ANNO XXXIM N. 4-5 LUGLIO-OTTOBRE 1981 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubbiicazione bimestrale di serv1z10 ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO ROMA 1981 ABBONAMENTI ANNO L. 22.000 UN NUMERO SEPARATO ................... . 4.000 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO Direzione Commerciale -Piazza G. Verdi, 10 -00100 Roma e/e postale n. 387001 Stampato in Italia -Printed in ltaly Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 (3219021) Roma, 1981 -Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato P.V. INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura del/'avv. Franco Favara} . . . . . . . . . . pag. 441 Sezione seconda: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNA- ZIONALE (a cura del/'avv. Oscar Fiumara) . 463 ~ezione terza: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE (a cura degli avvocati Carlo Carbone, Carlo Sica e Antonio Cingolo} . . 496 Sezione quarto: GIURISPRUDENZA CIVILE (a cura degli avvocati Adriano Rossi e Antonio Catricol} . . . . . . 512 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura del/' avv. Raffaele Tamiozzo} . . . .. . . . . . 539 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura dell'avvocato Carlo Bafle) . . . . . . . . . . . 542 ~ezione settima: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI (a cura degli avvocati Sergio Laporta, Piergiorgio Ferri e Paolo Vittoria} . . . 597 Sezione ottava: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura degli avvocati Paolo di Tarsia di Belmonte e Nicola Bruni) 613 Parte seconda: QUESTIONI -LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO LEGISLAZIONE . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 51 La pubblicazione diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AVVOCATURE Avvocati Glauco NoRI, Ancona; Francesco Cocco, Bari; Giovanni CoNTU, Cagliari; Francesco GUICCIARDI, Genova; Marcello DELLA VALLE, Milano; Carlo BAFILE, L'Aquila; Giuseppe Orazio Russo, Lecce; Nicasio MANcuso, Palermo; Rocco BERARDI, Potenza; Maurizio DE FRANCHIS, Trento; Paolo SCOTTI, Trieste; Giancarlo MAND, Venezia. NOTA REDAZIONALE Pubblichiamo il discorso pronunciato, quale relatore, dall'Avvocato Generale al Convegno di Messina-Taormina del 3-8 no vembre 1981, intitolato a Cinquanta anni di esperienza giuridica in Italia. Per la lettura della pi ampia relazione scritta, con relativo corredo di note biblio grafiche, si rinvia alla pubblicazione degli atti del Convegno, curata dalla Giuffr. un onore ed un onere per me riaprire questa mattina i lavori di un congresso che ha rivelato, nella sua prima giornata, quanto felice sia stata l'idea organizzativa di cui gi brillantemente il Prof essore Falzea in prima apertura ha fissato la trama. Una trama che subito stata riempita di contenuti di altissimo livello dalla consonante e lucidissima relazione di Vezio Crisafulli, seguita, in chiusura di interventi, da quella cos tesa, cos densa ed acuta di Franco Piga: per questo un onere non lieve riallacciare un discorso che ha raggiunto, anche con gli interventi del pomeriggio, toni cos alti di sapienza e di dottrina giuridica. All'onore concessomi posso corrispondere mantenendo il mio intervento in limiti quanto possibile contenuti, rimandando, per altri aspetti, alla relazione che stata, con tanta prontezza, pubblicata e distribuita (un'altra delle tante brillanti iniziative di cui la Casa Giuffr arricchisce ogni giorno questo Convegno che gi tanto le deve). Per il resto mi assiste la fortuna di poter limitare il mio compito a delineare -differenzialmente -il contributo specifico dell'Avvocatura dello Stato rispetto a quello, cui, sotto tanti profili, si apparenta, dell'esperienza professionale forense. Su questo tema parleranno ancora illustri e prestigiosi relatori che potranno integrare le manchevolezze e le insufficienze del mio intervento. Il mio proposito quello di porre l'accento sui mutamenti istituzionali -e, su quelli qualitativi e quantitativi -dell'attivit dell'Istituto, per porne in evidenza la stretta correlazione con l'evol RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO versi della societ in cui esso, nel corso di quest'ultimo cinquantennio, ha operato ed opera. Tali mutamenti si riscontrano in corrispondenza con le due grandi crisi di trasformazione della societ, che si possono individuare (sia pure attraverso schematizzazioni e semplificazioni inevitabili quando si debba condensare nel volgere di un breve discorso un mezzo secolo di eventi) l'una in quella intercorsa tra le due guerre mondiali e l'altra nella crisi contemporanea. L'esigenza di una difesa in.giudizio dello Stato nasce, ovviamente, dall'attuazione del principio illuministico della divisione dei poteri. Essa, tuttavia, assume diversa natura e connotazione col mutare dello Stato che si sottopone al giudizio e del diritto alla cui stregua l'affronta. Quando, poi, tale difesa sia affidata, come nell'ordinamento italiano, ad un organismo istituzionale, la natura di questo, come il tipo della sua attivit, muteranno con il trasformarsi della concezione del diritto e dello Stato, secondo un processo che, come vedremo, al tempo stesso non solo sintomatico ma anche, in qualche misura, causativo. Nel nostro sistema la difesa in giudizio dello Stato si andata consolidando come attivit esclusiva di un organo tecnico, distinto dall'Amministrazione parte in causa e progressivamente dotato di piena autonomia funzionale, ma sempre incardinato nell'organizzazione statale. Questa posizione consente all'Istituto di percepire (oggi con crescente sensibilit) i segnali dell'esperienza giuridica non solo nel momento esteriore di partecipazione giudiziaria al formarsi del diritto vivente, ma anche nel momento interiore dell'appartenenza all'organismo statuale, cui in grado di trasmettere impulsi idonei a promuoverne, nel suo mutare, l'adeguamento alla continua trasformazione della societ. In questo mutare l'Avvocatura sempre pi coinvolta, rientrando, ormai, tra i suoi compiti istituzionali, quello di rappresentare al Governo -tramite l'attivit consultiva, con le relazioni periodiche e con il suggerimento di iniziative legislative -quei f ermenti di divenire sociale, captati nel cimento giudiziario, cui l'ordinamento non riesca pi a fornire adeguate risposte. D'altronde l'assoggettamento istituzionale dello Stato al giudizio rappresenta, nel variare delle sue regole e della sua prassi, tipica misura di un punto di equilibrio nel rapporto dialettico, che in larga parte si scandisce in giudizio, tra principio di autorit e principio di libert: un punto di equilibrio in spostamento continuo e sincronico col processo di evoluzione del diritto e dello Stato, al cui divenire l'Avvocatura legata, come testimone e partecipe, NOTA REDAZIONALE Vll nel quotidiano esercizio di un contenzioso, la cui fisionomia va mutando tanto pi intensamente quanto pi si accelera il moto di trasformazione della societ e quanto pi lo spazio del settore pubblico acquista pluralit di dimensioni e vastit di espansione rispetto agli affari di natura eminentemente privatistica e patrimoniale che caratterizzavano, all'origine, il tradizionale contenzioso dello Stato. Vorrei rilevare, in proposito, una coincidenza, non certo casuale, tra data iniziale del periodo in esame e momento di sostanziale trasformazione dell'Avvocatura. I primi anni trenta videro, infatti, attraverso una serie sinergica di interventi legislativi, una sostanziale trasformazione dell'Istituto con un ampliamento di compiti e di funzioni veramente imponente. A ci seguita, nel secondo dopoguerra, l'innovatrice esperienza del regime costituzionale e democratico. * * * 2. -Nata nel 1876, l'Avvocatura rispecchiava, con la riduttiva denominazione di Erariale , le strutture dello Stato liberale, le cui istanze di tipo censitario trovavano piena regolamentazione in un diritto civile che aveva nell'istituto della propriet, staticamente inteso, il proprio cardine. Il discrimine dell'assoggettabilit dello Stato a giudizio era individuato nella natura dell'attivit svolta iure gestionis o iure imperii ; Un tale quadro di origine rifletteva la semplicit geometrica di un ordinamento giuridico nato dalla fiducia illuministica nella dea Ragiqne e sublimato, al suo tramonto, nella costruzione kelseniana. Ma cos il concettualismo come la concezione statica del diritto, che ne erano alla base, venivano travolti nei primi decenni del secolo, nel corso di una prof onda crisi di trasformazione della societ, che si accentuava negli anni trenta (data d'inizio del cinquantennio in esame) ed alla quale faceva riscontro un'evoluzione dell'Istituto. Lo sviluppo economico e le prime avvisaglie dell'avvento di una civilt di massa, l'accrescersi del numero e dell'importanza dei gruppi intermedi fra individuo e Stato, avevano ormai reso inadeguata la dimessa veste di guardiano notturno >>, assunta dallo Stato liberale, ed indotto il pubblico potere ad intervenire con incisivit sempre maggiore nelle attivit economiche, ormai proiettate in una fase dinamica, in cui emergeva il profilo funzionale dell'istituto .proprietario, focalizzato nel momento socialmente pi rilevante di una attivit imprenditoriale (spesso esercta, in via immediata o mediata, dalla mari.o pubblica). Vlll RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La crisi di trasformaz'ione alla quale ho appena accennato, dipanandosi tra le due guerre mondiali, si rivel altrettanto profonda di quella del 1789 e si estese a gran parte dell'Occidente, pur nella differenza dei regimi politici. Alcuni dei principi-base della rivoluzione di ottobre, avevano trovato, infatti, accoglienza ed erano ormai diventati patrimonio comune anche nei Paesi in cui l'ideologia marxista era pi osteggiata, tanto che si sarebbe potuto allora dire del socialismo ci che Croce ha poi detto del cristianesimo. Aleggi allora, nonostante tutto, e forse pi acutamente, quel sapore d'Europa, di cui ha parlato Montale. Non a caso, in Italia la funzione sociale della propriet fu prevista a tutte lettere nel progetto di riforma del Codice Civile elaborato dalla Commissione reale e d'altronde quella funzione, pur se non formalmente riconosciuta, inform nella sostanza molte norme del codice del '42. Da tale trasformazione della societ nacque la necessit di un ampliamento e di una articolazione della normativa e degli organi amministrativi e giudiziari chiamati ad eseguirla e ad applicarla. In tale evoluzione, il contenzioso dello Stato spost il proprio centro di gravit da un diritto privato di tradizione bimillenaria ad un diritto pubblico di ben pi recente formazione, alle prese con sempre pi complessi problemi di divisione di poteri e riparto di competenze. La relativa difesa in giudizio, che alle origini si era sostanzialmente risolta nella tutela del diritto di propriet dello Stato nei confronti degli omologhi diritti dei privati, and gradualmente trasformandosi nella tutela delle prerogative del potere pubblico nei confronti degli interessi dei privati con esso confliggenti (su di un piano, peraltro, di equiordinazione formale e di progrediente spostamento sostanziale del punto di equilibrio fra ragione pubblica e diritto di libert dei privati). In significativo parallelo si realizz una sostanziale riforma dell'Istituto: pochi anni dopo l'unificazione in Roma della Corte di Cassazione e la quasi contemporanea istituzione del foro dello Stato, Corte dei Conti ed Avvocatura dello Stato (fino allora dipendenti dal Ministero delle finanze) e Consiglio di Stato (gi alle dipendenze del Ministero dell'Interno) furono incardinati nel plesso della Presidenza del Consiglio dei Ministri, previo mutamento della denominazione dell'Istituto da <> perch correlate a Trattati Internazionali. Per quanto attiene ai giudizi dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione, sembra doveroso ricordare -nella stessa ottica -il successo ottenuto dall'Avvocatura dello Stato, in sede di regolamento preventivo di giurisdizione, nella difesa contro il dilagante abuso del ricorso all'art. 700 c.p.c. In pieno accoglimento delle tesi difensive dell'organo legale dello Stato la Suprema Corte ha, come noto, affermato la perfetta coincidenza dell'area della giurisdizione d'urgenza con quella della giurisdizione di merito, delegittimando cos avventati esperimenti di supplenza . Altro notevole successo di massima appare quello relativo alla qualificazione della situazione soggettiva dei titolari di emittenti televisive private, nell'attuale situazione di vuoto normativo, ritenuta dalla Cassazione -in conformit con le tesi dell'Avvocatura interesse legittimo e non diritto soggettivo. Ulteriore potente spinta all'affrancazione dal contenzioso rutinario caratterizzato dal litigio inteso in senso tradizionale venuta, poi, dalla riforma del contenzioso tributario ed amministrativo. Le cause fiscali, che erano state da sempre parte preponderante del lavoro dell'Avvocatura, attribuite ormai quasi totalmente alla competenza delle Commissioni tributarie, non vengono pi trattate dall'Istituto se non nell'ultima fase, ormai decantata, del ricorso in Cassazione dalla Commissione Centrale (sono rari i casi di opzione per la Corte d'Appello dopo il secondo grado). Il che consente di concentrare l'impegno sulle questioni in apicibus e quindi di contribuire, pi che alla soluzione della singola controversia, alla identificazione dei pi corretti criteri di interpretazione della norma tributaria. Per contro, si sono decuplicati i processi amministrativi: la istituzione di organi periferici di giustizia, democratizzando tale giurisdizione, un tempo riservata ad un contenzioso di tipo elitario, xx RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ha ri~posto ad una domanda diffusa ed urgente. Nel processo amministrativo, peraltro; in misura assai maggiore che nel processo civile, l'Avvocatura rappresenta una parte assai "meno parte dell'altra. Il dilatarsi delle funzioni di questo settore della giustizia , quindi, perfettamente congruente con quella veste di amicus curiae, che l'Istituto andato, in progressione, assumendo, quale rappresentante non gi di un interesse settoriale ma di quello dello Stato nella sua unit. Il riscontro puntuale anche in altri campi, quale quello penale, in cui l'intervento dell'Avvocatura assume, nelle mutate dimensioni della giustizia punitiva, una connotazione assai diversa da quella originaria, che la vedeva tradizionalmente confinata e caratterizzata nella costituzione di parte civile contro i perseguiti per reati doganali o per appropriazione o cattivo uso del pubblico denaro. Superato il confine di tali anguste vesti, l'Istituto si trova ormai massicciamente impegnato contro quelle forme di criminalit emergenti cui ho prima accennato, su quelle che sono state definite le nuove frontiere della giustizia penale. La relativa politica difensiva persegue una costante ed attiva presenza nei casi pi importanti di evasione fiscale, di reati valutari, di reati di inquinamento, di reati di terrorismo. In tale tipo di giudizi penali appare evidente come il danno rilevante non sia tanto quello economico sopportato dall'organizzazione statuale, a volte addirittura difficilmente identificabile, quanto quello sofferto dalla comunit colpita da una perdita di berti e valori talora irreparabile, nonch dalla coscienza sociale di una collettivit ferita e frustrata nella sua ansia di consolidarsi come civile, pacifico ed operoso consorzio. In particolare, per quanto attiene al barbaro flagello del terrorismo, l'Avvocatura stata ed presente in tutti i pi importanti processi gi celebrati o in corso di trattazione. Non si vuole qui tanto ricordarlo perch la riaffermazione del principio della legittimazione dell'Avvocatura a costituirsi parte civile in rappresentanza della Presidenza del Consiglio per reati contro la personalit dello Stato costituisce ulteriore conferma, sul piano dell'esperienza giuridica, della tesi istituzionale sin qui sostenuta, trascendendo, e non di poco, qualunque costruzione patrimonialistica, quanto per riaffermare un impegno di civile fermezza nella difesa dei principi della nostra civilt. Una civilt, in divenire, in rapida evoluzione, in crisi quanto si voglia ma purtuttavia indissolubilmente legata a valori irrinunciabili, primo fra tutti il rispetto della persona umana. Questo valore costituisce il filo di continuit che accomuna, pur nelle diverse prospettive e con le tristi parentesi di sciagurate con NOTA REDAZIONALE tingenze storiche, le rivoluzioni o grandi crisi cui abbiamo fatto cenno che si sono succedute nell'arco di due secoli e di cui l'Avvocatura dello Stato, come pubblica istituzione, figlia e partecipe di sorti. In questo valore crediamo fermamente, come pure fermamente crediamo che finch la fede in esso ispirer l'opera degli uomini di legge, di accademia o di foro che siano, potremo, nonostante tutto, guardare fiduciosi al futuro del nostro Paese e della nostra civilt. NOTA REDAZIONALE Il nove gennaio 1982, nel suo paese natale di Adelfia, stato commemorato Antonio Cafaro, nostro antico collega che concluse la carriera, nel 1919, come Avvocato distrettuale di Trani. Alla cerimonia -cui hanno partecipato numerose personalit della politica e del foro pugliese - intervenuto, oltre all'Avvocato distrettuale di Bari, l'Avvocato Generale dello Stato, che ha pronunciato il discorso che qui riproduciamo. Ho aderito assai volentieri all'invito a partecipare a questa cerimonia, desiderando rendere omaggio a questa nostra terra di Puglia, dalla quale trae i natali la personalit che oggi celebriamo, ed insieme ad un collega illustre di tempi lontani, che ha lasciato una traccia indimenticabile nella storia dell'Avvocatura dello Stato per l'esemplare maestria della dottrina giuridica e per la luminosa altezza della figura morale. Sono qui, dunque, anche in rappresentanza dell'Istituto che ho l'onore di dirigere, per associarmi al tributo che oggi rendiamo alla memoria dell'illustre conterraneo Antonio Cafaro. All'Avvocato Di Mattia che, quale avvocato distrettuale in terra di Puglia, pu considerarsi pi direttamente il suo successore, lascio il grato compito di illustrare pi diffusamente le altissime doti dell'uomo e del giurista. I o vorrei ricordare alcuni tratti salienti della personalit del Caf aro e alcuni momenti della sua vita, che fanno di lui un collega al quale andato e andr sempre il sentimento di gratitudine e di riverenza di tutti gli avvocati dello Stato. XXII RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO Entrato a far parte, fin dalla sua fondazione, dell'Istituto, nel 1876, proveniente dalle file della magistratura, egli contribu a caratterizzare quel primo sceltissimo nucleo di collaboratori del Mantellini, il quale, come ebbe a scrivere nella sua prima relazione di Avvocato generale, si era ispirato nella scelta dei suoi avvocati al criterio della ricerca di uomini che sappiano vestir toga e che abbiano dato buone prove... di valentia sperimentata e perci di sicuro successo nell'avvocheria e nel patrocinio. Mantellini fu buon giudice e quel sicuro successo arrise al Cafaro, che fu, in particolare, acuto e profondo studioso dei rapporti patrimoniali tra Stato e Chiesa: materia assai difficile ed intricata, che fu, in quel torno di anni, altrettanto delicata. All'inclinazione del giurista rispondeva, d'altronde, quella dell'uomo, permeato di una fede cristiana profondamente sentita e coerentemente vissuta, sempre nella specchiata fedelt al servizio dello Stato. La sua religiosit cos alta ed il suo impegno civile di pubblico servitore evocano nel mio animo il commosso ricordo -permettetemi di esprimerlo come sentimento, io credo, a noi tutti comune di un altro figlio della terra di Puglia: un personaggio la cui figura storica di eccelso statista grandeggia aureolata del tragico martirio, che ne stronc l'ammirevole opera politica. Non posso astenermi dal rendere questo omaggio alla memoria di Aldo Moro: io sento nel mio spirito, e sento intorno a noi, in questa terra in cui profuse la ricchezza del suo ingegno e del suo animo, un drammatico ed incolmabile vuoto. Nessuna parola potrebbe neppure per un momento riempirlo, eppure non posso sottrarmi al bisogno di parlarne per placare lo smarrimento dell'animo, che suscita il ricordo della sua scomparsa. Il mio pensiero si volge, riverente e commosso, a rievocare la delicatezza del suo animo, la sua superiore intelligenza, che sapeva esprimersi in lucide intuizioni politiche, la sua cultura di uomo di legge nel senso pi comprensivo della parola, la sua fermezza e dirittura morale, e soprattutto -in questa occasione -il suo senso dello Stato. Questo illumin la sua condotta nelle pi alte cariche pubbliche: egli mai si sent faziosamente uomo di parte, ma sempre e soprattutto servitore dello Stato, sdegnoso di ogni pompa o desiderio di onore o di ricchezza, e solo guidato dai due imperativi morali del cristiano e del cittadino. Il suo insegnamento di vita -ricevuto in una intensa collabo razione amministrativa con lui tutte le volte che egli stato al Go verno -resta per me un bene prezioso; ed sulla traccia di quel l'insegnamento, nello spirito di dedizione al servizio della cosa pub NOTA REDAZIONALE XXlll blica, che ho assunto il gravoso impegno che oggi ho l'onore di assolvere. lo stesso spirito che gi fu di tanti colleghi oggi scomparsi e di tanti colleghi oggi operosamente attenti al proprio lavoro: , appunto, lo spirito che inform Antonio Cafaro, lo spirito che deve informare -pena la frustrazione -ogni avvocato dello Stato, nel suo difficile, grave, ma pur appassionante e nobile impegno. Privi di qualsiasi potere che non sia quello -ahim di quanto arduo esercizio! -della persuasione; privi di qualsiasi libert nel lavoro {vincolati come sono dalle scadenze di termini processuali che altri sceglie) che non sia quella della loro coscienza, soltanto nel pubblico servizio inteso in senso quasi missionario, gli avvocati dello Stato possono trovare la motivazione del loro impegno. Un impegno non suffragato certo dalle prospettive che pu offrire l'esercizio della professione forense, e che, se trova riconoscimento morale nella equiparazione alle fatiche di altre assai importanti pubbliche funzioni, rispetto a queste impone oneri assai pi pressanti e coercitivi. L'impegno civile e morale di Antonio Cafaro che fu, come abbiamo ricordato, uno dei padri fondatori dell'Avvocatura, segna dunque un punto di riferimento ed un insegnamento per tutto l'Istituto -dall'Avvocato generale al pi giovane dei colleghi di procura chiamato adesso, a pi di cento anni dalla sua fondazione ed all'indomani di una sua significativa riforma, ad una difficile opera che richiede un impegno sempre pi efficiente, capace di fornire risposte adeguate alle domande di una societ travagliata da una profonda crisi di trasformazione. Le due domande a cui l'Avvocatura principalmente si deve far carico di rispondere oggi sono quelle dell'efficienza dell'Amministrazione e della giustizia dell'Amministrazione (in essa e per essa). All'efficienza potremo contribuire con un potenziamento mirato della nostra attivit consultiva, volta ad eliminare i temp morti di procedimenti troppo .lunghi ed i ritardi dovuti ad errori o incertezze. La stessa attivit consultiva dovr tendere ad eliminare quanto pi possibile il contenzioso, per ridurre la litigiosit e rendere pi efficace la difesa dello Stato nelle liti non evitabili. L'obbiettivo quello di_ migliorare il difficile rapporto tra Stato e cittadino , come significativamente intitolava la Gazzetta del Mezzogiorno la notizia di un Congresso internazionale, che ho avuto recentemente l'onore di presiedere in Madrid. Lo stesso spirito giustiziale dovr informare la nostra attivit. difensiva dinan_zi a tutte le magistrature: da quelle di merito fino alle supreme istanze nazionali e sovranazionali. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Ho avuto, pochi giorni fa, occasione di rileggere, nel Gabinetto dell'Attorney General degli Stati Uniti d'America, un motto che nel mio discorso di insediamento, nel 1979, dichiarai di voler assumere come guida della mia azione nella direzione dell'Istituto. Esso esprime un alto principio di giustizia che, con qualche approssimazione, potrebbe cos tradursi: lo Stato vince la sua causa ogniqualvolta venga resa giustizia in uno dei suoi Tribunali . Due anni di lavoro, ormai largamente compiuti, mi consentono -grazie alla collaborazione, al valore ed all'impegno dei colleghi dell'Avvocatura -di aspirare ad un traguardo ancora pi ambizioso: promuovere la giustizia preventiva nella Amministrazione, senza costringere i cittadini a ricorrere -se non come estrem~ garanzia -alla tutela delle loro ragioni dinanzi ai Tribunali dello Stato. uno schietto ritorno alle lontane origini storiche dell'Istit, uto ed alla filosofia del suo fondatore, che ammoniva i colleghi ad essere prima giudici e poi avvocati . Nel Convegno, tenutosi nello scorso novembre a Taormina, intitolato a cinquanta anni di esperienza giuridica in Italia, ho avuto modo di ricordare che l'Avvocatura ha visto, negli ultimi tempi, dilatarsi, trasformarsi ed accrescersi le sue funzioni (basti pensare al suo patrocinio dinanzi alla Corte Costituzionale, dinanzi alla Corte di Giustizia delle Comunit Europee ed ai giudici internazionali, al patrocinio delle Regioni e di soggetti internazionali o comunitari come la NATO o la Banca Europea degli Investimenti, al nuovo significato della sua partecipazione a processi penali per reati economici o di eversione dell'ordine democratico) assumendo, in superamento degli originari compiti di difesa settoriale, una funzione di difesa dello Stato inteso nella sua unit di ordinamento. Ci comporta un aggravio di lavoro non lieve per ciascun appartenente all'Istituto, sia in termini quantitativi che in termini di delicatezza di impegno: un impegno non tollerabile se non affrontato (in attesa di misure adeguate di ristrutturazione anche dei servizi), con quel sentimento di dedizione e di consapevolezza che l'unica ricompensa spettante la soddisfazione del dovere compiuto. In quel sentimento Antonio Cafaro ci stato maestro; se sapremo imitarlo, anche solo in piccola parte, saremo all'altezza dei compiti che ci sono affidati. Lo dico -per quanto attiene alla mia responsabilit -con riguardo all'Avvocatura dello Stato, ma posso affermarlo come cittadino per tutti noi, qualunque sia la nostra attivit, per tutta la societ nella quale viviamo ed operiamo, nella quale vogliamo che trionfino i valori di civilt, di libert, di solidariet, di progresso in cui dobbiamo credere" -e Ghe dobbiamo praticare -per la comune salvezza. ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI C. BAFILE, Osservazioni sul rapporto tra la pronunzia del giudice tributario e l'atto amministrativo di esecuzione. . . . . . . . . . . . . pag. 542 N. BRUNI, Contrabbando di tabacco lavorato estero non proveniente da Paesi della CEE: art. 3 legge 10 dicembre 1975, n. 724 e articoli 10 e 11 della Costituzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 613 N. BRUNI, Danneggiamento di motovedetta della Guardia di Finanza ed art. 253 del Codice Penale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 615 O. FIUMARA, Ammodernamento delle aziende agricole e miglioramento delle condizioni di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli: azioni comuni ai sensi dell'art. 6 del regolamento C.E.E. del Consiglio 21 aprile 1970, n. 729 . . . . . . . . . . . . . . 463 L. MARuorrr, L'evoluzione giurisprudenziale in tema di incidenza della svalutazione monetaria (sulla indennit di esproprio) intervenuta nel periodo di mora debendi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 522 PARTE PRIMA INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ARBITRATO COMUNIT EUROPEE -Capitolato d'oneri per la fornitura dei materiali occorrenti all'Amministrazione aeronautica -Clausola predisponente un arbitrato -Previsione di derogabilit -Arbitrato facoltativo e non obbligatorio, 597. -Compromesso -Oggetto -Controversie rientranti nella giurisdizione esclusiva -Ammissibilit -Esclusione, 607. -Controversie compromesse in arbitri -Questione sull'appartenenza alla giurisdizione esclusiva -Questione di giurisdizione - tale, 607. -Lodo -Casi di nullit -Nullit del compromesso -Deducibilit per la prima volta in cassazione -Esclusione, 597. -Lodo -Casi di nullit -Pronunzia fuori dei limiti del compromesso Oggetto -Controversie sull'esecuzione del contratto -Domanda di risoluzione per eccessiva onerosit sopravvenuta -Sussistenza del vizio Esclusione, 597. AVVOCATI E PROCURATORI -Controversie di lavoro -Patrocinio a spese dello Stato -Liquidazione dei relativi compensi -Mancato contraddittorio con l'amministrazione tenuta al pagamento -Legittimit costituzionale, 442. COMMERCIO -Commercio al minuto -Disciplina della legge 11 giugno 1971, n. 426 Contrasto con gli artt. 21 e 41 Cost. Manifesta infondatezza, 500. -Commercio al minuto -Rivendita di riviste e giornali -Obbligo dell'iscrizione ai sensi dell'art. 2 della legge 11 giugno 1971, n. 426, 501. -Agricoltura -Politica agricola comune -Azioni comuni: ammodernamenti delle aziende agricole e miglioramento delle condizioni di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli, con nota di 0. FIUMARA,. 463. -Libera circolazione dei lavoratori migranti -Prestazioni previdenziali Cumulo -Limitazione -Diritto spettante in forza della sola legislazione nazionale -Norme anticumulo nazionali -Applicabilit -Limiti, 476. -Libera circolazione dei lavoratori Previdenza sociale dei lavoratori migranti -Pensione di invalidit e di vecchiaia -Norme anticumulo nazionali -Applicabilit -Limiti, 477. -Libera circolazione dei lavoratori Previdenza sociale dei lavoratori migranti -Prestazioni previdenziali della stessa natura -Clausole nazionali di riduzione, sospensione, soppressione -Inapplicabilit, 477. -Previdenza sociale dei lavoratori migranti -Prestazioni previdenziali Sovrapposizione di periodi assicurativi -Norme comunitarie e norme nazionali -Limiti all'applicazione delle norme nazionali, 477. CORTE COSTITUZIONALE -Conflitto di attribuzione tra Stato e Provincia di Bolzano -Pregiudizio non riparabile all'esercizio di funzione statale -Sospensione dell'atto, 441. CORTE DEI CONTI -Giurisdizione contabile -Conti dei tesorieri degli organi costituzionali Non sono sottoposti a giudizio di conto, 456. INDICE DELIA GIURISPRUDENZA XXVII DELITTI CONTRO LA PERSONALIT DELLO STATO -Danneggiamento -Distruzione parziale di motovedetta della Guardia di Finanza da parte di equipaggio di nave contrabbandiera -Sussistenza -Delitto previsto dall'art. 253 C.P. Esclusione, con nota di N. BRUNI, 615. DELITTI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE -Resistenza a pubblico ufficiale -Violenze e minaccie da parte dell'equipaggio di nave contrabbandiera straniera nei confronti dell'equipaggio di motovedetta della Guardia di Finanza -Sussistenza -Delitto previsto dall'art. 110 del codice della navigazione -Esclusione, con .nota di N. BRUNI, 615. ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT -Costruzione di opera pubblica -Frazionamento del fondo -Perdita della possibilit di edificare -Perdita di visuale e aereazione -Danni all'espropriato -Irrisarcibilit -Indennit di esproprio, 514. -Espropriazione -Dichiarazione di pubblica utilit -Decadenza -Rinnonovazione -Norme applicabili -Rapporti tra L. n. 2359 del 1865 e L. n. 865 del 1971, 539. -Indennit -Attribuzione della giusta indennit in seguito alla opposizione alla stima -Automatica rivalutazione durante la mora -Inapplicabilit Prova del maggior danno rispetto agli interessi previsti dall'art. 1224 e.e. -Ammissibilit, con nota di L. MARUOTTI, 522. -Occupazione -Danno ultrabiennale Interessi legali -Quantificazione Necessit -Rivalutazione -Riferimento all'interesse legale, 519. - Sostituzione dello Stato al Comune Indennit di esproprio -Obbligazione dello Stato -Sussiste -Fattispecie, 531. FRIULI-VENEZIA GIULIA -Completamento e miglioramento delle strutture e degli impianti televisivi -Contributi regionali ad enti locali -Legittimit costituzionale, 445. GIURISDIZIONE CIVILE -Commercio al minuto -Rivendita di riviste e giornali -Provvedimenti sanzionatori -Impugnativa -Competenza esclusiva del giudice amministrativo, 500. -Consiglio di Stato -Difetto di Giurisdizione -Limiti -Commercio Commercio al minuto -Rivendita di giornali e riviste -Disciplina della legge 11 giugno 1971, n. 426 -Applicabilit, 500. -Espropriazione per p.u. -Dichiarazione di p.u. -Inefficacia -Compimento dell'opera -Danni -Controversia -Giurisdizione dell'A.G.O., 496. -Giurisdizione ordinaria o amministrativa -Giurisdizione esclusiva In materia di concessione di beni Riforma fondiaria -Recesso dell'assegnatario e domanda di indennizzo per i miglioramenti -Giurisdizione amministrativa -Sussiste, 607. -Impiego pubblico e privato -Collaudi di opere pubbliche -Giurisdizione -Commisurazione del compenso a tariffe professionali -Non rileva ai fini della giurisdizione, 54-0. -Pensione -Controversia sull'an e sul quantum -Giurisdizione della Corte dei Conti -Interessi compensativi e pretesa risarcitoria per la svalutazione monetaria -Controversie -Giurisdizione ordinaria, 497. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA -Appello -Rappresentanza e difesa della P.A. -Avvocatura dello Stato Mandato -Non occorre, 54-0. -Ricorso giurisdizionale -Motivi Motivi aggiunti -Facolt del difensore munito di mandato speciale a ricorrere -Ammissibilit, 539. IMPIEGO PUBBLICO -Professori universitari -Trattamento economico dei professori equiparati ai dirigenti generali di livello A - Omnicomprensivit -Eccezione, 450. -Stipendi, assegni e indennit -Omnicomprensivit -Dirigenti del Ministero lavori pubblici -Compensi per collaudi opere pubbliche -Natura Spettanza -Sussiste, 540. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA 'DLL STATO XXVIII -Stipendi, assegni e indennit -Omnicomprensivit -Dirigenti statali Art. 50 d.P.R. n. 748 del 1972 -Ambito di applicazione, 540. -Stipendi, assegni e indennit -Omnicomprensivit -Dirigenti statali Collaudo opere pubbliche -Compenso -Criteri di commisurazione -Effetti e limiti, 540. ISTRUZIONE E SCUOLE -Esami di maturit -Giudizio finale Discrezionalit tecnica -Natura, 539. -Esami di maturit -Giudizio finale Discrezionalit tecnica -Sindacato giurisdizionale -Limiti, 539. -Universit -Cliniche universitarie Attivit assistenziale in esse esercitata -Si compenetra nell'attivit didattico- scientifica -Indennit perequativa c.d. De Maria - utile ai fini previdenziali, 450. OBBLIGAZIONI -Risoluzione per eccessiva onerosit sopravvenuta -Effetti -Contratti ad esenzione continuata e periodica Limiti all'efficacia retroattiva -Condizioni di applicabilit, 597. PREVIDENZA -Istituto Poligrafico dello Stato Obbligo di pagare i contributi -Ratei di pensione inferiori a quelli dovuti -Natura risarcitoria del credito, 534. -Istituto Poligrafico dello Stato -Possibilit di volontaria assunzione di obbligo di pagare i contributi -Sussiste, 534. PROCEDIMENTO CIVILE -Consulenza tecnica -Conclusioni Accoglimento da parte del giudice di appello -Dettagliata confutazione Non necessaria, 519. PUBBLLICA AMMINISTRAZIONE -Ferrovie dello Stato -Responsabilit ciivle -Attraversamento dei binari all'interno della stazione -Sistema di allarme -Insufficienza, 512. -Ferrovie dello Stato -Responsabilit civile -Norme da osservare -Presupposti, 512. -Ferrovie dello Stato -Responsabilit Sindacato giudiziario -Cause del!' evento dannoso -Stazione ferroviaria -Ambiente particolarmente pericoloso -Rilevanza, 512. -Ferrovie dello Stato -Trasporto di cose -Traffico straordinario -Documentazione amministrativa -Contestazione della parte -Onere dell'Amministrazione di comprovare il contenuto della documentazione -Sussiste, 529. -Istituto Poligrafico dello Stato -Pubblico impiego -Natura -Ente pubblico non economico -Giurisdizione del giudice amministrativo -Limiti, 534. REATO -Reati finanziari -Contrabbando di tabacco lavorato estero non proveniente da Paesi della Comunit Economica Europea -Questione di costituzionalit degli artt. 1 e seguenti della legge 10 dicembre 1975, n. 724 per contrasto con gli artt. 10, 11, 41 e 43 della Costituzione in relazione agli artt. 12, 37 e 95 del Trattato C.E.E. Irrilevanza, con nota di N. BRUNI, 613. -Reati finanziari -Contrabbando di tabacco lavorato estero -Cattura di nave privata straniera in mare libero da parte di motovedetta della Guardia di Finanza -Legittimit se ricorrono le condizioni di cui all'art. 23 della Convenzione di Ginevra sul mare libero del 29 aprile 1958, con nota di N. BRUNI, 615. RESPONSABILIT CIVILE -Trasporto di cose sulle FF.SS. -Dolo o colpa grave della Amministrazione -Limite legale alla quantificazione del danno -Natura risarcitoria del debito, 529. TRIBUTI ERARIALI DIRETTI -Accertamento -Competenza dell'Ufficio -Determinazione al momento della presentazione della dichiarazione -Variazione di domicilio successivo -Irrilevanza, 585. INDICE DELLA GIURISPRUDENZA -Accertamento -Metodo induttivo Criteri di determinazione -Impugnabilit -Limiti, 554. -Accertamento -Metodo induttivo Prova -Presunzioni -Caratteri, 554. -Accertamento -Motivazione -Imposta complementare -Tenore di vita Accertamento sintetico -Legittimit, 554. -Accertamento -Motivazione -Metodo induttivo -Ricostruzione del conto economico -Non necessaria, 582. -Accertamento -Motivazione sintetica -Dichiarazione solo apparentemente analitica -Legittimit, 593. -Imposta sui redditi di ricchezza mobile -Plusvalenza -Fusione di societ -Non si verifica, 574. -Imposta unica sul reddito delle persone fisiche -Cumulo con altro prelievo tributario sul medesimo reddito -Violazione del principio di eguaglianza, 448. TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI -Diritti doganali -Diritti per servizi amministrativi -Merci importate in Italia da Paesi aderenti all'accordo G.A.T.T. -Assoggettamento -Esclusione, 483. - Diritti doganali -Diritti per servizi amministrativi -Merci provenienti da Stati aderenti all'accordo G.A.T.T. non comprese nell'annessa lista XXVII -Applicazione -Legittimit, 483. -Diritti doganali -Divieto di aggravamento per le merci importate da Paesi aderenti al G.A.T.T. -Diritti per servizi amministrativi -Applicabilit alle merci non incluse nella lista XXVII annessa all'Accordo -Necessit di pronuncia pregiudiziale da parte della Corte di Giustizia C.E.E., 484. -Diritti doganali -Divieto di aggravamento per le merci importate da Paesi aderenti al G.A.T.T. -Idoneit delle norme dell'Accordo a conferire diritti soggettivi ai singoli -Necessit di pronuncia pregiudiziale da parte della Corte di Giustizia C.E.E., 484. -Imposta di registro -Agevolazione per le case di abitazione non di lusso -Vendita di negozi unitamente all'intero fabbricato -Nozione di inter fabbricato -Riferimento alla licenza edilizia -Esclusione, 561. -Imposta di registro -Atti soggetti a condizione sospensiva -Registrazione prima dell'azzeramento -Consolidazione del criterio di tassazione -Esclusione, 570. -Imposta di registro -Base imponibile -Valutazione automatica -Divisione -Si estende, 587. -Imposta di registro -Interpretazione dell'atto -Negozio collegato -Ricostruzione dell'effetto unitario di pi atti -Legittimit, 567. -Imposta di registro -Prescrizione e decadenza -Atti soggetti a condizione sospensiva -Deliberazione di aumento di capitale -Decorrenza dalla denuncia dell'avvenuta sottoscrizione, 570. TRIBUTI IN GENERE -Contenzioso tributario -Decisione della commissione -Imposta sulle societ -Rinvio all'ufficio per la liquidazione -Legittimit, con nota di C. BAFILE, 542. -Contenzioso tributario -Impugnazione alla corte di appello -Domande nuove -Improponibilit, 563. -Contenzioso tributario -Provvedimento impugnabile -Accertamento in senso lato -Provvedimento che nega l'agevolazione - tale, 579. -Contenzioso tributario -Ricorso per cassazione contro decisione della Commissione centrale -Termine Art. 327 c.p.c. -Si applica -Notifica del dispositivo a cura della segreteria -Decorrenza del termine breve, 589. -Contenzioso tributario -Ricorso per cassazione contro decisione della Commissione centrale -Termine -Comunicazione del dispositivo a cura della segreteria -Non fa decorrere il termine di 60 giorni -Termine annuale dalla pubblicazione -Si applica, 590. -Contenzioso tributario -Ricorso Presentazione -Consegna all'ufficio tributario -Nullit, 595. -Prescrizione -Interessi -Atti interruttivi del credito d'imposta -Estensione agli interessi -Esclusione, 547. INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 3 luglio 1981, n. 115 (ord.) 7 luglio 1981, n. 116 7 luglio 1981, n. 118 7 luglio 1981, n. 119 10 luglio 1981, n. 126 10 luglio 1981, n. 129 pag. )} )} )} }) }) 441 442 445 448 450 456 CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE 3 giugno 1981, nella causa 107/80 . . . . . . . . . . . . 1" sezione, 2 luglio 1981, nelle cause 116, 117 ,119, 120 e 121/80 GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 8 settembre 1980, n. 5161 . Sez. I, 2 ottobre 1980, n. 5343 . Sez. I, 2 ottobre 1980, n. 5349 . Sez. I, 7 ottobre 1980, n. 5381 . Sez. I, 14 ottobre 1980, n. 5516 Sez. I, 16 ottobre 1980, n. 5563 Sez. I, 25 novembre 1980, n. 6260 . Sez. I, 25 novembre 1980, n. 6261 . Sez. I, 25 novembre 1980, n. 6262 . Sez. I, 9 dicembre 1980, n. 6351 . Sez. I, 15 dicembre 1980, n. 6492 . Sez. I, 15 dicembre 1980, n. 6493 . Sez. I, 24 gennaio 1981, n. 542 . Sez. I, 27 gennaio 1981, n. 624 . Sez. I, 29 gennaio 1981, n. 687 . Sez. I, 4 febbraio 1981, n. 754 . Sez. III, 19 febbraio 1981, n. 1018 . Sez. I, 26 febbraio 1981, n. 1181 . Sez. I, 16 marzo 1981, n. 1477 . . . Sez. I, 1 aprile 1981, n. 1852-. III sez. civ., 2 aprile 1981, n. 1868 . pag. 463 }) 476 pag. }) }) )} )} )} )} )} )} }) )) )} }) )} 542 547 554 561 563 567 570 574 579 582 585 587 589 590 593 595 512 514 519 522 529 INDICE DELLA GIURISPRUDENZA Sez. I, 8 aprile 1981, n. 2007 . . Sez. Un., 11 aprile 1981, n. 2130 . Sez. I, 22 aprile 1981, n. 2382 . Sez. I, 23 aprile 1981, n. 2398 Sez. Un., 7 maggio 1981, n. 2950 . Sez. Un., 7 maggio 1981, n. 2957 . Sez. Un., 25 maggio 1981, n. 3408 . Sez. I, 27 maggio 1981, n. 3474 . . Sez. Un., 21 luglio 198.1, n. 418 (ordinanza) Sez. Un., 10 dicembre 1981, n. 6517 . . . . GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 23 giugno 1981, n. 304 . Sez. IV, 14 luglio 1981, n. 582 Sez. VI, 22 maggio 1981, n. 225 . GIURISDIZIONI PENALI TRIBUNALE DI LATINA Ordinanza, 13 febbraio 1981 Sentenza, 13 febbraio 1981 531 496 501 483 497 500 534 597 484 607 pag. 539 )) 539 )) 540 pag. 613 614 PARTE SECONDA LEGISLAZIONE QUESTIONI DI LEGITTIMIT COSTITUZIONALE I. -Norme dichiarate incostituzionali Il. -Questioni dichiarate non fondate III. -Questioni proposte pag. 51 52 54 PARTE PRIMA GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, 3 luglio 1981, n. 115 (ord.) -Pres. Amadei Rel. De Stefano -Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Ferri) e Presidente Giunta provinciale di Bolzano. Corte Costituzionale Conflitto di attribuzione tra Stato e Provincia di Bolzano -Pregiudizio non riparabile all'esercizio di funzione sta tale -Sospensione dell'atto. Un concreto e non riparabile pregiudizio all'esercizio della funzione di difesa del territorio nazionale costituisce ragione di sospensione dell'esecuzione dell'atto che ha determinato l'insorgere di conflitto di attribuzione. (omissis) ... ritenuto che con decreto del Presidente della Giunta provinciale di Bolzano, emanato il 16 dicembre 1980, .. stato approvato il vincolo paesistico Parco Naturale Monte Corno; che il Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il 29 aprile 1981, ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti della Provincia autonoma di Bolzano, 1in relazione al suddetto decreto, limitatamente alle disposizioni di cui agli artt. 2, comma secondo, lett. e) ed 11, comma secondo, dell'elenco dei vincoli e delle relative prescrizioni: con la prima delle quali, sotto la rubrica divieti parti. colari , sono vietati i campeggi e le esercitazioni militari nel territorio vincolato a parco, e con la seconda, sotto la rubrica effetti provoca1Ji. da rumori molesti , vietato, nello stesso territorio, l'atterraggio e il decollo di aeroplani o elicotteri salvo che per operazioni di soccorso o per necessit di trasporto materiali; (omissis) che, in sede di audizione in camera di consiglio, l'avvocato dello Stato ha ribadito la gravit deHe ragioni addotte a sostegno della richiesta sospensiva, rilevando come le impugnate disposizioni si risolvano in una vera interdizione di qualsiasi attivit militare in una zona posta in prossimit di confini nazionali, e come, in concreto, esse impediscano al Corpo d'armata alpino, nel cui mbito operativo rientra la zona medesima, di svolgere ivi in qualsiasi forma il normale addestramento dei suoi reparti; (omissis) considerato che effettivamente le impugnate disposizioni, con il vietare le specifiche attivit militari indicate dal ricorrente, possono 442 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO determinare un concreto e non riparabille pregiudizio all'esercizio della funzione di difesa del territorio nazionale; che, pertanto, sussistono gravi ragioni per addivenire, in attesa della definizione del giudizrlo, alla sospensione della :loro esecuzione: sospensione che, per quanto tocca in particolave il divieto di atterraggio e decollo di aereoplani o elicotteri, va ovviamente circoscritta all'ipotesi di operazioni militari. CORTE COSTITUZIONALE, 7 luglio 1981, n. 116 -Pres. Amadei -Rel. Roehrssen -Bruscia ed altro (avv. Avezzano Comes) e Presidente Consiglio Ministri (vice avv. gen. Stato Azzariti). Avvocati e .procuratori -Controversie di favoro Patrocinio a spese dello Stato -Liquidazione dei relativi compensi Mancato contraddittorio con l'amministrazione tenuta al pagamento Legittimit costituzionale. (Cost. art. 24; !. 11 agosto 1973, n. 533, artt. 13 e 14). I provvedimenti del giudice dinanzi al quale pende una controversia di lavoro, con i quali sono disposti l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, la scelta del difensore e la liquidazione dei compensi a questo spettanti, sono provvedimenti amministrativi, emanati dal predetto giudice in luogo della amministrazione attiva. Pertanto, gli artt. 13 e 14 della lgge 13 agosto 1973, n. 533, non violano l'art. 24 Cast. (1). (omissis) La Corte chiamata a decidere se gli artt. 13, primo, secondo e terzo comma, e 14, secondo comma, della legge 11 agosto 1973, n. 533, siano in contrasto con l'art. 24 della Costituzione, prevedendo (1) La pronuncia pu dare luogo a qualche osservazione. Sembra non proprio esaustivo l'asserire che il giudice agisce in luogo dell'amministrazione, dal momento che una siffatta asserzione apre e lascia irrisolti tutta una serie di problemi anche di rilievo costituzionale. L'amministrazione, e cio il potere esecutivo, opera -per dettati costituzionali -in regime di responsabilit, fmche politica, e nel quadro di un sistema di controlli, anche contabili; responsabilit e controlli sono essenziali specie laddove -come nella specie -una potest amministrativa caratterizzata da ampia discrezionalit. D'altro canto, l'impossibilit di affidare al giudice la gestione di capitoli del bilancio della spesa non pare possa essere riguardata alla stregua di un banale ostacolo aggirabile mediante l'espediente di attribuire ad un organo amministrativo il compito -si sottolinea di carattere meramente esecutivo di emettere gli ordinativi di pagamento. In realt, la pronuncia risente di una certa propensione ad ammettere la possibilit di una confusione tra i moli di magistrato e di amministratore. Lo PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 443 l'ammissione al gratuito patrocinio a spese dello Stato, la nomina del difensore d'ufficio e la liquidazione del relativo compenso, con provvedimenti giurisdizionali che fanno stato nei confronti della pubblica amministrazione senza che questa abbia partecipato al procedimento nei quali furono emessi e senza che abbia alcuna possibilit di difesa o di gravame. La questione non fondata. Ad avviso della Corte occorre prendere le mosse dall'esame del contenuto della legge n. 533 del 1973, nella parte che qui interessa. Questa fogge, nel dettare la nuova disciplina processuale de1le controversie di lavoro e previidenziali, anticipando in parte la pi generale normativa sul patrocinio statale per i non abbienti (Senato della Repubblica, VI legislatura, disegno di legge n. 453) ha per ora introdotto questa forma di patrocinio per le controversie indicate e, come risulta dai lav011i preparatori, nell'organizzare il relativo servizio ha voluto seguire criteri di particolare semplicit e rapidit. In omaggio a questi criteri, il legislatore ha abbandonato il sistema gi seguito dal R.D. 30 dicembre 1923, n. 3282, Iil tema di gratuito patrocinio (preveduto anche dal suddetto progetto sul patrocinio statale per i non abbienti), consistente nell'affidare i relativi compiti ad appositi organi amministratiiv.i ed ha ritenuto, invece, opportuno inserire la. procedura predetta nel seno al procedimento giurisdizionale in ordine al quale deve svolgersi l'opera defensionale. Perci la legge ha affidato al giudice dinanzi al quale s.i svolge il giudizio la attivit all'uopo necessaria, che si concreta essenzialmente nella ammissione al beneficio, previo accertamento della esistenza delle condizioni sostanziali per la concessione del beneficio medesimo (art. 13, status del giudice funzionale all'esercizio della giurisdizione (che sovranit -si noti - condizionata al sussistere di una domanda, di una lite), mentre ris)l1ta intrinsecamente incompatibile con l'esercizio di potest amministrativa; a' meno da non proclamare che l'indipendenza del magistrato un privilegio personale (esenzione di una persona da sottoordinazione, da controlli e da responsabilit) operante in ogni circostanza, e cui non fa riscontro alcun limite o dovere. Quanto precede rende palese la necessit di definire, quanto meno con norme interne, i criteri cui deve ispirarsi un corretto esercizio della potest amministrativa in questione, che non pu assumere i connotati di potere libero . Del resto, i casi che hanno dato origine alla controversia costituzionale hanno messo in evidenza la possibilit di gravi deviazioni: i compensi a difensori sono stati liquidati in relazione a serie di cause conclusesi con sentenze di rigetto delle domande del ricorrente (quando le domande sono accolte, l'onere per le spese legali posto a carico dei convenuti) dopo istruttorie che hanno accertato la totale (ed ab origine conoscibile) inconsistenza di dette domande. Si lascia al lettore di immaginare quali meccanismi le disposizioni de quibus, ove non integrate, consentano di attivare. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO secondo comma), nella scelta del difensore (art. 13, terzo comma) e, infine, nella liquidazione dei diritti, delle competenze e degli onorari spettanti al difensore (art. 14, secondo comma). Da tutta questa attivit, come appare evidente, rimane estraniata l'Amministrazione dello Stato, ai cui organi sono affidati, dalla legge in esame, due soli compiti. Il primo (art. 11, settimo comma) consiste nella facolt accordata all'Intendente di finanza di prospettare al giudice, in qualsiasi stato della causa, gli elementi di cui egli sia dn possesso in ordine alla esistenza ed alla persistenza dei requisiti di legge per l'ammissione al beneficio, chiedendo la revoca del relativo provvedimento: questo intervento (sebbene definito ricorso) si concreta in una forma di collaborazione, la quale, mentre ha lo scopo di fornire al giudice tutti gli elementi del caso e di conseguire la pi esatta osservanza della legge, non intacca i poteri del giudice, al quale soltanto spetta di adottare le decisioni definitive in argomento {art. 11, settimo comma, cit.). Il secondo compito, a sua volta, di carattere meramente esecutivo, successivo e conseguenziale al provvedimento del giudice, consiste nel provvedere al pagamento della spesa Iiquidata dal giudice a norma dell'art. 14 nonch alla prenotazione a debito per la eventualit della ripetizione degli onorar.i a norma dello stesso art. 14, primo comma. appena il caso di avvertire che quest'ultimo compito non poteva essere affidato al giudice, il quale non amministra i capitoli del bilancio della spesa: di conseguenza l'art. 14 ha posto la regola che H giudice fissa l'ammontare del credito del difensore ed i competenti organi amministrativi provvedono alla esecuzione, la quale, contrariamente a quanto rileva l'Avvocatura generale dello Stato, non consente alcun sindacato sul contenuto del provvedimento del giudice competente. In questo contesto e se questa l'organizzazione del servizio adottata dal legislatore in base ad una scelta discrezionale, le censure mosse dai giudici a quibus alla normativa esaminata, in quanto non consentirebbe alla Amministrazione dello Stato di intervenire nel procedimento e di impugnare i provvedimenti del giudice non hanno pregio: a parte che una qualche forma di intervento preveduta dall'art. 11, penultimo comma, le censure stesse poggiano, infatti, su una pretesa contrapposizione fra il giudice e l'amministrazione statale che invece non trova alcun riscontro nel sistema della legge n. 533, la quale, come si visto, ha ritenuto pi congruo ed opportuno affidare la applicazione delle norme in questione non alla Amministrazione attiva, ma al giudice, il quale agisce in luogo della medesima. N si possono condividere le considerazioni svolte dall'Avvocatura dello Stato circa la possibilit che si verifichino frodi nella scelta dei difensori, trattandosi, se mai, di meri inconvenienti che, d'altro canto, PARTE I,. SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 445 non potrebbero essere eliminati da una qualsiasi ingerenza di organi amministrativi. Tutto ci posto, da escludere che sii possa ravvisare nel sistema rifer.ito una violazione dell'art. 24 della Costituzione a danno dell'Ammi nistrazione dello Stato. (omissis) CORTE COSTITUZIONALE, 7 luglio 1981, n. 118 Pres. Amadei Rel. Gionfrida Presidente Consiglio dei Miillistn (vice avv. gen. Stato Azzariti) e Regione Friuli-Venezia Giulia. Friuli Venezia Giulia Completamento e miglioramento delle strutture e degli impianti televisivi Contributi regionali ad enti locali Legittimit costituzionale. (Statuto Friuli V. G., artt. da 4 a 7 e 54). La realizzazione di opere infrastrutturali e meramente accessorie per il completamento ed il miglioramento delle strutture e degli impianti televisivi rientra nella materia lavori pubblici di interesse locale o regionale; quindi costituzionalmente legittima una delibera legislativa regionale con la quale si concedano contributi per la realizzazione di dette opere (1). (omissis) La legge riapprovata il 16 giugno 1978 dal Consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia (intitolata Interventi regionali per il potemiiamento e fa massima diffusione del servizio pubblico radiotelevisivo nel Friuli-Venezia Giulia) -dopo un'ampia premessa introduttiva (contenuta nel comma primo dell'art. 1), secondo cui la Regione promuove e favorisce la massima diffusione dei servizi pubblici radiotele (1) stato gi osservato (cfr. Commento al d.P.R. n. 616 del ,1977, coordinato da CAPACCIOLI e SATTA sub art. 3) che le elencazioni delle materie attribuite alle Regioni contenute nell'art. 117 Cost. ed in altre disposizioni di livello costituzionale finiscono per affastellare nozioni non omogenee (talune teleologiche, altre ontologiche, etc.). Ed stato pure osservato (ivi, sub art. 87) che i lavori pubblici in realt non dovrebbero costituire una materia a s stante, con la predetta espressione indicandosi solo un momento, e strumentale, nello svolgimento di una serie di attivit pubbliche (ad esempio, per la gestione delle ferrovie, per il regime delle acque, per la difesa, etc.). In questo quadro, la massima cautela doverosa nel ravvisare ambiti di <:ompetenza regionale desunti (e, per cosi dire, derivati) dalla previsione della realizzazione di un lavoro pubblico, nel complesso iter di una attivit ammi nistrativa. Nella sentenza in rassegna si ritenuto di poter superare le (pur avvertite) remore, mediante l'osservazione che i lavori de quibus non iner scono direttamente a servizi statali... in quanto consistono in opere... meramente accessorie : -questo -un criterio che, per la sua elasticit ed approssimazione, introduce fin troppo evidenti elementi di incertezza. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 446 visivi, soprattutto in favore delle popolazioni residenti nelle zone pi periferiche e disagiate, anche ,in riferimento alla programmazione regionale prevista sia in lingua italiana che in lingua slovena con l'attivazione della terza rete televisiva della RAI -stabilisce (al comma secondo dello stesso art. 1) che, a tal fine, l'amministrazione re~ionale autorizzata a concedere contributi in conto capitale per il completamento ed il miglioramento delle strutture e degli impianti televisivi . Le disposizioni dei successivi artt. 2 a 6 disciplinano, poi, le condizioni, i limiti e le modalit di erogazione dei contributi in questione, elencandone i potenziali beneficiari (Comunit montane, comuni e loro consorzi) ,ed indicando esemplificativamente le opere per la cui realizzazione questi possono essere concessi (acquisizione di aree, costruzioni dii elettrodotti... e di ogni altra infrastruttura necessaria per il funzionamento e la manutenzione delle opere tecniche a carico degli enti predetti in base ad apposita convenzione stipulata tra i medesimi e la RAI. Di tail legge, il Governo deduce -come in narrativa detto -l'illegittimit costituzionale per contrasto con gli articoli 4 a 7 e 54 dello Statuto di autonomia approvato con legge costituzionale n. 1 del 1963. Sotto un primo profilo, argomenta, infatti, che le enunciazioni programmatiche di cui alla prima parte della legge, non solo sono operate in assenza di ogni specifica attr.ibuzione statutaria, ma si trovano altres in patente contraddizione con i principi e le procedure di programmazione nazionale, di cui alla legge 14 aprile 1975, n. 103, che detta nuove norme per la disciplina del servizio pubbltlco di diffusione radiofonica e televisiva. In secondo luogo discenderebbe, appunto, come logico corollario, dall'acclarata inesistenza di una competenza legislativa (ed amministrativa) della Regione nella materia in questione, [a parallela esclus.ione di un potere di spesa sull'identico oggetto. Trattandosi in particolare di interventi economici in favore di comuni, questi -sempre secondo il r.icorrente -avrebbero dovuto semmai essere realizzati nelle forme previste dal citato art. 54 dello Statuto e cio, con assegnazione di quota annua delle entrate regionaJ:i, ricorrendo lo scopo di adeguare le finanze dei comuni al raggiungimento dehle finalit ed all'esercizio delle funzioni stabilite dalla legge . La questione non fondata. Confrariamente all'assunto dell'Avvocatura dello Stato, la legge impugnata non incide sulla materia del servizio pubblico radiotelevisivo (la cui riserva allo Stato non minimamente posta in discussione dalla Regione), restando, invece, ci!'coscritta, nel suo oggetto, al pi ristretto e specifico settore dei lavori pubblici: che l'art. 4, n. 9, dello Statuto del Friuli-Venezia Giultla attribuisce (con formula sostanzialmente equivalente a quelle che, con varianti solo formali, si ritrovano in altri statuti di autonomia e nell'art. 117 della Costituzione, per le regioni a statuto PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE ordinario) alla competenza regionale, ove trattisi (come nella specie) di lavori di interesse locale e reg:ionale . ' infatti proprio ed esclusivamente alla realizzazione di opere pubbliche, quali appunto le infrastrutture occorrenti per l'installazione e [a manutenzione di impianti televisivi (anche per la terna rete) che la legge impugnata ha riguardo, mirando ad agevolarle: attraverso la disciplinata facolt di concessione di contributi aii comuni, cui tali opere facciano c~ico in base a convenzionii stipulate con la RAI-TV. L'enunciazione di principio, contenuta in apertura della stessa legge, aJl di l di una evidente ridondanza ed enfatizzazione de11a formula, si rileva come meramente introduttiva alle dette disposizioni di sostegno economico. E si risolve in una esplicitazione dei motivi di interesse (alla massima fruizione del servizio televisivo) che nella circostanza determinano l'intervento del legislatore regionale; interessi, per altro, che il legislatore nazionale prende anch'esso in considerazione nella citata legge n. 103 del 1975 (in particolare agli artt. 5 e 8) per attribuire precisi (sia pur collaterali) compiti (di indicazione, proposta, ecc.) alle regioni, nel settore della programmazione televisiva. D'altra parte, che le opere pubbliche alla cui realizzazione si rife:nisce fa legge impugnata siano da ricondurr,e, in particolare, nel novero di quelle di interesse regionale non revocabile in dubbio ove si richiami il criterio interpretativo -desumibile dal contesto dell'art. 4, n. 9, dello Statuto Friuli-Venezia Giulia e delle correlate disposizioni di attuazione (artt. 22 e 26 d.P.R. 1965 n. 1116, 21 lett. a), 23 lett. f) d.P.R. 1975 n. 902; e che trova ora anche riscontro per le regioni a statuto ordinario negli artt. 87, 88 del d.P.R. n. 616 deiJ. 1977 -secondo cui la materia dei lavori pubblici di interesse regionale deve, in linea di massima, intendersi caratterizzata da duplice connotazione: da un elemento positivo di carattere spaziale rappresentato dalla ubicazione in ambito infraregionale dell'opera da effettuare, e da un elemento negativo, rappresentato dalla non inerenza dell'opera stessa a servizi dello Stato. Entrambi tali requisiti risultano. nella specie puntualmente esistenti, dacch i lavori previsti nella legge denunciata insistono indiscutibilmente in ambito infraregionale, e, d'altro lato, non ineriscono direttamente a servizi statali, cio al servizio televisivo, in quanto, come si .detto, consistono in opere infrastruttura]J e quindi meramente accessorie, le quali, appunto perch tali, rimangono, del resto, in propriet dei comuni e dei consorzi che le eseguano. N gfova infine :nichiamare i limiti desumibili dall'art. 54 dello Statuto di autonomia del Friuli-Venezia Giulia perch tale norma, che ha riferimento ad interventi di sostegno finanziario in favore dei Comuni per finalit e funzioni ,stabilite dalle leggi, non esclude il ricorso da parte della Regione al normale potere di spesa che le compete nelle materie di propria competenza. 448 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 7 luglio 1981, n. 119 -Pres. Amadei -Rel. De Stefano -Mancini e altro (avv. Ravajoli e Simi) e Presidente Consiglio dei Ministri (vii.ce avv. gen. Stato Azzariti). Tributi erariali diretti -Imposta unica sul reddito delle persone fisiche Cumulo con altro prelievo tributario sul medesimo reddito -Violazione del principio di eguaglianza. (Cost., artt. 3 e 53; I. 13 luglio 1967, n. 583, art. 22; I. 20 marzo 1968, n. 369, art. unico; I. 3 giugno 1975, n. 160, art. 31). Contrastano con il principio di eguaglianza (in relazione alla capacit contributiva) le disposizioni che hanno mantenuto la ritenuta progressiva sulle alte pensioni anche dopo l'assoggettamento di queste alla IRPEF (1). (omissis) Con l'art. 22 della legge 13 luglio 1967, n. 583, veniva istituito, con decorrenza 1 gennaio 1968, un contributo di sollidariet a favore del Fondo sociale, di cui alla Jegge 21 luglio 1965, n. 903, ed a carico delle pensioni erogate dal Fondo speciale di previdemia per il personale addetto ai pubblici servizi di telefonia, il cui importo annuo superasse le lire 7.200.000. A tal fine l'INPS, in sede di liquidazione della pensione, doveva provvedere ad operare una ritenuta progressiva (del 16 per cento della pensione fino a 12 milioni di lire, e del 32 e deil 48 per cento, rispettivamente per le parti eccedenti i 12 milioni fino a 18 milioni, ed oltre i 18 milioni); il contributo cos prelevato andava poi direttamente versato dal medesimo Istituto al Fondo sociale. L'articolo unico della legge 20 marzo 1968, n. 369, nel differire la decorrenza della ritenuta al 1 aprile 1968, la estendeva, sempre con le medesime percentuali e negli stessi limiti, a tutti ii titolari di pensioni a carico dll'assicurazione generale obbligatoria per la invalidit, la vecchiaia ed i superstiti, nonch dei fondi sostitutivi od integrativi dell'assicurazione medesima, gestiti dall'INPS. Successivamente la ritenuta stata abolita, in forza dell'art. 31 della legge 3 giugno 1975, n. 160, a decorrere dal 1 genna:io 1976. (omissis) La medesima questione, come si gii detto, stata anche sollevata con due ordinanze del tribunale di Roma. Per il suo esame nel merito, (1) La pronuncia, di specie, non sembra faccia sorgere dubbi di legittimit costituzionale per le non rare disposizioni che pongono, a carico dei cittadini percettori di redditi non bassi, oneri di contribuzione ai costi di prestazioni pubbliche (ad esempio, i cosiddetti tickets). Peraltro, v' in essa una esplicita indicazione nel senso della necessit per il legislatore di tener conto e coordinare ogni forma di fiscalit parallela con l'imposizione progressiva determinata dalla curva delle aliquote IRPEF. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE va innanzi tutto ricordato che questa Corte si gi espressa sul contributo di solidariet imposto a favore del Fondo sociale, dichiarando non fondata, con la sentenza n. 146 del 1972, la questtione di costituzionalit che allora le era stata deferita per l'asserito contrasto con gli art. 3, 36, 38 e 53 della Costituzione, degli artt. 22 della legge n. 583 del 1967 ed unico della legge n. 369 del 1968, istitutivi di detto contributo. In quell'occasione la Corte pervenne alla sua pronuncia, riconoscendo, fra l'altro, -che la ritenuta progressiva sulle alte pensioni... ha sostanzialmente carattere di prestazione imposta al fine di concorrere alla copertura delle rilevanti spese conseguenti alla istituzione delle nuove pensioni sociali. In attesa che il relativo onere -per effetto dell'art. 1 della legge 30 aprile 1969, n. 153 -venisse assunto, a decorrere dal 1 gennaio 1976, a completo carico dello Stato, sopperiva infatti, accanto agli altri mezzi di copertura, un contributo progressivo straordinario e temporaneo a carico di coloro che -secondo la valutazione del legislatore -hanno la capacit contributiva. stato cos messo in preminente evidenza il nesso teleologico tra il carattere obbligatorio della prestazione patrimoniale autoritativamente imposta e la destinazione del relativo provento alla realizzazione di un interesse pubblico, quale la collaborazione nell'appvestamento dei mezzi .per l'attuazione di quel principio generale di sicurezza sociale, sancito nel primo comma qell'art. 38 della. Costituzione, cui appunto informata la istituzione delle pensioni sociali (come questa Corte ha di recente riaffermato anche nella sentenza n. 157 del 1980). La ritenuta progressiva sulle alte pensioni veniva perci sostanzialmente collocata sul piano dei tributi: ed infatti la Corte, premesso che le pensioni dei lavoratori non si sottraggono al regime tributario, sottolineava che quelle assoggettate a contributo beneficiavano, d'altra parte, della esenzione dal pagamento della ricchezza mobile , concessa ai sensi dell'art. 124 del r~d.I. 4 ottobre 1935, n. 1827. L'mbito normativo preso allora in considerazione datlla Corte stato, peraltro, incisivamente modificato -come posto in rilievo dal giudice a quo -per effetto della sopravvenuta riforma tributaria. In applicazione dei principi cui essa informata, stata infatti .istituita, con il d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, e con decorrenza dal 1 gennaio 1974, una imposta sul reddito complessivo netto delle persone fisiche (IRPEF), alla quale sono state assoggettate anche le pensioni, mentre venuta meno la loro esenzione dall'imposta di ricchezza mobile, abolita con la stessa decorrenza. Le pensioni assoggettate alla vitenuta sono state dunque, nel biennio che intercorre tra il 1 gennaio 1974 (inizio dell'applicazione del l'IRPEF) ed il 1 gennaio 1976 (cessazione dell'efficacia delle disposizioni istitutive del contributo di solidariet), incise da un dupl.ice prelievo per effetto di due concomitanti imposizioni, la cui progressivit, caratteristica di entmmbe, non stata nemmeno coordinata. Appare in conse RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO guenza vulnerato il princ1p10 dell'eguaglianza in rela:zrl.one alla capacit contributiva, sancito dagli artt. 3 e 53 de1la Costituzione, atteso che, nei confronti dei titolari di altri redditi, e pi specificamente di redditi da lavoro dipendente (cui Ia pensione, ai fini dell'applicazione dell'IRPEF, assimilata dall'art. 46, comma secondo, del citato d.P.R. n. 597 del 1973), i titolari delle pensioni su cui si applicato tanto l'IRPEF quanto la ritenuta a favore del Fondo saciale, sono stati, a parit di reddito e di capacit contributiva, colpiti in misura ingiustificatamente e notevolmente maggiore. (omissis) CORTE COSTITUZIONALE, 10 luglio 1981, n. 126 -Pres. Amadei -Rel. Roehrssen -Andreani ed altri (avv. Sandulli), Pio Istituto S. Spirito (avv. Nigro), Larizza (avv. Ricci), Universit degli Studi di Roma e Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. Stato Camfa). Istruzione e scuole -Universit -Cliniche universitarie -Attivit assistenziale in esse esercitata -Si compenetra nell'attivit didattico-scientifica -Indennit perequativa c.d. De Maria - utile ai fini previdenziali. (Cast., artt. 3, 36 e 38; I. 25 marzo 1971, n. 213, art. 4; d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, art. 31). Impiego pubblico Professori universitari -Trattamento economico dei professori equiparati ai dirigenti generali di livello A -Omnicomprensivit -Eccezione. (Cast., art. 3; d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748, art. 50). Le cliniche universitarie sono organi delle Universit, e l'attivit assistenziale in esse prestata dai professori universitari si compenetra nell'attivit didattico-scientifica; non , quindi, possibile parlare di un duplice rapporto di impiego o di un lavoro supplementare o aggiuntivo, e ravvisare una disparit di trattamento nella equiparazione del trattamento retributivo dei prof es sori universitari a quello dei sanitari ospedalieri, ancorch questi ultimi svolgono solo l'attivit assistenziale. Contrasta con l'art. 38 Cast. l'art. 4 della legge 25 marzo 1971, n. 213, nella parte in cui stabilisce che l'indennit in esso prevista .non utile ai fini previdenziali e assistenziali. Il criterio della omnicomprensivit si applica anche nei riguardi dei professori universitari con parametro 825 (equiparati agli ambasciatori); tuttavia a tale criterio si sottrae la indennit c.d. De Maria, a cagione della sua particolare finalit perequativa (1). (l) Cfr. Corte cost. 6 dicembre 1979, n. 141 (in questa Rassegna, 1980, I, 25) e Corte cost. 17 luglio 1975, n. 219 (in Foro it., 1975, I, 18&1). L'affermazione contenuta nella prima parte della massima appare avere oggi un ambito di PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 451 (omissis) Con le ordinanze di rimessione di cui in epigrafe sono state sottoposte all'esame della Corte due questioni riguardanti l'art. 4 della legge 25 marzo 1971, n. 213 (recante: Soppressione dei compensi fissi per i ricoveri ospedalieri di cui aM'art. 82 del regio decreto 30 settembre 1938, n. 1631, e della Cassa nazionale di conguaglio di cui al decretolegge 18 novembre 1967, n. 1044, convertito in legge 17 gennaio 1968, n. 4 ) ed una terza questione riguardante l'art. 50 del d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748 (recante: Discip1ina delle funzioni dirigenziali nelle Amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo): tali questioni attengono tutte al trattamento economico dei professori ullliversitari delle facolt di medicina e chirul'gia che opevino in unit ospedaliere ed involgono l'esame di problemi analoghi o connessi. (omissis) La prima delle questioni sottoposte alla Corte investe l'art. 4, secondo comma, della legge 213 del 1971, partendo dal presupposto che i professori universitari operanti nelle cliniche universitarie sarebbero titolari di un duplice rapporto d'impiego o, quanto meno, sarebbero tenuti ad una pluralit di prestazioni lavorative la quale imporrebbe una retribuzione diversa e maggiore di quella posta con la norma in parola. Ci richiede che la Corte accerti preliminarmente la reale siituazione giuridica dei professori universtari che siano anche direttori di cliniche universitarie o, pi in generale, dei professori universitari che operino nelle cliniche stesse. Questa Corte, con la sentenza n, 103 del 1977 ha gi riconosciuto che l'attivit che viene svolta dai docenti universitari nelle cliniche e negli istituti di ricovero e cura non solo non incompatibile con l'attiv. it didattico-scientifica, ma, al contrario, che esse sono suscettibili di ottimale collegamento o addirittura compenetrazione . Ed infatti, come noto, le cliniche annesse alla Facolt di medicina e chirurgia forniscono i mezzi necessari per lo svolgimento delle lezioni e dehle esercitazioni universitarie nonch per le indagini scientifiche alle quali tenuto il personale insegnante ed assistente delle Facolt medesime, sicch loro caratteristica la preminenza del fine didattico-scientifico su quel.lo meramente assistenziale. Da ci discende che ~e cliniche costituiscono organi delle Universit e che l'attivit assistenzale dei docenti predetti si inquadra senz'altro nella attivit propria dei docenti universitari. Sulla base di questa premessa sia l'art. 84 del r.d. 31 agosto 1933, n. 1592 (Testo unico delle leggi sull'dstruzione superiore), sia l'art. 6, applicazione pi diffuso, posto che le recenti disposizioni sulla docenza universitaria (d.P.R. n. 382 del 1980), oltre a confermare il collegamento al vertice tra il trattamento economico del professore universitario all'ultima classe di stipendio e quello del dirigente generale di livello A, hanno esteso l'operativit di tale collegamento a favore di tutti i professori universitari (anche associati), mediante rapporti percentuali per cos dire a cascata. 452 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEllO STATO ultimo comma, della [egge 18 marzo 1958, n. 311 (recante: Norme sullo sitato giuridico ed economico dei professori universitari) hanno chiarito che fra gli obblighi dei professori universitari rientrano anche quelli di attendere alla direzione o alla esplicazione della propria attivit di collaborazione nei gabinetti, istitu1Ji, cliniche, laboratori e simili, cio in tutte quelle istituzioni che concorrono in vario modo a[lo svolgimento delle attivit proprie delle Universit: in altni termini, il servizio prestato dai docenti universitari nei reparti clinico-ospedalieri fa parte integrante dei doveri inerenti al loro status, alla pari di qualsiasi altra forma di partecipazione alla vita universitaria in genere (laboratori, istituti, ecc.). Di conseguenza tale servizio non pu non essere ricompreso nefila normale retribuzione spettante ai docentii medesimi. Il carattere proprio delle cliniche universitarie e lanatura dell'opera ivi espletata dai professori addetti non stata mutata dalla riforma ospedaliera del 1968. L'art. l, terzo comma, della legge 12 febbraio 1968, n. 132, .infatti, si hlmita a constatare che l'assistenza ospedaliera viene svolta anche neille cliniche universitarie, aggiungendo che ad esse si applicano le norme di detta legge limitatamente all'esercizio della attivit assistenziale. Come questa Corte ha osservato nella citata sentenza n. 103 del 1977, con le disposizioni in parola il legisrlatore ha inteso mobilitare, per l'assolvimento del servizio in cui si concreta l'assistenza ospedaliera pubblica, anche gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, le cliniche e gli istituti universitari, dichiarandoli soggetti, per la parte assistenziale, alla disciplina unitaria posta dalla stessa [egge di riforma: ma ci se ha inciso sull'ordinamento interno dei servizi di assistenza delle c1iniche, non ha operato sulla posizione giuridica dei docenti universitari incaricati nei cennati istituti e cliniche, posizione giuridica la quale rimane soggetta alle norme precedentemente ricordate. Di conseguenza modifiche non sono state apportate, su questo punto, neppure dalle norme contenute nel d.P.R. 27 marzo 1969, n. 129 (recante: Ordinamento interno dei servizi di assistenza defile cliniche e degli istituti universitari di ricovero e cura), emanato in attuazione della delega di cui agli artt. 40 e 42 della legge n. 132 del 1968 e destinato a dare applicazione al principio affermato nell'art. l, terzo comma, gi citato-. In particolare l'art. 3, quando stabilisce che i professori universitari di ruolo (nonch gli aggregati e gli incaricati) in quanto responsabili di una divisione o di un servizio speciale di diagnosi e cura, assumono a tali effetti, la qualifica di primari ospedalieri e, conseguentemente, nei confronti dell'ente ospedaliero, i diritti ed i doveri dei primari in quanto applicabili, altro non fa che meglio chiarire e precisare la posizione del professore in rapporto alla attivit assistenziale che si svolge nell'ambito della clinica, non essendo da dubitare che anche prima della riforma PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 453 detti docenti fossero soggetti agli obbllighi ed alle responsabilit inerenti all'esercizio delle relative funzioni. Non diversamente dispone il secondo comma del medesimo art. 3 per quel che riguarda gli aiuti e gli assistenti. Il concetto stato ripreso integralmente dall'art. 102, primo comma, del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 (recante: Riordinamento della docenza universitaria, relativa fascia di formazione nonch sperimentazione organizzativa e didattica), aggiungendosi che dell'adempimento dei doveri ineren1li. alle funzioni assistenziali il personale universitario risponde alle autorit accademiche competenti, il che sottolinea la unicit del rapporto di impiego dei detti professori. Con.segue da quanto si detto che gli stessi professori universitari inseriti nelle cliniche ed istituti di ricovero e di cura non sono soggetti ad un duplice rapporto di impiego e neppure che essi, in quanto operino in dette cliniche ed istituti, svolgano una attivit fa quale abbia caratteristiche diverse da quella loro propria. Al pi possibile parlare di un'attivit la quale pu rendere e di fatto rende pi oneroso il lavoro dei docenti addetti agli istituti in parola ed certamente in considerazione di ci che il legislatore, fin ab antiquo, ha .rivolto una particolare attenzione a questa situa2lione prevedendo qualche speciale compenso. Ne gi parola nel r.d. 13 novembre 1859, n. 3725 (comunemente conosciuto come legge Casati): nella nota alla tabella B) ivi allegata si dice infatti che i professori i quali oltre le lezioni hanno od una clinica o uno stabilimento cui prestar la loro cura e sorveglianza godranno dell'aumento determinato dalla relativa pianta. Contrariamente a quanto si afferma dalle parti private, il testo unico n. 1592 del 1933, non parla espressamente di compensi del genere (limitandosi, nell'art. 59, che prevede prestazioni a pagamento, a rinviare al regolamento di esecuzione circa la loro utilizzazione: e l'art. 133 del r.d. 6 aprile 1924, n. 674, che apprv il regolamento generale universitario, a sua volta, parla genericamente della destinazione delle somme provenienti da dette prestazioni, fra l'.altro, a compensi al personale). Invece con l'art. 82 del r;d. 30 settembre 1938, n. 1631 (recante: Norme generali per l'ordinamento dei servizi sanitam e del personale sanitario degli ospedali) si introdusse fa facolt di imporre un compenso fisso per ogni ricoverato in corsia comune a carico di enti mutualistici, compenso che sarebbe stato poi devoluto ai sanitari curanti. Ma con la legge 25 marzo 1971, n. 213, il legislatore, nella sua discrezionalit e per scopi chiaramente perequativi, ha ritenuto di mutare sistema, sopprimendo i compensi fissi previsti dal r.d. n. 1631 del 1938 e stabilendo con l'art. 4 (ora riprodotto nell'art. 31 del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, recante: Stato giuridico del personale delle unit sanitarie locali) che gli enti ospedalieri versino alle Universit la somma corrispondente al costo necessario per dotare di personale medico ospe RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO daliero a tempo definito ogni unit a direzione universitaria. poi l'Universit che destina tale somma alla corresponsione al personale medico undversitario che svolga comunque attivit assistenziale di una indennit che non pu essere superiore, nel suo ammontare, a quanto occorrente per equiparare :i!l trattamento economico a quello del personale medico ospedaliero di pari funzioni ed anzianit: in tal modo si voluto fondamentalmente addivenire alla equiparazione economica fra sanitari ospedaleri e docenti univers>itari che operino nelle cliniche universitarie, ma rispettando la posizione dei docenti universitari i quali ricevono la indennit non dall'ente ospedaliero ma dalla Amministrazione universitaria. Il legislatore, pertanto, ha preso 'il considerazione [a posizione degli universitari inseriti nelle cliniche, ma ha pi volte variato il criterio in base al quale calcolare l'emolumento: da ultimo ha ritenuto di dovere seguire il criterfo, certo non irrazionale, di equiparare, nei limiti del possibile, la posizione economica dei sanitari ospedailieri e dei docenti un,iversitari operanti nelle cliniche. Da tutto quanto si venuto fin qui esponendo emerge, ad avviso della Corte, che per i docenti universitari dei quali si tratta non possibile parlare di un duplice rapporto di impiego n di un lavoro supplementare o aggiuntivo che s.ia da considerar,e al di fuori dei doveri inerenti allo status di professore universitario: il compenso per il pi oneroso svolgimento della Joro attivit trova tradizionalmente base in una valutazione discrezionale del legislatore, la quale soprattutto non deve trascura. re la posizione dei professori a tempo pieno. Ma se cos , nessuno dei profili di incostituzionalit denunciati dalle ordinanze di rimessione risulta fondato. Infatti per quanto attiene alla pretesa violazione del principio di uguaglianza (art. 3 Cost.) si osserva che: a) non pu parlarsi di disparit di trattamento con ~i ospedalieri che .non siano docenti universitari e che percepiscono ii.I medesimo stipendio pure svolgendo solo attivit assistenziale, pxj.ch per i professori dei quali qui si tratta la attivit assistenZJiale si compenetrn con quella didattico-scientifica; b) non esiste possibilit di operare un confronto fra i professori in parola e gli ospedalieri cui sia conferito un qualsiasi incarico di insegnamento universitario, in quanto questi ultimi svolgono in effetti due lavori separati e distinti e sono titolari di due distinti rapporti di impiego: e) infine non pu parlarsi di disparit di trattamento con i do centi universitari appartenenti. ad altre faco!lt ai quali sia consentito il cumulo di pi rapporti di impiego, sempre perch per i docenti in questione non si ha alcun cumulo ma, ripetesi, soltanto la esplicazione di una attivit sostanzialmente unitaria. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE N pu ritenersi violato l'art. 36 della Costituzione, poich, come si veduto, la fogge riconosce ai professori in parola, proprio per il maggior lavoro al quale essi sono assoggettati, uno speciale compenso, la cui entit rientra, come gi detto, nell'apprezzamento discrezionale del legislatore. (omissis) Fondata, invece, appare la seconda questione sottoposta all'esame della Corte. Invero la indennit ohe viene corr.isposta a norma dell'art. 4 costituisce pur sempre una componente del complessivo trattamento economico spettante aJl professore universitario quando svolga attivit assistenziale sanitaria e come tale essa non pu non essere utile ai fini assistenziali e previdenziali, in applicazione dell'art. 38 Cost.: il divieto all'uopo posto nell'art. 4 viola, di conseguenza, tale norma costituzionale, tanto pi che gli enti assistenziali, nel versare alle Universit le somme di cui al ripetuto secondo comma dell'a11t. 4, vi comprendono anche i contributi previdenziali, i quali non possono poi rimanere nelle casse universitarie e non produrre, quindi, alcun benefico effetto nei riguardi dei soggetti ai quali si riferiscono. -Deve, di conseguenza, dichiararsi la illegittimit costituzionale del citato art. 4, secondo comma, nella parte nella quale stabilisce non utile ai fini previden:lliali ed assistenziali la indennit de qua. In conseguenza della declaratoria di illegdttimit costituzionale dell'art. 4, secondo comma, nella parte or ora citata, la Corte, avvalendosi dell'art. 27 delila legge 11 marzo 1953, n. 87, deve dichiarare fa illegittimit costituzionale anche dell'art. 31, primo comma, del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, nella parte in cui stabilisce che la indennit livi preveduta, identica a quella gi preveduta dall'art. 4 suddetto, non utile ai fini previdenziali ed assistenziali. Fondata , iinfine, anche la terza delle questioni sottoposte a questa Corte, che investe iiil disposto dell'art. 50 del d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748; Questa disposizione, come noto, ha posto il divieto di corrispondere ai funzionari dirigenti, oltre all'indennit di funzione, ulteriori iindennit, proventi o compensi a qualsiasi titolo in connessione con la carica, salvo che abbiano carattere di generalit per tutti gl'impiegati civili dello Stato. Tale divieto, in conseguenza di quanto statuito nella sentenza n. 219 del 1975 di questa Corte, si applica anche ai professori Uiliversitari con pa:mmetro 825, ancorch prestino la loro opera in cliniche universitarie, cosicch essi non possono usufruire dell'indennit prevista dall'art. 4 della legge 25 marzo 1971, n. 213. Ma il suddetto divieto, nei limiti in cui si estende all'indennit prevista daU'avt. 4 sopra citato, appare irragionevole, ove si tenga conto della particolare finalit deHa indennit in questione, diretta a perequare il trattamento dei professori universitari con quello dei medici ospedalieri di pari funzioni e anzianit. 456 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La circostanza che un professore universitario raggiunga il parametro 825, non elimina l'esigenza di perequazione, ove per qualunque ragione il suo stipendio venga ad essere inferiore a quello del medico ospedaliero di pari funzioni ed anzianit. L'art. 50 del d.P.R. 30 giugno 1972 va pertanto dichiarato costituzionalmente iMegittimo, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui esclude che ai docenti universitari che operino in cliniche universita11ie ed abbiano raggiunto il parametro 825 possa essere corrisposta l'indennit prevista gi dall'art. 4 della legge 25 marzo 1971, n. 213 ed ora dall'art. 31 del citato d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761. Rimane assorbita la dedotta violazione dell'art. 36 della Costituzione. CORTE COSTITUZIONALE, 10 luglio 1981, n. 129 -Pres. Amadei -Rel. Paladin -Presidente della Repubblica (avv. SanduUi), Presidente del Senato della Repubblica (avv. Crisafulli) e Presidente della Camera dei Deputati (avv. Barile). Corte dei Conti -Giurisdizione contabile -Conti dei tesorieri degli organi costituzionali -Non sono sottoposti a giudizio di conto. Le norme costituzionali scritte possono essere integrate, quando non dettano una disciplina compiuta, da consuetudini costituzionali, formatesi mediante la ripetizione costante di comportamenti uniformi. In conformit con una antica prassi e per diretto riflesso .della spiccata autonomia di cui le Camere del Parlamento e la Presidenza della Repubblica dispongono, spetta a tali organi costituzionali dettare le disposizioni regolamentari che ognuno di essi ritenga pi opportune per garantire una corretta gestione delle somme affidate ai rispettivi tesorieri e disporre l'attivazione dei corrispondenti rimedi, amministrativi od anche giurisdizionali. Pertanto, non spetta alla Corte dei conti il potere d sottoporre a giudizio di conto i tesorieri della Presidenza della Repubblica, della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica (1). (omissis) I ricorsi per conflitto di attribuzione, proposti dal Presidente della Repubblica, dal Presidente della Camera dei deputati e dal Presidente del Senato della Repubblica, nei confronti deHa Sezione I giurisdizionale della Corte dei conti, riguardano i contemporanei ed analoghi decreti, datati 30 ottobre 1979 e depositati il 19 febbraio 1980, con cui tale Sezione ha prescritto ai tesorieri della Presidenza della Repub (1) L'ordinanza Corte cost. 12 novembre 1980, n. 150, pubblicata in questa Rassegna, 1980, I, 900. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 457 blica, della Camera e del Senato il termine di mesi sei per la presentazione dei conti relativi aif.le gestioni degJi armi dal 1969 al 1977: Pertanto i tre giudizi, gi riuniti mediante l'ordinanza n. 150 del 1980, si prestano ad essere decisi con Ul1ica sentenza. Nella predetta ordinanza, riservato ogni definitivo giudizio sull'ammissibilit e sul merito dei ricorsi, la Corte li ha dichiarata. ammissibili, in applicazione dell'art. 37, terzo comma, della legge n. 87 del 1953. Le argomentazioni allora svo!lte vanno confermate in questa fase del procedimento, tanto pi che sul punto non sono state sollevate eccezioni di sorta. Sotto il profilo soggettivo, pu dunque ripetersi che non dubbia la legittimazione a promuovere conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato, spettante .ai Presidenti. delle Camere, sulla base di conformi deliberazioni del~e rispettive assemblee parlamentari; poich l'una e l'altra sono competenti a dichlarare definitivamente la volont del potere cui appartengono (come stabilito dall'art. 37, primo comma, della legge n. 87 del 1953), con particolare riguardo ai' casi iin cui si tratti di attribuzioni rivendicate in nome dell'indipendenza e dell'autonomia di ciascun ramo del Parlamento. Del pari, legittimato il P.residente della Repubblica, che ricorre anch'esso per salvaguardare la propria autonomia, sostenendo che .il Segretariato generale della Presidenza svolgerebbe compiti serventi rispetto alla funzione presdJdenziale , costituzionalmente garantita, non gi rispetto ad una funzione amministrativa genericamente assunta. N pu contestarsi la legittimazione passiva della Sezione I giurisdizionale della Corte dei conti: anche nell'ambito della giurisdizione contabile, quello giurisdizionale un potere diffuso (cfr. la sentenza n. 231 del 1975), sicch ogni sua componente, nell'esercizio di funzioni giurisdizionali delle quali si ritenga titolare, pu essere parte di conflitti. Sotto il profilo oggettivo, ben vero che la Sezione I giurisdizionale della Corte dei conti -non costituitasi negli attuali giudizi -non ha inteso determinare una situazione di conflitto, ledendo l'indipendenza e l'autonomia dei ricorrenti, che anzi i decreti impugnati affermano esplicitamente di voler lasciare integre; e lo conferma la circostanza che i decreti stessi impongono la presentazione dei conti ai tesorieri e non agli organi costituzionali di appartenenza (sebbene la notificazione giudiziale sia stata effettuata per il tramite delle rispettive Presidenze). Tuttavia, ci non toglie che i ricorrenti considerino invece meno mata, qualora la giurisdizione contabile si estenda ai loro tesorieri (ed agli altd agenti del tipo indicato dall'art. 44 del r.d. 12 luglio 1934, n. 1214), una sfera di competenza costituzionalmente tutelata. Tale prospettazione sufficiente a dimostraJ:1e che esiste la materia di un conflitto (in base all'art. 37, quarto comma, della legge n. 87 del 1953), anche se nei casi in esame non si controverte circa la spettanza di una X ;--/ m . %: mii'/ fil ~::;::/ . ----. m . 1@ :::::." . . W%.X' . / , x-...m-W-x% ~;,.:r..::: , . RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 458 stessa attribuzione, ma circa l'estensione della giurisdizione propria della Corte dei conti, nel rapporto con l'autonomia organizzativa e funzionale rivendicata dai tre organi costituzionali che hanno sollevato conflitto. infatti consolidato, nella giurisprudenza di questa Corte, H criterio per cui la figura dei conflitti di attribuzione, sia tra lo Stato e le Regioni sia tra i poteri dello Stato, non si restringe 1alla sola ipotesi di contestazione circa l'appartenenza del medesimo potere, che ciascuno dei soggetti contendenti rivendichi per s, ma si estende a comprendere ogni ipotesi dn cui dall'illegittimo esercizio di un potere altrui consegua la menomazione di una sfera di attribuzioni costituzionalmente assegnate all'altro soggetto (cfr. Ja sentenza n. 110 del 1970).. Nel merito, i decreti impugnati si fondano sulla comune premessa che l'art. 103, secondo comma, della Costituzione riservi ed attribuisca senz'altro alla Corte dei conti la giurisdizione in qualunque materia di contabilit pubblica: elevando a principio di genera1issima portata; riferibile anche ai tesorieri degli organi costituzionali ricorrenti, Ja disposizione dell'art. 44 del r.d. n. 1214 del 1934, per cui la Corte dei conti giudica sui conti dei tesorieri, dei ricevitoDi, dei cassieri e degli agenti incaricati di riscuotere, di pagare, di conservare e di maneggiare danaro pubblico o di tenere in custoria valori e materie di propriet dello Stato. A sostegno della sua tesi, fa Sezione I giurisdizionale richiama la sentenza di questa Corte n. 114 del 1975, per desumerne -come gi si ricordato in narrativa -che lo strumento del rendiconto giudiziale e l'apposito giudizio sul conto debbano trovare immediata applicazione nei riguardi di tutti coloro che maneggino danaro o custodiscano valori o materie, neH'ambito degli oDdinamenti della Presidenza della Repubblica, della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Senonch la giurisprudenza finora elaborata da questa Corte, quanto alla giurisdizione della Corte dei conti nelle materie di contabilit pubblica, non conforta la tesi della Sezione I giurisdizionale. In primo luogo, non pertinente il richiamo della sentenza n. 114 del 1975, poich tale decisione ha risolto un problema ben lontano da quello in esame, dichiarando l'iillegittimit costituzionale di una legge della Regione Trentino- Alto Adige, nella parte in cui questa rendeva eventuali anzich necessari i giudizi sui conti degli agenti contabili dei rispettivi enti loca1i, e fa cendo valere in tal senso la specifica esigenza di non determinare una palese situazione di disparit di trattamento... rispetto ag1i .agenti contabili degli enti locali del restante territorio nazionale; sicch i citati assunti della motivazione non possono venire universalizzati, estrapolandoli dal contesto della decisione stessa. In secondo luogo, questa Corte ha pi volte ritenuto -a partire dalla sentenza n. 110 del 1970 -che il principio dell'art. 103 conferisca capacit espansiva alla disciplina dettata dal testo unico del 1934 per g1i agenti contabili dello Stato, consentendone l'estensione a situazioni j.,, !::: ii: I! 11111&BillfllJ:i#lf:lilf&il&w#11t111111t:111111~~111rtr&111~:1t,11trr11w11~t1r111rr111r~1~1== PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 459 non espressamente regolate in modo specifico. Ma in quella stessa pronuncia si avverte che l'espandersi della giurisdizione costituzionalmente attribuita alla >, che consiste essenzialmente nella messa a disposizione di terre, di aiuti sotto forma di abbuono di interessi per gli investimenti necessari per l'attuazione del piano di sviluppo, di garanzie per i mutui contratti. In questo regime l'art. 1 dispone che allo scopo di creare condizioni strutturali che consentano un sensibile ( J'. '~~ I f _,.,Amr-Il 1:: PARTE I, SBZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 465 e la conservazione del vino, a migliorare i collegamenti nei trasporti fra le due aziende e ad abbreviare il circuito di vendita del vino, migliorando nel contempo Ja qualit, la presentazione e il condizionamento del prodotto. 3. -Nella decisione impugnata si constatava che detto progetto non poteva essere preso in considerazione per la concessione del contributo del FEAOG, sezione orientamento. La Commissione considerava che la domanda di contributo rientrava nella sfera d'applicazione della diretHva del Consiglio 17 aprile 1972, n. 72/159, relativa all'ammodernamento delle aziende agricole (G.U. n. L 96, pag. 1); che i provvedimenti contemplati da tale direttiva costituiscono una azione comune ai sensi dell'art. 6, n. 1, del regolamento del Consiglio 21 aprile 1970, n. 729, relativo al finanziamento de1la politica agri.cola comune (G.U. n. L 94, pag. 13); che, a norma dell'art. 15, n. 2, del regolamento n. 355/77, i progetti che possono fruire di aiuti comunitari nell'ambito di altre azioni comuni non rientrano nel campo di questo regolamento. miglioramento del reddito e delle condizioni di lavoro e di produzione in agricoltura, .gli Stati memb:rii ismtuiscono un rng,ime selettivo di li!ncoraggiamento delle aziende agricole in grado di svilupparsi, volto a favorire le attivit e lo sviluppo in condizioni razionali . Sono considerate aziende agricole in grado di svilupparsi quelle in cui l'imprenditore possiede determinati requisiti: in particolare egli deve esercitare l'attivit agricola in via principale, possedere una sufficiente capacit professionale ed elaborare un piano di sviluppo dell'impresa (a:ritt. 2 e 4) U qll!aille dimostri che, una volta attuato, ~'>azienda agricola in via di ammodernamento sar in grado di raggiungere almeno un reddito di lavoro paragonabile a quello di cui fruiscono le attivit non agricole della zona. Misure complementari al regime di incoraggiamento delle aziende agricole in grado di svilupparsi sono indicate nel titolo II: ivi sono previsti un regime di incoraggiamento a11a tenuta deillia contabilLirt delae ,aziende agricole (1art. '11, in relazione al 14 considerando), la concessione di un aiuto di avviamento alle associazioni riconosciute aventi come scopo l'assistenza interaziendale, una pi :riazionale utilizzazione in comune del materiale agricolo o un'attivit in comune (art. ,12, in relazione al 15 considerando), l'istituzione di regimi di aiuto alle opere di irrigazione e di ricomposizione (art. 13, in relazione al 16 considerando). Le spese effettuate dagli Stati membri nel quadro delle azioni sopra indicate sono .finanziate pairzia:1mente dal F.E.A.OJG. (airt. 19). Pier concentrare gLi aiuti finanziari nella realizzazione dell'obiettivo primario dell'ammodernamento delle aziende (17 considerando) l'art. 14 vieta altri aiuti pur soltanto nazionali agli investimenti nelle aziende agricole, salvo alcune specifiche eccezioni. In attuazione della direttiva l'Italia ha emanato la legge 9 maggio 1975, n. 153, convalidata dalla Commissione delle C.E., con la quale stato istituito un regime di aiuti -art. 1, lett. a) -con lo scopo di promuovere sollecitamente l'ammodernamento ed il potenziamento delle strutture agricole a deter minare il miglioramento delle condizioni di produzione, di lavoro e di reddito in agricoltura . In questa prospettiva stato stabilito -art. 11 -che le provvidenze si applicano alle aziende agricole, singole ed associate, che siano in grado di conseguire attraverso una pi razionale ed efficace organizzazione RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 4. -I cinque mezzi dedotti dal ricorrente sono rispettivamente fondati sulla violazione del regolamento n. 355/77, e in particolare degli artt. 1, 6 e 15, n. 2; sul difetto di motivazione della decisione impugnata; sull'errata applicazione della direttiva 72/159, e in particolare degli artt. 1 e 2; sull'incompetenza deUa Commissione ad individuare i beneficiari del regime di aiuti stabilito dalla direttiva; sulla violazione del divieto di discriminazione. 5. -Poich la controversia J"iguarda principalmente la delimitazione delle rispettive sfere d'appUcazione del regolamento n. 355/77 e della direttiva 72/159, opportuno esaminare anzitutto, congiuntamente, il primo ed il terzo mezzo. 6. -Il ricorrente sostiene che la direttiva 72/159 non pu applicarsi al suo caso. A suo avvJso, il regime di incoraggiamento previsto da tale direttiva ha infatti lo scopo di consentire alle aziende in grado di svilupparsi di adattarsi al progresso economico nell'ambito di un ade- dei fattori della produzione, anche sotto forma di impianti e serv1z1 comuni, adeguati livelli di reddito: a) che siano condotte da imprenditori agricoli a titolo principale; b) che abbiano una produzione tale da determinare un reddito di lavoro inferiore al reddito medio dei lavoratori non agricoli della zona in cui ricade l'azienda. 4. -Il regolamento (CEE) n. 355/77 del Consiglio del 15 febbraio 1977 relativo a un'azione comune per il miglioramento delle condizioni di trasformazione e di commercializzazione dei prodotti agricoli mira al miglioramento delle strutture di mercarto dei prodotti .agrkoli. Esso stato adottato considerando in particolare: -{1 considerando) che nella Comunit i prodoHii: agricoli sOIIlo sottoposti per la maggior parte a trasformazione prima di giungere al consumatore finale; che, inoltre, il miglioramento delle attivit di trasformazione e di commercializzazione dei prodotti agricoli, segnatamente mediante il miglioramento della qualit e della presentazione, permette di conquistare pi ampi sbocchi, di meglio valorizzare i prodotti e di contribuire di conseguenza all'incremento della produttivit dell'agricoltura ; -(3 considerando) che per assicurare un miglioramento coerente della trasformazione e della commercializzazione dei prodotti agricoli conviene che la partecipazione del F.E.A.O.G., sez. orientamento, a progetti di investimento sia subordinata all'inserimento di questi ultimi in programmi specifici contenenti una precisa analisi della situazine del settore in questione e del miglioramento previsto ; -(4 considerando) che, per poter beneficiare del finanziamento comunitario, i progetti devono in particolare permettere di garantire tanto il miglioramento e la razionalizzazione delle strutture di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli, quanto effetti positivi duraturi nel settore agricolo. Il regolamento, quindi, avvia -art. 1 -un'azione comune destinata a permettere di sviluppare e razionalizzare imprese che si occupano del trattamento, della trasformazione o della commercializzazione dei prodotti agricoli, al fine .di migilliorare le strutture di mercato dei prodo.tt,i agricoli e, in particolare, facilitare gli adeguamenti o gli orientamenti dell'agricoltura resi neces r ~f: I I ~== ~:'. i:: PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 461 guato piano di sviluppo. Le aziende che possono beneficiare di tale regime in forza della direttiva sono quelle il cui titolare ha un reddito di favoro inferiore ad un livdlo equo, o la cui struttura sia tale da compromettere il mantenimento del reddito ad un livello equo. Questi presupposti non ricorrono nel caso di imprenditori che, come il ricorrente, dirigono aziende agricole le quali hanno raggiunto un reddito di lavoro analogo, o addirittura superiore, a quello di cui beneficiano le attivit non agricole nella stessa zona. 7. -Il ricorrente sostiene che, stando cos le cose, non pu essergli opposto l'art. 15, n. 2, del 1.'ego1amento n. 355/77 in quanto questa norma, secondo cui non rientrano nel campo di applicazione di tale regolamento i progetti che possono beneficiare di aiuti comunitari nel quadro di altre azioni comuni ai sensi del regolamento n. 729 /70, ha l'unico scopo di evitare il cumulo di aiuti comunit,ari per la rea1izzazione di uno stesso progetto. sari dalle conseguenze conomiche della politica agricola comune o intesi a rispondere alle esigenze di quest'ultima . 1\ ammesso ai benefici, che consistono in sovvenzioni in conto capitale, qualsiasi progetto di investimento in beni materiali (di persone fisiche o giuridiche o di loro associazioni), pubblico, semipubblico o privato, relativo in tutto o in parte ad attrezzature destinate in particolare: a) alla realizzazione o allo sviluppo del magazzinaggio, del condizionamento, della conservazione, del trattamento o della trasformazione di prodotti agricoli: b) al miglioramento dei circuiti di commercializzazione; e) ad una migliore conoscenza dei dati relativi ai prezzi ed alla formazione dei prezzi sui mercati dei prodotti agdcoli (art. 6). Il progetto deve contribuire a migliorare la situazione del rispettivo settore di produzione agricola di base; ... e in particolare assicurare un'adeguata e duratura partecipazione dei produttori del prodotto di base ai vantaggi economici che ne derivano (art. 9). L'art. 111 indica pi specificatamente gli scopi alternativi che debbono perseguire i progetti: orientamento della produzione o creazione di nuovi sbocchi per essa; alleggerimento dei meccanismi di intervento delle organizzazioni comuni di mercato; localizzazione in regioni che presentano difficolt di mercato; semplificazione dei circuiti commerciali; miglioramento del prodotto. L'art. 15, n. 2, precisa che non rientrano nel campo di applicazione del regolamento i progetti che possono beneficiare di aiuti comunitari nel quadro di altre azioni comuni ai sensi dell'art. 6, paragrafo 1, del regolamento (CEE) n. 729/70 . 5. -Sia le misure previste dalla direttiva 72/,159 che quelle previste dal regolamento 355/77 rivestono un interesse comunitario e hanno lo scopo di conseguire le finalit di cui all'art. 39, paragrafo 1, lett. a), del trattato, e costituiscono pertanto un'azione comune ai sensi dell'art. 6 del regolamento CEE n. 729/70 (cfr. il 19 considerando dell'una ed il 2 considerando dell'altro; cfr., peraltro, il 1 considerando della direttiva, che richiama anche la lett. b) dell'art. 39, par. 1, cit.). Le une e le altre hanno dunque lo scopo di incrementare la produttivit dell'agricoltura, sviluppando il progresso tecnico, assicurando lo sviluppo razionale della produzione agricola come pure un impiego migliore dei fattori di produzione, in particolare della mano d'opera . 468 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 8. -La Commissione refuta l'inte:ripretazione data dal ricorrente all'art. 15, n. 2, del regolamento n. 355/77. A suo avviso, inconcepibile che il legislatore comunitaTio abbia voluto concedere i maggiori vantaggi pvevisti dal regolamento ad investimenti riguardanti esclusivamente l'ammodernamento di un'azienda agl'icola, oggetto della direttiva 72/159, qualora tali investimenti non 11ispondano ai criteri definiti dalla direttiva. Per questi motivi, la Commissione ha escluso ab initio dal campo d'applicazione del regolamento tutti i progetti che, come quello presentato dal ricorrente, rientrano, in base a:l tipo deg1i investimenti proposti, nel campo d'applicazione della direttiva, anche se, per motivi non .ineventi ai progetti, bens alle dimensioni o alla redditivit dell'impresa, Jl titolarie di questa non abbia diritto agli aiuti contemplati dalla direttiva. 9. -Il Governo italiano, interv,eniente, ha criticato il modo astratto in cui la Commissione ha proceduto alla valutazione del progetto presentato dal ricorrente. A suo avviso, da un esame del testo e del pream- In questa prospettiva comune, la direttiva prevede specificamente piani di sviluppo, di aziende non ancora sviluppate, nel quadro delle strutture agrarie; il regolamento prevede progetti di investimento, in aziende non specificamente delimitate, nel quadro delle strutture di mercato. Ictu oculi appare dunque una prima distinzione di fondo: l'una intende favorire razionali metodi di produzione attraverso una riforma della struttura agraria di produzione (5 considerando); l'altro intende favorire il miglioramento e la razionalizzazione delle strutture di trasformazione e di commercializzazione dei prodotti agricoli ed effetti positivi duraturi nel settore agricolo ( 4 considerando). Le due normative (l'una diretta agli Stati, l'altra diretta anche ai singoli) hanno dunque due specifici campi di applicazione, diversi e separati fra di loro. possibile, ed anzi naturale per l'interdipendenza dei due campi, che vi siano delle interferenze. Un piano di sviluppo secondo la direttiva potrebbe riguardare anche la prima trasformazione dei prodotti (art. 38, n. 1, del trattato) e influisce sulla commercializzazione dei prodotti stessi; e un piano di investimento per la trasformazione e la commercializzazione dei prodotti agricoli, ai sensi del regolamento, permette non solo di conquistare plli arnJpi sboochi d. meroato, ma anche di meglio valorizzare i prodotti e di contribuire di conseguenza all'incremento della produttivit (1 considerando del regolamento). Le interdipendenze e le interferenze non tolgono, per, che scopo diretto del piano di sviluppo previsto dalla direttiva il miglioramento della struttura agraria di produzione e scopo diretto del progetto di investimento previsto dal regolamento il miglioramento della struttura di trasformazione e commercializzazione. Peraltro, un'altra distinzione si pone fra direttiva e regolamento, finanche indipendente da quella sopra indicata. L'ambito di operativit della direttiva infatti ulteriormente circoscritta dalla limitatezza dell'obiettivo prefissosi: essa, istituendo un regime selettivo di incoraggiamento delle aziende ag,rico1Je in grado di sviLupparsi persegue ili fine di ammodernare queste e so1o ~:~ ('.'. queste (cfr. Corte di giustizia, 6 maggio 1980, nella causa 152/79, Lee c. Min. agricoltura irlandese), per farle pervenire ad un livello di reddito comparabile f.: 1 ~ ~ I~ PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 469 bolo del regolamento n. 355/77 e della direttiva 72/159 risulta che le due normative hanno campi di applicazione specifici e distinti. La direttiva intende favorire razionali metodi di produzione attraverso una riforma del1a struttura produttiva agricola; il 'regolamento mira, invece, a favorire il miglioramento e la razionalizzazione delle strutture di trasformazione e di commercializzazione dei prodotti agricoli. Stando cos le cose, la Commissione avrebbe dovuto esaminare il progetto d'investimento presentato dal ricorrente, per determinarne la portata e l'oggetto, alla luce dei criteri stabiliti e delle indicazioni fomite dai due atti di cui trattasi, invece di limitarsi a qualificarlo come un progetto di ammodernamento . 10. -La Commissione fa valere inoltre che gli aiuti contemplati dalla direttiva sono destinati al ~anziamento delle aziende agricole, mentre i contributi previsti dal regolamento riguardano attivit extra-agricole di prima trasformazione o di commercializzazione, anche se queste vengono esercitate da operatori che svolgono, parallelamente, un'attivit agricola. A suo avviso, il regolamento n. 355/77 non ha, infatti, lo scopo di a quello di cui beneficiano le attivit non agricole della zona (nella prospettiva indicata dalla lettera b dell'art. 39, par. 1, del trattato, richiamata appunto, insieme alla lett. a, nel primo considerando). Ed per questo che beneficiario delle misure indicate nella direttiva pu essere solo un imprenditore agricolo che possegga determinati requisiti. Il regolamento, invece, si prefigge scopi molto pi ampi. Si tratta qui dello sviluppo o della razionalizzazione delle imprese che si occupano del tratta mento, della trasformazione o della commercializzazione dei prodotti agricoli per migliorare le strutture di mercato dei prodotti agricoli (art. 1), per contribuire a migliorare la situazione del rispettivo settore di produzione agricola di base e... per assicurare un'adeguata e duratura partecipazione dei produttori del prodotto di base ai vantaggi economici che ne derivano (art. 9), nel quadro di specifici prognimmd elaborarti dagli Stati membri (rut. 2; salve le' disposizioni transitorie dell'art. 12), con l'assicurazione di effetti economici duraturi nel settore agricolo (art. 10). E qui, essendosi ben al di l di un mero ammodernamento di un'azienda sottosviluppata, beneficiari del contributo del Fondo -ben pi consistente, per l'evidente maggior impegno della spesa necessaria, di quello della direttiva -possono essere genericamente e indiscriminatamente le persone fisiche e giuridiche o le loro associazioni su cui grava, in ultima istanza, l'onere finanziario relativo alla realiz21azione del progetto (art. 19). 6. -Pur nella diversit e nella separazione dei rispettivi ambiti di applicazione, potrebbero verH.carsi -non solo per 1'mterdipendem1a degli scopi gi messa in luce, ma anche per la natura delle opere progettate -che una iniziativa presenti caratteristiche teoricamente idonee a conseguire entrambi i benefici della direttiva e del regolamento, o addirittura ulteriori benefici previsti nel quadro di altre azioni comuni. Per far fronte a questa eventualit l'art. 15, n. 2, del regolamento statuisce che non rientrano nel campo di applicazione del presente regolamento i progetti che possono beneficiare di aiuti comunitari nel quadro di altre azioni 470 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO garantire un reddito equo ad imprenditori agricoli, bens quello di migliorare le strutture dei mercati. La Commissione ne desume che un imprenditore agricolo potrebbe beneficiare dei contributi previsti dal regolamento soltanto qualora si proponesse, grazie al iiafforzamento delle strutture di prima trasformazione e di commercializzazione della propria azienda, di modificare l'equhlibrio dell'attivit aziendale per orientarlo in maniera significativa verso la trasformazione e la commercializzazione dei prodotti altrui. Ma ci non si verificherebbe nel caso del progetto presentato dal ricorrente. 11. - d'uopo esaminare anzitutto quest'ultima tesi che, se fondata, sarebbe decisiva, 'n .quanto iii ricorrente non ha sostenuto che il progetto da lui presentato abbia lo scopo di orientare in modo significativo le attivit della sua azienda verso 1a trasformazione e la commercializzazione di prodotti provenienti da altre aziende. comuni ai sensi dell'art. 6, par. 11, del regolamento (CEE) n. 729/70 (fra i quali sono compresi quelli previsti nella direttiva in questione). Il significato fondamentale di questa disposizione -forse non formulata impeccabilmente - evidente: non si possono cumulare due benefici (per una norma analoga, si veda l'art. 14, n. 2, lett. a, della direttiva, dove si dice che gli Stati membri possono concedere aiuti transitori a imprenditori che non possono ancora beneficiare delle indennit annue di cui all'art. 2, par. 1, della direttiva concernente l'incoraggiamento alla cessazione dell'attivit agricola ). Resta poi da vedere se un'iniziativa che possa astrattamente godere di entrambi i benefici debba essere ammessa per l'intero all'uno o all'altro secondo un criterio di prevalenza, o in parte all'uno e in parte all'altro a seconda dell'inerenza delle singole opere progettate agli scopi di ciascuna normativa: ma un problema concreto che non interessa la presente controversia, quantomeno allo stato attuale. 7. La Commissione, invece, proprio dal disposto dell'art. 15, n. 2, del regolamento trae spunto per dire: a) che le J.nizi:ative dii armmoderOO!ffiento attengono ra1~a produzione, alla trasformazione e alla commercializzazione del prodotto agricolo; b) che i benefici all'ammodernamento di cui alla direttiva esauriscono il campo dell'azione comunitaria in favore dell'impresa agricola in quanto tale. Essendo, quindi, costretta a trovare un campo di applicazione anche per il regolamento n. 355/77, la Commissione conclude: e) che i benefici del regolamento spettano ai progetti elaborati per un'impresa che non sia destinata a rimanere esclusivamente tale, cio ai progetti per interventi che, situandosi a valle della fase di produzione, estendono anche a produttori diversi dal beneficiario ii vantaggi eoonormici che ne derivano (si pensi -precisa la Commissione -ad una unit produttiva destim;tta alla lavorazione ed a1Ha commeroiiailizzazione dii prodotti non solo dell'azienda, ma anche di altri produttori), La soluzione della Commissione cos artico}ata non appare accettabile. Con riferimento a quanto ritenuto sub a), osserviamo che la direttiva parla di ammodernamento con riferimento esplicito alle aziende agricole che non abbiano ancora raggiunto un certo livello e necessitino perci di un F k i''iii:: ~~~ E:: I; ~jj PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. COMUNITARIA E I)l!TERNAZIONALE 471 12. -L'esame del testo e del preambolo del regolamento n. 355/77 non permette di giungere alla conclusione propugnata dalla Commissione. Secondo l'art. 19, possono beneficiare del contributo finanziario contemplato dal regolamento_f:r:a l'altr;o le_persone fisiche su cui grava, in ultima istanza, l'onere finanziamo relativo alla realizzazione del progetto. L'art. 6 dispone che, ai sensi del regolamento, per progetto si intende, fra l'altro, qualsiasi progetto d'investimento privato in beni materiali, l'elativo in tutto o in parte ad attrez2lature destinate in particolare alla razionalizzazione o allo sviluppo del magaz:llinaggio, del condizionamento, della conservazione o della trasformazione di prodotti agricoli -senza alcuna precisazione circa la provenienza di questi prodotti -, nonch al miglioramento dei circuiti ili commercializLlazione. I progetti, secondo l'art. 7, devono riguaroare la commercializzazione dei prodotti agricoli compresi nell'allegato II del Trattato o la produzione dei prodotti trasformati ivi riportati. 13. -Dal complesso delle suddette disposizioni risulta che un progetto destinato -al mig1ioramento della trasformazione -e dehla commercia- aiuto ..perch sia assicurato un grado di produzione remunerativo. Al di fuori di questa ipotesi non pu parlarsi di ammodernamento, nel senso voluito dalia .di1rettiva, e un progetto di investimento inteso 1a ~gliiorare e raziona1izzare le strutture di trasformazione e di commercializzazione dei prodotti agricoli, con effetti positivi duraturi nel settore agricolo, sfugge al concetto di mero ammodernamento e pu ipotizzarsi solo nei confronti di un'efficiente organizzazione imprenditoriale gi esistente. L'art. 15, n. 2, non pu essere interpretato come conferma che la direttiva si occupi anche dei piani di . trasformazione e di commercializzazione, inserendoli nell'omnicomprensJ. vo concetto di ammodernamento, poich esso .ha il solo scopo di evitare un possibile cumulo del beneficio di cui al regolamento con altri benefici comunitari (i quali non sono necessariamente quelli concessi per l'ammodernamento delle aziende sottosviluppate: si pensi anche soltanto. agli aiuti comu nitari previsti nel titolo II della direttiva stessa). Quanto alla affermazione sub b), non pu non rilevarsi che la limitazione operata dalla Commissione veramente illogica. Come ha posto in luce, con attenta e documentata analisi, la parte ricorrente nella, sua meDlQI'ia di replica, inesatto ed arbitrario ritenere che le aziende atte a svilupparsi siano le sole rispondnti alla concezione e agli indirizzi di politica comune, poich, nzi, la impresa assunta come punto di riferimento della politica comune l'impresa effiaiente e cio qucllla gi sviluppata. La direttiva 712/,159 sii: occupa delil'ammodernamento delle aziende in grado di svilupparsi e per esse prevede dei benefici particolari di non rilevante entit proprio perch, in definitiva, i piani di sviluppo idonei allo scopo prefisso non possono che essere di modeste proporzioni. Ma se un progetto non destinato ad una mera ristrutturazione di un'azienda non sviluppata che consenta a questa di raggiungere un minimo di redditivit, ma prevede qualcosa di pi, si entra allora nel campo di applicazione del regolamento n. 355/77: quest'ultimo, infatti, prevede non meri piani di sviluppo, ma progetti di investimento con scopi pm vasti ed ambiziosi, che non possono non riguardare che azi-einde gi in buona efficienza. Ed logico, 5 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 472 1izzazione dei prodotti agricoli provenienti dalla stessa azienda in cui devono essere realizzati gli investimenti non affatto escluso dal campo di applicazione del regolamento, qualora possa effettivamente contribuire alla razionalizzazione delle strutture di trasformazione e di commercializzazione. 14. - vero che l'art. 9 del regolamento stabilisce che i progetti devono contribuire a migliorare la situazione del rispettivo settore di produzione .agricola di base, ed in particolare assicurare un'adeguata e duratura partecipazione dei produttori del prodotto di base ai vantaggi economici che ne derivano; questa norma, la quale ammette la possibilit che persone diverse daii produttori del prodotto agricolo di base possano beneficiare del contributo previsto dal regolamento, non limita tuttavia il campo d'applicazione di quest'ultimo a questa sola ipotesi. 15. -D'altra parte, nel preambolo del regolamento n. 355/77 viene messo in rilievo che il inigLioramento delle attivit di trasformazione e di commercializzazione dei prodotti agricoli, ial quaile mira il regolamento, pu essere raggiunto mediante il miglioramento della qualit e della per l'entit dell'onere finanziario necessario e per gli obiettivi pi generali e duraturi perseguiti, che il contributo del F.EA.O.G. sia molto pi considerevole. Con l'affermazione sub e) la Commissione ammette che il progetto di investimento debba presentare un quid pluris rispetto al mero piano di sviluppo, ma ritiene -argomentando dall'art. 9 del regolamento -che questo quid sia l'estensibilit del vantaggio economico anche a produttori diversi dal beneficiano: e ci si realizzerebbe o no a seconda che il beneficiario preveda la trasformazione e la commercializzazione dei prodotti altrui o solo dei prodotti propri. Possiamo anche discutere deHa equit del criterio con il quale sono stati determinati in sede comunitaria i benefici della direttiva e quelli del regolamento. QueUa che, per, ci sembra assolutamente ingiustificata fa discriminazione proposta dalla Commissione: -essa non sorretta da alcun argomento letterale; l'art. 9 citato dalla Commissione si limita a pretendere che sia assicurata un'adeguata e duratura partecipazione dei produttori del prodotto di base ai vantaggi economici che ne derivano, il che significa che sufficiente che del vantaggio economico goda anche un solo produttore del prodotto di base, che ben pu essere il beneficiario del contributo, ove lo sfruttamento delle sue sole risorse produt tive sia ddoneo a contribuire a migliorare la situazione del rispettivo settore di produzione agricola di base ; -ed essa si fonda, !inoltre, su una tlogtlca di ben difficile com;prensione, visto che si agevolerebbe chi utilizza prodotti altrui (magari di un solo pro duttore) e non chi utilizza il prodotto proprio, dimostrando un'efficienza orga niz:mtiva che meriterebbe certamente un maggior favore da parte del legi slatore comunitarfo e non certo l'esclusione di qualsiasiaiuto (di quelli della direttiva e di quelli del regolamento: per eliminare questo inconveniente non sufficiente il disposto della prima parte dell'art. 14, n. 2, della direttiva, poich ivi sono previsti solo eventua1i aiuti nazionali non imputabili al F.E.A.O.G.). Seppure, quindi, dovesse ritenersi che il oampo di applicazione della diret tiva riguardi non solo lo sviluppo della produzione, ma anche il miglioramento PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 473 presentazione dei prodotti stessi, e che la razionalizzazione delle strutture di trasformazione e di commercializzazione dei prodotti agricoli deve avere effetti positivi duraturi nel settore agricolo. I progetti presentati da agricoltori possono contribuire alla reailizzazione di questi obiettivi, in quanto la loro esecuzione potrebbe avere effetti che, pur favorendo la produzione agricola, siano atti ad influire suHe strutture di trasformazione e di commercializzazione in una certa regione o in un certo mercato. 16. -Secondo quanto risulta dal fascicolo presentato dal ricorrente alla Commissione, il progeHo di cui trattasi non riguarda principalmente lo sviluppo delle .attivit concernenti la produzione del prodotto di base, e cio dell'uva, bens la razionalizzazione del magazzinaggio e della conservazione del vino, il miglioramento della qua1it, della presentazione e del condizionamente della produzione vinicola e l'abbreviazione del circuito di vendita. Da quanto precede risulta che tali sforzi di raziona1izzazione sono per l'appunto quelli contemplati dal regolamento n. 355/77 e che il progetto presentato dal ricorrente va considerato, in vda di specifico delle condizini di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli, e che il campo di applicazione del regolamento sia complementare o residuale, bisognerebbe allora concludere che l'applicabilit della direttiva dovrebbe essere valutata in concreto e non in astratto, come invece ritenuto dalla Commissione. L'inapplicabilit della direttiva (per essere l'azienda gi efficiente), la cui verifica di competenza delle autorit nazionali, dovrebbe rendere possibile ~'aippdoobi'.lii del regolla!lnento, sempre che, ovviiamente, il progetto di investimento risponda agli altri requisiti richiesti nel regolamento stesso: ma fra questi requisiti non v' certo quello della utilizzazione dei prodotti altrui. 8. -Avendo la Commissione ribadito la sua tesi con la precisazione che la linea di demarcazione fra campo di applicazione del regolamento e campo di applicazione della direttiva costituita dalla destinazione delle opere realiz zande ad attivit interne ovvero ad attivit esterne all'azienda agricola (anche se realizzate da agricoltori) e che il criterio per individuare le attivit esterne all'azienda agricola appunto quello della utilizzazione di prodotti esclusivamente propri, o propri e altrui, si replicato osservando che non v' una definizione comunitaria generale ed uniforme di azienda agricola (si ricorda in proposito la sentenza della Corte nella causa Azienda Avicola S. Anna>>, 28 febbraio 1978, nel procedimento n. 85/77). N una definizione particolare possibile ricavare dalla direttiva o dal regolamento, anche ai liinitati effetti della loro applicazione: anzi, proprio la direttiva (art. 3) a rinviare alle normative nazioanli per la definizione della nozione di imprenditore agricolo a titolo principale. Si pu, per, ben dire che, secondo un'accezione comune, l'ambito di attivit dell'azienda agricola non si esaurisce nella produzione e nella raccolta del frutto, ma si estende al normale ciclo produttivo, che comprende certamente la prima trasformazione e l'alienazione del prodotto, purch queste si inseriscano nel consueto e ben delimitato ciclo dell'economia agricola: se, viceversa, trasformazione e commercializzazione richiedessero un'organizzazione o un'attrezzatura che esulano, per la loro complessit, dal normale ciclo produt RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 474 principio, come un progetto d'investimento ai sensi dell'art. 6 di detto regolamento. 17. - perci necessario stabilire se l'art. 15, n. 2, del regolamento, che esclude dall'ambito di applicaziione di quest'ultimo i progetti che possono beneficiare di aiuti comunitad nell'ambito di altre azioni comuni, sia applicabile nella fattispecie, ed accertare 1in particolare se il progetto presentato dal a:-icorrente possa essere qualificato come un progetto di ammodernamento ai sensi della direttiva 72/159. 18. -La direttiva 72/159 ha lo scopo di delineare la riforma delle strutture agricole. Il quinto punto del preambolo precisa che tale riforma deve favorire la costituzione e lo sviluppo di a2Jiende capaci di adeguarsi allo sviluppo economico, cio di quelle il cui titolare possiede un'adeguata qualifioa2Jione professionale, la cui redditivit verificata su basi contabili e che sono in grado, applicando razionali metodi & produzione, di garantire un equo reddito e di assicurare soddisfacenti condizioni di lavoro ahle persone che dn esse 1avoriano. Gli artt. 2, 3, 4; 11 e 12 tornano su questi vari elementi, mentire altre disposizioni prevedono aiuti 'rieltivo, si uscirebbe dall'ambito dell'attivit agricola, e si dovrebbe parlare di. attivit industriale e/o commerciale. Dunque deve ritenersi pacifico che il criterio di discriminazione fra attivit agricola e attivit non agricola (cio industriale o commerciale) non affatto costituito esclusivamente dalla provenienza dei prodotti utilizzati per la trasformazione e la commercializzazione da uno o da pi produttori. certamente vero che la trasformazione e la commercializzazione di prodotti altrui (a meno che non si tratti di un'utilizzazione del tutto marginale) esclude il carattere agricolo (o strettamente agricolo) dell'attivit; ma anche la trasformazione e la commercializ2lazione di soli prodotti propri pu snaturare il carattere agricolo (o strettamente agricolo) dell'attivdt, se appunto si tratta di un qualcosa di ben pi consd.stente del naturale svolgimento del normale ciclo produttivo. Se cos , donde ricava la Commissione il suo convincimento che l'elemento discriminatore per applkare la direttiva o il regolamento sia proprio la provenienza del prodotto, solo dal richiedente l'aiuto o anche da altri produttori? Sotto un primo profilo, certamente l'esistenza del requisito della provenienza del prodotto da una pluralit di produttori non richiesto esplicitamente dal regolamento. L'aiuto infatti concesso (art. 19) non solo ad associazioni di produttori, ma anche a imprese individuali. E ben troppo labile -non pu non riconoscerlo la stessa Commissione - l'accenno ai produttori (al plurale) contenuto neWart. 9: qui infatti si vuol solo dire che il progetto deve condurre ad un vantaggio economico non per i commercianti, ma per gli agricoltori; sufficiente, per la norma, che il vantaggio vada ai produttori agricoli, ma questi possono essere pi d'uno o anche uno soltanto. Fermo dunque che la provenienza del prodotto da trasformare o commercializzare da una pluralit di produttori non richiesta esplicitamente dal regolamento, per accogliere b tesi della Commissione si dovrebbe allora dire che la necessariet di questo requisito (la provenienza appunto da una plura PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 475 l'ambito di operazioni di irJ.'igazione e di ricomposizione, nonch nell'ambito della costruzione di fabbricati aziendali o delle opere di miglioramento fondiario. 19. -Risulta, perc10, che gli aiuti contemplati dalla direttiva hanno lo scopo di migliorare ~e condizioni di produzione dei prodotti agricoH di base, nella prospettiva di un aumento della redditivit delle aziende agricole ad un livello adeguato. 20. -Pertanto, la direttiva 72/159 ha un campo di applicazione specifico, che, in generale, non si confonde con quello del regolamento n. 355/77. 21. -Poich non ha lo scopo di aumentare la redditivit dell'azienda attraverso il miglioramento delle condizioni di produzione dei prodotti agricoli di base, bens quello di migliorare la trasformazione e la comlit di produttod) si ricava da una discriminazione (desumibile dalle norme stesse) fra attivit strettamente agricole (contemplate nella direttiva) -e attivit non strettamente agricole (contemplate nel regolamento). Ma si visto che la discrimin.azione fra le une e le altre non solo nella provenienza del prodotto, ma anche nella eccedenza delle operazioni di trasformazione e commercializzazione rispetto al normale ciclo di produzione: cio la utilizzazione del prodotto altrui esclude che possa parlarsi di attivit strettamente agricola; ma di attivit strettamente agricola non pu ugualmente parlarsi nemmeno se si utilizza soltanto il prodotto proprio, se, in tal caso, le operazioni di trasformazione e commercializzazione fuoriescono, per la loro complessit, dal normale ciclo produttivo. E allora, ammesso e non concesso che la linea di demarcazione fra direttiva e regolamento fosse la natura agricola o non agricola delll'attivit, non si potrebbe escludere 'l'app1icabHdt del rego~amento sol perch il prodotto da trasformare e commercializzare proviene da un solo produttore. E, del resto, sotto un terzo profilo, la discriminazione operata dalla Commissione, fondata esclusivamente sull'ppartenenza del prodotto, inaccttabile se sii considera che il regolamento ammette llaiuto (e la stessa Commissione non lo nega) in favore di progetti presentati da associazioni di produttori: le associazioni, infatti, utilizzano, vero, prodotti di pi produttori, ma qui la pluralit dei produttori non determina una altruit del prodotto, perch il prodotto utilizzato quello stesso dei produttoni assodati. Per essere coerente con la sua tesi la Commissione dovrebbe .sostenere anche (ma non lo sostiene per l'evidente ccmtrariet .con le disposizioni regolamentari) che, nel .caso di associazioni, il prodotto deve essere fornito anche da produttori non associati. Non pretendendo ci, la Commissione in definitiva rinuncia anche, forse senza volerlo, a discriminare fra attivit agricola e attivit non strettamente agricola: l'utilizzazione, da parte di un'associazione, dei prodotti di tutti gli associati non snatura -e questo pacifico -l'attivit agricola di trasformazione e di commercializza2iione svolta in comune utilizzando i prodotti di ciascuno. (omissis) La soluzione che noi proponiamo, attraverso la distinzione fra miglioramento delle strutture agranie di produzione (ambito di applicazione della direttiva) e miglioramento delle strutture di mercato ~ambito di applicazione del 476 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mercializzazione di tali prodotti, il progetto presentato dal ricorrente non rientra nel campo di applicazione della direttiva. 22. -Ne consegue che la decisione impugnata manca di base kgale, in quanto vi si riteneva che la domanda di contributi pvesentata dal ricorrente rientrava nel campo di aipp1icazione della direttiva 72/159 e vi si rJfiutava di prendere in considerazione tale domanda ai sensi del regolamento n. 355/77, senza accertare se ricovressero i presupposti stabiliti da questo regolamento. 23. -In considerazione di queste circostanze, la decisione impugnata deve essere annullata, senza che sia necessario prendere in esame gli altri mezzi dedotti dal ricorrente. (omissis) regolamento), consente di attribuire alla normativa comunitaria nel suo complesso una funzione di propulsione dell'agricoltura, esattamente nel suo spirito, nelle varie fasi e senza inspiegabili vuoti. Gi l'art. 12 del regolamento n. 17/64, sulle condizioni di concorso del F.E.A.O.G., parlava di miglioramento della produzione (attraverso una combinazione efficace dei fattori di produzione) e di miglioramento della commercia lizzazione (attraverso un miglioramento delle attrezzature), riferendosi, specifi camente, in tutti i casi alla singola impresa agricola, a pi imprese agricole, a imprese non agricole: pi che la struttura e la natura di chi richiede l'aiuto, interessava e Interessa, in definitiva, che dall'aiuto tragga giovamento diretto l'agricoltura e con essa i produttori; che poi da ogni ini:ciativa tragga giovamento un solo produttore o pi produttori tutti insieme un fatto che al pi potr assumere rilievo in sede istruttoria (ove si rendesse necessaria una scelta) ma non cento in sede di esame di nicevibiJLit. {omissis) OSCAR FIUMARA CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE, 1 sezione, 2 luglio 1981, nelile cause 116, 117, 119, 120 e 121/80 -Pres. Koopmans Avv. Gen. Slynn -Domande di pronunda preg.iudiziale proposte dalla Cour du TiraY.ail di Anv.evsa nelle cause fra l'Office National des pensions pour travailleurs salaris e Celestre, Dreilkh, Bohnfeld e Lex e nella causa fra il Fonds national de retraite des ouvriers mineurs e Strehl -Interv.: Governo belga, Governo italiano (avv. Stato Favara), Governo olandese e Commissione delle Comunit europee (ag. Amphoux). Comunit europee Libera circolazione dei lavoratori migranti -Prestazioni previdenziali Cumulo Limitazione -Diritto spettante in forza della sola legislazione nazionale -Norme anticumulo nazionali Applicabilit Limiti. (Trattato CEE, art. 51; reg. CEE del Consiglio 14 giugno 1971, n. 1408, artt. 12 e 46)L PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 477 Comunit europee Libera circolazione dei lavoratori Previdenza so ciale dei lavoratori migranti Pensione di invalidit e di vecchiaia Norme anticumulo nazionali Applicabilit Limiti. (Trattato CEE, art. 51; reg. CEE del Consiglio 14 giugno 1971, n. 1408, art. 12). Comunit europee Libera circolazione dei lavoratori Previdenza sociale dei lavoratori migranti -Prestazioni previdenziali della stessa natura Clausole nazionali di riduzione, sospensione, soppressione Inappli cabilit. (Trattato CEE, art. 51; reg. CEE del Consiglio 14 giugno 1971, n. 1408, artt. 12 e 46). Comunit europee Previdenza sociale dei lavoratori migranti Prestazioni previdenziali -Sovrapposizione di periodi assicurativi Norme comunitarie e norme nazionali Llmiti all'applicazione delle norme nazionali. (Trattato CEE, art. 51; reg. CEE del Consiglio 21 marzo 1972, n. 574, artt. 15 e 46). Finch il lavoratore percepisce una pensione in forza delle sole leggi nazionali, il regolamento n. 1408/71 non osta a che vengano interamente applicate nei suoi confronti le sole leggi nazionali, ivi comprese le norme anticumulo nazionali, restando inteso che, se l'applicazione di dette leggi si rileva meno favorevole per il lavoratore dell'applicazione del regime di cui all'art. 46 del regolamento n. 1408/71, va applicato questo articolo (1). Qualora il lavoratore fruisca di prestazioni di invalidit trasformate in pensione di vecchiaia in forza delle leggi di uno Stato membro o di prestazioni d'invalidit non ancora trasformate in pensione di vecchiaia in forza delle leggi di un altro Stato membro, la pensione di vecchiaia e le prestazioni di invalidit vanno considerate come aventi la stessa natura. Di conseguenza, si applica il capitolo 3 del regolamento n. 1408/71 e, in forza dell'ultima frase dell'art. 12, n. 2, del regolamento, l'applica zione delle norme anticumulo nazionali esclusa (2). Qualora il lavoratore fruisca di prestazioni della stessa natura d invalidit e di vecchiaia, che sono liquidate dagli enti di due o pi Stati membri, in conformit all'art. 46 del regolamento n. 1408/71, le clausole di riduzione, di sospensione o di soppressione contemplate dal diritto nazionale non si applicano. Ne consegue che l'importo di cui all'art. 46, n. 1, l'importo cui il lavoratore avrebbe diritto secondo le leggi nazionali se non fruisse di una pensione in forza delle leggi di un altro Stato membro. Se, in forza delle leggi nazionali, il lavoratore che ha maturato un certo numero di anni di assicurazione ha diritto ad una pensione (14) La prima massima conferma l'indirizzo gi delineato con le sentenze 13 ottobl.'e 1977, neLle cause 22/77, MuRA, e 37/77, GRECO, in questa Rassegna, 1977, I, 7'81, con nota, e 14 marzo 197'8, nefile cause 98/77, SCHAAP, e 105/7'/, KERSIJES, ibidem, 1978, I, 188: per di principio affermato appaiono tuttora valide le riserve espresse nella nota alle prime due sentenze. Le altre massime sono RASSEGNA DEi.L'AWoCATURA DELLO STATO completa, va preso in considerazine l'importo di questa pensione completa (3). Il regolamento del Consiglio 21 marzo 1972, ii. 574, che stabilisce le modalit di applicazione del regolamento n. 1408/7!; contiene, agli artt. 15 e 46, disposizioni che disciplinano la sovrapposizione di periodi assicurativi maturati in base alle leggi di due o pi Stati membri. Non quindi consentito all'ente di uno Stato di applicare, per il cumulo e la .ripartizione prorata di periodi assicurativi, norme nazionali che siano meno fqvorevoli al lavoratore di quelle del regolamento (4). (omissis) 1. -Con sentenze 22 aprile 1980, pervenute in cancelleria il 5 e iJ 7 maggio successivi, l'Arbeidshof di Anversa (divisione di Hasselt) ha chiesto a questa Corte di pronunciars,i, a norma dell'art. 177 del Trattato CEE, sull'interpretazione dell'art. 51 dello stesso TJ."attato e dell'art. 46 del rngolamento del Consiglio 14 giugno 1971, n. 1408, relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai wavoratori subordinati e aii loro familiari che si spostano all'interno della Comunit (G.U. n. L 149, pag. 2), in relazione al problema esposto nehla motivazione delle sentenze. 2. -Detta motivazione pu cos Lriassumersi. Il Celestre, cittadino italiano, il Dreilich e :il Bohnefeld, cittladini tedeschi, lavoravano in Belgio come minatori di galleria per 27 e 28 anni, rispettivamente. In preoedenza essi avevano svolto attivdt subordinate d'indole ddversa nei loro paesi d'origine. L'Office national des pensions pour triavailleurs sailaris (ONPTS), ente belga competente, attribuiva loro una pensione di vecchiaia in base ai periodi assicurativi maturati in Belgio. Essi fa:uiscono di una pensione di vecchiaia anche nei rispettivi paesi d'origine. La vedova Rydlakowski fruisce, dal canto suo, di una pensione per superstiti in base al dirutto tedesco e al diritto belga, in quanto il coniuge aveva svolto attivit lavorativa dipendente in Germania e per 25 anni era poi stato occupato nell'industria estrattiva, come minatore di galleria, in Belgio. 3. -Aditi dagli interessati, i Tribunaux du ttravail di Hasseilt e di Tongres dichiaravano che il Celestre, il Dreilich, H Bohnefeld e la Rydlakowsky avevano diritto ad una pensione di vecchiaia o per superstiti calcolata in base ad una carriera completa di minatore di galleria in Belgio, cio 30 armi di attivit. 4. -L'ONPTS impugnava le sentenze di primo grado dinanzi all'Arbeidshof di -Anversa (div1isione di Hasselt), sostenendo che l'art. 40, n. 2, l'espressione di un orientamento di fondo che tende a circoscrivere gli effetti del primo principio: cfr. anche, nello stesso solco, le sentenze 16 maggio 1979, neLla causa 236/78, MURA, in questa Rassegna, 1979, I, 254, nonch fa sentenza 15 ottobre 1980, nella causa 4/80, D'AMICO, in Racc., 1980, 2951, che aveva gi affermato il principio di cui alla seconda massima. PARTE I, SEZ. II, GiURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE del regio decrto belga n. 50 contiene una norma anticumulo in forza della quale ai lavoratori che sono stati occupati in miniera e in altri settori spetta una pensione di vecchiaia da calcolarsi moltiplicando per il coefficient 1,5 gli anni lavorativi dn miniera, con un massimo di 45/45, e la pensione di vecchiaia (o per superstiti) a carico degli enti previdenziali belgi non pu superare l'importo spettante in base ag1i anni di lavoro minerario in sotterraneo, con la mserva che la somma delle pensioni di vecchia.fa tedesca, o italiana, e belga deve risultare almeno pari alfa pensione di vecchiaia integrale spettante per gli anni di lavoro mineranio in sotterraneo. 5. -L'attore nella causa prinoipale da cui scaturito il procedimento 121/80, sig. Strehl, cittadino tedesco, ha diritto tanto ad una pensione d'invalidit tedesca quanto ad una pensione d'invalidit belga per il il:avoro svolto in miniera. Il FNROM ha impugnato la sentenza in cui il Tribuna! du travail di Hasselt, in considera21ione del1a senten:za pregiudiziale in causa 62/76 (Strehl, Racc. 1977, pag. 211), ha dichiarato che all'interessato spetta una pensione di invalidit calcolata in base ad una carr. iera completa di minatore di galleria fa Belgio. 6'. -Il regime deHe pensioni di vecchiaia per i minatori, disciplinato dail regio decreto belga 24 ottobre 1967, n. 50, stabilisce: La pensione di vecchiaia decorre dal primo giorno del mese successivo a quello durante il quale l'interessato ha presentato la domanda, e al pi presto (art. 4): dal primo giorno del mese successivo a quello durante il quaile J'interessato: a) ha compiuto l'et normale della pensione: 55 anni o 60 anni a seconda che si tratti di una pensione di vecchiaia spettante peir un'occupa21ione come minatore di gahleria o, rispettivamente, come minatore in superficie; b) o comprova di essere stato occupato abitualmente e principalmente come operaio di galleria nelle miniere di carbone per 25 anni . A norma dell'art. 10, in deroga al n. l, secondo comma:, il lavorato.re: 1 che sia stato occupato abitualmente e principalmente come minatore per almeno 20 anni, pu fruire di una pensione di vecchiaia calcolata :in ragione di un trentesimo per anno civile di occupazione come minatore. Se eg1i non ha maturato complessivamente trenta anni civili di occupazione abituale e principale come minatore di gaHeria nelle miniere, o nelle cave in sotterraneo, ma ne ha maturati almeno 25, si presume provata la sua occupazione abituale e principale come tale per un numero di anni civili supplementari rpari a1la differenza tra 30 e il riumero di anrii civili di occupazione normale e principale comprovata 480 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO II mente maturati in questa attivit. Ciascuno di detti anni supplementari 1 considerato come anno di lavoro fa gaHeria nelle miniere di oarbone f,,, I anteriore al 1955 . 1 i Il regime delle pensioni d'invalidit per i minatori retto dal regio i. f decreto 19 novembre 1970, che dispone: i Art. l, n. 1. La pensione d'invalidit spetta alle condizioni s1tabilite I pi oltre: l a) all'operaio soggetto al regime previdenziale dei minatooi che abbia cessato effettivamente il 1avoro presso le imprese minerarie per I malattia comportante incapacit di prestare normale servizio in galleria I e in supemcie presso dette imprese; b) aill'operaio soggetto al regime previdenziale dei minatori che, dopo aver prestato servizio in galleria, abbia cessato effettivamente iJ. lavoro presso dette imprese a causa di una malattia comportante incapacit di prestare normale servi2lio in galleria presso dette imprese. -n. 2. La pensione d'invalidit concessa: 1) all'operaio di cui alla lett. a) del n. l, se ha maturato almeno dieci anni di servizio presso le imprese minerarie; 2) all'operaio di cui alla [ett. b) del n. l, se ha maturato U minimo di anni di servizio di cui al n. 1 e se detto minimo comprende almeno cinque anni di servizio effettivo in gallema presso le imprese minerarie. Art. 23, n. 1. La pensione d'invalidit concessa a norma del presente decreto pu venir cumulata con una o pi pensioni di vecchiaia o d'invalidit solo. fino a concorrenza dell'importo annuo della pensione, stabilito all'art. 4, nn. l, 2 o 4, a seconda che si tratti di un operaio coniugato o di un operaio celibe, vedovo o divorziato o separato . 7. -Il problema sollevato dall'Arbeidshof consiste, in sostanza, nello stabilire se !"art. 51 del Trnttato e i regolamenti adottati per la sua attuazione vadano interpretati nel senso che, al momento della Liquidazione delle prestazioni da versare ahl'interessato in base al diritto di uno Stato membro, non si possano computare due volte periodi assicurativi, specie per quel che dguarda il cumulo di periodi assicurativi effettivamente maturati in un altro Stato membro con periodi fittizi riconosciuti nel primo Stato membro. 8. -La Corte .di giustizia non competente, nell'ambito del prooedimento contemplato dall'art. 177 del Trattato, ad interpretare H diritto nazionale. I tuttavia possibile mettere in risalto determinate norme di diritto comunitario che possono essere utili per la soluzione della controversia dinanzi al giudice nazionale. 9. - opportuno i11Cordare anzitutto che, come la Corte ha affermato, tra l'altro, nella sentenza 14 marzo 1978 (Schaap, 98/77, Racc., PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE pag. 707), fil)ch H lavoratore percepisce una pensione in forza delle sole leggi nazionali, il regolamento n. 1408/71 non osta a che vengano interamente applicate nei suoi confronti le sole leggi nazional>, in base al rilievo che la norma, di ambigua portata, istitutiva del diritto per servizi amministrativi fosse da interpretare in maniera compaitibi1e con gli impegni iTIJtemazionaihl assunti dallo Stato e, [n ispecie, con l'art. II G.A.T.T. comportante il divieto, per i Paesi aderenti, di aggravare il Jivel:l:o de111e dmposizioni colLate11ali aihl'importazione (divel'Se, cio, da dazi doganali) rispetto a quello esistente nell'ordinamento interno alla data di adesione all'Accordo. Da notare che, particolarmente nelle prime pronuncie in materiia, la ora riassunta argomentazione si trova giustapposta all'altra secondo cui, per le sue caratteristiche di norma self-executing, l'art. II par. 1, lett. b) del G.A.T.T. non richiedeva ulteriori norme (interne) di ,adattamento dell'ordinamento nazionale agli effetti della sua a:lionabilit in giudizio da parte degli operatori 484 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO II. CORTE DI CASSAZIONE, sezioni unite, 21 luglio 1981, n. 418 (ordinanza) - Pres. Berri -Est. Granata -P. M. G!iirna1di (conf;) -Arnrninistrazione delle Finanze (avv. Stato Laporta) c. S.P.I. -Soc. Petrolifera Italiana s.p.a. (avv. Scarpa e Guarino). Tributi erariali indiretti -Diritti doganali -Div.ieto di aggravamento per le merci importate da Paesi aderenti al G.A.T.T. -Idoneit delle norme dell'Accordo a conferire diritti soggettivi ai singoli -Necessit di pronuncia pregiudiziale da parte della Corte di Giustizia C.E.E. {Accordo G.A.T.T. 30 ottobre 1947, reso es. con legge 5 aprile 1950, n. 295; Trattato CEE, art. 177). Tributi erariali indiretti Diritti doganali -Divieto di aggravamento per le merci importate da Paesi aderenti al G.A.T.T. -Diritti per servizi amministrativi Applicabilit alle merci non incluse nella lista XXVII annessa all'Accordo Necessit di pronuncia pregiudiziale da parte della Corte di Giustizia C.E.E. {Accordo G.A.T.T. 30 ottobre 1947, reso es. con legge 5 aprile 1950, n. 295; legge 15 giugno 1950, n. 330; Trattato CEE, art. 177). L'idoneit delle disposizioni dell'Accordo G.A.T.T., una volta immesse nell'ordinamento nazionale, a costituire diritti ed obblighi nei rapporti intersoggettivi e, quindi, ad attribuire ai cittadini situazioni soggettive direttamente tutelabili dal giudice nazionale, involge questione di interpretazione da deferire, a sensi dell'art. 177 del Trattato di Roma, alla competenza pregiudiziale della Corte di Giustizia C.E.E., in considerazione della sostituzione della Comunit agli Stati membri negli accordi internazionali da questi conclusi in materia doganale (3). commerciali, che dalle norme interne (sopravvenute) avessero visto pregiudicata la situazione giuridica soggettiva loro derivante dalla disposizione G.A.T.T. (3) L'ordinanza torna, meditatamente, ad affrontare il problema degli effetti derivati, sulle norme G.A.T.T. recepite nell'ordinamento interno, dalla successiva attribuzione alla Comunit europea della competenza in materia di politica commerciale. Sul punto le stesse sezioni unite, con sentenza 20 ottobre 1976, n. 3616 (in questa Rassegna, 1976, I, 932, con nota critica di MARZANO) avevano, com' noto, giudicato privo di fondamento l'assunto secondo cui la normativa G.A.T.T. avrebbe dovuto ritenersi parte integrante dell'ordinamento comunitario, cos da richiedere necessariamente una uniforme interpretazione ed applicazione nei Paesi membri della e.E.E. Val la pena di ricordare che, in occasione della discussione del ricorso Finanze c. Soc. Marsud (deciso con la richiamata sentenza n. 3616/1976), erano state segnalate le gravi conseguenze che sarebbero derivate dal considerare le norme del G.A.T.T. idonee, solo nel nostro ordinamento, ad attribuire diritti PARTE I, SBZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTERNAZIONALE 485 Va deferita alla competenza pregiudiziale della Corte di Giustizia C.E.E. la questione, involgente interpretazione di atti delle Istituzioni della Comunit, relativa alla portata ed agli effetti delle liste di concessioni tariffarie negoziate in ambito G.A.T.T. e destinate a sostituire le liste dei singoli Stati mmbri (4). I. (omissis) Con 'i due motivi del ricorso, che, stante la loro interdipendenza logica vanno congiuntamente esaminati, l'Ammillistnazione finanziaria dello Stato lamentando la violazione dell'art. 2 legge 15 giugno 1950, n. 330 e dell'art. 12 delle disposizioni sulla legge in genernle premesse al codice oivile, nonch dell'art. II G.A.T.T. (legge 5 aprile 1950, n. 295), dell'art. 346 c.p.c. in relazione all'art. 360, n. 3 c.p.c. censura l'impugnata sentenza: a) per aver escluso che le importazioni provenienti da un Paese sottoscrittore dell'accordo .G.A.T.T. non siano soggette al diritto per i servizi amministrativi (ex art. 2 legge 15 giugno 1950, n. 330); b) per aver ritenuto che il divieto di inasprimento dei diritti doganali, previsti dall'accordo GA.T.T. si estenda pure alile meroi non incluse nella lista di concessioni (XXVII) annessa all'Accordo e negoziata dall'Italia con iJ protocollo di ANNECY. soggettivi nel momento in cui la Corte di Giustizia C.E.E. aveva, dal canto suo, negato che le norme G.A.T.T. fossero tali -nell'ambito dell'ordinamento comunitario -da conferire ai singoli il diritto di esigerne giudizialmente la osservanza (v., amplius, MARzANO, loc. cit.). (2-4) Il problema della relazione esistente tra la lista di concessioni tariffarie n. XXVII (negoziata dall'Italia col Protocollo di Annecy, di adesione al G.A.T.T.) e la lista c.d. comune (XL), negoziata nel corso delle conferenze tariffarie cui parteciparono gli Organi e.E.E., risulta esaminato tre volte dalla Cort Suprema: una prima volta, da Cass., S.U., 20 ottobre 1976, n. 3616 cit. e risolto nel senso che la lista XL (o comune) avesse sostituito con effetto ex tunc la lista XXVII; la seconda volta, dalla sentenza sopra riprodotta; infine, nuovamente, dail!le se2'ioni unite che, con ~ordinanza 21 lugildo 1981, n. 418 (ed altre coeve di identico contenuto), hanno investito della questione la Corte di Giustizia delle Comunit Europe. Per incidens va rilevato che la sentenza n. 2398/1981 e l'ordinanza n. 418/1981 testimoniano, sia pur imp1icitamente, di persistenti perplessit interpretative di fronte al disposto dell'ultimo comma dell'art. J77 del Trattato di Roma che, com' noto, dichiara tenuta La giurisdizione di ultima istanza a rimettere alla Corte di giustizia le questioni pregiudiziali sull'interpretazione del trattato e degli atti delle Istituzioni della Comunit. In argomento va segnalata la pi recente ordinanza 22 ottobre 1981, con la quale la stessa Corte Suprema ha rimesso all'organo di giustizia C.E.E. l'interpretazione della richiamata disposizione del Trattato. S.L. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 486 Il primo motivo di censura, a cui, peraltro, l'Avvocatura dello Stato ha rinunciato, destituito di fondamento. Invero, questa Corte, con giurisprudenza ormai costante ha ritenuto che i diritti per i serv;izi amministrativi ,riientrano tra i diritti dogana1i; e come tali, sono inapplicabili alle merci importate daii paesi adeTenti all'accordo G.A.T.T. reso esecutivo nel territorio nazionale con legge 5 aprile 1950, n. 295 (cfr. Sez. Un. 17 aprile 1972, n. 1196; Sez. Un. 21 maggio 1973, n. 1455; Sez. Un. 20 ottobre 1976, n. 3616; Sez. Un. 13 luglio 1979, n. 4064; Sez. Un. 13 luglio 1979, n. 4068; Sez. Un. 8 gennaio 1980, n. 117; Sez. Un. 30 gennaio 1980, n. 117; Sez. Un. 14 febbraio 1980, n. 1063; Sez. Un. 21 febbraio 1980, n. 1239 ecc). invece fondato il secondo mezzo. Va, innanzitutto rilevato pregiudizialmente che il _giudice dJ II grado esattamente ha escluso il carattere di eccezione, seppure in senso improprio, nella difesa prospettata dall'Amministrazione finanziaria, la quale aveva -rilevato che dalla mancata previsione del legname importato nella lista XXVII, allegata al trattato G.A.T.T. non poteva che discendere la piena applicabilit dei diritti per i servizi amministr:ativi introdotti con legge successiva alla data di entrata iin vigore del trattato nell'ordinamento giuridico interno. Quindi, in modo corretto, ha escluso che nella fattispecie debba ravvisarsi un'eccezione preclusa in quanto non riproposta in grado di appello. Trattasi, infatti, iin subiecta -materia, non di una quaestio facti, nella quale si inquadrano le eccezioni in senso proprio ed improprio come fatti modificativi, estintivi ed impeditivi della pretesa giudizialmente fatta valere, ma di un'indubbia quaestio iuris, attinente all'-interpretazione del trattato, della sua portata di applicazione, come legge dello Stato a segutito del suo inserimento nell'ordinamento giuridico ai sensi deHa legge 5 aprile 1950, n. 295 ed come tale rilevabile d'ufficio d!;lll giudice e non soggetta alla preclusione di cui all'art. 346 c,p.c. N alcun ril!ievo pu assumere la distinzione che 'S'i vuole introdurre nel trattato, tra parte del medesimo che assume cara,ttere contrattuale e quella che riveste natura normativa, cosicch (secondo una certa tesi, formulata in dottrina) alla lista annessa al trattato dovrebbe riconoscersi natura meramente negozfale; e, di conseguenza al suo richiamo da parte dell'Amministrazione finanziaria, carattere di eccezione in senso improprio. Infatti, a prescindere dalla natura controversa che assume detta distinzione in dottrina e in giurisprudenza, indubbio che riveste carattere di trattato normativo tutto oi che opera come fonte di produzione normativa; ovverossia che integm l'ordinamento giuridico internazionale e quello interno a seguito dehl'ordine di esecuzione, stante la sua natura di astrattezza; mentre, per converso assume carattere contrattuale il trattato che realizza, soltanto, il momento attuativo o la fattiispecie concreta della norma giuvidioa internazionale. -,..,x;:; .... :.-X I-. .-::.:::';:..-: PARTE I, SBZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 481 Ora indubbio che riveste natura normativa la lista, annessa al trattato in esame, stante il carattere integrativo e completivo, che assume la medesima in ordine alla previsione normativa di cui agli artt. I e II. Pertanto, va escluso che la sentenza impugnata sia fondata su una duplice ratio decidendi dalla quale possa desumersi, oltre che il rigetto nel mwito delle difese prospettate daJl'Amministrazione Finanziaria dello Stato, altres una declaratoria di inammissibilit della medesima (ex art. 346 c.p.c.). Tuttavia, la Corte di Appello incorsa in erirore allorch, nel merito ha affermato che indipendentemente dall'originaria inclusione del legname {in esame) nella lista merceologica XXVII, allegata al Trattato G.A.T.T., ugualmente dovrebbe trovare applicaziione il divieto di imposizione in ordine ai diritti per i servizi amministrativi ~is1Jituti con fogge 15 giugno 1950, n. 330); atteso che, comunque, detta merce risulta inclusa nella lista Comune XL della C.E.E. Detto errore appare in tutta la sua evidenza, ove si consideri che il divieto di creazione di nuovi tributi 'e l'inasprimento di quelli preesistenti (ex art. I e Il) del trattato G.A.T.T. riiguarda in modo esclusivo le merci originariamente contemplate nella lista XXVIII cosicch le merci non previste in detta lista, rendevano legittima l'imposizione tributaria, salvo il rispetto dei limiti pro~ammatici previsti nell'art. XI. L'anzidetta conclusione confortata da al'gomenti logici e sistematici, oltre che dalla chiara formulazione letterale delle disposizioni del trattato, che rendono palese la volont degli Stati contraenti. Va, dnnanzitutto, rilevato che l'accordo G.A.T.T. (General agreement en Tariffs and Trade). conclusosi a Ginevra il 30 ottobre 1977 ed entrato in Vligore il 1 gennaio 1978, ed al quale l'Italia ader con il protocollo ANNECY (reso esecutivo con legge 5 aprile 1950, n. 295), trov la sua occasio legis nella mancata raitifioa deHa Carta dell'Avana, cosicch la ratio di detto trattato non fu quella di dare una definitiva e compiuta regolamentazione del commercio interna21ionale, quanto di preparare ed assicurarne una graduale attua21ione attraverso il congelamento dei regimi doganali, esistenti alla data di entrata .in vigore del trattato, e la conseguente generalizzazione delle tariffe doganali ricollegate atlle clausole dello Stato pi favorito. Tale intento, quindi, non poteva che essere perseguito con riferimento ai regimi doganali, gi es_istenti nei singoli Stati, e con il richiamo alle particolari merci indicarte nella lista XXVII; provvedendosi, altres, ad impegnare i Paes[ contraenti, seppure sul piano programmatico (art. XI) ad attuare nel tempo ed in modo graduale, un regime tributario (e pi specificamente doganale), tale da non costituire un ostacolo alla libert e al progresso del commercio internazionale con misure discriminatorie e limitative delle impol1tazioni e delle esportazioni. Va infine considerato che i successivi accordi internazionali, che hanno esteso la portata del trattato G.A.T.T. a nuove merci (o attraverso i quali 488 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA i>ELLO STATO nuovi Stati hanno fatto adesione), hanno previsto una clausola, fedelmente ricalcata su que!lla dell'art. 5 del Protocollo di ANNECY, che prevede '1a decorrenza di ogni effetto giuridico in ordine alle nuove merci indicate nelle liste annesse dalla data di entrata in vigore di ogni singolo trattato (Prtocollo di Torquay del 21 aprile 1951, ratificato con legge 27 ottobre 1951, n. 1172; Protocolli di Ginevra del 7 giugno 1955 e de!l 13 maggio 1956, ratificati con leggi 15 aprile 1957, n. 336 e 2 gennaio 1958, n. 25). Identica clausola stata inoltre prevista per le ldste di concessione, negoziate dalla Comunit Economica Europea a seguito delle Conferenze tariffarie del 1960-1962 (art. 5 Dillon Round) e del 1964-1967 (K:ennedy Round), cos come si desume dalla decisione del Consiglio della Comunit Europea del 27 novembre 1967, pubbJicata nella Gazzetta Ufficiale della Comunit Europea c<>n il Tichlamo all'art. 4. - Detta norma prevede quanto segue: In ogni caso in cui commi b) e c) del paragrafo 1 dell'art. 2 dell'Accordo generale menzionano la data di detto accordo, la data applicabile ai prodotti, oggetto di una concessione contemplata nell'elenco allegato al presente protocollo, sar quella del presente protocollo con riserv degli obblighi in vigore a questa data ... . Ora indubbio che dalla lettura dell'accordo G.A.T.T. e delle convenzioni internazionali successive si evince, in modo chiaro: A) che il regime agevolativo ;riguarda, in modo esclus&vo, le merci incluse nelle liste annesse ai singoli trattati; B) che le convenzioni successive al trattato G.A.T.T. non hanno dispiegato effetti ex tunc cosicch i diritti doganali introdotti medio tempore su merci in precedenza non contemplate ma previste nelle nuove liste annesse ai successivi accordi internazionali, rimangono conservate, salvo il divieto del loro inasprimento. Infatti, ove si dovesse accedere alla tesi contraria, la quale afferma che con il Trattato G.A.T.T. si volut lntrodurre ~imitazioni anche in ordine a nuove imposizioni di tributi su merci non incluse nella lista XXVII, non troverebbe alcuna fondata giustificazione l'dntroduzione, nei singoli trattati, di norme di diritto intoctemporale, formulate in modo tale, da escludere ogni effetto retroattivo. Peraltro, non pu rilevarsi che l'art. 11 assume caTattere meramente programmatico in ordine alla futura poldtica doganale dei singoli Statii per quanto riguarda le merci non espressamente contemplate nelle liste annesse, ponendo, soltanto, un esclusivo divrieto di tributi o di altre misure discriminatorie, tale da costituire un concreto ostacolo aHa ldbert e al progresso del commercio internazionale Da ci consegue la piena legittimit dell'applica:ziione di diritti per i servizi amministrativri con riferimento a merci, che, seppure provenienti da Stati aderenti a:H'accordo G.A.T.T., non fossero comprese nell'annessa lista XXVII; considerato che l'eventuale introduzione del tributo sulla medesima non ostacolato dal.la successiva entrata in vigore di nuove con PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE \'e'IlZioni internazionali, che abbiano previsto, come nella specie, l'estensione del regime agevolativo anche a dette meroi; stante H carattere irretroattivo delle nuove convenzioni, che in ordine a tributi introdotti medio tempore in modo legittimo, impongono, come unico limite, il divieto del loro inasprimenrto. N pu ritenersi che l'introduzione del diritto sui servizi amministrativi assuma carattere discriminatorio (ex art. 11) iin considerazione della sua particolare funzione e della sua modica entit. Dall'accoglimento del secondo motivo consegue che ila causa va rinviata per il nuovo esame. (omissis) II (omissis). -Considerato in diritto -che con la precedente s,entenza n. 3616 del 1976, alla quale la decisione impugnata si uniformata, queste Sezioni Unite -proprio in tema di inrerpretazione ed applicazione della legge istitutiva del diritto per servizi amministrativi (fogge n. 330 del 15 giugno 1950) -hanno escluso (postulando la necessit di interpretare la legge nazionale in senso conforme alla normativa de1l'Accordo G.A.T.T., ratificato con legge 5 aprile 1950, n. 295, ed in specie del suo art. Il, ora III, n. 1, lett. b ) che detta impositlone riguairdasse le merci provenienti da paesi aderenti, pur se non contemplate dalla originaria lista XXVII-Ita[ia ed incluse, invece, per la prima volta nella lista XL-CEE, sostitutiva di tutte le siingole liste degli Stati membri della Comunit e facenti parte del G.A.T.T.; -che, cosi statuendo, la citata sentenza deHe Sezioni Unite (non tenuta presente dalla recente pronunzia difforme a sezione semplice n. 2398 del 23 aprile 1981) ha necessariamente, pur se per implicito pre supposto che il divieto di aggravamento dei dazi e delle imposizioni collaterali all'importazione, sancito dal citato art. II (ora III), n. 1, lett. b ,va inteso nel senso che esso, anche per le merci incluse successivamente nella lista XL-CEE, va riferito alla situazione impositiva esistente al momento della adesione dell'Italia al G.A.T.T. e non a quella esistente alla data defila nuova ldsta che per la prima volta includa la merce in questione, posto che, diversamente, le Sezioni Unite non ,avrebbero potuto ritenere la istituzione dei diritti per servi:zii amministrativi in potenziale contrasto con il mentlonato divieto di aggravamento; -che, peraltro, le contrapposte tesi dell'Amministrazione ricorrente e della societ resistente rimettono in discussione proprio tale regola e, con essa, pi in generale, il problema della interpretazione delle disposizioni GAT.T. e della loro valenza nell'ordinamento nazionale; interpretazione e valenza implicate anche dalla ulteriore tesi svolta in questa sede dalla societ resistente, la quale sostiene che, indipendentemente dal divieto di aggra 490 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO vamento delle imposizioni esistenti sancito dall'art. II (ora III), n. l, lett. b ,per le merci incluse nelle liste ivi menzionate, un divieto generale di istituire nuove imposizioni (quali indubbiamente sono i diritti per servizi amministrativi rispetto alla situaz;ione esistente al momento della adesione italiana all'accordo G.A.T.T.) rr:isulterebbe, per implidto, sancito per tutte le merci, incluse o no nella lista, dal combinato disposto del Preambolo (oggi art. 1) con gli artt. II (ora III), n. 1, lett. b , VI e VIII; -che tale problematica coinvolge, nella sua stessa impostazione in apicibus e nei suoi possibili svolgimenti, questioni di interpretazione, che devono essere defedte alla competenza pregiudiZJiale della Corte di Giustizia delle Comunit Europee ai sensi dell'art. 177 del Tirattato, per le seguenti ragioni: a) nella giurisprudenza di questa Corte Suprema si venuta affermando, a far tempo dal 1968, l'opinione che le disposiz;ioni dell'Acco!'do G.A.T.T. siano idonee, in conseguenza della loro immissione nell'ordinamento nazionale operata con la legge di ratifica 5 aprile 1950, n. 295, a costituire diritti ed obblighi a livello di rapporti inrtersoggettivi e quindi ad attribuire ai cittadini situazioni soggettive azionabili in giudizio (Cass. 6 luglio 1968, n. 2293; Cass. Sez. Un. 17 aprile 1972, n. 1196; Cass. Sez. Un. 8 giugno 1972, n. 1771; Cass. Sez. Un. 8 giugno 1972, n. 1773; Cass. Sez. Un. 21 maggio 1973, n. 1455; Cass. Sez. Un 4 gennaio 1975, n. 2; Cass. 7 gennaio 1975, n. 10). Tale opinione stata confermata anche in esplicito confronto con il diverso orientamento assunto dalla Corte di Giustizia delle Comunit Europee, che con le sentenze 12 dicembre 1972 in c. 22-24/72 e 24 ottobre 1973 in c. 9-73, e poi ancora con la sentenza 19 novembre 1975 in c. 38/75, pronunziando in punto di validit di atti comunitari in tesi confliggenti con disposizioni dell'Accordo G.A.T.T., ha per contro negato .la idoneit di questa normativa ad attribuire ai singoli diritti soggettivi azionabili in giudizio. Infatti questa Corte Suprema -tornando ad occuparsi del problema in cause nelle quali la norma G.A.T.T. veniva in rilievo o come regola direttamente disciplinante il rapporto controverso (Cass. Sez. Un. 20 ottobre 1975, n. 3403 e Cass. Sez. Un. 20 ottobre 1975, n. 3407 sulla parit fiscale in materia di imposizioni interne: art. III, ora IV, n. 2) oppure come elemento indiretto di interpretazione della norma nazionale statuente la regola del rapporto (Cass. Sez. Un. 20 ottobre 1976, n. 3616 sul divieto di aggravamento delle imposizioni all'importazione in materia di diritti per servizi amministrativi, la cui legge istitutiva 15 giugno 1950, n. 330, proprio alla luce del precetto dettato con J'art. II, ora III, n. 1, lett. b ,si ritenne contemplante soltanto Je .merci non fruenti del regime G.A.T.T.; conformi citata sent. n. 1455 del 1973 e Cass. Sez. Un. 13 luglio 1979, n. 4066) -ha ritenuto, pur prendendo atto di quel diverso orientamento della Corte di Giustizia, di non modificare l'indirizzo adottato, argomentando che il giudice naziona:le, pi di chiunque altro, pu valutare .la concretezza che le norme dell'Accordo Generale possono acquisire con l'in PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE serzione nella legislazione dei singoli Stati aderenti... [n termini diversi per ciascun Stato (sent. cit. n. 3403 e 3407 del 1975; conforme sent. n. 3616 del 1976 pure citata). Inoltre questa Corte Suprema, sollecitata ad investire la Corte di Giustizia della questione di interpretazione circa il livello di operativit della normativa G.A.T.T., ha ritenuto di potersene esimere, sia rilevando che le questioni portate al suo esame non implicano (a differenza, come si detto, delle controversie sottoposte alla Corte di Giustizia) alcun problema di validit di un qualche atto comunitario, sia negando che nella specie si prospettasse questione di interpretazione di un atto avente siffatta natura, in quanto doveva escludersi che la normativa dell'Accordo G.A.T.T. fosse da considerarsi ormai parte dell'ordinamento comunitario, essendo esso invece un ,accordo esterno all'ordinamento comunitario (oit. sent. n. 3616 del 1976). b) Oggi, peraltro, appare necessaria una rinnovata riflessione sul problema, stimolata non soltanto dalla :riconsiderazione di alcuni spunti emergenti dalle gi ricordate sentenze della Cmte di Giustizia, ed in sp~e di quella resa nella causa 38/75, ma anche dalle indicazioni che la giurisprudenza deHa stessa Corte di Giustizia venuta sempre pi nettamente fornendo la rilevanza per l'ordinamento e nello ordinamento comunitario degli accor& internazionali stipulati dagli ocgani della Comunit, e correlativamente circa l'ambito della competenza pregiudiziale ad essa Corte di Giustizia spettante in punto di 1interpretazione di tali accordi. Deve prendersi, invero, atto, da un lato, che la possibilit di diversificare l'operativit della normativa G.A.T.T. negli ordinamenti dei singoli Stati membri in ragione della distinta sua inserzione in ciascuno di questi secondo le norme ad esso proprrie, affermata nelle ricordate sentenze nn. 3403 e 3407 del 1975 e n. 3616 del 1976, appare resistita dalla recisa enunciazione della sentenza dalla Corte di Giustizia resa nella causa 38/75 (formu).ata, sembra, in termini affaUo generali e svincolati dalla fattispecie, relativa come si sa al giudizio di validit di un atto comunitario), secondo la quale essendosi la Comunit sostituita agli Stati membri per quanto riguarda l'adempimento degl,i impegni contemplati dal G.A.T.T., l'effetto giuridico cogente di tali impegni va valutato in relazione alle afferenti disposizioni dell'ordinamento giuridico-comunitario, non gi in relazione a que1'le che 1i rendevano precedentemnte efficaci negli ordinamenti giuridici nazionali (proposdzione motiva sub 16). Per altro verso, poi, va tenuto presente che la Corte di Giustizia, con riferimento ad accoirdi internazionali negoziati e conclusi dalla Comunit, in pi occasioni: -ha affermato (sent. in c. 181/73 e 87/ 75; parere 1/76), o di fatto ha esercitato (sent. in c. 40/72; 147/73; 65/77) la propria competenza pregiudiziale, non soltanto ai fini del giudizio di vailidit d[ un confliggente atto comunitario (sent. ,in c. 181/73 cit.), ma anche fuori da una siffatta RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO situazione (sent. citate in c. 40/72, 147/73, 87/75, 65/77; parere cit. 1/76) in via di interpretazione diretta della convenzione internazionale al fin~ di picavarne la regola diretta del giudi:zio sul rapporto controverso, e ci sul rilievo ,esplicito che l'acco11do... st,ato concluso dail Consiglio in conformit ag1i artt. 228 e 238 del Trattarto... Esso costituisce, quindi, per quanto riguarda la Comunit, un atto compiuto da una delle istituzioni della Comunit, nel senso di cui all'art. 177, primo comma, lett. b .. Le sue disposizioni formano, dal momento della sua entrata in vigore, parte integrante dell'ordinamento comunitavio. La Corte perci competente, nell'ambito del suddetto ordinamento, a pronunziarsi in vj,a pvegiudiziale sull'intevpretazione dell'accordo (principio, questo, enundato dalla sent. in c. 181/73 in un giudizio suHa. validit di un atto comunitario in rapporto ad un accordo internazionale, ma ripetuto in via generale nel parere 1/76 citato); -ha riconosciuto .l'azionabilit, davanti al giudice, dei diritti nascenti da tali >, ricomprendendo in tale formula tutti i provvedimenti che la legge stessa attribuisce in subiecta materia alla competenza del sinda'o. Per modo che trattasi di una competenza esclusiva del giudice amministrativo, per la cui attmibuzione non occorre necessariamente l'uso di formule sacramentali, essendo sufficiente a tal fine che, come nel caso d_i speoie, la legge dimostri chiaramente la volont di assegnare la giurisdizione in via esclusiva. E -poich la formula usata nell'art. 32 estremamente ampia deve ritenersii ohe nella competenza giurisdizionale del giudice amministrativo rientri la cognizione dei giudizi promossi in ordine a tutti i pmvvedimenti emessi dal sindaco nell'esercizio dei poteri att11ibuitig1i dalla legge e cio -oltre che riguardo ai provvedimenti costitutivi ed a quelli modificativi o di 1r.itiro, incidenti sul rapporto sos1tanziale d.i esercizio del commercio al minuto (compreso quello di diniego di provvedere alla sostituzione, dn via transitoria, del vecchio con hl nuovo titolo autorizzativo) -anche relativamente ai provvedimenti sanzfonatori, la cui natura repressiva -volta a consentire, attraverso l'imposizione e l'irrogazione di san:llioni nei oasi di inosservanza delle norme stabiJite dalla legge n. 426 del 1971, la Tego1are attuazione della disciplina dettata da detta legge e fa compiuta riea1izzazione del iregime giuridico dalla stessa predisposto -spiega la collocazione delle statuizioni che li prevedono, ratione materiae, nel capo IV, relativo alle disposizioni finali, e quindi, successivamente alla norma sulla giurisddzione. Pertanto -trattandosi di una giurisdi2fone esclusiva, comprensiva, PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI' DI GIURISDIZIONE ne deriva che della_ questione riguardante la confonnit a legge del provvedimento sanzionatorio di chiusura di un esercizio di vendita di giomail.i e riviste, aperto senza 1a preventiva autorizzaz;ione ,amministrativa del sindaco, non possa non conoscere, in ogni caso, il giudice amministrativo, sia che la non conformit a legge si atteggi come i11ioeit per difetto nella pubblica amminis1Jl1a:z;ione del potere esercitato in pregiudizio del diritto soggettivo nascente dalla Jegi1ltima:z!ione ad esercitare i1iberamente {senza bisogno della pveventiva autorizzazione del sindaco) l'attivit di vendita di giornali 'e 'riviste, sia che 11a stessa debba qualificarsi come mera illegittimit per oattivo esercizio del potel'e. (omissis) IL (omissis) Con il primo motivo del ricorso, assumendos,i violazione e falsa applicazione del1a legge 11 giugno 1971, n. 426, in ,relazione all'art. 360, n. 3 e 5 c.p.c., si sostiene che se la norma prevede >l'acquisto di merci a nome e per conto proprio, tale non sarebbe l'acquisto del :rivenditore di giornali che stipula un contratto estimatorio, oaratterizzato daJ fatto che l'accipiens non acquista la propriet del bene consegnatogli, ma solo la disponibilit per cederlo a terzi, onde avrebbe errato il Pretore per aver ritenuto che la rkorrente fosse soggetta all'obbligo dell'iscrizione nel registro e della Hcenza di commercio. La censura non fondata. La fogge 11 giugno 1971, n. 426, contenente lla disciplina del commer cio, ha sottoposto all'obbligo de1fisorizione previsto dail.l'-art. 2 e della soggezione all'autorizzazione comunale prevista dall'art. 24, l'attivit di commercio sia all'ingrosso che al minuto, nelle varie forme in uso. Agli effetti della suddetta legge, svolge attivit di commercio ail mi nuto chiunque professfonalmente acquista merci o. nome e per conto proprio -e le rivende in sede fissa o mediante altre forme di distribu ZJione, d~rettamente_ al consumatore finale (al't. l, secondo comma, n. 2). Nel presente giudizio tr.at1lasi di stabiHre se la tesi sostenuta dall'im pugnata sentenza, secondo cui -anche i rivenditori di giornali e iriviste periodiche, quali commercianti al minuto, sono soggetti alle prescrizioni ammi'[)Jistrart:ive accennate, sia conforme al diritto. lil Collegio ne condivide le conolusioni in base ai seguenti rhlievi. L'argomento principale su cui fla leva la difesa del1a 1ric011rente per sostenere la tesi opposta, punta sul fatto che la 1egge 1971, n. 426, nel .definire l'attivit di commercio al minuto fu riferimento all'acquisto di merci a nome e per conto proprio ed alla successiva rivendita, di modo che '1a rivendita dei giornali e delle riviste periodiche sfuggirebbe a tale definizione in quanto i1l giornalaio non conclude contratti di compravendita -con gli editori, ma consegue la disponibilit del1a merce uti1izzando lo schema del contratto estimatorio (art. 1556 e.e.), attiraverso-cui una 510 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO parte consegna una o pi cose mobili all'altra e questa si obbliga a pagarne il prezzo, salvo che !I"es1lituisca le cose nel termine stabilito. Poich non dubbio che l'attivit economica svolta dal giornrulaio si inquadra in una azione di intermediazione nello scambio di beni, tipica delJ'attivit dell'imprenditore (art. 2082, 2195, n. 2, e.e.), non esplicano alcun rilievo nel senso preteso dal ricorrente le modalit concrete attraverso cui -nei rapporti inte!I"Ili tra editooe e giornaJ.aio -quest'ultimo consegue il potere di disposizione (in proprio) sulla merce che trasferisce a tentl verso corrispettivo. L'obbligazione fondamentale che l'accipiens contrae con il contratto estimatorio consiste nell'obb1igo di pagare il prezzo che si pone in posizione sina11agmatioa con la consegna della merce da parte del tradens, mentre, ai fini che si considerano, del tutto irrilevante che quest'ulrtimo conservi comunque il diritto di propriet sulle cose consegnate, giacch questo serve a gius1lificare soltanto la restituzione delle cose che l'accipiens ha facolt di eseguire nel termine stabi1ito nel caso che esse II"imangano invendute. Ci che il'ileva invece che, in caso di rivendita, il giornalaio fa propria la differenza fra dimento di espropriazione per pubblica utilit, conclusosi con la determinazione di un'indennit di L. 1.200 al mq. e con il diniego dei maggiori danni da svalutazione monetaria ex art. 1224 comma 2 c. c., l'espropriato si duole che sia stata respinta la relativa richiesta. Con il primo mezzo, denunciando la violazione degli artt. 1223 e 1224 c. c. si censura la sentenza per avere ritenuto che l'espropriata avesse chiesto il risarcimento del mancato guadagno, laddove essa si era limitata a domandare il ristoro della perdita subita per effetto della diminuzione del potere di acquisto della moneta e si invoca la sentenza n. 5670 del 1978 la quale, radicalmente innovando il precedente orientamento giurisprudenziale, ha stabilito che, in tema di obbligazioni pecuniarie, tra i maggiori danni che possono spettare al creditore in aggiunta agli interessi legali, ai sensi dell'art. 1224 comma 2 c. c., vanno compresi quelli dipendenti dalla svalutazione monetaria verificatasi durante la mora del debitore, sicch il creditore che si limiti a richiedere il risarcimento della perdita subita per effetto della diminuzione del potere di acquisto della moneta, ben pu dedurre ed utilizzare a suo favore il solo fatto notorio della svalutazione, senza necessit di fornire la prova di avere concretamente predisposto il reimpiego della somma dovutagli, prova che invece deve essere offerta nel caso in cui venga richiesto il risarcimento del mancato guadagno. 2. Il ricorso stato proposto quando ancora sul tema non si erano pronunciate le Sezioni Unite della Cassazione; e quindi l'assunto del ricorrente, secondo cui la perdita doveva essere risanata automaticamente, e contro la quale la difesa dello Stato svolge osservazioni particolarmente pregevoli, trova insormontabile confutazione nella presa di posizione delle S. U. alla quale il Collegio ritiene di uniformarsi. Le S.U., con sentenza 4 luglio 1979 n. 3776, hanno ribadito che le obbligazioni pecuniarie, le quali danno luogo al c.d. debito di valuta sono rimento al creditore insoddisfatto sia degli interessi moratori che del risarcimento del danno derivante dalla svalutazione monetaria. La giustificazione teorica di tale ammissibilit fu fornita dalla riflessione per la quale ben pu considerarsi presupposto di una obbligazione risarcitoria la violazione di una regola di condotta costituita dal pagamento dovuto allorquando dall'omissione di questo si verifica un effettivo depauperamento del patrimonio del creditore, legato dal rapporto causale con la svalutazione monetaria. Una volta per ammessa in linea teorica questa possibilit, la giurispru denza assolutamente prevalente (v. per tutte Cass. 2 gennaio 1951 n. 47; Cass. 16 gennaio 1953 n. 1; Cass. 19 ottobre 1955 n. 3307; Cass. 18 maggio 1963 n. 1288; Cass. 9 febbraio 1965 n. 214; Cass. 25 gennaio 1971 n. 156; Cass. 9 aprile 1975 n. 1309; Cass. 21 luglio 1975 n. 2885; Cass. 26 maggio 1976 n. 1906) negava che per effetto della sola svalutazione sorgesse l'obbligazione risarcitoria e, sebbene da parte della dottrina (v. per tutti MOSCO, Gli effetti giuridici della svaluta RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 524 soggette al principio nominalistico, espresso dall'art. 1277 c. c., e manten,. gono tale soggezione anche dopo la scadenza; conseguentemente la prestazione si estingue, pur dopo che il debitore sia caduto in mora, con il pagamento della quantit di moneta cui essa commisurata, non rilevando che la moneta stessa, durante la mora abbia perduto parte del suo potere di acquisto per -effetto della svalutazione la quale di per s non costituisce danno giuridico, ma integra una situazione suscettibile di aggravare il pregiudizio derivante al creditore dell'inadempimento. Ne consegue che la svalutazione monetaria verificatasi durante la mora del debitore non giustifica, in quanto tale, alcun risarcimento automatico (sotto il profilo del danno emergente), attuabile mediante rivalutazione della somma dovuta, ma pu essere causa di danni maggiori di quelli coperti con l'attribuzione degli interessi legali. A tale fine il creditore (che domanda oltre a tali interessi anche i maggiori danni derivanti dalla mora) ha l'onere di allegar'e e dimostrare, volendosi senza alcuna limitazione di ogni possibile mezzo di prova, il pregiudizio patrimoniale risentito; ed il giudice pu, in mancanza di altre specifiche prove utilizzare, oltre il notorio acquisto alla comune esperienza (destinazione del denaro all'acquisto di beni o servizi, impiego di esso in maniera coerente con le qualit professionali, con i bisogni che le personali possibilit finanziarie consentono di soddisfare, con le abitudini derivanti dalla mentalit e dall'ambiente di vita) presunzioni su condizioni e qualit personali del creditore e sulle modalit di impiego del denaro coerenti, secondo i criteri della normalit e della possibilit, con tali elementi, per desumere dal complesso di questi dati integrati, ove occorra, con criteri equitativi, quali maggiori utilit nei singoli casi la somma tempestivamente pagata avrebbe potuto procurare al creditore, rimanendo fermo per quest'ultimo l'onere di dimostrare in maniera pi specifica l'eventuale danno emergente derivante dal fatto di avere dovuto procurarsi la somma non pa zione monetaria, Milano 1948, p. 95; NICOLO', Gli effetti della svalutazione della moneta nei rapporti di obbligazione, in Foro it., 1964 IV, p. 45 e ss) fu tentata una certa elaborazione nel campo del diritto sostanziale, secondo cui il principio nominalistico nella specie non trovava applicazione, tale indirizzo stato costante nel tempo. Consapevole che la soluzione di ogni problema doveva essere ricercata nel campo non della natura dell'obbligazione ma in quello de11a prova, la giurispru denza richiese allora per il riconoscimento del maggior danno che il creditore dimostrasse concretamente di avere predisposto una vantaggiosa operazione economica che la mo1:1a del debitore e la concomitante svalutazione in atto avevano impedito nel suo felice esito. Si altres ritenuta non sufficiente, per la dimostrazione del danno, la prova dell'attivit commerciale o industriale del creditore (Cass.. 23 luglio 1969, n. 2772) ed inoltre che in questo campo non hanno valore alcuno tutte v. Cass. 17 marzo 1978, n. 1352). le presunzioni (per i Ii l l I 1 : i PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 525 gatagli a condizioni svantaggiose, o mediante alienazione di beni reali, od il danno allegato con riferimento ad investimenti particolari specificamente programmati e resi impossibili dall'inadempimento del debitore. Per la dimostrazione dell'enunciato criterio giuridico sembra sufficiente richiamare la motivazione della citata sentenza delle S.U. la quale ha avuto cura di confutare persuasivamente la tesi giuridica sostenuta dalla III Sezione con la sentenza n. 5670 (che il ricorso si limita a riecheggia!' e senza alcuno specifico apporto argomentativo). Si osservato al riguardo che la tesi della rivalutazione finiva con l'assimilare il danno extracontrattuale a quello contrattuale, considerando la prestazione dovuta dal debitore moroso come oggetto di una obbligazione di natura risarcitoria, senza avvertire che se cos fosse, la disposizione dell'art. 1224 e.e. rischierebbe di apparire quanto meno superflua riguardo alla risarcibilit del danno emergente. Alla stregua della tesi suddetta, verrebbe ad 'essere obliterato lo stesso principio nominalistico, riservandosi in ogni caso sul debitore, sia pure moroso, in via generale ed automatica, l'effetto della svalutazione, la quale si presenta come un'alea connaturale al tipo stesso della obbligazione pecuniaria, operando la risarcibilit solo rispetto al pregiudizio di cui la svalutazione sia stata causa. Il generalizzato automatismo rivalutativo non si giustifica perch se riferito all'obbliga:done principale viene a moltiplicare l'oggetto dell'obbligazione in violazione del principio nominalistico, e se riferito all'obbligazione di risarcimento postula, contro la realt, un maggior danno emergente identico per tutti i possibili creditori. 3. - noto che l'indennit di espropriazione, da liquidarsi sulla base del giusto prezzo del bene al momento dell'espropriazione medesima che Quest'indirizzo in sostanza teorizzava che la svalutazione monetaria giuri dicamente non costituisce un fatto dannoso in re ipsa, ma non per questo fu ritenuto completamente soddisfacente per la difficolt della prova al cui onere si sottoponeva il creditore. Resa oggetto di serrata crWca soprattutto dalla giurisprudenza dei giudici di merito, la soluzione adottata era costantemente ribadita dalla Corte di Cas sazione, con tanta frequenza che poteva ormai essere ritenuta ius receptum. Ma la pressione continua esercitata dalle corti di merito e soprattutto la necessit di conferire una rilevanza giuridica al fenomeno svalutativo, che ormai aveva reso opposti i principi delle leggi economiche a quelli delle leggi civili, portarono ad un improvviso mutamento della giurisprudenza della Cassazione in tema di obbligazioni pecuniarie. Con la sentenza della III Sez. della Corte di Cassazione del 30 novembre 1978, n. 5670, si affermato che, anche quando il creditore non riesce a provare il maggior danno ma si limita a chiedere il risarcimento di quello subito per effetto della svalutazione, a questi spetti ugualmente la somma corrispondente al deprezzamento di quanto dovutogli, poich la svalutazione tecnicamente RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 526 si realizza con l'emanazione del decreto (alla stregua del princ1p10 della legge fondamentale del 1865, che quella applicata nel caso in esame) configura un debito di valuta dell'espropriante verso l'espropriato, e come tale non suscettibile di rivalutazione monetaria (automatica); il ritardo subito dall'espropriato, che abbia fatto opposizione alla stima, nel percepire la giusta indennit trova compenso solo nel diritto degli interessi sulla maggiore somma fissata dal giudice rispetto a quella indicata nel decreto espropriato (Cass. 3482/77), salvo il risarcimento dell'ulteriore danno a norma dell'art. 1224 c. c. (Cass. 2733/78) e qui si innesta neMa sua limitata portata innovativa, la sentenza delle S.U. (rispetto alla dizione precedentemente ricorrente che richiedeva la dimostrazione del particolare pregiudizio dell'espropriato-creditore, consistente nel non aver potuto tempestivamente impiegare le somme dovute in modo da sottrarle agli effetti della svalutazione monetaria, ovvero per essersi dovuto privare di beni che, se conservati sarebbero sfuggiti alla svalutazione medesima: cfr. in tal senso Cass. 2733/78 cit.). Nel corso della discussione orale la difesa dello Stato ha so~tenuto che, nella ipotesi di specie, la richiesta di maggiori danni restava preclu sa dal fatto che l'amministrazione espropriante non pu dirsi iil mora ove si sia comportata uniformemente alle prescrizioni di legge, deposi tando la somma determinata dai periti (e non essendo nemmeno ipotiz zabile il deposito di una somma maggiore) ed ha chiesto la correzione della motivazione in tal senso. La tesi non pu essere condivisa; la perizia si inquadra nel procedi mento amministrativo di espropriazione le cui conclusioni stanno necessa costituisce un fatto notorio che ha la capacit di determinare sempre la dimi nuzione del potere d'acquisto della moneta. La sentenza, in tal modo, rompendo i legami con la precedente tradizione giurisprudenziale, ha consentito che molteplici conseguenze siano state tratte nel campo processuale. Si teorizz la automatici~ della rivalutazione dei crediti di denaro in caso di inadempimento, consentendo che il richiamo all'art. 115 c.p.c. fosse addirit tura superato, con la conseguenza che alcuni giudici di merito ritenevano appli cabile d'ufficio la rivalutazione, anche in mancanza di esplicita richiesta. Inoltre, secondo questa corrente (che gi ebbe un precedente: v. Cass. 13 novembre .1970, n. 2408), era possibile chiedere la rivalutazione per la prima volta in grado di appello, e perfino in sede di giudizio di rinvio. A favore della soluzione proposta dalla sentenza della III Sezione indubbiamente poteva essere addotta la discriminazione che, in caso contrario, mediante l'ausilio delle presunzioni, sarebbe stata attuata tra gli appartenenti alle categorie a reddito fisso da quelle degli imprenditori e commercianti in genere, a tutto detrimento dei primi. Portata la soluzione del contrasto giurisprudenziale all'attenzione delle Sezioni Unite, queste con la citata sentenza del 4 luglio 1979, n. 3776, della quale PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 527 riamente a carico dell'amministrazione espropriante che ne assume la responsabilit per non essere stato calcolato esattamente sul piano determinativo il valore in comune commercio del bene costringendo l'espropriato al giudizio di opposizione, con divaricazione temporale fra il momento di conseguimento della giusta indennit e quello del deposito della insufficiente indennit calcolata dai periti di cui l'espropriante responsabile, donde il diritto dell'espropriato di percepire gli interessi legali sulla differenza foa somma depositata e somma risultante all'esito del giudizio di opposizione alla stima, salvo il risarimento di maggiori danni, giusto l'orientamento giurisprudenziale che si appena ricordato. quindi alla stregua della limitata portata innovativa della decisione delle S.U. (e non di quella della III Sezione, su cui esclusivamente si basa il ricorrente) che occorre procedere all'esame delle censure. Orbene anche se fosse vero che l'espropriata si limit a richiedere il risarcimento della perdita subita per effetto della svalutazione, resta escluso che al risarcimento stesso si possa provvedere mediante automatica rivalutazione, e quindi il primo mezzo del ricorso deve essere senz'altro rigettato. Ma sorte migliore non spetta al secondo mezw con il quaile, sempre denunciando la violazione degli artt. 1223 e 1224 e.e., nonch il vizio della motivazione, si sostiene che a torto la Corte del merito abbia escluso che fosse stata raggiunta la prova del reimpiego dell'indennit di espropriazione tempestivamente corrisposta nell'acquisto di due appartamenti. Al riguardo la sentenza ha motivatamente disatteso l'assunto della espropriata osservando che le trattative si erano svolte secondo la stessa deduzione della deducente parecchi mesi prima della emanazione del decreto, sicch doveva escludersi che l'acquisto fosse stato predisposto per quella annotata conferma il contenuto, hanno affermato che non comporta la svalutazione monetaria sempre l'automatica reintegrazione economica del credito ormai svilito, ma deve farsi sempre riferimento, caso per caso, all'effettivo pregiudizio patrimoniale del creditore !in relazione all'impiego che egli avrebbe presumibilmente operato per garantirsi dal fenomeno inflattivo. Il parziale ritorno al passato posto in essere con l'ultima citata sentenza ha preso luogo dalla considerazione che l'obbligazione pecuniaria costituisce una obbligazione di valuta soggetta al principio nominalistico di cui all'art. 1277 e.e., restando tale anche dopo la sua scadenza, non trasformandosi in obblig. azione di valore. Si riaffermato che la somma attribuita a titolo di risarcimento del danno al creditore non attribuita quale commisurazione del danno originario, vale a dire del valore intrinseco della mancata prestazione (per questo orientamento, v. Cass. 24 marzo 1971 n. lH9), ma rientra nella previsione del maggior danno previsto dal 2 comma dell'art. 1224 e.e. Tuttavia, la sentenza delle Sezioni Unite ha confermato la validit di quell'indirizzo secondo cui ai fini probatori utilizzabile qualsiasi mezzo, ivi ricom 528 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO il reimpiego della indennit di una espropriazione non ancora intervenuta, essendo ipotizzabile un mancato guadagno come effetto della mancata disponibilit delle somme. Conseguentemente i giudici hanno escluso la rilevanza, ai fini del decidere, della prova 'articolata dall'espropriato la quale si duole che nella motivazione all'uopo svolta non sia stato preso in espressa considerazione ii contenuto di un capitolo nel quale si articolava la circostanza che il prezzo dovuto per il progettato acquisto avrebbe dovuto essere pagato, mediante utilizzazione della indennit di esproprio, entro il 31 dicembre 1972. La censura manifestamente impinge nel merito della operata valutazione e non tocca una circostanza decisiva, essendo chiaro, nella logica della argomentazione svolta per negare rilevanza alla prova, che i fatti dedotti erano apparsi inidonei ai giudici palermitani per il fondamentale rilievo che quando le trattative si svolsero il debito della P.A. non era n liquido n esigibile, sussistendo una mera aspettativa di indennizzo, sicch la dilazione di parte del pagamento ad ,epoca successiva ,ano scadere della data di occupazione legittima non toccava il giudizio implicitamente (ma sicuramente) espresso nel senso della mancanza del nesso di causalit fra l'interruzione delle trattative e la ritardata corresponsione dell'indennit; e l'insussistenza di un nesso siffatto addirittura paradigmatica posto che tale interruzione si sarebbe avuta ben sette mesi prima della scadenza del biennio di occupazione legittima. A chiusura del discorso deve quindi confermarsi in linea di diritto che in ordine alla dimostrazione del reimpiego non vi sono stati apporti innovativi nella giurisprudenza del S.C. e concludersi, in linea di fatto, che la motivazione in senso negativo espressa dai giudici di merito non appare suscettibile di riesame in questa sede. preso il fatto notorio determinato dalla comune esperienza, di per s non sufficiente, e le presunzioni desumibili dalle qualit personali del creditore, ed in particolare dalla sua attivit lavorativa. L'orientamento, confermato dalla sentenza ora annotata, in sostanza de manda ai giudici di merito il compito di valutare la rilevanza delle qualit personali del creditore ai fini della prova del maggior danno da svalutazione monetari.a: la sua posizione mediana tra le due soluzioni precedentemente pro poste ictu oculi rilevabile, dal momento che essa da un lato riafferma che la svalutazione non giuridicamente rilevante in modo automatico, riportandosi alla pluriennale tradizione giurisprudenziale sul punto, dall'altra accoglie le istanze sempre pi frequentemente presenti nel dibattito giuridico per un allargamento delle ipotesi dn cui possa riconoscersi al creditore la rivaluta zione del proprio credito svilito. LUIGI MARUOTTI PARIB I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA. CIVILE 529 CORTE DI CASSAZIONE, III sez. civ., 2 aprile 1981, n. 1868 -Pres. Pedroni -Rel. Cruciani -P. M. La Valva -Azienda Autonoma F.S. (avv. Stato De Francisoi) c. Piccolo (avv. Cardillo e avv. Trimarchi). Pubblica amministramone -Ferrovie dello Stato -Trasporto di cose Traffico straordinario -Documentazione amministrativa -Contestazione della parte -Onere dell'Amministrazione di comprovare il contenuto della documentazione -Sussiste. Responsabilit civile -Trasporto di cose sulle FF.SS. -Dolo o colpa grave della Amministrazione -Limite legale alla quantificazione del danno Natura risarcitoria del debito. L'efficacia probatoria della documentazione amministrativa, prevista nell'art. 40 delle Condizioni e tariffe per i trasporti di cose, trova un preciso limite nella contestazione della parte, dovendo in tale eventualit le Ferrovie dello Stato fornire la prova dei fatti contestati (1). Il risarcimento del danno nei casi di dolo o colpa grave delle Ferrovie dello Stato, ai sensi dell'art. 60 delle Condizioni e Tariffe per il trasporto di cose sulle Ferrovie dello Stato, debito di valore, la cui natura non viene trasformata dalla esistenza di un limite, fissato dalla legge, alla misura del risarcimento; ed .eguale natura ha l'indennit prevista dagli artt. 56, 57, 59 delle Condizioni e Tariffe (2). Con il primo motivo del ricorso l'Amministrazione ferroviaria -premesso che nella sentemia di rinvio 'era stato affermato il principio di diritto per il quale, agli effetti dei termini supplementari di resa di cui all'art. 40 par. 2 delle Condizioni e Tariffe per i trasporti di cose sulle FF.SS., la prova del traffico straordinario risultante sulla lettera di vettura pu essere vinta mediante mezzi probatori idonei a dimostrare la erroneit o falsit dell'annotazione stessa -si duole che la Corte di Catania abbia disatteso il principio enunciato, affermando che -una volta contestata dal Piccolo l'annotazione -le FF.SS. non avevano dato prova del fatto causativo del ritardo per l'avvenuta eliminazione dagli archivi dei registri relativi al trasporto in oggetto. La censura non ha fondamento. La Corte di Catania si attenuta correttamente al princ1p10 enunciato, per il quale l'efficacia probatoria della documentazione amministrativa trova un preciso limite nella contestazione della parte, in conseguenza della quale nasce l'onere alle FF.SS. di fornire la prova del traffico straordinario nella sua esistenza e ,entit. (1-2) Sulla prima massima non risultano precedenti; sulla seconda cfr. Cass. 5 agosto 1964, n. 2229. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO Pertanto -dal momento che l'annotazione sulla lettera di vettura non era di per s sufficiente a determinare la modificazione del termine di resa, -dovevano le FF.SS. dare la prova dell'esistenza del fatto che modificava il termine per l'adempimento dell'obbligazione, secondo l'affermazione esplicitamente contenuta nella sentenza di rinvio. L'eliminazione dei registri del trasporto avvenuta legittimamente, ma in epoca posteriore alla instaurazione della vertenza -importa la logica conclusione -alla quale pervenuta la Corte di merito nell'esercizio insindacabile dell'apprezzamento del materiale probatorio -che la prova cui era tenuta l'Amministrazione risultava nella specie carente. Sul punto ed in linea di fatto la Corte di merito non ha mancato di eseguire una puntuale indagine, in osservanza del principio affermato dalla sentenza di rinvio, per il quale quando la veridicit della annotazione viene contestata dall'altra parte, il giudice di merito, per fondare su di essa la propria decisione, deve accuratamente vagliare ogni circostanza di persone, di tempo e di luogo ed indicare in modo specifico i motivi che razionalmente giustificano la deduzione che ne trae in ordine al punto di fatto controverso. Con il secondo motivo del ricorso l'Amministrazione ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1223, 1277 b.c., 48 par. I e 50 Condizioni e, Tariffe per i trasporti sulle F.S., nonch omessa e insufficiente motivazione sul punto decisivo della controversia relativo alla rivalutazione della somma liquidata al Piccolo. Assume la ricorrente che la Corte di Catania avrebbe errato nel qualificare come debito di valore quello che l'art. 48 delle Condizioni, in relazione all'art. 50, configura come semplice indennizzo, ragguagliato alla somma dichiarata e comunque determinata entro precisi limiti. Anche questa censura infondata. Gi questa Suprema Corte (Cass. 5 agosto 1964, n. 2229) ha ritenuto che il risarcimento del danno -nei casi di dolo o colpa grave dell'Amministrazione ai sensi de1l'art. 60 delJe Condizioni e Tariffe -ha natura di debito di valore. N pu valere a trasformare in debito di valuta il debito di valore l'esistenza di un limite alla misura del risarcimento, fissato dalla legge, giacch la semplice esistenza di un limite nelle obbligazioni a carattere risarcitorio non vale a snaturarle ed a trasformarle in semplici obbligazioni di valuta. Non diversa natura assume l'indennit prevista dagli artt. 56, 57, 59 che pongono solo un limite massimo alla misura delle indennit, ma esplicitamente prevedono la corrispondenza del valore ordinario delle cose, rapportato alla qualit, specie e luogo e tempo dell'accettazione del trasporto. evidente la funzione ripristinatoria della somma che viene liquidata per il risarcimento e stabilita in relazione al valore della cosa ed alla sua PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 531 utilizzabilit," pur con un limite massimo, che non altera la natura della funzione, ma limita soltanto la quantit. La somma re1ativa non costituisce, quindi -come assume l'Amministrazione -un indennizzo non valutabile -ma rapportata alla apprezzabilit della merce che ha natura quindi di un effettivo risarcimento del danno, rientrando nella classificazione dei debiti di valore. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 8 aprile 1981, n. 2007 -Pres. Marchetti Est. Caturani -P. M. Minetti -Comune di Palermo (avv. Di Stefano) Lupo (avv. Gallari) Ministero Lavori Pubblici (avv. Stato Viola) altri. Espropriazione per pubblica utilit . Sostituzione dello Stato al Comune Indennit di esproprio Obbligazione dello Stato -Sussiste Fat tispecie. Nei casi, in cui un ente pubblico curi l'esecuzione di un'opera pubblica di pertinenza di altro ente pubblico, la titolarit del rapporto giuridico attinente alla espropriazione delle aree nei confronti dei terzi va determinata in base alla qualit e quantit dei poteri che siano conferiti al primo dalla legge o dall'atto amministrativo che danno luogo all'insorgere della particolare situazione. Dall'applicazione di tale principio pu derivare una deroga alla regola secondo cui parte del rapporto di espropriazione l'ente a favore del quale l'espropriazione disposta (1). (omissis) Con l'unico motivo del ricorso principale -cui aderiscono Giuseppina e Agata Carcione con il primo motivo del ricorso incidentale -il comllil!e di Palermo denunzia violazione e falsa applicazione dell'art. 58 del D.L.C.P.S. 10 aprile 1947, n. 261 in relazione all'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c. ed assume che erroneamente la sentenza impugnata avrebbe ritenuto il comune ricrrente parte nei rapporti sostanziali dipendenti dalla espropriazione di cui si contende perch parte in senso sostanziale era stata l'Amministrazione dei Lavori Pubblici che precedette in concreto alla espropriazione, sostituendosi al comune e provvide in proprio al deposito della indennit. La censura fondata. Questa Corte ha gi statuito il principio secondo cui qualora l'Ammi nistrazione dei Lavori Pubblici, in relazione alla impossibilit tecnicofinanziaria dei comuni di provvedere direttamente alla esecuzione dei (1) Cfr. conf. Cass., 13 giugno 1972, n. 1845; Cass. 12 febbraio 1971 n. 361; Oass. 13 luglio 1968, n. 2496, e Oass., 31 gennaio 1968 n. 311 in Giur. ital. 1968, I, p. 803 con interessante nota di BASSI, Brevi rifiessioni in tema di concorso di pi enti pubblici alla esecuzione di una stessa opera pubblica. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO piani di ricostruzione di cui al D.L.C.P.S. 10 aprile 1947, n. 261, assuma su di s l'attuazione delle relative opere, avvalendosi della facolt prevista dall'art. 58 del citato decreto, si verifica una ipotesi di sostituzione che pone l'Amministmzione medesima nella posizione di parte nei confronti di terzi per i rapporti inerenti alle occupazioni ed espropriazioni preordinate al fine della realizzazione di quelle opere (salvo che non risulti il contrario dalle concrete modalit con le quali il singolo rapporto venga posto in essere). In tale ipotesi, pertanto, l'Amministrazione dei Lavori Pubblici deve ritenersi passiviamente legittimata in ordine alla domanda proposta dal proprietario di un fondo occupato, per il risarcimento dei danni conseguenti all'illegittimo protrarsi dell'occupazione stessa, cos come nei confronti della domanda di opposizione avverso la determinazione dell'indennit espropriativa, nella quale detta originaria pretesa si sia automaticamente convertita per effetto del sopravvenuto decreto di espropriazione (sent. 10 marzo 1978, n. 1208). In tal caso, il problema della identificazione del soggetto che assume la posizione di parte nei rapporti con i terzi interessati alle relative attivit deve essere risolto in base alla quantit e qualit dei poteri che a ciascuno degli enti pubblici sono conferiti dalla legge o dall'atto amministrativo che determina la concorrenza delle attivit. Pertanto, poich nella ipotesi prevista dagli artt. 58 e 59 del D.L.C.P.S. 10 aprile 1947, n. 261 e 15 della legge 27 ottobre 1951, n. 1402 (nei piani di ricostruzione degli abitati distrutti dalla guerra) l'Amministrazione dei Lavori Pubblici ha la facolt e non l'obbligo di sostituirsi al comune nella promozione dei procedimenti di esproprio, la legittimazione attiva e passiva nei confronti dei terzi espropriati va determinata accertando quale dei due enti abbia assunto in concreto l'iniziativa del procedimento, onde. ove risulti che tale iniziativa sia stata assunta dall'Amministrazione dei Lavori Pubblici, deve ritenersi che il pagamento delle maggiori somme spettanti a titolo di indennit espropriativa deve essere richiesto a quest amministrazione (sent. 12 febbraio 1971, n. 361; 13 luglio 1968, n. 2496; 31 gennaio 1968, n. 313). Si altres precisato che soltanto nelle ipotesi del mero finanziamento o del semplice affidamento della esecuzione di certe opere, fente finanziante o affidatario resta estraneo al procedimento espropriativo (sent. 29 ottobre 1971, n. 3051; 13 giugno 1972, n. 1845). Orbene, nel caso che si esamina, la sentenza impugnata ha dato atto che: a) il Comune di Palermo richiese all'Amministrazione dei Lavori Pubblici di intervenire per l'attuazione del piano di ricostruzione della citt; b) lo Stato assunse l'onere finanziario delle opere pubbliche, salvo rivalsa nei confronti del comune; e) il Provveditorato alle opere pubbliche nella esecuzione delle opere assunte, si serv dell'intervento dell'ufficio tecnico comunale, il quale nel 1949 si immise in possesso dell'area da espropriare per delega del predetto Provveditorato; d) il decreto di espropriazione in data 26 ottobre 1962 fu emanato in favore del Comune di Pa PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE lermo, mentre l'Amministrazione dello Stato assunse l'obbligo di provvedere al deposito dell'indennit di espropriazione. Sulla base di tali rilievi la Corte di Appello pervenuta alla conclusione che, pur essendovi stato nella specie ed in maniera 11ilevante il concorso dello Stato nella realizzazione dell'opera pubblica, ci non costituiva elemento sufficiente a far assumere al medesimo la posizione di parte nel rapporto espropriativo in luogo del comune, nonostante che l'Amministrazione dei Lavori Pubblici si fosse assunto l'onere di provvedere alla materiale esecuzione della opera, compresa l'attivit inerente alle espropriazioni, poich quelle attivit pi che espletate nell'interesse del comune ma in nome dello Stato, sembrano essere state compiute in nome e per conto del comune stesso che l'opera richiese . Sennonch, motivando in tal modo, la Corte di Palermo non soltanto non ha tenuto conto dei diversi principi gi affermati in materia da questa Corte, ma dando esclusiva rilevanza al fatto che il comune di Palermo come evidente trattandosi di attivit sostitutiva prevista dalla legge fu il destinatario del bene espropriato che entr a far parte del suo demanio stradale, non ha considerato come dagli stessi accertamenti di fatto compiuti in sede di merito di cui la sentenza denunziata ha dato atto risultava che il comune di Palermo richiese l'intervento dell'Amministrazione dei Lavori Pubblici non gi per realizzare un'opera di finanziamento, ma perch questa provvedesse alla attuazione del piano di ricostruzione della citt di Palermo. La Corte avrebbe quindi dovuto stabilire, in conformit all'accennata giurisprudenza -al fine di accertare chi fosse titolare del rapporto inerente al pagamento della indennit di espropriazione nei confronti dei terzi espropriati -se l'attivit posta in essere dallo Stato in sostituzione del Comune di Palermo potesse inquadrarsi nella ipotesi prevista dall'art. 58 del D.L.C.P.S. 10 aprile 1947, n. 261, nel qual caso l'amministrazione statale assume la posizione di parte sia nel rapporto espropriativo che in ogni altro rapporto inerente all'opera, spiegando perch nel caso concreto si dovesse invece escludere il fenomeno della sostituzione amministrativa. Questa Corte, infatti, ha precisato al riguardo che, nei casi, in cui un ente pubblico curi l'esecuzione di un'opera pubblica di pertinenza di altro 1ente pubblico, la titolarit del rapporto giuridico attinente alla espropriazione delle aree nei confronti dei terzi va determinata in base alla qualit e quantit dei poteri che siano conferiti al primo dalla legge o dall'atto amministrativo che danno luogo all'insorgere della particolare situazione. Quale sia il potere attribuito ad ognuno degli enti interessati; quale sia la posizione che ciascuno di essi assume nei rapporti con i terzi e a chi quindi debbano far capo le conseguenze degli atti che di volta in volta vengono compiuti non pu essere dunque stabilito in astratto, ma va avvertito in relazione alle singole ipotesi con riferimento sia alle norme che prevedono e regolano il concorso di attivit di pi enti, sia RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO agli atti amministrativi con cui sia stata conferita, o sia stata assunta, la potest di provvedere in relazione ad un'opera di pertinenza di altro ente. Dall'applicazione di tale principio pu quindi derivare una deroga alla regola secondo cui parte del rapporto di espropriazione l'ente a favore del quale l'espropria:liione disposta (sent. 31 gennaio 1968, n. 311 in motivazione). La sentenza impugnata, avendo invece posto l'accento sulla circostanza (in s priva di rilevanza decisiva) che il comune di Pa1ermo era il beneficiario del procedimento di espropriazione ed intraprese l'occupazione materiale delle a11ee edificatorie, non ha tenuto conto che sotto il primo profilo gli stessi principi della cooperazione tra enti pubblici possono condurre ad una deroga alla regola accennata e che la mera situazione materiale di occupazione dei beni non pu essere ritenuta sufficiente perch sia affermata la legittimazione dell'ente occupante nei rapporti con i terzi conseguenti alla occupazione ed invece tale legittimazione va accertata attraverso l'esame delle specifiche circostanze in cui ha avuto luogo e delle norme e degli atti amministrativi che l'hanno determinata (Cass. 25 gennaio 1968, n. 212). N la impugnata sentenza si sottrae a censura allorch ha affermato che nella specie la esecuzione dell'opera pubblica sarebbe stata compiuta dall'Amministrazione dei Lavori Pubblici in nome e per conto del comune di Palermo poich tale deduzione non sorretta da alcuna motivazione idonea, n stata preceduta dall'indagine preliminare cui si innanzi accennato. Il ricorso principale del comune di Palermo deve essere, pertanto, accolto (omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 25 maggio 1981, n. 3408 -Pres. Rossi Est. Vela -P. M. Silocchi -Istituto Poligrafico dello Stato (avv. Stato Cerocchi) c. Gabellini (avv. Scorza). Pubblica amministrazione -Istituto Poligrafico dello Stato -Pubblico impiego -Natura -Ente pubblico non economico -Giurisdizione del giudice amministrativo Limiti. Previdenza Istituto Poligrafico dello Stato Possibilit di volontaria assunzione di obbligo di pagare i contributi Sussiste. Previdenza -Istituto Poligrafico dello Stato -Obbligo di pagare i contributi -Ratei di pensione inferiori a quelli dovuti -Natura risarcitoria del credito. L'Istituto Poligrafico dello Stato ha perduto il carattere di Ente Economico, conservando quello di Ente Pubblico in seguito alla legge 13 lu glio 1966, n. 559, in virt della quale i rapporti con il personale rientrano PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 535 nel pubblico impiego e come tali sono assoggettati alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, mentre le controversie sui rapporti di lavoro, estinti in epoca anteriore alla legge del 1966, sono attribuite alla giurisdizione del giudice ordinario (1). La volontaria assunzione dell'obbligo da parte dell'Istituto Poligrafico di pagare i contributi di previdenza per i propri dipendenti all'INPDAI, pur in mancanza di una espressa normativa, vincola l'Istituto stesso, non rilevando se soltanto successivamente a tale assunzione una norma lo ob blighi al pagamento di detti contributi (2). Qualora a seguito di inadempienza del datore di lavoro dell'obbligo di pagare i contributi vengano corrisposti ratei di pensione inferiori a quelli dovuti, la differenza costituisce un credito di valore attesa la sua natura risarcitoria, non essendo al riguardo applicabile l'art. 429, 3 com ma, codice procedura civile che, per il suo carattere di specialit, non suscettibile di interpretazione analogica, con la conseguenza che la parte, ove intenda chiedere la differenza non riscossa dei ratei di pensione, non pu pretendere la rivalutazione del relativo importo, ma deve chiedere che il credito sia rivalutato, stante la sua natura risarcitoria (3). solo a seguito dei mutamenti apportati con la legge 13 luglio 1966, n. 559, che l'Istituto Poligrafico defilo Stato ha perduto il carattere di ente economico, pur conservando la sua natura pubblica; e qindi solo dailla emanazione di quella legge i rapporti con dl personal, dovendo essi .seguire la nuova condizione giuridica dell'ente datore di lvoro, sono da considerare l'apporti di impiego pubblico ed assoggettati alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, mentre dei rapporti estinti.si -come quello donde ha avuto origine l'attuale controversia -in epoca anterfore continua a conoscere J'autorit giudi2li.arif. ordinaria (sentt. 1 marzo 1978, n. 1031; 12 dicembre 1978, n. 5863; 26 aprile 1979, n. 2378 e numerosissime altre). pertanto consentito l'esame del merito dei ricorsi. La residua censura del ricorrente principale investe il capo di sen tenza col quale la Corte d'appello ha affermato che l'attore avrebbe do vuto essere iscritto all'INPDAI dal 1 gennaio 1939, e che, pertanto, ai fini del risarcimento del danno occorre considerare che l'omissione con tributiva ebbe inizio da quella data. Secondo l'Istituto, la statuizione anzitutto inficiata da violazione e falsa applicazione della legge 27 dicembre 1953, n. 967 e dell'art. 6 (1-3) Sugli elementi di individuazione dell'Ente pubblico econotnico cfr. Sez. Un. 17 febbraio 1964, n. 348, in questa Rassegna 1964, I, 666. Con la prima massima cfr. Cass. 1 marzo 1978, n. 1031; Cass. 12' dicembre 1978, n. 5863; Cass. 26 aprile 1979, n. 2378. 9 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO c.c.n.l. 28 ottobre 1937 per i dirigenti industriali (in quanto ritenuto efficace .erga omnes); comunque, errata nel merito, perch solo con quella legge l'assicurazione all'INPDAI fu resa obbligatoria e sostitutiva di quella all'INPS; prima, i dipendenti venivano iscritti a tale Istituto in virt della legge 28 luglio 1950, n. 633 e, nel periodo a questa precedente, unicamente a condizione che percepissero non pi di 1.500 lire mensili (massimale, codesto, superiato dal Gabellini). Il motivo palesemente infondato. Non certo contestando l'obbligo di assicurare l'attore presso l'INPS che l'Istituto pu dimostrare di non essere tenuto all'assicurazione presso l'INPDAI. N gli giova sostenere che a quest'ultimo Ente non era dovuta alcuna contribuzione prima della legge 967 del 1953. Superando ogni questione sulla divetta applicabilit, nella specie, dell'art. 6 c.c.n.l. 28 ottobre 1937 -di cui il Poligrafico denuncia apoditticamente la violazione e .falsa applicazione -la Corte di merito ha rilevato che il regolamento del personale, emanato nel 1938, richiamava la contrattazione collettiva dei dirigenti industriali e che anche l'Istituto aveva mostrato di tener presente, in un certo qual modo, tale disposizione, avendo effettuato sempre una trattenuta, sullo stipendio del Gabellini, pari alla quota di contribuzione posta a carico dei dipendenti dalla disposizione stessa e versando spontaneamente, a partire dal 1943, i contributi all'INPDAI. Questi rilievi non sono stati censurati. E quindi ora non resta che constatare come sia inutile negare l'esistenza di un obbligo Legale ad attivare l'assicurazione, quando l'impugnata statuizione si basa sull'accertamento di un obbligo direttamente assunto dal Poligrafico verso i propri dipendenti. Il ricorso principale, va pertanto, respinto. Il pnmo motivo del ricorso incidentale, mediante la denuncia di violazione e falsa applicazione dell'art. 2110 cod. civ., in relazione alle norme contrattuali regolamentari in esso richiamate e dell'art. 27, secondo comma, legge 13 luglio 1966, n. 569, investe il rigetto del capo di domanda volto a far valere il diritto del Gabellini a restare in servizio ed a percepite l'intera retribi.lzione per sopravvenuta malattia, durante tutto il periodo di cosiddetto comporto, fissato in dodici mesi dalla disciplina colLettiva dei dirigenti industriali. Dalla premessa che le delibere adottate dal Consiglio di amministrazione dell'Istituto nel 1949 edal commissario straordinario nel 1953 per fissare i limiti di et del personalie stesso, divennero invalide ed inefficaci perch non furono sottoposte all'approvazione del Ministro del tesoro prevista dall'art. 23, primo comma, d.l.C.p.S. 22 settembre 1947, n. 1105, si deduce che il rapporto di impiego del Gabellini avrebbe dovuto intendersi a tempo indeterminato e che pertanto al momento dell'intimazione del recesso (tale dovendo considerarsi la lettera datata 4 giugno 1965 del .Presidente dell'Istituto) era disciplina PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE dall'art. 2110 cod. civ., e dall'art. 6 c.c.n.l. 24 giugno 1961 per i dirigenti di aziende industriali, con la conseguenza che all'attore spettavano la conservazione del posto e la retribuzione per dodici mesi, stante la predetta malattia. N, si aggiunge, questa conclusione pu evitarsi rilevando che il decreto n. 1105 del 1947 non fu ratificato dal Parlamento a norma dell'art. 6 d.l. lgt. 16 marzo 1946, n. 98, perch la decadenza di quel provvedimento mavolge tutti gli atti che vi sono collegati. Il motivo non fondato. Poich il ricorrente non sottopone alla Corte alcuna questione sulla legittimit -per contrasto con norme legislative o collettive -della disposizione relativa al limite di et applicata nei suoi confronti, ma si affida esclusivamente alla duplice tesi che tale disposizione da ritenere o eliminata per mancata ratifica parlamentare del decreto presidenziale in cui era contenuta, oppure inefficace perch non fu sottoposta all'approViazione ministeriale da essa stessa prevista, sufficiente osservare che il primo profilo, se per un verso assorbe il secondo, essendo fuori quetione che il decreto n. 1105 del 1947 non venne ratificato dall'Assemblea costituente, , per un altro verso, inaccettabile in quanto trae da tale fatto una conseguenza esorbitante, ai fini della soluzione del caso di specie. Esso presuppone che l'art. 23 del decreto, disponendo che lo stato giuridico, 11 trattamento economico e la dotazione organica dell'Istituto Poligrafico dello Stato e dell'Officina carte valori sono stabiliti con distinti regolamenti organici, deliberati dal Consiglio cli amministrazione ed approvati dal Ministro per il tesoro , attribuisse all'Ente un potere regolamentare che altrimenti non gli sarebbe spettato. Invero, le persone giuridiche pubbliche hanno come loro fondamentale prerogativa il potere autonomo di organizzazione, comprendente quello di disciplinare con regolamenti il proprio personale (cos, fra le tante, Cons. Stato Sez. VI, 26 settembre 1975, n. 386); e tale. prerogativa propria anche degli enti pubblici economici, i quali fanno pur sempre parte dell'amministrazione pubblica, ancorch siano tenuti a conformarsi nei rapporti col personale, non alle regole di tale amministrazione, ma a que11e contenute nella disciplina legislativa e collettiva del lavoro privato (art. 209 cod. civ.). Quindi nel cit. art. 23 da ravvisare una regola di esercizio, piuttosto che di attribuzione, del potere regolamentare, con l'ulteriore conseguenza (opposta, come ha opportunamente sottolineato la Corte d'appello, a quella propugnata dal Gabellini) che la sua caduca2ione certamente non ha privato di base giuridica i provvedimenti in contestazione, ma pu averne eliminato una condizione di efficacia (il punto, implicante un'indagine sulle norme di varia natura, preesistenti al decreto del 1947, non pu essere risolto ora, non formando oggetto del motivo di ricorso). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 538 Con il secondo ed ultimo motivo, il ricorrente ascrive a1la Corte d'appello violazione e falsa applicazione dell'art. 429 ultimo comma, cod. proc. civ. e 150 delle relative disposizioni di attuazione (entrambi nel nuovo testo formulato con la legge 11 agosto 1973, n. 533), per aver respinto la richiesta di rivalutazione monetaria dei suoi crediti aventi ad oggetto le retribuzioni dovute durante il periodo di comporto ed il risarcimento del danno provocato dall'omessa contribuzione previdenziale. Neppure questa doglianza ha fondamento. ovvio che non esiste pi alcun problema di rivalutazione in relazione a quanto si fa dipendere dalla protrazione del rapporto di lavoro, posto che l'esito del primo motivo ha reso incontestabile il rigetto della pretesa del c.d. periodo di comporto. Ma la rivalutazione, cos come viene richiesta, ossia in base all'indice dei prez:z;i calcolato dall'I.S.T.A.T. per la scala mobile dei lavortori dell'industria, secondo il procedimento previsto dai sopra citati articoli del codice di rito, non consentita neanche per la differenza fra le rate di pensione riscosse e quelle dovute, che pure attiene ad un debito di valoi;e poich proprio in quanto trattasi di credito per risarcimento di danno cosa ben diversa dai crediti di lavoro esclusivamente ai quali ha riguardo !',art. 429 terzo comma cod. proc. civ. N quest'ultimo susettibile di applicazione analogica atteso il suo carattere speciale (art. 14 .disp. prelim. al cod. civ.) che gli deriva dall'aver trasformato in debito di valore uno specifico debito di ~aiuta e dall'averne predisposto un :apposito sistema di liquidazione automatica (giurisprudenza costante della Sezione del lavoro, peraltro formatasi in relazione al caso, diverso da quello in esame, di ritardo nel pagamento della pensione frapposto dall'Ente assicuratore). SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA* CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 23 giugno 1981, n. 304 -Pres. Daniele, Est. Noccelli -Ministero pubblica ist.ruzione ed altro (avv. Stato Vittoria) c. Pipoli (avv. Toschez e Lorussi). Appello avverso T.A.R. Puglia, Bari, 10 maggio 1978, n. 398. Istruzione e scuole Esami di maturit Giudizio finale . Discrezionalit tecnica Sindacato giurisdizionale Limiti. Istl"U2Jione e scuole Esami di maturit Giudizio finale Discrezionalit tecnica Natura. Il giudizio demandato dalla legge alla Commissione per l'esame di maturit implica una tipica valutazione di merito, come tale non sindacabile in sede di giudizio di legittimit (1). La valutazione di merito propria del giudizio della Commissione per l'esame di maturit non comporta un c.d. apprezzamento discrezionale, e cio una scelta tra i contrapposti interessi pubblici e privati al fine di individuare quello che deve ritenersi prevalente secondo un ordine di priorit gi stabilito dall'ordinamento, ma implica l'individuazione, in capo al singolo candidato, di un giudizio che si concreta in una misura di valore (2). * alla redazione delle massime e delle note di questa Sezione ha collaborato l'avv. LUIGI M~RUOTTI. (1-2) Giurisprudenza costante: per tutte, v. VI Sez., 6 marzo 1979, n. 130; VI Sez., 19 ottobre 1979, n. 702; VI Sez., 9 giugno 1978, n. 731, in Consiglio di Stato, rispettivamente, 1979, I, 402; 1979, I, 1418; 1978, I, 1181. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 14 luglio 1981, n. 582 -Pres. Imperatrice, Est. Noccelli -Ditta G. e R. Liscio (avv. Giuliani) c. Prefetto di Potenza ed altro (avv. Stato Ferri) ed A.N.A.S. (n.c.). Appello avverso decisione T.A.R. Basilicata, 30 marzo 1978, n. 67. Giustizia amministrativa Ricorso giurisdimona:le Motivi Motivi agg. funti Facolt del difensore mumto di mandato speciale a ricor rere Ammissibilit. Espropriazione per pubblica utilit Espropriazione . Dichiarazione di pubblica utilit Decadenza Rinnovazione Norme applicabili Rapporti tra L. n. 2359 del 1865 e L. n. 865 del 1971. Qualora al difensore sia stata conferita la procura speciale da parte del ricorrente per l'attivit da svolgere nell'ambito del processo instaurato RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO col ricorso, il difensore stesso pu proporre motivi aggiunti, senza che vi sia bisogno della rinnovazione della procura o della espressa sottoscrizione dei motivi stessi da parte del ricorrente (1). Nelle procedure espropriative di competenza statale disciplinate dalla legge n. 2359 del 1865, l'intervenuta decadenza della dichiarazione di pubblica utilit di un'opera non comporta che, successivamente alla rinnovazione della dichiarazione di p.u., trovino applicazione le norme previste nel titolo II della sopravvenuta L. 22 ottobre 1971, n. 865, dal momento che tali norme attengono ad un procedimento espropriativo di carattere generale, previsto per le sole opere di interesse regionale e subregionale (2). (1) Cfr. IV Sez., 18 ottobre 1967, n. 494 (in Il Consiglio di Stato 1967, I, 1773). Tale decisione ha mutato il precedente indirizzo giurisprudenziale, secondo cui l'atto contenente motivi aggiunti richiedeva La sottoscrizione oltre che dell'avvocato, anche della parte ricorrente, qualora il difensore non risultasse munito di mandato speciale. (Per tutte, v. Ad. PI. ,12 gennaio 1954, n. 1, ivi, 1954, I, 1). (2) Cfr. Ad. Plen. 19 gennaio .1979, n. 1, ivi, 1979, I, 1. CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 22 maggio 1981, n. 225 -Pres. Daniele, Est. Trotta -Ministero lavori pubblici ed altiro (avv. Stato Mataloni) c. Martuscelli ed altri (avv. Sorrentino). Appello avverso decisione T.A.R. Lazio, I Sez. 21 maggio 1980, n. 552. Giustizia amministrativa -Appello -Rappresentanza e difesa della P.A. Avvocatura dello Stato -Mandato -Non occorre. - Giurisdizione civile -Impiego pubblico e privato -Collaudi pubbliche -Giurisdizione -Commisurazione del compenso professionali -Non rileva ai fini della giurisdizione. di opere a tariffe Impiego pubblico -Stipendi, assegni e Dirigenti statali -Art. 50 D.P.R. n. cazione. indennit -Omnicomprensivit 748 del 1972 -Ambito di appli Impiego pubblico -Stipendi, assegni e indennit Omnicomprensivit - Dirigenti del Ministero lavori pubblici Compensi per collaudi opere pubbliche Natura Spettanza -Sussiste. Impiego pubblico Stipendi, assegni e indennit Dirigenti statali -Collaudo opere pubbliche . commisurazione -Effetti e limiti. -Omnicomprensivit . Compenso -Criteri di All'Avvocatura dello Stato conferito direttamente dalla legge il potere di esercitare ogni atto del proprio ministero e, in particolare, di appellare le sentenze dei tribunali amministrativi regionali, senza che vi sia la necessit di un espresso mandato dell'Amministrazione rappresentata. Pertanto irrilevante in sede giurisdizionale un eventuale contrasto tra ,.. ;:: fi \.: ~: ~~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 541 la determinazione adottata dell'Avvocatura dello Stato e quella adottata .dall'Amministrazione in ordine ad una determinata controversia, dovendo il Giudice ritenere che la volont dell'Amministrazione si presuma coincidente con la rappresentanza processuale affidata alla cura dell'Avvocatura dello Stato (1). Le controversie relative alla liquidazione di compensi, nella specie negati, per collaudi di opere pubbliche effettuati da funzionari statali in attivit di servizio, anche se la misura del compenso debba aver luogo a norma delle tariffe professionali, appartengono alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (2). Il principio di omnicomprensivit del trattamento economico, previsto per i dirigenti statali nell'art. 50 del D.P.R. 30 giugno 1972, n. 748, trova applicazione allorquando le attivit prestate siano rese in virt del rapporto di impiego o in connessione con la carica o in rappresentanza dell'Amministrazione; qualora, invece, manchi tale presupposto per l'applicabilit della norma, dovranno essere autonomamente retribuite tutte le prestazioni rese su speciali incarichi, e ci in forza del principio generale della remunerabilit di ogni prestazione (3). Poich le operazioni di collaudo di opere pubbliche, in base all'articolo unico del D.L.vo 6 marzo 1948, n. 341, convertito nella L. 24 dicembre 1951, n. 1585, possono essere affidate anche a funzionari di ruolo a riposo dell'Amministrazione dei lavori pubblici o di altre Amministrazioni dello Stato, purch provvisti di laurea in ingegneria, lo svolgimento di tali operazioni pu considerarsi non rientrante tra i compiti dell'ufficio ricoperto dal funzionario incaricato, mancando la connessione tra le funzioni e la qualifica (connessione che costituisce il presupposto dell'applicazione del principio di omnicomprensivit del trattamento economico), con la conseguenza che deve essere conosciuto il diritto al compenso, ogniqualvolta sussistano l'affidamento formale dell'incarico e la successiva accettazione del funzionario, accettazione che pu aver luogo anche con l'effettivo espletamento delle operazioni di collaudo (4). In assenza di una espressa previsione normativa, la commisurazione del compenso dovuto ai dirigenti statali, che siano iscritti nell'albo degli ingegneri, per il collaudo di opere pubbliche pu e deve essere determinata in base alle tariffe professionali. (1) Cfr. Sez. IV, 13 maggio 1980, n. 533, in Consiglio di Stato, 1980, I, 664. (2-4) Giurisprudenza pacifica. Per tutte cfr. Sez. IV, 9 novembre 1979, n. 967; Sez. IV, 24 aprile 1979, n. 292; Sez. IV, 11 dicembre '1979, n . .1142; Sez. IV, 25 aprile 1979, n. 290; Sez. IV, 6 febbraio 1979, n. 76; rispettivamente in Il Consiglio di Stato, 1979, I, 1550; 1975, I, 534; 1979, I, 1776; 1979, I, 534; 1979, I, 133. SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 8 settembre 1980, n. 5161 -Pres. Sposato Est. Sensale -P. M. Gazzara (conf.) Soc. Fiorella (avv. Micheli) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Rossi). Tributi in genere -Contenzioso tributario -Decisione della collUllissione Imposta sulle societ -Rinvio a:ll'ufficio per la liquidazione -Legittimit. (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 35; T.U. 29 gennaio 1945; n. 645, art. 150)1. Legittimamente la Commissione Tributaria che ha determinato il reddito dell'imposta sulle societ in relazione a quello stabilito per l'imposta di ricchezza mobile rinvia all'Ufficio la mera operazione amministrativa di liquidazione del tributo (1). (Omissis) Con il primo motivo la ricmrente, denunziando la violazione e falsa applicazione dell'art. 150 del t.u. delJe imposte dirette 29 gennaio 1958, n. 645, censura l'impugnata decisione per avere ritenuto legittimo l'operato della Commissione di secondo grado, che aveva rinviato all'ufficio gli atti relativi alla riliquidazione dell'imposta sulle societ in base alla decsiione adottata dalla stessa commissione per lo stesso periodo di imposta relativamente aiJ. tributo di r.m. La ricorrente lamenta in parrticolare che la Commissione tributaria centmle sia giunta a rtale pronunzia violando l'art. 150 del t.u., applicando l'abrogato art. 31 della ~egge n. 1516 del 1937 e non l'art. 35 del d.P.R. n. 636 del 1972, mentre avrebbe dovuto (1) Osservazioni sul rapporto tra la pronunzia del giudice tributario e l'atto amministrativo di esecuzione. Della decisione sicuramente esatta non soddisfa la motivazione. Il problema generale del contenuto della pronuncia della commissione (ed anche del giudice ordinario) e della possibilit di una conseguenziale attiVii.t dell'ufficio per la determinazione in moneta dell'obbligazione di notevole rilievo. Non giova a:lla soluzione adottata il richiamo all'art. 150 del T.U. delle imposte dirette il quale prevede semplicemente che sulla base dello stesso accertamento (della base imponibile) dell'imposta di ricchezza mobile e sui fabbricati, l'ufficio deve provvedere a notificare al contribuente la liquidazione dell'imposta. Ci significa che l'automatica efficacia dell'accertamento stabilita nel primo comma dell'art. 150 non consente tuttavia di iscrivere a ruolo l'imposta sulle societ senza una preventiva notifica della liquidazione dell'imposta. Ma la norma riferita alla fase amministrativa (e certo non si dubita che l'uffici' PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 543 essa Commissione .rideterminare l'imposta sulle societ in base al reddito accertato ai fini dell'imposta di r.m. La censura infondata. L'art. 150, 2 comma, del t.u. 645/58 sancisce che l'accertamento dei redditi soggettivi all'imposta di r.m. spiega automatica efficacia ai fini dell'imposta sulle societ e al terzo comma demanda in ogni caso all'ufficio di notificare al contribuente la liquida:llione de1l'imposta fatva in dipendenza del comma precedente. La Commissione di secondo grado fece puntuale applicazione di tale norma (che, avendo natura sosrtanziale, norma ancora vigente per le situazioni sorte sotto .id suo vigore), in conseguenza de!Ja rettifica, operata con altra decisione, del reddito tassabile ai fini dell'imposta di r.m. accertato a suo tempo dall'Ufficio e tenuto a base per 1a liquidazione dell'imposta sulle societ, rimettendo all'Ufficio l'adempimento di una operazione tipicamente amministrativa, qual' quella della determinazione in ccmcveto dell'timposta nei suoi termini quantitativi in relazione all'accertamento del presupposto dell'imposta stessa; e ~egittimamente la Commissione tributaria centrale ha confermato tale decisione. Non vertendosi in tema d'integra2lione dell'accertamento, per H quale possa sorgere il problema se il relativo potere debba essere esercitato direttamente dalle Commissioni tributarie o se queste abbiano rla facolt di rimetterlo all'Ufficio delle imposte, non pu ritenersi che nel caso si sia possa notificare la liquidazione o magari anche l'accertamento) e nulla se ne pu ricavare per delimitare il potere della commissione. Ancor meno pertinente l'art. 35 del d.P.R. n. 636/1972 che riguarda soltanto l'istruttoria. La soluzione va diversamente impostata e pu essere unitaria per tutte le pronunce sui rapporti tributairi. . Sulla premessa che il processo tributario, sia quello del giudice ordinario che quello delle commissioni, di accertamento del rapporto e che di conseguenza oggetto del processo la determinazione degli effetti che .l'avveramento del presupposto produce nell'amhito della norma impositiva (su queste fondamentali premesse da ultimo si sono pronunziate le Sezioni Unite .con la sentenza 5 marzo 1980, n. 1471, retro, 345); la pronunzia, che non deve verificare al fine di eventuale annullamento la perfezione dell'atto di accertamento, deve soltanto stabilire, ovviamente in relazione alla domanda proposta, se si o meno prodotto uneffetto. Ma per antica tradizione di legge e anche .di prassi, la sentenza, che peraltro non costituisce il titolo della riscossione o del rimborso, non contiene la liquidazione dell'imposta, bens solo quegli elementi in base ai quali la liquidazione possa essere eseguita con una semplice operazione aritmetica. Ma questa operazione che di routine per l'ufficio, invece assai difficoltosa per il giudice sia per difetto di praticit (certamente sarebbero poche le commissioni capaci di liquidare in tutte le v11rie voci, ad es., un'im posta di successione e con essa l'imposta globale, la imposta di trascrizione i diritti catastali, i diritti fissi, gli interessi ecc.), sia per difetto di informazione su fatti verificatisi in pendenza di giudizio (pagamenti parziali ecc.), RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 544 erroneamente fatta applicazione di una norma abrogata dal nuovo contenzioso tributario e cio dell'art. 31 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, secondo il quale J:a Commissione (distrettuale) che intendesse avvalersi della facolt di accertare o di aumentare i redditi, doveva notificare fa p~oposta al contribuente a mezzo dell'ufficio delle imposte. N all'operato della Commissione di secondo grado era di ostacolo ia norma di cui all'art. 35 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, applicabile nel caso in virt della norma tmnsitoria contenuta nell'axt. 43 dello stesso decreto, che concede alle commissioni di primo grado e di secondo grado tutte le fiacolt di accesso, di richiesta di dati e d'informazioni e consente a tali commissioni di demandare agili Uffici il compimento di quelle attivit. vero che la norma citata si Tiferisce soltanto alle attiv,it istruttorie, escludendo implicitamente d:a1la facolt di delega attivit che non siano tali: ma quest'implicita esclusione, se pu valern (ed fil ci la sua reale portata) per le attivit processuali e comunque peT quelle attivit che sono manifestazione dell'esea.-ci:llio di un potere giurisdizionale istituzionaimente attribuito alle Commissioni tributarie, non niguwda l'espletamento di una attivit squisitamente amministrativa propria dell'ufficio impositore, qual' quella della liquidazione delJ.'imposta in base ad un presupposto non contestato o accertato giudizialmente: presupposto che, nel caso, era la determinazione del reddito di r.m., che, per l'automatica efficacia che spiega ma soprattutto perch la controversia non sempre e non necessariamente investe l'intera obbligazione. Nelle dmposte indirette, in conseguenza della struttura del procedimento amministrativo, il ricorso, occasionato da atti diversd che inter vengono in tempi diversi, riguarder o soltanto la determina2fone della base imponibile, o soltanto il criterio di liquidazione dell'imposta, ovvero altre ancor pi 'limitate quesrtioni; nessuna delle decisioni che cadono su un elemento sol tanto dell'obbligazione potrebbe liquidare l'imposta. Nelle imposte dirette la con testazione cade solitamente su qualcuno soltanto deg1i elementi positivi o nega tivi del reddito o su una deduzione o una detrazione; dalla decisione della limitata controversia per arrivare alla liquidazione dell'imposta occorrerebbe ri mettere in gioco tante altre voci dell'accertamento che non sono oggetto del giudizio in ordine alle qua1i perfino dubbio che il giudice possa pronunziarsi. La pronunzia del giudice si limita quindi a dichiarare quali sono gli effetti (controversi) che si sono prodotti ed a stabilire i criteri che, eventualmente componendosi con altri elementi non controversi o che sono stati oggetto di una diversa pronunzia, vanno seguiti per procedere alla completa liquidazione del tributo e degli accessori. Spetter all'ufficio, che dopo la decisione torna ad essere il soggetto inve stito di autorit amministrativa, dare attuazione concreta al giudicato attraverso un atto di ottemperanza che conterr la espressione in moneta della obbligazione e degli accessori e che costituir il titolo per la riscossione, ovvero per il rim borso (v. la menzionata sentenza 5 marzo 1981, n. 1471). Questo non significa che il giudice abdica alla sua potest o che l'ufficio usurpa le funzioni giurisdizionali. Quel che mera attuazione burocratica del giudicato pu ben essere lasciata all'ufficio tributario. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 545 ai fini dell'imposta sulle societ, costituiva l'antecedente necessario di tale tributo che l'Ufficio dov.e~a tenere presente nell'esercizio del potere amministrativo ad esso espressamente attribuito dal 3 comma dell'art. 150 del t.u. 645/58. Con il secondo motivo la rkorrente denunzia la violazione dell'art. 145 in rdazione all'art. 8 del t.u. 645/58 ed 11 vizio di omessa motivazione, censurando la decisione impugnava per avere -Ia Commissione tributaria oentrale -motivato per relationem ad alta:a decisione della stessa Commissione, che aveva attenuato in tema di accertamento de1l'imponibile ai fin.i dell'imposta di r.m., togliendo, in tal modo, alla parte soccombente la possibilit d'impugnare la decisione per i motiv1i desumibili dalla decisione di riferimento. La ricorrente ripropone, quindi, le questioni relative all'accertamento dell'imponibile di r.m. e chiede sospendersi il giudizio, ai sensi deM'art. 337 c.p.c., in attesa della decisione su tale imponibile. La censura si a;rtioola in una duplice direttrice, una relativa a1 difetto di motiivaziooe, svolta per relationem a quella de11a decisione in tema di imponibile di r.m.; e l'altra diretta a riproporre le questioni di merito svolte nel giudizio relativo a detto imponibile; essa sotto entrambi i profili Naturalmente la decisione potr, a seconda dell'oggetto della impugnazione, spingersi pi o meno avanti nella specificazione degli elementi dell'obbligazione conseguenziali alla risoluzione della controversia (la casistica dei possibili schemi dii decisione ililmirta!tia), .La!sciando ahl'ufficio per i provv:ecLicrnentli conseguenziailii. uno spazio pi o meno esteso. Ma non sembra che possa concretamente sollevarsi il timore che la decisione giurisdizionale rischi una mutilazione in sede di esecuzione da parte dell'Amministrazione. Del resto il provvedimento che l'Amministrazione emetter per dare attua zione concreta al giudicato sar pur sempre un atto, in senso lato, di accerta mento (avviso di liquidazione, ingiunzione, ruolo, provvedimento di rimborso), a sua volta impugnabile ex art. 16 d.P.R. n. 636/1972 (per la definizione dell'atto impugnab11e come accertamento fa senso ampio V. 25 novembre !1980, n. 6262 in questo fascicolo pag. 579). La puntualizzazione che precede rilevante per uno dei problemi di grande attualit del contenzioso tributario, ossia per la caratterizzazione del giudizio della commissione centrale come giudizio di merito, cosa che ha destato sospetti di legittimit costituzionale. Oggi indubbiamente la commissione centrale emette una pronunzia definitiva (di merito) senza rinvio, in tutti i casi fo cui non debba essere ripetuto il giudizio di valutazione estimativa (art. 29), a differenza, si afferma, di quanto avveniva prima della riforma ove era normale l'annullamento con rinvio (art. 48 r.d. 8 luglio 1937, n. 115'16). Con la riforma i poteri della Commissione centrale risulterebbero ampliati con una evoluzione verso un giu dizio di merito, ma ci sarebbe in contrasto con la norma di delega che aveva delineato il nicorso alla Commissione centrale come una impugnazione per soli motivi di legittimit. :B questo uno dei profili della complessa questione della impugnazione di terzo grado e delta sua legittimit costituzionale (sull'argomento v. C. BAFILE, Oservazioni sul giudizio di terzo grado; ID., Nuove prospettive per il giudizio di terzo grado? in questa Rassegna, 1977, I, 874; 1981, I, 109); essa si fonda su una RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO infondata. Il primo stato oggetto di esame e di decisione da parte di questa Corte con ile decisioni n. 1455 del 1966 e, recentemente, n. 1209 del 1980, con le quali stato espressamente ,r.iconosciuto sufficiente, ne1la motivazione delle decisioni delle commissioni trr-ibutarie relative all'imposta sulle societ, il 1richiamo alla parallela decisione, emessa il.o stesso giorno in ordine ahl'ammontare del reddito mobiliare cui veniva ad essere collegata per legge l'imposta. Con la seconda delle decisioni anzidette si precisato che, quando l'accertamento dei redditi soggetti all'imposta di r.m. spiega 1automatica efficacia ai fini dell'imposta sulle societ ai sensi e sotto il vigore degli art. 148 e 150 del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, la Commissione tributaria, che s1a investita con separati ricorsi contro i due accertamenti, ha l'obbligo di sospende11e 1a controversia relativa alla seconda imposta, in attesa della defini2iione di quella sulla prima, solo quando esse vengono portate separatamente 1alla cognizione di diverse sezioni, ovvero si trovino in stati diversi d'istruzione e trattazione, mentre, quando giungano alla stessa sezione ne11a medesima seduta, ,le controversfo medesime possono essere definite entrambe, con motivazione della decisione sull'imposta sulle societ per relationem, alla stregua dei principi affermati in tema d'imposta di r.m. ed in applicazione di detta automatica efficacia. errata .premessa: per l'appunto sulla asserita diversit tra la anteriore e la attuale struttura della pronuncia della Commissione centrale sul punto della statuizione definitiva o con rinvio. Nel menzionato art. 48 del r.d. n. 1516, il rinvio non considerato (come nel giudizio di cassazione) una conseguenza ineluttabile della sentenza di accoglimento (quando la Commissione centrale rinvii...), anche se la norma totalmente muta 1suM:a individuazione delle !ipotesi in cui fil rinvio necessario. Ma nella realt e nell'esperienza di molti decenni le decisioni di rinvio sono sempre state poche rispetto al numero delle decisioni di accoglimento. E questo si spiega per l'appunto con la possibilit di rimettere all'ufficio i provvedimenti consecutivi ed attuativi. La decisione della commissione non era e non una pronun:cia che contiene tutta :i!Iltera iJ:a regolamentazione del rapporto, come tale eseguibile; essa necessita di un ulteriore atto di specificazione degli effetti, ma questo atto non mai consistito in una decisione del giudice di rinvio. La dichiarazione del rapporto d'imposta, anche se non espressa in tutti i suoi dettagli, pur sempre una pronunzia di merito; tale sempre stata ed , sia la decisione della Commissione centrale sia la sentenza del giudice ordinario. Sarebbe gravosissimo pretendere dalla Commissione centrale di pronunciare su tutti i dettagli della liquidazione della imposta e dei suoi accessori (e non meno difficoltoso lo sarebbe per la Corte d'appello); e sarebbe anche pericoloso far svolgere questa attivit dal giudice di terzo grado, attesa la molto alta possibilit di banale errore e la gravosit dell'impugnazione. Sul terreno pratico-organizzativo veramente salutare la concezione del processo in modo da non appesantirlo con attivit ad un tempo misere e tecni cistiche (e questo vale anche per le commissioni di primo e secondo grado e fil 11 I I PARTE 1, SEZ. Vl, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 547 Dato, poi, l'automatismo dell'efficacia della decisione !l'elativa all'imponibile soggetto al tributo mobiliare su quella concernente la imposta sulle societ e dato il contenuto dehla 'impugnata decisione, confermativa della decisione della Commissione di secondo grado di rinvio all'Ufficio della liquidazione dell'imposta sulle societ, non v' ragione di riproporre in questa sede le quesHoni Telative alla determinazione del reddito di r.m., di cui J'ufficio dovr necesS'ariamente tener conto, nella misura definitiva di esso, al fine di liquidare l'imposta sulle societ; n pu porsi un problema di sospensione del processo ai sensi dell'art. 337 c.p.c. proprio perch alla liquidazione dell'imposta sulle societ non ha provveduto la Commissione tributaria (omissis). per il giudice ordinario), s che non sarebbe ragionevole una tendenza che in nome di un malinteso garantismo portasse a sopraccaricare il processo tributario. Ma indipendentemente da questa pur rilevante considerazione, bene si giustifica la limitazione del contenuto della pronunzia giurisdizionale sia con la ineliminabile connessione che il processo tributario ha con il procedimento amministrativo che lo deve precedere e seguire, sia con la natura della pronunzia giurisdizionale che non costituisce il titolo della riscossione e non pu mai eliminare la necessit di un atto dell'amministrazione attuativo del gudicato, sia infine con la fondamentale natura dichiarativa di accertamento del processo tributario rivolto a verificare la sussistenza sostanziale del rapporto di imposta indipendentemente dagli atti del procedimento amministrativo che non vengono n annullati n sostituiti con la pronunzia giurisdizionale. CARLO BAFILE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 2 ottobre 1980, n. 5343 -Pres. Mirabelli Est. Lipari -P. M. Caristo (conq. Ministero deHe Finanze (avv. Stato D'Avanzo) c. Uliscia. Tributi in genere Prescrizione Interessi -Atti mterruttivi del . credito d'imposta Estensione agJ. interessi -Esclusione. Gli interessi sui tributi costituiscono una obbligazione autonoma, soggetta a prescrizione quinquennale, sulla quale non si riflettono gli effetti degli atti interruttivi della prescrizione del credito di imposta (1). (omissis) 1. Si tratta di stabilire se le cause di interruzione della prescrizione riguardanti il tributo indiretto si estendano automaticamente al debito accessorio riguardante gli interessi. E pi specifioamente di verificare se un principio generale desumibile in tal S'enso ~i app1ichi anche nella i~tesi di credito tributario per imposta (1) Era stato ripetutamente affermato sia che gli atti che interrompono la prescrizione del credito di imposta producono effetto sulla distinta obbligazione di interessi (19 novembre 1979, n. 6034, in Riv. Leg. Fisc., 1980, 92) sia che il corso della prescrizione degli interessi non inizia prima che sia accertato defin 548 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO supplettiva, cui acceda l'obbligazione di interessi fondati sud~a previsione specifica della Legge n. 29 del 1961. Secondo la Commissione tributaria centrale, stante l'autonomia della obbligazione di :imposta e di quella per interessi, l'interruzione della prescrizione operata rispetto alla prima non si estende automaticamente alla seconda. Secondo l'Amministrnzione finanziaria -invece -l'autonomia, che si riflette nella differenziazione di disciplina gi.ridica, non vale a cancellare il carattere della accessoriet che postu~a un collegamento fra l'una e l'altra obbligazione, riflettentesi necessariamente nel campo della prescrizione e della sua interruzione. Viene, pertanto, denunciata, con l'unico motivo del ricorso, i.a violazione. degli artt. 2935 e 2945 cod. civ. e degli artt. 1, 2, 3, 4 ,e 5 della L. 26 gennaio 1961, n. 29, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. L'accessoriet, si sostiene, determina un nesso indissolubile fra obbligazione principale ed obbiigazione degli mteressi, e tale coHegamento, desumibile dai principi, assume rilievo di d!ritto pos!tivo per effetto del1a specifica regolamentazione dettata dalla Jegge n. 29 del 1961, fa quale stabilisce che gli interessi sulle somme dovute all'erario per tasse ed imposte indirette sugili affari (art. 1), nonch sulle somme indebitamente corrisposte a titolo di tributo, si computano e sono dovuti solo alla fine del procedi-. mento di accertamento riguavdante l'obbligazione principale Telativa alla imposta. Ed, invero, si soggiunge, fino al1a definizione dell'accertamento non si stabilita, in modo certo e non pi modificabHe, la misuro de1l'imposta che costituisce la base per il calcolo, e quindi per la commisl!Jl'azione dei rispettivi interessi. Di conseguenza, la notificazione dell'mgiun2lione fiscale relativa al pagamento dell'imposta interrompe necessariamente anche la prescrizione relativa agli interessi; e se vi stata opposizione aill'ingii.unzione la iinterrurione perdura finch il relativo giudizio non sia definito con giudicato, poich la pendenza del giudizio su1l'esistenza del credito rende il diritto agli interessi incerto e non esigibhle. L'ampiezza degli effetti dell'atto interruttivo, che si estende all'Jntero rapporto tributario, incidendo fino alla definizione della controversia, sull'ammontare dei relativ;i interessi, porta, secondo ,l'Amministrazione nicortivamente il credito di imposta (5 gennaio 1972, n. 20, in questa Rassegna, 1972, I, 281). Le affermazioni della sentenza ora intervenuta non sono invero persuasive: l'autonomia non impedisce che la contestazione dell'unico fatto che nell'ambito della legge fa sorgere l'obbligazione sia rilevante tanto per l'obbligazione tributaria che per i suoi accessori. Se poi tutto il problema si risolve con l'inclusione negli atti dell'Amministrazione di una formula di stile (oltre interessi a norma di legge o simile) tutto il costrutto risulta eccessivamente formalistico. !i 1: li f: !! PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA rente, ad estendere anche 1rispetto a questi ultimi l'operativit dell'interruzione. 2. Osserva :il Collegio che la giurisprudenza del S.C. appa-re non univoca sul punto. Sembra peraltro corretta la sol~ione che porta a mantenere indipendenti fa prescrizione del credito principale da quella del credito di interessi maturati (in tal senso l'orientamento giurisprudenziale si venuto consolidando) e correlativamente ad escludere che finterruzione relativa alla prescrizione per il credito prinoipaile si comunichi al credito di interessi. Per una corretta impostazione deHa questione occorre prendere le mosse dalla puntualizzazione del carattere de!J'accessoriet, che viene costantemente indicato come essenziale connotato deUa obbldgazione di interessi. Gli interessi, secondo correnti definizioni, sono queHe prestazioni acoessorie, omogenee rispetto alla prestazione principale, che si aggiungono ad essa per effetto del decorso del tempo, e che sono commisurate ad una aliquota della stessa. La decorrenza degli interessi inizia con il sorgere della obbligazione principale e cessa con l'estinzione di questa. L'accessoriet sta a significare il collegamento generico con l'obbligazione principale; ma, una volta maturati, in funzione di tale collegamento gli interessi stessi costituiscono una obbligazione autonoma, le cui vicende sono indipendenti da quella della obbligazione principale e possono formare oggetto di separati atti giuridici. L'estensione del principio dell'.accessoriet, che riflette solo il venire in essere degli interessi in dipendenza di una obbligazione principale (sicch l'estinzione di questa necessariamente comporta hl venir meno per il futuro degli interessi stessi, che in tanto erano dovuti in quanto tale obbHgazione si protraeva nel tempo) ag1i interessi gi maturati, che sono oggetto di una obbligazione autonoma, ha portato ad estendere il parallelismo della vicenda bligazione gi sorta, donde la possibilit di dissodare il regime giuridico dell'obbligazione principal da quello della obbligazione di interessi, quando non venga in considerazione detto nesso. E taJ.e dissoci.azione si manifesta in campo civilistico nella prnvisione di distinti termini presc-rizionaJ.i per obbligazione principale e per debito di interessi. 552 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Ne consegue che, intesa l'accessoriet in senso 1limitativamente genetico, il collegamento frn interessi e sorte si riflette solo sulle vicende attinenti al venir in essere deLla c.d. obb1igazione accessonia e non spiega pi alcuna giuridica rilevanza quando non sd tratta di rifarsi a quel vincolo, ma vengono 'in considerazione le vicende successive che attengono a:l regime giuridico del credito di interessi (gi maturati). n 'legislatore, 4nvero, ha positivamente disatteso il criterio di parallelismo simmetrico, contrapponendo ad una moltep1icit di terminl prescrizionali per i singoli diritti considerati ~'unicit di quello specificamente attinente alla obbligazione di interessi, ,considerando l'obbliga2lione relativa al pagamento degli interessi (gi maturati) come categoria a s, cui si applica un termine prescrizionale del tutto indipendente quanto a durata ed unico qualunque sia fa natura del credito principale. Dal sistema generale della prescrizione si ricava, pertanto, il principio dello sganciamento del termine prescrizionale unico quinquennale ex art. 2948 n. 4 cod. civ. sia da quello ordinario, sia da quello riguardante le prescrizioni brevi e presuntive. Ci significa che tende:n:llialmente 1a natura giuridica del credito non influisce sulla durata del termine prescrJzionale dei relativi interess, i, e che le vicende della obbligazione relative ad 1interessi gi sorH, a:lla stregua dell'evidenziato nesso di accessoriet genetica, sono del tutto indipendenti da quella della obbligazione principale, il cui prescriversi non importa di per s la correlativa. prescnizione del diritto agli interessi (gi maturati) e Ja cui interruzione del pari non si riflette automaticamente ed ope legis sul relativo termine prescrizionale. La contraria tesi dell'amministra;z;ione, che postula 1a coesistenza di autonomia (riflessa nell'orientamento giurisprudenziale in tema di termini prescrizionali) e di accessoriet (che manterrebbe l'indissolubile nesso relativamente all'estensione dell'atto interiruttivo), si fonda su due ordini di argomentazioni: si richiama cio da un fato alla disciplina speciale della legge n. 29 del 1961, che detterebbe la regola del computo degli interessi sv,incolandoli dalla regola dell'art. 2948 cod. civ. e si sostiene d'altro lato che rispetto ad un oredito contestato nel suo ammontare la pretesa di interessi non sarebbe ancora esigibile sicch ex art. 2935 cod. civ. Ja prescrizione non potrebbe nemmeno cominciare a decorrere. 4. Ta1i argomenti non possono essere condivisi. Non sembra al Collegio che la speciale disciplina degli interessi moratoni ex lege n. 29 del 1961 sposti i termini del problema. Anteriormente all'entrata in vigore della legge n. 20 del 1961, che ha dettato disposizioni di carattere generale in tema di interessi moratori per debiti di imposte indirette sui trasferimenti di ricchezza, per la disciplina relativa doveva farsi ricorso alle norme del codice civile. In. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA base alla legge n. 29 del 1961 e 147 del 1962 si stabilito che i! contribuente deve corrispondere gli interessi non gi dal momento in cui la. imposta complementare divenuta esigibile, essendo stata liquidata, ma dail momento in cui, con il presupposto dell'obbligazione, sorto il diritto dell'erario a percepire l'imposta nel suo intero ammontare, commisurata al valore venaile dei beni quale risulter dal definitivo accertamento; tale decorrenza retroattiva degli interessi resta, invece, esclusa, ogni qualvolta l'insufficiente dichiarazione possa qualificarsi come fatto non imputabile al contribuente. Questa 'impostazione attiene esclusivamente ,ahl'ipotesi in cui si .richieda una imposta complementare, e non potrebbe comunque applicarsi nel caso dii specie in cui si tratta di imposta suppletiva, in col'.'rezione di un mero e11rore di calcolo, e vengono in considerazione interessi pretesi dal giorno della notifica della . ingiunzione, e non anche per il passaito. Ma nemmeno con riferimento all'iimposta complementare fa diversa soluzione che appare adottata dalla sentenza n. 831 del 1973, e n. 4090 del 1976, pu essere seguita. Il proprium della disciplina introdotta dalla Legge del 1961 stato, a parte la misura del tasso, la possibilit di pretendere gli .interessi retroattivamente, ed indubbio che questa retroattivit incide sul momento genetico della obbligazione facendola discendere da un particolare evento, l'.imputabilit al cont11ibuente della rita["data liquidazione, nel senso che fino a quando taile imputahiilit non sia accertata non possibile stabilire la decorrenza degli interessi medesimi, e quindi il dies a quo della p11escrizione agganciata al momento in cui il dirti.Ho medesimo pu farsi valere. Ma la retroattivit della pretesa non incide sulla adottata impostazione; il nesso fra l'obbligazione per interessi e quella tributaria si presenta invero con le medesime caratteristiche sia che l'evento da cui scaturisce J'obbligo accessorio si collochi in un dato momento temporale, sia che fo si faccia risailfre all'indietro poich nella richiesta dell'imposta complementare non mai .implicita, n nell'uno n nell'aJtro caso, anche la rrkhiesta di interessi. 5. Considerato, quindi, che l'obbligazione relativa agli interessi g1a maturati costituisca una obbligazione pecuniaria autonoma, che trova la sua disciplina prescrizionale nella disposizione dell'art. 2948 n. 4 ~in mancanza di disposizioni speciaili ad hoc dettate dalrla legge tributaria), deve ritenersi che il termine di prescrizione degli 'interessi non si aggancia a quello previsto per il tributo cui detti interessi accedono e che cos come la presorizione del credito pr1ncipale non comporta automaticamente la prescriizione del credito relativo 'agli interessi maturati, l'interruzione della prescrizione riguardante il Ol'edito di imposta non si estende 'al credito per gli interessi indipendentemente da1la fonte deg1i interessi medesimi RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (siano cio essi regolati dalle disposizioni generali sulle obbligazioni pecu niarie, ovvero trovino fondamento in leggi tributarie speciali: nella specie le legg.i n. 29 del 1961 e 147 del 1962). Rrtiene cio -conclusivamente -il Collegio che la posizione giurisprudenziale specifica al tema della interruzione, caratterizzata dalla affermazione di una regola Winterruzione de11a presarizione per pendenza di lite sul credito tributar-io si comunica agli interess,i con conseguente interruzioni e correlativa sospensione del termine quinquennale di cui all'art. 2948, n. 4, e.e. sino ,al passaggio in giudicato della sentenza, trattandosi di prestazione accessoria che segue nella disciplina giuridica la prestazione principale, operando la interruziione rrispetto all'intero rnpporto tributario, comprensivo di sorte ed interessi: Cass. 30/72, 645/73, 2023/73) e dalla introduzione di una eccezione (tuttavia l'interruzione non si comunica quando vengono in considerazione gli !interessi moratori previsti dalle leggi n. 29 del 1961 e !Il. 147 del 1962: Gass. 831/73, 1658/74, 4090/76) debba essere armonizzata e resa coerente con il iriconoscimento della autonomia dell'obbligazione di interessi per quanto attiene all'individuazione del termine di prescrizione fissato nell'art. 2948, n. 4, e.e. (Cass. 687, 686/80, 2414/79, 1884/77, 159/76, 3110/75, 1658/74, 2805/73, 2394/72). Ne consegue che tale autonomia, correlata a11a puntualizzazione in senso genetico del nesso di accessoriet, comporta che l'iinterruzione operata rispetto al debito di imposta non impedisce che la prescrizione continui a decorrere rispetto ai relativi interessi, indipendentemente dalla contestazione riguardante il debito principale (omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 2 ottobre 1980, n. 5349 -Pres. Sandulli Est. Lipari -P. M. Morozzo della Rocca (conf.) -De Laurentis (avv. Castana) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Camerini). Tributi erariali diretti -Accertamento -Motivazione -Imposta complementare Tenore di vita Accertamento sintetico -Legittimit. (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 137). Tributi erariali diretti -Accertamento -Metodo induttivo -Criteri di determinazione Impugnabilit Limiti. Tributi erariali diretti Accertamento -Metodo induttivo -Prova -Presunzioni Caratteri. E non solo legittimo ma obbligatorio per l'uftcio controllare con metodo induttivo l'accertamento al quale si pervenuti con metodo analitico ed allorch fatti indice desumibili da varie fonti, e particolarmente i I 1: I 555 PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA dal tenore di vita, portino a ritenere le risultanze dell'accertamento analitico inadeguate all'effettiva capacit contributiva del soggetto (1). Quando si procede all'accertamento con metodo induttivo si seguono criteri necessariamente empirici ed approssimativi sui quali si opera con un margine ineliminabile di discrezionalit; la determinazione della base imponibile cos ottenuta d luogo ad una questione di estimazione di cui innanzi al giudice di terzo grado pu essere verificata soltanto la congruit della motivazione (2). La prova dei fatti sui quali si basa l'accertamento induttivo si concreta nella presunzione di un reddito superiore a quello risultante dalla determinazione analitica, ma non si tratta di una presunzione in senso tecnico regolata dalle norme civilistiche n per la certezza dei fatti presupposti n per l'esclusione della possibilit di presunzioni di secondo grado (3). (omissis) Le censure che si sono venute diffusamente esponendo non sono fondate. Occorre al riguardo tenere distin1Ji, nei limiti 1istituzionali del giudizio di cassazione, i profili attinenti alla adozione del metodo induttivo da quelli che si riflettono esclusivamente sulla quantificazione del reddito, enuoleando ile doglianze riguardanti la pretesa inadeguatezza della decisione di secondo grado rispetto ai motivi prospettati in quella fase di giudizio (e sulle quali per fa verit non si pi insistito nella memoria e nella discussione orale) dalle censure -1le sole giuridicamente rilevanti -che investono la motivazione della decisione della Commissione centrale. ~1-3) La sentenza non propone novit, ma da segnalare per la sintesi che opera nei molti problemi dell'accertamento ,induttivo. La prima massima molto importante sulla enunciazione del principio (ancora oggi affermato dall'art. 38, quarto comma, d.P.R. n. 600/1973) che' addirittura un dovere dell'Ufficio verificare se il risultato dell'accertamento analitico (che potrebbe essere un dato formalistico o troppo manipolato) corrisponde al reddito attribuibile al soggetto con un apprezzamento sintetico basato su fatti certi (Cass. 18 luglio 1979, n. 4261 dn questa Rassegna, 1979, I, 769; 5 marzo 1979, n. 1363,, in Riv. leg. fisc., 1980, 216). Importante la precisazione della seconda massima: non si pu pretendere di trovare nell'accertamento induttivo la precisione e la sicurezza che solo l'analisi pu dare; non pu essere eliminata una residua discrezionalit (cui corrisponde una valutazione equitativa del giudice) che tipica del giudizio quantitativo. Corollario di ci la non impugnabilit in terzo grado dell'accertamento sinte1li:co se mm per tlJa congruit deHa motivazione (Cass. 9 gennaio 11978, n. 48 in Riv. leg. fisc., 19718, 807; 8 agosto 1919, n. 4576, ivi, 1980, 706). La terza massima, infine, realisticamente riconosce che nel procedere all'acoertamento sriintetico non possono essere osserva1e ile regole probatorie civdJri:stiche, nemmeno 'per ci che concerne ile presunziioilli (Cass. 8 novembre 1973, n. 2922, in questa Rassegna, 1974, I, 237). - 556 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO Sotto il primo profilo della legitnimit del ricorso al metodo di accertamento sintetico adottato dall'Ufficio l'impugnata decisione appare inec cepibile. Esattamente la difesa de11'amministu:iazione osserva che sarebbe dcl tutto assurdo ipotizzare che il contribuente, con d'l 'reddito dichi:aTato nella misura di appena 20 milioni potesse mantenere il tenore di vita evidenziato dai fauti indice minuziosamente elencati nell'iatto di accertamento, e riecheggiati con grande precisione dalla decisione della Commissione centrale. Al riguardo l'a:rt. 137 del D.P.R. del 1958 chiarissimo richiamandosi ail tenore di vita del contribuente o ad altri elementi o circostanze di fatto che fanno presumere un reddito netto superiore a quello risultante dalla determinazione analitica. Nell'interpretare tale norma questa S.C. ha avuto modo di osservia;re che in tema di imposta complementare sul reddito il ricorso al metodo sintetico, indubbiamente obbligatorio ai fini del controllo dell'esattezza del.l'accertamento al quale si 'pervenutLcon il metodo analitico, deve ritenersi legittimo, allorch fatti indice desumibili dalle pi svariate direzioni, e particolarmente dal tenore di vita del contribuente, portino l'ufficio a ritenere che le risultanze emerse attraverso l'adozione del metodo anaJ.itico, si manifestino inadeguate a rivelare l'effettiva capaJCit contri 1 butiva del soggetto (Cass. 219/67, 571/73) poich l'imposta colpisce tale capacit non quale emerge attraverso la tassazione dei singo1i cespiti, ma nella globalit rilevata da elementi ulteriori che concorrono ad evidenziarla (Cass. 2503/68). Condicio sine qua non per l'adozione di tale metodo la fondata presunzione, di cui deve essere data prova, che esistano reddirni sottiratti interamente alfa applicazione delle relative imposte; in tal caso, poich le risultanze analitiche non sono sufficienti a rilevare fa effettiva capacit contributiva del soggetto, gli organi accertatori sono legittimati all'accertamento induttivo. Ed ovviamente il giudizfo circa. tale insufficienza, cos come insindacabile da pa:rte della Commissione tr:ibutaria centrale, non pu formare oggetto di censura in questa sede di legittimit. Nell'evidente sproporzione fra le risultanze della dichiarazione ed il tenore di vita 'elevatissimo, da cui ~mergeva che il contr.ibuente aveva sottratto alla imposizione cospicui redditi, e -infine -nella constatazione puntuale delle relative circostanze va iravvisata l'adeguata dimostrazione dello espresso convincimento dei giudici di merito tributari, ratificato dalla Commissione tributaria centrale. Posto, dunque che il ricorso al metodo sintetico legittimo ogni qualvolta l'ufficio ritenga che H reddito accertato attrave,rso il metodo analitico non corrisponda alla effettiva capacit contributiva e poich il relativo apprez;z;amento, ove non sia infidato da v:izi logici o giuridici, . r1111t1trlf1~rr@111~:t.fi1~~1r.r1:~1~i~r1~:11111~tr~lrf111::111~1;1i;i1ir;,:;::r~fiiiri~irlfririltrirtirrt11111,,1111=:111:11r1r11~1r:11rtili-I ~ PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA si sottrae a sindacato di legittimit, non ~iova Tichiamarsi per negare l'applicabilit di tale metodo alla possibilit di integrazione correttiva della dichiarazione in via analitica fino al raggiungimento di redditi notevolmente superiori a quelili indicati ed abbastanza vicini a quelli indutti- vamente accertabili, essendo evidente che i giudici di meTito trJbutari hanno ritenuto -sia pure in via di motivazfone implicita ma certa che l'eventuale integrazione analitica non appaTiva adeguata a giustificare l'evidenziato tenore di vita. In effetti la difesa del contribuente, passando sotto silenzio la grave evasione da questi tentata dichiarando appena 20 milioni di redditi, laddove sarebbe stata possibile una ricostruzione analitica fino all'importo di 89 mHioni, fa leva sulila relativa vicinanza di questa cifra rispetto .all'accertamento sintetico di L 150 miLioni negando che nel divario liinitato foa le due cifre si realizzi il presupposto necessario dell'assoluta inconoiliabilit del tenore di vita stesso con il reddito accertato con tl metodo analitico. Ma, a parte la eccessiva rigorosit della formulazione cui H rJcor.rente .si riferisce, evidente che ;l'adeguatezza del reddito analiticamente accertato alla capacit contributiva risultante aliunde, e precipualmente accertato dal tenore ili vita si risolve in un apprezzamento di merito, e non imputabile a1l'ufficio (ed alla Commissione che ne avalla le deduzioni) un errore di diritto, ma se mai un errore estimativo (come tale insinda<: abile in questa sede), laddove il parametro legale della adozione del metodo sintetico muove dalla rilevata. sproporzione fra il coacervo dei redditi certi conseguiti rispetto al tenore di vita r.icostruito suHa base degli indici posti a base dell'accertamento sintetico; e cevtamente non irrazionale ipotizzare un'integrazione di 61 milioni nel divario ka le risultanze analitiche e quelle sintetiche. Sicch, a tutto concedere, !'addebito che si potrebbe muovere alla Commissione di merito quello di non avere esplicitamente motivato al riguardo (dovendosi in proposito -come si accennato -ipotizzaire una motivazione implicita) mentre non pu farsi carico alla Commissione t11ibutaria centrale di non essersi occupata di un problema meramente estimativo, che esulava dalla sua competenza. In altre parole non pu pi discutersi in questa sede se l'accertamento (analitico) di 117 milioni fosse conciliabile con iJ tenore di vita puntualizzato con elementi di specifica evidenza nell'accertamento sintetico. E nel ricorso si tende a sovrapporre i profili deHa astratta possibilit
  • ime. della societ incorporante, ma anche se un plusvalore risulta soltanto dal rapporto di cambio delle azioni. Nella normativa attuale l'art. 16 del d.P.R. n. 698/1973, analogamente a quanto l'art. .15 stabilisce per la trasformazione, esclude che la fusione dia luogo necessariamente a realizzo di plusvalenza anche se risultanti dalla situazione patrimoniale; sono fatti salvi g1i effetti dell'iscrizione nel bilancio della societ incorporanrte a norma delJJ:'art. 12; tuttaivia non si tiene conto ai fiini. dell'art. 112 delle plusvalenze iscritte in blancio per la parte corrispondente alla differenza tra il costo delle azioni o quote della societ incorporata annullata per effetto della fusione ed il valore del patrimonio netto risultante dalle scritture contabili. Ci naturalmente non esclude che le plusvalenze diventino tassabili allorch saranno realizzate o distribuite ai soci (lo si evince chiaramente dall'art. 34 della Legge 2 dicembre 1975 n. 576 che dichiara applicabile l'art. 16 del d.P.R. n. 698 ai conferimenti di azienda), ma intanto la societ incorporante potr iscrivere nel suo bilancio la plusvalenza senza conseguenze. Non chiaramente disciplinato l'effetto rispetto alla societ incorporata del rapporto di cambio; se cio, indipendentemente dalle vicende che seguiranno nei confronti della societ incorporante, la societ incorporata possa realizzare una plusvalenza al momento della sua estinzione e per effetto di essa, come ila sentenza in esame ritiene possibile con merimento ail1a '1~ione abrogaita. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA La situazione patrimoniale da allegare ,ahla delibera di fusione dovrebbe rispecchiare i valori patrimoniali del momento della fusione e dovrebbe, quindi, tener conto delle plusvalenze verificatesi nel periodo di vita deHa societ incorporata, perch solo facendo valere queste ultime pu rispondere alla reailt economica e 1ai valori effetre l'attivit stessa e ad ac- 0ertare la capacit contJributica del soggetto. E tale finalit chiaramente indicata dal sesto comma dell'art. 9, laddove fa riferimento, come criterio sussidiario per la determinazi:one del domicilio fiscale, al Comune dove si prodotto i:l reddito e del quinto comma dello stesso arti. colo che 11ichiama, per i soggetti diversi dalle persone fisiche, il Comune in cui esse svolgono in modo continuativo .1a foro p11incipale attivit. La soluzione accolta, che riconosce rilevanza al domicilio fiscale al tempo delle dichiarazioni, 1risponde anche all'esigenza di identificare in un momento fisso .e determinato l'Ufficio competente, sottraendo al contribuente e alla finanza la possibilit di influire attraverso variazioni di .domicilio successive sulla scelta dell'ufficio stesso, cosa, questa, che non sarebbe possibile se si tenesse conto del domiciliio fiscale al momento dell'accertamento, giacch l'accertamento tributario non si esaurisce uno actu, ma d luogo ad una attivit amministrntiva che si svolge in periodo di tempo durante il quale il domicilio fiscale pu varioce, con l'inconveniente che l'acOeTtamento gi iniziato da un Ufficio dovrebbe PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 5.87 essere rinnovato dall'ufficio del nuovo domicilio fiscale, con conseguente duplicazione di atti e di adempiment1i da parte di uffici diversi. Tanto premesso, deve osservarsi che la giurisprudenza di questa Corte ha gi avuto occasione di sottolineare il carattere inderogabile della competenza territoriale degli Uffici delle Imposte, la quale non determinata, come Jo dnvece quehla dell'autorit giudiziaria, da considerazioni di comodit delle parti, ma dall'interesse generale che gli accertamenti degli imponibili vengano compiuti da quegli organi del1' Amministrazione tributaria che secondo le presunzioni derivanti dalle norme di legge in materia sono i pi idonei per Jo svolgimento dell'attivit accertatrice. Ne discende la nullit, rilevabiJe anche d'ufficio, dell'accertamento tributanio promanante, come neJla specie, da un Ufficio incompetente (v. sent. n. 4462/77; n. 1139/69; n. 226/68). Da ci consegue, altres, che poich il termine previsto dall'art. 32 del t.u. per l'accertamento un termine di decadenza, come espressamente sancito daJ. primo comma di detto articolo, era assoi!utamente fuor di luogo ogni questione relativa all'istituto della 1interruzione dei termini, proprio della prescrizione e non della decadenza, la quale ultima pu essere impedita unicamente dalla esecuzione del fotto dovuto. E tale esecuzione, per essere valida, non pu essere compiuta, ne'1la materia in esame, che dal soggetto competente, per cui 1l'attivit dell'ufficio incompetente non poteva sanare le conseguenze de11'inattivit (e la decandenza del potere di accertamento) de'Ufficio competente: il che as.solutamente pacifico nella giurisprudenza di questa Corte (v. da ultimo le sentenze n. 3596 e 3597 del 1980) e .trova, d'altronde, una indiretta conferma neH'ultimo comma dell'art. 29 del t.u. del 1958 il. quaile esclude ogni effetto alla presentaZJi.one di una dichiarazione dei riedditi effettuata ad un ufficio incompetente. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 dicembre 1980 n. 6493; Pres. Marchetti -Est. Zappul.lJ:i -P. M. Leo (conf.). Ministero delle Finanze (avv. Stato Mataloni) c. Poltrinieri. Tributi erariali indiretti -Imposta di registro -Base imponibile -Valutazione automatica -Divisione -Si estende. (I. 22 novembre 1962, n. 1706, art. 1; I. 27 maggio 1959, n. 355, art. 3). Il principio della valutazione automatica dei fondi rustici si applica anche agli atti di divisione di natura dichiarativa, dovendosi intendere l'espressione trasferimento in senso generico di atti relativi a fondi rustici (1). (1) Un netto cambiamento di rotta sulla interpretazione di una norma da tempo non pi in vigore. Per il precedente orientamento v. Cass. 13 giugno 1972, n. 1861, in questa Rassegna, 1972, I, 1151. RASSEG'.'IA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (omissis) L'Amm1nistmzione Fiiinanziaria, con il primo motivo del ricorso, ha censurato la decisione impugnata della Commissione Tributa11ia Centrnle per viola:z;ione degli artt. 15 e 16 del r.d.1. 7 agosto 1936 n. 1639, 1 della L. 22 no\'embre 1962 n. 1706 nonch delle il!eggi 20 ottobre 1954 n. 1044 e 27 maggio 1959 n. 355 per avere [a decisione suddetta erroneamente attribuito alla citata legge del 1962 valore di interpretazione autentica di quella del 20 ottobre 1954 n. 1044 anche per quanto concerneva gli atti di divisione di immobili rustici, comprendendoli tra gli atti traslativi nonostante il loro ca11attere meramente dichia'!1ativo. H motivo non pu essern accolto. Invero, pur se precedenti pronunzie di questa Corte (sent. 13 giugno 1972 n. 1861, 15 dicembre 1972 n. 3606, 15 dicembre 1970 n. 2686) hanno affermato che la legge del 1962 e quella n. 355 del 1959, estendono le disposizioni della legge n. 1044 del 1954 sOll.o ai negozi con effetti traslativi, tria 1i quali non 1rientrriano Ie divisioni perch aventi caTattere dichi. arativo, ,tale opinione non pu essere mantenuta a seguito di un nuovo esame delle disposizioni citate. Infiatti anche se non pu dubitarsi deHa natura dichiarativa della diviisione, non a tale qua[ificazione .che deve farsi riferimento per intendere il significato delle disposizioni di Jegge in esame. Invero, l'espressione atti tra vivii contenuta negli al1tt. 1, 2 e 3 della legge del 1962 devce avere un significato pi ampio di quello di at.ti di trasferimento. Oi non solo perch in tale pi ampia eccezione l'espressione usata comunemente in testi legislativi, oltre che in dottrina 1e in giurisprudenza, ma sopratutto perch ila ratio della legge quella di con cedere l'agevolazione fiscale a tutti gli iatti mortis causa o tra vivi (e questi ultimi sia di trasferimento che dichiarativi) relativi a fondi rustici, i quali debbano essere sottoposti a vegistrazione. L'opinione non solo confortata dalla individuazfone dello scopo che il legislatore si prefigge ma anche dagli atti preparatori della legge in questione. Infatti ne11a re1azione alla legge 22 novembre 1962 n. 1706, si legge che, con la precedente legge del 1959, volont del Senato era stata che per 1a valutazione dei fondi 1rustioi, din velazione alla quale si deve fare la tassazione agli effetti dell'imposta di successione e di que11a di registro e 1relativi 1access0Pi si debba .ricorreve ai moduli fissi (mol tiplicatori applicabili al reddito catastale) tutte Ie volte che il contri buente non denunci un valore minore di quello nisultante daJfa appli cazione dei moduli accermatJi . Volont del legislatore stata, perci quella di assicurare una uguale procedura, automatica e semplice, nella valutazione dei fondi rustici per tutte le categorie di atti ad essi inerenti con uniformit di criteri e organizzazione degli uffici competenti, mentre la dedotta diversit tra le divisioni e gli altri atti, gi affermata per il carattere dichi~rativo 589 PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA e non traslativo delle pvime, non appare tale da .giustifioare quella contrapposizione nel campo fiscale, per la quale esse sarebbero soggette ad un regime normalmente pi oneroso proprio quando l'assenza di un trasferimento esclude l'aumento dei patrimoni dei singoli condividenti. Bene, poi, stato illustrato dalla parte riesistente ffil grave inconveniente che pu derivare dalla applicazione di criteri diversi tra le valutazioni delle parti assegnate e quel!la dei conguagli, per i quali non stata negata l'applioabi1it del criterio automatico, senza che sia agevole distinguere le parti reali dei beni corrispondenti ai suddetti CQ[l_ guagli pecuniari, con conseguenti differenze notevoli di imposta. Cos pure da rilevare la connessione tra le successioni ereditariie e le conseguenti divisioni, per la quale la diverisit dei criteri di valutazione o Jȏriodica, in" cui la continuazkme o periodicit Si realizza or6rrilalmnfe parf'passu .it1, l:hodo da attuare costantemente l'equilibrio sinallagmatico PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI 0ACUE 0ED PPALTI PUBBLICI .605 fra le prestazioni, la locuzione contratti d esecuzi01I1e cont1rtuata o periodica, usata nel primo comma d1l'axt. 1458 cod. iv." (richiamato dall'-art. 1467 cod. oiv.) per escludere dall'effetto retroattivo f1a oategoria di detti contratti, deve essere intesa restri:ttivamente s da riferi:rila ai soli ontratti che fanno sorgere obbligazioni dii dmata per entrambe le parti, in modo che 1a intera esecuzione del con1lratto debba avveniJre attraverso coppie di prestazioni da readizzarSI contestualmenrte nel tem po, Lasciando fuori dell'area previsionale della norma dell'art. 1458, primo comma, cod. civ. (richiamato daH'art. 1467 cod. civ.) quei con watti ad esecuzione continuata o periodioa liirJ. cui la ~stazione di durata sia a cadco di una sola deMe parti, mentre quclil.a dovuta dal: 1.'altro contraente sia ad esecuzione istantanea (immediata, ~attuare in via anticipata rispetto all'esamimento della prestazione di durata, o differita, eseguibile fino al momento finail.e del!1a prestazione di durat, o posticipata, cio oltre tale momento furale). Invero, se dn caso di controprestazione anticipata non pu ammettersi l'irretroattdvit della risoluzione, :in qua.rito essa favorirebbe la parte meno meritevole, consentendole di conservare f1a prestazione acquisita, anche nehl'ipdtesi di controprestazione posticipata non 'pu ammettersi l'effioacia della risoluzione su tutte le prestaz~OIIli nori. ancora eseguite perch una soluzione di tail. genere favo:riiirebbe il contraente che avesse ricevuto fino ad un certo momento fa prestazione Continuata o le prestazioni periodiche e fosse rimasto da tale momento insoddi. sfatto, consentendogli, con la sua totaJ.e liiberazione dalla controprestazione ancora ineseguita, di tr:atteners,i Ila parte di prestazione continuata o tutte le prestaziond periodiche 'da lui ricevute, senza nUJlla prestare iin contropartita. Per i contratti soltanto unilateralmente ad esecuzione continuata o periodica deve, qUJindi, prevalere la regola dehla retroattivit, che sola pu attuare l'equilibrio inter partes, ripristinando, con 1a irestituziOrte (attuabile in idem corpus, quando l'oggetto del:la prestazione sia ancdra presente ed identifioabile presso ill soggetto passivo dell'obbligo, o per tantundent, quando si tratti di una prestazione di genere) o con il pagamento dell'equivia!lente (quando l'obbt1igato non sia n grado di attuare Ja restituzione), 1a situazione anteriore al ontratto. Ora -facendo appliicazione di itali prmcipi alla fattispecie in esame e sussistendo fino 'ailila richiesta di risoluzione per eccessiva onerosit l'equdilib:r.io sinaJ.lagmatico fra [e prestaZioni eseguite hinc inde alle quali, quindi, l'effetto della risoluZione non pu estendersi -deve coniludea:si che la Corte d'Appello abbia correttamente affermato 'che :il CoMegio arbitralt\; ,, condahi:l!ndo, a' seguito della dichiarazione di \t'isoluzione del .contriatto di fornitura i'Amministria:lli.one deilla Difesa al pagamento del ontrovalore del combustibile, non pi in SUO possesso per essere stato Dnsumato, abbia pronunciato nei limiti dei Srioi poteri; RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 606 Anche il secondo motivo , quindi, da disattendere. H terzo ed il quinto motivo, foa foro inte:riamente connessi, vanno esamiinati congiuntamente. La ricorrente -denunciata la violazione dei limiti della materia devoluta agli arbitri e dell'art. 112 c.p.c., nonch l'omessia, contraddittoria o insufficiente motivazione (art. 390 n. 4 e 5 c.p.c.) -sostiene: a) che -avendo chiesto la societ forrntTice ilia condanna al pagamento dei soli importi eccedenti il prezzo contTattuale -fa Corte del merito non avrebbe potuto ritenere c01.1retta la decisione arbitrale che l'aveva condannata alla corresponsione dcll'iintero vailore monetario at1lI1iquito .al carburante (terzo motivo); b) che -avendo la societ API dichiarato espressamente di non avere interesse ad ottenere la restituzione del combustibile, reclamando soltanto la somma corrispondente al controvalore di esso -ilia Corte del merito non avrebbe potuto ritenere corretta la decisione arbitrale che l'aveva condannata aHia restituzione del carbumrunte (qUJi.nto motivo). Entrambi i profili di censura, basati su UJna impostazione non rispon dente alfa .realt processuale, sono privi di fondamento. Come si .visto nel corso :dell'esame dei precedenti motivi, ila .retro- att_ivit della risoluzione comporta fa restituzione della prestazione ese ~i:ta in idem corpus o per tantudem e, quando non possibile, la corre sponsione dell'equivalente monetario. Nel caso di spede, ila Corte del -merito -dopo avere rilevato che 1'~ restituzione del combustibile non era pi possibile, essendo Jo stesso stato consumato ...,..,._ ha co11rettamente ritenuto che U collegio airbitraile, uniformandosi ai su esposti prfo;1cipi, abbia giustamente condam1aito l'Am ministrazione militare ali pagamento del controvalore. E ,..__ pqich il prezzo originariamente pattuito era stato gi pagato dall'Amrni11istrazione c>mmittente -ha, poi, ritenuto corretta l'opera zione aritmetica eseguita dal colle~o 1airbitrale, detraendo daJ controva lore, al cui pagamento ha condannato l'Amministrazione, la .som_ma gi corrisposta in base al prezzo contrattuale. Tale sti;ttuizione -essendo perfettamente confonne a diritto, per e~sere stata resa nel pieno rispetto dei principi giuridici innanzi espressi, ed avendo a supporto uno svqlgimento motivazionale, immune da vizi _logici e da errori. giudirici -deve ritenersi corretta ed esente dai vizi denunciati con i dedotti motivi di doglianza. Pertanto il terzo ed il quinto motivo sono da disattendere. Con il quarto mo1Jivo, ila ricorrente l.~menta che la Corte d'A:ppelJo abbia ritenuto fa legittimit della decisione, con la quale il collegio aTbi. tmle ha. ..determinaOO;il valore del carbw;iante da corrispondere aitla societ .fomitri~ con riferlmento al momento della pronuncia (e non con ri guardo a quello della :c0nsegna tlel combus1Jibile). La censura infondata, PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 607 La Corte d'AppeHo ha correttamente affermato la legittimit della decisione arbitrale che, ai fini di stabilire hl. valore del combustibile, si riferita ai prezzi praticati al momento della pronuncia, sull'esatto rilievo che -costituendo il controvalore pecuniario H succedaneo della restituzione -la somma da cor:rispondere a11a fornitrice awebbe dovuto consentire l'acquisto di un corrispondente quantitativo di carburante, equivalente a queMo fornito anche nel.tla qualit. Pure il quinto motivo , quindi, da disattendere. In definitiva il ricorso va rigettato. Ricorrono giusti motivi per procedere alla compensazione fra le parti delle spese del presente giudizio di cassazione. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 10 dicembre 1981 n. 6517 -Pres. Mirabelli -Rel. Caturani -P. M. Saja (conf.) -Ente di sviluppo in Puglia e Lucania e Ente regionale di sviluppo agricolo deLla Puglia (avv. Stato Del Greco) c. Verillle (avv. Mitolo). Arbitrato Controversie compromesse in arbitri -Questione sull'appar tenenza alla giurisdizione esclusiva -Questione di giurisdizione ~ tale. Oompetenza e giurisdizione Giurisdizione onlinaria o amministrativa Giurisdizione esclusiva -In materia di concessione di beni -Riforma fondiaria Recesso dell'assegnatario e domanda di indennizzo per i Inigldoramenti -Giurisdizione amininistrativa - Sussiste. (1. 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 5, commi primo e secondo; 1. 12 maggio 1950, n. 230, artt. 16 e ss.; I. 21 ottobre 1950, n. 841). Arbitrato Compromesso Oggetto -Controversie rientranti nella giuri sdizione esclusiva Aminissibilit -Esclusione. (1. 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 5, primo comma; cod. proc. civ., artt. 806 e 808). La questione se la domanda rientri nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo non cessa di dar luogo a questione attinente alla giurisdizione anche se, proponendosi a riguardo di domanda conosciuta da arbitri, si profili come questione sulla competenza di questi (1). (1-3) Nello stesso senso cfr. Cass. 2 maggio 1979 n. 2522 in Giust. civ. 1979, I, 1699. Cass. 12 marzo 1981 n. 1641, pure richiamata dalla sentenza in rassegna, pu leggersi in Giust. civ. 1980, I, 1283. La sentenza cassata -App. Bari, 26 aprile 1969 -pu leggersi in Riv. dir. agr. 1969, Il, 460, con ampia nota di richiami. La questione della validit o meno della clausola compromissoria dal punto di vista della appartenenza della controversia alla giurisdizione del giudice amministrativo era stata in 'RASSEGNA DLL'AVVOCATURA DELLO STATO Appartiene alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo relativa a rapporti di concessione di beni pubblici la controversia insorta tra ente di riforma ed assegnatario che, abbandonato il fondo, pretenda di recedere unilateralmente dal rapporto ed assuma di aver diritto alla indennit per i miglioramenti. In questo caso infatti la controversia non riguarda solo l'indennit, ma si estende al controllo circa la esistenza dei presupposti che possano condurre, secondo il contratto accessivo alla concessione, ad una risoluzione del rapporto ad iniziativa dell'assegnatario (2). In difetto di contraria previsione normativa, deve escludersi la facolt di compromettere in arbitri le controversie relative a diritti soggettivi, gi devolute al giudice ordinario, ma successivamente attribuite alla giurisdizione esclusiva dei tribunali amministrativi regionali (3). (omissis) Con il priimo motivo del elitto prevl$:to: dal .. l'art. 253 C.P. Esc~.iJione. . La nave pr_ivatd st;~nier, pu essere catturata in ma~e Iib.o.,,.~ua~do, conformement alle dispos1.zioni contenute nell'art. 23 della Conyenzione di Gi~evra sul ~are lib~ro del 29 aprile 1958, concorrono ze.. seguenti ',''!..,. l'. ,,! . .. . . ., -. ' . condizioni: 1) siano state violate le leggi e i regolamenti dello Stato costiero; 2) la nave, o una delle sue imbarcazioni, o un'altra im/Jarcazione 'oprante in. quipe e che si serve della nave come di nave-madre, si tro~i nlle acq~f interne ~.~elle acque territoriali o nella zona contigua; 3) l'inseguimento, iniziato nel mare territoriale o nella zon.a ontigua e .continuato in mare libero anche se .ad qpera di altro mezzo inseguitore, non sia stato interrotto; 4) siano stati dati segnali ottici o acustici di alt, in modo da essere visti o uditi/ 5) l'itJSeg14imento avvenga ad opera .di navi da guerra o aeromobili militari o di altre navi o aeromobili in servizio pubblico appositamente autorizzati a ci (1). Le violenze e le minaccie poste in essere con l'uso di .armi da parte dell'e;quipaggio di una nave contrabbandiera nei confronti dell'equipaggio di una motovedetta della Guardia di Finanza non integrano il delitto di cui all'art. 1100 del Codice della Navigazione ma il delitto di resistenza 4i cui all'art. 337 c.p. aggravato ai sensi dell'art. 339 c.p. (2). la parziale distruzione di una motovedetta della Guardia d_i Finanza da parte deltequipaggio di una nav contrabbandiera non integra il reato di cui all'art. 253 c.p. ma il reato di danneggiamento previsto dall'art. 635 cpv. ~ 3 c.p. (3). (omissis) I difenso11i dei prevenuti sollevavano questioni di legittimit costituzioniaile che sono state dichiaraite manifestamente infondate con ordinanza emessa nel corso dell'udieilZJa odierna. Il Collegio deve peroi limitarsi all'esame del merito della causa. Gli imputati in iStn.i.ttria hanno protestato la propria innocenza. La difesa degli stessi ha sostenuto Ja irichiesta di assol].izione oon nioltplici motivi afferenti alla materi.ailit dei fotti ed alla non ricon Danneggj,amento di motovedetta della Guardia di Finanza ed art.253 del Codice Penal. (12-3) In ordine alla prima massima deve osservarsi che correttamente il Tribunale ha fatto riferimento all'art. 23 della Convenzione di Ginevra 29 aprile 1958 sul mare territoriale, recepita nell'ordinamento dtaliano con legge n. 1658 del 1961, e non all'art. 24 di tale Convenzione. ,_: ' , Invero, tale ultima disposizione stabilisce che ..;su una zona dell'alto mare contigua: a: .quella del mare territoriale ed estendentesi non oltre dodici miglia dalla linea' di base per la determinazione 'dell'ampiezza di quest'ultimo, lo I4 RASSEG.'IA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 616 ducibiJit degli stessi nelle fattispecie astratte sussunte nei capi di imputazione. Con riferimento al primo capo di imputazione tra l'altro ha dedotto che manca il presupposto della legittimit dell'operazione svolta dalla Guardia di Finanza nei confronti della nave straniera Panagiotis K che avrebbe operato e sarebbe stata catturata in mare libero, senza nessun collegamento, sotto il profilo dell'attivit materiale e normativa con i motoscafi che si aggiravano nella zoria, nessuno dei quali fu oggetto di insguimento iniziato nelle acque territoriali. Tale ultima asserzione smentita categoricamente dai dati irilevati e documentati dalle unit operative de1la G. F., in particolare dagli elicotteri, riportati nel rapporto e negli 1atti allegati. Come innanzi detto, pex lo meno uno dei motoscafi contrabbandieri sicuramente fu catturato .,;ntro le acque territoriali ove era stato affiancato da ,aJt.ri motoscafi ch.;; furono successivamente inseguiti :in mare libero e che comunque tenta rono con manovre spericolate di ostacolare l'azione della G. F. rivolti:\ alla cattura delle unit contrabbandiere satelliti e della nave Panagiotis K . Ritenute provate le esposte drcostanze di fatto, va affrontato il problem della legittimit dell'operazione aLla foce della normativa vigente. Conformemente a quanto ritenuto da raJtri pronunciati di. giudici di merito, la legge penale italiana, salvo le eccezioni riguardanti le c.d~ immunit, obbliga tutti coloro che, cittadini o stranieri, si trovano nel territorio dello Stato (art. 3, 1 comma c.p.), il quale costituito dal territorio della Repubblica e da ogni rarltro luogo soggetto alla sovranit dello Stato, comprese le navi e gli aeromobili :italiani ovunque si trovino e salve le eccezioni di diritto internazionale (art. 4, II comma c.p.). Soggett alla sovranit dello Stato 'il mare territoriale, delimitato a 12 miglia mri.ne dalle coste continentali ed insulari ed a 24 per i Stato nv1erasco pu esercitare il controllo necessario per prevenire e repriimere, tra l'altro, le trasgressioni alla legge doganale commesse nel suo territorio ' o rtel mare territoriale. Pertanto, come ha affermato Cass. 10 maggio 1978, sez; 3 pen., rie. Pasqualino (in Giust. pen. 1979, III, 600) la commissione del reato nel territorio dello St!lto . o nel mare territoriale contemplata come condizione per esercitare il controllo repressivo nella zona contigua. Tale presupposto nella fattispecie esaminata dal Tribunale non era sussistente. Si condivide anche la seconda massima. Invero, nella imputazione era contestato l'art. 1100 del Codice della Navigazione in relazione all'art. 6 della 1. 13 dicembre 1956 n. 1409 (Norme per la vigilanza marittima ai fini della repressione del contrabbando dei tabacchi). Tali disposizioni rispettivamente, stabiliscono: Il comandante o l'ufficiale della nave che commette atti di resistenza o di violenza contro una nave da guerra nazionale punito con la reclusione da tre a dieci anni. La pena per coloro che sono concorsi nel reato ridotta da un terzo alla met . PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 617 golfi, seni e le baie (art. 2 cod. navig. modif. dalla L. 14 agosto 1974 n. 539). Al di fa del mare territoriale si ha iJJ. mare Hbero o alto mare. Proprio la mancanza di sovranit degli Stati sullo spazio di mare che va al di l del mare territoriale crea il pr.itIJ.cipio di Hbert di tale mare, il quale, come si esprime anche l'art. 2 della Convenzione di Ginevra sul mare 1libero del 29 aprile 1958, aperto a tutte Je nazioni , nessuno Stato potendovi imporre il suo dominio ed essendone garantita ad ogni Stato l'utilizzazione (naviga21ione, sfruttamento delJe risorse ed ogni altra libert -riconosciuta dai principi generali del diritto internazionale). Discende da ci l'ulteriore principio di diritto internazionale (sia consuetudinario, che convenzionale ~ art. 6 della citata Convenzione di Ginevra -), recepito anche dalle legislazioni interne (per l'Italia, artt. 4 c.p. e 4 Cod. Navig.), secondo cui la nave che naviga in mare libero soggetta soltanto alle leggi dello Stato della bandiera, salve le eccezioni .i diritto internazionale. Il principio di libert dell'alto maire non per illimitato, subendo deJile deroghe e deLle .Limitazioni in base alle consuetudini ed alle convenziolli. internazionali. -Gi la sentenza del 7 settembre 1927 della Corte Permanente di Giustizia nel caso del vapore Lotus aveva avuto modo di precisare che non esiste una norma di diritto internazionale consuetudinario la quale consacri La competenza esclusiva dello Stato delJa bandiera in merito a determinati fatti o atti riguardanti navi private straniere in alto mare; e numerose norme interne di molti Stati ne danno conferma (ad esempio, 1art. 12 disp. p11el. cod. nav.). Il capitano della nave nazionale che commette atti di resistenza o di violenza contro una unit di naviglio della Guardia di Finanza punito con le pene stabilite dall'art. 1100 . Tali norme di diritto penale della navigazione non erano applicabili nella fattispecie, atteso che, in relazione alla prima, mancava l'elemento della nave da guerra nazionale (potendosi la motovedetta della Guardia di Finanza considerare solo quale unit militare), e iin relazione alla seconda difettava nel soggetto attivo la qualit di capitano di nave nazionale . appena il caso di rilevare che, non risultando applicabile, per l'assenza dei requisiti indicati, la disciplina specifica del diritto penale della navigazione, i fatti, come esattamente ritenuto dal Tribunale, andavano riguardati e puniti alla stregua del diritto penale comune. Qualche perplessit suscita invece l'ultima massima. Il Tribunale non ha ritenuto applicabile l'art. 253 cod. pen. non potendosi la motovedetta della Guardia di finanza considerare nave da guerra. Come noto, la prima classificazione che si pu fare delle navi quella di navi mercantili e di navi militari. Le prime servono agli scopi della Marina da commercio, mentre le altre sono quelle a cui ogni Stato marittimo affida in tempo di guerra la difesa delle proprie coste e dei propri traffici attraverso RASSEGNA DELL'AVVOCATURA -DELUO StATO' : Inoltre,. iil menzionato art. 2 della COnvenzione di Ginevra stabilisce che le libert in esame -si esercitano da parte di tutti gli Stati tenendo 11agionevolmente cont dell'interesse che 1a libert dell'alto mare presenta per gli altri Stati. Tale precisazione, non fa che !recepire una consuetudine internazionale,. da ritenersi esistente al riguardo, sol che si pensi che il principio delJa libert dell'alto mare (come stato esattamente viilevato) non nato come d:iiritto autonomo, ma si andato formando come libert di fatto in conseguenza dell'affermazione del principio deJla sovranit degli Stati sul .mare territoriale e conseguente fissazione dei limiti di detto mare. Sarebbe sufficiente questo primo limite generale per risolvere positivamente il caso in esame. Premesso che la nave privata straniera si rese .responsabile (com' stato dimostrnto e come in seguito ancora si puntualizzer) di contrabbando in Juogo soggetto alla sovranit dello Stato Italiano (mediante lo sbarco ed il tentato sbarco d numerose tonnellate di sigarette estere), deve dedursi che legittima fu la cattura di tale nave in mare libero, essendo venuto meno ne1la speoie il fondament del principio deHa :libert dei mari, non essendo stato ragionevolmente tenuto conto da parte della nave straniera de1l'interesse che la libert dell'alto mare presentava per lo Stato costiero, avendo la nave utilizzato l'alto mare al solo scopo di ledere ~'interessi finanziari dello Stato costiero, ponendosi in prossimit del Hmite del ma:re territoriale per scaricare. sulfa terraferma, tramite motoscafi, merce in violazione delle leggi doganali del predetto Stato. ; Altro limite (specifico) a!l principio in esame quello relativo al diritto di inseguimento, !in base al quale lo Stato costiero pu inseguire e catturare in mare Hbero le navi private straniere che si siano rese responsabili di infrazioni alle leggi e regolamenti nelle acque interne o i mari e l'offesa di quelli nem1c1, mentre in tempo di pace affida ad esse la protezione dei propri connazionali all'estero e il compito di provvedere in ogni caso alla tutela della dignit e del prestigio della propria bandiera. Pi particolarmente le navi di Stato vengono classificate in due gruppi (v. voce Nave in Novissimp Digesto Italiano e in Enciclopedia del Diritto): quelle adibite ad una funzione amministmtiva (navi militari, in cui vanno ricomprese le navi da battaglia, le navi d'assalto, le navi sussidiarie tra cui quelle guardacoste e guardaporti ecc., navi di polizia, di controllo doganale e tributario, navi adibite ad un servizio pubblico civile in genere), e quelle adibite al traffico commerciale (navi mercantili governative o requisite dallo Stato), suddivisione coincidente con quella di cui all'art. 826 cod. civ., nel sens> che le navi del primo gruppo vanno comprese nei beni appartenenti al patrimonio indisponibile dello Stato, con le conseguenze di cui all'art. 828 e segg. cod. civ., e le navi del secondo gruppo nei beni facenti parte del patri monio disponibile. Ora1 .se , esatto che le motovedette della Guardia di Finanza, essendo navi da battaglia ina navi sussidiarie, sono pur sempr.e da pur non annove!: f:' 1: ~ i: PMITE l, -5~V.-J:J.T,:.GIU.RISPR:t!DENZ~:PENALE nel-mare te:rniitoriaile; Tailediritto deve ritener.sii in:hanzitutto ricoriosd'fo .ctai1a--consu.etudine"in.temazioniale; come risUilta Sia dalle applfoaziol:ii fattene nee: centroversie internazionali ~neHe quali i confrasti furono prevalentemente determmati dalle modalit ru esercizi d tle dirfttd), Sia ;lliil1e asposte date ait riguardo dagi sfuti in oceasione der Ivri della Conferenza di codificazione dell'Afa dei' i930, i quali, -d~poof~ilo positivamente all'unanimit al questionariio diianato dalla Societ. d~e Nazioni ed accordaindos'i focilrrtente sulla fOrrriulazione dell'art. de1l'aP.. pendeeN:: 1 al rappo~to de1l seconda Commissione, che ~lo di~iP!iriava, non. feeero altro che prendere atto dell'esisteffm di' fule c~sutudruri~~ ~Ilo soopo di fissarne le modalit ed i limiti per inpedifp,e gli absi.-')'' .. ' Alle stess conclusioni in sostanza perveclva la Coii~enzione di Gihev: ra sull'alto mare, che riproduceva all'art. 23 i 'v~cchCprincipi; ~stendendone Ja portata (relativamente a1la previsione anche della zona contigua, . alla possibilt di inseguimento con aeromob:iJ.i, alla illOil necessit che il mezzo --inseguitore si trovi anch'esso nel mare tetritoriale, alla' 'rioo necessit che il mezzo che opera fa cattura sia lo stesso che abbJ.a iniziato l'inseguimento, alla previsione di imbarcazioni operanti in equipe). Il citato art. 23 stabilisce che Ja nave privata strniera pu essere catturata in mare Hbero quando concorrono le seguenti condizioni: 1) siano state violate le leggi e i :regolamenti dello -Stato costiero; 2) Ja nave stessa, o una delle sue imbarcazioni, o un'a1ta:'a imbarcazione operante in equipe e che si serve della nave come di nave-madre, si trovi nelle acque in.teme o nelle acque territoriiald o ne11a zona contigua; 3) l'inse rare tra le unit militari, da ci doveva pacificamente inferirsi l'applicabilit nella specie dell'art. 253 cod. pen. Non risultano al riguardo precedenti giurisprudenziali del Supremo Collegio, ma opportuno riesaminare il problema non essendo infrequente che navi contrabbandiere danneggino motovedette della Guardia di finanza. il caso che. per tali illeciti i giudici comincino ad applicare la giusta norma (che per noi quella dell'art. 253 cod. pen.) e ad irrogare le 'severe sanzioni previste dalla norma medesima. La migliore dottrina (Manzini, Trattato di dir. pen., vol. IV, pagg. 165 e segg.; Antolisei,. Manuale di dir. pen., parte speciale, vol. II, pag. 783~ rile\Ta che nel termine navi di cui al primo comma dell'art. 253 cod. pen. Si comprende ogni costruzione che rientri in questa denominazione (e non quindi solo le nav~ da guerra, come parrebbe ritenere il Tribunale), essenziale essendo . che le cose elencate nel detto primo comma siano cose militari o adibite al servizio delle forze armate , e che venga in considerazione un intere5se militare qualsiasi 1s; riguardi esso l'impiego principale e caratteristico 'della forza armata, ovvero un servizio accessorio e secondario. Non va dimenticato che la Guardia di Finanza una delle forze armate dello Stato e fa: patte integrante della forza pubblica. Come si legge nella legge 23 aprile 1959 n. 189 620 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO guimento, imzia.to nel ma:re territoriale o nella zona contigua e contin1.11ato in mare libero anche se ad opera di a:ltrn mezzo inseguitore, non sia stato inteI1I"Otto; 4) siano stati dati segnali ottici o acustici di alt, in modo da esser visti o uditi; 5) l'inseguimento avvenga ad opera di navi da guerra o aeromobili militari o di altre navi o aeromobili in servizio pubblico appositamente autorizzati a ci. In ordine alla prima condizione superfluo ribadke che furono violate le leggi doganali dello Stato costiero italiano. La nave straniera, appostata nehle vicinanze del limite del mare territoriale italiano, riforn di sigarette numerosi motoscafi che provenivano daUa terraferma, dove tentavano dii Tiportarle in violazione delle leggi doganali, finch non intervenne 1a Guardia di Finanza a impedire lo sbarco, perlomeno da parte di alcuni motoscafi. Quanto a11a seconda condizione si detto che fa nave riforniva del suo carico i menzionati motoscafi, i qu:ali, ricevuti gli scatoloni di sigarette, lri trasportavano (o dovevano N'asportarli) sulla terraferma per rivenderle a grossisti o al minuto. La nave straniera, pertanto, si poneva nei confronti di queste imbarcazioni come nave-madre. Priva di consistenza ~a tesi difensiva secondo cui non pu ravvisarsi collaborazione, e quindi neanche il rapporto espresso in termini lessicali dalla locuzione nave madre, laddove ~i occcupanti dei motoscafi sono degli acquirenti, stante la contrapposizione dell.e parti sul piano negoziale che non si concilia col concetto di cooperazione n di attivit svolta in sull'ordinamento della Guardia di Finanza, questa concorre alla difesa politicorm1itare delle frontiere e, in ca:so di ,guer.ria, aihle O:peramoIJJi bclliiche. Ha rilevato inoltre la dottrina citata che la nozione del delitto di cui all'art. 253 primo comma cod. pen. non presuppone che lo Stato si trovi in guerra, e ci alla stregua anche della relazione al codice penale in cui a chiare note detto che le previsioni dell'articolo in esame sono applicabili anche in tempo di pace . Oggetto specifico della tutela penale in relazione all'art. 253 cod. pen. l'interesse concernente la personalit internazionale dello Stato, sia in pace che in guerra, in quanto conviene evitare che vengano esposte a pericolo la preparazione e l'efficienza militare dello Stato. Se il fatto commesso nel periodo di imminente pericolo di guerra al quale sia seguita la guerra, o durante la guerra, trovano luogo le aggravanti prevedute nei numeri 1 e 2 del secondo comma dell'art. 253 quando non sia applicabile l'art. 158 del cod. pen. milit. di guerra. Concludendo, nella fattispecie si trattava d:i unit militare, i danni alla stessa arrecati dagli imputati la resero temporaneamente inservibile, evidente era la volont dei medesimi di renderla tale per potersi dare alla fuga. Sussistevano quindi tutti gli elementi, oggettivi e soggettivi, richiesti dalla norma per potere ritenere gli imputati responsabili del reato di cui all'art. 253 cod. pen. NICOLA BRUNI I I f ~j i:: PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDl!NZA PENALE quipe . evidente il tentativo di utilizmre una categoria di carattere privatistico laddove invece assume rilevanza unicamente la fattispecie del concorso di derivazione penalistica e comunque finalizzato dall'intento di violare, sia pure con l'adesione di una struttura che potrebbe essere rappe>rtata a quella negoziale, le leggi doganali dello stato interessato. L'opera di svuotamento della nave e conseguente trasporto sulla costa, organizzata dagli sconosciuti acquirenti e venditori, dai loro rappresentanti e dal comandante della nave, con J'ausilio degli scafisti . rivela chiaramente che tutte queste person avevano uniti i loro sfor:ci m direzione de1lo stesso intento, appunto que1lo di fur pervenire ~e sigarette sulla terraferma in violazione delile foggi doganali italiane. n che quanto dire che lavoravano tutti i:n ǎquipe sicch IIl base ial.1a regola in esame come se la nave stessa si fosse portata nel territori.o dello Stato a scaricare sigarette. Tra l'aJtro stato gi dimostrato che Ulila di tali imbarooziorii fu sorpresa (e catturata) :nel mare territoriale italiano. In ordine aHa terzia condizione si gi visto che, a conclus[one dell'inseguimento del motoscafo, protrattosi anche in mare territorial ed ivi conclusosi, fu immediatameLte e seinza soluzione di continuit dato luogo aWinseguimento della nave straniera ad opera di aJtre unit deHa Guardia di Firumza, conolusosi con ilia catturn della nave in aJto. mare. di tutta evidenza che nessuna .rHevanza pu avere nella specie il fatto che eventualmente J'mseguimento del motoscafo fosse iniziato in mare libero (per continuare, comunque, in mare territoriale dove si concluse anche), in quanto, trattandosi di .imbarcazione di nazionalit italiana, l'inseguimento (e l'eventuale cattura), in mare Hbero era del tutto legittimo. Essendo, poi, l'inseguimento proseguito nel mare territoriale, fu tale circostanza che indusse esattamente gl'inseguitor,i a far ritenere avvera~ la condizione in esame per far estendere fil diritto di ins~" mento alla nave strianie11a in mare libero. In orddine alla quarta e quinta condizione, ne stata dimostrata la piena sussistenza, essendo stati dati segnali ottici ed acustici di a!lt ed essendo !'inseguimento avvenuto con mezzi militani della Guardia di Finanza. Se la nave, ormai, pu essere definita contrabbandiera, contrabbandiere ne tutto J'equipaggio che ag associato. E llassociazione risulta ;: ,, ,:;:.-.:: ... ;:1:: ...." ... .... .... ,, ..,.,..e... 1;;: ...ah::::-.: . r, La.: s.ussistenza', dei fatti riportati,, aLcapo h);:.che .trovano .:r.isrontro n,eU~: circosOO,:nze riferite. nel!l'apporto; ritenute. pienamente attendibili: da questo CQllegi, e comunque: .on smeJ!.te da diverse prove o indizi, GqSti~ tuisctl la prova .deHe ag~\'.001.t di.cui ail-1'.arit. 295 ~ett. a) e c.) 4;P.R. n. 43/973,. . .~ . . Afferma;~a, 1n definitiva, I.a, responsabirHt dei prevenuti. in ordine. :al delit~o d.~ .capo a), concesse agli stessi Je; attenuanti generiche,. equi-va- lenti ~e dette aggra~nti per il comand