ANNO XXXIV 4-5 LUGLIO-OTTOBRE 1982 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di serv1z10 ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO ROMA 1982 ABBONAMENTI ANNo ........................... L. 25.600 UN NUMERO SEPARATO .. .'... 4.700 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO Direzione Commerciale -Piazza G. Verdi, 10 -00100 Roma e/e postale n. 387001 Stampato in Italia -Printed in Italy Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 (3219248) Roma, 1982 -Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato P.V. INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura defl'avv. Franco Favara) . pag.633 Sezione seconda: GIURISPRUDENZA ZIONALE {a cura COMUNITARIA del/'avv. Oscar E INTERNA- Fiumara) . 675 Sezione terza: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE (a cura degli avvocati Carlo Carbone, Carlo Sica e Antonio Cingolo) . 697 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA CIVILE (a cura degli avvocati Adriano Rossi e Antonio Catrical) . . . . 741 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA del/'avv. Raffaele AMMINISTRATIVA Tamiozzo) . (a cura 758 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a vocato Carlo Bafile) . cura dell'av 769 Sezione settima: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI (a cura degli avvocati Sergio la Porta, Piergiorgio Ferri e Paolo Vittoria) . . 843 Sezione ottava: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura degli avv.ti Paolo Di Tarsia Di Be/monte e Nicola Bruni) . 862 Parte seconda: QUESTIONI -LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO LEGISLAZIONE . . . pag. 167 La pubblicazione diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AVVOCATURE Avvocati Glauco NoRI, Ancona; Francesco Cocco, Bari; Giovanni CoNTU, Cagliari; Prancesco GUICCIARDI, Genova; Marcello DELLA VALLE, Milano; Carlo BAFILE, L'Aquila; Giuseppe Orazio Russo, Lecce; Raffaele CANANZI, Napoli; Nicasio MANCUSO, Palermo; Rocco BERARDI, Potenza; Francesco ARGAN, Torino; Maurizio DE FRANCHIS, Trento; Baolo.SCOTTI, Trieste; Giancarlo MAND, Venezia. NOTA REDAZIONALE L'indirizzo qwi pubb~icato stato pronunciato .J,a1l'Avvocato Generale dello Stato in occasione de1l'irnisediamento del Primo Presidente de1l:a CassazdOIIle Giuseppe MiraibeJ:li. Appena due wiorn~ ~ma 1s.i era svol~, :iinvece, UIIla cer1morua :JIIl onore del Pires~dente uscente Mario Berri. In quell'oooasione l'Avvooato Generaile, nel riv~gere un saiLuto aJ Rresiidente Beni, aveva constatato come gli auspici formuiati aJJ'atto del SUO insediamento si fossero pienamente realizzati nel corso di una feconda e felice Prima Presidenza. L'indiirizzo prornu1noiato dall'Avvocato Genera> le in oocasiO!Ile dell'iinsediamento d~l Prsidnte Berri staio pubblicato in questaRassegna nel n. 2 dd 1981. Tra i primati, che sono stati test illustrati, del Presidente Mirabelli c' quello dell'immediatezza, che per la prima volta si verifica, della successione nell'altissima carica. C' in questa immediatezza una continuit di .sapore dinastico, con la sostituzione ovviamente al valore obsoleto del linguaggio di quello, ben pi profondo, della nobilt dello spirito e dell'elevatezza del pensiero. ' Mi gradito salutare in Giuseppe Mirabelli, sul piano personale, se egli me lo consente, l'amico illustre, al quale mi sento legato da un sentimento di antica e profonda ammirazione; come avvocato dello Stato ed a nome di tutti i colleghi saluto in lui il magistrato, il giurista, lo scienziato insigne; come servitore pubblico, quale mi onoro di essere, rendo omaggio al Grand Commis dello Stato, che ha dimostrato nella poliedricit delle sue multiformi esperienze come nel giurista di razza si possano felicemente associare alla profondit della scienza e alla dignit dell'intemerata coscienza anche il senso dello Stato, come imperativo morale, ed il pragmatiSmo dell'azione, come espressione e aspirazione alla pi completa realizzazione della propria personalit. E la personalit di Giuseppe Mirabelli si rivela tra le pi compiute, suggestive ed ammirevoli, come testimonia il suo curriculum vitae. VI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Uomo di pace, come tutti i giuristi saggi, assolve tuttavia i suoi doveri verso il Paese in guerra, pagando il tributo di una lunga prigionia. Uomo di scienza, concilia l'astrazione della teoria, insegnata dalla prestigiosa cattedra che fu di Andrea Torrente, con la concretezza del quotidiano cimento giudiziario. Uomo di toga, affronta l'esperienza dell'amministrazione attiva esercitando con capacit ed efficienza compiti di alto impegno e responsabilit. Le sue pubblicazioni scientifiche costituiscono punti fermi sullo sviluppo della dottrina giuridica, la sua carriera nella magistratura -fu primo nel concorso per l'Appello e in quello per la Cassazione - un esempio raro e un ricordo dei tempi in cui il merito e il sacrificio personale erano la via maestra per il successo. Tempi verso i cui costumi, dopo non felici diverse esperienze, il pendolo della storia sembra avere iniziato il suo ritorno. Sono lieto ed onorato di essere tra quanti lo accolgono in questa aula con un saluto di benvenuto e mi sia consentito chiudere questo breve indirizzo con un augurio di buon lavoro che anche la pi facile delle profezie: sappiamo gi, noi tutti qui riuniti, che la ;presidenza Mirabelli sar per la Cassazione, per gli studiosi e gli operatori del diritto, per il P~se, una d quelle destinfl.fe a durare come indimen ticabili nel tempo. . - .. . . . Sono questi il saluto e l'auspicio che formulo, caro Presidente, a nome dell'Avvocatura dello Stato -che ha il privilegio di essere la quotidiana interlocutrice di questa Suprema Corte -a nome di tutti i colleghi e mio personale con sentimenti di profonda ammirazione e di deferente amicizia. I I I i I f, I f I ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI E QUESTIONI BAFILE C., Considerazioni sull'emersione di plusvalenze della societ incorporante nell'operazione di fusione . . . . . . . . . . . . . pag. 769 BAFILE C., Due diversi orientamenti nello stabilire gli effetti della dichiarazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 780 DE $TEFANO A, Subingresso nella clausola compromissoria e successione nel rapporto di assegnazione di terreni soggetti alla riforma fondiaria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . " 731 FAVARA F., La semplice estimazione ed il controllo giurisdizionale sull'atto amministrativo di accertamento tributario . . . " 633 FAVARA F., Un altro colpo alla legge Bucalossi n. 10 del 1977. " 644 FIUMARA O., Sulle limitazioni alla libera circolazione dei cittadini comunitari per motivi di ordine pubblico; condizioni e garanzie procedurali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 687 LA REDAZIONE, L'Avvocatura dello Stato e il patrocinio legale delle Regioni a statuto ordinario . . . . . . . . . . . . . . . . . . . " 706 PARTE PRIMA INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA PARTE PRIMA INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA AGRICOLTURA E FORESTE -Riforma agraria -Assegnmlione di terreni -Morte dell'assegnatarfo e rinuncia degM eredi al subentro -EstimJione del rapporto, con nota di A. DE STEFANO, 731. -Riforma agraria -Assegnazione di terreni -Morte dell'assegnatario Oggetto della successione, con nota di A. DE STEFANO, 731. - Riforma agmrfa -Controversie inerenti a pretese indennit mig1ioritarie -Giurisdizione dell'A.G.O. - CondizioilJi e Mmi.ti, con nota di DE STEFANO, 731. APPALTO -Appalto di opere pubblkhe -Arbitrato -Deolinatoria cli competenza arbitrale -Termine -Inderogabilit, 843. -Appalto dQ opere pubbliche -Arbitrato -Discip1ina del capitolato generale opere pubbMche -RJlevanza normativa -Derogabilit convenzionale -Esclusione -Fattispecie -Facolt di declinare la competenza arbitrale, 843. -Appalto di opere pubbHche -Onerosit e difficolt di esecuzione Equo compenso -Pronunzia che esclude derivare il diritto da fatto colposo dell'Amministrazione e spettare interessi per il corso del giudizio -Impugnazione della seconda parte per violazione delio art. 36 ult. cpv d.P.R. 16 lug1io 1962, n. 1063 -Infondatezza, 849. - Appalto di opere pubbliche -Pagamento del prezzo -Interessi -Decorrenza -Disciplina prevista dall'art. 36 comma 4 capitolato gen. oo.pp. -Enti non soggetti a controllo preventivo del1a Corte dei conti - ApplkaooHt -Esclusione -Art. 1224 cod. civ. -Si applfoa, 843. -Appailto di opere pubb1iche -PI'ezzo Interessi -Decorrenza -Discip1ina del capitolato gen. oo~pp. -Deroga alla disciplina codicistica -Il!eghtimit -Esclusione, 849. -Appalto di opere pubb1iche -Regione SioiLiana -Anticipazioni -Recupero -In oaso di rescissiione -Modalit -Previa approvazione della contabilit firnale -Prescrizione - Dcorrenza -Dalla 'approvazione, 853. -Appalto di opere pubblkhe -Regione sioi1iana -Anticipazioni -Recupero -Mediante ingjunzione fiscale -Legittimit, 853. -Onerosit e difficolt di esecuzione -Discip~ina previista dall'art. 1664 cod. oiv. -App1icazione a cause non naturali -Esclusione, 843. ARBITRATO -Clausola compromissoria -Sua autonomia e sua estensibilit nei confronti degM eredi della parte contraente -Condizioni, con nota di A. DE STEFANO, 731. -Questioni in terna idi potest decisionale deg1i arbitri -lHlevabildt di ufficio, con nota di A. DE STEFANO, 731. ATTO AMMINISTRATIVO -Attestato -Efficacia probatortla Limiti, 767. -Presunzione di legittimit -Ammissibilit di prova contrartla -Criterii Limiti, 767. AVVOCATURA DELLO STATO -Patrocinio degli enti pubblici non statali -Deliberazione -Atto ~nterno -Esistenza del mandato -Contestazione -Inammissibilit, con nota deHa Redazione, pag. 706. : P1Pat111t11J11111r:111I::111f~mrrJr:Ba1:ri1:iilirr(rrt11::;1]:11=~:=:r1111&rr11:1tr1fsr4 INDICE DELLA GIURISPRUDENZ/\ -Regioni a statuto ordinario -P1atrocilllio della Avvocatura -Re_gimi processuaii preV1isti dall'art. 1107 d.P.R. n. 616 del 1977 e dall'art. 10 della legge n. 103 del 1979 -Diversit di discipLina -Incompatibd1it -Esclusione -Indipendenza funz;ionale dell'Avvocatura nei rapporvi isHtuzJi.o. m~li fra le Ammilllistriaz;iomi statali e regionald a garanz;ia dell'unit dell'ordinamento giuridico, con nota della Redazione, pag. 705. COMPETENZA CIVILE. -Impiego pubbliico e privato -Diritti patrimoniali -Svalutazione moneta11fa -Giurisdizione amministrativa, 758. COMUNITA' EUROPEE -Corte di gJustizia -Pronuncia pregiiucliziaJe ai sensi dell'art. 177 del tmttato CEE -Richiesta da parte di un arbitro convenzionaile -Irnicevibilit, con nota di P. G. FERRI, 675. -Libe:m circolaz;ione delle persone Limitazione di ordine pubblico Conclizioni, 680. -Libera oircolazione de!Ie persone Limitazdoni per motiv'i di ordine pubblico -Garan:llie proceduraii, 680. CONTABILITA' PUBBLICA -Contratto del)a p.a. riure prfvatorum -Disciplina del rapporto -Norma del coctiice civile -App1icabiiit - Manoato pagamento del canone di locaziione -Risoluzione -.Ammissibilit, 757. ' -Obbligazioni pecuniarie contrattuali -BsigibUit e liquidit -Mandato di pagamento -Interessi corl'lispettiv. i -Non decorrono:,prima dell'emissione -.Interessi moratori -Decorrono se configurabile la mora, 757. COSA GIUDICATA PENALE -Sentenza -Effetti -Giudicato penale -Rapporto con il giudizio ammd nistratiivo -Diversa valutaz;ione dei fatti materiald accertati -Crtlteri, 766. DEMANIO -Bellezze panoramiche -Tutela dei Colli Euganei -Censura di incostituzionalit della legge 1097 del 1971 in relaz;ione agl1i artt. 3 e 42 della Costltu:llione -Infondatezza, 766. -Bellezze panoramiche -Tutela dei Colli Euganei -Censura di incostituzionalit della legge 1097 del 1971 in relaz;ione all'art. '117 Cost. ~ Infondatezza, 766. -Demando archeologico -Tutela di beni archeologici -Vdncolo diretto Es~ genza di una motivazion specif, ica -Sussdste, 767. -Servit pubb1iche -Deputatio ad cultum -Atto dell'autorit ecclesfastica -Prova -Esposizione seclare al pubblico -Presunzione di es,i stehza dell'atto -Esclusione, 741. -Servit pubbliche - Deputatio ad cultum -Effett-i nell'orddnamento civ.ile, 741. -Servit pubb1iche -Estinzione -Dipinto esposto in chiesa e sosmtuito con una copia -Estinzione della servit -Esclusione, .741. -Servit pubbliche -Dicatio ad. patriam -Condizioni, 741. ESPROPRIAZIONE PER P.U. -Concorso di pi enti nella realizzazione dell'opera pubbldca -Deleg.azio n, affidamento, finanziamento, sostituzione -Legittimazione (attiva e passiva) ' nei confronti -dei soggetti che subisc6no l'esproprio -lndividuaz; ione, 750. -Occupazione -Costruzione di opera pubblica pur in mancanza del decreto di esprop11io -Illecito permanente -Esclusione, 746. FALLIMENTO -Sentenza dichiarathna -Successiva sentenza .penale di condanna -Credito delle spese processuali -Na RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tura -Differenziaziione rispetto alle spese di custodia preventiva -Ammissione a:l passivo -Esclusione, 751. GIURISDIZIONE CIVILE -Agevolazioni tributarie -Previo accertamento di presupposti di fatto tassativamente prescritti dalla legge -.Posizione di coltivatore diretto Accertamento -Esclusione di. autonom] a e di valutazione discreziona 1.e -Illegittimit -Giurisdi:zdone oroinaria, con nota della Redazione, 706. -Giuri.sdi2lione ordinaria e amm1rnstrativa -Controversia relativa allo accertamento dei presupposti per la attribuzione delle entrate sostitutive di cui art. 7 d.P.R. 26 ottobre 197'2 n. 6~8 -Giurisdizione. del' ~iidi ordina11io, 697. -Omissione contributiva -Controversie -Giurisdizione ordiooria e amministrativa -Criterio di ripartizione, 730. -Regolamento preventivo -Proposizione da parte del convenuto che si ritiene estraneo alla lite -Questione sulla legdttima::zdone -AmmissibiHt, 725. -Sanit -Servizio sall!itario nazionale -Ambulatori e strutture convenzionati -Rapporti -Posizioni di interesse legittimo -Lesione -Giurisdizione amministrativa, 725. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA -Ricorso straordinario -Trasposizione in sede giurisdizionale -Pu essere richiesta anche dalla ammindstrazione resistente, se diversa dallo Stato, 668. GUERRA -Cont:riibuto -Diritto ~ Momento n cui sorge -Lavori di ripriistino comp. iuttl dallo Stato -Diritto di credito dello Stato -Conguaglfo -Ammissibilit -Mancata liquidazione del cont:riibuto -Diritto di credito dello Stato per H ripristino -Mancato esercizio -Prescrittibilit, 748. IMPIEGO PUBBLICO -Aillenatore di federazione sportiva Rapporto di lavoro subordinato e non autonomo -Giurisdizione ammill! istmlliva, 7'59. -Rapporto a tempo determinato Regola11izzazione 1assicurattiva -Diritto del dipendente -Prescrizione T, ermine applicabi!le, 759. -Rapporto a tempo determinato ripetutamente rinnovato -Conversione iin mpporto a tempo dndetermin: ato -Difetto di tempestiva dmpugnazione dell'apposizione del termine -Esclusione, 760. -Rapporto a termine ripetutamente rinnovato -Conversione m :rapporto a tempo indeterminato -Difetto di . tempestiva impugnazione delLa -a'pposizotte de1 tfuifo:; 759. -Stipendi, assegni e :indennit -Svalutazione monetaria -Mora ex re Conseguenza -Atto di costituzione in mora -Non occorre, 758. -Stipendi, assegni e indennit -Svalutazione monetaria -Rilevanza, 758. LAVORO -Infortunio -Infortunio in itinere Nozione, 754. MINIERE E CAVE -PJano regolatore -Contenuto -Cave -Divieto di coltiva2lione -Legittimit -Fattispecie, 760. OBBLIGAZIONI -Pagamento demindebito -Indebito oggettivo -Accepiens in buona fede -Restituzione dei frutti e degli interessi delta domanda, intesa come .domanda giudiziale -Fattispecie, 747, PRESCRIZIONE -Interruz;ione -Domanda inammissibile -Efficacia di domanda giudiziiale, 853. INDICE DELLA GIURISPRUDENZA Xl PROCEDIMENTO CIVILE -Foro de11o Stato -Chiamata in giudizio iussu iudicis e chiamata din garanzia -Equiparabi1it agli effetti dell'art. 6 della legge n. 16'11 del 1933 -Costituzione della p.a. senza sollevare eccezioni -Equiw1lenza con l'intervento volontario, 721. -Regolamento di confini -Azione di accertamento della propriet della cosa prinoipale -Pregiudizialit Esclusione, 721. REATO -Invasione di terreni -Reato normalmente permanente -Struttura unitariia del reato permanente, 862. -Omissione di atti d'ufficio -Richiesta di informazioni alla P.A. ex art. 213 c.p.c. -F.issazione di termine Non previsto -Normalit dei te:rnpi tecnici per la risposta -Insussisten-. za del l'eato, 863. REGIONI. -Disposizione legislativa regionale riproduttiva di disposizione legislativa statale -Applicabilit residuale della norma riprodotta -Irriilevanza Disposizione legislativa regionale confermativa di v,incoli urbandstici ad essa preesistenti Efficacia retroattiva Illegittimit costituzionale, 642. -Legge regionale limite dei pni.ncipi fondamentali stabiliti dalle leggi deLlo Stato -lneffiicacia sopravvenuta delle licenze o concesSIoni ediliziie -Disposta direttamente dalla legge regionale Legittimit costituzionale, 642. TRIBUTI ERARIALI DIRETTI -Dichiara:llione dei redditi Effetti Tributi locaLi -Imposta locale sui redditi Deduzione ex art. 7 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599 -Omessa 1:1ichiesta con la dichiarazione -Richiesta successiva in sede di ricorso contro .il ruolo -Ammissibilit, 799. -; Dichiarazione Naturia Iscrizione a ruolo -Rkorso Imposta locale sui redditi -Deduzione ex art. 7 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599 non domandata con la dichiarazione Ammissibilit, 781. -Imposta sui redditi di ricchezza mobile Contributi ~n conto capitale Ammortamento di beni strumentali Valore al ilo!'do dei contributi, 8113. -Imposta sui redditi di ricchezza mobile -EsenZJione decennale per nuove imprese artigiane o piccole !industrie in isarcibilit del pregiudizio economico .. Esclusione -Svuotamento del diritto di propriet senza indennizzo .. Risarcibilit del pregiudizio eonom>ico -Proponibilit deUa domanda, con nota di F. F1avara, 644. -Piano regolatore .. Contenuto -DiscipHna dell'attivit estrattiva -Per tutela paesistica e ambientale .. Possib> iliit, 760. -Vincoli urbnistici Jmpostii da .strumenti urbanistici... Legge Bucalossi .. Non ha direttamente innovato la di. sciplina dei Vlincoli .. Legge n. 1187 del 1968 .. Leg.ittiirnit costituzionale, con nota di F. Favara, 643. -Vincoli urbanistici preordinati a. sue.. cessiva espropriazione .. Termine di durata -Allungamento con legge regionale siciliana .. Legittiimit costituzionale, 641. INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 25 marzo 1982, n. 57 pag. 633 )) 29 aprile 1982, n. 82 641 29 aprile 1982, n. 83 642 )) )) 12 maggio 1982, n. 91 642 12 maggio 1982, n. 92 643 )) )) 29 luglio .1982, n. 148 668 CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE 23 marzo .1982, nella causa 102/81 . . . pag. 675 18 maggio 1982, nelle cause U5 e 116/81 680 )) GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 16 marzo 1981, n. 1474 pag. 741 Sez. Un. Civ., 7 maggio 1981, n. 2951 )) 644 Sez. Un., 13 luglio 1981, n. 4549 )) 697 Sez. I, 1 settembre 1981, n. 5019 )) 769 Sez. I, 15 ottobre 1981, n. 5401 . 776 Sez. I, 21 ottobre 1981, n. 5506 )) 780 Sez. I, 17 novembre 1981, n. 6095 )) 781 Sez. I, 5 febbraio 1982, n. 658 . )) 793 Sez. I, 16 febbraio 1982, n. 952 )) 799 Sez. J, 16 febbmio 1982, n. 959 )) 805 Sez. I, 27 febbraio 1982, n. 1268 )) 808 Sez. I, 9 marzo 1982, n. 1471 )) 813 Sez. I, 10 marzo 1982, n. 1544 . )) 816 Sez. i; 13 marzo 1982, n. 1638 . )) 843 Sez. Un., 15 marzo 11982, n. 1672 )) -705 Sez. Un., 15 marzo 1982, n. 1674 )) 819 Sez. I, 17 marzo 1982, n. 1731 )) 821 Sez. I, 24 marzo 1982, n. 1856 )) 824 Sez. I, 2 apnile 1982, n. 2021 )) 827 Sez. I, 6 aprile 11982, n. 2107 )) 746 Sez. I, 6 aprile 1982, n. 2108 )) 833 Sez. I, 7 aprile 1982, n. 2138 )) 747 Sez. I, 7 aprile 1982, n. 2139 )) 748 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO XIV CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 14 aprole :1982,. n. Sez. I, 17' apl'1le 1982, n. Sez. I, 19 apnile 1982, n. Sez. I, 22 aprile 1982, n. Sez. I, 26 aprile 1982, n. Sez. I, 1 grugno 1982, n. Sez. Un., 9 giugno 11982, 2233 2340 2407 2478 2554 3343 n. 3474 Sez. Lav., 12 giiugino 1982, n. 3583 Sez. I, 14 giugno 1982, n. 3618 . . Sez. III, 14 giugno 1982, n. 3624 . Sez. Un., 28 gLugino 1982, n. 3893 Sez. I, 29 giugno 1982, n. 3904 . CORTE DI APPELLO DI BARI Sez. I, 30 aprile 1982, n. 284 ..................... GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI ST.\TO Ad. Plen., 15 dicembre 1981, Ad. Plen., 15 dicembre 1981, Ad. Plen., 23 febbraiio ;1982, Ad. Plen., 9 marzo 1982, Sez. VI, 12 gennaio 1982, Sez. VI, 29 gennaio 1982, Sez. VI, 29 gennaio 1982, n. n. 11 n. :12 n. 1 3 . n. 19 n. 39 n. 45 pag. 834 )) 721 )) 836 )) 750 )) 841 751 )) 725 )) 754 )) 849 )) 757 730 852 pag. 731 pag. 760 759 758 760 766 )) 767 )) 767 GIURISDIZIONI PENALI CORTE DI CASSAZIONE Sez. Il, 20 marzo 1982, n. 3006 ..................... pag. 862 TRIBUNALE DI ROMA Sez. Il, 20 ottobre 1981 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 863 PARTE SECONDA INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLE CONSULTAZIONI LEGISLAZIONE QUESTIONI DI LEGITTIMIT COSTITUZIONALE I) Norme dichiarate incostituzionali pag. 167 Il) Questioni dichiarate non fondate 168 III) Questioni proposte )) 171 PARTE PRIMA ! ( I I l I I SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE(*) CORTE COSTITUZIONALE, 25 marzo 1982 n. 57 -Pres. Elia -Rel. Saja - Micangli e altro (avv. Adonnino e Sarlo) e Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Angelini Rota). Tributi in genere -Contenzioso tributario Competenze della Commis sione tributaria centrale Eccesso di delega Non sussiste. (art. 76 Cost.; d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636, art. 26). L'espressione per soli motivi di legittimit, usata dall'art. 10 n. 14 della legge delega 9 ottobre 1971 n. 825, non si riferisce unicamente alle questioni di diritto, ma pu comprendere -nei limiti stabiliti dall'art. 26 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636 -anche talune questioni in punto di fatto. (1) (omissis), Con esse la Corte di cassazione dubita della legittimit costituzionale dell'art. 26 della legge delegata, relativa alla revisione della disciplina del contenzioso tributario (d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636), in riferimento all'art. 76 della Cost., per eccesso dai limiti posti dalla legge delega 9 ottobre 1971 n. 825 sulla riforma tributaria. Precisamente, si (*) Motivi di impaginazione hanno indotto a pubblicare gli articoli di questa primasezione in questa sede invece che nella parte II, ch sarebbe stata la sua naturale. Gli articoli, infatti, esprimono solo il pensiero del loro autore, come tale non riferibile a questapubblicazione di servizio. (1) La semplice estimazione ed il controllo giurisdizionale sull'atto am ministrativo di accertamento tributario. Pu a;pparire singolare che la Corte di cassazione, con la ordinanza di rinvio 15 maggio 1980, abbia rimesso aUa Corte costituzionale una questione di legittimit costituzionale molto circoscritta, potrebbe dirsi ritag!Jiata , e riguardante soltanto l'art. 26 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 (in relazione ahl:'art. 76 Cost.), senza estendere il sindacato costitZionale anche alla dispasizione (!l'art. lO n. 14 della legge delega 9 ottobre 1971 n. 825) che, irrazionalmente posponendo la proponibilit dinanzi a:lila Corte di appello di uri giudizio anche per questioni di fatto (con l'eccezione di quelle di semplice estimazione) all'infruttuoso decorso del termine per ~a proposizione dinanzi ailfa Commiissione tributaria centrale di un giudizio per soli motivi di legittimit, ha reso inevitabile e la sentenza in rassegna si fatta esplicito carico di tale inevitabilit -la identit di competenza dei men zionati due organi. Ci, malgrado alla iildentit di competenza (rectuis, dei ldmiti alla competenza) non segna affatto tma identit dei poteri istruttori (dive11si, e nel compilesso :pi ampi, quelli riconosciuti dal codice di procedura civile alla Corte d'appello) e neppure segna una simiglianza nei connotati dei due procediment,i (quello dinanzi alla Commissione tributaria centrale -lascia ben scarso spazio al contraddittorio tra le partii); e malgrado in dottrina non siano mancate perplessit suhla costituzionalit del sistema di giustizia tributaria sommariamente RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 634 deduce che, mentre l'art. 10, secondo comma, n. 14, di detta legge prevede la possibilit di ricorso alla Commissionae tributaria centrale per soli motivi di legittimit, il denunciato art. 26 dispone che il ricorso pro ponibile, oltre che per violazione di legge, anche per questioni di fatto , escluse soltanto quelle relative a valutazione estimativa ed alla misura delle pene pecuniarie. Questa ultima norma potrebbe cos dar luogo ad un contrasto con la norma posta dal menzionato art. 10, secondo comma, n. 14, in quanto essa amplierebbe illegittimamente la previsione accolta dal legislatore delegante. La questione non fondata, dovendosi escludere il prospettato eccesso di delega. Preliminarmente necessario stabilire il significato della espressione per soli motivi di legittimit, con cui nel ricordato art. 10, secondo comma, n. 14 della legge delega indicata la competenza da attribuire da parte del legislatore delegato alla Commissione tributaria centrale. Nelle ordinanze con le quali stata sollevata la questione di legittimit costituzionale, si deduce che l'espressione per soli motivi di legittimit potrebbe equivalere a motivi attinenti esclusivamente a questioni tratteggiato dalla legge delega, e proprio sul punto della posposizione della proponibilit della a:cione giudiziaria (espressione questa usata dall'art. 10 n. 14 citato soltanto rper il giud:izio dinanzi .alla Corte di ap"pehlo) e sul ruolo subalterno a tale azione assegnato. 1Sarebbe dunque stata fogica la rimessione alla Corte costituzionale di tutte le disposizioni relative alta opzione tra Commissione tributaria centrale e Corte di appelolo: cosa questa che per avrebbe messo in discussione la artificiosa saldatura tra i due gradi di merito dinanzi aHe commissioni tributarie ed il giudizio, sia pur eventuale, dinanzi alla Corte di appello, e -con essa la legittimit dell'operazione di giurisdizionadizzazione di tutte le commissfoni tributarie (sulla quale sia consentito rinviare alla nota su Il doppio grado di giurisdizione di merito ed il processo tributario, su questa Rassegna, 1982/225). Si .invece sohle\'ata una questione di costituzional.dt, come osservato, accuratamente ritagliata '" che -ove accolta -avrebbe solo condotto ad una riduzione dell'ambito di competenza della Commissione tributaria centvale, organo questo -non da tutti amato perch in condominio tra le varie magistrature e con altri componenti. La singolarit cui si accennato in apertura pu avere pi spiegazioni al tl:ivello -insondabile -delle intenzioni. Oggettivamente essa si colloca in una linea -ben pi esplicitamente espressa dalle sentenze delle Sezioni Unite della Corte di cassazione con le quali stato ritenuto iJ carattere esclusivo dellia competenza delle commissioni tributarie -di sostanziale sostegno ad un sistema di giustizia tributaria caratterizzato dalla emarginazione delila azione giudiziaria dinanzi aihle Corti di appello e da una accentuata valorizzazione di commissioni tributarie ormai egemonizzate dalila magistratura ordinaria. Ed, in effetti, mediante la valorizzazione delle commissioni, sono stati indirettamente raggiunti obiettivi lungamente perseguiti, quali: a) la demolizione deL limite della estimazione semplice>>, che in passato er.a stato contrastato mediante il ricorso alla nozione di estimazione comptessa o ad altri strumenti a volte (come fa presunzione di verit dei bilanci societari) poco riguardosi delle esigenze fiscali; PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 635 di diritto. Essa corrisponderebbe, in sostanza, al disposto dell'art. 360 n. 3 cod. proc. civ. relativo all'ambito del giudizio di cassazione, nel quale, com' noto, non ammesso l'esame del fatto , sicch l'attribuzione alla Commissione tributaria centrale della cognizione anche delle questioni di fatto, operata dalla legge delegata, trascenderebbe i limiti della delega. Tale corrispondenza non pu per ritenersi sussistente. La formula usata dalla legge delega tradizionalmente propria del processo amministrativo, nel quale, secondo un orientamento generalmente accolto, il giudice, anche quando investito del solo sindacato di legittimit dell'atto amministrativo, ha il potere di conoscere le questioni di fatto la cui risoluzione necessaria per verificare l'esistenza dei vizi dell'atto impugnato. Il giudice amministrativo, invero, dispone di un ampio potere di ricostruiI'e fa realt materiale presupposta dall'atto amministrativo o sulla quale quest'ultimo deve esplicare i suoi effetti, in b) il superamento del di'Vlieto per qualsiasi giudice di sostituire gli atti della amministrazione (non a caso stato negli ultimi decenni coltivato il tentativo di declassaTe l'atto di accertamento a semplice provocatio ad agendum); e) la devoluzione a sedi per certi versi di arbitrato permanente di un lavoro che altrimenti rientrerebbe nei normali doveri di servizio. Che un siffatto sistema di giustizia parallela sia o meno realmente compatibile con la Costituzione -ed anche con la legge delega n. 825 del 1971 - preoccupazione che stata accantonata e rimossa. Cos stato di buon grado accettato un appannamento dei pur fondamentali principi enunciati dai primi due commi dell'art. 102 Cost., appannamento operato mediante una discussa dilatazione del dovere di rewsione posto dalla VI disposizione transitoria; d'ailtro canto, non stata adeguatamente avvertita la necessit di assicurare agili estranei che partecipano aill'amministrazione della giustizia (e si vuole sia giustizia pure quella resa dalle commissioni tributarie) una indipendenza da intendersi, prima che come insieme di guarentigie-privilegi , come rigiido divieto di far incetta di incarichi o benefici poldtici, 'professiona:Li, amministrativi, ecc., e, al limite, come divieto di aderire a partiti politiei (art. 98 Cost.). Qui per interessa soprattutto sottolineare che si tranquilJamente igno rato e vanificato il limite alfa giurisdizione segnato daill'ultimo comma deH'art. 113 Cost. (gli organi di giurisdizione possono solo annullare nei casi e con gili effetti previs1li dailla legge gli atti dehla pubblica amministrazione, e non anche sostituire tali atti ben pi pesantemente invadendo l'ambito dell'Esecutivo), li mite ben poco compatibide con una giurisdizionalizzazione di, commissioni tri butarie rimaste dotate di poteri sostanzialmente amministrativi. Pervero, la sussistenza di detto limdte era stata avvertita dal IegisLatore delegante, il quale -pur con riferimento all'ambito della cognizione del giudice (in senso ilrato, la causa petendi) anzich a quanto dal giudice ottenibHe (la controfigura del pe titum) -aveva confermato il secolare divieto per il giudice di sindacare gli atti dell'amministrazione finanziaria per quanto attiene alle questioni di sempdice estimazione ; J'ansia di pervenire ad una giurisdizionalizzazione :purchessia di tutte le commissioni tributarie ha per celato la profonda irrazionalit sul piano politico prima che giuridico di riconoscere ad organi quaJi le commis sioni tributarie, meno rassicuranti di una giurisdizione professionale, un ambito 636 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO quanto l'erronea supposizione o conoscenza di detta realt da parte della amministrazione pu stare alla base dei vizi di legittimit dell'atto: il che macroscopicamente si verifica nel caso di eccesso di potere per travisamento dei fatti. Il controllo sulla ricostruzione della realt materiale risulta di pi difficile distinzione dalla valutazione di tale realt alla sfregua di precetti non giuridici (ossia. dalla valutazione di merito), quando il giudizio verta sull'applicazione di disposizioni di legge formulate per clausole generali (quali urgenza, pericolosit, grave inadempimento, operazione. speculativa) in cui il giudizio sul fatto si intreccia con giudizi di valore. Peraltro, anche gli apprezzamenti dell'amministrazione, sottratti per il loro oggetto al sindacato giurisdizionale, ben possono essere controllati dal giudice al fine di accertare la correttezza del procedimento di formazione di essi, per cui pu essere necessaria la ricostruzione dei fatti posti a base della valutazione effettuata dalla pubblica amministrazione. L'espressione per soli Il10tivi di legittimit non si riferisce dunque, nel suo significato letterale, ad un giudizio che verta esclusivamente su di cognizione pi ampio e potevi decisionali pi penetranti di quelli riconosciuti aLla magistratura ordinaria. A ben vedere, per, proprio la esplicita conferma del permanere del limite della .semplice estimazione dato normativo di sicura significativit nel senso di escludere la degradazione dell'attivit amministrativa di accertamento tributario ad attivit meramente istruttoria ed equiparabile a quella svolta da qualsiasi creditore privato da oneri di domanda, di allegazione e di prova dei fatti costitutivi del proprio cred~to. Degradazione -questa -desiderata e perseguita da pi parti, e con diverse anche se convergenti motivazioni: m tal senso da decenni opera un insieme formato da un lato dai patrocinatori a vado titolo dei contribuenti e daild'altro fato da coloro che sono investiti di funzioni giurisdi2fonali in materia tributaria, insieme che si avvale di orienta menti accademici non casualmente portati avanti su temi solo all'apparenza astratti ed innocui (ad esempio, sul carattere vincoLato e dichiarativo dell'attivit di accertamento) e che forse, all'epoca defila riforma tributaria non ha incontrato sulla propria strada forze culturahl e politiche capaci di una adeguata resistenza. Sicch, oggi si va diffondendo la sensazione che, prima deJ;le pronunce delle commissioni tributarie, non si incontri alcun atto amministrativo, e che i pro cedimenti di imtposizione tributaria siano inidonei a produrre quei risultati che gli altri proceclJimenti amministrativi normalmente producono: in altre parole, si va diffondendo la sensazione che ogni potest decisionale in materia tributaria sia in pratica devoluta ahle commissioni tributarie (salvo d'area spettante ai giudici penali) e che all'amministrazione finanziaria non residui altro ruolo che quello di un grande ufficio is.truzione per di pi con poteri inquirenti (ri dotti) ai~ servizio della giurisdizione. Letta neL contesto di tale problematica, la sentenza defila Corte costituzio nale in rassegna appare di notevole interesse. Essa, al fine (di limitata impor tanza) di salvare la predetta inevitabile equiparazione tra Corte di appello e Commissione tributaria centrale, tenta di ravvicinare due nozioni -quella PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE <>37 questioni di diritto, ma comprende -nel senso e nei limiti predetti anche quello relativo alla realt materiale. Conseguentemente la formula, usata dall'art. 10 n. 14 delJa legge delega n. 825 del 1971 per delimitare la competenza della Commissione centrale, non autorizza affatto l'interprete a ritenere che essa escluda la cognizione delle questioni di fatto. Ulteriori argomenti, di carattere storico e sistematico, confortano quanto ora ossevvato suH'elemento fotterade e indrucono a dare con siourezza soluzione negativa al dubbio prospettato. Nel sistema del contenzioso tributario vigente all'epoca dell'approvazione della ricordata iegge delega n. 825 del 1971, la Commissione centrale delle imposte aveva una competenza che, per communis opinio, si estendeva anche alle questioni di fatto, restandone escluse solo le con troversie di estimazione semplice; si controverteva in dottrina e in giurisprudenza sull'estensione di questa ultima nozione, ma non si dubi di motivd di legittimit e quehla di questioni di semplice estimazione che hanno avuto origini e storie motto diverse nel corso di oltre un secolo. Come noto, la distinzione tra legittimit e merito risale all'epoca (fine del XV.III sec(}lo) in cui si affermato il ;prlanaro della legge (ossia del potere legisil:ativo esercitato, nell'effettivit, della borghesia emergente) nei confronti da un lato del Re e dehl'esecutivo e d'altro lato dei giudici, ed evoca compiti di controllo sull'esercizio dei poteri subalterni al legislativo (>, ossia strumenti probatori composti dalla diretta o indiretta percezione di una o pi circostanze indizianti note e da un giudizio probabilistico che da dette circostanze note nisale ad un fatto ignoto '" un controllo PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 639 adoperato, nell'indicare la possibilit di ricorso, la espressione per soli motivi di legittimit , la quale, come ora si accennato, nella comune accezione in materia tributaria, non escludeva l'esame delle questioni di fatto. Peraltro, se il legislatore, pur adoperando una locuzione analoga o addirittura eguale a quella usata in leggi precedenti, avesse voluto mutarne il significato, avrebbe dato sicuramente esplicite indicazioni nel corso dei lavori preparatori, opportunamente enunciando le ragioni che lo avevano .indotto a distaccarsi dai criteri del precedente sistema. Tali lavori, per contro, nulla dicono al riguardo e il silenzio non pu non risultare significativo e chiaramente rivelatore della volont diretta a non introdurre sul punto alcuna innovazione. Sotto diverso profilo, va osservato che l'art. 10, secondo comma, n. 14 cit. dispone l'alternativit tra H ricorso alla Commissione centrale e l'impugnazione avanti la Corte d'appeUo, ma questa pu essere proposta soltanto dopo che sia decorso inutilmente il termine per il ricorso alla Commissione centrale. giurisdizionaile dahl'esterno sulle presunzioni formate dall'amministrazione pubblica e da essa ut~1izzate non equivale a seIIlll?lice sovrapposizione e sostituzione di un giudizio probabilistico formulato ex novo ed in tutta Mbert dal giudice sul (al) giudizio probabilistico formulato dail funzionario, ma si esaurisce in un sindacato sulla logicit del giudizio formulato dal funzionario; con il corollario che, in difetto di illogicit, tale giudizio non pu essere sostituito da un diiverso giudizio elaborato in sede giurisdizionale; III) con Je presunzioni utilizzabili per la ricostruzione di uno o pi fatti non possono essere confuse le stime che invece sono atti dell'amministrazione pubblica chiamati dal Jegislatore a fungere -in sostituzione di fatti direttamente percepiti dalla realt extratributada -come componenti di fattispecie costitutive di crediti tributari; come rillevato da CARNELUTTI (La prova civile, 2a ed., 1947, 31 e segg.) il processo di tr!ISformazione (da astratto in concreto) dei! comando contenuto nehla norma giuridica diretto non alla conoscenza del fatto controverso cio aMa sua posizione secondo la realt effettiva, ma ad una sua determinazione o fissazione formale , e a tal fine pu essere disciplinato in modo da pervenire alla sostituzione di uno o pi elementi della fattis,pecie mediante un fatto diverso, che ne costituisce l'equivalente; una stima formata dall'amministrazione -appunto -un fatto diverso equivalente (ancorch non giudiziario) ad una reailt materiale, e non pu che essere controhlata dall'esterno, se non si vuole pervenire -in contrasto con le disposizioni che prescrivono procedimenti amministrativi per la determinazione formale di tale fatto diverso -alla pura e semplice sottrazione alJ'amministraZJione e devoluzione al giudice del compito di porre in essere detta determinazione formale . Taluno potrebbe obiettare che trattasi di sfumature poco incisive, posto che in pratica un giudice pu sempre trovare una pronuncia rescindente atta a consentiirgili una prqpria valutazione (giudizio probabilistico, stima, etc.) rescissox1ia . Sono per sfumature tanto poco esili da non essere seriamente qualifcabiH come sfumature ; esse determinano una discip!iina tutt'altro che RASSEGNA DELL'AVVOCATURA. DELLO STATO 640 Si tratta, com' evidente, di un'alternativit imperfetta, in quanto il legislatore delegato d la preferenza al ricorso avanti la Commissione tributaria centrale (perch pi agevole ed economico), condizionando alla mancata proposizione di esso l'impugnazione alla Corte d'appello. Ora, poich questa ha istituzionalmente competenza anche sulle questioni di fatto, il che 11ibadito ooll'art. 40 del cit..decreto delegato, sarebbe II veramente assurdo, oltre che palesemente in contrasto con i precetti costituzionali (artt. 3 e 24 Cast.), che una parte fosse arbitra, ricorrendo alla Commissione tributaria centrale, di limitare la difesa del proprio contradittore impedendo il riesame sulle questioni di fatto. L'inaccettabile conseguenza ora rilevata esclude la possibilit che il legislatore delegante abbia potuto volere una competenza differenziata tra I i due organi (Commissione. tributaria centrale e Corte d'appello) e impone di ritenere, invece, che l'ambito del giudizio sia lo stesso nei due casi, cos che egualmente la decisione della Commissione di secondo grado possa essere impugnata per violazione di legge e per questioni di fatto secondaria . delfa logica del giudice e quindi oneri di motivazione tutt'altro che insi,gnifcanti, specie in un settore -quello della giustizia tributaria -nel qua.le la ricostruzione puntuale dei fatti oltremodo difficoltosa e frequente mente indiziaria. Una dehle ~agioni di scarsa funzionalit della riforma tributaria del il971 risiede proprio .in ci che si sottovalutata ;ta problematica delle :prove (fo disposizioni in terna di prove sono &parse qua e ei'ente con la riferita impostazione del quesito Dl brano della sentema n. 55, ove si evidenzia che Ǐ la steS.Sa 'lligente legge: urlJanistic a considenre inerente esclusivamente abla pl'Of>riet ogni attributo delll'imm& bfile, e si aggiuDge-che i proprie.tari che vngeno a subire un trasferimnto coattivo conseguono d>l vawre venale attuale dei beni (art. 37) . A 'questo proposi. te, siignificativo (e, deve rite11e:rsi, non casuale) che non si faccia cenno al sm:essivo art. 38 de1J.a tegge urbanistica del! 1942, dis:posizi.one che in quaranta anni ha avuto rare appliicazioni ed Stata cosiantemente circondata 'da un sos-petto silenzio; laddove invece essa (.come del resto, il sopravvnto art. 16 comma sesto della Iegge n. 865 del 1971) contiene una ehiara indicazione di prinipio, e cio i'indcazione che l'edifcab.ilit -e le conseguenti plusvalenze de1le aree comprese nel1le zone di espansione,. costituita, e non solo dichiarata, da~li strumenti urbanistici regolatori ed attuativi. Quail!e sia stata la risposta della Corte costituzionale ai} quesito anzidetto noto: i vinco1i urbanistici prodotti da zonizzazioni e localizzazioni sono stati considerati non come espressioni di un connotato intrinseco della propriet fondiaria, ma come deroghe ad una supposta (o presupposta) rpienezza di tale 'propriet. mancato qua:lsiasi sforzo rper un speramento della concezione romanistica della propriet fondiaria; e ci, malgrado .il modo di: essere della economia contemporanea conduca a ravvisare ne1Ia terra una mere commodity, un fattore del:la produzione, non diverso dagli altri (ma in molte patti la moti~ vazione de1la sentenza n. 55 del 1968 culturalmente ascrivibile al primo ventennio del secolo che sta per concludersi). Peraltro, la stessa sentenza n. 55 del 1968 non ha potuto. fare a meno di confermare che il principio deihla necessit deWindennizzo non opera nel caso di disposizioni le quali si rifer RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 646 La prima frutto di un equivoco perch il giudice a quo espressamente e ripetutamente afferma di volersi attenere alla statuizione contenuta nella sentenza n. 55 del 1968 di questa Corte ed appunto, invocando tale statuizione, ritiene che il legislatore era tenuto sia a fissare il termine di durata dei vincoli urbanistici, sia a stabilire che in ogni caso era previamente dovuto un indennizzo al proprietario del bene. Ma la ricordata decisione ha chiaramente posto un'alternativa, nel senso che ha ritenuto come necessaria la previsione di un indennizzo ovvero quella di un termine di durata dell'efficacia del vincolo. Data questa alternativa, pacificamente riconosciuta in dottrina e giurisprudenza, il legislatore correttamente si limitato a fissare, per l'efficacia del vincolo, un termine massimo di durata. (omissis) Con l'impugnativa della legge regionale n. 38 del 1973, l'ordinanza di rimessione non contesta alla Regione siciliana, la potest (legislativa e amministrativa) esclusiva in materia urbanist'ica, potest e~pressamente prevista dall'art. 14 delo Statuto, approvato con r.d.l.vo 15 maggio 1946, n. 455, convertito in legge costituzionale con I. cast. 26 febbraio 1948, n. 2. Deduce invece che il maggior termine fissato da detta legge (dieci anni) rispetto a quello valido sul restante territorio nazionale (cinque anni) creerebbe un'ingiustificata disparit di trattamento. scano a intere categorie di beni ; ed inoltre ha rilevato che un problema di distacco tra l'operativit immediata dei vincoli previsti dal p.r.g. e il conseguimento del risultato fina-le (e quindi cli immediatezza deH'indennizzo) non si pone per quanto riguarda quei vincoli che sono ordinati al mantenimento delle destinazioni attuali della propriet . Il che ha autorizzato ed autorizza a ritenere che uno scorporo generalizzato del jus aedificandi dalla propriet fondiaria e, comunque, rifiuti di assenso all:a edificazione (o, Come .poco esattamente suole clirsi, vincoli non aedificandi) posti anche da strumenti urbanistici per la sempldce conservazione de1le utilizzazioni in atto, non ingenerano necessit di indennizzo i(e quincli a fortiori neppure necessit cli indennizzo immecliato). Significativamente non v', nelJla motivazione della sentenza n. 55, alcun auspicio nel senso di uno scorporo generadlizzato del jus aedificandi; anzi, ~li auspici sono nel senso di un indennizzo immecliato a carico delle col1ettivit locali dei vincoli conseguenti alle focalizzazioni ed anche a talune altre desti nazioni, ossia nel senso di una soluzione :in pratica :incompatibile con 1e condizion~ della finanza ~ocaLe e quincli con lia sopravvivenza di una disciplina urbanistica. rparso quindi subito evidente che la sentenza n. 55 avrebbe potuto tradursi in un boomerang per gli interessi usciti in quella sede vincenti. noto che la sentenza n. 55 ha prodotto una rottura di equilibri ed uno sbandamento curi il legislatore ha risposto mediante la legge Natali 19 novembre .1968 n. 1'187, ahl!epoca qmrlificata legge-tampone e riguardata come soluzione :provvisoria. Dopo akune leggi intitofate -merita sottolinearlo -proroga dell'efficacia della legge 19 novembre 1968 n. 1187 , , com' noto, intervenuta la legge Bucalossi 28 gennaio 1977 n. 10 che pur non enunciando espressamente il .principio deUa separazione (dello jus aedificandi dal diritto di propriet), afferma che H diritto di edificare pu essere esercitato soltanto attraverso una concessione / l'~ I~ llJ;Z .I,. cmJRISPRUDl!NZA COSTiTUZIONALI! On:l, sotto .UA as})etto generale, evidente. che la potest legislativa delle regioni ha la !lUa ragion d'essere nella necessit di adattare la disciplfn+t 11(>1'tnl;ltiva .alle particolari esigenze locali e quindi ben pu l),Jj~ l~~j5* tejlo~.al (fttare una disciplina diversa da quella nazionale t.::t'.ifri lhiiiti~ 6e!l ~U,,te11de, fissati dall'art. 117 Cost. ovvero dagli Statuti . mf<#\:lef trnfoH colpiti dai suddetti terremoti. ;Ii~j1fHd31la -ohe aUa Camem dm Deputati Gbiglia). delfon. t;a l~ggfi't $u9alossi -apprvata in esito ad un dibattito animato e frutto di AA# s~mqi ()tlW:roniesso:. tva posizi-0ni contrapposte -ha senza dubbio inteso . Jli~d~ ili lt19d<) S(.)stanzios sulla propriet fondiaria, e di certo non ha . ~-~;~-~~:::::.:: man:Cltt<'V>, si aggiunge che la concessione ad edificare non f ~~l~_..,,dWIA9JW~~ PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 649 L'argomentazione non pu essere ondivisa. Le misure di salvaguardia sono dirette all'attuazine di uno strumento urbanistico ancor prima dell'approvazione di esso e servono ad evitare che lo stato dei luoghi venga medio tempore pregiudicato con costruzioni incompatibili con quelle che saranno le previsioni urbanistiche e risulti cos successivamente impossibile ovvero anche difficile la attuazione medesima; si tratta, cio, di effetti prodromici di uno strumento che sar successivamente approvato, effetti che la legge consente che si producano, stabilendone i presupposti e le modalit. Risulta pertanto evidente come le misure di salvaguardia non possano essere contenute negli strumenti urbanistici a cui si riferiscono, ma debbano precedere detti strumenti, alla cui futura attuazione sono preordinate. Ed appunto l'ordinamento statale. conosce alternativamente due modalit, a seconda che la legge provveda direttamente ovvero autorizzi i pubblici poteri a provvedere con atti amministrativi: la prima soluzione accolta ad esemp!o dalla legge statale 4 novembre' 1963 n. 1460 per l'incremento dell'edilizia eonomica e popolare nonch dall'altra legge statale 20 marzo 1965 n. 217 sui programmi edilizi della GESCAL e degli altri enti, mentre l'altra soluzione accolta dalla fondamentale legge 3 novembre 1952 n. 1902, modificata dall'art. 3, ultimo comma, della attributiva di diritti nuovi ma presuppone facolt persiistenti, sicch sotto questo profilo non adempie a fun2ione sostanziailmente diversa da queMa del l'antica licenza . Se il primo ne deriva pu essere tollerabiile tenuto conto della supercircostanziata ipotesi che l'attuazione del piano territoriaire, debbono, in Unea di principio essere operate tutte e solo le trasformazioni edL!izie ed urbanistiche sulle aree incluse nel p.p.a. (e quindi essere rifiutate le concessioni per interventi al di fuori di dette aree). Ci comporta che il jus aedificandi nelle aree escluse daJ p;p.a. non sussiste :per alcuno, indipendentemente dalle destinazioni (ed eventuali relativi viincoili) impresse dai piani territoriali. Il rispetto PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 657 fosse costituzionalmente illegittima (cfr. sent. n. 23 del 1978), e tale indirizzo merita di essere confermato e seguito. Osserv allora la Corte che una norma del contenuto di quella considerata non ha vaiore puramente ,ricognitivo perch, quanto meno, ha voluto fissare con riguardo ai rapporti pendenti nel momento dell'entrata in vigore della legge regionale, l'interpretazione delle leggi statali vigenti... e ci all'intuitivo scopo di impedire... l'eventuale annullamento dei programmi che avessero configurato vincoli considerati illegittimi dalla prevalente giurisprudenza amministrativa " La Corte aggiunse che l'art. H7, primo comma, Cost. risultava altres violato anche sotto diverso profilo, in quanto una norma siffatta si propone di risolv.ere autenticamente questioni interessanti la disciplina di principio della materia urbanistica come quelle relative alla funzione e ai contenuti del programma di fabbricazione. Questi rilievi valgono anche per l'ipotesi qui consideraUt, del tutto analoga, ripetesi, a quella in precedenza considerata dalla Corte. (omissis) IV Con l'ordinanza in epigrafe il Tribunale amministrativo regionale dell'Umbria ha sollevato questione di legittimit costituzionale degli artt. 7 (nn. 2, 3 e 4), 34, 36 e 40 della legge 17 agosto 1942 n. 1150 in relazione del princ1p10 di eguaglianza in tal modo ottenuto .livellando al basso (nessuno pu edificare) come in facolt del legislatore ordinario, anzich livellando verso J'ailto {tutti possono costruire ovunque edifici di edilizia residenzia1e privata, come, con ottica solo abitativa, ipotizza fa sentenza n. 5). Si indugiato nell'esame delle sentenze n. 55 del 1968 e n. 5 del ,1980, perch la sentenza n. 92 del 1982 oggi in rassegna (l'ordinanza del T.A.R. Umbria 7 novembre 1978 che l'ha provocata in Trib. amm. reg. 1979, II, 63, con nota di KLITSCHE DE LA GRANGE, e in Regioni, con nota di AMOROSINO) conseguenza diretta di quelle precedenti pronunce. In particolare, se la sentenza n. 5 non .avesse proclamato in modo tanto tranchant che ti diritto di edificare continua (anche dopo la 1legge Bucalossi) ad inerire ,aJlfa propriet, se essa avesse colto appieno la portata innovativa della programmazione delle attivit edilizie mediante i p.p.a., ti problema dei cosiddetti vincoli urbanistici sarebbe risultato svuotato per cos dire daH'interno e dunque risolto. Come si V1isto ci nori avvenuto. Anche la sentenza n. 92 procede alla interpretazione non tanto di norme costituzionali quanto deUa Jegislazione ordinaria, e perviene ad una ricostruzione di questa mediante deduzioni tratte da una enunciazione pervero alquanto sommaria. !La sentenza in esame parte dall'enunciazione va escluso che la Iegge n. 10 del 1977 abbia regolato la materia dei vincoli urbanistici, e da essa desume che la nuova legge, non disciplinando l'istituto, ha lasciato inalterata, sotto il .profilo che qui interessa, ila situazione preesistente. AHo istituto del p.p.a., pur tanto rilevante per riportare nelle giuste dimensioni (anche temporali) la questione dei cosiddetti vincoli urbanistici viene riservata RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 658 all'.art. 2 della legge 19 novembre 1968, n. 1187, alla legge 30 novembre 1973 n. 756, al decreto legge 29 novembre 1975 n. 562 convertito neHa legge 22 dicembre 1975 n. 696, al decreto legge 26 novembre .1976 n. 781 convertito nella legge 24 gennaio 1977 n. 6 (ove ritenuti tuttora in vigore) nonch degli artt. l, 3, 4, 6, 11, 12 e 13 della legge 28 gennaio 1977 n. 10, nella parte in cui tutte le suddette norme consentono la possibilit di imporre, mediante strumenti urbanistici, vincoli di natura sostanzialmente espropriativa su aree di propriet privata, senza la previsione di indennizzo n di un termine di durata non prorogabile dei v.incoli stessi, per contrasto con gli artt. 3, 41, primo, secondo e terzo comma, e 42, primo, secondo e terzo comma, 47, secondo comma, e 97, primo comma, della Costituzione. Per intendere esattamente la complessa problematica, opportuno premettere delle considerazioni relative ai presupposti da cui muove l'ordinanza di rimessione. Con la sentenza n. 55 del 1968 questa Corte, sviluppando un indirizzo gi accennato nella decisione n. 6 del 1966 e ribadito in quella n. 56 dello stesso anno 1968, ha dichiarato costituzionalmente illegittime le disposizioni dell'art. 7 nn. 2, 3, 4 e dell'art. 40 della legge urbanistica 17 agosto solo una fuggevole menzione, che par quasi volta a certificare di avere diligentemente assolto al dovere di conoscere le leggi. NuMia si dice ;in merito allo jus aedificandi ed aUa fattispecie costitutiva di esso; forse -ma solo una su;pposizione -si reputato l'argomento gi esaurito con le riferite (e purtuttavia solo incidentali) affermazioni fatte nella sentenza n. 5 del 1980. Limitando le osservazioni a ci che la sentenza n. 92 dice (e non anche ad paralipomena), si rileva anzitutto che parlare di una materia dei vincoli urbanistici sembra poco corretto (sul piano logico-giuridico) e alquanto deviante. Una siffatta materia non esiste, o quanto meno non separabile dal tessuto d'insieme de1la disciplina urbanistica. Giustamente stato osservato (BONACCORSI e D'ANGELO, Corte costituzionale e indennit di esproprio, jn Riv. giur. edil., 1980, Il, 12) che la sentenza n. 55 del 1968 sembr fin dal suo primo aipparire fare proprio un ordine concettuaile quanto mno obsoleto, che determin problemi !interpretativi e tentativi cli traduzione in sede legislativa molto ardui. Infatti la sentenza ragionava in termini di vinco1i al diritto di propriet, imposti dagli strumenti urbanistici, in particolare dai piani regolatori generali (art. 7 tlegge urbanistica). Or vero che hl testo dello stesso art. 7, cos come altre norme della legge urbanistica, parla di vincoli, ma parimenti vero che a questo 'l{Ocabolo non si mai attribuito un significato giuridico rigoroso . Invero, i cosiddetti limiti del jus aedificandi non sono altro se non gli elementi definitori detlila stessa estensione del diritto di propriet, e appunto perch definitori essii non sono dci limiti in senso proprio {ha osservato, gi nel 1956, BENVENUTI, I limiti cit., 15); lo stesso discorso pu e deve essere fatto per tle situazioni giuridiche dei soggetti pubblici preposti al governo del territorfo, avendo pera1tro presente che la potest :pubblica non viene a regolare o 1imitaire il diritto del singolo proprietario, ma riserva a s, con carattere di prevalenza, il diritto a determinare la struttura del territorio (TRABUCCHI, op. cit., 48). PARTE. I, SEZ. l, Glt:JRISPRUDNZA COSTITUZIONALE 659 1942 n USO nella parte in cui non prevedevano, per le limitazioni con contertuto sproprlativo, operanti immedi~tatnente ed a tempo indeter minato, un indnnizzo a favore dei soggetti che avevano un diritto reale sui beni gravati . d~le dette limitazioni. A ~~to dt queiJa; decisione, H legislatore intervenne tempestiva .. J;ijeMe !C91l Ja, 1-!Jg~ 19 m:niembi'e 1968: n, 118:7 intitolata ({ Modifiche ed in te /. ip.i allaJ(,g~ Hfl()~pisdca 17 agosto 1942, n. 1150 . Con essa la legi.. .. $J~2:i9P:~HPt~ci~ct~Pte venne opportunamente adeguata alla ricordata deci> $J9#~ Wq~~~t C!)ite e, tra.l'altro, si stabil che i predetti vincoli avreb. b~td ~~~<) ~fticacia: qualora, entro cinque anni dalla data di approva>/ Jl!igll,~ i;\(;?~. pi~J:lQ _regpl~:d?re generale, non fossero stati approvati i relativi ...... l'}:i~ p~~f.jqfar~g~tij)d autorizzati i piani di lottizzazione convenzionati; [~fi#ll~~~~~fftifilfh!r~:~~;c::~i1~:0:~!::1~ad:~::id:~~ata in vigo$' 1lC)!!l$.stv~~l:lt~ venne emanata la legge 30 novembre 1973 n. 756, la &~~ ~ttt. dti~t~ vincoli urbanistici sarebbero stati efficaci sino alla rttr~t~ in 'vig:t'~ della nuova legislazione sul regime dei suoli e, comun. qijej t@:f ()lire due anni dall'entrata in vigore della legge; tale termine .fu i#J. p:#llila VQltaprorogato di un anno con il d.1. 29 novembre 1975 rt, 562 cQllivertito nella legge 22 dicembre 1975 n. 696 e poi di due mesi Fri:l.mtnentare Ia disciplina urbanistica e ddurla ad un ammasso informe di !!tituti ciascuno separato ed a s stante (cos sono considerate le misure lJ salvaguardia neHa sentenza n. 83 del 1982) operazione mediante ila quale si pu pervenire, con argomentaziom formalistiche apparentemente dignitose, ai o:"isultati pi arbitrari; Qualsiasi disctplina urbanistica in un paese pluriclasse (e quindi, in notevole misura, anche capitalistico) inevitabilmente una costruzione di compromesso, di equilibrio, che opera (e va compresa) come sintesi tra interessi contra;pposti e inconciliabilmente confilliggenti: da un parte, gli interessi d taluni pt\ivati in grado di gestire (e di piegare ai propri interessi) i processi di produzione e di appropriazione -erga omnes ed eventualmente contra omnes -dei beni immobili manufatti capaci non solo di produrre utili (e quindi di avere e conservare valori commerciali) ma anche di iincorporare plusva:lori in cospicua misura generati dalla irealizzazione di infrastrutture (le quali per sono realizzate a spese della coHet tivit); da un'altra pao:"te, gli interessi delle collettivit nazionale regionali e loea:li, e -in seno ad esse -della generail:it dei cittadini, a che ['edificazione e l'ap;propriazione priwta dei predetti manufattii incrementi . e non distrugga fa ricchezza complessiva, non degradi il territorio, non comprometta ila qualit delJa vita e non impedisca fa realizzazione delle infrastrutture goclibild dalla generalit. Del resto, posto che l'edificazione di ogni metro quadro del territorio non possibile (e non desiderata neppure dai proprietari che divengono i primi controinteressati a!ll'edificazione altrui), solo una modesta parte del territorio pu e deve essere destinata ad utilizzazioni proficue e capaci di incorporare plusvalori. I conflitti e le mediazioni si intersecano nel macro-diritto e nel microdiritto; nella formazione delle leggi dove il compromesso si sposta ora verso un :polo, ora verso l'altro, sino a modificare i connotati de1la propriet-istitu RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 660 con il d.l. 26 novembre 1976 n. 781 convertito nella legge 24 gennaio 1977 n. 6 e cio sino all'entrata in vigore della legge 28 gennaio 1977 n. 10 (c.d. legge Bucalossi). Peraltro, in detta legge non vi riferimento alcuno ai vincoli urbanistici. In tale realt normativa, l'ordinanza di rimessione pone alternativamente le seguenti questioni di costituzionalit: o della materia dei vincoli urbanistici si occupata sia pure implicitamente la cit. legge n. 10 del 1977 ed allora la relativa disciplina, non prevedendo alcun termine di efficacia per detti vincoli e ripristinando quindi la situazione anteriore alla sentenza n. 55 del 1968 di questa Corte, sarebbe incostituzionale; ovvero, se rimasta in vigore la normativa precedente nella parte in cui pu esserle riconosciuta natura permanente (cio limitatamente alla legge n. 1187 del 1968), deve ritenersi che questa ugualmente incostituzionale perch in essa manca una norma che faccia divieto di prorogare il suindicato termine di cinque anni. (omissis) Prima di procedere all'esame della detta questione non superfluo, peraltro, formulare due precisazioni. La prima concerne la legittimit costituzionale degli atti normativi che consentono, come nella specie, l'imposizione di vincoli urbanistici zione, area del macrodiritto; nella attuazione delle leggi, nei processi di formazione dei piani urbaniistici, arena deHe pressioni dei gruppi sociali e dei singoli, canalizzate nei procedimenti o agenti in modo occulto al di fuori, fissate nei compromessi. e nehle mediazioni dei piani urbanistici, che incidono sulle situazioni soggettive dei singoli proprietari e cio sulla conformazione cli ogni posizdone proprietaria, area del microdiritto. Le tensioni fra un polo e l'altro, nei due livelli macro e microgiuridici, oltre che in campo socioeconomico, sono una costante dei nostri tempi, della nostra era del discontinuo (PREDIERI e CHITI, Casa e urbanistica nella legge 25 maggio 1982 n. 92, 1982, 59). In questo quadro -del resto ultranoto (sono almeno 60 anni che s.i di batte diffusamente sull'uso e suJ governo del territorio) -un approccio non di insieme ma rivolto ad istituti previamente stralciati ed isolatamente con siderati lJare vdziato sul piano concettua,le e pu condurre a risultati iniqui e ad assurde demonizzazioni . Lo stralcio della cosiddetta matria dei vincoli urbanistici ,, ha esone rato la Corte costituzionale dal compiere nuovamente que1l'esame storiciz zato e re~ativo (ail:lo stato della legislazione ordinaria vigente) che aveva -costituito J.a premessa della sentenza n. 55 del 1968. Ci per rende :la pro nuncia n. 92 in esame ancor pi preoccupante, sia perch le valutazioni in essa espresse potrebbero essere intese come definitive (affrancate cio da quel marchio di provvisoriet che ha accompagnato le valutazioni fatte nehla sentenza del 11968), sia -e soprattutto -perch il sistema giuridico-politico costruito dalla legge Bucalossi attraverso il distacco del jus aedificandi (salvo successivo suo riaggancio alla propriet) viene per cos dire accantonato come ininfluente e non incisivo. La legge Bucalossi, pur voluta dal Parlamento con il respiro e l'ampiezza di una legge di princpi ,, (anche agli effetti dell'art. 117 Cost.), daMa sentenza n. 92 colpita con Io strumento pi subdolo e distruUivo: iii fin de non recevir. PARTE I, SEZ. I, GluRISPRuDENZA COSTITUZIONALE 661 con il programma di fabbr.icazione, non mediante piani regolatori generali, legittimit gi riconosciuta da questa Corte con la sent. n. 23 del 1978, alla quale sufficiente far riferimento. La seconda concerne la portata della prospettata questione, la quale, riferendosi ad un vincolo a verde pubblico, riguarda esclusivamente le limitazioni alla propriet e ad altri diritti reali preordinate ad un successivo trasferimento coattivo. Il thema decidendum risulta quindi ciroscritto soltanto a tale categoria di vincoli urbanistici, rispetto alla quale rimane indubbiamente ferma la ratio della pi volte ricordata sent. n. 55 del 1968. Deve ritenersi, invero, che contrasta con la garanzia stabilita dall'art. 42, terzo comma, .della Costituzione il fatto che la propriet rimanga indefinitamente gravata (senza indennizzo) da un vincolo, il quale, per lo stato di incertezza che crea, incide profondamente sul complesso di facolt consentite dalla legge al titolare del diritto, sottraendogli la possibilit di una adeguata e razionale utilizzazione. Ci posto, osserva la Corte che, non sussistendo sul problema un'elaborazione giurisprudenziale e dottrinale (c.d. diritto vivente), occorre procedere direttamente all'interpretazione della complessa normativa. E tutto ci quando sarebbe stata sufficiente una lettura p1u generosa dell'art. 13 defila legge Bucailossi per constatare che -quanto meno nei comuni dotati di p.p.a. -un problema di legittimit costiituzionaLe delle disposizioni sul>, che lo stesso art. 10, nel suo ultimo comma, pone ai controinteressati in ragione del mancato esercizio della facolt di chiedere la trasposizione in sede giurisdizionale, prevista a loro favore dal primo comma. La posizione dell'autorit non statale che ha emanato l'atto impu gnato, si afianca, perci, nel procedimento che s'instaura con il ricorso a non essere umlizzabile quando il parere sia per quailisivo~ia ragione stato reso daLla Adunanza generale, risulta di per s sola insoddisfacente. se considera che tl!'imputazione del parere al Consesso nel suo complesso e non al singolo magistrato ha un significato e un peso non esclusivamente for male. Nei fatti, indubbio che il parere previamente reso dal giuddce iinfluisce -e non poco -sulil'esito del giudizio; sicch, ne risultano vulnerati sia l'in dipendenza del giudice da se stesso (se a giudicare il Consiglio di Stato) o -quel che pi grave -dall'organo sovraordinato (se a giudicare un T.A.R.) sia il diritto di difesa esso pure costituzionalmente garantito (ed anche atl!le amministrazioni ;parti). Se si vogliono chiamare tl!e cose con il loro vero nome si deve dire -con franchezza -che ci che si desidera ottenere dal giudice-consulente non tanto un parere quanto una sorta di anticipazione di giudizio: il parere reso dal giudiice serve di pi all'entit che pur legittimamente J'ottiene proprio perch limita l'indipendenza del . giudice che lo rende indipendentemente dahla eventuale bont degli argomenti addotti. Non si vede per come le anticipazioni di giudizio possano essere compatibHi con i richiamati principi costituzionali. DeI resto, che d pareri del Consiglio di Stato siano .pi giudizi che consigli' risulta evideinte daJ. tono siesso che li caratterizza: per solito, non viene ad 672 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO straordinario, a quella del controinteressato. Ed invero, se resta pur sempre una innegabile differenza sul piano sostanziale, mirando l'una e l'altro alla conservazione dell'atto, ma con distinta ispirazione e per distinta finalit, sul piano processuale ad entrambi comune l'interesse a resistere in giudizio. Sotto questo profilo, assume quindi decisivo rilievo quella opzione, tra il resistere nella sede straordinaria o in quella giurisdizionale, che la denunciata no11mativa accorda al c01I1trointereS1sato ma non all'amministrazione non statale. Va in proposito ricordato che il principio dell'alternativit in subiecta materia tra ricorso straordinario al Capo dello Stato e ricorso giurisdizionale, stato da questa Corte riconosciuto non in contrasto con l''art. 113 della Costituzione (sentenza n. 78 del 1966), argomentando appunto dalla piena libert per il ricorrente di adire la tutela ,giurisdizionale o rinunciare ad essa. E sempre in nome dello stesso precetto, ,questa Corte, con la menzionata sentenza n. 1 del 1964, aveva dichiarato la illegittimit costituzionale della normativa del testo unico n. 1054 del 1924, in quanto il procedimento instaurato con il ricorso straordinario non assicurava ai controinteressati la possibilit della tutela giurisdizionale. La diversa interpretazione dell'anzidetta normativa accolta poi nell'art. 10 del successivo decreto n. 1199 del 1971, ha esteso anche ai controinteressati la libera scelta tra la sede straordinaria e la sede giurisdizionale: essi possono, infatti, optare immediatamente per la trasposizione del ricorso in sede giurisdizionale, o restare, invece, nella dotto ogni possibile argomento pro e contra al fine di persuadere suhla preferibilit di una soluzione, ma, da una posizione di autorit, si fa della juris dictio (nel senso letterale di queste parole). In realt 1a figura del giudice-consulente appare un relitto di assetti costituziona!Li ormai superati, caratterizzati da una concentrazione di funzioni pubbliche ii:n capo dapprima ad un sovrano e, successivamente, ad un ceto di governo sostanzialmente omogeneo nell':ideologia e negli interessi (non un caso che proprio i costituzionalisti del regime fascista abbiano teorizzato la opportunit di operare distinzioni di funzioni anzich una vera e propria divisione dei poteri dehlo Stato). Va anche sottolineato come 1a Corte costituzionale non si sia lasciata per nulla fuorviare da costruzioni artificiose ed un po' troppo domestiche messe in circolazione negli ultimi venti anni nel tentativo di conciliare l'inconciliabile, quali J'asserita estraneit del:l'attivrS() 1:Jl"'desil'Il(), ~.;i*~ f?.n)a 1sua :notjti~ JaJd opera p.l tjc<>l-re9te Il ciu~1e, :P\lr sei ~vyalend9si f\el . Usposto. dell'art. 9 del decreEf,>! .n :JJ99., ~t; ~~'f{'fllStlAJli. jJ.ricorso .llt. ~4 Mmisterq competente , c\ljl\ve llitWt~s~ e~~l'Il~.te~()~gett()~l:l'on~e ~la n9tlifica a:lJl'iautorit ema'. l;l~rl,t l'~ttoln.tJ}\.tgJia.to._ allorch si tratti di ente pubblico diverso dallo Statot p(;)J;tat<>fe; q.i.nc.li,; di un proprio. qualificato interesse a contraddire nefconffoiti df@ dl>riianda aveiit~ ad oggetto l'annullamento del proprio provvedimento. Ben vero che aH.'amministrazione non statale stato riconosciuto, come innanzi ricordato, in conseguenza della negata facolt di scelta in pendenza del procedimento, il diritto ad impugnare senza limitazioni la .intervenuta decisione sul ricorso straordinario proposto contro l'atto da essa emanato; ma ci non appresta adeguato riparo contro gli svantaggi che pssorto derivare tanto dal ritardo nell'adire la tutela giurisdizionale quanto dalla eventuale compromissione della tutela medesima per effetto del parere che sul ricorso straordinario chiamato a rendere il Consiglio di Stato (artt. 11-13 del decreto n. 1199 del 1971). Svantaggi nei quali non incorrono, invece, i controinteressati, in virt della tempestiva facolt di scelta loro accordata. Per le suesposte considerazioni deve, pertanto, dichiararsi la illegittimit costituzionale del primo comma dell'art. 10 del decreto n. 1199 del 1971, nella parte in cui, ai fini dell'esercizio della facolt di scelta ivi prevista, non equipara ai controinteressati l'ente pubblico, diverso dallo Stato, che ha: emanato l'atto impugnato con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica. La Corte ritiene, inft1;1e, di l;iever fare {lppJicazione dell'a.rt. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, in ordine all'ultimo comma dello stesso art. 10. In conseguenza, infatti, della decisione che si adotta per il primo comma, va dichiarata la illegittimit costituzionale anche di tale norma, nella parte in cui, ai fini della preclusione dell'impugnazione contro la decisione di accoglimento del ricorso straordinario, per effetto del mancato esercizio della facolt di scelta, prevista dal primo comma dello stesso articolo, non equipara ai controinteressati l'ente pubblico, diverso dallo 674 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO Stato, che ha emanato l'atto impugnato, al quale sia stato notificato il ricorso medesimo. P.Q.M. 1) dichiara la illegittimit costituzionale del primo comma dell'art. 10 del d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199 (Semplificazione dei procedimenti in materia di ricorsi amministrativi), nella parte in cui, ai fini dell'esercizio della .facolt di scelta ivi prevista, non equipara ai controinteressati l'ente pubblico, diverso dallo Stato, che ha emanato l'atto impugnato con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica; 2) dichiara -in applicazione dell'art. 27 della 0.legge 11 marzo 1953, n. 87 -1a illegittimit costituzionale dell'ultimo comma dell'art. 10 del d.P.R 24 novembre 1971, n. 1199 (Semplificazione dei procedimenti in materia di ricorsi amministrativi), nella parte in cui, ai fini della preclusione dell'impugnazione contro la decisione di accoglimento del ricorso straordinario, pr effetto del mancato eserczio della facolt di scelta, prevista dal primo comma dello stesso articolo, non equipara ai controinteressati l'ente pubblico, diverso dallo Stato, che ha emanato l'atto impugnato, al quale sia stato notificato il ricorso medesimo. SBZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE, 23 marzo 1982, nella causa 102/81 -Pres. f.f. Bosco -Avv. Gen. Reischl -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal sg. W. Richter, presidente dello Hanseatisches Oberlandesgericht di Brema, in qualit di arbitro, nella causa Nordsee Deutsche Hochseefscherei GmbH c. Reederei Mond di Bremerhaven + 1. lnterv.: Governi del Regno Unito (avv. Steward Boyd Q,C.), danese e italiano (avv. Stato Ferri) e Commissione delle C.E. (ag. Grunwald). Comunit europee -Corte di giustizia -Pronuncia pregiudiziale ai sensi dell'art. 177 del trattato CEE -Richiesta da parte di un arbitro convenzionale -Irricevibilit. (Trattato CEE, art. 177; art.. 806 cod. proc. civ.). L'arbitro convenzionale, anche se deve decidere secondo diritto e se il suo lodo avr, nei confronti delle parti, efficacia di cosa giudicata, non pu qualificarsi giurisdizione di uno Stato membro e non pu, quindi, rivolgersi alla Corte di giustizia in via pregiudiziale a norma dell'art. 177, secondo comma, del trattato CEE (1). (1) Gi con la sentenza 30 giugno ,1966, nella causa 61/65, GoBBBELS, in Racc., ;1966, 407, la Corte aveva esaminato :il problema delila iricevdbilit di domande di pronuncia pregiudiziale formulate, ai sensi dell'art. 177 del: Trattato C.E.E., da co1legi arbitrali (ancora in tema di venifioa da parte della Corte della provenienza de1la questione sottopostale da una giurisdizione nazionale , cfr. da ultimo, Ja sentenza 14 gennaio 1982, nella causa 65/81, REINA, in questa Rassegna, ante, I, 70, nonch le sentenze ivi citate in nota 1). Allora, in presenza di uno speciale tribunale arbitrale o1andese, fa Corte, concludendo per la ricevibiWit della domanda, non si era limitata a constatare che i.I soggetto richiedente era -legittimamente investito, secondo il diritto interno, della risoluzione di una controversia mediante la obbligatoria applicazione di norme giuridiche e secondo una procedura in contraddittorio, ma aveva dato rilievo ad altri profili pi strettamente soggettivi, con riguardo sia alla costi tuzione dell'organo decidente sia alla determinazione della sua competenza decisoria. Sotto :hl primo profilo, era stato tenuto nel debito conto che Si trat tava di un organo costituito in modo permanente, ~ cui membri ricevono la relativa dnvestitura per atto dell'autorit; sotto iU secondo, che una disposizione di diritto interno attribuiva ad esso una competenza generaile a dirimere una categoria di controversie astrattamente predeterminate. Ben diversa la condizione del giudice arbitrale, privo di staibi:lit e fondato su una legittimazjone convenzionale, j,J quale non pu qualificarsi organo 676 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (omissis) 1. -Con ordinanza 22 aprile 1981, pervenuta alla Corte il 27 aprile 1981, l'arbitro di una controversia fra tre imprese di diritto tedesco, con sede 1n Bremerhaven, ha sollevato, a norma dell'art. 177 del Trattato CEE, due questioni pregiudiziali relative all'interpretazione del Trattato e, rispettivamente, dei regolamenti del Consiglio 5 febbraio 1964, n. 17/64 (G. U. 1964, pag. 586), 21 aprile 1970, n. 729/70 (G. U. n. L 94, pag. 13), e 19 dicembre 1972, n. 2722 (G. U. n. L 291, pag. 30), tutti e tre relativi al concorso della sezione orientamento del Fondo europeo agricolo d'orientamento e di garanzia (in prosieguo: FEAOG). 2. -La causa principale verte sull'adempimento di un contratto con. eluso, il 27 giugno 1973, tra alcune jmprese armatoriali tedesche. Tale contratto, nell'ambito di un progetto comune per la costruzione di tredici navi attrezzate per Ja lavorazione del pesce, mirava a ripartire tra le parti contraenti tutti gli aiuti finanziari che avessero ottenuto dal FEAOG in modo che la costruzione di ciascun peschereccio fruisse di un tredicesimo dell'importo complessivo delle sovvenzioni concesse. I contraenti avevano gi di comune accordo presentato al FEAOG domande di concorso finanziario per la costruzione di nove pescherecci. 3. -La Commissfone accoglieva in definitiva solo sei delle nove domande, mentre le altre venivano ritirate o respinte. Un'impresa che aveva partecipato al progetto di costruzione ha chiesto a due delle altre imprese iJ, versamento delle somme spettantile in forza del contratto 27 giugno 1973. giurisdizionale >>, difettando alla sua decisione l'attributo dell'atto di autorit, fin tanto che taile forza non le venga conferita da un successivo intervento di un giudice titolare di potere giurisdizionale. Su questa Jiinea era stato im:postato l'intervento del Governo italiano, sviluppato ulterformente nella fase orale del processo. La dottrina processualistica italiana -si appunto osservato - tradizionailmente e prevalentemente orientata nel senso di negare al giudizio . arbitrale un carattere giurisdizionale. La giurisdizione - stato precisato - H potere d! rendere giustizia attraverso Jo ius dicere. cio mediante un comando imperativo che attua itJ.t diritto rendendo concreta fa volont astrattamente enunciata nelLa norma. Essa un potere fondamentale defilo Stato. Perch l'arbitro sia .partecipe . di questo potere occorrerebbe una delega dello Stato. Ma non su una delega di potere che si fonda l'arbitrato, bensi nel riconoscimento dHa autonomia delle parti di scegliere un modo alternativo per risoJvere le loro controversie; taile scelta ammessa come espressione della facolt dei privati di dis,'porre dei loro diritti; quella stessa facolt che consentirebbe ad essi cli transigere ila loro vertenza con un componimento amichevole. Lo Stato autorizza la rinuncia delle parti ad avvfilersi del! gi:iud!ce pubblico; tuttavia, non riconosce alfa pronuncia delll:'arbitro ~ia forza coattiva che posseduta dalla sentenza emessa da una giurisdizione stataile. Perch il lodo arbitrale acquisti questa forza . necessario l'intervento del giudice, che lo dichiara esecutivo dopo aver verificato l'esistenza di certe condizioni. Prima PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 677 4. -La controversia sorta in proposito, stata sottoposta ad arbitrato. Il contratto del 1973 conteneva infatti una clausola secondo cui, in caso di disaccordo tra le parti su questioni derivanti dal contratto, la decisione definitiva sarebbe stata adottata da un arbitro, restando esclusa qualsiasi azione dinanzi al giudice ordinario. Conformemente a tale clausola, l'arbitro veniva designato dalla Camera di commercio di Brema, in quanto le parti non erano riuscite ad accordarsi sulla persona dell'arbitro. 5. -Dinanzi all'arbitro, le convenute hanno sostenuto l'invalidit del contratto dl 1973 in quanto mirava a far fruire della sovvenzione del FEAOG la costruzione di navi per cui la Commissione non l'aveva concessa. Secondo le convenute, la sovvenzione del FEAOG legata all'esecuzione di un progetto determinato ed il beneficiario non pu quindi trasferirla ad un altro progetto. 6. -L'arbitro ha ritenuto che, a norma del diritto tedesco, la validit della ripartizione contrattuale dei contributi finanziari del FEAOG dipendesse dal se la ripartizione stessa sia un'irregolarit ai sensi dei regolamenti comunitari. Ritenendo necessaria una decisione su questo punto, per potersi pronunziare, egli ha rinviato alla Corte. deiWexe;qu~tut.. o, senza l'exequatur il giudizio arbitrale uno svolgimento di attivi#1. .privata. n~a quale manca qualsiasi manifestazione di imperio; gli arbitri non hanno poteri coercitivi per acquisire prove o concedere misure cautelari. Vanno poi considerati i caratteri essenziali della giurisdizione intesa come garanzia per d singoli dii attuazione coattiva dei propri diritti. Vi un criterio che tende ad identificare i caratteri della giurisdizione con que1li che sono propri dell'attivit con cui essa si esprime; secondo questo orientamento vi giurisdizione quando .la ragione e il torto sono assegnati alle parti secondo un :procedimento che rispetta certe regole ispirate atl principio fondamentale del contraddittorio. Questo criterio di valutazione appare per insufficl~tt:: a c~Iiere da solo H punto essenziale della giurisdizione; basti considerare come alcune garanzie del processo che si richiamano al princ1p10 del contraddittorio sono state estese ad attivit pubbliche di altra natura: si vedano le pi recenti evoluzioni del procedimento amministrativo, dove il peso dell'autorit trova un sempre maggiore contemperamento nella illltroduzione dialettica degli. interessi in gioco. In reaJt, la vera identit della giurisdizione si sposta dail profilo oggettivo dell'attivit a quello soggettivo della costituzione del giudice. > stato efficacemente detto che se la quahi.t di parte dipende dal:l'avere un interesse all'oggetto dd giudizio, la qualit di giudice presu;ppone estraneit ed indifferenza al:la lite come garnnzia di imparziadit. Questa garanzia non si esaurisce nell'iistituto delila ricusazione che applicato anche agli arbitri; essa deve collocarsi ad un Hvello pi alto che assicuri una posizione istituzionale di indipendenza e di attitudine generale ad aipplicare fa ilegge con assoluta obbiettivit. Questa qualit del giudice viene perci assicurata datl procedimento l'egaJe con cui si compie la sua investitura. L'atto di nomina un atto 678 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Sulla possibilit di applicare l'art. 177. 7. -Poich l'arbitro che ha rinviato alla Corte stato istituito con contratto stipulato tra privati, opportuno accertare innanzitutto se esso vada considerato un giudice di uno degli Stati membri ai sensi dell'art. 177 del Trattato. 8, -La prima questione sollevata dall'arbitro riguarda questo problema. Essa cos formulata: l' Se un tribunale arbitrale tedesco, che deve risolvere una controver:; ia non gi secondo equit, ma applicando la legge e il cui lodo nei confronti delle parti ha valore di sentenza pronunciata da un giudice ordinario (c.p.c. ted. 1040) possa rivolgersi alla Corte di giustizia delle Cmunit Europee in via pregiudiziale a norma dell'art. 177, secondo comma, del Trattato CEE . 9. -In proposito va rilevato che -come indica del resto la questione -la competenza della Corte a pronunziarsi sulle questioni sollevate dipende dalle caratteristiche proprie dell'arbitrato di cui trattasi. 10. - vero che l'attiv.it dell'arbitro in questione, come l'arbitro ha rilevato nella _propria questione, consente taluni raffronti con l'attivit giudiziaria, in quanto l'arbitrato si svolge nell'ambito della legge, l'arbitro deve decidere secondo il diritto e H suo lodo avr, nei confronti delle parti, efficacia di cosa. giudicata, potendo costituire titolo esecutivo una che proviene da una autorit de!Jo Stato; nella scelta e nella nomina del giu dice operano sempre dei criteri che tengono conto della idoneit della per sona a svolgere fa funzione giudicante, in particolare la sua preparazione professionale in carn,'po giuridico. Su questo punto si espressa la Corte Co stituzionaile italiana affermando la necessit di una tare verifica come presup. posto legale del legittimo accesso all'ufficio di giudice. Altro concetto che sembra ormai inseparabile dalla figura del giudice quello che suole definirsi col termine di "giudice naturaile ". Giudiice naturale quelJJ.o stabilmente precostituito e che risolve una dite in base ad una norma generale di competenza che abbraccia una categoria di controversia astratta mente predeterminata. Il principio del giudice naturale ha ncl nostro ordina mento dignit costituzionale; l'art. 25 della Costituzione afferma che "nes suno pu essere dissolto dal giudice naturale precostituito per legge". ovvio che non ha senso parlare delta garanzia del giudice naturale a proposito del l'arbitro soel'to dalle parti anche dopo l'insorgere della lite; nel caso delrarbi tro, alla garanzia oggettiva del giudice legalmente precostituito si sostituisce una garanzia diversa. Questa garanzia una garanzia soggettiva che non inte ressa l'intera comunit e che vaile solo per le ;parti del giudizio arbitraile; essa si fonda sulla loro personale fiducia nell'arbitro. Tutto questo per conferma quanto ~'istituto delil'arbitrato si discosti dalla figura vera del giudice come titolare defila giurisdizione, All:'obiezione che fa 1eva sul fatto che, precludendosi agii arbitri di sol levare la pregiudiziale interpretativa, la Corte rinuncerebbe ad orientare l'ap. PARTE I, ~E)!l. lit.GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 679 volta ottenuto l'exequatur. Ciononostante, tali caratteristiche non sono sufficienti per conferire all'arbitro lo status di giurisdizione di uno Stato membro, ai sensi dell'art. 177 del Trattato. U. ':""'" In primo lu0go .va detto che, al momento della conclusione del >C()IJitr!'l,tto .~ 1973, i 911traenti erano liberi di affidare la soluzione delle Je>rn ~y~.tlll:ltl~ g>~tre>versie al giudice ordinario o di scegliere la via del, l'~fl:)lg~t& iij~eten4<> nel contratto una clausola in tal senso. Dal fascicolo ....... .............. .. . . . :i Ct~Wn~ lj~ ;t10n e~isteva, per i contraenti, alcun obbligo, n giuridico, .ll di f~tfo, di. r,isolvere le loro liti mediante arbitrato. .. J,2. -:--L. Seconda constatazione che s'impone che le pubbliche autorit tedesche non sono implicate nella scelta della via dell'arbitrato e che non possono iintervenire d'ufficio 111e1lo svolgJmento del procedimento dinanzi all'arbitro. Come Stato membro della Comunit, responsabile dell'adempimento degli obblighi .derivanti dal diritto comunitario nel proprio territorio a norma degli artt. 5 e 169-171 del Trattato, la Repubblica federale di Germania non ha affidato n concesso a privati la cura di far rispettare tali obblighi nel campo di cui trattasi nella fattispecie. 13. -Da queste considerazioni discende che il nesso tra il presente arbitrato e l'organizzazione dei mezzi d'impugnazione ordinari nello Stato membro interessato, non abbastanza stretto perch l'arbitro possa qualMcarsi giurisdizione di uno Stato membro ai sensi dell'art. 177. p1kiazione . del diritto c:inunitario in tutta queM~ampia fascia dell'esperienza giuridiiea che opera. come fenomeno spontaneo al di fuori del contrhlo deMe giurisdizioni statail!i . dei Paesi membri, si :risposto che, pur dovendosi tener conto dd siffatta dLrettiva finalistica deN"art. 177, nella norma stessa "questa spinta espansiva deUa ragione che la anima consapevo1mente contenuta nei confini entro i quali si ritenuto esistere un rischio reale per fa corretta ed uniforme attuazione .dell'ordinamento comUI!iitatio. Il mancato :intervento detlla Corte pu far s che in un sillogismo giudiziaile si inserisca una falsa o non adeguata interpretazione di una norma cmnunitaria. Ma questo evento ha un ;peso profondamente diverso a secooda che :r.iguardi una sentenza di un giudice o un verdetto arbitrale. Nel primo caso il siMogismo inquinato dalla falsa i!l)terpretazione si salda in modo . indissolubile con a .volont sovrana espressa riel comando del giudice. Nel seco11do Cllso. Q.esto .. siiJilogismo acquista ooa forza coattiva parri alfa sentenza s6fo pef un successivo fotetvento del .giudice che per non fa propria quella pronuncia, poich !il controllo del giudice sii arresta alla rego1arit furmale e non attinge alta sua .giustizia sostanziale. Dichia11ando esecutivo iil '1odo il giudice non attesta con il:a sua autorit, che 1a pronuncia arbitrai.e conforme al diritto, Lnterno o comunitario. La pronuncia de11'arbitro resta sempre un atto di privata .giustizia i cui enunciati non hanno l'effetto di propagazione nelil!a rea.Jot giuridioa che propria della sentenza dei giudici . PIER GIORGIO FERRI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 14. -Come la Corte ha ricordato nella sentenza 6 ottobre 1981 (causa 246/80, Broekmeulen, non ancora pubblicata), l'importante che il diritto comunitario sia interamente osservato nel territorio di tutti gli Stati membri; le parti di un contratto non hanno quindi la facolt di derogarvi. In tale prospettiva, opportuno richiamare l'attenzione sul fatto che, se un arbitrato convenzionale solleva questioni di diritto comunitario, il giudice ordinario pu esaminarle, vuoi nell'ambito del contributo che offrono gli organi arbitrali, in particolare assistendoli in taluni atti processuali o nell'interpretare il diritto da applicare, vuoi nell'ambito del controllo del fodo arbitrale, pi o meno ampio a seconda dei casi, che 1spetta loro in caso di appello, di opposizione, di exequatur, o di qualsiasi altra impugnazione contemplata dalla normativa nazionale di cui trattasi. 15. -Spetta ai detti giudici nazionali controllare se si debba r.inviare alla Corte ai sensi dell'art. 177 del Trattato, per ottenere l'interpretazione o la valutazione della validit delle disposizioni di diritto comunitario ch'esse debbano applicare nell'esercizio di tali funzioni d'assistenza o di controllo. 16. -Se ne desume che, nella fattispecie, la Corte non competente a pronunziarsi. (omissis) CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE, 18 maggio 1982, nelle cause 115 e 116/81 -Pres. Mertens de Wilmars -Avv. Gen. Capotorti -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale ,di prima is1ta:nza idi Liegi nelile cause Adoui e CornuaHle c. Stato belga -Interv.: Governi belga (avv. Soumagne e Jeunehomme), francese (ag. Geoffroy), italiano (avv. Stato Fiumara), olandese (ag. Italianer), e del Regno Unito (ag. Ricks), e Commissione delle C.E. (ag. Amphoux). Comunit europee -Libera circolazione delle persone -Limitazioni per motivi di ordine pubblico -Condizioni. (Trattato CEE, artt. 7, 48, 56 e 66; direttiva del Consiglio 25 febbraio 1964, n. 64/221/CEE). Comunit europee -Libera circolazione delle persone -Limitazioni per motivi di ordine pubblico -Garanzie procedurali. (Trattato CEE, artt. 7, 48, 56 e 66; direttiva del Consiglio 25 febbraio 1964, n. 64/221/CEE; d.P.R. 30 dicembre 1965, n. 1656, e succ. mod.). Uno Stato membro non pu in forza della riserva relativa all'ordine pubblico di cui agli artt. 48 e 56 del Trattato, allontanare dal propri0> ~ f - PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 681 territorio un cittadino di un altro Stato membro n rifiutargli l'accesso al proprio territorio a motivo di un comportamento. che, ove sia posto in essere da cittadini del primo Stato membro, non d luogo a misure repressive o ad altri provvedimenti concreti ed effettivi volti a combatterlo. Non possono essere presi in considerazione, nei confronti dei cittadini degli Stati membri della Comunit, per quanto concerne i provve. dimenti intesi alla tutela dell'ordine pubblico e della pubblica sicurezza, motivi che prescindano dal caso singolo. Qualsiasi cittadino di uno degli Stati membri che desideri cercare lavoro in un altro Stato membro pu, qualora sia stato adottato, in precedenza, nei suoi confronti, un provvedimento di allontanamento dal territorio di questo Stato, chiedere nuovamente un permesso di soggiorno. Tale domanda, se presentata dopo un ragionevole periodo di tempo, va esaminata dall'autorit amministrativa competente dello Stato ospitante che deve prendere in considerazione, in particolare, le ragioni addotte dall'interessato per dimostrare il mutamento obiettivo delle circostanze in base alle quali era stato adottato il primo provvedimento di allontanamento. La comunicazione dei motivi su cui basato un provvedimento di allontanamento o il rifiuto del permesso di soggiorno deve essere sufficientemente dettagliata e precisa onde consentire all'interessato la difesa dei propri interessi (1). (1-2) I quesiti posti dal giudice belga erano i seguenti: A. Sulla nozione di ordine pubblico. 1) Si chiede alla Corte di definire Ja nozione di ordine pubblico, quale pu venir dnvocata a norma deg1i artt. 48 e 56 del Trattato. 2) Ripetutamente aa Corte ha dichiarato che la nozione d'ordine pubblico pu costituire oggetto di valutazione da parte degli 'Stati membri entro i [imiti del diriitto comunitario. La Corte pregata di preoisare questi limiti. 3) Come la Corte ritiene che possa conciliarsi quanto affermato nella sentenza Van Duyn {causa 41/74) con il principio di non discriminazione cli cU!i ailil:'rart. 7 del Trattato, principio consacrato peraltro ne~i artt. 48 e seguenti del Trattato. In quali dpotesi e entro quali Wi.mdti precisi la [egislazione e lla prassi di uno Stato membro possano operare una discriminazione tra i cittadiini dello Stato stesso e i cittadini deg1i rutri Stati membri sotto l'aspetto della Libera circolazione deHe persone garantita dal Trattato. 4) Se .sia concepibdle che "comportamento personale costituente una mi naccia effettiva ed abbastanza grave per uno degli interessi fondamentali deYa cohlettivi.t" (causa Bouchererau 30/77) non siJa passibile di sanzione penale neLlo Stato membro che intende qualificare :in questo modo detto comportamento onde ail!lontanare un cittadino di un altro Staito membro. 5) Se sia concepdbile che sia dn gioco un interesse fondamentale della collettivit quafora detto interesse non sia quanto meno gi stato dichiarato tale da una [egge, da un regolamento oppure da un atteggiamento equipOll~ lente dello Stato che lo invoca, anche se questo comportamento non penalmente sanzionato. 6) Poich l'ai1lontammento dal territorio ha sovente indole dii sanzione tailvruta molto pi grave di una sanzione penale, se non sia necessario appli RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 682 Il diritto comunitario non impone che l'autorit competente di cui all'art. 9 della direttiva n. 64/221 sia un organo giurisdizionale o sia composta da magistrati, n che i suoi membri siano nominati per un periodo determinato. Il diritto comunitario non osta a che i membri dell'autorit vengano retribuiti a carico del bilancio dell'amministrazione di cui fa parte l'autorit competente ad adottare eventuali provvedimenti n a che un dipendente della stessa amministrazione funga da segretario dell'autorit competente. La direttiva n. 64/221, pur non escludendo che l'autorit co1(11petente venga adita direttamente dall'interessato, tuttavia non lo impone, lasciando gli Stati membri liberi di scegliere al riguardo, purch tale adizione sia garantita una volta che l'interessato l'abbia chiesta. Il parere dell'autorit competente va debitamente notificato all'interessato. L'interessato deve poter far valere i propri mezzi di difesa dinanzi all'autorit competente e farsi assistere o rappresentare secondo le modalit procedurali contemplate dal diritto nazionale. Tali modalit non possono essere meno favorevoli all'interessato di quelle che si applicano dinanzi ad altre analoghe autorit nazionali (2). care per analogia l'art. 7 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti cteLI'uomo e ritenere che sia necessario che :iJl comportamento criticato costituisca un'ctnfrazione contemplata penalmente dalla Legge penale ad momento in ,cui viene compiuta. In subordine, quale soluzione propone la Corte onde evitare in questo campo ['arbitrio de~le aimminist11azioni nazionali. 7) il.a Corte, usando l'espressione "minaccia sufficientei:nente gl'ave ", con l'avverbio "sufficientemente " int!l'oduce un'idea di proporzionailit. Se la Corte abbia inteso dire che si deve misurare da un !lato ~a gravit del comportamento che costituisce minaccia per l'ordine pubblico e dall'altro la gravit, che pu variare di volta in volta, del provvedimento di allontanamento. 8) Se, in alcuni casi, ~'aliontanamento possa costituire una mri.sura tal mente g11ave da doversi escludere in quanto trattamento disumano: pad!l'e o madre di famiglia numerosa, coniuge o genitore di un cittadino dello Stato che decreta il!'espUJlsione, minore, persona che non potr :probabilmente, per motivri. d'et o di salute, adattarsi ,ad un altro paese, persona nata e che vissuta per ilungo tempo nel territorio de1lo Stato che decreta l'espulsione. 9) Entro quali limiti gli Stati membri abbiano H diritto di tener conto, onde rifiutare o revocare un permesso di soggiorno, de!Jla moralit privata degli interessati, qualora il comportamento degli stessi non sia tale da creare nelil'O Stato ospj,tJante ,dJsordini materialmente ed oggettivamente rilevabili in pubblico. Se l'aggettivo "pubblico " non esoluda quailsdasi va:lutazione sulla vita privata, 1a momlit e ile idee dei singoli interessati, ove queste non deb bano normalmente esprimersi in una condotta nei confronti di terzi che possa creare disordri.ni matertalmente ed oggettivamente i11Hevabili in pubblico. 10) Qualova uno S:tato membro, nel desiderio di eliminare dail proprio territorio ae ;prostitute che giungono da un paese determinato, in quanto esse potrebbero costituire un punto d'appoggio per il bandri.tismo, lo faccia siste maticamente ,dichiarando che ila professione di prostituta costituisce un peri colo per fordine pubblico, senza nemmeno controllare se le interessate possano PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 683 (omissis). 1. -Con ordinanze 8 maggio 1981, pervenute alla Corte il 12 maggio seguente, il presidente del Tribuna! de premire instance di Liegi, in sede di procedimento d'urgenza, ha proposto, ai sensi dell'art. 177 del Trattato CEE, una serie di questioni pregiudiziali relative all'interpretazione degli artt. 7, 48, n. 3, 56, n. l, e 66 del Trattato, nonch della direttiva del Consiglio 25 febbraio 1964 n. 64/221, per il coordinamento dei provvedimenti speciali riguardanti il trasferimento e il soggiorno degli stranieri, giustificati da motivi d'ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanit pubblica (G. U. 1964, pag. 850), ed in particolare degli artt. 3, 6, 8 e 9 della stessa. 2. -Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di controversie sorte fra lo Stato belga e le attrici nelle cause principali, cittadine francesi, a seguito del rifiuto del permesso di soggiorno nel territorio belga da parte dell'autorit amministrativa motivato dal comportamento delle essere sospettate di rapporti con la malavita, se detto Stato non pratichi un Sii.sterna di prevenzione generale vietato dai pl'incipi sanciti nella sentenza Bonsignore (causa h7/74) e se il suo provvedimento sia effettivamente basato sul comportamento ;personale del:l'interessato. 11) Se uno Stato membro possa ritenere improvvisamente the le persone che esercitano una determinata professione hanno un comportamento personale che costituise una minaccia reaile e sufficientemente grave per un interesse fondamentale della comunit mentre invece questa professione non v~etata ne~ suo territorio, ma anzi viene esercitata senza alcun ostacolo da svariate migJiaia di persone, per anni l'accesso a detta professione stato consentito ai cittadini stranieri, detta professione d luogo ailiia regolare riscossione d'imposte, lungi dal vietare questa attivit, Jo Stato in questione aveva adottato una disciplina a tutela di coloro che ,esercitano detta professione nei confronti di determinate forme di sfruttamento ,0ppure se determinati cittadini stranderi continuano ad esercitarua. 12) Se l'avvocato generaiJe, usando nelle conclusioni Bonsignore (causa 67/74) le espressioni presenza che diviene intollerabile ,, e soluzione necessaria , traduca correttamente iJ grado di gravit necessario ;per giustificare l'aiJilontanamento dal territorio dd uno Stato membro. 13) In qual:i ipotesi una persona cui stato rifiutato o revocato iH permesso di soggiorno, in quanto il suo comportamento personailie costituiva un pericolo per l'ordine pubblico deHo Stato ospitante, possa in seguito accedere nuovamente al territorio dello Stato di cui trattasi e chiedere un nuovo permesso di soggiorno. Se si possa adottare nei confronti di un cittadino di uno Stato membro la decisione di allontanarlo definitivamente dal territorio. 14) L'art. 6 della direttiva 64/221 stabildsce che i cittadini degli Stati membri devono venire informati dei motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanit pubblica che giustificano una decisione adottata nei loro confronti. Se l'esposizione di detti motivi debba venire redatta nella madre lingua dell'interessato. Se quest'esposizione, sailvo per ragioni inerenti alla sicurezza dello Stato, debba essere esauriente, dettagliata e veritiera. Se uno Stato possa far ricorso a formule di motivazione generali, ripetute in numerosi casi RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 684 interessate, ritenuto contrario all'ordine pubblico perch esse svolgevano l'attivit di cameriere in un bar equivoco dal punto di vista del buon costume. 3. -La legge belga 21..agosto 1948, che abolisce la disciplina legale della prostituzione, vieta l'adescamento, l'incitamento 'al vizio, lo sfruttamento della prostituzione, Ja tenuta dei locali di meretricio o di case di 1prostituzioe e. il lenodnio. Ess~ contempla ,fa rpossibiJit ohe vetligano emanati regolamenti comunali a carattre integrativo ove si propongano lo scopo di tutelare la morale o la quiete pubblicjle. Il regolamento di polizia della citt di Liegi 25 marzo 1957 e i decreti successivi dispongono che, a coloro che sono dediti alla prostituzione, vietato esporsi alla vista dei passanti, che le porte e le .finestre dei locali ove essi praticano la loro attivit devono essere chiuse ed impedire la vista dell'interno, e che agli stessi soggetti vietato stazionare sulla via in prossimit di tali locali. B. Sulle garanzie procedurali. 1) Nella sentenza Pecastaing del 5 marzo 1980, la Corte ha precisato che l'art. 9 della direttiva 64/221 ha come oggetto la costituzione di garanzie processuali minime a favore de1le persone colpite da un provvedimento di .revoca o di rifiuto del permesso di soggiorno. La Corte pregata di indicare, precisare ed elencare ile garanzie processuali che gli Stati membri devono offrire aildo straniero che promuove un ricorso a norma deLl'art. 9 del:l1a direttiva. 2) La direttiva menziona una "autorit diversa". Se ci :implichi che il ricorso deve poter venir presentato ad un'autorit impaTziale e totalmente indipendente rispetto all'autorit che adotta la decisione. Se si possa definire sufficientemente .indipendente l'autorit diversa com posta da membri designati daill'autorit che adotta la decisione. Se non sia auspicabile che g,ti Stati membri conferiscano ai giudici Ja com;petenza ad esa minare i ricorsi contemplati dagli artt. 8 e 9 della' direttiva. 3) Nelle conclusioni presentate alla Corte nell'ambito della oausa Peca staing, l'avvocato genera!le riteneva che l'indipendenza effettiva dell' "autorit diversa " implica che la persona o le persone che compongono l'origano con sultivo non abbiano alcun vincolo di dipendenza rispetto aM'autorit chiamata a decidere. 1Se la Corte ritenga, come l'avvocato generail'e, che un dipendente deLl',amministrazione incaricata cti decidere non possa essere membro di detta autorit. 1Se un dipendente del-l'amministrazione che prenda ra decisione possa fungere da segretariio di detta autorit. Se sono vfotati i rapporti gerarchici tra i membri dell' "autorit diversa" e l'autorit che adotta la deciSil.one; nei paesi in cui detta materia di competenza del ministero della giustizia. se non debba essere vietato che i magistrati che svo1gono la funzione di pubblico ministero facciano parte di detta autorit. Se un dipendente del Governo, ma che fa parte di un'altra amministrazione, possa entrare a far parte dell'autorit come membro. Se le nomine di membri dell'autorit debbano venire effettuate per un termine pi o meno lungo e 'in qua1siasi caso a tempo determinato. Se sia normale che l'autorit che adotta le decisioni sia quella che versa le remunerazioni ai membri della " autorit diversa". PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 685 4. -Le questioni sollevate dal giudice nazionale, la cui formulazione praticamente identica nei due procedimenti, vengono suddivise dal Tribunale di rinvio in due gruppi dai titoli rispettivi Sulla nozione di ordine pubblico e Sulle garanzie procedurali. Attesa la quasi identit delle questioni nelle due cause opportuno riunire queste ultime ai fini <.lella sentenza. I. Sulla nozione di ordine pubblico. Sulle questioni 1, 9, 11 e 12. 5. -Le questioni 1-9, 11 e 12 a.ttengon sostanzialmente al problema di stabilire se gli Stati membri, in forza delle riserve contenute negli artt. 48 e 56 del Trattato, possano allontanare dal loro territorio il cittadino di un altro Stato membro, ovvero rifiutargli l'accesso al territorio stesso, in quanto svolga attivit che, ove svolte dai propri cittadini, non diano luogo a misure repressive. 4) Se dl cittadino di uno Stato membro colpito da un provvedimento non debba avere fa possibi.Ut di adire direttamente la "auto11it dirversa ". Se sia normare che l'auto11it che adotta la decisione sia l'unica autorit che pu adire la "autorit diversa", convocare fo straniero ad un'udienza dell'autorit e qmndi essere arbitra del ritmo pi o meno rapido del procedimento. 5) Se le decisioni della "autorit diversa " debbano venir motivate. Se ci non implichi che lo straniero ha il diritto di ottenerne una copia da cui risultino le firme dei membri dell'autorit nonch il loro nome e la loro qaalit. 6) Salvo casi d'urgenza debitamente giustificata, se lo straniero o il suo difensore, impediti per motivi validi e gravi di assistere ad un'udienza della "autorit diversa ' debbano ;poter ottenere il rinvio dell'esame della pratica ad un'udienza successiva. . 7) Se nella decisione dell'autorit diversa debbano veruir trattati dettagldatamente ed esaurientemente tutti i mezzi di diritto e di fatto dedotti dallo straniero. Se esso debba avere 1a facolt di presentare memorie contenenti i suoi mezzi e un fascicolo. 8) Se l'autorit che adotta la decisione abbia l'obbLigo c trasmettere a]J)Ja "autorit diversa " un fascicolo che dimostri che la decisione di revoca o di rifiuto del permesso di soggiorno sottoposta alla valutazione deWautorit diversa fondata su fatti reali, oircostanzi:ali e gravi. Se la prova dei fatti sui quali si ronda J'autorit che adotta la decisione debba essere esauriente ed incontes1Jata. Se lo straniero che contesta 1a sufficienza deJJla prova possa irnvooare a proprio favore H beneficio del dubbio. Se le denunce anonime e i rapporti di polizia che non indicano le fonti Possano essere usati dall'autorit che adotta la decisione. 9) Poich, a norma dell'art. 3 della direttiva 64/221, l'esistenza di condanne penali non sufficiente a giustificare automaticamente il provvedimento di rifiuto o di revoca del permesso di soggiorno, se non si possa sostenere che, qualora i fat1Ji di cui si fa carico allo straniero, costituiscano reato, l'autorit che adotta la decisione costretta a pro'"are detti fatti mediante la produzione di una condanna penale. 10) Se da un .rap;porto sulla figura morale di una persona si possa desu mere J,a prova che questa si comporta in modo contrario 1all'ordine pubblico. 686 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 6. -Le questioni cos poste sono motivate dal fatto che la prostituzione in quanto tale non vietata nell'ordinamento belga, restando inteso che ricadono sotto i rigori della legge talune attivit accessorie, particolarmente nocive sotto il profilo sociale, quali lo sfruttamento della prostituzione e svariate forme di incitamento al vizio. 7. -Le riserve contenute negli artt. 48 e 56 del Trattato consentono agli Stati membri di adottare, nei confronti dei cittadini di altri Stati membri, per i motivi che dette norme contemplano, fra cui in particolare quelli di ordine pubblico, provvedimenti che essi non possono disporre nei confronti dei propri cittadini, nel senso che ad essi manca il potere di allontanare questi ultimi dal territorio nazionale o di vietare loro di accedervi. Tale disparit di trattamento, relativa alla natura dei provvedimenti adottabili, va quindi rhenuta lecita; tuttavia deve sottolinearsi che, negli Stati membri, le autorit competenti a prendere tali provvedimenti non possono basare l'esercizio dei loro poteri su valuta 11) Se lo strallliero e H suo patrono abbiano il diritto cli chiedere la comunicaziione del fascicolo trasmesso dall'iautorit che adotta ~a decisione aihla "autorit diversa". Poich, per motivi di sicurezza dello Stato, consentito all'autorit che adotta la decisione non comunicare allo straniero o al suo patrono determinati documenti, se detta autorit possa tuttavia avvalersi delle informamoni che sono contenute iin un documento che essa rifiuta di trasmettere alla "autorit diversa". 12) Se la necessit di una adeguata dilesa non implichi che fo straniero o il suo patrono possano chiedere fa trasmissione dell'originale del fascicOllo oppure di una copia, eventuailmente previia corresponsione di un compenso non proibitivo. Se l'obbligare l'avvocato delilo straniero a recarsi neHa oapitaile dello Stato membro, specie allorch si tratta di uno Stato membro molto vasto :per esaminare il fasoicOllo messo a sua disposizione non comporti dn rea1t spese sproporzionate per lo stmniero, tali da pregiudicare il suo diritto a difendersi. 13) Entro quale termine, prima deihl'udienza, lo strandero o il suo avvocato debbano avere comunicazione del: fascicolo. Se dl termine di un mese non costdtuisca un termtine .ragionevole onde consentire allo straniero di preparare la sua dife,,a, compilare iii fascicolo di parte raccogliendo i documenti ed eventuailmente redigere una memoria. 114) Se, adducendo motivi di sicurezza dello Stato, l'autorit che .adotta la decisione possa includere nel fascicolo un documento non comunicato allo straniero o al suo avvocato per celare il'ddentit di un dnformatore della po1izia. Se un documento impugnato per faLso dallo straniero non vada escluso dagli atti. 15) Se non sia indispensabile che lo straniero o il suo patrono siano avvisati della data dell'udienza con un anticipo sufficiente, onde consentire la preparamone efficace di dtta udienza, ad esem;pio con un mese di anticipo. A questi quesiti la Corte. ha dato risposte sostanzialmente conformi a quelile proposte dal Governo ita1i~o intervenuto in causa, fa cui memoria qui di seguito si' trascrive (adde ora, sul diritto cli soggiorno, aMe sentenze citate netta nota che segue, le pi recent.i sentenze della Corte 23 marzo 1982, neHa causa 53/81, LEVIN e 27 ottobre 1982, nelle cause 35 e 36/82, MoRSON e JHANJAN): PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 687 zioni di taluni comportamenti da cui conseguano discriminazioni arbitrarie nei confronti di cittadini di altri Stati membri. 8. - opportuno ricordare al riguardo che il richiamo da parte di un'autorit nazionale alla nozione di ordine pubblico presuppone, come la Corte ha dichiarato nella sentenza 27 ottobre 1977 (causa 30/77, Bouchereau, Racc. pag. 1999), l'esistenza di una minaccia effettiva e abbastanza grave per uno degli interessi fondamentali della collettivit . Bench il diritto comunitario non vincoli gli Stati membri ad osservare una scala uniforme di valori in merito alla valutazione dei comportamenti che possono considerarsi ,c0ntrari all'ordine pubb1ico, va tuttavia rilevato che un comportamento non pu considerarsi abbastanza grave da legittimare restrizioni all'accesso o al soggiorno, nel territorio di uno Stato membro, di un cittadino di un altro Stato membro, nel caso in cui il primo Stato non adotti misure repressive o altri provvedimei;iti Sulle limitazioni alla libera circolazione dei ittadini comunitari per motivi di ordine pubblico: .condizioni e garanzie procedurali. (omissis) A. -Con la sentenza 4 dicembre 1974, nella causa 41/74, VAN DUJN (in Racc., 1337) la Corte ha precisato che fa nozione di ordine pubblico nel contesto comunitario, specie !in quanto autorizza una deroga al principio fondamentale della libera circolazione dei lavoratori, va intesa in senso stretto, col risultato di escluderne ogni valutazione unilaterale da parte dei singoli Stati membri senza il controllo delle dstrituzioni comunitarie . Non si pu tuttavia negare -ha aggiunto la Corte -che la nozione di ordine pubblico varia da un paese aH'altro e da un'epoca all'altra: perci necessario ~asciaa:e in questa materia alle competenti autorit un certo :potere discrezionale entro i ,lim!iri dmposti dal trattato . Sussistono ragioni di ol'dine pubblico, ha ril.evato fa Corte, i:n relazione ad attivit ritenute antiisociali. anche se non vietate a norma dd legge. Con la sentenza 28 ottobre 197'5, nella causa 36/75, RUTILI (dn Racc., 1219, pubbl. anche in questa Rassegna, 1975, I, 838, con nota), la Corte ha ancora precisato che Je 11mitiazioni giustdfcate di cui all'art. 48 n. 3 del trattato sono soJo quelle conformi a.Ile esigenze del dhiitto, ivi compreso il diritto comun1tario, e che a tali effetti vanno prese in considevazione sia le norme di diritto sostanziale che quelle formali e procedurali che condizionano l'esercizio, da parte degli Stati membri, dei poteri fatti salvi dalla norma suddetta, in materia di ordine pubblico e di sicurez:lla pubblica. Gld Stati, ha confermato la Corte, restano sostanzialmente liberi di determdnare, conformemente alle loro necessit nazionaH, le es!igenze di ordine pubblico, ma tale nozione va intesa in senso restrittivo, di guisa che JJa sua portata non pu essere determinata unilateralmente da ciascuno Stato membro senza il controllo delle istituzioni comunitarie, nel senso he restrizioni possono essere poste solo !in presenza di una minaccia effettiva ed abbastanza grave per l'ordine pubblico e, in aderenza ad un ;principio generale sancito nella convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e dei diritti fondamentali, non possono andare oltre ci che necessario per ~e esigenze di ordine pubblico e di sicurezza pubblica in una societ democratica ; sotto iii profilo proceduraJe, devono essere consentiti agli interessati idonei mezzi di ricorso. 688 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO concreti ed effettivi volti a reprimerlo, ove lo stesso comportamento sia posto in essere da propri cittadini. 9. -Le questioni 1, 9, 11 e 12 vanno quindi risolte nel senso che uno Stato membro non pu, in forza della riserva relativa all'ordine pub blico di cui agli artt. 48 e 56 del Trattato, allontanare dal proprio terri torio un cittadino di un altro Stato membro n rifiutargli l'accesso al proprio. territorio a motivo di un comportamento che, ove sia posto in essere da cittadini del ,primo Stato qiembro, non d luogo a misure r,epressive o ad alt,ri .provvedimenti concreti ed effettivi vQltLa combatterlo. Sulla 10 questione. 10. -Con la 10 questione il giudice n~ionale chiede se l'operato di uno Stato membro che, nel desiderio di eliminare dal proprio terri torio le prostitute che giungono da un paese determinato, in quanto esse potrebbero costituire un punto d'appoggio per il banditismo, lo faccia sistematicamente dichiarando che la professione di prostituta Questi principi, unitamente alle altre precisazioni contenute nelle predette due sentenze nonch nelle variie altre sentenze che hanno affrontato la problematica de~la 1Iibera oircolazione delle persone (in particolare Ie sentenze 26 feb braio 1975, nella causa 67/74, BoNSIGNORE, in Racc., 297; 8 aprile 1976, nella causa 48/75, RoYER, in Racc., 497; 7 luglio 11976, 1nella causa .U8/75, WATSON, ~n Racc., 1185, nonch in questa Rassegna, 1976, I, 730, con nota; 14 1luglio 1977, nelila causa 8/77, SAGULO, in Racc., 1495; 27 ottobre 1977, nella causa 30/77, BouCHEREAU, in Racc., 1999; 5 marzo 1980, nella causa 98/79, PECASTAING, in Racc., 691; 22 maggio 1980, nella causa Bl/79, SANTILLO, in Racc., 1585, nonch in qu,esta Rassegna, 1980, I, 729; 3 luglio 1980, nella causa 1'57/79, PIECK, in Racc., 1980, 217'1), consentono di rispondere a gran parte dei quesiti formulati dal giudice belga. Cos non sembra (quesito A. 1) che la Corte possa definire la nozione di ordine ;pubbliico (che varia da un paese all'.altro e da Wl'epoca aLI'altra ) se non richiamandosi ancora una volta all' antisocialit , non necessariamente legata ad un divieto di carattere penale (sentenza VAN DuYN), concetto che, appunto, diverso da paese a paese e varia con il passar del tempo. Comuni agli Stati possono invece essere i limiti (quesito A2): ma si 'tratta di Mmiti , cio di un confine che vieta l'espandersi, ma non fornisce la definizione del concetto. I limiti sono il rispetto delle specifiche norme comu nitarie in materi1a, nonch dei priincipi generali di diritto che tutelano i diritti fondamentali e regolano una societ democratica, propri anche del diritto comunitario, i quali impongono, fra J'ailtro, l'applicazione di criteri di ragionevolezm e di proporzionalit. E, trattandosi di far V'ailere una eccezione (l'or dine ;pubblico) ad una regola. fondamental:e del Trattato (la libera circola zione), chiaro che l'interpretazione dei limiti, ove essi siano incerti, debba essere fatta in modo restri.ttivo. 1' certo (quesito A 3) che le misurn restrittive giustificate da motivi di ordine pubblico adottate da uno Stato nei confronti del cittadino di un altro Stato membro, in quanto Limitano la Iibera circolazione dei lavoratori, possono costituire una posizione differenziata per lo straniero. Ma, come ha osservato lia Corte nehla sentenza VAN DuYN, un principio di divi,tto ~nternazionale, che PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 689 costituisce un pericolo per l'ordine pubblico, senza nemmeno controllare se le interessate possano essere sospettate di rapporti con la malavita , configuri un provvedimento di prevenzione generale ai sensi dell'art. 3 della direttiva n. 64/221. 11. - opportuno ricordare che l'art. 3, n. l, della direttiva prescrive che i provvedimenti d ordine pubblico o di pubblica sicurezz.a devono essere adottati esclusivamente in relazione al comportamento personale dell'individuo nei riguardi del quale sono applicati. Basta rinviare, al riguardo, alla sentenza 26 febbraio 1975 (causa 67/74, Bonsignore, Racc. pag. 297), in cui la Corte ha dichiarato che non possono essere presi in considerazione, nei confronti dei cittadini degli Stati membri della Comunit, per quanto concerne i provvedimenti intesi alla tutela dell'ordine pubblico e dlla pubblica sicurezza, i motivi che il trattato non ha certamente reso inoperante nei rapporti fra gli Stati membri, impedisce ai singoli Stati di negare ai propri cittadini l'ingresso e il soggiorno nel proprio territorio ; ammettere lo stesso impedimento assoluto .anche nei confronti del cittadino di un altro Stato membro significherebbe cancellare la riiserva, fatta espressamente nell'art. 48, n. 3, del trattato, di adottare misure restrittive per motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanit :pubblica. Ll priincipio contenuto ne11'art. 7 del trattato va letto e interpretato in uno con la regola e l'ecce:llione alla regola fissate nel successivo .art. 48. I limiti, la cui definizione i1l giudice belga dnvoca, sono que11i indicati appunto nehl'art. 48, interpretato come si detto a proposito dei primi due quesiti. In ailcune sentenze (RUTILI, BoucHEREAU) la Corte ha precisato che il richiamo alla nozione di ordine pubblico presuppone l'esistenza di una minaccia effettiva ed abbastanza grave per uno degH interessi fondamentali della coH:ettivit : chiede il giudice be1ga (quesito A-4) se sia concepibile che un comportamento che costituisca una siffatta minaccia non sia passibiile di sanzione penale. Innanzitutto ci par opportuno 'precisare che l'ordine pubblico va invocato .essenzia~mente in sede di prevenzione (prevell2lion specifica e non _genera.Je, come ha precisato la Corte nella sentenza BoNsIGNORE): come la sola esistenza di una condanna penale non pu automaticamente giustificare l'adozione di provvedimenti di espulsione (art. 3 della direttiva n. 64/221), perch la condanna non indice assoluto della pericolosit di un soggetto, Cos l'assenza attuale di un comportamento illegale non signifka che il soggetto non sia pericoloso e che non possa configurarsi nel suo comportamento una minaccia nel senso suddetto, sebbene si possa parlare di sanzione solo allorch la minaccia si traduce nell'aggressione concreta del bene mina.e. dato. Con questa :precisazione, riteniamo che si possa rispondere al quesito posto nel senso che la aggressione (in relazione aMa quale la sola presenm di una minaccia effettiva e abbastanza grave sufficiente per giustificare la misura restrittiva) non deve necessariamente essere sanzionata penalmente. noto, infatti, che la san2lione penale non segue necessariamente i comportamenti pi gravi, ma previista, per una scelta poLitico-legislativa, soprattutto per i casi in cllli, per La particolare natura del comportamento, ritenuta il mezzo pi efficace di dissuasione e, in minor misura, di repressione. La Corte, neHa .sentenza VAN DUYN, ha parlato di rilevanza di comportamentJi antisociali, non necessariamente vietati, e nella sentenza BoucHEREAU ha parlato di :per 690 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO prescindano dal caso singolo, come pure risulta fra l'altro da una disamina del n. 1, in forza del quale esclusivamente determiinainte il comportamento personale di coloro nei cui confronti i provvedimenti vengono applicati. Sulla 13 questione. 12. -Per quanto riguarda la possibilit, da parte di coloro nei cui confronti vengano adottati provvedimenti di allontanamento dal territorio di uno Stato membro, di accedere nuovamente al territorio dello Stato interessato e chiedervi un nuovo permesso di soggiorno, va rilevat. o che qualsiasi cittadino di uno degli Stati membri che desideri cercare lavoro in un altro Stato membro pu chiedere nuovamente un turbazione dell'ordine sociaile insita in qualsiasi infrazione della legge : riteniamo che con questa seconda espressione si sia voluto faT merimento all'id quod plerumque accidit, nel senso cio che quasi normale che un comportamento antisociale sria anche esplicitamente vietato, e costituisca quindi un illecito, sfa esso penale, amministrativo o civile; ma non pu escludersi che talvolta l'antisocialit non si traduca in illiceit (come nel caso VAN DUYN, secondo dJ diritto del Regno Unito) per una scelta politico-legislativa, n che non toglie, per, che H comportamento meramente antisociaile possa essere considerato contrario a1I'ordine pubblico. E conseguentemente (quesito A-5) la individuazione dd un interesse fondamentale deilita collettivit va fatta non ricercando sempre una specifica norma che quelrnnteresse preveda e tuteli, comminando sanzioni per la sua inosservanza, ma analizzando il complesso dehle norme esistenti in un certo Paese e l'interpretazione che di e~se viene data in una certa epoca storica riguardo alla tutefa del bene ;pubblico. Cic sembra che dalle considerazioni suddette si possa tmrre una risposta per il quesito A-6. L'art. 7 della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo afferma che nessuno pu essere punito per un fatto che non era reato al momento in cui fu commesso. Le misure restrittive nei confronti deJ.lo straniero non sono puni:1lioni >>, ma misure essenzialmente preventive>>, sfa (e non potrebbe essere diversamoote) allorch sono dirette a negare l'ingresso, sia quando sono dirette a far cessare il soggiorno. certamente vero che un provvedimento di espulsione pu essere pi grave, in cerd casi, di una condanna penale, ma ci ha rhlievo solo nel senso che l'interpretazione deUa norma che consente la misum deve essere restrittiva e prudente, con rispetto dei principi di ragionevolezza e '.ProporzionaJdt. Pertanto sembra che possa darsi risposta positiva a~ quesito A -7 e che, In relazione al quesito A 8, le circostanze ivi indicate debbano essere valutate seriamente neWI'adozione del provvedimento, anche e soprattutto in quanto influenti sullia pericolosit stessa del soggetto. Con il quesito A -9 il giiudice belga chiede se e in quaili limiti gli Stati membri abbiano diritto di tener conto della moraJ~t privata degli interessati, qualora il comportamento degli stessi non sia tale da creare disordini materialmente e oggettivamente dlevabhli in pubblico. Certamente la sfem deHa. moralit privata appartiene esclusivamente ai singoli e non ammissibiJe alcuna PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 691 permesso di soggiorno. Tale domanda, se presentata dopo un ragionevole periodo di tempo, va esaminata dall'autorit amministrativa competente dello Stato ospitante che deve prendere in considerazione, in partiticolare, le ragioni addotte dall'interessato per dimostrare il mutamento obiettivo delle circostanze in base alle quali era stato adottato il primo provvedimento di allontanamento. Tuttavia, qualora sussista nei confronti dell'interessato, e continui a produrre effetti giuridici s da trattenerlo fuori dal territorio dello Stato di cui trattasi, w1 provvedimento di allontanamento validamente adottato a norma del diritto c.omunitario, quest'ultimo non gli attribuisce affatto il diritto di accedere al suddetto territorio nelle more dell'esame della nuova domanda. Sulla 14 questione 13. -L'art. 6 della direttiva n. 64/221 prescrive che vengano portati a conoscenza dell'interessato i motivi di ordine pubblico, di pubblica interferenza di qualsivoglia autorit statale; la moralit di ciascuno diviene rilevante a1 fini de1l'ordine pubblico solo in quainto si manifesti in un comportamento esteriore che assuma le caratteristiche dell'illecito (o, a fini di prevenzione, nel pericolo di tale comportamento) o quantomeno dehl'antisocialit nel .senso sQ'pra precisato. Riispetto al quesito A-10, precisato anzitutto che ii principi 1iberald del trattato. non appaiono invocabili relativamente alla prostituzione intesa come professione, non sembra che possa escludersi in via di principio che, nei confronti della persona che, avendo altr.imenti diritto alla tutela comunitaria, tale attivit svolga, possa essere fatta una valutazione di antisocialit nel senso sopra .precisato, purch ancorata al comportamento personale del soggetto stesso. Le considerazioni svolte rispetto al quesito A-3 danno una risposta anche al quesito A-U. La ;prostituzione un fenomeno ineldminabhle ed logico che gli Stati abbiano tentato e tentino di controllarla per limitarne gli effetti nocivi. Ci non togilie, dn Linea astratta, che, secondo la valutazione di ciascuno di essi, e secondo le diverse epoche storiche, ~esercizio di essa possa essere consideriato, quantomeno in akune sue manifestazioni, un fenomeno antisociaile che pu costituire una m1naccia effettiva ed abbastanza grave per gM interessi fondamentali della cohlettivit, malgrado che possa essere stato ritenuto inoppol'tuno, dal punto di vasta socio-pooitico, adottare misure repressive generalizz;ate deH'esercizio stesso. E l'impossibildt di vietare il reingresso o 1a permanenza nel territorio ai propri cittadini che esercitino fa prostituzione non dncide sulla possibilit di adottare, ad sensi dell'art. 48, n.. 3, del trattato, misure dd prevenzione specifica nei confronti della persona straniera. Non ;pu, peraltro, non rilevarsi, in linea concreta, reail~sticamente, che la prostituzione un fenomeno generalizzato e tollerato in tutti i paesi delila Comunit e che (al di fuori dei oasi di forme organizzate, magari con fa partedprazione di lenoni e con il reclutamento o la tratta di altre giovani donne, ovvero nei casi di scoperte e moltepldci forme di adescamento, e pi in generailie quando il fenomeno assume i.ti. carattere di pfaga di una determinata locaiHt, sia essa quartiere, citt, provincia o altro) ben difficile che 692 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sicurezza o di 'sanit pubblica su cui fondato il provvedimento preso nei suoi confronti, salvo il caso in cui vi ostino motivi inerenti alla sicurezza dello Stato. Si evince dallo scopo della direttiva che la comunicazione dei motivi deve essere sufficientemente dettagliata e precisa onde consentire all'interessato la difesa dei propri interessi. Per quanto concerne la lingua da impiegare, risulta dail fascicolo di causa che le attrici nelle cause principali sono cittadine francesi e che i provvedimenti nei loro confronti sono stati redatti in francese, talch non evidente la pertinenza della questione. Basta, comunque, che Ja notifica venga effettuata in condizioni tali da consentire all'interessato di rendersi conto del suo contenuto e dei suoi effetti. II. Sulle questioni relative alle garanzie procedurali 14. -Tali questioni riguardano essenzialmente la compos1z1one del1' autorit competente menzionata nell'art. 9 della direttiva n. 64/221, possa essere consiiderato come minaccia grave all'ordine pubblico l'esercizio individuale, magari cauto e riservato, del mestiere: in questo ordine di consi derazioni non pu non po11si in luce che l'app1ioazione di un criterio troppo rigido potrebbe condurre facilmente ad abusi, jn considerazione de11.'estrema difficolt di valutare l'ampiezza della moo-oot sessuale. Le espressioni usate daM'avvocato generale Mayras neHe conclusioni della causa BoNSIGNORE, -;presenza che diviene intol:Ierabile e soluzione neoes saria -, (quesito A 12), danno certamente una misura del:Ia grav.it della minaccia all'ordine pbbtlko, ma vanno pur sempre collegate ad una valutazione nazionale dell'o11dine pubblico. Quanto al quesito A-13, deve ritenersi che la !limitazione consentdta dal l'art. 48, n. 3, deve essere giustificata da ragioni di prevenzione (srpeoi~e) e non di repressione: venuta meno 1a mmaccia all'ordine pubblico, non v' al cuna ragione di mantenere o rinnovare una misura restrittiva contraria al1a libera circolazione delle persone e fa posizione dehl'interessato ben potr es sere rivailutata. Relativamente al quesito A-14 si osserva che certamente [ provvedimenti restrittivi devono essere motivati (come si desume chiaramente dall'art. 6 della direttiva 64/221, sailvo I limdti ivi indicati), e con una motivazione vera e non apparente; non necessaria appare Invece la redazione nel1a madre-lingua dello interessato, in quanto essa non appare affatto mdispensabLle perch finteres sato stesso '.Possa prendere conoscenza del provvedimento. B. -Nelfa sentenza '.PECASTAING la Corte ha precisato, con riferimento 1al J'art. 8 della direttiv1a n. 64/221, che la natura dei ricorsi consentiti .dipende dalla struttura deJi1'ordinamento giudiziario di ciascuno Stato membro. Anailoga risposta .deve essere data (quesito B -) per l~art. 9. Questa norma gi indloa che le ga~anzie debbono essere o la rpossibhliit di un ricorso giurisdi zionale non limttato al controllo di legittimit e con effetto sospensivo o il parere di un'autorit competente del paese ospitante dinanzi alla quale l'interessato possa effettivamente difendersi (autorit che pu essere anche amministrativa, purch diversa e ,indipendente da quelila che adotta 00: provvedi mento, come ha precisato la Co~te nella sentenza 1SANTILLO). Non sembra post! ! ! f: ...................J PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA b INTERNAZIONALE 693 la qualifica e la durata dei mandato dei suoi componenti, l'eventuale -legame fra questi ultimi e l'autorit che provvede alla loro retribuzione, le modalit ,secondo cui l'autorit va adita ed il procedimento dinanzi ad essa. 15. -L'art. 9, n. l, della direttiva ha Io scopo di attribuire un minimo di garanzie procedurali ai soggetti colpiti da un provvedimento di allontanamento. Nel caso in cui i ricorsi giurisdizionali contro gli atti amministrativi vertano soltanto sulla legittimit del provvedimento, l'intervento dell'autorit competente deve consentire di ottenere un esame dei fatti e delle circostanze, compresi i motivi di opportunit su cui si fonda il provvedimento considerato, prima che esso venga definitivamente adottato. L'interessato deve essere in grado di far valere i propri mezzi li difesa dinnanzi a tale autorit e di farsi assistere o rappresensibille una ulteriore precisazione delle garanzie processuali che gli S~ti membri devono offrire a chi promuove un ricoI'So >>, perch sufficiente che questo ricorso (come abbiamo visto alternativo al parere di cui si detto) sia giurisdizionale (e consenta quindi la difesa del ricorrente), non sia limi tato alla sola legittimit, abbia effetto sospensivo: ila regolamentazione della procedura per ricorrere non pu che essere quella nazionale, diversa da Stato a Stato. AUa prima parte del quesito B -2 la Corte ha gi risposto con la sentenza SANTILLO, nel senso sopra detto. Quanto alla seconda parte la mera designa zione dei membri (in particolare modo se si tratta solo di alcuni membri: cfr. in Italia, '.hl d.P.R. 30 dicembre 1965, n. 1656, fil quale nell'art. 9 prevede una Commissione di cinque membri, di cui due designati dal Ministero dell'ln teTno, nella cui competenza ricadono i provvedimenti di cui si tratta, e gfil altri tre designati dai Ministeri degli Esteri, del Lavoro e de11a Sanit) non implica una supremazia gerarchica e non viola nndipendenza del designato. Non ap pare ammissibhle ed comunque mal formulata, invece, la :parte di quesito che chiede se non sia auspicabHe che gi Stati assegmno ad .giudici fa competenza ad esrumnare i r:icorsi contemplati dagli artt. 8 e 9 della diret tiva: :l'art. 9 defila direttiva parla di ricorsi giurisdizionali e solo in man canza di questi richiede un parere di un'autorit diversa da quella che adotta il provvedimento. Sui quesiti B -3 si precisa che in Italia, a norma del citato art. 9 del d.P.R. n. 1656/1965, ,fil parere di cui aiH'art. 9 della direttiva reso da una Commissione, istituita presso il 'Ministero dell'Interno, nominata con decreto del Ministro per ['interno, che composta ,da .un prefetto, che [a presiede, da un questore e da a:ltri tre membri, con qualifica non inferiore a quella di direttore di divisione o equiparata, designati rispettivamente dai Ministeri degli affari esteri, del lavoro e deLLa previdenza sodale e della sanit; un funzionario de1l'amministrazione dehl'interno... adempie alle funzioni di segretario . Una siffatta strutturazione garantisce pienamente l'interessato: naturale che, per questioni organizZJative, da sede della Commissione si1a ;presso la amministrazione dell'interno), che d'n vfa generale si occupa dei problemi di cui! si tratta, ed altres ovvio che alcuni membri appartengano, per ragioni di competenza spedfica, alla medesima amministrazione; il formale atto di no RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 694 tare secondo le modalit procedurali contemplate dal diritto nazionale. Lo stesso articolo, al n. 2, di:spone che i soggetti destinatari di una decisione, con cui si rifiuti il rilascio del primo permesso di soggiorno, nonch di un provvedimento di allontanamento prima ancora del rilascio di detto permesso, possono chiedere che tali provvedimenti siano sottoposti all'esame dell'autorit competente. 16. -La direttiva non precisa le modalit di nomina dell'autorit competente di cui all'art. 9, non impone che essa sia un organo giurisdizionale o sia composta da magistrati, n tampoco prescrive che i suoi membri siano nominati per un periodo determinato. L'essenziale che risulti chiaramente che l'autorit esercita in piena autonomia le proprie funzioni e che, nel loro esercizio, essa non .sia sottoposta, direttamente o indirettamente, al controllo dell'autorit cui spetta l'adozione dei mina da parte del Ministro dell'Interno non mina certo, in uno Stato di diritto, iJi'incliJpendenza dell'organo. Sembra che ai quesiti posti dal giudice belga debba darsi una risposta conseguenziale a queste osservazioni. A norma dehl'art. 9 della direttiva n. 64/221 l'autorit diversa deve essere sentita, e ad essa J'.interessato pu presentare i propri mezzi di difesa. i> chiaro (quesito B -4) che Je regolie procedurali debbano essere nazionali e devono consentire che dl parere espresso sia effettivo e ,attuale. i> 01ltres chiaro (quesito B-5) che jil parere, ;proprio in quanto parere, debba essere motivato; mentre non sembra necessario (e saranno Je norme nazionali a stabilirlo) che esso contenga le firme dei membri deH'autorit, nonch il loro nome e la l'Oro qualit. n procedimento, diverso da quel1o giurisdizionaJ.e, indicato ne11'.art. 9 deLla direttiva deve consentire una ~donea difesa dehl'interessato e l'emissione di un parere, come si detto, motivato, efEettivo e attuaJ.e. La regolamentazione del proceilimento (quesiti B -6, 7 e 8) spetta ailila normativa nazionale, la quale deve solo offrire le garanzie suddette. A questi principi ispirata la normativa italiana di .attuazione defila direttiva. Il d;PR. n. 1656/1%5., gi citato, dispone, dm.fatti, in particolare: art. 6: ..;Salvo il caso che vi si oppongono motivi inerenti alila sicurezza dehlo Stato, i motivi di ordine pubbfilco, di pubblica sicurezza o di san!t :pubbllica, sui quali si basa il provvedimento che lo concerne, sono portati ,a conoscenZJa dell'interessato. Di ogni rapporto o denunzia all'autorit giudiziaria a camco di stranieri deve essere data circostanziata notizia ,a!Jla autorit provinciale di ;pubblica sicurezza. art; 7: U provvedimento di ammisSlione al soggiorno o di diniego di ammissione al ,soggiorno deve essere 1adottato entro sei mesi da11a data della presentazione deLl'istanza di rilascio del documento di soggiorno (cos mod. del1a Legge 4 aiprfile 1977, n. 127). L'linteressato autorizzato a dimorare provvisoriamente sul termtorio fino a quando non intervenga Ja decisione di rilascio o c:U diniego del permesso di soggiorno. art. 8: 1Sal'vo motivi di urgenza il termine concesso 1ail cittadino di uno Stato membro della Comunit economica europea per abbandonare I!!: territorio nazionale non pu essere inferiore a 115 giorni -nel caso di diniego di ammissione al soggiorno -e ad un mese nel caso di runiego del rinnovo del II PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 695 provvedimenti presi in considerazione dalla direttiva. Purch ricorra tale condizione, n le disposizioni n lo scopo della direttiva ostano in .alcun modo a che i membri dell'autorit vengano retribuiti a carico del bilancio dell'amministrazione di cui fa parte '1'autorit competente ad .adottare eventu.aiLi. provvedimenti ovvero a che un dipendente deNa stessa amministrazione funga da segretario dell'autorit competente. 17. -Per quanto riguarda le modalit secondo cui va adita l'autorit competente nel caso di cui all'art. 9, n. 2, della direttiva, quest'ultima non contiene alcuna disposizione vincolante. Pur non escludendo che l'autorit venga adita direttamente dall'interessato, essa tuttavia non lo impone lasciando gli Stati membri liberi di scegliere al riguardo, purch tale adizione sia garantita una volta che l'interessato l'abbia chiesta. sog~orno o del provvedimento di allontanamento dal territorio della Repubblica. Scaduto il termine concessogli, ['autorit di pubblica sicurezza provve< ler al.'l'avviamento dell'interessato alla frontiera mediante il foglio di via obbligatovio. Art. 9: Il provvedimento di diniego del rinnovo del soggiorno o quello .di aLlontanamento dal territorio defila RepubbUca della persona gi autorizzata a soggiornare su questo stesso adottato, sal'Vo motivi di urgenza, dopo aver sentito H parere di apposita Commissione, dinanzi alla quale ~'interessato 1>U farsi assistere o rappresentare da persone di sua fiducia... (che non deve essere necessariamente un avvocato). Su richiesta delfinteressato sono sottoposti aLl'esame della Commissione il provved!imento di diniego di ammissione. a1 soggiorno o que1lo di allonta namento dal territorio della RepubbJtica che intervenga prima dell'ammissione al soggiorno. !L'interessato pu, in tal caso, essere ammesso a presentare personalmente, i propri mezzi di difesa, a meno che non vi si oppongano motivi cLi sicurezza dello Stato . Si gi osservato, a proposito dei precedenti quesiti, che l'esistenza di -condamne penali non condizione sufficiente ma neanche necessaria per fa .adozione di misure .restr.ittive per ragioni d:i ordine pubMico: sembra, quindi, che si debba dare ris,'posta negativa al quesito B -9. E (quesito B -10), in analogia a quanto rilevato a proposito del quesito A-9, da1la figura morale di una persona nulla si pu ricavare per ['adozione >, la documentazione presa in considerazione da!ltl'autorit che adotta ill provvedimento deve essere trasmessa dntegral.mente all'autorit che emette il parere e deve poter essere <:onosoiuta dall'interessato (quesito B-11). Spetta aLla normativa nazionale, come gi si detto, .regooare il procedimento di cui all'art. 9 della direttiva, purch tale regolamentazione consenta un'idonea difesa, con spese proporzionali, aLl'interessato, secondo criteri di ragionevolezza (quesiti B 12 e 13). 696 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 18. -In ordine alla forma del parere dell'autorit competente, questo, come si ricava dagli scopi del sistema istituito dalla direttiva, va debitamente notificato all'interessato, ma la direttiva non impone l'obbligo di indicarvi i nomi o k qualit dei membri dell'autorit. 19. -Per quanto concerne le questioni refative allo svolgimento del procedimento dinanzi all'autorit competente, ivi comprese non soltanto le norme procedurali ma altres quelle attinenti alla prova, basta ricordare, come accennato in precedenza, che ia direttiva n. 64/221 stabilisce espressamente, all'art. 9, n. 1, che l'interessato deve poter far valere i propri mezzi di difesa dinanzi all'autorit di cui trattasi e farsi assistere o rappresentare secondo le modalit procedurali contemplate dal diritto nazionale. Tali modalit non possono essere meno favorevoli all'interessato di quelle che si applicano dinnanzi ad altre analoghe autorit nazionali. (omissis) Per motivi di sicurezza dello Stato, dovrebbe in linea di massima, essere consentito celare all'interessato H nominativo di un informatore deJila polizia, mentre da rilevanza di un documento impugnato per falso, finch sulda falsit non si sia pronunciato H giudice competente, rimessa alila regolamentazione di ogni singolo 'Stato (quesito B-14). Per il quesito B -15 valgono le considerazioni svolte per i precedenti quesiti B-12 e B. (omissis) (OSCAR FIUMARA). SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA U Q'{.1E~Tl()~l .DI GIURISDIZIONE eoa:tE DI C~$8t\ZlONS/Sei Vrt/13\ Ju~fo 1981, n. 4549 -Pres. Rossi; .~f~~fu~;ctf;~~!if~1~?h~~k:-nfd~u~~~~a~~:~)n~~~i~is~;;;i~:~~ fi):l~tlz~(~vv.. Stato (?~ytito) / /.. tlf~~Ue t~e ~l~o~ rd~~: e awfuinistrativa Cont~ llrSta telatiy~ a!lta~rlmlento dei .presupposti per l'attribuzione ~e]Ie. ~tra!e. sost.f~uttY:e di ~ 'rt. 7 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 638 Giu ~~ne.4e~e~.911(,l~a.rJ.,. Lac~ntro;er~i~ i~;oit4tt;.... l'1ntf{....focat~ᥥe...lo Stato, quando si con. testi t<,i. legittimit deU'oQerato d,i. quest'ultimo in sede di accertamento de.i presupposti . necessari per la attribuzione di somme secondo quanto dispostodmztqrt. 7. del l)'.P.R. 26 ottobre 1972, n. 638, appartiene a.JJti cog,nizione d~t$iudJCe .qrdifUit;io .qualtfnque .sia ... l'oggetto della do. fftiliUhii . d?vend6si ll1! :gturisdii.one. ilffermar sulla base del criterio del petitum ~o;ftanziale Jt)'. J: .--Con l':istapi di regolamento, la ricorrente Azienda Autonoma di Soggiorno e Tl.ltismh .di ,Ascoli Piceno prospetta la tesi della competenza giurisdizionale del 'rril:>unale Amministrativo Regionale, sul rilievo che il soggetto attributario indfoato dall'art. 7 del D.P.R. 26 ottobre 1976 n. 638. si troverebbe, nell fase procedhnentale anteriore alla effettiva liMd.ta del credit<> , verso lo Stato; .in posiiione di interesse legittitho . . . Pei contrastare l'assl.l'lit<:> d~1h\mministrazione Finanziaria (somma: ciam&::tte sv!Jil~() gavfu1ti a~ 1'.A.R. delle Marche), secondo :cui il soggetto (1) ~. t1;1Jta'Via, opportuno til'eVare .che se la presenza di elementi discrezional! i ne1l/attiv.tt ammindstrativa vate senz'altro a negare ila sussistenza di un dlltto soggettivo tutelabile clinanzi l'.g.o, il carattere vincolato deill'aittiv. iiJ: medesima non sufficiente per . affermare la sussistenza de1 diritto soggettivo, ogni quail.volta la norma che disciplina tale attivit ti.sulti essere non Ullla inorm.a d reliazione, m una norma di azione, che costituisce a carico deLlia p.a. doveri giuridici ad: quali non corrisponde alcun diritto a favore dei terzi: cfr. sez. Un. 1'1 apriile 1%4, n. 894; Giust. Civ. 1964, l, 1825 e Sez. Un. 25 maggio 1979, n. 3018, ivi, 1979, l, 658. --. ---r - 698 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO predetto sarebbe titolare di un vero e proprio diritto soggettivo, la ricorrente articola l'istanza nelle seguenti proposizioni: a) per affermare la giurisdizione dell'autorit giudiziaria ordinaria .non sufficiente negare l'esistenza di un potere discrezl.onale, occorrendo ancora esaminare se sia legittimo l'operato della Pubblica Amministrazione; b) neppure ci si pu Jiimitare 1aHa sola .constatazione che Jia norma legittimante l'intervento della P.A. sia norma di relazione , poich non detto che le norme di azione sono disposizioni che incidono nei rapporti giuridici inter-relazionari, mentre non detto che sempre le norme di relazione implichino questioni di diritti soggettivi; c) fa denunciata violazione dell'art. 7 del D.P.R. 26 ottobre 1972 n. -638 attiene alla fase procedimentale della liquidazione del contributo , rispetto alla quale l'Azienda pu vantare solo un interesse legit timo; d) la giurisdizione dell'A.G.O. sussiste solo quando vi sia carenza di potere delJ.a P.A.; mentre rientra nella cognizione del potere ammiindstrativo l'annUlllamento del provvedimento amministrativo, allorch (come nella specie) viene richiesto. A sua volta, l'Amministrazione Finanziaria, nel resistere a tale prospettazione, abbandona .la tesi dell'esistenza di un diritto soggettivo (del soggetto attributario ), accennata davanti al T.A.R. e propone, in via gradata, due tesi: a) la prima, proposta in via principale, nega ogni possibile difesa giurisdizionale all'interesse dell'Ente, nella fase anteriore alla nascita del credito. Dalla norma in questione nascerebbe, nell'Ente, solo un interesse semplice, poich si tratterebbe di norma di organizzazione della .finanza pubblica, diretta unicamente a realizzare l'interesse generale a un'equa ridistribuzione della ricchezza nazionale fra tutti gli Enti locali. Essa, pertanto, lungi dal regolare un rapporto fra Stato ed Ente locale, agirebbe unicamente in modo unilaterale solo sulla Pubblica Amministrazione statale, creando limitazioni e doveri cui non corrisponderebbero n inte ressi legittimi, n diritti soggettivi in altri soggetti. b) La seconda tesi, proposta in via subordinata, 1'.lipiega su:1l'assunto dell'interesse legittimo, ma seguendo una costruzione che si assume diversa da quella prospettata dall'Azienda. Prendendo le mosse dall'istituto giuridico dell'obbligazione di diritto pubblico, la resistente distingue fra norme che ricollegano la nascita di detta obbligazione a situazioni regolate , da un apprezzamento discrezionale dell'Amministrazione (cui non possono fare riscontro altro che interessi legittimi) e norme che ricollegano il sorgere dell'obbligazione PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE predetta a situ..izioni analiticamente descritte, ossia tassativamente disciplinate (cui possono far riscontro sia interessi legittimi che diritti soggettivi). In base a tale premessa, sostiene che, nella fattispecie esaminata,. l'attivit della P.A. statale sarebbe vincolata al solo interesse .pubblic0> (come dovrebbe desumersi dal rilievo della direzione delle norme): si sarebbe, perci, in presenza di una attivit vincolata, regolata, per, da norme di azione. La posizione soggettiva dell'Ente attributario , perci, non sarebbe altro che di interesse legittimo. 2. -Osserva Ja Corte che nessuna delle tesi prospettate in questa sede dalle parti pu essere condivisa, mentre appare rispondente alla realt giuridica quella appena accennata, davanti al T.A.R., dall'Amministrazione statale, secondo cui la competenza giurisdizionale appartiene al giudice ordinario (tenuto conto del petitum sostanziale), essendo il rapporto caratterizzato da posizioni di diritto soggettivo. Delle tesi esposte in questa sede, la meno fondata, sicuramente, quella che vede, nella disposizione regolatrice della materia in esame, una semplice norma di azione, volta unicamente all'organizzazione della finanza pubblica, il cui scopo precipuo sarebbe il garantire l'esercizio, da parte degli enti locali, delle funzioni e dei servizi pubblici di loro competenza in favore delle collettivit da essi amministrate. Da tale norma -secondo l'assunto -nascerebbe in capo all'Amministrazione statale non gi un'obbligazione. (pubblica), bens un semplice obbligo (rectius: potere-dovere) cui, per definizione, non farebbero riscontro, in capo all'altro soggetto, posizioni di interesse giurisdizionalmente tutelabile. Una siffatta impostazi011e, invero, non potrebbe ritenersi senz'altro ed in ogni caso giustificata neppure se fosse del tutto discrezionale l'attivit statale di attribuzione (dehle somme) agli enti locali, giacch anche rispetto all'attivit discrezionale della Pubblica Amministrazione sono configurabili interessi legittimi (qualora si lamentino incompetenza, o vizi formali, o eccesso di potere, nella sue varie forme). certo, per, che quando l'attivit predetta, lungi dall'essere discrezionale, sia interamente vincolata dalla legge, il privato che sia destinatario e beneficiario deLla attivit 1stessa versa sicuramente in ;posi:zJione o di interesse legittimo o di diritto soggettivo, non gi in posizione di interesse semplice, o di mero fatto. Ora, per, sostenere che sia discrezionale la predetta attivit di attribuzione rivelerebbe, anzitutto, una non approfondita analisi della molteplicit dei rapporti e delle situazioni soggettive dell'ente locale nei riguardi delle attribuzioni della autorit amministrativa statale, divenuta particolarmente attuale dopo la riforma tributaria che ha, in certo senso, istituzionalizzato il concorso degli organi statali nella realizzazione delle entrate degli enti locali. La particolarit della fattispecie in esame, invero, 700 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sarebbe risultata sicuramente pi delineata nei suoi contorni se si fosse, previamente, operata un'analisi delle varie fattispecie individuabili attraverso l'esame della complessa normativa: dalla comparazione di esse, infatti, sarebbe risultata pi chiara la relativit delle posizioni giuridiche soggettive e, quindi, pi delineato il profilo del rapporto intercorrente fra l'ente locale che chiede l'attribuzione della somma e l'Amministrazione statale che accerta i presupposti dell'attribuzione. Nell'ambito delle entrate che gli enti locali realizzano con il concorso dell'Amministrazione statale stata, opportunamente, operata la distinzione fra entrate autonotne (entrate, cio, che pervengono all'ente locale direttamente da una generalit di Ofttirlbli.l:enti, anche se vi ila partecipazione dello Stato all'attivit di accertamento dei presupposti di fatto dell'iimposizione) ed entrate non autonome (entrate, cio, che pervengono, all'ente locale, dallo Stato e non gi da una generalit di contribuenti). Nelle categorie delle entrate autonome rientrano i tributi locali e le addizionali locali a tributi statali; e non v' dubbio che, in relazione ad esse, l'ente locale versi in posizione di diritto soggettivo, posto che l'attivit di attribuzione sicuramente vincolata e che il vincolo deriva da l.ina norma ( di relazione ) che prende in specifica e diretta considerazione l'interesse di un soggetto determinato (cio, in concreto, del singolo ente locale), anche se ci avviene, pur sempre, in funzione di Un pubblico interesse generale. Tale affermazione, del resto, gi si rinviene nella giurisprudenza di questa Corte Suprema (Sez. Un. 8 luglio 1972 n~ 2286, 26 ottobre 1959 n. 3110 e 27 febbraio 1942 n. 582), con riferimento all'imposta comunale sulle industrie, i commerci, le arti e le professioni (ICAP), ora soppres.sa, la quale rappresentava, appunto, l'esempio tipico di entrata che perveniva all'ente locale direttamente da una generalit di contribuenti, pur con la partecipazione dello Stato all'attivit di accertamento dei presupposti dell'imposizione. Nella categoriia del:le entrate non .autonome rientrano, invece, le imposte stata:li attribuite agli enti locali (di cui sono tipico esempio, nella legislazione vigente, l'I.N.V.I.M. e rLL.O.R.), le compartecipazioni (di cui, nella passata legisla7Jione, era tipico esempio la compairtecipazione focale al gettito dell'l.G.E.) e i contributi (fra i quali va ricompresa l'attribuzione di cui Occorre occuparsi). Nell'ambito di tale . seconda categoria, le posizioni soggettive sono, skuramente, differenziate, a causa della molteplicit delle fattispecie; e non v' dubbio che da una pur limitata comparazione di esse potr risultare pi evidente il diverso atteggiarsi della posizione soggettiva dell'ente locale, in rapporto alla natura e alla peculiarit delle norme che disciplinano l'attivit che l'Amministrazione statale deve, di volta in volta, esplicare. Va, per, subito chiarito -anche perch la questione stata dibattuta dalle parti -che una volta emesso, dall'Amministrazione statale, il provvedimento di attribuzione (della somma), incontestabile .-:_:::: ___._._. ?:::::-~ ...-. ---==--~%.... fil.. :-:. --"'%' ~..IABml--''h li'AA'i'a '.r; SEZ; 1II, (!lUlt:IS SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE resistenza, i: capo al soggetto attdbutario, di un vero e proprio diritto dLcredito1 dotato dei caratteri della certezza e dell'esigibilit: ci, del resto,: : ammesso. <:talla stessa Afll:ministraziol:le resistente, anche quando sostiene che, nella.fa$e antceriore .a111enfal1!1Zi11e d!;ll provvedimento, la p~i1;iAA~:sogget~iy.<:tli~lt'ente...199ale:ᥥsare})\)~ᥥ.'cti~nteresse semplice. Il :th:()kl~~ ila. ris()N~J:<~, ~er, qu~ll-0; 4elli ili<.iivditllZione della posizione ..:.ii##~~~c>gg~t~W~.ti~Ua.f~st\\!~1;1tet.'ii:lr.e>.amemanazionepredetta, proprio _t5~f.ll~( *~l ~$J:> $ottoposil:) Al's;.Un.e di. questa Corte, la .controversia . ~ti s(}ffiift&# #fbrifuent& *1fa fase proeedimentale cui doveva far seguito, app1.l.lt9t refuanl;\zione c!eLprovvedimento di attribuzione . 9911. tifer@jjll,tatj.# ~~ nsc:)~~ne i;tf.Jtetenninati. proventi tributari; nonch di quello . ((;c)ii).ij(;l#~to, apptintc), come elemento di comparazione) che ha la specifica ;f.~i()xl,e cii. at:1:fare, mediant~ 1Ult:l ~ ~l"CJgaziglle .di somme, il risanamento 4Fl#J,.a,ll,qi~ <>sqrr~. ~~f9!~>, grendere s);>+~C:affi~nte..in esame la norma <:n1(e,#.t?, ##l'a;J:t. 1 c.l~l c.ll@teto n. 638 deJ)97,Z (C()ll, riferimento alla qij@:e e scrrta. l cc)#tr9Y:J:s$~) '". quelle con1:etill:i ne[d.tajJ:eto n. 651 del :t9?Z (che .. d~s(:iplii'lll.n6, li~}il.ilt(1~ l'attivit. sfii@: df)<#rc)gazione di siit1lle. 4~.stA~tea ds~~itl~tjt() 4i b.ilancic.lf d~~nnillitF enti locali). .ᥥ (Ji:a,, J;>r 6sfo i# rilievo che te p()tjtle ~~olat#9~. 4~lll.i *1a#ria (e particol~riliente; ~H aft;ii;:91i 1, 2, 3, 4 ~ $ del .'.~~ ~~ c)tfol)J: .t?12 n'.. ~51) aftrii?\l~scc)I1() all'~l1lirlisfrazione st~~le tlll . p()tre di$crzi91l~e et( ititehr~t(), ssendo. all'ppc)sito Comitato (istituito presso il Ministero d:de . 'Fi.tlll.nze, Dfrezione generale per la finap,za, locale) !:leW.li,l,rnia,to (art. 5) di dete,rminare i riteri di massima da s~i'e peJ: l vaJiti2:i()i1e . delle doll.ae. 1:eJ:len4cf#cbe (;()l)t(} della i1:foUt~za.. che~t rtsll.n~hfo4ei1'111l.n~ip~trᥥaveiesu~li ..ihclrlzzi di #(>~i~iaecon9niica~fr . i;\c)~tri#a. cpe,s'. Ckcupata c1e~r#rgoajento, del re#o,, llOil ha nepptire. posfo in cltiboio che la posizione lice, avendo 1a.u<>foVa,a..pptmt&,sm.font~6di.ttfs~rifoI1alit~ll1itiisfrativa, e, corretativiI1l~.(~,sw1'~sseaittcitᥥ \lii iJi6,.s111~1d.i9 >~ ital'Al1lnni strazfone statale e Ijllte locale, ifr relazforie al quate (ra]:>PQ.Ho,Y possa <:onfigurarsi una. situazione giuridica sostanziale e.li tale rite~ in assenza di tale rapp()rto, quindi, 11impossibilitdi I1 intervento della giurisdi zione rende ,evidente la presenza di interessi che necessariamente debbono essere considerati come interessi di fatto. Del tutto diversa, invece, la posizione giuridica degli enti locali cui .devono essere attribuite somme sostitutive di entrate tributarie soppresse: in questo caso, invero, non si riesce a scorgere alcun margine RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO di discrezionalit amministrativa o tecnica nell'attivit dell'Amministrazione statale, la quale ultima deve solo verificare l'es~stenza del presupposto di fatto dell'attribuzione. Stabilisce, invero, l'art. 7 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 638 (che la norma regolatrice della fattispecie in esame, emessa, peraltro, in piena conformit al disposto della legge delegante, ossia dell'art. 14 della legge 9 ottobre 1971, n. 825, concernente la Delega legislativa al Governo della Repubblica per la riforma tributaria ) che per il biennio 1974-75 sono attribuite annualmente alle aziende autonome di soggiorno, cura e turismo, somme di importo pari alle entrate riscosse nell'anno 1973, per i seguenti tributi: a) contributo speciale di cura; b) contribuzioni sui pubblici spettacoli; c) tassa di musica (il secondo comma, poi, regola l'entit delle attribuzioni per il biennio successivo). Ora, non pare dubbio che, in questo caso, l'attivit dell'Amministrazione statale sia da considerare vincolata; in virt della norma predetta, infatti, all'Amministrazione statale non concesso alcun margine di discrezionalit nell'attribuzione delle somme sostitutive delle entrate tributarie soppresse, non essendole consentito di valutare l'opportunit della concessione del contributo o di determinare il quantum di esso. L'Amministrazione statale , al contrario, tenuta a uniformarsi a una regola rigida e inderogabile che impone, unicamente, di adeguare l'azione a una situazione analiticmente descritta, ossia tassativament csciplinata. L'Amministrazione statale, infatti, deve solo accertare che l'ente locale abbia, nel biennio considerato, riscosso determinate entrate tributarie e, quindi, procedere, con l'emanazione di un apposito atto amministrativo, all'attribuzione di somme di pari entit. La fase procedimentale da prendere in considerazione, ai .fini della determinazione della giurisdizione, quando sia sorta controversia sulla legittimit dell'attivit svolta dall'Amministrazione statale, perci da individuare nella attivit di accertamento della quale si detto. Ed ovvio che la risoluzione del problema dovr trovare sbocco nell'individuazione della, posizione soggettiva in cui versa l'ente locale in quel particolare momento. In ogni caso, ai fini di escludere che nella fattispecie di cui si discute si sia in presenza di un interesse semplice, o di mero fatto, senz'altro decisiva la considerazione che i soggetti (gli enti locali) contemplati dalla norma come beneficiari (o comunque destinataa-i) dell'attivit ammiruistrativa si trovano in una posizione qualificata e differenziata, in quanto portatori di interessi che si inquadrano nella sfera di applicazione della norma. Essi, quindi, sono comunque coinvolti nella attivit della Pubblica Amministrazione; e, in ci, sta il dato caratteristico dell'interesse legit PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE timo. Si tratter, poi, di stabilire, tenuto conto della ratio e della direzione della norma stessa, se i detti interessi assumano, o meno, la consistenza di veri e propri diritti soggettivi. 3. -Pur nell'intento di sostenere la tesi della sussistente giurisdizione del giudice amministrativo, la ricorrente ha, peraltro, qualificato norma di relazione quella di cui si tratta; ma ci dipeso soprattutto da un improprio riferimento alla portata delle formule norma di azione e norma di relazione e della distinzione tra questi due tipi di norma, elaborata dall'orientamento tradizionale della dottrina e della giurisprudenza quale criterio per stabilire, nei singoli casi, se si sia in presenza di un diritto soggettivo o di un interesse legittimo; ma, nella sostanza, l'argomentazione della ricorrente si riferisce in definitiva a quel tipo di norme che, secondo la terminologia tradizionale, sono definite di azione , in quanto dettate essenzialmente a tutela dell'interesse pubblico. Inconferente, poi, il richiamo fatto dalla ricorrente alla distinzione tra carenza di potere e illegittimo esercizio del potere, giacch tale distinzione vale, ai fini della discriminazione della giurisdizione, rispetto all'attivit discrezionale destinata a incidere su diritti soggettivi, in guisa da degradarli a diritti affievoliti. E questa, com' evidente, una fattispecie del tutto diversa da quella in esame. Infondato, infine, l'assunto della sussistente giurisdizione del giudice amministrativo incentrato sul rilievo che il petitum concerneva l'annullamento del provvedimento portato alla cognizione del T.A.R. Tale tesi, infatti, sembra non tener conto che, per costante giurispru~ comma). L'entrata in vigore di questa nuova disciplina fece, a suo tempo, sorgere il problema se, in virt di essa, dovesse considerarsi abrogato l'art. 107, terzo comma, del d,PJR.. 24 luglio 1977, n. 616, che gi attribuiva ahle Regioni la facolt di avvalersi dli voltJa in volta, senza necessit di una ;preventiva deli:bera di cal'attere genemle, del .patrocinio legale e della consulenza delll'Avvocatura. Dopo un primo contrario ovientamento rAvvocatura pervenne all'avviso che l'art. 107 del d.P.R. 616/77 non potesse considerarsi abrogato, perci ritenne, mdirpendentemente dall'adozione della delibera di cui all'art. .10 della legge 103/79, di poter continuare a prestare la propria consulenza legale e ad assumere il patrocinio nelle vertenze affidate nell'eseroi:z;io delle facolt di cui all'art. '107.. Un'attenta considerazione della ramo del!l'art. 10 della legge 103/79 convince, infatti, che il legislatore non ha inteso regolare ex novo ed in maniera 708 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO difesa della Regione Lombardia sono state assunte dall'organo legale dello Stato, in q1,1anto la stessa sarebbe stata abrogata dall'art. 10 della legge 3 aprile 1979 n. 103, e denunziando la mancanza di una specifica delibera e deLla procura speciale di conferimento detl'incanico deilla difesa -ha contestato lo jus postulandi dell'Avvocatura dello Stato e rilevando l'omessa notificazione a tutte le parti del giudizio di merito ha sostenuto l'inidoneit del ricorso alla valida instaurazione della fase processuale incidentale di regolamento della giurisdizione. Le profilate eccezioni di inammissibilit sono prive di fondamento. Secondo la tesi del resistente, il ricorso per regolamento di giurisdizione sarebbe inammissibile: a) perch -essendo state assunte la rappresentanza e la difesa della Regione Lombardia in questa sede (oltre che dinanzi al T.A.R.) dall'organo legale dello Stato ai sensi dell'art. 107, comma 3, del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (in virt del quale le Regioni possono avvalersi del patrocinio legale e della consulenza dell'Avvocatura dello Stato) ed essendo questa norma stata abrogata dall'art. 10 della legge 3 aprile 1979, n. 103 (il quale dispone che le funzioni dell'Avvocatura dello Stato nei riguardi dell'Amministrazione statale sono estese alle Regioni a statuto ordinario che decidono di avvalersene con deliberazione del Consiglio regionale da pubblicarsi nella Gazzetta ufficiale e nel bollettino ufficiale della Regione) -l'Avvocatura dello Stato sarebbe priva dello jus postulandi (per conto e nell'int.ei:ease della" Regione Lombardia); b) perch -non essendo stata presa da parte della Regione Lombardia alcuna deliberazione circa la proposizione del ricorso e l'affidamento della difesa all'Avvocatura dello Stato e non essendo stata completa tutta la materia del patrocinio legale delle Regioni, ma ha voluto soltanto attribuire ad esse, in aggiunta alle facolt di scelta gi consentite da!lil'art. 107 del d;P.R. 616/77, t!'uiteriore e pi ampio potere di rendere operativa Ja ~revista, compJeta estensione anche dn favore deM'istituzione regionale di tutto il complesso deLle nomne speciali. dettate per l'assistenza legale e ra difesa in giudizio de1lo Stato. Non pu ravvisaTsi ail.cuna incompatibilit fra questa attribuzione di una nuova facolt (Ill cU!i esercizio fa scattare, secondo ra previsione di legge, l'estensione di una discipddna legifilativa a!ltrimenti non apprdcabile alle Regioni) ed il permanere delie facolt di ben di.versa portata e contenuto gi precedentemente accordate alle Regioni. In assenza, perci, di qualunque dichiarazione espressa del fogislatore, non pu paruarsi, alla stregua dei principi fiissam dailll'art. 15 delJe Disposizioni sulla legge dn generale, di abrogazione dell'art. 107 del d.P .R. 616/n. Ci 'confermato anche dall'assenza di qualunque disciplina transitoria,. che, nell'j;potesi dd soppressione del regime dell'art. 107, si sarebbe resa eviden temente necessaria per regolare Ja sorte delle numerose vertenze in corso nel:le quald rAvvocatura aveva gi assunto iJ. patrocinio delle Regiond. Ma, soprattutto, va sottolineato che, cos inteso, l'aTt. 10 si adegua piena mente alla particolarissima posizione che, ne1 nostro ordinamento, attribuita aJJe Reglioni. Nel dettare una discip1ina speciale per il patrocinio delie Regiom,. diversa dahla disciplina generale valevoJe per gli altri enti pubbJ[ci (art. 43 del PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 709 rilasciata a questa alcuna procura speciale -l'Avvocatura dello Stato sarebbe priva del mandato a proporre il ricorso; e) perch -non essendo stato notificato ad alcuna delle parti del giUJdiizio di merito (Ispettorato provinciale dell'Agricoltura di Bergamo ed Assessorato per l'Agricoltura della Regione Lombardia) -non sarebbe idoneo alla valida instaurazione del giudizio di regolamento della giurisdizione. Il profilo, con cui sub a) si contesta lo jus postulandi dell'Avvocatura dello Stato, attiene al problema generale dell'assistenza legale e del patrocinio delle Regioni a statuto ordinario, che va esaminato nel pi ampio quadro dell'attuazione e del funzionamento dell'ordinamento regionale. Trattasi di stabilire se l'art. 107, comma ~. del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui all'art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382, concernente norme sull'ordinamento regionale e sull'organizzazione della pubblica amministrazione) sia tuttora in vigore, o se, invece, non debba ritenersi abrogato dall'art. 10 della legge 3 aprile 1979, n. 103 (modifiche de11'or.dim.iamento dell'Avvocatura dello Stato). L'ipotesi dell'abrogazione tacita dell'art. 107 -non essendo condivisibile la tesi dell'interferenza o dell'incompatibilit fra le norme su citate -non pu rappresentarsi come accettabile alternativa. noto che -disponendo l'art. 10 della legge n. 103 del 1979 che le funzioni dell'Avvocatura dello Stato nei riguardi dell'Amministrazione statal sono estese alle Regioni a statuto ordbiario c:be decidono di avvalersene con deliberazione del consiglio regionale da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica e nel Bollettino Ufficiale della Regione -all'emanazione di detta delibera consiliare (non ancora adot t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611, come modificato dall'art. 11 della legge 103/79), il legislatore si evidentemente ispirato all'esigenza di garantire la foro piena autonomia. logico e conseguente ritenere, perci, che il:a libert di scelta assicurata alle Regioni ;possa continuare ad esplkarsi in un completo arco cli possibilit, che vanno dahl'affidamento del patrocinio di un affare isolato fino ailJ'instaurazione di un regime di coJlaborazione permanente fra Regione e Avvocatura in tutto il campo della consulenza legale e della difesa in giudizio. Avendo continuato quindi ad assicurare il patrocinio alle Regioni che ne facevano richiesta anche prima dell'adozione de1!la delibera di cui all'art. 10, i'Avvocatura ha avuto cura di soHecitare un definitivo chiarimento giurisprudenziale, che ora intervenuto con la sentenza della Corte dd Cassazione (Sezioni Unite) del 15 marzo 1982, n. 1672. Con taile pronuncia la Corte Suprema, dopo ampio e approfondito esame della questione, ha accolto in pieno Ja tesi sopra riassunta. Ha osservato, in particolare, che l'art. 107 del d.P .R. n. 616 del 1977 e l'art. 10 della legge n. 103 del 1979 si coJlocano su due piani diversi, sicch fra le cennate due norme non configurabile 1alcun rapporto di incompatibilit che, a norma dell'art. 15 delle dis;posizioni sulla fogge in generaile, possa dar luogo aili fenomeno dcl l'abrogazione tacita. Infatti, potendo svolgersi il patrocinio dell'Avvocatura deiJ.ilo Stato neWambito di due regimi rprocessuali diversi (non comportante, il pJ1imo, deroghe alla disciplina ordinaJ1ia ed introducente, l'altro, disposizioni 710 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO tata, nell'ipotesi di specie, dalla Regione Lombardia) conseguono le implicazioni: -che la tutela legale degli interessi della Regione assunta dall'Avvocatura dello Stato quale compito istituzionale e permanente, salva soltanto la facolt della Regione di avvalersi di avvocati del libero foro in particolare casi e con provvedimento motivato (art. 10, comma 5); -che si applicano anche nei confronti dell'Amministrazione regionale le disposizioni processuali speciali valevoli per le Amministrazioni dello Stato (cosiddetto foro dello Stato e regime delle notifiche: art. 10, comma 2); -e che la Avvocatura dello Stato pu assumere il patrocinio anche dei Comuni, delle province, dei consorzi e degli altri enti in 011diine aille cont1roversie relative ail:le ~ioni delegate o 1subdelegate dalla Regione (art. 10, comma 6). In base all'attento esame della ratio di detta norma, deve, quindi, escludersi che la sua emanazione abbia comportato l'abrogazione dell'art. 107, comma 3, del d.P.R. n. 616 del 1977, che gi attribuiva alle Regioni la facolt di avvalersi, senza necessit di una preventiva determinazione di carattere generale, del patrocinio legale e della consulenza dell'Avvocatura dello Stato. Invero, il legislatore del 1979 non ha disciplinato ex novo ed in maniera completa tutta la materia del patrocinio delle Regioni a statuto ordinario, ma ha inteso soltanto attribuire ad esse, in aggiunta alle facolt consentite dall'art. 107 del d.P.R. n. 616 del 1977, l'ulteriore e pi ampio potere di rendere operativa in loro favore la estensione del complesso. delle norme speciali dettate per l'assistenza legale e la difesa in giudizio dello Stato. speciaili), va rilev-ato come, mentre l'art. .107, attribuendo il patrocinio dell'Avvocatura dello Stato alle Regioni a statuto ordinario, inquadra tale patrocinio neWambito del re~me deL!e Amministrazioni non statali, non comportante deroghe allia disciplina ordinaria de~ processo, l'art. 10 completa il sistema processuale nel senso che H patrocinio deLI'Avvocatura dello Stato, attribuito .aJ:re Regiorui a statuto ordinario, debba essere inquadrato (in virt del:le deliberazioni prese, in necessario ed auspicabile gradualismo, dale Amministraziom regionali) nelil!'ambito dcl regime proprio delle Amministrazioni statali (dovendosi coordinare J:'organizzazione amministrativa de11e Regioni con quella dcllo Stato, nelil'uruit deli1'ordinamento amministrativo generale: cfr. Corte Cost., 20 a.'Pvile 1968, n. 30) . g chiaro, perci, che, cos interpretato, l'art. 10 non provvede aill'attri buzione alle iRe~oni a statuto ordinario deLl'assistenza legale e de1 patrocinio dell'Avvocatura dcllo Stato (gi disposta dalJ:'art. 107), ma estende alle stesse la normativa che disciplina i rapporti fra 1e amministrazioni statali e l'Avvocatura, nonch la posizione dello Stato in giudizio, iin quanto "le funzioni del ,l'Avvocatura dello Stato nei riguardi dell'amministrazione stataile ", ailJ.e quaili fa riterimento d:1 primo comma, non si esauriscono neLio jus postulandi nei c0nfronti dei terzi, ma comprendono tutti i vdncoti istituzionaili che individuano la reciproca posizione delle Amministrazioni e dell'organo legale dello Stato; onde lo jus postulandi, gi attribuito dall'art. 107, semplicemente presupposto f. ~~~l.rAlmr41111!19'~ PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 711 Non pu, pertanto, ravvisarsi alcuna incompatibilit fra l'attribuzione di questa nuova facolt ed il permanere delle facolt precedentemente accordate alle Regioni. . L'art. 107 del d.P.R. n. 616 del 1977 e l'art. 10 della legge n. 103 del 1979 si collocano, in realt, su due piani diversi, sicch fra le cennate due norme non configurabile alcun rapporto di incompatibilit che, a norma dell'art. 15 delle disposizioni sulla legge in generale, possa dar luogo al fenomeno dell'abrogazione tacita. noto che le funzioni dell'Avvocatura dello Stato possono svolgersi secondo due diversi regimi giuridici. Il primo, originariamente proprio delle sole Amministrazioni dello Stato (titolo I del r.d. 30 ottobre 1933 n. 1611, t.u. delle leggi sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull'ordinamento dell'Avvocatura dello Stato), ha come sua peculiare caratteristica la collocazione dell'intervento in giudizio dell'organo legale dello Stato nell'ambito di un sistema di norme processuali speciali, comportante modifiche della disciplina ordinaria riguardo, oltre che al titolo di legittimazione all'esercizio dello jus postulandi, alla competenza per territorio (art. 25 cod. proc. civ.: foro della pubblica amministrazione) ed alla notifica degli atti giudiziari (art. 144 cod. proc. civ.: notificazione alle amministrazioni dello Stato). Il secondo, tipico, in genere, del patrocinio delle Amininistrazioni non statali (titolo III del t.u. n. 1611 del 1933), non comporta, invece, alcuna modifica della disciplina processuale ordinaria, salva soltanto l'esclusione della necessit della procura alle liti (arL 45 del cit.t.u.), onde l'assunzione del patrocinio da parte dell'Avvodall'art. 10, che ne prevede l'inquadramento in una diversa e ben caratteruzzata configurazione di ra;pporti dstituziona1li . Questo autorevole e definitivo chiadmento vale ad eliminare ogni eventuale tiimore di possibili pregiudizi alla posizione processuale delle Regioni di cui l'Avvocatura assuma .il patrocinio. Esso consente, perci, che, nei rapporti tira l'organo legai1e e le istituzioni regional.R. 23 gennaiio 1965, n. 78 (art. :1) oppure prevedono in modo espresso fap:Pt]dcazione dell'art. 25 (e dell'art. 144) del cod. proc. civ. e delle disposizioni contenute nel r.d. 30 gennaio 1933, n. 1611 (per la Regione sicfilliana vedi d~. 2 marzo 1948, n. 1142, artt. 1 e 2; per 1a Regione sarda vedi le norme di attuazione dello statuto speda:le contenute nel d.P.R. 19 maggio 1949, n. 250 art. 55, mornficato dall'art. 73 dcl d:P.R. 19 giugno 1979, n. 348 (29); per la tRegione della ValiLe d'Aosta vedm !legge 116 maggio 1978, n. 196, art. 59; per la Regione Trentino-Alto Adige, vedi diPiR. 30 giugno 11951, n. 574, .art. 42 (30). LA iR.EDAZIONE 714 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di avvalersi dell'opera dell'organo legale dello Stato secondo il regime di cui .Il'art. 43 del t.u. n. 1611 del 1933. Ma, in tal caso, non risulterebbe agevole comprendere le ragioni per cui l'ente, gi ammesso a fruire del patrocinio de'Avvocatura secondo il regime ordinario dell'art. 43, dovrebbe ritenersi escluso dalla possibilit di promuovere l'emanazione dei provvedimenti necessari per rendere applicabile anche a s il regime processuale speciale proprio dello Stato. In ordine alle Regioni a statuto 'ordinario -contrariamente a quanto accade per le Regioni a 'statuto speciale, a cui specifiche norme (art. 1 del d.l. 2 marzo 1948 n. 142 per la Sicilia; art. 55 del d.P.R. 19 maggio 1949 n. 250 per la Sardegna; art. 42 del d.P.R. 30 giugno 1951 n. 574 per il Trentino- Alto Adige; art. 1 del d.P.R. 23 gennaio 1965 n. 78 per il Friuli-Venezia Giulia) estendono direttamente il regime processuale dello Stato, non consentendo la contemporanea utilizzazione del patrocinio dell'Avvoca. tura secondo la disciplina di cui all'art. 43 del t.u. n. 1611 del 1933 -deve, quindi, escludersi che, fino all'intervento del provvedimento della Regione che le estenda il regime processuale dello Stato, l'art. 10 sia d'ostacolo all'applicazione dell'art. 107 che consente il patrocinio dell'Avvocatura dello Stato, senza deroghe alla disciplina processuale ordinaria. Invero, l'art. 10, disciplinando gli effetti tipioi dell'adozione della delibera di estensione del regime processuale dello Stato, resta assolutamente indifferente rispetto alla posizione delle Regioni a statuto ordinario in giudizio ed al loro patrocinio prima e indipendentemente da tale delibera; ci in quanto soltanto dopo l'adozione della cennata delibera il regime applicabile quello dello Stato. (2) Suhla seconda massima cfr. Cass. Sez. Un., 24 febbvaio 1975, n. 700, in questa Rassegna, 1975, I, 696, oon note di LAPORTA. In senso contrario, Cons. Stato, Sez. VI, 15 marzo 1977, n. 243, ivi, 1977, I, 661. (3) La terza massima esatta applicazione di prncipi generailii e deve, quindi, essere condivisa, tuttavia, in senso contrario, Cass. 1Sez. I, .19 marzo 1981, n. 1616, la quale ha ritenuto che se la decadenza da .agevolazioni fiscaili oohlegata alila revooa deMa licenza eclihizia, il. contl'ibuente pu constatare dinanzi dl giudice ordinario J,a ,iJ1Iegit1imit di taile revoca, ed ha enunciato la seguente massillma: Neil! caso di decadenza daillle agevo~azioni fisoal. previste dahla legge 2 luglio 11949, n. 408, per [a costruzione di case di abitazione non di }usso, per Ja revoca dclla licenza edilizia a suo tempo ottenuta, :iJ 'contribuente pu dedurre dav.anti aMe Coi:nrrmssioni tributarie, al fine di contestare ta[e decadeil2la, ffi'iJleg;ittimit de!Jlia menzionata revoca, invocando cos i1a dIDsapplicazione del relativo atto ammndstrativo, iin quanto questa ricollegata non aill'interesse fogittimo ai1la d:r.revocabHit della lkenza, bens al rapporto 1tributario ed ai relativi diiritti 1soggetti'Vli del contribuente, di cui sono giudici le Commissioni tributarie . Data l'auto nomia del1a revoca della licenza edili2lia rispetto alla decadenza dalle agevola:llioni tributarie e la possibilit di determinare, per effetto della revoca, la letsine di interessi legittimi senza alcuna necessaria connessione con la decadenza dalle agevoliazioni, da ritenersi che l'orentamento delLa sentenza n. 1616 sia superato dalla sentenza, ampiamente motivata su tale aspetto, dalle Sezioni Unite. PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 715 Pertanto, non pu ravvisarsi nell'art. 10 (che si adegua alla particolare posizione di autonomia,' attribuita dall'ordinamento giuridico, alle Regioni) un ostacolo (per intervenuta abrogazione tacita) all'applicazione dell'art. 107 alle Regioni a statuto ordinario che non abbiano adottato la suaccennata delibera. E conferma della validit di tale postrulato si ha nella assenza 111el:la legge n. 103 del 1979 di una disciplina transitoria tesa a regolare la sorte dei processi ill1 corso nei quali l'Avvocatura dello Stato abbia gi assunto il patrocinio delle Regioni a norma dell'art. 107, in quanto una siffatta mancanza potrebbe trovare giustificazione esclusivamente nella conservazione della vigenza dell'art. 107 fino all'adozione della delibera ex art. 10 da parte delle Regioni, non potendo accettarsi l'idea che la legge n. 103 abbia voluto sottrarre lo jus postulandi all'Avvocatura dello Stato anche nelle cause in corso, con la conseguenza di obbligare la Regione a rivolgersi a legali del libero foro per poi imporre un nuovo mutamento (in senso inverso) del patrocinio in caso di adozione della delibera prevista dall'art. 10. Invero, se l'intento del legislatore fosse stato davvero quello di abrogare l'art. 107, la previsione di una norma transitoria si sarebbe resa assolutamente necessaria allo scopo di evitare situazioni particolari, quale quella innanzi profilata. Ulteriore conferma dell'intento del legislatore di conservare il vigore dell'art. 107 fino al momento dell'adozione da parte delle Regioni a statuto ordinario della delibera ex art. 10 pu agevolmente trarsi dall'esame dei lavori preparatori della legge n. 103 del 1979. Invero, nella seduta del Senato dell'll ottobre 1978, il relatore della legge De Matteis, nell'illustrare l'art. 10 (non contenuto nella proposta originaria ed introdotto dalla I Commissione), ha osservato che il testo legislativo mira ad adeguare l'assetto dell'Avvocatura dello Stato alla previsione dell'attribuzione del patrocinio delle Regioni a statuto ordinario consentita dall'ultimo comma dell'art. 107 ; e, nella discussione svolt, asi il 22 novembre 1978 innanzi alla Camera dei Deputati (I Cominissione in sede legislativa), il relatore Caruso ha precisato che mentre in base all'art. 107 le Regioni a statuto ordinario possono avvalersi dell'ausilio dell'Avvocatura dello Stato, la legge n. 103 prevede un'opportuna regolamentazione del rapporto tra le Regioni e l'Avvocatura dello Stato e che con la procedura ex art. 10 'i rapporti tra Regioni e Avvocatura assumono un carattere di organicit, in quanto la difesa in giudizio delle Regioni a statuto ordinario non pi una difesa eventuale ma diventa un rapporto reciprocamente obbligato . Dai lavori preparatori, quindi, non solo non dato trarre elementi a sostegno della tesi dell'abrogazione implicita dell'art. 107 ad opera della legge n. 103 del 1979, ma -sottolineandosi in essi l'intenzione di inte grare con un'opportuna regolamentazione i rapporti tra l'Avvocatura e le RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO Regioni nel caso particolare dell'adozione della delibera di cui al primo comma dell'art. 10 -si possono ricavare validi elementi in favore della soluzione contraria, e cio della sopravvivenza dell'art. 107 fino all'adozione da parte delle Regioni a statuto ordinario della delibera di cui all'art. 10. Pertanto -dovendo escludersi l'abrogazione tacita dell'art. 107 del d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616 da parte dell'art. 10 della legge 3 aprile 1979 n. 103, non ricorrendo fra tali disposizioni normative alcuna ragione di incompatibilit, e persistendo, nella ipotesi di specie, lo jus postulandi dell'Avvocatura dello Stato ex art. 107, non avendo la Regione Lombardia provveduto alla delibera prevista dall'art. 10 -il profilo d'inammissibilit del ricorso, delineato sub a), deve ritenersi privo di fondamento. Va, quindi, presa in esame la seconda eccezione di inammissibilit prospettata sub b) dal resistente, secondo cui il ricorso in difetto di specifica delibera e di connessa procura speciale di conferimento dell'incarico all'Avvocatura sarebbe inammissibile per mancanza di mandato. Anche tale profilo di inammissibilit del ricorso infondato. Va, innanzi tutto, osservato come, secondo la giurisprudenza della Corte Suprema (cfr. sent., Sez. Un., 24 febbraio 1975 n. 700), per il testuale disposto dell'art. 45 del t.u. n. 1611 del 1933, anche per le amministrazioni e gli enti pubblici autorizzati per legge ad avvalersi del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato trova applicazione la norma del secondo comma dell'art. 1 dello stesso testo unico, in forza della quale gli avvocati dello Stato esercitano le loro funzioni innanzi a tutte le giurisdizioni ed in qualunque sede, senza aver bisogno di mandato, neppure nei casi nei quali le norme ordinarie richiedano il mandato speciale, bastando che consti la loro qualit. Poich alla deliberazione, mediante la quale gli enti pubblici non sta tali decidono di affidare all'Avvocatura dello Stato il detto incarico, non pu assegnarsi che valore di .atto interno, esimente dalla esteriorizzazio ne mediante conferimento di un formale mandato, deve escludersi che la contestazione dell'esistenza del mandato per mancanza di una specifica deliberazione sia consentita ai terzi, in quanto l'art. 45, per il richiamo (in esso contenuto) all'art. l, secondo comma, del citato testo unico, esclude che l'Avvocatura dello Stato abbia bisogno di mandato. E ci anche neWipotesi in cui il patrocinio delle Regioni a statuto ordinario sia assunto dall'Avvocatura dello Stato ai sensi dell'art. 107 del d.P.R. n. 616 del 1977. Comunque, nell'ipotesi di specie -poich le delibere dela Giunta Regionale della Regione Lombardia, organo esecutivo della Regione (articolo 121, terzo comma, Cost.), cui per l'art. 31, quarto comma, della legge 10 febbraio 1953 n. 62 (Costituzione e funzionamento degli organi regionali) e per l'art. 21, secondo comma, n. 8, dello Statuto della Regione Lombardia, spetta di deliberare in materia di liti attive e passive (oltre PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE che in materia di rinunzia e transazioni), rispettivamente prese in data 20 novembre 1979 e 26 giugno 1980 e tese ad affidare il patrocinio all'Avvocatura dello Stato, sono state depositate sia nel giudizio introdotto innanzi al Tribunale amministrativo della Lombardia . (Sezione distaccata di Brescia) che nella fase processuale promossa con il ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione -l'eccezione di inammissibilit avanzata dal resistente sub b) deve considerarsi priva di giuridico fondamento. Va, infine, esaminato il profilo di inammissibilit del ricorso per mancata notifica ad alcune delle parti del giudizio di merito, e cio all'Assessorato per l'Agricoltura della Regione Lombardia ed all'Ispettorato Provinciale dell'Agricoltura di Bergamo. Pure tale eccezione di inammissibilit, delineata sub e) dal resistente, risulta infondata. Invero, in virt dell'art. 11, comma primo, lett. b), del d.P.R. 15 gennaio 1972 n. 11 (Trasferimento alle Regioni a statuto ordinario delle fun. zioni amministrative statali in materia di agricoltura e foreste, di caccia e di pesca nelle acque interne e dei relativi personali ed uffici) -il quale dispone che sono trasferiti alle Regioni a statuto ordinario, nel cui territorio hanno sede, taluni uffici periferici del Ministero dell'Agricoltura, fra cui gli Ispettorati provinciali dell'Agricoltura -l'Ispettorato Provinciale dell'Agricoltura di Bergamo, entrando a far parte dell'apparato organizzatorio regionale, divenuto organo della Regione Lombardia. Poich anche l'Assessorato per l'Agricoltura della Regione Lombardia non pu non considerarsi organo dell'Amministrazione Regionale, deve ritenersi che il ricorso proposto nell'interesse di quest'ultimo, ossia dell'unico soggetto processuale parte nel processo di merito, essendo riferibile anche ai suoi organi, sia stato ritualmente proposto, non occorrendo la notifica a questi ultimi, non integrando gli stessi entit soggettive distinte dall'ente cui sono legati da rapporto organizzatorio, e dotate di una propria, autonoma sfera di interessi. Tutti i profili di inammissibilit del ricorso prospettati dal resistente sono, quindi, privi di fondamento. Pu, ora, passarsi all'esame della questione di giurisdizione, proposta dalla ricorrente. Con l'unico motivo, la Regione Lombardia sostiene che la controversia, promossa ~l fine di godere rdeMe agevolazioni tributarie, concesse dalla legge 6 agosto 1954 n. 604 in ordine agli atti di compravendita posti in essere per la formazione e per l'arrotondamento della piccola propriet contadina (quando .l'acquirente sia persona che dedica abitualmente la propria attivit manuale alla lavorazione della terra e ricorTa. rio le altre condi:llioni richieste dall'art. 2 dehla citata [egge), rattrarvel'!so la caducazione, da parte del Tribunale amministrativo regionale, del certificato negativo dell'Ispettorato provinciale agrario circa la sussistenza 718 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO della qualit di coltivatore diretto, rientri nella giurisdizione del giudice ordinario, in quanto -essendo il cennato certificato privo di autonomia rispetto all'imposizione tributaria e non integrando lo stesso un provvedimento discrezionale ed autoritativo -il detto certificato non sarebbe autonomamente impugnabile innanzi al giudice amministrativo e competente a conoscere della lesione del diritto soggettivo del contribuente, conseguente aWillegittimit del certificato negativo, sarebbe il giudice ordinario (giudice tributario specializzato). Secondo la tesi del resistente, invece -essendo il provvedimento certificato dell'ispettorato agrario un atto autonomo del tutto distinto dall'imposizione tributaria e, se negativo, lesivo della sfera giuridica del coltivatore diretto, e potendo l'imposizione tributaria in misura ridotta , avvenire soltanto a seguito della rimozione e sostituzione di esso -competente a conoscere dell'illegittimit di detto atto sarebbe il giudice ammi nistrativo (e non quello ordinario). Fra le due contrapposte opinioni, queste Sezioni Unite ritengono che meriti consenso la tesi sostenuta dail:l'Ammiiniistirazione Regionale, sul duplice rilievo che l'atto di accertamento amministrativo previsto dall'art. 3 della legge 6 agosto 1954 n.. 604, non assumendo carattere di autonomia rispetto al rapporto tributario ed essendo lesivo esclusivamente del diritto soggettivo del contribuente a corrispondere il tributo nei limiti di_ legge, possa essere assoggettato a sindacato giurisdizionale soltanto contemporaneamente alla cognizione giudiziaria del rapporto d'imposta e che -traendo origine il contenuto del cennato atto di accertamento dalla legge e :non da UJila valutazione discrezionale della pubbl:ioa amministrazione -nell'ipotesi di specie, non ricorra una posizione giuridica di interesse legittimo, donde l'esclusione della sfera giurisdizionale del giudice amministrativo. In ordine alla prima riflessione, al fine di accertare se, nella fatti specie tributaria considerata, sia possibile isolare l'accertamento ammi nistrativo dal rapporto d'imposta, e cio se, nell'ipotesi di specie, venga in discussione un unico aspetto o momento di una medesima situazione giuridica, con conseguente unica tutela giurisdizionale, ovvero si tratti di. una duplice lesione di distinte situazioni giuridiche, con attribuzione di una doppia tutela giurisdizionale, occorre muovere dalla disciplina normativa predisposta da11a. legge 6 agosto 1954 n. 604 in tema di agevo lazioni tiributarie a favore della piccola propriet contadina. La citata legge n. 604 del 1954 -dopo avere precisato nello art. 1 il contenuto dei benefici .fiscali da essa previsti (disponendo che sono esenti dall'imposta di bollo e soggetti aila normale imposta di registro ridotta ad un decimo ed all'imposta ipotecaria nella misura di lire 500 gli atti, fra cui quelli di compravendita, posti in essere per la formazione o per l'arrotonda mento della piccola propriet contadina) -ha fissato, nell'art. 2, i requi siti richiesti per l'applicazione delle dette agevolazioni (prescrivendo che PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE queste sono attribuibili quando l'acquirente, il permutante o l'enfiteuta sia persona che dedica abitualmente la propria attivit manuale alla coltivazione della terra; il fondo venduto, permutato o concesso in enfiteusi sia idoneo alla fovmazione o all'arrotondamento della piccola propriet contadina; e l'acquirente, ,il permutante o l'enfiteuta, nel biennio precedente all'atto di acquisto o della concessione in enfiteusi, non abbia venduto ad altri fondi 'rustici), ha stabilito, nell'art. 3, che per conseguire le cennate agevolazioni tributarie, l'acquirente, i permutanti e l'enfiteuta debbono produrre, al momento della registrazione, insieme all'atto, lo stato di famiglia e un certificato dell'Ispettorato provinciale agrario competente per territorio, attestante la sussistenza dei requisiti su indicati ; ed ha disposto, nell'art. 4, che, in luogo di detto certificato, pu essere prodotta una attestazione provvisoria dell'Ispettorato medesimo da cui risulti che sono in corso gli accertamenti per il rilascio, e che, in tal caso, le agevolazioni tributarie sono concesse al momento della registrazione, ma entro un anno da tale formalit l'interessato deve presentare all'ufficio del Registro il certificato definitivo, attestante che i requisiti richiesti sussistevano fin dal momento della stipula dell'atto . In base a tali dati di diritto positivo, H resistente -avvalendosi. nella ipotesi di specie, della facolt attribuitagli dall'art. 4 -ha prodotto, al momento della registrazione, l'attestazione provvisoria dell'Ispettorato, ma non stato in condizione di presentare entro l'anno successivo il certificato definitivo (positivo), non essendo stata riscontrata la .sussistenza della qualit di coltivatove diretto deH':acqulrente del fondo. Questo, per ottenere la rimozione e la sostituzione dell'atto di accertamento negativo a lui sfavorevole, ha adito il giudice amministrativo, perch, -riconosciuta l'illegittimit dell'atto certificativo -fosse emessa una nuova certificazione di segno contrario a quella originaria. Al fine della delineazione dei limiti della giurisdizione nell'ipotesi contemp1at,a, findagim.e va por.nata suHa complessa fattispecie sosilanziaJe, oggetto di dibattito giudiziale. Il problema che, quindi, si pone se, quando ricorra un rapporto tributario relativo a presupposti d'imposta ex lege definiti, la eventuale illegittimit di un atto amministrativo di certazione che incida su tale rapporto concreto determini o no la lesione del diritto soggettivo del contribuente e sia o no deducibile soltanto davanti al giudice ordinario (giudice tributario specializzato). Queste Sezioni Unite ritengono che al quesito proposto debba darsi risposta positiva. Invero -qualora si disputi dntomo ad un concreto rapporto tribu tario, insorto a seguito della stipulazione e registrazione di un atto di compravendita di un fondo rustico, e sia demandato all'autorit amministrativa (oggi regionale) di procedere, senza alcuna valutazione discrezionale, all'accertamento dei presupposti obiettivi tassaNvamente prescrit RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 720 = f.:: ti dalla legge per l'attribuzione delle agevolazioni -in ordine all'even tuale illegittimit dell'atto di accertamento non pu ipotizzarsi, stante la !ii mancanza di autonomia di esso, altra lesione che quella del diritto sog gettivo del contribuente a corrispondere il tributo nella misura ridotta. Per modo che -disputandosi esclusivamente sulla misura dell'imposta dovuta -deve escludersi la configurabilit di una pluralit di posizioni giuridiche tutelate, non potendo individuarsi, oltre il diritto di non pagare pi del dovuto per legge, altro interesse giuridico del contribuente. E ci in quanto -traendo origine la posizione di coltivatore diretto dalla legge e non da una valutazione discrezionale della pubblica amministrazione e non sussistendo alcun potere dell'Amministrazione di incidere discrezionalmente sulla sfera soggettiva del privato, comprimendone il diritto (con valutazione del pubblico interesse) -la posizione giuridica del contribuente correlata all'atto accertativo non pu configurarsi in termini di Interesse legittimo, e non , quindi, tutela?ile innanzi al giudice amministrativo. Soltanto se l'attivit amministrativa si estrinsecasse in un provvedimento discrezionale ed autoritativo, la tutela della sfera giuridica del singolo potrebbe essere condizionata alla preventiva rimozione del provvedimento stesso. Ma -poich, nell'ipotesi di specie, la attivit amministrativa priva di qualunque elemento di discrezionalit (anche se possono ricorrere margini di apprezzamento puramente tecnico) e non si configura in termini di provvedimenti autoritativi, ma di semplici accertamenti di dati obiettivi -deve ritenersi che, non ricorrendo situazioni giuridiche di interessi legittimi, competente a conoscere della vicenda giudiziaria in cui si disputi intorno all'entit del debito d'imposta (in base all'accertamento della sussistenza o no dei suoi presupposti) sia il giudice ordinario. E ci perch il contribuente, pur denunziando pretesi yizi dell'accertamento amministrativo e chiedendone l'aamul:lamento, nutl'rutro deduce se non la lesione del proprio diritto soggettivo alla legalit dell'imposizione e non intende conseguire altro risultato che quello di sottrarsi al pagamento dell'imposta nella misura ordinaria. Pertanto, soltanto innanzi al giudice ordinario, competente a conoscere dei diritti soggettivi, possono dedursi i motivi di illegittimit dell'accertamento amministrativo, facendo valere, mediante appropriate allegazioni probatorie, una diversa realt fattuale. Onde, una volta dimostrata, da parte del contribuente, la rispondenza alla realt storica delle proprie deduzioni, il giudice ordinario ben potr pronunciarsi, in base alle prove addotte, sulla sussistenza (o no) del diritto del contribuente a godere dell'agevolazione tributaria. E tale linea in conformit del pensiero della dottrina tradizionale pi autorevole, la quale sostiene che il giudice ordinario, per gli atti di I ! \: PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 721 certezza di cui conosce, ha, in deroga ai principi della legge del 1865, giurisdizione piena . N, infine, per il consolidato orientamento della giurisprudenza della Corte Suprema e del Consiglio di Stato, consentito al contribuente di far valere diritti come interessi. Per modo che, quando un atto amministrativo violi un diritto soggettivo, il giudice competente quello ordinario, anche se l'atto, oltre a ledere il diritto ,soggettivo perfetto, . violi norme o direttive tese a tutelare il pubblico interesse. Invero, la possibilit di una doppia tutela pu essere ammessa, non nel senso propugnato dalla dottrina ormai definitivamente ripudiata, ma soltanto nel senso (non ricorrente nel caso di specie) di autonoma tutela di distinte posizioni giuridiche soggettive. In conclusione, deve affermarsi che la competenza giurisdizionale a conoscere della controversia oggetto di esame spetti al giudice ordinario (e non a quello amministrativo). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 aprile 1982, n. 2340 -Pres. Brancaccio- Maltese -P. M. Zema -Soc. Domiziana (avv. Giorgianni) c. Scalfati ed altri (avv. Fappalari) e Ministero delle Finanze (avv. Stato Del Greco). Procedimento civlle -Foro dello Stato -Chiamata in giudizio iussu iudicis e chiamata in garanzia Equiparabillt agli effetti dell'art. 6 della legge n. 1611 del 1933 Costituzione della p.a. senza sollevare ecce zioni -Equivalenza con l'intervento volontario. Procedimento civile Regolamento di confini -Azione di accertamento della propriet della cosa principale -Pregiudizialit -Esclusione. La chiamata in giudizio iussu iudicis per comunanza di causa regolata dall'art. 107 cod. proc. civ. equiparabile alla chiamata in garanzia regolata dall'art. 106 (seconda parte) cod. proc. civ., e ci agli effetti dell'art. 6 della legge n. 1611 del 1933 sul foro dello Stato; e se la p.a., chiamata per qualsiasi motivo in giudizio o da chiunque sollecitato si presenti senza sollevare eccezioni, la sua costituzione equivale, agli effetti del cit. art. 6, a intervento volontario, e quindi rimane ferma la competenza territoriale ordinaria (1). La domanda di regolamento di confini non si pone in alcun rapporto di connessione o di pregiudizialit con l'accertamento del diritto di propriet della cosa principale (2). (1-2) ,Sulla prima mas~ima cfr. Cass. 15 aprile 1976, n. '1352 e 8 maggio 1976, n. 1922; pi specificamente cfr. anche Cass. 28 maggio 1952, n. 11506. Sulla seconda massima cfr. Cass. 16 dicembre 1%8, n. 3989. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 722 Ritiene, invero, questa Corte che la chiamata in giudizio iUJSsu iudicis per comunanza di causa ai sensi dell'art. 107 cod. proc. civ. sia equiparabile, agli effetti dell'art. 6 legge n. 1611 del 1933, alla chiamata in gaira.nzia, iregolata daU'a11t. 106, II p., cod. proc. civ. L'esegesli di quest'ulti. ma norma ne offre una esauriente dimostrazione. Basta considerare che la chiamata in garanzia instaura, nell'ambito del rapporto principale, una causa comune col chiamato. Essa ha per fine immediato -com' precipua caratteristica dell'intervento coatto l'estensione al terzo degli effetti della pronuncia. Sotto questo profilo, si differenzia dalla chiamata in giudizio per comunanza di causa -a istanza di parte o d'ufficio (art. 106 p.p. e 107 c.p.c.) -solo perch il garantito esercita o pu esercitare nei confronti del terzo anche l'azione di regresso. Ma tende al medesimo scopo immediato di estendere al terzo gli effetti della pronuncia nella causa principale. Tale finalit realizzabile, di norma, con la chiamata in giudizio ad aidiuvandum , che mppresenta una forma dli intervento coatto, diretta a con:sentke al terzo, titolare di un rapporto giuridico dipendente, necessariamente condizionato all'esito della decisione, di esercitare in giudizio le proprie difese, e nel contempo, a precludergli in futuro l'opposizione revocatoria, altrimenti da lui proponibile per dirimere l'efficacia riflessa del giudicato. Proprio secondo i moduli di una chiamata in giudizio ad aduvan dum opera -come recenti studi hanno chiarito -la chiamata in garan zia, al fine di assicurare al garantito l'assistenza in giudizio del garante, salvo l'ulteriore specifico effetto dell'estromissione del garantito, con esonero dagli obblighi di parte (art. 108 cod. proc. civ.). Mentre, conte nuto eventuale e facoltativo della chiamata in garanzia l'azione di regresso, ad essa non necessariamente conseguenziale, anzi, estranea per tradizione storica e gradualmente introdotta nel contesto normativo della causa principale solo con l'evolversi e l'affinarsi delle tecniche procedurali. La distinzione fra questi due momenti -essenziale e accidentale della chiamata in garanzia dimostra che, mentre l'attore rimane estraneo alla causa eventuale e accessoria fra il garantito e il garante, quest'ulti mo assume la veste di parte nel procedimento principale, come, nell'inter vento coatto, il terzo, altrimenti soggetto -se titolare di una posizione giuridica subordinata al diritto controverso -ai soli effetti riflessi del giudicato. Sotto questo profilo, pertanto, venendo ad assumere il garante, come il chiamato in giudizio, posizione di parte nella causa principale (.e potendo divenire, con fa estiromissione, sostituto process.uiaile del g1arain tito) l'intervento per iniziativa d'ufficio o su istanza di uno dei contendenti giuridicamente equipairabile alla chiamata in garanzia, agli effetti del l'art. 6 della legge speciale sopracitata. Ne consegue che se, nella potenziale soggezione della p;a. ad un'azione di regresso per effetto della chiamata in garanzia, l'art. 6 esige una esplicita sua richiesta affinch la controversia sia trattata davanti al foro i i PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE erariale, a parit di ragione (se non a pi forte ragione) la stessa richiesta deve ritenerSli necessaria per discutere davanti al foro erariale di una causa comune, cui l'amministrazione partecipi per iniziativa di parte o perch il giudice ritenga, d'ufficio, opportuna la sua presenza, con riferimento alla sua posi:zfone giuridica, comunque connessa al rapporto principale, che virtualmente l'abiliterebbe in futuro all'opposizione (principale o revocatoria) di terzo. In realt, secondo la ratio dell'art. 6, n l'iniziativa del giudice n quella cli parte, nella chiamata in giudizio per comunanza di causa, assume rilevanza giuridica diversa dalla iniziativa del garante e nella chiamata del gai:rantito. Sarebbe, invero, piuttosto singolare che l'ufficio chiamasse in giudizio fa p.a., nel presupposto della comunanza di causa, allo scopo ed al sicuro effetto di spogliarsi della competenza. Sempli!cemente, se la p;a., chiamata, per iqua:lsi:asi motivo, in giudizfo, e da chiunque sollecitata, si presenti senza sollevare eccezioni, la sua costituzione equivale, agli effetti della legge speciale, a un intervento volontario, e quindi rimane ferma la competenza territoriale ordinaria (art. 7 legge citata). Se non si costituisce e ne viene dichiarata la contumacia, la soluzione non muta, perch, in omittendo, la p.a. esercita negativamente la exceptio. Onde la norma dell'art. 7 trova applicazione sia quando il chiamato in gairanzia non formuli alcuna richiesta sia quando l'interveniente coatto accetti la lite (v. sent. Cass. 28 maggio 1952, n. 1506). E poich la soluzione deve essere unitaria, affermare la competenza territoriale ordinaria in mancanza di una richiesta del1a p.a., chiamata iussu iudicis o su istanza di parte, coerente con l'dndirizzo giurisprudenziale che riconosce la competenza del foro erariale nell'ipotesi inversa, in cui tale richiesta sussista (Cass., 15 aprile 1976, n. 1352; 8 maggio 1976, n. 1922). opportuno, infine, precisare che secondo l'interpretazione dei giudici di primo grado la chiamata in giudizio del Demanio, disposta dal giudice istruttore (a parte l'erronea indicazione del Demanio -Ministero delle Finanze, anzich del Ministero della Marina Mercantile -Direzione generale del Demanio militaire, e del Miniistero dell'Agricoltura e Foreste Direzione generale delle Acque) si sarebbe, in realt, risolta in una denunciatio litis, per cui il T!I'ibunale rilenne correttamente citato dall'attore il Demanio -Ministro delle Finanze con un semplice invito a intervenire, ove lo avesse creduto, e l'eventuale intervento della p.a. avrebbe avuto carattere volontario, senza importare conseguenza alcuna sulla competenza territoriale. Sotto ogni aspetto, pertanto, si deve ritenere inapplicabile la disposizione dell'art. 25 cod. proc. civ. sulla competenza esclusiva del foro erariale a conoscere della controversia; e, sottraendosii la decisione della Corte d'Appello a questa prima oensura della ricorrente, il motivo d'impugnazione ,si rivela infondato e deve essere disatteso. RASSEGNA 'EU.'AVVOCATURA DELLO STATO 724 Col secondo motivo la Societ ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 28, lett. b) c. nav., 100 e 295 cod. proc. civ., nonch del principio di esecutoriet degli atti amministrativi e il vizio di omesso esame di un punto decisivo della controversia. Sostiene he, essendo stato incluso il fondo Lago di Paola tra i benJ del Demanio marittimo con decreto immediatamente esecutivo, erroneamente la corte avrebbe riconosciuto la legittimazione attiva degli Scalfati per il solo fatto di essersi attribuiti la propriet dei terreni circostanti il lago, da considerare semplici accessori del fondo, come tali non utilmente rivendicabili senza il preventivo accertamento del diritto di propriet della cosa prinoipale. Quanto meno, sarebbe stato necessario sospendere il giudizio .fino alla definizione della controversia sorta in seguito all'impugnazione del detto decreto. Analoghe considerazioni la ricorrente svolge intorno alla legittimaz, one passiva di enti e persone fisiche convenuti dagli Scalfati, il cui riconoscimento sarebbe subordinato all'esito dei giudizi in corso sull'appartenenza dei terreni circostanti il lago. Infine, la Corte avrebbe omesso il necessario esame della pendenza di un altro procedimento davanti al Commissario per gli usi civici. Il motivo infondato. Esattamente, invero, la Corte d'Appello ha osservato che la domanda di regolamento di confini non si pone in alcun rapporto di connessione o di pregiudizialit con le pretese fatte valere negli altri procedimenti in corso tra gli Scalfati e i Ministeri della Marina Mercantile e delle Finanze circa la propriet del lago. Onde la richiesta della p.a. diretta ad accertare l'appartenenza al Demanio del lago di :Baola non pu subire aleun pregiudizio dalla decisione inter alios della presente controversia, avente ad oggetto la delimitazione dei confini tra il fondo stesso e i terreni circostanti. Gi con sentenza 20 febbraio-27 maggio 1964 le Se2'lioni Unite, nel respingere l'i1starnza di regolamento preventirvo di giurisdiziOlle proposta dalla soc. Domiziana, si erano espresse incidentalmente in tal senso; e correttamente, nell'alveo di tale giudizio, il Tribunale e la Corte d'Appello hanno ritenuto che non si condizionino reciprocamente le cause riflettenti un conflitto tra fondi, regolate da principi processuali diversi anche in relazione alla prova della legittimazione attiva, che, agli effetti dell'art. 950 cod. civ., non richiede la rigorosa dimostrazione dell'art. 948, cod. civ. (Cass., 16 dicembre 1968, n. 3989): prova ritenuta sussistente dai giudici di merito con motivazione immune da viz;i logici contraddizioni. Pertanto, anche sotto questo profilo la sentenza impugnata si sottrae alla censura della Societ Domiziana e il ricorso, rivelandosi in ogni sua parte infondato, deve essere disatteso. PARTE I, SEZ. lII, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 725 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 9 giugno 1982, n. 3474 -Pres. Marchetti -Rel. Vela -P. M. Fabi -Regione Veneto (Avv. Stato Cosentino) c. Corte (avv. Benino) e Unit Sanitaria Locale (n.c.). Giurisdizione civile -Regolamento preventivo -Proposizione da parte del convenuto che si ritiene estraneo alla lite Ammissibilit. Giurisdizione civile -Sanit -Servizio sanitario nazionale -Ambulatori e strutture convenzionati Rapporti Posizioni di interesse legitti~ mo -Lesione -Giurisdizione amministrativa. Il convenuto, come tale, ha interesse a contestare la giurisdizione del giudice innanzi al quale deve comparire, anche se ritenga di essere estraneo alla lite, poich qualunque pronuncia che quel giudice possa emettere, compresa quella sulla legittimazione, costituisce esercizio di potere giurisdizionale, e quindi ne presuppone l'esistenza in capo al suo autore (1). In base alla legge istitutiva del servizio sanitario nazionale (legge 23 dicembre 1978 n. 833) sono le unit sanitarie locali che provvedono, di norma, ad erogare le prestazioni di prevenzioni, di cura e di riabilitazione, assicurando a tutti i cittadini i livelli di prestazion,i sanitarie, nei limiti oggettivi della loro organizzazione e in tal senso svolgono un ruolo primario, e sono legittimate ad autorizzare i titolari di ambulatori e strutture convenzionate ad effettuare le prestazioni di diagnostica strumenmentale e di laboratorio, per le quali, nel termine di tre giorni, le unit locali non siano in grado di soddisfare le 'richieste, con la conseguenza che i titolari di dette strutture convenzionate non hanno, nell'esercizio delle loro prestazioni, quella indipendenza funzionale che tipica del diritto soggettivo, bens sono portatrici di interessi legittimi (al corretto esercizio del potere autorizzatorio), la cui tutela affidata al giudice amministrativo (2). Occorre anzitutto verificare se il ricorso sia ammissibile,avendo il resistente eccepito che .Ja Regione Veneto non ha interesse a proporlo (art. 100 cod. proc. civ), in quanto ha addotto nel giudizio di merito di non essere legittimata a resistere all'azione ed esso attore, lungi dal contrastare tale assunto, si rimesso alla decisione del Pretore circa la richiesta di estromissione . Il ricorso ammissibile. Intanto, lo stesso ricorrente informa, con la memoria, che il Pre tore ha provveduto in via d'urgenza sul merito, ad onta del regolamento (1-2) Sentenza di particolare interesse che dndividua i rapporti tra le unit sanitarie locarli e 'le strutture convenzionate, la cui attivit, di volta in volta, autorizzata dalle prime, mentre solo 'la scelta del medioo di fiducia (e del [u0go d cura) Hbera per l'utente. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO di giurisdizione, senza estromettere la Regione. In secondo luogo, e pm in generale, deve rilevall'si che il convenuto ha, per il solo fatto di essere tale, interesse a contestare la giurisdizione del giudice innanzi al quale deve comparire, anche se ritenga di essere estraneo alla lite, poich quaJunque pronunaia quel giudice possa emettere, compresa quel.ia su:l.Ja legittimazione delle parti alla causa, costituisce esercizio di potere giurisdizionale e quindi ne presuppone l'esistenza in capo al suo autore. Perci l'art. 41, primo comma, cod. proc. civ., attribuisce a ciascuna pairte la facolt di provocare l'incidente di giurisdizione e non pone altra condizione all'infuori della mancanza di una decisione di merito di primo grado. dunque consentito l'esame dell'istanza di regolamento, con la quale la Regione Veneto sostiene che la domanda del dr. Costa non riguarda assolutamente il diritto soggettivo dell'individuo alla tutela della salute ed alla soelta delle strutture sanitarie atte :a realizzarlo, ma involge modalit di organiz:mzione del servizio pubblico di assistenza sanitaria dclla generalit dei aittadini e quindi materia nella quale lllOn so1tanto costoro, ma anche ed a maggior ragione i sanitari convenzionati con le amministrazioni non possono far vialel'e altro che interessi legittimi :_ tutelabili dal giudice amministrativo -o addirittura semplici -sforniti di ogni tutela, -essendo in essa predominante la presenza di potest pubbliche, da esercitare per il bene de1la collettivit piuttosto che dei singoli. Ancor pi evidente, prosegue la Regione, la carenza di giurisdizione del giudice ordinario rispetto alla domanda di provvedimento urgente, formulata dall'attore a norma dell'art. 700 cod. proc. civ., poich mentre il Pretore non potrebbe mai imporre ad organi pubblici l'adozione di determinati comportamenti, l'ordinamento consente al titolare di un interesse >, significa che la si posta come regola da seguire a preferenza delle altre: conseguentemente, la pairticehl1a o non pu desig1naire parit, almeno fra la prima e le successive ipotesi, ma alternativit, che a sua volta in tanto pu risolversi in quelle non reputate normali, in quanto esse e non la prima 1si appalesino, in 1concreto, capaci di essere reailizzate. Aggiungasi che la differente impostazione delle regole concernenti,. rispettivamnte, il medico generico ed il pediatra, da un lato, e gli altri sanitari e presdi, dall'altro, ha una sua profonda 1ragion d'essere nel diverso carattere dei rapporti in cui l'individuo viene a trovarsi con gli uni e con gli altri. Il rapporto con il medico generico e col pediatra si instaura essenzialmente su basi soggettive, ossia sulla fiducia del paziente e sulla peculiare conoscenza di costui da parte del medico: dunque comprensibile che il cittadino sia lasciato libero di ccedere all'assistenza privata o a quella prubb1ica. Nel .rapporto con specialistii, e pii ancora con ospedali e laboratori, emergono, invece, prevalentemente esigenze obiettive, quali sono la competenza dei primi in certe materie e la efficienza dei secondi, PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE sicch plausibile che quella libert sia limitata nel senso che si detto. Infine, tutto ci trova un conclusivo riscontro nell'art. 48,concernnente il trattamento economico e normativo del personale sanitario a rapporto convenzionale. Dopo aver prescritto, infatti, che tale trattamento sia stabi1ito in modo uniforme sull'intero territorio nazionale da convenzioni triennali, rese esecutive con decreto presidenziale e stipulate tra Governo, Regioni, associazioni dei comuni italiani ed organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative in campo nazionale di ciascuna categoria, l'aTticolo enuncia un complesso di iregole generaJi sui rapporti fra quel personale e gli utenti del servizio, dalle quali traspare manifestamente la cura di riservare esclusivamente ai medici generici ed ai pediatri l'attributo di sanitari di libera scelta e di garantire quest'ultima all'utente solo con riferimento ad essi (cfr. numeri 1, 5 e 17 del terzo comma). Certamente la legge non detta indicazioni sugli strumenti giuridici utHizzabiilii per cooirc:!Jnare l'opera delle strutture pubbliche COiil quetl!la delle strutture private. Ma la lacuna non rileva ai fini che qui interessano, dal momento che non impedisce di constatare che neppiuire secoodo l'originaria formulazione deH'art. 25 la posizione dei titolari di laboratori di diagnosi rivelava, dspetto alle unit fomite di :uguali ktboratori, queihla indipendenza funzionale che tipica del diritto soggettivo. Il diritto soggettivo non tollera condizionamenti o menomazioni ad opera di altri poteri, tanto vero che qualora ne sia ammessa dalla legge e ne sia stata di fatto attuata la compressione con atto autoritativo, oppure senza di questo non sia esercitabHe, Io si considera rispettiva mente affievolito o in attesa di espansione e dotato, nell'uno e nell'altro caso, del connotato proprio dell'interesse legittimo. Invece l'instaurazione dei rapporti di prestazione d'opera professionale fra i predetti titolari di laboratori diaginostioi e utenti dcl servdzio sanitaa:'io fu dailfa legge subor dinata all'organizzazione che del senvizio stes,so fosse stata illl coocreto predisposta dall'amministrazione pubblica. allora evidente che le sopra richiamate disposizioni dell'accordo del 1980 e della legge del 1982 (riconosoendo espressamente alle unit sanitarie locali il potere di autorizzazione ed indicandone i presupposti di fatto ed i Hmiti temporali di esercizio, non hanno degradato ad interesse alcun diritto dei titolari di laboratori convenzionati, per cui n l'articolo della convenzione pu essere considerato come fonte di una condizione sospensiva potestatiVa, illegittimamente stipulata in favore dell'unit sanitaria e sottoposta al sindacato del giudice ordinario, n all'articolo della legge pu essere ascritta efficacia innovativa e quindi irretroattiva, nella parte che qui interessa. Giova piuttosto rilevare, per una compiuta ricognizione della fatti specie, che se in base alla legge del 1978 la riserva di intervento della RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO unit sanitaria ancorata alla normalit e se la successiva disciplina ha chiarito che questa sussiste laddove l'unit sanitaria sia in grado cli provvedere direttamente entro tre giorni, vuol dire che la situazione dei professionisti e dei presidi sanitari convenzionati tutt'altro che abbandonata all'assoluta discrezione dell'unit sanitaria e quindi non priva di rilevanza giuridica -come pure sostiene la Regione -. Essa , al contrar.i.o, qualificata dalla presenza di un vero e proprio interesse legittimo al corretto esercizio, da pate della unit sanitaria, del potere autorizzatorio di cui si detto. Anzi, se si considerano in generale le posizioni emergenti nei 11.apporti condizionati ad autorizzazione amministrativa ed in particolare le posizioni dei professionisti che sono stati ammessi ad operare nell'ambito del servizio sanitario sulla base di un regime di convenzionamento , il cui presupposto risiede nella piena collaborazione fra strutture pubbliche e strutture private, si giunge alla conclusione che costoro sono titolari di interessi i quali preludono alla acquisizione di diritti,. ovvero di diritti in attesa di espansione, secondo una nomenolatma che si 1aVTUto modo di ooichiam\\llre. Ma la tutela di tali interessi affidata al giudice amministrativo, a norma dell'art. 2, lett. b), n. 3 legge 6 dicembre 1971 n. 1034 e pertanto a costui, e non gi ail giudice ordinar.io, romissorio ad esso accessivo non dovrebbe avere effetto in mancanza della sua accettazione esplicita, ai sensi de1l'a:rt. 1372, secondo comma, cod. civ. (per un precedente conforme, cfr. Cass., n. 1026/1963, cit. sub nota precedente). In quest'ottica, opinabiile ~'ammissibilit dell'arbitrato proposto dai soggetti specificati nell'art. 7 legge 29 maggio 1967, n. 379 per H conseguimento dei diritti patrimoniali conseguenti allo scioglimento del rapporto di assegnazione, trattandosi non necessariamente dii eredi >>, quanto piuttosto di successori a .titolo rpa['ticolare individuati ex lege. Occorre tuttavia considerare che la giurisprudenza prevalente tende ad ammettere anche in queste dpotesi l'esperi~dt dell'arbitrato, ~atando quindi l'efficacia soggettiva della o}ausola compromissoria. Risulta cos su;perata ogni PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 735 zione del contratto accessivo alla concessione, comportando queste non sono la valutazione dei diritti soggettivi del privato ma anche l'apprezzamento deH'.interesse pubb1ico inerente alla coocessione, mentre aippru:-tengono alla giurisdizione dell'autorit giudfai~ia oIXlinaria le mere questioni patrimoniali concernenti mdennit e canoni, dovuti al privato o al1l'ente concedente, che non poogano n discussione l'esistenza o la cessazione del rapporto di concessione. AHa stregua dei suddetti principi, che questo Collegio pienamente condivide, non dubbio che la controversia insorta nella specie compresa tra quelle per le quali l'art. 5 comma 2 ora ricordato f~ salva la giurisdizione dell'autorit giudiziaria ordinaria e per le quali deve ritenersi quindi ammissibile la comprom.isSlione marbitri. ~ versa infatti in iipotesi di manifesta estinzione ope legis per morte dell'assegnatario del rapporto concessorio, da cui residuata una mera controversia sui.resistenza e sull'entit delcredito per li miglioramenti 11."ecati dalil'assegnatario defunto al fondo, rientirato, a seguito della .rinrunzia degli eredi aventi diritto, nena piena disponibilit dell'ente di sviluppo agricolo. distinzione tra successione nel rapporto giuridico complessivo e nelle posizion!i parziarie da esso derivanti e, in questo caso, tra successione a titolo universale ed a titolo particolare, come rilevano, iin tema di cessione dii credito, Cass. n. 1525/1970, cit., e Cass., 29 luglio 1964, n. 2161, in Foro, pad., 1965, I, p. 976 ss., con nota critica di G. ScHIZZEROTTO, Questioni e questioncelle in materia di arbitrato. Di fronte a tale tendenza giurisprudenziale, -che sul piano pratico si giustifica con l'opportunit di forn!ire soluzioni omogenee a problematiche .sostanzialmente anailoghe, -non resta che ritenere, sul piano dogmatico, che si verifica un'appliicazione generalizzata non tanto del prlncipfo dell'individualit ed autonomia de11a clausola com;promissoria, quanto piuttosto di quello concorrente deUa sua accessoriet {su cui cfr. Cass., 27 gennaio 1967, n. 221, in Giust. civ., Rep. 1967, v. cit., p. 567, n. 39 e, ,in dottrina, E. REDENTI, Diritto processuale civile, III, MHano, 1954, p. 461), in guisa che i.I negozio processuale, che investe ciascuna situazione giuridica nascente dal negozio di diritto sostanziale cui inerisce, ne segue poi le vicende, anche nel caso di mutamento della sua titolarit. Per quanto concerne poi i limiti oggettivi di estensione della clausola compromissoria, corretta e conforme a11a giurisprudenza dominante J'affermazione che essa devolve a~i arbitri tutte le controversie insorgenti da;l contratto..., dalla nascita a11a fine, compresa quindi ila fase estintiva, in modo che, ove certe obbligazioni debbono essere eseguite dopo la scadenza del termine contrattuale o per effetto della estinzione del contratto, le controvers: originate daitle suddette obbligazioni debbono ritenersi determd.nate e nascenti dai! contratto e facenti parte, per ci stesso, della materia contemplata dalia clausola compromissoria (neLlo stesso senso, da ultimo, Cass., 22 ottobre .1979, n. 5483, in Giust. civ., Rep. 1979, voce Compromesso, p. 493, n. 51; Cass., 12 febbraio 1979, n. 935, ivi, v. cit., p. 492, n. 33; Cass., 15 a."Prile 1976, n. 1343, ivi, Rep. 1976, v. cit., P 517, n. 28; Cass., 8 marzo 1974, n. 616, ivi, 1974, I, p. 1266 ss.; Cass., 9 agosto 1973, n. 2297, ivi, Rep. 1973, p. 473, n. 38; Cass., 3 febbraio 1968, n. 353, ivi, .1968, I, p. 1179 ss.; 736 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Ed invero, nel caso di morte dell'assegnatario prima del riscatto e di 1riinunzia dei suoi ,eredi al loro diritto a subentrare nell'assegnazione, I i il rapporto di concessione di estingue ipso iure, con effetto dal momento della morte, senza necessit di alcun atto formale da parte dell'ente oncedente, il quale dovr solo provvedere ad una nuova assegnazione del podere ad atJtri e ad emettere, unilateralmente, gli atti necessari ad assicurare la continuit delle trascrizioni nei confronti dei terzi. N la rinunzia degli eredi al loro diritto di subentro nell'assegnazione deve essere accettata dall'ente concedente, perch detta rinunzia I! abdicativa, quale tipica espressione dell'autonomia negoziale privata, ha la struttura di atto unilaterale non recettizio e, pertanto, ai fini del suo i perfezionamento, sufficiente che la . volont di rinunzia venga esterio I rizzata, senza necessit che sia portata a conoscenza di una persona determinata, anche se 1interessata, ed unica interessata, alla rinunzia stessa e i! senza necessit, quindi, che venga da questa accettata. Agli arbitri quindi non restava che prend~re atto dell'avvenuta estin I zione del rapporto di. concessione e pronunziarsi sulle sole questioni di ~ carattere patrimoniale nascenti dalla richiesta degli eredi, sicuramente ' ~ I I Foro it., 1968, I, p. 3057 ss.; Cass., 25 gennaio 1968, n. 216, in Giust. civ., 1968, I, f p. 182 ss.; Por.o it., 1968 I, p. 970 ss.; Giur. it., 1969, I, 1, p. 1195 ss., con nota i f adesiva di G. ScHIZZEROTTO, Arbitrato e transazione). ~ Nel caso di specie, la dipendenza del diritto fatto valere daL contratto sotto ! posto a clauso:Jia compromissoria e la conseguente arbitrabHit de1la controversia ' f. sono state desunte dalila circostanza per cui l':indennit migi~iorataria sarebbe ff sorta in diretto favore dell'assegnatario e sarebbe stata trasmessa ai ricoTrenti ~ in forza de1Faperta successione; prJma del riscatto del fondo, anzi, :iil credito ! per tale indennit avrebbe cost1tuito il solo bene entrato nel patrimonio del ff de cuius per effetto dehl'assegnazione ed il solo oggetto del trasferimento mortis causa in favore dei successibili. Queste uJtime affermazioni, -bench abbiano carattere incidentale ai fini del decidere, -meritano tuttavia di essere verificate I criticamente, a confronto con 1'op;posta tesi .secondo cui dl diritto all'indennit migiliorataria in favore dei chiamati che rinuncino a subentrare nel rapporto d:i assegnazione nascerebbe direttamente in favore di costoro, per esolusiva forza I cli legge, con .1a dedotta conseguenza di sottrarsi all'operativit della clausola compromissoria inserita nel contratto. I (5) L'obiter dictum de1la Corte di Appello di Bari suil'la genesi dei diritti i fatti valere medlante la procedura arbitrale in esame, consente di esaminare $ brevemente il complessivo fenomeno delfa successione nel rapporto di assegnazione dei terreni soggetti a riforma agraria. L'opinione accolta dalla sentenza annotata -per fa quale il credito per l'indennit miglio11ataria sarebbe sorto in forza del contratto stipUJl'ato dal de cuius e sarebbe stato devoluto agJi eredi (rectius: ai successibIIi ex art. 7 leggie 379/1%7) in virt dell'apertura de1La successione -trova invero un autorevole riscontro nella decisione de1La Corte Costituzionale del 13 marzo 1974, n. 66 {in Foro it., 1974, I, p. 955 ss.; Cons. St., 11974, Il, p. 316 ss.; Giust. civ., 1974, III, p. 164 ss.; Giur. it., 1974, I, l, a>. 1123 ss.; Giur. cast., 1974, p. 258 ss.), citata in motivazione, oltre che in talune pronunce delila giurisprudenza tributaria (cfr. Comm. Centr., 10 giugno 1%4, n. 10881, in PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 737 comprese nella giurisdizione dell'autorit giudiziaria e quindi nella competenza arbitrale. 3. -Stabilita la giurisdizione dell'autorit giudiziaria ordinaria, deve ora esamiil1airsi, se sussisteva o meno la potestas decidendi degli arbitri in seguito alla este.nsibhlit agli eredi, ohe abbiano .Pinunziato a s.uibentraire nell'assegnazione, della olausola compromissoria contenuta nell'art. 19 del contratto .di assegnazione e vendita del fondo. Al quesito, che. involge una questione rilevabile anche d'ufficio, perch diretta ad accertare l'esistenza dei p:res1.llpposti fondamentaili del gi'tl!dizio airbitrrale ed a IJ:'ilevare l'evenlluale a:ssoluto difetto di competenza degli arbitri, deve essere data risposta affermativa. Anche se . vero, infatti, che la 1.Pinunzia degli eredi a subeintra'l'e nell'assegnazione comporta la estinzione della concessione e dell'intero rapporto instauratosi tra l'ente pubblico e l'assegnatario defunto, non pu illega.PSi che l'estinzione del contratto non travolge la clarusola compromissoria, la quale, come pacifico in dottrina ed in giurisprudenza, nonostante la sua denominazione, non costituisce un patto accessorio del Massime, 1966, p. 55). Questa tesi non appare per esauriente, e richiede comunque qualche opportuna puntualdzz!Wone. In primo luogo, ovvio che, finch perdura il rapporto di assegnazione, l'assegnatario che migliora il fondo non acquista nessun cred1to verso l'Ente, perch egli lo mig;1iora per s, e noll' per .t'Bnte, in considerazione del suo diritto ad acqudstarne la pr01Prdet mediante affrancazione o riscatto. Il diritto aill'indennit di miglioria in rea1t solo eventuale e futuro, ed condizionato ahla risoluzione del rapporto di assegnazione ed aUa connessa pel'dita del diritto primario all'acquisto del podere. Suhla base di questa impostaziione di carattere generale e secondo una prima tesi interpreta:tiva, si pu ritenere in verit che il rapporto di assegnazione si risolva ipso jure al momento della morte dell'assegnatario, e che in quel momento il d~ritto aJJl'affrancazione o al riscatto si converta nel diTitto sostitutivo a conseguire l'indennit mig1iorataria, che entrerebbe in tal modo a far parte de11'1asse eredita:ri.o. Da parte loro, i soggetti specificati nell'art. 7 fogge 379/1967 vanterebbero una posizione di mero &nteresse 1legittimo al subentro nell'assegnazione, che dchiederebbe quindi una apposita delibera costitutiva dehl'Ente; in seguito alla morte dell'assegnatario, essi acquisterebbero dnvece il solo diritto ahl'indennit migliorataria, sotto ila condizione risolutiva che non 1ntervenga una nuova assegnazione in loro favore. Questa interpretazione, tuttavia, bench a;ppaia la pi conforme ai principi genernli dn tema di assegnazione (in questo senso, cfr. Cons. Stato, 20 novembre 1979, n. 792, 1in Cons. St., 1979, I, p. 1673; nello stesso senso, per un caso analogo di successione nel rapporto di assegnazione di a1Loggi di edilizia economica e popolare, cfr. Cass., 13 ottobre 1980, n. 5460, in Giust. civ., 198,}, I, p. 64 ss.), non sembra del tutto coerente con la normativa speciale vigente neHa materia che qui interessa. Secondo questa disoiplina, non la morte del'l'assegnatario, ma la rinuncia o l'inidone1t dei successibiJld a ,subentrare nel.l'assegnazione determina infatti la risoluzione del rapporto, che nelle pre RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 738 negozio giuridico sostanziale cui adietta, bens una autonoma manifestazione di volont negoziale ben distinta da quella del contratto stesso ed operante in modo indipendente (Cfr. Cass. 12 febbraio 1959 n. 57). Dal principio dell'autonomia della clausola compromissoria viene comunemente tratto il corollario che rientrano nell'ambito di detta clausola anche le controversie che sorgono dopo la cessazione del contratto, in dipendenza di fatti pregressi. La clausola cio devolve agli arbitri tutte le controversie insorgenti dal contratto ed attinenti a tutte le vicende del rapporto dallo stesso originato, dalla nascita alla fine, compresa, quindi, la fase estintiva. Sicch, ove certe obbligazioni debbono essere eseguite dopo la scadenza del termine contrattuale o per effetto della estinzione del contratto, le controversie originate dalle suddette obbliga. zioni debbono ritenersi determinate e nascenti dal contratto e facenti parte, per ci stesso, della materia contemplata dalla clausola compromissoria. Ma dal principio dell'autonomia del negozio compromissorio viene tratto anche l'altro corollario che detto negozio estensibile ai successori ed aventi causa dei contraenti originari. A tal fine, come peraltro v.isioni .Jegislative destinato a continuare automaticamente in favore dd figlio o del coniuge nominato per testamento, o scelto per accordo reciproco, o designato dal Giudice civile con procedura di volontaria giurisdizione (cfr. sul punto, con esaurienti e decisive argomentazioni, R. ScoGNAMIGLIO, M. SPINELLI, M. COSTANTINO, Procedimenti arbitrali per migliorie richieste da assegnatari, in Giur. agr. it., 1980, :p. 466 ss.). In altri termini, se vero, -come ha costantemente ritenuto la giurisprudenza civire, -che il fenomeno del subentro nel rapporto di assegnazione si inquadra nella categoria delle successioni mortis causa (cfr. Trib. Roma, 5 marzo 1%2, in Temi romana, 11%2, p. 322 ss.; App. L'Aquila, 1 febbraio 1958, in Foro it., Rep. 1958, voce Agricoltura, col. 63-64, n. 92; Pret. Avezzano, 14 gennaio 1959, in Riv. Giur. Umbro-abruzzese, 1959, p. 383 ss.), e che i successibili vantano un diritto soggettivo perfetto alila trasmissione del rapporto in loro favore (in tal senso, Cass., 19 giugno 1957, n. 2337, in Foro it., I, p. :Ll66 ss.; arg. pure da Cass., Sez. Un., 14 giugno 1980, n. 3794, ivi, 1981, I, p. 1091 ss.; Giust. civ., 1980, I, p. 2121 ss.), si dovr ahlora dedurre che in seguito aJfa morte delJ:'assegnatario hl predetto rapporto non si estingue, ma subisce semplicemente una modificazione soggettiva. La trasmissione mortis causa del rap:porto di assegnazione (e, quindi, del connesso dir1tto all'acquisto del fondo, al verificarsi deMe condizioni previste dalla legge), escluder tuttavia 1l'ipotesi alternativa della trasmissione delffia indennit migliorataria, che a quel momento non potr ritenersi. compresa ne} patrimonio del de cuius (i:n tal senso, cfr. Trib. Roma, 5 marzo 1962, cit.; Cons. St., parere 25 maggio 1955, n. 413, in Cons. St., 1956, I p. 370; in dottrina, T. KurscHE DE LA FRANCE, In tema di assegnazione di fondi della riforma agraria, in Foro Amministrativo, 1975, II, p. 304). Il ddritto a ta:le indennit potr sorgere solo !in un momento successivo, in seguito alla risOtluzione del il'.'apporto trasmesso, per rinunzia dei successibiJ.i al subentro o per decadenza pronunziata dalfEnte; ma si tratter allora di un diritto che nasce in forza di [egge, in diretto favore dei soggetti chiamati al subentro, nell'ambito della regOla ! PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 739 stato gi ritenuto in giurisprudenza (Cfr. Cass. 17 settembre 1970 n. 1525), sufficiente considerare che, per un principio fondamentale del diritto di successione mortis causa, l'erede prende il posto del defunto in tutti quei rapporti che, non essendo intuitu personae, sono capaci di sopravvivere alla morte dell'originario titolare, e viene cos a trovarsi nella medesima posizione giuridica in cui questi si trovava. Gli eredi, pertanto, pur non essendo succeduti a1 Perciante nella qualit di assegnatario, per le ragioni gi esaminate, gli sono subentrati in ogni altro rapporto capace di sopravvivere alla di lui morte e, quindi, anche in quello posto in essere con la stipulazione, tra esso Perciante e J,Ente, :della clausola compromissoria relamva ad ogni controversia nascente dal contratto, ivi compresa quella sul diritto a conseguire il rimborso__ delle annualit versate e l'indennit per i miglioramenti recati al fondo in caso di risoluzione o estinzione del rapporto prima del riscatto. Tali crediti, come del tutto evidente, spettano agli eredi iure successionis e non iure proprio, perch fu l'assegnatario a versare le quote di ammortamento del prezzo e a migliorare il fondo con il proprio lavoro, impiantandovi nuove culture o incorporandovi nuove costruzioni od opere, e divenendo quindi, per legge e per contratto, creditore del relativo valore mentazione dei rapporti tra essi e l'Ente, nella cui disponibilit H fondo finisce per rito:mare; con il'a probabile conseguenza ulteriore che, non derivando direttamente dal contratto di assegnarione, ma trovando in esso un mero antecedente causale, non dovrebbe essere ricorn:preso tra le situazioni regolabili mediante arbitrato. In definitiva, il fenomeno della successione nel rapporto di assegnazione dei fondi soggetti a riforma agraria, incidentalmente analizzato dalla sentenza che si annota, ha bisogno di essere precisato e chiarito: o si tiene fermo iil principio deUa successione automatica, -secondo f'interpretazione pi aderente al disposto della normativa speciale vigente ~n materia, -con tl'effetto che l'eventuale surrogazione dei diritti inerenti al riapporto di assegnazione con l'indennit di miglioria incide direttamente ed es.elusivamente sul patrimonio dei chiamati a1 subentro; ovvero, -con maggiore aderenza ai principi generali di diritto ammimstrat:ivo, -si ritiene che H subentro dei chiamati nella posizione del de cuius necessiti di un provvedimento costitutivo dehl'Ente concedente, :in guisa che fino a quel momento il:'unico diritto da essi :legittimamente invocabile sia queLlo all'indennit migliorataria derivante dalla (sia pur provvisoria) estinzione del rapporto originario. iLa giuris,'prudenza civile sembra seguire ;invece un orientamento eclettico e poco coerente, ammettendo per un verso che il rapporto di assegnazione si trasmetta automaticamente ai chiamati, e l'itenendo per un altro che_ l'oggetto deLla successione ereditaria sia costituito da:l diritto alla indennit di migiliioramenrto, che presuppone invece festinzione del rapporto suddetto. Ma le soluzioni di volta in volta adottate non appaiono quasi mai inserite !in un quadro di riferimento organico, e risentono comunque del difficile intreccio tra situazioni pubblicistiche e privatistiche che si registi;a in materia. Alessandro DE STEFANO RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 740 nella fase antecedente al riscatto. I suddetti crediti, anzi, costituivano i f f i:'. soli beni che, per effetto dell'assegnazione operata in suo favore, erano entrati nel suo patrimonio prima del riscatto (Cfr., negli stessi termini, Corte Costituz. sentenza n. 66 del 13 rriarzo 1974). Del resto la stessa legge (art. 7 comma 6 legge n. 379 del 1967) a disporre che, non verifican I dosi il subentro degli eredi nell'assegnazione, ove nessuno di essi possegga i requisiti necessari o sia disposto a continuare nella coltivazione del fondo, e non applicandosi quindi la disciplina particolare dettata per evitare la successione collettiva pro indiviso nell'assegnazione e per rego IIilare i rnpporti trn erede prefeiiito ed eredi esclusi, ~'Ente teinuto a rimborsare agli eredi tutti, secondo le regole della successione ordinaria, le annualit versate dal loro dante causa e l' indennit nella misura dell'aumento di valore conseguito dal fondo per effetto dei miglioramenti da lui recati . Trattasi di crediti per che, per la successione verificatasi nel negozio compromissorio, debbono essere accertati e valutati col procedimento arbitrale, mediante una pronunzia degli arbitri quali amichevoli compositori e non soggetta ad alcun gravame, tanto nell'interesse degli eredi che dell'ente medesimo. Diversamente argomentando, infatti, si perverrebbe alla inaccettabile conclusione che gli eredi potrebbro far valere un diritto diverso e, per certi aspetti, pi ampio di quello spettante al loro autore, potendo fruire per l'accertamento di tale diritto, nei oonfironti dell'ente. debitore, di una g~anzJiia giurisdizionale ;pi tata di quella assicurata dal procedimento arbitrale. Si deve in conseguenza affermare che gli eredi dell'assegnatario defunto, per la controversia relativa alla liquidazione dei crediti caduti nella successione dell'assegnatario medesimo, erano tenuti al rispetto della clausola compromissoria inserita nel contratto a suo tempo concluso con l'ente e che gli arbitri da loro aditi avevano quindi pieno potere decisorio al riguardo. SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA CIVILE CORTE DI CASSAZIONE, sez. I, 16 marzo 1981, n. 1474 -Pres. La Farina Est. C<;lntillo -P. M. Morozzo della Rocca -Tobler. (avv. Niccolai) c. Ministero Beni Culturali (v. avv. gen. Gargiulo). Demanio -Servit pubbliche Deputatio ad cultum Atto dell'autorit ecclesiastica Prova Esposizione secolare al pubblico Presunzione di esistenza dell'atto Esclusione. Demanio Servit pubbliche Deputatio ad cultum Effetti nell'ordinamento civile. Demanio Servit pubbliche Estinzione Dtphtto esposto in chiesa e sostituito con una copia Estinzione della servit Esclusione. Demanio Servit pubbliche Dicatio ad patriam Condizioni. La sola circostanza certa dell'esposizione secolare, in chiesa di un quadro a soggetto religioso di propriet privata, se-consente di ritenere il fatto oggettivo della venerazione da parte dei fedeli e la volont del proprietario di consentire tale specifico uso, non implica, secondo l'id quod plerumque accidit, l'intervento del potere ecclesiastico attraverso un apposito atto di dicatio ad cultum (1). Perch il provvedimento costitutivo ecclesiastico di deputatio ad cultum, per il quale necessaria, ad substantiam, la forma scritta, produca effetti civili, necessario il consenso, espresso o tacito, del proprietario alla destinazione della cosa allo specifico uso religioso (2). Le servit di uso pubblico non si estinguono per il mancato esercizio, (1-3) Secondo fa giurisprudenza (cfr. Cass. Sez. Un. 31 dicembre 1948, n. 1951, in Foro it. 1949, I, 4 e il Contenzioso dello Stato, per gli anni 1950-55, I, 872, Ia deputatio ad cuittum presenta la carntteristica di una fatttspecie com1Plessa dovendo intervenire, a<:0anto a:hl'intenzione del dicans ed al collocamento dellla cosa ~n luogo in cui iLa col1ettivit possa eseroitare l'uso, l'atto di consacrazione dell'aiutor.it ecclesiastica. Inoltre, all'ampiezza indiscriminata delJ1a destinazione che propr1a delldla rucatio ad patriam, si contrappone 1a mdinore estensione propr1a del1a deputatio ad cultum, contrassegnata dalla spedaldt dell'uso (destinazione 1al1a venera zione. religfosa). 1Posto tale concetto, la dest1nazione al culto pu, di per s, essere consi derata come uso pubblico dehla cosa sacra (oi non , tuttavia, senza contrasto ne1la dottrina) e, quindi, la deputatio ad cultum implica resistenza ili una intenzione s;peciale, accanto a quella generica di destinare la cosa a!Jl'uso pub RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ma o in virt di un apposito provvedimento dell'ente pubblico titolare del diritto, o per un fatto tale da renderne impossibile l'esercizio, o allorch il non uso sia accompagnato dalla volont dell'amministrazione, comunque manifestata, di non mantenere il vincolo di destinazione; ove la servit cada su un quadro in una chiesa aperta al pubblico, pertanto, la sos~ituzione dell'opera, con una copia, sostituzione non percepibile dalla generalit della collettivit, non fa venir meno la servit in parola (3). La dicatio ad patriam, quale modo di costituzione delle c.d. servit di pubblico godimento, non un negozio, ma un mero fatto giuridico volontario, consistente nel porre una cosa a disposizione di una collettivit indeterminata di cittadini, assoggettandola all'uso pubblico ammettendo il pubblico ad uri particolare godimento; la stessa si perfeziona, divenendo irrevocabile, con il concreto esercizio dell'uso consentito, senza che sia necessario che l'esercizio delle facolt di godimento si protragga per un tempo determinato (4). La prima censura fondata (ancorch essa, come sar chiarito pi oltre, a proposito del secondo. motivo, non possa avere efficacia per il richiesto annullamento della sentenza). Ai fini della costituzione del vincolo della deputatio ad cultum, in forza del quale cose mobili o immobili, ancorch in dominio privato, vengono destinate ad uso pubblico di culto e acquistno la qualifica di res sacrae, venendo assoggettate al particolare regime inerente a questa categoria di beni, in base alle norme canoniche necessario ad substantiam un atto rituale dell'autorit ecclesiastica, consistente o nella cnsacrazione, di cui ministro competente -di regola -il vescovo, o nella benedizione, la quale pu essere impartita da qualsiasi sacerdote (cfr. oan. 1148 par. 2 del Codex iuris canonici; la stessa disdp1ina vigeva in passato); e questi atti sacramentali, avnti l'effetto di imprimere immediatamente detta destinazione, debbono ris'ultare da apposito documento, blico. Si deve, di conseguenza, ammettere che ogni qualvolta una res sacra sia anche pretiosa, cio artistica, accanto alla deputatio ad cultum esiste una dicatio ad patriam, consistendo questa in una destinazione della cosa al godimento col!letitivo, e non si pu, certamente, limitare ~'uso dehl:a cosa al:la sola venerazione religiosa (v. contro la confusione dei due dstituti cfr. PETRONCELLI, Deputatio ad cultum e dicatio ad patriam, in Rass. dir. pubbl., 1947, II, 557). Per questo motivo, fo Stato sar sempre legittimato ad ri!ntervenire giudizialmente per richiedere che la res sacra e pretiosa rimanga esposta alla pubblica ammirazione (v. contra App. Finanze, 19 maggio 1950, in Foro it., 1951, I, 353, con nota di A. SANDULLI). Si deve tuttavia ammettere che i diritti di uso pubblico possono estinguersi per impossibmt fisica deltl:'uso, come pure ;per manifestazione implicita della p.a.; cfr. RIZZATI, Le vie vicinali e la cessazione dell'uso pubblico, in Foro it., 11940, I, 47. La sentenza pubblicata I' atto da cui sorge I'obbligazione di pagamento (essendo indifferente, ai fini del citato art. 4 della legge, che l' atto sia di natura unilaterale, o contrattuale, o giudiziaria). Ai fini dell'imposta di registro, pertanto, detta sentenza diversa da una normale sentenza di accertamento o di condanna che ponga fine al giudizio di cognizione, e da cui scaturisca la possibilit, per la finanza, di tassare atti di altro genere, semplicemente connessi con l'oggetto proprio del giudizio, in base al principio della tassazione per enunciazione, di cui all'art. 62 della legge, o, meglio ancora, con la cosiddetta imposta di titolo, a sensi dell'art. 72; la sentenza in questione, invero, non costituisce il mezzo indiretto attraverso cui il fisco tassa determinati atti, diversi dalla sentenza e gi in precedenza soggetti a registrazione e non registrati, e la cui esistenza risulta, come rilevante ai fini fiscali, dalla sentenza, bens costituisce, in tutto il suo contenuto, l'oggetto diretto della tassazione, essendo atto di per s produttivo di determinati effetti a contenuto economico. (omissis) (omissis) Vanno invece accolti il secondo e terzo motivo di ricorso, che possono esaminarsi congiuntamente in quanto, sotto diverse angolazioni, investono la medesima questione. Premesso che esatto quanto assunto nel secondo motivo, e cio che l'art. 46 della legge di registro del 1923 applicabile anche in caso di trasferimento di amenda comprensiva di beni mobili ed immobili (ed in tali sensi questa Corte si gi espressamente pronunciata con la sentenza n. 1147 del 24 marzo 1977, alle cui argomentazioni qui ci si riporta), va osservato, quanto al terzo motivo, che giustamente esso crJtica la sentenza impugnata per aver ritenuto tassabile con l'aliquota immobiliare anche il trasferimento dell'arredamento dell'albergo, in quanto costituente pertinenza dell'immobile. Ed invero va precisato che il suddetto art. 46 prevedeva la possibilit di distinta tassazione con diverse aliquote per gli immobili e per i mobili nel caso in cui, con unico atto traslativo di beni di diversa natura, fosse stato stabilito in contratto un diverso prezzo per ciascun tipo di beni (il che ricorre nel caso di speoie e non forma oggetto di contestazione), tranne che i beni astrattamente classificabili come mobili non fossero dalla legge civile parificati agli immobili . Si tratta di un evidente caso di rinvio non recettizio, ma semplicemente formale, avendo ritenuto inutile il legislatore ripetere, spedficamente, la nomenclatura contenuta negli artt. da 409 a 414 del codice chdle del 1865, ailil'epoca vigente, s che, sotto iil vigore di detto codioe, non vi era dubbio che fossero soggetti all'aliquota immobiliare i trasferimenti dei cosidetti beni immobili per destinazione di cui agli artt. 413 e 414 del codice; ma, una volta che il nuovo codice ha mutato la classifi PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA cazione dei beni mobili ed immobili, comprendendo fra i primi solo quelli indicati nei primi due commi dell'art. 812 e sancendo espressamente, al terzo comma di detto articolo, che sono mobili tutti gli altri beni diversi da quelli in precedenza indicati, non pu pi farsi ricorso alla nozione di pertinenza per ritenere ancora tassabili come immobili i mobili costituenti pertinenza, per il solo fatto della loro destinazione al servizio di un immobile e dell'attivit specifica espletata nell'immobile stesso (e in questi sensi gi questa Corte si pronunciata fin dalla sentenza n. 2908 del 27 luglio 1956); e ci perch la natura di pertinenza, che poteva dirsi comune ai beni indicati negli artt. 413 e 414 del vecchio codice, poteva rappresentare la ragione della parificazione dei mobili agli immobili, ma non sarebbe stata di per s sufficiente, in mancanza di espressa volont legislativa, ad attribuire necessariamente natura immobiliare a beni mobili, senza lo specifico dettato legislativo secondo cui sono beni immobili per destinazione le cose che il proprietario di un fondo vi ha posto per il servizio (art. 413) o tutti gli oggetti mobili annessi dal proprietario ad un fondo o ad un edificio per rimanervi stabilimente (art. 414); in altri termini, il concetto di pertinenza valeva per evidenziare il carattere comune e la funzionalit economica-produttiva di determinati beni, per giustificare il perch dello speciale trattamento, quanto alla loro essenza giuridica, voluto dal legislatore; ma non pi valido, in base al nuovo codice, per attribuire natura di bene immobile a beni che, per espresso dettato legislativo, sono considerati senza eccezione beni mobili (art. 812, 3 comma), e che sono unificati, con la definizione datane all'art. 817, a fini diversi, che non attengono gi alla natura immobiliare dei beni, ma, pi semplicemente, per il disposto degli articoli 818 e 819, ad un regime giuridico che, in mancanza di diversa espressa volont contrattuale, li assoggetta alle stesse vicende e agli stessi rapporti giuridici cui sono soggetti gli immobili al cui servizio sono destinati in conseguenza degli atti e dei rapporti giuridici (che sono qualcosa di ben diverso dalla realt dell'essenza immobiliare o mobiliare) che riguardano gli immobili cui sono annessi, salv,i ~n ogni caso i diritti dei terzi. La nozione di pertinenza, quindi, valida per risolvere le questioni che possono sorgere dall'applicazione dell'art. 47 della legge di registro del 1923 in materia di presunzione di trasferimento, per la particolare regolamentazione che in parte anticipava, ai fini fiscali, il regime giuridico di cui al secondo comma dell'art. 818 e all'art. 819 del nuovo codice; ma non pu essere utilizzata per risolvere la diversa fattispecie delrnmposizione, con un'aliquota piuttosto che con un'altra, di un trasferimento non presunto, ma specificatamente disposto in un atto tassato, e per il quale ci che rileva, unicamente, la natura mobiliare o immobiliare del bene in s e per s, natura che, in forza del rinvio formale contenuto nell'art. 46 della legge di registro del 1923, non pu desumersi altro che, dopo l'entrata in vigore del nuovo codice civile, dal disposto dell'art. 812 di detto codice. 780 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO Ci comporta che, per dsolvere il caso di specie, non era sufficiente n utile ricorrere al concetto di pertinenza, ma doveva accertarsi, se possibile, per stabilire la natura mob11iare e immobiliare dei beni la cui tassazione era contestata (e sempre, s'intende, nei limiti fissati al giudice di appello dalle richieste formulate dalle parti in detta sede), se ricorressero le condizioni di cui al 1 comma dell'art. 812 cod. civ. per qualificare come immobili determinati beni, riconoscendo, invece, come beni mobili tutti gli altri: nel che appunto va delimitato il compito del giudice di rinvio per la soluzione del caso di specie. (omissis) I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 21 ottobre 1981, n. 5506 Pres. Santosuosso -Est. l.;ipairi -P. M. Vailente (conf.). Ministero delle Finanze (avv. Stato Mari) c. Baschi (avv. De Angelis). Tributi erariali diretti Imposta sui redditi di ricchezza mobile Esenzione decennale per nuove imprese artigiane .o piccole industrie in localit economicamente depresse Omessa presentazione della domanda -Deflnizione del rapporto tributario a seguito di iscrizione a ruolo e pagamento Successivo riconoscimento del diritto alla esenzione -Estensione ai periodi definiti -Esclusione. (L. 29 luglio 1957, n. 635, art. 8; t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 188). Quando per il riconoscimento di una esenzione prevista la presentazione di una domanda documentata sulla quale la Amministrazione deve emettere un provvedimento avente natura di decisione amministrativa, il tardivo riconoscimento della esenzione, bench di natura dichiarativa, non travolge i periodi d'imposta ormai definiti con l'iscrizione nel ruolo formato sulla base della dichiarazione e il pagamento o con l'accertamento non opposto (1). (1-2) Due diversi orientamenti nello stabilire gli effetti della dichiarazione. La prima sentenza riconosce una capacit di resistenza dell'obbligazione adempiuta in manie11a legittima su11a base della dicrnarazione e dehl'iscrizione a ruofo {a titolo definitivo), pur di fronte ad un provvedtmento di riconoscimento deli1a esenzione che, per essere dichiarativo, potrebbe produrre effetti retroattivi. La sentenza a;pprezza con senso realistico la situazione di consolidamento che si ve11ifca, per ciascun peciodo di imposta, con :iJl pagamento del tributo di cui con J,a dichiarazione si riconosoiuto l'obbligo. La seconda sentenza conforme a numerose altre non attribwsce alla dichia razione aikun valore giuridico e quindi facilmente ammette che si possa senza preclusdoni impugnare il ruolo formato dn base alla dichiarazione o doman dare il1' rimborso di quanto si pagato suLla base di essa. Il prob~ema deLla PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 781 II CORTE DI CASSAZIONE, Sez .. I, 17 novembre 1981, n. 6095 -Pres. Mazza. cane -Est. Pannella -P. M. Paolucci (conf.). Ministero delle Finanze (avv. Statg Cosentino) c. Mencarelli. Tributi erariali diretti Dichiarazione .Natura Iscrizione a ruolo Ricorso Imposta locale sui redditi Deduzione ex art. 7 del d.P .R. 29 settembre 1973, n. 599, non domandata con la dichiarazione Am missibilit. (d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 2, 9, 36 bis; d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599; art. 7; d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602, artt. 14 e 39; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 16). Proponendo ricorso contro il ruolo formato sulla base della dichiarazione pu essere domandata, anche in via di rimborso, la deduzione del reddito prevista dall'art. 7 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 699, che non era stata domandata con la dichiarazione, giacch questa quale dichiarazione di scienza diretta a fornire all'ufficio uno strumento per l'accertamento, pu essere corretta o integrata (2). I (omissis) 1. -Ai sensi dell'art. 8 della legge 29 luglio 1957, n. 635, le nuove imprese artigiane e le nuove piccole industrie (impieganti cio normalmente meno di cento operai) costituite nelle localit economicamente depresse dell'Italia settentrionale e centrale, indicate come tali dalla legge sono esenti per dieci anni dalla data di inizio dell'attivit produt1liva, rilev,abile con atto della competente Camera di commercio industlria ed agrtlcolturia, da ogni imposta sul reddito . La disposizione estende le agevolazioni tributarie a favore dell'industmi. a, dettate per l'Ita:lia meridionale dal d.l.C.P.S. 14 dicembre 1947, n. 5198, e prorogate dall'art. 29 della legge 29 luglio 1957, n. 634. La relativa disciplina stata integrata con leggi 13 giugno 1961, n. 526, e 22 luglio 1966, n. 614, modificata all'art. 17, comma 2, riguardante specifi definizione della dichiarazione come atto di scienza esaurito motto sbrigativamente e senza tener conto delle non poche recenti !indicazioni normatlive che autorizzano una conclusione diversa (v. C. BAFILE, Osservazioni sulla natura giuridica della dichiarazione tributaria, in questa Rassegna, 1980, I, 361, nonch Cass. 24 gennaio 1980 n. 579 e 19 febbraio 1980 n. 1218, ivi, 1980, I, 815 e 823). Superficiale 1anche l'interpreta:zJione delrart. 16 del d.P.R. n. 636/1973 nel senso che, iil ruolo non preceduto daLl'a dichLariazione thlimitatamente limpugnabhle; certamente da escludere la preclusione processuale che si verifica quando il ruolo preceduto dall'accertamento, ma ci non significa che la dichiarazione sia del tutto irrilev~te ai fini sostanziali. Non si considera invece che 1e imposte liquidate ~n base aLla dichiarazione sono iscritte a ruolo a titolo 782 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO camente l'agevolazione in esame con legge 6 agosto 1967, n. 690. I benefici tributari per nuove iniziative produttive trovano eco anche nella riforma, all'art. 26 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, con riflessi sull'ILOR. Il problema interpretativo che si pone consiste nello stabilire se l'esenzione riguardante una imposta il cui periodo di applicazione si commisura all'anno, una volta che ne sia stata riconosciuta la sussistenza degli elementi costitutivi, operi per l'intero periodo pluriennale (nella specie decennale) previsto o debba essere esclusa rispetto alle annualit comprese nell"arco temporale di esenzione per le quali, in mancanza di richiesta del beneficio all'atto della presentazione della dichiarazione dei redditi o di opposizione al ruolo fondata sulla pretesa all'esenzione, l'accertamento sia divenuto definitivo. Al problema la Corte d'appello ha dato soluzione negativa ammettendo l'integrale conditio indebiti per l'intero periodo di esenzione previsto dalla legge senza dare rilievo al modo di operare nell'ordinamento tributario delle norme di esenzione (anzi muovendo da una errata ricostruzfone della struttura e della funzione della fattispecie di esenzione) e senza considerare ~l carattere tipico dell'imposta di ricchezza mobile, dovuta su redditi maturati anno per anno. La sentenza viene impugnata dall'amministrazione finanziaria, lamentando la violazione e falsa applicazione degli artt. 8 della legge. 29 luglio 1957, n. 635, e 5 del d.l. 18 novembre 1966, (in G. U. n. 293 del 1966), nonch dell'art. 188 del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645. Premette la Finanza che si tratta di stabilire se la maggiore o minore fruibilit dell'esenzione dall'imposta di R.M., prevista dalla norma agevolativa, dipende o meno dalla data della relativa domanda; se cio la domanda medesima esplichi efficacia anche rispetto ai periodi di imposta precedenti alla presentazione, per i quali l'imposta stata iscritta a ruolo e regolarmente riscossa, ovvero operi soltanto per il futuro, riguardando la parte di decennio non ancora decorsa dall"inizio dell'attivit, donde l'irripetibilit delle imposte gi riscosse per il periodo ante:rfore. defilnitli.vo (art. 14 d.P.R. n. 602/1973) allo stesso modo di quelle .liquidate iin base ad accertamenti definditivi ed ai redditi fondiari determinati catastalmente; tale defnd,tivit non avrebbe senso se M ruOtlo fosse M>limitatamente hnpugnahi:le. Riguardo ai!: problema ;pi specifico deHia deduzione cli cui ailil'art. 7 del d.P;R. n. 599/1973, non si consideralto che trattandosii dd una deduzione dal redddrto ,ammess,a mconcorrenza con detel1IDnati requisiti soggettivi essa deve essere contenuta neHa dichiarazione, perch ne sia controllata ~a spettanza, e che il termine de1l'ultimo comma manifestamente perentorio. Ammettendosii che con l'opposizione contro il molo si !POSSa domandare per la prima vo1ta [a dedumone, si va anche ad affermare che fa comrrrlssione possa riconoscere al contribuente un diritto sul qUale l'Amrniimstrazione non Si mai pronunziata. !Ma quando, entro quali termini, ed in quale sede si andr a verificare se sussistano [e condizioni volute dal secondo comma de11'art. 7? Si dovr fare un secondo accertamento nel momento in cui la deduzione domandata? CARLO BAFILE PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA E ricorda che la medesima questione di fondo si posta rispetto all'analogo beneficio, previsto per gli stabilimenti industriali impiantati nel Mezzogiorno, a proposito dell'art .29 della legge 29 luglio 1957, n. 634, cui hanno fatto seguito l'art. 13 della legge 26 giugno 1965, n. 717, e le relative modalit di applicazione stabilite con d.m. 14 dicembre 1965; ed stata decisa da questa Corte con ,sentenza n. 2462 del 1977, la quale ha stabiUto che l'esenzione non opera automaticamente, rper N solo verifioa:risi dei prescritti presupposti di fatto, postulando una iniziativa del contribuente, e cio una sua domanda di ammissione all'esenzione, in difetto della quale l'amministrazione finanz;iaria legittimamente procede all'accertamento ed alla riscossione con la conseguenza che il contribuente, in caso di presentazione della domanda in epoca successiva alla data di completamento dei lavori di impianto del nuovo stabilimento, perde il beneficio relativo agli anni trascorsi e per i quali i rapporti si siano esauriti con la definitivit dei ruoli; e conseguentemente non pu ripetere quanto versato in adempimento dell'obbligazione tributaria consacrata in quei ruoli. Alle argomentazioni della richiamata sentenza la difesa dell'amministrazione si riporta, sottolineando il carattere periodico della imposta di ricchezza mobile, cui l'esenzione si riferisce, che trova la sua base imponibile nella produzione annuale di un reddito, e viene percepita anno per anno, con procedure di accertamento del tutto autonome l'una dall'altra, contemplanti ciascuna una serie di preclusioni e di decadenze, verificatesi le quali il .rapporto di imposta, per il singolo anno, si esaurisce e diviene definitivo; secondo l'amministrazione ricorrente che l'esenzione medesima trova il suo imprescindibile condizionamento di operativit nella iniziativa del contribuente, che deve attivarsi presentando apposita domanda od opponendosi al ruolo. Non essendo la Finanza tenuta ad accertare di propria iniziativa se sussistano situazioni oggettive di esenzione, risulta legittima la sottoposizione del reddito alla normale tassazione, in mancanza di qualsiasi iniziativa del contribuente, quale esplicazione del normale potere di imposizione che non impedito dall'esistenza di situazione riconducibile al modello di esenzione, non ancora prospettata all'amministrazione e da questa controllata, dovendo il contribuente imputare a se stesso, ed alla propria negligenza, la tardivit della domanda da cui 'dipende l'irripetibilit dei precedenti pagamenti riferiti a rapporti tributari ormai esauriti, e la conseguente impossibilit di godere del trattamento tributario di favore per l'intero periodo previsto dalla legge. Soggiunge la difesa dell'amministrazione che la Corte d'appello non ha nemmeno tenuto presente la struttura della fattispecie di esenzione comportante l'onere di richiesta del beneficio da parte del contribuente interessato. Non giova osservare che in determinati casi la ripetizione stata ammessa anche rispetto a pagamenti eseguiti 1suilla base di aocerta menti definitivi, poich in quei casi a presupposto delle richieste stava 784 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO la assoluta carenza di potere impositivo, mentre nella specie il comportamento dell'amministrazione, correlato. alla. dichiarazione del contribuente, stato del tutto legittimo. ' Non si pu fondare la condictio sull'accertamento definitivo della non debenza ab origine del tributo (sussistendo i presupposti della esenzione) contenuto nella decisione della Commissione centrale, perch l'autorit giudiziaria era stata adita dalla finanza proprio per fare accertare che nonostante quella pronuncia, al contribuente spettava il rimborso soltanto rispetto alle imposte pagate in dipendenza dei ruoli pubblicati prima della data della domanda di esenzione, sicch l'efficacia della riconosciuta esenzione costituiva il quid disputandum e non un dato da cui muovere per decidere la lite. 2. -Il ricorso fondato. Ritiene il Collegio che anche rispetto all'art. 8 della legge 29 luglio 1957, n. 635, si debba pervenire alla stessa soluzione raggiunta a proposito dell'art. 29 della legge 29 luglio 1957, n. 634, restando condizionata l'operativit della esenzione (che non comporta automaticamente ed ad origine l'esenzione dell'obbligazione tributaria per il solo fatto del venir in essere dei suoi presupposti di fatto) alla iniziativa del contribuente che incontra le preclusioni eventualmente verificatesi, rispetto al singolo rapporto tributario annuale, perdendo il beneficio con riguardo alle annualit is:nitte a rulo definitivamente ed alle correlative somme pagate, non potendo pi ripetere quanto versato in dipendenza di rapporti ormai definiti. L'impugnata sentenza si basa su una inesatta visione del modo di incidenza della fattispecie di esenzione nel rapporto tributario quando afferma, con evidente imprecisione, che di fronte alla norma di esenzione la obbligazione tributarfa non sorge perch la norma particolare derogando a quella generale vi si oppone. Pur dovendosi riconoscere che la sistemazione concettuale delle esenzioni tributarie non agevole, un punto appare sicuro, il riconoscimento cio che la norma di esenzione rappresenta un quid pluris rispetto alla fattispecie costitutiva dell'obbligazione di imposta, operando nel senso di consentire che il tributo non sia corrisposto pur sussistendo tutti gli elementi della fattispecie, perch oltre a questi sono venuti in essere altri fatti valorizzati dal legislatore per sottrarre alla disciplina generale del tributo o certi soggetti oppure date situazioni soggettive, accanto alla norma impositiva l'ordinamento detta altra norma la quale esclude l'applicazione del tributo a situazioni compr~se nella fattispecie dell'imposizione. Sebbene ricorrano gli estremi del presupposto di imposta, il tributo non pu essere preteso in quanto la legge non lo consente per .la presenza di determinate circostanze di fatto (e come conseguenza dell'accertamento delle circostanze stesse). Vi pu quindi essere, a seconda della struttura dell'accertamento tributario, e deWinserirsi nel medesimo della fattispe PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA cie astratta di esenzione, una molteplicit di procedimenti tipologicamente differenziati ;per disciplinare il modus operandi della esenzione. Di questi schemi viene in considerazione, ai fini del decidere, quello della dichiarazione , che opera come onere a carico del contribuente tenuto comunque a rappresentare alla Finanza la situazione integrante gli estremi del diritto all'esenzione e subisce le conseguenze della propria inerzia o del ritardo con cui si mosso. L'esenzione -come noto -va distinta dalla esclusione di imposta (e la mancata percezione di questa distinzione addebitabile alla sentenza impugnata) venendo a circoscrivere la figura dell'esclusione (conformemente al suo valore lessicale) i casi in cui la mancata applicazione del tributo giustificata da una valutazione negativa che il legislatore compie a priori circa l'attitudine di una data situazione a porsi come presupposto di imposta. Il legislatore ovviamente libero di strutturare l'esenzione in procedimento autonomo rispetto a quello impositivo in senso stretto subordinando l'applicazione dell'esenzione al compimento tempestivo di determinati atti, e collegando all'inosservanza dei termini la sanzione della decadenza. Indubbiamente quando (ma non il caso di specie) la legge pone un termine per la presentazione della domanda di esenzione, il mancato r:ispetto di detto termine da parte del contr.i!buente importa la perdita del beneficio che pu essere definitiva o riguardare i singoli periodi di imposta cui l'onere di presentazione si correla. Nel caso in esame non di decadenza si tratta, ma di maggiore o minore fruibilit dell'agevolazione da parte del contribuente sulla quale certamente incombe l'onere di attivarsi perch la fattispecie costruita in modo da dare riilievo alle circostanze che determinano il sorgere del diritto all'esenzione solo in quanto siano rappresentate al fisco; trattandosi di circostanze che non risultano al fisco medesimo in alcun modo, n potrebbero risultargli se non a seguito della deduzione dell'interessato. E qui si innestano le considerazioni sopra svolte a proposito della stmttura della fattispecie di esenzione intesa come un quid pluris rispetto ai Tequisiti del presupposto di imposta paralizzante l'esigibilit tributaria (e non gi impeditivo in radice) del sorgere sussistendo tutti i presupposti per la dichiarazione (annuale) del reddito di impresa cui il contribuente imprenditore tenuto per legge. Non si nega c:he sotto l'etichetta di esenzione in diritto positivo, nella terminologia corrente, possano profilarsi situazioni in cui l'obbligazione tributaria nemmeno sorge, ma si tratta di situazioni che, evidenziano una imperfetta tecnica di normazione e in realt non rientrano nell'area della esenzione propriamente intesa, che neutralizza una pretesa tributaria ineccepibile e legittima nelle sue componenti costitutive, e si 786 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO risolvono nell' escludere che la situazione medesima si ponga quale idoneo fatto genetico della fattispecie impositiva, rientrano> nella nozione sopra enucleata di esclusione . Non vi dubbio tuttavia che nel caso in esame il legislatore ha voluto introdurre una esenzione in senso proprio, sovrapponendo alla fattispecie costitutiva del tributo il fatto impeditivo dell'esigibilit dell'obbligazione che altrimenti si dovrebbe adempiere. L'agevolazione prevista per il primo impianto di stabilimenti Jndustriali, opera se ed in quanto l'imprenditore interessato si attivi e l'am ministra2lione riconosca che al contribuente spetta l'esenzione concessa dalla legge nel concorso di determinati requisiti (sia pure rigidamente predeterminati dalla norma, in guisa che non sussista rispetto ad essi alcun margine di apprezzamento discrezionale). Il relativo provvedimento, che ha indubbiamente carattere dichiarativo (e non costitutivo), si presenta come una decisione amministrativa (essendo idoneo a risolvere un potenziale conflitto di interessi circa la ricorrenza degli elementi costitutivi della fattispecie legale di esenzione) e quindi il contribuente ha l'onere non soltanto di prendere l'iniziativa perch l'amministra:ziione provveda, ma subisce le conseguenze dell'atteggiamento passivo serbato rispetto all'eventuale contenuto di tale decisione, totalmente negativa, ovvero o meno favorevole rispetto all'individuazione del momento iniziale e finale del periodo di esenzione (Cass. 3342/78). Tale dichiarativit comporta che il provvedimento che riconosca l'esenzione (o la decisione giurisdizionale che abbia risolto il relativo conflitto) abbia potenzialit a riallacciarsi al momento di decorrenza legale dell'esenzione medesima, incontrando, peraltro, il limite di preclusioni derivanti dalla definitivit di accertamenti gi intervenuti. La possibilit di una pluralit di accertamenti tributari che vengano a riflettersi sull'area temporale dell'esenzione dipende -infatti -dal carattere delle imposte sui redditi che sono imposte periodiche, dovute anno per anno (cfr. puntualmente l'art. 7 del d.P.R. n. 597 IRPEF secondo cui l'imposta dovuta per anni solari, a ciascuno dei quali corri sponde una obbligazione autonoma ; cfr. pure l'art. 8 del d.P.R. n. 598 IRPEG, che sottolinea ancora la tendenziale autonomia dell'obbligazione corrispondente al periodo di imposta rapportato all' esercizio o periodo di gestione del soggetto passivo, determinato dalla legge o dall'atto costitutivo). Con riferimento alle norme applicabili nella specie va ricordato, che, secondo l'art. 3 del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, le imposte sono dovute per periodi di imposta, a ciascuno dei quali corrisponde una obbligazione tributaria autonoma , precisandosi, nel secondo comma, che il periodo di imposta costituito di norma dall'anno sociale, ovvero, altrimenti, dall'esercizio sociale. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Ne risulta, quindi, i'essenziale connotazione della esenzione in esame di riferirsi a un tri.buto che si determina in maniera autonoma, ed in misura non necessariamente coincidente, anno per anno, esercizio sociale per esercizio sociale, dando luogo a vicende che afferiscono autonomamente a ciascun periodo, dieci dei quali consecutivi ed a decorrere dal nuovo impianto, godono ciascuno in s per s, e quindi indillpendentemente l'uno dall'altro, della totale esenzione dall'imposta dal reddito che si sarebbe dovuta corrispondere alla stregua della dichiarazione. 3. -Il problema che si pone risulta allora essenzialmente quello della capacit di resistenza dell'accertamento divenuto definitivo, per una o pi annualit rispetto al diritto alla esenzione non fatto tempe" stivamente valere e che si innesta su una obbligazione tributaria che, nel momento in cui era stata adempiuta con il pagamento, risultava sicuramente valida e legittima perch non le era stato aincooa con1Jraipposto il diritto all'esenzione il cui riconoscimento non idoneo a travolgere colla definitivit. Il ragionamento in termini di conditio indebiti appare falsamente suggestivo perch la potest impositiva pienamente sussisteva nel momento in cui l'imposta veniva iscritta a ruolo, divenendo definitiva, ed in cui il pagamento chiudeva il rapporto relativamente al tributo che ne aveva formato oggetto (e non mai venuta meno retroattivamente). L'esenzione, infatti, non impedisce il sorgere della fattispecie legale di imposizione (che rispetto alle imposte sui redditi, si rinnova nel suo fondamento genetico anno per anno), presentandosi come fatto impeditivo perch la relativa pretesa possa essere fatta valere nei confronti del contribuente, paralizzandola. Il diritto all'esenzione, pertanto, non esplica i suoi effetti elidendo, ora per allora, la potest impositiva che si correttamente esplicata nemine contradicente per l'inerzia serbata dal contribuente, ma rende attuale la inesigibilit dall'imposta, di ciascuna separata imposta afferente ad annualit rientranti nel periodo temporale cui l'esenzione si riferisce nei limiti in cui si trattava di fare ancora valere quella pretesa, senza che ne restassero travolti i pagamenti effettuati mediante una condictio indebiti, di cui difettano i presupposti perch l'esenzione non fa venir meno ab origine il potere impositivo, rendendolo privo di causa, ma accerta l'esistenza di presupposti che rendono non esigibile la pretesa tributaria. L'accertamento del diritto all'esenzione si viene a situare nel tempo con ogni possibile capacit espansiva, ma non pu, retroagendo, travolgere la definitivit delle pretese impositive gi consolidatesi. Si presenta a questo punto naturale il parallelo con gli effetti delle sentenze dichiarative della incostituzionalit di norme impositive. Il relativo dibattito stato lungo e complesso, ma ha trovato ormai consolidato assetto nel rilievo che la legge incostituzionale non nulla, 788 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO ma invalida, e quindi la sentenza che accerta le invalidit nel suo operare retroattivamente non travolge gli effetti definitivamente verificatisi. In tema di imposta sulle aree fabbricabili l'orientamento giurisprudenziale stato univoco nel puntualizzare che la pronuncia di incostituzionalit della norma impositiva spiega i suoi effetti sul rapporto tributario sorto in base a tale 11orma nel senso che, ancoroh isca::t:ite a ruolo, non sono pi dovute le imposte, o rate di dmposte, non ancora scadute, e comunque non ancora soddisfatte entro il giorno della pubblicazione del dispositivo della sentenza nella Gazzetta Ufficiale, mentre sono ripetibili entro il termine ordinario prescrizionale quelle pagate successivamente, restando invece completamente insensibili alla pronuncia i pagamenti del tributo o delle rate di imposta gi avvenuti entro la data predetta, in confonnit di accertamento divenuto definitivo per non avere il contribuente esperito tempestivamente contro l'accertamento medesimo i rimedi giurisdizionali. Il nucleo fondamentale di tale orientamento consiste nel distinguere il rapporto chiuso e definito dal rapporto I aperto rispetto alla sopravvenuta dichiarazione, che porta a riconoscere l'inidoneit della norma invocata a fondarlo, nel presupposto che la norma I fil ab origine era suscettibile peraltro di produrre un qualche effetto rimuo ili vibile con efficacia ex tunc, salva appunto tale definitivit, che potrebbe r essere travolta solo riconoscendo, ora per allora, l'assoluta totale inidoneit I I alla produzione di effetti giuridici della legge incostituztonale. Ci significa, in termini normativi, contrapporre la norma nulla-inesistente alla norma invalida-annullabile, ed in termini di potest impositiva, contrapporre la radicale ed originaria carenza di potere impositivo alla inesigibilit della pretesa nonostante la ricorrenza di tutti J presupposti della imposizione per la congiunta ricorrenza degli estremi della fatti I specie di esenzione che impedisce di far valere la pretesa medesima nei f$ confronti del contribuente che gode dell'esenzione. Ne risulta, mutatis mutandis, che la situazione del contribuente che non abbia fatto tempestivamente valere il proprio diritto alla esenzione non potrebbe ricevere dall'ordinamento trattamento pi favorevole di quello riservato al contribuente che non si sia attivato contro la potest impositiva ricollegata ad una norma di dubbia costituzionalit non ammesso a ripetere quanto pagato alla stregua di accertamenti definitivi. ~ Pur non avendo operato l'accostamento con la fattispecie di incosti~ tuzionalit della legge impositiva, che sembra al Collegio, particolarmente I ~ pregnante, la precedente decisione della Corte n. 2462 del 1977 cit., ha avuto chiara consapevolezza della non riconducibilit del caso in esame (di ritardo nella richiesta di una esenzione che abbraccia distinti e con-!~ ~= secutivi periodi di imposta con la possibilit di scontrarsi con accerta{' menti gi divenuti definitivi rispetto a talune di tali annualit) a quelli l: in cui la condictio indebiti si esplica puntualmente giacch non si control' verte del diritto a godere di un'esenzione rispetto ad una ,imposizione tribu- I ii ' ' 1 i r1111111111111111111s1l1:wtrfil[trrt11J,11111111:1111r1r1111t1fi&fiilfllllr11r&rllir1ri1 PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 789 taria giuridicamente fondata, ma della stessa sussistenza del potere di imporre alcunch. Quando, come nella specie, il potere di imposizione sicuramente sussistente ed il comportamento del fisco :nisulta rispondente alla legge ed alla stessa dichiarazione del contribuente alla legge ed alla stessa dichiarazione del contribuente che non si attivato di fronte alla (legittima) iscrizione a ruolo facendo valere (tempestivamente) il divitto alla esenzione (a suo tempo non dedotto nella dichiarazione dei redditi) e l'imposta stata applicata nella sussistenza di tutti i suoi presupposti giustificativi, tale applicazione non pu essere travolta dal provvedimento di concessione dell'agevolazione, indipendentemente dal carattere dichiarativo del provvedimento stesso che, nello spiegare i suoi effetti, deve arrestarsi ovviamente di fronte a quegli accertamenti ormai diventati definitivi. N cos argomentando si finisce col dare efficacia determinante alle disposizioni regolamentari appositamente emanate (nella specie con il decreto mi(lliisterial 18 novembre 1966, G. U. 21 novembre 1966, n. 293) poich non si tratta di valorizzare in senso positivo le statuizioni che stabiliscono che la domanda di esenzione va presentata o nel contesto della dichiarazione annuale, o in sede di opposizione all'avviso di accertamento, o, in mancanza di questo, in sede di opposizione al ruolo, ma di operare alla stregua di principi generali (di cui quelle norme regolamentari costi-.. tuiscono mera applicazione) correlati da un lato alla struttura della agevolazione (che chiedibile ed in tanto rileva in quanto la situazione che la integra sia portata a conoscenza dell'amministrazione finanziaria e riconosciuta sussistente da questa), e dall'altro alla resistenza degli accertamenti definitivi in tutte le situazioni in cui non si tratta di conte stare in radice il potere di imposizione, ma di paralizzarlo contrapponen dovi il diritto all'esenzione che non pu quindi fondare la pretesa alla restituzione di quanto -in difetto della relativa deduzione - stato legittimamente preteso e corrisposto. Non rileva quindi la circostanza che la legge non ponga espressa mente alcun limite alla presentazione della domanda di esenzione. L'assenza di tale limite giova nel senso che il contribuente non incorre in decadenza rispetto alla possibilit di fruire dell'esenzione per l'intero periodo, ovvero per l'1annualit di imposta considerata, indipendentemente dal verificarsi delle ipotesi di definitivit dell'accertamento) perch la preclusione applicativa discendente dalla definitivit dell'accertamento trova fondamento nei principi generali e non gi in specifiche disposizioni di legge e di regolamento. Ne consegue -alla stregua delle svolte considerazioni -che resta esclusa la perdita dell'agevolazione per le annualit decorse se pur essendo stata omessa la richiesta di esenzione nella dichiarazione dei redditi, il relativo diritto si faccia valere successivamente e pur dopo la scadenza di un primo (o di pi) periodo di imposta compreso nel decennio, sempre 790 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO che, relativamente a tale (o a tali) periodo, non sia intervenuta l'iscrizione a ruolo definitiva o l'avviso di accertamento non opposto. Sembra infatti, che la previsione normativa dell'agevolazione che abbraccia un decennio (e cio le annualit di imposta che si susseguono continuativamente nell'arco di un decennio: non essendo il caso di prendere posizione circa le suggestive tesi secondo cui non si dovrebbe avere riguardo alla continuit del decennio, ma alle dieci annualit successive all'impianto-nelle quali l'impresa abbia prodotto reddito) comporta appunto la possibilit di riferire l'agevolazione medesima non gi puntualmente ed analiticamente a ciascuna delle annualit, considerate autonomamente, ma al loro insieme (sia pure con riferimento all'arco di tempo ancora aperto). 4. -Le argomentazioni che precedono valgono ad un tempo a sottolineare sia gli errori di impostazione su cui caduta la sentenza dei giudici marchigiani sia la puntualit delle critiche ad essa mosse sia infine la non concludenza delle argomentazioni contenute nel contro:rkorso. Nel caso in esame as1solutamente pacifico in causa, costituendo, anzi, dato da cui muove la impugnata sentenza, la definitivit dell'accertamento cui si correlavano i pagamenti rispetto ai quali stato escluso il rimborso. Al riguardo va soggiunto che tale definitivit non rappresenta nella specie un dato meramente estrinseco, ma la proiezione della dichiarazione dei redditi a suo tempo presentata dal contribuente, e non contestata in s e per s, posto che soltanto rnnvocazione ed il riconoscimento del diritto all'esenzione avrebbe potuto valere appunto ad esonerare il beneficiario dal pagamento del tributo sicuramente dovuto. E quindi negando la ripetizione non si 1attribuisce al titolo esecutivo in forza del quale il pagamento del tributo venne effettuato una astratta idoneit a giustificare il pagamento anche in assenza di una causa solvendi, ma si contestano i presupposti sostanziali della condictio indebiti, perch si esclude che il pagamento non fosse dovuto al momento della solutio, pienamente giustificata dal legittimo titolo esecutivo (non paralizzato dal diritto all'esenzione non ancora fatto valere). A fondamento dell'indebito non pu invocarsi l'avvenuto accertamento della spettanza dell'esenzione decennale, giacch il punto da decidere non riguardava il riconoscimento che nella specie, e con decorrenza da una certa data, spettasse l'esenzione decennale dalle imposte dirette sui iredditi, ma la suscettibilit di questo accertamento di V1ailore non soltanto dal giorno della domanda in poi, ma anche per il passato, con specifico riferimento a pagamenti gi avvenuti e che si correlavano ad iscrizioni a molo non opposte. Ed in questo 1senso il supporto argomentativo della impugnata sentenza che l'obbligazione non era sorta (n poteva validamente sorgere) una volta accertata, sia pure ex post, la spettanza dell'esenzione, non .regge per le considerazioni che si sono venute diffusamente svolgendo. (omissis) PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA II (omissis) Con l'unico motivo di ricorso l'Amministrazione delle Finanze denuncia la violazione dell'art. 7 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599, la violazione e la falsa applicazione dell'art. 16 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 in covrela2lione a~i avtt. 11, 14, 39 d.P.R. 29 settembi'e 1973, n. 602 ed in relazione all'art. 360, n. 3, cod .proc. civ. Deduce che la sentenza impugnata non avrebbe ritenuto: a) che la richiesta della deduzione ex art. 7 succitato sarebbe da qualificarsi condizione essenziale per l'applicazione delle agevolazioni tributarie; b) che, dovendo essere inserita nella dichiarazione dei redditi, sarebbe stato fissato dalla legge un termine essenziale e perentorio non sost~tuibile con quello del ricorso contro il ruolo; e) che il ricorso contro il ruolo sarebbe validamente proposto solo quando si denunciasse l'illegittimo comportamento dell'Ufficio nell'effettuazione dell'iscrizione a ruolo delle imposte. E ci -si aggiunge -non si sarebbe v.erificato dato che, in difetto della richiesta .in tempo utile da parte del contribuente, legittimamente l'Ufficio avrebbe proceduto alla iscrizione a ruolo del tributo senza tener conto delle deduzioni eventualmente spettanti. Per ragione di priorit logica va esaminata per. pvima l'ultima delle questioni sollevate, la quale, se fondata, si presenta con carattere assorbente rispetto alle altre. Essa per altro involge un'osservazione tecnicogiuridica di carattere generale: cio, sul se il ricorso contro il ruolo sia limitato alle sole ipotesi in cui l'iscrizione del tributo abbia avuto luogo in conseguenza di un'attivit illegittima dell'amministrazione finanziaria. La risposta negativa alla luce dell'interpretazione dell'art. 16 d.P.R. n. 636/1972. Fuori dei casi dei.vizi propri del ruolo, la norma prevede anche l'ipotesi del ricorso contro il ruolo quando l'iscrizione sia avvenuta senza notific;l dell'atto di imposizione. Ora dal momento che la legge consente l'iscrizione a ruolo a titolo definitivo dei tributi corrispondenti agli imponibili dichiarati dal contribuente ai sensi degli artt. 14 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 e 36-bis d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 senza la necessit di un preventivo atto di accertamento o di imposizione discende -quale lo~ca conseguenza -che l'impugnazione del ruolo pu essere proposta indipendentemente da illegittima attivit dell'Amministrazione finanziaria. Vi di pi. Il ricorso contro il ruolo deve ritenersi ammissibile anche nell'ipotesi in cui il contribuente abbia eseguito il pagamento dell'imposta spontaneamente, in virt dell'autotassazione e successivamente abbia ritenuto di avere diritto al rimborso. Questa facolt costituisce un minus rispetto a quella sancita dall'ultimo comma dell'art. 16 d.P.R. n. 636/72 ed una 792 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO puntuale applicazione della regola sancita nel secondo comma dell'art. 39 d.P.R. n. 602/73. Tali interpretazioni, gi esplicatesi nella ermeneutica della dottrina e della giurisprudenza delle Commissioni tributarie, corrispondono ad esigenze di una sana giustizia tributaria 'in forza del principio della legalit dell'imposizione, conferendosi al contribuente la possibilit di chiedere la correzione di errori, commessi nella liquidazione del tributo, sia per fatto dell'Amministrazione, sia per fatto suo proprio (Cass. 26 maggio 1981, n. 3459). Le altre censure non meritano sorte diversa. Si sostiene che la richiesta di riduzione a met dell'imponibile, ai fini dell'imposta ILOR come prevista dal primo comma dell'art. 7 del d.P.R. 28 settembre 1973, n. 599 da inserirsi nella dichiarazione am;male dei redditi (ultimo comma del citato art. 7) costituirebbe una condizione per l'ottenimento delle agevolazioni e come tale sarebbe soggetta al termine perentorio, coincidente con quello fissato per la dichiarazione dei redditi. Ebbene, se pu ritenersi vera l'affermazione secondo la quale la richiesta costituisce una condizione o meglio un presupposto per il conseguimento delle deduzioni, non altrettanto pu dirsi circa l'affermazione della perentoriet del' termine. L'imposizione tributaria ha natura di attivit inquisitoria e legalitaria, rispetto alla quale la dichiarazione dei redditi si pone come attivit di collaborazione del contribuente per la determinazione della base imponibile. Sicch l'accertamento di ufficio alla ricerca dell'obiettivo reddito imponibile e meglio ancora della capacit contributiva del soggetto costituisce un'attivit amministrativa che pu prescindere -comunque dalla dichiarazione dei redditi. Da ci la riprova che la dichiarazione, quale atto di scienza del contribuente, non ha altra funzione che quella di fornire uno strumento di controllo alla p.a., per l'accertamento dei redditi di lui e perci dell'imponibile soggetto alla liquidazione dell'imposta. Per la determinazione di tale imponibile il legislatore ha posto a carico del soggetto l'onere di richiedere e di specificare -ai fini dell'ILOR -le deduzioni di cui, a norma dell'art. 7 del d.P.R. n. 599/73, egli ritenga di avere diritto, rappresentandole nella stessa dichiarazione annuale dei redditi. evidente che la richiesta deHe deduz.ioni partecipe della natura della dichiarazione dei redditi. Sicch l'eventuale errore od omissione che attenga alla predetta richiesta, deve essere configurato come errore od omissione insito nella dichiarazione dei redditi stessa. N contro tale osservazione si pone la regola giuridica dell'ultima parte dell'ultimo comma dell'art. 7 succitato l dove al contr.ibuente fatto carico di presentare la richiesta delle deduzioni anche nell'ipo PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 793 tesi in cui il contribuente sia esonerato dall'obbligo della dichiarazione, perch la funzione primaria di tale richiesta resta pur sempre quella di consentire all'Amministrazione finanziaria un esatto controllo per l'accertamento di ufficio del reddito imponibile. Da quanto espost discende che come per la dichiarazione dei redditi il mancato rispetto del termine fa scattare nell'Amministra .zione il potere~dovere dell'applicazione delle sanzioni, cos la mancata richiesta deUe deduzioni nella dichiarazione dei redditi consente all'Amministrazione di iscrivere a ruolo la parte di tributo eventualmente non pagata c;on tutte le conseguenze -a carico del contribuente derivanti dal carattere di esecutoriet del ruolo stesso. Nell'uno come nell'altro caso, quindi, non pu dirsi che la scadenza del termine escluda definitivamente nel soggetto la possibilit di far conoscere direttamente all'ufficio finanziario oppure in sede contenziosa i presupposti oggettivi del suo reale debito tributario o di far valere gli errori o le omissioni insiti nella sua dichiarazione. Tale possibilit si deduce dalla retta interpretazione degli artt. 9 ultimo comma d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e 16 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636. Opinare il contrario significherebbe stravolgere oltre che il principio della legalit anche quello di un corretto rapporto tra Stato e contribuente, assoggettando quest'ultimo al pagamento di tributi oggettivamente non dovuti. In definitiva, va detto che, escluso il concetto di perentoriet del termine come attributo dalla ricorrente alla richiesta delle detrazioni previste dal primo comma dell'art. 7 d.P.R. n. 599/73, validamente e tempestivamente il contrlbuente propose ricorso contro il ruolo al fine di far valere il suo diritto al riconoscimento di quelle detrazioni, com' stato ritenuto dalla decisione impugnata. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 5 febbraio 1982, n. 658 -Pres. Miele Est. Zappulli -P. M. Nicita (diti'.) -Coop. S. Anna Vallarsa c. Ufficio registro di Rovereto. Tributi {in genere) -Contenzioso tributarlo -Competenza Commissione Regolamento di ufficio -Ammissibilit. . (c.p.c., art. 45). E ammissibile il regolamento di competenza richiesto d'ufficio a norma dell'art. 45 cod. proc. civ. (1). (1) Un repentdno mutamento cli mdkizzo. Nelil'abrogato sistema del contenzioso, ncl quale le questioni di coill(petenza (per materia) erano molto fu"equenti, sempre stato riaffermato che il regolamento di competenza, istituto 794 I RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (omissis) Deve preliminarmente essere accertata l'ammissibilit del regolamento di cqmpetenza rkhiesto ex art. 47, quarto comma, cod. proc. dv., con oricliinainza della commissione tributaria di .primo grado di Rovereto, dopo che la commissione di pari grado di Trento aveva dichiarato la propria incompetenza per territorio trasmettendole gli atti relativi al ricorso proposto avverso l'accertamento per l'imposta di registro effettuato dall'ufficio tributario di Rovereto. L'ordinanza con la quale stato richiesto il suddetto regolamento ha affermato la inapplicabilit al procedimento tributario dell'art. 50, cod. proc. civ., e cio della translatio iudicii dal giudice ritenuto incompetente a quello competente, rilevando che quello primieramente adito avrebe dovuto dichiarare l'inammissibilit del ricorso per la incompetenza della commissione alla quale era stato presentato. In base a detta premessa la commissione di Rovereto ha rilevato il conflitto negativo di competenza e ha richiesto d'ufficio a questa corte regolatrice la definizione di tale conflitto. Il procuratore generale presso questa Suprema corte ha eccepito, al riguardo, l'1inammissibilit in linea generale del regolamento di competenza per le pronunzie delle commissioni tributarie a causa della limitazione, posta nel rinvio contenuto nell'art. 39 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636, in matevia di contenzioso tributario, alle norme contenute nel primo libro del codice di rito solo in quanto compatibili con esso, men.tre l'estraneit di quelle commissioni all'ordine giudiziario, nonostante il loro carattere giurisdizionale, esclude che il regolamento suddetto possa trovare applicazione Jn tal materia. Ritiene questa Suprema corte, nel riesaminare il problema che ha gi formato oggetto di sue precedenti pronunzie conformi alla tesi del procuratore generale, che debba, invece, riconoscersi l'ammissibilit del suddetto regolamento per le decisiioni delle commissioni tributarie. ilirp:ko del processo orddnario, inammissibile nel procedimento innanzi alle commissioni (cfr. Relazione Avv. Stato, 1971-75, II, 564). Nel s~stema processuale vigente, nel quale wa individuazione della commissione com;petente, in relazione alla sede dell'ufficio nei cui confront1 proposto il ricorso, assai pi agevole, era gii ,stata .r.ioonfermata 'm inammissibill'it del regolamento di competenza ~Cass. 7 marzo 1978, n. 1122, in Foro it., 1978, 11, 1327, ed a:1Jtre di cui non noto il testo). Ora invece si imbocca la vda della ammissibilit del regolamento. La motivazione per ta verit piuttosto fragi!l.e: l'applioabiJJJit delle norme del primo libro del cod. proc. civ. argomento ,troppo generico e poco risolutivo; la. eventualit dcll'impugnazione in terzo grado innanzi alLa Corte di appello (rimessa aliLa mera discrezionalit delle partii) non trasforma il>a giurisdizione delle commissioni in giurisdi2'lione ordiinaria anche se resta innegabille che le commissioni, giudici dei diritti, si differenziano nettamente daJ!lJa giurisdizione amministrativa; infine la mera opportunit di risolvere ila. questione di competenza senza .trascinarla :per tre gira.di solo un apprezzamento pratico. vero che non previsto .fil rinvio (anzi megi!lio: la rimessione) ail; primo giudice che si era erroneamente dichiarato incompetente, ma anche vero r111111111111;111J.11111111~111111111;11;11,11:1f1;11111;11f:i11111111r1111111rr1:1rr1111=w1111:=:,::1 PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 795 Le contrarie pronunzie di questa stessa corte, invero, erano state fondate nelle citate sentenze sulla estraneit delle suddette commissiom all'ordine giudiziario e sulla limitazione del regolamento alla ripartizione dei compiti tra organi appartenenti al medesimo ordine, e cio su elementi che non appaiono pi attendibili in via assoluta. Infatti, nell'attuale riesame, non pu trascurarsi l'accentuato collegamento tra le suddette commissioni e il giudice ordinario nella nuova disciplina del contenzioso tributario mentre non si ravvisa alcuna nrma che escluda la proponibilit del regolamento anzidetto, il quale appare corrispondente alle esigenze di rapido e chiaro funzionamento del nuovo procedimento tributario considerato unitariamente nelle sue fasi innanzii. le ripetute commissioni e le corti d'appello e di cassazione. In primo luogo va rilevato che l'art. 39 (intitolato norma di rinvio) d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636 statuisce espressamente che al procedimento dinanzi le commissioni tributarie si applicano, in quanto compatibili con le norme dd quel decreto e delle leggi che disciplinano le singole imposte, le norme contenute nel libro primo del codice di procedura civile, con esclusione degli artt. da 6-1 a 67, dell'art. 68, primo e secondo comma, degli artt. da 90 a 97 e dell'art. 128. Conseguentemente, le norme sul regolamento di competenza, contenute negli artt. da 41 a 50 cod. proc. civ., non rientrano tra quelle espressamente escluse mentre fanno parte del libro del codice di rito richiamato nel suo complesso dal cit. art. 39, il quale, poi, contiene altra riserva espressa solo per le disposizioni relative alle singole imposte, senza che alcuna sua formula escluda, sul piano letterale, l'applicabilit del menzionato regolamento.. che non prevista la rimessione nemmeno quando sia stato dichiarato ii:l difetto di giurisdizione; si pu di conseguenza ritenere che, pur nel silen2Ji.o delle norme particolari, debba trovare applicazione l'art. 353 c.p.c. sia per di difetto di giurisdizione che per ~'incompetenza. Quaie che potT essere Ja definitiva .J.isoluzione del problema, sul! quale certamente sar necessario tornare, si possono dntanto fissare alcuni punti mteressanti. Sembra innanzi tutto dato come premessa pacifica che la com;petenza deHa commissione di primo grado sia da considerare funzionale o per territorio inderogabile, tale da ammettere H Tegolamento cli uftioio sollevato d~hi commissione anteriormente dichiarata competente (art. 45 c.p.c.). Ci dovrebbe invero implicare 1Fapplicabi:liit al .processo innanzi ailile commissfoni dell'art. 50 c.p.c., questione che 1l1a pronuncia in esame Lascia invece aperta. La traslatio indicii, con salvezza dcl termine, infatti la premessa di tutto il problema; se alla dichiarazione di .incompetenza dovesse seguire l'mammissibiilit del ricorso con J'impossibi.Jit di riassumerlo innanzi ai! ,giudice competente, diverrebbe inutile risolvere anticipatamente la questione di competenza. La ;pronunzia in esame si occupa specificamente del regolamento di ufficio in caso di conflitto negativo (art. 45 c.p.c.) ed esplicitamente ritiene ammdssi 796 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Esclusa, in tal modo, la esistenza di una norma letterale contraria, non pu ritenersi che, nella nuova disciplina, la mera estraneit organica delle commissioni tributarie all'ordine giudiziario renda inammissibile nella materia in questione il suddetto regolamento di competenza in quanto il principio della separazione degli ordini giurisdizionali stato affermato e posto 1in rilievo principalmente nella lunga tradizione giurisprudenziale relativa alla contrapposizione tra giudici ordinari e giudici speciali, specialmente con riferimento ai giudici amministrativi, sulla base di norme poste espressa.mente per questi ultimi, onde non ~ da escludere che altre norme consentano quel regolamento per i giudici tributari seconlo la nuova specifica disciplina. Infatti, l'art. 37 cod. proc. civ. si limita a regolamentare nei confronti della p.a. e dei giudici speciali la rilevabilit d'ufficio del difetto di giurisdizione del giudice ordinavio in qualunque stato e grado del giudizio e la conseguente. proponibilit del regolamento di giurisdizione. La esclusione del regolamento di competenza o di un qualsiasi analogo giudizio sulla impugnabilit dei provvedimenti tra i diversi gradi dei giudici amministrativi stata affermata da questa Suprema corte con riferimento al Consiglio di Stato e ai tribunali amministrativi regionali, ma per questi giudici l'unico collegamento con l'autorit giudiziaria ordinavia quello con le sezioni unite della Corte regolatrice, quale supremo organo coordinatore, attraverso il ricorso, oltre che per il generale regolamento di giurisdizione, per assoluto difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato previsto dall'art. 48 t.u. sul medesimo 26 giugno 1924, n. 1054. bile anche il rego~amento faco1tativo (art. 43). difficile per estendere la regoLa fino ad affermare anche l'appiLicahiillit dell'art. 42 sul regolamento necessario; introdurre nel processo tributari.o a struttura semp1ice ed ,elementare un meccanismo cos tecnico, che preclude l'ordinaria impugnazione, sembrerebbe contrado ail principio ispiratore del processo tributario. Nel: processo con un grado ~n pi, il regolamento dd competenza diventa pensabiLe anche rispetto aHa decisione di appelfo e, ove questa rimetta lle ;parti al primo giudice, hl conflitto potrebbe sorgere tra :hl giudice di appffilo e quello di primo grado ail quale iii processo rimesso (tale fu La questione affrontata con l'ordinanza della S.C. 18 settembre 1976, n. 479, riportata in nota alla menzionata sentenza 7 marzo 1978, n. 1122). Il regolamento di competenza si rivela aiMom non soltanto ammissibile nel processo tributario ma in esso operante con e:ffietti di pi ampfa ,estensione. Forse questo deve far riflettere s'lllYa pmma proposizione: sulla ammissibilit del regolamento in un processo che certamente ,di giurisdizione s,'peciale e nel quail.e comunque le norme della procedura civile si rivelano insufficienti (baisti pensare ail termine di trenta giorni stabilito per di rngo1amento a confronto con il termine di sessanta giorni previsto per '1'impugnazione ordinaria). C. BAFILE PARTE I; SEZ. V!, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA . 797 Viceversa, mentre non vi nessuna norma specifica per le commissioni tributarie, uno stretto collegamento, pur nella distinzione dei rispettivi organi e procedimenti, stato introdotto dall'art. 40 cit. d.P.R. del 1972 attraverso la impugnazione dinanzi alla corte d'appello delle decisioni di $econdo grado. Queste ultime, per il ripetersi del termine di h:npugnaziorte nel titolo e nel testo dell'articolo, sono poste in tal modo in un diretto collegamento, e con preciso riferimento, ad uno specifico ufficio giudiziario,. il quale, invece, non era stato formalmente indicatonelle preeederi.ti leggi, nelle quali si parlava di {( ricorso o {( azione " conseguente all'autorit giudiziaria, genericamente indicata, pur se la nuova impugnazione limitata alle controversie per violazione di legge per motivi di fatto con esclusione di quelle relative a valutazioni estimative ed alla misura di pene pecuniarie. Non , poi, da lubitare che, a causa dell'ampiezza della nuova norma, anche le controversie sulla competenza o meno delle commissioni adite rientrano . nella competenza del giudice ordinario. Il detto collegamento stato manifestato, nella nuova disciplina, anche attraverso la corrispondenza territoriale delle commissioni di primo grado ai tribunali, statuendosi, nell'art. 2 d.P.R. n. 636 del 1972, che le commissioni di primo grado hanno competenza territoriiale e sedi identiche a quelle dei tribunali , mentre quelle di secondo grado, secondo ilsuccessivo art. 3, hanno sede e competenza corrispondenti alle singole province, e cio con una ripartdtione intermedia rispetto a quella previ. sta dall'art. 40, terzo comma, per il quale la competenza a conoscere del gravame successivo della corte d'appello nel cui distretto ha sede la commissione che ha emesso la decisione impugnata . Va pure considerato che il fine istituzionale del regolamento di competenza quello di evitare che la contestazione sulla stessa sia mantenuta in tutti i gradi del successivo giudizio con rischio di avere una decisione definitiva con attribuzione ad un diverso giudice di primo grado dopo l'inutile e prolungato intero procedimento, tanto pi grave nel giudizio tributarfo nel quale maggiore il numero delle possibili impugnazioni, e ci sia per il regolamento richiesto dalla parte sia per quello d'ufficio. pertanto, proprio per il riconosciuto carattere. giurisdizionale delle commissiOni tributarie e per la possibilit di impugnazione alla corte d'appello anche per la competenza delle commissioni, appare giustificata e legittima la sua applicabilit alle loro decisioni, in entrambe le forme considerate, nell'assenza di una espressa norma che la escluda espressarp.ente o per una manifesta incompatibilit. N da trascurare che, poich l'art. 24 d.P.R. del 1972, a differenza dell'art. 353 cod. proc. civ., non ha ammesso il rinvio da parte della commissione di secondo grado a quella di primo grado che si sia erroneamente dichiarata incompetente, appare tanto pi opportuna e corri RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO spondente ai princpi consacrati nella Costituzione la proponibilit anche contro la prima decisione dell'istanza, d'ufficio o di parte, per regolamento di competenza per evitare che la parte stessa sia privata di un grado di giurisdizione, anche se per una norma che il legislatore ha ritenuto di non ripetere in questa materia, probabilmente in considerazione della presenza nel procedimento tributario dell'ulteriore -impugnazione alla corte d'appello. Ritenuta, pertanto, in linea gener:ale la ammissibilit della suddetta istanza, occorre precisare che nella specie la stessa non esclusa dalla formulazione ambigua e dal particolare contenuto del provvedimento con il quale il regolamento stato 1riohiesto con ~'oodinamJa della commissione tributaria di Rovereto. pur vero che nella sua motivazione si prospetta la iinammissibilit del ricorso iniziale del contribuente all'altra commissione (di Trento), ma facile osservare che la stessa stata indicata solo ipoteticamente e strumentalmente, quale elemento che avrebbe impedito la translatio iudicii e la conseguente competenza della commissione di Rovereto stessa; quest'ultima, nel rimettere alla Corte regolatrice la decisione sulla competenza, ha, secondo il suo assunto, necessariamente .indioato la ragione de1La de1ibata ipropria dncompetenza e ha escluso di avere emesso una decisdone al irj.guarido con il:a stessa rimessione, come manifestato anche da:ll'uso del verbo al cOillc:lizionale. :logico, infatti, che quale stia l'esattezza o meno del rilievo di quella commissione, questa sarebbe caduta in una contraddizione esclusa dalla citata formulazione strumentale, ove avesse emesso un provvedimento. in. forma decisoria sulla inammissibilit di un dicorso che essa stessa dichiarava sottratto alla propria competenza. Giova tener presente, a conferma di tale interpretazione del provvedimento e per il giudizio sulla sua ammissibilit, che nel regolamento di competenza d'ufficio il provvedimento negativo del primo giudice deve avere, per poterne costituire il presupposto, la natura decisorfa della sentenza, pure se non ne abbia eventualmente la corrispondente intitolazione. Invece, alla richiesta dell'ufficio stesso va riconosciuta la natura sostanziale d'ordinanza in quanto essa non contiene una decisione sulla competenza, ma solo una richiesta fatta con carattere ordinatorio sulla base di una mera delibazione degli elementi presi in esame. Conseguentemente, ritenuta l'ammissibilit della richiesta dell'ufficio, va rilevato, in relazione alla specie, che trova applicazione il secondo comma del gi citato art. 2 d.P.R. del 1972, in virt del quale la competenza della commissiione di primo grado determinata dal luogo ove ha sede l'ufficio finanziario nei cui confronti proposto il ricorso, onde va dichiarata la competenza di quella di Rovereto, salva rimanendo ogni decisione della commissione dichiarata competente sulla ammissibilit o meno del ricorso proposto a quella incompetente. (omissis) PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 799 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 febbraio 1982, n. 952 -Pres. Granata Est. Sgroi -P. M. Leo (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Baccari) c. Genga. Tributi erariali diretti Imposta unica sul reddito delle persone fisiche Redditi di impresa Agente di commercio -Vi rientra. (d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 49 e 51; e.e., art. 2195; I. 12 marzo 1968, n. 316). Tributi erariali diretti -Dichiarazione dei redditi -Effetti -Tributi locali Imposta locale sui redditi -Deduzione ex art. 7 d.P .R. 29 settembre 1973, n. 599 -Omessa richiesta con la dichiaraiione -Richiesta suc cessiva in sede di ricorso contro il ruolo -Ammissibilit. (d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 1 e 9; d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599, art. 4 e 7; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 16). L'agente di commercio, bench secondo la legge 12 marza 1968, n. 316, svolga una professione, agli effetti dell'art. 51 del d.P.R. n. 597 /1973 esercita una attivit che, quale ausiliaria di quella di commercio (art. 2195 n. 5 cod. civ.), produce reddi~i di impresa (1). Poich la dichiarazione produce sempre effetti anche quando tardiva e pu essere rettificata quando non sia consapevolmente errata, non incorre in decadenza il contribuente che abbia omesso di domandare con la dichiarazione la deduzione del reddito l.L.O.R. prevista dall'art. 7 del d.P.R. n. 599/1973; la richiesta di deduzione pu essere proposta successivamente, anche in via di ricorso contro il ruolo formato in base alla dichiarazione (2). (Omissis). Con l'unico motivo, l'Amministrazione Finanziaria deduce la violazione dell'art.. 7 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599, e la violazione e falsa applioa:l'iione dell'art. 16 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, in C()['relazione agli artt. 11 e 14 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, a termirii dell'art. 360 n. 3 c.p.c. osservando che con la prescrizione dell'art; 7 del d.P.R. n. 599 cit., secondo cui le deduzioni devono essere richieste dagli (1-2) La p11ima massima, da condividere, enuncia, in ternWlii. molto som ma'l"i una regola che ancora oggetto di vivace discussione; per una completa disamina dci numerosi problemi sull'impresa e particolarmente Sui confIii tra reddito di .impresa e reddito di lavoro autonomo v. da ultimo FANTOZZI, Imprenditore e Impresa nelle imposte sui redditi e nell'IVA, Milano 1982. La seconda massima conforme a nume'l"ose altre pronllil7iie (17 novembre 1981, n. 6095, in questo fascicolo pag. 781) desta molte incertezze non solo sulla conalusione ma pi ancora sullla motivazione. La ,sOila proposimone che ~si :pu integra~.mente condiv.idere che la deduzione ex art. 7 d.P.R. n. 599/1973 un elemento della dichiarazione; ma da ci non possono discendere le conseguenze cui g; mentre per una persona fisica , il carattere imprenditoriale professio:iiale della sua attivit pu riconoscersi esistente solo in presenza deU'esetciz.io abituale di una serie di atti di commercio, per una societ, il cui oggtto non pu essere indeterminato, ma deve essere ben definiito nell'atto costitutivo, la natura commerciale o meno della sua attivit non pu accertarsi se non in base a quanto prev,isto dai soci al momento della sua costituzione, posto che, all'infuori delle previsiioni statutarie, nessun altro tipo di attivit pu essere esercitato; per cui, per qualificare come imprenditore una societ, occorre ed sufficiente accertare che lo scopo sociale sia quello di compiere atti di commercio (ved. in questi sensi, sia pure per una diversa fattispecie, la sentenza di questa Corte n. 2067 del 22 giugno 1972). Una simile indagine stata compiuta dalla decisione impugnata, che, attraverso la disamina dell'atto costitutivo e della attivit svolta, pervenuta, attraverso una corretta motivazione (il cui merito non censurabile in questa sede -n d'altronde la ricorrente sul punto muove alcuna censura -) alla conclusione che la contribuente avesse come unico scopo l'esercizio di una attivit imprenditoriale e che questa aveva svolta attraverso l'acquisto di un immobile. Tale concluSione va pertanto condivisa, non potendosi dubitare della natura esclusivamente commerciale; e quindi imprenditoriale, di una societ costituita, come risulta dalla decisione impugnata, per l'acquisto, la vendita, la costruzione, la locazione e la gestione di beni immobili sia in proprio che per conto di terzi ed essendo di conseguenza pacifico ed una societ di capitale che sia nullia di pi di un condominio) e pi ancora sui: pioo,o tributario. Sulila seconda proposizione defilai massima si deve precisare che se ['esoliu S.!VO riferlirnento alllo . stlittuto sufficiente a stabilire la natw:a dmprenditoriale del soggetto, non tt:ttt;:wia escluso che l'esercizio di un'attivit, eventual mente iin contrasto con ilo st!!-tuto; sia eguailinrente sufficiente alila medesima quati:ficazione; ai fini tributari quel ch t.ileva soltanto l'attiv1t che realizza hl presupposto, anche se l'effetto di un atto nullo o si concreta in un com portamento non conforme ia precetti di natura privata o pubblica o addirittura ilileoirto. SuH'ultimo punto da segnalate ila precisazione che una, ,anche generica, attivit di acquisto, vendita, costruzione, k>cazione e gestione di immobifili, J>ropri o di terzd, ha natura commeroiJaJie. Ne msu1ta quindi che potrebbe escludersi Ia natura commerciaile del:le societ immobiliari, soltanto quando la totaile mancanm cli dmprenditoriiad!it, come neMe comunioni di godimento, impedisce che la societ sia ricon0S01biile come tale. 13 BOB RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO indiscutibile il fatto che gli immobili della cui plusvalenza si tratta furono acquistati ,in conformit all'oggetto sociale come sopra delineato. Il semplice fatto, quindi, della riconducibilit allo scopo sociale dell'acquisto sufficiente, come esattamente ha affermato la Commissione Centrale, a ritenere l'acquisto stesso collegato ad una attivit imprenditoriale, non avendo importanza accertare se la societ abbia compiuto altri atti di commercio, posto che comunque la sua attivit, anche se minima, ha avuto, come ritenuto nella decisione impugnata, natura di atto di commercio. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 febbraio 1982, n. 1268 -Pres. Miele Est. Battimelli -P. M. La Valva (conf.) -Ministero delle Finanze (Avv Stato Laporta) c. Soc. Finanziaria Alba. Tributi erariali diretti -Imposta sulla societ Partecipazione di societ di capitali in societ di persone -Percezione del reddito -E' necessaria. (T.U. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 135 e 148). I redditi prodotti dalle societ di persone, mentre sono immediatamente imputabili per la quota ai soci persone fisiche ai fini dell'imposta complementare (art. 135 lett. c) del T.U. sulle Imposte dirette) sono imputabili ai soci persone giuridiche ai fini dell'imposta sulle societ soltanto al momento della effettiva percezione (art. 148; lett. d) (1). (omissis) La questione dibattuta fra le parti stata gi risolt~, in . senso contrario alla tesi dell'Amminist1razione ricorrente, da questa Corte con due precedenti pronunce dalle quali, rionostante l'approfon dimento che del problema ha fatto la difesa dell'amministrazione, non vi ragione di discostarsi. Ed invero n quanto osservato dalla ricorrente in merito alla posi zione dei soci di una societ di persone, rispetto ai beni sociali, n i richiami fatti alla originaria normativa di cui alla legge 6 agosto 1954, n. 603, n i rilievi di carattere costituzionale sollevati a proposito del (1) Conformi sono varie altre sentenze in pari data nn. 1269-1275 e la sent. 6 aprile 1982, n. 2108 di cui viene pubblicata riin questo fascicolo altra parte della motivazione. Sul contenuto della statuizione sono il.ocite riserve. Il .problema oggi superato dail1a normati'Va wgente poich in ogni caso i redditi (e Je perdite) della societ di persone sono sempre imputati ai soci indipendentemente dalla effetti'Va percezione siano essi persone fisiche o giuridiche (art. 5 d.P.R. n. 597/1972; art. 6 d.P.R. n. 600/1973). PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA raffronto fra detta normativa e quella del T.U. n. 645 del 1958, convincono questa Corte ad aderire alla tesi della ricorrente, secondo cui, anche in materia di imposta sWl societ, varrebbe il principio della automatica imputazione alle societ partecipanti, quale imponibile, degli utili della societ di persone partecipata, cos come previsto, per l'imposta complementare, dall'art. 135, lett. c.) del suddetto T.U. Questa Corte ha gi chiarito, infatti, come proprio la diversit di formulazione dell'art. 135, lettere c) e d), del T.U., rispetto alla formulazione dell'art. 148, lett. d), sta a significare, non potendosi attribuire a mancanza di coordinamento fra le due norme, la precisa intenzione del legislatore di differenziare i presupposti per la determinazione della base imponibile delle due diverse imposte, per le ragioni che di seguito s.i diranno, il che proprio impedisce che il principio di cui alla lett. c) dell'art. 135 possa assurgere a principio generale o, quanto meno, a criterio di interpretazione dell'art. 148, lett. d); ch anzi deve ritenersi che la differente formulazione delle due norme sia stata voluta per ragioni di politica tributaria, e che ci non viola i limiti della delega legislativa per contrasto con la preesistente normativa, coordinata nel T.U. Sta di fatto, invero, che l'art. 5, lett. d), della legge 6 agosto 1954, n. 603, istitutiva dell'imposta sulle societ, adoperava, a proposito della questione qui dibttuta, l'espressione utili derivanti da partecipazioni, di evidente portata generale e non chiaramente definita; e che, al contrario, l'art. 3 del R.D. 30 dicembre 1923, n. 3069 (istitutivo dell'imposta complementare), . stabiliva, al secondo comma, che i redditi che le persone fisiche percepiscono dalla societ in qualit di... soci, azionisti, portatori di obbligazioni e per qualsiasi altro titolo, vanno tenuti a calcolo nei confronti dei percipienti per essere colpiti di imposta al nome della persona che ne ha la disponibilit, con un'espressione che non consen tiva dubbi circa il requisito della percezione e della disponibilit,,. del reddito quali presupposti della tassazione. Sicch, posto che l'espressione derivanti di cui alla legge del 1954 non ha un significato preciso,. stando essa unicamente ad indicare la fonte del reddito, non anche necessariamente la materiale disponibilit o, al contrario, la pura spettanza (ossia il rilievo da darsi piuttosto ad una situazione di cassa che ad una di competenza>>, o viceversa), deve convenirsi che l'espressione pone una categoria generale, in cui possono includersi cos i redditi materialmente percepiti come quelli meramente spettanti, e che di conseguenza costituisce una petizione di principio l'affermazione secondo cui l'art. 148, lett. d), del T.U. del 1958, se interpretato cos come l'ha interpretato la decisione impugnata, risulterebbe .affetto da illegitthnit costituzionale per contrasto con l'art. 76 della Costituzione, per avere ecceduto il legislatore delegato dai limiti assegnatigli con la legge di RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO delega, modificando arbitrariamente la norma, che sarebbe stata trasfusa nel T.U. in una formulazione contrastante con quella originaria. Ch anzi, a portare l'esame della questione sotto la visuale del ri spetto dei princpi costituzionali (ai quali, comunque, nei casi dubbi, l'interprete deve richiamarsi), deve riconoscersi che un dubbio di costituzionalit, an2litutto, potrebbe sussistere proprio in merito alla formulazione dell'art. 135, lett. c) (ossia proprio in relazione alla norma che, secondo la tesi dell'amministrazione, dovrebbe costituire il cardine interpretativo per una giusta comprensione del significato dell'art. 148, lett. d), posto che essa sembra contrastare con il preciso testo della normativa dall'imposta complementare, anteriore al t.u. (come innanzi chiarito nel riportare il testo dell'art. 3 del R.D. n. 3062 del 1923), per cui potrebbe semmai in relazione ad esso, piuttosto che in relazione all'art. 148, sollevarsi il problema de11a sussistenza di una violazione dell'art. 76 della Costituzione (il che peraltro non avrebbe rilevanza ai fini della decisione del presente giudizio); e posto che, soprattutto, il principio costituzionale che pi direttamente potrebbe apparire violato quello del rispetto, neil'imposizione, della effettiva capacit contributiva, sancito dall'art. 53 della Costituzione, non potendosi dubitare che in base alla norma costituzionale l'imposi2lione diretta deve 1gra~are isu dii una capacit contiributiva e su di un reddito effettivamente esistenti e goduti, e non semplicemente presunti. Il che, in conclusione, porta a ritenere che l'art. 148, lett. d), vada proprio interpretato valorizzando, come ha fatto la decisione impugnata, il letterale significato dell'espressione somme percepite in esso adoperata. N una simile interpretazione pu ritenersi errata per le argomentazioni sviluppate dalla difesa dell'amministrazione circa fa d~versa posizione dei soci di societ di persone rispetto a quella dei soci di societ di capitale e circa la diretta attribuzione ai primi, e non anche ai secondi, della titolarit dei diritti sui beni sociali, per mancanza di una distinta personalit giuridica della societ, a differenza di ci che avviene per le societ di capitali. A parte, infatti, che tali argomentazioni prescindono dalla considerazione che, in ogni caso, anche a proposito di societ di persone, sempre ipotizzabile un patrimonio separato, che ben pu giustificare una diversit di regolamentazione fiscale rispetto alla regolamentazione del diritto comune, va osservato che tutto quanto sviluppato in proposito negli scrittj difensionali dell'amministrazione senz'altro da condividersi dal punto di vista del diritto civile vero e proprio, ma che non va dimenticato, come pare abbia dimenticato la difesa del Fisco, che il diritto tributario risponde a crlteri ed esigenze diverse, di natura pubblicistica, da quelle che le norme civilistiche tendono a regolamentare, e che il diritto comune non affatto PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 811 cogente rispetto ad un diritto speciale, quale quello tributario, che ben pu discostarsi da esso, sia pure prendendo, a substrato del proprio operato, come oggetto del proprio intervento, il fenomeno costituito dalla realt regolamentata dal diritto comune. Con ci vuol dirsi che l'interpretazione dell'art. 148, lett. d), criticata dalla ricorrente, non va, n pu, intendersi come affetta da violazione di norme cogenti di diritto civile e che essa lllOn contrasta affatto con i prindpi civilisti.Cii illl mater.ia dii pa:rtecipa2liOllle a societ cli persOllle, oui si richiama la ricorrente; al contrario, essa ne tiene conto, ma nei limiti imposti dall'ordinamento tributario, e in modo non del tutto inconciliabile con la normativa civilistica. In altre parole, affermare che gli utili di societ di persone in tanto sono tassabili ai fini dell'.imposta sulle societ in quanto sono percepiti dalle societ partecipanti non significa affatto violare il principio di spettanza ai soci dell'attivo sociale, ma unicamente riconoscere che il legislatore tributario, nell'ambito della sua discrezionalit, giustificata dalle particolari finalit da conseguire (e non censurabile in questa sede se non sotto il profilo di una illegitti mit costituzionale che si gi chiarito non potersi riconoscere sussistente), ha distinto, tenendo ben presente la normativa civilistica, fra il momento della competenza e il momento della cassa, quali componenti del trapasso degli utili dalla disponibilit della societ alla disponibilit dei soci, ed ha valorizzato piuttosto il secondo che non il primo. Ci, oltretutto, chiaramente si evince dal fatto che la norma non si limita a dichiarare tassabili le somme percepite, ma precisa (distinguendo chiaramente fra gli utili delle societ di capitale e gli utili delle societ di persone) che la perce:l'lione in funzione del titolo di distribuzione o ripartizione, con ci dimostrando di non ignorare il processo di passaggio degli utili dalle societ ai soci, evidenziano il titolo, ossia: lo strumento e la causa giuridica (delibera di distribuzione o approvazione del rendiconto) mediante il quale i soci fanno direttamente proprio (ossia ne acquistano la disponibilit -come gi testualmente si espvimeva, a proposito dell'imposta complementare, l'art. 3 del R.D. n. 3062 del 1923 -) un reddito che fino a quel IJ10mento, seppure in certi casi potesse considerarsi gi di loro spettanza, non si era comunque trasferito nella loro diretta possibilit di godimento. E in questi sensi, invero, devono inteJ1>retarsi gli artt. 130 e 145 del T.U. del 1958, allorch ipotizzano, come presupposto delle due imposte, complementare e sulle societ, il possesso di un reddito, dovendosi escludere che l'espressione sia adoperata nel suo senso tecnico nell'ambito dei dir.itti reali, e dovendosi ritenere che essa stia ad indicare la concreta disponibilit delle somme costituenti il reddito; s che del tutto inconferente potrebbe esisere, m proposito, ogni considerazione sul possesso come esercitabile in modo 812 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO diretto o a mezzo di detentore, trattandosi di distinzione che non ha senso in materia economico-finanziaria. Il r D'altronde, come gi questa Corte ha avuto pi volte occasione cti i: ricordare, non solo a proposito del tema qui specificamente affrontato ~: I I ~: (ved. sentt. n. 3889/80 n. 5785/80), ma anche in via generale (ved. sentt. n. 2953/77, n. 1877/78 e n. 2324/79), in materia di imposta sulle societ il reddito imponibile, giusta quanto disposto dall'art. 150 del T.U., quello determinato sulla base delle risultanze del bilancio, per cui non pu pretendersi di tassare somme che non risultino nell'attivo del bilancio delle societ partecipanti, come percepite per effetto della partecipazione, a meno che il bilancio non venga impugnato con la I ppocedoca espressamente prevista, il che non risulta essere avvenuto nel caso di specie. Infine, per confutare definitjvamente la tesi secondo cui la tassazione in questione dovrebbe effettuarsi in conformit del principio gene I rale contenuto nell'art. 135, lett. e), del T.U., va considerato che detta norma, piuttosto che indicatrice di un criterio generale di tassazione, ha natura del tutto peculiare, dovuta a ragioni di politica tributaria; va I considerato, cio, che il legislatore delegato, nell'esercizio degli ampi ~ f: poteri di perfezionamento e razionalizzazione dell'attivit dell'Ammini i strazione nell'app1icazione dei tributi e nell'accertamento dei redditi, conferitigli dai nn. 1) e 2) dell'art. 63 legge n. 1 del 1956), ha tenuto presente la necessit di colpire comunque, o con imposta complementare, o con I imposta sulle societ, tutti i redditi complessivi dei vari possibili sogf f. getti di imposta; e pu perci ritenersi che abbia formulato la partiIi t colare normativa dell'art. 135, lett. e), per il fatto che l'imposta sulle r i societ colpiva soltanto le persone giuridiche e quella complementare ! soltanto le persone fisiche, s che, in definitiva, sarebbero rimasti esenti I ~ da imposizione complessiva i redditi di societ di persone; e pertanto ha inteso colpire queste ultime indirettamente, attraverso la diretta tassazione dei soci, 1co1pendo iil reddito delle societ ,appena formatosi, indipendentemente dalla sua distribuzione, realizzando un'imposizione fondata su presunzione nei confronti dei soci persone fisiche, gli unici I assoggettabili all'imposta complementare aggiungere: e nei confronti dei j ! quali la percezione del reddito sarebbe stta pi difficilmente accertabile [ ! che non nei confronti di soggetti tassati in base a bilancio (il che 1 stato puntualmente ripetuto, con il perseguimento dello stesso risultato, ! dal nuovo sistema di tassazione unica del reddito, come realizzato in materia di IRPEF nell'art. 5 del D.P.R. n. 597 del 1973): ragioni, queste, di politica tributaria, che non sussistevano affatto nei confronti di soggetti gi direttamente tassati di per s, ossia delle persone giuridiche assoggettate all'imposta ,su1le societ. (omissis). PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 813 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 marzo 1982, n. 1471 -Pres. Brancaccio -Est. Sensale -P. M. Dettori (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Laporta) c. E.N.E.L. (avv. Cogliati Dezza). Tributi erariali diretti Imposta sui redditi di ricche~ mobile Contributi in conto capitale Ammortamento di beni strumentali Valore ail lordo dei contributi. (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 83). Quando siano stati erogati contributi dello Stato o di altri enti pubblici in conto capitale, come tali non soggetti ad imposta a norma dell'art. 83 lett. e) del t.u. sulle imposte dirette, i beni strumentali con essi acquistati vanno posti in ammortamento in base al valore iscritto in bilancio (costo di acquisto) al lordo dei contributi (1). (omissis) Con l'unico motivo del ricorso l'Amministrazione delle finanze denunzia la violazione degli artt. 83 e 98 del t.u. 29 gennaio 1958~ n. 645 e degli artt. 2425 e 2427 cod. civ. e deduce che, se esatto che il contributo per spese d'impianto non soggetto ad imposizione perch costituisce conferimento di capitale, ammettendo l'ammortamento, oltre che delle spese sostenute, anche dei contributi d'impianto, si finisce per trasformare questi ultimi in contributi per spese di produzione soggetti ad imposta in base all'art. 83 del citato t.u. N -secondo la ricorrente vale replicare che il costo degli impianti iscritto fa bilancio non pu essere diverso da quello effettivamente sostenuto, s che deve essere ammortizzato per intero, perch se ci vero dal punto di vista civilistico, non lo da quello tributario, dove dal reddito prodotto sono detraibili soltanto i costi effettivamente sostenuti, quali non sono gli impianti realizzati con i contributi statali o regionali. Il ricorso infondato. La questione, che si prospetta, se nel vigore del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645 le quote annuali di ammortamento degli impianti, detraibili ai fini dell'imposta di ricchezza mobile e dell'imposta sulle societ, debbano calcolarsi al lordo ovvero al netto dei contributi pagati dallo Stato e da altri enti pubblici ed utilizzati per l'acquisto degli impianti stessi, stata gi risolta da questa Corte in senso sfavorevole all'Amministrazione delle finanze con le sentenze n. 6264 del 29 novembre 1979, e n. 76 del 7 gennaio 1980; e tale orientamento va tenuto fermo, non essendo prospettate nuove argomentazioni che possano indurre a discostarsene. L'art. 98 del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645 stabiliva la detraibilit, a partire dall'esercizio di entrata in funzione dei relativi cespiti, ai fini dell'imposta di ricchezza mobile ed, in virt dell'art. 150, dello stesso t.u., ai fini dell'imposta sulle societ, delle quote annuali di ammortamento dei costi ammortizzabili a norma degli artt. 2425 n. 1-3 e 7 e 2427 cod. civ. (.1) Viene confermata la sent. 7 gennaio 1980, n. 76 ~in questa Rassegna, 1980, I, 623, con nota critica), ma restano valide le riserve su di essa esposte. 814 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (fra i quali i costi degli impianti) calcolate .in relazione alla residua durata dei cespiti ai quali si riferiscono. D'altra parte l'art. 83 dichiarava non soggetti all'imposta i contributi di ogni genere pagati dallo Stato e da altri enti pubblici, che non costituiscano concorso in spese di produzione o passivit detraibili. In relazione alle norme surriportate, nelle quali vengono tenuti bene distinti l'esenzione del contributo, in quanto provento, e l'iammor.tamento, in quanto costo, questa Corte ha precisato, con le richiamatedecisioni, che devono considerarsi separatamente la fase di acquisizione del contributo (che costituisce un fenomeno fiscalmente irrilevante, avendo il legislatore stabilito che esso rientra tra i proventi non tassabili) e la fase concernente l'acquisto o la costruzione dell'impianto, che tanto autonoma da poter anche precedere la prima e della quale l'Ufficio deve interessarsi nei limiti in cui esso interessato a tutti i cespiti ammortizzabili, esistenti nel patrimonio amendale. Ci che rileva, ai fini dell'ammortamento, non il modo in cui l'imprenditore abbia acquistato le disponibilit finanziarie, necessarie all'acquisto del cespite (disponibilit proprie, finanziamenti esterni o contributi pubblici), ma il fatto obiettivo che questo faccia parte dell'economia aziendale e sia, per sua natura, soggetto a deperimento o a consumo, s che si possa ragionevolmente supporre che, decorso un certo numero di anni, sopravvenga la necessit di sostituirlo. Ai fini, cio, della deducibilit, o meno, delle quote annuali di ammortamento, l'Ufficio non deve indagare circa la provenienza del denaro impiegato nell'acquisto del bene, non avendo alcun rilievo n le modalit n il trattamento fiscal dell'operazione (utilizzazione di redditi propri, aumento di capitale, sovrapprezzo azionario, contributo pubblico), ma deve soltanto accertare, da un lato, che i contributi pagati dallo Stato o da altro ente pubblico non costituiscano concorso in spesa di produzione o passivit detraibili; dall'altro, che il bene sia, per sua natura, ammortizzabile e costituisca uno strumento per la produzione del reddito lordo, dal quale va dedotta la quota annuale di ammortamento. Non pu condividersi l'argomento addotto in contrario dalla ricorrente, secondo cui, qualora si ammettesse l'ammortamento al fordo dei contributi, le sovvenzioni si risolverebbero in concorso nelle spese di produzione o in passivit detraibili, sicch tali contributi non sarebbero esenti, ai sensi dell'art. 83 del t.u. 645/58. La tesi della ricorrente viziata dall'equivoco di fondo costituito dalla confusione fra due fenomeni distinti. Infatti, una cosa il titolo in base al quale si acquisisce una somma da destinare alla costruzione dell'impianto, definito dal legislatore non tassabile; ed altra cosa, del tutto distinta e indipendente dalla prima, l'acquisizione dell'impianto e l'ammortamento del relativo costo, che in nulla differisce o pu differire dall'identico fenomeno che si verifica nei confronti di altri beni PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA aziendali, qualunque sia la fonte delle disponibilit che ne abbiano consentito l'acquisto. Esatto , in proposito, il rilievo dell'ente controricorrente che, seguendo la tesi dell'Amministrazione, potrebbe giungersi alla conclusione, sicuramente inaccettabile, che anche le quote di ammortamento degli impianti, acquistati mediante l'impiego del capitale sociale, dovrebbero iscriversi in bilancio al netto del capitale impiegato, perch questo non costituisce reddito e non 1tassabile. D'altra parte, come si rilevato da questa Corte nelle precedenti pronunzie, il diverso trattamento previsto per ii. contributi in conto capitale rispetto a quelli costituenti concorso in spese di produzione o passivit detraibili s'inquadra nel sistema e trae origine dalla nozione di reddito. Mentre i primi non costituiscono reddito e perci il legislatore li ha inclusi non fra i redditi esen1:i (art. 84) ma tra i proventi non tassabili (art. 83) i secondi, incidendo sulle spese di produzione del reddito o nelle passiviit detraibili, hanno, per foro ootuma, oaaiattere reddituale. Analogo criterio -'-si ulteriormente precisato - adottato nei confronti dei versamenti dei soci, che, se avvengono in conto capitale o come conferimento o come sovrapprezzo azionario, non costituiscono reddito (onde la loro acquisizione alle societ non tassabile ed i beni acquistati per mezzo di tali versamenti sono certamente ammortizzabili), mentre, se avvengono in conto esercizio, contribuiscono a formare il reddito imponibile della societ (Cass. 1768/73). Analoghe ragioni consentono di disattendere l'ulteriore osservazione dell'Amministrazione e cio che la tesi accolta nella sentenza impugnata, se esatta dal punto di vista civilistico, non lo sotto il profilo tributario che richiede, per la detraibilit, costi effettivamente sostenuti. Infatti, a parte la pe11sistente confusione da parte dell'Amministrazione di fenomeni diversamente e separatamente considerati dal legislatore fiscale, la spesa sostenuta per l'acquisto degli impianti costituisce costo dal punto di vista economico, essendo diretta a fronteggiare il logorio tecnico ed economico degli strumenti della produzione, sia che l'imprenditore si avvalga a tal fine di capitali propri, sia che utilizzi capitali di diversa provenienza. Infine, non potrebbe obiettarsi che, aderendo alla tesi accolta dalla sentenza impugnata, si permette al contribuente di godere due volte dello stesso beneficio fiscale. Infatti, a parte il rilievo che nel caso si tratta di distinti e compatibili benefici incidenti sulle due diverse fasi dell'acquisizione del contributo e dell'acquisto degli impianti, vero il contrario, e cio che, accedendo alla tesi dell'Amministrazione, si finirebbe per vanificare 1ill concreto la esenzione dei contributi concessi m conto capitale e 'si frustrerebbe lo scopo, perseguito dallo Stato e dagli altri enti pubblici e rHenuto meritevole di tutela da .parte del legislatore fisoole, di favorire gli operatori industriali per lo sviluppo e l'incentivazione della produzione di determinati beni o servizi. (omissis) RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 816 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 marzo 1982, n. 1544 -Pres. Mazza- cane -Est. Bologna -P. M. Nicita (conf.) -Ospedale di Bressanone c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Laporta). Tributi (in genere) Restituzione e rimborsi Pagamento a titolo definitivo Azione di indebito oggettivo Inammissibilit. (t.u. 29 gennaio 1958 n. 645, art. 188; d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 37 e 38). Le azioni di rimborso sono previste nell'ordinamento tributario e sono subordinate al rispetto di termini e di forme; non consentito eludere l'effetto di queste norme configurando come indebito oggettivo il rimborso di somma pagata a titolo definitivo (1). (omissis) Con il ricorso l'Ente deduce la violazione degli artt. 81, 85, 188 d.P.R. n. 645 del 29 gennaio 1958 e dell'art. 2033 cod. civ., e rileva ai fini del chiesto annullamento che il Supremo Collegio ha affermato non costituire gli avanzi di gesnione degli Enti Ospedalieri reddito soggetto all'imposta di ricchezza mobile (allora esistente) in quanto destinati secondo un preciso vincolo legislativo alla continuazione ed al perfezionamento dell'attivit ospedaliera e del corrispondente pubblico servizio; l'ente ricorrente ha precisato che l'azione di ripetizione dell'indebito (~ggettivo) trova il suo unico limite nell'esistenza di decisioni che abbiano autorit di cosa giudicata e nella prescrizione e che la Corte di Appello avrebbe erroneamente affermato !'.irripetibilit dell'avvenuto pagamento perch effettuato in base ad atti impositivi contro i quali n!:m erano state proposte le impugnazioni per essi specificamente previste. La censura infondata e deve essere disattesa. opportuno premettere che l'azione di indebito tributario risulta proposta nella presente fattispecie sulla base della sopravvenuta interpretazione (data dalla Corte di Cassazione: Cass. 1980 nn. 2408 e 386 e numerose altre decisioni nel medesimo senso) delle norme sull'imposta di R.M., secondo cui gli avanzi di gestione degli enti ospedalieri non sono soggetti all'imposta medesima, ed diretta ad ottenere il rimborso (11) Identica l'altra sentenza in pari data n. 1545. Decisione di moLto interesse. L'indebito oggettivo non pu essere un espediente per aggirare le preclusioni' formatesi secondo 'le regole specifiche del tributo ail fine di ottenere il l'imborso e, anche se ci non detto nella sentenza, non pu essere un espediente per portare 1a domanda, oome un'azJione non tributaria, innanzi all'A.G.O. Vimposta defuritivamente accertata e riscossa resta soggetta alde regole di questa anche se successivamente la norma di imposizione perde efficacia o viene diversamente interpretata. Si deve solo osservare che per giustificare l'effetto preclusivo dell'accertamento non necessario partire dalla premessa (disattesa dalla prevalente giurisprudenza) che esso abbia efficacia costitutiva de1 diritto dell'ente itnfpOsiitore. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA dell'imposta gi versata spontaneamente per gli anni 1958-1971 dall'Ente Ospedaliero di Bressanone a detto titolo nel vigore del t.u. delle leggi sulle imposte dirette, approvato con d.P.R. n. 645 del 29 gennaio 1958. Ci premesso, si deve escludere che sia configurabile un indebito oggettivo tributario sia pure sopravvenuto, passibile di ripetizione, quando il pagamento dell'imposta (ritenuta non dovuta) sia stato effettuato spontaneamente, per concordato, ovvero senza esperimento dei rimedi impugnativi previsti dalla legge contro gli accertamenti e le imposizioni tributarie. In linea generale gli atti del processo impositivo tributario hanno l'effetto di costituire, a favore dell'Ente impositore, il diritto di ottenere iilcontribuente una prestazione a titolo d'imposta (o di sanzione) sulla base della legge; avendo riguardo all'intrinseca natura del processo e dei suoi momenti, si ritiene che esso si articoli in atti amministrativi costitutivi di tale diritto dell'nte, i quali, come tali, risultano essere dotati di imperativit e di inoppugnabilit corrispondenti nella loro estensione ed intensit ai diversi tipi di atto. Quanto all'inoppugnabilit, che rappresenta una connotazione specifica degli atti amministrativi, ed ilil dipendenza da essa, _l'atto acquista definitivit per ,effetto del decorso del termine di impugnazione, normalmente breve, in sede amministrativa o giurisdizionale, cos che ne risultano inattaccabili gli effetti sostanziali. In rapporto con le osservazioni che precedono, l'accertamento tributario non contestato determina l'irretrattabilit all'accertamento stesso e della pretesa correlativa, cio la definitiva cristallizzazione del debito d'imposta sull'an e sul quantum anche rispetto a quegli eventi successivi che possono influire in astratto sulla pretesa stessa. Questa Corte di Cassazione ha ripetutamente affermato questo principio (Cass. 1978 n. 3281, 1976 n. 4446 e numerose altre decisioni soprattutto in presenza della sopravvenuta dichiarazione d'illegittimit costituzionale della norma tributaria in materia di aree fabbricabili). In particolare, le Sezioni Uniti civili con sentenza n. 2823 del 25 novembre 1969, dopo avere analizzato gli effetti della sentenza dichiarativa dell'illegittimit costituzionale di una legge e dopo avere precisato che gli atti di accertamento ed imposizione tributari hanno natura amministrativa e sono suscettibili di divenire definitivi ed irretrattabili, hanno enunciato il principio, peraltro applicabile in tutte le ipotesi di sopravvenuta inesistenza (per varie cause) di obbligazioni tributarie, secondo il quale la sentenza della Corte Costituzionale, dichiarativa dell'illegittimit costituzionale di una norma tributaria (in quella occasione si trattava dblla decisione della Corte Costituzionale in data 23 maggio 1966, n. 44 e dell'art. 25, secondo comma, legge 5 marzo 1963, n. 246 in tema di tassabilit dell'incremento di valore delle aree fabbricabili), esplica 818 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO i suoi effetti sul rapporto tributario sorto in base alla norma dichiarata illegittima e comporta la non debenza delle rate d'imposta (sebbene iscritte a ruolo) non pagate alla data di pubblicazione della decisione stessa nella Gazzetta Ufficiale e la ripetibilit delle rate pagate successivamente a tale data entro il termine ordinario di prescrizione, mentre non esplica alcun effetto rispetto ai pagamenti prima di tale data in conformit di un accertamento divenuto definitivo (a seguito di concordato tributario ed altrimenti) per non avere il contribuente esperito .contro l'accertamento stesso i rime9i propri del processo tributario nei termini previsti per i rimedi stessi. I rilieW. ora esposti, riguardantd gLi affetti dellla mancata contestazione e deH'accertamento e della fondatezza deill.a pretesa ~mposdtivia :iJn mpporto con la sopra'V'Venuta mancanza di causa deMa pretesa medesima, trovano un convicente para1leliismo fogico-giuridico nei or.iteri rego1'ainti lii rimborso delJe imposte versate aH'Erario ma non dovute dal contribuente. Com' noto, le azioni di rimborso sono previste nell'ordinamento tributario, ma sono strettamente subordinate al rispetto di termini precisi e brevi, riguardando sostanzialmente non un indebito oggettivo vero e proprio ma un debito oppugnabile. Invero, nell'ordinamento tributario di cui al d.P.R. n. 645 del 29 gennaio 1958, applicabile nella specie in esame, l'ipotesi di inesistenza totale o parziale dell'obbligazione tributaria inquadrata dall'art. 188 lett. e) tra quelle che comportano il ricorso contro l'iscrizione a ruolo (semprech l'iscrizione non sia stata preceduta dalla notifica:zfone dell'avviso di accertamento) entro 30 giorni dalla notificazione della cartella di pagamento (o degli equipollenti previsti dal secondo comma della medesima disposizione). Nell'ordinamento tributario ora vigente per effetto della riforma, l'ipotesi di inesistenza totale o parziale dell'obbligazione tributaria considerata con riferimento sia alla ritenuta diretta dell'imposta e d luogo a ricorso all'Intendente di Finanza nel termine prescrizionale di cui all'articolo 2946 cod. civ. od eventualmente alla Commissione Tributaria di primo grado (art. 37 d.P.R. n. 602 del 1973) e sia ai versamenti diretti dell'imposta che d luogo agli stessi ricorsi sopramenzionati nel termine decadenziale di 18 mesi dalla data di versamento (art. 38 del medesimo d.P.R.). Tutte le considerazioni sin qui svolte valgono a maiori nella particolare situazione dedotta rin ricorso, in relazione alla quale l'indebito. tributario sussisterebbe in dipendenza di una interpretazione giurisprudenziale (astrattamente moclificabile in futuro) della norma giuridica in forza della quale gli atti impositivi ed i relativi pagamenti erano ,stati ;predisposti, ed in relazione alla quale i pagamenti stessi erano stati effettuati con carattere di definitivit. (omissis) PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 819 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 15 marzo 1982, n. 1674 -Pres. Mimbelli -Est. Zappuhl:i -P. M. Fabi ~com.). -BaJ!doni (avv. Maniand Marrinii) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Albishmi). Tributi (in genere) -Contenzioso tributarlo -Giudizio di terzo grado . Estimazione semplice Identificazione dei caratteri del fatto . Accertamento dell'intento speculativo Esistenza di societ di fatto . Deducibilit in terzo grado Esclusione. (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 26 e 40). Rientra nell'estimazione semplice, riservata alla competenza delle commissioni di primo e secondo grado, ogni questione attinente all'esistenza del reddito ed alla identificazione dei caratteri del fatto che fonte dell'obbligazione e quindi anche la determinazione dell'intento speculativo nelle attivit economiche e l'accertamento dell'esistenza di una societ di fatto, quando non, cada in discussione l'applicazione di norme giuridiche (1). (omissis) L ricorrenti hanno censurato la sentenza impugnata, con il primo motivo del ricorso, per violazione dell'art. 40 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, consistente nell'avere la Corte d'Appello negato la propria giurisdizione sui motivi di impugnazione concernenti la affermata cooogurabilit della societ di fatto nel mero rapporto di comproprii:;t tra essi gi esistente per i beni rivenduti, e dell'art. 81 del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645 per avere la medesima Corte definito quali questioni di valutazione estimativa quelle sull'intento speculativo e sui ricavi, nonch per difetto di giurisdizione. Secondo i ricorrenti le questioni prospettate richiedevano pure l'interpretazione di norme di legge e qualificazioni (1) Decisione di molto interesse che, se pure succintamente, enuncia principi di molta importanza. intanto interessante l'aver conservato la... abitudine di delimitare la potest del giudice di terzo grado con la estimazione semplioe piuttosto che con la valutazione estimativa. E' PQi molto importante la l'iaffermazione che va :ricomp:resa nena estimazione semplice ogni questione ~ttinente, in punto ,di fatto, aili'esistenza del Teddito (o del presupposto) e ail:l'lidentiifcazione dei caratteri del fatto che fonte delila obbJW. gaziorre (nello ,stesso senso Cass. 21 maggio 1981, n. 3329 e 27 giugno 1981, n. 4185, in questa Rassegna, '1982, I, 140 e 152); l'una e l'altra indawne, che evidentemente esorbitano dalla mera va1utazione, restano pur sempre estranee al ~iudizio idi terzo grado. Viene con ci frenata la sentenza a ricomprendere nell'area del terzo grado tutto oi che non si identifica con fa pura stima. 1Sul:lia determinazione deLl'intento s:peculativo ,ai fini della plusvalenza vi stata una certa osohllazione, ma prevaJ.ente l'orientamento oggi riconfermato (Cass. 3 maggio .1879, n. 2553, in Riv. Leg. disc., 11979, 1963; 19 novembre 1979, n. 6022 dn questa Rassegna, 1980, I, 529; in senso contrario 4 marzo 1981, n. 1240, ivi, 1981, I, 813). 820 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO giuridiche, che importavano il carattere complesso delle conseguenti I valutazioni: II motivo, che per tale suo contenuto attiene alla giurisdizione, infondato. I Invero, la decisione impugnata stata motivata, in relazione ai precedenti ricorsi e decisioni, con affermazioni di fatti ed elementi contestati dai contribuenti nella loro corrispondenza a verit ma non per i i conseguenti effetti giuridici e per le loro qualificazioni. In particolare, per quanto concerne l'intento speculativo, una volta I ritenuti in linea di fatto come determinanti quegli stessi elementi accertati dalla Guardia di Finanza indicati gi nella prima decisione e men I zionati pur nella sentenza della Corte d'Appello, sia pure con riferimento ad altri motivi dell'impugnazione (brevit dell'intervallo temporale tra I acquisto e rivendita, spezzettamento dei fondi e molteplicit degli atti @ di vendita, ecc.), non sono state prospettate questioni di diritto sulla loro I qualificazione e sugli effetti della stessa ai fini dell'accertamento del fine I speculativo. I ~ stato gi precisato da questa Suprema Corte, proprio l t.u., come imponibile di cat. A e senza che, di conseguenza, possa scattare automaticamente l'applicazione degli artt. 86 e 127; giustamente in proposito lamenta il ricorrente che il secondo comma dell'art. 86 autorizza bens la presun:llione di interessi, ma non autorizza anche la presunzione di uno specifico titolo, ove questo non sia provato e che mai una presunzione univoca pu farsi discendere unicamente da altra presunzione che non sia anch'essa univoca, come appunto non lo la presunrione che stata tratta dall'esposizione di un debito in bilancio, per tutto quanto innanzi chiarito. L'accoglimento dei primi due motivi di ricorso comporta l'assorbimento del terzo motivo, attinente alla commrinatoria di penalit, presupponendo la penalit l'esistenza di reddito non dichiarato. e l'inadempimento dell'obbligo .di cui all'art. 127, presupposti che non potevano dirsi esistenti, come invece erroneamente ritenuto nella decisione impugnata; detta decisione va pertanto cassata, con rinvio alla stessa Commissione Tributaria Centrale, che decider in conformit ai principi di diritto innanzi enunciati. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 24 marzo 1982, n. 1856 -Pres. Miele Est. Sgroi -P. M. Morozzo della Rocca (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Dipace) c. Messina. I I ~ Tributi (in genere) Accertamento Notificazione -Consegna dell'atto a persona Cli famiglia non convivente Nullit -Esclusione Dichiarazione ricevuta dall'ufficiale notificatore -Prova contraria. i ! ~ (c.p.c. art. 139; t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 38). i Per persona di famiglia, agli effetti dell'art. 139 cod. proc. civ., devono f intendersi non soltanto le persone in rapporto di stabile convivenza, ma 1 anche tutte le altre legate al destinatario da vincoli di sangue o di parentela comportanti diritti e doveri reciproci che implicano la presunzione I \ della successiva consegna dell'atto al destinatario; ove la persona rinve l nuta nella casa di abitazione abbia dichiarato di essere autorizzata a rice I vere l'atto, il che dispensa l'ufficiale giudiziario dallo svolgimento di I I ' ! I PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 825 accertamenti, la prova contraria non pu consistere soltanto nella dimostrazione della non convivenza, attraverso certificati anagrafici, ma deve essere rivolta a dimostrare il difetto di autorizzazione a causa di una presenza del tutto occasionale (1). (omissis) Con l'unico motJi~o, l'Amministrazione deduoe la vtlolaziOIIle e falsa applicazione dell'art. 139 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360 n. 3 cod. proc. civ., nonch omessa o comunque fosufficiente motivazione su un punto decisivo, a norma dell'art. 360 n. 5 cod. proc. civ., osservando che la relazione immediata ed obiettiva fra il consegnatario e l'abitazione del destinatario non postula la convivenza dei due soggetti (che non espressamente richiesta dalLa legge), quando l'appartenente al nucleo familiare conservi una certa comunanza di vita con il destinatario, come appunto lascia presumere la circostanza che il familiare venga rinvenuto nell'abitazione del destinatario durante l'assenza di questi. Solo una presenza occasionale pu escludere una ragionevole presunzione del raggiungimento dello scopo della notificazione e pertanto il destinatario deve dimosnrare tale occasionalit e non gi la mera illOIIl convivenza, come ha rii.tenuto ila Corte d'appello, che avrebbe dovuto ritenere la validit della notifica, in mancanza di prove idonee a dimostrare l'occasionalit della presenza dell~ figlia nell'abit~ione. del genitore. Inoltre, la sentenza impugnata infidata da una fondamentale omissione, non avendo affatto considerato che la Francesca Messina si era espressamente dichiarata autorizzata a ricevere l'avviso cli accertatr:nento. Doveva tenersi conto dell'espressa dichiarazione suddetta e dell'affidamento che il notificante era tenuto a prestare a siffatta dichiarazione. In presenza di essa, infatti, l'Ufficiale giudiziario era vincolato a ritenere che effettivamente la Messina, anche se non convivente, fosse stata posta in una relazione immediata ed obiettiva con l'abitazione del destinatario, quanto meno come persona addetta alla casa, ai finii della ricezione dell'atto, per i quali l'autorizzazione era intervenuta. La sentenza impugnata -non ha invece preso in alcuna considerazione tale aspetto, per cui doveva provarsi non che difettasse la convivenza, ma che l'autorizzazione non era intervenuta, e deve essere annullata a norma dell'art. 360 n. 5 cod. proc. civ. i(l) Decisione esatta che oppol'.'tunamente corregge l'orientamento delila sent. 26 apri<1e 1979, n. 2416 (in questa Rassegna, 1979, I, 750). Resta ancora qualche dubbio sulla possibilit della prova contraria a quanto dichiarato dall'uffidaile gciudiziario; se questi dispensato dal dovere di controlJliare la verit di quanto Vliene dichiarato (cosa del resto impossibile) la prova contraria non pu riguardare la verit del fatto dichiarato (l'essere ila persona ilegata dal rapporto di parente o di servizio ecc.), ma soltanto la riconoscibilit da parte dell'ufficiale notificante di un palese difetto di qualit. Diversamente ogm notificaziione risc:P,ia di r'swtare sucoessivamente i111vail:ida. 826 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il motJivo fondato. Preliminarmente si deve respingere l'eccezione di inammissibilit mossa dal controricorrente, sotto il profilo che sarebbe stato denunciato un errore di giudizio (art. 360 n. 3) e non un errore di attivit (art. 360 n. 4), in quanto la violazione di una norma processuale (art. 139 cod. proc. civ.) non stata correttamente sussunta entro lo schema della nullit della sentenza o del procedimento (art. 360 n. 4 cod. proc. civ.). In contrario, basta osservare che si discuteva non gi della notificazione di un atto del processo, ma dell'accertamento tributario, a norma del t.u. n. 645 del 1958 allora vigente (che all'art. 38 richiama gli artt. 137 e ss. cod. proc. civ., con le deroghe ivi previste), e cio della notificazione di un atto extra-processuale, che il giudice ordinario doveva valutare sotto il profilo della nullit. Inoltre, per la stessa 11agione, ammissibile la censura di difetto di motivazione (che, invece, non sar(.'!bbe rilevante in sede di deduzione di vizio in procedendo , potendo in tal caso la Corte Suprema procedere ad un diretto esame degli atti del processo). Il giudice del merito, nonostante che abbfa integralmente trascritto la ;relazione di notificazione di cui si discuteva (mediante consegna a Me:tis fatte (Cass. 17 ottobre )974, n. 2909), incom-i I ! ~ f . if. - PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA bendo su colui che contesti la veridicit di tale dichiarazione di dare l prova del contrario. La sentenza impugnata viziata sotto il profilo della violazione di legge perch non ha considerato l'art. 139 in tutta la sua estensione e quindi non ha rettamente identificato il contenuto della prova contraria a carico del Messina, che doveva esser diretta non tanto contro il requisito della convivenza (e che, fra l'altro, non sufficientemente raggiunta mediante la semplice produzione di un certificato anagrafico: Cass. 19 gennaio 1979, n. 397; cass. 20 novembre 1975, n. 3898), quanto invece contro la verit della dichiarazione di autorizzazione a ricever l'atto raccolta dall'Ufficiale giudiziario. Inoltre, viziata da insufficiente motivazione su un punto decisivo, perch non ha affatto esaminato tale dichiarazione, mentre essa doveva essere valutata, alla stregua della identificazione del luogo della notifica non solo come casa di abitazione, ma eventualmente anche come sede dell'impresa del Messina, e del conseguente rapporto della figlia Messina Francesca sia con la famiglia (intesa nel senso largo sopra enunciato) che con l'ufficio od azienda del destinatario. Invero, stato giustamente notato in dottrina che le persone rinvenute nelle sedi suddette, se accettano l'atto, fanno presumere l'esistenza di wi obbligo giuridico di recapitare l'atto al destinatario, in virt dei propri rapporti con il notificando. Contro la presunzione deve esser data la prova contraria, avente di mira tale rapporto, nel quale l'autorizzazione (data dal destinatario) a ricevere l'atto l'altra faccia dell'obbligo di riceverlo per poi consegnarlo. La prova contraria deve quindi investire l'esistenza del rapporto e, se non data, rende del tutto vana la c0111testazione della convivenza familiare, che si svolge su un piano diverso, nell'ambito delle due specie di notifiche equivalenti regolate dal secondo comma dell'art. 139. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 2 aprile 1982, n. 2021 -Pres. Marchetti Est. Borruso -P. M. Grossi (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Vittoria) c. Mulas. Tributi erariali indiretti Imposta di registro Agevolazione per le case di abitazione non di lusso Vendita di appartamento Effettiva abi tazione Contestazione notarile Validit Prova contrarla Am missibilit. (I. 2 luglio 1949, n. 408, art. 17). Ai fini della agevolazione dell'art. 17 della legge 2 luglio 1949, n. 408, la effettiva abitazione dell'appartamento venduto pu essere dimostrata at. traverso un atto notarile di constatazione il quale non deve ,necessaria 828 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO mente specificare tutti i dati dai quali desunto lo stato di abitazione. Tale constatazione costituisce tuttavia soltanto uno degli elementi della dimostrazione e ne pu essere data la prova contraria (1). (Omissis) Con l'unico motivo di ricorso la Finanza sostiene che nella specie sarebbero stati violati gli artt. 17 comma 1 della legge 2 luglio 1949, n. 408 e gli artt. 2699 e 2700 e.e. in quanto qualora si ammettesse che l'effettiva abitazione di un alloggio possa ritenersi provata sulla base di un verbale di constatazione notarile in cui il pubblico ufficiale si limiti ad attestare l'alloggio effettivamente abitiato senza per indicare da quali elementi di fatto egli abbia tratto il proprio convincimento -si finirebbe col condizionare la concessione dei benefici fiscali dei quali trattasi al mero giudizio da parte del notaio sul significato dei fatt da lui constatati e non a!Ll'obiettivo ~ilevamento dei medesiimi nonostante che: a) tale giudizio, ovviamente, non sia destinato a far fede fino a querela di falso; b) 1a legge non attribuisca al notaio in proposito alcun potere ._ tificazione; c) non vi sia alcuna possibilit di contestare i fatti constatati da~ notaio in quanto non specificati nel verbale di constatazione. Inoltre la Commissione Centrale avrebbe omesso qualsiasi motivazione per ritenere sia che il verbale di constatazione de quo contenesse l'attestazione che l'alloggio era effettivamente abitato, sia che l'effettiva abitazione del medesimo potesse essere desunta dal semplic allaccia mento di esso alla rete elettrica come attestato dall'ENEL, essendo tale circostanza idonea, al pi, a dimostrare l'abilit dell'alloggio. Il motivo nelle sue conclusioni infondato, anche se la motivazione dell'impugnata decisione deve essere in parte corretta e largamente integrata con numerose precisazioni in punto di diritto. Va innanzitutto premesso che: 1. -anche nel processo tributario vige il principio dell'onere della prova e, pertanto, incombe al contribuente, il quale assuma di dover pagare l'imposta di registro nella misura ridotta di cui all'art. 17 della L. 2 luglio 1949, n. 408, l'onere di provare l'effettiva abitazione dell'appartamento di nuova costruzione acquistato, cio la ricorrenza del requisito cui -in alternativa con la dichiarazione di abitabilit - condizionata l'agevolazione tributania de qua; (1) La pronunzia mette chiarezza su una questione che stata oggetto di molte dispute. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 2. -tale requisito non pu essere provato per testimoni (cfr. in tal senso sentenze nn. 2625 del 1971 e 7771 del 1972); 3. -come sar meglio specificato in prosieguo, la Finanza ha sempre ammesso -e riconosce implicitamente ma chiaramente anche nel presente giudizio -che il contribuente adempie all'onere probatorio sopraspecificato quando esibisce, a dimostrazione dell'effettiva abitazione dell'alloggio acquistato, un verbale di constatazione notarile che, da solo o unitamente ad altri documenti venga ritenuta convincente; 4. -trattandosi della valutazione di una prova, essa si risolve in un tipico accertamento di fatto, insindacabile in sede di legittimit se scevro da erroni di diritto e sufficientemente motivato. In particolare, l'affermazione da parte del giudice di merito che l'atto esibito dal contribuente contenga o meno l'attestazione da parte di un notaio dell'effettiva abitazione di un alloggio costituisce apprezzamento di una circostanza di fatto che non pu essere contestata .in Cassazione, potendo legittimare eventualmente solo un motivo di revocazione sotto il profilo del travisamento di un fatto (sent. n. 1767 del 1974 e 328 del 1977). Ci posto, in ordine a quanto dedotto nel ricorso in esame, si osserva che: A) Frequenti dubbi sono sorti sul possibile contenuto e sull'efficacia del verbale di constatazione notarile in genere, perch -salvo quanto si dir in seguito a proposito della tariffa allegata alla legge notarile non esiste alcuna specifica normativa che attribuisca al notaio la competenza in linea generale a compiere tali atti. L'art. 2700 del e.e. -secondo cui l'atto pubb1ico fa piena prova fino a querela di falso della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato nonch delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico uffidale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti -non offre certamente, al riguardo, alcuna base di legittimazione, sia perch esso, menzionando le parti, fa un chiaro ed esclusivo riferimento a dichiarazioni di contenuto negoziale o quanto meno relative ai negozi ai quali si interessati (come certamente non sono le constatazioni di situazioni oggettive compiute direttamente dal notaio e formalmente indipendenti dai negozi da lui ricevuti), sia perch il notaio, quando chiamato semplicemente a constatare la situazione determinatasi per effetto di un fatto (come la effettiva abitazioI].e di un alloggio) non attesta certamente n u~ fatto avvenuto in sua presenza n tanto meno, un fatto 1dla !lui compiuto, sia infine perch -come stato giustamente Dilevato in dottrina -l'atto pubblico presuppone, .in conformit di quanto 1espressamente previsto dall'art. 2699, cod. civ., che il pubblico ufficiale sia autorizzato idail.1a 'legge a compierlo sioch, richiamare Mi proposito l'art. 2700 significherebbe, iin definitiva, fare in proposito runa iTI1Utile petizione di principio, .in quanto iil dubbio da :risolvere pmprio quello se il notaio sia autorizzato a ricevere atti del genere. 830 ,RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO B) Il verbale di constatazione notarile de quo non diretto alla raccolta di testimonianze, sia perch l'acquisizione delle prove testimoniali volte all'accertamento della verit di un fatto compito esclusivo dell'Autorit Giudiziaria nelle forme, alle condizioni e con le garanzie stabilite nei codici processuali anche. se eseguita in via preventiva rispetto ad un futuro giudizio (come evincesi dagli artt. 692-699 del c.p.c. dedicati appunto alla disciplina dei provvedimenti di istruzione preventiva), sia perch, altrimenti, dovrebbe essere redatto nelle forme dell'atto notorio che la legge autorizza il notaio a ricevere per comprovare mediante testimonianze, la notoriet di un fatto rin materia civile e commerciale (cfr. in via generale l'art. 1 n. E legge notarile del 16 febbraio 1913, n. 89). C) Anche tenendo presente che il verbale di constatazione di cui trattasi non raccoglie alcuna deposizione in quanto con esso il notaio si limita semplicemente a compiere il diretto accertamento di circostanze oggettive, si potrebbe pur sempre dubitare della sua efficacia giacch l'art. 696 c.p.c. dispose che: chi ha urgenza di far verificare, prima del giudizio, lo stato dei luoghi o la qualit o la condizione di cose, deve chiedere all'Autorit Giudiziaria che sia disposto un accertamento tecnico o una ispezione giudiziale preventivi . Qui non necessario affrontare tutte le delicate questioni che la solu zione di tale dubbio comporterebbe: e, cio, se sia rilevante o meno la intenzione del richiedente di usare l'atto in giudizio, se il rivolgersi all'A.G. costituisce solo una facolt ovvero l'unica via per conseguire la acquisizione preventiva della prova di cui trattasi, se, infine, gli accer tamenti e le ispezioni giudiziali preventive di cui al citato art. 696 siano soltanto quelle che involgono una valutazione di ordine tecnico o che, per essere compiute, necessitino di un provvedimento autoritativo nei confronti di terzi, sicch ben potrebbe il notaio -sul rilievo che tutto ci che non vietato, consentito -procedere inter volentes a constatazioni obiettive, esclusa ogni valutazione d'ordine tecnico e ogni apprezzamento o giudizio, come 1esplicitamente ammesso da alcune norme, sia pure limitatamente a determinate materie, e, in via generale, nel progetto di legge (art. l, n. 6) sull'ordinamento del notariato pre sentato dal Governo alla Camera il 9 ottobre 1972 (atto parlamentare VI legislatura n. 905) per rispondere ad esigenze di comodit, speditezza ed efficacia dei privati che l'A.G. non sempre sembra in grado di sod disfare. Lo stesso Ministero delle Finanze, infatti, ha riconosciuto, come si detto, con la normale n. 14 del 1951 che il notaio, ai fini della concessione dei benefici previsti dalla legge 2 luglio 1949, n. 408, per l'acquisto di alloggi possa comprovarne l'effettiva abitazione -non fittizia e non effimera -quanto. egli rimpegni fa sua responsabilit attestando di aver constatato che non soltanto la casa si rivela abitata di fatto (ovviamente PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA per fa presenza in essa almeno di un minimo di mobilio e di suppellettili, di vestiario e dei pi comuni oggetti d'uso e consumo personali .che si trovano solitamente in qualsiasi casa abitata), ma che coesistono elementi obiettivi di abitabilit consistenti nella ultimazione della casa in tutti gli elementi e i servizi indispensabili all'uomo medio di oggi per vivervi con continuit, sicurezza, tutela della salute e un minimo di conforto. (quali certamente il tetto, le pareti, gli intonaci, i pavimenti, gli infissi,. i servizi igienici funzionanti, la fornitura di corrente elettrica). Trattasi di condizioni oggettive assolutamente notorie e incontestabili, quanto meno nel loro insieme, sicch non v' neppure necessit di descriverle o specificarle una ad una, dovendosi intendere necessaria~ mente richiamate per sottinteso quando ci si Jimiti alla 1s1ntetioa constatazione che l'alloggio si presenta come effettivamente abitato. D) Quale che sia l'opinione sui modi, le forme e i limiti da rispettarsi nella redazione del verbale di constatazione notarile non pu dubitarsi che, quando ad esso vi proceda, il notaio compia un atto rientrante nell'esercizio della sua professione (salvo il giudizio su eventuali errori commessi nel suo svolgimento -in quanto il verbale di constatazione notarile espressamente previsto -sia pure limitatamente -come ovvio -in casi consentiti -nell'art. 13 della tariffa allegata alla legge del 1913 sul notariato e un detto articolo stato ripi:odotto nel testo vigente all'art. 9 lett. b) con la dizione verbali di constatazione. A ci consegue che, qualora un verbale di constatazione notarile Tisulti ideologicamente falso il notaio che lo ha fondato risponder del reato di cui all'art. 479 c.p., che prevede e punisce la falsit ideolowica commessa dal pubblico ufficiale in atti formati nell'esercizio del suo ministero in relazione ai fatti dei quali l'atto destinato a provare la verit. Tutte le suesposte considerazioni paiono autorizzare le seguenti conclusioni: 1) contrariamente a quanto affermato nell'impugnata decisione, il verbale di constatazione notarile dell'effettiva abitazione di un alloggio non ne fa piena prova fino a querela di falso. Tuttavia, trattandosi pur sempre di un atto pubblico destinato inne gabilmente a provare quanto in esso affermato, ne costituisce certamente almeno un indizio, liberamente apprezzabile dal giudice e contro cui ammessa la prova contraria anche presuntiva avendo cos la stessa effi cacia probatoria dell'atto notorio; 2) in mancanza di detta prova contraria, tale indizio pu essere ritenuto, in concomitanza con altri elementi ma anche da solo, mezzo di prova sufficiente, ai sensi del 1 comma dell'art. 2729 e.e., dell'effettiva abitazione, non potendosi negare che, quando un notaio impegni la pro 832 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO pria responsabilit anche penale nella constatazione di una determinata situazione, ci ne costituisca una presunzione grave e precisa e non essendo indispensabile, in tal caso, che si abbia una pluralit di indizi concordanti (cfr. a quest'ultimo proposito sent. n. 1653 del 1975 e 982 del 1974); ! 3) neppure indispensabile che il notaio specifichi e descriva, uno I ~ ad uno, tutti gli elementi di fatto il cui concorso ha inteso sintetizzare nell'affermazione di aver constatato che l'alloggio effettivamente abitato, perch -come in precedenza si gi avuto modo di rilevare qualora il giudice penale si convincesse che non sussiisteva al momento I della constatazione notarile quel minimo di condizioni oggettive necessarie per far ritenere oggi, a chiunque abitato un alloggio in modo non fittizio e non effimero, il notaio, anche se non le ha specificate e descritte, dovrebbe egualmente rispondere di falso a norma dell'art. 479 c.p., sicch la sua constatazione, per la responsabilit che anche in tal caso involge, conserva, sia pure nei limiti di una presunzione semplice, tutta la sua forza probante. La dimostrazione dell'esattezza di tali conclusioni esige un'ultima considerazione. ben vero che, a norma del 2 comma dell'art. 2729 e.e., " le presunzioni non si possono ammettere nei casi in cui la legge esclude la prova per testimoni . Ma il diritto tributario, se da un lato sembra escludere, almeno 1in via di principio, le testimonianze, non esclude, invece, affatto le presunzioni tratte da dati obiettivi dimostrati documentalmente, che, anzi, costituiscono lo strumento di uno dei poteri principali della Finanza e aille qua:li, qu1ndi -per logico contrapposto -ben pu richiamarsi anche il contribuente. A dimostrazione di ci sembra qui sufficiente richiamare gli artt. 38, 39 e 41 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (recante disposizioni comuni in materiia di accertamento delle imposte sui redditi) che autorizzano rettifiche dei redditi dichiarati dal contribuente o accertamenti d'ufficio quando ricorrono presunzioni semplici, talvolta persino se non gravi, precise e concordanti, e nella specifica materia dell'imposta di registro gli artt. 15, 23, 25 e 48 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, che sia pure per effetti diversi e in vario modo legittimano le presunzioni. Per tutte le suesposte considerazioni, tenuto conto che nella specie la Finanza non ha mai neppure minimamente adombrato il sospetto che l'appartamento oggetto del tirasforimento rdi propriet tassato rnon fosse effettivamente abitato al momento cui si riferiva il verbale di constatazione notarile esibito dal contribuente per ottenere le agevolazioni fiscali che la c.d. legge Turpini 1riconnette l'effettiva abitazione, deve concludersi che egli aveva indubbiamente diritto alle medesime e, pertanto, il dispositivo della impugnata sentenza va confermato. (omissis) PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 833 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. 6 aprile 1982, n. 2108 -Pres. Sandulli Est. Sensale -P. M. Morozzo della Rocca (conf.). -Ministero delle Finanze (avv. Stato p,alatielilo) c. Soc. Fimaco (avv. Cogliatii Dezza). Tributi (in genere) Contenzioso tributarlo . Ricorso per cassazione . Termine Comunicazione del dispositivo all'ufficio tributarlo . Non decorre -Art. 327 c.p.c. Si applica. (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 38; c.p.c. art. 327; t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 11). Il termine di 60 giorni per il ricorso per cassazione contro decisione della Commissione centrale decorre soltanto dalla notifica ad istanza di parte del testo integrale che, nei confronti dell'Amministrazione finan' ziaria, deve eseguirsi presso l'Avvocatura dello Stato secondo la norma generale dell'art. 11 del t.u. 30 ottobre 1933 n. 1611; non mai idonea a far decorrere il termine la comunicazione all'ufficio anche se la segreteria abbia comunicato il testo completo della decisione o comunque di questo l'ufficio abbia avuto conoscenza. sempre operante il termine annuale dell'art. 327 c.p.c. (1). (Omissis) La societ controricorrente ha preliminarmente eccepito l'inammissibi1it del ricorso in quanto proposto oltre il termine di sessanta giorni dalla data di comunicazione della decisione impugnata. Nel caso, questa fu depositata il 3 dicembre 1980 e ne fu comunicato il dispositivo il 6 febbraio 1981. Il ricorso, notificato una prima volta il 3 aprile 1981, ma non depositato, fu successivamente rinotifcato il 25 maggio 1981 e cio oltre il termine di sessanta giorni dalla comunicazione del dispositivo della decisione impugnata. L'eccezione priva di fondamento. Questa Corte ha ripetutamente affermato che al ricorso per cassazione avverso la decisione della commissione tributaria centrale deve niteners,i app1iicabiJe, in mancanza di normative ad hoc nel decreto n. 636 del 1972, la disciplina delle impugnazioni del codice di procedura civile. Pertanto il termine di sessanta giorni decorre dalla notificazione (1) Una volta affermatosi l'oriientamento ad ,escludere l'idoneit, per la decorrenza del termine breve, della notificazione de~ disposiitivo delLa decisione, era di necessariia coerenza l'anailoga conclusione per la comunicazione all'ufficio; evidente che la mera trasmissione della copia della decisione (mero fatto improduttivo dd effetti) nulla aggtunge al1a comunicazione del dispositivo, che d~ solo atto formale. S~J.a, non sempre chiara, evoluzione delLa giurisprudenza suWapplicabilit deLl'art. 327 c.p.c. e suL1'irnihlevanza della notificazione del dispositivo v. Cass. 19 giugno 1981, n. 4017, 10 febbraio J982, n. 813 e 18 febbraio 1982, in. 1016, in questa Rassegna, 1982, I, 334 e 335 con ampi richiami. Sulla nuova proMematica originata dalla novella al d.P.R. sul contenzioso v. annotazione a Cass. 11 luglio 1981, n. 4508, ivi, I, 160. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEilO STATO della decisione, effettuata ad istanza di parte ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 38 del citato decreto, e non gi dalla comunicazione o notificazione del dispositivo, previsto dal terzo comma dello stesso articolo; ed, in manci.mza della notificazione di cui all'ultimo comma, applicabile il termine di un anno dalla pubblicazione della decisione, previsto dall'articolo 327 cod. proc. civ. (sent. 624, 3126, 4016, 4871 idei 1981 e numerose altre). Tale principio trova applicazione anche neI caso in cui l'Amministrazione delle Finanze abbia chiesto ed ottenuto copia integrale della decisione o l'abbia ricevuta dalla segreteria della commissione centrale con la comunicazione del dispositivo. Come si rilevato, al ricorso per cassa:iione contro le decisioni della commissione tributaria centrale si applica la disciplina del codice di procedura civile, nel cui sistema nessuna rilevanza attribuita alla piena conoscenza della sentenza ai fini della decorrenza del termine per impugnarla, che sempre data dalla pubblicazione ovvero dalla notificazione ad istanza di parte. Ci fa s che la parte soccombente, la qual ottenga copia della sentenza dalla cancelleria, no.n provoca per ci la decorrenza del termine breve per la impugnazione; e ci a maggior ragione deve ritenersi nei riguardi delle Amministrazioni statali, per le quali la notificazione della sentenza deve essere eseguita presso l'Ufficio dell'Avvocatura dello Stato, nel cui distretto ha sede l'autorit giudiziaria che ha pronunciato la sentenza, e lo stesso principio deve osservarsi per ogni altro atto giudiziale (r.d, 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 11, 2 comma). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 aprile 1982, n. 2233 -Pres. Marchetti Est. Gualtieri -P. M. Martinelli (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Gargiulo) c. Jacoarino. Tributi erariali indiretti Imposta di registro Cessione di azienda Avviamento Aliquota Si considera immobile. (R.D. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 46). Nella cessione di azienda l'avviamento quale valore aggiuntivo a quello degli elementi costitutivi, concorre ad integrare il valore di tutti i beni, mobili ed immobili, e non pu essere tassato che con l'aliquta dei trasferimenti immobiliari (1). (J) Simile l'altra sentenza 23 marzo 1982, n. 1832 di cui si omette la pubblicazione. Decisione esattissima che risolve il problema non sul punto della separabili1 dei valori mobilliari dal valore unitario (Cass. 15 ottobre 1981, n. 5401, in questo fascicolo pag. 776), ma sul punto della oggettiva inerenza dell'avviamento ai beni immobiH e mobiili e della conseguente indivisibilit. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (Omissis). Devono essere, invece, esaminate le doglianze da f) ad h) poich riguardano la parte della decisione impugnata in cui si afferma che comunque, essendo stato tassato a parte l'avviamento, non v' dubbio che l'aliquota propria applicabile a tale bene non poteva essere che quella mobiliare esattamente applicata in sede di concordato. Tali censure sono sostanzialmente fondate. A norma dell'art. 46, comma l, legge di registro n. 3269 del 1923, l'atto traslativo a titolo oneroso di propriet o di usufrutto o di altro diritto reale, quando si riferisca a beni mobili e immobi1i soggetto alla tassa proporzionale di registro stabilita per la trasmissione degli immobili, eccetto che sia stato stipulato un prezzo particolare per gli oggetti mobili e questi non siano dalla legge civile parificati agli immobili. La ratio legis, che ben si scorge collegando la regola con l'eccezione, .di tassare con l'aliquota pi elevata H trasferimento contestuale di una pluralit di beni, mobili. e immobili, quando l'unicit del prezzo pattuito dai contraenti, ossia il carattere globale e indifferenziato del corri.spettivo riferito all'intero compendio dei beni alienati per modum unius, impedisce alla Finanza di verificarne i rispettivi valori, a ciascuno dei quali, altrimenti, andrebbe applicata l'aliquota che gli compete. Nell'ampia previsione della norma in esame rientra anche il caso della vendita di un'azienda comprensiva di beni mobili e immobili, con la conseguente tassazione in base alle rispettive aliquote o solo in base alle rispettive aliquote o solo in base a quella pi elevata stabilita per gli immobili, secondo che il prezzo risulti distinto per le due categorie di beni ovvero sia indicato globalmente, come nella specie. Quanto sopra premesso, devesi rilevare che l'art. 31 della legge in parola, con specifico riguardo al trasferi~ento dell'azienda, dispone che, ai fini della valutazione, vanno presi in esame la quantit ed il valore delle merci... la specie e il valore degli altri beni di ogni natura, compresi l'avviamento e i diritti di privativa. Orbene, essendo l'avviamento una qualit dell'azienda, concretantesi nella attitudine dei beni organizzati a produrre utili diversi e maggiori di quelli che potrebbero essere conseguiti dall'utilizzazione separata di ciascuno di essi, e comportando, in quanto tale, un valore aggiuntivo a quello degli altri elementi aziendali, l'avviamento stesso un elemento che concorre a intgrare il valore dei beni immobili e mobili cui si riferisce; pertanto, esso non pu che essere tassato con l'aliquota dei trasferimenti immobiliari. N varrebbe obbiettare che, nella fattispecie, sia intervenuto un concordato separato tra contribuente e Fisco sul valore dell'avviamento, idoneo ad escludere una siffatta tassabilit; invero, la stipulazione, ad opera dei contraenti di un prezzo particolare per i beni mobili, compreso l'avviamento, prevista dall'art. 46 citato come ipotesi di inapplicabilit, in via di esecuzione, dal principio generale sancito nella prima parte di 836 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO detta norma, non pu essere in alcun modo assimilato alla definizione del valore dell'avviamento mediante concordato, intervenuta tra i contribuenti e la Finanza. Il ricorso va, pertanto, accolto, con conseguente cassazione della decisione impugnata ed il rinvio della causa, per nuovo esame, alla C.T.C., che si atterr ai suesposti princpi di diritto. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 aprile 1982, n. 2407 -Pres. Miele Est. Falcone -P. M. Dettori (conf.). -Rassu (avv. Cardarelli) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Angelini Rota). Tributi {in genere) . Contenzioso tributario Procedimento innanzi alle Commissioni Estensione -Art. 44 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636 Effetti Riproposizione di nuovo ricorso -Inammissibilit. (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 44). A seguito dell'estinzione del procedimento innanzi alle commissioni a norma dell'art. 44 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636, inammissibile la riproposizione di nuovo ricorso, sia in prima istanza che in grado di impugnazione (1). (Omissis) L'unico motivo, svolto sotto la rubrica di violazione e falsa applicaUone dell'art. 44 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636; dell'art. 310 cod. proc. civ., dell'art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale e dei princpi in materia nonch di diiifetto e con1lradiditooiet di motiva zioni, diretto a censurare la tesi affermata dalia decistione dmpiuignata, dii inammissibilit di un secondo 'ricorso alla commissione tribu1Jairia di primo grado, dopo l'arvvenuta notifica dell'ordiiinanza dii estmziioo.e del processo, a suo tempo introdotto con tempestivo ricorso, :per dio.os servanza dell'onere di presentazione delLI'iistanza di trattazione imposta dalla norma transitoria dettata daihl'art. 4( del d.P.R. n. 636 su:llia revi sione della disciplina del cont,enziioso tributario. Sostiene il ricorrente che, mancando nel processo tributario una norma disciplinatrice degli effetti dell'estinzione del processo, la ricerca di essa non poteva che essere compiuta facendo ricorso al codice di pro cedura civile, col risultato di identificare nella disposizione dell'art. 310 il prindpio, applicabile anche nella specie, secondo il quale l'estinzione del processo non estingue l'azione e quindi non preclude la possibilit di farla valere nuovamente promuovendo un altro processo. (1) Decisione di evidente esattezza. Interessante la a>recisaziione sulla compatibilit tra la decadenza a causa dell'osservanza cli un termine perentorio e ~a natura del processo di accertamento del rapporto. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Aggiunge che la previsione della ricordata norma dell'art. 44 d.P.R. n. 636 del 1972, secondo cui dalla data di notificazione dell'ordinanza di estinzione del processo decorrono o riprendono a decorrere i termini di decadenza e di prescrizione, stata ritenuta riferibile ai soli poteri e diritti di natura sostanziale derivanti dal rapporto tributario alla pubblica amministrazione, con motivazione insuJficiente e contraddittoria. La tesi critica del ricorrente non meritfl. adesione ed il ricorso deve, pertanto, essere respinto. Sembra opportuno ricordare che, nel regime transitorio della disciplina del contenzioso tributario disciplinato dal d.P.R. n. 636 del 1972, il ricordato art. 44 ha stabilito che il contribuente, nel giudizio pendente innanzi alle Commissioni tributarie, tenuto, entro un termine perentorio dalla data dell'insediamento della commissione competente, a chiedere la trattazione del ricorso o della propria impugnazione con una istanza per fissazione d'udienza, con la comminatoria, nel caso di mancato compimento di questo atto d'impulso processuale, dell'estinzione del processo, la quale (senza porsi il problema se e come, ove non rilevata possa essere pronunciata in un successivo grado del procedimento) viene dichiarata d'ufficio, dal Presidente della Commissione tributaria, con ordinanza reclamabile dinanzi al collegio (Cass. 7 maggio 1979, n. 2587; 7 febbraio 1979, n. 824; 29 novembre 1978, n. 5638). In relazione a questa normativa sotto il problema se l'avvenuta notificazione dell'ordinanza di estinzione del processo precluda o meno al contribuente il potere di adire nuovamente la commissione tributaria :riproponendo il ricorso introduttivo (in ipotesi di estinzione del giudizio pendente dinanzi alla commissione di primo grado) o quello d'impugnazione (nel caso di estinzione dello stesso giudizio in fase d'impugnazione), problema sul quale questa Corte ha avuto occasione di pronunciarsi con riferimento alla seconda eventualit menzionata, affermando il principio che nel processo civile, le cui nornne sono applicabi.li in quanto non incompatibili, in quello tributario, l'estinzione del giudizio d'dmpugnazione fa divenire definitivo il provvedimento impugnato, quale che esso sia, sen7la riapriire i ten:nia:J,i per la sua impugniazione, onde festin'.lldone, prevista dal citato art. 44 non potrebbe egualmente consentire, in mancanza di una norma espressa, un nuovo esercizio del potere d'impugnazione ormai consumato (Cass. 4 giugno 1980, n. 3637). In questa stessa pronuncia la Corte ha avuto anche modo (per completezza di trattazione della problematica cos come sollevata con le censure proposte) di esprimersi per la non ripmponibilit del ricorso anche quando l'estinzione abbia riguardato il giudizio dinanzi alla commissione di primo grado, respingendo fa tesi dehl'.applioabiiliit dell'1wt. 310, primo comma, del cod. prnc. civ. (secondo il quale l'estinzione del processo non estingue l'azione), sul rilievo del carattere di impugnazione del ricorso alle commissioni tributarie . RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'indirizzo cos segnato nella soluzione del problema che ne occupa merita conferma; e ne va condivisa, anzitutto, la premessa che rifiuta l'argomento fondato sulla portata del rinvio alle norme del codice di procedura civile nel processo dinanzi alle commissioni tributarie, risultante dall'art. 39 del cit. d.P.R. n. 363 del 1972 -il quale dichiara applicabili nei limiti della compatibilit con le norme dettate per il nuovo contenzioso tributario e con quelle che disciplinano le singole imposte, le sole norme del primo libro del codice di rito (con alcune esclusioni) -perch imposto dalla coerenza e completezza del sistema e dalla stessa significatiiva portata del rinvio alle disposizioni generali di detto codice, l'applicabilit,'nei limiti anzidetti, di princpi e di norme disciplinantii istituti generali del processo, quale -fra gli altr.i -la estinzione, di cui manchi una disciplina nel contenzioso tributario (v. sull'applicabilit dell'art. 345, primo comma: Cass. 27 aprile 1979, n. 2440; dell'art. 295: Cass. 14 maggio 1975, n. 1856). Dall'accoglimento di questa impostazione, peraltro, non segue come necessaria conseguenza l'adesione alla tesi prospettata, secondo. cui la regola della sopravvivenza dell'azione all'estinzione del processo, dettata dall'art. 310, primo comma cod. proc. civ. compatibile con il procedimento contenzioso tributario, quale principio generale in esso non derogato, poich l'inapplicabilit di detto principio deriva da un limite che lo stesso incontra anche in ipotesi di azioni fatte valere a tutela di diritti soggettivi dinanzi all'autorit giudiziaria, quando per l'esercizio della azione sia imposto come nella materia che ne occupa un termine di decaqenza. Questa Corte, con giurisprudenza conforme e di lontana formazione (v. Cass. 3 foglio 1980, n. 4214; 5 dicembre 1970, n~ 2561; 9 novembre 1970, n. 2296; 13 maggio 1968, n. 1506; 27 maggfo 1961, n. 1261; 5 luglio 1960, n. 1770; 9 ottobre 1954, n. 3524; 30 settembre 1954, n. 3172; 6 aprile 1949, n. 788; 17 febbraio 1947, n. 213) ha ripetutamente affermato che, quando la decadenza pu essere impedita soltanto dall'esercizio d1 un'azione, la tempestiva proposizione della relativa domanda giudiziale consegue tale effetto non in quanto costituisce una manifestazione di volont sostanziale, ma in quanto instaura un rapporto processuale, ponendosi come condizione dell'effetto utile che si ottiene soltanto con la sentenza di accoglimento; con la conseguenza che la sopravvenuta estinzione del processo, pur non essendo incompatibile con il nuovo esercizio della azione, rende inefficaci tutti gli atti processuali compiti, compreso l'atto introduttivo della lite, al quale non pu essere attribuito alcun effetto procesooale o sostanziale, e quiI11di neppure quello di impediire la decadenza del dirJtto dedotto in giudizio. stato inoltre, osservato che tale principio pienamente conforme al fondamento intrinseco dell'istituto della decadenza, la quale, pu essere impedita soltanto mediante il compimento di un atto determinato, PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 839 lnsuscettibile di equipollenza, (art. 2966 cod. civ.), la cui operativit deve permanere durante tutto l'iter necessario al conseguimento dello scopo che gli proprio; ed stato chiarito come l'estinzione del processo si ponga quale condizione legale risolutiva dell'efficacia degli atti processuali compiuti (art. 310, secondo comma, c.p.c.), per cui essa travolge ineluttabilmente anche l'atto introduttivo della lite. Che, poi, il termine per adire le commissioni tr,ibutarie debba qualificarsi di decadenza non sembra dubitaibfile, ove 1si cons1deri che dJ. ricorso pu essere proposto contro l'avviso di accertamento e gli altri atti indicati nelfart. 16 del d.P.R. n. 636 del 1972 (come modificato dal d.P.R. 3 novembre 1981, n. 739), sicch il provvedimento amministrativo si pone come antecedente necessario di tale giurisdizione (condizionata). strettamente conseguente, infatti, al principio, pacifico nel nostro ordinamento, ,secondo cui il provvedimento invalido ha autorit di prov vedimento e quindi imperativit finch non ne sia dichiarata l'invalidit, la fissazione di un termine, di solito molto breve, entro il quale consentito adire il giudice competente, e la qualifica di tale termine, per effetto c;lel cui decorso, il provvedimento diventa inoppugnabile, come termine di decadenza, in considerazione della sua funzione. ben vero che tanto nella giurisprudenza di questa Suprema Corte (Cass. 5 marzo 1980, n. 1471) quanto in quella della Commissione Tributaria Centrale (dee. 29 settembre 1979, n. 9666 e 27 marzo 1981, n. 3011) risulta chiarito che il processo tributario non si configura come processo di annullamento; m la portata di questa affermazione; nel senso che trattasi di giurisdizione che non realizza la sua funzione con una mera pronuncia costitutiva di annullamento, essendo chiamata, .in virt del principio inquisitorio che lo domina (art. 35 d.P.R. 636 del 1972), a vermcare la fondatezza o meno della pretesa tributaria, giudicando della controversia d'imposta (art. 1 d.P.R; cit.), non contrasta con le osservazioni innanzi svolte, che rimangono valide, dn presenza di un provvedimento che condiziona la giurisdizione e della cui legittimit deve conoscersi per procedere, all'esito negativo della pertinente indagine, alla verifica della fondatezza o meno della pretesa tributaria. Nel senso che il termine per ricorrere, nel processo tributario, abbia sempre natura di termine di decadenza, si espressa, giova ricordarlo, anche la Corte Costituzionale, (ordinanza n. 144 del 6 dicembre 1977) nel dichiarare manifestamente infondata la proposta questione di costituzionalit dell'art. 44 (gi in precedenza dichiarata .infondata con la decisione n. 63 del 1977) sotto il profilo di un preteso contrasto con l'articolo 24 Cost. in quanto non pu trovare applicazione in detto processo, per la natura del termine, l'art. 310 del codice di procedura civile. La decadenza, con la conseguente preclusione alla riproposizione di quell'azione idonea ad impedirla gi fatta valere nel giudizio estinto 15 840 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO a norma dell'art. 44, consegue, per le ragioni esposte, dai princpi generali .in materia, che non risultano derogati dalla ulteriore disposizione a tenore della quale, dalla data della notificazione (dell'ordinanza dichiarativa dell'estinzione) decorrono o riprendono a decorrere i termini di decadenza e di prescrizione. Questa disposizione, il cui valore derogatorio dei princpi generali richiamati non risulta certamente espresso, come avrebbe richiesto l'incidenza sul sistema che si vorrebbe attribuirle, non pu, tenuto anche conto della normativa propria della decadenza, secondo cui alla stessa non si applicano le norme relative all'interruzione e quelle che si riferiscono alla sospensione, salvo per queste ultime diversa dispos:raione (art. 2%4 cod. civ.), che riguardare i termini relativi all'esercizio dei poteri e dei diritti dell'amministrazione finanziaria, di natura sostanziale, nascenti dalla definizione del processo tributario e quelli rimasti sospesi o interrotti per la pendenza di esso (quale ad esempio il termine per l'iscrizione a ruolo di cui all'art. 180 del T.U. n. 645 del 1958). L'interpretarione propugnata dal ricorrente, con la correlativa incidenza derogatoria dei principi gi accennata, risulta poi inaccettabile, per contrasto con la ratio della disciplina di cui si discute, del tutto coerente con le evidenti finalit che l'hanno suggerita, di condizionare, per le esigenze connesse alla prima attuazione della riforma tributaria ed alla concessa .possibilit di condono e di sistemazione delle vertenze in corso, l'ulteriore procedibilit dei ricorsi e delle imp.gnazioni pendenti alla iniziativa degli interessati, al fine di smaltire e per quanto possibile eliminare rapidamente la massa dci procedimenti gi proposti solo a scopo interruttivo e dilatorio, o divenuti inutili (v. Corte Cost. sent. n. 63 del 1977). evidente che richiedere da un lato la conferma di un persistente interesse alla tutela giurisdizionale, imponendo a questo scopo l'onere di una specifica attivit processuale, sanzionata, in caso di inosservanza, con l'estinzione del processo e quindi -per quanto gi detto -con la decadenza del potere di ricorrere contro l'atto di imposizione, in conseguenza della sopravvenuta inefficacia di tutti gli atti del giudizio estinto, e perci anche dell'atto introduttivo del processo impeditivo della decadenza, non potrebbe non provato con il d.P.R. 16 luglio 1962 n. 1063, affermata da costante giurisprudenza, cfr. Cass. 28 gennaio 1980, n. 658 'e 24 novembre 1968, n. 5522, ii:n questa Rassegna 1980, I, 209 con richiami alla precedente giurisprudenza; sulla problematica de1la ricostruzione deWarbitrato, predisposto dalle norme dei diversi capitolati, come facoltativo o obbligatorio, della i11egHtimit deLle norme configuranti arbitrati obbligatori e sul rtlievo di taile dWlegittimit nel giudizio arbitrale o in quello 1nimato davanti al giudice ordinario, cfr. Cass. 27 maggio 1981, n. 3474, in questa Rassegna, 1981, I, 597; Cass. 14 maggio 1981, n. 3167, in questa Rassegna, 1981, I, 421, Arch. giur. op. pubbl. 1981, II, 120 e Giust. civ. 1981, I, 2635 con nota di CARBONE lP., Natura giuridica dei capitolati generali, carattere dispositivo delle norme che prevedono l'arbitrato quale strumento di composizione delle controversie e tempestivit delle riserve in caso di sospensione; Cass. 28 gennaio 1980, n. 658 cit. e App. Roma 29 giugno 1981, n. 1219, Arch. giur. op. pubbl. 1981, II, 372. (3) Nehl:o stesso senso, Cass. 19 marzo 1980 n. 1818, in questa Rassegna 1981, I, 410 e Arch. giur. op. pubbl. 1981, II, 1. In genere, suhl'applicabilit dell'art. 11664 cpv. agli appalti di opere pubbliche, cfr. TORREGROSSA, L' equo compenso e la disciplina delle sopravvenienze negli appalti pubblici {art. 1664, cpv., cod. civ.), in Cons. Stato 1980, II, 1393. PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 845 L'art. 36 comma 4 del capitolato generale d'appalto delle opere pubbliche approvato con il d.P.R. 16 luglio 1962 n. 1063 non si applica agli appalti conferiti da enti per i quali non sia prevista la registrazione alla Corte dei conti del decreto emesso in esecuzione dell'atto risolutivo della controversia. Trova applicazione nel caso il principio generale dettato dall'art. 1224 e.e., con conseguente decorrenza degU interessi dalla data della domanda, primo atto di costituzione in mora (4). (omissis) I ricors.i principale ed incidentale, rispettivamente proposti dal Consorzio di bonifica per il canale emilio-romagnolo e dall'Impresa Maggiulli Michele, debbono essere riuniti investendo con le rispettive impugnazioni la medes,ima sentenza (art. 335 c.p.c.). Con il primo motivo del ricorso principale (violazione dell'art. 47, 2" comma, D.P.R. n. 1063 del 1962, e degli artt. 1362, 1363, 1367 cod. civ.; vizi di motivazione) si deduce che il secondo comma dell'art. 47 del citato D.P.R., 1in ordine alla facolt 1riconosoiuta alle parti del contratto di appalto di opere pubbliche di declinare la competenza del Collegio arbitrale previsto dagli artt. 43 e 45, per sua intrinseca natura non pu essere derogato o rinunziato preventivamente dalla volont delle parti con il 'contratto di appalto, e che comunque erroneamente Ja Corte di Appello avrebbe ritenuta chiara espressione della volont di deroga o di rinunzia sempre preventive -il richiamo (contenuto nel contratto di appalto) all'art. 43 D.P.R. n. 1063 del 1962 in tema di competenza arbitrale, e non anche all'art. 47 che, concede alle parti la facolt di declinare la compe tenza arbitrale. La censura sostanzialmente infondata e non pu trovare accoglimento. Si deve premettere, com' ampiamente noto, che il capitolato generaile di appalto per le opere pubbliche di competenza del Ministero dei Lavori Pubblici approvato con D.P.R. n. 1069 del 16 luglio 1962 ha natura ed efficacia normativa di regolamento di organizzazione (Cass. 1975 n. 3018, Cass. 1970 n. 814) soltanto nei confronti delle amministrazioni statali, (4) Come 1a sentenza dcorda, la giurisprudenza delila Corte di cassazione da tempo attestata net senso della massima: cfr. al riguardo, dopo Cass. 23 novembre 1971 n. 3398, Foro it. 1972, I, 2N7 (riguardante l'art. 40 ult. cpv. del d.m. 25 maggio 1895 ed opere della Cassa per il Mezzagiorno); Cass. 25 maggio 1973 n. 1527, Foro amm. 1974, I, 1, 124 (resa con riguardo anche all'art. 36 ult. cpv. del d.P.R. 116-7-1962 n. 1063 e sempre con riguardo ad opere della Cassa per il Mezzogiorno); Cass. 27 novembre 1975 n. 3958, Arch. giur. op. pubbl. 1975, II, 204 (art 40 e Comune di Roma); Cass. 9 agosto 1977 n. 3648, 10 agosto 1977 n. 3679 e 13 dicembre 1977 n. 5413, Giust. civ. Mass. 1977, 1473 e 1486 e Cons. Stato 1978, II, 474 (concernenti la prima opere della Cassa per il Mezzogiorno, la seconda opere appaltate da un comune, la terza opere appaltate da una provincia). 846 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mentre per gli altri enti, sebbene tenuti ad uniformare i propri capitolati a quello generale suddetto, le norme contenute nel suddetto capitolato costituiscono clausole negoziali operanti per richiamo pattizio e non imposte autoritariamente nel quadro di un rapporto implicante entro determinati limiti la subordinazione di un soggetto all'altro (Cass. 1981 n. 1829, 1977 n. 3679, 1975 n. 3018 ed altre). Nella presente fattispecie, com' pacifico tra le parti, e come stato accertato dai giudici di merito, l'importo della spesa per la esecuzione nell'opera pubblica stata assunta a totale carico dello Stato, e, conseguentemente, il CapJtolato de quo ha tra le parti efficacia normativa e come tale deve trovare applicazione. Ci premesso, si deve rilevare che nel sistema deducibile dal coordinamento degli artt. 43 e 47 del Capitolato Generale approvato con D.P.R. n. 1063 del 1962 non sono consentite deroge o rinunzie preventive mediante clausole inserite nei contratti di appalto in vista di eventuali e future controversie alla facolt di declinare la competenza arbitrale al fine di optare per quella del giudice ordinario, e ci fondamentalmente per due ordini di ragioni. In primo luogo, l'arbitrato prev,isto dal capitolato generale sopramenzionato si differenzia nettamente da una giurisdizione speciale e, a differenza di quello disciplinato dall'art. 42 del precedente Capitolato Generale (di cui al D.M. 28 maggio 1895), focoltativo e non obbUgatorio (Cass. 1979 n. 400, 1978 n. 3515 ed altre sentenze), e preordinato a garantire nell'interesse pubblico la scelta del giudice competente causa cognita; e non pare dubbio che ammettere la rinunziabilit preventiva alla facolt di declinare la competezza arbitrale costitwrebbe sia un modo indiretto di introdurre nuove forme, assimilabili quo ad effectum ad un arbitrato obbligatorio, il quale a sua volta presenta aree rilevanti di contiguit, concettuale ed operativa con la giurisdizione speciale, sia l'elusione di un potere di .valutazione dell'interesse pubblico (sulla base di una concreta causae cognitio) in ordine alla scelta tra la competenza arbitrale e quella ordinaria. In secondo luogo, il meccanismo applicativo dell'art. 47 del CapJtolato in tema di deroga alla competenza arbitrale presuppone che la controversia sia gi sorta tra le parti e che si tratti di scegliere tra il giudice arbitrale e quello ordinario. E precisamente la competenza del Collegio arbitrale previsto dall'art. 43 pu essere derogata a norma del successivo art. 47, a favore del giudice ordinario, sia dall'attore e sfa dal C()II1tenuto: dal priimo, proponendo la domanda direttamente davanti al giudice ordinario (anzich davanti al Collegio arbitrale), e dal secondo, (cui sia stata notificata la ~: domanda di arbitrato) notificando entro un termine preciso la sua contraria determinazione alla controparte, la quale a sua volta, se intenda li f proseguire il giudizio, deve propoI1re la sua domanda davanti al giudice . . 11111111r1J1rt1JJltAr1111a111t!11111:111t111fr{;~1111t1~=:1:1J:t1Jt11&11111:;:11:111r11a1 . . . ::::: . ........_:_.....--:.-:::-::--:--:--::.-:: -x/ - PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 847 competente a norma delle disposizioni del codice di procedura civile e del T.U. 30 ottobre 1933 n. 1611. (Cass. 1978 n. 3852, 1981 n. 5263 ed altre). Tuttavia tutte queste considerazioni, per quanto concerne la potest di deroga alla competenza arbitrale da parte del convenuto ai sensi dell'art. 47, 2 comma, del capitolato generale (e nella specie il Consorzio ricorrente era stato convenuto davanti al Collegio arbitrale) debbono essere integrate dal rilievo che l'esercizio del potere di deroga alla competenza arbitrale da parte del convenuto subordinato a modi e tempi ben precisi. Invero, il convenuto deve notificare alla parte attrice che ha formulata la domanda di arbitrato, la propria volont diretta ad escludere la competenza arbitrale, e detta notificazione deve aver luogo entro trenta giorni dalla notificazione della domanda di arbitrato. Questa Corte, procedendo all'esame della posizione del1a parte convenuta e dei suoi oneri, ha ritenuto che la manifestazione della volont del convenuto deve essere espressa e non equivoca e che il termine entro il quale la volont deve essere manifestata ha carattere perentorio (Cass. 1971 n. 639). Nella specie, il Consorzio convenuto in sede arbitrale non ha ritualmente esercitato il potere di declinare la competenza arbitrale, risultando dagli atti di causa sul punto (esposti nello svolgimento del processo relativo alla sentenza della Corte d'Appello) che la domanda di arbitrato proposta dall'Impresa Maggiulli era stata notificata il 27 dicembre 1974, che il Consorzio aveva dichiarato con atto notificato il 27 marzo 1975 (oltre trenta giorni dalla precedente notificazione) di voler declinare la competenza arbitrale ai sensi del secondo comma dell'art. 47 e con atto notificato il 17 giugno 1975 aveva invece confermata la designazione del proprio arbitro nella persona del Sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Zagari, riservandosi di sollevare in sede arbitrale formale eccezione di incompetenza. A seguito di tale incerto, contraddittorio ed intempestivo comportamento del Consorzio, la competenza del Collegio arbitrale rimasta radicata ed il lodo risulta emanato da organo competente. Con il secondo motivo (violazione dell'art. 1664 2 comma cod. civ. e dei principi in tema di onere della prova -vizi motivaziornaili) si dedUJOO che la difficolt dell'impresa di reperire mano d'opera in loco ed i maggiori oneri derivanti dalla necessit di ricorrere a lavoratori reclutati in altre zone non darebbero diritto all'impresa di ottenere l'equo compenso previsto dal secondo comma dell'art. 1664 cod. civ. poich le difficolt lamentate non sono dipendenti da cause geologiche, idriche e simili e comunque non sarebbero state imprevedibili. La censura merita accoglimento. Secondo una recentissima sentenza di questa Corte (Cass. 1980 n. 1818), avendo riguardo al secondo comma dell'art. 1664 cod. civ. (se nel corso dell'opera si manifestano difficolt derivanti da cause geologiche, idriche 848 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO e simili, non previste dalle parti, che rendono notevolmente prn onerosa la prestazione dell'appaltatore, questi ha diritto ad un equo compenso), nel contesto dell'espressione cause geologiche, idriche e simili , determinanti una sopravvenuta onerosit eccedente i limiti delle prestazioni contrattuali e legittimanti la pretesa di un equo compenso, l'aggettivo simili vale ad individuare soltanto le altre cause che presentino le stesse qualit e caratteristiche intrinseche delle precedenti cause esplicitamente menzionate. L'enunciato normativo, che non lascia spazio a dubbi di ermeneutica letterale, fa riferimento alla tipologia causale, non a quella effettuale, cosicch il diritto all'equo compenso previsto in relazione a cause geologiche, id11iche e simili, non a diverse cause sebbene produttive di effetti identici o analoghi. Pertanto anche una interpretazione lata ed estensiva consente soltanto di comprendere nella norma e nella corrispondente disciplina le difficolt di esecuzione dipendenti da cause naturali, non quelle provocate da sopravvenienze oggettive di tipo diverso, quali, ad esempio, il fatto del terzo ed il factum principis. In relazione al principio sopra enunciato, si presenta erronea l'affermazione motivazionale contenuta nella sentenza impugnata secondo cui l'elencazione delle cause previste dall'art. 1664, 2 comma, cod. civ. non pu riguardare le sole cause naturali ed obbiettive, ma comprende tutte quelle altre cause che abbiano il comune denominatore della sopravvenienza, della obbiettivit e della imprevedibilit con incidenza su una sola delle contrapposte prestazioni, e precisamente comprende anche i fatti umani sociali ed economici che siano imprevedibili e sopravvenuti in rapporto con la normale capacit di controllo da parte dei soggetti del rapporto (irreperibilit di manodopera nel luogo di esecuzione dei lavori e necessit di reclutarla altrove). Con il terzo motivo (violazione dell'art. 36, ultimo comma, D.P.R. n. 1063 del 1962) si censura la statuizione della Corte d'Appello, la quale, attribuendo all'.impresa Maggiulli gli .interessi legali sulle somme liquidate dalla data della domanda di arbitrato e ritenendo non applicabile la disposizione di cui all'art 36 ultimo comma del D.P.R. n. 1063 del 1962 (perch la controversia riguardava un ente per il quale non era prevista la registrazione presso la Corte dei Conti dell'atto. risolutivo della controversia), non avrebbe considerato che il citato art. 36 contiene un principio generale secondo il quale a carico dell'ente pubblico non possono correre interessi fino all'emissione del provvedimento definitivo in ordine alla risoluzione della lite. Il motivo infondato e non pu trovare accoglimento. Il citato art. 36 del Capitolato Generale di appalto delle opere pubbliche di competenza del Ministero dei Lavori Pubblici, nella parte in cui dispone che sulle somme dovute all'appaltatore a seguito di controversia g1i interessi legali cominciano a decorrere trenta giorni dopo la registrazione alla Corte dei Conti del decreto emesso in esecuzione dell'atto riso- I I I I ! I PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 849 lutivo della controversia, non si applica agli appalti conferiti (come nella specie a proposito dei Consor2'li di Bonifica) da enti per i quali non sia prevista detta registrazione e nei confronti dei quali deve operare il principio generale dettato dall'art. 1224 cod. civ. e precisamente nel senso che gli interessi legali decorrono dalla data della domanda di arbitrato, primo atto di costituzione in mora. In tale senso la costante giurisprudenza di questa Corte (Cass. 1977 n. 5413, 1977 n. 3648, 1975 n. 3958, 1976 n. 8, 1973 n. 1527) e non si ravvisano adeguate ragioni per modificare detto indirizzo. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez I, 14 giugno 1982 n. 3618 -Pres La Farina - Rel. Bo!ruso -P. M. Antori (diff.) -Impresa Pietro FogJ:ia e fi.gi1i S.p.A. (avv. Piaggio) c. Amministrazione dei Lavori Pubblici (avv. Stato Onuirio). Appalto -Appalto di opere pubbliche Onerosit e difficolt di esecuzione Equo compenso Pronunzia che esclude derivare il diritto da fatto colposo dell'Amministrazione e spettare interessi per il corso del giudizio Impugnazione della seconda parte per violazione dell'art. 36 ult. cpv. d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063 -Infondatezza. (d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, art. 36, quarto comma}. Appalto Appalto di opere pubbliche Prezzo Interessi Decorrenza Disciplina del capitolato gen. oo.pp. Deroga alla disciplina codicistica Illegittimit Esclusione. (d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, art. 36 quarto comma; cod. civ., art. 1282). Passato in giudicato, perch non impugnato, il capo di decisione che ritenga il diritto dell'impresa all'equo compenso ex art. 1664 cpv. cod. civ. derivare non da una inadempienza contrattuale, ma da una contestazione in corso d'opera circa la maggiore onerosit della prestazione dell'appaltatrice non censurabile per violazione dell'art. 36 ult. cpv. d.P.R. 16 luglio 1962 n. 1063 il connesso capo di decisione che escluda il decorso degli interessi per la durata del giudizio. Tale norma non esclude che nelle more del giudizio promosso per far valere l'inadempimento dell'amministrazione, sulle somme domandate e riconosciute dovute decor;rano a titolo di danni interessi legali dalla domanda, ma deve trattarsi non gi di interessi corrispettivi, rispetto ai quali opera la franchigia prevista dall'art. 36 ult. cpv., bens di interessi moratori, la spettanza dei quali presuppone l'inadempimento o il ritardo (nella specie escluso) (1). (1-2) Cass. 2 af:OSto .1977 n. 3412, in Arch. giur. op. pubbl. 1977, II, 210 -richiamata in motivs.zione -afferm per la prima volta che l'art. 36 ult. cpv. del d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063 non poteva venir inteso nel senso che discipli 850 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO Le norme disciplinanti gli interessi sulle somme dovute dall'amministrazione appaltante, contenute nel d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063 i(in particolare l'art. 36 ult. cpv.), non sono in contrasto con le corrispondenti norme del codice civile (in particolare l'art. 1282, cod. civ., in tema di decorrenza degli interessi corrispettivi), giacch le seconde sono derogabili dalle parti e le prime costituiscono norme regolamentari aventi la funzione di integrare il contenuto dei contratti di appalto conclusi con l'amministrazione dai privati appaltatori, che debbono conoscerle e accettarle al momento di concludere il contratto (2). (omissis) Con 'il primo motivo del ricorso, la societ Foglia, denunciando la violazione degli artt. 36, ultimo comma, del D.P.R. 16 luglio 1963 n. 1063, e degli artt. 1224 e 1227 cod. civ., deduce che la Corte d'appello avrebbe omesso di considerare che la disposizione contenuta nell'ultimo comma del capitolato generale di appalto del Ministero dei Lavori Pubblici concerne solo il ritardo dei pagamenti e non pu essere inteso come esclusione di responsabilit dell'amministrazione per inadempimento, trattandosi di una franchigia concessa all'amministrazione per espletare le pratiche burocratiche necessarie al materiale pagamento dopo il controllo success,ivo della Corte dei Conti. La censura muove dal presupposto che la pronuncia della Corte d'appello, circa la decorrenza degli interessi sulla somma attribuita all'appaltatore, sia fondata sulla ritenuta applicabilit della regola posta dall'rt 36, quarto comma, del capitolato generale delle opere pubbliche anche nel caso, ritenuto ricorrente nella specie, di accertato colpevole inadempimento della pubb1ica amministrazione nei suoi obblighi contrattuali, con conseguente esenzione della stessa amministrazione dal pagamento anche degli interessi di mora, dovuti a titolo di danno, fino a trenta giorni dopo la registrazione alla Corte dei Conti del decreto omesso a seguito del riconoscimento gfodiziale del debito e dell'inadempimento. Che questo sia il senso della censura, risulta ancora pi chiaro dal richiamo fatto dalla ricorrente, come sostegno e contenuto della sua doglianza, alla sentenza di questa Suprema Corte n. 3412 del 1977, nella quale fu enunciato il principio nando espressamente la decorrenza degli interessi sulle somme contestate e riconosciute in sede contenziosa, con riferimento al tempo successivo a tale ricono scimento, abbia implicitamente negato che le somme pretese per inadempimenti dell'amministrazione e contestate potessero essere produttive di interessi per tutto il tempo in cui, a seguito della contestazione poi dichiarata infondata, sia durato il giudizio conclusosi con il definitivo riconoscimento di esse . Alla affermal'lione di taJe principio la Corte perveniva in quell'occasione avendo negato che nell'art. 36 potesse rinvenirsi una deroga alla regola generale di diritto civile sancita dall'art. 1224 cod. civ. Sulla seconda massima non constano precedenti ,in termini de1la cassamone. 1: r: ...........,~~~ PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI che la suddetta norma del capitolato si riferisce solo al decorso degli interessi (corrispettivi) successivamente alla pronuncia giudiziale, ma non esclude che, nella more del giudizio promosso per far valere l'inadempimento dell'amministrazione sulle somme domandate o riconosciute dovute decorrano a titolo di danni, gli interessi legali dalla data della domanda a quella della pronuncia. Precisati in tal modo gli esatti termini della censura, essa non pu trovare accoglimento per il preliminare assorbente rilievo che la ratio decidendi della pronuncia impugnata non quella indicata dalla ricorrente e dalla stessa denunciata come giuridicamente erronea, ma risiede, invece, nell'affermazione che nella specie non era ravvisabile uninadempienza imputabile all'amministrazione, poich si era trattato di una contestazione in corso d'opera circa la maggiore onerosit della prestazione dell'appaltatriice , escludendosi, cio, proprio la ricorrenza in concreto del presupposto (colpa dell'amministrazione nell'inadempimento o nel ritardo) in presenza del quale, secondo la tesi sostenuta dalla ricorrente mediante il richiamo ai principi enunciati nella ~icordata sentenza di questa Corte n. 3412 del 1977, rimarrebbe inoperante la franchigia dagli interessi concessa all'amministrazione nei termini previsti dall'ultimo comma dell'art. 36 del capitolato. E la predetta affermazione del giudice del merito circa l'insussistenza di un adempimento colposo dell'amministrazione non pu essere esaminato e controllato da questa Corte n sotto il profilo della correttezza giuridica, n sotto quello dell'adeguatezza e della congruit logica della motivazione, poich contro di essa non stato proposto alcuno specifico rilievo critico, ed il relativo accertamento, quindi, rimasto definitivamente ed incontestabilmente acquisito in causa. Ne derJva che la censura della ricorrente, che sostiene non potersi estendere la norma del capitolato applicata dalla corte di appello fino al punto da esonerare la pubblica amministrazione dalla responsabilit per inadempimento, si presenta in concreto completamente priva di oggetto, essendo stati appunto esclusi in radice i presupposti che avrebbero potuto radicare la detta responsabilit. N la censura potrebbe trovare ingresso sotto il profilo della violazione del principio, definito dalla ricorrente nella memoria della perpetuatio iurisdictionis , che gli effetti della decisione retroagiscono al momento della domanda; infatti, pur facendo risalire l'accertamento del credito al momento della domanda giudi1Jiale, gli interessi che secondo la ricorrente ne dovrebbero lerivare, essendo stata espressamente esclusa un'inadempienza imputabile all'amministrazione, non potrebbero mai definirsi moratori, dovuti cio a titolo di danni per l'illecito contrattuale, ma sarebbero semmai interessi corrispettivi, ai quali non dubbio che si applichi la regola dell'art 36, ultimo comma, del capitolato del 1962, secondo la quale, sulle somme contestate e riconosciute in sede ammini RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO strativa o contenziosa, gli interessi cominciano a decorrere trenta giorni dopo la data delJta 1registrazione 1al1a Corte dei Conti del decreto emesiso in esecuzione dell'atto che ha definito la controversia. Con il secondo motivo del ricorso, proposto in via subordinata, la ricorrente, denunciando la violazione degli artt. 1, 3 e 4 delle preleggi, deduce che l'art. 36, ultimo comma, del capitolato del 1962, essendo norma regolamentare, non potrebbe derogare al regime legale degli interessi e dei criteri o limiti per la determinazione delle conseguenze del- 1'-inadempimento, per cui la norma stessa dovrebbe essere disapplicata, in quanto illegittima. Per quanto riguarda il riferimento alle conseguenze dell'inadempimento, non pu che ripetersi quanto si gi osservato a proposito dell'accertamento, contenuto nella sentenza impugnata e non pi contestabile, dell'insussistenza di un',inadempienza imputabile all'amministrazione; la censura, tuttavia, mantiene la sua rilevanza nel punto in cui si deduce la violazione del regime 'legale degli 1interessi, peTch, ove fosse da accogliersi, gli interessi (corr.ispettivi) dovrebbero decorrere a norma dell'art. 1282 cod. civ., dal momento in cui il credito divenuto liquido ed esigibile, e non dal successivo momento indicato nella norma regolamentare. La censura, peraltro, infondata. Il cosiddetto regime legale degli interessi, come previsto e disciplinato dal cOdice civile, costituisce semplicemente il regime ordinario degli' interessi sulle obb1iga2lioni pecuniarie, ma non n di ordine pubblico, n indisponibile dalle parti, che possono regolare in piena autonomia il corso, la misura, la decorrenza, e la stessa debenza degli interessi. Non possono, perci, ritenersi illegittime le norme disciplinanti gli interessi sulle somme dovute dall'amministrazione appaltante, contenute nel capitolato generale delle opere pubbliche, che costituisce un complesso di norme regolamentari aventi la funzione di integrare il contenuto dei contratti di appalto conclusi dall'amministrazione dei lavori pubblici, e che i privati appaltatori debbono conoscere ed accettare al momento di concludere il contratto. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 giugno 1982, n. 3904 -Pres. Tamburrino -Rel. Finocchiaro A. -P. M. Grimaldi (conf.) -Caffarelli (avv. Vocino) c. Assessorato regionale per i lavori pubblici della Regione Siciliana (avv. Stato Corti). Tributi (in genere) -Esecuzione fiscale Ingiunzione -Opposizione Posizione dell'opponente -Attore -Modifiche deHa causa petendi Limiti. (Cod. proc. civ., artt. 112, 183, 184, 185 e 190; r.d. 14 aprile 1910 n. 639, artt. 2 e 3). PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 853 Appalto Appalto di opere pubbliche Regione siciliana Anticipazioni Recupero Mediante ingiunzione fiscale Legittbnit. (R.D. 14 aprile 1910, n. 639, artt. 1 e ss.; I. reg. Sicilia 1 luglio 1947, n. 3; I. reg. Sicilia 2 agosto 1954, n. 32, art. 15). Appalto Appalto di opere pubbliche Regione siciliana Anticipazioni Recupero -In caso di rescissione Modalit Previa approvazione .della contabilit finale -Prescrizione -Decorrenza Dalla approvazione. (L. reg. Sicilia, 2 agosto 1954, n. 32, artt. 12 e 15; cod. civ., artt. 2934 e 2935). Prescrizione Interruzione Domanda inammissibile Efficacia di domanda giudiziale. (Cod. civ., art. 2945, comma secondo). L'opposizione all'ingiunzione fiscale disciplinata dal r.d. 10 aprile 1910 n. 639, a differenza dell'opposizione di diritto comune, costituisce atto introduttivo di un giudizio diretto all'accertamento negativo dei presupposti di legge che determinano l'obbligo di corrispondere le somme richieste con l'ingiunzione e in tale giudizio l'opponente ha la veste non solo formale ma anche sostanziale di attore e, come tale, tenuto ad indicare sin dall'atto introduttivo le ragioni sulle quali fonda la sua domanda, mentre pu apportare una modifica alla causa petendi solo se si traduca nella prspettazione di nuove tesi difensive e non quando implichi nuovi accertamenti di fatto o mutamenti del tema di indagine (1). La Regione siciliana, per il recupero delle somme corrisposte a titolo di anticipazione del prezzo degli appalti di opere pubbliche, pu avvalersi (1) La massima conforme all'indirizzo affatto prevalente che, in particolare con riguardo all'ingiunzione emessa per la riscossione di crediti tributari, confilgura il giudizio di opposizione come giudizio di cognizione in cui attore e convenuto sono l'opponente e l'amministrazione: da questa configurazione di base viene poi tratta la soluzione delle diverse questioni riguardanti i poteri processuali delle parti -tra le pi recenti pronunzie in tal senso, Cass. 22 dicembre 1981, n. 6759, Giust. civ. Mass. 1981, 2413 ~secondo cw [ncorre nel divieto della domanda nuova in appello la modifica delle ragioni, addotte dall'opponente a sostegno dell'opposizione); Cass. 28 luglio 1981 n. 4848, Giust. civ. Mass. 1981, 1728 (sulla domanda riconvenzionale dell'amministrazione); Cass. 16 marzo 11981, n. 1479, Giust. civ. Mass. 1981, .582 (che come la sentenza in rassegna riconduce le modifiche delle ragioni poste a sostegno dell'opposizione al regime delle modi fiche della causa petendi). Sul tema della distribuzione dell'onere della prova si registrano decisioni altrettanto recenti che lo ripartiscono in ragione della posizione sostanziale delle parti: cos, Cass. 6 aprile 1981 n. 1937, Giust. civ. Mass. 1981, 738 ha appunto ritenuto che spetta all'amminiLicazione della fattispecie astratta per ila quale non elemento essenziale del reato dd invasione H perdurare nel tempo del!la condotta animosa a differenza di quanto ad esempio si ritiene per il reato di sequestro di persona. La conseguenza, che viene tratta nella non applicabilit delll.'anmistia anch'essa corretta applicazione del carattere unitario del ireato permanente. - PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE L'imputata sostiene, in definitiva, che per il delitto di cui all'art. 633 cod. pen., reato non necessariamente permanente), non pu rpa11loo:si
  • 1982, n. 341, G. V. 20 ottobre 1982, n. 290. Tribunale di Sassari, ordinanza 8 aprile 1982, n. 429, G. V. 20 ottobre 1982, n. 290. legge 22 dicembre 1975, n. 685, artt. 97, 99, 100, 101 e 102 (artt. 3, 32, 101 e 102 della Costituzione). Pretore di Lecce, ordinanza 22 gennaio 1982, n. 159, G. V. 25 agosto 1982, n. 234. legge 5 maggio 1976, 11. 313, art. 5 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Montefiascone, ordinanza 11 marzo 1982, n. 421, G. V. 6 ottobre 1982, n. 276. legge 10 maggio 1976, n. 319, artt. 6, primo comma, lettera a), 9, terzo comma, e 15, sesto e settimo comma (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Tribunale di Ravenna, ordinanza 2 febbraio 1982, n. 167, G. U. 25 agosto 1982. n. 234. d.P.R. 24 dicembre 1976, n. 937, art. 9, secondo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, ordinanza 27 gennaio 1982, n. 373, G. li. 27 ottobre 1982, n. 297. d.P.R. 4 luglio 1977, n. 1184, art. 1, secondo comma (art. 76 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 12 giugno 1981, n. 158/82, G. V. 18 agosto 1982, n. 227. d.P.R. 22 luglio 1977, n. 422, art. 5 (art. 3 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 19 novembre 1980, n. 222/82, G. U. 15 settembre 1982, n. 255. legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 4, primo comma (artt. 3 e 37 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 7 ottobre 1981, n. 138/82, G. V. 28 luglio 1982, n. 206. legge 9 dicembre 1977, n. 903, artt. 6 e 8 (artt. 3, 29, 30 e 31 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 12 febbraio 1982, n. 247, G. V. 22 settembre 1982, n. 262. 192 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 16 dicembre 1977, n. 904, art. 8, primo comma (artt. 42, secondo e terzo comma, e 53, primo comma, della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Roma, ordinanza 16 febbraio 1979, n. 208/82, G. U. 15 settembre 1982, n. 255. I legge 16 dicembre 1977, n. 904, art. Il, terzo comma (artt. 3, 8, 19 e 20_ della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Vercelli, ordinanza 17 feb braio 1982, n. 304, G. U. 13 ottobre 1982, n. 283. Commissione tributaria di primo grado di Vercelli, ordinanza 17 feb braio 1982, n. 305, G. U. 13 ottobre 1982, n. 283. d.-1. 23 dicembre 1977, n. 942 [con i commi aggiunti della legge di conversione 27 febbraio 1978, n. 41] (artt. 3, primo comma, 36 e 38 della Costituzione). II Pretore di La Spezia, ordinanza 3 marzo 1982, n. 278, G. U. 13 ottobre 1982, n. 283. j d.-1. 23 dicembre 1977, n. 942, art. 1 [convertito in legge 27 febbraio 1978, n. 41] (artt. 3, 36 e 38 della Costituzione). Pretore di Genova, ordinanza 11 gennaio 1982, n. 108, G. U. 7 luglio 1982, n. 185. I ~ legge 27 febbraio 1978, n. 41 (artt. 3, 36 e 38 della Costituzione). ~ k ' Tribunale di Torino, ordinanza 3 giugno 1981, n. 213/82, G. U. 15 settem bre 1982, n. 255. legge 28 febbraio 1978, n. 41, art. 7 (artt. 3 e 44, secondo comma, della Co stituzione). Tribunale di Cosenza, ordinanza 12 giugno 1981, n. 133/82, G. U. 11 ago sto 1982, n. 220. d.P.R. 6 marzo 1978, n. 218 (artt. 10 e 76 della Costituzione). I Commissione tributaria di primo grado di Napoli, ordinanza ,25 settembre 1981, n. 146/82, G. U. 21 luglio 1982, n. 199. I legge 10 maggio 1978, n. 176, art. 1, primo e secondo comma (artt. 3, 4Z e 44 della Costituzione). ~ Tribunale di Salerno, ordinanza 22 gennaio 1982, n. 319, G.U. 29 settem ~ I r: bre 1982, n. 269. Tribunale di Salerno, ordinanza 20 gennaio 1982, n. 321, r;. u. 29 .settem bre 1982, n. 269. ~ Tribunale di Salerno, ordinanza 20 gennaio 1982. n. 379, G. U. 6 ottobre 1982, Il. 276. ;-, ~ if f Tribunale di Salerno, ordinanza 20 gennaio 1982, n. 320, G. U. 13 ottobre 1982, n. ;!83. ! legge 10 maggio 1978, n. 176, art. 1, primo e secondo comma (artt. 42 e 136 della Costituzione). Tribunale di Larino, ordinanza 30 marzo 1982, n..298, G. U. 1 settembre 1982, n. 241. PARTE li, LEGISLAZIONE 19, legge 10 maggio 1978, n. 176, art. 1, secondo comma (artt.. 42, secondo comma, e 44, primo comma, della Costituzione). Corte d'appello di Napoli, ordinanza 24 marzo 1982, n. 409, G. U. 6 ottobre 1982, n. 276. legge 10 maggio 1978, n. 176, art. 1, secondo e terzo comma (artt. 3, 4, 42 e 44 della Costituzione). Tribunale di Brindisi, ordinanza 2 dicembre 1981, n. 129/82, G. U. 21 luglio 1982, n. 199. legge 22 maggio 1978, n. 194, art. 12, secondo comma (artt. 24 e 25 della Costituzione). Pretore di Urbino, ordinanza 25 gennaio 1982, n. 131, G. U. 28 luglio 1982, n. 206. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 1 e 65 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 23 gennaio 1982, n. 177, G. U. 8 settembre 1982, n. 248. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 3 (artt. 3, secondo comma, 41 e 42 della Costituzione). Pretore di Ciri, ordinanza 2 febbraio 1982, n. 243, G. U. 22 settembre 1982, n. 262. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 3 e. 65 (artt. 2, 41, 42 e 47 della Costituzione). Pretore di Ciri, ordinanza 29 gennaio 1982, n. 244, G. U. 22 settembre 1982, n. 262. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 3 e 65 (artt. 2, 3, 41, 42 e 47 della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 23 gennaio 1982, n. 177, G. U. 8 settembre 1982, n, 248. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 4 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di . Roma, ordinanza 27 novembre 1981, n. _155/82, G. U. 18 agosto 1982, n. 227. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 6 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Rodi Garganico, ordinanza 21 dicembre 19$1, n. 116/82, G. U. 7 luglio 1982, n. 185. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 13, quinto comma, lett. b) (art. 3 della Costituzione). , , ... Pretore di Bologna, ordinanza 16 marzo 1982, n. 313, G. U. J3 ottobre.-1982, n. 283. 194 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 16 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di La Spezia, ordinanza 30 marzo 1982, n. 331, G. U. 20 ottobre 1982, Il. 290. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 16 (artt. 3, 24, primo comma, e 113, primo comma, della Costituzione). Pretore di Bologna, ordinanza 18 gennaio 1982, n. 124, G. U. 21 luglio 1982, Il. 199. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 16, primo comma (artt. 3 e 24, primo comma, della Costituzione). Pretore di La Spezia, ordinanza 25 gennaio 1982, n. 163, G. U. 18 agosto 1982, Il. 2rJ. legge 27 foglio 1978, n. 392, art. 16, secondo comma (artt. 3, 24 e 113 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 21 ottobre 1981, n. 238/82, G. U. 8 settembre 1982, n. 248. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 27 e 67 (artt. 3, 35 e 41 della Costituzione). Pretore di Montefiascone, ordinanza 16 ottobre 1981, n. 100/82, G. U. 7 luglio 1982, n. 185. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 27, terzo comma (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Forl, ordinanza 7 gennaio 1982, n. 127, G. U. 21 luglio 1982, n. 199. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 58 e 65, primo comma (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Genova, ordinanza 16 novembre 1981, n. 234/82, G. U. 15 settembre 1982, n. 255. Pretore di Napoli, ordinanza 17 marzo 1982, n. 282. G. U. 29 settembre 1982, n. 269. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 58, 59, n. 2, e 65 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 16 luglio 1981, n. 237/82, G. U. 22 settembre 1982, Il. 262. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 59, primo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 21.luglio 1979, n. 285/82, G. U. 29 settembre 1982, n. 269. legge 3 agosto 1978, n. 405, art. 12 (art. 3 della Costituzione). Corte di Cassazione, ordinanza 24 giugno 1981, n. 164/82, G. U. 18 agosto 1982, Il. 2rJ. legge 21 dicembre 1978. n. 843, art. 16 (artt. 3, 36 e 38 della Costituzione) Tribunale di Torino, ordinanza 3 giugno 1981, n .213/82, G. U. 15 settem bre 1982, n. 255. ! ~~AmlrArHAr~ PARTE II, LEGISLAZIONE legge 21 dicembre 1978, n. 843, artt. 16 e 18 (artt. 3, primo comma, 36 e 38 della Costituzione). Pretore di La Spezia, ordinanza 3 marzo 1982, n. 278, G. U. 13 ottobre 1982, n. 283. legge 21 dicembre 1978, n. 843, art. 20 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Sanremo, ordinanza 2 febbraio 1982, n. 118, G. U. 7 luglio 1982, n. 185. Pretore di Cagliari, ordinanza 10 marzo 1982, n. 437, G. U. 6 ottobre 1982, n. 276. legge 21 dicembre 1978, n. 843, art. 30 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Chiavari, ordinanza 13 maggio 1982, n. 439, G. U. 6 ottobre 1982, n. 276. d.P.R. 29 gennaio 1979, n. 24, artt. l, punto 37, e 3, quarto comma (artt. 3 e 25 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado dell'Aquila, ordinanza 27 ottobre 1980, n. 276/82, G. U. 29 settembre 1982, n. 269. d.-1. 30 gennaio 1979, n. 26, art. 4 [convertito in legge 3 aprile 1979, n. 95] (art. 24 della Costituzione). Tribunale di Torino, ordinanza 8 marzo 1982, n 339, G. U. 29 settembre 1982, n. 269. legge 2 aprile 1979, n. 97, art. 15 (artt. 3, 36, primo comma e 53, primo comma, della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 9 dicembre 1981. n. 106/82, G. U. 14 luglio 1982, n. 192. legge reg. Lazio 28 settembre 1979, n. 79, art. 4 (artt. 117 e 119 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 15 dicembre 1981, n. 250/82, G. U. 22 settembre 1982, n. 262. legge 23 novembre 1979, n. 595 (artt. 3, 4, 42 e 44 della Costituzione). Tribunale di Brindisi, ordinanza 2 dicembre 1981, n. 129/82, G. U. 21 lu glio 1982, p. 199. legge 23 novembre 1979,, u. 595 (artt. 42 e 136 della Costituzione). Tribunale di Larino, ordinanza 30 marzo 1982, n. 298, G. U. 1 settembre 1982, n. 241. d.-1. 30 dicembre 1979, n. 663, art. 14 [modificato con legge 29 febbraio 1980, n. 33] (art. 3 della Costituzione). Pretore di Cagliari, ordinanza 10 marzo 1982, n. 437, G. U. 6 ottobre 1982, n. 276. 196 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 29 febbraio 1980, n. 33, art. 14 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Sanremo, ordinanza 2 febbraio 1982, n. 118, G. U. 7 luglio 1982, n. 185. legge 20 marzo 1980, n. 75, art. 6, primo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 8 gennaio 1982, n. 194, G. U. 15 settembre 1982, n. 255. d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, art. 58 (artt. 3, 51, 76 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, ordinanza 3 dicembre 1981, n 296/82, G. U. 22 settembre 1982, n. 262. legge 29 luglio 1980, n. 385, art. 1 (artt. 24, 42 e 136 della Costituzione). Corte d'appello di Milano, ordinanza 3 novembre 1981, n. 145/82. G. U. 11 agosto 1982, n. 220. legge 29 luglio 1980, n. 385, art. 1, primo, secondo e quarto comma (art. 42, terzo comma, e 136, primo comma, della Costituzione). Corte d'appello di Firenze, ordinanza 30 ottobre 1981, n. 198/82, G. U. 15 settembre 1982, n, 255. Corte d'appello di Firenze, ordinanza 15 gennaio 1982, n. 199, G. U. 15 settembre 1982, n. 255. legge prov. di Bolzano 1 agosto 1989, n. 29, art. 30, terzo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Bolzano, ordinanza 12 febbraio 1982, n. 281, G. U. 29 settembre 1982, n. 269. legge 8 agosto 1980, n. 441, art. 10.bis, secondo comma (artt. 101, 102, 103, 104, 3, 25 e 97 della Costituzione). Corte dei conti, sezione prima giurisdizionale, ordinanza 1 dicembre 1981, n. 467/82, G. U. 6 ottobre 1982, n. 276. legge 16 dicembre 1980, n. 858, art. 1 (art. 70 della Costituzione). Pretore di Piacenza, ordipanza 27 gennaio 1982, n. 136, G. U. 28. luglio 1982, n. 206. legge 16 dicembre 1980, n. 858, artt. 1 e 3 (art. 25, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Treviglio, ordinanza 4 novembre 1981, n. 279/82, G.U. 1 settembre 1982, n. 241. Pretore di Treviglio, ordinanza 4 novembre 1981, n. 280/82, G.U. 1 settembre 1982, n. 241. Pretore di Pistoiai ordinanza 30 luglio 1981, n 315/82, G. U. 29 settembre 1982, n. 269. Pretore di Pistoia, ordinanza 30 luglio 1981, n. 316/82, G.U. 29 settembre 1982, n. 269. ! i i PARTE II, LEGISLAZIONE Pretore di Pistoia, ordinanza 28 ottobre 1981, n. 335/82, G.U. 29 settembre 1982, n. 269. Pretore di Pistoia, ordinanza 19 ottobre 1981, n. 336/82, G.U. 29 settembre 1982, n. 269. Pretore di Pistoia, ordinanza 21 ottobre 1981, n. 357,/82, G.U. 6 ottobre 1982, n. 276. Pretore di Pistoia, ordinanza 9 novembre 1981, n. 396/82, G.U. 6 ottobre 1982, n. 276. legge 22 dicembre 1980, n. 882, art. 1, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Monza, ordinanza 2 giugno 1981, n. 387/82, G.U. 20 ottobre 1982, n. 290. legge 12 febbraio 1981, n. 17, art. 1, lett. e) (art. 3 della Costituzione). Pretore di Messina, ordinanza l.1 dicembre 1981, n. 268/~2, G.U. 22 settembre 1982, n. 262. legge 1 aprile 1981, n. 121, art. 104, primo comma (art. 103, terzo comma, della Costituzione). Giudice istruttore presso Tribunale di Mantova, ordinanza 6 gennaio 1982, n. 196, G.U. 15 settembre 1982, n. 255. legge 23 aprile 1981, n. 155, art. 25, secondo comma (artt. 24, 25, 101, 102 e 104 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 4 febbraio 1982, n. 324, G.U. 13 ottobre 1982, n. 283. legge 7 maggio 1981, n. 180, artt. 6 e 16, cpv. (VI disposizione transitoria in relaz. artt. 102 e 103 della Costituzione). Corte di Cassazione, ordinanza 24 aprile 1982, n. 433, G.U. 29 settembre 1982, n. 269. Corte di Cassazione, ordinanza 24 aprile 1982, n. 434, G.U. 29 settembre 1982, n. 269. Corte di Cassazione; ordinanza 24 aprile 1982, n. 435, G.U. 29 settembre 1982, n. 269. Corte di Cassazione, ordinanza 24 aprile 1982, n. 510, G.U. 29 settembre 1982. n. 269. d.l. 28 luglio 1981, n. 398 [convertito in legge 25 settembre 1981, n. 535] (artt. 24. 42 e 136 della Costituzione). Corte d'Appello di Milano, ordinanza 3 novembre 1981, n. 145/82, G.U. 11 agosto 1982, n. 220. d.l. 20 novembre 1981, n. 663, art. 7 cpv. Iett. d) (artt. 3, 42 e 117 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza. 18 dicembre 1981, n. 262/82, G.U. 22 settembre 1982, n. 262. 198 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d.I. 20 novembre 1981, n. 663, artt. 7, secondo comma, lettere a) e d) e terzo, e art. 8, primo, secondo, terzo e quinto comma (artt. 3, 9, 41 e 42 della Costi tuzione). Pretore di Padova, ordinanza 1'' dicembre 1981, n. 142/82, G.U. 28 luglio 1982. Il. 206. Pretore di Padova, ordinanza 1 dicembre 1981, n. 143/82, G.U. 28 luglio 1982, n. 206. Pretore di Padova, ordinanza 1 dicembre 1981, n. 144/82, G.U. 28 luglio 1982, n. 206. legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 77 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Reggio Calabria, ordinanza 19 marzo 1982, n. 329, G.U. 20 ottobre 1982, n. 290. Pretore di Reggio Calabria, ordinanza 26 marzo 1982, n. 330, G.U. 27 ottobre 1982, n. 297. legge 24 novembre 1981, n. 689, artt. 77 e 78 (artt. 3, primo comma, 24, primo e secondo comma, e 101, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 16 dicembre 1981, n. 224/82, G.U. 15 settembre 1982, n. 255. d.I. 26 novembre 1981, n. 678, art. 3 [convertito in legge 26 gennaio 1982, n. 12] (artt. 3, 32 e 33 della Costituzione). Pretore di Iseo, ordinanza 3 maggio 1982, n. 427, G.U. 20 ottobre 1982, n. 290. d.I. 9 dicembre 1981, n. 711, art. 4, quarto comma [recepito nella legge 5 feb braio 1982, n. 25] (artt. 2 e 24 della Costituzione). Pretore di Carrara, ordinanza 16 marzo 1982, n. 273, G.U. 29 settembre 1982, n. 269. legge 18 dicembre 1981, n. 743, art. 2, lettera c), n. 1 (artt. 76 e 79 della Costituzione). Pretore di Sal, ordinanza 1 febbraio 1982, n. 241, G.U. 15 settembre 1982, n. 255. d.P.R. 18 dicembre 1981, n. 744 (art. 73 della Costituzione). Pretore di Messina, ordinanza 14 gennaio 1982, n. 170, G.U. 18 agosto 1982, n. 227. d.P.R. 18 dicembre 1981, n. 744 (artt. 76 e 79 della Costituzione). Pretore di Sal, ordinanza 1 febbraio 1982, n. 241, G.U. 15 settembre 1982. n. 255. d.P.R. 18 dicembre 1981, n. 744 (art. 79 della Costituzione). Pretore di Orvieto, ordinanza 28 dicembre 1981, n. 125/82, G.U. 21 luglio 1982, n. 199. Pretore di Orvieto, ordinanza 11 gennaio 1982, n. 236, G.U. 22 settembre 1982, n. 262. PARTE :I, LEGtSLAZIONE d.P.R. 18 dicembre 1981, n. 744, art. 2, lett. c), n. 1, ultima parte (art. 3 della Costituzione). Pretore di Menaggio, ordinanza 21 april 1982, n. 338, G.U. 13 ottobre 1982, n. 283. d.P.R. 18 dicembre 1981, n. 744, art. 2, lett. c), n. 1 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Sal, ordinanza 1 febbraio 1982, n. 241, G.U. 15 settembre 1982, n. 255. d.P.R. 18 dicembre 1981, n. 744, art. 4, secondo comma, n. 3 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Forl, ordinanza 22 marzo 1982, n. 275, G.U. 29 settembre 1982, n. 269. d.l. 23 gennaio 1982, n. 9, art. 15, ultimo comma (artt. 3 e 77 della Costituzione). Pretore di Napoli, ordinanza 12 febbraio 1982, n. 183, G.U. 15 settembre 1982, n. 255. legge 26 aprile 1982, n. 181, art. 13, quarto comma (artt. 117, 123 e 130 della Costituzione e art. 70 statuto regione Toscana). Ricorso regione Toscana 1 giugno 1982, n. 26, G.U. 14 luglio 1982, n. 192. legge approvata dal consiglio regionale della Toscana il 29 aprile 1982 e riapprovata il 15 giugno 1982 (art. 117 della Costituzione). Presidente Consiglio dei Ministri,~ ricorso 8 luglio 1982, n. 30, G.U. 21 luglio 1982, n. 199. legge 29 maggio 1982, n. 308, nel suo complesso ed in particolare artt. 2, 3, 5, 6, 7, primo comma; 12, quarto comma e 15, primo e secondo comma (artt. 8, nn. 5, 6, 9, 10, 14, 17., 19, 20, 21, 28; 9, nn. 3, 8, 9, 11; 16, primo comma e 78 statuto speciale regione Trentino-Alto Adige). Presidente provincia autonoma di Bolzano, ricorso 15 luglio 1982, n. 33, G.U. 20 ottobre 1982, n. 290. legge 29 maggio 1982 n. 308, artt. 7, primo comma, 12, quarto comma, e 15, primo comma (art. 8, nn. 5, 6, 9, 10, 14, 17, 19, 20, 21 e 28; art. 9, nn. 3, 8, 9 e 11; art. 16, primo comma e art. 18 dello statuto speciale reg. Trentino-Alto Adige). Presidente provincia autonoma di Trento, ricorso 15 luglio 1982, n. 32, G.U. 20 ottobre 1982, n. 290. d.P.R. 8 giugno 1982 n. 470, ed in particolare artt. 3, 4, 5, 6 e 9 e allegati n. e n. 2 (artt. 8, nn. 6 e 24; 9, nn. 9 e 10; 16 e 107 dello statuto speciale regione Trentino-Alto Adige; e art. 76 dela Costituzione). Presidente giunta provincia autonoma di Trento, ricorso 26 agosto 1982, n. 35, G.U. 20 ottobre 1982, n. 290. Presidente giunta provincia autonoma di Bolzano, ricorso 26 agosto 1982, n. 36, G.U. 20 ottobre 1982, n. 290. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 200 legge approvata dal consiglio regionale della Valle d'Aosta 1'11 giugno 1982 (artt. 2, lett. a), dello statuto speciale Valle d'Aosta, e 3 e 36 della Costituzione). Presidente Consiglio dei Ministri, ricorso 8 luglio 1982, n. 31, G.U. 21 luglio 1982, n. 199. legge approvata dal consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia il 15 giugno 1982 (art. 117 della Costituzione). Presidente del Consiglio dei Ministri, ricorso 8 luglio 1982, n. 29, G.U. 21 luglio 1982, n. 199. d.P.R. 3 luglio 1982, n. 515 e, h1 particolare, artt. 2, 3, 8, primo comma, e 9 (artt. 8, nn. 6, 17 e 24; 9, nn. 9 e 10; 14, 16 e 107 dello statuto speciale regione Trentino-Alto Adige e art. 76 della Costituzione). Presidente giunta provincia autonoma di Trento, ricorso 9 settembre 1982, n. 37, G.U. 20 ottobre 1982, n. 290. Presidente giunta provincia autonoma di Bolzano, ricorso 9 settembre 1982, n. 38, G.U. 20 ottobre 1982, n. 290. leooe approvata dal Consiglio regionale della Sicilia il 16 luglio 1982, art. 3 (art. 17, lettera c), dello statuto speciale siciliano). Commissario per lo Stato nella regione Sicilia, ricorso 31 luglio 1982, n. 34, G.U. 11 agosto 1982, n. 220. legge 7 agosto 1982, n. 526, art. 38, secondo e terzo comma (artt. 3 e 136 della Costituzione e 12 e 50 dello statuto reg. Valle d'Aosta). Presidente giunta regione Valle d'Aosta, ricorso 14 settembre 1982, n. 39, G.U. 27. ottobre 1982, n. 297. legge 7 agosto 1982, n. 526, artt. 44 e 56 (artt. 8, nn. 1, 3, 17 e 21; 16 e 78 dello statuto speciale di autonomia regione Trentino-Alto Adige). Presidente provincia autonoma di Trento, ricorso 17 settembre 1982, n. 40, G.U. 27 ottobre 1982, n. 297. Vice presidente provincia autonoma di Bolzano, ricorso 17 settembre 1982, n. 41, G.U. 27 ottobre 1982, n. 297. legge 7 agosto 1982, n. 529 (art. 13, ultimo comma, statuto speciale regione Trentino-Alto Adige). Presidente provincia autonoma di Bolzano, ricorso 22 settembre 1982, n. 43, G.U. 27 ottobre 1982, n. 297. Presidente provincia autonoma di Trento, ricorso 22 settembre 1982, n. 42. G. U. 27 ottobre 1982,' n. 297.