JRAJEGNA AVV(Q)CA1r1LJJRA JJ]JEJLJL(Q) 1rA1r(Q) Progetto grafico dell'architetto CAROLINA VACCARO. ANNO XLV -N. 3-4 LUGLIO -DICEMBRE 1993 ~AJECGNA AVV(Q)enale lmputa~o i)."reperiblle Applieazione della pena concor dta ;;; Rl<~hiesta Legittimazione del difensore privo di pr()cura spe . ctale .;;.Non ..sussiste . Questione di legittimit . costitUZional Mani festa infondatezza. (Cost., attt.: 3 Il 24; art.. 446 c.p.p.). g .. manif tarnente inf onda,ta .. [a .. questione di .. legittimit .costituzionale. dell'art. 446 c.p.p. nella parte in cui non prevede che,. in caso di irreperibilit dell'imputato, lo stesso difensore,. a71corch privo di procura speiale, possa richiedere l'applicazipne della pena copprdata .. ex art. 444 c.p.p. Ritenuto che nel corso di un procedimento penale a carico di due imputati di violazione di domicilio aggravata e di furto; entrambi irreperibili, il Pretore di Camerino, con ordinanza del 10 aprile 1992, ha sollevato, in. ri{erimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione e all'art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, qu1;1stione di legitti mit costituzionale dell'articolo 446 del codice . di procedura penale; nella parte in cui non prevede che la facolt di richiedere l'applicazione della pena a norina dell'art; 444 dello stesso codice possa essere esercitata dal difensore. dell'imputato irreperibile non munito di procura speciale; che1 premessa la rilevnza della questione (avendo il difensore degli imputati formulato la riehiesta di patteggiamento, ritenendola per essi vantaggiosa), il Prtore rimettente reputa che la norma impugnata contrasti con gli articoli: -3 della Costituzione, per il diverso .trattamento dell'imputato irreperibile rispetto al contumace non irreperibile, in ragione del diverso grad di sicurezza di effettiva cnoscenza del procedimento derivante, nei due casi, dalla disciplina delle notificazioni; ....... 24 dlla Costituzione, in quanto le facolt esercitabili personal mente dall'imputato, tra cui quella di richiedere il patteggiamento, di vengono impraticabili per l'irreperibile s non si ammette una concorrente facolt del difensore (non procuratore speciale); che nessun argomento viene addotto dal giudice a quo in relazione al parametro dell'articolo 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libert fondamentali, ratificata e resa esecutiva in Italia con legge 4 agosto 1955, n. 848; Considerato che l'attribuzione in via esclusiva all'imputato della fa colt di richiedere l'applicazione -o di dare il consenso all'applicazio 288 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO ne -della pena concordata trova fondamento proprio nell'esigenza di piena e completa tutela della difesa della parte, sul rilievo della parti colare natura dell'impegno che viene ad essere assunto nel concordare la pena, e dunque nel rinunciare ad avvalersi della facolt di contestare l'accusa (sent. n. 313 del 1991), accettando le diverse conseguenze che discendono dalla pronuncia resa ex art. 444 c.p.p. (giudizio formulato in base agli elementi raccolti dall'accusa, inappellabilit, applicazione della confisca, equiparazione a una sentenza di condanna); che la riserva esclusiva di tale facolt, riconosciuta legittima in termini generali dall'art. 99, comma primo, c.p.p., risulta pertanto coerente con i connotati centrali dell'istituto del c.d. patteggiamento, strumento negoziato idoneo ad incidere sulla sfera della libert personale e dei diritti patrimoniali dell'imputato medesimo, per tali ragioni ricompreso nella categoria degli atti personalissimi da questo esercitabili (Relazione ministeriale al progetto preliminare del c.p.p., Libro VI, titolo II), in linea del resto con la giurisprudenza formatasi sull'istituto -analogo, per questo specifico aspetto -dell'applicazione delle sanzioni sostitutive di pene detentive brevi a norma dell'art. 77 della legge n. 689 del 1981; I che l'attribuzione esclusiva all'imputato delle suddette facolt dunque conforme al parametro costituzionale ex art. 24 invocato, in quanto si tratta di un istituto in cui la scelta determina una non reversibile disposizione di fondamentali diritti, ond' che l'eventuale concor lrente attribuzione di quelle facolt al difensore nell'ambito del generico potere di rappresentanza determinerebbe la possibilit di opzioni, da parte di quest'ultimo, tali da consumare l'esercizio della facolt per I l'imputato, compromettendone la posizione (al pari di quanto gi rilevato, riguardo alla facolt di impugnazione della sentenza contumaciale, nella sentenza n. 315 del 1990); I che la disciplina denunziata non appare in alcun modo lesiva neppure del principio di eguaglianza invocato, sia perch in s razionale in rapporto alle finalit e ai rischi dell'istituto quali sopra enucleati, sia perch, nel regolare il modo di espressione della volont di accedere alla pna concordata, essa non crea alcuna differenziazione in rapporto alla diversa situazione in cui versi l'imputato sul piano della presenza nel processo (imputato presente, considerato tale, contumace, irreperibile, latitante); I che in proposito da ritenersi prevalente per tutti i casi l'esigenza di una formulazione di volont riconducibile, direttamente o per il I tramite di un procuratore speciale, alla persona dell'interessato, natu i ralmente sul presupposto della validit e legittimit degli strumenti di conoscenza del processo adottati nei singoli casi (sent. n. 211 del 1991). (omissis) I PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, 13 maggio 1993, n. 242 (ord.) Pres. Casa vola Rel. Cheli Corte dei Conti e Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro del bilancio e della programmazione economica, Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato; Ministro delle partecipazioni statali. Corte dei conti Controllo Enti Esclusione dei magistrati della C> Osservanza del principio del buon andamento Condizioni. Impiego :t>Ubblico Immissione in ruolo Bocco delle assunzioni Esclustone -Pu essere consrttita da legge regionale. Sicilia Impiego. publ;>lico -Immissione. in ruolo Anzianit di carriera Decorrenza Riconoscimento di servizio pre-ruolo -Illegittimit costituzionale. (l.r. Sicilia 23 dicembre 1922, art. 1, commi 1 e 2; Cast., artt. 3, 81, 97, 119). L'immissione in ruolo di personale in precedenza assunto a tempo determinato non contrasta con gli artt. 3 e 97 Cost., se detto personale ha superato adeguate prove concorsuali ed a condizione che l'immissione non sia in soprannumero rispetto alla dotazione organica. L'esclusione del blocco delle assunzioni consentite da specifiche norme legislative si ha anche quando queste norme sono regionali. Il riconoscimento retroattivo di servizi pre-ruolo contrasta con l'art. 97 Cost. ogniqualvolta compromette la posizione di altri soggetti nel frattempo assunti a seguito di regolare concorso. Il Commissario dello Stato per la Regione siciliana ha sollevato questione di legittimit costituzionale della legge approvata dall'Assemblea RASSEGNA ~VVOCATURA DELLO STATO 294 regionale siciliana nella seduta del 23 dicembre 1992, che reca norme per l'immissione in organico del personale tecnico dell'Ente di sviluppo agricolo assunto con contratto a termine. La questione sottoposta all'esame di questa Corte si scinde in due distinti profili. Il ricorrente denunzia, in primo luogo, l'illegittimit costituzionale dell'immissione in ruolo dei tecnici laureati che hanno superato la prova concorsuale per essere assunti con contratto a tempo determinato. Tale immissione, disposta dal comma 1 dell'art. 1 della legge impugnata, recherebbe .violazione agli articoli 3, 97 primo e terzo comma, 81 quarto comma e 119 della Costituzione. E' impugnato, altres, il comma 2 del citato art. l, che prevede il riconoscimento, ai fini della progressione in carriera, del servizio prestato dai contrattisti anteriormente all'immissione in ruolo. Sono infondate le censure mosse al comma 1 in esame, con riguardo agli articoli 3, 97 primo e terzo comma, della Costituzione. Secondo la giurisprudenza ormai costante di questa Corte, l'esame della costituzionalit delle leggi sotto il profilo della pretesa violazione dei principi di imparzialit e buon andamento delle amministrazioni pubbliche comporta la verifica della non irragionevolezza e della non arbitrariet della normativa denunziata (v. sentt. nn. 369, 295 e 187 del 1990; 21 del 1989; 1130, 964 e 331 del 1988, 217 del 1987). Ora, con riguardo ai profili che attengono ai soggetti da inserire in ruolo, va rilevato che il personale in questione stato assunto, con contratto a termine, a seguito di un regolare concorso pubblico, superando prove il cui oggetto non era circoscritto all'attuazione di finalit particolari: non quindi irragionevole la ponderazione effettuata dal legislatore regionale nel ritenere che tali prove concorsuali abbiano adeguatamente verificato attitudini e competenze necessarie; tanto meno pu dirsi che la norma abbia assicurato un'ingiustificata posizione di privilegio a favore del personale in questione. Occorre poi considerare che l'immissione in ruolo dei tecnici non eccede l'organico dell'Ente, di cui la legge qui in esame non impone, d'altronde, l'integrale copertura (si veda, su tale punto, la sent. n. 197 del 1992). E' dunque pienamente salvaguardato quel rapporto tra dotazione organica e servizi che presupposto indispensabile al buon andamento delle pubbliche amministrazioni, di cui al primo comma dell'art. 97 della Costituzione (secondo quanto chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte, in particolare dalle sentenze nn. 1 del 1989 e 728 del 1988). Neppure pu dirsi violato il principio del concorso pubblico (terzo comma dell'art. 97 della Costituzione), poich sussistono nella fattispecie disciplinata dal legislatore regionale quei requisiti, soggettivi e og PARTE :t, Silz. I, GlURlSPRtJDENZA COStlTUZIONALE gettivi( necessari. garantire/finteresse pubblico lla scelta dei sog getti pi idonei all'espletamento .. ... .. . . . ... --Ancb: tale i::ensura ~infondata. --- Il rlcoii'ente :ritiene clitf fa norma impugnata comporti una. sostan ziale elusione della normativa statale che detta il--blocco-delle assun zioni : anzich denunciare la violazione di tale normativa, si appella ciratt. f9 dell CH$t-ttiifo:tie,_-sotfo- ilprofifo del mancato coordinamento della politica fi:O:anzfafia focale con quell nazionale. E va a tal propo sito coristde:rato che, co:n iigtiardo al_ {(blocco delle asstirizfo;hi , questa Corte-ha gia precisato che il-silenzio'-de1fa-legge ri:On si puo _interpretare ii.et se~s~J~~ia Jliatidifa' )?re\tisfone i.'lf poter regfonle di deroga,.--per q.all.t6'1aitiene af personafo-dellaa regione" stessa (sent. n: 407 del 1989). U dt1qretorlegg~ 1f settembr~ 1992/ n. 3841 convertifo, con modificazioni, peUk' legge 14 no%rii"6te i992, n;> 43'8, escIUd d'altronde -dal bloco )) Ib assfulzfori dbrisendte da specifich: norme legislative; e, certo, --:fra __ le norme legjsl~tive he vengono in rilievo vi sono quelle adottate dalla l{egJone P:~Ia disciplini:\ del proprio personale. (omissis) Va invee~ ~ccplto.il Hc:9rso per quanto attiene. al corii.r:O:a 2 dell'art. 1, che fa decorrere l;anzianlt di carriera del personale in questione dalla data dell'avvenuta assunzione . Con -tale formula, il legislatore regionale ha_ statuite> 'n ri6nosdmenfoae1 serviiiopre-ruolo, non so1e>--ai fini_ eco_ noriiicf rii.a pur:e ai fin.i della pfogressione in carriera, come -se l'immissione in mol() potesse xetroagii'e nel tempo e rivalutare -anche per I'(( anzianit di carriera ~ il periC>lo a contratto. Ch~sia q.esta ia fin~lit effettivar:riente. perseguita dal comma 2 ~-f9pri d'og9i du~bio, :oi.e - dixp<:}strat() tlal ricorrere della parola as snzi(;)ne sa a1 -comma 1 ((( assufrt\---cori -contratto a termine ) -sia al comma 2! e dajla. considefazibne che, diversamente interpretando que st'ultima norma, la si priverebbe di significato normativo, al punto da riqurll:l.. a. enunciato .:p~e(;was~icp.. __ _ ___ _c()sfletta eseg~ti~merit, la disposizione_ presenta un eVidente vizio di legittimit costituiional, alla -lue -dell'art. ___ 97, --primo comma, della CostiFuzione: essa compromette la posizione dei soggetti nel frattem po assunti a seguito di regolare concorso pubblico e in generale deter mina quelle anomalie rilevate dal Commissario dello Stato, recando cos lesione al principio di buon andamento dell'amministrazione (v., da ultimo, la sent. n. 43 del 1993). Deve quindi dichiararsi l'illegittimit costituzionale del comma 2 della legge in esame. 296 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 27 maggio 1993, n. 251 Pres. Casavola -Red. Cheli ~ Presidente del Consiglio dei Ministri (avv. Stato Laporta) e Regione. Liguria. Regioni Emigrazione (:ontributi El'Ogazj.one a favore di enti privati Invasione dlle competenze statali lnSU$slst~. Regioni Emigrazione . Consulta regiolial per l'emigrazione Oneri finanziari a carico. della Regione Violazione del principio del buon andamento . amministrativo Insussistenza. E' infondata. la questione di legittimit costituzionale dell'art. 2 lettera e), .e dell'art, 3, terzo comma, della delibera legislativa della regione Liguria approvata il 22 dicembre 1992, laddove gli stessi prevedono l'assegnazione di. contributi regionali a sostegno di associazioni ed organizzazioni pi rappresentave .costitite all'estero per lo svolgimento di attivit a favore di emigrati liguri, trattandosi di contributi diretti a sostenere attfvit4 di organizzazioni private non incluse nell'ambito delle relazioni intercorfrnti tra soggetti di diritto internazionale (1). E infondata l questione di legittimit costituzionale dell'art. 4 della del.ibera legislativa della regione Liguria approvata il 22 dicembre 1992, non potendosi ritenere che la composizione della .Consulta regionale dell'emigrazione ivi prevista, per gli oneri finanziari che comporta, contrasti con il principio di buon andamento dell'azione amministrativa. (2) (omissis) Le questioni sollevate neL ricqrso non sono fondate. La legge della Regione Liguria oggetto di contestazione -:---nel modificare la disciplina in precedenza posta per gli interventi a favore degli emigrati dalla legge regionale 15 novembre 1978, n. 59 -ha enunciato tra le. proprie finalit generali la promozione di foiziative ed interventi per la piena integrazione sociale dei lavoratori emigrati e delle loro famiglie, nonch di iniziative volte a rinsaldare i rapporti con i lavoratori liguri emigrati e le loro co.munit e ad assicurare la conservazione e lo sviluppo dell'identit culturale della Regione (art 1, primo e secondo comma). .... Con riferimento a tali obbiettivi la legge, all'art. 2, lett. e). ha previsto anche l'assegnazione di contributi a sostegno delle associazioni ed organizzazioni pi rappresentative costituite sia in Italia che all'estero per lo svolgimento di attivit a favore degli emigrati, dei frontalieri e (12) L'attenzione dedicata in questi ultimi anni agli italiani all'estero pone delicati problemi anche quanto al riparto delle funzioni e delle competenze tra Stato e Regioni. Peraltro, la sentenza ha affrontato solo il tema circoscritto sottopostole: e non ha potuto non considerare che ben undici leggi regionali similari non avevano incontrato obiezioni da parte del Governo .. PAR'l'a l, SBZ; :, CtuRISPRUDENZA COSl'lTUZIONALE delle Jo:rn Ja:i:l)iglie. Ora, dbrers<1mente da q.anto si sPstiene nel ricorso, tale previsione. -:c- quand'anche risulti riferita ad assqciazioni che non dispq1:1g;mo di una s~e. nl\\l tl:lrritori() regionalt: ..~:rwn tale. da incidere nella sfe~ .c:lelrapporti internaziom1.U riservati allo Stato dall'art. 4, primo l!lltna.>deLc.hl;l:~.n. ~Ut4el 1977., dal JllOtnento che. i C:o.i interp:rren,ti tra i .. soggetti di diritto . internazionale n~ :tisti.JtAA9 qqtli,l,t cJi poJeri s.sce.ttibilidi impegnare la responsal;iilit intel'llazio'laie dello Stato.. .N:~ . ~i p~ di~~ b~ .le ~qrJllf,l . imp.gnate. sianc~ Jali da .sovrapporsi ad AAa competenza assegnata1 Jn via esch1i1iva, al.lo .Stato cialla legge n, 205. del J9~Se a:tt'4atl:I attraverso l'istituzione. pr<:isso .gli .ffici e. !e a~ew;Je. c9u~9liiffi 4,t qmitati...c:legii....:i:tal~1:taj .. all'.es~~.ro.Questa .legge, infa~ti~ )lei, wttl1t~e .l;lffic:4t !,'!; tl:tl~ c;omiti:ttijl compito .4~ p;roro,u,over~ ~.faia~ tive di carattere soiale,.culturale.e ricreativo a .favore. delia comunit ........... ........... ) ... .... ...... .. ... . ... . ... ... ..... . i~Uanli\... :t:fil!l~de:nte . Mlla irc;qscrizioi;le c()nsolart:; . affeqna. a:he J~ na t.rlil .: noI); esclusiva di tale . fwlziC>!le, prevecl.tmdo una. c:ollal:>qraziol).e dei comitati )Jl. questflare. attivit. sociali, .. assii;tel\Ziali( cult.ral~ >.e .ricreative .a f1wore nali, limite . che,. !lella specie, ac1 a.vviso del ricorrente, risulterebbe superato dalla previ,&ione di contributi regionali anche a favore di associazioni ed organizzazioni di emigrati liguri aventi la loro sede soltanto all'estero. In proposito ~. mentre va ricordato che, gi in .. precedenti pronunce; stata affermata da questa Corte la legittimazione della Regio]le, quale ente politico esponenziale <.lelJa comunit regionale; ad interv<:inire con provvedimenti di spesa riguardo a tutte le questioni di interesse della comunit regionale; . anche $e :queste i;qrgonQ j.settori estranc;ii .. a}l~ singole .materi~ indicatnell'art 117 .. della:Costituzione e si proiettMal di .. l.dei confini territoriali della Regicine medesima . (v, sntt m1.: 829 .. del 1988 e 276 del 1991) -non pu essere negata, rispetto al caso di specie, la presenza di un interesse regionale all'adozione di iniziative di sostegno sociale e culturale a favore delle popolazioni emigrate, interesse che, negli ultimi anni, ha dato luogo ad una vai;ta legislazione delle Regioni con contenuti non dissimili da quelli della legge in. esame (cfr., tra le altre, L.R. Abruzzo 20 novembre 1980, n. 81; L.R. Calabria 16 maggio 298'. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 1981, n. 5; L.R. Emilia-Romagna 21 febbrio 1990, n. 14; L.R. Lombardia 4 gennaio 1985, n. 1; L.R. Marche 2 novembre 1988, n. 40; L.R. Puglia 23 ottobre 1979, n. 65; L.R. Sardegna 7 aprile 1965, n. 10; L.R. Sicilia 4 giugno 1980, n. 55; L.R. Toscana 19 marzo 1990, n. 17; L.R. Umbria 15 maggio 1987, n. 26; L.R. Veneto 19 giugno 1984; n. 28). Le censure formulate nei confronti degli artt. 2, lett. e), e 3, terzo comma, della legge impugnata per violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione vanno, pertanto,. riconosciute infondate. Del pari infondata si presenta la questione sollevata nei confronti dell'art. 4 della stessa legge, in relazione all'art. 97 della Costituzione. Almeno uno dei profili connessi a tale questione (qual' quello relativo alla corretta composizione dell'organo, anche in relazione al possibile diverso accorpamento degli interessi da rappresentare) investe chiaramente valutazioni relative al merito politico della legge che non possono trovare ingresso in questa sede. Ma anche per quanto concerne i profili attinenti alla legittimit costituzionale e connessi alla asserita lesione del principio del buon andamento sanzionato dall'art. 97 della Costituzione ......: n relazione agli oneri finanziari che il funzionamento dlla Consulta regionale, nella composizione prevista dalla norma impugnata, verrebbe a comportare -l questione non merita accoglimento. Detti oneri, infatti -anche all luce dei dati relativi alle spese di fttnzionamento dell'organo per il periodo 1978-1992 esposti dalla Regione in sede di relazione successiva al rinvio governativo -non appaiono n irragionevoli n tali da pregiudicare il buon andamento dell'amministrazione regionale: e questo tanto pi ove si consideri che la Regione Liguria, con la legge in esame, oltre confermare l'esclusione di gettoni di presenza per i componenti la Consulta, ha anche ridotto, rispetto alla disciplina precedente, sia il numero di tali componenti sia il numero delle riunioni da tenere, di norma, nel corso dell'anno. CORTE COSTITUZIONALE, 1 giugno 1993, n. 260 -Pres. Casavola -Red. Mengoni -Provincia autonoma di Bolzano (avv. Riz, Panunzio) e Presidente del Consiglio dei Ministri (avv. Stato Favara). Trentino-Alto Adige -Bolzano -Privatizzazione della A.S.S.T. -Relativa tabella dei ruoli locali del personale statale Venir meno della concretabilit di essa -Violazione art. 89, 100 e 107 dello Statuto Trentino- Alto Adige -Insussistenza. (Statuto Trentino-Alto Adige d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, artt. 89, 100 e 107; leg ge 29 gennaio 1992, n. 58, artt. 1 e 4; d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670). Quando una legge sottragga un pubblico servizio all'amministrazione diretta o indiretta dello Stato per affidarlo in concessione a societ private, l'organico del personale di tali societ, la cui libert di organizza~ l>ARTB l, $'!Z. 11 .Gi:UR:SPRlll)l!N'ZA COStl'.'.l'UZIONALll zione del lavoro garantitadall'art . 41 primo commacost.,.fuoriesce dall'ambito ri.ormatiiio dell'art. 89 dello statuto speciale; concernente esclusivamente i ruoli (1.et personale degli uffici statali in provincia di lfolzano; .N pu adaufsi l'inosservanza delta procedura prevista dal ti4rt. JQ'J dello tatuto iznzJ4etto; fao5cf che detta procedura tUJn deve eS'.ser~ i#$ita fiet casti m citi veig8no #ino te> condizioni fattuati niuMesimo ogniqualvolta la ... modifica rganizzatori non incidd sulla dttti:azidne det principio del bilinguismo (1). . . . . ... LaJgge 29 ~e#tiai)992, .. ~;5s/h# dispt:lStcf1a pI'\rafizia.zione dei s~:rvizi gi Jele9om1.:liC!azi.orif ad. 'Us(> . J?ttbolko ge~titi. dall'Azienda di .Sfato P#( i servizi t~l~fqni9i. (~tptii. t prevista J~. s4pl'r~~$i()ne: ~t. .1. com xna 3) e c:tillr.A.Il1D:lit1istra#one A!Je .poste e delle fotecomwiJ.cZioni cn 91ll. #a1lll'e~Jiitiv+~~. y~~#~. R~~r~~gp~4e~efile~~: ffcl?~tf>~i~... iW J;~~mo t.empO. l4et~i .servizi. S()l10 8.fijd)it ih cqncessk>l1e. ec::lusivi;t a . una. S(.)Cietl\ per aziolli apvositamente cpstitt:lita daJl'!~I,.qhe .. ~e. .. l'1;t~io.ista1.\Dico, la quale per. la durata della concessione (~<:)n superi9r ~trazioni statali ha reso nece$ .sarie numerosissime sostituzioni. delle tabelle formate nel 1976, con pregiudizio . della dignit della normativa di. attuazione dello s.tatuto ridotta ad avere contenuti sostanzialmente di livello regollillllentare (quanto non add rittura ad personam ) . l./ai::t Jl9 co,t;rt~ primo; Period!.>. . secon,do, . dello .. $ta. tuto S limita a disporre <5 tali ruoli SOnQ .detel".l'nin,ati sulla, base degli orgarlici degli uffici;. quali<(gU .organici) stabiliti;/ ove occorl".a, con apposite norme.. Gli. organici. devono .. dunque. es!lere . stabiliti solo ove occorra ed. anche mediante atti. noi;mativi .d,. Uv:ellc.t secondario.. . N r. POs!libile @'gomentat~. che po~ch~ oti:nai gli . qrg~ci. sono stati .!ltabiliti me~nte norm~<49cC9rra)). di fatto abrogato e non . pl, possibile . proVv:ec::Iere con fo1;1te diversa c::lalla noi;ma,dva di attu.azione. Per questa normativa non v:aje . e comunque . non pu. seg1,1ir!li il criteno della c.d. Preferenza. dt legge.; essa. deve m .Qgni tempo. solo attuare lo statuto, e non pu discostarsene ~ppure praeter statu.t:u,i:I\ . N va dimenticato che l'attuazlone del criterio della c.d. propc;>rzionale all'interno clell'ammhtistra,zione della Provincia (e . delle amministrazioni.. degli enti da essa dipe;n,denti e degli enti locali) non d~ luogo a norme rigide quali quelle di a,ttuazione dello Statuto.. In conclusione, le tabelle di che trattasi sono solo previsioni per cos dire condizionate ad una generale clausola rebus sic stantibus >>, e non 300 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO sferiti alla societ stessa, nonch del personale dipendente dalla cessata Azienda di Stato per i servizi telefonici (art. 4, comma 2). A questo personale l'art. 4, comma 3, attribuisce il diritto di optare entro un certo termine, per la permanenza nel pubblico impiego secondo le procedure di mobilit di cui al d.P.C.M. 5 agosto 1988, n. 325, e alla legge 29 dicembre 1988, n. 554. Entro la data di scadenza della concessione il personale non optante perde lo status giuridico di dipendente pubblico e passa alle dipendenze della detta societ o di altre societ concessionarie, che saranno in prosieguo determinate, a titolo di rapporto di lavoro privato. Tali disposizioni, contenute negli artt. 1 e 4 della legge, sono censurate dalla Provincia autonoma d Bolzano perch emanate col semplice procedimento di legge ordinaria, senza osservare il procedimento speciale previsto dall'art. 107 dello statuto per il Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), anche per la parte in cui incidono sui principi della proporzionale etnica e del bilinguismo garantiti dagli artt. 89 e 100 dello statuto medesimo e dalle relative norme di attuazione di cui al d.P.R. 26 luglio 1976, n. 752. La questione non fondata. La stessa Provincia ricorrente riconosce che le norme di autonomia da essa invocate non limitano il potere del Parlamento di procedere a anche precetti di attuazione dello statuto connotati da resistenza per cos dire autonoma. La sentenza in rassegna ha, pervero, adottato una soluzione pi morbida distinguendo lo incidere sulla fattispecie astratta dallo incidere sulle condizioni fattuali di concretabilit della medesima (fattispecie astratta); e per ha subito dopo aggiunto che la legislazione di riforma della pubblica amministrazione vincolata a far salve le attribuzioni dell'autonomia provinciale solo nella misura in cui le nuove forme organizzative e gestionali rientrino nelle rispettive fattispecie normative . Il che, in sostanza, conferma la anzidetta clausola rebus sic stantibus . appena il caso di ribadire che l'art. 89 dello Statuto certamente non ha costituzionalizzato implicitamente l'intera organizzazione amministrativa ed aziendale dello Stato quale di fatto esistente nel 1971. Non va trascurato che si al di fuori dell'ambito delle competenze legislative ed amministrative autonome della Provincia (e l'Accordo di Parigi ulteriormente specifica che deve trattarsi di un regional power ), e che si nell'ambito delle attivit proprie dello Stato. Deve quindi essere salvaguardato appieno il potere dello Stato di organizzare le proprie attivit, a seconda delle mutevoli esigenze della collettivit nazionale (la quale, tra l'altro, va divenendo porzione di una collettivit europea). Comunque, la telenovela delle tabelle in questione dovrebbe ora esaurirsi: proprio in considerazione della sentenza in rassegna stato raggiWto un concorde orientamento a delegificare le tabelle stesse, e conseguentemente in tal senso ha disposto l'art. 2 del d.lgs. 6 luglio 1993 n. 291. (F.F.) PARTE I, SBZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE riforme organizzative della pubblica amministrazione, anche nel senso della privatizzazione di servizi pubblici. Data questa premessa, inevitabile la conseguenza che, ove una legge sottragga un pubblico servizio all'amministrazione diretta o indiretta dello Stato per affidarlo in concessione a societ private, l'organico del personale di tali societ, la cui libert di organizzazione del lavoro garantita dall'art. 41 primo comma Cost., fuoriesce dall'ambito normativo dell'art. 89 dello statuto speciale, concernente esclusivamente i ruoli del personale degli uffici statali (nel senso ampio dell'art. 8 del d.P.R. n. 752 del 1976) in provincia di Bolzano. In ordirie alla soppressa Azienda di Stato per i servizi telefonici la detta conseguenza non implica un effetto abrogativo (in senso tecnico) della tabella n. 14 allegata al decreto, illegittimamente disposto senza l'osservanza della procedura indicata dall'art. 107 dello statuto. Altro restringere il campo di applicazione di una norma con una legge modificativa della fattispecie normativa che escluda una categoria di soggetti dalla cerchia dei destinatari (ci che nel nostro caso non accade), e altro incidere non sulla fattispecie astratta, ma sulle condizioni fattuali di concretabilit della medesima. Il secondo caso estraneo alla previsione del citato art. 107. La legislazione di riforma della pubblica amministrazione vincolata a far salve le attribuzioni dell'autonomia provinciale solo nella misura in cui le nuove forme organizzative e gestionali rientrino nelle rispettive fattispecie normative. Pertanto, la questione dibattuta dalle parti in causa, se le tabelle allegate al d.P.R. n. 752 del 1976 siano fonti di diritto di rango pari a quello delle norme di attuazione dello statuto, irrilevante ai fini del decidere. La legge n. 58 del 1992 non ha abrogato la tabella concernente la cessata Azienda di Stato per i servizi telefonici, ma piuttosto ha rimosso il presupposto di fatto per la sua applicazione: la tabella divenuta inapplicabile per 1a stessa ragione pet cui alle societ concessionarie del servizio, in quanto persone giuridiche private, non applicabile l'art. 89 dello statuto. Infondata pure la doglianza relativa al comma 3 dell'art. 4, che attribuisce al personale addetto ai servizi affidati in concessione alla societ di cui all'art, l, comma 1, il diritto di opzione tra il mantenimento dello status giuridico di dipendente pubblico e il rapporto di lavoro privato alle dipendenze della societ e delle altre concessionarie..Second la ricorrente il passaggio del personale optante ad altre amministrazioni avverrebbe al di fuori dei ruoli locali ex art. 89 statuto speciale per il Trentino-Alto Adige e art. 8 d.P.R. n. 752 del 1976 , cio mediante la creazione di posti in soprannumero. Al contrario, come precisa la disposizione in esame, i trasferimenti dei dipendenti optanti saranno attuati in conformit delle procedure di mobilit nell'ambito delle puti.: bliche amministrazioni utilizzando i posti di ruolo disponibili, e quindi, 302 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO per quanto attiene alla Provincia di Bolzano, saranno effettuati nelle piante organiche locali delle amministrazioni statali col rispetto delle aliquote riservate ai gruppi linguistici e subordinatamente al possesso da parte degli interessati dell'attestato di conoscenza delle due lingue. Manifestamente insussistente , infine, l'asserita violazione dell'art. 100 dello statuto di autonomia, nel cui ambito normativo sono compresi, a differenza dell'art. 89, anche i concessionari privati di pubblici servizi operanti nel territorio della Provincia. La legge denunciata non tocca questa norma, in forza della quale la societ di cui all'art. 1 e le altre concessionarie sono soggette al principio del bilinguismo secondo la disciplina degli artt. 1 ss. del d.P.R. n. 752 del 1976. CORTE COSTITUZIONALE, 4 giugno 1993, n. 266 -Pres. Casavola -Red. Baldassarre -Commissario dello Stato per la regione Sicilia (avv. Stato G.O. Russo) e Regione Sicilia (avv. Torre). Corte costituzionale -Ricorso avverso delibera legislativa regionale -Violazione dell'art. 97 Cost. -Prospettazione delle finalit della delibera e del contesto di politica economica -Ammissibilit della censura. Sanit -Aumento di organici del personale -Messa a disposizione delle Universit -Competenza legislativa della Regione. Sicilia . Competenza legislativa di attuazione Compatibilit con Io Statuto speciale. ammissibile la censura nella quzle, per sostenere la violazione del principio del buon andamento (arf. 97 Cast.) ed in particolare la irragionevolezza di una scelta fatta dal legislatore regionale, si considerano le finalit della legge contestata ed il quadro di politica economica entro cui essa si inserisce (1). (1-2) La prima massima evidenzia l'ampiezza del sindacato della Corte sulle disposizioni legislative regionali; del resto, rarissima stata la proposizione della questione di merito davanti alle Camere. Giova altresi segnalare la utilizzabilit della ragionevolezza anche con riguardo all'art. 97 Cost. oltre che con riguardo all'art. 3 Cost.). L'ultima massima -che conferma precedente pronuncia della Corte presenta notevole interesse in questi giorni (fine 1993), nei quali una legislazione statale sovrabbondante e perci non adeguatamente meditata sembra aver perso di vista alcuni punti di riferimento. Non di rado, per celare la omissione di doverosi approfondimenti, si fanno salve -con formule generiche -competenze regionali previste dagli Statuti e dalle relative norme di attuazione anche laddove tali competenze o non sussistono o sono modellat in modo non coerente con la formula di salvezza ; oppure addirittura -in assenza di competenze regionali od in presenza di competenze PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 303 Pbch la legislaziOne statale rende possibile la utilizzazione delle strutture delle U.S.L. da parte delle Universit per esigenze di ricerca e di insegnamento, si deve rionoscere alla Regione la competenza ad aumentare gli organici del personale di dette $trutture, ancorch al fine della messa a disposizione delle --Universit. L'art/47 della tegg'e n. 833 del 1978 riprtisce la competenza legislativa tra Stato e Regioni dmndando a queste ultime soltanto una competenza di attuazione ai sensi dell'art. 117 ultimo comma Cost. Questa regola di riparto opera anche nei confronti della Regione Sicilia, ancorch lo Statuto di. esso non preveda espressamente una competenza legislativa d attuazione (2), Con ricorso rgolarmente notificato e depositato il Commissario dello Stato per la Regione siciliana ha sollevato distinte qustioni di legittimit costituzionale nei confronti della legge regionale, apptovata dall'Assembea siciliana il 23 dicembre 1992, dal titol Norme integrative dlla legge regionale 27 maggio 1987, concernente nuove norme in materia di personale e di organizzazione dei servizi delle Unit sanitarie locali norme in materia di personale dell'Istituto materno infantile del policlinico dell'Univetsit di Palermo. Secondo il ricorrente, tale legge, nei suoi singoli articoli, si porrebbe in contrasto con gli artt; 3, regionali solo concorrenti -si in~eris~ono disposizioni di qualificl!lzione della legge come. di principio o di riforma economico-sociale. Cos, ad esempio, l'art. 20 del decreto legislativo 7 dicembre 1993 n. 517 e l'art. 12 cott.inla 9 (secondo periodo) della legge 24 dicembre 1993 n. 537 recano una (identica e quindi duplicata) disposizione palesemente erronea rispetto ai parametri statutari. Per la materia igiene sanit, tutte le Regioni a statuto speciale e le Province di Trento e cli Bolzano hanno solo una competenza concorrente (art. 9 n. 10 dello Statuto Trentino-Alto Adige, art. 4 lett. i dello Statuto Sardegna, art. 17 lett. b Statuto Sicilia, art. 5 n. 16 Statuto Friuli Venezia Giulia, e art. 3 lett. e Statuto Valle d'Aosta). Dunque, i predetti enti ad autonomia differenziata in realt non si differenziano dalle Regioni_ a .statuto -ordinario per quanto attiene. alla materia sanit . D'altro canto, parte degli articoli _richiamati nel comma 2 dell'art. 19 del d.lgs. n. 502 del 1992, come era sostituito, concernono argomenti che sembrano non di competenza regionale; ci vale palesemente per l'arL l, commi 1 e 4, per l'art. 11, per l'art. 12 e per l'art; 17 del d.lgs. 30 dic;embre 1992 n. 502, come modificato dal d.lgs. 7 dicembre 1993 n. 517, e pu valere anche peX: altre delle disposizioni ivi richiamate. N pu reputarsi che il predetto comma 2 (o l'art. 12 comma 9 pure citato) abbiano mdificato gli Statuti speciali, abbiamo promosso a primaria un competenza concorrente, o addirittura inte: grtiva, ed .abbiano trasferito implicitamente competeI;lZe statali agli enti ad autonoi;nie differenziate e solo ad essi. D'altro canto, il testo originario dell'art. 19 citato lasciava indeterminato ed oscuro l'effettivo significto delle parole provvedono ai sensi degli Statuti di autonomia e delle relative norme di attuazione. 304 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 51, 81, quarto comma, 97, primo e terzo comma, della Costituzione, nonch con l'art. 1.7 dello Statuto speciale per la regione siciliana,. che conferisce a quest'ultima competenze di tipo concorrente in materia di igiene e sanit pubblica (lettera b), di assistenza sanitaria (lettera e) e di istruzione media e universitaria (lettera d) e, in particolare, con i principi fondamentali stabiliti dall'art. 39 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (istituzione del servizio sanitario nazionale), dall'art. 12. del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761 (stato giuridico del personale delle unit sanitarie locali) e dall'art. 16 della legge 28 febbraio 1987, n. 56 (nonne sull'9rganizzazione del mercato del lavoro). Non fondata la questione di legittimit costituzionale che il Commissario dello Stato ha sollevato nei confronti dell'art. l, primo comma, della legge impugnata per violazione del . principio del buon andamento. della pubblica amministrazione stabilito dall'art. 97 della Costituzione. L'art. l, primo comma, della legge regionale contestata stabilisce che, .al fine di soddisfare le esigenze delle strutture e unit operative del policlinico dell'Universit degli studi di Palermo, il contingente aggiuntivo di medici e di biologi, istituito nell'ambito del ruolo unico del servizio sanitario regionale dalla legge della Regione siciliana n. 32 del .. 1987, va integrato con 206 unit di personale appartt:mente all'area Ifunzionale socio-sanitaria. Secondo il ricorrente Commissario dello Stato, ~ tale incremento si porrebbe in contrasto con le esigenze del buon anda I mento dell'amministrazione pubblica, sia perch sarebbe dettato da mo I ~ tivi di carattere meramente occupazionale anzich da ragioni attinenti al funzionamento delle strutture universitarie, sia perch comporterebbe un aumento di spesa pubblica in presenza di una congiuntura economicofinanziaria che richiede, invece, il contenimento delle erogazioni di denaro pubblico. Contro le ricordate censure la Regione siciliana ha, i innanzitutto, eccepito l'inammissibilit del ricorso, trattandosi di osservazioni attinenti al merito delle scelte politiche proprie . del legislatore e, in secondo luogo, ha argomentato per l'infondatezza delle censure stesse, ritenendo eh.e l'incremento di personale disposto sia coerente tanto con il programma di ristrutturazione iniziato con la precedente legge n. 32 del 1987, quanto con le esigenze di funzionalit manifestate dal Ministro dell'universit e della ricerca scientifica con specifico riferimento al numero dei dipendenti del policlinico dell'Universit di Palermo. L'eccezione d'inammissibilit formulata dalla Regione siciliana non pu essere condivisa, poich il riferimento operato dal ricorrente alle finalit sociali della legge contestata e al quadro di politica economica nel quale s'inserisce la legge medesima indubbiamente funzionale al tentativo di dimos_trare l'asserita violazione del principio del buon andamento e, in particolare, la pretesa arbitrariet o irragionevolezza della J , PARTE I; SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE scelta effett\lat{l 4111 legislatore regionale in vista del persegubnento di obiettivi di efficienza e di razionalit operativa. Quel riferimento, in altri t<1rJJ1ini, .. necessario al fine . di. mettere in luce l'esistenza di e:ventuaH siJ;:tton; di irragionevolezza. delll!l. .. c:lisposizione contestata; a,. Jn. effetti, corrisponde al consolidato orientamento di questa, Corte.; :rjte:i;iere . che, al. fine c:li accertl:J.re J'aase:dta violazione del principjq del bu~:>n andan: le)lt.o. cl.ella. J?1lbbli1;1; amm~:ni~trazio.e (art. 91 :della ,q5tituzione ), oc cor::re 4im9strare la patese arbit:rariet <> la i:.anijesta irragionevolezza della disposizione contestata. in .. r!i)lazione al r:i.spetto del valore .. dell'efficfenza .e:1:iJwJ1. 250 del 1:9~3). $otto quesfultimo: prQfilo; non pu essere. accolta la prospettazione del Commissario dello : Stato relativa alla pretesa yiolazione dell'art. 97 della Costituzi-0ne, poiM 111 clisposizione contestata; no11 ris.lta manifestamente irragionevoie.; un11 .volta che si con$ideri che,. avenclo istit.ito la .prece4ente legge,. regionaie n. 32 del 1~81 .n,. con,1ingente aggiuntivo di 2SQ unit, composttj c:la 244 medici e da, 6 biqlog~, non pu ritenersi arbitrario un. ampli11ment9 u,on an4arnento degli uffici e degli . istituti. universitari . ammette . implicitamente: l'insufficienza della pianta organica del predetto policli.ico, l'eventuale con trasto con le finalit esplicitamente addotte .dal legisl11tore e, in tal caso l'eventuale illegittimit dL quelle effettivamente. perseguite, debbono avere a proprio fonc\amento dati certi e inequivoca,pili, cll.e in ipotesi non dato riscontrare. Del pari non fondata la questione che il ricwrente ha sollevato nei '.confronti dell'rt.. 3, primo comma, della legge. regionale contestata;. perviolazione deprincipi foildamentali.pre.visti dall'art..17 dello Statuto speciale per la Regione siciliana come limite all'esercizio della competenza legislativa di tipo concorrente. L'articolO. impugnato stabilisce che al fine di garantire la continuazione della gestione sanitaria, e .tecnica e.. amministrativa dell'istituto materno infantile del poli:clinico dell'universit degli studi di Palermo, il contingente di cui all'art. 1 altres incrementato di n. 39 unit, di cui 16 medici specialisti, 13 biologi e 10 teunici-amministtativi . Secondo il Commissario dello Stato, tale disposizione risulterebbe contrastante 306 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO con i princ1p1 informatori deducibili dall'art. 39 della legge n. 833 del 1978, quali presuppongono che alle regioni affidata la disciplina del l'assistenza sanitaria, e non gi della ricerca, mentre l'istituto beneficiari dell'incremento di personale contestato opererebbe nel campo del" l ricerca scientifica. I rilievi di" legittimit costituzionale sollevati dal Commissario dello Stato non possono essere condivisi, considerato che l'ampliamento della pianta ;organica in contestazione espressamente finalizzato dalla disposizione impugnata alla garanzia della continuazione della gestione sanitarla, tecnica e amministrativa di un istituto che, proprio al fine anzidetto, risulta convenzionato con la Regione siciliana ai sensi dell'art. l della legge regionale 27 luglio 1988, n. 12, articolo adottato in attuazione dell'art. 39 della legge n. 833 del 1978. A parte i dubbi che si potrebbero nutrire sull'attuale vigenza dell'art. 39, appena citato, in presenza dell'art. 6 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, certo che tanto l'Uno quanto l'altro sistema legislativo mirano a stabilire strumenti di raccordo fra le universit statali e le regioni al fine di coordinare' le rispettiVe funzioni istituzionali (rierca scientifica assistenza sanitaria). E se; in virt di tali mezzi di raccordo, si deve render possibile l'utilizzai;ione delle strutture delle unit sanitarie lo cali da parte degli istituti universtari per esigenze di ricerca e di insegnamento, no stesso modo dev'esser garantito l'apporto alle attivit assistenziali dei predetti istituti in vista della realizzazione degli obiettivi della programma.Zfone sanitaria regionale. E' nell'ambito di quest'ultimo principio che si colloca, senza contraddirfo, la disposizione contestata. Nel provvedere a un aumento di personale di un'unit Sanitaria locale al fine di metterlo a disposizione di un istituto universitario che collabora all'erogazione delle attivit assistenziali di conpeten:la regionale, l'art. 3, primo ::omtna, della legge impugnata non lede alcuno dei principi fondamentali posti dalle norme statali invocate, considerato che non pu negarsi la competenza della Regione siciliana a porre in essere una disciplina sull'organico di personale che, bench messo a disposizione di istituti universitari, adibito a compiti di assistenza sanitaria. Meritano, invece, l'accoglimento le censure che il Commissario dello Stato ha sollevato nei confronti dell'art. 2 e dell'art. 3, secondo comma, della legge contestata. L'art. 2 prevede che in sede di prima applicazione della presente legge, alla: copertura dei posti di cui all'art. 1, l'unit sanitaria locale n. 58 di Palermo proceder mediante utilizzo della graduatoria degli idonei' del concorso pubblico per esami a posti di agente socio-sanitario indetto dall'Universit degli studi di Palrmo con decreto rettoriale del 22 ottobre 1986, n. 90 e successive modificazioni. L'art. 3, secondo comma, della stessa legge stabilisce che in sede di. prima applicazione O'Z zfonahuente ltegitfiXlo poich> si pone in dihett ~oiltt~st~ con l'art. 16 :f~e~~~ti~~ ff:Z1:lc;:~:z~~~~~:ii~~6::t~~=~~:f;~fe:~; ;!e!!~~.a.:~ PJ:'imo <:!t:imn;ia; l'utilizzazione delle liste dj collocarri:ento< aifini della se J~iiQn CJel pts6riale d asswnre>ni posti per la cui copertura non ~ 'icillesto un tlfolb dL stu~p. ~perlore a quello . (Jella scuobt dell'obbligo . (v., .. ancora~sl1t.n. 484de1...1991); .Delresto, rton.in,utlle.. ricordare .he;'al:'dilᥥgeno s},1cifii:lo. tiit:itivtf d'illegittimit ora.i11ustrato;.costi t.:isce t;l.11 ptj..ipfo/dl phblico impiegq iLdivietp di utiliizare fa graduatria cU idonei .di un>precedente . concorso in relazione a posti isti tuiti. '().. tt:asforll1Mi a,ucessivsse, la selezione. per nuovi: posti non avrebbe ;pi, l:cEsostanza~ un:carilttere cohcorsuaie; maaquisterebbe r tratti di. un'assunzione '. ad'pers6ni).m;. A.ila stesso modo, deve considerarsi ostituzionalmente illegittimo anche>l'art: 3i secondo comma; della legge impugnata/ il quale autoriz~ za;'corrie 's' gi 'precisato, il bhdodiun conorso riservato ai c;d; trien nalisti per/la prima applicazione della medesima. 'legge .. Questa disposizione, infatti; si pciile 'iri diretto contrasto..con l'art; 47,. quarto comma, n. 4;:'della legge: n; 833gabili -:Decreto. del . l\llinistro della . sanit . Non invade la compe tenza regionale. Sptta allo Stato l potere di includere con decreto del Ministro della sanit& i trapianti d'organo, incluso il coordinamento dei prelievi mul' tiorganici ai fini. trapianto;. fra le attivit considerate di alta specialit Spetta allo Stato 'il potere di individuare con decrto del Ministro della sanit la dotazione obbligatoria e le funzioni erogabili dalle strutt~ re di lta spdatit. La' Regione Pienfoi:lte ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione. al decreto del Ministro della sanit 29 gennaio 1992 (elenco delle alte specialit e fissazione dei requisiti necessari alle strutture sanitarie per l'esercizio delle attivit di alta specialit); deducendo che gli artt. 1 e 5 e gli allegati A e B contenuti nello stesso decreto sono lesivi delle competenze attribuite alla regione in materia di assistenza sanitaria dagli artt. 117 e 118 della Costituzione, come attuati dalla legge 2 dicembre 1975; Il 644 (Disciplina dei prelievi di parti di cadavere a scopo di trapianto terapeutico e norme shl prelievo dell'ipofisi da cadavere a scop di produzione di estratti ad uso terapeutico). In particolare, la ricorrente contesta: a) l'art. 1, n. 7, che, nell'in dividuare le attivit di alta specialit, vi ricomprende anche !'atti~ vita di trapianto di organo, incluso il coordinamento interregionale dei prelievi multiorgano a fini di trapianto >r; b) l'art. 5, n. 8, che, nel l'individuare le strutture di (< alta specialit e i relativi bacini di uten za, ricomprende tra le prime anche il coordinamento interregionale trapianti ,~, rinviando la determinazione del bacino di utenza a un suc cessivo decreto attuativo della legge 13 luglio 1990, n. 198; c) le dispo szib:tti, cori.tenute al punto 8 degli allegati A" e B , concernenti, PARTE I;..SE:Z. :i;, GlURISPRUD!lNZA .COSTIIUZIONALB rispett~vamentei .ma sellll?re con . riferimento al cpordnatnento inter, r(lgionalf:l. dei trnpianti d'organo, sia la detf:lrminazione della dotazio, ne Qbbligatoria >di se;ntizi e f\ul;zjpni .. erogabili dalle . strutture ..di alta spedalit, .e. atthrit affini. e colpplementari ad. esse bbligatoriamente <::()llegatr , .. sia li;\ . definizione lel~ $ 4otazi\Jne . e . spt:c;inc~e partioolari aggil111tiV:e rispttq a qutillediJ>ase {ei servizLanaloghl, . inerelti i .posti l!:ltt1:>; Je tecn<:>J<:>git: e le attrezzat\lre delfo . strutture.. db 1,1lta specialit . Ilric(>rso .n.0,n pu essere accolto . l prpfili di lesivit delle proprie competem;e prospettatt lalla ricorrentlili mu<>vono.dalla considerazfone che, avendola legge ~ 644del 197$ atm'bul.to al!e regic::miv la . potest di . individuare i centri. regionali e .interrf:lgionali di riferimento per i trapianti di organo, con:tra$tereb'be i::on. tale assegnazione di competenza un .intervento dello. Stato, come quello previsto daldecteto impugnato, vlto a discipllm'e i . .centri s<>pra indfoati, SlffattOi ssunto non pu<) .e~sel co;n:di:viso. . . Ouesta Corte Cv. sentenze ;nn;. 461e.. 55Q dl 1990) ha gi. affermato che nella materi;it esaminata la legge n 644 del 1975 (art 13) ha affidato ll~.regioni. sia le oompe:tenze... relative alla promozione della costituzione dei centri regionali o interregionali. di riferimento, aventi .. il compito di individare i .soggettLidonei a ricevere l'organo da trapiantare e di effettuare le. operazioni e gli accertamenti necessari per il compimento del trapianto/ sia .i poteri concernenti le attivit operative diorganizzazion e di er<>gazione dei relativi servizi. N l'una, n l'altra attribuzione risultano incise dal decreto ministeriale:impugnto> poich quest'Ultimo, ancorch con efficaia per ora Umitat ai soli trapianti renali . (art, 7; primo.comma; seconda parte}, provvede, in puntuale attuazione dell'art. 5;>secondo e terzo comma, della legge .23 ottobre 1985, n: 595; per un verso, a includere nelle alte specialit i trapianti di organo e a ricomprendere nella relativa disciplina il coo:t'd:i;namento interregionale dei .prelievi multiotgano . aJ. .. fini. del trapianto .e, .Peraltro verso; si limita a individuare . la/dotazi.one.. obbligatoria delle strutture di alta specialit w, Pi in particolare, per quel che concerne il primo dei profili appena detti, occorreosservar.e che gli artt.l, n. 7, e 5, n'. 8,del decreto inipuJt#ato.. non comportarlo akun& . lsiOn .delle c()mpetel1ze regionali attfoenti alla ptortxzicine ~11a ostituiiorte defcntd Tgionali .o interregionali . alle consgueii :furizioni otgallizzatv . e operative, dal. momento .che l'inclusione in via :genetalizzatadi questi ultimi tra le strutture cii alta specialit non

1ottobre1969 n. 742 (sulla sospensione fei;iate ~ei .termini .processuali), che non prevede espressamente . .anche la sospensione. dei . termini per agil'e jn gittdizio che $iano stabiliti;. a/pena di . decadenza; da disposizioni. di carattere sostanziale. Non mancano precedenti in argomento. Si vedano: Corte. Co!t. sent 13 febbraio 1985 n' 40 (in Faro n, 1988~ : k 2473) la quale ba. c.tichiarli\to l'illegittimit costituzionale . dll'ad; 1 della legge 742 delne di questi principi ha concorso a determinare una complessiva rimeditazione interpretativa da parte della giurisprudenza ordinaria, che ha seguito anche le sollecitazioni di . parte della dottrina. Si cos pervenuti ad una ricostruzione della portata normativa dell'art. 1 della legge n. 742 del 1969, tale da superare l'esigenza di ulteriori pronunce ...di .illegittimit. costituzionale, dirette ad inserire via via altre singole fattispecie nel contesto della stessa disposizione. I pi recenti orientamenti della giurisprudenza ordinaria muovono in una prospettiva interpretativa, in precedenza seguita dalla sola giurisprudenza amministrativa, secondo la qu.ale la locuzione termini processuali , ai fini della sospensione nel periodo feriale, comprende anche i brevi termini di decadenza fissati per la proposizione dell'atto introduttivo del giudizio. Si deve pertanto constatare come sia divenuta dominante, anche nella . giurisprudenza relativa al processo civile, una lettura della disposizione sottoposta al vaglio di legittimit costituzionale che offre una che la sospensione ivi prevista si applichi anche al termine di 30 giorni di cui all'art. 1137 cod. civ. per l'impugnativa delle delibere dell'assemblea condominiale. Con riferimento al caso di specie, va ricordato che lo stesso art. 80 legge 27 luglio 1978 n. 392, che nella sua originaria formulazione sottoponeva l'azione di risoluzione del contratto di locazione per mutamento di destinazione d'uso dell'immobile al termine decadenziale di tre mesi dalla sua conoscenza da parte del locatore, ovvero un anno dal mutamento medesimo, era gi stato censurato dalla Corte Costituzionale. Questa, infatti, ton la sentenza 18 febbraio 1988 n. 185 (in Foro It., 1988, I, 1739) aveva affermato l'illegittimit della norma per contrasto con l'art. 24 Cost., nella parte in cui disponeva che la decadenza dall'azione avvenisse comunque entro un anno dal mutamento di destinazione , ritenendo che siffatta previsione impedisse un esercizio effettivo della tutela del locatore contro gli abusi posti in essere dal conduttore. Nella sentenza in esame la Corte Costituzionale partita dal presupposto che la lettura dell'art. 1 anzidetto, quale emerge dall'indirizzo giurisprudenziale sopra riportato, costituisca ormai diritto vivente , .e pertanto, contrariamente ai precedenti citati, ha, con sentenza interpretativa, dichiarato la infondatezza della questione sottoposta al suo esame. (V. Russo) PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 313 pm ampia e comprensiva nozione di termine processuale, tale da non limitarne la portata nell'ambito del compimento degli atti successivi all'introduzione del processo, ma idonea invece a comprendere il ristretto termine iniziale entro il quale il processo deve essere introdotto, quando ia proposizione della domanda costituisca l'unico rimedio per la tutela del diritto che si assume leso. Questa nuova. lettura della disposizione ha portato la Corte di cassazione ad affermare che soggetto alla sospensione nel periodo feriale il termine di trenta giorni previsto dall'art. 2527 del codice civile, a pena di decadenza e senza rimedio alternativo, per l'impugnazione giudiziale della delibera di esclusione del socio dalla cooperativa. Si , quindi, in presenza di una ricostruzione del sistema normativo che adegua la lettura della disposizione denunciata al principio costituzionale di garanzia del diritto di agire in giudizio. Ne risulta una interpretazione del tutto appropriata anche al termine di tre mesi previsto dall'art. 80 della legge n. 392 del 1978 per la domanda giudiziale che il locatore pu proporre come unico strumento per chiedere, . evitando la decadenza, la dsoluzione del contratto, quando il conduttore abbia adibito l'immobile ad un uso diverso da quello pattuito. La corretta interpretazione della disposizione denunciata, nei sensi sopra indicati, consente di ritenere non fondata la questione di legittimit costituzionale sollevata dalla Corte di cassazione. CORTE COSTITUZIONALE, 4 giugno 1993, n. 269 -Pres. Casavola -Red, Pescatore Pozzoli e Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Ferri). Bellezze naturali -Protezione Vincolo paesistico ed ambientale Opere eseguite in zona vincolata -Sopravvenienza di autorizzazione paesistica e di concessione edilizia in sanatoria Applicabilit delle sanzioni Legittimit costituzionale. Cost., art. 3; legge 27 febbraio 1985 n. 47, art. 20; legge 8 agosto 1985 n. 431, .art. 1 sexies). E infondata la questione di legittimit costituziOnale dell'art. 1 sexies aggiunto al decreto legge 27 giugno 1985, n. 312 dalla legge 8 agosto 1985 n. 431, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, laddove detta disposizione punisce anche gli interventi per i quali siano sopravvenute autorizzazione paesistica e concessione edilizia in sanatoria. (1) (1) Chiamata nuovamente a pronunciarsi sulla legittimit costituzionale dell'art. 1-sexies della legge 8 agosto 1985 n. 431, la Corte conferma l'orientamento gi espresso con l'ordinanza 27 novembre 1991 n. 431 (in Foro It., 1992, I, 298) e con la sentenza 24 febbraio 1992 n. 67 (in Foro It., 1992, I, 2061), nel 314 . RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO L'art. 1-sexies aggiunto al d.r. 27 giugno 1985, n. 312 della 1egge di conversione 8 agosto 1985, n. 431 viene impugnato per violazione del~ l'art. 3 della Costituzione, sotto il profilo della irragionevolezza, con riguardo al trattamento punitivo che deriva dal rinvio fatto. dalla norma alle sanzioni previste dall'art. 20 della legge 28 febbraio 1985, n. 47. Per effetto di tale disciplina, si osserva, viene punito con severe sanzioni nche il fatto che non lede pi alcun interesse sostanziale, per essere intervenuta l'autorizzazione paesistica. In secondo luogo, mentre per le violazioni edilizie di cui all'art. 20, lett; ), della legge n. 47 del 1985 la concessione in sanatoria estingue il reato, ci non previsto per la violazione dell'art. 1-sexies. In relazione ad entrambi i profili considerati la questione va dichiarata infondata. Con riguardo alla censura relativa al sussistere del reato, pur in presenza dell'autorizzazione in sanatoria successivamente concessa, va richiamato quanto si gi statuito con sentenza n. 67 del 1992. La Corte ha infatti affermato che la legge ha introdotto vincoli paesaggistici generalizzati, la cui ratio sta nella valutazione che l'integrit ambientale un bene unitario, il quale pu risultare compromesso anche d interventi minori. Non pu quindi ritenersi irrazionale -statuiste la sentenza -che vengano sottoposte a sanzione penale tutte le modifiche e alterazioni attuate mediante opere non autorizzate, indipendentemente dalla presenza e dalla entit di un danno paesistico concretamente sussistente nel caso specifico. Infatti, come viene affermato dalla giurisprudenza ordinaria di legittimit, il reato previsto dall'art. 1-sexies ha carattere formale e di pericolo, proprio perch il vincolo posto su certe parti del territorio nazional~ ha una funzione prodromica al suo governo . Tali valutazioni, che hanno indotto alla dichiarazione di infondatezza della questione relativa alla applicabilit delle sanzioni al compimento di qualsiasi opera non autorizzata in area sottoposta a vincolo, giustificano altres la dichiarazione di infondatezza della questione relativa alla sottoposizione a sanzione penale di opere non autorizzate al tempo dell'esecuzione, pur se successivamente autorizzate in sanatoria. Il pretore di Sondrio trae ulteriore motivo di irragionevolezza della norma imp'Ugriata' dal raffronto con .la disciplina prevista dall'art. 20 della legge 28 febbr:,iio 1985, n. 47, per le violazioni alle norme edilizie. senso della legittimit della norma nonostante la previsione di una identica sanzione penale per condotte di diversa gravit, ci giustificandosi in relazione alla rilevanza sociale del bene-ambiente, ed all'esigenza di preservarlo da danni irreparabili. Da ultimo, Corte Cost., 29 marzo 1993 n. 121, in questa Rassegna, 1993, I, 29. (V.R.). PARTE I, SEZ, 1, GIURISPRUDENZA COSTITVZIONALE 315 .. Rileva . irtfatti .che in relazinli( a queste ultime . vi-0lazioni la suces-' $iva cortessione in sanatoria estingue il reato, mentre ci non previsto per Je 'opere eseguite in violazine dei vincoli paesaggistici; ~er contro; la diversit di scopi, di presupposti e. di oggetto dei due '0mp!essi normatlvi non consente di. porre utilmente a raffront. singole pt:evlsoni contenute negli stessi. Tanto pi che, come si . gi affe:rma~o l)roptfo con ;riferimento all'art. 1-sexies (sent~nza n. 122 del 1993Ji l'ai:::oenfoata severit di trattamento che pu risltare daIIa norma ,ftrova gillstificaziorie nella entt social dei beni protetti e nel carat~ iere genrale, ini:tnedfato: e intef'inale della tutel he la legge ha inteso appt:estare; dif~nte alla urgente nece$$it di comprimere comportamenti tali daprdm:re all'integrit ambientale danni gravi e talvolta irreparabiliȥ < La gi "richiamata sentenza n. 122 del 1993 precisa anche che la sttuizione resa sulrart. 1-sexies (( si fonda sui poteri attribuiti a questa Corte, cui' spetta. non gi vab1tare nel merito le scelte fatte dal legisla, tote per la> dsdpli:na della ' repressione . penale, ma considerare le me~ desinie sdtto il profilo della ragionevolezza . Neltesercizio di questo potere la Corte ha gi pronunciato ripetute dichiarazioni di info;ndateilZZa delle questioni di legittimit costituzionale sollevate con riguardo all'art. 1-sexies (sentenze nn. 122 del 1993; n; 67 del 1992; ordinanza n;43:1 del 1991). Essa peraltro non ha mancato dL precisare di rieonoscere congruit e ragionevolezza alla disciplina anche''n: relzione .. al. suo palese carattere interinale. Non pu .negarsi infatti che l'applicazione della normativa sulla protezione ambientale abbia post .in evidenza alcuni problemi, segnalando in pa:rtico!are l'opportunit di definire le previsioni sanzionatorie ili modo che consentano dLdiscriminare meglio il trattamento punitivo in relazione alla effettiva gravit dei fatti. 1S: dunque auspicabile. che, tenuto conto dell'ormai prolungata vigenza della disciplina, il legislatore provveda ad un adeguato rie$ame dlla stessa aIIa luce delle.questioni che via via si sono andate ponendo. CORTE COSTITUZIO,N,A.LE., sent. 4 giugno 1993, n. 271 -Pres. Casa.vola . Red, tvUrabelli -Rizzelli t!d altri c. Presidenza del Consiglio dei Mi, ~i!ltri (a"\TV. Stafo G,. ~usso). Lcazi()I Jmmobil urbani adibiti ad uso non abitativo Disciplina tran . . sitoria ex art; 69 fogge 27 luglio 1978 n. 392 Indennit per la perdita . dell'avviamento cori:unrciale Indennit determinata dal giudice di primo grado Eseguibilit del provvedimento di rilascio . .(Co~t., art. ,l; legge 27 luf!;lio 1978, n. 392, art. 69; d.!. 30 dicembre 1988, n. 551, con vertito con legge 21 febbraio 1989, n. 61, art. 9).. . L'esecuzione del provvedimento di rilascio relativo ad un immobile adibito ad uso non abitativo, previa cotresponsione della indennit per --~ :.-:o 316 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO la perdita dell'avviamento commerciale, determinata dal giudice in primo grado e salvo conguaglio, ai sensi dell'art. 9 d.l. 30 dicembre 1988 n. 551, II conv. con legge 21 febbraio 1989 n. 61, consentita anche ove si tratti di rapporto locativo sorto anteriormente all'entrata in vigore della legge 27 luglio 1978 n. 392 e la relativa indennit sia quantificata ai sensi dell'art. 69 di tale legge. Il pretore di Lecce dubita della legittimit costituzionale dell'art. 69 della legge 27 luglio 1978, n. 392, nella parte in cui la disposizione, inserita nel conte$to della disciplina tran$itoria delle locazioni di immobili urbani, non prevede che il provvedimento di rilascio possa essere es& guito quando sia stata corrisposta l'indennit per la perdita dell'avviamento commerciale, determinata con sentenza di primo grado e salvo conguaglio all'esito del giudizio. L'esecuzione sarebbe, difatti, consentita per i contratti stipulati successivamente alla entrata in vigore della legge n. 392 del 1978 (in forza clell'art. 9 del decretcrlegge 30 dicembre 1988, n. 551, che ha aggiunto un. comma all'art. 34 della legge n. 392, relativo alla disciplina dell'indennit per la perdita di . avviamento da applicare ai contratti a regime), mentre non sarebbe permessa, alle stesse condizioni; per i contratti sottoposti alla disciplina transitoria, non essendo stato modificato l'art. 69 della legge n. 392 del 1978, che si riferisce .ad essi. Ne deriva, ad .avviso del giudice rimettente, un'irragionevole dispa I rit di trattamento nella regolamentazione delle condizioni per l'esecu zione del provvedimento .di rilascio di un immobile locato, e quindi un I contrasto fra la disposizione denunciata e l'art. 3 della Costituzione. L'innovazione legislativa introdotta dall'art. 9 del decreto-legge n. 551 del 1988, pur mantenendo il principio che l'esecuzione del provvedi mento di rilascio dell'immobile condizionata al pagamento dell'inden nit per la perdita dell'avviamento, ha bilanciato gli interessi tra le I parti, quando vi sia controversia in ordine all'indennit ..In tal caso il pagamento della somma pretesa a questo titolo o determinata dalla sentenza di primo grado, salvo conguaglio all'esito del giudizio, consente l'esecuzione. La nuova disciplina, formalment inserita nell'art. 34 della legge n. 392 del 1978, destinata ad integrare la regolamentazione ordinaria dell'indennit per la perdita dell'avviamento, risponde ad una finalit generale, che ricorre anche per i contratti soggetti alla disciplina transitoria. Se diversi sono i criteri di determinazione dell'indennit per le locazioni stipulate prima o dopo l'entrata in vigore della legge n. 392 del 1978, analoga nei due casi l'incidenza del pagamento dell'indennit (una volta che essa sia stata determinata) sull'esecuzione del provvedimento di rilascio dell'immobile) . .L'inserimento della nuva regolamentazione, concernente una condizione di procedibilit, nel contesto della disciplina comune dell'inden P;\RTE I, SEZ; I;GlURISPRUDEl\IZA COSTITUZIONALE l'l nit; per la ?~~ita dell'al'Viamento commerciale, pu rispondete ad esi genze : sistmaticbe. Non rispecchia, comunque, :una intenzione del. leg. slatore e1 ~sclWfere dal --relativo ambito 4i applicazione l'esecuzione del pp:;>v~4~~11to cii ruascio: quando esso riguardi immobili. locati _,_ante i,=JiJ~ii5 dell~ q#alestituzipne~ yolta _ad evitare-la di!i!Parit~, -cli-trattamento che la_. letturit restrittiva:_ della.-npt.ia. d.eter. rrdp;erel:il)e, _-. i La -aliiposizione de..1:1ziata, se-. correttamell;te _jJ;lt(;!rpretata _.nei sensi sop:i;_;:ti~Q,icati,_ nort>~-n <;01:ltt:1,t:sto cqn_ l'art.-_.3 della qstit.zione. CRTF: CO$tITUZ()NALE, iogiUgno 1993. ri..tl4. Pres. Casav9la -~ed. -s11ritos\losso ' -Liaci ed altro (a-VV. Cabibbo), E.N.A:S,A,R.C.O. {avv. . . .. :~~~i?i?o~ .Preside.t~. del Corjsiglio ~ei. Ministri (yjce avv. geri. Stato Pristo:nt--.,..penstne --dt--reversil>ilit -"' Ftglᥥniaggioretmi--wraventisefenni ---stu~entfod universitari con .reddito proprio ~Jl;sclt1$ione Q.el diritto anche.in caso di red"i#> ins.fficlente -lllegittilll;it _costituzie>nale. 0 (Cost., art 3; legge _2 febl>~io 1973, n. 12, artt. j e 7 n. -3). ----- -- -..--e :b"d;t~itbn(ltrnmtJ ieglttirno it ~()ml)inato disp(J~to-. dei --commi 3. ei n. j ef~ll;ari, zq 4~llg l~gge i f~b.~taio J973 n, -f2, ~ella v,arte in .cui pnwede fa perdita deC4iritto alla pensiOne di reversibilit per t figli niaggiorenni infraventise~enrii che frequentirio scuole o universit, quandO _a qualsiasi_ titOlo _abbiano un reddito_.proprio, .anzich_ prevedere __ che tal pnslo:ne di reversibilit sia decurtata della ntisura di tali reddito p(ojJria (1>~- -(1) L'ultima parte della sentenza reca un invito al legislatore ad adeguare l normativa esaminata all'art. 34 comma -terzo -Cost. 318 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Dai Pretori di Lecce e di .Pescara stata sollevata questione di legittimit costituzionale del combinato disposto di cui all'art. 20, terzo e settimo comma, numero 3, dell'art. 20 della legge 2 febbraio 1973, n. 12 (Natura e compiti dell'Ente nazionale di assistenza per gli agenti e rappresentanti di commercio e riordinamento del trattamento pensionistico I ~ integrativo a favore degli agenti e dei rappresentanti di commercio), nella prte in cui esclude il diritto alla pensione di reversibilit E.N.A. S.A.R.C.O. per i figli maggiorenni infraventiseienni che siano iscritti ad un corso di studi universitari (Pretore di Lecce) ovvero anche di scuole professionali (Pretore di Pescara), quando a qualsiasi titolo abbiano un reddito proprio, ancorch insufficiente per le necessit di vita e di mantenimento, in riferimento agli artt. 3 e 34 della Costituzione (secondo parametro invocato soltanto dal Pretore di Pescara). (omissis) La questione di legittimit costituzionale, oltre che ammissibile, appare meritevole di accoglimento. Come primo approccio, potrebbe rilevarsi che l'espressione della norma impugnata circa la condizione negativa della mancanza di un reddito proprio non pu essere intesa in senso assoluto, dal momento che lo stesso carattere integrativo della pensione E.N.A.S.A.R.C.O. rispetto a quella prevista dalla legge n. 613 dei 1966 -non esclude, ma anzi contempla la possibilit della coesistenza di detta pensione con altro seppur modesto introito pensionistico. Deve inoltre considerarsi che per altre affini categorie di orfani (di guerra e dei dipendenti pubblici), le corrispondenti norme (art. 70, primo comma, d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915; art. 85, secondo comma, d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092) ritengono nullatenente anche chi risulti titolare di redditi minimi, nella misura in cui questi non sono assoggettabili all'imposta sul reddito delle persone fisiche. E lo stesso legislatore tributario considera viventi a carico anche i familiari con redditi propri inferiori ad una certa misura. D'altro lato, in una precedente occasione stata messa in rilievo la valutazione operata dal legislatore della dedizione agli studi da parte degli orfani quale indice presuntivo della sussistenza della situazionf' di bisogno degli stessi (sentenza n. 366 del 1988). Ma questa Corte ritiene che l'accoglimento della questione di costituzionalit discenda soprattutto dalla ratio sostanzialmente analoga a quella posta alla base della pronuncia di accoglimento contenuta nella sentenza n. 145 del 1987 -pur senza negare le indubbie differenze tra i due casi -secondo cui il contrasto con i principi dell'art. 3 della Costituzione va ravvisato nell'incoerenza intrinseca della disposzione che, mentre riconosce il diritto alla pensione di reversibilit nel presupposto della vivenza a carico di figli economicamente non autonomi, esclude poi dalla titolarit di questo diritto quei figli che, non possedend redditi sufficienti a renderli autonomi, neppure sono in grado di PARTE I, . SBZ. I, GIURISJ'RUDBNZA COSTITUZIONALE 31:9 procurarseli a motivo della. condizione.di inabili ovvero (come nel presente caso) della loro dedizione agli studi. La rilevata illgicit si riscontra altres nel fatto che la norma. non fa alcuna distinzione fra i figli possessori cii ;redgiti propri inferiori alla misura della pensione di reversibilit ed i figli che hanno redditi superiori .a detta pensione; mentre sarebbe stato ragionevole conservare il tai;ttamento pensionisHco .gradt:landolo nella .. misura. in cui esso vada ad integrare il reddito propr'.io, in modo da assicurare le stesse risorse economiche sia a coloro che hanno diritto a percpire integr~lmente la pen~ione, sia ai Jig1Lche percepiscono un te4dito ad essa. inf~riore. . . ~a .foJ;lcl:a,ti;;zza (~lla. qP,es~ione..sotto. il prO(Ho ...della . ragioJ;levolezza risulta rafforzata c;lal riferimento operato dal Pretore di Pescara all'art. 34 della Costituzione poich, i>e questa norma proclama il diritto allo studio e l'impegno della Repubblica a rendrio effettivo fino al raggiungimento dt;i. gradi pi alti, ci pu realizzarsi in modo efficiente ove .sia dedicato a tale impegno intellettuale. tru:ito tempo dalasciare ben poco (o addirittura nessuno) spazio all'espletamento di altro lavoro. redditizio. Con la . conseguenza di rendere ancora pi logico che, almeno fino al ventiseiesimo anno di et, i figli i quali si impegnano a studiare possano effettivamente farlo solo. se il loro eventuale reddito insufficiente venga proporzionalmente integrato fino a raggiungere la stessa soglia della pensione di reversibilit riconosciuta a coloro che sano nella condizione di in,tegrale vivenza a carico. Se la ratio del riconoscimento della pensione direversibilit , come si osservato, il perdurare della vivenza. a . carico dei figli maggiorenni infraventiseienni per l'impossibilit di . procurarsi un. sufficiente reddito proprio attraverso un lavoro retribuito a. causa della dedizione del loro tempo disponibile agli studi, sarebbe peraltro logico esigere, da parte del legislatore, non soltanto l'iscrizione alle scuole o all'universit, ma anche l'effettivit della frequenza ed il profitto nel rendimento. Va rilevato infatti che la disposizione costituzi.onale (art. 34, terzo comma, della Costituzione) riconosce il diritto di raggiungere i gradi pi alti degli studi ai capaci e meritevoli, la cui valutazione, come si ricava anche dai lavori preparatori della Costituzione, implica un riscontro relativamente al profitto. Ci varrebbe ad escludere, fra l'altro, che la tutela finisca per incoraggiare i casi di tante formali iscrizioni seguite da un inadeguato (o nessuno) impegno. Per la scuola media e professionale, la disposizione impugnata richiede che i figli frequentino, mentre per gli universitari essa si limita a richiedere il requisito della mera iscrizione: altre norme, al contrario (ad esempio quella relativa al rinvio del servizio di leva, contenuta nell'art. 19, terzo comma, della legge 31 maggio 1975, n. 191) prevedono un agevole sistema di controllo dell'effettiva dedizione, sia pure limitata, agli studi universitari. 320 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Tuttavia, non spetta alla Corte costituzionale, bens al legislatore adottare soluzioni analoghe a quelle indicate; e del resto questo aspetto della norma sembra esulare dall'oggetto diretto della questione di costituzionalit qui sollevata. CORTE COSTITUZIONALE, 10 giugno 1993, n. 275 (cam. cons.) -Pres. Casavola -Red. Santosuosso -Marilena e I.N.P.S. Previdenza -Riscatto degli anni di studio universitario -Corso per assistente sociale svolto da scuola universitaria diretta a fini speciali Non riscattabilit degli anni di corso -Illegittimit costituzionale. (Cost., artt. 3 e 97; c.p. art. 2 novies inserito nel d.!. 2 marzo 1974, n. 30 dalla leggQ 16 aprile 1974, n. 114). E' costituzionalmente illegittimo, per contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione, l'art. 2 novies inserito nel d.l. 2 marzo 1974 n. 30 dalla legge di conversione 16 aprile 1974 n. 114, nella parte in cui non prevede la possibilit di riscattare i periodi corrispondenti alla durata degli studi per il conseguimento del diploma di assistente sociale, rilasciato da una scuola universitaria diretta a fini speciali. (Omissis). Viene riproposta a questa Corte la questione di legittimit costituzionale, in riferimento aglii artt. 3 e 97 della Costituzione, dell'art. 2 novies del decreto legge 2 marzo 1974, n. 30 (Norme per il miglioramento di alcuni trattamenti previdenziali ed assistenziali), introdotto dalla legge di conversione 16 aprile 1974, n. 114, nella parte in cui non prevede la riscattabilit dei periodi corrispondenti alla durata legale dei corsi di studio per il conseguimento del diploma di assistente sociale. La questione fondata. Il Pretore rimettente ritiene la norma impugnata costituzionalmente illegittima per contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione, in quanto restano irragionevolmente esclusi dal beneficio della riscattabilit corsi di studio a livello universitario conseguiti presso scuole dirette a fini speciali che abilitano all'esercizio della professione di assistente sociale. La giurisprudenza di questa Corte ha reiteratamente evidenziato il principio di attribuire una sempre maggiore considerazione alla prepa razione professionale acquisita anteriormente all'ammissione in servizio e richiesta per quest'ultima. stata infatti gi affermata l'illegittimit delle norme che non consentivano la riscattabilit del periodo corri spondente ai corsi in riferimento a numerose categorie professionali. In particolare la sentenza n. 426 del 1990, ha dichiarato l'illegittimit costituzionale dell'art. 69 del regio decreto legge 3 marzo 1938 n. 680, PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 321 riconoscendo la riscattabilit dei periodi corrispondenti alla durata legale dei corsi per assistente sociale svolti dalle scuole universitarie dirette a fini speciali. Nella fattispecie trattavasi di procedimento contro I.N.A.D.E.L. in quanto concernente dipendenti di enti locali. Inoltre con sentenza n. 27 del 1992, questa Corte ha gi dichiarato l'illegittimit. costituzionale dell'art. 2 novies del decreto legge 2 marzo 1974, n. 30, convertito con legge 16 aprile 1974, n. 114, nella parte in cui non prevedeva la facolt di riscattare i periodi corrispondenti alla durata degli studi per il conseguimento del diploma di educazione fisica da parte di dipendenti assicurati presso l'I.N.P.S. La questione odierna, che si prospetta su un caso analogo, comporta pertanto una dichiarazione di illegittimit costituzionale della norma impugnata; con riferimento ai gi affermati principi circa le condizioni di riscattabilit dei vari corsi professionali relativamente sia alla natura del corso, sia all'accertamento che il relativo diploma costituisca condizione necessaria per l'ammissione o la progressione in carriera. In particolare, per quanto riguarda la natura dei corsi, va ricordato che essi debbono, ai sensi del d.P.R. 10 marzo 1982 n. 162, essere svolti da scuole che richiedano come requisito per l'ammissione il possesso di un titolo di scuola media superiore. Non spetta a questa Corte accertare in concreto la sussistenza di tali elementi, valutare la proponibilit della richiesta in base alla data della domanda, nonch calcolare i contributi rapportandoli al fivello delle retribuzioni. CORTE COSTITUZIONALE, 11 giugno 1993, n. 348 -Pres. Casavola -Red. Caianiello -Regione Friuli-Venezia Giulia (avv. Fusco), Regione Emilia Romagna (avv. Predieri}, Provincia autonoma di Trento (avv. Onida) e Presidenza del Consiglio dei Ministri (avv. Stato Favara). Regioni -Conferenza di servizi -Esclusioni di limitazioni dell'autonomia regionale -Legittimit costituzionale. La conferenza di servizi prevista dall'art. 2 d.l. 386 del 1991, per l'alienazione dei beni immobili dello Stato e per la gestione di quelli suscettibili di gestione economica, cui partecipano tutti i rappresentanti delle amministrazioni dello Stato e degli enti pubblici interessati, non rappresenta una limitazione delle competenze regionali o provinciali costituzionalmente garantite in materia di urbanistica e pianificazione territoriale (1). (1) I giudici della Consulta, con la sentenza in rassegna, tornano ad occuparsi dell'istituto della conferenza di servizi ribadendo la generale 322 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO (omissis) Le Regioni Friuli-Venezia Giulia ed Emilia-Romagna e la Provincia autonoma di Trento hanno impugnato alcune disposizioni dell'art. 2 del decreto legge n. 386 del 1991, convertito nella legge n. 35 del 1992, che detta norme per la gestione economica ovvero per la alienazione dei beni patrimoniali dello Stato, prevedendo, una volta individuati detti beni, procedure semplificate per l'approvazione dei programmi e dei progetti esecutivi connessi con le anzidette finalit. Le norme impugnate sono le seguenti: a) il comma 12 che prevede che l'assessore regionale all'urbanistica, nel cui territorio sono dislocati i beni immobili , integra per le valutazioni urbanistiche il comitato tecnico-consultivo chiamato ad esprimere pareri sull'attuazione dei programmi di gestione e di vendita degli immobili (solo il ricorso della Regione Emilia-Romagna); b) il comma 15, che istituisce una conferenza, convocata dal Ministro delle finanze, cui sono chiamati a partecipare i rappresentati delle amministrazioni dello Stato e degli enti pubblici comunque tenuti ad adottare atti di intesa, nonch a rilasciare pareri, autorizzazioni, approvazioni, nulla osta previsti da leggi statali o regionali (solo i ricorsi della Regione Emilia-Romagna e della Provincia di Trento); e) il comma 16, che stabilisce che tale conferenza -nel valutare i programmi di aliena zione; di gestione e di valorizzazione dei suddetti beni e gli eventuali progetti esecutivi -pu apportarvi, ove occorra, le opportune modifiche senza che ci comporti la necessit di ulteriori deliberazioni, con riferimento agli interventi degli enti locali, in deroga all'art. 27, com ma 5, della legge n. 142 del 1990 (tutti i ricorsi); d) il comma 17, che pre valutazione positiva (sentenze n. 62 del 93 37 del 91) di uno strumento collaborativo che, ben prima delle previsioni legislative, si era affermato nella prassi (si confronti in tal senso l'intervento di R. LucrFRBDI, ..Lineamenti generali di una indagine sul coordinamento o sulla collaborazione nella vita degli enti locali, al V Convegno di Varenna, Milano, 1961, 35 ss.). La Corte esclude che l'istituto si traduca in uno strumento di espropriazione di competenze regionali o provinciali costituzionalmente garantite, in contrasto con i principi posti dalla legge sulle autonomie locali poich proprio nell'art. 27 della legge n. 142 del 1990, oltre che nella disciplina sul procedimento amministrativo (art. 14 della legge n. 241 del 1990) che l'istituto trova espressa previsione come fondamentale strumento collaborativo, mezzo di semplificazione e snellimento dell'azione amministrativa. Sul collegamento tra l'art. 14 (che disciplina la conferenza di servizi) e l'art. 11 legge 241/1990 (sugli accordi tra privati e pubblica Amministrazine), da un lato, e l'art. 24 legge 241/90 dall'altro, si veda: C. SALA, Accordi sul contenuto discrezionale del provvedimento e tutela delle situazioni soggettive, in Dir. proc. amm., 1992, 206 ss. -Si segnalano inoltre: MERusr, Il coordinam1mto e la collaborazione degli interessi pubblici e privati dopo la riforma I I PARTE l, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 323 vede che l'approvazione assunta all'unanimit, da parte della conferenza, degli indicati programmi e dei progetti esecutivi, da .un canto sostituisce,-ad ogni effetto, tutti gli atti di partecipazione al procedimento arorriinistrativo (intese, pareri, autorizzazioni, -approvazioni, nulla osta, etc}. previsti da leggi statali e regionali, e dall'altro comporta, per quanto -occorra, variazione anche integrativa agli strumenti urbanistici e ai piani territoriali (tutt. i ricorsi). I parametri che si assumono violati sono diversificati in relazione alla sfera di autonomia di cui si lamenta la lesione, ed in particolare gli artt. 4 e 5 dello Statut speciale per la Regione Friuli-Venezia Giulia, gli artt. 3, 5, 97, 117, 118, 119 e 128 della Costittizione per la Regione EmiliaRomagna, e gli artt. 8 (nn. 3, 5 e 6), 9 (n. 10) e 16 dello Statuto per il Trentino-Alto Adige, per la Provincia autonoma di Trento. La illegittimit costituzionale delle norme denunciate deriverebbe dal fatto che: 1) si attribuisce a una conferenza di servizi nella quale la prevista partecipazione di rappresentanti regionali non ha alcuna incidenza ai fini della salvaguardia dell'autonomia regionale -poteri, quelli appunto enunciati nei commi 16 e 17, che limitano la sfera di competenza costituzionalmente riservata in materia di urbanistica e pianificazione territoriale alle regioni, le cui gi esistenti discipline possono essere sostituite o variate, cio disapplicate, in base a una semplice deliberazione della conferenza stessa; 2) la prevista possibilit di deroga all'art. 27, comma 5, della legge n. 142 del 1990 sulle autonomie locali si traduce in una violazione del- delle autonomie locali e del procedimento amministrativo, Relazione tenuta al Convegno di Varenna 19-21 settembre 1991; MARONGIU, La pubblica Amministrazione di fronte altaccordo -Considerazioni preliminari, in L'accordo nell'azione amministrativa, 1988, 15. Per una impostazione singolare del problema si veda; P. G. LIGNANI, La disciplina del procedimento e le sue contraddizioni, in Dir. proc. amm., 1992, 516 ss., il quale sottolinea che pur introducendo l'art. 14 (in linea con gli artt.. 16 e 17) uiJ. espediente, diretto a garantire la definizione del procedimento in tempi rapidi, pu. risolversi in un sacrificio dell'interesse pubblico . La sentenza in epigrafe ha anche superato la censura di irragionevolezza dei rilevntissimi ,, poteri riconosciuti alla conferenza motivata in base all'assunto che, a differenza che nelle precedenti occasioni, mancano ragioni di urgenza (come per la legge sui mondiali di calcio: n. 205 dd 1989) on si perseguirebbero interessi pubblici (come per la legge sulla lotta all'AIDS: n. 135 del 1990). La _norritativa cnslirata si insersce, infatti; per i giudici della Consulta, in -uri rilevante' disegno di politica economica che gustifica pienamente la deroga all'urdinario assetto delle competenze degli --enti pubblici. Per una recentissima rimeditazione dei vari problemi, si veda: A. PAJNO, Riflessioni e suggestioni a proposito della legge 7 agosto 1990 n. 241 a due anni datla sua entrata' in vigore, in Dir. Proc, Amm., 1993, 4, 658 ss. 324 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO l'art. 1, comma 3, della stessa legge n. 142 del 1990 e quindi dell'art. 128 della Costituzione, di cui il primo norma interposta, sia perch, sul piano formale, si tratta di una previsione di deroga e non di modificazione espressa, sia perch, sul piano sostanziale, la possibilit per la conferenza di introdurre modifiche agli strumenti urbanistici e ai piani territoriali, escludendo l'intervento dell'ente locale, si traduce nella impossibilit per la regione di qualsivoglia intervento o controllo sulle modifiche deliberate dalla conferenza stessa, con ci venendosi inammissibilmente a incidere nei criteri di collaborazione e armonizzazione, dai quali l'art. 3 della stessa legge n. 142 del 1990 (collocato fra i principi generali) stabilisce siano regolati i rapporti fra comuni, province e regioni; 3) non ha parvenza di ragionevole giustificazione aver utilizzato il metodo di una conferenza di servizi titolare dei rilevantissimi poteri in deroga sopra descritti, dal momento che non vi sono, a differenza che in altre oceasioni (legge n. 205 del 1989, sui mondiali di calcio), urgenze particolari e si perseguono non interessi pubblici (come nel caso della legge n. 135 del 1990 sulla lotta all'AIDS), bens fini tipicamente privati in quanto I beni dello Stato sono alienati a privati o affidati a questi per gestioni di tipo imprenditoriale. Preliminarmente deve essere rilevato che, con decreto-legge del 18 gennaio 1993, n. 8, convertito nella legge 19 marzo 1993, n. 68, si disposto che all'art. 2, comma 16, che una delle norme impugnate, le parole senza che ci comporti la necessit di ulteriori deliberazioni per quanto concerne gli interventi dell'ente locale, in deroga a quanto stabilito dall'art. 27 siano sostituite con queste nel rispetto di quanto disposto dall'art. 27 . In relazione alla modifica legislativa int:i;odotta, deve essere dichiarata la cessazione della materia del contendere relativamente alle censure proposte in tutti i ricorsi che, nell'impugnare, fra gli altri, l'art. 2, comma 16, cit., avevano appunto lamentato che la norma, prevedendo la deroga a quanto disposto dall'art. 27, comma 5, della legge n. 142 del 1990, travolgesse uno dei punti cardine dell'ordinamento delle autonomie locali che, pur indicando forme di coordinamento fra i vari livelli di governo, quale appunto la conferenza di servizi, conserva il potere di autonome determinazioni agli enti locali interessati, specie in materia urbanistica, disponendo che l'accordo debba essere ratificato dai loro organi competenti, sia pure entro un congruo termine a pena di decadenza. L'intervenuta modifica, ad opera del decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 8 cit., nel senso anzidetto, fa cessare dunque la materia del contendere relativamente alla impugnativa della norma (art. 2, comma 16 cit.) che prevedeva tale deroga, rimandandosi al prosieguo della presente deci, , , , ,, Y. , , , Jffi1 PARTE 1, sEZ. I, GIURISPRUDENZA cosnn.JZIONALE sione l'esame dell'ulteriore profilo della censura che investe lo stesso comma.16. in relazione alle altre disposizioni dell'art. 27 cit. della legge n. 142 del 1990. Ai fini dell'esame deHe altre censure concernenti l'art. 2, commi 12, 1:5 e 17 citt;, importante ricordare che questa Corte (sentenze n. 62 del 1993 e n. 31 del 1991) ha giudicato in via generale positivamente l'istituto della << conferenza di servizi >~, in quanto orientato verso la realizzazione del principio del buon andamento dell'azione amministrativa sancito dall'art .. 97 della Costituzione. In proposito si sottolineato che la previsione di un. organo misto in cui, nell'esercizio di funzioni amministrathfe, siano rappresentati tutti i soggetti portatori di interessi coinvolti nel . procedimento di realizzazione delle opere, in modo che tali soggetti possano confrontarsi direttamente ed esprimere le loro posizioni, trovando, in un. quadro di valutazione globale, soluzioni di corretto ed idorieC> contempe~ament~ delle diverse esigenze si configuri quale mezzo di semplificazione e di snellimento dell'azione amministrativa" In relazione a tale orientamento, che deve essere anche in questa occasione ribadito, vanno disattese le censure, sulle quali tutti i ricorsi convergono,. tendenti a contestare la legittima esistenza dell'istituto, nell'assunto che esso esproprierebbe competenze regionali o provinciali costituzionalmente garantite e si porrebbe in contrasto con i principi espressi nella legge sulle autonomie locali (legge n. 142 del 1990 cit.) che assegnano alle regioni un ruolo centrale nei confronti degli enti locali minori. In proposito va osservato, in primo luogo, che la conferenza di servizi un istituto espressamente previsto dallo. stesso ordinamento sulle autonomie locali (art. 27 della legge n. 142 del 1990 cit.), oltrech dalla disciplina sul procedimento amministrativo (art. 14 della legge n. 241 del 1990), U che costituisce indice di un orientamento ormai costante nella legi~lazione sia di carattere generale, sia relativa a discipline di settore (es. interventi per la lotta contro l'AIDS o in tema di mondiali di calcio) tendente a considerare l'istituto come strumento C()llaborativo utilmente inserito nel sistema pluralistico dei livelli di governo e che, come tale, gi stato oggetto, come si ricordato, del positivo apprezzamento di questa Corte. In secondo luogo, il ruolo di centralit delle regioni nel sistema delle autonomie locali (cfr. sent. n. 343 del 1991) non neppure attenuato dalle norme impugnate e quindi non contrasta con tale ruolo la previsione di un organo misto nel quale siedono alla pari, per un confronto globale degli interessi curati da ciascuno, tutti i soggetti partecipanti. Centralit significa unit di indirizzo e non equivale a sovraordinazione, essendo 326 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATo questo un concetto estraneo al principio pluralistico che domina la distinzione delle competenze fra lo Stato e i vari soggetti pubblici, ivi compresi quelli esponenziali di autonomie. N questa compresenza paritaria in un organo misto attenua le I competenze proprie degli enti che vi partecipano con propri rappresentanti, essendosi opportunamente chiarito (sentenza n. 62 del 1993 cit.) che questi ultimi non potranno non disporre -o per competenza propria o per delega ricevuta dall'organo istituzionalmente competente dei p()tei;i corrispondenti all'atto del procedimento spettante alla sfera dell'amministrazione rappresentata . Quanto,, poi, alla rispondenza .in concreto dell'attivit esercitata dai componenti de.Ila conferenza agli interessi propri dell'ente rappresentato da ciascuno di essi, tale rispondenza pu essere assicurata dalle direttive opportunamente _loro-impartite in via preventiva dagli organi competenti dell'ente i;appresentato e dalla verifica successiva della loro avvenuta osservanza, con le onnesse responsabilit che potrebbero derivare da un comportamento ad esse contrario; oppure dal conferimento, da parte dell'ente, di una delega coridiiionata al suo rappresentante in seno alla conferenza, il che potrebbe influire sul stessa formazione della volont dell'organo collegiale a caus del mancato verificarsi della condiZione cui su'Qordinato il conferimento della delega; dalla riserva, espressa nella delega al rappresentante dell'ente nell'organo misto, di un preventivo esame da parte dell'ente rappresentato dello schema delle risoluzioni definitive verso cui la conferenza si orienti di volta in volta e ci allo scopo di consentire all'ente predetto di dettare precise indicazioni a chi partecipa alla conferenza, per orientarne ratteggiamerito da assumere in merito alle scelte definitive che in concreto dovranno essere adottate. In presenza di siffatte indicazioni non pu parlarsi, come si sostiene invece dalle ricorrenti, di una espropriazione delle competenze proprie degli enti ed in particolare delle regioni e dele province autonome che partecipano alla conferenza attraverso propri rappresentanti, perch l'istituto della conferenza realizza un giusto contemperamento fra la necessit della conentrZione delle funzioni in un'istanza unitaria e le esigenze connesse alla distribuzione delle competenze fra gli enti che vi partecipano. Tali considerazioni consentono di disattendere anche la censura, proposta dalla Provincia autonoma' di Trento, riferita al comma 16 dell'art. 2, nella parte in cui denunda n rrianato.rispetto del comma 4 dell'art. 27 della legge n. 142 del 1990, che prevedel'approvazione da parte del pre l sidente della regione (e quindi anche della provincia autonoma) dell' acI I I I cordo raggiunto nell'ambito delfa conferenza di ser:Vizi. I I I l PARTE I;: SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE Infondato anche il profilo della questione che investe le nor me denunciate nell'assunto che la previsione della conferenza di servizi, ti~ tolare di rilevantissimi poteri cheincidono sugli interessi delle regionie delle province autonome, non ha parvenza di ragionevole giustificazione. perch, a differenza . che in altre occasioni, come per la. legge sui mondialidi calcio (legge n. 205 del 1989), non vi sarebbero urgenze particolari; n, come nel caso della lotta all'AIDS (legge n. 135 del 1990), si perseguirebbero interessi pubbliei, bens. fini tipicamente privati, quali sono queHi che riguardano l'alienazione di beni o il loro .affidamento a gestioni di tipo imprenditoriale, che, in quanto tali, non giustificherebbero una deroga alle regole ordinarie in tema di competenze. Osserva in proposito la Corte che le disposizioni istitutive della conferenza di servizi, oggetto della questione, rientrano, come risulta dal titolo del decreto-legge di cui fanno parte, in un quadro di riassetto degli enti pubblici economici, nonch di dismissione delle partecipazioni statali e di alienazione di beni patrimoniali suscettibili di gestione economica. Si dunque in presenza di un rilevante disegno di politica economica e quindi non pu negarsi che la deroga all'ordinario assetto delle competenze degli enti pubblici, circondata da tutte le illustrate garanzie, riposi su evidenti ragioni di interesse pubblico che certamente ravvisabile nel piano di dismissione di beni gi appartenenti allo Stato; il che non consente di condividere il contrario assunto delle ricorrenti, che escludono invece ragioni giustificatrici delle norme istitutive di questa conferenza, nonostante gli obbiettivi che la legge per1; egue. Quanto al rilievo secondo cui, per la Provincia autonoma di Trento, le delibere della conferenza finirebbero con l'incidere su materie riservate alla legge provinciale, va osservato che la partecipazione dell'assessore dell'urbanistica al comitato previsto dal comma 12, dell'art. 2, da un lato, ha lo scopo di consentire a questi di rappresentare a detto organo consultivo quali siano le materie sulle quali la conferenza non potrebbe deliberare perch riservate alla legge provinciale, e, dall'altro, serve come tramite per rendere la provincia edotta in anticipo delle determinazioni incidenti su dette materie onde metterla in condizione di predisporre opportune modifiche delle leggi provinciali in modo da agevolare, nel quadro della leale cooperazione fra i diversi livelli di governo, il coordinamento con quelle che saranno le determinazioni della conferenza. Al contrario evidente che quando, nonostante tale mediazione nella fase preparatoria dinanzi al comitato, nella successiva sede della conferenza il rappresentante della provincia autonoma constati l'impossi 328 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO bilit di far recepire nell'ordinamento provinciale le deliberazioni che la conferenza intende adottare, ostandovi la disciplina prevista dalle leggi provinciali per non essersi provveduto o dato l'avvio ai necessari adattamenti di queste, egli potr sempre negare l'assenso, cos impedendo il formarsi della volont della conferenza, che deve essere unanime. Permane ovviamente l'elasticit del comportamento del rappresentante in tutte quelle ipotesi in cui le leggi provinciali in materia urbanistica, di approvazione di piani, lascino dei margini di apprezzamento e non costituiscano ostacoli assoluti. I I I I II ! ~ ! ! GIURISPRUDENZA COMUNITARIA .> ᥥᥥeᥥᥥᥥᥥ . Le s~!e ~:1~ :~~e d1 Giusi:adelle .ComunitQ eui~P~ pronuneiate nel ᥥ . corso dell'anpt) 1993 in. cause. alle quali ba partecipato l'Italia. . > f'i~il'afuo 1993 le s(liitenz >della corte df giustizia prniindate . in cause alitr l.lfu!.ll, ha vartecipatcfl'ltala(suunttle d 203 senteme) sonc> state 221 7 su ricorsi diretti. della Commissfone contro 11rtalia, 2 su ricorsi diretti del l'Italia( ctintro la Cott,!Mssfone, 12 su domande d pronuncia . pregidiziate ai sensi ci~Jl'al'fr 177 ~el r~.i;ttato CE.E (<;li cui 10 propqst~ da gittdei ftaliani) e rBiiilf~i~~~;~%:~ ~2(Vgennafo 19931 nelle cause riwute C:.320; 321 e 322/91, Telemarsicabruzzo s.p;a., dove .fa Corte, investita di. questioni .preghldiziali vertenti sulla interpretazione del Trattato in materia di concorrefZai al fine di valutare la com patibilit con il diritto comunitario di taluni asp.etti di un sistema nazionale di ripartizione di frequenze con riguardo al servizio di radiodiffusione televisiva, ha ritenuto di non potei- s.tatuire sulfe questioni . proposte, non essendo stato 4efihito~ li pal giudice; n dalle parti della causa principale, l'ambito di fatto e di dfritto fu cui si inserivano le questfoni stesse. .. -.-l0 aprile 1993, nelle cause d~ri.ite C-31/91 >e C-44;9(.i,~geder, con 1a q..ale, la Corte: ha dichia.rato che: l o...;o L'ari. 1 del regolamento (C~) della Co~rnissfoile 16 maggio 1973, n J311, :pelativo alla lista pr9vvisoda dtii y.q.J?.,r.d.. come pure alla jcte:i#fi@Zione di questt vini nel d(lc:ument<> . di acC<>mpagnamerito :nel... settore. vitivfuicol<>,deve: .. esi>ere: interpretato .nel senso M solp i vini a cienominazione ..di od~e o:ntr9lata . CPQC). e . a.. c1e:n<>mina~ zione d.i oiigine ccmtrollata egarantita (I>QCQ)~ dur~te i(periodo m.i detto testo era .in.vi&ore, vale.a dire. tr.a il 22 rnaiiio. ect .. il 3l agosto .19731 potevl;lno aspirare:Jn Italia alla qualifica di v.q.p,r.d.; 2, --:-fu manc:a.za di non:Il,e comunitarie . aPPUc:a1'ili d.~a,nte il perjodo iJ:t.. cui . si sono sv<>}ti . i f!ctti . ctella ca.$a p.ri:ncipa~,. spetta al ~t'.idice: 1;1azionale.. applkare dispi>siicmi della :nor.mativa illtert.l .. relatiya ~a )'.resc:;rizi<>1;1e .atc11;1zi a1J'i.mP9Xtazio1;1e: a torto. :no11 ;rec:la~ mati nei confto:nt1 detclebitoi,-e a seguito cii un errore commesso dall'ammi11istrazione nazionaie, . pui,-ch. . dette nor.me si appiiChi.o in maniera non .. discri~ minatoria ai crediti nazionli e ai crediti comunitari e non pregiudichino n la .portata n l'efficacia del.diritto comunitario;. 3. ---!'.autorit nazfonale incaricata di rilasciare i documenti di accompagnamento. VA2 .per i vini meritevoli della menzione v;q.p;r.d. nel contesto. dell'organizzazione comune del settore del vino tenuta all'osservanza deLprincipio del .legittimo affidamento. Tuttavia, nell'ipotesi fu cui un. documento di accompagnamento VA2 sia stato emesso da un'autorit nazionale non abilitata a tal fine e che; sulla base di un'erronea interpretazione della normativa comunitaria applicabile, non abbia 330 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STAT& reclamato il pagamento degli ICM, previsto da quest'ultima, non pu essere sorto in capo alle parti interessate alcun legittimo affidamento, malgrado la loro buona fede , -20 aprile 1993, nelle ca.se riunite . C.71/91 e C.178/91, Ponente Carni, dove la Corte ha statuito che: 1. -L'art. 10 della direttiva del Consiglio 17 luglio 1969, 69/335/CEE, concernente le imposte indirette sulla raccolta di capitali, dev'essere interpretato nel senso che, fatte salve le disposizioni derogatorie dell'art. 12, esso vieta un tributo annuale dovuto in ragione dell'iscrizione delle societ di capitali anche qualora il gettito d tale tributo contribuisca alfinanziamento. del' servizio incaricato della tenuta del registro .in cui sono iscritte le societ; 2. -l'art. 12 della direttiva dev'essere interpretato nel senso che i diritti d carattere remunerativo d cui al n. 1, lett. e), dello stesso articolo possono essere remunenajoni riscosse come corrispettivo di operazioni ~ll1PoSte dalla h~gge per Ul10 scopo di interesse generale, come ad esempio l'iscrizione delle societ d capitali. L'entit d tali diritti, che pu variare a seco1J.da della forma giuridica della societ, dev'essere calcolata in base al costo del1'operazio11e, che pu essere determinato forfettariamente. .:...... 28 aprile 1993; nella causa C-364/90, Italia c. Commissione, con la quale la Corte, in tema di aiuti eccezionali a favore di talune zone sinistrate del Mezzagiorno, ha parzialmente accolto il ricorso italiano annullando la decisione della Commissione 91/175/CEE del 25 luglio 1990 nella parte in cui aveva di chiarato incompatibili con il Trattato, senza adeguata motivazione, alcuni di d,etti aiuti (quelli indicati nell'art. 3), ed ha respinto invece il ricorso per la parte riguardante l'invito della Commissione a recuperai:e gli altri aiuti ove questi fossero stati effettivamente erogati (il che di fatto non era comunque avvenuto). -28 aprile 1993, nella causa C.306/91, Commissione c. Italia, con la quale, in tema d fissazione del prezzo dei tabacchi lavorati, la Corte ha parzialmente accolto il ricorso della Commissione dichiarando, con richiamo a principi d certezza del diritto e di tutela dei privati, che la Repubblica italiana venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell'art. 5 della direttiva del Consiglio 19 dicembre 1972, 72/464/CEE, relativa alle imposte diverse dall'imposta sulla cifra d'affari che gravano sul consumo dei tabacchi manifatturati, mantenendo in vigore una normativa che non prevede espressamente e che non implica chiaramente l'obbligo dell'autorit amministrativa competente di rispettare, alle condizioni e nei limiti stabiliti dalla direttiva, il principio della libera determinazione, da parte dei fabbricanti e degli impor tatori, dei prezzi massimi dei tabacchi lavorati importati in Italia (su tale punto con l'art. 27, comma 3, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito con modificazioni in legge 29 ottobre 1993, n. 427, si fatta definitiva chiarezza in sede nazionale); la Corte ha viceversa respinto il ricorso in relazione a varie e pi consistenti altre contestazioni mosse dalla Commissione, fra le quali alcune relative alla fissazione dei prezzi dei tabacchi lavorati, con asseriti ritardi e a livelli ritenuti non conformi alle richieste degli operatori. ~9 giugno 1993, nella causa C-95/92, Commissione c. Italia, dove stato dichiarato che non adottando le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi agli artt. l, 2, nn. 1 e 2 ed agli artt. 3 e 5 della direttiva del Consiglio 3 settembre 1984, 84/466/Euratom, che stabilisce le misure fondamentali relative alla protezione radiologica delle persone sottoposte ad esami e a trattamenti medici, la Repubblica italiana venuta meno agli obblighi che le incombono. in forza del Trattato CEEA . PARTE I, SEZ:. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTERNAZIONALE 331 -l luglio 1993, nella causa c.312/91, Metalsa, ..con la quale la Corte ha statuito che l'art.. 18, primo comma, dell'accordo tra la Comunit economica europea e la Repubblica. d~Austria, firmato a .Bruxelles il 22 luglio 1972; concluso e app.rovat;o, a noill:e .c:le.a Con;iunit~, con U regolamento (CEJ;:) del Consiglio 19 dicembre 197i, n. 2836, dev'essere fate.rpretato, diversamente dall'art, .9~ .(j~l .'f.rattatO. EE, .nek sensq che: .I},a, I1-0rmativa. 11azionaje Iii, quale puniscJe infr~z.iqnJ qf)(:erner( fIV4. aj}'impor_tazione pil. severamente delle lJl.~i;a,ziorii qnceriieiitt i'VA sajle essionL dei beni all'interno del paese, nou . incompatibile con la detta lisposizione _ctell'accordo, anch se tale diffe reiza sproporzionata. J;ispetto llll diversit~. delle due categorie di infrazioni " ;..;.;, 2 agosfo 1993, nella fausa C-366/93, CommtssiOne c. Italia; con la qual la c6rt; fu parziale accoglitnento deI ticors della Commissione, -ha dichiarato che persistendo, nonostante la sentenza della Corte 17 dicembre 1981, Commissione c/ Repubblica italiana (cause riunite 30..34/81), a non adottare tutti i provvedimenti necessari per conformarsi alla direttiva del Consiglio 75/439/GEE, r:elativit affe#mirzaz.iqne 4egli 9li usati, e in partico~are agli artt. 6; 12 e 15 della stessa, la Repubblica italiapa venuta menoagli obblighi impostile: dall'art. 171 del Trattato CEE , Il ricorso stato invece respinto nella parte ri~arciante l'.esclusion,e: de:ll'espo.rta.zione: ciegli ol~ usati verso altri Stati Jnernbrine!l'ambi~o del siste:ma nazionale di_ raccolta di .detti oli. -2 agosto 1993; nelle cause riU:nite C-259/91, C~33i/91 e C-332/91, Allu ed a., dove si . statuito, in tema di libera circolazione dei lavoratori, che l'art. 48, n. 2, del Trattato CEE osta a che la normativa di. uno Stato membro limiti nella generalit dei c;asi ad un anno, con possibilit di rinpovo, la durata dei contratti di lavoro dei let.tori di lingua stranier, mentre una tale limitazione non esiste, in via di pr,irn:;ipi?, per quanto riguarda gli altri insegnanti , -2 agosto 1993, nella causa 0107/92, Commissione c. Italia, con la quale la Corte ha dichiarato; in tema di procedure di aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici, che la Repubblica italiana, avendo omesso di in viare all'Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle. Comunit europee, ai fini della pubblicazione nella Gazzetta. -Ufficiale delle Comunit europee, un bando di gara per la costruzione di una diga paravalanghe in localit Colle Isarco/ Brennero, venuta meno agli. obblighi che le incombono ai sensi della direttiVa del Consiglio 26 luglio 1971, 71/305/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici. -2agosto 1993, nella causa C-139/92, Commissione c. Italia, dove si statuito che non comunicando, allo stato di progetto, il decreto ministeriale 5 novembre 1987, n. 514, la Repubblica italiana venuta meno agli. obblighi che le incombono a norma degli artt. 8 e 9 della direttiva del Consiglio 28 marzo 1983, 83/189/CEE, che. prevede una procedura d'informazione nel settore delle n()rme e delle regolamentazioni tecniche . ~ 6 ottobre 1993, nella causa C-55/91, Italia c. Commissione, con la quale stato respinto il ricorso italiano contro la decisione della Commissione relativa alla liquidazione dei conti del Fondo europeo agricolo di orientamento e garanzia (F.E.A.O.G.) per l'anno 1988, riguardante il rifiuto di imputare al fondo alcune spese relative al prelievo di corresponsabilit supplementare 332 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO nl settdre lattiero e caseario; a premi per i produttori di carni avine e caprine, al tabacco giacente all'intervento, all'olio di oliva, ad aiuti per la trasformazione di semi di soia, ad aiuti alla produzione per il frumento duro. ..;. 7 dieembre 1993, nella causa 83/92, Piertl, dove, in tema di direttive sui medicinali, fa Cdrte ha statuito che: d; ....; l'art. 21 della direttiva del Consiglio :ur gennaio 1965; 65/65/CEE, per il ravvicinal:nento delle disposizioni legislative,. regoiamentari. e amministrative .relative .a)Ie . specilit .medicinali, deve elisre interpretato nel senso he ia sospensione o la revoca di \ln'autorizzazione .. all'immissione in commercio pu es.sere disposta solo per i motivi previsti da eletta direttiva o da altre dispdszioni applicabili di diritto comunita~ io; 2; -le disposizioni della .direttiva . del Consiglio 65/65/CEE., emendata, impediscono alle autorit nazionali non soltanto .di introdurre cause di sospensione o di revoca diverse da quelle stabilite dal diritto comunitario, ma anche di prevedere ipotesi .di decadenza delle autorizzazioni all'immissione in commercio. -15 dicembre 1993, nella causa C292/92, Hunermund, dove, iri tema di liber circolazione dell merci e in particolare di prodotti paraf ilrmaceutici, si statuito che l'art 30 del Trattato CEE deve essete interpretato nel senso che esso rton si applica ad una norma deontologica, emanata dall'ordine professionale dei farmacisti di uno Stato membro, che vieta a costoro di fare la pubblicit, i;i.l di fuori della farmacia; di prodotti parafarmaceutici. -15 dicembre 1993, nelle cause riunite C-277/91, C-318/91 e C-319/91, Ligur Carni s.r.l. ed a., con la quale, in tema di ontrolli sanitari all'importazione, la Corte ha dichiarato che: 1. -la direttiva del Consiglio 26 giugno 1964, 64/433/CEE, relativa a problemi sanitari in materia di scambi intracomunitari di carni fresche, come modificata con la direttiva del Consiglio 7 febbraio 1983, 83/90/CEE, dev'essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa nazionale in materia di ispezioni sanitarie che assoggetti le merci importate, gi .munite di un certificato sanitario redatto dalle autorit dello Stato membro speditore conformemente alla normativa comunitaria, a controlli sanitari obbligatori, sistematici e permanenti, non alla . frontiera, ma nel comune di transito o di destinazione delle merci, ed imponga agli opera. tori economici interessati il. pagamento di. un diritto come corrispettivo; 2. l'onere pecuniario imposto all'importatore interessato a titolo di diritto di ispezione sanitaria, nel contesto di una normativa nazionale come quella in discussione nelle cause principali, non giustificato in quanto corrispettivo di servizi resi all'importatore stesso; 3. -l'art. 30 del Trattato dev'essere interpretato nel senso che esso osta al divieto, imposto dalla normativa di un comune di uno Stato membro agli importatori di carri.i fresche, di provvedere in proprio nel territo"io comunale al trasporto e alla consegna delle loro merci, a meno che essi non versino ad un;impresa locale l'importo corrispondente ai servizi che essa presta nell'ambito di una concessiOne esclusiva in materia di movimentazione nel macello comunale, di trasporto e . di consegna delle merci di cui trattasi. L'art. 30 del Trattato ha efficacia diretta ed attri buisce ai singoli diritti che i giudici nazionali sono tenuti a tutelare . OSCAR FIUMARA PARTE I, SEZ.:. II;. GlllRIS. ;COMWU,TARIA B JN'reRNAZIONALE CORTE Dl OlUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPPE. Plenum;. 21 aprile 199.3 nella. caus .C-172/91-Pres. Due Avv. Gen. Darmon -Domanda . di .pronuncia pregiudiziale poposta dal .Bundesgerichtshof nella causa Sonntag e; Waidmann -Interv.: Governi .tedeseo.(ag .. Bohmer) e italiano~( vv~ .Stato .Eiumara) e Commissione delle C.E. (ag. Van Nuffel e aw.:Krane-Ablass); Comu1lwi: e~Ol) .. C~nvJJUione .di Br1JXellell sulla c~mpetenza giurisdi~ zioriale. e resecuzlone delle . dedsioni in materia 'ivile e corfunertjal Competenza Materia civile -Esreizio dell'azion civile in sede penale ' Ftti5pcie~ {Conv~rizibne di' Brttxlles 27: settembre 1968,~ e st:c> mod., art. 1, collima 1). Comunit europee -Convenzione di Bruxelles sulla competenza girisdi zionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale ProvV'dillentidi . exequatur -' lmpugnazioni; (Convenzione dfBruxelles'.27 sttembre 1968; e succ; md., artt. 36 e 37, collltila 1). Comuriit~... europe~. collvenziorie. di. Bruxettes sulla competenz~ giurisdi . . 46nite e ~secuZione delle. decisioni . in materia. Civile . e olrimereial . Ricoriscimilto di Uria dcisiorie ~ Casi di diniego . Fattispecie. (Cortven~ion 'di: Bruxelles 2{ sttembr~ 1968, e succ. mod., art. 27, oriuna 2). La materia civile, ai sensi dell'art. 1, primo comma, prima frase, della Convenzione, comprende l'azione per. il risarcimento del danno intentata dinanzi ad un giudice penale nei confronti dell'inseghante di una scuola c~, in .occasione di una gita scolastica, essendo illegittimamente e colposamente venuto meno ai propri obblighi di vigilanza, abbia causato un danno ad un allievo, anche laddove le conseguenze dell'evento dannoso si'arto t,operte da un regime di assicurazione di .diritto pub.blico (1). L'art. 37, secondo. comma, della Convenzione dev'essere interpretato nel senso che esclusa q1,1.alsiasi impugnazione di terzi interessati avverso la decisione pronundata nell'ambito di urta opposizione proposta ai (1-3) Rispoi>'te indiscutibili ai .q.esiti posti dal giudice tedesco, nei sensi indicati nelle osserv.~zioni scritt~ presentate in. causa dal Governo italiano, che qui di seguito si trascrivono. EserciZio dell'azione civile in sede penale contro pubblico dipendente per . fatto .di servizio e riconoscimento de,la sentenza ai sensi della convenzione di '.Bruxelles del 27 settembr 1968. (omissis) 4. -Con il i;econdo quesito il giudice tedesco chiede a) se l'azione diretta al risarcimento del danrto. intentata personalmente nei. confronti del titolare di un ufficio pubblico che, venendo illecitamente e colposamente meno ai propri doveri, abbia cagionato un danno ad altri costituisce un'azione civile ai sensi dell'art. t, priino comma, della convenzione, e b) .in caso affer RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 334 sensi dell'art; 36 della Conventione, anche laddove un'impugnazione sia consentita ai detti terzi dalla legge nazionale dello Stato di esecuzione (2). Il diniego di riconosCimento di. una decisione per i motivi indicati all'art. 27, n. 2, della Convenzione . consentito solamente in caso di contilmaia idel convenuto nel procedimento di origine. Tale disposizionei non pu essere quindi invocata qualora il convenuto si sia costituito. Un convenuto si considera costituito, ai sensi dell'art. 27, n. 2, della Convenzione, qualora questi, nell'am,bito di una domanda risarcitoria .dedotta nei proedmentopei:tale mediante c9stituiione .di parte civile, abbia svoltp dif~s~ q.tl'itdienz<:i di dibq.ttimento, per mezzo del proprio difensore, in ordin~ 'alla pubblica accusa ma non in ordine alla domanda civile, anch'essa oggetto del dibattimento cui il difensore medesimo abbia assi stito (3). (omissis) 1. -Par orc1@nanoe. du 28 maJ 1991, .parvenure la Cour le ler juillet .suivant, le Bundesgerichtshof a pos, en vertu du protocole d1,1} juin 197~ relatif l'i:nterprtation. par 1a. Cour de justice de fa conv~ nti(>. ci.. 27 sepwmbre 1968, co11cernant la compterice judiciail'e et l~excuti9n 4es .. dcisions enmatire. civile et commerciale (JO .. 1972, L. 299, p. 32),telle.que modifie par la convention du 9 octobre 1978 relative l'adhsion du Royaume de Danemark, de l'Irlande et du Royaume-Uni madvo, se ci valga anche. nell'ipotesi in cui l'infortunio sia coperto da un'assicurazione. pubblica . La risposta .non pu he essere positiva. La convenzone si applica esclusivamente alla materia civile e commerciale, con esclusione della materia fiscale, doganale e amministrativa. Per interpretare la nozione di 111ateria civile e commerciale ... si deve aver riguardo ..., da .un lato agli obiettivi e al sistema della convenzione e, dall';;tro, ai principi generali desumibili dal complesso degli ordinamenti giuridici nazio nali (sentenza della Corte 14 ottobre 1976, nella causa 29/76, in Racc. 1541). Orbene, se pacifico che esclusa dal campo di applicazione della convenzioni: la decisione emessa in una causa fra la pubblica amministrazione e un privato, qualora la prima abbia agito nell'esercizio della sua potest d'imperio (sentenza citata), appare altrettanto pacifico, in tutti gli ordinamenti giuridici degli Stati membri, che rientri invece nell'ambito della convenzione la controversia che vede il danneggiato rivolgersi ad tina . pubblica amministra zfone e/o ad un suo dipendente per sentir affermare la sua responsabilit ex delicto (cfr. relazione SchlOsser alla convenzione di adesione del 9 ottol:> r~ 1978, h:i G.U.C.E. 5. m.arzo 1979 n. C/59, 25 e. segg., pag. 83), non venendo in rilievo il rapporto di diritto pubblico, ma piuttosto la violazione del generale . principiO del neminem ladere. Nella faftis;1Jecie in causa si discute, appunto, di una sentenza emessa in occasione di un'azione di risarcimento danni promossa contro un pubblico dipendente per' violazione da parte sua del generale principio suddetto, e non hanno rilievo i rapporti di manleva fra pubblica amministrazione e pubblico funzionari o l'esistenza di una eventuale copertura assicurativa, n i limiti di responsabilit personale del pubblico dipendente nello Stato cui esso appartiene, posto che l'azione civile pro PARTE I, SEZ. II, GlURIS. COMUNITARIA B INTERNAZIONALE 335 de Grande-Bretagne. et d'Irlande du Nord (JO L. 304, p. l, ci-aprs convention ), plusieurs questions prjudicielles relatives l'interprtation des. articles ie~, premier alina, 27, point 2, et 37, deuxime alina, de cette convention. 2. -Ces questions ont t souleves dans 1e cadre d'un ~itige opposant M; V; Sonntag (ci~aprs le dbiteU!r ), soutenu' par le Land BadenWtirtteinbe: rg; M. et Mme H. Waidmartri, et leuf' fils Stefan Waidmal:in (ciaprifles crariders ), au sujet de l'excution en Rptblique fd rale d'Allemagne, dans ses dispositions civiles, d'un jugement rendu par une juridictiori pnMe italienne. 3. -Il ressort du dossier que les cranciers solit les parents et le firre de . Thomas Waidmann, lve . d'une cole pub1ique Q\l Land de Baden-Wurttem'Qerg, q.i a ~t victi111~.,le 8 jum 1984, lors d'une exur! lion scolaire en Italie, ,d'un acciQ,ent l1lorteL en montagne. L'enseigna,.t accompagnateur, M. Volker Sonntag, a fait l'objet d'une procdure pna1e devant le tribuna! rpressif de Bolzano pour homicide par imprudence. posta attiene esclusivamente all'obbligazione ex delicto per un fatto commesso in altro Stato membro e, secondo le comuni norme. di diritto in~rnazionale privato, le obbligazioni non contrattuali sono regolate. dalla legge del luogo ove avvenuto il fatto dal quale esse derivanoȥ (art. 25, co. 2, delle disposizioni sulla legge in generale, che precedono il codice civile italiano; cfr. anche, ai fini della competenza, l'art. 5 n. 3 della convenzione). 5. -Il terzo quesito pone alla Corte il problema se possa considederarsi domanda giudiziale, ai sensi dell'art. 27 della Convenzione, la notificazione al convenuto di un atto in cui si esprima la volont di richiedere, nell'ambito di un procedimento penale, anche la sua condanna al risarcimento cas o 1'iss:.;e dela procdure ~aj erait q~a.vorable.~ ie Lan:d Ba4en,~W4rttemben~ est imervnu l'in#;#~:~~ ~9itu~n, si~~ c;9iil.siqils 41t 4~6it~ur. > ......,.........-........................ ....... ... ... ....... .. ............... Jk i iobetl~1dEisgerichta teJet le tecttrs le 20 juillet 1990 au motif, . nofamment, qu 1e>jugement prtal du tliibunal de Bol2iliiin6 portait .sur ~matite: vile att giens del'article !Ler; :premier "alilna; premi:re phrase, de' dl!)>C())l;'.\l"ntl<>rt et que' J'action. civile .avait t .signifie >au .. dbiteur en temps utile, 9.. -r~ dbiteur ain~i. que _le 'La,riq.. ~~c;le.n~Wur~temberi.ont. <.()rf introduit. un !'eCOurs..contre .cette d~cisio!f dev~t le . Bundesgerichtshof. fg~~o~~fu,.~1iwaf1~!9~~r!hX:!~~~~~~g;m,1rJ.-~~f~~,e~~a~~itU:!! des lves par le dbteur, en sa qualit de foncHoi:uiaii'e, relvedl.ldroit administratif/Ils :'$timent galementqite.Je cantenu del'intervent:ion des cranorers du 22 sptetnbre1986 st trop va~ pour qu'.elte< puiS:se. et!t' conSidre comme: un aete ittittoductif d'nstanee au sens de l'artkle 27, pint -Ztde ~a-convention. . OJ:'he.ne; si i:ic:rcl:l,to ..cl:ie. nell'cu:c!Jllilme.ntp . giutj.cjjcq )tajian0: a}l'impu1: ato . J\Ss!c:.r11fo. lA ogni ca~o la dite.sa~ 'anc;he ~e rhnruiga contumace e/o non i?rb\TVeda a iu:irilitiare un difensore di. fiducia,_ e_ sf altresi. precisato che, awriiita rituahriente la Cstittiziorie di parte civile; no:il richiesta una specifica costituzione. agli. effetti civili dell'imputaito; sicch. il difensore .di fidu~ c:ia 0: 4':1.dl:l:icio ~i>tUlleJa dife$a .4ell'imputat<;i sia per gli .interessi penali che, aut<>mi:ttic11m,ente, Per gli interessi civili, senz~ bisogno .di specifico mandatoper'.q\esto. secOndo .aspetto: La disposizione. c;leU'rt. Ii,_ prlmO _comma, del protocollo non ha; cj_uiridl; gfan rilievo per l'fdi.tiamentO giuric;lfoo italiano in quanto l'interesse dell'imputato gi parimenti tutelato. , Posto;dunque, che; .,..-.come del resto J>t.esuppone.il-quesito 4el Bundesgerichtshof "7 , l'imputata. aveva la. possibilit giui:idi.ca _di. c;life;ndei;si .idoneamente iilJche reiativamente all'~ione C.vile .contro di lui prOmos~a iieI processo penale, ribi:f sembra :0tet ssuirir alcun rilievo, ai fini dell'eiequatur, la citcostam: che, di fatto; il difensore.. -4ell'hnputato .nonabbia .svolto specifiche difese riguardo alla suddetta azione civile. Devesi, con;1,unque, rilev;:tre, che appare non correttamente esposta e verificata fa" .circostanza: trattandosi, invero,_ di._. un'azi9f1-C:: civile ..risarcitoria _limitata _. essenziaJmente . en l'espce au .principal pa:'. .Jes ranciets contre l.'ens~ignant d'une ecole publique telve de l~ 'matjr ciyile\'au semidealina, premire Pl.J.rase; d.eJa wnventln;.<. -i~tii~~f-~~~,r~~ti~~~?ce_q~a7-i~~fa:~t~~f :;ti!~:~ttl0i~~i:!et~: cette action est couvert par un rgime d'assurance sociale de droit public j~, ;! ~ ~~~ gard1.U ... l;~lli~tence ventuelle .cl'Ul'le ouvert.re d'assurance -ne rev~t a11cune impQrtance pui5que . la -bAse. <.le .la prtentio11 ivilei: c'esk~w:lire la responsal::>-ilit e~,d~jeto, .ne se t:rq.y1:t Pas aJ'fecte par Xe~isJenee 4e <~ette>g;.'antie p.ul::>llq.e. 29. -n convient, .ds lors,' a~-repondre . '" a d.el.txill1~ qtl.~stion pose: par la juridictioq rexctitioif est deiriand qui peut. frmer Uh rec6ufs crifre 1a dcisfon par laquelle l'e:X:cution est 'at1torse. D'aprs l'article 37, deuxl11e iiliria, de cetteconverttion, en Rpublique fdrale d'Allemagne, la ddsiOti reildue dails le cadre de ce recoti.rs ne peut faire l'objet que d'une Rehtsheschwerde. 32. ..-.. 11 y a lieu de rappeler ensuite que la Cour s'est prononce. en faver d'une interprtation resttictive de la :notion de dcision rendue sur le recours , figurailt L'article 37, deuJlime alina, de la RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 342 convention, en disant pour droit que, dans le cadre de l'conomie gnrale de la convention et la hlmire de l'un de ses objectifs principaux, qui est de simplifier les procdures dans l'Etat o l'excution est demande, cette disposition ne saurait etre tendue de faon permettre un pourvoi contre une autre dcision que celle statuant sur le recours (arret du 27 novembre 1984, Brennero, 258/83, Ree. p. 3971, point, 15; arret du 4 octobre 1991, Van Dalfren, C-183/90, Ree. p. I 4743, point 19). 33. -Il convient de constater enfin que la Cour dans l'arret du 2 juillet 1985, Deutsche Genossenschaftsbank (148/84, Ree. 1981, point 17),' a prcis que la convention a cr une procdure d'exequatur qui constite un systme autonome et cmplet, y compris dans le domaine des voies de recurs, et qu'il en rsulte que l'article 36 de la convention exclut les 'reours que le droit interne ouvre aux tiers intresss l'encontre d'une dcision d'exequatur. 34. -Ce principe doit galement etre appliqu au recours introduit ultrieurement, conformment l'article 37, deuxime alina, de la convention. Le fait d'interdire un tiers intress de former un recours au titre de l'article 36, tout en lui permettant d'intervenir au stade ultrieur de la procdure, en formant un recours au titre de l'article 37, irait en effet l'encontre du systme susmentionn ains~ que de l'un des objectifs principaux de la convention, qui est de simplifier la procdure dans l'Etat d'excution. 35. -Il convient donc de rpondre la premire question pose par la juridiction de renvoi que l'article 37, deuxime alina, de la convention doit etre interprt en ce sens qu'il exclut tout recours de tiers intresss coiltre la dcision rendue dans le cadre d'un recours form au titre de l'article 36 de la convention, y compris lorsque le droit interne de l'Etat d'excution ouvre ces tiers une voie de recours. Sur les troisime et quatrime questions 36. -Par ces deux dernires questions, qu'il convient d'examiner ensemble et qui visent l'interprtation de l'article 27, point 2, de la convention, la juridiction de renvoi cherche savoir, en premier lieu, s'il y a acte introductif d'instance , au sens de cet article, lorsque le dfendeur est inform, par un acte de procdure crite, qu'il lui sera demand, dans le cadre d'une procdure pnale, de rparer un prjudice tant matriel que moral, sans que cet acte n'indique l'importance de la crance de droit civil qui lui sera oppose. Elle vise savoir, en second lieu, si un dfendeur a comparu, au sens de la disposition prcite, lorsque, dans le cadre d'une demande en indemnisation PARTB. I, SBZ; II, GIURlS. CO~UNl'rARlA B IN1'BRNAZIONALB qtii se grffevsur l'action publique devant le tribtinal; celui-ci a pris position, par l'intermdiaire du .dfenseur qu/il a choisi, sur l'actiori publi que, lors de l'audience au fond, .mais non sur l'action civile, qui a galement faiL l'objet de dbats ~ oraux auxquels ce dernie:r a assist. ..<::..: -::::...:<::-:::::<:::::::::.. .::::: :.::::-::.:: ::.. ::-..:::::-. : .................. 37'; ~l oh\ii~hj d.(;j: rappele~. tQtit d~abotd que l'articl 27 . de la c,nyel),tj,6n ~i:tl:l.filre les e<>nditfoils awcqu!!llles sont subordonns; dans un :Etat contractant, la reconnaissance de dcisions rendueshvrttotl a pour. but . d'assurer quitih a~tsion he soit p1irecnnue.81J; exctit. sfon1a.c9nvention, si l dfbhdeuf nfa j)as eff fa pbibil.it de .. s defridre . dvartt le. jugej d'tn;"igile (arr~t dit 16 juin 198t Kioihps/MiclM, 166/80, Ree. }'.), 1593, pblff 9; arrM d.U 12 rioven1.1:>hf1992, Ffrfua :Mib:almet Gmbll, t12S/91, nol ericdte publi au Rcueil, poirit 18). 39~...... Il en rsulte que la nort reconnaissance dela dcisiOrt; pour les raisons indques l'article 27; poirtt 2; d la convention; n'esf possi ble ;que ,,_ J>ar jugement servations.crites .dposes ainsi que des dbats . l'audience qtie M. Cor:beau fournit; dans ~e secteur gographique de la ville de Lige et des 21ones lin.:titropl:les, . un servke consistant dans la collecte du courrier au domioile de l'expcliteur et dans. la distribution de ce courrier avant le lendemain midi, pour autant que les destinataires se situent l'intrieur du secteur concern. En ce qui concerne le ourrier adress des destinataires rsidant l'extrieur de ce secteur, M; Co.rbeau procde une. collecte de la cotrespondance au domicile j:ile l'expditeur -et l'.envoi de celle-ci par la poste. 5. -Saisi par la Rgie des postes, le tribuna! correctionnel de Lige a deid, eu gard ses doutes sui la compatibilit de la rglementation beige en cause' avec le dr6t ~ommuhautaire, de surseoir statuer et de poser la Cour les questions prjuclkielles suivantes: a) Dans quelle mesure un mortopole postal, tel que celui org.nis par la loi belge du 26 dcembre 1956 sur le mGmopole postal, est-il con RASSEGNA AVVOCATURA DEIJ.O STATO 346 forme, .en l'tat actuel du droit communautaire,. aux normes du trait de Rome (et notamment aux articles 90, 85 e 86) et aux normes de I droit driv en vigueur, applicables en la matire? I b) Dans qelle mesure un tel manopole doit-il ventuellement m etre ramnag afin d'etre conforme aux obligations communautaires imposes aux Etats membres en cette matire, et notamment l'article 90, paragraphe 1, et aux normes de droit driv applicables en la matire? e) Une entreprise, investie d'un manopole lgal et jouissant de droits exclusifs analogues ceux dcrits dans la loi belge du 26 dcembre 1956, est-elle soumise aux rgles de droit europen de la concurrence (et notamment aux articles 7 et 85 90 inclus) en vertu de l'article 90, paragraphe 2, du trait CEE? d) Une telle entreprise jouit-elle d'une position dominante sur une partie substantielle du march commun, au sens de l'article 86 du trait de Rome, position dominante qui rsulterait soit d'un monopole lgal, soit des faits particuliers de l'espce? 6. -Pour un plus ample expos du cadre rglementaire et des faits du litige au principal, du droulement de la procdure ainsi que des observations crites prsentes la Cour, il est renvoy au rapport d'audience. Ces lments du dossier ne sont repris ci-dessous que dans la mesure ncessaire au raisonnement de la Cour. 7. -Au regard de la situation de fait du litige au principal, les qtiestions prjudicielles doivent etre comprises en ce sens que la juridiction nationale cherche, en substance, savoir si l'article 90 du trait doit etre interprt en ce sens qu'il s'oppose ce qu'une rglementationj d'un Etat membre, qui confre une entit, telle que la Rgie des postes, le droit exclusif de collecter, de transporter et de distribuer le courrier, interdise, sous peine de sanctions pnales, un oprateur conomique tabli dans cet Etat d'offrir certains services spcifiques sur ce march. 8. -Pour rpondre cette question, telle qu'elle a t reformule, il convient de relever d'abord qu'une entit, telle que la Rgie des postes, laquelle a t accorde l'exclusivit en ce qui concerne la collecte, le transport et la distribution du courrier, doit etre considre comme une ,entreprise investie par l'Etat membre concern de droits exclusifs, au sens de l'article 90, paragraphe l, du trait. 9. -Il convient de rappeler ensuite qu'il est de jurisprudence constante qu'une entreprise qui bnficie d'un monopole lgal sur une partie substantielle du march commun peut etre considre comme PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE ccupant une position dominante au sens de l'article 86 du trait (voir arrets du 10 dcembre 1991, Merci convenzionali porto di Genova SpA, point 14, C-179/90, Ree., p. I-5889, et du 13 dcembre 1991, RTT, point 17,. C-18/88, Ree., p. I-5941). 10.. -'routefois l'article< 86 ne vise que les comportements anticoncurreiitiels qui ont t adopts . par Ies entreprises de leur propre initiative et non pas les mesures tatiques (voir arret RTT, prcit, point 26). 11. -La Cour a eu l'occasion de prec1ser cet gard que si le simple fat, pour un Etat membre, de crer ne position dominante par l'octroi de droits exclusifs n'est pas en tant que tel incompatible avec l'article 86, il n'en demur pas moins que le trait impose aux Etats llie:tnbres de ne pas prendre ou maintenir en vigueur des mesures susceptibles d'liminer l'effet utile de cette dsposition (voir arret du 18 juin 1991, ERT, point 35, C-260/89, Ree., p. 1~2925). 12. -C'est ainsi que l'article 90, paragraphe l, prvoit que les Etats . membres, en ce qui concerne les entreprises auxquelles ils accordent des droits spciaux ou exclusifs, n'dictent ni ne maintiennent aucune mesure contraire notamment aux rgles du trait en matire de concurrence. 13. -Cette disposition doit etre lue en combinaison avec celle du paragraphe 2 du meme article qui prvoit que les entreprises charges de la gestion de services d'intret conomique gnral sont soumises aux rgles de concurrence dans les limites o l'application de ces rgles ne fait pas chec l'accomplissement en droit ou en fait de la mission particulire qui leur a t impartie. 14. -Ctte. dernire disposition permet ainsi aux Etats meinbres de confrer .des entreprises, qu'ils chargent de la gestiori de services d'intret onomique gnral, des droits exclusif qui peuvent faire obstacle l'applieation des rgles du trait sur la concurrence, dans la mesure o des. restrictions la concurrence, voire une exclsion de toute concu,rrnc, de la part d'autres oprateurs conomiques, sont ncessaires pour assurer l'accomplissement de la mission particulire qui a t impa:rtie aux .entreprises titulaires des droits exclusifs. 15. -En ce qui concerne les services en cause dans l'affaire au principal, il ne saurait etre contest que la Rgie des postes est charge d'un service d'intret conomique gnral consistant dans l'obligation d'assurer la collecte, le transport et la distribution du courrier, au profit de tous les usagers, sur l'ensemble du territoire de l'Etat membre concern, des tarifs uniformes et des conditions de qualit simi 348 ': MSSEGNA: AVVOCATURA DBLLO. STATO laires, sans gard aux situations particulires et au degr de rentabilit conofuique de chaque opration individuelle. 16. -En consquence, il s'agit d'examiner dans quelle mesure une restriction la concurrence, voire l'exclusion de toute concurrence, de la part d'autres oprateurs conomiques, est ncessaire pour pernettr au titlaire du droit exclusif d'accomplir sa mission d'intret gntal, et en particlier de brificier de conditioris conomiquement acceptables. 17. -A l'effet de. c~t .,examen, il faut partir de la prmisse que l'obligation, pour le titulair~ de cette mission, d'assurer ses services dans des conditions d'quilibre conomique prsuppose la .possibilit l'une compensation entre les secteurs d'activits rentables et des secteurs mpins rent:lbles et justifie, ds lors, une limitation de la concurrence, de la part d'e1:it~reneurs particuliers, au niveau des secteurs ~onomiquement rentables. 18~ -'-En effet, autoriser des entrepreneurs particuliers de fare concurrene au titulaire dei; 'droits exclusifs dans les secteurs de leur choix correspondant ces droits les mettrait en mesure de se concentrer sur les activits conomiquement rentables et d'y offrir des tarifs plus avantageux que ceux pratiqus par les titulaires des droits exclusifs, tant donh que, la diffrence de ces derniers, ils ne sont pas conomiquement tenus .d'oprer une cornpensatin entte les pertes ralises dans les' secteurs non rentables et les bnfices raliss dans les secteurs plus rentables. 19. -L'exclusion de la concurrence ne se justifie cependant pas ds lors que sont en cau.se. des services spcifiques, dissociables du service d'intret gnral, qui rpor;ident des besoins particuliers d'operateurs conomiques et. qui exigent certaines prestations supplmentaires que le service postai traditionnel. n'offre pas, telles que la collecte domicile, une plus gr_ande rapidit ou fiabilit dans la distrbution ou encore la possibilit de modifier la destination en cour~ rl.'f!.cheminement, et dans la. mesi.ire o ces services, de par leur nature et les cc,mditions dans lesquelles ils sont offerts, . telles que l secteur, gographique dans lequel ils interviennent, ne mettent pas en cause l'quilibre conomique du service d'intret conomique gnral assum par le titlaire du droit exclusif. 20. -Il appartien la juridiction de renvoi d'examiner si les servi: ces qui sont en cause dns le litige dont elle est saisie rpondent ces critres. PARTE I, SEZ. -n, GIURIS. COMUNITARIA-E INTERNAZIONALE 349 21.-Il y a ds lors Iieu de rpondre aux questions poses par le tribunal correctionnel de Lige que l'article 90 du trait CEE s'oppose ce qu'une rglementation d'un Etat membre qui confre une entit . telle .. que la Rgie des postes le droit exclusif de collecter, de transporter et de distribuer le courrier interdise, sous peine de sanctions pnales, un. oprateur conomique tabli dans cet Etat d'offrir certains services sp.cifiques, dissociables du service d'intret gnral; qui rpondent des besoins .particuliers des oprateurs cononiiques et qui exigent certaines prestations supplmentaires que le. service postal traditionnel n,'offre pas, dans la mesure o ces services ne mettent pas en cause l'quilibre conomique du service d'intret conomique gnral assum par le titulaire du droit exclusif. Il appartient la juridiction de renvoi d'examiner si les services qui sont en cause dans le litige dont elle est saisie rpondent ces critres. (omissis) CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE, Plenum, 20 ottobre 1993, nella causa ~10/92 Pres. Due Avv. Gen. Jacobs Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale di Genova nella causa Balocchi c. Min. finanze lnterv.: Govetnoitaliano (avv. Stato Favara) e Commissione delle C.E. (ag. Traversa, avv. Dal Ferro). Comunit Europee Corte di giustizia delle Comunit eurQPee Domanda di pronuncia pregiudiziale del giudice nazionale Presupposti Con traddittorio -Competenza. (Trattato CEE, art. 177). Comunit EurQPee Sesta direttiva. IVA Liquidazione dell'importo netto dell'IVA Acconto da pagare su tale importo. (direttiva. del Consiglio 17 maggio 1977, n. 77/388/CEE, artt. 10 e 22; _d.P.R. 2.6 ottobre 1972, n. 633, art. 33; legge 29 dicembre 1990, n. 405, art. 6). Spetta solo al giudice nazionale valutare la necessit di sentire il convenuto prima di emettere un'ordinanza di rinvio pregiudiziale ai sensi dell'art. 177 Trattato CEE. Non spetta alla Corte accertare se il provvedimento con cui stata adita, non revocato a seguito dell'esperimento di rimedi giurisdizionali eventualmente previsti dal diritto nazionale, sia stato adottato in modo conforme alle norrne nazionali in materia di organizzazione giudizaria e di procedura (1). (1) Massime conformi ai precedenti della Corte (nella specie la pronuncia della Corte di cassazione nazionale -Sez. Un. 6 novembre 1993, n. 10999/93, che ha dihiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario che aveva proposto la domanda pregiudiziale nel corso di un procedimento di urgenza, intervenuta dopo 'la pronuncia del giudice comunitario): cfr., in questa Rassegna 1987, I, 296; '1986, I, 435 (con nota di CONTI); 1983, I, (con nota di LAPORTA); 1982, I, 70 e 675 (con nota di FERRI); 1976, I, 199; 1974, I, 354 (con nota di MARZANO). 6 350 Ri\.SSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Gli artt. 10 e 22, nn. 4 e 5, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli I @ Stati membri relative alle imposte sulla cifra d'affari -Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, ostano a che I norme del diritto nazionale impongano ai soggetti passivi di versare un : importo di IVA pari al 65% dell'importo totale esigibile per un periodo che non ancora trascorso. I soggetti passivi a cui tale obbligo imposto possono invocare dinanzi al giudice nazionale le disposizioni direttamente efficaci della direttiva, vale a dire gli artt. 10 e 22, nn. 4 e 5 (2). (omissis) -1. -Con ordinanza 18 dicembre 1991, pervenuta in cancelleria il 9 gennaio 1992, il presidente del Tribunale di Genova, ha sottoposto a questa Corte, ai sensi dell'art. 177 del Trattato, diverse questioni pregiudiziali relative all'interpretazione della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membii relative alle imposte sulla cifra d'affari -Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1; in prosieguo: la sesta direttiva). 2. -Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di una lite tra I il signor Balocchi, cittadino italiano, ed il ministero italiano delle Finanze a proposito del pagamento di un acconto provvisorio sull'imposta sul I valore aggiunto (in prosieguo: 1' IVA). I 3. -La normativa italiana in materia di IV A fissa in un anno (1 gen~ naio-31 dicembre) la durata del periodo d'imposta. I soggetti passivi devono presentare una dichiarazione annuale per ogni periodo d'imposta entro il 5 marzo dell'anno successivo. Tale dichiarazione annuale ha natura riepilogativa. Infatti, nel corso di tale periodo i soggetti passivi sono tenuti ad effettuare versamenti mensili o trimestrali, in base all'entit del loro volume d'affari. Quando presentano all'amministrazione tributaria la loro dichiarazione annuale i soggetti passivi, a seconda dei casi, versano il saldo dell'IVA dovuto per l'attivit dell'intero periodo oppure recuperano l'ammontare pagato in eccesso. 4. -Prima del 1991 l'importo dell'IVA dovuto per l'ultimo trimestre dell'anno era versato di regola all'atto della dichiarazione annuale del mese di marzo dell'anno successivo. Tale norma stata modificata nel (2) I principi affermati dalla Corte riguardano l'IVA, la cui disciplina armonizzata a livello comunitario, e perci non possono essere estesi tout court ad altre fattispecie normative, non armonizzate, quali quelle dei versamenti in acconto dell'IRPEF, dell'IRPEG e dell'ILOR, di cui all'art. 1 legge 23 marzo 1977, n. 97, e successive modificazioni. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 351 1991 dall'art. 6, secondo comma, della legge 29 dicembre 1990, n. 405 (in prosieguo: la legge n. 405/90 , suppl. ord. GURI n. 303 del 31 dicembre 1990), che entrata in vigore il 1 gennaio 1991. 5. -In forza del nuovo regime i soggetti passivi tenuti ad effettuare versamenti mensili devono corrispondere entro il 20 dicembre di ogni anno, a titolo di acconto sull'IVA dovuta per lo stesso mese, un importo pari al 65% del versamento che hanno effettuato (o che avrebbero dovuto effettuare) per il dicembre dell'anno precedente. Se prevedono che l'importo dovuto. per il mese di dicembre dell'anno iri corso sar inferiore a quello versato per lo stesso mese l'anno precedente, i soggetti passivi hanno la facolt di versare, entro lo stesso termine, un importo pari al 65 % dell'importo dell'IVA che essi stimano di dover assolvere per il mese di dicembre in corso. 6. -Dal canto loro, i contribuenti soggetti all'obbligo di effettuare versamenti trimestrali devono versare, sempre entro il 20 dicembre, a titolo di acconto sul versamento da effettuare all'atto della dichiarazione annuale, un importo pari al 65 % dell'importo versato (o che avrebbe dovuto essere versato) per il quarto trimestre dell'anno precedente o, se inferiore, di quello dovuto per il quarto trimestre dell'anno in corso. 7. -Pr calcolare l'acconto da versare entro il 20 dicembre dell'anno in corso il contribuente, tanto se soggetto all'obbligo di effettuare versamenti mensili, quanto se tenuto a versamenti. trimestrali, pu quindi scegliere. fra due possibilit. Egli pu basare il suo calcolo sulla somma pagata l'anno precedente con l'ultimo versamento (mensile o trimestrale) oppure basarsi sull'importo dell'IVA che prevede di dover pagare alla fine ell'anno in corso con l'ultimo versamento (mensile o trimestrale). In questo secondo caso fart. 6, quinto comma, della legge n. 405/90 dispone tuttavia che il contribuente che non versi del tutto o in parte l'importo dovuto soggetto ad una soprattassa del 20 % sulle somme non corrisposte. 8. -Il signor Balocchi esercita la professione di amministratore. di beni immobili in Italia ed quindi soggetto passivo IV A. Rientrando nella categoria dei contribuenti il cui volume di affari annuo inferiore a 360 milioni di LIT, egli fruisce del regime dei versamenti trimestrali, il cosiddetto regime semplificato . Pertanto, in forza dell'art. 33 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633/72 (suppl. ord. GURI n. 292 del 1 novembre 1972), egli deve effettuare versamenti periodici entro il quinto giorno del secondo mese successivo a ciascuno dei primi tre trimestri dell'anno. Dal 1991 egli tenuto, per il quarto trimestre, a versare entro il 20 dicembre l'acconto di cui all'art. 6, secondo comma; della legge n. 405/90. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 352 9. -Il signor Balocchi contesta quest'ultima disposizione. per il motivo che impone il pagamento, entro la fine dell'ultimo trimestre dell'anno, di un accontO sull'IVA relativa all'intero trimestre. In tal modo, una. parte. dell'acconto IVA da versare all'erario si riferirebbe a presta. zibni non ancora etfetttiate ed a corrispettivi non ancora riscossi. 10, ...,. Il citato art, 6, secondo comma, sarebbe in contrasto con gli artt. 10 e 11 della. sesta direttiva che, secondo il signor Balocchi, consentirebbero di esigere l'IVA solo dal momento in cui stata realizzata Topera: zione imponibile .. Per far valere il suo assunto il signor Balocchi ha proposto dinanzi al Tribunale di Genova un ricorso diretto a far dichiarare l'incompatibilit . della detta disposizione italiana con il diritto comunitario ed ha chiesto al Presidente del Tribunale -che ha accolto la sua domanda -la sospensione, nei suoi confronti ed in via provvisoria, dell'obbligo di pagare l'acconto previsto dalla stessa disposizione. Il Presidente del Td'bunale, ritenendo peraltro che la pronuncia nel merito della lite dipenda dall'interpretazione del diritto comunitario, ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: 1) se le norme di cui agli artt. 10 e 11 della VI direttiva del Consiglio CEE del ri maggio 1977 n. 388 (in GU CEE del 13 giugno 1977 n. 145) abbiano armonizzato le nozioni cli fatto generatore di imposta e di momento di esigibilit della stessa e, in caso positivo, se dette norme attribl.liscano ai singoli diritti che possono essere fatti valere di fronte ai Giudici Nazionali; 2) in caso di risposta positiva al primo quesito, cosa debba considerarsi per fatto generatore di imposta e per momento di esigibilit dell'imposta se gli artt. 10 e 11 della direttiva precitata, cos come interpretati dalla Corte di giustizia, ostino ad una normativa nazionale (art. 6 1. 405/90) che imponga ai prestatori di servizi l'obbligo del versamento dell'imposta IVA in relazione a prestazioni non ancora effettuate e a corrispettivi non riscossi . 11. -Per una pi ampia illustrazione degli antefatti della causa principale del procedimento e delle osservazioni scritte presentate alla Corte si fa rinvio alla relazione d'udienza; Questi elementi del fascicolo sono richiamati solo nella misura necessaria alla comprensione del ragionamento della Corte. SULLA RICEVIBILIT. 12. -Il governo italiano sostiene anzitutto che la questione pregiudiziale stata proposta nell'ambito di un procedimento in cui non vi stato contraddittorio, poich il ministero delle Finanze non ha PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 353 avuto l'occasione di intervenire e di presentare le sue osservazioni in ordine agli argomenti addotti dal signor Balocchi. Essa dovrebbe essere quindi considerata irricevibile. 13. -Dalla giurisprudenza della Corte si ricava che, indubbiamente, pu risultare necessario, nelrinteresse di una buona amministrazione della giustiZia, che una questione pregiudiziale venga sollevata solo a seguito di.un contraddittorio tra le parti. 14. -Si deve tuttavia rilevare che l'esistenza di un previo contraddittorio non figura tra i presupposti prescritti per l'instaurazione del procedimento previsto dall'art. 177 del Trattato e che spetta al solo giudice nazionale valutare la necessit di sentire il convenuto prima di emettere un'ordinanza di rinvio (v. sentenza 28 giugno 1978, causa 70/77, Simmenthal, Racc. pag. 1453). 15. -Il governo italiano contesta inoltre la ricevibilit della domanda pregiudiziale per il motivo che il giudice di rinvio non competente in materia tributaria. 16. -Questo argomento attiene al diritto nazionale e pertanto non pu essere accolto. La Corte, nella sentenza 14 gennaio 1982 (causa 65/81, Reina, Racc. pag. 33, punto 7 della motivazione), ha infatti stabilito il principio che non le spetta accertare se il provvedimento con cui stata adita sia stato adottato in modo conforme alle norme nazionali in materia di organizzazione giudiziaria e di procedura. 17. ---La Corte deve quindi attenersi al provvedimento di rinvio emesso dal giudice di uno Stato membro fintantoch esso non sia stato revocato a seguito dell'esperimento di rimedi giurisdizionali eventualmente previsti dal diritto nazionale. NEL MERITO. Sui presupposti di legittimit di un sistema di acconti. 18. -L'ordinanza di rinvio mira in sostanza a far accertare, in primo luogo, se le pertinenti disposizioni della sesta direttiva ostino a che una normativa nazionale imponga ai soggetti passivi l'obbligo di versare un importo di IVA pari al 65 % dell'importo totale esigibile per un periodo di imposta che non ancora trascorso. 19. -La norma italiana controversa, che figura nell'art. 6 della legge n. 405/90, obbliga i soggetti passivi a versare, in un momento in cui l'ultimo mese o trimestre dell'anno non ancora trascorso, un - RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 354 acconto del 65 % sull'IVA dovuta per l'intero periodo. Il ricorrente nella causa principale e la Commissione sostengono che tale acconto ha l'effetto di obbligare i contribuenti ad assolvere l'IVA su operazioni non ancora realizzate e che la disposizione che prevede detto acconto quindi contraria all'art. 10, n. 2, della sesta direttiva. 20. -L'IVA un'imposta sulla cifra d'affari realizzata mediante la cessione di un bene (fornitura di una merce) o la prestazione di un servizio. Come giustamente sottolinea l'avvocato generale, dal sistema della sesta direttiva emerge che in via di principio la detta imposta dev'essere pagata solo a posteriori. 21. -Va infatti ricordato che le disposizioni dell'art. 10 della sesta direttiva hanno armonizzato le nozioni di fatto generatore e di esigibilit dell'imposta. 22. -Ai sensi dell'art. 10, n. l, della sesta direttiva considerato fatto generatore dell'imposta il fatto per il quale si realizzano le condizioni di legge necessarie per l'esigibilit dell'imposta . L'esigibilit, a sua volta, designa il diritto che l'Erario pu far valere a norma di legge, a partire da un dato momento, presso il debitore, per il pagamento dell'imposta . 23. -L'art. 10, n. 2, dispone che il fatto generatore dell'imposta si verifica e l'imposta diventa esigibile all'atto della cessione di beni o della prestazione di servizi . 24. -Occorre tuttavia sottolineare che si deve fare una distinzione tra, da un lato, le nozioni di fatto generatore e di esigibilit dell'imposta, di cui all'art. 10, e, dall'altro, la nozione di pagamento dell'imposta. L'ordinanza di rinvio non fa riferimento alle disposizioni della sesta direttiva concernenti il versamento dell'IVA. Esse sono per pertinenti nel caso di specie. La norma generale, che figura nell'art. 22, n. 5, della stessa direttiva che ogni soggetto passivo deve pagare l'importo netto dell'imposta sul valore aggiunto al momento della presentazione della dichiarazione periodica . Ai sensi del n. 4 dello stesso articolo la dichiarazione va presentata dopo la fine del periodo fiscale, entro un termine stabilito dagli Stati membri, che non pu superare due mesi. 25. -Tuttavia, tenuto conto del fatto che, nel campo dell'IVA, i soggetti passivi agiscono come collettori d'imposta per conto dello Stato, e per evitare che si accumulino nelle loro mani, nel corso di un periodo d'imposta, somme rilevanti di denaro pubblico, l'art. 22, n. 5, della sesta direttiva autorizza gli Stati a derogare alla norma che prescrive il pagamento al momento della presentazione della dichiarazione periodica ed a riscuotere acconti provvisori. PARTE I, SBZ/ ll, GttJlUS. tlO:MtJNtt'ARI ! U!ltllRNAZIONALB 355 26/~ Poich, in genere, al momento del pagamento di tali acconti i conti del periodo in esame. non sono stati aricora liquidati; gU .. stati membri possono prevedere come punto di riferimento il volume d'affari :i;eaij;l~?to :llel ce>rso. ..passiV(;) la fac9lt di determinare l'acconto da versare in base al vohtme d'affari. che, secondo la sua stima, egli dovrebbe . effettivamente . realizzare al. termine del periodo ccinside.i:lito; e hoh glf iilpohgano Il paga:tnento di soprattasse riel caso . il1 cui .. sottov;;iluti in buona fede. l::t somma effettivamente dovuta . . 27...... Ltl particolart deUa . nottriativa . italiana . consiste nel fatto di. iiripofre.ars6g~ett. pai;sivi eh.e ..nori intendaM .assumere c()me rife Hiririto .1'1:VA pagati . rtef peri6do corrispldente. dell'arino precedente di versare mi accont6 talcolato in base al volume d'affari che sar rea lizzato. 11.el c&sb d . hif pe:fiOd .che .non . l:lricora trascorso. trn simile sistema pu far s eh.e l soggetti passivi che realizzano una parte rilevante. delloro volume d'affari nel corso degli ultimi undici giorni del l'anno, come ncl caso (lell!it1dustria alberghiera, debbano corrispondere l'IVA su operazioni non ancora effettuate. Nel caso di tali soggetti pas sivi 1a .. criticatcl'.lspdsizione. delik legge italiana porta a trasformare gli acconti in anticipi contrastanti con la regola, . sancita dalla direttiva, secondo cui gl .Statf i:ri~mbri. possono esigere n pagamento dell'IVA solo per opetazfolli realizzate. 28. -Che gli acconti divengano in tal modo degli anticipi risulta con particolare evidenza nel caso dei soggetti passivi tenuti a versa irie~ti ... rnensm. Per costoro l'importo detfiacconto cornsponde, in proporzione pressoch identica, al ntl.triero dei gior;ni del mese trascorsi tra il 1 ed il 20 dicembre, vale li. dire M,5 %. Pertanto, la minillia diminuzfone del volume d'affari rispetto all'anno precedente, come il mi nimo errore nella stima del volume d'affari che verr realizzato alla fille ..cl,el:l'anno in corso, d.etermina, come conseguenza; fobbligo di ver sare un acconto . ma.nifestamente superiQre alla so:tn:tna effettivamente esigibileil 20 dicembre dell'armo in corso, Invece, per i soggetti passivi tenuti a versamenti trimestrali il rischio . minore in quanto gi tra scorso 1'88 10 del trimestre quando, il 20 dicembre, deve essere versato l'acconto del 65% dovuto per l'ultimo trimestre dell'anno in corso. 29. -Il governo italiano fa notare, a tale proposito, che il soggetto passivo ha la facolt di assumere come riferimento il suo volume d'af fari effettivo per il mese o il trimestre in corso anzich riferirsi a quello realizzato l'anno precedente nel mese o nel trimestre corrispondente. 356 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 30. -Tal facolt non rilevante, poich il problema inerente alla normativa italiana sussiste comunque, tanto se il punto di riferimento sia l'anno in corso, quanto se sia l'anno precedente. 31. -Alla luce delle osservazioni che precedono, la prima questione pregiudiziale dev'essere risolta nel senso che gli artt. 10 e 22, nn. 4 e 5, della sesta direttiva ostano a che una normativa nazionale imponga ai soggetti passivi l'obbligo di versare un importo di IVA pari al 65 % dell'importo totale esigibile per un periodo che non ancora trascorso. Sull'efficacia diretta delle disposizioni pertinenti della direttiva. 32. -Risulta poi dall'ordinanza di rinvio che il giudice nazionale mira, in secondo luogo, a far accertare se le disposizioni della sesta direttiva pertinenti al caso di specie ostino all'applicazione dell'art. 6 della legge n. 405/90, il quale impone ai prestatori di servizi l'obbligo di versare l'IVA su prestazioni non ancora effettuate, e conferiscano ai singoli diritti che possono essere fatti valere dinanzi al giudice nazionale. 33. -Per risolvere tale questione basta rinviare alla costante giurisprudenza della Corte relativa all'efficacia diretta delle direttive (v. sentenza 19 gennaio 1982, causa 8/81, Becker, Racc. pag. 53). 34. -Da tale giurisprudenza risulta che, nonostante il margine di discrezionalit relativamente ampio di cui gli Stati membri dispongono per l'attuazione di talune disposizioni della sesta direttiva, i singoli possono far valere dinanzi al giudice nazionale le disposizioni della direttiva che siano sufficientemente chiare, precise e incondizionate. 35. -Gli artt. 10 e 22, nn. 4 e 5, possiedono tali caratteristiche e pertanto conferiscono ai singoli dei diritti che essi possono far valere dinanzi al giudice nazionale per opporsi ad una normativa nazionale incompatibile con le dette disposizioni. 36. -Le questioni sollevate dal presidente del Tribunale di Genova vanno quindi risolte come segue: 1) gli artt. 10 e 22, nn. 4 e 5, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d'affari -Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, ostano a che norme del diritto nazionale impongano ai soggetti passivi di versare un importo di IVA pari al 65 % dell'importo totale I esigibile per un periodo che non ancora trascorso; ~ 2) i soggetti passivi a cui tale obbligo imposto possono invocare ~ i: dinanzi al giudice nazionale le disposizioni direttamente efficaci della t direttiva, vale a dire gli artt. 10 e 22, nn. 4 e 5. (omissis) Ii ' I, SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI CORTE DI CASSAZIONE; Sez. 1; 12 ottobre 1992, n. 11115, Pres. Favara; Est. Lupo; P.M. Lo Cascio (concl. conf.): Societ Italiana Assicurazione Crediti (avv. Nicol) c. Societ Benn (avv. Tornabuoni). Societ Societ per azioni Immedeshnazione organica Rappresentanzii apparente Atti negoziali posti in essere da dipendente Inefficacia. Gli atti negoziali conclusi da un dipendente non amministratore sono da considerare inefficaci nei confronti della Societ. (1) 1. -Con il prhno motivo del ricorso la societ Siac. deduce la violazione dell'art. 360, n. 3, c.p.c., in relazione all'art. 2697 e.e., per erronea applicazione dei principi sull'onere della prova. La societ ricorrente osserva che la assicurata Benn Club ha asserito di avere ricevuto l'affidamento della Siac per le sue vendite alla societ francese Intercom, affidamento necessario per la copertura assicurativa; spettava, quindi, Brevi osservazioni sull'apparentia iuris in materia societaria. (1) Il caso in questione offre un valido spunto per approfondire il complesso rapporto trilatero Societ -amministratori -terzo, soprattutto in relazione alle problematiche legate alla tutela del terzo contraente nei confronti dei rappresentanti della Societ. Ponendo in secondo piano l'accertamento, spettante al giudice di merito, della qualificazione del c;d. benestare all'interno della disciplina contrattuale, soprattutto per verificare se si tratti (come affermava la ricorrente Siac) di atto avente natura negoziale, la nostra analisi si muover su due linee-guida:; 1) Analizzare il suddetto rapporto alla luce. dell'art. 2384, congiuntamente con l'art. 2383, ponendo l'accento in special modo sulla pubblicit che accompagna le attivit delle S.p.A.; 2) ampliare il ragionamento, usando il filtro degli artt. 1388-1398, sulla rappresentanza senza potere e le conseguenze sugli atti posti in essere dal falsus procurator. Secondo un. indirizzo giurisdizionale, non pu essere invocato il principio dell'apparentia iuris ed perci precluso qualsiasi strumento di tutela per il terzo contraente, in tutti quei casi in cui. la legge prescriva specifici mezzi di pubblicit, idonei all'accertamento dei poteri rappresentativi, come ac.cade appunto per gli organi, ed in particolar modo per gli amministratori, delle Societ di capitali regolarmente costituite. In tali casi anche una assoluta carenza di potere rappresentativo da parte di colui che agisce in nome e per conto della Societ rappresentata non po 358 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO alla Benn Club l'onere di provare tale fatto, validamente compiuto in quanto proveniente da un organo della Siac, tenuto conto che essa Siac aveva negato per iscritto il chiesto affidamento (risposta di fido zero). La corte d'appello ha ritenuto di individuare l'atto di concessione del fido in una immaginosa telefonata fatta da un dipendente della societ assicuratrice (Giancarlo Sorbello) che la societ ricorrente ha sempre negato essere abilitato ad impegnare la Siac. senso alla copertura assicurativa, secondo il tenore espresso dalla polizza assicurativa. E' rimasto perci sfornito di prova il fatto costitutivo della pretesa fatta valere dalla societ Benn Club. Con il secondo motivo del ricorso la societ Siac deduce la violazione degli artt. 2226, 2384 e 1325 e.e., in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c. Secondo la societ ricorrente, la concessione di fido sulla:. singola operazione di esportazione non costituisce, come ha affermato la corte d'appello, un semplice elemento integrativo della efficacia dell'assicurazione, ma un elemento del contratto di assicurazione, che riempie il contrattoquadro . Consegue che la comunicazione della concessione di fido sulla singola operazione manifestazione di volont contrattuale, che compete solo a chi ha la rappresentanza della societ. Non pu ritenersi che tale potere spetti ad ogni dipendente della societ assicuratrice, sulla base di un rapporto di immedesimazione organica ravvisato dalla sentenza impugnata tra il Sorbello e la Siac. trebbe essere invocata dal terzo, poich infatti questi, usando l'ordinaria dili genza, avrebbe potuto ben conoscere l'identit dei legittimi rappresentanti. Se innegabile l'importanza della certezza riguardo l'identit suddetta non ne discende tuttavia la certezza della validit del contratto stipulato: ben potrebbe infatti l'oggetto del contratto stesso eccedere i limiti della rappresentanza conferita. Tali preoccupazioni hanno indotto il Consiglio CEE (con la direttiva 9 (marzo 1968, n. 151) e quindi il legislatore italiano ad apprestare un'ampia tutela dei terzi contraenti di una S.pA., come si evince dall'art. 2384 secondo comma che recita: le limitazioni al potere di rappresentanza che risultano dall'atto costitutivo o dallo statuto, anche se pubblicate, non sono opponibili ai terzi, salvo che si provi che questi abbiano intenzionalmente agito a danno della societ . La tutela giunge a rendere inopponibili anche gli atti che eccedono i limiti dell'oggetto sociale ai terzi, purch in buona fede (art. 2384 bis). Se la disciplina che riguarda gli amministratori che potremmo definire statutari chiara ed univoca, dubbi possono invece sorgere nel momento in cui ci si chieda quale possa essere la disciplina applicabile ai casi in cui gli amministratori abbiano ricevuto la titolarit della rappresentanza tramite vie diverse, come il caso, ad esempio, degli amministratori delegati (i cui poteri derivano da una delibera del CDA). Le tesi formulate sono principalmente due o sono dirette a verificare quale sia l'ambito di applicabilit dell'art. 2384 secondo comma, e soprattutto 5e PARTE I, SEZ.. III, (lI{.JRISPRUDENZA CIVILE, .Git.JRISDIZIONE E APPALTI 359 2. l due motivLdl ricorso, che. vanno esaminati. congit1ntamente per la. stretta. connessione delle censure. con. essi propste, sno fondatt La sentenza impugnata, ravvisato un rap):)orto .di immedesimazione organica tra il dott. GJanc~Io .. Se>rbello e la societ . per azioni Siac, ba ritenuto...c!le.ǥilᥥ&orMUo..foss~abiUtato..ad.. impegnare. la siac ȥnella cc:>:ncessidn.e efl:ienestare>~ slta c6pertuia assieurativa del credito derivantedalla'. esphrtaiione effettuata dalla Benn Club alla francese Intercom, Tale b:ril1edesim~fone organica stata fatta discendere dal solo fatto che ildottsorbell erapadfkatnente un dipendente della Siac. V per osservato che non sussiste coincidenza . tra dipendente (o anche ntnZionario) di uria societ per azfoni ed organi.della stessa. Nella seiet< per azioni/ gli organi deputati all'azione esterna (forniti ci di ci che la legge qualifica come potere d rappresentanza: art. 2384 c;c.) sono gli amministratori... Solo con riferimento a tali soggetti applicabile ta te9#~ c)rglll)lc;a..rilji~ata gajl~ corte . d'appello, JJ) vlrtu ..della quale la persona tisica che agi~ perd'ente. non .>un. rappresentante (soggetto dive:t:so. clal rappresentato); ma. .10 strumento dL diretta !imputazione dell'attivit giuridica ad 'Un>ente (onde. non si ha. uno sdoppiamento di soggetti); esso> vada escluso )n..tutti quei casUn cui la rappresentanza trovi il suo . titolo in una procura, am;icli .eUo statuto. . . . . . . A favore dell'ai)plicabil~t si schiera ad esempio ilBoneHi argomentando 1, tra l'altrb, che tale dlscpUna riguarda tutti i i:ipi di limitazioni volontarie, prsdiidendo dal'Origin di esse;. che le norme . generali in tma: di rappresentanza non sono. applicabili> alla materia della rappresentanza: societaria, che ha: una specifica regolamentazione ( ...) e che, non ultimo, l'accoglimento della tesi opposta renderebbe possibile vanificare la tutela cos apprestata semplicemente operando sul modo di conferire i poteri rappresentativi. Pe:rtifufo a niaggir ragione non sarebbero . opponibili le limltationi che non provengano dall'atto eostitutfoo o dalfo statuto, bens da un atto interno, quale ufof prodfra; . . La tesi crltcafa invece iliudve dalla constatazione che l'art. 2380 dispone la: possibilit che 11ai:nfuiriistrazfone della societ possa essere affidata anche a . non soci; essendo pacificamerit a:ccoltO il principio per cui a. terzi possono essere. cotii'erlti .. anche mandati . prwre. gerierli ad negotia ..(purch . ci nn 5vuotf eccessiVamente. la fuifai()ne e la . posizione di potere degli. aniministra: tori). Dato chi iri simili casi, risiilta: pacifica: l'applicazfon della nOnriale disciplina sulla rappresentanza, si viene cOsl: a ctear la possibilit per la Societ di poter opporre tui:te le limitazioni previste nella procura . conferita al terzo non amministratore, rendendo. efficaci quindi solo gli atti rientranti nell'oggetto e rispettosi delle liniita:zfont Quando al contrari si attribuissero le stesse limitazOni, tramite procura, a:d un amministratore esse non sarebbero operative (conformando il (1) F. BoNEU.I, Gli amministratori di societ per azioni, Milano, 1985, 106. 360 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO L'applicazione della teoria organica da parte del giudice del merito presuppone pertanto l'accertamento che il dott. Sorbello era un amministratore della Siac, o per tale si presentava (considerato che la corte d'appello fa riferimento anche alla buona fede della controparte). Ma da tale accertamento la sentenza impugnata ha del tutto prescisso. La qualit del Sorbello di mero dipendente della Siac -alla quale la corte d'appello ha attribuito rilevanza -pu assumere rilievo nella presente controversia solo in quanto ad essa si accompagni un inserimento di detto dipendente nell'impresa assicuratrice tale da conferirgli, in forza di legge (art. 2203-2213), determinata sfera di potere rappresentativo, dovendo in tale persona ravvisarsi un procuratore o un commesso. t:. erronea, quindi, l'applicazione della teoria organica fatta dalla corte d'appello sulla base della sola prova che il Sorbello era un dipendente della societ assicuratrice Siac. 3. -L'accertamento sulla idoneit del comportamento del Sorbello a determinare la copertura assicurativa del credito derivante dalla esportazione effettuata dalla Benn Club a favore della Intercom non pu prescindere dalla qualificazione giuridica del particolare contratto di assicurazione tra le parti, in cui l'assicurazione del rischio fatta dipendere da un'ulteriore attivit delle parti riferita a ciascuna operazione di esportazione, e in particolare dal c.d. benestare (con indicazione del limite di fido) dell'istituto assicuratore. La corte d'appello ha ritenuto di prescindere dall'esaminare come le parti hanno regolato i rapporti tra il contratto iniziale e la successiva attivit necessaria per la copertura assicurativa del singolo credito; e, poich tale esame va compiuto sulla base dell'analisi del contratto, questa corte di legittimit non pu procedere ad esso direttamente. ragionamento alla tesi dell'applicabilit dell'art. 2384 secondo comma), ren dendo quell'atto esternamente valido come una procura generale. Se quindi si restringe il campo d'applicazione del suddetto articolo, rifacendosi alla normale disciplina in tema di rappresentanza, per quanto concerne gli amministratori non statutari ed i terzi rappresentanti, per i terzi contraenti nasce il dovere di verificare la consistenza e la giustificazione dei poteri dei rappresentanti, avendo quindi, come autorevolmente evidenziato da Calandra Buonaura 2, la possibilit di regolarsi di conseguenza, sapendo di non poter godere, nei confronti del delegato, di quella tutela che la legge gli accorda nei confronti del rappresentante statutario . Posta in questi termini la questione, si dovr verificare allora se la Societ avr indotto in errore la controparte, per negligenza, tutte le volte in cui non sar stato possibile con l'ordinaria diligenza individuare, in positivo, la precisa consistenza dei poteri e delle funzioni delegate, ed, in negativo, le limitazioni e le aree dell'amministrazione senz'altro sottratte al rappresentante. (2) CALANDRA BuoNAURA, Potere di gestione e potere di rappresentanza degli amministratori, in Trattato delle societ per azioni, a cura di G. E. COLOMBO -G. B. PORTALE. Torino, 1991, 4, 143. PARTE I, SBZ. III, GIURISPRl:Jl)BNU CIVIUl, GIVRISDIZIONE E APPALTI .361 Il.git:J.dice.(lelmedto dc:we, in particolare, ,accertare se il c.d. benestare dell'istituto assicnratore in ordine alla singola esportazione costituisce un elemento del contratto diassicurazione (come s.ostiene la societ ricori; ente con affermazione peraltro contestata . da controparte, la quale osserva elle per tl:)le atto non dchi~ta la f.orma scritta di cui all'art. 1888 c;,c;.) ovv:ero si >PC>ne coroe condizionante l'efficacia o addirittura atto esecntivo dell'.originario co.utratto (come sostiene la socie~ controricorrente). Tale qualificazione assume rilievo in ordine all'indivi>. Ci posto e scendendo. alla fattispecie in esame, dato, quindi, rile vare che la Corte dei Conti .I10n poteva esimersi dal pronunciare, in via incidentale, sulla questione relativa alla iscrizione della ricorrente Crosta alla Cassa, delibando poi sul rapporto pensionistico nella sua interezza, attesa la condizione di pensionata della Crosta medesima. Va, dunque, dichiarata }a giurisdizione della Corte dei Coniti. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. un., 28 aprile 1993, n. 4910; Pres. Ruperto, Est. Paolucci; P. M. di Renzo (concl. conf.) . Di Taranto C. (avv. D'Ales sio) c. Ministero della Difesa (avv. Stato V. Russo). Giurisdizione civile . Giurisdizione ordinaria ed amministrativa Servizio militare di leva Cittadini residenti in zone terremotate Esenzione su domanda Diritto soggettivo Esclusione. (L/ 22 dicembre 1980, n. 324, art. 14-decies). Il cittadino residente in zone terremotate, soggetto all'obbligo del servizio militare di leva, non pu vantare, in base all'art. 14 decies L. 22 di cembre 1980 n. 874,. alcun diritto soggettivo perfetto all'esenzione su domanda dal predetto servizio, Compete infatti all'Autorit militare la valutazione delle condizioni di legge ulteriori allo status di residente e, in particolare l'entit del pregiudizio subito dal nucleo familiare del chiamato alle armi, per concedere l'esenzione. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 379 Rispetto alla valutazione operata dall'Amministrazione, nell'ambito del suo potere discrezionale, pertanto, il cittadino vanta una posizione di mero interesse legittimo (1). (Omissis). Procedendo quindi all'esame della questione sollevata dal ricorrente, osserva il Collegio che la stessa concerne la sfera dei doveri inderogabili di solidariet politica, economica e sociale che l'art. 2 della Costituzione impone al cittadino, il quale esprime la sua personalit sia singolarmente che quale parte di formazioni sociali. E tra tali doveri rientra appunto quello previsto dal successivo art. 52, che definendo sacra la difesa della Patria, afferma che il servizio militare, nei limiti e modi stabiliti dalla legge, obbligatorio. Al riguardo questa Corte ha avuto modo di affermare che il complesso di norme di azione dirette a regolamentare, in vista del cennato fine, l'attivit dello Stato non tende a salvaguardare specifiche posizioni soggettive del cittadino, di talch la violazione o disapplicazione di tali nor me pu concretare solo una lesione di interessi legittimi, azionabili nella competente sede giurisdizionale amministrativa, e non una lesione di diritti soggettivi, che possono configurarsi -ai fini del riparto di giurisdizione -unicamente nell'ipotesi in cui venga dedotta una specifica e concreta violazione da parte dell'Amministrazione del generale obbligo del neminem laedere (cfr. sent. n. 1616/69) o la commissione di atti illeciti dei suoi organi. Quando invece venga prospettata la non conformit a legge dell'operato della P.A., ossia l'illegittimit del comportamento di questa nell'e spletamento di una attivit disciplinata da norme di azione, la posizione (1) La sentenza in esame costituisce un'interessante applicazione dei criteri di riparto della giurisdizione, in materia di servizio militare di leva. Ribadisce la S. C., richiamandosi alla propria precedente sentenza 13409/91 che, laddove non si ponga una questione di cittadinanza, domicilio, et, diritti civili o filiazione, ex art. 25 d.P.R. 12 febbraio 1964 e di competenza del giudice ordinario, ma si censuri l'operato dell'Amministrazione militare, assumendo che la stessa non avrebbe correttamente applicato la normativa in materia di dispensa dalla chiamata alle armi, si versa in ipotesi di controversia sulla lesione di interessi legittimi. Nel caso in esame, infatti, l'arruolato aveva richiesto all'A.G.O. la condanna dell'Amministrazione al risarcimento dei danni ex art. 2043 e.e., per l'illegittima chiamata alle armi. E per, a sostegno della sua domanda egli aveva dedotto non gi carenza di potere dell'Amministrazione in ordine all'avvio alle armi, ma cattivo esercizio del potere medesimo (come aveva ben evidenziato il Tribunale di Napoli, nel declinare la sua giurisdizione). il. invero indiscusso che la chiamata alle armi incide su posizioni sogget tive perfette dei destinatari, e la dottrina pi autorevole ha collocato tale provvedimento tra quelli riduttivi di diritti, e pi specificatamente lo ha ricon dotto al binomio ordine-obbligo', ovvero tra quelli ablatori, in quanto dotato (1) A. SANDULLI, Manuale, 1989, I, p. 628. 380 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO dell'interessato non pu che avere, appunto, consistenza e natura di interesse legittimo. Occorrendo dunque aver riguardo alla reale consistenza della situazione giuridica posta a fondamento della domanda, va osservato che come esattamente rilevato dal T:i:bunale -l'azione risarcitoria promossa dal Di Taranto fondata sul mancato riconoscimento d parte d.ell'Ammaj~ triione militare del diritto all'esenzione dal servizio di leva, deducendosi in sostanza l'illegittimit del comportamento di detta amministrazione, che non avrebbe applicato fa normativa in tema di chiamata alle armi. Ed invero, a fondamento dell'azione proposta il Di Taranto ha dedotto la violazione dell'art. 14-decies Legge 22 dicembre 1980 n. 874, che cosi recita: I cittadini soggetti agli obblighi di leva per gli anni dal 1980 al 1982, residenti alla data del 23 novembre 1980 nei Comuni indicati nel D.P.C. previsto dall'art. 4, 5 comma, del presente decreto, le cui famiglie abbiano subito darini che hanno gravemente inciso sulle loro condizioni economiche, possono, a domanda, essere esentati dal servizio militare di leva. di carattere impositivo ed incidente sulla libert individuale, in vista alle esigenze di difesa della collettivit.2. L'arruolamento determina pertanto una potenziale compressione della sfera soggettiva del giovane il quale, se in concreto danneggiato dall'illegittimo provvedimento di chiamata alle armi, non potr azionare alcuna pretesa risarcitoria se non previa . eliminazione di questo dal mondo del diritto, da parte del g.a., ovvero previa disapplicazione dello stesso da parte dell'A.G.O. di rettamente adita. Ma in entrambi i casi, per farsi luogo al risarcimento del danno, occorrer che il provvedimento invalido sia stato emesso in carenza di potere, che solo avrebbe determinato l'affievolimento del contrapposto di ritto individuale, sicch la sua esecuzione abbia finito col realizzare un fatto illecito .(avvio alle armi in radicale mancanza di presupposti, come nel caso di et inferiore al minimo di legge, o di mancanza della cittadinanza italiana). Nel caso di specie, invece, il complesso delle norme di azione che regola menta il servizio militare di leva finalizzato non gi a salvaguardare la sfera personale del cittadino, come pur esattamente precisa la S. C., quanto piuttosto interessi della collettivit, rispetto al quale quello del singolo tutelato soltanto di riflesso. Ed certamente nell'ambito di tali norme di azione che rientra la disciplina delle esenzioni (ascrivibili alla categoria dei provvedimenti autorizzatori di dispensa), previste in favore dei residenti nelle zone terremotate, con riguardo. al grave pregiudizio sofferto dalle loro famiglie, e dunque dalle comunit pi direttamente colpite dall'evento sismico 3 La valutazione dei relativi presupposti, confermano le SS.UU., resta riservata alla stessa P. A., nel normale esercizio della sua discrezionalit amministrativa che, non imbattendosi in posizioni soggettive perfette, incontra soltanto il sindacato di legittimit. VITTORIO Russo (2) Cosi, M. S. GIANNINI, Manuale, Milano, 1988, p.1219 ss.; V. CAIANIBLLO, Il Processo ammi nistrativo, Milano, 1984, I, p. 126 ss. (3) V., sulla classificazione di tali provvedimenti M. S. GIANNINJ, op. cit., p. 1052. (4) V. A. SANDULLI, op. cit., p. 115. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E AP.t'ALTI 381 A conforto del proprio assunto il ricorrente sostiene di aver presentato domanda di esenzione e di aver prodotto i certificati di residenza richiestigli dal Distretto Militare di Napoli; ma tali circostanze sono palesemente insufficienti per la configurazione di una posizione di diritto soggettivo, ossia di un interesse del singolo tutelato in via diretta ed esclusiva: ci in quanto il preteso diritto a non prestare il servizio militare di leva non discende automaticamente dal mero elemento oggettivo costitutivo dello status di residente in determinati Comuni ma correlato ad altre particolari condizioni (danni derivati dal sisma e gravemente incidenti sulle condizioni economiche familiari), il cui accertamento e la conseguente valutazione affidata all'Autorit militare, cui spetta, come si desume dal chiaro tenore della norma, l'emanazione di un provvedimento inerente alla posizione del singolo arruolato e diretto alla verifica in concreto delle reali condizioni personali e della famiglia di costui, entrambe integranti la 'fattispecie astratta normativamente prevista ed insuscettibili di previa determinazione mediante un atto generale. Va ulteriormente osservato che nel caso sottoposto all'esame di queste Sezioni Unite non si verte in tema di discrezionalit tecnica (come nel caso di accertamento della idoneit fisica dell'arruolato), ma di valutazione del pregiudizio subito dal nucleo familiare del chiamato/ alle armi, 1 in dipendenza del mancato apporto economico da parte di costui nel periodo di servizio militare. La norma invocata dal Di Taranto si colloca quindi in un sistema caratterizzato da poteri autoritativi della P.A. esercitati nel preminente interesse pubblico, rispetto al quale quello del singolo a fruire del beneficio non pu avere altra natura che quella di interesse legittimo; sicch la verifica della legittimit della decisione in proposito adottata (o del silenzio sull'istanza) compete al giudice amministrativo. Giova rammentare che queste Sezioni Unite, con la sentenza n. 13409/91, hanno rilevato che in tema di dispensa dal servizio di leva (di cui l'art. 14 decies cit. un esempio) non ricorre alcuna delle ipotesi previste dall'art. 25 D.P.R. 14 febbraio 1964, dove il giudice ordinario chiamato a provvedere su questioni di controversa cittadinanza, di domicilio, di et, e di contesi diritti civili o di filiazione, del tutto estranee alla fatti~ specie in esame. La ravvisata natura di interesse legittimo della posizione del Di Taranto rende infine privo di rilevanza il problema se in materia di leva posi sano ipotizzarsi solo interessi legittimi o se ricorrano anche ipotesi di diritti soggettivi, ed ancora se la tutela assicurata in sede giurisdizionale innanzi al giudice amministrativo sia o meno in contrasto con l'art. 113, 2 comma, Cost. Conclusivamente, va dichiarata la giurisdizione del giudice amministrativo a provvedere sulla controversia de qua. 382 RASSEGNA AVVOCATURA DEIJ..0 STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III civ. 12 luglio 1993, n. 7670; Pres. Bile; Rel. Fiduccia; P. M. Tondi (concl. conf.). -S.a.s. Germano Baratelli e C. (avv. Ludovici) c. Ministero dell'Interno (avv. Stato Sica). Locazione Obbligazioni del conduttore Danni da ritardata restituzione Periodo compreso tra la scadenza contrattuale ed il rilascio forzoso Responsabilit del conduttore -Sussiste. Locazione Risarcimento del maggior danno ex art. 1591 e.e. Quantificazione del danno -Onere della prova in concreto Liquidazione equitativa -Esclusione, salvo possibilit di condanna generica. Locazione -Obbligazioni del conduttore Restituzione dell'immobile locato -Indennit di occupazione ex art. 1591 e.e. -Debito di valuta Rivalutazione monetaria Non spetta, salvo maggior danno ex articolo 1224 cpv. e.e. Locazione -Obbligazioni del conduttore Restituzione dell'immobile locato Indennit di occupazione ex art. 1591 e.e. -Debito di valuta Interessi corrispettivi Decorrenza dalla domanda. Posto che il conduttore deve considerarsi in mora, nella restituzione dell'bn,mobile locato, alla data di scadenza del contratto, ancorch 'il provvedimento di rilascio non sia stato in concreto eseguibile, egli tenuto al risarcimento dei danni da ritardato rilascio dell'immobile. Nella determinazione del maggior danno ex art. 1591 e.e., non pu per configurarsi un'automaticit del risarcimento con riferimento al valore locativo o di vendita dell'immobile, dovendo invece quel danno essere concretamente provato in relazione alle condizioni dell'immobile, alla sua utilizzazione, alla sua ubicazione, al pregiudizio derivato al locatore dall'impossibilit di utilizza diretto di esso. L'obbligazione del conduttore, ai sensi dell'art. 1591 e.e. avente per oggetto la c.d. indennit di occupazione sino al rilascio dell'immobile locato, costituisce un debito di valuta di natura contrattuale, analogo al canone di locazione, e non d luogo pertanto a rivalutazione monetaria (salvo la possibilit del maggior danno ex art. 1224 cpv. e.e., se allegato e dimostrato). Stante la detta natura di debito di valuta, spettano invece, sull'indennit medesima, gli interessi legali dal giorno della domanda. Note in tema di responsabilit del conduttore per il ritardato rilascio dell'immobile locato e prova del danno. La sentenza che si commenta offre spunti notevoli in materia di risarcimento del danno da ritardato rilascio dell'immobile locato, con riferimento al PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA. CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI JS.3 (Omissis) Con il primo motivo del ricorso la s.a.s. Germano Barattelli e C. (gi S.a.s. Germano e Giuseppe Barattelli e C.) denuncia violazione art. 360 n, 3 e 5 c.p.c. -art. 1226 e.e. ; sostenendo che la mancata riconsegna dell'immobile costituiva un fatto doloso e che durato per sette anni con impossibilit materiale di farsi assistere dalla Forza pubblica nonch con impedimento per fatto e dolo dell'Amministrazione di intavolare trattative per locare ad altri l'immobile occupato e di conseguenza con impossibilit di fornire la specifica prova richiesta, per cui avrebbe dovuto liquidarsi il danno a norma dell'art. 1226 cod. civ. Ancora, con il secondo motivo la ricorrente lamenta violazione dell'art. 306 n. 3 e 5 c.p.c., 1591 e.e., 2727 e.e., 115 e 116 c.p.c. sostenendo di aver fornito la prova del maggior danno a seguito della crisi edilizia per l'avvento della Regione, nonch delle richieste di costruzione, ed in oltre deducendo in proposito le indicazioni del consulente tecnico e l'ac certaniento dell'UTE in ordine al compenso giornaliero di L. 220.000, che costituiva riconoscimento dell'Amministrazione di tale risarcimento dovuto, non esaminato dai giudici di appello. periodo intercorrente tra la scadenza contrattuale ed il momento dell'eseguibilit del provvedimento giudiziale di rilascio. La questione si era agitata, in dottrina e giurisprudenza, gi nel vigore dell'abrogata disciplina vincolistica ex l. 23 maggio 1950 n. 253. Dopo aver questa disposto, infatti, all'art. l la proroga legale sino al 31 dicembre 1951 dei contratti. di locazione e sublocazione gi prorogati ai sensi della legge 30 dicembre 1948 n. 1471, al successivo art. 3 erano stati previsti i casi di decadenza del conduttore dalla proroga (1). Il successivo art. 33 invece, con riguardo alla fase esecutiva del provvedimento di rilascio; aveva previsto la possibilit per il giudice di graduare l'esecuzione degli sfratti in relazione alle ragioni del provvedimento ed alle condizioni personali del conduttore e del lcicatore. Accertata giudizialmente la scadenza contrattuale, e condannato il conduttore dell'immobile al suo rilascio, in caso di decadenza dalla proroga legale ovvero di proroga del termine di esecuzione, si poneva allora il problema della determinazione del momento in cui il conduttore medesimo avrebbe dovuto ritenersi in mora nella restituzione del bene locato, con conseguente responsabilit per l'inadempimento, ai sensi del combinato disposto degli', artt. 1591 e 1218 e.e. La giurisprudenza di legittimit era stata fin dall'inizio pressoch concorde, nel ritenere che gli eventuali provvedimenti di decadenza dalla proroga producevano l'effetto di costituire in mora il conduttore gi dal momento della domanda diretta a far cessare la proroga stessa; mentre la dilazione nel termine di esecuzione, e/o la graduazione degli sfratti, assumevano \lla rilevanza meramente processuale, non incidendo in alcun modo swla determinazione della scadenza contrattuale, che era e rimaneva quella patdzia, con (1) Ossia: a) disponibilit di altra abitazione idonea; b) destinazione dell'immobile ad uso diverso da quello abitativo, o cessazione dell'attivit per lo svolgimento dell quale il contratto era stato stipulato; c) sublocazione totale o parziale dell'immobile o sua mancata occupazione. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 384 Gli esposti motivi -che vanno esaminati congiuntamente per la loro sostanziale connessione -non sono fondati. I Invero, in tema di responsabilit del conduttore per il ritardo nella ricorn;;egna della cosa locata ed in particolare con riguardo al risarci I mento del. maggior danno l'indirizzo di questa Corte nel senso che lo stesso, avente natura contrattuale, deve essere concretamente provato dal locatore (v. sent. 19.8.1991 n. 8867) e che il mero fatto del ritardo pu legittimare soltanto una generica condanna al suo risarcimento richiedendosi per contro in sede di liquidazione la specifica prova del!' esistenza del dann.o medesimo (v. Sent. 8.3.1991 n. 2460; sent. 17.9.1983 n . .5613). In tale direzione si anche specificamente indicato che l'obbligo di risarcire il suddetto maggior danno ex art. 1591 cod. civ. non comporta un'automaticit del risarcimento in corrispondenza del valore locativo ricavabile presumibilmente dalla locazione .. o dall'eventuale vendita dell'immobile, dovendo invece quel danno essere provato dal locatore nella conseguente responsabilit del conduttore per il ritardato rilascio, ancorch consentito di fatto dalla stessa proroga (2). .. Con l'entrata in vigore della legge 27 Iglio 1978 n. 392 e delle successive normative di proroga (legge 25 marzo 1982 n. 94; legge 25 novembre 1987 n. 478; I legge 21 febbraio 1989 n. 61), la questione . assumeva connotati esegetici in parte nuovi, e vedeva contrapposta alla S. C. una parte della giurisprudenza di merito. Quest'ultima infatti, argomentando dal disposto dell'art. 56 legge 392/78 cit. (per il quale col provvedimento che . dispone il rilascio, il giudice, tenuto conto delle condizioni del conduttore ,e del locatore e delle ragioni per le quali viene disposto il rilascio stesso, fissa anche la data dell'esecuzione entro Iil termine massimo di mesi .sei ovvero, in casi eccezionali, di mesi dodici dalla data del provvedimento ). ha spesso ritenuto cl:l.e la data fissata dal giudice per il rilascio avesse natura di termine dell'adempimento dell'obbligazione Irestitutoria del conduttore (3). Da tale impostazione discendeva, a corollario, come non potesse ritenersi il conduttore responsabile del danno da ritardato rilascio, in relazione al periodo intercorrente tra la. scadenza contrattuale e la data fissata dal giudice per la' sua esecuzione coattiva. Di diverso avviso la Cassazione ed altra parte della giurisprudenza di merito, le quali, sulla medesima linea seguiti. sotto l'impero della previgente normativa vincolistica, ribadivano invece che la statuizione del giudice ex (2) Tra le tante, v. Cass. 21 marzo 1962, n. 584, in Foro It., mass; Cass. 22 giugno 1962, n. 1678, ivi; Cass. 18 luglio 1962, n. 1884, ivi; Cass. 22 giugno 1963, n. 1675, ivi; Cass. 14 settembre 1963, n. 2508, ivi; Cass. 11 giugno 1964, n. 1448; Cass. 15 ottobre 1968, n. 3299; C!\ss. 18 febbraio 1969, n. 560; Cass. 2 ottobre 1973, n. 2468, ivi; Cass. 13 novembre 1979, n. 5903, ivi; Cass. 22 maggio 1980, n. 3372, ivi; Cass. 3 aprile 1981, n. 1902, ivi; Cass. 15 maggio 1982, n. 3012. (3) ex multis, v. Trib. Milano, 17 marzo 1986, in Foro lt., 1987, I, 2196; Pret. Roma, 18 aprile 1988 e 30 aprile 1988, in Foro It., 1989, I, 3514; Trib. Napoli, 25 febbraio 1989, in Arch. Loc. e Cond., 1990, p. 84; Trib. Firenze 24 giugno. 1991, in Arch. Loc. e Cond., 1992, p. 381; in dottrina v. G. TRIFONE, La locazione, disposizioni generali e locazione di fondi urbani, in Tratt. dir. priv. dir. da Rescigno, III, 11, Torino, 1984; E. FIORE, P. Lo CASCIO, L. PIGNATELLI, La morosit del conduttore, Milano, 1990, p. 230 ss.; F. LAzZARO, Le locazioni per uso abitativo, Milano, 1991, p. 473. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 385 sua esistenza e nel suo ammontare in relazione alle condizioni dell'immobile stesso; alla sua ubicazione ed alle possibilit di utilizzazione, dalle quali emerga il verificarsi di una lesione effettiva nel patrimonio del locatore (v/ Cass. 13/IOcl986 n. 5990); e gi in precedenza si era esemplificata quella concreta conseguenza dannosa nel pregiudizio dipendente dal non avere potuto dare in loazine il bene per un canone pi elevato, ovvero nel non avere potuto utilizzare direttamente e tempestivamente lo stesso bene od anche nel non averlo potuto alienare per un prezzo pi conveniente (v. Cass. 12.11.1981 n. 5984). Orbene esattamente ispirata a tali criteri appare la impugnata decisione >laddove,. per disattendere 1a pretesa risarcitoria della societ locatrice in ragione della mancata dimostrazione della ricorrenza in concreto di quel pregiudizio, ha fatto riferimento agli .specifici dati di ben determinate proposte dilocazione ed altres dei canoni effettivamente concordati con i relativi aspiranti, coerentemente deducendo finconferenza a tal fine sia della espletata consulenza tecnica, indirizzata da considera- art..56 Iegge 39Z/78 (cos ccn:tl. un'eventuale dilazione legale del prowedimento di rilascio) abbia natura essenzialmente processuale (4). E tale interpretazione parrebbe avere trovato di recente anche l'avallo della Corte .costituzionale la quale, con la sentenza 1 aprile 1922 n. 149 (5), ha difatti dichiarato l'illegittimit costituzionale dell'art. 2 d.l. 25 settembre . 1987. n. 393, convertito con. legge 25 settembre 1987 n. 478 6, nella parte in cui esonera il conduttore da responsabilit per i danni cagionati al locatore dal ritardo nella restituzione dell'immobile, senza eccettuare il caso di comprovata insus sistenza della difficolt per il conduttore di reperire ltro immobile idoneo. Invero, pur avendo sinora sempre ritenuto legittime le proroghe dell'esecuzione forzata degli . sfratti 7, con. il ridimensionamento d.ella. poJ'.'tata normativa dell'art. 2 cit,, la stessa Corte costituzionale :parrebbe dar segno di un suo avallo di quella impostazione del giudice di legittimit, secondo la quale il conduttore. beneficia delle proroghe a proprio rischio e :pericolo , con la (4) Cos, Cass. 7 maggio 1981, n. 2996, in Foro lt., Mass; Cass. 20 aprile 1982, n, 2452, ivi; Ca.ss. 30. o1;tobre 1984, n. 5566, ivi; Cass. 26 ottobre 1989, n. 4429, in Foro. It., 1990, I, 2567; Cass. 9 agosto 1991, n. 8.842, in Foro It., Rep. 1992, voce Locazion.e, 197; Ca5s. 17 ottobre 1992, n;. 11415, in Foro It. Mass.; Cass. 13 febbraio 1993, n. 1832, in Foro lt.; Mass. Contra1 Cass.. 10 maggio 1993, n. 5341, in Foro It., Ma~s.; Cass. 21 luglio 1933, n. 8134, in Foro t., Mass. Nella @urisprudenza di merito aderiscono alla impostazione della Cassazione: Trib; Piacenza, 5 dicem)mi 1984, in Arh Loc', e:= Cond., 1985, p. 82; Trib. Firenze, 25 giugno. 1986, .n..1409, in .Arc.h. Loc. e Cond . .1987,. 141; .Trib. Bari, 21 gennaio 1987, in Foro It., 1987, I, 2195; Trib. '.Bari, 27 febbri.o 1987, li.. 845, in Arch Loc. e Cond., 1987, 144;. Trib. Sanremo, 20 marzo 1989, in Arch. Loc.. e Cond., 1990, p. 84; Trib. Roma, 18 apri le 1990, in Arch. Loc. e Cond., 1990, p. 751; Trib. Sanremo, 21 marzo 1991, in Arch. Loc. e Cond., 1992, p. 316; Trib. Milano, 23 dicembre 1992, in Foro It., 1992, p. 3065. (5) In Foro It., 1992, I, 1329. (6) L'art. 2 d.l. 393/87 prevede che Il conduttore, per il periodo di occupazioneintercorso tra la data di scadenza del regime transitorio previsto dalla legge 27 luglio 1978, n. 392 e successive modificazioni ed integrazioni e la data di stipulazione del nuovo contratto... non tenuto a corrispondere al locatore alcun aumento di canone... n il risarcimento dei danni ai sensi dell'art. 1591 del codice civile . (7) v. tra le tante Corte Cast. 15 g!)nnaio 1976 nn. 3 e 4, in questa Rassegna, 1976, p. 3 ss.; Corte Cost. 18 novembre 1976, n. 225, ivi, p. 893; Corte Cast., 6 maggio 1976, n. 109, ivi, 665; Corte Cost. 5 aprile 1985, n. 89, ivi, 1984, p. 427. (8) Cos A. BARBIERI, in Temi Romana, 1992, p. 101 ss., sulla ritardata riconsegna del l'immobile in locazione non abitativa, ove il conduttore ha diritto all'indennit ex art. 34 e 69 legge 392/78 con riferimento al diritto risarcitorio ex art. 1591 e.e. 386 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO zioni afferenti alle locazioni e canoni della zona e non attinente alla con I ~ creta sorte dell'immobile locato dalla ricorrente, sia dell'articolata prova testimoniale, genericamente formulata con riguardo alla crisi degli alloggi ovvj;lro alla del p~i equivoca e non determinata ricerca di aspiranti locatari.. Non senza doversi aggiungere che identica sorte negativa quanto alla sua rilevanza non pu non attribuirsi alla invocata valutazione dell'U .T.E. del configurabile canone dell'immobile, ove si consideri che tale sua valenza non certamente esaustiva sul piano probatorio del concreto verificarsi del corrispondente effettivo pregiudizio del locatore in relazione ad una. determinata e specifica evenienza di locazione non conclusa in dipendenza del ritardo di riconsegna del locatario. Infine, in tale debita prospettiva -senza rilevanza per il nocumento per un preteso mancato uso proprio, che si inammissibilmente dedotto ex novo nella memoria illustrativa -, cio in assenza della specifica prova da parte del locatore, deve concludersi che il preteso maggior danno non risarcibile -come si pretende dalla societ ricorrente -neppure con il ricorso a criteri equitativi, non essendo sufficiente la dimostra- I conseguente responsabilit per i danni da ritardato rilascio, ancorch in presenza di un provvedimento ineseguibile. I E d'altro canto lo stesso legislatore, se per il caso di proroga ha previsto sempre un aumento della indennit di occupazione da corrispondere al loca tore (v. art. 12 legge 253/50; art~ 3 legge 1521/60; art. 15 bis legge 94/82; art. 2 I legge 15/87; art. 7 legge 61/89), non ha d'altra parte mai escluso, salvo che all'art. 2 del citat9 dl. 393/87 (prima dell'intervento della Corte costituzionale), l'obbligazione risarcitoria a carico del conduttore in mora nella restituzione dell'immobile. Argomento questo, da cui pu ricavarsi a contrario l'opera tivit nella specie dei principi . generali della responsabilit contrattuale, con la conseguenza che il conduttore dovr ritenersi in mora dalla data di proposizione della domanda volta ad ottenere il rilascio dell'immobile locato. Una volta, dunque, accertato che la mancata restituzione dell'immobile locato alla scadenza del contratto comporta la responsabilit del conduttore per gli eventuali danni, fa ingresso il problema della loro quantificazione. La giurisprudenza di legittimit, nel cui solco si colloca anche la sen tenza in commento, e parte di quella di merito citate, non hanno in punto mancato di precisare come il conduttore in mora nel rilascio dell'immobile locato sia passibile di condanna generica al risarcimento dei danni 9; e che, d'altra parte, la determinazione del quantum dovr in ogni caso essere rigorosamente provata dal locatore, senza alcuna possibilit di ricorso all'art. 1226 cod. civ. 10 (9) v., tra le Jli recenti, Cass. 13 giugno 1980, n. 3770, in Foro It., Mass.; Cass. 15 gennaio 1981, n. 352, ivi;. Cass. 17 marzo 1983, n. 5613, ivi; Cass. 17 marzo 1983, n. 5613, ivi; Cass. 27 agosto 1984, n. 4707, ivi; Cass. 5 aprile 1991, n. 3533 cit. (10) Sul punto, in dottrina v. G. B. PETTI, L'inadempimento nella locazione di immobili urb.ani, Milano 1989, p. 237 ss., A. Buccr, E. MAI.PICA, R. REDIVO, Manuale delle locazioni, Padova, 1989, p. 137 ss. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 387 zione di un danno solo potenziale ma richiedendosi la prova di un danno certo nella sua esistenza ontologica (v. Cass. 24.11.1979 n. 6157). Con il terzo motivo la ricorrente lamenta ancora violazione dell'art. 360 n. 3 e 5, 1951 e.e., 1223 e.e. sostenendo che i canoni per il periodo di ritardata consegna erano dovuti a titolo di danno e pertanto! erano soggetti a rivalutazione anche d'ufficio. Anche questo motivo non fondato. Al riguardo sufficiente ribadire il costante indirizzo di questa Corte (v. Sent. 7.4.1989 n. 1681; sent. 20.7.1979 n. 4353) che l'obbligo del conduttore a norma dell'art. 1591 cod. civ. di dare il corrispettivo convenuto fino alla data della riconsegna della cosa locata -salvo il maggior danno che il locatore deduca e .dimostri di aver subito -integra un debito di valuta di natura contrattuale, analogo a quello di pagamento del canone di locazione, con la conseguenza che come tale non suscettibile di Giover in proposito ricordare che, sino a qualche anno fa, la S. C. aveva consentito al locatore di quantificare il danno da ritardato rilascio dell'immobile, proprio col ricorso ai dati del mercato locatizio ed alla disciplina legale in materia 11 La stessa Cassazione aveva inoltre, pressoch costantemente, ritenuto possibile il ricorso alla liquidazione del danno ex art. 1226 e.e. nel caso in cui fosse mancata la prova del danno nel suo preciso ammontare, per l'impossibilit della parte di fornire congrui e idonei elementi al riguardo, ovvero nell'ipotesi in cui, pur avendo questa diligentemente assolto ai suoi oneri processuali, per la notevole complessit ed aleatoriet degli elementi di quantificazione, il giudice non li abbia tuttavia ritenuti di sicura affidabilit 12 ( ci anche quando la difficolt o l'impossibilit di provare il danno sia dipesa dal ritardo con cui il danneggiato ha fatto valere il proprio diritto 18). Con la pronuncia che si commenta, la S. C. esige invece dal locatore la prova positiva e concreta di non aver potuto dare in locazione il bene per un canone pi elevato, o di non averlo potuto utilizzare direttamente e tempestivamente, ritenendo per il resto inconferente il richiamo ai canoni di locazione praticati sul mercato della zona, e respingendo qualsiasi ipotesi di valutazione equitativa dell'ammontare del danno, ex art. 1226 cod. civ. Questo orientamento potrebbe forse apparire eccessivamente rigoroso, ove applicato nel campo delle locazioni abitative in regime di equo canone nel quale, per l'ormai generalizzata pressione della domanda sull'offerta, almeno di regola manca una vera e propria fase delle trattative , e quindi l'agevole possibilit di dimostrare il mancato perfezionamento di un nuovo e pi remunerativo contratto di locazione attraverso l'esibizione di un preliminare non adempiuto, o di (documentate) proposte rimaste senza seguito, o altri negozi prodromici comunque estranei alla quotidiana pratica di questi rapporti locatizi (... notoria non egent probatione). Ma sicuramente opportuna appare invece, la nuova linea di stretta ortodossia processuale, oltre che nei rapporti locatizi ordinari, ossia quelli regolati interamente dal codice, (11) v. Cass. 3090/88, in Foro lt., mass. (12) Cass. 19 marzo 1991, n. 2934, in Foro It., mass. (13) Cos Cass. 3791/69 in Foro lt., mass. 388 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO rivalutazione monetaria, bens produce interessi dal giorno della domanda (salvo ,il maggior danno a norma del secondo comma dell'art. 1224 cod. civ. ove allegato e dimostrato). :Infine con il quarto motivo la ricorrente si duole per violazione! I ~ dell'art. 360 ARTB I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA IVILB, GIURISDIZIONE B APPALTI 397 Che i fatti allegati, poi, fossero, oppur no, provati ci che i giudici del merito avrebbero dovuto accertare in base ai loro normali poteri di cognizione e costituisce il merito della controversia; che r:ffe:nnazione della giurisdiziolle la~cia impregiudicato, e non. incide sulla qualificazione dell'azione;. da ompiersi. iri un hfomento logfoo .. ruiteriore. . . . , . Ifi ~tO .terrilrii, la s:ntenza itnp'Ugrtata ha hpetato tin'indebita sovrapposizione di piani tra ei che. avi:ebb .dovuto. verifica.re .ai fmi della giuHsdizfone . (se, cfo, i. fatt~legati fos~ero . astrattamente. idonei . a configurare Ia. lesione di diritti soggettivi, hi relazione ad un petitum e ad Urta causa petendi ~oerenti. all'azione intrapresa) e ci che. costituiva il contenuto. df. giudizio .. di. merito al quale. .avrebbe . do"Vuto . prqcedere . ii conctetO; fra l'allegazione di fatti illeciti, che vi era stata, e la valutazione che . ne avrebl:>e do"Vuto compiere nell'ambito della propria . giurisdiziOne. >lV,4, Ouei>ta .. . stata, inve, esattamente .ritenu.ta. dalla Corte d'appello. con,;riferimento alla domanda proposta .contro H. Maryaso e quella fecificato quale sarebbe .i;tato l'interesse del Marvaso nelia, vicenda e,.in p~rticolare,quale utlit avesse tratto.. nell'assecon~ dre ildisegno della B.anca d'Italia; dall'altro, he . il conto finale della iquid~ione, chiuso in data ti febbraio 1980, era intervenuto dopo il decreto di revoca de)l'autorizzazione all'esercizio del credito, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale .clel25 gen:naio 1978~ per cui non era.dato cotrt p~enc,lere. quale rjlev~a p;;fsse avere. avut.o .. Ja pretesa c;mc1()tta Jraudole: nta ~l Marvaso . nel diseg;po he si asswnva orditq cl~ ij~ca d1Italia e <;lai suoi dipel1c1enti, pqsto che. la ~essa in. liqUidaz~ope .~folla Banca di Fabrizia era stata disposta prima della nomina del Marvaso a commissario liquidatore. Ha poi rilevato che l'appellante, con la domanda proposta in relazion al conto di liquidazione redatto dal Marvaso. aveva cercato di eludere la decadenza prevista dall'art. 213 della legge1 fallimentare, non avendo tempestivamente impugnato il conto; ..con la conseguenza che l'inammissibilit della domanda dispensava la Corte dal pronunziarsi sulla richiesta di consulenza tecnica. 9 398 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Trattasi di un apprezzamento di merito, che sfugge al sindacato di legittimit; perch sorretto da adeguata motivazione, immune da errori giuridici e cla vizi logici. IV. 6. Quanto alla posizione assunta dalla Banca Popolare di CroJ tone (e: c;l,al ~uo presidente Striccagnolo) nella vicenda, la Corte ha ritenuto /che nessuna prova della co:nciotta illecita di tali soggetti era stata fornita, osservando che la volont della Banca Popolare di Crotone di J?rO~eclere all'incorporazione della Banca Popolare di Fabrizia, oltre ad essere un'aspirazione assolutamente lecita, in quanto .diretta ad attuare un'operazione economica regolata dal vigente ordinamento, era nota agli organi della Banca Popolare di Fabrizia da epoca non sospetta; in !?articolare, mancava la prova sia di una loro connivenza con gli organi responsabili della sede di Catanzaro della Banca d'Italia e del capo dell'ufficio di vigilanza nella preordinazione di una macchinazione ai danni della Banca di Fabrizia; sidi minacce da questa subite da parte della Banca Popolare di Crotone; sia di una volont, da parte di quest'ultima, di non rispettare l'accordo di fusione gi siglato, in previsione del buon fine del disegno ideato dalla Banca d'Italia. Trattasi, anche qui, di apprezzamenti di fatto insindacabili in sede di legittimit, osservandosi che la Corte d'appello ha giustificato, inoltre, il rigetto dell'istanza di acquisizione di tutta la documentazione relativa alla Banca Popolare di F.abFizia in possesso della Banca Popolare di Crotone e della Banca d'ItaUa, con il rilievo della mancata specificazione dei documenti ritenuti rilevanti e della impossibilit di effettuarne, quindi, il dovuto vaglio ed il necessario controllo di. rilevanza. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 22 luglio 1993 n. 8186 -Pres. Ruperto - Rel. Favara -P. M. Grossi (conf.). -Provincia Autonoma di Bolzano (avv. Panunzio e Drioli) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato D'Amato). Demanio Successione delle province autonome di Trento e Bolzano nei beni dello Stato ex art. 68 d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 Corrisponden za delle nuove materie di foro competenza come limite oggettivo al I ' trasferimento Esclusione del trasferhriento di rete ferroviaria in diSuso Vindicatio rei da parte dello Stato Giurisdizione ordinaria Esclusione di un conflitto di attribuzioni. I La successione delle province autonome di Trento e Bolzano nei I 1 beni demaniali e patrimoniali dello Stato stabilita dall'art. 68 d.P.R. j 31 agosto 1972, n. 670 avviene col limite oggettivo della corrispondenza !Idei beni con le nuove materie di loro competenza; pertanto non oggetto di trasferimento, in quanto manca tale vincolo finalistico, una rete I ! lI I PARTE I, SEZ, III; GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 399 ferroviaria in disuso;: poiCh la relativa azione da parte. dello Stato una vindicatio rei e non una vindicatio potstatis , essa non 'd luogo ad .un .confZitto di attribuzioni .equindi la .giurisdizione spetta al giudice ordinario (1). (omissis) 1. .....;;. Con i.Ipriml motivo di rkorso si deduce che errnearriertte stafo ritenuto ilMiriisforo ; accord la cui modific non >pu avvemre che atfrvers un'azione proposta dal Governo della Repubblica. '.Pertanto l'Avvocatura dell Stato riori aveva che la rappteseritanz processuale del Mirii.stto deile Firfa&e, hia rin certo quell sostanzle d1fo Stato e per esso del Consiglio del Ministri. . Con il secondo motivo si insiste sull'eccezione di difetto di giurisdizione del . giudice ordi:n.~rfo a dM111ere.conflitti di attribU.Zon tra organi dello Stato e :PtoVnCia a\ltonoina di Bolzano. Si sostiene, contrariamente a qmmto ritenuto .dalla Corte di ApJ?ello -che cio ricorre una vindieato rerum e nori una vindictio potestatis -e affermando invece la . sussistenza di .. un coriflitto di attribuziori.i., che la richiesta . di resti tu~ zione di un bendallo Stato alla Provincia autonoma comport sostanzialmente rivendicazfone da parte dello Stato della titofarit delle fnziom amministrative sul bene stess contestndole alfa provincia, con volazione dell'art. 68 dello Statuto speciale di autonomia (D.P.R. 31 agosto 1972 n. 670) e delle competnze legislative e amministrative in specifiche materie; cosich si determina un conflitto tra due soggetti costituzionali. che deve essete risolto dalla Corte Cstituziortale, che avrebbe dC>wto esser~ :adita in caso di rifiuto della :Provincia di modifica dell'intesa in (1) La Corte di Cassazione ribadisce il consolidato orientamento, proprio anche .del Consiglio di Stato, secondo il quale le questioni relative. alla natura demaniale o patrimoniale (disponibile o indisponibile) & dterminatibeni attengono comunque a diritti soggettivi; e quindi possono essere decise dal giudice amministrativo solo incidenter tantum (Cons. Giust. Amm. Sic., Tl febbraio 1991, n, 27, in Cons. Stata, 19911, I, 309). In generale nessun dubbio c' in giurisprudenza circa la facolt della pubblica amministrazione di agire non solo contro privati ma anche contro diversi soggetti pubblici con le normali azioni possessorie e petitorie riguardanti beni.del patrimonio indisponibile. Ai fini del trasferimento alle Proviince autonome di Trento e Bolzano, dei beni corrispondenti o connessi a funzioni di loro competenza, viene ora. affermato dalla Cassazione che tale. corrispondenza o connessione non possano ipotizzarsi rispetto ad una destinazione futura (nella specie: in caso di successiva riattivazione della linea ferroviaria), poich la destinazione pubblica deve essere 400 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO base alla quale era stato effettuato il trasferimento del bene ai sensi dell'rt. 2 c. d.P.R. n. 115173). Con il terzo motivo si deduce poi il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore del giudice amministrativo. Rileva la Provincia ricorrente che soltanto l'autorit amministrativa a ci deputata dall'art. 8 d.P.R. n. )15-73 pu valutare quali funzioni sia in grado di assolvere un bene pubblico e quali destiI1~i.onLdi Ptl.bblico interesse possano es7 sergli utilmente conferite, in relazione ai diversi settori d'intervento della P.A. Sostiene inoltre la ricorrente che eventuali errori di valutazione tenica .e di apprezzamento discrezionale amministrativo, di cui fossero inficiati gli elenchi descrittivi e i verbali di consegna dei beni tra sferiti, vanno semmai sottoposti al vaglio del giudice amministrativo, ma non mai di quello ordinario. Ci in quanto I' errore di cui -a detta di controparte ""'." sarebbero inficiati, tanto da aver causato il trasferimen to .dei beni contra legem , altro non se non un asserito vizio di legittimit (eccesso di potere) dell'atto. amministrativo complesso adot tato dallo Stato e dalla Provincia. Colquarto motivo di ricorso si dequce la violazione e falsa applicazione delle gi richiamate norme di diritto, oltre che il vizio di motivazione insufficiente e contraddittoria..Si sostiene che la titolarit delle attribuzioni nelle nuove materie gi di competenza statale o regionale spetta alla Provincia con decorrenza dalla data di entrata in vigore della legge costituzionale 10 novembre 1971, n. 1, ossia il 20 gennaio 1972. Dopo tale data, Stato e Regione non potevano pi legittimamente disporre dei beni corrispondenti alle nuove materie di competenza provinciale, n mutarne. la destinazione (v. art. 10, d.P.R. n. 115/73). Si sostiene inoltre che anche per i beni immobili disponibili, sussiste fa corrispondenza>>, ossia la limitazione oggettiva, in quanto possono essere destinati di diritto o di fatto -in termine di ragionevole potenzialit se non di immediatezza -a soddisfare gli interessi pubblici, e quella attuale. Peraltro la giurisprudenza concorde nell'adottare criteri sostanziali nella determinazione della destinazione di un bene; tuttavia viene negato che per la cessazione. del vincolo di indisponibilit basti una temporanea inutilizzazione dei beni da parte della pubblica amministrazione (sia pure di notevole durata), occorrendo invece provvedimenti positivi della stessa, inequivocabilmente volti al passaggio del bene l patrimonio rindisponibile attraverso la sottrazione del bene ad uso pubblico, con rinuncia definitiva al ripristino di tale funzione (Cons. Giust. Amm. Sic. 27 febbraio 1991, n. 27 cit.; Trib. Cagliari, 19 settembre 1989, in Rep. Foro It., 1992, voce Demanio e patrimonio dello Stato, n, 14). In particolare, proprio con riguardo ad una linea ferroviaria, si ritenuto che il venir meno della destinazione pubblicistica non sia ravvisabile nella mera cessazione dell'esercizio della linea medesima, fino a quando siano mantenuti. i relativi impianti e sia quindi ancora possibile il ripristino di tale esercizio (Cass., sez. II, 22 aprile 1992, n. 4811, in Rep. Foro It., 1992, voce Demanio e pa trimonio dello Stato, n. 13). PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 401 che tale eventuale destinazione non poteva pi essere modificata dalla data di entrata in vigore delle norme che hanno disposto la successione della Provincia autonoma allo Stato. Per quelli, tra essi, funzionali alle nuove competenze dell'ente, si era dunque verificato il trasferimento ope legis, non potendosi del resto considerare esaustiva (come si desume dalla lettura dei successivi articoli 10 e 11) l'elencazione di cui all'art. 8 d.P.R. 115/73. Col quinto motivo si deduce infine la violazione dell'art. 7 d.P.R. 19 novembre 1987 n. 527 e dell'art. 8, 1 c. cifre a), c), d) e), 100 e 11 comma d.P.R. 20 gennaio 1973 n. 115, oltre che il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione e di omessa pronunzia su specifici motivi di gravame. Si sostiene che erroneamente la Corte di Trento ha ritenuto inapplicabile l'art. 7 del d.P.R. n. 527/87, secondo il quale le Provincie di Trento e di Bolzano succedono, in corrispondenza delle competenze loro trasferite in materia di comunicazione e di trasporti, nei beni e nei diritti rdi natura immobiliare dello Stato e in particolare in quelli conness'i all'esercimo di linee ferroviarie in concessione, ancorch svolte mediante servizi automobilistici sostitutivi, in atto alla data in vigore del d.P.R. Ci sull'erroneo presupposto che i beni inerenti alla ferrovia OraPredazzo fossero stati dismessi ed erano passati, dopo il 1963 e fino alla emanazione del citato d.P.R. n. 115/1973, al patrimonio disponibile dello Stato senza alcuna destinazione o limite idonei a farli rientrare nell~ categorie elencate nell'art. 8 di tale d.P.R. Essendo invece il servizio ferroviario in concessione svolto mediante servizio automobilistico sostitutivo al momento dell'entrata in vigore di detta disposizione di legge, il corpo ferroviario -costituito peraltro da una serie di beni di natura diversa (edifici, fabbricati viaggiatori, uffici, condotte e prese d'acqua, serbatoi, prati, boschi, improduttivi e strade) -doveva considerarsi solo provvisoriamente non utilizzato, tanto che la Provincia ben potrebbe riattivarlo previa revoca della concessione del servizio automobilistico. Deduce altres la ricorrente che la Corte di merito ha omesso di esaminare il motivo di appello relativo alla condanna al pagamento del controvalore dei beni alienati in buona fede a terzi, per i quali in ogni caso potrebbe disporsi solo la restituzione degli importi incassati e non il pagamento del valore attuale degli stessi. Parimenti errati la pronunzia relativa alla decorrenza degli interessi, dovuti solo dalla data della do manda giudiziale, e cos pure la pronunzia relativa alla svalutazione monetaria, non avendo l'Amministrazione finanziaria proposto azione di risarcimento del danno sotto tale profilo; motivi tutti che gi erano stati dedotti in secondo grado e che la Corte non ha esaminato. 2 -I primi tre motivi di ricorso -tra loro collegati logicamente sono privi di fondamento. 402 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Viene in rilievo il disposto dell'art. 8 secondo e terzo comma de~ d.P.R. 20 gennaio 1973 n. 115 che, nel dare attuazione allo Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige approvato con d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670, dopo avere indicato (negli artt. 1-4) i beni dello Stato e dell~ Regione direttamente trasferiti alle Provincie autonome di Trento e Bolzano (per i quali era necessaria la sola consegna ad opera dell'Intendenza di Finanza), elenca poi nell'art. 8 una serie di categorie di beni soggetti invece ad individuazione, da effettuare, mediante elenchi descrittivi che saranno formati d'intesa tra le competenti Amministrazioni statali e la provincia interessata (secondo comma) e da consegnarsi poi alle stesse Provincie, sempre ad opera dell'intendenza di Finanza (terzo comma). La formazione degli elenchi descrittivi ha chiaramente valore ricognitivo e di accertamento, da effettuarsi nel contraddittorio dei rappresentanti dei soggetti pubblici interessati al trasferimento (Stato e Provincia autonoma); trasferimento che tuttavia avviene ope legis ,anche se i beni da trasferire sono indicati solo nel genus (categorie) e determina un passaggio dei beni e diritti demaniali e patrimoniali dal demanio o dal patrimonio dello Stato a quello della Provincia. Segue da ci che il trasferimento interessa in via diretta quel ramo dell'amministrazione statale -il Ministero delle Finanze -cui affidata la cura del demanio e del patrimonio dello Stato ed perci titolare delle funzioni relative: all'amministrazione e a tutte le vicende che concernono i beni che ne. formano oggetto. Pu a questo punto rispondersi perci al primo motivo di ricorso, ponendo in rilievo che l'Amministrazione delle Finanze dello Stato correttamente dette inizio al presente giudizio, quale legittimata ad ca usam , oltre che ad processum , unica essendo la personalit dello Stato in tutte le manifestazioni del suo agire ed unica essendo comunque la rappresentanza processuale dell'Avvocatura erariale a favore di qualsiasi ramo di detta Amministrazione statale agente in giudizio, come esattamente ricordato nella sentenza impugnata, con riferimento alla costante giurisprudenza di questa Suprema Corte sul punto. Per altro verso va considerato che l'intervento ex art. 8 d.P.R. n. 11sn3 dei rappresentanti dei singoli competenti Ministeri in sede di formazione degli elenchi descrittivi d'intesa con i rappresentanti della Provincia funzionale all'individuazione dei beni da trasferire e avviene in via attuativa della successione per categorie disposta ope legis e non per effetto di accordo tra enti pubblici e di espressione di potest e di volont da parte della Provincia; ferma cio restando la titolarit del Ministero delle Finanze -infatti incaricato anche della consegna dei beni individuati -di tutti i diritti, compreso quello di revindicare i beni erronea1. mente trasferiti, che concernono il demanio e il patrimonio dello Stato. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 403 3 -Anche le due censure riguardanti il denunciato difetto di giurisdizione del giudice ordinario -a conoscere dei conflitti di attribuzione tra Stato e Provincia autonoma e della legittimit di un provvedimento, quale quello di individuazione , che sarebbe di natura discrezionale .sono prive di consistenza. Sotto il primo profilo, va considerato che la tesi della Provincia .._, s.econdo c;ui quando lo Stato, rivendica la propriet di un bene gi trasfe~ rito alla Provincia (od il suo controvalore, se gi ritrasferito a terzi al momento della domanda giudiziale) rivendica in primis la titolarit delle funzioni amministrative sul bene stesso contestandole alla: Provincia e ponendo in discussione l'inresa in precedenza raggiunta (da intendersi come .atto complesso e di coordinamento di poteri, regolante i~ trasferimento di funzioni) - chiaramente .erronea ed inappagante. La nozione di conflitto di attribuzioni , infatti, quale precisata dal. la giurisprudenza: della Corte Costituzionale, con la sentenza n. 111 del 1976, non contrastata dalla pi recente sentenza 10 ottobre 11991 n. 383 richiamata in memoria, relativa ad un'ipotesi in cui. vi era;stato un atto formale di destinazione del quale si chiedeva l'annullament, pur se non: limitata alla sola ipotesi in cui venga contestata l'appartenenza del potere concretamente esercitato ma estesa all'ipotesi in cui sia contestato l'esercizio del potere stesso, postula pur sempre che uno dei soggetti costituzionali assuma che un atto dell'altro ha invaso la propria sfera di competenza (art. 134 Cost. e 39-41, quest'ultimo richiamante il precedente art. 38; L. 11 maggio 1953 n. 87); e oggetto della decisione deve essere (art. 38 ora citato), perch si abbia conflitto, l'accertamento della spettanza di una competenza, con l'eventuale annullamento dell'atto adottato dal soggetto ritenuto privo del relativo potere o responsabile di invasione . o menomazione della sfera di ,competenza propria dell'altro. Nel caso in esame; la domanda dello Stato non pone in discussione n . il potere in astratto della Provincia di svolgere i propri compiti istituzionali attraverso i beni del proprio , demanio e patrimonio o l'esercizio del potere, . sempre in via generale, sui beni stessi; n pone in discussione un atto, unilateralmente adottato dalla Provincia che fosse espressione di una delle attribuzioni ad essa devolute. La domanda di rivendita investe infatti il verbale !descrittivo ex art. 8 L. n. 115/73 e la ricognizione dei beni trasfe~ ribili in esso contenuta ed quindi una vindicatio rerum e non una vindicatio potestatis . La natura ricognitiva del detto atto, proprio perch formato d'intesa tra le amministrazioni interessate, attuazione di una norma, sia pure di livello costituzionale (tale essendo sia lo Statuto sia, come esattamente osserva la Provincia, la legge di attuazione n. 115/73), operata dai soggetti interessati alla successione in sede di accertamento tecnico. N l'intesa di cui all'art. 8 da intendersi come strumento negoziale di diritto pubblico di risoluzione di un conflitto tra 404 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO enti pubblici, trattandosi piuttosto di una formula che descrive il risultato ctii l'indagine ricognitiva deve pervenire. E se vero che era esperibile (la controricorrente sostiene che era stato anche esperito, con esito negativo) il tentativo di risolvere nuovamente in via di revisione concor I data inter partes il problema insorto, non meno vero che tale esperimento non costituiva un presupposto necessario e una riserva in sede. amministrativa che . precludesse il giudizio di revindica, per una contestazione d diritti soggettivi tra soggetti pubblici. Neppure esatto quanto si sostiene dalla Provincia nella memoria di udienza, e cio che la rivendicazione menoma le attribuzioni di una competenza perch pone in discussione il presupposto per l'esercizio delle stesse stii singoli beni in contestazione gi assegnati ed entrati nella sua disponibilit, ponendo rimedio ad una omissione dello Stato: un trasferimento operato contra legem , perch in realt esteso a beni non trasferibili, infatti in s un non trasferimento e richiede un mero accertamento dell'errore contenuto nel verbale descrittivo, facendo venire meno gli effetti di esso e ponendo termine in conseguenza ad una situazione di abusiva detenzione da parte della Provincia, dovuta non ad un'omissione ma ad un errore bilaterale verificatosi in sede amministrativa e ricognitivo-attuativa c\ella norma di legge. 4. _.., Le considerazioni sopra fatte valgono anche per respingere il terzo motivo di ricorso, concernente la giurisdizione verso il giudice amministrativo. . La Corte di merito ha esattamente osservato che la domanda con I Isiste in una vindicatio rerum e che quindi la controversia, in base al criterio del petitum sostanziale, concerne diritti soggettivi, sia pure fatti valere da un soggetto costituzionale (lo Stato) verso altro soggetto costituzionale (la Provincia autonoma di Bolzano); essa non involge accertamenti sulla legittimit di un atto amministrativo (il verbale descrittivo dei beni da trasferire ex art. 8. d.P.R. n. 115-73), bens l'accertamento. che taluni beni vennero trasferiti contra legem e che essi sono perci da restituire allo Stato, in natura o nell'equivalente pecuniario (in caso di trasferimento a terzi). Il fatto stesso del resto che il trasfer mento frutto di un'intesa tra i due soggetti predetti (operante, come si I detto, su un piano tecnico-ricognitivo . in attuazione di un trasferimento gi disposto dalla legge per quanto riguarda la categoria) dimostra che I non vi un atto espressione unilaterale di una potest della Provincia e I che si possa perci valutare come atto affetto da eccesso di potere. Cos i I ~ pure vano spostare l'accento della linea difensiva sulla circostanza che sarebbero pregiudicati gli effetti gi in atto e le funzioni concretamente esercitate sul bene in questione, poich -come pure si detto -! l'azione dell'Amministrazione finanziaria dello Stato nega in radice che 1 I PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 405 potesse instaurarsi jure un potere ed uno svolgimento di funzioni da parte della Provincia. La sentenza impugnata su tutti i punti sopra riesaminati risulta perci corretta giuridicamente. E la motivazione svolta si sottrae alle censure di contraddittoriet e illogicit che le vengono mosse, essendo invece ampia e conforme a logica e al diritto. 5. -Il ricorso infondato poi anche nel quarto motivo, concernente l'ambito della successione disposta dall'art. 68 dello Statuto e dagli artt. 8 e 9 della relativa legge di attuazione. Il trasferimento alla Regione Trentino Alto Adige e alle province autonome di Trento e Bolzano di beni e diritti demaniali e patrimoniali di natura immobiliare regolato (oltre che dagli art. 1-4 che qui non rilevano) dagli artt. 8 e 9 del d.P.R. 20 gennaio 1973 n. 115 gi sopra citati, che hanno dettato le norme di attuazione degli art. 68 e 67 dello Statuto (approvato con d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670), preannunciate all'art. 108 stesso d.P.R. L'art. 8 contiene un elenco di categorie di beni, di varia natura (demaniale e patrimoniale), da individuare mediante (i su ricordati) elenchi descrittivi, formati d'intesa tra le competenti amministrazioni statali e la Provincia autonoma interessata. L'art. 9 dispone poi il trasferimento alla regione dei beni e diritti di natura immobiliare, costituenti il patrimonio disponibile dello Stato alla data di entrat~ in vigore della legge costituzionale 26 febbraio 1948 n. 5, che non siano trasferibili ai sensi dei precedenti articoli alle province di Trento e Bolzano . Gli art. 8 e 9 ora riportati vanno ricollegati (rispettivamente), agli artt. 68 e 67 del d.P.R. n. 670/72 ai quali danno attuazione. Ne risulta, per quanto attiene al trasferimento di beni e diritti demaniali e patrimoniali alle province, che questo avviene in corrispondenza delle nuove materie attribuite alla loro competenza . E ci, secondo l'interpretazione data dalla Corte Costituzionale (con la sentenza 20 marzo 1978 n. 22 che ha negato trattarsi di successione generale, escluso il solo demanio militare), comporta una oggettiva limitazione della successione a quei soli beni e diritti rispetto ai quali le province possono emanare norme legislative ed esercitare le corrispondenti potest amministrative gi spettanti allo Stato o alla regione nell'ordinamento preesistente. Tale precisazione, in sede di applicazione e di interpretazione dell'art. 8 del d.P.R. n. 115/73, consente subito di escludere dalla successione i beni e diritti demaniali e patrimoniali immobiliari privi della suddetta corrispondenza, la quale funziona perci come limite esterno della fascia di beni trasferibili alle province autonome. Avendo tuttavia il d.P.R. 20 gennaio 1973 n. 115, nel dettare le norme di attuazione dirette a determinare (art. 108 d.P.R. n. 670/72) i beni di cui all'art. 68 dello Statuto che passano alle province, elencato una serie di categorie di beni (soggetti a concreta individuazione con precisazioni che a volte risul RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 406 tano limitative rispetto alla materia corrispondente assunta nella sua massima ampiezza, si deve osservare altres che l'esigenza di corrispondenza tra beni trasferibili ex art. 8 della legge (avente pari rango e. valore costituzionale rispetto allo Statuto) di attuazione e materia attribuita alla competenza della provincia ex art. 8-9 del del d.P.R. n. 670/72 non significa che si possa disattendere, in sede interpretativa, la portata della disposizione, speciale e di attuazione, contenuta nel d.P.R. n. 115173 al quale in definitiva lo Statuto aveva rimesso la concreta determinazione dell'ambito dei beni soggetti a trasferimento in favore delle province. Basti pensare, come esempio di attuazione riduttiva, al disposto dell'art. 67, 2 c. dello Statuto, (che prevedeva il trasferimento alla regione di tutti i beni immobili patrimoniali dello Stato, senza distingure tra disponibili e indisponibili e tra patrimonio precedente e susseguente allo Statuto del 1948), rispetto al disposto dell'art. 9 d.P.R. n. 115/73 gi sopra citato (che invece limita il trasferimento ai soli beni del patrimonio disponibile dello Stato alla data di entrata in vigore della legge n. 5/1948 e sempre che non si tratti di beni indicati come trasferibili alle province negli artt. 1, 2 e 8 stesso d.P.R.) Tenendo presente che in definitiva l'art. 8 d.P.R. n. 115/73, in attuazione dell'art. 68 dello Statuto del 1972, aveva lo scopo di regolare la costituzione del demanio e patrimonio provincia le (in sede di successione allo Stato o alla regione) indicando quali dei' beni e diritti gi facenti parte del demanio e patrimonio di tali enti( dovevano passare alle province e che gli art. 8 e 9 dello StatutQ avevano il diverso scopo di fissare la nuove materie di competenza legislativa attribuite aile province, si comprende come non debba esserci necessariamente perfetta coincidenza anche tra le predette nuove materie e le categorie di beni trasferibili ad esse corrispondenti, nel senso cio che e trasferiti nel pam:tll()niodia}(onib!le.stataletherenderebbe ugualmente trasferibili. i benifn questione alla provincia se corrispondenti ad UnadeUe.categorie di cuialUarb 8 d;P;l~:/m 115/13 .;..;...; perchla Provincia.sostiene Che per i berti patrimoniali disponibili . sufficiente; al fine . dL renderli trasferibili, la mera; potenziale attitudine ,.... in .terminidi ragionevolezza . .,.,,... .ad essere destmati ad.un uso pubblico corrispondente ad.una delle. materie attribmte; La formula proposta .,.. in. tutta evidenza, inaccettabile perch, essendo qu:antoniai. va:.ga.e incerta, porterebbe .al.trasferimento alla provirici~ di tutti/beni del pa:.trirnonio .disponibile dello.Stato; laddove il d;P{R>rt. 115173 li attribuisce alla regione se anteriri al 1948 (art. 9) e alla provncia solo se riconduc1bill ad una delle categorie di cui agli art. t 2 e 8, tutti Frimanenti restando invece di propriet dello Stato~ Altra questione risolta correttamente dalla Cortedi Trento .. quella relativa: alla data alla quale occorre riferirsi per stabilire quali siano i beni trasferibili, secondo la consistenza e la destinazione .concretamente ad essa onferita; Tale data quella di entrata in vigore della legge di: attuazione (il d.P.R. n. 115/73) che dette concretezza al nuovo .assetto del denlanio e del patrimonio degli enti in considerazione; non certo (come sostiene la ricorrente) quella deUlentrata in. vigore della legge costituzionale l'.l. 1/'11che attribU regione e province autonome le nuove fun. zioni legislative e amministrative, che ancora non potevano esplicarsi relativa:hierite ai beni in questione perch ancora rion era stata disciplinata la successione dallo Stato; .sr d()v pertahto c6ncltisivanient affermare che sono trasferibili alle province autonome, ai seftsi dell'art; 8 d..P.R. n'. itS/73, che contine un elenco tassativo di categorie di beni e diritti immobiliari demaniali e pa1rimoriali lello Stato, . elenco oggettivamente .. limitato in corrispondenza d~lle.~i:i:terie di nuova ~ttribuzione agli entipredetti, tutti e soltanto i1 beni ~h~ sipqssaho onside~are.appaitenentiag uha. delle indicate categorie; secondo la natU~a. co~sisJeriza e destiliaziorie di fatto riscontrabili al . momento della ell.trafa in vigore del cl.:P.R.. n. US/73. E . pertanto debbono ritenersi sott.ratti al trasferimento i beni . del demanio o del patrimonio dello Stato n~n riconducibili ad un11 dt!Pe qette categorie, ove abbiano conservato la natura, consistenza e destinazione originaria; ma anche ove, essendo stati sdemanializzati (tra il 1948 e il 1973, date rispettivamente dell'originario ordinamento statutario e della legge di attuazione del nuovo Statuto in parte qua), presentino alla data del d.P.R. 408 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO n. 115/73 natura di beni del patrimonio disponibile e risultino destinati ad un uso diverso da quello di pubblico generale interesse. E ci anche se esistano altri beni di uguale o analoga natura che invece abbiano! conservato l'originaria destinazione pubblica, quali beni demaniali o patrimoniali indisponibili; cosicch, esemplificativamente, un terreno gi facente parte di un alveo di fiume (e cio appartenente al demanio idrico), una strada, un edificio del demanio militare, se sdemanializzati e ridotti a terreno, strada privata o casa e non destinati nuovamente a uso pubblico -in quanto beni divenuti patrimonio disponibile dello Stato -sono intrasferibili alla provincia. E ci anche se esistono beni analoghi che invece abbiano conservato la natura .e destinazione pubblica originaria, o la abbiano ricevuta ex novo dallo Stato, nel periodo compreso tra lo Statuto del 1948 e la legge attuativa del nuovo Statutq e cio prima dell'entrata in vigore del d.P.R. n. 115/73. Come pure priva' di rilevanza la circostanza che eventualmente beni similari o anche della stessa natura -ma specificamente indicati -risultino compresi negli Allegati al d.P.R. n. 115/73 quali beni dichiarati direttamente trasferibili alla Provincia ai sensi degli art. 1-4 della legge, senza necessit di individuazione ex art. 8; poich anzi la espressa menzione - nominatim -di beni di uguale natura vale ad escludere, anche sul piano logico-ermeneutico, la volont del legislatore di disporre il fil trasferimento alla Provincia anche degli altri beni similari non indicati nello stesso modo, ma per categoria. 6. -Sulla base dei principi di diritto sin qui enunciati, possibilei procedere ora all'esame delle censure proposte con riferimento al merito con il quinto motivo di ricorso. II In relazione alla individuazione della data di sdemanializzazione del bene (demaniale nel 1948), va osservato che decisiva la circostanza che ~ il bene in questione (o meglio, il complesso di beni singoli che costituivano la ferrovia Ora-Predazzo), alla data di entrata in vigore del D.P.R. n. 115/73 (che quella di riferimento al fine di stabilire se esso era compreso tra i beni trasferibili) era privo di destinazione pubblica, quale bene ex demaniale passato al patrimonio disponibile dello Stato. Sul punto esiste accertamento in fatto della Corte di merito, l dove afferma la circostanza -peraltro non controversa tra le parti -che dopo il 1948 e alla data di entrata in vigore del d.P.R. 20 gennaio 1973 n. 115, il predetto complesso di beni, dopo lo smantellamento della strada ferrata e la soppressione della linea ferroviaria, aveva perso ogni destinazione a uso ! I di pubblico interesse, idonea a farla rientrare in una delle categorie indicate nell'art. 8 del d.P.R. n. 115/73 ed era divenuto un complesso immoI biliare vendibile (e di fatto poi ..:.--in parte -venduto). Come tale, in 1i concreto, non trasferibile alla Provincia, appunto perch non riconducibi! j le ad una delle categorie di cui all'art. 8 ora citato. 1 I ! .1 I I PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE, GIURISDIZIONE E APPALTI 409 Per quanto riguarda il punto centrale della censura, concernente la applicabilit dell'art. 7 del d.P.R. n. 527/87 e la potenziale riattivabilit della linea ferroviaria (previa revoca del servizio automobilistico sostitutivo), non pu condividersi la tesi secondo cui, pur se si esclude che quale bene relativo a comunicazione e trasporti di interesse locale o provinciale il complesso di beni ferroviari di cui causa rientri nella previsione della lettera d) dell'art. 8 d.P.R. n. 115/73, la fattispecie sarebbe regolata dagli artt. 1 (comma 2) e 7 commi 1 e 2) del d.P.R. n. 527/87, con i quali sono stati trasferiti alla competenza delle Province di Trento e Bolzano i servizi di comunicazione e di trasporto ancorch svolti> mediante servizi automobilistici sostitutivi, e si poi disposto che in corrispondenza di tali materie i detti enti territoriali succedono nei beni e nei diritti immobiliari dello Stato. La Corte di Trento ha infatti osservato giustamente che anche ai sensi di tale normativa regolamentare di cui al d.P.R. del 1987 1richiesta la corrispondenza e cio quella limitazione oggettiva di cui gi si trattato a proposito dell'analoga previsione del d.P.R. n. 115/73, con la conseguenza che, essendosi accertato in punto di fatto che detta limitazione e la destinazione alle comunicazioni o trasporti non esistevano pi gi dal 1963, non era ravvisabile la predetta corrispondenza. Inoltre, anche a volere considerare l'ampliamento della materia comunicazione e trasporti all'ipotesi del servizio automobilistico sostitutivo della linea ferroviaria (che pure consente la trasferibilit), ha osservato la Corte di Appello, ancora una volta esattamente, che avvenendo -ai sensi dell'art. 7 D.P.R. n. 527/87 -la successione nei beni e nei diritti connessi all'esercizio delle ferrovie o dei servizi automolistici sostitutivi, si ribadisce ancora una volta dal legislatore che essenziale la destinazione oggettiva di cui gi parlava il d.P.R. n. 115/73, nella specie da escludersi in quanto la stessa Provincia di Bolzano ha escluso simile connessione ed ha provato :che non esisteva quando ha ammesso di avere trasformato la stazione ferroviaria di detta linea in Ufficio della Guardia forestale, di avere venduto al Comune di Ora altro fabbricato ferroviario, e di avere venduto tratti di terreno appartenenti alla ex strada ferrata ad agricoltori. Detta corrispondenza e detta connessione non possono comunque ipotizzarsi rispetto ad una destinazione futura, per l'ipotesi (da accertarsi in termini di ragionevole previsione) in cui si volesse riattivare la linea ferroviaria predetta con le sue pertinenze immobiliari: la destinazione deve essere infatti quella attuale e non hanno valore quelle ipotetiche non realizzate in tempo utile. Quanto al valore dell'inciso ancorch sopra riportato (a proposito dei servizi automobilistici sostitutivi), agevole osservare che l'estensione opera solo nel caso in cui esista il collegamento su menzionato tra la materia delle comunicazioni e trasporti a mezzo linea ferroviaria, nella specie escluso. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 410 Non hanno infine fondamento le censure riguardanti l'omessa considerazione, da parte della Corte tridentina, di buona parte dei beni appartenenti al complesso ferroviario, nella loro consistenza al momento del trasferimento, quali beni riferibili alle diverse materie dell'agricoltura e foreste, compresi i terreni improduttivi, della viabilit, degli acquedotti e dei lavori pubblici, alcuni dei quali di fatto utilizzati come strada forestale. La riferibilit a tali ulteriori categorie indicate nel sopra citato art. 8 ~ da escludersi perch il bene del cui trasferimento si discute un bene che originariamente costituiva una entit immobiliare unitaria, anche se complessa ed anche se formata da pertinenze di varia natura (e perci bene la Corte di merito non li ha considerati distintamente). Va inoltre osservato che non stato mai prima di ora dedotto, n accertato, che fosse intervenuta una nuova destinazione dell'ex strada ferrata a strada forestale (cosicch la relativa prospettazfone inammissibile in questa sede perch nuova); e che comunque un bene che divenuto terreno coltivabile, tanto da essere posto sul mercato come bene alienabile, non pu essere compreso tra i beni attinenti ad una delle ricordate categorie, le quali debbono consistere in terreni o opere, o strade gi appartenenti come tali al demanio o al patrimonio indisponibile dello Stato per assolvere ai corrispondenti usi pubblici e non beni divenuti singolarmente suscettibili di tali usi dopo la sdemanializzazione per una destinazione successiva. E lo stesso a dirsi per l'assegnazione alla categoria residuale degli improduttivi, che peraltro ricompresa (nell'art. 8 lett. c d.P.R. n. 115/73) in unico gruppo con pascoli e rocce nude per significare una comune appartenenza ai territori montani, poich tali non possono considerarsi terreni divenuti improduttivi per mancata destinazione a usi agricoli dopo la sdemanializzazione. Per quanto riguarda infine l'ultimo gruppo di censure in ordine alla determinazione del valore dei beni alienati, alla decorrenza degli interessi e alla svalutazione monetaria, fondatamente la Amministrazione finanziaria resistente eccepisce che trattasi di domanda e di prospettazioni non formulate ;con l'atto di appello, n nel corso ulteriore del giudizio di secondo grado e perci non deducibili per la prima volta in questa fase. SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA CONSIGLIO DI STATO Ad. Plen., 22 maggio 1993, n. 6 Pres. Crisci Est. Baccarini . Cosentino ed altri (avv. Moscarini) c. De Santis ed altri (avv. Russo), A.C.I. (n.c.) e Ministero del Turismo e dello Spet tacolo (Avv. Stato Sica). Giurisdizione civile Enti pubblici -Automobile Club provinciale Elezione alle cariche sociali Controversie Giurisdizione amministra tiva Sussistenza. Enti pubblici Organi Funzionario di fatto Natura Attivit posta in essere Efficacia . Condizioni. In tema di elezioni per il rinnovo del Consiglio direttivo e del Collegio dei revisori dei conti di un Automobile Club provinciale, deve af. fermarsi la giurisdizione del giudice amministrativo, considerata la natura pubblicistica dell'Automobile Club d'Italia -A.C.I. -e rilevato che, in una struttura pubblicistica, gli associati non hanno un diritto perfetto al legittimo svolgimento delle operazioni elettorali o all'adozione delle deliberazioni attinenti alle elezioni, ma solo, eventualmente, un interesse protetto a tutelare proprie situazioni particolari, denunciando in sede giurisdizionale la violazione di norme e di principi posti a di fesa dell'interesse pubblico generale. Gli atti compiuti dal funzionario di fatto sono legittimi nella mi sura in cui garantiscono i diritti dei terzi che vengono a contatto col funzionario predetto: gli effetti giuridici degli atti posti in essere da tale funzionario, quindi, sono ristretti a quei provvedimenti che, per loro natura e finalit, riguardano terze persone e debbono avere efficacia immediata e diretta; in applicazione di tale principio, non pu riconoscersi giuridica efficacia agli atti del funzionario di fatto contro i quali l'interessato insorge negando il potere di chi li ha emessi (1). Con il primo motivo gli appellanti principali ripropongono l'eccezione, per la cui soluzione il ricorso stato devoluto a questa Adunanza plenaria, di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in ordine alla presente controversia, concernente le elezioni per il rinnovo del Consiglio direttivo e del Collegio dei revisori dei conti di un Auto (1) Cfr., sull'argomento, Cons. Giust. Amm. 24 marzo 1960, n. 170, in Il Cons. Stato, 1960, I, 527. 412 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO mobile Club provinciale, nella specie quello di Pescara, sostenendo la giu risdizione del giudice ordinario. Il motivo infondato. Non esatto, anzitutto, diversamente da quanto dedotto dagli ap pellanti principali, che al riguardo vi sia una giurisprudenza ormai pa cifica della Corte di cassazione. E' vero che vi sono, in termini, due recenti sentenze delle Sezioni Unite della Corte di cassazione, la 26 ottobre 1989, n. 4396 e la 6 novembre 1989, n. 4615, di identico contenuto, deliberate, peraltro, alla stessa udienza .e in due giudizi vertenti tra le stesse parti ed aventi analogo oggetto, s da costituire fenomeno unitario. Di segno diverso, invece, sono le acquisizioni di risalenti pronunce della stessa Corte, come si vedr meglio in seguito; il che rende ulteriormente opportuna una globale riconsiderazione della materia. L'itinerario argomentativo attraverso cui le menzionate sentenze della Corte di cassazione pervengono alla conclusione della sussistenza della giurisdizione dell'A.G.O. , in sintesi, il seguente: A) dalla disciplina statutaria dell'elettorato e dell'accesso, alle cariche sociali sorgono diritti soggettivi degli associati, qualificati dalla base volontaristica e dalla struttura associativa dell'ente e immanenti alla sua organizzazione, costituendo questa il substrato permanente dell'attribuzione normativa della personalit giuridica pubblica e imponendo una serie di rapporti intersoggettivi paritetici; B) lo statuto dell'ACI garantisce la partecipazione degli associati alla realt associativa attraverso l'esercizio del potere deliberativo riservato all'assemblea e l'esercizio dell'elettorato attivo e passivo per l'accesso alle cariche sociali, senza attribuire all'ente altro potere in materia che quello di verificare la sussistenza dei presupposti e delle condizioni all'uopo prescritti; C) n la presenza dell'interesse collettivo facente capo alla comunit organizzata, n quello superiore di carattere generale perseguito dall'ente valgono ad attrarre i suoi atti e provvedimenti in materia elettorale nell'area organizzativa in cui esso esercita i poteri di supremazia tipici dell'ente pubblico ed a sottoporre gli associati a poteri discrezio. nali che possano incidere autoritativamente sulle loro posizioni di diritto soggettivo. Osserva al riguardo l'Adunanza Plenaria che, indubbiamente, lo specifico della categoria degli enti pubblici associativi, a cui appartengono per comune opinione gli A.C. provinciali, la compresenza degli elementi pubblicistici propri dell'ente pubblico e degli elementi privatistici correlati al fatto che i componenti del gruppo sociale di riferimento determinano, direttamente o indirettamente, una serie di decisioni riguardanti l'attivit dell'ente; attivit, peraltro, diretta a fini pubblici. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA ~13 In prima approssimazione, quindi, appare evidente che la qualificazione delle situazioni soggettive implicate dipende dalla precisa individuazione dell'oggetto del giudizio e dalla sua esatta riconduzione allo specifico profilo cui si riferisce, entro la struttura organizzativa dell'ente. Ora, l'individuazione nell'ambito dell'ente di situazioni di diritto soggettivo degli associati correlate alla base volontaristica dell'ente stesso, non significa necessariamente che le posizioni degli associati in ordine all'organizzazione dell'ente pubblico siano soltanto di diritto soggettivo. Lo statuto dell'A.C.I., approvato con d.P.R. 8 settembre 1950, n. 881, riconosce ai soci degli A.C. provinciali, vero, il diritto alle prestazioni sociali del proprio A.C. (art. 41 ult. co.), dell'A.C.I. (art. 42) e degli altri A.C. nella cui circoscrizione territoriale essi vengono a trovarsi (art. 44). Ma qui non si fa questione del diritto alle prestazioni sociali. Il medesimo statuto garantisce altres i diritti degli associati, inerenti all'Amministrazione dell'ente pubblico, in particolare il diritto di voto nell'assemblea (art. 48 comma 1) e, quindi, il diritto di concorrere alla nomina dei componenti del onsiglio direttivo e dei revisori dei conti, nomina che dell'assemblea medesima costituisce attribuzione primaria (art. 48 comma 2 lett. b), cos come il diritto di concorrere alle predette cariche sociali. Ma, anche volendo considerare il solo profilo volontaristico dell'ente, come se esso fosse un'associazione privata, si identificano comunque situazioni soggettive, non riconducibili ai soli diritti. A parte il caso della radiazione dell'associato (art. 43 dello statuto), sul quale si soffermato il primo giudice, va rilevato pi in generale che, come in qualsiasi comunione di interessi, tutti i diritti che esprimono la posizione dell'associato nell'ambito dell'organizzazione sociale sono soggetti all'efficacia generale delle deliberazioni dell'assemblea, che, se prese a maggioranza di voti e in conformit alla legge; all'atto costitutivo ed allo statuto, vincolano tutti gli associati. Il conflitto fra l'interesse particolare dell'associato e l'interesse sociale dell'associazione cos come realizzato dai suoi organi, dunque, si risolve secondo il criterio della supremazia del secondo sul primo, con l'ovvio limite della immodificabilit unilaterale dei caratteri propri della comunione di interessi. L'interesse particolare dell'associato, da parte sua, protetto indirettamente dall'ordinamento in ordine ai vizi attinenti alla formazione o al contenuto dell'atto con la tecnica del sindacato giurisdizionale di legittimit in riferimento alle violazioni della legge, dell'atto costitutivo e dello statuto (art. 23 e.e.); nella qual cosa i pi ravvisano per l'appunto una situazione di interesse legittimo di diritto privato. 10 414 WSBGNA, AW(!Ci\TURA DELLO STATO Gi nella patologia delle deliberazioni associative, quindi, e in una prospettiva ancor esclusivamente privatistica, a fianco dei diritti sog I gettivi emergono interessi legittimi. Il profilo volontaristico della influenza determinante degli associati I sulla vita e sull'attivit dell'ente attraverso la partecipazione all'assem!::! blea non toglie per che, per tutto il resto, la struttura organizzativa dell'ente medesimo, in quanto riconosciuto dalla legge come pubblico e sussunto, quindi, nella sfera di operativit delle disposizioni di cui all'art. 97 Cost., abbia in s carattere pubblicistico. L'ente, infatti, a prescindere dalla sua formazione a base associativa, risponde. a finalit ed esercita funzioni sostanziali che la legge considera espressamente pubblicistiche. . La sua struttura organizzativa sottratta alla contrattazione collettiva (art. 2.1 lett. e) nn. 2 e 3 legge 23 ottobre 1992, n. 421). Ai sensi dell'art. 63 dello statuto, si provvede con appositi regolamenti,. predisposti dal Consiglio direttivo, approvati dall'Assemblea e sottoposti all'approvazione del Consiglio generale dell'A.C.I., per tutte le materie non contemplate dallo statuto medesimo e riflettenti le modalit di funzionamento dei singoli organi sociali e la determinazione delle varie categorie di soci e dei servizi a ciascuna di esse riservati. Ai sensi dell'art. 55 comma 2 lett. d) dello statuto, poi, il Consiglio direttivo delibera norme, e non atti di natura negoziale, in ordine all'assunzione, allo stato giuridico ed al trattamento economico e di quiescenza del personale dipendente. Ai sensi dell'art. 3 del d.P.R. 8-9-1950, n. 881, il Ministro del Turismo pu, per gravi motivi, sciogliere gli organi dei singoli A.C. e nominare un commissario straordinario. Ne consegue che gli atti di organizzazione degli organi associativi ed in ispecie del Consiglio direttivo e del Presidente, in quanto diretti a disciplinare l'attivit dell'ente pubblico e ad assicurare il buono ed imparziale andamento della sua gestione (art. 97 Cost.), sono qualificabili come atti amministrativi di carattere autoritativo. All'organizzazione pubblicistica dell'ente appartengono tipicamente la costituzione del rapporto organico e del rapporto di servizio dei dipendenti. E rientrano del pari nell'ambito organizzativo le elezioni dei componenti del Consiglio direttivo e dei revisori dei conti, preordinate alla rigida costituzione degli organi amministrativi e di controllo. In senso conforme, per di pi in fattispecie di ente pubblico economico, sono, in buona sostanza, le sentenze delle Sezioni unite della Corte di cassazione 26 novembre 1990, n. 11355 e 5 dicembre 1990, n. 11675, che avvertono: La domanda dell'iscritto alla S.I.A.E., volta a conseguire il riconoscimento della qualifica di socio, introduce una controversia che devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo, non rientrando fra le questioni di stato, che l'art. 8, secondo comma, della PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA legge 6 dicembre 1971, n. 1034 riserva alla competenza giurisdizionale del giudice ordinario, bens essendo attinente ad atti di autorganizzazione del detto ente pubblico economico, atteso che la richiesta qualit di socio, permettendo di concorrere alla nomina dei suoi organi, implica un'intima partecipazione all'organizzazione pubblicistica dell'ente medesimo, mentre irrilevante che l'atto di ammissione, in quanto consistente nella valutazione di requisiti predeterminati, non sia discrezionale, atteso che anche di fronte ad un atto vincolato, purch funzionale alla tutela di un interesse pubblico, pu rinvenirsi una posizione di interesse legittimo. Nella specie, lo statuto degli A.C. stabilisce che l'assemblea costi tuita da tutti i soci, ciascuno dei quali dispone di un solo voto (art. 48) ed a sua volta eleggibile a componente del Consiglio direttivo o del Collegio dei revisori dei conti. Cos operando, lo statuto indubbiamente costituisce in capo agli associati situazioni di elettorato attivo e passivo aventi consistenza di diritto soggettivo, intangibili da parte degli organi associativi. Ci non toglie, per, che, nel concreto dell'esperienza giuridica, siano ravvisabili, in materia, anche poteri discrezionali e correlati interessi legittimi. In primo luogo, nel caso dell'art. 51 comma 3 dello statuto, a mente del quale in casi eccezionali, tenuto conto del numero dei soci, il Consiglio direttivo pu disporre che l'Assemblea dei soci si pronunci mediante referendum . Al riguardo, le Sezioni unite della Corte di cassazione hanno ripetutamente avvertito che: La deliberazione con la quale l'assemblea dei soci di un Automobile Club provinciale abbia provveduto, avvalendosi del potere discrezionale di scelta, accordatogli dagli artt. 50 e 51 dello Statuto A.C.I., approvato con d.P.R. 8 settembre 1950, n. 881, mediante referendum (anzich mediante il normale sistema di votazione) alle elezioni delle cariche sociali ed all'approvazione dei bilanci, non importa lesione di diritti soggettivi dei soci, chiamati ad esprimere il loro voto mediante un sistema diverso da quello normale, ma lesione di interessi legittimi tutelabili dinanzi al giudice amministrativo ( Cass., 30 maggio 1966, n. 1415; 18 giugno 1962, n. 1527). Va rilevato soprattutto che, nel complesso dell'ordinamento relativo, un'elezione non caratterizzata soltanto dai diritti elettorali attivo e passivo che in essa si attuano, ma da tutto il complesso di operazioni, dichiarazioni ed atti preordinati procedimentalmente a regolare le modalit di esercizio di tali diritti, e l'accertamento della loro regolare esplicazione: presentazione delle candidature, costituzione dell'ufficio elettorale, votazione, scrutinio, proclamazione dei risultati elettorali. Orbene, la garanzia statutaria dei diritti di elettorato attivo e passivo nori contempla tale settore, la cui disciplina rimessa al potere 416 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO di autorganizzazione, mediante atti generali a contenuto discrezionale o atti puntuali, degli organi direttivi dell'ente. A fronte di detti atti, si pongono interessi legittimi e non diritti sog gettivi. Infatti, in una struttura pubblicistica, gli associati non hanno un diritto perfetto al legittimo svolgimento delle operazioni elettorali o all'adozione delle delibazioni attinenti alle elezioni, ma solo, eventual mente, un interesse protetto, a tutelare proprie situazioni particolari, denunciando in sede giurisdizionale la violazione di norme e di principi posti a difesa dell'interesse pubblico generale. Nella materia elettorale, vale ricordare, quanto ai criteri per il ri parto della giurisdizione, la sentenza della Corte di cassazione 22 ~icembre 1987, n. 9569: I criteri di riparto della giurisdizione in tema di contenzioso elettorale amministrativo (artt. 1 e 2 della legge 23 dicembre 1966, n. 1147), secondo i quali sono devolute al giudice ordinario le cause sull'eleggibilit, compatibilit e decadenza, mentre spettano al giudice amministrativo quelle inerenti alle operazioni elettorali, esprimono principi generali, ricollegandosi alla natura e consistenza delle posizioni rispettivamente dedotte in giudizio (diritti soggettivi ed interessi legittimi , A nulla rileva che, come dedotto dagli appellanti principali, negli enti territoriali e negli enti associativi sia diversa la rappresentativit, giacch quel che conta la differenza tra eleggibilit e operazioni elettorali e tra le correlative situazioni soggettive; e questa situazione identica nelle due categorie di enti, proprio perch espressiva di un principio generale. In questo territorio popolato sia da diritti soggettivi che da interessi legittimi, i ricorrenti in primo grado, in concreto, non hanno lamentato la lesione di diritti soggettivi loro garantiti dallo statuto e cio la violazione delle loro pretese attinenti all'elettorato attivo o a quello passivo. Al contrario, come gi rilevato nelle premesse in fatto, essi hanno lamentato il difetto di legittimazione del Consiglio direttivo ad indire le elezioni; l'illegittimit di norme regolamentari non approvate dall'assemblea e concernenti la spedizione degli avvisi di convocazione dell'assemblea e la verbalizzazione della loro ricezione; l'irregolarit della predisposizione da parte del Consiglio direttivo della lista orientativa; la disparit di trattamento posta in essere in ordine alla conoscenza dei nomi dei soci a detrimento della lista concorrente; l'illegittimit del provvedimento presidenziale di sostituzione di alcuni componenti dell'ufficio elettorale e, conclusivamente, della proclamazione degli eletti. L'oggetto di tale impugnazione, dunque, non concerne direttamente il diritto di elettorato attivo o passivo, bens i presupposti per lo svolgimento e le modalit di esercizio, delle attivit elettorali; cio il pro PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA cedimento che, nell'interesse pubblico, deve essere seguito per condurre ad una legittima organizzazione e gestione dell'ente. Ritenuta la giurisdizione del giudice amministrativo e passando al merito dell'appello, infondato appare il secondo ed ultimo motivo, con il quale gli appellanti principali censurano la sentenza di primo grado per aver ritenuto carenti i presupposti della prorogatio del Consiglio direttivo e, pertanto, viziati da difetto di legittimazione del medesimo gli atti impugnati. Vero che la questione della eventualit della gestione commissariale dell'A.C.. di Pescara, in relazione al passaggio in giudicato dell'annullamento giurisdizionale delle precedenti elezioni per il rinnovo delle cariche sociali, era stata devoluta dall'A.C.I. al Ministero del Turismo, e che una nota in data 11-12-1987, n. 6353 a firma del Capo di Gabinetto, di detto Dicastero, aveva escluso la necessit e l'opportunit della nomina di un commissario straordinario per la gestione dell'ente. Peraltro tale atto, proveniente da organo non legittimato ad impegnare la volont del Ministero, appare meramente preliminare, e, comunque privo di carattere decisionale. Esso, pertanto, non poteva determinare una lesione attuale dell'interesse protetto (conforme, in fattispecie di parere ministeriale a comitati provinciali della caccia in materia di rilascio di autorizzazione di polizia al porto d'armi, Sez. VI, 14 luglio 1981, n. 413) e non era, quindi, impugnabile ex se. La sua mancata impugnazione, pertanto, non rendeva inammissibile il ricorso. Nemmeno sotto il profilo dei presupposti della prorogatio la sentenza appellata censurabile. Come si evince dalle deliberazioni 17-3-1986, n. 222 e 23-6-1986, n. 225, il Consiglio direttivo, nell'indire le elezioni, per il rinnovo delle cariche sociali, aveva altres approvato una lista elettorale che prevedeva, tra le altre, le candidature di tre nuovi aspiranti consiglieri e di un nuovo aspirante revisore dei conti. La lista aveva vinto sul campo, ma le elezioni erano state successivamente annullate con sentenza del T.A.R. di Pescara 14 maggio 1987, n. 251, confermata dalla decisione della VI Sezione del Consiglio di Stato 25 febbraio 1989, n. 173. Nelle more, avevano funzionato e agito i nuovi organi sociali. Ci posto, va osservato che la prorogatio degli organi amministrativi scaduti ha a suo fondamento l'esigenza di evitare dannose interruzioni nell'esercizio della funzione pubblica. La retroattivit dell'annullamento giurisdizionale, da parte sua, trova un limite nell'impossibilit di eliminare tutti gli effetti irretrattabilmente prodotti dagli atti annullati. L'annullamento giurisdizionale dei risultati delle elezioni per il rin novo delle cariche sociali, pertanto, non poteva eliminare il fatto che, 418 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO con l'elezione dei nuovi componenti, era venuta meno la continuit dell'esercizio delle funzioni da parte degli organi scaduti. Questi, infatti, non solo erano scaduti, ma avevano cessato di operare, essendo stati sostituiti da altri. Mancava, quindi, a tacer d'altro, con il fatto della cessazione dall'esercizio delle funzioni, il presupposto stesso della prorogatio e, conseguentemente, mancavano gli estremi perch, dopo l'annullamento delle elezioni, si ripristinasse in capo agli organi scaduti la legittimazione a provvedere, come se essi avessero continuato ad operare. Unica misura idonea ad assicurare la regolare gestione amministrativa dell'ente restava dunque, la nomina del commissario straordinario previsto dall'art. 3 del d.P.R. 8 settembre 1950, n. 881. Nemmeno ha pregio l'ulteriore rilievo degli appellanti principali secondo il quale gli atti impugnati sarebbero comunque validi in base al principio del funzionario di fatto. Qui non si fa questione di un titolo all'investitura il cui annullamento per illegittimit non travolge gli atti frattanto adottati dall'investito, bens della reviviscenza di organi che, storicamente, hanno cessato di agire e sono stati sostituiti da altri, quali hanno amministrato e gestito. Ci premesso, basta osservare che il fondamento del principio del funzionario di fatto, nella misura in cui esso vigente e in quanto comporta una deroga ai normali criteri organizzativi degli apparati pubblici, risiede nell'esigenza di non turbare le posizioni giuridiche acquisite da tutti coloro che in buona fede sono entrati in rapporto con il fun. zionario e di evitare ai privati continue e difficoltose indagini sulla regolarit della posizione dei pubblici dipendenti: quindi un principio posto a favore del privato ed a tutela del suo affidamento. Qui invece, si fa questione di situazioni soggettive non di terzi di buona fede, ma di soggetti che sono stati lesi nei propri interessi dall'operato di organi ormai cessati, e quindi privi di legittimazione ad indire nuove elezioni. Tali enunciati, del resto, corrispondono a precedenti acquisizioni giurisprudenziali di questo Consiglio: La teoria dottrinaria che riconosce legittimi gli atti compiuti dal funzionario di fatto, e cio dal funzionario che abbia esercitato un pubblico potere malgrado che il titolo della di lui investitura fosse viziato, si fonda sulla esigenza di garantire i diritti dei terzi che vengono a contatto col funzionario predetto; gli effetti giuridici degli atti posti in essere da tale funzionario, quindi, sono ristretti a quei provvedimenti che, per loro natura e fi. nalit, riguardano terze persone e debbono avere efficacia immediata e diretta; in applicazione di tale principio, non pu riconoscersi giuridica ~fficacia agli atti del funzionario di fatto contro i quali l'interessato PARTE I, SEZ. IV, CllURlSPRtJDENZA AMMINISTRATIVA 419 insorge negando il potere di chi li ha emessi (Csi., 24 marzo 1960, n. 170; Sez. IV, 13-4-1949, n. 145). Per le suesposte considerazioni, l'appello principale va respinto. Resta conseguentemente assorbito l'appello incidentale. CONSIGLIO DI STATO -Ad. Plen. -1 luglio 1993, n. 7 -Pres. Crisci Est. Reggio d'Aci -Tropea (avv. Grillo) c. Ministero Pubblica Istruzione ed altro (n.c.). Impiego pubblico -Riserva dei posti a favore delle categorie privilegiate L. n. 482 del 1968 Criteri di computo Riservatari vincitori per merito Non sono computabili. L'art. 12 della legge 2 aprile 1968, n. 482 deve essere interpretato nel senso che fra i soggetti destinatari della riserva dei posti appartenenti alla carriera direttiva ed a quella di concetto non sono da comprendere i concorrenti che siano risultati vincitori di concorso in base al solo merito (1). 1. -La questione portata all'attenzione dell'Adunanza Plenaria concerne l'interpretazione dell'art. 12, ultimo comma della legge 2 aprile 1968, n. 482. In particolare si discute se nella percentuale del 15 % dei posti di organico, ivi prevista nei concorsi pubblici a posti delle carriere direttive e di concetto in favore degli appartenenti alle categorie c.d. privilegiate che siano risultati idonei, debbano essere computati solo coloro che siano stati assunti sulla base di siffatto titolo, ovvero anche chi, pur appartenendo alle categorie in esame, abbia tuttavia con seguito la nomina per essersi classificato, per merito proprio, tra i vincitori. 2. -Osserva l'Adunanza che la legge 2 aprile 1968, n. 482, ha per oggetto la disciplina delle assunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende private e si propone in maniera evidente il fine di favorire, al di l delle normali regole, il concreto collocamento al lavoro di coloro che siano stati sfavoriti dalla sorte in conseguenza di menomazioni fisiche contratte in particolari circostanze (invalidi di guerra, civili, per servizio o del lavoro, privi della vista e sordomuti) (1) La questione era stata rimessa all'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con l'ord. della sesta sezione 7 gennaio 1993, n. 7, in questa Rassegna 1993, I, 96, con ampia nota redazionale, alla quale si rinvia per l'indicazione dei precedenti in base ai quali si era formato il contrasto gitirispruden-1 ziale sull'interpretazione della legge 2 aprile 1968, n. 482. 420 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO ovvero degli orfani o . delle vedove di deceduti per fatti. o infermit di analogo genere; ci nel presupposto che costoro abbiano particolari difficolt nel reperire una occupazione e in adesione a tradizionali e con I solidati prinipi di solidariet umana e sociale. I L'intervento preferenziale per circoscritto in ambiti ben definiti, poich previsto che l'obbligatoria assunzione di costoro avvenga previo giudizio di idoneit. e con riferimento ad una complessiva aliquota dell'organico dell'azienda o della amministrazione (fissata per lo pi nel 15 %) da ripartire poi tra le singole categorie di riservatari. In tale quadro di riferimento, l'art. 11 della legge riguarda le aziende private e stabilisce giustappunto l'obbligo per le medesime di assumere lavoratori appartenenti alle categorie protette per una aliquota complessiva del 15 % del personale in servizio. Il successivo art. 12 contempla, invece, gli Enti pubblici, prescrivendo quanto segue: per il personale operaio e per quello delle categorie atisiliari od secutive (per le quali, come noto, non di regola necessaria l'assunzione a mezzo di pubblico concorso) imposta l'assunzione obbligatoria diretta di lavoratori appartenenti alle categorie protette, nel limite del 15 % o del 40 % (quest'ultima percentuale vale per il personale ausiliario) della consistenza organica, subordinatamente l a:l verificarsi delle vacanze e dell'accertamento della idoneit professionale (primi tr commi dell'art. 12). Diverso , invece, il sistema previsto dalla legge per le assunzioni I nell'ambito delle categorie direttive e di concetto. Poich per queste I dall'ordinamento prescritto in via generale e pregiudiziale che tutte le assunzioni avvengano di regola per pubblico concorso, non sarebbe .stato possibile statuire in quest'ambito la nomina per chiamata diretta di appartenenti alle categorie priVi:Iegiate; allora il legislatore ha optato per la disposizione (contehuta nell'ultimo comma dell'art. 12) secondo la quale nei concorsi in parola gli appartenenti alle note categorie che vi conseguano l'idoneit debbono essere inclusi nell'ordine di graduatoria tra i vincitori fmo a che non sia raggiunta la percentuale del 15 % dei posti .iri organico>>. 3. -Ci posto; appare evidente che il disegno complessivo della normativa in esame quello di attribuire un concreto e tangibile bei). eficio agli appartenenti alle categorie prese in considerazione, consentendo loro il pi facile reperimento di una occupazione entro i limiti di un contingente prefissato e rapportato all'organico del personale in servizio. Se cos , non possono per interpretarsi le disposizioni di cui sop~~ in maniera tale che esse non producano gli effetti voluti ovvero li producano in misura attc::nuata o ridotta. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA Questo , invero, quello che si verificherebbe ove nel contingente di cui all'ultimo comma dell'art. 12 della legge 2 aprile 1968, n. 482 si ricomprendessero non solo coloro che siano stati assunti in forza del titolo di preferenza fatto valere (nella specie chi, pur non risultando vincitore, s sia tuttavfa classificato fra gli idonei del concorso ed abbia conseguito la homirta proprio in quanto invalido o cieco o sordomuto ovvero orfano o vedova di questi nei casi previsti), ma anche quei soggetti che pur appartenendo alle categorie privilegiate, si siano direttamente classificati tra i vincitori, per merito proprio, e, quindi, non abbiano mai avuto bisogno di avvalersi, ai fini della nomina, della propria qualit di invalido o simile. Costoro, invero, hanno dimostrato di essere in grado di conseguire con le sole proprie forze e capacit un posto di lavoro e di non avere affatto bisogno del sostegno pubblico in merito, n quindi, possono in alcun modo ritenersi beneficati dalla legge od essere inclusi nell'aliquota relativa. In realt essi sono al di fuori, per particolari positive, favorevoli attitudini e circostanze, dalla operativit della legge, di cui non si giovano n hanno mai pensato o richiesto di giovarsi; tant' che avrebbero potto o potrebbero tacere tranquillamente della loro appartenenza ad una delle categorie in via di principio tutelate, senza che da ci derivi o possa derivare alcuna conseguenza sul piano dell'accesso all'impiego e dell'instaurazione del. relativo rapporto. Se dunque costoro fossero computati nel novero dell'aliquota del 15 % prevista, la norma non conseguirebbe, per questa parte, il suo scopo, poich non esplicherebbe i suoi effetti, per quel che si detto, n nei confronti dei vincitori per merito proprio e neppure con riguardo a quegli invalidi (od equiparati) che si sono classificati tra i semplici ilonei. Questi ultimi sarebbero di fatto pregiudicati dall'occupazione dei posti del contingente riservato ad opera dei primi. Altrettanto a dirsi ovviamente, per coloro che sono stati nominati quali normali vincitori di concorso, e solo nel corso del rapporto sono diventati invalidi, o altro. Ci si domanda, infatti, che senso possa attribuirsi alla citata disposizione, in particolare se si pensa che tutte le altre, contenute nel medesimo contesto normativo e riferite alle aziende private ovvero al personale operaio, ausiliario od esecutivo della pubblica Amministrazione, sono, invece, puntualmente operative ed efficaci, sulla base di criteri omogenei, con riferimento ai relativi destinatari e tontingenti. In altri termini, scopo della legge non quello di ottenere, oggettivamente, la presenza nella pubblica Amministrazione di una certa aliquota di appartenenti alle categorie protette (quale che sia il modo con cui essi hanno avuto accesso al rapporto), bens quello di assicurare che i medesimi, in ragione della loro particolare qualifica, possano 422 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO avere ingresso nel pubblico impiego avvalendosi in concreto ed effettivamente del trattamento preferenziale loro riservato. 4. -Ne consegue l'illegittimit di una interpretazione dell'art. 12 della legge 2 aprile 1968, n. 482 la quale, consentendo l'inclusione, nell'aliquota dei riservatari, dei vincitori per merito proprio, ne vanifichi in tutto od in parte la portata e la potenzialit. L'appello va pertanto accolto con annullamento degli atti impugnati nella parte in cui disconoscono il principio di cui sopra, che va invece nel caso concreto applicato anche in favore della ricorrente. CONSIGLIO DI STATO, sez. VI, 7 dicembre 1993, n. 967 -Pres. Gessa - Rel. Bagarotto -Aracri ed altri (avv. Cariati e Recca) c. Min. Trasporti (avv. Stato Stipo). Impiego pubblico -Rapporti di carattere provvisorio e temporaneo o stabili di fatto -Incertezza soggettiva circa l'esistenza del diritto Non incidenza sul decorso della prescrizione. Impiego pubblico -Crediti per interessi e rivalutazione -Prescrizione quinquennale. Impiego pubblico -Crediti retributivi -Necessit di specifici accertamenti di fatto da parte dell'Amministrazione -Prescrizione decennale. La prescrizione dei diritti inerenti a rapporti di natura pubblicistica decorre anche allorch i rapporti stessi siano di carattere provvisorio o temporaneo e gli ostacoli di fatto, quali si atteggiano lo stato di ignoranza o di incertezza soggettiva circa l'esistenza del proprio diritto e l'opportunit di farlo valere in sede contenziosa, non incidono sul delcorso del termine prescrizionale ai sensi dell'art. 2935 cod. civ. (1). I crediti per interessi e rivalutazione monetaria dedotti in giudizio si prescrivono nel termine di cinque anni, secondo la disciplina cui sono sottoposti i diritti in materia di pubblico impiego (2). La prescrizione decennale si applica ai crediti in materia di pubblico impiego solo nei casi in cui le pretese dei ricorrenti non derivino diret (1-2-3) La sentenza in rassegna riassume i princ1p1 della giurisprudenza amministrativa in materia di prescrizione dei diritti di credito dei pubblici dipendenti vantati nei confronti deli'amministrazione di appartenenza. Al riguardo da osservare che nella specie, trattandosi di diritti soggettivi, non pu che applicarsi l'art. 2948 n. 4, secondo cui si prescrivono in cinque anni gli interessi e, in generale, tutto ci che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini pi brevi (v. C. S. VI, 12 dicembre 1992, n. 1062). In particolare, poi, per quanto riguarda gli interessi, a parte l'esplicita lettera della -legge, stato ritenuto -come il credito per interessi si pone, PARTE I, SEZ. IV,'GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 423 tamente ed immediatamente dalla legge e, per la loro definizione quantitativa, richiedano da parte dell'Amministrazione specifici accertamenti di fatto circa la posizione giuridica degli aventi diritto (3). (omissis). I ricorsi in appello in epigrafe debbono essere riuniti e decisi con un'unica sentenza, in quanto sono soggettivamente ed oggettivamente connessi. Vengono all'esame del Collegio le questioni relative al momento di decorrenza della prescrizione ed alla durata del periodo prescrizionale relative ai crediti per interessi e rivalutazione monetaria delle differenze stipendiali riconosciute in favore del personale dipendente per l'applicazione del contratto ANAC, anzich di quello FENIT, nel periodo agosto 1970-gennaio 1975, in cui le Ferrovie Calabro-Lucane avevano esercitato a titolo provvisorio la gestione, poi assunta in via definitiva, di autolinee in precedenza gestite da privati concessionari. A tale proposito si deve premettere che il diritto alla corresponsione delle differenze stipendiali cui accedono gli interessi e la rivalutazione monetaria di cui si tratta stato riconosciuto e soddisfatto dall'Amministrazione in esecuzione di precedenti giurisdizionali fondati sull'assimilazione del servizio prestato sulle Autolinee in argomento rispettivamente durante la gestione provvisoria e durante quella definitiva da parte delle Ferrovie Calabro-Lucane. Nella sostanza, secondo l'assunto dei giudici amministrativi recepito dall'amministrazione, l'applicazione del contratto ANAC, anzich di quello FENIT, fin dall'agosto 1970, dipende dalla natura pubblicistica che ha fin dall'inizio caratterizzato il rapporto d'impiego fra le Ferrovie Calabro-Lucane ed il personale precedentemente alle dipendenze di privati concessionari. rispetto al debito di capitale, su di un piano autonomo, per cui soggetto ad autonoma prescrizione quinquennale (v. Cass. 21 luglio 1981, n..4682, Cass. 29 gennaio 1980, n. 687, in Foro lt., 1980, I, 1691; Cass. 13 maggio 1977, n. 1884, in Giust. Civ. 1977, I, 1563). La sentenza in rassegna ha poi puntualizzato che il termine iniziale della prescrizione dei crediti retributivi inizia a decorrere dalla data di esercizio provvisorio delle linee di trasporto da parte della Gestione Governativa e non gi dalla data in cui ha avuto inizio l'esercizio definitivo. Al riguardo da osservare come le SS.UU. della Cassazione, nella sentenza 22 luglio 1970 n. 3657 (Colacino c. Gestione FCL), nel ritenere la giurisdizione amministrativa anche per il periodo di esercizio provvisorio, cos si erano espresse: Invero, essendo il cosiddetto rilievo provvisorio meramente strumentale rispetto a quello definitivo, esso deve ritenersi assorbito da quello definitivo, cosicch il periodo del rapporto riferibile all'esercizio provvisorio si configura come una , fase del medesimo rapporto che riferibile all'esercizio definitiv " , , RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 424 Orbene, se la causale del credito per differenze retributive cui accedono quelli controversi va individuata nell'unitariet del rapporto di pubblico impiego fra le Ferrovie Calabro-Lucane ed i dipendenti di cui si tratta, si deve escludere che il diritto di questi ultimi all'applicazione del contratto ANAC si sia formato progressivamente o sia stato sottoposto a condizione sospensiva durante il periodo della gestione provvisoria. Pertanto la natura, in un primo tempo provvisoria, della gestione assunta dalle Ferrovie Calabro-Lucane non ha costituito una causa giuridica impeditiva all'esercizio del diritto di pretendere l'immediata applicazione del contratto ANAC, e ci in quanto la riserva dell'Amministrazione di rilevare definitivamente o di restituire ai precedenti concessionari la gestione di cui si tratta si ri.ferisce ai rapporti fra l'Amministrazione e i concessionari stessi e non a quelli fra la stessa Amministrazione ed il personale. Ne consegue che, diversamente da quanto si deduce a sostegno dei ricorsi in appello n. 1837/1990 e n. 2055/1990, la provvisoriet della gestione in un primo tempo assunta dalle Ferrovie Calabro-Lucane, non implicando l'esistenza di una condizione sospensiva pendente o di un termine non ancora scaduto impeditivi rispetto all'esercizio delle pretese all'esame, assume il carattere di un semplice ostacolo di fatto. Peraltro, secondo un insegnamento giurisprudenziale condiviso dalla Sezione (cfr. Cons. Stato Sez. VI 24-10-1991, n. 1711), gli ostacoli di fatto, quali si atteggiano lo stato di ignoranza o di incertezza soggettiva circa l'esistenza del proprio diritto e l'opportunit di farlo valere in sede contenziosa, non incidono sul decorso del termine prescrizionale ai sensi dell'art. 2935 Cod. civ. Inoltre, secondo un altro precedente della giurisprudenza amministrativa (cfr. Cons. St. Sez. V 11-1-1991, n. 7), la prescrizione dei diritti inerenti a rapporti di natura pubblicistica decorre anche allorch i rapporti stessi siano di carattere provvisorio o temporaneo, come quelli cui si riferiscono i diritti in controversia, per cui, sul punto relativo al momento di decorrenza della loro prescrizione, le sentenze appellate si palesano immuni dalle censure dedotte. Va quindi esaminata la questione relativa alla durata del periodo prescrizionale relativo ai crediti controversi, che sarebbe quinquennale e non decennale, secondo quanto detto a sostegno del ricorso in appello n. 1857/1990, proposto dall'Amministrazione avverso la sentenza del TAR Calabria-Catanzaro 14-7-1989 e 7-2-1990, n. 93, e decennale e non quinquennale, secondo quanto dedotto a sostegno del ricorso in appello n. 2055/1991, proposto dai privati avverso la sentenza dello stesso TAR 22-11-1991 e 6-5-1992, n. 240). Secondo precedenti giurisprudenziali consolidati (cfr. Cons. St. Sez. IV 5-5-1987, n. 216 e Sez. V 29-4-1991, n. 706) il cui insegnamento viene PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 425 condiviso dalla Sezione, la prescrizione decennale prevista dall'art. 2948 Cod. civ. si applica ai crediti in materia di pubblico impiego nei casi in cui le pretese dei ricorrenti non derivino direttamente ed immediatamente dalla legge e, per la loro definizione quantitativa, richiedono da parte dell'Amministrazione, specifici accertamenti di fatto circa la posizione giuridica degli aventi diritto. Orbene la controversia all'esame attiene esclusivamente all'individuazione delle norme che disciplinano il trattamento del personale in argomento e non implica alcun accertamento di fatto che si riferisce a posizioni giuridiche individuali rilevanti ai fini della determinazione quantitativa delle pretese dedotte in giudizio. Di conseguenza i crediti per interessi e rivalutazione monetaria dedotti in giudizio sono da ritenersi prescrivibili nel termine di cinque e non in quello di dieci anni, secondo la disciplina cui sono sottoposti i diritti in materia di pubblico impiego. (omissis) SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 3 giugno 1993, n. 6227 -Pres. Sensale Est. Baldassarre -P. M. Martone (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Polizzi) c. De Ambrogi. Tributi erariali diretti Imposta sul reddito delle persone fisiche Tassazione separata Emolumenti arretrati Compenso annuale di incentivazione per il personale delle aziende dipendenti dal Mini stero delle Poste Esclusione. (d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, artt. 12 e 13; d.P.R. 22 dicembre 1980, n. 873, art. 4). Poich arretrato ai fini della tassazione separata l'emolumento corrisposto successivamente rispetto al momento stabilito per la percezione e non rispetto all'epoca della prestazione del servizio, il compenso annuale di incentivazione a favare del personale delle aziende dipendenti dal Ministero delle Poste di cui all'art. 4 del d.P.R. 22 dicembre 1980, n. 873, che erogato nel mese di giugno di ogni anno con riferimento alla retribuzione dell'anno precedente, non assoggettabile a tassazione separata (1). (omissis). L'Amministrazione ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 12 d.P.R. n. 597/73 e della legge 22 dicembre 1980, n. 873, nonch insufficiente motivazione, assume che il compenso annuale di incentivazione previsto dalla legge n. 873/80, che, per espressa previsione dell'art. 4, comma terzo, viene corrisposto nel meJe di giugno di ogni anno e, quindi, non episodicamente, ma con scadenza annuale, non costituisce arretrato, poich viene pagato nei tempi previsti dalla normativa che lo regola; mentre il fatto che sia parametrato ad indici riferiti all'anno precedente dipende dalla sua natura di riconoscimento dell'operosit pregressa, ma non lo trasforma in un arretrato nel senso giuridico del termine , atteso che il concetto di arretrato va visto in relazione al corrispettivo e non alla prestazione lavorativa, per cui non arretrato il pagamento effettuato nel momento in cui sorge l'obbligazione. La doglianza, alla stregua delle ragioni esposto nel ricorso, fondata. (1) Esatta definizione del concetto di emolumento arretrato: cfr. Cass. 22 gennaio 1987, n. 564, in Riv. leg. fisc., 1987, 842. PARTE t, :SEZ. V; GIURlSPRUDENZA TRIBUTARIA L'art, 12; lettera d) del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, applicabile nella specie, nel prevedere. (al pari dell'art. 16, primo comma, ettera b), del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917). che l'imposta sul reddito delle persone fisiche si applica separatamente su,gli emolumenti arretrati relativi ad anni precedenti .percepiti. per prestazioni di lavoro dipendente emoltunenti assog~ttatia1 .pi favorevole. trattamento.. di cui al successivo art; 13 (9ra art. 18 ti.P.R,. n. 917/86) -fa preciso riferimento al momento stabil~to perla percezione del compenso imponibile, che, per qualsivoglia ragione non addebitabile al> contribuente, sia corrisposto in un momento successivo {conf'. sent.. nn, 564/87, 4423/86, 3019/86), non gi, come ritnuto dalla C.T.C., all'epoca della prestazic>ne lavorativa. Tanto si ricava. dalla formulazione lessicale della norma, l dove, al fine. di indicare gli emolumenti non. pagati tempestivamente nel corso dell'anno in cui il relativo diritto mat.rato, ne sottolinea .la qualificazione di arretrati>~, mentre per. il riferimimto alla.preg:ressa Prestazione sarebbe stata appropriata la semplice indicazione di rel<:itivi. D'altra parte l'interpretazione letterale ben si inquadra nel sistema della tassazione separata, la quale tende ad evitare imposizioni rese ingiustamente. gravose dal. sommarsi ai redditi propri .. 4ell'anno,. a cui si rifeds~e la denuncia, di redditi prodotti in modo. non periodico, 11 regolare, l dove l'incolpevole posticipazione del pagamento determina, appunto, l'anomalo accavallarsi di proventi. n (( compenso annuale d'incentivazione , istituito, a. favore del personale cl.elle. Mfond.e dipendenti dal Ministero . delle poste e . delle telecomuriicazini,. cl.all'art. 4 della legge. 22 dicthbre 1980, n. 873 a decorrere dall;esercizio f980, erqgato nel mese 4i giugno di ogni anno iri II1sura percentuale dello stipendio e dell'indennit integrativa speciale, in godimento al 31 dicembre dell'anno precedente a quello in cui il compenso stesso pagato, e secondo criteri rapportati alle effettive ed anteriori prestazioni di servizio. Tali . prestazioni, oltre a fornire il concreto parametro di determinazione, costituiscono se:nza d.ubbio l'oggetto della speciale voce retri1:\ utiva, che premia l'assiduit ed il rendimento del lavoratore. Il . diritto . a percepire . il corrispettivo matura per solo nel giugno dell'anno succt:ssivo, rispetto al quale concorre, quindi, a formare la base imponibile, pote11do divenire arretrato solo se dovesse essere pagato ne! corso dell'anno ancora seguente. Non corrobora la tesi contraria l'argomento che la C,T.C. vorrebbe trarre dal fatto che il compenso dovuto anche al dipendente cessato dal servizio nell'anno anteriore a quello di erogazione, atteso che anche in siffatta ipotesi il pagamento, in proporzione al periodo di servizio effettivamente prestato e senza che sia previsto un diverso termine per il pagamento, costituisce :reddito del periodo d'imposta corrispondente all'anno nel quale prescritta l'erogazione. 428 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Va piuttosto notato che nel caso in esame il compenso d'incentivazione stato corrisposto, come si desume dal fatto della decisione, il 6 giugno 1980, ossia, tempestivamente, nell'anno stesso della sua istituzione, e, se si aderisse all'opposta tesi, dovrebbe essere definito, pur I in assenza di qualsiasi supporto normativo, arretrato per legge. Per le esposte ragioni il ricorso deve essere accolto e la decisione impugnata deve essere cassata con rinvio alla C.T.C., la quale, procedendo a nuovo esame della causa dovr applicare il seguente principio di diritto: Non costituisce emolumento arretrato relativo all'anno precedente e non soggetto, quindi, al pi favorevole trattamento della tassazione separata, a norma dell'art. 12, lettera d), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, il compenso annuale di incentivazione istituito dall'art. 4 della legge 22 dicembre 1980, n. 873 a favore del personale delle Aziende dipendenti dal Ministero delle poste e delle telecomunicazioni e da erogarsi nel mese di giugno di ogni anno secondo criteri correlati al servizio prestato nell'anno precedente. (omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 giugno 1993, n. 6638 -Pres. Rossi Est. Olla -P. M. Lo Cascio (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Fiorilli) c. Giacobbe. I ~ ITributi in genere Soggetti passivi Solidariet Provvedimento amministrativo definitivo Giudicato pi favorevole ottenuto da altro con debitore Art. 1306 e.e. Si applica Estensione del siudicato dalla imposta di registro all'INVIM Ammissibilit. (e.e. art. 1306; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, artt. 6 e 20). Poich la definitivit del provvedimento amministrativo che definisce il rapporto di imposta non equivale al giudicato, il condebitore che non ha proposto impugnazione pu giovarsi degli effetti pi favorevoli conseguiti da altro condebitore, nell'ambito dell'imposta di registro, in applicazione dell'art. 1306 e.e.; e poich, a norma dell'art. 6 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643 il valore a fini INVIM automaticamente e incontestabilmente fissato nella stessa misura che risulta accertata in modo definitivo ai fini dell'imposta di registro, il giudicato favorevole si estende dal compratore al venditore e quindi dalla imposta di registro all'INVIM (1). (1) Il princ1p10 della estensione del giudicato affermato, non senza forzatura, con la sent. 3 luglio 1991, n. 7321, in questa Rassegna, 1991, I, 367 viene ora esteso ulteriormente dalla imposta di registro all'INVIM. Sarebbero lecite riserve, ma si deve prendere tto della statuizione confermata con la sent. 27 agosto 1993, n. 9097. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (omissis). 1. -Nell'unico motivo d'annullamento, la ricorrente Amministrazione finanziaria dello Stato, richiamando l'art. 360 n. 3 Cod. proc. civ., denuncia la violazione degli artt. 4 e 6 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, 49 e 55 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, e 1306 Cod. civ.; inoltre dei principi generali in materia di obbligazione solidale. Infatti, sostiene la ricorrente, tre momenti essenziali della costruzione seguita dalla Corte d'appello di Messina contrastano con le disposizioni avanti richiamate in quanto: I) In tema di INVIM, il soggetto passivo dell'obbligazione tributaria il venditore, mentre l'acquirente soltanto responsabile dell'imposta nella sua veste di proprietario dell'immobile assoggettato al pri vilegio che garantisce il credito erariale per tal tributo. Perci si deve escludere che l'acquirente sia condebitore solidale di imposta con il venditore, con la conseguenza che manca il presupposto di base perch la posizione tributaria del venditore possa modificarsi in funzione della posizione in cui viene a trovarsi il compratore in applicazione delle regole proprie delle obbligazioni solidali. Pertanto, il giudice d'appello ha errato allorch ha affermato che la determinazione del valore dell'immobile trasferito in misura ridotta rispetto a quella portata nell'avviso di rettifica, pur se era stata definita nei confronti del compratore, estendeva i suoi effetti anche al venditore in applicazione della disciplina delle obbligazioni solidali. II) In tema di accertamento tributario, la determinazione dell'imponibile in misura ridotta rispetto all'avviso di rettifica che sia divenuta definitiva nei confronti di uno dei condebitori solidali dell'imposta che abbiano impugnato la rettifica davanti alle commissioni tributarie, non estende i suoi effetti in favore del condebitore solidale che non abbia, a sua volta, impugnato la rettifica. Ci perch la definitivit dell'accertamento per mancata impugnazione si deve assimilare al giudicato; ed principio affatto incontestato che il condebitore solidale non pu opporre la situazione pi favorevole conseguita da altro condebitore solidale, allorquando il proprio rapporto con il creditore sia stato definito con sentenza passata in giudicato, anche se in senso meno favorevole. Ne deriva, ad avviso della ricorrente, che in tema di INVIM, al venditore che non abbia impugnato l'avviso di accertamento in rettifica degli elementi che concorrono alla determinazione dell'incremento im ponibile, precluso opporre la sopravvenienza di situazioni giuridiche pi favorevoli, ivi compreso il giudicato riduttivo del valore finale dell'immobile ottenuto dall'altro contraente ai fini dell'imposta di registro. Perci la Corte del merito incorsa in una distinta violazione di legge, posto che ha disatteso detto principio. III) Si deve escludere che nell'ipotesi in cui il trasferimento di un immobile sia assoggettato all'imposta di registro ed all'INVIM, l'accer 430 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO tamento definitivo del valore dell'immobile trasferito formatosi in sede di determinazione dell'imponibile dell'imposta di registro, sia in alcun modo vincolante in sede di determinazione del valore finale dello stesso immobile nell'ambito dell'accertamento dell'imponibile INVIM. N pu opporsi che l'art. 6 del d.P.R. n. 643/1972 introduce una correlazione tra le due imposte, posto che tale correlazione solo tendenziale e non necessitata, sicch, come ribadito dall'art. 20 della stessa fonte normativa, v' la concreta possibilit che le due imposizioni si diversifichino in ordine alla valutazione dei singoli elementi dell'imponibile. 2. -Nessuna delle censure pu essere condivisa. 3. -In ordine alla prima occorre procedere, preliminarmente, alla ricostruzione della ratio decidendi della sentenza impugnata. Risulta, cos, che la Corte del merito ha premesso che per quanto attiene all'imposta di registro, il vincolo di solidariet passiva esistente tra i contraenti del negozio assoggettato al tributo, fa s che in ordine alla determinazione dell'imponibile il venditore possa giovarsi degli effetti favorevoli conseguiti dal compratore-condebitore solidale a seguito del ricorso proposto da quest'ultimo avverso l'accertamento di maggior I I ~ valore del bene trasferito. Ne ha tratto che, in concreto, la riduzione della misura del valore del bene rispetto alla misura indicata nell'accertamento fiscale che sia I ~ stato conseguito dall'acquirente a seguito della sua impugnazione dell'accertamento stesso _si propaga al venditore, anche quando, nei suoi confronti, l'accertamento di maggior valore sia divenuto definitivo per mancata impugnazione. Ossia, che secondo il regime dell'imposta di registro, il valore del bene trasferito rimane fissato, in via definitiva, nella mi I sura (ridotta) venutasi a determinare in favore dell'acquirente che abbia impugnato l'accertamento stesso, anche nei confronti del venditore non impugnante l'avviso di accertamento. Ha osservato, poi, che in base alla disciplina dell'art. 6 c. 2 d.P.R. n. 643/1972, ai fini della determinazione dell'imponibile INVIM si deve assumere quale valore finale del bene trasferito, quello accertato in via definitiva in funzione della determinazione dell'imponibile dell'imposta di registro sul trasferimento assoggettato anche al primo dei detti tributi. Cio, che secondo il mezzo tecnico previsto dalla disciplina positiva, I ai fini della determinazione dell'imponibile INVIM e dell'individuazione del valore finale del bene trasferito, fa stato il valore dello stesso bene I I accertato in via definitiva ai fini dell'applicazione dell'imposta di registro sul medesimo trasferimento. l I Perci, ha concluso -fermo restando che nell'ambito dell'imposta I di registro il valore dell'immobile rimane accertato in via definitiva II .I I I PAR'l!B I; SEZ~ WGIURISPRUDENZA TR!BUTARIA 431 nella misur ridott1;1; conseguita dal contribuente che abbia proposto impugp:azione. avversol'avviso di :rettificaanche nei confronti.dei condebi todche non abbiano.proposto analoga.impugnazione -.la trasposizione, vincolante per legge; della deterniinazione del valore delfimmobile tra sferito come: definito in> sede di accertamento dell'imponibile dell'ira. ro~ta .. d registra,. X!,ell'.artiJ?iwdella;procedura.di accertamento. del. va ~or~ fjn,~le dellQ ~te$so i~oqjJe ai fini dH'impos~ioneINVIM,..f. si . cl'i.e, in ortUne a questo tributo, al!lche quando ilsolo cqmpratore abbia impugnato l'avviso di rettifica ottenendo una riduzione dell'accrtan:ien to, il val?re .fim:tle dell'itl1mobile. non possa. che .venir determinato nella dltt~ 'P:lisitra. ridotta;aryche.11e1c()rifrritldl 'v.eridifore n<>n .iinpttgnante. ... Etibne, mailifestame:rifo/nhrf vfiro ch, c6:rrie sostiene ia tkorrente, se26nd. la s~ntenza d;appelid;.aFfini dell'imponibile INVIM, >fa . deter~ n:iinazione, .anche. in favore del venditorenon. impugnante, dl valore firiaiei dll'irilmobile nella: .. fui$Jlia ifd<)tta divnuta defiilitiva . ne.i. con fro!ltir del ompr.tore impugnante l'aWi$o :di.. accertametito discende nel l'sisteriZ di. mi virtcold di solidarlet passiva tra . vnditOr e . compratdre in ordine alla.. deberiza deH'lNVll\it .. ~ vero; /invece; . che per fa Corte messinese la conclusi6ne impdst dal sistema positivo, attraverso la correlazione da esso introd6tfatrale imposte di registroed. lNVIM lrl ordin.. ail~... deterrrffttaziort del. valore finale dll'iriirifobile trasferito. Quindi, la: censi.rr prestippble una rati decidendi diversa da quella effetdvntente actotfata. dall sentenza iriipugnata~ . Pertanto, . iiatrlmissibie post0 ch si sViltiJ>pa sula base di faJ erroneo. prestippostd~ . . ... ... 4. --Le Sezi6ni. u.nite.di questa Corte, nell'affrontare la. questione riproposta con l seconda censura ...;;;. relativa all'identificazione degli effetti dll mancta impugnazione degli avvisi di artamento nei suoi riflessi sltgime della solidariet passiva in materia tributaria, hanno affermato che l'efffoifoia preclusiva dell'atto . amministrativo definitivo, quale l'accrta:tnento tributario noti impugnato davanti alle commis~ soni t:i:ibutarie1 non . equipra:bile all'efficacia. di cosa giudicata propria delle decisioni degli organi giudiziari; Infatti, si concreta unicamente nella perdita del potere da parte del coi:ldebitoreinerte di tutelare>la propra pos!Zione sostanzia1e mediante l'h1staurazione del .giudizio di rtanzi . alle. commissioni tributarie sulla pretesa dell'amministrazione. ( OS sia rtel vertii meno del .poti:'e di.esetcitare.validamente Una immediata tutela della sua posizione. sostanziale per essere scaduto il termine pre visto per quel tipo di tutela), il che complrta che non interferisce c:on la facolt concessa a quel condebitore di ottenere l'estensione, nei propri confronti, degli effetti favorevoli cortseguitl da altro <:ondebitote che abbia impugnato .l'avviso di accertamento (v., Cass., S.U. 22 giugno 1991, n. 7053). 432 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Il principio deve essere ribadito non ravvisandosi ragioni per an dare in contrario avviso. D'altra parte, la ricorrente si limitata ad I enunciare che la mancata impugnazione dell'accertamento determina ili una situazione giuridica totalmente identica a quella nascente dal giu I dicato; sicch l'accertamento diventa intangibile anche sul piano sostanziale, senza giustificare in alcun modo siffatta conclusione. Pertanto, nell'uniformarsi a detto principio, la pronuncia impugnata non incorsa nella violazione di legge denunciata dalla ricorrente, sicch anche questa censura deve essere disattesa. .5. _,... Questa Corte ha pi volte esaminato la questione sollevata nel terzo profilo del motivo, e l'ha. risolta nel senso -recepito dal giudice del merito -che in virt del sistema introdotto dal d.P.R. n. 643/1972 il valore finale dell'immobile in funzione della determinazione dell'imponibile INVIM, resta automaticamente ed incontestabilmente fissato nella stessa misura che risulta accertata in modo definitivo quale valore dello stesso i1Ilmobile ai fini della determinazione dell'imponibile dell'imposta di registro sullo stesso trasferimento (Cass., 2 aprile 1992, n. 4024; 29 marzo 1990, n. 2575; 21 luglio 1988, n. 4725). L'orientamento deve essere confermato. Invero, la disposizione dell'art. 6 c. 2 del d.P.R. n. 643/1972 (per la quale ai fini dell'applicazione dell'INVIM si assume quale valore finale (dell'immobile) quello dichiarato o quello maggiore definitivamente accertato per il trasferimento del bene ai fini dell'imposta di registro o di successione) non pu che essere intesa nel senso che in sede di determinazione dell'imponibile INVIM, il valore finale del bene viene individuato non gi a seguito di un autonomo giudizio sul punto, ma per relationem, attraverso la mera trasposizione del risultato del giudizio sul valore dello stesso immobile compiuto ai fini della determinazione dell'imponibile dell'imposta di registro sul medesimo trasferimento. Nel contempo, risulta inaccoglibile l'obiezione del ricorrente, secondo il quale. la lettura della richiamata disposizione resistita dalla disciplina dettata dal secondo comma dell'art. 20 dello stesso Decreto presidenziale n. 643/1972, alla cui stregua, l'accertamento, se riguarda anche la determinazione del valore ai fini dell'applicazione dell'imposta di registro o di successione pu essere notificato con un unico avviso . Per vero, tal prescrizione attiene esclusivamente alla disciplina del momento procedimentale dell'accertamento INVIM, e non riguarda quello sostanziale afferente ai criteri ed alle modalit per l'individuazione del valore finale dell'immobile. Quindi, denota che l'imposizione INVIM autonoma rispetto a quella di registro; e che i procedimenti di accertamento dei detti tributi sono autonomi tra loro. Non giustifica, invece, la deduzione della ricorrente (tra l'altro non illustrata in alcun modo) circa l'esistenza anche di una PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 433 autonomia decisionale sul punto relativo alla determinazione del valore finale dell'immobile, di modo che l'accertamento di quel valore svincolato dalle risultanze dell'accertamento definitivo ai fini dell'imposta di registro. A tanto infatti, conduce oltre che il dettato letterale della norma, il .dovuto coordinamento tra le disposizioni degli artt. 6. e 20 del d.P.R. che legittima soltanto la conclusione qui accolta. (omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 23 giugno 1993, n. 6951 -Pres. Montanari Visco -Est. Baldassarre -P. M. Morozzo della Rocca (conf.). Carrara c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Pavone). Tributi in genere -Soggetti passivi -Impresa familiare -E' impresa individuale del titolare . .Trasformazione in societ di persone con conferimento dell'azienda -E' soggetto all'imposta di registro. (e.e.., art. 230-bis; d,P.R. 29 settembre 19H, n. 597, art. 5; d.!. 19 dicembre 1984, n. 853, art. 3). L'impresa familiare una impresa individuale che appartiene al suo titolare che la esercita assumendo 1.n proprio diritti ed obbligazioni fermo restando il diritto dei familiari che parteepano soltanto ad una quota degli utili; conseguentemente se l'impresa familiare si trasforma in una societ di persone si realizza un conferimento dell'azienda nella societ soggetto all'imposta di registro se non agevolato, nei limiti temporali stabiliti dall'art. 3 del d.l. 19 dicembre 1984, n. 853 (1). (omissis). Con il secondo motivo i ricorrenti principali, denunciano violazione degli artt. 230 bis cod. civ. e 5, comma 4, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, per non avere la Corte d'appello considerato che l'impresa familiare ha natura (civilistica e comunque) tributaria di impresa collettiva e che, in conseguenza, la sua trasformazione in societ di persone non implica alienazione d'azienda e non esprime la capacit contributiva del conferimento di azienda operato dall'imprenditore individuale; mentre l'art. 3 del d.l. n. 853/1984, convertito in legge 17 febbraio 1985, n. 17, norma recante un'esclusione e non un'esenzione tributaria , codifica il principio, gi enucleato, secondo cui l'impresa familiare fenomeno associativo. Il motivo, non fondato. Questa Corte, chiamata a qualificare, ad altri fini, l'impresa familiare, ha costantemente affermato che essa ha natura individuale e non (1) Sulla base di quanto affermato con la sent. 10 agosto 1992, n. 9459 (in questa Rassegna, 1992, I, 506), viene correttamente chiarito, a tutti gli effetti tributari, che l'impresa familiare non un soggetto collettivo. RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 434 collettiva ed appartiene, anche dopo la trasformazione dell'originaria impresa individuale, al suo titolare, che la esercita, assumendo in proprio diritti e obbligazioni, oltre che la piena e personale responsabilit verso i terzi, fermo restando il diritto dei familiari partecipanti (soltanto) ad una quota degli utili (conf. sent. nn. 8959/92, 4710/92, 40030/92, 2270/92, 6559/90), oltre che il diritto di partecipare alla gestione straordinaria; che, per tanto, l'imprenditore, che presenta la dichiarazione ed il soggetto passivo dell'accertamento, rimane il centro di riferimento del reddito prodotto ed fiscalmente responsabile (conf. sent. S.U. n. 9459/92 .in motivazione). Dall'appartenenza dell'azienda, quale complesso di beni e diritti destinati all'esercizio dell'impresa, al suo titolare, pure se l'abbia gestita nella forma dell'impresa familiare, discende che -ove egli conferisca la medesima azienda al fine della costituzione con i familiari partecipanti di una societ personale -il conferimento non pu farsi risalire all'intero gruppo; n pu considerarsi la costituzione della societ come mera trasformazione di un soggetto o centro d'imputazione collettivo (tale non essendo l'impresa familiare rispetto ai terzi) in un altro soggetto collettivo (la societ di persone). E ci vale anche ai fini dell'imposizione tributaria. Il sedicesimo comma dell'art. 3 del d.l. 19 dicembre 1984 n. 853, convertito in legge 17 febbraio 1985, n. 17, su cui si fonda la decisione impugnata, cos dispone: Se tra l'imprenditore e i collaboratori familiari di cui al quarto comma dell'art. 5 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, indicati nell'atto pubblico o nella scrittura privata ivi previsti, venga costituita, con atto sottoposto a registrazione entro il 30 settembre 1985, una societ in nome collettivo o in accomandita semplice con contestuale conferimento dell'azienda da parte dell'imprenditore, il conferimento stesso soggetto alle imposte di registro, ipotecarie e catastali nella misura fissa e non considerato cessione agli effetti dell'imposta sul reddito; ... Il riferimento al quarto comma del suddetto art. 5 si intende fatto al testo vigente anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto (quarto comma aggiunto dall'art. 9 della legge 2 dicembre 1975, n. 576 e sostituito, una prima volta, dall'art. 2 bis del d.l. 1 luglio 1877, n. 351 e poi dall'art. 3, comma 12, d.l. n. 853/84). La norma trascritta -che fornisce, per altro, una testuale individuazione dell'imprenditore nell'impresa familiare, escludente che tale qualit possa riconoscersi ai collaboratori familiari -ribadisce che il conferimento de quo costituisce, in via generale, cessione d'azienda, dal momento che solo per operazioni poste in essere in un circoscritto periodo di tempo (sino al 30 settembre 1985) il conferimento (oltre a godere delle agevolazioni in materia di imposte indirette) non considerato cessione agli effetti delle imposte sul reddito. Il motivo deve essere, per tanto, rigettato. (omissis) PARTE I, SEZ. V1 GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 435 CORTE Dl CASSAZIONE; Sez. I, 3 luglio 1993, n. 7311 -Pres. Rossi Est. Cicala -P. M. Aloisi (conf.). -Soc. Marmarole (avv. Biamonti) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Cingolo). Tributi ii1 genere .. Contenzioso tributarlo -Impugnazioni -Tennini Art. 327 c.p;c, -Applicabilit alle decisioni delle commissioni -Impugnazione diilanzi @Ua Corte d'appello.~. E' .preclusa dalla decorrenza dell'anno. (c.p.c. art. 327; d.P.R. 26 ottobre ~972, n. 636, a:t;tt. 22 e 40). L'applicabilit dell'art. 327 c.p'.c. al processo tributario comporta che la decorrenza del tefrnine annuale preclude l'ammissibilit della impugnazione sia innanzi alla Commissione centrale che innanzi alla Corte d'appello (1). (omissis). La sentenza impugnata si regge su un duplice ordine di argomentazioni alternative, per cui appare sufficiente verificare se una di esse sia fondata; e questa Corte. ritiene opportuno considerare preliminarmente se debba esser condiviso il profilo della motivazione della Corte di Milano incentrato sull'art, 327 c.p.c. Giova, in proposito, ricordare che le Sezioni Unite di questa Corte con sentenza 10 gennaio 1992, n. 202, hanno sconfessato l'orientamento espresso nella decisione della prima sezione civile 29 ottobre 1990, n. 10456 ed hanno affermato che il primo comma dell'art. 327 del codice di procedura civile enuncia un principio di carattere generale applicabile in tutto l'ordinamento processuale; perci anche le sentenze delle commissioni tributarie di primo e secondo grado non possono pi essere impugnate ove sia decorso un anno dalla loro pubblicazione (che si perfeziona con il deposito della sentenza senza che occorra la comunicazione dell'avviso di cancelleria di cui al 2 comma dell'art. 133 (1) Conseguenza rigorosa del principio affermato dalle Sez. Un. con la sentenza 10 g<:)nnaio 1992, n. 202, in questa Rassegna, 1992, I, 113, e ormai consolidato. Resta il problema di conciliare con questa regola l'art. 40 del d.P.R. n. 636/1972 secondo il quale l'impugnazione proponibile innanzi alla Corte d'appello soltanto dopo che decorso dnfruttuosamente per tutte le parti il termine per ricorrere alla Commissione centrale. Poich l'art. 40 diretto ad escludere la possibilit di duplice impugnazione, la preclusione dell'impugnazione innanzi alla Commissione centrale da considerare una condizione di sola procedibilit che pu maturare anche dopo la proposizione del ricorso e prima della decisione; nel caso l preclusione maturerebbe ben presto proprio per effetto dell'art. 327 ove la Corte d'appello venga adita sullo spirare del termine. La situazione pu per complicarsi se a ridosso della scadenza una delle parti ricorre alla Commissione centrale ed altra innocentemente alla Corte d'appello; in tal caso dovrebbe ammettersi che l'impugnazione tempestiva innanzi alla Corte d'appello debba convertirsi in impugnazione incidentale innanzi alla Commissione centrale. 436 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO c.p.c.). Ed a questo insegnamento delle Sezioni Unite il Collegio ritiene di uniformarsi. Il contribuente sostiene, per altro, che l'inutile decorso del termine di cui all'art. 327 c.p.c. avrebbe solo determinato la improponibilit di una eventuale impugnazione alla Commissione Tributaria Centrale, mentre per il ricorso alla Corte d'Appello egli avrebbe avuto a disposizione, in base all'art. 40 del d.P.R. 636/1972, altri novanta giorni. Ed a sostegno di questa tesi possibile invocare un passo, che costituisce per altro un obiter dictum , della gi citata sentenza 202/1992 delle Sezioni Unite. Il Collegio non ritiene per di condividere siffatta opinione. La applicazione in ogni ambito dell'ordinamento, e perci anche nel processo tributario, dell'art. 327 c.p.c. costituisce infatti riconoscimento del carattere generale di tale norma, che prevale su tutti i meccanismi, previsti nei differenti settori, e che possono far s che una sentenza acquisisca il carattere di definitivit in un termine superiore all'anno dal deposito. Sarebbe perci incongruo, dopo aver applicato l'art. 327 c.p.c. in ordine alle impugnazioni alla Commissione Tributaria Centrale, consentire, scaduto il termine annuale (prorogato in base alla legge sulla sospensione feriale), la presentazione del ricorso alla Corte d'appello. I Non vi infatti motivo per ritenere che l'art. 327 c.p.c. costituisca un limite all'art. 22 del d.P.R. 636/1972 e non anche all'art. 40 del mede I Ifil simo d.P.R. (omissis) ~ CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 luglio 1993, n. 7771 -Pres. Beneforti -Est. Baldassarre -P. M. Amirante (conf.). Ministero delle finanze (avv. Stato Cingolo) c. Soc. Italcementi. Tributi erariali diretti -Imposta sul reddito delle persone fisiche -Redditi di lavoro dipendente -Rivalutazione monetaria di retribuzioni -Costituisce reddito imponibile da assoggettare a ritenuta. (d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, artt. 46 e 48; d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 23; c.p.c. art. 429). La rivalutazione monetaria ex art. 429, terzo comma, cod. proc. civ., quale componente essenziale del credito di lavoro tardivamente soddisfatto, partecipa della natura retributiva del credito originario e trova fonte esclusiva e diretta nella prestazione dell'attivit lavorativa. Ne consegue che il relativo importo deve essere assoggettato a tutte le norme giuridiche proprie del credito di lavoro, comprese quelle di cui agli artt. 46, primo comma, e 48, primo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, in forza delle quali il reddito di lavoro dipendente, costituito da " tutti i compensi ed emolumenti, comunque denominati, percepiti nel periodo di imposta in dipendenza del lavoro prestato , PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 437 soggetto alla ritenuta a titolo di acconto che il datore di lavoro obbligato ad operare all'atto del pagamento, a norma dell'art. 23, primo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 . (1) (omissis). L'Amministrazione ricorrente, denunziando violazione e falsa applicazione degli artt. 11, 46 e 48 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 e art. 429 cod. proc. civ., nonch vizio di motivazione, assume che la rivalutazione monetaria costituisce una componente del complessivo credito di lavoro, strettamente connessa al credito originario, e trae origine dal rapporto di lavoro, con la conseguenza che sull'ammontare della medesima il datore di lavoro, quale sostituto d'imposta, deve operare la ritenuta d'acconto. Il ricorso fondato. Nella specie non controverso che la societ intimata, rimasta fi)ccombente nel giudizio intentato dal proprio ex-dipendente per la corresponsione di competenze lavorative, ha provveduto, in esecuzione della pronuncia di condanna, al pagamento, tra l'altro, di somma liquidata a titolo di rivalutazione monetaria dei crediti del lavoratore. Non rilevano, per tanto, le successive vicende, di cui cenno nella narrativa della decisione impugnata, alle quali la parte interessata, onerata della prova di eventuale giudicato esterno, e la stessa decisione non hanno ricollegato (e non avrebbero potuto collegare, trattandosi di giudizi a cui rimasta estranea l'Amministrazione finanziaria) alcun effetto preclusivo. Ne deriva che deve trovare applicazione il seguente, puntuale prin cipio di diritto -che si enuncia anche agli effetti dell'art. 384 cod. proc. civ. -affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 5441/91 (conf. le sent. di questa Sezione nn. 3543/90, 4924/89, 621/89, tra altre), superando il contrasto creato dalla sentenza n. 498/89: La rivalutazione monetaria ex art. 429, terzo comma, cod. proc. civ., quale componente essenziale del credito di lavoro tardivamente soddisfatto, partecipa della natura retributiva del credito originario e trova fonte esclusiva e diretta nella prestazione dell'attivit lavorativa. Ne consegue che il relativo importo deve essere assoggettato a tutte le norme giuridiche proprie del credito di lavoro, comprese quelle di cui agli artt. 46, primo comma, e 48, primo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, n forza delle quali il reddito di lavoro dipendente, costituito da tutti i compensi ed emolumenti, comunque denominati, percepiti nel periodo d'imposta in dipendenza del lavoro prestato , soggetto alla ritenuta a titolo di acconto che il datore di lavoro obbligato ad operare all'atto del pagamento, a norma dell'art. 23, primo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 . (omissis) (1) Giurisprudenza ormai costante. RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO 438 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 luglio 1993, n. 7901 -Pres. Sensale Est. Lupo -P. M. Iannelli (diff.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato II Laporta) c. Sabino. Tributi erariali indiretti -Imposta sul valore aggiunto -Accertamento Prova " Perquisizioni a fini penali -Utilizzabilit Limiti. (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 51, 52, 54, 55 e 63). La documentazione acquisita legittimamente in una perquisizione penale operata dalla Guardia di finanza su ordine della Procura della Repubblica pu essere utilizzata dall'ufficio IVA ai fini dell'accertamento tributario disciplinato negli artt. 54 e 55 del d.P.R. 633/72, nei limiti previsti da queste disposizioni. L'utilizzabilit va affermata anche nel regime anteriore al d.P.R. 15 luglio 1982 n. 463, nei casi in cui essa non comportava violazione del segreto istruttorio. (1) (omissis) In data 11 luglio 1980 ufficiali di polizia giudiziaria del nucleo di polizia tributaria, su ordine del sostituto procuratore della Repubblica di Varese emanato nel corso delle indagini conseguenti a denunzia per ricettazione, eseguirono una perquisizione domiciliare nel1' abitazione di Vito Antonio Sabino e negli uffici della societ di fatto G.A.V., di cui il Sabino era socio. Nell'abitazione del Sabino furono rinvenuti alcuni brogliacci e bolle di consegna pertinenti all'attivit commerciale della societ G.A.V. I Il 18 novembre 1981 l'Ufficio I.V.A. di Varese notific alla G.A.V. separati avvisi di rettifica delle dichiarazioni IVA relative, per quel che qui interessa, agli anni 1977, 1978 e 1979, a seguito dell'accertamento di I vendite effettuate in evasione dell'IVA, risultanti dall'esame dei menzionati brogliacci e bolle di consegna. Avverso detti avvisi di rettifica Giovanni e Vito Antonio Sabino, quali soci della societ G.A.V., proposero ricorso alla Commissione tributaria di primo grado, sostenendo che gli accertamenti erano illegittimi perch fondati su elementi documentali acquisiti in violazione delle norme vigenti. Il ricorso fu respinto dalla Commissione di primo grado e dalla Commissione di secondo grado, ma stato accolto dalla Corte di appello di Milano, con la sentenza depositata il 9 maggio 1989. La Corte ha osservato che l'ordine di perquisizione non integrava la specifica autorizzazione prevista dall'art. 52, secondo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633, la quale, quando concerne abitazioni, subordinata all'esi (1) Decisione di grande rilievo di cui va segnalata la completezza della mo tivazione, Di particolare interesse la precisazione che non necessaria l'autorizzazione dell'autorit giudiziaria, quando il segreto istruttorio sia venuto meno. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA stenza di gravi indizi di violazioni della legge sull'IVA. La Corte ha, perci ritenuto che l'acquisizione dei brogliacci avvenne in violazione dei diritti di difesa del contribuente e che tale materiale probatorio inutilizzabile per l'accertamento tributario. Avverso la sentenza della Corte di appello di Milano l'amministrazione delle finanze ha proposto ricorso per cassazione; Giovanni .e Vito Antonio Sabino hanno resistito con controricorso, MOTIVI DELLA DECISIONE 1. -Con l'unico motivo del ricorso l'Amministrazione delle finanze deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 52, 54 e 55 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633, nonch l'omessa motivazione su punto decisivo (art. 360 n. 3 e 5 c.p.c.). La Amministrazione ricorrente censura la premessa di fondo della sentenza impugnata, e cio la ritenuta illegittimit della perquisizione domiciliare. Tale atto -compiuto dalla guardia di finanza quale organo di polizia giudiziaria in esecuzione di ordine emesso dal Procuratore della Repubblca nell'esercizio della funzione giurisdizionale penale -era incontrovertibilmente legittimo, onde irrilevante la inosservanza dell'art. 52 del d.P.R. n. 633/1972, che regola gli accessi e le ispezioni fiscali. A seguito di tale legittima perquisizione fu redatto il processo verbale di constatazione del 31 ottobre 1980, richiamato negli avvisi di rettifica, ma ignorato dalla sentenza impugnata. Siffatto accertamento tributario, traendo motivo dalle ripetute e gravi omissioni e irregolarit constatate nelle registrazioni contabili della societ G.A.V. ad esito del confronto eseguito tra tali scritture ed i brogliacci acquisiti nel corso della perquisizione, deve ritenersi legittimo in applicazione dell'art. 55 del d.P.R. n. 633/72, che consente all'ufficio tributario di procedere sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a conoscenza dell'ufficio . 2. -Il motivo di ricorso fondato nei limiti di seguito precisati. esatta l'osservazione di fondo della parte ricorrente, in ordine alla non pertinenza del richiamo che la Corte di appello ha effettuato all'art. 52 del d.P.R. n. 633/72, che disciplina gli accessi e le ispezioni compiuti a fini fiscali. Nel caso di specie si avuta, come si detto in narrativa e come esplicitamente affermato nella sentenza impugnata, una perquisizione penale, compiuta su ordine della Procura della Repubblica di Varese per indagini relative a reati. Nessuna contestazione risulta insorta sulla legittimit di tale atto di perquisizione e del conseguente sequestro delle cose nel corso di essa rinvenute (art. 336 vecchio c.p.p., vigente all'epoca di tale attivit). Si tratt, quindi, di attivit legittimamente compiute sulla base dell'unico parametro legale per esse rilevante. perci erronea la sen RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 440 tenza impugnata, che ha affermato la illegittimit di tali attivit alla luce di una disposizione (l'art. 52 del d.P.R. n. 633/72) estranea alla disciplina normativa sulla base della quale esse furono compiute. Il problema, come osserva la parte ricorrente, solo quello di stabilire se gli effetti degli atti penali pienamente legittimi possono o meno assumere rilevanza nell'ordinamento tributario, e cio se i risultati della perquisizone e del sequestro penali sono o meno utilizzabili ai fini dell'accertamento tributario. Ma si tratta di problema tutto affatto diverso da quello che si posto la sentenza impugnata. 3. -Il quesito relativo alla utilizzabilit, nei termini precisati nel precedente paragrafo, va risolto sulla base del disposto degli artt. 54 e 55 del d.P.R. n. 633/72 (nel testo vigente anteriormente alle modifiche apportate dal d.P.R. 15 luglio 1982 n. 463, trattandosi di accertamento compiuto anteriormente a quest'ultimo testo normativo). In questa sede non pu stabilirsi quale tipo di accertamento sia stato effettuato dall'amministrazione finanziaria, e cio se quello analitico- contabile disciplinato dall'art. 54 citato (come sembrerebbe far ritenere la denominazione di avviso di rettifica adottata nel caso di specie) ovvero quello induttivo-extracontabile previsto dal successivo art. 55 (come ha affermato l'amministrazione finanziaria, nel ricorso per cassazione). Tale punto di fatto rientra nelle attribuzioni del giudice del merito, e dovr essere stabilito dal giudice di rinvio, essendo mancato al riguardo ogni accertamento da parte della Corte di appello. Questa Corte di legittimit deve limitarsi ad affermare sul piano giuridico (e agli effetti della formulazione del principio di diritto al quale il giudice di rinvio dovr attenersi) che i risultati di una perquisizione e di un sequestro penali legittimamente compiuti sono utilizzabili nell'applicazione sia dell'art. 54 sia dell'art. 55 citati. Tale affermazione va adeguatamente esplicitata in relazione a ciascuno dei due detti articoli. 4. -L'art. 54, nel secondo comma, prevede che l'infedelt della dichiarazione IV A pu essere accertata mediante il controllo della completezza, esattezza e veridicit delle registrazioni sulla scorta ... degli altri dati e notizie raccolti nei modi previsti nell'art. 51 . L'art. 51 richiamato, nel cpv. n. 5, prevede che gli uffici dell'imposta sul valore aggiunto, per l'adempimento dei loro compiti, possono richiedere la comunicazione di dati e notizie alla guardia di finanza . Alla richiesta dell'ufficio finanziario va parificato l'invio spontaneo di dati e notizie allo stesso ufficio da parte della guardia di finanza. Tale parificazione non esclusa dal successivo art. 63, che prevede in generale la collaborazione della guardia di finanza con gli uffici dell'imposta sul valore aggiunto. La espressa previsione, contenuta nel PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 441 primo comma di detto art. 63, della trasmissione ai detti uffici dei verbali e rapporti delle sole attivit compiute dalla guardia di finanza in applicazione del precedente art. 52 conseguente alla menzione del compimento delle stesse attivit, ma non pu essere intesa come impeditiva della trasmissione all'ufficio finanziario di dati e notizie comunque raccolti dalla guardia di finanza, e quindi anche per effetto di attivit diverse da quelle indicate nell'art. 52, purch si tratti di attivit legittimamente effettuate. Vanno, ovviamente, esclusi i soli dati e notizie che l'art. 51 n. 5 tutela in modo particolare, ponendo espresse eccezioni alla facolt degli uffici finanziari di richiederne la comunicazione. Tra i dati e notizie che la guardia di finanza pu comunicare agli uffici IVA, in applicazione della espressa previsione dell'art. 51 cpv. n. 5 e del generale principio di cooperazione posto dall'art. 63, vanno inclusi i risultati acquisiti nel corso di operazioni di polizia giudiziaria, salvi i limiti del segreto istruttorio (art. 230 e 307 vecchio c.p.p., vigente all'epoca dei fatti per cui causa). Siffatta affermazione non trova ostacolo nel fatto che -come si sottolinea nel controricorso -il legislatore intervenuto, con il gi citato d.P.R. 15 luglio 1982, n. 463 (successivo ai fatti di causa), per aggiungere, nell'originario primo comma del citato art. 63, la espressa previsione che la guardia di finanza, previa autorizzazione dell'autorit giudiziaria in relazione alle norme che disciplinano il segreto istruttorio, utilizza e trasmette agli uffici documenti, dati e notizie acquisiti nei confronti dell'imputato nell'esercizio dei poteri e facolt di polizia giudiziaria e valutaria . La trascritta disposizione normativa innovativa solo per quanto riguarda la previsione dell'autorizzazione dell'autorit giudiziaria idonea ad accertare che l'utilizzazione a fini tributari dell'atto del procedimento penale non arreca nocumento all'esercizio della funzione giudiziaria. Ma l'utilizzazione per l'accertamento tributario di tali atti, ogni qualvolta non si poneva un problema di violazione del segreto istruttorio (perch, per esempio, la segretezza interna sugli stessi atti era gi venuta meno o perch il procedimento penale era concluso), doveva ritenersi consentita dall'ordinamento anche prima del d.P.R. n. 463 del 1982. Nel caso di specie, nell'atto di impugnazione davanti alla Corte di appello i contribuenti hanno affermato che l'indagine penale si concluse con il loro proscioglimento istruttorio, e quindi nessun problema di segreto istruttorio sembra porsi, anche a prescindere da ogni considerazione sull'interesse dei contribuenti a lamentarne la violazione. 5. -Anche rispetto alla rettifica prevista dal terzo comma dell'art. 54 sono utilizzabili i documenti acquisiti nella perquisizione domiciliare penale compiuta dalla guardia di finanza contro il Sabino. La RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 442 I citata disposizione consente all'ufficio finanziario di utilizzare, per la rettifica, gli altri atti e documenti in suo possesso , indicati in modo fil generico e senza alcuna limitazione in ordine alla provenienza. Peraltro, per l'applicazione della norma in discorso, da atti e documenti in possesso dell'ufficio IVA deve risultare in modo certo e diretto, e non in via presuntiva , l'esistenza di operazioni imponibili per ammontare superiore a quello indicato nella dichiarazione (ovvero l'inesattezza delle indicazioni relative alle detrazioni). 6. -Per quanto attiene all'accertamento induttivo, disciplinato dall'art. 55, questo consente di utilizzare i dati e le notizie comunque raccolti o venuti a conoscenza dell'ufficio , e quindi nessun dubbio pu porsi sulla utilizzabilit dei risultati della perquisizione, come esattamente ha osservato la parte ricorrente. Va, peraltro, tenuto presente che in tanto l'ufficio pu procedere all'accertamento induttivo in quanto sussistano determinati e tipizzati presupposti, previsti in via alternativa nei primi due commi dell'art. 55. Nel presente caso pu assumere rilievo il solo secondo comma, seconda parte, che, in tre numeri, prevede quattro situazioni (il n. 3 contiene due situazioni). Di tali quattro situazioni, tre presuppongono che sia avvenuta una ispezione a norma del precedente art. 52, onde non possono ricorrere nel presente caso, in cui, come si detto (v. retro par. 2), avvenuta una perquisizione penale, e non una ispezione fiscale. N la prima pu essere equiparata alla seconda, perch in tal modo si produrrebbe una elusione delle specifiche garanzie previste dall'art. 52, secondo comma, per la ispezione fiscale in abitazione. Sotto questo limitato aspetto le preoccupazioni garantistiche espresse dalla Corte di appello sono fondate. Nel presente caso pu ricorrere, quindi, una sola di dette quattro situazioni, e precisamente quella prevista all'inizio del n. 3, e cio il caso di omissioni e di false o inesatte indicazioni o annotazioni accertate ai sensi dell'art. 54 , e che siano cos gravi, numerose e ripetute da rendere inattendibile la contabilit del contribuente . Il richiamo dell'art. 54 rende rilevanti, anche a proposito dell'accertamento induttivo, le considerazioni formulate in relazione alla rettifica contabile, ed alla utilizzazione a tal fine dei dati e notizie raccolti nei modi previsti nell'art. 51 (v. retro, par. 4). 7. -L'utilizzabilit ai fini fiscali dei documenti acquisiti legittimamente nel corso della perquisizione domiciliare penale non si pone in contrasto con la inviolabilit del domicilio, garantito dall'art. 14 Cost., come si afferma nella sentenza impugnata. . ' ...Ht~rf::i$~~==~~-fiiP@.lf${Ml;!PiiH'.f?-.'.f:1wnN-WP1FffJ@W ffo/@ll:~-f.::W?Wf:~ .J@L.JllL.. .vf:fi.fr.m,,.&, .x.ffJt.'~~-=''dfF4.JI i.hx.,. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 443 La legittimit della perquisizione penale e del conseguente sequestro esclude ogni violazione del bene costituzionalmente protetto, dato che il mezzo di ricerca della prova stato legalmente posto in essere. L'utilizzazione che della prova legittimamente acquisita si faccia successivamente a fini fiscali non ha pi alcuna attinenza alla tutela del domicilio, perch non comporta altra incidenza su detto bene. Infine, va avvertito che la presente pronunzia non si pone in contrasto con la serttenz di questa sezione n. 10918 del 5 ottobre 1992, che ha ritenuto inutilizzbile per l'accertamento tributario la documentazione bancaria sequestra:ta in via penale prima del d.P.R. 15 luglio 1982, n. 463. La documentazione dei rapporti tra gli istituti ed aziende di credito e i loro clienti ha un regime di tutela particolare, e rientra quindi nelle eccezioni espressamente poste dall'art. 51 cpv. n. 5 alla generale acquisibilit di dati e notizie sancita da detta norma (v. retro, par. 4). 8. -In conclusione, la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata ad altra sezione della Corte di appello di Milano, che stabilir quale tipo di accertamento si avuto nel caso di specie (se ex art. 54 o ex art. 55 d.P.R. n. 633/72) e decider sul ricorso dei contribuenti attenendosi al seguente principio di diritto: La documentazione acquisita legittimamente in una perquisizione penale operata dalla guardia di finanza su ordine della Procura della Repubblica pu essere utilizzata dall'ufficio IVA ai fini dell'accertamento tributario disciplinato negli artt. 54 e 55 del d.P.R. n. 633/72, nei limiti previsti da queste disposizioni. L'utilizzabilit va affermata anche nel regime anteriore al d.P.R. 15 luglio 1982, n. 463, nei casi in cui essa non comportava violazione del segreto istruttorio. (omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 24 luglio 1993, n. 8299 -Pres. Corda Est. Lupo ~ P. M. Lupi (diff.) -Miccoli c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Polizzi). Tributi in genere Sanzioni Prescrizione Interruzione Legge 7 gen naio 1929, n. 4 Ricorso al Ministro Non interrompe la prescrizione. (legge 7 gennaio 1929, n. 4, artt. 17 e 56; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 141; cod. civ. artt. 2943 e 2945). A seguito della riforma tributaria del 1972 stata eliminata la regola desumibile dall'art. 141 della legge di registro del 1923, e alla prescrizione stata sostituita la decadenza; conseguentemente dopo la notifica dell'ordinanza dell'intendente di finanza inizia subito a decorrere 444 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO un nuovo termine di prescrizione che non interrotto dalla proposizione del ricorso al Ministro a norma dell'art. 56 della legge 7 gennaio 1929 n. 4 (1). (Omissis) 2. -Con l'unico motivo del ricorso il Miccoli deduce la violazione dell'art. 2943 cod. civ., che elenca gli atti interruttivi della prescrizione, tra i quali non compresa la proposizione di un ricorso amministrativo da parte del debitore. N tale atto pu essere incluso nella categoria generale prevista dall'ultimo comma dello stesso art. 2943, che si riferisce agli atti di costituzione in mora provenienti dal creditore, mentre nel presente caso fu il debitore Miccoli a proporre il ricorso amministrativo. Il ricorrente lamenta, altres, un vizio logico di motivazione della sentenza impugnata, non avendo il Tribunale censurato gli argomenti giuridici che avevano condotto il pretore ad una conclusione opposta, condivisa anche da una sentenza emessa poco prima dallo stesso Tribunale di Bari. 3. -Il motivo di ricorso fondato nella censura che denunzia violazione di legge. I Il Tribunale ha escluso che sia maturato il termine quinquennale di prescrizione del diritto alla riscossione della pena pecuniaria, pre- I I I (1) Nota sulla prescrizione dopo la riforma tributaria. I -Abbandonando esplicitamente l'orientamento giurisprudenziale passato, la sentenza riconosce maturata la prescrizione attraverso i seguenti enunciati: a) il principio che la domanda del contribuente interrompe la prescrizione a favore di entrambe le parti, desumibile dall'art. 141 della legge di registro del 1923, non esiste pi; b) attualmente la decadenza ha sostituito la prescrizione e questa comincia a correre solo dopo che l'accertamento divenuto definitivo; e) il ricorso al Ministro ex art. 56 della legge 7 gennaio I1929 n. 4 non interrompe la prescrizione non essendo n un atto con cui si inizia un giudizio, n un atto di messa in mora, provenendo dal debitore. II -Il principio che il ricorso contenzioso amministrativo (al pari della domanda giurisdizionale) interrompe la prescrizione che non corre fino alla definitivit della decisione che definisce il procedimento si fondava, e si I fonda tuttora, sull'art. 2945 e.e. -Mentre pende una controversia, la prescrizione non pu correre per nessuna delle parti che stanno in posizione di legittima attesa e non possono essere tenute a compiere atti generici di interruzione che non potrebbero essere seguiti da manifestazioni concrete di I esercizio del diritto. La stessa ratio che l'art. 2945 riferisce all' atto con il quale si inizia il giudizio vale per il ricorso amministrativo che, quando I regolato dalla legge, un tipico strumento contenzioso che instaura un rapl I porto procedimentale nel quale l'organo amministrativo ha il dovere di de j cidere (tale indubbiamente il ricorso gerarchico al Ministro delle finanze f disciplinato dall'art. 56 della legge 7 gennaio 1929 n. 4). I I In relazione a questo procedimento la giurisprudenza, con approfondita l indagine, ha posto una distinzione fra procedimenti amministrativi nei quali I I I I i I I PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 445 visto dall'art. 17 della legge 7 gennaio 1929 n. 4, facendo richiamo ad un orientamento interpretativo in precedenza affermato da questa Corte, secondo cui il ricorso al Ministro delle finanze -presentato dall'interessato avverso l'ordinanza dell'intendente di finanza che determina la pena pecuniaria (art. 56 della citata legge n. 4 del 1929) -ha efficacia di atto interruttivo permanente della prescrizione, nel senso che il corso della prescrizione sospeso sino alla decisione ministeriale sul ricorso stesso. L'orientamento interpretativo applicato dal Tribunale stato affermato dalle sentenze di questa Sezione n. 624 del 17 febbraio 1975 e n. 2944 del 15 maggio 1984, le quali hanno desunto un principio generale in materia tributaria dall'art. 141 del r.d. 30 dicembre 1923 n. 3269 (1egge del registro) e dall'art. 90 del r.d. 30 dicembre 1923 n. 3270 (legge tributaria sulle successioni). Tali due articoli, nel primo comma, contengono una disposizione di uguale contenuto, del seguente tenore: La domanda del contribuente in via amministrativa sia per rimborso di tassa, sia per opposizione a richiesta di tassa complementare o suppletiva, interrompe la prescrizione in favore di ambe le parti. La prescril'Amministrazione parte titolare del diritto di credito, da procedimenti amministrativi contenziosi nei quali l'Amministrazione ha funzione giustiziale ed terzo rispetto all'Amministrazione attiva; solo in quest'ultimo caso trova applicazione la regola della interruzione con effetto durevole. Di conseguenza applicando questi criteri al procedimento di repressione delle violazioni degli artt. 55 e segg. della legge 7 gennaio 1929, n. 4, si ha che il verbale di contestazione interrompe la prescrizione soltanto con effetto istantaneo, perch il procedimento che segue fino alla emanazione dell'ordinanza dell'intendente non giustiziale; successivamente il ricorso al Ministro, che un vero e proprio ricorso gerarchico, interrompe la prescrizione a favore di entrambe le parti fino al momento della decisione (Cass., 15 maggio 1984 n. 2944, in Boll. trib., 1984, 1814). appena necessario precisare che il ricorso del contribuente contro un atto dell'ufficio tributario che, con inversione della posizione processuale delle parti, introduce il procedimento (o anche il processo giurisdizionale), interrompe la prescrizione anche a vantaggio della Amministrazione, essendo questo il modo generalizzato (l'Amministrazione non mai attrice o ricorrente) di proposizione della domanda che segue (non diversamente dalla ingiunzione ordinaria seguita da opposizione) l'atto dell'ufficio conferendo ad esso, che aveva gi effetto interruttivo istantaneo, l'effetto interruttivo durevole. Non si vede come questa regola basata su un principio generale, valido per tutti i ricorsi amministrativi contenziosi in ogni materia, possa risultare modificata dalla riforma tributaria. L'art. 141 della legge di registro del 1923, oltre ad assorbire questo principio di per s valido nell'ordinamento, aveva un contenuto pi ampio; prevedeva una interruzione per tutta la materia tassabile>>, al di l dell'oggetto controverso, e per tutte le parti, anche diverse da quelle presenti nel procedimento. In questa pi estesa previsione l'art. 141 pu ritenersi non pi presente nell'ordinamento; ma non giustificata la 12 446 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO zione rimane sospesa fino a che l'amministrazione finanziaria non abbia notificato al ricorrente la propria decisione. La disposizione ora trascritta, per, non si rinviene pm nella normativa emanata in applicazione della legge-delega per la riforma tributaria del 9 ottobre 1971 n. 825. Per l'imposta di registro il d.'.P.R. 26 otto I V, bre 1972 n. 634 ha sostituito i preesistenti termini prescrizionali con termini di decadenza (artt. 74-75), non soggetti ad interruzione, mentre la prescrizione stata prevista soltanto per il diritto a riscuotere l'imposta definitivamente accertata (art. 76). Non vi quindi possibilit di applicazione di una regola come quella dedotta dal previgente art. 90 del r.d. 30 dicembre 1923 n. 3270. Modifiche analoghe, e cio sostituzioni di termini di decadenza ai previgenti termini prescrizionali, sono state operate dal d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 637 nella disciplina dell'imposta sulle successioni. Deve quindi ritenersi che le disposizioni normative dalle quali stato tratto il principio giuridico applicato dalla sentenza impugnata erano ormai abrogate quando stata commessa la violazione per la quale stata applicata al Miccoli la pena pecuniaria della cui prescrizione si discute (dicembre 1972-gennaio 1973). Tale principio non pu I J affermazione che la riforma tributaria abbia escluso l'applicabilit dell'art. 2945 e.e. Peraltro la riforma del 1972 ha generalizzato e unificato la disciplina dei ricorsi amministrativi costruiti come necessariamente pregiudiziali alla azione innanzi all'AGO per i tributi rimasti assoggettati a tale giurisdizione (art. 38, d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 640 per l'imposta sugli spettacoli; artt. 11 e 12 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 641 per l'imposta sulle concessioni governative; art. 33 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 643 per l'imposta di bollo; art. 20 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 638 per i tributi comunali; art. 24 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 639 per l'imposta sulla pubblicit; art. 3 legge 24 gennaio 1978 n. 27 sulle tasse automobilistiche). In queste materie il ricorso amministrativo occupa un tempo necessariamente intermedio tra l'accertamento e la domanda in sede ordinaria, s che sarebbe veramente inconcepibile che si verifichi la prescrizione (per l'una o per l'altra parte) mentre si in attesa della decisione amministrativa che il presupposto della proponibilit della domanda giudiziale. III vero che un indirizzo prevalente della riforma consistito nel sostituire la decadenza alla prescrizione pur in riferimento a termini lunghi che per la decadenza sono inconsueti. Ma ci non avvalora affatto quanto affermato nella sentenza in esame. Si dovrebbe innanzi tutto considerare nel suo insieme la portata della riforma; alla decadenza, anche per quanto concerne le sanzioni, si accompagna la concentrazione nello stesso ufficio del potere di accertamento e del potere sanzionatorio, esercitabili anche con unico atto, s che le vicende processuali che seguono e che riguarderanno sia il tributo che la sanzione provocano sempre l'effetto di impedire la decadenza. Il procedimento sanzionatorio degli artt. 55 e segg. della legge n. 4 del 1929, ormai ridotto ad un campo assai limitato, si differenzia profondamente 448 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO parificata all'atto di costituzione in mora indicato nell'ultimo comma dell'art. 2943, che posto in essere dal titolare del diritto (mentre il ricorso al Ministro presentato dal contribuente, che debitore della pena pecuniaria pretesa dallo Stato). Non ravvisabile, poi, nella pendenza del ricorso amministrativo la sussistenza di una causa di sospensione della prescrizione, rientrante tra quelle elencate negli artt. 2941-2942 cod. civ. Deve quindi affermarsi che dopo la notifica al trasgressore dell'ordinanza dell'intendente di finanza che determina l'amontare della pena pecuniaria (notifica che ha effetto di atto interruttivo della prescrizione, ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 2943 cod. civ.), inizia subito a decorrere un nuovo termine di prescrizione quinquennale, che non interrotto dalla presentazione del ricorso al Ministro previsto dall'art. 56 della legge n. 4 del 1929. (omissis) della legge n. 4/1929. Come si accennato l'atto introduttivo di un ricorso am ministrativo tipico ha gli stessi effetti dell' atto con il quale si inizia un giu dizio . L'ufficio tributario, che non pu riscuotere il credito, non pu subire la prescrizione nell'attesa della decisione, cos come non pu subirla il contri buente quando con il ricorso tutela un suo diritto. E si anche visto che il ricorso del contribuente che segue un atto dell'ufficio col quale si manifesta la pretesa al tributo (nella specie ordinanza) equivale ad una azione promossa dall'ufficio. Sarebbe esatto dire che il ricorso non vale come atto di costituzione in mora, perch proviene dal debitore; ma il ricorso va considerato come atto introduttivo di un giudizio che bench provenga dal debitore prolunga l'effetto interruttivo del provvedimento dell'ufficio. CARLO BAFILE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 luglio 1993, n. 8366 -Pres. Rossi Est. Cicala -P. M. Amirante (conf.) -Ministero delle finanze (avv. Stato Braguglia) c. Giusti. Tributi erariali diretti -Sanzioni -Art. 98 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 Rappresentante del soggetto obbligato -Nofitica del ruolo Non necessaria -Tutela giurisdizionale del rappresentante. (d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 98). Il rappresentante del soggetto obbligato per la sanzione dell'art. 98 del d.P.R. 602/1973 tenuto in solido al pagamento e contro di esso l'Amministrazione pu rivolgersi non appena abbia la prova dell'inadempimento dell'obbligato principale senza che occorra la notifica del PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 449 provvedimento sanzionatorio; tuttavia il rappresentante ha piena tutela giurisdizionale per contestare sia il rapporto fra s e l'obbligato sia la sussistenza della violazione a carico del debitore principale (1). (Omissis). L'unico motivo di ricorso dlla Amministrazione merita accoglimento. Coloro che hanno la rappresentanza del soggetto obbligato sono tenuti al pagamento di soprattasse e pene pecuniarie in solido cori il soggetto passivo inadmpiente (art. 98, 6 comma del d.P.R. 602/73): e la amministrazione pu rivolgersi al rappresentante non appena abbia la prova della inadempienza dell'obbligato principale, senza che occorra la notifica al rappresentante del provvedimento motivato previsto dal primo comma del citato art. 98, e di cui prescritta la notifica solo al contribuente principale. Questa procedura non impedisce al rappresentante di esercitare pienamente i diritti di difesa: egli pu adire alla giustizia tributaria contestando sia il rapporto fra s e l'obbligato sia la sussistenza della infrazione a carico del debitore principale. Inoltre pu chiedere all'intendente di finanza la sospensione della esecuzione: con la entrata in vigore del nuovo contenzioso tributario simile istanza potr poi essere rivolta alla commissione tributaria (art. 47 del D.L. 31 dicembre 1992, n. 546). (Omissis). (1) Si riconferma la precisazione che per agire contro il rappresentante dell'obbligato principale non occorre la notifica del provvedimento sanzionatorio (che non sempre esiste) e nemmeno del ruolo; infatti sufficiente la notifica dell'avviso di mora (art. 46 d.P.R. 602/1973). Sono da fare delle riserve sulla ampiezza della tutela g;iurisdizionale riconoscibile al rappresentante. Cfr. sulla intera questione C. B.'IFILE, Alcune riflessioni sui limiti della giurisdizione speciale tributaria, in Riv. dir. trib., 1991, I, 721; ID., Alcune osservazioni sulla pluralit soggettiva e sulle societ di persone, ivi, 1993, Il, 340. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 3 agosto 1993, n. 8549 -Pres. Borr Est. Bibolini -P. M. Martinelli (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Caramazza) e RAI (avv. Pace) c. Treccani. Tributi erariali indiretti -Tasse radiofoniche e televisive -Canone di abbonamento -Natura -Presupposto -Impossibilit di ricezione dei programmi nazionali -Irrilevanza. (r.d.l. 21 febbraio 1938, n. 246, artt. 1-13; I. 14 aprile 1975, n. 103, art. 15). Poich in forza dell'art. 15 della legge 14 aprile 1975, n. 103, il "canone" di abbonamento televisivo da qualificarne come imposta, nella quale non esiste nesso necessario tra la prestazione del servizio nazio 450 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO nale e l'obbligo di pagamento, presupposto della obbligazione tributaria la detenzione di apparecchio atto o adattabile alla ricezione di qualsiasi emittente radiofonica o televisiva, italiana o straniera, pubblica o privata. Non esclude l'obbligo di pagamento del canone l'impossibilit di ricezione dei programmi nazionali della RAI per mancanza di ripetitori (1). (Omissis) -1. R,ICORSO 677/85 DEL MINISTERO DELLE FINANZE. Con l'unico motivo di ricorso il Ministero delle Finanze deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. l, 10 e 12 del R.D.L. 21 febbraio 1938, n. 246 convertito in legge 4 giugno 1938, n. 880, oltre a contraddittoriet di motivazione su punto decisivo della controversia, dolendosi del fatto che la Corte del merito, pur riconoscendo la natura tributaria del c.d. canone di abbonamento, abbia ravvisato il presupposto d'imposta, non gi nella mera detenzione di un apparecchio astrattamente atto alla ricezione, ma nella detenzione di un apparecchio concretamente idoneo a captare l'emittenza del servizio pubblico. Il ricorrente rileva che, invece, secondo l'art. 1 e 19 del citato R.D.L. n. 246/38 il presupposto del pagamento del canone costituito dalla detenzione di un apparecchio atto o adattabile alla ricezione, indipendentemente dalla effettiva ricezione di questa o di quella emittenza. 2) RICORSO N. 1533/85 DELLA S.P.A. R.A.I. Con l'unico motivo di ricorso la S.p.A. R.A.I. deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1-13 del R.D.L. 21 febbraio 1938, n. 246 conv. in L. 4 giugno 1938, n. 880, dell'art. 1 della L. 10-12-54, n. 1150 e dell'art. 15 comma 2 della L. 14 aprile 1975, n. 103, oltre a motivazione perplessa e contraddittoria su un punto decisivo della controversia. La ricorrente rileva, innanzi tutto, che l'art. 10 del R.D.L. 246/38 e l'art. 17 della L. n. 103/75 hanno affermato la sussistenza di una presunzione legale in ordine all'utilizzabilit dell'apparecchio acquistato e denunciato, con riferimento a qualsiasi emissione radiotelevisiva captabile, quale che sia la natura dell'emittente e quale che sia il mezzo di trasmissione utilizzato, salva l'ipotesi della chiusura. In secondo luogo rileva che i riferimenti normativi richiamati dalla Corte d'Appello in ordine ai termini canone ed abbonamento non hanno carattere significativo, in quanto costituiscono un retaggio sto (1) La natura tributaria del canone sempre stata affermata (Cass. 1 febbraio 1983 n. 866, in questa Rassegna, 1983, I, 373). Di grande interesse l'approfondita analisi che ha portato a definire il canone come imposta. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA rico risalente all'art. 3 del R.D. 1 maggio 1924, n. 655 quando la trasmissione radiofonica aveva connotati di carattere privatistico. In terzo luogo, rileva che la migliore smentita della tesi seguita dalla Corte torinese deriva dall'art. 15, 2 comma della L. n. 103/75 in quanto, il fatto che i canoni si delle emittenti estere, dimostra che non vi affatto correlazione tra l'obbligo del pagamento del canone e l'erogazione del servizio pubblico. L'articolo ora citato, infatti, si limitato a confermare l'obbligo del canone in tutte le ipotesi diverse dalle emissioni R.A.I. concepibili nel 1975. Essendo, quindi, l'obbligatoriet del canone collegata alla detenzione di un apparecchio che si presume atto alla ricezione fino a sigillatura e poich la ricezione presunta non solo quella delle trasmissioni erogate dalla R.A.I. quale concessionaria di pubblico servizio, ma anche quella di trasmissioni straniere o private, nessuna deduzione nel senso voluto dalla Corte del merito deriverebbe dalla considerazione della equivalenza tra sigillatura e zona d'ombra, volta che la zona d'ombra era relativa alle trasmissioni R.A.I. e non a quelle private o straniere via etere. Superata l'alternativa se l'obbligazione al pagamento del canone radiotelevisivo inerisca ad un rapporto di diritto privato o ad un rapporto di natura tributaria, e superata nel senso per ultimo indicato, secondo la giurisprudenza di questa Corte, uniforme alle indicazioni emergenti da pronunce della Corte Costitozionale (v. Cass. 16 gennaio 1975, n. 164; Corte Cost. 8-6-1963, n. 81, richiamata da Corte Cost. 12-5-1988, n. 535) che individua nel canone natura tributaria con presupposto meramente reale e con base imponibile sottratta alla discrezionalit della P. A., necessario valutare quale sia, per parte dell'utente, il presupposto oggettivo del debito tributario, nonch se vi sia, e quale, un presupposto oggettivo da parte dello Stato per la nascita del relativo credito. La Corte del merito, qualificando il rapporto tributario come tassa, individua il presupposto da parte dello Stato nella erogazione, sia pure tramite concessionario, del servizio pubblico nazionale per cui, di conseguenza, individua il presupposto oggettivo del debito, come descritto dall'art. 1 del R.D.L. 21 febbraio 1938, n. 46 conv. nella L. 4 giugno 1938, n. 880, nella detenzione di uno o pi apparecchi radiotelevisivi atti o adattabili alla ricezione delle radioaudizioni, intendendo per tali solo i programmi erogati, dal servizio pubblico nazionale. Nell'incontro possibile, ma concretamente possibile, tra l'emittente pubblica (diffusione di programmi in determinate zone), e la ricettivit dell'utente in quanto detentore di uh apparecchio atto o adattabile alla ricezione di detta emissione, viene individuato il presupposto dell'obbligazione del canone come tassa; nozione nella quale, pur senza fare 452 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO del tributo un vero e proprio corrispettivo del servizio, si individua una relazione fra il tributo ed un atto dell'autorit che apporta al privato un vantaggio. Dal presupposto, logica la conseguenza che qualora, per qualsiasi motivo, l'erogazione dei servizi da parte dlla R.A.I. non copra stabilmente determinate zone del territorio nazionale (nella specie per mancanza di ripetitori), il possesso di apparecchi astrattamente idonei a ricevere detti programmi, ma concretamente non utilizzabili al fine per la mancata stabile erogazione in zona dei programmi del servizio nazionale, farebbe venire meno il presupposto dell'obbligazione tributaria, essendo indifferente l'utilizzabilit degli stessi apparecchi per la ricezione nel territorio dello Stato di programmi di stazioni straniere ovvero di emittenti private. Il problema, peraltro, posto dal dibattito tra le parti attiene proprio all'individuazione del presupposto reale del debito tributario, nell'alternativa se esso sia costituito dalla detenzione di un apparecchio atto o adattabile essenzialmente alla ricezione dei programmi del servizio nazionale, ovvero se l'attitudine o l'adattabilit alla ricezione costituisca presupposto sufficiente ancorch delimitato alla ricezione di emittenti straniere o private. Sul punto opportuno ricordare due interventi nella materia della Corte Costituzionale la quale, con sentenza 12 maggio 1988, n. 535, dichiar inammissibile la questione di legittimit costituzionale degli artt. l, 10 e 25 del R.D.L. n. 246/38 conv. in L. n. 880/38, sul presupposto che il regime del canone non delineato solo dalla predetta legge, ma anche, ed in maniera qualificante, dall'art. 15 della L. 14 aprile 1975, n. 103, sul quale la questione di legittimit non era stata sollevata e che assumeva rilievo determinante, potendosi ipotizzare, in base a quest'ultima norma, che nella specie si vertesse in un'ipotesi di imposta anzich di tassa , Utile , inoltre, il richiamo sul punto anche dell'ordinanza 12-20 aprile 1989 n. 219 con la quale la questione di legittimit degli articoli 1, 10 e 25 del D.L. n. 246/88 e dell'art. 15 L. n. 103/75, sollevata dalla Corte d'Appello di Torino che aveva qualificato il canone come imposta, veniva ritenuta manifestamente infondata sia sotto il profilo dell'art. 53 della Costituzione, in quanto la capacit contributiva correlata al presupposto economico al quale l'obbligazione collegata, risultando del tutto irrilevante il conseguimento in concreto da parte del contribuente dell'utilit sperata, sia sotto il profilo dell'art. 3 Cost., in quanto la costruzione del presupposto di imposta, anche come indice della capacit contributiva, tiella mera detnzione di un apparecchio radiotelevisivo, non irragionevole se comparata alla modestia del tributo che l'utente tenuto a pagare. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA La Corte Costituzionale, vero, non ha con dette due pronunce qualificato espressamente il canone come imposta, qualificazione che nel primo caso stata ipotizzata in relazione ad una questione non posta, ma essenziale per la qualificazione della fattispecie, e nel secondo caso derivava dalla Corte d'Appello di Torino nella sua autonomia di giudizio, di cui la Corte Costituzionale ha dato atto. Nell'un caso e nell'altro, peraltro, si evidenzia un problema inerente al quadro normativo nel quale si inserisce la questione dell'individuazione del presupposto reale del canone , di cui non pu non tenersi conto. Ed invero, se da un lato lo schema dei rapporti tra lo Stato e l'utente rimane ancorato alle disposizioni del pi volte citato R.D.L. n. 246/38, non pu non tenersi conto, nell'interpretazione, sia della evoluzione tecnica che evidenzia situazioni non previste dalla legge n in allora prevedibili (non si poneva ovviamente, in allora, il problema della copertura del territorio nazionale con ripetitori, in virt della diversa modalit di propagazione delle radioonde e delle onde di diffusione dell'immagine), sia dell'evoluzione normativa che alle nuove possibilit tecnologiche si accompagnata. In particolare, in un quadro normativo modificato a seguito delle sentenze n. 225 e 226/74 della Corte Costituzionale, il legislatore del 1975 (L. 14 aprile 1975 n. 103, art. 15), previde espressamente che il canone di abbonamento ,oltre che la tassa di concessione governativa, fossero dovuti anche dai detentori di apparecchi atti o adattabili alla ricezione di trasmissioni sonore o televisive via cavo o provenienti dall'estero . In via ermeneutica la norma ora richiamata non pu interpretarsi nel senso che le nuove possibilit ricettive debbano aggiungersi alla ricezione del servizio nazionale per potere costituire presupposto del tributo, ch in tale caso, esistendo comunque la previsione del presupposto originario, la specificazione normativa sarebbe stata del tutto inutile. Essa, per contro, deve essere interpretata nel senso che anche l'attitudine alla ricezione delle emissioni via cavo o provenienti dall'estero pu costituire, da sola, presupposto reale dell'obbligazione tributaria. In tale senso la legge del 1975 citata scinde la correlazione tra la prestazione del pubblico servizio radiotelevisivo e l'obbligo del pagamento del canone, precludendo la ravvisabilit non solo del carattere di corrispettivit del secondo rispetto alla prestazione, ma quella relazione tra il tributo e l'atto dell'autorit vantaggioso per il privato che delinea un minimo carattere distintivo del tributo come tassa, qualora la prestazione vantaggiosa si individui nell'espletamento del pubblico servizio radiotelevisivo. N varrebbe rilevare che l'art. 15 citato, disponendo specificamente per le trasmissioni sonore o televisive via cavo o provenienti dal 454 RASSEGNA AVVOCATURA DELW STATO l'estero, avrebbe lasciato fuori da previsione particolare le trasmissioni private italiane via etere, che interessano il caso di specie. La disposizione specifica ineriva, in un quadro tecnico e normativo in evoluzione, a situazioni esistenti e prevedibili nel 1975, quadro che si poi ulteriormente modificato con la sentenza della Corte Costituzionale n. 202/76 in riferimento alla ricezione di programmi di c.d. networks o emittenti locali via etere privati. Ci che rileva il fatto che il legislatore, adottando una terminologia analoga a quella dell'art. 1 del R.D.L. n. 246/38 nell'individuazione del presupposto reale (detenzione di apparecchi atti o adattabili alla ricezione), ha precisato la doverosit del pagamento del canone quale che fosse l'emittente e quale che fosse il mezzo in allora possibili, svincolandolo dalla prestazione, da un lato, e dalla ricezione, dall'altro, del servizio radiotelevisivo nazionale, situazione che, nella disciplina di principio derivantene, pu comprendere in linea estensiva anche la ricezione delle emittenti private via etere. In tale linea la giustificazione per l'esistenza del tributo pu trovarsi in riferimento alla polizia ed all'amministrazione dell'etere su cui lo Stato sovrano, con riferimento a servizi gestiti dallo Stato per la generalit, che escludono quel rapporto fra tributo ed atto dell'autorit vantaggioso per il singolo proprio della tassa, e trasferendo l'interpretazione normativa nell'ampio campo dei tributi imposte. La disciplina del 1975 citata, peraltro, non costituisce eccezione all'originaria lettera dell'art. l, in riferimento anche all'art. 19, del R.D.L. n. 246/38, ma ne costituisce la naturale evoluzione in presenza di nuove situazioni tecniche e giuridiche, nell'ambito di una linea logica costante. Infatti, l'art. 1 citato, nel prevedere il presupposto reale del tributo, come detenzione di apparecchi atti o adattabili alle radioaudizioni, non d ulteriore specificazione, per cui detta attitudine o adattabilit doveva interpretarsi con riferimento alle ricezioni in allora possibili, fossero esse soltanto ricezioni di emittenti straniere, p. es. in zone di confine. Quand'anche, comunque, l'uso di terminologie non sempre precise (canone, abbonamento) possano avere portato ad incertezze sulla natura del canone nell'evoluzione e nell'espansione di mezzi tecnici essenziali nelle trasmissioni, e ad interpretazioni diverse, il chiarimento emergente dalla L. n. 103 del 1975, non lascia adito a dubbi sulla scissione tra la prestazione del servizio nazionale, e la sua ricezione, da un lato, e l'obbligo di pagamento del canone, ancorato all'attitudine o alla adattabilit di un apparecchio alla ricezione di qualsiasi emittente radiofonica o televisiva, italiana o straniera, pubblica o privata. In conseguenza delle svolte osservazioni, non avendo i contribuenti il diritto di non pagare il canone per il fatto di abitare in zone non coperte, per mancanza di idoneo ripetlitore, dalle trasmissioni del servizio pubblico nazionale, pur potendo essi ricevere altre emissioni ra PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 455 diotelevisive, il ricorso principale e . quello incidentale della S.p.A. R.A.I. debbono trovare accoglimento, con il rigetto dei ricorsi incidentali proposti dal sig. Treccani unitamente ad altre 62 persone allineate sulla posizione del predetto. (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, sez. I, 11 agosto 1993, n. 8594 -Pres. Corda Est. Cicala -P. M. Martinelli (diff.) -Pinalli (avv. Panariti) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato De Stefano). Tributi erariali diretti -Accertamento -Sanzioni -Omessa dichiarazione dei redditi -Fallimento Responsabilit del curatore. (d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 10 e 46). Il curatore del fallimento personalmente responsabile della omessa dichiarazione dei redditi del fallito relativi al periodo compreso tra l'inizio del periodo di imposta e la dichiarazione di fallimento, essendo l'obbligo a suo carico a norma dell'art. 10 del d.P.R. 600/1973. (1) (Omissis). Con il secondo motivo di ricorso il dott. Pinalli contesta che il curatore fallimentare possa esser ritenuto responsabile della omessa denuncia di redditi dell'impresa fallita. Anche questo motivo non merita accoglimento. In caso di fallimento il curatore ha l'obbligo, in conformit del precetto normativo dell'art. 10, quarto comma, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, di presentare la dichiarazione dei redditi relativa al periodo fino alla data di dichiarazione del fallimento, entro quattro mesi dalla nomina. A sua volta, l'art. 46 dello stesso testo di legge, nello stabilire le sanzioni per omessa, incompleta o infedele dichiarazione, non pone alcuna eccezione esonerativa per le dichiarazioni che debbono essere presentate da chi non riveste, nello stesso tempo la condizione di soggetto passivo dell'imposta. Cosicch la rettifica che compie l'Ufficio sulle dichiarazioni dei red diti, presentate dal curatore, in adempimento dell'obbligo di legge, del quale egli l'unico destinatario, ha effetto solo nei confronti del fallito. Mentre il medesimo curatore, pur non essendo soggetto passivo dell'imposta n responsabile del carico tributario, non pu essere dispensato dalle conseguenze sanzionatorie, derivanti dagli inadempimenti imputabili al suo comportamento, quale soggetto obbligato a dichiarare i redditi conseguiti dal fallito, anteriormente alla dichiarazione di fal (1) Decisione ineccepibile. 456 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO limento. In sostanza le pene pecuniarie e le soprattasse per violazioni in materia di tributi normalmente vanno poste a carico del soggetto passivo dell'imposta; tuttavia esistono norme derogative, nel sistema, che sanciscono ipotesi di responsabilit personali di amministratori, rappresentanti, curatori, organi di controllo per violazioni commesse da loro stessi, nella osservanza degli adempimenti di ordine tributario. Il curatore quindi soggettto passivo delle sanzioni previste dagli artt. 46 ,e 56 del d.P.R. n. 600/73, nei casi di omessa, infedele o incompleta dichiarazione, la cui presentazione incombe a lui personalmente, a norma dell'art. 10. Si tratta, come si vede, di una costruzione normativa razionale che sfugge ai sospetti di incostituzionalit sollevati con il terzo ed il sesto motivo di ricorso. In riferimento a quest'ultimo motivo si deve poi osservare che non affatto illogico che le sanzioni di cui si discute facciano capo al curatore e non ai falliti, dal momento che sul curatore grava l'obbligo di provvedere alla denuncia dei redditi. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 18 agosto 1993 n. 8756 -Pres. Corda I Est. Pannella -P. M. Martinelli (conf.) -Azienda Castello (avv. Pao~ I I te letti) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Cingolo). Tributi in genere . Contenzioso tributario Definizione ex art. 15 leg ge 29 dicembre 1990 n. 408 Inapplicabilit al giudizio di cassazione. (legge 29 dicembre 1990, n. 408, art. 15). I La speciale definizione dei processi concernenti tributi erariali sop pressi regolata dall'art. 15 della legge 29 dicembre 1990 n. 408 non trova applicazione nel giudizio di Cassazione (1). I (omissis). 1. -Prima dell'esame del ricorso, pregiudiziale la riflessione sull'istanza, depositata in questa sede dalla ricorrente, con la quale essa, dichiarando di avvalersi della disposizione dell'art. 15 della legge 29 dicembre 1990 n. 408, chiede declaratoria dell'estinzione del processo. L'istanza non pertinente e va perci disattesa. L'art. 15 succitato sancisce che i processi concernenti i tributi erariali soppressi ... pendenti dinanzi alle commissioni tributarie (e all'amministrazione finanziaria) ... si estinguono e la controversia si intende definita sulla base dell'ultima decisione di merito ... con riduzione del 10 % del Tributo risultante dovuto e senza applicazione di sanzioni ed interessi .... L'estinzione del processo, dichiarata con ordinanza del Pre (1) Decisione da condividere. Non constano precedenti. PARTE 1, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 457 sident~ della commissione tributaria ... comunicata alle parti a cura della segreteria e diventa definitiva ove, entro iLtermine di 60 giorni, non venga richiesta da una delle parti. la riassunzione del giudizio ... . Dalla lettera della norma si evince, con evidenza, che il legislatore ha volutamente Umitata l'applicazione delle regole dell'estinzione processuale alle controversie pendenti davanti ai giudici del merito tributario, con esclusione di quelle. pendenti davanti.. alla Suprema Corte di Cassazione, che; adita in virt dell'art. '111 della Costituzione, chiamata a decidere su sole questioni di legittimit.. Tale. volont. .(legislativa) mostra, altres, una chiara ratio legis informata al rispetto del giudizio di .legittimit: sia in relazione all'interesse delle patti e sia riguardo all'interesse dell'ordine superiore di giustizia sulla retta applicazione della legge. E cos: mentre il rigetto del ricorso per Cassazione lascia inalterata l'ultima. decisione di merito, l'accoglimento pu determinare, in conseguenza del contenuto della cassazione , la mutazione dell'ultima decisione di merito. Di modo che il giudice ad quem , se costretto dalla volont di una o di entrambe le parti colla. riassunzione del giudizio, sar chiamato a decidere la controversia sulla base del principio fissato dalla Suprema Corte regolatrice. (omissis) CORTE Dl CASSAZIONE, Sez. I, 21 agosto 1993, n. 8854 -Pres. Salafia . Est. Sotgiu -P. M. Tondi (conf.) -Cappilli c. Min. Finanze (avv. Stato Favara). Tributi in genere-Accertamento -Sostituzione di nuovo accertamento a precedente gi impugnato -Legittimit. (d.P.R. 29 settembre 1973, n,. 600, a:rt, 42). In forza del sud potere di autotutela, l'Amministrazione pu annui. lare un accertamento, anche se gi impugnato, e sostituirlo con altro finch non sia maturato il termine di decadenza, sempre che ci non costituisca elusione dell'eventuale giudicato formatosi sul precedente atto (1). (omissis). Col primo motivo del ricorso principale, adducendo la violazione dell'art. 42 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, nonch difetto di motivazione, il ricorrente censura la decisione impugnata, per aver (1) Giurisprudenza ormai pacifica. Resta il dubbio sulla affermazione che il nuovo accertamento comporterebbe una eluSlione del giudicato se basato sulle stesse ragioni del precedente: v. pi ampiamente Cass. 20 marzo 1990 n. 2576 in questa Rassegna, 1990, I, 354 con nota di C. BAFILE, ma v. anche 20 marzo 1991 h. 3003 in Boll. trib., 1991, 886. 458 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO ritenuto annullabile e sostituibile un atto vincolato, gi acquisito al processo, quale l'avviso di accertamento impugnato, che la stessa Amministrazione Finanziaria (Risoluzione Min. 4 luglio 1988 n. 301389) ha ritenuto non rinnovabile, allorch l'accertamento sia sub judice . Secondo il ricorrente, l'esercizio del potere di autotutela, oltre a presupporre un provvedimento legittimo, pu essere azionato soltanto se la nullit dell'avviso non stata dichiarata, o per dichiarare l'inesistenza del presupposto impositivo, o per ridurre il reddito originariamente accertato; viceversa, la modificazione in aumento dell'accertamento presuppone, ai sensi dell'art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973, la sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, mentre l'art. 21 del d.P.R. n. 636 del 1972 e succ. modif. dispone che non pu procedersi alla rinnovazione dell'atto impugnato, quando il vizio consista nel difetto di motivazione, postoch, in caso contrario, sarebbe vanificato il diritto di difesa del contribuente. Col secondo motivo del ricorso principale, adducendo la violazione dell'art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973, nonch vizio di motivazione, il ricorrente contesta che sia stata ritenuta legittima la rinnovazione dell'avviso di accertamento impugnato, allorch il legislatore del 1972/73 non ha ripristinato neppure la norma (art. 2 della legge 5 gennaio 1956 n. 1) che prevedeva l'integrazione dell'avviso nel corso del giudizio di merito avanti alle Commissioni, norma abrogata dall'art. 288 lett. b) del T.U. n. 645 del 1958. L'annullamento di un atto impugnato, peraltro, non pu significare, nell'ambito del procedimento di impugnazione, che il riconoscimento della fondatezza dell'impugnazione stessa. Se l'avviso impugnato fosse in ogni caso rinnovabile, non avrebbero senso le prescrizioni contenute negli artt. 42 e 43 della legge n. 600 del 1973, che impongono la proposizione dell'eccezione di nullit dell'avviso, a pena di decadenza, nel corso del giudizio di primo grado: l'Ufficio, al contrario, esaurisce, con l'emanazione dell'avviso, il suo potere impositivo, che pu nuovamente esercitare soltanto in caso di mancata notifica dell'avviso stesso. Il ricorso infondato. Secondo la tesi del contribuente, variamente articolata nei due motivi di ricorso, fra loro connessi, l'Amministrazione finanziaria non avrebbe, in presenza di un avviso inficiato di nullit, potuto notificare altro avviso in sostituzione di quello nullo, ancorch fossero ancora aperti i termini d'accertamento; ci sarebbe possibile soltanto in presenza delle condizioni previste dall'art. 43 3 comma del d.P.R. n. 600 del 1973, cio ove ricorrano nuovi elementi, atti o fatti, venuti a conoscenza dell'Ufficio impositore, dopo la notifica del primo avviso. La disciplina dell'art. 43 del cit. d.P.R. non , tuttavia, nella specie applicabile, poich essa attiene all'integrazione o alla modificazione di un precedente avviso, gi valido o completo di per s, ma non all'an PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA nullamento o all'integrale sostituzione di un atto giuridico nullo, quale l'atto privo di motivazione (nella specie ricorrente) poich l'atto giuridico nullo insuscettibile di integrazione o modificazione (Cass. 2576/90); la sua rinnovazione, o meglio, la sua integrale sostituzione con un atto valido, dunque avvenuta, nel caso in esame, nell'ambito del potere accertativo assegnato all'Ufficio impositore dall'art. 42 del d.P.R. n. 600/73, in applicazione del potere di autotutela dell'Amministrazione, facoltizzata a correggere gli errori dei propri provvedimenti nei termini di legge, semprech l'atto rinnovato non costituisca elusione o violazione dell'eventuale giudicato, formatosi in ordine al precedente atto nullo. In tal senso la prevalente giurisprudenza di questa Corte: sent. 2647/84, 1333/89, 3004/91, 4303/92, oltre alla sent. n. 2576/90 citata. La proposizione del ricorso non si pone, dunque, di per s, come fattore ostativo alla rimozione dell'avviso nullo e alla successiva emissione di altro avviso valido, non sussistendo ancora, in assenza di giudicato, alcun diritto definitivamente acquisito dal contribuente, e proponendosi l'atto rinnovato, correttamente motivato secondo i parametri vincolanti di cui al cit. art. 42 del d.P.R. n. 600/73, di soddisfare l'interesse del ricorrente a conoscere l'esatta portata della contestazione dell'Ufficio impositore, al fine di potersi convenientemente difendere. N vale ulteriormente invocare il dispositivo dell'art. 21 del d.P.R. n. 636 del 1972, nel testo corretto dal d.P.R. n. 739 del 1981, che vieta alla Commissione Tributaria di disporre la rinnovazione della notificazione di un avviso privo di motivazione; tale norma, infatti, oltrech inopportunamente richiamata dal ricorrente rispetto ad una fattispecie maturata in epoca precedente alla novella del 1981, che ha introdotto il divieto di sanatoria nella ipotesi menzionata, attiene alla fase strettamente processuale e al diverso potere attribuito, in tale sede, alla Commissione Tributaria; non incide per sul diverso e sostanziale potere di sanatoria proprio dell'ufficio impositore (Cass. 1333/cit.). (Omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 21 agosto 1993, n. 8855 -Pres. Rossi Est. Cicala -P. M. Lupi (diff.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Palatiello) c. Egalini. Tributi erariali diretti -Riscossione -Iscrizione a ruolo provvisoria Interessi -Disciplina anteriore all'art. 5 del D.L. 27 aprile 1990 n. 90 Esclusione. (d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, artt. 15 e 20; D.L. 27 aprile 1990, n. 90, art. 5). Anteriormente all'entrata in vigore dell'art. 5 comma 9 del d.l. 27 aprile 1990 n. 90, l'iscrizione a ruolo provvisoria di una quota dell'im RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 460 posta ex art. 15 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602 non poteva comprendere gli interessi (1). (Omissis). Il ricorso dell'Ufficio infondato e va, pertanto, respinto. Le disposizioni contenute nell'art. 15 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, (anteriormente alle modifiche introdotte dall'art. 5, comma 9, del D.L. 27 aprile 1990, n. 90 convertito nella legge 26 giugno 1990, n. 165) che prevedono l'iscrizione nei ruoli d'imposta in base ad accertamenti non definitivi, sono norme di carattere eccezionale, in quanto derogatorie al principio generale per il quale l'imposta pu essere pretesa solo quando certa l'esistenza dei suoi presupposti giustificativi. Il carattere eccezionale della norma, legato alla precariet della pretesa, esclude pertanto l'applicabilit dell'art. 20, primo comma, del d.P.R. n. 602/73, che aspirandosi al principio civilistico enunciato dall'art. 1282 Codice civile, norma di portata generale e quindi non estensibile alla norma eccezionale di cui all'art. 15 citato sopra. Infatti l'art. 20, prevede il pagamento di interessi remuneratori soltanto in caso di ritardato pagamento delle imposte dovute, cio di quelle imposte accertate defiriitivamente. Tale non l'ipotesi disciplinata dall'art. 15, che, nell'intento cautelativo di assicurare tempestivamente entrate erariali per comprensibili necessit finanziarie e di scoraggiare interessati comportamenti dilatori dei contribuenti nel pagamento delle imposte, ha previsto la possibilit di iscrivere a ruolo, in tutto o in parte, anche imposte non definitivamente accertate; conseguentemente l'intrinseca precariet della pretesa tributaria -la quale potrebbe poi rivelarsi perfino del tutto infondata -rende evidente l'illegittimit della riscossione coattiva degli interessi. Se cos non fosse, avrebbe poco senso il terzo comma dello stesso art. 20, che facultizza il contribuente, e non l'Amministrazione finanziaria, a chiedere che l'imposta accertata, ma da lui contestata, sia iscritta provvisoriamente, in tutto o in parte, nei ruoli con l'interesse gi maturato. Il legislatore ha voluto cos riconoscere al solo contribuente la fa colt di iniziare provvisoriamente il pagamento dell'imposta e degli in teressi, a conferma che questi ultimi non sono ancora esigibili fino a quando il debito d'imposta non sia definitivamente certo. La non definitivit delle somme iscritte provvisoriamente a ruolo, ai sensi dell'art. 15 del d.P.R. n. 602/73, non comporta quindi la possi bilit di iscrivere a ruolo anche gli interessi. Conferma tale interpretazione la nuova disposizione, innovativa, di cui all'art. 5, comma 9, del menzionato D.L. n. 90/90 (conv. in legge (1) Un chiarimento di cui deve prendersi atto. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 461 n. 165/90), entrato in vigore il 1 maggio 1990, secondo cui -per espresso dettato del legislatore -oltre le somme indicate nella richiamata norma dell'art. 15, primo comma, del d.P.R. n. 602/73, devono essere iscritti a ruolo e pagati anche i relativi interessi (il principio ribadito dall'art. 68 del recente Decreto Legislativo Delegato 31 dicembre 1992, n. 546). Pertanto, relativamente ai periodi d'imposta in esame, (anno 1974) e per il periodo di morosit preso in considerazione nella presente causa la decisione impugnata deve essere confermata. (Omissis). 13 @ f:: f:= ~ I ~ ~ I I ~ I I PARTE SECONDA QUESTIONI LE LINEE PRINCIPALI DELLA LEGGE DI RIFORMA DELL'ARBITRATO Premessa La legge n. 25 del 5 gennaio 1994, recante Nuove disposizioni in ma teria di arbitrato e disciplina dell'arbitrato internazionale ,, si propone di dare un nuovo assetto -organico ed al passo con le esigenze manifestatesi nella pratica -alla materia arbitrale, tenendo conto in larga misura di una pro posta elaborata dall'Associazione Italiana per l'Arbitrato (A.I.A.). La proposta venne presentata al Ministro Guardasigilli Vassalli che la sottopose al vaglio dell'Ufficio Legislativo .del Ministero di Grazia e Giustizia. All'esito di un lavoro di precisazione ed integrazione, fu redatto un disegno di legge presentato al Parlamento nella X legislatura il 10 aprile 1989 (Senato n. 1686). L'esame del disegno di legge non fu per completato a caus dello scioglimento anticipato delle Camere. Nella XI legislatura, ad iniziativa del senatore Covi ed altri, stata presen tata una proposta di legge (Senato n. 633) che ha sostanzilmente riprodottQ il decaduto disegno di legge, introducendovi alcuni degli emendamenti nel frat tempo elaborati. . Era, infatti, emersa l'esigenza di apportare alcune modifiche alle norme del codice civile in materia di prescrizione e di trascrizione e di operare un coordinamento con le nuove norme del processo civile (1). Il principale obiettivo della riforma quello di promuovere, superando le incertezze e le difformit interpretative, il principio innovatore introdotto dalla legge 9 febbraio 1983 n. 28 secondo il quale il lodo ha efficacia vinco lante tra le parti dalla data della sua sottoscrizione (art. 823 ult. c. c.p.c.). A completamento ed ulteriore chiarimento della riforma gi avviata, si reso necessario un coordinamento tra le modifiche introdotte dalla novella del 1983 e il restante tessuto normativo, allo scopo di riaffermare il principio dell'ef ficacia del lodo come pronuncia assimilabile a quella giudiziale, svincolata dall'in tervento dell'autorit giudiziaria, lasciando all'omologazione pretorile l'unico ruolo di attribuire .al lodo il quid pluris necessario per l'esecuzione forzata. La maggiore innovazione. della legge in rassegna, rispondente ad una esigenza legata al notevole incremento del commercio internazionale, consiste nella previsione ex novo di una disciplina speciale per l'arbitrato internazionale -anche se il termine pi consono alla realt del fenomeno sarebbe quello di arbitrato transnazionale ,, -caratterizzata dall'attenuazione del formalismo, dlla limitazione dell'intervento del giudice togato e dalla fissazione di uh criterio per la determinazi6n della lgge applicabile al giudizio. Questa via: stata preferita rispetto a quella di recepire nell'ordinamento italiano la legge modello elaborata nel 1985 dalla Commissione delle Nazioni Unite per il diritto commerciale -U.N.C.I.TRA.L. -in tema di arbitrato commerciale internazinale, nell'intento di indicare ai Paesi membri, che non abbiano una legislazione in materia, la normativa ritenuta pi adeguata. Le linee direttive (1) Il disegno di legge stato approvato dalla Commissione Giustizia del Senato il 22 luglio 1993 e dall'assemblea del Senato il 3 agosto 1993. La Commissione Giustizia della Camera dei Deputati ha esaminato, in sede legislativa (Camera n. 3031), il testo trasmesso dal Senato e lo ha approvato con alcuni emendamenti il 17 d~cembre 1993. L'approvazionedei'initiva della Commissione Giustizia del Senato, in sede deliberante, avvenuta il 22 dicembre 1993. 80 RAS~EGNA AVVOCATURA DELLO STATO di tale testo, che riflettono principi generalmente accolti nel settore, hanno comunque ispirato le disposizioni della nuova legge dedicate alla disciplina dell'arbitrato internazionale. Sembre nell'ambito dell'adeguamento al contesto internazionale, si colloca l'abrogazione dell'art. 800 c.p.c. relativo al riconoscimento delle sentenze arbitrali straniere (art. 24, secondo comma). Tale norma, che rendeva applicabile il giudizio di delibazione anche ai lodi stranieri, era infatti in contrasto con l'art. 3 della Convenzione di New York del 1958 (ratificata con legge 19 gennaio 1968 n. 62), in base al quale il riconoscimento e l'esecuzione dei lodi stranieri non debbono essere sottoposti a condizioni pi rigorose ed onerose ri spetto a quelle previste per il riconoscimento e l'esecuzione delle sentenze arbitrali nazionali. I. Del compromesso e della clausola compromissoria. 1. -In relazione all'accordo compromissorio, le modifiche sono essenzial mente tre: l'enunciazione esplicita del principio dell'autonomia della clausola compromissoria, che, pur essendo pacifico in dottrina e giurisprudenza, non j:!ra espressamente previsto dalla legge (art. 808, 3 c.); la negazione della natura di atto eccedente l'ordinaria amministrazione della clausola compromis soria, non essendo necessaria una speciale e diversa abilitazione rispetto a quella prevista per la stipulazione del contratto al quale essa si riferisce (arti colo 808, 3 c.); la onservazione dell'accordo compromissorio che contenga la indicazione di un numero pari di arbitri o che non preveda affatto il numero e la modalit di nomina degli stessi -che in base alla norma previgente era colpito da nullit -con la predisposizione, nel primo caso, di un meccanismo di nomina dell'ulteriore arbitro affidato al Presidente del Tribunale, salvo che le parti non abbiano diversamente stabilito, e con la prescrizione, nel secondo caso, che, in mancanza di un accordo tra le parti, gli arbitri siano tre (art. 809, 3 c.). La previsione di un sistema di integrazione del patto compromisI sorio permette cos di non frustrare l'inequivoca volonta delle parti -bench non espressa in conformit di legge -di deferire ad arbitri la risoluzione della controversia. I 2. -Meri perf((zionamenti sono proposti per i primi due commi dell'art. 808: il primo sostituisce, all'inclusione della clausola compromissoria in atto successivo , la stipulazione in atto separato e quindi, potenzialmente, anche coevo rispetto alla conclusione del contratto, come accade di norma nella pra tica; il secondo precisa che la nullit della clausola che prevede un arbitrato se condo equit o un lodo ID.oppugnabile limitata agli arbitrati in materia di lavoro. 3. -Non ha avuto seguito, invece, la proposta dell'A.l.A. -non riprodotta nel disegno di legge-di aggiornare la disciplina della forma dell'accordo compromissorio, tenendo conto dei progressi della tecnica e delle esigenze di speditezza del commercio, mediante l'introduzione della .d. forma elettronica che, pur non essendo assimilabile allo scritto e sottoscritto, consenta comunque la conservazione del messaggio . ! I ! Nella nuova formulazione si fa riferimento solo al telegrafo ed alla telescrivente, strumenti attualmente gi superati da altre pi celeri ed idonee forme di trasmissione. Al riguardo, va tenuto presente il valore probatorio delle comu nicazioni via telefax riconosciuto, a determinate condizioni, sia. dalla legge si ! dalla giurisprudenza. I I -1 PARTE li, QUESTIONI U. Degli arbitri. Nel capo relativo . agli arbitri sono state apportate tre modifiche concer nenti, rispettivamente, la nomina, la sostituzione e la riq1sazione degli stessi. 1 ~ Circa la ilotriina degli arbitri, nel caso che la patte a ci invitata non vi abbia provveduto entro il termine assegnatole, previsto il ricorso al Presi dente del.Tribunale. affinch proceda alla designazfone in luogo dell parte rimasta irte1:te. L'innovazione si riferisce alla competenza per territorO; irt relazione alla quale il previgente criterio del iuogo di stipulazione del patto compromissorio diveiitat sussidiario rispetto >a quello dlla sede dell'arbitrato ed rimastoapplieabile solo quando quest'ultima non sia ancora stata determinata dalle parti (rt. 810:; secondo comma). Tale emendamento in linea con l'uso invalso nella . pratia degli affari di indicare nella clausola, oltre ai criteri di nomina degli arbitri, anche la sede dell'arbitrato, coine viene, tra l'altro, previsto nel primo comma aggiunto al successivo art. 816. Il riferimento alla sede dell'arbitrato, quale criterio di individuazione della competenza territo riale, si estende ad ogni altra ipotesi di intervento dell'Autorit giudiziaria nel giudizio arbitrale. 2. -Quanto alfa sostituzione degli arbitri, viene dlidplinata, accanto all'ipotesi, prevista dall'art. 811, dell'arbitro che venga a mancare, quella del; l'arbitro che si astenga da urta qualsiasi attvh ch fo renda inadempiente all'obbligo assunto con l'accettaziOn della nomfua. In tal caso -s le parti non ha.no diversamente convenuto -ciascuna di esse, decorsi inutilmente quindici. giorni dalla diffida a provvedere comunicata all'arbitro, pu chiedere aL Tribunale competente la dichiarazione di decadenza dell'arbitro medesimo e la sua sostituzine (art. 813, terzo comma). 3. -Infine, il termine per la proposizione dell'istanza di ricusazione, che prima decorreva esclusivamente dalla notifica della nomina, vien collegato anche all'eventuale successiva conscenza della causa di ricusazione (art. 815, secondo comma). Si cos resa effettiva la tutela delle parti in ordine ai requisiti ai imparzialit e di indipendenza degli arbitri, senza peraltro permettere il prolungamento del termine a fini meramente dilatori. Ili. Del procedimento. Per quanto attiene allo svolgimento del procedimento arbitrale, oltre alla soppressione dell'equivoca indicazione temporale - prima della pronuncia del lodo -per l'emissione dei provvedimenti ordinatori (art. 816, sesto comma), i. tre emendamenti principali riguardano i provvedimenti cautelari, le questioni incidentali e il dibattuto tema della connession. 1. -Circa il.primo punto, si rammenta ch l'art. 89 legge 353/90 ha abrogato il secondo comma dell'art. 819 c.p.c., introducendo la norma di cui all'art. 669-quinquies, in base alla quale la competenza ad adottare misure cautelari, in caso di clausola compromissoria, di compromesso o di pendenza del giudizio arbitrale, spetta al giudice cbe sarebbe_stato competente a conoscere del merito. Anche con la legge in commento stato conservato il principio, tradizionale del nostro 'ordinamento ma non per questo esente da critiche, della carenza di potere cautelare in capo agli arbitri. La novella al codice di procedura civile ha disciplinato anche i casi in cui il provvedimento cautelare perde. efficacia; l'art. 669-novies, quarto comma, n. 1, in particolare, sanziona con Ja perdita di efficacia del provvedimento medesimo la mancata richiesta di 'esecutoriet del lodo arbitrale. Come era stato da pi 82 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO parti rilevato (2), tale disposizione aveva fatto fare un balzo indietro rispetto alla legge n. 28 del 1983 che aveva gettato le basi per assicurare autonoma rilevanza giuridica al lodo arbitrale, a prescindere dal deposito. L'art. 1 della legge di riforma dell'arbitrato ha aggiunto all'art. 669-octies che stabilisce un termine perentorio di trenta giorni dall'accoglimento della domanda cautelare per iniziare il giudizio di merito -un ultimo comma in base al quale, in presenza di un compromesso o di una clausola compromissoria, entro il predetto termine, deve essere notificato l'atto con il quale si promuove il procedimento arbitrale o si nominano gli arbitri. :t> stato mantenuto, invece, il citato art. 669-novies, quarto comma n. 1, che aveva prestato il fianco a numerose perplessit; per, poich non esiste pi un termine annuale perentorio per il deposito del lodo -come si dir pi avanti -tale norma potrebbe non trovare pi pratica applicazione. Al legislatore peraltro sfuggito l'art. 156-bis att., sempre introdotto dalla legge 353/90, che prevede, sussidiariamente alla mancanza di termini per la richiesta di esecutoriet -ipotesi allora gi ricorrente per il lodo straniero -l'onere per il sequestrante di domandare comunque l'omologazione entro il termine perentorio di sessanta giorni, decorrente dal momento in cui tale domanda proponibile. Tale norma, decisamente in controcorrente rispetto alle manifestazioni di ape1tura degli ultimi interventi legislativi in materia di arbitrato, dovr senz'altro essere interpretata restrittivamente e quindi limitatamente all'ipotesi del sequestro conservativo in essa contemplato. 2. -Quanto alle questioni incidentali, il legislatore, intervenendo sulla norma dell'art. 819, delinea con pi rigore il criterio per valutare la pregiudizialit di questioni non compromettibili che comportino la sospensione del giudizio arbitrale in attesa della loro risoluzione ad opera del giudice statale. In luogo del generico requisito della rilevanza della questione incidentale, insorta nel corso del procedimento arbitrale, si fa riferimento alla di,:> endenza dell'intero giudizio arbitrale dalla definizione della questione stessa (art. 819, primo comma). Si sopprime, inoltre, l'inciso che prevedeva, a seguito della sospensione, la proposizione della domanda davanti al giudice competente, essendo possibile che il giudizio relativo sia gi pendente. Sulla base delle esperienze maturate nella pratica, si rilevata poi l'inadeguatezza del termine di venti giorni per la pronuncia del lodo dopo la sospensione per accertamento incidentale, ampliandolo a sessanta giorni (art. 819, terzo comma). Muove, infine, da un'esigenza di coordinamento e di completezza il rinvio, per l'individuazione dell'oggetto delle questioni incidentali, a tutte le ipotesi di incompromettibilit previste dalla legge e non solo a quelle contenute nell'art. 806, che non ne esaurisce la gamma (art. 819, primo comma). Si pensi ad esempio all'art. 54 legge 392/78 che esclude il deferimento ad arbitri delle controversie concernenti la determinazione dell'equo canone. Esaurisce la disciplina delle questioni pregiudiziali la disposizione che ribadisce espressamente la competenza degli arbitri a decidere ogni altra questione diversa da quelle contemplate nella norma in esame (art. 819, secondo comma). (2) F. CARPI, I procedimenti cautelari e l'esecuzione del disegno di legge per la riforma ur1ll'art. 1 della legge n. 772 del 1972, o senza aver addotto motivo alcuno, abbiano espiato per quel comportamento la pena della relusione in misura complessivamente non inferiore a quella del servizio militare di leva. Sentenza 28 luglio 1993, n. 343, G.U. 4 agosto 1993, n. 32. d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, art. 42, primo comma, nella parte in cui stabilisce che la vedova di militare deceduto per causa bellica perde il diritto a pensione se contrae nuove nozze con chi fruisca, o venga a fruire successivamente al matrimonio, di un reddito annuo superiore al limite previsto dall'art. 70 della stessa legge. Sentenza 30 luglio 1993, n. 361, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. d.P.R. 11 luglio 1980, n. 753, art. 104, nella parte in cui dispone l'abrogazione dell'art. 17, lett. c) del r.d.l. 19 ottobre 1923, n. 2328. Sentenza 18 novembre 1993, n. 400, G.U. 24 novembre 1993, n. 48. legge reg. Lombardia 8 febbraio 1982, n. 12, art. 8, primo comma, nel testo modificato dall'art. 4 della legge della regione Lombardia 20 marzo 1990, n. 16, nella parte in cui dispone che gli atti soggetti a controllo devono pervenire all'ufficio dell'organo di controllo entro i termini perentori previsti, anzich essere spediti da parte dell'ente controllato entro tali termini. Sentenza 28 luglio 1993, n. 345, G.U. 4 agosto 1993, n. 32. dP.R. 24 aprile .1982, n. 340, art. 12, nella parte in cui non prevede il potere di valutazione, da parte dell'amministrazione interessata, ai fini dell'ammissione al concorso, della riabilitazione conseguita dal candidato. Sentenza 23 novembre 1993, n. 408, G.U. 1 dicembre 1993, n. 49. legge 20 ottobre 1982, n. 773, art. 16, nella parte in cui non prevede che anche nei confronti del titolare di due pensioni, di cui una a carico della Cassa nazionale di previdenza e assistenza dei geometri, pur restando vietato il cumulo delle indennit integrative speciali, debba comunque farsi salvo l'importo corrispondente al trattamento minimo di pensione previsto per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti. Sentenza 9 luglio 1993, n. 307, G.U. 14 luglio 1993, n. 29. 1.04 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO legge reg. Liguria, 14 aprile 1983, n. 11, art. 4, nella parte in cui individua quale organo competente all'esercizio delle funzioni di cui alla legge regionale 2 dicembre 1982, n. 45, il sindaco del comune nel cui territorio la violazione stata accertata, anzich il sindaco del comune in cui la violazione stata conimessa. Sentenza 14 ottobre 1993, n. 375, G.U. 20 ottobre 1993, n. 43. I legge reg. Friuli-Venezia Giulia, 14 giugno 1983, n. 54, art. 24, quinto comma. Sentenza 23 luglio 1993, n. 333, G.U. 28 luglio 1993, n. 31. d.l. 6 novembre 1989, n. 357, art. 2, comma 23 [convertito in legge 27 dicembre 1989, n. 417], nella parte in cui non prevede che si applichi il disposto dell'art. 18 della legge 25 agosto 1982, n. 604 anche ai docenti nominati in ruolo a seguito dell'espletamento di concorsi per titoli ed esami, qualora abbiano fatto valere il servizio prestato nelle istituzioni scolastiche italiane all'estero. Sentenza 15 luglio 1993, n. 315, G.l!. 21 luglio 1993, n. 30. legge reg. Calabria, 5 maggio 1990, n. 55, art. 5, nella parte in cui non ha previsto la presenza in seno alle commissioni giudicatrici per l'avanzamento a dirigente di 2 qualifica, di membri esperti dotati di specifica competenza tecnica rispetto alle materie previste per le selezioni concorsuali. ! Sentenza 25 novembre 1993, n. 416, G. U. 1 dicembre 1993, n. 49. legge 15 dicembre 1990, n. 386, art. 11, primo comma, nella parte in cui prevede che la prova dell'avvenuto pagamento deve essere fornita in sede Ipenale mediante quietanza del portatore con firma autenticata o attestazione del pubblico ufficiale che ha ricevuto il pagamento ovvero attestazione della azienda di credito comprovante l'effettuazione del deposito vincolato . Ii Sentenza 23 novembre 1993, n. 407, G.U. 1 dicembre 1993, n. 49. I d.l. 8 giugno 1992, n. 306, art. 15, secondo comma [convertito con la legge 7 agosto 1992, n. 356], nella parte in cui prevede che la revoca delle misure alternative alla detenzione sia disposta, per i condannati per i delitti indicati nel primo periodo del primo comma che non si trovano nella condizione per l'applicazione dell'art. 58-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354, anche quando non sia stata accertata la sussistenza di collegamenti attuali dei medesimi con la criminalit organizzata. Sentenza 8 luglio 1993, n. 306 G. U. 14 luglio 1993, n. 29. legge 23 dicembre 1992, n. 498, art. 2, primo comma, lett. d). Sentenza 9 luglio 1993, n. 308, G.U. 14 luglio 1993, n. 29. d. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 3, sesto e dodicesimo comma, nella parte in cui prevede che i poteri sostitutivi ivi previsti siano esercitati dal Ministro della Sanit anzich dal Consiglio dei ministri, previa diffida. Sentenza 28 luglio 1993, n. 355, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 105 d. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, artt. 3, sesto comma (prima e decima proposizione), e 4, ottavo comma (terza proposizione), nella parte in cui prevedono che le competenze ivi stabilite siano esercitate, rispettivamente, dal Presidente della Giunta regionale, su conforme delibera della Giunta medesima e dalla Giunta regionale, anzich dalla Regione. Sentenza 28 luglio 1993, n. 355, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. d. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 4, terzo comma, nella parte in cui definisce come ospedali di rilievo nazionale e di alta specializzazione i presidi ospedalieri in cui insiste la prevalenza del percorso formativo del triennio clinico delle facolt di medicina e chirurgia e, a richiesta dell'universit, i presidi ospedalieri che operano in strutture di pertinenza dell'universit medesima. Sentenza 28 luglio 1993, n. 355, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. d. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 8, quarto comma. Sentenza 28 luglio 1993, n. 355, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. d. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 13, primo comma, nella parte in cui, nello stabilire l'esonero immediato e totale dello Stato da interventi finanziari volti a far fronte ai disavanzi di gestione delle unit sanitarie locali e delle aziende ospedaliere, non prevede una adeguata disciplina diretta a rendere graduale il passaggio e la messa a regime del sistema di finanziamento previsto nello stesso decreto legislativo n. 502 del 1992. Sentenza 28 luglio 1993, n. 355, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. d. Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, art. 35, quarto comma, nella parte in cui non prevede, per i processi di mobilit da e verso le Regioni, la consultazione delle stesse. Sentenza 30 luglio 1993, n. 359, G.U. 4 agosto 1993, n. 32. d. Lgs. 3 febbraio 1993; n. 29 artt. 45, settimo e nono comma; 47; 49, secondo comma, 50, secondo, terzo, quarto, ottavo e decimo comma; 51, primo comma, nella parte in cui disciplinano la contrattazione nazionale relativa ai rapporti di lavoro e di impiego alle dipendenze delle Regioni a statuto ordinario e degli enti regionali. Sentenza 30 luglio 1993, n. 359, G.U. 4 agosto 1993, n. 32. legge reg. Valle d'Aosta, riapprovata il 16 febbraio 1993, art. 4, primo comma, lett. a) e lett. b). Sentenza 30 luglio 1993, n. 360, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. legge reg. Valle d'Aosta, riapprovata il 16 febbraio 1993, art. 6, nella parte in cui non prevede l'incompatibilit a far parte del comitato di controllo del parlamentare europeo, del senatore e del deputato, ovunque eletti, nonch di coloro che abbiano ricoperto le cariche di amministratori di enti soggetti a controllo del comitato nell'anno precedente alla costituzione del comitato stesso. Sentenza 30 luglio 1993, n. 360, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. 1.06 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO legge reg. siciliana 11 maggio 1993, n. 15, artt. 67 e 72. Sentenza 28 luglio 1993, n. 356, G. V. 4 agosto 1993, n. 32. I legge reg. Emilia-Romagna riapprovata dal Consiglio regionale il 20 lu glio 1993, art. 1. Sentenza 20 dicembre 1993, n. 447, G.U. 29 dicembre 1993, n. 53. I ' II - QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE codice penale, art. 205 (artt. 3 e 97 della Costituzione). Sentenza 15 luglio 1993, n. 319, G.U. 21 luglio 1993, n. 30. codice di procedura penale, art. 34, secondo comma, (artt. 3, 25 e 101 della Costituzione). Sentenza 16 dicembre 1993, n. 439, G.U. 22 dicembre 1993, n. 52. codice di procedura penale artt. 34 e 444 (artt. 3 e 24 della Costituzione) Sentenza 16 dicembre 1993, n. 439, G.U. 22 dicembre 1993, n. 52. codice di procedura penale, artt. 34, secondo comma, e 446 (artt. 25, 97 e 112 della Costituzione). Sentenza 16 dicembre 1993, n. 439, G.U. 22 dicembre 1993, n. 52. codice di procedura penale, art. 314 (artt. 2 e 3 della Costituzione). Sentenza 3 dicembre 1993, n. 426, G.U. 9 dicembre 1993, n. 50. codice di procedura penale, art. 409, secondo comma (art. 24 della Co stituzione). Sentenza 25 novembre 1993, n. 418, G.U. 1 dicembre 1993, n. 49. codice di procedura penale, artt. 438, 439 e 440 (artt. 3, 24, secondo comma, 25 e 101, secondo comma della Costituzione). Sentenza 7 luglio 1993, n. 305, G. V. 21 luglio 1993, n. 30. __codice di procedura penale, art. 544, secondo comma (artt. 3, 24, 72 e 77 della Costituzione). Sentenza 30 luglio 1993, n. 364, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. r.d. 27 giugno 1933, 11. 703, art. 14 (artt. 3, secondo comma, 24, primo e terzo comma, 97 e 113 della Costituzione). Sentenza 3 dicembre 1993, n. 428, G. V. 9 dicembre 1993, n. 50. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE r.d. 13 agosto 1933, n. 10381 art. 72 (artt. 3, secondo comma, 24, primo e terzo comma, 97 e 113 della Costituzione). Sentenza 3 dicembre 1993, n. 428, G. U. 9 dicembre 1993, n. 50. r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, art. 13 (artt. 3, secondo comma, 24, primo e terzo comma, 97 e 113 della Costituzione). Sentenza 3 dicembre 1993, n. 428, G. U. 9 dicembre 1993, n. 50. r.d. 30 gennaio 19411 n. 12, art. 72, primo e secondo comma [come sostituito dall'art. 22 del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 449] (art. 76 della Costituzione). Sentenza 1 luglio 1993, n. 299, G. U. 7 luglio 1993, n. 28. r.d. 16 marzo 1942, n. 2671 art. 54, terzo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 28 luglio 1993, n. 350, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. d.P.R. 10 gennaio 19571 n. 31 art. 68 (art. 3, secondo [recte primo] comma, 24, primo e terzo comma, 97 e 113 della Costituzione). Sentenza 3 dicembre 1993, n. 428, G. U. 9 dicembre 1993, n. 50. legge 5 dicembre 19591 n. 1077, art. 16, secondo comma. Sentenza 16 dicembre 1993, n. 441, G. U. 22 dicembre 1993, n. 52. legge 2 ottobre 1967, n. 895, art. 5 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 28 ottobre 1993, n. 381, G. U. 3 novembre 1993, n. 45. legge 8 marzo 1968, 11. 152, art. 4, secondo comma, lett. b) (art. 36 della Costituzione). Sentenza 21 luglio 1993, n. 322, G. U. 28 luglio 1993, n. 31. legge 2 aprile 1968, n. 475, art. 14 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 1 luglio 1993, n. 297, G. U. 7 luglio 1993, n. 28. d.P.R. 27 marzo 19691 n. 1281 artt. 16 e 23 (artt. 33, quinto comma, e 97 della Costituzione). Sentenza 23 dicembre 19931 n. 456, G. U. 29 dicembre 1993, n. 53. legge 15 dicembre 1972, n. 772, art. 8, secondo comma, nella parte in cui esclude che il reato ivi configurato si realizzi per il solo fatto del rifiuto del servizio militare di leva. Sentenza 3 dicembre 1993, n. 422, G. U. 9 dicembre 1993, n. 50. d.P.R. 29 dicembre 19731 n. 1092, art. 851 secondo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 18 novembre 1993, n. 405, G. U. 24 novembre 1993, n. 48. 108 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 4-bis, prima parte, nella parte in cui riferisce la disciplina ivi contenuta alle misure alternative alla detenzione previste dal capo VI della legge 26 luglio 1975, n. 354, fatta eccezione per la liberazione anticipata (artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione). Sentenza 8 luglio 1993, n. 306, G. U. 14 luglio 1993, n. 29. legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 4-bis, primo comma, lettera a), prima parte, primo e secondo periodo (artt. 27, terzo comma, 24, secondo comma, 25, primo e secondo comma e 3 della Costituzione). Sentenza 8 luglio 1993, n. 306, G. U. 14 luglio 1993, n. 29. legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 41-bis, secondo comma (artt. 3, 24, primo comma e 113, primo e secondo comma, della Costituzione). Sentenza 23 novembre 1993, n. 410, G. U. 1 dicembre 1993, n. 49. legge 26 luglio 1975,. n. 354, art. 41-bis, secondo comma (artt. 13, primo e secondo comma, 15, secondo comma, 27, terzo comma, 97, primo comma, e 113, primo e secondo comma, della Costituzione). Sentenza 28 luglio 1993, n. 349, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. I legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 47, primo comma (art. 3 della Costituzione). I ~ Sentenza 14 dicembre 1993, n. 429, G. U. 22 dicembre 1993, n. 52. legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 47, primo comma (artt. 3, primo e secondo comma e 97 della Costituzione). I Sentenza 14 dicembre 1993, n. 430, G. U. 22 dicembre 1993, n. 52. d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, art. 53 (artt. 3 e 38, secondo comma, della i Costituzione). I Sentenza 23 dicembre 1993, n. 459, G. U. 29 dicembre 1993, n. 53. I legge 3 gennaio 1981, n. 6, art. 21, quinto comma (artt. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione). I Sentenza 20 dicembre 1993, n. 450, G. U. 29 dicembre 1993, n. 53. legge 23 aprile 1981, n. 155, art. 16 (artt. 3 e 37 della Costituzione). Sentenza 18 novembre 1993, n. 404, G. U. 24 novembre 1993, n. 48. legge reg. Lombardia 8 febbraio 1982, n. 12, art. 8, primo comma, come modificato dall'art. 4 della legge della reg. Lombardia 20 marzo 1990, n. 16 (artt. 117, 128 e 130 della Costituzione). Sentenza 28 luglio 1993, n. 345, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. legge 14 agosto 1982, n. 590, art. 20, terzo comma (artt. 3 e 97 della Costituzione). Sentenza 15 luglio 1993, n. 317, G. U. 21 luglio 1993, n. 30. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 109 legge reg. Lombardia 5 dicembre 1983, n. 91, art. 1, secondo comma (art. 117 della Costituzione). Sentenza 28 luglio 1993, n. 347, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. legge reg. Sicilia 21 agosto 1984, n. 55, artt. 5 e 6 (artt. 3 e 4 della Costi tuzione). Sentenza 25 novembre 1993, n. 419, G. U. 1 dicembre 1993, n. 49. legge reg. Puglia 11 dicembre 1984, n. 52, art. 14, primo comma, ultimo periodo (artt. 3, 18 e 117 della Costituzione). Sentenza 25 novembre 1993, n. 417, G. U. 1 dicembre 1993, n. 49. legge 8 agosto 1985, n. 431, art. 1-sexies, secondo comma (art. 97 della Costituzione). Sentenza 14 ottobre 1993, n. 376, G. U. 20 ottobre 1993, n. 43. legge 29 gennaio 1986, n. 23, art. 22 (artt. 3 e 97 della Costituzione). Sentenza 20 dicembre 1993, n. 448, G. U. 29 dicembre 1993, n. 53. legge 16 febbraio 1987, n. 81, art. 5 (art. 76 della Costituzione). Sentenza 1 luglio 1993, n. 299, G. U. 7 luglio 1993, n. 28. legge 11 marzo 1988, n. 67, art. 22, secondo comma, terzo periodo (artt. 3 e 97 della Costituzione). Sentenza 23 novembre 1993, n. 409, G. U. 1 dicembre 1993, n. 49. legge reg. sic. 15 giugno 1988, n. 11, art. 16, nella parte in cui sostituisce l'art. 9, secondo comma, della legge reg. siciliana 27 dicembre 1985, n. 53 (artt. 3 e 36 della Costituzione). Sentenza 3 dicembre 1993, n. 424, G. U. 9 dicembre 1993, n. 50. legge 12 luglio 1988, n. 270, art. 3 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 15 luglio 1993, n. 318, G. U. 21 luglio 1993, n. 30. legge 19 febbraio 1991, n. 50, artt. 1 e 3 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 23 dicembre 1993, n. 460, G. U. 29 dicembre 1993, n. 53. d. legislativo 22 giugno 1991, n. 230, tariffa allegata, note alle voci 1, 2, 4, 5, 7, 8, 9, 10, 15, 16 sub 1, 17, 18, 23, 25, 28, 32, 33, 35, 38, 39, 40, 42, 43, 46 (artt. 76, 117 e 118 della Costituzione). Sentenza 1 luglio 1993, n. 295, G. U. 7 luglio 1993, n. 28. decreto-legge 5 dicembre 1991, n. 386, art. 2, commi 12, 15 e 17 (artt. 3, 5, 97, 117, 118, 119 e 128 della Costituzione). Sentenza 28 luglio 1993, n. 348, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. 110 RASSEGNA AWOCATURA DELLO STATO d.I. 5 dicembre 1991, n. 386, art. 2, commi 15, 16 e 17 (artt. 8, nn. 3, 5 e 6; 9 n. 10; 16 dello Statuto prov. aut. di Trento). Sentenza 28 luglio 1993, n. 348, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. d.I. 5 dicembre 1991, n. 386, art. 2, comma 17 (artt. 4 e 5 dello statuto reg. Friuli-Venezia Giulia). Sentenza 28 luglio 1993, n. 348, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. legge 30 dicembre 1991, n. 412, art. 4, settimo comma (artt. 3, 4, 32 e 35 della Costituzione). Sentenza 23 dicembre 1993, n. 457, G. U. 29 dicembre 1993, n. 53. d.I. 7 gennaio 1992, n. 5, art. 1, primo comma e art. 2, primo comma [convertito in legge 6 marzo 1992, n. 216] (artt. 3 e 136 della Costituzione). Sentenza 23 dicembre 1993, n. 455, G. U. 29 dicembre 1993, n. 53. d.l. 8 giugno 1992, n. 306, art. 15, secondo comma, nella parte in cui prevede che il tribunale di sorveglianza dispone la revoca delle misure alternative alla detenzione accertata la insussistenza della suddetta condizione (artt. 25, primo comma, 101, secondo comma, e 109 della Costituzione). Sentenza 8 luglio 1993, n. 306, G. U. 14 luglio 1993, n. 29. d.I. 11 luglio 1992, n. 333, art. 5-bis [convertito in legge 8 agosto 1992, n. 359] (artt. 42, terzo comma, e 97 della Costituzione). Sentenza 16 dicembre 1993, n. 442, G. U. 22 dicembre 1993, n. 52. d.l. 11 luglio 1992, n. 333, art. 5-bis, primo e secondo comma [convertito nella legge 8 agosto 1992, n. 359] (artt. 3, 24 e 113 della Costituzione). Sentenza 16 dicembre 1993, n. 442, G. U. 22 dicembre 1993, n. 52. d.I. 11 luglio 1992, n. 333, art. 6, quarto comma [convertito in legge 8 agosto 1992, n. 359] (artt. 3, 24, 101. 102 e 104 della Costituzione). Sentenza 18 novembre 1993, n. 402, G. U. 24 novembre 1993, n. 48. d.l. 11 luglio 1992, n. 333, art. 11, comma 2, 2-bis [convertito in legge 8 agosto 1992, n. 359] (artt. 3, 24 e 42 della Costituzione). Sentenza 24 luglio 1993, n. 323, G. U. 28 luglio 1993, n. 31. d.I. 11 luglio 1992, n. 333, art. 13 [convertito in legge 8 agosto 1992, n. 359] (art. 36 statuto reg. Sicilia). Sentenza 30 luglio 1993, n. 362, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. d.I. 19 settembre 1992, n. 384, artt. 13 e 13-ter, secondo comma [convertito in legge 14 novembre 1992, n. 438] (artt. 116 e 119 della Costituzione e 7, 8 54 dello statuto reg. Sardegna). Sentenza 30 luglio 1993, n. 363, G.U. 4 agosto 1993, n. 32. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 111 d.l. 19 settembre 1992, n. 384; art. 13, primo comma [convertito in legge li! novembre 1992, n. 438] (art. 36 statuto reg. Sicilia). Sentenza 30 luglio 1993, n. 362, G. V. 4 agosto 1993, n. 32. legge 23 ottobre 1992, n. 421, art. 2, .primo comma, lett. b) (artt. 39, 97, 76, 117, 118-, 119 e 124 della Costituzione). Sentenza 30 luglio 1993, n. 359, G. U. 4 agosto 1993, n. 32. legge prov. aut. di Bolzano, 4 dicembre 1992, artt. 1, 2 (commi da 1 a 4), 3, 4, 5 e 7 (artt. 8, n. 29, e 9, n. 10, dello statuto spec. Trentino-Alto Adige). Sentenza 15 luglio 1993, n. 316, G.U. 21 luglio 1993, n. 30. legge 23 dicembre 1992, n. 498, art. 8, comma 1, (artt. 3, 5, 81, quarto comma, della Costituzione e 8, 9 n. 10, 16, primo comma, ttolo VI, 104 e 107 statuto prov. aut. di Trento). Sentenza 28 luglio 1993, n. 357, G.U. 4 agosto 1993, n. 32. legge 23 dicembre 1992, n. 498, art. 12, terzo comma, (artt. 3, 117, 118 e 119 della Costituzione). Sentenza 9 luglio 1993, n. 308, G. U. 14 luglio 1993, n. 29. legge 23 dicembre 1992, n. 498, art. 15, quinto comma (artt. 3, 117, 118 e 119 della Costituzione). Sentenza 9 luglio 1993, n. 308, G.U. 14 luglio 1993, n. 29. d. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 (artt. 76 e 77 della Costituzione). Sentenza 28 luglio 1993, n. 355, G.U. 4 agosto 1993, n. 32. d. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, artt. 1, 3, sesto comma, 4, primo e decimo comma, 6, primo, terzo e quarto comma, 7, primo e quarto comma, 8, quinto e sesto comma, 9, 10, terzo e quarto comma, 14, primo e secondo comma. Sentenza 28 luglio 1993, n. 355, G.U. 4 agosto 1993, n. 32. d. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 3 (artt. 76, 77, 116, 117 e 118 della Costituzione e artt. 2, 3, 4 statuto reg. Valle d'Aosta). Sentenza 28 luglio 1993, n. 355, G.U. 4 agosto 1993, n. 32. d. Lgs. 30 gennaio 1993, n. 27, artt. 2, primo comma, lett. b) e c); 8, secondo comma, lett. b); allegato A e allegato B, pnnto 4 (artt. 76, 117 e 118 della Costituzione). Sentenza 28 ottobre 1993, n. 382, G.U. 3 novembre 1993, n. 45. d. Lgs. 30 gennaio 1993, n. 28, artt. 2, primo comma, lett. f) e g), e 5, secondo comma (artt. 76, 117 e 118 della Costituzione). Sentenza 28 ottobre 1993, n. 382, G.U. 3 novembre 1993, n. 45. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO d. Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, artt. 1, terzo comma; 13; 15, secondo comma; 18, primo comma; 26, 27, secondo e quarto comma; 28, 30, secondo comma; 31; 32; 33; 34; 35, primo, secondo, terzo, quinto, sesto e ottavo comma; 41, primo e terzo comma; 42, secondo comma; 43; 45, primo, secondo, terzo, quarto, quinto, sesto e ottavo comma; 50, primo, quinto, sesto, settimo e nono comma; 51, secondo, terzo e quarto comma; 52; 54; 60; 61, secondo comma; 63, secondo comma; 64; 65; 67; 70, secondo comma (artt. 39, 97, 76, 117, 118, 119 e 124 della Costituzione). Sentenza 30 luglio 1993, n. 359, G.U. 4 agosto 1993, n. 32. legge reg. Valle d'Aosta, riapprovata il 16 febbraio 1993, artt. 3, secondo comma, 16, 22, 24, 35 e 36 (artt. 3 e 97 della Costituzione e art. 43 statuto spec. Valle d'Aosta). Sentenza 30 luglio 1993, n. 360, G.U. 4 agosto 1993, n. 32. legge reg. siciliana 11 maggio 1993, n. 15, art. 19 (artt. 3, 51 e 97 della Costituzione). Sentenza 28 luglio 1993, n. 356, G.U. 4 agosto 1993, n. 32. delibera leg. reg. Toscana n. 53 del 1993, riapprovata il 18 maggi.o 1993 (artt. 3, 97 e 117 della Costituzione). Sentenza 20 dicembre 1993, n. 449, G.U. 29 dicembre 1993, n. 53. CONSULTAZIONI ANTICHIT e BELLE ARTI -Alienazione a titolo oneroso di immobili di in teresse storico e artistico -Posticipazione dell'effetto traslativo Decorrenza del termine di esercizio della prelazione da parte dello Stato -Computo del quinquennio entro il quale l'alienazione da parte dell'erede fa venir meno i benefici relativi all'imposta di successione. Se nel caso di alienazione a titolo oneroso di immobile di interesse storico o artistico, per la quale sia previsto il differimento dell'effetto traslativo, si debba far riferimento alla data in cui si produrr l'effetto ai fini: a) della decorrenza del termine per l'esercizio della prelazione da parte del Ministero dei Beni Culturali; b) del computo del quinquennio dall'apertura della successione entro il quale la alienazione del bene da parte dell'erede determina la decadenza dai benifici fiscali ex art. 4 1. 512/82 (esclusione dall'imposta di successione e riduzione dell'imposta di successione) (es. 5990/93). CALAMIT PUBBLICHE -Esplosione motonave Haven -Atto con il quale il dipartimento della protezione civile e il Ministero della Marina Mercantile hanno affidato all'A.T.I. Eni Iri compiti di tutela e recupero dell'ambiente marino -Natura -Contratto di appalto -Esclusione Conseguenze. Se l'esecuzione dei lavori di disinquinamento, svolti dalle imprese incaricate dall'Associazione temporanea di imprese IRI-ENI, sul relitto della motocisterna Haven, dovesse essere previamente autorizzata dall'Amministrazione (es. 3214/93). COMUNIT EUROPEA -Aiuti comunitari alla produzione agricola -Regolamento che ne esclude la corresponsione dichiarato invalido -Interessi sulle somme perci dovu~e ai produttori -Decorrenza. Se il pagamento di aiuti comunitari (nella specie alla produzione del tabacco) effettuato dall'AIMA solamente dopo la dichiarazione di invalidit del Regolamento CEE del Consiglio, che escludeva la corresponsione di tale aiuto, comporti la decorrenza di interessi, e da quale momento, a favore del produttore (es. 3643/92). CONTABILIT PUBBLICA -Beni immobili dello Stato -Locazioni di immobili ad uso diverso da quello di abitazione -Aumento dei canoni disposto dall'art. 12 quinto comma d.l. 27 aprile 1990 -Applicabilit ai contratti in corso alla data di entrata in vigore del ridetto d.l. 27 aprile 1990. Se l'aumento dei canoni per l'utilizzazione dei beni immobili del demanio o del patrimonio disponibile dello Stato, disposto dall'art. 12 quinto comma d.l. 27 aprile 1990, n. 90, si applichi anche ai contratti di 1.1.4 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO locazione (eccettuati quelli riguardanti immobili locati ad uso abitazione) in corso al momento della entrata in vigore del ridetto d.l. 27 aprile 1990, n. 90 (es. 1724/92). ENTI PUBBLICI -Agensud -Soppressione -Debiti -Pagamento -Soggetto legittimato -Crediti di appaltatori e concessionari di opere di cui alla delibera CIPE 157/87. Se il commissario liquidatore della soppressa Agenzia per la promozione dello sviluppo del Mezzogiorno debba procedere al pagamento delle somme spettanti all'appaltatore o al concessionario di opere di cui alla delibera CIPE 8 aprile 1987, n. 157 (es. 19481/93). ENTI TEATRALI -Spese di pubblicit ex art. 5 l. 67/87 -Spese per locandine e manifesti. Se le spese che i teatri pubblici (nella specie Teatro Regio di Torino) sostengono per le locandine e i manifesti rientrino nelle spese pubblicitarie previste dal primo comma dell'art. 5 I. 67/87 (secondo il quale: le amministrazioni statali e gli enti pubblici non territoriali, con esclusione degli enti pubblici economici, sono tenuti a destinare alla pubblicit su quotidiani e periodici una quota non inferiore al cinquanta per cento delle spese per la pubblicit iscritte nell'apposito capitolo di bilancio) (es. 8913/92). ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICO INTERESSE (O UTILIT) -Interventi previsti dalla l. 396/1990 (Roma capitale) -Espropriazioni necessarie per la realizzazione degli stessi -Fattispecie. Se, da parte di chi ed in quali termini, possano essere espropriate le aree che il Comune di Roma ha l'obbligo, in forza dell'art. 9 quarto comma I. 396/1990, di trasferire all'Amministrazione della Difesa in permuta delle aree, site nel centro della citt, occupate dalla Caserma Sani e dal magazzino vestiari e viveri dell'Esercito (es. 6092/93). IGIENE E SANIT PUBBLICA -Delegazioni di gestione preposte ai policlinici universitari -Consigli di amministrazione delle universit -Rapporti -Competenze in materia di bilancio dei policlinici. Se la predisposizione e gestione del bilancio, nonch la predisposizione del conto consuntivo, di un Policlinico Universitario, siano di esclusiva competenza della Delegazione di Gestione del Policlinico stesso (es. 6365/92). IMPIEGO PUBBLICO -Sanit -Indennit di rischio da radiazioni -Sentenza 7-20 luglio 1992 n. 343 della Corte Costituzionale -Accoglimento in sede giurisdizionale di domande proposte da personale ospedaliero non di radiologia -Presupposti -Accertamento del rischio -Modalit. Se i Tribunali amministrativi regionali possano accogliere la domanda di un lavoratore ospedaliero che non appartenga al personale medico e tecnico di radiologia ed intesa ad ottenere l'indennit di rischio radiologico prevista dall'art. 1 I. 460/88 senza aver accertato -per il PARTE II, CONSULTAZIONI 1.1.f tramite della Commissione di cui all'art. 58 d.P.R. 270/87 -l'esposizione del lavoratore stesso ad un rischio non minore per continuit e intensit di quello normalmente sostenuto dal personale di radiologia (es. 6959/92). ISTRUZIONE E SCUOLE -Contributi statali per la costruzione di edifici per le scuole materne -Riscatto delle quote di detti edifici di compropriet statale -Prescrizione del diritto -Fattispecie. Se sia possibile la restituzione in una unica soluzione del contributo concesso dallo Stato per la costruzione di una scuola materna (ex art. 15 legge 24 luglio 1962 n. 1073), dopo che l'edificio sia stato conservato alla sua destinazione per un ventem1io dalla costruzione dell'immobile stesso. e dalla fruizione del contributo (es. 5359/92). Docenti universitari eletti al Parlamento o nei Consigli regionali -Collocamento in aspettativa senza assegni -Se decorra dal 31 marza 1993. Se per i professori e ricercatori universitari, che siano eletti al Parlamento o nei Consigli Regionali, il divieto di cumulo fra l'indennit parlamentare e il trattamento economico di impiego sia operante dal 31 marzo 1993 oppure dal 1 giugno 1994 (es. 2611/93). Scuola materna, elementare e media inferiore -Idonei nei concorsi banditi in prima applicazione della legge 270/82 -Domanda di immissione in ruolo mediante l'utilizzazione di posti DOA previsti in cifra fissa non utilizzati per il riassorbimento di soprannumerari. Se debba escludersi la possibilit che venga a mutare l'indirizzo giurisprudenziale del Consiglio di Stato secondo il quale l'Amministrazione della Pubblica Istruzione ha l'obbligo di provvedere sulle domande -presentate da coloro che sono risultati idonei nei concorsi banditi in sede di prima applicazione della legge 270/82 e che non hanno proposto ricorso avverso i provvedimenti di riassorbimento dei posti di dotazione organica aggiuntiva (DOA) della scuola materna, elementare, media di primo grado, previsti per la prima applicazione della ridetta legge 270/82 e non utilizzati per il riassorbimento degli insegnanti soprannumerari o per i trasferimenti -domande con le quali i ridetti idonei chiedono (in virt della loro utile posizione nella graduatoria) di essere nominati in ruolo quali vincitori dei concorsi mediante l'utilizzazione dei posti DOA summenzionati; e se vadano impugnate le sentenze dei Tribunali Amministrativi Regionali che affermano l'obbligo della amministrazione di procedere alla nomina dei surriferiti idonei (es. 2022/91). Veterinari docenti universitari -Quota di utili derivanti da prestazioni rese dall'Universit in base a convenzioni con enti -Sottoponibilit al contributo previdenziale integrativo ex art. 12 legge 136/91. Se i veterinari docenti universitari che abbiano titolo alla ripartizione dei proventi derivanti da contratti o convenzioni stipulati dalle Universit con enti, debbano corrispondere all'ENPAV, sulle somme percepite, il contributo integrativo previsto dall'art. 12 legge 12 aprile 1991 n. 136 (es. 1873/93). 116 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO NAVIGAZIONE -Opere portuali -Da costruire e gestire in concessione -Aggiudicazione. Se siano affidabili a trattativa privata, senza il rispetto delle forme di pubblicit previste dalla normativa comunitaria in materia di appalti, le costruzioni di opere portuali (nel caso di specie in Civitavecchia) che debbano poi essere gestite, in concessione, dall'impresa costruttrice (es. 3251/93). ORDINE E SICUREZZA PUBBLICA -Agente della polizia di Stato -Uso da parte sua delle armi per evitare la commissione di un reato, mentre non si trova in servizio -Procedimento penale per fatti conseguenti al ridetto uso delle armi -Spese sostenute dall'agente per la difesa nel giudizio -Rimborso da parte dell'Amministrazione -Se spetti. Se l'agente di polizia, che abbia fatto uso delle armi per impedire la commissione di un reato, che vedeva perpetrato in un momento in cui egli non era in servizio, abbia diritto al rimborso -da parte della Amministrazione -delle spese da lui sostenute per difendersi nel giudizio I penale promosso nei suoi confronti per fatti conseguenti al ridetto uso ~ delle armi (nella specie decesso di colui che voleva compiere una rapina) (es. 3299/93). ~ j PUBBLICA AMMINISTRAZIONE -Contratti della P.A. -Misure antimafia . Divieto di cessione del contratto di appalto -Estensione -Appalti di servizi. I I 0 Se il divieto di cessione del contratto di appalto sancito dall'art. 22 legge 12 luglio 1991 n. 203 si applichi anche agli appalti di servizi (nella I ~ specie, trasporti postali) (es. 5881/91). RISCOSSIONE DELLE IMPOSTE -Crediti per imposte e di rimborso di imposta I Interessi -Prescrizione -Decorrenza. ~ Se la prescrizione degli interessi relativi a un credito dell'erario per imposta (o del contribuente per rimborso di imposta) contestato in sede giudiziale, inizi a decorrere solamente con il passaggio in giudicato della sentenza che accerta l'esistenza e l'ammontare del credito per tributo I (o di rimborso) (es. 339/93). I SICUREZZA PUBBLICA -Beni immobili di propriet di indiziato di appartenere i alla mafia -Confisca ex legge 575/65 -Diritti reali, ipoteche, pignora! i menti gravanti sugli immobili -Sorte. ! 1 Se la confisca esecutiva (ex. legge 575/65) dei beni immobili di proI priet di persona sospettata di appartenere ad associazione mafiosa, comporti l'estinzione dei diritti reali di godimento, delle ipoteche, dei pignoramenti gravanti sui ridetti immobili (es. 4106/93). I ! I I I I PARTE II, CONSULTAZIONI 117 Disposizioni contro la mafia -Contratti di appalto di opere pubbliche o/e contratti di pubbliche forniture -Imprese estere -Certificazione antimafia -Acquisizione -Necessit. Se l'amministrazione abbia l'obbligo di acquisire il certificato antimafia relativamente a imprese estere che intendano partecipare ad un appalto di opere pubbliche (es. 6421/93). TRASPORTI -Linea ferroviaria gestita da commissario governativo -Lavori di ammodernamento -Affidamento in concessione e affidamento in appalto, da parte del concessionario, a trattativa privata -Collaudo in corso di opera -Nomina di un ente quale direttore dei lavori Possibilit. Se i lavori di ammodernamento di linee feJ:1roviarie gestite da Com missari Governativi (nella specie Ferrovia Centrale Umbra); 1) possano essere affidati in concessione a trattativa privata e se il concessionario possa a sua volta affidare i lavori stessi in appalto a trattativa privata; 2) se relativamente a detti lavori possa procedersi al collaudo in corso d'opera mediante apposita commissione; 3) se la direzione dei lavori possa essere svolta da un ente (es. 1630/93). URBANISTICA -Programma pluriennale di attuazione scaduto -Proroga Possibilit. Se possa essere prorogato il Piano Pluriennale di Attuazione scaduto, evitandosi cos l'applicazione dei vincoli del piano paesistico regionale (es. 3833/93). TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI -Imposta sul valore aggiunto -Violazioni in materia di emissione della ricevuta fiscale o dello scontrino fiscale Sanzioni -Sospensione della licenza o dell'autorizzazione all'esercizio dell'attivit svolta -Pi applicazioni della sanzione per infrazioni commesse nel medesimo quinquennio -Possibilit. Se possa applicarsi pi volte, per infrazioni commesse nel medesimo quinquennio, la sanzione della sospensione della licenza commerciale prevista, per l'ipotesi di commissione di tre distinte violazioni dell'obbligo di emissione della ricevuta o dello scontrino fiscale, dal d.l. 46/76 e dalla legge 18/83 (es. 8573/89). Tasse automobilistiche -Consegna di veicolo per la rivendita ad impresa autorizzata -Mancata annotazione della susseguente vendita nei registri del P.R.A. -Soggetto passivo. Chi sia tenuto al pagamento della tassa automobilistica relativa a un veicolo consegnato per la rivendita ad impresa autorizzata o comunque abilitata al commercio dei veicoli, quando la susseguente vendita del veicolo stesso non sia stata annotata nei registri del P.R.A. (es. 2936/92). ~ I I I!~ I ~ I Ii ~ I I II j