella originaria e che da essa continua appunto ad essere caratterizzata la posizione dei creditori che lo stesso s' impegnato a soddisfare, non rilevando sull'elemento causale che egli sia tenuto in limiti e con modalit diverse. E la conclusione identica sia nel caso in cui all'assunzione del concordato segua la liberazione del fallito, sia nel caso contrario. Osserva il controricorrente che in una materia -quale quella dei privilegi -in cui l'autonomia privata contenuta dal legislatore in limiti ristretti e rigorosi, non potrebbe l'assuntore dar vita con la sua sola volont a debiti privilegiati, aggr~vando cosi la posizione dei suoi creditori personali. L'osservazione non ha pregio. sufficiente infatti, in contrario, ricordare che la permanenza del privilegio < la conseguenza non gi della volont dell'assuntore ma della dimostrata permanenza dell'identit d,ella causa delle obbligazioni assunte. Peraltro i creditori non possono, in genere, interferire negli atti di autonomia privata con cui il loro debitore contra.gga ulteriori obbligazioni, ancorch privilegiate, salvo che non ricorrano gli estremi dell'azione revocatoria e salvo il ricorso ai mezzi specifici di tutela del loro credito, che la legge appresta (si veda, ad esempio, l'art. 1186 e.e.). Ribadito, dunque, il principio innanzi enunciato, la Corte rileva che la sua validit indirettamente confermata da varie disposizioni di legge. Esclusa la pertinenza dell'art. 1275 e.e. (che, per comune opinione si riferisce alle garanzie convenzionali) osservasi che nella novazione oggettiva, caratterizzata dalla sostituzione di una obbligazione mediante altra, diversa per l'oggetto o anche per il titolo (cio ;per quell'elemento che il legislatore assume come determinante nell'accordare il privilegio), data alle parti la facolt di mantenere in vita il privilegio e di utilizzarlo per rafforzare il nuovo diverso credito (art. 1232). Nella cessione di credito, questo si trasferisce con i:l privilegio che lo assiste (art. 1263) pur essendo la cessione un negozio astratto o, secondo altri, a causa generica, in cui la posizione creditoria del cessionario trae il titolo dal negozio di cessione in s. Nel~e varie ipotesi di surrogazione previste dalla legge (art. 1202, 1203, 1955, ecc.) il creditore .__ che trae titolo alla sua pretesa dalla fattispecie da cui il diritto di surrogazione deriva -subentra anche nel privilegio che assisteva il credito del surrogafo. Il complesso di tali disposizioni autorizza il rilievo che, nel sistema della legge, la causa originaria del credito ha un vigore ed un'inerenza particolarmente penetranti e per cosi dire, ultrattivi, che permettono atti di autonomia (art. 1232 e.e.) in materia in cui di norma. non v' spazio per l'autonomia privata, e consentono in definitiva il'eserdzio del 792 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO privilegio anche quando sia estinto il credito sorretto da detta causa e sia stato soddisfatto l'originario titolare, che poi quello la cui posizion~ il legislatore ha considerato, ed ha inteso agevolare nel concorso con altri creditori. A maggior ragione il principio e la conclusione debbono valere nel caso di specie, in .cui tale soggetto continua a identificarsi nella ricorrente Amministrazione, che si presenta tuttora come titolare insoddisfatta di un credito d'imposta. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 5 giugno 1971, n. 1673 -Pres. Giannattasio -Est. Caputo -P. M. Cutrupia (conf.) -Amministrazione delle Finanze dello Stato (avv. Stato Ciardulli) c. Pernigo (avv. Clarizia e Facchini). Procedimento civile -Legittimazione -Qualit di erede' -Accertamento -Prova desunta dal comportamento processuale delle parti Ammissibilit -Limiti. (e.p.e. art. 116; e.e. art. 471). Successione -Chiamato all'eredit -Poteri -Atti conservativi -Legittimazione a resistere in giudizio. (e.e. artt. 460, 486). Pur essendo consentito al giudice, in tema di accertamento del.la Iegitimatio ad causam, di trarre argomenti di prova anche dal comportamento processuale delle parti, tuttavia se si tratta di eredit devoluta ai minori, la cui accettazione pu effettuarsi solo in forma espressa e con beneficio di inventario, la qualit di erede pu provarsi solo con documenti da cui risultino adempiute le formalit all'uopo prescritte (1). La difesa pll"ocessuale per rispandere alle istanze proposte contro il patrimonio ereditario, costituisce una misura di carattere conservativo ~a quale, indipendentemente dal possesso o meno dei beni, rientra nei poteri di amministrazione del chiamato all'eredit. (1) Cbstituisce principio pacifico che l'eredit devoluta ai minori possa essere vaUdamente accettata dai loro legittimi rappresentanti solo in forma espressa e con beneficio d'inventario (artt. 471 e 472 e.e.), si>cch ogni altra forma di accettazione, espressa o tacita, nei loro confronti improduttiva di effetti giuridici e quindi inidonea a conferire loro la qualit di erede, cfr. Cass. 9 aprilJ.e 1969, n. 1444; 20 di.cembre 1969, n. 4020 ecc. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 793 In conseguenza, sia in base alla pi generale disciplina dettata dall'art. 460 e.e. che sulla scorta della specifica disposizione di cui al successivo art. 486, al legittimo rappresentante del minore chiamato alla eredit spetta, durante i termini per fare l'inventario, la legittimazione a partecipare al giudizio in qualit di rappresentante deLZ'eredit (2). (Omissis). -A prescindere dalla questione, che non soltanto terminologia, se nella specie il termine legittimazione sia stato adoperato con esclusivo riferimento alla soggettivit del rapporto sostanziale dedotto in giudizio, come sembra potersi evincere dalla sentenza impugnata, ove si parla soltanto di legitimatio ad' causam, o se invece a tale termine corrisponda un concetto di natura processuale, coincidente con la posizione di colui che chiede o nei cui confronti chiesto al giudice di pronunciare su una determinata controversia, come sicuramente intesero gli appellanti allorch eccepirono, all'atto della precisazione delle conclusioni in appello, il proprio difetto di legitimatio ad processum; certo che la esistenza o meno deH'uno o dell'altro tipo di legittimazione pu essere accertata anche di uffido in ogni stato e grado del processo, essendo la relativa questione soggetta soltanto aUa preclusione del giudicato che siasi eventualmente formato quando la qustione medesima sia stata sollevata e discussa in primo grado. Stante tale principio, universalmente accolto dalla dottrina e dalla giurisprudenza, evidente appare la erroneit dell'assunto della ricorrente secondo la quale dal non essere stato eccepito in primo grado il difetto di legittimazione degli attori o dal trovarsi nella sentenza emessa in tale grado il generico riconoscimento di questi ultimi quali eredi dell'originario appunto, discenderebbero validi motivi di preclusione rispetto alla indagine sulla esistenza o no di cruella condizione dell'azione. Invero il semplice fatto che la questione della legittimazione degli attori non sia stata sollevata n discussa avanti al Trtbunale no.n pu (2) Dalla sentenza sembra potersi trarre, tra gli altri, due concetti di indubbio rilievo: il primo per il quale, nella generale diisciplina dettata dall'art. 460 e.e. circa la posizione giuridica del chiamato all'eredit rien-' trerebbe, tra i poteri di amministrazione, anche quel1o di rappresentare, in quaut di convenuto, l'eredit di giudizio; l'altro, secondo cui anche per l'ipotesi di cui al successivo art. 486 sa rebbe dato prescindere dal possesso dei beni ereditari. Ove la sentenza sia stata rettamente intesa non possono tuttavia, ed in particolare il secondo principio, non suscitare perplessit: le disposizio ni degli artt. 460-486 e.e. mirano a conciliare l'interesse del chiamato alla conservazione del patrimonio ereditario, con l'altro di non perdere la fa colt di dectdere se accettare o meno tale eredit. Per quel che concerne gli atti conservativi di vigilanza, la norma di cui all'art. 460 indubbiamente prescinde dal possesso dei beni da parte del chiamato cui dato di compiere una serie di attivit, come l'interruzione 794 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO fare presumere la esistenza della legittimazione stessa e tanto meno tale risultato pu ritenersi raggiunto, in mancanza di qualsiasi questione al riguardo, in base alla sola circostanza ehe la sentenza di primo grado, J.".lgettando la op.posizione dei Menon, li abbia genericamente indicati come eredi dell'originario opponente. Peraltro se pacifico in giurisprudenza, ed accolto nella norma dell'art. 116, comma 2, c.p.c., il principio secondo cui il giudice di merito, in tema di accertamento della legittimazione attiva e passiva ad, causam, pu trarre argomenti di prova anche dal comportamento processuale delle parti, onde si ~ ritenuto possibile desumere la qualit di erede, ai fini della legittimazione, anche da elementi indiziari (cfr. Cass. 14 gennaio 1953, n. 84), tale astratta possibilit deve escludersi, invee, nella fattispecie, in quanto le eredit devolute ai minori, come quella in disamina, possono essere validamente accettate solo dai loro legittimi rappresentanti in forma espressa e con beneficio d'inventario (art. 471 e.e.), sicch in tal caso la prova relativa alla qualit di erede assai pi rigorosa, potendosi essa fornire soltanto con documenti dai quali risultino eseguite le predette formalit. Con il secondo mezzo la ricorrente denunzia la violazione delle norme contep.ute negli artt. 460, 486 'e.e., 100 105 e 110 cod. proc. civ. in relazione all'art. 3'60, nn. 3 e 5 di quest'ultimo codice, per avere la Corte di merito erroneamente limitato alla sola ipotesi_della intervenuta accettazione dell'eredit col benefido d'inventario e dell'acquisto della qualit di erede la legittimazione della parte nella controversia de qua. Osserva la ricorrente che dagli artt. 460 e 486 e.e. deve desumersi come nelle more dell'accettazione il chiamato all'eredito disponga di un potere di vigilanza sul patrimonio ereditario 'che gli consente di contraddire legittimamente nei giudizi aventi ad oggetto il patrimonio medesimo. N sembra, aggiunge la ricorrente, Che tale potere sia riconosciuto soltanto al chiamato che sia in possesso dei beni ereditari e non sia co della prescrizione o dell'usucapione, l'apposizione dei sigilli, il rinnovo delle ipoteche ecc. nonch di farrsi attore in giudizio, cfr. Oass. 24 gennaio 1950, n..201. In dottrina, C1cu, Sucessione per causa di morte, 1961, 143; GIAN NATTASIO, Delle successioni in Commentario e.e., 1968, 135. La disposizione invece di cui al successivo art. 486 che prevede espres samente la legittimazione passiva, corrisponde a que'.Lla contenuta nell'ar ticolo 964 dell'abrogato codice, la quale quailificava curatore di d~ritto il chiamato all'eredit, e pur avendo eliminato tale ultima espressione per la sciare alla dottrina il compito di identificare la natura delle funzioni, indub biamente si riferisce al chiamato nel possesso dei beni ereditari ex art. 485, e la successiva disposizione dell'art. 528 disoiplf.ina l'ipotesi del chiamato che non sia invece nel possesso. Cfr . .Aippello Brescia 20 maggio 1947 in Foro It., Rep. 1948 voce Succs sione leg. o testam. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE munque riconducibile pure a colui che, anche se non abbia il possesso dei beni, sia ugualmente interessato alla tutela dell'asse ereditario: ch se in tale prosipettiva avesse inteso muoversi il ragionamento della Corte di merito, non si potrebbe che trarre una ulteriore raigione di censura della sentenza impugnata per non avere svolto alcuna indagine e non essersi pronunciata sul punto decisivo del possesso o meno dei detti beni da parte degli interessati. Rileva in ultima ipotesi la ricorrente che le controparti si sarebbero costituite nel giudizio di propria iniziativa e non perch convenute in riassunzione, onde la loro partecipazione al processo risulterebbe comunque legittima sotto il profilo dell'intervento volontario, non apparendo dubbia, quanto meno sotto quest'ultimo asipetto, la sussistenza di un interesse a sostenere le ragioni dell'originario opponente nel giudizio in parola, e quindi ad intervenire nel medesimo, a termini del II capoverso dell'art. 105 c.p.c. Il mezzo, nella prima parte, fondato. Gi in base aH'art. 460 e.e., ch' norma di .carattere generale contenente la disciplina del :potere di amministrazione del chiamato all'eredit prima dell'accettazione, sembrerebbe potersi ritenere che rappresentando la difesa processuale del patrimonio ereditario una misura essenzialmente Conservativa, essa rientri senz'altro nella sfera di competenza del chiamato all'eredit. E ci a prescindere dal fatto che egli si trovi nel possesso dei beni ereditari, -circostanza che comunque avrebbe dovuto essere, non che provata, almeno dedotta dall'Amministrazione -, in quanto anche per il chiamato all'eredit che non sia nel possesso dei beni la necessit della conservazione e della tutela del patrimonio ereditari.o comporta che anche egli possa stare in giudizio per rispondere alle istanze direttamente proposte contro il detto patrimonio o che comunque possano diminuirlo. Ma la legittimazione dei resistenti a partecipare al giudizio de quo deriva in ogni caso dall'art. 486 e.e. -ch' norma specifica e particolare alla materia della eredit devoluta ai minori o agli interdetti ove prevista esplicitamente 'la legittimazione del chiamato che non abbia ancora accettato, il quale, si dice, pu stare in ,giudizio quale convenuto per rappresentare la eredit. Vero che la disposizione legislativa si riferisce al chiamato non in proprio ma quale rappresentante dell'eredit, in funzione di un interesse oggettivo, cio non ancora suo, che egli chiamato a tutelare, ma ci non implica alcuna differenza sostanziale, nel caso concreto in quanto dichiarata la interruzione del processo per la morte dell'originario opponente, la istanza venne bene riassunta nei confronti degli eredi del defunto, collettivamente ed impersonalmente, dovendosi in tale formula comprendere anche il chiamato alla eredit, che non abbia ancora 796 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO accettato, in considerazione del potere di rappresentanza che per legge gli spetta. Per altro il corrispondente art. 964 del codice civile del 1865, pur diversamente formulato, affermava lo stesso concetto, e cio che il chiamato, che non avesse ancora accettato, come euratore di diritto della eredit poteva stare in giudizio per rappresentarla e rispondere alle istanze contro la medesima proposta, onde questa Suprema Corte, con sentenza n. 1168 del 1953, dichiarava la procedibilit dell'azione proposta dal creditore contro l'erede, minore di et, in persona di chi ne abbia la legale rappresentanza, pur non avendo l'attore specificato di avere convenuto il minore stesso come erede, dovendosi ritenere che questi sia chiamato in giudizio, a norma dellQ art. 964 e.e., come curatore della eredit e quindi per rispondere non ultra vires hereitarias . Pertanto, non essendo la Pernigo nella qualit ;priva di legittimazione a stare in giudizio, come invece ritennero i giudici di .appello, la sentenza denunciata, in accoglimento della censura or ora esaminata, deve essere cassata, e la causa deve essere rinviata per l'esame del merito ad altra Corte di Appello, la quale provveder anche sulle spese di questo grado del giudizio. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 giugno 1971, n. 1693 -Pres. Caporaso -Est. Sposato -P. M. Sciaraffia (conf.) -Comune di Putignano (avv. Stoppati e Console) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Tomasicchio). Leggi, decreti e regolamenti -Legislazione preunitaria -Regno deile Due Sicilie -Decreti di concessione agli Enti Locali dei beni dei soppressi ordini religiosi -Leggi provvedimenti -Attribuzione in propriet. l (decreto 25 aprile 1813, n. 1730 di Gioacchino Murat; decreto 6 novembre 1816, n. 583 di Ferdinando I di Borbone). I IZ decreto 25 aprile 1813, n. 1150 di Gioacchino Murat, confermato poi da Ferdinando I (o IV) di Borbone, con cui furono concessi ai Comu, ni i beni dei soppressi ordini religiosi, gi riuniti a.i demanio dei Regno deile Due Sicilie per effetto deita Legge 7 agosto 1809 n.. 448 con. La sentenza della Corte di Cassazione, che ha ravvisato nelle concessioni dei beni demaniali gi appartenenti ai soppressi ordipi religfosi, ad opera di Gioacchino .Murat nel Regno delle Due Sicilie, un'attribuzione in propriet de,gli Enti Locali, risolve in favore di questi ultimi una questione di indubbio rilievo, ove si consideri le numerose concessioni che all'epoca erano state effettuate. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 797 facolt per il monarca di destinarli secondo i bisogni dei rispettivi dipartimenti, ha natura di legge provvedimento, mediante il quale venne attuato il trasferimento dei beni stessi in propriet degli Enti Locali. (Omissis). -L'edificio del Monastero dei Carmelitani di Putignano di Bari, riunito al demanio del Regno delle Due Sicilie per effetto della legge 7 agosto 1809, n. 448 del Re Gioacchino Murat, venne con real decreto 25 aprile 1813, n. 1750 dello stesso Re Gioacchino, conceduto al Comune di Putignano per essere destinato a Carceri, Giustizia di pace e Casa Comunale. Tornati i Borboni sul trono di Napoli, Ferdinando IV o I, con real decreto 6 novembre 1816, n. 533, conferm in beneficio di ciascun comune o stabilimento pubblico le concessioni dei vari locali del demanio avvenuto durante l'occupazione miUtare locali di cui per sua sovrana volont i detti cocuni e stabilimenti provvisoriamente sono stati conservati in possesso. Dichiarava il re borbonico d sanare colla pienezza della nostra potest ogni vizio e nullit che in dette concessioni fossero cadute tanto per la fol'ma quanto per .lo mancamento di facolt dei concedenti . (Omissis). -I due ricorsi debbono essere riuniti (art. 335 c.p.c.) e con la prima delle due censure formulata nel primo motivo del ricorso il Comune di Putigano ripropone la tesi, disattesa dalla Corte di merito, che le disposizioni contenute nel decreto murattiano e nel decreto borbonico sono da intendere come attribuzioni di propriet e non come semplici concessioni in uso dell'edificio monastico gi appartenente ai Carmelitani. La censura -che, per evidente tuziorismo, stata formulata sotto il duplice profilo del n. 3 e del n. 5 dell'art. 360 c.p.c. -deve essere considerata soltanto come denunzia di violazione di norme di diritto ed ammissibile come tale. Difatti il decreto di re Gioacchino del 1&13, mediante il quale il monarca si avvalse e fece uso della facolt riservatasi nell'art. 31 del precedente decreto 7 agosto 1S09 -eio della facolt di fissare la destinazione dei locali gi appartenenti agli Ordini religiosi soppressi e riuniti al demanio dello Stato secondo i bisogni dei rispettivi dipartimenti - da considerare provvedimento di natura legislativa, riconducibile nella categoria elaborata dalla dogmatica moderna, delle leggi-provvedimenti. Provvedimento legislativo, formalmente e sostanzialmente, , anche il real .decreto borbonico del 1816 Ci riserviamo pertanto di ritornare sull'argomento che, malgrado l'ampia motivazione della sentenza, non sembra che possa ritenersi esaurito. Circa le leggi-provvedimento, cfr. SPAN in Nuova Rass., 1960, 897; PALADIN, In tema di leggi personali, in Giur. Cost., 1961, 1262. 798 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO che segui, abrogandolo, al real decreto 14 agosto 1815 con il quale re Ferdinando, -non appena rimesso piede nel regno, aveva dichiarato nulle le concessioni fatte durante il decennio francese. La censura anche fondata. La denunziata sentenza ha affermato che il provvedimento murattiano, poi annullato e, poi ancora, confermato dal decreto borbonico, contiene una semplice concessione in uso e non un trasferimento di propriet in favore del ricorrente comune, fondandosi sulle considerazioni che seguono: -la locuzione sono conceduti -adoperata, senza alcun'altra specificazione, nell'art. I del decreto del 1813, non pu avere il significato di e trasferire in propriet > ; -il significato proprio dell'espressione murattiana viene illuminato di luce retrospettiva dalle disposizioni del decreto borbonico del 1816, nel cui preambolo si parla delle Concessioni ,come di concessioni di locali del demanio e nel cui art. I il termine concessioni viene usato senza l'aggiunta che dette concessioni, che il decreto conferma, sono concessioni in propriet; -il carattere di concessione amministrativa come atto posto in essere dal pubblico potere nell'esercizio del suo :ius imperii, si rivela nella imposizione autoritativa della destinazione da dare ai locali oggetto della concessione; -la finalit, perseguita dal legislatore napoleonico e da quello borbonico, di destinare gli immobili a servizi di pubblica utilit, poteva essere raggiunta mediante una semplice concessione in uso senza bisogno di effettuarne alcun trasferimento di propriet; -a differenza del precedente decreto eversivo del 13 febbraio 1807 di Giuseppe Napoleone, che prevedeva la vendita, a profitto dei creditore dello Stato, delle propriet appartenti agli Ordini religiosi con esso soppressi, il decreto murattiano disponeva che i beni acquisiti mediante la soppressione fossero riuniti al Demanio dello Stato, riservata al monarca la facolt di fissarne la destinazione secondo i bisogni dei rispettivi dipartimenti . In base a tali considerazioni la Corte di merito.___ ;pur ammettendo che il sovrano, detentore di una potestas perfecte disponendi, avesse la possibilit di vendere o comunque di cedere in propriet i beni appartenenti al demanio -ha ritenuto che nella fattispecie si ebbe una semplice concessione in uso e non un trasferimento di propriet sia pur gravato dall'onere di una determinata destinazione. Tali considerazioni non sono, per convincenti. I termini concedere e conceduti non hanno, nei provvedimenti dei quali si tratta, il preciso significato tecnico-giuridico che soltanto molto pi tardi hanno assunto nella legislazione e nella scienza del diritto amministrativo. Basti considerare che essi vengono usati, anche PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE dopo un cinquantennio, nella leg,ge 7 luglio 1866, n. 3036 e precisamente nell'art. 20 di questa leg.ge con il significato di trasferire e di trasferiti in piena e definitiva propriet (v. per l'interpretazione di detto articolo nel senso indicato: Cass. 9 giugno 1958, n. 1884). D'altra parte l'indicazione della destinazione da dare al bene conceduto, senza la specificazione che essa debba aver luogo soltanto attraverso l'uso immediato e diretto del bene, non esclude ed anzi implica che l'utilizzazione del bene ai fini per i quali stato concesso possa aver luogo in forma mediata e diversa da quella dell'uso diretto, e codesta una possibilit che presuppone il trasferimento del dominio. Alle esigenze dei pubblici servizi in contemplazione delle quali i beni sono stati concessi -con un provvedimento che sempre un atto autoritativo anche se la concessione - fatta a titolo di trasferimento dei beni in propriet -il concessionario pu provvedere, ed in alcuni casi pu meglio provvedere, mediante un impiego redditizio dei beni medesimi o me~ diante la loro alienazione. In :proposito questa Suprema Corte ha avuto modo di affermare (v . .sent. n. 1525 del 16 giugno 1962) che i .comuni e le provincie, divenuti proprietari dei fabbricati soppressi ai sensi degli artt. 20 e 21 della legge 7 luglio 1866, n. 3036, e cio divenutine proprietari con l'onere della destinazione dei fabbricati medesimi a scuole, asili, ospedali, ricoveri od altre opere di beneficienza o di pubblica utilit, hanno il potere di disporne e non possono proporre contro i terzi ai quali li abbiano alienati veruna eccezione neanche per quanto attiene all'o.sservanza del vincolo di destinazione dei beni medesimi. Infine la richiamata disposizione del decreto di Giuseppe Napoleone non ,giova a dimostrare il diverso intendimento che avrebbe avuto Gioacchino Napoleone di assegnare definitivamente al demanio dello Stato le propriet dellel quail si tratta: una volta che il re Gioacchino, mentre le riuniva al demanio statale, esprimeva, nello stesso suo decreto, la volont di assegnarle ai rispettivi di:partimenti , cio ai dipartimenti nel cui territorio gli edifici erano sorti, bene spes.so -come pare fosse avvenuto nel caso -con l'aiuto e le munifiche elargizioni degli enti e delle popolazioni locali e con l'intendimento che restassero a loro beneficio. La volont del napoleonide di voler favorire i rispettivi dipartimenti sta a significare che gi sin da allora cominciava a :farsi strada quella concezione divenuta dominante nel diritto moderno, della quale si trova un'enunciazione, in termini pressoch identici, nel citato art. 20 della legge del 1866. Questo articolo, difatti, parlando degli .scopi di pubblica utilit per i quali le concessioni degli edifici monastici dovevano aver luogo, precisa che tali scopi debbono venire in considerazione non gi in via generale, ma nel rapporto dei .comuni e delle provincie . la concezione che non trova conforme a giustizia il principio che lo Stato debba subentrare nei beni degli enti morali che cessano di esistere, e sostiene essere giusto che detti beni vengano 800 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO attribuiti tenendo conto delle particolari finalit per le quali l'ente era stato costituito, ossia la concezione che ora ispira le vigenti disposizioni dettate in materia dal codice civile. Ma, oltre a quello .che gi si detto, ovvia l'osservazione che,. ai fini dell'interpretazione di un testo legislativo e delle espressioni in esso usate, bisogna tener conto del clima storico nel quale stato emanato. Ora il periodo storico nel quale legiferavano a Napoli i napoleonici, cio il decennio francese del regno di Napoli caratterizzato, dalla riorganizzazione amministrativa del regno, che fu diviso in quattordici provincie e suddiviso in distretti a capo dei quali stavano i sottintendenti ed i consigli distrettuali, composti da possidenti scelti dal re sulla proposta dei decurioni, cio dei rappresentanti dei comuni, scelti a loro volta dal ceto dei possidenti; e dal riordinamento della propriet fondiaria per cui fu abolito l'ordinametno feudale, furono rese libere le terre, annullati i fedecommessi, cominciati a ripartire fra le popolazioni i demani comunali, censiti ai ftttuari i pascoli del Tavoliere di Puglia. In tutto codesto complesso di provvedimenti, ispirati da una parte ad un maggior riguardo degli interessi e delle autonomie locali e, dall'altra parte, all'affrancamento della propiret fondiaria dai vincoli di vario genere che da secoli la gravavano; non possibile inquadrare il decreto murattiano come un provvedimento accentratore, inteso. a costituire nuove forme di assoggettamento dei comuni al potere centrale, e nuove e pletoriche categorie di beni demaniali, mentre i demani comunali si venivano sciogliendo: quando, al contrario -come gi si detto -l'intendimento di sovvenire ai bisogni dei rispettivi dipartimenti:., ossia la cura degli interessi degli enti locali, ha una manifestazione esplicita nella legge in base alla quale la concessione dei locali ebbe luogo. N, sotto il rispetto che qui viene in considerazione, le cose cambiarono con la restaurazione borbonica. Le condizioni sociali erano tanto diverse da quelle esistenti prima del decennio che, dopo il primo e gi ricordato decreto di annullamento del 14 agosto 1815, parve saggezza al governo borbonico ripristinare le concessioni. Vi provvide, per quanto riguarda le concessioni dei locali -e fra questi era il Monastero gi dei Carmelitani di Puti-gnano -con il ral decreto 6 novembre 1816 n. 433. Alla corretta interpretazione di codesto decreto giova, da una part, tener presente il suo letterale tenore e, d'altro canto, il paragone con gli altri decreti che furono emanati lo stesso giorno 6 novembre 1816. Si dice nel preambolo: -Letti da Noi i decreti di concessione di vari locali del demanio, durante l'occupazione militare, a' comuni ed altri pubblici stabilimenti, giusta lo stato annesso all'originale del presente decreto, per le quali concessioni i comuni ed i pubblici stabilimenti per nostra sovrana volont provvisoriamente ne sono stati conservati in possesso -; e si dice nell'art. I -Sono confermati in PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE beneficio di ciascun comune o stabilimento pubblico le concessioni dei locali suddetti, dovendosi le medesime considerare come se fossero state da Noi accordate, sanando colla pienezza della nostra potest ogni vizio -e nullit che in dette concessioni fossero cadute tanto per la forma quanto per lo mancamento di facolt dei concedenti. Ci che nel riportato preambolo significativo non la specificazione dei locali del demanio, posto che con tale specificazione si pu indifferentemente avere inteso che i locali continuivano ad essere del demanio dopo la concessione oppure che erano del demanio prima della concessione. Significativo , invece, che sia nel preambolo, sia nell'art. I, si parli di concessione di locali e non di .concessione dell'uso dei locali: non essendo plausibile che il legislatore, i;upposto che volesse limitare la concessione all'uso, non abbia avvertito che la formula era, per lo meno, ambigua. Ancor pi significativo che la sovrana vofont di conservare gli enti nel possesso provvisorio dei locali viene contrapposta alla determinazione di confermare, a beneficio degli enti, le concessioni dei locali, e che tale determinazione si giustifichi con il sol~mne richiamo alla pienezza della potest regia, e che, inoltre, venga .sanata ogni nullit derivante da mancamento di facolt dei concedenti. Non chi non veda come codesti solenni richiami ed insistenti precisazioni sarebbero stati sovrabbondanti ove si fosse trattato di una semplice concessione in uso, come tale .sempre revocabile e provvisoria. Se di questa si fosse semplicemente trattato, il suo annullament~ decretato nel 1815 -con la contestuale conservazione degli enti nel possesso provvisorio dei locali, sarebbe stato un non senso: posto che la mera Concessione dell'uso altro possesso non d che provvisorio e, di conseguenza, essa sarebbe stata .insieme annullata e conservata. chiaro, pertanto, che il provvedimento borbonico del 1815 annull le concessioni in propriet conservandole come concessioni in mero uso, implicanti un possesso provvisorio; e che il decreto dell'anno successivo fece rivivere Ie concessioni in propriet fornendo un titolo di possesso definitivo, e non pi provvisorio come nell'intervallo di tempo fra il decreto d'annullamento e quello di conferma. Ma ancora pi illuminante delle esposte considerazioni di ordine letterale e logico, la constatazione che, nello stesso giorno 6 novem bre 1816, Ferdinando IV o I promulg altri decreti (quello n. 531 a conferma delle concessioni a favore di stabilimenti di educazione, scien za ed arti, quello n. 532 ad analoga conferma a favore degli stabili menti di piet) relativamente ai quali la questione che ne occupa addi rittura non si pu porre. Tali altri decreti, nelle loro rubriche e nei loro testi, parlano, infatti, di conferma delle concessioni di beni, anche rustici, di dotazioni, di concessioni di censi e rendite civili, ossia di beni di spiccato carattere patrimoniale, con esclusiva o prevalente fun zione redditizia, dei quali gli enti che ne venivano favoriti (erano, ad 802 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO esempio, fra questi, i Licei di .Salvatore d~ Napoli, Salerno e Catanzaro ed i collegi di Maddaloni, Lucera, Bari, Lecce, Solmona), potevano avvalersi, ai fini di pubblilca utilit da essi perseguiti, normalmente, mediante un impiego redditizio od anche alienandoli: cose codeste che presuppongono la titolarit del diritto dominicale. Non plausibile che lo stesso monarca, lo stesso giorno, Con provvedimenti recanti tutti una stessa motivazione, abiba voluto attuare criteri diversi di politica legislativa a seconda che si tratasse di fabbricati ovvero di beni rustici o diritti di altra natura. Esatta , pertanto, l'interpretazione (sostenuta da un'autorevolissima dottrina) dei provevdimenti del periodo napoleon iocnel senso -0he le concessioni, con esse disposte e poi confermate dal Borbone, hanno la stessa natura delle concessioni che furono, inseguito, prveiste dalla legge dello Stato Unitario del 7 luglio 1866, numero 3036, e sono, cio, da consid~rarsi come attribuzioni di propriet gravate da un modus e non da una condizione: come risulta dall'art. 20 della citata legge che, a differenza di quanto essa stessa dispone nel suo art. 35 per le concesisoni ai comuni del quarto della rendita corrispondente ai beni delle corporazioni soppresse nei comuni medesimi, onere, gravante le concessioni dei fabbricati ex~conventuali. (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 21 giugno 1971, n. 1952 -Pres. Boccia -Est. Auriti -P. M. Gentile (conf.) -Girondino (avv. Carrieri) c. Amministrazione 1!'. S. (avv. Stato Gentile). Obbligazioni e contratti -Obbligazioni solidali -Pagamento -Surroga legale del condebitore -Limiti -Eccezioni opponibili. (e.e. artt. 1203, n. 3, 1299). Qualora per il fatto dannoso siano obbiigati in solido al risarcimento pi soggetti, quello di essi che, escluso dal creditore, abbia effettuato ii pagamento deU'intero, ha regresso verso ciascuno dei coobbligati nei limiti della quota determinata dalla rispettiva colpa ed entit delle con- L'art. 1203, n. 3 di0spone espressamente che la surrogazione ha luogo a favore di chi, essendo tenuto con altri o per altri al pagamento del debito, aveva interesse a soddisfarlo, ed opinione comune che la surroga legale operi a favore del condebitore solidale che ha pagato. Ofr. Oass. 12 novembre 1960, n. 3025; 20 ottobre 1959, n. 2996 ecc. In dottrina G10RGI, Teoria gen. delle obblig., 1910, vol. VII, 291 e segg.; GRosso, Teoria gen. delle obbl. e contratti, 1948, pagg. 57 e 148; MEssINEO~ Manuale, 1950, II, 197. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 803 seguenze relative, ed surrogato nei diritti del creditore verso l'altro condebitore, che pu opporre non solo le eccezioni derivanti dal rapporto interno tra di essi condebitori solidali ma anche quelle inerenti al rapporto esterno coin il creditore, sulla esistenza ed ammointare del debito pagato, che si coocretano in fatti estintivi, limitativi o impeditivi della pretesa creditoria. (Omissis). -Col primo mezzo il ricorrente denuncia l'errata interpretazione ed applicazione dell'art. 1304 e.e. e sostiene che, poiichi egli aveva dichiarato di non voler approfittare della transazione stipulata tra la sua condebitrice solidale Amministrazione FF. SS. e le creditrici sorelle Giuliano, la Corte di merito non avrebbe potuto condannarlo a rimborsare alla detta Amministrazione la met della somma della stessa corrisposta alle sorelle Giuliano in virt dell'atto transativo. La censura infondata. Invero, come p~cifico fra le parti, con la menzionata sentenza penale della Corte di Appello di Bari, passata in cosa giudicata, il Girondino ed il Degni, dipendente dell'Amministrazione FF. SS. e del cui operato la detta Amministrazione era quindi tenuta a rispondere, vennero condannati in dipendenza della ritenuta foro colpevolezza per concorso nel reato di omicidio colposo; a risarcire in solido alle sorelle Giuliano i danni derivanti dalla morte del loro genitore. In conseguenza, l'Amministrazione FF. SS. avendo integralmente risarcito i danni alle sorelle Giuliano, come rimasto accertato nel giu dizio di merito ed altresi pacifico fra le parti, aveva diritto a ;promuo vere azione di regresso, nei confronti del condebitore solidale Girondino, della met della somma da essa corrisposta alle dette sorelle Giuliano. Tale azione, come la denunciata .sentenza ha esattamente rilevato, non era fondata sull'art. 1304 e.e., invocato dal ricorrente, che dispone che la transazione fatta dal creditore con uno dei .condebitori in solido non produce effetto nei confronti degli altri, se questi non dichiarino di volerne approfittare, bensi sull'art. 11203; n. 3 e.e., rettamente appli cato dalla corte di merito, il quale dispone che la surrogazione ha luogo di diritto a vantaggio di colui che, essendo tenuto con altri o per altri al pagamento del debito, aveva interesse a soddisfarlo. Se il fatto dannoso , come nella specie, imputabile a pi soggetti (il Degni ed il Girondino) e se quindi tutti sono obbligati al risarci- Al condebitore che ha paigato concessa altresl l'azione di regresso disciplinata daiH.'art. 1299 e.e., la quale per, a differenza deLla prima che rende il surrogante portatore del diritto del creditore soddisfatto, costituisce invece un'azione propria di colui che chiede il pagamento di ci che ha pagato ad altri. Cfr. M1cc10, Commentario, 1966, vol. IV, tomo I, pagg. 505 e segg. 804 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mento, il creditore pu rivolgersi contro uno soltanto di essi e pretendere l'intero risarcimento (c.d. rapporto esterno), mentre il coobbligato escusso ha regresso contro ciascuno degli altri coobbligati, ma limitatamente alla misura determinata dalla gravit della ri~ttiva colpa e dell'entit delle conseguenze che ne sono derivate: c.d. rapporti interni (Cass. 15 luglio 1964, n. 1905). Il condebitore solidale (nel caso presente, l'Amministrazione FF. SS.), che ha adempiuto l'obbligazione, estinguendola, surrogato nei diritti del creditore (nel caso presente, le sorelle Giuliano) verso l'altro condebitore (il Girondino), il quale, per neutralizzare l'azione di regresso, pu far valere nei Confronti del coobbligato adempiente non soltanto le eccezioni relative al rapporto interno di debitori solidali, ma anche quelle opponibili al creditore in ordine alla esistenza ed all'ammontare del debito pa~ato e che si Concretino nella deduzione di fatti estintivi, limitativi o impeditivi della pretesa creditoira (Cass. 2-0 ottobre 1959, n. 2996). Senonch, il Girondino non ha fatto valere, nel giudizio di merito, alcuna delle dette eccezioni, n nei rapporti interni verso la condebitrice solidale Amministrazione FF. SS. n verso le creditrici sorelle Giuliano Ne deriva che legittimamente la Corte di merito ha ritenuto Che l'Amministrazione FF. SS., avendo risarcito integralmente alle sorelle Giuliano i danni cui era tenuta. in solildo coll Girondino, avesse diritto .all'azione di regresso nei confronti dello stesso Girondino, nei limiti della :ritenuta responsabilit di quest'ultimo, in quanto ricorrevano nella specie le due condizioni, richieste dalla legge ;per la sorrogazione legale di cui al n. 3 dell'art. 12-03 e.e., ossia quella dell'assistenza, in concreto, dell'obbligo giuridico dell'Amministrazione FF. SS. di pagare il debito per un altro (il Girondino) e quella dell'esistenza di un rapp-0rto che attribuiva alla prima una ragione di regresso verso il secondo (Cass. 12 novembre 1960, n. 3025). Col secondo mezzo il ricorrente denuncia l'errata applicazione del l'art. 1203, n. 3 e.e., perch ilcredito, nel quale l'Amministrazione FF.SS. aveva inteso surrogarsi, non era certo e liquido, e la detta Ammini strazione non ne aveva provato l'esistenza e l'ammontare. Anche questa censura infondata. Invero, la Corte di merito ha accertato che la somma di L. 900.000, pari.alla met di quella corrisposta dell'Amministrazione FF. SS. alle sorelle Giuliano, nella quale la detta Amministrazione intendeva surro garsi ai diritti delle creditrici sorelle Giuliano, era congrua ed equa e non risultava eccessiva in relazione alla natura del danno ed alle origi narie richieste delle creditrici. Orbene, il convincimento espresso dal giudice di merito in ordine all'entit del danno risarcibile si risolve in un apprezzamento di fatto, sottratto al sindacato di legittimit, se, come nel:la specie, cogruamente e logicamente motivato (Cass. 21 febbraio 1970, n. 398). -(Omissis). PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 805 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 8 luglio 1971, n. 2157 -Pres. Favara Est. Milano -P. M. Chir (conf.) -Coluori (avv. De Filippis e Angelucci) c. Ministero Difesa-Esercito e Ministero Industria e Commercio (avv. Zoboli), Giorgi (avv. Mastrobuono) e Olivetti (avv. Lulani). Procedimento civile -Sospensione dei termini processuali disposta dalla legge 1965 n. 818 -Applicabilit ai soli termini compresi nel periodo feriale -Sospensione disposta dalla legge n. 742 del 1969 -Efficacia retroattiva -Esclusione. (legge 14 luglio 1965, n. 818, art. 1; legge 7 ottobre 1969, n. 742). Impugnazione -Impugnazioni civili -Cause scindibili -Decorrenza unica del termine -Condizioni. (c.p.cc. artt. 326, 332). La sospensione dei termini processuali disposta dalla legge 14 luglio 1965, n. 818 opera soitanto nel caso in cui iL termilne venga a scade1 e nel periodo feriale compresso trait 10 agosto ed il 15 settembre. La legge 7 ottobre 1969, n. 74.2, con la quale stata invece disposta la sospensione del decorso dei termini processuali dal 1 agosto al 15 settembre di ogni anno, non ha efficacia retroottiva (1). Nel processo con pluralit di parti, il principio del.la decorrenza unica del termine per la proposizione del gravame nei confronti di t'l,f,tte Le parti tra loro, quando la notificazione sW. stata fatta ad istanza di una soltanto di esse, trova applicazione anche al di fuori dell'ipotesi di litisconsorzio necessario o di causa inscindibile, ove la decisione incida su di un unico rapporto giuridico sostamziale, anche se si verta in tema di obbligazioni divisibili (2). (1) Giurisprudenza pacifica, cfr. Cass. 21 marzo 1970, n. 767; 17 marzo 1970, n. 706; 28 giugno 1969, n. 2338 ecc. La Corte di Cassazione, cfr. sent. 24 aprile 1971, n. 1191 in Foro It., 1971, I, 1749, ha altresi ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimit costituzionale dell'art. 1 legge 1965, n. 819, sia per il profilo che pur intendendo il legiS.latore concedere un periodo feriale agli esercenti la professione lega'le, una tale finalit non aveva inteso assicurare .indiscriminatamente, sia perch la pi favorevole normativa introdotta dalla successiva legge 1969, n. 742 non valeva ad inficiare, per ci stesso, di illegittimit costituzionale sopravV'enuta la norma. Per una approfondita disamina delle due leggi in materia cfr. TARZIA, Una nuova legge sulla sospensione dei termini processuali nel periodo feriale, in Riv. Diritto processuale, 1970, 90 e segg. con richiami di dottrina e giurisprudenza. (2) Giurisprudenza costante. 7 806 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Preliminarmente si rileva che, come eccepito dal Giorgi e dall'Olivetti, il ricorso inammissibile perch proposto oltre il termine perentorio di giorni sessanta previsto dalla iegge. .Come dianzi si precisato, la sentenza della Corte d'appello di Roma fu regolarmente ntificata dalle resistenti Amministrazioni al Caluori ed al Chiarinelli il 25 agosto 1969, per cui H termine per l'impugnazione scadeva il giorno 24 ottobre 1969, mentre il gravame stato proposto il 13 novembre successivo, ossia venti giorni dopo che era scaduto n termine utile. Benvero che la decorrenza del termine per la impugnazione ebbe inizio durante la sospensione dei termini ;processuali nel periodo feriale, ma, come ormai ius receptum di questa Corte Suprema, la disposizione dell'art. 1 della legge 14 luglio 1965, n. 818, sia in base alla interpretazione letterale che a quella logica, deve essere intesa come riferentesi all'ipotesi in cui l'ultimo giorno del termine processuale venga a scadere entro il 1 agosto ed il 15 settembre di ciascun anno e non , quindi, applicabile ai termini che, come si verifica nella fattispecie, scadono successivamente, anche se il foro decorso aibbia avuto inizio prima o durante il periodo di cui alla norma indicata. N vale obiettare, come si obietta dal patrocinio dei ricorrenti, che la decadenza non si sarebbe nella specie verificata per effetto della so-. pravvenuta legge 7 ottobre 1969, n. 742, con cui stata disposta la so spensione per il suindicato periodo di tempo del decorso dei termini pro cessuali, che riprendono, quindi, a decorrere alla fine del periodo medesimo. Questa nuova legge, come questa Corte ha gi avuto oecasione di affermare con le recenti sentenze n. 1216 del 4 settembre 1970 e n. 146-0 del 15 settembre 1970, essendo innovativa e non interpretativa della pre cedente legge ed essendo entrata in vigore il 6 novembre 1969 (giorno della sua pubblicazione .nena Gazzetta UffciaLe), non pu essere appli cata alle situazioni gi esaurite (come quella di specie) e compiute sotto il vigore della legge precedente. Non pu, itllfine, essere Condivisa la tesi prospettata dalla difesa dei ricorrenti nella memoria illustrativa secondo cui il ricorso dovrebbe, comunque, ritenersi ritualmente proposto contro i resistenti Giorgio ed Olivetti, che non hanno provveduto alla notificazione della sentenza, posto che, non vertendosi in tema di litisconsorzio necessario, non po trebbero ad essi estendersi gli effetti della notificazione della sentenza eseguita dalle Amministrazioni. Ed invero, come pi volte ha avuto occasione di affermare questa Suprema Corte, nella ipotesi di processi con pluralit di parti, il prin cipio della decorrenza unica del termine per la proposizione del gra vame nei confronti di tutte le parti tra loro, quando la notificazione J>ta stata fatta ad istanza di una soltanto di esse, trova applicazione, non PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE soltanto quando ricorra un'ipotesi di litisconsorzio necessario, o di causa inscindibile, ma anche quando la decisione incida su un unico rapporto giuridko sostanziale, anche se si verta in tema di obbligazioni divisibili (Cass. sentenze n. 599 e n. 808 del 1961, n. 818 del 1962, n. 351 del 1'960, n. 3050 e n. 3873 del 1969). Nella specie, ricorre, appunto, quest'ultima ipotesi, ove si consideri che gli odierni ricorrenti hanno posto a fondamento della loro domanda di risarcimento di danni omissioni e comportamenti vari che, posti in essere da dipendenti delle resistenti Amministrazioni e, in particolare dell Giorgi e dell'Olivetti, costituirebbe fonte di responsabilit non soltanto per quest'ultimi, ma anche, in virt del rapporto di immedesimazione organica, per le stesse Amministrazioni. E se innegabile che, ove si faccia questione di responsabilit civile della Pubblica Amministrazione e di singoli funzionari o dipendenti, autori del fatto dannoso, tra le due cause esiste soltanto un vincolo di connessione materiale per l'oggetto od il titolo, che d !luogo ad un litisconsorzio facoltativo proprio e non necessario, si deve tuttavia riconoscere che in tale ipotesi la emessa decisione incida su un unico rapporto giuridico sostanziale comune a tutte le parti e che, di conseguenza, il.a decisione stessa non pu non passare in cooa giudicato in un unico momento nei confronti di tutti i soggetti del rapporto processuale. -(Omissis). SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA CONSIGLIO DI STATO, Ad. pl., 26 gennaio 1971, n. 1 -Pres. Vetrano Est. Brignola -De Rosa (avv.ti Piras, Lanocita e Cervati) c. Ospedali riuniti di Salerno (avv. Volpe), Comune di Salerno ed altri (n.c.). Competenza e giurisdizione -Interesse legittimo -Nozione. Competenza e giurisdizione -Organizzazione degli uffici pubblici Interesse del dipendente -Non sussiste. Si qualifica come interesse legittimo l'interesse i71;dividuale strettamente connesso con queUo pubblico e da quest'ultimo indirettamente protetto. In materia di riorganizzazione di reparti ospedalieri non sussiste l'interesse del pubblico dipendente aUa conservazione deUe precedenti j strutture e competenze, in mancanza deUa necessaria connessione fra 1 l'interesse-pubblico ai migliora.mento dei servizi di assistenz ospedaliera e queUo deUo status personale del dipende'nte, che non ne risulti in alcun modo neppure indirettamente modificato (1). (1) Giurisprudenza costante: cfr. Ad. pl. 26 febbraio 1965, n. 5 ne Il Consiglio di Stato, 1965, I, 133. CONSIGLIO DI STATO, Ad. pl., 6 aprile 1971, n. 3 -Pres. Vetrano Est. Granito -Michitto (avv. Sandulli) c. Ufficio Elettorale centrale presso Tribunale di S. Maria Capua Vetere, Commissione elettorale mandamentale del Comu;ne di Casagiove, Prefetto e Amministrazione provinciale di Caserta (n. c.). Competenza e giurisdizione -Elezioni amministrative -Operazioni elettorali -Controversie -Competenza del Consiglio di Stato. (*) Alla redazione delle massime delle note di questa Sezione ha collaborato anche l'avv. FRANCESCO MARIUZZO. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 809 Competenza e giurisdizione -Elezioni amministrative -Competenza del .Consiglio di Stato -Limiti. In materia di operazioni elettorali amministrative l'interesse pubblico e generale della coilettivitd preminente rispetto a quello personale dei singoli candidati, La cui posizioneJ in conseguenza, si configura come di mero interesse legittimo, tutelabile davanti al Consiglio di Stato a seguito .de'lla dichiarazione di illegittianitd costituzionale dell'art. 2 della l. 23 dicembre 1966, n. 1H7. (1). Sussiste la competenza giurisdizionale deil'A.G.O. non appena sia divenuto inoppugnabile l'atto di proclamazione degl.i eletti, mentre al .contrario, la giurisdizione amministrativa si configura nell'ipotesi che detto provvedimento sia impugnato, quale atto finale di un procedimento amministrativo ispirato in ogni sua fase al pubblico interesse (2). (1-2) Corte Cost. 27 maggio 1968, n. 49 in questa Rassegna, 1968, I, 365 e riferimenti ivi indicati. Cfr. SS.UU. 30 settembre 1968, n. 3043, in Giust. civ., 1969, I, 210; SS.UU. 14 aprile 1969, n. 1179, in Giust. civ., 1969, I, 998; SS.UU. 26 maggio 1969, n. 1863, in Giust. civ., 1969, I, 1405. Contrariamente all'indirizzo ora precisato dall'Adunanza plenaria si era pronunciata la V Sezione con decisioni del 22 aprile 1969, n. 334 ne n Consiglio di Stato. I, 599 e 9 dicembre 1969, n. 1565, ivi, J, 2546. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 2 _marzo 1971, n. 183 -Pres. Mezzanott -Est. Melito -Imperi (avv. Trotta) c. Comune di Cerreto Laziale (avv. Baiocchi). Cosa giudicata. -Esecuzione -Ricorso ex art. 27, n. 4 -Presupposti Assenza di giudicato n~i confronti della P. A. -Inammissibilit del ricorso. (art. 27, n. 4 t.u. 26 giugno 1924, n. 1054). L'esperimento del ricorso per l'esecuzione del giudicato subordinato, oltre che all'esistenza obbiettiva della cosa giudicata, alla circostanza che la sentenza, di cui si lamenta l'inesecuzione, sia resa nei confronti della Pubblica Amministrazione (1). . (1) Giurisprudenza costante: vedasi per riferimenti in generale al problema del giudicato, civile e amministrativa, ed alla sua esecuzione gli atti del Convegno tenutosi a Napoli il 23, 24, 25 aprile 1960, GrnFFR, 1962. 810 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 2 marzo 1971, n. 188 -Pres. Barra Carac<: iolo -Est. Bernardinetti Restano (avv. Guerra) c. Mini.stero Difesa (avv. Stato-Mataloni). Impiego pubblico Procedimento disciplinare Contestazione del fatto tratto dall'accertamento compiuto in sede penale -Legittimit. Impiego pubblico -Procedimento disciplinare -Contestazione degli addebiti -Irrogazioni per gli stessi fatti di sanzioni diverse da parte di distinte Commissioni di disciplina -Eccesso di potere per disparit di trattamento -Insussistenza. Impiego pubblico -Procedimento disciplinare e delle prove -Discrezionalit. -Valutazione dei fatti La contestazione dei fatti all'interessato, cos come traiti dalla sentenza penale di condanna divenuta irrevocabile, non pu essere censurata sul piano deLla legittimit,, ove contenga sia pure sobriameinte la specificazione dei fatti posti a base-del procedimento disciplinare (1). legittima l'irrogazione di sanzioni diverse per gli stessi fatti, nell'ipotesi che la concreta valutazione degli addebiti sia effettuata nel corso di autonomi procedimenti disciplinari e da parte di distinti orgarni amministrativi (2). La valutazione sulla sussistenza e sulla gravit, dei fatti contestati, ove sia sorretta da un motivato apprezzamernito, insindacabile in sede di legittimit, (3). I . ' (1) Cfr. IV 2 marzo 1971, n. 186 ne n Consiglio di Stato, 362. (2) Massima esatta. (3) Cfr. IV 8 marzo 1967, n. 73 in questa Rassegna, 1967, 409. CONSIGUO DI STATO, Sez. IV, 2 marzo 1971, n. 190 -Pres. BarraCarac<: iolo -Est. Felici -S.p.A. Jupiter (avv. Tornassi) c. Ministero Difesa (avv. Stato Carusi). Contratti pubblici -Qualificazione del rapporto -Accertamento del concreto intento negoziale perseguito dalle parti -Necessit. Contratti pubblici Qualificazione del rapporto -Richiamo al Capitolato d'oneri delle forniture -Valore Clausola diretta ad escludel."e la rivalutazione del compenso -Legittimit. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 811 Contratti pubblici-Revisione prezzi -Diniego basato sulla qualificazione del rapporto contrattuale -Legittimit. Competenza e giurisdizione -Contratti pubblici -Revisione prezzi Giurisdizione del Consiglio di Stato -Limiti. Non coincidendo integralmente la fornitura di materiale deila P.A. con le ordinarie forme di scambio tra privati l'accertamento della natura del rapporto va fatto esctusivamente sulla base dell'intento negoziale, quale risulta in concreto essere stato perseguito dai contraenti (1). n richiamo espresso, formulato nei contratto, al Capitolato d'.oneri deUe forniture elemento sufficiente per configurare il c01itratto stesso come di approvvigionamento, anzich come contratto d'appalto per la costruzione di opere ptUbbiiche, con la conseguenza che, non essenQ,o i contratti di pubblica fornitura sottoposti necessariamente alla revisione dei prezzi, la clausola ostativa a detta revisione non appare censurabile sul piano della legittimit, trovando la swa fonte esclusiva nella volont delle parti (2). Il provvedimento di diniego dell'istanza di revisione prezzi aware sufficientemente motivato dal richiamo alla natura giuridica ed al contenuto del contratto, previo accertamento dell'inesistenza dei presupposti necessari per accordare la revisione dei prezzi concordati (3). Rientrano nella giurisdizione del Consiglio di Stato le controversie aventi ad oggetto la revisione dei prezzi contrattuati nella sola ipotesi che detta revisione sia prevista dalla legge, mentre, al contrario, ove la previsione relativa. sia contenuta nel contratto trovandosi espticita soluzione, le censure avanzate in ordine alla legittimit del diniego sono inammissibili, sfuggendo in tal caso la vertenza alla generale cognizione di legittimit del giudice amministrativo (4). (1-2-3-4) Massime da condividere. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 9 marzo 1971, n. 22:5 -Pres. Mezzanotte -Est. Giura -Timossi (avv.ti Marcellini e Menghini) c. Provveditorato regionale 00.PP. per la Liguria (avv. Stato Albisinni) e Comune di Serra Ricc (avv. Tanello). Espropriazione per pubblica utilit -Dichiarazione di indifferibilit e occupazione d'urgenza -Impugnazione cumulativa -Ammissibilit. 812 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Espropriazione per pubblica utilit -Pubblica utilit dichiarata per legge -Individuazione del provvedimento impugnabile - il decreto di esproprio. Possono essere impugnati con l.o stesso ricorso giurisdizional.e, trattandosi di atti tra foro connessi, il. decreto che dichiara l'indifferibiLilt e l'urgenza deHe opere e ii decreto di occupazione (1). Nell'ipotesi che la pubbiica util.it delle opere da reaiizzare sia dichiarata con legge gl.i atti che nel procedimento precedono ii provvedimento definitivo, non sono autonomamente impugnabili, essendo m,eramente preparatori rispetto aL decreto d'esproprio (2). (1-2) Giurisprudenza costante. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 9 marzo 1971, n. 231 -Pres. Potenza Est. Felici -Fico (avv. Tropea) c. Ministero di Grazia e Giustizia (avv. Stato Gentile) e Romano (n.c.). Impiego pubblico -Promozione -Merito comparativo -Criteri di massima -Determinazione del punteggio massimo per le sole categorie relative a titoli di studio universitari -Le~ittlmit. Impiego pubblico -Promozione -Merito comparativo -Attitudine alla qualifica superiore -Parere della Commissione di vigilanza Non vincola~te per la Commissione ~iudicatrice. Impiego pubblico -Promozione -Merito comparativo -Attitudine alla qualifica superiore -Elementi valutabili -Legittimit. Ai fini della promozione per merito comparativo dei Cancel.lieri e dei Segretari giudiziari legittima, in sede di prefissione di criteri direttivi, la val.utazione dei titol.i di studio in possesso dei candidati a seconda del foro diverso valore, universitario o di scuola media superiore, essendo essa giustificata dal. pi approfondito livello di preparazione richiesto per i titoli di grado superiore, riflettendosi in generale sulla complessiva p1eparaziooe cui.turale dei singoli partecipanti allo scrutinio (1). It parere in precedenza espresso ai fini dello scrutinio da parte della Commissione di vigilanza non vincolante rispetto all'autonoma valuta (1-2-3) Giurisprudenza costante. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 813 zione da compiersi in sede di scrutinio, risolvendosi in una generica valutazione di idoneit allo svolgimento delle mansioni superiori (2). La valutazione dell'attitudine aUo svolgimento di mansioni superiori va rapportata non soltanto ai risultati dell'esame delle altre categorie di titoli, ma anche ai rapporti informativi e ad ogni ulteriore elemento utile risultante dai fascicoli personali dei candidati (3). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 9 marzo 1971, n. 2.37 -Pres. Potenza Est. Pianese -Monterosso (avv. Marzano) c. Ministero Finanze (avv. Stato Ricci). Impiego pubbligo -Procedimento disciplinare -Termine ex art. 120 t.u. 10 gennaio 1957, n. 3 -Perenzione -Non sussiste. (art. 120 t.u. 10 gennaio 1957, n. 3). Impiego pubblico -Procedimento disciplinare -Annullamento in sede giurisdizionale -Rinnovazione dell'atto viziato -Legittimit. (art. 119 t.u. 10 gennaio 1957, n. 3). Impiego pubblico -Procedimento disciplinare -Valutazione dei fatti e delle prove risultanti da distinte statuizioni penali -Insufficienza -Illegittimit. L'estinzione del procedimento disciplinare nel termine di novanta giorni presuppone la completa inattivit deila P. A. nei periodo co'llSiderato, ed a tal fine vanno considerati tutti gli atti interruttivi, anche meramente interni, posti in essere medio tempore all' Amministro.zione (1). A seguito di annullamento intervenuto in sede giurisdizionale di taluni atti del procedimento disciplinare legittimamente l'Amministrazione d nuovamente impulso all'azione disciplinare rinnovando gli atti annullati (2). La Commissione di disciplina ha il potere, in sede di rinnovazione del procedimento, di valutare autonomamente i fatti e le prove emerse nei confronti del dipendente in sede penale con l'obbLigo, tuttavia, reso pi intenso dalla presenza di contrastanti statuizioni penali, di procedere all'esame di tutti i fatti e delle prove allo scopo di motivare adeguatamente l'eventuale convincimento suUa colpevolezza, cui ritenga di dover pervenire. (1-2) Appliicazione di principi generali: cfr. IV 20 apri:le 1971, n. 453 ne Il Consiglio di Stato, 1971, I, pag. 728. (3) L'affermazione costituisce un coronario del generale obbligo di motivare gli atti contenenti statuizioni sfavorevoli agli intere.ssati. 814 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 16 marzo 1971, n. 27'9 -Pres. Potenza -Est. Catallozzi -Cor.bino (avv. Ferrante) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Dallari). Impiego pubblico -Infortunio in itinere -Dipendenza da causa di ser vizio -Riconoscimento -Mezzo di trasporto utilizzato -Limiti. (art. 2 I. 4 agosto 1955, n. 721). Legittimamente l'Amministrazione rifiuta il riconosci.mento della causa di servizio neU'ipotesi di lesioni riportate dal dipendente infortunatosi a seguito di un incidente stradale occorso in occasione del servizio, ove non sussista la previa autorizzazione all'uso del mezzo personale (1). (1) Massima esatta. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 16 marzo 1971, n. 280 -Pres. Potenza Est. Catallozzi -Coop. ed. Esattoriali (avv. Silva) c. Provveditore regionale 00. PP. per la Campania e Prefetto di Napoli (avv. Stato Lancia). Amministrazione provinciale di Napoli (avv. Florio e del Pozzo) e Comune di Boscotrecase (n.c.). Espropriazione per pubblica utilit -Strade -Approvazione del progetto dei lavori -Equivale a dichiarazione di pubblica utilit Effetti. (artt. 18 e 22 I. 12 febbraio 1958, n. 126 e art. 2 I. 26 gennaio 1963, n. 31). L'apprO'Vazione del progetto di lavori stradali da parte del Ministero dei LL. PP. o del Provveditore alle 00. PP. e la correlativa concessione del contributo dello Stato equivalgcmo a dichiarazione di p.u. e non sono, per tali ragioni, soggette alla pubblicit prevista in via generale della l. 25 giugno 1865, n. 2359 (1); (1) Cfr. IV, 15 maggio 1968, n. 343 e n. 663, Il Consiglio di Sbato, 1968, I, 801 e 1500; Ad. plen. 24 gennaio 1961, n. 10, ivi, I, 649. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 16 marzo 1971, n. ,283 -Pres. Potenza Est. De Roberto -Colucci (avv. S. A. Brusca) e altri c. Ministero di Grazia e Giustizia (avv. Stato Peronaci). Atto amministrativo -Atto collegiale -Composizione del collegio Partecipazione di congiunto ad un soggetto interessato alla deliberazione -Illegittimit. L'esistenza di una situazione di incompatibilit dipendente dal legame di parentela esistente fra un membro della Commissione di scrutinio PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 815 ed un soggetto partecipante a quest'ultimo rende iHegittlma la composizione dell'organo collegiale e, in conseguenza, i provvedimenti di questo emanati, a nulla rilevando l'indagine sulla eventuale assoluta imparzialit e l'indipendenza di giudizio in concreto dimostrata (1). (1) G~urisprudenza costante sul principio generale motivato da esigenze di imparzialit nell'esercizio di funzioni pubbliche. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 30 marzo 1971, n. 366 -Pres. Mezzanotte -Est. Catallozzi -Istituto Autonomo Case Popolari di Latina (avv. Zeppieri e Vinciguerra) c. Commissione Centrale di vigilanza per l'edilizia popolare ed economica (avv. Stato Dallari) e Abbate (avv. Mele). Edilizia popolare ed economica -Assegnazione alloggi -Competenza della Commissione Centrale ex art. 14 D. P. R. 17 gennaio 1959, n. 2 -Limiti. Con l'entrata in vig~re della l. 27 aprile 1962, n. 231, che ha semptificato la procedura di trasferimento in propriet degti alloggi di tipo popolare ed economico, l'originaria competenza in sede contenziosa della Commissione Centrale di Vigilanza si ristretta atte sole assegnazioni, previste in via generale daU'art. 14 del d.P.R. 17 gennaio 1959, 2, di aUoggi mai attribuiti in locazione o in propriet, ovvero che siano rimasti liberi per rinunzia, decadenza o morte (1). (1) Massima esatta. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 30 marzo 1971, n. 367 -Pres. BarraCaracciolo -Est. De Roberto -Fabbri (avv. Adami) c. Ministel'.o Trasporti (avv. Stato Giorgio Azzariti). Impiego pubblico -Orario di lavoro -Determinazione con circolare -Necessit di impugnazione in termine -Non sussiste. Impiego pubblico -Orario di lavoro -Disciplina introdotta dal decreto 17 settembre 1939 - in vigore. I provvedimenti con cui il Direttore Generale dell'Azienda Autonoma deite FF. SS. ha impartito istruzioni suUo svolgimento deU'orario di lavoro da esigere dal personale dipendente non spiegano effetti im 816 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mediati nei confronti degli interessati, cui non fa carico correlativamente un autonomo onere di impugnativa in termine. La disciplina speciale e differenziata dal lavoro dei pubblici dipendenti della Capitale, introdotta con decreto 17 settembre 1939 in dipendenza delle necessit di guerra, stata formalmente recepita nelle disposizioni di legge di cui agli artt. 4 del d.P.R. e 11 gennaio 1956, nn. 17 e 14 del t.u. 10 gennaio 1957, n. 3. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 6 aprile 1971, n. 426 -Pres. Mezzanotte -Est. De Roberto -Amici (avv. Guarino) c. Ministero Difesa (avv. Stato Del Greco). Giustizia amministrativa -Procedimento giurisdizionale -Perenzione per inattivit delle parti -Presupposti e limiti. L'inattivit delle parti che si prolunghi per un biennio causa della perenzion-e del procedimento giurisdizionale nel caso in cui la fase del processo richieda esciusiva,mente l'iniziativa delle parti, fattispecie quest'ultima non ricorrente nell'ipotesi di ordinanza presidenziale istrut I toria emanata dopo la cancellazione della causa dal ruolo e notific'ata alla sola Amministrazione parte del giudizio amministrativo e non al i I (ricorrente. i (1) Con questa decisione la Sezione ha disposto la revocazione della precedente sentenza 29 apTile 1969, n. 141, che aveva dichiarato la perenzior ne del ricorso suHa base dell'erroneo presupposto dell'inattivit per due anni del rkorrente. ' I CONSIGLIO D !STATO, Sez. IV, 16 aprile 1971, n. 451 -Pres. Mere gazzi -Est. Bernardinetti -Turchetto (avv. Capezza) c. Ministero Difesa (avv. Stato Dallari). I Impiego pubblico -Promozione -Discrezionalit della P. A. -Limiti. I (art. 1 d.P.R. 18 novembre 1965, n. 1479, art. 2 1. 12 dicembre 1962, n. 1862). I Nell'ipotesi che la legge disponga la costituzione di u.n 1uolo organico, sia pure in via temporanea, illegittimamente viene disposto il conferimento di un solo posto, anzich di quelli p1evisti nella tabella organica, dovendosi ritenere cogente per la P. A. l'interesse al pieno e tempestivo funzionamento nel nuovo Ufficio costituito. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 817 CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 20 aprile 1971, n. 452 -Pres. Barra Caracciolo -Est. Granito -Cantarella ed altro (avv. Fragola U.) c. Ministero della Sanit e Prefetto di Napoli (avv. Stato Lancia) e Paparotti (avv. La Torre). Giustizia amministrativa -Procedimento giurisdizionale davanti al Consiglio di Stato -Morte del ricorrente -Interruzione del processo -Non sussiste. (art. 92 r.d. 1097, n. 642). Farmacia -Morte del titolare -Assegnazione per concorso -Invito del Prefetto al vincitore del concorso di accordarsi sull'importo dell'indennit di avviamento-Atto preparatorio -Impugnazione -Inammissibilit. (art. 110 t.u. 27 luglio 1934, n. 1265). Atto amministrativo -Assegnazione di farmacia al vincitore del concorso - atto definitivo. (art. 105 t.u. 27 luglio 1934, n. 1265). Farmacia -Morte del titolare -Pagamento degli arredi, provviste e dotazioni -Contestualit alla consegna della farmacia -Non occorre. Diversamente da quanto accade nel processo civile il giudizio am- ministrativo non si interrompe per la morte deUa p.wrte o del suo difensore, trovando detta disciplina la sua giustificazione neUa particolare struttura, funzione e disciplina del processo davanti ai Consiglio di Stato (1). L'iwvito rivolto dal Prefetto ai vincitore del concorso indetto per l'assegnazione di una farmacia, resasi vacante per la morte' del suo titolare, ed agli eredi di quest'ultimo allo scopo di avviare contatti per il versamento dell'indennit di avviamento e per il rilievo degLi arredi (1) La massima non sembra possa essere condivisa, in quanto le norme del c,p,c. relative all'interruzione del processo esprimono delle esigenze di carattere generale in merito all'immediata rilevanza sul piano processuale di taluni eventi che riguardano direttamente le parti o i loro difensori nella . loro concreta partecipazione al giudizio; ove si consideri, poi, che la motivazione della sezione si richiama esclusivamente al carattere autonomo del giudizio amministrativo, la conclusione sopra indicata appare ancora pi persuasiva alla Luce di quanto stato deciso, sia pure per altra fatti!llpecie, dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con decisione 18 settembre 1970, n. 1563 in questa Il.assegna, 1970, I, 1079. 818 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO si cori:figura quale atto preparatorio del procedimento d'assegnazione, inidoneo come tale a ledere direttamente la posizione soggettiva di terzi. n provvedimento di assegnazione di farmacia a seguito delL'espletamento di concorso ha carattere definitivo ed in conseguenza di ci inammissibile il ricorso proposto avverso il preteso silenzio -rigetto del ricorso gerarchico avanzato contro il predetto atto. La corresponsione dell'indennit per ii riliev'o degli arredi, provviste e dotazioni della farmacia, dia determinarsi in caso di disaccordo fra le parti con l'intervento della Commissione provinciale prevista dall'art. 105 del t.u. 27 luglio 1934, n. 1265, pu effettuarsi anche successivamente alla consegna della farmacia dia parte degli eredi del plJ'Jecedente titolare. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 20 aprile 1971, n. 463 -Pres. Potenza Est. Felici -Pane (avv. Gava) c. Ministero Pubblica Istruzione (avv. Stato Carafa). Bellezze naturali -Costruzioni edilizie sottoposte a vincolo della Sovrintendenza -Inosservanza delle prescrizioni relative -Ordine di demolizione -Soggetto passivo - il costruttore. (art. 15 1. 29 giugno 1939, n. 1497). Bellezze naturali -Costruzioni edilizie sottoposte a vincolo dalla Sovrintendenza -Omessa impugnazione -Inosservanza delle prescrizioni relative -Effetti. Bellezze naturali -Costruzioni edilizie -Ordine di demolizione -Eccesso di potere per omessa demolizione di altre costruzioni realizzate in difformit ai vincoli -Non sussiste. Soggetto passivo deU'ordine di demoLizione delle opere abusivamente eseguite deve ritenersi, ai sensi di quanto previsto dall'art. 15 della l; 29 giugno 1939, n. 1497, colui che abbia eseguito l'opera con violazione dei limiti in precedenza posti alla sua attivit, a nulla rilevando la circostanza 'che la propriet dell'immobile sia stata venduta a terzi in tutto o in parte (1). (1-2) Massime esatte e coerenti nella loro impostazione. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 819 L'omessa impugnazione del provvedimento prescrivente i vincoli da realizzare per una costruzione edilizia, emanata dalla Sovrintendenza ai Monumenti, comporta l'inammissibilit del ricorso pr'!posto avverso l'ordine di demoUzione emesso sul presupposto della inosservanza delle prescrizioni gi disposte, non essendo configurabile un accertamento incidenter tantum della invaiidit di atti divenuti inoppugnabili, n l'annullamento dell'atto conseguenziale in via derivata, che pu derivare, infatti, esclusivamente da un'invalidazione pregressa o contestuale dell'atto presupposto (2). L'esistenza di abusi edilizi realizzati da privati in epoca anteriore all'imposizione del vincolo dimostra in modo palese la necessit di una azione amministrativa diretta ad evitare l'espandersi del disordine edilizio ed in s e per s considerata inidonea ad inteware gli estremi della manifesta ingiustizia o della disparit di trattamento (3). (3) Massime da condividere: cfr. comunque per riferimenti Ad. pl. 8 gennaio 1966, n. 1 ne Il Consiglio di Stato, 1966, I, 1. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 20 aprile 1971, n. 467 -Pres. Potenza Est. Vivenzio -Bianchi (avv. Nelli) c. Ministero turismo e Spettacolo (avv. Stato Mataloni) e Venturelli (avv. Doletti). Alberghi -Mutamento di destinazione -Autorizzazione su istanza di taluni comproprietari -Illegittimit. (artt. 1, 2 e 3 1. 24 luglio 1936, n. 1692). Alberghi -Mutamento di destinazione -Autorizzazione ministeriale allo svincolo -Comproprietario gestore dell'albergo -Interesse Sussiste. illegittimo il provvedimento del M'imistero del Turismo e dello Spettacolo che autorizzi lo svincolo dalla destinazione di un edificio attualmente adibito ad albergo, senza che vi concorra la volont di tutti i comproprietari del medesimo. Sussiste l'interesse all'impugnazione del provvedimento ministeriale di autorizzazione allo svincolo, anche se da questo non deriva automati camente il venir meno della destinazione alberghiera, rendendosi, infatti in tal modo possibile giuridicamente la diversa utilizzazione del..l'im mobile. 820 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 20 aprile 1971, n. 469 -Pres. Potenza Est. Catallozzi -Trabacchi (avv. Caravita di Toritto) c. Istituto centrale di Statistica (avv. Stato Mataloni). I Impiego pubblico -Risoluzione del rapporto per morte del dipendente t -Indennit di buonuscita -Omesso computo del servizio non di ruolo -Illegittimit. Impiego pubblico -Indennit di buonuscita -Emolumenti compu tabili -Previsione regolamentare in deroga all'art. 1221 c. c. Legittimit. (art. 1221 e.e.). La liquidazione dell'indennit di buonuscita a favore degli aventi causa di un dipendente deve tener conto, oltre che degli anni di ser vizio svolti come impiegato di ruolo, anche del periodo trascorso in posizione non di ruolo, a nulla rilevando che al momento del passaggio in ruolo sia stata concordata la rinuncia all'indennit sino ad aitora maturata, cui va riconosciuto ii limitato valore di rinuncia alla solai riscossione immediata e non anche alla futura valutazione allo stesso fine del servizio complessiva.mente prestato. Il principio generale in materia di impiego privato stabilito dal l'art. 1221 e.e., in bCU!e al quale l'indennit di fine lavoro deve compu tarsi sulla base della retribuzione, ivi compreso ogni compenso, ap plicabile anche alla Pubblica Amministrazione nella sola ipotesi in cui non sussista un'apposita disciplina legislativa o regolamentare in deroga . . CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 27 aprile 1971, n. 510 -Pres. (f.f.) Granito -Est. Felici -Ferrari (avv. Capozzi, Lucifredi e Camici) . c. Ministero Lavori Pubblici e Provveditorato 00.PP. per l'Emilia (avv. Stato Terranova) e Comune di S. Ilario d'Enza (avv. Menoni e Jemolo). Edilizia popolare ed economica -Piani ex 1. 18 aprile 1962, n. 167 Criteri e principi generali -Adozione del piano da parte di comuni che gi dispongono di aree fabbricabili -Legittimit. Edilizia popolare ed economica -Piani ex 1. 18 aprile 1962, n. 167 Motivazione per relationem alla relazione illustrativa -Sufficienza. (art.5 1. 18 aprile 1962, n. 167). Edilizia popolare ed economica -Piani ex 1. 18 aprile 1962, n. 16!1 Scelta delle aree -Elementi valutabili -Insindacabilit. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 821 Edilizia popolare ed economica -Piani ex 1. 18 aprile 1962, n. 167 Incremento demografico -Calcolo -Criteri. Edilizia popolare ed economica -Piani ex I. 18 aprile 1962, n. 167 Previsione della spesa -Art. 81 Cost. -Inapplicabilit. La finalit della legge 18 apriLe 1962, n. 167 di consentire ai comuni la possibilit di favorire l'incremento dell'edilizia popolare ed economica con la creazione di alloggi in quantit adeguata al fabbisogno; in conseguenza la predisposizione e l'adozione dei relativi piani deve ritenersi legittima anche per i comuni che gi dispongano di aree fabbricabili o che gi abbiano svolto attivit diretta ad agevolare ed indirizzare lo sviLuppo urbanistico del proprio territorio (1). La relazione iliustrativa del PEEP for.ma parte integrante del -n:iedesimo unitamente alle planimetrie, agli elenchi catastali ed al compendio di norme urbanistiche ed edilizie ed , pertanto, idonea a contenere l'analitica motivazione per relationem della delibera di adozione del piano (2). Ai fini della scelta delle aree, che costituisce oggetto di apprezzamento discrezionale, sono rilevanti le generali caratteristiche delle aree suddette in rapporto al.le linee di sviluppo cittadino, alle distanze dal centro, alla rete di comunicazione ed, alle opere di urbanizzazione primaria o secondaria senza che sussista, in conseguenza, la necessit di un analitico esame dei terreni appartenenti a ciascun proprietario (3). In sede di adozione del piano di zona deve ritenersi giustificato il calcolo dell'incremento demografico effettuato sulla base di una recente trasformazione della situazione locale, che abbia indotto a valorizzare nel computo del prevedibile aumento di popolazione i dati demografici risultanti dalle pi recenti indagini rispetto a quelli di una pregressa e ormai superata situazione di fatto. La distribuzione delle abitazioni nelle zone del piano deve essere fissata in relazione all'entit del fabbisogno reale, alle dimensioni del l'abitato, alle linee di espansione ed all'opportunit di conservare con grui spazi per l'urbanizzazione, non risultando dalla legge la predeter minazione di tipologie edilizie a.ssolute ed invariabili. L'art. 81 della Costituzione posto a tutela di esigenze diverse da quelle inerenti la formazione dei piani di zona, riguardamdo l'emana- zione di leggi comportanti oneri a conto del bilancio dello Stato, e non trova, perci, ap'J)licazione in sede di deliberazione del piano di zona per l'edilizia popolare ed economica. (1-2-3) Giurisprudenza costante. 822 RASSEGNA DELL'AVVOATURA DELLO STATO CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 27 aprile 1971, n. 511 -Pres. Potenza Est. Felici -Comune di Prato (avv. Ferri) c. Ministero Finanze (avv. Stato Carafa) e S.p.A. Trezza (n.c.). Comune -Imposte di consumo -Delibera di assunzione diretta -Incompletezza e contraddittoriet dei presupposti -Annullamento prefettizio -Legittimit. Comune -Imposte di consumo -Delibera di assunzione diretta -Annullamento prefettizio -Possibilit di nuova delibera indenne da vizi -Sussiste. Comune -Imposte di consumo -Delibera di assunzione diretta -Alternativa con l'appalto -Elementi valutabili -Criterio. Ricorsi amministrativi -Ricorso gerarchico -Motivazione -SuffiCienza. Legittimamente viene disposto dal Prefetto l'annullamento di una delibera comunale, avente ad oggetto la riassunzione in gestione diretta del servizio di accertamento e riscossione delle imposte di consumo, ove risulti accertata l'incompletezza e la contraddittoriet dei calcoli effettuati dal Comune. L'annullamento della delibera comunale di adozione della gestione diretta delle imposte di consumo determinata dalla rilevata incompletezza e contraddittoriet dei calcoli effettuati non pregiudica per l'autorit comunale la possibilit di u.na nu.ova, autonoma deliberazione di assunzione del servizio che sia indenne dai vizi riscontrati in sede di . l.: legittimit. . ~ La possibilit per i comuni di operare una scelta tra la forma di f~ gestione diretta del servizio di riscossione delle imposte di consu.mo e quella dell'appalto non pu fondarsi esclusivamente sulla rilevazione degli oneri anteriormente sostenuti dal comune per l'appalto, ma deve presupporre u.na previsione di costi ragguagliata alle future possibilit di svolgimento, diretto o indi1etto, del servizio. In sede di decisione di ricorso gerarchico non sussiste l'obbligo di una analitica confutazione delle argome'ntazioni, essendo su.fficiente ia enunciazione delle ragioni che hanno indotto alla reiezione del gravame, dalle quali risulti che l'intera vertenza stata esaurientemente comiderata: in relazione a tutte le censure formulate. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 823 CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 4 maggio 1971, n. 542 -Pres. Mezzanotte -Est. Figliolia -Clemente (avv.ti Resta e Motzo) c. Ministero Difei;;a (avv. Stato Onufrio). Impiego pubblico -Provvedimento disciplinare -Fatti punibili-Omesso esercizio di poteri di direzione, vigilanza e controllo -Punibilit. Impiego pubblico -Dovere di obbedienza -Limite -Omesso esercizio della rimostranza -Punibilit del dipendente -Fattispecie. Ai sensi dell'art. 2 r.d. 30 aprile 1931, n. 586, legittimo il provvedimento disciplinare adottato nei confronti di un direttore dei conti il cui comportamento colpevole risulti comprovato dall'omesso esercizio dei poteri, al medesimo spettanti, di direzione, vigilanza e controllo sull'operato dei dipendenti del suo ufficio (1). Il dovere di subordinazione dell'impiegato rispetto al superiore gerarchico, stabilito dall'art. 16 t.u. 10 gennaio 1957, n. 3, non ha carattere assoluto, dovendosi ammettere, ai sensi del successivo art. 17, l'obbligo dello stesso impiegato, aUorch l'atto dispositivo sia palesemente illegittimo, di fare rimostranza al superiore gerarchico; pertanto, legittimo il provvedimento disciplinare adottato nei confronti del funzionario che, nell'esercizio di delicate funzioni (nella specie, direttore dei conti di uno stapilimento del Genio militare), abbia omesso di rappresentare ai suoi superiori la situazione di illegittimit in cui versava l'Ufficio di amministrazione nel quale prestava servizio, al fine di richiamare l'attenzione degli stessi ed indurli a sospettare della irregolarit del sistema di pagamento adottato, sulla base di una circolare ministeriale, per la registrazione dei contratti interessanti l'Ufficio stesso e, ove tale situazione non fosse stata rimossa, provocare .,la confer.ma per iscritto dell'atto dispositivo illegittimo (2). (1-2) Massime esatte. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 4 maggio 1971, n. 546 -Pres. Mezzanotte -Rel. Bernardinetti -Soc. SATIM in Napoli (avv.ti Salemme, Capezza e Paresce) C. Di-partimento militare marittimo del Basso Tirreno (avv. Stato Del Greco). Espropriazione per pubblica utilit -Espropriazione -Decreto di espro priazione -Omessa specificazione dell'indennit -Desumibilit aliunde -Legittimit. 824 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Espropriazione per pubblica utilit -Espropriazione -Servit militare -Indennit annua - stabilit dalla legge -Manifesto della Autorit -Omessa indicazione dell'indennizzo -Irrileyanza. Espropriazine per pubblica utilit -Espropriazione -Servit militare .-Urgenza -Apprezzamento dell'urgenza -Insindacabilit. L'omessa indicazione dell'indennit non inficia il decreto di espropriazione per pubblica utilit, ove l'ammontare della stessa sia desumibile aliunde, e cio attraverso il riferimento ad altri atti del procedimento, del quale l'egpropriato abbia avuto in precedenza, precisa notizia (1). Nel caso delle servit militari, l'indennizzo a_nniw per la durata del vincolo a favore dei proprietari degli immobili colpiti scaturisce diret .tamente dalla legge 8 marzo 1968, n. 180, e da questa desumibile nel suo esatto ammontare; pertanto, legittimamente il manifesto dell'Autorit militare, concernente imposizioni di servit miLitare, non contiene riferimenti specifici all'indennizzo (2). La valutazione del requisito dell'urgenza, ai fini dell'imposizione delle servit miiitari, si effettua in relazione alle specifiche e contingenti circosta:nze di tempo e di luogo che determinano l'assoggettamento della propriet privata, in quanto l'urgenza discende diall'esigenza di disciplinare il funzionamento degli impianti e la sicurezza delle operazioni militari; pertanto, al riguardo sufficiente che le opere siano destinate anche indirettamente alla difesa nazionale, implicando la relativa valutazione un apprezzamento tecnico discrezionale dell'Amministrazione, non censurabile in sede di legittimit (3). (1-3) Per riferimenti, cfr. Sez. IV, 30 ottobre 1963, n. 667 e 15 gennaio 1964, n. 3, Il Consiglio di Stato, 1963, I, 1342 e 1964, 1, 11. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 18 maggio 1971, n. 565 -Pres. Potenza -Est. Melito -Camozza (avv.ti Clarizia e Piccioli) c. Ministero Lavori Pubblici (avv. Stato La:qcia). Contabilit generale dello Stato -Contratti della P. A. -Revisione prezzi -Parere della Commissione ministeriale -Atto interno n9n impugnabile. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 825 Contabilit generale dello Stato -Contratti della P. A. -Revisione prezzi -Lavori concessi dal Ministero LL. PP. con contributo forfettario -Inammissibilit della revisione prezzi. Il parere della Commissione ministeriale per l'esame dei ricorsi sulla revisione dei prezzi dei contratti di awalto, di cui l'interessato abbia avuto notizia, costituisce atto interno, come tale non ancora lesivo della sfera dei diritti o interessi dell'istante; ed , pertanto, non impugnabile (1). Nel caso di un contratto di appalto rispetto al quale l' A mministmzione dei lavri pubblici sia rimasta del tutto estranea, essendosi limitata, con la concessione dei lavori, ad erogare un contributo forfettario, per sua natura fisso ed inviolabile, legittima la rei~zione della domanda di revisione dei prezzi presentata dal. concessionario (sulla scorta di analoga domanda a 1.ui presentata dall'awaltatore), in quanto l'istante, che beneficia del predetto contributo una tantum, non- legittimato, ai sensi del d.l. 6 dicembre 1947, n. 1501, a chiedere ed ottenere un compenso revisionale sul contratto stipulato con i'impresa assuntrice dei lavori (2). (1-2) Siul:La ammissibilit, in genere, della revisione dei .prezzi nei contratti siipuilati eon la p.r., cfr. Sez. IV, 24 maggio 1967, n. 189, in questa Rassegna, 1967, I, 624. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 18 maggio 1971, n. 568 -Pres. Potenza -Est. Vivenzio -Bellini ed altri (a.vv.ti Denti, Salvalaggio e Carboni Corner) c. Ministero Difesa e Prefetto di Cremona (avv. Stato Dallari). Espropriazione per pubblica utilit -Espropriazione -Opere militari -Designazione delle propriet espropriate od, espropriande Firma del provvedimento -Funzionario precariamente preposto alla Direzione generale -Legittimit. Espropriazione per. pubblica utilit -Espropriazione -Opere militari -Espropriazione di aree gi occupate anni prima e che la P. A. aveva dichiarato di voler restituire -Legittimit -Contraddittoriet -Non sussiste. Espropriazione per pubblica utilit -Espropriazione -Opere militari -Scelta dell'area -Omessa motivazione -Legittimit. 826 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Espropriazione per pubblica utilit -Espropriazione -Decreto di espropriazione -Omesso calcolo dell'area di sedime -Illegittimit. In esecuzione della delega per assumere impegni sul bilancio dell'Amministrazione, con le limitazioni indicate nel d.P.R. 20 giugno 1952, n. 1021, il funzionario neHa qualit di sostituto del Direttore generale, pu legittimamente sottoscrivere gli atti di competenza di una Direzione generale; pertanto, il provvedimento di designazione delle propriet p!l'ivate espropriate per l'esecuzione di opere militari, legittimamente sottoscritto dal predetto funzipnario delegato, ove risulti che detto provvedimento rientra fra quelli di competenza della Direzione generale a cui il funzionario precariamente preposto (1). Non pu essere disconosciuto il potere ampiamente discrezionale dell'Amministrazione militare di adottare diverse determinazioni, in relazione all'esecuzione di opere mlitari, a distanza di molti anni (nella specie, circa quattordici), per sopravvenute esigenze riconnesse ad impegni internazionali assunti nel frattempo dallo Stato italiano; pertanto, in relazione a tali nuove esigenze, non inficiato da contraddittoriet il comportamento dell'Amministrazione che, gi disposta a restituire ai proprietari i terreni da tempo occv.pati ai detti fini e ad alienare i fabbricati costruiti sugli stessi, dopo lungo periodo di tempo abbia mutato avviso e si sia orientata per l'espropriazione dell'area in questione (2). In sede di espropriazione di un'area privata necessaria per l'esecuzione di opere militari, deve ritenersi legittima la mancata enunciazione dei motivi in base ai quali sia stata ritenuta la maggiore idoneit dell'area, ove la loro esplicazione importi la violazione del segreto militare dal quale la costruzione sia coperta (3). illegittimo il decreto prefettizio di espropriazione di un immobile, ove dell'area di sedime del fabbricato insistente sull'immobile stesso non si sia tenuto cQnto nel calcolo della superficie espropriata complessivamente e, conseguentemente, nel calcolo dell'indennit depositata presso la Cassa depositi e prestiti (4). (1-4) Cfr. Ad. gen. 27 agosto 1964, n. 848, Il Consiglio di Stato, 1967, I, 2558 (m.). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 29 maggio 1971, n. 5,s3 -Pres. BarraCaracciolo -Est. Schinaia -Amministrazione Provinciale di Savona (avv.ti Acquarone e Pulvirenti) c. Ministero Interno (avv. Stato Azzariti) e Impresa Costruzioni edili affini (avv.ti Ivaldi, Silvestri e Natoli). Contratti della P. A. -Revisione prezzi -Parere interlocutorio della Commissione -Comunicazione all'interessato -Non impugnabile. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 827 Contratti della P. A. -Revisione prezzi -Provvedimento ministeriale Insindacabilit -Art. 5 terzo comma d. l.vo n. 1501 del 1947 Non pi in vigore. Competenza e giurisdizione -Contratti della P. A. -Revisione prezzi -Controversie -Giurisdizione C. d. S. Contratti della P. A. -Aggiunte e varianti -Con alterazione dei prezzi d'appalto -Atto di sottomissione o appendice al contratto -Duplicit di rapporti contrattuali -Esclusione. Contratti della P. A. -Revisione prezzi -Domanda -Termine -Opere pubbliche degli Enti locali -Art. 5 1. n. 463 del 1964 -Criterio di applicazione. Contratti della P. A. -Revisione prezzi -Domanda -Presentata dopo l'ultimazione dei lavori -Pu essere esaminata dall'Amministrazione. n provvedimento col quale l'Amministrazione centrale comunica ad un Ente pubblico ii parere interlocutorio emesso daHa Commissione ministeriale per la revisione dei prezzi contrattuali dene opere pubbliche non atto definitivo; pertanto, ~ inammissibile ii ricorso giurisdizionale proposto direttamente contro di esso (1). La disposizione deH'art. 5, terzo comma, d.1.vo 6 dicembre 1947, n. 1501 (richiamata dal successivo art. 8, uitimo comma) secondo cui i provvedimenti ministeriali in materia di revisione dei prezzi sono insindacabili, deve ritenersi caducata, perch contrastante con l'art. 113 Cost., secondo cui in ogni caso ammessa la tutela giurisdizionale degli interessi legittimi che si pretendano lesi da un atto amministrativo. La revisione dei prezzi contrttuaH deUe opere pubbliche consentita daUa legge, che attribuisce in proposito un potere discrezionale ana P. A., ma non deriva da un atto o da una clausola contrattuale; pertanto la relativa controversia, in quanto afferente a posizioni giuridiche di interesse legittimo, rientra nena giurisdizione del gjudice amministrativo (2). L'art. 343 legge 20 mmzo 1865, n. 2.248, aU. F, nel prevedere l'ipotesi deU'introduzione, in un progetto di opera pubblica gi in corso di esecuzione, di variazioni ed aggiunte che non siano previste nel contratto e diano luogo ad alterazione dei prezzi di appaito, imponendo al riguardo una distinta sottomissione o un'appendice al contratto principale, non considera la distinta sottomissione come fatto genetico di un (1-5) Cfr. Sez. IV, 12 luglio 1967, n. 314, 3 aprile 1968, n. 222, Il Consiglio di Stato, 1967, I, 1142 e 1968, I, 594. 828 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nuovo rapporto, ma semplicemente come fatto aggiuntivo all'originario rapporto, inserendosi il primo automaticamente neWuitimo, di cui diviene parte integrante; pertanto, in tale ipotesi, stante l'unicit del fatto genetico, si in presenza di un unico e yion di due distinti rapporti contrattuali (3). L'art. 5 legge 21 giugno 1964, n. 463 (recante disposizioni in materia di appalto per opere pubbliche), con riguardo alle ipotesi di ope1e di Enti locali non assistite dal contributo dello Stato, nel richiamare le singole ipotesi previste dall'art. 2, primo comma, legge 23 ottobre 1963, n. 1481, espressamente stabilisce che per i contmtti stipulati anteriormente alla sua entrata in vigore concernenti opere eseguite posteriormente al l febbraio 1963 la domanda di revisione dei prezzi deve essere presentata entro sei mesi dalla ultimazione dei lavori; pertanto illegittima la deliberazione del Consiglio provinciale che respinge pei intempestivit la chiesta revisione dei prezzi concernenti opere di interesse dell'Amministrazione provinciale, ove risulti che la relativa istanza sia stata prodotta prima che i lavori fossero ultimati (4). Ai sensi dell'art. 5 legge 21 giugno 1964, n. 463 (recante disposizioni in materia di appalti per opere pubbliche), la Pubblica Amministrazione pu prendere in esame la domanda di revisione del prezzor contrattuale anche se sia stata proposta successivamente aH'ultimazione predetta, in quanto la richiamata norma ammette espressamente la possibilit, per l'appaltatore, di presentare la domanda entro un determinato termine da.ll'ultimazione dei lavori (5). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 29 maggio 1971, n. 586 -Pres. Barra Caracciolo -Est. Catalozzi -Bilotti (avv.ti C. e N. Sciacca) c. Ministero Tesoro (avv. Stato Casamassima), Zingarini ed altri (n.c.). I Impiego pubblico -Promozione -Rinnovazione -A seguito di annul .I lamento giurisaizionale -Scrutinio annullato interamente -Rin t novazione solo per il ricorrente -Illegittimit. Impiego pubblico -Promozione -Rinnovazione -A seguito di annullamnto giurisdizionale -Criteri da osservare. In sede di esecuzione del giudicato amministrativo che abbia travolto in toto non solo l'atto di conferimento di promozioni ad -..na data qualifica del pubblico impiego, ma anche le operazioni dello scrutinio per merito comparativo, in relazione sia al punteggio riportato dal ri. corrente (non utilmente collocato in graduatoria), sia, necessariamente, a quelli ottenuti da tutti gli altri candidati, lasciando fetme unicamente PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 829 l'ammissione dei singoli impiegati allo scrutinio stesso e la predeterminazione dei criteri di massima, iUegittimamente il Con8iglio di amministrazione sottopone a nuova valutazione esclusivamente il ricorrente, eseguendo un confronto tra il medesimo e gli altri candidati ed utilizzando i coefficienti numerici assegnati a questi ultimi nello scrutinio annullato, in base alla convinzione, che l'annullamento ,_ determinato dalla erronea applicazione di alcuni criteri di massima al rico1rente predetto -si riferisce soltanto a costui. Ogni procedimento di valutazione comparativa, esige, per sua stessa natura, che le relative operazioni di giudizio, da effettuare rispetto ad una pluralit, di soggetti e di oggetti in conformit, di canoni identici, siano posti in essere nell'ambito di un unico contesto logico, ed importa, quindi, l'impossibilit, di scindere tali momenti valutativi e di avvalersi di operazioni compiute in una diversa procedura avente carattere analogo; pertanto, considerato tale vincolo di connessione, l'incidenza del motivo per il quale viene annullato dal giudice amministrativo uno scrutinio di promozioni per merito comparativo sulle posizioni di alcuni degli scrutinati e non di tutti determina sempre la necessit,, in sede di esecuzione del giudicato, di rinnovare anche le operazioni che riguardano soggetti diversi dai ricorrenti e che non risultano intaccate direttamente da alcuna illegittimitP,. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 15 giugno 1971, n. 639 -Pres. Potenza -Est. Schinaia -Soc. per az. San Donato (avv.ti Sequi e Podest) c. Comune di Genova (avv.ti Grasso e Romanelli) e Prefetto di Genova (avv. Stato Di Tarsia). Espropriazione per pubblica utilit -Espropriazione -Edilia popolare ed economica -Art 13 1. n. 246 del 1963 -Acquisto di area fabbricabile da parte del Comune -Deliberazione per l'ac~uisto -Richiesta al Prefetto -Atti preparatori non impu~nabili. Espropriazione per pubblica utilit -Espropriazione -Edilizia popolare ed economica -Art. 13 1. n. 246 del 1963 -Acquisto di area fabbricabile da parte del Comune -Deliberazione per l'acquisto Mancanza di approvazione della G. P. A. -Preclude la possibilit di espropriazione. La deliberazione del Comune riguardante l'acquisto di un'area fabbricabile ai sensi e per gli effetti dell'art. 13 l. 5 marzo 1963, n. 246 e quella riguardante la richiesta al Prefetto di emettere il decreto di esproprio dell'area stessa sono atti del procedimento amministrativo attra 830 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO verso il quale si attua l'esercizio della facolt del Comune di acquistare aree fabbricabili ed essendo atti preparatori, non immediatamente lesivi degli interessi del proprietario, non sono impugnabili. n principio deUa retroattivit demapprovazione, da parte della Giunta provinciale amministrativa, deUe deliberazioni comunali sin dalla data deUa deliberazione sottoposta ad approvazione, ha carattere gene- 1aie e trova normalmente applicazione a meno che la deliberazione non debba svolgere particolari effetti che incidano su posizioni giuridiche I soggettive di terzi, in relazione a cui la mancanza di effetti propri entro un determinato termine, pu impedire l'attuazione deUa finalit prevista daHa legge; pertanto, poich, nel sistema deUa legge 5 marzo 1963, n. 246, la deliberazione del Comune, ancora sottoposta all'approvazione della G.P.A., non idonea a produrre gli effetti giuridici che le sono propri, in quanto la deliberazione di acquistd, da notificarsi entro un termine perentorio al contraente, ha in sostanza anche ia funzione di proposta di un contratto da stipulare tra le parti, il privato che deve conseguire ia certezza giuridica in ordine ai comportamento deUa P. A., deve essere posto di frante ad un atto pienamente efficace per poter decidere se aderire o meno aLla delibera proposta di acquisto, con la I conseguenza che non pu procedersi alla espropriazione deU'area ove la 1 Jt delibera sia ancora sottoposta a controllo ano scadere dei termini perentori previsti daUa legge (2). i l:l (1-2) Cfr. Sez. IV, 23 dicembre 1969, n. 758, Il Consiglio di Stato, 1969, I, 2458. i ' CONSIGLJO DI STATO, Sez. IV, 22 giugno 1971, n. 643 -Pres. (ff.) Granito -Est. Bernardinetti -Capla (avv.ti Gherbaz e Mariani) c. Ministero tesoro (avv. Stato Carafa). Guerra -Danni di guerra -Beni italiani all'estero -Perduti per trattato di pace -Liquidazione dell'indennizzo -Sindacato di legittimit -Limiti. Sebbene le censure di merito concernenti la valutazione dei beni perduti all'estero in conseguenza del Trattato di pace, ai fini della liquidazione dell'indennizzo, siano inammissibili in sede di legittimit, il sindacato del giudice amministrativo ben pu esercitarsi se la p. a., nell'adottare le sue determinazioni, non abbia violato le disposizioni della legge che regolano la materia, o non sia incorsa in qualche vizio d~ PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 831 legittimit; pertanto, il provvedimento di liquidazione definitiva dell'indennizzo illegittimo ove nel relativo procedimento emerga un evidente vizio di legittimit per contraddittoriet, per mancanza di una logica connessione tra le premesse di fatto e le successive deduzioni dell'Amministrazione, in sede di parere istruttorio dell'Ufficio stime. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 22 giugno 1971, n. 644 -Pres. BarraCaracciolo -Est. Felici -Memoli ed altri (avv.ti Salerni e Siniscakhi) c. Ministero trasporti (avv. Stato Mataloni) e Soc. Coop. Edilizia Domus mea (avv. Salvia). Competenza e giurisdizione -Edilizia popolare ed economica -Alloggi cooperativi -Approvazione del riparto spese -Controversia Giurisdizione del C. d. S. Atto amministrativo -Reclamo -Nozione -Potere dell'Autorit decidente -Limiti -Motivi di impugnazione -Specificazione -Necessit. L'approvazione del riparto delle spese riguardanti i fabbricati delle Societ cooperative sovvenzionate dallo Stato un provvedimento anteriore alla stipulazione dei mutui individuali ed il suo conte11JUto non si esaurisce in una mera operazione di mutuo condominiale, trattandosi, al contrario, di un atto che viene compiuto per finalit di pubblico interesse, perseguite dallo Stato nel campo dell'edilizia popolare ed economica; pertanto, la relativa controversia si riferisc alla lesione di un interesse legittimo e rientra nella competenza del giudice amministrativo (1). n ricorso costituisce una manifestazione della tutela giurisdizionale concessa dall'ordinamento al soggetto che abbia subito una lesione della sua sfera giuridica e la delimitazione della controversia demandata all'iniziativa del soggetto medesimo, non potendo l'Autorit decidente far uso illimitatamente dei suoi poteri, in quanto tenuta a pronunciarsi sul contenuto specifico del ricorso proposto dall'interessato; pertanto, in virt della predetta potest propulsiva spettante alla parte, risultano essenziali i motivi dell'impugnazione, che circoscrivono ed indicano le ragioni per le quali il ricorso stato promosso, e che determinano i punti della vertenza rispetto ai quali l'Autorit decidente chiamata ad esaminare la fattispecie e ad emettere la propria. pronuncia (2). (1-2) Cfr. Sez. VI, 17 novembre 1964, n. 823, Il Consiglio di Stato, 1964, I, 2072. 832 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 11 maggio 1971, n. 449 -Pres. Lugo Est. Sterlicchio -Tagliavia (avv.ti Graceffo e Conte) c. Croce Rossa Italiana (avv. Stato di Tarsia). Giustizia amininistrativa -Ricorso giurisdizionale -Atto impugnabile e non -Impugnativa contro il diniego di risultato pi favorevole Mancata impugnativa del risultato meno favorevole -Irrilevanza. Impiego pubblico -Concorso -Inquadramento -Dipendenti C.R.I. Concorsi -Ammissione -Requisiti -Si ha riguardo alle mansioni effettivamente esercitate. Il vincitore di un concorso, per essere ammesso ad impugnare un distinto provvedimento negativo di. un risultato pi favorevole, non \ tenuto a chiedere l'annullamento del minore risultato utile 'conseguito. Ai sensi dell'art. 135 del regolamento organico del personale della Croce Rossa Italiana (C.R.I.), per l'ammissione ai concorsi di inquadramento deve tenersi conto non della qualificazione formale inerente al grado rivestito, bens deila reale natura delle mansioni concretamente espletate dall'interessato nel periodo di servizio prestato con le funzioni proprie della carriera a cui appartengono i posti da conferire. J I I SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 ottobre 1970, n. 2231 -Pres. Giannattasio -Est. Boselli -P.M. Cutrupia (conf.) -Soc. Linoleum p. az. (avv.ti Biamonti e Visentini) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). Imposta di ricchezza mobile -Plusvalenza -Permu~a di titoli azionari -Realizzazione di reddito tassabile -Esclusione. (t.u. .29 gennaio 1958, n. 6A5 artt. 81, 100, 104, 106 e 119). Nella permuta di titoli azionari, essendo i titoli ricevuti destinati a prendere il posto di quelli dati in cambio, l'eventuale differenza fra il costo (di quelli ceduti) e la (maggiore) quotazione di borsa di quelli ricevuti non pu costituire, n sotto il profilo del realizzo n sotto quello della certezza (essendo le quotazioni dei titoli estremamente mutevoli nel tempo), una plusvalenza effettivamente acquisita al patrimonio del permutante e, quindi, tassabile con imposta di ricchezza mobile. (Omissis). -Con i primi due motivi del ricorso, che per la loro connessione possono essere trattati congiuntamente, la societ Linoleum denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 81, 100 e 106 del (1) Cenni in tema di realizzazione di plusvalenze da parte di soggetto tassabile in base a bilancio. 1. -Con la sentenza che si annota e con altra del tutto identica emessa nella stessa data e portante il n. 2232, il S.C:. ha completamente modificato l'indirizzo accolto nella precedente decisione del 3 settembre 1966, n. 2312 (in Dir. prat. trib. 1966, II, 593 con nota di FALsrrTA, Sulla realizzazione delle plusvalenze mediante permuta), sulle cui orme si era 'posta la Comm.ne Centrale (v. oltre la decisione impugnata, 29 marzo 1968, n. 9610.S, in Giust. civ., 1969, II, 28 con nota di P. STELLA RICHTER, Assoggettabilitd ad imposta di. ricchezza mobile della plusvalenza di azioni permutate e principio di intmlgibilit del bilancio legittimamente adottato; 11 febbraio 1970, n. 1588, in Boll. trib., 1970, 1298; 13 giugno 1969, n. 5658, ivi, 1970, 1194; 1 marzo 1967, n. 88759, ivi, 1967, 1339). Le considerazioni addotte per giustificare il mutamento di indirizzo -considerazioni che sostanzialmente riproducono quel'le svolte dallo Stella Richter nello 1studio citato -non sembrano per del tutto persuasive ed, anzi, suscitano non poche perplessit. 2. -La legige 5 g.ennaio 1956, n. 1, trasfusa ed inte.grata nel t.u. n. 645 del 1958 (artt. 81, 100 e 106), modificando parzialmente il sistema previ 834 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO t.u. 29 gennaio.,1958, n. 645 nonch motivazione omessa, insufficiente o contraddittoria su punti decisivi della controversia (in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5 c.p.c.) e censura la Commissione Centrale: a) per avere assunto a presupposto della propria decisione la avvenuta contabilizzazione di una plusvalenza che non solo non risultava affatto iscritta a bilancio ma che l'Ufficio -contravvenendo alla disposizione dell'art. 106 del t.u., n. 645 del 1958 -aveva invece ritenuto di poter desumere unilateralmente confrontando il valore di costo dei titoli ceduti con la quotazione di borsa di quelli ricevuti in cambio da essa ricorrente al momento della permuta; b) e per aver inoltre ritenuto -sempre in contrasto con la disciplina legislativa della materia e senza fornire peraltro adeguata motivazione -che, mediante un negozio di permuta di titoli azionari, si possa realizzare una plusvalenza tassabile ogni qualvolta i titoli acquistati abbiano una quotazione di borsa superiore al valore di costo dei titoli ceduti, affermando cos -implicitamente quanto erroneamente -che la differenza fra il valore di borsa e quello di bilancio dei titoli azionari costituisce plusvalenza assoggettabile ad imposta di R.M. anche quando i titoli non siano venduti sul mercato ma soltanto sostituiti con altri di equivalente valore economico ed iscritti l in cntabilit a questo medesimo val.ore. i Le censure sono fondate. 1 Costituisce plusvalenza in senso tecnico giuridico l'aumento del I valore di scamJ:>io .che assume nel tempo uno stesso cespite patrimoniale (segnatamente titoli azionari ed aree fabbricabili) rispetto al suo costo iniziale. Concepita pertanto fin dalle origini della sua imposizione come dif ferenza positiva fra ricavo e costo di un determinato bene, era logico che detta plusvalenza non potesse venire in considerazione a fini tribu gente (per un esame dell'abrogata legislazione e della mia interpretazione v. FALSITTA, Le plusvatenze nel sistema dell'imposta mobiliare, Milano, 1966; UcKMAR, L'imposta di r.m. sulle plusvalenze patrimoniali, e, per ila giuri- spl'Udenza, LA TORRE, Rassegna di giurisprudenza sull'imposta di ricchezza mobile, Miilano, 1970, p. 218 ss. ove ampi :richiami anche dottrinari), stabilisce, per quanto riflette le plusvalenze comunque .conseguite da soggetti tassabili in base a bilancio -questione che qrui solo in~ressa -che esse sono assog.gettabili a tassazione, concorrendo a formare i!J. reddito imponibile, nell'esercizio nel quale sono realizzate, distribuite o iscritte in bilancio. In base al'1a chiara lettera della legge, aftinch le plusvalenze di beni appartenenti ad un soggetto tassabile in base a bilancio possano concor rere alla formazione del reddito tassabile in un determinato esercizio ai fini dell'imposta mobiliare, necessario e sufficiente che si verifichi la loro realizzazione e la loro distribuzione o, infine, che siano iscritte in bilancio. Il problema che occorre por.si allora - se nel caso in esame, in cu si discuteva circa la tassazione della plusvalenza realizzata in relazione ad una PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 835 tari fino a tanto che fosse rimasta in un stadio meramente ;potenziale. E difatti, sotto l'impero del r.d.l. 24 agosto 1877, n. 4021, che per primo in Italia prese in considerazione il fenomeno ad effetti tributari, codesti incrementi patrimoniali furono considerati assoggettabili alla imposta di ricchezza mobile solo se configura;bili quali redditi procedenti da industrie, commerci, ecc., ... esercitati nel Regno (art. 3, lett. d) e pi precisamente -secondo un consolidato insegnamento di giurisprudenza -alla duplice condizione: -del loro realizzo, vale a dire del trasferimento del bene in cui la plusvalenza era incorporata, ad un prezzo superiore a quello di acquisto; -e della loro connessione con :una operazione eminentemente speculativa (postulante cio il preordinato intento dell'operatore economico, al momento dell'acquisto del bene, di procedere successivamente al suo realizzo per ricavarne un utile). Al fine di eliminare le molte incertezze suscitate da questa prima disciplina, non meno che a quello di estendere la tassabilit degli incrementi patrimoniali in questione, intensificatisi segnata1lleilte nel secondo dopoguerra, il nostro legislatore ha provveduto a riordinare l'intera materia, prima con la legge 5 gennaio 1956, n. 1 e quindi, in modo pi dettagliato ed organico, con l'emanazione del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645. La nuova disciplina legislativa, pur presentando talune difformit rispetto a quella anteriore, segnatamente in ordine alle condizioni di tassabilit delle plusvalenze, che risultano diversificate a seconda della natura del cespite e degli stessi soggetti beneficiari, rimane tuttavia saldamente ancorata al principio che non vi plusvalenza tassabile quando l'aumento di valore del cespite costituisca una semplice possibilit futura, ma solo quando l'incremento possa considerarsi effettiva- operazione di permuta di titoli azionari, il contratto di permuta possa essere considerato strumento idoneo a realizzare detta plusvalenza. La risposta negativa data dalla sentenza che si annota basata su due argomenti. Il primo tratto dall'art. 100 del t.ru. n. 645 del 1958, secondo il quale concorrono a formare il reddito imponibile le plusvalenze, compreso l'avviamento, derivanti dal realizzo di beni relativi all'impresa ad un prezzo superiore al costo non ammortizzato o, se div.erso, all'ultimo valore riconosciuto ai fini della determinazione del reddito. Secondo la S.C., dalla trascritta norma emergerebbe in modo indubi tabile che isolo modo di realizzare una plusvalenza sarebbe la conversione in moneta del bene, conseguibile a sua volta solo attraverso un contratto di compravendita. Questa interpretazione della norma, suffragata col richiamo all'art. 14 delle disposizioni sulla legge in generale, non convince. Non convince perch, se indubbiamente esatto che il mezzo pi comune per la realizzazione di un plu!>-valore .Io scambio del bene contro moneta e a tale pi comune ipotesi fa idferimento il.'art. 100, non men vero 836 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mente acquisito al patrimonio del soggetto, posto che il reddito, per ritenersi effettivamente e definitivamente prodotto, deve potersi considerare come una entit staccata ed autonoma rispetto al sespite produttivo. In particolare, dal eombinato disposto degli artt. 81, 100 e 106 del t.u. dianzi citato risulta: a) per quanto concerne l'intento speculativo, che esso costituisce presup.posto unicamente per la tassazione delle plusvalenze realizzate in dipendenza di operazio,ni relative a beni estranei all'impresa (arg. ex art. 81, secondo comma, t.u.), mentre per la tassabilit delle plusvalenze relative a beni dell'impresa (e tali sono considerati, per presunzione juris et de jure, tutti i beni appartenenti a societ costituite nella forma di soc. in nome Collettivo, in accomandita semplice, in accomandita per azioni), condizione sufficiente l'esercizio stesso della impresa, indipendentemente dal carattere strumentale o meno dei beni medesimi rispetto al processo produttivo del reddito dell'impresa; b) e, per quanto concerne il realizzo, che esso costituisce presupposto esclusivo di tassabilit unicamente per le plusvalenze ottenute da persone fisiche e ditte collettive, mentre ;per quelle relative a beni appartenenti a societ C9'ffiillerdali od a soggetti tassabHi in base a bilancio, oltre al relizzo possono fungere da presupposto di tassabilit anche la eventuale distribuzione ai soci di detto maggior valore prima del realilzzo dei beni o -rispettivamente -la iscrizione in bilancio della plusvalenza medesima. , Rlativamente alla introduzione di quest'ultimo presupposto di tassabilit (quanto alla distribuzione ai soci non fa d'uopo di particolare giustificazione, talmente sono ovvie le ragioni della sua parificazione al che una plusvalenza pu essere realizzata attraverso qualsia,si altra opera zione che penmetta di rendere concreto ed effettivo un valore nell'ambito del patrimonio del soggetto. E che ci sia, lo rende palese in primo luogo il secondo comma dell'ar ticolo 81 t.u. cit., che costituisce fa norma generale in materia, il quale fa riferimento a plusvalenze realizzate in dipendenza di operazioni specu lative, irendendo evidente che qualsiasi operazione idonea ad eviden ziare plusvalenze; e ancor pi il primo comma della stessa disposizione la quale testualmente afferma la tassabiUt di un reddito in natura . Qunto poi all'affermazione che le norme fiscali conterrebbero regole speciali non applicabili oltre il caiso espressamente previsto a norma dell'articolo 14 delle disposizioni sulla legge in generale, trattasi di assunto la cui inconsistenza non ha bisogno di dimostrazione, essendo troppo noto che anche la norma tributaria soggetta alle stesse regole di interpretazione che valgono per tutte le altre di.sposizioni legislative ed in particolare alla c.d. interPretazione sistematica di cui qui si tratta di fare applicazione (v. GIANNINI M. S., L'interpretazione e l'integrazione delle leggi tributarie, in Riv. dir. fin. e se. fin., 1941, I, 95; GIANNINI A. D., Istituzioni di diritto tributario, Milano, 1965, p. 43 ss. ove richiami). PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 837 realizzo), spiega la Relazione del Ministro delle finanze al Senato che essa si giustifica con la considerazione che l'iscrizione della plusva- lenza in bilancio costituisce una ipotesi in cui, se non si ha ancora effettivo realizzo, si ha tuttavia la certezza, soggettiva oltre che og.gettiva, della formazione della plusvalenza: non essendovi dubbio che se il contribuente medesimo, di sua iniziativa, e con l'osservanza delle norme del codice civile che vietano di attribuire ai cespiti valori superiori a qu~lli effettivi, attribuisce in bilancio ad un cespito una plusvalenza, questa, per riconoscimento dello stesso contribuente, ha carattere certo e deve considerarsi acquisita. Tutto ci premesso e ritenuto che nella specie trova applicazione la nuova disciplina legislativa introdotta dalla legge n. 1 del 1956 e dal t.u. n. 645 del 1958, estremamente agevole rendersi conto dell'errore incorso dalla Commissione Centrale, e denunciato dalla societ ricorrente col primo motivo di censura, aHorch, a :fondamento della propria decisione favorevole alla tesi della Amministrazione (circa la esistenza e la tassabilit della accertata plusvalenza), ha ritenuto che ricorresse nella specie una condizione di tassabilit (quella consistente nella iscrizione della plusvalenza in bilancio) che invece era positivamente esclusa, essendo pacifico che gli amministratori -come, del resto, era in loro facolt, a sensi dello art. 103 primo comma del citato t.u. -si erano limitati a contabilizzare i nuovi titoli azionari acquisiti mediante la permuta al loro valore di costo (vale a dire allo stesso valore di quelli dati in cambio). Che poi, a rettifica di codesta gratuita affermazione, la Commissione predetta abbia soggiunto che, ad ogni modo (e dunque, anche se la societ non avesse contabilizzato in bilancio la plusvalenza), era in potere dell'Ufficio di dimostrare che la stessa si era ugualmente verificata, argomentazione che attiene a tutt'altra questione (quella relativa alla legittimit delll'esercizio, nella specie, da parte dell'Ufficio impositore 3. -II secondo argomento portato dal S.C. a sostegno della tesi accolta appare ancor meno convincente dell primo. Si sostiene nell'annotata sentenza che la dunzione e la struttura della permuta non permetterebbero di ricomprendere tale istituto tra quelli che permettono di reaUzzare del!le plusvalenze . In particolare, mentre si rileva che nella permuta qualsiasi divario di valore fra gli oggetti permutati perfettamente compatibile con la funzione del contratto, Si.cch non sarebbe possibile stabilire uno scaato di valore tra i beni scambiati se non procedendo ald una valutazione in danaro di en trambi, inopinatamente si conclude che se i contraenti non operano con guagli in danaro segno che essi si prospettano -sul piano economico non meno che su quello giuridico -le cose scambiate come beni di ugua le valore. , Non occorre sottolineare l'incongr-uit tra la premessa maggiore (possibilit di divario di valore tra i beni scambiati; si noti che proprio su tale 9 838 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO del potere di cui all'art. 119, ultimo comma del t.u., di procedere c1oe alla integrazione o correzione delle impostazioni di bilancio mancanti o inesatte), che la societ ricorrente ha espressamente sollevato (col terzo motivo del ricorso) ma la cui trattazione, in ordine logico, non pu non rimanere subordinata al riconoscimento del principale supposto che l'impugnata decisione adduce a giusticazione della formazione della plusvalenza di cui si tratta e che consisterebbe nell'avvenuto suo realizzo a seguito della permuta dei titoli azionari. La questione, sollevata in questa sede col secondo motivo del ricorso, se possa aversi realizzo di plusvalenza nel negozio di permuta, ed in ispecie media~te una permuta di titoli azionari, stata fonte di discussioni e perplessit tuttora perduranti in dottrina ed in giurisprudenza. Questa Suprema Corte dell'avviso che la soluzione negativa del quesito sia quella che maggiormente risponde alla lettera ed aUo spi rito della disciplina legislativa, non meno che alla funzione economico giuridica ed alla peculiare struttura del negozio considerato. Una prima specifica ed inequivoca indicazione in questo senso pro I viene dallo stesso testo della legge fiscale, la quale (art. 100, primo j comma, del t.u.) dispone che concorrono a formare il reddito imponibile le plusvalenza... derivanti dal realizzo dei beni relativi all'impresa l ad un prezzo superiore al costo non ammortizzato... . Non par dubbio infatti che il significato corrnte della espressione reaUzzo , specie nel linguaggio degli operatori economici, 1 quello I della conversione di un bene in denaro liquido; e non dubbio, del pari, che la monetizzazione di un incremento patrimoniale attraverso la riscossione di un prezzo non concepibile -sul piano strettamente .giu I ridico -se non mediante un negozio tipico: quello di compravendita. ' caratteristica l:a precedente pronunzia del S.C. :si fondava per ammettere il contratto di permuta tra quelli che consentono la realizzazione di una plu svalenza) e la conclusione raggiunta (parit di valore dei beni scambiati), ma piuttosto la circostanza che la S.C. non sembra aver esattamente inter pretato l'art. 106 t.u. cit.. In sostanza l'annotata sentenza ha impostato il suo ragionamento per dimostrare .che il contratto di permuta non idoneo a sviluppare un'opera zione speculativa -ci Che neppure appare esatto come si visto -ma ha omesso di eons~derare che a norma dell'art. 106 sufficiente per la tas sazione H realizzo di una plusvalenza. Non JSembra invero possa dubitarsi che quando attraverso una permuta un soggetto :tassabile in base a bilancio acquista un bene che ha un valore di mercato maggiore del valore a cui veniva valutato in bilancio il bene scambiato si realizzi una plusvalenza tassabile, anche se il nuovo bene acquistato venga contabilizzato allo stesso valore del precedente (conf. FAL SITTA, Sulla realizzazione delle plusvalenze mediante permuta, cit. p. 596). Con la permuta si convalida definitivamente (e quindi si realizza) il maggior valore conseguito dall'oggetto che viene scambiato, ed perfettamente conseguente che tale valore sia tassato. PARTE I3 SEZ. V, GIURIS.PRUDENZA TRIBUTARIA 839 Solo in senso lato (se non addirittura traslato) -il che non pare consentaneo rispetto a norme che, come quelle fiscali, fanno eccezione a regole generali (art. 14 preleggi) -una espressione legislativa di tanta precisione potrebbe pil;lgarsi a comprendere, oltre alla compravendita, anche negozi che, pur non facendo conseguire un prezzo , consentano ugualmente uno scambio di utilit od una estinzione di obbligazioni (gli esempi pi frequentemente ricorrenti sono quelli de1la datio in solutum, della compensazione, della. delegazione di pagamento). Senonch, quand'anche ci fosse in astratto ammissibile, ostacoli insormontabili, derivanti d~lla funzione e dalla struttura stessa de1l'istituto, si opporrebbero alla comprensione della permuta nel novero di consimili negozi. La singolarit ed, in certo senso, l'anomalia di questa forma negoziale, sopravvivente allo sviluppo della economia ed allo affinarsi degli strumenti di scambfo (in ispecie dopo l'introduzione della mon~ta come comune misuratore dei valori e come mezzo .normale di scambio), consiste in ci che, a differenza di ogni altro negozio di scambio (e segnatamente della compravendita), in essa si rende perfettamente compatibile . con la causa (e perde quindi rilievo .sul piano economico giuridico) qualsiasi divario, anche notevole, di valore :fra gli oggetti permutati. Pertanto, evidenziare a fini giuridici la esistenza di uno scarto di valore fra i beni permutati non sarebbe possibile (stante la loro eterogeneit ) senza istituire un giudizio estimativo non solo del bene ceduto ma anche di quello ricevuto in cambio e -dovendosi a tal fine fare N si dica che il nuovo og.getto (nella specie titoli azionari) che viene ad entrare nel patrimonio del contribuente h.a un valore isoggetto ad oscillazioni (parti1co1ar:mente mutevoli quelle di bol"Sa) sfoch mancherebbe la certezza della plusvalenza acquisita. facile rel>licare, a prescindere dal il'ilievo che anche nel caso che roggetto sia scambiato con moneta questa non d certezza del valore conseguito atteso .che la stessa moneta soggetta ad oscillazioni di valore (modifiche dei .cambi e svalutazione), che 'Ci che a norma Q.ell'art. 81 costituisce oggetto di tassazione non il reddito monetario, ma il reddito comunque realizzato, sicch comunque si evidenzi tale incremento di ricchezza, questo deve essere tassato. 4. Un'ultima osservazione. Si visto che la societ opponente aveva iscritto in bilancio i nuovi titoli allo stesso valore di quelli esistenti in precedenza nel suo portafoglio. Ci 1si pu chiedere se tale operazione fosse legittima e comunque se sia consentito all'Amm.ne finanziaria procedere alla rettiifca. Sebbene la 'sentenza in rassegna abbia ritenuto superfluo esaminare la questione, ritenendola assorbita dall'accoglimento della tesi in precedenza esaminata (sul che qualdhe dubbio potrebbe pur esprimersi) qui consentito un brevissimo cenno alfa questione. I' ' ' 840 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO riterimento ad un comune parametro (la moneta) -una tale operazione non sarebbe, a sua volta, possibile senza scomporre la permuta in due distinti atti di compravendita e senza concepire i rispettivi prezzi come destinati ad elidersi fino alla concorrenza di quello inferiore. Orbene -a parte l'ovvia considerazione che, generalizzando un tal criterio di analisi, non si troverebbe verosimilmente un sol caso di permuta che non fosse al tempo stesso da qualificare e trattare, ad effetti giuridici, come negozio misto - incontestabile che se i contraenti (come nella specie), per attuare i foro .concreti interessi, Si servono di questa forma negoziale anzich ricorrere a due compre e vendite distinte, e non operin conguagli in denaro n siano sospinti da comuni e palesi intenti fraudolenti o simulatori, segno che essi si prospettano sul piano economico non meno che su quello giuridico -le cose scambiate come beni di ugual valore. Trattandosi poi -come nella specie -di permuta di titoli azionari, ed essendo i titoli ricevuti destinati a prendere il posto di quelli dati in cambio, si rende ancor pi evidente come l'eventuale differenza fra il costo (di quelli ceduti) e la (maggiore) qruotazione di borsa di quelli ricevuti non possa, n sotto il profilo del realizzo n ancor meno sotto quello della certezza (essendo le quota.zioni dei titoli estremamente mutevoli nel tempo) considerarsi come una plusvalenza effettivamente acquisita al patrimonio del permutante fino a tanto che Secondo l'art. 2425 e.e. il valore delle azioni deve essere determinato d&gli amministratori, secondo il loro prudente apprezzamento, tenendo pre sente, per i titoli .quotati in borsa, l'andamento delle quotazioni . noto come i criteri di valutazione indicati dal legislatore siano con siderati dei limiti non !U'.Perabili nel massimo (per evitare SOIJTa valuta zioni a danno dei terzi), ma suscettibili di riduzione, purich questa rispon da ad un prudente e ragionevole apprezzamento. Quando, invece, la svalutazione dell'attivo eccessiva o comunque non giustificata in base a norme prudenziali, il bilancio, per quella parte, nullo (v. Cass. 13 febbraio 1969, n. 484, in Giur. it., 1969, I, 1.628. Per ulte riori richiami ed esame della dottrina v. la nostra nota in Giur. merito 1971, I, 33). Nella specie si tratta di accertare se l'iscrizione in bilancio delle azioni pervenute in permuta allo stesso valore di quelle permutate risponda o meno ad una ragionevole e prudenziale valutazione. Ove ci non sia, come parrebbe, non sembra dubbio che :sia consentito all'.Amm.ne finazfaria, come ad ogni terzo interessato, di far valere la nrul:lit del bilancio e IJTOCedere a norma dell'ultimo comma dell'art. 119 t.u. cit. alla correzione della parte inesatta, provvedendo, quindi, alla tassazione del valore effettivo dei beni iscritti in bilancio. A. ROSSI PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 841 l'operazione di investimento nella quale detti titoli vengono ad inserirsi non possa dirsi effettivamente e definitivamente esaurita. Accogliendosi per tali ragioni il ricorso della Linoleum, non fa d'uopo indugiare sugli ulterfori motivi dalla stessa addotti a fondamento del ricorso medesimo: motivi che, pertanto, rimangono assorbiti. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 30 marzo 1971, n. 908 -Pres. Favara Est. Miele -P. M. Sciaraffia (conf.) -Soc. Giuseppe Adeo Ostillio (avv. Brozzetti) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Angelini Rota). Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Accertameto -Accertamento analitico -Obbli~atoriet -Eccezioni -Contribuente obbligato alla tenuta di scritture contabili. (I. 29 gennaio 1958. n. 645, artt. 24, 37, 117 e 118; e.e, artt. 2215 e segg,}. Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Accertamento -Obbligo della tenuta di scritture contabili -Societ in accomandita semplice -Sussiste. (e.e. art. 2214, 2302, 2315), Non sussiste per la Finanza l'obbligo dell'accertamento analitico quando il contribuente non abbia presentato denunzia analitica o quando il cqnt'l'ibuente, obbligato alla tenuta delle scritture contabili, pur avendo presentato la denunzia analitica, non sia in possesso di regolari scritture (1). Le societ in accomandita semplice sono obbligate alla tenuta delle scritture contabili (2). (Omissis). -Con il primo motivo la Societ ricorrente deduce la violazione dell'art. 37 del t:u. 29 gennaio 1958, n. 645 affermando che l'Ufficio finanziario ha proceduto illegittimamente, accertando induttivamente il reddito, in ql;.J.anto era stata presentata la prescritta dichiarazione dei redditi ed era stato risposto alle informazioni richieste dall'Ufficio. (1-2) Sulla prima massima la giurisprudenza pu considerarsi ormai pacifica: Cass. 25 gennaio 1967, n. 217 in questa Rassegna, 1967, I, 654; 31 maggio 1966, n. 1454, ivi, 627; 8 .gennaio 1968, n. 29, Riv. leg. fisc., 1968, 811; 17 gennaio 1969, n. 93, ivi, 1969, 806. La seconda massima di evidente esattezza. J 842 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA pELLO STATO Tale censura, che era gi stata formulata nel ricorso alla Com.missione di primo grado, infondata. L'Ufficio finanziario deve procedere all'accertamento dei redditi con osservanza degli artt. 117 e segg. del t.u. citato, basandolo sia sui dati forniti dal contribuente sia su quelli accertati direttamente. Nel caso in cui il contribuente abbia presentata una denunzia completa; oppure esposto analiticamente gli elementi del reddito ed abbia corredata la dichiarazione dei dati, mediante l'esibizione di libri, di scritture e dei documenti necessari, l'accertamento non pu prescindere dalla denunzia stessa e l'Ufficio deve, a pena di nullit, motivare specificatamente l'accertamento stesso (rt. 37 t.u. cit.). Allorch trattasi di imprese commerciali non tassabili in base a bilancio, la dichiarazione dei redditi da queste presentata, deve specificare gli elementi attivi e passivi atti, secondo le norme concernenti le singole imposte, a permettere all'Ufficio di determinare i valori imponibili (art. 24, t.u.). Inoltre, a conforto della denunzia, le imprese commerciali tenute alla redazione delle scritture contabili obbligatorie, debbono a richiesta, esibirle. Se per tali scritture non siano state tenute in conformit degli artt. 2215 e segg. del codice civile, o se l'impresa rifiuta di esibirle, l'ufficio pu procedere all'accertamento anche prescindendo dalla denunzia del contribuente e non tenuto all'accertamento analitico come prescrive l'art. 37 del t.u. Ci in quanto il difetto delle scritture contabili obbligatorie o la loro mancata esibizione rende la dichiarazione presentata dal contribuente, ancorch analiticamente articolata,. solo apparentemente tale, non avendo l'Ufficio possibilit di riscontrarne la fondatezza sulla base dei documenti contabili e quindi di motivare analiticamente il suo acc~rtamento. In tale ipotesi deve il contribuente esporre gli elementi che valgano a contrastare l'accertamento dell'Ufficio (art. 118 t.u.). Alla stregua di tali principi, esattamente stato ritenuto dalla Commissione centrale che non ricorresse l'obbligo dell'accertamento analitico. Invero la Commissione Centrale ha messo in rilievo che la Societ, come era risultato dall'ispezione documentale, non aveva tenuto i libri obbligatori ;prescritti dall'art. 2214 e.e.; era incorsa in altre irregolarit contabili; situazione qu.esta d'irregolarit che giustificava pienamente il ricorso allo accertamento sintetico. Con il secondo motivo la ricorrente societ, deducendo la violazione degii artt. 117 e 118 del t.u. n. 645 del 1958, assume che la Commissione Centrale non aveva tenuto conto che dalla societ era stata presentata una denunzia corredata dei documenti per il controllo della veridicit e della completezza della dichiarazione ed era stato risposto al questionario dell'Ufficio. Inoltre, afferma la ricorrente, la Commissione ha erroneamente ritenuto che essa societ fosse tenuta a redigere i libri obbligatori, non avendo considerato che si trattava di, societ irr accomandita semplice, il cui regolamento rientra nella previsione dell'arti PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 843 colo 2()83 e.e. Rilevava, infine, che la Commissione Centrale non avrebbe tenuto conto che la Societ aveva fornita la prova contraria. Le censure del mezzo sono infondate. Va preliminarmente osservato che la Societ in questione, pur avendo forma di accomandita semplice, era tenuta alla redazione dei libri obbligatori. Invero l'art. 2315 e.e. rinvia, per le norme non specificatamente predisposte per l'accomandita, alle norme valevoli per quelle in nome collettivo, in quanto non incoonpatibili. In forza dell'art. 2302 e.e. le societ in nome collettivo debbono tenere i libri e le altre scritture elencate nell'art. 2214 e.e., onde a tale obbligo soggiacciono anche le societ in accomandita, non essendo tale norma in contrasto con quelle che la regolano, .giacch\ l'accomandita semplice solo una forma modificata della societ in nome collettivo. Per il resto la censura si appunta su accertamenti di fatto che la Commissione Centrale ha rilevato essere stati effettuati dalla commissione provinciale e cio che dal ver.bale redatto secondo l'art. 39 del t.u. cit. risultava che la societ in questione non aveva tenuto le scritture contabili; che i documenti presentati erano in parte irregolari ed inoltre che delle prove offerte dalla societ per contrastare l'accertamento la commissione provinciale aveva esattamente tenuto conto. Trattandosi di motivazione riguardante la valutazione di circostanze di fatto e condotta senza lacune e senza errori logici o giuridici, la censura inammissibile. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 30 marzo 1971, n. 911 -Pres. Favara Est. Mazzacane -P. M. De Marco (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Azzariti) c. Soc. Giordani. Imposta di registro -Finanziamento bancario -Imposta di bollo surrogatoria dell'imposta di registro -Finanziamento mediante cambiali -Costituzione di ipoteca -Si estende. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa A, artt. 28, 57 e 59; I. 4 aprile 1953, n. 261, art. 29). L'imposta di bollo sulle cambiali surroga l'imposta di registro sul negozio di finanz'iamento bancario a norma delt'art. 28 tariffa A deUa legge di registro a tutti gli effetti, s che ii finanziamento mediante cam . biali da considerare come sottoposto all'imposta proporzionale di registro anche agli effetti dell'art. 57 della stessa tabella che prevede l'imposta fissa sulla costituzione di ipoteca (1). (1) Si conferma l'orientamento seguito dalla sent. 11 novembre 1969, n. 3666, riportata in questa Rassegna, 1970, I, 258. 844 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -L'Amministrazione ricorrente, deducendo la violazione e falsa applicazione degli artt. 28, 57 e 59 della tariffa all. A del t.u. delle leggi di registro (r.d. 3-0 dicembre 1923, n. 3,2:69), assume che l'art. 2 della legge 4 a,prile 1953, n. 261, il quale ha modificato il testo della suindicata tariffa, ha stabilito, con la nota esplicativa, che se il finanziamento posto in essere mediante cambiali, la tassa graduale di bollo scontata sulle cambiali surroga ad ogni effetto l'imposta proporzionale prevista per il finanziamento; sempre che le cambiali siano integralmente trascritte nell'atto; che in tal modo stata introdotta nel sistema non una surrogazione in senso tecnico tributario ma una agevolazione tributaria, con assorbimento nell'imposta graduale di bollo dell'imposta proporzionale sul finanziamento; che di conseguenza, nella specie, l'atto costitutivo di ipoteca a garanzia del finanziamento registrato senza il pagamento dell'imposta proporzionale deve scontare l'imposta graduale di registro ,prevista dall'art. 59 della tariffa e non trova applicazione il disposto dell'art. 57 della stessa tariffa, che stabilisce la tassa fissa di registro per l'atto di costituzione dell'ipoteca a garanzia di finanziamento stipulato dallo stesso costituente, con atto sottoposto a tassa proporzionale di registro. La censura infondata. L'art. 57 della tar. all. A della legge di registro dispone che le costituzioni di ipoteca a garanzia di obbligazioni anteriormente contratte dallo stesso costituente con atto gi sottoposto a tassa proporzionale di registro sono registrate a tassa fissa; fuori di questo caso la costituzione di ipoteca in garanzia di operazioni bancarie o di cambiali assoggettata ad imposta graduale (art. 59 della tar. all. A). . Per i finanziamenti concessi dalle aziende e dagli enti di credito contemplati nel d.l. 12 marzo 1936, n. 375 e successive modificazioni, a favore di ditte commerciali ed industriali, stabilita una pi ridotta imposta proporzionale di registro. Alla stessa imposta soggiacciono i mutui concessi dalle casse di risparmio, societ ed istituti di credito, senza deposito o pegno di merci, titoli o val>ri, ovvero con costituzione di ipoteca. Qualora il finanziamento venga posto in essere mediante cambiali, la tassa graduale di bollo scontata sulle cambiali surroga ad ogni effetto le imposte'proporzionali ridotte suindicate, semprech le cambiali siano inte.gralmente trascritte nell'atto (art. 28 tar. all. A, nel testo sostituito con l'art. 2 della legge 4 aprile 1953, n. 261). Nell'ultima ipotesi indicata, la surrogazione dell'imposta di bollo sulle cambiali a quella proporzionale di registro sull'atto di finanziamento comporta -come la Corte del merito ha esattamente ritenuto -che si debba ritenere che l'atto di finanziamento medesimo sia stato sottoposto a tassa proporzionale di registro, e, quindi, in applicaztone dell'art. 57 tar. all. A, che l'atto di ipoteca a garanzia del finanziamento PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA debba essere registrato a tassa fissa e non con applicazione dell'imposta graduale stabilita nell'art. 59 della stessa tariffa. Invero irrilevante la deduzione dell'Amministrazione per cui nella nota all'art. 28 della tar. all. A della legge di registro (nel testo sostituito con la cennata leg.ge del 1953) la locuzione la tassa graduale di bollo scontata sulle cambiali surroga ad ogni effetto le imposte proporzionali di registro sul finanziamento non deve essere intesa nel significato tecnico tributario attribuito al nome surrogazione nella designazione della categoria delle imposte in surrogazione del bollo e del registro. Il problema non concerne l'inquadramento della fattispecie concreta in quella tipica dell'imposte in surrogazione, poich si tratta invece di stabilire lo ~copo perseguito dalla norma con il termine surrogare. Ora, non pu dubitarsi che il !Predetto termine, valutato nel suo significato letterale e logico indica che una persona, o una cosa, messa in luogo di un'altra, e che tale significato lessicale risponde al concetto che il legislatore ha voluto esprimere, desumibile dal sistema di imposizione in cui si inquadra la legge n. 2,Bil del 11953. Infatti, il finanziamento bancario con ipoteca soggetto all'tmposta proporzionale di registro sull'atto di finanziamento e all'imposta fissa di registro su quello concessivo di ipoteca. Ora il finanziamento bancario a mezzo di cambiali e con ipoteca pagherebbe, se la tesi della finanza fosse esatta, l'imposta di bollo sulle cambiali e l'imposta graduale sull'atto con una sperequazione che, priva di spiegazione logica e giuridica, produrrebbe il solo effetto di ince,ppare il finanziamento del credito bancario. Questo dovrebbe, per risparmiare sul carico tributario, operare su documenti diversi dalle cambiali che nella pratica creditizia costituiscono, invece, il mezzo di uso comune per le operazioni di credito in genere e per quelle bancarie in particolare. La legge n. 261 del 1953 . avrebbe, cosi, raggiunto uno scopo addirittura contrario a quello di agevolazione che, come si ricava dal contenuto stesso della legge e dal suo inserimento nel quadro delle agevolazioni tributarie in materia di finanziamento concesso dagli istituti di credito, costituisce la sua ratio. Tale ratio spiega l'esigenza di disporre che l'imposta di bollo corrisposta sulle cambiali (nelle dette operazioni di finanziamento bancario ed a condizione che sia assicurato, con l'integrale trascrizione delle cambiali nell'atto di finanziamento, che le cambiali stesse realizzino il mezza tecnico giuridico dell'operazione di credito) sta in luogo dell'imposta proporzionale di re.gistro sull'atto di finanziamento e svolge la funzione anche di tale imposta: e ci, aggiunge la norma, ad ogni effetto, nell'intento di sottolineare che la sostituzione avviene nell'intero. ambito di efficacia dell'imposta proporzionale di registro, della quale riproduce tutti gli effetti. In tal modo il testo letterale della norma ed il corrispondente contenuto che essa deve assumere nel sistema in cui si inserisce portano ad 846 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO escludere che il legislatore abbia attuato l'agevolazione tributaria con l'esentare il finanziamento dall'imposta proporzionale di registro: esenzione che non. si enuncia con il concetto della surrogazione, e che non conseguirebbe tutti gli effetti del pagamento di tale ultima imposta, se dovesse rimanere operante l'obbligo di corrispondere l'imposta graduale di registro sull'atto di costituzione dell'ipoteca a garanzia del finanziamento bancario, che si assume esentato dall'assoggettamento ed imposta di registro. Ritenuto perci che il pagamento dell'imposta di bollo sulle cambiali assolve, a tutti gli effetti, alla f.nzione dell'hn.posta proporzionale di registro sul finanziamento posto in essere con le cambiali che siano trascritte nell'atto di finanziamento, il successivo atto di concessione di ipoteca a -garanzia del finanziamento cosi realizzato it soggetto solo ad imposta fissa di registro, a norma dell'art. 57 della tariffa all. A della legge organica di registro. Tali conclusioni, gi affermate da questa Corte Sup;rema con la sentenza 11 novembre 1969, n. 3666, dal cui orientamento non vi motivo di discostarsi per le argomentazioni ora esposte, sono in contrasto soltanto apparente con quelle enunciate nella sentenza n. '2868 del 5 settembre 1900. Invero la sentenza ora citata esamin la tesi se, nella ipotesi di finanziamento concesso da istituti di credito a mezzo di cambiali e con garanzia ipotecaria, l'imposta di bollo surrogava, oltre che l'imposta proporzionale di registro sull'atto di ifinanziamento, anche l'imposta di registro sull'atto di costituzione di ipoteca; e la questione fu decisa negativamente. Nella specie, invece, si ammette che l'imposta di registro sull'atto di garanzia sia dovuta e si discute soltanto se sia dovuta la imposta fissa o quella graduale: questione risolta nel senso suindicato. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 3-0 marzo 1971, n. 913 -Pres . .ed Est. Mirabelli -P. M. Antoci (diff.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Salto) c. Soc. Pardini (avv. Placidi). Imposta di registro -Usufrutto su edificio -Perimento -Ricostruzione da parte del proprietario ex art. 1018 cpv c. c. -Estinzione dell'usufrutto -Successiva morte dell'usufruttuario -Consolidazione -Non si v~rifi.ca. (r.d. 30 dicembre 1923, n, 3269, art. 21; e.e. 1018). Nel caso di perimento dell'edificio sul quale grava l'usufrutto, ta iniziativa del proprietario di costruire altro edificio sulla stessa area a I I I PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 847 norma delt'art. 1018 capov. e.e. fa estinguere L'usufrutto, che si trasforma in un diritto di credito, cosicch alla successiva morte del titola1e dell'usufrutto non si verifica consolidazione (1). (.Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso l'Amministrazione, ricorrente denuncia la violazione dell'art. 21 della legge sull'imposta di registro r.d.l. 30 dicembre 1923, n. 3269, in relazione agli artt. 983 e 1018 e.e., a sensi dell'art. 360, n. 3 c.p.c., e sostiene che la sentenza impugnata ha errato, ed anzi ha enunciato un principio sostanzialmente contradittorio, quando, dopo avere affermato, conformemente a quanto avevano ritenuto i primi giudici, che l'usufrutto gravante su met del fondo si era esteso, per accessione a sensi del citato art. 983, al primo molino costruito sul fondo medesimo, ha poi escluso che una eguale estensione si sia verificata quando, a seguito della distruzione di tale molino per eventi bellici, ha avuto luogo, ad opera della societ coritroricorrente, la costruzione del nuovo molino, attualmente esistente, e conseguentemente ha errato nell'affermare che con la costruzione di tale nuovo molino l'usufrutto si sia estinto e sia rimasto a car:ico della societ proprietaria il mero debito di interessi, previsto dal secondo comma del citato art. 1018, si che alla successiva data della morte della usufruttuaria non si sia verificata consolidazione dell'usufrutto e non sia dovuta la relativa imposta di consolidazione, prevista dal citato art. 21 della Legge di registro. La censura, per, non fondata, anche se pu apparire giustificata da talune enunciazioni espresse nella motivazione della ~entenza impugnata. (1) La decisione desta serie perplessit. innanzi tutto dubbio che l'usufrutto si estingua ex art. 1(}18 ca.pov.; anche se il diritto dell'usufruttuario si trasferisce su una somma, ci non significa che sia venuto meno interamente e a tutti gli effetti il dia:itto reale di usufrutto. Ma il problema ha .particolari profili sul piano tributario. Anche ammettendo che l'usufrutto si estingua, ci non potrebbe mai essere indifferente ai fini dell'imposta di registro. Il particolare mecanismo dell'art. 21 rinvia al momento della consolidazione la liquidazione dell'imposta complementaa-e sull'atto di costituzione dell'usufrutto; questa importante operazione non pu di certo essere eliminata, perch un usufrutto costituito deve in un qualche modo avere uri epilogo. Il problema allora soltanto quello di stabilire se, nella particolare ipotesi decisa, il momento della riunione quello della ricostruzione dell'edificio distrutto o quello della morte del titolaa-e dell'usufrutto. Ma sembra evidente che, fintanto che dura il diritto, sia pur trasformato, dell'usufruttuario a percepire una utilit gravante sul bene, non si possa dalla Finanza pretendere l'imposta sulla consolidazione; e ci anche perch la ricostruzione dell'edificio un fatto mat&iale che di norma la Finanza ignora e che non produce un'effetto opponibile ai terzi. 848 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La situazione di fatto che i giudici di merito hanno accertato che sul fondo, sul quale l'usufrutto era stato costituito al momento dell'acquisto, era stato costruito un edificio, 'che lo aveva occupato interamente; ed infatti dal rilievo che dell'intera area avente l'estensione. di mq. 7975 l'edificio occupava mq. 5368,80 e che la parte rimasta non edificata era adibita esclusivamente al servizio dell'opiJf.cio, i giudici del merito hanno tratto la deduzione, pienamente logica e incensurabile in sede di giudizio di legittimit, che il bene fondo, sul quale l'usufrutto risultava costituito, era stato interamente sostituito dal bene edificio. I ,giudici del merito hanno anche accertato, per confessione della stessa parte interessata, e cio della societ proprietaria, che su tale edificio era considerato gravante l'usufrutto, per una eguale quota ed a favore della medesima usufruttuaria; ma l'affermazione che tale usufrutto sull'edificio sussistesse in forza del principio della. accessione, e non per altra causa, non solo non trova alcun riferimento con gli elementi di fatto accertati, ma risulta effettivamente in contrasto, come esattamente la difesa della ricorrente ha rilevato, con l'altra affermazione, sulla quale la decisione degli stessi giudici si fonda, secondo cui, a se.guito della costruzione dell'edificio l'usufrutto venuto ad evere come oggetto tale edificio, e non il fondo, dovendosi considerare non fondo, ma solo accessorio dell'edificio, l'area circostante non edificata. Quel che conta, infatti, e costituisce il punto decisivo della controversia, che, una volta accertato che, nel mom.ento 1che viene in considerazione, l'usufrutto ha per oggetto un ediJf.cio e non un fondo, le vicende attraverso le quali tale situazione si venuta a formare non hanno alcuna :rilevanza; ed questo il rilievo sul quale, in effetti, i giudici del merito hanno esattamente fondato la loro p:i;onuncia. L'applicabilit della eccezionale disposizione contenuta nel secondo comma dell'art. 1018 dipende meramente dall'accertamento che, al momento del perimento dell'edificio, sia in atto un rapporto di usufrutto avente ad oggetto non un fondo del quale fa parte un edificio, alla quale ipotesi si applica il primo comma dello stesso articolo, ma soltanto un edificio, ed sufficinte l'accertamento che oggetto dell'usufrutto, al mom.ento del perimento, sia un edificio, e non un fondo, perch si verifichi la situazione ivi prevista secondo la quale il nuovo edificio costruito dal proprietario non pi soggetto ad usufrutto ed all'usufruttuario rimane soltanto un diritto di credito, avente ad oggetto gli interessi sul valore dell'area e dei materiali, residuati alla distruzione. L'errore e la contraddizione, che la difesa dell'Amministrazione ricorrente ha ritenuto di rilevare nella sentenza impugnata, in sostanza non sussistono, giacch, quando i giudici del merito hanno incidentalmente enunciato che l'usufrutto sull'edificio si era costituito per accessione, stata menzionata una circostanza del tutto irrilevante ai fini PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 849 della soluzione della controversia, in quanto decisivo era soltanto l'accertamento, che essi correttamente hanno compiuto ed enunciato, della circostanza che, al momento del perimento del precedente edificio, questo, e non altro bene, era oggetto dell'usufrutto, si che la situazione controversa rientrava pienamente nella fattispecie prevista dal citato secondo comma dell'art. 1018, che sancisce, come la dottrina ha unitamente riconosciuto, appunto una eccezione alla regola generale contenuta nel citato art. 983. --(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 30 marzo 1971, n. 914 -Pres. Stella Richter -Est. Mazzacane -P. M. Trotta (conf.) -Istituto Credito a Medio Termine per l'Emilia e Romagna (avv. fy.Iesiano) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Carafa). Imposta di re~istro -Finanziamento a medio termine con contributo statale -Imposta in abbonamento - dovuta. (l. 30 luglio 1959, n. 623, art. 8; 1. 22 giugno ~950, n. 445, art. 6). I finanziamenti a medio termine assistiti da 'contributo statale a favore di piccole e medie industrie non godono deH'esenzione assoluta, bensi dell'agevolazione dell'imposta in abbonamento, in quanto l'art. 8 della l. 30 luglio 1959, n. 623, nel richiamare il secondo comma dell'art. 6 della legge 22 giugno 1950, n. 445, fa riferimento anche al terzo comma che prevede l'abbonamento in compenso delle operazioni esenti da imposta (1). (Omissis). -Il ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 8 della legge 30 luglio 1959, n. 623, dell'art. 6 legge 22 giugno 1950, n. 445; e dell'art. 12 disp. prelim. e.e., in relazione agli artt. 360, nn. 3 e 5 e 13~ c.p.c., sostiene che la Corte del merito, affermando che anche l'ammontare dei finanziamenti posti in essere in forza della I. n. 623 del 1959 J soggetto alla imposta dello 0,10 % prevista dal terzo comma dell'art. 6, 1. n. 445 del 1950, ha erroneamente ritenuto che il richiamo contenuto nell'art. 8 1. 623 del 1'959, riferito esclusivamente al secondo comma dell'art. 6 1. 445 del 1950, sia invece estensibile al terzo comma, considerato inscindibile da quello precedente. Con legge 22 giugno 1950, n. 445 venne concessa facolt al Ministero del Tesoro, di costituire, di concerto col Ministero dell'Industria e (1) Non constano precedenti in termini. 850 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Commercio, Istituti regionali per il finanziamento a medio termine alle medie e piccole industrie con 'Competenza locale. L'art. 6 di detta leg,ge dispone, per le operazioni di finanziamento effettuate dai detti Istituti, l'esenzione da ogni imposta e tassa, facendo obbligo agli istituti regionali di corrispondere in compenso un'imposta forfettaria in ragione di cent. 10 per ogni cento lire di capitale impiegato. Successivamente, con la legge 25 luglio 1952, n. 949, fu istituito l'Istituto Centrale per il credito a medio termine a favore delle medie e piccole industrie, avente lo scopo di finanziare le aziende regionali esercenti il credito medesimo. L'Istituto Centrale fu altresi autorizzato a riscontare gli effetti cambiari relativi alle operazioni di finanziamento in discorso, compiute dagli Istituti e Aziende Regionali. Analogamente a quanto previsto dall'art. 6 della citata le~.ge 22 giu gno 1950, n. 445, l'art. 30 della legge del 1952, n. 949 dispone a favore dell'Istituto Centrale lo stesso regime dell'abbonamento tributario costi tuito dal pagamento dello 0,10 % sul capitale complessivamente impie gato nell'anno. Infine, l'art. 8, 2 comma della legge 30 luglio 1959, n. 623, ha esteso ai finanziamenti assistiti da contributo statale di cui al primo comma ed ai precedenti articoli della legge, le agevolazioni tributarie di cui al secondo comma dell'art. 6 della legge 22 giugno 1950, n. 445 . Sulla base delle menzionate disposizioni legislative infondata la pretesa dell'Istituto odierno ricorrente di non dover corrispondere alcuna imposta sui finanziamenti assistiti dal contributo statale in conto inte ressi perch a questi applicabile la esenzione prevista dal secondo comma dell'art. 6 della legge n. 445 del 1950, ,senza l'obbligo dell'assolvimento della imposta prevista dal terzo comma, in compenso di tale esenzione. Infatti, vero che il secondo comma dell'art. 8 della legge n. 623 del 1959 richiama soltanto il secondo comma dell'art. 6 della legge n. 445 del 1950, dove si parla di esenzione tributaria ( ... sono esenti...). Ma la interpretazione sistematica <;lelle norme citate induce a ritenere che il legislatore, sia pure con imprecisa dizione, abbia in effetti voluto applicare anche ai finanziamenti assistiti dal contributo statale in conto interessi il regime tributario previsto per i finanziamenti degli istituti regionali per il medio credito non assistiti dal contributo, quale risulta dai comma terzo e quarto dell'art. 6 della legge n. 445 del 1950: che abbia cio voluto estendere alle operazioni in questione l'imposta surrogatoria istituita dal terzo comma dell'art. 6 della legge n. 445 del 1950. Invero il secondo comma dell'art. 6 della legge n. 445 del 1950 non pu essere considerato a se stante, poich connesso, anche sintatticamente, con il successivo terz comma il quale in compenso della esenzione obbliga gli Istituti regionali a corrispondere una quota di PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 851 abbonamento annuo di centesimi dieci per ogni cento lire di capitale impiegato, accertato alla fine .di ogni esercizio. Pertanto il citato art. 6 non prevede una esenzione dai tributi considerati, ma una agevolazione costituita dalla sostituzione a tali tributi di una sola imposta dovuta in abbonamento e commisurata ad una aliquota pi modesta. In sostanza il secondo comma dell'art. 6 della 1. n. 445 del 1950 parla di esenzione in senso improprio intendendo dire piuttosto agevolazione poich la espressione in compenso , di cui al terzo comma dell'articolo stesso, limita la portata della proposizione enunciata nel secondo comma. Ritenuto che il secondo ed il terzo comma dell'rt. 6 della legge n. 445 del 1950, integrandosi a vicenda, realizzano un unico regime di agevolazione fiscale, ne consegue la inesattezza della interpretazione dell'.art. 8, 2 comma della legge n. 623 del 1959 nel senso, affermato dal ricorrente, che tale norma, attraverso il richiamo al solo secondo comma dell'art. 6 della legge n. 445 del rn5o, abbia voluto stabilire una esenzione assoluta per gli Istituti regionali dalle imposte ivi cnsiderate. A conferma di ci ,deve rilevarsi che l'art. 8 della legge n. 623 del 1959 parla di agevolazioni tributarie e non di esenzione. Infine -come la Corte del merito ha esattamente rilevato -la pretesa diversit di trattamenot tributario per le operazioni assistite dal contrtbuto statale in conto interessi e quelle che non lo sono non avrebbe una razionale giustificazione. Infatti gli Istituti regionali non ricevono vantaggi o pregiudizio dalla legge n. 623 del 1959 rispetto alla situazione creata dalla legge n. 445 del 1950: sono le imprese clienti che possono usufruire -in base alla le.gge n. 623 del 1959 .__ di finanziamenti ad un tasso di interessi pi favorevole, mentre gli l'Stituti regionali illOn subiscono alcun pregiudizio, in quanto. lo Stato corrisponde ad essi la differenza fra il tasso praticato e quello relativo ad operazioni similari (art. 4 legge 30 luglio 1959, n. 623). Ci dimostra che l'Istituto ricava un utile, dalle operazioni di finanziamento eseguite dopo la lMge n. 623 del 1959, non inferiore a quello che ricavava in precedenza, quando non usufruiva del contributo statale, poich questo assicura agli Istituti regionali la riscossione di un tasso eguale a quello usualmente praticato nelle operazioni di finanziamento. Pertanto la interpretazione sistematica e razionale delle norme citate induce a concludere che esattamente la Corte del merito ha ritenuto che l'art. 8, 2 comma della legge n. 6213 del 1959 abbia inteso richiamare, per le operazioni ivi considerate, non soltanto la disposizione del secondo comma dell'art. 6 della legge n. 445 del 1950, ma tutto il regime, tributario unitariamente previsto dal legislatore con il secondo ed il terzo comma dell'art. 6 della legge n. 445 del 1950. (Omissis). 852 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 3 aprile 1971, n. 944 -Pres. Stella Richter -Est. Leone -P. M. Trotta (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Cavalli) c. Credito Fondiario (avv. Sequi). Imposta di registro -Mutuo fondiario -Deposito di cartelle fino alla iscrizione di prima ipoteca -Tassazione come contratto autonomo -Esclusione. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 9 e tariffa B, art. 46; t.u. 16 luglio 1905, n. 646, artt. 13 e 27; 1. 27 luglio 1962, n. 1228, art. 1). La norma dell'art. 46 deUa tariffa B allegata alla legge di registro, secondo la quale ricompiresa nella quota di abbonamento l'imposta di registro dovuta su tutti gli atti connessi col contratto di mutuo fondiario o da esso necessariamente dipendenti, di contenuto pi ampio della norma generale dell'art. 9 della legge; di conseguenza il contratto di deposito presso l'ente mutuante di una parte delle cartelle eseguito all9 scopo di _ga'l'antirlo in ordine alla canceUazione di un'ipoteca di primo grado gi iscritta, compreso nell'abbonamento e non tassabile in via autonoma (1). II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 aprile 1971, n. 1056 -Pres. Rossano -Est. Sposato -P. M. Trotta (iconf.) -Banco di Sicilia (avv. La Ferlitta e Voltaggio) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Masi). Imposta di registro -Mutuo fondiario -Anticipazione in denaro prima del perfezionamento della operazione -Tassazione di autonomo negozio. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 9 e tariffa B, art. 46; t.u. 16 luglio 1905, n. 646, artt. 16 e 27). Se si conviene di anticipare al mutuatario una somma di denaro prima del contratto definitivo di mutuo fondiario e della iscrizione di ipoteca, si d vita ad una disposizione contrattuale diversa da quella direttamente agevolata di mutuo fondiario, che soggetta ad autonoma tassazione se non collegata come mezzo al fine con l'atto agevolato (2). (1-2) Sulla questione specifi.ca oggetto della prima sentenza v. Cass. 11 luglio 1966, n. 1820 (Riv. leg. fisc., 1966, 1928. Su simili questioni decise vario modo cfr. Cass. 19 agosto 1969, n. 3013, in questa Rassegna 1970, I, 268 PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 853 I (Omissis). -L'Amministrazione ricorrente denunzia violazione degli artt. 1 e seguenti della legge 27 luglio 1962., n. 1228, degli artt. 12, 13 e 27 del r.d. 16 luglio 1905, n. 646 e dell'art. 14 delle disposizioni sulla legge in generale ed insiste nella tesi che il deposito in questione, costituendo un negozio aggiunto del tutto indipendente dalla convenzione principale di mutuo fondiario, doveva essere sottoposto ad autonoma tassazione. Sostiene che la Corte d'Appello ha ragionato sul presupposto che in ogni caso il finanziamento debba essere garantito da prima ipoteca, presu,pposto non esatto, perch la legge consente il finanziamento per credito fondiario anche quando la garanzia non costituita da prima ipoteca, se l'istituto mutuante si ritenga sufficientemente garantito. Inoltre il mutuo aveva lo scopo di offrire un finanziamento senza una specifica destinazione, n risultava che lo stesso dovesse essere destinato in parte all'estinzione del residuo credito verso l'Istituto Nazionale Finanziario Ricostruzioni. Aggiunge che la Corte di merito ha ravvisato nel deposito in questione una ritenuta 'di somma da parte dell'Istituto mutuante a garanzia del difetto di pegno a norma dell'art. 13 del t.u. n. 646 del 1905, ma nella specie difettava l'indisponibilit della somma rappresentata dai titoli depositati, tanto che le mutuatarie ne hanno disposto per estinguere il loro iPrecedente debito ipotecario. Le censure sono prive di giuridico fondamento. Dispone l'art. 46 della tariffa all. B del t.u. delle leggi di registro (r.d. n. 3269 del 1923) che per i contratti condizionali e definitivi di mutuo stipulati con istituti di credito fondiario ila tassa di registro compresa nel compenso annuale che viene pagato a titolo di abbonamento per le tasse di qualunque specie. La norma aggiunge che nel detto compenso sono comprese anche le tasse di registro dovute oltre che per gli atti fatti dopo il contratto condizionato di mutuo allo scopo che l'istituto consegua la prima ipoteca, in generale per tutti gli atti connessi col contratto di mutuo o da esso necessariamente d~pendenti. e i precedenti ivi richiamati. Pi in generale sulla c.d. connessione strumentale tra mutuo e altre operazioni bancarie v. Cass. 30 giugno 1969, n. ?397, ivi, 1969, I, 900, con nota di C. BAFILE. La seconda sentenza afferma in modo deciso che la sussistenza della connessione di mezzo al fine oggetto di un apprezzamento di merito incensurabile, il ohe sembra opinabile perch una ta:le connessione (ammesso che sia rilevanie ai fini tributari) andrebbe definita e delimitata in via generale, in relazione alla tipicit di atti, e non caso per caso con riferimento alle situazioni di fatto. 10 854 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Tale disposizione particolare per i contratti stipulati con istituti di credito fondiario, ispirata da intento agevolativo, di contenuto pi ampio rispetto a quella dell'art. 9 del citato r.d. del 1923, relativo agli atti con pluralit di disposizioni; secondo tale ultima norma un atto che comprende pi disposizioni necessariamente connesse e derivanti per loro intrinseca natura le une dalle altre considerato, quanto alla tassa di registro, come se comprendesse la sola disposizione che d luogo alla tassa pi grave. Studiando i rapporti tra le due norme, questa Corte ha gi avuto modo di stabilire che lo s,peciale trattamento tributairo di cui all'art. 27 del t.u. 16 luglio 1905, n. 646, riprodotto .nell'art. 46 ali. B al testo unico delle leggi di registro, si applica ai contratti di mutuo fondiario ed ai negozi connessi, a prescindere dalla necessaria derivazione di una disposizione dall'alt-ra, dovendo la norma speciale contenuta nella tariffa prevalere su quella di carattere generale di cui all'art. 9 della legge di registro (Cass. 11 luglio 1966, n. 1820). Ancora pi ampio l'ambito di applicazione dell'art. 1 della legge 27 luglio 1962, n. 12128, che, regolando il trattamento tributario degli istituti di credito a medio e lungo termine col sistema dell'imposta annua di abbonamento di quindici centesimi per ogni cento lire dello ammontare dei crediti esistenti alla fine dell'esercizio annuale per finanziamenti a medio e lungo termine effettuati da ciascun istituto, specifica che detta imposta sostitutiva, tra l'altro, di tutte :le tasse ed imposte indirette sugli affari relative ai detti finanziamenti ed alla loro esecuzione, modificazione ed estinzione, nonch alle garanzie di qualunque tipo e da chiunque prestate. sufficiente, dunque, la semplice connessione tra 'le diverse disposizioni del contratto di mutuo fondiario e tra tale contratto di mutuo ed atti successivi al contratto condizionato di mutuo, riferibili alla conclusione del contratto definitivo ed all'esecuzione di esso in conformit della disciplina normativa dei mutui fondiari, nonch alle garanzie ottenute dall'istituto mutuante, perch la tassa di registro su tali atti debba ritenersi compresa nel compenso annuale di abbonamento pagato dall'Istituto. Orbene, nella specie i giudici di merito hanno accertato insindaca bilmente, con ampia e corretta argomentazione, che il mutuo stato convenuto in conformit della previsione dell'art. 12 lett. A del t.u. 16 luglio 1905, n. 646 delle leggi sul credito fondiario, cio come mutuo rimborsabile con ammortizzazione dietro iscrizione di prima ipoteca; e che il deposito presso l'istituto mutuante di un certo numero di cartelle di credito ,gi trasferite alle mutuatarie aveva avuto per scopo di ga rantire l'istituto in ordine all'estinzione di un'ipoteca di primo grado gi iscritta a favore di altro ente, estinzione per effetto della quale PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA l'ipoteca a favore del Credito Fondiario Sardo sarebbe divenuta di primo grado. Sulla base di questo accertamento ,che, si ripete, in quanto rappresenta la conclusione di un ragionamento svolto in base all'esame degli atti negoziali e condotto con buona logica (la stessa Amministrazione ricorrente non fa questione di violazione dei criteri ermeneutici dei negozi giuridici o di illogicit o insufficienza di motivazione, ai sensi dell'art. 360, n. 5 c.p:c.) non rivedibile in questa sede di legittimit, aippare puntuale e precisa l'applicazione fatta dalla Corte d'Appello della disposizione del citato art. 46 della tariffa all. B della legge di registro, in collegamento con l'art. 1 della legge n. 1228 del 1962, essendo evidente che nella specie il deposito dei titoli non solo era connesso con la stipulazione del contratto definitivo di mutuo, ma rappresentava addirittura un atto necessario, nelle concrete circostanze, perch l'ipoteca a favore del Credito Fondiario Sa~do potesse essere considerata equivalente -medio tempore ~ad ipoteca di primo ,grado e rispondere alle condizioni volute dalle norme sul credito fondiario per i prestiti di somma rimborsabile con ammortizzazione dietro iscrizione di prima ipoteca; rappresentava comunque una garanzia del mutuo, cui l'art. 1 della cennata legge del 1962 estende il trattamento tributario di conglobamento nell'imposta annua corrisposta in abbonamento. -(Omissis). II (Omissis). -La sentenza di rinvio ha enunciato il seguente prin cipio di diritto : che non si pu il principio sulla indipendenza delle disposizioni contenute in un atto invocare al fine di escludere l'esten sione delle agevolazioni fiscali, cui una delle due disposizioni sia am messa, all'altra che di per s non godrebbe di tale beneficio, e deve, quindi, il ;principio dell'art. 9 della legge di registro essere integrato con l'altro secondo il quale il diritto al trattamento tributario di favore riguarda anche gli atti che come mezzo al lfne siano in correlazione con l'atto che gode dell'agevolazione pure non essendo con esso necessa riamente connesso e derivante; e che, di conseguenza, la controversia in esame deve essere decisa non in base alle regole ,generali dettate dal citato art. 9, ma in base alle norme speciali dell'art. 27 del t.u. sul Credito Fondiario e dell'art. 46 della tariffa all. B alla legge organica di registro. La Corte di Messina -alla quale la causa fu rinviata perch, in applicazione del riferito principio, stabilisse, in linea di fatto, se fra 856 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO il negozio d'anticipazione e l'o.perazione di mutuo fondiario sussistesse, o meno, una relazione di mezzo a fine -ha escluso la sussistenza di un tal nesso, osservando che nessuna menzione, esplicita o implicita, dello scopo per cui l'acconto venne sti,pulato, si rinveniva nell'atto, e che neppure poteva ritenersi che l'anticipazione fosse stata concessa allo scopo implicito di dar modo ai mutuatari di provvedere agli adempimenti posti a condizione della stipula del contratto definitivo (adempi. menti che consistevano nell'iscrizione dell'ipoteca, e nell'assicurazione degli immobili ipotecati contro i danni, gli incendi ed i fulmini). Difatti la somma concessa in acconto non avrebbe potuto essere svincolata ];?rima dei detti adempimenti. Sulla :base di tali considera zioni ed in base all'ulteriore rilievo che l'acconto era concesso in de naro contante e non in cartelle ed all'interesse del 7 % , cio ad un tasso superiore a quello previsto per il mutuo fondiario, sicch esso neppure poteva considerarsi come una preventiva, parziale erogazione della somma che sarebbe stata messa a disposizione dei mutuatari con diverse modalit e con un diverso tasso di interessi, la Corte di merito ha espresso .il convincimento che quello che i contraenti chiamavano acconto era, in realt, un contratto di finanziamento autonomo e del tutto distinto dall'operazione di mutuo fondiario. Con il suo nuovo ricorso, il Banco di Sicilia sostiene che la deci sione del giudice di rinvio viziata da errore in procedendo, perch non si sarebbe uniformata al criterio dettato da questa Suprema Corte, e che , conseguentemente, viziata da errore in iudicando giacch, disco standosi da quel criterio, ha inesattamente interpretato ed applicato la disciplina legislativa del credito fondiario e, particolarmente, le norme degli artt. 14, 16, 27 e 32 .del t.u. n. 646 del 1905 e degli artt. 5 e 13 del Regolamento approvato con r.d. 5 maggio 1910, n. 472, ed avrebbe, infine, omesso di motivare su punti decisivi della controversia. In so stanza, il ricorrente assume che il giudice di rinvio non avrebbe dovuto indagare sulle finalit per cui si fece l'acconto, perch tali finalit rientrano nel campo dei motivi interni e sono del tutto irrilevanti; che nessuna norma di legge vieta agli enti autorizzati all'esercizio del credito fondiario di consentire anticipazioni sui mutui e che, anzi, simili concessioni rappresentano una prassi normale nel settore del credito fondiario; che l'erogazione della somma mutuata in denaro contante, anzich in cartelle, priva di qualsiasi valore indicativo, ,posto che, di solito, l'ente mutuante s'incarica di consegnare al mutuario non le cartelle, ma il loro ricavato; e che lo stesso a dirsi della pattuizione degli interessi ad un saggio superiore a quello consentito dal mutuo fondiario, giacch, se tale pattuizione illecita, essa viene automaticamente sostituita dall'altra conforme alla legge. In definitiva, secondo il ricor PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 857 rente, nulla ostando a ravvisare nella stipulazione dell'acconto una parziale esecuzione anticipata del Contratto di mutuo fondiario, codesta pattuizione costituirebbe un esempio tipico di negozio connesso e collegato, come mezzo al fine, all'attuazione dell'unico ed inscindibile negozio complesso di mutuo fondiario posto in essere dalle parti e favorito dalla norma tributaria. Osserva questa Suprema Corte come allo stesso ricorrente non sfugga che, ammessa la duplicit dei contratti --ossia la distinzione fra il negozio di anticipazione ed il mutuo fondiario -non vi modo di contrastare l'affermazione del giudice di rinvio che ha escluso la sussistenza di qualsiasi nesso finalistico del primo rispetto al secondo, dando del suo ap,prezzamento di fatto una motivazione esauriente e non suscettibile di censura in questa sede. Perci la questione viene prospettata dal ricorrente sotto un diverso profilo; cio che l'anticipazione costituisce una parziale attuazione del mutuo, ossia non un contratto distinto dal contratto di mutuo fondiario, ma una parziale anticipata esecuzione di esso, come negozio unico ed inscindibile che comprende l'altro. Ma, se cosi fosse, non vi sarebbe bisogno ed, anzi, non vi sarebbe neppure la possibilit di far Ticorso al criterio del nesso di mezzo a fine, gi dettato per la decisione della controversia da questa Suprema Corte, ed al quale, nondimeno, il Banco continua a far riferimento: esclusa la pluralit dei contratti, non vi pi nesso, ma semplice identit. Senonch i contratti di mutuo fondiario in cartelle per i quali l'art. 27 del t.u. delle leggi sul credito fondiario e l'art. 46 della Tariffa all. B) alla legge organica di registro concedono lo speciale trattamento fiscale del quale si tratta, sono i contratti la cui struttura ed il cui contenuto sono determinati dalle stesse norme del t.u. e dalle successive modificazioni. Ora, n dall'art. 16 t.u. -secondo il quale le cartelle vengono consegnate a:l mutuatario all'atto della stipulazione del contratto definitivo __.:__ n dalla legge 3 febbraio 1961, n. 39 -che pure concede agli istituti autorizzati all'egercizio del credito fondiario di emettere, sotto certe condizioni, le cartelle fondiarie anche prima che siano stipulati i contratti definitivi - prevista la possibilit di acconti del genere di quello del quale si tratta, cio in denaro contante ed anteriormente all'iscrizione dell'ipoteca. Se, pertanto, si conviene di anticipare al mutuatario una data somma, ancorch la medesima debba, poi, essere conteggiata nel valore delle cartelle che gli saranno consegnate all'atto della stipulazione del contratto definitivo, codesta rappresenta una disposizione contrattuale diversa da quella per la quale la legge accorda direttamente l'agevolazione tributaria, e che potr godere, anche essa, del medesimo trattamento di favore, ma a condizione che sia collegata con quella da un nesso di mezzo a fine, ossia da quel nesso che, nel caso concreto, il giudice di rinvio ha escluso. -(Omissis). 858 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 6 aprile 1971, n. 10!23 -Pres. Pece Est. Leone -P. M. Secco (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Galleani) c. Soc. .A!cciaieria e tu:bificio di Brescia (avv. Ozzola). Imposte doganali -Importazione di merci tassabili ad valorem Prezzo normale -Prezzo indicato in fattura -Valore minimo im ponibile -~sclusione. (d.p.r. 23 dicembre 1955, n. 1280, art. 7; d.p.r. 26 dicembre 1958, n. 1105, artt. 18.29). In adempimento degli obblighi . Dopo quello che precede, sembra sufficiente aggiungere, per quanto riguarda l'accenno del ricorrente a un preteso errore della sentenza impugnata in punto accertamento dell'imponibile per l'l.G.E., che tale sentenza ha correttamente affermato che, nel caso di merci importate dall'estero, questo tributo dovuto, a norma degli artt. 17 e 18 r.d.l. 9 gennaio 1940, n. 2, per il fatto obbiettivo dell'importazione e in base alla previa dichiarazione del valore delle merci da parte dell'interessato, non gi in base al prezzo risultante dai documenti contrattuali, pur essendo in facolt della dogana di richiedere l'esibizione della fattura. ( Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 aprile 1971, n. 1038 -Pres. Rossano -Est. Gambogi -P. M. Cutrupia (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Zagari) c. Soc. Esso Standard. Imposta di registro -Concessione sul demanio stradale per accesso a stazione di servizio -Costituzione di diritto di servit -Tas sazione. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa A, artt. 1 e 44). L'atto con cui si consente l'installazione di una stazione di servizio con relativo accesso su '!Lna strada pubblica, integra una concessione per uso eccezionale di bene demaniale da considerare ai fini tribtttari come costituzione di diritto reale di servit (1). (Omissis). -Con disciplinare del 20 novembre 1953 il Compartimento di Genova dell'Azienda Autonoma delle Strade Statali (ANAS) concesse alla Soc. per az. Esso Standard Italiana la Hcenza di accesso ad una stazi~ne di servizio di distribuzione di caTburanti che detta societ andava ad istituire al Km 572,900 della strada statale Aurelia. La (1) Identica la coeva sentenza n. 1039. Il precedente deHe Sez. Un. 31 ottobre 1958, n. 3584 riportato in Foro It., 1959, I, 236. La questione era gi stata recentemente affrontata con la sentenza 26 ottobre 1970, n. 2164 in questa Rassegna, 1971, I, 356 e pu ritenersi ormai definitivamente risolta. PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA licenza di accesso comprendeva anche il diritto di esecuzione delle opere necessarie per consentire materialmente detto accesso dalla strada alla stazione di servizio. L'Ufficio del Registro di Genova ravvis nel disciplinare una locazione di terreno demaniale ed applic all'atto l'imposta proporzionale di registro dello 0,50 % prevista dall'art. 44 della Tariffa all. A; ma in sede di verifica ispettiva si ritenne che, invece, l'atto concretasse la costituzione di un diritto di servit, da tassarsi con l'aliquota del 10 % relativa ai trasferimenti di diritti reali immobiliari; e pertanto fu ri~ chiesto alla Esso il relativo supplemento di imposta. La societ propose ricorso in sede di contenzioso tributario; ed il relativo procedimento si chiuse con qecisione della Commissione Centrale delle Imposte che dichiar dovuta l'imposta nell'aliquota dello 0,50 % originariamente applicata. Con citazione del 5 giugno 1964 l'Amministrazione delle Finanze convenne in giudizio, dinanzi,al Tribunale di Genova, la Esso Standard e sostenendo che nella specie si verificava un'ipotesi di uso eccezionale di beni demaniali, e -cio di costituzione di un diritto reale immobiliare, chiese che all'atto fosse applicata l'aliquota prevista dall'art. 1 della Tariffa all. A alla legge di registro per i trasferimenti immobiliari. Con sentenza 21 febbraio-9 aprile 1966 il Tribunale accolse la tesi della Finanza e dichiar l'atto imponibile come costituzione di uso eccezionale sul bene demaniale stradale. La Esso Standard propose appello e la Corte di Genova, con la sentenza 4 gennaio-8 marzo 1'968 oggi impugnata, accolse il gravame dichiarando l'illegittimit del supplemento di imposta di registro richiesto dalla Finanza. Ritenne all'uopo : a) che agli effetti della distinzione tra uso speciale dei beni demaniali ed uso eccezionale dei beni stessi doveva ritenersi sussistente la seconda ipotesi allorch al privato venga consentito, mediante apposita concessione, un uso che non corrisponda alla normale destinazione del bene demaniale; b) che l'uso della strada demaniale da parte dei proprietari frontisti non comporta la sottrazione del piano stradale alla sua normale destinazione, e pertanto costituisce solo u_so speciale della strada; c) che infatti l'accesso ai fondi limitrofi costituisce una funzione della strada che non meno tipica di quella della circolazione; d) che il fatto che la EssQ Standard nella specie fosse stata autorizzata a compiere opere murarie per l'accesso alla stazione di servizio non aveva rilevanza agli effetti di causa, perch dette opere erano state eseguite esclusivamente sul terreno di propriet della societ, anche se al confine della propriet demaniale; e) che la precedente sentenza n. 3584 del 1958 di questa Corte Suprema, invocata dal Tribunale a sostegno della sua decisione, in realt confermava che per .giudicare della esistenza dell'uso eccezionale si doveva tener conto con delle opere 862 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO necessarie per rendere possibile l'accesso, bens della situazione di soggezione speciale in, cui veniva posta la strada; f) Che tale soggezione peraltro non ricorreva nell'ipotesi .dell'istituzione di una stazione di rifornimento di carburanti che non comportasse opere incidenti sul piano stradale, perch fra detta stazione e la strada esiste un rapporto di complementariet e non di soggezione, dato che la circolazione senza il rifornimento di carburante inconcepibile; g) chle l'ANAS consentendo l'apetura del nuovo accesso dalla strada alla stazione di rifornimento aveva semplicemente posto in essere un'autorizzzazione amministrativa, soggetta come tale alla registrazione a tassa fissa. Contro tale sentenza ricorre, sulla base di unico motivo di ricorso, l'Amministrazione delle Finanze dello Stato, resiste con controricorso la Esso Standard Italiana. MOTIVI DELLA DECISIONE Con l'unico mezzo del suo ricorso l'Amministrazione delle Finanze, denunziando la violazione dell'art. 8 della legge di Registro e dell'art. 1 della relativa Tariffa all. A, nonch il difetto di motivazione, lamenta che la Corte di Appello abbia erroneamente parificato nella specie lo stato di soggezione 'Cui pu essere sottoposta una strada statale, e che forma oggetto di concessione amministrativa anche ai sensi del t.u. stradale approvato con r.d. 8 dicembre 1933, n. 1740, per questa parte ancora in vigore, all'uso speciale che consente di aprire accessi dalle private propriet sulla pubblica via mediante semplice autorizzazione amministrativa. Deduce che, ad o~i modo, l'esistenza dello stato di soggezione predetto non stata dimostrata con adeguata motivazione. Aggiunge infine che la sentenza impugnata fa formale ossequio alla sentenza n. 3584 del 1958 delle Sezioni Unite di .questa Corte Suprema ma in realt disapplica il principio in detta sentenza affermato. Tutte queste censure sono fondat.e. Che la precedente sentenza di questa Corte Suprema sia stata erroneamente utilizzata per confortare il convincimento della Corte di Genova risulta testualmente dalla massimazione della sentenza stessa, nella quale proprio il servizio di distribuzione dei carburanti definito come uso eccezionale della strada, soggetto, come tale, a concessione e non a semplice autorizzazione amministrativa; e l'inopportunit del richiamo non appare certo diminuita dalla considerazione che la sentenza delle Sezioni Unite accolse la tesi della Finanza in una causa in cui la la contribuente era la medesima Esso Standard e la pronunzia cassata proveniva dalla medesima Corte di Genova. Si potrebbe, se mai, osservare, dal punto di vista dell'influenza del precedente giurisprudenziale, che l'affermazione che l'istituzione di una stazione di rifornimento carburanti implichi un uso eccezionale della PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA finitima strada pubblica non costituisce forse un puro principio di diritto, come quella che risolve una fattiSPecie concreta, seppure riferentesi ad una gamma vastissima di casi. Ma anche se la .massima ufficiale de qua non dovesse considerarsi un valido precedente giuridico, la sentenza impugnata non sfug,girebbe per questo a censura. L'unico argomento addotto, infatti, dalla Corte di Genova per sostenere in proposito la tesi della specialit e non eccezionalit dell'uso privato per escludere, cio, l'esistenza dello stato di soggezione , sembra essere quello che l'istituzione di stazioni di rifornimento addirittura complementare per la circolazione sulle strade, che sarebbero ridotte a piste desertiche se le stazioni stesse non ci fossero; complementarit che sarebbe, ovviamente, incompatibile col concetto di eccezionalit. Ora questa argomentazione non inquadra affatto il problema giuridico da risolvere nella specie, perch confonde il rapporto tra strada ed utente della circolazione col rapporto fra strada e proprietari dei fondi adiacenti, che i quello oggi in discussione. Per chi circola motorizzato le stazioni di rifornimento :di carburanti sono effettivamente, pi che cosa normale, cosa necessaria; ma per il proprietario del fondo confinante con la strada non .n necessario n abituale adibire il fondo stesso a stazione di rifornimento. E per quanto riguarda la soggezione cui la strada sottoposta (criterio principale da adottare per risolvere la questione) non .ap,pare affatto dimostrato che sia paragonabile -ci dicesi non per risolvere nel merito la causa ma per dimostrare la inadeguatezza della motivazione adottata dalla Corte di Genova -l'intralcio alla circolazione che pu essere causato dall'accesso ad una privata abitazione con quello causato dall'esistenza di una stazione di servizio, anche se non ubicata sull'orlo della strada che impone, se non altro, un rallentamento del flusso circolatorio per via delle macchine che entrano ed escono dal piazzale di rifornimento. Il ricorso della Finanza deve essere pertanto accolto; la sentenza impugnata deve essere cassata e la causa rinviata per :ouovo esame ad altra Corte di Appello. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 aprile 1971, n. 1061 -Pres. Caporaso -Est. Ffilcone -P. M. Caccioppoli (conf.) -Ministero delle Fi, nanze (avv. Stato Cavalli) c. Soc. per az. Nuove Industrie Tessili (avv. Feri). Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Riscossione -Fallimento del contribuente -Compensazione fra crediti dell'Esattoria e debiti dell'Amministrazione finanziaria -Ammissibilit. 864 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Fallimento -Compensazione -Riserva dell~ compensazione all'atto della insinuazione del credito da compensare -Non occorre. (r.d. 26 marzo 1942, n. 267, art. 56; e.e. artt. 1241 e segg.). Imposte e tasse in ~enere -Impi~norabilit del credito di imposta Non costituisce ostacolo alla compensazione con altri debiti della Amministrazione finanziaria. (e.e. art. 1246, n. 3) Titolare del credito tributario per imposte dirette rimane, anche dopo la trasmissione dei ruoli all'esattore, l'ente impositore. pertanto ammissibile la compensazione nei confronti del fallimento del contribuente di un debito dell'Amministmzione finanziaria per rimborso di I.G.E. con un credito per imposte dirette fatto valere dal.l'esattore (1). Il creditore, nel presentare la do.manda di ammissione del suo credito al passivo del fallimento del debitore, non tenuto a manifestare la sua volont di compensare, totalmente o parzialmente, il credito di cui chiede la insinuazione con altro suo debito verso il fallito (2). Al titolare di un credito assoggettabile a pignoramento pu essere opposto in compensazione dall'Amministrazione finanziaria un suo c1edito, anche se impignorabile, come .il credito di i'1111JJOSta (3). (Omissis). -Con il primo motivo di ricorso, denunciando la violazione delle disposizioni di legge che disciplinano l'istituto della compensazione (artt. 1241 e segg. e.e.; art. 56 r.d. 16 marzo 1942, n. 267) e delle norme sull'accertamento e la riscossione dei tributi, l'Amministrazione delle Finanze dello Stato sostiene che la sentenza impugnata le ha negato il diritto di opporre in compensazione alla richiesta avanzata dal fallimento della societ N.I.T., di pagamento delle somme dovute per rimborso di imposta generale sull'entrata e di imposta di fabbricazione, il credito da essa vantato per tributi diretti verso la fallita societ, in base a due argomentazioni entrambe destituite di giuridico fondamento. La considerazione di carattere pi generale, secondo la quale i rapporti di credito e di debito non sussistono nella specie tra gli stessi soggetti, perch il debito del fallimento della societ N.I.T., opposto' in (1-3) Si segnala la importanza della presente sentenza che ha risolto in modo ineccepibile, con perfetta aderenza ai principi generali e con esatta comprensione delle esigenze pratiche della materia, molteplici quesiti relativi al problema della comoensabilit, nei confronti del fallimento del contribuente, dei crediti di iI~poste dirette fatti valere dall'esattore con altri debiti dello Stato. PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TJlIBUTARIA compensazione del credito di esso fallimento verso l'Amministrazione finanziaria per rimborso di imposte indirette, non debito verso la stessa Amministrazione ma verso l'esattore, in quanto relativo ad imposte dirette, si dimostra erronea, ad avviso della ricorrente, perch la circo stanza che le imposte dirette siano riscosse dall'esattore non ha alcuna influenza sulla titolarit del credito di imposta che , e resta sempre, dell'Amministrazione finanziaria. La censura fondata. La .questione stata .gi sottoposta all'esame di questa Corte, la quale, a Sezioni Unite (Sez. Un., 16 giugno 1967, n. 1379), confermando la propria giurisprudenza (Cass.; 19 giugno 1964, n. 1588; Cass., 31 ot tobre 1960, n. 2962), ha affermato che titolare del credito tributario per imposte dirette rimane, anche dopo la trasmissione dei it'Uoli all'esattore, l'Ente impositort:!. Ed invero, il riconoscimento del diritto dell'esattore ad ottenere il rimborso delle somme versate per le quali tenuto aM'obbligo del non riscosso come riscosso, quando dimostri nei modi e termini di legge di non averle potute riscuotere (art. 87 t.u. 17 ottobre 1922, n. 1401, ora art. 82 d.P.R. 15 maggio 1963, n. 858); la devoluzione dei beni non ven duti all'asta per la soddisfazione del debito di imposta all'Ente im.posi tore (art. 238 t.u. 2,9 gennaio 1958, n. 645); ill principio che anche dopo la trasmissione dei ruoli, ove Sia contestata la legittimit del credito di imposta, deve essere chiamato in .giudizio l'Ente impositore (art. 17 dei capitoli normali per l'esercizio delle esattorie approvati con r.d. 18 set tembre 1912:3, ora art. 77 del d.P.R. 15 maggio 1963, n. 858); il divieto di imputazione delle somme riscosse a titolo di imposta a crediti privati dell'esattore (art. 142 d.P.R. n. 858 del 1963, cit.), concorrono a far ritenere che l'esattore non un concessionario del credito tributario, ma soltanto un agente della riscossione al quale con l'atto di concessione (c.d. contratto esattoriale) trasferito ilsolo esercizio della riscossione, mentre la titolarit del rapporto tributario rima.ne sempre all'ente impositore. Ritenuto, pertanto, che i rapporti di credito per imposte dirette dovute dalla fallita societ N.I.T. ed il debito per rimborso di imposta generale sull'entrata e di imposta di fabbricazione devono imputarsi sussistenti tra gli stessi soggetti, e cio'\ tra l'Amministrazione delle finanze dello Stato e la fallita societ, e che -come appena il caso di ricordare -l'esattore tenuto ad eseguire le disposizioni che l'ufficio impositore gli impartisce in ordine alle modifiche cui soggetto il credito tributario (arg. ex artt. 198, 199 del t.u. 29 goonaio 1958, n. 645 e art. 58 d.P.R. 15 gennaio 1963, n. 858), si deve concludere nel senso che erroneamente i giudici di appello hanno negato all'Amministrazione delle finanze, sotto il profilo che si considera, il diritto di eccepire la compoosazione legale. 866 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'Amministrazione ricorrente censura, poi, l'affermazione della Corte di merito, secondo la qua1le la compensazione, anche se ammissibile dal punto di vista soggettivo, non poteva, in ogni caso, operare nella specie per non essere stata fatta valere con la domanda di ammissione del credito al passivo del fallimento. Deduce, a sostegno della censura, che il decreto del giudice delegato che approva e rende esecutivo lo stato passivo non preclude al creditore -il quale all'atto dell'insinuazione non abbia invocato la compensazione tra il proprio credito ed il reciproco credito del fallito -il diritto di invocare ed -0pporre successivamente tale compensazione allorch venga richiesto del pa.gamento di quanto da lui dovuto al faltimento medesimo. Anche questa eensura fondata. La tesi dei giudici di merito riposa, implicitamente, suli'assunto che il creditore, nel presentare la domanda di ammissione al passivo sia tenuto a manifestare la sua volont di compensare (totalmente o parzialmente) il credito di cui chiede l'insinuazione con il suo debito verso il fallito al fine di evitare la conseguenza che, con il decreto di ammissione del credito per l'intero ammontare, diventi definitiva la situazione giuridica conseguente alla mancata dichiarazione di volersi avvalere della compensazione, e cio la perdita del diritto di opporre la compensazione stessa. Questa tesi viene a ragione criticata, perch trasforma il diritto potestativo di far vaJlere la Compensazione, nella situazione di cui si discute, in un vero e proprio onere dalla cui inosservanza discenderebbero conseguenze sfavorevoli al creditore-debitore che chiede l'ammissione del suo credito nel passivo fallimentare, e ci sebbene una domanda di pagamento nei confronti di lui non sia stata ancora proposta e non sia dato prevedere quando e, al limite, se sar mai formulata. N ricorrono, d'altra parte, quelle s,pecifiche esigenze di tutela deUe ragioni dei terzi, le quali soltanto sorreggono l'unica norma che configura espressamente l'eccezione di compensazione come onere a carico del debitore che pu invocarla (art. 1251 c1c.). Si imporrebbe, poi, a.J creditore, secondo la tesi che si respinge, un onere tanto pi ingiustificato quando si consideri che, essendo conferito al giudice delegato, in sede di formazione dello stato passivo, un potere inquisitorio (artt. 95, 96 r.d. 16 marzo 1942, n. 267), la compensazione, se ritenuta giovevole per il fallimento, potrebbe essere rilevata di ufficio e tradursi, nel caso di maggior importo del credito insinuato al passivo, in un provvedimento di ammissione di tale credito per la sola parte residuata alla compensazione. Esclusa la sussistenza, a carico del creditore che domanda l'ammissione al passivo, dell'onere di invocare la compensazione di tale~credito con il suo debito verso il fallito, nessuna preclusione pu farsi discen PAMTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA dere dal decreto di ammissione e di approvazione dello stato passivo, quando la compensazion~, che deve essere dedotta perch po&sa operare (art. 1242 e.e.), non sia stata n opposta dal curatore -il quale, peraltro, non ha in ge:p.erale, interesse ad eccepirla -n rilevata di ufficio. Il decreto di approvazione dedlo stato passivo, concludendo il procedimento giurisdizionale di verificazione dei crediti, d luogo, nell'ambito del processo fallimentare, alla preclusione di ogni ulteriore possi- bilit di controversia sulla sussistenza del credito ammesso e sul:la sua entit, nonch sulla validit del titolo dal quale esso credito deriva e su.Ile cause di prelazione che lo assistono (Cass., 5 settembre 1968, n. 2689; Cass., 25 maggio 1966, n. 1338; Cass. 20 ottobre 1.965, n. 3156), ma non impedisce che il credito accertato ai fini d~ concorso possa, finch non soddisfatto, essere opposto in compensazione nel giudizio promosso dal curatore per il recupero di un credito verso il fallito, cio in un giudizio che ha diretto riferimento alla procedura fallimentare e si svolge nel corso e nell'aml;>ito di essa dirianzi al Tribunale fallimentare, anche se nQn nel pi ristretto ambito del ;procedimento di verifica. Con l'unico motivo del ricorso incidentale condizionato, il fallimento della societ N.I.T. censura la sentenza impugnata per avere affermato che iia impignorabilit del credito dell'Amministrazione finanziaria verso esso fallimento non impediva la opponibilit di tale credito in compensazione del debito dell'Amministrazione medesima a titolo di rimborso di imposta .generale sull'entrata e di imposfa di fabbricazione, e, denunciando la violazione degli artt. 1!252. e 1246, n. 3 e.e., sostiene che l'impignorabilit dei crediti prevista dailla legge si ispira sempre -e tanto pi quando trattisi di crediti di imposta -a ragioni di interesse generale, sicchj il divieto di compensazione che ne consegue non pu essere superato neppure per concorde volont delle parti. La censura non pu essere aecolta. L'ostacolo al v~rifi.carsi della compensazione nell'ipotesi di credito dichiarato impignorabile (art. 1246, n. 3 e.e.) si configura, invero, come divieto posto a carico di colui soltanto contro ili quale opera la norma. La finalit, ehe l'art. 1246 e.e. intende garantire, di assicurare a taluni crediti una particolare tutela, in considerazione dei bisogni alla cui soddisfazione essi sono destinati o della particolare situazione giu ridfoa che li ha determinati, viene, infatti, raggiunta quando al titolare di un credito impignorabile che agisca per ottenerne il pagamento non possa opporsi ila compensazione con un suo debito per diverso titolo. E, pertanto, ai fini dell'applicazione della norma, deve tenersi conto solo della natura del credito al quale la eompensazione viene opposta, e non anche ai quella del eredito Ojpposto di compensazione, che rimane irri levante. Consegue che esattamente la sentenza impugnata ha affermato che ail titolare di un credito assoggettabile a pignoramento, quale quello del 868 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO privato per rimborso di imposte indirette, pu essere opposto in compensazione da parte dell'Amministrazione un suo ,credito nascente da altro titolo, anche se impignorabile, come il credito di imposta. Questa conclusione, come ha esattamente considerato la Corte di merito, confermata dal rilievo che la norma gi richiamata, nell'escludere il verificarsi della compensazione di talluni crediti, si prospetta la situazione del creditore il quale agisca per il pagamento ed l quale si opponga in compensazione del suo credito di natura privilegiata, un credito ,contro di lui di diversa natura, senza attribuire alcun rilievo secondo la regola generale -a.illa natura del credito opposto in compensazione. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 aprile 1971, n. 1064 -Pres. Rossano -Est. Miele -P. M. Chir (conf.) -Soc. A.T.A. (avv. Uckmar) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Foligno). Imposta generale sull'entrata -Entrata imponibile -Mance nelle case da gioco. (1. 19 giugno 1940, n. 769, art. 1}. Poich l'imposta generale suU'entrata dovuta su ogni attribuzione patrimoniale corrispettiva (in senso lato) della cessione di beni o del:la prestazione di servizi, anche la quota parte delle mance elargite dal giocatore vincente ai croupiers e da questi divise con la casa da gioco, costituisce entrata imponibile per ii gestore (1). (Omissis) ~La ricorrente societ con i primi tre mezzi di ricorso espone al'.gomentazioni le quali costituiscono aspetti complementari della stessa sostanziale censura, per cui opportuno il loro esame congiunto. Con essi si censura la sentenza impugnata affermando che la Corte di merito pur avendo esattamente ritenuto che presupposto del tributo I.G.E. sia l'attribuzione patrimonia\le che abbia carattere negoziale, abbia poi erroneamente ravvisato tale presupposto, nella fattispecie, nel contratto di lavoro intercorrente tra i croupiers e la casa di gioco, nel qale si inserirebbe la consuetudine normativa, per la quale il giocatore (1) Sulla nozione di entrata imponibile, che prescinde da un rapporto di scambio inteso in senso stretto, cfr. Cass., 17 marzo 1967, n. 602, in questa Rassegna, 1967, I, 866; sulla questione specifica v. Cass., 14 ottobre 1963, n. 2732, Riv. teg. fisc., 1963, 167. PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA vincente lascia mance al croupier e questo tenuto a dividerne l'importo cori la casa di gioco. Osserva ila ricorrente societ che, a parte il fatto che la Corte di merito avrebbe confuso uso normativo ed uso contrattuale ed inoltre ha supposto esistente tale uso senza adeguata prova, tale uso (consuetudine) non potrebbe riportarsi nell'ambito del contratto di lavoro in questione in quanto esso estraneo alla struttura del rapporto di lavoro, onde era inapplicabile l'invocato art. 1374 cod. civ. Quindi, afferma la ricorrente, dovendosi escludere che la consuetudine nella fattispecie sia entrata a far .Parte del contratto di lavoro, onde possa darsi fondamento negoziale alla attribuzione patrimoniale, si potrebbe in ipotesi ritenere soltanto che l'attribuzione :patrimoniale derivi direttamente dailla consuetudine secondo l'art. 8 delle disposizioni preliminari al cod. dv. ma, in tal caso, vie.n meno il presupposto (attribuzione patrimoniale derivante da negozio giuridico) del tributo. I ricorsi, principale ed incidentale, vanno riuniti secondo l'articolo 335 c.p.c. Con il quinto motivo, che pur esso si ricollega alla contestata sussistenza della fonte negoziale dell'attribuzione patrimoniale e che pertanto opportuno esaminare insieme ai primi tre, si critica la soluzione alternativa prospettata dalla Corte di merito, secondo cui la fonte negoziale de1l'attribuzione .patrimoniale risiederebbe nel rapporto tra giocatore e casa di gioco nel quale inciderebbe la consuetudine di lasciare mance al croupier , eon l'intesa che questi le ripartisca tra croupiers e casa di gioco, secondo la tesi affermata dalla sentenza 14 ottobre 1963, n. 273,2 di 'questa Suprema Corte. Si afferma al riguardo che, come per il contratto di lavoro, tale consuetudine estranea a1la specifica natura del rapporto tra giocatore e casa di .gioco, rilevandosi inoltre che tale rapporto di gioco .non potrebbe neppure quali:f.cars.i come contratto. Nei .motivi sopra esposti si da per incontroverso che il presupposto del tributo I.G.E. risiede nel carattere negoziale dell'attribuzione patrimoniale, intendendosi con tale espressione, verisimilmente, che l'attribuzione stessa dipenda da un negozio giuridico intercorrente tra l'accipiesa e colui che effettua l'attribuzione patrimoniale. Tale impostazione non per al tutto conforme alla regolazione del tributo quale emerge dalla legge fondamentale e da quelle integrative e modificative, e ne restringe l'effettiva portata. Invero nell'art. 1 della legge 9 giugno 1940, n. 762, ai fini della tassazione, si richiede che vi sia stata un'attribuzione patrimoniale in corrispondenza di servizi o di cessioni di beni da parte dell'accipiens, ma non viene richiesto che a fondamento della attribuzione vi sia un negozio .giuridico. N tale limitazione potrebbe trarsi implicitamente dalla norma stessa, in quanto, al contrario, nel seguito dell'articolo, elencandosi ipotesi in cui non vi entrata imponibile, si menzionano casi nei quali fa indubbiamente difetto un'attribu- Il 870 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zione negoziale, nel senso precisato (come ad esempio nel caso delle entrate degli esattori delle imposte di consumo; i contributi alle associa zioni sindacali) onde da ritenere che se il tributo avesse avuto ad unico presupposto l'attribuzione negoziale dell'entrata non sarebbe oc corsa la previsione espressa .di tali eccezioni. Non richiesto poi che l'entrata sia in rapporto di corrispettivit col servizio e con la cessione dei beni, in quanto l'art. 1 usa l'espressione: in corrispondenza la quale ha indubbiamente pi ampio signiificato di quale corrispettivo e ,pertanto pu essere sufficiente che 1a entrata si trovi in rapprto di derivazione o di occasionalit con il servizio o la cessione di beni. In definitiva pu ritenersi che si abbia entrata impo nibile in tutti i casi. in cui vi sia stata un'attribuzione patrimoniale che non abbia mero carattere di liberalit ma abbia una causa giuridica (sia questa il negozio giuridico o una norma giuridica o Gomunque uno altro atto vincolante) ed inoltre che l'entrata abbia diretta origine da un servizio o da una cessione di beni. Tenendo ci presente, perdono pregio le critiche esposte nei sud detti mezzi di ricorso, in quanto attengono alla denegata sussistenza della fonte negoziale dell'attribuzione patrimoniale; invece, una volta affermata dalla Corte di merito l'esistenza dell'uso normativo, secondo cui il giocatore vincente lascia mance al croupier, sapendo che tali mance saranno ripartite tra i croupiers e la casa di 1gioco, sussiste uno dei presupposti del tributo, .cio l'attribuzione patrimoniale fondata su una causa giuridica (l'uso normativo) e l'indagine deve essere limitata ad accertare se l'attribuzione stessa sia in corrispondenza di un servizio o di una cessione di beni. D'altronde, accertata l'esistenza del suddeto uso, (ed in attuazione di questo alla societ ricorrente stata attribuita parte delle mance, oggetto della tassazione), non neppure erronea l'affermazione della sentenza impugnata secondo cui tale uso lla avuto riflessi sul rapporto di lavoro. Invero l'art. 1374 cod. civ. obbliga il contraente non solo a quanto oggetto del contratto ma anche a tutte le conseguenze che ne derivano secondo legge, secondo gli usi o l'equit. Perci esistendo l'uso normativo per cui H croupier incassa le mance e poi le divide con la casa di gioco, tale oggetto, anche in mancanza di apposita clausola, si inserisce nel contratto stesso ed obbliga il prestatore d'opera a quel determinato comportamento. Ci per non significa che sia il coupiel" ad effettuare l'attribuzione patrimoniale alla casa di gioco, in quanto proprio per effetto dell'uso, dovendosi le mance dividersi con la casa di gioco, l'attribuzione deriva direttamente dal giocatore che lascia la mancia, ed il croupier agisce come mandatario del gestore della casa di gioco, cos come mette in rilievo la sentenza 14 ottobre 1963, n. 273,2 di questa suprema Corte. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Che poi il rapporto di gioco sia da considerarsi un contratto oppur no, non occorre precisare ai fini del decidere, essendo sufficiente, come si osservato, che in dipendenza della vincita, il giocatore sia tenuto, in forza dell'uso, a lasciare ma.nce, con quella destinazione. Con H quarto motivo, si censura 1a sentenza impugnata denunziando la violazione e la falsa applicazione dell'art. 1 della legge istitutiva dell'[.G.E. per avere la Corte di merito ritenuto sussistente il nesso di corrispettivit tra l'attribuzione del tronco ma.m::e da parte degli impiegati a favore del gestore della casa di gioco con altre prestazioni cqrrelative, rappresentate dal fatto che il gestore garantisce di non vietare l'erogazione delle mance da parte dei giocatori. Tale censura non ha fondamento oye si tenga presente quanto gi osservato. Invero l'art. l della legge I.G.E. non richiede in modo esclusivo la corrispettivit ma ai fini della tassazione sufficiente che l'attribuzione patrimoniale segua ad un servizio o ad una cessione di beni, cio sufficiente che il servizio (o la cessione di beni) costituisca il movente dell'attribuzione patrimoniale, senza che occorra propriamente corrispettivit di prestazioni. D'altronde, come si osservato, non il croupier che effettua direttamente l'attribuzione patrimoniale, ma egli, in forza dell'uso, agisce solo da tramite tra giocatore e casa di gioco per la ricezione delle mance e la successiva divisione del monte delle mance., Con il sesto motivo si censura la sentenza per avere questa individuato la corrispettivit dell'attribuzione patrimoniale del tronco mance al gestore nell'obbligo da parte del gestore di predisporre l'organizzazione della casa di gioco per permettere il regolare andamento del gioco. La censura non ha fondamento. Invero secondo quanto si osservato la corrispettivit non indispensabile ma sufficiente che l'attribuzione patrimoniale trovi causa o occasione nel servizio (o nella cessione dei beni). Quindi nel caso del giocatore vincente che lascia mance in forza dell'uso normativo, l'attribuzione patrimoniale segue certamente, ed in collegamento con il servizio prestato dalla casa di gioco, che, predisponendo 1'or,ganizzazione di gioco, ha consentito al giocatore la vincita, dal qual fatto, in forza dell'uso normativo, sorto l'obbligo di corrispondere le mance. Con il settimo motivo si critica il richiamo fatto dalla Corte di merito, a sostegno della decisione, all'art. 48 del regolamento su11'im posta I.G.E. affermandosi che la Corte ha erroneamente interpretata l'espressione di tale articolo somme introitate. per i giochi nel senso che sia comprensiva sia delle poste perdute sil! di tutte le somme co munque riscosse a causa del gioco, omettendo,secondo la ricorrente, di coordinare la norma stessa con quella della legge fondamentale, secondo cui l'I.G.E. colpisce ogni corrispettivo della prestazione di un bene o di un servizio, corrispettivit che mancherebb nel caso delle mance. 872 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La censura infondata. Posto che presupposto del tributo in questione l'attribuzione patrimoniale in dipendenza della prestazione di un servizio o di una cessione di beni, non occorre accertare la corri spettivit in senso proprio, ma solo che in corrispondenza del servizio della casa di gioco (organizzazione del gioco) sia sorto pel giocatore il dovere di rilasciare mance, se vincitore. Pertanto l'interpretazione di tale norma non contrasta affatto con il principio dell'art. 1, ma semmai una precisa attuazione del principio stesso. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 aprile 1971, n. 1070 -Pres. Favara Est. Gambogi -P. M. De Mareo (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Coronas) c. Compa.gnia Internazionale Carrozze Letti (avv. Giannini). Imposta di re~istro -Appalto e concessione di pubblico servizio Servizio di ristoro sulle Ferrovie dello Stato - concessione amministrativa. (r.d. 30 dicembre 1923, n . .3269, artt. 55 e 56, tariffa A, art. 52). Il servizio di ristoro sulle Ferrovie dello Stato, in quanto acces3orio di un servizio incontestabilmente pubblico, anch'esso un servizio pubblico. Esso pu essere affidato a privati sia in concessione che in appalto; ricorre la prima ipotesi quando (come nel caso concreto della concessione del servizio ambulante di ristoro sui treni affidato alla Azienda delle Ferrovie deUo Stato alla Compagnia Internazionale car rozze con letti) una porzione dei poteri pubbliici vengo-p,o distaccati dalla Amministrazione e conferiti, mediante una forma di investitura di diritto pubblico, al privato concessionario; si ha invece appalto quando si crea un rapporto di diritto privato che non d luogo a sostituzione del privato nei poteri dell'Amministrazione (1). (1) Con altra recente sentenza stato precisato che il presupposto della concessione amministrativa l'attribuzione al privato della possibilit di esercitare attivit di carattere pubblico tali do che interessano la collettivit e richiedono di essere svolte con criteri di tutela dell'interesse pubblico, anche se ci non comporta affatto l'esercizio di poteri pubblici; anche delle mere attivit materiali e tecniche possono integrare quindi un servizio pubblico (Cass. 10 dicembre 1970, n. 2629, in questa Rassegna, 1971, I, 377 con richiami). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 873 (Omissis). -Con l'unico mezzo di ricorso principale l'Amministrazione delle finanze, denunziando la violazione dell'art. 52 della Tariffa di Registro ali. A, degli artt. 55 e 56 della legge di Registro, dell'art. 1 del d.l. 9 maggio 1935, n. 606 convertito in legge 13 giugno 1935, n. 1084, dell'art. 1 d.1.1. 15 novembre 11937, n. 1924 ali. B, in relazione ai principi generali di diritto in materia di distinzione fra appalti di servizi e 'Concessioni di pubblici servizi, nonch ai principi fondamentali della imposta di registro di cui agli artt. 8 e 4 della legge ~9 luglio 1941, n. 771, censura la sentenza impugnata sotto due aspetti, e cio: a) per avere la Corte di Appello erroneamente attribuito la natura di servizio pubblico al servizio di ristoro sui treni, che non potrebbe invece mai costituire esplicazione di attivit amministrativa; b) per aver la stessa Corte di appello trascurato di considerare che dal complesso della legislazione fiscali:i risulta che l'elemento del corrispettivo in denaro non essenziale per la qualificazione giuridica di un contratto come appalto ai fini della imposta di registro. Lamenta, infine, la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. Tutte queste censure sono infondate od irrilevanti. Per quanto si riferisce alla denegata qualifica di pubblico al ser vizio de quo sotto il profilo della mancanza di una attivit che rientri nei compiti istituzionali di un ente pubblico, attivit che, invece, dovrebbe ravvisarsi -anche secondo la decisione 10 marzo 1961 della Commissione Centrale delle Imposte, i cui az:gomenti la finanza fa propri riproducendoli testualmente col ricorso -nel trasporto ferroviario, la sentenza impugnata ha giustamente rilevato che il servizio di ristoro rientra nell'ambito di una situazione giuridica generale di esclusiva pertinenza della Pubblica Amministrazione, e cio nella gestione delle ferrovie in regime di monopolio; gestione alla quale, ripetesi, la finanza riconosce espressamente natura pubblicistica. Trattasi indubbiamente, quindi, di un servizio accessorio che come tale, non pu avere natura giuridica diversa -come esattamente implica il rilievo fatto dalla Corte di Appello -dal pubblico servizio principale nel cui interno viene svolto. Illogica pertanto appare la distinzione fatta, sempre sulle scorte della decisione della Commissione Centrale delle Imposte, daUa finanza a questo proposito;' specialmente se si considera che la distinzione do- A lume di 1questa definizione, che appare pi approfondita, mentre si ha concessione di servizio pubbUco nel caso ad es. della illuminazione pubblica che involge una semplice organizzazioi:ie aziendale, dubbio che ci si verifichi nel caso del servizio di ristoro ,sui treni che pur dovendosi esercitare in una certa forma pubblicizzata, in quanto accessorio del servizio ferroviario, non ha per oggetto un servi:iio di intere.sse della collettivit che non ammette di essere disimpegnato al di fuori del controllo pubblico. 874 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO vrebbe valere anche per il servizio di ristorante sui treni e per il servizio dei vagoni letto, che sono attivit che non possono evidentemente avere natura giuridica diversa e distinta da quella del trasporto ferroviario, cui ineriscono come necessarie appendici. E ci dicesi, nturalmente, non per ampliare l'apprezzamento di fatto reso dalla Corte di Appello, ma per sottolineare la perfetta logicit e coerenza della motivazione all'uopo fornita. Questo della accessoriet ad un pi ampio servizio di natura incontestabilmente pubblica non , del resto, l'unico argomento in proposito addotto dalla sentenza impugnata. La Corte di Appello, invero, con altro apprezzamento di fatto basato sull'esame delle clausole della convenzione, ha affermato che il servizio de quo consentito dalla Amministrazione ferroviaria non per scopo di lucro, ma per offrire ai viaggiatori la possibilit di ristorarsi; ed ha aggiunto -sempre con riferimento al tenore della convenzione -che i penetranti poteri di controllo e di vigilanza che le ferrovie si sono riservati sono diretti, per la maggior I parte, non a tutelare gli interessi dello Stato ad un maggior guadagno, bensl allo scopo -in un certo senso antitetico ~ di assicurare agli I utenti un servizio soddisfacente di ristoro. Questi rilievi di fatto -la cui rispondenza alle clausole della I convenzione non viene contestata dalla finanza -appaiono anch'essi I particolarmente probanti, sul piano giuridico, agli effetti della discrimi I ~ nazione tra attivit pubblica e privata della Pubblica Amministrazione, essendo noto che il fine primario dell'attivit considerata il principale criterio per tale discriminazione; e che altro criterio sussidiario, ma sempre di grande importanza, quello dei controlli che sulla attivit I stessa, se non esercitata direttamente dall'Amministrazione interessata, vengano da questa effettuati nel pubblico interesse. Deve pertanto essere rigettata, in base a questa insindacabile, perch motivata e giuridicamente corretta interpretazione della convenzione de qua, la tesi per cui il servizio di ristoro sui treni sarebbe solamente -a tanto dovrebbesi giungere portando ad consequentiis il ragionamento della finanza -una attivit commerciale marginale dell'Amministrazione, una entrata economica paragonabile all'affitto di un immobile del patrimonio disponibile ed allo sfalcio dell'erba in un terreno demaniale, e che l'Amministrazione ferroviaria avrebbe trovato conveniente dare in appalto piuttosto che gestire in economia. Ci posto, la controversia non ancora risolta, perch se vero che la natura non pubblica del servizio avrebbe fatto necessariamente esulare alla radice il concetto di concessione di pubblico servizio, altrettanto vero che un pubblico servizio pu essere dato, oltre che in concessione, anche in appalto, e che dal punto di vista della imposta. di registro l'appalto relativo trattato come ogni altro. Occorre quindi PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 875 ricercare, fermo restando che il servizio di ristro sui treni un servizio pubblico, se bene abbia deciso, sotto il profilo dei nn. 3 e 5. dell'art. 360 c.p.c., la Corte di Appello nell'escludere che. detto servizio sia stato dato, con la convenzione de qua, in appalto e nell'affermare che invece esso stato dato in concessione. In proposito non ha decisiva rilevanza la censura sub b), relativa alla non essenzialit del corrispettivo in denaro per la qualificazione}' dell'appalto a.gli effetti fiscali. Su questo punto la finanza pu anche essere astrattamente nel giusto, perch, anche secondo la definizione data all'appalto dall'art. 1655 e.e., nulla impedisce che detto corrispettivo in denaro genericamente richiesto dalla legge possa essere direttamente percepito dall'appaltatore come parte del ricavo della alienazione o fornitura a terzi dell'opera o del servizio appaltati. Se, ad esempio, il committente della edificazione di uno stabile affida all'impresario appaltatore non solo l'esecuzione dell'edificio ma anche l'alienazione di questo, autorizzandolo a trattenere come corrispettivo per l'appalto ci che possa realizzare al di l di una somma fissa attribuita al committente stesso, la convenzione cosi posta in essere non cessa certl:\mente dal rimanere un appalto, anche se il corrispettivo in denaro non venga erogato nella forma normale di un pagamento diretto mediante stati di avanzamento dal committente all'appaltatore. Ed indubbiamente questa conciliabilit col concetto di appalto di forme particolari od anomale di corrispettivo trova conferma specifica, nel campo fiscale, nelle disposizioni della legge n. 771 del 1941 e del d.l. n. 1924 del 1937 che, appunto, si riferiscono ad un corrispettivo comunque determinato e ad un corrispettivo determinato in misura fissa, a cottimo, a misurazione od in altro modo. La esistenza nella specie di un appalto di servizio (pubblico) non pu quindi essere esclusa soltanto col rilievo che sarebbe la CICL, presunta appaltatrice, a corrispondere un compenso alla Amministrazione ferroviaria e non viceversa, come nell'appalto dovrebbe avvenire. Su questo punto la motivazione addotta dalla Corte di Appello non appare convincente, come quella che si ferma all'apparenza esteriore delle cose e che porterebbe, come logica conseguenza, ad escludere che la CICL non tragga un guadagno netto dall'attivit che l'Amministrazione le ha consentito ed affidato. E poich, in definitiva, la Corte di Appello stessa giunta per esclusione (e cio negando le ipotesi dell'appalto e della autorizzazione amministrativa) alla definizione della convenzione come concessione di servizio pubblico, Ja motivazione della sentenza impugnata, esatta e sufficiente per quanto concerne fa natura di cservizio pubblico dell'attivit de qua, non pu essere integralmente accettata per .quanto attiene invece alla definizione del negozio attraverso il quale detto servizio pubblico viene dalla CICL esercitato. 876 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Ma questo rilievo non , come dicevasi, decisivo per l'accoglimento del ricorso deH.a finanza, che, se ha posto in luce la insufficienza in proposito della motivazione censurata, non ha per potuto dare dimostrazione positiva del suo assunto circa la esistenza nella specie di un contratto di appalto. E ci anche in questa sede andava dalla ricorrente fatto, perch rientra notoriamente nei poteri di questa Corte Suprema di dare essa stessa, quando sia necessario, l'appropriata definizione giuridica alla fattispecie negoziale sulla 'base degli apprezzamenti di fatto risultanti dalla sentenza impugnata per riconoscere, .sotto diverso profilo di diritto, l'esattezza del dispositivo, pur correggendo, ai sensi dell'articolo 384 cpv. C.P.C., la motivazione della sentenza stessa; operazione cui devesi, appunto, nella specie procedere. La distinzione giuridica tra appalto e concessione di pubblico servizio, pure essendo talora, data la infinit e la peculiarit delle .fattispecie, di non agevole applicazione al caso pratico, da uh punto di vista dogmatico piuttosto semplice e netta. Secondo la dottrina istituzionale, mentre la concessione di pubblico servizio .si concreta nel distacco di una porzione dei poteri della Amministrazione e nella attribuzione di essi al privato mediante una forma di investitura di diritto pubblico, l'appalto si instaura attraverso un contratto di diritto privato che non d luogo ad alcuna forma di sostituzione dell'appaltatore alla Amministrazione; l'appaltatore si obbliga verso l'amministrazione ma non assume alcun diretto rapporto giuridico coi terzi; a differenza del concessionario egli non gestisce il servizio in nome proprio, ma in nome e per conto dell'Amministrazione. Questo concetto dogmatico della comune dottrina puntualmente ripreso dalla giurisprudenza di questa Corte Suprema che, giudicando nei due opposti sensi in ordine allo stesso pubblico servizio (la nettezza urbana), ha ritenuto la esistenza della concessione nella ipotesi di un gestore in contatto giuridico diretto (potere di elevare contravvenzioni, creazione di un ufficio reclami) con gli utenti, sul presupposto del trapasso di una parte del potere di supremazia dall'ente (che si tratti del Comune o dello Stato ovviamente non rileva) al gestore stesso (sentenza n. 1354 del 1966); ed ha, invece, definito appalto e non concessione la gestione dello stesso tipico pubblico servizio affidata a chi esegua soltanto le attivit materiali inerenti al servizio, senza la instaurazione di rapporti (giuridici) diretti tra l'impresa assuntrice e i privati destinatari della utilit, i quali, anche per quanto attiene alla prestazione concreta del servizio, possono proporre azione solo nei confronti della amministrazione (sentenza n. 2965 del 1960). Ora, se di tali concetti si fa applicazione aHa fattispecie quale risulta dalla interpretazione data dalla Corte di Appello alla convenzione de PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA qua, si dovr concludere che la definizione giuridica da darsi alla convenzione stessa proprio quella della 'Concessione; e ci non solo per esclusione della figura dell'appalto, ma per la presenza di tutti i lineamenti caratteristici dell'istituto di diritto pubblico in questione. La Corte di Appello, infatti, anzitutto ha affermato esplicitamente (sia pure aH'effetto di escludere la figura della autorizzazione amministrativa) che con la convenzione I'Amministrazione delle ferrovie si spogliata di una parte della sua sfera di ,potere attribuendola alla Compagnia; e questa affermazione appare non contestata, ma convalidata dal ricorso della finanza, J.a quale, invocando fa clausola 9 della convenzione che, fra l'altro, impone alla CICL l'esercizio del potere disciplinare sui suoi dipendenti e l'uso, per questi, di una speciale uniforme (che non , ovviamente, quella dei ferrovieri), pone proprio in luce aspetti caratteristici ed anche materialmente evidenti del distacco di una parte del potere pubblico (del quale azione disciplinare ed uniforme ,sono elementi normali e ti,pici nei confronti dell'attivit privata) e dell'attribuzione di esso ad un concessionario di pubblico servizio. Anche la clausola 11, sempre invocata dalla finanza col suo ricorso, attribuendo alla CICL1 la responsabilit per il servizio di ristoro nei confronti dei ristoranti. probante agli effetti della definizione della fattispecie, come quella che si riporta proprio alla facoltd di reclamo da parte del terzo utente, utilizzata da questa Corte Suprema con le sentenze sopra citate come altro elemento tipico di distinzione tra concessione ed appalto, secondo che essa sia attribuita nei confronti dell'ente pubblico (a,ppalto) o del privato gestore del servizio (concessione). Devesi pertanto concludere che la definizione giuridica data dalla Corte di Appello aJ.la fattispecie quella esatta cui devesi pervenire in base alla interpretazione data alla convenzione sia dalla sentenza impugnata che dallo stesso ricorso della finanza, pur dovendosi modificare nel senso sopra veduto, in diritto, la motivazione a sostegno' del dispositivo. II ricorso delJ.a finanza deve essere, quindi, rigettato. Da quanto sin qui detto segue anche il rigetto del ricorso incidentale. La esistenza di un parziale trasferimento di pubblico potere dalla Amministrazione alla CICL, e, ancora a monte di tale trasferimento, la natura di pubblico servizio da attribuirsi al ristoro sui treni, sono infatti lineamenti inconciliabili col concetto della autorizzazione amministrativa, che consiste nella rimozione di limiti generali all'esercizio di una privata attivit, che tale resta anche quando viene specificamente consentita nei termini di legge. La estraneit di questo concetto alla fattispecie -che verrebbe altrimenti degradata ad una licenza di vendita ambulante anche se su vasta scala ed in uno speciale ambiente -sembra evidente. -(Omissis). 878 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE Dl CASSAZIONE, Sez. I, 15 aprile 1971, n. 1075 -Pres. Favara Est. Fanetti -P. M. Pedace (conf.) -Ministero delle Finanze (Avv. Stato De Fra.ncisci) c. Lenci (avv. Asquini). Imposte e tasse in genere -Imposte automobilistiche -Supplemento Prescrizione triennale della legge di registro -Si estende. (d.p. 5 febbraio 1953, n. 39, art. 9; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 136). In foTza del rinvio dell'art. 9 del d.p. 5 febbraio 1953 n. 39 alle disposizioni della legge di registro per la riscossione dei supplementi, deve ritenersi che anche la nor.ma dell'art. 136 sulla P,.escrizione sia applicabile alla prescrizione dei supplementi delle imposte automobilistiche (1). (Omissis). -Merita invece accoglimento il nono motivo, mentre ex adverso deve respingersi il concorrente motivo del ricorso principale. La corte d'appello, pur avendo riJ.evato, nell'inizio della sua motivazione, che il .gravame del Lenci riproponeva al suo esame tutt'intera la materia del contender.e , ha poi contraddittoriamente affermato che sulla ritenuta inapplicabilit della prescrizione triennale la sentenza di primo grado faceva ormai stato, per difetto di impugnazione al riguardo. vero invece che l'impugnazione c'era stata, non solo per generale e complessiva ripresa delle argomentazioni gi svolte in primo grado, ma anche per espressa e specifica conferma dell'eccezione di prescrizione, come .gi dedotta e disatesa in quella sede (prescrizione triennale ex art. 136 legge di registro). Proprio questa invece la prescrizione che deve applicarsi in materia, secondo il rinvio alla legge di registro disposto dall'art. 9 del t.u. 5 febbraio 1953 n. 39. In tal senso una recente sentenza di questa suprema corte ha risolto il problema (cfr. C!'1'ss. 10 novembre 1969, n. 3655), e gli ar.gomenti di quella pronuncia possono adesivamente ripetersi qui, nella formulazione del seguente principio di diritto: Il rinvio contenuto nel t.u. delle leggi sulle tasse automobilistiche 5 febbraio 1953 n. 39 alla disciplina della legge di registro sulla riscossione dell'imposta comprende anche le norme che regolano la prescrizione del diritto della :finanza alla riscossione e rende applicabile in materia il termine triennale previsto dall'art. 136 della citata legge. Invero, poich la legge di registro designa come riscossione la concreta attuazione del diritto sostanziale della :finanza, e poich, come ovvio, la possibilit di attuazione di un diritto in via coattiva sussiste entro i medesimi limiti ai (1) La sent. 10 novembre 1969, n. 3655, citata nel testo, pubblicata in questa Rassegna, 1970, I, 85. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 879 quali soggetto il diritto, ne consegue che, quando altre leggi rinviano alle norme dettate dalla legge organica .per la riscossione, il rinvio concerne tutte le norme che in detta legge regolano l'attuazione concreta del diritto al .pagamento del tributo, comprese quelle che stabiliscono le cause estintive di tale diritto. Non c' dubbio pertanto che il rinvio dell'art. 9 alle disposizioni della legge di registro per la riscossione dei supplementi di tassa si riferisce non soltanto a quelle fra dette disposizioni che disciplinano le modalit della riscossione, ma anche alle altre che riguardano la riscossione come applicazione dell'imposta, o attuazione del diritto al suo pagamento, e quindi l'esistenza ovvero l'estinzione per prescrizione di codesto diritto. Si pu inoltre notare che, se il termine triennale per la riscossione dei supplementi rimane costantemente fissato nelle materie pi varie (ved. ad es. l'art. 13 della legge 26 giugno 1943 n. 540 sulle imposte ipotecarie; l'art. 28 del decr. pres. 24 giugno 1954 n. 342 sull'imposta di ,pubblidt; l'art. 2'9 della legge 29 ottobre 1961 n. 1216, recante nuove disposizioni tributarie in materia di assicurazioni private e di contratti vitalizi), ed anche quando, per altri diritti della finanza o del contribuente, cambiano i termini stabiliti dalla legge di registro, non plausibile supporre che soltanto per i supplementi delle tasse di circolazione automobilistica il legislatore abbia inteso, per implicito, stabilire il termine ordinario della legge comune, termine pi che tre volte maggiore del termine solito, e adottare solo in tal caso un trattamento affatto particolare, di cui non dato scorgere akuna ragione. Deve quindi respingersi la tesi della ricorrente principale, che, rivolta a confutare l'applicabilit della prescrizione quinquennale ex art. 2948 n. 4 e.e., come quella adottata nella specie dalla corte d'appello,' sostiene in suo luogo l'applicabilit della prescrizione decennale ordinaria. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 aprile 1971, n. 1112 -Pres. Favara -Est. Mirabelli -P. M. Sciaraffia (conf.) -Ministero delle Finanze (Avv. Stato Fanelli) c. Soc. Esso Standard (avv. Zanchini). Imposte e tasse in genere -Imposta, sulle lotterie -Concorsi a premio e operazioni a premio -Premi per l'incremento delle vendite Premi promessi agli addetti alla vendita -Tassabilit. (r.d.1. 19 ottobre 1938, n. 1933. artt. 43, 45, 49; I. 15 luglio 1950, n. 585). Sono soggette alla atitorizzazione e alla relativa tassazione le operazioni a premio dirette ad incrementare le vendite attraverso l'offerta -diretta sia a chi acquista i prodotti sia a chi ne incrementa io smercio, sia 880 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO esso acquirente-rivenditore o venditore per conto del produtt01e o dipendente del venditore o del concessionario; sono quindi soggette all'imposta anche le promesse di premio in favore degli addetti alla vendita dipemdenti dal rivenditore (1). (Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso l'Amministrazione ricorrente denunzia la violazione e falsa a,pplicazione degli artt. 43, 45, 49 ss. del r.d.l. 19 ottobre 1938, n. 1933, convertito nella legge 5 giugno 1939,. n. 973, e successive modificazioni, nonch omissione, o quanto meno insufficienza, di motivazione su punto decisivo della controversia e sostiene che la sentenza impugnata ha erroneamente ritenuto che l'ipotesi, di cui si discute, non rientri nell'ambito di applicazione delle norme indicate. La censura fondata. L'art. 43 del citato decreto, con le modifiche di cui alla legge 15 luglio 1950, n. 585, cosi formulato: I concorsi e le operazioni a premio di ogni specie, intesi ad accreditare determinati prodotti o ad eccitarne la diffusione e lo smercio, o aventi fini ariche in parte commercili, come pure le vendite di merci al pubblico effettuate con offerte di premi o di regali sotto qualsiasi forma, non possono avere luogo se non sono preventivamente autorizzate nei modi determinati dal presente decreto, tanto se i premi siano offerti ai consumatori dei prodotti, quanta se siano offerti ai rivenditori . Il successivo art. 44, dopo avere, con il primo comma, definiti i concorsi a premio come le manifestazioni pubblicitarie in cui i premi sono offerti ad alcuni soltanto dei partecipanti, fissa, nel secondo cmma, i caratteri delle operazioni a premio, come segue: sono considerate operazioni a premi: a) le offerte di premi a tutti coloro che acquistano un determinato quantitativo di merci da una stessa ditta e ne offrono la documentazione, raccogliendo e consegnando un certo numero di figurine, boni, etichette, tagliandi od altro; l>) Je offerte di un regalo consegnato all'atto dell'acquisto a tutti coloro che acquistano una determinata merce. Gli articoli che seguono stabiliscono la misura delle tasse dovute e le modalit del procedimento di autorizzazione e, in particolare, l'art. 49' ' prevede la tassa di lotteria e la tassa di licenza dovute per le operazioni a premio. l Nell'ipotesi che si esamina l'offerta di premio fu rivolta non ai consumatori dei prodotti, n ai concessionari dei punti di vendita, ma agli addetti ai distributori, dipendenti da questi ultimi, ed il diritto al premio I r (1) Identica l'altra sentenza in pari data n. 1111. Non constano precedenti specifici. ,J PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA era riconosciuto a costoro sulla base di buoni-premio rilasciati in proporzione delle vendite da loro effettuate ai consumatori. La Corte di appello, dopo avere esattamente escluso che nell'ipotesi potesse essere ravvisato un concorso a premio, ha negato che vi fosse configurabile una operazione a premio in quanto ha ritenuto che la. nozione di queste vada limitata ai casi in cui i premi siano attribuiti a chi acquisti i prodotti, vuoi per consumo che per rivendita, e non possa essere estesa a chi ne effettui la vendita senza prima averne effettuato l'acquisto; ha tratto tale deduzione da un'inter.pretazione strettamente restrittiva del combinato disposto degli artt. 43 e 44, 2 comma, rilevando che in entrambi viene fatta menzione di un atto di ac.quisto ed escludendo che possano rientrare nella categoria dei rivenditori, quale presa in considerazione dalla prima norma, coloro che, pur provvedendo alla vendita ai consumatori non siano parti di un precedente contratto di compravendita con il produttore, o con altro precedente acquirente. Ma questa interpretazione, anche se pu in ipotesi trovare qualche giustificazione in una considerazione meramente letterale del testo delle disposizioni surriportate, non appare sostenibile ove si tenga presente l'effettivo contenuto della normativa e si interpreti il linguaggio legislativo in relazione alla terminologia corrente nel campo di situazioni cui la nol'.mativa stessa si riferisce, ossia applicando il fondamentale criterio della totalit ermeneutica, imposto dalla regola enunciata nell'art. 12, 1 comma, delle disposizioni sulla legge in generale. Come osserva la difesa dell'Amministrazione ricorrente ed avevano esattamente ritenuto i primi giudici, la legge, nell'assoggettare ad autorizzazione e tassazione le promesse di premi, precedentemente vietate, ha avuto riguardo a tutte quelle manifestazioni che sono intese a sviluppare il giro di affari dell'impresa che le assume ed organizza, attraverso l'offerta di premio sia a chi effettua l'acquisto dei prodotti, sia a chi ne incrementa lo smercio. Nell'ambito di questa previsione legislativa non ha valore decisivo e qualificante la cil'.costanza che un atto di acquisto abbia avuto luogo, ad opera di chi ! assunto come destinatario della promessa di premio, ma determinante la qualit di soggetto che ha determinato, con l'acquisto o con opera di intermediazione nello scambio, uno smercio dei prodotti. In riferimento alla situazione che la legge regola, alla locuzione rivenditori, adoperata nella specifica norma, non pu essere attribuito,. quindi, il ristretto signtficato di colui che acquista per rivendere , ma deve essere assegnato il valore indicativo, comunemente corrente nell'ambito commerciale, di riferimento ad ogni categoria che interviene nell'atto economico di scambio fra produttore e consumatore, sia esso acquirente-rivenditore, sia esso venditore per conto del produttore, sia esso dipendente del concessionario del produttore, ed in tale 882 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ultimo caso vuoi che questi, a sua volta, sia acquirente vuoi che sia mero depositario dei prodotti a fine di vendita. Contrariamente a quanto ha affermato la sentenza impugnata, deve essere affermato, quindi, che la situazione portata in giudizio pienam1mte compresa nella previsione contenuta nelle norme riportate innanzi e pertanto, in accoglimento del ricorso, la sentenza deve essere cassata e la causa va rinviata ad altro giudice, ;per nuovo, esame, in aderenza al principio ora enunciato. -(Omissisi). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 22 aprile 1971, n. :!-1'57 -Pres. Pece Est. Gambogi -P. M. Secco (conf.) -Coop. Il Progrt:!sso c. Ministero delle Finanze (Avv. Stato Galleani). Imposta di registro -Agevolazioni per le opere pubbliche di interesse degli enti locali -Natura -Limiti. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 94; 1. 3 agosto 1949, n. 589, art. 18; 1. 2 gennaio 1952, n. 10, art. 6). Le norme di incentivazione delle opere pubbliche di interesse degli enti Zocali non introducono delle agevolazioni tributarie oggettive, ma soltanto parificano gli enti ano Stato ai fini del trattamento fiscale, cosicch, in applicazione dell'art. 94 della legge di registro, in taluni casi si verifica un'esecuzione, in aitri no (1). (Omissis). -Con l'unico mezzo del suo ricorso la Cooperativa Il Progresso denunzia la violazione e falsa applicazione degli articoli 1 e 2 legge 10 agosto 1950 n. 647, 1 delJ.a legge 29 luglio 1957, n. 635, 1, 6, 7 della legge 2 ,genanio 1952 n. 10, 94 della legge di registro, 1 della tariffa allegato c, 12 delle disposizioni sulla legge in generale, sostenendo che con le predette leggi del 1950, 1952 e 1957 si posto in essere un sistema di esenzione oggettiv.a per tutti gli atti e contratti necessari per l'esecuzione delle opere ;pubbliche straordinarie nell'Italia Settentrionale e Centrale, e che, quindi, per i contratti di appalto che abbiano per oggetto op~re pubbliche del genere non pu applicarsi l'art. 94 della legge di registro che nessuna esenzione concede al privato che appalti opere su commissione dello Stato. Questa interpretazione del testo di legge in esame (art. 6 della legge n. 10 del 1952, che riproduce la disposizione dell'art. 18 della legge 3 agosto 1949 n. 589, richiamata dall'art. 1 della legge n. 647 del .1950) non pu essere accolta, perch tale norma non concede genericamente la esenzione fiscale per tutti gli atti e contratti de quibus, bensl si limita .~ I (1) Massima di evidente esattezza. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA a stabilire che detti atti e contratti sono soggetti al trattamento fiscale stabilito per gli atti stipulati dallo Stato ; si limita cio, in sostanza, a concedere detto trattamento privilegiato agli enti locali, alle istituzioni pubbliche ed ai consorsi che compiano opere pubbliche ai sensi delle leggi citate e che non avrebbero diritto al trattamento stesso secondo l'ordinario regime della legge di registro che, proprio in base all'art. 1 della tariffa, allegato C, citato dalla ricorrente, concede la registrazione gratuita agli atti e contratti stipulati nell'interesse dello Stato e delle amministrazioni che per legge sono parificate, nei rapporti tributari, a quelle deJlo Stato. La disposizione in esame , appunto, una disposizione di parificazione, a questi effetti, di enti pubblici minori e di consorzi allo Stato; e da essa, quindi, non possono derivare al contraente privato conse'guenze diverse da quelle previste dall'art. 94 della legge di registro, che pone la normale imposta a carico del privato che appalti opere dallo Stato. Contro questa interpretazione, non solo letterale ma logico-sistematica, della disposizione in esame la ricorrente per vero si limita ad invocare, per sostenere la tesi della esenzione totale od oggettiva, che non pu trovare appoggio in considerazione de iure condito, due precedenti sentenze di questa Corte Suprema, la n. 13'79 del 1963 e la n. 1094 del 1965, rilevando che dette sentenze definiscono esenzione fiscale ed esenzione tributaria il beneficio concesso dall'art.. 6 della legge n, 10 del 1952, ed affermano che tale esenzione si riferisce a tutti gli atti ed a tutti i contratti mediante i quali si d attuazione al progr.amma di potenziamento delle aree depresse nel nord e nel centro Italia, secondo il voto di legge. Il richiamo giurisprudenziale peraltro non pertinente, perch le due sentenze de quibus, relative a controversie tra un ente locale (in entrambi i casi l'Amministrazione Provinciale df Novara) e la finanza si riferivano a fattispecie nelle quali il godere del trattamento fiscale riservato allo Stato si risolveva, appunto, nella esenzione o registrazione gratuita prevista dall'art. 1 della tariffa allegato c per le pubbliche amministrazioni parificate dalla legge allo Stato; e conseguentemente la espressione esenzione tributaria trovava esatta rispondenza nel caso di specie, in cui non si discuteva di pretesi diritti dell'appaltatore privato. Ed il fatto che questa Corte Suprema, di fronte alle leggi di agevolazione fiscale, abbia sempre interpretato in senso piuttosto estensivo la nozione di atti e contratti destinati al determinato scopo che la legge ha voluto favorire con le agevolazioni stesse (come si fatto con le sentenze n. 559 del 1966 e n. 2094 del 1964 pure citate dalla ricorrente) non ha, nemmeno esso, alcuna attinenza al presente caso, nel quale non si tratta di stabilire quali atti debbano godere di una determinata agevolazione, bensl di stabilire quale sia il contenuto intrinseco di tale agevolazione, che la ricorrente vuole identificare con 884 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO una esenzione in ogni caso e che invece, per la ragione anzidetta, consiste solo nella applicazione del regime tributario riservato allo Stato, che talvolta implica una esenzione, tal'altra no. Ed infine con quanto sin qui detto nemmeno contrasta la sentenza n. 2697 del 1961 di questa Corte Suprema, non richiamata dalla ricorrente ma che si riferisce alla agevolazione prevista dall'art. 18 della legge n. 589 del 1949, del quale, come si premesso, l'art. 6 della legge n. 10 del 1952 semplice riproduzione. Con tale sentenza questa Corte Suprema riconobbe il diritto dell'ente locale (Comune di Ei:ba) ad una esenzione fiscale non prevista a favore dello Stato; ma ci avvenne solo perch si trattava della tassa di concessione ,governativa su di un mutuo contratto dal suddetto ente locale c'on la Cassa Depositi e Prestiti, e cio di un tributo rispetto al quale non si pu nemmeno configurare astrattamente un obbligo da parte dello Stato, che non contrae mutui con la Cassa Depositi e Prestiti ma pu solamente ricevere da questa anticipazioni per legge speciale. I~ questo caso, quindi, si verificava una vera e propria lacuna nel sistema di incentivazione delle opere pubbliche de quibus, nonostante la chiara volont del legislatore di parificare gli enti locali ed i consorzi allo Stato dal punto di vista tributario; e la interpretazione estensiva allora resa non ha disconosciuto il principio che la agevolazione consiste nella parificazione dell'ente minore allo Stato e non in quella esenzione generale che la ricorrente oggi prospetterebbe, ma ha semplicemente riconosciuto detta parificazione in un caso che, per la sua particolare struttura, secondo una interpretazione strettamente letterale e formalistica, non l'avrebbe a rigore consentita. E se vero che tale sentenza n. 2.697 del 1961 parla di qualificazione oggettiva degli atti che debbono fruire delle ormai note agevolazioni, non meno vero che ci stato detto solo per le esigenze del caso deciso; per ne.gare, cio che si potesse, a tali effetti, far distinzione tra i mutui contratti dagli enti locali presso la Cassa Depositi e Prestiti e quelli contratti presso altri istituti o soggetti, e non nel senso di esenzione oggettiva di cui parola nell'odierno ricorso. Anche questo precedente pertanto, del tutto estraneo alla questione oggi trattata e nessun a,ppiglio nemmeno terminologico, pu offrire alla tesi della ricorrente. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 aprile 1971, n. 1233 -Pres. Mirabelli -Est. Miele -P. M. Antoci (conf.) -Mini~tero delle Finanze (avv. Stato Peronaci) c. Soc. Telefunken e Fiar Radio. Imposte doganali -Uscita delle merci dagli spazi doganali -Qualifi cazione merci importate Accertamento di fatto -Impossibilit. (1. 25 settembre 1940, n. 1424, art. 29). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 885 Imposte doganali -Valvole radioelettriche -Minore aliquota stabilita per il mercato comune -Limitazione alle valvole destinate ad apparecchi radioriceventi. (1. 5 aprile 1950, n. 295, allegato n. 5 tabella, voce 1204 ex d). La qualificazione delle merci importate ai fini deU'applicazione dei dazi doganali pu essere oggetto di accertamento di fatto solo fino a quando esse si trovino negli spazi doganali; una volta asportate le merci vale ai fini del 1imborso dell'imposta che si assume pagata in pi solo quanto risulta dai documenti (1). Le valvole radioelettriche senza altra distinzione di destinazione sono soggette all'imposta doganale stabilita nella voce 1204 d) tabella A d.P.R. del 12 luglio 1965, n. 657, mentre solo alle valvole radioelettriche destinabili ad apparecchi radioriceventi applicabile la minore imposta della voce 1204 ex d) del protocoilo di Annecy (iegge 5 ap'l'ile 1950, n. 295 allegato n. 5, tabella, voce 1204 ex d) (2). (Omissis). -Con l'unico motiv ,!'Amministrazione ricorrente denunzia violazione e falsa a,pplicazione del d.P.R. 29 dicembre 1958, n. 1103, del d.P.R. 28 giugno 1960, n. 588, del d.P.R. 24 dicembre 1960, n. 1585, del d.P.R. 21 dicembre 1961, n. 1339, dell'art. 29, terzo comma della legge doganale 25 settembre 1940, n. 142,4, nonch vizio di omessa, contraddittoria ed insufficiente motivazione. Afferma la ricorrente Amministrazione che la Corte di merito, pur avendo ritenuto il carattere specializzante della voce doganale 1204 ex d, sebbene ampliandone il significato fino a comprendervi tutti gli usi radiofonici e televisivi, abbia poi omesso di accertare se il materiale importato fosse o meno da qualificarsi come rientrante nella voce 1204 ex d, in quanto destinabile esclusivamente ad apparecchi radioriceventi o televisivi, ovvero anche ad altro uso. Si deduce, inoltre, anche la violazione e falsa applicazione del terzo comma dell'art. 29 della legge doganale, che vieta i reclami dei contri buenti sulla qualificazione delle merci, allorch esse siano state aspor tate dagli spazi doganali. Eccepiscono le resistenti societ che il ricorso inammissibile per la g~nerica enunciazione dei motivi e per l'insufficiente esposizione dei fatti ed inoltre per avere lAmministrazione finanziaria sollevata per la prima volta avanti a questa Corte la questione delle caratteristiche concrete delle valvole im,portate e della necessaria loro esclusiva desti nazione ad uso di radio o di televisione. Tali eccezioni sono infondate. L'art. 366, n. 3 c.p.c. richiede che il ricorso contenga una .sommaria esposizione dei fatti, per il che basta (1-2) Non constano. precedenti specifici. 12 886 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO che i fatti vengano esposti nei loro tratti essenziali e non occorre che essi v~ngano esposti particolareggiatamente. Nel suo ricorso l'Amministrazione finanziaria espone la origine della controversia, la pretesa delle societ resistenti ed altri dati di fatto i quali sono sufficienti a permettere l'individuazione della controversia in relazione ai motivi esposti. Come emerge dalla esposizione del motivo, questo poi P. precisato in modo chiaro e senza alcuna lacuna, onde possibile individuare chiaramente le ragioni della doglianza. Neppur fondato l'altro rilievo circa la novit della questione, in quanto I'Amministrazione finanziaria gi nel giudizio di primo grado e poi nell'atto di appello aveva prospettata la necessit che venisse data la prova della destinazione particolare delle valvole anche in relazione all'art. 29 della legge doganale. La censura proposta dall'Amministrazione ricorrente , invece, fondata. Invero, affermatosi che la voce 1204 ex d del protocollo di Annecy avesse carattere .specializzante, cio si riferisse solo alle valvOJe per uso di radio o televisione, a differenza della voce 1204 d della tariffa doganale generale, che applica il dazio alle valvole radioelettriche senza distinzione di destinazione, la Corte di merito avrebbe dovuto anche accertare che le valvole in questione avessero tale destinazione, tenendo. presente il disposto dell'art. 29 della legge doganale 25 settembre 1940, n. 1424. Questo articolo, a fondamento della domanda di restituzione dell'imposta che si assume indebitamente pagata, richiede che il pagamento di una maggior imposta sia dipeso da errore di calcolo od effetto dell'applicazione di un diritto diverso da quello fissato in tariffa per J.a merce descritta nel risultato di visita. In ogni caso l'accertamento della qualit, valore, origine della merce permesso solo finch la merce importata si trovi negli spazi doganali. Una voJ.ta asportata la merce, non ammesso alcun reclamo. Consegue che,. qualora tale accertamentospecifico non sia stato effettuato durante la sosta negli spazi doganali o per non essere stato richiesto dall'interessato o per non essere stato effettuato direttamente dall'autorit doganale, vale ai fini del preteso rimborso, solo quanto risulti dai documenti doganali senza possibilit di variazioni o integrazioni. In relazione a tale norma di legge, la Corte di merito doveva. portare il suo esame, per essere stato richiesto esplicitamente dall'am- ministrazione finanziaria, su tali punti. Ma la Corte di merito non si proposta affatto tale indagine e, a riguardo della specifica destinazione delle valvole a quei determinati usi, nella motivazione vi sono solo sporadici ed insufficienti accenni, uniti ad affermazioni senza alcun corredo di prova, onde del tutto impossibile verificare quale stato al riguardo il pensiero della Corte di merito. Ritenuto fondato, per queste ragioni, il ricorso principale, va ~saminato il r'lcorso incidentale condizionato. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Con il primo motivo di afferma: a) che la Corte di merito ha erroneamente ritenuto a carattere specializzante la voce 1204 ex d del protocollo di Annecy, mentre al contrario la particella ex anzich significare suddistinzione della voce generale, indica solo che la voce precedentemente si denomina 1204 d; b) che, comunque, non occorresse far capo alla tariffa di detto protocollo in quanto al momento dell'entrata in vigore delle agevolazioni previste dal trattato di Roma (1 gennaio 1957) la tariffa vigente in Italia era quella temporaneamente fissata dal d.P.R. ,3 luglio 1950, voce 1204 d, la quale applica il solo dazio ad vqJorem del 35 % ad ogni specie di valvola radioelettrica, con la conseguenza che risultava inutile l'indagine sulla speciale destinazione delle valvole importate, non costituendo pi la tariffa del protocollo anzidetto un trattamento pi favorevole. Le censure sono infondate. Quanto al punto a) la Corte di merito ha esaurientemente spiegato le ragioni per le quali alla particella ex debba essere attribuito il significato di facente parte della voce 1204 d), di guisa che delimita parte della categoria merceologica della voce 1204 e non la sostituisce, e perch non sarebbe giustificato il significato di gi, secondo la tecnica legislativa corrente sulla legislazione speciale concernente la specifica materia; e tale argomentazione risulta ispirata a corretti criteri ermeneutici. Parimenti infondato il secondo aspetto della censura. Invero con il d.P.R. 7 luglio 1950, n. 442 venne promulgata la nuova tariffa doganale, facendosi salve per (art. 4) le maggiori concessioni indicate nella lista allegata al protocollo di Annecy del 10 ottobre 1949. Con d.P.R. de11'8 luglio 1950 n. 453, per, si stabiliscono provvisoriamente altre tariffe, facendosi sempre salvi (art. 3 lett. c) gli eventuali dazi pi favorevoli. In tale tariffa alla voce 1204 d) si stabiliva il dazio ad vaiorem del 35 % per ogni tipo di valvole. Successivamente con d.P.R. 12. luglio 1956, n. 657, nel mentre si prorog ancora una volta la tariffa provvisoria, si modificarono alcune voci di detta tariffa provvisoria, tra cui la predetta voce :L204 d, stabilendosi al riguardo il dazio del 30 % del valore oltre a lire 150 a pezzo per le valvole radioelettriche senza distinzione di destinazione. Pertanto al l gennaio 1957 vigeva tale tariffa interna e la tariffa 1204 ex d del protocollo di Annecy in quanto, per effetto della riserva dell'art. 4 del d.P.R. 7 luglio 1950, n. 442 e dell'art. 3 lett. c, d.P.R. 8 luglio 1950, n. 453, essa risulta in relazione della nuova tariffa, pi favorevole. Rilevante pertanto, contrariamente a quanto affermato dalle ricorrenti societ, la indagine sulla destinazione speciale delle valvole importate, posto che esse societ reclamano l'applicazione del dazio pi favorevole. -(Omissis). 888 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 aprile 1971, n. 1240 -Pres. Giannattasio -Est. Elia -P. M. Ciacciapoli (diff.) -Moschini (avv. Magrone) c. Ministero delle Finanze (Avv. Stato Coronas). Imposta di successione -Deduzione di passivit -Assegno bancario Prova del debito verso la banca -Insufficienza -Contratto di apertura di credito di data certa -Necessit. (r.d. 30 dicembre 192,3, n. 3270, art. 45). Imposta di successione -Deduzione di passivit -Legge interpretativa 24 dicembre 1969 n. 1083 -Esclusione del rimborso di imposte versate -Illegittimit costituzionale -Manifesta infondatezza. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 45; 1. 24 dicembre 1969, n. 1083; cost., artt. 3 e 53). La prova richiesta per dimostrare l'esistenza di un debito verso una banca it contratto di apertura di credito avente data certa; non costituisce invece prova t'assegno bancario, anche se accompagnato da estratto notarile det conto e polizza di pegno, che documenta un rapporto obbligatorio verso it prenditore, ma non it debito verso ta banca e 'nOn quindi possibite dare ta prova del debito det saldo passivo di conto 'corrente nette forme stabilite net quinto comma dett'art. 45 detta legge sulle successioni per gli effetti dell'ordine (1). manifestamente infondata la questione di illegittimit costituzionale dell'ultimo comma dett'unico articolo della legge 24 dicembre 1969, n. 1083 che esclude il rimborso dette imposte gi versate prima deU'entrata in vigore della legge (2). (Omissis). -Col pri~o motivo del ricorso si denuncia violazione dell'art. 45 r.d. 23 dicembre 1923, n. 3270 e contraddittoria motivazione sul punto decisivo della certezza della data delle scritture private dalle quali nasceva il debito di cui si richiedeva la detrazione ai fini della imposta di successione, in base al citato art. 45. Deducono i ricorrenti (1-2) Sulla prima massima dr. Cass. 30 ottobre 1969, n. 3598 in questa Rassegna, 1969, I, 1164; 29 .gennaio 1966, n. 350, ivi, 1966, I, 675; 25 febbraio 1964, n. 350, ivi 1964, I, 385. La legittimit costituzionale dell'art. 4'5 della legge sulle successioni stata riconosciuta dalla sentenza della Corte Costituzionale 26 giugno 1965, n. 50, ivi, 1965, I 867. Il problema di merito si presenta naturalmente in modo nuovo .dopo l'entrata in vigore della legge 24 dicembre 1969, n. 1083, applicabile anche ai .rapporti anteriori con il limite, consueto in norme idel genere, della irripetibilit delle imposte gi versate. La legittimit costituzionale di tale Umitazione stata riconosciuta, con riferimento all'art. 5 della legge 19 luglio 1961, n. 659, con la sent. J.4 maggio 1968, n. 45 (ivi 1968, I, 360). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTABIIA 889 che la decisione impugnata, pur riconoscendo che sono stati prodotti una polizza di pegno in data 9 dicembre 1960 a garanzia di un'apertura di credito da parte della Banca Mantovana, nonch un assegno bancario di mezzo miliardo di lire all'ordine di Moschini Enzo, emesso, sulla Banca Mantovana, il 9 dicembre 1960, un estratto conto attestante il prelievo della somma medesima dal deposito di titoli di Stato esistente al nome del Moschini Aldo, cio del de cuius, presso la stessa Banca, ed una copia della denuncia presentata il 14 novembre 1963 dalla Banca all'Amministrazione Finanziaria dello Stato, relativa al detto credito di esso Istituto Bancario verso l'eredit Moschini" Aldo, tuttavia ha negata la detrazione, in violazione anche del quinto comma dell'art. 45 citato. La censura infondata. Il secondo comma del citato art. 45 dispone che sono ammessi in detrazione i debiti nascenti da .scritture private che abbiano acquistata .data certa anteriore all'apertura della successione, in uno dei modi di cui all'art. 2704 e.e. 1942 (1327 e.e. 1865), che non sia la morte o la fisica impossibilit di scrivere di coloro o di colui che le hanno sottoscritte. Per il comma quinto del citato art. 45, possono, anche, essere dedotti in detrazione, dall'asse ereditario, ai fini dell'imposta di successione, i debiti nascenti da cambiali o altri effetti, annotati . nei libri del debitore o del creditore. Nella specie, come, con congrua e corretta motivazione, ha ritenuto la Corte di appello di Milano, nella sentenza qui denunciata, il debito verso la Banca Mantovana che si intende dedurre in detrazione dall'asse ai fini dell'imposta non nasce dall'assegno bancario esibito in copia il quale dimostra solo l'esistenza di un debito del de cuius Aldo Moschini, alla data del 9 dicembre 1960 (la morte avvenne il 17 dicembre successivo, cio otto giorni dopo), nei confronti del suo congiunto Moschini Enzo, ma non pure di un debito di esso de cuius verso la Banca. Il debito verso la Banca, infatti, nella specie, deriverebbe, invece, da un contratto di apertura di credito, dalla Banca al de cuius; contratto che, per il secondo comma del citato art. 45 avrebbe dovuto, e non Io fu, essere dimostrato, ai fini fiscali, mediante esibizione in copia di una scrittura privata di data certa, anteriore al 17 dicembre 1960, data di apertura della successione. Il quinto comma dell'art. 45, previsto per debiti nascenti da cambiali o altri effetti, non infatti applicabile ai debiti nascenti da scrittura privata, per i quali vale invece il secondo comma dello stesso articolo, che esige la data certa della convem;ione scritta da cui ha origine il debito dedotto in detrazione. La Corte di merito ha rilevato che nella specie la scrittura contenente l'assunto contratto di apertura di credito non neanche stata esibita in atti. La norma dell'art. 45 secondo comma, che esige, per la detrazione, l'esibizione di una scrittura da :ui nasce il debito, non suscettibile di interpretazione estensiva, onde, ai fini della detrazione non ammessa 890 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO altra prova, n documentale, n orale, n :pu la mancata esibizione della scrittura di apertura di credito, essere nella specie sostituita da altri mezzi probatori, anche documentali, quali la polizza di pegno, l'assegno bancario, l'estratto conto notarile e la denuncia fiscale del debito come pi volte ha avuto modo di rilevare questa Suprema Corte (Cass. 30 ottobre 1969, n. 3598, Cass. 29 gennaio 1966, n. 350, Oass. 26 novembre 1964, n. 281-0). Il primo motivo del ricorso deve, dunque, essere rigettato. Col secondo, terzo e quarto motivo del ricorso, si ripropone la te.si della detraibilit del debito nonostante la mancata esibizione di una scrittura di data certa contenente il contratto di apertura di credito, da cui il debito verso la Banca sarebbe nato, tesi che urta contro la lettera e la ratio, del secondo comma dell'art. 45, inteso a tutelare l'interesse pubblico fiscale e ad evitare frodi, mentre il quinto comma del citato artico-lo non applicabile, trattandosi nella specie di debito nato non dall'assegno, ma dall'apertura di credito, come ha ritenuto, con congrua motivazione, in punto di fatto, la Corte di merito. Che l'assegno crei un obbligo del traente, a pagamento eseguito, che l'assegno possa essere un atto commerciale, che vi sia stato un prelievo di somme da un deposito di titoli e una garanzia per apertura di credito bancario, sono tutte circostanze che non valgono, di per s, a costituire un rapporto cambiario verso la Banca (Cass. 29 gennaio 1966, n. 350) tale da rendere applicabile il quinto comma del citato art. 45, onde resta applicabile il secondo comma, che tassativamente esige l'esibizione di una scrittura di data certa, dalla quale nasce il debito, scrittura che nella specie non poteva essere che quella di apertura di credito, non prodotta, n, ai fini fiscali, ricostruibile, indirettamente, attraverso l'esame di altri documenti (Cass. 30 ottobre 1969, n. 3598). Anche dunque, il secondo, il terzo e il quarto motivo del ricorso non possono essere accolti, mentre la Corte di merito ha rilevato che la polizza di garanzia, relativa a un'apertura di credito, non era fornita dei requisiti di cui all'art. 45 citato, secondo comma, nemmeno per quanto attiene alla certezza di data, e solo indirettamente dimostrerebbe l'esistenza dell'apertura di credito bancario, circostanze che, per effetto della norma fiscale, non possono dimostrarsi, poi, mediante prova per testi, dovendo risultare dalla scrittura da cui nasce il credito. (Cass. 25 febbraio 1964, n. 415; Cass. 7 marzo 1958, n. 766; Cass. 10 agosto 1962, n. 2527). Rispetto alla norma del citato art. 45 ogni questione di illegittimit costituzionale da ritenersi manifestamente infondata, attesa la ratio di tutela del pubblico interesse tributario o di evitare frodi allo errario, come stato ritenuto dalla Corte Costituzionale con sentenza 2,6 .giugno 1965, n. 50. Del pari manifestamente infondata la questione di illegittimit costituzionale dell'ultimo alinea dell'articolo unico della legge 24 dicembre 1969, n. 1083, entrata in vigore .nel corso del presente PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA giudizio, e recante norme interpretative e integrative del citato art. 45 r.d. 23 dicembre 1923, n. 3270. Dispone la sopravvenuta legge n. W83 del 1969 che la detrazione dei debiti dall'asse ereditario ai fini dell'imposta di successione pu aversi anche in base ad assegno bancario, se venga esibita dal contribuente una determinata documentazione. Peraltro, la stessa legge 1083 del 1969, all'ultimo alinea dell'unico articolo che la compone, espressamente esclude da ogni diritto a rimboriso le somme gi pagate prima dell'entrata in vigore della presente legge. Di tale alinea stata dai ricorrenti prospettata una eventuale eccezione di incostituzionalit per contrasto con le norme dell'art. 3 della Costituzione, che fissa il principio dell'eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, e dell'art. 53 della stessa Costituzione, che tale principio, sotto il profilo del rapporto fra tributo e capacit contributiva, estende al campo fiscale, deducendosi dai ricorrenti che, con iniquit manifesta, la nuova norma dell'aliena stabilirebbe una discriminazione tra i contribuenti, in danno del pi solerte tra gli obbligati all'imposta, e, cio, di quello che ha adempiuto all'obbligo tributario. La questione cos prospettata dai ricorrenti, che hanno pagata l'imposta, ed assumono di essere in condizioni di produrre la documentazione richiesta dalla nuova legge ai fini della detrazione del debito e della riduzione di imposta, rilevante perch, se l'alinea, che nega il rimborso del tributo gi pagato, fosse costituzionalmente illegittimo e non applicabile, i ricorrenti potrebbero, previo rinvio in sede di merito, produrre la documentazione ed ottenere il rimborso. Se, invece, la disposizione dell'ultimo alinea dell'unico articolo della nuova legge non incostituzionale, ed applicabile, i ricorrenti non avrebbero nessuna possibilit anche producendo la documentazione, di ottenere il rimborso, essendo pacifico, ed ammesso testualmente dai medesimi ricorrenti, nella memoria illustrativa, che essi hanno pagata l'imposta prima dell'entrata in vigore della legge 1083 del 1969. Diventa cos rilevante esaminare se l'eccezione di incostituzionalit dell'alinea che nega il rimborso sia, oppure no, manifestamente infodata, perch, s0 manifestamente infondata superfluo rinviare in sede di merito, a seguito dello jus superveniens, la causai per dar modo ai ricorrenti di esibire la documentazione, dato che essi, avendo pagato il tributo, non potrebbero mai avere diritto al rimborso. La indagine come gi stato accennato deve risolversi nel senso della manifesta infondatezza della eccezione .di incostituzionalit, e, dunque, consegue il rigetto del ricorso. Con la norma dell'art. 3 della Costituzione, estesa, dall'art. 53 della stessa Carta Costituzionale, alla materia tributaria, si intende tutelare l'eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge; ma tale principio di eguaglianza .suppone situazioni identiche o analogiche: tali non sono le situazioni del contribuente che pag l'imposta e quella del contribuente che non l'ha ancora pagata, e la disparit della situazione rilevante di fronte allo Stato, titolare del pubblico 892 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO interesse tributario, e tenuto, eventualmente, al rimborso delle somme percepite a titolo di tributo, somme gi entrate a far parte del patrimonio statale, e gi destinate o in procinto di destinazione, gi prevista secondo le leggi del bilancio, a pubblico interesse. La diversit di situazioni obbiettive, anche nei confronti dello Stato, fra il contribuente che ha pagata l'imposta, e quello che non ha ancora eseguita l'obbligazione tributaria, non solo consente, un trattamento differenziale, che non altera alcuna eguaglianza di situazioni, ma giustifica, anzi,, ed impone, come opportuna per il pubblico interesse, e non lesiva di alcun interesse privato, la norma di esclusione dei rimborsi delle somme gi pagate a titolo di tributo all'Erario. Ricollegandosi ai normali principi della irretroattivit, del factum praeter preteritum, del diritto quesito, la norma dello alinea in questione intende evitare che l'Amministrazione Pubblica sia costretta al rimborso imprevisto di somme gi percette dallo Stato e dunque gi vincolate ad una destinazione di pubblico interesse, gi entrate a far parte, comunque, dei piani di bilancio. Con sentenza 14 maggio 1968, n. 45 la Corte Costituzionale affermava principi analoghi, dichiarando infondata la questione di illegittimit costituzionale dell'art. 5 secondo comma della l. 19 luglio 1961, n. 659, che dispone il divieto di rimborso delle imposte gi pagate, pur attribuendo portata retroattiva ai benefici fiscali per alcune costruzioni edilizie. Deve dunque ritenersi manifestamente infondata la questione di illegittimit costituzionale dell'ultimo alinea dell'articolo unico della legge 24 dicembre 1969, n. 1083 che vieta i rimborsi dei tributi pagati, pur prevedendo sotto particolari condizioni in sede d interpretazione autentica e di integrazione dell'art. 45 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, e con efficacia retroattiva, la detrazione dall'asse ereditario, ai fini della imposta, dei debiti confermati da assegni bancari previa esibizione di una documentazione particolare. -(Omissis). L p I ~ CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 maggio 1971, n. 1362 -Pres. Caporaso -Est. Della Valle -P. M. Pandolfelli (conf.). -Maugeri (avv. Nicol) c. Ministero delle Finanze (avv. Sao Gargiulo). I Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Controversie di valutazione e controversie di diritto -Decisioni -Regime processuale. I Le decisioni sulle controversie di valutazione e di diritto si distinr guono, a tutti gli effetti, a seconda dell'organo che le ha prowunziate; pertanto se la sezione di valutazione della Commissione Provi'nCiale }l.a emesso una decisione su questioni di diritto, essa resta soggetta alle PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 893 regole processuali stabilite per il procedimento di valutazione, sia per i mezzi di impugna.Zione, sia per i termini, sia per la competenza el giu. dice di impugnazione (1). (Omissis). -Premesso che l'art. 94 della legge sulle successioni stabilisce in sei mesi, a pena di decadenza, il termine per ricorrere alla autorit giudiziaria in tutte le controversie riguardanti le tasse e le sopratasse contemplate in detta legge, le quali abbiano formato oggetto di decisione amministrativa, e che tale termine decorre. dalla data di notifica dell'ultima decisione definitiva intervenuta in sede di Commis sioni tributarie, la Corte di Messina, dato atto che i motivi fatti valen dagli opponenti con la citazione del 17 giugno 1959 avverso l'ingiunzione fiscale del 18 maggio 191>9 erano sostanzialmente gli stessi che la Com missione Provinciale delle Imposte, Sezione Valutazione, con decisione notificata il 12 giugno 1958, da ritenere .definitiva a tutti gli effetti, aveva avuto gi modo di esaminare e di disattendere, ha dichiarato improponibile l'opposizione stessa in quanto proposta quando erano or mai trascorsi pi di sei mesi dalla notifica di detta decisione. Coi due motivi dedotti -che~ in quanto tra loro intimamente colle gati, possono essere esaminati congiuntamente -i ricorrenti, denunciando la violazione e la falsa applicazione dell'art. 29 r.d. L. 7 agosto 1936, n. 1639 e dell'art. 39 r.d. 8 luglio 1937,. n. 1516, nonch degli articoli 93 e 94 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270 in relazione all'art. 360 n. 3 cod. proc. civ., e 37 e 41 codice di rito in relazione all'art. 360 n. 1 e 5 stesso codice, censurano ora tale sentenza per aver fatto decorrere erroneamente il termine di decadenza di cui all'art. 94 della citata legge n. 3270 del 1923 dalla data di notifica della decisione emessa il 20 marzo 1958 dalla Commissione Provinciale delle Imposte Sezione Valutazione -(e cio dal 12 giugno 1958) -nonostante che detta decisione, essendo stata tempestivamente impugnata davanti alla Commissione .Provinciale Sezione Speciale per le questioni di diritto, non fosse mai divenuta definitiva e nonostante che fosse tuttora pendente davanti (1) Deci-sione esattissima che si basa su principi del processo tributario ampiamente trattati nella recente giurisprudenza. Sulla distinzione tra controversie di valutazione e controversie di diritto v. Cass. 7 settembre 1970, n. 1237 e 1247 in questa Rassegna 1970, I, 855; sulla definitivit della decisione della Commi-ssione di valutazione v. Cass. 14 ottobre 1970, n. 2003, ivi, 1970, I. 1112; sulla decorrenza del termine dalla notifica della decisione per sua natura definitiva e l'irrilevanza sul decorso di esso di impugnazione non ammessa (come nel caso del ricorso alla Commissione Centrale contro la decisione di valutazione) v. Cass. 26 ottobre 1970, n. 2158, ivi, 1970, I, 1135 e 25 giugno 1966, n. 1617, ivi, 1967, I, 630. Assai importante la precisazione che la decisione si qualifica per la natura dell'organo che l'ha pronunciata e non per il suo contenuto. 894 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO alla Commissione Centrale il ricorso ,proposto avverso la pronuncia di merito emessa in sede di gravame da quest'ultima Commissione {Sezione Speciale). La censura non fondata. Ed invero, posto che nel sistema della legge le controversie in materia di imposte indirette -(e tale l'imposta di successione) si distinguono tra loro a secondo che hanno per oggetto la valutazione dell'imponibile ovvero l'applicazione della legge; che esse sono rispettivamente devolute, le une, in prima istanza alla cognizione delle Commissioni Distrettuali ed in secondo grado alle Commissioni Provinciali e, le altre, all'apposita Sezione delle Commissioni Provinciali (Sezione Speciale di diritto) e, in grado d'appello, alla Commissione Centrale (art1 29 terzo e quarto comma r.d. 7 a.gosto 1936 n. 1639); ed infi;ne che la stessa legge dichiara espressamente definitivo il giudizio emesso dalle Commissioni Provinciali in ordine alla valutazione dell'imponibile, consentendone l'impugnativa davanti all'Autorit giudiziaria loltre che, beninteso, il ricorso per cassazione per violazione di legge ai sensi dell'art. 111 Costituz.) -solo quando, per grave errore ovvero per mancanza o insufficienza di calcolo nella determinazione del valore, si ha una vera e propria violazione del diritto soggettivo del contribuente a che l'imposizione fiscale venga contenuta nei limiti tassativi di legge, non vi dubbio che, nel promuovere l'uno o l'altro tipo di controversia, tenuto il contribuente a seguire l'iter processuale per quel singolo tipo stabilito dalla legge, rispettando conseguentemente non solo il criterio della .competenza come sopra enunciato ma altres il sistema di impugnazione delle decisioni, coi limiti temporali inderogabilmente posti dal citato art. 29. Ne deriva che, ove venga per errore proposta una controversia davanti ad una Commissione invece che davanti all'altra -(come , per l'appunto, avvenuto nella fattispecie in oggetto, nella quale stata proposta una questione di diritto alla Commissione di valutazione invece che alla Sezione Speciale) -la procedura da seguire pur sempre quella prevista per la Commissione adita, con la logica conseguenza che la decisione da quest'ultima emessa, indipendentemente dal suo contenuto sostanziale, rimane sottoposta alle norme che ne disciplinano la impugnabilit, non essendo consentito mutuare per un tipo di controversia, e quindi di giudizio, le regola processuali dettate per l'altro ed operare per tale via una inammissibile e caotica commistione di norme. Contro la decisione pronunciata dalla Com:r:p.issione di Valutazione su una questione di diritto non pertanto ammessa la diversa impugnativa prevista per le decisioni emesse dalle Commissioni di diritto, dovendosi l'impugnativa ritenere regolata non dal contenuto ma dal PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 895 tipo della decisione, avendo riguardo soprattutto all'organo da cui questa stata emessa. La sentenza impugnata si sottrae quindi alla censura che le stata mossa, non potendosi seriamente contestare che essa ha fatto retta applicazione della leg.ge allorch, sul rilievo che la decisione 2-0 marzo 1958 della Sezione Valutazione della Commissione Provinciale era da -considerarsi definitiva stante l'inammissibilit del reclamo proposto davanti alla Sezione Speciale di diritto della Commissione stessa, ha fatto decorrere dalla data di notifica della decisione medesima (12. giugno 1958) il termine di sei mesi stabilito dall'art. 94 della legge sulle successioni per l'impugnativa in sede giudiziaria, ancorch proposta come nella specie -sotto forma di opposizione ad ingiunzione ti. scale. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 maggio 1971, n. 1363 -Pres. Rossano -Est. Della Valle -P. M. Chir (conf.) -Soc. CEITAL (avv. Guadagni) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). Imposta di registro -Agevolazioni per l'industrializzazione del Mezzogiorno -Costituzione di societ e aumenti di capitale -Possibilit di costituire sedi e succursali fuori del mezzogiorno -Esclusione dell'agevolazione. (1. 23 luglio 1957, n. 634, artt. 36 e 38; d.m. 14 dicembre 1965). Le agevolazioni per l'industrializzazione del Mezzogiorno di cui .agli artt. 36 e 38 della legge 29 luglio 1957, n. 634 ed al d.m. 14 diicembre 1965, avente valore interpretativo, sono indissolubilmente legate al fattore territorio, nel senso che esse sono applicabili quando risulta con assoluta certezza che la societ che le invoca opera nel mezzogiorno, cio in detto territorio esplica tutta intera la sua attivit industriale. Se pertanto compatibile con l'agevolazione la creazione .fuori del territorio di organismi diretti allo smercio dei pl!'od.otti (a condizione che di ci sia fatta menzione nell'atto costitutivo) non lo . mai la creazione, anche soltanto eventuale, di sedi secondarie, succursali o simili attraverso cui la realizzazione dell'oggetto e degli scopi sociali si proietti fuori del territorio del mezzogiorno e ancor meno . compatibile con l'agevolazione la possibilit di trasferire la sede sociale in altra localit del territorio nazionale (1). (1) Decisione assai importante che fa luce su una questione variamente risolta dai giudici di merito e dalla Commissione Centrale; cfr. Trib. Napoli 4 aprile 1966 in questa Rassegna, 1966, I, 943. 896 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -Coi due motivi dedotti -che, in quanto rivolti entrambi a censurare l'applicazione che la sentenza impugnata ha fatto in concreto del disposto degli artt. 36 e 38 della 1. 29 luglio 19<57 n. 634 sulla industrializzazione. del Mezzogiorno, possono essere esaminati congiuntamente ~la ricorrente CEITAL, denunciando la violazione delle surrichiamate norme di legge in relazione agli artt. 1362 e.e. e 360 n. 3 e 5 cod. proc. civ., si duole che la Corte di merito, da una parte muovendo dall'errato rilievo che la clausola dell'art. 3 dello statuto sociale, col prevedere la possibilit di creare sedi secondarie, succursali, depositi e filiali in tutto il territorio nazionale e di spostare la sede sociale da un luogo all'altro, fosse in contrasto con lo scopo perseguito dalla legge speciale di favorire lo sviluppo e la valorizzaziol). e industriale del Mezzogiorno, e, dall'altra, rifiutandosi di disporre quella ispezione giudiziale dei luoghi che avrebbe consentito, se disposta, di accertare che lo stabilimento di essa CEITAL si trovava in Giugliano in Campania, e cio in pieno Mezzogiorno, le abbia ingiustamente negato quei penefici fiscali che in base alla citata legge 634 del 1957 le sarebbero viceversa spettati. In particolare, essa sostiene che alla summenzionata clausola dell'art. 3 dello statuto sociale non si sarebbe dovuta attribuire rilevanza giuridica alcuna, trattandosi di una clausola di mero stile; e che, ad ogni modo, a rivelare in modo inequivoco l'assoluta inconsistenza della clausola stessa stava, nella specie, oltre che la norma statuaria con la quale era stato tassativamente stabilito che le attivit sociali si sarebbero dovute espletare nell'ambito de11e disposizioni per l'industrializzazione del Mezzogiorno, la circostanza obbiettiva che il capitale raccolto attraverso l'aumento deliberato con l'atto registrato il 4 giugno 1963, era stato effettivamente impiegato per realizzare il programma di organizzazione tecnica e di esercizio dello stabiUmento costruito in Giugliano per la produzione di condotture e di apparecchiature elettriche in genere. L.a censura non fondata. Nell'intento di incrementare l'industrializzazione del Mezzogiorno, e pi precisamente dei territori contemplati nell'art. 3 della legge 10 ottobre 1'950, n. 646 e successive modificazioni e integrazioni, l'art. 36 della legge 29 luglio 1957, n. 634 stabilisce che gli atti costitutivi di societ, comprese quelle cooperative, sono soggetti alle imposte di registro e ipotecarie in misura fissa sempre che la costituzione abbia luogo entro il decennio dalla entrata in vigore della legge, che la societ. costituita abbia per oggetto l'esercizio di attivit industriale, e infine che il capitale relativo sia destinato all'impianto negli indicati territori di stabilimenti industriali tecnicamente organizzati e al loro esercizio. La stessa legge, al successivo art. 38, avverte inoltre che il medesimo beneficio concesso anche per gli aumenti di capitale, in nume PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA rario o beni o crediti, quando essi sono preordinati al potenziamento dell'attivit industriale ., anche se la ditta siasi costituita prima dell'en trata in vigore della legge, purchfl abbia sede ed operi negli stessi suindicati territori. Dal coordinamento fogico di tali qorme appare pertanto evidente che, in quanto si collocano tra le altre ;provvidenze adottate dal legislatore al fine di avviare una buona volta a soluzione, in vista delle molteplici e gravi implicazioni d'ordine sociale ed econo.iico derivantine, l'annoso problema del Mezzogiorno, e cio dell'esodo, sempre pi mas~ , siccio, di cospicue forze lavorative dalle zone economicamente pi deboli ed arretrate del Sud verso quelle pi ricche e progredite del Nord o di altri Paesi stranieri, i benefici fiscali di cui sopra sono indissolubilmente legati al fattore territorio , nel senso che soltanto allora possono trovare applicazione quando risulta con assoluta certezza che la societ che li.invoca e che viene ammessa a fruirne opera nell'ambito territoriale tassativamente delimitato dalla legge, e cio esplica in questo tutta intera la sua attivit industriale, ivi realizzando in tal modo gli scopi sociali ed economici a tale attivit connessi. Gli stessi benefici debbono essere. viceversa negati le quante volte, per il concorso di particolari circostanze da valutare nei singoli casi, vi 1Sia ragionevole motivo di temere, anche in via di mera eventualit, che di essi, attraverso maliziosi accorgimenti, la societ beneficiata si possa di fatto avvalere per perseguire finalit estranee o comunque non direttamente collegate allo sviluppo ed alla valorizzazione industriale del Mezzogiorno, vale a dire a quell'insediamento di nuovi centri di produzione industriale o a quel potenziamento dei centri gi esistenti che con le norme agevolative si inteso incentivare. Alla stregua di tali principi la sentenza impugnata appare giuridicamente ineccepibile. Ed invero, posto che nello statuto sociale -(che per l'art. 2328 ultimo comma cod. civ. da considerarsi parte integrante dell'atto costitutivo, ui la delibera di aumento di capitale si ricollega a sua volta) -era prevista espressamente per la CEITAL .la ;possibilit, generica ed incondizionata, non solo di creare sedi secondarie, succursali, depositi e filiali in tutto il territorio nazionale ma altresi di spostare la sede sociale da un luogo all'altro -(e perci anche in localit non compresa nei territori contemplati dalla 1. n. 646 del 1950 e successive modifiche e integrazioni) -rettamente la Corte di merito, attenendosi implicitamente, da un lato, al criterio altra volta enunciato da questa Suprema Corte in tema di agevolazioni fiscali cir:ca l'esigenza di evitare fin dall'origine, attraverso la vincolativit dei requisiti formali dell'atto assoggettato a tassazione, che il negozio in questo contenuto possa estendersi ad operazioni diverse dando in tal modo luogo ad un inde 898 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO bito trattamento di favore (Cass. 3 aprile 1970 n. 881), ed interpretando, dall'altro lato, incensurabilmente, con adeguata e corretta motivazione, la clausola statuaria in oggetto al fine di coglierne il contenuto sostanziale e di identificarne, come prescrive l'art. 8 della legge di registro 30 dicembre 1923 n. 3269, l'intrinseca natura e gli effetti derivantine, pervenuta alla conclusione che i due atti registrati il 215 gennaio ed il 4 giugno 1963 non potevano usufruire del beneficio invocato, essendo fin troppo evidente che i soci della CEITAL, incuranti o dimentichi del vincolo imposto alla societ di mantenere permanentemente, per tutta la sua durata, la propria sede sociale nei territori indicati nella legge agevolativa, avevano in effetti inteso riservarsi 'la pi ampia ed incondizionata libert sia di proiettare anche al di fuori di detti territori la realizzazione dell'oggetto e degli scopi sociali mediante la creazione indiscriminata -(vale a dire. preordinata allo svolgimento di tutta l'attivit sociale e non limitatamente a quello smercio dei prodotti degli opifici sociali che, atteso il suo carattere di complementarit rispetto alla produzione, da ritenersi in ogni caso consentito, a condizione per che di esso sia fatta esplicita menzione nell'atto costitutivo: arg. art. 4 d.m. 14 dicembre 1965, interpretativo e non innovativo delle precedenti norme sulle modalit di applicazione delle agevolazioni fiscali per il Mezzogiorno) -di sedi secondarie, succursali, .ecc., sia di trasferire in qualsiasi momento la sede sociale da una loca lit all'altra del territorio nazionale. E non vale opporre -come la ricorrente oppone -che, avvertendo esplicitamente l'atto costitutivo che le attivit sociali si sarebbero dovute espletare nell'ambito delle norme sulla industrializzazione del mezzogiorno , non sarebbe stato possibile, in pratica, eludere la legge, importando l'inosservanza di detta avvertenza il recesso eventuale dei soci dissenzienti. Ai fini della concessione di che trattasi la legge esige invero, come si detto, che si possa presumibilmente escludere ad origine che la societ operi o fissi o sposti la propria sede sociale fuori dei terri tori per i quali le agevolazioni sono accordate: e non certo l'eventua lit che qualche socio, avvalendosi della facolt datagliene dall'arti colo 2437 cod. civ., recer'L dalla societ, motivo tale, di per s solo, da fare escludere con ragionevolezza la possibilit del verificarsi in futuro di quello sconfinamento territoriale che la clausola statuaria considera possibile ed attuabile. Del pari vano dolersi, infine, che la Corte napoletana non abbia dato akuna rilevanza al fatto -accertabile col sopralluogo inutilmente richiesto da essa ricorrente -che l'aumento di capitale di cui all'atto registrato il 4 giugno 1963 era servito in realt per potenziar~ lo stabilimento di produzione di Giugliano in Cam,pania. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 899 Anche per gli aumenti di capitale vale, infatti, il principio .concernente la tassativit del vincolo che deve sussistere tra l'attivit industriale e la sede sociale, da una parte, ed i territori indicati dalla legge, dall'altra; ond' che, una volta accertata insindacabilmente, in base alle suesposte cosiderazioni, l'insussistenza, nella specie, di tale vimcolo, rettamente la Corte respinse, in quanto irrilevante e superflua, l'indagine sollecitata dalla CEITAL. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 maggio 1971, n. 1364 -Pres. Favara -Est. Maccacane -P. M. De Marco (conf.) -Tamburri (avv. Vigliane) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). Imposta di re~istro -Vendita fra parenti -Presunzione di liberalit -Prova della provenienza del prezzzo -Certificazioni bancarie Idoneit. (d.l. 8 marzo 1945, n. 90, art. 5). Per vincere la presunzione di trasferimento gratuito fra parenti posto dall'art. 5 del d.l. 8 marzo 1945, n. 90 sufficiente dimostrare, con un qualunque atto di data. certa secondo il codke civile, la disponibilit della somma conispondente al prezzo e l'impiego effettivo di essa nel pagamento del prezzo stesso; deve quindi ritenersi vinta la presunzione quando risulti che il prezzo sia stato pagato mediante assegni emessi all'ordine del compratore in data anteriore al contratto e girati al venditore e allorch, mediante certificazione bancaria di data anteriore. da ritenersi certa per la natura pubblicistica dell'istituto bancario, si dimostri che l'importo degli assegni stato ricavato dalla vendita di titoli di propriet, del comp1atore (1). (1) Decisione Che non pu essere condivisa. bensi vero che sufficiente la prova della disponibilit della somma da parte del compratore e non richiesta la prova ulteriore della non provenienza mediata dal patrimonio dell'alienante (Cass. 6 maggio 1969, n. 1530 e 3 maggio 1969, n. 1472 in questa Rassegna, 1969, I; 680); tuttavia la prova della disponibilit della somma e del suo impiego per il pagamento del prezzo deve essere rigorosa (Cass. 23 luglio 1969, n. 2777, ivi, 914 e 23 luglio 1969, n. 2775, ivi, 917; 25 febbraio 1971, n. 483, ivi, 1971, I, 626; 13 dicembre 1969, n. 3942, Riv. Leg. Fisc., 1970, 678). pure esatto che, quanto ai requisiti formali, la prova pu essere offerta con un atto che abbia acquistato data certa a norma dell'art. 2704 e.e. e quindi anche a seguito di altro fatto che stabilisca in modo egualmente certo l'anteriorit della formazione del documento; ma questo non autorizza a dare rilevanza alle certificazioni bancarie n in quanto atti .provenienti da soggetti di diritto pubblico, n in quanto obbiettivamente assi-stiti da presunzione di particolare veridicit. 900 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -Con il primo motivo, denunciandosi la violazione e falsa applicazione dell'art. 5 d.l. 8 marzo 1945, n. 90 e dell'art. 2'!003 e.e. si sostiene che il Tamburri, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice del merito, aveva fornito prova idonea a v~ncere la presunzione di liberalit posta dal citato art. 5, avendo dimostrato di aver corrisposto il prezzo con assegni circolari emessi anteriormente alla stipulazione dell'atto e, per di pi, di aver ricavato l'importo degli assegni dalla vendita dei titoli di sua propriet. La censura fondata. La disposizione dell'art. 5 d.l. 8 marzo 1945 riproduce, nelle sue linee strutturali, l'abrogata norma dell'art. 7 d.l. 26 settembre 1935, n. 1749, riducendone tuttavia il campo di applicazione ed attenuando il rigore formale della prova richiesta per vincere la presunzione di gratuit degli atti considerati. Infatti, la nuova disposizione ha limitato la presunzione di liberalit alle vendite immobiliari stipulate fra parenti entro il terzo grado (mentre la precedente norma comprendeva anche quelle fra parenti entro il quarto grado) e, quanto alla prova necessaria a viI?-cere la presunzione anzidetta, dispone che essa deve consistere nella dimostrazione della provenienza del prezzo pagato e che tale dimostrazione deve essere fornita in base ad atti aventi data Certa ai sensi del codice civile (laddove la precedente disposizione richiedeva che la data certa del titolo comprovante la provenienza del prezzo pagato dovesse risultar dalla formalit della registrazione). Dalla nuova formulazione si evince che per provenienza del prezzo deve intendersi non solo la mera disponibilit della somma da parte dell'acquirente in epoca anteriore all'acquisto, ma anche l'impiego della stessa nel pagamento del prezzo da corrispondere. Pertanto la prova per vincere la presunzione posta dalla legge deve, quanto Sotto il primo aspetto le banche, anche se istituti di diritto pubblico, agiscono nei rapporti con i propri clienti come imprenditori privati e gli atti che compiono non possono mai qualificarsi atti pubblici; meno che mai quando 1si tratti di certificati emessi al di fuori di ogni potere di certificazione pubblica (Cass. 2 ottobre 1956, n. 3309, FCYro It., 1956, I, 1794); sotto il secondo aspetto non pu certo bastare l'affermazione di una .generica inverosimig. Uanza del proposito della banca di favorire un suo cliente a conferire la valiidit formale voluta dalla legge ad una semplice dichiarazione. Si potr tutt'al pi affermare che, attraverso una specifica indagine, pu stabilli:si ohe gli atti della contabilit bancaria per iJl sistema moderno di organizzazione meccanizzata e automatizzata, soggetta a numerosi controlli e riscontri, rendono impossibile un'alterazione di dati si .che le registrazioni contabili possono in determinati casi ritenersi di data certa agli effetti dell'art. 2704 e.e.; ma ci richiede che la dimostrazione sia data attraverso un atto (o la copia autentica di esso) inserito in qruel meccanismo automatico obiettivamente insuscettibile di manipolazione, cosa che non si verifica PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 901 al suo contenuto, concernere entrambe le Circostanze ora dette, ma non l'ulteriore circostanza del modo con cui il denaro sia entrato nel patrimonio dell'acquirente. Infatti l'art. 5 della legge n. 90 del 1945 deroga al principio dell'art. 8 della legge di registro, secondo cui la tassazione dell'atto deve essere fatta in relazione all'intrinseca natura ed agli effetti di esso, poich) il legislatore ha posto la presunzione di gratuit con esclusivo riferimento al fatto che il trasferimento sia intervenuto tra persone legate da vincolo di parentela entro il terzo grado. Ci, peraltro, al solo fine di applicare l'aliquota relativa agli atti a titolo gratuito se ed in quanto essa sia maggiore, come precisato dall'articolo stesso (e sempre che la imposta di trasferimento a titolo oneroso risulti inferiore a quella stabilita per i trasferimenti a titolo gratuito ), di guisa che, ad ogni altro effetto l'atto da considerare a titolo oneroso. Pertanto il citato art. 5, eostituendo una disposizione speciale anche rispetto all'art. 8 della legge di registro, deve essere interpretato in senso tassativo, con la conseguenza che per vincere la presunzione di gratuit, ai fini della tassazione, sufficiente dimostrare, nei modi indicati dalla legge, la disponibilit di una somma corrispondente al prezzo e l'impiego effettivo di tale somma nel pagamento del prezzo .stesso. Tali .circostanze, poi, devono essere provate documentalmente, ossia mediante scritture aventi data certa e opponibili rispetto ai terzi, "' ai sensi dell'art. 2704 c ..c. e quindi non solo con il mezzo della registrazione della scrittura medesima o della sopravvenuta impossibilit della sottoscrizione da parte di colui che figura firmatario o della riproduzione del suo contenuto in atti pubblici, ma anche mediante qualsiasi altr fatto idoneo a stabilire, in modo egualmente certo, l'anteriorit della formazione del documento all'uso che se ne faccia nei confronti dei terzi (cass. nn. 1472, 1530, 3942 del 1969). Alla stregua di tali criteri agevole constatare, con riguardo alla sempre, e in nessun caso pu ipotizzarsi per la certificazione che non altro che la dichiarazione di un terzo (qualcosa di meno di una deposizione testimoniale giurata), che, a'\Plllsa dal meccanismo complesso di registrazione, pu ben essere incompleta, .reticente o compiacente. Non bisogna dimenticare che la legge esige che la prova sia data .con un atto formalmente di data certa e non sostanzialmente attendibile; non bisogna confondere .questi concetti e riferire alla certezza della data ci che attiene alla valutazione di merito dell'attend~bilit della prova. Sulla questione dell'alienazione di titoli per realizzare la disponibilit della somma, va segnalato che la S:C:. con fa sent. 6 maiggio 1969, n. 1530, gi citata, ha ammesso che la donazione dei titoli disposta dal venditore al compratore possa essere collegata con la successiva compravendita il cui prezzo pagato derivi dall'utilizzo dei titoli medesimi, si che dai due atti separati possa enuclear.si un'unico negozio nel quale risulti esclusa la causa onerosa. 13 902 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO fattispecie, che la Corte del merito ha erroneamente valutato la prova liberatoria offerta dal Tamburri mediante la esibizione, al momento della conclusione del contratto, di assegni circolari ,pari al prezzo della compravendita, emessi dalla Banca dell'Agricoltura all'ordine dell'acquirente, in data anteriore al contratto, e da lui girati al venditore per il pagamento del prezzo pattuito, nonch mediante la certificazione bancaria (avente data anteriore all'atto) idonea anche essa, in relazione alle circostanze concrete da esaminare, a vinere la presunzione di gratuit di cui all'art. 5 della 1. n. 90 del 1945, stante la natura pubblicistica degli enti bancari e la verosimile inconcepibilit di un intento della banca di alterare le proprie registrazioni per favorire i clienti nelle controversie di imposta (cass. civ. 30 maggio 1969, n. 1920). (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13i maggio 1971, n. 1381 -Pres. Favara -Est. Geri -P. M. De Marco (conf.) -Soc. Fonderie Filiberti (avv. Biamonti) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Fanelli). Imposta di registro -Presunzione di appartenenza dei macchinari all'opificio -Presunzione assoluta. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 47). Imposta di registro -Presunzione di appartenenza dei macchinari all'opificio -Art. 47 quinto comma legge di registro -Illegittimit costitzionale -Manifesta infondatezza. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 47; Cost., artt. 3 e 53). La presunzione di appartenenza dei macchinari all'opificio fino a quando non siano effettivamente smontati e trasportati assoluta, s che irrilevante la prova che i macchinari ancora asserviti all'opificio siano di propiret aliena (1). manifestamente infondata la questione di illegittimit costitu zionale del' quinto comma dell'art. 47 della legge di registro (presun zione di appartenenza dei macchinari all'opificio) per contrasto con gli artt. 3 e 53 Cost. (2). (1-2) La prima massima, riconfermando una giurisprudenza che pu ritenersi pacHka (Cass., Sez. Un., 3 luglio 1957, n. 2599, Riv. leg. Fisc., 1957, 1743;. Sez. J:, 16 febbraio 1953, n. 387, ivi, 1953, 374),. dopo aver ricordato che la presunzione del quinto comma dell'art. 47, a differenza di quella del primo e secondo comma, assoluta, si che irrilevante, fino a che non sia avvenuta la materiale separazione, la prova della propriet aliena, chiarisce che la presunzione opera in senso obiettivo, indipendentemente dalla ap PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 903 (Omissis). -Nell'unico motivo del ricorso la societ ricorrente deduce la violazione dell'art. 47 della legge organica di registro e la omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia ai sensi dell'art. 360 n. 3 e 5, nonch( alternativamente, l'illegittimit costituzionale dell'art. 47, 5 comma della legge di registro per contrasto con gli artt. 3 e 53 Costituzione. L'art. 47 leg,ge di registro, contrariamente all'opinione della Commissione Centrale, non porrebbe una presunzione assoluta (iuris et de iure) relativamente al macchinario di un opificio, che non sia stato -in. sede di vendita dell'uno e dell'altro -smontato e trasportato altrove, ma relativa al pari di quella prevista nel 1 e 2 comma dello stesso art. 47. La prova contraria sarebbe dunque ammissibile mediante atti che abbiano acquistato data certa anteriore con la registrazione, quale appunto dovrebbe essere ritenuto quello registrato il 3 gennaio 1956 (cio 7 giorni prima), secondo il quale la propriet dei macchinari e delle attrezzature non era della venditrice, madre e so'rella dei soci, ma di quest'ultimi, che li avevano conferiti in societ ed in base a tale conferimento erano gi stati tassati con l'aliquota immobiliare. Se tuttavia si volesse attribuire a detta presunzione carattere di assolutezza, in tal caso la norma sarebbe in contr_asto con la Costituzione e precisamente con il principio della parit di imposizione tributaria a parit di capacit contrbutiva e con il connesso divieto di duplicazione d'imposta. L'Amministrazione finanziaria, dopo avere osservato che in difetto del distacco e trasporto altrove dei macchinari, non pu essere data la prova della loro appartenenza ad altri, rileva che se pure si vo]esse ammettere al prova contr~;ria mediante atto registrato anteriormente, questa non sarebbe stata raggiunta poich dall'atto registrato il 3 gennaio 1956 non risultava che le pertinenze erano pervenute alla societ da altri o appartenevano ad altri, onde neppur poteva 9onsiderarsi rilevante la qu_estione di legittimit costituzionale, peraltro manifestamente infondata, essendo ben ammissibile, in base ai principi generali del diritto (art. 2727, 272'8 cpv., cod. civ.), la prova per presunzioni. Il ricorso destituito di fondamento. La societ ricorrente, dopo avere sostenuto, nell'atto di impugna partenenza dei macchinari al proprietario dell'immobile e quindi anche nel caso in cui risulti dimostrato con atti di data certa che i macchinari non erano .di propriet del venditore. Assai acuta al riguardo l'osservazione che la norma non fa nemmeno menzione del venditore e pone direttamente a carico dell'acquirente dell'immobile la presunzione di kasferimento dei macchinari non separati. La legittimit costituzionale delle norme che stabiliscono presunzioni a danno del contribuente stata pi volte affermata dalla Corte Costituzionlae (sentt. 16 luglio 1968, n. 99, in questa Rassegna, 1968, I, 542; 26 giugno 1965, n. 90, ivi, 1965, I, 867). 904 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zione, la relativit della presunzione di cui al 5 comma dell'art. 47 della legge or.ganica di registro, consa,pevole forse della fragilit di questa tesi, ha vigorosamente sostenuto, nella memoria, la sua inapplicabilit per difetto del preteso presupposto della propriet contemporanea nell'alienante sia dell'immobile che del macchinario. L'oscillazione della giurisprudenza, al riguardo, della Commissione tributaria centrale, ha agevolato l'impugnazione, che tuttavia deve considerarsi irtconsistente sotto ambedue i profili. In ordine al primo, concernente l'estensione indifferenziata della presunzione di cui al 1 e 2 comma dell'art. 47 a tutte le altre ipotesi espressamente previste in detta disposizione, sufficiente osservare che la disciplina della vendita congiunta o s~arata dell'immobile e del macchinario non smontato n trasportato altrove di un opificio si distingue con effetti derogativi ed eccezionali rispetto a quella generale dei trasferimenti di immobili con pertinenze. Infatti possibile dare la dimostrazione che le pertinenze pur 0 ch non consistano in macchinario di un opificio, sono pervenute all'acquirente da altri o appartengono ad altri, senza alcuna necessit che il vincolo pertinenziale sia rotto e le cose siano trasportate altrove. Basta in tal caso un atto di data certa anteriore conseguita col mezzo della registrazione. Tale possibilit non ammessa per il macchinario, soggetto quindi ad una pi ri.gida disciplina tributaria, a meno che sia stato smontato e trasportato altrove. Solamente al verificarsi di questa condizione materiale, ca;pace ad un tempo di spezzare il vincolo pertinenziale e precludere l'uso del macchinario nell'ambito dell'opificio considerato, data la prova liberatoria con atto di data certa anteriore. Nell'opposta ipotesi la presunzione si rivela manifestamente assoluta ( iuris et de iure ), essendo apparso al legislatore fiscale sommamente improbabile che le macchine di uno stabilimento industriale, destinate alla produzione ad esse propria, possano appartenere, finch assolvono in loco a questa loro specifica funzione, a persona diversa dal proprietario dello stabilimento stesso (Cass. 3 luglio 1957, n. 2599). Le considerazioni di cui sopra spiegano altresl perch si rivela inconsistente anche il secondo profilo prospettato dalla contribuente societ, quello .secondo il quale la presunzione del 5 comma dell'arti colo 47 avrebbe come suo indeclinabile presupposto che il proprietario alienante dell'immobile sia proprietario anche del macchinario. Se fosse vera siffatta proposizione la presunzione assoluta predetta non troverebbe pratica applicazione. Cio la prova liberatoria ammessa nel 2 comma e negata nel 5, sarebbe invece sempre ammissibile, in base alla pretesa esigenza del presupposto di cui sopra, senza alcuna necessit che i macchinari, come invece la legge vuole, siano smontati e trasportati altrove. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Vero invece che 1a norma deve essere riguardata secondo una sua proiezione essenzialmente obiettiva, incardinata sul trasferimento dell'immobile e sulla mancata asportazione dallo stesso dei relativi macchinari. In concomitanza di codeste condizioni tipicamente oggettive: vendita cio dell'immobile e presenza delle macchine al servizio dell'opifiicio, si presume un trasferimento unitario, indipendentemente dall'appartenenza dell'una e dell'altro a persone diverse o dall'acquisto che persone diverse ne abbiano fatto dallo stesso o da diversi venditori. Anzi, in proposito, sintomatico come, nella norma, non vi sia neppure un cenno all'alienante, bens soltanto all'acquirente, e si pretenda, in modo quanto mai rigoroso, che per escludere l'unitariet della cessione non soltanto sia necessaria la materiale separazione del macchinario dall'immobile, ma altres la prova della appartenenza ad altri del secondo mediante un atto di data certa anteriore. Si pu quindi ritenere che la propriet delle macchine nella persona dell'alienante del fondo, lungi dall'essere un presupposto. di applicazione della presunzione, rientra viceversa nell'ambito del suo contenuto. N deve meravigliare tale conclusione, cos contrastante con i comuni principi di diritto civile, in quanto nel settore tributario non pu essere negata, forse pi che in altri campi del diritto, l'esigenza di rigide ed amplissime presunzioni contro l'evasione fiscale. La societ contribunte, prospettando codesta soluzione, solleva, per l'ipotesi di un suo accoglimento, una eccezione di illegittunit costituzionale della norma per contrasto con gli artt. 3 e 53 delJa Costituzione, in quanto l'aff~rmata presunzione assoluta importerebbe una disparit di trattamento fra contribuenti, attraverso la duplicit della tassazione. Infatti quando. i macchinari provenissero dall'alienante dell'immobile verrebbe corrisposto un unico compendio tributario in base all'aliquota immobiliare. Se invece provenissero da un terzo o fossero a lui trasferiti si dovrebbe corrispondere, oltre a quello di cui sopra, un secondo tributo su aliquota mobiliare, pur trattandosi del trasferimento delle medesime cose (macchine). L'amministrazione finanziaria eccepisce l'irrilevanza della questione e comunque la sua manifesta infondatezza. La prima deriverebbe, come s' detto, dal rilievo che, anche ammessa la natura relativa della presunzione, difetterebbe la prova richiesta nel ,20 comma dell'art. 47 per ritenerla vinta. La seconda troverebbe il suo punto di appoggio sull'ammissibilit, in base ai principi, della prova per presunzioni, pacificamente riconosciuta anche nel campo tributario. Osserva il collegio che non si pu accedere alla tesi dell'irrilevanza, la quale presupporrebbe non gi il rigetto, ma l'accogHmento della prima censura del ricorso, quella riguardante la natura della 906 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO presunzione. In altri termini, se quest'ultima fosse ritenuta di carattere relativo e non assoluto, l'eccezione di illegittimit, fondata sull'assolutezza della presunzione stessa, non avrebbe pi ragione d'essere. Ci tanto vero che la ricorrente l'ha proposta, subordinandola al rigetto e non gi all'accoglimento, come ovvio, del ricorso. Ben pu dunque ritenersi la rilevanza della questione, che per appare manifestamente infondata. Infatti, anche volendo prescindere dalla generale ammissibilit delle presunzioni in ogni settore del diritto, e particolarmente in quello tributario, la disparit di trattamento, del quale si duole la societ ricorrente, t: di facile rimozione sol che gli interessati smontino e trasportino altrove, come vuole la norma, i macchinari non appartenenti al proprietario dell'immobile. Quindi la possibilit di evitare una duplice tassazione, con il deprecato effetto della disparit, non solo espressamente prevista, ma deriva proprio dalla volont degli interessati. Esclusa la pretesa disuguaglianza (art. 3 Cost.), qualora la norma venga fedelmente osservata con la rottura del vincolo pertinenziale, neppure si prospetta la violazione dell'art. 53 della Costituzione, relativo alla capacit contributiva. Infatti rispettata la proporzionale distribuzione dell'onere tributario in relazione alla capacit contributiva di ciascuno, l'art. 53 potrebbe risultar violato soltanto se la misura del prelievo fiscale dovesse superare la base imponibile, giusta l'indirizzo della Corte costituzionale (sentenza n. 89 del 6 luglio i966). Una seconda censura prospettata dalla ricorrente in linea di estremo subordine, riguarda l'erronea assimilazione delle attrezzature di natura mobiliare (automezzi ecc.) agli immobili per destinazione ed ai macchinari contemplati nell'art. 47 legge di registro. Che tale assimilazione indiscriminata sia erronea non v' dubbio, postoch la presunzione, di cui al 5 comma dell'art. 47 predetto, investe esclusivamente i macchinari e non gi altre cose, che pur trovandosi al servizio dell'immobile, mediante incorporazione fisica o per semplice destinazione funzionale, non sono qualificabili come macchine o macchinario . ' L'esattezza del rilievo non consente per l'accoglimento del ricorso, sia pure nel limite di cui alla predetta censura, perch la materia del contendere rimasta costantemente circoscritta al problema se la presunzione di cui all'art. 47, 5 comma della legge organica di registro debba considerarsi assoluta o relativa. Ci tanto vero -tenuto altresl conto che in secondo grado la soc. contribuente, lungi dal distinguere in concreto l'uno dall'altro tipo di pertinenza, insiste per escluderle indistintamente tutte dall'ambito della presunzione -che mai stata chiesta in nessun grado la prova della esistenza, qualit e quantit delle pertinenze non costituenti macchinario onde sottrarle al rigore della presunzione assoluta. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTAR'l:A 907 La censura dunque rimasta limitata ad una mera enunziazione di carattere teorico, incapace di per s di effetti pratici sulla materia in contesa. La stessa indicazione, fra parentesi, degli automezzi vien fatta nel ricorso come esempio di pertinenze o attrezzature mobiliari, che non costituiscono macchinario, e non gi perch fra tali attrezzature veramente vi siano degli automezzi, della cui esistenza non stata mai offerta alcuna prova o dimostrazione. La censura non pu dunque essere accolta, anche se astrattamente valida. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 maggio 1971, n. 1386 -Pres. Giannattasio -Est. Mazzacane -P. M. Caccioppoli (diff.) -Ferrari (avv. Ferruggia) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Angelini-Rota). Imposte e tasse in genere -Procedimento dinanzi alle Commissioni Comunicazione della data dell'udienza -Rinvio -Comunicazione della data della nuova udienza -Non richiesta. (l. 5 gennaio 1956, n. 1, art. 50; c.p.c., art. 176). Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Procedimento dinanzi alle Commissioni -Vizi del procedimento -Valutazione dei fondi rustici -Parere della Commissione censuaria provinciale -Omis~ sione -Nullit della decisione -Omessa impugna2!ione -Formazione del giudicato. (l. 20 ottobre 1954, n. 1044, art. 2; c.p.c. art. 161). In applicazione dell'art. 176 c.p.c. secondo il quale le ordinanze. pronunciate in udienza si ritengoino conosciute dalle parti presenti e da quelle che dovevano comparirvi, al contribuente al quale sia stata comunicata la data della udienza non deve darsi comunicazione della successiva udienza alla quale la discussione sia stata rinviata coin ordi11. anza (1). IZ parere della Commissione censuaria provinciale prescritto dall'art. 2 della legge 20 ottobre 1954, n. 1044, per la valutazione dei fondi 1ustici, un mezzo di accertamento tecnico per la decisione della Com ~1-2) La prima massima di evi,dente esattezza; sulla esclusione del diritto del contribuente ad essere sentito innanzi alla Commissione chiamata in rogatoria a dare un parere cfr. Cass. 4 marzo 1971, n. 564, in questa Rassegna, 1971, I, 646. La seconda massima, anch'essa esattissima, riconferma la capacit delle. decisioni delle Commissioni delle Imposte di passare in giudicato e quindi 908 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO missione distrettuale di valutazione, la cui omissione induce la nuUitd della decisione. Trattasi peraltro di nullitd del procedimento che, se non dedotta (art. 161 c.p.c.) nei modi e nei termini dei mezzi di impwgnazione predisposti, non pu pi essere eccepita o rilevata d'ufficio (21). (Omissis). -Con il primo mezzo il Ferrari denuncia la violazione dell'art. 50 della leg.ge 5 gennaio 1956, n. 1, in relazione all'art. 360, nn. 3 e 4 c.p.c., sostenendo che la Commissione provinciale, nonostante la specifica impugnazione ,proposta al riguardo, non ha rilevato la nullit della sentenza di primo grado, per non essere stato tempestivamente comunicato al contribuente l'avviso di fissazione della udienza di discussione del ricorso dinanzi alla Commissione distrettuale. La censura infondata. Risulta dagli atti-il cui esame consentito essendo stato denunciato un error in procedendo -che in data 24 ottobre 1963 fu notificato al Ferrari avviso per l'udienza del 14 novembre 1963, e che in. tale udienza, assente il Ferrari, e presente la controparte, la discussione fu rinviata, per esigenze ai ufficio, alla nuova udienza del 21 novembre 1963. Pertanto il primo avviso fu notificato in tempo utile (venti giorni prima della udienza del 14 novembre 1963', ai sensi del citato art. 50); n il Ferrari pu dolersi del mancato avviso per la successiva udienza del 21 novembre 1971 poich per principio generale (art. 176, 2 comma c..p.c.) del nostro ordinamento processuale le ordinanze pronunciate in udienza si ritengono conosciute dalle parti presenti e da quelle che dovevano comparirvi (come nella specie il Ferrari, regolamento avvisato), di guisa che la conoscenza legale dell'ordinanza di rinvio esaurisce e sostituisce l'esigenza della comunicazione di essa. Il ricorrente, nella discussione orale, ha fatto richiamo all'art. 28, 2 comma del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516 (necessit di nuovo invito al contribuente che abbia chiesto l'audizione personale, nel caso di rinvio della trattazione della causa su richiesta della parte o dell'uffido). Ma la questione in tal modo posta, fondata su diversi elementi di fatto, non pu essere presa in esame perch estranea al contenuto del ricorso cos come sono estranee ad esso le altre questioni, esposte solo nella memoria illustrativa, concernenti il mancato tempestivo avviso dinanzi alla Commissione distrettuale di Parma, sentita per regatoria, e la incompetenza territoriale di' questa ultima. l'applicabilit dell'art. 161 c.p.c. in forza del quale le nullit processuali non sono pi opponibili se non si siano convertite in motivi di impugna-. zione, semprech non si tratti di vizi tali da comporatre l'inesistenza della decisione (Cass. 1 marzo 1971, n. 515 in questa Rassegna, 1971, I, ... con numerosi richiami); sul .concetto di decisione inesistente v. C'ass. 20 marzo 1971, n. 806, ivi, ... e precedenti ;richiami. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 909 Con il secondo motivo il Ferrari deduce la violazione dell'art. 2 della legge 20 ottobre 1954, n. 1044, ed omesso esame di fatto decisivo, in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5 c.p.c .. Sostiene che la Commissione distrettuale, e poi la Commissione provinciale, hanno deciso senza sentire il parere della competente Commissione censuraria provinciale, come prescritto dalla norma citata, ed ha omesso di esaminare la questione della non corrispondenza dei fondi rustici alla qualit delle .culture risultanti dal catasto, elevando, anzi, per un fondo, il valore indicato dal catasto e richiamandosi, per esso, al valore denunciato dal contribuente, incorso in un evidente errore materiale. La censura infondata. Quanto al primo aspetto di essa, deve rilevarsi che il parere ;prescritto dalla norma citata costituisce un particolare mezzo di accertamento tecnico. Esso, in quanto tale, previsto in relazione all'attivit processuale attribuita alla competenza del giudice di prima istanza (la Commissione distrettuale). Il parere medesimo obbligatorio nel senso che elemento essenziale del procedimento di prima istanza. Pertanto il provvedimento emesso 'a conclusione di un procedimento privo del prescritto parere invalido per mancanza di un presupposto e precisamente nullo, non inesistente, poich il difetto del parere attiene al procedimento. Ne segue che la nullit del provvedimento terminale pu essere fatta valere nei limiti e secondo le regole proprie dei mezzi di impugnazione (art. 161, ~primo comma c.p.c.). Ora il Ferrari con l'atto di impugnazione del 6-9 marzo 1964 avverso la decisione della Commissione distrettuale di Pontremoli non denunci la mancata audizione della competente Commissione censuaria provinciale (non essendo sufficiente, per concretare tale specifica censura attinente ad una nullit del provvedimento, la doglianza relativa alla non corrispondenza dei fondi alla qualit di colture indicate a catasto, concernente, invece, il merito del provvedimento stesso) e, per le ragioni anzidette, la Commissione Provinciale non aveva l'obbligo, come si sostiene nella memoria illustrativa, di provvedere essa a richiedere il parere della Commissione censuaria, indipendentemente da una specifica impugnazione. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 maggio 1971, n. 1408 -Pres. Giannattasio -Est. Santosuosso -P. M. Chir (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Branzini) c. Camera di Commercio di Reggio Emilia (avv. Formiggini) Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Competenza e giurisdizione -Decisione della Commissione provinciale di valutazione che risolve questioni di diritto -Incompetenza -Impugnazione 910 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO al Tribunale ex art. 29 terzo comma r. d. 7 agosto 1936, n. 1639 per difetto di calcolo ed errore di apprezzamento -Annullamento della decisione impugnata per incompetenza della Commissione -Deve essere pronunciato d'ufficio. (r.d. 7 agosto 1935, n. 1639, art. 29). n Giudice ordinario adito in sede di impugnazione ex art. 29 terzo comma del r.d. 7 agosto 1936, n. 1639 deve dichiarare anche di ufficio l'incompetenza della Commissione di Valutazione che ha pronunciato la decisione impugnata ove questa abbia deciso questioni pregiudiziali di diritto riservate alla competenza deUa sezione speciale della Commissione provinciale; ove i giudici di merito non abbiano rilevato d'ufficio l'incompetenza, la Corte di Cassazione deve annullare le sentenze del giudice ordinario di primo e secondo grado e la decisione de:!la Commissione provinciale di valutazione. alla quale gli atti vanno restituiti perch pronunci sul merito, previo giudizio della Sezione speciale di diritto sulla questione pregiudiziale (1). (Omissis). -Col primo e col secondo motivo, che -per la loro connessione -possono esaminarsi congiuntamente, l'Amministrazione delle Finanze censura la sentenza impugnata per non aver rilevato che nel giudizio di valutazione ex art. 29, comma terzo, del d.l. 7 agosto 1936,' n. 1639, non poteva essere innestata una questione di sussistenza o meno del debito di imposta; che, in ogni caso, non erano ammissibili domande attinenti all'an debeatur in un giudizio riservato al quantum. La ricorrente espone, quindi, le ragioni per le quali la relativa eccezione di improponibilit non doveva considerarsi da essa mministrazione abbandonata. ! Nei limiti di quanto si dir appresso, le censure sono sostanzial mente fondate. Giova premettere alcuni principi pacifici. I!', In materia di imposte indirette sui trasferimenti di ricchezza, le controversie che si riferiscono alla determinazione del valore sono de cise in prima istanza dalle Commissioni distrettuali ed in secondo .grado da quelle provinciali, mentre le controversie che attengono all'applica zione della legge, e cio che involgono questioni di diritto sono decise I ' (1) La dedsione segue l'orientamento recentemente tracciato dalle Sez. Unite con la sent. 5 febbraio 1971, n. 290 pubblicata in questa Rassegna, 1971, I, 436 con osservazioni alle quali si rinvia. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA in primo grado dalle Commissioni provinciali, in seno alle quali isti tuita un'apposita sezione avente una particolare composizione ( la c.d . .sezione di diritto) e in secondo ,grado dalla Commissione centrale (Cass. nn. 471/70; 2737/68; 2'969). La diversa competenza dev'essere rispettat anche quando la que stione di diritto si presenti come pregiudiziale rispetto a quella concer nente la determinazione del valore o costituisca un'accertamento di carattere incidentale. In tal caso, pertanto, il giudizio di estimazione dev'essere sospeso fino a quando la questione giuridica non venga defi nitivamentedecisa dagli organi competenti (Cass. nn. 2780/69, 1749/68). Il ricorso al giudice ordinario, previsto dall'art. 29, terzo comma, del d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, per grave ed evidente errore di apprezza mento, ovvero per mancanza o insufficienza di calcolo nella determi nazione del valore del bene oggetto della imposizione, costituisce una impugnazione di mera legittimit ed limitato al rescindente, il cui oggetto circoscritto all'esistenza dei vizi anzidetti concernenti la moti vazione in ordine alla valutazione effettuata dalle Commissioni tribu tarie (Cass. civ. 2175/69; 1138/69; 958/69; 1156/67). Il giudice, per tanto, il quale accerti l'invalidit della decisione della commissione tri butaria, non ha il potere di procedere egli stesso alla risoluzione dei temi che avevano costituito l'oggetto del giudizio di merito della pro nuncia impgnata, apprestando alla decisione la motivazione stessa {Cass. n. 3568/68). Nel "riconfermare questi principi, le Sezioni Unite di questa Corte hanno recentemente (5 febbraio 1971, n. 290) affermato, non solo che la Cassazione pu :rilevare anche d'ufficio il difetto di competenza per :materia della Commissione provinciale, Sezione valutazione, che si pronunciata su questioni giuridiche, ma che il ripristino dell'ordine delle competenze comporta l'annullamento delle decisioni dei giudici ordinari di primo e secondo grado .e della decisione della Commissione provinciale delle imposte, Sezione valutazione, cui gli atti vanno resti tuiti perch pronunzi sul merito, previo giudizio della stessa Commis .sione, Sezione di diritto, sulla questione pregiudiziale. L'applicazione di tutti i prindpi sopra richiamati alla fattispecie che forma oggetto di questo esame discende dall'accertamento se nel caso si fosse usciti dall'ambito del giudizio estimativo. Ci che appunto la Camera di Commercio cop.testa, tentando di dimostrare Che oggetto della vertenza non era la questione di diritto sull'estensione dell'agevolazione fiscale alla sala dell'ammezzato, ma solo di stabilire se detta sala :faceva parte del bar, o della borsa. Nella prima ipotesi, essa aumentava . il valore di quei locali soggetti ad imposta normale, nella seconda ipotesi, .si doveva riconoscere alla stessa il trattamento fiscale agevolato, in ogni caso, quindi -secondo l'attuale resistente -la decisione si risolveva in una valutazione quantitativa, rientrante nei compiti dell'autorit .giu 912 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO diziaria, chiamata a pronunciarsi sul lamentato errore di apprezzamento o di calcolo. Non sembra difficile cogliere il difetto di tale ragionamento. Accertare se un locale appartenga ad una porzione dell'edilficio cui si applicano determinate agevolazioni fiscali, oppure appartenga ad altra porzione cui non si applicano dette agevolazioni, equivale a risolvere la questione giuridica se quel locale goda o meno dei benefici previsti dalla legge. Pi esattamente nella fattispecie occorreva affrontare il problema se le norme che prevedono la registrazione a tassa fissa possono estendersi al caso, in cui un locale sia destinato promiscuamente sia ad uso rientrante nei fini istituzionali dell'ente sia ad uso che esula certamente dall'ambito dell'agevolazione fiscale. Ora, la qualificazione della natura e della destinazione di unit immobiliari ed il problema di ermeneutica legislativa ora cennato implicano evidentemente un giudizio di diritto, che trascende il mero ambito estimativo del valore dell'immobile. Del resto, che l'indagine relativa alla sala dell'ammezzato involgesse una questione giuridica trova conferma, non tanto nel fatto che il Tribunale si era pronunciato separatamente, ritenendo, da una parte, viziata la motivazione compiuta dalle Commissioni in ordine all'estimazione e negando poi l'invocata applicabilit dell'agevolazione tributaria al locale ammezzato, quanto dal fatto che la Corte d'appello, nel decidere il punto (da essa stessa qualificato applicazione dell'invocato beneficio fiscale all'acquisto della sala), ha dovuto far ricorso alla soluzione di diritto, secondo cui la temporanea destinazione della sala ad uso accessorio del bar sottostante non farebbe perdere i benefici della tassa fissa di cui all'art. 71 del r.d.l. 20 settembre 1934, n. 2011, interpretandosi questa norma, nel senso che sarebbe sufficiente la destinazione normale e del tutto preminente della sala ad un servizio istituzionale e fondamentale dell'ente. Ed a concetti giuridici fanno riferimento, sia l'Amministrazione finanziaria nel terzo motivo di ricorso per sostenere. che l'acquisto di detta sala gode dei benefici fiscali, sia la difesa della Camera di Commercio per appoggiare la tesi contraria, accolta dalla sentenza impugnata. Se, allora, fra le parti era insorta contestazione su una questione di diritto,. la Camera di Commercio avrebbe dovuto fin dall'inizio adire la sezione di diritto della Commissione provinciale, oppure si sarebbe dovuto sospendere il giudizio di estimazione fino a quando la questione giuridica non fosse stata definitivamente decisa dagli organi competenti. In ogni caso, l'autorit giudiziaria, adita ex art. 29, terzo comma, del d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, per grave ed evidente errore di apprezzamento o insufficienza di calcolo, non avrebbe dovuto ritenere fondata l'una o l'altra tesi giuridica al riguardo, ma avrebbe dovuto dichiaralb'e il difetto di competenza dei giudici della estimazione a conoscere della PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA questione di diritto, che doveva essere rimessa alla competente sezione della Commissione provinciale. La Corte d'appello, in verit, si chiesta se fosse consentito dare ingresso a domande che -del tutto distinte ed autonome rispetto alla materia della valutazione -investano le questioni giuridiche relative alla tassazione o alla tassabilit del cespite . Ma ha ritenuto superabile il dubbio, osservando che l'Amministrazione finanziaria aveva abbandonato la relativa eccezione e che, d'altra parte, questa non rilevabile d'ufficio, giacch il cumulo delle domande non attiene all'ordine processuale, bens rientra nel potere dispositivo delle parti. Ora, a prescindere dall'esattezza o meno dell'affermazione circa l'abbandono dell'eccezione dell'Amministrazione delle finanze, la Corte d'a1ppello cos giudicando, ha trascurato il principio secondo cui l'incompetenza per materia, quale difetto di un presupposto processuale primario e fondamentale, pu e deve essere rilevata d'ufficio in ogni stato e grado del processo; ed ha trascurato di considerare che il ricorso all'autorit giudiziaria previsto dal citato art. 29 nell'iter del giudizio estimativo ha natura di impugnazione di mera legittimit ed limitato alla fase res.cindente. Ne consegue che l'improcedibilit di una domanda, non inseribile nel giudizio estimativo perch fondata su questione di diritto, rilevabile di ufficio, dovendo il giudice rispettare i limiti funzionali e per materia della sua competenza. Da questi princi;pi discende anche che, non potendo innestarsi nel giudizio di estimazione la questione di diritto sulla estensibilit dei benefici fiscali di cui al citato art. 71 alla sala dell'ammezzato, non consentito nemmeno a questa Corte prendere in esame la fondatezza del terzo motivo di ricorso, .che detta questione ha per oggetto. L'ultimo mezzo di ricorso riguarda l'applicabilit o meno della pena pecuniaria per insufficiente dichiarazione del contribuente. Osserva l'Amministrazione finanziaria che l'Autorit giudiziaria ordinaria difettava di giurisdizione al riguardo, non essendo stato ancora espletato il procedimento di applicazione di detta pena, previsto dagli artt. 55 e segg. della l.egge 7 gennaio 1929 n. 4, all'esito del quale soltanto si sarebbe potuta ipotizzare la lesione di un diritto soggettivo del contribuente. In ogni caso, poich la legge di registro (art. 40 del r .d. 30 dicembre 1923 n. 3269) prevede la sanzione della pena pecuniaria esclusivamente in base al raffronto oggettivo fra i valori dichiarati e quelli accertati definitivamente, esclusoogni apprezzamento di elementi attinenti alla colpa. E, se pur si volesse fare riferimento alla colpa del contribuente, questa sarebbe dalla legge presunta iuris et de iure. A parte le questioni prospettate dalla ricorrente, questa Corte osserva che l'applicabilit o meno della pena pecuniaria strettamente dipendente dalla decisione di merito circa il valore delle porzioni di immobile 914 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sottoposte a tributo. invero dall'esito del .giudizio di raffronto fra il valore dichiarato e quello accertato che pu stabilirsi se ed in quale misura il contribuente abbia presentato una dichiarazione insufficiente e debba quindi subire una determinata pena pecuniaria. Nella specie, dovendo le Commissioni tributarie ancora determinare il valore definitivo dei cespiti in questione, deve rimettersi in quella sede anche il riesame dell'applicabilit della pena pecuniaria e della misura della stessa. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 30 giugno 1971, n. 2053 -Pres. Favara -Rel. Valore -P. M. Secco (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Gargiulo) c. Rucco. Imposta di registro -Regione Siciliana -Potest legislativa concor rente con quella dello Stato -Concorso di disposizioni diverse o compatibili -Conseguenze -Fattispecie (esenzione per le nuove costruzioni adibite ad abitazione in Sicilia). (Statuto Reg. Sic., art. 17; I. 2 luglio 1949, n. 408, art. 17; 1. reg. sic. 18 gennaio 1949, n. 2). . Imposta di registro -Agevolazioni -Controversie -Prova testimoniale -Inammissibilit. Nella materia tributaria la Regione Siciliana ha competenza legi sLativa concorrente con quella dello Stato, con la conseguenza che se la Regione emana disposizioni legislative che sono compatibi.ii o diverse da quelle Mzionali, si determina un concorso di nonne che possono pur sempre applicarsi nel rispettivo ambito di p1evisione (la specie decisa si riferiva alle esenzioni per le nuove costruzioni adibite ad abi tazione in Sicilia) (1). Nelle controversie giudiziarie relative all'applicazione dell'impo sta di registro, anche se trattasi di accertare i presupposti al cui con (1-2) Sulla prima massima cfr. Cass. 31 gennaio 1969, n. 287, Riv. Leg. fisc. 1969, 1343; in senso contrario cfr. Alta Corte per la Reg. Sic. 15 gen-. naio 1949 n. 6 (Foro it., 1949, I, 657). Sulla seconda massima, confermata dall'altra sentenza della Cassazione 20 settembre 1971, n. 2625 .si .pubblica la seguente nota: Sull'inammissibilit della prova testimoniale nel processo tributario,con riguardo all'applicazione, riduzione o esenzione, dell'imposta di registro. , I ' 1.: i PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 915 corso condizicniato un beneficio tributario (esenzione o riduzione dell'imposta), la prova testimoniale non ammissibile, essendo essa contraria alla natura dell'imposta che colpisce il negozio secondo il contenuto e gli effetti dell'atto esibito (2). (Omissis). -La ricorrente amministrazione, denunciando la violazione degli artt. 17 1. 2 luglio 1949, n. 408, 2 e segg. L. Reg. Siic. 18 gennaio 1949 n. 2, 18, 73 e segg. 1. 30 dicembre 192,3 n. 3269 e dei principi sull'accertamento e sulle controversie relative all'imposta di regstro, 29 d.l. 7 agosto 1986, n. 1639, 360 n. 3 c.p.c., 36 s,tatuto Reg. Sdciliana, sostiene che al tem,po in cui la specie sorta ed stata sottoposta al trattamento tributario> era in vigore la legge regionale siciliana 18 gennaio 1949, n. 2, disciplinante la stessa materia della legge nazionale n. 408 del 1949. Pertanto, il contribuente, una volta dec_aduto dai benefici previsti dalla legge regionale, non avrebbe pi potuto invoc~re le agevolazioni della legge statale, non essendo questa in vigore nel territorio della regione. Con questa sentenza la Co.rte Suprema ha, esattamente, disatteso la tesi, accolta dalla Corte di Appello, la quale aveva ritenuto che nel processo inerente a controversie tributarie non esiste un principio che vieta la prova testimoniale, e quindi pu farsi ricoriso ai principi del codice civile, in base ai quali la prova testimoniale, salvo le espresse esclusioni previste dalle leggi, sempre ammi,ssibile . In definitiva, la Co.rte di Appello aveva affermato ohe i:l processo tributario (in sede amministrativa, contenziosa e giudlziaria) ed il processo civile sono re1golati dagli stessi principi in materia di prova testimoniale, e dagli stessi di'Vieti. Ma tale tesi, esattamente, stata respinta, perch essa viola i prin cipi .tributari ed in particolare quelli sull'accertamento tributario (in tema d imposta di registro) e sui limiti del sindacato giudiziario. Valgono al riguardo \le osservazioni che seguono. Giova dcordare che il'imposta di registro un tributo che postula la necessit di un atto di accertamento (o di imposizione); di un atto, cio, che, pur a prescindere dalla sua natura (dichiarativa secondo alcuni, costitutiva secondo altri), constati l'esistenza degli .elementi costitutivi del debito di imposta e determini l'ammontare da esigere dal contribuente. con la registrazione che sorge '.Per la Finanza il diritto a percepire l'imposta; ed al momento della registrazione che tale diritto trova una prima concreta esplicazione con l'accertamento degli elementi costitutivi dell'obbligazione, (Cass. 2 novembre 1961, n. 2536, Foro it. 1961, I, 1883). A tal fine precise disposizioni della legge del registro prevedono su inizia tiva privata la esibizione dell'atto all'ufficio, e do, il modo con cui deve presentarsi l'atto (art. 75 l.r.), l'ufficio competente (art. 89), il termine di presentazione (artt. 80, 82); e l'ufficio provvede, con particolari formalit (art. 73), alla !registrazione, che ~mporta un accertamento del contenuto dell'atto e del rgime f:scale (ordinario o agevolato), giungendo cosi alla liquidazione del tributo, il cui pagamento avviene contestualmente alla registrazione (art. 91). 916 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In linea subordinata, la ricorrente contesta, poi, l'ammissibilit della prova testimoniale nel processo contenzioso tributario -e quindi nel successivo processo ordinario -in tema di imposta di registro, alla luce dei principi sull'accertamento tributario e di quelli sui limiti del sindacato giudiziario. Sotto il primo profilo -prospettato per la prima volta in questa sede, ma pienamente ammissibile, trattandosi di questione relativa alla efficacia di norma di legge -la censura non ha fondamento. Occorre ,premettere che la materia tributaria ed in particolare quella riflettente l'esonero, totale o parziale, di una determinata attivit economica dall'imposizione di un determinato tributo, per rendere pi agevole l'attuazione di una finalit di carattere generale e sociale, quale quella dell'incremento edilizio in periodo di grave crisi di alloggi, non ricade sotto il disposto dell'art. 14 dello Statuto della Regione Siciliana il quale stabilisce tassativamente le materie su cui l'Assemblea Regionale ha la legislazione esclusiva. Della materia tributaria lo statuto si oc.cupa nell'art. a6, per cui al fabbisogno finanziario della Regione si provvede con i redditi patrimoniali della Regione ed a mezzo dei tributi dliberati dalla medesima , restando per sempre ris.ervate allo stato le imposte di produzione e le entrate dei tabacchi e del lotto. Precise norme disciplinano in tal modo i rapporti che in questa fase amministrativa di accertamento si svolgono tra ufficio e contribuente, dan do luogo d un contraddittorio, dal quale Si evince un primo fondamentale principio, e cio che .il contraddittorio ha luogo, su iniziativa privata, con l'esibizione dell'atto e si svolge sulla base dell'atto che viene sottoposto a registrazione, senza possibilit di far rientrare nella registrazione elementi che non si desumano o non siano documentati nell'atto. Il principio trova conferma nella natura dell'imposta di registro, che colpisce l'atto e non il negozio; e cio si applica sul documento, sullo scrit to esibito che pr-0va il negozio, e nei limiti di quanto da esso risulta. Se i utario, se in linea generale riguarda solo il procedimento nei .limiti in cui si svolto in sede amministrativa, senza possibilit di esaminare e valutare elementi di fatto ad esso estranei, a maggior ragione la indagine di fatto non pu ammettersi, quando, come nell'imposta di Tegistro, il provvedimento ha avuto per oggetto solo il negozio come risulta non in fatto, ma dallo scritto, dal documento che la sola prova rilevante del negozio giuridtco da tassare. Se le premesse osservazioni sono esatte, come .indubbiamente lo sono, una PTova orale non ammissibile in sede contenziosa e giudiziaria, come non eoneepibile che ~l contribuente richieda. una prova testimoniale, nel momento della registrazione, all'Ufficio competente a procedervi. Gli esposti principi, nel disciplinare l'accertamento dell'imposta di registro, disciplinano altresl, restando identica la natura dell'imposta, l'accertamento dei presupposti al cui concor:so condizionato il beneficio : si tratta sempre di, elementi di fatto che ineriscono all'imposta di registro, sia questa ordinaria o ridotta. Essa non muta natura anche se nell'uno e nell'altro caso rientra in fattispecie legali diverse, ed perci disciplinata dalle stesse norme di accertamento. Si tratta di elementi di fatto, la cui prova, pei: espressa previsione legislativa, sempre documentale, anche se pu provenire, a seconda del suo contenuto, dallo stesso contribuente (ad. es. la dichiarazione che l'atto stipulato ai fini del d.1. 7 giugno 1945, n. 322, sulla ricostruzione edilizia degli immobili distrutti dalla guerra: Cass. 7 febbraio 1961, n. 254, Riv. leg. fisc. 1961, 956) o da uffici amministrativi all'uopo designati (la dichiarazione del Ministro dell'Industria ai sensi del PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 921 La decisione impugnata non prospetta argomentazioni valide, che possano indurre a discostarsi da codesto indirizzo giurisprudenziale. Occorre, infatti considerare che, dal sistema delle norme della legge di Registro, la prova testimoniale, ai fini dell'applicazione della tassa sugli atti sottoposti a registrazione, viene del tutto ripudiata, avendola il legislatore riconosciuta inidonea a funzionare come strumento di accertamento di fatti che influiscono sulla determinazione e sulla misura del tributo. Detta prova , infatti, contraria alla natura dell'imposta che colpisce il negozio, secondo la natura e gli effetti dell'atto esibito. E poich l'accertamento si svolge su quest'ultimo, anche il sindacato giudiziario incontra gli stessi limiti, avendo lo stesso oggetto. Il giudice non .pu in .genere pr.ocedere ad indagini di mero fatto che sostanzia.1mente dovrebbero concludere a rifare l'accertamento in sede giudiziaria, ma pu solo come noto esaminare la legittimit del procedi- l'art. 5 d.l. 14 dicembre 1947, n. 1598 che attesta il conseguimento del fine dell'acquisto dell'immobile, consistente nel primo impianto di stabilimenti industriali: Corte di Appello Napoli 3 novembre 1965, Riv. Giur. Ed., 1966, I, 1238 e Cass. 15 luglio, n. 1548, ivi 1965, I, 1556; la dichiarazione del Ministro per la Marina Mercantile che attesta che la costruzione della nave risponde allo scopo stabilito dalla legge 8 novembre 1959, n. 75: Cass. 15 luglio 1961, n. 1710, Foro It., I, 1441; la dichiarazione della Cassa per il Mezzogiorno ai sensi deHa legge n. !)34 del 1957: Cass. 27 febbraio 1962, n. 376, ivi, I, 424); ma anche se manca la previsione legislativa sulla prova documentale, il presupposto di fatto deve sempre provarsi con documento, idoneo e di data certa, in coerenza ed in applicazione dei principi sull'accertamento delle imposte di registro. In tal senso, la questione, che pi interessa, non rivolta a precisare se i presupposti devono o no esistere al momento della stipulazione dell'atto (risolta in senso positivo, per il quadriennio previsto dalla legge di registro, all. B, art. 43 dalla Cass. 13 giugno 1942, n. 1666, Foro It. I, 82.1, e, per le opere di bonifica, dalla Cass. 25 febbraio 1960, n .. 335, Foro It., 1960, I, 374); non rivolta a precisare .quale sia il termine (di decadenza o di prescrizione) entro il quale il loro accertamento deve aver luogo; n rivolta ad esaminare se la documentazione debba o no essere contestuale alla richiesta di registrazione (cfr., .per casi analoghi Cass. 7 febbraio 1961, n. 254, cit.; 24 luglio 1961, n. 1710, Foro it. I, 1443); n rivolta ad accertare se necessaria o meno la richiesta (Cass. 29 ottobre 1966, n. 2706, in questa Rassegna, 1966, I, 1347) e la loro esistenza obbiettiva (C1ass. 8 febbraio 1963, n. 333, Riv. Leg. Fisc. 1963, 1222), giacch la legge n. 408 del 1949 (e ila legge regionale n. 2 del 1949, artt. 2 e 10) che condiziona il beneficio per il trasferimento di case, qualora esso abbia luogo entro quattro anni dall'effettiva abitazione, precisa e chiara, nel senso che l'effettiva abitazione il presupposto di fatto che deve sussistere al momento del trasferimento, il quale, pertanto, per essere agevolato, non pu aver luogo n prima dell'effettiva abitazione, n dopo i quattro anni dall'inizio della stessa (Corte di Appello di Firenze, 19 novembre 1965, Riv. Giur. Ed. 1965, I, 947). La questione, rivolta, invece, ad individuare la prova che, in conformit agli enunciati principi sull'accertamento tributario e sui limiti del 922 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mento cosi come stato seguito dagli uffici finanziari per pervenire all'accertamento. A maggior ragione tale preclusione sussiste nell'ipotesi in cui, come nell'imposta di registro (che imposta di atto), il provvedimento ha avuto per oggetto solo il negozio quale risulta dal documento. Tali principi trovano applicazione anche in ordine all'accertamento dei presupposti al cui concorso condizionato il beneficio, trattandosi pur sempre di elementi di fatto che ineriscono all'imposta di registro e la cui prova ,deve essere documentale e proveniente, di regola, da uffici amministrativi all'uopo designati, o, talvolta, dallo stesso contribuente. Privo di fondamento, pertanto, sotto un duplice profilo il rilievo che l'art. 18 della legge di Registro, lungi dal costituire un sistema, suffragherebbe la tesi dell'ammissibilit della prova testimoniale, in quanto esclusla solo nei casi tassativamente previsti. Infatti, se la prova testimoniale, come mezzo di determinazione di fatti da cui dipende il carico dell'imposta non ammessa neppure nel caso in cui legittima fonte di prova, ai fini dell'accertamento, la sindacato giudiziario, deve essere fornita per dimostrare ,l'esistenza del presupposto di fatto; cio se la prova pu essere scritta o orale. E la soluzione, -concludendo quanto finora si detto, non pu essere dubbia, perch si deve escludere -si ripete -la ,prova testimoniale, mentre si deve ammettere solo la prova scritta, documentale, che risulti da atti di data certa (ad es. l'effettiva abitazione pu risulatre dai contratti di fornitura, di luce, acqua gas, intestati all'acquirente). Non hanno alcun pregio le argomentazioni con le quali si afferma che l'art. 18 1.r., prevedendo la tassazione di trasferimenti, in mancanza di prova diretta, con semplice prerunzione e vietando la prova testimoniale, consente la tassazione di ufficio di una obbiettiva situazione di fatto, dalla quale pu desumersi, senza equivoci, la esistenza di determinati fatti o atti generatori dell'imposta. Con l'art. 18 il legislatore ha posto due deroghe al sistema ordinario dell'accertamento: con l'una ha introdotto una eccezione al principio della iniziativa privata in tema di registrazione, consentendo la tassazione di ufficio, a condizione che la Finanza dimostri fatti concludenti, elencati in via esemplificativa (e non tassativa), proprio perch in tal caso (e cos veniamo all'altra deroga) viene assunto come presupposto dell'obbligazione tributaria, non il documento, ma il negozio, prescinderi:dosi dall'atto scritto che ne la prova diretta (Cass. 12 novembre 1965, n. 2357, in questa Rassegna, 1965, I, 1605). La deroga alla prova documentale avrebbe aperto la possibilit a qualsiasi sistema di prove, e quindi anche alla prova orale (testimoniale), se il divieto non fosse stato espressamente disposto dal legislatore. In tal modo, anche nel sistema derogatorio previsto dall'art. 18, si tenuto fermo il principio, essenziale al processo tr~butario, che la :erova testimoniale non ammessa (la vecchia legge 13 settembre 1874, n. 2076, art. 14 non prevedeva il divieto) (in senso analogo pu ragionarsi in tema PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 923 presunzione, tanto pi deve respingersi e dirsi inapplicabile quando l'imposta viene applicata non su semplit:i presunzioni, ma in base all'atto presentato a registrazione. Inoltre, come esattamente osserva la difesa dell'amm.ne, poich con l'art. 18 il legislatore ha posto due deroghe al sistema ordinario dell'accertamento, la deroga alla prova documentale avrebbe aperto la possibilit a qualsiasi sistema di prove e, quindi, anche alla prova orale, se il divieto non fosse stato eapressamente disposto dal legislatore. In tal modo, anche nel sistema derogatorio previsto dall'art. 18, si mantenuto fermo il principio dell'inammissibilit della prova testimoniale, che riceve conferma da quanto, in .senso analogo, il legislatore ha disposto in tema di registrazione di contratti di appalto (art. 6 r.d. 15 novembre 1937 n. 1924. -(Omissis). di registrazione d.i contratti di appalto regolata dall'art. 6 r.d. 15 novembre 1937, n. 1924, ohe, in determinati casi ammette la presunzione e consente la 'prova contraria, esclusa la prova testimoniale: Corte di Appello Bologna 2 aprile 1965, Riv. Giur. Ed., 1966, I, 399; Cass. 9 settembre 1968, n. 2913). A confortare tale soluzione, vale richiamare proprio la sentenza della Cassazione 31 marzo 1937, Riv. leg. fisc. 1937, I, 350, secondo la quale: Contrasta la prova orale col sistema delle norme della legge di registro e di successione quando sia diretta ad accertare fatti influenti sulla intrinseca natura, sul contenuto, s-q,gli effetti dell'atto da tassare o sulla misura della tassa (mentre la sentenza Cass. Roma 4 settembre 1884, Foro it. 1884, Indice col. 827, n. 31 concerne una questione diversa, e cio l'esistenza o meno, di beni immobili, caduti in eredit, ai fini dell'applicazione della tassa proporzionale). U. GARGIULO SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 14 giugno 1971, n. 1823 -Pres. Marletta -Est. Aliotta -P. M. Trotta (conf.) -Assessorato ai lavori pubblici della Regione Siciliana (Avv. Stato Albisinni) c. Fallimento Ernesto Patern (avv. Scaduto). Acque pubbliche ed elettricit -Ricorsi aventi per oggetto diritti o interessi che si pretendono lesi dall'avvenuta concessione di utenza di acqua pubblica -Termine di decadenza -Applicabilit nei riguardi del terzo concessionario che assuma di essere stato leso nel suo diritto dalla nuova concessione -Esclusione. (t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 18): Acque pubbliche ed elettricit -Concessione di utenza di acqua pubblica -Impossibilit o diminuzione di godimento della concessione -Irresponsabilit dell'Amministrazione concedente -Limiti. (t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 19). n termine di decadenza di giorni sessanta previsto neU'art. 18 t.u. 11 dice.mbre 1933, n. 1775 applicabile soltanto' nei riguardi di coloroche abbiano partecipato al procedimento amministrativo condusosi con la emanazione del decreto di concessione, ma non anche nei confronti dei terzi estranei a tale procedimento, che assumano di essere sta.ti lesi dalla concessione in un loll'o diritto soggettivo (1). (1) Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sentenza 17 ottobre 1955, n. 3222, Acque bon., costr., 1956, I, 34 e segg., ritennero che, quando l'individuo od ente sia direttamente contemplato nell'atto o provvedimento, e questo gli sia stato direttamente notificato nelle forme dell'art. 145 t.u. n. 1775 del 1933, esso individuo od ente ha rieevuto comunicazione legale all'atto o provvedimento, e dalla data di tale comunicazione decorre il termine per l'esercizio da parte sua del potere di impugnazione.... Solo invece per gli individui od enti non contemplati nell'atto o provvedimento e che per tale motivo non ne abbiano ricevuta diretta comunicazione il termine per la impugnazione decorre dal giorno di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale o nel Foglio degli ~nunzi Legali, che il modo generale e solenne di pubblicazione degli atti ufficiali dello Stato e in genere de1la P. A. Da tanto emerge, altresl, che l'art. 18, collocato nel capo I del titolo PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 925 IZ principio che l'Amministrazione non assume alcuna gamnzia di godimento deU'acqua concessa, di cui aU'art. 19 t.ir.. 11 dicembre 1933, n. 1775, vale ad esonerarla da responsabilit soltanto se l'impossibilit o la dimminuzione di godimento, preesistenti o sopravvenute, derivino da eventi naturali o da fatto di un terzo (2). (Omissis). -Con il primo motivo la ricorrente Amministrazione, denunziando la violazione dell'art. 18 del t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, sostiene che erroneamente il Tribunale superiore delle acque pubbliche ha ritenuto che il termine di decadenza di giorni sessanta, previsto per ricorrere avverso i provvedimenti in materia di concessione di acque pubbliche, sia inapplicabile nei confronti dei terzi che non abbiano partecipato al relativo procedimento amministrativo, i quali si ritengano lesi nei loro diritti per effetto della concessione e intendano adire il gi.dice ordinario per sentire emettere la relativa declaratoria di illegittimit ,con conseguente condanna dell'Amministrazione al risarcimento dei danni. Il motivo infondato. Infatti, come ha esattamente ritenuto il Tribunale superiore delle acque pubbliche, il citato art. 18, nel disporre che i ricorsi aventi .per oggetto diritti o interessi, che si pretendono lesi dall'avvenuta concessione, devono essere proposti, secondo le rispettive competenze, ai Tribunali delle acque territoriali o al Tribunale superiore delle acque pubbliche e notificati entro il termine pe- I del t.u., che comprende le norme sostanziali e di procedura sulle derivazioni ed utilizzazioni delle acque pubbliche, pone un termine generale di impugnativa, decorrente dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, per la tutela, avanti al Tribunale regionale o al Tribunale superiore, dei diritti o interessi che l'individuo od ente giuridico stimi lesi dall'avvenuta concessione. Il carattere generico di detto art. 18 - reso palese dalla sua dizione, che non specifica ulteriormente . Nella sentenza sopra massimata le stesse Sezioni Unite hanno, invece, sottolineato che le disposizioni, le quali, come quella di cui trattasi, stabiliscono una pre!lunzione di conoscenza di un atto o provvedimento amministrativo per effetto della semplice. pubblicazione del medesimo, ai fini della decorrenza dei termini per l'esperimento dei ricorsi del caso, hanno carattere eccezionale e vanno, perci, interpretate come riferentisi soltanto a coloro che hanno partecipato al procedimento in base al quale l'atto pregiudizievole stato emesso, che debbono essere perci vigili, in attesa dell'emanazione dello stesso, e non mai ai terzi estranei, ai quali non incombe, certo, un analogo dovere di vigilanza . (2) Al di fuori di tali limiti, l'Amministrazione concedente, salvo i casi in cui, ricorrendo esigenze d'interesse pubblico, proceda con legittimo atto di imperio a revocare o modificare la concessione, o dichiarare decaduto il concesisonario, tenuta ad un comportamento che consenta l'utilizzazione dell'acqua concessa. Pi in: generale, v. Cass., Sez. Un., 29 maggio 1969, n. 1893, in questa Rassegna, 1969, I, 729 e segg., con nota di ALBISINNI. 926 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO rentorio di sessanta giorni dalla pubblicazione del decreto di concessione nella Gazzetta Ufficiale , va interpretato restrittivamente, nel senso cio che deve ritenersi applicabile soltanto nei riguardi di coloro che abbiano partecipato al procedimento amministrativo conclusosi con la emanazione del decreto di concessione, ma non anche nei confronti dei terzi estranei a tale procedimento, che assumono di essere stati lesi dalla concessione in un loro diritto soggettivo, non potendo questo essere menomato dalla decorrenza di un termine collegato alla pubblicazione di un ;provvedimento amministrativo, che non li concerne direttamente; per ,cui la relativa tutela giudiziaria rimane soggetta soltanto ai normali termini di prescrizione. E che tale sia la portata limitata della norma si desume da considerazioni di ordine logico e sistematico, non potendo ammettersi che i terzi, estranei al procedimento che ha dato luogo alla concessione, vedano pregiudicata la difesa dei loro diritti in conseguenza della pubblicaziqne sulla Gazzetta Ufficiale di un provvedimento, posto in essere nei confronti di altri soggetti, del quale possono non essere venuti a conoscenza. Infatti, a differenza ,di quanto espressamente stabilito per i provvedimenti aventi carattere legislativo o regolamentare, per i quali un'apposita disposizione di legge (art. 10 delle disposizioni preliminari) presume la conoscenza da parte di ogni interessato nel decimo quinto giorno dalla pubblicazione, nessuna norma del genere normalmente prevista in materia di atti amministrativi speciali, per i quali vige invece il principio del tutto diverso, in parte analogo a quello vigente in materia di atti giurisdizionali, della necessit che l'atto sia notificato o comunicato o venuto comunque atiunde a conoscenza dell'interessato; per cui soltanto dalla data di notificazione o di comunicazione o da quella della conoscenza decorrono gli eventuali termini per l'impugnazione in via amministrativa o per esperire la tutela in via giurisdizionale. Le disposizioni eccezionali, nelle quali, come nella specie, la conoscenza del provvedimento, ai fini della decorrenza degli anzidetti termini, presunta in conseguenza della semplice pubblicazione, debbono perci essere interpretate come riferentisi soltanto a coloro che hanno partecipato al procedimento in base al quale l'atto pregiudizievole stato emesso, che debbono essere per ci vigili in attesa dell'emanazione dello stesso, e non mai ai terzi estranei ai quali non incombe certo un analogo dovere di vigilanza. Del pari infondato il secondo motivo, con il quale l'Assessorato ricorrente, denunciando la violazione degli artt. 18 e 19 del succitato t.u., 17 del regolamento approvato con r.d. 14 agosto 1'9120, nn. 12i85, e 2043 c..c., nonch difetto di giurisdizione del giudice ordinario, sostiene che erroneamente il Tribunale superiore delle acque pubbliche ha ritenuto responsabile esso ricorrente della mancata utilizzazione di acqua da parte del Patern, non considerando che, in base al disposto PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 927 dell'art. 19 del citato t.u., il concessionario non pu invocare la concessione quale titolo per richiedere un risarcimento di danni alla Pubblica Amministrazione, in quanto il provvedimento di .concessione non :pu essere in s lesivo dei diritti soggettivi alieni, essendo dato con salvezza dei diritti dei terzi; il danno, se mai, deriverebbe dalla attuazione ed utilizzazione della concessione, per cui ne risponderebbe in ogni caso soltanto il concessionario. ben vero, infatti, che l'art. 19 del citato t.u. sulle acque pubbliche dispone che la concessione s'intende fatta entro i limiti di disponibilit dell'acqua e ehe il concessionario non pu mai invocare la ,concessione come titolo per chiedere indennizzo allo Stato ed esclusivamente responsabile di qualsiasi lesione che in conseguenza di essa possa essere arrecata ai diritti dei terzi ; senonch, come esattamente ritenuto dal Tribunale superiore delle acque pubbliche, tale norma non pu essere intesa nei sensi voluti dal ricorrente, in mcido da escludere in via generale ogni possibile azione per danni causati dalla Amministrazione concedente derivanti dalla mancata possibilit di utilizzazione dell'acqua oggetto della concessione. La surriportata disposizione dell'art. 19 va, infatti, interpretata restrittivamente, nel :senso che il Legislatore, ribadendo il principio che lAmministrazione non assume alcuna garanzia di godimento dell'acqua concessa, ha inteso esonerarla da responsabilit soltanto se l'impossibilit o la diminuzione di godimento, preesistente e sopravvenuta, non sia imputabile alla stessa, in quanto determinata da eventi naturali o da fatto di un terzo; ma, al di fuori di tali limiti, tenuta ad un comportamento che consenta l'utilizzazione dell'acqua concessa. In proposito va considerato ehe, com' ius receptum di questa Corte, dalla concessione e per tutta la durata della stessa, nasce iri favore del concessionario un diritto soggettivo all'uso del bene che ne oggetto, non soltanto nei confronti dei terzi ma anche della stessa Amministrazione concedente, che tenuta a rispettarlo, Ci non esclude evidentemente che quest'ultima, per la .sua posizione di supr:emazia, ai fini della realizzazione dei suoi fini pubblici, possa con atto d'imperio revocare o modificare la concessione o dichiarare decaduto il concessionario, per deve farlo servendosi degli specifici poteri attribuitile dalla legge, normalmente corrispondendo al concessionario un equo indennizzo per il sacrificio del diritto d.i cui questo era portatore. Gl'indicati principi trovano conferma in tutta una serie di disposizioni contenute nello stesso t.u. sulle acque pubbliche, che prevedono soltanto in determinate ipotesi, motivate sempre da ragioni di interesse pubblico, e previa s'intende l'emanazione dei relativi provvedimenti amministrativi da parte degli organi competenti, temporanee limitazioni all'uso della derivazione dell'acqua concessa, necessarie per speciali motivi di pubblico interesse o .. quando si verifichino eccezionali deficienze d'acqua (art. 43, com 928 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ma ultimo); la revoca di una concessione di acqua, per poter far luogo ad una pi importante che sia con la prima incompatibile (art. 45, comma I), la pronunzia di decadenza della concessione, che fa del pari venir meno il diritto del concessionario, che sancita soltanto in casi tassativi indicati nell'art. 55, per gravi inadempienze addebitabili al concessionario o per mancato uso da parte dello stesso dell'acqua, protrattosi per un lungo periodo di tempo. Ne consegue che, come ha esattamente ritenuto il Tribunale superiore delle acque pubbliche, l'Assessorato per i lavori pubblici della Regione siciliana, effettuando le nuove concessioni, senza esercitare alcuno dei .poteri discrezionali attribuibile in base alle citate norme e mancandone per giunta i presupposti, non poteva arrecare pregiudizio al precedente concessionario Patern e determinare addirittura una soppressione totale dell'acqua in precedenza concessagli, violando con tale comportamento illegittimo il diritto soggettivo gi acquisito dallo stesso alla utilizzazione del bene concesso. N ha alcuna rilevanza in I favore della tesi contraria, sostenuta 'dal ricorrente, il fatto che nelle ~ successive concessioni sia stata fatta espressa salvezza dei diritti dei ! terzi. Trattasi, infatti, di clausola di stile, normalmente inserita ed operante in materia di autorizzazioni amministrative, nelle quali tale i salvezza insita nella stessa natura del provvedimento, che non tocca direttamente i diritti dei terzi; mentre deve considerarsi inoperante in materia di concessioni, nelle quali la eventuale identit, totale o par I ziale, dell'oggetto della concessione pu determinare la lesione dei diritti soggettivi dei vari concessionari, non potendo quindi l'Amministrazione concedente, con la semplice inserzione di tale clausola, .in violazione di una espressa norma contenuta nella Costituzione (artiI colo 28), esonerare se stessa dalla responsabilit nascente a suo carico per il compimento di atti illegittimi, lesivi del diritto del concessionario. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 giugno 1971, n. 1962 -Pres. Giannattasio -Est. Falletti -P. M. Trotta (conf.) -Guarino (avv. Sinatra) c. Assessorato ai LL.PP. della Regione Siciliana (Avv. Stato Del Greco). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Appalti della Regione Siciliana -Regolamento sulla direzione, contabilit e collaudo dei lavori pubblici statali appr. con r. d. 25 maggio 1895 n. 350 -Applicabilit agli appalti della Regione Siciliana in virt dell'art. l 1. re'g. l lulio 1947, n. 3 -Sussiste. PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 929. Appalto -Appalto di opere pubbliche -Gestione e contabilit dell'appalto -Oneri della immediata contestazione e della immediata riserva da parte dell'appaltatore relativamente alle circostanze che ri~uardano la sua prestazione e siano suscettibili di produrre un incremento della spesa prevista -Sussiste. (r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 11, 16, 20, 21, 22, 23, 36, 37, 53, 54, 64, 89, 91, 107). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Collaudo -Pretesa dell'appaltatore al risarcimento dei danni per assunto ritardo nell'effettuazione del collaudo -Onere della riserva -Sussiste. (r.d. 25 maggio 1895, n. 350, art. 107). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Collaudo -Funzione. (r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 91 e segg.). Le norme del Rego1.amento r.d. 25 maggio 1895, n. 350 suita direzione, contabitit e col1.audazione dei lavori detlo Stato sono state estese netl'ambito della Regione siciliana tramite l'art. 1 legge reg. 1 luglio 1947, n. 3 e tramite l'art. 1 d.P.R. 30 luglio 1950, n. 878 (1). Ne~ sistema del r.d. 25 maggio 1895, n. 350. l'attuazione deU'opera pubblica, dalla gara d'appalto, alla consegna dei lavo'l'i, alla loro esecuzione ed al lO'l'o coUa'lido, si articola in fasi successive, attraverso un procedimento formale e vincolato, che si svolge in una serie di registrazioni e certificazioni, alla formazione deile quali l'appaltatore chiamato di volta in volta a partecipare: perci gli imposto l'onere di contestare immediatamente le circostanze che riguardano la sua prestazione e siano suscettibili di produrre un incremento della spesa prevista (2). (1) Questo insegnamento dimostra la fondatezza dei rilievi critici di cui a nota sub 2 a Caiss., 7 settembre 1970, n. 1274, in questa Rassegna, 1970, I, 959, non giustificandosi la diversit di trattamento nei confronti di norme dotate di uguale natura regolamentare. (2) La massima di significativa importanza, poich, .precisando sempre meglio il pensiero della Suprema Corte regolatrice, quale manifestatosi in varie occasioni (cfr. Cass., 30 .giugno 1969, n. 2393, in questa Rassegna, 1969, I, 578, ed. ivi nota redazionale 1-2; 29 dicembre 1969, n. 4046, id., 1970, I, 482, ed ivi nota 1, nonch 1177, con nota 1-2), dimostra di condividere, ormai, pienamente, le tesi dell'Avvocatura, gi accolte dalla nota giurisprudenza dei giudici di merito (v., per tutte, Corte App. Roma, 6 maggio 1969, n. 1053, in questa Rasseg'Tl!a, 1970, I, 997, sub 2; v. anche Trib. Roma, 7 aprile 1970, n. 2675, ivi, 674, sub 1-2), e corrobora, altresi, le osservazioni ed avvertenze fatte nella nota redazionale sub 2 a Cass., 13 mag J 930 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il diritto dell'appaltatore di avanzare domande di risarcimento per il lamentato ritardo del collaudo dell'opera precluso dalL'avvenuta ffrma senza riserve da parte del medesimo del certificato di collaudo (3). Il coltaudo deU'opera pubblica appaltata ha non solo lo scopo di accertare la rispondenza tecnica e contabile dell'opera al contratto approvato, ma anche quello di fissare la liquidazione del corrispettivo dovuto alL'appaltatore (4). (Omissis). -Con citazione notificata il 4 dicembre 1964 Angelo Guarino conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Palermo l'assessorato dei lavori pubblici della re~one siciliana, esponendo che con contratto di appalto 28 agosto 1959 l'assessorato gli aveva commesso la costruziooe della strada Buccheri-La Cava Sughereto; che i lavori erano stati finiti entro il termine contrattuale del 17 agosto 1960, ma l'amministrazione appaltante, sebbene ripetutamente sollecitata, avev proceduto al collaudo soltanto il 18 giugno 1963, con notevole ritardo rispetto al termine contrattuale di nove inesi dall'ul gio 1971, n. 1384, in questa Rassegna, 1971, I, 698, a proposito della stretta correlazione fra onere della riserva e gestione contabile dell'appalto, da cui esulano solo i fatti illeciti dolosi o gravemente colposi degli organi. della stazione appaltante. Da segnalare che l'onere di contestazione di .cui parla genericamente la sentenza in rassegna comprende, pi propriamente, quello di contestazione in senso stretto (art. 23 r.d. n. 350 del 1895), il mancato assolvimento del quale comporta il riconoscimento della conformit ai patti contrattuali delle prescrizioni dell'Amm.ne, ovvero rende incontrovertibili i fatti incidenti sull'esecuzione dell'appalto (cfr. art. 23, comma quarto), e quello della ;riserva, ossia della domanda di maggiori somme Tispetto a quelle ammesse in contabilit (artt. 23, comma terzo, 54, 64, 89 ecc.). (:';) V. precedente nota, a proposito dell'insegnamento di Cass., 13 maggio 1971, n. 1384, in questa Rassegna, 1971, I, 698. Significativo risulta, peraltro, nella sentenza in rassegna, il rilievo della differenza fra ritardo nel pagamento di una se>mma gi accertata e liquidata e ritarde> nel.la sua liquidazie>ne: una circostanza, cio, anteriore al momento Ce>nclusivo del collaudo ed assorbita nell'improponibilit delle contestazioni non sollevate in quel momento stesso, contraddette, anzi, dalla firma di accettazione (del collaudo) . Giova avvertire, infine, che, a norma dell'art. 96, opv., r.d. n. 350 del 1895, l'appaltatore non avr diritto a chiedere alcun indennizzo, quando, essendo nel capitolato speciale fi.ssato un termine entro il quale il collaudo debba compiersi, le relative operazioni, in conse.guenza delle verificazioni di cui sopra, non potessero, per cause dipendenti dalla volont dell'amministrazione, condursi a compimento entro il termine stabilito. \4) Cfr. Cass., 15 giugno 1964, n. 1518, Giur. it., Mass., 1964, 497, sub c, nonch in Foro Amm., 1964, I, 1, 527. PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 931 timazione dei lavori. Ci premesso, il Guarino chiedeva che l'amministrazione convenuta fosse condannata a risarcirgli il danno da lui subto per tale ritardo, nella somma di L. 1.228.020, quali interessi del 15 % sull'ultima rata di L. 3.098.640, e quali premi corrisposti per la proroga della polizza fidejussoria. Successivamente, nel corso del processo, il Guarino chiedeva anche il rimborso di L. 931.680 per imposta generale sull'entrata. Il Tribunale dichiarava inammissibile le domande dell'attore e la Corte di Palermo, con sentenza 15 dicembre 1967, confermava la decisione, considerando che secondo l'art. 107 del r.d. 25 maggio 1895, n. 350, applicabile, ai sensi del d.p.r. 30 luglio 1950, n. 878, anche agli appalti della regione siciliana, l'appaltatore deve formulare, all'atto della firma del collaudo, le domande che crede nel proprio interesse rispetto alle operazioni di collaudo., restando altrimenti tali domande precluse; che tra queste domande deve intendersi compresa anche quella degli interessi per il ritardo nei pagamenti, come si desume dalla lettera e dal sistema della legge, secondo cui tutte le domande dell'appaltatore che si risolvono in richieste di compensi e di indennizzi per il periodo compreso tra l'atto di sottomissione e il collaudo sono assoggettate al regime delle riserve; che il collaudo, inoltre, quale contratto bilaterale di accertamento, pone in essere un nuovo vincolo obbligatorio che si sovrappone a quello originario ed assorbe ogni pretesa per fatti antecedenti al collaudo; che nella specie, non avendo l'appaltatore espressa alcuna riserva, era irrilevante ogni altra questione circa la decorrenza degli interessi in base all'art. 36 del d.p.r. 16 luglio 1962 n. 10631 inapplicabile peraltro al contratto inter partes, stipulato nel 1959. Con atto 12 febbraio 1968 il Guarino proponeva ricorso per cassazione, sulla base di quattro motivi; resisteva con controricorso l'assessorato. MOTIVI DELLA DECISIONE Nei quattro motivi del ricorso, che possono essere esaminati in sieme, il Guarino svolge le seguenti censure: 1) la Corte d'appello ha erroneamente ritenuto, in contrasto con la giurisprudenza della Corte di Cassazione, che l'art. 107 del r.d. 25 maggio 1895, n. 350 sia applicabile anche agli appalti della regione si ciliana (violazione del d.p.r. 30 luglio 1950, n. 878); 2) comunque, l'onere della riserva richiesto solo per maggiori o diversi indennizzi conseguenti alle opere previste nel capitolato speciale, non anche per gli interessi moratori dovuti per legge dalle singole scadenze delle rate (violazione degli artt. 107, 10, 11, 16, 22, 25,. 40, 47, 53 e 63 del r.d. 25 maggio 1895, n. 350); 932 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 3) il nuovo capitolato ancor pi esplicitamente sancisce il princ1p10 dell'automaticit degli interessi; le sue norme erano applicabili al rapporto in contestazione, anch perch esse stabilivano l'abrogazione del capitolato risalente al cit. r.d. 350/1895 (violazione dell'articolo 36 del d.p.r. 16 luglio 1962, n. 1063); 4) il ritardo nell'esecuzione del collaudo, nonostante le ripetute messe in mora, si protratto fino a 34 mesi dopo l'ultimazione dei lavori: l'amn;iinistrazione non dunque esonerata in nessun caso dalla responsabilit per i danni conseguenti (violazione degli artt. 1224 e 1229 C.C.). Le censure sono infondate. Il ricorrente contesta l'applicabilit del r.d. 25 maggio 1895 n. 350 agli appalti della regione siciliana e per sostep.ere la sua tesi invoca il principio giurisprudenziale secondo cui i capitolati generali per le opere pubbliche appaltate dallo Stato hanno valore normativo (interno) soltanto per lo Stato e non anche per gli altri enti pubblici, i quali solo contrattualmente possono assumerli a regolamento dei propri appalti (Cass. 1969, n. 710, id. 1967, n. 528). Ma questo un argomento erroneo e irrilevante. Erroneo, perch confonde il citato r.d. 25 maggio 1895, n. 350 (che detta norme sulla direzione, contabilit e collaudo dei lavori pubblici statali) col capitolato generale degli appalti statali contenuto nel d.m. 28 maggio 1895. Ed anche irrilevante, perch dalla sentenza impugnata risulta che nella specie il contratto richiamava appunto le norme del capitolato generale 28 maggio 1895 allora vigente. Oltrech sul fa.tto gi decisivo di questa contrattuale efficacia impressa al regolamento richiamato (che comporta viceversa l'esclusione d'un diverso regolamento, come quello del capitolato generale sopravvenuto poi col d.p.r. 16 luglio 1962, n. 1063,. che il ricorrente .pretende tuttavia di assegnare al rapporto), la Corte d'appello ha dunque fondato il proprio giudizio sul disposto legislat~vo dell'art. 107 (in particolare) e su tutto il coerente sistema del r.d. 25 maggio 1895, n. 350. E questa disciplina, considerate le circostanze qualitative e temporali della fattispecie, la Corte ha giustificatamente estesa, nell'ambito della regione siciliana, al rapporto in esame, tramite l'art. 1 della legge 1 luglio 1947, n. 3 ( lllel territorio della regione siciliana, fino a quando l'assemblea regionale non abbia diversamente disposto, continua ad applicarsi, nelle materie attribuite alla competenza regionale, la legislazione dello Stato... , e tramite il d.P.R. 30 luglio 1950, n. 878 (la regione siciliana sv.olge nell'ambito del proprio territorio le attribuzioni del ministero dei LL.PP. previste dall'art. 20 dello statuto della regione., art. 1). Corretta, quindi, e positivamente contrassegnata da precisi testi di legge, la decisione impugnata. Nel sistema del r.d. 25 maggio 18.1)5, n. 350 l'attuazione dell'opera pubblica, dalla gara d'appalto, alla con PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 933 segna dei lavori, alla loro esecuzione e collaudo, si articola in fasi successive attraverso un procedimento formale e vincolato, che si svolge in una serie di registrazioni e certificazioni alla cui formazione l'appaltato: r:e chiamato di volta in volta a partecipare: perci gli imposto l'onere di contestare immediatamente le circostanze che riguardano la sua prestazione e suscettibili di produrre un incremento della spesa prevista. E cos, alla firma del certificato di collaudo, l'appaltatore deve, a pena di decadenza, formulare le domande che crede nel proprio interesse rispetto alle operazioni di collaudo (art. 107 cit.). Il collaudo, inv.ero, non ha solo lo scopo di accertare la rispondenza tecnica e contabile dell'opera, ma lo scopo anche di fissare la liquidazione del corrispettivo dovuto all'appaltatore: in questo secondo aspetto esso riveste il carattere di un negozio bilaterale di acce:r:tamento, dal quale sorge un nuovo vincolo obbligatorio e pertanto le determinazioni ivi documentate e accettate hanno efficacia definitiva, precludendo ulteriori pretese relativamente ai fatti che precedono tl collaudo (Cass. 1957, n. 3669; id. 1964, n. 1'518). Legittimamente, quindi, poich il Guarino av.eva firmato senza riserve l'atto di collaudo, la Corte ha ritenuto che gli fosse ormai precluso il diritto di avanzare domande di risarcimento .per il lamentato ritardo del collaudo stesso. Ne consegue, come la Corte d'appello ha pure osservato, che irrilevante la questione cirica la decorrenza degli interessi, la loro automaticit e il relativo criterio, secondo il capitolato generale del 1895 (art. 40), o secondo il capitolato generale del 1962 (artt. 35 e 36). Esclusa pregiudizialmente, come s' detto, l'applicabilit di quest'ultimo alla fattispecie, basta inoltre considerare, con un rilievo parimenti decisivo nei ~iguardi di entrambi i capitolati, che il risarcimento preteso (sia pure nella forma degli interessi moratori) non si riferisce al ritardo nel pagamento di una somma gi accertata e liquidata, ma .al ritardo nella sua liquidazione: una circostanza, cio, anteriore al momento conclusivo del collaudo ed assocbita nell'improponibilit delle contestazioni non sollevate in quel momento stesso, contraddetta anzi dalla firma di accettazione. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 luglio 1971, n. 2126 -Pres. Rossano -Est. Giuliano -P. M. Di Majo (conf.) -Impresa Matozzi e Zini s.p.a. (avv. Silvestri, Capaccioli) c. Ministero dei Lavori Pubblici (Avv. Stato Carusi). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Provvedimento finale dell'Amministrazione appaltante sulle riserve dell'appaltatore -Notificazione formale dell'atto ai fini del decorso del termine di decadenza 15 934 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO per la proposizione della domanda di arbitrato,o davanti al ~iudice competente secondo le disposizioni del codice di procedura civile e del t. u. 30 ottobFe 1933, n. 1611 -Necessit -Sussiste. (r.d. 25 maggio 1895, n. 350, art. 109; d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, artt. 6, ult. comma, 46, primo comma, 47, primo comma). Ai fini del'/,a decorrenza del termine di decadenza di cui agli articoli 46, comma primo, e 47, comma primo, d.P.R. 16 luglio 1962, numero 1063, non sufficiente la comunicazione all'appaltatore, a mezzo ordine di servizio della D.L., delle definitive determinazioni dell'Amministrazione appaltante sulle riserve del medesimo, ma necessaria la formale notifica del provvedimento, mediante consegna di copia dell'atto a mezzo degli agenti del Comune o di qualunque altro agente dell'Amministrazione appaltante (1). (Omissis). -Il 16 aprile 1965 la societ per azioni Impresa Ma tozzi e Zini convenne innanzi al Tribunale di Firenze il Ministero dei lavori Pubblici, chiedendone la condanna al pagamento della somma di lire 47.000.000, a titolo di .residuo corrispettivo di lavori stradali da essa .eseguiti in adempimento di un contratto di appalto. Il Ministero, costituendosi in causa, eccep, preliminarmente, che la domanda era improponibile, in quanto la societ era incorsa nella decadenza sancita dagli artt, 46 e 47 del capitolato generale di ap palto approvato col d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, avendo adito il giu dice a pi di sessanta giorni dalla notificazione del provvedimento che aveva respinto le sue richieste di maggior compenso, per cui aveva in- serito riserve nei registri di contabilit. (1) La prassi della comunicazione all'appaltatore a mezzo ordine di servizio della D.L. delle determinazioni dell'Amministrazione sulle riserve stata finora fondata sulla ritenuta equiparazione fra comunicazione e no-tificazione di cui all'art. 23 r.d. 25 maggio 1895, n. 350. Nessuna menomazione dei diritti dell'appaltatore -pareva derivarne, considerando che quegli non avrebbe dovuto, in sede arbitrale, o, comunque, -giudiziale, portare le sue doglianze sull'atto, per il quale l'art. 109 r.d. n. 350 del 1895 non prescrive alcuna motivazione, ma semplicemente riproporre le sue pretese, a ma~giori com-pensi o indennizzi, dopo essere stato messo in condizione di conoscere che l'Amministrazione appaltante non intendeva accoglierle. Riprova dell'inesistenza, nel campo qui considerato, del principio della notificazione formale pareva trarsi dalla considerazione che proprio la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha, per altro verso, ammesso la possibilit di equipollenti dell'atto di reiezione delle riserve (e, quindi, della consegna della copia del medesimo all'appaltatore a mezzo di un ufficiale giudiziario o di un agente comunale o della stessa Amministrazione appaltante), allorch, in determinate circostanze, ha ritenuto che PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 935 Tale notificazione, secondo il Ministero, era avvenuta, a norma dell'art. 109 del regolamento approvato con R.D. 25 maggio 1895, numero 350, il 6 ottobre 1964. La societ replic che quel giorno essa aveva soltanto ricevuto una raccomandata, spedita dall'Ufficio del Genio Civile di Firenze, che aveva diretto i lavori, con la quale, nella forma di un ordine di servizio, le era stato sinteticamente comunioato che le sue domande eran state respinte, perch infondate in linea di fatto e diritto . A suo avviso, la notificazione, dalla quale sarebbe decorso il termine fissato dagli artt. 46 e 47 del capitolato generale, non era mai avvenuta: all'uopo, infatti, sarebbe stata necessaria la consegna, ad opera di un ufficiale giudiziario, di un agente del Comune o di un agente dell'Amministrazione committente, _del provvedimento del Provveditorato Re-~ gionale alle 00.PP. per la Toscana che aveva respint,o le sue richieste. Il Tribunale, con sentenza non definitiva 31 ottobre-13 dicembre 1966, rigett l'e.ccezione di decadenza; contemporaneamente, con ordinanza, dispose per l'istruzione della lite. Su appello del Ministero, a cui la societ resistette, la Corte fiorentina, con la sentenza ora impugnata, dichiar inammissibili, per intervenuta decadenza, le domande proposte dalla' societ. Essa riput che la notificazione menzionata dall'art. 46 del capitolato generale suddetto e dall'art. 109 del regolamento del 1895 non implica la medesima attivit formale prevista dal codice di procedura civile e che l'avvenuta comunicaziooe dell'esito della pratica mediante una lettera raccomandata non aveva impedito alla .societ la piena conoscenza della decisione amministrativa. La societ ha proposto un tempestivo e rituale ricorso per cassazione,. con due mezzi, .rnustrati poi con memoria; il Ministero ha depositato un controricorso. l'appaltatore possa adire le vie legali pur in mancanza di notifica del prov vedimento ex art. 109 r.d. n. 350 del 1895 e senza l'onere di sperimentare previamente il procedimento di cui all'art. 1183 e.e. (Cass., 7 settembre 1970,. n. 1274, in questa Rassegna, 1970, I, 959, sub 5). Ma 1a sentenza in rassegna, in relazione al contenuto dell'ultimo comma dell'art. 6 del nuovo Capitolato generale oo.pp. del 1962, andata in contrario avviso e, dopo aver premesso che le norme disdplinanti la decadenza debbono essere interpretate col rigore corrispondente a quello dei loro effetti., ha affermato che I dove la legge usa il termine notificazione non si pu reputare che tale termine sia stato usato in senso atecnico o che alla mancanza di notificazione si possa supplire con surrogati, che la legge non abbia espressamente previsti . Pare quasi superfluo segnalare l'importanza della massima, perch, ad essa si adeguino anche gli operatori amministrativi del settore considerato. 936 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO MOTIVI DELLA DECISIONE Col primo mezzo la ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 6, 46 e 47 del d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, si duole che la Corte del merito non abbia considerato che le norme sulla notificazione sono formali, che nella specie esse non erano state affatto osservate, e che, poich la notificazione un mezzo predisposto dalla legge per dar vita a una conoscenza legale , ove la notificazione sia mancata, non si pu aver riguardo alla data della piena conoscenza di fatto quale .termine iniziale della decadenza, se non nelle ipotesi 1n cui essa sia dalla legge espressamente equi.parata alla notificazione, come disposto dall'art. 36 del t.u. delle leggi sul Consiglio di Stato (r.d. 26 giugno 1924, n. 1054). Col secondo mezzo, la societ lamenta che la Corte fiorentina abbia riputato sussistente la piena conoscenza con motivazione iUogica, contraddittoria e insufficiente. . La prima, assorbente censura fondata. Invero, le norme che disciplinano la decadenza debbono essere interpretate col rigore corrispondente a quello dei loro effetti: l dove la legge usa il termine notificazione non si pu reputare che tale termine sia stato usato in senso atecnico o che alla mancanza di notificazione si possa supplire con surrogati, che la legge non abbia espressamente previsto. L'art. 109 del r.d. 25 maggio 1895, n. 350 dispone che le deliberazioni finali del Ministero (ora, nei congrui casi, a norma della legge 23 marzo 1964, n. 194, del Provveditorato Regionale alle 00.PP.) siano, senza indugio, notificate all'appaltatore. Lo stesso decreto, nell'art. 23, a proposito della decisione dell'ingegnere capo, che dirima provvisoriamente contestazioni insorte tra il direttore dei lavori e l'appaltatore, dispone ch'essa sia mediante ordine di servizio, comunicata all'appaltatore . La distinzione tra notificazione e comunicazione mediante ordine di servizio , quindi, posta con .riguardo ad atti diversi, di diversa efficacia. D'altra parte; il codice di procedura civile del 1865, che vigeva allorch fu emanato il regolamento ora in esame, considerava elemento essenziale della notificazione la consegna di una copia dell'atto (articolo 39); e che in ci consistesse, propriamente, la notificazione era ben presente al leg.islatoo:-e del 1895; esso, invero, nello stesso art. 23 surricordato, stabil che l'appaltatore poteva ricorrere all'ispettore del compartimento contro la decisione dell'ingegnere .ca.po entro otto giorni dalla notificaziop.e dell'ordine di servizio . Questo, infatti, ei:a stato consegnato in copia all'appaltatore, cio, proprfamente, notificato, PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 937 mentre, col suo contenuto, era stato un mezzo di mera comunicazione della decisione dell'ingegnere capo. L'art. 46 del ca:pitolato genera.le approvato col decveto n. 1063 del 1962 stabilisce che il termine di decadenza in questione decorre dalla notificazione prscritta dal ricordato art. 109. Il concetto di notificazione non mutato per eff.etto dell'entrata in vigore dell'attuale codice di rito: anche questo, con l'art. 137, sancisce che la notificazione si esegue mediante consegna al destinatario di copia conforme alrorigj,nale dell'atto da notificarsi. 'Un altro requisito formale della notificazione la consegna della copia ad opera di un uffi.ci:al pubblico munito di tale potest. In proposito l'a.rt. 6 del capitolato generale dispone, espTe,ssamente, che le intimazioni degli atti g.iudiziari si fanno col ministero di ufficiale giudiziario e che le altre notificazioni possono eseguirsi anche a mezzo degli agenti del Comune o di qualunque a!tro agente dell'Amministrazione. La Corte del mer.ito accert, in fatto, che vi era stato soltanto ordine di servizio dell'Ufficio del Genio Civile, trasmesso per posta e recante notizia della reiezione delle richieste dell'impresa appaltatrice. Tale situazione dove'\na essere valutata, in diritto, al lume delle considerazioni dianzi esposte, che non consentivano il ricorso a equipollenti, sui quali, invece, si fond la Corte fiorentina. Si deve, per.tanto, accogliere il .ricorso e rinviare la causa, per nuovo esame, a un'altra Corte d'appello, che provveder anche sulle spese'di questo giudizio. -(Omissis). SEZIONE SETTIMA GIURISPRUDENZA PENALE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 aprile 1970, n. 1349 -Pres. D'Armiento -Rei. Petrone -P. M. (conf.) -Rie. Speziali. Confisca -Mezzo d'impu~nazione. (artt. 212, 640, 655 c.p.p.). A norma degLi artt. 212 e 640 c.p.p. il mezzo di impugnazione consentito contro il provvedimento di confisca, se l'impugnazione non contemporaneamente proposta per un altro capo della sentenza, il ricorso alla Corte d'appello, giudice di sorveglianza, anche nell'ipotesi che la sentenza impugnata sia stata pronunciata dalla stessa Corte d'Appello (1). (Omissis). -Il ricorso inammissibile perch con l'unico mezzo si critica la sentenza per non aver disposto la revoca della confisca del mezzo di trasporto -autovettura 1500 -che sarebbe servita al trasporto del tabacco di contrabbando, dal momento che la sentenza (1) Dopo incertezze giurisprudenziali che, sulla scia di un contrasto di opinioni manifestate in dottrina, avevano espresso il diverso avviso che il capo di sentenza concernente la confisca potesse essere impugnato autonomamente (opinane basata sulla negazione del1a natura di misura di sicurezza della confisca e sul richiamo contenuto nell'art. 655 c.p.p. agli incidenti d'esecuzione: v. SABATINI, Princtpi di dir. proc. pen., 1949, 485; VANNINI, Manuale dir. proc. pen., 1958, 347; MASSA, v. Confisca in Enciclopedia del diritto) la Cassazione ha affermato, con sentenza a Sezioni Unite (29 novembre 1958 in Giust. Pen., 1959, III, 522) il principio ora riaffermato con l'ordinanza che si annota e che costituisce ormai giurisprudenza costante: v. infatti, nello stesso senso, Cass. 20 ottobre 1964 in Cost. Pen. Mass. Amm., 1965, p. 1056, n. 1894; 20 dicembre 1962, in Giust. Pen., 1964, III, c._ 106; 16 novembre 1967 in Cass. Pen. Mass. Amni. 1968, p. 1409, n. 2268. Per quanto concerne la titolarit del diritto d'impugnazione, la decisione delle Sezioni Unite del 1958 (itata) aveva stabilito che questo spettava non ,solamente agli interessati che subiscano la misura, ma anche al P.M., alla parte civile, al responsabile civile e al civil!Ilente obbligato per l'ammenda, anche in fase di cognizione, mentre la sentenza della I Sez. 30 PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 939 _ha eliminata l'aggravante del mezzo di trasporto appartenenti a terzi, .avendo riconosciuto che il tabacco non fu gi tl'\asportato con l'autovettura 1500, ma con un camion di propriet di un compartecipe del contrabbando rimasto sconosciuto. Per l'art. 212 c.p.p. la doglianza -concernente il solo accertamento -Oi sicurezza, senza la contemporanea impugnazione delle disposizioni penali della sentenza, va rivolta esclusivamente alla mag-istratura di sorveglianza, a norma dell'art. 640 c.p.p., e cio alla Corte di appello, .anche se la sentenza impugnata sia stata pronunciata da un giudice di appello e, in .particolare dalla stessa Corte di appello, come nel caso si verifica. In tal senso ferma la giurJ.sprudenza di questo S. C. che ha rite nuto n principio applicabiue indistintamente per tutte le misure di sicurezza, -compresa la confisca. -(Omissis). marzo 1965, (in Cass. Pen. Mass. Ann. 1966, p. 1276, m. 1979), precisando il concetto, ha affermato che la parola interessato di cui al capoverso dell'art. 212 c.p.p. sta a designare qualunque soggetto processuale che abbia assunto veste di parte nel procedimento di co-gnizione e che sia portatore di un concreto interesse all'impugnazione. Interessante stata la decisione 7 novembre 1966 (in Cass. Pen. Mass. Ann. 1967, p. 1309, m. 2003) .che ha affermato la giurisdizione del giudice ordinario in tema di esecuzione di confisca -presupponendo questa la cognizione di un fatto costituente reato -in una ipotesi in cui, essendo insorta diver.genza fra due organi dello Stato (una cancelleria di Corte d'Appello e un ufficio doganale) per l'incameramento della somma ricavata dalla vendita di un motoscafo confiscato, era stato eccepito il difetto di giurisdizione in quanto, trattandosi di un contrasto di interessi fra due amministrazioni, la decisione sa.rebbe spettata al Consiglio dei Ministri, a norma dell'art. 1, n. 8 r.d. 14 novembre 1901, n. 466. Sostenne in quel_ l'occasione la Cassazione che il Consiglio dei Ministri non ha .giurisdizione, ma mera cognizione per il regoli.mento interno nei rapporti dei singoli ministeri e che la questione (nonostante la sua singolarit e l'unicit della personalit giuridica dello Stato pur nell'articolazione dei suoi organi) non potesse essere sottratta all'A.G.0. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. IV, 13 novembre 1970, n. 1686 -Pres. Rosso -Rel. Negro -P. M. Pandolfelli (parz. diff.) -Rie. Tirentin. Sentenza -Interessi civili -Provvisionale -Contenimento entro la misura del danno provato -Esclusione. Sentenza -Interessi civili -Provvisonale -Concessione d'ufficio a favore della parte civile -Le~ittimit. (c.p.p., art. 489). 940 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Appello -Cognizione del giudice di appello -Divieto di reformatio in peius (in genere) -Concessione d'ufficio della provvisionale Violazione del divieto -Esclusione. (c.p.p. artt. 489, 515). La concessione della provvisionale ha carattere meramente deli bativo e non acquista efficacia di giudicato in sede civile. Ne deriva che l'assegnazione di_ essa sottratta alle regole sancite nel secondo comma dell'art. 278 c.p.c. secondo cui la somma di danaro concessa deve essere contenuta nei limiti della quantit per la quale il giudice ritiene gi raggiunta la prova del danno. La provvisionale pu essere concessa anche d'ufficio dal magi silra.to penale che condanni l'imputato al risarcimento del danno a Javore della parte civile da liquidarsi in separata sede (1). (1) La giurisprudenza sostanzialmente concorde nello stabilire che la concessione della provvisionale abbia carattere meramente delibativo (v. Cass. 25 febbraio 1966 in Cass. Pen., Mass. Ann. 1966, p. 1330, m. 2050; 6 ottobre 1967, ivi, 1968, p. 1192, m. 1889; 23 gennaio 1967, ivi, 1967, p. 1345, m. 2059; 30 agosto 1969, n. 112.783; 30 agosto 1969, n. 112.817) mentre vi sono tuttora ampi contra-sti sulla necessit della prova (parziale) del danno, ai fini della determinazione della Pl'.OVVisionale: infatti talune decisioni hanno, come quella che si annota, escluso che la somma di denaro concessa debba essere contenuta nei limiti della quantit per la quale il giudice ritenga gi raggiunta la prova del danno (v. Cass. 23 gennaio 1967, citata; 6 luglio 1959 in Giust. Pen. 1960, III, c. 59), altre invece affermano il contrario (v. Cass. 25 ottobre 1966 in Cass. Pen. Mass. Ann. 1967, p. 1045, m. H>15; 30 agosto 1969, n. 112.817; 18 febbraio 1967, n. 103.502). Fra le due opinioni, sembra pi accettabile la :seconda: invero, pur se l'art. 489 cp..p. non ripete, nella sua !formulazione, l'inciso del secondo comma dell'art. 278 c.p.c. ( ... nei limiti della quantit per cui ritiene gi raggiunta la prova ), vi sono ragioni sufficienti a far ritenere che la misura della provvisionale debba corrispondere ad un accertamento -sia per parziale e delibativo -del danno. Tali ragioni stanno: 1) nell'unicit dell'attivit giurisdizionale, per cui sarebbe quanto meno singolare che in tal caso un provvedimento venga emanato senza il necessario previo accertamento; 2) nella considerazione che il provvedimento sarebbe, altrimenti, suscettibile di riforma con inutile danno per il benficiario, costretto alla restituzione; 3) nella constatazione che, una volta svincolata la determinazione della provvisionale da ogni collegamento con dati obiettivi, il provvedimento sarebbe non pi discrezionale, ma arbitrario e ci la legge non pu aver voluto, nemmeno provvisoriamente; 4) nella constatazione che l'azione per il risarcimento del danno non muta, nella sua sostanza, sia essa svolta nella sede sua propria o sia inserita nel processo penale, salve le modifi.cazioni di struttura espressamente previste (v. in questa Rassegna 1970, 332 PAOLO DI TARSIA, Costituzione di parte civile: accessoriet e immanenza), onde non logico interpretare restrittivamente l'art. 489 c.p.p. nonostante il suo evidentemente coordinamento con l'art. 278 c.p.v. PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE, 941 Non viola il principio del divieto della reformatio in peius il giudice di. appello che, d'ufficio, conceda la provvisionale quando condanni l'imputato al risarcimento del danno a favore della parte civile da liquidarsi in separata sede. In dottrina, sostengono la natura di provvedimento delibativo della condanna alla provisionale: GuALANDl, v. Provisionale in Nuovissimo Dig. it., MANZINI, Trattato dir. proc. pen. it., vol. I, 1956, p. 342. Sostengono, invece, .che il provvedimento ha natura di condanna parziale definitiva C'oRDERo, Condanna generica a favore della parte civile ed applicazioni improprie dei concetti di interesse ad agire e legittimazione in Ri-v. Dir. proc. pen. 1957, p. 222; GRIMALDI, L'azione civile nel processo penale, 1965, p. 290. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. VI, 25 novembre 1970, n. 1718 -Pres. Mongiardo -Rel. Ugazzi -P. M. Baumgartner (conf.) -Rie. Oto. . Interesse privato in atti di ufficio -Inefficacia, invalidit o revocabilit dell'atto -Irrilevanza. (c.p. art. 324). Ai fini della sussistenza del delitto di interesse privato in atti di ufficio, non ha rilevanza che l'atto (nella specie, deliberazione del consiglio comunale) non sia efficace perch soggetto all'approvazione dell'autorit tutoria. L'approvazione invero non conferisce giuridica esistenza all'atto, e non incide sulla sua validit, ma soltanto sulla sua efficacia (1). (1) La decisione conferma una giurisprudenza costante (Cass. 19 luglio 1969, n. 1859, 112.248; 17 luglio 1968, n. 1877, 108. 778) ed la logica conseguenza della individuazione dell'oggetto giuridico tutelato dalla norma, consistente nel prestigio, nell'imparzialit e nel normale funzionamento della pubblica amministrazione. Poich il fine che si voluto .garantire con la norma penale stato quello di evitare che il pubblico ufficiale potesse mettere a servizio di un interesse privato il pubblico potere conferitogli, obbligandolo ad astenersi da qualsiasi ingerenza di carattere privato, evidente che non pu essere assunta-la nozione dommatka di atto amministrativo perfetto secondo il diritto pubblico: l'utilizzazione del pubblico potere per fini privati pu infatti avvenire anche con condotte omissive o commissive (Cass. 17 luglio 1968, n. 1877, citata) o attraverso un concreto esercizio di attivit del pubblico ufficiale indipendentemente dal risultato di un atto formalmente valido. Ai fini della tutela penale il riferimento agli istituti dell'esistenza giuridica della nullit, della validit e dell'efficacia non ha alcun rilievo, dovendosi invece badare alle situa: z.ioni reali ed effettive. '942 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In ogni caso, essendo l'interesse privato in atti di ufficio un reat~ -di pericolo, per la sua punibilit sufficiente una personale ingerenza del pubblico ufficiale che comunque intervenga neU'iter di f01mazione o di esecuzione deU'atto, indipendentemente dalla sua validit o revo. cabilit, unico limite essendo quello costituito daU'assoluta inidoneit a mggiungere lo scopo. Con ulteriore specificazione, stato altresi correttamente affermato che la legittimit dell'interesse privato di cui il p.u. portatore non vale ad escludere la necessit del reato, come non vale ad escluderla la legittimit degli atti d'ufficio posti in essere (Cass. 21 novembre 1967, in Cass. pen. l'IIass. Ann. 1968, p. 908, m. 1375) poich n il danno per la P.A., n il profittQ .per il pubblico ufficiale rientrano fra gli elementi costitutivi della fattispecie, inteso il profitto nella sua correlazione con il danno per l'Am Iministrazione. Un profitto invece, inteso come utilit per il pubblico uffidale, pur presente nella condotta criminosa e consiste appunto nello sfruttamento del potere per fini privati. Sul concetto di interesse privato, la dottrina prevalentemente critica dell'affermazione giurisprudenziale secondo la quale realizza il reato sia il I p.u. che agisce a favore di un interesse .privato .proprio, sia il p.u. che agisce a favore di un'interesse privato altrui e ritiene che la parola privato stia per personale e che quindi l'agire a favore di un interesse di terzi integrerebbe il diverso .reato di abuso d'ufficio (art. 323 c.p.) (FoscHINI, Favoritismo e interesse privato in Riv. It. dir. pen. 1957, p. 81; F. LEONE, Favoritismo e interesse privato in atti di ufficio in Giur. It. 1962, II, 149; ANTOLISEI, Manuale di diritto penale vol. II, 1960, 656; VANNINI, Manuale di dir. pen., part. spec. 1951, p. 63). Rileva invece la giurisprudenza (Cass., 26 novembre 1955 in Riv. it. dir. pen. 1957, 81; 13 giugno 1958 in Giur. it., 1962, II, 150; 6 dicembre 1961 in Giust. pen. 1962, 261; 10 ottobre 1961 in Ca.ss. Pen. Mass. Ann. 1962, 16; 9 luglio 1965, ivi, 1966, p. 26~, m. 338) che il contrapposto negativo di .privato non altrui bens pubblico e che quindi non esclusa la punibilit quando si agisca per un interesse privato di terzi, tanto pi che l'interesse del p.u. non sinonimo di lucro o di utilit patrimoniale e che il raffronto con l'art. 322 c.p. -che prevede il vantaggio Q il danno ad altri -non possibile sia perch l'obiettivit dei due reati diversa (esula infatti dal reato' di cui all'art. 324 il concetto di danno e vantaggio che ricorre nel 323), sia perch il reato di abuso d'ufficio reato sussidiario. Tali cons1derazioni, ampiamente illustrate dalla giurisprudenza, appaiono ben pi accettabili della contraria opinione do{:. trinaria. PARTE SECONDA I I RASSEGNA DI DOTTRINA S. PIRAINO, La presupposizione negli accordi in tema di espropriazione per pubblica utilit, Oiuffr editore, Milano, 1971, pagg. 162. Lo studio degli atti negoziali, in genere, della Pubblica Amministrazione e, in particolar modo, dei rapporti contrattuali fra questa ed i pri-vati, ha sempre suscitato in dottrina non poche dispute per i molteplici problemi che la materia solleva e per la difficolt di pervenire a soluzioni soddisfacenti. Nel volume in rassegna il P. ha voluto circoscrivere l'indagine ai rapporti tra i motivi e la causa nei contratti fra l'Amministrazione ed i privati e sia per il particolare processo formativo, sia per la peculiare struttura della volont negoziale della P. A., egli ha ritenuto che nel quadro dei predetti rapporti assumesse notevole rilevanza l'istituto giuridico della presupposizione. .L'A., in altri termini, ha inteso dimostrare che, seppure la presupposizione non stata dal legislatore esplicitamente contemplata in un complesso organico di norme, essa tuttavia nel nostro ordinamento pu desumersi da pi articoli che ne contengono il princiipio e che sopratutto ci avviene in alcuni tipici istituti del diritto amministrativo. Secondo il P., nel diritto amministrativo, la presupposizione si configura come l'istituto pi idoneo a colmare quelle lacune che la normativa sui contratti della P. A., a suo giudizio, presenta correlativamente alla posizione del privato. Attraverso la presupposizione si pu -a giudizio dell'A. E. ONDEI, Il matrimonio con effetto civile nella giurisprudenza, Ed. CEDAM, Padova, 1971, pagg. 390. Nella Raccolta sistematica di giurisprudenza commentata., diretta da M. ROTONDI stato recentemente pubblicato questo volume dell'O. il cui interesse e la cui attualit sono facilmente intuibili. In particolare, il capitolo sul divorzio -introdotto, com' noto, in .Italia dalla legge lo dicembre 1970, n. 898 -pur nella mancanza di una giurisprudenza in materia appare largamente informativo sia del .contenuto della nuova legislazione sia delle questioni che essa ha suscitato sul piano della legittimit costituzionale. ben vero che l'intervenuta pronuncia della Corte Costituzionale ha fatto cadere molti dei problemi sollevati dall'A., ma altrettanto incontestabile che la disputa non pu dirsi finita, essendo risaputo che le sentenze della Corte Costituzionale sono definitive ed 1rriformabili solo quando producono l'estinzione dell'efficacia della legge, mentre., al contrario, quando confermano la sua legittimit costituzionale, non impediscono il riproporsi di successive questioni di illegittimit in base a diversi motivi. Il libro merita di essere segnalato anche per l'accurata presentazione: ad una parte espositiva, chiara ed esauriente, segue un'ordinata riproduzione dei passi pi significativi delle pronunzie giurisprudenziali intervenute in materia. L. M. 154 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -non solo delimitare l'ambito dei poteri pubblicistici dell'Amm.ne durante l'esecuzione di numerosi contratti ma anche eliminare sensibilmente il divario delle posizioni dei contraenti. chiaro, quindi, lo scopo prepostosi dal P. analizzando la configurazione giuridica dei c.d. poteri pubblicistici della P.A. nei suoi rapporti contrattuali con i privati: egli tende ad individuare la presupposizione come lo strumento giuridico cui pu far ricorso il privato contraente per tutelare la propria posizione. L'esame del rapporto fra i motivi e la causa del negozio -secondo l'A. - particolarmente conducente nella controversa questione della natura e degli aspetti degli accordi in tema di espropriazione per pubblica utilit, in .quanto consentirebbe di evidenziare le difficolt e le possibili soluzioni che presenta l'applicabilit a tali accordi dell'istituto della presupposizione. Per taie motivo il P. -dopo un breve cenno sulle origini dell'istituto della presupposizione nel diritto privato e dopo un'analisi dell'istituto stesso ngli accordi di diritto privato, prima, e di diritto pubblico, poi, della P.A. -conclude la sua indagine sulle tre differenti ipotesi di amichevoli accordi in tema di espropriazione per p.u.: a) il caso in cui l'accordo fra la P.A. ed il privato, avente ad oggetto il trasferimento di un bene espropriabile, non costituisca parte integrante di un procedimento espropriativo, perch precedente alla dichiarazione stessa di p.u.; b) il caso l in cui l'amichevole accordo -per volont delle parti che preferiscano abbandonare la procedura espropriativa gi in atto o che preferiscano evitarla addirittura ab origine -abbia per oggetto non semplicemente la fissazione dell'indennit, ma anche il trasferimento della propriet del bene ' I da espropriare e e) il caso, infine, in cui l'accettazione o l'amichevole accorr ' do riguardino solo la fissazione dell'indennit e non sospendano quindi la procedura di espropriazione. L. MAZZELLA RASSEGNA DI LEGISLAZIONE NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE (*) NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI Codice di procedura civile, ari. 305 (Mancata prosecuzione o riassunzione del. processo), nella parte in cui dispone che il termine utile per la prosecuzione o per la riassunzione del processo interrotto a sensi dell'art. 299 o dell'art. 300, terzo comma dello stesso codice de-corre dall'interruzione anzich dalla data in cui le parti ne abbiano avuto conoscenza (236). Sentenza 6 luglio 1971, n. 159, G. U. 14 luglio 1971, n. 177. Ordinanze di rimessione 8 ottobre 1969 della corte di appello di Potenza (G. U. 28 gennaio 1970, n. 24) e 27 gennaio 1970 della corte di appello di Roma (G. U. 22 aprile 1970, n. 102). codice di .procedura civile, art. 707 (Compariziol/1,e personale delle parti), primo comma, e art. 708 (Tentativo di corn.ciliazione, provvedimenti del presidente), nella parte in cui ai coniugi comparsi personalmente davanti al presidente del tribunale, e in caso di mancata conciliazione, inibito di essere assistiti dai rispettivi difensori. Sentenza 30 giugno 1971, n. 151, G. U. 7 luglio 1971, n. 170. Ordinanze di rimessione 16 ottobre 1970 del presidente del tribunale di Milano (G. U. 27 gennaio 1971, n. 22) e 22 dicembre 1970 del presidente del tribunale di Varese (G. U. 24 marzo 1971, n. 74). codice penale, art. 136 (COl/1,Versione di pen pecuniarie), primo comma, nella parte in cui ammette, per i reati commessi dal fallito in epoca anteriore alla dichiarazione di fallimento, la conversione della pena pecuniaria in pena detentiva, prima della chiusura della procedura fallimentare (237). Sentenza 30 giugno 1971, n. 149, G. U. 7 luglio 1971, n. 170. Ordinanza di rimessione 6 maggio 1969 del pretore di Catanzaro,. G. U. 24 settembre 1969, n. 243. (*) Tra parentesi sono indicati gli articoli della Costituzione in riferimento ai quali sono state proposte o decise le questioni di legittimit costituzionale. (236) Per quanto concerne l'ipotesi in cui all'art. 300, terzo comma, del codice di procedura civile la illegittimit costituzionale dell'art. 305 stata dichiarata ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1853, n. 87. (237) Altre questioni di legittimit costituzionale della disposizione stata di-chiarata non fondata, in riferimento agli artt. 2, 3 e 13, primo comma, della Costi-tuzione, con sentenza 27 marzo 1962, n. 29. 156 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice penale, art. 151 (Amnistia), primo comma, nella parte in cui esclude la rinunzia, con le conseguenze indicate in motivazione, all'applicazione dell'amnistia. Sentenza 14 luglio 1971, n. 175, G. U. 21 luglio 1971, n. 184. Ordinanza di rimessione 27 maggio 1970 del pretore di Civitanova Marche, G. U. 21 ottobre 1970, n. 267. codice di procedura penale, art. 246 (Provvedimenti deL procuratore della Repubblica e del pretore relativi aLla libert personale deLl'arrestato), nella parte in cui esclude l'obbligo dell'autorit giudiziaria di decidere con espresso e motivato provvedimento sulla convalida dell'arresto in flagranza. Sentenza 14 luglio 1971, n. 173, G. U. 21 luglio 1971, n. 184. Ordinanza di rimessione 30 ottobre 1970 del pretore di Mogoro, G. U. 27 gennaio 1971, n. 22. codice di procedura penale, art. 263 bis (Impugnazioini dell'imputato avve.rso provvedimento di emissioine di ordine o mandato di cattura), nella parte in cui esclude il ricorso per cassazione contro il provvedimento di convalida dell'arresto emesso ai sensi dell'art. 246 del codice di procedura penale nel testo risultante dalla intervenuta declaratoria di parziale illegittimit costituzionale (238). Sentenza 14 luglio 1971, n. 173, G. U. 21 luglio 1971, n. 184. (Ordinanza 30 ottobre 1970 del pretore di Mogoro, G. U. 27 gennaio 1971, n. 22). r.d.I. 19 ottobre 1923, n. 2328 (Disposizioni per la formazione degli orari e dei turni di servizio del personale addetto ai pubblici servizi di trasporti in concessione), modificato dal r.d.l. 2 ,dicembre 1923, n. 2682, art. 21 delle disposizioni annesse (239). Sentenza 30 giugno 1971, n. 146, G. U. 7 luglio 1971, n. 170. Ordinanze di rimessione 24 maggio 1969 del pretore di Milano (G. U. 5 novembre 1969, n. 280), 8 ottobre 1969 del tribunale di Milano (G. U. 11 febbraio 1970, n. 37) e 4 e 5 gennaio 1971 (dieci ordinanze) del pretore di Torino (G. U. 7 aprile 1971, n. 87). r.d. 18 giugno 1931, n. 914 (Testo unico delle disposizioni legislative riguardanti L'ordinamento del corpo equipaggi marittimi e lo stato giuridico dei sottufficiali di Marina), art. 45, primo comma, nella parte in cui per i sottuftkiali dell'Esercito e della Marina non dispone lo stesso (238) Illegittimit costituzionale dichiarata . ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1853, n. 87. (239) L'analoga disposizione dell'art. 16 stata dichiarata incostituzionale -con sentenza 15 dicembre 1967, n. 150. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 157 trattamento pensionistico regolato, per gli ufficiali, dal secondo e dal terzo comma dell'art. 12 del regio decreto 18 novembre 1920, n. 1626. Sentenza 30 giugno 1971, n. 144, G. U. 7 luglio 1971, n. 170. Ordinanza di rimessione 2 ottobre 1968 della quarta sezione della Corte dei conti, G. U. 29 gennaio 1969, n. 25. r.d. 12 luglio 1934, n. 1214 (Testo unico delle leggi suLL'ordinamento della Corte dei co111,'/Ji), art. 63, nella parte in cui esclude che il termine stabilito per la presentazione dei ricorsi di cui al precedente art. 62 possa essere osservato anche con la spedizione dei ricorsi stessi mediante raccomandata, e che, in questo caso, della data di spedizione faccia fede il bollo dell'ufficio postale mittente e, qualora il bollo sia illeggibile, la ricevuta della racco~andata. Sentenza 8 luglio 1971, n. 170, G. U. 14 luglio 1971, n. 177. Ordinanze di rimessione 23 aprile 1969 (due) della quarta sezione della Corte dei conti, G. U. 25-febbraio 1970, n. 50. d.I. 14 aprile 1939, n. 636 (Modificazioni delle disposizioni sulle assicurazioni obbiigatorie per l'invalidit e La vecchiaia, per la tubercolosi e per La disoccupazione involontaria), convertito con legge 6 luglio 1939, n. 272, art. 10, primo comma, nella parte espressa con le parole a meno di un terzo del suo guadagno normale, per gli operai, o, e con le parole finali del comma per gli impiegati . Sentenza 6 luglio 1971, n. 160, G. U. 14 luglio 1971, I).. 177. Ordinanze di rimessione 10 luglio 1969 del tribunale di Potenza (G. U. 10 dicembre 1969, n. 311) e 4 aprile 1970 del tribunale di Pesaro (G. U. 15 luglio 1970, n. 177). legge 10 agosto 1950, n. 648 (Riordinamento delle disposizioni sulle pensioni di guerra); art. 92, primo comma e tutti gli altri commi (240). Sentenza 30 giugno 1971, n. 147, G. U. 7 luglio 1971, n. 170. Ordinanza di rimessione 19 .gennaio 1970 della quarta sezione per le pensioni di guerra della Corte dei conti, G. U. 2 settembre 1970, n. 222. legge 14 luglio 1959, n. 741 (Norme transitorie per parametri minimi di trattamento economico e normativo ai Lavoratori), art. 7, secondo comma, nella parte in cui esclude che la sopravvenuta non corrispondenza dei minimi economici al salario sufficiente conferisca al giudice ordinario i poteri che gli vengono dall'art. 36 della Costituzione. Sentenza 6 luglio 1971, n. 156, G. U. 14 luglio 1971, n. 177. Ordinanza di rimessione 12 giugno 1969 del tribunale di Vigevano, G. U. 22 ottobre 1969, n. 269. (240) La illegittimit costituzionale di tutti gli altri commi stata dichiarata ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87). 16 158 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dd.P.R. emanati in base alla delega di cui agli artt. 1 e 7 della le9ge 14 luglio 1959, n. 741, limitatamente alla ;parte in cui escludono che la sopravvenuta non corrispondenza dei minimi salariali fissati nei contratti collettivi resi con essi validi per tutti gli appartenenti alle rispettive categorie conferisca al giudice ordinario l'esercizio del potere attribuito dall'art. 36 della Costituzione (241). Sentenza 6 luglio 1971, n. 156, G. U. 14 luglio 1971, n. 177. (Ordinanze di rimessione 12 .giugno 1969 del tribunale di Vigevano, G. U. 22 ottobre 1969, n. 269, e 12 dicembre 1969 della seconda sezione civHe della Corte di cassazione, G. U. 25 marzo 1970, n. 76). d.P.R. 11 settembre 1960, n. 1326 (Norme ,sul trattamento economico e normativo dei lavoratori dipendenti dalle imprese grafiche ed affini), articolo unico nella parte in cui esclude che la sopravvenuta non corrispondenza dei minimi salariali fissati nel contratto collettivo nazionale di lavoro 10 ottobre 1959, per i dipendenti delle industrie grafiche ed affini, conferisca al giudice ordinario l'esercizio del potere derivante dall'art. 36 della Costituzione. Sentenza 6 luglio 1971, n. 156, G. U. 14 luglio 1971, n. 177. Ordinanza di rimessione 12 dicembre 1969 della seconda sezione civile della Corte di cassazione, G. U. 25 marzo 1970, n. 76. legge 15 giugno 1966, n. 604 (Norme sui Licenziamenti individuali), art. 11, primo c:omma, nella parte in cui esclude l'applicabilit degli articoli 2 e 5 della stessa legge nei riguardi dei prestatori di lavoro che, senza essere ;pensionati o in possesso dei requisiti di legge per avere diritto alla pensione di vecchiaia, abbiano superato il 550 anno di et. Sentenza 14 luglio 1971, n. 174, G. U. 21 luglio 1971, n. 184. Ordinanza di rimessione 3 dicembre 1969 del pretore di Voltri, G. U. 11 febbraio 1970, n. 37. leg9e 21 maggio 1970, n. 282 (Delegazione al Presidente della Repubblica per la concessione di amtnistia e di indulto), artt. 1, 2 e 5, nella parte in cui escludono la rinunzia, con le conseguenze indicate in motivazione, all'applicazione dell'amnistia. Sentenza 14 luglio 1971, n. 175, G. U. 21 luglio 1971, n. 184. Ordinanza di rimessione 27 maggio 1970 del pretore di Civitanova Marche, G. U. 21 ottobre 1970, n. 267. d.P.R. 22 maggio 1970, n. 283 (Concessione di amnistia e di indulto), artt. 1, 2 e 5, nella parte in cui escludono la rinunzia, con le conse. guenze indicate in motivazione, all'applicazione dell'amnistia. Il } \ (241) Declaratoria di illegittimit costituzionale emessa ai sensi dell'art. "27 della legge 11 marzo 1953, n. 87. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 159 Sentenza 14 luglio 1971, n. 175, G. U. 21 luglio 1971, n. 184. Ordinanze di rimessione 16 giugno 1970 del pretore di Roma (G. U. 9 dicembre 1970, n. 311) e 30 ottobre 1970 del pretore di Pietrasanta (G. U. 10 febbraio 1970, n. 35). legge reg. Trentino-Alto Adige appr. 29 settembre 1970 e riappr. 7 ot tobre 1970 (Impiego del saccarosio quale correttivo della gradazione alcoolica dei mosti e dei vini a denominazione di origine controllata e a denominazione di origine controllata e garantita). Sentenza 14 luglio 197-1, n. 172, G. U. 21 luglio 1971, n. 184. Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri depositato il 9 novembre 1970, G. U. 25 novembre 1970, n. 299. NORME DELLE QUALI STATA DICHIARATA NON FONDATA LA QUESTIONE DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE Codice penale, art. 27 (Pene pecuniarie fisse e proporzionali) (articolo 27, primo e terzo comma, della Costituzione). Sentenza 8 luglio 1971, n. 167, G. U. 14 luglio 1971, n. 177. Ordinanza di rimessione 5 ottobre 1970 del tribunale di Pisa, G. U. 23 dicembre 1970, n. 324. codice .penale, art. 596 (Esclusione della prova liberatoria), primo comma, ai sensi di cui in motivazione (artt. 3, primo comma, e 21, primo comma, della Costituzione). Sentenza 14 luglio 1971, n. 175, G. U. 21 luglio 1971, n. 184. Ordinanze di rimessione 27 maggio 1970, l<> giugno 1970 (due) e 26 giugno 1970 del tribunale di Milano (G. U. 16 settembre 1970, n. 235, 30 dicembre 1970, n. 329, e 7 ottobre 1970, n. 254). codice penale, art. 650 (Inosservanza dei provvedimenti della Autoritd) (artt. 25, secondo comma, e 3 della Costituzione). Sentenza 8 luglio 1971, n. 168, G. U. 14 luglio 1971, n. 177. Ordinanze di rimessione 27 novembre 1969 del pretore di Massa Marittima (G. U. 25 febbraio 1970, n. 50), e 13 aprile 1970 del pretore di Chiusa d'Isarco (G. U. 2 settembre 1970, n. 222). codice penale, art. 650 (Inosservanza dei provvedimenti della Autoritd), limitatamente all'inciso o d'ordi7J-e pubblico (arti. 2, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21 e 23 della Costituzione). Sentenza 8 luglio 1971, n. 168, G. U. 14 luglio 1971, n. 177. Ordinanza di rimessione 21 maggio 1970 del pretore di Recanati, G. U. 21 ottobre 1970, n. 267. 160 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice di procedura penale, art. 152 (Obbligo deU'immediata decla- ratoria di determinate cause di non punibilit), ai sensi di cui in motivazione (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 14 luglio 1971, n. 175, G. U. 21 luglio 1971, n. 184. Ordinanze di rimessione 16 giugno 1970 del pretore di Roma (G. U. 9 dicembre 1970, n. 311), 25 giugno 1970 del tribunale di Milano (G. U. 21 ottobre 1970, n. 267), 29 luglio 1970 del pretore di Padova (G. U. 7 ottobre 1970, n. 254), 29 ottobre 1970 del pretore di Roma (G. U. 24 marzo 1971, n. 74), e 30 ottobre 1970 del pretore di Pietrasanta (G. U. 10 febbraio 1971, n. 35). codice di procedura penale, art. 152 (ObbUgo deH'immediata declaratoria di determinate cause di non punibiUt), primo comma, ai sensi di cui in motivazione (artt. 3, primo comma, e 27, secondo comma, Jiella Costituzione). Sentenza 14 luglio 1971, n. 175, G. U. 21 luglio 1971, n. 184. Ordinanza di rimessione 15 ottobre 1970 del pretore di Napoli, G. U. 23 dicembre 1970, n. 324. codice di procedura penale, art. 236 (Arresto facoltativo in flagranza), nella parte in cui consente l'arresto facoltativo in flagranza (articolo 13 della Costituzione), e nella parte in cui consente l'arresto facoltativo in flagranza anche allorch chi procede all'arresto sia la persona offesa dal reato (art. 13 della Costituzione). Sentenza 14 luglio 1971, n. 173, G. U. 21 luglio 1971, n. 184. Ordinanza di rimessione 30 ottobre 1970 del pretore di Mogoro, G. U. 27 gennaio 1971, n. 22. codice di procedura penale, art. 269 (Scarcerazione ordinata dal giudice istruttore o dal pretore), nei sensi di cui in motivazione (art. 13 della Costituzione). I Sentenza 14 luglio 1971, n .. 173, G. U. 21 luglio 1971, n. 184. Ordinanza di rimessione 30 ottobre 1970 del pretore di Mogoro, G. U. 27 gennaio. 1971, n. 22. I codice di procedura penale, art. 586 (Esecuzione di pene pecuniarie), quarto comma (art. 3 della Costituzione) (242). Sentenza 30 giugno 1971, n. 149, G. U. 7 luglio 1971, n. 170. Ordinanza di rimessione 6 maggio 1969 del pretore di Catanzaro, G. U. 24 settembre 1969, n. 243. (241) Altra questione di legittimit costituzionale della disposizione stata dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 2, 3 e 13, primo comma della Costituzione, con sentenza 27 marzo 1962, n. 29. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE .161 codice di procedura penale, art. 591 (Applicazione deU'amnistia o dell'indulto agli imputati) ai sensi di cui in motivazione (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 14 luglio 1971, n. 175, G. U. 21 luglio 1971, n. 184. Ordinanza di rimessione 25 giugno 1970 del tribunale di Milano, G. U. 21 ottobre 1970, n. 267. codice di procedura penale, art. 592 (Pregiudizialit deH'amnistia ed eccezioni alla regola) ai sensi di cui in motivazione (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 14 luglio 1971, n. 175, G. U. 21 luglio 1971, n. 184. Ordinanze di rimessione 16 giugno 1970 del pretore di Roma (G. U. 9 dicembre 1970, n. 311), 25 giugno 1970 del tribunale di Milano (G. U. 21 ottobre 1970, n. 267), 29 luglio 1970 del pretore di Padova (G. U. 7 ottobre 1970, n. 254), e 30 ottobre 1970 del pretore di Pietrasanta ?-U. 10 febbraio 1971, n. 35). legge 20 marzo 1865, n. 2248 (Sul contenzioso amministrativo), art. 4 (artt. 24, 42 e 113 della Costituzione). Sentenza 6 luglio 1971, n. 161, G. U. 14 luglio 1971, n. 177. Ordinanza di rimessione 10 settembre 1970 del pretore di Chieti, G. U. 24 febbraio 1971, n. 49. r.d. 18 novembre 1920, n. 1626 (Estensione ai militari de:ll'ese1cito e della marina delle nuove disposizioni sulle pensioni), art. 12, terzo comma (art. 36 della Costituzione). Sentenza 30 giugno 1971, n. 144, G. U. 7 luglio 1971, n. 170. Ordinanza di rimessione 2 ottobre 1968 della quarta sezione della Corte dei conti, G. U. 29 gennaio 1969, n. 25. legge 22 febbraio 1934, n. 370 (Riposo domenicale e settimanale). art. 1, secondo comma, n. 9 (artt. 3 e 36, terzo comma, della Costituzione) (243). Sentenza 30 giugno 1971, n. 146, G. U. 7 luglio 1971, n. 170. Ordinanze di rimessione 4 gennaio 1971 (sei) e 5 gennaio 1971 (quattro) del pretore di Torino, G. U. 7 aprile 1971, n. 87. d.I. 21 febbraio 1938, n. 246 (Disciplina degli abbonamen~i alle radioaudizioni), art. 19 (art. 3, primo comma, della Costituzione) (244). (243) L'art. l, secondo comma, n. 6 della legge 22 febbraio 1934, n. 370 stato dichiarato incostituzionale con sentenza 7 luglio 1962, n. 76. (244) Altra questione di legittimit costituzionale della disposizione stata dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, con sentenza 8 giugno 1963, n. 81. 162 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Sentenza 6 luglio 1971, n. 162, G. U. 14 luglio 1971, n. 177. Ordinanza di rimessione 28 settembre 1970 del giudice del tribunale di Civitavecchia, G. U. 9 dicembre 1970, n. 311. r.d.I. 9 gennaio 1940, n. 2 (Istituzione di una imposta generale sull'entrata), art. 33, ultimo comma (artt. 25, secondo comma, e 27, primo comma, della Costituzione). Sentenza 8 luglio 1971, n. 167, G. U. 14 luglio 1971, n. 177. Ordinanza di rimessione 5 ottobre 1970 del tribunale di Pisa, G. U. 23 dicembre 1970, n. 324. r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disc.iplina del fatlimento, del concordato preventivo, deit'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), art. 98, primo comma (art. 24 della Costituzione}.Sentenza 6 luglio 1971, n. 157, G. U. 14 luglio 1971, n.. 177. Ordinanza di rimessione 17 ottobre 1969 della corte di appello di Roma, G. U. 28 gennaio 1970, n. 24. legge 3 gennaio 1951, n. 27 (Modificazioni alla legge 17 luglio 1942, n. 907, sul monopolio dei sali e dei tabaochi), art. 1 (art. 27, primo e terzo comma, della Costituzione). Sentenza 8 luglio 1971, n. 167, G. U. 14 luglio 1971, n. 177. Ordinanza di rimessione 5 ottobre 1970 del tribunale di Pisa, G. U. 23 dicembre 1970, n. 324. legge 7 novembre 1957, n. 1051 (Determinazione degli onorari, dei diritti e deUe indennit spettanti agli avvocati e procuratori per prestazioni giudiziali in materia civile), articolo unico (art. 2~ della Costituzione). Sentenza 6 luglio 1971, n. 163, G. U. 14 luglio 1971, n. 177. Ordinanza di rimessione 17 marzo 1970 del pretore di Roma, G. U. 1<> luglio 1970, n. 163. d.P.R. 14 febbraio 1964, n. 237 (Leva e reclutamento obbligatorio nell'Esercito, nella Marina e neLL'Aeronautica), art. 137, terzo comma (articoli 3 e 25, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 8 luglio 1971, n. 166, G. U. 14 luglio 1971, n. 177. Ordinanza di rimessione 1<> agosto 1969 del pretore di Treviso, G. U. 7 gennaio 1970, n. 5. legge 4 aprile 1964, n. 171 (Modificazioni al regio decreto-legge 26 settembre 1930, n. 1458, sulla disciplina della vendita deite carni fresche e congelate), art. 7, terzo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 6 luglio 1971, n. 164, G. U. 14 luglio 1971, n. 177. Ordinanze di rimessione 22 dicembre 1969 (sei) del pretore di "Seneghe, G. U. 1 aprile 1970, n. 82. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 163 d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l'as. sicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali) (art. 76 della Costituzione). Sentenza 30 giugno 1971, n. 145, G. U. 7 luglio 1971, n. 170. Ordinanza di rimessione 3 settembre 1969 del giudice istruttore del tribunale di Trapani, G. U. 5 novembre 1969, n. 280. legge 5 giugno 1967, n. 431 (Modificazioni al titolo VIII del libro I del codice civile Dell'adozione ed inserimento del nuovo capo III con il titolo Dell'adozione speciale Q), art. 6, nella parte in cui esclude dall'adozione speciale coloro che abbiano compiuto il ventunesimo anno di et alla data di entrata in vigore della legge stessa e siano affidati o affiliati (artt. 3, 29 e 30 della Costituzione). Sentenza 6 luglio rn71, n. 158, G. U. 14 luglio 1971, n. 177. Ordinanza di rimessione 9 dicembre 1969 del tribunale per i minorenni di Bologna, G. U. 4 marzo 1970, n. 57. legge 6 agosto 1967, n. 765 (Modificazioni ed integrazioni alla legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150) (artt. 116 e 117 della Costituzione e art. 14, lettera f dello Statuto della Regione siciliana). Sentenza 30 .giugno 1971, n. 148, G. U. 7 luglio 1971, n. 170. Ordinanza di rimessione 18 dicembre 1969 del pretore di Caltagirone, G. U. 4 marzo 1970, n. 57. legge 21 maggio 1970, n. 282 (Delegazione al Presidente della Repubblica per la concessiooe di amnistia e di indulto), artt. 1 e 5 (artt. 1, 3, 4, 27, 35, 39, 42 e 79 della Costituzione) (245). Sentenza 14 luglio 1971, n. 175, G. U. 21 luglio 1971, n. 184. Ordinanza di rimessione 26 maggio 1970 del pretore di Chieri, G. U. 8 luglio 1970, n. 170. legge 21 maggio 1970, n. 282 (Delegazioni al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia e di indulto), art. 5, lett. d., ai .sensi di cui in motivazione (artt. 3, primo comma, e 21, primo comma, della Costituzione) (245). Sentenza 14 luglio 1971, n. 175, G. U. 21 luglio 1971, n. 184. Ordinanze di rimessione 27 maggio 1970, 1 giugno 1970 (due) e 26 giugno 1970 del tribunale di Milano (G. U. 16 settembre 1970, n. 235, 30 dicembre 1970, n. 329 e 7 ottobre 1970, n. 254). (245) Gli artt. 1, 2 e 3 della legge 21 maggio 1970, n. 282 sono stati dichiarati incostituzionali, on la stessa sentenza, nella parte in cui escludono la rinunzia, .con le conseguenze indicate in motivazione, all'applicazione dell'ammistii:>. J 164 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 21 maggio 1970, n. 282 (Delegazione al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia e di indulto), art. 11 (art. 79, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 14 luglio 1971; n. 175, G. U. 21 luglio 1971, n. 184. Ordinanza di rimessione 23 luglio 1970 del pretore di Pietrasanta, G. U. 25 novembre 1970, n. 299. d.P.R. 22 maggio 1970, n. 283 (ConcessiQne di amnistia e di indulto), artt. 1 e 5 (artt. 1, 3, 4, 27, 35, 39, 42 e 79 della Costituzione). Sentenza 14 luglio 1971, n. i 75, G. U. 21 luglio 1971, n. 184. Ordinanze di rimessione 26 maggio 1970 del pretore di Chieri (G. U. 8 luglio 1970, n. 170), 30 luglio 1970 del pretore di Modena (G. U. 9 dicembre 1970, n. 311) e 3 ottobre 1970 del tribunale di Velletri (G. U. 30 dicembre 1970, n. 329). d.P.R. 22 maggio 1970, n. 283 (Concessione di amnistia e di indulto). art. 5, penultimo comma (a~t. 3, primo comma, della Costituzione). Sentenza 14 luglio.1971, n. 175, G. U. 21 luglio 1971, n. 184. Ordinanze di rimessione 25 giugno 1970 del pretore di Chieri (G. U. 27 gennaio 1971, n. 22) e 27 giugno 1970 del pretore di Torino (G. U. 24 febbraio 1971, n. 49). legge 1 dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di sciogiimento del matrimonio) art. 2 (artt. 7, primo e secondo comma, 10 e 138 della Costituzione). Sentenza 8 luglio 1971, n. 169, G. U. 14 luglio 1971, n. 177. Ordinanza di rimessione 20 aprile 1971 del tribunale di Siena, G. U. 5 maggio 1971, n. 112. NORME DELLE QUALI STATO PROMOSSO GIUDIZIO DI LEGITTIMIT COSTITUZIONALE Codice civile, art. 278 (Divieto di indagini sulla paternit o maternit) e art. 279 (Alimenti), in quanto limitano e condizionano il diritto del figlio naturale alla corresponsione degli alimenti (art. 30 della Costituzione). Tribunale di Messina, ordinanza 15 febbraio 1971, G. U. 14 luglio 1971, n. 177. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 165 codice civile, art. 2120 (Indennit di anzianit), in quanto determina il criterio di determinazione dell'indennit di anzianit in relazione alla categoria all quale appartiene il prestatore di lavoro (artt. 3 e 36 della Costituzione) (246). Pretore di Milano, ordinanza 16 marzo 1971, G. U. 14 luglio 1971, n. 177. codice di .procedura civile, art. 545 (Crediti impignorabili), in quanto per il richiamo alle limitazioni contenute in speciali disposizioni di legge, e quindi all'art. 1 del r.d. 5 gennaio 1950, n. 180, non consente il pignoramento degli stLpendi, salari e pensioni dei .pubblici dipendenti per il soddisfacimento dei crediti di privati (artt. 3, 24 e 28 delJ.a Costituzione) (247). Pretore di Tortona, ordinanza 7 aprile 1971, G. U. 7 luglio 1971, n. 170. codice penale, art. 132 (Potere discrezionele del giudice nell'applica- zione della pena: limiti), secondo comma, in quanto non consente al giudice di condannare a reclusione di durata inferiore ai quindici giorni quando ritenga di applicare il massimo della pena e conceda, inoltre, le attenuanti generiche (art. 3, primo comma, della Costituzione) (248). Pretore di Lucca, ordinanza 27 maggio 1971, G. U. 21 luglio 1971, n. 184. codice penale, art. 539 (Et della persona offesa), in quanto considera irrilevante la ignoranza dell'et del soggetto passivo da parte dell'agente (art. 27, primo comma, della Costituzione) (249). Tribunale di Roma, ordinanza 2 marzo 1971, G. U. 21 luglio 1971, n. 184. (246) L'art. 2120, primo comma, del codice civile stato dichiarata incostituzionale, con sentenza 27 giugno 1968, n. 75, limitatamente alla parte in cui, nel caso di cessazione del contratto di lavoro a tempo indeterminato, escludeva il diritto del prestatore di lavoro ad una indennit proporzionale agli anni di servizio, allorquando la cessazione stessa derivasse da licenziamento per colpa di lui o da dimissioni volontarie. Altra questione di legittimit costituzionale della disposizione stata proposta dal pretore di Bergamo (ordinanza 9 gennaio 1970, G. U. 2 marzo 1970, n. 57) e dal pretore di Venezia (ordinanza 30 maggio 1970, G. U. 11 novembre 1970, n. 286). (247) Questione dichiarata inammissibile con ordinanza 15 novembre 1967,. n. 131. Per l'art. 1 del r.d. 5 gennaio 1950, n. 180 la stessa questione stata dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 3 e 28 della Costituzione, con sentenza 9 giugno 1963, n. 88. Differenti questioni, di legittimit costituzionale dell'art. 545 del codice di procedura civile sono state dichiarate non fondate con sentenze 28 marzo 1968, n. 20 e 20 marzo 1970, n. 38. (248) Questione gi proposta dal pretore di Massa Marittima (ordinanza 25 marzo 1971, G . .U. 30 giugno 1971, n. 163). (249) Questione dichiarata non fondata con sentenze 8 luglio 1957, n. 107 (ricordata nell'ordinanza di rimessione) e 17 febbraio 1971, n. 20. Altra questione di legittimit costituzionale delle disposizioni stata dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, con sentenza 17 febbraio 1971, n. 19. .166 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice penale, art. 688 (Ubriachezza), secondo comma, in quanto Contempla un aggravamento della pena dipendente da condizioni per. sonali (art. 3 della Costituzione) (250). Pretore di Rossano, ordinanza 29 marzo 1971, G. U. 14 luglio 1971, n. 177. codice di procedura penale, art. 23 (Esercizio dell'azione civile nel processo penale), ultima parte, in quanto esclude che il giudice penala possa decidere sull'azione civile quando il procedimento si chiuda con .declaratoria di improcedibilit o con sentenza 'di proscioglimento per ,qualsiasi causa (art. 111, secondo comma, della Costituzione) (251). Corte di .cassazione, ordinanza 25 gennaio 1971, G. U. 14 luglio 1971, n. 177. codice di procedura penale, art. 152 (Obbligo dell'immediata declaratoria di determinate cause di non punibilit), secondo c:omma, in -quanto esclude il proscioglimento nel merito quando manchino elementi che dimostrino la sussistenza del fatto o la sua commissione da parte dell'imputato (artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione) (252). Tribunale di Taranto, ordinanza 3 maggio 1971, G. U. 21 luglio 1971, n. 184. codice di procedura penale, art. 253 (Casi nei quali il mandato di cattura obbligatorio), in quanto prevede come obbligatoria la carcerazione preventiva (artt. 27, secondo comma, e 10, primo comma della Costituzione) (253). Giudice istruttore del tribunale di Milano, ordinanza 24 marzo 1971, G. U. 14 luglio 1971, n. 177. (250) Questione dichiarata manifestamente infondata con sentenza 30 giugno 1971, n. 155, con richiamo ai principi affermati con le sentenze 19 luglio 1968, n. 110 e 11 maggio 1971, n. 100. (251) Questione gi proposta dalla stessa autorit giudiziaria (ordinanze 16 dicembre 1970 (due) e 19 dicembre 1970, G. U. 28 aprile 1971, n. 106, 5 maggio 1971, n. 112, e 21 aprile 1971, n. 99). Altra questione di legittimit costituzionale del- 1'art. 23 del codice di procedura penale stata dichiarata non fondata con sentenza 27 dicembre 1965, n. 101. (252) Analoga questione stata dichiarata non fondata, ai sensi di cui in motivazione, con sentenza 14 luglio 1971, n. 175. (253) Disposizione dichiarata incostituzionale, con sentenza 4 maggio 1970, n. 64, nella parte in cui esclude l'obbligo della motivazione in ordine alla sussistenza gennaio e dal 10 luglio di ciascun anno (n. 53). 180 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Merci viaggianti in regime TIR -Distribuzione per colpa noo grave. Se la disposizione dell'art. 4 bis della legge doganale (art. 1 d.P.R. 2 febbraio 1970, n. 62), che, tra l'altro, dichiara non dovute le imDoste quando le merci siano andate distrutte per colpa non grave di terzi o dello stesso soggetto passivo, sia applicabile anche alle merci viaggianti sotto il regime T.I.R., di cui alla convenzione di GineVil'a del 15 gennaio 1959, resa esecutiva con la legge 12 agosto 1962, n. 1517 (n. 54). Oli da gas -Agevolazioni previste dalla legge 23 gennaio 1970, n. 9. Se l'indicazione delle altre utilizzazioni agevolate degli oli da gas, previste dall'art. 1 della legge 23 .gennaio 1970, n. 9, che ha ampliato le categorie previste dall'art. 1 della legge 22 luglio 1966, n. 608, abbia carattere tassativo oppure esemplificativo (n. 55). DIFESA DELLO STATO Patrocinio dell'Avvocatura dello Stato ai sensi dell'art. 44 t.u. 1611/33 Applicabilit nei riguardi di commissari governativi preposti a cooperative edilizie. Se i commissari governativi di cooperative edilizie possano richiedere il patrocinio dell'Avvocatura dello Stato ai sensi dell'art. 44 del t.u. 1611/33 (n. 14). EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE Case non di lusso -Contributi sui mutui contratti per la costruzione o pe1 l'acquisto -Criteri per la concessione. In base a quale criterio debbano graduarsi pi domande di contributo per la costruzione o per il primo acquisto di abitazioni non di lusso, presentate ai sensi della legge xegionale siciliana 14 aprile 1967, n. 35 (n. 228). Cessione degli alloggi con pagamento rateale -Responsabilit incombenti al proprietario verso i terzi. Se nella vendita di appartamento di tito popolare ed economico con il sistema del pagamento rateale e della riserva di pxopriet, preveduta dall'art. 15 del d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2 e succ. mod., la responsabilit verso i terzi, per rovina di edificio, passi all'acquirente fin dal momento in cui, contestualmente alla firma del contratto, gli viene consegnato l'appartamento stesso (n. 229). Cooperative finanziate ai sensi della legge 10 agosto 1950, n. 715 -Scioglimento. Se le cooperative edilizie beneficiarie dei mutui previsti dalla legge 10 agosto 1950, n. 715 siano da considerare cooperative beneficiarie di PARTE II, CONSULTAZIONI 181 e concorso o di c;ontributo dello Stato, a norma del t.u. 28 aprile 1938, n. 1165, e i anche ai fini dei J.imiti in tema di scioglimento per conseguimento dell'og.getto sociale (n. 230). Gescal -Assegnazione alloggi -Costruzione ed acquisto di alloggi da parte di lavoratori fruenti del fondo di rotazione -Agevolazioni tributarie. Se le agevolazioni fiscali previste dall'art. 33, 1<> comma, della legge 14: febbraio 1963, n. 60 siano applicabili anche agli atti di assegnazione e di trasferimento in propriet degli alloggi ed alle costruzioni e acquisti di alloggi sul Ubero mercato effettuati da lavoratori isolati ammessi a fruire del fondo di rotazione (n. 231). ELETTRICIT ED ELETTRODOTTI Linee di trasmissione e distribuzione di energia elettrica costrite dall'Enel Autorizzazione -Collaudo. Se l'entrata in vigore della legge 6 dicembre 1962, n. 1643, istitutiva dell'Enel, abbia implicitamente abrogato l'art. 108 t.u. 1775/1933; che prevede l'autorizzazione ministeriale o prefettizia per l'impianto di linee di trasmissione e distr.i!buzione di energia elettrica (n. 49). Se il collaudo stabilito dall'art. 43 del t.u. 215/1933, necessario ai fini dei sussidi o dei concorsi negli interessi dei mutui a cari:co dello Stato 0 della Regione, debba eseguirsi anche nei riguardi delle opere effetti.tate dall'Enel (n. 49). ESECUZIONE FORZATA Sanzioni pecuniarie previste dalla legge 3'maggio 1967, n. 317 -Riscossione. Se, allorch l'Amministrazione proceda, giusta l'art. 13 della legge 3 maggio 1967, n. 317, al recupero delle somme dovute a titolo di sanzione pecuniaria, sia applicabile la procedura speciale prevista dal r.d. 15 marzo 1927, n. 436 (n. 49). ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITA' Occupazione provvisoria -Indennit. Se spetti al Prefetto di stabilire, col decreto che autorizza l'occupa zione provvisoria o con decreto successivo, la relativa indennit da corri spondersi ai proprietari (n. 297). Se l'indennit di occupazione, quando $ia stabilita in misura p;:iri all'interesse legale, per anno, sulla indennit di espropriazione, $petti per l'intero periodo per cui durata l'occupazione, fino alla data del decreto di espropriazione, e sia dovuta, quindi, anche pe;r le eventuali frazioni di anno (n. 297). Se per il pagamento delle indennit di occupazione accettate dagli aventi diritto sia necessario che l'Amministrazione interessata richieda anche i titoli afferenti al .godimento e non soltanto quelli relativi alla propriet dell'immobile occupato (n. 297). 182 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Se spetti all'Autorit giudiziaTia ordinaria di esaminare i titoli afferenti alla propriet ed ai diritti reali vantati da chi avanzi pretese sull'indennit di occupazione, quando di quest'ultima sia stato ordinato il deposito presso la Cassa Depositi e Prestiti o quando ne sia stato di.sposto il pagamento diretto a norma della legge 20 marzo 1968, n. 391 (n. 297). IMPIEGO PUBBLICO Ai:sunzione com contratto privato di operai giornalieri per la conduzione di autoveicoli. Se la norma di cui all'articolo unico della legge 12 aprile 1962, n. 205, che prevede l'assunzione di personale operaio per l'esecuzione di lavori condotti direttamente dall'Amministrazione forestale o dall'Azienda di Stato per le foreste demaniali, consenta anche l'assunzione di peTsonale da adibire alla conduzione di autoveieoli (trattori, ecc.) (n. 720). Assunzioni obbligatorie -Personale delle carriere direttive -Requisiti. Se per le assunzioni obbligatode per concorso, di cui alla legge n. 482 del 1968, sia richiesto, per il personale della carriera direttiva, il requisito dello stato di bisogno o di disoccupazione del beneficiario (n. 721). Dipendenti non di ruolo -Assenze per malattia -Mantenimento in servizio -Trattamento economico. Se, ai fini del mantenimento in serv1z10 e della determinazione del trattamento economico, in relazione all'assenza per malattia dell'impiegato non di ruolo (anche assunto a tempo determinato) si debba applicare la disposizione dell'art. 4 del regolamento approvato con d.P.R. 19 marzo 1948, n. 246 (emanato per l'esecuzione del d.l. 4 aprile 1947, n. 207), circa il cumulo dei periodi di assenza (n. 722). Se, compiutosi il periodo massimo di assenza dal servizio, per malattia, del dipendente non di ruolo, questi si debba considerare licenziato. ope legis, ovvero se occorra un provvedimento dell'Amministrazione, e se questa possa discrezionalmente consentire la continuazione del rapporto (n. 722). Statuto dei lavoratori -Applicabilitd agli enti pubblici. Se la legge 20 maggio 1970, n. 300 (Statuto dei lavoratori) sia applicabile ai dipendenti degli Enti di .sviluppo (n. 724). Statuto dei lavoratori -Applicabilitd agli enti pubblici. Se la legge 20 maggio 1970, n. 300 (Statuto dei lavoratori) sia applicabile ai dipendenti dell'Associazione Nazionale Vittime Civili di Guara (n. 723). PARTE II, CONSULTAZIONI 183 IMPOSTA CONCESSIONI GOVERNATIVE Universit degli Studi -Atti rogati in forma pubblico amministrativa Diritti di segreteria. Se per gli atti stipulati in forma pubblico-amministrativa dalle Universit degli Studi, statali o Ubere, siano dovuti a favore dell'erario i diritti di segreteria, previsti dalla Tabella B del-d.P.R. lo marzo 1961, n. 121 che approva il t.u. delle disposizioni in materia di tasse sulle concessioni governative (n. 1.). IMPOSTA DI CONSUMO Istituto Mobiliare Italiano -Imposta in abbomamento. Se l'imposta annua di abbonamento corrisposta dall'Istituto Mobiliare Italiano, ai sensi dell'art. i della legge 27 luglio 1962, n. 1228 sia sostitutiva anche dall'imposta sul consumo di energia elettrica (n. 20). IMPOSTA DI REGISTRO Agevolazioni -Finanziamenti alle medie e piccole industrie e per l'industrializzazione del Mezzogiorno -Costituzioni di garanzie. Se sia richiesta la contestualit dei finanziamenti e delle relative costituzioni di garanzie per l'appUcabilit a queste ultime delle agevolazioni previste dall'art. 14 del d.l. 15 dicembre 1947, n. 1419 e dall'art. 3 della legge 29 dicembre 1968, n. 1482, e se, inoltre, tali disposizioni si debbano ritenere modificate da quelle dell'art. 3 della legge 4 aprile 1953, n. 261 (n. 352). Agevolazioni per la piccola propriet contadina -Fondi acquis'tati prima dell'entrata in vigore della legge 26 maggio 1965, n. 590 -Norme applicabili per la decadenza a seguito di rivendita. Se, nell'ipotesi di rivendita, dopo l'entrata in vigore della legge 26 maggio 1965, n. 590, di fondi acquistati nella vigenza della precedente normativa sulla piccola propriet .contadina,. sia applicabile l'art. 28 della citata nuova legge, che ha elevato da cinque a dieci anni il periodo durante il quale, a pena di decadenza dai previsti benefici, fatto divieto di procedere alla rivendita stessa (n. 353). Atti di concessione di funivie. Se agli atti di concessione di funivie nella Regione Trentino-Alto Adige, assistite da sovvenzioni regionali, sia applicabile il trattamento privilegiato di registrazione ad imposta fissa (n. 354). Se per gli atti di concessione di tramvie (e funivie) non fruenti di sov venzione governativa (o regionale) la liquidazione dell'imposta debba ese 184 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO gui.Tsi sull'ammontare della spesa totale di costruzione o di primo impianto della linea -secondo il valore degli impianti e del materiale mobile, da accertarsi mediante stima -o se, invece, la tassa debba essere liquidata sull'ammontare annuale dei provimti (n. 354). Contratti soggetti ad approvazione -Risoluzione consensuale anteriore al provvedimento di approvazione o di diniego di approvazione. S'e, nel caso di risoluzione consensuale di un contratto di un comune, soggetto a visto prefettizio ai sensi dell'art. 296 del t.u. 3 marzo 1934, n. 383, l'approvazione della risoluzione stessa, intervenuta prima dell'emanazione del provvedimento positivo o negativo relativo al contratto risoluto, debba intendersi come approvazione anche di quest'ultimo (n. 355). Convenzioni per il servizio di tesoreria -Deposito di somme. Se la detenzione delle somme, da parte di un istituto di credito al quale sia affidato da un ente il servizio di tesoreria, possa qualificairsi come deposito, tassabile ai sensi dell'art. 38 della tariffa allegato A alla legge del registro, ovvero debba considerarsi strumentale rispetto al rapporto principale, e perci in questo assorbita (n. 356). Gescal -Assegnazione alloggi -Costruzione ed acquisto di alloggi da parte di lavoratori fruenti del fondo di rotazione -Agevolazioni tributarie. Se le agevolazioni fiscali previste dall'art. 33, primo comma, della legge 14 febbraio 1963, n. 60 siano applicabili anche agli atti di assegnazione e di trasferimento in propriet degli alloggi ed alle costruzioni e acquisti di alloggi sul .li:bero mercato effettuati da lavoratori isolati ammessi a fruire del fondo di rotazione (n. 357). lmposte suppletive e sopratasse -Sospensione dell'esecuzione a seguito di opposizicni:e giudiziaria. Se l'opposizione proposta in via giudiziaria comporti la sospensione dell'esecuzione, ai sensi dell'art. 145 della leg.ge di re.gistro, quale che sia la natura della sopratassa contestata (principale, complementare o suppletiva) o soltanto nell'ipotesi di contestazione relativa a sopratasse suppletive, secondo la distinzione dell'ultimo comma dell'art. 7 legge del registro (n. 358). IMPOSTA DI SUCCESSIONE Limite previsto dall'art. 102 de!la legge -Interessi. Se, a norma dell'art. 102 della legge tributaria sulle successioni, gli interessi dovuti per il ritardato pagamento debbano comprendersi nella cifra insuperabile corrispondente, al netto delle passivit deducibili, al valore dei beni ai quali le tasse, sopratasse, diritti e penali, si riferiscono (n. 70). PARTE II, CONSULTAZIONI IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA Imposta all'importazione (art. 17 d.l. 9 gennaio 1940, n. 2) -Lane lavorate in magazzini doganali. Se l'imposta dovuta ai sensi dell'art. 17 del d.l. 9 gennaio 1940, n. 2, in relazione alle disposizioni dell'art. 2 della legge 12 a.gosto 1957, n. 757, sia applicabile sul valore del prodotto greggio, per le lane lavorate in magazzini doganali, anche nel caso di lavorazione eseguita per .conto di un committente estero (n. 136). IMPOSTE DI FABBRICAZIONE Oli da gas -Agevolazioni previste dalla legge 23 gennaio 1970, n. 9. Se l'indieazione delle altre utilizzazioni agevolate degli oli da gas, previste dall'art. 1 della legge 23 gennaio 1970, n. 9, che ha ampliato le categorie previste dall'art. 1 della legge 22 luglio 1966; n. 608, abbia carattere tassativo oppure esemplificativo (n. 2). IMPOSTE E TASSE Agevolazioni per la piccola propriet contadina -Fondi acquistati prima dell"entrata in vigore della legge 26 maggio 1965, n. 590 -Norme applicabili per la decadenza a seguito di rivendita. Se nell'ipotesi di rivendita, dopo l'entrata in vigore della legge 26 maggio 1965, n. 590, di fondi acquistati nella vigenza della precedente normativa sulla ;piccola propriet contadina, sia applicabile l'art. 28 della citata nuova legge, che ha elevato da cinque a dieci anni il peTiodo durante il quale, a pena di decadenza dai .previsti benefici, fatto divieto di procedere alla rivendita stessa (n. 539). Agevolazi:oni per le case non di lusso -Ipoteca legale a garanzia del residuo prezzo di acquisto delle atee o delle case -Ipoteca a garanzia di cambiali. Se le agevolazioni tributarie previste dall'art. 14 della legge 2 luglio 1949, n. 408 per l'acquisto di aree, e dall'art. 17 per il trasferimento di case di abitazione di nuova costruzione, siano estensibili al tributo ipotecario inerente alla eventuale iscrizione delfipoteca legale a garanzia del paga mento del :residuo prezzo (n. 540). Se le agevolazioni previste dall'art. 18 della stessa legge per i contratti di mutuo stipulati per le costruzioni di case di cui all'art. 13 o per la prima compravendita delle stesse case, possano applicarsi anche nell'ipotesi di ipoteca .concessa a garanzia delle cambiali rilasciate in conto prezzo o a copertura del debito (n. 540). 186 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Contributi dovuti all'Associazione Nazionale per il Controllo delLa Combu.stione -Assoggettabilit delle Amministrazioni dello Stato. Se l'Amministrazione dello Stato possa essere soggetto passivo delle contribuzioni, aventi il carattere di corrispettivo di un servizio, dovute alt'Associazione Nazionale per il controllo della combustione (n. 541). Gescal -Assegnazione alloggi -Costruzione ed acquisti di alloggi da parte di lavoratori fruenti dei fondo di rotazione -Agevolazioni tributarie. Se le agevolazioni fiscali previste dall'art. 33, primo comma, della legge 14 febbraio 1963, n. 60 siano applicabili anche agli atti di assegnazione e di trasferimento in propriet degli alloggi ed alle costruzion~ e acquisti di alloggi sul libero mercato effettuati da lavoratori isolati ammessi a fruire del fondo di rotazione (n.. 542). Istituto Mobiliare Italiano -Imposta in abbonamento. S'e l'imposta annua di abbonamento corrisposta dall'Istituto Mobiliare Italiano ai sensi dell'art. 1 della legge 27 luglio 1962, n. 1228 sia sostitutiva anche dell'imposta sul consumo di energia elettrica (n. 543). IMPOSTE IPOTECARIE Agevolazioni per le case non di lusso -Ipoteca legale a garanzia del residuo prezzo di acquisto delle aree o delle case -Ipoteca a garanzia di cambiali. Se le agevolazioni tributarie previste dall'art. 14 della legge 2 luglio 1949, n. 408 per l'acquisto di aree, e dall'art. 17 per il trasferimento di case di abitazione di nuova costruzione, siano estens~bili al tributo ipotecario inerente alla eventuale iscrizione dell'ipoteca legale a garanzia del pagamento del residuo prezzo (n. 1). Se le agevolazioni previste dall'art. 18 della stessa legge per i contratti di mutuo stipulati per le costruzioni di case di cui all'art. 13 o per la prima compravendita delle stesse case, possano applicarsi anche nell'ipotesi di ipoteca concessa a garanzia delle cambiali rilasciate in conto prezzo o a copertura del debito (n. 1). IMPOSTE VARIE Contributi dovuti all'Associazione Nazionale per il Controllo della Combustione -Assoggettabilit delle Amministrazioni dello Stato. Se l'Amministrazione dello Stato possa essere soggetto passivo delle contribuzioni, aventi il carattere di corrispettivo di un servizio, dovute alla Associazione Nazionale per il Controllo della Combustione (n. 48). PARTE II, CONSULTAZIONI 187 Imposta di consumo sulle banane -Importazioni a dazio sospeso -Interessi. Se sulle ma.ggiori somme do\"Ute per imposta di consumo sulle banane, quando l'importazione sia stata effettuata a daziato sospeso con garanzia fideiussoria, il contribuente sia tenuto al pagamento degli inti:iressi. Interessi -Normativa del d.l. 2 febbraio 1970, n. 62 e normativa anteriore. Se gli interessi, sulle somme dovute per i dazi doganali e per gli altri tributi che si riscuotano in dogana, erano dovuti, prima dell'entrata iri. vigore del d.l. 2 febbraio 1970, n. 62, nella misura legale del cinque per cento (n. 49). ' Se per semestri solari, ai sensi dell'art. 17 del d.l. 2 feblln:aio 1970, n. 62, si debbano intendere i semestri decorrenti dal 10 gennaio e dal 10 luglio di ciascun anno (n. 49). Istituto Mobiliare Italiano -Imposta in abbonamento. Se l'imposta annua di abbonamento corrisposta dall'Istituto Mobiliare Italiano ai sensi dell'art.. 1 della legge 27 luglio 1962, n. 1228 sia sostitutiva anche dell'imposta sul consumo di .energia elettrica (n. 50). ISTRUZIONE SUPERIORE Universit degli Studi -Atti rogati in forma pubblico-amministrativa -Diritti di segreteria. Se per gli atti stipulati in forma pubblico-ammin~strativa delle Universit degli Studi, statali o Ubere, siano dovuti a favore dell'erario i diritti di segreteria, previsti dalla Tabella B del D.P. 1 marzo 1961, n. 121 che approva il t.u. delle disposizioni in materia di tasse sulle concessioni governative (n. 20). LAVORO Assunzione con contratto privato di operai giornalieri per la conduzione di autoveicoli. Se la norma di cui all'articolo unico della legge 12 aprile 1962, n. 205, che prevede l'assunzione di personale operaio per .l'esecuzione di lavori condotti direttamente dall'Amministrazione !forestale e dall'Azienda di Stato per le foreste demaniali, consenta anche l'assunzione di personale da adibire alla conduzione di autoveicoli (trattori, ecc.) (n. 63). Statuto dei lavoratori -Applicabilit agli enti pubblici. Se la legge 20 maggio 1970, n. 300 (Statuto dei lavoratorD sia applicaJ:> ile ai dipendenti dell'Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra (n. 64). 188 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Statuto di lavoratori -Applicabiiit agli enti pubblici. Se la legge 20 maggio 1970, n. 300 (Statuto dei lavoratori) sia applicabile ai dipendenti degli Enti di sviluppo (n. 65). LOTTO E LOTTERIE Indennit ai funzionari delegati alla vigilanza sulle manifestazioni a premi. Se anche per i concorsi e le operazioni a premio spettino ai funzionari incaricati della relativa vigilanza, e siano a carko dei concessionari, ai sensi dell'art. 133 del regolamento, le indennit di missione ed i compensi per lavoro straordinario (n. 37). PREVIDENZA E ASSISTENZA Diritto di surroga dell'ENPAS per eventi morbosi indennizzabili da parte di terzi -Estensibilit alle .c.d. spese generali . Se l'ENPAS, qualora agisca in surroga nei confronti di terzi responsabili di eventi morbosi indennizzabili occorsi ai propri assistiti, possa pretendere, oltre al rimborso delle spese per le prestazioni erogate, anche il pagamento delle c.d. spese generali (n. 79). Regolarizmzione posizione assicurativa degli ex dipendenti delle disciolte confederazioni fasciste. Se le richieste di regolarizzazione delle :posizioni assicurative da parte degli ex dipendenti delle disciolte Confederazioni fasciste siano, in via di massima, accogli:bili (n. 80). Se, in relazione ai periodi di lavoro non coperti da contribuzioni, l'Ufficio stralcio delle disciolte Confederazioni sia tenuto a l;)Tovvedere alla costituzione della rendita vitalizia, ovvero a risarcire il danno (n. 80). Se, e quale prescrizione, possa essere opposta ai richiedenti di cui scpra (n. 80). Se i dipendenti della disciolta Confederazione dei professioni!;ti ed ~ artisti possano far valere le loro ragioni nei confronti dell'Ufficio stralcio 1.1;. ovvero nei confronti dei Consigli nazionali degli Ordini e Collegi profes ~ sionali (n. 80). ' Se il mancato esercizio, da parte dei detti dipendenti, della facolt ad essi concessa di regolarizzare, mediante versamento dei contributi omessi, le singole posizioni assicurative, valga a liberare l'Uffi.cio stralcio dall'onere risarcitorio (n. 80). PROPRIET Cessione degli alloggi con pagamento rateale -Responsabilit incombenti al proprietario verso i terzi. Se nella vendita di appartamento di tipo popolare ed economico eon il sistema del pagamento rateale e della riserva di propriet, p;reveduta dal PARTE II, CONSULTAZIONI 189 l'art. 15 dl d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2 e succ. mod., la responsabilit verso i terzi, per rovina di edificio, passi all'acquirente fin dal momento in cui, contestualmente alla firma del contratto, gli viene consegnato l'appartamento stesso (n. 46). REGIONE SICILIA Case non di lusso -Contributi sui mutui contratti per la costruzione o per .l'acquisto -Criteri per la concessione. In base a quale criterio debbano graduarsi pi domande di contributo per la costruzione o per il primo acquisto di abitazioni non di lusso, presentate ai sensi della legge regionale siciliana 14 aprile 1967, n. 35 (n. 1). REG;IONI Atti di concessione di funivie. Se agli atti di concessione di funivie nella Regione Trentino-Alto Adige, assistite da sovvenzioni regionali, sia applicabile il trattamento privilegiato di registrazione ad imposta fissa (n. 184). S'e per gli atti di concessioni di tramvie (e funivie) non fruenti di sovvenzione governativa (o regionale) la liquidazione dell'imposta debba eseguirsi sull'ammontare della spesa totale di costruzione o di primo impianto della linea -secondo il valore degli impianti e del materiale mobile, da accertarsi mediante stima -o se, invece, la tassa debba essere liquidata sull'ammontare annuale dei proventi (n. 194). RESPONSABILIT CIVILE Diritto di surroga dell'ENPAS per eventi morbosi indennizzabili da parte di terzi -Estensibilit alle c.d. spese generali. Se l'ENPAS, qualora agisca in surroga nei confronti di terzi responsabili di eventi morbosi indennizzabili occorsi ai propri assistiti, possa pretendere, oltre al rimborso delle spese per le .prestazioni erogate, anche il pag~ento delle c.d. e spese generali (n. 256). RICORSI AMMINISTRATIVI Imposta di famiglia -Rico1so per duplicazione -Presentazione -Termine. Se sia valido un ricorso, in materia di duplicazione di accertamento di imposta di famiglia, che sia presentato all'Intendente di finanza anzich al Ministro, e, nell'affermativa, se la sua tempestivit si debba valutare con riguardo alla data di arrivo all'Intendenza ovvero a quella di ricezione da parte del Ministero, a cui l'Intendenza lo abbia inoltrato (n. 14). 18 1fJIJ RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO TRIBUTI LOCALI Imposta di famiglia -Duplicazioni -Ricorsi -Trmine. Se, in relazione ad un'ipotesi di duplicazione di accertamenti di imposta di famiglia, effettuati da due Comuni, esperito il ricorso contro l'avviso di accertamento del Comune nel quale si concreta la duplicazione, sia possibile per il contribuente ricorrente contro le cartelle dell'esattore dello stesso Comune (n. 4). Se, in caso di duplicazione di imposta di famiglia, esperito il ricorso contro gli atti del Comune nel quale si concreta la duplicazione, il contribuente che ha omesso di ricorrere contro l'avviso del Comune che per primo aveva accertato il tributo, possa ricorrere contro la cartella della Esattoria del detto primo Comune, notificata in epoca successiva all'insorta duplicazione (n. 4). Se la duplicazione, nel caso in cui il Comune al quale si !riconosce dovuta l'imposta aJbbia accertato un imponibile minore di quello accertato dall'altro comune, vada riconosciuta limitatamente al detto minore imponibile, e se, quindi, il contribuente sia tenuto per la differenza verso il detto altro comune (n. 4). Imposta di famiglia -Ricorsi per duplicaZione -Pri?sentaZicme -Termine. se sia valido un ricorso, in materia di duplicazione di accertamento di imposta di famiglia, che sia presentato all'Intendente di :finanza anzich al Ministro, e, nell'affermativa, se la sua tempestivit si debba valutare con riguardo alla data di arrivo all'Intendenza ovvero a quella di ricezione da parte del Ministero, a cui l'Intendenza lo abbia inoltrato (n. 5).