ANNO XXXII N. 4/5 LUGLIO-OTTOBRE 1980 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ISTlTUTC POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO ROMA 1980 ABBONAMENTI ANNO 1980 ANNO ............................. L. 20.000 UN NUMERO SEPARATO 3.500 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO Direzione Commerciale -Piazza G. Verdi, 10 -00100 Roma e/e postale n. 387001 Stampato in Italia -Printed in Italy Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 (2219047) Roma, 1980 -Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato P.V. INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura del/'avv. Franco Favara) pag. 687 Sezione seconda: GIURISPRUDENZA ZIONALE (a. cura COMUNITARIA del/'avv. Oscar E INTERNA- Fiumara) 71 s Sezione terza: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE (a cura degli avvocati Carlo Carbone, Carlo Sica e Antonio Cingolo) 751 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA CIVILE (a cura degli avvoati Adriano Rossi e Antonio Catrical) 773 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA del/'avv. Raffaele Tamiozzo) (a cura 800 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA vocato Carlo Bafle) . (a cura dell'av 809 Sezione settima: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI (a cura degli avvocati Sergio La Porta, Piergiorgio Ferri e Paolo Vittoria) . 847 Se:z:ione ottava: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura del/'avv. Paolo Di Tarsia Di Be/monte) 869 Parte seconda: QUESTIONI -LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO LEGISLAZIONE . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 107 La pubblicazione diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AVVOCATURE Avvocati Gauco NoRI, Ancona; Francesco Cocco, Bari; Michele DIPACE, Bologna; Giovanni CONTU, Cagliari; Francesco GUICCIARDI, Genova; Marcello DELLA VALLE, Milano; Carlo BAFILE, L'Aquila; Giuseppe Orazio Russo, Lecce; Nicasio MANCUSO, Palermo; Rocco BERARDI, Potenza; Maurizio DE FRANCHIS, Trento; Paolo SCOTTI, Trieste; Giancarlo MANn, Venezia. ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI P. DI TARSIA DI BELMONTE, L'applicabilit dell'obbligo della denuncia degli infortuni sul lavoro al Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco . I, 871 P. DI TARSIA DI BELMONTE, Un reato d'omissione d'atti di ufficio colposo o addirittura contravvenzionale? . I, 874 tutela Motivazione -Riferimento a Giurisdizione sul mevito del giudice tutela Motivazione -Riferimento a Giurisdizione sul mevito del giudice PARTE PRIMA INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ACQUE PUBBLICHE ED ELETTRI CITA -Competenza e giurisdizione -Tribunale superiore delle acque, giudice ragioni di pubblico interesse -Attualit e concretezza dell'interesse -Necessit Sussiste -Effetti, 800. amministrativo o giudice ordinario Requisizione di utenza -Provvedimento in materia di acque pubbliche Giurisdizione del Tribunale superiore Sussiste -Inesistenza giuridica dell'atto e giurisdizione del giudice ordinario -Non sussiste Potere esercitato -Individuazione, 847. -Competenza e giurisdizione -Tribunali delle acque e tribunali ordinari Linea di demarcazione tra propriet privata e bacino lacuale -Controversia ~ Competenza Tribunali delle acque, 862. -Concessione e derivazione -Ammissione ad istruttoria . Ricorso Presentatori di domande concorrenti Interesse Sussiste -Titolari di concessione -Non sussiste, 861. -Giudizio e procedimento -Composizione del Tribunale superiore delle acque Partecipazione di funzionari tecnici dipendenti dalla P .A. -Questioni di legittimit costituzionale Manifesta infondatezza, 847. -Giudizio e procedimento -Ricorso avverso provvedimenti in materia di acque pubbliche -Requisizione di acque e impianti di eduz4one -Interesse ad agire -Individuazione, 848. -Laghi -Limiti dell'alveo -Individuazione -Criterio -Livello naturale, 862. -Requisi2fone di utenza -Imprevedibilit della carenza di acqua -Mancanza -Illegittimit, 849. -Requisizione di utenza Potere del prefetto ex art. 7 legge 20 marzo 1865, n. 2248, ali. E, e del ministro dei lavori pubblici ex art. 43, t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775 Rapporti, 849. ANNULLAMENTO E REVOCA - Annullamento d'ufficio in via di auto ATTO AMMINISTRATIVO -Sopravvenienza di leggi - Tempus regit actum Criteri di applicazione del principio, 804. COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi -Liquidazione coatta amministrativa Mancanza dei presupposti -Dichiarazione di fallimento Giurisdizione dell'A. G.O., 754. -Giurisdizione amministrativa Al loggi delle cooperative per edilizia popolare ed economica -Controversie Prima della stipulazione del mutuo individuale -Sussiste la giurisdzione amministrativa, 806. -Giuri'5dizione ordinaria e ammini strativa -Contratti di guerra -Sistemazione e liquidazione -Situazione soggettiva connessa alla titolarit di contratti non definiti -Anteviormente alla pronuncia del commissario -Interesse legittimo Silenzio sulla domanda di sistemazione -Azione giudiziaria Improponibilit -Silenzio rifiuto Rimedi, 857. -Giurisdizione ordinaria ed amministrativa Controversie relative alla violazione di doveri assistenziali e previdenziali da parte della P.A. Giurisdizione del giudice amministrativo, 753. -Giurisdizione ordinaria ed amrmmstrativa Disapplicazione di atti amministrativi -Contravvenzioni depenalizzate -Poteri ed obblighi dell'A. G.O., 751. - Giurisdizione ordinaria ed amministrativa Provvedimenti d'urgenza INDI<:a DELLE amministrativo -Giurisdizione dell'A. G.O. in via d'urgenza -Esclusione, 760. -Giurisdizione ordinaria ed amministrativa -Televisione -Teletrasmissione -Necessit di autorizzazione ministeriale -Difetto -Posizione giuridica soggettiva di interesse legittimo -Tutela delia banda di frequenza -Difetto di giurisdizione del1' A.G.O., 760. COMUNIT: EUROPEE ~ Agricoltura -Organizzazione comune dei mercati -Settore dello zucchero Divieto totale o parziale di aiuti Infrazione -Procedura d'accertamento, 715. -Agricoltura -Organizzazione comune di mercato nel settore dello zucchero -Riporto del prodotto alla campagna successiva -Spese di magazzinaggio -Aiuti vietati, 715. -Agricoltura -Organizzazione comune di mercato nel settore dello zucchero -Spese di magazzinaggio Rimborso parziale -Ulteriori indennit compensative stabilite dagli stati membri -Divieto, 715. -Libera circolazione delle merci -Disposizioni fiscali interne -Muti con cessi dagli Stati -Compatibilit con le norme del Trattato -Procedure d'accertamento, 716. -Libera circolazione delle merci Disposizioni fiscali interne -Aiuti concessi dagli Stati -Sovrapprezzo sullo zucchero -Destinazione del gettito -Effetti discriminatori, 716. -Libera circolazione delle persone Limitazioni per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanit pubblico -Garanzie -Obblighi degli Stati, 729. -Libera circolazione delle persone Limitazioni per moti'Vi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanit pubblica -Provvedimento amministrativo di espulsione dello straniero -Parere di altra autorit pubblica indipendente -Necessit, 729. -Libera circolazione delle persone Limitazioni per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanit pubblica -Provvedimento amministrativo di espulsione dello straniero -Parere di altra autorit pubblica indipendente -Requisiti, 729. CONSULTAZIONI -Unione doganale -Licenza d'esportazione con restituzione prefissata Furto del titolo -Conseguenze, 736. -Unione doganale -Tariffa doganale comune -Voce 07.04 -Preferenze generalizzate in favore dei paesi in via di sviluppo Funghi tagliati in fette o in pezzi, 747. -Unione doganale -Tasse all'importazione indebitamente percepite -Traslazione della tassa liUll'acquirente della merce -Richiesta di rimborso da parte dell'importatore -Limiti derivanti dal diritto interno -Compatibilit con il diritto comunitario, 743. -Unione doganale -Tasse di effetto equivalente a dazi doganali -Diritti di visita sanitaria non dovuti -Richiesta di rimborso -Rinvio all'ordinamento giuridico nazionale -Limiti, 743. CORTE COSTITUZIONALE -Conflitto di attribuzione tra Stato e Regione -Sospensione dell'atto per cui conflitto -Sentenza di giudice penale -Incidenza sul funzionamento dell'assemblea regionale siciliana, 704. -Giudizio in via incidentale -Giudice istruttore civile -Legittimazione a sollevare questione di legittimit costituzionale -Limiti, 710. -Sopravvenienza di legge modificatrii:: e di disposizione sub judice Nuovo esame circa la rilevanza -Rimessione al giudice a quo -Condizioni, 707. DEMANIO E PATRIMONIO -Demanio marittimo -Arenili -Classificazione tacita -Inammissibilit, 795. -Demanio marittimo -Arenile -Natura demaniale, 795. EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE -Cessione in propriet degli alloggi Prezzo di cessione -Modifica dei criteri di determinazione -Legittimit costituzionale, 707. -Piani di zona per edilizia economica e popolare -Modifiche di scarso rilievo intervenute dopo la pubblicazione -Nuova pubblicazione -Necessit -Esclusione, 805. vm RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -Piani di zona -Preesistenza di un programma di fabbricazione -Esigenza di previa variante Non sussiste -Applicabilit dell'art. 3 legge 167/1962 Effetti, 804. EDILIZIA E URBANISTICA -Annullamento delle licenze di costruzione -Poteri del Sindaco e della Regione -Rapporto -Effetti, 800. -Licenza di costruzione -Rilascio Condizioni Piano di lottizzazione Criteri -Effetti, 800. -Licenza di costruzione -Violazioni Accertamento -Potere di annullamento regionale -Criteri, 800. -Misure di salvaguardia -Applicabilit -Atto formale di adozione di nuove previsioni urbanistiche -Necessit -Piano di edilizia popolare ed economica -Estensione, 804. -Strumenti urbanistici primri -Articolo 4 L. 291/1971 -Piani regolatori -Efficacia -Inclusione dei comuni negli elenchi -Effetti, 800. ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT -Azione per risarcimento danni! per occupazione abusiva -Emissione del decreto di esproprio dopo la pronunzia della Corte d'appello -Esibizione in cassazione -Legittimit Effetti, 788. -Indennit di esproprio -Debito di valuta -Rivalutazione -Esclusione Interessi legali, 779. I -Indennit di esproprio -Determinazione -Criteri, 779. -Indennit di esproprio -Momento di riferimento, 779. GIUDIZIO AMMINISTRATIVO -Appello -Applicabilit art. 327 cod. proc. civ. Sussiste -Sospensione feriale, 806. -Appello -Decisione sulla proposizione del giudizio -Avvocatura dello Stato -Autonomia e indipendenza rispetto alle Amministrazioni patrocinate -Sussistono Effetti, 807. -Appello -Decorrenza del termine per la proposizione -Notificazione della sentenza del T.A.R. -Amministrazione statale costituita a mezzo dell'Avvocatura dello Stato -Notificazione presso l'Avvocatura -Necessit -Sussiste, 807. -Appello -Deducibilit di motivi di ricorso diversi rispetto al ricorso di primo grado -Preclusione, 804. -Appello -Forma -Mera riproduzione generica dei modvi di primo grado Effetto devolutivo dell'appello -Limiti -Conseguenze, 803. -Appello Principio devolutivo -Ripetizione di doglianze gi proposte in primo grado -Ammissibilit, 800. -Appello -Principio devolutivo -Riproposizione con diverso contenuto di doglianza gi proposta in primo grdo Ulteriori deduzioni come mere difese -Ammissibilit, 804. - Ricorso Nuovi motivi dedotti in memoria -Memoria non notificata Effetti -Inammissibilit -Sussiste, 800. -Ricorso -Proponibilit -Tardivit . Eccezione -Effetti Prova della pie. na conoscenza dell'atto -Onere incombente sul soggetto che propone l'eccezione di tardivit, 802. IMPIEGO PUBBLICO -Trasferimenti -Trasferimento da un ufficio ad un altro della stessa localit Obbligo di motivazione Non sussiste, 808. -Sciopero Misure per supplire i lavoratori scioperanti -Legittimit costituzionale, 710. IMPOSTE E TASSE -Contributi di miglioria specifica Principio della capacit contributiva -Applicabilit -Carattere attuale della capacit contributiva -Necessit, 687 IMPOSTE IN GENERE -Definizione agevolata delle pendenze -Data di notifica di decisione di I commissione tributaria -Rilevanza -)'.: Legittimit costituzionale, 695. ! ! {: ~ f: .. -1 INDICE DELLA GIURISPRUDENZA -Definizione agevolata delle pendenze -Disparit di trattamento fra contribuenti Insussistenza, 694. -Definizione agevolata delle pendenze -Pendenze concernenti solamente sopratasse Esclusione dalla definizione agevolata Legittimit costituzionale, 695. -Definizione agevolata delle pendenze Riliquidazione separata delle imposte sui redditi nei confronti di coniugi -Esclusione Legittimit costituzionale, 694. LOCAZIONI -Convivente moro uxorio con conduttore defunto -Diseguaglianza rispetto a coniuge superstite ed ai figli naturali -Legittimit costituzionale, 687. . -Immobili urbani adibiti ad uso di abitazione -Proroga dei contratti Parametro del reddito -Non consideraziJone degli oneri familiari -Legittimit costituzionale, 713. MILITARE -Competenza e giurisdizione penale Concorso formale tra reato comune e reato militare -Simultaneus processus -Esclusione -Legittimit costituzionale, 691. OBBLIGAZIONI E CONTRATTI -FideiussiJone -Diffida al debitore Termine di sei mesi -Proroga pattizia -Decadenza -Non sussiste, 791. -Fideiussione -Surrogazione del fi. deiussiore -Inerzia del creditore Estinzione -Non sussiste, 791. OPERE PUBBLICHE -Artt. 29 e 31 legge 17 agosto 1942, n. 1150 Rapporto fra progetti di opere pubbliche e norme urbanistiche locali -Effetti, 803. PENA -Misure alternative alla detenzione Esclusione per alcuni delitti -Legittimit costituzionale, 705. PIANO REGOLATORE -Pubblicazione del progetto dopo la delibera comunale di adozione -Provvedimento finale di approvazione Non comporta nuova pubblicazione, 803. PRESCRIZIONE E DECADENZA -Eccezione di interruzione -Eccezione in senso proprio -Non rilevabilit d'ufficio, 773. -Produzione del documento Prova dell'eccezione -Inammissibilit in Cassazione, 773. PROCEDIMENTO PENALE -Impugnazione -Assoluzione perch il fatto non costituisce reato -Richiesta di assoluzione con la formula perch il fatto non . preveduto dalla legge come reato -Ammissibilit, nota di TARSIA DI BELMONTE, 870. -Impugnazioni penali Cassazione Declaratoria immediata di cause di non punibilit, di improcedibilit, di estinzione del reato o della pena Evidenza della non colpevolezza Requisiti, 873. -Impugnazioni penali -Soggetti del , diritto di impugnazione -Parte civile -Procedimento pretorile -Notificazione al Pubblico Ministero o al Procuratore della Repubblica Esclusione, 869. -Parte civile -Impugnazioni -Limiti, 869. REATO -Obbligo di denunzia di infortuni sul lavoro all'autorit di P.S. -Corpo nazionale dei vigili del fuoco -Applicabilit, con nota di P. DI TARSIA DI BELMONTE, 870. -Omissione d'atti d'ufficio -Dolo generico -Si identifica con la coscienza di violare l'obbligo, con nota di P. DI TARSIA DI BELMONTE, 874. RICORSO GIURISDIZIONALE -Atto basato su pluralit di motivi Esigenza di censurare tutti i motivi -Sussiste -Effetti, 800. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO X SANITARIO -Sanitario ospedaliero -Requisiti di idoneit -"Valutazione del servizio di ruolo -Criteri, 807. TRIBUTI ERARIALI DIRETTI -Accertamento Accertamento induttivo -Onere della prova, 819. -Imposta di ricchezza mobile -Lotterie e concorsi a premio -Distinzione -Obbligo di ritenuta, 836. -Imposta di ricchezza mobile -Plusvalenza Valore di riferimento -Ac" certamento sintetico non contenente riferimento ai beni -Rilevanza del valore dichiarato, 833. -Soggetti passivi Organizzazione di beni e di persone senza personalit giuridica Fondo di previdenza del personale dell'I.N.A.I.L. -Appartiene all'I.N.A.I.L. -Esclusione di soggetti vit tributaria autonoma, 815. TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI -Imposta di registro -Regime anteriore alla riforma -Enfiteusi -Base imponibile Accertamento secondo il valore del bene -Esclusione, 843. -Imposta sull'entrata -Condono Pagamento del tributo nel termine . Omissione Decadenza, 823. -Imposta sull'entrata -om lubrificanti soggetti all'imposta di fabbricazione -Potere del Ministero delle Finanze di determinare aliquote condensate -Legittimit -Potere di determinare il prezzo medio -Esclusione, 809. ' -Imposta sull'entrata -Vendita di opere d'arte tra non commercianti . Esercizio di attivit economica occasionale -Configurabilit, 841. -Imposte doganali -Revisione dell'accertamento -Termine -Questioni di qualificazione, valore e origine -Termine semestrale di decadenza -Altre questioni -Termine quinquennale di prescrizione, 830. -Riscossione Ingiunzfone -Emissione ai soli fini interruttivi o per la prosecuzione dell'esecuzione -Validit come ingiunzione . Esclusione, 826. TRIBUTI IN GENERE -Dichiarazione Condono Decadenza Effetti della dichiarazione . Permangono, 823. -Dichiarazione dei redditi Effetti ' Dichiarazione condizionata Ammissibilit, 815. -Potest tributaria di imposizione Riserva di legge relativa Normativa rimessa al Ministero delle Finanze Impugnazione -Giurisdizione ordinaria, 809. INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 14 aprile 1980, n 45 . . pag. )) 22 aprile 1980, n. 54 . . 20 maggio 1980, n. 73 . )) 11 giugno 1980, n. 80 . . 19 giugno 1980, n. 94 (ordinanza) . )) )) 25 giugno 1980, n. 96 . ,. 7 luglio 1980, n. 107 . 23 luglio 1980, n. 119 . )) 23 luglio 1980, n. 122 . 25 luglio 1980, n. 125 . 30 luglio 1980, n. 132 . CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE 24 aprile 1980, nella causa 72/79 . . . pag. 21 maggio 1980, nella causa 73/79 . . )) 22 maggio 1980, nella causa 131/79 . 26 giugno 1980, nella causa 808/79 . 311 sezione, 10 luglio 1980, nella causa 826/79 . 2 sezione, 16 ottbre 1980, nelle cause riunite 824 e 825/79 . )) GIURISPRUDENZA CIVILE CORTE DI CASSAZIONE Sez. Un., 17 novembre 1978, n. 5327 . pag. Sez. I, 12 novembre 1979, n. 800 . . . Sez. I, 14 novembre 1979, n. 1511 . . Sez. Un., 19 novembre 1979, n. 6020. Sez. I, 24 gennaio 1980, n. 579 ... Sez I, 4 febbraio 1980, n. 774 . . . )) Sez Un., 15 febbraio 1980, n. 1125 . Sez. I, 19 febbraio 1980, n. 1218 . )) Sez. I, 21 febbraio 1980, n. 1245 . Sez. I, 26 febbraio 1980, n. 1330 . Sez. I, 4 marzo 1980, n 1432 . . Sez. I, 11 marzo 1980, n. 1612 . Sez. I, 11 marzo 1980, n. 1618 . 687 687 691 694 704 694 705 695 707 710 713 715 716 729 736 743 747 847 773 779 809 815 819 857 823 826 830 833 836 841 I ~ XlI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Sez. I, 13 marzo 19801 n. 1691 . . . 843 ili !:' Sez. Un., 25 marzo 1980 n. 1990 . 848 ':: Sez. Un., 12 aprile 1980, n. 2324 . )) 751 ~:: ~~~ r,; Sez. I, 26 aprile 1980, n. 2010 .. 788 ~:: ;.-.: Sez. I, 28 aprile 1980, n. 2899 . . . )) 791 ~:: Sez. I, 6 maggio 1980, n. 2995 . . )) 795 ~'.: Sez. Un., 7 maggio 1980, n. 2997 . )) 753 ~ Sez. Un., 18 luglio 1980, n. 4681 . )) 754 Sez. Un., l 0 ottobre 1980, n. 5336 . )) 766 TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE 20 narzo 1980 n. 4 . . pag. 849 6 m~ggio 1980 n. 10 . )) 861 6 maggio 1980, n. 13 . 862 GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Ad. Plen., 6 maggio 1980, n. 12 . pag. 807 Ad. PI. 20 maggio 1980, n. 18 .. 800 Sez. IV, 1 aprile 1980, n. 321 . )) 802 Sez. IV, 1 aprile 1980, n. 326 . )) 803 Sez. IV, 1 aprile 1980, n. 330. )) 804 Sez. IV, 1 aprile 1980, n. 332. 806 Sez. IV, 6 maggio 1980, n. 502. )) 807 GIURISPRUDENZA PENALE CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, ud. 13 marzo 1979, n. 669. pag. 869 Sez. II, 25 maggio 1979, n. 896 .. )) 869 Sez. VI, 3 luglio 1979, n. 1306 . . 873 Sez. III, 5 giugno 1980, n. 1119 . )) 870 PRETURA Roma, Sez. IV, 30 ottobre 1980, n. 14976 . )) 87+ I I PARTE SECONDA INDICE DELLA LEGISLAZIONE LEGISLAZIONE I . Norme dichiarate incostituzionali. II . Questioni dichiarate non fondate . III Questioni proposte . . . . . . . . . pag. 107 108 110 {: ;: ~:: r '.::. ~~= -~~ ~~ l: !i ---!; ~~ PARTE PRIMA GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, 14 aprile 1980, n. 45 -Pres. Amadei -Rel. Rossano -De Piccoli ed altri (n.p.) e Presidente Consiglio Ministri (avv. Stato Azzariti). Locazioni -Convivente more uxorio con conduttore defunto Diseguaglianza rispetto a coniuge superstite ed a figli naturali -Legittimit costituzionale. (Cost., art. 3; legge 23 maggio 1950, n. 253, art. 1; legge 12 agosto 1974, n. 351, art. 2-bis). La situazione del convivente more uxorio con il conduttore defunto nettamente diversa da quella del coniuge e degli altri soggetti indicati, in modo tassativo, dall'art. 2-bis comma primo, parte prima, legge 12 agosto 1974, n. 351 e dall'art. l, comma quarto, parte prima, legge 23 maggio 1950, n. 253; pertanto, tali disposizioni non contrastano con l'art. 3, Cast. CORTE COSTITUZIONALE, 22 aprile 1980, n. 54 -Pres. Amadei -Rel. Elia -Soc. generale immobiliare .(n.p.) e Presidente Consigilo dei Ministri (avv. Stato Azzariti). Imposte e tasse -Contributi di miglioria specifica -Principio della capacit contributiva Applicabilit -Carattere attuale della capacit contributiva -Necessit. (Cost., artt. 3 e 53; d.l. 18 novembre 1965, n. 976, art. 80; d.!. 11 dicembre 1967, n. 1132; legge 28 ottobre 1970, n. 801, artt. 6 e 9). L'art. 53 Cast. si applica anche ai contributi di miglioria specifica e in genere ai tributi caratterizzati dalla coincidenza del presupposto con un vantaggio individualizzato acquisito in un bene immobile per effetto di un intervento pubblico di utilit generale: gli incrementi di valore o plusvalori patrimoniali di beni immobili costituiscono tipica espressione di nuova ricchezza, e si presentano dunque come indici diretti o immediati di capacit contributiva. Contrastano con gli artt. 3 e 53, Cast., l'art. 80, primo comma, n. 2, del d.l. 18 novembre 1966, n. 976 (testo 2 688 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO modificato dalla legge 23 dicembre 1966, n. 1142), nella parte in cui, per l'applicazione dell'addizionale ai contributi di miglioria, fa riferimento all'anno di esazione dei contributi stessi o di un loro rateo, ed il d.l. 11 dicembre 1%7, n. 1132 (conv. con legge 7 febbraio 1968, n. 27) e degli artt. 6 e 9 della legge 28 ottobre 1970, n. 801, nelle parti in cui si riferiscono, per gli stessi fini, ai contributi di miglioria (1). (omissis) I contributi di miglioria specifica (la cui abolizione, prescritta al legislatore delegato dall'art. 1, n. III, legge 9 ottobre 1971, n. 825, si poi realizzata con l'art. 32 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643) eran0 un tipo di tributo caratterizzato dalla coincidenza del presupposto con un vantaggio individualizzato, acquisito in ordine ad un bene immobile, per effetto di un intervento pubblico di utilit generale (incremento di valore del bene dovuto, nella maggior parte dei casi, alla esecuzione di un'opera da parte dello Stato, del Comune, della Provincia). (omissis) pacificamente riconosciuta, in giurisprudenza ed in dottrina, la natura tributaria di tali contributi, anche se pi controversa la loro caratterizzazione nei confronti delle imposte e delle tasse. Non emergono, comunque, valide ragioni per escludere che ad essi si applichino i principi di cui all'articolo 53, primo comma, Cost. ed in particolare quelli relativi alla capacit contributiva, sia per l'ampiezza della formula costituzionale (concorrere alle spese pubbliche) sia perch l'esclusione gi affermata in ordine a prestazioni di servizi il cui costo si possa determinare divisibilmente (sentenza n. 30 del 1964) va riferita alla particolare fattispecie delle spese processuali previste dagli artt. 488 e 613 cod. proc. pen. In effetti, da ritenere che gli incrementi di valore o plusvalori patrimoniali di beni immobili costituiscano tipica espressione di nuova ricchezza, e. si presentino dunque come indici diretti o immediati di capacit contributiva. Se vero che i contributi o tributi speciali sono conformati dal legislatore sul modello dell'imposta, poich dal realizzarsi del presupposto sorge l'obbligo del pagamento del tributo, (1) Dopo aver ribadito che gli incrementi di valore o plusvalori patrimoniali di beni immobili costituiscono tipica espressione di nuova ricchezza e si presentano dunque .come indici diretti o immediati d capacit contributiva, la Corte costituzionale ha distinto tra presupposto di legittima imposizione costituito dalla esistenza di un indice di capacit contributiva) e parametro della misura della imposizione . La distinzione appare strumento concettuale utile per molte applicazioni. Nella sentenza si afferma inoltre che il "carattere attuale" sarebbe, per cos dire naturaliter, proprio della capacit contributiva. Nella sentenza 11 aprile 1969, n. 75 (in questa Rassegna, 1969, 415, con indicazioni di dottrina) si era osservato come la stessa dottrina tributaristica pi sensibile ai limiti derivanti alJa legis'1azione ordinaria daJ principio della capacit contributiva non abbia mancato di rilevare che una legge pu colpire una capacit contributiva esistente in un momento anteriore e rivelata da fatti passati, senza per ci solo violare l'art. 53, purch vi sia una ragionevole presunzione che, PARTl1 I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 689 deve del pari riconoscersi che, a differenza che nelle imposte, il vantaggio dell'obbligato rileva come elemento costitutivo del presupposto stesso. Anzi, la specifica natura di questo elemento essenziale del presupposto garantisce di per s l'effettivit del rapporto tra presupposto del tributo e capacit contributiva. I principi di capacit contributiva, inoltre, debbono farsi valere, per logica derivazione, anche nei confronti della addizionale straordinaria prevista dal citato art. 80 del d.I. 18 novembre 1966, n. 976, come emendato nella legge di conversione e negli atti legislativi di proroga e di aumento. Se dunque l'art. 53, .primo comma, si applica all'imposizione di carattere additivo prevista in via straordinaria, ha una importanza minore chiedersi se anche ai contributi di miglioria (e di conseguenza alla connessa addizionale) possa riferirsi la nozione di periodo di imposta; e se s, con quale significato, almeno in parte diverso da quello di solito attribuito. evidente infatti che, sia pure con differenze rispetto aUe imposte sul reddito {nel quale il presupposto ha carattere ricorrente, dando luogo ogni anno ad autonome obbligazioni) anche per i contributi di miglioria assume specifico rilievo una delimitazione temporale, e cio l'individuazione del tempo in cui sia venuto in essere una tantum l'incremento di valore del bene. Ma ci che pi importa, dal punto di vista del sindacato di costituzionalit, l'accertare se la imposizione dell'addizionale stata o meno collegata dal legislatore al presupposto dell'originario contributo o ad una autonoma e diversa manifestazione di capacit contributiva. In realt, sia dall'ordinanza che dagli atti delle parti emerge, anche se non enucleata in modo esplicito come per il principio di egua glianza tributaria, la questione logicamente preliminare in ordine al principio di capacit contributiva: quella cio che attiene all'esistenza di un indice di capacit come presupposto di legittima imposizione. Solo se il presupposto presente, la capacit contributiva potr poi farsi valere come limite e come parametro della misura dell'imposizione. nella normalit dei casi, quella capacit contributiva permanga al momento della imposizione . Ora, mentre risulta corretto esigere che un indice di capacit contribu tiva sia o sia stato effettivamente esistente (con esclusione quindi delle supposizioni sul futuro), non pare possa ravvisarsi nella attualit un con notato necessario o anche solo naturale della capacit contributiva. La nozione di attualit stata utilizzata dal giurista per indicare la persistenza >>, in un determinato momento assunto come presente, di un :in teresse o di una situazione giuridica; non sembra che la stessa nozione possa essere utilizzata anche con riferimento ad un fatto (o ad una situazione di fatto), posto che -eccettuati i casi previsti dalla Costituzione (cos, all'art. 25 Cost.) -non pu escludersi la valorizzabilit da parte del legislatore di fatti pur compiutamente realizzatisi. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Orbene, nella fattispecie dell'art. 80 manca il collegamento con un autentico indice di capacit, in quanto si fa riferimento, per l'imposizione dell'addizionale, non gi ad un fatto relativo all'incremento del reddito, ma puramente e semplicemente alla iscrizione a ruolo del rateo annuale del contributo di miglioria. Non necessario in questa sede precisare se il fatto presupposto si realizzi con la ultimazione dell'opera eseguita dal Comune di Roma, con il suo collaudo, o 'invece con la delibera di giunta municipale nella quale si dichiarano gli incrementi di valore post opus e si formano le relative matricole. Certo che la disciplina dell'addizionale prescinde da ogni correlazione con questi eventi (tutti anteriori, nella fattispecie sottoposta al giudice a quo, all'anno 1967). N pu dirsi che le particolari caratteristiche dei contributi di miglioria comportino la coincidenza tra periodo di imposta (nel senso sopra accolto) e periodo di iscrizione a ruolo: come chiaramente si legge nella ordinanza del Tribunale di Roma, non si pu confondere il presupposto del contributo, cui si collega il sorgere della obbligazione tributaria, con la fase della esazione del contributo stesso o dei suoi ratei, condizionata come essa , anche nel tempo, ad una serie di vicende che non toccano il venir in essere dell'incremento di valore del bene. Si ptrebbe eccepire a quanto si affermato fin qui che tra le caratteristiche dei contributi di miglioria va ravvisata la difficolt di delimitare temporalmente il vantaggio consistente nell'aumento effettivo di valore {art. 7 r.d.I. 6 luglio 1931, n. 981), maturato post opus. Ma -si pu rispondere -se il legislatore avesse voluto colpire con l'addizionale la proiezione della sopravvenuta utilit in una certa fascia di anni, avrebbe dovuto raggiungere con l'imposizione additiva anche q4ei soggetti che avessero realizzato un incremento di valore post opus negli anni immediatamente precedenti al 1967, adempiendo poi all'obbligazione tributaria con il versamento diretto in tesoreria. In fatto il legislatore si riferito esclusivamente al momento della riscossione, a partire dal 1967... N dato rinvenire un collegamento dell'addizionale con una nuova manifestazione di capacit contributiva: tale non pu sicuramente considerarsi l'iscrizione a ruolo (ed il conseguente pagamento) del rateo annuale, come ha gi affermato questa Corte nella sentenza n. 219 del 1976, precisando che l'iscrizione del tributo nei ruoli (addizionale pro Calabria) non rivela... un'autonoma e diversa capacit contributiva . Se davvero l'iscrizione a ruolo di un tributo fosse un elemento dal quale pu dedursi l'idoneit dei contribuenti a sopportare l'ulteriore prelievo di una percentuale sull'importo del tributo stesso, potrebbe legittimarsi una serie ad infinitum di addizionali (o, in genere, di maggiorazioni d'imposte o di sovraimposte) con la completa vanificazione del principio di capacit contributiva in quanto presupposto di legittima imposizione. poi da presumere che l'art. 53, primo comma, possa essere indirettamente violato sotto il profilo della retroattivit della legge tribu PARTEj I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE ()91 taria quando quest'ultima (senza tener conto del periodo di tempo in ipotesi assai lungo intercorrente tra realizzazione del presupposto e riscossione del tributo) collega a questo secondo momento l'imposizione dell'addizionale e trascura cos il carattere attuale, proprio della capacit contributiva. Innegabilmente, la dissociazione temporale tra il realizzarsi del presupposto e l'iscrizione a ruolo dei ratei annuali di pagamento, tipica dei contributi di miglioria, accentuava (a differenza che per le imposte c.d. periodiche) il pericolo che le imposizioni additive contrastassero con l'art. 53, primo comma, Cost. Ci non toglie per che, con diversa' disciplina, si possano preveder7 addizionali a tributi di questa natura in tutto conformi ai precetti degli artt. 53 e 3 Cost. Le violazioni dell'art. 3, Cost. e dell'art. 53, primo comma, Cost., sotto il profilo della eguaglianza del trattamento tributario, si presentano con carattere conseguenziale rispetto all'inosservanza del principio di capacit contributiva inteso in senso stretto. Infatti, da ci discendono disparit di trattamento tra obbligati ai contributi, anche a parit di situazioni quanto al tempo in cui sono venuti in essere i presupposti dei contributi stessi. (omissis) CORTE COSTITUZIONALE, 20 maggio 1980, n. 73 -Pres. Amadei -Rel. Paladin -Ravizza ed altri (n.p.) e Presidente consiglio dei Ministri (avv. Stato Azzariti). Militare Comp~tenza e giurisdizione penale Concorso formale tra reato comune e reato militare - Simultaneus processus -Esclu sione Legittimit costituzionale. (Cast., art. 3; cod. pen. mil. pace, art. 264). Entro i limiti della ragionevolezza, appartiene alla discrezionalit legislativa circoscrivere l'ambito di operativit del simultaneus processus; non contrasta con l'art. 3 Cost. l'art. 264 c.p.m.p. nella parte in cui non prevede la riunione dei procedimenti nei casi di concorso formale fra reati comuni e reati militari (1). (omissis) Tanto le tre ordinanze emesse dalla Corte di cassazione quanto l'unica ordinanza del tribunale militare territoriale di Padova, hanno riguardo a casi di concorso formale fra reati militari e reati (1) La legittimit costituzionale dell'art. 264 cod. pen. mii. pace stata affermata anche dalla sentenza Corte Cost., 11 giugno 1980, n. 81, dalla quale si traggono i brani che seguono. Nel corso di un procedimento in cui si profilavano, a carico di un soggetto appartenente alle forze armate, indizi di reati sia comuni sia militari RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO comuni: in ordine ai quali non opera la connessione oggettiva prevista dall'art. 264 del codice penale militare di pace, sicch le due specie di procedimenti non ricadono tutte nella competenza dell'autorit giudiziaria ordinaria, ma vanno suddivise fra i giudici ordinari e quelli militari. Rendendo impossibile il simultaneus processus, ci discriminerebbe gli imputati -in contrasto con il principio costituzionale di eguaglianza -rispetto a coloro che invece sono in grado di beneficiare della regola dettata dal primo comma dell'attuale art. 81 cod. pen. Ne deriva un'unica questione di legittimit costituzionale, concernente l'art. 264 cod. pen. mil. pace nella parte in cui esclude il caso del concorso formale fra reati militari e reati comuni dalle ipotesi di connessione e di conseguente competenza dell'autorit giudiziaria ordinaria. Pertanto, i quattro giudizi vanno riuniti e congiuntamente decisi. L'impugnativa non pu essere accolta. Gi con la sentenza 28 luglio 1976, n. 196, la Corte ha dichiarato infondata l'analoga questione di legittimit costituzionale dello stesso art. 264 cod. pen. mil. pace, in riferimento al primo comma dell'art. 3 Cost., sollevata dal tribunale di Trani: argomentando che la situazione in cui viene a trovarsi il militare che, in concorso formale, compie reati militari e reati non militari peculiare a lui solo; aggiungendo -sia pure con riguardo ad un'altra ordinanza di rimessione -che le disposizioni dell'art. 264 hanno coordinato la norma costituzionale dell'art. 103, ultimo comma, con i principi generali del processo penale; e concludendo che il legislatore ha cos fatto uso della sua discrezionalit in modo... tale da non meritare censure . A questa stregua dev'essere risolto anche il caso in esame, sebbene l'impugnativa non sia ora prospettata in termini del tutto identici a quelli su cui si form la precedente pronuncia della Corte. Fermo rimane, comunque, che l'art. 264, pr\mo comma. ha inteso attuare la parte finale dell'art. 103 Cost. (I tribunali militari... !r1 tempo di pace (simulazione di reato e violata consegna), il giudice a quo ha rilevato che ... deve oggi ritenersi reato militare "ogni violazione della legge penale militare", secondo un criterio puramente "formalistico", affidato alla pi ampia discrezionalit legislativa, e non integrabile con altri criteri "di ordine sostanziale"; sicch non tale la simulazione di reato, quand'anche commessa -come nella specie -"da un militare, in luogo militare, durante un servizio militare, e a danno del servizio militare" ... (Omissis) ... il giudice a quo trascura che la ricordata decisione della (Corte Cost., 8 aprile 1958, n. 29) concludeva nel senso dell'infondatezza della questione di Jegittimit costituzionale 1concernente J'art. 264 cod. pen. mili. pace (nel nuovo testo introdotto dalla legge 167 del 1956), in riferimento al terzo comma dell'art. 103 Cost.; e da tale norma non traeva affatto la garanzia della giurisdizione militare, nella sua configurazione precostituzionale, ma invece desumeva i limiti massimi entro i quali pu legittimamente svolgersi la giurisdizione stessa, come risulta dall'avverbio "soltanto" ... . fi: i' !i fo PARTB I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 693 hanno giurisdizione soltanto per i reati militari commessi da appartenenti alle Forze armate): statuendo la competenza dell'autorit giudiziaria ordinaria anzich di quella militare (come gi disponeva, per tutte le ipotesi di connessione tra procedimenti relativi a reati militari e comuni, il terzo comma dell'art. 49 cod. proc. pen.), quanto ai giudizi riguardanti delitti commessi da pi persone, le une soggette alla legge penale comune, le altre alla legge penale militare. Per contro, la norma si regge sul criterio di escludere la connessione, l dove si tratti dei soli soggetti attivi di reati militari: come appunto si verifica per fa connessione soggettiva prevista dall'art. 45 n. 3 cod. proc. pen. ( se una persona imputata di pi._reati ), ivi compreso chi con una sola azione od omissione viola diverse disposizioni di legge ovvero commette pi violazioni della medesima disposizione di legge , secondo la definizione del ~oncorso formale contenuta nel vigente testo del'art. 81, primo comma, cod. pen. Non a caso, la stessa connessione soggettiva cessa di operare agli effetti dell'art. 264 cod pen. mil. pace, qualora si tratti di reati commessi gli uni in occasione di altri. Tali scelte legislative, che pur formarono oggetto di discussioni nel corso dei lavori preparatori della legge 23 marzo 1956, n. 167, non appaiono in contrasto con il principio costituzionale di eguaglianza. Non diversamente che in tutte le altre ipotesi di connessione di procedimenti, anche l'art. 8 della legge n. 167, dettando il nuovo testo dell'art. 264 cod. pen. mil. pace, ha dovuto contemperare esigenze diverse ed opposte, ma entrambe presenti nell'ordinamento giuridico: assicurando, da un lato, la congiunta cognizione dei casi per i quali risultava impossibile o comunque inopportuno mantenere separati i procedimenti; ma anche garantendo, d'altro lato, la competenza del giudice normalmente ritenuto pi idoneo a risolvere determinate specie di controversie. Ora, in vista di un tale bilanciamento si giustifica che l'art. 264 cod. pen. mil. pace non consideri alcune fra le ipotesi previste nell'art. 45 cod. proc. -pen., per cui la connessione si presenta meno stringente o di grado meno elevato: qual , senza dubbio, la connessione soggettiva disposta dall'art. 45 n. 3. N la conclusione muta nell'ipotesi del concorso formale, sebbene l'interferenza fra i relativi procedimenti sia maggiore che negli altri casi di persone imputate di pi reati. Entro i limiti della ragionevolezza, appartiene infatti alla discrezionalit legislativa stabilire e circoscrivere l'ambito di operativit del simultaneus processus, senza che il diritto processuale debba fare applicazione -a pena d'illegittimit costituzionale -di alcun criterio rigidamente prefissato; e per averne una recente conferma basti ricordare, al di l degli esempi citati dall'Avvocatura dello Stato, l'art. 48-bis cod. proc. pen. (in tema di rilevanza della connessione), aggiunto dall'art. 2 della legge 8 agosto 1977, n. 534. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Del resto, giova notare come la riunione dei procedimenti, relativi a reati comuni e militari che si assumano commessi da una stessa persona in concorso formale, non rappresenti la strada obbligata per raggiungere lo scopo cui mirano i giudici a quibus, cio per consentire che si applichi l'art. 81 cod. pen. La costante giurisprudenza della Corte di cassazione orientata nel senso che tale applicazione sia comunque possibile, purch i reati successivamente giudicati risultino meno gravi di quelli per i quali sia stata gi inflitta una condanna. E parallelamente, quand'anche non sia dato ricorrere senz'altro al cosidetto giudizio suppletivo, pu soccorrere il rimedio del rinvio del dibattimento a tempo indeterminato, ordinato dal giudice secondo l'art. 432 cod. proc. pen., al fine di attendere il passaggio in giudicato della sentenza destinata ad infliggere la pena-base per la violazione pi grave fra quelle commesse in concorso formale. (omissis) I CORTE COSTITUZIONALE, 11 giugno 1980, n. 80 -Pres. Amadei -Rel. Elia -Ambrosio (n.p.) e Presidente del Consiglio dei Ministri (vice avvocato gen. Stato Albisinni). Imposte in genere -Definizione agevolata delle pendenze -Rillquidazione separata delle imposte sui redditi nei confronti di coniugi -Esclusione -Legittimit costituzionale. (Cost., artt. 3, 31 e 53; legge 12 novembre 1976, n. 751, art. 4). La definizione dei redditi ai sensi del d.l. 5 novembre 1973, n. 660, determina esaurimento dei relativi rapporti tributari; pertanto, non contrasta con gli artt. 3, 31 e 53 Cost. la disposizione che esclude la riliquidazione separata delle imposte sui redditi nei confronti dei coniugi quando intervenuta definizione ai sensi del predetto decreto legge. II CORTE COSTITUZIONALE, 25 giugno 1980, n. 96 -Pres. Amadei Rel. Elia -Giumarra ed altri (n.p.) e Presidente del Consiglio dei Ministri (avv. Stato Angelini Rota). Imposte in gen,ere -Definizione agevolata delle pendenze -Disparit di . trattamento fra contribuenti -Insussistenza. (Cost., art. 3; d.!. 5 novembre 1973, n. 660, art. 6). PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 695 Imposte in genere Definizione agevolata delle pendenze Data di no tifica di decisione di conu:nissione tributaria Rilevanza Legittbnit costit1,1Zlonale. (Cost., art. 3; d.l. 5 novembre 1973, n. 660, art. 2). L'art. 6 del d.l. 5 novembre 1973, n. 660, come convertito nella legge 19 dicembre 1973, n. 823, non esclude alcun contribuente che abbia presentato la richiesta domanda dall'ambito di applicabilit delle disposizioni per la definizione delle pendenze; non sussiste quindi contrasto con il principio di eguaglianza. L'art. 2, lettera a), del d.l. 5 novembre 1973, n. 660, come convertito nella legge 19 dicembre 1973 n. 823, nella parte in cui dispone che, se alla data del 31 ottobre 1973 non sia stata notificata decisione della commissione tributaria di primo grado, le imposte sono determinate operando la riduzione in relazione all'imponibile accertato dall'ufficio, non contrasta con il principio di eguaglianza. III CORTE COSTITUZIONALE, 23 luglio 1980, n. 119 -Pres. Amadei -Rel. Elia -s.r.l. Immobiliare Vicoforte ed altri (avv. Carboni Corner) e Presidente del Consiglio dei Ministri (avv. Stato Angelini Rota). Imposte lin genere Definizione agevolata delle pendenze Pendenze con cero.enti solamente, sopratasse Esclusione dalla definizione agevolata Legittimit costituzionale. (Cost., art. 3; d.l. 5 novembre 1973, n. 660, art. 6). Sussiste diversit oggettiva tra le situazioni di pendenza o di controversia aventi per oggetto obbligazioni tributarie e quelle riferentesi solamente a sopratasse; non contrastano pertanto con il principio di eguaglianza le disposizioni che, ai fini della definizione agevolata delle pendenze, discriminano tra dette situazioni. I (omissis) La questione non fondata. La Commissione tributaria di secondo grado di Padova denunzia l'ultimo comma dell'art. 4 della legge 12 novembre 1976, n. 751, in quanto la preclusione legislativo in esso disposta introduce una ingiustificata eccezione al principio della separazione dei redditi in contrasto quindi con gli artt. 3, 31 e 53 della Costituzione, la cui viola zione stata assunta come fondamento della sentenza della Corte co RASSEGNA DEll'AWOCATURA DEllO STATO stituzionale 15 luglio 1976, n. 179 . Come agevole dedurre dalla legge n. 751 del 1976 la preclusione legislativo si concreterebbe nella impossibilit di procedere ad una separata liquidazione della imposta complementare per i redditi a suo tempo definiti con la procedura del c.d. condono (d.l. 5 novembre 1973, n. 660, convertito con modificazioni nella legge 19 dicembre 1973, n. 823). Si pu innanzitutto osservare che I' esaurimento dei rapporti tributari definiti da chi ha richiesto il condono emerge gi con chiarezza dal testo del primo comma dell'art. 11 del d.l. 5 novembre 1973, n. 660 (non modificato, per ci che qui interessa, dalla legge di conversione), secondo cui i giudizi in corso alla data di entrata in vigore del decreto sono sospesi in seguito alla comunicazione della domanda del contribuente da parte del competente ufficio o all'esibizione della domanda del contribuente da parte del competente ufficio o all'esibizione della domanda di definizione vistata dall'ufficio finanziario a cui stata. presentata e si estinguono per effetto dell'iscrizione a ruolo, della liquidazione o del pagamento dei tributi dovuti . evidente, dunque, che nella fattispecie sottoposta al giudice a quo l'iscrizione a ruolo del tributo nella misura prescritta dal Provvedimento di condono estingueva a fortiori il rapporto fino allora pendente, restando aperta la possibilit di modifica da parte dell'ufficio o di contestazione del contribuente solo per errore materiale o per violazione delle norme del decreto sul condono. L'equivoco della parte privata pu spiegarsi con la circostanza che talvolta la formula legislativa del primo comma stata citata sostituendo erroneamente le parole o del pagamento con le altre e del pagamento, ingenerando la convinzione che solo il pagamento integrale del tributo determinato secondo condono producesse l'estinzione del rapporto: mentre chiaro, anche secondo sistema, che la iscrizione a ruolo (per le imposte riscosse mediante ruoli) o la liquidazione erano poste in alternativa ,...-con il risultato di equipararle negli effetti estintivi -rispetto al pagamento. Pertanto l'art. 4, ultimo comma, della legge 12 novembre 1976, n. 751, non ,fa che prendere atto -lodevolmente esplicitandola -di una risultanza ben presente nel sistema normativo vigente, che comporta appunto la integrale assimilazione alla decisione o sentenza passata in giudicato (o alla determinazione sintetica del reddito complessivo) della definizione del reddito stesso con le procedure del condono. N si pu ritenere arbitrario il collegamento stabilito dal legislatore tra la domanda irrevocabile presentata dal contribuente per ottenere la definizione o regolarizzazione delle situazioni pendenti secondo i moduli predisposti dal provvedimento di condono e I' esaudm, entq del rapporto cui la definizione si riferisce. In realt, quale che sia la figura giuridica dell'atto provocato dalla positiva manifestazione conciliativa (sent. n. 32 del 1976) richiesta da parte del contri PART!l I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE buente (natura di transazione, secondo la relazione ministeriale; di riconoscimento del debito, esclusa peraltro dalla giurisprudenza della Cassazione; di atto unilaterale di accertamento della pubblica amministrazione con adesione del contribuente, come si sostenuto per il concordato tributario), certo che la domanda di condono comporta la sostituzione della vecchia disciplina per la definizione dell'accertamento con quella predisposta dal d.l. 5 novembre 1973, n. 660: cos al sistema di determinazione del debito di imposta previsto dalla legge precedente subentra il sistema previsto dalla normativa sul condono. Non si pu dunque, in questo caso, tener conto della sequenza: disciplina del cumulo -sentenza della Corte costituzionale -legge n. 751 del 1976, perch le norme sul cumulo hanno perduto ogni capacit di incidere sulla situazione sottoposta al giudice a quo, a seguito dell'intervento del legislatore che ha regolato il condono. Conclusivamente, ii legislatore del 1976 non ha considerato esauriti rapporti che tali non erano (sent. n. 16 del 1960 e sent. n. 88 del 1966) n ha confermato, conservandone il vigore (o addirittura facendole rivivere), norme o disposizioni dichiarate illegittime da questa Corte. (omissis). II (omissis) La Corte chiamata innanzitutto ad accertare se l'art. 6 del decreto-legge, nel testo risultante dalla legge di conversione, non contrasti con l'art. 3 Cost. nella parte in cui limita la definizione agevolata delle controversie per l'applicazione delle imposte di registro ed ipotecarie, dei diritti catastali e delle relative addizionali per atti formati anteriormente al 1 gennaio 1973, alle sole controversie pendenti alla data di entrata in vigore ciel decreto. Pi in particolare, questa norma produrebbe disparit di trattamento tra contribuenti che si trovano nella stessa situazione (quanto ad inosservanza in uno stesso periodo di tempo dei precetti fiscali), a seconda che abbiano o meno ricevuto notifica dagli uffici delle imposte di accertamento di valore o ingiunzioni di pagamento. (omissis). necessario premettere che il c.d. condono previsto negli atti legislativi gi citati si differenzia profondamente (come precisato da questa Corte con la sentenza n. 32 del 1976) dai condoni in materia tributaria per sanzioni di natura non penale disposti con d.lgs. 31 gennaio '48, n. 109, legge 30 luglio 1959, n. 559, legge 31 ottobre 1963, n. 1458 e legge 23 dicembre 1966, n. 1139. Si tratta infatti, nel caso in esame, di un provvedimento che intende creare le migliori condizioni per l'avvio della riforma tributaria,' agevolando, p;rima ancora che la regolarizzazione mediante sanatoria di situazioni contra legem, la definizione con metodo semplificato delle controversie e pendenze esistenti al momento della entrata in vigore del decreto legge. A tal fin (e a differenza di quanto RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW STATO era preveduto negli atti di condono sopra menzionati) non si condiziona l'abbandono delle sanzioni alla definizione, in regime ordinario, dei redditi imponibili e dei debiti d'imposta, definizione da conseguirsi mediante l'opera dell'amministrazione e del contribuente entro un periodo di alcuni mesi, talvolta di un anno. Ci era incompatibile con gli obbiettivi di rapidit, anzi di automaticit, che intendeva raggiungere il legio .slatore del 1973; il vecchio metodo sarebbe stato poi in contrasto con lo spirito della riforma, che aveva eliminato l'istituto del concordato tributario anche nella forma dell'adesione del contribuente all'accertamento dell'ufficio (artt. 42 e 43 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600). Il contribuente pu soltanto presentare domanda irrevocabile per l'applicazione del provvedimento, quando ritiene che la definizione cos realizzata sia pi conveniente di quella conseguibile in regime ordinario. L'amministrazione, dal canto suo, deve limitarsi ad applicare gli schemi di definizione, analiticamente predisposti dal legislatore, con riduzioni e maggiorazioni forfettariamente previste per le diverse imposte. D'altra parte il vecchio metodo, dopo le sentenze di questa Corte n. 85 del 1965 e 121 del 1967, comportava ormai un periodo aperto (e cio senza termini di chiusura) per la definizione in via ammini strativa dell'accertamento, come si trae, del resto, dalla disciplina c011tenuta nell'ultimo comma dell'art. 2 della legge 23 dicembre 1966, n. 1139. :Pertanto il legislatore del 1973, per ottenere una rapida elimina zione del contenzioso pendente e per realizzare un sollecito introito nelle casse dello Stato, durante la delicata fase di avvio della riforma, doveva stabilire un punctum temporis, cui riferire rigidamente la pos . sibilit di utilizzare le norme del provvedimento di condono. In altre parole, in questo quadro di esigenze eccezionali, il principio di eguaglianza non poteva essere attuato realizzando la parit di trattamento in ordine alle situazioni iniziali che avevano provocato la controversia o la pendenza tributaria, ma solo estendendo al massimo la possibilit per tutti i contribuenti -quale che fosse la fase della loro vicenda tributaria -di chiedere l'applicazione, con modalit e risultati parzialmente ,differenziati, del provvedimento agevolativo. :B quanto stato realizzato, con indubbia coerenza nelle varie dispo sizioni del decreto legge, conseguendo J'obiettivo di non escludere dall'ambito di applicabilit del provvedimento nessun contribuente a causa di ritardi nell'attivit degli uffici competenti ad accertare i redditi o a liquidare le imposte. Non interessa, ovviamente, verificare qui se alle speranze del legislatore siano stati pari i risultati (le operazioni per sistemare le vecchie pendenze essendosi concluse soltanto nel corso del 1977). Preme solo. rilevare che l'art. 3 Cost., inteso come divieto di disparit di trattamento di situazioni simili e come esclusione di discriminazioni irragionevoli, non pu ritenersi violato nella fattispecie, perch. il provvedi PARTE I, SEZ. I, 'GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE mento esclude dalla sfera di applicazione soltanto i contribuenti' che abbiano gi definito le controversie o pendenze in ordine alle imposte considerate. Per tutti gli altri, si ripete, nessuna preclusione discende dalla normativa adottata, giacch il concetto di controversia stato sempre affiancato da quello di situazione non definita, anche in difetto .di procedimento contenzioso, di notifica dell'accertamento di valore o di ingiunzione di pagamento. Questi dati normativi non sono stati tenuti presenti dalle Commissioni di Ragusa e di Ravenna, che hanno del tutto trascurato la pos sibilit di definizione delle pendenze offerta dall'art. 6, primo comma, ultima parte, anche ai contribuenti per i quali non fosse in corso una controversia, essendo mancata nei loro riguardi una notifica di accertamento di valore e una ingiunzione di pagamento. vero che le norme in proposito erano pi chiaramente formulate nel testo del de creto legge, mentre le modifiche in sede di legge di conversione, coinvolgendo nelle stesse proposizioni la disciplina per le imposte successorie, hanno reso meno limpido il collegamento alternativo tra le situazioni di controversia e le situazioni non caratterizzate da accertamenti dell'amministrazione. Tuttavia le due fattispecie sono ben presenti nel primo comma dell'art. 6, indicandosi la definizione della controversia nella riduzione del 50% della imposta liquidata sulla base dell'accerta mento compiuto dall'amministrazione; e successivamente (ultima par te del comma) indicandosi l'eliminazione della pendenza, in difetto di notifica dell'accertamento di maggior valore, nella liquidazione della imposta sulla base del valore dichiarato dal contribuente, aumentato forfettariamente del 20% (in entrambi i casi senza applicazione di sopratasse e pene pecuniarie). La considerazione di queste premesse avrebbe forse potuto indurre le due Commissioni, ma anche, da altro punto di vista, quella di Na poli, a ravvisare nelle fattispecie sottoposte al loro giudizio piuttosto che elementi per enucleare una questione di legittimit costituzionale, problemi di carattere interpretativo-applicativo dell'art. 6 del provvedimento in esame. Ma ci non fa venir meno la rilevanza delle questioni, che devono' essere esaminate nei termini proposti dalle ordinanze. La Commissione di Ragusa motiva l'eccezione di incostituzionalit dell'art. 6 con il rilievo che esso non prevede l'applicazione del con-. dono tributario per gli atti formati anteriormente al 1 gennaio 1973 ma sui quali la richiesta di imposta suppletiva di registro stata avanzata dall'Amministrazione finanziaria in epoca successiva alla scadenza del termine del 28 febbraio 1974 . In proposito si citano anche le sentenze di questa Corte del 22 dicembre 1965, n. 85 e 23 novembre 1967, n. 121, che dichiaravano la illegittimit costituzionale dell'art. 2, comma terzo, legge 30 luglio 1959, n. 559 e dell'art. 2, comma terzo, fogge 31 ottobre 1963, n. 1458. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Com' noto, queste disposizioni condizionavano l'applicazione del condono tributario in senso proprio. al verificarsi della definizione amminisstrativa dell'accertamento degli imponibili per le imposte dirette rispettivamente entro un anno ed entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge: e la Corte le ritenne illegittime, in quanto facevano dipendere dalla maggiore o minore diligenza dell'amministrazione, dal maggiore o minor carico del suo lavoro, la possibilit per i contribuenti di beneficiare del condono. Ma la fattispecie disciplinata dal denunziato primo comma dello art. 6 profondamente diversa. Infatti, nel quadro di questa normativa, il ritardo dell'amministrazione nel notificare la revoca di un beneficio gi concesso , e nel. richiedere una imposta suppletiva di registro pu costituire semplicemente un motivo che spiega perch il contribuente non abbia presentato in termini la domanda prevista nell'ultima parte del primo comma dell'art. 6. Tuttavia, non essendo il rapporto tributario ancora concluso, nulla impediva al contribuente stesso di tutelarsi rispetto ad ulteriori vicende del rapporto, chiedendo che l'imposta dovuta fosse liquidata sulla base del valore da lui dichiarato, aumentato del 20%, senza applicazione di sopratasse e pene pecuniarie. (omissis) La Corte infine chiamata ad accertare se contrasti con l'art. 3 Cost. l'art. 2, lett. a) del d.l. 5 novembre 1973, n. 660 convertito nella legge 19 dicembre 1973, n. 823. L'eccezione sollevata dalla Commissione tributaria di primo grado di Bolzano, su ricorso proposto da un professionista che non aveva potuto usufruire delle modalit di determinazione delle imposte di ricchezza mobile e complementare secondo l'art. 2, lett. d).Tale impossibilit, derivata dalla tardiva notifica di una decisione della Commissione distrettuale imposte dirette di Bolzano dopo il 31 ottobre 1973, aveva fatto s che il contribuente vedesse determinate le sue imposte con r la riduzione dell'imponibile accertato dall'ufficio di un importo pari al 40 per cento della differenza tra l'imponibile stesso e quello dichiarato dal professionista e di un ulteriore importo pari al 25 per cento di quest'ul timo; se la notifica della decisione adottata dalla Commissione distrettuale fosse avvenuta in tempo utile, la liquidazione dell'imposta si sarebbe realizzata in condizioni pi vantaggiose per il contribuente, cio riducendo cio riducendo l'imponibile risultato non dall'accertamento dell'ufficio, ma dalla decisione della Commissione di un importo pari al 40 per cento della differenza tra l'imponibile stesso e quello dichiarato dal professionista, e di un ulteriore importo pari al 25 per cento di quest'ultimo. Il contrasto dell'art. 2, lett. a) con l'art. 3 cost., deriverebbe appunto dalla circostanza che tale metodo meno favorevole di determinaziooe 'dclla imposta si imporrebbe anche a quei contribuenti che, ove non ricorressero PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE eventi ad essi non attribuibili, potrebbero fruire della pi vantaggiosa soluzione prevista dall'art. 2, lett. d). La questione non fondata. Si tratta invero di una normativa ,strettamente collegata alle finalit di massima semplificazione degli accertamenti e delle operazioni per la liquidazione delle imposte (v. supra n. 2), sulla base degli elementi acquisiti anteriormente all'entrata in vigore del provvedimento legislativo, inteso ad agevolare la definizione delle pendenze in materia tributaria. Il termine del 31 ottobre 1973, fissato per l'acquisizione di tali elementi (tra cui rientrano le decisioni delle Commissioni tributarie), appare del tutto ragionevole e tale da non discriminare le situazioni dei contribuenti, che vanno necessariamente riferite alle divrse fasi del rapporto tributario (amministrativ, e e contenziose), come risultavano venute in essere alla data prescelta: a nulla rilevando, anche dail punto cli vista del sindacato di costituzionalit, le ragioni per le quali al 31 otobre 1973 doveva considerarsi raggiunto l'uno e l'altro stadio dell'iter di accertamento. (omissis) III (omissis) Con ordinanza emessa il 18 marzo 1977 la Commissione tributaria di 1 grado di Milano sollevava questione di costituzionalit dell'art. 6 ,del d.l. 5 novembre 1973, n. 660, convertito, con modificazioni, nella legge 19 dicembre 1973, n. 823 -Norme per agevolare la definizione delle pendenze in materia tributaria -per contrasto con gli artt. 3 e 53 della Costituzione. Tale norma prevede il beneficio della riduzione al 50% dell'imposta richiesta solo quando sono controversi il tributo e gli accessori e non anche quando, difettando una controversia sul tributo, risulta contestato solo il pagamento della soprattassa. La norma non consentirebbe di applicare il beneficio anche ,a questa seconda ipotesf non tanto in considerazione della diversa natura del credito per accessori rispetto al credito tributario quanto perch non prevede un meccanismo di riduzione degli accessori in genere e della soprattassa in ispecie, quando la controversia verte solo su di essi, analogo a quello previsto quando la controversia investe anche il debito di imposta. Non possibile d'altra parte, nel silenzio della legge, ritenere gli accessori del tutto eliminabili in seguito a richiesta di beneficiare dei vantaggi previsti da tale normativa. (omissis) La questone di legittimit costituzionale sollevata dalla Commissione tributaria di 1 grado di Milano stata ritenuta non fondata da questa Corte allorch venne proposta in ordine ad altro provvedimento di condono (sent. n. 148 del 1967). Si tratta ora di esaminare i nuovi argomenti addotti a sostegno della fondatezza e la diversa prospettazione che emerge dall'ordinanza del giudice a quo. (omissis) RASSEGNA DELL'AVVOCATURA-DELLO STATO 702 Conviene anzitutto eliminare un equivoco che si ravvisa nella memoria di parte privata, allorch sul thema decidendum si contrappongono i precedenti provvedimenti di condono a quello del 1973. Come stato messo in rilievo anche di recente (sent. n. 96 del 1980 di questa Corte, ma prima ancora sent. n. 32 del 1976), veramente nuove sono le caratteristiche strutturali e le finalit funzionali della normativa adottata con il d.l. 5 novembre 1973, n. 660, (convertita, con modificazioni, nella legge 19 dicembre 1973, n. 823), intesa ad agevolare la definizione delle pendenze in materia tributaria. Ma la originalit del provvedimento, collegata storicamente all'avvio della riforma tributaria, non tocca l'assoluta identit della soluzione accolta a proposito di pendenze e di controversie in ordine a sanzioni accessorie, quando l'accertamento della obbligazione tributaria sia stato definito. A partire dal 1959, i testi normativi sul condono in materia tributaria per sanzioni non aventi natura penale contengono una disposizione del seguente tenore: il condono non si applica inoltre per le soprattasse e le pene pecuniarie dovute per accertamenti gi definiti alla data di ntrata in vigore della presente legge {art. 2, ultimo comma, ultima parte, legge 30 luglio 1959, n. 559; art. 2, terzo comma, ultima parte, legge 31 ottobre 1963, n. 1458; e art. 2, secondo comma, ultima parte, legge 23 dicembre 1966, n. 1139). Il decreto legge n. 660 del 1973 non contiene questa disposizione, ma, per generale riconoscimento, adotta tacitamente la stessa soluzione, in quanto collega l'abbandono da parte del fisco delle proprie pretese circa le sanzioni accessorie o allo accertamento da definirsi di un imponibile o alla liquidazione o al pagamento di un'imposta (eccettuate le penalit derivanti da violazioni di norme sulle imposte dirette che non si riferiscono all'assolvimento del debito d'imposta -art. 5, ultimo comma -). Orbene, ritenere che nei provvedimenti di condono del passato si discriminasse razionalmente tra situazioni pendenti e situazioni definite, mentre il decreto legge del 1973 discriminerebbe tra situazioni tutte pendenti, ammettendo ed escludendo irragionevolmente dal condono assunto privo di fondamento: anche in passato (e la presenza di apposite disposizioni rendeva pi evidente questo aspetto) era possibile riscontrare pendenze relative ad accertamenti di imponibili o a liquidazioni di iimposte, tutte suscettibili di applicazione del condono, e pendenze concernenti soltanto soprattasse e pene pecuniarie, sottratte invece ad ogni incidenza dello stesso provvedimento. Anzi, nel decretolegge del 1973, l'avvio della riforma tributaria fornisce una giustificazione specifica alla soluzione che limita il condono alle controversie e pendenze relative a tributi soppressi o comunque riformati. In definitiva, la difesa di parte privata ha esattamente identificato nella sentenza n. 148 del 1967 il precedente giurisprudenziale pi significativo sul thema decidendum, in ci concordando con l'Avvocatura ~ARm I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALB generale dello Stato; ma ha tentato invano di delimitarne la portata, ritenendo tale pronuncia non influente per la normativa del 1973. Nessuno pu negare la diversit tra le situazioni di pendenza o di controversia che abbiano per oggetto I'an e il quantum di una obbligazione tributaria e quelle che si riferiscano alle conseguenze sanzionatorie derivanti dalla infrazione di norme relative al tempestivo assolvimento dell'obbligazione stessa. In realt le ragioni avanzate dalla Commissione tributaria di Milano non superano l'affermazione di fondo contenuta nella sentenza n. 148 del 1967 (non menzionata nell'ordinanza) e cos formulata: Al fine della decisione della presente causa occorre considerare che la disposizione in esame conferisce rilievo ad una diversa condizione in cui il rapporto tributario viene a trovarsi secondo che esso si colleghi o meno ad un accertamento gi definito: di tal che appare certo che la legge, escludendo il condono nel primo caso ed ammettendolo nel secondo, regola situazioni che al momento della sua entrata in vigore si presentavano obiettivamente diverse . La diversit di situazioni in cui viene a trovarsi !il contribuente del resto sottolineata dalla giurisprudenza di questa Corte (sentenza n. 109 del 1973), che nega l'applicabilit alle prestazioni pecuniarie, previste a titolo sanzionatorio, del principio della capacit contributiva ex art. 53, primo comma, Cost. Il tentativo della Commissione tributaria di Milano si fonda sulla messa in ombra delle diversit che distinguono pendenze e controversie sul debito d'imposta e pendenze e controversie sulle sanzioni accessorie: e pi ancora fa leva su identit e analogie, che peraltro non appaiono decisive. Certamente, in entrambi i casi si tratta di pendenze e di controversie nelle quali sono interessati soggetti presi in considerazione dall'ordinamento in quanto contribuenti: ma ci non toglie che il legislatore possa valorizzare differenze specifiche che emergono anche sotto altri aspetti. N si potrebbe correttamente ricorrere alla ratio generale del provvedimento, per recuperare sul piano delle sue finalit una analogia tra situazioni gi riscontrate diverse da altri punti di vista: invero il legislatore ha s voluto che potesse definirsi al pi presto il maggior numero possibile di controversie e di pendenze, ma era ben consapevole che un obbiettivo globale era a priori irraggiungibile dal momento che, a torto o a ragione, alcuni contribuenti potevano ritenere per essi non conveniente la soluzione offerta dal decreto-legge n. 660 del 1973. Soprattutto, le controversie in tema di soprattasse rimanevano fuori del- l'altro obiettivo perseguito dal legislatore, consistente nell'acquisire all'erario (meglio se soHecitamente) tutto l'ammontare di imposte corri spondenti a decisioni o a sentenze non impugnate o non impugnabili in via principale dal contribuente (art. 2, ultimo comma): in realt era facile assimilare in vista di questo obbiettivo le soprattasse ai debiti RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 704 d'imposta gi dfiltiiti, in quanto, di regola, si fa valere l'automaticit del meccanismo di applicazione delle sanzioni {quando cio non sia pi possibile eccepire l'insussistenza della stessa obbligazione tributaria, di carattere pregiudiziale rispetto all'obbligazione subordinata o dipendente, che consiste nella prestazione pecuniaria accessoria). cos valorizzata una differenza che non di mero fatto, ma si ricollega anche al diverso grado di incertezza cui possono dar luogo, di solito, le controversie sulla obbligazione subordinata rispetto a quella, ben maggiore, delle controversie sulla obbligazione tributaria principale. La riprova della non fondatezza della questione data anche dal tipo di pronuncia, del tutto abnorme, che viene :in sostanza 1sollecitato alla Corte: questa dovrebbe estendere alle controversie sulle soprattasse la normativa emanata per quelle sull'imposta di registro, fissando a suo benevolo arbitrio un quantum di riduzione modellato possibilmente sugli abbuoni previsti dall'art. 6. Prospettare l'ipotesi significa pure respingerla senza necessit di ulteriori considerazioni. Alle esigenze di un trattamento pi equo, anche per questi casi marginali di controversia, pu eventualmente provvedere soltanto il legislatore. (omissis) CORTE COSTITUZIONALE, 19 giugno 1980, n. 94 (ordinanza) -Pres. Gionfrida -Rel. Paladin -Regione Sicilia (avv. De Pina) e Presidente Consiglio dei Ministri (non costituito). Corte costituzionale -Conflitto di attribuzione tra Stato e Regione Sospensione dell'atto per cui conflitto Sentenza di giudice penale Incidenza sul funzionamento dell'as~mblea regionale siciliana. Sussistono gravi ragioni, inerenti al funzionamento dell'assemblea regionale siciliana, per sospendere l'esecuzione di una sentenza penale che impedisca l'esercizio delle funzioni di deputato regionale. (omissis) ... ritenuto che il pretore idi Augusta, con sentenza datata 18 febbraio 1980, ha condannato Salvatore Piacenti (assessore regionale alla sanit e deputato dell'Assemblea regionale siciliana) alla pena di mesi nove e giorni quindici di reclusione, nonch all'interdizione dai pubblici uffici per la durata di un anno; ed ha ordinato altres in applicazione degli artt. 140 cod. pen; e 485 cod. proc. pen. -. che il Piacenti venisse immediatamente e provvisoriamente privato dell'esercizio dei pubblici uffici, comunicando pertanto la sentenza -ai sensi e per gli effetti dell'art. 587 cod. proc. pen. -sia al Presidente della Assemblea regionale sia al Presidente della Regione siciliana, con lettera pervenuta alla Regione stessa il 28 febbraio 1980; che la Regione ha quindi sollevato, con ricorso notificato il 24 apri le 1980, conflitto di attribuzione nei confronti del Presidente del Con . ;::;:::: X PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 705 siglio dei ministri: adducendo che la predetta sentenza, l dove ordina l'applicazione provvisoria della sospensione cautelare nei confronti di un componente della Giunta e dell'Assemblea regionale, violerebbe gli artt'. l, 3, 8, 9, 20 del relativo Statuto speciale, nonch il principio della divisione dei poteri tra la giurisdizione penale dello Stato e la funzione governativa e legislativa spettante alla Sicilia; che la ricorrente chiede inoltre la sospensione dell'esecuzione della sentenza del pretore di Augusta, nella parte impugnata per regolamento di competenza, sostenendo che essa comprometterebbe 'gravemente e irreparabilmente prerogative costituzionali attribuite alla Regione siciliana, alterando la legittima composizione degli organi regionali di governo ed esponendo al rischio di annullamento giurisdizionale i provvedimenti governativi e legislativi della Regione medesima; che nel giudizio non si costituito il Presidente del Consiglio dei ministri; considerato che Salvatore Placenti stato sostituito quale componente della Giunta (come la difesa regionale ha portato a conoscenza della Corte, nella camera di consiglio del 5 giugno 1980); sicch, sotto questo profilo, la misura provvisorimente disposta dal pretore di Augusta non determina un concreto ed attuale pregiudizio per la Regione siciliana, cui la Corte debba porre rimedio pronunciandone la sospensione; che invece sussistono gravi ragioni, inerenti al funzionamento della Assemblea regionale siciliana, per sospendere l'esecuzione dell'atto impugnato, in quanto esso preclude provvisoriamente a Salvatore Placenti l'esercizio delle funzioni di deputato regionale. p.q.m. riserva ogni pronuncia sull'ammissibilit e sul merito del ricorso indicato in epigrafe, sospende l'esecuzione della sentenza pronunciata il 18 febbraio 1980 dal pretore di Augusta, nella parte in cui. ordina che Salvatore Placenti sia provvisoriamente privato dell'esercizio del pubblico ufficio di deputato regionale. CORTE COSTITUZIONALE, 7 luglio 1980, n. 107 -Pres. Amadei -Rel. Paladin Agostini e altro (n.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Azzariti). Pena -Misure alternative alla detenzione Esclusione per alcuni delitti Leg:ittimit costituzionale. (Cost., artt. 3 e 27; legge 26 luglio 1975, n. 354, artt. 47 e 48). Accanto alla rieducazione del condannato la pena persegue altri scopi di dissuazione, prevenzione e difesa sociale; d'altro canto, appartiene alla discrezionalit del legislatore ordinario stabilire i limiti di applica 706 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO bilit delle misure alternative alla detenzione. Pertanto non contrastano con gli artt. 3 e 21 Cast. gli artt. 41, secondo comma, e 48, ultimo comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354, nella parte concernente i delitti di rapina, rapina aggravata, estorsione, estorsione aggravata, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione (1). (omissis) Le innovazioni apportate dalla legge n. 1 del 1977 non alterano invece i termini della questione di legittimit degli artt. 47, secondo comma, e 48, ultimo comma, quanto al divieto di affidamento in prova al servizio socia~e e di concessione del regime di semilibert, per i condannati (o per gli internati) che abbiano commesso determinati delitti, tra cui figura appunto la rapina aggravata: divieto che la sezione di sorveglianza di Bologna considera incostituzionale, sia perch implicante una arbitraria disparit di trattamento ed una pi gravosa emarginazione sociale degli interessati rispetto ai condannati per altri delitti egualmente o maggiormente gravi (che possono pur sempre beneficiare delle misure in esame), sia perch tale da rendere impossibile il conseguimento di quel fine deducativo cui deve tendere l'espiazione di qualsiasi pena. Ma la questione non fondata, n in riferimento all'art. 3, primo e secondo comma, n in vista dell'art. 27, terzo comma, della Costituzione. Da un lato, i lavori preparatori della legge n. 354 del 1975 dimostrano che il legislatore, rendendo inapplicabile ad una data serie di delitti le misure alternative alla detenzione, ha inteso fronteggiare pi efficacemente condotte criminose che possono considerarsi di particolare pericolosit, per la loro frequenza e per i loro effetti, e che danno luogo ad accentuati allarmi nella societ contemporanea. Dis1>0sizioni del genere sono naturalmente opinabili, sia per ci che riguardano in modo esplicito, sia per ci che escludono dalla loro previsione. Ma si tratta di scelte che non si prestano a venire censurate e, meno ancora, modificate da parte della Corte, nei termini indicati dal giudice a quo: allo stesso modo che di. regola appartengono alla discrezionalit legislativa, tanto la definizione delle varie figure di reato, quanto il ricorso ai relativi provvedimenti di clemenza (come ha precisato, in quest'ultimo senso, la sentenza n. 175 del 1971). Ci basta a far concludere, con riferimento ad entrambi i commi dell'art. 3, che le norme impugnate non ledono il principio costituzionale di eguaglianza. D'altro lato, le ordinanze di rimessione forzano il significato della statuizione contenuta nell'art. 27, terzo comma, Cost., conducendo alle (1) Cfr. DI GENNARO, BoNOMO BREDA, Ordinamento penitenziario e misure alternative alla detenzione, 1978, 208; GIOSTRA, Un limite non giustificato in tema di misure alternative, Pol. dir., 1978, 435; Cass., 15 maggio 1979, in Foro lt., 1980, II, 105; Cass., 24 ottobre 1979, ivi, 1980, II, 164. I I -. I PARTE I, SEZ, I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE estreme conseguenze la tesi che il fine rieducativo inerisce ad ogni pena ; ed in.utilmente ricercano conferme nella precedente giurisprudenza della Corte. Vero che la sentenza n. 204 del 1974 afferma il diritto per il condannato a che... il protrarsi della realizzazione della pretesa punitiva venga riesaminato al fine di accertare se in effetti la quantit di pena espiata abbia o meno assolto positivamente al suo fine rieducativo. Ma un tale diritto vien fatto dipendere dal verificarsi delle condizioni previste dalla legge penale. E la frase richiamata dal giudice a quo va comunque intesa collegandola al problema specifico, che la Corte era allora chiamata a risolvere, delle rispettive attribuzioni del potere giudiziario (ovvero del giudice di sorveglianza) e del. potere esecutivo (ovvero del Ministro della giustizia). Del resto, la Corte ha chiarito, nella sentenza n. 12 del 1966, che accanto alla rieducazione del condannato la pena persegue altri scopi, essenziali alla tutela .dei cittadini e dell'ordine giuridico contro la delinquenza ; e, nella sentenza n. 264 del 1974, ha quindi ribadito che la fun. zione ed il fine della pena stessa non si esauriscono nella sperata emenda del reo, ma hanno, di mira esigenze irrinunciabili di dissuasione, prevenzione, difesa sociale . Se oltre a ci si considera che ormai la misura alternativa della liberazione anticipata pu essere disposta anche per i gravi delitti tassativamente menzionati nell'art. 47, secondo comma, della legge n. 354 del 1975, ne segue a pi forte ragione che le limitazioni tuttora concernenti l'affidamento in prova al servizio sociale ed il beneficio della semilibert non contrastano neppure con l'art. 27, terzo comma, della Costituzione. (Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 23 luglio 1980, n. 122 -Pres. Amadei -Rel. Maccarone -Cioli (avv. La China), Misiano (avv. Barile). I.A.C.P. Genova (avv. Acquarone), I.A.C.P. Venezia (avv. Pototsching) e Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Mataloni). Corte Costituzionale -Sopravvenienza di legge modificatric,e di disposi zione sub judice -Nuovo esame circa la rilevanza -Rlniessione al giudice a quo -Condizioni. Edilizia economica e popolare -Cessione in propriet degli alloggi Pr~ZZQ di cessione -Modifica dei criteri di determinazione -Legittimit costituzionale. (Cost., art. 3; legge 8 agosto 1977, n. 153, artt. 27 e 28). Quando una modifica legislativa sopravviene nel corso del processo costituzionale, la restituzione degli atti al giudice a quo per un nuovo esame della rilevanza di una questione di legittimit costituzionale, si rende necessaria solo se la nuova legge comporta sostanziale diversit di disciplina. 708 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Non irrazionale ricollegare l'applicabilit di una nuova (e pzu gravosa) disciplina .legislativa per la determinazione del prezza di alloggi economici e popolari alla data della stipula del relativo contratto (1). (omissis). Poste tali premesse, si osserva in merito alla contestazione che, secondo quanto emerge dalle ordinanze di rinvio, le controversie sono state tutte promosse da pretesi titolari del diritto alla cessione degli alloggi in questione reclamanti i benefici derivanti dalle norme di favore sopra richiamate e poi abrogate. Le censure lamentano che l'applicazione della nuova disciplina dei prezzi sancita dal combinato disposto degli artt. 27, secondo comma e 28 della legge n. 513 del 1977 istituirebbe una disparit di trattamento a danno degli aventi diritto che, pur avendo presentato a suo tempo regolare domanda sono esclusi dal regime pi favorevole, unicamente in dipendenza della mancata stiJ?ula del contratto, cio, secondo quanto affermato dai giudici a quibus, in dipendenza di una condizione rimessa alla discrezionalit degli Enti interessati dalla cui inerzia sarebbe dipesa la mancata stipula dei contratti prima della modifica del sistema normativo. Si tratterebbe quindi di una disparit di trattamento istituita irrazionalmente fra categorie omogenee di .soggetti, e come tale in contrasto con l'art. 3 Cost. Ci premesso passando all'esame delle eccezioni di irrilevanza formulate nei giudizi provenienti dai tribunali di Venezia, Genova e Roma, che hanno emesso le ordina~ze di rinvio prima dell'entrata in vigore della citata legge n. 457 del 1978, deve escludersene la fondatezza. Se infatti vero che, nel cas<;> in cui sopravvenga una nuova legge che regoli la stessa materia oggetto della norma sottoposta a giudizio di legittimit costituzionale, il giudice del merito, cui spetta il giudizio circa la sussistenza del nesso di pregiudizialit fra la questione sollevata e la decisione del giudizio principale, deve essere posto in condizioni di rivalutare la situazione alla luce delle nuove norme, attraverso la restituzione degli atti da parte della Corte, per un nuovo esame della rilevanza, deve anche affermarsi c;he tale criterio valido soltanto nel caso in cui la nuova legge comporti una sostanziale diversit di disciplina rispetto a quella inizialmente impugnata, almeno per quanto riguarda i punti sottoposti a giudizio di legittimit. Nella specie, come si detto, la censura si incentra su quella parte degli artt. 27 e 28 della legge n. 513 del 1977 che collega la diversit del regime di cessione all'elemento dell'avvenuta stipula del contratto di cessione dell'alloggio, ritenuta casuale perch rimessa alla discrezionalit dell'Ente. La legge sopravvenuta, peraltro, pur precisando alcuni elementi 708 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Non irrazionale ricollegare l'applicabilit di una nuova (e pzu gravosa) disciplina .legislativa per la determinazione del prezza di alloggi economici e popolari alla data della stipula del relativo contratto (1). (omissis). Poste tali premesse, si osserva in merito alla contestazione che, secondo quanto emerge dalle ordinanze di rinvio, le controversie sono state tutte promosse da pretesi titolari del diritto alla cessione degli alloggi in questione reclamanti i benefici derivanti dalle norme di favore sopra richiamate e poi abrogate. Le censure lamentano che l'applicazione della nuova disciplina dei prezzi sancita dal combinato disposto degli artt. 27, secondo comma e 28 della legge n. 513 del 1977 istituirebbe una disparit di trattamento a danno degli aventi diritto che, pur avendo presentato a suo tempo regolare domanda sono esclusi dal regime pi favorevole, unicamente in dipendenza della mancata stiJ?ula del contratto, cio, secondo quanto affermato dai giudici a quibus, in dipendenza di una condizione rimessa alla discrezionalit degli Enti interessati dalla cui inerzia sarebbe dipesa la mancata stipula dei contratti prima della modifica del sistema normativo. Si tratterebbe quindi di una disparit di trattamento istituita irrazionalmente fra categorie omogenee di .soggetti, e come tale in contrasto con l'art. 3 Cost. Ci premesso passando all'esame delle eccezioni di irrilevanza formulate nei giudizi provenienti dai tribunali di Venezia, Genova e Roma, che hanno emesso le ordina~ze di rinvio prima dell'entrata in vigore della citata legge n. 457 del 1978, deve escludersene la fondatezza. Se infatti vero che, nel cas<;> in cui sopravvenga una nuova legge che regoli la stessa materia oggetto della norma sottoposta a giudizio di legittimit costituzionale, il giudice del merito, cui spetta il giudizio circa la sussistenza del nesso di pregiudizialit fra la questione sollevata e la decisione del giudizio principale, deve essere posto in condizioni di rivalutare la situazione alla luce delle nuove norme, attraverso la restituzione degli atti da parte della Corte, per un nuovo esame della rilevanza, deve anche affermarsi c;he tale criterio valido soltanto nel caso in cui la nuova legge comporti una sostanziale diversit di disciplina rispetto a quella inizialmente impugnata, almeno per quanto riguarda i punti sottoposti a giudizio di legittimit. Nella specie, come si detto, la censura si incentra su quella parte degli artt. 27 e 28 della legge n. 513 del 1977 che collega la diversit del regime di cessione all'elemento dell'avvenuta stipula del contratto di cessione dell'alloggio, ritenuta casuale perch rimessa alla discrezionalit dell'Ente. La legge sopravvenuta, peraltro, pur precisando alcuni elementi (1) La sentenza pubblicata integralmente in Foro It., 1980, I, 2371. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE di fatto ai fini dell'identificazione del momento della stipula del cpntratto, non ha innovato su tale punto essenziale prospettato in giudizio come viziato di illegittimit, n ha sostanzialmente modificato il regime di cessione in relazione ai profili di illegittimit dedotti salvo che per aspetti secondari che non attengono in nessun modo alla essenza dei criteri stabiliti in precedenza. Manca quindi la condizione fondamentale per far luogo al rinvio degli atti ai giudici a quibus che hanno emesso le ordinanze prima dell'entrata in vigore della nuova legge. (Omissis). Quanto alla fondatezza delle censure, la Corte ritiene che la pretesa violazione dell'art. 3 Cost. non sussista. Come si detto, la nuova disciplina, dettata dalle norme impugnate, la risultante di una scelta legislativa di politica economica e come tale rientrante nella discrezionalit del legislatore; n, d'altra parte, come pure si detto, la censura investe la scelta in s, bens la suo operativit per ::;_:!::::::o riguarda il momento indicato ai fini di stabilire l'applicabilit delle due diverse discipline. Ma a tal diguardo occorre rilevare che la determinazione del legisla tore risponde a criteri di razionalit. Va considerato infatti che essa fa riferimento al momento in cui la volont delle parti (assegnatari ed Enti) aveva dato vita ad un rapporto obbligatorio avente ad oggetto appunto il trasferimento delle propriet dell'alloggio, cio ad una cir costanza fondamentaie nello svolgimento del rapporto fra le parti, idonea a mutare la loro situazione giuridica e tale da costituire un oggettivo ~unto di riferimento per l'applicazione della nuova disciplina. E ad un criterio parallelo risponde altres l'obbligo imposto di confermare le domande gi presentate per i casi in cui il contratto non fosse ancora intervenuto, offrendo cos in sostanza una possibilit di tutela di situa zioni non ancora definitive, ma ritenute meritevoli di considerazione per l'avvenuta manifestazione di volont della parte privata di acquisire la propriet dell'alloggio. Devono d'altra parte respingersi le considerazioni diffusamente svol te nelle ordinanze di rinvio e dalla difesa delle parti private circa la prete sa casualit del verificarsi della condizione dell'avvenuta stipula del con tratto. Ed infatti da escludere che la stipula possa considerarsi un atto rimesso alla discrezionalit dell'Ente poich, come pure si detto, in ~ase alla precedente legislazione era ricnosciu~o all'assegnatario un vero e proprio diritto soggettivo alla cessine in propriet dell'alloggio, e tale natura indubbiamente permane anche sotto l'impero della nuova legge, sia :rure nel rispetto delle nuove condizioni che ne regolano il contenuto e I'c.sercizio. Pertanto gli Enti si trovavano e si trovano a dovere svolgere un'atti vit non meramente discrezionale ma legata alla realizzazione di un di ritto soggettivo ad essi affidata e suscettibile, come tale, di ogni controllo RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO 710 e tutela ammessi: dall'ordinamento, ivi compreso il risarcimento del danno eventualmente arrecato. Le disfunzioni in relazione alle quali si sarebbero verificate le censurate disparit di trattamento, d'altra parte, non possono ovviamente collegarsi con nesso di conseguenzialit alla normativa impugnata, per cui anche in questo caso deve escludersi ogni loro influenza sul giudizio di costituzionalit, in conformit di quanto ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte in analoghe fattispecie (v. sent. 40/1970, 167/1973, 54 e 110/1974). Deve aggiungersi che,' secondo la giurisprudenza costante di questa Corte, non pu ritenersi contrastante con il principio di eguaglianza un differenziato . trattamento applicato ad una stessa categoria di soggetti, ma in momenti diversi nel tempo, in relazione al verificarsi di circostanze di fatto che debbono ritenersi una inevitabile conseguenza della successione delle norme (v. sentt. nn. 109/71; 69/75; 63/77). N pu condurre a diverse conclusioni l'osservare, come fa la difesa delle parti private Misian ed altre, che le norme impugnate introdurrebbero rtroattivamente una discriminazione ingiustificata in contrasto con l'esigenza di rispettare gli impegni precedentemente assunti verso gli assegnatari. Invero, a parte la considerazione che la Costituzione non esclude la retroattivit delle leggi non penali (v. sentenze nn. 118/57; 19/70; 194/76; 13/77 ed altre), evidente che, nella specie, la legge impugnata non riveste tale natura. Essa invero, operando con effetto dalla sua entrata in vigore (18 agosto 1977), non incide sui rapporti gi perfezionati e, con la regolamentazione del regime transitorio, sottopone a nuova disciplina le situazioni pendenti, lasciando intatti i rapporti gi esauriti, con l'effetto normale della successione delle leggi nel tempo. E d'altra parte la gi dimostrata razionalit della detta regolamentazione l~ rende valida, anche se pu avere lese talune posizioni soggettive correlate al precedente regime. (Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 25 luglio 1980~ n. 125 - Pres. Amadei -Rel. Malagugini -Celozzi ed altri {n.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Carafa). Corte Costituzionale -Giudizio hl via incidentale -Giudice istruttore civile Legittimazione a sollevare questione di legittimit costituzionale Limiti. Impiego pubblico -Sciopero -Misure per supplire i lavoratori sciope ranti Legittimit costituzionale. (Cost., artt. 3 e 40; d.P.R. 15 dicembre 1959, n. 1229, art. 34; legge 23 ottobre 1960, n. 1196, art. 74). Il giudice istruttore civile legittimato a sollevare la questione di legittimit costituzionale di una disposizione di cui egli stesso, e non il collegio, sia chiamato a fare indirettp. applicazione (1). PARTE I, SEZ, I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 711 Le misure normative e organizzative volte a contenere gli effetti dannosi derivanti dall'esercizio del diritto di sciopero, mediante l'offerta di possibilit alternative agli utenti dei servizi interessati, assicurando la supplenza dei lavoratori scioperanti, non incidono direttamente sul predetto diritto, e quindi non contrastano con l'art. 40 Cost. (2). (Omissis). Le ordinanze del giudice istruttore del tribunale di Lucera e del pretore di Catania, pur riguardando due norme diverse, propongono la medesima questione di legittimit costituzione, circa il rapporto fra il diritto di sciopero (degli ufficiali giudiziari o dei cancellieri) tutelato dall'art. 40 Cost. e la possibilit, prevista dalle norme denunciate, di sostituzione dei funzionari scioperanti con altro personale. Le cause vanno pertanto riunite e decise con unica sentenza. Preliminarmente va disattesa l'eccezione sollevata dall'Avvocatura dello Stato, circa il preteso difetto di legittimazione del giudice istruttore civile. Secondo il costante orientamento di questa Corte, la legittimazione del giudice istruttore civile a sollevare questioni di legittimit costituzionale va affermata o negata, secondo .che la questione concerna o non concerna disposizioni di legge che il giudice istruttore debba applicare per provvedimenti di competenza sua propria (sentenza n. 62/66; ed anche le sentenze n. 109/62 e n. 90/68, citate dall'Avvocatura dello Stato, che hanno escluso la legittimazione del giudice istruttore nei casi concreti, ma non in via di principio). Nella specie, la questione prospettata dal giudice istruttore del tribunale di Lucera attiene ad un presupposto (regolarit della notificazione, in quanto eseguita o meno da organo a ci competente) della dichiarazione di contumacia del convenuto, vale a dire di un provvedimento di competenza dello stesso giudice istrut (1) Al giudice istruttore, in quanto organo giurisdizionale esercente potest giurisdizionli, deve essere riconosciuta, in astratto, la legittimazione a sollevare una questione di legittimit costituzionale. Problematico , invece, quando m concreto .il.a questione influisca su una decisione di competenza deLl'istruttore anzich del Collegio. Sull'argomento, cfr. Cass., Sez. un. pen., 11 dicembre 1965, in Foro It., 1966, Il, 65, con nota di P1zz0Russo. (2) Di grande rilievo l'affermazione secondo cui l'organizzazione di servizi sostitutivi per fronteggiare la situazione determinata da uno sciopero del personale non costituisce intervento sul diritto di sciopero (e quindi neppure comportamento antisindacale); e ci indipendentemente dal carattere essenziale o meno dei servizi coinvolti nello sciopero. La Corte non pare distinguere tra ricorso al crumiraggio interno (ossia diversa utHtzzazione del personale non scioperante) ed organizzazione di servizi sostitutivi mediante sirunure alternative o addirittura mediante l'assunzione di personale temporaneo. a;ppena il caso di osservare che la pronuncia appare suscettibile di molti sviluppi. 712 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tore, ex artt. 291 e 171 cod.. proc. civ. Da ci la legittimazione del giudice istruttore civile a sollevare la questione di legittimit costituzionale di una disposizione di cui egli stesso {e non il collegio) era chiamato a fare (indiretta) applicazione. Nel merito le questioni non sono fondate. L'art. 34 del d.P.R. 15 dicembre 1959, n. 1229 (ordinamento degli uffich;tli giudiziari e degli aiutanti ufficiali giudiziari) prevede che ove manchino o siano impediti l'uffi. ciale giudiziario e l'aiutante ufficiale giudiziario e ricorrano motivi di urgenza il capo dell'ufficio dispone... che le notificazioni siano eseguite dal messo di conciliazione. L'art. 74 delle legge 23 ottobre 1960, n. 1196 (ordinamento del personale delle cancellerie e segreterie giudiziarie) prevede a sua volta che in mancanza di cancelliere e segretario il capo dell'ufficio dispone che ne assuma le funzioni un notaio esercente o il segretario o il vice segretario comunale . Di entrambe le disposizioni si assume il contrasto con l'art. 40 Cost., nella parte in cui si applicano al caso di assenza per sciopero. Il pretore di Catania prospetta inoltre una lesione del principio d'uguaglianza, in quanto dalla disposizione denunciata la situazione dei cancellieri verrebbe resa deteriore rispetto a quella degli altri pubblici dipendenti, in ordine agli effetti dell'esercizio del diritto di sciopero. Questa Corte, pronunciando su norme positivamente incidenti sull'esercizio dello sciopero dei dipendenti pubblici, nel riconoscere anche a questi ultimi il diritto di sciopero (Sentenze rr. 31/69 e n. 2~2/76) ne ha peraltro messo in rilievo le possibili interferenze con interessi e servizi essenziali, e le conseguenti delimitazioni in ordine all'esercizio del diritto stesso. A maggior ragione, non pu contestarsi la legittimit di misure (dettate, in via generale, per supplire alla mancanza o all'impedimento degli ufficiali giudiziari, degli aiutanti ufficiali giudizari, dei cancellieri o dei segretari) che, senza in nulla coartare la libert del favoratore il quale abbia inteso scioperare, tendano a contenere gli effetti dannosi dello sciopero stesso, specie ove ricadano su servizi pubblici essenziali , come, nel caso delle disposizioni denunciate, la funzione giurisdi-, zionale. La tutela di interessi coinvolti dallo sciopero viene ricercata mediante misure {normative e organizzative) diverse dall'intervento sul diritto stesso; una volazione dell'art. 40 Cost. appare perci esclusa in radice. Parimenti infondata la censura di violazione del principio d'uguaglianza, mossa dal pretore di Catania con riguardo all'ordinamento dei cancellieri. La possibilit di sostituire i cancellieri in sciopero (ma non solo essi, come mostra la parallela disciplina delle attivit degli uffciali giudiziari) infatti fondata sulla particolare importanza delle loro fun zioni e l'indifferibilit del loro espletamento, che bene giustificano una disciplina particolare. (Omissis). PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 713 CORTE COSTITUZIONALE, 30 luglio 1980, n. 132 -Pres. Amadei -Rel. De Stefano -Criscuoli ed altri. (n.p.) e Presidente Consiglio Ministri (avv. Stato Carafa). Locazione -Immobili urba.i adibiti ad uso di abitazione -Proroga dei contratti -Parametro del reddito -Non considerazione degli oneri familiari Legittimit costituzionale. (Cost., art. 3; d.!. 25 giugno 1975, n. 255, art. 1; d.!. 23 dicembre 1976, n. 849, art. 1; d.!. 17 giugno 1977, n. 326, art. 1; d.l. 28 ottobre 1977, n. 778, art. 1; d.!. 30 marzo 1978, n. 77, art. 1). Non oltrepassano i limiti della discrezionalit legislativa le disposizioni in tema di proroga di contratti di locazione che, per esigenza di semplicit e di speditezza, riconoscono rilevanza unicamente al reddito del conduttore e non anche agli oneri su di lui gravanti per il sostentamento della famiglia (1). (Omissis). Con le ordinanze in epigrafe sono state sottoposte alla Corte le seguenti questioni: A) se siano costituzionalmente illegittime -per contrasto con l'art. 3 della Costituzione -le sottoindicate norme, nella parte in cui, disponendo la proroga dei contratti di locazione degli immobili urbani adibiti ad uso di abitazione, stipulati da conduttori aventi un reddito complessivo annuo non superiore, al netto, a determinati limiti (secondo le varie norme, succedutesi nel tempo, lire 4.000.000 o lire 5.500.000 o lire 8.000.000), non tengono conto della composizione del nucleo familiare a carico del conduttore, non distinguendo, cio, tra conduttori con familiari a carico e conduttori che, pur fruendo dello stesso reddito, non abbiano famiglia: (omissis). Le ordinanze sono state tutte emesse anteriormente all'entrata in vigore (30 luglio 1978) della legge 27 luglio 1978, n. 392, che ha dettato nuova disciplina delle locazioni di immobili urbani. Peraltro, la Corte rileva che, in virt dell'art. 82 della sopravvenuta legge, ai giudizi in corso alla data anzidetta continuano ad applicarsi ad ogni effetto le norme precedenti, come quelle denunciate, sulle quali, quindi, ritiene di portare il suo esame, senza richiedere ai giudici a quibus conferma della rilevanza della sollevata questione. La questione puntualizzata alla lettera A) del precedente n. 1, non fondata. La Corte, chiamata a pronunciarsi sulla legittimit costituizionale di norme operanti nell'ambito del regime vincolistico delle locazioni di im (1) Il princ1p10 affermato nella sentenza in rassegna appare significativo anche dopo l'entrata in vigore della legge 27 luglio 1978, n. 392. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mobili urbani adibiti ad uso di abitazione, ha posto in evidenza lo scopo sociale di intervento in favore delle classi meno abbienti, cui appunto preordinata la disciplina all'uopo apprestata con i noti caratteri cli straordinariet e temporaneit: e in siffatta prospettiva ha ritenuto giustificata la disparit di trattamento tra conduttori meritevoli di paricolare tutela, ed aventi perci diritto alla proroga, e conduttori ai quali non v' motivo di attribuire tale diritto (sent. n. 225 del 1976). La scelta degl'indici di differenziazione tra conduttori, purch non palesemente irragionevoli, rientra certamente nell'ambito di quella discrezionale valutazione della situazione economica e di mercato, che in subiecta materia la Corte, da ultimo con la sentenza n. 120 del 1980 ha riconosciuto riservata al legislatore. Il quale, di volta in volta, ha fatto riferimento, in ragione dello scopo perseguito, a4. una variet di parametri (data di stipula del contratto, caratteristiche non di lusso dell'immobile, superficie dello stesso, numero dei vani abitabili, indice di affollamento, ecc.), cui, per, ha accompagnato, a far tempo dal 1967, il requisi~o del reddito annuo del conduttore, prescrivendo che lo stesso non dovesse superare un determinato ammontare, progressivamente lievitato nel succedersi temporale dei provvedimenti vincolistici. Con ci si voluto -come giustamente ha posto in rilievo l'Avvocatura dello Stato -ancorare la linea di demarcazione a un dato obiettivo (il reddito percetto), che evitasse difficolt di accertamento e rendesse facile e spedita la risoluzione delle possibili controversie (sent. n. 132 del 1972): esigenze di semplicit e speditezza, queste, che si temuto di sacrificare ove si fosse, invece, conferito rilievo al dato soggettivo degli oneri gravanti sul conduttore per il sos~ntamento proprio e dei suoi pi o meno numerosi familiari. La Corte ritiene che il legislatore, cos operando, non abbia oltrepassato i limiti di quella discrezionalit che indubbiamente gli spetta nell'individuazione di categorie e di situazioni: pertanto Ja questione, prospettata in riferimento all'art. 3 della Costituzione, non fondata. (Omissis). (::. t !i >:= [ i:: i:: SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE I CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT :EUROPEE, 24 aprile 1980, nella causa 72/79 -Pres. Kutscher -Avv. Gen. Mayras -Commissione delle Comunit europee (ag. Campogrande) c. Repubblica Italiana (avv. Stato Braguglia). Comunit ,europee -Agricoltura -Organizzazione comune dei mercati Settore dello zucchero. Divieto totale o parziale di aiuti -Infrazione Procedura d'accertamento. (Trattato CEE, artt. 40, 92, 93, 169; regolamento CEE del Consiglio 19 dicembre 1974, n. 3330, artt. 8, 31, 38, 41). Comunit europee -Agricoltura -Organizzazione comune di mercato nel settore dello zucchero -Spese di magazzinaggio -Rimborso parziale Ulteriori indennit compensative stabilite dagli Stati membri -Divieto. (Regolamento CEE del Consiglio 19 dicembre 1974, n. 3330, art. 8). Comunit europee -Agri.coltura -Organizzazione comune di mercato nel settore dello zucchero Riporto del prodotto alla campagna successiva -Spese di magazzinaggio -Aiuti vietati. (Regolamento CEE del Consiglio 18 giugno 1968, n. 748, art. 2; e 19 dicembre 1974, n. 3330, art. 31). L'infrazione al divieto totale o parziale di determinate forme di aiuti nazionali alla produzione o alla commercializzazione di prodotti agricoli, sancito dai regolamenti recanti organizzazione comune dei mercati (nella specie nel settore dello zucchero), pu essere perseguita nell'ambito proprio di tale organizzazione, al di fuori della procedura stabilita dall'articolo 93 del Trattatp (1). L'art. 8 del regolamento CEE del Consiglio 19 dicembre 1974, n. 3330, definisce in maniera esauriente il regime applicabile al rimborso delle spe (1-5) In entrambe le cause, il rigetto dell'eccezione di irricevibilit sollevata dal Governo italiano sembra essere scaturito dalla decisione che la Corte ha adottato nel merito dei ricorsi proposti da parte della Commissione. Pare infatti che la Corte abbia ptima deciso che le misure nazionali di aiuto erano contrarie a specifiche disposizioni comunitarie (rispettivamente: all'art. 8 del regolamento n. 3330/74 ed all'art. 95, primo comma, del Trattato CEE) e soltanto dopo abbia stabilito che, cos stando le cose, la Commissione poteva 716 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO se di magazzinaggio per lo zucchero e non consente che uno Stato membro accordi ai produttori di zucchero nazionali un'indennit compensativa delle stess spese al di l del rimborso previsto dalla normativa comunitaria (fattispecie relativa ad un'indennit compensativa corrisposta in Italia per le campagne saccarifere 1976-77 e 1977-78) -(2). Un rimborso parziale delle spese di magazzinaggio dello zucchero riportato alla campagna saccarifera successiva costituisce un metodo particolare di aiuto non consentito dall'art. 31 n. 2 del regolamento CEE del Consiglio 19 dicembre 1974 n. 3330, pur se effettuato con risorse non provenienti dal bilancio dello Stato, ma da un fonda speciale alimentato dai prelievi sugli aiuti di adattamento accordati ai produttori di barbabietole, se tale meccanismo non sia il frutto di un libero accordo inteprof essionale fra organizzazioni private (fattispecie relativa a rimborsi corrisposti in Italia per le campagne saccarifere 1976-77 e 1977-78) (3). II CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE, 21 maggio 1980, nella causa 73/79 -Pres. Kutscher -Avv. Gen. Mayras -Commissione delle Comunit europee (ag. Abate) c. Repubblica Italiana (avv. Stato Braguglia). Comunit europee Libera circolazione delle merci Disposizioni fiscali ,mteme Aiuti concessi dagli Stati Compatibilit con le norme del Trattato Procedure d'accertamento. (Trattato CEE, artt. 92, 93, .95, 169; regolamento CEE del Consiglio 19 dicembre 1974, n. 3330, art. 38). Comunit europee Libera circolazione delle merci Disposizioni fiscali interne Aiuti concessi dagli Stati Sovrapprezzo sullo zucchero Destinazione del gettito Effetti discriminatori. (Trattato CEE, artt. 92, 93, 95; regolamento CEE 1 del Consiglio 19 dicembre 1974, n. 3330, art. 38). Le imposizioni fiscali interne discriminatorie non sono sottratte alla applicazione dell'art. 95 del Trattato CEE per il fatto di poter ~sere qualificate nello stesso tempo come modo di finanziamento di un aiuto perseguire le infrazioni mediante la proceduta di cui all'art. 169 e a prescin dere dalla circostanza che avesse o meno iniziato anche la procedura ex art. 93. Potrebbe ritenersi, per vero, che -quando trattasi di aiuti nazionali -la procedura appropriata per accertarne l'eventuale incompatibilit con il mercato comune (e quindi anche con ogni disposizione del Trattato CEE o del diritto derivato) sia quella prevista nell'art. 93, che si pone in rapporto di specialit con la procedura di cui all'art. 169. A tale conclusione non sembra di ostacolo il rilievo che, in sede di esame della misura di aiuto, n la Commissione n il Consiglio potrebbero ritenere I f I i PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 717 statale,' e possono quindi divenire oggetto di una procedura di infrazione ai sensi dell'art. 169 del Trattato, anche se, parallelamente, per le stesse pratiche la Commissione abbia avviato la procedura di cui agli artt. 92 e 93 del Trattato medesimo (4). L'imposizione interna di un sovrapprezzo che grava per lo stesso importo sullo zucchero prodotto in Italia e su quello importato dagli Stati membri costituisce una misura discriminatoria vietata dall'art. 95 del Trattato in quanto il suo gettito destinato a finanziare in modo specifico gli aiuti al prodotto nazionale tassato, pur autorizzati dalla normativa comunitaria (5). I (omissis). 1. -Con istanza registrata in cancelleria il 2 maggio 1979, la Commissione ha proposto alla Corte, ai sensi dell'art.. 169 del Trattato CEE, un ricorso :inteso a far dichiarare che fa Repubblica italiana venuta meno ad obblighi ad essa incombenti in forza del Trattato decidendo di rimborsare ai produttori di zucchero determinate spese di magazzinaggio per le campagne saccarifere 1976-1977 e 1977-1978, !in violazione degli artt. 8 e 31, n. 2, del regolamento del Consiglio 19 dicembre 1974, n. 3330, relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero (G. U. n. L 359, pag. 1). compatibile una misura contraria a specifiche disposizioni comunitarie. Tale aspetto, invero, pare pi pertinente al merito dell'esame (che quindi si concluder con una decisione negativa di incompatibilit), non alla procedura, che dovrebbe pur sempre restar quella prevista dal citato art. 93. Di specie (ed in pratica superate dal regolamento del Consiglio 24 giugno 1980, n. 1592) sono le questioni decise con la sentenza in data 24 aprile 1980. Maggior interesse, invece, desta la seconda sentenza (in data 21 maggio 1980), con la quale la Corte ha dichirato contrario all'art. 95, 1 comma, del Trattato CEE il sovrapprezzo riscosso sullo zucchero importato dagli altri Stati membri, nella misura in cui il suo gettito destinato al finanziamento degli aiuti allo zucchero nazionale. Tale decisione infatti, pur se appare condizionata dal particolare sistema di finanziamento di detti aiuti, contiene affermazioni che sembrerebbero pregiudicare la possibilit stessa, per gli Stati membri, di concedere aiuti (compatibili per il resto con il mercato comune o addirittura autorizzati) mediante la manovra fiscale. Siffatto tipo di aiuti, invero, non potrebbe, per sua natura, non esser sempre discriminatorio, nel senso accolto dalla sentenza in rassegna. Per qualche riferimento ai rapporti, anche dal punto di vista. della proce dura, tra gli artt. 95 e 92 segg. del Trattato CEE, appare utile la consultazione delle sentenze 25 giugno 1970, in causa 47/69, COMMISSIONE c. REPUBBLICA FRAN CESE in Racc., 1970, 487, e 13 marzo 1979, in causa 91/78, HANSEN, in Racc., 1979, 935 (citate nella motivazione della sentenza 21 maggio 1980), nonch 22 marzo 1977, in causa 74/76, JANNELLI E VOLPI (in questa Rassegna, 1977, I, 604) e 26 giugno 1979, in causa 177/78, PIGS AND BACON (in Racc., 1979, 2161). I.M.B. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 718 2. -La Commissione contesta alla Repubblica italiana due distinte infrazioni del regolamento n. 3330/74: da un lato, l'aver preso ed applicato un provvedimento di rimborso complementare dalle spese di magazzinaggio dello zucchero prodotto in Italia, violando l'art. 8 del regolamento, e, dall'altro, l'aver preso ed applicato un provvedimento di rimborso parziale delle spese di magazzinaggio per lo zucchero riportato alla campagna saccarifera successiva, violando l'art. 31, n. 2, del regolamento. 3. -L'art. 8, n. 1, del regolamento n. 3330/74 dispone che, fatto salvo l'art. 31, n. 2, le spese di magazzinaggio dello zucchero bianco, dello zucchero greggio e di taluni sciroppi prodotti prima della fase zucchero allo stato solido, fabbricati con barbabietole o canne raccolte nella Comunit, sono rimborsate forfettariamente dagli Stati membri e che l'ammontare del rimborso lo stesso per tutta la Comunit. Il n. 2 dell'art. 8 aggiunge che l'importo del rimborso fissato annualmente secondo la procedura di cui all'art. 36 del regolamento, procedura detta del comitato di gestione. 4. -La Commissione fa valere che, con provvedimento n. 24/1976 del Comitato interministeriale prezzi -in prosieguo: C.I.P. -(Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 4 ottobre 1976, n. 264, pag. 7201), il Governo italiano attribuiva all'industria trasformatrice dello zucchero una indennit compensativa corrispondente alla differenza fra gli oneri finanziari a carico di detta industria a titolo di spese di magazzinaggio dello zucchero prodotto in Italia e l'importo del rimborso stabilito dalla normativa comunitaria. Il provvedimento succitato preciserebbe che qualsiasi modifica di quest'ultimo importo comporterebbe una corrispondente modifica dell'indennit compensativa. Tale provvedimento, valido per la campagna saccarifera 1976-1977, sarebbe stato sostituito da un provvedimento analogo per la campagna saccarifera 1977-1978 (provvedic mento del C.I.P. n. 37/1977, Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 29 luglio 1977, n. 207, pag. 5678). 5. -Secondo la Commissione i menzionati provvedimenti costituiscono violazione dell'art. 8 del regolamento n. 3330/74. Da un lato, essi non rispetterebbero il principio del rimborso forfettario, essendo l'indennit compensativa da essi prevista calcolata in funzione delle variazioni degli oneri finanziari dell'industria di trasformazione. Dall'altro, essi sarebbero contrari al principio dell'egual misura del rimborso per tutta la Comunit, poich l'indennit cmpensativa si aggiungerebbe al rimborso comunitario. 6. -Ai sensi dell'art. 31, n. l, del regolamento n. 3330/74, le imprese possono, in taluni casi, riportare alla campagna saccarifera successiva, in conto della produzione di tale campagna, una parte determinata della loro PARTE I, SBZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE produzione che supera la quota di base. Ai sensi del n. 2 dello stesso articolo la quantit riportata deve essere immagazzinata durante il periodo dal 1 febbraio al 31 gennaio dell'anno seguente e, per tale periodo, le spese di magazzinaggio non sono rimborsate ai termini dell'art. 8. 7. -La Commissione ritiene che quest'ultima disposizione vieti espressamente qualsiasi rimborso delle spese di magazzinaggio dello zucchero riportato. Essa addebita al Governo italiano l'aver stabilito di concedere agli zuccherifici interessati, tramite la Cassa conguaglio zucchero, a titolo di spese di magazzinaggio per le quantit tolali di zucchero riportate alle campagne successive, un importo corrispondente al 60 % del rimborso mensile comunitario previsto soltanto per il caso in cui non vi sia riporto. 8. -La citata delibera del C.I.P. n. 24/1976 stabilisce che la Cassa conguaglio conceda detto importo agli zuccherifici interessati nei limiti di un credito che la Cassa autorizzata a far valere sugli aiuti di adattamento attribuiti ai produttori di barbabietole conformemente all'art. 38 del regolamento n. 3330/74. Per la campagna 1977-78 la delibera del C.I.P. n. 37/1977 autorizza la Cassa conguaglio ad accantonar~ un fondo speciale a valere sugli aiuti di adattamento riconosciuti ai produttori di barbabietole ed a porre il rimborso parziale delle spese di magazzinaggio dello zucchero riportato a carico di tale fondo speciale. '9. -Il Governo italiano non contesta i fatti dedotti dalla Commissione. A sua difesa fa valere anzitutto !'irricevibilit del ricorso, in quanto esso riguardi l'infrazione dell'art. 8 del regolamento di base. In subordine, e nel merilto, esso d alle disposizioni comunitarie applicabili una interpretazione diversa, condudendo su tale base per la conformit delle misure litigiose al diritto comunitario. Per quanto riguarda il rimborso delle spese di magazzinaggio dello zucchero riportato, fa valere che detto indennizzo parziale non effettuato dallo Stato italiano, ma dalla Cassa conguaglio, che agisce quale gerente di un fondo costituito da risorse private. Sulla ricevibilit. 10. -Secondo il Governo italiano il rimborso complementare delle spese di magazzinaggio dello zucchero prodotto in Italia, deliberato dal CJ.P., ha lo scopo di compensare la differenza fra gli oneri finanziari relativi al magazzinaggio sostenuti dall'industria trasformatrice in Italia e quelli presi in considerazione nell'ambito dei provvedimenti di rimborso a livello comunitario. I provvedimenti nazionali complementari dovrebbero quindi essere qualificati aiuti ai sensi degli artt. 92 e 93 del Trattato CEE. In tale situazione, la compatibilit di questi provvedimenti nazionali RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELW STATO con le norme del Trattato e con quelle emanate per la messa in opera della politica agricola comune pu essere valutata soltanto tramite la procedura prevista agli aitt. 92 e 93 del Trattato e conformemente ai criteri ivi stabiliti. 11. -Il Governo italiano sostiene inoltre che la Commissione ha riconosciuto, tanto durante la procedura precontenziosa, quanto nell'istanza introduttiva del ricorso, che le misure nazionali litigiose costituiscono aiuti nel senso del Trattato. Perch I.a Commissione non ha instaurato il procedimento di cui all'art. 93 del Trattato, il presente ricorso fondato sull'art. 169 del Trattato sarebbe prematuro e quindi irricevibile. 12. -Questi due argomenti non possono essere accolti. Giustamente la Commissione sostiene che il Consiglio libero di stabilire, nel quadro dei regolamenti recanti organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli, norme di divieto totale o parziale di determinate forme di aiuti nazionali alla produzione od alla commercializzazione dei prodotti interessati e che l'infrazione di un divieto del genere pu essere perseguita nell'ambito proprio di tale organizzazione. In effetti, l'esistenza della particolare procedura di cui all'art. 93 del Trattato, al fine di valutare la compatibilit col mercato comune dei regimi nazionali di aiuti, non pu modificare gli obblighi derivanti per gli Stati membri dal rispetto delle norme relative all'organizzazione comune dei mercati. 13. -Il regolamento n. 3330/74 contiene diverse disposizioni relative agli aiuti nel settore dello zucchero. Tale il caso per esempio dell'art. 8, riguardante il rimborso forfettario delle spese di magazzinaggio, nonch dell'art. 38 che prevede la concessione di aiuti di adattamento da parte della Repubblica italiana. Se l'art. 41 del regolamento dispone che gli artt. 92 e 93 del Trattato si applicano alla produzione ed al commercio dei prodotti soggetti all'organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero, lo fa con riserva espressa di contrarie disposizioni dello st.esso regolamento. La questione se l'art. 8 del regolamento debba essere considerato una disposizione contraria del genere indicato riguarda il merito della controversia, che opportuno prendere in esame ora, Sull'infrazione dell'art. 8 del regolamento n. 3330/74. 14. -Il Governo italiano ammette che l'art. 8 del regolamento n. 3330/74 prevede il rimborso forfettario ed uniforme delle spese di magazzinaggio. Tuttavia questa disposizione dovrebbe essere interpretata alla luce della sua finalit, che sarebbe quella di stabilizzare il mercato. In mancanza di un rimborso delle spese di magazzinaggio, i prodotti interessati verrebbero in effetti messi immediatamente sul mercato o venduti agli organismi d'intervento, e con ci si potrebbe verificare uno squilibrio ~I i: PARTE I, SBZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE del mercato. Il regolamento.di base avrebbe lo scopo di prevedere misure atte a stabilizzare il mercato. Il Governo italiano ricorda che, secondo la motivazione del regolamento, tale finalit pu essere conseguita sia mediante un dispositivo d'intervento, sia mediante un sistema di compensazione delle spese di magazzinaggio. La concessione di un'indennit compensativa complementare da parte delle autorit italiane perseguirebbe lo stesso scopo. Lungi dall'essere contraria alla normativa comunitaria, tale concessione contribuirebbe invece al suo buon funzionamento. 15. -La Commissione contesta il riferito punto di vista. Essa ritiene che l'indennit compensativa litigiosa abbia natura e finalit identiche a quelle del rimborso effettuato in base all'art. 8 del regolamento. Tale disposizione dovrebbe essere interpretata in senso stretto, poich deroga al divieto generale degli aiuti; essa avrebbe per scopo di disciplinare il modo esauriente tutto il sistema dei contributi alle spese di magazzinaggio. 16. - vero che il sistema di compensazione delle spese di magazzinaggio dello zucchero, previsto dal regolamento n. 3330/74, stato concepito al fine di conseguire gli obiettivi del regolamento, fra i quali figura in particolare la stabilizzazione qel mercato dello zucchero. Con l'istituire un rimborso forfettario ed uniforme per tutta la Comunit, il cui importo stabilito annualmente dalle istituzioni comunitarie, il regolamento indica tuttavia che i suoi obiettivi debbono essere realizzati nello stesso modo in tutti gli Stati membri. 17. -La tesi della Commissione secondo cui l'art. 8 del regolamento definisce in maniera esauriente il regime applicabile al rimborso deHe spese di magazzinaggio deve quindi e~sere accolta. 18. -Il Governo italiano allega ancora che le misure nazionali italiane sono rese necessarie dagli oneri finanziari particolarmente gravi cui sono soggette in Italia le imprese che immagazzinano zucchero, dato il tasso d'interesse, in questo Stato molto pi elevato che negli altri Stati membri della Comunit. Tale circostanza, la cui importanza stata del resto riconosciuta dalla Commissione, non pu tuttavia giustificare un'interpretazione dell'art. 8 del regolamento n. 3330/74 contraria alla lettera ed allo spirito dello stesso. Spetta al Consiglio valutare, nell'ambito dell'organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero, se le circostanze economiche particolari dominanti in uno degli Stati membri giustifichino adattamenti del regime comunitario. 19. - quindi d'uopo constatare che la Repubblica italiana, accordando ai produttori di zucchero, per le campagne saccarifere 1976-1977 e 1977-1978, un'indennit compensativa delle spese di magazzinaggio deUo RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zucchero prodotto in Italia, al di l del rimborso previsto dalla normativa comunitaria applicabile, venuta meno ad un obbligo ad essa incombente in forza del Trattato. Sull'infrazione dell'art. 31, n. 2, del regolamento n. 3330/74. '20. -Secondo il Governo italiano i succitati provvedimenti del C.I.P., n. 24/1976 e n. 37 /1977, non hanno istituito un rimborso parziale delle spese di magazzinaggio dello zucchero riportato, ha hanno autorizzato la Cassa COI).guaglio zucchero, che un ente pubblico, ad accantonare, sotto forma di credito o di fondo speciale, una quota degli aiuti di adattamento accordati ai produttori di barbabietole e ad assegnare in seguito un rimborso agli zuccherifici interessati, per conto dei produttori. Il prelievo sugli aiuti destinat.i ai produttori di barbabietole, la costituzione del fondo speciale ed rimborso parziale agli zuccherifici delle spese di magazzinaggio dello zucchero riportato non sarebbero disposti dai provve< l~menti del, C.I.P., bens da accordi interprofessionali fra le organizzazioni rappresentative dell'industria dello zucchero e dei coltivatori di ba.rbabietole. Il Governo italiano ricorda in proposito che l'art. 2 del rego~amento del Consiglio 18 giugno 1968, n. 748, relativo alle norme generali per il riporto di una parte della produzione di zucchero alla campagna saccarifera successiva (G.U. n. L 137, pag. 1) consente ai fabbricanti di .~uchero, nel caso del riporto di zucchero alla campagna saccarifera successiva, di far partecipare alle spese di magazzinaggio i produttori di barbabietola o di canna. 21. ---' La Commissione ammette che le risorse necessarie per il rimborso in questione non provengono dal bilancio dello Stato. Essa sostiene tuttavia che il fondo speciale creato per il finanziamento del rimborso alimentato da un'imposizione specifica, istituita in esecuzione dei provvedimenti presi dal C.I.P. i richiamati accordi interprofessionali farebbero parte di un sistema di procedimenti amministrativi conducente ad un insieme di provvedimenti obbligatori per tutti i fabbricanti di zucchero e per tutti i produttori di barbabietole. Cos stando le cose, la partecipazion dei prduttori di barbabietole non sarebbe volontaria, poich l'onere finanziario in questione sarebbe loro imposto. 22. -Su richiesta della Corte il Governo italiano ha prodotto i testi degli accordi interprofessionali per le campagne saccarifere 1976-1977 e 1977-1978. 23. -L'esame di questi documenti ha permesso di constatare che in realt l'intervento delle autorit italiane non si limitato ad autorizzare la Cassa conguaglio ad agire quale mandataria delle parti degli accordi interprofessionali. Infatti gli accordi contengono diversi elementi PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE estranei ad una convocazione liberamente conclusa fra organizzazioni private. Cos, il Ministro dell'agricoltura che ha constatato la conclusione dell'accordo e, per le condizioni in cui esso intervenuto, la sua efficacia obbligatoria erga omnes ; per l'accordo relativo alla campagna 1977-1978 tale constatazione preceduta da un preambolo, che il Ministro dichiara parte integrante dell'accordo stesso; gli accordi entrano in vigore al momento dell'adozione dei provvedimenti di esecuzione da parte del C.I.P.; inoltre gli accordi istituiscono una commissione paritetica, presieduta da un rappresentante del Ministro, che deve facilitare la messa in opera delle disposizioni dell'accordo, nonch emanare determinate norme di esecuzione. 24. -Ne risulta che la conclusione e la messa in opera degli accordi interprofessionali, le operazioni della Cassa conguaglio zucchero e gli atti adottati dal C.I.P. e dal Ministro dell'agricoltura sono fra loro connessi in modo tanto stretto da renderne impossibile la dissociazione. Non si pu quindi fare a meno di constatare che gli accordi interprofessionali fanno parte di un insieme di misure, la cui responsabilit ricade sul Governo italiano, tendenti a sostenere l'industria saccarifera italiana. 25. -In tale situazione il rimborso parziale delle spese di magazzinaggio dello zucchero riportato non pu essere considerato libera partecipazione dei produttori di barbabietole alle spese di magazzinaggio, ai sensi dell'art. 2 del succitato regolamento n. 748/68. Per contro, detto rimborso deve essere qualificato come metodo particolare di aiuto nel settore dello zucchero istituito dalle autorit pubbliche italiane e contrario all'art. 31, n. 2, del regolamento, n. 3330/74, che deve essere inteso nel senso del divieto per gli Stati membri di rimborsare le spese di magazzinaggio nel caso del riporto dello zucchero alla campagna successiva. 26. - quindi d'uopo constatare che la Repubblica italiana, acco_r~ dando ai produttori di zucchero per le campagne saccarifere 1976-1977 e 1977-1978 un rimborso parziale delle spese di magazzinaggio dello zucchero riportato alla campagna saccarifera successiva, venuta meno ad un obbligo ad essa incombente in forza del Trattato. (omissis) II (omissis) 1. -Con istanza registrata in cancelleria il 2 maggio 1979, la Commissione ha proposto alla Corte, ai sensi dell'art. 169 del Trattato CEE, un ricorso inteso a far dichiarare che la Repubblica italiana, gravando lo zucchero di produzione nazionale e lo zucchero importato dagli altri Stati membri di un'imposta speciale non uniforme, venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell'art. 95 del Trattato. 724 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 2. -Risulta dal fascicolo che il tributo nazionale oggetto della presente controversia, detto sovrapprezzo, un'imposta sullo zucchero bianco immesso in consumo in Italia. Esso grava di un importo eguale per chilogrammo netto di zucchero bianco di ogni tipo e qualit sia lo zucchero di produzione nazionale sia quello proveniente dagli altri Stati membri. L'imposta versata alla Cassa conguaglio zucchero, ente pubblico istituito per effettuare le operazioni di perequazion connesse all'inserimento dell'economia saccarifera italiana nell'organizzazione comune di mercato per lo zucchero, in funzione dal 1968. Il gettito del sovrapprezzo destinato principalmente al finanziamento degli aiuti di adattamento di cui fruiscono, in Italia, l'industria saccarifera e i produttori di barbabietole, conformemente alla normativa comunitaria applicabile. La concessione di questi aiuti di adattamento si basa attualmente sull'art. 38 del regolamento del Consiglio 19 dicembre 1974, n. 3330, relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero (G.U. n. L 359, pag. 1). 3. -La Commissione ritiene l'imposizione del sovrapprezzo cntraria all'art. 95, l 0 comma, del Trattato, nella misura in cui tale tributo destinato a finanziarie aiuti che avvantaggiano i prodotti nazionali e da cui sono esclusi i prodotti provenienti dagli altri Stati membri. Seb~ bene l'imposta colpisca lo zucchero nazionale e lo zucchero importato sulla base di identici criteri, l'onere fiscale gravante sullo zucchero nazionale sarebbe parzialmente neutralizzato dalla concessione degli aiuti in tal modo finanziati. Detta neutralizzazione sarebbe ancor pi evidente per il fatto che i produttori di zucchero stabiliti in Italia potrebbero versare l'importo del sovrapprezzo dovuto previa deduzione degli aiuti cui hanno diritto. 4. -Il Governo italiano ammette che il gettito del sovrapprezzo destinato principalmente, ma non esclusivamente, al finanziamento degli aiuti di adattamento autorizzati dalla normativa comunitaria, ma precisa che, dal 1976, la compensazione effettuata dalla cassa conguaglio fra l'ammontare dell'imposta e l'ammontare dell'aiuto a vantaggio dei produttori italiani soltanto parziale. 5. -Il Governo italiano sostiene che il ricorso non ricevibile e nega inoltre che il sistema in tal modo instaurato sia incompatibile con l'art. 95 del Trattato. Sulla ricevibilit. 6. -Il Governo italiano, dopo aver ricordato che il sovrapprezzo si applica in modo uniforme ai prodotti nazionali e ai prodotti impor . PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE tati, constata he la Commissione non considera l'imposizione interna in questione discriminatoria dal punto di vista fiscale, ma soltanto in quanto essa serva a finanziare i prodotti nazionali. Secondo il Governo italiano, il sindacato di legittimit del regime di finanziamento di un aiuto si pu per compiere soltanto nel quadro della procedura particolare prevista a tale scopo dall'art. 93 del Trattato. La giurisprude;nza della Corte, quale risulta in particolare dalla sentenza del 25 giugno 1970 (causa 47/69, Repubblica francese c. Commissione, Racc. pag. 487), avrebbe in effetti posto in luce che il modo di finanziamento di un aiuto non pu essere isolato dall'esame dell'aiuto propriamente detto. Di conseguenza, i provvedimenti nazionali cui si riferisce la Commissione non potrebbero essere valutati nell'ambito di un ricorso ex art. 169 del Trattato, bens soltanto secondo la procedura di cui all'art. 93 del Trattato. 7. -Il Governo italiano dedu'ce inoltre che la Commissione ha gi avviato la procedura di cui all'art. 93 per esaminare il sistema di finanziamento dell'insieme degli aiuti accordati ai produttori di barbabietole ed ai trasformatori di zucchero e che detta procedura riguarda anche il finanziamento degli aiuti di adattamento mediante l'imposizione del sovrapprezzo. La procedura cos instaurata potrebbe condurre alla modifica o alla soppressione del sistema di finanziamento attuale e rendere cos privo di oggetto il ricorso ex art. 169, ricorso che sarebbe pertanto irricevibile. 8. -La prima eccezione di irricevibilit da respingersi. Il confronto ravvicinato fra, da un lato, gli artt. 92 e 93 del Trattato e, dall'altro, l'art. 95, primo comma, indica che queste disposizioni perseguono una stessa finalit, consistente nell'evitare che i due tipi di interventi di uno Stato membro -cio la concessione di aiuti, da una parte, e l'imposizione di un tributo discriminatorio, dall'altra -abbiano l'effetto di falsare le condizioni di concorrenza nel mercato comune. Tuttavia, come la Corte ha gi precisato per un caso comparabile nella sentenza del 13 marzo 1979 (causa 91/78, Hansen, Racc. pag. 935), queste disposizioni hanno presupposti d'applicazione differenti, peculiari ai due ordini di provvedimenti statali ch'esse hanno rispettivamente lo scopo di disciplinare, e differiscono per di pi quanto alle conseguenze giuridiche, soprattutto perch, diversamente da quanto si verifica per l'art. 95, primo comma, per l'attuazione degli artt. 92 e 93 lasciato ampio spazio all'intervento della Commissione. 9. -Le constatazioni sopra esposte non impediscono che un provvedimento attuato per il tramite di un'imposizione discriminatoria, e che possa essere . nello stesso tempo considerato come aiuto ai sensi dell'art. 92, rientri nella sfera d'applicazione sia dell'art. 95, primo comma, 726 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sia delle norme relative agli aiuti statali. Ne consegue che le pratiche fiscali discriminatorie non sono sottratte all'applicazione dell'art. 95 per il fatto di poter essere qualificate nello stesso tempo come modo di finanziamento di un aiuto statale e che possono quindi divenire l'oggetto di una distinta procedura ex art. 169. 10. -Cos stando le cose, da respingersi anche la seconda eccezione di irricevibilit. Se la Commissione addebita ad uno Stato membro pratiche costituenti violazione dell'art. 95 e se essa instaura al riguardo la procedura ex art. 169, detta procedura non diviene priva di oggetto per il fatto che la Commissione, ritenendo che le stesse pratiche facciano parte di un regime di aiuti incompatibile col mercato comune, avvii la procedura di cui agli artt. 92 e 93. 11. -Si deve del resto osservare che, se la procedura di cui agli artt. 92 e 93 lascia alla Commissione, e, a determinate condizioni, al Consiglio, un ampio margine di apprezzamento per sindacare la compatibilit di un regime di aiuti statali con le esigenze del mercato comune, dall'economia generale del Trattato si ricava che tale procedura non deve mai pervenire ad un risultato contrario alle norme specifiche del Trattato, concernenti, per esempio, le imposizioni interne. Nel caso in cui la Corte fosse indotta a dichiarare l'imposizione del sovrapprezzo contraria al disposto dell'art. 95, risultato della procedura avviata dalla Commissione ai sensi degli artt. 92 e 93 non potrebbe, di conseguenza, essere il mantenimento di tale imposizione nella forma attuale. Il ricorso proposto ex art. 169 contro uno Stato membro non pu quindi essere tale da nuocere all'eventuale interesse di tale Stato al mantenimento di un regime di aiuti riconosciuto compatibile con le esigenze del mercato comune in esito ad una procedura instaurata in forza degli artt. 92 e 93. Sulla violazione dell'art. 95 del Trattato. 12. -L'art. 95, primo comma, del Trattato vieta agli Stati membri di applicare direttamente o indirettamente ai prodotti degli altri Stati membri imposizioni interne, di qualsivoglia natura, superiori a quelle applicate lirettamente o indiretti;imente ai prodotti nazionali similari. 13. -Il Governo italiano sostiene anzitutto che il sovrapprezzo grava in misura identica sullo zucchero prodotto in Italia e sullo zucchero importato e che la discriminazione addotta dalla Commissione risiede nell'importo dell'aiuto concesso allo zucchero nazionale. Ora, tale aiuto sarebbe autorizzato dall'art. 38 del regolamento n. 3330/74 ed avrebbe la i: I' i: i: PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 727 finalit di colmare il divario economico nel settore dello zucchero fra l'Italia e gli altri Stati membri, per garantire il pieno inserimento dell'economia saccarifera italiana nell'economia comunitaria. L'aiuto in questione dovrebbe quindi costituire una differenza netta e costante a vantaggio dello zucchero italiano. 14. -Se quest'ultimo punto d'uopo ricordare che la Corte ha g1a statuito, nella sentenza del 25 maggio 1977 (causa 105/76, Interzuccheri, Racc. pag. 1029), che l'autorizzazione, di cui all'art. 38 del regolamento n. 3330/74, a concedere gli aiuti ivi contemplati non pu intendersi nel senso che essa implichi la conformit al diritto comunitario di qualsiasi sistema di finanziamento di detti aiuti, qu;:tlunque ne siano la natura o le modalit, e che, nel finanziarie l'aiuto concesso, le autorit nazionali restano in particolare soggette agli obblighi imposti dal Trattato. 15. - vero che il sovrapprezzo costituisce un tributo gravante i prodotti nazionali e quelli importati in base a identici criteri. Tuttavia, nell'interpretare la nozione di imposizioni interne , di cui all'art. 95, pu esservi ragione di tener conto della destinazione del gettito dell'imposizione. In effetti, quando il gettito di un'imposizione del genere destinato a finanziare attivit che giovano in modo specifico ai prodotti nazionali tassati, pu derivarne che il tributo riscosso secondo gli stessi criteri costituisca nondimeno tassazione discriminatoria, nella misura in cui l'onere fiscale gravante sui prodotti nazionali sia neutralizzato da vantaggi finanziati per mezzo di esso, mentre quello gravante sui prodotti importati rappresenti itn onere netto. 16. -Ne risulta che un'imposizione interna tale da colpire indirettamente i prodotti provenienti dagli altri Stati membri in modo pi pesante dei prodotti nazionali, qualora essa serva esclusivamente o principalmente al finanziamento di aiuti a vantaggio dei soli prodotti nazionali. 17. -Il Governo italiano obietta che un tale punto di vista condurrebbe, nella fattispecie, ad una visione formalistica dell'art. 95. In effetti, alla Repubblica italiana rimarrebbe aperta la possibilit di mantenere il sovrapprezzo quale applicato attualmente ~e il suo gettito venisse versato al tesoro italiano per entrare a far parte del bilancio generale dello Stato; il Governo potrebbe allora trarre da tale bilancio i fondi destinati al finanziamento degli aiuti autorizzati dall'art. 38 del regolamento n. 3330/74. Anche in questo caso il prodotto importato non fruirebbe di alcun vantaggio rispetto alla situazione esistente, poich continuerebbe ad essere soggetto al sovrapprezzo, senza beneficiare degli aiuti concessi al prodotto nazionale. 728 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 18. -Conviene rilevare che la situazione prospettata dal Governo italiano non paragonabile a quella oggetto del presente ricorso. Questo riguarda il sovrapprezzo quale imposizione interna che, sebbene gravante per lo stesso importo sullo zucchero nazionale e sullo zucchero importato, destinata al finanziamento degli aiuti a vantaggio dello zucchero nazionale. Se il sovrapprezzo non rivestisse il carattere di imposta destinata al finanziamento degli aiuti alla produzione nazionale, non si avrebbero i presupposti per l'applicazione dell'art. 95. In tal caso, tuttavia, la con cessione degli aiuti di adattamento non sarebbe pi il risultato automatico di un sistema di perequazione gravante il solo settore della produzione e dell'importazione dello zucchero, bens avrebbe origine in decisioni a livello legislativo o governativo, ove sarebbero ponderati i diversi interessi professionali in questione. 19. -Il Governo italiano sottolinea infine che il sovrapprezzo prelevato sullo zucchero immesso in consumo e che l'onere da esso rappresentato parte integrante del prezzo di vendita dello zucchero. Ne risulta a suo avviso che l'imposta in questione ricade in definitiva sul consumatore del prodotto e che i produttori e gli importatori di zucchero, versandone l'ammontare, agiscono per conto del consumatore. 20. -Tuttavia, come nota giustamente la Commissione, il fatto che gli oneri finanziari risultanti da un'imposizione si ripercuotano sui consumatori non modifica la natura giuridica dell'imposizione stessa. Il Governo italiano non ha del resto contestato che il sovrapprezzo riscosso a carico 'dei produttori e degli importatori di zucchero. Il fatto, addotto dal Governo italiano, che i prezzi di vendita dello zucchero in Italia, ai diversi stadi di commercializzazione, includano l'importo del sovrapprezzo non pertinente ai fini della qualificazione del tributo riguardo all'art. 95 del Trattato. 21. -Da quanto precede risulta che non si possono accogliere gli argomenti dedotti dal Governo italiano. ' 22. -Il sovrapprezzo deve quindi essere considerato come un'im posta che, sebbene riscossa nella stessa aliquota sullo zucchero prodotto in Italia e su quello proveniente dagli altri Stati membri, non grava in modo uniforme sui due prodotti, poich costituisce un onere ineguale per i prodotti nazionali, che traggono beneficio dalla sua riscossione, e per i prodotti importati, che ne sopportano l'onere senza ricavarne i vantaggi. 23. -Si deve quindi constatare che la Repubblica italiana, gravando lo zucchero di un'imposizione interna il cui onere ricade inegualmente sullo zucchero prodotto in Italia e su quello importato dagli altri Stati membri, venuta meno ad un obbligo ad essa incombente in forza dell'art. 95 del Trattato. (omissis) PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 7'],9 CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE, 22 maggio 1980, nella causa 131/79 -Pres. f.f. O' Keeffe -Avv. Gen. Warner -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla High Court of Justice of England and Wales -Queen's Bench Division -Divisional Court nella causa Regina e Secretary of State for Home Affairs, su ricorso di Mario Santillo. Interv.: Governo del Regno unito (ag. Brown e Dagtoglou) e Commissione Comunit europee (ag'. McClellan). Comunit europee -Libera circolazione delle persone Limitazioni per motivi di ordine ,pubblico, di pubblica sicurezza e di sanit pubblica Garanzie -Obblighi degli Stati. (Trattato, art. 48; direttiva del Consiglio 25 febbraio 1964, n. 64/221/CEE, art. 9). Comunit europee -Libera circolazione delle persone -Lhnitazioni per motivi di ordine pubblico, di pubblica sic1,1rezza e di sanit pubblica Provvedimento amministrativo di ~spulsione dello straniero Parere di altra autorit pubblia indipendente -Necessit. (Trattato, art. 48; direttiva del Consiglio 25 febbraio 1964, n. 64/221/CEE, art. 9). Comunit europee -Libera circolazione delle persone Lhnitazioni per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanit pubblica Provvedimento amministrativo di espulsione dello straniero -Parere di altra autorit pubblica indipendente -Requisiti. (Trattato, art. 48; direttiva del Consiglio 25 febbraio 1964, n. 64/221/CEE, artt. 3, 6 e 9). L'art. 9 della direttiva del Consiglio 25 febbraio 1964, n. 64/221/CEE (per il coordinamento dei provvedimenti speciali riguardanti il trasferimento e il soggiorno degli stranieri, giustificati da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanit pubblica) impone agli Stati membri degli obblighi che possono esser fatti valere dagli amministrati dinanzi ai giudici nazionali (1). (1-3) La Corte di Giustizia si occupata numerose volte di questioni relative all'interpretazione della direttiva CEE del Consiglio 25 febbraio 1964, n. 64/221, affermando che l'art. 3 n. 1 di essa crea in capo ai singoli diritti soggettivi che i medesimi possono far valere direttamente e che la nozione di ordine pubblico varia da un Paese ad un altro e da un'epoca ad un'altra, pur dovendo essere intesa in senso 'stretto (sentenza 4 dicembre 1974, nella causa 41/74, VAN DuYN, in Racc., 1974, 1337; sulla possibilit di un'efficacia diretta delle direttive, in generale, cfr., fra le pi recenti, le sentenze 1 febbraio 1977, nella causa Sl/76, VERBOND VAN NEDERLANDESSE, in Racc., 11977, 113; 23 novembre 1977, nella causa 38/77, ENKA, in Racc., 1977, 2203; 5 aprile 1979, nella causa 148/78, RATTI, in Racc., 1979, 1629); che un provvedimento di espulsione pu essere adottato solo in :funzione.. di un comportamento personale e non a fini di prevenzione generale {sentenza 26 febbraio 1975, in causa 67/74, BoNSIGNORE, in Racc. 1975, 297); che l'espulsione non pu essere ordinata solo perch non sono state regolarmente espletate le formalit di ingresso, trasferimento e soggiorno e il provvedimento non pu essere eseguito, salvo l'urgenza, RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 73-0 Pu essere considerata autorit competente ai sensi e per gli effetti dell'art. 9 della direttiva del Consiglio 25 febbraio 1964, n. 64/221/CEE, qualsiasi autorit pubblica indipendente dall'autorit amministrativa cui spetta l'adozione di uno dei provvedimenti contemplati dalla direttiva, organizzata in modo che l'interessato abbia il diritto di farsi rappresentare e di far valere i propri mezzi di difesa dinanzi ad essa (2). La proposta di espulsione fatta da un giudice penale nell'emettere una sentenza di condanna in forza della legislazione britannica pu costituire un parere ai sensi dell'art. 9 della direttiva del Consiglio 25 febbraio 1964, n. 64/221/CEE, purch siano soddisfatte tutte le altre condizioni poste dallo stesso articolo. La sola esistenza di condanne penali non pu automaticamente giustificare provvedimenti di allontanamento dal territorio dello Stato. Il parere deve essere motivato -salvo che vi si oppongano motivi inerenti alla sicurezza dello Stato -e deve essere abbastanza vicino nel tempo al provvedimento di espulsione, si che si possa presumere che non siano intervenuti nuovi elementi di valutazione da prendere in esame (3). (omissis) i. -Con ordinanza 30 luglio 1979, pervenuta in cancelleria il 10 agosto successivo, la High Court of Justice, Queen's Bench Division, Divisional Court ha sottoposto a questa Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CEE, varie questioni vertenti sull'interpretazione, in particolare, dell'art. 9, n. l, della direttiva del Consiglio 25 febbraio 1964, n. 64/221/CEE, per il coordinamento dei provvedimenti speciali riguardanti il trasferimento e il soggiorno degli stranieri, giustificati da. motivi di ordine pub- prima che l'interessato sia stato in grado di esperire i ricorsi consentitigli dagli artt. 8 e 9 della direttiva (sentenza 8 aprile 1976, in causa 48/75, RoYER, in Racc. 1976, 497), secondo una tutela che, pur potendo essere diversa da Stato a Stato, non pu essere meno favorevole, in ciascuno Stato, di quella accordata ai cittadini in materia di ricorsi contro atti amministrativi, con la possibilit, se del caso, di ottenere la sospensione dei provvedimenti oggetto del ricorso (sentenza 5 marzo 1980, nella causa 98/79, PECASTAING); che la raccomandazione di espulsione formulata dal giudice inglese. ai sensi dell'art. 3 dell'lmmigration Act del 1971, essa stessa un provvedimento nel senso voluto dalla dir.ettiva (la natura di provvedimento non esclude, secondo l'Avv. Gen. Warner nelle conclusioni della causa di cui alla sentenza annotata, che possa parlarsi ad altri effetti anche di parere), e che l'esistenza di condanne penali pu essere presa in considerazione solo in quanto le circostanze che hanno portato a tali condanne provino un comportamento personale cstituente una minaccia attuaile per l'ordine pubblico, intendendosi tale una minaccia effettiva ed abbastanza grave per uno degli interessi fondamentali della comunit (sentenza 27 ottobre 1977, nella causa 30/77, BoucHE REAU, in Racc. 1977, 1999). Cfr. anche i principi similari contenuti nelle sentenze 28 ottobre 1975, nella causa 37/75, RUTILI, in Racc. 1975, 1219, in questa Rassegna, 1975, I, 838, con nota di BRAGUGLIA, e 7 luglio 1976, nella causa 118/75, WATSON, in Racc. 1976, 1185, e in questa Rassegna, 1976, I, 730, con nota di MARZANO. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE blico, di pubblica sicurezza e di sanit pubblica (G.U. 1964, pag. 850), ai fini dell'esercizio del proprio sindacato giurisdizionale in un procedimento relativo all'istanza di un cittadino italiano, stabilitosi nel Regno Unito come lavoratore dipendente, intesa all'annullamento di un decreto di espulsione emesso nei confronti dell'interessato in seguito a condanna penale. 2. -Dal fascicolo di causa e dalle osservazioni presentate nella fase orale del procedimento risulta che il Regno Unito non ha adottato specifiche disposizioni legislative per l'attuazione della direttiva 64/221. La lgge da applicare nella fattispecie, e cio quella che disciplina l'immigrazione ( Immigration Act ), risale al 1971. Essa stabilisce che le persone qualificate non patrials (stranieri) sono soggette, nel Regno Unito, a controlli che implicano la possibilit di espulsione nei seguenti casi: -a norma dell'art. 3, n. 5, di tale legge, a) se [l'interessato], autorizzato solo ad entrare nel paese e a soggiornarvi temporaneamente, non rispetta una delle condizioni poste per il soggiorno o si trattiene oltre la scadenza prescritta nell'autorizzazione, o inoltre b) se il ministro giudica che la sua espulsione necessaria nel pubblico interesse, o inoltre e) se un decreto di espulsione o stato adottato contro un altro membro della sua famiglia; -a norma dell'art. 3, Il. 6, se [l'interessato] condannato per un'infrazione per cui prevista una pena detentiva e se, a seguito della condanna, un giudice ne propone l'espulsione... . 11 sistema di impugnazione diverso a seconda dei casi: -in caso di applicazione del n. 5 di cui sopra, la decisione del .ministro di espellere lo straniero pu venir impugnata dinanzi ad un Adjudicator , la cui pronunzia a sua volta impugnabile dinanzi a11' Immigrati011 Appeal Tribuna!; -nell'ipotesi in cui venga applicato il n. 6, la proposta di espulsione avanzata da un giudice pu venir impugnata, mentre non impugnabile feventuale successivo decreto di espulsione, n si possono presentare osservazioni prima che venga adottata la decisione di emanare il provvedimento. 3. -Dall'ordinanza di rinvio e dagli atti del fascicolo risulta che, il 13 dicembre 1973, il ricorrente nella causa principale veniva dichiarato, dalla Centra! Criminal Court , reo di sodomia ( buggery ) e violenza carnale nei confronti di una prostituta (reati commessi il 18 dicembre 1972), nonch d atti di libidine violenti e lesioni nei confronti di un'altra prostituta (reati commessi il 14 aprile 1973). Il 21 gennaio 1974 egli veniva RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO condannato ad una pena detentiva di 8 anni complessivi per questi quattro reati. Nel pronunziare la sentenza, la Central Criminal Court proponeva l'espulsione dell'interessato in forza dell' Immigration Act '" 4. -Il 10 ottobre 1974, la Court of Appeal (Criminal Division) rifiutava al ricorrente l'autorizzazione ad interporre appello sia avverso la condanna alla pena detentiva, sia avverso la proposta di espulsione. Il 28 settembre 1978, il Ministro dell'interno adottava nei confronti dell'interessato un decreto di espulsione, che doveva essere eseguito al termine del periodo di detenzione. Il 3 aprile 1979, dopo che aveva scontato la pena detentiva, ridotta di un terzo per buona condotta, il ricorrente avrebbe dovuto esser posto in libert, ma, in ragione dell' Immigration Act >>, non veniva rilasciato. Il 10 aprile 1979, egli proponeva alla High Court un ricorso inteso all'annullamento del decreto di espulsione e motivato nel senso che questo atto, emanato oltre quattro anni dopo la proposta di espulsione formulata dalla Centrai Criminal Court , avrebbe leso i suoi diritti soggettivi, in quanto incompatibile con l'art. 9, n. 1, della direttiva n. 64/221. 5. -L'art. 48 del Trattato garantisce la libera circolazione dei lavoratori nell'ambito della Comunit. Tale libert implica, per tutti i cittadini degli Stati membri, fatte salve le limitazioni giustificate da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanit pubblica, il diritto di spostarsi liberamente nel territorio degli Stati membri e di prendere dimora in uno Stato membro al fine di svolgervi un'attivit di lavoro, conformemente alle disposizioni legislative, regolamentari e amministra~ tive che disciplinano l'occupazione per i lavoratori nazionali. 6. -A termini del terzo punto del suo preambolo, la direttiva n. 64/221 persegue fra l'altro lo scopo di offrire in ogni Stato membro, ai cittadini degli altri Stati membri, idonei mezzi di ricorso avverso gli atti amministrativi nel settore dell'ordine pubblico, della pubblica sicurezza e della sanit pubblica. 7. -Secondo l'art. 8 della stessa direttiva, l'interessato deve poter esperire, avverso i provvedimenti adottati nei suoi confronti, i ricorsi consentiti ai cittadini avverso gli atti amministrativi; se ci non ammesso, l'interessato deve avere quanto meno, ai sensi dell'art. 9, la possibilit di far valere i propri mezzi di difesa dinanzi ad un'autorit competente diversa da quella cui spetta l'adozione del provvedimento di allonta namento dal territorio dello Stato. 8. -L'art. 9, n. 1, della direttiva dispone che: Se non sono ammessi ricorsi giurisdizionali o se tali ricorsi sono intesi ad accertare soltanto la legittimit dei provvedimenti impugnati o se essi non hanno effetto sospensivo, il provvediment di. diniego del rinnovo del permesso di soggiorno o quello di allontanamento dal terri-,. I= f:j i= PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 733 torio del titolare del permesso di soggiorno adottato dall'autorit amministrativa, tranne in casi di urgenza, solo dopo aver sentito il parere di un'autorit competente del paese ospitante, dinanzi alla quale l'interessato deve poter far valere i propri mezzi di difesa e farsi assistere o rappresentare secondo la procedura prevista dalla legislazione di detto paese. La suddetta autorit deve essere diversa da quella cui spetta l'adozione dei provvedimenti di diniego del rinnovo del permesso o di allontanamento dal territorio , 9. -~ noto che, nel diritto inglese, le impugnazioni ammesse contro un provvedimento di allontanamento riguardano unicamente la legittimit dell'atto. Ne consegue che lo stesso .provvedimento di allontanamento dev'essere necessariamente emanato in conformit a quanto disposto dall'art. 9 della direttiva, che prevede espressamente tale ipotesi. 10. -Stando cos le cose, la High Court of England and Wales, Queen's Bench Division stata indotta a formulare le seguenti questioni: 1) Se l'art. 9, n. 1, della direttiva del Consiglio 25 febbraio 1964, n. 64/221, conferisca ai singoli diritti che possono essere fatti valere dinanzi ai giudici nazionali e che questi devono tutelare. 2) a) Quale sia il significato della frase dopo aver sentito il parere di un'autorit competente del paese ospitante di cui all'art. 9, n. 1, della direttiva del Consiglio 25 febbraio 1964, n. 64/221 (parere); b) e, in particolare, se una proposta d'espulsione fatta da un giudice penale nell'emettere una sentenza di condanna (proposta ) possa costituire un parere. 3) In caso di soluzione affermativa della questione su 2 b): a) Se la proposta debba essere motivata in ogni sua parte. b) In quali circostanze, eventualmente, il lasso di tempo inter corrente tra la formulazione della proposta e l'adozione di un provvedimento di espulsione escluda che la proposta costituisca un parere. e) In particolare, se il lasso di tempo trascorso scontando una pena detentiva abbia l'effetto di privare la proposta del carattere di parere. 11. -L'art. 9, n. 1, della direttiva s'inquadra in un complesso di norme intese a garantire il rispetto dei diritti dei cittadini di uno Stato membro in materia di libera circolazione e di soggiorno nel territorio degli altri Stati membri. Gli artt. 3 e 4 della direttiva limitano le ragioni che possono giustificare l'espulsione del lavoratore o il rifiuto d'ingresso nei suoi confronti. L'art. 6 stabilisce che i motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanit pubblica sui quali si basa un dato provvedimento' sono portati a conoscenza dell'interessato, salvo il caso che vi si oppongano motivi inerenti alla sicurezza dello Stato. L'art. 7 dispone fra l'altro RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO che il provvedimento di diniego del rilascio o del rinnovo del permesso di soggiorno o il provvedimento di allontanamento dal territorio notificato all'interessato. L'art. 8 garantisce all'interessato la possibilit di esperire i ricorsi consentiti ai cittadini avverso gli atti amministrativi. 12. -Le disposizioni dell'art. 9 sono complementari rispetto a quelle dell'art. 8. Esse hanno lo scopo di offrire un minimo di garanzie procedurali alle persone colpite da uno dei provvedimenti corrispondenti alle tre ipotesi definite nel n. 1 dello stesso art. 9. Qualora i ricorsi giurisdizionali riguardino unicamente la legittimit del provvedimento impugnato, l'intervento dell' autorit competente di cui all'art. 9, n. l, deve consentire un esame esauriente di tutti i fatti e di tutte le circostanze, ivi .compresa l'opportunit del provvedimento considerato, prima che questo venga definitivamente adottato. Inoltre, l'interessato deve poter far valere i propri mezzi di difesa e farsi assistere o rappresentare secondo la procedura prevista dalla legislazione nazionale. 13. -In complesso, si tratta di norme precise e concrete, tali da poter esser fatte valere da qualsiasi persona interessata e quindi atte ad essere applicate da qualsiasi organo giurisdizionale. Questa constatazione induce a risolvere affermativamente la prima questione formulata dal giudice nazionale. 14. -L'esigenza sancita dall'art. 9, n. 1, con 'lo stabilire che qualsiasi provvedimento di allontanamento dev'essere preceduto dal parere del1' autorit competente e che l'interessato deve poter far valere i propri mezzi di difesa e farsi rappresentare dinanzi a detta autorit secondo la procedura prevista dalla legislazione nazionale, non pu costituire una reale garanzia se non qualora tutti gli elementi che l'autorit amministrativa deve prendere in considerazione siano sottoposti alla valutazione dell' autorit competente, il parere di questa sia abbastanza vicino nel tempo al provvedimento di allontanamento, s da far presumere che non esistano nuovi elementi da prendere in considerazione, e tanto l'autorit amministrativa quanto la persona interessata siano poste in grado -sempre salva l'ipotesi, contemplata dall'art. 6, in cui vi si oppongano motivi inerenti alla sicurezza dello Stato -di conoscere i motivi che hanno indotto I' autorit competente ad emettere il parere. 15. -Circa la questione relativa al significato dell'espressione pa rere di un'autorit competente del paese ospitante ed al se la proposta d'espulsione fatta da un giudice penale nell'emettere una sentenza di condanna costituisca un parere del genere, va rilevato che la direttiva non precisa la natura dell' autorit competente, Essa fa riferimento ad organi indipendenti dall'autorit amministrativa, ma lascia agli Stati membri un certo margine di valutazione discrezionale quanto alla natura di tali organi. PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 16. - pacifico che i giudici penali del Regno Unito sono organi indipendenti dall'autorit amministrativa cui spetta l'adozione del decreto di espulsione, e che l'interessato ha il diritto di farsi rappresentare e di far valere i propri mezzi di difesa dinanzi a detti giudici. 17. -La proposta d'espulsione fatta da un giudice penale nell'emettere una sentenza di condanna in forza della legislazione britannica pu, quindi, costituire un parere ai sensi dell'art. 9 della direttiva, purch siano soddisfatte tutte le altre condizioni poste dallo stesso articolo. Il giudice penale deve fra l'altro tener conto -com' stato gi sottolineato da questa Corte nella sentenza 27 ottobre 1977 (causa 30/77, Boucherau, Racc. 1977, pag. 1999) -di quanto disposto dall'articolo 3 della direttiva, nel senso che la sola esistenza di condanne penali non pu automaticamente giustificare provvedimenti di allontanamento dal territorio dello Stato. 18. -Quanto al momento in cui deve intervenire il parere della autorit competente , si deve rilevare che un lasso di tempo di vari anni fra la proposta di espulsione e il provvedimento dell'autorit amministrativa atto a privare la proposta della sua funzione di parere ai sensi dell'art. 9.. importante, infatti, che il danno sociale derivante dalla presenza di uno straniero sia valutato nel momento stesso in cui, nei confronti di questo, viene adottato il provvedimento di allontanamento, poich i fattori di valutazione, in particolare quelli relativi al comportamento personale dell'interessato, possono mutare con l'andar del tempo. 19. -Queste considerazioni inducono a risolvere la seconda e la terza questione della High Court of Justice nel seguente modo: La direttiva lascia agli Stati membri un certo margine di valutazione discrezionale per la designazione dell' autorit competente. Pu essere considerata tale qualsiasi autorit pubblica indipendente dalla autorit amministrativa cui spetta l'adozione di uno dei provvedimenti contemplati dalla direttiva, organizzata in modo che l'interessato abbia il diritto di farsi rappresentare e di far valere i propri mezzi di difesa dinanzi ad essa. La proposta di espulsione fatta da un giudice penale nell'emettere una sentenza di condarma in forza della legislazione britannica pu costituire un parere ai sensi dell'art. 9 della direttiva, purch siano soddisfatte tutte le altre condizioni poste dallo stesso articolo. Il giudice penale deve fra l'altro tener conto di quanto disposto dall'art. 3 della direttiva, nel senso che la sola esistenza di condanne penali non pu automaticamente giustificare provvedimenti di allontanamento dal territorio dello Stato. Il parere dell' autorit competente dev'essere abbastanza vicino nel tempo al provvedimento di allontanamento, s da far presumere RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEIJ..O STATO 736 che non esistano nuovi elementi da prendere in considerazione, e tant<> l'autorit amministrativa quanto la persona interessata devono essere poste in grado -sempre salva l'ipotesi, contemplata dall'art. 6, in cui vi si oppongano motivi inerenti alla sicurezza dello Stato -di conoscere i motivi che hanno indotto I' autorit competente ad emettere il parere. Un lasso di tempo di vari anni fra la proposta di espulsione e il. provvedimento dell'autorit amministrativa atto a privare la proposta della sua funzione di parere ai sensi dell'art. 9. importante, infatti, che il danno sociale derivante dalla presenza di uno straniero sia valutato nel momento stesso in cui, nei confronti di questo, viene adottato il provvedimento di allontanamento, poich i fattori di valutazione, in particolare quelli relativi al comportamento personale dell'interessato,. possono mutare con l'andar del tempo. (omissis) CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE, 26 giugno 1980,. nella causa 808/79 -Pres. Kutscher -Avv. Gen. Reischl -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Presidente del Tribunale di Lucca in procedimento per ammortamento di titolo nominativo promossa dalla Ditta F.lli Pardini S.p.A. (avv.ti Ubertazzi e Capelli). lnterv.: Governo italiano (avv. Stato Marzano) e Commissione delle C.E. (ag. Berardis). Comunit europee Unione doganale Licenza d'esportazione con restituzione prefissata Furto del tifolo Conseguenze. (Regolamento CEE del Consiglio 29 ottobre 1975, n. 2727, artt. 9, 12, 15 e 16; regola-mento CEE della Commissione 17 gennaio 1975, n. 193, artt. 17 e 20). L'art. 17 n. 7 del regolamento della Commissione 17 gennaio 1975,. n. 193, che stabilisce le modalit comuni d'applicazione del regime dei titoli d'importazione, d'esportazione e di fissazione anticipata relativi ai prodotti agricoli, va interpretato nel senso che l'esportatore cui sia stato rubato un titolo di esportazione o di prefissazione non pu ottenere un nuovo titolo, o un documento equivalente, che gli consenta di effettuare le operazioni di esportazione alle condizioni previste dal titolo rubato. Il rischio sopportato dagli operatori a causa della disposizione suddet-. ta non sproporzionato in rapporto alle esigenze di controllo. (1) La sentenza 30 gennaio 1974, nella causa 158/73, KAMPFFMEYER, citata al punto n. 6 della sentenza annotata, -con la quale la Corte si occupata delle conseguenze dello smarrimento della licenza d'importazione riguardo alla cauzione prestata (sotto il regime dei regolamenti CEE 13 giugno 1967 n. 120' del Consiglio e 10 luglio 1970 n. 1373 della Commissione) -, pubblicata in questa Rassegna, 1974, I, 132, con nota. Ancora in tema di perdita della licenza PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 737 (omissis) IN DIRITTO. 1. -Con ordinanza del 28 novembre 1979, pervenuta alla Corte il 3 dicembre seguente, il Presidente del Tribunale di Lucca ha posto, ai sensi dell'art. 177 del Trattato CEE, due questioni relative all'interpretazione ed alla validit dell'art. 17, n. 7, del regolamento della Commissione 17 gennaio 1975, n. 193, che stabilisce le modalit comuni d'applicazione del regime dei titoli d'importazione, di esportazione e di fissazione anticipata relativi ai prodotti agricoli (G. U. n. L 25, pag. 10). Detto n. 7 prevede che i duplicati eventualmente rilasciati nel caso di perdita di titoli non possono essere presenti al fine di effettuare operazioni d'importazione o di esportazione. 2. -Le questioni sono poste nell'ambito di un procedimento pro mosso da un'impresa italiana che si dichiara vittima del furto, fra l'altro, di un titolo d'esportazione con restituzione prefissata relativo a 12.500 tonnellate di semola di grano duro ed intende ottenere l'annul lamento e la sostituzione del titolo rubato per poter effettuare l'esportazione sulla base del nuovo documento richiesto alle stesse condizioni previste dal titolo rubato. 3. -Ai termini dell'art. 12 del regolamento del Consiglio 29 ottobre 1975, n. 2727, relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore dei cereali (G. U. n. L 281, pag. 1), tutte le importazioni o esportazioni comunitarie dei prodotti oggetto del regolamento sono subordinate alla presentazione di un titolo valido in tutta la Comunit, per il cui rilascio necessaria la costituzione di una cauzione a garanzia dell'impegno di importare o di esportare durante il periodo di validit del titolo. Dal 12 considerando del regolamento risulta che il sistema di emissione dei titoli deve consentire alle autorit competenti "di seguire in permanenza il movimento degli scambi per poter valutare l'evoluzione del mercato e applicare eventualmente le misure necessarie previste dal... regolamento . Inoltre, qualora il prelievo o la restituzione siano fissati in anticipo, la fissazione, ai sensi dell'art. 12 del regolamento, indicata sul titolo che vale giustificazione della prefissazione. Ne consegue che i titoli di prefissazione possono essere di estrema importanza qualora d'importazione, cfr. la sentenza della Corte di Giustizia 27 marzo 1980, nella causa 133/79, SUCRIMEX. Per alcune applicazioni del principio di proporzionalit, principio generale di diritto comunitario, v., fra le pi recenti, le sentenze della Corte di Giustizia 26 giugno 1980, nella causa NATIONAL PANASONIC; 19 giugno 1980, nelle cause 41-121-796/79, TESTA-MAGGIO-VITALE; 12 luglio 1979, nella causa 166/78, ITALIA c. CONSIGLIO C.E., in Racc. 1979, 2575 e in Foro it., 1980, IV, 174; 28 giugno 1980, nelle cause 233-234-235/78, BENEDIKT, in Racc. 1919, 2305; 21 giugno 1979, nella causa 240/78, ATALANTA, in Racc. 1979, 2137; 5 aprile 1979, nella causa 157/78, TRAWIGO, in Racc. 1919, 1657, e in Foro it., 1980, IV, 78; 28 marzo 1979, nella causa 179/78, RIVOIRA, in Racc. 1979, 1147; 20 febbraio 1979, nella causa 122/78, BUITONI, in Racc. 1979, 677, e in Foro it. 1980, IV, 184. 738 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO l'aliquota del prelievo o della restituzione che si applica il giorno dell'operazione differisca sensibilmente da quella prefissata. 4. -Il n. 2 dell'art. 12 prevede che il periodo di validit dei titoli e le altre modalit di applicazione dell'articolo stesso siano stabilite secondo la procedura detta del comitato di gestione . Sulla base di detta disposizione, e di quelle corrispondenti dei regolamenti relativi ad altri prodotti agricoli, la Commissione ha adottato il citato regolamento n. 193/75, il cui art. 17, n. 7, recita: In caso di perdita del titolo o dell'estratto, gli organismi emittenti possono, a titolo eccezionale, rilasciare all'interessato un duplicato di detti documenti, compilato e vistato come i documenti originali e recante chiaramente la dicitura "duplicato" su ciascun esemplare. I duplicati non possono essere presentati per le operazioni d'importazione o di esportazione . 5. -Accanto a detta disposizione litigiosa, opportuno richiamare, per gli scopi della presente causa, l'art. 20, n. l, dello stesso regolamento, il quale recita: Se, per causa di forza maggiore, l'importazione o l'esportazione non pu essere effettuata nel periodo di validit del titolo, lo Stato membro emittente decide, su domanda del titolare, l'annullamento dell'obbligo di importare o di esportare e quindi lo svincolo della cauzione, oppure la proroga della validit del titolo per il periodo ritenuto necessario in relazione alla circostanza addotta. In caso di proroga del titolo, l'organismo emittente appone il proprio visto sullo stesso e, se del caso, sui relativi estratti e vi procede agli adattamenti necessari . 6. -In proposito anche opportuno richiamare la sentenza del 30 gennaio 1974 in causa 158/73, Kampffmeyer c. Einfuhr-und Vorratsstelle fiir Getreide und Futtermittel (Racc. pag. 101), ove, risolvendo questioni pregiudiziali poste nell'ambito di una controversia concernente la liberazione della cauzione nel caso di perdite del titolo, la Corte ha statuito che lo smarrimento della licenza d'importazione rappresenta un caso di forza maggiore ai sensi dell'art. 18 del regolamento n. 1373/70 (disposizione corrispondente all'art. 20 del regolamento n. 193/75) se tale evento si verificato nonostante le precauzioni prese dal titolare della licenza, il cui comportamento pu considerarsi improntato a normali criteri di prudenza e di diligenza . quindi assodato che, se il titolare non pu eseguire l'operazione a causa della perdita del certi ficato :avvenuta in circostanze del .genere, pu ottenere fa liberazione della cauzione. Egli pu inoltre, secondo le norme generali, ottenere un nuovo titolo, eventualmente con nuova prefissazione, ma, in tal caso, con l'aliquota che si applica il giorno della presentazione della domanda di nuovo titolo. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE Sull'interpretazione dell'art. 17, n. 7. 7. -La prima questione del giudice di rinvio la seguente: Se l'art. 17, par. 7, 1 e 2 comma, del regolamento n. 193/75 debba essere interpretato nel senso che un esportatore al quale sia stato rubato un titolo di esportazione, valido per l'intera Comunit, con prefissazione di restituzione, non possa pi chiedere ed ottenere un nuovo titolo o documento equipollente rilasciato da un'autorit nazionale, che gli consenta di eseguire le operazioni di esportazione prima o dopo la scadenza del termine di validit del titolo rubato, subendo cos la perdita integrale delle restitUzioni prefissate in base a detto titolo. 8. -La ricorrente nel procedimento principale sostiene che l'art. 17, n. 7, del regolamento n. 193/75 disciplina esclusivamente la situazione dell'operatore che, avendo perduto il titolo, non intende adempiere gli obblighi da esso derivanti, pur volendo ottenere la liberazione della cauzione. L'ipotesi, invece, dell'operatore che voglia effettuare l'operazione nonostante la perdita del titolo sarebbe prevista soltanto all'art. 20 del regolamento, e solo in generale, mancando una disciplina specifica per tale caso. 9. -Lo stesso tenore letterale degli articoli in questione consente di scartare questo argomento. Dall'art. 20 risulta in effetti chiaramente che esso non riguarda il rilascio di un duplicato o di un nuovo titolo che possa essere presentato per l'esecuzione dell'operazione alle stesse condizioni previste nel titolo perduto. La sola disposizione concernente l'emissione di documenti del genere invece l'art. 17, n. 7, il cui secondo comma prevede espressamente che i duplicati, rilasciati ai termini del primo comma, non possono essere presentati per le operazioni d'importazione o di esportazione. 10. -La ricorrente nel procedimento principale sostiene poi che l'art. 17, n. 7, non contempla il caso del furto. Il diritto italiano opererebbe una distinzione fra la perdita, la sottrazione -compreso il furto -e la distribuzione e, in tale ottica, il diritto italiano concorderebbe con quello degli altri Stati membri. Poich tutti gli ordinamenti giuridici contemplerebbero la riproduzione di documenti e riconoscerebbero alle copie efficacia sostanzialmente uguale a quella dell'originale, l'art. 17, n. 7, presenterebbe carattere derogatorio e dovrebbe pertanto essere interpretato restrittivamente. Per di pi, dal punto di vista dl controllo, il caso del furto non comporterebbe lo stesso rischio della perdita propriamente detta, poich il furto verrebbe portato a conoscenza della polizia mediante denuncia, che darebbe luogo, a sua volta, ad un'indagine. 11. -Il termine perdita ai sensi dell'art. 17, par. 1, deve essere interpretato tenendo conto della funzione che tale paragrafo assolve nel sistema comunitario dei titoli.. Secondo tale sistema, la presentazione ef 740 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO fettiva del certificato richiesta non solo per il compimento di qualsiasi operazione, ma anche per la liberazione della cauzione (art. 17, nn. 2 e 3). Se il certificato stato perduto dopo il compimento dell'operazione, il duplicato rilasciato ai sensi dell'art. 17, n. 7, e vistato dall'ufficio ove sono state espletate le formalit doganali consente di ottenere la liberazione della cauzione. Parimenti, nel caso di furto avvenuto dopo il compimento dell'operazione, il possesso di un duplicato necessario per svincolare la cauzione. Non v' quindi ragione di non ricomprendere tale caso nel campo d'applicazione dell'art. 17, n. 7, 1 comma. Se il rilascio di un duplicato, che serve unicamente allo svincolo della cauzione, non pu dar luogo a doppio uso, la situazione sarebbe tutt'altra nel caso di un duplicato che potesse servire al compimento dell'operazione stessa. Non escluso che l'operazione sia gi stata effettuata sulla base del titolo perduto. Se l'operazione non ancora stata eseguita, e se il periodo di validit non ancora spirato, il titolo perduto pu ancora, in linea di principio, essere presentato, in tutta la Comunit, per l'effettuazione dell'operazione. Per tal motivo il 2 comma del paragrafo litigioso vieta di procedere all'operazione sulla base di un duplicato. Il problema si presenta allo stesso modo per un titolo rubato. Il 2 comma, vista la sua finalit, va quindi interpretato come comprendente il caso del furto. 12. -La soluzione da dare alla prima questione quindi che l'art. 17, n. 7, del regolamento n. 193/75 deve essere interpretato nel senso che l'esportatore cui sia stato rubato un titolo di esportazione o di prefissazione non pu ottenere un nuovo titolo, od un documento equivalente, che gli consenta di effettuare le operazioni d'esportazione alle condizioni previste dal titolo rubato. Sulla validit dell'art. 17, n. 7. 13. -Per il caso di soluzione affermativa della prima questione, il giudice di rinvio chiede che la Corte si pronunzi sulla questione seguente: Se l'art. 17, par. 7, del regolamento CEE n. 193/75 sopra citato, che applica una sanzione gravissima a un operatore il quale senza sua colpa sia stato derubato di un titolo di esportazione, sia compatibile con il principio di proporzionalit alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia, tenendo presente che il regolamento contestato un regolamento della Commissione e non un regolamento del Consiglio dei Ministri CEE. 14. - opportuno rilevare, in via preliminare, che le disposizioni di regolamento in parola non possono essere intese come comminanti all'operatore, in caso di perdita del titolo, una sanzione in senso proprio. Si tratta, in realt, di valutare le conseguenze che il legislatore comu PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE nitario ha collegato al fatto della perdita del titolo, qualunque ne sia la causa in ciascuna fattispecie ed indipendentemente dall'eventuale responsabilit dell'operatore interessato. In proposito, il giudice a quo indica, col tenore stesso della sua questione, le due considerazioni che l'hanno indotto a dubitare della validit della disposizione litigiosa: il -problema della proporzionalit e quello dei limiti eventuali del potere che il regolamento attribuisce alla Commissione. 15. -Per quanto riguarda quest'ultimo aspetto, la ricorrente nel pro- cedimento principale distingue fra il diritto a compiere un'operazione di importazione o d'esportazione ed il documento che tale diritto attesta. Il primo sarebbe disciplinato dai regolamenti del Consiglio, che abiliterebbe poi, a loro volta, la Commissione a regolare le questioni di forma e le modalit d'applicazione relative al documento. Al riguardo sarebbe significativa la constatazione che, per delegare alla Commissione la competenza a disciplinare la durata della validit dei certificati, stata ritenuta necessaria una formulazione in termini espressi. La Commissione non sarebbe quindi abilitata a stabilire che la perdita del documento comporti l'estinzione del diritto. 16. -Il secondo paragrafo dell'art. 12 del regolamento del Consi :glio n. 2727/75 prevede che il periodo di validit dei titoli e le altre modalit d'applicazione del presente articolo sono stabiliti secondo la -procedura di cui all'art. 26 (procedura detta del comitato di gestione ). Da questo testo discende che il Consiglio ha attribuito alla Commissione un ampio potere di messa in opera del sistema di titoli istituito dal .citato art. 12. Ne risulta, soprattutto, che la durata del periodo di validit dei certificati solo un esempio delle modalit che possono essere stabilite dalla Commisisone. D'altronde, la funzione assegnata ai titoli nel primo paragrafo dell'art. 12 non consente di distinguere fra il diritto ad effettuare l'operazione ed il documento che costituirebbe semplicemente :supporto del diritto. Il primo paragrafo subordina, in linea di principio, tutte le operazioni con i paesi terzi alla presentazione di un titolo, per porre le autorit competenti in condizioni di seguire in permanenza il movimento degli scambi. Per di pi, in caso di prefissazione, lo stesso paragrafo assegna al titolo la funzione di valere giustificazione della prefissazione. Tenuto conto di tale ruolo essenziale del documento stesso, il controllo del suo impiego acquista importanza particolare. Se la norma litigiosa appare necessaria ad assicurare un controllo efficace, non si pu .quindi supporre che la Commissione, nell'adottarla, abbia oltrepassato le proprie competenze. 17. -Per stabilire se la disposizione litigiosa sia compatibile con il principio di proporzionalit, si debbono anzitutto ricercare gli obiettivi della normativa in questione. Come la Corte ha gi avuto occasione di sottolineare per il regime della cauzione, necessario che le autorit RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 742 incaricate di gestire l'organizzazione comune dei mercati dispongano di previsioni precise sulle importazioni ed esportazioni future. Se tale finalit esige che venga assicurata con mezzi appropriati l'osservanza dell'impegno di esportare o di importare conformemente ai titoli rilasciati, essa comporta anche la necessit di vegliare a che i titoli siano usati soltanto per le operazioni cui si riferiscono. Nel caso di titoli con prefissazione, questa necessit ancor pi imperiosa, poich il doppio uso di titoli del genere pu comportare vantaggi ingiustificati per gli operatori e pertanto pesanti oneri finanziari per la Comunit. 18. -Al riguardo, il divieto disposto dall'art. 17, n. 7, di procedere all'operazione sulla base di semplici duplicati, rappresenta una misura nello stesso tempo semplice ed efficace. D'altro lato, il divieto comporta per gli operatori li rischio di perdere, anche senza colpa da parte loro, i vantaggi connessi ai titoli originari. 19. evidente che gi la semplice possibilit dell'esistenza simultanea di pi documenti relativi ad una stssa operazione e suscettibili di essere presentati per la sua esecuzione deve essere accompagnata da un sistema di controllo. Se vero che tutte le legislazioni nazionali contemplano, come sottolinea la ricorrente nel procedimento principale, sanzioni penali molto severe in caso di frode, l'efficacia di tali sanzioni dipende proprio dall'efficacia del controllo che consenta di accertare la frode. Per di pi, il doppio uso di un titolo non sempre necessariamente l'effetto di un'intenzione fraudolenta, ma pu anche essere causato da manchevolezze nel sistema di controllo interno della societ detentrice del titolo. Parimenti, nemmeno l'imposizione di una cauzione supplementare alla societ che chiede un duplicato del certificato smarrito o rubato, come propone la richiedente nel procedimento principale, eliminerebbe la necessit di un controllo preliminare allo svincolo di tale cauzione. 20. -Per quanto riguarda i metodi di controllo, la Commissione rileva che, in ogni caso in cui fosse stato rilasciato un duplicato utilizzabile per l'esecuzione dell'operazione, si dovrebbe procedere a verifiche riguardanti, in quasi tutti gli Stati membri, decine di migliaia di pratiche e, . in ogni caso, un periodo di tempo che va dal giorno di emissione del certificato fino a sei mesi dopo la sua data di scadenza. Da dieci anni la Commissione e gli Stati membri discuterebbero la possibilit di istituire altri metodi di controllo, senza aver trovato un sistema che offra garanzie sufficienti contro il rischio di doppio uso. 21. -Cos stando le cose, si deve esaminare la situazione degli operatori alla luce della normativa in vigore. Il rischio da loro sopportato deriva, in primo luogo, dal sistema di prefissazione creato nell'interesse del commercio e che, normalmente, fornisce agli operatori vantaggi considerevoli. Se, richiedendo la prefissazione, gli operatori fruiscono di detti PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 743 vantaggi, si giustifica quindi che sopportino gli inconvenienti derivanti dalla necessit, per la Comunit, di evitare qualsiasi abuso. Si giustifica soprattutto che dai detentori dei certificati ci si attenda che essi ne abbiano la massima cura possibile e che si assicurino contro i rischi che non possono essere esclusi, nella stessa misura in cui si assicurano contro altri rischi commerciali. 22. -Per questi motivi, il rischio sopportato dagli operatori a causa della disposizione di cui all'art. 17, n. 7, del regolamento n. 193/75 non sproporzionato in rapporto alle esigenze di controllo. Si deve quindi risolvere la seconda questione nel senso che l'esame della disposizione criticata non ha posto in luce alcun elemento tale da inficiarne la validit. (omissis) CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE, 3 sezione, 10 luglio 1980, nella causa 826/79 -Pres. Kutscher -Avv. Gen. Warner Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte di Cassazione italiana nella causa Amministrazione delle Finanze c. s.a.s. Mireco (avv. Catalano). Interv.: Governo italiano (avv. Stato Marzano e Braguglia) e Commissione delle Comunit europee (ag. Fabro). Comunit europee -Unione doganale -Tasse di effetto ,equivalente a dazi doganali -Diritti di visita sanitaria non dovuti -Richiesta di rimborso -Rinvio all'ordinamento giuridico nazionale -Limiti. (Trattato CEE, artt. 12 e segg.; regolamenti CEE del Consiglio 5 febbraio 1964, n. 14, art. 12, e 27 giugno 1968, n. 805, art. 20). Comunit europee -Unione doganale -Tasse all'importazione indebitamente p,ercepite -Traslazione della tassa sull'acquirente della merce Richiesta di rimborso da parte dell'importatore -Limiti derivanti dal diritto interno -Compatibilit con il diritto comunitario. (Trattato CEE, artt. 12 e segg.). In mancanza di una normativa comunitaria in materia di contestazione o di recupero di tasse nazionali pretese illegittimamente o riscosse indebitamente, poich incompatibili col diritto comunitario, l'ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro che designa il giudice competente e stabilisce le modalit procedurali delle azioni giudiziali intese a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza delle norme comunitarie aventi efficacia diretta, modalit che non possono, benin (1-2) Con la sentenza sopra riportata (e con quella coeva, quasi identica, emessa nella causa 811/79, su domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte d'Appello di Torino nella causa AMMINISTRAZIONE FINANZE c. Soc. ARIETE) la Corte di Giustizia ha ribadito quanto gi deciso con la sentenza 27 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO .STATO 744 teso, essere meno favorevoli di quelle relative ad analoghe azioni del sistema processuale nazionale, n, in alcun caso, possono essere strutturate in modo da rendere praticamente impossibile l'esercizio dei diritti che i giudici nazionali sono tenuti a tutelare (l). Nulla impedisce, dal punto di vista del diritto comunitario, che i giudici nazionali tengano conto, conformemente al proprio diritto interno, del fatto che tasse indebitamente percepite abbiano potuto essere incorporate nei prezzi dell'impresa assoggettata alla tassa e trasferite sugli acquirenti (2). (omissis) 4. -Le questioni poste riguardano in sostanza il punto se il diritto comunitario e, fra l'altro, le norme relative alla libera circolazione delle merci, i principi relativi al corretto svolgersi della concorrenza nel mercato comune ed, infine, il sistema di garanzia giurisdizionale dei diritti discendente, in particolare, dagli artt. 171, 177 e 189 del Trattato consentano o facciano obbligo, od eventualmente vietino -e, in tal caso, a quali condizioni -agli Stati membri di accogliere domande di rimborso di imposizioni nazionali del genere di quelle oggetto della controversia principale o se, al contrario, la disciplina della materia sia di competenza dell'ordinamento interno di ciascuno Stato membro. 5. -La motivazione dell'ordinanza di rinvio indica che le questioni di cui la Corte investita sono poste in vista di una soluzione che si applichi all'ipotesi in cui le imposizioni litigiose siano state, per un lungo periodo, versate volontariamente e senza riserva dagli operatori economici interessati, nella convinzione, comune ad essi ed all'amministrazione nazionale, che tali imposizioni non fossero criticabili quanto alla compatibilit col diritto comunitario. L'incompatibilit sarebbe apparsa solo pi tardi e progressivamente, in seguito all'interpretazione, data dalla marzo 1980, nella causa 61/79, DENKAVIT (in questa Rassegna, retro, I, 534, con nota di MARZANO, La restituzione di somme indebitamente riscosse come forma di risarcimento rilevante nell'ambito dell'ordinamento comunitario), confermando che, in mancanza di una normativa comunitaria in materia, la soluzione del problema va ricercata nell'ambito di ciascun ordinamento giuridico nazionale. Nello stesso solco la Corte con sentenza 12 giugno 1980, nella causa 130/79, EXPRESS DAIRY Fooos LIMITED, aveva gi deciso che spetta pur sempre alle autorit nazionali provvedere alla restituzione delle somme indebitamente percepite anche in forza di regolamenti comunitari dichiarati invalidi, ed <:ompito di dette autorit disciplinare tutte le questioni accessorie, come la presa in considerazione dell'eventuale trasferimento su altri operatori economici o sui consumatori dell'onere dell'indebito pagamento, e come il pagamento di interessi, in funzione del diritto interno vigente in materia, fermo sempre che deve avvenire in modo non discriminatorio rispetto ai procedimenti puramente nazionali, intesi alla definizione di controverise dello stesso tipo, e le formalit procedurali non devono risolversi nel rendere praticamente insuperabile l'esercizio dei diritti conferiti dall'ordinamento comunitario. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE Corte di giustizia, della nozione di tassa di effetto equivalente a dazio do_ ganale, interpretazione che portava la Corte a riconoscere detta qualifica. zione alle tasse di controllo sanitario per la-prima volta nella sentenza 14 dicembre 1972 (causa 29/72, Marimex c. Amministrazione delle finanze .dello Stato, Racc. pag. 1309). 6. -Secondo la costante giurisprudenza della Corte, il divieto di riscuotere tasse di effetto equivalente a dazi doganali, fondato sia sulla .norma generale di cui all'art. 13 del Trattato, con efficacia dal 1 gennaio 1970, cio dal termine del periodo transitorio, sia sulla disposizione spe ciale di cui all'art. 12 del regolamento n. 14/64, con efficacia -per -quanto riguarda i prodotti oggetto di tale regolamento -dal 1 novembre 1964, produce effetti diretti nelle relazioni fra gli Stati membri ed i singoli nell'intera Comunit a partire dalla data prevista per la messa in opera delle disposizioni in questione. Come la Corte ha affermato nella sentenza 3 marzo 1978 (causa 106/77, Amministrazione delle finanze dello Stato c. Simmenthal, Racc. pag. 643), le norme di diritto comunitario devono esplicare la pienezza dei loro effetti, in maniera uniforme in tutti gli Stati membri, a partire dalla loro entrata in vigore e per tutta la >, di cui all'allegato A dei regolamenti del Consiglio 2 dicembre 1974, n. 3055, e 17 novembre 1975, n. 3011, che attuano, per gli anni 1975 e 1976, un sistema di preferenze generalizzate in favo re dei paesi in via di sviluppo per taluni prodotti dei capitoli da 1 a 24 della tariffa doganale comune, va interpretata nel senso che l'aliquota ridotta non si applica ai funghi tagliati in pezzi o in fette, nemmeno se sono completi in tutte le loro parti (1). (1) La questione risolta dalla Corte -che interessa numerose controversie pendenti davanti ai giudici italiani -riguarda solo le importazioni avvenute negli anni 1975 e 1976. Per gli anni anteriori e successivi, invece, le norme comunitarie, che hanno attuato -anno per anno -il sistema di preferenze generalizzate in favore dei paesi in via di sviluppo per taluni prodotti della 748 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (omissis) 2. -Le questioni sono poste nell'ambito di due controversie fra la S.a.s. Prodotti Alimentari Folci e l'Amministrazione delle Finanze dello Stato, relative all'applicazione a funghi selvatici tagliati a fette e disseccati, ma comprendenti gambo e cappello, importati per due volte in Italia dalla Jugoslavia negli anni 1975 e 1976, del dazio doganale nella aliquota normale del 16 %, prevista dalla tariffa doganale comune, oppure del 10 % , stabilita per i paesi in via di sviluppo. 3. - pacifico che il prodotto in questione da classificare nella sottovoce 07.04 B della tariffa doganale comune, che, nelle versioni diverse dall'inglese, ha il seguente tenore: Lgumes et plantes potagres desschs, dshydrats ou vapors, meme coups en morceaux ou en tranches ou bien broys ou pulvriss, mais non autrement prpars: ex B. autres: -Champignons entiers desschs, dshydrats ou vapors, l'exclusion des champignons de couche ; Gonsager, torrede, ogsao snittede, knuste eller pulveriserede, men ikke yderligers tilberedte: ex B. andre Varen: -Svampe, hele, torrede, undtagen dyrket champignon ; Gemlise und Klichenkrauter, getrocknet, auch in Stilcke oder Scheiben geschnitten, als Pulver oder sonst zerkleinert, aber nicht weiter zubereitet: ex b. andere: -ganze Pilze, getrocknet, ausgenommen Zuchtpilze ; Ortaggi e piante mangerecce, disseccati, disidratati o evaporati, anche tagliati in pezzi o in fette oppure macinati o polverizzati, ma non altrimenti preparati: ex B. altri: -Funghi interi disseccati, disidratati o evaporati, esclusi funghi di coltivazione ; Tariffa doganale comune, non limitano l'applicazione dell'aliquota di favore al solo prodotto intero: cfr. per il 1973 il reg. 19 dicembre 1972 n. 2767/72; per il 1974 il reg. 18 dicembre 1973 n. 3506/73; per il 1977 il reg. 13 dicembre 11976 n. 3026/76; per il 1978 i1l reg. 28 novembre ,1977, n. 27'10/77; per il 1979 :hl reg. 29 dicembre 1978 n. 3161/78; per il 1980 fil reg. 10 dicembre '1979 n. 2792/79. La questione stessa era stata gi esaminata in sede comunitaria dal Comi tato della nomenclatura della tariffa doganale comune, in seno al quale era stato detto che tutte le delegazioni convengono che il termine interi non permette che i prodotti inclusi in questa linea tariffaria siano tagliati in pezzi o a fette: sull'efficacia dei pareri del Comitato -nel senso che essi non sono giuridicamente vincolanti, ma rappresentano un'importante sussidio interpretativo -cfr. le sentenze della Corte 26 febbraio 1980, nella causa 54/79, HAKo-ScHUH; 4 ottobre 1979, nella causa 11/79, CLETON, in Racc. 1979, 3069; 15 febbraio 1977, nelle cause 69 e 70/76, DITTMEYER, in Racc. 1977, 231. Cfr. anche, PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 749 Groenten en moeskruiden, gedroogd, gedehydreerd of geevaporeerd, ook indien in stukken of in schijven gesneden, dan wel fijngemaakt of in poedervorm, doch niet op andere wijze bereid: ex B. andere: -gehele paddestoelen, gedroogd, gedehydreerd of goevaporeerd, met uitzondering van gekweekte paddestoelen . Queste formule si basano chiaramente sul testo francese della nomenclatura del Consiglio di cooperazione doganale, di cui fanno fede soltanto i testi francese ed inglese. Quanto alla versione inglese, fondata sul testo inglese della menzionata nomenclatura, essa suona: Dried, dehydrated or evaporated vegetables, whole, cut, sliced, broken or in powder but not further prepared: B. Other: Whole mushrooms, dried, dehydrated or evaporated, excluding cultivated mushrooms . 4. -I regolamenti che disciplinano, di anno in anno, il sistema di preferenze generalizzate in favore dei paesi in via di sviluppo, fra i quali compresa la Jugoslavia, enumerano, all'allegato A, i prodotti cui si applica il sistema. Per quanto riguarda i prodotti compresi nella voce 07.04, gli allegati riproducono l'intestazione, sopra citata, della voce, ma, alla sottovoce B, indicano soltanto due prodotti, fra i quali i funghi, con esclusione dei funghi coltivati. Il disaccordo fra le parti del procedimento principale deriva dal fatto che, per gli anni in questione, e soltanto per quelli, la descrizione del prodotto contenuta nell'allegato contempla una condizione supplementare, e cio che i funghi debbono essere interi . 5. -La societ Folci sostiene che la parola intero non deve essere intesa necessariamente nel senso di pezzo unico non diviso e pu comprendere anche funghi tagliati a fe~te, purch siano intatti in tutte le loro parti. 6. -Tuttavia, se le versioni linguistiche modellate sul testo francese della nomenclatura del Consiglio di cooperazione doganale consentono di prospettare l'interpretazione proposta dalla societ, cos non per la versione inglese. Da questa risulta chiaramente che la parola intero si applica soltanto ai prodotti che non sono tagliati in pezzi in questa Rassegna 1976, I, 33, la nota alla sentenza 25 settembre 1975, nella causa 28/75, BAUPLA. Nel caso di specie la Corte ha risolto il quesito, senza alcun accenno all'opinione anteriormente espressa dal Comitato, avendo ritenuto gi sufficientemente chiara la norma, letteralmente e logicamente interpretata nel combinato disposto dei testi inglese e francese, che, come noto~ sono i soli testi facenti fede della nomenclatura del Consiglio di cooperazione doganale. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO o in fette oppure macinati o polverizzati . Tale qualit si pu conside rare indicata implicitamente nella espressione anche tagliati in pezzi... delle altre versioni linguistiche. 7. -Dinanzi alla Corte la societ ha poi sostenuto che non ci si deve accontentare di un'interpretazione letterale e che il testo deve essere interpretato in modo ragionevole e pragmatico. Poich i funghi sel vatici provenienti dalla Jugoslavia e da altri paesi in via di sviluppo sono, nella quasi totalit, porcini, e poich i porcini non possono essere essiccati senza essere stati prima tagliati a fette, si dovrebbe accogliere l'interpretazione della societ; altrimenti, riguardo ai funghi selvatici il regime preferenziale sarebbe illusorio. 8. -Rispondendo ad un quesito posto dalla Corte, la Commissione ha fornito spiegazioni sui motivi per cui la parola intero era stata inserita nei due regolamenti in questione, poi tolta nei regolamenti disciplinanti il sistema preferenziale per gli anni successivi: tale condizione avrebbe la funzione di evitare che le conserve di funghi contengano anche funghi coltivati, che non sarebbe possibile identificare nelle conserve di funghi tagliati a pezzi. Tuttavia, avendo constatato che certi paesi in via di sviluppo producevano soltanto conserve di funghi tagliati a pezzi, si sarebbe ritenuto che il consentire la loro partecipazione al regime pre ferenziale fosse pi importante che l'escludere, con sicurezza assoluta, le conserve contenenti, illegalmente, funghi coltivati. Per tale motivo la condizione suddetta sarebbe stata abolita per gli anni 1977 e seguenti. 9. -In effetti, la riproduzione pure e semplice dell'intestazione della voce tariffaria 07.04 -comprendente non soltanto i prodotti tagliati in pezzi o in fette, ma anche i prodotti macinati o polverizzati -e l'esclusione concomitante dei funghi coltivati possono far sorgere problemi di controllo. La questione se problemi di tal genere debbano avere il sopravvento sugli interessi di determinati paesi in via di sviluppo di competenza delle istituzioni politiche della Comunit. 10. -Di conseguenza, d'uopo accogliere la soluzione che figura espressamente in una delle versioni linguistiche, non affatto contrad detta dalle altre versioni e risponde per di pi perfettamente ad esi genze di controllo. 11. -La questione posta dalla Suprema Corte di Cassazione va quin di risolta nel senso che la voce 07.04 ex B. altri, di cui all'allegato A dei regolamenti del Consiglio 2 dicembre 1974, n. 3055, e 17 novembre 1975, n. 3011, che attuano, per gli anni 1975 e 1976, un sistema di prefe renze generalizzate in favore dei paesi in via di sviluppo per taluni prodotti dei capitoli da 1 a 24 della tariffa doganale comune, va ~nterpretata nel senso che l'aliquota ridotta non si applica ai funghi tagliati in pezzi o in fette, nemmeno se sono completi in tutte le loro parti. (omissis) SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 12 aprile 1980, n. 2324 -Pres. Rossi Est. Gra.nata -P. M. Silocchi (Concl. diff.) -Prefettura. Viterbo (avv. Stato Fienga) c. Natali Leonida (n.c.). Competenza e giurisdizione -Giurisdizione ordinaria ed amministrativa Disapplicazione di atti amministrativi Contravvenzioni depenaliz zate -Poteri ed obblighi dell'A.G.O. (Legge 3 maggio 1967, n. 317, artt. 3 e segg.; t.u. 15 giugno 1959, n. 399, art. 33). In sede di opposizione contro l'ordinanza con la quale il Prefetto ingiunge il pagamento di somme a titolo di sanzione amministrativa, l'A.G.O. non pu indagare autonomamente sui fatti costitutivi della violazione attribuita al privato, ma deve limitarsi: al controllo della legittimit del provvedimento ai fini della sua eventuale disapplicazione; ad accertare la ricorrenza dei requisiti per la validit formale df esso -ivi compreso quella della motivazione -; successivamente, in caso di riconosciuta validit formale, a controllare l'esistenza dei presupposti di fatto posti dal Prefetto a fondamento dell'ingiunzione e la qualificazione giuridica della violazione attribuita al privato (1). (omissis) -Con il primo motivo la Prefettura (denunziando violazione degli artt. 9 e ss. legge 3 maggio 1967, n. 317; art. 33 t.u. 15 giugno 1959, n. 393, in relazione all'art. 360 n. 3 cod. proc. civ.) addebita al Pretore di avere ecceduto i limiti della sua giurisdizione perch, invece di attenersi come avrebbe dovuto, ai fatti accertati nel verbale di contravvenzione e riportati nel provvedimento che ha irrogato la sanzione, ha ritenuto di poter procedere ad un accertamento autonomo dei fatti stessi, e di poter cos pervenire alla conclusione che l'infrazione contestata non sussisteva, basandosi su una circostanza da lui accertata ex novo a mezzo di un esperimento giudiziale, consistito nella pesatura di una pignatta ritenuta uguale a quelle trasportate e nella moltiplicazione del suo peso, (1) Giurisprudenza costante (v. per tutte Cass., Sez. un., 5 ottobre 1978, n. 4426, in Giust. civ. Mass., 1978, fase. 10) cui non corrisponde, nella pratica attuazione, la limitazione del principio relativo alla inammissibilit dell'accertamento autonomo del fatto contravvenzionale. 6 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO pari a kg 7, per il numero di 750, assunto pari a quello degli uguali esemplari trasportati nel giorno di accertamento della contravvenzione. La censura infondata. Secondo l'indirizzo ormai consolidato della giurisprudenza di questa ,Corte Suprema (Cass., n. 641 del 1979; Cass., Sez. Un., n. 44.26 del 1978; Cass., n. 2086 del 1977; Cass., nn. 3154, 1708 e 636 del 1976; Cass., Sez .un., 2618 del 1975; Cass., nn. 3097 e 2747 del 1973; Cass., Sez. un., n. 1387 del 1973; Cass., Sez. un., n. 1646 del 1972), l'opposizione avverso l'ordinanza, con la quale viene ingiunto il pagamento di somme a titolo di sanzione amministrativa per violazioni depenalizzate del codice stradale,. configura una domanda di accertamento dell'illegittimit dell'atto amministrativo, ai fini della sua eventuale disapplicazione. Dalla natura tipi camente impugnatoria dell'azione discende che il giudice deve, in primo luogo, saggiare la validit dell'atto come tale, cio sotto il profilo formle, ivi ''ompre~a l'esistenza di uri'ad'eg;U.a:ta' 'espi:azihe dle ragioni poste dall'autorit decidente a base delle determinazioni adottate circa la irrogazione e la quantificazione della pena. Solo all'esito positivo di tale prima indagine, il giudice deve passare a. controllare la validit sostanziale dell'ordinanza opposta, verificando la sussistenza in concreto dei suoi presupposti di fatto, senza peraltro procedere ad accertarli in modo autonomo. Quest'ultima precisazione -pure corrente nella giurisprudenza ricor- data: cfr. ai.tate sentenze n. 1646 del 1972; n. 26-18 del 1975; n. 3154 del 1976; n. 2086 del 1977 -va peraltro intesa (cfr. gi sentenza n. 2447 del 1973 citata) nel senso che il fatto contravvenzionale, quale risulta delineato nel provvedimento, costituisce il limite invalicabile della contestazione. Ci perch (conviene precisare, anche per dissipare l'equivoco in cui il ricorrente sembra al riguardo essere incorso) non possibile -ancora in ragione della natura autoritativa dell'atto, e della sua immodificabilit nella sede giurisdizionale dove pu soltanto dichiararsene o negarsene la legittimit -che la sanzione con essa inflitta rimanga ferma in relazione ad un fatto contravvenzionale diverso da quello assunto nel provvedimento stesso come proprio presupposto. In altri termini il giudice non pu accertare ex novo -cio, appunto autonomamente dal provvedimento -il fatto contravvenzionale, ma ha solo il compito, rimanendo all'interno dei limiti tracciati dall'accertamento autoritativo posto in essere con il provvedimento di verificare, compiendo i relativi accertamenti istruttori, se i fatti in questo affermati siano, oppur no, storicamente veri; se essi sostanzino, oppur no, la fattispecie contravvenzionale contestatata; se sussistono ragioni che escludano la addebitabilit al preteso contravventore o la punibilit del fatto accertato. Esattamente in questi limiti si mantenuto il giudice a quo, quando il punto di fatto, ed in base alle prove acquisite al processo, ha escluso PARIB I, SEZ. III, GH,JRIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 753 che il carico trasportato eccedesse il limite massimo consentito, sicch il denunziato difetto di giurisdizione non sussiste. A quest'ultimo apprezzamento di fatto del giudice a quo si riferisce il secondo motivo, con il quale la Prefettura, denunziando difetto di motivazione in relazione all'art. 360 n. 5 cod. proc. civ., deduce che il Pretore ha omesso di motivare in ordine agli elementi dai quali egli ha tratto il convincimento con la pignatta pesata in istruttoria fosse identica a quelle che formavano il carico, cui si riferisce la trasgressione, nonch H convincimento che il carico stesso fosse composto esattamente di 750 pignatte, tutte di pari peso. Anche tale censura, peraltro, infondata, dovendosi escludere che, circa la rispondenza dell'uno e dell'altro dato di fatto al vero, il giudice di merito fosse tenuto a motivare, una volta che entrambi erano da considerarsi pacifici, non essendosi il rappresentante della Prefettura opposto (cfr. verbale dell'udienza 13 maggio 1975) i;i,ll'esperimento di pesatura,, richiesto dall'opponente sul dichiarato presupposto proprio dell'identit di peso unitario e del numero complessivo degli esemplari trasportati. Il ricorso quindi infondato e va respinto... (omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 7 maggio 1980, n. 2997 -Pres. Rossi; Est. Fanelli; P. M. Berri (concl. conf.). Ministero della P.I. (avv. Stato Corti) c. Storazzi Ernesto (n.c.). Competenza e giurisdizione -Giurisdizione ordinaria ed amministrativa Controversie relative alla violazione di doveri assistenziali e previdenziali da parte della P.A. -Giurisdizione del giudice amministrativo. La domanda con la quale il dipendente di un ente pubblico non economico deduca la violazione di doveri previdenziali ed assistenziali da parte dell'ente medesimo e ne chieda la condanna al risarcimento del danno, devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in quanto coinvolge diritti ed obblighi che si ricollegano direttamente e trovano la loro fonte nel rapporto di pubblico impiego (1). -(Omissis). Deduce l'Amministrazione istante che l'azione risarcitoria ex art. 2116 cod. civ., intentata contro ente pubblico sulla base di rapporto di impiego avente natura pubblica d luogo ad una controversia che attiene a detto rapporto e che quindi rientra nell'ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. (1) Giurisprudenza costante; v. per tutte Cass., Sez. un., 1977, n. 1924, in Foro it., 1977, I, 1358. 754 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Per giurisprudenza ormai costante che fa capo, dopo iniziali contrasti, alla sentenza di queste Sezioni unite 18 settembre 1970, n. 1570, e le cui pi recenti espressioni sono costituite dalle sent. 14 maggio 1977, n. 1924; 6 agosto 1977, n. 3573-3577, 14 ottobre 1977, n. 4373; 17 febbraio 1978, n. 774; 17 novembre 1978, n. 5336; 17 maggio 1979, n. 2805; appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo la cognizione della domanda proposta dal pubblico impiegato nei confronti della amministrazione datrice di lavoro per il risarcimento dei danni conseguenti alla violazione degli obblighi degli impiegati previdenziali, dato che la obbligazione risarcitoria discende da un illegittimo comportamento omissiva della .p.A., direttamente o strettamente ricollegantesi, al rapporto di impiego. Va dunque dichiarata la giurisdizione del giudice amministrativo (omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 18 luglio 1980, n. 4681; Pres. G. Rossi; Rel. Granata; P. M. Saja (conci. conf.). Soc. Andreae e C. (avv. De Ruggieri, Caselli, Sorrentino) c. Fall. Soc. Andreae e C. (avv. Bellardoni, Tarzia) c. Prefetto di Milano (avv. dello Stato Cevaro). (Regolamento di giurisdizione). Competenza e giurisdizione -Amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi -Liquidazione coatta a:mmtm.strativa -Mancanza dei presupposti -Dichiarazione di fallimento -Giurisdhione dell'A. G.O. (D.l. 30 gennaio 1979, n. 26, conv. in legge 3 aprile 1979, n. 95, art. unico). La pubblica amministrazione pu ammettere con proprio provvedimento le grandi imprese in. crisi alla procedura di amministrazione straordinaria solo quando i relativi presupposti vengano accertati dall'A.G.O.; quando tali presupposti risultino mancare il giudice ordinario pu pronunziare il fallimento dell'imprenditore: infatti tale pronuncia non trova ostacolo nelle attribuzioni della pubblica amministrazione (1). (omissis) 1. -Il ricorso per regolamento preventivo della giurisdizione proposto dalla societ Andreae ed il regolamento straordinario ad (1) Non risultano precedenti in termini. Con recente legge interpretativa 13 agosto 1980, n. 445 (v. G.U., 19 agosto 1980, n. 228) stato precisato che !l'esposizione debitol'ia si nitiene esistente anche per le societ che controllano da almeno un anno altre Societ in relazione ai finanziamenti agevolati ottenute da queste ultime. PARTI! I, SEZ. III, GIURIS. Sl! Ol!ESTIONI DI Gll!RISDIZIONE iniziativa ad oggetto il medesimo procedimento fallimentare aperto dal Tribunale di Milano nei confronti della societ Andreae con la sentenza 6 luglio 1979, che quella societ ha dichiarato fallita. 2. -In quanto avanzato successivamente alla pronuncia di detta sentenza, il ricorso per regolamento preventivo della giurisdizione proposto dalla societ Andreae inammissibile, secondo la costante giurisprudenza di queste sezioni unite (sent. n. 2991 del 1975, id., Rep. 1975, voce Giurisdizione civile, n. 161; n. 2376 del 1973, id., Rep. 1973, voce !it., n. 201), perch precluso da tale sentenza, che integra una decisione di merito a s stante e non una pronunzia avente carattere meramente interinale e strumentale rispetto a quella da emettere sulla opposizione. 3. -Nessuna preclusione invece sussiste nei confronti del regolamento straordinario chiesto dal prefetto di Milano, l'esperibilit di tale mezzo potendo trovare ostacolo soltanto nel sopravvenire di un giudicato sulla giurisdizione. Occorre dunque passare al suo esame. Il quesito che con esso si pone se possa configurarsi un difetto di giurisdizione del giudice ordinario a causa dei poteri attribuiti dalla legge all'amministrazione, in relazione al provvedimento con cui quel giudice, negata la ricorrenza in concreto delle condizioni richieste per farsi luogo, nei confronti di un determinato imprenditore, alla procedura di amministrazione straordinaria prevista dal d.l. 30 gennaio 1979, n. 26; convertito con modifiche con legge 3 aprile 1979, n. 95, di esso invece dichiari il fallimento. La risposta deve essere negativa. 4. -Ai sensi della normativa menzionata, le imprese, che in astratto sarebbero suscettibili di essere dichiarate fallite, sono invece escluse dal fallimento ed assoggettate alla speciale procedura in discorso qualora abbiano una esposizione debitoria, verso istituti o aziende di credito o istituti di previdenza e di assistenza sociale, superiore a cinque volte il capitale versato ed esistente secondo l'ultimo bilancio approvato nonch a venti miliardi di lire, di cui almeno uno per finanziamenti agevolati , (art. 1, primo comma). Invero, quando sia stato accertato giudiziariamente... lo stato di insolvenza dell'impresa ovver l'omesso pagamento di almeno tre mensilit di retribuzione, il ministro dell'industria... dispone con proprio decreto... la procedura di amministrazione straordinaria (art. l, secondo comma). La dottrina, che ha gi avuto occasione di studiare il nuovo istituto, e le pronunzie di merito che ne hanno fatto finora applicazione, non dubitano che il potere-dovere della pubblica amministrazione, di dare corso con proprio provvedimento alla procedura di amministrazione straordinaria configurata in astratto secondo il descritto modello legale, sorga soltanto dopo ed in forza dell'accertamento giurisdizionale dei suoi presupposti, e neppure dubitano che oggetto di tale accertamento sia non RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 756 soltanto la insolvenza , intesa come incapacit dell'imprenditore di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni (oppure, per equiparare normativa degli effetti, l'omesso pagamento di almeno tre mensilit di retribuzione), ma anche il requisito della c.d. esposizione debitoria qualificata (per dimensione, caratteristiche e specialit dei creditori). L'esattezza di entrambe le proposizioni non pu essere messa seriamente in discussione. Quanto alla seconda, infatti, va per un verso considerato, sotto l'aspetto lettrale, che l'identificazione dell'oggetto dell'accertamento giudiziario, da parte del citato art. 1, secondo comma, con la locuzione sta to di insolvenza si spiega con la preoccupazione del legislatore speciale di conformare il nuovo istituti, per quanto possibile, al modello della liquidazione coatta amministrativa, ove oppunto l'accertamento del giudice dall'art. 195 legge fall. -specificamente menzionato dal citato art. 1, secondo comma, insieme all'art. 5 della stessa legge fall. -riferito allo stato di insolvenza, che peraltro, nel sistema normativo cos richiamato, sta a significare, sia nella sede specifica della liquidazione coatta amministrativa, che in quella generale della procedura fallimentare, la situazione patrimoniale propria del particolare soggetto passivamente legittimato alle procedure concorsuali di cui trattasi, sicch il suo accertamento richiama per relationem anche (la necessit di) quello afferente al profilo soggettivo. Per altro verso, alla medesima conclusione si perviene sotto l'aspetto sistematico, coordinandosi la lettura del citato art. 1 con quella degli art. 3 e 4. Nei quali, l'accertamento giudizia rio dello stato di insolvenza (come testualmente si esprime ancora l'art. 3, secondo comma) della societ, che, in forza del particolare collegamento con l'altra gi per suo conto sottoposta ad amministrazione straordinaria, viene a sua volta assoggettata alla speciale procedura (art. 3, primo comma), certamente comprende anche la ricorrenza in con creto di tale speciale collegamento, che qui funge da connotato soggetti vo dell'impresa passivamente legittimata alla procedura stessa in sosti-. tuzione di quello in via generale previsto dall'art. 1, come inequivocabil mente dimostra il rilievo che nell'ipotesi di conversione dal fallimen to all'amministrazione straordinaria, considerata dall'art. 4, ci che il tri bunale chiamato ad accertare non pu essere l'incapacit patrimoniale dell'imprenditore -gi ravvisata esistente dalla pregressa sentenza di chiarativa del fallimento -bens proprio la sussistenza di uno dei par ticolari tipi di collegamento con la societ gi posta in amministrazione straordinaria, nei quali, ripetesi, fatto dalla legge consistere lo speciale connotato soggettivo, che, in luogo di quello previsto in via ordinaria dal- l'art. l, individua la categoria di imprese nei cui confronti la procedura pu essere disposta in via di astensione. PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI, DI GIURISDIZIONE Quanto alla prima proposizione sopra enunziata, poi, la formulazione positiva delle norme (art. 1, secondo comma; art. 3, secondo comma; art. 4, primo e secondo comma), inequivocabilmente attesta, da un lato, che l'amministrazione pu disporre la procedura di amministrazione straordinaria soltanto dopo ed in forza della pronunzia con cui il giudice ha positivamente accertato la sussistenza di tutti gli elementi, oggettivi e soggettivi, richiesti dalla fattispecie legale e, dall'altro, che, una volta intervenuta tale pronunzia, il provvedimento amministrativo di apertura dovuto dall'amministrazione. Infatti, la consecuzione fra pronunzia giudiziaria e decreto ministeriale descritta in termini non solo di mera automaticit (art. 1, secondo comma), ma anche di doverosit (art. 3, secondo comma, seconda parte), con la precisazione, nell'ipotesi dell'art. 4 dell'immediata esecutivit della pronunzia stessa; inoltre, il richiamo -nell'art. l, secondo comma -al solo art. 195 (oltre che 5) della legge fallimentare, e non anche all'art. 202, conferma ancora una volta che, qui, l'1accertamento giudiziario dei presupposti della procedura concorsuale pu soltanto precedere, mai seguire, il provvedimento amministrativo di apertura della procedura. Donde la non pertinenza al caso di precedenti relativi a ben diverse ipotesi di interferenza fra l'esercizio del potere giurisdizionale e la sfe11a di attribuzioni riservate alla pubblica amministrazione, nelle quali il potere di questa comprendeva, come del resto la norma, anche l'accertamento dei presupposti della sua esistenza in concreto, con esclusione quindi di un riserva esclusiva sul punto in favore del giudice (Cass., Sez. un., 13 marzo 1965, n. 425, id., 1965, 618), o, addirittura, era all'esercizio di esso condizionato il potere del giudice, e non viceversa (Cass., Sez. un., 30 settembre 1968, n. 3029, id., 1969, I, 962). Orbene, se il potere, astrattamente riconosciuto dalla legge alla pubblica amministrazione, di fare luogo alla procedura nei confronti di un determinato imprenditore in ragione di certi presupposti soggettiti sorge nel concreto in capo ad essa soltanto in forza di una pronunzia, demandata in via esclusiva al giudice, con cui si accerti la sussistenza di quei presupposti, non configurabile, in relazione a tale pronunzia, una sfera di attribuzioni riservata alla pubblica amministrazione dalla legge, di cui la stessa pessa costituire violazione. Con riguardo tanto al compimento, quanto al contenuto dell'accertamento, proprio per l'affidamento di esso alla competenza esclusiva del giudice, non pu profilarsi, per il principio di (non contraddizione, un antagonista potere della pubblica amministrazione, in funzione del quale sia fondatamente prospettabile una questione di attribuzione, perch il giudice, quando accerta la esistenza o l'inesistenza di quei presupposti, e per l'effetto dichiara nel concreto esperibile nei confronti di quel determinato soggetto la procedura di amministrazione controllata o quella 758 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO fallimentare, esercita un potere riconosciuto proprio ed esclusivamente a lui, E se il potere-dovere della pubblica amministrazione, di disporre la amministrazione straordinaria, sorge nel concreto soltanto nei confronti di soggetti, la cui' identificazione riservata al giudice, non pu dirsi che la sfera di attribuzione correlata a quel potere sia violata, nel momento in cui il giudice accerta una situazione rispetto alla quale quel potere non sussiste. L'eventuale erroneit dell'accertamento attiene al merito della pronunzia, non al potere del giudice di emanarla, cio alla giurisdizione. E la conferma viene dal rilievo che il propriwn della questione di giurisdizione sta, in tesi, nel fatto che sia possibile configurarla e ravvisarla prima che il giudice renda il provvedimento domandatogli: nell'ipotesi invece, certo che la riserva di competenza in favore del magistrato ordinario impedisce alla pubblica amministrazione di adire il giudice della giurisdizione per chiedergli di compiere lui quell'accertamento, almeno fino a quando ad esso non abbia provveduto il giudice del merito. Il che appunto dimostra che, una volta da questo emessa la pronuncia, la questione circa l'esatezza di essa di merito e non di giurisdizione. Opinare diversamente significherebbe espandere l'ambito del regolamento di giurisdizione -in s eccezionale, perch volto ad investire della decisione per saltum le sezioni unite, spogliando i giudici di merito della loro ordinaria competenza, ed ancor colorato di eccezionalit nel suo atteggiarsi come straordinario privilegio della pubblica amministrazione -ben oltre i limiti segnatigli dalla legge, esasperando gli inconvenienti non di poco conto, ai quali, secondo la denunzia della dottrina e della stessa giurisprudenza, il suo uso, che spesso trasmoda in abuso, d luogo, e che in sede di riforma stanno ispirando precise iniziative volte a restringerne la esperibilit. 5. -Per contro, la soluzione raggiunta non offre quelle disfunzioni operative, che si sono volute denunziare come indice della sua inattendibilit, rappresentandosi una pretesa impossibilit per la pubblica amministrazione, una volta esclusa la proponibilit del regolamento straordinario, di attivarsi in altro modo in sede giurisdizionale per far valere la tutela di quegli interessi pubblici, alla cui realizzazione mira, almeno nelle intenzioni del legislatore, la nuova procedura. Da un lato, invero, la labilit degli strumenti operativi, dalla legge apprestati alla pubblica amministrazione per dare autonomamente impulso alla concreta utilizzazione del peculiare istituto introdotto per fare fronte alla crisi delle grandi imprese, un connotato intrinseco del nuovo sistema, se vero che la pubblica amministrazione -pur riconosciuta titolare del potere di assumere informazioni di propria iniziativa circa la sussistenza dei requisiti di legge per fare luogo alla procedura, almeno nei casi di sua estensione alle societ collegate (art. 3, ottavo PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE comma), non per compresa fra i soggetti legittimati a promuovere l'accertamento giudiziario relativo (art. 1, secondo comma, che rinvia all'art. 6 legge fall.), n, in caso di esito negativo dello stesso, legittimata al reclamo in corte di appello contro il decreto del tribunale (art. l, secondo e terzo comma, che rinviano all'art. 195 legge fall., il quale a sua volta, nel comma sesto, seconda parte, rinvia al precedente art. 22, che attribuisce la legittimazione al reclamo al solo creditore istante). Per altro verso, poi, non vero che la pubblica amministrazione difetti di uno strumento processuaule idoneo a consentirle di denunziare in sede giurisdizionale l'errore eventuale, in cui il giudice possa incorrere nell'accertamento a lui riservato. Invero, non pu non esserle riconosciuta la titolarit di un interesse giuridicamente rilevante alla (possibilit di) esplicazione della sua posizione funzionale, e strumentalmente, all'accertamento dell'esistenza dei presupposti, cui quella (possibilit di) esplicazione per legge subordinata: l'interesse, cio, a non risentire ripercussioni negative nella propria sfera giuridica, in dipendenza di errori in quell'accertamento verificatisi. In conseguenza non pu negarsi che ad essa spetti la legittimazione, riconosciuta a qualunque interes sato'" a promuovere sia l'opposizione alla pronunzia dichiarativa dello stato di insolvenza (ai sensi dell'art. 195, quarto comma, legge fall. ri chiamato dalla normativa in esame), sia l'istanza di conversione (art. 4, primo comma, parte seconda, decreto legge citato), sicch rimane inin fluente, ai fini che qui interessano, stabilire i rispettivi ambiti di appli cazione dei due rimedi. Viceversa, gravi inconvenienti pratici deriverebbero dalla soluzione qui rifiutata, per la quale le sezioni unite potrebbero venire chiamate, come giudici della giurisdizione, a conoscere, per saltum ed in unico grado non solo lineari questioni di diritto, quale quella, in discussione nella specie, se l'esposizione debitoria qualificata richiesta dalla c.d. legge Prodi possa scaturire anche da fidejussioni prestate per crediti agevolti concessi a terzi, ma anche complicati problemi connessi alla sussistenza in punto di mero fatto, dei requisiti necessari per farsi luogo alla aper tura della speciale procedura: cio all'esistenza, per esempio, dei mutui agevolati per l'ammontare voluto dalla legge sia in assoluto che in rap porto al capitale, o dell'incapacit dell'imprenditore di soddisfare rego larmente le proprie obbligazioni, o, ancor, dei sofisticati collegamenti tra societ comportanti l'estensione della procedura nei confronti anche di soggetti carenti della c.d. esposizione debitoria qualificata; apprezzamenti -questi -tutti squisitamente di merito, i quali, per la loro complessit e delicatezza, non potrebbero essere compiuti con sufficiente completezza senza una adeguata istruttoria, che peraltro spesso il giudice a quo si troverebbe a non avere ancora compiuto in modo convenientemente approfondito al momento della proposizione del regolamento. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA -DELLO STATO 760 6. -In definitiva, riuniti i ricorsi, e dichiarazioni inammissibile il regolamento preventivo della societ Andreae, va affermata, pronunciandosi sul regolamento straordinario ad istanza del prefetto, la giurisdizione del giudice ordinario (omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 1 ottobre 1980, n. 5336 -Pres. Rossi Est. D'Orsi -P. M. Berri (conci. conf.) -R.A.I. Radiotelevisione Italiana s.p.a. (avv.ti Pace, Basile, Zoccoli, Esposito, Guarino) c. Ministero Poste e Telecomunicazioni (Avv. Stato Caramazza) e Radio Televisione Peloritana (avv. Corrado). (Regolamento di giurisdizione). Competenza e giurisdizione -Giurisdizione ordinaria ed amministrativa Televisione -Teletrasmissione -Necessit di autorizzazione ministeriale -Difetto -Posmone giuridica soggett!iva di interesse legittimo -Tutela deHa banda di frequenza -Difetto di giurisdizione dell'A.G.O. (Legge 14 aprile 1975, n. 103, artt. 25, 26, 27, 38, 41, 43 e 45). Competenza e giurisdizione -Giurisdiiione ordinaria ed amministrativa Provvedimenti d'urgenza -Giurisdizione sul merito del giudice amministrativo -Giurisdizione dell'A.G.O. in via d'urgenza -Esclusione. (Cod. proc. civ., art. 700). Il privato che abbia realizzato e gestisca un impianto di teletrasmissione senza aver ottenuto la relativa autorizzazione ministeriale pu soltanto vantare, nei confronti della P.A., una posizione giuridica soggettiva di interesse legittimo con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo (1). Il potere cautelare generale attribuito all'A.G.0. dall'art. 700 cod. proc. civ. non esperibile rispetto a situazioni giuridiche la cui tutela spetta al giudice amministrativo (2). (omissis) II ricorso proposto dalla R.T.P. al pretore di Roma, pur se richiama nell'intestazione gli art. 689 ss. cod. proc. civ., tende ad ottenere l'emanazione di un provvedimento d'urgenza ai sensi dell'art. 790 cod. (1) Sulla prima massima v. l'ampia nota di richiami dottrinari e giurisprudenziali in Giust. civ., 1980, I, 2066; v. altres l'osservazione di R. PARDOLESI, in Foro it., 1980, I, 2391. (2) Cfr. Cass., 2 novembre 1979, n. 5689, in Giust. civ. mass., 1979, 2500; Cass., i25 ottobre 1979, n. 5575, in Giust. civ., '1980, I, 1672 (note di PATRONI GRIFFI); Cass., 6 ottobre 1979, n. 5172, ivi, 1980, I, 358 (nota di F. PIGA). PARTE I, SEZ~ III, GIURIS. SU QUESTIONI DI 'GIURISDIZIONE proc. civ., data anche la difficolt di far rientrare nella previsione dell'art. 1172 cod. civ. la situazione di na trasmittente televisiva. La formulazione del ricorso -dal cui contenuto esula ogni richiesta di tutela possessoria -comporta l'esigenza di un'analisi delle varie questioni, e in ordine alla posizione giuridica addotta alla sua effettiva configurabilit come diritto soggettivo e, comunque, alla possibilit di richiedere al giudice ordinario un provvedimento d'urgenza nei confronti della p.a. Siccome la R.T.P., esercente una trasmittente televisiva privata fonda la sua richiesta su alcune recenti sentenze della Corte Costituzionale, necessario individuare la portata precettiva di tali sentenze, le quali, com' noto, hanno riesaminato, in relazione al principio costituzionale della libert di manifestazione del pensiero, l'uso del mezzo radiotelevisivo. E tali decisioni, nella parte in cui interpretando un principio costituzionale, ne fissano il contenuto e i limiti, sono particolarmente vincolanti per l'interprete, perch proprio la Corte Costituzionale la suprema garante dei valori della Carta costituzionale, anche in relazione alle sopravvenute esigenze, pure di ordine tecnico, della nostra societ in trasformazione. Ci spiega la diversit di portata precettiva tra la lontana sentenza 13 luglio 1960 n. 59 e quelle pi recenti, pur se identica appare la visione del problema di fondo. Gi nella sentenza n. 59 del 1960 -che pur ritenne costituzionalmente legittimi gli artt. 1 e 168 n. 5 dell'allora vigente codice postale (r.d.lgt. 27 febbraio 1936, n. 645) relativi rispettivamente all'esclusiva appartenenza allo Stato dei servizi di telecomunicazione e alla concessione dell'impianto e l'esercizio dei servizi di radiodiffusione e di televisione -fu, infatti, precisato che il monopolio statale, in tanto appariva legittimo, in quanto posto come alternativa al monopolio all'oligopolio privato. Con le successive sentenze n. 225 e 226 del 10 luglio 1974 la Corte Costituzionale dichiar, invece, l'illegittimit costituzionale dei suddetti articoli, oltre a quella degli artt. 166 e 178 dello stesso decreto nella parte relativa ai servizi di radiodiffusione circolare, nel senso che l'esclusiva statale non pu riguardare anche i cosiddetti ripetitori di stazioni trasmittenti estere (che non operano sulle bande di trasmissione assegnate all'Italia), nonch degli artt. 1, 183, 195 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 152, nella parte relativa alla riserva allo Stato dei servizi radiotelevisivi via cavo. Infime con la sentenza !Il. 202 del 23 luglio 1976 ha dichiarato l'illegittimit costituzionale degli artt. 1, 2 e 45 I. 14 aprile 1975, n. 103, nella parte in cui erano consentiti, previa autorizzazione statale, l'installazione e l'esercizio di impianti di diffusione. La portata precettiva di queste decisioni, sia pure nelle differenti applicazioni (trasmissioni via cavo, ripetitori di stazioni estere, impianti 762 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di diffusione radiofonica e televisiva via etere di portata non eccedente l'ambito locale) sempre la medesima e cio: a) il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con ogni mezzo di diffusione non comprende anche quello di disporre di tutti i possibili mezzi di diffusione, ma solo la giuridica possibilit di usarne con le modalit ed entro i limiti resi eventualmente necessari dalle peculiari caratteristiche dei singoli mezzi; b) se il mezzo di diffusione del pensiero tale che per la sua limitatezza o per il costo eccessivo darebbe luogo a monopolio o oligopolio privato, legittimo il monopolio dello Stato esercitato attraverso un'attivit di impresa avente carattere di servizio pubblico essenziale e di preminente interesse generale. Nell'ultima di tali decisioni -su cui la R.T.P. ha fondato il suo ricorso al pretore - stato anche precisato che su scala locale, in base alle cognizioni tecniche esistenti, non vi limitatezza delle frequenze utilizzabili, per cui non sussistono le premesse necessarie per la giustificazione dell'esistenza di un monopolio statale. stata avvertita, per, la necessit di una disciplina del settore, essendo indispensabile un organo dell'amministrazione centrale dello Stato competente a provvedere alla assegnazione delle frequenze ed all'effettuazione dei conseguenti controlli ed essendo necessaria, altres, un'autorizzazione che deve rispondere a condizioni oggettive (nel senso che l'esercizio privato si armonizzi e non contrasti con il preminente interesse generale, si svolga sempre nel reciproco rispetto di doveri ed obblighi anche internazionali e non dia luogo a forme di concentrazione o situazioni di monopolio od oligopolio), a requisiti soggettivi (relativi alla persona del richiedente e ai suoi collaboratori), a determinate caratteristiche tecniche (relative alla potenza degli impianti, alla specificazione delle frequenze e dei canali utilizzabili, all'mbito della zona locale di esercizio, all'eventuale fissazione di turni). Com' noto alla sentenza n. 202 del 1976 il legislatore non ha fatto seguire alcun provvedimento legislativo e sulla base di tale situazione sono state prospettate due tesi estreme: a) che il diritto di effettuare trasmissioni televisive via etere in ambito locale -come sostiene la R.T.P. - allo stato assolutamente incondizionato e non , quindi, soggetto a limiti; s da poter essere esercitato indiscriminatamente, anche senza l'autorizzazione di cui la sentenza della Corte Costituzionale ha espressamente sottolineato la necessit; b) che per contro -come oppone la R.A.I. -pur non sussistendo insuperabili difficolt sotto il profilo procedimentale e per quanto concerne la competenza a concedere l'autorizzazione, la posizione soggettiva del privato che intenda svolgere la detta attivit del tutto priva di tutela e sussiste, quindi, l'ipotesi del difetto assoluto di giurisdizione, PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE data la mancanza di norme sostanziali in ordine ai requisiti soggettivi ed alle condizioni oggettive per ottenere l'autorizzazione ed ai criteri da seguirsi in aderenza alle indicazioni contenute nella sentenza della Corte Costituzionale, per determinare in concreto il contenuto ed i limiti. Entrambe queste tesi sono inattendibili. A prescindere dalle considerazioni che saranno in seguito esposte, in ordine alla tesi sub b) va osservato che essa porta all'inaccettabile conclu sione che il principio enunciato dalla Corte Costituzionale assumerebbe una portata meramente programmatica e il suo contenuto precettivo risulterebbe vano e mistific;;Ltore se fosse consentito al legislatore ordi nario di rinviarne indefinitamente l'attuazione. Quanto alla tesi sub a) decisivo notare che, secondo i rilievi, for mulati dalla Corte Costituzionale, la preventiva autorizzazione statale quale presupposto condizionante per l'esercizio della libert di iniziativa privata nel settore delle trasmissioni radio televisive risponde ad un'esi genza che attiene alla stessa essenza e funzione del diritto garantito dalla Costituzione ed ai limiti ad esso intimamente inerenti e che si coordina altres alla natura, alla peculiarit dei mezzi di comunicazione e diffusione del pensiero di cui si tratta (anche perch le possibilit della loro utiliz zazione -tenuto conto delle relative modalit e caratteristiche tecniche sono bens sufficienti -per riconoscere la libert di iniziativa privata ma non illimitate). E si potrebbe aggiungere che le stesse indicazioni come sopra formulate dalla Corte Costituzionale sono state in sostanza desunte dall'intima essenza e dai limiti connaturali del diritto in questione; sicch, anche sotto questo aspetto, non ha decisiva rilevanza il fatto che i criteri contemplati da quelle indicazioni non siano stati recepiti e puntualizzati in norme giuridiche sostanziali, giacch si tratta in definitiva di corollari della portata precettiva della pronunzia costi tuzionale. Peraltro, anche la premessa da cui muovono le due contrapposte tesi non pu essere condivisa, giacch non esatto che in ordine alla materia in esame si registri la carenza di un'adeguata normativa. In realt l'ordinamento giuridico, per i suoi caratteri di tendenziale unit ed organicit, ha un'intima forza di espansione che consente al giudice, ed in genere, all'interprete, di individuare -merc l'ausilio dei princpi sanciti dall'art. 12 delle preleggi e l'impiego dei vari canoni ermeneutici, ed in particolare di quelli pi penetranti e sofisticati -la regola di diritto applicabile al caso concreto, ancorch si tratti di fattispecie non contemplate affatto o di fattispecie rispetto alle quali si riscontra l'indeterminatezza di alcuni elementi. E nell'assolvere questo compito, il giudice non provvede a colmare vuoti legislativi con autonome scelte e non assume un ruolo (senza dubbio inammissibile) di supplenza, come talora da alcuni si chiede, o si paventa; ma esercita il suo normale ruolo istituzionale, anche se a volte esso risulta pi arduo, pi delicato ed RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 764 incisivo e, quindi, sotto certi aspetti, pi impegnativo e rilevante, ai .fini della certezza del diritto. Queste considerazioni valgono anche e soprattutto con riferimento alle situazioni che si determinano in seguito a pronunce di illegittimit costituzionale parziale o totale di norme, qualora -nella perdurante inerzia del legislatore -occorra trarre le necessarie conseguenze giuridiche delle dette pronunce. Infatti, conviene ripeterlo, la conseguenza cui danno luogo tali pronunce non quella che, caduta la norma, il caso ad essa regolato resta avulso dall'ordinamento giuridico. Ci pu avvenire per le leggi penali e per quelle eccezionali, la cui applicazione limitata ai casi e ai tempi considerati (art. 1 disp. sulla legge in generale), ma non vale per le norme a carattere generale dettate per J'ordinato viver civile. Ora nella specie ben possibile enucleare dall'ordinamento disposizioni che, seboene dettate con riferimento a fattispecie distinte (ma non del tutto dissimili) da quella in esame, sono anche ad essa applicabili per la loro portata ampia, per la loro ratio e per i princpi generali da esse sottesi. E tali disposizioni, opportunamente interpretate e coordinate, integrano in sostanza un quadro normativo che risulta in armonia con i princpi ed i criteri applicativi formulati dalla Corte Costituzionale e che permette di dare una esauriente soluzione ai problemi suscitati da quella pronuncia ed in parte dibattuti nella presente controversia. All'uopo va anzitutto richiamato l'art. 2 c. post. {d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156), non inficiato da pronuncia di incostituzionalit; il quale, con una norma di carattere generale, dispone che, qualora la legge non prescriva diversamente, i provvedimenti in materia di telecomunicazioni rientrano nella competenza del Ministro delle poste e telecomunicazioni. ~ chiaro, quindi, che in mancanza di altre disposizioni a questa norma che occorre rifarsi, anche per l'individuazione dell'organo cui spetta il potere di autorizzazione nella materia in esame. E di ci offre testuale conferma l'art. 38 della legge n. 103 del 1975 che, sia pure in occasione della disciplina degli impianti ripetitori privati, enuncia in termini generali e tassativi il principio eh al Ministero delle poste e telecomunicazioni (cui appunto demandato il parere di autorizzare tali impianti) spetta altres di coordinare tutti i sistemi di radiocomunicazioni nel rispetto delle esigenze prioritarie dei servizi pubblici nazionali e del loro sviluppo e, in particolare, l'assegnazione della frequenza di funzionamento degli impianti. E di questo principio costituiscono altrettante applicazioni gli artt. 25, 26, 27, 41 e 43 della citata legge n. 103 del 1975 relativi anch'essi ai potei;i di autorizzazione, di vigilanza e di intervento spettanti pur sempre al Ministero rispetto agli impianti di diffusione sonora e televisiva via cavo ed ai predetti impianti di ripetizione. ~ I I !'~ il PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 765 D'altra parte, il principio di diritto fissato dalla pronuncia costituzionale, specie se. coordinato con i princpi cui si ispirano le predette disposizioni, offre una nuova chiave di lettura del disposto dell'art. 1, comma secondo, c. post. -cos come modificato dall'art. 45 della legge n. 103 del 1975 -, nel senso che all'autorizzazione prescritta per gli impianti di diffusione via cavo e per i ripetitori privati .(lett. a) e b) deve ora intendersi soggetta, per identit di ratio ed in funzione del criterio dell'analogia, anche l'esercizio di emittenti private in ambito locale. Ed in conseguenza la stessa chiave di lettura vale per il nuovo testo (ex art. 45 cit.) . dell'art. 183, comma primo, in base al quale da ritenere che anche per l'installazione di impianti relativi a tali emittenti necessaria la preventiva autorizzazione ministeriale; e vale anche e soprattutto per il quarto ed ultimo comma dello stesso articolo, tuttora in vigore, il quale in termini tassativi sancisce il principio generale -indubbiament' valido anche risj:)etfo aHa' "faftispd'e che qui inti:'essa -secondo cui sono di competenza dell'amministrazione, nell'ambito del regolamento internazionale delle radiocomunicazioni, l'assegnazione di frequenze radioelettriche per tutte le radiocomunicazioni, e la notificazione al comitato internazionale di registrazione delle frequenze dell'avvenuta assegnazione . Infine, a completare il quadro normativo fin qui delineato concorrono: l'art. 185 c. post., funzionalmente collegato all'art. 183, comma quarto (e anch'esso non contemplato da alcuna pronuncia di incostituzionalit), secondo cui i progetti per impianti di teletrasmissioni non possono essere eseguiti -e quindi tanto meno gestiti -se non siano stati preventivamente approvati dall'amministrazione; l'art. 18 del regol. amm. internaz. di Ginevra .del 1959 (reso esecutivo in Italia con il d.P.R. n. 1525 del 1967) che vincola gli Stati aderenti a prescrivere la necessit di una licenza governativa per l'installazione e l'esercizio di stazioni di emissione, e le norme della Convenzione di Torremolinos .(ratificata con la legge n. 790 del 1977) che ha eccepito il predetto regolamento, ribadendo l'obbligo degli stati membri di provvedere alla corretta distribuzione delle frequenze; e da ultimo il d.m. 3 dicembre 1976 (successivo alla sentenza della Corte Costituzionale) che ha approvato il. piano nazionale delle radiofrequenze, ed all'art. 5 ha ribadito che l'assegnazione di frequenze ai diversi utilizzatori (quindi anche ai privati, ormai legittimati all'esercizio delle teletrasmissioni in sede locale) di competenza del Ministero delle poste, e che allo stesso compete il potere-dovere di accertare la compatibilit dell'utilizzazione di frequenze da parte dei privati con le esigenze del pubblico servizio. I dati normativi test. richiamati, oltre a ribadire la indeclinabile necessit di autorizzazione, permettono di puntualizzare la natura, la portata e la funzione di essa ed i conseguenti riflessi sulla qualificazione della situazione soggettiva dell'interessato. RASSEGNA DEIJ.'AVVOCATURA DELLO STATO Com' noto, l'autorizzazione amministrativa un istituto che, pur se essenzialmente rivolto all'eliminazione di un ostacolo giuridico, non presenta nelle varie ipotesi caratteri uniformi ed univocamente definiti e si atteggia variamente in relazione al tipo di ostacolo da rimuovere, all'oggetto (e cio all'attivit cui si coordina) ed alla sua specifica portata e funzione nell'ambito di una fattispecie complessa a formazione successiva. Ora, l'autorizzazione di cui si discute, non consiste nel mero accerta mento della sussistenza di certi requisiti e dell'osservanza di pred~terminate condizioni. Di essa, invero, costituisce elemento essenziale ed improcedibile e parte integrante, se non addirittura presupposto condizionante, l'assegnazione di una banda di frequenza, la quale, insieme ad altre eventuali prescrizioni concorre ad identificare i limiti e le modalit dell'attivit autorizzata. Infatti, l'esercizio di un'impresa di teletrasmissioni postula necessariamente la possibilit di avvalersi di una determinata frequenza; ma. la scelta o individuazione di tale frequenza, pure tra quelle disponibili, non rientra tra le facolt riconosciute al privato: il provvedimento di assegnazione, quindi, inserisce un quid novi nella sfera giuridica del medesimo con l'attribuzione di una specifica potest (facultas agendi,. di cui egli era privo e che attiene alle modalit di utilizzazione dell' etere, inteso come un bene comune; rispetto al quale compete appunto allo Stato -anche in base alle citate norme di diritto interno ed internazionale -il potere-dovere di prescrivere e gestire le correlative utilit e di disciplinarne e controllarne la fruizione per le esigenze dei pubblici servizi e per quelle dei privati, affinch -nell'interesse generale -essa risulti ordinata, corretta e proficua. Dai suesposti rilievi si deduce che nel caso in esame l'autorizzazione, per quanto concerne uno dei suoi momenti (l'assegnazione della banda di frequenza), ha carattere costitutivo, e sotto questo profilo -come stato autorevolmente osservato -presenta elementi tipicamente con. cessori . Inoltre innegabile che, pur nel concorso delle condizioni prescritte, il provvedimento autorizzativo -ammesso che possa considerarsi vincolato in ordine all'an (in tal senso va forse intesa la notazione fatta a questo proposito dalla Corte Costituzionale) - peraltro sicuramente discrezionale, sotto vari profili e in larga misura, per quanto concerne il quo modo: ossia l'effettiva consistenza delle facolt che dovrebbe inte grare il contenuto del diritto. L'individuazione, con riferimento al piano di ripartizione delle bande di frequenza a disposizione dell'Italia, di quella da assegnarsi nel caso concreto, la delimitazione del cosiddetto ambito locale, la determinazione delle caratteristiche e della potenza dell'impianto (la quale deve .essere tale da non interferire sull'attivit di emittenti che gi si avvalgono della stessa frequenza in altro ambito, o di frequenze molto simili ~"'. r I ~ :::; t~ ~~~ PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE nello stesso ambito) -la eventuale prescrizione di turni o di altre limitazioni costituiscono scelte interdipendenti che debbono essere opportunamente coordinate; ed a questo fine si deve tener conto delle situazioni precostituite, della disponibilit di frequenze nella zona di cui si tratta, nonch delle caratteristiche geografiche o socio-economiche della somma stessa, ed occorre poi aver cura di contemperare convenientemente le esigenze, definite prioritarie, del servizio pubblico televisivo, nazionale e locale, con quella esigenza di pluralismo, altrettanto fondamentale, che deve pur essere salvaguardata attraverso il potere demandato dalla pubblica amministrazione. Ora, alla discrezionalit tecnica insit in siffatte valutazioni e determinazioni si associano senza dubbio elementi molteplici e cospicui di discrezionalit amministrativa; i quali ineriscono sia alla valutazione dei requisiti personali del soggetto da autorizzare e dei collaboratori (che -secondo l'indicazione della Corte Costituzionale -debbono dare affidamento di corretta gestione delle trasmissioni), sia alla delimitazione della zona, sia a tutte le altre eventuali prescrizioni e limitazioni che si rivelino opportune e necessarie in relazione ai suindicati fini di interesse generale ed alla funzione che propria dell'autorizzazione. Anzi, tale discrezionalit, proprio in mancanza di specifiche norme ad hoc, si profila in un certo senso pi ampia e rilevante, anche se non pu mai sconfinare nell'arbitrio, dal momento che deve pur sempre essere esercitata in aderenza a quei criteri di adeguatezza e di razionalit che sono stati ,suggeriti dalla stessa Corte Costituzionale e che in sostanza sono consoni alla peculiarit della materia. A questo punto agevole qualificare la situazione giuridica del soggetto che, avvalendosi della libert di iniziativa garantita dall'art. 21 e dall'art. 41 cost., intenda svolgere nei limiti consentiti un'attivit di teletrasmissioni via etere, ma non abbia ancora conseguito il provvedimento di assegnazione della banda di frequenza o di autorizzazione del Ministero delle Poste. Data la indeclinabile necessit di tale momento pubblicistico della fattispecie e tenuto conto degli elementi concessori e discrezionali che caratterizzano -come si visto -il provvedimento dell'amministrazione, evidente che la menzionata situazione giuridica non configurabile come diritto soggettivo perfetto, giacch tale natura essa assume solo in seguito all'emanazione del provvedimento amministrativo che integra o completa la fattispecie complessa. Si tratta, invece, fino a quando ci non si verifichi, di una situazione che si inquadra tra quelle che sono variamente definite in dottrina come diritti fievoli in origine, o come diritti condizionati o in attesa di espansione, e che nei confronti della P.A. ed ai fini della tutela giurisdizionale, si atteggiano come interessi legittimi. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 768 Naturalmente, con riferimento alla fattispecie, di cui si tratta, affinch possa ravvisarsi la situazione come sopra configurata, occorre che l'interessato abbia manifestato il suo proposito merc l'istanza di autorizzazione ed abbia elaborato e magari gi predisposto un progetto di impianto destinato all'esercizio dell'attivit di teletrasmissione televisiva. Ci posto, devesi anche, ed a maggior ragione escludere che sia configurabile e tutelabile come diritto soggettivo la situazione di colui che -come nella specie -eserciti de facto la predetta attivit con impianto realizzato e gestito senza la preventiva autorizzazione e, quindi, senza aver ottenuto dalla P.A. l'assegnazione di una banda di frequenza. Tuttavia, la posizione di tale soggetto, che ormai non pu pi essere considerata penalmente illecita, equiparabile in un certo senso a quella di chi, attraverso l'istanza di autorizzazione ed assegnazione di frequenza, abbia manifestato in modo attuoso ed univoco l'intento di avvalersi della libert di iniziativa garantita dalla Costituzione. Ed invero l'esplicazione di fatto dell'attivit in questione, bench sia senza dubbio anomala ed irregolare sotto il profilo giuridico e quindi non implichi esercizio (legittimo) di un diritto, peraltro idonea a dare risalto in modo cncreto ed attuale allo specifico interesse del soggetto, imprimendo ad esso un carattere differenziato, rispetto a quello astrattamente riferibile a qualsiasi cittadino, e qualificandolo in tal guisa -nei confronti della P.A. -come interesse legittimo, sia al fine del conseguimento ad opera della stessa amministrazione dei provvedimenti necessari affinch si verifichi il completamento della fattispecie e l'interesse stesso si espanda per assumere la consistenza del diritto soggettivo, sia per opporsi eventualmente a provvedimenti che possano comunque ostacolare l'attivit come sopra intrapresa. Nella specie la situazione della R.T.P. ulteriormente caratterizzata dal fatto che essa -come si assume nel ricorso al pretore -nel 1978 fu sollecitata dal Circostel di Messina a non pi avvalersi del canale 32 e da parte dello stesso Circostel ebbe invito nel 1979 a spostare le proprie emissioni dal canale 33 (assegnato dal Ministero alla R.A.I. per la rete 2) su altra frequenza; circostanze queste che valgono, senza dubbio, a differenziare la posizione della R.T.P. rispetto a quella di un qualsiasi altro soggetto e a riconoscerle una posizione di interesse qualificato, anche perch specificatamente contemplata da provvedimenti amministrativi. Stabilire poi, sempre con riferimento all'ipotesi test considerata, se l'interesse del soggetto sia tutelabile nei confronti di altri soggetti, ed a quale titolo, con quali mezzi ed in quali forme la tutela sia possibile questione che non pu essere qui esaminata, perch trascende l'oggetto, ed i termini della presente controversia. La conclusione che si trae dai rilievi che precedono . che l'interesse di cui si lamenta la lesione ad opera dei provvedimenti con cui stato assegnato alla R.A.I., per la seconda rete nella zona di Messina, il canale PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 769 33 utilizzato dalla soc. R.T.P., in quanto configurabile come interesse legittimo, tutelabile dinanzi al giudice amministrativo, cui spetta, quindi, la giurisdizione rispetto alla presente controversia. In base a tale conclusione si deve anche negare che possa farsi luogo in questa sede alla adozione di misure cautelari ex art. 700 cod. proc. civ. La questione relativa alla possibilit per il giudice ordinario di adottare provvedimenti di urgenza, pur nei casi in cui la controversia rientri nella giurisdizione del giudice amministrativo (o comunque di un giudice speciale) - stata oggetto di contrastanti soluzioni in sede pretorile. L'indirizzo che riconosce la possibilit di concessione si fonda principalmente sull'asserito carattere generale della tutela cautelare estensibile ad ogni ipotesi di possibile irreparabile pregiudizio, sulla minore efficacia della tutela cautelare amministrativa -del tutto inesistente quando si tenda ad anticipare un adempimento ne~ato dalla P.A. -, sull'esigenza di raggiungere una posizione di uguaglianza in ogni tipo di processo, e vede come unico limite il potere del giudice ordinario il divieto di revocare o modificare l'atto amministrativo, posto dall'ari. 4 della legge n. 2248 del 1865, ali. E. L'altro indirizzo, che limita l'ambito di applicazione dell'art. 700 cod. proc. civ. ai soli casi in cui la giurisdizione spetti al giudice ordinario, parte dell'art. 1 cod. proc. civ., secondo cui le norme del processo civile sono dettate per lo svolgimento della giurisdizione civile esercitata dai giudici ordinari, attribuisce carattere eccezionale alla possibilit di concessione del sequestro da parte del giudice ordinario in cause in cui egli non sia competente a conoscere del merito (art. 672 cod. proc. civ.); richiama la stretta connessione tra fase cautelare e giudizio di merito nena procedura ex art. 700 cod proc. civ. e nega che la mancanza di una tutela cautelare davanti al giudice amministrativo nei confronti dei comportamenti omissivi della P.A. possa comportare in tali casi pel giudice ordinario il potere di emettere provvedimento di urgenza. Queste sezioni unite, con la sentenza n. 5575 del 25 ottobre 1979, si sono occupate della questione con riferimento all'ipotesi della giurisdizione esclusiva del gh,1.dice amministrativo ed hanno negato che in tali casi il pretore abbia potest giurisdizionale per emettere provvedimenti d'urgenza ai sensi dell'art. 700 cod. proc. civ. Hanno in proposito affermato; che la coincidenza della tutela giuridica perseguita in via provvisoria e cautelare con quella perseguita in via definitiva attraverso il giudizio di merito viene a tradursi inevitabilmente nella revoca, sia pur temporanea, di un atto amministrativo e nella imposizione di un facere alla P.A., contro il divieto sancito dall'art. 4 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E; e che d'altra parte nessuna rilevanza pu attribuirsi ana mancanza in sede di giurisdizione amministrativa di provvedimenti cautelari del tipo di quelli previsti dall'art. 700 cod. proc. civ. costituendo ci RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW STATO una naturale conseguenza delle peculiari caratteristiche della giurisdizione amministrativa rispetto a quella civile. A queste considerazioni di indubbia esattezza possono aggiungersi ulteriori rilievi che dimostrano l'assoluta inammissibilit dell'adozione di provvedimenti ex art. 700 cod. proc. civ., allorch la giurisdizione sia del giudice amministrativo. Tutti i casi in cui i giudici di merito hanno riconosciuto la possibilit di emanare un provvedimento d'urgenza, pur in carenza di giurisdizione del giudice ordinario, riguardano ipotesi di giurisdizione amministrativa esclusiva, in cui nella posizione soggettiva dedotta in giudizio poteva ravvisarsi un diritto soggettivo. Per contro, con riferimento alla fattispecie qui esaminata, in cui la posizione dedotta sicuramente di interesse legittimo, potrebbe osservarsi che la concessione di un provvedimento ex art. 700 cod. proc. civ. incontrerebbe ostacolo, oltre che nel menzionato divieto di 'cui all'art. 4 legge 1865, ali. E, nella formula stessa dell'articolo, che, parlando di possibile pregiudizio al diritto durante il tempo necessario per farlo valere, si riferisce al diritto soggettivo in senso tecnico e non ad una qualunque posizione tutelata. Ma a prescindere da questo argomento (non esauriente e risolutivo, giacch non tocca i punti cruciali della questione) pi puntuale, e senza dubbio decisiva ed assorbente la considerazione che tutela giurisdizionale davanti al giudice ordinario e tutela davanti al giudice amministrativo sopo sistemi che si muovono su piani diversi e le differenze tra l'uno e l'altro vanno ricercate in una scelta del legislatore rispondente a precise esigenze giuridiche e sociali. N trova riscontro nel sistema la previsione di una giurisdizione cautelare a s stante, astrattamente considerata, giacch la tutela cautelare, abbia essa in concreto contenuto anticipatorio o meramente conservativo, non fine a se stessa, ma per la sua intima essenza -ha carattere strumentale ed quindi in funzione del giudizio di merito al quale il procedimento cautelare inscindibilmente collegato, anche sotto il profilo strutturale. -Pertanto, la portata integratrice (rispetto ai provvedimenti cautelari nominati e tipici) attribuita ai provvedimenti di urgenza previsti e disciplinati dall'art. 700 si muove sempre entro l'ambito della giurisdizione civile. E non , perci, configurabile anche come una fase preliminare del provvedimento giurisdizionale amministrativo. Questo .peraltro, prevede misure cautelari sue proprie: e la diversit di. tali misure si spiega con la diversa struttura dei giudizi, senza che possa parlarsi di violazione del principio di uguaglianza. N la previsione eccezionale, del potere del giudice ordinario (pretore o presidente del tribunale) di disporre il sequestro anche nei casi in cui il detto giudice non sia competente a conoscere del merito pu essere PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE assunta quale regola generale per tutti i procedimenti cautelari in senso lato .(art. 672, comma terzo e 680, ultimo comma, cod. proc. civ.). Gli che il procedimento di sequestro ha una sua, se pur limitata, autonomia, in quanto alla concessione del provvedimento fa seguito in ogni caso il giudizio di convalida, laddove il provvedimento ex art. 700 cod. proc. civ. pur se implica l'anticipazione degli effetti della probabile decisione sul merito, non ha alcuna autonomia, non deve avere una propria convalida, dipendendo questa dall'accoglimento o dal rigetto della domanda di merito, per cui il giudice che non ha giurisdizione sulla pronuncia di merito non ha giurisdizione neppure per assicurarne provvisoriamente gli effetti. Ma l'impossibilit di condividere l'indirizzo qui criticato risulta anche da un altro decisivo rilievo: il sistema dei provvedimenti di urgenza prevede che competente a provvedere sia il pretore, prima del giudizio o il giudice istruttore, a giudizio di merito in corso (art. 701 cod. proc. civ.). In realt, con riferimento all'ipotesi che un provvedimento di urgenza possa essere adottato dal pretore anche nei casi in cui la giurisdizione spetta al giudice amministrativo, bisognerebbe domandarsi a chi dovrebbe essere rivolta la richiesta, in caso di giudizio amministrativo pendente. Non al pretore perch gi il giudizio in corso; n, allo stato, potrebbe ritenersi che il procedimento ex art. 700 ss. sia suscettibile di applicazione anche dinanzi al giudice amministrativo, nonostante la mancanza di qualsiasi previsione normativa in tal senso. E se cos non si vede come e in base ai quali presupposti dovrebbe essere possibile richiederlo prima del giudizio stesso. La notazione che il giudice ordinario, emettendo un provvedimento ex art. 700 cod. proc. civ. in materia rientrante nella giurisdizione del giudice amministrativo finirebbe non di rado col violare (il che si verificherebbe appunto nella specie) il divieto posto dall'art. 4 della legge n. 2248 del 1865, all. E, indubbiamente esatta; ed , d'altro canto innegabile che anche in materia cautelare, tale divieto costituisce un limite inevalicabile del potere del giudice ordinario rispetto alle controversie, relative a diritti, devolut alla sua giurisdizione. Ma in ordine alle controversie che sono invece devolute al giudice amministrativo la preclusione per il giudice ordinario di emettere i provvedimenti di cui si discute va individuata, come si detto, in una ragione di fondo, di portata generale -e come tale radicale ed assorbente -che si colloca, dal punto di vista ontologico e sistematico, in una visione, pi ampia, ed inerisce al tema dell'intrinseca portata e dei limiti esterni della giurisdizione. In conclusione, il potere cautelare generale attribuito al giudice ordinario dall'art. 700 cod. proc. civ. non esperibile rispetto a situazioni giuridiche tutelabili dinanzi al giudice amministrativo. Tale potere che -come gi accen_nato -ha carattere meramente strumentale, spetta ai giudici di ciascun ordine giurisdizionale soltanto rispetto alle controversie 772 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW STATO devolute alla loro giurisdizione e pu esercitarsi nelle forme e nei limiti previsti dalle norme regolatrici dei rispettivi procedimenti. La riconosciuta esistenza in capo alla soc. R.T.P. di una posizione di interesse legittimo, stante anche l'impossibilit sopra specificata di richiedere al giudice ordinario un provvedimento d'urgenza, porta, come si detto, a concludere per la giurisdizione del giudice amministrativo e in tal senso va risolto il regolamento di giurisdizione. (omissis) SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA CIVILE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 novembre 1979, n. 800 -Pres. Mirabelli. -Est. Fa.Icone -P. M. Grossi (concl. conf.). -Morra (avv. Sciaca, Scarpa) c. Ministero delle Finanze '(avv. Sfato Baccari). Prescrizione e decadenza -Eccezione di interruzione -Eccezlone in senso ;proprio -Non rllevabllit d'ufficio. (Cod. proc. civ., art. 112). Prescrhllone e decadenza -Produzione del documento -Prova dell'eccezione -Jnammfssibilit lin Cassazione. (Cod. proc. civ., art. 372). Non comporta deduzione dell'eccezione di prescrizione la sola produzione di documenti dai quali si desuma la prova dell'eccezione (1). Non pu essere sollevata per la prima volta in Cassazione l'eccezione di interruzione della prescrizione ancorch basata su documento esistente agli atti di causa, ma non rilevata dalla parte nel giudizio di merito (2). (omissis) Il ricorso principale e quello incidentale devono essere riuriiti sotto il pi antico numero di ruolo, siccome proposti contro la stessa sentenza (art. 335 cod. proc. civ.). Il primo motivo del ricorso incidentale, attinente alla statuizione sulla legittimazione processuale dell'attuale ricorrente, quale titolare dei benefici parrocchiali di S. Eufemia e di S. Antonio in Carinare, ed avente carattere pregiudiziale, deve essere esaminato con precedenza. (1-2) Sulla prima massima cfr. in senso conforme: Cass., 16 gennaio 1951, n. 96, in Mass. Giur. It., 1951, c. 540; Cass., 10 agosto 1953, n. 2699, ibidem, <:. 598; Cass., 13 ottobre 1954, n. 3657, ibidem, c. 819. (Nella specie la Cassazione ha ritenuto che rientrano nel novero delle eccezioni in senso proprio quei mezzi di difesa che, pur essendo diretti al rigetto della domanda, mirano a conseguire tale risultato attraverso l'annullamento dell'azione esercitata, contrapponendo al fatto costitutivo dedotto dall'attore, un altro fatto modificativo o estintivo degli effetti di esso. Cfr. infine, Cass., 14 giugno 1962, n. 1480, in Mass. Giur. It., 1%2, c. 553. {La Cassazione ha precisato che ile cause di interruzione della prescrizione devono essere dedotte da colui contro il quale la prescrizione stata invocata e non possono essere rilevate d'ufficio dal giudice). Per la seconda massima cfr. esattamente in termini Cass., 22 giugno 1957, n. 2394, in Mass. Giur. lt., 1957, c. 540. (La produzione di un documento dal quale potrebbe ravvisarsi la prova di un'eccezione non rilevabile d'ufficio, non 774 RASSEGNA DEU..'AVVOCATURA DELLO STATO La censura diretta a contestare l'esattezza della decisione impugnata, con l'assunto che il certificato della Curia Vescovile non era sufficiente per affermare la legittimazione del ricorrente, nella qualit di rappresentante del beneficio di S. Antonio, poich da esso non era dato stabilire se egli abbia potuto far valere la pretesa di un diritto trasmessogli dal precedente titolare o, putacaso, gi estinto in precedenza, considerato che l'immemorabile non costituisce prova della successione avvenuta nell'azione personale di rilascio. La doglianza priva di fondamento. Il certificato della Curia Vescovile esibito dall'attuale ricorrente, il quale ha agito in giudizio nella qualit di Parroco della Parrocchia di S. Eufemia in Carinaro attesta che ab immemorabili il beneficio di S. Antonio unificato con quello di S. Eufemia in Carinaro, per cui Mons. Gennaro Morra, quale titolare del beneficio di S. Eufemia, anche titolare del beneficio di S. Antonio . La certificazione, al cui esame diretto questa Corte pu procedere, trattandosi di indagine riguardante la legittimazione precessuale, attesta che nella vita dei due benefici ecclesiastici si verificata una vicenda consistente nel mutamento permanente di uno degli elementi di essi; vicenda che nell'ordinamento canonico qualificata come unione, e che, nella specie, non ha avuto carattere estintivo, poich il beneficio di S. Antonio non ha cessato di esistere (canone 1419 n. 1), ma si attuata in una delle forme che danno luogo ad una unificazione operante soltanto nel senso di attribuire ai due benefici un solo titolare. Anche, se come sembra doversi ritenere, l'unione non ha lasciato i due benefici in posizione di autonomia (come si verifica quando essa sia aeque principalis, Can. 1419 n. 2; 1420, 2), ma ha posto il beneficio di S. Antonio in posizione subordinata rispetto a quello di S. Eufemia (unione minus prinCipalis: can. 1419 n. 3, 1420, 3), certo che, comunque, la vicenda non riguarda l'esistenza e la distinta personalit dei benefici, ma soltanto la comporta la deduzione dell'eccezione medesima e non solleva la parte cui spetta proporla, dell'onere di affermazione). La Cassazione ha dunque ritenuto anche nella sentenza da ultimo cit. che la difesa basata sull'interruzione della prescrizione costituisca eccezione in senso proprio. Cfr. anche, Cass., 5 novembre 1978, n. 4038, in Foro It. Rep., 1978, c. 2089. (Nella specie la S.C. ha ritenuto che un'eccezione in senso proprio non pu essere rilevata d'ufficio dal giudice, ma essendo diretta ad impugnare il diritto dell'attore pu essere proposta soltanto dal convenuto con l'osservanza del principio del contraddit torio e quindi non oltre l'udienza di precisazione delle conclusioni. V. infine,. cass., lo dicembre 1978, n. 5682, in Mass. Foro It., 1978, c. 1118, secondo cui l'accertare se il contenuto di un atto abbai o meno efficacia interruttiva della prescrizione, costituisce indagine riservata al giudice di merito, non sindacabile in Cassazione). In dottrina, cfr. NATOLI, Eccezioni e questioni di merito, preliminari di. merito e pregiudiziali di rito, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1978, 417. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE loro titolarit e rappresentanza, le quali spettano, come risu,lta dal cer tificato esibito, al titolare del beneficio di S. Eufemia, anche per quello di S. Antonio. E poich non ha formato oggetto di discussione il principio che il titolare del beneficio secondo il diritto canonico amministratore e rappresentante di esso anche nei confronti del diritto statuale (principio ricavato dal sistema posto in essere dall'art. 31 del Concordato), non resta che concludere nel senso che, non risultando verificatasi alcuna vicenda di estinzione di soggetti e di conseguente trasferimento di diritti, l'argomentazione critica della ricorrente amministrazione appare priva di giuridica consistenza e che bene stata riconosciuta la titolarit e la rappresentanza del beneficio di S. Antonio in Carinaro al titolare del beneficio di S. Eufemia e quindi la legittimazione processuale di Mons. Gennario Morra. Passando all'esame del ricorso prindpale, occorre rilevare che i giudici di appello hanno respinto la domanda diretta ad ottenere la restituzione del fondo di cui trattasi, senza proporsi e decidere la questione della qualificazione giuridica del rapporto costituitosi con il rogito in data 24_ luglio 1769 tra i titolari dei benefici parrocchiali di S. Eufemia e di S. Antonio e la Real Corte di Napoli, ritenendola -implicitamente superflua ai fini della decisione. Ed infatti, dopo avere considerato che il diritto alla restituzione per scadenza della locazione doveva ritenersi prescritto, perch non esercitato entro il trentennio dalla fine del contratto (stipulato senza determinazione di tempo, e quindi da ritenersi di durata trentennale dal 1865, a norma degli art. 1571 del cod. civ. del 1865), cio durante il decor so del termine di prescrizione trentennale (art. 2135 cod. civ. 1865) corrente dal 1895 al 1925, detti giudici hanno ritenuto che alla stessa conclusione di infondatezza della pretesa, per intervenuta prescrizione del diritto alla restituzione, doveva pervenirsi anche ammettendo che l'atto del 1769 contenesse un provvedimento di natura pubblicistica assimilabile alla requisizione. Hanno, infatti, affermato che, anche muovendo da un tale presupposto, il diritto fatto valere doveva dichiararsi prescritto, poich non era stato esercitato nel termine di prescrizione, termine che, iniziato a decorrere dal 1937 (anno in cui era cessata la destinazione -campo mi litare di manovra -per cui il fondo era stato requisito), ed interrotto in data 1 dicembre 1941, e che aveva la durata di un decennio a decor rere dal 21 aprile 1942 (a norma dell'art. 252 delle disp. artt. del cod. civ. 1942), era ampiamente decorso, pur calcolando le sospensioni disposte per lo stato di guerra, al momento della introduzione del giudizio (22 gen naio 1970). In questa situazione, il rispetto dell'ordine logico-giuridico delle questioni prospettate dal ricorrente, e cio la precedenza dell'esame del pri - .: m = . X 776 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mo motivo, tendente a risolvere l'alternativa lasciata aperta dai giudici del merito sulla qualificazione del rapporto a favore della tesi della natura pubblicistica di esso, per i principi di economia e di conservazione dell'attivit processuale non pu essere seguito e deve, quindi, essere data precedenza all'esame del secondo motivo di ricorso, con il quale si sostiene che il termine di prescrizione del diritto alla restituzione nascente dall'avvenuta cessazione del rapporto di requisizione non si era compiuto, perch interrotto con atti di cui i giudici di appello hanno omesso l'esame. Ed invero, evidente che, ove l'esame di questo secondo motivo avesse un risultato sfavorevole per la tesi prospettata, il processo troverebbe la sua fine con il rigetto del ricorso, rimanendo superata l'esigenza di stabilire la natura del rapporto che, pure nella configurazione propugnata dal ricorrente, non costituirebbe presupposto sufficiente per l'accoglimento della pretesa di restituzione dell'immobile. Il ricorrente (con il secondo motivo) premesso che un qualsiasi atto che manifsti la chiara volont del creditore di ottenere il soddisfacimento del suo diritto, idoneo ad interrompere la prescrizione estintiva, lamenta l'omesso esame della nota dell'Intendente di Finanza in data 30 luglio 1966 in cui si d atto che risultano agli atti della scrivente le sottoelencate richieste di restituzione del terreno in questione prodotte dal beneficio parrocchiale di S. Eufemia in data 3 marzo 1937, 17 agosto 1938, 22 maggio 1941, 28 luglio 1941, 1 dicembre 1941, 14 ottobre 1950, 10 maggio 1960, 9 novembre 1964 . Tali richieste, egli sostiene, erano idonee ad interrompere la prescrizione decennale decorrente dall'entrata in vigore del codice civile vigente, sicch tale prescrizione non poteva considerarsi compiuta. La censura non pu trovare accoglimento. Prima ancora di affrontare il problema, sollevato nel controricorso, se il documento invocato possa considerarsi di portata decisiva, posto che esso contiene la mera notizia che, inviate dal titolare del beneficio di S. Eufemia pervennero all'amministrazione altre generiche richieste di restituzione , quindi non di rilascio in relazione al contratto del 1769 , le quali non rappresentano atti di costituzione in mora a norma dell'art. 1219 cod. civ., deve essere rilevato che la questione dell'interruzione della prescrizione e della portata interruttiva degli atti di richiesta di restituzione del fondo indicati nella nota dell'Intendente di Finanza non ha formato oggetto di discussione nelle fasi di merito, n in primo n in secondo grado. . L'attuale ricorrente, pervero, fece cenno delle richieste di restituzione inoltrate alla competente autori~ amministrativa limitatamente a quelle formulate negli anni 1950 e 1964, ma lo fece nell'atto di citazione, nella parte dedicata alla esposizione dei fatti per sottolineare che, nonostante le ripetute sollecitazioni, non era stata eseguita la restituzione che da - .: m = . X 776 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mo motivo, tendente a risolvere l'alternativa lasciata aperta dai giudici del merito sulla qualificazione del rapporto a favore della tesi della natura pubblicistica di esso, per i principi di economia e di conservazione dell'attivit processuale non pu essere seguito e deve, quindi, essere data precedenza all'esame del secondo motivo di ricorso, con il quale si sostiene che il termine di prescrizione del diritto alla restituzione nascente dall'avvenuta cessazione del rapporto di requisizione non si era compiuto, perch interrotto con atti di cui i giudici di appello hanno omesso l'esame. Ed invero, evidente che, ove l'esame di questo secondo motivo avesse un risultato sfavorevole per la tesi prospettata, il processo troverebbe la sua fine con il rigetto del ricorso, rimanendo superata l'esigenza di stabilire la natura del rapporto che, pure nella configurazione propugnata dal ricorrente, non costituirebbe presupposto sufficiente per l'accoglimento della pretesa di restituzione dell'immobile. Il ricorrente (con il secondo motivo) premesso che un qualsiasi atto che manifsti la chiara volont del creditore di ottenere il soddisfacimento del suo diritto, idoneo ad interrompere la prescrizione estintiva, lamenta l'omesso esame della nota dell'Intendente di Finanza in data 30 luglio 1966 in cui si d atto che risultano agli atti della scrivente le sottoelencate richieste di restituzione del terreno in questione prodotte dal beneficio parrocchiale di S. Eufemia in data 3 marzo 1937, 17 agosto 1938, 22 maggio 1941, 28 luglio 1941, 1 dicembre 1941, 14 ottobre 1950, 10 maggio 1960, 9 novembre 1964 . Tali richieste, egli sostiene, erano idonee ad interrompere la prescrizione decennale decorrente dall'entrata in vigore del codice civile vigente, sicch tale prescrizione non poteva considerarsi compiuta. La censura non pu trovare accoglimento. Prima ancora di affrontare il problema, sollevato nel controricorso, se il documento invocato possa considerarsi di portata decisiva, posto che esso contiene la mera notizia che, inviate dal titolare del beneficio di S. Eufemia pervennero all'amministrazione altre generiche richieste di restituzione , quindi non di rilascio in relazione al contratto del 1769 , le quali non rappresentano atti di costituzione in mora a norma dell'art. 1219 cod. civ., deve essere rilevato che la questione dell'interruzione della prescrizione e della portata interruttiva degli atti di richiesta di restituzione del fondo indicati nella nota dell'Intendente di Finanza non ha formato oggetto di discussione nelle fasi di merito, n in primo n in secondo grado. . L'attuale ricorrente, pervero, fece cenno delle richieste di restituzione inoltrate alla competente autori~ amministrativa limitatamente a quelle formulate negli anni 1950 e 1964, ma lo fece nell'atto di citazione, nella parte dedicata alla esposizione dei fatti per sottolineare che, nonostante le ripetute sollecitazioni, non era stata eseguita la restituzione che da PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE lungo tempo la stessa amministrazione aveva riconosciuto di dovere effettuare. E che non intendesse, con tale riferimento, far valere atti di natura interruttiva della prescrizione, del resto non ancora eccepita dalla convenuta, risulta evidente considerando che all'eccezione di prescrizione di ogni diritto sollevata dall'amministrazione nella comparsa di risposta, replic sostenendo soltanto, con le conclusioni, illustrate nella comparsa (conclusionale) in data 7 gennaio 1974, che non aveva senso parlare di prescrizione estintiva, perch la domanda di rilascio del fondo era basata sul diritto di propriet di esso attore e che, comunque, la locazione era rimasta in vita per tacita riconduzione, fino a quando l'Amministrazione, nel 1936 aveva manifestato la volont di restituire il fondo. Il tribunale, individuando nella domanda formulata due distinte causae petendi, respinse sia la pretesa di restituzione per essere venuto meno il titolo in base al quale il bene era stato consegnato, sia la domanda di revindica. Ritenuto che con l'entrata in vigore del codice civile del 1865 le locazione sewa' determinazione di durata, quale quella in oggetto, erano divenute nulle, osserv che in tale data (1865) il diritto alla restituzione si era prescritto; rigett, poi, la domanda di revindica per essere mancata la prova della propriet da parte dell'attore. Nel proporre appello contro questa sentenza, l'attuale ricorrente, non impugn il capo di rigetto dell'azione di rivendicazione, ma sostenne che il rapporto posto in essere nel 1769 doveva ritenersi quanto meno in parte natura pubblicistica e che l'azione di restituzione, avendo avuto fine tale rapporto, assimilabile ad una requisizione, era diretta contro l'Amministrazione delle Finanze quale occupatrice del fondo senza titolo. -Subordinatamente dedusse che, ove si fosse configurato il rapporto stesso come avente natura locatizia, il diritto alla restituzione non poteva ritenersi prescritto perch era intervenuto il riconoscimento di tale diritto da parte dell'amministrazione conduttrice, con il dispaccio in data 27 agosto 1937 del Ministero della Guerra. L'interruzione della prescrizione da parte dell'appellante, attuale ricorrente, fu, pertanto, eccepita soltanto con riferimento al diritto alla restituzione nascente dal i:apporto qualificato -come aveva fatto il tribunale -come locazione, invocando soltanto il riconoscimento del diritto da parte dell'amministrazione. tenuta alla restituzione. Orbene, anche ove si ritenesse tale richiamo al riconoscimento del diritto, compiuto con riferimento alla prescrizione del diritto alla restituzione, quale che fosse il titolo da cui nasceva, tratterebbesi pur sempre di riferimento ad evento interruttivo verificatosi in momento anteriore alla data da cui stata fatta decorrere la prescrizione applicata, e quindi privo di rilevanza ai fini delia statuizione che viene criticata in questa sede, la quale, infatti, riposa sull'accertato compimento della prescrizione decennale con decorrenza dal 21 ap;rile 1942 (data di entrata in vigore del RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 778 vigente codice civile, in relazione alle norme degli art. 2946 di detto codice e dell'art. 252 delle relative disposizioni transitorie). Nessuna eccezione d'interruzione del diritto alla restituzione del fondo fu espressamente formulata con riferimento al periodo di tempo successivo al 1942, e nessun fatto od atto interruttivo riferibile a detto periodo fu comunque prodotto od invocato dall'attuale ricorrente. Nessun vizio di attivit pu essere, pertanto, addebitato ai giudici di appello, per non avere preso in esame un'eccezione, quale deve certamente ritenersi quella di interruzione della prescrizione (controeccezione all'eccezione di prescrizione: Cass. 16 gennaio 1951 n. 96; 13 ottobre 1954 n. 3657; 5 luglio 1957 n. 2625; 6 agosto 1962 n. 2386) che non era stata sollevata in relazione al diritto fatto valere in giudizio con riferimento al tempo in cui la prescrizione stessa era in corso e per avere, in conseguenza, omesso ogni motivazione su tale punto e sulla portata del documento che oggi viene invocato, cio su questioni e su documenti che non formarono oggetto di discussione tra le parti. Il richiamo alla nota dell'Intendente di Finanza in data 30 luglio 1966, esibita dall'amministrazione convenuta, ed all'efficacia interruttiva della prescrizione, attribuita agli atti di richiesta di restituzione formulati dall'attuale ricorrente ricordati in tale nota, fa emergere per la prima volta in questa sede una questione che, involgendo evidenti indagini ed accertamenti di merito, non pu essere presa in esame per i limiti propri del giudizio di legittimit. Ed infatti, stato altre volte precisato, con specifico riferimento a documenti nei quali, in ipotesi, poteva ravvisarsi la prova dell'eccezione (non rilevabile d'ufficio) dell'interruzione della prescrizione a favore di chi li esibiva (ed occorre ricordare come nella specie il documento invocato non stato nemmeno prodotto dall'attuale ricorrente, ma -come si detto -dall'Amministrazione delle Finanze che eccepiva la prescrizione), che tale produzione non comporta la deduzione dell'eccezione medesima e non solleva la parte cui spetta di proporla dal relativo onere di formulazione, e che non pu essere sollevata per la prima volta nel giudizio di cassazione un'eccezione cn la quale si faccia valere una circostanza interruttiva della prescrizione, ancorch basantesi su un documento esistente negli atti di causa, ma non mai strumentalmente invocato dalla parte nei precedenti gradi al fine di sorreggere tale eccezione (Cass., 22 giugno 1957, n. 2394). Il motivo di ricorso deve, pertanto, essere respinto. Al rigetto di esso segue, per le considerazioni innanzi esposte l'assorbimento del primo motivo. Anche il sec;:ondo motivo del ricorso incidentale dell'Amministrazione delle Finanze, con il quale viene riproposta>>, condizionatamente all'accoglimento del ricorso principale, l'eccezione di usucapione sollevata nei gradi di merito, rimane assorbito. (omissis) PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 779 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 novembre 1979, n. 1511 -Pres. Granata Est. Borruso -P. M. Cammarota (concl. conf.) -Ministero dei Lavori Pubblici (avv. Stato Cevaro) c. Di Stefano Di Leo (avv. Cacopardo). Espropriazione per pubblica utilit -Indennit di esproprio -Momento di riferimento. (Legge 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 39 e 50). Espropriazione per pubblica utilit -Indennit di esproprio -Debito di valuta -Rivalutazione -Esclusione -Interessi legali.. (Cod. civ. art. 1282). Espropriazione per pubblica utilit -Indennit di esproprio -Determi nazione -Criteri. (Legge 25 giugno 1865, n. 2359, art. 39). L'indennit di espropriazione dev'essere ragguagliata al valore effettivo ed integrale del bene espropriato al momento del decreto di esproproprio. Tale principio non trova per applicazione nell'ipotesi prevista dall'art. 22-quater della legge 18 marzo 1968, n. 241. In tal caso l'indennit va calcolata C(Jn riferimento alla data del sisma, ma rivalutata fino alla data dell'espropriazione (1). L'ammontare di un'indennit di esproprio gi determinata costituisce debito di vaZUta e quindi soggetta al principio nominalistico. Il ritardo nell'adempimento comporta l'obbligo dell'espropriante di corrispondere gli interessi legali (2). L'art. 39 della legge n. 2359/1865 nel disporre che l'indennit debba consistere nel giusto prezzo che l'immobile avrebbe avuto in una libera contrattazione di vendita, adotta un criterio di valutazione economico e non giuridico nel senso che occorre avere riguardo soltanto al prezza effettivo del bene quale emerge dal libero gioco di mercato. A tal fine il metodo di stima sintetico-comparativo quello che pi di ogni altro corrisponde al criterio di legge (3). (1) Questione nuova. In generale\ sull'indennit di esproprio cfr. Cass., Sez. un., 11 ottobre 1979, n. 5275, in Mass. Giur. lt., 1979, c. 1310. (L'indennit di espropriazione per pubblica utilit va determinata con riferimento al momento in cui, con il decreto di espropriazione si verifica il trasferimento della propriet del bene a favore dell'espropriante). (2) Giurisprudenza costante nel senso della massima: cfr. Cass., 6 ottobre 1976, n. 3290, in Mass. Giur. lt., 1976, c. 813; Cass., 30 maggio 1978, n. 2733, ibidem, c. 625. (Il debito relativo all'indennit di espropriazione costituisce debito di valuta anche per la parte liquidata nel giudizio di opposizione alla stima e, come tale non suscettibile di essere rivalutato in relazione alla sopravvenuta svalutazione monetaria. Il ritardo nell'adempimento anche per l'indicata parte, comporta l'obbligo dell'espropria'nte di corrispondere all'espro priato i soli interessi legali). (3) Cfr. esattamente in termini Cass., Sez. un., 8 aprile 1975, n. 1271, in Mass. Giur. lt., 1975, c. 341. (Nella specie la S.C. sulla base dell'enunciato principio ha ritenuto che esattamente i giudici di merito avevano qualificato il fondo come edificatorio, valutandone il valore in relazione ai prezzi di mer cato dei . beni aventi le stesse caratteristiche). 780 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (omissis) Riuniti i due ricorsi ai sensi dell'art. 335 cod. proc. civ perch diretti entrambi all'impugnazione della medesima sentenza, va, innanzitutto, esaminato il primo motivo del ricorso incidentale, in quanto in esso si prospetta la questione del momento in relazione al quale si sarebbe dovuto accertare il valore venale dei terreni in questione e la soluzione di essa appare preliminare rispetto anche a quella di tutte le altre questioni prospettate nel ricorso principale. Col predetto primo motivo del ricorso incidentale Giuseppe Di Stefano Di Leo, deducendo la violazione degli artt. 22-quater e 13 della legge 18 marzo 1968, n. 241, in relazione all'art. 14 delle preleggi, sostiene che l'indennit di esproprio avrebbe dovuta essere calcolata in riferimento alla data del decreto di esproprio, secondo i principi generali vigenti in materia e non alla data del terremoto. E cio perch la disciplina giuridica dettata dal legislatore per il trasferimento degli abitati, che fa riferimento a quest'ultima data, differirebbe profondamente per struttura, per ratio ispiratrice e per il modo di finanziamento da quella prevista per la sistemazione delle baraccopoli. Nella espropriazione per baraccamenti, invero, mancherebbero adempimenti di importanza fondamentale nel procedimento generale (quali ad esempio, la dichiarazione di pubblica utilit e la compilazione del progetto) e l'indennit di esproprio sarebbe fissata, anzich a mezzo di perizia giudiziale, direttamente dall'ufficio tecnico erariale. D'altra parte, ancorare il valore dei terreni alla data del sisma sarebbe stata un'esigenza per il caso di trasferimento di abitati, in quanto i lunghi studi e i progetti necessari per l'attuazione consentivano altrimenti facili speculazioni sui terreni scelti per il trasferimento: ma ci non sarebbe potuto verificarsi per i baraccamenti, per insediare i quali le scelte dei terreni occorrenti erano state immediate, improvvise e rapidissime. Il motivo infondato per le seguenti ragioni che si integrano a vicenda e che appaiono prevalenti su ogni altra eventualmente contraria: 1) la norma con cui il legislatore prese in considerazione particolare l'indennit di esproprio delle 'aree necessarie alla sistemazione dei baraccamenti nel Belice a seguito dei terremoti del gennaio 1968 fu dallo stesso legislatore concepita, dal punto di vista formale, in maniera non autonoma, bens integrata con quelle di una legge precedente. Recita, infatti, l'art. 2 della legge 29 luglio J968, n. 858: Dopo l'art. 22 del d.1. 27 febbraio 1968, n. 79 (convertito con modificazioni nella legge 18 marzo 1968, n. 241) sono inseriti i seguenti articoli.... E tra di essi vi proprio l'art. 22-quater, che concerne, in particolare, l'indennit di esproprio per le aree destinate ai ba:raccamenti e che il ricorrente invoca a sostegno della sua tesi. Orbene, se il legislatore ha voluto espressamente inserire tale norma nel contesto di una legge precedente, venendo cos a modificare quest'ultima, segno evidente che, per esplicita volont del legislatore stesso, l'una e l'altra formano ormai un corpo unico, sicch non solo ' ~j ~: ~: fil ~ f ffi .........._,~ PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE possibile, ma addirittura doveroso presumere che tra di esse non vi sia alcuna contraddizione, che anzi si integrino a vicenda e che, comunque, debbano essere interpretate alla luce di un identico principio ispiratore. Pertanto, non essendovi n nel predetto art. 22-quater, n in qualsiasi altra norma della legge 29 luglio 1968, n. 858, alcuna disposizione relativa al momento cui riferire il valore delle aree espropriate per i baraccam: enti, si deve necessariamente ritenere che integrandosi il citato art. 22quater con l'art. 13 ormai entrambi facenti parte del d.l. 27 febbraio 1968, n. 79, tale momento debba essere riferito -come espressamente specificato in quest'ultima norma -alla data dell'evento sismico; 2) se cos non fosse, si dovrebbe concludere che il legislatore, nel disciplinare la misura della indennit di esproprio delle aree destinate alle baracche, si sarebbe preoccupato di determinare nel citato art. 22-quater soltanto talune modalit di procedura, omettendo del tutto la statuizione pi importante: e cio quella relativa al criterio da seguire per la determinazione dell'indennit, criterio che in tutte le leggi di espropriazione , invece, sempre specificato, quanto meno con un richiamo generico alla legge 25 giugno 1865, n. 2359 (che costituisce ancora oggi la legge generale sulle espropriazioni quando non ci si vuol discostare dai principi con essa stabiliti). Ed significativo al riguardo notare che, mentre un siffatto richiamo c' nell'art. 13 del d.l. 27 febbraio 1968, n. 79, non ci sia invcece in tutta la legge 29 luglio 1968, n. 858: ci trova, infatti, la sua pi plausibile spiegazione nel ritenere che il legislatore abbia voluto inserire espressamente l'art. 22-quater nel contesto del d.l. 27 febbraio 1968, n. 79, proprio al fine di rendere applicabili -senza ripeterne l'enunciazione -anche per l'espropriazione delle aree destinate alle baracche quegli stessi criteri di determinazione della indennit stabiliti per tutte le altre aree espropriate nel Belice a seguito dei terremoti del gennaio 1968; 3) se l'assunto del ricorrente incidentale fosse fondato, si arriverebbe ad una disparit di trattamento tra espropriati in conseguenza di uno stesso evento calamitoso, assurda perch non giustificabile in alcuna ragionevole maniera e che, pertanto, -come esattamente rilevarono i primi giudici -deve essere quanto pi possibile evitata: e che, cio, le espropriazioni necessarie in dipendenza del trasferimento degli abitati verrebbero effettuate con la corresponsione di una indennit pari al valore venale del bene nel gennaio 1968 anche se la relativa occupazione sia avvenuta molti anni dopo; mentre, per la espropriazione delle aree necessarie all'insediamento delle baracche che -come noto sono state occupate con provvedimento urgente nell'immediatezza del sisma, si dovrebbe corrispondere una indennit di gran lunga maggiore, perch riferita al momento del decreto di esproprio. Una volta stabilito -a confutazione. del primo motivo del ricorso incidentale -che anche per l'espropriazione di aree dstinate alla siste RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mazione delle baracche la relativa indennit va determinata secondo quanto stabilito nell'art. 13 del d.l. 27 febbraio 1968, n. 79 (cos come mo dificato con legge 18 marzo 1968, n. 241) e cio: nei modi previsti dalla legge 25 giugno 1865, n. 2359, con riferimento al valore venale di mercato delle aree alla data dell'evento sismico, devesi subito dopo, per stretta ed evidente connessione logica, esaminare il primo motivo del ricorso principale con cui il Ministero dei Lavori Pubblici sostiene che la Corte d'appello non avrebbe potuto rivalutare -come in sostanza avrebbe fatto anche se lo ha negato -al momento del decreto di esproprio (cio al febbraio 1970) le indennit dovute al Di Stefano Di Leo calcolate sulla base dei prezzi correnti due anni prima (cio al momento del terremoto), perch il principio generale, posto dall'art. 39 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, secondo cui l'indennit liquidata con riguardo alla data del decreto di espropriazione, sarebbe stato derogato dal legislatore con l'art. 13 sopramenzionato per essere stato in esso espressamente stabi lito che l'indennit di espropriazione fosse liquidata con riferimento al valore venale di mercato delle aree alla data dell'evento sismico. In tal modo, infatti, chiaramente il legislatore avrebbe voluto che tale mo mento fosse l'unico da prendersi in considerazione per determinare sia il valore delle aree espropriate, sia il quantum in valuta dell'espropriazione stessa, senza alcuna possibilit di distinguere tra l'uno e l'altro, come arbitrariamente fatto nell'impugnata sentenza. Anche tale motivo infondato. Costituisce, invero, principio generale in materia di espropriazione per pubblica utilit che l'indennit spettante all'espropriato debba essere ragguagliata al valore effettivo ed integrale posseduto dal bene espropriato al momento del decreto di esproprio. E ci per effetto sia dell'art. 39 della gi ricordata legge 25 giugno 1865, n. 2359, secondo cui l'indennit dovuta consister nel giusto prezzo che, a giudizio dei periti, avrebbe avuto l'immobile in una libera contrattazione di compravendita sia del l'art. 50 della medesima legge secondo cui la propriet dei beni sog getti ad espropriazione... passa nell'espropriante alla data del decreto... che pronuncia l'espropriazione. Invero, se -come sembra chiaramente trasparire dal citato art. 39 il patrimonio dell'espropriato deve essere completamente ristorato del l'espropriazione subita (come appunto avviene quando ad un bene se ne sostituisca il prezzo di vendita riavabile in regime di libero mercato, rimanendo cos, in definitiva, senza indennizzo soltanto la perdita della facolt di conservare il bene stesso), tale pienezza di effetti si consegue soltanto qualora si valuti il bene espropriato in riferimento al tempo in cui la propriet perduta, cio alla data del decreto di esproprio. Valutarlo in riferimento ad una data diversa significa, infatti, creare la possibilit che il soggetto espropriato consegua di pi o di meno rispetto a quanto avrebbe potuto realizzare sul libero mercato se, anzi PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE ch subire l'espropriazione del bene avesse potuto, in quello stesso momento, venderlo. ben vero che al principio di carattere generale come sopra ricavato il legislatore pu anche, almeno in parte, derogare senza per questo violare il precetto dell'art. 42 della vigente Costituzione che prevede il diritto dell'espropriato all'indennizzo (cfr. in tal senso sent. Corte Costituzionale n. 63 del 28 aprile 1970; n. 22 del 5 aprile 1965; n. 91 del 18 giugno 1963; n. 5 del 18 febbraio 1960) e che pertanto il legislatore pu imporre, in occasione dell'esproprio, anche una certa perdita economica al soggetto espropriato (purch essa non sia, ovviamente, totale, come avviene anche nel caso di un'indennit simbolica o irrisoria), ma certo che un'imposizione del genere che ha carattere assolutamente eccezionale, perch nel nostro ordinamento l'espropriazione appare preordinata in linea generale -come torna a ripetersi -soltanto allo scopo di togliere al proprietario la facolt di disporre di un bene e di destinarlo in tal modo a fini di utilit pubblica, non gi anche a quello di provocare, sia pure per il bene pubblico, una diminuzione quantitativa del patrimonio del soggetto espropriato, diminuzione che, invece, si vuole quanto pi possibile evitare. Altro principio generale in materia di espropriazione per pubblica utilit -con cui il primo si integra - che per nessuna ragione debba essere consentito all'espropriato di arricchirsi a causa della espropriazione stessa e dei fatti per i quali stata voluta. Dispone, infatti, l'art. 41 della legge del 1865: Qualora dall'esecuzione dell'opera pubblica derivi un vantaggio speciale e immediato alla parte del fondo non espropriata, questo vantaggio sar stimato e detratto dall'indennit... e l'art. 42: L'aumento di valore che dall'esecuzione dell'opera di pubblica utilit sarebbe derivato alla parte del fondo compresa nella espropriazione non pu tenersi a calcolo per aumentare l'indennit dovuta al proprietario . Alla luce dei sovraesposti due principi di carattere generale deve essere interpretato l'art. 13 pi avanti riportato, l ove dispone che l'indennit di espropriazione deve essere determinata nei modi previsti dalla legge 25 giugno 1865, n. 2359, con riferimento al valore venale di mercato delle aree alla data dell'evento sismico . Di siffatta disposizione astrattamente sono possibili due interpretazioni diverse: in base alla prima ci si riporta al momento del terremoto (rectius: al momento immediatamente precedente al terremoto stesso) soltanto per evitare che nella stima dei terreni espropriati si possa tener conto delle fluttuazioni di valore causate da tale evento calamitoso (e che taluno .possa cos esserne particolarmente avvantaggiato o svantaggiato), ferma rimanendo, quindi, la necessit di esprimere il valore cos depurato in termini monetari adeguati alla svalutazione verificatasi, per tutt'altre ragioni assolutamente indipendenti dal terremoto, nell'intervallo di tempo intercorrente tra il terremoto e il decreto di espropriazione; in base alla RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO seconda interpretazione, invece, si risale al momento del terremoto (cio ad un momento precedente l'esproprio) anche per un'altra finalit: quella di pagare all'espropriato l'indennit spettantegli in moneta gi valutata rispetto al momento del decreto di esproprio e, quindi, in tal modo non gi per privarlo di un lucro indebito, ma per addossaTgli in definitiva una perdita patrimoniale secca. Orbene delle due suesposte possibilit di interpretazione del citato art. 13 non pu non essere preferita la prima, perch la sola in armonia con entrambi i due principi di carattere generale gi esaminati che regolano, nel nostro ordinamento, il diritto alla indennit per espropriazione per pubblica utilit: cio, sia con il principio secondo cui l'indennit spettante all'espropriato debba essere ragguagliata al valore posseduto dal bene espropriato al momento del decreto di esproprio, sia con l'altro, secondo cui per nessuna ragione pu essere consentito all'espropriato di arricchirsi a causa dell'espropriazione stessa e dei fatti per i quali stata voluta. In base a quest'ultimo principio, infatti, si deve stabilire il valore dei terreni di cui trattasi in relazione al gennaio 1968 senza tener alcun conto delle oscillazioni che rispetto ad esso si verificarono per effetto dei terremoti avutisi in quel mese che furono causa delle espropriazioni. Soltanto cos, infatti, si impedisce agli espropriati di profittare degli aumenti di valore avuti dai. loro terreni agricoli o comunque extraurbani per essere divenuti improvvisamente .necessari alla ricostruzione su di essi dei centri urbani viciniori ormai distrutti dal sisma: obiettivo questo sicuramente voluto dal legislatore nel formulare il citato art. 13. Una volta, per, che tale valore sia stato determinato in riferimento al gennaio '68, esso deve essere espresso nella corrispondente valuta calcolata in riferimento all'epoca della espropriazione (gennaio 1970 e, quindi, tenendosi conto della svalutazione monetaria nel frattempo eventualmente verificatasi. In caso contrario, esprimendo il valore del bene espropriato in termini monetari corrispondenti ad epoca anteriore a quella dell'esproprio, si strumentalizzerebbe la svalutazione intervenuta nel frattempo per corrispondere all'espropriato una indennit inferiore al valore reale posseduto dal bene al momento della causa dell'esproprio (cio, nella specie, del terremoto): ma in nessuna delle citate leggi, delle quali qui trattasi, v' il pi piccolo indizio per presumere che il legislatore abbia voluto conseguire una siffatta finalit, finalit che avendo -come gi prima posto in rilievo -natura eccezionale nel nostro ordinamento, per essere ritenuta sussistente avrebbe dovuto essere espressa in termini assolutamente inequivoci. Come esattamente avvertito nella sentenza impugnata, non si tratta, in tal caso, di adeguare automaticamente alla svalutazione monetaria, l'ammontare di un'indennit di esproprio gi determinata (che, per costante giuri,sprudenza di questa stessa Corte stata sempre ritenuta debi i:: ~== i:: ~j~ I'. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 785 to di valuta e quindi soggetta al principio nominalistico: cfr. in tal senso Cass., sent. nn. 5275 e 1255 del 1979, 2733 e 2038 del 1978, 3482 del 1977, 3290 del 1976, etc.), bens soltanto di chied!'!rsi quale obiettivo voglia conseguire il legislatore quando riferisce il valore dei beni espropriati ad un determinato momento precedente all'esproprio: se cio -come si gi detto -un tale riferimento venga fissato solo allo scopo di depurare tale valore dell'incidenza della causa per la quale si ebbe l'espropriazione ed impedire cos che gli espropriati conseguano scandalosi arricchimenti (quali nella specie quelli che sarebbero derivati dal terremoto ed alla conseguente necessit di nuovi terreni su cui ricostruire) ovvero anche allo scopo di pagare loro tale indennit in moneta svalutata chiamandoli in tal modo a sopportare un sacrificio patrimoniale ulteriore senza corrispettivo. Ed chiaro che, qualora l'intento del legislatore debbasi ritenere il primo e non il secondo, non rimane altro che esprimere il valore originario riferito al tempo legislativamente indicato per la stima nella quantit di moneta corrispondente al momento del decreto di esproprio. Col secondo motivo del suo ricorso l'Amministrazione dei Lavori Pubblici, denunciando la violazione degli artt. 41 quinquies lett. a) della legge 17 agosto 1942, n. 1150 e 17 legge 16 agosto 1967, n. 765 -sostiene che la Corte palermitana avrebbe disatteso i precisi criteri di stima anali tica seguiti dai consulenti proff.ri Lo Bianco e Villa e preferito ad essi il sistema sintetico comparativo adducendo in proposito una motivazione insufficiente e antigiuridica: A) insufficiente, perch non si sarebbe data carico di considerare che: 1) se nella zona mancavano strumenti urbanistici, era pur sempre applicabile l'art. 41-quinquies, lett. a) sopracitato; 2) il Comune nel 1967 aveva effettuata la perimetrazione del centro abitato e solo mq. 7.350 degli 80.000 espropriati ricadevano in tale perimetro; 3) se era innegabile l'incertezza della previsione concernente l'aumento dell'indice di edificabilit sulle due aree delle quali trattasi, era per vero che si sarebbe potuto pur sempre procedere alla valutazione in base all'indice di edificabilit certo perch legale, previsto dal citato art. 41-quinquies, lett. a) mc/mq. 0,10); B) antigiuridica, perch la perimetrazione dei centri abitati, prevista sempre nel citato art. 41-quinquies lett. a), e di fatto eseguita, ha -contq1riamente a quanto ritenuto nella sentenza impugnata -natura e portata di norma regolamentare integrativa o sostitutiva del regolamento edilizio, sicch le zone escluse dal perimetro del centro abitato (nella specie, in tutto, mq. 72.650) venivano a trovarsi in condizioni obiettive di notevole disfavore -di cui non poteva non tenersi conto ai fini dell'indennit -sia per quel che concerneva la volumetria (limitata a 1/10 di mc. per mq. di superficie) sia per quanto riguardava la distanza delle strade. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 786 Non era affatto strano quindi -come invece era apparso alla Corte palermitana -che due terreni distanti appena un metro l'uno dall'altro potessero avere valore sensibilmente diverso. Il suesposto motivo non pu essere accolto perch le censure nelle quali si articola concernono non il criterio di valutazione sintetico-comparativo effettivamente posto dalla Corte palermitana a base delle sue determinazioni, bens il criterio analitico -ricostruttivo , che avrebbe, s, potuto applicare al posto del primo, ma che invece non applic. Pertanto, a dimostrare l'assoluta irrilevanza delle surriportate censure cui sufficiente ricordare che: 1) l'art. 39 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, nel disporre che l'indennit di espropriazione debba consistere nel giusto prezzo che l'immobile avrebbe avuto in una libera contrattazione di vendita, non adotta un criterio di valutazione economico e non giuridico, nel senso che occorre aver riguardo soltanto al prezzo effettivo del bene quale emerge dal libero giuoco del mercato. A tal fine, non solo pu farsi ricors al metodo di stima sintetico-comparativo, ma esso quello che certamente pi di ogni altro risponde al criterio di legge {cfr. in tal senso Cass., Sez. Un., n. 1271 del 1975) perch -in conformit di quanto premesso quel che qui unicamente preme accertare a quanto detto prezzo avrebbe presumibilmente potuto ammontare in base a quello che, in quel momento, fu il punto d'incontro (quali che ne fossero le ragioni) della domanda e dell'offerta di beni similari: una volta accertato ci, infatti, non pu avere pi alcun rilievo indagare se le spinte del mercato, quali in effetti si determinarono, fossero dovute, per avventura, pi ad una temporanea suggestione collettiva sulle possibilit di sfruttamento futuro edilizio dei terreni in questione che non a quelle che corrisposero poi effettivamente alla realt nel rispetto delle leggi urbanistiche allora vigenti ed effettivamente poi sopravvenute. Di fronte alla realt del mercato diventa del tutto irrilevante, quindi, accertare -come si verifica facendo uso del criterio analitico -ricostruttivo -il prezzo che -indipendentemente dall'andamento concreto del mercato -l'acquirente sarebbe stato disposto a spendere per l'acquisto del terreno sulla base di quel che in esso avrebbe potuto costruirvi entro un certo periodo di tempo e nel rispetto della legge; 2) stante il carattere assorbente del criterio sintetico-comparativo , il giudice di merito che lo adotti non neppure tenuto a motivare le ragioni della sua preferenza rispetto a quello, del tutto sussidiario, analitico-ricostruttivo . Pertanto, avendo la Corte palermitana adottato il criterio sintetico-comparativo >>, devono considerarsi, in ogni caso, irrilevanti gli eventuali errori di fatto o di diritto da essa compiuti per confrontare la considerazione, fatta ad abundantiam >>, che il metodo di stima analitico-ricostruttivo nella specie non poteva essere approvato perch esso appariva fondato pi su ipotesi che su dati concreti. PARTE I, SBZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE Col terzo motivo del ricorso principale il Ministero dei Lavori Pub blici lamenta che la Corte di merito abbia motivato l'adozione del crite rio di stima sintetico-comparativo gi seguito dai due primi consulenti tecnici nominati dal Tribnale (cio dagli ingegneri Failla e Cusmano) \limitandosi ad affermare che condivideva pienamente le valutazioni da essi effettuate, senza darsi minimamente carico delle obiezioni che erano state sollevate in relazione all'adozione di tale criterio sia per la radicale diversit dei beni comparati, sia per la sporadicit delle contrattazioni confrontate, tutte, peraltro, influenzate da motivi specula,tivi peculiari. Quanto esposto nel motivo di cui sopra, innanzitutto, non corrisponde alla realt. Non affatto vero, infatti, che la Corte palermitana si sia limitata a recepire acriticamente le conclusioni alle quali erano pervenuti in primo grado i due consulenti tecnici Failla e Cusmano, perch, se da un lato, le approva definendole basate su dati certi e sorrette da ineccepibili valutazioni, dall'altro lato non solo apporta ad esse talune rettifiche (tra le quali la rivalutazione dal 1968 al 1970), ma, soprattutto, ne ricostruisce ragionatamente tutto I' iter di formazione, soffermandosi a considerare i quattro atti di compravendita conclusi tra il 1955 e il 1971 e una sua stessa sentenza del 1965 in materia di inden. nit di espropriazione, concernenti tutti aree viciniori a quella de qua (una appena 200 metri da essa), presi a base per la determinazione della indennit col metodo sintetico comparativo. Quanto, poi, alla pretesa radicale diversit dei beni. comparati, alla sufficienza o meno del numero delle contrattazioni confrontate e alla presenza di fattori speculativi particolari presenti soltanto in quelle con trattazioni, devesi rilevare che trattasi di accertamenti di fatto rimessi all'apprezzamento discrezionale del giudice di merito e, come tali, asso lutamente insindacabili in sede di legittimit quando, come nella specie, la motivazione addotta per suffragarli non sia inficiata da illogicit o contraddizioni. Non rimane ora da esaminare che il secondo motivo del ricorso del Di Stefano, con cui egli lamenta che la Corte d'appello, in violazione del l'art..1282 cod. civ., non abbia accolto la sua domanda, volta ad ottenere gli interessi per il ritardo di quattro mesi circa con cui l'Amministrazione dei Lavori Pubblici aveva provveduto a depositare le indennit fissate con i due decreti di esproprio emessi nei suoi confronti, indennit che, invece, ai sensi dell'art. 22 quater della legge 241 del 1968 avrebbero dovu to essere versate nel termine massimo di quindici giorni dall'esproprio. Il motivo fondato. Dispone infatti il citato art. 22-quater che: ... l'indennit corri sposta dal Provveditorato delle opere pubbliche di Palermo entro 15 giorni dalla data del decreto prefettizio di espropriazione... . Sembra pacifico, invece, che nella specie l'indennit fu corrisposta con quattro mesi circa di ritardo rispetto al termine come sopra stabilito. 788 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Se cos , non v' dubbio che il Di Stefano avesse il diritto di percepire sulla somma dovutagli gli interessi di mora per il ritardo con cui gli fu pagata e la Corte di merito non potesse negarglieli in quanto il Di Stefano, nel punto 4 dell'appello, aveva particolarmente censurato la sentenza del Tribunale per aver omesso di pronunciare su tale sua specifica domanda. In tale situazione, l'essersi la Corte limitata a rigettare la domanda di tali interessi (peraltro indicati genericamente attraverso un semplice richiamo ai punti 3 e 4 dell'atto di appello) sul rilievo che altrimenti si sarebbe violato il divieto di anatocismo posto dall'art. 1283 cod. civ. non potendosi cumulare altri interessi a quelli dovuti al Di Stefano dalla data dei decreti di espropriazione sull'indennit di espropriazione e dall'occupazione sulle indennit di occupazione, non pu che essere ascritto ad una mera svista della Corte medesima sulla vera natura degli interessi di cui al punto 4 , cio all'esserle puramente e semplicemente sfuggito che essi avevano una causa del tutto particolare e distinta rispetto a quella di ogni altra specie di interesse di cui nella presente causa si era trattato. Poich il terzo e il quarto motivo del ricorso incidentale del Di Stefano sono stati proposti subordinatamente all'accoglimento rispettivamente del secondo e del terzo motivo del ricorso principale che invece sono stati respinti, i motivi detti devono essere dichiarati assorbiti. L'impugnata sentenza, quindi, va cassata e la causa rimessa ad altra sezione della stessa Corte di appello unicamente per il conteggio degli interessi di mora spettanti al Di Stefano per il ri.tardo con cui gli fu versata l'indennit di espropriazione che, invece -ai sensi del citato art. 22-quater avrebbe dovuto essergli corrisposta entro quindici giorni dalla data del decreto prefettizio di esproprio. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE( Sez. I, 26 aprile 1980, n. 2010 -Pres. Vigorita Est. Bologna -P. M. Cantagalli (diff.). ANAS (avv. Stato Camerini) c. Ada Pedio (avv. D. Angelini). Espropriazione per pubblica utilit -Azione per risarcimento danni per occupazione abusiva -Emissione del decreto di esproprio dopo la pronunzia della Corte d'appello -Esibizione in cassazione -Legittimit -Effetti. Sopravvenuto il decreto di espropriazione dopo la pronunzia del giudice d'appello nel giudizio per risarcimento danni per abusiva occupazione delle aree poi espropriate, legittimamente l'espropriante esibisce il decreto stesso avanti il S.C., il quale in tal caso deve cassare la sentenza e rimettere la causa al giudice di rinvio che dovr decidere sulla PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 789 opposizione alla stima in cui si converte il giudizio di risarcimento del danno (1). , (omissis) La questione sollevata nel corso della discussione orale comporta l'esame della rilevanza giuridica di un factum superveniens (equiparabile allo ius superveniens nel contesto e per l'effetto delle norme che lo disciplinano), intervenuto nel periodo successivo alla pubblicazione della sentenza di secondo grado, ed idoneo ad incidere direttamente ed immediatamente sul diritto soggettivo fatto valere nel giudizio di merito e sull'oggetto dibattuto nel giudizio stesso. Nella fattispecie, la sopravvenuta emanazione del decreto di espropriazione ha determinato la verificazione di una situazione giuridica caratterizzata dalla sopravvenienza di un provvedimento amministrativo legittimo ed efficace, confliggente con la pretesa del privato diretta ad ottenere il risarcimento del danno, consistente nell'ablazione senza titolo del bene oggetto dell'espropriazione successiva. A giudizio di questa Corte, il giudice ordinario, in ogni stato e grado del procedimento, deve tener conto di tale situazione per non cadere nella violazione del principio dettato dagli artt. 4 e 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, sull'abolizione del contenzioso amministrativo, che esige l'intangibilit dell'atto amministrativo da parte dell'autorit giudiziaria ordinaria (che non pu procedere a revoca o modificazione dell'atto medesimo) e l'applicazione da parte della stessa autorit giudiziaria dell'atto amministrativo conforme a legge. (1) L'esattezza del princ1p10 affermato dalla sentenza che si annota non sembra discutibile, e si inserisce perfettamente nell'elaborazione giurispruden ziale dello stesso S.C. il quale, come ricorda la suestesa sentenza, gi nella decisione n. 1389 del 27 maggio 1963 (in Foro it., 1963, I, 1392) ebbe ad affermare che la sopravvenienza del decreto di esproprio deducibile anche davanti al giudice di rinvio, avanti al quale sia tuttora aperta la questione in ordine al risarcimento del danno per abusiva occupazione. Convincente appare pure l'argomento addotto per giustificare l'esame da parte del S.C. di un documento, (decreto di espropriazione) esibito nel giudizio di cassazione per la prima volta in sede di discussione. Si rileva che se si riconosce l'applicabilit immediata nel giudizio di -cassazione del jus superveniens cos deve ammettersi analoga decisione per il factum superveniens idoneo ad incidere sull'oggetto della causa sottoposta all'esame del giudice e a modificare i poteri stessi di quest'ultimo sulla base di una definitivamente diversa -per forza di legge -qualificazione giuridica del rapporto controverso. Ed in effetti allorquando la legge attribuisce alla P.A. il potere di prov vedere in ordine ad una situazione giuridica modificandone il contenuto, la situazione che si determina con l'emanazione del provvedimento costituisce jus superveniens, di cui il provvedimento costituisce documentazione, e deve, pertanto, essere tnuto presente un qualsiasi stato e grado del giudizio, specie se incide, come nella specie, sulla giurisdizione del giudice. 790 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In particolare, per quanto concerne la deducibilit di tale situazione davanti a questa Corte di Cassazione, si deve rilevare che come si am mette l'applicabilit immediata nel giudizio di cassazione dello ius superveniens, cos devesi adottare analoga decisione per il f actum superveniens idoneo ad incidere sull'oggetto della causa sottoposta all'esame del giu dice ed a modificare i poteri stessi di quest'ultimo '(artt. 4 e 5 della sopra richiamata legge abolitiva del contenzioso amministrativo) sulla base di una definitivamente diversa -per forza di legge -qualificazionegiuridica del rapporto controverso. Ci consente di accumunare i casi in cui il factum superveniens sia stato dedotto in ricorso ovvero sollevato nel corso della discussione orale (come nella specie). E sembra opportuno in proposito ricordare che questa Corte ha altres ritenuto che la sopravvenienza di un decreto di espropril:IZione in pendenza del giudizio risarcitorio in sede di rinvio per i danni da occupazione senza titolo, deve ritenersi deducibile anche davanti al giudice di rinvio e rilevante quale fatto estintivo del diritto dopo la sentenza cassata (Cass., 1%3, n. 1389). Alla situazione sopravvenuta sopra delineata, e deducibile anche in questa sede di cassazione, deve essere applicato (conformemente a recentissima decisione pronunciata in fattispecie uguale da questa stessa Corte con il n. 2050 del 1979) il criterio pi volte formulato, secondo cui, quando interviene -in pendenza del giudizio di risarcimento del danno da occupazione illegittima di immobile da parte di una pubblica amministrazione -il decreto di espropriazione dell'immobile stesso con la determinazione della relativa indennit, l'azione risarcitoria si converte automaticamente nell'azione di opposizione alla stima di cui all'art. 51 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, sulle espropriazioni per pubblica utilit (Cass., 1977, n. 2234 e numerose altre decisioni). In tale contesto di considerazioni si deve ritenere che la prova della sopravvenuta pronunzia del decreto di espropriazione non costituisce atto istruttorio del giudizio di cassazione, valutabile s.econdo i noti limiti di ammissibilit (art. 372 cod. proc. civ.) ma deve essere collocata sul piano della conoscenza che il giudice di legittimit pu avere sia della norma giuridica sopravvenuta sia del fatto sopravvenuto, equiparabile alla prima nei sensi sopra delineati. Conseguentemente questa Corte ritiene di potere esaminare i documenti esibiti dalla Pubblica Amministrazione ricorrente, dai quali risulta che dopo la pubblicazione della sentenza impugnata stata pronunziata l'espropriazione dei beni la cui illegittima occupazione era stata dedotta davanti ai giudici di merito quale causa petendi dell'azione risarcitoria (copia del decreto di espropriazione del Prefetto di Potenza n. 10665 PARTE I, SBZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 791 del 24 novembre 1977: copia del decreto di rettifica del medesimo Prefet to di Potenza n. 10676 del 21 dicembre 1977). E traendo le necessarie conclusioni dall'affermato principio che il factum superveniens, equiparabile ad ius superveniens, applicabile anche nel giudizio di cassazione, questa Corte ritiene di dover cassare la sentenza impugnata con rinvio della causa ad altro giudice, il quale dovr accertare quali siano gli effetti giuridici che la riconosciuta rilevanza in causa del fatto sopravvenuto determina in relazione alla fatti specie concreta (omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 aprile 1980, n. 2899; Pres. Mirabelli; Est. Zappulli; P. M. Grossi (conf.). Firs Italiana di Assicurazioni (avv. Russo). Regione Siciliana (avv. Stato Cevaro). Obbligazioni e contratti Fideiussione Surrogaziione del fideiussore Inerzia del creditore Estinzione Non sussiste. (Cod. civ., art. 1955). Obbligazioni e contratti Fideiussione Diffida al debitore Termine di sei m.esil. Proroga patti7Jl:a Decadenza Non sussiste. (Cod. civ., art. 1957). Non produce estinzione dell'obbligazione del fideiussore, l'inerzia del creditore che omette di utilizzare strumenti facoltativi di tutela, pur se con ci si pregiudica la possibilit di surrogazione del fideiussore in tali diritti (1). La decadenza del creditore dalla fideiussione che non abbia agito entro sei mesi dalla scadenza dell'obbligo principale non si verifica ove sia stato espressamente pattuito che l'obbligo del fideiussore si estingue solo con l'adempimento dell'obbligazione principale (2). {omissis) La societ FIRS, con il primo motivo del ricorso, ha censurato la sentenza impugnata per violazione ed erronea applicazione degli artt. 350, 351 e 356 della legge 20 marzo 1865, ali. F, nonch dello art. 1955 cod. civ., e per omessa motivazione per non avere la corte di (1-2) Sulla prima massima in senso' conforme Cass., 11 ottobre 1978, n. 4546, in Mass. Giur. Jt., 1978, 1084; Cass., 5 ottobre 1978, n. 4433, ibidem, 1058. (Nella specie, il giudice del merito aveva ritenuto l'estinzione di una fideiussione avente per oggetto la garanzia dell'adempimento dell'obbligo del venditore di un autoveicolo di iscrivere il trasferimento della propriet dell'autoveicolo nel Pubblico Registro Automobilistico, per non avere il compratore-creditore resistito nella procedura di sequestro del veicolo promossa da un terzo contro il venditore-debitore. La Corte ha cassato, enunciando il principio di cui in mas RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 792 merito considerato che l'Amministrazione regionale aveva colposamente aggravato la posizione della fideiubente con il proprio comportamento, e cio con l'effettuare i pagamenti per gli stati di avanzamento a favore dell'impresa sebbene la stessa fosse gi inadempiente e in stato di decozione, con l'avere abbandonato alla curatela fallimentare i beni e i materiali approvviggionati nel cantiere, con l'avere omesso l'esperimento delle procedure previste dagli artt. 340 e 341 della citata legge del 1865, come gi dedotto nell'atto di opposizione. Ha anche lamentato che la stessa corte aveva omesso di applicare l'art. 29 della legge regionale 2 agosto 1954, n. 32, la quale concedeva privilegio all'Amministrazione appaltante per i materiali contabilizzati a favore della stessa. Il motivo infondato. Invero, in linea generale, va posto in rilievo che, come ripetutamente affermato da questa Suprema Corte, il fatto del creditore al quale il citato art. 1955 cod. civ. riconosce effetto estintivo dell'obbligazione del fidiussore, ove pregiudichi la surrogazione di quest'ultimo nel diritto del creditore medesimo verso il debitore principale, pu ravvisarsi esclusivamente nella colposa violazione di un dovere giuridico imposto da norma di legge o da contratto, e cio di un obbligo espresso di agire, e, pertanto, non per la sola mancata utilizzazione di strumenti 'di autotutela facoltativa (Cass., 10 febbraio 1977, n. 595; 5 ottobre 1978, n.-4433; 11 ottobre 1978, n. 4546). Giova osservare, al riguardo, che la estinzione della garanzia prevista dall'art. 1955 ha un carattere eccezionale e di particolare rigore, onde sarebbe contrario ai principi giuridici generali e agli stessi motivi ispirtivi delle norme sulle fideiussoni estendere l'applicazione di quella norma a ogni comportamento omissivo del creditore, pur se non vietato da alcuna norma o pattuizione, imponendogli quelle azioni giudiziali, anche se non meramente esecutive, con valutazioni preventive che non possono essere sempre esatte, e con i relativi oneri, come per i creditori non garantiti, invece da presumere che proprio per evitare queste alee e spese stata preferita la maggiore e pi sicura garanzia della fideiussione. N da trascurare che, comunque, nell'atto d'appello della FIRS era stato lamentato, esclusivamente e genericamente, che l'amministrazione sima e comunque osservando che il compratore-creditore non era venuto necessariamente a conoscenza della detta procedura e che non si rawisavano diritti del medesimo in cui il fideiussore avrebbe potuto surrogarsi). Cfr. infine Cass., 10 febbraio 1977, n. 595, in Mass. Giust. lt., 1977, c. 139. (Nella specie la Cassazione ha ritenuto che l'omessa ritenzione da parte del creditore di somma riscossa per conto del debitore principale, risolvendosi nella mancata utilizzazione di uno stmmento facoltativo di autotutela, non costituisca fatto del creditore pregiudizievole ai sensi dell'art. 1955 cod. civ.). Per la seconda massima cfr. esattamente in termini e in senso conforme Cass., 9 marzo 1976, n. 794, in Mass. Giur. It., 1976, c. 207). PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE regionale aveva lasciato vendere al curatore tutte le attivit dell'impresa fallita, senza esercitare il proprio diritto di ritenzione e prelazione su tutto il materiale, attrezzature e beni esistenti iri cantiere, come tassativamente prescrive la legge sui lavori pubblici del 1865... , senza alcuna menzione n dei pagamenti effettuati n delle altre omissioni lamentate in questa sede, le quali, per tale carattere di novit non sono deducibili nel ricorso per cassazione. Inoltre, non sussiste n stata indicata alcuna norma che consenta all'amministrazione appaltante ,di opporsi a quelle vendite nella procedura fallimentare, perch l'art. 351 della citata legge del 1865 prevede solo l'insequestrabilit del prezzo di appalto da parte dei creditori e l'art. 356 esclude la rivendicazione da parte dei venditori del materiale e degli attrezzi gi introdotti nel cantiere e non pagati, senza nulla disporre a favore dello appaltante. Infine, come rilevato nella sentenza impugnata, la societ fideiubente non ha provato che potesse trovare applicazione lo speciale proedimento di cui all'art. 29 della citata legge regionale del 1954, mancando ogni elemento dimostrativo della accettazione del materiale a pi d'opera da parte del direttore dei lavori prevista dall'art. 18 della stessa legge in esso richiamato. Con il secondo motivo la FIRS ha censurato la sentenza impugnata per violazione dell'art. 1957 cod. civ. in relazione all'art. 55 della legge fallimentare e per difetto di motivazione per avere la corte di merito affermato che la fideiussione era stata assunta senza limiti di tempo e di ammontare fino all'esaurimento di ogni obbligazione dell'impresa verso l'amministrazione creditrice, e ci contro i patti contrattuali e le norme in tal materia, senza esaminare gli effetti dell'intervento fallimento. Ha sostenuto la ricorrente che, secondo l'art. 1 delle condizioni generali delle fideiussioni, la garanzia era stata assunta per gli obblighi dell'impresa derivanti dalle anticipazioni del corrispettivo concesse ai sensi dell'art. 15 della legge regionale 2 agosto 1954, n. 32 e, quindi, con particolari caratteri connessi al contratto di appalto non a tempo indeterminato, essendo, anzi, stato previsto dall'art. 4 che, verificandosi un fatto e un inadempimento dell'impresa in virt dei quali le anticipazioni non potessero essere concesse, l'amministrazione appaltante doveva farne richiesta di restituzione all'assicuratore...fideiussore tenuto al pagamento entro trenta giorni. Pertanto, secondo la ricorrente, l'amministrazione regionale era decaduta dai diritti verso la societ, ai sensi dell'art. 1957 cod. civ., per non aver proposto l'azione entro il termine di sei mesi e per avere presentato l'istanza per l'ammissione del proprio credito nel passivo fallimentare ad oltre cinque anni dalla dichiarazione di fallimento. Anche questo motivo infondato. Infatti, come posto in rilievo nella sentenza impugnata con motivazione adeguata e precisa, quella norma era inapplicabile nella specie a causa della clausola 3 delle condizioni RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO generali della polizza sulla durata ed efficacia della garanzia, contenente un espressa deroga per libera volont delle parti a quel limite di cui all'art. 1957, con la pattuizione secondo la quale la garanzia era assunta sino alla completa liberazione del debitore principale, e cio fino al momento della liberazione della ditta obbligata dagli obblighi, principali ed accessori derivanti dall'anticipazione. Circa l'efficacia di tale clausola, la societ ricorrente non ha contestato il principio affermato da questa Suprema Corte per il quale la disposizione del citato art. 1957 sulla decadenza del creditore della fi. deiussione quando non abbia agito contro il debitore principale entro sei mesi dalla scadenza dell'obbligo principale non si applica se sia espressa mente pattuito che l'obbligo del fideiussore si estingue solo con l'estinzione dell'obbligazione principale, per la derogabilit di quella norma (Cass., 9 marzo 1976, n. 794; 23 settembre 1966, n . .2387). Ma, una volta riconosciuta la Jegittimit di quella clausola derogatrice, sono conseguentemente irrilevanti le deduzioni della societ ricorrente su una diversa decorrenza del termine per la natura delle obbligazioni garantite perch, quali esse siano, non vi stata, certamente, la prevista liberazione del debitore principale dagli obblighi assunti, posta come unica condizione e termine per la estinzione degli obblighi del fideiussore. N pu trarsi alcun elemento contrario dall'art. 55 della legge fallimentare perch il suo secondo comma statuisce che i debiti pecuniari del fallito si considerano scaduti, agli effetti del concorso, dalla data di dichiarazione del fallimento , ma, indubbiamente, la scadenza di un debito cosa diversa, e anzi addirittura contrapposta, rispetto alla liberazione del medesimo, perch proprio essa, determinandone la esigibilit, importa l'obbligo del pagamento. Il fallimento, pertanto, non produce n la estinzione del debito n alcuna forma di liberazione per alcuno dei soggetti, dando luogo solo ad una particolare disciplina concorsuale con preclusione di ogni azione nei confronti del debitore (salve le eccezioni di legge), con persistenza dei connessi obblighi di terzi. Infine, circa il dedotto contrasto con l'art. 4 delle stesse condizioni generali , che prevedeva l'obbligo di comunicazione scritta del creditore alla fideiussione in caso di inadempimento della impresa o di altro fatto impeditivo, tali da determinare il recupero delle anticipazioni ai sensi dell'art. 15 della legge regionale del 1954, facile osservare, indipt;ndentemente da ogni altra questione e dalla sua decisivit o meno, che nessuna menzione di quella clausola vi era stata nell'atto d'appello, e pertanto, ogni censura al riguardo, come nuova, inammissibile in questa sede. Conseguentemente, poich unico elemento necessario ed essenziale per la estinzione dell'obbligazione fideiussoria stato legittimamente PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 795 considerato quello della liberazione del debitore principale dell'obbligo di restituzione delle anticipazioni, per la derogabilit dell'art. 1957 cod. civ., senza che la stessa possa ritenersi avvenuta, il ricorso va rigettato (omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 maggio 1980, n. 2995; Pres. Marchetti; Est. Caturani; P. M. Leo (conf.). Somma Francesco (avv. Nicol) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato' D'Avanzo). Demanio e patrimonio -Demanio marittimo Arenile Natura demaniale. Demanio e patrimonio Demanio marittimo Arenili. Classificazione tacita Inammissibllt. Le aree relitte dal mare, o arenili, costituiscono un ampliamento della spiaggia ed appartengono perci al demanio marittimo .(1). I beni appartenenti al demanio marittimo sia in base all'art. 157 del codice della marina mercantile del 1877 sia in base all'art. 35 del codice 4i navigazione vigente perdono tale qualit soltanto in forza di un form. le provvedimento costitutivo dell'autorit marittima (2). (omissis) Con i tre motivi del ricorso che per la loro connessione opportuno esaminare congiuntamente i ricorrenti sostengono che la senten. za impugnata sarebbe caduta in errore ed omesso esame di punto decisivo della controversia: a) allorch ha ritenuto la natura demaniale del .terreno in contestazione, non considerando che in loco esistevano piantagi9ni, vigneti e. pascoli che escludevano potersi trattare di spiaggia; b) nel non aver ravvisato una sclassifkazione tacita dell'area, ai fini (1-2) Con la decisione in rassegna, di cui non sembra neppure il caso di sottolineare l'importanza, il S.C. pone un punto fermo contro la continua ggtessione alle nostre coste che in questi anni si andata sempre pi estendendo ed affinando negli strumenti usati e verso cui anche in questa Rassegna non si mancato di sottolineare i cedimenti (v. nota a sent. 2 giugno 1978; n: 2756, in questa Rassegna, 1979, I, 32). Con argomentare lineare il S.C. ha messo in evidenza come nel concetto di 'spiaggia, quale contenuto negli artt. 427 cod. civ. avv. 1865 e 822 cod. civ. vigente nonch nell'art. 28 cod. nav. rientrino anche gli arenili, cio quei terreni di slito sabbiosi, ma non necessariamente tali, relitti del mare a seguito di lenti movimenti della crosta terrestre. Ed, infatti, l'arenile costituisce l'antica (e spesso non tanto antica, posto che i bradismi terrestri sono purtroppo meno lenti di quanto si sia abituati a ritenere) spiaggia, cio il terreno bagnato dal mare, quando questo si ritirato. Ora evidente come tali terreni anche se non pi bagnati dal mare non perdono la loro originaria natura di spiaggia, non potendosi limitare tale RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 796 della usucapione, ai sensi della legislazione anteriore; e) nell'aver ritenuto una potenziale idoneit del terreno ad usi del mare, giacch gli stabilimenti balneari erano stati ubicati in zona diversa da quella in contestazione. Il ricorso non fondato, anche se in base a considerazioni che in parte divengono da quelle cui si riferita la denunziata sentenza nella decisione della controversia. La Corte del merito, ponendosi il preliminare problema della qualitas soli, non ha avuto alcun dubbio nel riconoscere -contrariamente a quanto deducono i ricorrenti in questa sede -che l'area controversa, compresa fra il margine della spiaggia e la contigua propriet degli eredi Somma lungo il mare Jonio nella Plaia di Catania, debba considerarsi relitto del mare o arenile e come tale inclusa tra i beni del demanio marittimo, cos come generalmente ritenevano dottrina o giurisprudenza gi sotto l'impero della precedente legislazione, applicabile alla fattispecie. Vero che i testi normativi non hanno mai espressamente compreso gli arenili tra i beni demaniali, ma l'interpretazione generalmente accolta poneva in evidenza che essi costituivano un ampliamento dello stesso concetto di spiaggia, inteso come tratto di terra che si estende oltre il lido verso la terra ferma senza certi confini, di modo che, a seconda che il mare si avanzi o si ritiri, la sua estensione diminuisce o cresce; in quest'ultimo caso si determina la formazione di un relitto del mare o arenile. Poich esso costituisce una espansione del concetto stesso di spiaggia lungo il suo interno confine, non si derogato al carattere tassativo della elencazione dei beni appartenenti al demanio marittimo, gi messo in luce da questa Corte con la sentenza 2 giugno 1978, n. 2756. nozione al solo terreno bagnato attualmente dal mare, ma dovendosi ricomprendere in essa anche tutte le aree che siano state comunque bagnate dal mare. Anche perch, sembra opportuno ricordarlo, spesso il mare nel tempo si riprende i terreni emersi ed logico che il legislatore si preoccupi di tali fenomeni conservando gli arenili alla loro naturale destinazione. Del tutto conseguenziale a tale interpretazione l'affermazione, contenuta nella seconda massima, con cui il S.C., superando il contrasto giurisprudenziale preesistente, ha riaffermato il principio che sia sotto il vigore del codice della marina mercantile del 1877 sia in base alla legislazione vigente solo il provvedimento formale di sclassificazione della autorit marittima fa perdere la qualit di bene demaniale agli arenili. La soluzione accolta conforme, all'opinione della dottrina formatasi sia in relazione al cod. mar. mercantile (v. E. PANZAROSA, Arenili, in Digesto it., Torino, 1896, voi. IV, p. 551 e segg. e spec. 563) sia in relazione alla legisla:r;l;>J:le vigente (v. D. GAETA, Lido e spiaggia, in Nuovissimo dig. it., Torino 1963, voi. IX, p. 918 e spec. 927 e seg.; F.A. QuERCI, Demanio marittimo, in Enc. dir., Milano, 1964, p. 94 ove ulteriori richiami). PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE Cos come la spiaggia (art. 427 cod. civ. 1865, art. 822 cod. civ. vigente; art. 28 cod. nav.), l'arenile quindi caratterizzato da tre requisiti essenziali: a) deve trattarsi di un'area contigua alla spiaggia che una volta era toccata dal mare; il che importa che essa, come del resto la spiaggia, non ha confini fissi ma variabili in relazione alla natura dei luoghi; b) il terreno pu essere dalla pi diversa natura geologica; e) esso deve essere idoneo per la realizzazione dei pubblici usi del mare. Nella fattispecie la Corte del merito con un apprezzamento di fatto ispirato alla pi assoluta correttezza e quindi non sindacabile in questa sede (Cass., 23 ottobre 1974, n. 3065; 21 aprile 1976, n. 1406) ha accertato la natura demaniale dell'area in contestazione, avendo rilevato, sulle orme del.la consulenza di ufficio espletata in primo grado ed in conformit al giudizio espresso dal tribunale, che essa deve considerarsi un relitto del mare (arenie) conseguente al naturale ritrarsi delle acque nel corso dei secoli. A conforto di questa valutazione la Corte ha tenuto presente non soltanto la natura sabbiosa del terreno del tutto identica alla restante parte fino alla battigia e oltre verso il mare, ma altres ha valorizzato come indizio (Cass., 8 settembre 1978, n. 4056) le risultanze catastali, poich l'area fin dal 1880 era iscritta in catasto come demaniale, n -la Corte ha osservato -si era data alcuna prova in giudizio circa la erroneit di tale iscrizione. Infine ha tenuto presente l'idoneit del terreno al pubblico uso del mare, ed ha giustamente osservato che l'esistenza della duna al limite della spiaggia -che i ricorrenti intendevano indicare come confine della propriet demaniale -non impediva in concreto gli usi pubblici del mare, poich questi vanno riguardati nella loro potenzialit e non nella loro concreta verificazione. Una conferma di una tale attitudine del terreno la Corte ha tratto dalla esistenza di concessioni ad uso balneare che la stessa autorit amministrativa aveva consentito nella zona. Sul punto i ricorrenti deducono che tale giudizio costituirebbe frutto di un errore, per essere l'area controversa da essi detenuta, ma appare evidente che la Corte, nell'esprimere la suddetta valutazione, ha tenuto conto della destinazione del terreno nelle immediate adiacenze della parte controversa di cui costituiva una prosecuzione, tanto vero che ha menzionato un uso pubblico soltanto potenziale in relazione all'area di cui si contende. La Corte d'appello, dopo di aver rettamente risolta la prima questio ne in senso favorevole alla natura demaniale dell'area, ha affrontato l'ulteriore problema che attiene alla dedotta sclassificazione tacita dello arenile eccepita dagli eredi Somma, risolvendola negativamente attra verso una ampia indagine di merito. Senonch la suddetta indagine avrebbe dovuto essere preceduta dal l'esame di un quesito di carattere preliminare, consistente nel decidere se, in base alla legislazione anteriore al vigente codice della naviga RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 798 zione, si potesse ammettere una sclassificazione tacita della demanialit per i beni del demanio marittimo cos come, vigente il codice civile del 1865 la si ammetteva in via generale per tutti gli altri beni demaniali, secondo un principio rimasto immutato nel diritto vigente {art. 829 cod. civ.). Questa Corte ha avuto occasione di occuparsi sia pure in epoca non recente (sent. 5 agosto 1949, n. 2231) del problema riflettente la cessazione della demanialit degli arenili e l'ha risolto -con esplicito riferimento all'art. 157 del codice della marina mercantile del 1877 ed allo art. 35 cod. nav. -nel senso che in tal caso la sdemanializzazione si verifica soltanto in seguito ad un formale provvedimento di carattere costitutivo proveniente dall'autorit amministrativa. Non pu costituire invece un precedente in senso contrario la sentertza 24 luglio 1965, n. 1729, che soltanto in via incidentale nella motivazione afferm il principio contrario (cio la possibilit di una sclassificazione tacita dei terreni abbandonati dal mare), giacch l'affermazione del tutto estranea alla ratio decidendi di quella sentenza che in effetti applic la legislazione anteriore al 1800 per la decisione della controversia che r1guardava i demani universali dei comuni. Riesaminato il problema, ritiene il collegio di dover confermare la esclusione di una sclassificazione tacita dei beni appartenenti al dema nio marittimo, vigente il codice della marina mercantile del 1877. , A norma dell'art. 429 cod. civ. 1865 i beni demaniali che cessano di essere destinati all'uso pubblico ed alla difesa nazionale, passano dal demanio pubhli:co al patrimonio dello Stato . Nella interpretazione di questa norma dottrina e giurisprudenza erano concordi nel ritenere che. il provvedimento di sclassificazione avesse valore pienamente dichiara tivo e che pertanto la cessazione della demanialit potesse avvenire anche tacitamente con efficacia sin dal momento in cui il bene avesse perduto le sue originarie attitudini a servire agli usi pubblici del mare. Diversamente si presentava il problema per i beni del demanio marittimo, riguardo ai quali l'art. 157 cpv. cod. mar. mere. del 1877 dispo neva che la: spiaggia e le altre zone demaniali marittime che per dichiarazione dell'amministrazione marittima fossero riconosciute non pi necessaria all'uso pubblico, potranno fare passaggio dei beni del pubblico demanio al patrimonio dello Stato . Per quanto fino all'inizio del secolo sia stato vivamente dibattuto il problema se possa ammettersi una sclassificazione tacita dei beni dema niali marittimi, l'indirizzo allora dominante, richiedeva sempre una manifestazione espressa di volont che la autorit marittima emetteva secondo il suo apprezzamento discrezionale del mantenimento o meno dell'attitudine del bene e servire allo scopo in considerazione del quale si era ritenuto opportuno sotoporlo ad un particolare regime giuridico. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE Poich la legge richiedeva un provvedimento amministrativo discrezionale circa la persistente idoneit del bene a soddisfare le esigenze connesse ai pubblici usi del ~are; non dubbio che, per la legislazione anteriore, la sdemanializzazione dei beni appartenenti al demanio marittimo non potesse che essere espressa. Infatti, occorreva necessariamente che l'autorit amministrativa desse ragione in ciascun caso concreto dei motivi in base ai quali la dichiarazione di volont avente effetto modificativo di una precedente situazione giuridica, si era determinata anche agli effetti del controilo di legittimit sull'azione d~lla pubblica amministrazione. E d.i motivazione pu correttamente discorrersi soltanto nei confronti della dichiarazione di volont, e non certamente con riguardo ad un mero comportamento. L'art. 35 cod. nav. ha infine definitivamente troncato ogni questione sulla forma della esclusione dal demanio marittimo, non solo stabilendo -come la precedente legislazione -le necessit di un provvedimento, ma deteqninandone anche la forma: decreto del ministro pe,r la marina mercantile di concerto con quello per le finanze. In base alle considerazioni che precedono appare evidente che tutta l'indagine svolta dalla Corte del merito al fine di stabilire se in concreto dal comportamento della pubblica amministrazione si potesse ricavare una implicita volont di sclassificazione tacita della demanialit della zona deve ritenersi non pertinente alla fattispecie. Cadono in tal modo le censure che i ricorrenti hanno mosso alla sentenza-impugnata allorch questa ha escluso in fatto che ricorresse una ipotesi di sclassificazione tacita della demanialit. Da quanto precede consegue altres che, non essendo giammai intervenuto un provvedimento amministrativo di esclusione della zona dal demanio marittimo, il regime giuridico originario dell'area controversa, in quanto relitto del mare o arenile, rimasto immutato e pertanto non stato mai suscettibile di possesso a favore di privati (artt. 690 cod. civ. 1865 e 1145 primo comma cod. civ. vigente). Non deve quindi procedersi al controllo circa la legittimit di quella parte di motivazione della denunziata sentenza che ha escluso fosse interamente decorso il periodo di tempo idoneo ai fini della usucapione vantata dai ricorrenti (omissis). . SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA C.ONSIGLIO DI STATO -Ad. Pl. 20 maggio 1980, n. 18 -Pres. (f.f.) Imperatrice -Est. Catallozzi -Soc. SASAM (avv. Ricci) c. Regione Abruzzo (avv, Cochetti), Soc. Marinella (avv. Moscarini, Guarino e Sandulli) e Comune di S. Salvo ed altro (n.c.) -Appello avverso decisione T AR . Abruzzo, L'Aquila, 11 ottobre 1978, n. 402. Giudizio amministrativo Appello Principi() devolutivo i' JPpetizione di doglianze gi proposte in primo grado Ammissibilit. Edilizia urbanistica Licenza di costruzione Rilascio Condizioni Piano di lottizzazione Criteri Effetti. Editiz.ia e urbanistica Strumentfurbanistici primari Art. 4 L. 291/1971 Piani regolatori Efficacia Inclusione dei comuni negli elenchi Effetti. , Ricorso giurisdizionale Atto basato su :pluralit di motivi Esigenza di censurare tutti i motivi .Sussiste Effetti. Edilizia e urbanistica Licenza di costruzione . Violazioni Accerta mento Potere di annullamento regionale -Criteri. ,\nnullamento e revoca Annullamento d'ufficio in ria .di autotutela Motivazione Riferimento a ragioni di pubblico interesse Attualit e concretezza dell'interesse Necessit Sussiste Effetti. Edilizia e urbanistica Annullamento delle licenze di costruzione Po. teri del Sindaco e della Regione Rapporto Effetti. Giudizio amministrativo Ricorso Nuovi motivi dedotti in memoria Memoria non notificata Effetti Inammissibilit Sussiste. Fermo il principio che nel processo amministrativo di annullamento il giudizio di appello -preordinato alla correzione della eventuale ingiustizia della sentenza di primo grado -ha per oggetto diretto e immediato quest'ultima e non l'atto impugnato in prime cure, al giudice dell'impugnazione, tuttavia, non precluso un nuovo esame dei motivi proposti nel ricorso di primo grado e riprodotti in appello, allorquando la critica dell'appellante risult~ basata sulla allegazione di errori commessi dal giudice nella ricostruzione dei fatti o nella interpretazione delle norme giuridiche con riferimento alle doglianze ad esso sottoposte (1). precluso il rilascio della licenza di costruzione in difetto di piano di lottizzazione ogni qualvolta sia prevista la realizzazione di pi edifici ~: .,1:. ::: ::: ' i~ PARTE' 11 SEZ V)' GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 801 (o anche d,i uno solo); la cui 'costruzione debba raccordarsi con l'assetto abitativo preesistente e :risultino carenti i servizi e le infrastrutture indispensabili a detta integrazione urbanistica in quanto necessari a soddisfare taluni bisogni della collettivit {es. strade, spazi, rete di distribuzione acqua, fognature, luce); l'onere finanziario per l'esecuzione delle relative opere dovr far carico -in relazione alla prevalente incidenza pubblica e privata -all'Ente territorialmente competente o all'imprenditore privato (2). Ai sensi dell'art. 4 della legge 1 giugno 1971, n. 291, in sede di disciplina della materia relativa agli effetti preliminari degli strumenti urbanistici primari (piano regolatore generale e programma di fabbricazione) debbono ritenersi inapplicabili le limitazioni di cui all'art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765, sia per la generalit dei comuni (con decorrenza della data di presentazione del piano o del programma all'autorit competente ad approvarlo) sia per i comuni iscritti in particolari elenchi (con decorrenza dalla data di approvazione degli atti di pianificazione urbanistica, ci in base al principio generale della operativit di questi ultimi solo dopo la conclusione dei sottostanti procedimenti formativi); conseguentemente fino al superamento della fase costitutiva e integrativa dell'efficacia, al Comune incluso nei particolari elenchi, in quanto sprovvisto di una disciplina di pianificazione, si applicano le limitazioni all'edificabilit previste dal citato art. 17 legge 765/1967 (3). V a pronunciata la inammissibilit del ricorso diretto contro un atto basato su una pluralit di motivi fra loro reciprocamente autonomi, qua lora detto ricorso investa solo alcuni e non tutti i motivi dell'atto, consi derato che l'eventuale riconoscimento della fondatezza d~lla censura for mulata contro un motivo non esclude l'esistenza e permanenza degli altri motivi autonomi, come tali idonei a sorreggere la legittimit dell'atto (4). Ai sensi dell'art. 27 legge 17 agosto 1942, n. 1150, come sostituito dal l'art. 7 della legge 6 agosto 1967, n. 765, l'esercizio del potere di annulla (1-8) Sulla prima massima cfr. nota di richiami alla decisione sez. IV, n. 330, massimata a pag. 804. Sulla esistenza di una impugnativa che censuri tutti i motivi su cui si basa l'atto amministrativo impugnato cfr. Sez. V, 17 marzo 1978, n. 327, in Il Consiglio di Stato, 1978, I, 419. Sui criteri da adottare da parte dell'Amministrazione in sede di esercizio del potere di annullamento d'ufficio in via di autotutela cfr. Sez. V, 8 marzo 1974, n. 222, ivi; 1974, I, 437; Sez. V, 22 febbraio 1974, n. 191, ivi 1974, I, 275; Sez. V, 30 novembre 1973, n. 958, ivi, 1973, I, 1712; Sez. IV, 14 novem bre 1972, n. 1088 ivi, 1972, I, 1969; Sez. VI, 5 giugno 1979 n. 428, ivi 1979, I, 1094; Sez. IV, 8 luglio 1980 n. 743, ivi, 1980, I, 927; quest'ultima ha, in _particolare, chiarito, a proposito del provvedimento di annullamento d'ufficio di una licenza di costruzione, che i concreti motivi di pubblico interesse debbono essere specificatamente esternati nel relativo provvedimento, ovvero negli atti in questo richiamati. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 802 mento (spettante prima all'autorit governativa e ora alle singole regioni ai sensi dell'art. 1 del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8) delle licenze di costru zioni illegittime sottoposto al termine di decadenza di diciotto mesi dalla data dell'accertamento delle violazioni, inteso quest'ultimo non solo come presa di cognizione -da parte della regione -dei necessari ele menti di fatto, ma altres come svolgimento -sia pure in modo som mario e a carattere deliberativo -tanto dell'esame ragionato dei mede simi, quanto delle pertinenti valutazioni tecniche e giuridiche (5). Ai fini dell'adozione di un provvedimento di annullamento d'ufficio, in via di autotutela, di un provvedimento illegittimo debbono sussistere valide ragioni di pubblico interesse, da indicare in mqtivazione, riferibili non solo alla esigenza di ripristino della legalit violata, ma altres alle prevalenti caratteristiche di attualit e concretezza dell'interesse all'an nullamento, valutate ponderalmente in relazione a tutti gli altri interessi coinvolti nell'adottanda provvedimento (6). Sussiste diversit fra il potere di annullamento d'ufficio delle licenze (oggi concessioni) di costruzioni illegittime attribuito al Sindaco dagli artt. 10 legge 6 agosto 1967, n. 765 e 1 legge 28 gennaio 1977, n. 10 e l'ana logo potere riconosciuto alla Regione dagli artt. 7 della citata legge 765 e 1 del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8, posto che, mentre la Regione deve limitarsi a valutare l'interesse pubblico con riferimento esclusivo all'in teresse alla conservazione della situazione esistente (avendo essa in su biecta materia solo poteri di indirizzo, di impulso, di vigilanza, di coordi namento e di controllo, non gi la facolt di sostituirsi all'ente locale nel l'adozione di una concreta scelta circa i modi e le forme di utilizzazione urbanistico-edilizia di una parte del territorio), il Comune, invece, in sede di autotutela, valuta l'interesse pubblico alla rimozione dell'atto invalido anche con riferimento diretto alla possibilit alternativa di eliminare il vizio riscontrato mediante la modifica dello strumento urbanistico gene. rale, la formazione di un piano particolareggiato, l'invito ai soggetti inte ressati a presentare un progetto di lottizzazione, esecuzione o integrazione a carico dell'Amministrazione di talune opere di urbanizzazione, etc . .(7). I nuovi motivi -ampliativi della materia del contendere -dedotti in memoria semplicemente depositata in Segreteria e non notificata alle altre parti in causa debbono essere dichiarati inammissibili (8). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 1 aprile 1980, n. 321 Pres. Mezzanotte Est. Giovannini -Scalia (avv. Santonocito e Tafari) e Sindaco di Acicastello (avv. Sciuto e Tafuri) c. Ministero lavori pubblici ed altro (avv. Stato Ciardulli) e Comune di Catania ed altro (n.c.). Giudizio amministrativo -Ricorso -Proponibilit Ta:rdivf.t . Eccezione Effetti Prova della piena conoscenza delPatto -Onere mcombente sul soggetto che propone ,l'eccezione di tardivit. I i~ I ~~ - PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 803 Opere pubbliche Artt. 29 e 31 legge 17 agosto 1942, n. 1150 Rapporto fra progetti di opere pubbliche e nonne urbanistiche locali Effetti. Nel giudizio a111ministrativo la parte che propone eccezione di tardivit del ricorso per scadenza del termine di impugnativa in sede giurisdizionale a dover fornire la prova che l'altra aveva avuto piena conoscenza dell'atto impugnato (1). Poich l'esigenza di conformarsi alle norme urbanistiche locali si estende -ai sensi degli artt. 29 e 31, secondo comma, della legge 17 agosto 1942, n. 1150 -anche ai progetti di opere pubbliche, va pronunciata la illegittimit di un provvedimento di approvazione di un progetto concernente un'opera pubblica contrastante con un piano regolatore generale (2). (1-2) La prima massima costituisce principio consolidato: cfr., ad es., Sez. V, 7 dicembre 1979, n. 772, in Il Consiglio di Stato, 1979, I, 1830; 3 febbraio 1978, n. 175, ivi 1978, I, 235; Sez. VI, 25 ottobre 1977, n. 826, ivi 1977, I, 1515; Sez. V, 8 luglio 1977, n. 761, ivi 1977, I, 1200; Sez. IV, 5 aprile 1977, n. 337, ivi 1977, I, 496; Sez. IV, 10 giugno 1980, n. 643, ivi, 1980, I, 865. Anche per quanto concerne la seconda massima, la giurisprudenza .amministrativa pu ritenersi concorde: cfr. ad es. Sez. IV, 9 novembre 1971, n. 964, ivi, 1971, I, 2083; 30 novembre 1971, n. 1087, ivi, 1971, I, 2135; 14 luglio 1972, n. 29, ivi, 1972, I, 1357; 6 novembre 1973, n. 983, ivi, 1973, I, 1549; 10 febbraio 1976, n. 65, ivi, 1976, I, 128. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 1 aprile 1980, n. 326 -Pres. Mezzanotte Est. Imperatrice -Comotto ed altri (avv. Santoro) c. Regione Toscana (avv. Cheli e Clarizia) e Comune di Sesto Fiorentino (avv. Stancanelli) -Appello avverso decisione T.A.R. Toscana, 7 luglio 1977, n. 327. Giudizio amministrativo -Appello -Forma -Mera riproduzione generica dei motivi di primo grado -Effetto devolutivo dell'appello -Limiti Conseguenze. Piano regolatore -Pllbblicazione del progetto dopo la delibera comunale di adozione Provvedimento finale di approvazione Non comporta nuova pubblicazione. In sede di appello avverso una decisione del giudice amministrativo ai primo grado necessario censurare espressamente i capi della sentenza impugnata con i quali sono stati ritenuti infondati o inammissibili i motivi del ricorso introduttivo del giudizio; non , infatti, sufficiente la mera riproduzione generica dei motivi stessi, he comporta inammissibilit dell'appello in quanto le censure originarie, ove non accolte nella RASSEGNA OOLL'AWOCATURA DELLO STATO sentenza di primo grado, se fondate si convertbno .in vizi della sentenza stessa, rilevanti solo ove ne sia espressamente dato conto nell'atto di appello attraverso un chiaro raffronto tra la soluzione adottata e quella che sarebbe scaturita da una corretta valutai.ione delle censure stesse (1). Successivament alla adozione, con delibera del consiglio comunale, del progetto di piano regolatore generale deve essere effettuata la pubblicazione ai sensi della legge 17 agosto 1942, n. 1150, onde consentire che i soggetti interessati possano presentare le Zro osservazioni in merito al cui eventuale accoglimento si decider poi in sede di emanazione del provvedimento di approvazione del piano_ stesso, senza che l'approvazione stessa comporti reiterazione della pubblicazione .(2). {1-2) La prima massima contrasta con la decisione della sez. V, 25 gennaio 1980, n. 67, in Il Consiglio di Stato, 1980, I, .59, che .ha ritenuto pienamente ammissibile anche l'appello le cui censure cons~stano in una mera riproduzione di quelle gi proposte e disattese in primo grado, senza che sia formulata alcuna esplicita critica alla sentenza appellata, ci in quanto la natura stessa dell'appello importa -il riesame della sentenza impugnata da parte del giudice di secondo grado. Sulla seconda massima cfr. C. si. 18 maggio 1972, n. 366, ivi, 1972, I, 1250. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 1 aprile 1980, n. 330 -Pres. Mezzanotte Est. Giovannini -Crova ed altro (avv. Gallo, Germano e Scoca) c. Regione Piemonte (avv. Gallo e Romanelli) e Comune di Santhi (n.c.) -Appello avverso decisione T.A.R. Piemonte, 17 gennaio 1978, n. 13. Giudizio amministrativo -Appello -Deducibilit di motivi di ricorso diversi rispetto al ricorso di primo grado -Preclusione. Giudizio amministrativo -Appello -Principio devolutivo -Riproposizione con diverso contenuto di doglianza gi ;proposta in primo grado -Ulteriori deduzioni come mere difese. Ammissibilit. Atto amministrativo -Sopravvenienza di leggi ~ Tempus regit actwn Criteri di applica2ll.one del prlnoirpio. Edilizia popolare ed economica -Piani di zona -Preesistenza di un programma di fabbricazione -Esigenza di rprevia variante -Non sussiste -Applicabilit dell'art. 3 legge 167/1962 -Effetti, Edilizia urbanistica -Misure di salvaguardia -Applii.cabilit -Atto formale di adozione di nuove previsioni urbanistiche -N~essit Piano cli edilizia popolare ed economica -Estensione. ::: i: != f. ! ;:. PARTE I;. SEZ. V, GIURISP!lUDENiZA AMMIN'ISTRATIVA Edilizia popolmre ed economi.ca Pini di zona per edilizia eoonoml.ca e 1popolare: -Modifiche di scarso -.rili.evo intervenute dopo ~a _pu~ bllcazion~..~ N;uo'l?'a pubblicazio~e Necessit Esclusione. Va pronunciata la inammissibilit in appello dei. motivi. ,di ric9rsq nuovi o diversi rispetto a quelli dedott.i nel ricorso di 1 grado {1).. Qualora il ricorrente in appello nel giudizio amministrativo, allo. scopo di contrastare le argomentazioni poste dal giudice di primo grado a, fon-, damento della pronuncia. di rigetto del ricorso, riproponga le medesime. doglianze di primo grado formulando ulteriori deduzioni con nuovi, seP.pur corrispondenti, argomenti difensivi, non si configura in tal CQ.$0 alcuna violazione del principio devolutivo essendo le ulteriori dedu,z,foni. mere difese, come tali inidonee a spostare i termini della controversia (2). Qualora in pendenza di un procedimento amministr~tivo sopravvenga una nuova disposizione normativa, .in applicazione del principio tempus regit actum la legittimit dei singoli atti del procedimento medesimo, in relazione, specificamente, alla loro essenza e struttura e ai lor requisiti, andr saggiata alla stregua della sit.uazione di fatto e di diritto esistente al momento del loro rispettivo venire in essere (3). Il principio previsto dall'art. 3 della legge 18 aprile 1962, n. 167, secondo cui il piano per l'edilizia economica e popolare costituisce variante al piano regolatore, esclude la necessit di operare varianti al programma di fabbricazione per adeguarlo al piano delle zone per l'edilizia economica e popolare; la necessit di detta previa variante altres esclusa in relazione alle precipue finalit (volte semplicemente a soddisfare esigenze di coordinamento urbanistico) della norma di cui al quinto comma del citato art. 3 -secondo il quale, in difetto di un piano regolatore approvato, le zane riservate all'edilizia economica e popolare debb.ono essere comprese in un programma di fabbricazione (4). (1-6) Sulla inammissibilit di nuovi motivi in appello cfr. Sez. V, 17. giu gno 1977, n. 612, in Il Consiglio di Stato 1977, I, 1008; Sez. IV, 20 dicembre 1977, n. 1284, ivi, 1977, I, 1928; Sez. IV, 17 gennaio 1978, n. 17, ivi, 1978, I, 29; sez. IV, 28 novembre 1978, n. 1102, ivi, 1978, I, 1651; sez. V, 15 dicembre 1978, n. 1543, ivi, 1978, I, 1883; sez. IV, 25 gennaio 1980, n. 24 (che ha ritenuto inammissibile, in appello, anche il motivo di ricorso, non dedotto in primo grado, concernente il vizio di incompetenza dell'autorit amministrativa che ha emanato il prov- vedimento impugnato, non trattandosi di vizio rilevabile d'ufficio), ivi, 1980, I, 31; sez. V, 25 gennaio 1980, n. 67, ivi, 1980, 'I, 59. Sulla riproposizione in appello di una analoga doglianza proposta in I grado coq diverso. contenuto, senza che ci comporti violazione del principio devolutivo cfr. Sez.. IV, 6 luglio 1976, n. 522; ivi, 1976, I. 735; ha escluso la ammissibilit della mera riproduzione dei motivi di I grado in appello I:i sez. VI, con dee. 10 aprile 1979, n. 265, ivi 1979, I, 571. Sui criteri di applicazione nel procedimento amministrativo del principio tempus regit actum cfr. sez. IV, 4 marzo 1960, n .. 245, ivi, 1960, I, 357; Sez. IV,, 806 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO .STATO Anche il piano di edilizia popolare ed economica, adottato ai sensi della legge 18 aprile 1962, n. 167, rientra nella categoria delle nuove previsioni urbanistiche la cui formale adozione costituisce condizione imprescindibile per l'applicabilit delle misure di salvaguardia sulle domande di licenze edilizie (5). pualora, in sede di procedimento d formazione di un piano di zone da destinare all'edilizia economica e popolare e dopo la pubblicazione effettuata ai sensi dell'art. 6 legge 18 aprile 1962, n. 167, intervengano modifiche di scarso rilievo, non necessaria alcuna nuova pubblicazione, la quale potrebbe comportare solo la reiterazione delle opposizioni gi presentate (6). 26 novembre 1974, n. 895, ivi, 1974, I, 1441; e.si 30 novembre 1977, n. 191, ivi, 1977, I, 1764. L'idoneit di un piano di zona per l'edilizia economica e popolare a costi tuire variante al programma di fabbricazione stata pi volte ribadita dal Consiglio di Stato (cfr. ad es. Sez. IV, 1 dicembre 1970, n. 954, ivi, 1970, I, 2174; Sez. IV, 25 febbraio 1975, n. 207, ivi, 1975, I, 106; Sez. IV, 20 dicembre 1977, n. 1292, ivi, 1977, I, 1929; Sez. IV, 6 aprile 1979, n. 254, ivi, 1979, I, 497). Sulle prime due massime cfr. rispettivamente sez. V, 14 dicembre 1976, n., 1489, ivi, 1976, I, 1387 e e.si 18 maggio 1972, n. 366, ivi, 1972, J, 1250, gi richiamata in nota a sez. IV, 326/1980 sopra massimata in questo fascicolo della presente Rassegna. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 1 aprile 1980, n. 332 -Pres. Mezzanotte Est. Agresti -De Bianchi (avv. Scarnati) c. Giorgiantoni {avv. Riccardi), Commissione centrale vigilanza edilizia economica e popolare (Avv. Stato) e Soc. coop. edil. Vitruvio (n.c.) -Appello avverso decisione TAR Lazio, Sez. I, 27 aprile 1977, n. 416. Giudizio amministrativo -Appello Applicabilit art. 327 cod. proc. civ. Sussiste -Sospensione feriale. Competenza e giurisdizione -Giurisdizione amministrati.va -Alloggi delle cooperative per edilizia popolate ed economica Controversie -Prima della stipulazione del mutuo individuale Sussiste ila giUrisdizione amministrativa. II termine di decadenza annuale fissato dall'art. 327 del codice di procedura civile, che trova applicazione anche in tema di appello avverso le sentenze del T.A.R., va calcolata tenendo conto della sospensione dei termini durante il periodo feriale (1). Sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo, in ordine alle controversie concernenti la consistenza degli alloggi di cooperative per (1) Riaffermazion di un esatto principio, estensivo al giudizio amministrativo del noto termine fissato per il processo civile. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 807 l'edilizia popolare ed economica e le loro relative pertinenze, fino al momento in cui intervenga la stipulazione del mutuo individuale che determina il momento iniziale della acquisizione in propriet degli alloggi stessi. CONSIGLIO DI STATO, Ad. Plen., 6 maggio 1980, n. 12 -Pres. Levi Sandri -Est. Agresti -Ministero sanit (avv. Stato Freni) c. Angioni (avv. Musio) -Appello avverso decisione T.A.R. Lazio, Sez. I, 25 gennaio 1978, n. 103. Giudizio amministrativo Appello Decorrenza del termine per la prorposi7Jlone Notificazione della sentenza del T.A.R. Amministrazione stata.le costituita a mezzo dell'Avvocatura dello Stato -Notificazione presso l'Avvocatura Necessit -Sussiste. Sami.tarlo Sanitario ospedliero Requisiti di idoneit Valutazione del servizio di ruolo Criteri. Qualora l'Amministrazione statale risulti costituita nel giudizio amministrativo a mezzo dell'Avvocatura dello Stato, la decorrenza del termine per la proposizione dell'appello avverso la sentenza del T.A.R. che ha accolto il ricorso inizia a decorrere dal giorno di notifica della sentenza stessa presso l'Avvocatura, essendo irrilevante a tale scopo la notifica fatta direttamente presso l'Amministrazione (1). Va ritenuta l'equiparazione al servizio di ruolo, ai sensi dell'art. 4Bi legge 18 aprile 1975, n. 148, del servizio non di ruolo prestato dai sanitari ospedalieri in qualit di incaricati, straordinari 9 volontari, indip~ndentemente da ogni indagine sull'epoca in cui il servizio stesso stato prestato, a nulla rilevando, in particolare, se esso risulti prestato anteriormente o posteriormente all'entrata in vigore del d.P.R. 27 marzo 1969, n. 130 (2). (1-2) Con la prima massima l'Adunanza Plenaria conferma un principio gi enunciato con decisione della stessa 7 dicembre 1979, n. 32, in Il Consiglio di Stato, 1979, I, 1761; il problema della decorrenza del termine era stato prospettato con ordinanza della Sez. IV, 13 luglio 1979, n. 642, ivi, 1979, I, 990. Sulla seconda massima cfr. Sez. IV, 24 novembre 1978, n. 1083, ivi 1978, I, 1632. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 6 maggio 1980, n. 502 -Pres. Mezzanotte Est. Giovannini -Ministero finanze (avv. Stato Onufrio) c. Libertini (avv. Bellini e La Schina) e La Loggia (n.c.) -Appello avverso decisione T.A.R. Liguria, 6 aprile 1978, n. 141. Giudizio amministrativo Appello Decisione sulla proposizione del giudizio Avvocatura dello Stato -Autonomia e indipendenza rispetto alle Amministrazioni patrocinate Sussistono Effetti. 808 RASSEGNA DELL.'AVVOCA.TURA. DELLO STATO Impiego pubblico. Trasferimenti -Trasfe11imento da un. ufficio ad un altro della stessa localit -Obbli.go. di motivapone., Non sussiste. Pur non disponendo della titolarit dell'interesse dedotto n giudtzio, l'Avvocatura dello Stato gode di piena autonomia e indipendenza nel decidere la condotta della causa e pertanto non si pone alcuna esigenza di apposita deliberazione da parte delle Amministr:azioni patrocinate ai fini della proposizione degli appelli,' sussistendo in subiecta materia la sola preclusione alla adozione di iniziative processuali che possano incidere su interessi politico-amministrativi di particolare rilievo, la cui valutazione peraltro rimessa in via esclusiva alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, non gi qlle singole Amministrazioni _interessate (1). In materia di pubblici dipendenti i provvedimenti di m_ero mutamento di mansioni o di spostamento tra uffici siti nella stessa localit non debbono, di norma, essere motivati, e ci in quanto l'art. 31, secondo comma, d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, nell'attribuire all'Amministrazione la facolt di emanare simili provvedimenti, 'non pone limite o vincolo alcuno, salvo il dovuto rispetto della corrispondenza fra nuove mansioni affidate e qualifica rivestita dall'interessato (2). (1-2) Con la prima massima, di indubbia esattezza, la Sez. IV, con motivazione chiara e limpida, ha ribadito il principio della piena autonomia e indipendenza dell'Avvocatura dello Stato nel decidre la condotta di causa e, conseguentemente, nel prescegliere ogni e pi opportuno mezzo processuale a difesa dell'Amministrazione, ivi compresa, quindi, anche la decisione sulla proponibilit o meno dell'appello. Tali principi si ricollegano alla analoga decisione della Sez. IV, 7 marzo 1978, n. 178 (in Il Consiglio di Stato, 1978, I, 353), scaturita da una esatta valutazione delle considerazioni a .suo tempo svolte dall'Adunanza Generale nel parere 23 novembre 1967, n. 1237, in tema di interpretazione della speciale normativa stabilita dal r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611; n siffatta interpretazione soffre alcuna limitazione, ma anzi viene vieppi rafforzata proprio per effetto dell'entrata in vigore della legge 3 aprile 1979, n. 103, il cui art. 12 stato infatti, e giustamente, richiamato esplicitamente nella motivazione della decisione in rassegna, la quale chiarisce in particolare he la proposizione dell'appello (beninteso ove non incida nell'unico limite degli interessi po1itico-amm1nistratiivi di particolare im?Portanza, rimessi alla esclusiva valutazione del Presidente del Consiglio dei Ministri) rientra pienamente nella sfera di autonomia riconosciuta all'Avvocatura, posto che tale iniziativa processuale va ricompresa tra le mere potest difensive spettanti alle parti del giudizio: da un lato, infatti, con l'appello non si introduce un processo nuovo ma si resta nell'ambito di quello gi iniziato, unicamente proseguendone lo svolgimento in una ulteriore fase...; d'altro lato la sua esperibilit tipicamente risponde ad una .esigenza in effetti prettamente difensiva della parte rimasta soccombente in prime cure, quale quella di ottenere, pel tramite di un rie same della controversia e della eventuale acquisizione di nuovi elementi di giudizio, una pronuncia difforme sostitutiva della precedente ritenuta errata o viziata (cos testualmente in motivazione). La seconda massima conferma u:il principio consolidato: cfr. ad es., Sez .. Vii 28 settembre 1971, 11. 712, ivi, 1971. I, 1627; Sez. IV, 22 novembre 1967, n. 625, ivi 1967, I, 2195; Sez, VI, 3lottobre: 1962, n. 747, ivi, 1962, I, 1681. ~: i: !I Il ~~ SEZIONE SESTA . ~ G IURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 19 novembre 1979, n. 6.020 . Pres. Rossi Est. Carnevale P. M. Gambogi (conf.) M.inistero delle Finanze (avv. Stato Gargiulo) c. Fallimento SAICIL. Tributi. in genere Potest tributarla di imposhll.one Riserva di legge relati.va Normativa rimessa al Ministero delle Finanze I.mpugnazilone Giurlsdizilone ordinaria. (Cost., art. 23; d.l. 19 ottobre 1944, n. 348, art. 10). Tributi. erariali indiretti Imposta sull'entrata Olii lubrificanti soggetti all'imposta di fabbricazione Potere del Ministero d.elle Flinanze di determmare aliquote condensate Legittimit Potere di detenmnare il prezzo medio Esclusione. (D.l. 19 ottobre 1944, n. 348, art. 10; d.l. 27 dicembre 1946, n. 469, art. 12). L'atto di normazione secondaria pronunciato dal Ministero delle Finanze in base ad una previsione di legge ,(nella specie determinazione delle aliquote o quote condensate dell'I.G.E. a norma dell'art 10 del d.l. 19 ottobre 1944, n. 348 e dell'art. 12 del d.l. 27 dicembre 1946, n. 469) pu essere impugnato, unitamente al provvedimento che liquida l'imposta, innanzi al giudice ordinario avente giurisdizione sul rapporto di imposta di diritto soggettivo (1). Il potere conferito al Ministero delle Finanze dall'art . .lQ del d.l. 19 ottobre 1944, n. 348 e dall'art. 12 del d.l. 27 dicembre 1946, n. 469 concerne soltanto la determinazione delle aliquote o quote condensate dell' l.G.E., ma non comprende la determinazione della base imponibile (prezza medio) che doveva essere stabilita nei modi ordinari (2). (omissis) L'art. 10 del d.l.lgt. 19 ottobre 1944, n. 348, attribuiva al Ministro per le Finanze il potere di disporre -in relazione all'imposta generale sull'entrata dovuta per alcune merci, tra le quali l'art. )2 del d,l.C.p.S. 27 dicembre 1946, n. 469, comprendeva anche quelle soggette all'imposta di fabbricazione -che l'imposta fosse corrisposta mediante (1-2) Ancora una pronunzia he riafferma senza esitazione la giurisdizione del giudice del rapporto di imposta sull'impugnazione dell'atto 'di normazione secondaria. Sull'argomento si veda da ultimo Cass., 8 giugno 1979, n. 3249, in questa Rassegna, 1980, I, 156, con ampi riferimenti. e rilievi critici. La sentenza ora intervenuta non nega che il provvedimento amministrativo generale, costituisca esercizio di. un potere d fronte al quale i destinatari hanno una posizio RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO il pagamento di canoni ragguagliati al volume degli affari in base alla dichiarazione del soggetto ovvero mediante l'applicazione di aliquote e quote condensate fo rapporto al presunto numero degli atti economici imponibili . Con l'art. 14 dei decreti del 24 dicembre 1956, del 23 dicembre 1957' e del 15 dicembre 1958 il Ministero per le Finanze disponeva che l'imposta generale sull'entrata sugli olii lubrificanti dovesse essere pagata, per gli anni 1957, 1958, 1959, in base ad un'aliquota condensata ragguagliata al. prezzo di L. 300 al chilogrammo. Con citazione del 5 dicembre 1965 la societ per azioni Commercifr Industria Lubrificanti (S.A.l.C.1.L.) conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Milano l'Amministrazione delle Finanze dello Stato, chiedendone la condanna al rimborso dell'imposta pagata in pi del dovuto, tra gli altri, per gli anni 1957, 1958 e 1959, in quanto dall'imposta liquidata in conformit alle disposizioni contenute nei decreti ministeriali suindicati non era stato detratto l'importo dell'imposta di fabbricazione eventualmente non dovuta e della relativa imposta sull'entrata. L'Amministrazione finanziaria si costituiva e resisteva alla domanda.. Dichiarata dalla Corte costituzionale, con sentenza 11 luglio 1969, n. 129, l'infondatezza della questione di legittimit costituzionale degli artt. 10 del d.l.lgt. 19 ottobre 1944, n. 348 e 12 del d.l.l.p.s. 27 dicembre 1946, n. 469, sollevata nel corso del giudizio in relazione all'art. 23 della Costituzione, il Tribunale, con sentenza 3 luglio-21 settembre 1970, rigettava la domanda. Su >, nella voce della tariffa costituisce una fattispecie in ordine alla quale il potere di revisione della Finanza non soggetto alla decadenza prevista dall'art. 74, ma alla prescrizione di cui all'art. 84. Molteplici sono gli argomenti ermeneutici di carattere grammaticale, logico e sistematico, che comportano tale conclusione, che possono, cos, riassumersi: a) dalla stessa formulazione letterale dell'art. 74, ma, soprattutto, dell'ultimo comma dell'art. 84, anche con riferimento all'abrogata legislazione (art. 27, 29 legge 25 settembre 1940, n. 1424), si desume, con evidente chiarezza, l'intento legislativo di escludere dalla decadenza, prevista dall'art. 74, ogni questione che non attenga alla mera qualificazione merceologica o quantificazione della merce all'origine della medesima, nonch al regime di tara o degli imballaggi. In proposito l'art. 84 mentre, espressamente, nel numero 1) fa riferimento all'errore incorso nell'individuazione delle tariffe come ipotesi che legittima la Finanza a procedere alla riscossione del tributo realmente dovuto per legge, nell'ultimo comma nel prevedere i casi eccettuati da1l'anzidetta previsione normativa fa chiaro riferimento all'ipotesi di errore od inesatto accertamento della qualit, della quantit, del valore o dell'origine della merce , manifestando con ci l'evidente intento di limitare a dette fattispecie la decadenza prevista dall'art. 74; b) la ratio legis su cu.i si fonda l'art. 74 del tutto evidente, essendo preordinata, con riferimento alle controversie che possono insorgere a seguito degli accertamenti contemplati dall'art. 65 d.P.R. cit. (riguardanti la qualificazione, il valore o l'origine della merce dichiarata, il regime di tara o il trattamento degli imballaggi) ad investire la Finanza di un 832 . RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO potere di revisione in ordine ad accertamenti, ormai divenuti definitivi,. in quanto non pi soggetti ai ricorsi gerarchici (ex. art. 68 e seg. d.P.R. cit.) e ai quali pu essere seguita la libera pratica della merce (arg. ex art. 74). indubbio, infatti, anche considerando la collocazione dell'art. 74 nel capo IV 1(impugnazione o revisione dell'accertamento), che detta norma rappresenta il necessario corollario del sistema predisposto dalla legge doganale in materia di questioni attinenti all'accertamento o alla risoluzione di contestazioni riguardanti la qualificazione, il valore, l'origine della merce, il regime di tara o il trattamento degli imballaggi, rimanendo con ci esclusa da tale sistema ogni altra questione attinente alla determinazione del tributo, all'individuazione della tariffa o della relativa voce, nonch alla quantificazione dell'imposta; e) la stessa particolare natura della controversia, prevista nell'art. 65, in quanto richiedono indagini tecniche e merceologiche sulle merci, ha imposto, come necessit, la preordinazione di un breve termine di decadenza per l'esercizio del potere di revisione da parte della Finanza. Infatti, la predisposizione di un pi lungo decorso di tempo avrebbe potuto pregiudicare ogni necessario accertamento sulle qualit e condizioni merceologiche della merce, o, comunque, avrebbe potuto renderlo pi difficoltoso. indubbio che una tale esigenza non si riscontra nell'ipotesi di mero erroneo inquadramento della merce (ben definita e determinata nella sua. qualit e quantit merceologica) nella tariffa doganale, non richiedendo ci, accertamenti tecnici o valutazioni di fatti non pi possibili o, comunque, resi difficoltosi dal lungo decorso del tempo. In detta evenienza trattasi di questione strettamente connessa alla soluzione di problemi giuridici, che pu essere agevolmente risolta in qualunque tempo, salva l'intervenuta prescrizione della pretesa tributaria -ex art. 84 d.P.R. cit.; d) alcuna rilevanza assume infine la considerazione che il contribuente -per obbligo di legge sanzionato (ex art. 303) -, deve far procedere ogni operazione doganale da una dichiarazione, la quale, oltre che contenere le indicazioni previste negli artt. 36, 37 deve far riferimento alla qualit merceologica, alla quantit, provenienza della merce, al suo valore nonch alla voce di tariffa dalla quale , contemplata. Infatti,. detto obbligo di indicazione della tariffa risponde esclusivamente all'esigenza di facilitare l'operato della Finanza nell'individuazione del tributo e non , affatto, espressione della volont legislativa di far rientrare ogni questione attinente all'individuazione della tariffa e della relativa voce (questione di stretto diritto) in un mero sistema di accertamenti tecnici nel quale rientrano soltanto le ipotesi previste nell'art. 65. La poca rilevanza che il legislatore riconosce all'eventuale erronea indicazione della voce di tariffa nella dichiarazione di cui all'art. 57 ai fini dell'accertamento della base imponibile del tributo si ricava dalla previsione della PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARitt 833 particolare causa della punibilit contenuta nell'art. 303, lett. a, d.P.R. cit. Detta norma invero esclude la punibilit nel caso di erronea indicazione della tariffa, qualora sia stata indicata con precisione la denominazione commerciale della merce in modo da rendere possibile l'applicazione del tributo. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 4 marzo 1980, n. 1432 -Pres. Vigorita Est. Cantillo -P. M. Ferraiolo (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Rossi) c. Soc. Iowa (avv. Cochetti). Tributi erariali. diretti -Imposta di ricchezza mobile Plusvalenza Va fore di riferimento Accertamento smtetlico non contenente riferi mento ai beni Rilevanza del valore dichiarato. (T.u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 100 e 106). Poich nella determinazione della plusvalenza il valore iniziale di riferimento costituito dal costo non ammortizzato o dall'ultimo valore fiscalmente riconosciuto, ove il reddito sia stato accertato sinteticamente senza un riferimento specifico al valore dei beni, il maggior reddito resta ininfluente sulla plusvalenza che andr riferita al valore dichiarato (1). (omissis) Con l'unico motivo di ricorso, denunziando la violazione degli artt. 100 e 106 t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, nonch vizi della motivazione, l'Amministrazione dnanziaria critica la decisione della Commissione tributaria centrale per avere escluso che la plusvalenza di un cespite aziendale possa essere accertata ponendo a raffronto i valori ad esso attribuiti in periodi di imposta in cui il reddito sia stato determinato con criteri di tassazione non omogenei, cio, in particolare, per un periodo con metodo induttivo e per altro con metodo analitico. Sostiene che l'opinione non ha fondamento normativo ed chiaramente inaccettabile, giacch, se fosse preclusa l'evidenziazione di plusvalenze nei periodi di imposta oggetto di accertamento sintetico, il contribuente verrebbe a giovarsi di un criterio reso necessario per fatti a lui imputabili. La censura fondata. Gli artt. 100 e 106 del t.u. n. 645 del 1958, identificano le plusvalenze dei beni relativi all'impresa nel maggior valore realizzato, distribuito ai soci o iscritto in bilancio rispetto al costo non ammortizzato dei beni (1) Decisione di evidente esattezza. La tesi che non possa calcolarsi affatto la plusvalenza quando il raffronto tra i valori debba farsi tra due esercizi definiti l'uno sinteticamente e l'altro analiticamente, evidentemente insostenibile. Se l'accertamento sintetico non ha rettificato il valore dei beni, pur stabilendo nel complesso un aumento del reddito, il termine di raffronto della plusvalenza non potr essere che il costo indicato dal contribuente non toccato dall'accertamento. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO medesimi oppure se diverso, all'ultimo valore riconosciuto ai fini della determinazione del reddito . La normativa, cio, individua i parametri per determinare la differenza di valore, nella quale consiste il cespite imponibile, con riferimento a due valori concreti conseguiti dall'impresa, da un lato il prezzo di realizzo del bene (oppure, nelle altre fattispecie di acquisizione della plusvalenza, il valore ad esso attribuito nell'atto dispositivo o in bilancio) e, dall'altro, il prezzo di acquisto o costo del bene plusvalente. Tuttavia, poich l'imposizione delle plusvalenze diretta a colpire un incremento di ricchezza in precedenza non tassato con il tributo mobiliare (incremento che deve considerarsi prodotto quando da elemento economico potenziale e ipotetico, soggetto al fenomeno della fluttuazione dei valori, diventa concreto per effetto degli atti o fatti giuridici anzidetti, che ne evidenziano la stabile acquisizione aH'imprenditore), previsto che quando al bene sia stato riconosciuto dall'Amministrazione, inizialmente o in esercizi successivi, un valore maggiore (o anche inferiore) ai fini della determinazione del reddito, il secondo parametro dato da tale valore, il quale, quindi, deve essere portato in detrazione da quello di realizzo, in luogo del costo. Poich l'aggettivo riconosciuto sta a significare, manifestamente, che il diverso valore del bene deve essere diventato incontestabile per la finanza e per il contribuente, il presupposto che consente di prescindere dal costo iniziale si riscontra quando il maggior valore risultante dalle (successive) scritture contabili del contribuente sia stato accertato dall'Amministrazione ed altres quando questa, procedendo a rettifica della dichiarazione, abbia attribuito al bene un maggior valore, con accertamento diventato definitivo. Alla stregua di tale disciplina, il quesito che nella specie occorre porsi se una rettifica eseguita dall'Amministrazione con metodo sintetico, senza che il maggior reddito venga accertato con specifico riferimento al valore dei singoli beni aziendali, imponga di prescindere, ai fini del successivo accertamento di plusvalenza relative a tali beni, dal costo dei medesimi indicato dal contribuente nell'esercizio oggetto della rettifica. Enunciare il problema equivale a risolverlo, giacch, non venendo attribuito ai beni, con siffatto accertamento, un valore diverso da quello di costo, non si riscontra la fattispecie di cui alla seconda ipotesi dell'alternativa prevista dall'art. 100 cit. Quando la finanza, in presenza dei presupposti di legge (cio delle irregolarit, inesattezze o infedelt di cui agli artt. 118 e 120 t.u. n. 645 del 1958) provvede a determinare il reddito complessivo d'impresa con metodo sintetico, prescindendo dai dati della contabilit o del bilancio, manca qualsiasi possibilit di riferire il maggior reddito accertato ad un corrispondente maggior valore di cespiti aziendali rispetto al costo indicato dal contribuente; ci pu verificarsi solo con un acertamento analitico, attraverso la specifica contrapposizione, da parte dell'amministra r, 1: i: I r ~~ te " ~ f, PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA zione, del diverso valore che essa attribuisce al bene (oppure, al limite, quando l'accertamento induttivo venga motivato con riguardo anche al diverso valore del bene). In effetti, alla stregua dell'art. 100, nell'ipotesi in considerazione non possibile sfuggire all'alternativa di ritenere o che la finanza abbia accettato il costo del bene indicato dal contribuente, per non averlo specificamente rettificato, oppure che non l'abbia accettato, per avere eseguito l'accertamento prescindendo dalle scritture. Se si accoglie la prima soluzione, il costo del bene deve ritenersi definitivamente stabilito e perci, in sede di accertamento della plusvalenza, non possibile dare una diversa definizione a tale elemento; se si accoglie la seconda soluzione, non essendo diventato definitivo il dato contabile, occorre procedere alla definizione del costo ai fini del calcolo della plusvalenza e pertanto, ove si aderisca all'orientamento prevalente che nega l'irretrattabilit della dichiarazione del contribuente, questi pu essere ammesso a fornire la prova di un costo diverso da quello risultante dalla contabilizzazione. Nella specie, non tuttavia necessario scegliere fra le due soluzioni, giacch -come risulta dalla decisione impugnata -la societ ricorrente non ha mai dedotto, e tanto meno provato, un costo diverso da quello indicato nella contabilit dell'accomandita semplice, essendosi limitata a sostenere la tesi poi accolta, con evidente errore di diritto, dalla commissione centrale, cio l'impossibilit di accertare e, quindi, di tassare la plusvalenza per mancanza del dato iniziale di riferimento. In definitiva, in accoglimento del ricorso, la decisione impugnata deve ,essere cassata con rinvio alla stessa commissione centrale, la quale proceder a nuovo esame della controversia attenendosi al seguente principio di diritto: L'accertamento e la tassabilit della plusvalenza di un bene aziendale, per effetto della sua iscrizione in bilancio, non preclusa dalla circostanza che l'Amministrazione abbia proceduto ad accertamento sintetico del reddito dell'impresa nell'esercizio in cui stato indicato il costo del bene medesimo. L'art. 100 del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, stabilendo che il plusvalore dei beni relativi all'impresa deve essere accertato con riferimento al costo non ammortizzato o, se diverso, dall'ultimo valore riconosciuto ai fini della determinazione del reddito , consente di prescindere dal costo solo quando sia stato fiscalmente definito un diverso valore del bene, purch la finanza abbia accertato quello successivamente contabilizzato dall'impresa o lo abbia rettificato con accertamento definitivo. Pertanto, ove -come di regola accade -con l'accertamento sintetico non sia stato attribuito dall'Amministrazione un diverso valore al bene, resta operante la prima alternativa della disposizione, con la conseguenza che la plusvalenza va accertata e tassata in relazione al costo contabilizzato dall'impresa. (omissis) 836 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 11 marzo 1980, n. 1612 -Pres. Mirabelli Est. Corda -P. M. Grossi (conf.). -Soc. Fernero (avv. Uckmar) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). Tributi erariali diretti -Imposta di ricchezza mobile -Lotterie e concorsi a premio -Distinzione -Obbligo di ritenuta. (T.u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 85 e 127). Bench le vincite sia delle lotterie che dei concorsi a premio costituiscono reddito di categoria A a norma dell'art. 87 del t.u. delle imposte dirette, solo per le lotterie e non anche per i concorsi a premio previsto dall'art. 127 l'obbligo di ritenuta (1). (omissis) 1. -Con l'unico motivo di ricorso, la ricorrente Amministrazione finanziaria dello Stato denuncia, con riferimento all'art. 360, n. 3 e 5 cod. proc. civ., la violazione delle seguenti disposizioni di legge: artt. 39, 43 e 44 del r.d.l. 19 ottobre 1938, n. 1033; artt. 85 e 127 del t.u. delle leggi sulle imposte dirette (d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645); art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale; art. 30 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 >>. Sostiene che la commissione tributaria centrale sarebbe incorsa in errore, allorch ha affermato che l'obbligo (di cui all'art. 127, terzo comma, del t.u. n. 645 del 1958) posto a carico degli organizzatori di lotterie in genere, di pagare quali sostituti l'imposta di ricchezza mobile per le vincite da essi dovute non estensibile agli organizzatori dei concorsi a premio. Secondo la ricorrente, la comm1ss1one sarebbe incorsa nell'errore predetto, per non avere saputo coordinare esattamente la disposizione di cui alla norma citata con quella contenuta nel precedente art. 85, il quale indica, come redditi soggetti all'imposta di ricchezza mobile (tassabile in cat. A), i premi su prestiti e vincite delle lotterie, dei concorsi a premio, dei giuochi e delle scommesse. L'errore, cio, sarebbe consistito nel non avere inteso che, con l'espressione lotterie in genere, il legislatore aveva voluto riferirsi non solo a tutte le singole specie di lotterie, bens a tutte le figure , indicate nel citato art. 85. In tale errore, secondo la ricorrente, la commissione non sarebbe incorsa se avesse tenuto conto del disposto degli artt. 39, 43 e 44 del r.d.l. 19 ottobre 1938, n. 1933, dal cui contenuto dovrebbe ricavarsi l'esistenza di un ampio genus che comprende le lotterie, i concorsi a premio, i giochi e le scommesse, contrapposto solo a quello comprensivo dei (1) Interessante e dotta trattazione su argomenti inconsueti. Il problema tributario oggi legislativamente risolto dall'art. 30 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA '<< premi su prestiti , Si sarebbe dovuto, cio, ricavare che le lotterie e >, se cio le spiagge lacuali siano o no da considerare parte del lago e comunque bene demaniale in quanto inserviente 13 ' 864 ,, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nella specie viene in. discussione la qualificazione come . alveo di una certa zona di terreno e, comunque, l'individuazione della linea di demarcazione tra la propriet privata e il bacino lacuale, costituente demanio idrico, risultano perfettamente integrati gli estremi che ai sensi del disposto della citata lettera b) dell'art. 140 (da leggersi in relazione al complessivo contesto della disciplina del testo unico) configurano la competenza per materia del giudice specializzato (cfr. Cass., 2 ottobre 1974, n. 2670; Cass.,. 5 settembre 1974, n. 2417; e gi Cass., 16 aprile 1942, n. 992; nonch Trib. sup., 16 marzo 1977, n. 7). Il primo, il terzo e il quarto motivo del gravame principale riguardano il problema centrale della causa e, date le connessioni degli argomenti che vi si svolgono, richiedono un esame congiunto. Innanzi tutto, la Vergine nega che il lago debba avere necessariamente una spiaggia tutta demaniale e invoca a sostegno il disposto dell'art. 822 cod. civ. che, nell'includere la spiaggia tra i beni de;maniali, la. ricollega al mare, mentre i laghi sono elencati soltanto succe~sivamente e separatamente, assieme ai fiumi e ai torrenti. In secondo luogo, l'appellante accusa il tribunale regioqale di avere abbandonato l'impostazione data dalle parti alla trattazione cfella causa; e di essersi rifatto, nel delimitare il confine fra propriet privata 1e demanio, con riferimento al lago di Garda, alla quota di m..65,59 sul livello del mare, che -a suo avviso - stata fissata dal d.11). 20 agosto 1948 tenendo conto non solo delle piene ordinarie, ma an.che di quelle straordinarie. ai pubblici usi di cui il lago suscettibile; problema che il Tribunale superiore ha deliberatamente omesso di affrontare perch J:lon necessario ai fini del decidere. Sul tema dei laghi e delle spiagge lacuali, cfr. in dottrina, ZECCA, Fiumi e Laghi (dir. amm.), in Enciclopedia del diritto, iMiJano, 1%8, XVII, pag. 686 e 696s. s.; MARZANO, In tema di delimitazione dei l(Jghi demdniali e delle spiagge, in questa Rassegna, 1965, I, 830; SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 11969, .pag. 459; e, .in giurisprudenza, Trib. sup. acqua, 8 giugno 1965, n. 14~ in Giust. civ., 1965, I, 2117 e in questa Rassegna, 1965, I, 830. Sulla regola del livello massimo della piena ordinaria quale criterio di delimitazione dell'alveo, cfr. Trib. sup. acque, lO ottobre 1977, n. 30, in Giust. civ. Rep., 1978, acque pubbliche priv. 3; Trib. sup. acque, 28 maggio 1977, n. 14, ivi,. 1977, voce cit. 7; Cass., 29 marzo 1976, n. 1127, in Giur. it., 1977, I, 1, 472; Trib. sup. acque, 7 marzo 1974, n. 4, in questa .{?.assegna, 1974, I, 737. Sulla regola del livello delle acque di piena ordinaria all'altezza dello sbocco, quale criterio di delimitazione dell'alveo del Jago, cfr. Trib. sup. acquer 8 giugno 1965, n. 14, in questa Rassegna, 1965, I, 830; e sulla competenza dei tribunali delle acque in materia. di controversie concernenti la ricomprensione o meno di zone di terreno nell'alveo, cfr. Trib. sup. acque, 30 giugno 1978, n. 22, in questa Rassegna, 1979, I, 336; Cass., 4 gennaio 1978 n. 13, ivi, 1978, I, 130 con. richiamo di altri precedenti; Trib. sup. acque, 16 marzo 1977, n. 7, in Cass. Giur. Enel, 1979, 131. P.V. PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI Secondo l'appellante, il Tribunale avrebbe dovuto, invece, ritenere valido il criterio seguito dal consulente tecnico d'ufficio, che ha determinato l'altezza di piena ordinaria in m. 65,07, sulla scorta del princ~pio adottato dal 1Serv:izio Idrografico Italiano, che si basa sul livello raggiunto nei tre quarti degli anni di osservazione. Nella comparsa conclusionale l'appellante svolge una serie di considerazioni volte a denunciare l'illegittimit del d.m. 20 agosto 1948; ma si tratta di un motivo di gravame che viene ad aggiungersi a quelli tempestivamente dedotti di appello e che, pertanto, non pu essere preso in esame. La sua irrilevanza , pertanto, evidente giacch -quale che sia propriamente l'oggetto e l'efficacia di tale decreto - certo che il Tribunale regionale non vi si affatto adeguato, ma pervenuto per via autonoma all'identificazione della quota che segna il limite della zona demaniale del lago di Garda. Inoltre, questo Tribunale superiore ha in precedenti occasioni negato rilievo alla circostanza che nella specie non sia intervenuto il provvedimento prefettizio previsto dall'art. 3 del regolamento l0 dicembre 1895, n. 726, la cui emanazione e la ui mancanza -attesa la finalit di tale provvedimento che attiene esclusivamente alla polizia idraulica non interferisce sulla competenza del giudice specializzato a stabilire il limite fra la propriet demaniale e la propriet privata, allorch insorgono contestazioni al riguardo (cfr. Trib. sup., 8 giugno 1965, n. 14; nonch Cass., 17 ottobre 1959, n. 2920). Se nella nozione giuridica di lago ricada anche la relativa spiaggia problema che -come si prima avvertito - inutile affrontare ove si appuri in concreto che il terreno de quo soggiace al livello raggiunto dalle piene ordinarie del Garda: per vero, se a questo ccertamento dovesse pervenirsi bisognerebbe coerentemente concludere che tale terreno fa parte a pieno titolo dell'alveo del lago (cio del perimetro dell'invaso che ne contiene le acque la cui demanialit fuori discussione, trattandosi del pi esteso lago italiano. ' Questo Tribunale superiore ha gi ritenuto che, ai. fini dell'identifica zione dei limiti dell'alveo di un lago, possa farsi utilmente capo alla norma dell'art. 943 cod. civ., la quale -sebbene diretta principalmente ad escludere che i movimenti dell'acqua lacuale importino accessione a favore o a danno del proprietario del lago -consente tuttavia di desu mere quali siano secondo il legislatore quei limiti e di determinare coerentemente l'ambito entro il quale va contenuta la propriet del lago, sia esso demaniale o privato (cfr. Trib. sup., 8 giugno 1965, n. 14). Alla luce di questa premessa la citata decisione ha ritenuto che i pre detti si identificano mediante il riferimento al livello naturale del lago, il quale quello che il lago stesso raggiunge nelle sue piene ordinarie all'altezza dello sbocco, con il corollario che i terreni giacenti ad un livello inferiore costituiscono alveo del lago e ne seguono il regime giuridico. 866 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il d.m. 20.agosto 1948 nel delimitare a fini di polizia idraulica i confini dell'alveo, ha .fissato a quota 65,59 sul livello del mare la linea della zona demaniale del Garda. La richiamata decisione di questo Tribunale superiore ha affermato la piena utilizzabilit del criterio della quota per delimitare il bacino del lago, giacch sulle sponde vi possono essere zone di terreno non permanentemente sommerse dalle acque, ma sicuramente invase e coperte nel corso e per effetto delle piene ordinarie, che come tali fanno parte del lago e ne condividono il carattere demaniale; e si poi adeguato, giudicandola esattamente individuata, alla quota fissata nel decreto ministeriale. L'importanza di questo precedente non pu essere disconosciuta (anche se l'appellante principale non si d cura di discuterne le conclusioni); ma ci non esclude che le indagini debbano essere qui ripetute al fine di stabilire se il terreno contestato sia posto al disotto o al di sopra della quota da assumere come limite dell'invaso. In proposito un dato emerso dalla relazione del consulente tecnico d'ufficio e non ha formato oggetto di dibattito: ed quello che riguarda la quota media del terreno de quo sul livello del mare, quota che va fissata a m. 65,10. A tale determinazione il consulente pervenuto, operando una congrua serie di sondaggi e calcolando il cedimento del suolo per effetto dei rinterri artificiali, sicch, anche in assenza di esplicite contestazioni, la predetta quota pu assumersi come esattamente fissata. Tale quota superiore a quella di m. 65, riportata, quale livello medio del lago di Garda, dalle carte dell'Istituto geografico militare e dell'Istituto idrografico della Marina. Ma questa indicazione non significativa, e comunque non apporta un argomento decisivo, in considerazione degli scopi per i quali tali carte sono formate e dell'approssimazione alla quale i due Istituti si sono attenuti, rivelata dall'adozione di un cifra tonda. Altrettanto insoddisfacente il criterio postulato dal consulente d'uffido, che -sulla scorta della definizione di piena ordinaria accolta dal Servizio idrografico -si riferito al livello superato od uguagliato dalle massime altezze annuali verificatesi nella sezione in tre quarti degli anni di osservazione. Per vero, a parte l'impressione, suscitata dal riferimento alla sezione , che la definizione si attagli con maggiore puntualit alla piena ordinaria delle acque fluenti e a parte la pi accentuata stabilit tendenziale del livello di un lago, rispetto a quello di un fiume, specie quando si tratti di un lago di grandi dimensioni con emissario avente una portata relativamente modesta (qual' il lago di Garda), l'obiezione che a questo criterio muovono le Amministrazioni statali appare ragionevole e degna di essere condivisa. Queste, infatti, mettono in luce come l'adozione di tale criterio -dotato di indubbia validit sul piano statistico e, perci, perfettamente rispondente agli scopi perseguiti dal Servizio PARm I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI idrografico -equivalga alla determinazione della quota dell'alveo al livello pi basso raggiunto in 75 anni su 100, livello che perci potrebbe essere stato superato fino a 74 volte. Ci posto, se il livello di piena ordinaria, mentre esclude la rilevanza di eventi eccezionali, quello raggiunto per effetto di fenomeni naturali rientranti nella norma; se il terreno de quo, nella sua conformazione e quota originaria di m. 65,10 sul livello del mare, risulta raggiunto e coperto dalle acque del lago, allorch il livello di piena tocchi la misura di m. 1,02, considerato che lo zero dello Idrometro di Desenzano pari a m. 64,08 sul livello del mare, la conclusione che se ne trae quella che il predetto terreno deve considerarsi facente parte dell'alveo e, perci, del demanio idrico. Per vero, i dati idrometrici allegati alla perizia di parte Vergine e relativi agli anni 1878-1947 (l'inizio della regolazione del lago con la diga di Salionze del 1949), ove si neghi rilevanza ai dati degli anni 1915-18 (nei quali furono operati interventi artificiali sul regime idraulico da parte del Genio militare), dimostrano che su 61 anni osservati le acque del lago hanno raggiunto il livello di m. 1,02 sullo zero idrometrico in 47 anni, e cio in oltre tre quarti degli anni di osservazione. Questo livello che pari alla quota del terreno, non pu dirsi straordinario, attesa anche la costante frequenza del suo verificarsi. La conclusione convalida dai dati rilevati, secondo lo stesso con sulente di parte, all'Idrometro di Peschiera (m. 64,03 sul livello del mare), posto che il livello di m. 1,07 (65,10-64,03) stato raggiunto 44 volte su 62 anni di osservazione. Ulteriore conferma si trae dalla tabella 1 allegata alla relazione del consulente d'ufficio, ove si attesta che il livello di m. 1,07 stato raggiunto negli anni che vanno dal 1882 al 1948 (escludendo, per il motivo gi spie gato, gli anni 1915-18) 45 volte su 63 anni di osservazione. In definitiva, il terreno in contestazione, adiacente al lago di Garda, ricade entro il perimetro dell'alveo, in quanto giace sicuramente al di sotto della quota di piena ordinaria, mentre non interessa l'ulteriore inda gine diretta a stabilire se tale quota debba essere fissata specificamente a m. 65,59; e viene, altres, meno l'esigenza di verificare se il predetto terreno costituisca spiaggia e se le spiagge lacuali appartengano al de manio idrico. Gli ultimi due motivi dell'appello principale sono imperniati sull'asse rito superamento della presunzione di demanialit del terreno' de quo, siccome appartengono ab immemoraoili a privati, come dimostrerebbero la documentazione prodotta e le prove assunte. A queste generiche doglianze agevole replica.re che: 1) secondo un'opinione largamente ricevuta l'istituto dell'immemorabile non trova spazio in materia di demanio naturale; 2) le risultanze probatorie -le quali, ove si eccettui l'atto notarile di acquisto, che tuttavia soltanto 868 i RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO del 1885, si riferiscono ~d episodi svoltisi nell'ultimo cinquantennio non attestano affatto un possesso, da parte di privati, esercitato a partire da un'epoca della quale si sia perduto il ricordo. Pur volendo, infine, ammettere che si possa correttamente discutere in chiave di idoneit dell'immemorabile a superare la presunzio:qe di demanialit, questa, lungi dal risultare vinta, esce rafforzata dalle emergenze istruttorie relative alla natura paludosa del terreno de quo e alla caratteristica vegetazione lacustre, che vi si era spontaneamente impiantata, prima che ne fosse rialzato il livello mediante terra di riporto. E gli operati imbonimenti confermano ch_e veniva perseguito l'obiettivo di sottrarre il terreno alle ricorrenti invasioni da parte delle acque del lago. Con l'unico motivo dell'appello incidentale i Ministeri censurano l'integrale compensazione delle spese, disposta dalla sentenza impugnata, giudicando incongrua e contraddittoria la ragione giustificativa addotta dal Tribunale regionale a sostegno di tale statuizione. Anche questo gravame non pu essere accolto', giacch il riferimento alla peculiarit della situazione controversia e alla natura delle questioni dibattute non merita le critiche che sul piano logico gli appellanti gli muovono, essendo manifesto che il Tribunale regionale non ha inteso affermare l'atipicit della causa di accertamento della demanialit idrica, ma sottolineare che la fattispecie esaminata presentava in fatto qualche connotato di incertezza, idoneo ad attribuire un'apparenza di fondatezza alla pretesa fatta valere dalla ricorrente, tanto vero (si pu aggiungere) che lo stesso consulente tecnico d'ufficio era pervenuto ad una conclusione che la convalidava. Neppure esatto in via generale che la complessit delle questioni risolte, lungi dal giustificare la compensazione, somministri un ulteriore argomento per la condanna della parte soccombente, giacch del pari evidente che non si pu confondere la difficolt dei temi trattati, come criterio di commisurazione degli onorari, con le peculiarit delle questioni dibattute, come dato caratteristico della controversia, suscettibile di ingenerare nella parte che la promuove un fumus boni iuris, poi rivelatosi, all'esito del giudizio, insussistente. Quanto alle spese del giudizio di appello, esse debbono porsi integralmente a carico dell'appellante principale, essendo uscita confermata la decisione di merito pronunciata dal Tribunale regionale, le cui argomentazioni avrebbero ben potuto sciogliere i dubbi nutriti dalla Vergine all'atto in cui introdusse la controversia (da ritenersi di valore indeterminato). (omissis) SEZIONE OTTAVA GIURISPRUDENZA PENALE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, ud. 13 marzo 1979, n. 669 -Pres. Clemente di S. Luca -Rel. Nardi -P. M. Lombardi (conf.). Rie. La Rocca. Procedimento penale. Parte iVlile Impugnazioni Limiti. (Cod. proc. pen., artt. 23 e 195). La parte civile ha facolt di impugnare la sentenza del giudice penale per i soli interessi civili, cio solo per quanto attiene alle pretese di diritto privato che essa abbia fatto valere mediante l'esercizio dell'azione di cui all'art. 23 cod. proc. pen. e che, in tutto o in parte, non siano' state accolte; non pu, invece, invadendo il campo riservato al P.M., proporre impugnazione contro le statuizioni che attengono alla penale responsabilit dell'imputato, anche se l'impugnazione sia limitata alle conseguenze di carattere civile, cio tenda ad ottenere un maggiore risarcimento. Alla stregua .di tale principio, la parte civile non pu dolersi della qualificazione giuri. dica del fatto, tanto pi quando la formula adottata dal giudice non esclu. da di per s la riproposizione dell'azione civile nella sede competente (1). (1) La Suprema Corte tassativa nel richiedere che la impugnazione della parte civile debba concernere direttamente ed esclusivamente i soli interessi dviii e nel dichiarare conseguentemente inammissibile l'impugnazione proposta contro statuizioni penali, dalla riforma delle quali la parte Givile pur tragga vantaggio. E' stato anche affermato che la scelta della formula assolutoria attiene .alla decisione sull'azione penale e la parte civile, nella persecuzione delle sue pretese ;privatistiche, non legittimata a fare istanze al riguardo, in quanto non necessaria alcuna pronunzia di annullamento o di riforma, relativa alla formula, per rimuovere gli ostacoli che il giudicato penale pu frapporre a!Ja prosecuzione dell'azione riparatoria (Cass., 12 novembre 1974, n. 107, in Cass. Pen. Mass. Ann., 1976, p. 211). CORTE DI CASSAZIONE -Sez. II, 25 maggio 1979, n. 896 -Pres. De Pascalis -Rel. Patroni-Griffi -P. M. Pagliarulo (conf.). Rie. Leonardi. ,Procedimento penale -Impugnazioni penali -Soggetti del diritto di impugnazione -Parte civile -Procedimento pretorile -Notificazione al PubbMco Ministero o al Procuratore della Repubblica -Esclusione. (Cod. proc. pen., art. 202). L'impugnazione della parte civile contro una sentenza del pretore non .deve essere notificata al Pubblico Ministero perch presso la .Pretura non 870 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO costituito un ufficio suo proprio, n al procuratore della Repubblica, in quanto la facolt concessa a tale organo di impugnare le sentenze del pretore non implica la qualit di parte nel processo pretorile (1). (1) La sentenza risolve a favore della parte civile, gi oberata, ove voglia proporre impugnazione, da termini brevissimi, un dubbio pi che legittimo, visto che l'art. 202 cod. proc. pen. impone l'obbligo della notifica alle altre parti e visto che il P.M. indubbiamente parte nel giudizio pretorile, anche se sfornito di un proprio ufficio. Dubbio tuttavia positivamente risolto dalla Suprema Corte, che ha evidentemente tenuto conto dell'inutilit di una notifi ca ad una parte che si dissolve con la fine del giudizio innanzi al P.retore. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 5 giugno 1980, n. 1119 -Pres. De Martino -Rel. Gambino -P. M. Valeri (conf.). Rie. Miggiano (avv. Di Tarsia). Procedimento penale -Impugnazione -Assoluzione perch U fatto non costituisce reato -Richiesta di assoluzione con la formul perch il fatto non pr,eveduto dalla legge come reato -Ammissibilit. (Cod. proc. pen., artt. 190 e 192). Reato -ObbMgo di denunzia di infortuni sul lavoro all'autorit di P.S. Corpo nazionale dei vigili del fuoco Applicabilit. (D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, artt. 1, 9, 54 e 195). ammissibile il ricorso per Cassazione dell'imputato contro una sentenza di assoluzione con la formula perch il fatto non costituisce reato per ottenere l'assoluzione con la formula perch il fatto non preveduto dalla legge come reato essendo questa pi favorevole della prima '(1). (1) La sentenza indubbiamente apprezzabile per la valutazione sostanziale dei diritti dell'imputato, valutazione che stata il presupposto della dichiarazione di ammissibilit del ricorso: il diritto dell'imputato a veder valutato il proprio comportamento come obbiettivamente conforme a legge contro una decisione che ha soltanto esluso l'antigiuridicit della sua azione per un motivo soggettivo va ben al di l della tutela del mero jus libertatis e cordsponde ad un interesse sostanziale pi alto, secondo principi tradotti in precise disposizioni legislative nel nostro codice di rito come quella, ben nota, di cui all'art. 152 cod. proc. pen. (v., da ultimo, in questa Rassegna, 1980, I, 873). La giurisprudenza ha, altre volte, limitato l'interesse all'impugnazione alla possibilit di ottenere una utilit pratica, un risultato cio che gli consenta di evitare un pregiudizio ai propri diritti soggettivi di qualsiasi natura (Cass., 9 marzo 1960, Fireo ed altri) con affermazioni quindi pi restrittive di quelle PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PEN.ALE 871 Al Corpo nazionale dei vigili del fuoco applicabile la norma prevista dall'art. 54 d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, che impone l'obbligo della denuncia all'autorit locale di P.S. di ogni infortunio sul lavoro che abbia come conseguenza la morte o l'inabilit al lavoro per pi di tre giorni, essendo il suddetto Corpo escluso soltanto dall'obbligo dell'assicurazione infortuni (2). (omissis) Va rilevato preliminarmente, per quanto riguarda l'ammissibilit del ricorso, che l'imputato, assolto dalla contravvenzione a lui ascritta con la formula perch il fatto non costituisce reato per carenza dell'elemento psicologico, ha interesse a ricorrere allo scopo di ottenere l'assoluzione con la formula perch il fatto non preveduto dalla legge come reato . Quest'ultima formula deve essere infatti considerata pi favorevole dell'altra in quanto con essa viene riconosciuta la conformit alla legge del comportamento dell'agente, mentre quella perch il fatto non costituisce reato fa riferirr.iento ad un comportamento oggettivamente contrario alla legge, la cui antigiuridicit viene esclusa unicamente per un motivo di carattere soggettivo. adottate nel -caso di specie in cui, pur se evidente l'utilit pratica in ordine alla pretesa risarcitoria civile che, dall'accoglimento del ricorso dell'imputato, potrebbe essere bloccata (art. 25 cod. proc. pen.), sembrerebbe che la Suprema Corte abbia fatto riferimento ad un interesse morale. L'applicabilit dell'obbligo della denuncia degli infortuni sul lavoro al Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco. (2) Nonostante il tentativo difensivo la Suprema Corte andata in contrario avviso con una sentenza che, ispirata come sembra a ragioni di tutela sostanziale, appare difficilmente modificabile. Iil d.PJR. 1\124/65 intitolato Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni ~ul lavoro e le malattie professionaili all'art. 1 disciplina le attivit per le quali prevista l'assicurazione e, dopo avere delineato nei primi due commi i caratteri di tali attivit, contiene un lungo elenco dehle stesse. Ail n. 22 previsto che L'assicurazione inoltre obbligatoria per ile persone che, nelle condizioni :previste dal presente titolo, siano addette a lavori per J'estinzione degli incendi, eccettuato il personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco . e pertanto esplicitamente esoluso l'obWigo di assicurazione per hl personale in oggetto. L'art. 54 (sempre del titolo I) disciplina invece il'obbJigo di denuncia degli infortuni sul lavoro e detta testualmente: Il datore di lavoro, anche se non soggetto ag1i obblighi del presente Htlo, deve, nel term~ne di due giorni, dare notizia all'autorit locaile di .P.S. di ogni infortunio sul lavoro che abbia per conseguenza la morte o l'inabilit al lavoro per pi di tre giorni . L'articolo 9 a sua volta stabilisce che: I datori di lavoro (soggetti alle disposizioni del presente titolo C/I) sono le persone e gli enti privati o pubblici compresi lo Stato e gli Enti locali che, nell'esercizio delle attivit previste RASSEGNA DELL'AWOCATVRA DELLO STAT'. Il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata abbia affermato il principio che anche per gli infortuni sul lavoro degli appartenenti al Corpo nazionale dei vigili del fuoco deve essere effettuata la denunzia all'autorit locale di pubblica sicurezza prevista dal primo comma dell'art. 54 del testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, approvato con d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124. Assume al riguardo, ponendo a confronto fra di loro l'art. 9 e l'art. 54 del suddetto testo unico, che vi sono tre categorie di datori di lavoro, quelli soggetti all'obbligo di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, quelli soggetti alle disposizioni del primo titolo del testo unico ma non all'obbligo dell'assicurazione ed infine quelli non soggetti neppure a tali disposizioni. In quest'ultima categoria rientrerebbe lo Stato per quanto riguarda il Corpo nazionale dei vigili del fuoco cosicch non vi sarebbe alcun obbligo di denunziare gli infortuni sul lavoro subiti dagli appartenenti al Corpo stesso all'autorit locale di pubblica sicurezza, a norma del primo comma dell'art. 54 del testo unico. L'assunto non fondato poich i datori di lavoro soggetti alle disposizioni del primo titolo del testo unico, dei quali si parla nel primo comma dell'art. 9, si identificano con i datori di lavoro soggetti all'obbligo dell'assicurazione, come risulta chiaramente dai successivi artt. 12 e 20. dall'art. 1 occupano persone tra quelle indicate nell'art. 4 (quest'ultimo prevede le categorie di lavoratori compresi nell'assicurazione). Il pretore, nella sentenza impugnata, aveva affermato che l'art. 54 individua una categoria di destinatari de1l'obbligo di denuncia molto pi ampia di quella dell'art. 1, perch la norma impone l'obbligo a tutti i datori di lavoro, anche a quelli non tenuti ad assicurare i propri d1pendenti contro gli infortuni sul ilavoro. Ci sarebbe confermato daLI'ultimo comma dell'art. 54, il quale, affermando che Per i datori di lavoro soggetti all'obbligo dell'assicurazione fa denuncia deve essere fatta secondo un modulo stabilito dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale >>, dimostrerebbe implicitamente che vi sono altri datori di favoro i quali, ancorch non soggetti ai1I'obbligo dell'assicurazione, sarebbero per tenuti a denunciare gli infortuni, anche se possono usare moduli differenti per effettuare la denuncia. L'affermazione del pretore , come si vede, un po' semplicistica, perch il problema consisteva proprio nell'esaminare se nella locuzione soggetti alle disposizioni della legge usata nell'art. 9 e che il primo giudice ha totalmente ignorato potesse esservi spazio per affermare che a taluni datori di lavoro la legge, nella sua totalit '" non poteva essere applicata. Il dubbio, in realt, era . abbastanza fondato poich l'art. !J fa riferimento alle persone indicate nell'art. 4 e questa norma non prevede esplicitamente il personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. La Suprema Corte tuttavia ha statuito altrimenti, condividendo probabilmente -anche se non lo dice -l'affermazione pretorile sulla necessit della denuncia in funzione di una sorta di controllo sull'applicazione della normativa antiinfortunistica. PAOLO DI TARSIA DI BELMONTE !. !: !: ,,: l Il,, PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 873 Non esistono pertanto le tre categorie indicate dal ricorrente, ma. ne esistono soltanto due, quella dei datori di lavoro soggetti all'obbligo dell'assicurazione e quella dei datori di lavoro non soggetti a tale obbligo. Di conseguen:z;a, il primo comma dell'art. 54 del testo unico non pu . essere interpretato se non nel senso che alla denunzia all'autorit locale di pubblica sicurezza, nel termine di due giorni, di ogni infortunio sul lavoro che abbia per conseguenza la morte o l'invalidit al lavoro per pi di tre giorni sono tenuti tutti i datori di lavoro per qualsiasi tipo di attivit lavorativa, comprese quelle per le quali non prevista l'assi<: urazione obbligatoria, come per il personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco (art. 1 n. 22 del testo unico). Non appare quindi conforme alla legge la prassi invocata dal ricorrente, secondo la quale per gli infor tuni sul lavoro subiti dagli appartenenti al suddetto Corpo non sarebbe stata mai fatta la denunzia in questione. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE -Sez. VI, 3 luglio 1979, n. 1306 -Pres. Tafuri -, Rel. Marvasi -P. M. Capecelatro (conf.). Rie. Spassa ed altro. Procedimento penale Impugnazioni penali -Cassazione -Declaratoria immediata dii cause di non pW11ibiMt, di improcedibilit, 'di estin zione del reato o della :pena -Evidenza della non colpevolezza Requisiti. (Cod. proc. pen., artt. 152, secondo comma, e 524). La normativa dettata dall'art. 152 cpv. cod. pen., espressa in termini tassativi, esigendo che l'evidenza della non colpevolezza, anche se non debba essere di tale portata da scaturire immediatamente dagli atti, deve tuttavia essere di facile ed agevole acquisizione, senza che si richieda (1) La giurisprudenza della Suprema Corte aveva gi, ancor prima della sentenza della Cort~ costituzionale n. 5 del 16 gennaio 1975 che ha sostan. zialmente esteso il campo d'applicazione dell'art. 152, secondo comma, cod. proc. pen. (ritenendo che il proscioglimento in merito dovesse essere concesso anche quando manchi del tutto la prova che l'imputato ha commesso il fatto: v. I giudizi di costituzionalit e il contenzioso dello Stato negli anni 1971, 1975, vol. III, p. 890), affermato che la disposizione normativa in esame non era incompatibile con una approfondita discussione delle prove gi acquisite e quindi con l'esame delle stesse da farsi in dibattimento e non in sede di atti preliminari, unico limite essendo costituito, in presenza di una causa estintiva del reato, dal divieto di assunzione di nuove prove (v. Cass., 8 giugno 1960, Norda ed altri e contra: Cass., 13 maggio 1946, Hencher, entrambe citate in commento all'art. 152 cod. proc. pen., in Codice di procedura penale commentato. Iandi Sapi). L'orientamento della Cassazione dovrebbe ormai decisamente prevalere nel senso della massima. Per quanto concerne i poteri della Cassazione in sede di impugnazione della sentenza che abbia applicato il primo anzich il secondo comma del RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO l'opportunit e la necessit di nuove indagini. Ci vale in ogni stato e grado del procedimento, nel giudizio di merito ed in quello di cassa zione (1). l'art. 152 cod. proc. pen., stato prevalentemente sostenuto che la sentenza impugnata non pu essere sindacata sotto il profiJo del difetto di motivazione. Ci perch -secondo questa giurisprudenza -se fosse accolta la censura, ne deriverebbe la necessit di un annullamento con rinvio il quale incompatibile con il sistema adottato dal legislatore, secondo cui non pu ritardarsi l'applicazione della causa estintiva del reato e si ha l'obbligo della immediata declaratoria di essa, a meno che non risulti e:vidente la prova della insussistenza del fatto o dell'innocenza dell'imputato ovvero non manchi del tutto la prova che l'imputato abbia commesso il fatto. Pertanto in caso di ricorso contro una sentenza del giudice di merito che abbia applicato una causa estintiva del reato, la Corte di cassazione pu solo esaminare se ricorra una delle ipotesi previste dal comma 2 dell'art. 152 c.p.p., attraverso l'esclusivo controllo della motivazione della sentenza impugnata, cio valutando gli stessi elementi di fatto esaminati dai giudici di merito, per annullare senza rinvio la sentenza impugnata e pronunciare l'assoluzione dell'imputato con formula piena in caso affermativo. (Cass., 4 marzo 1977, n. 706, in Cass. Pen. Mass. Ann., 1978, p. 723; 22 aprile 1975, p. 418 e sentenze ivi richiamate). Questa giurisprudenza peraltro contrastata da un indirizzo minoritario (Cass., 21 giugno 1972, n. 448, in Cass. Pen. Mass. Annn., 1974, p. 338) e da parte della dottrina (AMODIO, in Enciclopedia dir., voce Motivazione sentenza penale, p. 222-223) ed in effetti sembrerebbe che l'affermazione della Suprema Corte sia eccessivamente severa, sia con riferimento al testo della norma che impone soltanto di non assumere prove nuove, sia in riferimento al dovere del giudice di motivare i provvedimenti, come nota l'AMODIO (op. loc. cit.). PRETURA DI ROMA, Sez. IV, 30 ottobre 1980, n. 14976 -Pret. VardaroReali (avv. Stato Di Tarsia). Reato -Omissione d'atti d'ufficio Dolo generico -Si identifica con la coscienza di viiolare l'obbligo. (Cod. pen., artt. 2, 43 e 328). Per il reato di omissione di atti d'ufficio non richiesto alcun dolo specifico: cio sufficiente che l'agente consapevolmente ometta o ritardi l'atto, il che comporta: la conoscenza dell'obbligo di compiere un determinato atto; la consapevolezza che l'adempimento dell'obbligo non trova impedimento n nella legge n nell'ordine dell'autorit superiore; la volont, non necessariamente diretta ad uno specifico scopo, e quindi pi esattamente qualificabile come coscienza, di violare l'9bbligo (1). Un reato d'omissione d'atti d'ufficio colposo o addirittura contravvenzionale. (1) A leggere questa sentenza, c' da domandarsi se il legislatore abbia per caso previsto anche il reato di omissioni d'atti d'ufficio colposo o se sia lecito fare un tutt'uno degli articoli 42 e 43 del codice penale. ! f E f f 1: 1 .~ I ! f ~ f f r1111r%1;1c110rtfriff1tBlfrfxlrfrirrillli~1111trr&rr&llirrar11111tr1111riillrlfjflffrr~111t&f!M PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRl:!DENZA PENALE 875 (omissis) Con nota 18 luglio 1979 il procura'.tore della Repubblica di Rovereto trasmetteva a questo pretore copia di atti relativi al procedimento per adeguamento dell'assegno mensile tra Virti Bruna e Valcanover Renzo pendente dinanzi a quel tribunale. Da tali atti risultava che all'udienza del 17 gennaio 1979 il presidente del tribunale aveva disposto che venissero richieste al Ministero degli affari esteri informazioni relative all'ammontare degli emolumenti annui goduti dal 1972 da Valcanover, assistente commerciale capo dipendente da quel Ministero, comprensivi sia dello stipendio che delle indennit specia) i; il procedimento era stato rinviato all'udienza dell'll aprile 1979. Con nota 19 gennaio 1979 erano state richieste al Ministero degli affari esteri le suddette notizie; era stato precisato il motivo della richiesta; era stato fissato il termine (entro la fine di marzo 1979 ) nel quale le notizie sarebbero dovute pervenire al presidente del tribunale. All'udienza dell'll aprile 1979 il procedimento era stato rinviato a quella del 18 luglio 1979. In tale data, non essendo ancora pervenuta risposta alcuna alla richiesta in data 19 gennaio 1979, il giudice istruttore aveva disposto che venisse inviato un sollecito al Ministero per gli affari esteri e che copia del verbale venisse trasmessa al P.M. per quanto di sua competenza in ordine alla omissione ingiustificata di atti di ufficio. Con nota 18 luglio 1979 il presidente del tribunale aveva sollecitato al Ministero degli affari esteri la risposta alla precedente nota che veniva integralmente riportata. Con nota 10 novembre 1979 il pretore di Roma chiedeva al direttore generale del personale presso il Ministero degli affari esteri di far conoscere, al fine di procedere eventualmente per il reato di cui all'art. 328 cod. pen., i motivi della omissione, Ja data in cui era stata fornita la risposta al presidente del tribunale di Rovereto, nonch le complete generalit del funzionario o dei funzionari responsabili del servizio . Si prescinde in questa sede dalla valutazione degli errori di fatto in cui caduto il giudicante, poich interessa soltanto esaminare se il decorso di dieci mesi fra la richiesta del Tribunale e la risposta del Ministero possa di per s, alla luce delle norme che dovevano essere applicate, far configurare un reato di omissione d'atti d'ufficio, delitto punibile come noto soltanto se commesso con dolo (art. 42, secondo commfi, cod. pen.). Poich proprio questo il punto: dato e non .. concesso che sia esatta la ricostruzione storica dei fatti, il Pretore ha disinvoltamente concluso, come si legge nella motivazione che non vi sono dubbi sulla sussistenza del dolo in quanto, non essendo necessario il dolo specifico, bastava, per la sussistenza delil:'elemento psicologico richiesto dalla legge, la volont, pi esattamente quaLificabiJe come coscienza, di violare l'obbligo (sic!). rsastano queste rc1Uermazioni per riconoscere che la sentenza criticabile per i gravi errori di diritto in cui caduta, ignorando interi caposaldi del nostro ordinamento penale: quando infatti l'art. 42 cod. pen. stabilisce che nessuno pu essere punito per un'azione od omissione preveduta dalla legge come reato se non l'ha commessa con RASSEGNA DELL'AWOCATURA 'DELLO STATO 876 Con nota 6 dicembre 1979 il direttore generale del personale e dell'amministrazione del Ministero affari esteri faceva conoscere che i dati richiesti erano stati forniti al tribunale di Rovereto solo in data novembre ; che il competente ufficio XII della D.G.P.A. era stato costretto a procedere allo spoglio di numerose e ponderose raccolte di documentazione nello sforzo di recuperare, sparse o isolate, e singole carte afferenti al caso di cui trattasi; che al personale incaricato e responsabile di tali ricerche era stata imposta una attivit estremamente protratta e anche fisicamente onerosa, tanto da costringerli a rivolgersi all'archivio della Ragioneria centrale per rintracciare larghe parti del carteggio stesso; che tutto ci era stato complicato da ragioni di tecnica archivistica; seguiva l'elenco del personale in servizio alla data attuale presso l'ufficio in argomento con incarichi di gestione per il settore che qui interessa (quello delle indennit personali di servizio all'estero) . A seguit di ulteriore richiesta del pretore la DGPA precisava che la risposta al tribunale di Rovereto era stata fornita con telegramma 29 novembre 1979 e che la documentazione richiesta era stata inviata con nota 4 dicembre 1979 (entrambe quindi successive alla nota 10 novembre 1979 con la quale il pretore informava del procedimento penale in corso); inoltre, che il personale effettivamente e continuativamente in servizio presso l'ufficio responsabile dal gennaio al dicembre 1979 si riduceva (per vari motivi che portavano ad escludere tutti gli altri dipendenti) al cancelliere Alfredo Reali, che era stato gi espressamente indicato come responsabile del reparto, ed alla coadiutrice Enza Palesati. Il Reali e la Palesati venivano pertanto imputati come in epigrafe. All'odierno dibattimento il Reali affermava che all'epoca della richie sta da parte del tribunale di Rovereto egli non era addetto all'ammini strazione della Grecia (il Valcanover era stato indicato come assistente commerciale in servizio all'ambasciata d'Italia in Atene) bens dell'Au stralia, Brasile, Canada, Eritrea ed Etiopia; che pertanto non sapeva spie- coscienza e volont, dice una cosa di fondamentale importanza, ma che sta a monte ed profondamente diversa da quelle specificazioni dell'elemento psicologico del reato che vanno sotto il nome di dolo, di preterintenzione e di colpa (art. 43 cod. pen.). Stabilisce cio l'art. 42 semplicemente ed esclusivamente che in ogni reato vi deve essere necessariamente il nesso psichico cio, come si esprimeva l'ANTOLISEI (Manuale di dir. pen., parte generale, :1%3, n. 253) quell'attribuibilit al volere, quella suitas, ch' fattore indispensabile dell'elemento soggettivo del reato. Ma questo non basta, o meglio basterebbe se l'art. 42 contenesse il solo primo comma o se l'art. 43 non fosse mai stato scritto: come dire che la sentenza che. si annota sarebbe fedele ad un codice irriconoscibile come codice penale italiano, nel quale invece anche statuito che nessuno pu essere punito per un fatto preveduto dalla legge come delitto se non lo ha commesso con dolo, salvo le eccezioni espressamente previste. Ci significa che il dolo qualcosa di ulteriore e di diverso dalla coscienza e volont del fatto, come del resto fatto palese dalla norma di cui all'ultimo comma dell'art. 42 in cui, avendo il legislatore statuito l'indif PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 877 gare perch il Direttore Generale de.I Personale lo avesse .indicato come funzionario responsabile del reparto, che comunque. aveva avuto notizia della richiesta del tribunale di Rovereto solo nel novembre 1979 (confermando peraltro di avere prestato continuativamente servizio quale cancelliere contabile presso l'ufficio XII della DGPA nel corso del 1979, ad eccezione del periodo feriale ordinario fruito dal 17 agosto al 10 settembre); che nel novembre 1979 aveva predisposto la nota di risposta al tribunale di Rovereto collaborando alla ricerca dei dati ed alla formazione del prospetto contabile (precisando che la funzione del cancelliere nel MAE consiste appunto ne1la ricerca dei dati e nella presdisposizione delle. risposte che vengono poi firmate dal direttore dell'ufficio); concludeva poi accennando alla scarsezza di personale ed alla complessit dei dati richiesti dal tribunale e depositando alcuni documenti. Palesati Enza, premesso di avere prestato effettivamente servizio quale coadiutrice presso l'ufficio XII de,lla DGPA nel corso del 1979, sia pure con varie interruzioni dovute a concorsi e ad altre cause, affermava che nessuno le aveva mai richiesto di ricercare i dati occorrenti per fornire la risposta al tribunale di Rovereto, tanto che era venuta a cono scenza di tutto l'episodio, e della stessa richiesta, solo a seguito della notifica del decreto di citazione a giudizio dinanzi al pretore. Confermava peraltro che il Reali aveva prestato servizio ininterrotto nel corso dell'anno 1979 presso lo stesso ufficio XII della DGPA che avrebbe dovuto fornire la risposta, con il compito, tra l'altro, di controllare ed organizzare tecnicamente il lavoro del personale dipendente. Perugini Emiliano, teste a discarico, premesso di essere addetto alla apertura di tutta la cor'rispondenza diretta al MAE, e presa visione della copia della nota del tribunale di Rovereto in data 9 gennaio 1979 depositata dal difensore, affermava che i numeri di codice apposti in alto sotto la dicitura raccomandata (entrambe le note erano state infatti ferenza della forma della volont colpevole nelle contravvenzioni, ha richiesto azione od omissione cosciente e volontaria " evidente pertanto l'allarmante scardinamento dei principi contenuto nell'affermazione di chi qualifica il dolo come mera coscienza di violare l'obbligo penalmente sanzionato: e il momento volitivo, cos tipicamente caratterizzante il dolo, inteso come sforzo del volere diretto alla realizzazione del fatto che il reo si previamente rappresentato, sicch deve necessariamente affermarsi che il dolo comprende s la suitas (la coscienza e la volont che per il pretore bastano) ma soltanto come il pi comprende il meno>>, dove va a finire? In sostanza, cos motivando, si finisce col punire un delitto, come se si trattasse di una contravvenzione. Altrettanto grave un altro, implicito errore contenuto nella sentenza, laddove si afferma che, non richiedendosi dolo specifico e cio una volont diretta ad uno specifico scopo, basterebbe appunto la coscienza di violare l'obbligo, quasi che l'elemento intenzionale debba essere presente solo nel dolo specifico o quasi che il dolo generico non sia, anch'esso e soprattutto, volont diretta a realizzare il fatto-reato! In fondo, questo secondo errore RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 878 spedite da Rovereto a mezzo raccomandata) stavano ad indicare la provenienza {ufficio giudiziario di Rovereto) e l'ufficio destinatario (emigrazione); non era in grado di chiarire se tale destinazione fosse stata apposta per errore. Infine il teste a discarico De Meo Michele, funzionario direttivo in servizio presso l'ufficio XII della DGPA, affermava che all'epoca non esisteva un protocollo particolare per la corrispondenza in arrivo all'ufficio XII, al quale essa veniva consegnata direttamente dal protocollo centrale; che, pur accadendo talora che una nota sia consegnata per errore ad un ufficio non competente a riceverla, questo provvede ad inviarla all'ufficio competente nel giro di pochi giorni; infine, che il trasferimento dell'ufficio XII in nuovi locali era stato operato nel 1979 ed aveva avuto termine nel febbraio di quell'anno. La richiesta del pretore forniva alcune indicazioni circa la identit dei funzionari della DGPA le cui sigle apparivano su una nota pervenuta a tale Direzione Generale del Personale il 24 agosto 1979: con tale nota la D.G. dell'emigrazione trasmetteva copia della richiesta 18 luglio 1979 del tribunale di Rovereto; un funzionario della D.G.P.A. aveva annotato su di essa che la nota doveva essere riassegnata all'ufficio XII; in alto era infatti annotato il nome del responsabile dell'ufficio che avrebbe dovuto fornire la risposta: Reali . Indi il P.M. ed il difensore concludevano come dal verbale. Al fine di accertare la sussistenza della penale responsbilit degli imputati occorre in primo luogo esaminare le argomentazfoni difensive opposte. Il Reali ha affermato che all'epoca della richiesta di notizie da parte del tribunale di Rovereto egli non era addetto alla amministrZione della Grecia bens di altri paesi. Premesso che l'epoca cui si fa riferimento va dal gennaio 1979 (data della richiesta contenente anche la indicazione del termine entro il quale la risposta sarebbe dovuta pervenire) al novembre dello stesso anno (la risposta venne fornita, seppure in modo sommario, con telegramma in data 29 novembre), va subito rilevato che la obiezione, ancorch fondata sulla esibizione di atti che sembrano formalmente convalidarla, sostanzialmente priva di fondamento e di rilevanza; indipendentemente infatti dalla ripartizione interna del lavoro quale risultante dagli atti ufficiali, non che un aspetto della prima, fondamentale, distorsione dei princ1p1 sopra richiamati e che purtuttavia sono chiaramente indicati dalla giurisprudenza della Suprema Corte che esattamente richiede, per la sussistenza del reato, che vi s~a il venir meno intenzionalmente ai doveri d'ufficio (Cass., 11 marzo 1974, n. 1462, in Cass. Pen. Mass. Ann., 1974, p. 1105) e lo esclude, quando il ritardo sia riferibile a negligenza, trascuratezza o indolenza (Cass., 16 gennaio 1978, n. 2704, m. 137665). PAOLO DI TARSIA DI BELMONTE fj B PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE rimasto provato con assoluta certezza che l'obbligo di fornire i dati richiesti al tribunale di Rovereto incombeva all'ufficio XII della DGPA; che presso tale ufficio solo il Reali e la Palesati hanno prestato continuativamente la loro opera nel periodo menzionato; che il Reali, in particolare, era responsabile del reparto che avrebbe dovuto fornire i dati necessari alla risposta, come si evince chiaramente sia dalla nota 6 dicembre 1979 indirizzata al pretore di Roma, sia darle dichiarazioni degli imputati: il Reali ha infatti ammesso di avere predisposto la risposta sia pure nel novembre 1979, cosa che evidentemente non avrebbe fatto qualora non fosse spettato a lui farlo; ha chiarito che la funzione del cancelliere contabile presso il M.A.E. consiste appunto nella ricerca dei dati e nella predisposizione delle risposte; la Palesati ha poi confermato che al Reali spettava il compito di controllare ed organizzare tecnicamente il lavoro del restante personale; significativo poi il fatto che in risposta alla richiesta del pretore, che chiedeva tra l'altro di indicare le generalit dei funzionari responsabili della omissione, il direttore generale del personale e dell'amministrazione abbia segnalato senza mezzi termini il Reali quale responsabile del reparto; e che sulla copia della seconda nota proveniente dal tribunale di Rovereto, esibita al dibattimento dalla difesa, si legge la indicazione del Reali quale incaricato della risposta, risposta che venne poi fornita sulla base dei dati da costui raccolti. Il Reali ha poi affermato di aver avuto notizia della richiesta del Tribunale di Rovereto solo nel novembre 1979 e di essersi affrettato a predisporre la risposta. Anche tale obiezione non appare credibile. La nota del Tribunale di Rovereto venne spedita il 19 gennaio 1979 a mezzo raccomandata indirizzata al MAE, ail quale giunse puntualmente entro il gennaiio (come del resto sembra potersi rilevare anche dalla fotocopia prodotta dalla difesa al dibattimento); essa venne assegnata con il numero di codice 099 , corrispondente all'ufficio IX della DGEAS, da tale circostanza l'imputata vorrebbe far ritenere conseguentemente provato che gli ebbe conoscenza della richiesta solo 10 mesi dopo e che pertanto non avrebbe potuto fornire prima la risposta. Premesso che l'assegnazione all'ufficio suddetto potrebbe essere stata frutto di errore, ma potrebbe altres essere conseguente a normative interne che al pretore non dato di conoscere (le stesse teste Perugini, che pure da anni addetto all'apertura della corrispondenza diretta al M.A.E., e cio al protocollo centrale presso il Ministero, non stato in grado di chiarirlo, o non ha ritenuto opportuno farlo; n del resto sembra credibile una richiasta tanto chiaramente indicata quale era quella formulata dal tribunale di Rovereto che possa essere stata oggetto di errore di assegnazione, e ci, si badi, per essere state consevutive: il che potrebbe indurre a credere che l'assegnazione all'ufficio IX del DGEAS non sia stata frutto di errore ma abbia invece corrisposto a direttive jlASSEQN{\ DEU,'AWOC,<\TURA, DE!},O SlhTO 880 interne _precedenti, per le richieste di quel tipo,_ uno smistamento da -parte di un ufficio ai vari uffici competenti); .tanto premesso, e pur volendo accedere all'ipotesi dell'errore di assegnazione, tale circostanza non potrebbe comunque scagionare il Reali: va infatti rilevato che come avviene normalmente, e come stato del 'resto oggi confermato dal teste a .discarico De Meo, qualora una nota venga consegnata per errore ad un ufficio non competente, questo provvede a farla pervenire a quello competente normalmente nel giro di pochi giorni: n la circostanza che all'epoca non esistesse un protocollo particolare per l'ufficio VII della DGPA appare particolarmente significativa, dato che essa non prova .assolutamente nulla segnatamente, non prova un fatto che sarebbe contrario a quanto normalmente accade, e che pertanto lecito dare per scontato_ in difetto di prova contraria, e cio che una nota diretta da un ufficio ad un altro nell'ambito del medesimo Ministero ed edificio non venga regolarmente recapitata in un termine pi o meno breve. Ne consegu che pu ritenersi provato quanto segue: sia che l'assegnazione all'ufficio IX della DGEAS fosse avvenuta per errore, sia che fosse stata fatta a ragion veduta, la richiesta del Presidente del Tribunale di Rovereto pervenne all'ufficio competente a formulare la risposta (e cio l'ufficio XII della DGPA, affidato, per il settore che ci interessa, alla responsabilit del Reali) in tempo utile perch il termine fissato (fine marzo 1979) fosse comodamente rispettato. Tale convincimento trova del resto definitiva conferma nella circostanza, risultante dagli atti, che la successiva nota del Tribunale di Rovereto, pur recando annotata la medesima assegnazione, pervenne alla DGPA il 24 agosto 1979; e su di essa venne posto l'appunto riassegnare all'ufficio XII (il che significa logicamente che gi la prima richiesta era stata assegnata a tale ufficio) ed il nome del funzionario che avrebbe dovuto provvedere al seguito del caso (Reali). Tanto appare sufficiente a provare che pur senza voler tenere conto del fatto che nei mesi di luglio ed agosto gli uffici pubblici funzionano in modo anomalo rispetto ai periodi normali), nel giro di un mese o poco pi la nota venne recapitata al destinatario competente. A questo punto si impone una ulteriore e significativa considerazione: il Reali riprese regolare servizio il 10 o 1'11 settembre 1979 e cio quindici giorni dopo che la seconda richiesta era pervenuta alla DGPA e questa venne fornita dopo due mesi e mezzo (29 novembre 1979), e cio solo dopo che il tribunale ebbe richiesta di notizie in data 10 novembre 1979, aveva reso noto che per i fatti era in corso un procedimento penale. Va invece rilevato che, nell'articolata risposta a tale nota pretorile, non vi traccia delle presentazioni addotte dalla difesa: si fa appello alla presunta difficolt delle ricerche necessarie ed alla scarsezza di personale, ma non si accenna minimamente ad errori di organizzazione e a responsabilit da parte di altri uffici del Ministero: il giudicante non PARTE I, SBZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE autorizzato a pensare che il Direttore Gen.erale <:!-bbia vol4to in tal modo coprire altri responsabili, e comunque tale ipotesi non sarebbe suffragata da alcuna prova. Va ipotizzata la consistenza delle giustificazioni addotte in ordine alla necessit delle notizie richieste ed alla difficolt delle ricerche necessarie: in proposito appare sufficiente rilevare che per fornire i dati richiesti non occorsero pi di quindici giorni (e presumibilmente ne furono neessari anche meno) se vero che il lavoro di ricerca iniziata solo a seguito della nota del . Pretore, e che lo stesso Reali ha sostanzialmente ammesso di avere avuto notizia della richiesta solo nel novembre 1979 e di essersi affrettato a fornire i dati richiesti. Va comunque rilevato che, qualora il ritardo (peraltro inammissibile, considerato che tra la nota del Tribunale e la risposta del MAE trascorsero, nonostante il sollecito di luglio, oltre dieci mesi) fosse dipeso dalle allegate difficolt di ricerca, di ci sarebbe stato doveroso informare in ogni caso l'organo richiedente nel termine da questo fissato. Tutte le considerazioni sopra riportate inducono il pretore a ritenere sufficientemente provata la reale responsabilit del Reali, che omise di fornire la risposta (quale diretto responsabile del reparto noncI:i incaricato del controllo e della organizzazione del lavoro nell'ufficio competente), pur essendone venuto a conoscenza in tempo e pur avendone ogni possibilit, nel termine indicato chiaramente nella nota del Tribunale richiedente; che omise di fornire risposta alla nota di sollecito del luglio 1979, della quale venne sicuramente a conoscenza nella prima quindicina di settembre; che ritard la risposta sino alla fine del novembre 1979, e cio sino a quando non apprese che nei suoi confronti era stato iniziato un procedimento penale. Quanto alla imputata Palesati, che pure prestava servizio nel medesimo ufficio alle dipendenze suddette che ha ammesso), e che stata indicata quale unica dipendente che avrebbe prestato servizio in maniera continua tra iil gennaio ed i1 novembre 1979 (cosa, questa, che esiste in archivio), ritiene il Pretore che nei suoi confronti non sia stata raggiunto fa prova complesa della colpevolezza: ed infatti ella ha dichiarato di non essere mai venuta a conoscenza della richiesta e delle conseguenze di essa sino alla notifica del decreto di citazione; di non essere mai stata richiesta di ricercare i dati occorrenti alla risposta; n in effetti risultato che ella abbia collaborato alla ricerca dei dati suddetti. Tali affermazioni non possono essere completamente ritenute infon date, tenuto conto della posizione sostanzialmente subordinata della Pa lesati nei confronti del Reali, il quale era in concreto responsabile del reparto: in altri termini, mentre nei confronti di quest'ultimo stata raggiunta pienamente la prova della conoscenza delle richieste molto tempo prima che venisse fornita la risposta, e quindi della colpevolezza della omissione, non altrettanto pu affermarsi nei confronti della Pa RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO lesati, quanto meno sotto il profilo strettamente probatorio, in quanto non rimasto provato (pur essendo in concreto credibile) che ella avesse avuto conoscenza della richiesta del Tribunale di Rovereto dal Reali o da altri, n, in ogni caso, che incombesse a lei la responsabilit della risposta: pur non potendosi sottovalutare la circostanza che in effetti il Reali, qualora avesse delegato l'incarico di predisporre i dati necessari ad altro impiegato dell'ufficio, non avrebbe potuto rivolgersi ad altri che alla Palesati dato che. il restante personale risulta essere stato assegnato in epoche successive (maggio, luglio, ottobre 1979), ed aver prestato servizio in maniera discontinua e saltuaria. L'impossibilit di approfondire le indagini su tali punti (dovuta anche alla comprensibile reticenza del Reali, al quale l'accertata corresponsabilit della coimputata non avrebbe arrecato alcun vantaggio processuale) induce il Pretore a mandare assolta l'imputata con formula dubitativa. Va da ultimo evidenziato come l'accertata condotta integri in tutti gli elementi a carico del Reali il reato contestato. Questo si sostanzia nel comportamento del pubblico ufficiale o dell'incaricato del pubblico servizio che indebitamente rifiuta, omette o ritarda un atto dell'ufficio o del servizio . Nessun dubbio deriva dalla qualifica di cancelliere contabile dell'imputato. Analogamente fuor di dubbio che la risposta alla richiesta di un ufficio giudiriario sia un atto di ufficio rientrante nella previsione della norma in esame. Tale atto stato omesso in quanto non stato campiuto nel termine assegnato; ed stato ritardato in quanto non stato compiuto a seguito del sollecito fatto pervenire dal Tribunale dopo la scadenza del termine originario, n successivamente se non dopo che erano trascorsi alcuni mesi (ed era stata resa nota l'esistenza di un procedimento penale). Che l'omissione ed il ritardo siano stati indebiti risulta dalla considerazione che il legislatore, nell'usare la locuzione indebitamente , ha inteso soltanto significare che il fatto non deve trovare alcuna giustificazione nella legge in una disposizione dell'.autorit (Cass., 31 maggio 1933, sino alla pi recente giurisprudenza): nessuna legge vietava ovviamente di fornire i dati richiesti al Tribunale di Rovereto, n stato .addotto che tale divieto o comunque un qualsiasi ostacolo derivasse da una disposizione di altre autorit o di superiori dell'imputato: le argomentazioni relative alla divisione interna del lavoro sono, come sopra stato gi analizzato, destituite di fondamento e prive di rilevanza. Quanto all'elemento intenzionale, v:a rilevato che il reato in esame non richiesto alcun dolo specifico: cio sufficiente che l'agente consapevolmente ometta o ritardi l'atto, il che comporta: la conoscenza dell'obbligo di compiere un determinato atto; la conoscenza, nel caso di specie, del termine entro il quale tale atto deve essere compiuto; la consapevolezza che l'adempimento dell'obbligo non trova impedimento n IJ. I i:= I i:= @ i:= I PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE nella legge n nell'ordine dell'autorit superiore; la volont, non necessariamente diretta ad uno specifico scopo, e quindi pi esattamente qualificabile come coscienza, di violare l'obbligo omettendo di fornire la risposta nel termine fissato e ritardandola, nonostante il sollecito, indebitamente per alcuni mesi. Non appare fuor di luogo riportare di seguito la sostanza di alcune decisioni adottate al riguardo: per la sussistenza del reato previsto dall'art. 328 sufficiente il dolo generico (Cass., Sez. VI, 29 novembre 1%7, Guastadisegni) cio la coscienza e la volont di rifiutare, omettere e ritardare indebitamente l'atto che il pubblico ufficiale e l'incaricato di un pubblico servizio sapeva di dover compiere (cos MANZINI, trattato di Dir. Pen. Ital. ed ANTOLISEI, Manuale di Diritto Penale); in altre parole, occorre che il pubblico ufficiale non solo abbia la consapevolezza di omettere o ritardare un atto del proprio ufficio; ma abbia la consapevole volont, cos operando, di agire indebitamente, e cio in violazione dei doveri impostigli dall'ordinamento giuridico (Cass., Sez. VI, 21 febbraio 1968, 3 dicembre 1968, 14 gennaio 1969, 12 giugno 1969). Infine, e con particolare riferimento all'ipotesi di ritardo dell'atto, sufficiente che tale ritardo sia intenzionale e illegittimo (cio non trovi giustificazione nella legge e nelle disposizioni della pubblica autorit) a nulla rilevando che l'atto compiuto tardivamente, in seguito ad un qualsiasi impulso esterno, produca i suoi effetti (Cass., Sez. VI, gennaio 1967, Cicchirillo). Va anche tenuto conto degli elementi indicati dall'art. 133 Cod. pen., e tra l'altro delle modalit di previsione e del ritardo, della gravit del danno conseguente al reato, della intensit del dolo (sia pure inteso nei termini come sopra specificati: il Reali non tenne alcun conto n della prima richiesta, n del termine ivi indicato, n della seconda richiesta, sino a quando non apprese, presumibilmente, l'esistenza di un procedimento penale), pu essere inflitta nella misura di mesi uno, giorni quindici di reclusione, ed aumentata, per il disposto di cui all'art. 81 C.p.v. Cod. pen. a mesi due di reclusione. Le spese del processo vanno poste a carico del condannato, al quale peraltro, ricorrendone i presupposti indicati dal legislatore, possono concedersi i benefici di cui agli artt. 163 segg., 175 codice penale. (omissis) PARTE SECONDA LEGISLAZIONE I -NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI R.d. 12 luglio 1934, n. 1214, art. 86, primo comma. Sentenza 25 giugno 1980, n. 97, G. U. 2 luglio 1980, n. 180. 1egge lU agosto 1950, n. 648, art. 114, nella parte in cui prescrive, per la proposizione dei ricorsi in materia di pensioni, assegni o indennit di guerra, da parte degli aventi diritto, il termine perentorio di novanta giorni dalla data di notificazione o consegna del provvedimento impugnato. Sentenza 25 giugno 1980, n. 97, G. U. 2 luglio 1980, n. 180. d.P.R. 30 maggio 1955, n. 797, art. 3, primo comma, nella parte in cui non dispone che gli assegni . familiari, spettanti per i figli a carico, possano essere corrisposti in alternativa alla donna lavoratrice alle stesse condizioni e con gli stessi limiti previsti per il lavoratore. Sentenza 7 luglio 1980, n. 105, G. U. 116 luglio 1980, n. 194. d.P.R. 30 maggio 1955, n. 797, art. 6, nella parte in cui non dispone che gli assegni familiari spettanti per il coniuge a carico possano essere corrisposti alla moglie lavoratrice alle stesse condizioni previste per il marito lavoratore. Sentenza 7 luglio 1980, n. 105, G. U. 16 luglio 1980, n. 194. d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, art. 102, ultimo comma. Sentenza 23 luglio 1980, n. 121, G. U. 30 luglio 1980, n. 208. legge 18 marzo 1968, n. 313, art. 109, nella parte in cui prescrive, per la promozione di ricorsi in materia di pensioni, assegni o indennit di guerra, da parte degli aventi diritto, al termine perentorio di novanta giorni dalla data di notificazione o consegne del provvedimento impugnato. Sentenza 25 giugno 1980, n. 97, G. U. 2 luglio 1980, n. 180. legA}e,l.O dicembre 1971, n. 1204, art. 17, secondo comma, nella parte in cui non esclude dal computo dei sessanta giorni irmr1ectiatamente' antecedenti all'inizio del periodo di astensione obbligatorio dal lavoro l'assenza facoltativa non retribuita di cui la lavoratrice gestante abbia fruito in seguito ad una precedente maternit, ai sensi dell'art. 7, primo e secondo comma, della stessa legge. Sentenza 7 luglio 1980, n. 106, G. U. 16 luglio 1980, n. 194. legge 22 dicembre 1973, n. 841, art. 1, primo comma, nella parte in cui non assoggetta alla medesima proroga ivi prevista per i contratti gi prorogati con il d.l. 24 luglio 1973, n. 426, come nella legge 4 agosto 1973, n. 495, 108 RA$SEGN'A DELL'AWOCATURA DELLO STA'l'O i contratti aventi gli stessi requisiti ed egualmente in corso alla data di entrata in vigore di tale decreto, ma non prorogati per suo effetto in ragione della loro scadenza successiva al 31 gennaio 1974. Sentenza 16 luglio 1980, n. 110, G. U. 23 luglio 1980, n. 201. d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, art. 116. Sentenza 25 giugno 1980, n. 97, G. U. 2 luglio 1980, n. 180. II -QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE Codice civile, art. 155, terzo comma (artt. 3, primo comma, e 25, primo comma, della Costituzione). Sentenza 30 luglio 1980, n. 135, G. U. 6 agosto 1980, n. 215. codice penale, art. 164, secondo comma, n. 1, e ultimo comma (art. 3 della Costituzione). I . Sentenza 30 luglio 1980, n. 133, G. U. 6 agosto 1980, Il. 215. d.P.R. 15 dicembre 1959, n. 1.229, art. 34 (art. 40 della Costituzione). Sentenza 23 luglio 1980, n. 125, G. U. 30 luglio 1980, n. 208. legge 23 ottobre 1960, n. 1196, art. 74 (artt. 3 e 40 della Costituzione). Sentenza 23 luglio 1980, n. 125, G. U. 30 luglio 1980, n. 208. legge 26 febbraio 1963, n. 329, art. 2 (artt. 3 e 29 della Costituzione). Sentenza 7 luglio 1980, n. 105, G. U. 16 luglio 11980, n. 194. legge 2 aprile 1968, n. 482, art. 15, secondo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 30 luglio 1980, n. 140, G. U. 6 agosto 1980, n. 215. legge 26 novembre 1969, n. 833, art. 1 [modif. da d.I. 26 ottobre 1970, n. 745, art. 56, conv. in legge 18 dicembre 1970, n. 1034] (art. 3 della Costituzion). Sentenza 23 luglio 1980, n. 120, G. U. 30 luglio 1980, n. 208. legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 6 (artt. 2, 3, 13 e 41, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 25 giugno 1980, n. 99, G. U. 2 luglio 1980, n. 180. legge 30 dicembr.e 1971, .n. 1204, a.rtt. 15 e 1_6 (artt. 3,. primo e. s.econdo comma, 31, secondo comma, e 37, primo comma, della Costituzione). Sentenza 7 luglio 1980, n. 106, G. U. 16 luglio 1980, n. 194. PARTE' II, LEGISLAZIONE d.I. 5 novembre 1973, n. 660, artt. 2, lettera a) e 6 [conv. in Jegge 19 dicembre 1973, n. 823] (art. 3 della Costituzione). Sentenza 25 giugno 1980, n. 96, G. U. 2 luglio 1980, n. 180. d.I. 5 '.novembre 1973, n. 660, art. 6 [conv. con modif. in legge 19 di cembre 1973, n. 823] (artt. 3 e 53 della Costituzione). Sentenza 23 luglio 1980, n. 119, G. U. 30 luglio 1980, n. 208. d.I. 19 giugno 1974, n. 236, art. lbis, primo comma [conv. in legge 12 ago sto 1974, n. 3511 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 16 luglio 1980, n. 111, G. U. 23 luglio 1980, n. 201. d.I. 25 giugno 1975, n. 255, art. 1 [conv. in legge 31 luglio 1975, n. 363] (art. 3 della Costituzione). Sentenza 30 luglio 1980, n. 132, G. U. 6 agosto 1980, n. 215. legge 26 luglio 1975, n. 354, artt. 47, secondo comma, e 48, ultimo comma (artt. 3, primo e secondo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione). Sentenza 7 luglio 1980, n. 107, G. U. 16 luglio 1980, n. 194. legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 79, secondo comma [sost. da legge 12 gennaio 1977, n. 1, art. 121 (artt. 3 e 25, primo comma, della Costituzione). Sentenza 30 luglio 1980, n. 137, G. U. 6 agosto 1980, n. 215. d.I. 13 maggio 1976, n. 228, art. [conv. in legge 22 maggio 1976, n. 349] (art. 3 della Costituzione). Sentenza 30 luglio 1980, n. 132, G. U. 6 agosto 1980, n. 215. d.I. 11 ottobre 1976, n. 699, artt. 1, 2, 3 e 4 [conv. in legge 1 O no vembre 1976, n. 797] (artt. 3, 4, 36, 38, 39, 45 e 53 della Costituzione). Sentenza 30 luglio 1980, n. 142, G. U. 6 agosto 1980, n. 215. legge 10 dicembre 1976, n. 797 (artt. 1, 3, 4, 23, 36, 39 e 53 della Costituzione). Sentenza 30 luglio 1980, n. 141, G. U. 6 agosto 1980, n. 215. d.I. 23 dicembre 1976, n. 849, art. 1 [conv. in legge 21 febbraio 1977, n. 281 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 30 luglio 1980, n. 132, G. U. 6 agosto 1980, n. 215. d.I. 1 febbraio 1977, n. 12, artt. 1, 2 e 3 [conv. in legge' 31 marzo' 1977, n. 91 l (artt. 3, 4, 36, 38, 39, 45 e 53 della Costituzione). Sentenza 30 luglio 1980, n. 142, G. U. 6 agosto 1980, n. 215. 1.10 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d.I. 1 febbraio 1977, n. 12, artt. 1, 2, 4 e 6 [conv. in legge 31 marzo 1977. n. 91l (artt. l, 3, 4, 23, 36, 39 e 53 della Costituzione). Sentenza 30 luglio 1980, n. 141, G. V. 6 agosto 1980, n. 215. d.I. 17 giugno 1977, n. 326, art. 1, secondo comma [conv. in legge 8 ago sto 1977, n. 510] (art. 3 della Costituzione). Sentenza 30 luglio 1980, n. 132, G. V. 6 agosto 1980, n. 215. legge 8 agosto 1977, n. 513, artt. 27, secondo comma, e 28 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 23 luglio 1980, n. 122, G. V. 30 luglio 1980, n. 208. d.I. 28 ottobre 1977, n. 778, art. 1, secondo comma [conv. in legge 23 dicembre 1977, n. 928] (art. 3 della Costituzione). (Sentenza 30 luglio 1980, n.. 132, G. V. 6 agosto .1980, n. 215. d.I. 30 marzo 1978, n. 77, art. 1, secondo comma [conv. In legge 24 maggio 1978, n. 220] (art. 3 della Costituzione). Sentenza 30 luglio 1980, n. 132, G. V. 6 agosto 1980, n. 215. legge 26 maggio 1978, n. 215, art. 1, primo e terzo comma (artt. 1, 2, 3, 4 primo comma, 35, 36, primo comma, e 41. secondo comma, della Costituzione)'. Sentenza 30 luglio 1980, n. 143, G. V. 6 agosto 1980, n. 215. III -QUESTIONI PROPOSTE Codice civile art. 252, ultimo comma (artt. 2, 3 e 30 della Costituzione). Tribunale per i minorenni di Firenze, ordinanza 22 aprile 1977, n. 412/1980, G. V. 16 luglio 1980, n. 194. codice civile, art. 751 (artt. 3 e 42 della Costituzione). Tribunale di Napoli, ordinanza 7 gennaio 1980, n. 479, G. V. 17 settembre 1980, n. 256. codice civile, art. 1595 (art. 24 della Costituzione). Tribunale di Asti, ordinanza 30 aprile 1980, n. 579, G. V. 29 ottobre 1980, n. 298. codice civile, art. 1901, seco11do comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 15 febbraio 1980, n. 444, G. V. 6 agosto 1980, n. 215. PARTE II, LEGISLAZIONE codice civile, art. 1901, secondo e terzo comma (artt. 3 e 42, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 5 febbraio 1980, n. 480, G. U. 17 settembre 1980, n. 256. codice civile, art. 2096, terzo e quarto comma (artt. 3 e 36 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 21 febbraio 1980, n. 420, G. U. 3 settembre 1980, n. 242. codice civile, art. 2601 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 7 febbraio 1980, n. 477, G. U. 17 settembre 1980, n. 256. codice civile, artt. 2751 bis, n. 2, 2758, 2778, n. 7 (art. 53 della Costituzione). Giudice delegato del Tribunale di Reggio Emilia, ordinanza 14 maggio 1980, n. 521, G. U. 1 ottobre 1980, n. 270. codice civile, art. 2758 (art. 3 della Costituzione). Giudice delegato del Tribunale di Reggio Emilia, ordinanza 14 maggio 1980, n. 521, G. U. 1 ottobre 1980, n. 270. codice di procedura civile, art. 5 (artt. 25, primo comma, e 24, primo comma, della Costituzione). Pretore di Modena, ordinanza 28 maggio ,1980, n. 568, G. U. 22 ottobre 1980, n. 291. codice di procedura civile, art. 513, n. 3 (artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione). Corte d'appello de l'Aquila, ordinanza 2 maggio 1980, n. 461, G. U. 27 agosto 1980, n. 235. codice di procedura civile, art. 605, primo comma (art. 3 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 29 dicembre 1979, n. 562, G. U. 15 ottobre 1980, n. 284. codice penale, art. 222 (artt. 2, 3, primo comma, 27, terzo comma e 32 della Costituzione). Giudice istruttore del Tribunale di Milano, ordinanza 27 maggio 1980, n. 519, G. U. 24 settembre 1980, n. 263. codice penale, artt. 204, ultimo comma, 215 e 222 (artt. 3, 24 e 32 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 25 febbraio 1980, n. 367, G. U. 9 luglio 1980. n. 187. RASSEGNA DELL'AWOCATURA O.ELLO STATO codice penale, art. 366 (artt. 3, 8 e 19 della Costituzione). Pretore di Ragusa, ordinanza 27 marzo 1980, n. 463, G. U. 16 luglio 1980, n. 194. codice penale, art. 583, primo comma, n. 2 e secondo comma (artt. 3 e 24, della Costituzione). Pretore di Morbegno, ordinanza 15 maggio 1980, n. 498, G. U. 24 settebre 1980, n. 263. codice penale, art. 688 (artt. 3 e 32 della Costituzione). Tribunale di Como, ordinanza 10 marzo 1980, n. 515, G. U. 10 settembre 1980, n. 249. Pretore di Saronno, ordinanza 23 maggio 1980, n. 518, G. U. 17 settembre 1980, n. 256. codice di procdura penale, artt. 142 e 449 (artt. 2, parte prima, 8, 19, 2, 3, primo e secondo comma, seconda parte, 24, primo e secondo comma, 112 e intero titolo IV, parte II della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 19 maggio 1980, n. 508, G. U. 10 settembre 1980, n. 249. codice di procedura penale, art. 169, primo e quinto comma (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Piacenza, ordinanza 24 marzo 1980, n. 425, G. U. 16 luglio 1980, n. 194. codice di procedura penale, art. 323, ultimo comma (artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione). Tribunale di Torino, ordinanza 2 maggio 1980, n. 522, G. U. 1 ottobre 1980, n. 270. codice di procedura penale, art. 387 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 13 dicembre 1979, n. 469/1980, G. U. 3 settembre 1980, n. 242. codice di procedura penale, art. 449 (artt. 3, 8, e 19 della Costituzine). Pretore di Ragusa, ordinanza 27 marzo 1980, .n. 463, G. U. 16 luglio 1980, Il. 194. codice di procedura penale, art. 512, n. 2 (artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione). Corte di Cassazione, ordinanza 7 novembre 1979, n. 526/1980, G. U. 1 ottobre 1980, n. 270. codice penale militare di pace, art. 26 (art. 3 della Costituzione). Tribunale militare territoriale di Torino, ordinanza 19 marzo 1980, n. 361. G. U. 16 luglio 1980, n. 194. I I ~= 1: PARTI; II, I.pG,ISLAZIONE ;J.13 codice penale milit~re di pace, art. .189, pri~o comma (art. 3 della Costituzione). Tribumde militare territoriale di Padova, ordinanza 5 marzo 1980, n. 399, G. U. 16 luglio 1980, n. 194. codice di procedura militare penale, art. 189 (art. 3 della Costituzione). Tribunale militare territoriale di Padova, ordinanza 22 febbraio 1980, n. 338, G. U. 2 luglio 1980, n. 180. r.d. 17 novembre 1924, n. 2367, art. 130 (artt. 3 e 98 della Costituzione). Consiglio nazionale dei geometri, ordinanza 18 dicembre 1979, n. 342/1980, G. U. 2 luglio 1980; n. 180. Consiglio nazionale dei geometri, ordinanza 18 dicembre 1979, Il. 343/1980, G. U. i luglio 1980, n. 180. legge 5 luglio 1928, n. 1760, art. 11 (art. 24 della Costituzione). Pretore di Rho, ordinanza 20 settembre 1979, n. 560/1980, G. U. 8 ottobre 1980, Il. 277. legqe 7 gennaio 1929, n. 4, art. 21, ultimo comma (artt. 3 e 53 della Costituzione). Tribunale di Genova, ordinanza 10 marzo 1980, n. 499, G. U. 1 ottobre 1980, Il. 270. concordato 11 febbraio 1929 fra S. Sede e Stato Italiano art. 34, commi quarto, quinto e sesto immesso nell'ord. giur. italiano con legge 27 maggio 1929, n. 810, art. 1 e ripr. nella legge 27 maggio 1929, n. 847, art. 17l (artt. 2, 3, 7, 24, 25, 101, 102 e 29 della Costituzione). Corte di appello di Milano, ordinanza 25 gennaio 1980, n. 527, G. U. 1 ottobre 1980, n. 270. Corte d'appello di Milano, ordinanza 15 febbraio 1980, n. 419, G. U. 16 luglio 1980, n. 194. r.d. 30 ottobre 1930, n. 1731, art. 9 {art. 8, commi secondo e terzo, della Costituzione). Corte d'appello di Firenze, ordinanza 8 febbraio 1980, n. 374, ASO, G. U. 9 luglio 1980, n. 187. r.d. 8 gennaio 1931, n. 148, art. 10 Cmodif. da legge 24 luglio 1957, n. 633] (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 13 maggio 1980, n. 468, G. U. 20 agosto 1980, Il. 228. Pretore di Roma, ordinanza 18 aprile 1980, n. 429, G. U. 20 agosto 1980, n. 228. Pretore di Roma, ordinanza 18 aprile 1980, n. 452, G. U. 27 agosto 1980, n. 235. n. 235. 114 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO r.d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 62 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Cortina d'Ampezzo, ordinanza 24 aprile 1980, n. 571, G. U. 22 ottobre 1980, n. 291. r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736, art. 116 (art. 25, cpv., della Costituzione). Pretore di Omegna, ordinanza 29 maggio 1980, n. 491, G. U. 8 luglio 1980, n. 277. r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736, art. 116, n. 2 (artt. 25, secondo comma, 24, secondo comma, 13, 55 e seguenti, 70 e seguenti, 101 e seguenti, e 3 della Costituzione). Pretore di Nard, ordinanza 16 febbraio 1980, n. 445, G. U. 6 agosto 1980, n. 215. r.d. 27 luglio 1934, n. 1265, art. 260 (artt. 32, 21 e 33 della Costituzione). Pretore di Alba, ordinanza 14 aprile 1980, n. 456, G. U. 13 agosto 1980, n. 222. legge 1 marzo 1938, n. 141, art. 1 e 25 (art. 47 della Costituzione). Tribunale di Torino, ordinanza 20 febbraio 1980, n. 451, G. U. 6 agosto 1980, n. 215. legge 1 marzo 1938, n. 141, art. 25 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Torino, ordinanza 20 febbraio 1980, n. 451, G. U. 6 agosto 1980, n. 215. r.d.I. 19 gennaio 1939, n. 295, art. 2 (art. 3 della Costituzione). Consiglio di Stato, sezione IV giurisdizionale, ordinanza 11 gennaio 1980, n. 307, G. U. 2 luglio 1980, n. 180. r.d.I. 14 aprile 1939, n. 636, tabelle A e B (artt. 3, 36, 38 e 53 della Costituzione). Pretore di Brescia, ordinanza J.2 febbraio 1980, n. 317, G. U. 2 luglio 1980, n. 180. legge 1 giugno 1939, n. 1089, art. 21 (art. 42 della Costituzione). Tribunale di Catanzaro, ordinanza 26 maggio 1980, n. 402, G. U. 6 agosto 1980, n. 215. ~ ml: legge 3 giugno 1940, n. 1078, artt. 6 e 1 (artt. 24 e 3 della Costituzione). : I ~ Tribunale di Civitavecchia, ordinanza 17 giugno 1980, n. 565, G. U. 8 ottobre 1980, n. 277. >:= r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 20, 21, 22 (artt. 3, 36, 101, 104, 2 e 52 della 1:, ~: Costituzione). ;:: i:: Giudice conciliatore di Casavatore, ordinanza 24 novembre 1979, n. 438/1980, ~:: G. U. 16 luglio 1980, n. 194. I I I:= m ~~j ~~ PARTE II, LEGISLAZIONE 11f r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, artt. 21 e 24, secondo comma (artt. 3, 35, 101, 107 e 108 della Costituzione). Giudice conciliatore di Genova, ordinanza 17 marzo 1980, n. 341, G. U. 9 luglio 1980, n. 187. r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 34 (artt. 25, primo comma e 101, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Firenze, ordinanza 26 marzo 1980, n. 591, G. U. 29 ottobre 1980, n. 298. r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 201 (art. 24, primo comma, della Costituzione). Pretore di Bologna, ordinanza 24 maggio 1980, n. 500, G. U. 10 settembre 1980, n. 249. d.I. luogoten. 21 novembre 1945, n. 722, art. 3 (artt. 3, 29, secondo comma, e 37 della Costituzione). Corte dei Conti, sezioni riunite, ordinanza 23 gennaio 1980, n. 465, G. U. 20 agosto 1980, n. 228. d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, art. 1 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Firenze, ordinanza 21 aprile 1980, n. 414, G. U. 9 luglio 1980, n. 187. d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, art. 1 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Pozzuoli, ordinanza 7 marzo 1980, n. 352, G. U. 16 luglio 1980, n. 194. legge 8 aprile 1952, n. 212, art. 8 (artt. 3, 29, secondo comma, e 37 della Costituzione). Corte dei Conti, sezioni riunite, ordinanza 23 gennaio 1980, n. 465, G. U. 20 agosto ,1980, n. 228. legge 4 aprile 1952, n. 218, art. 15 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Parma, ordinanza 6 maggio 11980, n. 428, G. U. 23 luglio 1980, n. 201. legge prov. Bolzano 29 marzo 1954, 1n. 1, art. 30 [modif. da legge prov. Bol :zano 25 dicembre 1959, n. 10, art. 36] (artt. 3, 42 e 44 della Costituzione). Tribunale di Bolzano, ordinanza 21 marzo 1980, n. 520, G. U. 8 ottobre 1980, n. 277. legge 20 dicembre 1954, n. 1181, art. 7 (artt. 3 e 98 della Costituzione). Consiglio nazionale dei geometri, ordinanza 18 dicembre 1979, n. 342/1980, G. U. 2 luglio 1980, n. 180. Consiglio nazionale dei geometri, ordinanza 18 dicembre 1979, n. 342/1980, G. U. 2 luglio 1980, n. 180. 116 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d.P.R. 30 maggio 1955, n. 797, artt. 3 e 6 (artt. 3, 29, 37 e 38 della Costituzione). Pretore di Arezzo, ordinanza 8 aprile 1980, n. 373, G. U. 9 luglio 1980, n. 187. d.P.R. 19 marzo 1956, n. 303, art. 24 (artt. 3, 25 e 70 della Costituzione). Tribunale di Siena, ordinanza 29 aprile 1980, n. 448, G. U. 20 agosto 1980, n. 228. legge 14 ottobre 1957, n. 1203, art. 2 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Padova, ordinanza 20 maggio 11980, n. 504, G. U. 10 settembre 1980, n. 249. legge 3 aprile 1958, n. 460, art. 32, comma quarto (art. 3 della Costituzione). Corte dei Conti, sezione terza giurisdizionale, ordinanza 11 giugno 1979, n. 401/1980, G. U. 30 luglio 1980, n. 208. d.P.R. 15 luglio l959, n. 343, art. 80, c:ommi nono e tredic:eslmo [modlf. da legge 14 febbraio 1974, n. 62, art. 21 (art. 3, comma primo, della Costituzione). Pretore di Mestre, ordinanza 14 febbraio 1980, n. 561, G. U. 15 ottobre 1980, n. 284. d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 80, c:omml tredic:eslmo e qulndlc:eslmo, e 94 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Chieri, ordinanza 18 marzo 1980, n. 457, G. U. 3 settembre 11980, n. 242. d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 121 [modif. da legge 5 maggio 1976, n. 313, art. 51 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Avigliana, ordinanza 11 aprile 1980, n. 405, G. U. 6 agosto 1980, n. 215. Pretore di Bressanone, ordinanza 10 aprile 1980, n. 422, G. U. 16 luglio 1980, n. 194. Pretore di Pistoia, ordinanza 2 aprile 1980, n. 603, G. U. 8 ottobre 1980, n. 277. Tribunale di Potenza, ordinanza 19 maggio 1980, n. 663, G. U. 8 ottobre 1980, n. 277. Pretore di Iglesias, ordinanza 17 aprile 1980, n. 684, G. U. 8 ottobre 1980, n. 277. Tribunale di Sassari, ordinanza 25 febbraio 1980, n. 589, G. U. 8 ottobre 1980, n. 277. Tribunale di Napoli, ordinanza 11 febbraio 1980, n. 611, G. U. 8 ottobre 1980, n. 277. Tribunale di Potenza, ordinanza 14 luglio 1980, n. 705, G. U. 8 ottobre 1980, n. 277. PARTE II, LEGISLAZIONE d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 121 [modif. da legge 5 maggio 1976, n. 313, art. 5J (artt. 3 e 27 della Costituzione). Tribunale di Treviso, ordinanza 23 aprile 1980, n. 404, G. U. 6 agosto 1980, n. 215. d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 121 [modif. da legge 5 maggio 1976, n. 313, art. 5] (artt. 3 e 27, primo e terzo comma, dela Costituzione. Tribunale di Pisa, ordinanza 6 febbraio 1980, n. 581, G. V. 8 ottobre 1980, n. 277. d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 121, terzo comma [modif. da legge 5 mag gio 1976, n. 313, art. 5] ((art. 3, primo comma, della Costituzione). Pretore di Finale Ligure, ordinanza 25 settembre 1979, n. 450/1980, G. U. 13 agosto 1980, n. 222. d.P.R. 15 giugno 1959, n. 3.93, art. 121, terzo comma [modif. da legge 5 maggio 1976, n. 313, art. 5] (artt. 3, primo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione). Pretore di Palma di Montechiaro, ordinanza 23 gennaio 1980 ,n. 590, G. U. 8 ottobre 1980, n. 277. Pretore di Voltri, ordinanze (trentuno) 14 dicembre 1979, nn. da 612 a 642/ 1980, G. U. 8 ottobre 1980, n. 2~7. d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 121; terzo comma [modif. da legge 5 mag gio 1976, n. ? art. 5] (artt. 3 e, 27 della Costituzione). Pretore di Belluno, ordinanza 5 febbraio 1980, n. 403, G. U. 27 agosto 1980, n. 235. d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 121, comma terzo, quqrta ipotesi (art. 3 della Costituzione). Pretore di Iglesias, ordinanze (due) 21 febbraio 1980, nn. 417 e 418, G. V. 16 luglio 1980, n. 194. Pretore di Iglesias, ordinanze (due) 13 marzo e 21 febbraio 1980, nn. 426 e 427, G. V. 13 agosto 1980, n. 222. legge 23 ottobre 1960, n. 1349, artt. 1 e 2 (artt. 3 della Costituzione). Pretore di Chiusa, ordinanza 18 aprile 1980, n. 432, G. V. 30 luglio 1980, n. 208. d.p. giunta provinciale di Bolzano 7 febbraio 1962, n. 8, art. 30 (artt. 3, 42 e 44 della Costituzione). Tribunale di Bolzano, ordinanza 21 marzo 1980, n. 520, G. U. 8 ottobre 1980, n. 277. legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 2 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Reggio Emilia, ordinanza 27 febbraio 1980, n. 494, G. U. 1 ottobre 1980, n. 270. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 2, secondo comma, leHera a) (art. 3 della Costituzione). Pretore di Bari, ordinanza 25 marzo 1980, n. 337, G. U. 2 luglio 1980, n. 180. Pretore di Lanciano, ordinanza 8 maggio 1980, n. 435, G.U. 16 luglio 1980, n. 194. Pretore di Lanciano, ordinanza 8 maggio 1940, n. 434, G. U. 23 luglio 1980, n. 201. Pretore di Bergamo, ordinanza 2 maggio 1980, n. 516, G. U. 17 settembre 1980, n. 256. legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 2, comma secondo, lettera a) (artt. 3, 5 e 38 della Costituzione). Tribunale di Salerno, ordinanza 29 aprile 1980,. n. 578, G. U. 29 ottobre 1980, n. 298. tegge 18 agosto 1962, n. 1357, art. 23, comma quarto (artt. 3, 38, comma secondo e 29, comma secondo, della Costituzione). Pretore di Genova, ordinanza 8 gennaio 1980, n. 377, G. U. 23 luglio 1980, n. 201. d.P.R. 7 ottobre 1963, n. 1525, art. unico, n. 51 (artt. 3 e 33 della Costi tuzione). Tribunale di Avellino, ordinanza 13 maggio 1980, n. 471, G. U. 13 agosto 1980, n. 222. d.I. 23 ottobre 1964, n. 989, tabella A, punto 4, lettera HJ e punto 3, lettera IJ [conv. in le9ge 18 dicembre 1964, n. 1350] (artt. 3, primo comma e 32, primo comma, della Costituzione). Tribunale di Genova, ordinanze (tre) 21 aprile 1980, nn. 487, 488 e 489, G. U. 24 settembre 1980, n. 263. d.P.R. 12 febbraio 1965, n. 162, art. 76 (art. 3 della Costituzione). Corte di appello di Bologna, ordinanza 20 maggio 1980, n. 476, G. U. 3 set tembre 1980, n. 242. Corte di appello di Torino, ordinanza 7 maggio 1980, n. 492, G. U. 24 settembre 1980, n. 263. Corte di appello di Lecce, ordinanza 13 maggio 1980, n. 564, G. U. 15 ottobre 1980, n. 284. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 1, n. 22 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Bologna, ordinanza 23 aprile 1980, n. 398, G. U. 30 luglio 1980, n. 208. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 3 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Macerata, ordinanza 29 maggio 1980, n. 573, G. U. 22 ottobre 1980, n. ,291. PARTE II, LEGISLAZIONE 11!f d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 145 (artt. 3 e 38 della Costituzione). Tribunale di L'Aquila, ordinanza 4 giugno 1980, n. 563, G. U. 22 ottobre 1980, n. 291. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 211 (artt. 3 e 38 della Costituzione). Pretore di Reggio Emilia, ordinanza 20 febbraio 1980, n. 411, G. U. 16 luglio 1980, n. 194. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 213, primo comma (artt. 3, primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Ancona, ordinanza 27 febbraio 1980, n. 365, G. U. 9 luglio 1980, n. 187. legge 4 febbraio 1966, n. 51, art. 3 (artt. 32, 21 e 33 della Costituziorte). Pretore di Alba, ordinanza 14 aprile 1980, n. 456, G. U. 13 agosto 1980, n. 222. legge 15 luglio 1966, n. 604, art. 11 (artt. 3, primo e secondo comma, 21-. primo e secondo comma, 35, secondo comma, 37, primo comma e 38, secondo comma della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 9 maggio 1980, n. 509, G. U. 1 ottobre 1980, n. 270. legge 15 lug.lio 1966, n. 604, artt. 11 e 18 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Sal, ordinanza 21 giugno 1980, n. 592, G. U. 29 ottobre 1980, n. 298. legge 6 agosto 1967, n. 765, artt. 31 e 41 (artt. 3, 79, 83 e seguenti, 101 e seguenti; 42, primo, secondo eterzo comma, della Costituzione). Pretore di Nard, ordinanza 22 febbraio 1980, n. 505, G. U. 17 settembre 1980, n. 256. legge 12 febbraio 1968, n. 132, art. 40, ultimo comma (art. 39, primo e quarto comma, della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, ordinanza 11 dicembre 1979, n. 459/1980, G. U. 6 agosto 1980, n. 215. legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 2, primo comma (artt. 3, primo comma, e 36, primo comma, della Costituzione). Pretore di Modena, ordinanza 17 marzo 1980, n. 413, G. U. 6 agosto 1980 n. 215. legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 2, lettera C> (artt. 36, comma primo, e 3, comma primo, della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale della Liguria, ordinanze (due) 22 novembre 1979, nn. 439 e 440/1980, G. U. 6 agosto 1980, n. 215. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 3, secondo comma, lettera b) (art. 3 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 16 aprile 1980, n. 372, G. U. 9 luglio 1980, n. 187. legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 3, comma secondo, lettera b) (art. 3, primo comma, della Costituzione). Pretore di Santa Maria Capua Vetere, ordinanza 6 maggio .1980, n. 546, G. U. 15 ottobre 1980, n. 284. legge 20 marzo 1968, n. 419, art. 3 (artt. 32, 21 e 33 della Costituzione). Pretore di Alba, ordinanza 14 aprile 1980, n. 456, G. U. 13 agosto 1980, n. 222. d.P.R. 27 aprile 1968, n. 488, art. 5 (artt. 3, 36, 38 e 53 della Costi tuzione). Pretore di Brescia, ordinanza 12 febbraio 1980, n. 317, G. U. 2 luglio 1980, n. 180. d.P.R. 29 marzo 1969, n. 130, art. 33 (art. 39, primo e quarto comma, della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, ordinanza 11 dicembre 1979, n. 459/1980, G. U. 6 agosto 1980, n. 215. legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 23 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Reggio Emilia, ordinanza 27 febbraio 1980, n. 494, G. U. 1 ot tobre 1980, n. 270. legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 23 (artt. 3, 5 e 38 della Costituzione). Tribunale di Salerno, ordinanza 29 aprile 1980, n. 578, G. U. 29 ottobre 1980, n. 298. legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 14, sesto comma (art. 3, 36, 38 e 53 della Costituzione). Pretore di Brescia, ordinanza 12 fbbraio 1980, n. 317, G. U. 2 luglio 1980, n. 180. legge 3o aprile 1969, n. 153, art. 24, ultimo comma, (art. 3 della Costi tuzione). ~orte di cassazione, ordinanza 4 dicembre 1979, n. 400/1980, G. U. 6 agos~ 1980, n. 215. legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 28, terzo comma [modif. da legge 8 no vembre 1977, n. 847l (artt. 25, primo comma e 101, secondo comma, della Costi tuzione). Pretore di Firenze, ordinanza 26 marzo 1980, n. 591, G. U. 29 ottobre 1980, n. 298. PARTE II, LEGISLAZIONE 12'1. legge 20 maggio 1970, n. 300, art+. 35 e 18 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Sal, ordinanza 21 giugno 1980, n. 592, G. U. 29 ottobre 1980, n. 298. d.P.R. 31 dicembre 1971, n. 1432, art. 14 (artt. 3, comma primo e 38, comma secondo, della Costituzione). Tribunale di Parma, ordinanza 25 giugno 1980, n. 677, G. U. 24 settembre 1980, n. 263. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 21 (artt. 3, 76 e 97 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Roma, ordinanza 21 novembre 1979, n. 329/1980, G. U. 2 luglio 1980, n. 180. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 44 (art. 3 e 24 della Costituzione). Commissione tributaria centrale, ordinanza 21 febbraio 1980, n. 493, G. U. 24 settembre 1980, n. 263. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 44 {art. 24 della Costituzione). Commissione tributria di primo grado di Pescara, ordinanze (due) 24 marzo 1979, n. 558 e 559/1980, G. U. 8 ottobre 1980, n. 277. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637, art. 13, terzo e quarto c:omma (art. 53 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Rovigo, ordinanza 6 marzo 1980, n. 446, G. U. 6 agosto 1980, n. 215 d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 332 (art. 3 della Costituzione). Giudice istruttore presso il tribunale di Napoli, ordinanza 5 maggio 1980, n. 467, G. U. 6 agosto 1980, n. 215. legge 30 luglio 1973, n. 477, art. 15, c:ommi I e lii (artt. 3, comma primo, 35 e 38, comma secondo, della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale della Calabria, ordinanza 16 gennaio 1980, n. 397, G. U. 30 luglio 1980, n. 208. legge reg. Abruzzo 2 agosto 1973, n. 32, art. 1, 2, 39, 72 e 75 (artt. 3, 36, 97 e 117 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo, ordinanze (sette) 22 marzo 1978, nn. 380, 381, 382, 383, 384, 385 e 386) 1980, G. U. 16 luglio 1980, n. 194. Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo, ordinanze (sette) 8 marzo 1978, nn. 387, 388, 389, 390, 391, 392 e 393/1980, G. U. 23 luglio 1980, n. 201. Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo, ordinanze (Tre) 7 giugno 1978, n. 394, 395 e 396/1980, G. U. 30 luglio 1980, n. 208. 122 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 7 (artt. 3, 24 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Padova, ordinanza 28 settembre 1979, n. 437/1980, G. U. 3 settembre 1980, n. 242. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 10/c [modif. da leg9e 13 aprile 1977, n. 114, art. 51 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Lucera, ordinanza 4 marzo 1980, n. 496, G. U. 24 settembre 1980, n. 263. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599, art. 3 (artt. 53 e 77 della Costituzione. Commissione tributaria di secondo grado di Milano, ordinanza 25 giugno 1979, n. 430/1980, G. U. 16 luglio 1980, n. 194. Commissione tributaria di secondo grado di Milano, ordinanza 25 giugno 1979, n. 462, G. U 27 agosto 1980, n 235 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36 bis (artt 3, 24, 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Padova, ordinanza 28 settembre 1979, n. 437/1980, G. U. 3 settembre -1980, n. 242. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, artt. 11, sesto comma e 39 (artt. 24, 53 e 113 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Sanremo, ordinanza 6 luglio 1977, n. 378/1980, G. U. 30 luglio 1980, n. 208. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, artt. 37 e 38 (art. 3 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Udine, ordinanza 7 maggio 1980, n. 569, G. U. 22 ottobre 1980, n. 291. d.I. 1 ottobre 1973, n. 580, art. 3 [conv. con mod. in legge 30 novembre 1933, n. 7661 (artt. 3, primo comma, 97, primo e terzo comma, e 33 della Costituzione). Corte Costituzionale, ordinanza 18 giugno )980, n. 501, G. U. 9 luglio .1980, n. 187. legge 27 ottobre 1973, n. 628 (art. 3, primo comma, della Costituzione). Corte dei Conti, sezione quarta giurisdizionale, ordinanza 29 novembre 1979, n; 442/1980, G. U. 16 luglio 1980, n. 194. legge 18 dicembre 1973, n. 836, art. 27 (artt. 36 e 3 della Costituzione). Corte dei Conti, sezioni riunite, ordinanze 20 febbraio 1980, n. 464, G. U. 13 agosto 1980, n. 222. PARTE Il, LEGISLAZIONE legge 18 dicembre 1973, n. 877, (artt. 70, 72 e 73 della Costituzione). Pretore di Monsummano Terme, ordinanza 5 marzo 1980, n. 447, G. U. 6 agosto 1980, n. 215. Pretore di Monsummano Terme, ordinanza 10 marzo 1980, n. 379, G. U. 13 agosto 1980, n. 222. Corte di Cassazione, ordinanza, 14 aprile 1980, n. 417, G. U. 3 settembre 1980, n. 242. Pretore di Monsummano Terme, ordinanza 13 maggio 1980, n. 566, G. U. 15 ottobre 1980, n. 284. legge 18 dicembre 1973, n. 877 (artt. 27, 70, 72 e 73 della Costituzione). Pretore di Pistoia, ordinanza 18 febbraio 1980, n. 601, G. U. 29 ottobre 1980, n. 298. d.P.R. 31 maggio 1974, n. 417, art. 92, settimo comma (artt. 3 e 98 della Costituzione). Consiglio nazionale dei geometri, ordinanza 18 dicembre 1979, n. 342/ 1980, G. U. 2 luglio 1980, n. 180. Consiglio nazionale dei geometri, ordinanza 18 dicembre 1979, n. 343/ 1980, G. U. 2 luglio 1980, n. 180. d.I. 8 luglio 1974, n. 261, art. 6 Cconv. in legge 14 agosto 1974, n. 3533 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Caltanissetta, ordinanza 18 aprile 1980, n. 517, G. U. 10 settembre 1980, n. 249. d.I. 8 luglio 1974, n. 264, art. 7 (art. 39 della Costituzione). Tribunale amministrativo per la Lombardia, sezione staccata di Brescia, ordinanza 20 dicembre 1979, n. 580/1980, G. U. 29 ottobre 1980, n. 298. legge 12 agosto 1974, n. 351, art. 2 bis, primo comma (art. 3, comma primo, della Costituzione). Tribunale di Salerno, ordinanza 11 aprile 1980, n. 577, G. U. 29 ottobre 1980, n. 298. legge 17 agosto 1974, n. 386, art. 7, terzo comma (art. 39, primo e quarto comma, della Costituzione). Tribunale amministrativo per il Piemonte, ordinanza 11 dicembre 1979, n. 459/1980, G. U. 6 agosto 1980, n. 215. legge reg. Lazio 17 agosto 1974, n. 41, artt. 8, 13 (art. 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione staccata di Latina, ordinanza 9 novembre 1979, n. 431/1980, G. U. 23 luglio 1980, n. 201: 124 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 14 ottobre 1974, n. 497, artt. 14 e 10 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Teramo, ordinanza 5 maggio 1980, n. 524, G. U. 1 ottobre 1980, n. 270. Tribunale di Roma, ordinanza 28 maggio 1980, n. 525, G. U. 1 ottobre 1980, n. 270. legge 18 aprile 1975, n. 11 O, art. 2, comma terzo (artt. 3, 25, comma secondo e 101 della Costituzione. Tribunale di Milano, ordinanza 23 aprile 1980, n. 490, G. U. 24 settembre 1980, n. 263. legge 18 aprile 1975, n. 110, art. 2, comma terzo (artt. 70 e 25, comma secondo, della Costituzione). Tribunale di Ivrea, ordinanza 13 maggio 1980, n. 443, G. U. 20 agosto 1980, n. 228. legge 18 aprile 1975, ri. 110, art. 19 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Brescia, ordinanza 5 febbraio 1980, n. 416, G. U. 9 luglio 1980, n. 187. legge 3 giugno 1975, n. 160, artt. 2 e 9 (artt. 3 e 38 della Costituzione). Pretore di Ferrara, ordinanza 20 maggio 1980, n. 495, G. U. 24 settembre 1980, n. 263. legge 3 giugno 1975, n. 160, art. 27, terzo comma (artt. 3, 36, 38 e 53 della Costituzione). Pretore di Brescia, ordinanza 12 febbraio 1980, n. 317, G. U. 2 luglio 1980, n. 180. legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 48, comma terzo. Sezione di sorveglianza per il distretto della Corte d'appello di Genova, ordinanza 20 febbraio 1980, n. 311, G. U. 2 luglio 1980, n. 180. legge 29 luglio 1975, n. 426, art. 5 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Giudice delegato del Tribunale di Reggio Emilia, ordinanza 14 maggio 1980, n. 521, G. U. 1 ottobre 1980, n. 270. legge 29 aprile 1976, n. 177, art. 7, primo comma (art. 3, primo comma, della Costituzione). Pretore di Modena, ordinanza 17 marzo 1980, n. 413, G. U. 6 agosto 1980, n. 215. legge 5 maggio 1976, n. 313, art. 5 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Adria, ordinanza 15 aprile 1980, n. 436, G. U. 23 luglio . 1980, n. 201. PARTE II, LEGISLAZIONE 12f Pretore di Treviglio, ordinanza 26 marzo 11980, n. 466, G. U. 3 settembre 1980, n. 242. Pretore di Caserta, ordinanza 20 maggio 1980, n. 610, G. U. 8 ottobre 1980, n. rn. legge 5 maggio 1976, n. 313, art. 5 (artt. 3 e 10 della Costituzione). Pretore di Belluno, ordinanza 29 gennaio 1980, n. 406, G. U. 30 luglio 1980, n. 208. legge 5 maggio 1976, n. 313, art. 5 (artt. 3 e 27 della Costituzione). Pretore di Feltre, ordinanze (due) 31 gennaio 1980, nn. 545 e 455, G. U. 13 agosto 1980, n. 222. legge 5 maggio 1976, n. 313, art. 5 (artt. 3 e 27, terzo comma, della Costi tuzione). ' ' Pretore di Cervignano del Friuli, ordinanze (dieci) 26 gennaio 1980, nn. da 547 a 556, C. U. 8 ottobre 1980, nn. 277. legge 1 O mag9io 1976, n. 319, art. 25 (art. 27 della Costituzione). Tribunale di Como, ordinanza 3 marzo 1980, n. 345, G. U. 2 luglio 1980, n. 180. Tribunale di Como, ordinanza 11 febbraio 1980, n. 344, G. U. 16 luglio 1980, n. 194. Tribunale di Como, ordinanza 3 marzo 1980, n. 399, G. U. 30 luglio 1980, n. 208. Tribunale di Como, ordinanza 7 febbraio 1980, n. 433, G. U. 13 agosto 1980, n. 222. Tribunale di Como, ordinanze (cinque) 10 marzo, 26 marzo e 27 marzo 1980, nn. da 510 514, G. U. 1 ottobre 1980, n. 270. leg9e 10 maggio 1976, n. 319, artt. 15, 21, 25 e 26 (artt. 2, 3, 9, comma secondo, e 32 della Costituzione). Corte di Cassazione, ordinanza 25 ottobre 1979, n. 497/1980, G. U. 24 settembre 1980, n. 263. legge re9. Lombardia 20 agosto 1976, n. 28, art. 13, ultimo comma (art. 117 della Costituzione). Tribunale di Sondrio, ordinanza 12 febbraio 1980, n. 331, G. U. 2 luglio 1980, n. 180. legge 12 novembre 1976, n. 751, artt. 1, ultimo comma, e 3, ultimo comma (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria' di primo grado di Lanciano, ordinanza 12 febbraio 1980, n. 486, G. U. 24 settembre 1980, n. 263. Commissione tributaria di primo grado di Lanciano, ordinanza 20 marzo 1980, n. 485, G. U. 24 settembre 1980, n. 263. 126 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO legge 12 novembre 1976, n. 751, artt. 4 e 5 (artt. 3, 31 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Genova, ordinanza 2 maggio 1979, n. 424/1980, G. U. 16 luglio 1980, n. 194. Commissione tributaria di secondo grado di Genova, ordinanza 2 maggio 1979, n, 423/1980, G. U. 16 luglio 1980, n. 194. legge 28 gennaio 1977, n. 1O, artt. 1 e 17 (art. 42 della Costituzione), Pretore di Firenze, ordinanza 21 aprile 1980, n. 414, G. U. 9 luglio 1980, n. 187. legge 28 gennaio 1977, n. 1O, artt. 5 e 17 (artt. 3, 79, 83 e seguenti, 101 e seguenti, 42 primo, secondo e terzo comma, della Costituzione). Pretore di Nard, ordinanza 22 febbraio 1980, n. 505, G. U. 17 settembre 1980, n. 256. legge 28 gennaio 1977, n. 10, art. 17, lettera bJ (artt. 42 e 43 della Costituzione). Pretore di Trecastagni, ordinanze (diciassette) 1, 11, 15, 22, 29 febbraio e 14 marzo 1980, nn. da 528 a 544, G. U. 1 ottobre 1980, n. 270. legge 13 aprile 1977, n. 114, art. 5 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Pisa, ordinanze (due) 20 marzo 1980, nn. 582 e 583, G. U. 29 ottobre 1980, n. 298. legge 29 giugno 1977, n. 349, art. 8 (artt. 39 e 18 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 29 ottobre 1979, n. 570/1980, G. U. 15 ottobre 1980, n. 284. legge 29 giugno 1977, n. 349, art. 9, secondo comma, n. 6 (artt. 3, 32 e 36 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 29 ottobre 1979, n. 570/1980, G. U. 15 ottobre 1980, n. 284. legge 29 giugno 1977, n. 349, art. 11, secondo comma, primo periodo (art. 23 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 29 ottobre 1979, n. 570/1980, G. U. 15 ottobre 1980, n. 284. legge 8 agosto 1977, n. 513, artt. 27, secondo comma, e 28 (artt. 3 e 47 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanze (due) 10 gennaio e 14 febbraio 1980, n. 506 e 507, G. U. 10 setembre 1980, n. 249. legge 25 ottobre 1977, n. 808, art. 11, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia Romagna, sezione di Parma, ordinanza 20 maggio 1980, n. 584, G. U. 29 ottobre 1980, n. 298. PARTE II, LEGISLAZIONE legge reg. Piemonte 5 dicembre 1977, n. 56, art. 56 (artt. 25, secondo comma, e 117 della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 10 aprile 1980, n. 572, G. U. 22 ottobre 1980, Il. 291. leg9e reg. Piemonte 5 dicembre 1977, n. 56, art. 72, primo comma (artt. 121 e 123 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, ordinanza 22 gennaio 1980, n. 40, G. U. 13 agosto 1980, n. 222. legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 4 (artt. 3 e 5 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo, ordinanza 30 luglio 1979, n. 332/1980, G. U. 9 luglio 1980, n. 187. legge 3 gennaio 1978, n. 1, artt. 1, primo comma, e 3 (art. 97 della Costi tuzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione staccata di Latina, ordinanza 9 novembre 1979, n. 431/1980, G. U. 23 luglio 1980, n. 201. legge 1 O maggio 1978, n. 176, art. 1, primo e secondo comma (artt. 3, 42, 44 e 136 della Costituzione). Corte d'appello di Genova, ordinanza 23 gennaio 1980, n. 410, G. U. 30 luglio 1980, n. 208. legge 5 luglio 1978, n. 457, art. 52 (artt. 3 e 47 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanze (due) 10 gennaio e 14 febbraio 1980, n. 506 e 507, G. U. 10 settembre 1980, n. 249. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 41 (artt. 3, 35, primo comma, della Costi tuzione). Tribunale di Bassano del Grappa, ordinanza 6 giugno 1980, n. 585, G. U. 22 ottobre 1980, n. 291. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 56 (artt. 24, 25, 47 e 1101 della Costitu zione). Giudice conciliatore di Casavatore, ordinanza 24 novembre 1979, n. 438/1980, G. U. 16 luglio 1980, n. 194. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 59 (artt. 3 e 47 della Costituzione). Giudice conciliatore di Casavatore, ordinanza 24 novembre 1979, n. 438/1980, G. U. 16 luglio 1980, n. 194. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 59, primo comma, n. 1 (artt. 3, commi primo, prima e seconda parte, e secondo, e 2 della Costituzione). Giudice conciliatore di Trieste, ordinanza 21 aprile 1980, n. 366, G. U. 27 agosto 1980, n. 235. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 59, n. 1J e penultimo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Andria, ordinanza 29 aprile 1980, n. 449, G. U. 13 agosto 1980, n. 222. 128 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 59, n. 6 e 29 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Giudice conciliatore di Lanciano, ordinanza 1 aprile 1980, n. 371, G. U. 9 luglio 1980, n. 187. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 73 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Bassano del Grappa, ordinanza 22 ottobre 1980, n. 585, G. U. 22 ottobre 1980, n. 291. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 73 e 29, lettera b)} (art. 3 della Costituzione. Pretore di Bergamo, ordinanza 28 maggio 1980, n. 502, G. U. 3 settembre 1980, n. 242. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 73, 29 e 59 (artt. 3 e 42 della Costituzione). Giudice conciliatore di Cuneo, ordinanza 9 maggio 1980, n. 523, G. U. 1 ottobre 1980, n. 270. d.P. giunta provinciale di Bolzano 18 dicembre 1978, n. 32, art. 29 (artt. 3, 42 e 44 della Costituzione). Tribunale di Bolzano, ordinanza 21 marzo 1980, n. 520, G. U. 8 ottobre 1980, n. 277. legge reg. siciliana 27 dicembre 1978, n. 71, art. 36 (art. 42 della Costituzione). Pretore di Firenze, ordinanza 21 aprile 1980, n.-414, G. U. 9 luglio 1980, n. 187. legge reg. Lombardia 31 luglio 1978, n. 47, art. 42, n. 1 (art. 117 della Costituzione). Tribunale di Sondrio, ordinanza 12 febbraio 1980, n. 31, G. U. 2 luglio 1980, n. 180. d.P.R. 4 agosto 1978, n. 413, art. 2 (artt. 3 e 24, cpv, della Costituzione). Pretore di Belluno, ordinanza 26 febbraio 1980, n. 407, G. U. 10 settebre 1980, n. 249. d.P.R. 4 agosto 1978, n. 413, art. 2, lettera aJ (artt. 3 e 24, secondo comma della Costituzione). Pretore di San Don di Piave, ordinanza 2 aprile 1980, n. 478, G. U. 17 set f: tembre 1980, n. 256. ~ 1f d.P.R. 4 agosto 1978, n. 413, art. 2, lettera cl (artt. 3, 79, 83 e seguenti, 101 e seguenti, 42, primo, secondo e terzo comma, della Costituzione). ~; i Pretore di Nard, ordinanza 22 febbraio 1980, n. 505, G. U. 17 settembre 1980, ~-' n. 256. ,,i I ~~ PARTE II, LEGISLAZIONE legge reg. Piemonte 22 novembre 1978, n. 69, art. 3, ultimo comma (art. 128 della Costituzione). Tribunale amministrativo per il Piemonte, ordinanza 4 dicembre 1979, n. 458 1980, G. U. 13 agosto 11980, n. 222. legge 21 dicembre 1978, n. 843, art. 20 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Parma, ordinanza 6 maggio 1980, n. 428, G. U. 23 luglio 1980, n. 201. d.P.R. 29 gennaio 1979, n. 24, art. 3, quarto comma (artt. 76, 25 e 3 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Trento, ordinanza 13 marzo 1980, n. 441, G. U. 6 agosto 1980, n. 215. d.P.R. 29 gennaio 1979, n. 24, art. 58, quarto comma (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione Tributaria di secondo grado di Matera, ordinanza 13 novembre 1979, n. 567, G. U. 15 ottobre 1980, n. 284. d.P.R. 31 marzo 1979, n. 74, art. 8 (artt. 3, 23 e 24 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Alessandria, ordinanza 12 marzo 1980, n. 503, G:U. 10 settembre 1980, n. 249. legge 23 novembre 1979, n. 595 (artt. 3, 42, 44 e 136 della Costituzione). Corte d'appello di Genova, ordinanza 23 gennaio 1980, n. 410, G. U. 30 luglio 1980, n. 208. d.I. 15 dicembre 1979, n. 625, art. 11 [modif. da legge 6 febbraio 1980, n. 15] (artt. 3, primo comma, 13, primo, secondo e quinto comma, 25, secondo comma, e 27, secondo comma, della Costituzione). Giudice istruttore del tribunale di Padova, ordinanza 3 maggio ~980, n. 453, G. U. 6 agosto 1980, n. 215. legge reg. Lazio 12 febbraio 1980, riapp. il 2.2 aprile 1980 (artt. 117, 3, 97 e 119 della Costituzione). Presidente del Consiglio dei Ministri, ricorso 4 luglio 1980, n. 14, G. U. 16 luglio 1980, n. 194. legge 20 marzo 1980, n. 75, artt. 3, ultimo comma e 6, secondo comma (artt. 3, 24, 38 e 104 della Costituzione). Tribunale di Avellino, ordinanza (quattro) 29 aprile 1980, nn. 472, 473, 474 e 475, G. U. agosto 1980, n. 215. legge 20 marzo 1980, n. 75, art. 6, primo comma (artt. 3, primo comma, e 24, primo comma, della Costituzione). Pretore di Modena, ordinanza 28 maggio 1980, n. 568, G. U. 22 ottobre 1980, n. 291. 130 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO legge 20 marzo 1980, n. 75, art. 6, primo comma (art. 25, primo comma, della Costituzione). Pretore di Livorno, ordinanze (tre) 12 maggio 1980, nn. 574, 575 e 576, G. U. 29 ottobre 1980, n. 298. legge 20 marzo 1980, n. 75, art. 6, primo e secondo comma (artt. 3, 24 e 1.13 della Costituzione). Pretore di Bologna, ordinanza 23 aprile 1980, n. 421, G. U. 16 luglio 1980, n. 194. legge 20 marzo 1980, n. 75, art. 6, secondo comma (artt. 3, 24, primo comma, 38 e 102, primo comma, della Costituzione). Pretore di Siena, ordinanze (quattro) 2 maggio 1980, nn. da 481 a 484, G. U. 17 settembre 1980, n. 256. legge 20 marzo 1980, n. 75, art. 6, secondo comma (art. 3, primo comma, 38, primo e secondo comma, 24, primo e secondo comma, e 102, primo comma, della Costituzione). Pretore di Santa Maria Capua Vetere, ordinanza 31 marzo 1980, n. 545, G. U. 8 ottobre 1980, n. 277. Pretore di Benevento, ordinanza 20 giugno 1980, n. 557, G. U. 8 luglio 1980, n. 277. d.I. 9 luglio 1980, n. 301, artt. 54 e 55 (artt. 1 e seguenti, 7 e seguenti, 3, lettera a) dello Statuto della regione Sardegna). Presidente della regione autonoma della Sardegna, ricorso 8 agosto 1980, n. 15, G. U. 3 settembre 1980, n. 242. legge reg. Friuli-Venezia Giulia 23 luglio 1980, riapp. il 16 settembre 1980 (art. 97 della Costituzione e artt. 5, n. 4 dello Statuto speciale regione FriuliVenezia Giulia). Presidente del Consiglio dei Ministri, ricorso 13 ottobre 1980, n. 21, G. U. 22 ottobre 1980, n. 291. legge reg. Sicilia 31 luglio 1980, artt. 9, lettera a) e b), e 48 (artt. 65, 51 e 97 della Costituzione). Commissario dello Stato per la regione Sicilia, ricorso 8 agosto 1980, n. 16, G. U. 3 settembre .1980, n. 242. legge 13 agosto 1980, n. 463, art. 2 (art. 9, n. 10, dello statuto speciale del Trentino Alto-Adige). Presidente della giunta provinciale della provincia autonoma di Bolzano, ricorso 26 settembre 1980, n. 18, G. U. 8 ottobre 1980, n. 277. Presidente della giunta provinciale della provincia autonoma di Trento, ricorso 26 settembre 1980, n. 19, G. U. 8 ottobre 1980, n. 277. d.I. 30 agosto 1980, n. 503, artt. 85 e 86 (artt. 1 e seguenti, 7 e seguenti, 3, lettera a) legge 26 febbraio 1948, n. 3). Presidente della giunta regionale della regione autonoma della Sardegna, ricorso 9 ottobre 1980, n. 20, G. U. 22 ottobre 1980, n. 291.