ANNO XII -N. 5-6 MAGGIO-GIUGNO 1959 RASSEGNA MENSILE DELL'AVVOCATURA PU'BBLICJA.ZIO NE. DI SERVIZIO IL DIRITTO DI CRONACA EL'ART. 21 DELLA COSTITUZIONE In una recente Sentenza il Tribunale di Verona (v. in Foro It. , 1959, II, 54) ha statuito che non commette il delitto di diffamazione per mezzo della stampa il giornalista che, neH'esercizio del diritto di cronaca, riferisce fatti lesivi dell'onore e della reputazione altrui, purch siano rispettati i limiti della verit e della continenza, ossia la notizia appaghi un interesse generale consistente nel diritto dei cittadini di essere informati di quei fatti che interessano la collettivit . La tesi, consolidata in Giurisprudenza (V. Trib. Roma, 30-3-1957 in Foro It , 1958, I, 136 Trib. Roma, 23-5-1957, in Foro It. , 1957, II 142 -Cass. 23-4-1956, in Giust. Pen. , 1956, II, 815 -Oass. 1~-12-1955, in Foro It. , 1956, I, 4 -Trib. Milano, 13-6-1956, in Giur. It. , 1956, II, 314 -Trib. Novara, 4-2-1956, ib. 196 - Oass. Pen., 15-4-1955, in Foro Pen. , 1956, 395), condivisa dalla maggior parte della dottrina (V. .ALTAVILLA: Diritto di cronaca, in Giust. Pen. , 1947 -NUVOLONE: Reat.i di Stampa, Giuffr, Milano -NUVOLONE: Leggi penali e Oostituzione, Giuffr, Milano -NUVOLONE: Diritto di cronaca e prova della verit, in Giust. Pen. , 1954 -SABATINI: Limiti legali e limiti naturali del diritto di cronaca, in Giust. Pen. , 1950 -SABATINI: Lo art. 21 della Oostituzione e l'art. 113 della legge di P. S., in Giust. Pen. , 1950 -GUARNIERI: Diritto .di cronaca e diffamazione a mezzo della stampa, in Riv. It. Dir. Pen. , 1952, 699) stata -recentemente ribadita dal PUGLIESE, in polemica con il CARNELUTTI, in due articoli pubblicati sulla Giurisprudenza Italiana (1957, I, 1, 365) e sul Foro Itali11no (1958, I, 136). Secondo il predetto Autore conseguenza della affermazione dell'esistenza di un diritto di cronaca la necessaria considerazione del diritto medesimo come discriminante dei delitti contro l'onore, dovendosi vedere nella pubblicazione dei fatti di cronaca, pur idonei in s a menomare la fama, la reputazione o il decoro altrui, un'attivit non punibile per il disposto dell'art. 51 C. p. Quanto ai presupposti per un lecito esercizio del ]us narrandi il Pugliese Hindividua: 1) nella sussistenza ed attualit di un interesse a conoscere i fatti narrati, in quanto utili al formarsi dell'opinione pubblica sia in materia politica sia nelle altre materie che, nel momento storico attraversato, hanno rilevnza per la Societ; 2) nella verit dei fatti medesimi. La tesi non ci sembra. che possa condividersi. Prima di illustrare la nostra opinione riteniamo utile, per, ricordare tutte le argomentazioni addotte a sostegno della tesi contraria da parte degli Autori che hanno trattato il tema in esame. .;r primi studi della dottrina sono stati rivolti a ricercare se il diritto di narrare al publ;>lico i fatti che avvengono avesse o meno ricevuto tutela nella nostra nuova Carta Costituzionale. Secondo il Nuvolone, che per primo si occupato del problema, la Costituzione ha senz'altro inteso tutelare il diritto di cronaca accanto al diritto di esprimere la propria opinione anche 'Se non ha fatto espressa menzione di un tale diritto. La tutela del jus narrandi -secondo il predetto Autore -si ricava indirettamente dall'art. 21 della Costituzione solo che si consideri che, garentendosi a tutti il diritto di manifestare il proprio pensiero, si per ci stesso voluto garentire a tutti la possibilit di formarsi. una opinione liberamente. Orbene dalla considerazione che per una libera formazione dell'opinione condizione necessaria la conoscenza da parte di ogni membro. della collettivit dei fatti che avvengono, il Nuvolone argomenta la giustificazione giuridica del diritto di cronaca e la sua implicita tutela nell'art. 21 citato. Fondamento di un tale diritto , per il chiaro Autore, l'interesse della collettivit ad essere informata degli avvenimenti pi rilevanti da un punto \li vista sociale. Si aggiunge, altres, che la configurazione del diritto di cronaca quella di un diritto funzionale , diritto, cio in ;funzione dell'altrui diritto all'informazione per il fine di un libero esercizio del diritto di opinione. La dottrina dominante, accettata senza discuterla una tale premessa, si occupata diffusamente del pi interessante problema dei limiti da riconoscersi al diritto di cronaca, specie in relazione al caso in cui la narrazione al pubblico di determinati fatti sia lesiva dell'onore e della reputazione altrui, ed ha ritenuto, concordemente, di individuarli unicamente nella veridicit della narrazione e nella rilevanza sociale dei fatti narrati.. WTWW1RPYT1.;zf'~~~~~~&ID7~~.J=..Wdf'.Jill:='Am':WB7&..m>'.dITT9.&~ffffff.4!Wffl -I I -70 Si cos affermato -come si gi visto -che quando il diritto di cronaca venga esercitato con l'osser:vanza dei limiti anzidetti, debba ritenersi pienamente lecita anche la lesione dell'onore e della reputazione di un privato individuo. Una tale affermazione viene sorretta dalla dot trina con la considerazione che il contrasto tra diritto di cronaca e diritto all'onore ed alla reputa zione si riduce ad un vero e proprio conflitto tra utilitas publica ed utilitas privata, soddisfacendo il primo diritto un interesse sociale della collet tivit ed il secondo un interesse meramente indi viduale, del privato. In proposito si osserva ancora, che la nostra Costituzione nella gerarchia dei valori ha posto la Societ al di sopra dell'individuo, per cui l'interesse del privato, ogni qualvolta che entri in conflitto con un interesse della collettivit, irrimediabil mente destinato a soccombere. I risultati cui perviene la dottrina dominante sono . stati recentemente sottoposti a critica da parte del Carnelutti (Il diritto alla vita privata in >. Secondo il Betti sarebbe proprio per non aver tenuto presente questa subordinazione dei precetti dettati dall'autorit amministrativa nei confronti della legge, che l'.:fo..vvocatura (nella nota sopracitata) avrebbe commesso l'errore di ritenere decisivo il rilievo secondo il quale l'art. 1341, a prescindere dai contratti stipulati in genere da pubbliche amministrazioni, sarebbe comunque inapplicabile a quelli stipulati con l'Amministrazione dello Stato perch incompatibile con le particolari norme della contabilit generale dello Stato. Esprimiamo anzitutto la nostra soddisfazione nel constatare che l'aspetto giuridico dell'attivit contrattuale della P. A. desta sempre maggiormente l'interesse di studiosi ed uomini di dottrina, quali il Betti, che sono portati ad occuparsi sempre pi frequentemente e diffusamente dei problemi, anche particolari, che si presentano sopratutto lungo le linee di frizione tra il diritto civile e il diritto amministrativo. Nei tempi attuali in cui l'attivit economica dello Stato in costante incremento il contributo della dottrina alla sistemazione giuridica di tale attivit destinato ad assumere un ruolo sempre pi rilevante. Per quanto riguarda il tema particolare oggetto della nota del Betti riteniamo di dover aggiungere alcune precisazioni a quanto abbiamo avuto occasione di esporre, in precedenza, sull'argomento. A) Per sostenere che i capitolati generali d'onere emanati dall'Amministrazione dello Stato non possono derogare alle norme dell'art. 1341 O. c. occorrerebbe anzitutto dimostrare che essi vanno compresi nella vasta categoria delle condizioni generali di contratto, considerate dalla prima parte dell'articolo citato. Ora secondo quanto si des1tme dalla corretta interpretazione della norma. in esame le condi.zioni generali >> devono avere come tratto caratteristico per .essere vincolanti la conoscibilit di fatto. Esse cio obbligano l'altra parte o perch le conosceva o perch avrebbe dovuto conoscerle usando l'ordinaria diligenza)). evidente che la nota distintiva cui si accenna non pu essere colta in alcun modo nelle norme di diritto obiettivo,. le quali, vome ben noto, sono vincolanti in forza del principio stabilito nell'art. 10 delle disposizioni sulla legge in generale, cke, non fa alcun riferimento alla conoscenza. di fatto. Ora, se si ammette (e la giurisprudenza pienamente conforme) che i capitolati generali d'oneri dell'Amministrazione statale hanno carattere reg(llamentare, se ne deduce che ad essi non pu applicarsi il principio stabilito nell'art. 1341 prima parte del O. c., con l'ulteriore corollario che tanto meno pu applicarsi la seconda parte dell'articolo stesso cke costituisce soltanto una deroga alla regola stabilita nel primo comma. In altri termini l'art. 1~41 detta le condizioni obiettive in presenza delle quali le rte Suprema continua ad essere orientata nel senso della inapplicabilit dei ricordati due articoli del Oodioe civile ai contratti stipulati con l'Amministrazione statale, e ohe tale giu1isprudenza non affatto oscillante, ma soli damente affermata. Osserviamo, infine, ohe qu.esta giurisprudenza stata condivisa anche dal Oonsiglio di Stato il quale con parere dell'Adunanza Gen01ale n. 600 del 27 dicembre 1951 reso in sede di ricorso straordinario (Il Oonsiglio di Stato, 1952, 101) ebbe appunto a rilevare che ccNei confronti dei contratti con la P . .A. disciplinati da capitolati d'oneri non ricorre l'ipotesi dei contratti d'adesione o conclusi mediante formul)1ri di cui gli artt. 1341 e 1342 O.e.; tali capitolati hanno valore di norme obbiettive di carattere dispositivo, in quanto emanate in base ad autorizzazione legislativa, e pertanto non dato ravvi sare in esse la natura di clausole contrattuali predisposte da uno dei contraenti e soggette all'approvazione espressa dell'altra parte n. L. PAoLuccr: In te111a di Jegi_slazione sull'edilizia popolare: note sul termine cc assegnate n dell'art. 4 della legge 10 marzo 1952, n. 113 (da cc La funzione amministrativa n, 1959, 317 e segg.) Scopo di questo lungo ed accurato studio di stabilire che il termine assegnate n adottato nell'art. 4 della legge 10 marzo 1952, n. 113, non usato in senso tecnico, non indica, cio, quella precisa fase del procedimento amministrativo previsto dalla legge sulla edilizia economica e popolare che segue la prenotazione e precede l'occupazione, la stipulazione del mutuo individuale ecc., ma usato in senso puramente lessicale e sta perci ad indicare lo stesso concetto che pu essere qualificato con i termini di attribuzione conferimento ecc. JJ'.A. effettua un esame completo della scarsa dottrina e giurisprudenza in materia ed indugia sopratutto sulla analisi di quella che pu conside rarsi la manifestazione giurisprudenziale fonda mentale in questo campo e precisamente la deci sione n. 383 della IV Sezione del Consiglio di Stato del 31 maggio 1954. La critica a questa decisione si fonda sopratutto sul rilievo che essa assume come argomento base il fatto che sia assurdo che il legi slatore in una legge che prevede espressamente l'assegnazione come una fase precisa del procedi mento amministrativo da essa regolato, usi lo stesso termine assegnazionen in un significato generico in vece di quello specifico e tecnico definito nella legge. L'.A., con copia di argomenti desunti anche dal l'esame comparato di altre leggi regolanti materie analoghe, rileva che il suesposto ragionamento non pu essere considerato decisivo, specie se messo di fronte agli inconvenienti che derivano dalla inter pretazione seguita dal Consiglio di Stato. La conclusione del Paolucci che il termine assegnate n nell'art. 4 sopracitato, equivale gene ricamente ad attribuite n, << conferite n e simili e vuole stabilire una incapacit ad essere soggetto di pretesa alla concessione di case in cooperative edilizie per coloro che si trovino nelle condizioni previste nell'art. 4, incapacit che impedisce addi rittura a colui che ne colpito, di essere soggetto nel procedimento amministrativo relativo fin dal. l'inizio e cio fin dalla prenotazione. Lo studio lodevole per l'accuratezza e la seriet della documentazione ed interessante peroh riguarda una materia ohe pur avendo rifiessi pratici molto notevoli non stata finora oggetto di studi adeguati. Per una informazione pi precisa dei lettori rin viamo a questa Rassegna, 1954, pag. 231. . La questione trattata nello studio del Paoluooi non di agevole soluzione, n pu dirsi ohe la giurispru denza finora esistente possa considerarsi assoluta mente sicura. RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA COMPETENZA Regolamento Ingiunzione ammini strativa Opposizione Acque Pubbliche. COMPETENZA PER TERRITORIO Tribunali Regio nali Acque Pubbliche Opposizione a ingiunzione amministrativa. COMPETENZA PER TERRITORIO Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche Criterio del luogo rei sitae Funzionalit. (Corte di Cassazione, Sez. I, Sent. n. 26 del 9 gennaio 1959, Pres.: Siciliani; Est.: De Maio; P. M.: Cutrupia (dif.); Causa Az. Elettr. Consorz. Bolzano c. LL. PP.). Le opposizioni a ingiunzioni amministrative per crediti che si riconnettano a concessioni di acque pubbliche sono di competenza dei Tribunali Regionali delle Acque Pubbliche. La competenza territoriale a conoscerne data per non dalla sede dell'ufficio ingiungente, ma dal luogo rei sitae che qualifica la competenza territoriale dei Tribunali Regionali delle Acque Pubbliche. La ripartizione di competenze territoriali fra i Tribunali Regionali delle Acque Pubbliche determinata dalla funzione ed quindi inderogabile, prevalendo sulla competenza pure funzionale di cui all'art. 3 del T.U. 14 aprile 1910, n. 639. L'interesse di questa sentenza dato non tanto dal principio che l'opposizione ad ingiunzione amministrativa attinente a crediti da concessione di acque pubbliche competa ai Tribunali Regionali delle Acque Pubbliche, o da quello della funzionalit assoluta della ripartizione della competenza territoriale fra detti Tribunali (principi gi altra volta affermat'i), ma dalla applicazione specifica che per la prima volta se ne fatta in favore della ripartizione istituzionale delle competenze territoriali di detti tribunali e dalla prevalenza che si data al criterio del luogo rei sitae rispetto a quello della sede dell'ufficio ingiungente. La meditazione a cui invita questa sentenza non riguarda perci il fondamento o meno del principio per cui la competenza territoriale dei Tribunali Regionali delle Acque Pubbliche sia determinata imperativamente ed inderogabilmente dal criterio del luogo rei sitae (principio che apoditticamente si pone come esatto), ma riguarda invece le conseguenze che se ne traggono nelle relazioni con l'istituto specifico delle ingiunzioni amministrative e delle relative opposizioni. Nella causa decisa con l'annotata sentenza era avvenuto che l'opposizione fosse stata proposta davanti al Tribunale ordinario di Roma in ossequio all'art. 3 del T. U. 14 aprile 1910, n. 639, perch l'ingiunzione era stata emessa a Roma; che quel Tribunale aveva ritenuto la propria incompetenza e la competenza invece del Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche, indicato in quella di Venezia, nel qual distretto la concessione che aveva dato causa all'ingiunzione era sita; che, riassunte le cause davanti a detto Tribunale Regionale, esso nutrendo dubbi circa la propria competenza aveva deferito d'ufficio il regolamento di competenza alla Suprema Oorte; che infine quest'ultima aveva in adesione alla tesi del Tribunale ordinario di Roma ritenuto la competenza del Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche di Venezia, quale giudice del luogo della concessione. Il ragionamento della Suprema Oorte in sintesi il seguente: cc Nessun dubbio che per la materia sia competente il Tribunale Regionale delle A.eque Pubbliche, in una causa di opposizione a ingiunzione che investe la natura o la portata del titolo costitutivo del diritto di utenza, ma, quanto alla competenza territoriale, bisogna tener conto del principio, magari non espresso in termini sacramentali, ma promanante dal sistema disciplinatore delle acque pubbliche e dei suoi giudici, che la competenza territoriale determinata dal luogo ove sono le acque, opere e beni oggetto di controversia . > 1902, 1. I, 397) cui si fa riferimento, il Gabba non solo non menziona una sola volta n l'art. 1645 n l'azione concessa ai dipendenti dell'appaltatore, ma anzi esclude esplicitamente che si possa ammettere in via generale, in base al cod. civ. 1865, l'esistenza di una cc azione de in rem verso per ingiustificata locupletazione . Rigettando nel merito le domande attrici, anche con riferimento al citato art. 1676, non ha il Tribunale proceduto ad alcun esame sulla questione della applicabilit di detto articolo all'appalto di 00. PP,. in rapporto agli articoli 351 e 357 della legge sui LL.PP. Esattamente stata rilevata, a tale proposito, (v. F. VOLTAGGIO LUCCHESI loc. cit.) la necessit di un preliminare esame, che stabilisca se fra Ente appaltante e ditta appaltatrice sorga un rapporto da sussumersi esclusivamente nell'ambito del diritto pubblico (in tali termini, App. Trieste 26 gennaio 1952, in Giust. Civ. 1953, I, 444 e A.A. citati in nota), con conseguente inapplicabilit delle norme dettate per il corrispondente rapporto di diritto privato, o se invece si tratti di un rapporto solo in parte regolato da norme e principi del diritto pubblico, in relazione alla posizione di supremazia dell'Ente pubblico (v. ZANOBINI, Dir. Amm. IV, Milano, 1955, pagg. 502 segg.). Se si segue tale secondo criterio, che in verit appare pi accettabile, e si ritiene che le norme pubblicistiche comportino solo cc deroghe -sia pure numerose e importanti -alla regolamentazione prevista dal Cod. Civ. (v. Relaz. Avv. Stato 1951-55, I, 934 segg.), si dovr ammettere l'applicabilit dell'art. 1676 ogni qualvolta esso non risulti incompatibile con i principi di cui agli artt. 351 e 357 della legge sui LL. PP. (v. R. Ricci, in Rass. Avv. Stato 1954, 193 in nota a sent. App. Roma 25 novembre 1953). La Corte d'Appello di Roma, nella sentenza sopra citata, sembra riferirsi al caso di domanda ew art. 1676 proposta in corso di esecuzione dei lavori: quando per le opere siano gi ultimate, e pi ancora ove gi eseguito il collaudo, vengono meno le limitazioni poste in materia di sequestri, pignoramenti e vincoli in genere sui crediti da appalto (v. Cass. 7 aprile 1954, n. 1089 in Giust. Civ. 1954, I, 840), e, parallelamente, viene meno ogni motivo di inapplicabilit dell'art. 1676 (v. Cass. 19 ottobre 1954, n. 3870) in Giust. Civ., 1955, I, 388). PQich il Tribunale di Catania, nella sentenza esaminata si riferiva ad un caso in cui gi da tempo era avvenuto il collaudo dell'opera e la consegna di essa all'Ente appaltante, la sua decisione, sebbene priva di motivazione sull'ultima questione sopra esaminata, senz'altro da ritenere sostanzialmente esatta. P. D'AMICO I.G.E Art. 52 Legge sull'IGE dinanzi a,ll'A.G.O. Decadenza Impugnativa a mezzo di ricorso per revocazione -Inapplicabilit alle controversie in materia di I.G.E. (Trib. Lecce, Sent. 3 dicembre 1958, Pres.: Stefanizzo; Rel.: Motta, !AIA c. Finanze). 1) L'art. 52 della legge 19 giugno 1940, n. 762 dell'I.G.E. prevede che contro la ordinanza definitiva dell'Intendente di Finanza consentito gravame dinanzi ali' A. G.O. nel termine di giorni 60 dalla notificazione dell'ordinanza medesima. La proposizione del gravame oltre il termine predetto importa decadenza dell'esercizio dell'azione giudiziaria. 2) La impugnativa a mezzo del ricorso per revocazione di cui alla legge n. 316, del 1910 non applicabile alle controversie in materia di I.G.E. ma deve ritenersi in vigore solo per le controversie di natura civile (su tasse e sopratasse) relative all'imposta di bollo ed alle tasse sulle concessioni amministrative. La prima massima ribadisce un indirizzo pacifico: la brevit e precettivit del termine sancito dall'art. 52 della legge organica sull'I.G.E., per l'esperimento dell'azione giudiziaria avverso i provvedimenti am ministrativi dell'Intendente e del Ministro delle Fi nanze, ne caratterizza la natura: non si dubita che sia comminato a pena di decadenza onde l'inosser vanza comporta la improponibilit dell'azione, rile vabile d'ufficio vertendosi in materia sottratta alla disponibilit delle parti. La seconda, per la quale non constano precedenti in termini, risponde sostanzialmente ad un'esatta interpretazione delle norme che informano la materia. Senza indugiare nell'esame se contro gli atti am- ministrativi sia consentito, come ulteriore rimedio amministrativo, il ricorso in revocazione, ai fini della presente nota f$Ufficiente considerare che, costituendo -80 esso una deroga fatta, in determinate ipotesi, al principio dell'irretrattabilit ilel giudicato, mal si conviene in linea generale di fronte a pronunzie le quali, per la loro natura di atto amministrativo, hanno di contro il connotato giuridico della revocabilit d'Ufficio. L'orientamento giurisprudenziale che ammette, in vista della particolare natura del rimedio, la possibilit del ricorso in revocazione per i provvedimenti del Oapo dello Stato decisivi dei ricorsi straordinari, conforta la cennata opinione. La quale altres suffragata dal rilievo che, nei casi in cui stata ravvisata l'opportunit, .il ricorso in revocazione in sede amministrativa ha avuto espressa disciplina. Oos gli artt. 6 e 7 della legge 22 maggio 1910, n. 316, sulla procedura dei ricorsi all'Intendente ed al Mini- stro delle Finanze in tema di tasse sugli affari .e di riscossione degli altri proventi di servizi pubblici, abilitavano gli interessati a proporre ricorso in revocazione, nei termini indicati, per te ipotesi di errore di fatto o di calcolo o per recupero di documento decisivo. Tali norme per, il cui campo di applicazione risultava gi ben definito dalla legge, in prosieguo di tempo, attuandosi una pi particolare distinzione e disciplina della materia, hanno ulteriormente ridotto la loro sfera di applicazione, sicch oggi al ricorso in revocazione non pu pi attribuirsi carattere di rimedio generale nel ampo delle imposte sugli affari, ma solo di rimedio caratteristico a determinati tributi e per specifiche controversie. Oon il regolamento n. 316, non si operava infatti distinzione alcuna tra controversie insorgenti dalla normale applicazione dei tributi e quelle derivanti da infrazioni, talch le norme in essa contenute si estendevano, sia pure con inconvenienti, ad ogni questione. Per meglio disciplinare la materia, nel 1923 si oper un intervento legislativo, attraverso due distinte leggi emanate quasi contemporaneamente, merc le quali si regolavano separatamente le controversie non aventi carattere d'illecito (R. D. 19 aprile 1923, n. 938), e per le quali fu espressamente richiamato il ricorso in revocazione (art. 1), dalle trasgressioni tributarie (R. D. 25 marzo 1923, n. 796), la cui minuziosa e completa disciplina tacque invece di un tale rimedio. Oon quest'ultima legge pertanto il ricorso in revo cazion(} venne escluso per tutte le controversie punibili con pena pecuniaria, senza distinzione tra illeciti civili e penalt; Sono note infatti le discussioni insorte per iden tificare se la pena pecuniaria ivi indicata avesse o meno essenza di pena e l'intervento legislativo alall'uopo predisposto, per attribuire carattere penale alle trasgressioni contemplate nel R. D. n. 776, e non attuato poi, in vista, appunto della pi generale e completa rielaborazione della materia operata dalla legge 7 gennaio 1929, n. 4 in cui, distinte le categorie di illecito e disciplinato la procedura ed i termini dei gravami amministrativi, alcun cenno si contiene del ricorso in revocazione. E quindi manifesto che un tal rimedio non possa sperimentarsi in .tema di illeciti, per essere stata abrogata con la nuova e completa disciplina, in base al prinipio contenuto nell'art. 15 delle disposizioni sulla legge in generale, le norme gi dettate in materia dalla legge 1910, n. 316. Anche per le controversie non aventi natura di illecito, l'ambito di applicazione delle norme di cui al R. D. 1923, n. 938, stato per notevolmente ristretto dalla legge 7agosto1936, n. 1639, per la riforma degli ordinamenti tributari che, demandando la risoluzione delle controversie relative alle imposte di registro, di successione ed in surrogazione, di manomorta e ipotecaria alla giurisdizione tributaria, ha limitato e per i pi importanti tributi, la competenza dell' Intendente di Finanza (ulteriormente ridotta poi con il D. L. 28 dicembre 1946, n. 469 e successive modifiche per l'I.G.E. in abbonamento demandata alle commissioni), la quale quindi sussiste solo per le controversie di natura civile relative all'imposta di bollo (D: P. 25 giugno 1953, n. 492), alle tasse sulle concessioni governative (D. P. 29 marzo 1953, n. 112) ed a pochi altri tributi (assicurazioni R. D. 923/3281; carte da giuoco-R. D. 1123/3277; documenti di trasporto 1948/1173), e per le quali solo continua ad aver vigore il predetto ricorso in revocazione, del re.i dalla imposta proporzionale sul patrimonio (n. 325). INFORTUNI SUL LAVORO INFORTUNI NELLE FORESTE DEMANIALI. -Se le somme dovute all'I.N.A.I.L. a rimborso delle rendite da esso corrisposte agli operai per indennit relative ad infortun:i verificatisi in foreste demaniali prima che queste fossero trasferite alle Regioni debbano passare a carico delle Regioni stesse (h. 43). ISTRUZIONE SUPERIORE DIPLOMI E LAUREE. -1) Se possa ritenersi illegale il rilascio di diplomi o di attestazione o di titoli diversi da quelli disciplinati dalla legge, da parte di associazioni culturali dietro pagamento o esborso di somme di denaro (n. 10). 2) Se possa ritenersi sussistere reato nel caso che la persona che urio di quei titoli abbia ottenuto dietro esborso di somme di denaro fosse stato tratto deliberatamente in inganno sul valore effettivo del titolo conseguito (n. 10). METANO PROPRIET DELLE BOMBOLE. -Se, ai sensi dell'art. 3 della legge n. 640 del 1950, la presunzione di propriet delle bombole a favore dell'E.N.I. si applichi nei confronti delle Arri.ministrazioni Statali, comprese le Aziende Autonome (n. 3). NAVE E NAVIGAZIONE SINISTRI MARITTIMI. -Se il verbale d'inchiesta formale sui sinistri marittimi debba essere inviato al Procuratore della Repubblica, ai sensi dell'art. 1241 Cod. nav., ove la Commissione d'inchiesta stessa abbia espresso il parere che il fatto sia avvenuto per dolo o colpa di persone non soggette alla giurisdizione italiana . (n. 100). . ORFANI DI GUERRA 1) Se l'art. 3 della legge 13 marzo 1958, n. 365 regoli Ja materia riguardante l'autorizzazione alle istituzioni col legate conI'O.N.O. G. per ci che concerne l'accettazione di lasciti o donazioni o l'acquisto di beni immobili (n. 2). 2) Se l'autorizzazione ad accettare una donazione da parte dell'Opera Nazionale Mezzogiorno d'Italia sia concessa mediante decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (n. 2). OPERE PUBBLICHE REVISIONE DI PREZZI. -Se, rispetto ai contratti eseguiti dall'E.R.I.C.A.S. a mezzo di appaltatori, siano legittime le revisioni dei prezzi operate, non in base alle leggi chedisciplinan0 la materia, bens con i criteri det -S6 tati dall'art. 9 della convenzione n. 38 in data 8 marzo 1949 stipulata con l'Ente per la Ricostruzione del Cassinate (n. 49). PENSIONI PRIVILEGIATE -RIVALSA DELLO STATO. -Se lo Stato, che sia tenuto a corrispondere la pensione privilegiata al proprio dipendente infortunato in occasione di servizio e per colpa di un terzo, possa agire in rivalsa contro quest'ultimo (n. 88). PREZZI REVISIONE DI PREZZI. -Se, rispetto ai contratti eseguiti dall'E.RI.CAS. a mezzo di appaltatori, siano legittime le revisioni dei prezzi operate, non in base alle leggi che disciplinano la materia, bens con i criteri dettati dall'art. 9 della convenzione n. 38 in data 8 marzo 1949 stipulata con l'Ente per la Ricostruzione del Cassinate (n. 42). REGIONI REGIONE SICILIANA -RICERCA DI ACQUE SOTTER RANEE. -1) Se, ai sensi dell'art. 102 del T. U. 11 dicembre 1933,.n. 177 5, una riserva per ricerca di acque sotterranee a favore della Regine Siciiliaha; debba essere limitata nel tempq (n. 77). -2) Se debba procedersi a pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del decreto dello Assessorato della Regione Siciliana che stabiliva la suddetta riserva (n. 77). RICOSTRUZIONE AGEVOLAZIONI FISCALI. -Se l'esenzione tributaria prevista dall'art. 5 del D. L. 7 giugno 1945, n. 322, sia applicabile anche al caso in cui il conferimento in denaro non preceda le opere di ricostruzione che costituiscono il fine della societ a favore della quale il finanziamento viene fatto (n. 8). (7103898) &oma, 1959 -Istitnto Poligrafico llello Stato -G. C