ANNO XIX -N. 3 MAGGIETGIUGN0 1967 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO-STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ROMA ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 1967 ABBONAMENTI ANNo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . L. 5.000 UN NUMERO SEPARATO .. .. . . .. . . .. 900 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: LIBRERIA DELLO STATO .. PIAZZA G. VERDI, 10 .. ROMA e/e postale 1/40500 Stampato in Italia -Printed in Itat:Y Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 (6213116) Roma, 1967 -Istituto Poligrafico dello Stato P. V. INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Se2lione prima: GIURISPRUDENZA COSTlrTUZIONAtE E INTERNA Zl:ONALE pag. 339 Sezione seconda: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 368 Sezione terza: GIU:RISP,RUDENZA CIVltE 388 Seziione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATNA 408 Se2lione quinta: GIUR,ISPRUDENZA TRIBUTARIA 413 Sezione sesta: GIUR,ISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITUR>E 467 Se:ziione settima: GIURISPRUDENZA PENALE 479 Parte seconda: QUESTIONI -RASSEGNE -CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO RASSEGNA DI DOTT.mo delle singole risultanze istruttorie -Esclusione, 406. -Motivazione -Valutazione delle prove -Potere discrezionale del Giudice di merito -Sussiste Limite -Obbligo del Giudice di merito d'indicare le ragioni del proprio convincimento -Sussiste, 405. SICILIA -Cantieri straordinari di lavoro Legge regionale' attributiva di un assegno straordinario -Ille INDICE .Xl gittimit costituzionale -Escludi Catania -Mancata indicazione sione, 360. della copertura della spesa -11legittimit costituzional~cc-343. -Legge regionale concernente marchi di qualit e propaganda dei prodotti siciliani -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 339. STRADE -Legge regionale recante nuovi provvedimenti a favore del grano -Autostrade a pedaggio gestite duro -Mancata indicazione della dall' ANAS -Rapporto di uten copertura della spesa -Illegit za -Natura contrattuale -Esclu timit costituzionale, 344. sione -Responsabilit dell'Ente .... Legge regionale relativa al percontrattuale, con nota di A. FRE. sonale della scuola ortofrenica NI, 390. INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 18 aprile 1967, n. 44 . 18 aprile 1967, n. 45 . 18 aprile 1967, n. 46 . 18 aprile 1967, n. 47 . 18 aprile 1967, n. 48 . 24 aprile 1967, n. 49 . 24 aprile 1967, n. 50 . 24 aprile 1967, n. 51 . 24 aprile 1967, n. 53 . 5 maggio 1967, n. 55 5 maggio 1967, n. 56 5 maggio 1967, n. 57 5 maggio 1967, n. 58 5 maggio 1967, n. 59 5 maggio 1967, n. 60 GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 20 maggio 1966, n. 1291 . . . . . . . . . . . . . . . Sez. I, 25 maggio 1966, ri. 1331 . . . . . . . . . . . . . . Sez. I, 28 maggio 1966, n. 1394 (in nota a Cass. 25 maggio 1966, n. 1331) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Sez. I, 28 maggio 1966, n. 1395 (in nota a Cass. 25 maggio 1966, n. 1331) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . -. . Sez. I, 14 giugno 1966, n. 1541 (in nota a Cass. 25 maggio 1966, n. 1331) . . . . . . . . . . . . Sez. I, 17 giugno 1966, n. 1559 . . . . . . . . . . . . . . . Sez. Un., 28 giugno 1966, n. 1674 . . . . . . . . . . . . . . Sez. I, 6 luglio 1966, n. 1743 (in nota a Cass. 17 marzo 1967, n. 601) . . . . . . . . . . Sez. I, 26 ottobre 1966, n. 2616 . . . Sez. I, 29 ottobre 1966, n. 2711 . . . Sez. I, 10 novembre 1966, n. 2750 . . Sez. III, 29 novembre 1966, n. 2806 . Sez. I, 7 dicembre 1966,; n. 2873 . Sez. I, 5 gennaio 1967, n. 33 . . . Sez. Un., 24 gennaio 1967, n. 208 . Sez. Un., 30 gennaio 1967, Sez. I, 14 febbraio 1967, n. Sez. I, 25 febbraio 1967, n. Sez. I, 1 marzo 1967, n. 451 n. 249 365 433 . . pag. 339 > 340 > 343 343 344 344 348 353 354 355 357 360 360 364 366 pag. 413 " 414 415 415 411:\ 425 430 457 432 433 388 > 389 439 439 378 370 391 440 447 I: ' INDICE Sez. I, 17 marzo 1967, n. 599 (in nota a Cass. 17 marzo 1967, n. 601) . . . . . . . . . Sez. I, 17 marzo 1967, n. 601 . Sez. I, 22 marzo 1967, n. 652 . Sez. I, 2 maggio 1967, n. 808 . Sez. I, 2 maggio 1967, n. 814 . Sez. Un., 8 maggio 1967, n. 893 Sez. Un., 8 maggio 1967, n. 897 (in nota a Cass. 8 maggio 1967 n. 899) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Sez. Un., 8 maggio 1967, n. 898 (in nota a Cass. 8 maggio 1967 n. 899) . . . . . . . . . Sez. Un., 8 maggio 1967, n. 899. Sez. Un., 19 maggio 1967, n. 1076 Sez. I, 20 maggio 1967, n. 1097 . . Sez. Un., 23 maggio 1967, n. 1116 Sez. III, 24 maggio 1967, n. 1141 . LODI ARBITRALI 20 giugno 1966, n. 45 (Roma) . . . . . . . . . . . . . GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 8 marzo 1967, n. 69 . Sez. IV, 8 marzo 1967, n. 73 . Sez. IV, 8 marzo 1967, n. 74 . Sez. IV, 15 marzo 1967, n. 79 . Sez. IV, 15 marzo 1967, n. 81 . GIURISDIZIONI PENALI CORTE DI CASSAZIONE Sez. II, 30 luglio 1966, n. 452 . Sez. Il, 25 agosto 1966, n. 407 . Sez. Ili, 21 settembre 1966, n. 1571 Sez. III, 21 settembre 1966, n. 2000 :XUI pa.g. 456 ,. 456 460 ,. 467 396 " 379 ,. 383 383 " ,. 383 384 " > 405 386 " > 406 pag. 477 pag. 408 " 409 " 409 " 410 " 411 pag. 479 " 482 " 483 " 485 SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA RASSEGNA DI DOTTRINA PANuccio V., Le dichiarazioni non negoziali di volont, Giuffr, Milano 196( . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 95 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE Leggi e Decreti (Segnalazioni) . . .. pag. 96 NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMIT COSTITUZIONALE -Norme dichiarate incostituzionali: codice di procedura civile, art. 177 bis . . . l> 97 r. d. 5 giugno 1939, n. 1016, art. 67, I comma . > 97 p. r. g. lgt. 9 novembre 1945, n. 848, art. 6 . > 97 d. P. R. 9 maggio 1961, n. 779, art. unico . . > 98 -Norme delle quali stata dichiarata non fondata la questione di legittimit costituzionale codice civile, art. 271 98 codice procedura civile, art. 513, I comma, ultima parte . 98 codice procedura civile, art. 522, prima parte . 98 codice penale, art. 204, secondo comma, art. 222, pri terzo, titoli primo e secondo, capi I, II e terzo . > r. d. 30 gennaio 1896, n. 26, art. 18, ultimo comma. ,. 99 r. d. 1. 15 marzo 1927, n. 436, art. 7, quarto comma . > 10n d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 182, ultimo comma 100 legge 2 aprile 1958, n. 322, articolo unico . > 100 d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1032, articolo unico > 100 d. P. R. 31 dicembre 1963, n. 2105, art. 9 > 101 legge reg. sic. approv. 21 dicembre 1966 > 101 -Norme delle quali stato promosso giudizio di legittimit > 101 costituzionale -Norme delle quali il giudizio di legittimit costituzionale stato definito con pro.nuncie di estinzione, di inammissibilit, di manifesta infondatezza o di restituzione degli atti al giudice di merito . . . . . . . . . . . . . . > 110 mo comma codice procedura penale, art. 74 e 398 . codice procedura penale, art. 505 . codice procedura penale, articoli compresi nel 98 > 99 ,. 99 libro 99 INDICE xv INDICE DELLE CONSULTAZIONI (secondo l'ordine di materia) Acque pubbliche . pag. 111 Importazione ed espor- Amministrazione pubtazione ... pag. 119 blica > 111 Imposta di registro . > 120 Appalto > 111 Imposta di ricchezza Bellezze artistiche e mobile 120 naturali > 113 Imposta di successione " 121 Cinematografi.a > 113 Imposta generale sul- Circolazione stradale 113 l'entrata 121 Concessioni ammini-Imposte e tasse > 121 strative . > 113 Imposte varie 122 Concorsi > 114 Impresa 123 Contabilit dello Stato > 114 Lavoro 123 Contributi e finanzia-Locazioni > 123 menti 114 Mezzogiorno 123 Danni di guerra . > 114 Mutuo > 123 Dazi doganali . > 115 Occupazione > 124 Edilizia popolare ed Pena > 124 economica. > 115 Pensioni 124 Elettricit ed elettroPQste e telecomunica- dotti 115 zioni . > 125 Enfiteusi 115 Prescrizione > 125 Enti e beni ecclesia-Procedimento penale 125 stici > 116 Reati finanziari > 125 Espropriaz. per p. u. 116 Regioni . > 125 Fallimento > 117 Responsabilit civile > 126 Farmacie > 118 Riscossione coattiva . > 126 Ferrovie > 118 Sciopero " 126 Guerra > 118 Societ 126 Idrocarburi > 119 Titoli di credito > 127 Impiego pubblico . > 119 Trasporto . 127 NOTIZIARIO ...................... pag. 128 I I i r PARTE PRIMA 2 J f GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, 18 aprile 1967, n. 44 -Pres. Ambrosini - Rel. Mortati -Commissario dello Stato per la Regione Siciliana (sost. avv. gen. Stato Peronaci) c. Pres. Regione Siciliana (avv. Silvestri). Sicilia -Legge regionale concernente marchi di qualit e propaganda dei prodotti siciliani -Illegittimit costituzionale -Esclusione. (Stat. reg. sic., art. 14, lett. d, e; 1. reg. 4 maggio 1966). Non fondata la questione di legittimit costituzionale della legge regionale siciliana 4 maggio 1966, con la quale si d facolt all'assessore regionale per l'industria ed il commercio di autorizzare l'applicazione di apposito marchio di qualit sui prodotti siciliani e si predi.spongono i controlli, da effettuare sui luoghi di produzione e di consumo, dei prodotti cos qualificati. Infatti, dati i limiti posti alla autonomia legislativa regionale dalle disposizioni di carattere generale di cui all'art. 2510 c. c. e della l. 21 giugno 1942, n. 929, la disciplina dettata dalla legge regionale nessun altro valore giuridico pu assumere se non quello di predisposizione, di carattere meramente interno, delle attivit necessarie a rendere possibile la presentazione di una valida domanda per l'ottenimento di marchi collettivi (1). (1) La Corte ha respinto il ricorso proposto dal Commissario dello Stato nei sensi di cui in motivazione ; una nuova sentenza interpre,1Jativa di rigetto, dunque, la quale tuttavia iridimensiona i poteri legislativi della R,egione nella materia dei marchi e li armonizza con la legislazione nazionale. In questo senso notevole l'affermazione deHa natura meramente interna dell'ambito di applicabilit della l1egg.e. Notevole non solo in relazione al caso di specie, ma perch introduce il concetto, analogo e quehlo tradizionale del regolamento di o::-ganizzazione, di legge di organizzazione. Ci potrebbe far dubitrure della possibilit stessa de,l ricorso dallo strumento legislativo, che per sua natura ha efficacia esterna e (fatta eccezione per le leggi formali e per le leggi-provvedimento) onnidirezionale. Sul merito della questione, veggasi la voce Marchi collettivi del FRANCESCHELLI, Noviss. dig. it., X, 207, segg. 340 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 18 aprile 1967, n. 45 -Pres. Ambrosini Rei. Oggioni -Barrile ed altri (n.c.) e Presidente Cons,~gJ~o dei Ministri (sost. avv. gen. Stato Agr). Elezioni comunali e provinciali -Sottoscrizione di pi di una presentazione di candidatura -Punibilit con pena pi grave dell'analogo delitto previsto per le elezioni politiche -Violazione del principio di eguaglianza -Esclusione. (Cost. art. 3; d. p. r. 5 aprile 1951, n. 203, ,art. 86; d. p. r. 16 maggio 1960, n. 570, art. 93). Non fondata, con riferimento ai principio di eguagtianza di cui aU'art. 3 deUa Costituzione, ia questione di Legittimit costituzionale degli artt. 86 d.P.R. 5 aprile 1951, n. 203 e 93 d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, suU'elezione degti organi delle amministrazioni iocati, in quanto la pi grave sanzione penale quivi prevista rispetto a quella stabilita per le elezioni potitiche trova normale giustificazione nel fatto che le elezioni amministrative vengono reatizzate in ambienti, circostanze, situazioni locati, che ne caratterizzano la preparazione e l'andamento (1). (Omissis). -La questione prospettata con le ordinanze di rinvio verte sul punto se sia in contrasto con il principio della uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge, garantito dall'art. 3 della Costituzione, il fatto che colui che commette reato, sottoscrivendo pi di una dichiarazione di presentazione di candidatura per le elezioni comunali, sia punibile con pena edittale pi grave (reclusione fino a due anni e multa fino a L. 20.000). di quella prevista per l'elettore che com (1) La questione era stata proposta con varie ordina~e: 22 novembre 1965 del Pretore di Caltanissetta (Gazzetta Ufficiale 15 gennaio 1966, n. 12); 6 dicembre 1965 dello stesso Pretore (Gazzetta Ufficiale 12 febbraio 1966, n. 38); 28 marzo 1966 del Tribunale di Caltanissetta (Gazzetta Ufficiale 10 settembre 1966, n. 226). La decisione particolarmente importante perch costituisce una ulterior, e, e pi specifica, manifestazione della giurisprudenza della Corte nell'interpretazione dell'art. 3 della Costituzione, anche in relazione ai poteri istituzionali della Corte stessa rispetto al Legislativo. A auesto proposito, noto che 1in dottrina sono state autorevolmente prospettate due te::d principali. Dal comune denominatore, secondo il quale sarebbero in ogni caso da considerarsi illegittime le norme emanate ad personam, e le distinzioni di J PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZ.~ONALE 341 metta reato sottoscrivendo pi di una lista di candidati per l'elezione della Camera dei deputati (reclusione fino a tre mesi ovvero multa sino a L. 10.000). La questione non fondata. La giurisprudenza di questa Corte ha nettamente fissato e ribadito il contenuto ed i limiti di applicazione del principio costituzionale di eguaglianza, statuendo che, a parit di situaZJioni, deve corrispondere parit di trattamento, mentre trattamenti differenziati sono riservati a situazioni obbiettivamente diverse: e che spetta insindacabilmente al legislatore giudicare sulla parit o la diversit delle situazioni, pur nel rispetto di criteri di ragionevolezza nonch degli altri principi costituzionali. Il caso in esame non si sottrae a questi principi direttivi. I reati di sottoscrizione di pi dichiarazioni di presentazione di candidature o di pi liste di candidati, hanno indubbiamente punti di accostamento, come quello dell'uguale appartenenza alla categoria dei reati formali, non richiedenti alcun dolo specifico ma solo quello generico, consistente nella coscienza e volont del fatto di apporre una firma vietata dalla legge: e quello della medesima obbiettivit giuridica, cici dell'interesse pubblico di assicurare, mediante la garanzia di un numero minimo di sottoscrittori, la genuinit e la seriet delle candidature e, di conseguenza, la regolarit di tutte le operazioni elettorali. Non pu altres che riconoscersi esatto il rilievo, contenuto nelle ordinanze del Pretore, che trattasi di reati sottoposti a termini speciali di prescrizione e non assoggettabili alle norme generali sulla sospensione della pena e sulla non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale. sesso, razza, ecc. non potrebbero essere assunte quali pr.esupposti di disciplina differenziata (mentre non sarebbe vietato al legislafore ordinario di l differenziare Je situazioni di fatto, e di predisporparissero, prima facie , prive di ogni carattere di ragionevolezza. La giuriisprudenza della Corte appa:r~e orientata verso una soluzione intermedia, ma molto vicina alla seconda tesi, in base alla quale ammesso 342 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Ma, accanto a questi dati comuni e riferibili alla categoria generale dei reati elettorali, vi un dato specifico che deve essere tenuto essenzialmente presente per stabilire il contenuto e, nel contempo, segnare i limiti del presente giudizio. Ed il dato, ben cognito, che le elezioni amministrative vengono realizzate in ambienti, circostanze, situazioni locali che ne caratterizzano la preparazione e l'andamento. Esula da questa constatazione ogni giudizio comparativo di congruit o meno circa la misura delle sanzioni comminate per le ipotesi deMttuose suindicate, poich non spetta alla Corte, (come gi enunciato con la sentenza n. 92 del 1963) prendere posizione in ordine alla preferenza da accordare all'uno o all'altro di due sistemi legislativi, quando si denuncia la disuguaglianza di disciplina giuridica in base a rapporti reputati eguali tra loro. Tal compito spetta al potere legislativo: ed infatti, nel caso in esame, l'auspicio, poi rimasto finora inattuato, per una armonizzazione della misura delle sanzioni contenuto fin dalla Relazione al d.1.1. 7 gennaio 1946, n. 1, sulle elezioni amministrative, in relazione al progetto per l'elezione dell'Assemblea Costituente. Ma la Corte, per rimanere nei limiti delle proprie funzioni istituzionali, deve soltanto verificare se, in luogo di una asserita identificazione assoluta di fattispecie delittuose, sussista invece tra di esse una qualche diversificazione, che renda non irrazionale una normativa diversa per quanto riguarda la misura delle sanzioni. Il principio di eguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione dovrebbe dirsi intaccato od eluso, solo in caso di constatata il'lrazionalit del trattamento differenziale, ma non, come la Corte ritiene nel caso in esame, quando sussistano motivi attendibili per distinguere situazioni, che, pur partendo da eguali presupposti, vengano poi ad assumere note distintive per particolari atteggiamenti soggettivi ed oggettivi. -(Omissis). il controllo sulla sussistenza o meno di norme internamente contraddittorie e di manifesto arbitrio o patente irragionevolezza nel disciplinare in termini uguali situazioni dived'se. Ci anche in conformit di altra autorevole dottrina la quale aveva manifestato J..a preoccupazione che un controllo penetrante da parte della Corte, cio non limitato all'iTragionevolezza prima facie importasse lo snaturamento della funzione giurisdizionale della Corte stessa e la non invocabilit dell'art. 3 della Costituzione (GIORGIANNr, Le norme sull'affitto, con canone in cer.eali, ecc., Giur. cost., 1962, 82 segg.). Con 1a sentenza in esame, la Corte ribadisce tale insegnamento, col richiamo in motivazione, alla precedente senten:zja 18 giugno 1963, n. 92 (Dir. e prat. trib., 1964, II, 106), precisando i propd limiti di foonite al legi slatorie nella valutazione dei ststemi normativi adottati in relazione a fatti specie diversificatt?. Una parola di chiarezza, dunque, sull'incerto confine tra legittimit costituzionale e merito legislativo. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNA~IONALE 343 CORTE COSTITUZIONALE, 18 aprile 1967, n. 46 -Pres. Ambrosini - Rel. Manca -Lotter ed altri (n. c.). Procedimento penale -Reati di competenza del Pretore -Decreto di citazione a giudizio senza atti istruttori -Mancata contestazione del fatto -Illegittimit costituzionale -Esclusione. (Cost. art. 3, 24; c. p. p., art. 231, 398). Non fondata, sia con riferimento al principio costituzional.e di eguaglianza, sia a quello della difesa in giudizio, la questione di legittimit costituzionale degli artt. 231 e 398 c.p.p., nelle parti in cui si prevede che, senza il previo compimento di atti istruttori, il Pretore dispone l'emissione del decreto di citazione a giudizio omettendo di contestare il fatto all'imputato (1). (1) La questione era stata proposta con l1e ordinanze, 19 maggio 1966 del Pretore di Venezia (Gazzetta Ufficiale, 27 agosto 1966, n. 213); 13 ~iugno 1966 del Pretore di Avezzano (Gazzetta Ufficiale 24 settembre 1966, n. 239); 16 giugno 1966 del Preto.re di Gonzaga (Gazzetta Ufficiale 12 novembire 1966, n. 284); e decisa con procedimento in Camera di Consiglio non essendovi stata costituzione di parti. La sentenza complementare alfa precedente sentenza 28 aprile 1966, n. 33 (in questa Rassegna, 1966, 501), con la quale era stata dichiarata l'illegittimit costituzionale delle stesse norme allorch l'omesso inteNogatorio si riferdsca ad un procedimento nel quale siano stati compiuti atti istruttori. Allorquando, invece, il Pretore non compia atti istruttori, ma rinvii a giudizio puramente e semplicemente, non vi necessit della previa contestazione del fatto, secondo l'insegnamento della decisione in rassegna. La sent~nza 23 marzo 1966, n. 27, che la Corte ha richiamato in motivazione, pubblicata in questa Rassegna, 1966, 286, e nota, ove richiami degli articoli precedenti. I CORTE COSTITUZIONALE, 18 aprile 1967, n. 47 -Pres. Ambrosini - Rel. Benedetti -Commissario dello Stato per la Re.gione Siciliana (sost. avv. gen. Stato Guglielmi) c. Pres. Regione Siciliana (avv. (Barto.li). Sicilia -Legge regionale relativa al personale della scuola ortofrenica di Catania -Mancata indicazione della copertura della spesa -Illegittimit costituzionale. (Cost., art. 81; 1. reg. 7 luglio 1966). costituzionalmente illegittima, con riferimento all'art. 81 Cost., la legge regionale siciliana 7 luglio 1966, recante norme relative al j 344 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO personale direttivo, di segreteria e di servizio della scuola magistrale ortofrenica di Catania, in quanto essa nulla dispone circa il modo di fronteggiare l'aumento della spesa, ancorch riferito ad esercizi futuri (1). II CORTE COSTITUZIONALE, 24 aprile 1967, n. 49 -Pres. Ambrosini Re l. Oggioni -Commissario dello Stato per la Regione siciliana (sost. avv. gen. Stato Guglielmi) c. Presidente Regione Siciliana (avv. Guarino). Sicilia -Legge regionale recante nuovi provvedimenti a favore del grano duro -Mancata indicazione della copertura della spesa Illegittimit costituzionale. (Cost., art. 81; 1. reg. 25 maggio 1966). costituzionalmente illegittima, con riferimento all'art. 81 della Costituzione, la legge regionale siciliana 25 maggio 1966, recante nuovi provvedimenti a favore del grano duro, in quanto il capitolo di entrata del bilancio regionale, corrispondente alla spesa prevista dalla legge, reca solo l'indicazione per memoria, cio una mera annotazione contabile sprovvista di un contenuto finanziario sostanziale (2). (1-2) Conforme alle due decisioni, che hanno accolto la tesi sostenuta dall'Avvocatm.'a, la precedente sentenz:a della stessa Corte 11 luglio 1966, n. 96 (in questa Rassegna, 1966, 994). In via pi genera.le, sui proble.mi connessi .all'interpretazione dell'art. 81 Cost., si rinvia alla sentenza 10 gennaio 1966, n. 1 (in questa Rassegna, 1966, 1) ed alla nota ivi. CORTE COSTITUZIONALE, 18 aprile 1967, n. 48 -Pres. Ambrosini - Rel. Petrocelli -Artmann e Pude (n. c.) e Pres. Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Stato Chiarotti). Reato -Reati e pene -Reati commessi nel territorio dello Stato e giudicati all'estero -Rinnovamento del giudizio -Deroga al divieto del ne bis in idem -Illegittimit costituzionale -Esclusione. (Cost. art. 10; c. p. art. 11, primo comma). Non fondata, con riferimento all'art. 10 della Costituzione, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 11, primo comma, codice due cittadini tedeschi, amente aie il principio del ne dici, dovrebbe essere azionale due cittadini tedeschi, amente aie il principio del ne dici, dovrebbe essere azionale \ mmesso estione di he se PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZION"LE E INTE~~!ONALJ!; 45 penale, che prevede il rinnovamento del giudizio nello Stato pe1 reati quivi commessi, anche se l'imputato sia stato gi condannato aU:estero. Pur ammettendosi, infatti, che il principio del ne bis in idem, costituisce un principio internazionalmente riconosciuto ed applicabile alle sentenze dei tribunali internazionali, la diversit degli interessi tutelati ~ nei diversi Stati ed i variabili effetti e riflessi della condotta degli uomini in ciascuno di essi, tendono a mantenere, come regola prevalente nell'autonomia dei singoli ordinamenti, il principio della territorialit (1). (Omissis1. -Il principio del ne bis in idem ha la sua validit anche nell'ordinamento internazionale, essend applicabile alle sentenze dei tribunali internazionali, come stato ammesso dalla giurisprudenza dei predetti tribunali, e come richiesto, per i rapporti giuridici internazionali, dalle medesime es:icgenze che sono a fondamento del principio nei rapporti interni. Tuttavia esso non assume l'estensione e l'efficacia che l'ordinanza di rimessione tende ad attribuirgli. La Code di assise di La Spezia, investita del giudizio a carico di autori di rapina e di altri reati commessi in Italia, e gi giudicati per questi fatti in Germania, ritiene non manifeinfondata la questione sollevata dalla difesa, secondo la bis in idem, comune a tutti gli ordinamenti ritenuto come assunto a principio di diritto e considerato quale norma a cui, ai sensi dell'art. 10 ostituzione, deve conformarsi l'ordinamento giuridico italiano. entemente questo, dovrebbe riconoscere efficacia preclusiva sentenza straniera che abbia irrevocabilmente giudicato di in Italia da un cittadino straniero. Viene pertanto legittimit costituzionale dell'art. 11, primo odice penale, in quanto dispone dover essere giudicato sia stato giudicato all'estero, chiunque, cittadino posta con ordinanza 5 novembre 1965 della Corte di zzetta Ufficiale 15 gennaio 1966, n. 12). ta di fronte al denunciato conflitto fra il principio \1\o della territor:La:lit de1la legge penale. Da un lato, ?!"''dell'adattamento automatico dell'o.rdinamento inter,,,.. i'.tnazionalmente !riconosciute, a carattere non pattizio ,,tf'comma della Costituzione); dall'altro, la disposizione del ,,..d~ (airt. 3) sull'obbligatoriet della legge penale per tutti coloro ,."trovano nel territoil'io dello Stato. Principio, questo, che pu trovarsi ~,4).ficitamente confermato, a thrello costituzionale, dall'art. 13 Cost., l dove si prevedono le eccezioni all'inviolabilit delJla libei:rt personale se non per atto motivato dell'autorit giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge (ovviamente, della Repubblica). 346 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO o straniero, ha commesso un reato nel territorio dello Stato. La norma costituzionale violata sarebbe appunto l'art. 10, primo commg.___della Costituzione, in virt del quale l'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciuto Necessario presupposto del denunziato contrasto sarebbe dunque il carattere attuale, nel principio del ne bis in idem, di norma internazionale generalmente riconosciuta, nell'ampia latitudine che gli si vorrebbe ora attribuire. Ma a sostegno di questa tesi non viene presentato alcun valido argomento. Non si vede perch -si dice nell'ordinanza -il ne bis in idem non debba essere considerato quale principio, oltre che dei singoli ordinamenti giuridici, anche dell'ordinamento giuridico internazionale; non detto che il principio della territorialit debba prevalere sulla esigenza del ne bis in idem: proposizioni chepossono, tutt'al pi, valere come espressioni di una tendenza soggettiva dell'interprete, e in certo modo come auspicio per un futuro generale affermarsi del principio, non come positivo argomento per la sua sussistenza attuale. Ci che invece effettivamente e attualmente sussiste, e in modo chiaro risulta dai codici penali della generalit degli Stati, proprio il principio opposto, vale a dire quello della territorialit, di cui sono netta affermazione, nell'ordinamento -italiano, gli articoli 6 e seguenti del Codice penale. L'ordinanza, non dissimulandosi questa realt, sostiene che sia possibile una armonizzazione del principio del ne bis in idem col principio della territorialit, affermando che i due principi ben possono essere armonizzati tra loro, riconoscendosi che l'autore di un reato commesso nel territorio italiano va punito secondo la legge italiana, tranne il caso che esso sia gi stato giudicato per lo stesso reato, con sentenza irrevocabile, da un giudice straniero . Il che per, lungi dal significare una armonizzazione fra i due principi, verrebbe ad esprimere Ma esattamente la Corte ha risolto il problema dando la prevalenza al principio della territorialit, pur se con l'auspicio di un diritto penale interstatuale. Invero il contenuto di ci che comunemente s'intende per eccezione di cosa giudicata l'effetto della consunzione processuale dell'azione penale; esauritasi la quale col giudicato, non si pu :riproporla per il medesimo fatto e contro la stessa persona: di qui la regola del ne bis in idem che rappresenta, appunto, uno degli effetti inerenti alla forza preclusiva dell'autorit della cosa giudicata (BERENINI, Regiudicata penale, in Nuovo dig. it., IX Torino 1939, 307 e segg.). Che tale l."egola sia comunemente adottata dai Paesi a pari civilt giuri dica nozione comunemente accetta. Si tratta di UJll principio che fonte di diritto internazionale (in tale senso sono concordi gli internazionalisti: QUADRI, Diritto internazionale PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTER]i_A,.ZIONALE 347 proprio la netta prevalenza di quello che l'ordinanza vuole sostenere, come in modo evidente appare sol che le proposizioni su ripoxtate, senza che ne rimanga alterato il contenuto, vengano enunciate in termini opposti, e cio: se un giudice straniero ha, con sentenza irrevocabile, giudicato l'autore di un reato commesso nc;il territorio italiano, questo non va (pi) punito secondo la legge italiana. In realt, fermo rimanendo che il principio del ne bis in idem valido, come si detto, per le sentenze dei tribunali internazionali, per ritenerlo esteso al di l di questo limite non solo non ricorrono elementi favorevoli, ma sussistono fondate ragioni in senso contrario. Ponendosi in una prospettiva ideale, che gi trova fervide iniziative e convinti sostenitori, si pu auspicare per il futuro l'avvento di una forma talmente progredita di societ di stati da rendere possibile, almeno per i fondamentali rapporti della vita, una certa unit di disciplina giuridica e con essa una unit, e una comune efficacia, di decisioni giudiziarie. Ben diversa tuttavia, pur nel suo continuo evolversi, si presenta la realt attuale, dove la valutazione sociale e politica dei fatti umani, in ispecie nel campo penale, si manifesta con variazioni molteplici e spesso profonde da stato a stato. E ci in conformit dei diversi interessi e dei variabili effetti e riflessi della condotta degli uomini in ciascuno di essi, con la conseguente tende;nza a mantenere come regola, nell'autonomia dei singoli ordinamenti, il principio della territorialit. Una efficacia preclusiva della sentenza penale in campo internazionale presupporrebbe d'altronde, oltre la gi rilevata identit di riflessi sociali e politici, anche una assai larga uniformit di previsione delle varie fattispecie penali, e una pressoch identica valutazione, nella coscienza dei popoli, delle varie forme delittuose e della entit e pericolosit della delinquenza in ciascuno Stato: condizioni che non sussistono o non sussistono in misura adeguata. Il che spiega e d fondamento attuale al permanere del principio della territorialit nelle varie pubblico, Palermo, 1960, 100 e .segg.: ci che nella coscienza giuridica degli Stati senz'altro diritto internazionale vigente >; BARILE, La rilevazione e l'integrazione del diritto internazionale non scritto e la libert di apprezzamento del giudice, Comunicazioni e .studi dell'Istituto di diritto internazionale e straniero dell'Universit di Mi1aono, V, 1953, 155). La regola del ne bis in idem pu quindi, essere ritenuta norma di diritto intemazionale generalmente riconosciuta. Ma la regola stessa, sussunta nell'ordinamento interno, assume due aspetti dive:risi: altro per uno Stato l'eccezione di cosa giudicata 'proveniente dai propri organi giurisdizionali competenti, altro l'eccezione stessa nell'ipotesi in cui il giudicato provenga da altro Stato. Se sotto il pirimo aspetto non sembra esservi dubbio .sulla rilevanza della regola, non altrettanto pu dirsi, peT quel che riguarda almeno la regiudicata penale, sotto il secondo aspetto. Si determina, per l'appunto, 348 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STA,TO legislazioni. E se in taluni codici (danese, greco, ecc.) stabilito che nell'infliggere la pena il giudice debba tener conto di quella evt}u.J;.ualmente scontata per lo stesso fatto in altro stato, questa una particolare norma, suggerita da comprensibili criteri di equit, che conferma il principio stesso. Infine ritiene la Corte che non abbia fondamento l'argomentazione dell'ordinanza secondo la quale la tesi in essa sostenuta troverebbe conforto negli artt. 7, n. 1, e 9 della Convenzione europea per la estradizione del 13 dicembre 1957. Il divieto di estradizione -come evidente - cosa ben diversa dal divieto di un secondo giudizio sullo stesso fatto. Tuttavia, se si volesse ammettere, in ipotesi, che le due citate disposizioni stiano a significare una tendenza vers.o il principio del ne bis in idem, bisognerebbe inevitabilmente dedurne che se, soltanto per quello che sarebbe un parziale affermarsi del principio, i vari Stati hanno avvertito la necessit di una apposita convenzione, ci costituisce argomento tutt'altro che favorevole per ritenere come generalmente riconosciuto in principio stesso nella ben pi lata estensione auspicata dall'ordinanza. -(Omissis). una situazione di conflitto tra il principio di sovranit, che si esprime, agli effetti dell'identificazione dell'efficacia spaziale della legge penale, nell'osservanza del criterio della territorialit, e la tendenza all'estensione della regola del ne bis in idem nei rapporti rovvedere alla loro destinazione -essa comporta che, fuori delle eccezioni contemplate nello stesso primo comma, e di quelle contemplate nel quinto comma (riguardanti gli esemplari tenuti nei giardini o istituti zoologici, nelle stazioni zootecniche sperimentali, negli osservatori ornitologici o in istituzioni similari), a nessuno consentito n di far propri, a titolo originario, attraverso l'esercizio della caccia o altrimenti, n di acquistare a titolo derivativo per detenerli, esemplari vivi delle indicate specie animali, se non col permesso del Comitato provinciale della caccia, da rilasciare in funzione della destinazione. evidente che, da un lato il carattere derogatorio che proprio del potere conferito al Comitato, dall'altro le finalit che la norma la .quale lo prevede si propone di tutelare, comportano che il potere in questione sia tutt'altro che illimitatamente discrezionale, e che i permessi in cui esso si estrinseca debbano esser motivati; onde questi ultimi non sfuggono, anche nella sostanza, al sindacato di legittimit. Ma ben pi decisive considerazioni militano per l'esclusione della fondatezza della questione proposta. ) Innanzi tutto l'esercizio della caccia (sul quale questa Corte gi ha avuto occasione di pronunciarsi con la sentenza n. 134 del 1963), e perci l'acquisto della selvaggina attraverso la caccia, non rappresentano nel nostro ordinamento estrinsecazione di diritti garantiti dalla Costituzione. L'art. 42, secondo comma, di questa demanda alla legge il compito di stabilire il regime di appartenenza dei beni e i modi di acquisto. E non urta contro tale precetto la legislazione sulla caccia allorch, come nel caso in esame, disciplina in quali situazioni e a quali condi~ioni la selvaggina -che prima della cattura res numus, e perci non forma oggetto di propriet (art. 934 cod. civ. e art. 2 t. u. sulla caccia) -possa esser fatta propria dai singoli. N potrebbe dirsi che la riferita normativa dell'art. 40 del t. u. sulla caccia sia in contrasto con l'art. 41 della Costituzione. Questo infatti, se assicura la libert dell'iniziativa economica privata, dispone che essa non pu svolgersi in contrasto con l'utilit sociale. E nessuno potrebbe negare che la normativa in esame sia destinata a far fronte a interessi della comunit nazionale. Il divieto ai proprietari, che dovesse considerarsi inerente alla normativa stessa, di trasferire a persone non autorizzate i capi di selvaggina ivi legittimamente posseduti, sarebbe poi (a parte ogni consi 352 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO derazione che potrebbe ricavarsi dall'istituzionale origine dl res nunius della selvaggina) di ritenere, date le finalit della normazione, in piena armonia con quel disposto del secondo comma dell'art. 42 della Costituzione, in base al quale consentito alla legge di imporre limiti alla propriet privata al fine di assicurarne la funzione sociale. Da quanto precede risulta che la Costituzione non esclude affatto la possibilit di un divieto legislativo del contenuto di quello enunciato nel primo comma dell'art. 40 del t. u. sulla caccia. E siccome nessuno pu accampare un diritto ad agire o comportarsi in un modo legittimamente vietato dalla legge, palese che il divieto stesso non incide nel campo dei diritti soggettivi, o -come si esprime l'ordinanza di rimessione -nel campo aperto alla libera espansione dell'" agire umano. Poich il divieto in esame enunciato, delimitato e specificato direttamente dalla legge, fuori luogo poi appellarsi, con riferimento ad esso, a quel principio costituzionale, invocato nell'ordinanza, secondo il quale un "potere di emanazione di atti limitativi dell'agire umano non potrebbe esser conferito ad una autorit amministrativa " se non quando tale potere sia attribuito alla pubblica Amministrazione, indicandosi i criteri idonei per il raggiungimento di fini espressi e cos delimitata la discrezionalit dell'organo deliberante ; ed ugualmente fuori luogo assumere che tale principio sarebbe stato violato nella specie. 3. -Risulta per dall'ordinanza che, nell'addurre una siffatta violazione, questa ha avuto piuttosto riguardo al potere dei Comitati provinciali (esso stesso tutt'altro che illimatatamente discrezionale, come si detto) di concedere, per singoli casi, permessi in deroga al generale divieto. Senonch, a parte il problema se, l dove esista, il principio della riserva di legge, oltre all'esclusione della possibilit che una legge conferisca all'autorit amministrativa poteri di incidenza non sufficientemente delimitati nel campo dei diritti dei singoli, comporti altres la esclusione della possibilit di conferire poteri amministrativi discrezionali ordinati a dispensare i singoli dal sottostare ad incidenze operate direttamente dalla legge nella sfera dei loro diritti, un'altra considerazione decisiva a tal proposito. Ed che -come questa Corte ha avuto gi occasione di affermare ad altro proposito con le sentenze n. 12 del 1963 e n. 54 del 1964 -nei campi istituzionalmente non aperti alle libere determinazioni dei singoli, e cio nei campi nei quali questi non hanno da vantare diritti soggettivi, non pu esser considerata incostituzionale una legge, la quale, nell'ammettere l'espansione dell'agire privato con l'assenso dell'autorit amministrativa, conferisca a questa poteri discrezionali, tanto per allargare, come per restringere, la sfera d'azione dei singoli. -(Omissis). J PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNA,:Z.IONALE 353 CORTE COSTITUZIONALE, 24 aprile 1967, n. 51 -Pres. Ambrosini - Rel. Branca -Cirella e D'Avino -(avv. Di Stefano) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Stato R. Branzini). Ferrovie -Ferrovie e tramvie -Regolamentazione delle assuntorie nelle ferrovie esercitate in regime di concessione -Contrasto con la tutela del lavoro -Esclusione. (Cost., artt. 35, 36, 38, 41; 1. 3 febbraio 1965, n. 14). Non fondata la questione di legittimit costituzionale della legge 3 febbraio 1965, n. 14, suiza regolamentazione delle assuntorie esercitate in regime di concessione, con riferimento alle disposizioni della Costituzione sulla tutela del lavoro, in quanto si tratta di legge che ha avuto lo scopo e l'effetto di migliorare le condizioni degli assuntori e dei loro coadiutori (1). (1) La questione era stata proposta con ordinanza 9 giugno 1965 del Pretore di Napoli (Gazzetta Ufficiale 27 novembre 1965, n. 297). Il r. d. 8 g.ennaio 1931, n. 148 che dett norme norme iregolanti le condiziom di lavoro del perronale dei pubblici servizi di trasporto su fenovie, tramvie e linee di navigazione interna esercitate in regime di concessione, stabiliva che le norme stesse non erano applicabili al personale addetto ai servizi che, rsecondo l'ordiinamento dell'azi.enda e con l'approvazione del governo, furono affidati a privati appaltatori. In focza di tale disposizione le societ concessionarie regolarono i loro rapporti con i c. d. assuntori di stazioni, di fermata di minore importanza e di passaggi a livello, con contratti di assuntoria, i quali escludevano il sorgere di un rapporto di lavoro subordinato re davano al rapporto stesso una regolamentazione analoga a quella del contratto d'appalto o, comunque, ,del contratto di lavoro autonomo. . Recentemente, dopo l'entrata in vigore della I. 23 ottobre -960, n. 1369, \e ha posto il divieto di affidare in appalto mere prestazioni di lavoro, \~sostenuto che il rapporto nascente dai contratti di assuntoria, malgrado 'IJ;'ma dei contratti stessi, un vero e proprio rapporto di lavoro subor .> e che lo stesso rapporto si istituisce direttamente anche tra la societ .,11cessionaria ed i coadiutori degli assuntori. La rilevata situazione di incertezza rendeva precarie le condizioni di lavoro degli assuntori, i quali rivendicavano in particolaJ."e le p!rovvidenze di carattere sociale per i prestatori d'opera. Di ci si preoccupato il legi slatore con la I. 3 febbraio 1965, n. 14, oggetto dell'impugnativa, di cui la Corte ha riconosciuto la o.iena legittimit costituzionale, in relazione a tutti i profili prospettati. Sulla legittimit costituzionale della citata legge 23 ottobire 1960, n. 1369, si ricorda la precedente .sentenza della Corte Costituzionale 9 lugilo 1963, n. 120 (Giur. cost., 1963, 1364, e nota di SIMI). 3 --l 354 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, ~4 aprile 1967, n. 53 -Pres. Ambrosini - Rel. Sandulli -Zardo (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministx;i sost. avv. gen. Stato Coronas). Cittadinanza -Perdita alla cittadinanza italiana -Servizio militare obbligatorio -Illegittimit costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 52; 1. 13 giugno 1912, n. 555, art. 8, secondo comma; d. p. r. 14 febbraio 1964, n. 237 art. 1, Iett. b). Non fondata la questione di legittimitd costituzionale delle disposizioni della legge sulla cittadinanza e di quelle sul reclutamento obbligatorio nell'esercito, che prescrivono l'obbligo del servizio militare anche per il cittadino che abbia perduto la cittadinanza italiana, perch tale obbligo ha una sua autonomia concettuale ed istituzionale rispetto al sacro dovere di difendere la Patria, previsto per i soli cittadini dall'art. 52, primo comma della Costituzione (1). (Omissis). -Il raffronto tra le disposizioni impugnate (art. 8, secondo comma, legge 13 giugno 1912, n. 555 e art. 1, lett. b, d. P. R. 14 febbraio 1964, n. 237) -dalle quali risulta che, in via di principio, chi abbia perduto, col concorso della propria volont, la cittadinanza italiana, ai sensi del primo comma dell'art. 8 I. 555 del 1912 citata, non si sottrae perci all'obbligo del servizio militare -e i precetti dell'art. 52 della Costituzione, secondo i quali "la difesa della Patria sacro dovere del cittadino ,, e e il servizio militare obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge ,., non rivela, ad avviso della Corte, alcuna incompatibilit. Il primo comma dell'art. 52 della Costituzione, nel proclamare che la difesa della Patria sacro dovere del cittadino, fa una affermazione di altissimo significato morale e giuridico. Essa comporta che per tutti i cittadini, senza esclusioni, la difesa della Patria -che condizione prima della conservazione della comunit nazionale -rappresenta un dovere collocato al di sopra di tutti gli altri, e che nessuna legge potrebbe fare venir meno. Si tratta di un dovere, il quale, proprio perch e sacro,, (e quindi di ordine eminentemente morale), si collega intimamente e indissolubilmente alla appartenenza alla comunit na (1) La questione era stata proposta con ordinanza 3 dicembre 1965 del Tribunale Militare territoriale di Padova (Gazzetta Ufficiale 12 febbraio 1966, n. 38). In merito all'art. 52 Cost. cfr. CARBONARO, I rapporti civili, in La Costit. it., di CALAMANDREI e LEVI, pag. 176, n. 133. Degne della massima attenzione le nobili parole espresse in motivazione circa il sacro dovere dei cittadini di difendere la Patria: dovere che, giustamente, la sentenza ravvisa e collocato al di sopra di tutti gli altri ,, . Una gerarchi1a di precetti costituzionali che attiene all'esistenz,a stessa della comunit statuale e che il pre.supposto di tutti i diritti e le guarentigie previsti dalla Costituzione. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTEllNAZIONALE 355 zionale identificata nella Repubblica italiana (e perci alla cittadinanza). Cosi inteso esso trascende e supera lo stesso dovere del servizfo militare. L'esistenza, per i cittadini, di un dovere cos caratterizzato costituzionalmente, non comporta per, per s sola, l'esclusione della possibilit che una legge ordinaria imponga anche a soggetti non cittadini, o addirittura stranieri, in particolari condizioni (l'attuale legislazione la prevede soltanto per gli stranieri gi cittadini italiani e per gli apolidi residenti nella Repubblica), la prestazione del servizio militare. Questo servizio -nel quale, come si detto, non si esaurisce, per i cittadini, il dovere sacro di difesa della Patria, e che per i non cittadini, appunto perch tali, non pu esser considerato, diversamente che per i primi, strumentale rispetto a quello della difesa della Patria -ha una sua autonomia concettuale e istituzione rispetto al dovere patriottico contemplato dal primo comma dell'art. 52. A proposito di esso il secondo comma dell'articolo si limita a disporre che e obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge . E ci non esclude, sempre che siano osservati i precetti dell'art. 10 della Costituzione e non siano violati altri prec.etti costituzionali, che una legge possa imporlo, quando concorrano interessi che il legislatore consideri meritevoli di tutela, anche a soggetti non in possesso della cittadinanza italiana. 2. -Con riferimento poi all'affermazione della ordinanza di rimessione, secondo la quale il possesso della cittadinanza da parte di chi presta il servizio militare e costituisce, sotto il profilo morale, garanzia di leale assolvimento dei delicati e numerosi compiti che egli pu esser chiamato a svolgere, di dedizione e di spirito di sacrificio , osserva la Corte che essa investe un profilo di politica legislativa e non di legittimit costituzionale. L'esame della fondatezza dell'assunto ( ben noto che l'argomento ha dato luogo a contrasti, tanto in sede legislativa, come in sede dottrinale) esula perci dalla competenza della Corte. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 5 maggio 1967, n. 55 -Pres. Ambrosil}.i - Rel. Verzl -Fortunato (avv. Valente) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Stato Tracanna). Previdenza ed assistenza -Ricon~iunzione delle posizioni previdenzialiNuovi oneri a carico dello Stato -llle~ittimit costituzionale Esclusione. (Cost. art. 81; 1. 2 aprile 1958, n. 322). V.articolo unico della l. 2 aprile 1958, n. 322, recante norme sulla ricongiunzione delle pensioni previdenziali ai fini dell'accerta 356 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO .Sl'.ATO mento del diritto e della determinazione del trattamento di previdenza e di quiescenza, si inserisce nel complesso delle norme della gestione della previdenza sociale, senza un contenuto innovativo rispetto alle precedenti leggi di spesa e, di conseguenza, non viola l'art. 81 della Costituzione (1). (Omissis). -La Corte ritiene che la 1. 2 aprile 1958, n. 322, si inserisce nel complesso delle norme della gestione della previdenza sociale, senza un contenuto innovativo rispetto alle precedenti leggi di spesa, e che quindi non sussiste la denunziata violazione dell'art. 81, quarto comma, della Costituzione. L'assicurazione per l'invalidit, la vecchiaia ed i superstiti obbligatoria per tutte le ,persone di una determinata et, che prestano lavoro retribuito alle dipendenze di altri, con esclusione soltanto di alcune categorie espressamente indicate dal r. d. 1. 14 aprile 1939, n. 636 (artt. 3 e 4), convertito nella legge 6 luglio 1939, n. 1272. Nel caso di particolari trattamenti di quiescenza o di previdenza, previsto l'esonero dall'obbligo della assicurazione generale, da concedersi con decreto ministeriale, e sottoposto a varie condizioni, fra le quali quella che sia stabilito il trasferimento all'assicurazione obbligatoria dell'intera riserva matematica relativa ai contributi dell'assicurazione stessa nei casi di cessazione dalla iscrizione o di soppressione della casa, fondo o .gestione speciale " (art. 28 del r. d. 1. n. 636 del 1939, modificato dalla legge n. 1272 del 1939). In altri termini, poich la detta assicurazione ha per scopo l'assegnazione di una pensione agli assicurati nel caso di invalidit o di vecchiaia, e di una pensione ai superstiti nel caso di morte dell'assicurato o del pensionato, con le norme sopraindicate si intende assicurare la pensione anche ai lavoratori dipendenti da enti esonerati, qualora le forme sostitutive di previdenza non garantiscano un trattamento pensionistico. Ed, in applicazione di siffati principi, la legge impugnata coordina le due posizioni assicurative, ricongiungendo quella sostitutiva alla assicurazione generale, mediante il versamento alla Previdenza sociale dei contributi relativi a tutto il periodo del cessato rapporto di lavoro. Il datore di lavoro deve detrarre l'ammontare di tali contributi dalle indennit spettanti al dipendente al momento della (1) La questione era stata proposta con ordinanzia 3 novembre 1964 della Corte di appello di Bari (Gazzetta Ufficiale 13 febbraio 1965, n. 39). La norma costituziOIIlale circa l'indicazione dei mezzi di copertura della spesa ~esuppone che vi sia una nuova spesa assunta dalla legge, e che essa sia deten:'minata, o quanto meno, determinabile. Si richiamano, 1n proposito, le precedenti sentenze della Corte 9 giugno 1961, n. 31 (Giust. cost., 1961, 857) e 24 giugno 1961, n. 36 (ivi, 655, entrambe con nota di BuscEMA). PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTE}l~~-~IONALE 357 cessazione del rapporto per effetto del trattamento sostitutivo. Appare pertanto evidente che questa legge non ha un contenuto nuovo o diverso dalle precedenti previsioni legislative, ma si limita a dare una particolare regolamentazione, rientrante nella gestione della previdenza sociale e nelle previsioni economiche finanziarie della stessa. Occorre altresl considerare che l'aumento del numero degli iscritti all'assicurazione generale non , di per s solo, elemento decisivo al fine della indagine per accertare se la legge in esame sia generatrice di una nuova spesa per l'Erario. Ed invero tale numero soggetto a continue variazioni, incerte ed imprevedibili, in aumento o in diminuzione, per il continuo affluire di nuovi assicurati come per -i diversi eventi che seguono le vicende della vita di costoro, onde, nella grande massa degli iscritti, si verificano compensazioni, in virt delle quali, le differenze eventuali di spesa perdono di rilevanza. Comunque, per le ragioni esposte sopra, il contributo dello Stato per il futuro eventuale trattamento pensionistico da ritenersi gi compreso nelle previsioni di spese contenute nelle leggi sopraindicate del 1939, rientrando nei complessi rapporti generali fra Stato e Istituto della previdenza sociale. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 5 maggio 1967, n. 56, Pres. Ambrosini - Rel. Bonifacio -Maltempo (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Stato Azzariti). Ordinamento giudiziario -Modificazione delle circoscrizioni territoriali degli uffici giudiziari -Applicabilit ai processi pendenti Violazione del principio della precostituzione del giudice -Esclu sion~. (Cost., art. 25, primo comma; d. p. r. 31 dicembre 1963, n. 2105, art. 9). Non fondata la questione di legittimit costituzionale dell'art. 9 del d.P.R. 31 dicembre 1963, n. 2105, in base al quale gli affari giudiziari pendenti al momento della entrata in vigore delle nuove circoscrizioni giudiziarie sono devoluti agli uffici competenti in base al nuovo assetto territoriale; ci in quanto lo spostamento della competenza dall'uno all'altro ufficio giudiziario avviene per effetto di un nuovo ordinamento, e della designazione di un nuovo giudice naturale, che il legislatore, nell'esercizio del suo insindacabile potere di merito, sostituisce a quello vigente (1). (1) La questione era stata proposta con ordinanza 22 ottobre 1965 del Tribunale di Salerno (Gazzetta Ufficiale 11 dicembre 1965, n. 309). 358 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -Nel proporre la questione di legittimit costituzionale dell'art. 9 del d.P.R. 31 dicembre 1963, n. 2105 il Tribunale di. ~~lerno muove dal presupposto che il principio secondo il quale nessuno pu essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge -art. 25, primo comma, della Costituzione -esige che qualsiasi innovazione in tema di competenza giudiziaria debba mantener ferma la precedente disciplina per i procedimenti in corso: appunto per ci sarebbe costituzionalmente illegittima la norma in esame, che assegna gli affari pendenti alla data del 1-0 settembre 1964, a meno che si tratti di cause civili passate in decisione o di procedimenti penali in fase dibattimentale, alla cognizione del giudice che sia competente in relazione ape nuove circoscrizioni territoriali. Per valutare in tutte le sue implicazioni la tesi prospettata nell'ordinanza di rimessione va peraltro tenuto presente che, ove nella definizione del concetto di giudice naturale precostituito per legge dovesse essere usato anche un criterio cronologico, la necessaria precedenza temporale della legge andrebbe riferita non gi, come il giudice a quo ritiene, all'atto introduttivo del giudizio, ma pi esattamente al fatto che al giudizio d luogo. Val quanto dire che una legge che modifichi i presupposti o i criteri di determinazione della competenza del giudice dovrebbe transitoriamente far salva la disciplina anteriore non soltanto per i procedimenti pendenti, ma per qualsiasi giudizio, anche futuro, relativo a fatti, rilevanti per la competenza, verificatisi prima della sua entrata in vigore. E nell'ipotesi di abolizione di alcuni uffici giudiziari, quale quella contemplata negli artt. 2 e 3 della legge in esame, gli uffici soppressi dovrebbero essere conservati in attivit per un periodo di tempo indefinito e indefinibile. 2. -La Corte ritiene che non sia fondata la tesi dalla quale le descritte conseguenze deriverebbero. Nel presente giudizio, come evidente, l'art. 25, primo comma, della Costituzione, non viene in considerazione sotto il profilo della riserva di legge: la stessa norma impugnata, infatti, che indica direttamente e senza la intermediazione 'di atti di altre autorit quale il giudice competente alla cognizione dei procedimenti pendenti. Tuttavia i principi messi in luce dalla giurisprudenza di questa Corte, fin dalla sentenza n. 88 del 1962, in riferimento a casi nei quali una disposi- La sentenza ha esattamente rilevato la differenza esistente tra modifica zione di comp,etenza come conseguenza di provvedimenti discrezionali del l'A. G., o anche legislativi, ma a carattere paTticolare, e modificazione do vuta a provvedimenti legislativi di carattere generale, ritenendo la piena legittimit costituzionale della seconda ipote,si. La precedente sentenza 17 luglio 1962, n. 88, citata in motivazione, leggesi in Giur. cost., 1962, 961 e nota di MrcHELI. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNA:ZIONALE 359 zione legislativa conferiva ad organi giudiziari il potere discrezionale di designare il giudice competente in un singolo processo appaiono"pienamente idonei a determinare anche il significato ed i limiti dell'obbligo imposto allo stesso legislatore di non distoglier.e alcuno dal suo giudice naturale. Ed invero in entrambe le sue direzioni -e, cio, sia in quanto implica la necessit che la competenza giudiziaria, individuabile in base a criteri generali direttamente posti dalla legge, non veng.a derogata da atti insindacabili dei pubblici poteri, sia in quanto esprime un principio sostanziale al quale la stessa legge deve uniformarsi nel regolare la materia -il precetto costituzionale enunciato nel primo comma dell'art. 25 tutela una esigenza fondamentalmente unitaria: quella, cio, che la competenza degli organi giudiziari, al fine di una rigorosa garanzia della loro imparzialit, venga sottratta ad ogni possibilit di arbitrio. La illegittima sottrazione della regiudicanda al giudice naturale precostituito si verifica, perci, tutte le volte in cui il giudice venga designato a posteriori in relazione ad una determinata controversia o direttamente dal legislatore in via di eccezione singolare alle regole generali ovvero attraverso atti di altri soggetti, ai quali la legge attribuisce tale potere al di l dei limiti che la riserva impone. Il principio costituzionale viene rispettato, invece, quando la legge, sia pure con effetto anche sui processi in corso, modifica in generale i presupposti o i criteri in base ai quali deve essere individuato il giudice competente: in questo caso, infatti, lo spostamento della competenza dall'uno all'altro ufficio giudiziario non avviene in conseguenza di una deroga alla disciplina generale, che sia adottata in vista di una determinata o di determinate controversie, ma per effetto di un nuovo ordinamento -e, dunque, della designazione di un nuovo giudice e naturale -che il legislatore, nell'esercizio del suo insindacabile potere di merito, sostituisce a quello vigente. Alla stregua di tali principi la norma in esame non merita censura. Il d.P.R. 31 dicembre 1963, n. 2105 (emanato in forza della delega conferita al Governo dalla 1. 27 dicembre 1956, n. 1443 e prorogata da successive leggi) ha operato una riforma delle circoscrizioni giudiziarie al fine di un migliore assetto dell'organizzazione degli uffici giudiziari: per soddisfare cio -il che va tenuto nel debito conto un interesse generale intimamente connesso alla funzionalit dei servizi della giustizia. L'art. 9 impugnato, pur riferendosi ad una sfera definita di pro cedimenti, non comporta affatto, nel senso che si chiarito, la desi gnazione a posteriori del giudice competente a conoscere una concreta controversia, ma si limita a prescrivere, in via assolutamente gene rale, entro quali limiti gli effetti delle modifiche circoscrizionali ab biano ad incidere sui procedimenti in corso. La disposizione, pertanto, non viola l'art. 25, primo comma, della Costituzione. -(Omissis). 360 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 5 maggio 1967, n. 57 -Pres. Ambrosini - Rel. Benedetti -Commissario dello Stato per la Regione Siciliana (sost. avv. gen. Stato Guglielmi) c. Presidente Regione Siciliana (avv. Crisafulli). Sicilia -Cantieri straordinari di lavoro -Legge regionale attributiva di Wl assegno straordinario -Illegittimit costjtuzionale -Esclusione. (Cost., art. 3; St. Reg. sic., art. l 7 lett. f; I. reg. 21 dicembre 1966). La legge regionale siciliana 21 dicembre 1966, attributiva ai lavoratori avviati ai cantieri di lavoro straordinari di un sussidio extra di L. 1.500 giornaliere non ha violato i limiti dei principi ed interessi ai quali si informata la legislazione statale in materia di assistenza sociale, ma ha solo inteso concedere un trattamento pi favorevole a speciali cantieri, istituiti in via eccezionale e temporanea per soddisfare alle particolari condizioni nelle quali si erano venuti a trovare alcuni Comuni dell'Isola (1). (1) La Corte ha respinto il ricorso del Commissario dello Stato in vista della eccezionalit della situazione locale cui la legge intendeva ovviare, ed ha richiamato, in motivazione, gli artt. 59 e 60. del d. l. 18 novembre 1966, n. 976, che istituiscono analogo assegno ;per i cantieri speciali istituiti dopo le alluvioni dell'autunno 1966 sul restante territorio della Repubblica. CORTE COSTITUZIONALE, 5 maggio 1967, n. 58 -Pres. Ambrosini - Rel. Mortati -Cappellacci (avv. Magrone) Colasanti ed altri (avv. Cesco Nigro) Pugno (avv. Durandi) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Stato Dallar). Filiazione -Azione per riconoscimento di paternit -Brevit del relativo termine -Violazione della tutela della filiazione naturaie Esclusione. (Cost., art. 30; c. c., art. 271). Filiazione -Azione per riconoscimento di paternit -Invalidazione dell'art. 123 disp. attuaz. codice civile -Inapplicabilit ai nati prima del 1 luglio 1939 -Violazione del principio di eguaglianza Esclusione. (Cost., art. 3; c. c., art. 271; disp. attuaz. c. c., art. 123). L'apposizione del termine indicato nell'art. 271 cod. civile per l'esercizio dell'azione di riconoscimento della paternit non pu ritenersi PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTJ1;.~N~ZIONALJ!: .361 sottratto al potere conferito al legislatore dall'ultimo comma dell'art. 3 della Costituzione di determinare i limiti entro i quali contene'Ye la ricerca della paternit (1). Non fondata la questione di legittimit costituzionale, con riferimento al principio di eguaglianza, dell'art. 271 c. c., dopo l'avvenuta cessazione di efficacia della discriminazione posta dall'art. 123 disposizioni transitorie cod. civile fra i nati prima del 1 luglio 1939 e quem nati successivamente, in quanto anche i primi, sin dall'entrata in vigore deUa Costituzione, avrebbero potuto esercitare l'azione di riconoscimento di paternit (2). (Omissis). -Le due cause riguardano questioni sostanzialmente uguali, anche se prospettate in termini parzialmente diversi, e pertanto si rende opportuno procedere alla loro riunione per deciderle con unica sentenza. 1. -L'ordinanza del Tribunale di Roma, pur prendendo atto, al fine del giudizio sulla rilevanza, del motivo addotto dall'attrice per giustificare il promuovimento dell'azione oltre il termine stabilito dall'art. 271 del codice civile (fatto consistere nell'impedimento ad esso opposto dalla presenza dell'art. 123 delle disposizioni di attuazione del codice stesso, la cui illegittimit stata dichiarata con la sentenza di questa Corte n. 7 del 1963), ha tuttavia ritenuto che la questione dell'illegittimit costituzionale dell'art. 271 predetto fosse prospettabile sotto l'aspetto del contrasto :lira la brevit del termine dal medesimo stabilito per la proposizione dell'azione di riconoscimento della paternit naturale e le esigenze di tutela dei nati fuori del matrimonio voluta assicurare dall'art. 30 ultimo comma della Costituzione. La questione, cos formulata, non pu ritenersi fondata. Infatti, \~ non contestabile che la disposizione costituzionale invocata ha 'teso innovare alla precedente normazione in materia, nel senso di ' v~io assicurare la tutela giuridica e sociale dei figli nati fuori del ~onio, e correlativamente di estendere i casi di ricerca della 1 \t (la quale da considerare forma fondamentale per l'attuazione \ (1-2) La questione era istata sol'levata con due ordinanze, rispettivamente 8 novembre 1965 del Tribunale di Roma (Gazzetta Ufficiale 30 aprile 1966, n. 105) e 28 maggio 1965 del Tribunale di Torino (Gazzetta Ufficiale 31 dicembre 1965, n. 326). La sentenza costituisce un corollario della precedente sentenza della stessa Corte, 16 febbraio 1963, n. 7 (sul,la quale ampiamente cfr. I giudizi di costituzionalit, 1961-65, pag. 107 ss.), con la precisazione, inerente alla efficada delle sentenze di accoglimento della Corte, gi 1espressa nella decisione 29 dicembre 1966, n. 127, in questa Rassegna, 1966, 1185). 362 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di tale tutela, secondo quanto questa Corte ha statuito con la sentenza n. 70 del 1965), altresl non dubbio l'intento che anima la...P.-!)rma medesima di arrestare la protezione disposta della prole naturale al punto in cui essa si palesi incompatibile con i diritti della famiglia legittima. Ora l'apposizione di un termine entro cui sia da esperire l'azione di riconoscimento non pu ritenersi sottratto al potere conferito al legislatore dallo stesso ultimo comma dell'articolo citato di determinare i limiti entro cui contenere la ricerca della paternit. l,_nfatti, mentre sembra ovvio che nel generico concetto di limite ,. Clebba farsi rientrare ogni specie di circostanze relative all'esercizio della azione medesima, e quindi anche l'apposizione di un termine, non pu contestarsi che quest'ultima corrisponda all'esigenza di salvaguardare, oltre che gli interessi della famiglia legittima, anche quelli della persona verso cui la ricerca si rivolge (secondo quanto stato ritenuto dalla citata sentenza n. 70); interessi che poi coincidono con gli altri pi generali della certezza del diritto, indubbiamente compromessi dal consentire l'esperibilit dell'azione a tempo indeterminato. Nessun pregio ha l'argomento che in contrario si vorrebbe desumere dall'imprescrittibilit di altre azioni di stato (come quella relativa alla ricerca della maternit) poich, non sussistendo un principio costituzionale al quale possa venire ricondotta l'imprescrittibilit stessa, deve ritenersi rilasciato alla discrezionalit del legislatore lo stabilirla in alcuni casi (come, per es., oltre che per l'ipotesi prima ricordata, per le azioni del figlio naturale consentite, ai sensi dell'art. 279 c. c., allo scopo di ottenere la corresponsione degli alimenti a carico del genitore), e non gi in altri, come quello in specie, destinato al conseguimento di effetti pi estesi e penetranti. N meglio fondata appare l'eccezione quando la si consideri sotto l'aspetto, posto in rilievo dall'ordinanza, della brevit del termine stabilito dall'art. 271. La questione cosi prospettata potrebbe ottenere adito in un giudizio di legittimit costituzionale solo in quanto risulti che il termine venga determinato in tal modo da riuscire irrazionale, rendendo solo apparente la possibilit di esercizio del diritto, secondo la Corte ha avuto occasione di statuire, fra le altre, con le sentenze n. 93 del 1962, e nn. 107 e 118 del 1963. per da escludere che incongruo possa considerarsi il termine in esame, perch il periodo di due anni da essa stabilito non rende estremamente disagevole, n tanto meno impossibile l'esperimento dell'azione. 2. -Diversa l'impostazione che l'ordinanza del Tribunale di Torino d alla questione sollevata, perch con essa non si contesta la apponibilit di un termine all'azione in esame, ma si afferma invece che, ove si mantenesse fermo quello stabilito dall'art. 271, pur dopo l'avvenuta invalidazione dell'art. 123 delle disposizioni di attuazione PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 363 del codice civile, per effetto della citata sentenza n. 7 del 1963, si verrebbe ad introdurre un'ingiustificata discriminazione fra i nati .Prima del 1 luglio 1939 (per i quali la eliminazione della norma impeditiva dell'azione rimarrebbe priva di ogni effetto) e quelli nati successivamente, che invece ne potrebbero beneficiare, con conseguente violazione del principio di eguaglianza, oltre che di quello dell'art. 30, posto a tutela della filiazione naturale. Anche tali censure devono ritenersi infondate. L'ostacolo, presentato dall'art. 123 delle disposizioni di attuazione, all'esi;>erimento della azione per la dichiarazione giudiziale di paternit in tutti i casi consentiti dall'art. 269 del nuovo codice civile, da parte dei figli nati prima del 1'0 luglio 1939, venuto a cessare per effetto dei nuovi principi introdotti dalla Costituzione repubblicana che hanno limitato i poteri del legislatore, nel senso di conferire una maggiore protezione alla prole illegittima, nonch di escludere ogni discriminazione, nel godimento della medesima che potesse apparire arbitraria. Pertanto dal giorno dell'entrata in vigore della Costituzione medesima rimaneva aperto a tutti coloro che da tali discriminazioni si fossero ritenuti colpiti il potere di promuovere l'azione per il riconoscimento del diritto vantato. Non pu ritene11si che si produca (come ritiene l'ordinanza) una ingiustificata diversit di trattamento fra i nati prima del 10 luglio 1939 e quelli nati successivamente, poich anche i primi (salvo che non si fosse verificata nei loro riguardi la decadenza dal diritto per decorso dei termini di cui all'art. 271 c. c. prima dell'entrata in vigore della Costituzione) rimaneva consentito di richiedere il riconoscimento giudiziale della paternit entro i termini predetti, o eventualmente nei due anni decorrenti dal 1 gennaio 1948. Il far discendere dall'inerzia di coloro che avrebbero potuto speri mentare l'azione a tutela del diritto venuto a costituirsi in loro favore, un effetto estintivo del medesimo, come non pu, sulla base delle consi derazioni svolte in precedenza, ritenersi contrastante con l'art. 30 della Costituzione, cosi non trova ostacolo nell'art. 3, apparendo chiaro che il principio di eguaglianza non violato quando la legge dispone tra~ tamenti diversi in confronto a soggetti diversamente solleciti nella tutela delle proprie pretese, ed anzi violato sarebbe se, al contrario, si adottasse una disciplina uniforme nei due casi. Tanto meno la violazione denunciata pu riscontrarsi, come ritiene l'ordinanza, nella distinzione risultante dal secondo comma dell'art. 271 fra i casi dei numeri 1 e 4 dell'art. 269 e quello del n. 2, essendo ovvio che il termine dei due anni non avrebbe potuto (senza violazione del citato art. 2935 c. c.) farsi decorrere dal raggiungimento della mag giore et allorch titolo costitutivo del diritto a richiedere la dichia razione giudiziale di paternit si sia formato dopo il compimento di quell'et. 364 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STA'l'O 3. -Nessuna incidenza sulla situazione giuridica derivante dai principi che si sono richiamati pu attribuirsi alla citata sentenza n. 7 del 1963, essendosi questa limitata a dichiarare la illegittimit ~~stituzionale dell'art. 123, primo e secondo comma, nella considerazione della irragionevolezza imputabile alla discriminazione da esso effettuata, in via transitoria, fra i nati in epoca anteriore e quelli nati dopo il 1 luglio 1939, ma non ha nulla statuito in ordine alla decorrenza del termine di decadenza dell'azione da parte dei primi. Tale questione (estranea alla fattispecie allora in discussione) dev'essere decisa secondo i criteri che la Corte ha avuto ripetutamente occasione di enunciare. Pi recentemente, con la sentenza n. 127 del 1966, ha statuito che gli effetti delle proprie pronuncie di accoglimento, quali si deducono dalla disciplina costituzionale della materia (risultante dall'art. 136, primo comma Cost., in relazione all'art. 1 1. cost. n. 1 del 1948 ed all'art. 30 1. di attuazione n. 87 del 1953) non sono paragonabili a quelli del ius superveniens, poich discendono dalla dichiarazione di un'invalidit che inficia fin dall'origine (o fin dalla emanazione della Costituzione per leggi a questa anteriori) la disposizione impugnata. Pertanto le pronuncie stesse fanno sorgere l'obbligo per i giudici avanti ai quali si invocano le norme di legge dichiarate costituzionalmente illegittime di non applicarle, a meno che i rapporti cui esse si riferiscono debbano ritenersi ormai esauriti in modo definitivo ed irrevocabile, e conseguentemente non pi suscettibili di alcuna azione o rimedio, secondo i principi invocabili in materia. L'applicazione in concreto di tali principi compete al giudice del merito, che dovr effettuarla con riguardo alla natura ed entit del v1z10 accertato nella legge, nonch alla particolarit delle circostanze della controversia a lui sottoposta. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 5 maggio 1967, n. 59 -Pres. Ambrosini - Rel. Branca -Soc. Zarattini (avv. Cusimano) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Stato Casamassima). Autoveicoli -Disciplina dei contratti di compravendita -Inammissibilit di sospensione dell'esecuzione senza il pagamento del prezzo Illegittimit costituzionale -Esclusione. (Cost. art. 3, 24; R. D. L. 15 marzo 1927 n. 436, art. 7). Non fondata sia con riferimento al principio di eguaglianza, sia con riferimento al principio di difesa in giudizio, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 7 r. d. Z. 15 marzo 1927, n. 436, che J PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERN.J\;lIONALE . 365 fa divieto al Giudice di sospendere l'esecuzione del decreto di vendita se l'opponente non provveda al pagamento delle somme dovute.-...(1). (Omissis). -L'ordinanza di rinvio avanza sospetti di incostituzionalit sull'art. 7 del r. d. 1. 15 marzo 1927, n. 436, per il quale il compratore di un autoveicolo, che si oppone al sequestro dell'automezzo, non evita la vendita forzata se prima non paga al venditore procedente le somme dovute per l'acquisto: la norma favorirebbe quei debitori che sono in grado di pagare immediatamente l'intero prezzo e perci violerebbe l'art. 3 della Costituzione; inoltre, a somiglianza di quanto accadeva per il c. d. solve et repete, renderebbe illusorio il diritto di difesa (art. 24 della Costituzione). N l'una n l'altra censura appare fondata. Non la prima poich trascura il fatto che l'opponente ha acquistato la macchina, normalmente ne ha usato, debitore del prezzo ed sottoposto a privilegio su di essa in virt d'un atto scritto e registrato (artt. 2, 6, 12 lett. g, 14 r. d. 1. citato): tutto ci, quale che sia la natura del procedimento aperto dal venditore insoddisfatto, legittima la singolare rapidit degli atti processuali di sequestro e vendita forzata dell'autoveicolo; e l'onere del pagamento preventivo tende proprio ad escludere che l'opposizione sia un pretesto per ritardare il versamento del prezzo del bene acquistato: somma che, del resto, quando il compratore non abbia a sua volta alienato l'autoveicolo, si riduce all'ammontare delle rate scadute: art. 7, primo comma. E se chi ha indipendenza economica pu adempiere all'onere con minori sacrifici, questo non segno di una legislazione di favore, ma, piuttosto che effetto del particolare comando legislativo, una conseguenza fatale della situazione di debito. Bench dopo il decreto di sequestro non vi sia ancora l'accertamento definitivo deH'obbligo o meglio delle sue dimensioni, tuttavia l'atto scritto, la registrazione del privilegio e la presenza del veicolo sono indici di fondatezza della pretesa avanzata dal venditore procedente; perci, pur non potendosi escludere una responsabilit del venditore per vizi occulti o altra simile, non irragionevole n ingiusta una legge che, esigendo il pagamento preventivo, non distingue fra abbienti e non abbienti (v. sentenza 1963 n. 56 della Corte costituzionale): a costoro, del resto, non si chiede altro che una prestazione a cui si erano visibilmente1 impegnati. (1) La questione era stata :proposta con due ordinanze 24 e 25 gennaio 1966 dal Pretore di Catania (Gazzetta Ufficia.le, 12 marzo 1966, n. 64, e 26 marzo 1966, n. 76). Sullo speciale procedimento di esecuzione automobilistico cfr. in dottrina CALVOSA, Cenni sulla speciale procedura di esrnopriazione degli autoveicoli, Gim. it., 1962, I, 1, 82; ORENGo, La sospensione della esecuzione nella procedura automobilistica, Nuovo dir., 1962, 249. 366 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO S'fATO 2. -Infondata anche la seconda censura poich non distingue gli effetti tipici dell'opposizione daMa sospensione del procE'.~~mento esecutivo: questa di regola non conseguenza necessaria di quella (artt. 623 e segg. e 648 c. p. c., art. 64 legge cambiaria). Anche nel procedimento speciale introdotto dalla legge impugnata l'opposizione compie il suo corso, nel quale l'opponente pu far valere le proprie ragioni, indipendentemente dalla sospensione degli atti esecutivi: come dire che all'accertamento di quelle ragioni si procede bench l'opponente non abbia pagato le somme dovute e perfino se si opposto dopo la scadenza del termine previsto nel terzo comma dell'art. 7. Sotto questo aspetto dunque, non occorrendo il pagamento preventivo, non vi alcun ostacolo all'esercizio del diritto di difesa (v. anche sentenza 1962, n. 40, della Corte costituzionale). Il mancato pagamento impedisce solo la sospensione del processo esecutivo; ma anche nell'esecuzione ordinaria e nel processo cambiario il mancato versamento della cauzione, frequentemente imposta dal giudice, impedisce la sospensione del processo : il che prova come subordinarla alla prestazione di garanzie pecuniarie risponda a un'esigenza diffusa nel nostro ordinamento. Innegabilmente il diritto di difesa deve potersi esercitare anche nella fase esecutiva (" in ogni stato e grado del giudizio ,. ) ; ma ci non significa che il procedimento esecutivo debba arrestarsi dinanzi a una qualunque opposizione: se esso giunto ai suoi ultimi episodi, attribuire alla nuda richiesta del debitore la virt di impedirne la conclusione pi rapida contrasterebbe ai fini di giustizia. Quando il procedente forte di titoli o di documenti d'immediata efficacia probatoria anche a lui pu essere dovuta una qualche garanzia, se si vogliono sospendere gli atti esecutivi: nel procedimento su autoveicoli funge da garanzia il preventivo pagamento delle rate pregresse, che anche un freno ad opposizioni avventate di chi ha una posizione processuale decisamente compromessa. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 5 maggio 1967, n. 60 -Pres. Ambrosini Rei. Oggioni -Di Guglielmo (n. c.). Esecuzione forzata -Pi~oramento mobiliare -Compenso al custode rimesso al riconoscimento dall'Ufficiale ~iudiziario -Ille~ittimit costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 36; c. p. c., art. 522). Non fondata la questione di legittimit costituzionale dell'art. 522, prima parte, c. p. c., che subordina il compenso al custode dei beni PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTE.R:i'lJ!.ZIONALE 367 mobili pignorati al riconoscimento dell'Ufficiale giudiziario, con riferimento ai princpi costituzionali della tutela del lavoro, in .quanto tali principi tutelano le prestazioni da cui il lavoratore debba trarre prevalentemente e continuamente profitto, a differenza dell'attivit, del tutto occasionale e temporanea, del custode di beni mobili pignorati. (1). (1) :t;..a questione era stata proposta con ordinanza 23 novembre 1965 dal Pretore di Viterbo (Gazzetta Ufficiale, 14 maggio 1966, n. 118) e decisa con procedimento in Camera di Consiglio non essendovi stata costituzione di parti. Gi con la precedente sentenza 12 luglio 1965, n. 67 (I giudizi di costituzionalit, 1961-65, 233) la Corte Costituzionale aveva escluso l'applicabilit dell'art. 36 della Costituzione a prestazioni occasionali ai serv1z1 a favore della pubblica Amministrazione, non ravvisandovi il presupposto per un rapporto di lavoro. SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 24 gennaio 1967, n. 208 -Pres. Tavolaro -Est. Mirabelli -P. M. Criscuoli (conf.). -Comini (avv. Carboni) c. Comune di Milano (avv. Consolini). Competenza e giurisdizione -Uso dei beni demaniali -Concessione amministrativa -Diritto al sepolcro -valutazione del pubblico interesse che determina l'affievolimento del diritto -Giurisdizione del Consiglio di Stato. (t. u. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 26). Il c. d. diritto al sepolcro s} fonda su di una concessione amministrativa dalla quale possono nascere diritti soggettivi perfetti nei confronti di altri privati e diritti destinati ad affievolirsi per esigenze di pubblico interesse nei confronti della pubblica amministrazione: quando il diritto destinato all'affievolimento il compito di accertare la sussistenza del pubblico interesse in vista del quale consentito comprimere la posizione soggettiva dell'interessato affidato alla valutazione discrezionale della pubblica amministrazione censurabile innanzi al giudice amministrativo (1). (1) La .sentenza applica alla materia delle concessioni il criterio ormai pacifico di discriminazione della giurisdizione (cfr. fra le numerosissime, Cass., 11 ottobre 1965, n. 2111, in questa Rassegna, 1966, I, 784 e 6 apTile 1966, n. 902, ivi, 822). Notevole in particolare la limpida enunciazione che di fronte ad un diritto soggettivo per sua natura destinato ad affievolimento" (potremmo dire affievolib'ile) spe.Ua sempre al giudice amministrativo conoscere degli atti che valutano ed accertano le ragioni di pubblico interesse che giustificano l'effettivo affievolimento; in sostanza riservato al giudizio dell'A.G.O. il se deB.'affievolimento (anzi dell'affievolibilit) ed a quello del giudice amministrativo il come. La sentenza, per, pur conforme ad a'ltre precedenti (Cass., 29 luglio ,1964, n. 2154, in questa Rassegna, 1964, I, 1064) non pu essere condivisa sul punto in cui definisce la posizione del concessionario di beni demaniali verso la P. A. concedente come diritto destinato ad affievolirsi,, tale che, a seguito di dichiarazione di il:legittimit dell'atto da cui deriva l'affievoli mento, riacquista fa pienezza di diritto soggettivo. La materia stata am PARTE I, SEZ. II, GlURIS. SU QUESTIONI DI GIVlUSDIZIONE 369 (Omissis). -Con l'unico motivo.di ricorso il ricorrente sostiene che egli ha agito per la tutela del suo diritto soggettivo di usare l'area c.~mJteriale, oggetto della concessione disposta a suo favore dal Comune controricorrente, e che nella decisione impugnata del Consiglio di Stato non stato dimostrato, e comunque egli contesta che l'Amministrazione comunal'0 avesse il potere .di affievolire il suo diritto in vista del pubblico interesse alla destinazione a giardino di alcuni spazi del cimitero; chiede, quindi, che vel}ga dichiarato che la controversia non rientra nella competenza .della giurisdizione amministrativa, ma compresa nella competenza giurisdizionale dell'Autorit giudiziaria ordin. ria. 11 :rieotHnte non contesta, dunque, il principio ripetutamente affermato da queste Sezioni Unite, secondo cui nel vigente ordinamento .!liUl!idieo il di:dtto al sepolcro si fonda sQ.pra. una concessione ammi1:')'. i:str~tiva e da tale concessione possono sorgere a favore del concessic> l!iiario diritti so"ettivi perfetti nei confronti degli altri privati, :meqtt nei vapporti cQn la pubblica ,amminfstrazione concedente tali dititti sono d.estinati ad affievolirsi ed a degradare ad interessi legittimi, I.ili itonte ad esigenze di pubblico, generale interesse; sostiene, per, he, nell.a specie, 'tale affievolime:nto non ha avuto luogo, e su tale assunto fonda l'affermazione che egli da ritenere titolare di un diritto sofgettivo perfetto anche nei confronti della pubblica amministrazione. \ piamente trattata rda CARUSI nella nota In tevia di concessione d'uso di beni \ pubblici, in questa Rassegna, 19.64, I, 1066, alla quale si rimanda. \"' La posizione del concessiona:rio.di beni pubblici, e particolarmente de\ maniail.i, , verso la P. A. concedente, di interesse legittimo e non gi di 11. diritto affievolito; se come stato ripetutamente affermato (Cass. 3 otto' t.1bre 1964, n. 249.5 in questa Rassegna, 1964, I, 865; 24 luglio 1964, n. 2030, ivi, 4; 7 .ottobrfi! 1964, :n. 2546, ivi, 1045) 1'uSQ dei beni demaniali non pu e oggetto che di un negozio di diritto pubblico nel quale la P. A. iene nell'esercizio di una potest/ di imperio (si che non possibile urre la concessiooe a nessun tipo di negozio di diritto privato), in po ~l concessionario :potr vantare .solo un interesse legittimo che rima delila manifestazione del 19otere della P. A. diretta al:la com. ella sfera di dis.'Ponibilit del privato n dopo la dichiarazione . it deil'esereizio di tale potere) si presenta come diritto sogget, 1:li appare ancor pi rilevainte nel cais.o deciso in cui noo si discuteva , a revoca della concessione bensi dell'ampiezza di essa; la P. A., ferma (restando la concessione, ne aveva limitato la portata non conse:piendo al privato un determinato uso del bene (costruzione su un suolo destinato a rimanere come giardino); la P. A. non ha affievolito un diritto soggettivo, ma ha condizionato un interesse legittimo .che tale sempre stato. Questa distinzione, Se pur non comporta conse~uenze ai fini della discriminazione delle giurisdizioni, per di grande importanza per la qualificazione dell'atto di concessione e per gli effetti che importa, anche ai fini della giurisdizfone, l'annullamento dell'atto amministrativo che incide sulla posizione soggettiva del concessionario (C. B.). 4 inoperante la clausola compromissoria contenuta in uno statuto sociale di cooperativa edilizia a contributo statale e con la quale si inoperante la clausola compromissoria contenuta in uno statuto sociale di cooperativa edilizia a contributo statale e con la quale si 370 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Deve essere rilevato, per, che tutte le volte in cui il diritto destinato ad affievolimento, il compito di accertare la sussistenza, o meno, del pubblico interesse, per soddisfare il quale sia necessario comprimere la posizione soggettiva dell'interessato, affidato alla valutazione discrezionale della pubblica amministrazione. Il giudizio intorno alla legittimit del comportamento della pubblica amministrazione spetta, quindi, alla giurisdizione amministrativa, la quale soltanto pu statuire se la compressione del diritto, gi potenzialmente affievolito, abbia avuto luogo con l'osservanza delle norme imposte all'azione della pubblica amministrazione. Soltanto quando sia stato dichiarato che l'amministrazione abbia agito illegittimamente, l'affievolimento viene meno e pu farsi questione di tutela del diritto soggettivo; ma fino a tale momento, non venendo in contestazione il potere della pubblica amministrazione, nessun diritto soggettivo pieno pu essere fatto valere dal privato. Il Consiglio di Stato, quindi, giudicando intorno alla legittimit del comportamento della Amministrazione comunale, nel concretare l'affievolimento del diritto del concessionario, non ha esorbitato dall'ambito della competenza giurisdizionale ad esso attribuita. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 30 gennaio 1967, n. 249 -Pres. Tavolaro -Est. Cortesani G. -P. M. Criscuoli (conf.) -Soc. a r. 1. Cooperativa Edilizia Cristoforo Colombo (avv. Castaldo) c. Francesco Rossi (avv. Belfi.ore -Messina) e Ministero Lavori Pubblici (avv. Stato Carmelo Carbone). Competenza e giurisdizione -Edilizia popolare ed economica -Statuto di cooperative edilizie e contributo statale -Clausola compromissoria -Nullit. (t. u. 28 aprile Hl38, n. 1165, art. 131). Cosa giudicata -Limite -Identificazione delle azioni. (c. c., art. 2909; c. p. c., art. 324). Competenza e giurisdizione -Giudicato sulla giurisdizione -Estremi. (c. c., art. 2909). Competenza e.giurisdizione -Questioni di giurisdizione -Poteri della Cassazione in ordine ai presupposti di fatto. (c. c., art. 2909; c. p. c., art. 360). PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 369 (Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso il ricorrente sostiene che egli ha agito per la tutela del suo diritto soggettivo di usare l'area cimiteriale, oggetto della concessione disposta a suo favore dal Comune con.: troricorrente, e che nella decisione impugnata del Consiglio di Stato non stato dimostrato, e comunque egli contesta che I'Amministrazione comunale avesse il potere di affievolire il suo diritto in vista del pubblico interesse alla destinazione a giardino di alcuni spazi del cimitero; chiede, quindi, che venga dichiarato che la controversia non rientra nella competenza della giurisdizione amministrativa, ma compresa nella competenza giurisdizionale dell'Autorit giudiziaria ordinaria. Il ricorrente non contesta, dunque, il principio ripetutamente affermato da queste Sezioni Unite, secondo cui nel vigente ordinamento giuridico il diritto al sepolcro si fonda sopra una concessione amministrativa e da tale concessione possono sorgere a favore del concessionario diritti soggettivi perfetti nei confronti degli altri privati, mentre nei rapporti con la pubblica amministrazione concedente tali diritti sono destinati ad affievolirsi ed a degradare ad interessi legittimi, di fronte ad esig~nze di pubblico, generale interesse; sostiene, per, che, nella specie, tale affievolimento non ha avuto luogo, e su tale assunto fonda l'affermazione che egli da ritenere titolare di un diritto soggettivo perfetto anche nei confronti della pubblica amministrazione. piamente trattata da CARUSI nella nota In tema di concessione d'uso di beni pubblici, in questa Rassegna, 1964, I, 1066, aUa quale si rimanda. La posizione del concessionario di beni pubblici, e particolarmente demaniali, , verso la P. A. concedente, di interesse legittimo e noin gi di diritto affievolito; se Come stato ripetutamente affermato (Cass. 3 ottobre 1964, n. 2495 in questa Rassegna, 1964, I, 865; 24 luglio 1964, n. 2030, ivi, 1064; 7 ottobr~ 1964, n. 2546, ivi, 1045) l'uso dei beni demaniali non pu essere oggetto che di un negozio di diritto pubblico nel quale la P. A. interviene nell'esercizio di una potest, di imperio (s che non possibile ricondurre la concessione a nessun tipo di negozio di diritto privato), in ogni tempo il concessionario potr vantare solo un interesse legittimo che mai (n prima della manifestazione del 19otere della P. A. diretta alla compre. ssione della sfera di disponibilit del !)rivato n dopo la dichiarazione di illegittimit dell'esercizio di tale potere) si presenta come diritto soggettivo. E d appare .ancor pi rilevalllte nel caiso dedso in cui non si discuteva della revoca della concessione bens dell'ampiezza di essa; la P. A., ferma restando la concessione, ne aveva limitato la portata non conse:.rtendo al privato un determinato uso del bene (costruzione su un suolo destinato a rimanere come giardino); la P. A. non ha affievolito un diritto soggettivo, ma ha condizionato un interesse legittimo ,che tale sempre stato. Questa distinzione, se pur non comporta conseguenze ai fini della discriminazione delle giurisdizioni, ;per di grande impoirtanza per la qualificazione dell'atto di concessione e per gli effetti che importa, anche ai fini della giurisdizione, l'annullamento dell'atto amministrativo che incide sulla posizione soggettiva del concessionario (C. B.). 372 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Consiglio di Stato e carenza di potere da parte della Commissione di vigilanza che aveva annutlato, su iricor.so, il provvedimento di esclusione. Mediante l'applicazione dei principi contenuti nelle ultime tr massime, pi sopra riportate, le Sezioni Unite hanno sancito, giustamente, la completa indipendenza dei precedenti giudizi, negando, cos, l'esi,stenza di un pregresso giudtcato sulla giurisdizione, pre.clusivo dei poteri di annullamento amministrativo deferiti alla Commissione di vigilanza. Tali massime, in linea strettamente giuridica, non sono suscettibili di commento alcuno; esse contengono riaffermazioni di principi da tempo entrati a far parte della costante giurisprudenza (3). Osservazioni sulla nullit della clausola compromissoria contenuta negli statuti delle cooperative a contributo statale L'aspetto pi importante tanto della controversia, quanto della decisione, risiede nell'affermazione di inderogabilit delle funzioni attribuite alla Commissione di Vigilanza, in modo tale da doversi considerare inoperante ll;l clausola compromissoria contenuta negli statuti sociali delle cooperative edilizie a contributo statale mediante la quale si tenti di attribuire a11.a cog.nizione di collegi stabili o speciali di probiviri, in forma rituale ovvero irrituale, le questioni rientranti nelle funzioni deHa predetta Commissione ( 4). Il principio, .con-ettamente riaffermato dalle Sezioni Unite della Cassazione nella controversia in esame, non ha certo carattere di novit. Anche se affermata per la prima volta in epoca relativamente recente, ila soluzione adottata, costituisce, quindi, un punto fermo della giurisprudenza in materia (5). Per, proprio esaminando le varie controversie fin qui succedutesi in tema di edilizia popolare ed economiica a contributo statale, possibile rendersi conto che l'insistenza con la quale la presente questione viene riproposta e l'opposta drastica fermezza con la quale viene sempre decisa nel ~ senso pi sopra indkato, siano sintomi di una acuta tensione nell'ambito dei rapporti fra cooperative edilizie a contributo statale e Commissione di Vigilanza. (3) In particolare sulla seconda massima cfr. Cass., Sez. 28 marzo 1966, n. 816, in questa Rassegna, 1966, I, 364, sub 6 con rinvio per ulteriori chiarimenti a Cass., 22 gennaio 1966, n. 268, ivi, 1966, I, 115, sub 3. Sulla terza massima, che dopo passate oscillazioni giurisprudenziali, sembra ormai contenere, come gi riferito un principio consolidato vedi Cass., Sez. Un., 18 maggio 1965, n. 1256, in questa Rassegna, 1965, I, 664. sub 1 (nota di G. MAND con ampi riferimenti dottrinali e giurisprudenziali) e Cass., Sez. Un., 20 gennaio 1964, n. 128, ivi, 1964, I, 698. Sulla quarta massima e, in particolare, circa l'interpretazione della Cassazione su precedente giudicato, c. d. esterno, v. Cass., Sez. Un., 30 maggio 1966, n. 1419, in questa Rassegna, 1966, I, 1002 sub 1 e 2 e Cass., Sez. Un. 6 aprile 1966, n. 900, ivi, 1966, I, 566 sub. 3. (4) I limiti nei quali deve intendersi la nullit sono contenuti nella decisione del Consiglio di Stato, Sez. VI, 10 h...glio 1963, n. 432, Foro it., 1964, III, .col. 22-23, e correttamente vanno riferiti alla natura delle singole controversie (private disponibili o pubbliche indisponibili -diritto o interesse legittimo). (5) Cfr. in particolare Cass., Sez. Un., 4 luglio 1958, n. 2403, Giust. Civ., 1957, I, 159. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 373 cos, agevole rilevare, nell'inevitabile esame comparativo fra statica astrazione normativa e dinamica concreta dei rapporti, una profonda discordanza che non pu sot-trarsi ad un esame critico. eoo.o L'aspetto statico ed astratto C'oncernente la natura e le funzioni della Commissione di Vigiilanza prevista dal t. u. 28 aprile 1938, n. 1165 e, correlativamente delle Societ Cooperative Edilizie a contributo statale, stato in passato oggetto di discussione (6). Oggi, dopo una copiosa elaborazione giuri>sprudenziaile, specie ad opera del Consiglio di Stato (7) i principali problemi non sono suscettibili di riesame dogmatico. Riassumendo i principi della materia pu affermarsi che la Commissione di Vigilanza sia da considerare, sotto un primo profilo, come organo ministeriale fornito di poteri di amministrazione attiva (8) di investigazione e di vigilanza (art. 91 t. u.) autonomi ed esercitabili d'ufficio (9) in relazione ai requisiti soggettivi previsti dalla !legge per fa qualit di socio (10). Sotto un secondo profilo, pi interessante ai nostri fini, la stessa Commissione considerata come organo distinto e separato dalla branca di amministrazione statale che fa capo al Ministero dei Lavori Pubblici e ad essa spettano svariate autonome, definitive (1) attribuzioni. La menzione contenuta nell'art. 131, n. 3 e 239 t. u. 1938, consente, cos, di individuare sia una funzione consultiva, facoltativa, non vincolante, esercitabile su richiesta di amministrazioni statali (art. 131, n. 2), sia una funzione, decisamente inquadrabile ira queille giurisdizionali (12) relativa alle controve!l:'sie ,condominiali successive alla 'Stipulazione del mutuo individuale (art. 239) (1$). Lo stesso art. 131, n. 1 e 2, stabilisce e specifica poi, Je due attribuzioni fondamentaU della Commissione medesima, sulla delimitazione deHe quali si svolto l'accennato faticoso travaglio giurisprudenziale. Infatti sono proprio tali due ultime funzioni a provocare quella situazione di tensione cui pi sopra si accennava. (6) Cfr. Cass., Sez. Un., 6 aprile 1946, n. 369, Foro it., 1944, 1946, l, 439 e, in dottrina, per un vasto riesame delle varie posizioni, Cfr: Juso, In tema di competenza delle commissioni di vigilanza nelle cooperative edilizie economiche e popolari, Foro Amm., 1957, II, Sez. I, pag. 50; A. GALLO, Sulla potestas decidendi della Commissione di Vigilanza per l'edilizia popolare ed economica, Giur. compl. Cass civ., 1952, 2, 356. (7) Puntualmente riportate nelle Relazioni dell'Avvocatura dello Stato e, in specie, in quella 1942-50, voJ. II, 297 ss., 1956-60, voi. III, 501 ss.; 1961-65, voi. III, 319 ss. (8) Cons. Stato, IV Sez., 15 maggio 1946, Relazione Avv. Stato, 1942-50, volume II, pag. 299. (9) Stessa decisione sub 8 con pi ampi riferimenti circa le posizioni giuridiche soggettive riscontrabili prima e dopo la stipulazione del mutuo individuale al paragrafo 671, pag. 279 ss. (10) A giudizio di chi scrive rientra pure in tale aspetto quella specifica funzione consultiva prevista dall'art. 127 t. u. (da non confondere con l'altra funzione, pure consultiva, prevista dall'art. 131, n. 3 stesso t. u.). (11) Ci risulta evidente per il disposto dell'art. 131 t. u. 1938/1165 che contempla il ricorso giurisdizionale al Consiglio di Stato, per soli motivi di legittimit, avverso le decisioni della Commissione di Vigilanza. (12) SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Jovene, 1962, pag. 729. (13) Cass., Sez. Un., 12 luglio. 1962, n. 1869; Cass., Sez. Un., 23 maggio 1960, n. 1317. 374 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Esse, ben distinte e separate, insuscettibili di ibride commistioni e di inammissibili alternazioni (14), consstono: a) in una potest amministrativa di decisione contenziosa~(15) di merito e di 1legittimit (16), inquadrabile fra i normali poteri di decisione amministrativa su ricorso (17) (gerarchlco improprio), avente ad oggetto questioni di interessi legittimi (18) riguardanti il c. d. contenzioso sociale; b) in una funzione di amministrazione attiva, essenzialmente di vigi1anza e di controllo sugli atti delle cooperative sovvenzionate, con ulteriore, derivato, potere sanzionatorio amministrativo che pu spingersi fino all'annullamento delle deliberazioni illegittimamente adottate (19). La funzione 1contenziosa .amministrativa definitiva (20) di .cui alla lettera a), si completa con una tutela giurisdizionale non esclusiva, ma di stretta legittimit (21) mediante ricorso al Consiglio di Stato. Quest'ul:timo nel decidere la controversia portata al suo esame, non dubbio che possa conoscere anche delle questioni pregiudiziali ed incidentali relative a dtritti, e .ci in virt di quanto disposto dall'art. 28 del relativo t. u. 24 giugno 1924, n. 1054 (22). Va infine ricordato che le due accennate funzioni, contenziosa e di amministrazione attiva, devono rimanere concettualmente separate (23), ma ci non Comporta Che esse debbano anche essere cronologicamente divise. Per un pri.IJlcipio comune al contenzioso su ricorso amministrativo (24) che trae probabilmente origine dal concetto processuale di economia del (14) Cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 30 aprile 1960, Perna c. LL. PP., Mass. Amm., 1960, 2, 296; Cons. Stato, Sez. IV, 18 aprile 58, Coop. Ed. Rinascimento c. LL. PP. Il Consiglio di Stato, 1958, I, 392, e, pi recentemente Cutini c. Min. LL. PP. e Coop. Ed. Case Sociali fra Combattenti e Reduci, ivi, 1965, I, 517. fr. anche le decisioni riportate nella Relazione Avv. Stato, 1961-65, vol. III, 320. (15) Cfr. Cass., Sez. Un., 10 agosto 1954, n. 2910, Foro it., Mass., 1954, 582; Cass., 10 giugno 1955, n. 1787, ivi, 195.3, 393; Cons. di Stato, Sez. IV, 11 marzo. 1951, n. 342, Il Cons. di Stato, 1951, 516; Cons. Stato, Sez. IV, 19 febbraio 1954, n. 106, ivi, 1954, 126. (16) Cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 28 giugno 1957, Lucantonio c. Comm. Vigilanza ed altri, ivi, 1957, 1, 702; idem 22 aprile 1959, Giordano c. LL. PP. ed altri, op. toci., cit., 1959, 1, 489. In dottrina conforme: G. PERINI, Edilizia popolare ed economica, in Novissimo Digesto It., pag. 393, col. A. (17) Cfr. Cons. di Stato, Sez. IV, 1 giugno 1965, n. 409, II Consiglio di Stato, 1965, I, 1226. (18) Giurisprudenza, ormai pacifica e in dottrina Cfr. PERINI, op. loc. cit., 393. (19) Cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 12 dicembre 1962, n. 862, Coop. Casa Azzurra c. Comm. Vigilanza, II Consiglio di Stato, 1963, I, 2090. (20) Cfr. art. 131, ultimo comma, t. u. 1938, n. 1165. (21) Cfr. art. 1.31 u. c. t. u. 1938, in relazione all'art. 26 r. d. 26 giugno 1924, numero 1054. (22) Per un riferimento conforme cfr. Relazione Avvocatura Stato 1942-50, vol. II, 303 contenente interpretazione della vertenza Baldini decisa dalla Corte Suprema con sentenza 30 luglio 1945, Foro it., 1944-46, 1, 381. (23) Richiami giurisprudenziali contenuti nella Relazione Avvocatura Stato, 1961-65, III, pag. 320. (24) Quando coesista nella stessa autorit decidente sia il potere di annullamento in sede di autotutela, sia quella di annullamento su ricorso gerarchico. Cfr. Cfr. VITTA, Diritto amministrativo, vol. l, 463; Cons. di Stato, Sez. IV, 7 febbraio 1958, n. 159, II Consiglio di Stato, 1958, I, 134. doveroso, per, precisare che esiste discordanza su tale punto fra dottrina e giurisprudenza. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURij;pIZIONE 375 giudizio, potr cos verificarsi, ed in effetti quasi sempre ci si verifica, che la Commissione investita, su ricorso, di poteri contenziosi, eserciti contestualmente, anche dgettando per motivi di forma il ricorso stesso, i propri poteri di amministrazione attiva che, pure, sono assolutamente distinti da quelli decisori e giunga cos, per via indiretta, al controllo istituzionail.e sulla Cooperativa ed a soluzioni di equit in relazione al caso concreto. Ci pu avvenire, a diiscrezione della Commissione (25), nelilo stesso giudizio instaurato, pul.'ch formalmente, essa dichiari di quale potere abbia fatto uso (26). Tale compenetrazione temporale di poteri distinti opera della giurisprudenza e deriva dalla mancata emanazione di norme regolamentari nella materia, pure preannunciate dall'art. 138 t. u., praticamente non attuate (27). L'azione .contenziosa e di amministrazione attiva delfa Commissione di Vigilanza trova un limite nell'ambito di verificazione dell'interesse legittimo che investe tutta fa vicenda sodale e pubblicistica e, quindi, nel tempo, dal momento in cui sorge nel singolo soggetto l'interesse di entrare a far parte della Cooperativa, al momento in cui viene stipulato il mutuo individuale (28). La tutela non solo individuale in riferimento ai presupposti che legittimano l'ammissione e l'assegnazione, ma investe il terreno di ogni controversia o questione rientrante nell'ambito sociale (29) purch essa abbia, appunto, ad oggetto norme d'azione e, quindi, interessi indirettamente protetti. Concludendo, quindi, la disciplina se pur complessa immediata, priva di pesanti formalit, penetrante, cosi da consentire, specie tramite la presentazione del ricor.so contenzioso, un agile controllo amministrativo diretto, sulla societ e sui soci. L'ambito dei diritti soggettivi perfetti che dovessero sorgere in tale periodo, rientra nella competenza dell'Autorit Giudiziaria Ordinaria (30). Stabilite le funzioni della Commissione di Vigilanza, rimane da esaminare, sempre staticamente e in astratto, quaile sia la na:tura delle Cooperative edilizie a contributo statale. questo un discor.so certamente molto pi breve del precedente premendo solo, per i fini che qui ci interessano, stabilire che tali organismi, non assimilabili a soggetti pubblici, sono inquadrati prevalentemente tra le societ di natura privata, ma a confine tra la sfera pubblicistica e quella privatistica (31), perseguenti finalit di interesse pubblico, la cui attivit (25) Cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 9 novembre 1965, n. 772. Il Consiglio di Stato, 1965, 1, 1954. (26) Giurisprudenza costante del Consiglio di Stato. Cfr. Relazione Avvocatura Stato, 1961-65, vol. III, 320. (27) Per un riferimento vedi Relazione Avvocatura Stato, 1956-60, vol. III, pag. 502. (28) fr. Cass., Sez. Un., 12 luglio 1962, n. 1869. (29) Giurisprudenza costante, per un riferimento v. nota precedente. (30) Giurisprudenza costante (cfr. per un riferimento la gi citata sentenza Cass., Sez. Un., 12 luglio 1962, n. 1869). In passato si discuteva se la Commissione avesse competenza c. d. esclusiva (relativa, cio, a diritti ed interessi). La questione fu decisa, nel senso sopraindicato, dalla Cass., Sez. Un., 30 luglio 1945, Foro It. 194446, 1, 381, riportata nella Relazione Avvocatura Stato, 1942-50, vol. II. paragr. 674 e paragr. 680. (31) Cosi, testualmente, in motivazione Cass., Sez. Un., 4 luglio. 1958, n. 2403, Giust. civ., 1957, l, 159 quasi a rilevare la difficolt di inquadrare giuridicamente 376 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO si svolge, quindi, ,sotto il controllo della Commissione di vigilanza e, in prevalenza, durante tutto l'ar.co temporale coincidente con la pi frequente verificazione delle posizioni di interesse legittimo, individuali o sociali, rivolte alla realizzazione dell'oggetto statutario. Va poi chiarito, e ci rimane un fatto incontestabile ed essenziale per la successiva trattazione che per quanto concerne i rapporti tra i soci, esattamente stato messo in luce come il rapporto mutualistico vada inteso con molta discrezione. Esso cio non importa una condizione di parit tra i soci della Cooperativa. .La cooperativa costruisce l'edificio o gli edifici in relazione ai mutui ottenuti ed al proprio capitale. Non sempre il numero degli appartamenti risultante soddisfer tutti i soci. N vi perfetta parit fra gU stessi prenotatari e assegnatari dato il diverso valore e grado di utilit degli appartamenti (32). Esistono quindi, nell'ambito sociale, interessi e diritti della Societ; interessi e diritti dei soci sia nei loro singoli rapporti, sia con direzione confluente o divergente rispetto a quelli della societ medesima. Nel sistema della legge la Societ cooperativa dovrebbe servire come indispensabile filtro ed elemento di moderazione nelle controversie fra soci operando; poi, un primo controllo statutario e privatistico nell'ambito sociale. Ci insito nella stessa natura, test accennata, de1la Cooperativa a contributo statale la quale, nel sistema normativo dovrebbe cooperare su un piano .diverso, e con diversi poteri, ma parallelamente con la Commissione di vigilanza. Quindi il sistema, in astratto. ruota su tre diversi cardini e cio: a) la societ cooperativa come organismo privato a sfondo pubblicistico,' con interessi sociali pi vasti e completi rispetto a queilli dei singoli soci; b) l'interesse singolo del sodo, componibile nel fine sociale e in eventuale disarmonia fra societ ed altri soci; c) la Commissione di vigilanza come organo superiore di controllo e contenzioso che dirime conflitti e da questi attinge materia per lo svolgimento delle proprie indagini. Punto di saldatura, in astratto, del s~stema: coincidenza degli interessi volti al fine comune e, in particolare, cooperazione, nel controllo e nella risoluzione delle controversie, della Cooperativa con fa Commissione. Tale sistema, in equilibrio stabilissimo, in teoria, sui tre cardini di interessi sopra indicaiti, presenta nel suo dinamismo pratico notevoli squilibri, che si manifestano appunto in forma di conflitto tra Cooperative e soci da un lato, e Cooperative e Commissione di vigilanza dall'altro. Vediamo di esaminare le ragioni. Tutto inizia con l'esistenza giuridica della Societ, con la predisposi zione dello Statuto, con la ripartizione delle cariche sociali. Difficilmente in tale parte preliminare si verificano controversie. Comunque se si presentano, normalmente esse non superano l'ambito pubblico della verifica della qualit di socio. Ogni altra questione, per lo pi attinente a rapporti collaterali obbli gatori fra soci e societ ovvero fra singoli soci, incide in una sfera riservata in una categoria ben definita tali societ. Infatti, come noto, la nostra legislazione non conosce, a differenza di altri ordinamenti, ed in specie quello francese, categorie intermedie fra enti pubblici e privati cfr. SANDULLI, Manuale, 126. (32) Cos, testualmente, PERINI, op. toc. cit., 397. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 377 a norme di relazione con carattere strettamente privatistico e, quindi demandata ailla cognizione dell'AGO (33). . ~.. :il: dato riscoo.traxe nel dinamismo di questa fase iniziale deH'organismo sociale come uno stato amorfo ed embrionale derivante, .senza dubbio, dal fatto tutto psicologico e giuridicamente irrilevante che non dato conoscere se e quando il contributo statale verr concesso e se, comunque, lo scopo sociale verr realizzato. Ma con .fincalzare degli eventi (concessione del contributo, acquisto dell'area, pareri tecnici favorevoli, inizio della costruzione) la societ prende vita reale ed i suoi organi sociali acquistano, oltre che suil piano giuridico, sopratutto nel rapporto di realt effettiva, quella posizione dominante di direzione, di controllo, e. amministrazione, di ,esecuzione per i quali originariamente erano stati costituiti. Si palesano, cosi, conflitti relativi alle modalit di costruzione alla sistemazione degli alloggi, alle assegnazioni, all'eventuale esclusione del socio; a questioni che, insomma, investono poteri di decisione sociale degli organi statutari. I quali organi della societ normalmente si disinteressano dei problemi e delle controversie individuali fra soci rientranti nell'ambito della competenza giurisdizionale ordinaria (perch, evidentemente, nulla di tali questioni pu comportare un 1sindacato diretto sulla loro azione), ma divengono attentissimi e gelosi di supposte ed inesistenti prerogative, quando si ve:rta in tema di controversie fra soci e societ. In questo caso, infatti, la qualificazione giuridica del rapporto , quasi sempre pubblicistica; quindi la competenza appartiene alla Commissione di vigilanza. Portata una isiffatta controversia dinanzi a tale Commissione in sede contenziosa, ,gli organi sociali direttivi della Cooperativa possono subire spiacevoli sorprese. La Commissione infatti pu, s, decidere in senso sfavorevole aiL socio anche soltanto :per motivi formali, ma pu anche trarre contestualmente dalla proposizione del ricorso, motivi che lo portino ad indagare ed a reprimere sia le singole deliberazioni, sia tutta la gestione sociale anche in fase non attinente alla controversia di specie. Ove si consideri che la Commissione di vigilanza, ha poteri di merito amministrativo (opportunit e .convenienza), che tali poteri non sono successivamente riesaminabili dal Consiglio di Stato (34), che quest'ultimo organo pu valutare pregiudizialmente ed incidentalmenite le questioni riguardanti diritti (35), si vedr come tramite la funzione contenzio1sa provocata sul rico:riso la Commissione stessa sia messa in grado di esercitare, in modo decisivo, il proprio potere di controllo sugli organi statutari e deliberanti della Cooperativa. Di qui la logica coI1seguenza che la Societ, per sfuggire al controllo, tenta di sottrarre alla funzione contenziosa della Commissione quante pi controversie sia possibile. Uno studio storico-ricostruttivo sulla giurisprudenza relativa alla materia che ci occupa, consente cos di stabilire che certe fondamentali decisioni rappresentano il risultato di quel tentativo pi sopra indicato. (33) Cfr. Cass., Sez. Un., 12 luglio. 1962, n. 1869. (34) L'impugnativa , infatti, ammessa per soli motivi di legittimit, come gi pi sopra riferito. Cfr. art. 131 u. c. t. u. 1938, 1165. (35) Art. 28, t. u. 26 giugno 1924, n. 1054. J 378 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Si com~nciato con il sottrarre alla competenza della Commissione tutte le questioni relative a diritti (36), e ci in contrasto con i principi comunemente accolti, regolanti la materia del ricorso gerarchico improprio (37). Un'autorevole decisione rimasta per isolata e senza seguito ha consentito d! scindere fra interessi individuali e interessi di gruppo, o sociali, devolvendo questi ultimi all'AGO (38). Tramite intere.ssate prospettazioni sono state fatte apparire come relative a diritti, questioni aventi decisa natura pubblicistica e riguardanti, quindi, il eampo dell'interesse legittimo. Le decisioni degli organi statutari sono state considerate immediatamente esecutive (39), con l'effetto di tra:sferire la competenza dalla Commissione di Vigilanza all'AGO in presenza di deliberati di e,sclusione anche illegittimi, che essendo immediatamente eseguibili, spostavano -sul piano privato la situazione di interesse pubblico ( 40). Gli esempi potrebbero continuare all'infinito e, comunque, ogni ulteriore d0cumentazione su tale sviluppo giurisprudenziale facilmente verificabile in ogni repertorio. Ci, per, che preme ribadire, l'insistenza con la quale si verificata l'erosione, proprio e soltanto per. trasferire in sede del tutto innocua situazioni e controversie che, se portate alla cognizione della Commissione avrebbero potuto cagionare illegittimo e penetrante controllo amministrativo sulla gestione sociale. E ci con .conseguenze spesso pesantissime per gli organi deliberanti. La clausola compromissoria, inquadrata in tale dinamica dei fatti, rappresenta il tentativo pi audace e insieme lo strumento pi radtcale e perfezionato diretto a privare la Commissione di vigilanza di ogni potere di controllo .sulle cooperative. Infatti trasferendo in sede arbitrale ogni eontroversia sociale, la Commissione non.pu pi attingere notizia dalla vertenza per l'esercizio eventuale dei propri discrezionali poteri di vigilanza. , qui.udi ovvio e del tutto normale, che le Sezioni Unite della Suprema Corte, abbiano veagito con decisione nel senso della nullit. Ed il ragionamento giuridico, non riportato nella presente sentenza, ma ben chiaro nella prima statuizione sulla questione ( 41), duplice. Da un lato non consentito all'AGO, a posteriori, mediante un controllo indiretto sul lodo, di intervenire sull'interesse legittimo essendo tale potere (36) Cfr. la pi volte citata Sez. Un., 30 luglio 1945 su ricorso Baldini in Relazione Avv. Stato, 1942-50, voi li, 302. (37) In dottrina stato autorevolmente sostenuto che il ricorso gerarchico (proprio o improprio) possa riguardare qualsiasi tipo di interesse (diritto o interesse legittimo). SANDULLI, Manuale, 606. (38) Cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 10 dicembre 1958. Picini ed altri c. Comm. Vigilanza, Il Consiglio di Stato, 1958, I, 1524; per la critica di tale decisione v. Relazione Avvocatura Stato, 1956-60 voi. III, pag. 505. (39) Cfr. Cass., Sez. Un. 10 ottobre 1962, n. 2926. (40) Ne esempio, proprio in questa causa, l'azione di rilascio dell'alloggio contro il socio escluso. Infati i'AGO ritenne, anche se condizionatamente all'esito del procedimento sorto dinanzi alla Commissione, che l'occupazione dovesse qualificarsi come abusiva" per essere cessato l'interesse pubblico con la deliberazione sociale di esclusione. E cosi, ammettendo per implicito quasi un potere degli c.rgani sociali di trasformare in diritto ci che , e deve rimanere, interesse legittimo (curioso fenomeno di affievolimento alla rovescia). (41) Cfr. Cass., Sez. Un., 4 luglio 1958, n. 2403, Giust civ., 1957, I, 159. J PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 379 gi escluso, a priori, dalla legge sul contenzioso amministrativo, in base alla quale deferito alla giurisdizione amministrativa e non a quella ordinaria il sindacato in tema di interesse legittimo. Sotto un secondo profilo tutta la materia, per le stesse attribuzioni di controllo e di decisione della Commissione di Vigilanza indisponibile ad opera delle parti contendenti ( 42). Questo secondo ragionamento, a ben guardare, diffida una volta per tutte da ogni tentativo di prospettazione artificiosa, diretto a far apparire sotto forma di diritto ci che invece soltanto intere,sse indirettamente protetto. In conclusione quindi la pTebente decisione ci trova pienamente consenzienti, ,soprattutto perch essa consente di stabilire che il Supremo Collegio ha rettamente inteso che la tutela del socio nei confronti delle eventuali illecite pressioni contro di lui esercitate dagli organi sociali, trova valido ed efficace scudo nelle funzioni della Commissione di vigilanza la quale sempre in grado di intervenire in p.rofondit e, soprattutto, tempestivamente, su situazioni di anomalia e di illegittimit. C. CARBONE (42) La clausola comprcmissoria trova cosi una sua collocazione e, correlativamente, conserva la propria validit ed efficacia in situazioni collaterali riguardanti la materia dei diritti soggettivi disponibili. In questo senso cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 10 luglio 1963, n. 432, Foro it., 1964, III, 22-23. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 8 maggio 1967, n. 893 -Pres. Tavolaro S. -Rel. Salerni -P. M. Criscuoli (conf.) -Ministero Industria e Commercio (avv. Stato Carafa) -Impresa Bocci e Massimiliano (avv. Jemolo) -E.N.E.L. (n. c.). Competenza e giurisdizione -Energia elettrica -Trasferimento di imprese elettriche all'E.N.E.L. -Deroghe per le imprese minori Limiti -Poteri discrezionali della P. A. -Esclusione -Giurisdizione del Giudice ordinario. (1. 6 dicembre 1962, n. 1643, art. 4 n. 8; I. 27 giugno 1964, n. 452, art. 5). L'esonero lal trasferimento all'E.N.E.L. per le imprese minori, giusta l'art. 4 n. 8 della legge 6 dicembre 1962, n. 1643, e la relativa i.eroga, prevista nell'art. 5 della legge 21 giugno 1964, n. 452, per quelle 1. tali imp1ese le quali abbiano distribuito energia acquistata da terzi, .,alvo il caso di acquisto determinato da motivi " occasionali e non ricorrenti , escludono l'uno e l'altra valutazioni discrezionali della pubblica Amministrazione, onde le controversie in merito appartengono alla giurisdizione del Giudice ordinario (1). (1) Con questa sentenza le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, dopo aver riaffermato la validit del c. d. criterio del petitum sostanziale J 380 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -Il ricorso fondato. L'impresa Bocci e Massimiliani, col ricorso al Consiglio di Stato, ha investito il provvedimento (d. P. 18 gennaio 1965, n. 293) di trasferimehto all'E.N.E.L., provvedimento emanato in base alla legge 6 dicembre 1962, n. 1643. Questa Corte ha gi avuto occasione di rilevare, con recente decisione (sent. n. 1396 dell'anno 1965), che, per l'art. 4, n. 10, di detta legge, i trasferimenti in questione sono attuati con decreti aventi valore di legge ordinaria ,., sicch trattasi di decreti legislativi, emanati in base a delega delle Camere al Governo, ai sensi degli artt. 76 e 77 della Costituzione, non di provvedimenti amministrativi, e, quindi, non impugnabili davanti al Consiglio di Stato, poich, com' noto, ai sensi dell'art. 26 t. u. 26 giugno 1924, n. 1054, la giurisdizione (non esclusiva) del Consiglio di Stato esige, quale indefettibile presupposto, un atto soggettivamente, oltre che oggettivamente, amministrativo, cio un provvedimento che sia emanato da una autorit amministrativa, ovvero da un corpo amministrativo deliberante. In conseguenza, il ricorso al Consiglio di Stato non pu rivolgersi, n contro una legge, n contro un atto avente forza di legge, qual', nella specie, il provvedimento di trasferimento all'E.N.E.L. (decreto legislativo delegato). opportuno aggiungere che l'impresa Massimiliani e Bocci, col medesimo ricorso al Consiglio di Stato, sostenendo che il decreto presidenziale di trasferimento, in quanto emanato fuori dalle ipotesi previste dalla legge, veniva a ledere il diritto alla conservazione della propriet, con violazione degli artt. 41, 42 e 43 della Costituzione (oltre che lo stesso principio di eguaglianza, sancito dall'art. 3 della Costituzione), chiedeva che il Consiglio di Stato riconoscesse il diritto alla conservazione della sua impresa (scil. azienda elettrica), previa remissione alla Corte costituzionale, per illeggittimit costituzionale del decreto presidenziale di trasferimento 18 gennaio 1965, n. 293 . come discriminatore della giurisdizione tra H Giudice ordinario ed il Giudice amministrativo (cfr. in questa Rassegna, 1967, I, 49, nota 1 a Cass., Sez. Un., 22 novembre 1966, n. 2785 e Cass., Sez. Un., 6 aprile 1966, n. 902, in questa Rassegna, 1966, I, 822 nonch ivi, nota 2), hanno, in accoglimento del ricorso per regolamento di giurisdizione proposto dall'Avvocatura Generale dello Stato, enunciato il principio, di cui alla massima, escludendo che il diritto all'esonero possa essere affievolito e de.gradato ad interesse legittimo per effetto della disposizione dell'art. 5 della 1. n. 452 del 1964, onde pure al solo fine di delibare la censura di incostituzionalit del de creto di trasferimento (avente valore di legge: v. qui di 1seguito, in questa Rassegna, I, 383), il Giudice amministrativo non ha giurisdizione. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURIS.DIZIONE 381 Con la memoria presentata in questa sede, l'impresa resistente conviene nell'assunto che il decreto di trasferimento all'Enel, avendo l'aspetto formale di legge delegata, pu venire dichiarato illegittimo, per illegittimit costituzionale, soltanto dalla Corte costituzionale, ma sostiene che competente a deliberare la censura di incostituzionalit il Consiglio di Stato, non il giudice ordinario, perch il diritto di propriet delle piccole imprese trasferite all'E.N.E.L. (in quanto avrebbero acquistato energia elettrica da terzi) sarebbe stato degradato ad interesse, dal legislatore, con l'art. 5 della 1. 27 giugno 1964, n. 452:. Senonch, anche esaminando la questione sotto il profilo del criterio distintivo tra giurisdizione amministrativa ordinaria, non pu giungersi a soluzione diversa da quella che si gi enunciata, cio del difetto di giurisdizione da parte dell'adito supremo organo di giustizia amministrativa. Invero, secondo quanto stato precisato con la citata sentenza di queste Sezioni Unite, ed ribadito con successive decisioni (vedi, ad esempio, sent. n. 2111 dell'anno 1965), il criterio discriminatore tra la competenza del giudice ordinario e quella del giudice amministrativo, nella materia in cui quest'ultimo non abbia competenza esclusiva, si desume congiuntamente da due elementi, cio dalla domanda e dalla natura della controversia, i quali si integrano, in connessione fra loro, per costituire il cosidetto petitu'TY}-sostanziale. Pertanto, occorre accertare, a detto fine, quale sia l'oggetto essenziale della pretesa dedotta in giudizio, precisamente l'intrinseca consistenza dell'interesse dedotto in lite, in funzione della effettiva protezione accordata, dall'ordinamento giuridi~o, alla posizione posta a fondamento della pretesa. In relazione a tale criterio, il riferimento al diritto soggettivo possibile soltanto se questo, oltre che affermato dall'interessato, sia effettivamente ed obiettivamente configurabile, alla stregua dell'ordinamento medesimo e in virt di una protezione diretta ed immediata, tale da escludere un qualsiasi potere discrezionale di incidenza, da parte della pubblica amministrazione. In sostanza, se il cittadino nega in radice il potere discrezionale, cio nega che un siffatto potere di valutazione sia stato conferito all'autorit amministrativa, e la negazione trovi, in concreto, sostanziale aderenza nella legge, la competenza a conoscere della controversia spetta indubbiamente al giudice ordinario. Nella specie, l'impresa Bocci e Massimiliani, col ricorso al Con siglio di Stato, ha appunto contestato in radice la stessa esistenza di un potere discrezionale, da parte dell'amministrazione, di disporre del suo diritto sooggettivo di propriet, lamentandone la lesione e non deducendo inosservanza di forme e di limiti previsti con norme di azione per la esclusiva tutela dell'interesse pubblico, cio l'esercizio 382 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO non corretto ed illegittimo del potere medesimo. Sembra al Collegio che tale negazione del potere trovi aderenza alla legge. Invero, dal coordinato esame dell'art. 4, n. 8, della 1. 6. lcembre 1962, n. 1643, e dell'art. 5 della 1. 27 giugno 1964, n. 452, risulta che non stato attribuito all'amministrazione il potere discrezionale di incidere sulla posizione soggettiva del privato (cio delle piccole ,, imprese elettriche), per ragioni attinenti al pubblico interesse, affievolendo il diritto di propriet e degradandolo ad interesse legittimo. La norma dell'art. 4 citato stabilisce espressamente che non sono soggette a trasferimento tutte le imprese cosidette " minori ,, , precisamente quelle che non abbiano prodotto, ovvero prodotto e distribuito, in media, nel biennio 1959-60, pi di 15 milioni di chilovattora per anno. A tale disposizione di carattere generale apportata una deroga, con la successiva legge n. 452 dell'anno 1964, secondo la quale (art. 5) sono escluse dall'esonero le imprese produttrici che abbiano distribuito energia acquistata da terzi, salvo che l'acquisto sia dovuto a motivi occasionali e non ricorrenti, ovvero che si tratti di enti cooperativi a carattere mutualistico. L'esonero del trasferimento, stabilito in via generale dalla legge, per le imprese minori, a tutela diretta e specifica di un interesse privato, non trova applicazione, per la citata norma della legge del 1964, quando si tratti di imprese, le quali abbiano distribuito energia acquistata da terzi, a meno che tale acquisto sia stato determinato da motivi occasionali e non ricorrenti . Sembra indubbio che quest'ultima esclusione di imprese minori, dal trasferimento dell'Enel, non comporti valutazione discrezionale dell'amministrazione, sicch, qualora il privato, titolare di impresa cosidetta minore, ai sensi dell'art, 4, n. 8, della 1. n. 1643 dell'anno 1962, dimostri che l'acquisto di energia da terzi sia stato determinato dai suindicati motivi (~he la legge stessa espressamente prevede, senza attribuire all'amministrazione un potere discrezionale per il libero apprezzamento dei motivi di acquisto di energia, in relazione ad inte ressi pubblici), conservi il diritto all'esonero e che non sussista potere, da parte dell'amministrazione, di affievolire siffatto diritto. Pertanto, anche sotto il profilo della mancanza di discrezionalit amministrativa, e, quindi, tenendo conto dei criteri di discriminazione tra giurisdizione amministrativa e giurisdizione ordinaria, nei termini ripetutamente precisati da questa Corte, deve affermarsi che, nella specie, la giurisdizione non pu spettare al Consiglio di Stato; e nel giudizio di merito che eventualmente sar proposto davanti al giudice ordinario, potranno essere sollevate, in via incidentale, le questioni di illegittimit costituzionale prospettate col ricorso al Consiglio di Stato. -(Omissis). PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 381 Con la memoria presentata in questa sede, l'impresa resistente conviene nell'assunto che il decreto di trasferimento all'Enel, av:.endo l'aspetto formale di legge delegata, pu venire dichiarato illegittimo, per illegittimit costituzionale, soltanto dalla Corte costituzionale, ma sostiene che competente a deliberare la censura di incostituzionalit il Consiglio di Stato, non il giudice ordinario, perch il diritto di propriet delle piccole imprese trasferite all'E.N.E.L. (in quanto avrebbero acquistato energia elettrica da terzi) sarebbe stato degradato ad interesse, dal legislatore, con l'art. 5 della I. 27 g~ugno 1964, n. 452:. Senonch, anche esaminando la questione sotto il profilo del criterio distintivo tra giurisdizione amministrativa ordinaria, non pu giungersi a soluzione diversa da quella che si gi enunciata, cio del difetto di giurisdizione da parte dell'ad.ito supremo organo di giustizia amministrativa. Invero, secondo quanto stato precisato con la citata sentenza di queste Sezioni Unite, ed ribadito con successive decisioni (vedi, ad esempio, sent. n. 2111 dell'anno 1965), il criterio discriminatore tra la competenza del giudice ordinario e quella del giudice amministrativo, nella materia in cui quest'ultimo non abbia competenza esclusiva, si desume congiuntamente da due elementi, cio dalla domanda e dalla natura della controversia, i quali si integrano, in connessione fra loro, per costituire il cosidetto petiturr_i sostanziale. Pertanto, occorre accertare, a detto fine, quale sia l'oggetto essenziale della pretesa dedotta in giudizio, precisamente l'intrinseca consistenza dell'interesse dedotto in lite, in funzione della effettiva protezione accordata, dall'ordinamento giuridi~o, alla posizione posta a fondamento della pretesa. In relazione a tale criterio, il riferimento al diritto soggettivo possibile soltanto se questo, oltre che affermato dall'interessato, sia effettivamente ed obiettivamente configurabile, alla stregua dell'ordinamento medesimo e in virt di una protezione diretta ed immediata, tale da escludere un qualsiasi potere discrezionale di incidenza, da parte della pubblica amministrazione. In sostanza, se il cittadino nega in radice il potere discrezionale, cio nega che un siffatto potere di valutazione sia stato conferito all'autorit amministrativa, e la negazione trovi, in concreto, sostanziale aderenza nella legge, la competenza a conoscere della controversia spetta indubbiamente al giudice ordinario. Nella specie, l'impresa Bocci e Massimiliani, col ricorso al Con siglio di Stato, ha appunto contestato in radice la stessa esistenza di un potere discrezionale, da parte dell'amministrazione, di disporre del suo diritto sooggettivo di propriet, lamentandone la lesione e non deducendo inosservanza di forme e di limiti previsti con norme di azione per la esclusiva tutela dell'interesse pubblico, cio l'esercizio 384 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 19 maggio 1967, n. 1076 -Pres. Flore -Rei. Restaino -P. M. Pedote (conf.). -S.p.A. $chiapparelli (avv. Contaldi e Zola) c. Ministeri Tesoro e Finanze (avv~ Stato Agr). Competenza e giurisdizione -Danni di guerra -Determinazione dell'indennizzo -Applicazione dei coefficienti di rivalutazione e delle detrazioni di legge -Difetto di giurisdizione del Giudice ordinario Riscossione dell'indennizzo definitivamente liquidato -Diritto soggettivo. (1. 20 marzo 1865, n. 2248 all. E, artt. 2, 3, 4, e 5; 1. 27 dicembre 1953, n. 9if>8, artt. 15, 16, 17, 25 e 28). L'unitariet del provvedimento emesso a definizione del procedimento amministrativo di liquidazione dell'indennizzo per i danni di guerra non consente impugnazioni davanti aU'Autorit giudiziaria ordinaria sia pur limitatamente all'applicazione dei coefficienti di rivalutazione e delle detrazioni di legge, sebbene gli uni e le altre siano previste da norme le quali vincolano la pubblica Amministrazione; il diritto soggettivo sorge dopo la liquidazione dell'indennizzo e solo per la riscossione di questo nella misura definitivamente determinata (1). (Omissis). -Con l'unico mezzo di annullamento la societ ricorrente denuncia la falsa applicazione degli artt. 2, 3, 4 e 5 della legge sul contenzioso amministrativo 20 marzo 1865 all. E, nonch degli artt. 15, 16, 17, 25 e 28 della 1. 27 dicembre 1953 n. 968, in relazione all'art. 360 n. 1, 3 e 4 c.p.c., e deduce che, a differenza di quanto ritenuto dalla Corte di merito, l'attivit discrezionale dell'organo amministrativo competente per la liquidazione dell'indennizzo per danni di guerra debba intendersi limitata all'accertamento delle condizioni di ammissione al risarcimento e alla conseguente determinazione dell'ammontare del danno risarcibile, con esclusione dell'applicazione dei coefficienti di moltiplicazione e delle riduzioni di legge sull'ammontare medesimo, la quale applicazione essendo stabilita da norme vincolanti (1) Con la 1sentenza, di cui si tratta, viene riaffermato un princ1p10 ormai consoUdato, del quale la massima estratta ulteriore espressione. Cfr. in argomento Relazione Avvocatura Stato, 1960-1965, III, 600-603 e Cass., Sez. Un., 30 dicembre 1965, n. 2490 in questa Rassegna, 1966, I, 53 ed ivi nota 1. Sul sorgere di un diritto soggettivo alla riscossione, da parte del beneficiario, dell'indennizzo dopo la liquidazione e nella mLsura definitivamente determinata dr. Cass., Sez. Un., 27 gennaio 1966, n. 314 in questa Rassegna, 1966, I, 554 ed ivi nota 1. I I I l l corretto ej tale negazid Invero, dal i 1962, n. 1641 non stato\ lcidere sulla . e I se elettrich. ido il diritt ! r o, _,a norma del tte a trasferJ 1~e Quelle c~ m : media, ne ino 1 taie disposi I successiva l~ scluse dall'e, mergfa acQu~ occasionali I e. carattere m~ sonero del tr' tnprese minozi n trova appli< >i tratti di imi terzi a .,.,.,, 1 ' ~eno I lali e non riq. I >ra indubbio . e~imento del~ nistrazione ' ' SI minore a '!. I sei Jstri che l'ac r :ati motivi (c~ all'amministd :n~o dei mouJ !CI), conservi j ~ll'amminI t l s ra~? anche sottq. ~va, e, Quindi} Ione amminis' ;e .Precisati dJ ur1sdizione noj ierito che , evel1 .ranno essere l c~stituzionaJe ! nissis). 384 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 19 maggio 1967, n. 1076 -Pres. Flore -Rel. Restaino -P. M. Pedote (conf.). -S.p.A. Schiapparelli (avv. Contaldi e Zola) c. Ministeri Tesoro e"''.Finanze (avv. Stato Agr). Competenza e giurisdizione -Danni di guerra -Determinazione dell'indennizzo -Applicazione dei coefficienti di rivalutazione e delle detrazioni di legge -Difetto di giurisdizione del Giudice ordinario Riscossione dell'indennizzo definitivamente liquidato -Diritto soggettivo. (1. 20 marzo 1865, n. 2248 all. E, artt. 2, 3, 4, e 5; I. 27 dicembre 1953, n. 91)8, artt. 15, 16, 17, 25 e 28). L'unitariet det provvedimento emesso a definizione det procedimento amministrativo di liquidazione dett'indennizzo per i danni di guerra non consente impugnazioni davanti att Autorit giudiziaria ordinaria sia pur limitatamente att'appticazione dei coefficienti di rivalutazione e delte detrazioni di legge, sebbene gli uni e te altre siano previste da norme te quali vincolano ta pubblica Amministrazione; it diritto soggettivo sorge dopo la liquidazione deU'indennizzo e solo per ta riscossione di questo netta misura definitivamente determinata (1). (Omissis). -Con l'unico mezzo di annullamento la societ ricorrente denuncia la falsa applicazione degli artt. 2, 3, 4 e 5 della legge sul contenzioso amministrativo 20 ma1l"zo 1865 all. E, nonch degli artt. 15, 16, 17, 25 e 28 della 1. 27 dicembre 1953 n. 968, in relazione all'art. 360 n. 1, 3 e 4 c.p.c., e deduce che, a differenza di quanto ritenuto dalla Corte di merito, l'attivit discrezionale dell'organo amministrativo competente per la liquidazione dell'indennizzo per danni di guerra debba intendersi limitata all'accertamento delle condizioni di ammissione al risarcimento e alla conseguente determinazione dell'ammontare del danno risarcibile, con esclusione dell'applicazione dei coeffi. cienti di moltiplicazione e delle riduzioni di legge sull'ammontare medesimo, la quale applicazione essendo stabilita da norme vincolanti (1) Con la 1sentenza, di cui si tratta, viene riaffermato un princ1p10 ormai consolidato, del quale la massima estratta ulteriore espressione. Cfr. in argomento Relazione Avvocatura Stato, 1960-1965, III, 600-603 e Cass., Sez. Un., 30 dicembre 1965, n. 2490 in questa Rassegna, 1966, I, 53 ed ivi nota 1. Sul sorgere di un diritto soggettivo alla riscossione, da parte del beneficiario, dell'indennizzo dopo la liquidazione e nella mLsura definitivamente determinata dr. Cass., Sez. Un., 27 gennaio 1966, n. 314 i:n questa Rassegna, 1966, I, 554 ed ivi nota 1. 386 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO il quale, in base agli atti e al parere della Commissione, stabilisce se, e in quale misura l'indennizzo sia dovuto. Esaurita pertanto la procedura amministrativa tracciata dali legge con il provvedimento di liquidazione, l'interesse legittimo del danneggiato, in tal guisa soddisfatto, non pu trasformarsi in diritto soggettivo a percepire somma maggiore o diversa da quella liquidata. Ove dall'interessato si contesti l'ammontare della liquidazione sia sotto il profilo della determinazione della somma base, sia sotto il riflesso dell'applicazione dei coefficienti di rivalutazione, egli non potr opporsi se non con gli appropriati mezzi di impugnazione gerarchica e giurisdizionale apprestati dall'art. 17 contro il decreto dell'Intendente. Data l'unitariet del provvedimento amministrativo di liquidazione, costituito dalla determinazione dell'indennizzo a seguito delle varie operazioni previste .dalla legge, compresa la determinazione della somma da porre a base della liquidazione finale, del tutto arbitraria la pretesa di limitare il ricorso gerarchico e quello al Consigilio di Stato alla sola contestazione della somma base e ritenere impugnabile davanti all'autorit giudiziaria l'applicazione dei coefficienti di rivalutazione e delle detrazioni di legge, la quale, pur essendo vincolante per la pubblica amministrazione, costituisce pur sempre un elemento integrante del provvedimento di liquidazione, emesso a definizione del procedimento amministrativo, nel corso del quale nessuna impugnazione ammessa. -.-(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 23 maggio 1967, n. 1116 -Pres. Sarpello -Rei. Giannattasio -P. M. Di Majo (diff.) -Impresa Di Mauro (avv. De Felice) -Presidenza del Consiglio e Ministero Industria e Commercio (avv. Stato Savarese) -E.N.E.L. (avv. Indelicato e Picardi). Competenza e giurisdizione -Atti aventi valore di legge -Pendenza del giudizio di costituzionalit -Domanda di sospensione dell'esecuzione -Improponibilit -Atti amministrativi -Domanda di sospensione dell'esecuzione -Difetto di giurisdizione del Giudice ordinario -Fattispecie.. {c. p. c. artt. 37 e 41; 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 4; 1. 6 dicembr, 1962 n. 1643, art. 4 n. 10; d. P. R. 4 febbraio 1963, n. 36, artt. 2 e 5). Corte Costituzionale -Pronuncia di illegittimit costituzionale -Effetti sugli atti amministrativi di esecuzione delle nol"me dichiarate costituzionalmente illegittime -Inesistenza di tali atti -Esclusione -Conseguente non pregiudizialit della questione di legitti PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIQNI DI GIU{l!JUZIONE , -387 mit costituzionale per irrilevanza della pronuncia della Corte Costituzionale ai fini della questione di giurisdizione -Fattispecie. (Cost., art. 136; d. P. R. 4 febbraio 1963, n. 36, artt. 2 e 5; 1. 9 febbraio 1948, n. l, art. 1; 1. 11 marzo 1953, n. 83, art. 23, comma secondo; c. p. c. art. 37). Pure in pendenza del giudizio di costituzionaiit improponibile davanti a quaisiasi giudice, ordinario o amministrativo, la domanda di sospensione dell'esecuzione di un decreto avente valore di legge n in particolare ammissibile davanti al giudice ordinario la domanda di sospensione deU'esecuzione di atti amministrativi: applicazione ai decreti di trasferimento all'E.N.E.L. di imprese esercenti industrie elettriche ed agli atti del procedimento di consegna all'ENEL dei beni e dei rapporti giuridici relativi all'impresa espropriata (1). La eventuale dichiarazione di illegittimit costituzionale di atti aventi forza di legge non importa la caducazione degli atti amministrativi posti in essere per darvi esecuzione, onde la questione di costituzionalit non si presenta come pregiudiziale alla questione di giurisdizione per irrilevanza della pronuncia della Corte Costituzionale ai fini della decisione sulla giurisdizione in ordine alla domanda di sospensione dell'esecuzione di quegli atti amministrativi; applicazione agli atti del procedimento di consegna dei beni e dei rapporti giuridici relativi ad impresa elettrica trasferita all'E.N.E.L. (2). (1-2) I pil'incipi affermati ribadiscono il precedente orientamento giurisprudenziale delle .Sezioni Unite della Corte di Cassazione: v. Cass., Sez. Un., 10 ottobre 1966, n. 2428 in Giust. civ., 1967, I, 42 e Cass., Sez. Un., 30 dicembre 1965, n. 2435, ivi, 1966, 1, 21 con note di richiamo. Sulla seconda massima, in particolaTe, cfr. Cass., Sez. Un., 28 aprile 1964, n. 1017 in questa Rassegna, 1964, I, 683 ed ivi, 684, nota 1, nonch C. d. S., Ad. pien., 10 aprile 1963 in questa Rassegna, 1963, 147 ed ivi nota di LAPORTA. , La sentenza, di cui si tratta, e quella identica n. 1117 in pail'i data delle stesse 1sezioo:tl unite fanno specifico riferimento all'art. 700 c. p. c., applicato nella specie dal Pretore adito, e non contenuto nelle altre sopra richiamate n. 2428 del 1966 e n. 2435 del 1965, per il resto in tutto analoghe quanto alla lucidissima motivazione. I 1 SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA CIVILE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 novembre 1966, n. 2750 -Pres. Rossano -Est. Rossi A. -P. M. Gentile (conf.) -Giorcelli (avv. Vitali, Mortillaro) c. Comune Milano (avv. Sartogo, Consolini). Procedimento civile -Giudizio sulla rilevanza e sull'attendibilit delle prove -Potere discrezionale del giudice di merito -Incensurabilit in Cassazione -Limiti. (c. p. c., artt. 116, 360, n. 5). Atti amministrativi -Deliberazione comunale -lnterpretazione -Incensurabilit in Cassazione -Limiti. (c. c., artt. 1362 e segg.; c. p. c., art. 360, n. 5). Atti amministrativi -Deliberazione comunale -Revoca -Legittimit Presupposti. Responsabilit civile -Denuncia penale -Proscioglimento con formula piena del denunciato -Obbligo del denunciante al risarcimento del danno -Presupposti. (c. c., art. 2043). n giudizio sulla rilevanza di un mezzo istruttorio e la valutazione dell'attendibilit delle prove sono rimessi al potere discrezionale del giudice di merito, non censurabile in Cassazione se sorretto da adeguata motivazione (1). L'interpretazione del contenuto di un atto amministrativo (nella specie, deliberazione comunale), fatta dal giudice di merito, non censurabile in Cassazione, se adeguatamente motivata (2). (1) Principio pacifico. Cfr., in senso conforme: Cass. 26 maggio 1965, n. 1067, Foro it., Mass., 1965, 313; 15 giugno 1964, n. 1496, Giur. it., 1965, I, 1, 1190. Per l'incensur,abilit dell'appl'ezzamento del giudke di merito circa l'ultroneit e la genericit dell'interrogatorio formale dedotto dia una delle parti, cfr. Cass., 25 maggio 1965, n. 1005, in questa Rassegna, 1966, I, 74, con nota di FRENI. Sulla insindacabilit della valutazione della sufficienza e della idoneit degJ.i elementi di prova acquisiti al processo, cfr.: Cass., Siez. Un., 22 dicembre 1964, n. 2950, in questa Rassegna, 1965, I, 128, con nota di richiam. (2) Cfr., in senso conforme, con la precisazione che l'interp;retazione degli atti amministrativi deve essere condotta dal giudice di merito con PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE. 389 La Pubblica Amministrazione pu sempre revocare, con effetto ex nunc, un atto .(nella specie: deliberazione comunale) emeSSCJnell'esercizio di un potere discrezionale, qualora pi non sussistano le ragioni di convenienza e di opportunit che ne determinarono l'emanazione ed esso pi non risponda al pubblico interesse, incontrando il potere di revoca un limite soltanto nell'ipotesi che l'atto abbia creato nell'interessato un diritto subbiettivo perfetto, non soggetto ad affievolimento per effetto del mutamento del pubblico interesse (3). Dall'assoluzione con formula piena del denunciato per reato perseguibile d'ufficio non discende, a carico del denunciante, l'obbligo del risarcimento del danno ex art. 2043 c. c., se nell'azione del denunciante non sono riscontrabili gli estremi del delitto qi calunnia (4). l'osservanza delle norme di ermeneutica dettate per i contratti: Cass., Sez. Un., 15 gennaio 1966, n. 216, in questa Rassegna, 1966, I, 189, sub 2 (191); Cass., 13 marzo 1965, n. 423, Giust. civ., 1965, 1, 1389; 19 luglio 1965, n. 1608, Foro it., Rep., 1965, voce Atto amministrativo., n. 75. (3) Cfr., in senso conforme: Cass., Sez. Un., 26 aprile 1961, n. 932, Foro it., 1961, I, 922, con nota di richiami; Cons. Stato, Sez. V, 13 febbraio 1953, n. 86, Il Cons. Stato, 1953, 1, 115; 18 giugno 1949, n. 543, Mass. compl. giur. Cons. Stato, 1932-1961, a cura della Rassegna Il Consiglio di Stato, vol. 2-0, Roma, 1963, 3537, n. 47. In merito all'obbligo della motivazione, quando la revoca incida su ilegittime aspettative a favore del privato, cfr.: Cons. Stato, Sez. V, 19 febbraio 1965, n. 135, Foro it., E965, 3, 173. (4) Cfr., in senso conforme: Cass., 29 giugno 1966, n. 1586, Repertorio di udienza 1967, a cura di T. PERSEO, Piacenza, 1967, 1025, n. 6561; 27 .settembre 1965, n. 2041, Foro it., Mass., 1965, 599; 30 agosto 1962, numero 2725, Arch. Resp. civ., 1965, 371, con nota di MoNTEL. Per la necessit della sussistenza del disegno doloso ai fini della responsabilit per danni del denunciante, cfr., pure, App. Roma, 11 febbraio 1965, n. 244, in questa Rassegna, 1965, I, 74, con nota di P. SACCHETTO. A. FRENI CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 29 novembre 1966, n. 2806 -Pres. Giansiracusa -Est. Ginetti -P. M. Pedace (conf.) -Galli (avv. Brusca, Facchini) c. A.N.A.S. (avv. Stato Varvesi). Responsabilit civile -Strade pubbliche -Manutenzione -Potere discrezionale della Pubblica Amministrazione -Limite -Obbligo dell'osservanza del precetto del neminem laedere -Sussiste Insidia o trabocchetto -Nozione. (c. c., art. 2043). Responsabilit civile -Autostrada -Allagamento della sede stradale dovuto a straripamento di corso d'acqua -Mancata segnalazione 390 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Insidia -Sussiste -Colpa, n. 50 bis. In dottrina, per la natura contrattuale del rapporto di utenza autostradale, ma per il carattere aquiliano della ;responsabilit dell'Ente gestore dell'autostrada per la inosservanza di norme regolamentari in ordine alla vigiilanza, alla disciplina del traffico, alla rimozione di eventuali ostacoli, ecc., cfr.: SANDULLI, Autos'brada, Enciclopedia del diritto, vol. IV, MHano, 1959, 528. A. FRENI .i ' CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 febbraio 1967, n. 365 -Pres. Pece -Est. Spagnoletti -P. M. Pedace (diff.) -Cavaliere (Avv. Midiri, Vacir.ca) c. Amministrazione Difesa (avv. Stato Ricci). Guerra -Contratto di ~uerra -N zione. (d. I. 25 marzo 1948, n. 674, art. 4). I 1 392 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Guerra -Contratto di guerra -Azione giudiziaria promossa contro la deliberazione del Commissario per la liquidazione dei contratti di guerra -Competenza per territorio. (d. 1. 25 marzo 1948, n. 674, art. 8). Giusta l'art. 4 del d. l. n. 674 del 1948, sono da definirsi quali contratti di guerra non solo i contratti stipulati ed approvati e quem soltanto stipulati, ma anche gli impegni sommari, le ordinazioni, i provvedimenti di autoritd e simili, comunque attinenti alle forniture, opere, lavori e prestazioni, preordinati alla preparazione ed alla condotta della guerra, ferme restando le disposizioni delle leggi sulle requisizioni (1). Trattandosi di pretesa scaturente da un contratto di guerra (e, nella specie stata ritenuta tale la pretesa di restituzione o di pagamento del controvalore, avanzata da un imprenditore, che aveva depositato presso l'autoritd militare del legname, occorrente per la esecuzione di un contratto di appalto per la costruzione di fortificazioni, a lui commesso dalla stessa autoritd), la impugnativa del provvedimento del Commissario per la liquidazione dei contratti di guerra -vertendosi in tema di diritti soggettivi -va proposta avanti al Tribunale di Roma e nei confronti del Ministero del Tesoro (2). (Omissis). -H ricorrente impugna la sentenza del Tribunale di Catania, per avere questa dichiarato la propria incompetenza territoriale (1-2) Massime esatte: tra un imprenditore e la p. a. si dLscuteva nella fase del regolamento della competen~a per territorio -se fosse o meno dipendente da contratto di guerra, a mente del d. 1. 25 marzo 1948, n. 674, la pl"etesa avanzata dal l)['imo ed avente per oggetto la restituzione di un quantitativo di legname (od il pagamento del relativo controv. alore) affidato durante il periodo bellico, alla Autorit MiiJ.itare e necessario per la esecuzione di alcuni lavori di fortificazione della fascia costiera della Sicilia, che erano stati commessi in appalto dall'allora Ministero della Guerra all'jmprenditore ricorrente: e la S. C. -rilevando che il fatto del deposito del legname presso l'A. IVI., essendo avvenuto in funzione dell'esecuzione del contratto di appalto predetto, non poteva, per ci stesso, essere considerato (cos come voleva il ricorrente) avulso dal medesimo contratto di appalto, da qualificarsi incontestabilmente come contratto di guerra ai sensi del d. l. ,succitato -ha statuito che, nella fattispecie, dovevia essere adito (come, in effetti, lo fu) il Commissariato per la liquidazione dei Contratti di guerra e, dipoi, in impugnativa della deliberazione di tale organo amministrativo, il Tribunale di Roma in contraddittorio del Ministero del Tesoro (art. 8, cpv., d. 1. n. 674/1948). La pronuncia of:fu'e l'occasione per richiamare brevemente alcuni concetti in materia: a) Sotto il profilo della giurisdizione, non sembra contestabile, che, nel caso di specie, si vertesse in materia di diritti subbittivi (come, del PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVIL.E. 393 a conoscere della domanda, ritenendo erroneamente che l'attore avesse dedotto un diritto di credito derivante da un contratto di guerra,che faceva ricadere il detto diritto di credito sotto la disciplina del d. 1. 25 marzo 1948, n. 674, per cui l'azione avrebbe dovuto essere proposta dinanzi al Tribunale di Roma. A base dell'odierna impugnazione, il ricorrente contrappone di non avere mai dedotto un diritto di credito dipendente da un contratto di guerra, ma di avere, pi semplicemente, chiesto la restituzione (o il controvalore attuale) del legname, da lui acquistato in previsione di dovere eseguire lavori per conto dell'Amministrazione militare, e temporaneamente affidato all'amministrazione stessa. Giusta il ricorrente, la causa petendi > andava identificata nell'affidamento del legname all'Amministrazione militare, mentre il pe resto, afferma il.a sentenza in esame, con richiamo anche ad una decisione del Consiglio di Stato, inte(l'venuta nella controva-sia, e che aveva appunto ritenuto sussistere, nella specie, la giurisdizione dell'A.G.0.). Circa 1a concorrenza e fa discriminazione delle due tutele giurisdizionali previste dal d. 1. 11. 674/1948 (art. 8) contro le deliberazioni del Commissariato per la liquidazione dei contratti di guerra, da ricorda(l'e come -conformemente ai !l(l'incipi gene~ali in materia -sia ammissibile il ricorso al Consiglio di Stato per la tutela degli interessi legittimi (e tale rimedio da considera(l'si in materia quella normale, atteso il largo ambito di discrezionalit attribuito al Commissario, essendo invece eccezionale e limitata la proponibilit di una azione avanti l'A.G.0.) e l'azione giudiziaria innanzi l'A.G.O. per la tutela dei diritti subbiettivi, nel caso in cui il Commissario, nel regolamento del rapporto, si sia riferito alle norme contrattuali di diritto comune o di legge speciale (senza avvalersi di facolt disC1rezionali), o di richiesta di condanna dell'Ammini,strazione a corrispondere l'indennizzo liquidato dal Commissario e che sia dovuto in dipendenza del provvedimento commissariale, senza che si impugni il provvedimento medesimo nel suo aspetto disocezionaile (cfr., in tal senso, Cass., Sez. Un., 4 luglio 1962, n. 1712, Giust. civ., 1963, I, 1179; 24 luglio 1964, n. 2031, ivi, 1965, I, 101, ed in queista Rassegna, 1964, I, 1038). il:: poi pacifico (cfr. Cass., Sez. Un., 18 ottobre 1966, n. 2500, in que,sta Rassegna, 1967, I, 77 ed in Giust. civ., Mass., 1966, 1434), che ogni domanda improponibile, se non preceduta dalla denuncia del contratto di guerra al Commissario per '1a liquidazione dei contratti stessi. Nel caso di specie -in cui il Commissario aveva respinto la domanda dell'Impresa, ritenendo che li.a perdita di legname fosse da attribuire ad evento bellico, senza che vi fosse stato da parte di quell'Organo alcun esercizio di quegli ampi pote(l'i discrezionali concessi dal cit. d.1. n. 674/1948, con '1a conseguente degrazione dei diritti soggettivi pdvati al rango di interessi legittimi, e senza che vi fosse stata liquidazione di indennit a carico dell'Ammintstrazione -la controversia verteva in tema di diritti subbiettivi e permaneva la competenza giurisdizionale dell'A.G.0. a conoscere della p!retesa avanzata dall'attore. b) Trattandosi di contratto di guerra., la competenza territoriale attribuita -giusta l'airt. 8 del d. 1. n. 674/1948 -in via esclusiva al Tribunale di Roma. 394 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO titum consisteva nella richiesta di restituzione o nel pagamento del valore e nel risarcimento dei danni. Su questa premessa, secondo il ricorrente, l'azione proposta doveva qualificarsi un'azione reale; secondo il P. M. requirente si tratterebbe, invece, di un'azione di restituzione personale, diretta a) a far cessare il possesso del legname da parte dell'Amministrazione convenuta; e, non essendo questa pi in grado di restituirlo, b) ad ottenere il pagamento del controvalore del legname; e) ad ottenere la condanna dell'Amministrazione al risarcimento dei danni. Sia il ricorrente che il P. M. ne traggono la conseguenza che, essendo l'azione esperita soggetta alle ordinarie regole di competenza, su di essa non incide la disciplina dei contratti di guerra, di cui al d.l. n. 674 del 1948; donde la competenza territoriale del Tribunale La legittimazione passiva a tali domande compete all'Amministrazione del Tesoro, con esclusione dell'Amministrazione originari titolare del rapporto contrattuale (Trib. Roma, 8 marzo 1955; Trib. Roma, 31 dicembre 1959, citate in Relaz. Avv. Stato 1956-1960, vol. III, 119). e) Cill"ca il concetto di contratto di guerra~. la senten~a in rassegna richiama e conferma la precedente giurisprudenza, sul punto, del S. C. (cfr., in particolare, Cass., 29 maggio 1962, n. 1293, in questa Rassegna, 1962, 137; cfr. anche, per riferimenti, Cass., 19 gennaio 1954, n. 89, Giust, civ., 1954, 58), con richiamo al disposto dell'art. 4 del cit. d. 1. n. 674/1948. In virt dell'ampia e speciale definizione contenuta in fale articolo, sono considerati contratti di guerra non solo i contratti stipulati ed approvati ed i contll"atti stipulati (pur se non approvati). ma .anche gli impegni sommari, .J.e ordinazioni, i provvedimenti di autorit e simili, comunque attinenti alle forniture, opere, lavori e prestazioni preordinate alla preparazione ed alla condotta d,ella guerra, ferme restando le diisposizioni di legg.e sulle requisizioni. Rimangono, quindi, escluse daMa competenza del Commissairiato per la liquidazione dei contratti di guerra e dall'ambito di applicazione delle norme di cui al detto d. 1. n. 674/1948 le requisizioni (delle quali elemento tipico -come noto -l'apprensione del bene privato, con il passaggio di esso, :Ln propriet od :Ln uso, alla P. A., J..a quale ne acquista il.a disponibilit e ne usa a suo piacimento in relazione alle pubbliche finalit perseguite) ,e ci in quanto le questioni concernenti i relativi rapporti erano riservate ai Comitati giurisdizionali per le requisizioni di cui al r. d. 18 agosto 1940, n. 1741 (ora soppressi, in virt della 1. 11 aprile 1957, n. 246, che ha devoluto le relative controversie all'A.G.0. ed al Consiglio di Stato). Il Commissariato per la liquidazione dei contratti di guerra eccezionalmente competente a conoscere dei rapporti discendenti da requisizioni, limitatamente a quelle facenti carico ai bilanci dei cessati Governi delle colonie, in vill"t della 1. 29 aprile 1953, n. 430 (ar.t. 2). In contrapposizione alla requisizione, si riconducono, quindi, al concetto di contratto di guerra tutte le pi svariate situazioni, caratterizzate, da un lato, dalla esistenza di uno .specifico rapporto giuridico, intercorrente tra l'Amministrazione Mili.tare ed il privato, e scaturente, non solo da contratto regolarmente approvato, bensl anche da provvedimento autori PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE" , 395 di Catania, foro erariale nel cui distretto si trova il luogo dove il danno si verificato. Osserva in contrario il S. C. che due ragioni si contrappongono alla tesi del ricorrente ed a quella del P. M. requirente: 1) iJ concetto ampio di contratto di guerra, ai fini dell'art. 4 d.1. n. 674 del 1948; 2) l'ammissione, fatta dallo stesso Cavalier.e, odierno ricorrente, che il materiale fu custodito in un magazzino a doppia chiave, di cui una conservata da esso Cavaliere e l'altra dal rappresentante dell'Amministrazione. In relazione all'ampiezza del concetto di contratto di guerora, basta riferirsi alla sentenza di questa Corte Suprema a Sezioni Unite del 29 maggio 1962, n. 1293, nella quale stato ribadito che l'art. 4 del d. 1. 25 marzo 1948, n. 764 definisce contratti di guerra non solo i contratti stipulati ed approvati o soltanto stipulati, ma anche gli impegni sommari, le ordinazioni, i provvedimenti di autorit e simili, comunque attinenti alle forniture, opere, lavori e prestazioni, preordinati alla preparazione e alla condotta della guerra, ferme restando le disposizioni delle leggi sulle requisizioni. In tale disposizione generica ed esemplificativa rientrano le varie situazioni, nelle quali, per ragioni belliche contingenti, sono instaurati rapporti giuridici fra l'Amministrazione militare ed il privato per la prestazione di opere, lavori, beni o servizi, comunque attinenti alla preparazione e condotta della guerra. tativo della stessa Amministrazione, e, d'altro lato, con riferimento all'oggetto di tale rapporto, dall'insorgenza di un obbligo del privato di prestare opere, lavori, beni o servizi, comunque ricollegantisi alla preparazione e condotta delle operaziodi di guerra. Caratter~stica comune di tutti i rapporti del genere la ilimitazione dell'autonomia della parte pTivata, in roe1azione alla J)T'eminenza che in essi assume l'Amministrazione militare, per quanto attiene alla richiesta, esecuzione e retribuzione delle proestazioni: pre:mirnenza giustificata da11a importanza dell'interesse pubblico tutelato e dallo stato di necessit ine rente alla guerra (Cass., n. 1293/1962 citata). Da ultimo, da ricordare che, ai sensi dell'art. 1 del cit. d. l. n. 674/ 1948, la competenza del Commissariato e l'applicazione delle norme di cui al medesimo d. 1. sono limitati ai e controatti di guerra non ancora defin~ti,. aliJ.a data di entrata in vigore del detto d. 1.: e definiti ,. devono inten dersi -secondo Cass., Sez. Un., 18 ottobre 1966, n. 2500, sopra citata (nello stesso senso, cfr. Cass., 12 marzo 1955, n. 741, Giust. civ., Mass., 1955, 252, e Cass., 19 gennaio 1954, n. 89 c-it.) -quei contratti per i quali non siano pi profilabili contestazioni di sorta alcuna, riguardo ad una qualunque delle prestazioni corrispettive: il che si verifica o per effetto del gi av venuto, integrale ed incontestato adempimento, ovvero per effetto di giu dicato o di accordo debitamente approvato, con il quale siasi definita ogni divergenza e contestazione. G. MANDO' 396 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO 'S'l'ATO In relazione poi alla considerazione sub 2), va messo in rilievo che la non contestata circostanza della duplice chiave del magazzino, una delle quali in possesso del Cavaliere e l'altra in possesso del rappresentante dell'Amministrazione militare (il quale doveva vigilare a che il legname non venisse utilizzato per scopi estranei all'appalto), toglie ogni fondamento al presupposto dell'azione reale (secondo il ricorrente) o dell'azione personale di restituzione (secondo -il P. M. requirente). Esattamente, pertanto, l'impugnata sentenza ha ritenuto che bene era stato adito dal Cavaliere il Commissariato per la liquidazione dei contratti di guerra, dipendendo l'acquisto del legname in questione e la particolare situazione, creata mediante il deposito di tale materiale in un magazzino chiuso, con distinte chiavi detenute dai due contraenti, dal contratto di appalto stipulato add 8 ottobre 1941. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 2 maggio 1967, n. 814 -Pres. Stella Richter -Est. Saya -P. M. Gentile (conf.). Venturi (avv. Gravone e Morvillo) c. Amministrazione Finanze (avv. Stato Foligno). Responsabilit dvile -Responsabilit della Pubblica Amministrazione -Necessit dell'accertamento della colpa -Lesione di diritto derivante da atto amministrativo illegittimo ovvero da un mero comportamento della P. A. -Differenze. (C. C., art. 2043). Profitti di regime -Avocazione profitti di regime -Sequestro conservativo di mobili ed immobili -Responsabilit della P. A. per ritardata revoca del sequestro dopo l'annullamento dell'accertamento tributario -Insussistenza. (d. lg. lgt. 27 luglio 1944, n. 139, artt. 26 e 35; c. p. c., art. 683). L'iHiceitd di una condotta, quale fonte generatrice di un danno risarcibile, esige non solo un rapporto di causalitd materiale, ma anche l'imputabilitd psicologica al soggetto della condotta stessa. Tale principio fondamentale applicabile anche nei confronti della Pubblica Amministrazione, rispetto alla quale deve, perci, essere accertata la concreta ed effettiva sussistenza dell'elemento psicologico, salvo il caso della lesione di un diritto soggettivo, derivante da un atto amministrativo dichiarato illegittimo (nel qual caso spetta al danneggiato il PARTE I, SEZ, III, GIURISPRUDENZA CIVILE a9'Z risarcimento del danno indipendentemente dalla ricerca della colpa o del dolo dell'Amministrazione) (1). Non sussiste la responsabilit deWAmministrazione delle Finanze per i danni affermativamente derivanti dalla ritardata revoca del sequestro sui beni mobili ed immobili, disposto -in tema di avocazione dei profitti di regime -ex artt. 26 e 35 d. lg. lgt. 27 luglio 1944, n. 159, e mantenuto pur dopo l'intervenuto annuUamento dell'accertamento del credito tributario garantito, in mancanza di ricorso del sequestrato, volto ad ottenere la declaratoria d'inefficacia del provvedimento cautelare (2). (Omissis). ~Con il primo mezzo i ricorrenti, denunciano la violazione degli artt. 384 e 394 c. p. c., nonch dell'art. 2043 c. c., deducono che erroneamente il giudice di rinvio ha ritenuto che il suo compito fosse quello di esaminare se il mantenimento del sequestro, successivamente alla pronuncia della commissione provinciale (12 marzo 1951), dovesse ascriversi a colpa dell'amministrazione finanziaria, mentre nella (1-2) In tema della responsabilit della P. A. La sentenza in rassegna enuncia tre importanti principi: A) con il primo, si ribadisce che la :responsabilit pe:r i danni de:rivanti da un comportamento materiale del1a P. A. -confarmemente al principio generale di cui bli-. anunin~straziiQne, ritpetto al quale ripr~" ie Vii~ore il J>rinepi ~n,da~e~'btle, 'on la eQfl'seguente necessit ; il<:ice~t:are., al :fine c;,li u~. ~ronuneia al ll'isareimento del danno, il dolo .a. la colpa .dila pubblica &niJJ:tinistra~ione. In t.ali sensi ba chiaramente statuito la sentenza di questa Corte, li&pDn:~ndo che l'indagine ,,del gi.'l;liC\ike ii rin.vio loveva essere condotta Jdn 1''*~ :ai nor~al~ citi.i ' in .ma:fi'ri~ ;Q:i azioni per risarcimento ~~-Q1 la i:Piwli>bii~a. .am*lliniatwi'!l>~e '*;. '1iech~ 1t'.lsllllta evidente che la orte Jlr6rt:i.Jl).a, .. po11enc!losi come .:pi;-01'lenia fondamentale la ricerca Qu~o poi al r.t~iaDilC> all'art. 4 della 1~gie abolitrice . del contenzi~ ep a,.~~$1Q;~Yo,.~~. (lotgina.. J:?..~.Al.~.~~e~~~~~~ ;l)<:Jsto in luce qome ..~... t~e ~a', di ~~t'e 'E!'sCl~~~~t~ ~edwale, non pu ~;it;w ''~~~~.ua,.~ili\ .i~flva.ti~a:~.dt;t~.{jgaiiva .$1 .. . ipio generale di c'.Uii ~~art. 2043 c. q,,. tal~h 1'!\ tl(,;J;tl~~bllit ~e~;,J1qlp~ ,della ?4 .lM~r fitto illegittimP (cfr., per tutti, .A.Lsss1, op. i;t., 39 ed ivi richiami;. Gu1cc1ARD1, f:il., 3~~). ' 1 . ,. . I ,,'{))Altre v()lte (come ne:Ua eenten~a. in r~.~a; c:f.r. anche .A.LEssx, Qp. .it:, 3~) ,l'h'itilev~ deUtip:q:agipe...~a:fq.:l~a .'lil~Uf,ip()te$1 in. esame faitt9: ~scebd~e ciana constaap;o:ne e'.be l'atto arn:gll'.tltstrativo ~ato nel:l'e-~zto. di w po:fleFe ..~~ha in~nis,camente il f}arf;lttere della volont~~~. si~cll.. autmaticf:\'rn~t.. oonsegW.rebbe. all'aec~tamento delta sua 'illgitt.i~ e. vqloo..t~a emanm:io:Q;e Q;l;te.Uo d'Ua inlP~tal>Wt psicbica del fatt} ~~n~9$Q alla. :f. A. . . Posto eb.e la .CQ];pa (in senso amiplo) puc} assumere l fc:mna della volont~~ t. G0, .dolci) o de'la: eotpa Jn ~anso str~ttp1,, l'el-e.i.ento. P$l;el;co ~ell'ilJ.ec~ tq om~~.. ~a:f\A. iJJ. q~~n~.di.atto ~~tli$trativo illegittimo .n(ISO -sernl?lila f.<>ndamental- . mente inaccettabile, po.i.ch, attraveil."$0 la confusione concettuale .tra volontariet del comportamento dell'agente e volont dell'evento dal11Iloso in cui consiste la lesione del diritto (v.ol<>nt dell'evento dannoso, in oui si concreta per !'.appunto il dolo, elemento del fatto iUecito: cfr., p.er tutti, ' 6 402 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO della colpa da parte della pubblica amministrazione nel mantenimento del sequestro oltre la pronuncia suindicata della commissione provinciale di Bologna, si rigorosamente attenuta al compito che la Corte di Cassazione le aveva demandato. Con il secondo, terzo e quarto mezzo, che vanno congiuntamente esaminati perch sostanzialmente relativi ad una medesima censura, i ricorrenti, denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 1173, 12.27, 2043 e 2056 c. c. e qegli artt. 65, 68, 394 c. p. c., nonch omessa e insufficiente motivazione, lamentano che il giudice di rinvio abbia escluso che vi fosse un danno risarcibile, in quanto esso non era ricollegabile a un comportamento doloso o colposo dell'Amministrazione Finanziaria. Anche tale censura non fondata. Il giudice di rinvio fond essenzialmente la sua pronuncia sul rart. 683 c. p. c., che, dopo avere previsto le varie cause di inefficacia del sequestro, tra le quali la pronuncia passata in giudicato, con cui DE CUPIS, n danno, 1966, 117), viene a ;riconoscere la responsabilit della P. A. pur quando il comportamento sia in ef:futti posto in essere senza dolo n colpa (p. es. per errore scusabHe o per colpa attribuibile allo stesso interessato}, nel qual caso la fattispecie dell'art. 2043 non pu dirsi certo realizzata (CASETTA, L'illecito degli enti pubblici, 'l'orino 1953, 143 segg.: SANDULLI, op. loc. citt.). c) Altre volte, invece (cos, ad es., Cass., n. 1329/1959, cit.), la iririlevanza della ricecrca della colpa, in ipotesi di danno derivante da atto illegittimo, sembra fondata sul rilievo che tale illegittimit, nella sua triplice forma, di incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge, si profila .sempre come una deviazione dalla norma giuridica: sicch, a quanto sembra, la prova della esiistenza de11.a colpa (in senso stretto) ai fini dello art. 2043 c. c. deriverebbe automaticamente dal riscontro della inosservanza delle " norme di azione " (per tale tecrminologia, cfr. GuxcCIARDI, op. cit., 33). A quanto pM'e di comprendecre, a fondamento della respOtnSabilit della P. A. viene posta una colpa per inosservanza di leggi (cio, nella specie, delle cd. norme di azione): senonch, a tale conclusione pu opporsi che non ogni violazione di norma giuridica integra la cd. colpa per inosservanza di legge, bens solo la violazione di norme precauzionali dirette a prevenire eventi dannosi pea: i terrzi: tanto che la responsabilit non si estende a qualsiasi evento, che sia derivato dalla violazione della norma, bens solo a quelli che la norma intesa ad evitare (ANToLISEI, La colpa pe1 inosservanza di leggi, Giust. pen. 1948, II, 1 ss.; TRIMARCHI, Causalit e danno,. 1966, 161, in particolare, nota 5). Se cos , erroneo ravvisare in re ipsa la colpa della P. A. nell'accertata inosservanza di una noirma di azione, se questa -com' indiscutibile (GuxccIARDI, op. loc. citt.) - posta non gi a tutela dei diritti soggettivi individuali e per preveni!rne l1a lesione, bens ad esclusiva garanzia dell'interesse pubblico, per realizzare il quale essa si rivolge esclusivamente alla P. A. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 403 dichiarato inesistente il diritto a cautela del quale la misura stata concessa, dispone, all'ultimo comma, che il giudice su ricor~.<;L..del sequestrato, dichiara con decreto l'inefficacia del sequestro ; e da tale norma trasse la deduzione che, ricorrendo al Presidente del Tribunale immediatamente dopo la pronuncia della commissione provinciale, come erano legittimati a fare, i Venturi avrebbero ben potuto impedire il verificarsi di quel danno, del quale chiedevano il risarcimento all'amministrazione finanziaria, sicch in definitiva, essi dovevano imputare alla loro negligenza e non gi a colpa dell'amministrazione stessa, le lamentate conseguenze dannose per il ritardo nella revoca del sequestro. Al riguardo anzitutto da osservare e come siano rilevanti le critiche mosse dai ricorrenti sull'applicabilit del citato art. 683 c. p. c. al procedimento per avocazione dei profitti del regime, in quanto, in subiecta materia, esiste una specifica disposizione, perfettamente analoga, dall'angolo visuale che qui interessa, e precisamente quella dell'art. 42, 1 comma, d. lg. lgt. 27 luglio 1944, n. 159 secondo cui, su Deve, quindi, concludeit"si che anche nell'ipotesi di danni derivanti da atti illegittimi (ma tale espressione, come .si detto, impropria) non superflua l'indagine volta ad accertare -allo stesso modo e con gli stessi limiti che nel caso, in cui la lesione derivi da un'attivit materiale della P. A. -l'esistenza di colpa (in senso lato) nel comportamento del funzionario da cui derivi la lamentata lesione del diritto subbiettivo: con la conseguenza che -ove tale prova difetti, anche perch l'accertamento del detto nesso psicologico sia precluso, in quanto implichi un inammissibile sindacato sull'esercizio di un poteil'e discrezionaJe -dovr negarsi la reSI> Onsabilit della P. A. per i danni subiti da terzi. * * * C) Il princ1p10 enunciato nella seconda massima della sentenza in rassegna appare esatto: per pervenire aJ1a affermazione di irresponsabilit dell'Amministrazione convenuta, il S. C. ha ritenuto, nella specie, appli cabile il disposto dell'art. 42 del d. lg. lgt. 26 marzo 1946, n. 134 (nella sen tenza, peraltro, si fa riferimento all'art. 42 del d. lg. lgt. 27 luglio 1944, n. 159, ma trattasi evidentemente di un errore materiale), che prevede la possibi lit di revoca del sequestro, ad istanza del sequestrato, per il verificarsi di fatti sopravvenuti. Nel caso di specie -nel quale l'accertamento per profitti avocabili era stato annul1ato dalla speciale sezione della Commissione provinciale delle imposte -pu apparire pi pertinente, in Unea teorica, il richiamo al disposto dell'art. 32, 70 comma, del cit. d. lg. lgt. n. 134/1946, che prevede che il sequestro sia efficace sino a quando non sia dichiarato nullo J.'accer tamento, sanzionandone, quindi e per converso, l'inefficacia quando l'ac certamento stesso sia stato definitivamente annullato. Trattasi, quindi, pi che di revoca del sequestro, di dichiarazione di inefficacia del sequestro, del tutto analoga a quella prevista, in linea gene rale, dell'art. 683 c. p. c., proprio anche per la ipotesi in cui il diritto ' 404 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO istanza del sequestrato e in contraddittorio... , il Presidente del Tribunale pu disporre per fatti sopravvenuti la revoca... del sequestro . Essendo regolata la legittimazione a chiedere la revoca del sequestro dalla norma ora citata alla stessa stregua di quanto dispone in proposito il ricordato art. 683 c. p. c., l'inesattezza, cui incorsa l'impugnata sentenza, si risolve in una mera imprecisione di indicazione della fonte legislativa, la quale risulta del tutto irrilevante in quanto rimane fermo il principio assunto del giudice di rinvio a base del suo ragionamento. Ci chiarito, rileva il Supremo Collegio che, com' giurisprudenza costante, gli apprezzamenti del giudice di merito sulla sussistenza della colpa di un soggetto nella produzione di un evento dannoso si risolvono in un giudizio di fatto che, se immune da errori giuridici e da vizi logici, si sottrae al sindacato in sede di legittimit (cfr. Cass., 30 dicembre 1965, n. 2482; 19 maggio 1965, n. 978). Nella specie la motivazione dell'impugnata sentenza si appalesa logicamente e giuridicamente corretta, in quanto fondata sull'esatto principio giuridico suindicato e cautelato sia stato dichiarato insUJSsistente con sentenza passata in giudicato. Agli effetti pratici, peraltro, tale diversit di impostazione non rileva, attesoch l'art. 683, ultimo comma, c. p. c., prev-ede, appunto, che la declaratoria di inefficacta (che, nono~-tante il suo carattere dichiarativo, , peraltro, necessaria, oltre che per la eliminazione degli effetti della misura cautelare, per far sorgere nel custode l'obbligo di rimettere le cose in pristino stato: efr. Cass., 9 novembre 1955, n. 3690, Gittst. civ., 1955, I, 1561) sia emessa su istanza del sequestrato, la quale assurge, quindi, a ondizione necessaria per la relativa pronuncia, non d.iv-ersamente da quanto prevede l'art. 42 del d. lg. lgt. n. 134/1946 citato dalla Cassazione (del resto, in conformit a quanto prevede l'art. 684 c. p. c. in tema di revoca dei!. sequestro). Quanto poi alla rHevanza di tale istanza, ai fini della esclusione della responsabilit dell'Amministrazione sequestrante, evidente come non possa dubitarsi dell'esattezza della conclusione cui pervenuta il S. C., a convalida della sentenza della Corte d'Appello di Firenze: non pu essere dubbio, invero, che, stante la necessit di tale istanza, il sequestrato ha l'onere di rendersi parte dil.igente per provocare la relativa pronuncia e, ove non vi proceda, non pu, dipoi, imputare all'Amministrazione il preteso pregiudizio, che si ricollega alla sua negligenza. La decisione del S. C., sul punto, presenta una particolare importanza, che va al di l della ipotesi contemplata in sentenza, essendo evidente mente applicabili gli stessi principi anche nella ipotesi pi generale di sequestro sui mobili del debitore, concesso dal Presidente del Tribunale su istanza dello Intendente, in base al disposto dell'art. 26, 1. 7 gennaio 1929, n. 4: anche in .tal caso, quindi, in applicazione del principio gene rale di cui al cit. art. 683, u. c., c. p. c., nessuna responsabilit potr attri buirsi all'Amministrazione delle Finanze per il mancato, tempestivo disse questro, ove il sequestrato non provveda alla presentazione della neces saria istanza per la declaratoria di inefficacia del sequestro stesso, a se guito del giudicato sulla insussistenza del credito erariale cautelato. G. MANDO' PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE JQ5 pertanto resiste alle critiche mosse dai ricorrenti, le quali risultano prive di consistenza. In particolare si pu osservare che non fondata quella contenuta nel terzo mezzo con cui si ripete esattamente la cen sura del primo mezzo e ci per le medesime ragioni in precedenza esposte; non pertinente quella (contenuta nel quarto mezzo), secondo cui il giudice di rinvio avrebbe erroneamente ritenuto che la responsabilit dell'amministrazione doveva essere esclusa anche perch i beni erano detenuti non da essa, bensl dal custode nominato dall'autorit giudiziaria, trattandosi di un rilievo solo ad abundantiam contenuto nell'impugnata sentenza, la quale sorretta nella sua ratio decidendi unicamente dall'accertamento che il fatto dannoso era imputabile a colpa dei Venturi; non del pari pertinente, infine, l'altra critica (vedasi il secondo mezzo) con cui si deduce che erroneamente il giudice di rinvio avrebbe preso in considerazione come data iniziale del periodo di tempo da esaminare ai fini della responsabilit della pubblica amministrazione, non quella fissata dalla sentenza di rinvio relativa alla pronuncia della decisione della commissione provinciale delle imposte (12 marzo 1951), bensi l'altra del passaggio in giudicato di tale decisione; evidente infatti come la diversit di data non ha comunque influito sulla decisione, la quale, in base alla valutazione effettuata dal giudice di rinvio sull'imputabilit psichica dell'evento esclusivamente ai Venturi, avrebbe in ogni caso portato al rigetto della domanda. Per le suesposte considerazioni il ricorso deve essere rigettato. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 maggio 1967, n. 1097 -Pres. Rossano -Est. D'Armiento -P. M. Toro (conf.) -Rancilio (avv. Nicol) c. Ministeri Interno, Difesa-Esercito e Finanze (avv. Stato Coronas). Competenza e giurisdizione -Pronuncia della Corte di Cassazione sulla giurisdizione -Successivo giudizio innanzi al Giudice dichiarato competente -Preclusione della questione di legittimazione ad agire o a contra~dire -Non sussiste. (c. p. c., artt. 324, .382, comma primo). Cosa giudicata -Giudicato esterno -Eccepibilit pe:t" la prima volta in Cassazione -Esclusione. (c. c., art. 2909). Sentenza -Motivazione -Valutazione delle prove -Potere discrezionale del Giudice di merito -Sussiste -Limite -Obbligo del Giudice di merito d'indicare le ragioni del proprio convincimento -Sus,siste. (c. p. c., artt. 116, 132, n. 4; disp. att. c. p. c., art. 118). 406 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Sentenza -Motivazione -Obbligo del Giudice di merito di specifico richiamo delle singole risultanze istruttorie -Esclusione.. La pronuncia suita giurisdizione, emessa nei confronti di alcune parti senza toccare iZ merito del rapporto processuale ed i soggetti, non preclude nel successivo giudizio davanti al giudice dichiarato competente che si faccia questione di legittimazione ad agire o a contraddire di qualcuno dei soggetti, che pure sia stato presente nel giudizio sulla giurisdizione (1), n giudicato formatosi in altri giudizi d luogo ad una eccezione che deve essere proposta, nei modi di rito, in sede di merito, e non pu essere sollevata per la prima volta in sede di legittimit (2). L'interpretazione detia prova in senso difforme e soltanto diverso da quello sostenuto daUa parte non pu formare '!ggetto di ricorso per cassazione, trovando il potere discrezionale del giudice di merito nella valutazione delle prove il solo limite dell'obbligo di indicare le ragioni del proprio convincimento (3). n giudice di merito non ha l'obbligo di richiamarsi in sentenza, specificamente, alle singole risultanze istruttorie, essendo sufficiente, perch possa ritenersi assolto l'obbligo della motivazione, che egli dimostri di averle tenute presente nella decisione (4). (1) Sul carattere formale del giudicato sulla giurisdizione v. nota 1 a Cass., Sez. Un., 20 gennaio 1964, n. 128, in questa Rassegna, 1964, I, 698 s., nonch nota 1 a Cass., Sez. Un.. 18 giugno 1965, n. 1256, id., 1965, I, 665. (2) Sulla limitazione al giudicato interno della rilevabilit d'ufficio della questione, v. Cass., 10 maggio 1965, n. 873, in questa Rassegna, 1965, I, 557 ed ivi nota 1 di riferimenti di giurisprudenza e dottrina; v. anche, sul contrapposto fra giudicato interno e giudtcato esterno, Cass., Sez. Un., 30 maggio 1966, n. 1419, id., 1966, I, 1002, ed ivi nota di ulterioore riferimenti. (3) Cfr. Cass., 6 luglio 1966, n. 1766, Giust. civ., Mass, 1966, 1007, sub 2 ed ivi riferimenti. (4) Cfr. Cass., 11 marzo 1966, n. 704, Giust. civ., Mass., 1966, 399, sub 1 ed ivi riferimenti. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 24 maggio 1967, n. 1141 -Pres. Cannizzaro -Est. Dini -P. M. Raja (conf.) -Carriero (avv. Delli Clli, Rotunno) c. Ente di sviluppo in Puglia, Lucania e Molise (avv. Stato Foligno). Ingiunzione -Procedimento giurisdizionale d'ingiunzione -Condizioni di ammissibilit. (c. p. c., artt. 633 e segg.). PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 407 Sentenza -Motivazione -Mancata valutazione di un documento -Sus sunzione nella nozione di vizio di omessa valutazione di un. punto decisivo della controversia -Presupposto. (c. p. c., art. 360, n. 5). Il decreto ingiuntivo postula un credito liquido ed esigibile, nonch una prova scritta da cui non pu prescindersi, data l'eccezionalit dell'istituto, che consente l'emanazione di un provvedimento giurisdizionale senza la garanzia del contraddittorio (1). La mancata valutazione di un documento pu dar luogo all'annullamento della sentenza impugnata sotto iZ profilo dell'omessa motivazione su di un punto decisivo della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile d'ufficio, solo quando il documento stesso fornisca la prova di un fatto, che, se esaminato, avrebbe potuto indurre ad una decisione diversa da quella adottata (2). (1) Sulla liquidit del credito, v. Cass., 8 gennaio 1966, n. 175, Giur. it., Mass., 1966, 70. (2) Cfr. Cass., 5 novembre 1966, n. 2727, in questa Rassegna, 1966, I, 1281, sub 3, ed ivi riferimenti; 17 ottobre 1966, n. 2478, Giur. it., Mass., 1966, 1101. SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA COSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 8 marzo 1967, n. 69 -Pres. De Marco -Est. Gasparrini -Soc. Siculo-toscana immobiliare (avv. Guarino G. e Ciotola) c. Ministero Difesa (avv. Stato Lancia). Giustizia amministrativa -Esecuzione di ~iudicato -Fattispecie in materie di derequisizione di immobili -Inottemperanza -Non sussiste. Requisizione -Cessazione per causa di forza ma~giore -Obbligo di riconsegna dell'immobile -Sussistenza. Nel caso che, accogliendo il ricorso giurisdizionale avverso un provvedimento con il quale l'Amministrazione abbia sostanzialmente eluso una istanza di derequisizione di immobile, il giudice amministrativo si sia limitato ad affermare l'obbligo della p. a. di provvedere sull'istanza (indipendentemente dall'accoglimento o della reiezione della medesima), non sussiste violazione di giudicato per il fatto che l'Amministrazione abbia successivamente ritenuto di non poter procedere alla richiesta derequisizione per causa di forza maggiore, non considerandosi (a torto od a ragione) tenuta, per tale fatto, ad adottare alcun provvedimento per la riconsegna dell'immobile (1). La cessazione della requisizione di un immobile per causa di forza maggiore (nella specie, a seguito della situaziQne determinatasi nel Paese dopo l'8 settembre 1943) non esime l'Amministrazione dall'obbligo di riconsegnare l'immobile stesso al legittimo proprietario, previamente avvertendolo non appena le circostanze lo consentano (2). (1) La massima sembra da condividere. Per il problema dei limiti di congruenza tra il giudicato della cui esecuzione si discute ed il successivo comportamento della ip.a., cfr. Cons. Stato, Sez. IV, Rassegna, 1965, I, 349, con nota di ALIBRANDI, Giudizio di ottemperanza e motivazione della decisione. (2) Non risultano preicedenti in termini. P.\RTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA ~MMIN~STRAI!Y~ CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 8 marzo.1967, n. 73 -Pres. De Marco -Est. Risi -Licitri (avv. Zanchini) c. Istituto centrale di statistica (avv. Stato Casamassima). Impiego pubblico -Incompatbilit -Preventiva diffida -Necessit Insussistenza. Impiego pubblico -Sanzione disciplinare -Gravit -Insindacabilit in sede giurisdizionale. La situazione di incompatibilit, in cui si trovi il dipendente pubblico uno stato di fatto obiettivo, perseguibile come tale senza alcun particolare preavviso e senza necessit di diffida a cessare l'attivit non con8ientita (1). La censura di sproporzione tra gravit del comportamento e gravit della sanzione irrogata inammissibile in sede di ricorso giurisdiziQnale, poich inerisce all'aspetto discrezionale del provvedimento impugnato (2). (1) Non riSlultano recenti precedenti in termini. Per qualche rifeTimento cfr. G.P.A. Napoli, 6 giugno 1963, Temi Nap., 1963, I, 466, secondo la quale il provvedimento di decadenza dall'ufficio non sarebbe illegittimo "se adottato oltre i termini fissati nella preventiva diffida per rimuovere la causa di iiDCOmrpatibilit . La giurisprudenza meno recente, per altro, era orientata in senso difforme dalla decisione annotata: cosi Cons. Stato, Sez. VI, 3 luglio 1951, n. 305, Il Consiglio di Stato, 1951, 902, aveva dedso che nel caso in cui un ente pubbl:Lco riconosca l'esistenza di motivi di incompatibilit tra due impieghi non occorre alcuna spedale procedura per far cessare tale situazione, essendo sufficiente che l'ente diffidi l'impiegato dal continuare ad esercitare l'attivit ritenuta incompatibile con l'impiego, in maniera che questi sia in grado di optare per l'una o l'altra delle attivit esplicate . (2) Giurisprudenza costante. cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 21 ottobre 1966, n. 780, n Consiglio di Stato, 1966, I, 1836; Sez. V, 26 marzo 1965, n. 283, ivi, 1965, I, 485. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 8 marzo 1967, n. 74 -Pres. Polistina Est. Risi -Pacelli (avv. De Nunno e Caravitta) c. Ministero Grazia e Giustizia (avv. Stato Vitucci). Atti amministrativi -Atto collegiale -Composizione del Collegio Intervento di estranei -Illegittimit -Condizioni e limiti. illegittima la deliberazione di un organo collegiale nei casi in cui ai lavori abbiano preso parte persone estranee, che, pur senza avere RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STA'l'O 410 diritto a voto, siano intervenute nella discussione influendo sulla formazione della volont del collegio (1). (1) Giurisprudenza pacifica; dr. Cons. Stato, Sez. V, 19 dicembre 1964, n. 1780, Il Consiglio d Stato, 1964, I, 222'7; Cons. Stato, Sez. V, 11 aprile 1964, n. 131, i?)i, 1964, I, 828. Sul punto che la irregolarit di composizione di un organo collegiale si risolva in vizio del provvedimento deliberato, cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 26 gennaio 1966, n. 49, in questa Rassegna, 1966, I, 646. Per qualche riferimento v. pure Cons. Stato, Sez. V, 27 settembre 1960, n. 663, in Rel. Avv. Stato, 1956-60, III, n. 336, ,e Cons. Stato, Sez. IV, 26 febbraio 1964, n. 84, Il Consiglio di Stato, 1964, I, 258. Il dottrina cfr. GARGIULO, I collegi amministrativi, Napoli, 1962, 300. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 15 marzo 1967, n. 79 -Pres. De Marco -Est. Daniele -Gambarini (avv. Bernardini) c. Ministero partecipazioni statali (avv. Stato Peronaci), Ente autonomo Gestione Aziende termali e S.p.A. -Terme di Salsomaggiore (avv. Arnesi). Giustizia amministrativa -Esecuzione di giudicato -Amministrazione obbligata -Individuazione. Giustizia amministrativa -Esecuzione di giudicato -Fattispecie in tema di ricostruzione di carriera di un dipendente di Ente soggetto a controllo della p. a. -Inottemperanza -Sussistenza e conseguenze. L'obbligo di esecuzione del giudicato, a sensi dell'art. 27 n. 4 t. u. 26 giugno 1924, n. 1054, pu essere pronunciato soltanto nei confronti dell'Amministrazione che sia stata parte nel precedente giudizio e nei cui confronti faccia quindi stato la decisione in esso adottata (1). Nel caso che in sede di ricorso giurisdizionale una Amministrazione statale sia stata condannata a provvedere a tutti gli adempimenti inerenti alla restitutio in integrum di un dipendente di un Ente da essa controllato, sussiste violazione del giudicato allorch nessun (1) La massima, che costituisce puntuale applicazione del principio dei limiti soggettivi del giudicato amministrativo (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 11 giugno 1965, n. 10, Giust. ci-1J., 1965, II, 269) ha precedenti conformi: cfr. Cons. Stato, Sez. V, 18 giugno 1965, n. 568, Il Consiglio di Stato, 1965, I, 1183, 'secondo il quale non ammissibile il ricorso per esecuzione del giudicato a segito di una pronuncia giudiziaria che nei confronti della amministrazione res inter atios acta e, quindi, non costitutiva di alcun obbligo cui l'Amministrazione sterssa possa essere chiamata a conformarsi. PARTE I, SE:t. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 411 provvedimento sia stato al riguardo adottato daWAmministrazione stessa la quale si sia limitata ad affermare che all'esecuzione deLgiudicato doveva provvedere l'Ente di cui il ricorrente era dipendente (2). (2) Sul caso di specie non risultano precedenti. Circa il principio che l'inerzia dell'Amministrazione susseguente ad un giudicato costituisca presupposto per il ricorso ex airt. 27, n. 4, cfr. Cons. Stato, Sez. V, 13 novembre 1965, n. 1051, ivi, I, 1926; Cons. Stato, Sez. IV, 17 marzo 1965, n. 297, ivi, 1965, I, 434. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 15 marzo 1967, n. 81 -Pres. Polistina -Est. Gasparrini -Acquaroli ed altri (avv. Turco) c. Ministero LL.PP., Provveditorato 00.PP. per la Campania e Prefetto di Campobasso (avv. Stato Peronaci) e Comune di Isernia (avv. Internicola). Espropriazione per p. u. -Dichiarazione di p. u. e decreto di esproprio Vizi di legittimit -Rapporti reciproci. Espropriazione per p. u. -Opera gi eseguita -Procedimento di espropriazione successivo -Legittimit. Espropriazione per p. u. -Edifici scolastici -Opera gi eseguita -Procedimento di espropriazione successivo -Norme applicabili. Mentre l'annullamento della dichiarazione di pubblica utilit dete1 mina necessariamente l'illegittimit, per sopravvenuta mancanza del presupposto, dei successivi atti del procedimento espropriativo, i quali vanno a loro volta annullati, l'annullamento da parte del Prefetto del decreto di esproprio nessuna influenza pu avere sull'efficacia del provvedimento dichiarativo della pubblica utilit dell'opera. Pertanto, se l'Autorit che ha emesso la dichiarazione di pubblica utilit, accertatane la illegittimit, intende procedere al suo annullamento, non deve attendere che sia prima annullato dal Prefetto il decreto di esproprio anche se questo fosse, per avventura, a sua volta illegittimo per vizi propri (1). (1) Per l'affermazione del principio dell'autonomia dei due atti della serie procedimentale, cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 12 gennaio 1966, n. 1, in questa Rassegna, 1966, I, 637. Sui rapporti tra dichiarazione di p.u. il decreto di esproprio v. pure Cons. Stato, Sez. IV, 29 dicembre 1965, n. 1001, in questa Rassegna, 1966, I, 385. 412 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legittimo il procedimento espropriativo che, essendo instaurato allorch l'opera dichiarata di pubblica utilit sia stata gi eaeguita, tende a rendere conforme a diritto, con effetto ex nunc, uno stato di fatto illecito derivato dall'occupazione senza titolo di un immobile:: e ci anche quando il proprietario del bene occupato abbia iniziato giudizio civile per ottenere il risarcimento del danno (2). Allo stesso modo in cui consentito espropriare beni in base alla legge fondamentale sulle espropriazioni, anche se l'opera cui l'esproprio preordinato sia stata gi attuata, deve ritenersi lecito appiicare le speciali disposizioni delle leggi sull'edilizia scolastica allorch, all'atto delle espropriazioni, l'edificio scolastico risulti gi costruito (3). (2) Giurisprudenza costante. Cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 23 marzo 1956, n. 343, n Consiglio di Stato, 1956, I, 274; Cons. Stato, Sez. IV, 31 maggio 1957, n. 616, ivi, 1957, I, 660. (3) Non risultano precedenti in termini. SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 maggio 1966, n. 1291 -Pres. Rossano -Est. lit.ossi -P. M. De Marco (conf.). -Ginanneschi (avv. Profli) c. Ministe:no ,Finanze (avv. Stato Salto). Impostadi reatstro -Attin~-Restituzione d'imposta -Trasferimento di beni vbteoli/tti all'attuazione della riforma fondiaria -Nullit o.igblaria ed s.Q'~~t~ Aei sensi previsti dall'art. 14 della legge del :refti$tl!O .. Su,s$i$tllz~ - Necessit di una pronuncia giudiziale dichiarativa d~lla ntilllt~ -Esclusione. (r. d. 3o dicembre 1923, n. 3269, art. 14; 1. 21 ottobre 1950, n. 841, art. 20). La disposizione teU'aTt. 20 della i. 21 ottobre 1950, n. 841, secondo ia quale sono inefficaci di diritto, nelle precisate ipotesi, gli atti di disposizione di beni uincolti aU'attuaztone della riforma fondiaria, sancisce una vera e p'fopria nullit di tali atti, inidonei ab origine, per contrasto con norme impe!)'ative, a produrre qualsiasi effetto anche tra le parti. Conseguentemente, compete alle parti il rimborso dell'imposta di registro, ai sensi dell'mt. 14 n. 2 della legge organica, e non occorre, a tal fine, che la nu.llit sia dtchiarata con pronuncia giudiziale, poich la 'V. I controricorrenti e la sentenza impugnata fanno riferimento, invece, al principio affermato in numerose altre pronunce di questa Corte, secondo il quale e poich l'art. 88, secondo comma, lascia in vigore l'applicazione dei .privilegi tributari previsti dalle leggi anteriori a prima volta considerate, dal t. u. del 1933, in vi.sta delle pi ampie :fiJnalit perseguite dal nuovo legislatore. Invero, pur se ancora oggi sia possibile distinguere dalle altre, sulla base dell'elencazione contenuta nell'art. 2 del ripetuto testo unico, quelle opere che pi specificamente possano considerarsi riferibili alla bonifica idraulica ed alla sistemazione montana, dovrebbe tuttavia rilevarsi che anche tali opere non potrebbero pi valutarsi come tipiche, e tanto meno come direttamente idonee a realizzare un particolare fine di legge, ma soltanto come strumentali rispetto al pi generle fine di bonifica integrale ~. Conseguentemente, dovrebbe gi ritenevsi quanto meno perplessa l'ipotizzabile ratio della norma relativa al trattamento tributario, perch non si spiegherebbe come mai il legislatore, nello stesso momento in cui, in materia li bonifica, escludeva una graduazione di interessi pubblici nella realizmzione delle relative opere, tutte valutandole in una gienerale e pi ampia prospettiva, tanto da prevedere anche l'immediata ed automatica classificazione, come comprensori di bonifica integrale, dei precedenti comprensori di bonifica idraulica (art. 107 del t. u.) ed inoltre la compilazione del piano generale, appunto di bonifica integrale, anche per le bonifiche anteriormente iniziate (art. 111), avrebbe poi posto nuovamente una discriminazione, ai fini tributari, per attribuire il beneficio per una parte soltanto delle opere, e senza nemmeno indicare in base a quali criteri, neU'ambito del nuovo generale concetto di bonifica, si sarebbe dovuta valutare 1a preminenza, da :i!Iltendere cosi voluta. delle CO!l"rispondenti finalit. D'altra parte, poi, ed in mancanza degli accennati criteri (e special mente se si prescinda da quelli che sembravano potersi enucleare dalla distinta elencazione eontenuta neliJ.'art. 2 della nuova legge, ai quali, secondo l'orientamento della Co.rte Suprema, non potrebbe farsi .alcun utile ri chiamo), dovrebbe anche rilevarsi, ed appunto ll'ilevabile dalle varie ricor date sentenze, la difficolt di accertare, in concreto, quali :siano le opere presentanti quel particolare interesse, in vista del quale le agevolazioni tributarie sarebbero istate previste; difficolt che si accentua, naturalmente, .allorch si tratti di opere collaterali a quelle tipiche, e cio di opere, come pu dirsi per le strade, che potrebbero assolvere una funzione del tutto generale, e perci essere considerate soltanto nel quadro della bonifica integrale, pur se utili (ma non necessarie) anche ai fini di un risanamento idraulico di un dato comprensorio, ovvero, all'opposto, assolvere una funzione specifica per il detto risanamento, e soltanto genericamente giovare anche alle finalit pi ampie avute di mira dal nuovo legislatore. Per superare tale difficolt non pare sufficiente, del resto, nemmeno il ricoriso all'anteriore legislazione, suggerito dalla sentenza in nota, pokh, 420 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO favore dei consorzi nnch delle opere di bonifica idraulica e di sistemazione montana, per stabilire se l'atto sottoposto a registrazione goda o meno del privilegio fiscale necessario riportarsi alla legislazione anteriore, e particolarmente al t.u. 30 dicembre 1923, n. 3256, seguito alla legge 25 giugno 1882, n. 869, ed al t.u. 22 marzo 1900, n. 195, ed agli artt. 4 e 6 della 1. 24 djcembre 1928, n. 3134 (Cass. 8 ottobre 1958, ' n. 3156), e quando l'opera sia esplicitamente indicata dalle leggi anteriori al t.u. del 1933 quale opera tipica di bonifica idraulica, non per quanto illillanzi accennato, dovrebbe Sempre rilevarsi la mancanza di un attuale obiettivo dato di identificazione della coincidenza di singole opere con quelle ipotizzate dalle leggi, le cui disposizioni, relative ai benefici, dovrebbero applicarsi. Giova rcoTdare, in proposito, che 1e agevolazioni di cui si discute sono quel!le indicate nell'art. 66 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3256, (tassa fissa di registro ed ipotecaria per gli atti compiuti nell'interesse dei consorzi di bonificamento), che l'art. 33 dello stesso testo legislativo dichiarava anche applicabili ai concessionari di opere di p:rima categoria... ,, . E giova rilevare, dunque, che, a prescinde!l'.'e dal beneficio di indubbia natura soggettiva stabilito in favo!l.'e dei consorzi (cit. art. 66), l'identificazione delle opeiDe, per le quali sarebbe spettato il beneficio previ1sto dall'art. 33, era del tutto agevole, bastando accertare che :si fosse trattato di opere di prima categoria date in concessione, e cio che fosse intervenuto il decreto di concessione ai sensi dell'ad. 23 del ripetuto r. d. n. 3256 del 1923. Nel nuovo ordinamento della bonifica, invece, ugualmente previsto che le opere di competenza statale possono essere date i!D. conoessione (art. 13 t. u. del 1933), ma, come la Corte Suprema ha avuto occasione di riconoscere, l'ambito delle op&e di competenza dello Stato... non coincide con quello previsto dal r. d. n. 3256 del 1923, avendo le nuove norme sulla bonifica integrale un'estensione senza dubbio maggiore di quella stabilita dal precedente t. u. sulla bonificazione e pertanto, l'emanazione sotto il vigore del!la disciplina attuale, del decreto di concessione da parte del competente Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste non pu di per s costituire una dimostrazione sicura della natura di opere di bonifica idrau lica e di sistemazione montana nelle opere daie in concessione, potendo la Concessione stessa concernere o comP!l.'endere anche opere di diversa specie (Cass., 27 luglio 1965, n. 1791, cit.; e cfr. le osservazioni in nota a Cass., 27 gennaio 1964, n. 189, in questa Rassegna, 1964, I, 361). Si dovrebbe, quindi, ritenere "necessario, al fine dell'attribuzione o esclusione in concreto della qualificazione di opere di bonifica idraulica e di sistemazione montana, un esame specifico delle varie opere, con H corre lativo accertamento della lo!ro struttura e funzione, sulla base non solo dei contratti di appalto, ma anche dei decreti ministeriali di concessione> (cos in cit. Cass. n. 1791 del 1965); e la relativa indagine, in mancanza di dati di riferimento ad accertamenti gi compiuti ai fini dell'interesse pubblico considerabile iin tema di bonifica, dovrebbe essere espletata, in definitiva, dal giudice ordinario, per i soli tni tributari, e caso per caso, in relazione ai singoli atti per i quali sorga la controversia (cfr. Cass., 14 giugno 1966, n. 1541, Riv. leg. fisc., 1966, 1881). Senonch, e senza dire della difficolt di una tale indagine (poich ci soltanto costituirebbe un non risolutivo adducere inconveniens, pare do PARTE I, S'.!!:Z. V, GIURISPRUDEN~A TRIBUTA!M.. lecito negare il privilegio sulla base del semp~ice dubbio che, sebbene l'opera costituisca il mezzo tecnico indispensabile per la bolilica idraulica, come intesa dalla legislazione abrogata, tuttavia essa possa servire ed essere stata predisposta in vista di una finalit rientrante nel concetto pi ampio della bonifica integrale (Cass. 22 ottobre 1958, n. 3390), ed anzi " in relazione a determinate opere di costruzione e sistemazione di corsi d'acqua sufficiente accertare che si tratti di opere date in concessione ad un consorzio di bonifica, per stabilir.e la natura di opere di prima categoria, con la conseguente applicabilit, versi dubitare che il compierla rientri nei poteri del giudice ordinario, comportando essa. un giudizio, sulla coincidenza deJ.le opere in concreto da esaminare con quelle ipotizzate.dalla norma, che non potrebbe irendersi sulla base di soli criteri tec..11ico-giuridid, e dovrebbe invece presupporre una va1utaziane dell'interesse pubblico, che le .singole opere siano intese a soddisfare, e cio una valutazione discreziona.J.e che rimessa istituzionalmente aU'autorit amministrativa, cui la cura di quegli interessi demandata. Del resto, nel vigore dell'anteriore Jegislazione sulle bonifiche, fa norma tributaria di favore trovava corrisponden2'a, come si visto, pro:pl"io nella valutazione amministrativa da effettuarsi per la individuazione del particolare interesse pubblico, poich essa delimitava l'operativit del beneficio in connessione a ci che le oipere fossero 1state oggetto di concessione, e, quindi, la condizionava a che si fos1se trattato di opere di pirima categoria, che, inolitre, con l'approvazione del progetto di esecuzione (cfr. artt. 5, 9, 18 e 24 del d. L del 1923), fossero gi state, attraverso la valutazione teca:iicodiscrezionale dell'Amministrazione, riconosciute in concreto idonee a realizz are i vantaggi igienici od economid, di prevalente interesse sociale (art. 2, cit. d. l.), avuti di mira dal legislatore. N vairrebbe oi)poirre che, venuta meno la possibilit di rifer.ksi al provvedimento di concessione (e ci per la ragione :iJnnanzi rilevata, dell'essere ora le concessioni relative alle opere di bonifica integrale, ne1l loro complesso), non resteriebbe che ritenere rimesso al giudi.ce ordinairio, in caso di contestazione, ogni accertamento sulla qualificazione di determinate opere. Invero, e per quanto si accennato, non potrebbe non confermarsi, da una parte, il rilievo del difetto di giurisdizione del giudice ordinario a conoscere, sia pure incidentalmente, di maiteria riservata all'autorit amministrativa, rispetto all'azione della quale potrebbero soltanto configurarsi interessi dei singoli (privati proprietari dei terreni i.nclusi nei comprensori e sui quali le opere dovrebbero compiersi), tutelabili in coincidenza con la tutela deH'interesse pubblico; e. per altro verso, non potrebbe non considerarsi, e con un rilievo che andrebbe ritenuto decisivo, che l'accertamento qualitativo delle opere, che potesse ritenersi ammissibile, non sarebbe comunque sufficiente a giustificare, secondo il disposto del capoverso dell'ad. 88 del vigente t. u. del 1933, l'applicabilit dei benefici ivi pil'eviisti. Una tale insuffidenza risulta avvertita, del resto, sia nella sentenza n. 1791 del i965, che sottolinea la necessit di far riferimento, nell'esame volto all'identificazione delle ope'l'e agevolate, anche ai decreti di concessione, sia nella pronuncia qui annotata, nella quale, affermandosi J.'eisigenza di tener conto dei criteri precisati dalle leggi pirima vigenti " appunto perch l'art .88 del t. u. sulla bonifica integrale ha mantenuto in vigore i benefici J 422 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO agli atti predisposti per l'esecuzione, del privilegio fiscale oggettivo previsto dall'art. 88, secondo comma, del t.u. sulla bonifica integrale 13 febbraio 1933, n. 215, posto in relazione con gli artt. 24, 33 e'66 del r. d. n. 3256 del 1923 > (Cass. 27 gennaio 1964, n. 189), appunto perch e l'art. 88 del t.u. sulla bonifica inte.grale ha mantenuto in vigore i privilegi soggettivi ed oggettivi previsti dalle leggi anteriori (Cass. 25 ottobr.e 1965, n. 2231). Questo Collegio ritiene che non soltanto il principio affermato da queste ultime pronunce deve essere confermato, ma che con tale soggettivi ed oggettivi oPreviisti dalle leggi anteriori , sostanzialmente si lascia intendere che soltanto cosi potrebbe correttamente evitarsi una restrizione (ma anche, ovv:Lamoote, una dilatazione), dell'ambito di applicazione della norma di privilegio, la cqi sfera di azione dovrebbe essere, in definitiva, quella che sarebbe stata se non fossero intervenute le nuove disposizioni sulla bonifica integrale. Ma le precedenti leggi, come si accennato, non consideravano sufficiente che si fosse trattato di opere rientranti, comunque, tra quelle qualificabili di bonifica idraulica o di sistemazione montana, giacch, col richiedere che le opere stesse fossero state oggetto di concessione, cos esigevano anche che fosse intervenuto il riconoscimento della loro conm-eta necessit al fine, .nel meno la causa della nullit. Ai fini considerati, la dipendenza della nullit dal volere delle parti (sia come direzione della volont a mettere in essere l'atto nullo, sia come possibilit che la nullit -nei casi eccezionali in cui alla volont dei contraenti sia riconosciuto un valore di ratifica o sanatoria -non venga fatta valere) deve essere intesa nel senso strettamente tecnico della dipendenza del vizio o della nullit da quella entit volitiva, che elemento intrinseco dell'atto giuridico del quale in concreto si tratti, o da quella entit volitiva che pu produrre l'effetto sanante: volont negli atti unilaterali, consenso in quem bilaterali. Pertanto, in relazione ad una vendita, ed avuto riguardo al consenso delle parti, deve escludersi la dipendenza da questo del vizio o della nullit, quando il consenso stesso sia addirittura mancato, come nel caso di accertata falsit della sottoscrizione di uno dei contraenti (1). (Omissis). -Col primo mezzo l'Amministrazione ricorrente censura la sentenza, denunciando la violazione degli artt. 11, 12 e 14 del r. d. 30 dicembre 1923 n. 3269. Assume che la Corte di appello a torto ha impostato l'indagine sulla ricerca se l'atto registrato potesse qualificarsi nullo o forse, come ha ritenuto, addirittura inesistente, in quanto agli effetti dell'imposta di registro, che imposta di atto, deve ritenersi che l'atto sempre materialmente esistente e materialmente (1) Se la Corte di Cassazione avesse inteso mantener fermo integralmente il principio a:ffrmato con la sentenza del 13 aprile 1964, n. 867, cui ha fatto richiamo, dovrebbero confermarsi le riserve che in nota a tale pronuncia furono espresse in questa Rassegna, 1964, I, 576. Quel principio, peraltro, appare chiarito, nella decisione in rassegna, nel senso che la dipendenza della nullit dal volere dei Contraenti pu essere intesa, e deve essere intesa, si1a come direzione della volont a mettere in essere l'atto nullo, sia come possibilit che ila nullit non venga fatta valere, nei casi (eccezionali) in cui alla volont dei contraenti sia riconosciuto un valore di ratifica o di .sanatoria in genere ", con l'ulteriore precisazione che " la nullit dipende dalla volont dei contraenti sia quando questi usano il mezzo giuridico -in vista di un loro scopo pratico -conoscendo la causa di nullit, sia quando i medesimi, potendo rimuovere la nullit, anche se non conosciuta affepoca della stipulazione, non si comportano in modo idoneo a p.rodlll"re l'effetto sanante . E poich, inoltre, sia pure ai fini della distinzione tra volont e consenso, in rapporto ad atti unilaterali e bilaterali (seconda parte della massima), anche sottolineato che deve potersi escludere, ai fini dell'ammissibilit del rimborso, la dipendenza del vizio o della nullit da quella entit volitiva, pu osservarsi, in definitiva, che secondo lo stesso ;pensiero della Corte Suprema, e malgrado l'enunciazione formale arppairentemente diversa (prima parte della massima), quanto meno da aver riguardo anche alla dipendenza o meno, dal volere delle parti, del vizio che induca la nullit dell'atto. In altri ter PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 427 sufficiente per l'imposizione, e conseguentemente la restituzione dell'imposta percepita per la registrazione dell'atto materialmente esisten~~.non pu essere ipotizzata se non per i casi dell'art. 14 della legge di registro, la quale, quindi, parlando di nullit, comprende anche l'inesistenza giuridica. Ma, soggiunge la ricorrente, l'art. 14 citato non era applicabile ai fini del rimborso, perch la ragione di nullit o inesistenza dell'atto, nella fattispecie in esame, era stata determinata dalla volont di uno dei suoi partecipanti, proprio di quello che chiede la restituzione, mentre l'art. 14 predetto si riferisce ad un vizio che sia indipendente dal comportamento volontario della parte. Le censure sono infondate. Se per la registrazione necessaria l'esibizione di un atto-documento, tuttavia l'obbligazione tributaria relativa strettamente connessa alla validit giuridica dell'atto-negozio soggetto a tassazione. Proprio dagli artt. 11, 12 e 14 della legge del registro si desume che il processo di imposizione disciplinato sulla base di atti giuridici, tanto che in determinate ipotesi la nullit dell'atto giuridico fa sorgere il diritto alla restituzione dell'imposta, nonostante la materiale esistenza e la completezza formale del documento sottoposto a registrazione. In deroga al divieto di restituzione delle imposte di registro, regolarmente percette, per effetto di eventi successivi relativi agli atti mini, e come pu evincer.si dagli stessi esempi indicati nella precedente sentenza ed in quella ora in esame (simulazione, negozi in frode alla il.egge, negozi innominati con causa illecita}, pu dirsi che i chiarimenti attuali inducono a ritenere che la Corte abbia inteso riferirsi, per escludere il diritto al rimborso, alle ipotesi nelle quali la nullit sia ricollegabile ( richiamandosi... ) alfa volont delle parti, ma non nel senso di nullit voluta o sanabile dal:le parti, bens nel senso di nullit da dichiarare per situazioni (vizi), alle quali il volere delle parti non sia stato estraneo, e cio -secondo la corretta e tante volte ribadita interpretazione (per richiami, cfr. la citata nota redazionale, in questa Rassegna, 1964, I, 576, nonch Relaz. Avv. Stato, 1956-60, II, 541) -per vizi alla cui produzione quel volere medesimo abbia concorso, o dei quali, comunque, le parti siano state coscienti. In tale ordine di idee, pu intendel'ISi anche il riferimento alle ipotesi di nullit oggettiva del negozio,., nelle quali il rimborso, invece, si ritiene ammesso, poich quella espressione ellittica pu essere significativa, in buona sostanza, delle nullit rilevabili per situazioni oggettive, e cio del tutto estranee, appunto, al consenso ed alla volont delle parti, e perci non collegabili ad una posizione soggettiva deHe parti medesime: con il rilievo, dunque, che unica distinzione da fa.!'lsi, ai fini della disposizione dell'art. 14 in esame, quella che considera la volont ed il consenso delle parti rispetto agli elementi nei quali si evidenzia il vizio, che determina la nullit, per ammettere il rimborso quando la nullit, in ogni caso originaria e radicale, non sia comunque derivante da un vizio imputabile alle parti, e per esclude!rlo, in caso contrario. Secondo l'esemplificazione formulata ne,l!la sentenza in rassegna, come in quella del 1964, il rimborso va escluso, tra l'altro, nel caso di negozi innominati nulli per illiceit della causa, mentre nulla detto per i negozi 428 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO registrati (art. 12 1. cit.), l'art. 14 n. 2 consente la restituzione della imposta pagata per la registrazione di atti dichiarati nulli per un vizio radicale che, indipendentemenJ;e dalla volont e dal conseris delle parti, induca la nullit dell'atto fin dalla sua origine. noto che vivaci e persistenti contrasti interpretativi si sono incentrati particolarmente sul requisito dell'indipendenza dalla volont o dal consenso delle parti, requisito riferito ora al vizio radicale, nel senso che la restituzione si debba escludere qualora le parti abbiano voluto creare un negozio nullo, ora alla nullit come effetto del vizio, con riferimento cio alla necessit che le parti non possano in alcun modo, sia pure in linea di eccezione al carattere assoluto della nullit, far produrre effetti giuridici all'atto nullo. In proposito questa Corte Suprema ha avuto, di recente, occasione di precisare che la formula legislativa in esame ha un contenuto minimo, enunciabile nel senso che l'imposta rimborsabile quando venga accertato che l'atto nullo e che la nullit tale, per cui rispetto ad essa il volere delle parti non ha influenza alcuna: onde restano bensi escluse, da un lato, le ipotesi in cui la nullit non possa essere accertata e dichiarata se non richiamandosi alla volont delle parti (simulazione, negozi in frode alla legge, negozi innominati con causa illecita), ma risultano comprese, per contro, le ipotesi di nullit tipici con causa illecita, la cui nullit, come riconosciuto dall'anteriore giurisprudenza (da ultimo, Cass. 10 o_ttobre 1956, n. 3706, Riv. leg. fisc., 1957, 143; Coss. 20 marzo 1958, n. 219, id., 1958, 1190) tuttavia da ritenere ugualmente non idonea a dar titolo alla restituzione dell'imposta. Invero, e senza discutersi in senso generale del problema della causa, ed in particolare del se questa debba intendersi in senso soggettivo ovvero oggettivo, pu essere sufficiente rilevare che la concezione oggettiva della causa (accolta dalla dottrina dominante e dalla consolidata giurisprudenza) non comporta comunque la estraneit di ogni considerazione della volont delle parti. Se cosi fosse, 1e considerato che per causa normalmente si intende la funzione economico-sociale che caratterizza il negozio, dovrebbe dirsi, rispetto ai negozi tipici, cio a quelli per i quali la causa altrettanto tipicamente prevista dall'ordinamento, che essa, per definizione, non potrebbe mai esse.re illecita, nella sua astrattezza, mentre vero che l'illiceit (cfr. BETTI, Teoria gen. neg. gim., Torino, 1950, 372) si evidenzia in connessione con lo scopo pratico perseguito in concreto dalle parti: scopo che investe e colora la causa e, seillecito, riverbera su di essa la sua illiceit" in tali sensi, appunto, che consentito parlare di iiliceit della causa, secondo lo stesso disposto dell'art. 1343 c. 1c., nel senso cio che l'illiceit Ǐ data propriamente dal fatto che la d'eterminazione causale di chi compie il negozio rivolta ad un risultato prati.co oggettivamente contraarsi anche la Corte Costituzionale nella sentenza 11 marzo 1957, n. 42, Giust. civ., 1957, III, 189. (3) Da condividere pienamente le considerazioni in base alle quali la sentenza ha ritenuto la manifesta infondatezza della proposta questione di legittimit costituzionale. La questione di incostituzionalit, in rifedmento agli artt..3 e 24 della Costituzione, stata ritenuta invece non manifesta.:. mente infondata, dalla Corte di Appello di Milano, per l'art. 72 della legge di registro (Ordinanza di rimessione 21 gennaio 1966, in questa Rassegna, 1966, II, 103, ed ivi ulteriori richiami). 436 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di registro imposta di atto e non gi di trasferimento e, quindi, essa dovuta per il solo fatto della stipulazione di un negozio ovvero della pronuncia di un provvedimento giurisdizionale, indipendeiifenente dagli effetti che da esse derivano o dalla riforma della sentenza. Cosi decidendo, i giudici di merito hanno fatto corretta applicazione della legge e dei principi che regolano la materia tributaria. Principio fondamentale dell'imposta di registro quello sancito dagli art. 11 e 12 della legge organica secondo cui le imposte stabilite sono dovute sempre anche nei casi di registrazione di atti nulli, e, se percette legalmente, non possono essere restituite in alcun caso, salvo in quelli tassativamente indicati dalla legge stessa e cio dall'art. 14, qualunque siano le sorti e le successive vicende dell'atto. Tale principio -che trova fondamento sia nel postulato che l'imposta di registro legittimata dall'esistenza di un atto, indipendentemente dalla reale produzione dei suoi effetti, sia nella considerazione pratica della impossibilit di accertare la reale produzione degli effetti medesimi applicabile anche alle sentenze. Tutte le sentenze sono, infatti, soggette a registro in termine fisso e cio entro i venti giorni dalla pubblicazione (art. 80 legge registro), per effetto della quale sorge l'obbligazione d'imposta. E poich l'obbligo della registrazione nasce dal momento della pubblicazione, le sentenze devono essere registrate anche se appellate o comunque impugnate, non richiedendo la legge che le stesse siano passate in giudicato. Pertanto, sottoposta a tassazione una sentenza, la stessa, al pari di quanto avviene per gli altri atti, pu formare oggetto di supplemento per il caso di errori od omissioni nei quali sia incorso l'ufficio, tanto sulla quantit della tassa dovuta quanto sui titoli tassabili risultanti dalla sentenza. In tal caso, dovendosi giudicare sulla legittimit del supplemento d'imposta, bisogna riportarsi alla situazione di fatto e di diritto esi stenti al momento della registrazione e cio al momento in cui si verificata la situazione di fatto ipotizzata dalla legge per il sorgere dell'obbligazione d'imposta. Infatti, se l'ufficio non fosse incorso nell'errore di registrazione, l'imposta principale sarebbe stata quella dall'ufficio chiesta col supple mento e non quella diversa e minore percetta in conseguenza dell'er rore. E se l'imposta, che senza l'errore l'ufficio avrebbe applicato, dal contribuente ritenuta illegittima, non perch erronea nella sua quan tit o perch non corrispondente al rapporto configurato nella sentenza tassata, sibbene esclusivamente per un evento successivo al momento della registrazione, la legittimit del supplemento non pu essere posta in discussione, in quanto la richiesta di tale supplemento non serve che a correggere l'errore commesso dall'ufficio nell'applicazione dell'im posta principale dovuta al momento della registrazione. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Tali principi sono stati ulteriormente puntualizzati da questa Suprema Corte con la sentenza 9 luglio 1962 n. 1799 nella quale ha precisato che la legge non distingue tra sentenza definitiva e non definitiva di primo grado e dei gradi ulteriori di giurisdizione, confermate o riformate o cassate, oppure aventi o meno l'efficacia della cosa giudicata, e tanto meno consente di ricercare se la conferma della sentenza sia avvenuta per motivi diversi dal richiamo alla convenzione su cui si sia fondata la decisione di primo grado, per cui la riforma della sentenza del primo giudice o la conferma per motivi diversi da quelli tratti dalla convenzione stessa non escludono l'imposizione del tributo n importano la restituzione. Errano, pertanto, i ricorrenti quando sostengono che, colpendo l'imposta il contenuto dell'atto in quanto produttivo di effetti, debba ritenersi illegittima la tassa graduale richiesta dalla Finanza su sentenza annullata in sede di gravame, dovendosi rinvenire le ragioni del decidere -come correttamente ha ritenuto l'impugnata sentenza con riferimento al contenuto obiettivo della sentenza all'atto della sua pubblicazione, indipendentemente dagli eventi ulteriori. I ricorrenti eccepiscono, poi, l'illegittimit costituzionale degli art. 12 e 68 della legge di registro, ma questa Corte non ha che da rilevare la manifesta infondatezza di tale eccezione, non ravvisandosi alcun contrasto tra le dette norme e gli artt. 3 e 24 della Costituzione. L'assoggettamento a registro delle sentenze non definitive e la non ripetibilit delle imposte pagate, in caso di riforma, salvo i casi tassativi, non violano n il principio dell'eguaglianza dei cittadini davanti alla legge, n quello della difesa. Non il primo poich il principio di eguaglianza enunciato dall'art. 3 della Costituzione, assicura ad ognuno eguaglianza di trattamento quando eguali siano le condizioni oggettive e soggettive alle quali le norme giuridiche si riferiscono per la loro applicazione, ma non impediscono che il legislatore possa dettare norme diverse per regolare situazioni che esso ritiene, con valutazione discrezionale, diverse, adeguando cosi la disciplina giuridica agli svariati aspetti della vita sociale (Corte Cost., sent. n. 3 del 1957). Quindi, non pu dirsi che contrastino con l'art. 3 della Costituzione le norme degli art. 68 e 12 in virt delle quali l'imposta dovuta anche sulle sentenze non definitive e non ripetibile in caso di riforma, trovandosi fo Stato non in una situazione di disuguaglianza rispetto al principio generale di ripetizione di indebito bensi in una situazione particolare in rapporto alla sua pecu~iare e preminente posizione ed alla sua attivit, tenute presenti dal legislatore. Non il secondo perch il diritto alla difesa, garantito dall'art. 24 della Costituzione, deve essere inteso come potest effettiva di assistenza tecnica e professionale nello svolgimento di qualsiasi processo, in modo che venga assicurato il contraddittorio e venga rimosso ogni 438 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ostacolo a far valere le ragioni delle parti (Corte Cost., sent. n. 46 del 1957). N la circostanza che l'art. 24 prevede anche la riparazione degli errori giudiziari giova alla tesi della dedotta illegittimit costituzionale, in quanto la norma ha una sfera nella quale non rientrano le situazioni determinate dalla riforma delle sentenze. Pure infondato appare il secondo mezzo col quale i ricorrenti, sotto il profilo della violazione dell'art. 72 della legge di registro, denunciano l'impugnata sentenza per non avere considerato che, nella specie, non si trattava di tassa graduale sulla sentenza, ma di tassa di titolo percepita sulla retrocessione ordinata da detta sentenza, per cui riformata la sentenza stessa, l'imposta percetta va restituita e quella non percetta non va corrisposta. Anche tale questione, a giudizio di questa Corte, da risolvere alla stregua degli art. 12 e 14 n. 2 della legge di registro. Tenuto pre~ sente che la tassa di titolo dovuta una sola volta per tutti i gradi del giudizio, . facile dedurre che la riforma della sentenza non consente, di per s, alcuna restituzione della imposta percetta su di essa, n comporta la non corrisponsione di quella non percetta se non ricorrono gli estremi dell'art. 14 n. 2; con la conseguenza ulteriore che 1'Amministrazione, per esigere l'imposta in parola, sia essa giudiziale che di titolo, non deve in alcun modo attendere il passaggio in giudicato del titolo giudiziario, essendo sufficiente la sua pubblicazione. La tesi contraria non accettabile sia perch le norme sul rimborso o restituzione di imposta sono eccezionali e, quindi, insuscettibili di interpretazione analogica, sia perch non sembra che la natura di tassa di titolo possa giustificare la ripetibilit nel caso di riforma della sentenza. Perch competa la restituzione dell'imposta pagata su un contratto necessario che questo sia nullo fin dall'origine e che la nullit non sia sanabile ad opera delle parti: ora la nullit della sentenza sempre sanabile, essendo sufficiente che le parti non la impugnino nei termini stabiliti dalla legge. Inoltre, la tassa di titolo sempre una tassa dovuta per la regi strazione di un atto, la sentenza, e pertanto anche essa rientra nel disposto qegli articoli 12 e 14 della legge di registro. Il fatto giuridico che legittima la percezione dell'imposta la registrazione dell'atto, per cui, una volta che questo sia stato registrato, la riforma o la risolu zione non possono importare, in mancanza di una disposizione di legge, il rimborso del tributo, in quanto tali eventi rendono, vero, inesi stente mediante un trasferimento in senso inverso a quello operato dal l'atto, il movimento della ricchezza, ma non distruggono il fatto che sia stato registrato un atto o sentenza e che questi fossero, per il loro contenuto obbiettivo, produttivi di determinati effetti. -(Omissis). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 439 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 dicembre 1966, n. 2873 -Pre1. Vistoso -Est. Montanari Visco -P. M. De Marco (conf.) -Vecellio (avv. De Cordova) c. Ministero Finanze (avv. Stato Lancia). ,,,. Imposta di registro -Agevolazioni -Bonifica -Agevolazioni per gli atti relativi all'esecuzione di opere di bonifica idraulica e di sistemazione montana -Estensione agli atti relativi ad opere di riparazione -Ammissibilit Le agevolazioni tributarie per gli atti relativi all'esecuzione di opere di bonifica idraulica e di sistemazione montana, mantenute in vigore daU'art. 88 del t. u. 13 febbraio 1933, n. 215, sono applicabili anche per gli atti relativi all'esecuzione di lavori di riparazione delle dette opere, i quali ugualmente concorrono alla realizzazione delle finalit. considerate dalla legge, che volta a favorire non soltanto la creazione, ma anche la conservazione in efficienza delle opere stesse (1). (1) In tali sensi cfr., gi, Cass. 25 ottobre 1965, n. 2231, in questa Rassegna, 1966, I, 156, con nota di F. J:)E LucA, Ancora in tema di opere di bonifica. In generale, peraltro, sui limiti di applicabilit delle agevolazioni conservate in vigore dall'art. 88 del t. u. 13 febbraio 1933, n. 215, cfr. Cass. 25 maggio 1966, n. 1331, retro, 414, e le osservazioni ivi in nota. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 5 gennaio 1967, n. 33 -Pres. Rossano - Est. Malftano -P. M. Pedace (conf.). -Ministero Finanze (av. Stato Zagari) c. Coluzzi, Randaccio (avv. Monti). Imposta di registro -Agevolazioni -Ricostruzione edilizia -Acquisto di area di risulta di edifici distrutti a seguito di eventi bellici e non ricostruibili per divieto della p. a. Agevolazioni previste dai dd. ll. 7 giugno 1945 n. 322 e 26 marzo 1946 n. 221 - Inapplicabilit -Irrilevanza della ricostruzione su area diversa ai fini del trattamento tributario dell'atto relativo all'area non pi edificabile. (d. I. 7 giugno 1945, n. 322; d. I. 26 marzo 1946, n. 221, art. 2). Le agevolazioni tributarie in materia di ricostruzione di edifici distrutti per eventi bellici, previste dai dd. n. 7 giugno 1945 n. 322 e 26 marzo 1946 n. 221, non sono applicabili all'acquisto delle aree di risulta sulle quali non sia possibile procedere alla ricostruzione per L I RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO effetto di divieto della p. a. (prescrizio?"-i di piani regolatori), restando irrilevante, al fine, che l'edificio distrutto sia ricostruito su area diversa (1). (1) La motivazione pu leggersi in Riv. leg. fisc., 1967, 1084. La Cassazione ha confermato l'indirizzo gi precedentemente espresso con le sentenze 3 agosto 1964, n. 2209, in questa Rassegna, 1964, I, 953, e 5 maggio 1965, n. 819, ivi, 1965, I, 553. La decisione annotata ha il pregio di aver chiarito la portata dell'art. 2 lett. b del d. I. n. 221 del 1946 nel senso che e nell'ipotesi di impossibilit di ricostruzione o riparazione dell'edificio sull'area sulla quale esso insisteva, le cennate disposizioni prevedono la concessione dei benefici fiscali per l'acquisto dell'area diversa, sulla quale avvenga la ricostruzione, e non anche per l'acquisto dell'area sulla quale insisteva l'edificio, la quale, in effetti, rimane .estranea all'attivit ed al fine di ricostruzione (cfr. Relaz. Avv. Stato, 1961-65, II, 524). R. SEMBIANTE CORTE DI CASSAZIONE -Sez. I, 25 febbraio 1967, n. 433 -Pres. Vistoso -Est. Saya -P. M. Cutrupia (concl. conf.) -Amministrazione Finanze (avv. Stato Soprano) c. Nascimbe:de (avv. Venturini e Savanco). Imposta di registro -Enunciazione di convenzione non registrata Enunciazione in sentenza -Tassabilit ai sensi dell'art. 62 o dell'art. 72 della legge di registro -Condizioni. (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 62, 72). Imposta di registro -Enunciazione di convenzione non registrata Enunciazione in sentenza -Soggetti tenufral pagamento dell'imposta sulla convenzione enunciata tassabile ai sensi dell'art. 62 della legge di registro -Fattispecie. (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 62, 93). Ai fini della applicabilit dell'art. 72 della legge di registro, il Tapporto tra la decisione enunciante e la convenzione deve essere diretto ed immediato, dovendo trattarsi proprio della convenzione su cui la decisione si basa e rimanendone cos escluse le altre eventuali convenzioni, che costituiscono dei meri antecedenti logico-giuridici. Queste ultime convenzioni ricadono nell'ambito dell'art. 62 della legge di registro, che applicabile anche alle enunciazioni contenute nei provvedimenti del Giudice, e che, pertanto, rispetto a tali provvedimenti viene a concernere non soltanto le convenzioni enunciate come PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 441 puro fatto storico, ma anche quelle che non costituiscono proprio il fondamento dei provvedimenti stessi (1). Quando, essendosi fuori della previsione dell'art. 72 della leiiii. di registro, la sentenza non viene in considerazione come tale, ma come un qualsiasi atto enunciante previsto dall'art. 62 della stessa legge, per la individuazione dei soggetti tenuti al pagamento dell'imposta sull'atto enunciato, non applicabile il n. 2 dell'art. 93 della legge, bens il n. 1 dello stesso art. 93, il quale, correlativamente all'art. 62, pone l'obbligo del tributo a carico delle parti contraenti (oltre che di quelle nel cui interesse richiesta la registrazione), con esclusione di ogni altro soggetto che non abbia tale qualit. (Nella specie, stata esclusa la responsabilit del mediatore per il pagamento della imposta sulla compravendita, enunciata nella sentenza emessa sulla domanda avanzata dal mediatore stesso, nei confronti dei due contrenti, per il pagamento della provvigione) (2). (Omissis). -Con l'unico mezzo dedotto l'Amministrazione ricorrente denuncia la violazione degli artt. 62, 72 e 93 nn. 1 e 2 della legg'e di registro (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269) per avere la Corte di merito escluso che il mediatore debba corrispondere l'imposta di (1-2) Le enunciazioni in sentenza con riguardo alle condizioni di tassabilit ed alla individuazione dei soggetti obbligati al pagamento dell'inposta. Delle due massime estratte dalla sentenza in rassegna, la prima contiene una precisazione di principi ormai costantemente affermati dalla giurisprudenza, mentre la seconda risolve un problema di cui non risultf:a che Ja stessa giurisprudenza si sia ex professo mai occupata. I) In ordine alla prima massima .. a) in ,primo luogo da ricordare come sia consolidato l'indirizzo giurisprudenziale circa l'applicabilit dell'art. 62 della legge di registro anche alle enunciazioni contenute nella sentenza (ricomprensibili nena ampia nozione di " atto " menzionato nel cit. art. 62), quando sulle stesse non sia dovuta la tassa di titolo ex art. 72 della stessa legge. Si ricordano alcuni dei precedenti .conformi pi recenti, quali le sentenze della Cassazione 31 maggio 1966, n. 1456, Riv. leg. fisc., 1966, 1871; 9 luglio 1962, n. 1799; Foro it., 1962, I, 2088; 10 ottobre 1961, n. 2063, ibidem, 1962, I, 1340; 18 luglio 1960, n. 1997, Foro pad., 1960, I, 1072; 7 giugno 1964, n. 1802, Foro it., 1955, I, 349; 31 gennaio 1948, n. 146, Mass. giur. it., 1948, 37; 4 luglio 1941, Dir. prat. trib., 1942, 100 ecc. Fra le sentenze dei Giudici di merito cfr. App. Milano, 5 agosto 1958, Gittst. civ., 1959, I, 187; Trib. Milano, 8 giugno 1956, Giur. Ital., ::956, I, 2, 905 con nota contraria di ROTONDI; Trib. Milano, 7 ottobre 1954, ibidem, 1955, I, 2, 327 con nota favorevole di GRECO. Com' poi noto, la soluzione del problema pi contrastata in dottrina: cfr. nel senso della giurisprudenza, JAMMARINO, Commento alla legge sulla imposta di registro, 1962, I, 624; in senso contrario, BERLmI, Le leggi del RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO registro sul contratto stipulato tra le parti da lui messe in relazione. sebbene tale contratto sia stato preso in considerazione nella sentenza. che ha condannato le parti suddette al pagamento della provvigione in favore del mediatore, e in dipendenza di esso sia stata accertata la conclusione sull'affare. La censura non fondata. Dispone l'art. 72 della citata legge di registro che e quando le sentenze pronunziano su domande che si basano su convenzioni redatte per iscritto o per le quali non siano stati enunciati titoli registrati, si applica, oltre alla tassa dovuta sulla sentenza, anche la tassa alla quale la convenzione avrebbe dovuto assoggettarsi secondo la sua natura se fosse stata precedentemente registrata ". Del contenuto della riportata disposizione e del suo coordinamento con quella dell'art. 62 della stessa legge, la quale prevede l'assoggetta mento all'imposta di registro degli atti che, senza essere stati registrati, vengano enunciati o inseriti in un altro atto presentato per la registra zione, si occupato varie volte questo Supremo Collegio, statuendo registro, 1952, 139 segg.; UcKMAR, La legge dei registro, 1958, II, 62; GIANNINI, Istituzioni diritto t?ibutario, 1956, 409. b) inoltre, altrettanto consolidato principio giurisprudenziale quello che -ai fini della applicazione dell'imposta di titolo di cui all'art. 72 della Legge di registro -occorre che la convenzione tassata sia stata invocata da una delle parti come la ragione giustificatrice della propria domanda, talch il Giudice ne debba necessariamente aver tenuto conto sia come una delle' ragioni per accogliere, sia per negare che la istanza potesse trovare adeguata giustificazione neHa ,convenzione stessa (cfr., tra le altre le sentenze 17 marzo 1967, 11. 601, ultra, 456; 6 luglio 1966, n. 1743, Riv. leg. fi,sc., 1966, 1923; 21 settembre 1964, n. 2398, in questa Ras. segna, Hl64, I, 1138 con nota di Dr TARSIA nr BELMON'I'E ed ivi richiami ai precedenti ed alla dottrina). Parzialmente diffurmi da tale indirizzo sembrano la sentenza della Cassazione 20 febbraio 1961, n. 373, Riv. leg. fisc., 1961, 1244, nonch la sentenza della Corte d'Apoello di Milano 10 dicembre 1963, Giust. civ., 1964, I, 1230 (pronunciata nella causa in cui ora intervenuta la sentenza in rasse.gna), secondo le quali la imposta di titolo ex art. 72 1. r. dovuta per il fatto obbiettivo che la convenzione non registrata sia servita di base alfa sentenza, indipendentemente dal fatto che il.a convenzione medesima sia stata o meno dedotta da una delle parti a fonda mento, o causa petendi, della propria domanda. e) In CorrelaziOIIle al principio affermato, e di cui alla lett. b), la precisazione contenuta nella sentenza in rassegna concerne la necessit -ai fini dell'applicazione dell'imposta ex art. 72 1. r. -che il rapporto tra la convenzione e la sentenza sia diretto ed immediato, nel :senso che -tra le varie convenzioni non registrate eventualmente considerate dal Giudice per addivenire alla sua decisione -pu -assoggettarsi ad imposta di titolo ex art. 72 1. r. solo quella su cui si fonda, con nesso di immediatezza, la sentenza: in altre parole -secondo la Cassazione -rileva sotto il profilo del cit. art. 72 solo il contxatto da cui direttamente sorge il diritto o, pi PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRmUTARIA 443 che per l'applicabilit dell'art. 72 necessario che la convenzione verbale o comunque non registrata sia dedotta a fondamento dell'istanza sulla quale ha pronunciato la sentenza, accogliendola o respingendla; occorre cio che la convenzione non registrata sia invocata da una delle parti quale ragione giustificatrice d~ll'istanza per trarre da essa effetti a s favorevoli, sicch il giudice ne debba necessariamente tenere conto ponendola a base della sua decisione. Altrimenti, se si tratta cio di una semplice enunciazione, contenuta nella sentenza, della convenzione non registrata, senza l'indicato rapporto tra essa e la decisione, si fuori della previsione del cit. art. 72 e si ricade invece nell'ambito della disposizione dell'art. 62, la quale si applica anche alle enunciazioni di convenzioni non registrate contenute nei provvedimenti del giudice (cfr. sent. n. 1799/62; 2063/61; 1957/60; 3252/56). Una precisazione al riguardo per necessaria, dovendosi rilevare che, ai fini dell'applicabilit dell'art. 72, il rapporto tra la convenzione e la decisione deve essere immediato e diretto, deve trattarsi proprio della convenzione su cui la decisione si basa, restandone cosi escluse le altre eventuali, le quali costitu~scono dei meri antecedenti logico- in generale, la situazione giuridica il cui accertamento costituisce l'oggetto della domanda proposta avanti al Giudice e su cui questi deve pronunciare. All'incontro, tutte le altre convenzioni che rilevano strumentalmente o mediatamente -quali presupposti o quali elementi condizionanti o simili -sulla situazione giuridica dedotta in giudizio, sono tassabili solo ex art. 62 1. r.: nel caso di specie, stata, di conseguenza, negata la ricorrenza del citato nesso di immediatezza tra contratto e sentenza, essendo quest'ultima intervenuta sulla domanda del mediatore volta ad ottenere il pagamento della provvigione nei confronti dei due contraenti del contratto di compravendita, .sul quale la Finanza pretendeva l'imposta di titolo. Invero, se il nesso di immediatezza ricorreva per l'enunciazione del contratto di mediazione, non altrettanto poteva dirsi per il contratto di compravendita, .l'accertamento della cui e:sistenza costitutiva semplice antecedente logico mediato per l'accoglimento della domanda spiegata dal mediatore. Per una interpretazione meno restrittiva dell'art. 72 della 1. r. -nel senso che l'ipotesi prevista da detto articolo deve considerarsi realizzata ogni qual volta queilla convenzione risulti assunta in sentenza come elemento cui la pronunzia colleghi un effetto sostanziale qualsiasi e anche se non costituisca il tittolo direttamente giustificativo della domanda, come quando la sentenza abbia emesso le sue statuizioni nei confronti di due persone che, in societ fra di loro, erano state parti in un contratto di compravendita -cfr. App. Milano, 28 gennaio 1955, Foro pad., 1955, II, 13 e Relaz. Avv. Stato, 1956-60, II, 500. II) In ordine alla seconda massima. La sentenza in rassegna ha ritenuto che tenuti al pagamento dell'imposta sull'atto enunciato in sentenza ex art. 62 1. r. siano le persone indicate 444 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO giuridici. In tali sensi va intesa la volont della legge, la quale, riferendosi alle domande che si basano su convenzioni non registrate, richiede appunto quello stretto nesso suindicato, lasciando fuori della sua previsione altre eventuali convenzioni non registrate che, se pur agiscono con diversa rilevanza sulla situazione giuridica dedotta, non ineriscono alla medesima, ma si comportano variamente come presupposti ovvero come elementi che ne condizionano l'efficacia. Tali convenzioni ricadono nell'ambito della disposizione dell'art. 62, la quale perci non concerne soltanto, rispetto ai provvedimenti giudiziari, le convenzioni enunciate come puro fatto storico, ma anche quelle che non costituiscono proprio il fondamento dei provvedimenti stessi. Su tal punto sembra concordare sostanzialmente I'Amministrazione ricorrente, la quale per sostiene che in ogni caso, indipendentemente dall'applicabilit dell'art. 72 o delle disposizioni dell'art. 62, per i provvedimenti giudiziali vale la disciplina contenuta nel n. 2 dell'art. 93 della legge, con la conseguenza che le parti istanti e le altre in detta norma indicate sono tenute al pagamento non soltanto dell'imposta di (con riferimento ovviamente all'atto enunciato) nel n. 1 dell'art. 93, e non quelle menzionate al n. 2 dello stesso articolo. Implicitamente, ma inequivocabilmente, viene per converso confermato che -rispetto al pagamento della tassa di titolo ex art. 72 1. r. -sono soggetti passivi quelli indicati nel n. 2 del menzionato art. 93 1. r.: conclusione quest'ultima riconosciuta esatta dalla concorde dottrina (BERLIRI, Le leggi del registro, 1960, 454; UcKMAR, La legge di registro, III, 107; JAMMARINO, Commento alla Legge sulla imposta di registro, 1962, II, 16) e fondata, oltre che ,sulla lettera della legge (che parla, senza. alcuna distinzione., di tasse S!Ulle sentenze ecc. ), sulla considerazione che quando il Legislatore ha voluto limitare la responsabilit di una data categoria di soggetti (procuratari legali) alle sole tasse giudiziali, lo ha dertto espressamente (cfr. ultima parte art. 93, n. 2). Sulla specifica questione ora in esame -sulla cui soluzione non appare influente la risoluzione dell'altra nota questione sulla natura "contrattuale o "giudiziale> della tassa di titolo non risultano precedenti pronunce del Supremo Collegio, il quale peraltro -con sentenza 9 agosrto 1962, n. 2495, Riv. leg. fisc., 1963, 223, aveva deciso che per le tasse sulle sentenze (senza distinguere quindi, tra tassazione ex art. 62 o ex art. 72 1. r.), l'art. 93, n. 2 prescinde totalmente dalla partecipazione all'atto o contratto enunciato, avendo riguardo unicamente alla posizione formale delle parti istanti o che fanno uso della sentenza, onde comprende anche coloro che siano estranee all'atto o contratto medesimo (nello stesso senso, cfr. BERLlRI, op. loc. cit.; UCKMAR, op. loc. cit.). P.er addivenire alla decisione ora adottata, la S.C. ha osservato che -ove la .sentenza non venga in consideirazione come tale, ma solo come 1llil qualsiasi atto enunciante previsto dall'art. 62 1. r. - e illogico applicare la disciplina dettata dal legislatore ;per le sentenze (e cio l'art. 93, n. 2 1. r.), dovendo, all'incontro, tornare applicabile il disposto del n. 1 dello stesso art. 93 , il quale, correlativamente al disposto dell'art. 62, pone J PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 445 registro sulla sentenza che le concerne, ma anche di quella sulle convenzioni che in essa siano comunque enunciate. La suindicata premessa stata condivisa dalla Corte di rriefto, la quale per ha rifiutato la conseguenza tratta dall'Amministrazione sul rilievo che, anche nell'ipotesi prevista dal ricordato n. 2 dell'art. 93, l'obbligazione tributaria sarebbe limitata ai soggetti che hano posto in essere la convenzione non registrata ed enunciata nel provvedimento giudiziale. Senonch, sebbene le conseguenze, in definitiva, non mutino, deve rilevare il Collegio come la detta premessa non possa essere accolta, giacch, essendosi fuori della previsione dell'art. 72, la sentenza non viene in considerazione come tale, bens quale un qualsiasi atto enunciante previsto dall'art. 62, sfoch non possibile, senza incorrere in una grave frattura di criterio logico, pretendere di applicare la disciplina dettata dal legislatore per le sentenze e, in genere, per i provvedimenti giudiziari. Il contrario assunto dell'Amministrazione ricorrente si fonda esclusivamente sulla dizione letterale del ricordato l'obbligo del tributo a carico delle parti contraenti (oltre che di quelle nel cui interesse stata dchiesta la registrazione) . La sentenza suscita, sul punto, qualche perplessit; ed in contrario potrebbe, infatti, rilevarsi: a) L'art. 93 1. r. -ai numeri 1 e 2 -disciplina distintamente fa categoria dei soggetti tenuti al pagamento del tributo, a seconda che l'atto assoggettato a registrazione e che d luogo alla percezione del tributo abbia natura negoziale ovvero di sentenza o provvedimento giudiziale. Anche nel caso di imposta di registro dovuta ex art. 62 1. !I'. su convenzione enunciata i111 sentenza, non pu negarsi che l'atto che viene sottoposto a registrazione la sentenza, sioch solo attraverso (ed al momento) di tale registrazione entra nell'orbita tributaria di registro la convenzione enunciata, che costituisce il vero oggetto della relativa tassazione. A meno di non voler ammettere (ma, come Si visto, ci non esatto) che l'art. 93, n. 2 si riferisca alle sole tasse di sentenza, non pu, perci, escludersi che nella dizione " tasse sulle sentenze >, di cui alla predetta disposizione, sia ricomprensibi.le anche l'imposta dovuta ex ad. 62 sulla convenzione enunciata in sentenza. b) Il fatto, sottolineato dalla pronuncia in rassegna, che la sentenza rilevi solo come un qualsiaisi atto enunciante ex art. 62 1. r., non sembra possa aver rilievo per escludere l'applicabilit dell'art. 93, n. 2 della stessa legge. Invero -come ha rilevato la giurisprudenza ricordata al pa!r. I, lettera a) -la dizione dell'art. 62 C'it. ( atti >) consente di ricomprendere in essa, oltre agU atti negoziali, anche le sentenze: ma ci non vuol ovviamente dire che queste ultime, quando vengono in cOlllSiderazione sotto il profilo dell'ai't. 62, perdano la loro natura di provvedimento giudiziale (anche ai fini, sotto il profilo che interessa, dell'art. 93, n. 2). L'art. 62, invero, inon indica chi siano i soggetti passivi tenuti al pagamento dell'imposta di registro sull'atto enunciato, rimettendosi aUa disciplina generale di cui all'art. 93, nn. 1 e 2, a seconda che l'atto enunciante -presentato alla registrazione -sia un atto negoziale od runa sentenza 446 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO art. 93, n. 2, ma evidente come non possa essere decisiva la formula legislativa, in s considerata, se questa si riferisce ai provvedimenti del giudice, allorquando, invece, si in presenza. di un atto che;--anche agli effetti tributari, non rientra tra essi, ma acquista rilievo in base all'art. 62, il quale concerne genericamente ogni atto enunciante una convenzione non registrata. Conseguentemente, in siffatte ipotesi non applicabile il n. 2 dell'art. 93, bens il n. 1 della stessa disposizione, il quale, cortelativamente al disposto dell'art. 62, pone l'obbligo del tributo a carico delle parti contraenti (oltre che di quelle nel cui interesse stata richiesta la registrazione), escludendone tutti gli altri soggetti che tale qualit non abbiano. Con tale interpretazione, non solo si segue un procedimento ermenutico corretto, ma si perviene a un risultato che l'unico possibile con la pi elementare giustizia tributaria, dovendosi escludere che il legislatore abbia voluto porre a carico di soggetti assolutamente od altro p!I.'ovvedimento giudiziale: sicch, ove atto enunciante sia un atto negoziale, al pagamento del tributo sull'atto enunciato sono tenuti i soggetti indicati nell'art. 93, n. 1, ed in primo 1uogo le parti contraenti, cio intervenute all'atto enunciante, anche se non hanno preso parte alla convenzione enunciata (BERLIRI, op. cit., 450; Cass., 22 dicembre 1900, Massime, 1901, 8; Trib. Caltanissetta, 13 gennaio 1962, in questa Rassegna, 1962, 51); mentre se l'enunciazione sia c09J.tenuta in una sentenza, l'individuazione dei soggetti passivi va fatta con riferimento al disposto dell'art. 93, n. 2, senza che abbia rilevanza il fatto della loro partecipazione o meno all'atto enunciato (Cass., n. 2495/1962 cit.). e) N. pu dirsi che l'imporre l'obbligo di pagamento a carico di un soggetto diverso dalle parti contraenti dell'atto enunciato in sentenza ex art. 62 1. r. contrasti con i principi generali e con i pi elementari principi della giustizia tributaria. Pu, invero, rilevarsi come la parte e istante > o che fa uso della sentenza > o che e soccombente nel giudizio, sia da considerare -rispetto al tributo dovuto sulla convenzione enunciata della quale egli non sia parte -come un responsabile di imposta, anzich come soggetto passivo (su tali concetti, veggasi, per tutti, GuGLIELMI -AzzARITI, Le imposte di 'f'egistro, 1959, 42 segg.); come deve ricordarsi che la estensione della categoria dei responsabili di imposta un mero problema di politica tributaria, che pu essere risolto dal legislatore nel modo ritenuto pi opportuno (GuGLIELMI -AzZARITI, op. cit., 48), mentre non consentiito all'interprete forzare la volont della legge per eliminare conseguenze che, nel caso concreto, possano apparire in c011trasto con la ritenuta equit. Del reisto, non pu dimenticarsi che anche per gli atti negoziali vige la regola che tutti i partecipanti aH'unico atto sono tenuti solidalmente debitori delle imposte sulle Va!I.'ie convenzioni ivi contenute, anche se poste in essere tra soggetti distinti (Cass., Sez. Un., 18 maggio 1955, n. 1468, Foro pad., 1955, 1, 1268; GUGLIELMI -AzZARITI, op. cit., 49; BERLIRI, op. cit., 449). G. MANDO' PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 447 estranei l'obbligo di corrispondere l'imposta di registro, relativamente a convenzioni non registrate, sol perch esse vengono in considerazione come meri antecedenti logico-giuridici alle istanze da loro dedotte in giudizio: diversamente, nell'ipotesi in esame e nelle altre analoghe, che la multiforme variet dei casi concreti potrebbe presentare, si perverrebbe a conseguenze giuridicamente e logicamente assurde che non possono non essere rifiutate dall'interprete. Corretta in tali sensi la motivazione della impugnata sentenza, il ricorso deve essere rigettato, con la condanna della ricorrente Amministrazione alle spese processuali. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 1 marzo 1967, n. 451 -Pres. Vistoso -Est. Della Valle -P. M. De Marco (conf.) -Ministero Finanze (avv. Stato Angelini Rota) c. Soc. CREA (avv. Pasini). Imposta di registro -Cessione di crediti verso la pubblica amministrazione in relazione a finanziamenti concessi da aziende o enti di credito a favore di ditte commerciali e industriali -Aliquote ridotte -Condizioni -Correlazione tra i due negozi -Estremi Criteri di determinazione -Necessit che le somme conseguite con il finanziamento e la cessione siano destinate fin dall'origine all'esecuzione di una determinata opera o fornitura pubblica Sussistenza -Possibilit ohe l'accertamento sulla ricorrenza delle condizioni richieste sia compiuto in base ad elementi estranei all'atto di cessione e finanziamento -Esclusione. (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa all. A, art. 4 Jett. e, e nota, art. 28 lett. e; 1. 4 aprile 1953, n. 261, artt. 1, 2). Per l'applicabilit delle aliquote Tidotte previste dalla l. 4 aprile 1953, n. 261 (modificativa degli artt. 4 e 28 della tariffa all. A alla legge di registro), per le cessioni di credito verso la p. a. in Te!azione a finanziamenti concessi da aziende o enti di credito a favore di ditte commerciali o industriali, necessario: che l'atto di cessione non soltanto contenga la specifica indicazione delle operazioni in relazione alle quali stipulato, ma sia al tempo stesso concepito e redatto in modo tale da far escludere a priori che l'istituto finanziatore possa, durante lo svolgimento del rapporto, servirsi di esso per operazioni diverse da quelle .. determinate e specifiche >, vale a dire per event~ali altre sue esposizioni estranee al finanziamento concesso in relazione a quell'opera o fornitura pubblica; che sia, perci, compiutamente regolato il modo in cui vengono attuate le operazioni cui il finqnziamento e la cessione si 448 RASSEGNA DELJ.'AVVOCATURA DELLO STATO riferiscono, cos che risulti con chiara evidenza il rapporto diretto ed ineludibile che lega tra loro i due negozi, e che si possa stabilire che l'atto non si presti -per la sua stessa strutturazione, per lei-formulazione delle clausole in esso racchiuse, ed infine per l@ schema legale cui queste si riportano -a servire per altre operazioni; che le somme conseguite attraverso il finanziamento e la cessione siano fin dall'origine destinate all'esecuzione della determinata opera o fornitura pubblica specificamente indicata, e che tale destinazione risulti espressamente; che la prova della ricorrenza di tutte le richieste condizioni emerga dallo stesso atto di cessione, non essendo ammessi equipollenti, e non potendo quindi la prova medesima essere validamente supplita n da testimonianze, n da elementi presuntivi o congetturali, n infine da distinto o separato atto scritto (1). (Omissis). -Dopo avere osservato che per poter beneficiare dell'aliquota ridotta dello 0,25 % stabilita dall'art. 1 lett. e) della 1. 4 aprile 1953, n. 261, modificativa dell'art. 4 tariffa A della legge organica di registro 30 dicembre 1923, n. 3269, necessario non solo che il credito ceduto sia dal cedente vantato verso una pubblica amministrazione in dipendenza di forniture o di appalti effettuati in favore di costei, e che la cessione sia in esclusiva relazione ad un finanziamento che l'Istituto di credito abbia effettuato o promesso di effettuare, ma altresl che resti del tutto esclusa la possibilit di estendere l'efficacia della cessione ad ogni altro rapporto>, la Corte di merito -dato per pacifico che il credito ceduto era sorto in conseguenza di lavori eseguiti dalla CREA in favore del Comune di Modena -ha affermato, quanto al rapporto negoziale costituitosi tra l'Istituto bancario e la societ cedente, che in effetti trattavasi di un vero e proprio sconto bancario, disciplinato dall'art. 1858 c. c. e rientrante, come rapporto nel quale confluiscono al tempo stesso un mutuo ed una cessione di credito, nel (1) Giurisprudenza ormai consolidata: cfr., da ultimo, Cass., 20 agosto 1966, n. 2263 e Cass., 26 ottobre 1966, n. 2607, in questa Rwssegna, 1966, I, 1308, con osservazioni di C. BAFILE. Considerazioni sul trattamento fiscale delle cessioni di credito connesse con operazioni bancarie di finanziamento, ed ivi, in nota, altre citazioni. La decisione qui pubblicata ha offerto lo spunto per le seguenti osservazioni. Sulla tassazione del contratto di sconto La fattispecie sottoposta al giudizio della Cassazione appare di particolare interesse, non tanto per le affermazioni in base alle quali stata decisa la presente sentenza, le quali costituiscono ormai giurisprudenza costante del Supremo Collegio (cfr. da ultimo Cass., 20 agosto 1966, n. 2263, PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 449 l'ampia accezione di finanziamento usata da quell'art. 28 lett. e), cui il citato art. 4 lett. e) della tariffa A allegata alla legge di registro fa espresso riferimento. Circa il rilievo dell'Amministrazione finanziaria appellante -(che cio in ogni caso sarebbe mancata nella specie la richiesta correlazione tra cessione di credito e finanziamento di opere pubbliche) -essa ha affermato che tale rilievo doveva essere considerato sotto un duplice aspetto, e cio sotto quello sostanziale! della asserita mancata prova della effettiva destinazione del mutuo , e sotto quello formale della e omessa indicazione nell'atto di cessione delle operazioni in relazione alle quali il mutuo stesso era stato stipulato . E pertanto, ulteriormente chiarendo e sviluppando tale premessa, ha aggiunto che, sotto il profilo sostanziale, l'esigenza di dar vita ad un rapporto di interdipendenza permanente tra il finanziamento e la cessione di credito, tale da impedire che questa possa valere a garantire altre operazioni di anticipazione futura o preesistenti crediti della banca finanziatrice, non importa affatto di regola che il cedente non possa utilizzare l'ottenuto finanziamento per uno scopo diverso da quello in vista del quale gli stato concesso -(e cio per l'esecuzione di una determinata opera o fornitura pubblica) -, e che d'altronde, sotto il profilo strettamente formale, nella specie risultava e documentalmente provato. che il finanziamento della CREA, collegato alla cessione del credito alla Banca in relazione al primo stato di avanzamento dei lavori di ampliamento, e era necessariamente diretto a consentire la prosecuzione dei lavori stessi , ed a mettere cosi la societ appaltatrice in grado di sopperire con la cessione del credito a lungo termine alle immediate necessit di danaro liquido, sicch del tutto arbitraria, oltre che estranea al disposto di legge, era da ritenere l'illazione e che il finanziamento dovesse essere stornato ad altri scopi . in questa Rassegna, 1966, I, 1307, con nota di C. BAFILE), quanto per il fatto che la controversia relativa alla applicabilit della aliquota ridotta di cui all'art. 4, lett. c) della tariffa all. A alla legge di registro andava riferita ad un contratto con cui la Soc. CREA aveva ceduto all'Istituto San Paolo di Torino un suo credito non scaduto nei confronti del Comune di Modena ottenendone in corrispettivo il relativo importo con deduzione dell'interesse di sconto. Si trattava, in sostanza, della tassazione di un contratto di sconto, e la Corte di Appello di Torino, argomentando dal fatto che tale contratto, secondo la stessa relazione al codice civile (n. 745), configurato come un prestito che la banca concede allo scontatario per anticipargli l'importo di un credito da questo vantato verso un terzo, contro cessione pro-solvendo del credito stesso, aveva ritenuto che a simile fattispecie fosse applicabile la norma di cui all'art. 4, lett. e) della tariffa, sussistendo il dovuto colle gamento fra la cessione del credito e la operazione di finanziamento. 9 J 450 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In proposito, a giustificazione della soluzione adottata, la Corte di Torino, dopo avere osservato che nella economia della norma di favore non affatto necessaria, di regola, la ricorrertza di due,,istinti negozi -cessione di credito da una parte e operazione bancaria di finanziamento dall'altra -autonomi nel tempo e nella pattuizione e come tali separatamente tassabili, e che, data la struttura del negozio attuato, la i:;pecificazione dell'operazione bancaria era da ritenere nella specie assorbita dalla connaturale interdipendenza esistente tra l'anticipazione dell'importo della cessione e la cessione stessa, ha affermato che e dall'atto di cessione risultavano le operazioni in relazione alle quali questo era stipulato> e che nello stesso atto erano altres e specificamente menzionati i contratti relativi ai lavori in corso, nonch le deliberazioni assunte al riguardo dall'amministrazione comunale debitrice >. Con l'unico mezzo di annullamento dedotto la ricorrente Ammini strazione finanziaria dello Stato lamenta ora la violazione e la falsa applicazione, da parte della Corte di merito, dei citati artt. 4 lett. e) e nota aggiunta e 28 lett. e) della tariffa A allegata alla legge organica di registro n. 32:69 del 1923 nel testo modificato dalla 1. 4 aprile 1953, n. 261, in relazione all'art. 8 della stessa legge di registro. In particolare, riproponendo la tesi gi inutilmente propugnata nei due precorsi gradi del giudizio, essa insiste nel sostenere che la ricorrenza di due distinti negozi giuridici tassabili in via separata ed autonoma -(cessione di credito in funzione di garanzia ed al tempo stesso di mezzo di pagamento da una parte, e operazione bancaria di finanziamento dall'altra) -risulta inequivocabilmente affermata, come requisito condizionante l'applicazione dell'aliquota ridotta, dalla e nota > incorporata nel citato art. 4 della tariffa A, dalla quale dato chiaramente evincere che ai fini del particolare tributo le cessioni di credito, che importano solo un realizzo di attivit da parte del cedente, sono soggette ad un trattamento diverso da quello riservato alle cessioni che, La sentenza in esame ha accolto le censure mosse avverso tale ultima affermazione contenuta nella sentenza impugnata, ma non ha esaminato compiutamente il contenuto pregiudiziale ed assorbente di tali censure, rivolte ad escludere in via di principio la applicabilit della aliquota ridotta di cui all'art. 4, lett. c) della tariffa ad un contratto di sconto. Non si vuole in tal modo contestare che nello sconto bancario, secondo la definizione datane dall'art. 1858 c. c., sia configurabile un prestito oneroso garantito dalla cessione di un credito (cfr. in arg. Cass., 26 ottobre 1957, n. 4139, in Giust. civ . Mass., 1957, 571), ma appare indubitabile che una simile impostazione del problema che interessa dimentica la natura squisitamente tributaria della controversia, ed suscettibile di determinare con, clusioni in aperta violazione delle specifiche norme tributarie che regolano la fattispecie. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 451 affiancandosi ad una separata e distinta operazione bancaria di finanziamento, importano viceversa per la banca cessionaria una qifil),<;>nibilit di somme da destinarsi, in via solutoria o di semplice garanzia, al rientro delle esposizioni alle quali la banca stessa va incontro, tanto che mentre per le prime l'aliquota fissata nella misura normale dell'l,50 % (art. 4 lett. a) per le altre, al contrario, essa ridotta rispettivamente allo 0,25 % e allo 0,50 % a seconda che debitore ceduto sia o non sia una pubblica amministrazione (art. 4 lett. e e b). A conferma della esattezza della tesi enunciata pone poi particolare accento sul parallelismo esistente tra la tricotomia di disciplina fiscale posta per le cessioni di crediti (art. 4) e quella stabilita per le operazioni bancarie di finanziamento (art. 28), vale a dire sulla perfetta corrispondenza delle aliquote previste per le tre categorie di cessioni di credito e quelle fissate per le correlative categorie di operazioni bancarie; e mentre, da una parte, fa rilevare che la tassabilit ex art. 28 delle aperture di credito, delle anticipazioni di somme e dei finanziamenti in genere non esclude affatto la concorrente tassabilit ex art. 4 delle .. cessioni di credito stipulate in relazione alle operazioni predette " e che unica eccezione a tale duplicit di tassazione quella costituita, secondo quanto detto nella nota all'art. 2 della citata legge n. 261 del 1953, dal .. finanziamento posto in essere mediante cambiali " -(nel qual caso, come noto, la tassa proporzionale di registro dovuta per l'atto di finanziamento rimane assorbita dalla tassa graduale di bollo scontata dalla cambiale: cfr. Cass., 11 luglio 1963, n. 1873) -dall'altra aggiunge che se si dovesse aderire alle conclusioni accolte dalla Corte torinese si verrebbe, in effetti, in evidente violazione del principio sancito dall'art. 8 della legge organica di registro, a ritenere esaurito con la tassazione della sola cessione di credito il regime fiscale del negozio in concreto attuato. Dalla stretta ed inscindibile correlazione, formale e sostanziale, fra gli artt. 4 e 28 della tariffa, deriva sicuramente che le identiche aliquote ridotte di cui alle relative lettere b) e e) devono applicarsi contestualmente a ciascuna delle due operazioni collegate: la cessione e il finanziamento. Onde la conseguenza che il collegamento ipotizzato dalla norma non rife ribile ad altro che a due operazioni, stipulate l'una in funzione dell'altra, ma autonomamente tassabili secondo le aliquote uniformi di cui agli arti coli suddetti. Tale situazione non si verifica allorch le parti abbiano stipulato un semplice contratto di sconto, e cio la cessione di un credito verso il cor rispettivo di una prestazione; operazione unica in cui il finanziamento viene assorbito nella causa della cessione del credito, assumendo la fun zione di corrispettivo di questa. Per tale ipotesi, infatti, l'art. 52 della legge di registro stabilisce una \unica tassazione dell'intero rapporto, commisurata all'ammontare del credito ceduto, o (ipotesi di cui al secondo comma) al prezzo pattuito. 452 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La censura fondata. In una lunga serie di giudicati, anche recenti, questa Suprema Corte ha avuto pi volte occasione di ripetere che, perch possa ritenersi adeguatamente adempiuta la prescrizione all'osservanza della quale la 1. n. 261 del 1953 condiziona la concessione della speciale agevolazione tributaria di cui alle lettere b) e e) dell'art. 4, necessario che l'atto di cessione non solo contenga la specifica indicazione delle operazioni in relazione alle quali stipulato ma che sia al tempo stesso concepito e redatto in modo tale da escludere a priori, cio in partenza, che l'istituto finanziatore, perpetuando l'inconveniente troppo spesso lamentato in passato, vigente il r. d. 19 dicembre 1936, n. 2170, possa durante il successivo svolgersi del rapporto servirsi di esso per operazioni diverse da quelle determinate e specifiche , vale a dire per eventuali altre sue esposizioni estranee al finanziamento concesso in relazione a quell'opera o fornitura pubblica (Cass., Sez. Un., 6 giugno 1964, n, 1397; Cass., Sez. Un., 5 ottobre 1964, n. 2519). Ha altresi affermato che per stabilire se l'atto si presti o non -per la sua stessa strutturazione, per la formulazione delle clausole in esso racchiuse, ed infine per lo schema legale cui queste si riportano -a servire per altre operazioni , necessario che sia compiutamente regolato il modo in cui vengono attuate le operazioni cui il finanziamento e la cessione si riferiscono, si da far risaltare con chiara evidenza il rapporto diretto ed ineludibile che lega tra loro questi due ultimi atti negoziali. -Ed ha infine affermato ancora che, in conformit dell'intento da cui fu mosso a suo tempo il legislatore -(intento che, come risulta dalle considerazioni svolte in sede di discussione sul progetto di legge da1l'on. Castelli Avolio e dai senatori Ziino, Braccesi e Mol, fu quello di dar modo alle ditte private di procurarsi tempestivamente ed agevolmente la disponibilit del danaro loro occorrente per l'esecuzione di Ed evidente che in tale caso il finanziamento, intassabile in via autonoma ai sensi dell'art. 52, non pu mai costituire un'operazione fiscalmente collegata con la cessione del credito, e non pu mai giustificare quindi una tassazione ridotta di tale negozio, la quale presuppone una analoga tassazione del finanziamento. Senza entrare pertanto nell'indagine relativa alla effettiva esistenza del collegamento fra finanziamento e cessione di credito -e su cui appaiono di sicura esattezza le affermazioni contenute nella sentenza in esame -deve ritenersi in via preliminare e di principio che lo sconto di un credito, in conformit della nota di cui all'art. 1 della 1. 4 aprile 1953, n. 261, deve essere in ogni caso tassato con l'aliquota di cui alla lett. a) dell'art. 4 della tariffa, commisurata alla base imponibile indicata dall'art. 52 della legge organica di registro. G. ANGELINI ROTA PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 453 specifici contratti conclusi con la pubblica amministrazione e non gi quello, irrilevante per lo Stato, di consentire lo smobilizzo del credito vantato verso l'Ente pubblico) -l'agevolazione tributaria, in quanto diretta ad evitare che le ditte private, costrette a procurarsi a condizioni gravose i fondi occorrenti per la prosecuzione della loro attivit imprenditoriale, fossero poi portate a riversare tali maggiori oneri sullo Stato e sugli altri Enti pubblici committenti, devesi intendere accordata solo se ed in quanto le somme conseguite attraverso il finanziamento e la cessione siano fin dall'origine destinate alla esecuzione di quella determinata opera o fornitura pubblica specificamente indicata (Cass., 27 febbraio 1963, n. 481; 26 marzo 1964, n. 683); il che equivale a i.ire che esse deve essere negata le quante volte nell'atto non risulti cssativamente espressa tale destinazione. A tali princpi -dai quali non crede questa Corte Suprema do ora discostare essendo essi tuttora pienamente validi -la Corte 'ino si viceversa attenuta soltanto in parte, non potendosi seria 'Usconoscere che, nonostante l'innegabile esattezza di molte delle \ 'oni teoretiche da lei fatte -(come quella relativa all'appar \J.lo sconto bancario alla pi vasta categoria dei finan genere , o quella concernente la necessit che ai fini del ~ tributaria l'atto di cessione di credito contenga la spe 'ne delle operazioni di finanziamento in relazione alle e stessa viene effettuata, o quella infine attinente al re il finanziamento per altre operazioni che, sfug Trebbero in definitiva a godere indebitamente del ~e) -, essa, passando poi alla pratica applicazione tte enunciazioni, incorsa in errori ed in omis 'ano formale e su quello sostanziale, una palese 1i cui ai surrichiamati articoli 4 lett. e) e nota allegata alla legge organica di registro 30 di '-esto modificato dalla I. n. 261 del 1953. infatti l'affermazione relativa alla pretesa '\ utilizzare a suo libito l'ottenuto finan ge fatto alcun obbligo specifico di desti ~ione ottenute alla esecuzione di opere pubblico verso cui vanta il credito 'en altro stato l'intento del legi' nobilizzare il credito del cedente m aggiungere solo che la cen' trimenti se non pensando che ,el tutto, oltre ci che ebbero delle diverse Commissioni ....i il ministro proponente Vanoni 456 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nersi ai princpi da questa Suprema Corte dianzi richiamati, tenendo in particolare presente che la prova della sussistenza delle condizioni richieste, ai sensi della nota" succitata, per l'applicabilit tielle aliquote ridotte previste alle lettere b) e c) dell'art. 4della tariffa A allegata alla legge organica di registro deve risultare dall'atto di cessione, non ammettendo essa quivalenti e non potendo quindi essere validamente supplita n da testimonianze n da elementi presuntivi o congetturali n infine da distinto o separato atto scritto. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 marzo 1967, n. 601 -Pres. Pece Est. Arienzo -P. M. Di Majo (parz. diff.) -Cassa di Risparmio di Bolzano (avv. Andreotti) c. Ministero Finanze (avv. Stato PietriniPallotta). Imposta di registro -Enunciazione di convenzione non registrata Enunciazione in sentenza -Tassabilit -Condizioni. (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 72). Imposta di registro -Enunciazione di convenzione non registrata Enunciazione in decreto ingiuntivo -Successive vicende di questo Irrilevanza. (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 12, 72; r. d. 7 agosto 1936, n. 1531, art. 28). Fallimento .. Insinuazione di crediti -Provvedimenti del giudice delegato in sede di approvazione dello stato passivo -Efficacia oltre f l'ambito della procedura fallimentare -Esclusione. I r (r. d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 95-97). ! Ai fini dell'applicazione dell'imposta di titolo su una convenzione I I I non registrata, enunciata in sentenza, non occorre che il negozio sia stato dedotto dall'attore a sostegno della domanda, bastando che esso, invocato dall'attore o dal convenuto, sia posto a fondamento della decisione (1). Applicata l'imposta di titolo, a norma del combinato disposto degli artt. 28 del r. d. 7 agosto 1936, n. 1531 e 72 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, sulla convenzione enunciata in un decreto ingiuntivo, le successive vicende di questo, a seguito del giudizio di opposizione, sono irrile11anti ai fini del Tapporto tributario (2). (1-2) Limitata alle questioni di cui alle prime due massime, e :per esse in tutto conforme alla sentenza qui pubblicata, la coeva Cass., 17 marzo 1967, n. 599, tra le stesse parti. La prima massima si pone sulla -scia di una notevole evoluzione dell'interpretazione giurisprudenziale dell'art. 72 della legge di registro, per quanto PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 457 I provvedimenti emessi dal giudice delegato, in sede di esame ed approvazione dello stato passivo, spiegano efficacia soltanto nell'a!!lf?ito della procedura fallimentare (3). (Omissis). -La ricorrente deduce la violazione ed errata applicazione dell'art. 72 1. 30 dicembre 1923, n. 3269, con riferimento all'art. 360 n. 5 c. p. c., e sostiene che la sentenza impugnata avrebbe omesso di rilevare che per l'applicazione dell'art. 72 citato occorre una domanda che si basi su di una convenzione, erroneamente ritenendo sufficiente la sola circostanza che un contratto non registrato sia servito di base ad una sentenza, senza dimostrare che il decreto ingiuntivo, emesso su domanda di essa Cassa di Risparmio e assoggettato alla tassa di titolo, era stato fondato su convenzione e senza precisare la natura del contratto bancario. E, con il secondo motivo, sotto il profilo della vliolazione degli artt. 33 e 35 1. fall. e di insufficiente motivazione, sostiene che era stato stabilito, con effetto di giudicato tra le parti, l'inesistenza della convenzione supposta dall'ufficio, per effetto dei provvedimenti del giudice delegato al fallimento Brizzi, che aveva respinto la domanda di insinuazione del credito della Finanza per tassa di titolo e parallelamente ammesso il credito della Cassa qualificandolo come sorgente da illecito e non da convenzione. Le doglianze sono infondate. La sentenza impugnata, per quanto attiene ai presupposti di fatto su cui ha fondato il proprio convincimento, ha ritenuto che il decreto concerne i rapporti che, ai fini dell'enJUnciazione tassabile, devono intercorrere tra convenzione e sentenza (da ultimo, cfr. Cass., 25 febbraio 1967, n. 433, 1etro, 440, con nota di G. MAND, nonch Cass., 6 luglio 1966, n. 1743, .n:r.v. teg. fisc., 1966, 1923). Siffatta interpretazione dell'art. 72 riceve conforto dall'art. 115 della tariffa all. A alla legge di registro, che, nel precisare l'ammontare della tassa di titolo riguardo a sentenze che pronunziano condanna di somme o valori sopra convenzioni non scritte o per le quali non siano enunciati nelle sentenze ti.tali registrati, prescinde del tutto dal fatto che le convenzioni stesse siano state dedotte dall'uno o dall'altro dei litiganti. Sul principio di cui alla seconda massima, cfr. Cass., 29 ottobre 1966, n. 2711, retro, 433, ed ivi ulteriori richiami in nota. (3) La massima corrisponde ad un ormai consolidato insegnamento del Supremo Collegio. In senso conforme, cfr., recentemente, Cass., Sez. Un., 27 luglio 1963, n. 2082, Giust. civ., 1963, I, 2583; Cass., 14 settembre 1963, n. 2522, ivi, 1964, I, 139; Cass., 10 dicembre 1963, n. 3129, Dir. fall., 1964:, II, 44; Cass., 24 aprile 1964, n. 1004, ivi, 1964, II, 385. Per ulteriori richiami sul punto cfr. in questa Rassegna, 1966, I, 348, in nota a Cass., 11 marzo 1966, n. 684. 458 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ingiuntivo, chiesto ed ottenuto dalla ricorrente contro il proprio debitore, era fondato esclusivamente sulla convenzione cui si riferiva l'estratto del contratto bancario prodotto dalla Cassa di Rl~parmio, il quale soltanto poteva fornire la prova scritta della certezza, liquidit ed esigibilit del credito. Ed ha precisato che era cosi superata la ambiguit della domanda diretta ad ottenere il decreto ingiuntivo che si richiamava oltre che alla detta documentazione anche alla illiceit dei prelevamenti -perch il Presidente del Tribunale, nell'emettere il decreto, lo aveva fondato sulle deduzioni che, sole, a norma di legge, potevano giustificarlo e sul titolo costituito dal contratto bancario dal quale scaturivano le ragioni creditorie della Cassa di Risparmio. In sostanza, nel caso di specie, la Corte del merito ha accertato che il Presidente del Tribunale non aveva mutato la causa petendi dell'esperita azione monitoria -fondata, secondo l'assunto della ricorrente, su di un credito ex delieto -ma aveva emesso il decreto ingiuntivo sulla base di un credito ex contractu risultante dalla domanda stessa dell'attrice Cassa di Risparmio. Infine, ha rilevato che la sopravvenuta declaratoria di inesistenza della convenzione non ha rilevanza in sede di accertamento della legittimit dell'imposizione, che deve riguardarsi con riferimento al momento della pronuncia presupponente una convenzione, ma che pu, tuttavia, giustificare il ricorso all'art. 14 della legge di registro, non fatto valere nel presente giudizio, ai fini di ottenere la restituzione di quanto corrisposto. In ordine, poi, ai presupposti giuridici che hanno informato la decisione, la Corte del merito si uniformata, espressamente richiamandoli, ai principi enunciati da questa S. C. in una pronuncia (Cass. 20 febbraio 1961, n. 373) con la quale ha regolato una controversia, su fattispecie analoga, gi intercorsa tra le stesse parti. Rilev, infatti, la C. S. nella motivazione della cennata pronuncia, che, secondo l'intepretazione data allo art. 72 legge di registro 30 dicembre 1923, n. 3269 (Cass. n. 3252 del 1956 e n. 386 del 1946), ai fini dell'applicazione della tassa di titolo di una convenzione non registrata, non occorre che il negozio sia stato dedotto dall'attore a sostegno della domanda, bastando che sia posto a fondamento della sentenza senza distinguere se esso sia stato invocato dall'attore o dal convenuto: nella quale ipotesi dovuto, oltre alla normale tassa sulla sentenza (tassa giudiziale) anche la tassa alla quale la convenzione si sarebbe dovuta sottoporre qualora :fosse stata precedentemente registrata (tassa di titolo). Tale principio stato ulteriormente confermato da successive decisioni (Cass. n. 2398 del 1964 e n. 1799 del 1962) che condizionano la applicazione della tassa di titolo, di cui all'art. 72 cit., al fatto che la sentenza abbia pronunciato su una domanda o su un'eccezione fondata su una convenzione verbale e, quindi, nel presupposto che la con PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRXBUTARIA 459 venzione stessa sia stata invocata da una delle parti come titolo della propria istanza. Ora nel caso di specie stato, come sopra accennato, ritenuto dai giudici del merito, con accertamento esauriente e logico, che sfugge al sindacato di legittimit, che il Presidente del Tribunale di Bolzano emise il decreto ingiuntivo di cui si discute sulla base della convenzione bancaria cui si riferiva la documentazione prodotta, costituita dall'estratto conto, e cio sulla base di un contratto, che rappresenta l'unico titolo che potesse giustificare l'esistenza di un credito certo, liquido ed esigibile per ottenere il decreto ingiuntivo chiesto e documentato dalla Cassa di Risparmio con gli estratti conto relativi ad un contratto bancario. N pu aver rilevanza contraria alle conclusioni della Corte di Appello l'omessa qualificazione del contratto bancario, perch tale accertamento non competeva al Presidente del Tribunale ai fini della emanazione del decreto ingiuntivo, ma poteva agevolmente condursi sulla scorta della documentazione prodotta dalla Cassa di Risparmio a sostegno della propria domanda. Non possono, inoltre, utilmente invocarsi dalla ricorrente le successive vicende del decreto ingiuntivo, a seguito del giudizio di opposizione -in cui, pur confermandosi il decreto stesso, si dichiar l'inesistenza della Convenzione -perch, com stato deciso da questa S. C. (Cass. n. 1799 del 1962) la legge non distingue tra sentenze definitive e non definitive, di primo o dei gradi ulteriori di giurisdizione, confermate, riformate o cassate oppure aventi o meno efficacia di cosa giudicata, e tanto meno onsente di ricercare se la conferma della sentenza sia avvenuta per motivi diversi dal richiamo alla convenzione su cui si fondata la decisione di primo grado. Pertanto, era del tutto irrilevante, ai fini del presente giudizio, prendere in esame la sentenza emessa dal tribunale di Bolzano in sede di opposizione al decreto ingiuntivo sottoposto a tassa di titolo. Infondato anche il secondo motivo del ricorso con il quale si sostiene la rilevanza, ai fini dell'accertamento dell'inesistenza della convenzione enunciata nel decreto ingiuntivo, dei provvedimenti del giudice del fallimento Brizzi, che, respinta la domanda di insinuazione al passivo del credito tributario della Finanza, aveva ammesso quello della Cassa come derivante da illecito. Infatti, i provvedimenti del giudice delegato sui crediti insinuati al passivo del fallimento spiegano la loro efficacia ed i loro effetti solo nell'ambito della procedura falli mentare, cosicch essi, ove non diano luogo ad un giudizio di opposi zione e di accertamento in sede contenziosa, non acquistano autorit di cosa giudicata e non precludono al creditore, che sia stato escluso in tutto o in parte dall'ammissione al passivo, di far valere le sue ragioni, quando ci sia possibile, in sede ordinaria ed al di fuori del fallimento (Cass. n. 1004 del 1964). -(Omissis). 460 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 marzo 1967, n. 652 -Pres. Stella Richter -Est. Berarducci -P. M. Gentile (con.) -Girola (avv. Porto) c. Ministero Finanze (avv. Stato Conti). Imposta di successione -Accertamento -Primo accertamento dell'imponibile su denunzia o di ufficio -Ulteriore accertamento e liquidazione di imposta complementare o suppletiva -Ammissibilit. (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 5). Imposta di successione -Determinazione dell'attivo imponibile -Obbligo dell'Amministrazione di conformarsi ai criteri adottati dal contribuente nella denunzia del valore dei beni -Esclusione. (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270, artt. 5, 51). Imposta di successione -Passivit deducibili dall'attivo -Aziende industriali e commerciali -Elementi passivi -Accertamento che dati elementi costituiscano passivit -Costituisce giudizio di fatto Deduzione di passivit aziendali non giustificate nei modi di legge Inammissibilit. (c. p. c., art. 360; r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 45 succ. modiff.; d. 1. 26 settembre 1935, n. 1749, art. 11). Imposta di successione -Passivit deducibili dall'attivo -Condizioni. (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 45 succ. mod:iif.). In tema di imposta di successione, il primo accertamento dello imponibile, sia esso eseguito attraverso la denunzia dell'erede, o d'ufficio, d luogo ad una liquidazione di carattere provvisorio, essendo all'Amministrazione finanziaria consentito di procedere, dopo la liquidazione dell'imposta principale, ad una ulteriore liquidazione di una imposta complementare o .di una imposta suppletiva (1). Il criterio seguito dal contribuente nella denunzia del 'Valore dei beni non 'Vincola l'Amministrazione finanziaria, la quale ha sempre il potere di rettificare, ai fini deU'accer:tamento, gli eventuali errori commessi dal contribuente nel calcolare il detto valore (2). Costituisce giudizio di fatto, non censurabile in Cassazione, l'accertamento che determinati elementi passi'Vi, denunciati come e oneri (1-4) Le passivit e gli oneri aziendali nell'imposta di successione. I principi affermati nella dectsione in rassegna costituiscono esatta appicazione della normativa in materia. La questione sottoposta all'esame della Corte riguardava l'esatta quelificazione giurtdica, ai fini tributari, di determinati e oneri,., indicati nella denuncia di successione come gravanti sull'azienda commerciale del defunto. Si trattava, precisamente, di pretese riserve per indennizzi dovuti PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 461 aziendali ,., e cio come coefficienti negativi da calcolare per la determinazione del valore venale lordo di un'azienda, costituiscano, i!'-~~ce, passivit, come tali detraibili dal valore lordo soltanto se giustificate nei modi di legge (3). L'art. 45 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270, pone due imprescindibili condizioni perch un debito possa essere ammesso in deduzione dall'asse ereditario. La prima che il debito gi esista, in modo incontroverso, al momento dell'apertura della successione e sia determinato nel suo ammontare; la seconda che la dimostrazione dell'esistenza del debito sia offerta nei modi stabiliti dalla stessa legge (4). (Omissis). -Con l'unico mezzo di annullamento, denunciandosi falsa, erronea ed equivoca applicazione dell'art. 45 della legge 30 dicembre 1923, n. 3270, in relazione all'art. 34 della stessa legge ed all'art. 11 del r. d. 26 settembre 1935, n. 1749, ali. B, sostanzialmente si assume: a) che la legge tributaria prevede la deduzione, dall'asse ereditario, dei debiti certi e liquidi, nonch gli estremi della loro dimostrazione, mentre l'imposta suppletiva, di cui causa, trae origine da una equivoca affermazione e pretesa, che cio siano state detratte passivit, o debiti certi e liquidi, non comprovati ai sensi di legge, mentre in realt si tratta di oneri che non sono stati detratti nella\ parte passiva della denunzia di sue.cessione, in quanto che essi, essendo stata l'azienda commerciale e Impresa Umberto Girola ,. denunziata dall'erede nel suo valore complessivo in conformit della perizia Zanella, tenuto, quindi, conto dei fattori positivi' e negativi, risultavano denunziati nella parte attiva della denunzia stessa, e, di conseguenza, non potevano costituire, e in effetti non hanno costituito, oggetto di detrazione da parte dell'Ufficio, come erroneamente presupposto ed a terzi, di penalit per taTdiva consegna di opere appaltate e di perdite previste sui la,vori in corso al momento della successione. Il denunciante aveva m-ospettato tali e oneri ,. come coefficienti negativi da tenersi a calcolo per la determinazione del va:lore venale lordo dell'azienda ed aveva dedotto, quindi, il loro ammontare dal valore complessivo dei singoli elementi attivi aziendali. In sede di rilievo ispettivo si riconobbe, invece, che questi, c. d. oneri altro non erano che passivit aziendali, non deducibili perch non giustificate nei modi PTescritti dall'art. 45 della legge tributaria sulle successioni. Secondo il ricorrente, il supplemento d'imposta non avrebbe potuto essere elevato per due ragioni: perch l'Ufficio aveva provveduto ad instau rare il giudizio di stima, conclusosi con il riconoscimento della congruit della cifra denunziata, e doveva, perci, 'ritenersi precluso ogni successivo accertamento in via suppletiva; e perch, Comunque, gli oneri'" non essendo stati indicati nella parte passiva della denunzia, non potevano esser valutati alla stregua di passivit eventualmente deducibili, ma sol 462 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO affermato dall'ispettore per procedere all'accertamento suppletivo; b} che, avendo l'Ufficio provveduto alla tassazione della cifra denunziata, come stabilito dall'art. 18 del reg. 23 dicembre 1897, n. 54{},<> e dall'art. 34 della legge 30 dicembre 1923, n. 3270, ed avendo lo stesso Ufficio fatto ricorso al giudizio o procedimento di estimazione, cosi come implicitamente risulta dall'avviso di accertamento di valore notificato il 15 novembre 1941, era preclusa ogni azione in via suppletiva; e) che, peraltro, la Corte di merito si messa in contrasto con le precise norme di legge, le quali dispongono che, ove trattisi di aziende industriali e commerciali, la tassazione deve essere commisurata al loro valore venale in comune commercio, ed ha, altresl, errato quando ha affermato che la bonaria soluzione della tassazione pose in essere un concordato, in quanto, in realt, a seguito delle disposizioni sull'abbuono sino ad un terzo a titolo di tolleranza, fu elevato il valore degli immobili ereditari, ma venne tenuto fermo il valore denunziato per l'azienda, essendo la differenza fra detto valore e quello accertato inferiore al terzo; d) che la Corte di merito ha, infine, errato quando ha ritenuto che gli oneri eventuali accertati dal perito Zanella fossero passivit eventuali da non comprendersi nel valore venale dell'azienda, perch non assimilabili agli oneri reali che rappresentano una causa preesistente al trapasso del bene, in quanto, al contrario, trattavasi di oneri veri e propri, che, essendo connessi ad eventi gi verificatisi, non potevano non essere tenuti presenti nel procedimento di valutazione dell'azienda ed erano, quindi, insuscettibili di applicazione dell'art. 45 della legge tributaria, che riguarda la giustificazione delle passivit. Tutte le anzidette censure sono prive di fondamento. tanto come coefficienti negativi da calcolare per la determinazione del valore venale lordo dell'azienda. Ambedue le tesi erano chiaramente infondate. L'Amministrazione linanziaria, dopo la notifica del primo accertamento d'imposta, ha sempre il potere di procedere, prima della scadenza del termine di prescrizione, ad un secondo accertamento, che rettifichi, completi o integri l'accertamento precedente. Si tratta di una potest istituziOinale della Finanza, che non pu certo subire limitazioni fuori dei casi espressamente contemplati dalla legge. Quanto, poi, al secondo punto, chiaro che la Finanza non pu in alcun modo esse'l'e tenuta ad attenersi ai criteri valutativi prospettati dal contribuente. Il fatto che nella denuncia di successione gli e onerri erano esposti, nella parte attiva, come elementi negativi influenti sulla valutazione del cespite, e non nella ;parte passiva, non aveva, perci, assolutamente alcuna rilevanza. La Finanza aveva indubbiamente il potere e il dovere di riesaminare, in base ad una obiettiva indagine di fatto ed a una corretta interpretazione della legge, la qualificazione dei c. d. oneri; e, una volta riconosciuto che, PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 463 Innanzi tutto, quanto alla censura sub b), che va esaminata con precedenza per l'evidente suo carattere assorbente, va osservato cJ:i~1< in tema di imposta di successione, il primo accertamento dell'imponibile, sia esso eseguito attraverso la denunzia dell'erede, o d'ufficio dall'Amministrazione finanziaria, d luogo, come chiaramente si argomenta dalla norma dell'art. 5 della legge tributaria sulle successioni, approvata con il r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270, ad una liquidazione di carattere provvisorio, essendo alla stessa Amministrazione consentito di procedere, dopo la liquidazione dell'imposta principale, ad una ulteriore liquidazione di una imposta complementare, nella ipotesi in cui il nuovo accertamento tragga origine da una mancata o insufficiente enunciazione di dati da parte del contribuente, o di una imposta suppletiva, nelle ipotesi in cui, come nel caso di specie, il nuovo accertamento sia determinato da un errore od omissione in cui sia incorso l'ufficio liquidatore, cio da una causa a questo imputabile. Ci importa che I'Amministrazione finanziaria, dopo la notifica, al contribuente, del primo accertamento di imposta, ha il ptere di procedere, prima che il termine di prescrizione sia decorso, ad un secondo accertamento, che completi o integri l'accertamento precedente. Conseguentemente, non v'ha dubbio che, nel caso in esame, il supplemento ispettivo fosse legittimo, essendo esso giustificato dal fatto di avere l'Ufficio del Registro di Domodossola ammesso in detrazione, dall'attivo dell'azienda, l'importo di nove milioni di lire relativo ai cosiddetti oneri eventuali. Ci premesso, e passando all'esame della censura sub a), devesi osservare che principio affatto ovvio che il criterio seguito dal contri in realt, si trattava di vere e proprie passivit, doveva e poteva applicare la norma (art. 45), che alle passivit si riferisce fissando le condizioni ne cessarie in ogni caso per la loro deducibilit, siano esse esposte nella de nuncia per quello che sono, o siano, invece, camuffate sotto arbitrarie denominazioni di comodo. Quanto al merito della questione controversa, oppo!l'tuno richiamare, anzitutto, le disposizioni di legge che regolano la materia. L'art. 11 del d. 1. 26 settembre 1935, n. 1749 stabilisce che le aziende industriali e commerciali comprese nelle successioni devono essere distintamente denunziate, nei singoli elementi di cui constano, compreso il valore di avviamento, nella parte attiva della denuncia, e le passivit devono essere denunziate, nei loro singoli elementi, nella parte passiva della denunzia e giustificate nei modi vigenti. (Per la ribadita esigenza di una tale giustificazione secondo le norme della legge tributaria sulle successioni, cfr. la recente 1. 31 ottobre 1966, n. 948, art. unico, che sostituisce il primo ed il secondo .comma dell'art. 32 della legge organica). L'art. 15 del d. I. 7 agosto 1936, n. 1639 dispone, poi, fra l'altro, che l'imposta di successione concernente aziende industriali e commerciali deve essere commisurata " sul valore venale in comune commercio al giorno del rtrasferimento . 464 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO buente nella denunzia del valore dei beni, ai fini della determinazione di tale valore, non vincola l'Amministrazione finanziaria, la quale, avendo il potere di controllare la fedelt della denunzia e, qufodi, se il valore denunciato corrisponde a quello effettivo, ha, conseguentemente, anche il potere di rettificare, ai fini dell'accertamento, gli eventuali errori commessi dal contribuente nel calcolare il detto valore. Nel caso specifico, pertanto, l'Amministrazione finanziaria era libera di accertare in sede ispettiva, se i cosiddeti oneri eventuali costituissero oneri aziendali propriamente detti, cio coefficienti negativi da calcolare per la determinazione del valore venale lordo dell'azienda, cosl come li avevano calcolati il contribuente nella denuncia e l'Ufficio del Registro di Domodo~sola nel primo accertamento, o non fossero, invece, passivit aziendali, da trattare, quindi, come tali ai fini della detrazione dal valore dell'azienda. Restano, pertanto, le censure sub e) e d), con .cui si ripropone, sostanzialmente, la questione fondamentale della causa, che ha appunto ad oggetto la qualificazione dei cosiddetti oneri eventuali e, quindi, la loro detraibilit, o non, d.al valore dell'asse ereditario oggetto della imposta. Su tal punto la Corte di merito, dopo aver rilevato che gli oneri in esame consistevano in riserve per indennizzi, penalit per tardive consegne di opere, perdite sui lavori dipendenti da variazioni dei costi di materiali e della mano d'opera, cio in passivit aziendali che, secondo l'assunto del perito estimatore, dovevano essere portate in deduzione dalla consistenza patrimoniale, perch prevedibili in conti- Dal coordinamento delle due norme risulta, evidentemente, che vanno tenuti nettamente distinti gli elementi aziendali attivi (ivi compreso l'avviamento), e le passivit, e che i pTimi devono essere valutati secondo il loro valore venale in com.une commercio. chiaro che nella determinazione di questo 'l.?a!ore venale non poss()lllo venire in considerazione le passivit giustificate a norma dell'art. 45, che, altrimenti sarebbero valutate due volte; n, ovviamente, le passivit non giustificate. Gli elementi aziendali attivi, vanno, qu1ndi, valutati come se non esistesse passivo; il passivo, poi, va ammesso in deduzione (eventualmente, anche per un ammontare eccedente il valore dell'attivo) soltanto se rigorosamente giustificato a norma dell'a:rt. 45. La legg.e non ammette (ed chiaro lo scopo di evitare facili frodi) che queste due distinte fasi del procedimento di valutazione vengano pretertmesse e si attribuisca senz'altro all'azienda un valore complessivo netto, nel quale sia conglobato ogni elemento attivo e passivo. Ci premesso, nella -specie si trattava di stabilire se gli oneri > denunciati costituissero o non vere e proprie passivit. La Corte ha riconosciuto trattar.si di un mero giudizio di fatto, non censurabile in Cassazione. Accertato, per, definitivamente, che di passivit si trattava, non poteva ovviamente non appU.carsi l'art. 45. PARTE I~ SEZ. V~ GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 465 nuazione della gestione dell'azienda, ha affermato che, in sostanza, si trattava non gi di oneri connaturati con la organizzazione--della azienda e sicuramnte incidenti sull'entit del suo vaore patrimoniale (quali, ad esempio, le indennit di anzianit maturate a favore dei dipendenti), bensi di debiti futuri ed eventuali, semplicemente ipotizzati, posto che il loro concretarsi in debiti certi e liquidi era considerato in funzione della continuazione dell'azienda ed era subordinato alla effettiva domanda di indennizzo degli aventi diritto, o al verificarsi di determinati eventi. Ora, non v'ha dubbio che, ci affermando, la Corte di merito abbia emesso un giudizio di fatto, che, essendo congruamente motivato, senza alcun vizio logico, non censurabile in questa sede di legittimit. E se cosi , deve concludersi che la Corte di merito non ha errato neppure in punto di diritto quando, dopo aver rilevato che gli anzidetti e oneri ", costituendo nient'altro che passivit, andavano, per effetto dell'art. 11 del r. d. 26 settembre 1935, n. 1749, all. B, denun ,ciati, come elementi a s stanti, nella parte passiva della denunzia, ha affermato che, trattandosi di passivit non ancora esistenti all'atto della apertura della successione e, comunque, non comprovate nei modi di legge, non potevano formare oggetto di detrazione dal valore della azienda. Cosi decidendo, la Corte di merito ha fatto, invero, retta applicazione della norma dell'art. 45 r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270. Tale norma, infatti, ammette in deduzione dall'asse ereditario soltanto i debiti certi e liquidi e legalmente esistenti al momento dell'apertura della successione >, che siano rigorosamente comprovati nei modi nella Ilricor11ente aveva prospettato una singolare interpretazione dell'art. 45, secondo la quale questa norma riguarderebbe soltanto i debiti certi e liquidi al momento della successione, mentre i debiti non certi e non liquidi resterebbero del tutto fuori del suo ambito di applicazione. M~ evidente l'inconsistenza di un simile assunto, giustamente respinto \ dalla Corte. '\, Ld'art. 4b5ili~i rifehrisce indubbiam~t~ adtedutte. le padssi~t eredit~e, e, , quan o sta sce c e " sono ainineSSl m uz1one a11asse ereditario i debiti certi e liquidi" non intende, certo, delimitare il proprio ambito di \ applicazione, ma intende escludere, proprio, che i debiti incerti o illiquidi \possano esser presi, in alcun modo, in considerazione. 1 Sarebbe assurdo, infatti, che un debito, non provato nei modi del. l'art. 45, venisse escluso dal passivo deducibile, se certo e liquido, e fosse, invece, pienamente deducibile, se incerto e illiquido. Senza considerare, poi, che una conferma testuale dell'applicabilit dell'art. 45 a tutte le passivit si ricava dalle disposizioni 'eccezionali, contenute nello stesso articolo, che ammettono in deduzione alcuni debiti non attuali o non liquidi (debiti verso pubbliche amministrazioni: comma terzo; debiti per indennit di anzianit e simili: comma sesto). M. CONTI 10 466 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO stessa norma specificati. In altri termini, detta norma, diretta ad evitare la possibilit di frodi fiscali, pone due imprescindibili condizioni perch un debito possa essere ammesso in deduzione dall'asse ereditario; la prima che il debito gi esista, in modo incontroverso, al momento dell'apertura della successione, e sia determinato nel suo ammontare; la seconda che la dimostrazione dell'esistenza del debito sia offerta nei modi stabiliti dalla stessa legge (ad esempio, l'esistenza dei debiti di commercio non comprovati da atto di data certa, risultante in uno dei modi di cui all'art. 2704 c. c., deve essere giustificata con la produzione dei libri di commercio del debitore). Nel caso di specie non ricorreva la prima condizione, in quanto trattavasi di debiti che, cosi come ritenuto in linea di fatto dalla Corte di merito, non erano ancora venuti ad esistenza all'atto dell'apertura della successione, e, come logica conseguenza, non ricorreva neppure la seconda condizione, che presupponeva la prima. Onde, non si vede come la Corte di merito avrebbe potuto, in diritto, adottare decisione diversa da quella adottata. -(Omissis). SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 2 maggio 1967, n. 808 -Pres. Favara -Est. Saja -P. M. Gentile (diff.). -Ente Sviluppo agricolo -E.S.A. -(avv. Stato Del Greco) c. De Marco ed altri (avv. Sorrentino) e Impresa Rizzo (avv. Pallottino). Arbitrato -Compenso agli arbitri -Liquidazione globale del Presidente del Tribunale -Natura inscindibile. (art. 814, 20 comma, c. p. c.; art. 331 c. p. c.). Arbitrato -Compenso agli arbitri -Provvedimento di liquidazione Carattere decisorio -Impugnabilit per cassazione ex art. 111 della Costituzione. (art. 814, 2 comma, c. p. c.; art. 111 Costituzione). Arbitrato -Compenso degli arbitri -Procedimento di liquidazione innanzi al presidente del Tribunale -Necessit del ministero di di fensore. (art. 814, 2 comma, c. p. c.; art. 82, 30 comma, c. p. c.). Quando Za domanda di liquidazione del compenso proposta congiuntamente ed indistintamente dai componenti del collegio arbitrale, e quando del pari cumulativamente e globalmente disposta la liquidazione, il procedimento ha carattere inscindibile. In tal caso non sono configurabili rispetto alla prestazione oggetto del provvedimento di liquidazione tante obbligazioni parziarie quanti sono gli arbitri, andando la somma liquidata ripartita a maggioranza dal collegio arbitrale (1). Il provvedimento di liquidazione del compenso agli arbitri emesso dZa Presidente del Tribunale ha carattere decisorio. Esso pertanto impugnabile per Cassazione ai sensi dell'art. 111 della Costituzione (2). Nel procedimento di liquidazione del compenso gli arbitri sono privi di jus postulandi. La relativa domanda, se proposta senza ministero di difensore, radicalmente nulla (3). (1-3) -A) Ben poco da dire a commento della sentenza, articolata sul filo di una motivazione sempre tersa ed ineccepibile. 468 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -In esito ad appalto-concorso, indetto per la costruzione di numerose case per assegnatari della riforma agraria in Sicilia, fu stipulato tra l'Ente per la Riforma Agraria in Sicilia (E.R:A.S.) e l'impresa Rizzo, in data 16 dicembre 1956, un contratto di appalto per la costruzione di 478 case ed annessi rurali, per un importo complessivo molto rilevante. L'impresa si obblig ad eseguire i lavori alle condizioni e norme del Capitolato Generale per gli appalti delle opere dipendenti dal Ministero dei Lavori Pubblici, ed a quelle del Capitolato speciale. L'appalto subi molteplici vicende e diede luogo a contestazioni tra l'ERAS e l'impresa Rizzo, la quale con atto 11 febbraio 1965, notific all'ERAS domanda di arbitrato chiedendo, in via principale, la risoluzione del contratto per inadempimento dell'ente committente, ed in via subordinata, il risarcimento dei danni per il ritardo nella consegna dei lavori e le onerose modificazioni apportate ai progetti, danni precisati in lire 2.339.639.287. L'Eras, con atto 1 marzo 1965, rifiutava la competenza arbitrale, richiamandosi all'art. 47 del capitolato generale di appalto approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063. L'impresa Rizzo promuoveva gli atti necessari per la nomina del collegio arbitrale, che risultava costituito dai signori dott. Angelo de Marco, dott. Giuseppe Potenza, dott. Luigi Pisano Giunta, dott. Cesare Valle, dott. Antonio Franco, componenti, e dott. Vitaliano Scioscia, segretario. Relativamente alla prima massima pu notarsi che l'inscindibiiLit della lite era effetto della unicit o correalit del credito degli arbitri, deiterminata dai principi generali in materia, non solo non derogati ma espressamente confermati nel.la specie dalla domanda e dall'ordinanza di liquidazione. Quanto ai principi generali, la Corte Suprema gi aveva avuto modo di ricordare che, nell'arbitl"ato collegiale, il mandato conferito agli arbitri di decidere, necessariamente unico ed indivisibile per la natura stessa della funzione esercitata. All'unicit del mandato doveva fare riscontro l'unicit del compenso e l'unicit dell'obbligazione relativa (4 marzo 1936, n. 751, in Riv. pubb. app., 1936, I, 406). La decisione riguardava un arbitrato privato, ma sembra evidente che gli stessi concetti andavano affermati con ancora maggior vigore per l'arbitrato pubblico, in cui gli arbitri non sono scelti dalle parti, ma risultano designati per legge. B) L'eccezione di inammissibilit del ricorso per difotto di carattere decisorio nell'ordinanza di liquidazione, era stata dai controricorrenti prospettata sotto un primo profilo, relativo alla natura monocratica dell'organo che l'aveva emanata~ organo che, istituzionalmente, nell'impossibilit di emettere sentenze. L'eccezione non era nuova. Infatti la Corte Suprema con sentenza 5 maggio 1951, n. 1061 (in Giur. cornpl. cass. civ., PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 469 Il collegio arbitrale, costituitosi con verbale del l8 gennaio 1966, dava corso al giudizio arbitrale, che si concludeva con lodo del Cc9.1uglio 1966, reso esecutivo dal Pretore di Roma nella stessa data. Ritenuta la propria competenza e rigettate le eccezioni pregiudiziali sollevate dall'ERAS, il collegio arbitrale, in parziale accoglimento della domanda, condannava l'ERAS al pagamento di Lire 1.070.706.500 a favore dell'impresa Rizzo, dichiarava compensate per met le spese della lite e condannava l'ERAS al pagamento dell'altra met. Intanto, in pendenza del procedimento arbitrale, con citazione 19 aprile 1966, di cui non era data comunicazione al collegio arbitrale, l'ERAS aveva convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Palermo l'impresa Rizzo perch fosse dichiarata la decadenza della stessa dal diritto di far valere le pretese avanzate con la domanda arbitrale, non avendo riassunto e proseguito la lite nei modi e termini precisati nell'art. 47 del d.P.R. 16 luglio i-962, n. 1063. Con ricorso presentato il 19 luglio 1966, gli arbitri chiedevano al Presidente del Tribunale di Palermo di procedere, a norma dell'art. 814, 20 comma, cod. proc. civ. alla liquidazione delle spese e del compenso ad essi dovuto. Il Presidente adito, sentiti l'impresa Rizzo e l'Ente Sviluppo Agricolo (E.S.A.) succeduto nel frattempo all'E.R.A.S., con ordinanza 19 agosto 1966, provvedeva alla liquidazione richiesta. Contro questa ordinanza, notificata in forma esecutiva il 30 agosto 1966, ha proposto ricorso per cassazione l'E.S.A. con atto notificato 1951, III, 376) aveva considerato tale profi.lo nel dichiarare inammissibile il ricorso contro l'o.rdinanza presidenziale non impugnabile " di liquidazione del compenso al sequestratario dei beni soggetti ad avocazione per profitti di regime (d.1. 26 marzo 1946, n. 134, e d. 1. 19 novembre 1946, n. 392). Per la stessa Corte Suprema, dopo aver con la nota decisione 20 luglio 1953, n. 2593 (in Foro it. 1953,I, 248) corretto l'interpretazione fino allora data all'art. 111 della Costituzione, conferendo ana norma portata pi ampia, con sentenza 26 aprile 1961, n. 935 (in Giust. civ., 1961, I, 1172) radicalmente aveva mutato orientamento, riconoscendo impugnabile anche ordinan~e del genere, per l'indubbio loro contenuto decisorio, a nulla rilevando che fossero emanate da un organo privo -secondo il codice di rito -della potest di pronunaiare sentenze. Infatti, una volta affermato che la locuzione costituzionale si riferisce a tutti i PifOVvedimenti aventi il carattere ed il contenuto sostanziale di sentenza" (e cio ai provvedimenti decisori irrevocabili, ed in quanto tali suscettibili di incidere definitivamente sui diritti delle parti), non pu contestarsi l'impugnabilit anche dei provvedimenti per i quail.i la legge prevede la forma dell'ordinanza o del decreto. :&: inconferente che il presidente del tribunale non possa pronunciare sentenze: quanto conta se ~'ordinanza o il decreto rism-vati alla sua competenze ed oggetto di contestazione, siano assimilabili per contenuto ed effetti ad una sentenza. Ed infatti, con sentenza 5 ottobre 1963, n. 2650 (in Foro it.. 1963, I, 1876), 470 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO il 28 ottobre 1966 a tutti i componenti il collegio arbitrale, tranne che al dott. Luigi Pisano Giunta, risultato trasferito dalla sua residenza, nei confronti del quale la notificazione stata eseguita, a'cnorrna dell'art. 143 c. p. c. il giorno 5 novembre 1966. Al ricorso, affidato a quattro mezzi di censura, resistono con controricorso tutti gli arbitri e l'impresa Rizzo. -(Omissis). Viene preliminarmente eccepito che la notificazione del ricorso nei confronti del dott. Pisano Giunta sarebbe stata eseguita non solo invalidamente, perch non ricorrevano le condizioni dell'applicabilit dell'art. 143 c. p. c., ma anche successivamente alla scadenza del termine stabilito dalla legge (il provvedimento impugnat9 stato notificato il 30 agosto 1966, mentre la notificazione del il'icorso per cassazione avvenuta il 5 novembre successivo) sicch il provvedimento sarebbe divenuto cosa giudicai;a nei suoi confronti. L'eccezione non per fondata. Al rigual'do risulta preliminare ed assor:bente il rilievo che, allorquando la domanda per il rimborso delle spese e dell'onorario viene proposta al presidente del tribunale congiuntamente e indistintamente dai componenti del collegio arbitrale, e del pari, cumulativamente e globalmente (come nella specie) disposta la liquidazione, il relativo procedimento, la cui natura contenziosa sar in prosieguo chiarita, ha carattere inscindible e pertanto soggetto alla disciplina stabilita nel la Corte Suprema aveva gi riconosciuto l'impugnabilit per violazione di legge del provvedimento presidenziale (anche esso definito ordinanza non impugnabile) emesso ai sensi dell'art. 825, u.c., c.p.c. E pi di recente (14 febbraio 1966, n. 445, in Foro it., 1966, I, 644) sempre al fine di decidere dell'impug1Ilabilit o meno di Ul1l provvedimento emesso con ordinanza, dopo essersi riaffermato in qual senso vada inteso il criterio della prevalenza della .sostanza sulla forma, la Cassazione ba ribadito e contrapposto proprio il diver,so sistema da seguire nell'interpretazione delle norme oridinade e del precetto costituzionale. Cosl riconoscendo per l'ammissibilit di una impugnazione prevista dalle prime (neJ. caso considerato, il regolamento di competenza) la necessit dell'esistenza dei presupposti formali e rituali dalle stesse precisati, e negando questa necessit relativamente al ricorso ex art. 111 della Costituzione. C) Chiarita, dunque, l'irrilevanza della natura monocratica o collegiale del giudice (dovendosi guardare al carattere decisorio del provvedimento ed al :fatto se sia o meno soggetto a reclamo o a particolari mezzi di gravame), andava deciso se l'ordinanza in questione avesse tale carattere, posto che la legge la dichiara non impugnabile. La decisoriet, come noto, la nota peculiare della giurisdizione contenziosa; che ha la funzione di accertare la concreta volont di legge in una situazione di interessi contrapposti, e di procedere alla regoiJ.amentazione giuridica del rap PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 471 l'art. 331 cod. proc. civile. Rispetto alla prestazione, che forma oggetto del provvedimento presidenzia::t.e, non invero, anzitutto configy.rnbile a favore degli arbitri un'obbligazione solidale attiva, giacch nel nostro sistema positivo la solidariet attiva, a differenza di quella passiva non si presume, ma ricorre soltanto nei casi previsti dalla legge ovvero dalal volont delle parti, nei quali non rientra l'ipotesi in esame; n sono configurabili tante obbligazioni parziarie quanti sono gli arbitri, nel senso che ad ognuno di costoro spetti una quota aritmetica della somma liquidata, dato che questa va invece ripartita dallo stesso collegio arbitrale, a maggioranza, tenendosi equamente conto del lavoro da ciascuno prestato e dalle spese singolarmente sopportate (cfr. Cass., 9 aprile 1953, n. 909). Conseguentemente la notificazione ad una delle parti del ricorso per cassazione successivamente alla scadenza del termine, come la stessa omessa notificazione non determina nei confronti di essa il passaggio in giudicato del provvedimento, essendo applicabile la .disciplina contenuta nel cit. art. 331 c. p. c. La dedotta nullit poi della notificazione del ricorso, perch irregolarmente eseguita a norma dell'art. 143 c. p. c. stata sanata dalla costituzione in giudizio del dott. Pisano Giunta, sicch il contradittorio risulta comunque regolare nei confronti di tutti gli arbitri. Hanno eccepito inoltre, i ricorrenti l'inammissibilit del ricorso perch il provvedimento, con cui il presidente del tribunale provvede porto mediante l'attribuzione ad una delle parti di un determinato bene (Sez. Un., 14 aprile 1965, n. 684). All'attribuzione immanente la defini tivit, che sopragg.iunge con il giudicaito, fa cui forza autorizza la concreta realizzabilit del bene anche in vi:a esecutiva. Quindi, se il ricorso al presidente del tribunale, ai sensi del secondo comma dell'art. 814 c. p. c., correlativo ad un'attivit prestata dagli ar bitri; se ha per oggetto un compenso per l'opera intellettuale dagli stessi fornita per dirimere una controversia; se diretta ad ottenere la deter minazione del corrispettivo cui le parti sono tenute, non possibile con testare carattere decisorio ad un provvedimento (esplicitamente dichia rato dalla legge non impugnabile e titolo esecutivo) che fissa in ammon tare indiscutibile l'entit della prestazione dovuta ai richiedenti, ne attri buisce definitivamente la titolarit e ne autorizza l'immediata riscossione con ogni mezzo. Come evidente, tutti gli elementi propri della funzion~ contenziosa sono ben presenti nel procedimento in questione nel provve dimento che lo conclude. D) Per principio generale la legge nega alle parti la capacit di azione processuale. L'atto di volont diretto ad ottenere una pronuncia giurisdizionale, non pu non essere malilifestato che a mezzo di un difensore munito di procura. Quando il difensore manchi, l'atto radicalmente 472 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLf' STATO alla liquidazione dell'onorario e delle spese a favore degli arbitri, non avrebbe cara~tere decisorio e non potrebbe essere perci impugnato con il ricorso per cassazione a norma dell'art. 111 della Costituzione. Anche tale eccezione non fondata. Infatti, il provvedimento del giudice ha natura decisoria e costituisce perci esplicazione della giurisdizione contenziosa, quando ha per oggetto la dichiru-azione del diritto obbiettivo nel caso concreto, al fine di risolvere imperativamente un conflitto di interessi. Questo non sorge da una contestazione della pretesa, contestazione che pu anche mancare, bensl dalle contrapposte ;posizioni giuridiche sostanziali alle quali sempre immanente un cont'rasto di interessi che trova appunto nella pronuncia autoritativa del giudice, suscettibile di divenire cosa giudicata, il suo definitivo componimento. Il provvedimento non ha invece carattere decisorio e attiene quindi alla c. d. giurisdizione volontaria, quando non diretto a risolvere un conflitto di interessi al fine dell'attribuzione di un bene, ma a integrare l'attivit privata per la costituzione di nuovi rapporti giuridici ovvero per lo svolgimento di quelli gi esistenti. La c. d. giurisdizione volontaria -inter volentes - caratterizzata dalla mancanza di un contrasto di interessi e trova il suo fondamento nell'esigenza avvertita dal legislatore di limitare .l'attivit negoziale privata, subordinandola nella sua validit o nella sua efficacia all'intervento dell'organo pubblico giurisdizionale, al fine di una tutela di determinati privati interessi apparsi meritevoli di una particolare protezione. Dal che discende, ed insanabilmente nullo per difetto di un fondamentale prsupposto processuale (Cass., 28 maggio 1965, n. 1082; id., 11 ottobre 1957, n. 3740). Il principio non si .a:PPlica solo ai procedimenti innanzi ai conci.Uatori (art. 82, primo comma, c. p. c.), pu essere derogato in quelli che si svolgono innanzi ai pretori (art. cit., .second.o com.ma), mentre innanzi ad ogni altro giudice deve essere tassativamente osservato, a meno che li.a stessa legge non disponga dive:r:samente (art. cit., terzo comma). Di eccezioni la legge processuale prevede unicamente quella di cui all'art. 86 (difesa personale degli avvocati e procuratori), quella di cui all'art. 462 (controversie in materia di previdenza ed assistenza), e quella di cui all'art. 707 (procedimento di separazione dei coniugi). Nessuna di queste eccezioni ricorll'eva nella specie. Per di pi sembra opportuno 110 talre la stretta relazione tra J.'alrt. 81 e l'art. 125 c. p. c., ed il testuale tenore di quest'ultima disposizione, secondo cui: salvo che la legge disponga diversamente, la citazione, il ricorso, la comparsa, il controricoriso, iil pre cetto, debbono ... tanto nell'originaie quanto nelle copie da notificare essere sottoscritti dalla parte se essa sta in giudizio pe1sonaLmente oppure da! difensore . Quindi, qualunque procedimento che secondo La Legge processuale si inizi con ricorso, per essere valido deve dsultarre sottoscritto da un difen ' ' . I . PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 473 tra l'altro, come altra nota caratterizzante di essa sia l'insuscettibilit del provvedimento di volontaria giurisdizione, a differenza di 9-'!~llo decisorio, di divenire cosa giudicata e la sua revocabilit in ogni tempo, espressamente sancita dall'art. 742 cod. proc. civile, salva la tutela dei diritti dei terzi di buona fede. Al lume di tale criterio discretivo, necessariamente sintetico e circoscritto a quanto qui interessa, senza che sia possibile e comunque necessario di affrontare i delicati problemi posti sui vari punti da autorevole dottrina, questa Corte Suprema ha gi ritenuto l'impugnabilit con il ricorso per cassazione, a norma dell'art. 111 della Costituzione, non solo del provvedimento con cui sono liquidati gli onorari e le competenze a favore degli avvocati e procuratori in base agli art. 29 e 30 della 1. 13 giugno 1942, n. 794, ma anche di quello con cui si procede alla liquidazione del compenso al curatoce del fallimento (cfr. tra le altre: sent. 13 aprile 1965, n. 676) e alla persona incaricata della vendita all'incanto nell'esecuzione forzata ai sensi dell'art. 83 delle disposizioni di attuazione al cod. proc. civile (sentenza 18 maggio 1954, n. 1573). Analogamente da ritenere per quanto concerne il provvedimento con cui il presidente del tribunale provvede alla liquidazione dell'onorario e delle spese agli arbitri, dato che esso ha la funzione non gi di apprestare una cooperazione all'attivit giuridica privata, bensi di risolvere il conflitto di interessi relativo al quantum debeatur e immanente nelle stesse posizioni giuridiche contrapposte di creditore (arbitri) e di debitori (parti del procedimento arbitr,ale): provvedimento che ha perci carattere autoritativo, costituendo titolo esecutivo contro le parti del procedimento arbitrale (art. 014, ultimo comma, c. p. c.) ed suscettibile di divenire cosa giudicata, restando sore, a meno che la legge istessa non disponga diversamente. Il procedimento di oui all'art. 814 c. p. c. si inizia, appunto, con ricorso e non prevede eccezione alla disposizione generale. La sentenza accenna ad un'autorevole conente dottrinale secondo cui gli artt. 82 e 83 c. p, c. devono essei'e riferiti a tutti i procedimenti came rali, anche di voloniaria giurisdizione. L'opinione deJ.l'ANDRIOLI (Comm., 1964, IV, pag. 435), che in proposito testualmente afferma: L'argomento dello stare in giudizio non CompatibiJe con l'agire in camera di consiglio, labile e destinato a naufragare di fronte Ml'inserzione dell'art. 75 tra le disposizioni generali del primo libro e, come tale, non giustifica la ten denza, diretta a negare la necessit del patrocinio nelle procedure came rali avanti i giudici ieui le parti non possono, ai sensi degli artt. 82 e 83, adire di persona. Chiunque consideri la gravit delle conseguenze di non pochi procedimenti camerali e la scarsa attenzione che la pi parte dei giudici vi dedica, non pu dubitare de11'opportunit dell'opera del difen sore legale . RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 474 sicuramente escluso qualsiasi potere di revoca o modificazione da parte dello stesso giudice che lo ha emesso. Trattandosi quindi di provvedimento decisorio, che pure'"definitivo, in quanto esso non soggetto a particolari mezzi di impugnazione ovvero a reclamo e che non trova altro rimedio diverso nella legge, deve ritenersi ammesso il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111 della Costituzione, perch tale norma concerne anche i provvedimenti, che hanno fa forma esteriore di ordinanza o decreto, emessi con il procedimento di camera di consiglio da giudici monocratici o collegiali; sempre che abbiano i suddetti requisiti della decisoriet e della definitivit, con la conseguenza che -se si negasse il ricorso per violazione di legge ai sensi dell'art. 111 della Costituzione -la situazione delle parti soccombenti non troverebbe altro diverso rimedio, e ne risentirebbe un pregiudizio insanabile (Cass., 17 luglio 1965, n. 1606; 27 marzo 1965, n. 531, ed altre). Dal resistente Rizzo stata anche eccepita l'improcedibilit del ricorso .perch stata esibita dalla ricorrente Amministrazione il lodo arbitrale in copia non autenticata dal cancelliere n redatta in carta da bollo. Tale rilievo, , per, evidentemente infondato. Com' giurisprudenza costante, infatti, l'improcedibilit del ricorso per cassazione pu essere determinata soltanto dal mancato deposito, al quale da equiparare quello in copia sprovvista di autenticit o fiscalmente iNegolare, di quegli atti e documenti dei quali sia indispensabile l'esame ai fini della pronuncia sui dedotti mezzi di censura. Nel caso in esame, invece, detto documento risulta completamente superfluo, concernendo il gravame soltanto il provvedimento di liquidazione agli arbitri dell'onorario e delle spese, sicch il Collegio in condizione di decidere senza tenere conto del documento medesimo. Ci posto, rileva la Corte che con il primo mezzo il ricorrente E.S.A. denunciando la violazione degli artt. 82 e 125 c. p. c. in relazione all'art. 360, n. 3, stesso codice, sostiene la nullit radicale del .provvedimento impugnato perch il ricorso al presidente del tribunale per la liquidazione dell'onorario e delle spese doveva essere presentato, non gi personalmente dagli arbitri, come stato fatto, bens a ministero di un procuratore legale. La censura fondata. Giova anzitutto notare che tutte le norme del libro primo del codice di procedura civile, nel quale sono comprese le disposizioni sul patrocinio (artt. 82, 83 c. p. c.), hanno carattere generale e concernono perci tutti i procedimenti, compresi quelli speciali per cui prescritto il rito della camera di consiglio, salvo che risultino incompatibili con la disciplina propria e particolare di qualcuno di essi. Sarebbe qui superfluo esaminare se la previsione di dette disposizioni debba essere PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 475 riferita a tutti i procedimenti camerali, come viene autorevolmente sostenuto da una corrente dottrinale, senza potere distinguere tra. ql;lelli contenziosi e gli altri di volontaria giurisdizione; giacch, pure accedendo all'opinione pi restrittiva sul rilievo che la legge, usando la espressione stare in giudizio abbia inteso riferirsi soltanto ai procedimenti con parti contrapposte, consegue l'applicabilit delle indicate disposizioni a tutti i procedimenti camerali contenziosi, tra i quali, rientra, come gi si visto, quello in questione. Nessuna incompatibilit, invero, pu riscontrarsi tra tali procedimenti e la disciplina dettata in tema di patrocinio dagli artt. 82 e 83 c. p. c., dato che questa si fonda sulla normale inidoneit della parte a provvedere adeguatamente allo svolgimento della difesa e al compimento degli atti processuali, sicch, a tutela dell'interesse individuale e di quello pubblico al buon andamento della giustizia, la legge impone alle parti, salvo che per procedimenti di minor rilievo (quelli innanzi i conciliatori e condizionatamente quelli avanti il pretore) di ricorrere all'opera di professionisti legali, i quali provvedano a compiere in loro nome le attivit processuali necessarie e compariscano innanzi il giudice per esporre le loro ragioni: la ratio del precetto legislativo sussiste egualmente anche rispetto ai procedimenti camerali contenziosi, i quali esigono del pari quella tecnica giuridica che solo i professionisti legali posseggono e possono importare conseguenze non meno gravi di quelle conseguenti a un procedimento ordinario. N possibile consentire nella distinzione proposta dalla difesa dei resistenti, la quale in base alla dizione letterale dell'art. 82, 30 comma, c. p. c. ( salvi i casi in cui la legge dispone altrimenti davanti ai tribunali e alle corti di appello le parti debbono stare in giudizio col ministero di un procuratore legalmente esercente > ), sostiene che tale norma non sarebbe applicabile quando, come nella specie, la cognizione non spetta collegialmente al tribunale o alla corte di appello : evidente, infatti, come decisivo in proposito sia l'ufficio giudiziario adito, indipendentemente dalla circostanza che si debba provvedere collegialmente ovvero mezzo di un organo monocratico semplice, come il presidente del tribunale o della corte di appello. Merita per di essere chiarito per un'esatta delimitazione del prin~ ipio accolto, che il citato art. 82, a-o comma c. p. c., allorquando subordina la possibilit di deroga alla regola generale dell'obbligatoriet del patrocinio ad una diversa disposizione di legge, non esige pure che tale disposizione sia espressa, sicch l'onere non sussiste non solo in presenza di un'apposita norma (es. art. 86, c. p. c. di cui , per altro pacifico che non ricorre, comunque il caso nella specie: artt. 462, 707 c. p. c.), ma anche se l'esclusione di esso possa ricavarsi in base ai normali criteri d'ermeneutica. Il che indubbiamente ricorre ad esempio per il curatore del fallimento, per il consulente tecnico, per 476 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO il custode di beni pignorati o sequestrati, per la persona incaricata della vendita a nocma del citato art. 83 delle disposizioni di attuazione al codice civile, e, in genere, per tutte quelle persone, la cui domanda di liquidazione del compenso costituisce l'atto terminale delle attribuzioni inerenti all'ufficio, loro affidato dallo stesso giudice e da loro svolte (e nel contempo un momento del procedimento nel quale tali attribuzioni sono state esercitate), sicch la proposizione di essa rientra nei poteri dalla legge conferiti con il conseguente e necessario conferimento del ius postulandi. Alle persone titolari degli uffici anzidetti per non possono essere equiparati gli arbitri, giacch senza che occorra soffermarsi sulla controversa natura giuridica dell'istituto, le loro attribuzioni quali loro conferite dalle parti private terminano in fase deciso['ia con il deposito del lodo arbitrale, mentre il procedimento per la liquidazione deHe spese e dell'onorario ha una sua propria autonomia che trova nel giudizio arbitrale solo un mero anche se necessario presupposto. N alcun argomento pu trarsi dalla facolt concessa dall'art. 814, 2 comma, c. p. c. agli arbitri di provvedere direttamente alla liquidazione delle proprie spese e del proprio onorario. Nell'arbitrato, invero, sono nettamente da distinguere due rapporti giuridici, di cui uno intercorre tra le parti ed ha per oggetto il regolamento della res controversa, su cui gli arbitri debbono provvedere, mentre il secondo si svolge tra le parti, da un lato, e gli arbitri, dall'altro, ed ha per oggetto i reciproci obblighi e diritti, con esclusione di qualsiasi potere decisorio degli arbitri stessi, ai quali non pu essere riconosciuto per tale secondo rapporto alcun potere autoritario, in quanto essi sono soggetti di tale rapporto, e lungi dall'essere super partes sono parti essi stessi, con interesse in rem propriam. Conseguentemente l'indicata liquidazione non ha nulla in comune con quella disposta dagli arbitri con il lodo a favore di una parte del giudizio arbitrale, ma si risolve in una mera proposta che non ha alcun effetto giuridico se le parti, come opportunamente si esprime la norma citata, non l'accettano, ossia, non manifestano una volont di eguale contenuto di quella espressa dagli arbitri. Si tratta quindi di un istituto di esclusiva natura negoziale privatistica che per nulla contrasta con i rilievi superiormente esposti e che, anzi, viene a confermarli. Dovendosi quindi negare agli arbitri il ius postulandi per la liquidazione delle spese e dell'onorario, la domanda da loro (come nella specie) personalmente proposta risulta radicalmente nulla e tale nullit radicale si estende all'impugnato provvedimento, il quale, in accoglimento del primo mezzo, restando assorbiti gli altri, deve essere annullato senza rinvio, dovendo il giudizio essere iniziato ex novo. ~ (Omissis). PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 477 LODO ARBITRALE, 20 giugno 1966, n. 45 -(Roma) -Pres. Santa niello -Fall. Impresa SA.CO.RI. (avv. Giuffrida) c. Assessorato 11. pp. Regione Siciliana (avv. Stato Albisinni). Appalto -Appalto di opera pubblica -Riserve -Sottoscrizione del conto finale mediante telegramma -Inefficacia. La firma con riserva del conto finale deve essere fatta nei modi e termini rigorosamente previsti dal regolamento 25 maggio 1895, n. 350. Non sono ammissibili equipollenti, e pertanto un telegramma non idoneo a confermare riserve gi iscritte in contabilit (1). (Omissis). -Con il secondo quesito in sostanza, si sottopone al Collegio la questione se la mancata apposizione della firma sul conto finale da parte del legale rappresentante dell'Impresa appaltatrice entro il termine prefisso, possa comportare le conseguenze previste dall'art. 64 Regolamento 25 maggio 1895, n. 350, nonostante che l'Impresa medesima, prima della scadenza del termine, abbia inviato alla stazione appaltante un telegramma del seguente tenore Amministratore unico DA.CO.RI. diretto costi per _la firma stati finali strade Balatazze et Madonna Via punto voglia considerare detti stati finali firmati con riserva et richiamo conferma riserve registri contabilit et contenuto memoriale Assessorato et Consorzio medesimo oggetto punto ossequi Dacori " Giova anzitutto osservare che, secondo quanto precisato da auto revole dottrina, nel sistema risultante dalle norme previste nell'art. 54, comma 5; 64; comma 3; 89, comma 3; 107, comma 3, Regolamento citato, il difetto di firma dei documenti contabili non acquista un valore a s stante, ma solo in quanto comporta necessariamente l'omissione di riserva: omissione alla quale sicuramente da riportarsi la definitivit dei dati contabili (che appunto le riserve mantengono allo stato di controvertibilit). Ci posto, chiaro che nella specie il problema non di stabilire se il conto finale possa essere firmato mediante telegram (1) Massima di evidente esattezza. In via generale l'art. 72 del Regolamento sulla contabilit di Stato nega efficacia alla manifestazione di volont espressa con telegramma. Nella nO'l'lllativa dei lavori pubblici, non si mai dubitato che il procedimento riguardante le riserve abbia carattere formale e vincolato, ,sia per quanto attiene alla sede di proposizione delle riserve, e sia per il tempo ed il modo di formulazione. Per.ci come non valida una riserva che non sia tsciritta nei modi prescritti negli atti e documenti contabili, cos da escludere che le riserve iscritte possano essere confermate nel conto finale con modalit diverse da quelle tassativamente previste e che sono quelle di cui all'art. 64 del Regolamento 25 maggio 1895, n. 350 (cfr. CIANFLONE, L'appalto di oo. pp., 1964, 772). 478 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ma, ma piuttosto se con tale mezzo possano essere fatte delle riserve, anzi (con riguardo al caso di specie) confermate le riserve gi formulate nel registro di contabilit, al fine di evitare che il conto finale si.abbia come e definitivamente accettato > dall'Impresa appaltatrice a sensi dell'art. 64, comma 3 del Regolamento. Ora, dato che in base ai princpi generali la conferma non pu avere forma diversa dall'atto confermato, e considerato che la riserva, sotto il profilo formale, costituisce una contestazione dei dati contabili da iscriversi nei documenti di contabilit secondo quanto disposto da tutti gli articoli sopra citati del Regolamento, ritiene il Collegio che il telegramma non possa costituire, almeno in via normale, un mezzo valido per confermare le riserve. N vale a contrastare questa opinione il richiamo fatto dalla difesa dell'attrice a norme del nostro ordinamento giuridico che espressamente consentano l'uso del telegramma per il compimento di atti soggetti a termine di scadenza. Trattasi infatti, di norme relative ad ipotesi del tutto estranee alla materfa dei lavori pubblici, la quale ha una sua peculiare disciplina, ispirata a criteri di evidente rigore (spiegabile con l'intendimento del legislatore di garantire al massimo l'interesse della P. A.) per quanto attiene alla forma degli atti. Utile a questo proposito pu essere il riferimento a quanto stabilisce l'art. 41 del Capitolato generale in vigore al tempo dei fatti, secondo cui e le domande ed i reclami dell'Impresa debbono essere presentati ed iscritti nei documenti contabili nei modi e nei termini tassativamente stabiliti dal Regolamento sopracitato, senza di che non potranno essere prese in alcuna considerazione > (v. anche ai:t. 26 nuovo Capitolato generale). D'altronde l'attrice non ha provato l'esistenza di una causa di forza maggiore o comunque d'un qualche evento straordinario, in base a cui poter ritenere eventualmente giustificabile il ricorso ad un mezzo atipico, quale quello utilizzato nella specie per confermare la riserva; ma s' limitata a sollevare inonsistenti dubbi sulla congruit dei termini prefissi dalla stazione appaltante e sulla regolarit della notifica degli inviti nel domicilio eletto dell'Impresa. In considerazione di quanto sopra, ed a parte ogni superfluo rilievo in ordine all'incertezza sul soggetto che a nome dell'Impresa spedi il telegramma, ritiene il Collegio che legittimamente l'Amministrazione dichiar il conto finale definitivamente accettato e che non pu quindi l'attrice essere rimessa in termini secondo la sua richiesta per esplicare le riserve gi fatte e per farne di nuove. -(Omissis). SEZIONE SETTIMA GIURISPRUDENZA PENALE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 30 luglio 1966, n. 452 -Pres. Guarnera -Rel. Sebastrio -P. M. Scarc}ia -Rie. Aiello. Cassazione -Motivi di ricorso -Generalit dei motivi contestuali presentati dall'imputato -Motivi aggiunti -Inammissibilit. (c. p. p., art. 201, 5 comma; art. 529, 20 comma; art. 533). Quando i motivi di ricorso presentati dall'imputato siano inammissibili perch generici, debbono considerarsi inammissibili anche i motivi aggiunti presentati dal difensore ai sensi degli artt. 529 cpv. e 533 c. p. c. (1). (Omissis). -Aiello Rosario, detenuto nella casa di lavoro dell'Asinara, il giorno 11 agosto 1964 si allontan, insieme ad altro compagno di detenzione, dalla sezione dell'istituto denominata Diramazione Trabuccato , nella quale si trovava, sfuggendo alla sorveglianza degli 'genti preposti alla custodia. Rintracciati dopo qualche giorno i fuggiaschi furono sottoposti a \r:edimento penale per evasione e per furto aggravato. '~J addebitava in particolare ai prevenuti, in relazione a quest'ul '~ato, di essersi impossessati di un lenzuolo, di una borsa e di ~enti sottraendoli in danno della amministrazione peniten 'ma di darsi alla fuga. (1) La sentenza annotata conferma il princ1p10 costantemente sostenuto dalla giurisprudenza della Suprema Corte secondo il quale la proponibilit dei motivi aggiunti di ricorso deve intendersi subordinata alla specificit dei motivi principali. In tal modo il capoverso dell'art. 529 viene ad essere interpretato estensivamente, nel senso che non basta la semplice osservanza della regolarit formale e dei termini di cui agli artt. 201, 533 la presentazione dei motivi aggiunti, ma che occorre per l'ammissibilit c. p. p. nella presentazione dei motivi principali per rendere ammissibile degli stessi che i motivi principali, tempestivamente proposti, siano regolari anche sotto l'aspetto sostanziale e in particolare che non siano inam 480 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Tratti a giudizio dinanzi il Tribunale di Sassari furono ritenuti responsabili dei reati loro ascritti e I'Aiello venne condannato1 }~ concorso della attenuante del valore lieve per il furto alla pena di mesi 11 di reclusione e di L. 30.000 di multa. Con sentenza del 15 luglio 1965 la Corte d'Appello di Cagliari conferm la sentenza di primo grado impugnata dall'imputato. Avverso quest'ultima decisione ha proposto ricorso !'Aiello con dichiarazione del 17 luglio 1965 nella quale venivano enunciati contestualmente i motivi del gravame. Successivamente, in data 11 agosto 1965 e 2.5 novembre. 1965, altri motivi di impugnazione furono presentati dall'avv. T. Gatti, a ci delegato dal ricorrente con dichiarazione dell'II agosto 1965. MOTIVI DELLA DECISIONE Osserva la Corte che il ricorso inammissibile. Invero, la enunciazione dei motivi di ricorso effettuata dall'Aiello contestualmente alla dichiarazione di impugnazione si limita al semplice diniego di aver commesso 'furti in danno della amministrazione carceraria o di chicchessia ,, : la estrema genericit di tale motivo rende del tutto evidente ia inosservanza della prescrizione dell'art. 201 c. p. p. sulla specificazione dei motivi di gravame quale condizione della loro ammissibilit. ben vero che successivamente furono presentati dal difensore del ricorrente altri motivi di censura alla sentenza impugnata, che indubbiamente rispondono ai requisiti di seriet e specificit richiesti dalla legge; tuttavia essi non possono essere presi in considerazione in quanto dedotti dopo che gi il diritto di impugnazione era stato esercitato dal ricorrente con i motivi dedotti contestualmente alla dichiarazione. missibili perch generici (art. 201, comma 7o) determinando in tal modo ex tunc l'inammissibilit del ricorso. In tal senso: Cass., 19 giugno 1959, Gi'l.llst. pen., 1960, III, col. 109; Cass., 19 aprile 1956, Giust. pen., 1967, III, col. 97; Cass., 9 gennaio 1953, Giust. pen., 1953, III, 472; Cass., 26 gennaio 1953; Giust. pen., 1953, III, 363; in dottrina; A.Lo1s1, Manuale pratico di procedura penale, III, 479. In senso contrario, LEONE, Trattato di diritto processuale penale, vol. III, 212; PERSICO, I motivi di ricorso e le inammissibilit in CaJss. penale. 1945, 4711; nonch .ANGELONI, I motivi aggiunti e la Cassazione, Giust. pen., 1953, III, 119 ss. con autori ivi citati. PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 481 Deve invero ritenersi che la successiva presentazione di motivi di gravame, anche se avvenuta nel termine che sarebbe spettato ai sensi dell'art. 201 c. p. c., non valga a sanare l'impugnazione che" sia affetta da una causa originaria d'inammissibilit. N gioverebbe obiettare che consentita la presentazione di motivi aggiunti per il ricorso per Cassazione nel termine concesso al difensore dell'art. 533 c. p. p.: infatti appena il caso di accennare che l'esercizio di tale facolt inderogabilmente condizionato alla valida presentazione dei motivi principali. Ci si desume dalla lettera stessa dell'art. 529 c. p. p. che subordina la facolt di presentare motivi aggiunti alla condizione che siano stati presentati in "termine i motivi precedenti. ben vero, che, basandosi sulla limitata portata di tale accezione, un'autorevole dottrina sostiene che non sarebbe giustificato escludere l'ammissibilit di nuovi motivi aggiunti, in altre ipotesi che non siano quelle dell'intempestivit dell'impugnazione; tuttavia, questa Corte, come gi in altra decisione (Cass., Sez. II, 26 febbraio 1953 rie. Ricci), ritiene che la presentazione di motivi ulteriori sia condizionata alla validit dei motivi principali, non solo l'aspetto formale, ma anche sotto quello sostanziale, con particolare riguardo alla specificit delle censure. Invero, l'espressa norma contenuta nell'art. 529 c. p. p. della condizione della presentazione nei termini dei motivi principali non che la specificazione pi saliente di uno dei presupposti di ammissibilit del gravame e quindi della possibilit di presentare motivi aggiunti: peraltro, risponde ad una ovvia esigenza logica di interpretazione che non si limiti una conseguenza giuridica ad un solo caso della legge espressamente contemplato, ove la ragione cui si riconnette quell'effetto sia valida per altre ipotesi che possono asserne ugualmente giustificate. Ora evidente che la facolt di aggiungere nuovi motivi presup pone necessariamente una valida impugnazione, che sia tale non solo sotto l'aspetto dell'osservanza del termine, ma anche per ogni altro riguardo: altrimenti si perverrebbe alla conseguenza, certamente inam missibile, secondo la quale la presentazione di motivi aggiunti avrebbe l'effetto di convalidare o sanare un gravame originariamente inam missibile. N appare corretto far distinzione fra le varie possibili cause di inammissibilit, poich anche se si scegliesse a base di un eventuale criterio discriminatore la loro maggiore o minore evidenza, anche sotto tale riguardo ve ne sono alcune di indubbia rilevanza, oltre quella espressamente menzionata della presentazione in termini dei motivi: quale, ad esempio, la tempestivit della dichiarazione, la presentazione da parte di chi sia legittimato, la ritualit della sottoscrizione o della trasmissione per posta, e simili. -(Omissis). 11 482 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 25 agosto 1966, n. 407 -Pres. Migliardi -Rei. Gianturco -P. M. Sullo (conf.) -Rie. Di Gioia ed altro. Procedimento penale -Contestazione dell'accusa -Decreto di citazio ne -Incertezza sui fatti che determinano l'imputazione -Nul lit -Carattere relativo -Sanatoria. (c. p. p., artt. 185, n. 3, 412, 422). La nunit del decreto di citazione a giudizio per incertezza sui fatti che determinano l'imputazione non rientra nel novero delle nullit generali cui si riferisce l'art. 185 c. p. p. e pertanto resta sanata, secondo la regola dettata dall'art. 422 dello stesso codice, quando non sia stata dedotta dall'imputato presente subito dopo le formalit di apertura del dibattimento (1). (Omissis). -Di Gio Pasquale ha interposto ricorso per cassazione aversa la sentenza 14 aprile 1965 della Corte di Appello di Trento, che dichiar inammissibile l'appello da lui proposto contro 1a sentenza 18 settembre 1964 del Tribunale di quella stessa citt che lo aveva ritenuto colpevole di concorso in furto aggravato di biciclette ex artt. 110, 624, 625 n. 7 c. p. (n. 2 della rubrica) e condannato alla pena di un anno di reclusione e di L. 60.000 di multa. Dato che il ricorrente non ha dedotto alcun motivo a sostegno del ricorso, quanto va dichiarato inammissibile, con le conseguenze di legge. Avverso la successiva sentenza della Corte di Trento ha ricorso Romano Francesco, impugnandone il caso con cui in parziale riforma della pronunziata sentenza 18 settembre 1964 del Tribunale di Trento, che l'aveva condannato a due anni e 8 mesi di reclusione e L. 160.000 di multa, quale colpevole del delitto di cui all'art. 3, comma 8, (1) Giurisprudenza costante circa il fatto che ove l'imputazione non sia stata redatta in maniera precisa, e sussiste intertezza sui fatti che l'hanno determinata, l'imputato ha l'obbligo di denunciare la relativa nullit (la quale naturalmente deve essere assoluta), immediatamente dopo compiute le formalit di apertura del dibattimento. In difetto di tale deduzione la nullit rimane sanata. (Conf. Cass., 25 giugno 1959, Giust. pen., 1959, III, 641; Cass., 31 gennaio 1961, Giust. pen., 1961, III, 962, n. 275; Cass., 7 marzo 1961, Giust. pen., 1961, III, 384, n. 539; Cass., 20 maggio 1961, Giust. pen., 1962, III, 21, n. 37; Cass., 4 maggio 1962, Giust. pen., 1963, III, 150, n. 192; Cass., 20 novembre 1963; Giwst. pen., 1964, III, 350, n. 436; Cass., 1-0 marzo 1964, Giust. pen., 1964, III, 426, n. 598. PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 483 l. 20 febraio 1958, n. 75, gli veniva revocata la misura di sicurezza applicatagli di assegnazione a casa di lavoro. Il Romano cui veniva confutato il delitto di cui all'art. 3 della 1. n. 75 del 1958, per aver favorito e sfruttato la prostituzione di Licen Rinalda, facendosi continuamente consegnare danaro, facendosi continuamente pagare i pasti e l'alloggio all'albergo Fiammengo e il tram e trattoria Tre Scalini e "Due Mari in Trento (dall'agosto al dicembre 1959) denuncia la prima volta in questa sede la nullit ex art. 412 c. p. p. del decreto di citazione al giudizio di 1 grado per non essersi in rubrica specificato alcun fatto di favoreggiamento: la censura evidentemente non coglie nel segno, giacch noto che la nullit per incertezza sul fatto del decreto di citazione non rientra nel novero delle nullit generali di cui all'art. 185 c. p. p., ond' sanata ex art. 422 c. p. c. se non dedotta immediatamente dopo le formalit di apertura del dibattimento dall'imputato presente. Ci senza osservare come, nel caso, il giudice d'appello ha ritenuto di fondare essenzialmente la sua pronuncia di conferma sul fatto ben determinato dello sfruttamento, previsto alternativamente col favoreggiamento sul medesimo numero del citato art. 3 ad oggetto di regolare contestazione. Col 2 motivo il Romano lamenta, inoltre la nullit della sentenza denunziata per difetto di motivazione sul diniego delle invocate attenuanti generiche, ma la doglianza affatto priva di consistenza, in quanto data la assoluta genericit della censura d'appello, la Corte di Appello non potendola prendere in considerazione, nessuna motivazione era tenuta ad adottare in proposito. Il ricorso del Romano va, pertanto, respinto. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 21 settembre 1966, n. 1571 -Pres: Frisali -Rel. Stipo -P.-M. Oliva (conf.) -Rie. Crinzi ed altro. Falso -Falsit in atti -Atti pubblici -Registro protocollo delle corrispondenze in arrivo e in partenza dell'archivio generale del Comune - tale -Fattispecie. (c. p. art. 472). Il registro protocollo delle corrispondenze in arrivo e in partenza den'archivio generale del Comune un atto pubblico originario che fa fede della tempestivit d~l ricevimento e della spedizione di un atto del privato o della pubblica amministrazione, indipendentemente dalla regolarit deli'atto stesso, ed idoneo a produrre effetti giuridici a 484 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO favore o a danno delle parti. Commette, pertanto, it delitto di cui all'art. 476 c. p. l'archivista che sul registro annoti in uscita corrispondenza sotto falsa data. (Nella specie era stata falsificata la data di una autorizzazione del Sindaco e la falsa annotazione sui registro era stata effettuata allo scopo di far apparire l'autorizzazione emessa alla data falsificata) (1). (Omissis). -Ha premesso, e correttamente, la Corte di merito, che il registro protocollo della corrispondenza in arrivo e partenza prescritto per regolamento interno in tutti i pubblici uffici al fine di certificare, secondo un numero progressivo, tutti i documenti in arrivo da parte dei privati o di altri uffici, e tutti i documenti che partono dal predetto ufficio. Ci predisposto al duplice scopo di certificare sia l'esistenza del documento in s e per s, che deve essere o stato oggetto dell'attivit della pubblica amministrazione, sia la data in cui il documento entra nella sfera della pubblica amministrazione per mettere in moto tale attivit, sia la data in cui l'attivit stessa si esaurita e si rivolge verso i terzi. indubitato, quindi, che l'annotazione nel registro protocollo compiuta dal funzionario che vi proposto costituisce il compimento di un atto amministrativo il quale certifica il momento in cui la pubolica amministrazione prende conoscenza del documento in arrivo e del momento in cui essa ha manifestato la propria volont portandola a conoscenza degli interessati. La certezza della data che posta tanto a garanzia della pubblica amministrazione, quanto garanzia dei privati, un fatto oggettivo che influisce con effetti essenziali in molte situazioni giuridiche specie con riferimento all'acquisizione o alla perdita di diritti alla validit degli atti, alla capacit dei soggetti, ecc. e la registrazione della stessa nel protocollo acquista un potere autonomo e originario di certificazione indipendentemente dal documento al quale essa si riferisce. Il registro protocollo, pertanto, un atto pubblico originario che fa fede alla tempestivit del ricevimento o della spedizione di un atto del privato o della pubblica amministrazione, indipendentemente dalla regolarit dell'atto stesso, idoneo a produrre effetti giuridici a favore o a danno delle parti. -(Omissis). (1) Con questa corretta affermazione giurisprudenziale, si allunga l'elenco de,gli atti pubblici rientranti nella fattispecie prevista dall'art. 476 c. p. p., secondo la pacifica .definizione di atto pubblico come quello scritto avente natura di documento formato da un pubblico ufficiale per uno scopo inerente alle sue funzioni (Cass. 15 maggio 1961, in Mass., Cass. Pen., 1962, 12). P.D.T. PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 485 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 21 settembre 1966, n. 2000 -Pres. Vinci Orlando -Rel. Folino -P. M. Vacca (conf.) Rie. Palladino ed altri. Procedimento penale -Decreto di citazione -Avviso al difensore Procedimento con pi imputati -Avviso contenente il nome del capolista -Inesistenza di nullit. c. p. p. art. 410). Procedimento penale -Istruttoria sommaria -Istruttoria svolta prima della sentenza n. 52 del 1965 della Corte Costituzionale Inosservanza degli articoli 304 bis e seguenti c. p. p. -Inesistenza di nullit. (c. p. p. art. 410, 304 bis, ter, e q'Uater, 185 n. 3). Interesse privato in atti di ufficio -Elementi del reato -Ingerenza svolta dal pubblico ufficiale per avvantaggiare terzi -Sussistenza del reato. (c. p. art. 324). L'avviso di fissazione del dibattimento notificato al difensore anche se contenente l'indicazione del solo imputato capolista con aggiunta del numero degli altri e con la precisa menzione degli estremi della sentenza deve ritenersi valido (1). L'inosservanza delle norme di c~i agli artt. 304 bis e segg. c. p. p. nell'istruttoria sommaria svolta prima della dichiarazione di illegittimit costituzionale dell'inciso in quanto sono applicabili del primo comma dell'art. 392 c. p. c. non comportano nullit (2). La norma dell'art. 324 c. p. deve ritenersi applicabile tanto nei casi in cui il pubblico ufficiale profitti dell'ufficio pubblico nel proprio personale interesse, quanto nei casi in cui egli si serva della sua carica per avvantaggiare altre persone. La terminologia impiegata dal legi (1) Questo indirizzo giurisprudenziale che Sembra prevalere (in senso \forme Cass. 20 dicembre 1963, n. 741, in Mass . .Cass. Pen., 1964, 445) \re ben pi conforme di quello contrario (Cass. 15 ottobre 1964, n. 288, Cass. Pen., 1965, 182) alle esigenze di tutela sostanziale del diritto 1ifesa, anche per le ipotesi di difensore di ufficio, .dato che norme ...;e impongon la comunicazione a questi dell'avvenuta nomina ..l't. 128 c. p. e art. 5 r. d. 28 maggio 1931, n. 602 disp. at.), onde lo scopo dell'avviso previsto dall'art. 410 c. p. p. solamente quello di notizia della :fissazione del dibattimento: l'avvi.so CJJ,Iindi valido quando consenta di individuare il procedimento e la data dell'udienza. In dottrina, per la tesi restrittive si invece espresso il MASSA, v. Citazione a giudizio in Enciclopedia del diritto. (2) La Suprema Corte mostra chiaramente, con la stringatezza della motivazione, di volere mantenere fermo l'indirizzo adottato da ultimo con la decisione n. 5 dell'll dicembre 1965 delle Sezioni Unite, citata in motivazione, pur dopo la sentenza n. 127 del 29 dicembre 1966 della Corte Costituzionale. Come noto, con questa ultima decisione la Corte Costituzionale 486 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO slatore (e interesse privato ) mostra come non si inteso fare rilievo al solo utile personale del pubblico ufficiale, ma punire ogni ingerenza profittatrice dello stesso pubblico ufficiale per finalit di cal'llttere privato (3). (Omissis). -I ricorsi non sono fondati. Per quanto anzitutto riguardava i motivi di carattere strettamente processuale, da osservare che non sussistono le dedotte nullit. L'avviso di fissazione del dibattimento notificato all'avv. Erminio Grasso, anche se conteneva l'indicazione del solo imputato capolista, con aggiunta del numero degli altri, deve ritenersi valido, in quanto si era espressa la precisa menzione degli estremi della sentenza e, peraltro, lo stesso avv. Grasso assisteva quattro dei cinque imputati: l'atto era quindi idoneo ad assolvere la funzione assegnatagli dalla legge e nessuna menomazione del diritto di difesa poteva in concreto sorgere. Ugualmente non sussiste la dedotta nullit per inosservanza delle norme di cui agli artt. 304 bis e seguenti c. p. p. (omessa comunicazione ai difensori dell'esecuzione della perizia); poich l'istruttoria si svolta con il rito sommario, e le Sezioni Unite di questa Corte, con sentenza 11 dicembre 1965, hanno escluso la retroattivit della dichiarazione di illegittimit costituzionale, pronunciata dalla Corte Costituzionale, con decisione n. 52 del 16-26 giugno 1965. ha affermato che 1a dichiarazione di illegittimit di una norma opera in modo simile all'annullamento, con incidenza quindi anche sulle situazioni giuridiche comunque divenute irrevocabili. La Corte di Cassazione si sempre espressa in senso contrario, fino all'ultima decisione a Sezioni Unite con la quale stato introdotto il criterio distintivo tra applicazione diretta e applicazione indiretta della norma dichiarata incostituzionale e con la conseguente affermazione che, ove la norma ,debba ricevere solo applicazione indiretta (come nel caso che il giudice del dibattimento controlli la validit degli atti istruttori compiuti sotto il vigore della legge dichiarata incostituzionale) la retroattivit della dichiarazione di illegittimit esclusa. Sulla questione, la dottrina abbondantissima: v. da ultimo CoNso, Il deposito degli atti istruttori di difesa nelle varie ipotesi di ist1uzione sommaria; ELIA, Sentenze interpretative di norme costituzionali e vincolo dei giudici; MonucNo, Una questione di costituzionalit inutile: illegittimo il penultimo capoverso dell'art. 30 legge 11 marzo 1953, n. 372; tutti in Giur. Cost., 1966, 1697; FOLIGNO, Gli effetti della dichiarazione di illegittimit costituzionale, in questa Rassegna, 1966, 181. (3) Giurisprudenza costante: Cass. 6 dicembre 1961, in Giust. Pen., 261; 23 ottobre 1960, ivi, 1961, 450; 6 ottobre 1960, ivi, 1961, 529; 10 ottobre 1961, in Cass. pen., 1962, 16. In dottrina, in senso restrittivo, v. ANTOLISEI, Manuale, parte speciale vol. II, 1960, 656; FosCHINI, Favoritismo e interesse privato, in Riv. it. dir. pen., 1957, 81. In senso estensivo v. MANZINI, Trattato di diritto penale italiano, 1950, 244. P.D.T. PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 487 Per quanto concerne gli altri motivi prospettati, da rilevare che la sentenza impugnata adeguatamente motivata e la soluzione accolta risponde ad esatti criteri giuridici. Non dubbio che l'essenza della previsione dell'art. 324 c. p. consiste nello sfruttamento dell'ufficio pubblico da parte del pubblico ufficiale per fini di carattere privato: scopo della norma di impedire il sorgere di situazioni che, per il possibile contrasto di interessi, possono esser causa di danno per la Pubblica amministrazione, o comunque nuociono al prestigio della stessa. La restrittiva interpretazione sostenuta dalla difesa, e che riallaccia all'opinione da taluni espressa anche nella dottrina, non accettabile; questa Corte intende attenersi all'orientamento, pure di recente effettuato in altre pronuncie, nel senso cio che la norma dell'art. 324 c. p. deve ritenersi applicabile tanto nei casi in cui il pubblico ufficiale profitti dell'ufficio pubblico nel proprio personale interesse, quanto nei casi in cui egli si serv~ della sua carica per avvantaggiare altre persone. La terminologia impiegata dal legislatore e interesse privato " mostra come non si inteso dal rilievo al solo utile personale del pubblico ufficiale, ma permise ogni ingerenza profittatrice dello stesso pubblico ufficiale, per :finalit di carattere privato. Non vi , pertanto, alcuna ragione per introdurre una distinzione nella portata della norma: l'essenza dell'illecito penale in esame, l'ingerenza profittatrice della carica, si realizza sia nel caso in cui il pubblico ufficiale assuma nell'atto interessenza personale, sia nel caso che si avvalga dell'ufficio per recare ad altri utile, e nell'uno e nell'altro caso viene ad essere leso lo specifico interesse dalla norma tutelato. N vale far riferimento ad una valutazione comparativa degli art. 324 e 323, poich quest'ultima norma ha carattere sussidiario ed applicabile, quindi, solo quando il fatto non costituisca reato pi grave. Nel caso, attraverso l'accertamento dei fatti correttamente compiuto dai giudici di merito, non vi sono dubbi che la condotta dell'assessore Palladino realizza -sia sotto il profilo oggettivo che sotto quello soggettivo -gli estremi costitutivi del contestato delitto di cui all'art. 324 c. p., ed altrettanto nel reato medesimo degli altri componenti della giunta Panzone, La Vigna e Tedesco. Non si tratta, invero, di una mera progressione della norma pubblicistica che fa carico all'amministratore di attenersi dal collaborare alla deliberazione della pubblica amministrazione, ma si in presenza di una vera condotta profittatrice della carica, posta in essere dal Palladino, con la cooperazione degli altri assessori, condotta attraverso la quale la moglie dello stesso Palladino ha potuto ottenere una posizione di favore nell'acquisto dell'albero pagato per un prezzo esiguo, rispetto al costo reale. -(Omissis). PARTE SECONDA 12 RASSEGNA DI DOTTRINA PANucc10 V., Le dichiarazioni non negoziaU di volont. Giuffr, Milano, 1966, pagg. 384. Con il libro in rassegna l'A. si proposto lo scopo di individuare un criterio di distinzione tra negozi giuridici e dichiarazioni non negoziali di volont pi soddisfacente di quelli fino ad oggi escogitati dalla dottrina privatistica. In realt, il criterio suggerito dal P. vale a distinguere dai negozi le sole dichiarazioni non negoziali di volont emesse dal titolare di un diritto soggettivo e relative ad un comportamento altrui (permessi, dichiarazioni imperative e determinative in genere, ordini, istruzioni, intimazioni, opposizioni), rimanendo escluse dal campo della sua indagine sia le dicharazoni non negoziali di volont dell'obbligato e sia i c. d. accordi non negoziali (artt. 298, 2148, 2155, 2169, c. c.). A giudizio dell'A. le dichiarazioni non negoziali da lui prese in esame debbono distinguersi dai negozi giuridici in base al tipo di mutamento che esse determinano nel mondo giuridico perch pu tranquillamente affer marsi che mentre i negozi trasformano gli elementi essenziali (soggetto, oggetto o altre modalit considerate essenziali dalla legge o dalle parti) dal diritto soggettivo che sta alla loro base, le dichiarazioni non negoziali del titolare del diritto non toccano i predetti elementi essenziali ma pro ducono solo una trasformazione nella dinamica interna del rapporto giu ridico, inserendosi nel processo di realizzazione del diritto soggettivo. Esse, cio, non comporterebbero un mutamento del diritto ma un mutamento nel diritto. Come appare chiaro, il criterio suggerito dal P., oltre che riguardare un tipo ben circoscritto di dichiarazioni non negoziali, un criterio discre tivo di carattere meramente negativo: esso vale solo ad escludere dal campo delle dichiarazioni di volont non negoziali del titolare del diritto i fenomeni di costituzione, estinzione e modificazione del diritto soggettivo. Per giungere all'individuazione del predetto criterio di distinzione, l'A. affronta nel volume in rassegna prima il problema della classificazione delle dichiarazioni non negoziali di volont e poi quello del loro regola mento giuridico. Su questo secondo punto il P. segue i consueti e tradizionali temi di regolamento (capacit, rappresentanza, vizi della volont, limiti alla deter minabilit del contenuto, forma, interpretazione), riassumendo i principi generali che regolano le dichiarazioni non negoziali di volont e tracciano un quadro dei rimedi ad esse applicabili. Interessanti osservazioni sul problema della causa e su quello della legittimazione concludono l'indagine di diritto positivo. L.M. RASSEGNA DI LEGISLAZIONE LEGGI E DECRETI * d. P. R. 4 gennaio 1967, n. 339. -Modifica il capo IV del regolamento generale dei servizi postali (parte seconda -servizi a danaro) approvato. con regio decreto 30 maggio 1940, n. 775, e successive modificazioni (G. U. 6 giugno 1967, n. 139). legge 28 aprile 1967, n. 263. -Modifica la disciplina fiscale degli assegni bancari (G. U. 16 maggio 1967, n. 122). legge 3 maggio 1967, n. 311. -Istituisce una nuova sezione di Corte di assise presso il Tribunale di Cagliari (G. U. 26 maggio 1967, n. 130). legge 3 maggio 1967, n. 317. -Modifica il sistema sanzionatorio delle norme in tema di circolazione e delle norme di regolamenti comunali e provinciali, sostituendo al!l.'ammenda la sanzione amministrativa, includendo la trasmissibilit dell'obbligazione agli eredi e disciplinando la procedura su l'accertamento e la contestazione delle violazioni e per l'applicazione delle sanzioni (G. U. 29 maggio 1967, n. 133). legge 15 maggio 1967, n. 283. -Eleva a 240 giorni, per i contribuenti domiciliati o residenti nei Comuni colpiti dalle alluvioni o mareggiate dell'autunno 1966, il termine di 120 giorni previsto dagli articoli 1, 2, 3, 4 e 5 della legge 23 dicembre 1966, n. 1139 sul condono delle sanzioni non penali in materia tributaria (G. U. 20 maggio 1967, n. 126). legge 15 maggio 1967, n. 430. -Istituisce una nuova sezione di Corte di assise di appello presso la Corte di appello di Catanzaro (G. U. 22 giugno 1967, n. 154). legge 18 maggio 1967, n. 318. -Contiene modifica alle norme sulle pensioni di guerra (G. U. 29 maggio 1967, n. 133). legge 18 maggio 1967, n. 388. -Modifica gli articoli 286, 287 e 289 del testo unico della finanza locale approvato con regio decreto 14 settembre 1931, n. 1175, nel quale inserisce '.Q,Uove disposizioni per la disciplina della riscossione di carichi arretrati di tributi locali (G. U. 15 giugno 1967, n. 148). legge 29 maggio 1967, n. 379. -Modifica norme sulla riforma fondiaria, prevedendo per gli assegnatari dei termini espropriati o accuistati (*) Si segnalano i provvedimenti ritenuti di maggiore interesse. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 97 dagli Enti di sviluppo la possibilit di riscattare, con le condizioni e le modalit indicate, le annualit previste dall'atto di assegnazione (G. U. 14 giugno 1967, n. 147). legge 5 giugno 1967, n. 431. -Contiene modifiche al titolo VIII del libro I del Codice civile ed inserisce il nuovo capo III, con norme sulla adozione speciale (G. U. 22 giugno 1967, n. 154). NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE * NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI codice di procedura .penale, art. 177-bis (Notificazione all'imputato all'estero), nei limiti in cui consente al giudice di emettere il decreto di cui all'art. 170 dello stesso codice, prima che sia trascorso un congruo termine per l'elezione di domicilio da parte dell'imputato (art. 24, secondo comma, della Costituzione) (1). Sentenza 9 giugno 1967, n. 70, G. U. 10 giugno 1967, n. 144. Ordinanza di rimessione 21 gennaio 1966 del Pretore di Castiglione delle Stiverie, G. U. 30 aprile 1966, n. 105, e in questa Rassegna, 1966, II, 100. r. d. 5 giugno 1939, n. 1016 (Testo unico delle leggi sulla protezione della selvaggina e per l'esercizio della caccia), art. 67, primo comma, nella parte in cui dispone che la gestione della riserva ivi prevista sia a vantaggio degli iscritti alla sezione della Federazione della caccia. Sentenza 9 giugno 1967, n. 71, G. U. 10 giugno 1967, n. 144. Ordinanza di rimessione 17 gennaio 1967 del Pretore di Saluzzo, G. U. 30 aprile 1966, n. 105, e in questa Rassegna, 1966, II, 104. d. lg. lgt. 9 novembre 1945, n. 848 (Trattamento di pensione degli addetti ai pubblici servizi di trasporto in concessione, gi licenziati per motivi politici), art. 6. Sentenza 9 giugno 1967, n. 69, G. U. 10 giugno 1967, n. 144. Ordinanze di rimessione 24 gennaio 1966 e 30 maggio 1966 del Tribunale di Roma (G. U. 27 agosto 1966, n. 213, e 24 dicembre 1966, n. 324, e in questa Rassegna, 1966, II, 207 e 289). (*) Tra parentesi sono indicati gli articoli della Costituzione in riferimento ai quali sono state o decise le questioni di legittimit costituzionale. (1) L'articolo 177 bis del codice di procedura penale, nelle parole nei iuogo in cui si procede , stato dichiarato incostituzionle con sentenza 23 aprile 1965, n. 31. 98 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d. P. R. 9 maggio 1961, n. 779 (Norme sul trattamento economico e normativo degli operai dipendenti dalle imprese edili ed affini delle provincie di Matera e Potenza), articolo unico, per la parte in cm rende obbligatorio erga omnes, l'accantonamento presso fa Cassa edile di Potenza dei contributi dovuti per ferie, gratifica natalizia e festivit, previsti dall'art. 10 del contratto collettivo per la provincia di Potenza 10 settembre 1959. Sentenza 9 giugno 1967, n. 73, G. U. 10 giugno 1967, n. 144. Ordinanza di rimessione 29 aprile 1966 del Pretore di Pescopagnano, G. U. 27 agosto 1966, n. 213, e in questa Rassegna, 1966, II, 212. NORME DELLE QUALI STATA DICHIARATA NON FONDATA LA QUESTIONE 'DI LEGITTliMITA COSTITUZIONALE codice civile, art. 271 (Legittimazione attiva e termine) (artt. 3 e 30 della Costituzione) (2). Sentenza 5 maggio 1967, n. 58, G. U. 13 maggio 1967, n. 120. Ordinanze di rimessione 28 maggio 1965 del Tribunale di Torino (G. U. 31 dicembre 1965, n. 326, e in. questa Rassegna, 1965, II, 172) e 8 novembre 1965 del Tribunale di Roma (G. U. 30 aprile 1966, n. 105, e in questa Rassegna, 1966, II, 22). codice di procedura civile. art. 513 (Ricerca delle cose da pignorare), primo comma, ultima parte (art. 13, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 9 giugno 1967, n. 67, G. U. 10 giugno 1967, n. 144. Ordinanza di rimessione 28 novembre 1965 del Pretore di Fermo, G. U. 12 marzo 1966, n. 64, e in questa Rassegna, 1966, II, 1000. codice di procedura civile, art. 522 (Compenso del custode), prima parte (artt. 1, 35, primo comma, e 36, primo comma, della Costituzione). Sentenza 5 maggio 1967, n. 60, G. U. 13 maggio 1967, n. 120. Ordinanza di rimessione 23 novembre 1965 del Pretore di Viterbo, G. U. 14 maggio 1966, n. 118, e in questa Rassegna, 1966, II, 153. Codice penale, art. 204 (Accertamento di pericolosit. Pericolosit sociale presunta), secondo comma, e art. 222 (Ricovero in un manicomio giudiziale), primo comma (artt. 13, primo e secondo comma, 24 secondo comma, 27, secondo comma, e 32 della Costituzione) (3). (2) Questioni proposte anche dalla Corte d'appello di Bologna con due ordinanze del 18 novembre 1966 (G. U. 22 nprile 1967, i1. 102, e retro, II, 59-60). (3) La questione di legittimit costituzionale dell'art. 204, secondo comma, del codice penale, stata gi dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 13, secondo ~ comma, della Costituzione, con sentenza 10 marzo 1966, n. 19. ' t ~) I I ?f . . i~i~i: ~l~ -~-tf~4\ D;t ~;$$1t.WONll . -:.,,~ &!~ie~a 9 giugno 1Q6.7, n. 68, G. u. l& giugno 1967, n. 144, Otdinan.ze di :rhnes1ione 15 luglio :tt6S e 16 nove~bre 196fLj~lla sezione tstruttorta del!ll! Corte tli~ appello di Genova (G. u. 27 novembre 19f5., n. 2f,>7, e 15 gennaio 196$, n. 12, e in questa Rassegna, 196~. II, ~ 173 e 1966, II, 22); 9 novembre 1965 del giudice istruttore del Tribunale di Siena (G. U. 15 gennaio 1966, n. 12, e in questa Rassegna, 1966, II, 21); e 26 .maggio 19.6:6 del Pr~ore di Pieve di Cadore (G. u. 217 agosto 1966, n. 213, e in questa Rassegna, 1966, ll, 201) . .-~ tll p!t~.duro penctle. art. 74 ll1$!1fei.tict deti~aZio1lie penale da p~irte. ~el.~bl>~i<;Pm4m~tf'I'~ o. tel ~etoTe} c.rt~.34>$ (:Pot(fri del 1J}l)tii!tore 'fl'.e;~ f>T'1:tti~~~to ~ ~t'l"y,z;~,~. ~ . . . .. . ;.>,~ ~'1le p$rtt in: uJ. ~oAted; sc"Ono ~{:0"ttp~e il/pot;~ dj Ei~e~ re tazfon penw, di istrqire ll re~ativ:C> :proce$so e .di pll"t\l:nunzi~J;si in ~e.tsttuttoria sull'azione penale A~o $tessb: JFO:J!l\QSS~ (a~~ 1:0:1, s~do co~~h 101, primo eomm~. ~!~~ ~~~);~::~~!,~O '~~~t:~.. ~;fi2>~~l~~ \(~91~\~~0~'). (4); ". len\t~t.'24'ma,apo t9$7 61 G u,.g.'1 ma;g:gito t967 n 132 . . . Ot-,~-~ fl~~st~~:li1Wfio tli~d dell:?r~tare .il C~Lt~niss~tta, G. u. 24 $f/1t1flemit,r~ J96.,, n.. 239~ie Jn questa Rtt'B.settfnq., J;Qt6, 1I, 248. :c~4l~ ~t ,,o,~~ql)q 1~~~1,, '.;t JO$ J(;iudiZi.o 4$1'et.mni~~te. 4~1'ant~ ~~ -~J..tnt. 114'.it:j ~~o~~&mt~ 1'9'2, primo eonma, 107, prbno e q'Qa~o; comma,. 112. 1965 d~I. Pretore. di Pl'izzi, G. {1. 3"1 nov~bre !ttlti, n. M; e in 1qlfesta RusseQM, 1965, Il, 173. col.. 41 proo~dtct "JJcale. cani~ol.i oampresi:nel Hll'o ter.101 titoli primo e. se4'0llclo11 cctpi P?lm. ,,.:.,;a e t~l'lo (artt. "Qi5-496), nelle parti in cui .. onf~iseono. al Ptet~e il :pote~e.4,~ emettere il ~~reto f.il cita~one per il. gludlz)Q, .
  • , stato dichla11ato incostituzionale con sentenza 28 aprile 1966, n. 3,3. La q:uestione di legittin1it castituzionale dell'articolo 398, nelle parti in cui non prevede l'obbligo della contestazione del fatto, qualora non si proceda al com{litnento di atti di istruzione stata dichiarata non fondata, in :riferimento all'articolo 24, secondo comma, della Costituzione, con sentenza 18 aprile 1967, n. 46. 100 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO testo unico approvato con decreto ministeriale 8 luglio 1924 (artt. 3, 24, terzo comma, e 27, primo comma, della Costituzione). Sentenza 24 maggio 1967, n. 62, G. U. 27 maggio 1967, n. 132. Ordinanza di rimessione 28 gennaio 1966 del Tribunale di Belluno, G. U. 30 aprile 1966, n. 105, e in questa Rassegna, 1966, II, 102. r. d. I. 15 marzo 1927, n. 436 (Disciplina dei contratti di compravendita degli autoveicoli ed istituzione del pubblico Registro Automobilistico presso le sedi dell'Automobile Club d'Italia), art. 7, quarto comma (artt. 3 e 24 della Costituzione) (5). Sentenza 5 maggio 1967, n. 59, G. U. 13 maggio 1967, n. 120. Ordinanze di rimessione 24 gennaio 1966 e 25 gennaio 1966 del Pretore di Catania (G. U. 26 marzo 1966, n. 76, e 12 marzo 1966, n. 64, e in questa Rassegna, 1966, II, 103). d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte dirette), art. 182, ultimo comma, in relazione agli articoli 48 (recte: 49) della legge 11 gennaio 1951, n. 25, e 63 della legge 5 gennaio 1956, n. 1 lartt. 76 e 77 della Costituzione). Sentenza 9 giugno 1967, n. 72, G. U. 10 giugno 1967, n. 144. Ordinanza di rimessione 8 novembre 1965 della Commissione distrettuale delle imposte di Casale Monferrato, G. U. 12 marzo 1966, n. 64, e in questa Rassegna, 1966, II, 105. legge 2 aprile 1958, n. 322 (Ricongiunzione delle posizioni previdenziali ai fini dell'accertamento del diritto e della determinazione del trattamento di previdenza e di quiescenza), articolo unico art. 81, quarto comma, della Costituzione). Sentenza 5 maggio 1967, n. 55, G. U. 13 maggio 1967, n. 120. Ordinanza di rimessione 3 novembre 1964 della Corte d'appello di Bari, G. U. 13 febbraio 1965, n. 39, e in questa Rassegna, 1965, II, 15. d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1032 (Norme sul trattamento economico e normativo degli operai e degli impiegati addetti alle industrie edilizie ed affini), articolo unico, nella parte in cui rende obbligatorio erga omnes l'art. 30 del contratto collettivo nazionale di lavoro 24 luglio 1959 (art. 76 della Costituzione) (6). Sentenza 5 maggio 1967, n. 54, G. U. 13 maggio 1967, n. 120. Ordinanza di rimessione 26 ottobre 1965 del Pretore di Cavalese, G. U. 31 dicembre 1965, n. 326, e in questa Rassegna, 1965, II, 174. (5) La questione stata riproposta dal Pretore di Roma anche in riferimento all'art. 113 della Costituzione (ordinanza 2 febbraio 1967, G. U. 8 aprile 1967, n. 89, e retro, II, 65). (6) Il d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1032, stato dichiarato incostituzionale per la parte in cui rende obbligatorie erga omnes le seguenti disposizioni del controllo col PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 101 d. P. R. 31 dicembre 1963, n. 2105 (Modificazioni alle circoscrizioni degli uffici giudiziari), art. 9 (art. 25, primo comma, della Costituzione). Sentenza 5 maggio 1967, n. 56, G. U. 13 maggio 1967, n. :i2o: Ordinanza di rimessione 22 ottobre 1965 del Tribunale di Salerno, ), G. U. 11 dicembre 1965, n. 309, e in questa Rassegna, 1965, II, 175. legge reg. sic. approv. 21 dicembre 1966 (Modifiche alla legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana nella seduta del 21 luglio 1966, concernente modificazioni alla legge 25 giugno 1965, n. 16, recante provvedimenti di emergenza per fronteggiare pubbliche calamit) (art. 17 lett. f dello Statuto della Regione siciliana, e art. 3 della Costituzione). Sentenza 5 maggio 1967, n. 57, G. U. 13 maggio 1967, n. 120. Ricorso del Commissario dello Stato, per la Regione siciliana depositato il 5 gennaio 1967, G. U. 14 gennaio 1967, n. 12, e retro, II, 21. NORME DELLE QUALI STATO PROMOSSO GIUDIZIO DI LEGITTIMIT COSTITUZIONALE codice di procedura civile, camb. disp. art. 301 (Morte o impedimento del procuratore) e art. 305 (Mancata prosecuzione o riassunzione), in quanto prevede l'estinzione del processo per mancata riassunzione nel termine di sei mesi dall'interrogazione anche per l'ipotesi di interruzione per morti, radiazione o sospensione del procuratore, in cui H. termine decorre da una data che per senza colpa rimanere ignota alle parti (art. 24 della Costituzione) (7). Corte di appello di Catania, ordinanza 22 dicembre 1966, G. U. 24 giugno 1967, n. 157. codice di procedura civile, art. 622 (Opposizione della moglie del debitore), sia perch limita alle sole ipotesi previste l'opposizione della moglie contro i debitori del marito (art. 24 della Costituzione), sia lettivo di lavoro 24 luglio 1959, relativo al trattamento economico e normativo degli organi addetti alle industrie edilizie ed affini: art. 34, per il riferimento alle Casse edili di cui alla fine del terzultimo comma (sentenza 13 luglio 1963, n. 129), art. 55 (sentenza 6 luglio 1965, n. 56)., art. 56 (sentenza 23 maggio 1966, n. 45), art. 61 (sentenza 9 giugno 1965, n. 43), e art. 62 (13 luglio 1963, n. 129). 11 d. P. R. 14 lugilo 1960, n. 1032, stato inoltre dichiarato incostituzionale nella parte in cui rende obbligatorio erga omnes l'art. 46 del contratto collettivo di lavoro 1 agosto 1959, per gli impiegati addetti alle industrie edilizie ed affini (sentenza 4 febbraio 1967, n. 9). (7) Questione gi proposta dal Tribunale di Catania con ordinanza 17 gennaio 1966 (G. U. marzo 1966, n. 64, e in questa Rassegna, 1966, II, 100), dalla Corte di cassazione con ordinanza 16 febbraio 1966 (G. U. 27 agosto 1966, n. 213, e in questa Rassegna, 1966, II, 201), dal Tribunale di Roma con ordinanza 10 novembre 1966 (G. U. 28 gennaio 1967, n. 25, e retro, II, 15), e dalla Corte di appello di Bologna con ordinanza 28 novembre 1966 (G. U. 22 aprile 1967, n. 102, e retro, II, 60). 102 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO perch le limitazioni alla proponibilit ed ai mezzi di prova concorrono l'opposizione solo della moglie (artt. 3 e 29 della Costituzione) (8). Pretore di Trieste, ordinanza 12 agosto 1966, G. U. 10 giugno 1967, n. 144. c:odic:e penale, art. 330 (Abbandono collettivo di pubblici servizi, impieghi, servizi o lavori), da considerarsi in vigore pur malgrado la soppressione-dell'ordinamento cooperativo, in quanto limita la libert sindacale ed impedisce l'esercizio del diritto di sciopero (artt. 39 e 40 della Costituzione) (9). Giudice istruttore del Tribunale di Roma ordinanza, 21 luglio 1966, G. U. 24 giugno 1967, n. 157. c:odic:e penale, art. 708 (Possesso ingiustificato di valori), in quanto determina la qualit dell'oggetto del possesso ingiustificato in relazione alla condizione economico-sociale del p.ossessore (art. 3 della Costituzione). Giudice istruttore del Tribunale di Torino, ordinanza 14 marzo 1967, G. U. 27 maggio 1967, n. 132. c:odic:e di procedura penale, art. 225 (Sommarie informazioni) e art. 392 (Forme, avocazione e trasformazione dell'istruzione sommaria), primo comma, in quanto, con gli incisi " per quanto possibile e " in quanto sono applicabili, rendono possibile non applicare all'istruzione sommaria gli articoli 304 e 304 quater del codice di procedura penale (artt. 24, secondo com'.llla, 23, primo comma, della Costituzione) (10). Giudice istruttore del Tribunale di Bologna, ordinanze 30 gennaio 1967 (G. U. 24 giugno 1967, n. 157) e 31 gennaio 1967 (G. U. 10 giugno 1967, n. 144). (8) Questioni gi proposte, in riferimento agli artt. 24, primo comma, e 29, secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale di Milano (ordinanza 23 maggio 1966, G. U. 12 novembre 1966, n. 284, e in questa Rassegna, 1966. II, 285). (9) Questioni dichiarate non fondate, e ai sensi e nei limiti risultanti dalla motivazione,, ed in riferimento al solo articolo 40 della Costituzione, con sentenza 28 dicembre 1962, n. 123 (ritenuta, nell'ordinanza sopra indicata, non espressamente risolutiva della questione). (19) Il primo comma dell'art. 392 del codice di procedura penale, nella parte in cui, con l'inciso in quanto sono applicabili ,,, rende possibile non applicare alla istruzione sommaria gli articoli 304 bis, 304 ter e 304 quater del codice di procedura penale, stato dichiarato incostituzionale con sentenza 26 giugno 1965, n. 52; nella sentenza 19 febbraio 1965, n. 11, invece, la Corte costituzionale, adottando una interpretazione della no.rma in contrasto con quella giurisprudenziale (di cui prender atto nella successiva decisione) aveva dichiarata la questione non fondata. La stessa questione stata nuo\amente sollevata dal Pretore di Empoli ( in via subordinata " rispetto alla richiesta di decisione sul conflitto sorto tra la Corte costituzionale e la Corte di cassazione e al provvedimento di sospensione del processo in attesa della risoluzione, di ufficio, del conflitto), nel condizionante presupposto che possa considerarsi necessario provocare in ciascun processo, perch rispetto ad esso 1- J PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 103 codice di procedura penale, art. 231 (Atti ed informative del pretore) e art. 398 (Poteri del pretore nel procedimento con istruzione sommaria), nella parte in cui prevedono la possibilit per il pretore di ordiire la citazione a giudizio o di provvedere al giudizio per decreto senza procedere ad atti di istruzione e, in particolare, senza preventiva contestazione del reato ed interrogatorio dell'imputato (artt. 3 e 24 della Costituzione) (11). Pretore di Barcellona Pozzo di Gotto, ordinanza 24 febbraio 1967, G. U. 24 giugno 1967, n. 157. codice di .procedura penale, art. 389 (Casi in cui si procede con istruzione sommaria), Terzo comma, in quanto rimetti all'insindacabile potere del pubblico ministero di stabilire se e quando la pro~a evidente e se e quando si debba procedere ad istruttoria formale o sommaria (art. 25 della Costituzione). Tribunale di Palermo, ordinanza 4 marzo 1967, G. U. 10 giugno 1967, n. 144. codice di procedura penale, art. 395 (Richiesta di proscioglimento e sentenza del giudice istruttore), ultimo comma, in quanto prevede solo per alcune ipotesi di proscioglimento istruttorio la necessit che l'imputato sia stato interrogato o che il fatto sia stato enunciato in un ordine di cattura, di comparizione o di accompagnamento rimasto senza effetto (artt. 24, secondo comma, e 3, primo comma, della Costituzione) (12). Giudice istruttore del Tribunale di Bologna ordinanze 30 gennaio 1967 (G. U. 24 giugno 1967, n. 157) e 31 gennaio 1967 (G. U. 10 giugno 1967, n. 144). risulti operante, la decisione della Corte costituzionale sulla illegittimit costituzionale delle disposizioni (ordinanza 5 gennaio 1966, G. U. 12 mal."ZO 1966, n. 64, e in questa Rassegna, 1966, II, 101); la questione risulta peraltro superata con la sentenza 29 dicembre 1966, n. 127, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimit costituzionale dell'art. 30, terzo comma della legge 11 marzo 1953, n. 87. La questione di legittimit costituzionale dell'art. 392, primo comma, riguardo all'inciso e in quanto applicabili " (ed in quanto rende possibile non applicare alla istruzione sommaria l'articolo 372 del codice di procedura penale) stata dichiarata non fondata con sentenza 29 dicembre 1966, n. 127. L'art. 392, terzo comma, ultima parte (in quanto consente al Procuratore generale, che ha assunto o avocato a s l'istruzione sommal."ia della causa, di rimettere gli atti del processo alla Sezione istruttoria), stato dichiarato incostituzionale con sentenza 2 aprile 1964, n. 32. (11) Questioni dichiarate non fondate con sentenza 18 aprile 1967, n: 46. L'articolo 398 del codice di procedura penale, nelle parti in cui, nei procedimenti di competenza del Pretore, non prevede la contestazione del fatto e l'interrogatorio dell'imputato, qualora si proceda al conseguimento di atti di istruzione, stato dichiarato incostituzionale con sentenza 28 aprile 1966, n. 33. (12) Questione gi proposta, dallo stesso Giudice istruttore, con ordinanza 18 novembre 1966, G. U. 25 marzo 1967, n. 77, e retro, 11, 61. II primo comma dell'art. 395, 104 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice di procedura penale, art. 636 (Intervento della persona interessata) e art. 637 (Investigazioni del giudice di sorveglianza), in quanto disciplinano il procedimento per l'applicazione deHe misure di "Sicurezza, che deve riconoscersi di natura giurisdizionale, senza assicurare un valido contradittorio con l'internato, n la effettiva possibilit di assistenza tecnica e professionale (artt. 24, secondo comma, e 25 della Costituzione). Giudice di sorveglianza del Tribunale di Reggio Emilia, ordinanza 20 aprile 1967, G. U. 24 giugno 1967, n. 157. codice della navigazione, artt. 1238, 1240, 1242, 1243, 1245, 1247, in quanto attribuiscono funzioni giurisdizionali al comandante del porto (disp. trans. VI e artt. 25 e 102 della Costituzione) (13). Pretore di Amalfi, ordinanza 2 marzo 1967, G. U. 13 maggio 1967, n. 120. legge 20 marzo 1865, n. 2248, ali. F (Legge nei lavori pubblici), art. 317, in quanto conferisce al Governo il potere di emanare norme penali nell'esercizio di una potest regolamentare (artt. 1, secondo comma, 70, 76, 77 e 25, secondo comma, della Costituzione) (14). Pretore di Caltanissetta, ordinanza 25 febbraio 1967, G. U. 24 giugno 1967, n. 157. in quanto consente al Procuratore generale, che ha assunto e avocato a s l'istruzione sommaria della causa, di rimettere gli atti del processo alla Sezione istruttoria, stato dichiarato incostituzionale con sentenza 2 aprile 1964, n. 32. (13) Questione gi dichiarata non fondata, per l'articolo 1238 del codice della navigazione ed in riferimento all'articolo 102 della Costituzione, con sentenza 10 giugno 1960, n. 41. Altre questioni d legittimit costituzionale dell'articolo. 1238 del Codice della navigazione, in quanto attribuisce concorrenza giurisdizionale alla stessa autorit che svolge la funzione regolamentare, stata proposta. in riferimento all'articolo 104, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale di Roma (ordinanza 17 marzo 1966, G. U. 21 maggio 1966, n. 124, e in questa Rassegna, 1966, II, 155). La questione di legittimit costituzionale dell'art. 1240, terzo comma, del codice della navigazione stata dichiarata non fondata, in riferimento all'articolo 25, primo comma, alla Costituzione, con sentenza 28 gennaio 1965, n. 1. (14) J,a questione, proposta dal Pretore di Borgo San Lorenzo con ordinanza 23 giugno 1865 e dal Pretore di Caltanissetta con ordinanza 6 dicembre 1965, torna all'esame della Corte costituzionale che con ordinanza 19 dicembre 1966, n. 126 aveva disposto la restituzione degli atti ai giudici a qu.ibu.s per un nuovo giudizio sulla rilevanza, con riguardo alle norme di cui all'articolo 26 della legge 30 gugno 1906, n. 272 (riprodotto nell'articolo 216 del r. d. 9 maggio 1912, n. 1447) e all'articoJ.o 1 del r. d. I. 18 gennaio 19.32, n. 43, convertito in legge 24 marzo 1932, n. 300: disposizioni nelle quali il Pretore di Caltanissetta ha escluso di poter considerare eccepite le norme penali del regolamento approvato con r. d. 31 ottobre 1973, n. 1687, ritenuto quindi tuttora vigente. La questione, che anche il Pretore di Borgo San Lorenzo ha nuovamente rimessa all'esame della Corte costituzionale (ordinanza 9 febbraio 1967, G. U. 22 aprile 1967, n. 102 e, retro, II. 63), stata pro.posta anche dal Pretore di Priverno, in riferimento agli articoli 2, 13, 16 e 41 della Costituzione (ordinanza 7 giugno 1966, G. U. 10 settembre 1966, n. 226 e in questa Rassegna, 1966, II, 249), e dal Pretore di Pavia, in riferimento agli articoli 13, secondo comma, e 25, secondo PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE. 105. legge 7 gennaio 1929, n. 4 ('Norme generali per la repressione delle violazioni delle leggi finanziarie) artt. 21, n. 1, e 36, in quanto attribuiscono funzioni giurisdizionali ad un organo dell'Amministrazione civile dello Stato ed in posizione di dipendenza gerarchica dal potere esecutivo, e che non gode la garanzia d'indipendenza e d'inamovibilit che la Costituzione assicura ai giudici ordinari (artt. 101 e 108 della Costituzione) (15). Tribunale di Salerno, ol'dinanza 3 marzo 1967, G. U. 24 giugno 1967, n. 157. r. d. 17 agosto 1935, n. 1765 (Disposizioni per l'assicurazione obbligatoria degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali), art. 4 (16), in quanto -con disparit di trattamento tra le categorie di lavoratori, colpiti da infortunio, e gli altri cittadini, colpiti da analogo evento produttivo di danno, ed anche tra i vari lavoratori, colpiti dallo stesso evento, a seconda che siano soggetti o meno alla legge infortunistica -esonera da responsabilit civili H datore di lavoro (tranne che in ipotesi di sentenza penale di condanna), senza assicurare l'integrale soddisfazione del diritto del lavoratore al risarcimento del danno in caso di infortunio (artt. 3, primo e secondo comma, 35, 36, 38, e 41 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 10 febbraio 1967, G. U. 24 giugno 1967, n. 157. r. d. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario), art. 65, in quanto attribuisce alla Corte di Cassazione la qualifica di organo supremo della giustizia ed il compito di assicurare l'esatta osservanza e l'uniforme interpretazione della legge e l'unit del diritto oggettivo nazionale, nella misura in cui si attribuisce ai concetti di supremazia e di unitariet il significato letterale e la portata che loro propria (art. 101 della Costituzione) e in relazione ail caso in cui dalla rivendi- comma, della Costituzione (ordinanza 13 gennaio 1967, G. U. 8 aprile 1967, n. 89, e retro, IJ, 63). (15) La questione di legittimit costituzionale dell'articolo 36 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, stata dichiarata non fondata, in riferimento all'articolo 102 della Costituzione, con sentenza 6 luglio 1965, n. 58. (16) Il terzo comma (nelle parti in cui limita la responsabilit civile del datore di lavoro per infortunio sul lavoro derivante da reato, all'ipotesi in cui questo sia stato commesso dagli incaricati della direzione o sorveglianza del lavoro e non anche dagli altri dipendenti, del cui fatto debba rispondere secondo il Codice civile) e il quinto comma (in quanto consente che il giudice civile possa accertare che il fatto che ha provocato l'infortunio costit1.iisca reato soltanto nelle ipotesi di estinzione dell'azione penale per morte clell'imputato o per amnistia, senza menzionare l'ipotesi d. P. R. 30 giugno 1965, n. 1124, dichiarato incostituzionale, con la stessa sentenza e negli stessi limiti, a norma dell'art. 27, ultima parte, della legge 11 marzo 1953, n. 87). Con la stessa sentenza stata invece dichiarata non fondata, in riferimento agli articoli 3, primo e secondo comma 35 e 38 della Costituzione, la questione di legittimit costituzionale del primo e del secondo comma della disposizione. 106 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO cata preminenza di interpretazione scaturiscono effetti di conformit costituzionale (art. 134 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 30 gennaio 1967, G. U. 24 giugno 1967, n. 157. legge 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), art. 220, in relazione all'art. 49, in quanto si impone al fallito l'obbligo, penalmente sanzionato, di presentarsi al curatore ogni qualvolta questo lo richiede (artt. 13 e 16 della Costituzione). Pretore di Saronno, ordinanza 10 marzo 1967, G. U. 27 maggio 1967, n. 132. legge 2 luglio 1949, n. 408 (Disposizioni per l'incremento della costruzione edilizia), art. 17, secondo comma, in quanto esclude dalle agevolazioni tributarie, con discriminazione in ordine alla quale ass\lllla rilievo la capacit economica dell'acquirente, la vendita di negozi che non sia effettuata con lo stesso atto con il quale viene trasferito l'intero fabbricato (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione provinciale delle imposte di clienti, ordinanza 10 novembre 1966, G. U. 24 giugno 1967, n. 157. d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte dirette), art. 143, secondo comma, lettera a e b, e ultimo comma, sostituito dall'art. 6 della legge 4 dicembre 1962, n. 1682, in quanto implicitamente abroga il beneficio concesso ai dipendenti statali con l'art. 31, primo e secondo comma, della legge 8 aprile 1952, n. 212 (non abrogato dall'art. 2, terzo e quarto comma, della legge 21 maggio 1952, n. 477, e dall'art. 1 della legge 28 maggio 1959, n. 361), per eccesso dai limiti della delega conferita con l'art. 63 della legge 5 gennaio 1956, n. 1 (art. 76 della Costituzione). Commission~ distrettuale delle imposte di Urbino, ordinanza 7 dicembre 1965, G. U. 27 maggio 1967, n. 132. d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte dirette), art. 209, secondo comma, in quanto al coobbligato solidale, tale presunto dall'art. 197 del d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645, non assicurata alcuna tutela giurisdizionale entro gli atti della pubblica Amministrazione (art. 113, primo comma della Costituzione), e non garantita la possibilit di agire in giudizio per far dichiarare l'inesistenza della sua qualit di coobbligato solidale (art. 24, primo comma, della Costituzione) (17). (17) Varie questioni di legittimit costituzionale dell'art. 209 sono gi state dichiarate non fondate con sentenze 7 luglio 1962, n. 87 (artt. 3 e 113 della Costituzione), 4 luglio 1963, n. 116 (art. 102 della Costituzione) e 26 no;vembre 1964, n. 93 (artt.3, 24, primo comma e 42, secondo e terzo comma della Costituzione). PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 107 Pretore di Omegna, ordinanza 20 febbraio 1967, G. U. 13 maggio 1967, n. 120. legge 4 dicembre 1962, n. 1682 (Modificazioni ed aggiunte agli articoli 39, 87, 89, 90, 136 e 143 del testo unico delle leggi sulle imposte dirette, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 29 gennaio 1958, n. 645), art. 6, che sostituisce l'ultimo comma dell'art. 143 del d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645, che ha implicitamente abrogato il beneficio concesso ai dipendenti statali con l'art. 31, primo e secondo comma, della legge 8 aprile 1952, n. 212 (non abrogato dall'art. 2, terzo e quarto comma, della legge 21 maggio 1952, n. 477, n dall'art. 1 della legge 28 maggio 1959, n. 361) (art. 76 della Costituzione). Commissione distrettuale delle imposte di Urbino, ordinanza 7 dicembre 1965, G. U. 27 mag-gio 1967, n. 132. legge 9 gennaio 1963, n. 7 (Divieto di licenziamento delle lavoratrici per causa di matrimonio e modifiche alla legge 26 agosto 1950, n. 860: e Tutela fisica ed economica delle lavoratrici madri ), art. 1, ultimo comma, in quanto presume invio et de jure, per tutte le ipotesi diverse da quelle per le quali ammette la prova contraria, che il matrimonio della lavoratrice sia stato il motivo del licenziamento (artt. 2, 3, 37 e 41 della Costituzione). Tribunale di Como, ordinanza 9 gennaio 1967, G. U. 24 giugno 1967, n. 157. legge reg. sic. 16 marzo 1964, n. 4 (Ripartizione dei prodotti agricoli), mantenuta in vigore pur essendo intervenuta la legge nazionale 15 settembre 1964, n. 756, dalla legge regionale 3 giugno 1966, n. 13, in quanto disciplina rapporti di diritto privato senza che ricorrano gli estremi della temporaneit e della eccezionalit, e con criteri in contrasto con quelli della legge nazionale 15 settembre 1964, n. 756 (art. 14 dello 3, e Statuto della Regione siciliana e art. 117 della Costituzione); artt. 1, 2, 3, e 8, in quanto vincolano il diritto di propriet e la liberta iniziativa economica per un periodo di tempo non determinabile nella sua effettiva durata (art. 3 della Costituzione), e prevedono la ripartizione dei prodotti secondo proporzioni che possono risultare diverse da quelle liberamente concordate (artt. 41 e 42 della Costituzione) (18). Giudice conciliatore di Alcamo, ordinanza 3 marzo 1967, G. 'U. 23 maggio 1967, n. 132. (Hl) Analoghe questioni sono stati gia proposte dal Pretore di Noto. (ordinanza 27 ottobre 1966, G. U. 28 gennaio 1967, n. 25, e retro, II, 19), dal Pretore di Lentini (ordinaru.a 28 novembre 1966, G. U. 8 aprile 1967, n. 89, e retro, II, 70), e dal Pretore di Mazara del Vallo (ordinanze 16 gennaio 1967 (tre), G. U. 25 febbraio 1967, n. 51, e retro, II, 70). 108 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162 (Norme per la repressione deUe frodi nella preparazione e nel commercio dei mosti, vini ed aceti), per eccesso dai limiti temporali della delega conferita con legge 9 ottobre"~1965, n. 991, arbitrariamente pubblicata con ritardo (artt. 73 e 76 della Costituzione) (19). Pretore di Mortara, ordinanza 16 gennaio 1967, G. U. 13 maggio 1967, n. 120. legge reg. sic. 3 giugno 1966, n. 13 (Ripartizione dei prodotti agricoli), art. 1, in quanto pur essendo intervenuta la legge nazionale 15 settembre 1964, n. 756, mantiene in vigore la legge regionale 16 marzo 1964, n. 4, che prevede la ripartizione dei prodotti agricoli con criteri in contrasto con quelli della legge nazionale 15 settembre 1964, n. 756 (art. 117 della Costituzione e art. 14 dello Statuto della Regione siciliana) (20). Giudice conciliatore di Alcamo, ordinanza 3 marzo 1967, G. U. 27 maggio 1967, n. 132. legge 22 luglio 1966, n. 607 (Norme in materia di enfiteusi e prestazioni fondiarie perpetue), per eccesso di potere legislativo, in quanto prevede per i rapporti agrari una disciplina indifferenziata, iniqua ed antisociale; art. 1 (art. 3 della Costituzione); art. 1, secondo e terzo comma (art. 41 e 42, secondo e terzo comma, della Costituzione); art. l, quarto comma (art. 42, secondo e terzo comma, della Costituzione) (21); artt. 3, 4, e 6, in quanto prevedono un procedimento sommario che non consente ai proprietari concedenti la difesa giudiziale dei propri diritti (artt. 24, 11 e 113 della Costituzione) (22); art. 8, in quanto abroga l'articolo 972 del codice civile nella parte in cui disponeva la prevalenza della domanda di devoluzione su quella di affrancazione in caso di deterioramento del fondo enfiteutico o di grave inadempienza (artt. 42 e 44 della Costituzione) (23). Pretore di Lercara Friddi, ordinanza 13 febbraio 1967, G. U. 27 maggio 1967, n. 132. (19) Questioni dichiarate non fondate con sentenze 9 febbraio 1967, n. 13 (art. 73 della Costituzione) e 22 marzo 1967, n. 32 e n. 33 (art. 76 della Costituzione). (20) Questione gi proposta dal Pretore di Lentini (ordinanza 28 novembre 1966, G. U. 8 aprile 1967, n. 89, e TetTo, II, 70-71) e dal Pretore di Mazara del Vallo (ordinanze 16 gennaio 1967 (tre), G. U. 25 febbraio 1967, n. 51, e TetTo, II, ..... ). (21) Questioni gi proposte dal Pretore di Vitulano con ordinanza 9 febbraio 1967, G. U. 22 aprile 1967, n. 102, e TetTo, 11, 72). (22) Questione gi proposta, per gli articoli 4, 5, 6 e 7, e in riferimento agli articoli 3, 24, primo e secondo comma, elll, secondo comma, della Costituzione, dal Pretore di Civita Castellana, con ordinanze 23 dicembre 1966 (sei), G. U. 25 marzo 1967, n. 77, e Tetro, 11, 73). (22) Questione gi proposta, per gli articoli 4, 5, 6 e 7, e in riferimento agli articoli 3, 24, primo e secondo comma, e 111, secondo comma, della Costituzione, dal Pretore di Civita Castellana, con ordinanze 23 dicembre 1966 (sei), G. U. 25 marzo 1967. n. 77, e TetTo, II, 73). (23) Questione gi proposta dal Pretore di Spoleto con ordinanza 15 dicembre 1966, G. U. 25 febbraio 1967, n. 51, e Tetro, II, 73). PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 109 legge 22 luglio 1966, n. 607 (Norme in materia di enfiteusi e prestazioni fondiarie perpetue), art. 1, in quanto, con disparit di trattam~nto tra gli enfiteuti e i proprietari concedenti (art. 3 della Costituzione) (24), modi:fic,a coattivamente il contenuto di rapporti giuridici liberamente concordati (art. 41 della Costituzione) (25), prescindendo dalla volont delle parti (art. 2 della Costituzione) e pregiudicando il diritto di propriet del concedente (art. 42 della Costituzione) (23); artt. 8 e 9, in quanto abrogano disposizioni legislative, alterando l'originario contenuto di rapporti liberamente costituiti (art. 41 della Costituzione) (25). Pretore di Benevento, ordinanza 2 gennaio 1967, G. U. 13 maggio 1967, n. 120. legge 22 iuglio 1966, n. 607 (Norme in materia di enfiteusi e prestazioni fondiarie perpetue), art~ 4, quarto, quinto e sesto comma, e artt. 5, 6 e 7, in quanto prevedono per l'esercizio del diritto di affrancazione un procedimento sommario che non consenti ai proprietari concedenti la difesa giudiziale dei propri diritti (art. 24, secondo comma, della Costituzione) (26). Pretore di Mazara del Vallo, ordinanza 7 aprile 1967, G. U. 24 giugno 1967, n. 157. legge 23 dicembre 1966, n. 1147 (Modificazioni alle norme sul contenzioso elettorale amministrativo), art. 2, in quanto, senza. indicare i mezzi per far fronte alle spese necessarie per l'applicazione della legge (art. 81 della Costituzione), istituisce una Sezione dei Tribunali amministrativi non ancora istituiti (art. 102 della Costituzione), attribuendo funzioni giurisdizionali a cittadini tutti estranei alla magistratura (artt. 101, 102 e 108 della Costtuzione), e prevedendo una composizione della Sezione per il contenzioso elettorale non idonea ad assicurare l'ndipendenza dei giudici e l'imparzialit delle decisioni (artt. 101, ' 102 e 108 della Costituzione). Consiglio di Stato, quinta sezione, ordinanze 4 aprile 1967 (due), G. U. 10 giugno 1967, n. 144, e 24 giugno 1967, n. 157. (24) Questione preposta anche dal Pretore di Vitulano, con ordinanza 9 febbraio 1967, G. U. 22 aprile 1967, n. 102, e retro, II, 72). (25) Questione gia proposta, limitatamente all'articolo 8, dal Pretore di Spoleto, con ordinanzal5 dicembre 1966, G. U. 25 febbraio 1967, n. 51 e, retro, II, ...... (26) Questione gi proposta, anche in riferimento agli articoli 24, primo comma, ../ e 111, secondo comma, della Costituzione, dal Pretore di Civita Castellana (ordinanze 23 dicembre 1966 [sei], G. U. 25 marzo 1967, n. 77, e retro, II, 73). Nell'ordinanza sopra indicata il Pretore di Mazara del Vallo ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimit costituzionale degli articoli 4, quarto, quinto e sesto comma, 5, 6 e 7 (artt. 24, primo comma, e 111, primo comma, della Costituzione) e 18 della legge 22 luglio 1966, n. 607, e irrilevanti, ai fini della decisione, le questioni proposte per gli articoli 1 (artt. 3, 41 e 42dellaCostituzione), 15 e 2, ultimo comma, della stessa legge. 13 110 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO NORME DELLE QUALI IL GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE STATO DEFINITO CON PRONUNCE DI ESTINZIONE, DI INAMMISSIBILITA, DI MANIFESTA INFONDATEZZA O 'DI RESTITUZIONE DEGLI ATTI AL GIUDICE DI MERITO legge reg. sic. 21 luglio 1966 (Modifiche alla legge 25 giugno 1965, n. 16, concernente provvedimenti di emergenza per fronteggiare pubbliche calamit). Cessazione della materia del contendere. Sentenza 5 maggio 1967, n. 57, G. U. 13 maggio 1967, n. 120 (27). Ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana depositato il 5 agosto 1966, G. U. 10 settembre 1966, n. 226, e in questa Rassegna, 1966, II, 261. legge reg. sic. approv..12 ottobre 1966 (Norme per i concorsi nella Regione siciliana per i medici, veterinari ed ostetriche condotti e norme integrative transitorie per il personale sanitario degli ospedali della Regione siciliana) -Estinzione per rinuncia. Ordinanza 24 maggio 1967, n. 65, G. U. 27 maggio 1967, n. 132. Ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana depo sitato il 29 ottobre 1966, G. U. 26 novembre 1966, n. 299, e in questa Rassegna, 1966, II, 292. legge reg. sic. approv. 16 novembre 1966 (Riordinamento dei ruoli organici dell'Assessorato regionale dell'agricoltura e delle foreste) estinzione per rinuncia. Ordinanza 24 maggio 1967, n. 64, G. U. 27 maggio 1967, n. 132. Ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana depo sitato il 3 dicembre 1966, G. U. 24 dicembre 1966, n. 324, e in questa Rassegna, 1966, II, 292. (27) La legge stata modificata con legge regionale appro.vata il 21 dicembre 1966, la cui questione di legittimit costituzionale stata dichiarata non fondata con la stessa sentenza. CONSULTAZIONI ACQUE PUBBLICHE Scadenza di concessione -Pubbl.icazioni in caso di. concessioni di distribuzione di acqua. Se si debba far luogo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale e nel foglio Annunci Legali del decreto miinisteriale concernente la scadenza della concessione pontificia di conduzione e distribuzione dell'acqua marcia per gli usi potabili della Capitale ed il passaggio delle opere e degli impianti, senza compenso, in assoluta propriet di Stato (n. 93). AMMINISTRAZIONE PUBBLICA ENEL -Imposta uni.ca -Enti creaii successivamente al 1961. Se sia attribuibile e sulla base di quale parametro la quota d'imposta dovuta dal:l'ENEL ad Euti locali creati successivamente al 1961, posto che a carico dell'ENEL la legge ha stabilito per iJ. triennio 1963-65 un'imposta unica, sostitutiva delle normali imposte, da ripartire fra tutti gli Enti sulla base della quota di reddito attribuita a ciascun ente per il periodo d'imposta 1961 (n. 319). Istituto per il commercio estero. Se rientri nella funzione .istituzionale dell'I.C.E., a norma dell'art. 1 del d.C.P.S. ~ gennaio 1947, n. 8, l'attivit di tutela dei prodotti italiani aUo estero (n. 320). UCEFAP -Liquidazione. Se possa l'Ufficio Cereali, Farina e Pasta (UCEFAP) essere soppresso e posto in liquidazione a.i sensi della 1. 4 dicembre 1966, n. 1404 (n. 321). APPALTO Contratto di appalto -Incidenza di maggiori oneri fiscali. Se i maggiori oneri fiscali derivanti da aumento di imposta, inter venuto nel periodo tra l'offerta ed il perfezionamento degli atti formali, incida sulla P. A. o sulla ditta appaltatrice, qualora nel contratto di ap palto sia previsto un incameramento, a favore dell'Amministrazione, della quota corrispondente ad un.a eventuale diminuzione di imposta (n. 305). Se i maggiori oneri fiscali derivanti da aumento dell'IGE incidano sulla P. A. o sulla ditta appaltatrice, qualora nel contratto di appalto la pre 112 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO v1s1one dell'incameramento della quota corrispondente ad una eventuale diminuzione di imposta, pattuita a favore dell'Amministrazione, sia espressamente riferita solo all'imposta di registro e non dell'IGE (n. 3.05). ,Depositi cauzionali costituiti da teni -Incameramento -Limiti. Se, nell'ipotesi di depositi cauzionali costituiti da terzi a garanzia dei contratti che siano stati successivamente rescissi in danno, ma relativamente ai quali nessun danno sia stato in concreto accertato, se l'Amministrazione possa incamera:re egualmente i detti depositi a parziale scomputo dei danni accertati relativamente ad altri contratti rescissi in daJilltlO dello stesso appaltatore, per i quali non fu prestato deposito cauzionale da parte di terzi (n. 306). Forniture carcerarie -Dichiarazione per lo svincolo dela cauzione. Se l'Amministrazione di Grazia e Giustizia possa procedere allo svin . colo della cauzione prestata daitl'appaltartore di servizi negli istituti di prevenzione e pena sofo a seguito di domanda dello stesso contenente la dichiarazione lib~ratoria di cui all'art. 11, c. 2, del Capitolato speciale per le somministrazioni e l'appalto dei servizi negli istituti predetti (n. 307). Imposta di registro -Determinazione dell'imponibile -Valutazione del materiale incorporato nell'opera. Se ai fini della determinazione dell'imponibile nei contratti di appalto, agli effetti dell'imposta di registro, per l'art. 3, cpv. della 1. 28 lug1lio 1961, n. 828, debba tenersi conto dcl. valore del materiale incorpoil"ato, da chiunque esso sia stato fornito, e quindi anche dal com.mittente (n. 308). Se l'art, 3 cpv. della legge 28 luglio 1961, n. 828, interpretato nel-senso che per la determinazione del valore imponibile concorra la valutazione dei maiterlali impiegati anche se forniti dal committente, possa considerarsi campatibile con l'art. 53 della Costituzione (n. 308). Stato di insolvenza -Inadempimento dell'appaltatore -Retribuzione agli operai da esso dipendenti. Se l'inadempimento dell'impresa appaltatrice dovuto allo stato di insolvenza, !iluccessivamente risolto in una formale dichiarazione di fallimento dell'impresa, possa rappresentare fonte di responsabilit veriso la P. A. ai sensi delil'art. 340 legge 20 marzo 1895, n. 2248 all. F (n. 309). Se la somma accantonata dall'Amminishp.zione per la tutela dei lavoratori, a norma dell'art. 19 del d.P.R. 16 lugil.io 1962, n. 1063; in caso di faililimento dell'impresa appaltatrice debba essere consegnata agli enti assicurativi che su di essa vantino diritti oppure tenuta a disposizione della cUl'atela (n. 309). Se dopo il fallimento dell'appaltatore l'Amministrazione conservi la facolt -prevista dall'art. 17 del Capitolato generale approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063 -di pagare di ufficio le retribuzioni arretrate alle maestranze gi alle dipendenze dell'appaltatore fallito (n. 309). PARTE II, CONSULTAZIONI 113 BELLEZZE ARTISTICHE E NATURALI Costruzione fabbricati limitrofi -Domanda di riduzione in pristino ...uLe.gge 10 giugno 1939, n. 1089. Se l'Amministrazione della P.I., in caso di costruzione di fabbricati da , parte di terzi in vicinanza d'immobili d'interesse artistico o storico, possa agire per la riduzione in pristino ove abbia omesso di emanare le apposi.te prescrizioni previste dall'art. 21, 1. 1 giugno 1939, n. 1089, o abbia omesso di farle trascr.ivere nei registri delle conservatorie delle ipoteche (n. 16). CINEMATOGRAFIA Abbuoni erariali agz.i esercenti cinematografici. Se gli abbuoni dei diritti erariali a favore degli esercenti di sale cinematografiche, previsti dagli artt. 6 e 9 della il. 4 novembre 1965, n. 1213 per la programmazione di films aventi dati requisiti debbano farsi decorrere dalla data della prima programmazione dei films, anche se il provvedimento di riconoscimento dei requisiti delle pellicole richiesti per l'applicazione del beneficio intervenga successivamente. (n. 35). Riconoscimento della qualitd di nazionali ai filrns in compartecipazione girati prevalentemente in Italia. Se i 'films prodotti da imprese italiane, in compartecipazione finanziaria, artistica e tecnica con imprese straniere, possano essere riconosciuti come e nazionali,., ai sensi dell'art. 19, 40 comma, 1. 4 novembre 1965, n. 1213, solo se girati integrailmente in Italia, oppure anche se girati solo prevalentemente iin tale paese (n. 36). CIRCOLAZIONE STRADALE Strade vicinali -Strade agrarie -Caratteri. Se le strade vicinali debbano considerarsi luoghi soggetti a pubblico passaggio, ai sensi dell'art. 105, 30 comma, C.d.S., mentre tale carattere non debba attribuirsi alle strade agrarie, le quali, pure di propriet privata, son 1destinate aM'esclusivo uso privato dei comproprietari e dei loco aventi causa (n. 9). CONCESSIONI AMMINISTRATIVE Inapplicabilitd della legislazione vincolistica dell.e aree scoperte. Se la legislazione vincolistica in materia di locazioni si applichi alle aree scoperte e in particolare a quelle oggetto di concessione amministrative (n. 81). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 114 Scadenza di concessione -Pubblicazioni in caso di concessioni di distribuzione di acqua. Se si debba far luogo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiail!e nel Foglio Annunci Legaili del decreto ministeriale concernente la scadenza della concessione pontificia di conduzione e distribuzione dell'acqua Marcia per gli usi potabili della Capitale ed il passaggio delle opere e degli impianti senza compenso, in assoluta propriet dello Stato (n. 82). CONCORSI Gare a licitazione privata -Verbale di aggiudicazione -Rilascio di copie. Se l'ufficiale rogante di una gara a Ucitazione privata debba rilasciare copia del verbale di aggiudicazione ai partecipanti alla gara che ne facciano richiesta (n. 11). CONTABILITA DELLO STATO Applicazione degli artt. 263 e 264, r. d. 23 maggio 192.J:, n. 827, alla Regione Siciliana. Se le norme della legge e del regolamento di contabilit dello Stato siano appUcabi1i anche dalla Regione Siciliana, e se, pertanto, possa la Regione Sidliana avvalersi degli Uffici statali siti nel -suo teN"itorio per la riscossione, ai sensi degli artt. 263 e 264, r. d. 23 maggio 1924, n. 827 (n. 219). CONTRIBUTI E FINANZIAMENTI Contributo di miglioria specifica -Surroga intendentizia -Termine di decadenza. Se il potere di surroga de1l'Intendente di Finanza alle Amministrazioni locali, previsto dall'art. 17 r ,d.l. 28 novembre 1938, n. 2000, convertito .in l. 2 giugno 1939, n. 739 (e sostituito dalla 1. 5 marzo 1963, n. 246, art. 35)11 sia soggetto al teJ.'iIIline di decade,nza di un anno, che il.'art. 36, 1. 5 marzo 1963, n. 246, stabilLsce per l'imposizione del contributo di miglioria specifica da parte degli enti autarchici (n. 65). Termini pe1 rendiconto di iniziative beneficiate. Se, nel caso di mancata presentazione :nel termine fissato dall'Amministrazione del rendiconto relativo ad iniziativa in relazione a11a quale stato concesso ed anticipato pro quota il contributo PTevisto daiJ.la 1. 29 ottobre 1954, n. 1083, sia possibile all'Amministrazione stessa concedere una proroga del termine per tale adempimento (n. 66). DANNI DI GUERRA Indennizzi -Art. 35 l. 27 dicemb1e 1953, n. 968. Se la definitivit deHa liquidazione cui fa menzione la 1. 27 dicembre 1953, n. 968, precluda o meno all'Amministrazione il potere di rivedere e modificare l'atto amminiistra:tivo di liquidazione (n. 126). PARTE II, CONSULTAZIONI 115 Ripristino edificio distrutto. Se il contributo per il ripristino dell'edificio in luogo diverso da quello ove venne distrutto da eventi bellici, a termine della 1. 31 lugilio 1954; numero 607, sia limitato esclusivamente alle unit immobiliari destinate al momento dell'evento bellico ad abitazione della famiglia del danneggiato (n. 127). DAZI DOGANALI Benefici ex lege 21 luglio 1965, n. 939. Se il comma 3<> delil'art. 5 della 1. 21 luglio 1965, n. 939 escluda rper le navi destinate all'estero le limitazioni qualitative dei benefici stabiliti nel precedente comma lo, modifichi l'oggetto dei benefici stessi quaile indicato negli artt. 1, 2, 3 e 4 ed, in particolare, se preveda esenzioni doganali per i motori di limitata potenza o a scoppio (n. 38). EDILIZIA POPOLARE ED ECONOMICA Benefici fiscali ex lege 4 luglio 1949, n. 408 -Condizioni -Rilevanza dello sciopero. Se l'allagamento del cantiere e lo sciopero delle maestranze costituiscano ipotesi di forza maggiore ai sensi dell'art. 20 della, 1. 4 luglio 1949, n. 408 (n. 192). ELETTRICITA ED ELETTRODOTTI ENEL -Imposta unica -Enti creati successivamente al 1961. Se sia attribuibile, e sulla base di quale parametro, la quota d'imposta dovuta dall'ENEL ad Enti locali creati successivamente al 1961, posto che a carico dell'ENEL, la legge ha stabi..Iito per il triennio 1963-65 una imposta unica, sostitutiva delle normali imposte, da ripartire fra tutti gli Enti sulla base della quota di reddito attribuita a ciascun ente per il periodo d'imposta 1961 (n. 33). ENFITEUSI Diritto di riscatto da parte del concedente Fondo per il Culto. Se il termine di un anno, entro il quale il concedente Fondo per il Culto deve esercitare il diritto di riscatto dell'enfiteusi nel caso di aliena zione dell'enfiteusi irrequisito domino > da parte dell'enfiteuta, decorra dal momento in cui viene a conoscenza dell'alienazione l'Ufficio finanziario incaricato della riscossione del canone, oppUTe dal momento in cui di essa ha notizia l'Amministrazione del Fondo pe;r il culto (n. 27). Se, in caso di controversia sull'esercizio del diritto di riscatto da parte del concedente in un rapporto enfiteutko, spetti allo stesso la prova della inesistenza di clausole che escludono il diriSi efficaci e conseguentemente non colpito da decadenza il diritto alla liquidazione (n. 138). PART II, CONSULTAZIONI 119 Se le domande di liquidazione presentate dopo la liberazione e prima della pubblicazione del d. lgls. 7 maggio 1948, n. 656, e non pi reiterate 111 sollecitate debbano ritenersi tuttora valide (n. 138). IDROCARBURI Imposta fabbricazione per il G. P. L. impiegato in carrelli all'interno di stabilin.enti -L. 11 giugno 1959 art. 1 -Applicabilit. Se il gas di petrolio liquefatto impiegato nei carrelli elevatori e trasportatori all'interno degli stabilimenti industriali sia da considerarsi destinato all'autotrazione e, come tale, assoggettabile ailla maggiore aliquota di imposta di fabbrkazione stabilita per i G. P. L. destinati ad essere usati come carburanti nell'autotrazione dall'art. 1 della 1. 11 giugno 1959, n. 405 (in. 2). IMPIEGO PUBBLICO. Conservazione del posto. Se il dipendente della Regione Sarda quale avventizio di 2a categoria collocato in cong.edo per richiamo alle armi, non avendo impugnato il provvedimento di mancata inclusione nelle tabelle e nei ruoli del personale, abbia titolo alla conservazione del posto (n. 650). Dipendenti all'estero -Agevolazioni concesse con l. 6 ottobre 1962, n. 1546. Se, in base al.l'art. 4 della 1. 6 ottobre 1962, n. 1546 spetti anche ad una insegnante vedova, che presti servizio presso una scuola italiana all'estero. l'aumento del 4 % sugU assegni di sede per ciascuno dei figli minori a carico, come per il personale coniugato capo-famiglia (n. 651) IMPORTAZIONE ED ESPORTAZIONE Merci presentate con fa.lsa indicazione d'origine -Conseguenze. Se l'autorit doganale, ove vengano presentate per l'esportazione merci fornite di falsa indicazione di origine, possa, a norma della convenzione di Madrid resa esecutiva con d. P. R. 12 giugno 1950, n. 865, rifiutare il compimento dell'operazione e sequestrare la merce (n. 51). Se il beneficio della restituzione dei diritti alla esportazione spetti per le merci di produzione nazionale anche se queste siano fornite di falsa indicazione di origine (n. 51). Benefici fiscali ex l. 2 luglio 1949, n. 408 -Trasferimenti isolati di negozi (esclusione). Se la esclusione dai benefici fiscali di cui all'art. 17, 1. 2 luglio 1949, n. 408, relativamente al trasferimento isolato di negozi, sia rimasta ferma anche dopo la emanazione della I. 6 ottobre 1962, n. 1493 (n. 253). 120 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Contmtti di vendita -Contratti di appalto. Se debba necessariamente considerarsi appalto e non vendita.. itcontratto con il Quale una ditta si obbliga a consegnare all'altro contraente cose che non in grado di forni\l'e con la propria organizzazione industriale e con la propria attrezzatura tecnica (n. 254). IMPOSTA DI REGISTRO Appalto -Determinazione dell'imponibile -Valutazione del materiate incorporato netl'0pera. Se ai fini della determinazione dell'imponibile nei contratti di appalto, agli effetti dell'imposta di regiistro, per l'art. 3 cpv. della 1. 28 luglio 1961, n. 828, debba tenersi conto del valore del materiale incorporato, da chiunque esso .sia fol'nito, e quindi anche dal committente (n. 251). . Se l'art. 3 cpv. della 1. 28 luglio 1961, n. 828, interpretato nel senso che per la determinazione del valore imponibile concorra la valutazione dei materiali impiegati anche se forniti dal committente, possa considerarsi compatibile con l'art. 53 della Costituzione (n. 251). Benefici fiscali ex lege 4 luglio 1949. n. 408 -Condizioni -Rilevanza dello sciopero. Se l'allagamento del cantiere e lo sciopero delle maestranze costituiscano ipotesi di forza maggiore ai sensi dell'art. 20 della 1. 4 luglio 1949, n. 408 (n. 252). Incidente stradale -Risarcimento at dipendente -Pensione privilegiata. Se da risarcimento del danno dovuto dallo Stato al proprio di.pendente, infortunatosi per causa di servizio e per fatto colposo di altro dipendente, possa detrar.si la pensione privilegiata dovuta all'infortunato (n. 652). Rapporto di lavoro a tempo determinato. Se sia applicabile ai dipendenti degli Enti Pubblici la 1. 18 aprile 1962, n. 230 contenente fa disciplina del Contratto di lavo:ro a tempo determinato (n. 653). IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE Soggetti tassabili in base a bilancio -Compensazione fra redditi e perdite di esercizi diversi -Limiti. Se in base a quanto stab~lito dall'art. 112 del t. u. 29 gennaio 1958, n. 645 (derivante dall'art. 25, 1. 5 gennaio 1956, n. 1) nei confronti dei soggetti tassabili in base a bilancio, la compensazione fra redditi e perdite di esercizi diversi debba trovare applicazione soltanto nel caso in cui alla passivit fiscale corrisponda una perdita economica effettiva di gestione, che abbia inciso nella consistenza patrimoniale del soggetto (n. 35). PARTE II, CONSULTAZIONI 121 Se, in sede di applicazione dell'art. 112, t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, debba1si far riferimento alla perdita economica in caso di concorso, nel. l'ambito di attivit classificabili in categoria B, di redditi esenti con risultati nega.Uvi della attiv.it non godenti dell'esenzione (n. 35). IMPOSTA DI SUCCESSIONE. Eredit beneficiata art. 31 l. succ. Se il rigetto, da parte del giudice ordinario di una domanda tendente a far dichiarare la inefficacia della accettazione beneficiata dell'eredit per incompletezza o altri vizi afferenti alla redazione dell'inventario, sia di per s idoneo ad escludere l'applicazione del .criterio di cui all'art. 31 legge successioni (n. 51). IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA Contratta di appalto -Incidenza di maggiori oneri fiscali. Se i maggiori oneri fiscali derivanti da aumento di imposta, intervenuto nel periodo 1tra l'offerta ed il perfezionamento degli atti formali, incida sulla P. A. o sulla ditta appaltatrice, qualora nel contratto di appalto sia previsto un incameramento, a favore dell'Amministrazione della quota corrispondente ad una eventuaiLe diminuzione di illl!Posta (n. 116). Se i maggiori oneri fiscali derivanti da aumento dell'IGE incidano sulla P. A. o sulla ditta appaltatrice, qualora nel contratto di appalto la previsione dell'incameramento della quota corrispondente ad una eventuale diminuzione di imposta, pattuita a favore dell'Amministrazione, sia espressamente riferita solo all'imposta di registro e non all'IGE (n. 116). Esportazione di alcuni prodotti -Restituzione dell'imposta. Se in sede a:mm.iniistrativa, possa essere riconosciuto il diritto alla restituzione dell'imposta nei casi previsti dalla 1. n. 570 del 1954, ove manchi l'originale bolletta doganale di esportazione (n. 117). IMPOSTE E TASSE. Agevolazioni tributarie. Se il d. m. 14 diCembre 1965 contenga una sanatoria a quanto disposto con la 1. 29 luglio 1957, n. 634 circa la non appUcabilit dei benefici fiscali agli atti di costituzione di societ non rispondenti ai requisiti richiesti dagli airtt. 2 e 3 della stessa legge (n. 437). C.R.I. rt; 27 tab. all. al d. P. R. 1 marzo 1961 ,n. 121 -Applicabilit o meno. Se la C.R.I. debba richiedere l'autorizzazione del Sindaco per l'istituzione del servizio di ambulanza con connesse prestazioni ambulatoriali di pronto soccorso, e se possa, pertanto, essere assoggettata al pagamento della RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 122 tassa di concessione governativa, di cui al n. 27 della tabe\l.la allegata al d. P. R. 1 marzo 1961, n. 121 (n. 438). Contribuzione a favore di Aziende autonome di cura, soggiorno e turismo. Quale sia la natura delle speciali contribuzioni che le Aziende autonome_ di cura, soggiorno e tudsmo possono essere autorizzate ad applicare sugli spettacoli e sui trattenimenti, ai sensi dell'art. 15 del r. d. 1. 15 aprile 1926, n. 765, e quale il procedimento di riscossione coattiva da applicare per le predette contribuzioni (n. 439). ENEL -Imposta unica -Enti creati successivamente al 1961. Se sia attribuibile, e sulla base di quale parametro, la quota d'imposta dovuta dall'ENEL ad Enti locali creati ,successivamente al 1961, posto ,che a carko dell'ENEL la legge ha stabilito per il triennio 1963-65 una imposta unica, sostitutiva delle normali imposte, da ripartire fra tutti gli Enti sulla base della quota di reddito attribuita a ciascUJil ente per il periodo d'imposta 1961 (n. 440). Quote IGE assegnate ai Comuni. Se sia efficace i!l pignoramento di quote IGE .spettante ad un Comune ancora non determinate con H provvedimento del Ministro delle Finanze di cui all'art. 1 1. 2 luglio 1952, n. 703 (n. 441). Se il d. m. di determinazione delle quote IGE competenti a ciascun Comune abbia efficacia costitutiva del diritto dei Comuni stessi (n. 441). Se, in dipendenza di un pignoramento eseguito su quote IGE non an cora determinate, sia impedita, una volta emanato il decreto Ministeriale, la compensazione legale con i crediti che lo Stato vanti nei .confronti dei Co muni beneficiari (n. 441). IMPOSTE VARIE Agevolazioni fiscali tempo1'anee sulla produzione di alcool. Se l'agevolazione fiscale di cui all'art. 1 del d. 1. 18 marzo 1965, n. 146, convertito con modifiche in 1. 19 maggio 1965, n. 455 (che prevede temporanei abbuoni e riduzioni d'imposta sullo spirito ottenuto nel periodo 23 marzo-31 luglio 1965 dalla distillazione di vini di date qualit) sia applicabile anche agli alcooil 'che, alla data del 31 luglio 1965, fossero privi dei requisiti per l'immissione in consumo, ma li avessero acquisiti posteriormente (.n. 4). Imposta fabbricazione per il G. P. L. impiegato in canelli all'interno di stabilimenti -L. 11 giugno 1959, n. 405, art. 1 -Applicabilit. Se il gas di petrolio liquefatto (G.P.L.) impiegato nei carrelli elevatori e trasportatori all'interno degli stabilimenti industriali 1sia da considerare destinato all'autotrazione e, come tale, assoggettabile alla maggiore aliquota di imposta di fabbricazione stabilita per i G. P. L. destinati ad essere usati come carburanti neH'autotrazione dall'art. 1 della .i. 11 giugno 1959, n. 405 (n. 5). PARTE II, CONSULTAZIONI 123 IMPRESA Albo nazionale costruttori -Domanda di iscrizione -Caso di registro. Se possa essere respinta la domanda di iscrizione alil'albo dei costruttori d'una impresa individuale il cui titolare sia sottoposto a procedimento penale per il reato previsto dall'aTt. 589 c. p. (n. 2). LAVORO Trasferimento di un dipendente da una societ ail'altra -Configurazione giuridica. Se il trasferimento di un prestatore di lavoro da una societ ad altra configuri una ipotesi di .cessione di contratto oppure comporti la risoluzione del irapporto di lavoro originario e la instaurazione di un nuovo rapporto, dal primo del tutto distinto e separato (n. 46). LOCAZIONI Inapplicabilit della legislazione vincolistica alle aree scoperte. Se la legislazione vincolistica in materia di locazioni si applichi alle aree scoperte e n particolare a quelle oggetto di concessioni amministrative. (n. 129). Locali FF. SS. -Revisione del ca-none -Termine. Se la dichiarazione di revisione del canone relativo ad una locazione di locali FF. SS. sia per sua natura atto ricettizio, e debba pertanto da parte della P. A. essere portata a conoscenza del conduttore entro il termine stabilito nel contratto di locazione a pena d'inefficacia (n. 130). MEZZOGIORNO Facilitazioni tariffarie per trasporti effettuati in regime di industrializzazione -Applicabilit materiali attinenti a canali di alimentazione centrali idroelettriche. Se un canale di alimentazione di centrale idroelettrica possa ritenersi elemento essenziale e costitutivo di questa, in modo che siano applicabili al trasporto ferroviario dei materiali occorsi a costruirlo ole facilitazioni tariffarie previste dal d. m. 2 maggio 1958, n. 5272, per il trasporto di materiali e macchinari destinati all'impianto di stabilimenti industriali tecnicamente organizzati Situati nel Mezzogiorno d'Italia (n. 40). MUTUO Finanziamenti a medie e piccole industrie effettuati dall'IMI come gestore del Fondo speciale -Base di commisurazione della provvigione spettante aU'IMI. Se la provvigione dello 0,45 % dovuta all'IMI a copertura della quota spese generali e di amimnistrazione per la Ge.stione del Fondo speciale per 124 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO il finanziamento delle medie e piccole industrie manifatturiere, vada commisurata, ai sensi della convenzione Tesoro-IMI del 16 marzo 1965, all'intero importo dei finanziamenti concessi dal Fondo annualmente, oppure..a tale importo diminuito dall'amontare delle trattenute operate dal Fondo stesso sulle somme mutuate a titolo di deposito, da Parte delle ditte mutuatarie, a garanzia dell'osservanza delle clausole contrattuali (n. 5). Se la provvigione spettante all'IMI per spese generali e di amministrazione del Fondo per il finanziamento delle medie e piccole industrie manufatturiere vada applicata sull'importo complessivo dei finanziamenti esistenti al 31 dicembre di ogni anno prescindendosi dalla data di inizio di ogni operazione di finanziamento, oppure vada computata in relazione alla durata delle operazioni stesse (n. 5). OCCUPAZIONE P1opriet pubbliche -Cont,enzione tra le Amministrazioni interessate. Se l'occupazione di propriet pubbliche per eseguire opere relative o connesse a una linea ferroviaria debba necessariamente essere perfezionata con la stipula di una .convenzi0tne tra le Amministrazioni interessate oppure possa ritenersi .sufficiente, per la regolamentazione dei rapporti tra l'Amministrazione oocuipante e quella proprietaria, uno scambio di note tra queste (n. 3). PENA Violazioni del Codice Stradale. Se la riscossione delle pene pecuniarie, inflitte con provvedimento giurisdizionale per contravvenzione al codice stradale, spetti in ogni caso ed esclusivamente alla Cancelleria del Giudice che ha pronunciato ii provvedimento, ovvero competa ai Tesorieri delle Amministrazioni Comunali e Provinciali nei casi in cui a queste competano i prroventi delle condanne per essere state le Contravvenzioni accertate da funzionari comunaili e provinciali su strade non statali (n. 20). PENSIONI Incidente stradale -Risarcimento al dipendente -Pensione privilegiata. Se dal risarcimento del danno dovuto dallo Stato al proprio dipendente, infortunatosi per causa di servizio e per fatto colposo di altro dipendente, possa detrarsi fa pensione privilegiata all'infortunato (n. 115). Prescrizione -Interruzione. Se ai fini del decorso del termine biennale di prescrizione, previsto dall'art. 610 d~lle Istruzioni Generali dei Servizi del Tesoro, debba computarsi per i minori non emancipati o per gli interdetti il periodo in crui questi 1siano rimasti 1senza tutela, nonostante il disposto dell'art. 2942 c. c. (n. 116). PARTE II, CONSULTAZIONI 125 POSTE E TELECOMUNICAZIONI Pacchi postali. Quale .sia il significato da attribuire alila espressione e mittenti > riportata all'art. 57 del cod. postale (n. 124). PRESCRIZIONE Contributo sullo zucchero alle Sezioni Prov. dell'Alimentazione (SEPRAL). Quale sia il termine di prescrizione applicabiole alla riscossione dei contributi SEPRAL sullo zucchero, anche nell'ipote,si che detti contributi siano considerati di natura tributaria (n. 64). PROCEDIMENTO PENALE Art. 734 c. p. -Costituzione di parte civile. Se sia ammissibile la costituzione di parte civile del Ministero della P. I. in un procedimento penale per la contravvenzione prevista e punita dall'art. 734 .c. p. ~distruzione o deturpamento di bellezze naturali soggette alla speciale tutela della 1. 1 giugno 1939, n. 1009), nonostante l'apposito procedimento amministrativo intesa al risarcimento predisposto dalla detta 1. n. 1089 del 1939 (in. 8). H.EATI FINANZIARI Buona fede -Effetti sulla determinazione dcna pena pecuniaria. Se la buona fede, ritenuta sussistente dal giudice penaJ.e come causa soggettiva di esclusione del reato, possa assumere rilevanza come causa di esclusione dall'illecito tributario (n. 3). Se possa l'Amministrazione tener conto deil.la buona fede del contribuente in sede di determinazione della pena pecuniaria (n. 3). REGIONI Applicazione degli artt. 263 e 264 .. r. d. 23 maggio 1924. n. 627 alla Regione Siciliana. Se le nocme della legge e del regolamento di contabilit dello Stato siano applicabili anche dalla Regione Siciliana, e se, pertanto, possa la Regione Siciiliana avvalersi degli Uffici statali .siti nel suo territorio per la riscossione, ai sensi degli artt. 263 e 264, r. d. 23 maggo 1924, n. 827 (n. 147). Espropriazione di beni appartenenti allo Stato. Se le indennit di occupazione d'urgenza e di espropriazione relative ad un immobile espropriato con decreto del Presidente della Giunta regionale delil.a VaUe d'Aosta a favore di un Comune, debbano essere corrisposte dalla Regione o dal Comune beneficiario dell'esproprio (n. 148). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 126 RESPONSABILIT CIVILE. Incidente stradale -Risarcimento al dipendente -Pensione privilegia.t~:. Se dal !risarcimento del danno dovuto dallo Stato al proprio dipendente, infortunatosi per causa di servizio e J)er fartto colposo di altro dipendente, possa detrarsi la pensione privilegiata dovuta all'infortunato (n. 238). RISCOSSIONE COATTIVA Contribuzione a favore Aziende autonome di cura, soggiorno e turismo. Quale sia la naitura delle speciali contribuzioni che le Aziende autonome di cura, soggiorno e turismo possono essere autorizzate ad applicare sugli spettacoli e sui trattenimenti, ai sensi dell'art. 15 del r. d. l. 15 aprile 1926, n. 765, e quale il procedimento di riscossione coattiva da applicare per le predette contribuzioni Gnatura tributaria -procedimento di riscossione coattiva dei diritti erariali (n. 5). SCIOPERO Sciopero servizi pubblici urbani -Intervento dell'Amministrazione -Richiesta di risarcimento delle spese nei confronti del gestore. Se, allorquando, in occasione di scioperi nel settore dei servizi pubblici urbani, l'Amministrazione ritenga d'intervenire con mezzi propri al fine di attuare un servizio d'emergenza, possa poi richiedere al gestore dei servizio pubblico il risarcimento delle spese sostenute (n. 2). Se tale richiesta possa essere effettuata quando da vari elementi, come l'assunzione da parte del gestore degli oneri assicurativi relativi alla circo lazione dei mezzi dell'Amministrazione e di ogni altra responsabilit deri vante .dal servizio, possa desumersi che sia il gestore stesso a disporre un servizio di emergenza, servendosi della collaborazione dei mezzi deli'Ammi nistrazione (n. 2). SOCIET Conferimento dell'intera azienda sociale in altra societ. Se il conferimento deil.l'azierula sociale in altra societ si risolva in un trasferimento dell'azienda stessa, con la conseguente applicazione dell'articolo 2599 c. c. per quanto concerne i crediti relativi all'azienda ceduta (n. 116). Se, qualora il conferimento dell'azienda sociale in altra societ venga deliberato da O'l'gano a ci norn espressamente legittimato, ci comporti l'ineficacia del conferimento nei confronti dei debitori (n. 116). PARTE II, CONSULTAZIONI 127 TITOLI DI CREDITO Premi. Se, ove i premi pirevisti per prestiti obbligazionari consistano in servizi (nella specie, viaggi), l'attribuzione dei premi stessi debba essere fatta, nell'ipotesi di titoli di credito soggetti ad usufrutto, al nudo proprietario o all'usufruttuario (n. 15). TRASPORTO Sciopero servizi pubblici urbani -Intervento deWAmministrazione -Richiesta di risarcimento delle spese nei confronti deZ gestore. Se, allorquando, in occasione di scioperi nel settore dei servizi pubblici urbani, l'Amministrazione ritenga d'intervenire con mezzi propri ai fine di attuare un servizio d'emergenza, possa poi richiedere al gestore del servizio pubbHco H risarcimento delle spese sostenute (n. 58). Se tale richiesta possa essere effettuata quando da vari elementi, come l'assunzione da parte del gestore degli oneri .assicurativi relativi alla circolazione dei mezzi dell'Amministrazione e di ogni altra r:esponsabilit derivante dal servizio, possa desumer.si che sia il gestore stesso a disporre un servizio di emergenza, servendosi de1la collaborazione dei mezzi dell'Amministrazione (n. 58). NOTIZIARIO Negli uffici dell'Avvocatura distrettuale di Milano, il giorno 10 giugno, si svolta una cerimonia di commiato in onore di S. E. Ugo Pernigotti, vice avvocato generale dello Stato, che ha lasciato il servizio per raggiunti limiti di et. Alla cerimonia erano presenti S. E. Giovanni Zappal, Avvocato generale dello Stato, il Presidente della Corte d'Appello di Milano, il Procuratore Generale presso la stessa Corte, il Presidente del Tribunale di Milano, il Procuratore della Repubblica di Milano, rappresentatiti del locale ordine forense, gli avvocati distrettuali di Torino, Brescia, Venezia, Trieste, Bologna, Firenze e Milano, nonch numerossisimi colleghi che ebbero occasione di collaborare con S. E. Pernigott nel corso della Sua lunga carriera. Numerose e affettuose le attestazioni di stima e le parole di commiato rivolte al festeggiato s. E; Giovanni Zappal ha voluto personalmente ricordare ai presenti la lunga e laboriosa attivit di S. E. Pernigotti sottolineando come essa si sia sempre svolta in perfetta aderenza alle tradizioni di tutela della legalit proprie dell'Istituto. A tutti ha rivolto il suo ringraziamento, con sobrie e commosse parole, S. E. Pernigotti. S. E. Ugo Pernigotti entr in carriera nel 1921 presso l'Ufficio Legale delle FF. SS.; indi, nel 1925, entrato nei ruoli dell'Avvocatura dello Stato, prest servizio a Milano fino al 1947; fu chiamato poi a reggere successivamente le Avvocature distrettuali di Bari, di Trento (della quale ultima, istituita nel 1948, fu il primo avvocato distrettuale), Brescia e Milano, dove rimasto fino al suo collocamento a riposo. CONVEGNI DI STUDI Presso la sede dell'Istituto per la documentazione e gli studi legislativi (ISLE), nel Palazzo de' Ginnasi, a Roma si tenuto il 30 maggio 1967 un incontro dibattito sugli aspetti della riforma del diritto di famiglia con riferimento al recente disegno di legge contenente modifiche al Codice civile. L'incontro-dibattito, i cui atti saranno raccolti in volume, stato organizzato al fine di acquisire elementi utili alla soluzioo.e degli attuali problemi sulla riforma del diritto di famiglia; problemi che sono vivamente sentiti dopo l'entrata in vigore della Costituzione, la quale ha posto la necessit di adeguare le norme 1del codice civile concernenti il diritto di famiglia e le successioni ai nuovi principi. Nell'introduzione al dibattito si fatto rilevare 1che i rapporti di fa miglia, intesi sia come rapporti personali, sia come rapporti patrimoo.iali, hainno in questi ultimi tempi risentito notevolmente del progredito assetto sociale, che impone una pi moderna visione della famiglia, con particolare riguardo aUa posizione della donna in seno ad essa, ai rapporti patrimo niali fra coniugi, ai diritti ed obblighi dei genitori verso i figli, ai rapporti con la filiazione naturale ed alla riforma del regime successivo. Nella sua relazione :sui rapporti personali il Prof. Michele Giorgianrni si particolarmente 'Soffermato sul disposto dell'art. 29 della Costituzi001e, PARTE II, NOTIZIARIO 129 mettendo a fuoco il problema del limite, in tale articolo contenuto, dell'unit della compagine familiare e facendo un ampio esame della legislazione tedesca e francese in materia. Il dr. Carlo Giannattasio, consigliere di Cassazione, ha svolto, invece, la relazione sui rapporti patrimoniali e successori dichiarandosi sostanzialmente favorevole alle linee del progetto Reale sulla comunione dei beni. Tra i numerosi interventi ricordiamo quelli particolarmente incisivi di Rodot, Rapelli, Eufa, Flore, De Cupis e Stella Richter. Indetto dalla Commissione dell'A.C.I. ed organizzato dall'Automobil Club di Napoli si tenuto ad Ischia, nei giorni 3-4-5 maggio 1967 il XII . Convegno delle Commissioni giuridi-che dell'Automobil Club, avente per tema: " La circolazione stradale e la responsabilit della Pubblica Amministrazione ". Relatori sono stati il p:rof. avv. Pietro Gasparri, ordinario di diritto amministrativo, il dott. Filippo Longo, consigliere di Stato, il dott. Michele Rossano, presidente di sezione della Corte di Cassazione, il dott. Giovanni Rosso, presidente d sezione della Corte di Cassazione. I I