ANNO XXI -N. 3 MAGGIO -GIUGNO 1969 ANNO XXI -N. 3 MAGGIO -GIUGNO 1969 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ROMA ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 1969 ABBONAMENTI ANNO L. 7.500 UN NUMERO SEPARATO . . . . . . . 1.300 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: LIBRERIA .DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA e/e postale 1/40500 Stampato in Italia , Printed in ltaly Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 (8213493) Roma, 1969 -Istituto Poligralfco dello Stato P. V. INDICE Parte prima: GIUR,JSPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTER NAZIONALE (a cura del/'avv. Michele Savarese) pag. 377 Sezione seconda: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE (a cura del/'avv. Benedetto Baccan1 429 Sezione terza: GIURISPRUDENZA CIVILE (a cura del/'avv. Pietro de Francisci) . , . . 450 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura del/' avv. Ugo Gargiulo) 477 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a-cura degli avvocati Giuseppe Angelini-Rota e Carlo Bafile) 495 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE (a cura dell'avv. Franco Carusn 575 Sezione settima: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura del/'avv. Antonino Terranova) 588 Parte seconda: QUESTIONI -RASSEGNE -CONSULTAZIONI -NOT,IZIARIO * RASSEGNA DI DOTTRINA (a cura dell'avv. Luigi Mazze/la) . . pag. 57 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE (a cura del/'avv. Arturo Marzano) 59 CONSULTAZIONI 119 La pubblicazione diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI PALATIELLO A., Note minime sul giudizio di ottemperanza . pag. 484 FAVARA F., L'avviamento e le imposte sui trasferimenti. . 495 VITALIANI E., Considerazioni sulla reitefabilit della ingiun zione fiscale . . , . , . . . . . . . . . . . . . . . . 500 BAFILE C., Note sull'azione riconvenzionale della finanza nel giudizio di opposizione all'ingiunzione fiscale . . . . . 527 INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA AGRICOLTURA -Credito agrario di esercizio Privilegio sui frutti del fondo - Opponibilit nei confronti del terzo nuovo possessore e conduttore del fondo -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 419. AMMINISTRAZIONE DELLO STATO E DEGLI ENTI PUBBLICI Patronato scolastico -Impiegati Non sono dipendenti dello Stato, 477. -Patronato scolastico -Natura Rico!' so di un dipendente al Ministero della P. I. -Pronuncia ministeriale -Natura, 477. -Pubblico ufficiale, incaricato di pubblico servizio, esercente un servizio di pubblica necessit Pubblico servizio -Nozione, con nota di P. DI TARSIA, 588. - Responsabilit della Pubblica Amministrazione -Responsabilit precontrattuale -Configurabilit in materia di istituzione di un rapporto di pubblico impiego -Esclusione, 446. AMNISTIA -Precedenti penali -Attenuanti dei motivi di particolare valore morale e sociale -Condanna per infanticidio -Questione di legittimit costituzionale della norma che punisce l'infanticidio -Irrilevanza, 408. APPALTO -Appalto di opere pubbliche Appalto di opere di competenza delle FF. SS. -Domande di maggiori compensi dell'appaltatore fondata su fatto continuativo -Differimento della formulazione della riserva, come per gli appalti di opere dipendenti dal Ministero LL. PP., al momento della cessazione della continuit -Sussiste, 579. -Appalto di opere pubbliche Contratti di appalto stipulati in vigenza del Capitolato Generale app. 00. PP. 1895 -Approvazione del contratto -Tempestivit -Necessit che nel termine di quattro mesi dalla stipula del contratto seguano il decreto di approvazione e la registrazione del medesimo da parte della Corte dei Conti -Sussiste, 575. -Appalto di opere pubbliche Istituto della riserva dell'appaltatore come unico mezzo per far valere pretese a maggiori compensi nei confronti della P. A. committente -Fondamento e portata, 579. COMPETENZA E GIURISDIZIONE __:_ Arruolamento militare -Attivit dell'Amministrazione -Discrezionalit -Limiti -Violazione dell'obbligo del neminem laedere -Risarcimento del danno -Giurisdizione del giudice ordinario -Condizioni, 441. -Arruolamento militare -Norme regolatrici -Violazione -Lesione di interessi legittimi, 441. -Imposte e tasse -Tributi comunali -Concordato -Deliberazione comunale di approvazione Annullamento del prefetto -Controversia -Questione di diritto soggettivo -Difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato, 481. Natura del rapporto di impiego tra i Convitti Nazionali e il personale insegnante nelle scuole da essi gestite anteriormente alla legge 9 marzo 1967, n. 150 ! f ~AmlT~AP~ VI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Controversia -Giurisdizione ordinaria, 435. -Questione di stato delle persone -Accertamento incidenter tantum -Inammi1ssibilit -Giudizi dinanzi alla Corte dei Conti, 437. -Rapporto di pubblico impiego cessato -Controversia sul periodo complessivo del servizio al solo fine di stabilire l'entit della pensione -Giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato Esclusione, 431. - Rapporto di pubblico impiego cessato -Ripetizione di indebito oggettivo -Domanda di annullamento di atto amministrativo di recupero di somme versate, 432. COMUNI E PROVINCIE -Elezioni degli organi delle amministrazioni comunali -Ineleggibilit di coloro che, all'atto dell'accettazione della candidatura, abbiano rassegnato le dimissioni dalla carica -Illegittimit, costituzionale, 377. CONTRABBANDO -Detenzione di eccedenze -Poteri d'accertamento della Polizia Tributaria, con nota di P. DI TARSIA, 601. CORRUZIONE -In genere -Natura giuridica Reato plurisoggettivo -Possibilit di esclusione della responsabilit del corruttore, con nota di P. DI TARSIA, 588. COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA -Autonomie locali -Adeguamento delle leggi della Repubblica Ipotesi varie, 390. -Autonomie locali -Stato giuridico dei segretari comunali e provinciali -Violazione dell'autonomia -Insussistenza, 391. -V. anche Agricoltura, Amnistia, Comuni e Provincie, Dogane, Friuli-Venezia Giulia -Imposte e tasse in genere, Lavoro, Matrimonio, Pena, Pensione, Procedimento civile, Procedimento penale, Reati, Sanitd, Sicilia, Successioni, Telefoni. DANNI DI GUERRA - Cespite -Nozione, 482. Cespite -Strutture organizzative interne -Non tale, 482. Contributo di ricostruzione -Determinazione -Distinzione tra opere murarie e attrezzature produttive -Illegittimit, 482. -Indennizzo -Determinazione Sindacabilit -Limiti, 482. -Indennizzo -Determinazione Valore delle scorte -Detrazione -Limiti, 482. DEMANIO -Demanio storico -Bellezze naturali -Costruzioni edilizie -Ordine di demolizione -Contrasto col comportamento del Comune in tema di licenza edilizia -Inconfigurabilit, 480. -Demanio storico -Bellezze naturali -Costruzioni edilizie Ordine di demolizione -Motivazione -Fattispecie, 480. -Demanio storico -Bellezze naturali -Piano paesistico -Stralcio di zona -Ordine di demolizione di costruzione abusiva sita in detta zona -Legittimit, 480. DOGANA -Estinzione dei reati punibili con sola multa -Conciliazione amministrativa prima dell'inoltro del verbale all'A.G. -Violazione del principio di eguaglianza, 398. INDICE VII EDILIZIA POPOLARE ED ECONOMICA -Assegnaz.one di alloggi -Assegnazione di alloggio INA-Casa Successiva assegnazione di alloggio avente le caratteristiche previste dagli artt. 48 e 50 t. u. 28 aprile 1938, n. 1165 -Ammissibilit, 478. -Piani ex lege n. 167 del 1962 Approvazione -Parere del Consiglio superiore sanit -Non necessario, 479. -Piani ex lege n. 167 del 1962 Deliberazione comunale -controllo della G.P.A. -Invio al Prefetto ;. Non necessario, 479. -Piani ex lege n. 167 del 1962 Varianti -Ammissibilit, 479. -Piani ex lege n. 167 del 1962 Varianti -Approvazione -Motivazione per relationem -Legittimit, 479. -Piani ex lege n. 167 del 1962 Varianti -Autorizzazione ministeriale -Non necessaria, 479. ESPROPRIAZIONE PER P. U. -Occupazione anticipata -Indennit -Interessi -Natura -Decorrenza, 453. -Opposizione promossa da terzi aventi ragioni sull'indennit Termini -Decorrenza, 453. FALSO -Falsit di atti -Casistica di atti -Decreto di concessione del contributo per miglioramenti fondiari -E atto pubblico, con nota di P. Di; TARSIA, 588. -Falsit in atti -In genere -Idoneit dell'azione con nota di P. DI TARSIA, 588. FRIULI-VENEZIA GIULIA -Conflitto di attribuzione con lo Stato -Potere di nomina di un rappresentante nel collegio sindacale del Consorzio agrario provinciale di Udine -Competenza dello Stato, 409. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA Cosa giudicata -Esecuzione ai sensi dell'art. 27 n. 4 -Presupposti -Decisioni impugnate per revocazione o per contrasto di giudicati -Applicabilit, 477. -Cosa giudicata -Giudizio di ottemperanza -Oggetto e limiti Differenze rispetto all'ordinario ricorso -Accertamento dell'obbligo scaturente dal giudicato e della conseguente inosservanza, con nota di A. PALATIELLO, 484. Cosa giudicata -Ricorso ex articolo 27 n. 4 del Testo Unico sul Consiglio di Stato -Attivit dell'Amministrazione in ottemperanza al giudicato, con nota di A. PALATIELLO, 483. -Cosa giudicata -Rinnovazione del provvedimento in ottemperanza solo parziale del giudicato -Illegittimit -Obbligo dell'Amministrazione di attenersi ai criteri contenuti nel giudicato -Sussistenza dell'obbligo anche nelle ipotesi di attivit discrezionale, con nota di A. PALATIELLO, 484. -Decisioni amministrative -Principi del c.p.c. -Applicabilit Limiti, 477. -Ricorso giurisdizionale -Motivi non dedotti nel ricorso gerarchico -Limiti, 482. -Ricorso giurisdizionale -Presupposti per l'ammissibilit del ricorso -Necessit di una dichiarazione esplicita o implicita del1' Amministrazione di non volere eseguire il giudicato -Non sussiste -Parziale adempimento, con nota di A. PALATIELLO, 484. IMPOSTA DI REGISTRO -Agevolazioni fiscali per le case di abitazione non di lusso -Diniego -Successiva pretesa di sopravvenuta decadenza -Deducibilit nel corso del giudizio Condizione e limiti -Onere della prova, con nota di C. BAFILE, 527. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -Agevolazioni fiscali per le case di abitazione non di lusso -Diritto dell'Amministrazione alle ordinarie imposte per decadenza delle agevolazioni -Normativa anteriore alle leggi n. 35 del 1960, n. 1493 del 1962 e n. 1150 del 1967 -Prescrizione triennale ex art. 136 legge registro Decorrenza, 567. -Agevolazioni fiscali per le case di abitazione non di lusso Vendita isolata di negozi -Inapplicabilit delle agevolazioni 552. ' -Agevolazioni per l'edilizia previst" e dalla I. 2 luglio 1949, n. 408 -Acquisto con unico atto di area destinata alla costruzione di una pluralit di edifici -Biennio di ultimazione dei lavori riferito a tutti gli edifici da costruire, 509. -Agevolazioni per l'edilizia previste dalla I. 2 luglio 1949 n, 408 -Termine biennale per l'ultimazione della costruzione -Soppressione ex art. 5 d. 1. 11 dicembre 1967, n. 1150 -Retroattivit -Limiti, 509. -Liberalit a favore di provincie, comuni ed altri enti morali Esenzione -Effettiva realizzazione dello scopo dell'atto -Necessit, 535. -Presunzione di trasferimento di azienda -Applicabilit anche ai trasferimenti di quote di compropriet dell'azienda, 538. - Societ di fatto -Rilevanza fiscale della data di registrazione del relativo atto, 538. IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE -Presupposto del tributo -Reddito mobiliare netto -Avanzi anuali di gestione -Mercati ittici comunali -Intassabilit, 520. IMPOSTA DI SUCCESSIONE -Azienda commerciale e industriale -Valore di avviamento Inclusione nell'asse imponibile con nota di F. FAVARA, 495. ' IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA -I.G.E. all'importazione -Importazione di nave armata -Intassabilit, 557. IMPOSTE E TASSE IN GENERE -Commissioni tributarie -Natura di organi giurisdizionali -Decisioni della Commissione Centrale -Impugnabilit in cassazione ex art. 111 Cost., 538. Competenza e giurisdizione -Imposte dirette -Azione giudiziaria -Condizioni -Preventivo ricorso davanti alle commissioni tributarie -Azione di mero accertamento diretta ad impedire preventivamente l'applicazione dell'imposta Improponibilit con nota di G. DE PAOLA, 429. ' -Esecuzione esattoriale -Opposizione del terzo proprietario dell'immobile gravato dal privilegio speciale -Giurisdizione del giudice ordinario -Esclusione, 513. Immobili urbani -Applicazione delle imposte di registro, I.G.E. e bollo sui contratti di locazione Percezione dell'I.G.E. anche nell'ipotesi di risoluzione del contratto ..: Illegittimit costituzionale, 388. -Imposta sugli incrementi di valore delle aree fabbricabili Decorrenza -Facolt di determinarla con riferimento alla istituzione del contributo di miglioria generica -Illegittimit costituzionale -Parziale sussistenza, 415. -Imposte dirette -Esenzione assoluta -Inesistenza di obbligazione tributaria -Domanda di rimborso -Non soggetta a termini di decadenza o a forme particolari di procedimento, 517. -Imposte indirette -Riscossione Ingiunzione -Intimazione di seconda ingiunzione per identico titolo, 500. Imposte indirette -Riscossione Ingiunzione -Intimazione di seconda ingiunzione -Difetto di INDICE IX interesse -Rilevabilit di ufficio, con nota di E. VITALI.ANI, 499. -Imposte indirette -Riscossione Ingiunzione fiscale -Natura Opposizione -Posizione processuale delle parti, con nota di C. BAFILE, 527. -Imposte indirette -Riscossione Ingiunzione fiscale -Natura Opposizione -Posizione processuale delle parti -Azione riconvenzionale della Finanza -Condizioni e limiti, 528. -Reato finanziario -Intendente di Finanza -Competenza penale Illegittimit costituzionale, 400. -Violazione delle leggi finanziarie e valutarie -Procedimento I.G.E. -Ricorso per revocazione contro il decreto ministeriale Natura -Sospensione dei termini per l'impugnazione ordinaria -Esclusione -Atto confermativo -Impugnazione -Esclusioni, 524. -V. anche Competenza e giurisdizione. IMPUTATO -Assunzione della qualit di imputato -Enunciazione specifica degli estremi dell'accusa -Non necessaria -Fattispecie, 595. LAVORO Divieto di licenziamenti individuali -Giusta causa -Esclusione delle aziende con meno di 35 dipendenti -Illegittimit costituzionale -Insussistenza, 424. -Rapporto di lavoro domestico Sottrazione alla disciplina del contratto collettivo -Illegittimit costituzionale, 410. MATRIMONIO. Separazione dei coniugi -Obbligo del marito separato per sua colpa di somministrare il necessario ai bi-sogni della vita -Violazione del principio di eguaglianza tra i coniugi -Esclusione, 377. OPERE PUBBLICHE -Citt di Napoli -Legge speciale 9 aprile 1953, n. 297 -Realizzazione di opere pubbliche di pertinenza del Comune di Napoli da parte della Cassa per il Mezzogiorno -Delega al Comune per l'esecuzione delle opere Obbligo del Comune di provvedere alle occupazioni ed espropriazioni, 461. -V. anche Appalto. PECULATO -Distrazione -Somme destinate alla G. I. -Devoluzione ad una associazione sportiva giovanile - Sussitenza del reato, con nota di P. DI TARSIA, 602. PENA -Applicazione provvisoria di pene accessorie -Violazione della presunzione di non colpevolezza dell'imputato -Esclusione, 421. PENSIONI -Pensioni di guerra -Esclusione dal trattamento pensionistico indiretto delle sorelle coniugate del defunto -Violazione del princ1p10 di eguaglianza -Illegittimit costituzionale, 393. PROCEDIMENTO CIVILE Cause scindibili -Impugnazione, 450. X RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -Decisione del Consiglio di Stato -Ricorso per Cassazione Termine per l'impugnativa Decorrenza, 468. -Legittimatio ad causam -Rilevabilit di ufficio in ogni grado del giudizio -Limiti, 450. -Opposizione all'indennit di esproprio -Giudizio promosso dal proprietario espropriato e dall'usufruttuario -Opposizione dell'usufruttuario oltre i termini -Conversione in intervento volontario Inammissibilit, 453. - Termini processuali -Calamit naturali -Sospensione dei termini di prescrizione e decadenza Contrasto con il diritto di lifesa e con l'officialit dell'azione penale -Esclusione, 383. PROCEDIMENTO PENALE -Decreto penale -Revoca nei confronti del coimputato non opponente -Limitabilit alle sole ipotesi che il fatto non sussiste o non costituisce reato -Violazione dei principi di eguaglianza -Esclusione, 386. - Nullit della perizia -Estensibilit agli atti successivi -Limiti, 595. REATO -Abigeato e pascolo abusivo nelle provincie meridionali e nella Sicilia -Illegittimit costituzionale della normativa -Esclusione, 410. -Sottrazione di persone incapaci Limitazione della fattispecie legale al solo genitore esercente la patria potest -Violazione dell'eguaglianza dei coniugi Esclusione, 395. RESPONSABILITA CIVILE -Lesioni personali _ cagionate a militari di truppa -Azione di arricchimento indebito da parte della p. a. nei confronti del terzo responsabile -Ammissibilit 450. . I -Responsabilit della P. A. -Capitolati di appalto -Clausola di manleva -Natura -Ammissibilit, 473. SALUTE PUBBLICA -Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande -Sostanze colorate artificialmente -Violazione delle modalit stabilite con decreto mini. sterioale -Esclusione -Illegittimit, 406. SICILIA -Conflitto di attribuzione con lo Stato -Modalit per l'erogazione di contributi straordinari agli esercenti servizi di linea -Competenza dello Stato fuori del territorio regionale, 400. -Legge regionale recante modifiche alle cause di ineleggibilit a consigliere comunale e consigliere provinciale -Ineleggibilit dei dipendenti della Provincia alla prima carica e dei dipendenti dei Comuni alla seconda -Illegittimit costituzionale, 378. -Tutela del paesaggio e conservazione delle antichit e delle opere artistiche -Norma disciplinante i vincoli sulla zona di templi in Agrigento -Decreto ministeriale che determina il perimetro del1a valle de templi, la prescrizione di uso ed i vincoli di inedificabilit -Legittimit costituzionale, 415. SUCCESSIONI -Diritto di rappresentazione Esclusione dei figli naturali del chiamato che non lasci o abbia discendenti legittimi -Illegittimit costituzionale, 423. XI INDICE TRASPORTO TELEFONI Tariffe telefoniche Carattere Trasporto internazionale di cose impositorio della prestazione a mezzo ferrovia -Convenzione Determinazione delle tariffe internazionale C.I.M. -AccettaPotere conferito dalla legge al zione e ritiro della merce C.I.P. -Illegittimit costituzioConcetto -Avaria -Azione connale -Esclusione, 412. trattuale, 458. j -.rdiiiJl!FllA!fffi\!EllL41!17~AlfJ!BtrAlfJ!B INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 26 marzo 1969, n. 45 . 26 marzo 1969, n. 46 . 26 marzo 1969, n. 47 . 26 marzo 1969, n. 48 26 marzo 1969, n. 49 28 marzo 1969, n. 52 28 marzo 1969, n. 53 28 marzo 1969, n. 54 28 marzo 1969, n. 55 28 marzo 1969, n. 56 3 aprile 1969, n. 60 3 aprile 1969, n. 61 3 aprile 1969, n. 62 3 aprile 1969, n. 63 9 aprile 1969, n. 68 9 aprile 1969, n. 71 9 aprile 1969, n. 72 11 aprile 1969, n. 74 11 aprile 1969, n. 75 11 aprile 1969, n. 77 11 aprile 1969, n. 78 14 aprile 1969, n. 79 14 aprile 1969, n. 81 26 giugno 1969, n. 108 GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 24 giugno 1968, n. 2110 . Sez. III, 15 ottobre 1968, n. 3296 Sez. III, 23 gennaio 1969, n. 196 Sez. I, 9 marzo 1969, n. 1121 . Sez. Un., 4 aprile 1969, n. 1105 Sez. Un., 4 aprile 1969, n. 1106 Sez. Un., 21 aprile 1969, n. 1264 Sez. I, 23 aprile 1969, n. 1282 Sez. I, 23 aprile 1969, n. 1304 . Sez. I, 26 aprile 1969, n. 1346 . . Sez. Un., 29 aprile 1969, n. 1375 Sez. Un., 29 aprile 1969, n. 1376 Sez. I, 30 aprile 1969, n. 1417 . Sez. Un., 6 maggio 1969, n. 1525 Sez. I, 9 maggio 1969, n. 1581 . pag. 377 > 377 383 386 388 390 393 395 398 400 400 406 408 409 410 410 412 415 415 419 421 423 424 378 pag. 495 450 499 509 429 431 513 453 517 520 523 435 458 461 t~~ ~: 527 1 ~..~ INDICE XIII Sez. I, 9 maggio 1969, n. 1585 pag. 528 Sez. Un., 12 maggio 1969, n. 1614 . 468 Sez. Un., 12 maggio 1969, n. 1615 . 437 Sez. Un., 12 maggio 1969, n. 1616 > 441 Sez. Un., 29 maggio 1969, n. 1892 446 Sez. Un., 20 giugno 1969, n. 2175 538 Sez. Un., 20 giugno 1969, n. 2176 552 Sez. I, 21 giugno 1969, n. 2211 . 473 Sez. Un., 27 giugno 1969, n. 2303 557 Sez. Un., 27 giugno 1969, n. 2311 567 Sez. I, 27 giugno 1969, n. 2314 575 Sez. I, 30 giugno 1969, n. 2393 . 578 GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Ad plen., 7 marzo 1969, n. 6 . pag. 477 Ad. plen., 21 marzo 1969, n. 10 477 Ad. plen., 28 marzo 1969, n. 11 478 Sez. IV, 5 marzo 1969, n. 54 . 479 Sez. IV, 12 marzo 1969, n. 67 . 480 Sez. IV, 12 marzo 1969, n. 69 . 481 Sez. IV, 21 marzo 1969, n. 84 . 482 Sez. VI, 21 febbraio 1969, n. 269 483 GIURISDIZIONI PENALI CORTE DI CASSAZIONE Sez. V, 18 dicei:nbre 1968, n. 2662 pag. 588 Sez. IV, 16 aprile 1968, n. 880 595 Sez. I, 20 maggio 1969, n. 657 601 Sez. V!, 14 giugno 1969, n. 1019 602 SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA INDICE DELLA RASSEGNA DI DOTTRINA MARCHETTI P., Boicottaggio e rifiuto di contrattare, CEDAM, Padova, 1969 . . . . . . . . . . . . . . , . . . . . . . . pag. 57 CuccIA F., Lineamenti di una bibliografia sulla disciplina giuridica dell'urbanistica, Giuffr editore, Milano, 1969 . . . . 57 INDICE DELLA RASSEGNA DI LEGISLAZIONE NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMIT COSTITUZIONALE -Norme dichiarate incostituzionali: codice civile, art. 467 e art. 468 . pag. 59 codice civile, art. 577 . . . . . 59 codice civile, art. 2068, secondo comma 59 codice penale, art. 330, primo e secondo comma 59 codice penale, art. 507 . . . . . . . . . . . 60 codice di procedura penale, art. 149, primo comma . 60 codice di procedura penale, art. 553, n. 2 . . . . . 60 legge 7 gennaio 1929, n. 4, art. 14, secondo comma, art. 21, primo comma, n. 1 e n. 2, e secondo comma; art. 26, primo comma, e terzo comma; art. 27, primo comma, n. 2, artt. 36, 37, 38, 39, 40, 41, primo e secondo comma, 42, 43, 44, 45 e 48, terzo comma, art. 50, primo comma, art. 51, primo comma . 60 r. d. 24 settembre 1931, n. 1473, artt. 9 e 10 . . . . . 61 r. d: 3 marzo 1934, n. 383, artt. 33 e 34, art. 35 . . . 61 legge 25 settembre 1940, n. 1424, art. 141, secondo comma, seconda parte . . . . . . . . . . . . . 61 legge 10 agosto 1950, n. 648, artt. 71, primo comma, lettera c), 77, primo comma, e 84, secondo comma . 61 legge reg. sic. 28 aprile 1951, n. 41 . . . . . . . . 62 d. 1. 24 novembre 1954, n. 1069, art. 14, secondo comma .............. . 62 legge 10 dicembre 1954, n. 1159, art. 1. . . 62 d. P. R. 16 maggio 1960, n. 570, art. 15, n. 3 62 d. P. R. 9 maggio 1961, n. 868, articolo unico 62 d. P. R. 9 maggio 1961, n. 740, articolo unico 63 legge 29 dicembre 1962, n. 1744, art. 2, secondo comma ................... . 63 legge 5 marzo 1963, n. 246, artt. 48, primo comma, e 49, primo comma . . . . . . . . . . . . . . 63 legge 22 luglio 1966, n. 607, art. 1 . . . . . . . . 64 legge 18 marzo 1968, n. 313, artt. 64 primo comma, let tera c), 75, primo comma, e 76, secondo comma . . 65 INDICE xv -Norme delle quali stata dichiarata non fondata la questione di legittimit costituzionale: codice civile, art. 145, primo comma pag. 65 codice civile, art. 156, primo comma . 65 codice civile, art. 271 . . . . . . . 66 codice civile, disp. trans., art. 123, terzo comma 66 codice penale, art. 140 . . . . . . 66 codice penale, art. 574, prima parte . . . . . 66 codice di procedura penale, i:..rt. 301 . . . . . . 67 codice di procedura penale, art. 510, ultimo comma . 67 codice di procedura penale, art. 587 67 d. 1. lgt. 11 febbraio 1917, ii. 249 . 67 r. d. 1. 29 luglio 1927, n. 1509, art. 8 67 legge 5 luglio 1928, n 1760 . . . . 67 r. d. 8 gennaio 1931, n. 148, art. 10 68 r. d. 3 marzo 1934, n. 383, artt. 33, 34 e 35 68 r. d. 27 febbraio 1936, n. 645, art. 232 . . 68 r; d. 1. 21 luglio 1938, n. 1468, artt. 1 e 2. 68 legge 9 gennaio 1939, n 142 . . . . . . . > 68 r. d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 201 . . . 69 r. d. 30 marzo 1942, n. 318, art. 123, terzo comma 69 legge 27 giugno 1942, n. 851, art. 4 . . . 69 legge 27 dicembre 1956, n. 1423, artt. 1 e 2 . 69 legge 24 luglio 1957, n. 633, articolo unico . . 69 d. P. R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 4, lettera b 70 legge 21 luglio 1960, n. 739, artt. 15, primo e secondo comma, e 16, secondo, terzo e quarto comma . . 70 d. P. R. 2 gennaio 1962, n. 346, articolo unico . . . 70 legge 30 aprile 1962, n. 28~.l artt. 5, lettera f, 6 e 10 . 70 legge 8 giugno 1962, n. 604, artt. 23 e 46 . . . . . 70 legge 6 ottobre 1962, n. 1493, art. 1 capoverso . 71 legge 9 gennaio 1963, n. 7, art. 1, ultimo comma . 71 d. P. R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 215 . 71 legge 5 luglio 1965, n. '798, artt. 3 e 4 . . . . . 71 legge 15 luglio 1966, n. 604, art. 11, primo comma . 71 d. 1.-9 novembre 1966, n. 914, artt. 1, primo comma, e 3 legge 23 dicembre 196ti, n. 1141 . . . . 72 -Norme delle quali stato promosso giudizio di legittimit costituzionale . . . . . . . . . . . 7Z -Norme delle quali il giudizio di legittimit costituzionale stato definito con pronunce di estinzione di inammissibilit di manifesta infondatezza o di restituz{ one degli atti al giudice di merito . . . . , . . . . 110 'i GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE (*) CORTE COSTITUZIONALE, 26 marzo 1969, n. 45 -Pres. Sandulli - Rel. Bonifacio -Traina ed altri (avv. Giannini, Mancini, Acquaroli, Gallo, Della Pietra). Matrimonio -Separazione dei coniugi -Obbligo del marito separato per sua colpa di somministrare il necessario ai bisogni della vita Violazione del principio di eguaglianza tra i coniugi -Esclusione. (Cost. art. 3, 29; cod. civ. art. 156, primo comma, 145). I Ij Non fondata la questione di legittimit costituzionale dell'art. 156, primo comma, codice civile, in relazione al principio di eguaglianza dei coniugi, nella parte in cui si pone a carico del marito, in seguito I I ) a separazione per esclusiva colpa di lui, l'obbligo di somministrare alla moglie, in proporzione alle proprie sostanze, tutto ci che necessario ai bisogni della vita, indipendentemente dalle condizioni economiche di costei (1). I Ii I r j CORTE COSTITUZIONALE, 26 marzo 1969, n. 46 -Pres. Sandulli - Rel. Crisafulli -Battaglia (avv. Gava). I Comuni e provincie -Elezioni degli organi delle amministrazioni comunali -Ineleggibilit di coloro che, all'atto dell'accettazione I I ! (1) La questione era stata sollevata con 11 ordinanze di un giudice di merito e decisa senza l'intervento del Presidente del Consiglio dei ! i Ministri. l La sentenza ha il suo pi immediato e diretto precedente nella decijsione della stessa Corte, 23 maggio 1966, n. 46 (in questa Rassegna, 1966, i 528 e nota di richiami). ~ ; (*) Alla redazione delle massime e delle note di questa Sezione ha ' collaborato anche l'avv. RAFFAELE CANANZI. .... --I II ~~ RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEJ:.LO STATO 378 della candidatura, abbiano rassegnato le dimissioni dalla carica Illegittimit costituzionale. (Cost. art. 3, 51; t.u. 16 maggio 1960, n. 570, art. 15, n. 3). costituzionalmente illegittimo, per violazione del principio di generalit, del diritto elettorale passivo, l'art. 15, n. 3 del testo unico 16 maggio 1960, n. 570 suila elezione degli organi delle amministrazioni comunali, limitatamente alle inclusioni nelle ipotesi di ineleggibilit, ivi previste di coloro che, all'atto dell'accettazione della candidatura, abbiano presentato le dimissioni, astenendosi successivamente da ogni attivit, inerente all'ufficio (1). II CORTE COSTITUZIONALE, 26 giugno 1969, n. 108 -Pres. Branca - Rel. Trimarchi -Commissario Stato per la Regione Siciliana (sost. avv gen. dello Stato Savarese) c. Presidente Regione Siciliana (avv. Villari). Sicilia -Legge regionale recante modifiche alle cause di ineleggibilit a consigliere comunale e consigliere provinciale -Ineleggibilit dei dipendenti della Provincia alla prima carica e dei dipendenti dei Comuni alla seconda -Illegittimit costituzionale. (Cost. art. 51; l. reg. 30 aprile 1969). costituzionalmente illegittima, per violazione del principio di generalit, del diritto elevtorale passivo, la leigge regionale siciliana 30 aprile 1969, la quale sancisce l'?.neleggibilitd a consigliere comunale dei dipendenti della Provincia nella cui circoscrizione compreso il Comune, e l'ineleggibilit, a consigliere provincia.le dei dipendenti dei Comuni appartenenti alla Provincia (2). (1-2) Le due sentenze, pur ~2 riferite a leggi di diversa produzione, la prima statale, la seconda regionale, sono sulla medesima linea di interpretazione restrittiva delle cause di ineleggibilit, in relazione all'art. 51 della Costituzione. La sentenza 10 luglio 1968, n. 96, richiamata in motivazione, pubblicata in questa Rassegna, 1968, 533. Per l'irrilevanza, ai fini della ineleggibilit, d~lla circostanza che il candidato, successivamente alle elezioni, si dimetta dalla carica cfr. Consiglio di Stato, Sez. I, 27 dicembre 1963, n. 3105, Consiglio di Stato, 1967, I, 562. 0r1rrffilliitrfm~mrMffifr@mrnmm1rtr0rfifffilfttm:1fiifffifHtrffffmff1mffr1m1wr~mn1mrra;1rnmf?iimmm&rfirrtmYJ~ PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 379 I (Omissis). -5. -Nel merito, la Corte osserva che, isolatamente riguardati a prescindere dalle conseguenze che ne derivano sul signi ficato del n. 3 dell'art. 15 del testo unico n. 570 (n. 3 dell'art. 15 del testo unico legislativo n. 203 del 1951), gli artt. 10 e 14 del testo unico comunale e provinciale n. 383 del 1934 non contrastano con le norme costituzionali invocate nelle ordinanze di rimessione: l'art. 10 stabi lendo che l'accettazione delle dimissioni da un determinato ufficio spetta alla medesima autorit che ebbe a procedere alla nomina e presupponendo quindi il principio, di generale applicazione nel campo giuspubblicistico, che le dimissioni non hanno effetto se non sono state accettate dall'autorit competente; l'art. 14 formulando, con specifico riferimento all'ipotesi di avvenuto decorso del termine di durata, la regola che gli amministratori cessanti restano in carica fino all'inse diamento dei loro successori, anche questa applicabile, pi largamente, ad ogni altra i.ipotesi di cessazione dall'ufficio, compresa quella di di. missioni. Neppure la disposizione dell'art. 15, n. 3, in quanto prescrive l'ine leggibilit a consigliere comunale di coloro che ricevono una retri buzione a carico del comune o di enti o aziende dipendenti, sovven zionati o sottoposti a vigilanza del comune stesso nonch degli ammi nistratori di tali enti, istituti od aziende., appare di per s censurabile alla stregua delle norme della Costituzione c~i si richiamano le tre ordinanze. Come questa Corte ha gi avuto occasione di affermare (sentenza 3 luglio 1961, n. 42) non vietato alla legge di stabilire in linea gene rale ed astratta cause di ineleggibilit per categorie di soggetti che, per gli uffici ricoperti o per i loro rapporti con il comune, si trovino in situazioni di incompatibilit .con la posizione di candidati alle elezioni ., sia per l'influenza che da quelle circostanze pu derivare sulla libera espressione del voto, sia per l'incidenza che le circostanze medesime possono avere sull'esercizio delle funzioni di consigliere comunale. da soggiungere che lo stesso art. 51, primo comma, nel ribadire, con particolare riguardo all'ammissione ai pubblici uffici e alle cariche pubbliche elettive, il principio di eguaglianza, riserva alla legge la determinazione dei requisiti di volta in volta necessari, e questi possono essere tanto positivi quanto negativi, come appunto il non trovarsi in situazioni del genere di quella cui si ora accennato. 6. -Ferme restando tali considerazioni, tuttavia evidente che le cause di ineleggibilit, derogando al principio costituzionale della generalit del diritto elettorale passivo, sono di stretta interpretazione e devono comunque rigorosamente contenersi entro i limiti di quanto sia ragionevolmente indispensabile per garantire la soddisfazione delle RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 380 esigenze di pubblico interesse cui sono preordinate. Per l'art. 51 della Costituzione, l'eleggibilit la regola, l'ineleggibilit l'eccezione. Ma, ai fini che le cause di ineleggibilit specificamente contemplate nell'art. 15, n. 3, del testo unico n. 570 del 1960 (art. 15, n. 3 del testo unico legislativo del 1951) tendono a perseguire, manifestamente ultroneo richiedere, per far cessare l'ineleggibilit, che le dimissioni di chi aspiri alla candidatura siano state accettate, senza d'altronde che alcun termine sia .prescritto per l'accettazione; cosi come ultroneo esigere per di pi che il dimissionario sia stato sostituitQ nell'ufficio. Un tale sistema, per quanto rispondente alle esigenze e conforme ai principi del rapporto di servizio nel diritto pubblico, si traduce, quando sia applicato senza i necessari temperamenti alla materia delle ineleggibilit, in una ingiustificata limitazione, a danno di particolari categorie di cittadini, del principio dell'art. 51, primo comma: limita zione tanto pi grave, in quanto la eleggibilit finisce in tali ipotesi per dipendere da una estranea volont, per giunta discrezionale almeno in ordine al quando. Ne risulta violata al tempo stesso la riserva di legge posta dall'art. 51, essendo il protrarsi della ineleggibilit concre tamente rimesso alla discrezionalit del consiglio comunale, cui spetta accettare le dimissioni e provvedere alla nomina dei nuovi ammini stratori. Che la ratio delle ineleggibilit sia soddisfatta a sufficienza con le semplici dimissioni accompagnate da una effettiva astensione del dimissionario da ogni ~lteriore atto di ufficio, confermato, del resto, dalle apposite disposizioni contenute nell'art. 7 del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, testo unico delle leggi per la elezione della Camera dei deputati, a termini delle quali le cause di ineleggibilit previste nello stesso articolo non hanno effetto se le funzioni esercitate siano cessate almeno 180 giorni prima della data di scadenza della Camera dei deputati (e, in caso di scioglimento anticipato, entro i sette giorni successivi alla data del decreto di scio.. glimento), precisandosi altresi che per cessazione delle funzioni si intende la effettiva astensione da ogni atto inerente all'ufficio rivestito, preceduta... dalla formale presentazione delle dimissioni . Disposizioni sostanzialmente analoghe sono dettate anche per le elezioni del Consiglio regionale della Sardegna, del Trentino-Alto Adige e del FriuliVenezia Giulia, rispettivamente dall'art. 6 del decreto del Presidente della Repubblica 12 dicembre 1948, n. 1462, dall'art. 12 della le.gge regionale 20 agosto 1952, n. 24, e dall'art. 8 della legge 3 febbraio 1964; n. 3. Come si rileva raffrontando fra loro le disposizioni ora menzio nate, il legislatore, nella sua discrezionalit, pu variamente determi nare, purch secondo criteri razionali, la data entro la quale deve verificarsi la cessazione della causa di ineleggibilit, nei sensi sopra PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 381 esposti; ma in nessun caso tale data pu essere successiva a quella prescritta per l'accettazione della candidatura, che rappresenta il primo atto di esercizio del diritto elettorale passivo. Ond' che, in mancanza di apposite disposizioni, questo il momento cui deve farsi riferimento. 7. -Deve concludersi pertanto che quel che si pone in contrasto con l'art. 51 della Costituzione la normativa risultante dal combinato disposto degli artt. 15, n. 3, testo unico n. 570 del 1960 (art. 15, n. 3, testo unico legislativo n. 203 del 1954) e degli artt. 10 e 14 del testo unico comunale e provinciale n. 383 del 1934, nonch dai pi generali principi da questi ultimi implicati. L'accertata violazione dell'art. 51, primo comma, rende superfluo prendere in esame le censure per contrasto con l'art. 3, prima parte, della Costituzione, tanto pi che l'art. 51 la disposizione che, nel fare ! specifica e circostanziata applicazione del principio di eguaglianza aila I materia della eleggibilit, pone i principi direttamente disciplinanti la materia stessa. -(Omissis). I I ! II I (Omissis). -1. -Il Commissario dello Stato impugna, per violai I zione dell'art. 51 della Costituzione, la legge approvata dall'Assemblea ! regionale siciliana il 30 aprile 1969, recante modifiche alle cause di ineleggibilit previste per la elezione a consigliere comunale e a consigliere provinciale . Il ricorso nel merito fondato. I La riserva di legge posta dall'art. 51 della Costituzione non esclude che la Regione siciliana, giusta gli artt. 14 lettera o e 15 dello Statuto, abbia, in materia di elettorato passivo, potest legislativa primaria. Risponde ad una sicura esigenza di carattere generale che la disciplina I dei diritti elettorali, in quanto attinenti alle strutture essenziali df uno ! Stato a base democratica, sia dettata con norme destinate tendenzialmente ad operare su tutto il territorio della Repubblica. Ma del pari giustificato che, coerentemente al riconoscimento di potest legislativa primaria alla Regione siciliana, sia ad essa consentito di dettare norme nelle relative materie. Va da s, per, che, attraverso l'esercizio di quella potest legislativa, specie in una materia (come quella dell'elettorato passivo) in cui particolarmente avvertito il bisogno di una uniforme disciplina per tutti i cittadini e per tutto il territorio nazionale, la Regione non pu dar vita a norme che comportino deroghe, non giustificate e non razionali, alla leg1slazione elettorale statale che sia conforme al dettato della Costituzione e delle leggi costituzionali. 2. -Non v' dubbio che le norme limitazioni non consentite al godimento torato passivo. impugnate introducono delle del diritto politico dell'eleti ' f I ! I _,,~~~ 382 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Entro i confini' segnati dal presente controllo di legittimit costituzionale evidente come non possa rilevare l'eventuale fondatezza delle esigenze presumibilmente poste. a base delle norme impugnate e quindi l'opportunit della loro emanazione, anche se con quelle ragioni potrebbe essere messo in evidenza un interesse di portata generale. Nella specie, si ha la violazione dell'art. 51 della Costituzione, sotto il profilo della mancata osservanza del principio di eguaglianza sul terreno e nella materia dell'elettorato passivo. La Regione siciliana, nell'esercizio della sua potest legislativa p!'imaria, non pu non rispettare quel principio, nel senso che non in condizione di prevedere nuove o diverse cause di ineleggibilit a consigliere comunale e a consigliere provinciale, se non in presenza di situazioni concernenti categorie di soggetti, le quali siano esc1lusive per la Sicilia ovvero si presentino diverse, messe a raffronto con quelle proprie delle stesse categorie di soggetti nel restante territorio nazionale, ed in ogni caso p.er motivi adeguati e ragionevoli, e finalizzati alla tutela di un interesse generale. A proposito delle norme di cui si tratta appena H caso di notare come non sia essenziale il riferimento ad eventuali limiti discendenti dalle leggi statali di attuazione della Costituzione; risulta, in modo certo, infatti, la mancata osservanza di limiti segnati direttamente dalla Costituzione. 3. -Per valutare le norme regionali che si riportano a determinate situazioni personali, per ragione di impiego o di lavoro, come a condizioni e fondamento della previsione di nuove cause di ineleggibilit a cariche pubbliche, appare indispensabile cogliere la relazione che intercorre tra quelle situazioni ed il godimento dell'elettorato passivo. Pu quindi non interessare la pura constatazione della mancanza in concreto di un unico stato giuridico per tutti gli impiegati comunali e per tutti i dipendenti provinciali, e della eventuale diversit di situazioni giuridiche personali anche nell'ambito dello stesso comune o della stessa provincia; e.d invece gioverebbe rilevare se ed in che modo le situazioni di quelle categorie di soggetti si atteggino autonomamente o diversamente nell'ambito delle strutture organizzatorie della Regione siciliana. Sotto codesto profilo non sono riscontrabili nella legislazione a riferimento, sicuri dati o indici che valgano a dare fondamento alle norme impugnate. Il rapporto, risultante dall'ordinamento amministrativo degli enti locali nella nella Regione siciliana (decreto legislativo Pres. reg. 29 ottobre 1955, n. 6 legge reg. 15 marzo 1963, n. 16) tra 11 libero consorzio e il comune che ne faccia parte, non mette in evidenza d'altronde, nuove o differenti posizioni rispettive e soprattutto non rpone l'impiegato del comune che faccia parte del consorzio e nei confronti di questo, in PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 383 una posizione esclusiva o differente da quella in cui si trova l'impiegato comunale nei confronti della provincia nel restante territorio nazionale. Il risultato, non dubbio, trova definitivo riscontro solo che si ponga mente alla circostanza che, sia pure con l'attuale regime di amministrazione straordinaria, la. provincia in Sicilia sopravvive fino a quando saranno creati i liberi consorzi (art. 266 del citato ordinmento) (sentenza n. 96 del 1968). La notata relazione intercorrente tra il comune e il libero consorzio di comuni (o la ancora operante provincia, con amministrazione straordinaria), d'altra parte, serve anche ai fini della va,lutazione del rapporto tra i dipendenti dell'Amministrazione provinciale ed il comune rientrante nella relativa circoscrizione. 4. -Si perverrebbe sostanzialmente ad un non conducente mutamento della angolazione circa l'esame del problema, qualora si ritenesse di dover valutare la normativa in oggetto, sotto il profilo della asserita assimilazione nello stesso trattamento, di categorie analoghe. Non sembra per ci accettabile la sia pure acuta argomentazione avanzata dalla Regione, secondo cui il quid novi sarebbe dato dal disposto dell'articolo 1 e la relativa norma sarebbe dettata per porre sullo stesso piano la situazione del dipendente provinciale nei confronti del comune rientrante nella relativa circoscrizione provinciale e quella dell'impiegato comunale verso lAmministrazione provinciale nella cui circoscrizione rientri il relativo comune. E ci almeno per due ragioni. Anzitutto, perch dovrebbe essere dimostrata l'attuale vigenza dell'articolo 6, n. 4, della legge 7 febbraio 1957, n. 16 (e al riguardo, invece, rileva la legge 9 maggio 1969, n. 14, che, dettando nuove norme, esclude che la prevista causa di ine1leggibilit sussista anche per l'elezione dei consigli delle amministrazioni straordinarie); ed in secondo luogo, e soprattutto, perch, per le considerazioni sopra svolte non pu negarsi che la ripetuta norma, autonomamente considerata, sia incostituzionale. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 26 marzo 1969, n. 47 -Pres. Sandulli - Rel. Rocchetti -Ped (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). Procedimento civile -Termini processuali -Calamit naturali -Sospensione dei termini di prescrizione e decadenza -Contrasto con il diritto di difesa e con l'offi.cialit dell'azione penale -Esclusione. (Cost., artt. 24, 112, 101; d.l. 9 novembre 1966, n. 914, conv. nella legge 23 dicembre 1966, n. 1141, artt. 1 e 3). Mentre inammissibile per manifesta irrilevanza nella fattispecie la questione di legittimitd costituzionale della generale s9spensione dei i i l l I I I I I ~~ 384 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO termini sostanziali, a causa di calamit naturali, disposta dall'art. 1, secondo comma, del d.l. 9 novembre 1966 n. 914, non fondata la questione relativa .all'art. 1 secondo comma, dello stesso testo normativo, sulla sospensione dei termini processuali, con riferimento agli artt. 24, 112 e 101 della Costituzione (1). (Omissis). -Il tribunale di Rovereto si posto il quesito se debba considerarsi inesistente il termine a comparire di cui all'art. 163-bis del codice di procedura civile __,. e quindi, .per l'art. 164 stesso codice, nulla la citazione -quando esso sia venuto a cadere, e per intero, entro il periodo della sospensione dei termini disposta col decreto legge 9 novembre 1966, n. 914. Prima di risolvere tale quesito, il giudice a quo ha per ritenuto di dover sollevare questione sulla legittimit costituzionale degli artt. 1 e 3 del detto decreto legge, essendogli sembrato, oltre che rilevante per il giudizio, non infondato il dubbio se sia o no costituzionalmente consentito al legislatore ordinario sospendere, sia pure in condizioni di eccezionalit derivanti da calamit naturali, termini di decadenza da qualsiasi diritto, azione ed eccezione e termini relativi al pagamento di titoli di credito e di canoni di locazione o di affitto. Deve osservarsi in proposito che, essendo ben delimitato il punto del giudizio principale in rapporto al quale la questione di costituzionalit stata sollevata -sospensione di termini processuali -, ultronea, e quindi irrilevante, appare ogni altra impugnativa incidente sulla sospensione di termini di altra natura, come quelli attinenti al pagamento di titoli di credito e di obbligaz.ioni contrattuali. Il tribunale giustifica l'impugnazione dell'intera normativa, assumendo che unica sia la ratio legis che la informa. Ma anche se tale assunto possa ritenersi esatto, egualmente irrilevante, ai fini della risoluzione del punto controverso del giudizio principale, cosi come dallo stesso tribunale identificato, appare tutta la parte dell'impugnazione che eccede quel punto. Trattasi di un caso di manifesta iwilevanza per contraddittoriet, in quanto lo stesso giudice a quo che, dopo di aver precisato, per quanto a lui occorre, l'oggetto e lo scopo dell'indagine, ne amplia il contenuto in sede di giudizio di costituzionalit. (1) La questione era stata introdotta con ordinanza 15 aprile 1967 dal Tribunale di Rovereto (Gazzetta Ufficiale 28 ottobre 1967, n. 271). Non risultano precedenti specifici. Vedi, per, per la assolutezza e generalit di applicazione della sospensione dei termini disposta dal decretolegge 9 novembre 1966, n. 914, Pretore Nocera Inferiore 26 novembre 1966, Nuovo diritto, 1967, 452. f:~ .. r m - i,::i - J ~~~~=~~~ PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 385 Deve perci essere dichiarata inammissibile per irrilevanza quella parte della questione che investe la legittimit della normativa che ha disposto la sospensione di termini diversi da quelli processuali. Quanto alla impugnativa ,che investe le norme dell'art. 3, comma primo, del decreto n. 914, concernente la sospensione del corso dei termini perentori legali o convenzionali, i quali importino decadenze da qualsiasi diritto, azione od eccezione, essa rilevante ai fini _della decisione del giudizio principale, ma infondate appaiono le ragioni esposte dal giudice a quo per sostenerne la illegittimit. Per quanto poi attiene alla sospensione dei termini processuali, cui la rilevanza pi esattamente si restringe, non pu condividersi l'opinione che quella sospensione contrasti col diritto di difesa tutelato dall'art. 24, comma primo, e con l'obbligo dell'iniziativa dell'esercizio dell'azione penale spettante al pubblico ministero per l'art. 112, n, in .genere, con le garanzie della tutela giurisdizionale previste dall'art. 101 e, secondo il tribunale, anche dall'art. 1 della Costituzione. Innanzi tutto da rilevare che, con la sospensione dei termini processuali, non si verifica affatto quella generale paralisi di tutto il sistema giurisdizfonale paventato dal tribunale di Rovereto, perch nulla vieta al pubblico ministero -se non ne di fatto impedito da circostanze naturali straordinarie -di iniziare l'azione penale, emettere ed eseguire mandati di -cattura, n al giudice civile, sempre che lo possa, di istruire processi e anche di tenere udienze. Ci che non consentito soltanto di dichiarare decadenze per decorrenza di termini il cui corso stato appunto dalla legge sospeso. Certo, entro questi limiti, l'attivit giurisdizionale resta intralciata e quindi in parte paralizzata. Ma ci stato previsto per breve tempo e in via del tutto eccezionale, e sulla base di un consistente fondamento razionale, poich la legge ha collegato gli effetti che il tribunale ritiene censurabili a eventi straordinari che rendono, quando non impossibile, almeno assai difficile l'esercizio dell'attivit giurisdizionale. La normativa eccezionale, chiaramente ispirata da ragioni di solidariet sociale (art. 2 Cost.), riguarda poi la totalit dei cittadini della zona colpita, perch generale stata l'incidenza degli eventi calamitosi. Nessuna discriminazione n di ordine personale, n priva di giustificazione, stata perci realizzata, si da infrangere il principio di uguaglianza. Non pu escludersi che della sospensione dei termini processuali possano avvantaggiarsi singoli soggetti che, in concreto non abbiano subito pregiudizio dagli eventi calamitosi, o possano subirne svantaggio singoli soggetti che da quegli eventi siano stati essi stessi colpiti. Ma tale incidenza, limitata, ripetesi, nel tempo, trova ampia giustificazione nelle ragioni che hanno ispirato la normativa di eccezione, e pu dirsi connaturale a qualsiasi normativa di carattere generale. -(Omissis). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 26 marzo 1969, n. 48 -Pres. Sandulli - Rel. Capalozza -Podest (n.c.) e Presidente del Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Albisinni). Procedimento penale -Decreto penale -Revoca nei confronti del coimputato non opponente -Limitabilit alle sole ipotesi che il fatto non sussiste o non costituisce reato -Violazione del principio di eguaglianza -Esclusione. (Cost., art. 3; c.p.p., art. 510, ultimo comma). La norma dell'art. 5.10, uitimo comma, codice di procedura penale, la quale limita la revocabilit del decreto penale per il coimputato non opponente nelle sole ipotesi che il fatto non sussista o non costituisca reato, non in contrasto col priticipio costituzionale di eguaglianza (1). (Omissis). -1. -La soluzione della questione sottoposta all'esame di questa Corte prescinde dall'indagine sulla natura giuridica dell'opposizione a decreto penale di condanna. Devesi, peraltro, tener fermo che l'impugnazione In genere e l'opposizione a decreto penale sono ispirate a criteri informatori diversi. Nell'impugnazione, sia la dichiarazione sia. i motivi si estendono ai compartecipi, purch non siano esclusivamente personali a chi ha impugnato (art. 203 cod. proc. pen.); mentre il decreto penale, quando pronunciato a carico di pi persone concorrenti nello stesso reato (art. 110 e seguenti cod. pen.), diviene, di regola, esecutivo contro quelle tra esse che non hanno proposto opposizione (art. 508, primo comma, cod. proc. pen.), salvo che la sentenza che decide sull'opposizione riconosca che il fatto non sussiste o non costituisce reato (art. 510, ultimo cpv., cod. proc. pen.). In sostanza, il legislatore ha regolato in modo diverso due situazioni radicalmente diverse: per l'impugnazione in genere, ha scelt.o la strada dell'estensivit, che trova la sua integrazione nella garanzia offerta anche all'impugnante dai principio della non reformatio in (1) La questione era stata sollevata con ordinanza 5 agosto 1967 del Pretore di Chiavari (Gazzetta Ufficiale 27 gennaio 1968, n. 24). Sulla legittimit costituzionale del giudizio per decreto penale cfr. la precedente sentenza della Corte 23 marzo 1966, n. 27, in questa Rassegna, 1966, 286 e nota di richiami. In dottrina, pi recentemente, GoRLANI, Attivit istruttoria e diritto di difesa nei procedimenti penali per decreto, Riv. it. dir. e prdc. pen., 1967, 671; MIELE, Incostituzicmalit dell'art. 506 c.p.p. in riferimento all'art. 24 Costituzione, Arch. pen., 1967, II, 18. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 387 peius; per l'opposizione a decreto penale, ha, invece, reso arbitro il compartecipe di accettare la condanna inflitta, con la sola eccezione a lui favorevole prevista, per ragioni di equit, dall'ultimo capoverso dell'art. 510. ~ Alla stregua, quindi, della costante giurisprudenza, secondo cui il principio di eguaglianza deve assicurare ad ognuno parit di tr~ttamento solo allorch eguali siano le condizioni soggettive ed oggettive alle quali le norme giuridiche si riferiscono (sentenze n. 3/19.57; n. 64/1961; n. 68/1961; n. 7 /1965; n. 114/1968; n. 11/1969; n. 17 /1969), da escludere la violazione dell'art. 3 della Costituzione. Mette conto, altresi, ricordare che questa Corte si pi volte .pronunciata nel senso che la valutazione della diversit di situazioni giustificatrici di una differenza di trattamento giuridico non pu non essere riservata alla discrezionalit del legislatore Ol'dinario (sentenze n. 3/1957; n. 28/1957; n. 118/1957; n. 53/1958; n. 6/1960; n. 1/1962; n. 7 /1962; n. 8/1962; n. 44/1965; n. 45/1967), salva, beninteso, l'osservanza dei limiti stabiliti nel primo comma dell'art. 3 della Costituzione (sentenze n. 28/1957; n. 118/1957; n. 16/1960; n. 38/1965). Non pu prospettarsi una irragionevolezza della disciplina, per ci che riguarda il cosiddetto processo monitorio, dappoich le conseguenze giuridiche (sostanziali e processuali) dell'opposizione, non essendo presidiate dalla non reformatio in peius, possono essere assai gravose e pregiudizievoli per chi la propone, sia per l'onere delle spese, sia anche perch il giudice, se pronuncia sentenza di condanna, tenuto, per la irrogazione concreta della pena, solo a rispettare i limiti edittali (e cio pu infliggere una pena pecuniaria superiore o anche una pena detentiva, quando questa sia alternativamente prevista); pu negare la sospensione condizionale della pena e la non menzione della condanna nel certificato penale, che siano state concesse con il.decreto; pu applicare misure di sicurezza, art. 510 secondo comma, cod. proc. pen.), e, non essendo vincolato dal decreto penale (che revocato se l'opponente si presenta all'udienza: art. 510, primo inciso del secondo comma), pu anche dare una diversa e pi severa qualificazione al fatto. L'eventuale dichiarazione di incostituzionalit della norma denunziata, nella parte in cui limita l'estensione della sentenza assolutoria alle persone che abbiano concorso nel reato, offrirebbe al non opponente solo i vantaggi dell'altrui iniziativa, senza fargli correre alcun rischio n sopportare alcun onere. 2. - ben vero che l'attuale disciplina pu dare adito ad un accertamento contraddittorio del fatto materiale che ha formato oggetto del giudizio penale; si tratta per di un inconveniente, per quanto vistoso, che, attenendo alle discrasie tra la giustizia formale e la giustizia sostanziale e non presentando profili di illegittimit costituzionale, pu essere delimitato non da questa Corte bensi dal legislato.re. -(Omissis). i --I ......,,______,,,~,,,,,,.....-""","'"'"--I ::t/:'":t\ii<==nt+~.:>:t;.i:t?-="~=/B=t?+.:=/t'.=:r+=M====== =:.J:tt:.==~=:f.i:'.!=:'.. ::.:t'+:=:x:v:.t:;;::D'=:'t;;;::..::p:f'fi.:Y<.fkh==Mhf:i:f>:::=t==f?N=::frnnw=:::i:t~ 388-RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 26 marzo 1969, n. 49 -Pres. Sandulli - Rel. Oggioni -Angeli ed altri (n. p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Coronas). Imposte e tasse in genere -Immobili urbani -Applicazione delle imposte di registro, I.G.E. e bollo sui contratti di locazione -Per cezione dell'I.G.E. anche nell'ipotesi di risoluzione del contratto Illegittimit costituzionale. (Cost. art. .3; 1. 29 dicembre 1962, n. 1744, art. 1 e 2). parzialmente fondata la questione di legittimit costituzionale, con riferimento al principio costituzionale di eguaglianza, dell'art. 2, secondo comma della legge 29 dicembre 1962, n. 1744, recante nuove disposizioni per l'applicazione delle imposte di registro, di bollo e sull'entrata sui contratti di locazione dei beni immobili urbani, nella parte in cui consente, per i contratti di durata pluriennale, la percezione annuale dell'IGE anche nell'ipotesi di intervenuta risoluzione del contratto nell'anno precedente (1). (Omissis). -3. -Con ,l'ordinanza del tribunale di Milano vengono impugnati gli articol'i 1 e 2 della legge 29 dicembre 1962, n. 1744, per violazione dell'art. 3 della Costituzione. '8i assume che la fissazione di un'aliquota unica, comprensiva, sia dell'imposta proporzionale di registro, sia dell'imposta generale sull'entrata, verrebbe a dar luogo, per i contratti di locazione di durata pluriennale e nell'ipotesi di loro interruzione prima della scadenza pattizia, all'onere del pagamento del- l'imposta sull'entrata, senza che si verifichi la percezione di un corrispettivo. Ci creerebbe una disparit di trattamento tra chi assoggettato all'Ige per avere conseguito effettivamente una entrata e chi tenuto a corrisponderla, nonostante la mancanza del presupposto del- l'imposizione. La questione, cosi sollevata in ordine al sistema cui informata la citata legge del 1962, esige che siano anzitutto accertati la natura ed il contenuto dell'imposizione fiscale derivante dall'art. 1. (1) La questione era stata proposta con ovdinanza 9 novembre 1966 della Commissione Provinciale de'lle Imposte di Milano (Gazzetta Ufficiale 8 luglio 1967, n. 170) e 16 giugno 1967 del Tribunale di Milano (Gazzetta Ufficiale 28 ottobre 1967, n. 271). La Corte, mentre ha dichiarato inammissibile -giusta la sua nuova giurisprudenza sulla natura delle Commissioni tributarie -la prima questione, ha accolto la seconda nei limiti di cui al dispositivo. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 389 Dai lavori preparatori risulta che, anche al fine di porre rimedio alle frequenti evasioni fiscali, compiute dagli obbligati al pagamento dell'imposta entrata sui corrispettivi percepiti in dipendenza de1'le locazioni di beni immobili, si ritenuto di concentrare in unica imposta con unica aliquota, sia l'imposta di registro che quella sull'entrata. Dalla disposta concentrazione, si , poi, inteso far derivare l'effetto di un tributo avente in definitiva la peculiarit di un'imposta di registro, da corrispondere per effetto della sola esistenza dell'atto, prescindendo dal tener conto del conseguimento o meno dei suoi effetti economici. L'Avvocatura di Stato sostiene questo assunto. La Corte non ritiene, tuttavia, che sia esatto pretendere di assegnare alla legge, in via di interpretazione, la funzione creativa di una nuova imposta, nella quale i connotati dell'imposta sull'entrata vengano ad annullarsi. Ci produrrebbe fa singolare e contraddittoria conseguenza che, pur costituendo l'imposta sull'entrata una componente della nuova imposta, (ed anzi la componente, in percentuale, di maggior peso economico) quest'ultima verrebbe poi a cancellare causa ed effetti dell'altra. Qualunque sia stata l'intenzione finalistica e sottostante del legislatore, la legge in esame da riconoscere univoca nella sua formulazione, in quanto l'aliquota globale dichiarata comprensiva (non sostitutiva) dell'imposta sull'entrata (art. 1) e, nel preambolo, l'indicazione dell'oggetto della legge riferito anche aUa applicazione dell'imposta sull'entrata. Questa imposta, nonostante l'accostamento all'imposta di registro al fine di unificazione del tributo da pagare, mantiene pur sempre la sua individualit distintiva. 4. -A questa premessa, cui d luogo 11'interpretazione dell'art. 1 della legge, non corrisponde poi, per altro verso, la restante struttura della legge. Dalla riduzione ad unit del tributo dovuto per due diverse imposte (registro ed entrata) si fatta derivare la conseguenza dell'assorbimento dei caratteri dell'una in quelli dell'altra, regolando tutto il rapporto tributario in base al criterio della insensibilit a mutazioni sopravvenute nello svolgimento del rapporto negoziale, in conformit alla natura dell'imposta di registro, ma in dir:tlormit con la diversa natura dell'imposta sull'entrata. Di conseguenza, per i contratti di locazione di immobili, l'imposta sull'entrata dei canoni, dopo essere stata, con l'art. 1, accomunata negli effetti all'imposta di registro agganciandola alla rendita catastale per gli immobili censiti o ai corrispettivi pattuiti per gli immobili non censti, stata ugualmente accomunata, con l'art. 2, negl stessi effetti, anche per quanto riguarda le locazioni pluriennali. Per quest'ultima categoria di contratti si disposta la liquidazione annuale sempre in relazione o alla rendita catastale o ai corrispettivi 390 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO pattuiti, e, con riferimento alla data di inizio dell'annata locatizia stabilita nel contratto . Risulta (anche per le chiare indicazioni contenute nei lavori preparatori della legge) che si voluto con questo sistema agevolare il pagamento dell'imposta sia al contribuente sia all'ufficio, dando luogo ad una speciale forma di rateazione, con esclusione di ogni carattere di autonomia ai periodici versamenti ed assegnando alla liquidazione annuale di cui al secondo comma dell'art. 2 il significato di calcolo del dovuto, se posto in relazione al valore (eventualmente mutevole di anno in anno) della rendita catastale. Ma l'applicazione di questo sistema conduce alla conseguenza che, per l'identico tributo relativo all'imposta sul'entrata, una particolare categoria di contribuenti venga ad essere sottoposta a diverso e pi oneroso trattamento, in confronto alla categoria generale, senza alcun motivo che ne giustifichi la razionalit ed, anzi, con l'anomala conseguenza di dar luogo alla nascita di un'obbligazione tributaria di durata anche virtuale, senza il concreto verificarsi delle condizioni ipotizzate dalla legge per la relativa imposizione. La questione di costituzionalit stata posta dall'ordinanza di rinvio sia per quanto riguarda l'art. 1 della legge sia per quanto riguarda l'art. 2, in relazione all'art. 3 della Costituzione. Dell'art. 1 .e della sua interpretazione si gi detto. L'eccezione di illegittimit costituzionale, sollevata espressamente in relazione ai contratti di locazione di durata pluriennale, va concentrata sul capoverso dell'art. 2 che, appunto, ne prevede il regolamento tributario, nel modo anomalo che si detto. I motivi suesposti valgono per il riconoscimento di una Hlegittimit parziale della norma, in quanto essa consente di imporre annualmente, fino alla scadenza pattizia, il pagamento dell'imposta generale sull'entrata, anche quando il contratto di locazione sia stato risoluto durante il corso dell'anno precedente. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 28 marzo 1969, n. 52 -Pres. S,andulli - ReZ. Bonifacio -Amministrazione Provinciale di Brescia (avv. Amorth) e Presidente del Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). Costituzione della Repubblica -Autonomie locali -Ade~uamento delle le~~i della Repubblica -Ipotesi varie. (Cost. IX disp. trans.). @ ~~~ gesi, in Giur. cost., 1965, 1302, con osservazione di CRISAFULLI. 3 gesi, in Giur. cost., 1965, 1302, con osservazione di CRISAFULLI. 3 PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 391 Costituzione della Repubblica -Autonomie locali -Stato giuridico dei segretari comunali e provinciali -Violazione dell'autonomia Insussistenza. (Cost. art. 5 e 128; 1. 27 giugno 1942, n. 851, art. 4; 1. 8 giugno 1962, n. 604, art. 23 e 46). La IX disposizione transitoria della Costituzione va diversamente interpretata a seconda che sia, o meno, strettamente condizionata alla creazione delle Regioni e delle foro strutture. Solo nella prima ipotesi. il termine triennale ivi previsto pu ritenersi meramente programmatico; nella seconda ipotesi, l'inerzia del legislatoire, se di per s sola non comporta l'illegittimit delle norme non adeguate, non pu deter. minare l'esclusione del sindacato della Corte sul sistema vigente (1). Non sono fondate le questioni di legittimit costituzionale, in relazione all'autonomia degli Enti locali, dell'art. 4 della legge 27 giugno 1942, n. 851 e degli artt. 23 e 46 della legge 8 giugno 196.2, n. 604, recanti modificazioni allo stato giuridico ed all'ordinamento delle carriere dei segretari comunali e provinciali (2). (Omissis). -2. -L'esame delle disposizioni impugnate, diretto ad , accertare se queste contrastino col principio concernente le autonomie locali sancito negli artt. 5 e 128 della Costituzione, presuppone la soluzione di alcune questioni preliminari in ordine agli ~etti della IX disposizione transitoria della Costituzione, al contenutO della sfera d autonomia costituzionalmente riconosciuta a'1la provincia ed al comune, ai limiti che il legislatore incontra nelle materie che con tale autonomia hanno attinenza. Per quanto riguarda il primo punto, ad avviso dell'Avvocatura generale dello Stato il problema proposto dalle ordinanze di rimessione -riguardante ilo stato giuridico dei segretari provinciali -deve essere affrontato e risolto dal legislatore in sede di emanazione delle norme di adeguamento della legislazione alle esigenze delle autonomie: di conseguenza, finch quelle norme non saranno adottate, la non perentoriet del termine trienna1le assegnato dalla IX disposizione transitoria renderebbe tuttora legittimamente operanti le leggi preesistenti alla Costituzione. Tale tesi, che comporterebbe l'esclusione del sindacato di legittimit costituzionale in ordine a tutte le leggi che in materia di autono (1-2) Le questioni erano state proposte con tre ordinanze emesse dalla V Sezione del >Consiglio di Stato 8 luglio 1966 (Gazzetta Ufficiale 14 ottobre 1967, n. 258). La sentenza 27 dicembre 1965, n. 94, richiamata in motivazione, leg RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mie locali fossero in vigore al 1 gennaio 1948 e riconoscerebbe al 1legislatore il potere di lasciare indefinitamente in vita istituti e disposizioni eventualmente incompatibili con fondamentali principi del nuovo ordinamento democratico, non pu essere condivisa. Appare superfluo esaminare se, nonostante l'appartenenza delle disposizioni impugnate ad un testo legislativo posteriore alfa Costituzione (la legge 8 giugno 1962, n. 604, della quale si denunziano gli artt. 23 e 46 e che nell'art. 58 ha mantenuto in vigore anche la terza norma presa in considerazione da due delle ordinanze di rimessione, vale a dire l'art. 4 della legge 27 giugno 1942, n. 851), sia rilevante la circostanza che si tratta di una disciplina sostanzialmente confermativa, per la parte che qui viene in rilievo, di quella risalente ad epoca anteriore all'entrata in vigore della Carta costituzionale. Il problema, infatti, pu e deve essere riso1lto sul piano pi generale dell'esatta ricostruzione del precetto contenuto nella IX disposizione transitoria. La Corte !ritiene in proposito che quest'ultima norma debba essere valutata diversamente, negli effetti che ne onseguono, secondo che l'obbligo di adeguamento della legge ai nuovi principi autonomistici non si ponga in necessaria connessione con l'ordinamento regionale ovvero sia invece strettamente condizionato alla creazione delle regioni e delle loro strutture. In questo secondo caso l'adempimento dell'indirizzo che la Costituzione impone al legislatore presuppone la realizzazione dei nuovi enti, sicch fino a che questi non diventino operanti l'ordinamento non potr subire quelle modificazioni che solo allora sar possibile introdurre: e fu in base a questa constatazione che la Corte -una volta accertato 1che la nuova configurazione del controillo di merito sugli enti locali prevista dal capoverso dell'art. 130 inscindibilmente connessa con la creazione dell'organo regionale previsto nel primo comma dello stesso articolo -dichiar non fondata ia questione sollevata nel giudizio deciso con sentenza n. 94 del 1965. Nel caso, invece, in cui non ricorre l'indicato presupposto, l'inerzia del legislatore protratta al di l del termine triennale assegnato daHa IX disposizione transitoria, se di per s sola non comporta l'illegittimit delle norme non adeguate, ;non pu determinare l'esclusione del sindacato di questa Corte sulla conformit ai precetti costituzionali del vigente sistema delle autonomie, cos come, per costante giurisprudenza, tale conseguenza non deriva, in altro settore, dalla mancata revisione degli organi speciali di giurisdizione. -(Omissis). 5. -Passando all'esame del contenuto delle singole disposizioni impugnate, la Corte ritiene che nessuna di esse sia in contrasto con l'autonomia riconosciuta alle province. L'art. 23 della legge 8 giugno 1962, n. 604, prevede che i posti di segretario provinciale genera:le di prima classe siano conferiti a seguito di concorso per titoli per ciascuna sede vacante, stabilisce quali soggetti sono legittimati a con PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 393 correre e dispone che il conferimento del posto avvenga con decreto del Ministro dell'interno. evidente, in base a quanto innanzi si detto, I che validamente la legge pu stabilire che la nomina abbia luogo per I concorso e determinare i requisiti richiesti ai concorrenti: ritenere che la disciplina dell'accesso all'ufficio di cui si discorre debba rientrare nei poteri di autonomia delle amministrazioni provinciali significherebbe disconoscere quelle innanzi indicate esigenze generali che neces I sariamente devono essere soddisfatte attraverso una uniformit di regolamentazione, alla quale solo la legge pu dar vita. Posta quest pre l lmessa, n il bando ministeriale di concorso n la nomina del vincitore con decreto del Ministro portano offesa al principio di autonomia: si tratta, infatti, di poteri non discrezionali, ma vincolati anche nel I! contenuto, e si deve ritenere che di fronte all'omissione dei relativi atti od alla loro illegittimit l'amministrazione provincia1; titolare di un autonomo interesse alla copertura del posto, possa esperire i normali rimedi giurisdizionali. E poich quanto fin qui si detto vaie anche per l'articolo 46, che si limita a disporre la riapertura dei termini per i concorsi banditi e non espletati alla data di entrata in vigore della legge, e, a maggior ragione, per l'art. 4 della legge 27 giugno 1942, n. 851, che in via transitoria consente, in alcuni casi, alle amministrazioni provinciali di procedere alla nomina del segretario per concorso intern o per promozione, si pu concludere che tutte le questioni proposte dalle ordinanze di rimessione risultano non fondate. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 28 marzo 1969, n. 53 -Pres. Sandulli - Rel. Benedetti -Santoro (n. c.). Pensione -Pensioni di guerra -Esclusione dal trattamento pensioni stico indiretto delle sorelle coniugate del defunto -Violazione del principio di eguaglianza -Illegittimit costituzionale. (Cost. art. 3; 1. 10 agosto 1950, n. 648, artt. 71, lett. c, 77, comma primo, e 84, comma secondo, e corrispondenti disposizioni legge 18 marzo 1968, n. 313). fondata, con riferimento al principio costituzionale di eguaglianza, la questione di legittimit costituzionale delle disposizioni di legge sul riordinamento delle pensioni di guerra, nella parti in cui prevedono che la pensione indiretta spetta alle sorelle del militare morto per causa di servizio in guerra e del civile deceduto per fatto di guerra, solo in quanto nubili (1). (l) La questione era stata proposta con ordinanza 23 gennaio 1967 della IV Sezione della Corte dei Conti (Gazzetta Ufficiale 11 maggio 1968, n. 120). ~ I< ?: & (. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -1. -La questione di legittimit costituzionale proposta con l'ordinanza indicata in epigratlle fondata. Le disposizioni impugnate della legge 10 agosto 1959, n. 648, disciplinano il trattamento pensionistico dei collaterali del militare morto per causa del servizio di guerra o del civile deceduto per fatto di guerra stabilendo che la pensione indiretta concessa non soltanto ai fratelli e alle sorelle nubili minorenni quando siano orfani di entrambi i genitori o quando la madre non abbia diritto alla pensione (art. 71, lettera e) ma anche ai frateH.i e alle sorelle nubili maggiorenni, che, alla data del decesso del militare o del civile, siano inabili a qualsiasi proficuo lavoro, o tali siano divenuti anche dopo la suddetta data, ma prima di raggiungere la maggiore et o prima del giorno dal quale dovrebbe devolversi in loro favore la pensione gi liquidata al padre o alla madre (art. 77, comma primo). Per la concessione della pensione occorre, in ogni caso, che ai collaterali siano venuti a mancare, a causa della morte del militare o del civile, i necessari mezzi di sussistenza (art. 73), requisito che, ai sensi di successive disposizioni (artt. 17 della legge 9 novembre 1961, n. 1240, e 9 delfa legge 18 maggio 1967, n. 318) si considera sussistente quando il richiedente risulti non assoggettabile all'imposta complementare sul reddito complessivo. previsto infine che la pensione indiretta, gi liquidata ai genitori del militare o del civile, si devolva a favore dei coJ!laterali quando divengano orfani e siano minorenni, o inabili a qualsiasi proficuo lavoro ed, inoltre, nubili se sorelle (art. 84, comma secondo). 2. -L'esame di siffatta disciplina pone in evidenza che la pensione di guerra dei collaterali ha conservato nella legge n. 648 del 1950 il carattere di assegno alimentare espressamente attribuitole dal legislatore nella precedente normativa (r.d. 12 luglio 1923, n. 1491, art. 37). Il riconoscimento del diritto a pensione dei collaterali resta, infatti, subordinato alla esistenza di un loro reale stato di bisogno prodottosi in conseguenza della morte del militare o del civile. La pensione, cio, deve essere corrisposta quando si sia accertato che, a causa della morte del militare o del civile, i collaterali abbiano perduto i mezzi necessari al loro sostentamento e non possano provvedere aUe loro fondamentali esigenze di vita o per la loro minore et o perch, pur essendo maggiorenni, siano inabili a qualsiasi lavoro proficuo. Ora innegabile che tali obbiettive e ben specificate condizioni possano indifferentemente concorrere sia nei confronti del !fratello che Gi in precedenza, la Corte dei Conti aveva dato un'interpretazione estensiva delle ipotesi di pensione di riversibilit ammettendola per la sorella del dipendente statale, anche se divorziata con sentenza straniera delibata in Italia (C. Conti 6 marzo 1967, Giust. civ., 1967, II, 265). m: ~~~:111Jl7~11~ PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 395 della sorella, ancorch essi abbiano contratto matrimonio. Per quanto riguarda in particolare il requisito del bisogno economico evidente che pu ricorrere anche per la sorella maritata quando i suoi redditi, cumulati a norma di legge con quelli del marito, non eccedano il minimo imponibile agli effetti dell'imposta complementare progressiva sul reddito complessivo. Nessuna razionale giustificazione riesce perci a scorgersi in quella previsione delle norme impugnate che, sull'esclusiva base dell'appartenenza del soggetto all'uno o all'altro sesso, dispone l'esclusione dal di" ritto a pensione per la sorella coniugata e non parimenti per il fratello coniugato. La perfetta identit delle rispettive obbiettive situazioni postula l'esigenza di una uniformit di trattamento donde l'illegittimit per violazione del principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione di quelle.parti delle disposizioni censurate contenute negli artt. 71, lettera c), 77, comma primo, e 84, comma secondo, che riconoscono il diritto a pensione alla sorella del militare o civile deceduto, solo se nubile. E poich tali disposizioni risultano riprodotte negli stessi termini nei corrispondenti artt. 64, comma primo, lettera c), 75, comma primo, e 76, comma secondo, della legge 18 marzo 1968, n. 313, sul e riordinamento della legislazione pensionistica di guerra -legge entrata in vigore nelle more del presente giudizio -deve dichiararsi l'illegittimit anche di queste ultime norme in applicazione dell'art. 27, parte seconda; della legge 11 marzo 1953, n. 87. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 28 marzo 1969, n. 54 -Pres. Sandulli - Rel. Oggioni -Cicala (avv. Catalano). Reati -Sottrazione di persone incapaci -Limitazione della fattispecie legale al solo genitore esercente la patria potest -Violazione dell'eguaglianza dei coniugi -Esclusione. (Cost. art. 29; c.p., art. 574). Non fondata, con riferimento al principio di eguaglianza dei coniugi, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 574 codice penale, che nella sua struttura oggettiva, punisce la sottrazione dell'incapace solo al genitore esercente la patria potest e non anche all'altro genitore (1). (1) La questione era stata proposta con ordinanza del Pretore di Gavirate 29 maggio 1967 (Gazzetta Ufficiale 2 settembre 1967, n. 221) e deJ 396 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -3. -La questione non fondata. Va premesso che questa Corte con la citata sentenza n. 9 del rn64 ha basato la riconosciuta estensione del diritto di querela anche alla madre, su duplice motivo: un motivo d'ordine generale, nel senso che per l'art. 120 del codice penale, nella disciplina del diritto di querela, vige il principio che pone sullo stesso piano entrambi i genitori, senza distinzione tra esercente e non esercente la patria potest: un motivo d'ordine particolare, nel senso che, essendo il delitto di cui all'art. 574 c.p. ritenuto e classificato come delitto contro la famiglia e l'assistenza familiare, tutelabile nella intera consistenza dei suoi interessi sociali, morali, affettivi, il genitore, anche se non esercita attualmente la patria potest, non pu essere escluso dalla tutela degli interessi della famiglia. Qualsiasi limitazione soggettiva di questa tutela, verrebbe ad eludere il principio della eguaglianza giuridica dei coniugi, anche in relazione all'altro principoi, pur esso corrispondente ad interesse generale, deJ favor querelae, principio che questa Corte, con sentenza n. 101 deJ 1965 ha di nuovo richiamato appunto per distinguere il caso della querela ex art. 574 del codice penale dal caso del diritto di costituirsi parte civile nell'interesse del minore, in un procedimento penale. Ci premesso, va rilevato che il contenuto della citata sentenza del 1964, in quanto limitato a risolvere la questione della esclusivit o meno del diritto di querela, non incide, nemmeno per implicito o di riflesso, sulla questione ora proposta: ch, anzi, la sentenza stessa ad avvertire che la soluzione allora adottata non conduce ad una modifica concettuae della figuz:a del reato di cui all'art. 574 del codice penale, che deve pertanto continuare a considerarsi immutata ed inalterata . Le ordinanze di rinvio, pur rendendosi conto che la questione, attua1lmente sottoposta a giudizio, autonoma in confronto alla questione gi decisa sulla titolarit del diritto di querela, assumono che la' struttura del reato di sottrazione di persone incapaci, configurata in modo da escludere dall'ipotesi delittuosa di sottrazione colui che sia nell'esercizio della patria potest, creerebbe, per effetto di questa immunit, una disuguaglianza giuridica costituzionalmente i!llegittima nell'ambito delle posizioni rispettive che i coniugi assumono nella societ coniugale. Pretore di Roma del 29 aprile e 15 maggio 1968 (rispettivamente in Gazzetta Ufficiate 20 luglio 1968, n. 184 e 29 settembre 1968, n. 248). Le precedenti sentenze della Corte, citate nella motivazione, 22 febbraio 1964, n. 9 e 8 luglio 1967, n. 10.2, sono pubblicate in questa Rassegna, rispettivamente 1964, 250, e 1967, 705. In dottrina, cfr. AMENDOLA, La nuova formulazione degli articoli 573 e 574 c.p. dopo la sentenza della Corte costituzionale, Arch. pen., 1968, I, 338. ! I --if I PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 397 Ma la Corte ritiene che l'eccepita disuguaglianza non sussista, ove si ponga mente all'oggetto del reato di cui all'art. 574 del codice penale. Tale oggetto, desunto da1lla formazione della norma, dall'intento che l'ha ispirata e dalla sua lettera, consiste, entro il quadro generale della tutela della famiglia, nella tutela di particolari st:atus personali, che creano poteri e, corrispondentemente, doveri, nelil'ambito del gruppo familiare. Tale, in .primo luogo, lo status di esercente la patria potest (spetti questo esercizio al padre o, in ipotesi subordinata, alla madre), accanto al quale status vengono annoverati quelli relativi al tutore, al curatore, all'incaricato di funzioni di vigifanza e di custodia. Il reato concepito in funzione e tutela dell'esercizio dei poteri affidati ai componenti delle categorie suelencate, a ciascuno dei quali spetta il diritto di .agire mediante querela contro chiunque vi attenti. Spetta parimenti alla moglie, in quanto pur essa titolare della patria potest, il diritto di agire contro chiunque sottragga il minore all'esercizio di quei poteri. Ma la struttura del reato impedisc.e di far coincidere nella stessa persona (esercente la patria potest) il soggetto attivo ed il soggetto passivo del reato. Una decisione di incostituzionalit parziale della disposizione, quale le ordinanze prospettano nel senso di pervenire cosi a livellare in toto e corrispettivamente le posizioni di entrambi i coniugi col dichiarare illegittimo l'inciso esercente la patria potest di cui alla prima parte del primo comma, presupporrebbe e, nello stesso tempo, determinerebbe quella possibile mutazione ed alterazione della figura del reato, gi considerata inammissibile dalla precedente sentenza n. 9 del 1964. Le ordinanze 29 aprile e 15 maggio 1968 del pretore di Roma avvertono la connessione della disposizione penale con quella dell'ar. ticolo 316 c. c. che affida, in via primaria, al padre l'esercizio della patria potest: ci per prospettare la conseguenzialit di una eventuale duplice dichiarazione di incostituzionalit per l'una e per l'altra disposizione. Ma, va ricordato, in proposito, che con sentenza n. 102 del 1967 questa Corte, per motivi Che inducono a ravvisare nel capo fami glia il punto di convergenza dell'unit familiare mediante l'organizzazione dei mezzi idonei al raggiungimento dei fini sociaJli del matrimonio, tra cui l'allevamento e l'educazione dei figli, ha escluso qualsiasi contraddizione tra detto articolo e l'art. 29 della Costituzione. N, infine, pu attribuirsi alla tutela dell'esercizio deHa patria potest, quale sopra si delineato, il vizio di una distinzione sperequativa tra coniuge e coniuge, nel senso di una immunit accordata irrazionalmente ad uno solo di essi, poich non fuor di luogo considerare che l'es~rcizio della patria potest attribuisce diritti, ma impone anche doveri, la cui inosservanza, se pregiudizievole al figlio, potr sempre 398 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dar luogo ai provvedimenti giudiziali di cui agli artt. 330 e 333 e.e.: come pure, in caso di separazione legale, l'inosservanza di particolari statuizioni del giudice circa l'affidamento dei figli minori potr essere sanzionata ,penalmente anche nei riguardi dell'esercente la patria potest (art. 338 c.p.). L'art. 574 c.p. conserva, comunque, la sua ragion d'essere ed i suoi '1.imiti di operativit nell'ambito del suo contenuto sostanziale, senza che sia fondato il dubbio di una sua illegittimit costituzionale. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 28 marzo 1969, n. 55 -Pres. Sandulli - Rel. Branca -Mariani ed altro (n.c.) e Presidente del Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Coronas). Dogane -Estinzione dei reati punibili con sola multa -Conciliazione amministrativa prima dell'inoltro del verbale all'A.G. -Violazione del principio di eguaglianza. (Cost. art. 3; I. 25 settembre 1940, n. 1424, art. 141). parzialmente fondata, con riferimento al principio di uguaglianza, la questione di legittimitd costitu,zionale dell'art. 141 della vigente legge doganale, e precisamente nella parte in cui ammette la conciliazione amministrativa nei reati doganali punibili con sola multa, purch il pagamento venga effettuato prima della trasmissione del processo verbale di accertame,nto dell'autoritd giudiziaria (1). (Omissis). -1. - stato denunciato l'art. 141 della legge 25 settembre 1940, n. 1424, perch, ammettendo la definizione amministrativa nei delitti di contrabbando (punibili con la sola multa), la fa di-pendere, insieme con l'estinzione del reato, dalla illimitata discrezionalit degli uffici doganali. Ci contrasterebbe con l'art. 3 della Costtuzione: infatti le dogane, consentendo o negando ad arbitrio la (1) La questione era stata sollevata con due ordinanze del Tribunale di Varese del 27 giugno 1967 (Gazzetta Ufficiale 9 dicembre 1967, n. 307). La giurisprudenza aveva ritenuto che, una volta avvenuta la trasmissione degli atti, l'Autorit .giudiziaria non potesse restituirli all'Amministrazione !Per consentire all'imputato di esercitare il diritto di oblazione (Cass. 3 febbraio 1954, rie. Dordono, Riv. dir. proc. pen., 1954, 471). PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 399 e definizione amministrativa del contesto, sarebbero libere di regolare diversamente situazioni analoghe. La questione soilo parzialmente fondata. Se la conciliazione amministrativa e quindi la perseguibilit del reato dipendessero dall'arbitrio degli uffici doganali, la costituzionalit dell'intero art. 141 apparirebbe molto dubbia: e il dubbio verrebbe rafforzato dal confronto con la 1legge 1951, n. 27 (artt. 10, 11) per la quale in casi analoghi (contrabbando di generi di monopolio) la richiesta di conciliazione non pu essere respinta. Ma la norma denunciata, quale che ne fosse il contenuto originario, attualmente va intesa secondo la posizione che ha assunto nel contesto dell'ordinamento costituzionale; da cui la Corte ha ricavato finsegnamento che i provvedimenti della ;pubblica amministrazione devono essere sempre motivati perch ne sia possibile il controllo giurisdizionale di legittimit (art. 113 Cost. e v. sentenza 1956, n. 2). Poich l'accoglimento o il rifiuto della conciliazione attivit amministrativa, non c' dubbio che l'atto col quale essa sia per avventura respinta, comunque si manifesti, debba essere motivato e notificato al richiedente: onere, questo, che, non essendo espressamente escluso dalla norma denunciata, vi si pu leggere con l'ausilio dell'art. 113 del(l.a Costituzione. L'eventuale ricorso dell'interessato consentir all'organo di giustizia amministrativa una valutazione sui motivi dell'atto di rifiuto che potr anche condurre alla caducazione per disparit di trattamento. Non v' dunque, nella legge, un 'contrasto con l'art. 3 della Costituz,ione. Solo perch la questione le stata prospettata sotto altri profili la giurisprudenza ordinaria ha riconosciuto all'amministrazione doganale una facolt illimitata. 2. -Tuttavia, dato che, pendente il ricorso dell'interessato, l'autorit amministrativa pu trasmettere a\l giudice penale il processo verbale di accertamento, la tutela offerta dalla norma risulta insufficiente: l'accoglimento del ricorso e la successiva definizione del contesto non estinguerebbero il reato, essendo posteriori alla trasmissione del verbale (art. 141, comma secondo); cosi la disparit di trattamento, pur I essendo stata eventualmente colta ed eliminata in via amministrativa, permarrebbe in sede penalistica, conseguenza dell'originario arbitrio I dell'ufficio. '1 !! f , Poich proprio il secondo comma dell'art. 141, escludendo l'estinzione del reato dopo la consegna del verbale al giudice ordinario, consente questa eventuale disparit di trattamento, esso viola l'art. 3 della Costituzione. Perci non pu che dichiararsene l'illegittimit costituzionale l dove stabilisce che il reato non si estingue dopo la trasmissione del verbale all'autorit giudiziaria. -(Omissis). i ~ l' t r B ~ ~~~~ RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 28 marzo 1969, n. 56 -Pres. Sandulli Rei. Mortati -Presidente Regione siciliana (avv. Orlando Cascio) c. Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Casamassima). Sicilia -Conflitto di attribuzione con lo Stato -Modalit per l'erogazio ne di contributi straordinari agli esercenti servizi di linea -Com petenza dello Stato fuori del territorio regionale. (Cost. art. 3; St. Reg. Sicil. art. 17 lett. a; 1. 28 marzo 1968, n. 375). Spetta alto Stato il potere di erogare contributi alte imprese esercenti concessioni governative dei trasporti a semi della legge 28 marzo 1968, n. 375, escludendone quelle esercenti concessioni rilasciate dalla Regione Siciliana (1). (1) La Corte ha respinto il ricorso proposto dalla Regione, rilevando che il provvedimento impugnato non ha operato alcuna lesione della competenza regionale, avendo allo stesso modo esclusi tutti i servizi trasferiti alle Regioni. Per la legittimit costituzionale della legge 28 marzo 1968, n. 375, impugnata in via principale dalla Regione sarda, leggasi la sentenza della Corte 10 febbraio 1969, n. 11, in questa Rassegna, 1969, 17. CORTE COSTITUZIONALE, 3 aprile 1969, n. 60 -Pres. Sandulli -Rel. Reale -Amato (n. c.) e Presidente Consiglio Ministri (1Sost. avv. gen. dello Stato Agr). Imposte e tasse in genere -Reato finanziario -Intendente di Finanza Competenza penale -Illegittimit costituzionale. (Cost., artt. 101, 108, 2 comma; 1. 7 gennaio 1929, n. 4, artt. 14, 21, 26, 27, 36 a 45, 48, 50 e 51; r.d. 24 settembre 1931, n. 1473, artt. 9, 10). 1n relazione ai precetti costituzionali dettati dall'art. 101, per cui i giudici. sono soggetti soltanto alla legge e dall'art. 108, per cui la legge assicura l'indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali, precetti di immediata applicazione, anche al fine di vagliare la disciplina risultante da norme anteriori alla Costituzione, sono incostituzionali gli artt. 21, primo comma, n. 1, e 36 della legge 7 gennaio 19219, n. 4, che attribuiscono all'Intendente di Finanza la giurisdizione penale in materia di reati finanziari contravvenzionali puniti con la sola pena dell'ammenda; e, in applicazione dell'art. 27 legge 11 marzo 1953, n. 87, gli artt. 14, secondo comma, 21, primo comma, n. 2 e secondo comma, PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 401 26, primo comma, 27, secondo comma, n. 2, 37, 38, 39, 40, 41, primo e secondo comma, 4.2, 43, 44, 45, 48, terzo comma, 50, primo comma, 51, primo comma, n. 2, della stessa legge, nonch gli artt. 9 e 10 del r.d. 24 settembre 1931, n. 1473, per le parti in cui tutti i citati articoli si riferiscono al decreto penale dell'Intendente di Finanza (1). (Omissis). -1. -La questione di legittimit costituzionalei della legge 7 gennaio 1929, n. 4, contenente norme generali per la repressione delle violazioni delle leggi finanziarie, nelle parti in cui si attribuiscono all'Intendente di .finanza le funzioni di giudice speciale per le contravvenzioni finanziarie punibili ,con la sola ammenda, stata dichiarata infondata da questa Corte, con la sentenza n. 58 del 1965, unicamente sotto il profi!lo della compatibilit con l'art. 102 della Costituzione e con la disposizione VI transitoria, in ordine al regime di sopravvivenza delle giurisdizioni speciali, fintanto che alla revisione di esse non proceda il Parlamento in sede legislativa ordinaria. Il tribunale di Salerno, solleva ora dubbi sulla costituzionalit degli artt. 21, n. 1, e 36 della predetta legge n. 4 del 1929, concernenti rispettivamente la sopra richiamata competenza penale dell'Intendente e la potest a questo attribuita di pronunziare decreto penale di condanna, suscettibile di opposizione avanti al tribunale ordinario. Ci sotto il ben diverso ,profilo del precetto costituzionale di cui all'art. 101, secondo comma: I giudici sono soggetti soltanto alla legge , e di quello di cui all'art. 108, secondo comma: La legge assicura l'indipendenza dei giudici del'le giurisdizioni speciali . Va subito rilevato che non si tratta della enunciazione, in queste norme, di principi di massima, destinati a trovare concreta applicazione in sede della futura revisione delle giurisdizioni speciali, come ha sostenuto l'Avvaca,tura nelle sue ultime difese, ma di precetti di immediata attuazione: il che stato costantemente ritenuto da questa Corte tutte le volte che ha esaminato la sussistenza dei requisiti della indipendenza e della imparzialit in rapporto a giurisdizioni speciali, anche alla stregua della disciplina risultante da norme gi esistenti prima .dell'entrata in vigore della Carta costituzionale. Occorre quindi procedere al:l'esame della questione. Il tribunale l'ha ritenuta non manifestamente infondata assumendo, con argomenti vivamente contrastati dall'Avvocatura dello Stato, essere incompatibile <:on i citati articoli della Costituzione l'attribuzione di potest giurisdi (1) Il giudizio stato promosso con ordinanza 3 marzo 1967 del Tribunale di Salerno (Gazzetta Ufficiale 24 maggio 1967, n. 157). Si riporta nel testo l'integrale motivazione della sentenza, nella quale sono richiamate le precedenti pronunzie della Corte aventi ad oggetto le questioni relative alla imparzialit ed indipendenza dei giudici. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zionale ad un organo della pubblica Amministrazione, in posizione di dipendenza gerarchica dal potere esecutivo, amovibile e investito del'la rappresentanza dell'Amministrazione stessa, quale parte offesa dal reato, nell'eventuale giudizio di cognizione. La questione fondata. 2. -L'indipendenza dal legislatore ,costituente voluta anche per i giudici speciali in vista della completa attuazione del richiamato precetto, comune ad essi ed ai magistrati ordinari, che li vuole soggetti soltanto alla legge. Il principio dell'indipendenza volto ad assicurare .la imparzialit del giudice o meglio, come stato osservato, 'la esclusione di ogni pericolo di parzialit, onde sia assicurata al giudice una posizione assolutamente super partes. Va escluso nel giudice qualsiasi anche indiretto interesse alla causa da decidere e deve esigersi che la legge garantisca l'assenza di qualsiasi aspettativa di vantaggi, come di timri di alcun pregiudizio, preordinando gli strumenti atti a tutelare : ma gli effetti penali che vanno a cadere sono quelli pregiudizievoli, non quelli favorevoli. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 3 aprile 1969, n. 63 -Pres. Sandulli -Ret. F:ragali -Presidente Regione Friuli-Venezia Giulia (avv. Sivieri) c. Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Casamassima). Friuli-Venezia Giulia -Conflitto di attribuzione con lo Stato -Potere di nomina di un rappresentante nel collegio sindacale del Con sorzio agrario provinciale di Udine -Competenza dello Stato. (St. Reg. Friuli-Venezia Giulia, art. 4, n. 9; d.P.R. 26 agosto 1965, n. 1116; d.l. 7 maggio 1948, n. 1235, art. 44). Spetta allo Stato la nomina di un rappresentante per la Regione Friuli-Venezia Giulia in seno ai cotiegio sindacate del Consiglio agrario provinciale di Udine, a sensi deit'art. 44 d.l. 7 maggio 1948, n. 1235 concernente l'ordinamento dei consoirzi agrari e della federazione itJaliana dei consoirzi agrari (1). (1) La Corte ha respinto il ricorso della Regione fondandosi principalmente sull'art. 44 del deCl'eto legislativo del 1948 e sull'attuale permanenza delle ragioni di pubblico interesse che demandano al Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste i compiti di controllo sui Consorzi agrari. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 410 CORTE COSTITUZIONALE, 9 aprile 1969, n. 68 -Pres. Sandulli Rel. Trimarchi -Cipolla e Fanelli (n. c.). Lavoro -Rapporto di lavoro domestico -Sottrazione alla disciplina del contratto collettivo -Illegittimit costituzionale. (Cost., art. 3 e 39; e.e. art. 2068, 2 comma). Poich il rapporto di lavoro domestico tendenzialmente portato a costituire anche oggetto dell'autonomia collettiva, costituzionalmente illegittimo l'art. 2068, comma secondo, del codice civile nella parte in cui dispone che sono sottratti alla disciplina del contratto collettivo i rapporti di lavoro concerp,enti prestazioni di carattere domestico (1). (l) Il giudizio era stato introdotto con ordinanza del 29 gennaio 1969 del Pretore di Brindisi (Gazzetta Ufficiale 20 aprile 1968, n. 102). La Corte aveva dichiarato la .questione inammissibile per manifesta irrilevanza con la sentenza n. 101 del 1968 (Giust. civ., 1968, III, 260). In dottrina: PERSIANI, Domestici, in Enc. del dir., XIII, Milano, 1964; GHEZZI, Osservazioni sulla esclusione del rapporto di lavoro domestico dalla contrattazione coillettiva, Giur. it., 1966, I, 1, 409: CORTE COSTITUZIONALE, 9 aprile 1969, n. 71 -Pres. Sandulli - Rel. Benedetti -Tedesco (n. c.). Reati -Abigeato e pascolo abusivo nelle provincie meridionali e nella Sicilia -IUegittimit costituzionale della normativa -Esclusione. (Cost., art. 77, 3; d.l.l.1 11 febbraio 1917, n. 249}. Non fondata la questione di legittimit costituzionale del d.l.l. 11 febbraio 1917, n. 249 che estese alle provincie dell'Italia meridionale e della Sicilia le norme repressive delZ'abigeato e del pascolo abusivo per la Sardegna, n con riferimento all'art. 77 della Costitruzione, essendo stato esso convertito in legge, n con riferimento all'art. 3 della Costituzione, perch la normativa trova una razionale giustificazione nella particolare situazione di alcune regioni italiane (1). (Omissis). -1. -Nell'esame delle due censure di incostituzionalit formulate dal tribunale necessario dare la precedenza a quella con (1) La questione era stata proposta 'con ordinanza 23 aiprile 1968 del Tribunale di Lagonegro (Gazzetta Ufficiale 20 luglio 1968, n. 184). PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONAL E INTERNAZIONALE 411 la quale stata denunciata la violazione dell'art. 77 della Costituzione per la pretesa mancata conyersione in legge del d.1.1. 11 febbraio 1917, n. 249, recante e Norme per la repressione dell'abigeato e del .pascolo abusivo nelle province dell'Italia meridionale e della Sicilia >. La censura non fondata. A parte l'ovvio rilievo che se la conversione in legge non fosse avvenuta il decreto impugnato sarebbe privo di qualsiasi efficacia giuridica, sta il fatto che esso fu convertito in legge, con altri numerosissimi decreti luogotenenziali e regi, con l'articolo unico, comma primo, della legge 17 aprile 1925, n. 473 (n. 786 in G. U. 5 maggio 1925, n. 104) e deve pertanto ritenersi legittimamente in vigore. 2. -Del pari priva di fondamento la seconda censura d'incostituzionalit con la quale stata denunciata la violazione del principio di uguaglianza, sancito dall'art. 3 della Costituzione, sul rilievo che l'efficacia delle disposizioni del decreto in questione e la loro applicazione risultano e limitate ad alcune ed incerte province italiane . Per quanto attiene al territorio nel quale trovano applicazione le norme in esame agevole osservare che esso risulta espressamente indicato sia nel titolo che nella lettera dell'art. 1 del decreto impugnato. La locuzione in essi adottata: province dell'Italia meridionale e della Sicilia , gi usata in altri provvedimenti legislativi, di per s sufficiente a delimitare l'ambito territoriale delle norme in questione. N violazione del principio di uguaglianza pu scorgersi nel fatto che il d.1.1. n. 249 del 1917 si applichi solo in alcune province e non in tutto il territorio nazionale. Le norme in esame -inizialmente dettate per la sola Sardegna (r.d. 14 luglio 1898, n. 404) e successivamente estese col decreto impugnato alle. province dell'Italia meridionale e della Sicilia -trovano logica e adeguata giustificazione nelle speciali situazioni di alcune regioni italiane. In esse la peculiare conformazione dei luoghi, in prevalenza impervi e scarsamente popolati, nei quali l'allevamento del bestiame continua ad essere praticato in notevole misura con il tradizionale sistema della pastorizia, nonch speciali situazioni locali e condizioni sociali di coloro che a tali attivit si dedicano, hanno favorito in modo particolare, pi che nel restante territorio nazionale, l'incremento e la maggiore gravit dei reati dell'abigeato e del pascolo abusivo. Non sussiste, quindi, nella specie l'assunta violazione del principio di uguaglianza perch -come la Corte ha pi volte avuto occasione di affermare -ben pu il legislatore emanare una disciplina normativa differenziata quando questa obiettivamente giustificata da diversit di situazioni e differenti aspetti della vita sociale che razionalmente ne determinano l'adozione. -(Omissis). 412 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 9 aprile 1969, n. 72 -Pres. Sandulli - Rel. Bonifacio -De Luca e S.I.P. (avv. Tosato) e Ministero Poste e TT. e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. ,avv. gen. dello Stato Albisinni). Telefoni -Tarifl'e telefoniche -Carattere impositorio della prestazione Determinazione delle tariffe -Potere conferito dalla legge al C.I.P. Illegittimit costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 23; r.d. 27 febbraio 1936, n. 645, art. 232). , La determinazione delle tariffe telefoniche, in quanto attinente ad un servizio riservato alla mano pubblica il cui uso essenziale ai bisogni della vita, deve assimilarsi, nella realt effettuale, ad una vera e propria imposizione di prestazioni patrimoniali; poich le tariffe telefoniche sono deliberate dal Comitavo interministeriale per i prezzi e poich il potere dalla legge conferito a detto Comitato collegato ad elementi di natura tecnica che ne circoscrivono l'ambito, devesi escludere la incostituzionalit, in riferimento all'art. 23 della Costituzione, dell'art. 232 del r.d. 27 febbraio 1936, n. 645 il quale stabilisce che le tariffe telefoniche sono approvate con decreto del Ministro per le poste e le telecomunicazioni, emanato di concerto con. il Ministro del tesoro e con il Ministro deU'industria e commercio (1). (Omissis). -3. -n citato art. 232 stabilisce che le tariffe telefoniche ivi specificate sono approvate con decreto del Ministro per le poste e le telecomunicazioni, emanato di concerto col Ministro per il tesoro e col Ministro per l'industria ed il commercio. Ad avviso del giudice a quo, questa disposizione, in quanto demanda all'autorit governativa un potere non soggetto n a limiti n a controlli, contrasterebbe con l'art. 23 della Costituzione, in forza del quale nessuna prestazione patrimoniale pu essere imposta se non in base alla legge. Per decidere la questione di legittimit costituzionale cosi pro posta necessario, in primo luogo, accertare se nella materia concer nente le tariffe telefoniche ci si trova di fronte a vere e proprie e pre stazioni imposte , per le quali si possa invocare la riserva di legge contemplata nella norma costituzionale di raffronto. Secondo l'Avvoca (1) Il giudizio stato introdotto con ocdinanza 26 ottobre 1967 del giudice conciliatore di Genova (Gazzetta Ufficiale 23 dicembre 1967, n. 321). La sentenza 3 maggio 1963, n. 55 pubblicata in Giur. it., 1963, I, 1, 935. La sentenza 25 giugno 1957, n. 103, proprio sulla legittimit costituzio nale del CIP, leggesi in Giur. cost., 1957, 977, e nota di BARTOLOMEI, Libert di impresa e disciplina dei prezzi. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 413 tura dello Stato e la difesa della S.l.P. una conclusione negativa i:n proposito sarebbe inevitabile, atteso che l'obbligo del pagamento secondo le tariffe non nasce dal provvedimento dell'autorit governativa, ma dal contratto che l'utente stipula col concessionario del servizio: il necessario concorso della volont dell'interessato, che si estrinseca in un'attivit negoziale di diritto privato riconducibile al paradigma del contratto di adesione, escluderebbe la possibilit di configurare i relativi obblighi come oggetto di una vera e propria imposizione. Gli argomenti esposti dalle due parti, fondati su una esatta qualificazione della fattispecie giuridica presa in considerazione, sono certamente idonei a dimostrare che le obbligazioni degli utenti trovano la loro fonte immediata in un contratto, ed del pari certo che sulla natura del conseguente rapporto non incidono n il carattere pubblicistico della concessione n i poteri che in proposito la legge attribuisce al Governo. Queste conclusioni, tuttavia, non appaiono di per s sufficienti a giustificare la tesi dell'inapplicabilit dell'art. 23 della Costituzione al caso in esame. Va anzitutto rilevato che l'intercorrere del rapporto fra due soggetti privati -utente e concessionario -e l'assoggettamento di esso alla disciplina privatistica non fa certo venir meno il carattere pubblico del servizio telefonico, che la legge riserva I allo Stato (art. 1 r.d. 27 febbraio 1936, n. 645). Ci premesso, e sviluppando spunti gi contenuti nella precedente giurisprudenza (cfr. sentenza n. 55 del 1963), si deve affermare che il carattere impositorio I della prestazione non escluso per il solo fatto che la richiesta del I I servizio dipenda dalla volont del privato: ed invero tutte le volte I I in cui un servizio, in considerazione di una sua particolare rilevanza, j venga riservato alla mano pubblica e l'uso di esso sia da considerare ! essenziale ai bisogni della vita, d'uopo riconoscere che la determii nazione autoritaria delle tariffe deve assimilarsi, nella realt effettuale, I ad una vera e propria imposizione di prestazioni patrimoniali. Quando ! ricorrano entrambi gli indicati presupposti, il fatto che l'obbligazione ! al pagamento del corrispettivo del servizio presupponga la volont dell'utente di avvalersi dello stesso non giuoca, sotto il profilo che qui I .viene in considerazione, un ruolo determinante. Se vero, infatti, che il cittadino libero di stipulare o non stipulare il contratto, altret I tanto vero che questa libert si riduce alla possibilit di scegliere fra la rinunzia al soddisfacimento di un bisogno essenziale e l'accettazione di condizioni e di obblighi unilateralmente e autoritariamente prefissati: si tratta, insomma, di una libert meramente formale, perch la scelta nel primo senso comporta il sacrificio di un interesse assai rilevante. Si deve ritenere, perci, che quando si tratti di un servizio essenziale -e non c' dubbio che tale sia da considerare, nella odierna societ, quello relativo alle comunicazioni telefoniche -, eserdtato in regime di monopolio pubblico, la determinazione delle tariffe non possa RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO essere rimessa all'arbitrio dell'autorit, ma debba essere assistita da quelle garanzie che la Costituzione ha voluto assicurare attraverso la riserva di legge. 4. -Pienamente fondata, invece, risulta la tesi subordinata, sostenuta sia dall'Avvocatura dello Stato che dalla difesa della S.I.P., secondo la quale la determinazione delle tariffe telefoniche avviene, nell'ordinamento ora in vigore, in base alla legge. L'impugnato art. 232, infatti, non pu essere considerato come avulso dal sistema giuridico nel quale la disposizione oggi si inserisce, ed il potere conferito all'autorit governativa deve necessariamente essere valutato nel quadro del regime giuridico che in generale disciplina le competenze, il procedimento ed i criteri concernenti la fissazione dei prezzi dei servizi. A tal proposito deve essere posto in rilievo che il potere di determinare tali prezzi devoluto al Comitato interministeriale istituito con d.1.1. 19 ottobre 1944, n. 347, secondo le modalit prescritte da tale provvedimento legislativo e dalle successive dispbsizioni del d.1.1. 23 aprile 1946, n. 363, e del d.lgt. del Capo provvisorio dello Stato 15 settembre 1947, n. 896, e bisogna ritenere -come risulta dal primo comma dell'art. 4 della citata legge istitutiva del. nuovo organo, che non consente se non a quest'ultimo la modificazione di preesistenti tariffe autorit~tive -che si tratta di una competenza esclusiva, la quale rimasta tale anche dopo l'emanazione del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1968, n. 626, il cui art. 2 da intendersi nel senso che le direttive del Comitato interministeriale per la programmazione economica in ordine alla determinazione delle categorie di servizi per i quali il C.I.P. pu esercitare le sue attribuzioni non riguardi le ipotesi nelle quali la fissazione delle tariffe sia prevista da una legge. Una volta accertato che il .Governo non pu esercitare -ed in effetti non esercita -il potere conferitogli dall'art. 232 del r.d. 27 febbraio 1936, n. 645, se non uniformandosi alle deltberazioni adottate dal C.I.P., il problema in esame trova la sua soluzione nelle considerazioni che la Corte, sia pure con riferimento ad altra norma costituzionale, pose a fondamento della decisione adottata con sentenza n. 103 del 1957. In quella occasione, infatti, sulla base di quanto risulta dalle disposizioni concernenti la composizione del C.I.P. e le modalit del suo funzionamento, venne accertato che la legge attribuisce a quel .. Comitato un potere che e lungi dall'essere illimitato si da sconfinare in una valutazione di fattori riservata al legislatore, collegato ad elementi di natura tecnica che ne circoscrivono l'ambito. Le stesse ragioni giustificano la conclusione che il denunziato art. 232, interpretato in collegamento con la vigente legislazione sulla determinazione dei prezzi dei servizi, non vola la riserva di legge prevista nell'art. 23 della Costituzione. -(Omissis). .. . !;; :::: ~,=::ii == :..-..~ =r:: tir%ft~xwrs1:~:~::;1~~tf~t,t.i:'.lltl~;;;\~~r~:i~:;;,;;:~~:;1E~~=~t'.~ftr~:l~'.}fli~if;;;rx;,rtr:lftx::~{nfffi~llit~~i!i~;::~'!:;fitf~~'.1~:1?t:.fi?Efililftrikfff~ PARTE I, SEZ. I, GIVRIS. COSTITVZIONALE E INTERNAZIONALE 415 CORTE COSTITUZIONALE, 11 aprile 1969, n. 74 -Pres. Sandulli - Rel. Chiarelli -Presidente Regione siciliana (avv. Virga e Orlando Cascio) c. Presidente Consiglio Ministri (sost. avv. gen. dello 8tato Casamassima). Sicilia -Tutela del paesaggio e conservazione delle antichit e delle opere artistiche -Norma disciplinante i vincoli sulla zona di templi in Agrigento -Decreto ministeriale che determina il perimetro della valle dei templi, la prescrizione di uso ed i vincoli di inedificabilit -Legittimit costituzionale. (St. spec. reg. sic., art. 14 lett., n); 1. 28 settembre 1966, n. 749, art. 2 bis; d. intermin. 16 maggio 1968). Poich la norma che attribuisce la competenza legislativa esclusiva alla Regione siciliana, per diventare operativa, deve essere integrata daLle norme di attuazione, le quali, in materia di tutela del paesaggio e di conservazione delle antichit' e delle opere artistiche, non sono state ancora emanate, neil'attuale situazione normativa deve dichiararsi costituzionale la norma statale che dispone vincoli su una zona di preminente carattere archeologico della Regione e legittimo il decreto ministeriale che, in attuazione della predetta norma, detta pi specifiche determinazioni in materia (1). (1) Sulla necessit delle norme di attuazione anche in tema di competenza esclusiva, vedasi la sentenza n. 14 del 1962, in Giur. it., 1962, I, 1, 756. Sulla potest dello Stato di emanare norme in materia di tutela del paesag,gio, in mancanza di norme di attuazione delle digposizioni statutarie, cfr. le sentenze n. 65 del 1959 e n. 83 del.1962, pubblicate ivi, rispettivamente 1960, I, 1, 114; e 1962, I, 1, 1289. CORTE COSTITUZIONALE, 11 aprile 1969, n. 75 -Pres. Sandulli - Rel. Crisafulli -Giardino, Narbone, Musso, Agagliate, Emilio, soc. imm. Sant'Orsola (avv. Dossetto, Werthmiiller, Zini Lamberti, Allorio, Leoni), Comune Torino (avv. Astuti e Micheli) e Presidente Consiglio Ministri (vice avv. gen. dello Stato Foligno). Imposte e tasse -Imposta sugli incrementi di valore delle aree fabbricabili -Decorrenza -Facolt di determinarla con riferimento alla istituzione del contributo di miglioria generica -Illegittimit costituzionale -Parziale sussistenza. In riferimento all'art. 53 della Costituzione sono illegittimi il primo comma dell'art. 48 ed il primo comma dell'art. 49 della legge 5 marzo l l j I I i I l I RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 416 1963, n. 246 (istituzione di una imposta sugli incrementi di valore delle aree fabbricabili) nella parte in cui, attribuendo ai Comuni la facolt di fissare la decorrenza dell'imposta, se pi favorevole, dalla data iniziale gi stabilita nella relatiiva deliberazione ai fini deli'applicazione del contributo di miglioria generica, consentono l'applicazione retroattiva delZ'imposta anche nei confronti di so,ggetti non sottoposti al contributo stesso (1). (Omissis). -2. -Secondo l'interpretazione in un primo momento prospettata dalla difesa dello Stato, la proposizione del primo comma dell'art. 48, denunciata dal tribunale, significherebbe che i Comunl possono far coincidere la data di riferimento iniziale per il calcolo degli incrementi di valore ai fini della nuova imposta con quella gi stabilita, agli stessi effetti, nelle delibere istitutive del contributo di miglioria generica. Se cosi fosse, non sorgerebbe questione di violazione dell'art. 53, primo comma, della Costituzione, poich gli artt. 48 e 49 non autorizzerebbero alcuna retroattivit nell'applicazione dell'imposta. Ma una siffatta interpretazione, pur se accolta anche in una circolare in data 4 marzo 1963 del Ministero delle finanze, contenente istruzioni per l'applicazione della legge n. 246, stata esplicitamente disattesa dalle ordinanze di rimessione, e sembra alla Corte che queste siano nel vero quando fanno rilevare che, letteralmente e logicamente, la formula dell'art. 48 sta invece a significare che anche la data di applicazione dell'imposta pu essere quella medesima che era stata a su tempo determinata dal Comune nelle delibere istitutive del contri- buto di miglioria. Tecnicamente, questo il senso corretto dell'espressione e fissare la decorrenza dell'imposta ., e se impropriet c' nel testo della legge, questa st incontra eventualmente nell'art. 49, laddove si parla dell'incremento dei valori verificatosi e dalle date di decorrenza indicate nell'articolo precedente . (1) Si tratta di nove giudizi, riuniti dalla C'orte, promossi con altrettante ordinanze emesse il 9 giugno 1967 dal Tribunale di Torino (Gazzetta Ufficiale 2 settembre 1967, n. 221; 14 ottobre 1967, n. 258; 28 ottobre 1967, n. 271). La medesima legge fu presa in esame dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 44 del 1966 (Giur. it., 1966, I, 1, 961). Sui contrasto tra la legge tributaria retroattiva e l'art. 53 Cost. vedasi anche la sentenza n. 45 del 1964 (Giur. it., 1964, I, 1, 1109). In dottrina: MANZONI, n principio della capacit contributiva nell'ordinamento costituzionale italiano, Torino, 1965; FORTE, Sul problema deVla costituzionalit di imposte retroattive, Giur. it., 1966, I, 1, 963; PoTITo, Sulle garanzie costituzionali stabilite per l'esercizio della potest d'imposizione, Rass. dir. pubbl., 1966, II, 166. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 417 Ma lo scambio tra le due date, che spesso si coglie anche nel corso dei lunghi e travagliati lavori parlamentari che portarono all'approvazione della legge n. 246, si spiega tenendo presente che del sistema complessivo da questa instaurato faceva originariamente parte integrante il secondo comma dell'art. 25, poi dichiarato costituzionalmente illegittimo con la sentenza 23 maggio 1966, n. 44, di questa Corte, e che in quel sistema la retrodatazione fino a un decennio del momento di riferimento iniziale degli incrementi di valore (praticamente la regola, interessando tutti i Comuni obbligati a istituire la nuova imposta e parte di quelli facoltizzati) faceva tutt'uno con la retrodatazine dell'applicazione dell'imposta. Ulteriore argomento in favore dell'interpretazione accolta dal tribunale di Torino si trae dal secondo comma dell'art. 48, che, tenendo fermi, ai fini dell'applicazione dell'imposta sugli incrementi di valore, oltre ai valori gi definiti, anche i pagamenti e le iscrizioni a ruolo effettuati agli effetti dell'applicazione del contributo di miglioria, presuppone che la nuova imposta sia applicabile a fatti intervenuti sotto il vigore del t.u. del 1931 e concretamente rilevanti per l'applicazione del contributo di miglioria generica. 3. -A seguito della ricordata sentenza n. 44 del 1966, la retroattivit dell'imposizione autorizzata dagli artt. 48 e 49 si restringe alle sole ipotesi espressamente previste nella seconda parte del primo comma dell'art. 48, e nel primo comma dell'art. 49, con la proposizione denunciata dalle ordinanze di rimessione. Trattasi infatti di norma a s stante, sorretta da una sua propria e specifica ratio, che esattamente pertanto il tribunale ha considerato tuttora in vigore, nessuna incidenza avendo avuto su di essa la dichiarata .illegittimit costituzionale dell'art. 25, secondo comma. Non esatto, invece, che le stesse ragioni che ebbero a determinare quella decisione valgano identicamente per la norma oggi sottoposta all'esame di questa Corte, nella sua interezza. Nel secondo comma dell'art. 25 questa Corte ebbe a ravvisare violazione del principio del primo comma dell'art. 53, non gi per il semplice motivo della retroattivit dell'imposizione, ma per la dissociazione temporale che ne risultava tra capacit contributiva e sottoposizione al tributo, del quale la norma dichiarata incostituzionale consentiva l'applicazione a rapporti esauriti >, senza che soccorresse alcuna razionale presunzione che gli effetti economici dell'alienazione e del valore realizzato con essa permangano nella sfera patrimoniale del soggetto ., data anche la imprevedibilit della imposta. noto d'altronde come la stessa dottrina tributaristica pi sensibile ai limiti derivanti alla legislazione ordinaria dal principio della capacit contributiva non abbia mancato di rilevare che una legge pu colpire una capacit contributiva esistente in un momento anteriore e rivelata da fatti pas ~ RASSEGNA DELL1AVVOCATUBA DELLO STATO 418 sati, senza per ci solo violare l'art. 53, purch vi sia una ragionevole presunzione che, nella normalit dei casi, quella capacit contributiva permanga al momento della imposizione. Applicando i suesposti criteri al caso in esame, deve ritenersi che la situazione prevista dalla norma degli artt. 48 e 49, di cui questione, in parte diversa da quella che era regolata nel secondo comma dell'art. 25. Giacch, nella specie, la retroattivit inerisce alla sostituzione di un tributo precedente con altro, strutturato bensi in modi sotto alcuni aspetti diversi, ma rispondente alla stessa funzione economicosociale e diretto a colpire -con aliquote minori -gli stessi fatti produttivi di ricchezza del primo. Non vi ha dubbio, infatti, che l'imposta sugli incrementi di valore delle aree fabbricabili, storicamente e logicamente, deriva in linea diretta dal contributo di miglioria generica previsto dal testo unico sulla finanza locale, rappresentandone un ulteriore sviluppo e ammodernamento: non a caso, la legge de qua mostra chiaramente di considerare l'applicazione dell'un tributo alternativa rispetto all'applicazione dell'altro. E la disciplina dettata nelle disposifiloni transitorie degli artt. 48, 49, 50, 51 e 52 tende a regolare il passaggio dall'uno all'altro tributo nei comuni che il primo avessero applicato o intrapreso ad applicare. 4. -Ora, se vero che la cerchia dei soggetti passivi dell'imposta sugli incrementi di valore delle aree fabbricabili pi larga di quella di coloro che erano sottoposti al contributo di miglioria generica, non men vero, tuttavia, che questi ultimi vi sono certamente ricompresi: pacifico in fatto, ad esempio, che tutti gli attori nei giudizi promossi contro il Comune di Torino, che hanno dato luogo al presente incidente di costituzionalit, erano in precedenza soggetti al contributo di miglioria generica alla stregua del t.u. del 1931 ed in forza delle deliberazioni, menzionate in narrativa, a suo tempo adottate dal Comune stesso. Ma, nei limiti entro cui vi ha coincidenza tra contribuenti soggetti alla nuova imposta e contribuenti gi assoggettati al contributo, non sussiste violazione dell'art. 53, primo comma. Da un lato, infatti, a differenza da quanto si riscontrava ri.el caso dell'art. 25, secondo comma, non. sarebbe possibile mettere in dubbio la piena prevedibilit del- l'onere di una imposizione, astrattamente prevista come possibile dal t.u. del 1931, quando ne fosse stata decisa la istituzione con deliberazioni comunali, contro le quali gli interessati avevano a loro disposizione i ricorsi di cui all'art. 239 del t.u.; d'altro lato, la capacit contributiva che deve permanere in capo al soggetto passivo della nuova imposta, subentrante retroattivamente al tributo precedentemente istituito, quella medesima -non solo astrattamente, quanto anche in concreto -sulla quale il contributo stesso per l'innanzi incideva. ~ I ;'. I 11: w I ~ I I I rn [ fi rj~1 ~ !J!lll I I J'= 1rilittr1r~f&fi~iifil~r111:r1:[~g&1~~~1~:~f:ri:\wfiti;r~1ir11f:~~ffEITm'~r@:\~I~11~m1m@~i:f:tfil~i:'\~~~tMt11film~]rw0wr1M~:s1m~H&JriliI1Yt' PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 419 Dove, al contrario, il principio del primo comma dell'art. 53 risulta violato, per ragioni analoghe a quelle rilevate dalla sentenza n. 44 del 1966 in ordine al secondo comma dell'art. 25, nella estensione dell'imposta sugli incrementi di valore a soggetti diversi da quelli gi tenuti a corrispondere il contributo di miglioria generica ~ con la stessa decorrenza stabilita per l'applicazione di quest'ultimo. Ci che, nell'ambito delle zone del territorio comunale in cui doveva trovare applicazione il contributo di miglioria generica, pu verificarsi in casi particolari e marginali come quelli della utilizzazione a scopo edificatorio fuori delle ipotesi .dell'art. 241, ultimo comma, del t.u. sulla finanza locale, o della costruzione seguita da alienazione, e si verifica invece nella generalit dei casi con riguardo alle zone escluse dal contributo. Ne segue la illegittimit costituzionale delle disposizioni denunciate, limitatamente alla parte in cui includono anche soggetti ai quali il contributo di miglioria generica non era applicabile. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 11 aprile 1969, n. 77 -Pres. Sandulli - Rel. Chiarelli -Torre (avv. Tosatti), Banco di Napoli (avv. Piccardi) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Albisinni). Agricoltura -Credito agrario di esercizio -Privilegio sui frutti del fondo -Opponibilit nei confronti del terzo nuovo possessore e conduttore del fondo -Illegittimit costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 42; r.d.l. 29 luglio 1927, n., 1509, conv. nella legge 5 luglio 1928, n. 1760, art. 8). N di essa, e preordinati, per quanto riguarda la propriet terriera, al fine di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali (ar.t. 44 Cost.). La possibilit di far valere il privilegio nei confronti del terzo (proprietario o nuovo conduttore del fondo) corrisponde agli indicati scopi di interesse generale, di favorire il credito agrario, giacch, se .Ja si escludesse, la garanzia del prestito potrebbe essere inoperante, e d'altronde l'utilit del suo impiego non si esaurisce con la produzione dei frutti dell'annata, potendo derivare da esso un vantaggio per la valorizzazione del fondo e la realizzazione dei frutti successivi. anche da tener presente che la legge contiene norme dirette ad assicurare che il prestito sia utilizzato per gli scopi per cui concesso (artt. 7 e 10), e il regolamento di esecuzione stabilisce i mezzi idonei iperch l'Istituto di credito, nel concedere il prestito, accerti il titolo al quale il richiedente coltiva il fondo, con riferimento ai contratti che ilo comprovino (d.m. 23 gennaio 1928, art. 1, lett. b). -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 11 aprile 1969, n. 78 -Pres. Sandulli Rei. Crisafulli -Lambrilli (avv. Marafioti) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Chiarotti). Codice penale -Applicazione provvisoria di pene accessorie -Violazione della presunzione di non colpevolezza dell'imputato -Esclusione. (Cost., art. 27; c.p. art. 140, c.p.p. artt. 301, 587). Non fondata, con riferimento al principio costituzionale di presunzione di non colpevolezza dell'imputato, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 140 c.p., e degli artt. 301 e 587 c.p.p., che prevedono, durante l'istruzione o il giudizio, l'applicazione provvisoria di pene accessorie (1). (Omissis). -L'ordinanza propone il dubbio sulla legittimit costituzionale degli artt. 140 c.p. e 301 e 587 c.p., limitatamente alla (1) La questione era stata proposta con 011dinanza 22 febbraio 1968 del G.I. presso il Tribunale di Roma. In dottrina, cfr. TuRANo, Le interdizioni professionali, Arch. pen., 1968, I, 58; BRUTI LmERATI, Il ruolo del giudice nell'applicazione delle pene accessorie, Mass. trib., 1968, 1162. I I i I I I I I I I I I l J I l ! i I I 1 I i . II i ' RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 422 sospensione provvisoria dai pubblici uffici , che era la misura applicabile nella specie, basandosi essenzialmente sulla locuzione usata dal legislatore, che, cosi nella rubrica delle disposizioni denunciate, come anche, a volte, nel testo di talune disposizioni, quali lo stesso art. 301 e l'art. 485 c.p.p., si rifevisce ad una applicazione provvisoria di pene accessorie. Di qui il. possibile contrasto con l'art. 27, secondo comma, della Costituzione, secondo cui l'imputato non considerato colpevole fino alla condanna definitiva. Ma la questione non fondata. La semplice circostanza che, per brevdt e comodit di espressione, i codici designino riassuntivamente i provvedimenti di cui all'art. 140 del codice penale come applicazione provvisoria di pene accessorie, avendo riguardo alle analogie strutturali di quei provvedimenti con alcune tra le pene accessorie elencate nel- l'art. 19 c.p., non da sola sufficiente a far concludere per la natura giuridica di vere e proprie pene delle misure cosi adottate. Quali che siano le denominazioni giuridiche adoperate nei testi legislativi, la determinazione della natura di un istituto compito spettante all'interprete, la nomenclatura legislativa potendo valere semmai come uno tra i vari elementi suscettibili di concorrere alla precisa individuazione del significato oggettivamente risultante dai testi medesimi. Ora, se ben si guarda alle finalit cui preordinata la disposizione dell'art. 140 c.p. ed ai caratteri che contrassegnano le misure in esso previste, deve concludersi che si tratta di misure cautelari, e non di sanzioni penali irrogate prima del giudizio e quasi anticipandone i risultati. Le misure applicabili dal g:iudice istruttore sono piuttosto assimilabili, da questo punto di vista, alle misure di prevenzione, e questa Corte ha gi avuto occasione di a:ff.ermare che l'applicazione di misure di prevenzione, anche se restrittive della libert personale, non contrasta con l'art. 27, secondo comma, della Costituzione (sent. 4 marzo 1964, n. 23; sent. 8 febbraio 1962, n. 6). Ovviamente, prima di procedere all'applicazione di una delle misure di cui all'art. 140, il giudice deve sommariamente valutare, tra l'altro, il fumus boni juris dell'accusa, com' appunto prescritto dallo stesso art. 140 e com' regola generale nel nostro ordinamento processuale per qualsiasi specie di .provvedimenti cautelari. Ma una tale valutazione, che rappresenta comunque una garanzia per l'imputato e non differisce qualitativamente da quelle previste negli artt. 252 e 374 c.p. ai fini della emissione di ordini o mandati, nonch rispettivamente, del rinvio a giudizio, non viola la presunzione di non colpe volezza enunciata nel secondo comma dell'art. 27 della Costituzione, per il suo carattere meramente delibativo in ordine alla adozione o meno del provvedimento sospensivo e perch destinata comunque ad . "'3uri"1 m quel momento. ~ j:: =~[ ~f1rtiifllrf:~~;~r;f'.!r:B;'.;1;:'.t:':~!-r~Wf:rrtrw~~1EExr:::Est==rt:&t~r~r:iiliftr<0Ertctf!f!&fzr:rs.ifilf:'fsfxw1f1:1m PARTE I, SEZ. I, GWRIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 423 Carattere e finalit cautelari presenta altresi la iscrizione nel casellario giudiziale della misura applicata, cosi com' disposto dall'art. 587, ultimo comma, del c.p.c., poich detta iscrizione realizza una forma di pubblicit necessaria per una pi efficace tutela degli interessi che lo stesso art. 140 tende a proteggere. Certo, se, per assurda ipotesi, delle misure provvisoriamente adottate dovesse restare traccia nel casellario anche dopo che sia intervenuta una sentenza di proscioglimento, la norma dell'ultimo comma dell'art. 587 non sarebbe compatibile con il principio dell'art. 27 della Costituzione. Ma cosi non , dal momento che gli artt. 381, comma secondo, e 479, comma quinto, c.p.c. stabiliscono che le sentenze di proscioglimento emesse in sede istruttoria e a seguito di dibattimento debbano ordinare la cancellazione delle pene accessorie provvisoriamente applicate, mentre poi il combinato disposto degli artt. 4 e 14, lett. f, del r.d. 18 giugno 1931, n. 771, contenente norme regolamentari per il servizio del casellario giudiziale, provvede alle modalit per la eliminazione dalla scheda dell'imputato della menzione del provvedimento che era stato adottato nei suoi confronti. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 14 aprile 1969, n. 79 -Pres. Sandulli - Rel. Branca -Delle Piane (avv. Musio Sale), Delle Piane (avv. Medina e Tumedei). Successioni -Diritto di rappresentazione -Esclusione dei figli natu rali del chiamato che non lasci o abbia discendenti legittimi Illegittimit costituzionale. (Cost. art. 30; e.e. art. 467, 468, 577). fondata, con riferimento alla tutela accordata dalla Cosbituzione alla prole naturale, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 577 e.e. nel suo complesso e degli ar~t. 467 e 468 dello stesso codice, limitatamente alla parte in cui escludono dalla rappresentazione il figlio naturale di chi, figlio o fratello del de cuius, non potendo o non volendo accettare, non lasci o non abbia discendenti legittimi (1). (1) La questione era stata pro;posta con ordinanza 26 giugno 1967 del Tribunale di Genova (Gazzetta Uffi,cial'e 25 novembre 1967, n. 295). Per un'ampia disamina della filiazione illegittima, anche de iure condendo, cfr. G10RGIANNI, La discip,lina dei rapporti personali neWambito familiare e quello della filiazione il:legittima nel progetto Reale, in Studi per Torrente, 495. 5 424 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 14 aprile 1969, n. 81 -Pres. Sandulli - Rel. Oggioni -Castellani (avv. Bussi), Soc. Villaverla (avv. Jemolo, Stratta) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Casamassima). Lavoro -Divieto di licenziamenti individuali -Giusta causa -Esclusione delle aziende con meno di 35 dipendenti -Illegittimit costituzio nale -Insussistenza. (Cost., art. 3, 4. 35; I. 15 luglio 1966, n. 604, a~. 11 Pl'.imo comma). L'art. 11, primo comma, deila legge 15 luglio 1966, n . .604, che esclude dall'applic,abilitd del divieto di. licenziamento senza giusta causa le aziende aventi meno di 35 dipendenti, non contrasta con l'art. 4 della Costituzione, non sussistendo un vero dirifito soggettivo alla conservazione del posto di lavoro, n con gli artt. 3 e 35 deUa Costituzione, in quanto la limitazione cos posta non contiene in se stessa vizi di razionalitd suscettibili di sindacato di legittimit cosbituzionale (1). (Omissis). -2. -Tutte le ordinanze propongono la questione di legittimit costituzionale dell'art. 11, primo comma, della legge 15 luglio 1966, n. 60~, prospettando, come motivo comune, }'.eventuale contrasto con il principio dell'eguaglianza di tutti i cattidini davanti alla legge, statuito dall'art. 3 della ca~'ta costituzionale. A questo motivo comune, l'ordinanza del pretore di Napoli aggiunge altri due motivi particolari, con riferimento e all'art. 4 della Costituzione (effettivit del diritto al lavoro ed alla conservazione del posto di lavoro a favore di tutti i cittadini) e all'art. 35 (tutela generale del lavoro). 3. -La Corte ritiene che, nell'ord1n dei motivi suindicati, debba prima esaminarsi quello addotto con l'ordinanza del pretore di Napoli, in relazione all'art. 4 della Costituzione ed all'art. 35 che ne costituirebbe un corollario. Invero, col permettere che per tutti, indistintamente, i lavoratori dipendenti, sussista il diritto soggettivo alla conservazione del posto di (1) La questione era stata proposta con sette ordinanze di giudici di merito. In dottrina, cfr. BoLLETTI, Brevi note sulla questione di legittimit costituzionale dell'art. 11 della nuova legge sui licenziamenti individuali, Riv. Lav., 1967, II, 350; MAZZONI, Il principio di uguaglianza e l'art. 11 della legge 15 luglio 1966, n. 604, Mass., Giur. lav. 1968, 170. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 425 lavro, salvo l'applicabilit in via di eccezione di identico sistema di licenziamento, si viene a porre la question.e, sotto un motivo di base, di portata generale ed immanente. La questione, considerata sotto queso profilo, non fondata. La portata della garanzia del diritto al lavoro stata delineata, sotto vari aspetti ed in diverse occasioni, dalla giurisprudenza di questa Corte a partire dalla sentenza n. 3 del 1957 sino alle affermazioni contenute nella sentenza n. 45 del 1965, che rappresentano uno sviluppo dei gi acquisiti principi, per quanto riguarda la qualificazione del diritto al lavoro in relazione alla portata che esso assume ed alla funzione che svolge direttamente nei rapporti fra l'individuo e lo Stato. Infatti, riaffermati nella sostanza gli aspetti gi delineati del diritto in esame, la Corte, con la detta sentenza, ha proceduto ulteriormente nel definire i profili, affermando che, una volta interpretata la norma costituzionale come fonte di un divieto posto allo Stato di imporre. limiti discriminatori alla libert di lavoro, e del correlativo obbligo di indirizzare l'attivit dei pubblici poteri e dello stesso legislatore alla creazione di condizioni economiche, sociali e giuridiche, che consentano l'impiego di tutti i cittadini idonei al lavoro, ne deriva che la norma stessa, come non garantisce a ciascun cittadino il diritto al conseguimento di una occupazione, cos non garantisce il diritto alla conservazione del posto di. lavoro, che nel primo dovrebbe trovare il suo logico e necessario presupposto: ci sempre con le doverose garanzie per quanto riguarda il rispetto dei principi fondamentali di libert sindacale,. politica e religiosa. Ora chiaro che, pur se la stessa sentenza prosegue affermando la esigenza che il legislatore adegui la disciplina del rapporto di lavoro a tempo indeterminato al fine ultimo di assicurare a tutti la 'continuit del lavoro e circondi di doverose garanzie e di opportuni temperamenti i .casi in cu si renda necessaro far luogo a licenziamenti , resta tuttavia escluso che possa parlarsi in relazione all'art. 4 della Costituzione di un vero e proprio diritto soggettivo alla conservazione del posto da parte del lavoratore. La Corte, anche per la mancanza di contrapposti nuovi o diversi motivi, non pu che confermare il proprio indirizzo giurisprudenziale, escludendo la fondatezza della questione in quanto proposta in relazione agli artt. 4 e 35 della Costituzione. 4. -Ci premesso, l'esame della questione di legittimit costituzionale va ricondotto in relazione al solo profilo comune a tutte le ordinanze, di cui all'art. 3 della Costituzione. Il principio di parit, dervante da questo articolo, sarebbe violato per il fatto che il diritto di recesso dal rapporto d lavoro regolato in modo diverso, in base al 426 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO non !l'azionale criterio quantitativo ,e distintivo che siano fino a 35 o pi di 35 i dipendenti assunti dal datore di lavoro. La questione non fondata. Come la giurisprudenza di questa Corte ha costantemente ritenuto, l'art. 3 non corrisponde ad un criterio di mera uguaglianza formale e formalistica e perci non esclude che il legislatore possa adottare norme diverse per regolare situazioni che esso ritenga diverse, adeguando cosi la disciplina giuridica agli svariati aspetti della vita sociale, entro un margine di discrezionalit che giustifichi sostanzialmente il criterio di differenziazione adottato. Tutto ci con conseguenti riflessi sui limiti del controllo di costituzionalit consentito a questa Corte. L'esame dell'art. 11 della legge sui licenziamenti individuali, compiuto seguendo gli ora cennati criteri direttivi, elimina il prospettato dubbio di legittimit costituzionale. Va, anzitutto, tenuto presente che il dato su cui la norma basata, consistente nella diversificazione, per determinati effetti, a seconda delle dimensioni, maggiori o minori, che il datore di lavoro imprime alla organizzazione della sua attivit, un dato aderente alla realt economica, di comune esperienza. Che si tratti di distinzioni, penetrate in vario modo e misura, per la lO!I'o forza realistica, nel sistema legislativo, largamente dimostrabile. Basti richiamare, per tutte, la norma dell'art. 2083 e.e. e, correlativamente, quella dell'art. 2202, che, riguardando a s stante la categoria dei piccoli imprenditori, dimostrano, per implicito, che vi sono elementi che li distinguono da quelli delle altre categorie dei medi e dei grand imprenditori. Lo stesso dicasi per quanto riguarda l'esclusione dei piccoli imprenditori dalle procedure concorsuali (art. 1, r.d. 16 marzo 1942, n. 267). Anche in leggi speciali sul lavoro subordinato, il legislatore ha fatto ricorso a classificazioni distintive, basate su dati quantitativi circa il numero dei dipendenti: cosi nella legge 25 luglio 1956, n. 860, sulla disciplina giuridica delle imprese artigiane (considerate tali, a seconda del numero dei dipendenti, addetti o meno a lavorare in serie): e cosi nella legge 22 settembre 1960, n. 1054, sul personale degli autoservizi urbani e extra urbani, la cui applicazione subordinata al numero superiore a 25 dipendenti occorrenti per le normali esigenze di servizio. Aggiungasi che la norma, di cui ora si pone in dubbio la legittimit costituzionale, per avere escluso l'applicabilit \della condizione della giusta causa per i licenziamenti individuali, nella ipotesi che i datori di lavoro occupino fino a 35 dipendenti, ha un suo precedente, per quanto attene alla considerazione di una certa razionale distinzione PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 427 segnata da questo stesso numero di dipendenti da imprese industriali e stipulato tra la Confederazione generale dell'industria, la Confederazione generale italiana del lavoro, la Confederazione italiana sindacati lavoratori e l'Unione italiana del lavoro. Tale accordo, recepito dal d.P.R. 14 luglio 1960, n. 1011, che questa Corte ritenne non contrastante con la Costituzione con sentenza n. 50 del 1966, ha segnato, con l'art. 8, la esclusione, per le aziende con non pi di 35 lavoratori, dalla speciale procedura per l'esame dei licenziamenti davanti ad un Collegio di conciliazione ed arbitrato ., riconducendo l'esame ad un semplice tentativo di conciliazione tra l'azienda ed il delegato di impresa. Un successivo accordo interconfederale del 29 aprile 1965 ha ribadito che, sia pure in via transitoria, per le aziende che occupano non pi di 35 lavoratori, continua ad operare il tentativo di conciliazione in sede sindacale anzich la procedura davanti al Collegio di conciliazione ed arbitrato . Questi precedenti non sono certo risolutivi per la questione di costituzionalit, ma conferiscono positiva dimostrazione che la componente numerica dei lavoratori ha riflessi sul modo di essere e di operare del rapporto di lavoro organizzato. Non solo e non tanto il criterio della diretta fiducia personale che vale a qualificare il rapporto nell'ipotesi di un numero inferiore di dipendenti, quanto il criterio economico suggerito per regolare gli interessi delle aziende aventi un minor numero di dipendenti, pur senza trascurare gli interessi dei lavoratori, tanto che (artt. 4 e 9 della legge in rlazione all'art. 11) sempre salva la nullit del loro licenziamento, se effettuato per ragioni politiche, religiose o di appartenenza a sinda cati e relative attivit ed sempre salva la indennit di anzianit. 5. -Riconosciuta, pertanto, la razionalit di una delimitazione in genere di categorie di datori di lavoro, a seconda delle forze di lavoro impiegate, la questione di costituzionalit si riduce al punto specifico se l'art. 11 della legge sui licenziamenti abbia, nel segnare il limite dei 35 dipendenti, operato insindacabilmente mantenendosi nei limiti di equiparazione delineati dall'art. 3 della Costituzione, ovvero questi limiti abbia superato, dando luogo ad una inammissibile disparit di trattamento. Ma, per quanto gi si esposto per segnare l'ambito di interpretazione e di applicazione dell'art. 3, la questione non fondata. Pu anche prescindersi (per quanto la coincidenza di sintomatico rilievo) dal tener conto, come argomento decisivo e vincolante, che lo stesso limite numerico di 35 dipendenti stato adottato in sede sindacale per quanto riguarda la materia dei licenziamenti. Ma ci che soprattutto induce ad escludere l'incostituzionalit della norma e, nel contempo, a mantenere l'esercizio del controllo da parte 4:28 RASSEGNA DEL~'AVVOCATURA DELLO,STATO di questa Corte entro quei confini al di l dei quali si darebbe luogo ad usurpazione delle valutazioni discrezionali e di politica legislativa spettanti al Parlamento, che la distinzione stabilita non contiene, in se stessa, vizi di razionalit, per le ragioni di massima suesposte; e, per quanto concerne la misura numerica, la valutazione del Parlamento risulta essersi svolta secondo autonome emotivate scelte tenendo conto dei fattori di quilibrio economico-sociale che ne consigliavano, nel determinato momento, l'adozione, nell'interesse generale. Si tratta, del resto, di criteri che il Parlamento pu sempre rivedere, anche in co:qsiderazione dell'evolvere delle esigenze organizzative, collegate, tra l'altro, al progresso tecnologico. -(Omissis). SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 4 aprile 1969, n. 1105 -Pres. Tavolaro -Est. D'Armiento -P. M . .criscuoli (conf.). -Ospedale civile di Palmanova (aVv. Morvillo) c. Amministrazione Finanze (avv. Stato Foligno). Imposte e tasse in genere -Competenza e giurisdizione -Imposte dirette -Azione giudiziaria -Condizioni -Preventivo ricorso davanti alle commissioni tributarie -Azione di mero accertamento diretta ad impedire preventivamente l'applicazione dell'imposta -Improponibilit. (r.d. 7 agosto 1936, n. 1639; art. 22). n principio., secondo il quale, in tema di controversie in materia di imposte dirette, la proposizione dell'azione giudiziaria condizionata al preventivo ricorso davanti alle commissioni tributarie, non softre eccezione nel caso che il contribuente si sia limitato ad adire direttamente l'autorit giudiziaria per una declaratoria di mero accertamento tendente ad ottenere la dichiarazione giudiziale che nel caso concreto l'imposta non applicabile (1). (qmissis). -Con l'unico motivo del ricorso l'Ospedale Civile di Palmanova, denunziando la falsa applicazione dell'art. 6 legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, dell'art. 120 Regolamento 11 luglio 1907, n ..560 e dell'art. 22 r.d.l. 7 agosto 1936, n. 639, in relazione all'art. 360, n. 3, cod. proc. civ., sostiene che, contrariamente a quanto ritenuto dalla (1} Il principio, enunciato in sentenza, che, in materia di imposte dirette, il ricorso all'autorit giudiziaria condizionato al preventivo ricorso davanti alle Commissioni tributarie, di indubbia esattezza ed costantemente riaffermato in giurisprudenza. Cfr. da uitimo Cass., Sez. I, 3 febbraio 1968, n. 354, in questa Rassegna, 1968, I, 115, con nota di ANGELINI ROTA. noto infatti che l'ordinamento condiziona, in materia di imposte dirette, l'zione giudiziaria, oltre che alla pubblicazione del ruolo, al previo ricorso alle Commissioni tributarie (art. 22 r.d. 7 agosto 1936, n. 1639). Il principio, in linea generale, stabilito dall'art. 6 della legge 1865, all. E, trae la sua giustificazione dalla separazione dei poteri ed inteso 4:30 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Corte di merito, sono proponibili, anche in materia d'imposte dirette, le azioni di accertamento preventivo sulla legittimit della pretesa tributaria della P. A. Argomenta in proposito che, anzitutto, la natura del procedimento tributario unica, sia in materia d'imposte dirette che in tema d'imposte indirette, per cui ingiustificato ammettere o negare la liceit della attivit giurisdizionale preventiva solo in base alla natura del tributo. In secondo luogo che, il principio, il quale esclude dalla competenza giudiziaria le questioni sulle imposte dirette, sino a che non abbia avuto luogo la pubblicazione dei ruoli (art. 6, legge abolitiva del contenzioso amministrativo) deve intendersi limitato all'esistenza di un processo tributario di accertamento gi iniziato, ma non ancora concluso nella sua fase amministrativa. Laddove, invero, manchi uno specifico accertamento fiscale in atti, e si neghi in radice la legittimit della pretesa tributaria dello Stato, non vi sarebbe alcuna ragione per limitare il diritto del cittadino ad ottenere una declaratoria di accertamento preventivo negativo. Il ricorso infondato e correttamente la sentenza denunziata ha ritenuto e dichiarato che nella specie sussiste il difetto di giurisdizione del giudice ordinario a conoscere della domanda. Ed invero, com' noto, in tema di controversie in materia d'imposte dirette -a differenza di quanto comunemente si ritiene in materia d'imposte indirette -la proposizione dell'azione davanti all'autorit giudiziaria condizionata alla pubblicazione dei ruoli e al preventivo ricorso davanti alle commissioni tributarie. Tale limitazione sancita dall'art. 6, legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, sul contenzioso amministrativo, e dalle norme concernenti l'imposta di ricchezza mobile e le altre imposte dirette (t.u. 24 agosto 1877, n. 4021; reg. 11 luglio 1907, n. 560; r.d.1. 7 agosto 1936, n. 639). Stante detta limitazione, che risponde ad esigenze della divisione dei poteri e attiene al conseguimento di altri scopi pubblici che qui ad evitare che la tutela giudiziaria interferisca e si sovrapponga in maniera e prematura. all'azione amministrativa. conseguenziale pertanto l'applicazione del principio alla fattispecie in esame in cui il contribuente aveva promosso un'azione di accertamento preventivo negativo prima ancora che la p.a. fosse pervenuta all'accertamento dell'imposta o avesse dato inizio al ,procedimento di riscossione. Cfr. Cass., Sez. Un., 11 ottobre 1954, n. 3555, in Giust. civ., 1954, II, 2341. .Prima della nascita del debito di imposta, la situazione soggettiva del privato, essendo intimamente collegata all'esercizio di potest pubbliche che ancora non si sono rese concrete con l'atto amministrativo di imposizione, si configura chiaramente come interesse legittimo, non tutelabile dinanzi al giudice ordinario. G. DE PAOLA '(~: 1:::1 . --I -...~.~~~ PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 431 appare superfluo richiamare e tanto meno discutere, deve riconoscersi che la limitazione stessa debba operare anche per le cosiddette azioni di accertamento negativo, e cio per quelle azioni che tendono a far dichiarare dal giudice ordinario che non sussiste da parte dello Stato il potere impositivo relativamente ad una data situazione giuridica che si ritenga intassabile con imposta diretta. Basta considerare, infatti, non solo che l'accertamento preventivo mira evidentemente al fine concreto di sfugg~re all'imposta, ma che una volta dichiarato dal giudice ordinario la non assoggettabilit del rapporto all'imposta, l'amministrazione finanziaria non potrebbe pi applicarla e riscuoterla, e in caso che l'avesse gi fatto, sarebbe tenuta al rimborso. In altri termini, si avrebbe in tal modo quell'interferenza di attribuzioni e di poteri che la legge ha voluto invece evitare, limitando il diritto del contribuente ad insorgere, nella materia che ne occupa, quando la tassazione sia non solo gi avvenuta attraverso la pubblicazione dei ruoli, ma sia avvenuto anche l'esperimento, almeno in un grado, del ricorso davanti alle commissioni tributarie. Pertanto va confermato il principio, gi altra volta stabilito da queste Sezioni Unite in una fattispecie identica (cfr. sent. 11 ottobre 1954, n. 3555), che in tema di controversie in materia di imposte dirette, la proposizione dell'azione davanti all'autorit giudiziaria, condizionata al preventivo ricorso davanti alle commissioni tributarie, e non soffre eccezione nel caso che il contribuente si sia limitato ad adire direttamente l'autorit giudiziaria non gi per la risoluzione della controversia relativa all'applicazione della imposta ma per una declaratoria di mero accertamento, quando con questa si tenda praticamente ad ottenere la dichiarazione giudiziale che nel caso concreto la imposta non applicabile. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 4 aprile 1969, n. 1106 -Pres. Tavolaro -Est. Iannuzzi -P. M. Criscuoli (conforme). Bartolomei Remo (avv. D'Abbiero) c. Ministeri del Tesoro e dell'Agricoltura e Foreste (avv. Stato Carafa). Competenza e giurisdizione -Rapporto di pubblico impiego cessato Controversia sul periodo complessivo del servizio al solo fine di stabilire l'entit della pensione -Giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato -Esclusione. (r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 29, n. 1; t.u. 12 luglio 1934, n. 1214, artt. 13 e 62). i I i f i Ii 1r11:r1:r1~rrfflMrlr~:r1fr1rtrrr11r1r1w1w:11t:!Ki!!11:w1rr1111::1:11rJt1:1::r&1;::rmmr1~mr1:1rmrmmrrm1T&f1r1irwiilifmrtmmtrrgrmrm.J 432 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Competenza e giurisdizione -Rapporto di pubblico impiego cessato Ripetizione di indebito oggettivo -Domanda di annullamento di atto amministrativo di recupero di somme versate. (art. 2 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E; art. 26 r.d. 26 giugno 1924, n. 1054; art. 2033 e.e.). Non puc) parlarsi di controversia di pubblico impiego e, pertanto, non sussiste giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato, ma giurisdizione della Corte dei conti, quando il rapporto d'impiego deve ritenersi pacificamente cessato e si discute .del periodo complessivo del servizio solo al fine di stabilire l'entit della pensione (1). Non pu esser proposta davanti al Consiglio di Stato una domanda di annullamenilo di un atto amministrativo di recupero di somme versate in pi a titolo di pensione poich essa importa la risoluzione di una questione di ripetizione d'indebito oggettivo (art. 2033 e.e.) e perci una questione di diritto soggettivo che appartiene alla cognizione del giudice ordinario (2). (Omissis). -Con il primo motivo il ricorrente, denunciando la violazione degli artt. 29 e 30 del t.u. 26 giugno 1924, n. 1054 e la falsa .applicazione degli artt. 13 e 62 del t.u. 12 luglio 1934, n. 1214, deduce che erroneamente il Consiglio di Stato ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione a provvedere sulla domanda di annullamento del prov (1) n principio enunciato nella prima massima secondo il quale non sussiste giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato, ma giurisdizione della Corte dei Conti ai sensi degli artt. 13 e 62 del t.u. n. 1214 del 1934 ogniqualvolta, non essendovi controvrsia sull'avvenuta cessazione del rapporto di impiego, si discuta del periodo complessivo del servizio solo al fine di stabilire l'entit della pensione da e riliquidare fermo insegnamento della giurisprudenza della Suprema Corte in materia di conflitti di giurisdizione. Tale insegnamento pone in evidenza l'errore in cui si incorre quando si voglia trasferire la disciplina dettata per il rapporto di pubblico impiego per regolare la diversa situazione che si realizza con la cessazione di esso. Sulla autonomia del rapporto di pensione da quello di pubblico impiego con la cessazione di quest'ultimo cfr. da ultimo Cons. Stato, sez. V, 25 settembre 1968, n. 1192, in Foro amm., 1968, I, 2, 1130; cfr. altresi Corte Cassazione, Sez. Un., 29 aprile 1967, n. 798, in Mass. giust. civ., 1967, 398, sui limiti della giurisdizione della Corte dei Conti. (2) La'seconda massima costituisce, anch'essa, un'applicazione al caso specifico (di una domanda di anullanmento di un atto amministrativo di PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 433 vedimento relativo alla data di coilocamento a riposo, poich esso riguardava lo stato giuridico del ricorrente e non la liquidazione della pensione. Osserva inoltre che la questione relativa alla data di collocamento a riposo era stata proposta anche ad altri fini, quali il cumulo della pensione con il trattamento di attivit del servizio e l'illegittimit dell'ordine di recupero dea somma di L. 291.735 per ratei di pensione percepiti in pi. Rileva, infine, che era stata denunciata anche la violazione della legge 4 maggio 1951, n. 538 e dell'art. 6 d.1.1. n. 804 del 1948 relativamente alle condizioni per il collocamento a riposo di ufficio, questione che rientrava nella ,giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato. La censura non fondata. Con il ricorso al Consiglio di Stato il Bartolomei chiedeva che fossero annullati il decreto del Ministero dell'Agricotura e delle Foreste 26 marzo 1962 ed il conseguente atto 2 agosto 1962 del Ministero del Tesoro, concernente il recupero della somma percepita in pi a titolo di pensione; deduceva ,che la data esatta di cessazione dal servizio era quella del 31 agosto 1952, essendo stato trattenuto in servizio dal 15 giugno 1949 alla predetta data del 31 agosto 1952, e che, conseguentemente, la pensione doveva essere liquidata in base al servizio prestato fino alla stessa data; chiedeva che fosse dichiarata illegittima J.a pretesa dell'Amministrazione di recupero della somma suindicata. Ora il citato decreto ministeriale 26 marzo 1962 aveva per oggetto la riliquidazione della pensione sulla base di un servizio cessato il 15 giugno 1949, non potendosi calcolare, a tal fine, il maggior servizio prestato fino al 14 luglio ovvero fino al 31 agosto 1952, che poteva recupero di somme versate in .pi a titolo di pensione) dei principi fondamentali in materia di discriminazione della giurisdizione fra giudice ordinario e 'giudice amministrativo in funzione dell'effettiva natura dell'oggetto della controversia e della protezione accordata in astratto dall'ordinamento giuridico alla posizione soggettiva assunta a fondamento di tale pretesa. In base a tale principio, posto in relazione alle norme regolatrici della giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato, si pu affermare che, mentre rientrano nella giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato le questioni attinenti al recupero di assegni indebitamente percetti dal pubblico dipendente quando il rapporto d'impiego sia in corso, una volta che questo sia venuto meno, le eventuali questioni d'indebito pagamento di assegni al pubblico dipendente rientrano_ invece, in mancanza di deroga espressa, nella giurisdizione del giudice ordinario. Sui limiti della competenza giurisdizionale esclusiva del Consiglio di Stato vedasi in linea generale Cass., Sez. Un., 10 ottobre 1967, n. 2358, in Foro amm., 1968, I, 1, 100. 434 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO considerarsi valido solo ai fini della percezione dello stipendio; peraltro il ricorrente non contestava, ma ammetteva espressamente, nel ricorso e negli scritti difensivi, di essere stato collocato a riposo il 15 giugno 1949 e tr.attenuto in servizio fino al 31 agosto 1952. Pertanto l'oggetto dell'impugnazione davanti al Consiglio di Stato era un provvedimento di riliquidazione della pensione sulla base della riconosciuta cessazione dal servizio nella data indicata nel provvedimento stesso; era conseguenziale l'impugnazione dell'ordine di recupero delle somme versate in pi per lo stesso titolo di pensione. Non furono .proposte davanti al Consiglio di Stato le altre questioni, prospettate in questa sede, concernenti la cumulabilit della :pensione con in trattamento di attivit, ovvero la sussistenza delle condizioni per il collocamento a riposo di ufficio. Se ci vero, esattamente stato dichiarato il difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato, trattandosi di materia devoluta alla cognizione esclusiva della Corte dei Conti, relativl;lmente all'impugnazione del decreto del Ministero del Tesoro, e di materia appartenente alla cognizione dl giudice ordinario, relativamente all'atto conseguenziale di recupero delle somme pagate in pi a titolo di pensione. Il ricorrente, premesso che era stato collocato a riposo il 15 giu gno 1949, ma trattenuto in servizio fino al 31 agosto 1952, sosteneva che si sarebbe dovuto considerare come periodo utile ai fini del trat tamento di quiescenza anche quello decorrente fra le date predette e, pertanto, che la liquidazione della pensione si sarebbe dovuta effettuare con riferimento al maggior servizio prestato di fatto anche dopo il formale collocamento a riposo. La questione relativa alla data di ces sazione dal servizio e, quindi, al periodo di servizio effettivamente pre stato alla dipendenza della amministrazione, veniva proposta, sulla base di elementi noti e pacificamente ammessi, solo al fine della determi nazione della pensione; oggetto della domanda era l'annullamento del decreto di riliquidazione della pensione, che il giudice amministrativo avrebbe dovuto esaminare in base alla premessa dell'avvenuta cessa zione del servizio, in seguito protrattosi di fatto per un altro pe riodo. Non pu parlarsi di controversia di pubblico impiego, o di con troversia sullo stato giuridico del dipendente, come ora deduce il ricor rente, quando il rapporto d'impiego deve ritenersi pacificamente ces sato e si discute del periodo complessivo del servizio solo al fine di stabilire l'entit della .pensione. Non pu essere proposta davanti al Consiglio di Stato una domanda di annullamento di un atto amministrativo di recupero di somme ver sate in pi a titolo di pensione, poich essa importa la risoluzione di una questione di ripetizione d'indebito oggettivo (art. 2033 e.e.), e fi&r1!rnf?Jlilif&i1flfff&fillilmmlffwill11fifwl'illJffiilirm1trilillit@:mr;1&1ill1B11t:rg1r*1trnnrmfim~rrnrnmr1ffB!t PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 435 perci una questione di diritto soggettivo, che appartiene alla cognizione del giudice ordinario. Il ricorrente deduce, con il secondo motivo, che non si potrebbe riscontraTe una .posizione di diritto soggettivo, in quanto il recupero di somme percepite in buona fede sog,getto ad una valutazione discrezionale della pubblica amministrazione; comunque non sarebbe 'pertinente il richiamo al citato art. 2033 e.e., poich l'amministrazione esercita un'attivit amministrativa nel disporre il recupero delle somme indebitamente versate al dipendente, e non un diritto di !ripetizione d'indebito. Denuncia, quindi, la violazione degli artt. 26, 29 e 30 del citato t.u. n. 1054 del 1924 nonch dell'art. 2033 e.e. Ma in tali affermazioni s'annida l'errore di trasferire la disciplina dettata per il rapporto di pubblico impiego, per regolare la diversa situazione che si realizza con la cessazione di esso. Fino a quando il rapporto d'impiego in corso, tutte le questioni, anche relative a diritti, che si ricollegano alla costituzione o al suo svolgimento, sono devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo; a mente delle disposizioni di legge richiamate dal ricorrente. Quando, invece, il rapporto cessato, le posizioni delle parti sono nettamente di diritto soggettivo e non trova posto alcuna valutazione discrezionale: il dipendente ha diritto alla pensione, e le questioni relative appartengono alla giurisdizione della Corte dei Conti; le eventuali questioni d'indebito n'el pagamento di somme per tale titolo attengono, invece, in mancanza di deroga espressa, alla giurisdizione del giudice ordinario. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 29 aprile 1969, n. 1376 -Pres. Scarpello -Rel. De Santis -P. M. Tavolaro I. (conf.) -Convitto Nazionale V. E. di Palermo (avv. Stato Zagari) c. Battaglia (avv. D'Abbiero). Competenza e giurisdizione -Natura del rapporto d'impiego tra i Convitti Nazionali e il personale insegnante nelle scuole da essi gestite anteriormente alla legge 9 marzo 1967, n.150 -Controversia -Giurisdizione ordinaria. (c.p.c., 429; 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E., art. 2; r.d. 26 luglio 1924, n. 1054, art. 29, n. 1; r.d. 22 ottobre 1931, n. 1410, art. unico; legge 19 gennaio 1942 n. 86, art. 1, 6, 7). n rapporto d'impiego tra i Convitti nazionali che gestiscano scuole medie e secondarie superiori, ancorch parificate, e il personale insegnante era, anteriormente alia legge innovatJiva 9 marzo 1967, n. 150, l f. (.' ~ 1 < ~ ~ lliftillThBfil.ftITfil1flif:ilMm1trtfrff1rr1mifa:trr;;;rnm:rnwmKrr11fttEtfH&rtr@1mrrrm1%1ff.1rfr@Mrf:00~ RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di natura privatistica, per cui, sulle controversie traenti origine da tale rapporto, la giurisdizione spetta al giudice ordinario (1). (Omissis). -La questione di giurisdizione sollevata con i due mezzi di annullamento gi stata ripetutamente esaminata da queste Sezioni unite della Corte di cassazione che hanno riconosciuto il carattere privatistico del rapporto di impiego intercorso tra i convitti nazionali ed il personale insegnante delle scuole istituite, anteriormente alla legge n. 150 del 1967, presso i convitti medesimi, ancorch si trattasse di scuole legalmente riconosciute. Conseguentemente queste Sezioni unite hanno ritenuto che le controversie relative a tali rapporti d'impiego rientrano nella competenza giurisdizionale dell'autorit giudiziaria ordinaria, (sentenza n. 874 del 1964, n. 1321 del 1965, n. 2424 del 1966 ed altre). Questa giurisprudenza stata assoggettata ad ulteriore vaglio dopo che, con la legge 9 marzo 1967, n. 150, sopra citata, si disposto un nuovo ordinamento delle scuole interne dei convitti nazionali. Con sentenza n. 2065 del 21 giugno 1968, queste sezioni unite hanno quindi ritenuto che la nuova disciplina legislativa, in base alla quale le scuole medie e secondarie superiori annesse ai convitti nazionali sono ormai scuole statali, valga a convincere ulteriormente della esattezza della soluzione adottata in precedenza, piuttosto che a dimostrarne la erroneit. Invero il caTattere palesemente innovativo della l~gge del 1967 induce anch'esso a ritenere che le scuole annesse ai convitti nazionali, solo ora divenute .scuole statali, erano, sotto l'impero delle leggi anteriori, scuole private, ancorch parificate. Nell'istituirle e nel gestirle, i convitti nazionali agivano sullo stesso piano dei privati ai quali data autorizzazione ad istituire e gestire una scuola, parificata alla scuola pubblica solo per determinati effetti ed entro certi limiti. Dai principi ripetutamente affermati, questa corte non ha motivo ora di discostarsi e perci, rimandando alle ragioni altre volte esposte, senza farne inutile ripetizione, deve riconoscere che sono fondati entrambi i motivi di ricorso, con i quali, denunziadosi la violazione ~i numerose norme di legge (art. 29 e 30 t.u. n. 1054 del 1924; 118 r.d. n. 1054 del 1923; 10 r.d. 22 ottobre 1931, n. 1410; 1, 6, 7 1. 19 gen( 1) Giurisprudenza del'le Sezioni unite ormai consolidata: in senso conforme, sentenze 21 giugno 1968, n. 2065, Foro it., Rep. 1968, voce Istruzione pubblica, n. 48; 30 marzo 1968, n. 985, in questa Rassegna, 1968, I, 188, con nota di richiami. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 437 naio 1942, n. 86, 33 della Costituzione; 429 c.p.c., in relazione all'art. 360 nn. 1, 3, 5 stesso codice) si sostiene per l'appunto la natura privatistica del rapporto .qi impiego intercorso tra il ricorrente Battaglia ed il convitto nazionale Vittorio Emanuele di Roma, con la conseguente giurisdizione dell'autorit giudiziaria ordinaria relativamente alla controversie, a cui tale rapporto ha dato origine. ( Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 12 maggio 1969, n. 1615 -Pres. Scarpello -Est. Aliotta -P. M. Tavolaro I. (conf.) -Venneri (avv. Infante) c. Ministero Tesoro (avv. Stato Salvatori). Competenza e giurisdizione -Questioni di stato delle persone -Accer tamento incidenter tantum -Inammissibilit -Giudizi di nanzi alla Corte dei Conti. (c.p.c., artt. 9 e 34; r.d. 13 agosto 1933, n. 1038, artt. 9-11). Le questioni di stato delle persone non possono esser decise se non princiw;iliter , con piena efficacia di. giudicato, dal Tribunale civile territorialmente competente. Nessun altro giudice pu conoscere delle questioni stesse, sia pure in via puramente incidentale e con effetto limitato alla controversia principale, di diversa natura (1). A tale principio noin pu farsi eccezion:e per i giudizi dinanzi alla Corte dei conti. Esula, pertanto, dalla giurisdizione della Corte il potere di decidere, sia pure in via incidentale, le questioini di stato delle persoine (2). (Omissis). -Con l'unico motivo la ricorrente denunzia, ai sensi dell'art. 360 n. 1 c.p.c. la violazione delle norme sulla giurisdizione, so (1-2) Il principio generale di cui alla prima massima stato pi volte affermato dalla Suprema Corte. V., per tutte, Cass. 10 giugno 1966, n. 1515, in Foro it., 1966, I, 1235, con nota di richiami. I dubbi in merito all'applicabilit del principio anche ai giudizi dinanzi alla Corte dei C:onti nascevano dalla circostanza che il regolamento di procedura (r.d. 13 agosto 1933, n. 1038), mentre disciplina espressamente l'ipotesi dell'incidente di falso, la cui cognizione sottratta alla Corte anche in via meramente incidentale (artt. 10 e 11), tace del tutto sulle questioni di stato. L'argomento a contrario desumibile da tale silenzio viene confutato dalla sentenza in rassegna in base al rilievo che la procedura dinanzi alla Corte non disciplinata da un sistema normativo autonomo, ma dalle norme della procedura ordinaria, salve le limitate deroghe introdotte dal Regolamento del 1933. 438 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO stenendo che la Corte dei Conti difettava di giurisdizione a conoscere, anche in via meramente incidentale, delle questioni attinenti a1lo status del Venneri Antonio di figlio legittimo o, quanto meno, di figlio naturaJ. e riconosciuto di essa ricorrente Mosco. Il motivo fondato. Per un'esatta soluzione della questione occorre esaminarla da un punto di vista pi generale, attinente alla possibilit di decidere in via meramente incidentale le questioni di stato delle persone. Nel contrasto dottrinale, tutt'ora esjstente, questa Corte, sia pure dopo qualche esitazione, si ormai decisamente orientata in senso negativo (.sentenze 21 ma.ggio 1948, n. 776, 7 febbraio 1958, n. 377, 18 maggio 1963, n. 1290 e 10 giugno 1966, n. 1515) e queste Sezioni Unite ritengono di attenersi a tale indirizzo, che trova fondamento in tutta una serie di argomentazioni. In proposito occorre anzitutto considerare che lo status pei:sonale, espressione che sta ad indicare la posizione giuridica del soggetto in una determinata istituzione sociale, statale o familiare, costiituisce una situazione giuridica intrinseca al soggetto stesso, che ne determina la capacit ed presupposto necessario di ogni rapporto giuridico. In relazione a tali qualit lo status ha un particolare carattere di assolutezza, che non ammette deroga, ed efficace erga omnes, per cui non pu che esistere o non esistere nello stesso modo nei confronti di tutti i soggetti di diritto. In conseguenza 'della particolare natura dello status personale il nostro ordinamento esclude la possibilit che le relative questioni possano essere decise, sia pure incidenter tantum, da un giudice diverso da quello indicato nell'art. 9 comma 20 c.p.c., cto il Tribunale civile territorialmente competente, che deve in ogni caso deciderle principaliter con effetto di giudicato. Ed sintomatico in proposito che, mentre nella prima parte di detto articolo si attribuisce in via generale fa competenza per materia al giudice collegiale per tutte le controversi.e che non rientrano nella competenza specifica del pretore o del conciliatore, si sia ritenuto nel secondo comma ribadire espressamente il carattere esclusivo di tale competenza, e si siano nel codice civile posti limiti alla legittimazione a proporre le azioni di stato; il che determinato anche da evidenti riflessi di natura pubblica, tanto che nei relativi giudizi prescritto l'intervento del pubblico ministero (art. 70 n. 3 c.p.c.). Costituiscono applicazioni di tale principio generale le norme che escludono espressamente la possibilit da parte dei giudici amministrativi di decidere, sia pure incidenter tantum, le questioni di stato (articoli 28 e 30 del t.u. 26 .giugno 1924, n. 1054 delle leggi sul Consiglio di Stato e 3 e 5 del t.u. 2.6 giugno 1924, n. 1058 sulle attribuzioni della Giunta Provinciale in sede giurisdiz1onale) ed sintomatico che analoga disposizione contenuta nelle norme che regolano il giudizio arbitrale (art. 806 e 819 c.p.c.). E perfino per il giudice penale escluso normalmente il potere di decidere, sia pure in via meramente inci ~11 '.::; 111t:@~tillrtlliltw&~,;f$.li#mitiftlJ.tiifil&ri!lw1riJutrr1trrt&tw11zl&F11r:J:rr&rif&lrt:11&1rw1e&Wl'.%rtttl PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 439 dentale, le questioni di stato delle persone (art. 19 c.p.p.), che costitui scono, ,come noto, pregiudiziali assolutamente devolutive. Deve quin di ritenersi, in relazione a quanto si detto, che se una questione di stato proposta dinanzi ad un giudice diverso da quello competente, dovr applicarsi il principio di ordine generale nell'art. 34 c.p.c. per cui il giudice adito non potr deciderla incidenter tantum, rientrando la questione di stato tra quelle questioni pregiudiziali che per legge, cio per il sistema legislativo, non possono decidersi che con effetto di giu dicato. N vale addurre in contrario il disposto dell'art. 79 della legge consolare 15 agosto 1868, n. 1030, la quale attribuisce espressamente ai consoli ed ai tribunali consolari la ,cognizione in via meramente inci dentale delle questioni di stato delle persone. Si tratta infatti di norma di ,carattere del tutto eccezionale, emanata in una epoca in cui i mezzi di trasporto e di Comunicazione erano ancora primordiali; per cui la devoluzione incidenter tantum della co. gnizione delle questioni di stato era una necessaria .conseguenza di una concreta esigenza di giustizia, aJ. fine di rendere possibile lo espletamento di. giudizi, il che altrimenti in molti casi sarebbe stato di fatto praticamente inattuabile da parte di chi si trovava all'estero in un paese lontano dall'Italia. , N vale ad inficiare il principio accolto, chf anzi ne conferma l'esi stenza, la disposizione del tutto eccezionale prevista nelJ.'art. 540 c.p. con la quale si consente in determinate ipotesi al giudice penale in de roga al disposto dell'art. 19 c.p.p., di accertare la sussistenza di un rap porto di filiazione illegittima. N alcun argomento in favore dell'opposta tesi pu desumersi daJ. disposto dell'art. 279 n. 1 e.e., il quale, ai limi tati fini dell'obbligo di corresponsione degli alimenti da parte del pre sunto genitore al figlio naturale non riConoscibile, ammette che iJ. rap porto di paternit possa risultare indirettamente > da sentenza penale e ,civile. Infatti tale disposizione non pu essere intesa ,come facente riferimento a .sentenze ,che abbiano deciso la questione di stato in via incidentale, pel'ch anche in tale ipotesi J.a Cognizione da .parte del giudicante sarebbe difetta. Ci posto, poich non pu escludersi in modo assoluto che ecce zioni al sistema, per particolari esigenz, possano essere previste dal Legislatore, ai fini della ,soluzione della questione oggetto del presente .giudizio, occorre accertare se ci si verifichi per il procedimento di nanzi alla Corte dei Conti in materia di pensioni. La questione sorge perch, a differenza di quanto previsto per le aJ.tre giurisdizioni amministrative, la legge che regola il procedimento dinanzi alla Corte dei Conti in sede giurisdizionale tace in proposito, limitandosi a regolare quale questione pregiudiziale la cui cognizione sottratta alla sua cognizione, anche in via meramente incidentale, sol tanto l'incidente di falso (art. 9-11 del regolamento 13 agosto 1933, nu 6 ) I ' I ~: RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mero 1038). Orbene la citata disposizione, posta in relazione al fatto che, costituendo ius receptum che la Corte dei Conti pu conoscere, oltre che delle questioni espressamente attribuite alla sua competenza in via incidentale di tutte le questioni di diritto, che rientrano normalmente nella giurisdizione dell'Autorit giudiziaria, ha indotto la Corte dei Conti, nella sua pi recente giurisprudenza, in conformit della tesi sostenuta da un'autorevole corrente dottrinale, a ritenere di poter decidere, sia pure in via meramente incidentale, anche le questioni di stato. Senonch tale tesi non appare esatta. Non pu, infatti, ritenersi che l'eccezione ad un principio di diritto di ordine generale possa essere cos semplicisticamente dedotta per implicito, tralasciandosi l'esame delle norme che regolano il procedimento dinanzti alla Corte dei Conti, le quali inducono invece ad una soluzione del tutto opposta. In proposito occorre anzitutto considerare che, a differenza di quanto previsto pr il Consiglio di Stato, e, prima della dichiarata incostituzionalit, anche per la Giunta provinciale amministrativa in sede giurisdizionale, per i quali i procedimenti, compiutamente regolati dalle disposizioni contenute nei citati testi unici 26 giugno 1924, n. 1054 e 1058 nonch nei regolamenti 17 agosto 1907, nn. 642 e 643, che costituiscono, com' noto, sistemi a se stanti per cui l'applicazione delle norme che regolano il procedimento dinanzi ai giudici ordinari consentita soltanto e per analogia iuris , ai sensi dell'art. 12 ult. comma delle preleggi, per i principi generali processuali; per quanto attiene invece alla Corte dei Conti le norme che regolano il relativo procedimento sono scarse e frammentarie, tanto che nell'art. 26 del regolamento 13 agosto 1933, n. 1038 operato un rinvio generale alle norme e ai termini della pro.,, cedura civile in quanto applicabili e non contraddetti dalle disposizioni del regolamento stesso. Se ne desume che il mancato riferimento alle questioni pregiudiziali di stato trova la sua spiegazione nel fatto che il Legislatore non ha inteso adottare in materia norme diverse da quelle previste dal codice di rito; mentre ha regolato l'incidente di falso in quanto ha ritenuto di adottare norme diverse da quelle previste per i giudizi dinanzi ai giudici ordinari. Ne consegue che, in applicazione dei principi generali processuali, deve ritenersi che esuli dalla giurisdizione della Corte dei Conti il potere di decidere, sia pure in via inddentale, le questioni di stato delle persone. Orbene chiaro che nella specie la Corte dei Conti ha deciso questioni di stato, avendo stabilito, a seguito delle contestazioni sorte tra le parti: a) che il Venneri Antonio, contrariamente a quanto risultava dall'atto di nascita, non era figlio legittimo della Mosco, in quanto costei, al momento della nascita dello stesso, non era unita in matrimonio con Vennerti Melchiorre, n era ipotizzabile una legitthnazione per subsequens matrimonium; b) che il Venneri Antonio non poteva essere ,w:::.,.... , .;:::: W.& <-.:: , ;}& X ;../, = X%~ :::--:::= .... ::::;.-::-: . ::--..::: w. . . PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 441 ritenuto neppure figlio naturale della Mosco in quanto costei non aveva posto in essere, prima della morte del figlio, alcun valido atto di riconoscimento; per trarne la conseguenza che la Mosco, non avendo la qualit di madre legittima o naturale del Venneri Antonio, non aveva diritto a pensione. Pertanto, in appli!azione degl'indicati principi, si deve dichiarare il difetto di .giurisdizione della Corte dei Conti a conoscere, sia pure in via incidentale, delle anzidette questioni di stato, che andavano devolute, previa sospensione del procedimento d~nanzi alla Corte dei Conti, ai competenti organi dell'autorit giudiziaTia ordinaria. (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 12 maggio 1969, n. 1616 -Pres. Tavolaro -Est. Gambogi -P. M. Criscuoli (conf.) -Corradini ed altri (avv. Sale-Musio) c. Ministero Difesa (Avv. Stato Foligno). Competenza e giurisdizione -Arruolamento militare -Norme regolatrici -Violazione -Lesione di interessi legittimi. (r.d., 6 giugno 1940, n. 1481). Competenza e giurisdizione -Arruolamento militare -Attivit del1' Amministrazione -Discrezionalit -Limiti -Violazione dell'obbligo del neminem laedere -Risarcimento del:danno -Giurisdizione del giudice ordinario -Condizioni. (e.e., art. 2043; 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 2). La violazione delle norme che regolano l'attivitd amministrativa in materia di arruolamento militare pu CCYnCTetare solo una lesione di interessi legittimi, e non di diritti soggettivi (1). Pu, peraltro, configurarsi una lesione risarcibile di diritti soggettivi ogni qualvolta vengano dall'Amministrazione superati i limiti deZ suo potere discrezionale e venga colposamente :violato l'obbligo generale del neminem laedere (2). (1) Massima di indubbia esattezza. Le norme sul reclutamento militare sono tipiche e norme di azione., rivolte a disciplinare, nell'interesse pubblico odella difesa della Patria, l'attivit dello Stato in questo campo, e non certo a tutelare specifiche posizioni soggettive dell'individuo. (2) La seconda massima costituisce applicazione dei principi generali che, com' noto, la giurisprudenza della SUJPrema Corte ha da tempo elaborato in materia di responsabilit della pubblica Amministrazione nello svolgimento di attivit discrezionali. Secondo questo consolidato indirizzo, la violazione colposa dell'obbligo del e neminem laedere > travalicherebbe "':-""llllf&"0'.'~ I I I&j 442 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO @ Per affermare la giurisdizione del giudice ordinario non , tuttavia, (::: .sufficiente la semplice prospettazione astratta deLla violazione deli'ob- ~:: .~~ bligo del neminem laedere, ma occorre la denunzia specifica e concreta fJ dei fatti nei quali tale violazione si concreterebbe (3). (Omissis). -Con la prima parte dell'unico complesso mezzo di ricorso i Corradini ed il Cambiaso denunziano, tra l'altro, la violazione degli artt. 2(}43 e 20,49 e.e., lamentando che la Corte di Appello abbia dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario col conside- Irare la domanda come proposta da es.si, utendo iuribus del defunto loro :figlio e nipote, con l'intento di far riesaminare dal giudice adito l'apprezzamento reso dal Consiglio di Leva nel dichiarare abile ed arruolato detto giovane, mentre invece la domanda stessa era intesa a chie- I dere iure proprio, appunto ex art. 2043 e.e., il risarcimento del danno loro 'causato dalla Amministrazione Militare provocando, con colpa, la morte del Corradini Paolo. La doglianza fondata. I Posto in ~itto che, secondo quanto queste Sezioni Unite hanno di recente riaffermato proprio in tema di decesso di un militare in ser .I vizio di leva, quando la Amministrazione oltrepassi colposamente quei limiti ovvero non osservi quelle regole generali di prudenza e diligenza m [~ che si riccihlegano al millenario principio del neminem laedere, o almeno (il che vale dal punto. di vista della giurisdizione) si deduca che essa % fo non abbia osservato quei limiti e quelle regole, essa pu essere tenuta H al risarcimento del danno ex art. 2043 e la giurisdizione spetta al giu dice ordinario (sentenza n. 2981 del 20 dicembre 1967, citata dalla di I~ fesa del Ministero della Difesa con la memoria), devesi nella specie osfil servare che effettivamente gli attori, con la citazione introduttiva del iI ~::: ..::a giudizio, chiesero -senza fare alcun riferimento alle norme di legge lli che specificamente regolano l'arruolamento dei militari, ma invocando unicamente l'art. 28 della Costituzione che sancisce la responsabilit ci vile dello Stato per gli atti compiuti dai suoi funzionari in violazione di diritti -il risarcimento del danno per avere i medici militari cau sato per colpa grave, negligenza, imprudenza od imperizia , commet tendo un macroscopico ed inammissibile errore, la morte del loro r congiunto. I m m i limiti della discrezionalit, costituendo lesione di diritto soggettivo azio-~:;; nabile dinanzi al giudice ordinario. Cfr'., nella specifica materia dell'arruo-X ~a~~n~t:~;~r:c~~i.20 dicembre 1967, n. 2981, in Foro it., 1968, I, 1009, ;,::;__.1..'... ..... '.," :',:_: :,:.., (3) La precisazione di cui alla terza massima, ispirata al criterio del fr:: petitum sostanziale, si manifesta opportuna di fronte alle troppo sbrigative affermazioni contenute nella sentenza n. 2981 del 1967, citata alla nota L:, precedente. ;;1:1~111;1rJ~rr1rrtir1g1;11::;;;:11r~:i=r1rr1:r:r1rr1!:1:rrilillrt11rrifEtflITirZffEr~t1mtiliffmrrrtr1tti&1r-rmrEf1Islfi PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 443 Vero che successivamente 1a causa, a seguito delle eccezioni proposte dalla difesa della Amministrazione, devi dall'indirizzo originariamente impressole e si estese alla questione della natura di interesse legittimo o di diritto soggettivo da attribuirsialla posizione del cittadino. di fronte all'arruolamento militare. Ma la domanda degli attori rest sempre, anche formalmente, quella proposta con la citazione introduttiva, le cui conclusioni furono rtchiamate dinanzi al Tribunale e riproposte espressamente dinanzi alla Corte di Appello, come appare daLla epigrafe della sentenza impugnata. Tale sentenza, quindi, certamente da censurare come quella che, dopo aver premesso nella descrizione del fatto e dei motivi di gravame che .gli appellanti avevano domandato i:l risarcimento del danno ex art. 2-0431 e.e. e 28 della Costituzione, non ha poi esaminato l'appello sotto il profilo della violazione colposa dell'obbligo del neminem laedere, ma ha dedicato la sua lunga -ed in definitiva inutile ~motivazione esclusivamente a dimostrare che, di fronte al potere discrezionale della Amministrazione in materia di accertamento de11a idoneit :li~ca degli arruolati, non sussistono, da parte del privato, diritti soggettivi ma solo interessi legittimi: tanto da ingenerare la impressione che da parte della Corte di Appello non si fosse tenuta presente la ormai costante giurisprudenza di questo Supremo Collegio che, prendendo le mosse dal caso della violazione delle comuni norme di prudenza, diligenza e perizia in tema di esecuzione di lavori pubblici ~ la ipotesi del c.d. I e trabocchetto ~ -ha poi esteso alle pi varie ipoteSi di discrezionalit ! ' tecnica della Pubblica Amministrazione il principio per cui 1a viola f zione colposa dell'obbligo del neminem laedere travaLica i limiti di tale i i discrezionalit e costituisce quindi lesione di un diritto soggettivo, ov I viamente azionabile dinanzi al giudice ordinario (oltre la sentenze nul ! mero 29'81 del 1967, sopra ctata, vedasi, da ultimo, le sentenze nn. 1421 I I e 1329 del 1968 in tema di manutenzrone di strade pubbliche; n. 13218 del 1968 in tema di responsabilit della Amministrazione ferroviaria; nu ! mero 976 del 1966 in tema di danno arrecato da un agente di custodia; ! n. 2039 del 1966 in tema di opere attinenti al regime delle acque pub! I bliche; n. 3 del 1964 in tema di rastrellamento di proiettili inesplosi; n. 1061 del 1964 in tema di danno arrecato da attivit di polizia). I Con ci, naturalmente, questa Corte Suprema non intende sollevare dubbi sulla intrinseca esattezza dei principi di diritto affermati dalla sentenza impugnata, sia pure fuori da quello che era il thema deci I dendum ; ch anzi, per evitare sommarie generalizzazioni che si potessero trarre dalla decisione del caso di specie, sar opportuno riaffermare I anche in questa sede, che fuori di discussione che il corpo di leggi che regola, in adempimento al precetto dell'art. 52 della Costituzione, L'arruolamento militare, formato da un insieme di norme di azione, dettate per disciplinare, indirizzandola al fine pubblico della dife.sa della 444 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Patria, l'attivit dello Stato in questo campo, e non gi per tutelare specifiche posizioni soggettive dell'individuo. Di tal che la violazione o disapplicazione di dette norme pu concretare solo una lesione di interessi legittimi, azionabili nella competente sede giurisdizionale amministrativa, e non una lesione di diritti soggettivi: fermo restando, aJ.tresi, che il giudizio reso dal Consiglio di Leva sulla idoneit fisica dell'arruolando costituisce un giudizio discrezionale al quale, sempre fuori dalla ipotesi di violazione dell'obbligo del neminem laedere > per negligenza, imprudenza od imperizia, corrisponde solamente un diritto affievolito del singolo. Ed infine, pi specificamente ancora, va ,osservato che la tesi dei ricorrenti per cui costituirebbe una fragrante v>iolazione di diritto soggettivo, anche al di fuori dell'ambito dell'art. 2:043 e.e., il fatto che i:1 Corradini Paolo, affetto da otite cronica media purulenta, non fosse inviato in osservazione presso un ospedale ~ militare secondo quanto prescriverebbe l'art. 50 dell'elenco A delle I malattie ed imperfezioni fisiche allegato al r.d. 6 giigno 1940, n. 1481, porge il destro per rilevare che nulla meglio di questo richiamo pone ~ in luce la natura di norme di az.ione, e non di relazione, delle disposi- I zi.oni in esame. La J.egge, .infatti, e cio il suddetto r.d. di esecuzione ~ del 1940, impone al Consiglio di Leva l'obbligo di inviare !'arruolando J in osservazione presso un ospedale militare come adempimento neces-ili sario nella ipotesi che appaia opportuna la riforma dell'arruolando il stesso, e non gi come conditio sine qua non dell'arruolamento di chi IDw sostenga di essere affett da una delle malattie od imperlezioni di cui 111 all'elenco, giusta quanto anche risulta dall'art. 78 del t.u. n. 329 del .W 1938 in tema di invio facoltativo dell'arruolando in osservazione. E ci @ val quanto dire che l'obbligo e potere di disporre il ricovero in osser-li ~~ vazione sono previsti a tutela del diritto dello Stato di imporre il ~ servizio militare ai cittadini idonei, secondo quanto prescrive la Costi-['' tuzione, e non gi a tutela della posizione del singolo cittadino. Cosicch, 11 in definitiva, pu affermarsi che l'invio in osservazione ospedaliera del l'arruolando tanto poco costituisce un diritto soggettivo di costui che perfino sembrat tdtubbio che possa trattarsi di un interesse del singolo I comunque pro e o. m In conclusione, quindi, deve ripetersi che l'unico profiJ.o sotto il @! quale pu sussistere nella specie la giurisdizione del giudice ordinario "l~;h,: quello della dedotta violazione dell'obbligo del neminem laedere > ~ lamentata dai ricorrenti con :l'atto introduttivo del .giudizio. iili Detto ci, per, la causa non ancora decisa, perch, come noto, f@ non basta la prospettazione generica ed astratta della violazione di un f:t1 diritto soggettivo per radicare sulla domanda la giurisdizione del giudice !Il 9rdinario. ~i Per la verit devesi osservare che la precedente sentenza n. 2981 ;f} del 1967 di questa Corte Suprema, sopra citata (e che concerneva un @~ PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 445 caso quasi identico al presente, richiedendosi anche ivi, dai congiunti di un militare defunto, il risarcimento dei danni per la illegittima imposizione del servizio militare ad un soggetto a;ffetto da epilessia, oltre che per altre ragioni) su questo punto assai succintamente motivata, semplicemente osservandosi, con essa, che ove .si deduca > la violazione di quelle regole generali di prudenza e di dili, la giurisdimone appartrene al giudice ordinario. Ma la questione merita, almeno nella specie, pi esauriente disamina, perch~, come si premesso, in casi del genere non basta la prospettazione astratta della violazione dell'obbligo del neminem laedere > per sottoporre la domanda al .giudice ordinario. Oc.corre invece che dn concreto detta violazione sia configurata, ed il giudice della giurisdizione deve, all'uopo, tener conto dei termini in cui la questione, in relazione alle deduzioni formulate, risulta concretamente impostata (Sezioni Unite, n. 1427 del 1964). Solo cosi, infatti, si pu giungere a quella precisa qualificazione della causa petendi, e da contemperarsi col petitum,. che necessaria per determinare il c.d. petitum sostanziale, e do la intrinseca consistenza dell'interesse dedotto in lite > (Sezioni Unite, n. 1515 del 1966, n. 593 del 1965, n. 663 del 1964, n. 789 del 1963). Tradotto in termini di .specie questo principio significa che i ricorrenti dovevano non solo lamentare che il Consiglio di Leva, arruolando, avesse causato la morte del loro congiunto per colpa g:rave, negligenza, imprudenza ed imperizia > e per macroscopico ed inammissibile errore dei medici militari che lo giudicarono > (perch queste sono generiche enunciazroni astratte che potrebbero esser buone per ogni militare deceduto in servizio per malattia), ma dovevano anche prospettare le ragioni specifiche e concrete per cui, secondo il loro assunto,. sussisterebbe l'errore macroscopico quale causa mediata della morte del Corradini. La difesa della Amministrazione nega appunto (e .non si comprenderebbe, altrimenti, il richiamo da essa fatto alla sentenza n. 2981 del 1967) che nella specie Corradini ed il Cambiaso abbiano dedotto fatti specifici come sevizie, eccessi, dinieghi di assistenza, sostenendo che secondo detti ricorrenti sarebbe sempre e solo il fatto dell'arruolamento leSiivo, in s e per s, del diritto dedotto. Ma il rilievo, che risente anch'esso della errata impostazione da tutti data alla causa col dipartirsi dahla via tracciata con l'atto di citazione, non esatto. Posto ancora in diritto che, agli effetti della giurisdizione, al :fu:le di determinare l'oggetto ed i termini della controversia, ossi:a il c.d. petitum sostanziale, il giudice pu e deve tener conto non soltanto dello specifico contenuto delle conclusioni formulate nell'atto introduttivo del giudizio o nel corso di causa, ma anche di tutto il complesso delle deduzioni e ragioni enunciate a sostegno delle conclusioni stesse (Sez. 446 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Un. n. 759 del 1962), deve nella specie riconoscersi che fino dalla citazione i ricorrenti dedussero e documentarono un fatto preciso e circostanziato a sostegno della tesi ,__ in se ast:t~atta -del macroscopico errore attribuito ai medici militari; e cio :la evidente esistenza in atto, nell'arruolando, di quella malattia -la otite-cronica purulenta media con i caratteri previsti dall'art. 50 dell'elenco di legge sopra ricordato che poi lo condusse a morte durante la prestazione del servizio militare e che per due volte in precedenza aveva indotto il Consiglio di Leva ad un giudizio di rivedibilit; aggiungendo che il nesso di causalit tra la morte e detta malattia era indiscusso e riconosciuto dalla Amministrazione militare. In queste deduzioni ed allegazioni, che qui si richiamano ovviamente agli stretti effetti della discriminazione della giurisdizione, assolutamente impregiudicato restando il merito della causa, non pu non riconoscersi la denunzia specifica e concreta, e non generica ed astratta, di una violazione dell'obbligo del neminem laedere; e tanto basta perch la giurisdizione debba essere affermata. Solo si dovr ripetere in conformit con la gi citata sentenza n. 2981 del 1967, che il giudice, nella indagine circa la sussistenza in fatto del lamentato macroscopico errore da parte della Amministrazione, dovr tener conto dei poteri discrezionali a questa spettanti e mantenersi nei limiti imposti dalle leggi abolitive del contenzioso amministrativo e tutelatrici dei poteri discrezionali suddetti. Questa, peraltro, questione sul contenuto e sui limiti della indagine consentita al giudice ordinario; questione di merito, infatti, decidere se il giudizio di un o!I'gano amministrativo dal quale siano derivati danni al privato sia stato emesso nei limiti del potere discrezionale a tale organo spettante od abbia questi limiti travalicato per sconfinare nella negligenza, imprudenza od imperizia. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 29 maggio 1969, n. 1892 -Pres. Flore -Est. Speziale -P. M. Pedote (diff.) -Cassa per il Mezzogiorno (avv. Stato Carafa) c. Carbone (avv. Amati). mministrazione dello Stato e degli Enti Pubblici -Responsabilit della Pubblica Amministrazione -Responsabilit precontrattuale -Configurabilit in materia di istituzione di un rapporto di pubblico impiego -Esclusione. (e.e., artt. 1337, 2043). Non assolutamente configurabile alcuna responsabilit per culpa in contrahendo della pubblica Amministrazione nell'attivit preliminare alla istituzione di un rapporto di pubblico impiego (1). (1) Massima di indubbia esattezza. Anche a voler ritenere ammissibile, nei rapporti contrattuali di diritto privato, una responsabilit per cuLpa PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 447 (Omissis).~ Con l'unico mezzo la ricorrente, denunciando la violazione e falsa applicazione degJ.i artt. 1337 e 2-043 e.e., nonch dei p;rincipi fondamentali in materia di pubblico impiego, in relazione all'art. 360 nn. 1 e 3 c.p.c., contesta la giurisdizione del giudice ordinari:o sotto il riflesso che, prima della costituzione del rapporto di pubblico impiego, l'ordinamento giuridico non configuxa, a favore del soggetto che intende essere assunto,, alcuna posizione di diritto soggettivo n, a carico delila pubblica Amministrazione, una responsabilit -extracontrattuale per rifiuto o ritardo dell'assunzione. La censura fondata. La Corte di Appello ha osservato, p.er giustificare la propria decisione, che anche il comportamento dell'Ente pubblico pu violare il principio del neminem iaedere e pu quindi essere fonte di responsabilit per inosiservanza dei fondamentali criteri della buona fede, della lealt e della correttezza, il che pu avvenire anche nelle trattative che intercorrono tra pubblica Amminlstrazione e privati in sede di conclusione di un contratto o di istituzione di un rapporto di impiego; ed ha soggiunto che esaminare se, nella specie, siasi verificata una ipotesi del genere, ossia se la Oassa del Mezzogiorno abbia o meno osservato quei doveri che trovano la loro fonte nell'art. 2043 e.e. un compito che non pu essere sottratto alla giurisdizione ordinaria, .giacch dalla inosservanza dei detti doveri pu essere derivata la lesione di un diritto soggettivo e la Cassa pu essere incorsa in una responsabilit extracontrattuale, giuridicamente separata da ogni apprezzamento del pubblico interesse. La Corte si implicitamente richiamata, pur senza farvi espresso riferimento, alla disposizione dell'art. 1337 e.e., il quale stabilisce che le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede, incorrendo, in caso di inosservanza, in una responsabilit eh~ nella intestazione dello stesso articolo viene qualificata come responsabilit precontrattuale, per colpa in contrahendo, che la prevalente dottrina inquadra nella responsabilit extracontrattuaile e Che importa, come conseguenza, il risarcimento del danno nei limiti del c.d. interesse negativo. Ora, questa Suprema Corte ha bensi affermato che, stante il carattere generale della regola sancita dal dtato ar.t. 1337, non si pu esdudere la configurabilit di una responsabilit di tal genere da parte della in contrahendo della pubblica Amministrazione (cfr., da ultimo, Cass., 28 settembre 1968, n. 3008, in Rep. Foro it., 1968, voce Amm. Stato nn. 214-217), certo che il principio non potrebbe assolutamente essere esteso al di fuori della materia strettamente contrattuale, e, in particolare, ai rapporti non paritetici di diritto pubblico, quale il rapporto d'impiego, anche se instaurato mediante un atto formalmente contrattuale. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO pubblica Amministrazione, nei casi in 'cui gli organi di un Ente pubblico, neille trattative e nelle relazioni con i terzi, abbiano compiuto azioni od omissioni che contrastino cOi!l i principi della lealt, della correttezza e della buona fede. Devesi, per.altro, tener presente che l'art. 1337 dettato per disciplinare la materia della stipulazione dei contratti (cosi: cch anche nei rapporti tra privati esso non potrebbe trovare applicazione .fuori della materia contrattuale); e tale limite deve essere osservato anche quando il problema si pone nei rapporti tra la pubbHca Amministrazione e i privati, poich un trattamento, pi sfavorevole della pubblica Amministrazione non sarebbe in alcun modo giustificabile. Ne segue che, contrariamente a quanto ha ritenuto la Corte di Appello, la detta disposizione non pu essere invocata, nei confronti della pubblica Amministrazione, nella attivit preliminare alla istituzione di un rapporto di pubblico impiego, che si instaura dn base ad un atto unilaterale dell'Ente pubblico: l'atto formale di nomina. La preminenza delle ragioni di pubblico interesse, che caratterizza ed informa il rapporto di pubblico impie.go, esclude che nella fase c.d. e prodromica del rapporto possano configurarsi, a favore di chi ha chiesto di essere assunto come impiegato, interessi pienamente protetti, aventi cio la consistenza di diritti soggettivi perfetti, azionabili, come tali, dinanzi all'autorit giudiziaria ordinaria. Non esiste, in altri termini, fino al momento della nomina (tralasciando l'ipotesi, che qui non interessa, dell'assunzione mediante concorso) un diritto soggettivo alla asmmzione ovvero alla non ritardata assunzione. Ci non significa che non esista alcuna tutela contro un eventuale illegittimo comportamento del:la pubblica Amministrazione, poich la eventuale violazione dei principi di lealt, di correttezza e di buona fede, risolvendosi in un cattivo uso dei poteri che competono ali'Amministrazione stessa, pu legittimare il ricorso al giudice degli interessi, sotto il profilo dell'eccesso di potere, anche nel caso del silenzio della pubblica Amministrazione, essendo ammesso dall'ordinamento anche la messa in mora dell'Amministrazione e la impugnativa dell'eventuale silenzio-rifiuto. Nella specie fuori questione la qualit di Ente pubblico non eco nomico della Cassa del Mezzogiorno, nonch la natura del rapporto (impiego pubbUco) che si intendeva instaurare. Ed al riguardo non rileva che l'assunzione sarebbe avvenuta nella forma del contratto, poich gli Enti pubblici possono ricorrere a tale forma di assunzione non solo per la instaurazione di rapporti di diritto privato (nel qual caso il rapporto, essendo basato sull'autonomia privata, ha natura contrattuale), ma anche per la instaurazione di rapporti di pubblico impiego, come avviene, particolarmente, presso ,gli Enti pubblici diversi da1lo Stato. In tal caso, per, resta ferma la natura pubblicistica del rapporto e il titolo da cui deriva l'assunzione pur sempre l'atto unilaterale, autoritativo, della PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 449 pubblica Amministrazione. La ,volont del privato non interviene su un piano di pard.t con quella dell'Amministrazione, ma accede a questa (quando non si tratti di un servizio coattivo, per il quale non si richiede il consenso dell'interessato) come una mera condizione di efficacia. SJ tratta, qudndi, di un rapporto non paritetico, rispetto al quale, perci, non possono ritenersi applicabili l:e norme relative ai rapporti privatistici e, in parj;icolare, le norme dettate con riferimento ai rapporti contrattuali, come quelle degld. artt. 1337 e 1338 e.e.. Devesi, pertanto, escludere J.a proponibilit, dinanzi all'autorit giudiziaria ordinaria, dell'azione che la Corte di merito ha, invece, ritenuto esperdbile; e ci importa, ai sensi dell'art. 382, terzo comma, c.p..c. che la sentenza della Corte di Appello deve essere cassata senza rinvio. -(Omissis). SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA CIVILE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 15 ottobre 1968, n. 3296 -Pres. Boccia -Est. Speziale -P. M. Trotta (conf.) -Ministero DifesaEsercito (Avv. Stato Santoro-Passarelli) c. Quasseri (avv. Carbone). Procedimento civile -Cause scindibili -Impugnazione. (c:o.c., art. 103). Procedimento civile -Legittimatio ad causam -Rilevabilit di ufficio in ogni grado del giudizio -Limiti. (c.p.c. art. 100). Responsabilit civile -Lesioni personali cagionate a militari di truppa Azione di arricchimento indebito da parte della p. a. nei confronti del terzo responsabile -Ammissibilit. (e.e., artt. 2041, 2042). Nell'ipotesi di domande autonome e scindibili contenute in un medesimo processo, le singole impugnazioni proposte si svoLgono in maniera distinta, senza che si verifichino interferenze tra di loro (1). (1) Poich il litisconsorzio facoltativo di cui all'art. 103 c.p.c. si risolve in una connessione impropria, esso lascia immutata la posizione processuale delle parti rispetto a ciascuna lite; le cause rimangono pur sempre distinte ed ogni causa rimane individuata dalle persone'dei legittimi contraddittori, rispetto all'oggetto di ciascuna ed al rapporto sostanziale controverso, senza che si verifichi alcun mutamento o alcuna interferenza nella posizione processuale delle diverse parti. Da ci scaturisce la conseguenza che la sentenza che definisce un ta_le processo unica solo formalmente ma, in realt, consta di tante distinte p;. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 451 La legittimatio ad causam rilevabile di Ufficio in ogni stato e grado del procedimento, con il limite per ohe sulla questione non si sia formato il giudicato (2). Nei confronti del terzo responsabile di lesioni riportate da militari di truppa in servizio, ammissibile l'azione di indebito arricchimento per le spese di cura sopportate daH'Amministrazione militare e poste a suo carico, senza diritto a rimborso nei confronti dell'infortunato (3). Omissis). -Col primo mezzo l'Amministrazione ricorrente, denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 2041 e 2697 c..c., nonch difetto di motivazione, ai sensi delil'a:rt. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., si duole che la Oorte di merito abbia escluso la proponibilit dell'azione di indebito arricchimento da parte dell'Amministrazione nei confronti del Sansoni e del Quasserli, sotto il profilo che non potrebbe escludersi, in mancanza di prova contraria, la possibilit di ripetere dagli stessi infortunati quanto speso per ila loro assistenza, mentre tale possibilit assolutamente non sussiste o comunque trattandosi di un fatto impeditivo dell'azione, 1'011ere della prova incombeva ai convenuti. Con il secondo mezzo si denuncia la violazione degli artt. 99, 343, 346, 324 e.e., la falsa applicazione dell'art. 92 c.p.c. e degli artt. 2909 e 1306 primo comma e.e., in relazione alil'art. 1360 n. 3 c.p.c. e si sostiene che la Corte di merito, rigettando la domanda dell'Amministrazione anche nei confronti del Quasseri, non appellante nei confronti dell'Amministrazione verso La quale in primo_ grado era rimasto soccombente, ha violato il giudicato formatosi su tale punto ed ha pronunciato oltre i limiti dell'impugnazione proposta dal Sansoni. Per quanto concerne i rapporti tra l'Amminist;razione e il Quasseri, pregiudiziale il secondo mezzo, poich, se fosse vero che la pronuncia di condanna, emessa dal giudice di primo grado nei con (2) Cfr. Cass. 30 marzo 1967, n. 684; 30 marzo 1965, n. 557; 23 luglio 1964, n. 1990; 14 aprile 1964, n. 887. (3) La sentenza, considerato il carattere sussidiario dell'azione di arrfochimento senza causa sperimentabile ove al danneggiato non competa altra azione nei confronti dell'arricchito o di chi sia, in sua vece, obbligato per contratto o per legge (Cass. 24 luglio 1969, n. 2749; 25 ottobre 1961, n. 2368); ovvero le quante volte una tale azione non sia utilmente esercitabile (Cass. 30 dicembre 1964, n. 2985; 20 ottobre 1962, n. 3057; cfr. altresi Giur., richiamata in nota a Cass. 18 maggio 1965, n. 966, in questa Rassegna, 1965, 1, 508), ne ha correttamente applicato i relativi principi in tema di recupero di quanto erogato dall'Amministrazione militare per cure occorse al personale militare in servizio, il cui onere posto a carico dello Stato, senza diritto a rimborso nei confronti dell'infortunato (legge 1 novembre 1957, n. 1140; 27 luglio 1962, n. 1116; decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 3 luglio 1965). i ~ 8 I ~ ~ i~ ~ ~: ,,,~~ RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO fronti del Quasseri, a pagare all'Amministrazione la somma di cui si discute, era passata in giudicato, sarebbe precluso, nei riguardi del Quasseri, il riesame delle questioni di merito prospettate col primo mezzo. In effetti iii. Quasseri con il suo appello incidentale si era limitato a dolersi del mancato accoglimento della domanda di rivalsa proposta nei confronti del Sansoni per il rimborso delle somme che fosse tenuto a pagare agli attori. Nessuna censura veniva, invece, formulata, in ordine all'accoglimento della domanda contro di lui proposta dal- I'Ammini:strazione. E pokh tale domanda era autonoma e scindibile (come ammette lo stesso resistente) rispetto all'analoga domanda proposta dall'Amministrazione contro il Sansoni, evidente che il Quas- seri non poteva giovarsi del1J',impugnazione proposta, nei confronti del- I'Amministrazione, dal Sansoni. Non vale addurre che la questione affrontata e risolta dalla Corte di merito, circa la sussistenza delle condizioni richieste dalla legge per la proponibiHt dell'azione di indebito arricchimento, una questione che attiene a:lla legitimatio ad causam, rilevabile dal giudice anche ~'ufficio in ogni stato e grado del processo, poich, a parte ogni altra considerazione, l'indagine sulla legitimatio ad causam, attiva e passiva, non si sottrae alla preclusione derivante dal giudicato; e, nei rapporti tra I'Amministrazione e il Quasseri, 'la pronuncia del giudice di primo grado era divenuta definitiva, per mancata impugnazione da parte del soccombente. Pertanto la sentenza impugnata, nella parte in cui si respinge la domanda proposta dall'Ammini.$trazionie nei confronti del Quasseri, deve essere cassata senza rinvio, con la conseguenza ~he rimane ferma la pronuncia emessa dal giudice di primo grado, anche per quanto concerne le spese di quel giudiz~o. Si ritiene di dover compensare, concorrendo giwsti motivi, le spese dei giudizi di appello e di cassazione. Del pari fondato il ricorso, per quanto concerne i rapporti tra I'Amministrazione e il Sansoni. ben vero che il'azione di indebito arriocchimento, per il suo carattere sussidiario, non '1 esperibile quando il danneggiato disponga di altra azione, contro l'arricchito o contro altra persona che sia tenuta per legge o per contratto all'indennizzo (v. Cass. n. 585 del 1962 e n. 1929 del 1966). Ma nelLa specie l'afferma2lione della Corte di merito, secondo cui non pu escludersi, in mancanza di prova contraria, che 1'Amministrzione poteva e potrebbe ripetere dagli stessi infortunati quanto speso per '1a loro assistenza>, non tiene conto del fatto che la questione andava risolta in base alle norme sull'ordinamento del servizio militare, che il giudice non pu ignorare, perch iura novit curia, e tali norme non consentono ali'Amministrazione di farsi rimborsare da PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 453 un militare di truppa le spese occorse per curarlo durante il rapporto di servizio, quale che sia la causa defila :malattia. N r Amministraztone era tenuta a dimostrare l'inesistenza di un'azione contrattuale, che non era stata, ex adverso, neppure dedotta. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 aprile 1969, n. 1282 -Pres. P.ece Est. Alibrandi -P. M. Tuttolomondo (conf.) -Calcagno (avv. MoschelJ. a e Pollicino) c. Ministero LL.PP. (avv. Stato Gargiulo). Espropriazione per p. u. -Opposizione promossa da terzi aventi ragioni sull'indennit -Termini -Decorrenza. (l. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 54}. Procedimento civile -Opposizione all'indennit di esproprio -Giudizio promosso dal proprietario espropriato e dall'usufruttuario Op:\ 1osizione dell'usufruttuario oltre i termini -Conversione in intervento volontario -Inammissibilit. (c.p.c. art. 159). Espropriazione per p. u. -Occupazione anticipata -Indennit -Interessi -Natura -Decorrenza. (l. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 72). Nei confronti dei terzi che abbiano ragioni da far valere sulla indennit di esproprio, per i quali non prevista la notifica del relativo decreto, il termine di trenta giorni per impugnare l'indennit deco1re dalla pubblicazione dell'estratto di tale decreto sul foglio annunzi legali della Provincia o negli altri prescritti, e ci anche quando il diritto dei predetti risulti dalle annotazioni catastali e nei loro confronti siano stati esperiti i primi atti della procedura espropriativa (1). (1) Nel sistema della legge organica sull'espropriazione per p.u. contraddittore nei confronti dell'espropriante , di norma, solo il proprietario del fondo espropriato che, nella relativa procedura, si pone a tutela oltre che delle proprie ragioni anche, a guisa di rappresentante ex lege, di quelle dei terzi aventi ragioni sul fondo (Cass. 30 settembre 1955, n. 2734). Costituisce questo una applicazione del principio della indennit unica, nel cui ambito tuttavia sono state contemperate altresi ie esigenze dei terzi aventi ragioni i'!Ull'indennit ed ai quali stata riconosciuta una facolt di diretta tutela (art. 54 comma 2 legge n. 2359), mediante impugnativa nel termine di trenta giorni a partire dalla pubblicazione dello estratto del provvedimento ablativo. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Nel giudizio di opposizione aZZ'indennit di esproprio promosso ad istanza del proprietario e deZZ'usufruttuario, ove la domanda di quest'ultimo sia inammissibile per essere stata esperita oltre i prescritti termini, non pu tuttavia trovare ingresso come intervento volontario nel giudizio ad istanza del proprietario, trattandosi di ipotesi estranea alla realt processuale (2). Sull'indennit per l'anticipata occupazione del bene da espropriare, che quale equivalente economico del diritto di godimento decorre dalla data dell'occupazione a quella del decreto di esproprio, sono dovuti dalla data dell'occupazione medesima, gli interessi legali di natura compensativa, in quanto tengono conto dei frutti di tale somme, che costituiscono una obbligazione a s stante, esigibile al momento dell'esproprio (3). (Omissis). Con il primo motivo, i ricorrenti, denunciando la violazione degli artt. 16, 51 e 54 legge 215 giugno 1865, n. 2959, sulle espropriazione per causa di pubblica utilit, 91 e 105 c.p.c., in relazione all'art. 360, n. 5 (rectius n. 3) c.p.c., sostengono che erroneamente la Corte del merito ha ritenuto tardiva l'opposizione proposta dalla D'Onofrio, unitamente ad essi ricorrenti, con atto del 14 luglio 1958, avverso la determil!lazione dell'indennit secondo la stima dei periti di cui al (2) Cfr. Cass. 16 giugno 1953, n. 1785, 8 ottobre 1954, n. 3435. La sen:.. tenza conforme alfa dottrina prevalente la quale, in tema di conversione degli atti processuali, pur riconoscendo taluni punti di contratto con l'altro istituto, proprio del diritto sostanziale, della conversione dei negozi giuridici (art. 1424 e.e.), esclude che possano accogliersene integralmente i concetti, in quanto a differenza di quest'ultimo che poggia sull'interipretazione della volont delle parti, la conversione dell'atto processuale si realizza sulla base di criteri obbiettivi (art. 159 c.p.c.), in maniera del tutto indipendente dalla volont. In dottrina cfr. ANDRIOLI, Commento, voi. I, 419, per il quale la conversione implica quello scarto tra volont ed effetto conseguito, che non pensabile in ordine agli atti processuali, per i quali la volont della parte e, ancor pi, del giudice, irrilevante~. C:fr. altresi SATTA, Diritto processuale, 1967, p. 209. Contra D'ONOFRIO, Commento, voi. I, p. 226, per il quale nell'ambito del 'terzo comma dell'art. 159 c.p.c., ove sussistano i requisiti di sostanza e di forma, il problema della volont nella conversione dovrebbe risolversi in .conformit del sistema della legge, diretto alla salvaguardia degli effetti degli atti, sulla base di una presunzione di volont di porre in essere l'atto convertito. (3) La occupazione temporanea anticipata, ancorch preordinata alla espropriazione del bene conserva la sua autonomia (cfr. Cons. Stato; IV, 9 febbraio 1966, n. 80, in questa Rassegna, 1966, I, 650 con notazione di S. RosA), onde al soggetto privato del godimento del bene spetta un indennizzo che, secondo la prevalente giurisprudenza, viene corrisposto sotto PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 455 decreto prefettizio di e~ropriazione del 21 dicembre 1957. Deducono i ricorrenti, a sostegno del mezzo, varie censure che, nella loro pro gressione logica, possono cosi riassumersi: a) la po.siztone della D'Onofrio, usufruttuaria di parte del terreno espropriato, risuUava dall'iscrizione catastale ed era, quindi, nota all'ente espropriante, la quale peraltro, aveva promosso anche nei riguardi della usufruttuaria i primi atti della procedura d'espropriazione, onde la D'Onofrio poteva proporre opposizione, a norma dell'art. 51, non divel'samente da quanto consentito ai proprietari, e non gi a norma del successivo art. 54 secondo comma, della legge organica sulle espropriazioni per pubblica utilit; b) la Corte del merito avrebbe, ad ogni modo, dovuto ritenere ammissibile la partecipazione al giudizio della D'Onofrio a titolo d'intervento volontario anzich limitarsi a dichiarare la predetta D'Onofrio decaduta dall'opposizione; e) ingiusta, da ultimo, la condanna della stessa D'Onofrio alle spese processuali. Il motivo infondato in tutti i suoi profili. Secondo la 1. 25 giugno 1865, n. 2959, sulle espropriazioni per causa di pubblica utilit, possono proporre opposizione contro la stima dei periti sia i proprietari espropriati (art. 51, comma 2) sia coloro che hanno ragione da esperire SJUll'indennit, tra cui gH usufruttuari (art 54, comma secondo). Per entrambi, nel sistema della legge, di eguale durata (trenta giorni) n termine perentorio per proporre la impugnazione alla stima, ma diversa ne la decorrenza. Infatti, mentre per i proprietari il termine decorre dalla notificazione del decreto del prefetto che forma di interessi sull'indennit di esproprio, ritenuti congrui, in mancanza di altri elementi specifici, a ristorare per la mancata percezione del reddito. Cfr. Cass. 21 ottobre 1965, n. 2173; 20 ottobre 1962, n. 3050; contra Sez. Un. 17 maggio 1961, n. 1166 in Giur. it., 1961, I, 1699 secondo cui invece l'indennit per il periodo di occupazione legittima deve essere congruamente determinata e non commisurata agli interessi legali sulla Indennit di esproprio. L'autonomia dell'indennit di occupazione, nonostante il suddetto criterio di determinazione, che conserva in ogni caso valore meramente orientativo -sent. 1962 n. 3050, -comporta che il relativo credito, divenuto esigibile in virt del decreto di esproprio, sia produttivo di interessi per l'intero periodo in cui l'avente diritto non ne abbia avuta la disponibilit. Tali interessi non costituiscono infatti interessi sugli interessi, onde si sottraggono alle limitazioni di cui all'art. 1283 e.e., ma conseguono dalla mancata disponibilit della somma dovuta a titolo di indennit di occupazione, essendo al riguardo irrilevanti le modalit per la determinazione di questa. Cfr. Cass. 21 ottobre 1965, n. 2173, in questa Rassegna, 1965, I, 1180 con nota di riferimenti; Cass. 30 marzo 1963, n. 805, Mass. Foro it. Sulla natura, a titolo compensativo o corrispettivo, degli interessi decorrenti sull'indennit di espropria cfr. C'ARUSI in nota a Cass. 4 gennaio 1964, n. 6, in questa Rassegna, 1964, I, 319. 7 i I i ' I f 456 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO pronuncia l'espropriaZione, per gU altri titolari di diritti sul bene espropriato, nei cui riguardi la legge non prevede che debba essere notificato il predetto decreto, il termine decorre dalla pubblicazione del decreto stesso che, rispetto al caso di 51pecie, va eseguita nella Gazzetta ufficiale della Regione skiliana. Tale diversa disciplina dell'opposizione da parte del proprietario e da parte dell'usufruttuario del bene espropriato si ricollega alla struttura del procedimento espropriativo, attuato dalla legge del 1865, iJ quale diretto soprattutto a soddisfare giustificate esigenze di rapidit e di economia della procedura. Questa, invero, si ispira aJ. principio per cui il proprietario (apparente) dell'immobile l'unico soggetto passivo dell'espropriazione, onde unica l'indennit. Gli usufruttuari, che non vantano un diritto ad una distinta indennit, sono, come dispone l'art. 27, comma terzo, della legge, fatti indenni dagli stessi proprie.tari ; principio questo di tutta evidenza ove si consideri che l'usufrutto si trasfe~ risce suLl'indennit relativa al bene espropriato (art. 1020 e.e.). La differente posizione degli usufruttuari rispetto a quella dei proprietari, considerata nel quadro delle finalit che la procedura d'espropriaziene per pubblica utilit tende ad attuare, chiarisce la ragione della diversa disciplina dell'impugnazione deLla stima da parte delle due predette categorie di titolari di diritti sulla cosa espropriata. Tale essendo il .sistema della legge, rettamente la corte del merito ha escluso che il decreto prefettizio dovesse essere notificato anche alla D'Onofrio, pur se costei risultava usufruttuaria in base alla iscrizione catastale e pur se, anche nei suoi riguardi, erano stati promossi i primi atti della procedura di espropriazione. Tali circostanze, invero, come non incidono sulla natura del suo diritto, cos non modificano la disciplina della impugnazione della stima che resta, anche per ci che riguarda i termini, quella del citato art. 54, mentre la sua prospettata equiparazione ai.l'impugnazione dei proprietari (art. 51) non sorretta da alcun elemento che possa desumersi, in via d'interpretazione, letterale, o razionale, della legge. Anzi, tale assunto, che fa in particolar modo leva sul criterio dell'apparenza, cont~addetto dalla norma dell'art. 16, comma primo, della 1. del 1865 secondo cui il procedimento espropriativo legittimamente iniziato e proseguito nei confronti dei proprietari iscritti nei registri catastali . Da tale disposizione, infatti, resta agevole dedurre che l'apparenza, invocata dai ricorrenti nei riguardi de.a D'Onofrio, usufruttuaria, opera invece solo nei confronti dei proprietari. Infondata anche la doglianza dei ricorrenti con la quale lamentano che la corte del merito avrebbe comunque dovuto ritenere ammis'sibile la partecipaztone deLla D'Onofrio al giudizio di opposizione alla stima a .titolo d'intervento ex art. 105 c.p.c. Infatti, la D'Onofrio ha proposto opposizione alla stima come parte originaria del giudizio, nella . -~ -Jf< PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 457 stessa posizione dei suoi figlioli, odierni ricorrenti e, una volta dichiarata l'inammissibilit della sua posizione, . perch tardiva, la Corte deJ. merito non poteva e .non doveva prendere in esame l'azione della D'Onofrio sotto il profilo dell'intervento nel giudizio, trattandosi d'ipote.si estranea alla realt processuale, risultante dagli atti di causa. I ricorrenti, sempre sul punto in esame, richiamano una considerazione che si. legge nella sentenza impugnata a proposito di un eventuale intervento volontario della D'Onofrio. Senonch trattasi di rilievo fatto solo ad abundantiam ed giUFisprudenza costante che le considerazioni ultronee, eventualmente contenute nella motivazione, anche se inesatte, non giustifi-cano l'annullamento della sentenza quando come nel caso in esame -non abbiano alcuna influenza sulla decisione adottata, per essere questa fondata su altra e corretta ratio decidendi , mentre la considerazione fatta in via di abbondanza resta obiter dieta. Infondata, infine, la censura che si appunta sulla statuizione relativa alle spese, poste a carico della D'Onofrio. Infatti, costei rimasta soccombente, stante la dichiarata inammissibilit della sua opposizione, e rettamente i giudici del merito hanno applicato "la regola generale di cui all'art. 91 c.p.c. N la statuizione censurabile sotto il profilo dell'omessa compensazione delle spese, perch, -come i consolidato indirizzo di questa Corte (v. sent. 8 luglio 1966, n. 1788 ~ 8 maggio 1967, n. 917), la pronuncia sulle spe.se giudiziali pu essere riesaminata in sede di legittimit solo nel caso in cui il carico di esse sia stato fatto gravare esclusivamente sulla parte vittorioso e non anche per il rifiuto di compensazione delle spese medesime. Con 11 secondo mezzo i rkorrenti denunziano la violazione degli artt. 18 e 71 1. 25 giugno 1865, nn. 2359, 122.3, 1224, 1282 e 1499 e.e. nonch l'art. 112 c.p.c., in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5, oltre la violazione dei principi concernenti la determinazione delle indennit e degli indennizzi e della decorrenza e durata degli interessi, dovuti a seguito di occupazioni, legittime ed illegittime, e ad espropriazioni per pubblica utilit. Lamentano, in particolar, i Calcagno che la Corte di Messina: a) ha omesso, nel dispositivo, la statuizione relativa agli interessi sull'inderu1.it di espropriazione di mq. 3271 di terreno, determinate in L. 22.897.000; b) ha disposto -che .gli interessi sull'indennit per l'occupazione biennale legittima dell'area suddetta decorrano dal 20 aprile 1949 anzkh dal 20 aprile 1947; e) ha statuito che gli interessi sull'indennit per l'occupazione ultrabiennale illegittima decorrano fino al 21 dicembre 1957, data di emissione del decreto di espropriazione e non gi fino al saldo; d) ha disposto che gli interessi sulla somma di L. 2.66.2.080, corrispondente di mq. 221,84 di terreno occupato e non espropriato ,decorrono dal 20 aprile 1949, anzich dal 20 aprile 1947. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Le riassunte censure sono fondate e, -va aggiunto -quelle di cui alle lettere a), c) ed), non sono contestate dall'Amministrazione dei lavori pubblici, che ha espressamente riconosciuto l'o!llissione e gli errori della sentenza impugnata. Resta, quindi, da esaminare soltanto la ,censura sub b) ed il problema s'incentra nello stabilire se gli inte-:ressi sulla indennit per occupazione biennale legittima decorrano dal- l'inizio dell'occupazione, come sostengono i ricorrenti, oppure dalla scadenza del biennio, come oppone l'amministrazione statale resistente. Conforme a diritto si ravvisa la prima fra le due ipotesi ailternative. Secondo la giur1sprudenza _di questa suprema Corte (cosi, da ultimo, sent. 21 ottobre 1965, n. 2173 e 18 ottobre 1966, n. 2504), fino al momento della emanazione del decreto di 1espropriazione per pubblica utilit, !'espropriato conserva il diritto al godimento del bene per cui, nell'ipotesi di espropriazione preceduta da occupazione temporanea, la relativa indennit di occupazione, che costituisce l'equivalente economico del diritto di godimento, dovuta per tutta la durata dell'occupazione stessa e, quindi, fino alla data in cui, per effetto della pronunzia del decreto di espropriazione, il diritto di propriet dell'espropriato venuto meno convertendosi nel diritto all'indennit. All'che sull'indennit di occupazione sono dovuti gli 'interessi legali ed il loro importo forma oggetto di un'obbligazione a s stante, esigibile al momento dell'espropriazione, e gl'interessi, fino alla data dell'effettivo depos.ito dell'indennit, al p;:i.ri di quelli relativi all'indennit di espropriazione, hanno carattere compensativo, giacch tengono conto della disponibilit dei frutti della somma dovuta, di cui -medio tempore -l'avente diritto avrebbe dovuto godere e di fatto non ha goduto. Ora, appunto in considerazione di tale natura (compensativa) degli interessi relativi all'indennit di occupazione legittima, la loro decorrenza va riportata al momento iniziale dell'occupazione medesima. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 30 aprile 1969, n. 1417 -Pres. Favara -Est. Boselli -P. M. Tuttolomondo (conf.) -Ferrovie dello_ Stato (avv. Stato De Francisci) c. S. p. Az. La Mannheim (avv. Pirrengelli). Trasporto -Trasporto internazionale di cose a mezzo ferrovia -Convenzione internazionale C.I.M. -Accettazione e ritiro della merce Concetto -Avaria -Azione contrattuale. (e.e. art. art. 1687; r.d.1. 25 gennaio 1940, n. 9, art. 59). Nei trasporti internazionali a mezzo ferrovia, regolati dalla convenzione internazionale 25 ottobre 1952 (C.I.M.), resa esecutiva con PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 459 l. 28 giugno 1955, n. 916, le espressioni accettazione della merce e ritiro della merce contenute nell'art. 45 della convenzione equivalgono al concetto di riconsegna della merce del contratto di tmsporto in genere, sicch la estinzione dell'azione contrattuale contro le ferrovie per la perdita parziale o l'avaria delle cose trasportate, previste dalla prima parte di tale norma, non si verifica fin quando la p.a. non abbia messo in grado l'avente diritto, con l'apertura del vagone nelle spedizioni a carro, di controllare la identitd e le condizioni apparenti del carico (1). (Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso, denunziando violazione o quanto meno falsa applicazione dell'art. 45, parr. 1 e 2 lett. e) punto I della Conve,nztone internazionale per l trasporto delle merci in ferrovia (C.I.M.) ratificata e resa esecutiva in Italia con la I. 28 giugno 1955, n. 916, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., la Azienda ferroviaria censura l'impugnata sentenza per avere respinto l'eccezione di estinzione dell'azione di danno, che essa aveva sollevato a norma del par. 1 del citato art. 45 della Convenzione, ritenendo -sulla hase di una errata quanto arbitraria interpretazione del par. 2, lett. c, punto I dello stesso articolo, che la estinzione (prevista dal par. 1) non si verifica se la perdita o l'avaria stata constatata in conformit dell'art. 44 della Convenzione medesima, prima che l'avente diritto abbia provveduto allo scarico del vagone ed alla asportazlone della merce. Non v'ha dubbio che la Corte del merito, fuorviata dalla duplicit delle espressioni adoperate nel testo italiano deJ.la Convenzione -nel quale si parla di accettazione della merce da parte dell'avente diritto per indicare (art. 45, par. 1) il fatto estintivo dell'azione di danno contro la ferrovia e di ritiro della merce da parte dell'avente diritto per indicare (par. 2, c, punto 1) il termine entro il quale l'avvenuta verifica della perdita o dell'avaria evita la estinzione dell'azione ha finito per intendere le due locuzioni in un senso sostanzialmente diverso: e precisamente nel senso tecnico di riconsegna della merce (1} Non constano precedenti in termini. La convenzione internazionale 25 ottobre 1952 per il trasporto merci, sancisce (art. 45} la estinzione di ogni azione contro le Ferrovie per la perdita parziale o l'avaria ove, all'atto dell'accettazione delle merci, non si sia provveduto a redigere il verbale di constatazione e semprech un tale adempimento non sia omesso per co]Jpa delle Ferrovie ovvero si tratti di danni non apparenti. Sulla nozione di riconsegna e sull'attivit prescritta al vettore dall'art. 1687 e.e., per mettere a disposizione dell'avente diritto le cose trasportate, senza che si rendano pur tuttavia necessarie anche le operazioni di scarico cfr. Cass. 6 ottobre 1965, n. 3375. Sulla possibile non coincidenza tra i due momenti cfr. JANNUZZI, in Scialoia e BRANCA, Commentario, Del Trasporto, 1961, p. 133 e segg. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO la locuzione ritiro della merce e nel senso invece di scarico del vagone ed asportazione della merce dal recinto ferroviario quella di ritiro della merce. Ora, non dubbio che una ilale distinzione sia assolutamente arbitraria. A parte il fatto che simile duplicit di espressione non esiste nel testo francese della Convenzione (testo che, a norma dell'art. 68, quello che, Jn caso di contrasto, fa fede), dato che sia nel primo che nel secondo paragrafo (lett. e, punto 1) dell'art. 45 si parla indifferentemente di acceptation de la marchandise , appena il caso di osservare che detto termine trova 'il suo esatto equipollente in quello italiano di ricevimento della merce (art. ex 1698 e.e.), che v1:10l dire appunto presa in consegna della mrce trasportata. Per ra.gione di compilutezza, pu anzi bene affermarsi che le espressioni livraison e accettation de la marchandise adoperate dal testo francese (artt. 16 e 45 della Convenzione) trovano esatto riscontro nei nostri termini tecnici di riconsegna e, rispettivamente, di ricevi mento della merce : termini che -come agevole desumere dalla disciplina del contratto di trasporto .secondo il nostro codice civiile vengono adoperati dal legislatore per esprimere un concetto sostanzialmente identico quantunque esaminato da un diverso angolo visuale: quello appunto della riconsegna della merce (arg. ex artt. 1697 e 1698 C.C.). Ci chiarito, tuttavia da riconoscere che l'errore denunciato non stato determinante nella specie ai fini della decisione del punto controverso, ossia al fine di .stabilire se, mediante la semplice immissione del carro con copertone sigillato e piombato nel binario di raccordo della societ destinataria, si fosse avuta quella accettazione o comunque quella riconsegna della merce che, se fatta senza riserve o senza fa verifica di cui al citat.o art. 44 della Convenzione, estingue -a termini del successivo art. 45, par. 2 ~ le azioni derivanti dal contratto in favore dell'avente diritto. Nei trasporti in genere le operazioni di riconsegna propriamente dette consistono nel mettere le cose trasportate a disposizione del destinatario nei luoghi contrattualmente stabiliti in guisa che l'avente diritto sia posto in grado non solo di effettuarne l'asportazione ma anche e, prima di tutto, di verificarne l'identit, lo istato e le condizioni per lo meno apparenti. Quanto poi ai trasporti ferroviari relativi a merci spedite a piccole partite, nelle operazioni di riconsegna S sogliono ricomprendere anche quelle di scarico del vagone, essendo queste di spettanza della Amministrazione ferroviaria. Ci premesso e poich -secondo le pacifiche circostanze di causa -il tra.sporto in questione aveva ad oggetto merci spedite a carro e :~ PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 461 contenute in un vagone piombato a norma di legge dalla Ferrovia e dall'Autorit doganale, la riconsegna> (e, correlativamente, l'accettazione>) della merce, al fine qui considerato della estinzione o meno delle azioni di danno per perdita parziale od avaria della stessa, se non richiedeva anche lo scarico del vagone da parte della Amministrazione ferroviaria, non poteva peraltro ritenersi avvenuta prima che -tolti i piombi ed il copertone -l'avente diritto alla riconsegna fosse stato posto dall'Amministrazione stessa in grado di verificare almeno la identit e le condizioni apparenti del carico: il che non era ovviamente possibile fino a tanto che il vagone, munito dei suoi piombi e del copertone, fosse stato -come di fatto avvenne -lasciato in sosta sul binario di raccordo della ricevitrice. Pur correggendo adunque, a sensi dell'art. 384 secondo comma c.p.c., l'errore interpretativo della Corte del merito, nel senso che accettazione della me11ce > non equivale necessariamente a scarico dal vagone ed asportazione della stessa dal recinto ferroviario >, deve tuttavia tenersi ugualmente ferma la decisione di rigetto della eccezione di estinzione dell'azione di danno, essendo questa giustificata dal fatto che la constatazione dell'avaria, ancorch posteriore alla immissione del vagone nel binario di raccordo della Adafrigor >, avvenne pur sempre prima o comunque all'atto stesso della accettazione > o del ritiro della merce > da parte della predetta societ, intesi nel senso pi corretto che si dianzi specificato. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 6 maggio 1969, n. 1525 -Pres. Tavolaro -Est. De Santis -P. M. Criscuoli (diff.) -Comune Napoli (avv. Gleijeses e Peccerillo) c. Cassa per il Mezzogiorno (avv. Stato Carusi) e Troncone (avv. Iaccarino). Opere pubbliche -Citt di Napoli -Legge speciale 9 aprile 1953, n. 297Realizzazione di opere pubbliche di pertinenza del Comune di Napoli da parte della Cassa per il Mezzogiorno -Delega al Comune per l'esecuzione delle opere -Obbligo del Comune di provvedere alle occupazioni ed espropriazioni. (1. 9 aprile 1953, n. 297, art. 4). L'attribuzione disposta con legge 9 aprile 1953, n. 297, della esecuzione di opere pubbliche di pertinenza del Comune e della Provincia di Napoli alla Cassa per il Mezzogiorno, faculta quest'ultima a farne affidamento, mediante delega amministrativa, agli stessi Enti territoriali ai quali, ove non siano intervenute disposizioni particolari o limi-~ i: ~ r: Ii' BASSEGNA DELL'AVVOCATUBA DELLO STATO 462 tazioni, demandato ogni potere e conseguente responsabilit nei confronti dei terzi per gli atti posti in essere, non escluse le occupazioni e le espropriazioni necessarie all'esecuzione dell'opera pubblica (1). (Omissis). -Le ragioni sulle quali la Corte di merito ha fondato il suo giudizio si possono riassumere in poche proposizioni. Premesso che l'azione esevcitata dal Troncone ha natura risavcitoria e Che pertanto legittimato passivamente l'autore del comportamento lesivo, cio, nella specie, della occupazione, divenuta illegittima dopo il decorso del biennio, la Corte di Napoli ha ritenuto che nel ca:so in esame l'autore predetto debba identificarsi. nel Comune e solo in esso, poich al detto ente era stata affidata la esecuzione dell'opera pubblica ed in tal modo, ponendosi in essere da parte della Cassa per il Mezzogiorno una delegazione amministrativa, intersoggettiva, il Comune era stato investito di ogni potere e dovere inerente anche alle occupazioni ed alrle espropriazioni. Tale situazione era nota anche ai Troncone, i quali pertanto non potevano svolgere alcuna pretesa nei confronti della Cassa. Censurando la decisione impugnata e le ragioni poste a base della stessa, il Comune di Napoli denunzia la violazione e la falsa applicazione degili artt. 71 e 73 della legge n. 2359 del 1865 (sulle espropriazioni per pubblica utilit), 4 della legge n. 297 del 1953, nonch degli artt. 2043, 2055, 1366, 1367 e 1375 e.e., dell'accordo normativo corso tra il Comune e la Cassa per il Mezzogiorno il 22 settembre 1953, e la contraddittoriet della motivazione, ai sensi dell'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.. A fondamento di taile denunzia di errori giuridici e di vizi di motivazione .il Comune ricorrente sostiene quanto appresso: a) La legge n. 297 del 1953, attribuendo alla Cassa per il Mezzogiorno la competenza per la realizzazione di opere a cui avrebbero (1) Con la sentenza che si annota le S.U. hanno ulteriormente puntualizzato uno degli aspetti di maggior rilievo del pi generale problema di imputazione giuridica, allorch pi Enti pubblici sono interessati al compimento dell'opera pubblica. La sentenza della Corte di Appello di Napoli 20 febbraio 1967, riportata in questa Rassegna, 1967, I, 98, con notazioni di F. CARUSI. Cfr. altres la sentenza del Tribunale di Napoli 4 maggio 1966, in questa Rassegna, 1965, I, 1144 con nota di F. CARus1 in tema di rapporto organico e sostituzione nell'esecuzione di opere pubbliche. L.e sentenze 30 maggio 1966, n. 1412 e 29 dicembre 1967, n. 3025, menzionate in motivazione sono state pubblicate in questa Rassegna, 1966, I, 854 e 1968, I, 399 con note di riferimenti. Cfr. altres Cass. 11 luglio 1966, n. 1829, in questa Rassegna, 1966, I, 862 con nota. La sentenza infine 31 gennaio 1968, n. 313, cui fanno riferimento le S.U., trovasi riportata, in questa Rassegna, 1968, I, 419, con nota di richiamo. ,,\,, 11xi~riil@!rrrilltftiMlfrmm1~mrn11rrrtr&ifi!r~t&r1t1ffm1:mreirtr@E@mtr1111~11rm&tmffm1110I1itwirf1Krtm::::::t~=wt~ PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 463 dovuto normalmente provvedere il Comune (come nel caso in esame) o la Provincia di Napoli, coI11Sentiva alla Cassa medesima di affidare ai predetti enti locali territoriaH (comune e provincia) la esecuzione di singoli lavori e non anche di delegare totalmente le attivit necessarie per l'esecuzione delle opere. b) Nessuna delega era perci consentita relativamente alle espropriazioni che s~ fossero rese necessarie per la esecuzione delle opere. In tali sensi, del resto, le parti si erano anche accordate con la convenzione del 22 settembre 1953, stabilendo che le espropriazioni venissero eseguite a cura della Cassa. c) Tale accordo non poteva, comunque, essere posto nel nulla unilateralmente dalla Cassa, sicch non avevano importanza alcuna le successive manifestazioni di volont da parte di detto ente, che, deliberando l'approvazione del progetto per la costruzione della scuola di Fuorigrotta, ne aveva affidato la esecuzione al Comune ed aveva preteso imporgli anche di svolgere ogni attivit necessaria per la espropriazione dei suoli, su cui l'opera doveva essere edificata. d) Comunque, po1ch la Cassa, malgrado il conferimento dell'incarico, aveva direttamente promossa la occupazione dei suoli, la dele~ gazione, per il suo stesso fatto, era rimasta inoperante e solo ad essa Cassa incombeva di promuovere tempestivamente ila espropriazione, con la responsabilit conseguente al mancato adempimento di questi obblighi. Tutte le censure sopra riassunte sono infondate. Queste Sezioni unite, gi con le sentenze n. 1412 del 1966 e n. 3.025 del 1967 (richiamate nelle stesse d1fese di entrambi gli enti in contesa nella presente causa) Qccupandosi dell'affidamento della esecuzione di opere al Comune o alla Provincia di Napoli da parte della Cassa per il Mezzogiorno, a norma dell'art. 4 u1t. comma legge 9 aprile 1953, n. 297, ravvisarono in tale affidamento, una delega amministrativa intersoggettiva, in virt della quale il.'ente affidatario o delegato aveva, di regola, il potere di provvedere in merito all'oggetto della delega, in nome proprio e non in veste di rappresentante del delegante. Queste Sezioni unite ritennero cio che la legge sopra menzionata, pur attribuendo alla Cassa il compito della esecuzione di opere pubbliche di competenza del Comune e della Provincia di Napoli, avesse nondimeno dato la facolt alla Cassa medesima di affidare ai predetti enti la esecuzione delle opere stesse ponendo in essere una delega amministrativa e da ci trassero l'ulteriore conseguenza che, nel caso in cui la Cassa si fosse avvalsa della fa.colt di affidamento o di delega, gli enti delegati fossero direttamente responsabili nei confronti dei terzi per gli atti di eisecuzione, non escluse le occupazioni e le espropriazioni necessarie per l'espletamento dei lavori affidati, rimanendo l'ente delegante investito solo delle funzfoni di controllo. i. i: ~ ~: I\ j: Da tale indirizzo giurisprudenziale non vi ora ragione di discostarsi. Non vi infatti motivo di farlo, contrariamente a quanto la difesa del Comune mostra di intendere per effetto dell'ulteriore approfondimento compiuto in altra successiva sentenza di questa Corte (sezione semplice) circa la natura e l'essenza della delega amministrativa e circa la ripartizione delle responsabilit a cui la delegazione dei poteri d luogo (sent. 313 del 31 g~aio 1968 Sez. 1a civ.). Le conclusioni ultime al!le quali giunta la sentenza sopracitata, che si occupata peraltro della applicazione di un'altra legge, diversa da quella che reca provvedimenti favore della citt di Napoli, possono essere condivise: non i/ invero dubitabile che non si pu stabilire in astratto, in base ai soli principi generali dell'ordinamento amministrativo, quali siano i poteri attribuiti ad ognuno degli enti che cooperano nella costruzione di opere pubbliche e che, in caso di delega di tali poteri da uno ad altro ente, nell'esercizio di una facolt data dalla legge, all'atto amministrativo di delega occorra in primo luogo far capo, onde accertare in concreto quale potest si sia 1nteso affidare e quale attivit sia stata commessa. Tuttavia quando, come nella specie avvenuto, (di ci 1nvero non si contende tra le parti) l'affidamento della esecuzione dell'opera ha luogo senza particolari disposizioni o limitazioni, soltanto ai principi generali ed alle norme particolari di legge si pu fare ricorso per stabilire quali effetti derivino dalla delega contenuta nell'affidamento medesimo. Che tra questi effetti vi fosse anche quello di attribuire al Comune delegato ogn1 potere e, conseguentemente ogni responsabilit in ordine alle occupazioni ed alle espropriazioni necessarie per la esecuzione delle opere non poi dubbio, per le ragioni esposte nelle sopra richiamate sentenze n. 1422 del 1966 e n. 3025 del 1967, alle quali si rimanda senza farne inutile ripetizione. perci priva di ogni fondamento la denunzia di un preteso errore giuridico consistente nell'aver ritenuto possibile una delegazione estesa anche alle operazioni di occupazione e di espropriazione, mentre l'affidamento previsto dalla :legge avrebbe potuto avere per oggetto solo l'attivit materiale df esecuzione dei lavori. Quanto alla esistenza in concreto dell'affidamento, cio delia delegazione intersoggettiva dalla Cassa per il Mezzogiorno al Comune per la esecuzione dell'opera che dette luogo alla occupazione dei suoli dei Troncone, non pu che fare stato l'accertamento di merito compiuto dalla Corte di appello che l'ha ravvisato nella deliberazione del consi~io di ammilnistrazione della Cassa in data 13 gennaio 1960, precisando che in essa era anche previsto che al Comune affidatario .spettasse promuovere tempestivcamente la conversione delle occupazioru temporanee in definitive, qualora si fosse ritenuto PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE di ricorrere alla procedura di occupazione in via di urgenza, ai sensi dell'art. 71 della \legge sulle espropriazioni. Cosi 1stando le cose, non ha neppure commesso errore la Corte di merito, n incorsa in contraddizione, affermando che l'affidamento dei lavori, ovvero la delegazione posta in essere con la deliberazione del 13 gennaio 1960, rendeva superata ogni questione sulla effica.cia e la portata della convenzione in data 22 settembre 1953 intercorsa tra il Comune di Napoli e la Cassa per il Mezzogiomo. Con tale ,convenzione, che il Comune di Napoli ancora .invoca a sostegno di una delle censure contenute nel primo mezzo di annullamento, J:e parti avevano stabilito in via generale cqme rsi sarebbero svolt i rapporti a cui la \legge n. 297 del 1953 avrebbe dato luogo tra 1.oro e, secondo l'asswnto del Comune, si erano accordate nel senso che le espropriazioni necessa1, contenute nell'art. 12 del t.u. del 1933, non solo l'abrogazione di tale arttcolo non pu avere alcun significato innovativo rispetto al sistema vigente nel procedimento innanzi al Consiglio di Stato, ma neppure pu attribuirsi analogo significato al fatto che, abrogato il citato articolo 12, il precedente art. 11 sia stato modificato nel modo tes~ ricordato. Ci pu signMkare soltanto che, sempre prescindendo dai sistemi regolati da una disciplina processuale propria totalmente indipendente -cos come si verifica per il Consiglio di Stato e per ila Corte dei Conti la 1. n. 260 del 1958 ha voluto eliminare ogni eccezione in ordine alla notificazione da far.si alle pubbliche amministrazioni, riconducendo, a tale proposito, alla disciplina comune i giudizi innanzi ai pretori ed ai conciliatori e quelli svolgentesi innanzi alle giurisdizioni amministrative e speciali diverse da quelle suddette. D'altra parte che una modifica alle norme vigenti in subiecta materia nel sistema processuale dei giudizi innanzi al Consiglio di Stato esuli del tutto dalla volont della 1. n. 260 del 1958 risulta palese dalle limitate finalit della legge stessa. Come fu rilevato, sia dalla dottrina, sia dalle gi menzionate pronunce del Consiglio di Stato, scopo della legge del 1958 stato quello di eliminare gli inconvenienti e le difficolt che le norme del t.u. del 1933 frapponevano in ordine all'identificazione dell'organo competente a rappresentare in giudizio le amministrazioni pubbliche. Ma tali inconvenienti e difficolt erano, o sono, del tutto insussistenti nel sistema processuale previsto per i giudizi avanti al Consiglio di Stato, nei quali giudizi legittima contradditrice del ricorrente , per regola ~enerale, l'autorit dalla quale stata emanato il'atto o il provvedimento impugnato. Proprio ci dimostra, a maggior ragione, che la legge del 1958 non pu essere applicabile al procedimento avanti al Consiglio di Stato, perch, se lo dovesse essere, si dovrebbe anche ritenere, non solo che le notificazioni dell'Amministrazione dovrebbero essere effettuate presso l'Avvocatura dello Stato, ma anche che l'Amministrazione dovrebbe essere citata in persona del Ministro, competente mentre la presenza in giudizio dell'autorit che ha emesso il provvedimento un presupposto connaturale al procedimento avanti al Consiglio di Stato, richiesto non solo dal regolamento di pro PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 473 cedura, ma da1la stessa legge fondamentale relativa a quell'organo giurisdizionale (art. 36 t.u. n. 1054 del 1924). Ritenuto cosi che la 1. n. 260 del 1958 non ha innovato alle norme del t.u. 'sul Consiglio di Stato e del regolamento di procedura innanzi al medesimo, in sede giurisdizionale, devono trovare applicazione gli artt. 7 ed 87 r.d. n. 642 del 1907, in base ai quali le notificazioni alle amministrazioni pubbliche delle decisioni del Consiglio di Stato e di quegli organi giurisdizionali che ne esercitano le funzioni (come avviene per il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Siciliana) devono essere effettuate direttamente alle amministrazioni stesse. Ne consegue che si deve ritenere pienamente valida, ai fini della decorrenza dei termini per il T'icorso in cassazione, la notificazione della decisione impugnata, effettuata direttamente alla Amministrazione Regionale il 6 e 7 giugno 1966, mentre si deve ritenere fuori termine e, quindi, inammissibile il ricorso notificato soltanto il 5 ottobre 1966. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 21 giul;Jno 1969, n. 2211 -Pres. Malfitano -Est. Perrone Capano -P. M. Gentile (conf.) -Ferrovie dello Stato (avv. Stato De Francisci) c. Posante (avv. Costa). Responsabilit civile -Responsabilit della P.A. -Capitolati di appalto -Clausola di manleva. -Natura -Ammissibilit. (e.e. artt. 1229, 1883). n cos detto patto di manleva inserito nei contratti di appalto, per il quale il debitore responsabile verso i terzi danneggiati riversa i relativi oneri sull'altra parte che .ne abbia un interesse patrimoniale, ha natura assicurativa e non contrasta con la norma di cui all'art. 1229 e.e., in quanto non restringe ma amplia la tutela del terzo danneggiato, n con quella di cui all'art. 1883 e.e., la quale concerne l'esercizio deila attivit assicurativa in forma di impresa, limitandola ad istituti di diritto pubblico od a societ per azioni in conformit delle leggi speciali, ma non vieta ai soggetti privati di stipulare tale clausola (1). (Omissis). -Con il primo motivo si denuncia la violazione degli artt. 1321, 1362, 1363 e 1367 e.e. nella interpretazione dell'art. 5 bis (1) La validit della c.d. clausola di manleva, contenente un patto di esonero da responsabilit per fatti imputabili direttamente alla p.a., ormai pacificamente riconosciuta nella giurisprudenza della Cassazione 474 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I ~ ~ del contratto di appalto in relazione all'art. 18 del capitolato di lavori : e forniture per conto dell'Amministrazione ferroviaria, nonch motiva-r:: i= zione insufficiente e contraddittoria per avere i giudici di merito omesso ~ f:; di considerare che la clausola dell'art. 5 bis del contratto di appalto f.:: doveva essere interpretata in relazione 'all'art. 18 del Capitolato che poneva ogni onere per danni a carico dell'appaltatore mentre l'art. 5 bis spec.ifiava che di un ta:le onere, da qualsiasi causa derivante, .si era j tenuto conto nel determinare il prezzo dell'appalto; per non avere detti giudici rilevato che, non potendosi appli:care direttamente il contratto di appail.to ai dipendenti dell'impresa., la clausola in questione, nella parte in cui si conveniva che l'Amministrazione non assumeva alcuna respCY!llSabilit per danni che potessero derivare a detti dipendenti, non ~ avrebbe avuto alcun effetto se all'esonero di responsabilit di uno dei con.traenti non avesse fatto riscontro l'assunzione dell'onere del risarcimento da parte dell'altro contraente. I La censura fondata. ~ Poich, a norm dell'art. 1363 e.e., le clausole del contratto vanno interpretate le une a mezzo delle altre attribuendo a ciascuna il signi I ficato che risulta dal complesso dell'atto, non poteva la Corte di merito ~f; trascurare l'esame dell'art. 1'8 del Capitolato, cui lo stesso art. 5 bis ~il del contratto di appalto faceva espresso riferimento, specificandosi che f:!i la clausola veniva stipulata a completamento di quanto prescritto dal predetto art. 18, secondo il quale debbono restare, in ogni caso, a carico esclusivo dell'appaltatore gli obblighi imposti dalle leggi per cure mediche e per med1dnali, nonch ogni indennit che potesse essere dovuta agli operai, loro famiglie ed eredi a cagione degli accidenti nel lavoro. L'appaltatore -secondo lo stesso art. 18 -deve mettere in opera a sue spese ogni provvedimento ed usare ogni diligenza per evitare dai;mi di qualsiasi genere. Ove, ci malgrado, questi si verificassero, incombe alil'appaltatore medesimo ogni onere per il completo risarcimento def danni stessi e di ogni conseguenza diretta ed indiretta, dovendo egli sempre rispondere completamente tanto verso l'ammini ~ffi. strazione che verso gli operai e chiunque altro. ! Il testo dell'art. 5 bis del contratto si arti-colava in due parti, en@ trambe collegate col predetto art. 18, riispetto al quale, per espressa ~::~ dichiarazione del testo medesimo, assumevano -come si detto ~ I funzione di completamento. rm rit @] ~:::::: (cfr. Cass. 18 maggio 1954, n. 1580; 1 giugno 1968, n. 1646, in questa Rassegna, 1968, I, 735 con nota di richiami) che ne ha posto in luce la ~?~~ F=:: k:'.: natura assicurativa e puntualizzato l'ambito nel senso che (sent. n. 1646) discende dai principi la validit del patto che, nei rapporti interni, I!-': consenta al responsabile di riversarne su un altro soggetto, corresponsabile bi o meno, tutti gli oneri derivanti dalla propria responsabilit. 1::;:: ~:::::: . . I ~4ll!W'M'MiV'~M'~~ PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 475 Con \la prima parte si stabiliva che all'Amministrazione ferroviaria non doveva far carico alcuna responsabilit per danni, infortuni ed altro che potessero derivare all'appaltatore ed ai propri dipendenti nella esecuzione delle prestazioni oggetto de1l contratto ed a motivo dell'esercizio ferroviario e per qualisaisi altra 'causa, ritenendosi a tale riguardo qualsiasi onere gi compreso e compensato nel prezzo dell'appalto. Con la 'Seconda parte, si precisava che l'appaltatore si assumeva ogni responsabilit per danni alle persone e alle cose che potessero derivare al personale de11'Amministrazione appaltante ed a terzi per fatto proprio o dei suoi dipendenti, sollevando perci la stessa A.mmi~ nistrazione da qualunque pretesa fosse stata avanzata nei suoi confronti La Corte di merito, dopo avere esattamente identificato nella prima parte di detta clausola un patto di esonero da responsabilit per fatti imputabili direttamente all'Amministrazione a motivo dell'esercizio ferroviario da essa gestito e ne11a seconda un patto di esonero da responsabilit per fatto dell'imprenditore e dei suoi dipendenti di cui la prima potesse comunque essere chiamata a rispondere, ha escluso per, con motivazione contra.stante con la riferita premessa, che dal primo patto B.erivi un obbligo di rivalsa da parte dell'appaltatore, obbligo che invece ha ammesso derivare dal secondo, senza dare una logica ragione di tale diversit di conseguenze ed affermando, inoltre, -con manifesto errore di diritto -che rispetto ail primo patto i dipendenti dell'impresa sono da .considerare come membri di questa e rispetto al secondo come ter:lli : il tutto aggravato dal mancato esame del testo dell'art. 18 del capitolato cui entrambe le pattuizioni erano testualmente necessariamente collegate perch stipulate -ripetesi, a completamento delle previsioni gi ampie di detto capitolato che pongono a carico de11'appaltatore ogni possibile responsabilit sollevandone 1'Amministrazione. Ora, mentre non pu dubitarsi che, in base alle disposizioni regolatrici del contratto di appalto (art. 1655 e segg. .e.), l'efficacia contrattuale si esaurisce fra l'appaltatore e committente che non ha rapporti diretti con i dipendenti del primo i quaH non possono giammai essere considerati soggetti del rapporto, n assimilati al loro datore di lavoro, appare altresi manifesto il vizio logico concretantesi nell'avere riconosciuto che col patto contenuto nella prima parte qel >Citato art. 5 bis, si era esonerata l'Amministrazione appaltante dalla responsabilit derivante dall'esercizio ferroviario, ossia da fatti propri e nell'avere poi esdusa quella che invece ne era la necessaria conseguenza, consistente nell'assunzione di tale responsabilit da parte dell'impresa appaltatrice, senza rendersi conto che, per tail. modo, il patto in esame sarebbe stato inutilmente stipulato .se esso in realt non fosse stato idoneo a riversare sull'impresa appaltatrice la responsabilit incombente all'Ammintstrazione committente, del che invece i contraenti dichiaravano di avere tnuto conto nello stabilire il prezzo dell'appalto. ~ ~ { ~ r: f --~ RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO OJ.tre che in un vizio di motivazione, la Corte incorsa Con ci, anche nella inosservanza della norma dell'art. 1367 c.c. cui -pur nel dubbio -avrebbe dovuto riferirsi, secondo la quale il contratto o le singole clausole debbono essere interpretati nel .senso in cui possono avere un significato e non in quello in cui non ne avrebbero nessuno. Col secondo motivo si denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 122.9 e 1883 e.e. in relazione al contenuto dell'art. 18 del capitolato di appalto ed all'art. 5 bis del contratto, per non avere la Corte d'appello considerato: a) che la norma dell'art. 1229 e.e. colpisce di nullit soltanto il patto che esclude e limita la responsabilit del debitore ma non anche quello che consente a costui di riversare su altri che abbia un interesse patrimoniale, gli oneri derivanti dalla propria responsabilit; b) che il divieto statuito dafil'art. 1883 e.e. riguarda soltanto le imprese assicuratrici ma non quei soggetti che non esercitano sistematicamente l'industl'ia assicurativa. Anche queste censure sono fondate. In fattispecie del tutto analoga, questa Corte suprema (sent. 18 maggio 1954, n. 1580) ha avuto occasione di porre in rilievo che l'art. 1229 e.e. colpisce di nullit il solo patto che esclude e limita la responsabilit del debitore ma non anche quello che consenta a quest'ultimo di riversare su altri che abbia un interesse patrimoniale, gli oneri derivanti dalla propria responsabilit: il che armonizza con un principio generale del nostro ordinamento, desumibile dall'art. 1900 e.e., che ammette il patto di rivalsa sull'assicuratore anche per i sinistri cagionati da colpa grave dell'assicu~ato e dall'art. 1917 e.e., che consente l'assicurazione della responsabilit civile con esclusione soltanto di quella derivante da fatti dolosi. Un simile patto cosi detto di manleva non perci in contrasto con alcun-principio generale del nostro ordinamento giuridico, n contrasta con la ratio della predetta norma dell'art. 1229, diretta a proteggere il creditore danneggiato il quale, per effetto della clausola in esame, anzich un danno, riceve una pi ampia tutela. L'art. 1883 e.e. non riguarda poi la fattispecie in esame perch esso vieta di esercitare Je assicurazioni in forma di impresa a soggetti diversi da istituti di diritto pubblico o da societ per azioni, in conformit delle leggi speciali, ma non vieta a soggetti privati di stipulare un patto di natura assicurativa. -(Omissis). SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA CONSIGLIO DI STATO, Ad. plen., 7 marzo 1969, n. 6 -Pres. Papaldo Est. Tozzi -Germani (avv. Serra) c. Ministero Pubblica Istruzione e Provvedttorato agli studi di Terni (Avv. Stato Dallari). Ente pubblico -Patronato scolastico -Natura ~ Ricorso di un dipendente al Ministero della P. I. -Pronuncia ministeriale -Natura. Ente pubblico -Patronato scolastico -Impiegati -Non sono dipendenti dello Stato. I Patronati scolastici sono Enti pubblici dotati di personalit giuridica; pertanto, l'atto col quale il Ministero della Pubblica Istruzione respinge le richieste del dipendente di un Patronato scolastico di pagamento di varie competenze, in mancanza di qualsiasi potere per obbligare l'Ente pubblico ad accogliere le richieste stesse, non ha natura di provvedimento amministrativo (decisione), ma contiene soltanto la espressione di un parere non previsto dalla legge, inidoneo a produrre una lesione di interesse, e perci non impugnabile (1). I Patronati scolastici sono Enti pubblici dotati di personalit giuridica, e non organi dell'Amministrazione dello Stato; pertanto, il raworto di impiego instaurato con un Patronato scolastico non pu essere riconosciuto come rapporto di impiego alle dipendenze dello Stato (2). (1-2) Massime esatte. Non risultano prec,edenti. CONSIGLIO DI STATO, Ad. plen., ~1 marzo 1969, n. 10 -Pres. Papaldo -Est. Cesareo -Tamarro (avv. Guarino) c. Cassa marittima (avv. Stoppani). Giustizia amministrativa -Decisioni amministrative -Principi del c.p.c. -Applicabilit -Limiti. Giustizia amministrativa -Giudicato -Esecuzione ai sensi dell'art. 27 n. 4 -Presupposti -Decisioni impugnate per revocazione o per contrasto di giudicati -Applicabilit. Alle decisioni giurisdizionali amministrative non sono applicabili i principi sulla cosa giudicata sanciti nel codice di procedura civile; in - i ~ ili ~ r:: @ m i:= ~~~ V ~:: m i:= @ ... . .. I t . . ""111 , ' lf:f1Yf1fffilfitflfilimfilttWmfKfmfffmmWirtrnrtrrlf&fr1rrffiliftrrtilirflim&ffmiif&rr&rfftzmaz1ffffff1frnJ 478 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO particolare, non possono essere applicate a quelle decisioni le norme le quali stabiliscono che non si intende passata in giudicato la sentenza soggetta a revocazione per i motivi indicati nei nn. 4 e 5 dell'art. 395 c.p.c. (1). La diversit dei sistemi nei quali si inquadrano la giustizia civile e la giustizia amministrativa escludono la possbilit di far riferimento ai principi del diritto processuale civile al fine della determinazione dei presupposti per l'instaurazione del giudizio di ottemperanza ai sensi deil'art. 27 n. 4 t.u. 26 giugno 1924, n. 1054; pertanto, il ricorso al Consiglio di Stato per ottenere l'esecuzione di una decisione giurisdizionale dello stesso Consesso ammissibile anche quando la citata decisione sia stata impugnata nei termini ai sensi dei nn.. 4 e 5 dell'art. 395 c.p.c., e cio con ricorso in revocazione per errore di fatto o per contrasto di giudicati (2). (1-2) La prima massima pacifica in giurisprudenza; per la seconda v. in senso contrario Sez. IV, 28 settembre 1967, n. ;437, IZ Consiglio di Stato, 1967, I, 1618. CONSIGLIO DI STATO, Ad. plen., 28 marzo 1969, n. 11 -Pres. Papaldo -Est. Daniele -Pompa (avv. Ascarelli e Carbone) c. Commissione vigilanza edilizia popolare ed economica (Avv. Stato Peronaci), Coop. edil. Domus operosa (avv. Mo!1purgo) con intervento di Ciamei (avv. Barillaro). Edilizia popolare ed economica -Assegnazione di alloggi -Assegnazione di alloggio Ina-Casa -Successiva assegnazione di alloggo avente le caratteristiche previste dagli artt. 48 e 50 t. u. 28 aprile 1938 n. 1165 -Ammissibilit. Il principio secondo il quale, in tema di edilizia popolare ed economica, con l'assegnazione di un alloggio si consuma il diritto ad ottenere il beneficio e quindi si versa nella impossibiUt di ottenere una seconda assegnazione, vale solo quando entrambi gli alloggi vengano assegnati in base al sistema delle leggi sull'edilizia economi.ca e popolare; pertanto, la precedente assegnazione di un alloggio I.N.A. Casa o GES.CA.L. non costituisce preclusione all'assegnazione di un alloggio di cooperativa (1). (1) Non constano precedenti. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 479 CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 5 marzo 1969, n. 54 -Pres. Chiofalo Est. Benvenuto -Berti-Ceroni (avv. Dallari G.M.) 'c. Ministero dei lavori pubblici (Avv. Stato Lancia) e Comune di Imola (n.c.). Edilizia popolare ed economica -Piani ex legge n. 167 del 1962 -Varianti -Amnissibilit. Edilizia popolare ed.economica -Piani ex legge n. 167 del 1962 -Approvazione -Parere del Consiglio superiore sanit -Non necessario. Edilizia popolare ed economica -Piani ex 1egge n. 167 del 1962 -Varianti -Approvazione -Motivazione per relationem -Legittimit. Edilizia popolare ed economica -Piani ex legge n. 167 del 1962 -Deliberazione comunale -Controllo della G.P.A. -Invio al Prefetto Non necessario. Edilizia popolare ed economica -Piano ex legge n. 167 del 1962 -Varianti -Autorizzazione ministeriale -Non necessaria. L'ammissibiUtd di varianti, sia riduttive sia estensive, al piano per l'edilizia popolare ed economica -oltre che dalla ben nota regola generale della modificabilitd dei provvedimenti amministrativi -discende, ancor pi decisamente, dal principio informatore dei programmi che, come il piano stesso, sono destinati ad appagare esigenze anche future e debbono prevedere mezzi di soddisfacimento proporzionali aZZ'entitd di queste, con il conseguente adeguamento della previsione iniziale, circa gli occorrenti mezzi, alla sopravvenuta realtd che riveli un fabbisogno di entitd diversa da quella originariamente preventivata (1). Ai sensi dell'art. 8 legge 16 aprile 1962, n. 167, in sede di procedimento per l'approvazione di un piano di zona per l'ediiizia economica e popolare, non occorre il preventivo parere del Consiglio superiore della sanitd (2). Il decreto ministeriale che approva la variante ad un piano di zona per l'edilizia economica e popolare' motivato, se recepisce il voto del Consiglio superiore dei lavori pubblici, che enuncia le ragioni in base alle quali la variante stata ritenuta meritevole di approvazione (3). I piani di zona per l'edilizia economica sono assoggettati ad una particolare forma di pubblicitd e, avendo valore di piani particolareggiati, (1-5) Cfr. sulle prime due massime Sez. IV, 5 giugno 1968, n. 350, Il Consiglio di Stato, 1968, I, 825; sulle altre, cfr. Sez. IV, 29 settembre 1966, n. 636, ivi, 1266, I, 438; Sez. IV, 15 marzo 1967, n. 78, ivi, I, 366. 480 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tutte le deliberazioni consiliari che ad essi ineriscono sono sottoposte all'approvazione della Giunta provinciale amministrativa, ai sensi dell'art. 98 n. 11 e segg. t.u. 3 marzo 19:34, n. 383, modificati daLla legge 9 giugno 1947, n. 530; pertanto, per tali deliberazioni, non sussiste l'onere dell'invio entro otto giorni al Prefetto, a pena di decadenza (4). L'art. 10 terzo comma legge 17 agosto 19:42, n. 1150, secondo cui nessuna proposta di variante al piano regolatore generale pu aver corso se non. sia intervenuta la preventiva autorizzazione del Ministro per i lavori pubblici, non costituisce espressione di un principio generale; pertanto, l'esigenza della previa autorizzazione ministeriale, prevista dalla richiamata norma, non vale per le varianti ai piani di zona per l'edilizia popolare ed economica, per le quali soltanto da osservare l'iter procedurale previsto per la formazione ed approvazione dei piani stessi (5). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 12 marzo 1969, n. 67 -Pres. Potenza Est. Fo.vtunato -Mirani (avv. Cappi) c. Ministero Pubblica Istruzione (Avv. Stato Peronaci). Demanio -Demanio storico -Bellezze naturali -Piano paesistico Stralcio di zona -Ordine di demolizione di costruzione abusiva sita in detta zona -Legittimit. Demanio -Demanio storico -Bellezze naturali -Costruzioni edilizie Ordine di demolizione -Contrasto col comportamento del Comune in tema di licenza edilizia -lnconfi.gurabilit. Demanio -Demanio storico -Bellezze naturali -Costruzioni edilizie Ordine di demolizione -Motivazione -Fattispecie. Lo stralcio di una zona dal piano territoriale paesistico (nella specie, delle zone dell'Appia antica), che sia giustificato da un approfondito studio della tutela delle esigenze paesistiche del luogo, gi tutelate mediante la dichiarazione di notevole interesse pubblico, non autorizza a ritenere eh esso sia stato deliberato in funzione di sanatoria di situazioni illegittime, o che esso possa giustificare, quanto meno, l'aspettativa di una futura sanatoria per tutte le costruzioni abusive sorte nella zona stralciata; pertanto, non in contrasto con il provvedimento di stralcio il decreto ministeriale che ordina la demolizione di una costruzione abusivamente eretta nella zona stessa (1). (1-3) Giurisprudenza costante: Sez. V, 26 marzo 1968, n. 373, Il Consiglio di Stato, 1968, I, 462. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 481 Non configurabile alcuna contradditoriet di comportamenti fra l'atteggiamento assunto dall'Autorit comunale in ordine alla repressione delle norme che subordinano i progetti di costruzioni edilizie all'approvazione dell'Autorit comunale medesima (quale attributaria della tutela di un interesse pubblico edilizio in certo senso locale), da una parte, e l'autonomo atteggiamento assunto, su un piano diverso, dal-. l'Autorit statale (quale attributaria della tutela dell'interesse pubblico paesistico) per la protezione in via repressiva di bellezze naturali, dall'altra; pertanto, al fine della legittimit del decreto del Ministro deila pubblica istruzione che ordina la demolizione di una costruzione abusivamente eretta in zona sottoposta a vincolo di bellezze naturali e penoramiche, ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 149:7, sebbene stralciata dal Piano territoriale paesistico, a nulla rileva un (preteso) comportamento contrario assunto dal Comune dopo l'emanazione. del detto provvedimento di stralcio (2). legittimo il provvedimento di demolizione di una costruzione abusiva in zona sottoposta a vincolo di bellezze naturali e paesistiche, ove esso sia motivato non solo con l'inosservanza dell'obbligo di previa richiesta e conseguimento del nulla osta della Soprintendenza ai monumenti competente, ai sensi dell'art. 7 legge 29 giugno 1939, n. 149:7, ma altresi con l'apprezzamento che, in concreto, la costruzione abusiva rappresenta un grave pregiudizio alle bellezze paesistiche della localit (3). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 12 marzo 1969, n. 69 -Pres. Chiofalo -Est. Fortunato -Bisogni (avv.ti Morelli e Moricca) c. Ministero Finanze (Avv. Stato Agr) e Comune di Briatico (n.c.). Competenza e giurisdizione -Imposte e tasse -Tributi comunali Concordato -Deliberazione comunale di approvazione -Annullamento del prefetto -Controversia -Questione di diritto soggettivo -Difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato. La fattispecie costitutiva del. rapporto giuridico obblig"atorio nascente da imposte con accertamento (quale l'imposta di famiglia) comprende un elemento tipicamente illiquido, rappresentato dalla base imponibile, ma, una volta realizzatasi la liquidazione di tale elemento (concordato), il rapporto obbligatorio resta determinato in ogni suo elemento e vincolante per entrambe le parti; pertanto, poich dopo l'approvazione del concordato fiscale che fa sorgere a favore deil'Ente impositore e del contribuente un credito ed un corrispondente debito, il decreto col quale il Prefetto, nell'esercizio della potest di controllo RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di legittimitd (ex art. 97 t.u. 3 marzo 1934, n. 383, modificato dalt'articolo 3 legge 9 giugno 19:47, n. 530), annulla la deliberazione della Giunta comunale che aveva approvato il concordato, non incide su mere posizioni di interesse legittimo, bensi su posizioni di diritto soggettivo la relativa controversia sfugge alla giurisdizione generale di legittimitd del Consiglio di Stato (1). (1) Massima esatta. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 21 marzo 1969, n. 84 -Pres. Tozzi Est. Felici -S.p.A. Elvea (avv. Del Vecchio) c. Ministero Tesoro (Avv. Stato Peronaci). Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Motivi non dedotti nel ricorso gerarchico -Limiti. Danni di guerra -Contributo di ricostruzione -Determinazione -Distinzione tra opere murarie e attrezzature produttive -Illegittimit. Danni di guerra -Indennizzo -Determinazione -Sindacabilit -Limiti. Danni di guerra -Indennizzo -Determinazione -Valore delle scorte Detrazione -Limiti. Danni di guerra -Cespite -Nozione. Danni di guerra -Cespite -Strutture organizzative interne -Non tale. Il principio che vieta di dedurre in sede giurisdizionale motivi diversi da quelli formulati con il ricorso gerarchico concerne i vizi individuabili nel provvedimento dell'Autoritd gerarchicamente inferiore, e non riguarda le illegittimitd che il ricorrente pu desumere soltanto dalla decisione gerarchica (1) Al fine della concessione del contributo previsto dalt'art. 53 legge 27 dicembre 1953, n. 968, illegittima la distinzione, operata nell'ambito dell'azienda danneggiata dagli eventi bellici, tra le costruzioni murarie e le attrezzature produttive, stante l'impossibilitd di disgiungere beni legati da un nesso di interdipendenza funzionale (2). (1-6) C'.fr. Ad. plen. 4 febbraio 1964, n. 4, n Consiglio di Stato, 1964, I, 213. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 483 n calcolo della perdita subita e la corrispondente liquidazione del danno di guerra implicano un apprezzamento tecnico dell'Amminstrazione che, se non sindacabile sotto il profilo riguardante ilmerito della valutazione estimativa, pu tuttavia essere censurato dinanzi al giudice amministrativo, allorch sia stato violato un indice di calcolo o di commisurazione stabilito dalle vigenti disposizioni, o sia stata effettuata u?Ui valutazione illpgica od arbitraria, o sia stato compiuto un palese travisamento dei fatti (3). n limite del 25 % , fissato dagli artt. 25 terzo comma e 27 primo comma lett. b) legge 27 dicembre 1953, n. 968 per la detrazione pe1centuale da operare sul valore delle scorte, costituisce un parametro generale che, in mancanza di .diverse disposizioni, va applicato normalmente, non soltanto per la vetust, ma anche .per ogni altra possibile ipotesi di deterioramento, non determinabile con esattezza in rapporto ai beni indennizzabili per danni di guerra; pertanto, illegittimamente l'Amministrazione opera la riduzione del 50 % sul valore delle scorte, sulla base di criteri equitativi, specie se l'interessato abbia dimostrato la consistenza dei beni con una documentazione attendibile (4). Nell'ambito della disciplina prevista per la liquidazione dei danni di guerra, il cespite un bene singolo destinato ad una funzione specifica, od un insieme di beni che, per volont del titolare o per ragioni giuridiche ed economiche, concorrono al raggiungimento di uno scopo unitario consistente nella produzione di un reddito o nel soddisfacimento di esigenze culturali, assistenziali o, comunque, sociali (5). Al fine di stabilire i singoli cespiti, per la liquidazione dei danni di guerra, occorre esaminare se esistano i requisiti dell'autonomia econo mica, dell'unit organica e della efficiente destinazione funzionale pe1 un solo bene o per un complesso di beni del danneggiato, considerando l'azienda in modo dinamico e non nella statica rappresentazione dei vari elementi costitutivi; pertanto, legittimamente l'Amministrazione non con figura come cespiti gli uffici amministrativi, i servizi generali ed i c.d. reparti accessori dell'azienda danneggiata, trattandosi di strutture or ganizzative interne prive di una propria separata ]'unzionalit econo mica (6). CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 21 febbraio 1969, n. 269 -Pres. Lugo -Est. Russo -Ceccarini (avv. Prosperetti) c. Ministero PP.TT. (avv. Stato Gentile). Giustizia amministrativa -Giudicato -Ricorso ex art. 27, n. 4 del Testo Unico sul Consiglio di Stato -Attivit dell'Amministrazione in ottemperanza al giudicato. 484 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale Presupposti per 'ammissibilit del ricorso -Necessit di una dichiarazione esplicita o implicita dell'Amministrazione di non volere eseguire il giudicato -Non sussiste -Parziale adempimento. Giustizia amministrativa -Giudicato -Giudizio di ottemperanza Oggetto e limiti -Difterenze rispetto all'ordinario ricorso -Accertamento dell'obbligo scaturente dal giudicato e della conseguente inosservanza. Giustizia amministrativa -Giudicato -Rinnovazione del provvedimento in ottemperanza solo parziale del giudicato -Illegittimit -Obbligo dell'Amministrazione di attenersi ai criteri contenuti nel giudicato -Sussistenza dell'obbligo anche nelle ipotesi di attivit discrezionale. Quando l'Amministrazione, nel rinnovare un provvedimento annullato, incorra negli stessi vizi che hanno determinato l'annullamento giurisdizionale del primo provvedimento, l'interessato pu far valere l'inadempienza mediante la procedura di cui all'art. 27 n. 4 t.u. 26 giugno 1924, n. 1054. Il presupposto del detto ricorso da individuare nella mancata attuazione della statuizione contenuta nel giudicato n pu ritenersi essenziale la sussistenza di una dichiarazione esplicita o implicita di non voler eseguire il giudicato (1). Il ricorso per esecuzione del giudicato differisce dall'ordinario ricorso non solo e non tanto per la forma del contraddittorio e per la procedura in camera di consiglio, m.a soprattutto perch tende non ad una valutazione di legittimit di comportamento della P. A., ma alla determinazione di ci che la P. A. abbia omesso di fare e debba di conseguenza essere disposto in esecuzione del giudicato (2). Nel rinnovare il provvedimento l'Amministrazione tenuta ad uniformarsi in tutto al giudicato, rimanendo la propria discrezionalit limitata al quomodo, ossia alla scelta della maniera pi opportuna ai fini dell'adempimento (3). (Omissis). -L'eccezione di inammissibilit, del ricorso ex art. 27 n. 4 del t.u. delle leggi del Consiglio di Stato, opposta dall'Amministrazione, deve essere disattesa. (1-3) Note minime sul giudizio di ottemperanza. Nel rinnovare il provvedimento annullato per illegittimit, l'Amministrazione era incorsa negli stessi vizi che avevano determinato l'annullamento giurisdizionale del primo provvedimento; il ricorrente aveva PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 485 Non si contesta che, annullato un provvedimento con decisione del Consiglio di Stato, l'Amministrazione abbia il potere di provvedere in ordine allo stesso oggetto, sia pure ripetendo la statuizione annullata, . immune dai vizi che hanno determinato l'annullamento giurisdizionale, giacch ogni decisione fa salvi gli ulteriori provvedinlenti dell'Amministrazione. E non si contesta che se l'Amministrazione, nel rinnovare il provvedimento, sia incorsa in vizi diversi da quelli precedentemente rilevati, l'interessato sia tenuto a produrre nuovo ricorso giurisdizionale nelle forme oTdinarie se vuole esporre la illegittimit del nuovo provvedimento. Il problema sorge quando, nel rinnovare un provvedimento annullato, l'Amministrazione incorra negli stessi vizi che hanno determinato l'annullamento giurisdizionale del primo provvedimento: in tale ipotesi si pone il problema se l'interessato debba presentare nuovo ricorso giurisdiz~onale o possa far valere l'inadempienza dell'Amministrazione a un obbligo scaturente dal giudicato mediante la procedura pi semplice prevista dall'art. 27 n. 4 del t.u. delle leggi sul Consiglio di Stato. A tale domanda stata data gi la risposta, sia pure per una diversa fattispecie, con la decisione di questa stessa Sezione n. 756 del dunque adito il Consiglio di Stato con il ricorso ex art. 27 n. 4 del t.u. 26 giugno 1924, n. 1054 al fine di ottenere l'esecuzione del giudicato derivante dalla prima pronuncia, e l'Amministrazione aveva eccepito l'inammissibilit del detto ricorso, sostenendo che l'interessato avrebbe dovuto promuovere un nuovo ricorso giurisdizionale nelle forme ordinarie. Si presentava dunque il problema dei presupposti e dei limiti del c.d. giudizio di ottemperanza ed il Consiglio di Stato, con la presente decisione, ha rilevato che la tutela giurisdizionale deve essere effettiva, cio deve avere concreta attuazione, onde il ricorso ex art. 27 cit. da ritenere ammissibile in ogni ipotesi in cui l'autorit amministrativa, praticamente, non svolga l'attivit idonea a dare effettiva esecuzione al giudicato, ed ha altres affermato che, ai fini dell'applicabilit del rimedio di cui all'art. 27 cit., non pu ritenersi essenziale l'esistenza di un atto avente il contenuto di una dichiarazione esplicita o implicita di non volere eseguire il giudicato. La soluzione del problema nei detti termini presuppone risolta l'an nosa questione relativa all'oggetto del ricorso in esame (1), o meglio si fonda su una determinata soluzione del detto problema. (1) Cfr. ALIBRANDI T., Giudizio d'ottemperanza e motivazione della decisione, in questa Rassegna, 1965, l, 349 segg.; GuGLIELMI, L'obbligo dell'Amministrazione d conformarsi al giudicato, ivi, 1953, 1 segg.; IDEM, Circa i limiti della giurisdi:tione del Consiglio di Stato in ordine al ricorso per l'esecuzione del giudicato, in Giur. compl. Cass. Civ., 1953. IV, 155 segg.; VIGNOCCHI, Fondamento, limiti, sviluppi dell'azione di adempimento del giudicato contro la pubblica amministrazione, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1962, 1390 segg.; VECCHIONE, L'esecuzione del giudicato amministrativo, ivi, 1963, 925. Tra gli scritti pi recenti: CANNADA BARTOLI, Nuovi orientamenti sull'art. 27 n. 4 sul Consiglio di Stato?, in Foro amm., 1966, II, 127; ~ i: t il !( ~#~L6~~j 486 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1962; e le ,considerazioni di carattere generale contenute in quella decisione possono essere ripetute integralmente nel caso che interessa. Si disse in quella decisione ). Tale carattere di definitivit peraltro ribadito dall'art. 52 legge 19 giugno 1940, n. 762, sull'imposta generale sull'entrata, il quale dispone che contro l'ordinanza definitiva dell'Intendente di finanza e contro il decreto del Ministro delle finanze emesso a norma del l'art. 58 dt:llla stessa legge (7 gennaio 1929, n. 4) consentito gra vame dinanzi all'autorit giudiziaria in sede civile. Il cdetto gravame dev'essere proposto nel termine di sessanta giorni dalla notificazione della stessa ordinanza o decreto . Pertanto l'Archilli avrebbe dovuto proporre la domanda giudi ziale di cui oggi si discute entro sessanta giorni dalla notifica del primo decreto ministeriale (quello del 1951) e non attendere l'esito del ricorso contro detto provvedimento. Per sfuggire all'incorsa decadenza il ricorrente sostiene che il secondo decreto ministeriale (quello del 1959 emesso in sede d'impugnativa per errore di fatto o di calcolo ai sensi del 2 comma dell'art. 7 reg. 22 maggio 1910, n. 316) contiene sostanzialmente la revoca del primo; ragione per cui, anche sotto tale profilo, deve sostituirsi a tutti gli effetti al primo. Ma anche questa tesi non pu essere approvata, proprio per i motivi che si leggono nella sentenza impugnata. Dagli atti processuali risulta, infatti, che il secondo decreto pienamente confermativo del primo per quanto attiene a ci che forma oggetto della domanda giudiziale proposta dall'Archilli, avendo confermato che dall'Archilli fu evasa la imposta IGE sulle somme introitate a cauzione delle tele non restituite . Conseguentemente l'Archilli bene avrebbe potuto proporre contro il primo decreto la impugnativa giudiziale che ha poi proposta contro il secondo, e manca quindi ogni ragione per riconoscersi al decreto dell'll novembre 1959 un qualsiasi effetto in punto di proponibilit dell'azione giudiziaria, una volta che detto decreto - opportuno ripeterlo -non ha fatto altro che confermare per la parte che interessa e viene in contestazione il decreto 7 luglio 1951, dalla cui notifica decorre l'unico termine di sessanta giorni previsto dalla legge (art. 52 della legge sull'imposta sull'entrata gi richiamato). Non vi ha dubbio, infatti, che ogni qualvolta un successivo provvedimento ne confermi uno precedente, nei cui confronti il termine di gravame sia interamente decorso, preclusa ogni possibilit di ricorrere contro il .provvedimento confermativo; sul quale principio, peraltro, superfluo indugiare, perch concorda anche il ricorrente (che si limita a contestare che il secondo decreto sia confermativo del primo). Pu pertanto concludersi che contro il decreto del Ministro delle finanze emesso in materia d'infrazione alla legge sull'imposta entrata PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 527 consentita l'impugnativa davanti al giudice ordinario nel termine di sessanta giorni dalla notifica del decreto stesso all'interessato (articolo 52 1. 19 giugno 1940, n. 762); tale termine non soffre eccezione nel caso sia stata proposta allo stesso Ministro impugnativa per errore di fatto o di calcolo, ai sensi del 2 comma dell'art. 7 reg. 22 maggio 1910, n. 316, e sia, su tale impugnativa, emesso altro decreto sostanzialmente confermativo del primo per la parte che forma oggetto della domanda giudiziale. -(Omissis). I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 maggio 1969, n. 1581 -Pres. Pece Est. Falletti -P. M. Di Maio (conf.). -Ministero delle Finanze (avv. Stato Carafa) c. Barbaria (avv. Carboni Corner). Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Riscossione -Ingiunzione fiscale -Natura -Opposizione -Posizione processuale delle parti. (t.u. 14 aprile 1910, n. 639). Imposta di registro -Agevolazioni fiscali per le case di abitazione non di lusso -Diniego -Successiva pretesa di sovravvenuta decadenza -Deducibilit nel corso del giudizio -Condizione e limiti -Onere della prova. (t.u. 14 aprile 1910, n. 639; c.p.c. art. 36; 1. 2 luglio 1949, n. 408, artt. 18 e 20). L'ingiunzione fiscale l'atto formale amministrativo di un procedimento monitorio sui generis nel quale l'opposizione dell'intimato sic.come rivolta a far dichiarare l'illegittimit dell'atto, costituisce la domanda giudiziale che apre un ordinario processo di cognizione nel quale l'opponente assume la veste di attore e ta Finanza quella di convenuta, sicch spetta all'opponente l'onere di provare i fatti dai quali risuiti l'asserita illegittimit. Ma la contestazione di illegittimit inerisce alle circostanze del rapporto tributario come dedotto nell'ingiunzione impugnata, secondo i presupposti e le ragioni della pretesa in essa contenuta (1). (1-3) Note sull'azione riconvenzionale della finanza nel giudizio di opposizione all'ingiunzione fiscale. Sono ormai numerose le pronunce sulla natura del procedimento monitorio fiscale e del giudizio di Ol)posizione relativo: Cass. 10 gennaio 1966, n. 178, in questa Rassegna, 1966, I, 458; 12 novembre 1965, n. 2356, ivi, 1965, I, 1196 con annotazione di L. MAZZELLA; 16 luglio 1965, n. 1574, 528 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Qualora l'agevolazione dell'art. 18 della legge 2 luglio 1949, n. 408 sui mutui stipulati per la costruzione di case di abitazione non di lusso sia stata esclusa perch il mutuo risultava pattuito dopo l'inizio della costruzione e sia stato per tale contestazione instaurato un giudizio innanzi all'A.G.O., la Finanza non pu nel corso avanzato di esso eccepire la sopravvenuta decadenza ex art. 20 perch non risulta dimostrato l'effettivo impiego della somma mutuata nella costruzione, in quanto tale nuova pretesa, completamente diversa da quella originaria, si fonda su un fatto concreto la cui prova a carico della Finanza (2). II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 maggio 1969, n. 1585 -Pres. Favara -Est. D'Armiento -P. M. Pedote (conf.). -Ministero delle Finanze (avv. Stato Carafa) c. Soc. Tecnoedile (avv. Vitali). Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Riscossione -Ingiunzione fiscale -Natura -Opposizione -Posizione processuale delle parti -Azione riconvenzionale della Finanza -Condizioni e limiti. (t.u. 14 aprile 1910, n. 639: c.p.c. artt. 36 e 167). Nel procedimento monitorio fiscale l'ingiunzione cumula le caratteristiche del titolo esecutivo e del precetto di guisa che l'opposizione del debitore costituisce la domanda giudiziale che apre un ordinario ivi, 1965, I, 712; 9 ottobre 1967, n. 339, ivi, 1968, I, 90 con nota di P. D1 TARZIA; 30 marzo 1968, n. 375, ivi, 1968, I, 261; 3 luglio 1968, n. 2214, ivi, 1968, I, 783; 24 luglio 1968, n. 2673, ivi, 1969, I, 268 nonch 17 maggio 1969, n. 1692. La prima delle sentenze oggi in rassegna ha trattato un aspetto nuovo della questione: quando la Finanza sostenga la decadenza dall'agevolazione, ex art. 20 della legge 2 luglio 1949, n. 408, verificatasi successivamente alla registrazione, e sostituisca questo titolo della pretesa tributaria a ,quello originariamente vantato, deve dare la 1prova del fatto sopravvenuto determinante della decadenza e quindi n-0n pu limitarsi a dedurre un nuovo fondamento della pretesa (mantenendo la posizione di chi resiste alla domanda che l'attore deve dimostrare) ma deve invece proporre e provare una sua autonoma domanda in via riconvenzionale. Il caso presenta un notevol61 interesse sul punto dell'onere della prova e della posizione processuale della Finanza convenuta nel giudizio di opposizione contro l'ingiunzione fiscale ed offre l'occasione per approfondire la questione della necessit (e ad un tempo dell'ammissibilit) della domanda riconvenzionale della finanza. Molte delle -sentenze richiamate pi sopra hanno affermato che la Finanza, quale convenuta, pu dedurre un diverso titolo a fondamento PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 529 processo cognitivo diretto a contestare il diritto ait'esecuzione e ad ottenere un accertamento negativo a favore del debitore che viene ad assumere vera e propria veste di attore. Conseguentemente grava sull'opponente l'onere di contestare il diritto della Finanza all'esecuzione; ma la Finanza, assumendo la veste di convenuta, pu opporre le eccezioni di diritto e di merito e pu altresi proporre domanda riconvenzionale nei limiti in cui detta domanda ammissibile, cio con la comparsa di risposta come dispone l'art. 167 c.p.c. (3). I (Omissis). -La ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione dei principi concernenti il procedimento monitorio fiscale (t.u. 14 aprile 1910, n. 639), degli artt. 144 segg. r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, dell'art. 18 legge 2 luglio 1949, n. 408, dell'art. 36 c.p.c;; denunciando inoltre violazione di legge e difetto di motivazione sul punto riguardante l'onere della prova (art. 360, nn. 3 e 5 c.p.c.), lamenta che la Corte d'appello non abbia considerato n la natura e l'oggetto della controversia n la posizione corrispettiva delle parti: poich la domanda era costituita dall'opposizione del contribuente e l'amministrazione poteva proporre domanda riconvenzionale e nuove ec.cezioni, il giudice doveva esaminare il rapporto nell'interezza delle dell'imposta o modificare le ragioni precedentemente fatte valere propo nendo anche azione riconvenzionale, ma non si sono preoccupate di pre cisare se e quando sia necessaria una domanda riconvenzionale, da pro porre nei modi e nei termini rituali, per dare alla pretesa tributaria una impostazione diversa. Pi acutamente la sent. 2673/68 ha chiarito che l'al legazione di una diversa ragione a fondamento dell'imposta si concreta in una semplice eccezione difensiva, che non comporta n sostituzione del titolo n mutamento della causa petendi, e che come tale sempre p'ro ponibile dal convenuto. In via generale, e salvo particolari situazioni, questa affermazione indubbiamente esatta perch rispetto ad una determinata pretesa tributaria, manifestata in forma per 'lo pi assai succinta, lo svolgere le ragioni giuridiche che la sostengono, che possono anche essere molteplici o alternative, argomento delle difese, anche conclusionali. Va aggiunto che non nemmeno praticamente possibile verificare in concreto se ed in quali limiti vi sia una innovazione del titolo rispetto a quello dedotto nell'ingiunzione opposta, perch coine costantemente affermato in giurisprudenza (v. sent. 2214/68 e precedenti ivi richiamati), l'ingiunzione pu contenere anche una sommarissima indicazione della pretesa motivata anche col semplice riferimento all'atto tassato. Si deve quindi escludere 'che la finanza abbia l'onre di proporre azione riconvenzionale per ampliare, modificare o anche sostituire le ragioni a sostegno della pretesa che resta la medesim,a. 530 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sue circostanze e verificare il fondamento della pretesa tributarla secondo tutti i motivi esposti, senza escludere quelli eventualmente non compresi nel titolo anteriore dell'ingiunzione. Queste censure non sono fondate. L'ingiunzione fiscale, disciplinata dal t.u. 14 aprile 1910, n. 639, bensi l'atto formale, amministrativo, di un procedimento monitorio sui generis, istituito per la pronta riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato; ed pur vero che l'opposizione dell'intimato, siccome rivolta a far dichiarare l'illegittimit di quell'atto, costituisce la domanda giudiziale che apre un ordinario processo di cognizione, nel quale l'opponente assume la veste di attore e la pubblica amministrazione la veste di convenuta, cosicch spetta all'opponente l'onere di provare i fatti dai quali risulti fondata l'asserita illegittimit. Ma la contestazione di illegittimit inerisce appunto e obiettivamente si adegua alle circostanze del rapporto tributario come dedotto nell'ingiunzione impugnata, secondo i presupposti e le ragioni della pretesa in essa contenuta. Nella specie, il mutuo contratto dal Barbaria con la Cassa di risparmio per la costruzione di una casa era stato ammesso a scontare l'imposta ipotecaria in misura ridotta, secondo l'agevolazione concessa dall'art. 18 della legge 2 luglio 1949, n. 408. Ma poi l'ufficio intim al Barbaria di pagare la maggior imposta, perch il mutuo risultava ottenuto dopo l'inizio della costruzione. Proposta l'opposizione e riconosciuta l'infondatezza dell'argomento, l'amtninistrazione ulteriormente eccepi che il Barbaria non aveva provato l'effettivo impiego del mutuo nella costruzione, inno- Nel procedime:ato di opposizione ad ingiunzione fiscale l'azione riconvenzionale non si differenzia da quella del procedimento ordinario. noto che l'azione riconvenzionale, che pu formare oggetto di un autonomo giudizio, indipendente dalla domanda di rigetto dell'azione principale e come tale pu sopravvivere alla rinuncia, alla decadenza, oltre che alla reiezione, della domanda dell'attore, in quanto diretta non (o non soltanto) a neutralizzare la domanda principale, sia pure con eccezioni ri-, convenzionali o accertamenti incidentali che ampliano il tema della controversia, ma sopratutto a chiedere provvedimenti positivi a favore del convenuto a tutela di un suo diritto, ad ottenere cio una condanna dell'attore come convenuto. In sostanza l'azione riconvenzionale, non costituendo un mezzo di difesa del convenuto, contiene tutti gli elementi, soggettivi ed oggettivi propri dell'azione in genere (CHIOVENDA, Istituzioni di diritto processuale civile, Napoli 1953, 307; SATTA.. Commentario al codice di procedura civile, Milano 1959, I, sub art. 36 n. 2; M. DINI, La domanda riconvenzionale, Milano 1964, 86 e segg.; In. v. Riconvenzione, in Nuovissima digesto itaNano, voi. XV, 966). _ Deve perci ritenersi che non rientra nel concetto di azione riconvenzionale cosi intesa la deduzione della Finanza convenuta in giudizio che, senza chiedere alcun provvedimento in attuazione di un distinto suo diritto, si limita a resistere alla domanda dell'attore, sia pure adducendo una diversa causa petendi o nuove circostanze di fatto a sostegno di quella PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 531 vando cosi il motivo della pretesa fiscale e spostando il tema della controversia entro l'ipotesi prevista dall'art. 20 della legge, secondo cui si incorre nella decadenza dal benefi.cio dell'imposta ridotta se il mutuo non sia stato effettivamente adibito alla costruzione . Orbene, mentre testualmente l'art. 20 definisce la propria sanzione nel concetto d'una decadenza, esso esige anche come suo presupposto giustificante, cio come presupposto costitutivo della normale imponibilit, il fatto positivo e concreto di un mutuo non effettivamente impiegato nella costruzione (perch, ad esempio, le opere risultino finanziate oppure pagate gi prima del mutuo). Non basta quindi, per comminare la decadenza dal beneficio, l'allegazione formale del difetto di prova circa l'impiego anzidetto, n l'onere di tale prova posto a carico dello opponente, come se il modo e l'esigenza della prova la sua formalit appunto, costituiscano, essi ab extrinseco, il requisito per ottenere e mantenere l'agevolazione tributaria. E la domanda della opponente, invece, riesce fondata ed assolve nei termini pertinenti il dovere della propria dimostrazione se l'illegittimit della pretesa fiscale, possa desumersi dal difetto del presupposto .correlativo. Tale presupposto, nella specie, era il mancato impiego della somma nella costru: llione e la realt di tale circostanza non risulta provata. Correttamente dunque la sentenza impugnata, uniformandosi alla giurisprudenza di questa Corte (Cass. 1962, n. 1849), ha ritenuto che qualora l'Amministrazion finanziaria riconosca, nel corso del giudizio di opposizione, l'inesistenza del titolo su cui si fondava il provvedi- pretesa tributaria che discende ex lege da un presupposto incontestato (registrazione di un atto, apertura di una successione, iscrizione di un'ipoteca, ecc.). Ovviamente ogni deduzione che non si concreti in un'azione riconvenzionale, non deve osservare le regole di rito per essa prescritte. In casi particolari, e piuttosto rari, la posizione processuale della Finanza pu apparire diversa: quando essa, anche senza contestare la domanda dell'attore, in aggiunta o in sostituzione di essa, avanza una pretesa tributaria diversa o per la misura o anche per il titolo o per i presupposti di fatto. Nel caso deciso la finanza, riconoscendo fondata la domanda principale (diritto a godere l'agevolazione al momento della registrazione) ha eccepito la sopravvenuta decadenza dall'agevolazione stessa per sostenere la sua pretesa al pagamento della medesima imposta ordinaria di registro; in questo caso non si verificava un mutamento del petitum (l'imposta liquidata nella medesima somma) ma si adduceva un fondamento, diverso per i presupposti di fatto e la causa petendi, divenuto operante in un mmento successivo alla registrazione; per di pi anche il petitum, sia pure in via indiretta, subiva un certo mutamento perch, una volta dichiarata la decadenza, ne sarebbe derivata necessariamente, in sede amministrativa, l'applicazione della sopratassa prevista nell'ult. comma dell'art. 20 della legge n. 408 del 1949, inapplicabile invece se l'atto fosse stato ab origine sog.getto ad imposta normale. Considerando anche l'onere della prova, che correttamente la S.C. ha ritenuto gravante sulla Finanza, nulla I 532 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mento ingiuntivo, e deduca un diverso titolo a giustificazione del meI I1 desimo, essa stessa tenuta a provare la nuova causa petendi. -~ ~ (Omissis). r II f: f: (Omissis). -La ricorrente denunzia violazione e falsa applica. zione: dei principi generali in materia di procedimento monitorio fiscale (t.u. 14 aprile 1910, n. 639), degli artt. 144 e sgg. r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, 18 legge 2 luglio 1949, n. 408, 36 c.p.c. dei principi generali in materia di prova dei benefici fiscali, sostenendo I che erroneamente la sentenza impugnata ha ritenuto inammissibile la domanda riconvenzionale, proposta da essa Amministrazione du- I rante il giudizio di primo grado. Posto, infatti, -cosi argomenta la Ticorrente -che con l'opposizione all'ingiunzione fiscale l'opponente assume la veste e la qualifica di attore e I'Amministrazione quella di convenuta, consegue che la stessa Amministrazione finanziaria bene pu proporre domanda riconvenzionale e sollevare nuove eccezioni anche in grado .di appello, e I che il giudice pu (e deve) riesaminare il titolo giuridico posto dall'Ufficio a base della tassazione, e questa giustificare in base ad una iiw diversa definizione legale dell'atto tassatl, ovvero in base alle ragioni w disponendo la norma tributaria (diversamente da altre simili ipotesi di agevolazione condizionata all'adempimento successivo di un fine) sulla dimostrazione da parte del contribuente dell'avveramento delle condizioni a cui il beneficio subordinato, si poteva anche sostenere che in questo caso la pretesa della Finanza convenuta potesse esser fatta valere solo mediante l'azione riconvenzionale. Questa conclusione lascia per alquanto dubbiosi, perch anche in questa particolare ipotesi non esisteva una autonoma domanda, che potesse essere oggetto di un separato giudizio, indipendente dalla sorte della I !i, domanda principale, mentre l'eccezione, anche se fondata su fatti diversi % la cui prova era a carico della convenuta, mirava a dar fondamento alla originaria pretesa fondata sullo stesso titolo (pagamento dell'ordinaria fil"" imposta di registro nella misura gi stabilita su quel determinato atto) e quindi era diretta soltanto a contrastare la domanda dell'attore. Nella II fattispecie controversa, pur ben distinta dalle ipotesi pi frequenti di ampliamento o sostituzione delle ragioni poste a base della qualificazione giuridica dell'atto, non ci si trovava ancora (o almeno ci dubbio) di ~~~fil fronte ad una domanda riconvenzionale vera e propria (ed alle preclusioni w processuali che da essa discendono) anche se l'Amministrazione convenuta i~t doveva rispettare determinate regole processuali Per adempiere all'onere della prova a suo carico. ~!Jljll r;~:>Z Possono tuttavia configurarsi ipotesi in cui la Finanza si trovi a dedurre pretese che si discostano da quella contenuta nell'ingiunzione in modo pi evidente: ci pu avvenire, ad esempio, quando da una diversa I ____.,AllfAill!?'~::l!JWk~J PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 533 ed eccezioni, anche nuove, dedotte dall'Amministrazione. Nella specie la Corte torinese ha sostanzialmente violato tali principi, affermando, da un canto che il dibattito giudiziario doveva intendersi limitato in via esclusiva alla ragione della pretesa tributaria come indicata nell'ingiunzione; dall'altro, che la decadenza dal beneficio fiscale, dedotta in giudizio dall'Amministrazione quale causa del credito tributario, costituiva domanda nuva inammissibile dopo la prima udienza. Il ricorso infondato. Nel procedimento monitorio fiscale, apprestato per la spedita riscossione delle entrate dello Stato e degli altri enti pubblici minori (r.d. 14 aprile 1910, n. 639) l'atto formale dell'ingiunzione cumula le caratteristiche del titolo esecutivo stragiudiziale e del precetto, di guisa che l'opposizione del debitore costit4isce la domanda .giudiziale che apre un ordinario processo cognitivo, diretto a contestare il diritto all'esecuzione e ad ottenere un accertamento negativo a favore del debitore stesso, che viene ad assumere vera e propria veste di attore. Conseguentemente. grava sull'opponente, per la sua qualit di attore, l'onere di contestare il diritto della Pubblica Amministrazione alla minacciata esecuzione. Ma lAmministrazione, venendo ad assumere la veste di convenuta, pu opporre le eccezioni di rito e di merito che ritiene idonee alla .,sua difesa, e pu altresl proporre domanda ricon qualificazione giuridica dell'atto o da un suo pi penetrante esame discende, non solo in sostituzione ma anche in aggiunta a quella gi liquidata nell'ingiunzione, l'applicazione di un'imposta ulteriore o nel complesso il pagamento di un tributo pi elevato (un secondo supplemento che assorbe il primo o ad esso si aggiunge, l'imposta su una seconda convenzione non tassata al momento della registrazione ecc.). In questi casi, in via teorica, vi sarebbe una domanda riconvenzionale dell'Amministrazione convenuta diretta ad ottenere provvedimenti positivi a tutela del proprio diritto, indipendente dalla domanda principale e che pu sopravvivere alla caducazione di essa. Ma, a ben riflettere, la pretesa della Finanza che, secondo i principi generali di diritto 1prw:essuale, possa veramente definirsi come un'azione riconvenzionale, da ritenere inammissibile: poich nelle attribuzioni della Finanza applicare e liquidare l'imposta, questa attivit sottratta alla giurisdizione dell'.&GO a cui spetta soltanto di controllare la legittimit dei presupposti di imposta; come la Finanza non potrebbe elevare il supplemento con atto di citazione e non potrebbe in genere agire come attore per chiedere giudizialmente la liquidazione dell'imposta che deve invece applicare in via amministrativa, cos non pu proporre una domanda riconvenzionale che, se veramente tale, ha tutti i caratteri obiettivi di una autonoma domanda diretta alla liquidazione di un tributo e si risolve quindi nel trasferimento innanzi all'.&GO dell'esercizio di una attivit squisitamente amministrativa, trasferimento che, tra l'altro, priverebbe il contribuente del diritto di adire le Commissioni. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO venzionale, nei limiti in cui detta domanda ammissibile (e cio con la comparsa di risposta, siccome dispone l'art. 167 c.p.c.). Orbene, ci premesso, bisogna riconoscere che correttamente la denunziata sentenza ha ritenuto proposta fuori dal limite formale e temporale ora ricordato la domanda di cui si discute. Risulta infatti che essa fu introdotta nel giudizio a circa quattro anni di distanza dal deposito della comparsa di risposta, con la seconda memoria illustrativa. N vale opporre, per superare l'ostacolo temporale, che non si tratterebbe di domanda riconvenzionale o comunque nuova, bensi, pi propriamente, di una modifica dell'originaria domanda, consentita fino alla rimessione della causa al collegio, ai sensi dell'art. 184 c.p.c. Basta osservare, infatti, che le due pretese, azionate in giudizio dalla Pubblica Amministrazione a cosi notevole distanza di tempo l'una dall'altra, erano completamente diverse, non solo per causa petendi, ma anche per gli stessi fatti ed elementi che presupponevano. A tale proposito opportuno richiamare che 1'Amministrazione delle Finanze pose a fondamento dell'ingiunzione il fatto che l'agevolazione tributaria era stata concessa erroneamente, in quanto la costruzione, per la quale, il mutuo ipotecario era stato contratto, sarebbe stata, in quel tempo del mutuo , gi iniziata. In questi casi la Finanza dovr procedere alla liquidazione dell'imposta in sede amministrativa e non potr, per la prima volta in giudizio, col mezzo dell'azione riconvenzionale, avanzare una pretesa autonoma rispetto a quella contenuta nell'ingiunzione opposta. Una tale domanda sarebbe inammissibile, almeno fino a quando non si sar provveduto ad una nuova liquidazione in competente sede. Diverso iproblema, che qui non affrontiamo, pu esser quello se, una volta eseguita la nuova liquidazione (notifica di altra ingiunzione) possa la Finanza coltivarla con la domanda riconvenzionale senza attendere l'opposizione del contribuente. Sul punto, che pi interessa, della necessit della proposizione della domanda riconvenzionale per dedurre un nuovo fondamento della pretesa tributaria, sembra dunque potersi concludere che di norma la Finanza convenuta formula eccezioni vere e proprie non soggette ad ,alcuna pre clusione, mentre la pretesa che avrebbe tutti i caratteri della vera azione riconvenzionale da proporre nelle forme prescritte, va manifestata nella competente sede amministrativa; l'azione riconvenzionale sarebbe cio ne cessaria negli stessi casi in cui inammissibile. Da quanto detto deve dedursi che la seconda delle sentenze sopra riportate, pur decidendo in modo sostanzialmente corretto l'identica que stione meglio approfondita nella prima, ha esposto una motivazione poco soddisfacente, fondata sulla preclusione formale, rifacendosi al concetto, alquanto confuso, che la Finanza debba proporre l'azione riconvenzionale, quando non si limiti a dedurre eccezioni di rito e di merito . . c. BAFILE !i;.I .. . I PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 535 Detta impostazione della causa l'Amministrazione precis e mantenne ferma nella comparsa di risposta e per lungo periodo di tempo successivo; solo con la seconda memoria, e a circa quattro anni di distanza, come gi detto, 1'Amministrazione, resasi conto dell'insostenibilit della tesi, l'abbandon e la sostitui con l'altra, completamente nuova, che la mutuataria Societ Tecnoedile non aveva fornito la prova dell'impiego, nella costruzione, della somma presa a mutuo, onde, per tale evento, successivo > all'imposizione, era incorsa nella e decadenza del beneficio a suo tempo (e non pi illegittimamente) concessole. Orbene la qualificazione di domanda riconvenzionale (o comunque di domanda nuova) attribuita dalla Corte di merito a siffatta immutazione, non merita censura, in quanto la seconda domanda, oltre ad importare un mutamento della causa petendi, costituiva anche un mutamento dei fatti posti a base dell'ingiunzione, introducendo nel processo una nuova pretesa e un nuovo tema di indagine, che veniva completamente a mutare i termini della controversia, siccome sino ad allora dibattuta. E se cosi -come non sembra dubbio -la denunziata sentenza conforme al diritto e non merita c~nsura, dovendosi concludere che, proposta opposizione all'ingiunzione fiscale, 1'Amministrazione delle Finanze, convenuta, pu sollevare le eccezioni di rito e di merito che ritenga nel suo interesse, instaurandosi fra le parti un giudizio di cognizione avente per oggetto l'accertamento dell'obbligazione tributaria. L'Amministrazione pu altresi proporre domanda riconvenzionale, ma ci solo nei limiti in cui tale azione consentita dall'art. 167 c.p.c. ~ (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 giugno 1969 n. 2023 -Pres. Pece Est. D'Orsi -P. M. Caccioppoli (conf.). Provincia Autonoma di Trento (avv.ti Benvenuti, Lorenzoni) . Ministero delle Finanze (avv. Stato Alibrandi). Imposta di re~istro -Liberalit a favore di provincie, comuni ed altri enti morali -Esenzione -Effettiva realizzazione dello scopo del- l'atto -Necessit. (r.dl. 9 aprile 1925, n. 380, art. 1). L'esenzione tributaria prevista dall'art: 1 del r.d.l. 9 aprile 1925, n. 380, per le liberalit disposte a favore di provincie, comuni od altri 12 536 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO enti morali o istituti legalmente riconosciuti, richiede l'effettiva realizzazione dello scopo voluto dal donante (1). (Omissis). -Con il primo mezzo la ricorrente, denunciando la violazione e falsa applicazione dell'art. 1 del r. decreto leg. 9 aprile 1925 n. 380, difetto di motivazione su pi punti decisivi, censura la sentenza impugnata per aver ritenuto che per il beneficio dell'esenzione dalle tasse di registro, successioni ed ipotecarie, previsto dall'art. 1 del r.d.l. n. 380 del 1925, per le liberalit a qualsiasi titolo (anche se onerose) disposte a favore delle province, comuni od altri enti morali o istituti italiani legalmente riconosciuti, quando lo scopo specifico della liberalit sia di beneficenza, istruzione od educazione, sia necessaria l'effettiva realizzazione dello scopo, laddove sarebbe sufficiente la sola enunciazione nell'atto dello scopo previsto dalla legge come causa di esenzione, indipendentemente dalla sua effettiva realizzazione. Il diritto all'esenzione, infatti, sorgerebbe immediatamente, al momento della stipulazione dell'atto di liberalit e non gi al momento successivo della realizzazione dello scopo. Se cosi non fosse -continua la ricorrente -il donatario dovrebbe essere tenuto immediatamente al pagamento dell'imposta, salvo poi ad ottenere la restituzione dell'importo al verificarsi della condizione di esenzione, che sarebbe risolutiva rispetto all'obbligo di pagamento. La mancanza di tale previsione nella legge comproverebbe l'erroneit del ragionameto della Corte del merito. Nella specie, poi, trattandosi di donazione modale, la realizzazione dello scopo della liberalit si porrebbe semplicemente come onere della Provincia nei confronti del donante, ovvero degli altri interessati, e il suo eventuale inadempimento non varrebbe, in ogni caso, ad escludere il beneficio dell'esenzione. Il mezzo infondato. La Corte d'appello, postosi il quesito se l'esenzione prevista dal r.d.l. 9 aprile 1925, n. 380 e dalla legge 12 maggio 1949, n. 206, richiedesse l'effettiva realizzazione dello scopo voluto dal donante, ha dato risposta affermativa, considerando: a) che l'evento futuro ed incerto della effettiva devoluzione del bene donato allo scopo previsto dal legislatore come determinante per l'esenzione, constituiva una condizione sospensiva negativa; b) che la Finanza, quindi, al momento della registrazione si asteneva dal sottoporre l'atto alla tassa, salvo a pro( 1) Non risultano precedenti in termini. Per qualche riferimento al concetto di fine specifico della liberalit cfr. Cass., 22 ottobre 1959, n. 3030, in Riv. leg. fisc., 1960, 461. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 537 cedervi nel momento in cui avesse avuto la dimostrazione della mancata realizzazione dello 'Scopo; e) che la tesi contraria della sufficienza della sola indicazione dello scopo per l'esenzione dall'imposta nQn teneva conto che la disposizione era intesa a favorire la realizzazione dell'effetto pratico della donazione. Ora, con questa motivazione, la Corte di appello, anche se incorsa in qualche inesattezza, ha colto realmente la ratio della norma agevolatrice. Infatti il beneficio della registrazione gratuita -come appare dalla formulazione della norma -compete immediatamente all'atto della registrazione, allorch concorrano tutti gli elementi integranti la fattispecie legale e ci-0: a) la qualit del soggetto onorato dalla disposizione di liberalit (provincia, comune o altro ente morale o istituto italiano legalmente riconosciuto); b) lo scopo specifico di beneficenza, istruzione od educazione. E compete anche se la liberalit sia onerosa, purch l'eventuale onere sia inerente allo scopo per il quale disposta. sufficiente, adunque, che i suddetti elementi risultino dagli atti, essendo quella di registro un'imposta d'atto. Nessun problema pu sorgere, di regola, allorch il bene og.getto della liberalit gi abbia la destinazione prevista dalla norma, ma anche quando la liberalit sia onerata da un peso che il donatario deve com piere non soltanto per conservare od ampliare la precedente destina zione, bens proprio per dare al bene donato la funzione di benefi cenza, istruzione ed educazione, che altrimenti il bene non avrebbe, essendo di per s solo insuflliciente a realizzare, sia pure in parte, la voluta destinazione, non si pu parlare di beneficio di esenzione dall'imposta sottoposto a condizione sospensiva negativa (come fa la sentenza impugnata) o a condizione risolutiva (affermativa), come fa la ricorrente con una tautologia di concetti, rovesciando i termini della proposizione. Anche in questo caso il beneficio concesso ;perch l'atto, cosi come si presenta, ne meritevole. , per, principio generale dell'imposta di registro che il tratta mento fiscale fatto ad un atto al momento della registrazione non sia immutabile, potendovi essere successive variazioni, tanto per errori od omissioni dell'ufficio, quanto per l'accertamento -successivo alla re gistrazione -degli elementi occorrenti per la liquidazione integrale dell'imposta. E ci perch sono colpiti l'intrinseca natura e gli effetti degli atti o dei trasferimenti e non la loro forma apparente. Di fronte a questa possibilit riconosciuta al Fisco dal nostro sistema tributario, n~n si pu parlare -se non in senso improprio e atecnico --di condizione sospensiva o risolutiva. Questi principi sono validi non soltanto quando l'atto sia stato sottoposto ad una tassazione inferiore; ma anche quando ne sia andato 538 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO erroneamente esente e non ha rilievo il fatto che l'esenzione apparentemente spettasse al momento della registrazione. In realt quando -come nel caso in esame - la fattispecie complessa, in quanto per la sua realizzazione occorre un susseguirsi di elementi dei quali solo alcuni si sono realizzati al mom'nto della presentazione dell'atto alla registrazione, il mancato verificarsi degli ulteriori elementi necessari allo speciale trattamento tributario di favore d luogo, pi che a una questione di decadenza, all'accertamento -suc cessivo alla registrazione '-della mancata realizzazione dello schema di atto cui la legge fiscale aveva ricollegato il tributo di favore. E questo accertamento -come ha esattamente osservato la Corte d'appello -prescinde da ogni eventuale azione del donante o di altro interessato per il mancato adempimento dell'onere, trattandosi di rapporti che si muovono su .piani diversi, bastando ai fini tributari la mancata realizzazione dello scopo agevolato; a qualsiasi causa dovuto. Accertare, poi, se lo scopo della liberalit sia o meno stato raggiunto compito del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimit, se sorretto da motivazione esauriente ed immune da vizi logici. - (Omissis-). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 20 giugno 1969, n. 2175 -Pres. Tavolaro -Est. Leone -P. M. Criscuoli (conf.) -Filiberti (avv. Biamonti) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Fane1li). Imposte e tasse in genere -Commissioni tributarie -Natura di organi giurisdizionali -Decisioni della Commissione Centrale Impugnabilit in cassazione ex art. 111 Cost. Imposta di registro -Societ di fatto -Rilevanza fiscale dalla data di registrazione del relativo atto. Imposta di registro -Presunzione di trasferimento di azienda -Applicabilit anche ai trasferimenti di quote di compropriet dell'azienda. (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 18). Le Commissioni tributarie hanno natura di organi giurisdizionali, e pertanto avverso le decisioni deLla Commissione Centrale ammissibile il ricorso per cassazione ex art. 111 della Costituzione (1). (1) L'importanza della presente sentenza e delle altre due successive nn. 2176 e 2177 con cui le Sezioni Unite della Cassazione, dopo la con- t Mftlf@Wsfilfillf:&&1fmftr&ID'ififhlllit'filfff(fffffi1illfwfif:@iff&t111mm1rrfllirtr11rr!frillEm&rfir&rlli1mrrifilf&trnm0tMI ' PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 539 La societc di fatto, agli effetti specifici della imposta di registro, comincia ad esistere soltanto quando l'esistenza di essa viene denunciata all'Ufficio ai fini dell'applicazio~e della relativa imposta e pi precisamente quando l'atto che la costituisce o che, sia pure in via di enunciazione, ne afferma l'esistenza, viene presentato per la registrazione (2). La locuzione generica usata dall'art. 18 della legge di registro relativo a contratti verbali di cessione della proprietc ... di un'azienda di industria o commercio si riferisce anche ai trasferimenti di quote di comproprietc .di aziende industriali (3). (Omissis). -Prima di esaminare i motivi del ricorso, il Supremo Collegio deve riproporsi la questione dell'ammissibilit del ricorso per cassazione, a norma dell'art. 111 della Costituzione vigente, avverso le decisioni della Commissione Centr~ delle imposte in materia di imposta di registro: questione riaperta da recenti sentenze della Corte Costituzionale (6 febbraio 1969, n. 6; 10 febbraio 1969, n. 10), che hanno dichiarato inammissibili le questioni di costituzionalit di leggi, proposte da Commissioni tributarie, affermando che tali Commissioni non sono organi giurisdizionali ma svolgono funzione amministrativa. Se la tesi andasse condivisa, il ricorso di cui trattasi, proposto a norma dell'art. 111 Cost., dovrebbe essere dichiarato inammissibile, perch relativo a provvedimento amministrativo. L'affermazione ora accennata, posta dalla Corte Costituzionale a sostegno di pronunzie di inammissibilit della questione di costituzionalit delle leggi, non comporta l'obbligo ehe i giudici si adeguino ad essa, com' per le decisioni dichiarative di iJlegittimit, che tolgono efficacia alla legge illegittima. Ma, data l'autorit della Corte Costituzionale che ha fo:mnulato la tesi suindicata, questa Corte Suprema di Cassazione, istituzionalmente investita, quale organo supremo della giustizia, della funzione di assicurare l'esatta osservanza e l'uniforme interpretazione della legge e l'unit del diritto oggettivo nazionale (art. 65 ord. giud.), non pu non sentirsi obbligata a rivedere l'interpretazione del sistema di leggi concernenti la costituzione ed il funzionamento delle Commissioni tributarie ed il loro inse11imento nel sistema delle funzioni fondamentali dello Stato. traria affermazione effettuata dalla Corte Costituzionale con la sentenza 10 febbraio 1969, n. 10 (in questa Rassegna, 1969, 1, 8), hanno confermato la propria giurisprudenza in ordine alla natura giurisdizionale delle commissioni tributarie, non ha bisogno di essere sottolineata, data la fondamentale influenza di tale principio su tutto il vigente sistema del contenzioso tributario. (2) La sentenza 12 novembre 1965, n. 2357 richiamata in motivazione pubblicata in questa Rassegna, 1965, 1, 1305 con nota di richiami. (3) Massima di evidente esattezza della quale non risultano precedenti. 540 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Anche l'interpretazione giurisdizionale della legge, invero, se produce effetti giuridici diretti e vincolanti solo in ordine alla concreta controversia ed ai reali interessi in essa impegnati, muove, nel suo meccanismo logico, da1la determinazione del contenuto astratto della legge e della fattispecie tipica che essa si propone di disciplinare: contenuto questo che la Corte Costituzionale non pu non porre a base della propria valutazione di conformit o meno della legge ai precetti della Costituzione. Questo fondamento comune delle interpretazioni, finaJistkamente diverse, che compiono la Corte Costituzionale e la Corte di Cassazione, dovrebbe implicare, in vista anche della coordinazione necessaria tra i poteri dello Stato e del conseguimento del risultato sommamente utile della certezza del diritto obiettivo, che le due interpretazioni non vengano a divergere, se non quando sussistano elementi sicuri per attribuire certezza all'u~a rispetto all'altra che sia precedente e saldamente costituita nella communis opinio dottrinale e giurisprudenziale. Tale criterio di coordinamento, che poggia su un fondamento logico e giuridico tanto evidente da non richiedere delucidazioni, stato affermato proprio dalla Corte Costituzionale, quando ha stabilito che il potere-dovere di interpretare con autonomia di orientamento le norme ordinarie che fungono da parametro del giudizio di legittimit costituzionale non esclude che la Corte Costituzionale debba tenere nel debito conto una costante interpretazione giurisprudenziale, che conferisce al processo legislativo il suo effettivo valore nella vita giuridica, dato che le norme sono non quali appaiono in astratto ma quali sono applfoate nella vita quotidiana con l'opera del giudice intesa a renderle concrete ed efficaci~. Eppure il criterio ora detto stato disapplicato, con le sentenze sopra richiamate, proprio in relazione alla disciplina giuridica di un sistema complesso di istituti di diritto tributario, per la quale stato universalmente riconosciuto alla giurisprudenza il merito d[ aver determinato la costituzione di una consuetudine interpretativa ed integrativa della disciplina normativa, tale da indirizzare perfino le pi recenti manifestazioni legislative nella materia; e che sia stato disapplicato sulla base di argomenti dichiarati dalla stessa Corte Costituzionale privi di valore decisivo, se considerati singolarmente, e significativi, nel loro complesso, di una semplice prevalenza della tesi contraria a quella seguita da costante, pluridecennale .giurisprudenza: giudizio di prevalenza che si presenta fortemente dubbio, se vero che la stessa Corte Costituzionale, esaminando ex prefesso la questione, aveva stabiHto e ribadito pi volte la natura giurisdizionale delle Commissioni tributarie (Corte Cost. sent. n. 12, 41, 42 del 1957, n. 42 del 1'961, n .103 del 1964). Comunque, si ripete, poich le citate sentenze della Corte Costituzionale non hanno apportato modifiche all'ordinamento legislativo, questa Suprema Corte non vincolata alla tesi in esse svolta, mentre, data PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA la rilevanza di giurisprudenza-guida che assumono le sue decisioni, questo Supremo Collegio non pu non darsi carico di addivenire ad interpretazioni delle leggi e dei principi giuridici che asskurino, senza soluzione di continuit, la rispondenza dell'ordinamento a salvaguardare le strutture necessarie per la sussistenza dello Stato di diritto: mentre stato concordemente rilevato, in sede dottrinale, che la tesi nuova accolta ne1le pi recenti sentenze della Corte Costituzionale, .se applicata in tutte le ,sue conseguenze, determinerebbe il blocco dell'attivit .finanziaria dello Stato, per il tempo, certo non breve, dello studio e della costituzione, da parte degli Organi legislativi, di un nuovo sistema di contenzioso tributario. Dopo questi rilievi, volti solo a puntualizzare i gravi aspetti della questione, passando alla concreta indagine drca la natura giurisdizionale o amministrativa delle Commissioni tributarie, deve rilevarsi che la Corte Costituzionale, a motivo conclusivo e determinante del convincimento espresso su tale punto; s' richiamata ad un e modello che per gli organi di carattere giurisdizionale fisserebbe la vigente Costituzione, modello col quale mal si concilierebbero circostanze concorrenti in ordine alla struttura delle Commissioni tributarie. L'accenno che tocca in pieno il thema decidendum non sviluppato; esso avrebbe richiesto, invece, un'approfondita dimostrazione, dato che, com' stato rilevato dalla dottrina, la perdurante presenza, costituzionalmente legittima, di giudki speciali variamente costituiti e funzionanti fa venir meno la possibilit di desumere dalla Costituzione il modello . di organo giurisdimonale: sicch, allo stato della legislazione, la natura giurisdizionale o meno di un organo deliberante dipende necessariamente non dalla struttura ma dalla maggiore o minore indipendenza e principalmente dalla sua funzione. Ora, la funzione delle Commissioni tributarie, sia per quanto attiene alla semplice valutazione dei cespiti cui si riferisce l'imposizione, sia per le altre questioni relative all'imposizione stessa, queLla di applicare la legge al caso concreto nel conflitto d'interessi suscitato dalla pretesa dell'Amministrazione di operare un prelievo di ricchezza dal patrimonio del contribuente e da1la opposizione di quest'ultimo circa l'insussistenza del potere di imposizione o le modalit di esercizio di tale prelievo o circa la determinazione in concreto del quantum dovuto, determinazione che, stante la normale predisposizione di aliquote o tariffe del tributo, si risolve neH'accertamento deLla base imponibile. La dottrina pi diffusa di diritto tributario insegna che l'accertamento tributario un elemento indispensabile per stabilire che un credito di imposta sorto e per fissarne l'ammontare: , quindi, la condizione dell'esigibilit di tale credito. Quale atto amministrativo, l'accertamento tributario assistito da presunzioni di legittimit e, nel concorso delle condizioni di legge, esecutorio; per il che il contribuente tenuto 542 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO a pagare secondo l'accertamento, anche se dovesse risultare evidente che la retta applicazione della leg.ge alla concreta fattispecie porterebbe ad escludere il debito o a liquidarlo in misura minore: per poter stabi lire a suo vantaggio la giusta volont di legge, egli costretto a speri mentare i rimedi giuridici predisposti dall'ordinamento. La funzione amministrativa, quindi, in questo schema di attivit di imposizione si realizza, anche se non si esaurisce, con la notifica dell'atto di accertamento, che diventa definitivo se il contribuente non si avvale dei rimedi legali, a tutela del suo diritto soggettivo di non essere assoggettato a prestazione patrimoniale se non in base alla legge, rettamente applicata. assolutamente fuori del sistema giuridico e si muove nel campo metagiuridico l'opinione che in questa attivit del contribuente, specie se successiva ad una dichiarazione da lui presentata circa l'imponibile tassabile, disattesa dall'Amministrazione finanziaria, si possa ravvisare una forma di collaborazione del cittadino all"attivit amministrativa di accertamento, si da comprendere nella funzione am rriiniStrativa la divergen~a di apprezzamenti ed i mezzi di risoluzione di essa. D'altra parte, non si pu neppure forzare il concetto dell'imparzialit della P. A. (concetto suJ. quale J.a dottrina pi recente fa eccessivo affidamento a diversi effetti), fino a sostenre che l'Amministrazione priva di capacit di interesse nella stessa sua funzione tipica di concreta cura degli affari dello Stato, in particolare, nello svolgimento dell'atti. vit finanziaria, e si trova, perci, in grado di garantire al contribuente l'esatta applicamone della legge. Ed allora perde sul piano giuridico ogni importanza il riferimento, contenuto -in una delle sentenze richiamate della Corte Costituzionale ed implicito nelle altre, addotto per dare un certo inquadramento alla ritenuta attivit amministrativa delle Commissioni tributarie, il riferi menio, si ripete, ad una non precisata nozione di attivit amministrativa contenziosa. L'attivit amministrativa sempre l'attivit pratka e con creta con cui lo Stato provvede al raggiungimento dei fini per i quali esso agisce, e, se anche la P. A. spontaneamente o su reclamo ricerca i limiti che l'ordinamento pone alla sua sfera df azione in considerazione della sfera di attivit libera assicurata ai cittadini, questa ricerca svolge senza alcuna possibilit di far valere l'accertamento cos compiuto come concreta volont di legge, che debba regolare lo specifico rapporto con un cittadino, che tale volont di legge contesti. Perci, la qualifica di contenziosa data a certa attivit amministrativa, anche se non legittima l'ironia dell'osservazione -fatta in passato da validissima dottrina che l'amministrazione non pu consistere nell'amministrare contese, esprime solo modi formaili di essere dell'attivit rivolta istituzionalmente alla tutela di interessi pubblici, colorata perci di interesse di parte, PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA e che pu trovarsi e spesso si trova in conflitto reale con situazioni giuridiche che il cittadino ritiene siano a J.ui garantite dall'ordinamento. Ed allora, se la contestazione dell'accertamento tributario, lungi dal manifestare fa cooperazione del contribuente all'attivit impositiva della P. A., denunzia una lesione potenziale o effettiva del diritto soggettivo del contribuente,' conseguente all'illegittimit totale o parziale dell'accertamento stesso; se tale -contestazione proposta nei confronti dell'autorit impositrice, perch, nche neJ. caso -del resto normale di resistenza della stessa, la volont di legge che deve regolare il caso concreto venga affermata autoritariamente, al fine della composizione della contestazione; se la contestazione proposta, per il detto giudizio, dinanzi ad un organo che la legge dichiara tenuto esclusivamente alla applicazione della legge in base all'obiettiva considerazione dei fatti, delle circostanze e degli elementi tutti venuti a conoscenza dell'organo giudicante (com' stabilito per le commissioni tributarie nell'art. 27, secondo comma, r.d.ol. 7 agosto 1936, n. 1639) si profilano i presupposti e gli elementi tipici perch all'attivit di giudizio delle Commissioni tributarie si debba riconoscere natura giurisdizionale. noto che faa i vari criteri di differenziazione tra attivit amministrativa ed attivit giurisdizionale, proposti dalla dottrina, ha acquistato maggior credito quello che la differenza ravvisa nel fatto che, mentre l'amministrazione attivit primaria o originaria, imposta direttamente e immediatamente dalla legge ad organi pubblici, la giurisdizione opera, come attivit secondaria, sostituendo il giudice al soggetto leso negli interessi a lui garantiti, per effettuarne quella reintegrazione che al detto soggetto inibita. Orbene, quando l:a Commissione tributaria dichiara illegittimo in tutto o in parte l'accertamento opposto dal contribuente, evidente l'incolmabile distacco tra Amministrazione resistente, che ravvisa la tutela dell'interesse pubblico nella convalida del- l'accertamento impugnato, ed Organo deliberante che, applicando la legge in base all'obiettiva considerazione dei fatti, annulli l'accertamento illegittimo: distacco che, mentre pone la Commissione tributaria in posizione di alterit rispetto alle parti contendenti, vieta di concepire un rapporto di identit, sia pure in fasi progressive, tra l'attivit deUa Amministrazione ed attivit della Commissione, quale dovrebbe esservi, se le Commissioni effettivamente fossero chiamate a definire le controversie tributarie in via di controllo amministrativo di carattere repressivo; in tale ipotesi, inoltre, chiarissimo l'effetto di sostituzione del giudizio della Commissione all'apprezzamento della Amministrazione in ordine alla sussistenza o al modo di essere del rapporto tributario, effetto necessario per la tutela del diritto soggettivo del contribuente. Tale posizione di alterit e di distacco dell'organo decidente nei confronti dell'Amministrazione ~ stata resa ancora pi netta con l'eli minazione di situazioni che potevano far sorgere dubbi. Ci si riferisce 544 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO al disposto dell'art. 50 della 1. 5 gennaio 1956., n. 1, che stabilisce doversi sia il contribuente che il procuratore delle imposte ritirare dall'aula di udienza, terminata la discussione, in modo che la decisione viene presa con la sola presenza dei componenti della Commissione, mentre in precedenza ad essa presenziava il Procuratore; ed al disposto dell'art. 5 della stessa legge, che, appunto in considerazione del carattere giurisdizionale del giudizio delle co~issioni tributarie, ha soppresso la facolt delle commissioni stesse, in materia di imposte dirette, di awmentare d'ufficio l'accertamento: soppressfone che, proprio perch rispondente ad un generale criterio di separazione di funzioni ontologicamente diverse, stata, dalla giurisprudenza di questa Suprema Corte, applicata estensivamente (Cass. 20 febbraio 1967, n. 416; 20 aprile 1968, n. 1201). Gli elementi qualificanti fin qui esaminati assumono concretezza decisiva, se messi in relazione all'efficacia delle decisioni del.le commissioni tributarie. Queste, se non impugnate nei modi di legge, assumono carattere di definitivit e di irrevocabilit, con conseguente im-i mutabilit dell'accertamento in esse contenuto: ed un accertamento fil immutabile un accertamento che fa stato , come si esprime l'ar-ru ticolo 2909 e.e., per indicare l'effetto della cosa giudicata, tipico delle ' decisioni giurisdizionali. I Il carattere della definitivit delle pronunzie delJe Commissioni, se ~ non impugnabili o non impugnate, pacifico, anche per la presenza di r~~ locuzioni testuali nelle fonti normative. Anche il carattere di irrevoca-l\.:~.'z.:;.'::'1 bilit delle decisioni fissato nella legge, quando questa, contro le . decisioni della Commissione provinciale ammette il ricorso per revoca-g zione; nei casi stabiliti 'dall'art. 395 c.p.c. vigente (art. 44 r.d. 8 luglio ~'.!~ 1937, n. 1516): mezzo questo, di impugnazione, col quale possibile &; riaprire un rapporto processuale chiuso definitivamente con sentenza li.;.~ passata in giudicato, se risulti che la decisione del giudice pu non ~,. corrispondere alla di lui volont, perch basata su un giudizio di fatto W ru ::~:~~o:~iu~e~;~,a;;:~~t=~":a!as:::z:u~r::~i~e!:~od~ =~~ I=~ condizioni di fatto, in presenza delle quali soltanto poteva essere espii-,., cata la potest di azione concessa dalla legge all'Anministrazione (ec-1~ i cesso di potere per errore di fatto); e l'annullamento dell'atto viziato @ un potere-dovere dell'Amministrazione, dato che almeno di regola I@ esso corrisponde alla tutela dell'interesse pubblico verso cui era indi- rizzata l'attivit amministrativa viziata: interesse pubblico che pre- I sente per definizione .nell'accertamento delle entrate tributarie. Sej al contrario, nei confronti delle decisioni delle Commissioni provinciali, la revocazione limitata a casi eccezionali tassativamente ,stabiliti dalla legge processuale e con l'impiego di un mezzo da proporre in un termine di decadenza, significa che l'istituto opera in via di eccezione alla regola PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA dell'irrevocabilit della decisione della Commissione, che sia non pi impugnabile per essere il rapporto processuale chiuso definitivamente (o, a seconda dei casi, non pi operativo sulle questioni di fatto poste a fondamento della decisione, perch definitivamente decise). Le decisioni delle Commissioni tributarie, dunque, acquistano valore di giudicato sul punto della legittimit o illegittimit della pretesa della P. A. di imporre il tributo. Si replica, per, che l'effi.cacia o autorit della cosa giudicata destinata ad agire nel futuro, di fronte ai futuri processi, ed invece la controversia su cui ha provveduto la Commissione tributaria pu essere portata, almeno di regola, alla successiva cognizione del giudice ordinario. L'osservazione di indubbia gravit fu gi confutata da queste SS.UU. con la sentenza 2 luglio 1950, n. 2164, che spieg non contraddire al concetto di giurisdizione il fatto che di un medesimo rapporto giuridico conoscano due giudici di ordine diverso, uno speciale, l'altro ordinario, purch la cognizione della lite da parte dt essi avvenga non in modo concorrente ma con sistema di subordinazione, nel senso cio che il secondo giudizio avanti il giudice ordinario possa svolgersi solo quando il primo dinanzi al giudice speciale sia definito: in tal caso i due giudizi si presentano distinti ed autonomi. Tale confutazione pu essere, per, completata, Anzitutto la duplicit di giudizi esclusa, almeno di regola, nella vasta categoria delle controversie di estimazione semplice della base imponibile, sottratta alla sfera di competenza dell'autorit giudiziaria ordinaria: sicch viene a ridursi notevolmente il campo di operativit dell'osservazione in esame. Deve poi considerarsi che, per lo pi, ed in particolare per le imposte che si riscuotano a mezzo di ruoli, mentre dinanzi alle Commissioni si discute dell'accertamento tributario, della legittimit cio delil'attivit amministrativa rivolta a costituire in concreto il debito d'imposta nei confronti di un soggetto determinato, che contesta di essere tenuto a contribuzione, oggetto dell'azione giudiziaria il debito d'imposta quale risulta costituito in virt dell'accertamento gi compiuto: quella una giurisdizione di annullamento di atti amministrativi illegittimi, che prospettano la pretesa tributaria e sono potenzialmente lesivi del diritto soggettivo del contribuente; la giurisdizione deJ. giudice ordinario comporta la disapplicazione dell'accertamento illegittimo e dei successivi atti di riscossione (iscrizione a ruolo), a tutela dell'integrit del patrimonio del contribuente nei confronti della medesima pretesa tributaria divenuta esecutoria e direttamente ed attualmente lesiva. L'esistenza di zone di interferenze tra i due giudizi non esclude che essi si presentino ontologicamente diversi ed autonomi, incidendo quello delle Commissioni sul procedimento di formazione dell'atto di accerta .'. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mento, quello del giudice ordinario sulla produttivit di effetti, nella sfera patrimoniale del contribuente, dell'accertamento divenuto definitivo: con la conseguenza, normale nel sistema delle giurisdizioni differenziate, che la disapplicazione, da parte del giudice ordinario, dell'atto di accertamento illecito non elimina dalla realt giuridica l'atto stesso m lo rende privo di effetti. Tale diversit ed autonomia dei due giudizi attenua notevolmente e forse elimina addirittura la rilevata stranezza di un giudizio che si svolge dinanzi a due ordini di giudici, ciascuno in diversi gradi e con possibilit di passare al giudizio del magistrato ordinario senza esaurire i gradi del giudizio innanzi alle Commissioni tributarie. anche opportuno ricordare che il sistema ora detto dei giudizi autonomi fu stabilito in stretta correiazione con il principio del solve et repete , che dava maggior risalto all'esigenza della garanzia .giurisdizionale anche nella fase formativa dell'atto di accertamento, ad evitare il pregiudizio del pagamento necessitato del tributo per poter far valere la tutela giurisdizionale dinanzi al giudice ordinario: questo particolare aspetto del sistema ha perduto il carattere assoluto e determinante, con la dichiarazione di incostituzionalit delle norme che avevano posto il principio del solve et repete: ma rimasta vivamente sen.tita l'esigenza fondamentale di giustizia (tutelabile) anche nella fase di formazione dell'atto di accertamento. Per le imposte indirette sugli affari, qual' il tributo di cui trattasi nella concreta fattispecie all'esame di queste Sezioni Unite, il sistema del contenzioso d una di pi per affermare il carattere giurisdizionale delle Commissioni tributarie, essendo stabilito che il giudizio (di secondo grado) delle Commissioni provinciali in tema di determinazione del valore definitivo, salvo il ricorso all'autorit giudiziaria per grave ed evidente error di apprezzamento ovvero per mancanza o insufficienza di calcolo nella determinazione del valore: skch, l'azione dinanzi al giudice ordinario si pone come una vera impugnativa della decisione della Commissione provinciale, che, in caso di accoglimento della domanda, deve essere annullata perch la stessa commissione possa poi pronunciare di nuovo sul merito (Cass., SS.UU., 8 maggio 1967, n. 896). Ora. a meno m ..;..: di non voler vedere, contro i principi, nella detta ipotesi, un caso di @ ~;~:=: annullamento da parte del giudice ordinario di un provvedimento di amministrazione attiva, deve riconoscersi che la pronunzia di annulla I mento riguarda un provvedimento che attua una garanzia giurisdizio[ fil@i nale e, in tale sua essenza, assoggettabile al controllo del giudice ordinario. llir* Ritenuta la duplicit dei giudizi, si obietta, per, che non si ravvisa l\H la ragione per cui la decisione del giudice ordinario dovrebbe sostituirsi a quella della Commissione tributaria relativa al medesimo rapporto, una volta esclusa una relazione di competenze funzionali di impugnazione. lii~i[ ~~~21'll1117~,.J PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 547 Ma, a parte l'osservazione che tale rapporto funzionale, come ora s' visto, sussiste talvolta nella legge, s' gi detto che non di .sostitu zione si tratta, bens di provvedimenti con diverso contenuto e diversi effetti, relativi a fasi progressive di un'attivit che (rivolta a stabilire un'obbligazione di dare a carico del cittadino ed a favore dello Stato sovrano, in attuazione dei principi di libert e di democrazia propri della moderna concezione dello Stato di diritto) il legislatore ha inteso sottoporre a controllo giurisdizionale in ogni sua fase, con i mezzi gpeci flci utilizzabili per ciascuna di tali fasi, secondo i criteri fondamentali dell'ordinamento. Se questa la funzione delle Commissioni tributarie, se questi sono gli effetti delle decisioni da esse emesse, il loro inquadramento nell'ambito delle giurisdizioni appare corretto: gli argomenti formali o secondari che in vario senso possono addursi sulla questione, anche {le non fossero privi di concludenza univoca, non potrebbero prevalere '~ quelli sostanziali e di struttura fin qui svolti. .. Elemento formale di scarsissimo rilievo, secondo le stesse sentenze , Corte Costituzionale, quello relativo alla qualificazione di Com" lpi amministrative, attribuita dal 11'.d.J.. n. 1639 del 1936 agli collegiali istituiti per la :risoluzione in via amministrativa ";l:troversie tributarie. Tale elemento formale, che ripete agget V.i leggi dell'epoca dell'unificazione della J.egislazione italiana ';;cazione politica dello Stato, trova contrapposti nelle pi \joni che le Commissioni giudicano , che le loro decisioni .ad appelJ.o , e a revocazione, e nello sviluppo del \rutturato su principi propri del processo giurisdizionale .decisivo il rilievo dato alla posizione, rispetto alla V:anziaria, dei componenti delle Commissioni, posi .'Q rispondente al pr1ncipio costituzionale dell'indi ... in considerazione. dei criteri di nomina, della \ potere di revocare la nomina e di dichiarare enti, del potere di scioglimento delle Commis 't amministrative. 'rato in sede dottrinale, il rilievo pu essere domandarsi se non ci si trovi in presenza Jtite illegittime, quando J.e norme stesse limitano ,...1 collegio giurisdicente in violazione degli artt. 104 ~tituzione. Pu poi rispondersi, con le parole stesse della .,tituzionale (sent. 13 luglio 1963, n. 132; 3 dkembre 1964, ~) che i membri delJ.e Commissioni distrettuali (e l'apprezzamento .ii pone in termini analoghi per i membri delle altre Commissioni tribu tarie) non sono soggetti all'Irntendente di Finanza, ma, al pari degli altri giudici, sono soggetti solfanto alla legge. Ed invero l'art. 27 del r.d.l. llij Ir,: 11 _.,~~~~~,~~Ai!P'PJ ] 548 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 7 agosto 1936, n. 1639, sulla riforma degli ordinamenti tributari, stabilisce espressamente che il giudizio dei componenti le commissioni sar indirizzato esclusivamente all'applicazione della legge e aggiunge che essi hanno tutti identica funzione, esclusa ogni particolare rappresentanza di interessi territoriali, di categoria o di parte > : posizione di indipendenza che la Corte Costituzionale ha ravvisato non pregiudicata n dal potere di scelta tra persone da aJ.tri designate a componenti delle Commissioni (potere attribuito all'autorit amministrativa), n dal vincolatissimo potere della stessa autorit di revocare la nomina o di dichiarare la decadenza dalla carica delle persone nominate: in ci ottenendo il consenso senza riserva della dottrina. Privo di consistenza ' anche l'altro rilievo che le Commissioni tributarie giudicano con un numero variabile di membri (art. 18 r.d. n. 1516 del 1937). L'argomento implica solo che nel sovrano apprezzamento della legge il numero minimo dei componenti che rileva nella composizione del Collegio giudicante, mentre il maggior numero eventuale previsto p~ esigenze di pratico funzionamento delle Commissioni in relazione al carico di lavoro ed al carattere non professionale dell'attivit giudicante dei componenti. La stessa Corte costituzionale, del resto, come stato rilevato da pi parti, nella particola!l'e formazione che assume per i giudizi di accusa di cui all'art. 135, ultimo comma, della Costituzione, giudica con tutti i giudici della Corte, ordinari ed aggregati, che non siano legittimamente impediti ma con non meno di ventuno giudici, dei quali i giudici aggregati debbono essere in maggioranza (art. 26, I. 25 gennaio 1962, n. 20): sicch la composizione del Collegio varia in relazione a fatti casuali, pur essendo tale attribuzione della Corte di natll!l'a giurisdiziionale. Scarsa consistenza presenta poi l'argomento che attiene al ,potere residuo che alcune Commissioni hanno conservato di aumentare il valore imponibile, risultante dall'accertamento opposto, o di ordinare l'integra zione dell'accertamento sulla base di elementi indicati dalle Commis sioni stesse. Com' stato accennato innanzi, il potere di aumentare di ufficio la base imponibile stato soppresso in materia di imposte dirette ed stato soppresso perch s' ritenuto non pi consono ai principi ammettere che gli organi giudiziari (estranei all'amministrazione attiva) possano giungere addirittura a sostituirsi all'amministrazione stessa anche nell'atto di accertamento (Relaz. Comm. Finanza e Tesoro del Senato alla 1. 5 .gennaio 1956, n. 1). Se la soppressione non stata estesa agli altri tributi ci deve attribuirsi, qu~di, non alla natura amministrativa delle Commissioni, bensi ad una delle frequenti deficienze di collegamenti nell'esercizio della funzione legislativa, quando questa svolta in settori differenziati della medesima categoria di rapporti. Comunque, r&rMl&'fillfffillllrwmr&Er@r&fmff&r:mrwr&c1rr0rr;mr0mmmrrr~rrrrnmMr1Mim1&@rmrninMrrrwrnn111mr0d@ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 549 non si vede perch, sul piano dell'interpretazione del sistema del contenzioso tributario, dovrebbe darsi prevalenza alla residua commistione di funzioni delle Commissioni in un settore della finanza pubblica, retaggio di strutture antiche, e non alla ciI1costanza che per altro settore tale commistione di funzioni stata di recente eliminata, con il dichiarato intento di seguire l'evoluzione moderna del sisteipa, che ha portato con sempre maggtore evidenza a qualificare giurisdizionale la funzione de11e Commissioni tributarie. Infine, proprio in relazione alle dette facolt delle Commissioni, validissima dottrina ha osservato che compiti amministrativi svolgono eccezionalmente anche gli organi della giurisdizione ordinaria, i quali non per questo cessano di essere tali. In conclusione, quindi, appare fondato l'apprezzamento espresso da autorevole dottrina che le sentenze della Corte Costituzionale richiamate innanzi non recano un contributo di interpTetazione sistematica nuovo, rispetto a quello gi criticamente vagliato e respinto da questa Corte Suprema e si limitano ad enunciare aspetti e profili del problema che, se pure giustificano i dubbi ricorrenti in dottrina intorno all'arduo dilemma, non dimostrano la loro incompatibilit logico-giuridica con la natura giurisdizionale delle Commissioni tributarie. Ritenuta, perci, l'ammissibilit del ricorso, deve procedersi al- l'esame del merito di esso. I riicorrenti, nel primo motivo, denunziano violazione e falsa applicazione degli artt. 2247, 2285, 2297 e.e., dei principi in materia di societ irregolari, degli artt. 1'8 ed 87 tariffa all. A della J.egge di registro ed infine vizi di motivazione su un punto dedsivo. Essi sostengono che se vero che la societ di fatto comincia ad esistere, nei riguardi del fisco, nel momento in cui ne viene accertata l'esistenza, d non significa che non ne possa essere considerata ed apprezzata l'esistenza in data anteriore all'atto di enunciazione. La Commissione Centrale non poteva, quindi, rifiutare di valutare le prove offerte dai contribuenti circa la preesistenza di una societ di fatto rispetto all'atto di enunciazione e circa la configurabilit del recesso da tale societ: tanto pi che nella specie la dismissione della quota da parte di Maria Grazia Filiberti non veniva discussa e costituiva, anzi, il presupposto de11'assunta imposizione tributaria. Aggiungono i ricorrenti nel secondo e nel terzo motivo che la Commissione non ha prestato alcuna considerazione al problema della trasformazione della comunione ereditaria sulla fonderia in una societ commerciale, per effetto della continuazione della gestione dell'azienda da parte degU eredi. La gestione comune dell'azienda, durata otto anni, aveva nella specie fatto acquisire anche alla Maria Grazia Filiberti la qualit di socia della societ costitu:ita per tale gestione: di conseguenza era configurabile il di lei recesso dalla societ, recesso che comportava 550 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO la non applicabildt dell'art. 18 delLa legge di registro, che non contiene nessuna disposizione relativa alla cessione delle quote sociali. Ad ogni modo, concludono i ricorrenti, tale norma concerne i contratti verbali di cessione della propriet di un'azienda e non anche il trasferimento di una quota di aziend~, che ha diveriso contenuto giuridico e concreto (violazione sotto altri profili degli artt. 2247, 2285, 2297, in rapporto agli artt. 2248, 1100; 2255 e segg. c.c., nonch dell'art. 18 1. reg..e vizio di motivazione). Le censure sono prive di giuriidico fondamento. La Commissione ha preso atto che, nell'istrumento per not. Pedoja, registrato a Gallarate il 3 gennaio 1956, Luciano e Giancarlo Filiberti avevano dichiarato di volr procedere alla regoLarizzazione -in societ in nome Collettivo -della societ di fatto tra essi due esistente, denominata Fonderia Luigi Filiberti di eredi Filiberti e derivata dalla ditta individuale Luigi Filiberti, per effetto della successione apertasi alla morte del titolare. Essendo la detta enunciazione, nel significato tecnico che tale nome assume nella legge di registro (art. 62), limitata alla convenzione verbale di costituzione della societ di fatto tra i due fratelli Luciano e Giancarlo Filiberti, non poteva dirsi enunciata la costituzione. della precedente, diversa :societ di fatto tra tutti e tre i figli, eredi di Luigi Filiberti, in essi compresa la Maria Grazia. Ora, la societ di fatto, agli eflletti specifici de1la legge del registro, comincia ad esistere soltanto quando l'esistenza viene denunciata all'ufficio ai fini dell'applicazione della relativa imposta e pi precisamente quando l'atto che la costituisce o che, sia pure in via di enunciazione, ne afferma l'esistenza viene presentato per la registrazione (Cass., 12 novembre 1965, n. 2357). Di conseguenza de1la asserita societ di fatto tra i tre fratelli, non dsultante nei modi previsti dalla legge del registro, legittimamente l'Amministrazione finanziaria non ha tenuto conto. Tanto pi che tale societ di fatto neppure doveva necessariamente ipresupporsi, essendo possibile che l'azienda venga esercitata non da tutti ma solo da uno o da alcuni dei coeredi, nel qual caso la comunione incidentale limitata all'azienda come relitta dal de cuius, con gli elementi materiali e immateriali esistenti al momento dell'apertura della successione, mentre il successivo esercizio di essa, con gli incrementi personalmente apportati dal coerede o dai Coeredi gestori, non pu essere imputato che a costoro ed alla societ da essi costituita (Ca.ss., 10 giugno 1968, n. 1810). D'altra parte, nella specie l'obbligazione tributaria stata accertata esistente non in base ai principi de1l'enunciazione, ai quali esclusiva- mente si riferiscono le sentenze richiamate dai ricorrenti, bensl in applicazione del diverso istituto dei cosiddetti trasferimenti presunti, rego ~ J, PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 551 lati nell'art. 18 1. registro. Dispone tale norma, fra l'altro, che i contratti verbali di cessione della propriet di un'azienda industriale debbono essere denunziati e sottoposti a registrazione a cura delle parti interessate, nelle forme previste dall'art. 79, entro venti giorni da quello in cui i contratti medesimi ebbero principio di esecuzione. In mancanza di denunzia, per procedere d'ufficio basta il fatto che si abbia prova di ,convenzione che faccia presumere legalmente nel nuovo possessore il diritto di propriet. Nella specie appunto, in mancanm di denunzia specifica, l'ufficio del registro ha presunto l'esistenza di contratto verbale di cessione della quota di compropriet dell'azienda industriale spettante ad Anna Maria Filiberti daU'esibizione dell'atto con il quale Luciano e Giancarlo Filiberti si erano qualificati unici componenti della societ di fatto costituita per la gestione della fonderia, proveniente dall'eredit paterna e tale azienda avevano posto come oggetto dei rispettivi conferimenti: e non era affatto tenuto l'ufficio a presumere invece la costituzione di una societ di :futto tra i tre fratelli, conce:mente la gestione dell'azienda comune, sia perch il cennato articolo 18 non :fa riferimento a tale fatto giuridico, sia perch dalla convenzione registrata non si ricavano elementi, tanto meno elementi univoci, da porre a base della presunzione di costituzione di tale societ e del successivo recesso da essa di Maria Grazia :miliberti. La presunzione cosi affermata daU'Ufficio ammetteva prova conria, ma tale prova che nell.a specie i rkorrenti intendevano ricavare daUa costituzione della societ fra i tre fratelli, cio daU'esistenza di un contratto avente tale oggetto, imphlcava che il contratto stesso dovesse essere registrato con ilpagamento dell'imposta prevista dall'art. 81 della tariffa all. A, perch potesse esser fatto valere nei confronti della Amministrazione finanziaria e perch potesse pretendersi la registrazione a tassa fissa dell'asserito successivo atto di recesso della Maria Grazia Filiberti. Infondata anche la tesi accennata nel terzo motivo del ricorso, cio .che il cennato art. 18 non ,concerne la vendita di quota di azienda, ma solo il trasferimento dell'intera azienda. Lia locuzione generica usata in detta norma, relativa a contratti verbali di cessione di propriet... di un'azienda di industria o commercio, messa in relazione alla dispo sizione generale dell'art. 1 defila legge, che assoggettata a registrazione ed a pagamento delle tasse refative le trasmissioni della propriet, del- l'usufrutto, dell'uso o del godimento di beni o di altro diritto reale, cio, in genere, tutti gli atti traslativi di diritti reali (ved. anche art. 1 tariffa aU. A) convince 'che sono soggetti a registiiazione, anche ai sensi dell'art. 18, le convenzioni relative a trasferimenti di quote di aziende industriali. -(Omissis). 13 552 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 20 giugno 1969, n. 2176 -Pres. Tavolaro -Est. Leone -P. M. Criscuoli (conf.) -Molina (avv. Milanesi) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Avella). Imposta di registro -Agevolazioni fiscali per le case di abitazione non di lusso -Vendita isolata.di negozi -Inapplicabilit delle agevolazioni. (1. 2 luglio 1949, n. 408, art. 17; 1. 6 ottobre 1962, n. 1493, art. 1; 1. 2 dicembre 1967, n. 1212, disposizioni legge in gen., art. 15). La riduzione delle imposte di trasferimento disposta dall'art. 17, primo comma, della l..2 luglio 19:49, n. 408, non spetta alle vendite isolate di negozi, perch tuttora in vigore la espressa esclusione di tale beneficio, stabilita dai successivi commi secondo e terzo, quando la vendita di negozi non sia conclusa con lo stesso atto di trasferimento dell'intero fabbricato o concerna negozi considerati unitd economiche a se stanti (1). (Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso il Molina denunzia violazione degli artt. 17, 1. 2 luglio 1949, n. 408, 1 1. 6 ottobre 1962 n. 1493, unico 1. 2 dicembre 1967 n. 1212; 15 delle disp. sulla legge in .generale, nonch falsa applicazione del secondo e del terzo comma del citato art. 17 della legge n. 408, del 1949. Egli sostiene che la lettera e 1a ratio dell'art. 1 della legge n. 1493 del 1962 dimostrano che il legislatore ha inteso sottoporre alla medesima disciplina sia la vendita li:solata degli uffici sia la vendita isolata dei negozi. E poich alle vendite isolate degli uffici vanno concesse le agevolazioni previste d:alla legge n. 408 del 1949 e successive proroghe, anche Je vendite isolate dei negozi fruiscono dello stesso trattamento di favore. Invero le disposizioni dei comma seeondo e terzo dell'art. 17, 1. n. 408 del 1949, in quanto incompatibili con quella dell'art. 1 della 1. n. 1493 del 1962, debbono ritenersi tacitamente abrogati. Anche in Considerazione del (1) Sulla importante questione relativa alla applicabilit alle vendite isolate di negozi dei benefici fiscali di cui all'art. 17 della I. 2 luglio 1949, n. 408 sfata pubblicata in questa Rassegna. 1969, 1, 336 la sentenza della Cqrte App. Napoli, 23 novembre 1968, n. 2563 (con nota di LAPoRTA) che aveva gi accolto la tesi negativa sostenuta dalla Amministrazione. In quell'occasione si segnalato che la stessa questione era stata sottoposta all'esame della Cassazione. Ora, con la sentenza in esame, le Sezioni Unite della Cassazione, ripudiando le contrarie affermazioni di cui alla sentenza, Sez. I, 21 m.arzo-20 giugno 1969, n. 2178, hanno condiviso la stessa soluzione negativa, e tale pronuncia pu ben dirsi definitiva in argomento. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 553 chiaro disposto dell'art. 1 della I. 2 dicembre. 1967, n. 1212 (applicabile alla specie come jll!S superveniens), interpretativo della legge citata del 1962, non si pu dubitare che i benefici suddetti sono concessi anche aUe vendite isolate dei negozi. Nella memoria il ricorrente deduce, per il caso che l'interpretazione da lui propugnata non sia accolta, che il secondo ed il terzo comma dell'art. 17 della I. 2 luglio 1949, n. 408 sono ilJ.egittimi, perch in contrasto con l'art. 3 della Costituzione. Le Censure sono prive di fondamento giuridico. Queste Sez. Un. sono informate del contrasto di opinioni in atto circa la questione che si agita nella presente controversia; e sono anche a conoscenza che la questione stessa stata gi esaminata dalla Sez. I di questa Corte con fa sentenza 21 marzo 1969 nella causa Amministrazione Finanze c; Ghezzi, che ha ritenuto spettare anche alle vendite isolate di negozi il beneficio della riduzione delle imposte di trasferimento, disposto .nel primo comma dell'art. 17 della l. 2 luglio 1949, n. 408, in quanto l'espressa .esclusione del beneficio, stabilita nei .successivi comma secondo e terzo, sarebbe venwta meno per effetto dell'art. 1 defila ~-6 ottobre 1962, n. 1493 -interpretato autenticamente con la I. 2 dicembre 1967, n. 1212 -allorch ha disposto che le .agevolazioni previste per le case di abitazioni dalla I. n. 408 del 1949 si appHcano anche agli uffid e negozi. Queste Sez. Un., riesaminata a fondo la questione, giudicano che il benefido non spetti, perch permane l'espressa esclusione da esso dehla vendita di negozi, quando non sia conclusa con lo stesso atto cli trasferimento dell'intero fabbricato o concerna negozi considerati unit economiche a se stanti: e che, pertanto nella specie, debba essere confermata la decisione della Commissione Centrale delle imposte che in tal modo ha provveduto. La :I. 2 luglio 1949, n. 408, fonte inesauribile di gravi controversie, tali da rendere necessario il ripetuto intervento interpretativo e chiarificatore del legislatore, volendo favorire l'incremento della costruzione di case di abitazione non di lusso, ha stabilito varie agevolazioni tributarie per le dette case di abitazioni, anche se comprendono uffici e negozi (locuzione non appropriata della norma, che evidentemente si riferisce ai fabbricati per case di abitazioni, costituiti in parte da uffici e negozi) : tali benefici vrunno dalla esenzione dell'imposta fabbricati (art. 13) e dalla riduzione delle imposte sui contratti di acquisto delle aree, sui contratti di appalto e sui contratti di finanziamento (artt. 14 e 15), alla esenzione dell'imposta di consumo sui materiali da costruzione ed alla riduzione delle imposte sui trasferimenti, in un determinato periodo di tempo, degli immobili costruiti (art. 17). Quest'ultimo beneficio presenta la particolarit, rispetto agli altri ora detti, di riferirsi ad una fase successiva alla costruzione dei fabbrtcati, nella quale questi presentano I l I iI I I I 1 554 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO specificit di caratteri costruttivi e di destinazione economica: in questa fase sono agevolati i trasferimenti delle case costruite ai sensi dell'art. 13 della legge (cio, come s' detto, le case di abitazione anche se comprendono uffici e negozi, costruite in certo periodo di tempo), mentre sono espressamente escluse dal beneficio la vendita di negozi, che non sia effettuata con lo stesso atto con cui trasferito l'intero fabbricato e la vendita isolata di negozi, che costituiscano unit economiche a s stanti (art. 17 citato, comma secondo e terzo). La norma, quindi, letta nel significato positivo ed attributivo, concede il beneficio della ridu:llione dell'imposta sui di cui all'art. 17 della l. 19 giugno 19.40, n. 762, la imvortazione in Italia di una nave straniera armata, che abbia formato oggetto di compravendita tra un imprenditore commerciale marittimo straniero ed un imprenditore commerciale marittimo italiano, aiza cui impresa commerciale .di navigazione la nave medesima sia destinata (1). (Omissis). -L'unico mezzo di gravame attiene ana questione fondamentale dibattuta nelle :fasi di merito, relativa all'assoggettamento (1) In questa Rassegna (1968, 1, pag. 1063) si data notizia del contrasto giurisprudenziale formatosi in seno alla prima sezione della Corte di Cassazione in ordine alla nota questione della tassabilit ex art. 17 della legge n. 762 del 1940 della importazione dall'estero di nave armata, e si -preannunciato che in proposito si era in attesa di nuove pronuncie delle Sezioni Unite. Con la sentenza in rassegna e con altre di pari data da n. 2304 a n. 2310 le Sezioni Unite hanno ora deciso la detta questione in senso sfavorevole alla Amministrazione e non dato prevedere un mutamento di tale giurisprudenza. 558 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO i I I o meno della nave armata, importata dall'estero, alla cosidetta imposta j I.G.E. alla importazione, previ.sta dall'art. 17 della I. 19 .giugno 1940, ! n. 762. Il problema che ha dato luogo a notevoli dubbi e discussioni, i tanto da essere stato risolto diversamente da questa Corte Swprema (e tale contrasto di giurisprudenza ha portato alla assegnazione del presente rko11so alle Sez. Un. ai sensi dell'art. 374, secondo comma, I c.p.c.) presuppone la precisa determinazione della natura delle norme da applicare. noto che la imposta generale sull'entrata fu istituita con la richiamata I. 19 giugno 1940, n. 762 (legge di conversione, con mo I difi.che del r.d.l. 9 gennaio 1940, n. 2) e precisamen~e dall'art. 1 secondo cui l'entrata in danaro o con mezzi di pagamento sostitutivi del denaro, conseguita da persone fisiche, da persone giuridiche e da enti di ogni specie tanto nazionali che stranieri, in corrispondenza di cessione di beni o di prestazione di servizi effettuate nello Stato .soggetta ad una imposta proporzionale nella misura e nelle modalit stabilite dalla legge, Lo stesso art. 1 prevede esenzioni di carattere generale, tra .ie -~ quali alla -lettera a) del terzo comma le somm introitate a titolo di :~ capitale, le somme costituenti corrispettivo di alienazione di immobili, di aziende, di titoli pubblici e privati, ovvero dipendenti da accensione e da estinzione di debiti>. La stessa legge, poi, nel titolo VII dedicato aUe importazioni ed esportazioni > contiene l'art. 17 secondo il quale in corriSlpondenza dell'imposta stabilita dall'art. 1 della presente legge sulle merci importate dall'estero dovuta, per il faitto obiettivo della importazione, una imposta nella stessa misura > stabilita per \I.e entrate derivanti da trasferimento di merci nello Stato> (primo comma), imposta da corrispondersi in modo virtuale alle dogane all'atto di sdoganamento della merce> (comma secondo). Negli articoli successivi dello stesso titolo si pongono le. disposizioni necessarie per la corresponsione (art. 18) quelle relative all'importazione temporanea (art. 19), all'esenzione dalla imposta di determinate merci, esenzioni stabilite particolarmente agli effetti della importazione> (art. 20), nonch, infine, quelle speciali per la esportazione (art. 21). Come dianzi accennato il problema posto a queste Sez. Un., in jjj ;j I relazione alla presente fattispecie, in cui stato pacificamente accertato fr< ' in sede di merito (e da tale accertamento ovviamente non pu decam l l ~ parsi nella indagine giuridica che segue) che si in presenza di nave armata > venduta da un imprenditore. commerciale estero ad un imprenditore commerciale italiano e quindi importata per essere destinata f@ i ad una impresa commerciale di navigazione, si sostanzia nel quesito ' se ad una siffatta nave, nelle suddette condizioni, possa o meno applicarsi la imposta istituita dall'art. 17 del:la legge del 1940. La sentenza ~ impugnata ha seguito la tesi negativa, della esclusione della imposta nel caso in esame (tesi seguita anche da un gruppo di sentenze di questa ~~~~~~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 559 Suprema Corte; cio daJ.la sentenza 14 novemcbre 1968, n. 3732 e dalla sentenza 9 febbraio 1969, n. 522). L'opinione si basa su due affermazioni fondamentali. In primo luogo la imposta di cui all:'art. 17 non sarebbe qualcosa di distinto e separato dall'imposta generale di cui all'art. 1 della stessa legge del 1940, perch tra le due imposte vi sarebbe uno stretto parallel1smo, come risulterebbe dalla lettera e dalla ratio della legge istitutiva, onde non potrebbero non applicarsi lla importazione ed alla imposta di cui all'art. 17, le esenzioni di carattere gen~rale, tra cui quella della lettera a) del terzo comma dell:'art. 1, nel senso che non potrebbero essere ritenuti soggetti al tributo per l'importazione quegli atti economici (alienazione di immobili, aziende e comunque movimenti di capitale) che non rientrano nel concetto di atti aventi ad oggetto merci destinate allo scambio ed al consumo e che perci non sarebbero assoggettati alla imposta generale sull'entrata ove fossero posti in essere nel territorio nazionale. In secondo luogo la opinione in esame fa leva sul concetto di merce, di cui all'art. 17 della legge in esame ed esclude che la nave armata oggetto di compravendita tra due imprenditori commerciali possa configurarsi quale merce e ritiene che invece essa, poich in funzione di una impresa commerciale marittima, costituisca azienda e quindi il suo trasferimento tra i suddetti imprenditori commerciali non possa mai definirsi importazione di merce. L'opinione opposta propugnata nel ricorso (e tale tesi stata anche seguita dall'altro gruppo di decisioni di questa Suprema Corte e cio da sei sentenze in data 31 ottobre 1968, nn. da 3641 a 3646, e dalla sentenza 14 novembre 1968, n. 3731). Questa seconda opinione fa anche essa leva sui medesimi punti dianzi accennati, ma in modo del tutto contrario. Cosi in primo luogo si afferma che dalla lettera e dalla ratio dell'art. 17, in relazione a quelle dell'art. 1 dovrebbe rilevarsi la completa indipendenza ed autonomia reciproca delle due imposte, collegate solo formalmente (stessa legge), occasionalmente e storicamente (stesso momento di introduzione), onde l'imposta di~cui all'art. 17 che dovuta per il sol fatto obiettivo della importazione sarebbe dovuta solo e sempre che sussistano unicamente i requisiti e presupposti stabiliti dall'art. 17, le uniche esenzioni possibili sarebbero quelle, previste particolarmente per essa, dall'art. 20, mentre non potrebbero estendersi le esenzioni previste dall'art. 1 per la diversit dell'imposta da questo articolo regolata. E parimenti, in secondo luogo si afferma che il concetto di merce di cui all'art. 17 andrebbe inteso nell'amrpio senso che le va dato in materia doganale (in quanto l'imposta di cui all'art. 17 sarebbe una vera e propria imposta doganale) e quindi in tale concetto rientra anche la nave importata, sia essa armata o non armata. 560 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Queste Sez. Un., dopo attento ed approfondito riesame del1a questione, ritengono di dovere accedere alla tesi negativa, e cio di dovere affermare il principio che non tassabile con l'imposta detta I.G.E. I all'importazione di cui all'art. 17 della 1. 19 giugno 1940, n. 762, la importazione in Italia di una nave straniera armata, che abbia formato I oggetto di compravendita tra un impMnditore commerciale marittimo straniero ed un imprenditore commereiale marittimo italiano, alla cui impresa commerciale <;li navigazione la nave medesima sia destinata. Tale affermazione si fonda.su un complesso di ragioni. noto che l'imposta generale sull'entrata di cui aU'art. 1 della legge del 1940 mira a colpire ogni corrispettivo della prestazione di un bene o di un servizio, come risulta dalle specificazioni contenute negli artt. 2 e 3 della stessa legge: colpisce cio ogni atto di scambio di ricchezza avvenuto nel territorio dello Stato in occasione dello svolgimento di un'attivit economioa. Il che spiega l'esenzione prevista dalla lett. a) del terzo comma dell'art. 1, poich se H presupposto dell'imposizione il conseguimento di un'entrata come corrispettivo di una controprestazione (.cessione di un bene o prestazione di un servizio) appare chiaro che l'imposizione medesima non pu colpire il movimento di capitali o le somme introitate come corrispettivo non di vendite o cessioni di beni destinati aUo scambio, ma di aziende. Quindi .gli scambi di ricchezza, le entrate dovute a cessioni di beni o a prestazioni di servizi sono colpite, quando tali atti economici sono compiuti nel territorio dello Stato. In tal guisa sarebbero rimaste fuori dell'ambito della imposizione le entrate provenienti dall'estero e le entrate o scambi di ricchezza conseguenti a importazioni di beni, cio le entrate nel territorio nazionale di beni provenienti dall'estero e suscettivi di scambio e di produzione di ricchezza, produttivi di quei corrispettivi che sarebbero stati assoggettati all'imposta, se l'atto economico fosse stato posto in essere esclusivamente nel territorio nazionale. Tale evidente sperequazione ha voluto evitare la norma dell'art-17 introducendo, parallelamente alla imposizione generale sull'entrata, quando questa avvenga nel terititorio nazionale, una imposizione sull'entrata quando avvenga in conseguenza di immissioni dall'estero di beni destinati allo scambio ed al consumo (cio di quegli stessi beni che se scambiati o prodotti in Italia, sarebbero stati colpiti dall'imposizione generale). Di guisa che come il fatto o presupposto che d luogo all'imposizione di cui all'art. 1 il fatto economico produttivo del bene o dell:a prestazione che d luogo all'entrata, cosi il fatto che d luogo all'imposizione di cui all'art. 17 non pu che essere l'importazione, che costituisce l'ingresso del bene nel territorio nazionale (e la suscettivit di esso a produrre in questo ricchezza). E parimenti, poich il parallelismo e la perequazione devono valere non solo dal lato positivo (imposizione) ma anche dal lato negativo (limiti dell'imposizione stessa ed esenzioni) altrimenti PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 561 si cadrebbe nella sperequazione voluta evitare, come la imposizione di cui all'art. 1 colpisce i corrispettivi di prestazioni di beni o di servizio, escluso il movimento di capitali o il corrspettivo di cessioni che non riguardano la prestazione o lo scambio di un bene, cosi la imposizione dell'art. 17 non pu non colpire l'importazione e cio l'ingresso nel territorio nazionale di merci, intese nel significato ristretto e proprio di beni destinati allo scambio o al consumo o alla produzione di altri beni e cio suscettive di un significato economico analogo e parallelo a quello di cui sono suscettivi i beni scambiati e pi-odotti in Italia ed assoggettati all'imposta generale. Il parallelismo e la perequazione verrebbero meno e si sarebbe stato in presenza dell'introduzione di una imposta pi ampia e di cui non si spiegherebbe la causa giuridica ed economica d~ll'imposizione ove al concetto di merce si desse il significato amplissimo cui pure dato da talune leggi, come da quelle doganali, relativa a qualsiasi cosa che venga importata o introdotta in Italia. Laddove la causa ecortomica e giuridica dell'imposizione di cui all'art. 17 non il colpire l'importazione o la cosa importata, perch gi v' l'imposta doganale al riguardo, ma il colpire il bene o merce che viene dall'estero e che produttivo nel territorio nazionale di quell'entrata che colpita con l'imposizione introdotta dalla legge del 1940. Se in ci consiste la causa dell'imposizione ed il suo presupposto, ne viene di conse.guenza che per quanto attiene all'attuazione di siffatti presupposti e cio all'imposizione concreta, il legislatore non poteva estendere f f I puramente e semplicemente l'imposta di cui all'art. 1 alle importazioni, per la notevole diversit del fatto impositivo, che nell'un caso dato dalla produzione e dallo scambio del bene nel territorio nazionale e dall'entrata che sorge e si esaurisce in. questo territorio e nell'altro dall'ingresso del bene dall'estero.. Giustificata quindi la differenza per I quanto riguarda il momento impositivo, che nel primo caso dato dal ?: I ~ sorgere del bene o dal suo se.ambio e nel secondo dal suo ingresso nel territorio nazionale o dalla sua importazione; coID;e parimenti sono lo giche le nuove modalit di riscossione, che non possono non tener conto I ~ del fatto dell'importazione,. del soggetto colpito che nell'ipotesi del- l'art. 17 sempre l'importatore. Perci il legislatore per raggiungere :::~ il fine voluto, parallelo a quello raggiunto dall'art. 1 ha creato una particolare imposizione sistemata nel quadro generale dell'imposta sull'entrata pur con i suoi caratteri particolari, quella che nella prassi w economica, tributaria e giuridica, si chiamata e si chiama con la signi-fil ficativa denominazione di I.G.E. all'importazione > (cio di una imposta f I.G.E. con riguardo al fatto particolare dell'importazione). Tale imposta f"ll particolare non , per le ragioni suddette, imposta doganale, ma rientra, !"'" come d'altronde pacifico, formalmente tra i diritti doganali, cio tra # quei diritti che colpi,.,ono le merci imporlate per finalit diver.e e la I Ifu:] ~'i;~~;w~;'.C"~"""t;~'=,,,,.,,,J RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 562 cui disciplina l'art. 8 della legg~ doganale rinvia alle leggi che 11 riguardano. Quanto si detto risulta dall'intero sistema della legge e cio dalla interpretazione letterale, logica, storica, sistematica delle norme introduttive e di tutto il sistema legislativo vigente riguardanti l'imposta I.G.E. all'importazione. Anzitutto non fuor di luogo ricordare la relazione ministeriale sull'art. 17 della legge del 1940, in cui si dice che e scopo dell'art. 17 quello di imporre all'acquisto della merce all'estero lo stesso trattamento tributario previsto per il trasferimento di merci all'interno '" Ma tale fine di perequazione e tale esigenza di pari trattamento risultano chiaramente -ad avviso di queste Sez. Un. -proprio dall'art. 17. In primo luogo tali finalit risultano dalle. parole iniziali dell'art. 17, che chiariscono come l'I.G.E. all'importazione istituita in corrispondenza > dell'imposta stabilita dall'art. i. A questa frase non pu non darsi un concreto significato normativo e non il significato di mero accenno all'occaaine storica dell'imposta, che sarebbe fuori posto in una legge. L'unico significato vero della locuzione in corrispondenz,a >, quello sostanziale perequativo di attuare possibilmente l'unicit di trattamento tributario che colpisca con le nuove imposizioni tutti i beni e tutte le merci suscettive di scambio, di con. sumo, di produzione, di entrate, siano sorte in Italia, sia provenienti dall'estero, onde evitare alle merci provenienti dall'estero una posizione di privilegio e di esenzione che mal si concilierebbe con la voluta e generalit > dell'imposta sull'entr?-ta. Altrimenti verrebbe meno, come si gi accennato, la causa e la ragione stessa dell'imposizione e non si spiegherebbe perch al momento dell'istituzione dell'imposta generale sull'entrata il legislatore avesse voluto istituire una diversa ed autonoma imposta nello stesso testo legislativo. Si tenta superare siffatto ostacolo ammettendo che il fine perequativo e la parit di trattamento sono state solo le occasioni >, e la corrispondenza occasionale : ma gi con questa ammissione si ammette un fine perequativo e di uguaglianza, dal quale non possono poi non trarsi solo alcune conseguenze ed altre no. In secondo luogo non pu non rilevarsi che per espressa disposizione dello stesso art. 17, la misura dell'I.G.E. all'importazione stabilita in misura pari a quella fissata per le entrate derivanti da trasferimento di merci nello Stato. Dire che tale parallelismo riguarda solo la misura dell'imposta un restringerne il senso: il parallelismo della misura dell'imposta appare conse,guente a quello sostanziale dell'oggetto alla imposizione. Poich si voluto che le merci importate dall'estero abbiano lo stes1so trattamento tributario delle merci trasferite nello Stato (e si noti che qui la legge, proprio per rendere evidente quel parallelismo non parla pi di beni ma di merd) si istituita l'I.G.E. all'importazione e si stabilita per essa la stessa misura di tributo che per l'l.G.E. ordinaria. Sostenere il contrario significa dare all'imposta alla j l I I '!:: I PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 563 importazione generico carattere protezionistico che, oltre tutto, almeno nell'area del: Mercato Comune, sarebbe difficilmente compatibile con il trattato che lo concerne. D'altra parte quelli che, secondo la tesi propugnata dalla ricorrente sono punti di frattura > tra le due imposte, in realt tali non sono nel senso voluto dalla ricorrente medesima (di far venir meno il parallelismo suddetto) poich riguardano esclusivamente l'attuazione dell'imposizione che non pu non risentire dei fatti diversi che dell'una e dell'altra imposizi()l!le costituiscono il presupposto, per il raggiungimento delle medesime finalit. Ben vero si cita l'espressione dell'art. 17 che stabilisce l'imposta per il fatto obiettivo della importazione . Ma ci conseguenza evidente della circostanza fondamentale che l'imposta colpisce la merce trasferita dall'estero in Italia. In tal 1caso evidentemente l'atto rilevante non pu essere l'atto economico traslativo compiuto all'estero, ma quello della importazione, che introduce nello Stato la merce destinata allo 1scambio, al consumo, alla produzione, e produttiva di entrata di ricchezza nello Stato medesimo. Mentre nel caso dell'imposta generale di cui all'art. 1 l'atto economico rilevante (ed obbiettivamente rilevante anche esso) dato dal trasferimento o dalla produzione, perch essi avvengono gi nel territorio dello Stato, producendo l'entrata immediatamente in questo territorio. Si cita ancora la diversit delle modalit di riscossione, ma ci dipende dal: fatto dell'importazione, dalla disciplina di essa come diritto doganale e dalla comodit della sua riscossione al momento dell'im,portazione. Si cita infine la circostanza soggettiva che ad essa in ogni caso assoggettato l'importatore: ma anche qui vi parallelismo poich, mentre l'imposta ordinaria colpisce l'entrata dovuta alla cessione, produzione o scambio nel: territorio nazionale, obiettiv.amente in testa al soggetto dell'entrata, anche se costui nulla abbia guadagnato (Cass. 27 febbraio 1953, n. 474), cosi l'I.G.E. all'importazione colpisce obbiettivamente il fatto dell'importazione rilevante che qui in testa all'importatore. Conformemente al menzionato scopo della norma, il termine merce ., secondo l'art. 17 non pu nn essere inteso nel significato dianzi precisato di bene importato dall'estero e destinato al consumo, allo scambio, alla produzione nello Stato, similmente al concetto di bene di cui all'art. 1 della stessa legge, onde realizzare il raggiungimento di quel medesimo parallelo scopo. E che questo debba essere il significato di merce risulta da tutte le altre norme concernenti, nella legge del 1940, l'I.G.E. all'importazione. Anzitutto dall'art. 20 che concerne l'esenzione ai fini dell'importazione: esenzioni di carattere particolare collegate al particolare fatto dell'importazione, esenzioni che riguardano tutte merci nel senso suddetto: n pu avere valore il fatto che in queste esenzioni non sono mentovate quelle di cui all'art. 1 e particolarmente alla lettera a) del terzo com1!la, giacch da un lato si tratta di esenzioni collegate, come dice l:a stessa legge, al fatto della 564 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO importazione e quindi peculiari all'I.G.E. all'importazione e dall'altro lato l'estensione anche per quest'ultima degli atti economici di cui alla citata lettera a) discende chiaramente dalla corrispondenza, cio dal parallelismo tra le due imposte, di cui si gi parlato, ai fini del rag giungimento dell'analogo fine impositivo e dal significato ristretto di merce innanzi P'recisato. Ancora questo significato risulta dagli artt. 19 relativo alle temporanee importazioni e 21, relativo alle esportazioni: .in questi due casi pure la regolamentazione dell'imposta sull'entrata presuppone il detto significato di merce,, senza il quale od oltre il quale non pu parlarsi di importazione temporane~ o di esportazione. Alle argomentazioni di cui sopra queste Sez. Un. devono aggiungere brevemente le seguenti che si traggono dall'intero sistema legislativo, cio da tutte le leggi successi\re, modificative, chiarifkatrici ed estensive dell'imposta e del carico tributario. Leggi le quali tutte, senza eccezione, confermano da un lato il parallelismo e la corrispondenza dell'I.G.E. all'importazione con l'imposta ordinaria e dall'altro il ripetuto significato di merce, a proposito dell'I.G.E. all'importazione. Va citata in primo luogo la l. 31 luglio 1954, n. 570 che istituisce e regola la cosid- I detta I.G.E. all'esportazine, parallela all'I.G.E. all'importazione ed al ~ l'I.G.E. ordinaria. In questa legge si contengono due norme fondamentali: la prima concerne il diritto degli esportatori dei prodotti industriali e delle merci indicate nelle tabelle allegate alla legge (e I~1 completate da leggi successive) ad ottenere la restituzione dell'imposta f?!. generale sull'entrata in relazione alle merci esportate ed ai prodotti I lii utilizzati nella loro fabbricazione (art. 1, primo comma); la seconda 11;; concerne l'istituzione sui prodotti industriali importati dall'estero e destinati alla fabbricazione di merci in Italia di un diritto cosiddetto compensativo suHe importazioni, cio di un diritto, dovuto all'atto della importazione, in aggiunta all'imposta di cui all'art. 17 della legge del 11 'i 1940, che assolva alla funzione di conguaglio e rapportato all'imposta jl generale sull'entrata che gli stessi prodotti avrebbero assolto durante M la loro fabbricazione in Italia (art. 1, secondo comma). Tali disposizioni I" ' confermano il pieno parallelismo ai fini dell'imposta sull'entrata tra . I.G.E. ordinaTia, I.G.E. all'importazione ed I.G.E. all'esportazione ed. I. anzi quel parallelismo aumenta in quanto lo instaurano non solo tra le merci importate e le merci prodotte o scambiate in Italia, ma anche, attraverso l'imposta di conguaglio tra i prodotti industriali importati '. I ' per la fabbricazione ed i prodotti usati per la fabbricazione stessa. ili~~ Fil Vanno poi ricordate numerose leggi le quali o ampliano o introducono esenzioni all'imposta sull'entrata ovvero contengono tabelle con la determinazione dei beni sottoposti all'imposta stessa (tra cui l'art. 6 della 1. 4 febbraio 1956, n. 33 relativo.al be~tiame bovino, ovino e suino ~ vivo e all:e pelli bovine equine e suine non conciate; l'art. 4 del d.l. 21 novembre 1956, n. 1284 riguardante i prodotti ortofrutticoli, i pol-!:::!! i:::m 11:1 l!l! ~~.J PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 565 lami, le uova, ecc.; gli artt. 1 e 5 della I. 26 novembre 1957, n. 1153 relativa a variazione dell'imposta generale sull'entrata e relative aliquote per il commercio di prodotti fertilizzanti di produzione nazionale e per l'importazione degli stessi prodotti di provenienza estera; la 1. 21 marzo 1958, n. 267 relativa a modificazioni di tariffe in ordine ai prodotti tessili italiani o importati; la 1. 19 luglio 1960, n. 764 riguardante esenzioni relative a merci e prodotti inerenti a costruzioni navali. Dall'esame di tali leggi si ricavano due considerazioni fondamentali che corrispondono perfettamente a quelle che si traggono dall'interpretaziolne dell'art. 17 della leg.ge del 1940. Da un lato invero tutte le esenzioni, modifkazioni, precisazioni, variazioni di aliquote concernenti i singoli beni e merci colpiscono tanto lo scambio, il commerdo, la produzione di beni e merei in Italia, quanto l'importazione degli stessi beni, delle stesse merci, degli stessi prodotti dall'estero: il parallelismo perfetto e la maggior parte delle varie leggi speciali non fa pi nemmeno distinzione formale e parla promiscuamente e contemporaneamente di imposta gel!lerale sull'entrata tanto per i beni di produzione nazionale quanto per la importazione dei medesimi all'estero, ferma restando la eguaglianza della aliquota o misura riconosciuta dall'art. 17 e ferma restando per contro la diversit del momento impositivo (produzione e scambio del bene in Italia, atto dell'importazione di quello proveniente dall'estero). Dall'altro in tutti i casi previsti da quelle leggi speciali si tratta sempre di merci, beni, prodotti destinati allo scambio, al consumo, alla produzione sia che sorgano in Italia, sia che provengano dall'estero; onde tutto il sistema legislativo conferma anche il significato gi dato di merci dall'art. 17 della legge fondamentale. Cos interpretato ed inquadrato organicamente nel complesso legislativo l'art. 17 della legge istitutiva del 1940, la soluzione negativa gi accennata al quesito finale di specie (che -come pr-emesso -sta tutto nello stabilire se la nave armata, oggetto di compravendita tra imprenditore commerciale straniero ed imprenditore commerciale italiano ed introdotta in Italia per essere destinata quivi all'esercizio deHa impresa commerciale marittima, possa essere assoggettata, a termini del pi volte richiamato art. 17 della legge del 1940, alla I.G.E. alla importazione) di agevole e piana dimostrazione. La nave armata, oggetto di compravendita tra imprenditori commerciali ed importata per essere destinata aH'esercizio dell'impresa marittima in Italia non pu considerarsi merce i sensi dell'art. 17, in quanto non bene destinato allo scambio, al consumo o alla produzione ma destinata a formare oggetto dell'impresa commerciale marittima, investimento di capitali, perch concorre a formare (quando non costituisca da sola) l'azienda madttima, destinata, nelle mani dell'imprenditore marittimo, all'esercizio della impresa. Tale conclusione, che si trae dalla interpretazione dell'art. 17 e d:alla sua applicazione 1J corroborata da due argomenti 566 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO che con la precedente si contemperano. La prima fondata sul paral lelismo e corrispondenza tra le due imposte di cui si parlato. Infatti, la questione della assoggettibilit della nave armata alla imposta or dinaria sull'entrata, quando la nave sia oggetto di scambio e di cessione nel territorio dello Stato tra due imprenditori commerciali e sia destinata all'esercizio della impresa marittima dell'imprenditore acquirente, stata sollevata e risolta -come riconosce ed ammette la stessa amministrazione ricorrente -in senso negativo, sia dalle risoluzioni e circolari del Ministero delle Finanze, sia dalla dottrina, sia anche dalla giurisprudenza di questa suprema Corte che ne rilev il duplice profilo di sussistenza di una alienazione di azienda, definendo appunto la nave armata nella ipotesi suddetta una azienda o parte di azienda, e quindi di esistenza non di uno scambio di beni sibbene di un movimento di capitali, con la conseguenza in ogni caso della sussunzione dell'ipotesi nella esenzione di cui alla lettera a) del terzo comma dell'art. 1 (Cass., Sez. Un. Pen., 10 luglio 1954, P. M. c. Delle Fave; Cass. civ. 7 ottobre 1967, n. 2289, la quale ultima espressamente afferma -come d'altronde la precedente -che l'acquisto dei Carati di una nave armata, come acquisto della universitas patrimoniale costituita dalla nave intera con la sua armatura, non produce trasferimento di un bene, ma semplicemente movimento di capitale che diviene denaro liquido per il venditore ed investimento di ricchezza per gli acquirenti, onde il corrispettivo di esso esente dall'imposta sull'entrata). Se ci indiscutibile e pacifico per l'imposta di cui all'art. 1, la conseguenza non pu che essere una e che cio la nave armata importata dall'estero per essere impiegata nell'esercizio dell'impresa marittima e cio come universitas patrimoniale non pu non essere esente dalla parallela imposta di cui all'art. 17, sia perch non me!'ce, ma eostituisce movimento di capitali, sia per la corrispondenza, il parallelismo, la esigenza di unicit di trattamento tra i due fatti impositivi ai fini del raggiungimento dell'unico complesso fine perseguito dalla le.gge del 1940. Il che corroborato dall'ultima argomentazione: in tutte le leggi citate, in cui si parla di esenzione di beni dalla imposta ordinaria sull'entrata e correlatamente dalla I.G.E. alla importazione o in cui si parla di modificazioni o variazione di aliquote in ordine all'imposta ordinaria sull'entrata e correlatamente in ordine all'I.G.E. all'importazione non vi mai cenno alcuno n ai movimenti di capitali, n precisamente alle navi armate, mentre vi sono considerati i pezzi di navi, macchinari, i prodotti necessari per le costruzioni navali, i quali ultimi certamente rientrano nel concetto di beni, merci, prodotti. Onde, anche la successiva legislazione (e tutto il sistema quindi) ha seguito le norme iniziali e non solo per la imposta ordinaria, ma anche per l'I.G.E. all'importazione. N.e consegue che il ricorso deve essere disatteso. -(Omissis). ~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 567 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Uin -0gn.i caso non ha giustificato la ragione del decidere, quando ha fatto decorrere il termine prescrizionale dalla data di registrazione dell'atto di rivendita o di trasferimento, perch tale formal:it non costituiva una specifica comunicazione all'uffioio del registro competente del verirficarsi della causa di decadenza; d) che d-0veva, invece, applicarsi l'ordinaria prescrizione decennale, regolata dall'art. 2946 e.e.; e) che poteva utilmente invocarsi anche la prescrizione ventennale, che l'art. 138 prevede per il diritto della Finanza al conseguimento delle tasse e sopratasse dovute per gli atti non registrati, considerando che, a seguito della decadenza dell'acquirente dai benefici fiscali, l'atto di acquisto dell'area si presentava in una nuova ed autonoma configurazione giuridica, e, come tale, non rJcsultava sottoposto a registrazione, onde anche il trattamento tributario doveva essere autonomamente stabiliito; f) che, in via gradata, doveva censurarsi la Corte di merito per avere escluso l'applicazione degli artt. 137 e 79 della legge del registro e dell'art. 2 della (allora vigente) legge n. 1493 del 1962, in quanto il contribuente aveva l'obbligo di denunciare la causa di decadenza, obbligo sancito come principio generale e per casi non tassativamente elencati dalla legge del registro e ribadito dalla legge del 1962, che, con disposizione interpretativa e non innovativa della legge organica, disponeva, come si pi sopra accennato, che anche i contribuenti, che avessero goduto dei provvedimenti di favore, fossero tenuti a presentare la denuncia a decorrere dalla notifica della formale ri chiesta del competente ufficio del registro. Per dimostrare l'infondatezza dei motivi ora riassunti giova anzitutto il richiamo ai lavori preparatori della legge n .. 35 del 1960, risultando da essi che il Ministro delle Finanze propose che il termine prescrizionale fosse elevato a venti anni, con decorrenza dalla data di registrazione dei singoli atti, espressione quest'ultima testualmente ripetuta nella legge n. 1493 del 1962, in perfetta aderenza all'art. 136 della legge del registro, nel presupposto che, in difetto, ricorresse il termine il"iennale previsto dalla legge organica. Il Senato della Repubblica approv il testo del disegno ministeriale, ma l'altro ramo del Parliamento ridusse il termine a cinque anni, e e atti non registrati, gi affermato da questa Corte Suprema nella sentenza n. 347 del 1951, e nella correlativa sottoposizione del diritto i della Finanza a due diversi termini di prescrizione: uno triennale per ~ il diritto al tributo dovuto su atti registrati, ed uno ventennale per il I diritto al tributo afferente ad atti non presentati all:a registrazione. f" In particolare, l'art. 136, regolando il diritto alla percezione del supplemento di tassa, .intende riferirsi, com' pacificamente acquisito in I dottrina e in giurisprudenza (cfr. sent. n. 1687 del 1953), non soltanto fu alle imposte suppletive vere e prQprie, cio a quelle applicabili sopra un atto o una denuncia per correggere errori od omissioni commessi in sede di registrazione tanto sulla quantit della tassa dovuta, quanto sui titoli tassabili , come dispone l'art. 7 della legge organica, ma anche a qualsiasi tassazione integrativa di quella principale, sia suppletiva che I complementare, ossia a tutte le imposte che vengono richieste dopo la registrazione. Interpretazione codesta, che confermata dall'art. 47, -i l;J PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 573 ultimo comma, della legge, che qualifica supplemento di tassa una tassa che si deve ritenere sicuramente complementare alla stregua dei criteri distintivi dettati dal dtato art. 7. Erroneo appare, inoltre, il rilievo dell'Amministrazione ricorrente, secondo cui non rpu, nella specie, ricevere applicazione l'art. 136, perchi il diritto. a percepire il supplemento di tassa non sorto al momento della registrazione dell'atto di acquisto, ma conseguito al verificarsi di un evento .successivo, quale la decadenza dai benefici fiscali per la rivendita o il trasferimento dell'area edificabile. Al contrario, deve ritenersi che il rapporto, che si instaura con la concessione (in via provvisoria) dei benefici, abbia per oggetto della imposizione un negozio valido ed efficace ~l'acquisto dell'area), e deter_. mini pertanto a favore della Finanza .il diritto ai tributi nella misura ordinaria valido, ma non efficace, essendo la sua efficacia subordinata al non adempimento, da parte dell'acquirente, dell'obbligazione di costruire, non adempimento che consegue, con effetto immediato e definitivo, alla rivendita o al trasferimento. E che nel caso di alienazione dell'area il diritto della Finanza non sorga, n trovi la sua causa ne'll'atto relativo dimostrato dalla circostanza che l'imposta dovuta.i sull'atto di acqu1sto, e non su quello posteriore di alienazione. L'inefficacia del diritto a percepire i tributi nella misura ordinaria nel momento della registrazione dell'atto di acquisto rende operante il iprincipio generale dettato dall'art. 2935 e.e., in base a eui la prescrizione non incomincia a decorrere, se non da quando il diritto, che dovrebbe esserne colpito, pu essere fatto valere, intendendosi .per impossibilit quella derivante da cause giuridiche e non da semplici ostacoli di fatto; e l'inizio della decorrenza deve, perci, farsi coincidere non con la registrazione dell'atto agevolato>, ma con quella di registrazione dell'atto (di rivend1ta o di trasferimento), che, con riferimento al caso di specie, importa decadenza dalle agevolazioni gi concesse e attribuisce al diritto della Finanza l'efficacia, che originariamente non possedeva. E che sia necessario che anche il successivo atto di alienazione sia registrato, perch il termine prescrizionale co.minci a decorrere, provato dal rilievo che, in caso contrario, si profilava, almeno prima dell'entrata in vigore del d.1. n. 1150 del 1967 e della legge di conversione, quella causa di sospensione, che prevista dall'art. 2941 n. 8 e.e., di cui sarebbero concorsi sia l'elemento soggettivo inerente al comportamento del debitore intenzionalmente diretto ad occultare l'esistenza della propria obbligazione, sia l'elemento oggettivo per l'asso- Iuta impossibilit, nella quale si sarebbe trovata l'Amministrazione creditrice, per effetto del dolo del contribuente, di far valere il suo diritto. I I Ili t.~1 ~ ~ rn ~_,,~#t~~e~amvJ ~ 574 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I A questi prjncipt, del resto pacifii vigente la legge n. 35 del 1960 t (sul riflesso che, se il termine avesse cominciato a decorrere dalla re, ~: f: gistrazione dell'atto agevolato>, si sarebbe sancit un caso di prescri~ zione, che si compiva prima del verificarsi del presupposto, che dava diritto al recupero della imposta nella n;i.isura ordinaria) si corret I tamente ispirata la Covte di merito nel deidere, con adeguata motivazione, il punto in esame, e la sua decisione si sottrae quindi alle cen I sure che, anche sullo specifico pllllito, le muove iAmministrazione ricorrente. Ritenuto che il caso di specie sia regolato dall'art. 136 della legge del registro, resta esclusa l'applicabilit degli artt. 138 e 137, a cui pure si richiamano i motivi di ricorso. Infatti, per l'art. 138 si prescrive con il decorso di venti anni l'obbligazione del contribuente di richiedere la registrazione e, correlativamente, il diritto della Finanza di procedervi di ufficio nel .presupposto che l'atto non sia stato registrato, mentre, nel caso, l'atto di acquisto dell'area fu assoggettato a registrazione e scont la tassa fissa, a norma dell'art. 14 della leg,ge n. 408 del 1949. E quanto all'art. 137, prescindendo da altre considerazioni, la sua inapplicabilit discende dall'inesistenza di un obbligo di denuncia, che non era sancito, nella materia della ricostruzione edilizia, quando intervenne la causa di decadenza, e che fu introdotto con la legge numero 14!93 del 1962, la quale, come gi si detto, aveva in questa parte carattere innovativo e non estendeva, comunque, la sua efficacia a situazioni pregresse ed esaurite. -(Omissis). SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 giugno 1969, n. 2314 -Pres. Favara -Est. Usai -P. M. De Marco (diff.). -Ministero dei Lavori Pubblici ed Istituto .per Io sviluppo dell'edilizia sociale -I.S.E.S. (avv. Stato Del Greco) c. Impresa Binetti (avv. Giordano G.). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Contratti di appalto stipulati in vigenza del Capitolato Generale app. oo. pp. 1895 -Approvazione del contratto -Tempestivit -Necessit di sequenza nel termine di quattro mesi dalla stipula del contratto del decreto di approvazione e della registrazione del medesimo da parte della Corte dei Conti -Sussiste. (r. d. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 19, comma terzo; Cap. gen. app. oo.pp. appr. con d. m. 28 maggio 1895, art. 13). In conformitd aU'art. 110 del regolamento sulla contabiZitd generale dello Stato approvato con r.d. 4 maggio 1885, n. 3074, vigente all'epoca della emanazione del capitolato generale per gli appalti oo.pp. del 1895, la norma di cui all'art. 13 di quest'ultimo va interpretata nel senso che, per considerare verificata tempestivamente la condicio iuris dell'approvazione del contratto, occorre c;,he, nei quattro mesi dalla sua stipulazione, siano seguiti il decreto di approvazione e la re.gistrazione dello stesso da parte della Corte dei conti (1). (Omissis). -Con l'unico mezzo i ricorrenti, deducendo a.i. sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c. la violazione e la falsa applicazione dell'art. 13 del Capitolato generale per gli appalti delle opere dipendenti dal Ministero dei lavori pubblici approvato con d.m. 28 maggio 1895, dell'art. 19 r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, e 114 e 115 del regolamento (1) Ma v., invece, l'art. 114, comma primo, dell'ora vigente regolamento di contabilit generale dello Stato aippr. con r.d. 23 maggio 1924, n. 827, nonch l'art. 4, secondo e quarto comma, del Cap. Gen. app. oo.pp. appr. con d.P.R. 16 luglio 1962, n 1063, secondo cui: e l'emanazione del decreto di approvazione deve avvenire entro sessanta giorni dalla data di stipulazione del contratto. L'Amministrazione d immediata comunicazione all'appaltatore della emissione del decreto di approvazione anche prima della registrazione alla Corte dei conti... Qualora l'approvazione 576 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 23 maggio 1924, n. 827, censurano l'interpretazione data dalla Corte d'Appello al citato art. 13 del Capitolato, con cui era stata compresa nella approvazione anche la registrazione della Corte dei conti, rilevando che l'art. 110 del regolamento sulla contabilit generale dello Stato approvato con d.m. 4 maggio 1885, n. 3074, cui il medesimo art. 13 del Capitolato si richiamava, distingueva fra approvazione del contratto mediante decreto del Ministro e registrazione di quest'ultimo da parte della Corte dei conti. La situazione, aggiungono i ricorrenti, era rimasta uguale anche secondo la vigente legge sulla contabilit generale dello Stato (r.d. 18 novembre 1923, n. 2440) ed il relativo regolamento (r.d. 23 maggio 1924, n. 827), dato che nell'art. 19 ((ella prima e negli artt. 114 e 115 del secondo si distingueva nettamente tra approvazione del contratto e registrazione del decreto d'approvazione presso la Corte dei conti. L'affermazione della Corte del merito, che decreto di approvazione e atto di registrazione appartenevano al medesimo momento dell'approvazione, in quanto solo con l'intervento di entrambi il contratto era eseguibile, non era, sempre secondo i ricorrenti, esatta, perch l'approvazione comprendeva solo il decreto del Ministro, mentre la registrazione nulla aveva a che vedere con quella. Le norme citate si erano preoccupate della posizione dello appaltatore fino al momento della approvazione del contratto con decreto del Ministro, dato che con questo scompariva notevolmente l'alea cui era esposto l'appaltatore medesimo, mentre successivamente la situazione di incertezza diveniva assai tenue, dal momento che la registrazione ineriva alla sola legittimit. Non bisognava, infatti, dimenticare che si trattava di norme, le quali, pur tendendo talvolta a garantire il cittadino, erano dirette soprattutto a tutelare lo Stato. Ci era confermato, concludevano i ricorrenti, dall'art. 4 del vigente Capitolato generale approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, dato che tale norma, pur non essendo applicabile al caso in esame, stabiliva che la facolt di recesso dell'appaltatore poteva esercitarsi solo se entro sessanta giorni non era intervenuto il decreto di approvazione, e ci con una formulazione assai chiara, che tuttavia si ricol nori abbia luogo nel termine di cui al secondo comma, -l'aggiudicatario pu svincolarsi da ogni impegno previa la notificazione di cui all'art. 114 del regolamento di contabilit generale dello Stato approvato con r.d. 23 maggio 1924, n. 827... . Il dies a quo del termine decorre dalla data di stipulazione del contratto pur nel caso di gara : in tale ipotesi, infatti, la stipula deve avere luogo entro trenta giorni dalla data dell'aggiudicazione (cfr. art. 4, comma primo, Clap. Gen., 1962, cit.). In caso di mancata stipulazione del contratto da parte dell'aggiudicatario, si applica l'art. 332 I. 20 marzo 1865, n. 2248, ali. F. I I l J I f: i~ 1 =~~~ -1Ji ~l~IAIV~dfl#,J PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 577 legava a quella del citato art. 110, dimostrando di non voler avere carattere innovativo. Il motivo infondato. La fattispecie disciplinata dal Capitolato generale per gli ap palti delle opere dipendenti dal Ministero dei lavori pubblici approvato con d.m. 28 maggio 1895, il cui art. 13, ai commi terzo e quarto, cosi dispone: L'approvazione del contratto, in conformit dell'art. 110 del regolamento sulla contabilit generale dello Stato, dovr essere data nel termine di quattro mesi dalla sua stipulazione. In caso di ritardo oltre il predetto termine l'appaltatore avr diritto di ottenere lo scioglimento del contratto... . La controversia riguarda l'individuazione del momento in cui deve ritenersi intervenuta 1' approvazione del contratto: se sia sufficiente la sola emanazione del decreto di approvazione, come sostengono i ricorrenti, ovvero se sia necessario che il decreto di approvazione sia divenuto efficace in seguito alla sua registrazione da parte della Corte dei conti. Decisivo per la risoluzione di tale questione, come riconoscono tutte le parti, l'art. 110 dell'abrogato regolamento sulla contabilit generale dello Stato approvato con r.d. 4 maggio 1885, n. 3074, il quale stabiliva~ Gli atti di aggiudicazione definitiva e i contratti stipulati si intendono soggetti, per quanto riguarda lo Stato e nel suo solo interess~. alla condizione sospensiva della approvazione, e non sono quindi eseguibili se non dopo che siano stati approvati con decreto del Ministro cui spetta, o dell'ufficio da lui delegato, e il decreto sia stato registrato dalla Corte dei conti . La nonna in esame dell'art. 13 del citato Capitolato generale non parla, infatti, di approvazione genericamente, ma richiede e l'approvazione del contratto in conformit dell'art. 110 del regolamento sulla contabilit generale dello Stato allora vigente, ossia che si sia verificata la condizione stabilita da tale articolo. E detta condizione comprende tanto il decreto di approvazione in senso stretto, quanto la registrazione della Corte dei conti, che tale decreto integra, come viene subito chiarito nella seconda parte dello stesso art. 110, collegata alla prima con un quindi diretto a metterne in evidenza il contenuto esplicativo. Il richiamo all'art. 110 , infatti, formulato in modo tale che non pu essere riferito che al suo oggetto principale, costituito appunto dalla condizione sospensiva dell'approvazione. Con l'interpretazione letterale concorda quella logica, essendo pi consono alla finalit della legge, diretta a rendere meno gravosa la disparit di trattamento stabilita dal regolamento generale sulla con 578 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tabilit dello Stato in favore dell'Amministrazione e in danno della parte privata, disporre che il termine fissato alle Amministrazioni dello Stato, in relazione al quale riconosciuto all'appaltatore il diritto di ottenere lo scioglimento del contratto, riguardi l'espletamento di tutte le formalit necessarie per rendere il contratto non solo perfetto (decreto d'approvazione), ma anche efficace (registrazione della Corte dei conti). Altrimenti la limitata tutela dalla legge apprestata risulterebbe inadeguata rispetto al detto fine da essa perseguito, perch l'appaltatore si troverebbe vincolato senza termine al contratto non ancora efficace per lo Stato e sarebbe costretto ad attendere, nella impossibilit di sciogliersi da tale vincolo, che la registrazione della Corte dei conti venisse eseguita o rifiutata. Con ci non si vuole sostenere che, aderendo alla te~i contraria, si toglierebbe ogni scopo alla norma e che quindi una legge che fissasse iJ termine solo in relazione al perfezionamento del contratto, prescindendo dalla sua efficacia, sarebbe inconcepibile, tanto vero che si ragionato in termini di adeguatezza (che pu essere di vario grado) della legge rispetto al fine. Si vuole solo porre in risalto che esiste una perfetta concordanza tr~ l'interpretazione lessicale delle norme di cui trattasi ed il miglior conseguimento della finalit da esse propostasi, senza tuttavia escludere che un'altra legge possa perseguire un obiettivo pi limitato, purch ci risulti palese dal suo tenore letterale. Quindi, anche se fosse esatto che i~ nuovo Capitolato generale approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063 stabilisce il diritto dell'appaltatore di ottenere lo scioglimento del contratto in relazione al mancato compimento, nel termine prescritto, della sola emanazione del decreto d'approvazione, prescindendo dalla registrazione della Corte dei conti, anche in tal caso nessun argomento potrebbe da ci trarsi in favore della tesi ,sostenuta dai ricorrenti, se si tengono presenti le profonde differenze che intercorrono tra le norme che devono essere poste a base di questa decisione e quelle del nuovo Capitolato generale del 1962, sia per l'assai diversa formulazione delle rispettive disposizioni, sia per la riduzione alla met (da quattro mesi a 60 giorni) del nuovo termine. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 30 giugno 1969, n. 2393 -Pres. Pece -Est. Milano -P. M. Trotta (conf.) -Amministrazione delle Ferrovie dello Stato (avv. Stato Conti) c. Impresa Ceragioli (avv. Carrozza, Rosati). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Appalto di opere di competenza delle FF. SS. -Domande di maggiori compensi dell'appaltatore PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 579 fondata su fatto continuativo -Differimento della formula zione della riserva, come per gli appalti di opere dipendenti dal Ministero LL. PP., al momento della cessazione della continuit Sussiste. (Cap. gen. amm. FF.SS. 9 aprile 1909, mod: con d. I. 17 novembre 1921, art. 41). Appalto -Applto di opere pubbliche~ Istituto della formale riserva dell'appaltatore come nico mezzo per far valere pretese a maggiori compensi nei confronti della P. A. committente -Fondamento e portata. (1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, artt-_ 343 e 345; r. d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 11, 16, 20, 21, 22, 23, 36, 37, 53, 54, 64, 89 e 91; Cap. gen. app. oo.pp. appr. con d. m. 28 maggio 1895, art. 41; Cap. gen. app. oo.pp. appr. con d. P. R. 16 luglio 1962, n. 1063, art. 42). Anche negli appalti delle FF.SS., disciplinati dal Capitolato generale amministrativo 9 aprile 1909 modificato con d.l. 11 novembre 1921, cos come in quelli disciplinati dal Capitolato generale oo.pp., il carattere continuativo del fatto da cui origina la pretesa dell'appaltatore a maggiori compensi costituisce motivo idoneo per procrastinare l'iscrizione della riserva fino al tempo della cessazione della continuit, attesa l'impossibiiit di precisare i compensi prima di tale epoca (1). n fondamento della decadenza sancita per l'omissione o la tardivit della riserva dell'appaltatore si ritrova nella necessit di garantire alla P.A. appaltante una pi pronta ed efficace difesa di fronte a richieste di compensi addizionali ingiustificate e la possibilit di modificare ii progetto, a seguito di tali richieste, o di adottare eventualmente le altre determinazioni del caso: secondo ii sistema normativo speciale non , infatti, l'Amministrazione che deve per prima adottare (1-2) Negli appalti di opere di competenza delle FF.SS. manca il registro di contabilit e solo in via eccezionale viene adottato il libretto delle misure, mentre di regola le misurazioni sono eseguite, ad opera compiuta, redigendosi appositi computi metrici (art. 26 Cap. gen. amm. FF.SS.). Particolare significato acquista, pertanto, per l'esclusione di qualsiasi rilevanza del c.d. fatto continuativo in tema di riserve, il dettato dell'art. 41, comma primo, Cap. gen. amm., cit., a mente del quale quando sorgano contestazioni fra l'ingegnere dirigente e l'appaltatore, oppure quando questi opponga che le prescrizioni dategli sono contrarie ai patti contrattuali, l'ingegnere dirigente decide nel pi breve termine ed in ogni caso entro venti giorni dal ricevimento della domanda dell'appaltatore. Questa deve essere presentata non oltre i cinque giorni dal ricevimento degli ordini di servizio se si tratta di contestazioni riguardanti le prescrizioni date con gli ordini stessi, dalla firma dei computi metrici se le con 580 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO e far conoscere aU'appaltatore Ze proprie determinazioni sui fatti che neZ corso deZ rapporto si verificano, saZvo iZ diritto di quest'uZtimo di formulare Za riserva, bens alZ'appaZtatore, ove intenda far valere il diritto ad un equo compenso per Z'eccessiva onerosit deLl'impegno assunto, incombe Z'onere di formuZare la richiesta tempestivamente, e, cio, qualora si tratti di fatto continuativo, al momento in cui si renda manifesta la riZevanza causale deZ fatto generatore della situazione dannosa e si disponga di ogni eZemento necessario per indicare Z'importo del compenso richiesto (2). (Omissis). -Con atto di citazione notificato il 9 aprile 1960, Rodolfo Ceragioli, titolare dell'omonima impresa di costruzioni, conveniva in giudizio avanti il Tribunale di Firenze il Ministero dei Trasporti, Fe;rrovie dello Stato, per ottenerne la condanna al pagamento della somma di lire 21.838.747, con gli interessi legali. A sostegno della domanda esponeva che, con contratto del 5 giugno 1959, aveva assunto dal Ministero dei Trasporti -Ferrovie dello Stato l'appalto per l'esecuzione di alcuni lavori di ricostruzione dei ponti in localit Calambrone della linea ferroviaria Pisa-Livorno. Aggiungeva che, nel corso del rapporto, egli aveva proposto una duplice riserva per conseguire il maggior compenso dovutogli per la protrazione dei lavori oltre il termine stabilito e per l'aumento dei costi cagionato da difficolt esecutive impreviste ed imprevedibili al momento della licitazione, ma le due riserve erano state disattese: Affermava, infine, che, non essendo stata accolta dall'Amministrazione l'istanza di arbitrato da lui proposta in relazione all'oggetto testazioni riguardano le risultanze dei computi stessi ed in ogni altro caso dal giorno in cui il fatto o la circostanza che d motivo alla domanda si sono verificati . Il citato articolo, avvertito, al secondo comma, che la domanda deve essere formulata in modo specifico e determinato, indicare le ragioni su cui fondata e le cifre di compenso a cui l'appaltato!l'e crede di aver diritto e la relativa dettagliata loro .giustificazione, statuisce, al terzo comma, che e quando l'appaltatore non presenti la domanda entro il termine di tempo e nei modi sopraindicati decade dal diritto di far valere in qualunque tempo l.e proprie ragioni (nei successivi comma sono disciplinati i ricorsi dell'appaltatore contro le decisioni dell'ingegnere dirigente e, quindi, le e riserve nei confronti delle decisioni del Direttore Generale, che vanno e notificate a mezzo di ufficiale giudiziario nel termine di quindici giorni dalla comunicazione della decisione del Direttore Generale, senza di che l'appaltatore decade dal diritto di far valere in qualunque tempo le P!t'Oprie eccezioni sulle decisioni suddette ). La surriportata sentenza della Corte di Cassazione, nella prima massima sopra in rassegna, col valorizzare la portata del secondo comma dell'articolo in esame, ha finito per vanificare il primo, dando tuttora creL} dito alla nozione di fatto continuativo., elaborata dalla giurisprudenza --111;1 llllW~Aiillf~l~~ldlliiWAilJV~J PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 581 delle due riserve, egli era stato costretto a deferire la decisione della controversia al giudizio dell'autorit giudiziaria ordinaria. L'Amministrazione convenuta, costituitasi in giudizio, chiedeva che la domanda venisse dichiarata inammissibile, improcedibile, anche per ragioni di competenza e di prescrizione, o comunque rigettata. Deduceva, tra l'altro, che nel corso dei lavori non erano mai state proposte riserve nei modi e nei termini di cui al Capitolato di appalto delle opere eseguite per conto dell'Amministrazione ferroviaria, con conseguente decadenza dell'Impresa dal diritto di far valere ogni ulteriore pretesa, e che, in ogni caso, la domanda di arbitrato era stata proposta oltre il termine fissato dall'accennato Capitolato, per cui l'Impresa era decaduta dalla facolt di far valere le sue domande sia in sede arbitrale, sia, quindi, in sede giudiziaria. Dopo l'espletamento della richiesta consulenza tecnica, l'adito Tribunale, con sentenza non definitiva 16 maggio-27 giugno 1963, respinte le eccezioni preliminari proposte dall'Amministrazione ferroviaria, condannava quest'ultima al risarcimento dei danni derivati all'Impresa dall'aver l'Amministrazione disposto, in sostituzione delle previste ture in legno, un palancolato di acciaio e dall'aver apprestato palancole inadatte e di due tipi diversi, disponendo, con separata ordinanza, l'espletamento di un supplemento di consulenza tecnica per l'accertmento di tali danni. Espletato anche tale incombente, il Tribunale, con sentenza definitiva 25 giugno-17 agosto 1964, condannava la convenuta Amministrazione al pagamento, in favore dell'Impresa, della somma di lire 7.000.000 con gli interessi legali a decorrere dall'ottobre 1958. arbitrale molto incline ... a passar sopra alla trascuratezza degli appaltatori in materia di riserve (CAPACCIOLI, Riserve e collaudo, Milano 1960, 82). Ben diversamente ed esattamente, la stessa Suprema Corte regolatrice aveva, viceversa, gi avuto modo di avvertire, che anche e specie per gli ordini ad esecuzione continuativa ha da valere il tassativo riferimento del decorso del termine di decadenza al ricevimento degli ordini di servizio, ovvero alla firma dei computi metrici ed in ogni caso al giorno in cui il fatto o la circostanza che dd motivo alla domanda si sono verificati, dovendo intendersi che nel sistema degli appalti ferroviari non il quantum, bensi lo stesso diritto a compensi sottoposto a decadenza, ond' questo diritto come tale che dev'essere fatto valere nel termine fatale, specificandosi intanto l'ammontare dei compensi cosi come la causa che ad essi d luogo permette (Cass., 29 marzo 1943, n. 719, Giur. opere pubbl., 1943, I, 204; v. anche, per le contestazioni ex art. 14 Cap. per l'esecuzione dei lavori e forniture per conto delle FF. SS. -d. C. A. FF SS. 3 maggio-14 luglio 1922 .....:.. Cass., 14 aprile 1964, n. 876, Giust. civ., Mb:ss., 1964, 397). Quest'ultimo principio, a ben vedere, vale sostanzialmente, mutatis mutandis, anche per gli appalti disciplinati dal Capitolato generale app. oo.pp. Pur stavolta la disposizione (art. 54, comma terzo, r.d. 25 maggio 1895, 582 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il gravame proposto dall'Amministrazione ferroviaria contro entrambe le decisioni era rigettato dalla Corte di appello di Firenze con sentenza 15 aprile-27 maggio 1966. Considerava, tra l'altro, la Corte: a) che non era ravvisabile alcuna preclusione relativamente alla domanda di maggior compenso formulata dal Ceragioli, avendo questi dedotto fatti di natura continuativa, che investivano la generalit del rapporto contrattuale, e che, pur dovendo ritenersi cessata la continuit alla data di ultimazione di lavori (24 gennaio 1955), tuttavia a tale data rimanevano ancora da definire le questioni pi importanti, che vennero regolate soltanto un anno pi tardi, per cui le riserve formulate dal Ceragioli alla data della sottoscrizdone della e situazione finale (21 settembre 1956) dovevano ritenersi tempestive ai sensi dell'art. 41 del Capitolato generale amministrativo di appalto delle opere per conto dell'Amministrazione ferroviaria; b) che le riserve non potevano considerarsi generiche in quanto il Ceragioli lo stesso giorno della sottoscrizione della situazione finale aveva precisato il contenuto di esse con apposita memoria, attesa .l'impossibilit di contenere nell'angusto spazio dello stampato predisposto per il verbale della situazione finale la complessa e dettagliata motivazione delle sue lamentele e delle sue pretese; c) che il Ceragioli non era decaduto dal diritto di far definire per arbitri la insorta controversia, per non aver, ai sensi dell'art. 45 del cennato Capitolato, proposto la domanda di arbitrato entro trenta giorni dalla comunicazione delle decisioni dell'Amministrazione, posto che egli, alla generica lettera del 26 settembre 1959 con la quale l'Amministrazione confermava le. primitive decisioni, gi comunicate verbalmente , aveva formalmente richiesto che tali decisioni gli venissero comuni- n. 350), secondo la quale se l'appaltatore ha firmato con riserva egli deve nel termine di quindici giorni esplicare le sue riserve scrivendo e firmando nel registro le corrispondenti domande di indennit e indicando con precisione le cifre di compenso cui .crede aver diritto e le ragioni di ciascuna domanda., non pu essere interpretata in modo da svincolare addirittura l'appaltatore dall'onere dell'immediata riserva, allorch si verifichino situazioni che gi si palesino come generatrici di un danno ontologicamente apprezzabile (Lodo arb., 17 marzo 1967, n. 18 -Roma, in questa Rassegna, 1967, I, 324). stato, infatti, gi osservato in dottrina che l'ipotesi relativa a controversie attinenti a fatti continuativi configura una fattispecie in cui l'omissione delle riserve non appare in alcun modo giustificata; in tal caso l'impossibilit di precisare i compensi motivo idoneo soltanto per ammettere la temporanea disapplicazione dell'art. 54, terzo comma, del regolamento... non motivo pertinente per dilazionare e tanto meno omettere le riserve stesse (cosi CAPACCIOLI, op. cit., 88 e seg.). E da altri si osservato che quando si tratti di fatti che anche se continuativi concernono direttamente le rpartite di lavoro che risultano ri PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 583 cate con ordine di servizio, senza ricevere alcuna risposta dall'Amministrazione. Contro questa sentenza, 1'Amministrazione ferroviaria, con atto notificato il 5 settembre 1966, ha proposto ricorso per cassazione, con due motivi, cui resiste il Ceragioli con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative. MOTIVI DELLA DECISIONE Ha carattere preliminare e deve, perci, essere esaminato con precedenz.a il secondo motivo del ricorso, con il quale si investe la sentenza impugnata nella parte in cui ha rigettato l'eccezione di decadenza del Ceragioli dal diritto di far valere le sue domande sia in sede arbitrale, sia, quindi, in sede giudiziaria. Denunciando la violazione dell'art. 45 del capitolato generale amministrativo sulle opere di competenza delle FF.SS., 1'Amministrazione ricorrente assume che la sentenza impugnata, nell'affermare che l'Impresa non era incorsa in decadenza per non avere 1'Amministrazione dato risposta alla richiesta che la decisione di rigetto delle riserve venisse comunicata con un formale ordine di servizio, ha errato, perch, dopo il collaudo, esaurite le funzioni del direttore dei lavori, cui compete l'emanazione degli ordini di servizio, ogni potest di decisione in ordine alla definizione di contestazioni, domande e controversie spetta all'Amministrazione, e, avendo questa comunicato con la nota del 26 settembre 1959 di non aver la possibilit di modificare le precedenti decisioni, era dalla data di tale comunicazione che decorreva il termine pr la proposizione della istanza di arbitrato. Il motivo non fondato. portate nel registro al momento in cui l'appalt!'ltore invitato alla firma ... ci varr soltanto a sottrarre l'appaltatore alla decadenza per quanto attiene alla mancata determinazione della somma, non a dispensarlo dall'onere della riserva al momento in cui sottoscrive il registro in cui siano riportate le partite di lavoro cui il fatto continuativo si riferisce o sulle quali si ripercuote. La dispensa datl'onere non pu andare oltre la ragione che la determina (cosi CIANFLONE, L'appalto di opere pubbliche, Milano, 1964, 782). A quest'ultima proposizione deve darsi opportuno rilievo, avvertendosi, tuttavia, che, nel sistema degli appalti disciplinati dal regolamento n. 350 del 1895, anche le riserve che interessano tutto l'appalto non per questo possono considerarsi indipendenti dalle singole partite di lavoro via via iscritte a registro (v., sul punto, DEL GRECO, nota, in questa Rassegna, 1966, I, 714), cosicch la Corte d'appello romana ha avuto modo di avvertire, fin dalla ben nota, perspicua sentenza 19 aprile 1966, n. 666 (in questa Rassegna, 1966, I, 712), che tutti gli oneri, comunque connessi all'esecuzione dell'appalto, necessariamente si riverberano sulle singole unit di lavoro (v. ancora Corte App. Roma, 28 settembre 1968, n. 2301, ivi, 15 584 RASSEGNA DELL'AVVOCATVRA DELLO STATO Per respingere l'eccezione di inammissibilit della domanda, proposta dall'Amministrazione sotto il profilo dell'avveratasi decadenza per inutile decorso del termine di cui all'art. 45 del richiamato capitolato, i giudici di merito hanno in sostanza ritenuto che la nota diretta dall'Amministrazione al Ceragioli il 26 settembre 1959 non poteva in alcun modo essere considerata l'atto finale e definitivo della procedura amministrativa inerente all'appalto. In proposito ha osservato la Corte che la predetta nota, pur contenendo un generico accenno a delle decisioni comunicate verbalmente., non soltanto non forniva alcuna precisazione circa tali decisioni, ma, richiamandosi a delle trattative tra l'Amministrazione e l'Impresa intese a risolvere di ufficio le vertenze gi da tempo insorte, appariva suscettibile di ulteriori controproposte da parte dell'Impresa,, e non poteva, quindi, costituire quella formale e definitiva pronuncia sulle insorte vertenze, necessaria per l'inizio della decorrenza dei termini dell'impugnativa. E l'interpretazione della detta nota e la conseguente determinazione della sua portata sono state condotte dalla Corte d'appello con l'osservanza delle norme di ermeneutica legale, attraverso una motivazione persuasiva, non viziata da errori logici o giuridici; esse, quindi, sfuggono al controllo di questa suprema Corte, giacch l'interpretazione dei provvedimenti amministrativi da parte dei giudici di' merito costituisce una valutazione di ftto, che sottratta al controllo della Suprema Corte ogni qual volta sia immune da vizi logici o giuridici e, ogni qual volta, in particolare, sia immune dalla violazione di quelle norme giuridiche, che, disposte dal legislatore p~r l'interpretazione dei contratti in genere, ben possono estendersi alla interpreta 1968, I, 1110, in part. 1119; 23 gennaio 1969, n. 113, ivi, 1969, I, 350, in part. 354). Da tale premessa, e tenuto conto della ratio dell'istituto, ben evidenziata dalla citata giurisprudenza ed ora dalla massima sub 2 della stessa sentenza in rassegna, deve coerentemente pervenirsi al definitivo superamento della nozione di fatto continuativo, come che impeditivo della immediata formulazione e quantificazione della riserva (v., invece, per l'ac-. coglimento della nozione, Cass., 4 dicembre 1967, n. 2869, in questa Rassegna, 1968, I, 118), ritenendosi, viceversa, che, volta a volta, all'atto delle sottoscrizioni del registro di contabilit presentatogli in occasione dell'emissione degli stati di avanzamento, l'appaltatore, che lamenti una situazione dannosa, debba iscrivere riserva, indicando, quindi, in sede di tempestiva. esplicazione, a quali maggiorazioni dei prezzi allibrati ritenga di aver diritto (v. nota redazionale, in questa Rassegna, 1968, I, 1111-1113). In tali sensi si auspica una pi chiara e decisa formulazione dell'insegnamento della Suprema Corte regolatrice, racchiuso nella seconda massima della sentenza qui sopra riportata. PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 585 zione degli atti e dei provvedimenti unilaterali e di quelli amministrativi in particolare. Vero _ che dalla ricorrente si sostiene, nella memoria illustrativa, che, se effettivamente l'Amministrazione non si fosse pronunciata sulle riserve del Ceragioli, dovrebbe affermarsi,' non gi la tempestivit dell'istanza di arbitrato, ma la improcedibilit (temporanea) dello stesso giudizio, perch instaurato, in violazione dell'art. 41 del capitolato generale amministrativo, prima dell'emanazione del provvedimento di rigetto delle riserve; ma, a pres'cindere dalla considerazione che dalla richiamata norma, attesa la genericit delle espressioni usate, non sembra possa senz'altro desumersi la dedotta improcedibilit del giudizio prima della emanazione del provvedimento amministrativo sulle riserve, va osservato che la questione relativa alla procedibilit o meno del giudizio deve ritenersi ormai preclusa. Le memorie illustrative, infatti, consentite dall'art. 378 c.p.c. non hanno altra funzione che quella di chiarire le ragioni a sostegp.o dei motivi enunciati nel ricorso e, quindi, non consentito proporre in esse motivi nuovi o profili di diritto, che, richiedendo accertamenti di fatto non consentiti in questa sede di legittimit, non avrebbero potuto essere dedotti per la prima ~olta neppure con il ricorso (sent. n. 870 del 1968). Con il secondo motivo la ricorrente Amministrazione denuncia la '~zione e la falsa applicazione delle norme generali sulla interpreta -dei contratti, nonch dell'art. 161 c.p.c., in relazione all'art. 41 \ menzionato capitolato generale amministrativo ed all'art. 41 '\olato lavori e forniture per conto delle FF.SS., e censura la \ sentenza, per aver disatteso l'eccezione di inammissibilit uda a causa della dedotta tardivit delle riserve, formulate ~oltanto nella situazione finale dell'appalto . Si sostiene ~o il Ceragioli espresso alcuna riserva entro il termine ', previsto dal richiamato art. 41 in relazione agli ordini "lrnenti le modifiche del progetto originario, cui si \~ dei maggiori compensi, doveva considerarsi veri comminata dalla stessa disposizione. Si aggiunge Vimato dalla Corte d'appello al fine di escludere \i c.d. fatti continuativi, erroneo, perch, specie _.il ferroviari, l'onere della immediata denuncia dei .u:azioni oggetto di riserve presenta il carattere della J e 20 cpv., 524 n. 1 c.:p.p., per inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, contraddittoriet e mancanza di motivazione. Sostiene, come si gi accennato, che i modd. 90 e 92 non sono atti pubblici ma, al pi, potrebbe qualificarsi certificati, la cui falsificazione integrerebbe il reato di cui all'art. 477 c.p., estinto per l'amnistia di cui al d.P.R. 4 giugno 1966, n. 332; che la pretesa falsificazione sarebbe stata commessa dal Monizza fuori dell'esercizio del pubblico servizio cui era addetto. come impiegato, essendo la compilazione dei moduli di esclusiva competenza dei tecnici dell'Ispettorato; che trattasi di falso grossolano; che la falsificazione del computo metrico costituisce falso in scrittura privata; che il decreto di concessione (mod..76) consta di una parte motiva (che attesta, con riferimento alle emergenze catastali, la consistenza fondiaria della ditta istante), e di una pa,rte dispositiva, e che, essendo il falso caduto sulla parte motiva, concretizzava il reato di cui all'art. 478 c.p. (falso su attestato sul contenuto di atti pubblici o privati) coperto dall'amnistia di cui al citato decreto. PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 591 Ma il decreto di concessione del contributo (mod. 76) peraltro un documento posto in essere dall'Ispettore compartimentale nell'esercizio della sua pubblica attivit, destinato a fornire la prova di fatti giuridicamente rilevanti costituenti fonti di obbligazione per la Pubblica Amministrazione onde, n pu dubitarsi della sua qualifica di atto ipubblico, n pu operarsi una distinzione tra parte motiva e parte dispositiva, costituendo la prima la premessa essenziale della seconda. L'alterazione operata dal Monizza, incidendo sul contenuto essenziale del documento, costituisce falso materiale in atto pubblico non falso in attestato: in quanto gli attestati sono documenti derivanti o di secondo grado in cui il pubblico ufficiale si limita a dichiarare situazioni giuridicamente rilevanti desunte da altri atti. Quanto ai modd. 90 e 92, di cui si ,gi precisato il contenuto, da rilevare che trattasi di documenti prescritti per l'emissione del decreto di concessione del contributo e la successiva liquidazione di esso, ne ammettono equipollenti. Essi sono la risultante di un'attivit di ricerca e di valutazione demandata al funzionario istruttore e controllata dall'Ispettore compartimentale; sono firmati da entrambi; hanno una propria autonomia ed una propria forza probante. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte Suprema, agli effetti delle disposizioni sui reati di falso, sono atti pubblici anche i documenti che riproducono dati risultanti da altri atti o si riferiscono alle risultanze di essi, quando danno luogo ad una fattispecie nuova, fornita di una propria individualit ed autonomia (Sez. V, 11 dicembre 1967, Delia rie. Mass. dee. pen., 1968, 106.279). Non vale invocare, in contrario, la distinzione tra atti interni ed atti destinati a spiegare la loro efficacia nei confronti del pubblico: perch atto pubblico pu anche essere un atto interno se esso ha la giuridica rilevanza di documentare fatti inerenti all'attivit ed alla regolarit delle operazioni amministrative dell'ufficio cui il suo autore addetto. N vale sostenere che uno od ,entrambi i moduli abbiano natura certificativa, perch ai sensi dell'art. 477 c.p. per atto di certificazione deve intendersi soltanto quello che il pubblico ufficiale rilascia al privato per attestare l'esistenza di fatti precorsi, o di pubbliche attivit gi svolte o espletate, non atti che documentano originariamente attivit che il pubblico ufficiale cmpie nell'esercizio delle sue funzioni e per ragione delle stesse. Il computo metrico non atto pubblico, in quanto redatto da un tecnico privato; ma diventa tale quando, come nella fattispecie, revisionato dal funzionario istruttore nelle singole voci e porta in calce l'approvazione, da parte dell'Ispettore compartimentale, delle opere ritenute sussidiabili e dal loro importo complessivo: perch, in .592 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tal caso, viene. inserito nell'attivit dei detti funzionari e nella procedura di concessione del contributo. Di conseguenza, l'assunto del ricorrente infondato; e fondata, invece la censura del P. M. ricorrente, il quale a ragione lamenta che la Corte di merito non poteva ritenere il Versaci responsabile del reato di cui agli artt. 110, 81 cpv. 10 e 2, 476, 482, 61, n. 2 c.p., cio di falso materiale in atto pubblico commesso dal privato, ma di concorso nel reato di falso ai sensi dell'art. 476 c.p. di cui era stata dichiarato colpevole il Monizza ritenendo che lo stesso avesse agito pe:r istigazione del Versaci. La Corte, nei confronti del Monizza aveva esattamente rilevato che come incontroversa era la sua qualifica di pubblico impiegato, inequivocabile era anche la qualit di incaricato di pubblico servizio, perch egli rivestiva la funzione di archivista ma era addetto, fra l'altro alla compilazione dei decreti di concessione dei contributi .e dei provvedimenti di liquidazione con tutte le prestazioni accessorie; e nella nozione di pubblico servizio deve ritenersi compresa qualsiasi attivit di concetto e materiale che, nel quadro dell'organizzazione dello Stato . e degli altri Enti pubblici, venga espletata a servizio della <:ollettivit senza assurgere a livello della pubblica funzione. Orbene, il privato che concorre col pubblico ufficiale e con l'incaricato del pubblico servizio nel falso che questi commettono nell'esercizio della loro funzione, risponde dello stesso reato commesso dai predetti perch, per la presenza del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio, muta il titolo del reato anche nei confronti del privato, a sensi dell'art. 117 c.p. Per tale capo, perci, la sentenza impugnata va annullata con rinvio, essendo infondata la censura relativa alla grossolanit del falso. L'esclusione della grossolanit, stata operata dalla Corte di merito con apprezzamento non sindacabile in questa sede perch sorretto da motivazione congrua, esente da vizi logici e fondata sull'esatto principio di diritto che, in tema di falsit materiale in atto pubblico, perch si possa parlare di inidoneit dell'azione ai sensi dell'art. 49 primo cpv. c.p., occorre che l'alterazione del documento sia riconoscibile ictu oculi (e, quindi, senza ricorrere a confronto con altri documenti o ad indagini di alcun genere) da qualsiasi persona normale (e cio non di singolare ignoranza o negligenza): perch solo a tali <:ondizioni pu il falso consistente nell'alterazione ritenersi assolutarn mente inidoneo ad offendere la pubblica fede. Il Col terzo motivo, il Versaci lamenta la violazione. dell'art. 43, t n. 1, 110, 112 n. 1, 56, 640 p.p. e cpv. n. 1 c.p., 475 n. 2, 479 1 e 2 cpv., 524 n. 1 c.p.; per inosservanza ed erronea applicazione della legge Il m [ il:::. . 1:~ ~ . I:~ wwrn:rm:w:rni==:=:::t:t==:=?=::::w:me??WWfW'.:'W=M'iffi''i:l'.if1w@t#F%<:::Z~'ft:'!:rf:='Zf:i:"&ff{%'.fr{::'Yt7'.7nr:::7;r:,vn'::===:':f%'""'%'='?'=n:::::::;n?:::;="''"""': PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE penale, mancanza e contraddittoriet di motivazione. Egli deduce l'irri levanza giuridica, ai fini della sussistenza del reato di tentata truffa, della variazione ubicativa dell'opera costruenda, per difetto, oltre che dell'articolo o raggiro, dell'estremo del profitto ingiusto e relativo danno. Ma i requisiti del profitto ingiusto e dell'altrui danno ricorrono tutte .le volte che dall'atto di disposizione carpito al soggetto passivo derivi all'agente oppure ad un terzo una utilit cui non avevano diritto. Seminara aveva diritto al contributo assegnatogli, a condizione della osservanza delle prescrizioni contenute nel decreto di conc~ssione, tra cui vi era quella della costruzione della casetta nella particella catastale ivi indicata. L'alterazione operata dal Monizza tendeva a fare percepire dal Seminara il contributo senza che quella condizione si fosse verificata; e, quindi, a fare conseguire allo stesso un profitto ingiusto, con danno della Cassa del Mezzogiorno non tenuta a liquidare alcun contributo; e lo scopo non fu raggiunto per circostanze indipendenti dalla volont dei due correi. La sentenza impugnata, quindi, non incorsa in alcuna violazione di legge, n carente di motivazione, essendo questa implicita perch i motivi della soluzione relativa al concorso del Versaci nella tentata truffa sono contenuti, per implicito necessario, nelle ragioni esposte per dare conto del ritenuto concorso in ordine al reato di falso, preordinato alla consumazione della truffa. Col quarto ed ultimo motivo, il Versaci lamenta la violazione degli artt. 475, n. 2 e 524, n. 1 c.p.p. e 16 d.P.R. 4 giugno 1966, n. 332. ( Omissis). Col secondo motivo, il Procuratore generale lamenta la violazione dell'art. 524, n. 1 c.p.p. in relazione agli artt. 318 e 319 c.p. e 475, n. 3 c.p.p. Deduce che la Corte di merito, pur ammettendo in fatto, che il Monizza, nelle pratiche in cui erano intervenuti quali tecnici progettisti i geometri Barc'i e Pasturi aveva proceduto alla falsa formazione dei mod. 90 e 92 (con l'apposizione della firma apocrifa del funzionario istruttore o con l'utilizzo di modelli riguardanti altre pratiche) perch i . due anzidetti tecnici, promettendogli compensi in denaro non appena riscosso il contributo gli avevano chiesto di affrettare la definizione delle pratiche stesse; ha escluso che i predetti lo avessero indotto a commettere i falsi, i quali sarebbero stati consumati dal Monizza di propria iniziativa, dopo quell'accordo. Sostiene: a) che l'accordo tra corruttori e corrotto, pur se contenuto in tali limiti, era ugualmente caduto sul compimento, da parte 594 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO del corrotto, di attivit illegittima perch apertamente violatrice dei doveri di ufficio su di lui gravanti, che gli imponevano di procedere, nell'istruzione e definizione delle pratiche, col rispetto dell'ordine di presentazione delle relative domande e di non provocar ritardi nelle definizioni delle altre pratiche; b) che, di conseguenza, erroneamente la Corte di merito aveva ravvisato nei fatti ascritti a Monizza Barci e Pasturi il reato di cui all'art. 319 c.p.; in luogo di quello, originariamente contestato, di cui all'art. 318 c.p. La definizione sollecita di una pratica non produce peraltro necessariamente riflessi negativi sulla definizione delle altre, potendo essere attuata anche con rispetto dell'ordine di precedenza, e solo con una maggiore diligenza quando venga il turno, senza alcuna violazione, da parte del funzionario, dei suoi doveri di ufficio. Nella richiesta dei dati tecnici al Monizza, come accertato dalla Corte di merito con la motivata valutazione delle prove, non pu di conseguenza ritenersi implicita la pretesa che il Monizza stesso agisse violando quei doveri. Il Procuratore generale lamenta aUresi che, la Corte di merito, mentre, ha ravvisato il reato di corruzione impropria a carico di Monizza e Barci, ha escluso la sussistenza del reato nei confronti del Pasturi, pur essendo identici gli elementi di prova a suo carico, ritenendo che la promessa del corrispettivo avesse, nell'intenzione dello stesso, il carattere di donativo di cortesia o di regalia. Sostiene, infatti, che i doni di cortesia che fanno venire meno la corruzione sono quelli che consistono nell'offerta di cose di trascurabile entit, le quali, appunto per la loro modicit, escludono la possibilit di influenza sul compimento dell'atto, in modo da apparire quale corrispettivo di esso; e giammai quelli costituiti da somme di denaro, quale che ne sia l'importo. Ma la Corte ha dato pieno credito alle giustificazioni del Pasturi,. il quale aveva spiegato che le sue pratiche riguardavano due casi pietosi e che, perci, aveva pregato il Monizza di adoperarsi nel rispetto della legge, per il sollecito disbrigo delle stesse, senza promettergli alcun compenso .e solo dicendogli che gliene sarebbe stato grato. E, valutando tale dichiarazione con ragionamento immune da vizi logici e giuridici, ha ritenuto che nelle parole del Pasturi dovesse ravvisarsi una promessa non di denaro (quale la intese il Monizza} ma, al massimo, di dono di cortesia, regalia o semplice mancia di consuetudine . Il delitto di corruzione previsto dall'art. 318 c.p. ha natura bilaterale, ma l'imputatit o la responsabilit del corruttore pu escludersi per circostanze soggettive non operanti nei confronti dell'altro. (Omissis). PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 595 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. IV, 16 aprile 1968, n. 880 -Pres. Lenti -Rel. Tartaglione -P. M. Vaccaro -Rie. Mancada. Imputato -Assunzione della qualit di imputato -Enunciazione specifica degli estremi dell'accusa -Non necessaria -Fatti specie. (c.p.p., art. 78). Nullit della perizia -Estensibilit agli atti successivi -Limiti. Perch possa sorgere in una persona la qualit di imputato con i conseguenti diritti non necessaria la enunciazione specifica dei termini dell'accusa, ma sufficiente che in un qualsiasi atto venga attribuito alla detta persona un reato. (Nella specie si ritenuto che nel conducente di un autoveicolo, unico superstite di un incidente stradale in cui abbia trovato la morte il conducente di altro veicolo, sia sorta la qualit di imputato nel momento stesso in cui il P. M. abbia trasmesso gli atti al giudice istruttore con la richiesta di iniziare istruttoria formale pur senza indicare n il nome dell'imputato n gli estremi dell'imputazione) (1). La nullit della perizia eseguita nell'istruzione non comporta ipso iure la nullit degli atti successivi, dovendosi di volta in volta stabilire quali siano gli atti posteriori che possono ritenersi dipendere dalla perizia nulla: solo a questi si estende la nullit (art. 189 c.p.p.) (2). (Omissis). -Il 19 gennaio 1962, sulla strada statale n. 113 da Palermo a Messina, in localit Lavanghella, venivano a collisione l'autobotte del tipo idroschiuma per servizio antincendio, appartenente all'Aeronautica Militare e condotta dal maresciallo Moncada Giuseppe, e l'autovettura Fiat 600 condotta da Rotelli Benedetto, il quale decedeva a causa del contraccolpo, mentre rimaneva ferito tale Borzi Aldo, che viaggiava con lui nella vettura. (1) Nello stesso senso della prima massima, corrispondente ad una elementare esigenza di tutela effettiva dei diritti della difesa, cos spesso frustrati dalle formule talvolta usate di citazione a chiarimento v. Cass. 22 gennaio 1968, n. 109. (2) Sulla seconda massima v. Cass. 3 dicembre 1964 in Cass. pen. Mass. Annot., 1965, p. 395, m. 702, mentre altre Sezioni hanno escluso che la nullit della perizia potesse travolgere la sentenza istruttoria, poich il giudice del dibattimento avrebbe dovuto procedere alla rinnovazione dell'atto nullo, applicando le disposizioni degli artt. 455 e 456 c.p,p. decisioni peraltro inidonee a garantire il diritto della difesa, evidentemente pregiudicato dal permanere di una sentenza istruttoria tutta redatta -ed caso frequente -sulla falsariga di una perizia nulla, onde molto pi 596 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il competente Procuratore della Repubblica trasmetteva gli atti al Giudice Istruttore presso il Tribunale di Mistretta, con richiesta di ~armale procedimento, senza per altro indicare il nome. dell'imputato n l'imputazione. Il Giudice Istruttore disponeva una perizia tecnica per stabilire le modalit dell'incidente, nonch una perizia medicolegale sulla persona del Borz, senza nominare un difensore al Moncada; dopo di che a costui venivano contestati: a) il delitto previsto e punito dall'art. 589 c.p., P!ima parte e primo capoverso, per essere concorso a cagionare la morte del Rotelli ~ le lesioni in persona del Borz, .guarite in 60 giorni, mentre il Rotelli, alla guida della propria autovettura, aveva abbordato la curva fuori mano e ad alta velocit, per colpa consistente: nel non avere moderato la velocit dell'autoveicolo da lui condotto in corrispondenza della curva; nel non avere tenuto la propria mano in curva, invadendo parzialmente la mezzeria opposta; nell'aver tenuto condotta di guida imprudente, non avendo avuto cura di tener conto della larghezza della carreggiata e di quella dell'autobotte in relazione all'incrocio; b) la contravvenzione prevista e punita dall'art. 102, primo, secondo e terzo comma del t.u. delle norme sulla circolazione stradale, per non avere moderato particolarmente la velocit dell'autoveicolo in curva, tenendo anche conto della mole di esso; c) la contravver_izione prevista e punita dall'art. 104, comma decimo, del detto t.u., per avere circolato contro mano in curva. L'imputato affermava che la velocit da lui tenuta era molto limi tata e che la curva era stata da lui abbordata con il veicolo stretta mente accostato al margine destro della via; ed attribuiva l'intera colpa dell'incidente al guidatore della vettura, sopravvenuta a forte velocit contromano. All'esito dell'istruzione, su conforme richiesta del P. M., il predetto Giudice Istruttore, con sentenza in data 18 luglio 1963, ordinava il rinvio dell'imputato al giudizio del Tribunale competente, chiaman dolo a rispondere dei delitti di omicidio e lesioni colpose giusta l'impu tazione, mentre dichiarava non doversi procedere in ordine alle con- accettabile l'indirizzo giurisprudenziale che si va affermando, conforme alla sentenza annotata. V. nel suddetto senso contrario, Cass. 18 gennaio 1966, in Cass. pen. Mass. annot., 1966, p. 933, m. 1448; 24 settembre 1965, ivi, p. 305, m. 414 e la dottrina FLORIDIA, Contro la prassi dei supplementi istruttori, in Riv. it. dir. proc. pen., 1959, p. 335; ScARPELLO, I riflessi deHa dichiarazione di nuUit nel corso del procedimento penale, in Riv, it. dir. proc. pen., 1956,. p. 71. In senso invee favorevole alla sentenza che si annota, v. FoscHINI,. Sistema dir. proc. pen., II, 1961, p. 193; CAVALLARI, Effetti deiha dichiamzione di incostituzionalit della norma processuale penale, in Riv. it. dir. e prnc. pen., 1966, p. 94. PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE travvenzioni suindicate, siccome estinte in virt dell'amnistia concessa con il d.P.R. 24 gennaio 1963, n. 5. Il Tribunale di Mistretta, con ordinanza pronunziata nell'udienza del 21 aprile 1964, ritenendo che il procedimento d'istruzione fosse stato svolto senza una valida forma di esercizio dell'azione penale da parte del P. M., dichiarava la nullit di tutti gli atti di esso, ordinando la trasmissione al P. M. del fascicolo. Ma il Giudice Istruttore, con ordinanza del 15 giugno 1964, rilevava conflitto di competenza e questa Corte, con decisione in data 6 ottobre 1964, annullava senza rinvio l'ordinanza del Tribunale. Nel nuovo giudizio lo stesso Tribunale, con sentenza del 16 marzo 1965, dichiarava il Moncada colpevole del delitto di omicidio colposo, con le circostanze attenuanti generiche e lo condannava alla pena di mesi quattro di reclusione, con i benefici previsti dagli art. 163 e 175 c.p., oltre che al pagamento delle spese processuali, nonch, in solido con il Ministero della Difesa-Aeronautica, intervenuto in giudizio per mezzo dell'Avvocatura dello Stato, al risarcimento dei danni ed al rimborso delle spese in favore delle parti civili Misuraca Antonietta e Rotelli Filadelfio, ordinando altrs la sospensione della patente di .guida del Moncada per la durata di un anno, mentre dichiarava non doversi procedere in ordine al delitto di lesioni colpose, estinto anche in virt del ricordato decreto di amnistia. Su appello dell'imputato e del responsabile civile, la Corte di appello di Messina, con sentenza in data 26 ottobre 1966, confermava quella del Tribunale e condannava gli appellanti in solido al paga mento delle spese processuali e di quelle sostenute dalle parti civili nel giudizio di secondo grado. Ritualmente proponevano ricorso per cassazione l'imputato e l'Av vocatura dello Stato per il responsabile civile. Nei motivi dell'impugnazione nell'interesse dell'imputato, erano dedotte le seguenti censure: I) Violazione degli artt. 185 n. 3 e 189' c.p.p. in relazione agli artt. 304 bis, ter e quater, nonch 314 e 317 c.p.p., per non essere stata rilevata la nullit delle perizie, a causa della mancata comunicazione al difensore dell'imputato dell'inizio delle operazioni peritali e del deposito delle perizie dopo la loro esecuzione; Il) Violazione degli artt. 475 e 524 c.p.p. in relazione all'art. 479 c.p.p .. e agli artt. 40, 41 e 43 c.p. per difetto di motivazione sul punto della ritenuta violazione dell'art. 102 del t.u. sulla circolazione stradale, su quello della ritenuta violazione dell'art. 104 del medesimo t.u. e su quello relativo all'accertamento del rapporto di causalit fra la condotta del ricorrente e la determinazione dell'incidente; III) Violazione degli artt. 475 e 524 in relazione all'art. 479 c.p.p., per difetto di motivazione sull'applicabilit della pronunzia di assoluzione per insufficienza di prove. PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE sulla configurazione dell'imputato come parte nel processo: la qualit d'.imputato, invero, sorge appena ad una persona venga, in qualsiasi atto, attribuito un reato, .giusta l'art. 78 c.p.p. e non si perde se non con la sentenza definitiva. Il Moncada aveva assunto tale qualit dal momento dell'investitura del Giudice Istruttore con la richiesta del P. M. in quanto, come bene fu rilevato nell'ordinanza 15 giugno 1964 (con la quale venne rilevato il menzionato conflitto), l'azione penale non poteva non intendersi esercitata se non contro quello dei due conducenti dei veicoli implicati nel sinistro, ch'era rimasto superstite. Di ci lo stesso Giudice Istruttore avrebbe dovuto tener conto ai sensi dell'art. 78 capov. c.p.p. nel dare corso alle perizie, essendosi presentata l'occasione di compiere degli atti rispetto ai quali la legge riconosce all'imputato specifici diritti. La circostanza che l'imputato non avesse ancora designato un difensore non dispensava certamente dall'osservanza delle disposizioni degli artt. 304 ter e quater, essendo ben possibile la nomina del difensore stesso ai sensi dell'art. 304 c.p.p. anche prima dell'interrogatorio. Trattandosi di atti per i quali l'assistenza del difensore categoricamente richiesta dalle norme processuali, con l'attribuzione di diritti ben determinati, il Giudice Istruttore avrebbe dovuto provvedere a nominarlo nel modo previsto dal detto articolo e metterlo in grado di esercitare le facolt a lui spettanti. N le ragioni di urgenza -indicate nell'ordinanza e critiate nel ricorso ma non sindacabili ad opera di questa Corte -valevano a giustificare l'omissione della nomina del difensore e delle comunicazioni prescritte. Invero, l'art. 304 ter nell'ultima parte consent~ di fare a meno dell'avviso, che di regola deve precedere l'inizio delle operazioni peritali (e degli altri atti preveduti dall'art. 304 bis), ma ci non esclude che l'ordinanza con cui disposta la perizia debba sempre essere comunicata al difensore a norma dell'art. 314, quinto capoverso, c.p.p., n che comunque il difensore possa intervenire spotaneamente ai sensi dell'art. 317 bis, primo capoverso, in relazione all'art. 304 ter, ultima parte, c.p.p. Tanto meno le dette ragioni potevano dispensare dall'obbligo di procedere all'avviso di deposito delle perizie dopo la presentazione delle relazioni. L'art. 317 bis, prima parte, espressamente esige che anche in caso di perizia urgente siano adempiute le prescrizioni della prima parte, del primo e del secondo capoverso dell'art. 340 quater cod. proc. pen. Ritenuta l'inosservanza delle suddette disposizioni, bisogna stabilirne le conseguenze. Non dubbia la nullit assoluta, ai sensi dell'art. 185 n. 3 c.p.p., delle perizie eseguite senza l'adempimento delle formalit prescritte, in quanto queste sono imposte a garanzia delle esigenze difensive dell'imputato (oltre che delle altre parti private) e 600 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sono intese ad assicurare allo stesso l'assistenza di una difsa tecnica nel compimento di atti che la legge astrattamente considera di particolare importanza nell'acquisizione della prova. La nullit, per altro, da ritenere irrilevante per quel che riguarda la perizia medico legale compiuta sulla persona del Borz, in quanto il delitto di lesioni colpose, connesso ai traumi da costui patiti nell'incidente, risulta estinto per amnistia e tale causa di estinzione del reato preclude l'esame di. ogni questione relativa ad esso, ai sensi dell'art. 592 c.p.p. Pi attento esame occorre per la determinazione degli atti cui la rilevata nullit si comunica, a norma dell'art. 189 c.p.p. Come ha osservato la precedente sentenza di questa Corte nella risoluzione del conflitto -in armonia con la giurisprudenza prevalente -, la nullit delle perizie eseguite nell'istruzione non comporta ipso jure quella .degli atti successivi, fra i quali la sentenza di rinvio a giudizio. Si tratta quindi di stabilire se il vizio renda invalido il primo atto, posteriore a tale sentenza, che possa ritenersi dipendere dalla perizia tecnica ritenuta nulla: cio, la sentenza pronunziata dal Tribunale di Mistretta nel giudizio di primo grado. Dall'esame di tale sentenza emerge che la decisione non risulta necessariamente collegata, dal punto di vista logico, alla perizia tecnica: infatti, nella motivazione di essa si fa menzione, in maniera generica e globale, alle risultanze dei rilievi descrittivi e fotografici eseguiti a cura del Pretore competente nell'istruzione preliminare e di quelli eseguiti dalla Polizia Stradale nelle indagini di polizia giudiziaria, confermati dal consulente tecnico d'ufficio ing. Leonardo Sorbello e dalla formale istruzione ., e nella ricostruzione del fatto sono esposti dati che in linea di massima collimano. con quelli indicati nel verbale di ispezione del Pretore e nel rapporto della Polizia. Pertanto, non lecito considerare senz'altro estensibile a questa sentenza la nullit della perizia di ufficio. La nullit si estende, invece, alla sentenza della Corte di Appello di Messina, impugnata con il presente ricorso, poich questa non solo. ha negato l'invalidit della perizia tecnica, ma ha fondato la decisione di merito in gran parte sui dati e sui rilievi contenuti nella relazione peritale, come emerge da parecchi punti della sua ampia ed elaborata motivazione. Sotto questo aspetto, dev'essere accolto il primo motivo di ricorso e la sentenza impugnata dev'essere annullata per il semplice rilievo formale della utilizzazione logica dell perizia di cui stata in questa sede affermata la nulit. Non quindi il caso di passare all'esame delle critiche espresse negli altri motivi del ricorso dell'im putato e in quelli del ricorso del responsabile civile, le quali investono la correttezza delle argomentazioni svolte nella .sentenza per illustrare- la rappresentazione dei termini essenziali del fatto e l'individuazione degli elementi della colpa attribuita al ricorrente. PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 601 L'annullamento deve avvenire con rinvio ad altro giudice di pari grado, che si designa nella Corte di Appello di Catania. Ad esso competer di rivedere il giudizio espresso nella sentenza del Tribunale, in corrispondenza dei motivi di appello, stabilendo in primo luogo se la parte valida del materiale probatorio, alla quale essa ha attinto, sia sufficiente per un sicuro accertamento delle modalit dell'accaduto e per una puntuale definizione della condotta dell'imputato e del rapporto di causalit fra questa e l'evento, ed in caso negativo integrando l'inda, gine mediante la rinnovazione totale o parziale del dibattimento, ai sensi dell'art. 520 c.p.p., per poi pronunziare nel merito. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 maggio 1969, n. 657 -Pres. Colli - Rel. Roberti -P. M. De Gennaro (conf.) -Rie. Fregnan Cesare. Oli minerali -Detenzione di eccedenze -Poteri d'accertamento della Polizia Tributaria. (!.-31 dicembre 1962, n. 1052, art. 21). L'accertamento dell'eccedenza nei depositi liberi di olii minerali, combustibili e lubrificanti a norma dell'art. 21 della legge 31 dicembre 1962 n. 1852, pu avvenire da parte della polizia tributaria con tutti i mezzi consentiti, fra cui le sole scritturazioni contabili ben potendosi da esse trarre la certezza, attraverso opportuni calcoli, della introduzione nel deposito di prodotti petroliferi sottratti all'imposta di fabbricazione (1). (1) L'art. 13 d.I. n. 271 modificato dalla legge 31 dicembre 1962, n. 1825, art. 21, secondo comma, dispone che se nella verificazione dei depositi liberi di olii minerali... si rinvengono eccedenze in confronto delle risultanze del registro di carico e scarico, o comunque non giustificate da regolari certificati di provenienza, il gestore punito con la multa, ecc..... E nell'ultimo comma dello stesso articolo statuito che Non costituisce irregolarit, agli effetti del comma precedente, la esistenza accertata di una differenza fra le giacenze reali e le risultanze contabili, quando sia contenuta entro i limiti fissati.. . ., Sulla scorta di queste norme, sosteneva il difensore dell'imputato che se la legge parla espressamente di verificazione ., di rinvenimento di eccedenza, di giacenze reali , doveva indubbiamente trattarsi di un rinvenimento materiale di eccedenza, non di un riscontro contabile da parte degli Organi tributari e che l'art. 21 doveva interpretarsi secondo il suo significato lessicale e letterale e non secondo un significato elastico che non trova riscontro nella norma. Pertanto ai fini della configurabilit del reato, sarebbe necessario che, rispetto ai quantitativi introdotti nel deposito e risultanti dai dati del 602 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO registro di carico e scarico o dai certificati di provenienza, si rinvengano, a seguito di verifiche e controlli materiali (nei serbatoi e cisterne) da parte dell. Polizia tributaria quantitativi reali eccedenti la cifra globalmente caricata. E poich nel caso di specie il rinvenimento materiale di eccedenza era consistito in poche migliaia di kg., rientrante nei limiti di tolleranza ammessi (mentre per maggiore eccedenza era stata documentalmente accertata) il reato non sarebbe stato sussistente. La Suprema Corte per ed esattamente andata in contrario avviso, statuendo che il reato non escluso dal fatto che non siano rinvenuti prodotti petroliferi nei depositi all'atto della verifica degli stessi poich l'espressione si rinvengono eccedenze va intesa in rapporto alle risultanze del registro di carico e scarico o ai certificati di provenienza e il relativo accertamento ben pu avvenire con ogni mezzo e quindi anche attraverso le sole risultanze contabili. Basta in sostanza che vi sia la certezza, comunque acquisita che dal gestore dei depositi siano stati in questi i.mmessi prodotti petroliferi (siano ess1 o meno ancora giacenti) non registrati o non giustificati da certificati di provenienza regolari; e ci si verifica senza dubbio quando lo scarico superi di gran lunga il carico documentato e contabilizzato. Ritenere altrimenti, secondo l'interpretazione :restrittiva della norma prospettata dal difensore sarebbe infatti, come la Suprema Corte ha notato, in contrasto con la finalit della legge (rendere cio possibile il controllo della finanza) poich, in quel modo sfuggirebbero all'accertamento ed alla conseguente sanzione tutte le eccedenze di prodotti non pi giacenti nel momento della verifica. In dottrina, v. in generale, P1ccININO, Olii minerali e derivati petroliferi, in Nuovissimo digesto italiano; LUCHINI, Il reato di irregolare tenuta del registro di carico e scarico, in Riv. dir. petr., 1959, n. 22, p. 99; MoRSILLo, Eccesso di giacenze nei depositi di orii minerali e rilevanza del dolo, in Rass. leg. e giur. petrol., 1966, ottobre, 493, nota alla sentenza Cass. 26 gennaio 1966, n. 100, che sancisce. la necessit della prova del dolo in tema di eccedenza di giacenze, non essendo stabilita in materia, a differenza di quanto avviene per la legge doganale nell'ipotesi di contrabbando negli spazi doganali alcuna presunzione di responsabilit. P. D. T. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. VI, 14 giugno 1969, n. 1019 -Pres. Rosso -Rel. Giorigioni -P. M. Bracci (conf.) -Palladino e altri. Peculato -Distrazione -Somme destinate alla G. I. -DevoluziOne ad una associazione sportiva giovanile ~ Sussistenza del reato. Costituisce peculato per distrazione l'impiego di denaro della Pubblica Amministrazione per l'attuazione di scopi estranei a quelli cui doveva servire. Commette quindi il reato chi, nella sua qualit di ] :.~ ~ ~ v:::'. ~AiW'AWA1J1lilJN~l41WJ PARTE I, SEZ. VII, GIURSPRUDENZA PENALE 603 commissario provinciale della Giovent Italiana, devolva le somme destinate ail'Ente ad un'unione sportiva calcistica (1). (Omissis). -L'avv. Angelo Palladino, Commissario provinciale della Giovent Italiana di Campobasso, a seguito di sommaria istruttoria era istato tratto a giudizio dinanzi quel Tribunale per rispondere di peculato continuato, per essersi appropriato: a) di lire 587.751, costituenti parte dei fondi per le spese della gestione di cantieri di lavoro affidati alla G. I.; b), c), d) ed e), rispettivamente di lire 500.000, 500.000, 500.000 e 400.000, costituite da contributi disposti dalla Prefettura di Campobasso pro Colonie climatiche della G. I. Era stato inoltre imputato di concorso col Palladino, per il solo peculato di cui alla lettera a), il rag. Luigi Laurella, capo dell'Ufficio provinciale di Campobasso di tale Ente, cui si addebitava di avere, d'intesa col Palladino, rilasciato la propria firma congiunta per i criminosi prelevamenti di somme effettuati dal primo. Fatti avvenuti tra il settembre 1959 ed il ma.ggio 1960. Con sentenza 2 gennaio 1967 il Tribunale dichiar il Palladino colpevole limitatamente alle appropriazioni di cui ai capi b) e seguenti della rubrica e, con la concessione delle attenuanti del motivo di parti colare valore sociale, del danno di speciale tenuit e generiche, lo condann alla pena di mesi 11 di reclusione e lire 40.000 di multa. Lo assolvette invece, insieme col Laurella, dalla imputazione di cui al capo a), perch il fatto non costituisce reato. bene precisare subito che tutte le somme di cui sopra, e di cui sostanzialmente il Palladino non contestava l'appropriazione, erano (1) Sul concetto di distrazione la giurisprudenza ormai costante (v. Cass. 15 novembre 1967, IPPOLITO in Giur. pen., 1968, II, 145; 3 maggio 1965, LIGUORI in Cass. pen. Mass. annotato, 1966, m. 343, p. 265; 2 marzo 1966, in Rep. giur. it~, 1966, vol. 3044 n. 8; 4 mag.gio 1964, PERROTTI in Cass. pen. Mass. annotato, 1965, m. 1907, p. 1053) e ritiene che la distrazione ricorra anche quando il denaro sia destinato ad altro uso di pubblico interesse ed avvenga a fine di profitto proprio o altrui iri ci conforme a parte della dottrina (v. MANZINI, Trattato di dir. pen. ital., vol. V, 1950, p. 123) mentre altri sostengono l'inesistenza del reato quando, nonostante la diversa desti. nazione della somma, questa sia pur sempre destinata al perseguimento 1:1.i un fine pubblico. In questo senso, v. PAGLIARO, Studi sul peculato, 1964J p. 9; PANNAIN, J delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministra:. zione, 1966, p. 60, il quale ultimo autore, premesso che la distrazione consiste di un momento positivo (destinazione della somma a un fine pubblico) e di uno negativo (sottrazione della somma a quel fine) nega che possa sussistere il reato quando la somma, pur distratta, sia comunque destinata al perseguimento di un fine pubblico della stessa P. A.: in tal caso non vi sarebbe un profitto del reo o di altri, poich la norma parla di distrazione a profitto e non di distrazione a fine di profitto . Con ci sembra 604 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO state da costui devolute all'Unione Soortiva Campobasso, della quale egli era contemporaneamente Commissario. E ci egli avrebbe fatto, a suo dire, con l'esplicito assenso del Prefetto, erogatore delle somme stesse e dell'Ispettore centrale della G. I., e nell'intento di ovviare alla dissestata situazione finanziaria di tale societ, che le avrebbe precluso la possibilit di partecipare al campionato di calcio, con prevedibili gravi conseguenze per l'ordine pubblico. 8enonch H Prefetto, pur ammettendo di avere concorso altre volte a sovvenzionare l'U.S.C. con fondi di sua spettanza, negava di avere concesso tale autorizzazione e cos del pari l'Ispettore. Il Tribunale ravvisava pertanto negli episodi di cui ai capi b) e seguenti della rubrica, concernenti la sottrazione di complessive lire 1.900.000 destinate alle colonie climatiche della G. I. e devolute invece illegalmente all'U.S.C., una ipotesi di peculato con tinuato per appropriazione, che pu essere discriminata solo quando l'atto del pubblico ufficiale, nonostante la diversa destinazione del denaro, conservi la sua attitudine funzionale al raggiungimento dei fini specifici della Pubblica Amministrazione, tra i quali non rientra certo quella di incrementare l'attivit di una societ calcistica, che persegue oltretutto fini speculativi e di lucro. In considerazione tuttavia del fatto che il Palladino ci commise .per motivi di apprezzabile valore sociale (per evitare cio che probabili manifestazioni di protesta dei tifosi per l'inerzia del sodalizio potessero turbare l'ordine pubblico) gli vennero concesse le attenuanti di cui agli artt. 62 n. 1, n. 4 e bis del c.p. Anche per quanto concerne l'addebito sub a), pur essendo risultato che parte della somma ivi contemplata era stata egualmente destinata a sovvenzionare l'U.S.C., ma successivamente reintegrata nelle casse che voglia intendere che il profitto deve consistere non in qualsivoglia utilit derivante dall'operata distrazione, ma che consiste nella distrazione in s. Queste argomentazioni del PANNAIN per non paiono accettabili e giustamente non sono accolte dalla giurisprudenza -perch altrimenti le due ipotesi, di appropriazione e di distrazione alternativamente previste dall'art. 314 c.p., verrebbero ad unificarsi indebitamente, mentre nel sistema della legge che, nell'ipotesi dell'appropriazione, questa stessa co stituisca il profitto e che invece in quella di distrazione -in cui la somma distratta non va nelle tasche del peculatore n di terzi (ch al trimenti sarebbe ancora un'ipotesi di appropriazione a profitto proprio o di terzi) -il profitto vada ricercato altrove. V. recentemente CARINELLI, Appunti sul concetto di distrazione nel delitto di peculato, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1966, 538. Per quanto concerne il momento consumativo del peculato per distrazione, stato affermato che esso coincide con quello in cui la distrazione si verifica. (V. Cass. 25 ottobre 1967, in Cass. pen. Mass. annotato, 1969, p. 72). P. D. T. PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 605 della G. I., il Tribunale ritenne che, in sostanza, l'imputato fosse incorso in errore scusabile, in quanto ricadente su legge diversa da quella penale, sia omettendo per mera dimenticanza la registrazione di spese legalmente ed effettivamente effettuate, sia ritenendo lecita l'erogazione di somme per uno scopo che egli considerava quale istituzionale della G. I., e cio quello di dare incremento allo sport giovanile. Non ravvisava pertanto ipotesi alcuna di reato n a carico del Palladino n a carico del Laurella. Avverso tale sentenza proponevano appello il P. M. ed il Palladino. Il primo censurava l'assoluzione dei due imputati dal reato di cui al capo a), stante la diversit tra i fini istituzionali dei due enti, che non avrebbe dovuto consentire l'adozione della scriminante ritenuta dal Tribunale, e la concessione delle attenuanti di cui all'art. 62 nn. 1 e 4 del c.p. Il Palladino sosteneva la tesi che erroneamente si fosse rite~ nuta l'ipotesi Q.elittuosa del peculato per appropriazione mentre per la duplicit delle cariche da lui ricoperte, entrambe di nomina prefettizia, e per l'unicit dell'Ente erogatore delle somme (Prefettura di Campobasso), nei cui fini assistenziali rientravano entrambi gli Enti da lui presieduti, la destinazione di somme da un ente all'altro avrebbe concretato un fatto di distrazione penalmente non punibile per obiettiva mancanza di illiceit e, in ogni caso, per carenza di dolo. Parzialmente accogliendo l'impugnazione del P. M., la Sezione di Corte d'appello di Campobasso con sentenza 14 novembre 1968 dichiarava entrambi gli imputati colpevoli dei reati cosi come loro ascritti e, con la concessione ad entrambi delle circostanze attenuanti di cui .all'art. 62 n. 4 e bis e, al solo Laurella, dell'attenuante di cui all'art. 114 del c.p., li condannava in conseguenza. Pur concordando col Palladino che nella specie debba ravvisarsi una ipotesi di peculato per distrazione, e non per appropriazione, cosi come deciso dal. Tribunale, la Corte d'Appello ha ritenuto che essa non possa essere discriminata per le ragioni addotte dall'imputato. A prescindere dal fatto che mancata la prova dell'asserito consenso da parte del Prefetto e dell'Ispettor.e centrale della G. I. (che, comunque, anche se prestato, non avrebbe legittimato l'azione dell'imputato), in ogni caso l'imputato, nella specie esercente la professione legale, mai avrebbe potuto confondre la diversit dei fini istituzionali e degli scopi concreti dei due diversi enti da lui rappresentati: l'uno di interesse I pubblico, controllato e sovvenzionato dallo 8tato, l'altro -del tutto privato -con scopo e finalit di lucro; l'uno intesp anche alla educa I zione fisica dei giovani e l'altro soltanto alla preparazione atletica di qualche giocatore professionista di calcio. I\\ Ipotesi di reato ravvisabile in tutti gli episodi, compreso quello i ~: sub a), posto che l'imputato non aveva alcuna facolt di disporre donationis causa di somme espressamente richieste e concesse col vincolo :: RASSEGNA DELL.AVVOCATURA DELLO STATO della destinazione ai cantieri di lavoro della G. I. e dirottate nelle casse della U .S.C. senza nemmeno una deliberazione amministrativa, il che dimostra come egli ben fosse consapevole della illegittimit della sua azione. Consapevolezza che si riscontra, a parere della Corte d'Appello, anche nell'operato del coimputato Laurella il quale, pur conscio della illegalit del fatto, tanto da opporsi in un primo momento alle richieste del Palladino, fin con l'aderire contribuendo col suo comportamento (apposizione sul mandato della sua firma, necessaria per la riscossione della somma; omissione delle registrazioni relative e delle prescritte comunicazioni all'Ufficio centrale accreditante) alla realizzazione del reato. La Corte non ha poi ravvisato possibilit di concessione della circostanza attenuante di cui all'art. 61 n. 1 .del c.p., che postula ben altre fattispecie, poich il movente che in ipotesi ha indotto l'imputato non pu annoverarsi tra i pi elevati nella scala dei valori umani e sociali, anche in considerazione del fatto che in definitiva egli ha tratto da ci ragioni di prestigio personale. I due imputati hanno proposto ricorso per cassazione. Il Palladino deduce mancanza di motivazione su elementi decisivi per l'affermazione della sua responsabilit, circa il dolo e circa l'estremo del profitto, necssario per l'esistenza del reato. Il Laurella deduce: 1) Violazione dell'art. 314 del c.p.; 2) Insufficiente, contradditoriet ed omessa motivazione della sentenza; 3) Idem, su altro punto della .causa; 4) Contraddittoriet tra l'affermazione della sua responsabilit e la concessione dell'attenuante della minima partecipazione; 5) Violazione e falsa applicazione dell'art. 314 del c.p. I ricorsi non sono fondati. I fatti della causa, pacificamente accertati in sede di merito, sono stati accuratamente ed esattamente valutati dalla sentenza impugnata che, attraverso tale valutazione, pervenuta a conclusioni ineccepibili, non suscettibili di censura in questa sede di mero controllo di legittimit formale. I giudici dell'appello si sono motivatamente convinti della piena colpevalezza dei due imputati in ordine ai reati come loro rispettivamente ascritti, e tale convincimento hanno espresso senza trascurare alcun elemento decisivo, senza incorrere in travisamente dei fatti ma dando ampio e corretto conto del loro operato in ordine all'apprezzamento delle prove, senza incorrere PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE in quei vizi di ordine logico-giuridico ehe, . a torto, i ricorrenti denunciano. In ordine alla imputazione di cui al capo a) che i giudici dell'appello, riformando la errata decisione di primo grado, hanno ritenuto sussistere a carico di entrambi, i ricorrenti -con motivi sostanzialmente analoghi -tentano proporre per la prima voita~in questa sede una versione di fatto difforme da quella accertata in sede di merito, e eomunque di nessuna rilevanza. Nulla importa infatti, ai fini del peculato loro ascritto, che il fondo di lire 900.000 fosse ancora di pertinenza del Ministero del Lavoro o gi trasferito nelle disponibilit della G. I.: nell'un caso come nell'altro pur sempre trattavasi di pubblico denaro parzialmente distratto per scopi privati. E comunque tale distrazione, e negli esatti termini in cui stata ritenuta nella sentenza impugnata, era stata ammessa dallo stesso Palladino nel suo interrogatorio e mai contestata. Come nulla rileva il fatto che vi sia successivamente stata la reintegrazione della somma sottratta, che ha quindi potuto essere destinata a scopi legittimi. Tentano ancora entrambi i ricorrenti in questa sede di riproporre la tesi secondo cui rientrerebbe nelle finalit della G. I. l'incremento delle attivit sportive, per cui sarebbe giustificata penalmente (anche se amministrativamente scorretta) la distrazione di fondi dall'uno all'altro ente. La pretestuosit di una siffatta argomentazione stata posta nel debito rilievo dalla sentenza impugnata, che ha ben distinto il fine sociale dell'attivit della G. I., inteso a promuovere una sana attivit sportiva giovanile, e quello del tutto privatistico di una squadra di calcio, che ha semplici finalit di spettacolo e di gioco. Cosi come hanno trovato giusto rilievo le considerazioni concernenti l'interesse a conquistare posizioni di prestigio e di facile popolarit che ha determinato il Palladino a commettere i fatti ascrittigli, anche senza personalmente lucrare delle somme sottratte. Ambo i ricorrenti, infine, prospettano censure in ordine al punto della motivazione concernente il dolo, ma anche tali doglianze sono destituite di fondamento, posto che pure tale punto stato correttamente esaminato e discusso nella sentenza impugnata. La distrazione, prevista come ipotesi alternativa all'appropriazione dall'art. 314 del c.p., consiste invero nel dare al denaro ed alle cose mobili una destinazione diversa da quella fissata dalla Pubblica Amministrazione, operandosi in tal modo una deviazione dallo scopo che la P.ubblica Amministrazione intende raggiungere. L'elemento intenzionale di tale forma di peculato non pu pertanto consistere altro che nella volont cosciente, da parte del soggetto attivo, del mutamento di tale destinazione e cio del conseguimento di scopi estranei alle finalit dell'ente pubblico cui la cosa appartiene. La sussistenza della certezza circa la coscienza e la volont da parte dei due imputati di commettere i reati 608 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO loro ascritti ampiamente dimostrata nella sentenza impugnata, con Io.giche considerazioni, ancorate alla evidenza dei fatti, ed insindacabili in questa sed.e. Circa gli altri motivi personali proposti dal Laurella appena il caso di rilevare che non sussiste alcuna contraddizione tra la parte motiva e quella dispositiva della sentenza impugnata. Egli era stato assolto in primo grado dal reato di peculato per appropriazione. I giudici dell'appello hanno ravvisato nella specie una ipotesi di peculato per distrazione, e di tale reato lo hanno ritenuto responsabile, motivando -come si detto -ampiamente e coerentemente in proposito. Non vi stata alcuna immutazione del fatto contestato, ma una semplice specificazione delle sue modalit esecutive, che non importa nullit della sentenza. N pu sostenersi che la motivazione a sostegno della concessione della attenuante della minima partecipazione contrasti con la affermazione della sua responsabilit. Ferma restando la comune responsabilit di entrambi i partecipanti al fatto, la sentenza impugnata con esatta argomentazione ha messo in rilievo il carattere secondario della prestazione criminosa del Laurella nel quadro dell'economia generale del reato commesso in concorso col Palladino, e nessuna censura pu formularsi in ordine a tale assunto data la sua correttezza sostanziale e formale. -(Omissis). PARTE SECONDA RASSEGNA DI DOTTRINA MARCHETTI P., Boicottaggio e rifiuto di contrattare: CEDAM, Padova, 1959, ipagg. 485. Il fenomeno del c.d. boicottaggio economico si pone nell'ambito delle relazioni sociali individuate con l'espressione rapporti d'affare ; si pone, cio, nell'ambito di quelle relazioni economiche che necessario intrecciare per e durante lo svolgimento di un'attivit diretta alla produzione o allo scambio di beni o di servizi. Tra tali relazioni rientrano, ovviamente, anche i rapporti di lavoro subordinato rispetto ai quali il boicottaggio si manifesta come vero e proprio strumento di lotta. Ma se pu dirsi che la figura ed il termine stesso di boicottaggio sono sorti, storicamente, proprio nell'ambito delle controversie collettive di lavoro -ragion per cui per lungo. tempo le trattazioni giuridiche sul boicottaggio sono state soprattutto riferite alle forme ed agli aspetti del boicottaggio relativi ai rapporti ed alla disciplina del lavoro -deve convenirsi con l'A. che la particolare disciplina data dal nostro ordinamento ai conflitti di lavoro impone di tenere distinto sul piano concettuale il boicottaggio quale strumento di lotta nei conflitti di lavoro dal boicottaggio economico vero e proprio, che s'inquadra nell'ambito dei rapporti convenzionali e deve essere esaminato dall'angolo visuale della disciplina giuridica della concorrenza. Nel libro in rassegna, l'A. dichiaratamente limita la sua indagine al boicottaggio economico in senso stretto, facendola precedere da una appropriata disamina del fenomeno generale della concorrenza, con riferimento particolare agli artt. 1679 e 2597 del codice civile e 19 del R.d.I. 22 aprile 1943, n. 245, nonch all'art. 507 del codice penale, visto in relazione agli artt. 18, 21, 39, 40 e 41 della Carta Costituzionale. Il libro ha l'indiscutibile pregio di sottoporre all'attenzione degli studiosi una materia ricca d'interesse ma fatta oggetto, finora, di scarsi studi. (Tra i pochi CARRARA V., Il boicottaggio, Milano, 1924; MICHELIS, Il boicottaggio, Torino, 1934; ROTONDI, Valore giuridico del principio della libera concorrenza e l'oggetto del'la c. d. concorrenza sleale, in Studi di diritto industriale, Padova, 1957; AscARELLI, Teoria della concorrenza e dei beni immateriali, Milano, 1950) e di offrire al lettore un'efficacie sintesi della migliore letteratura straniera sul delicato argomento (LAFERRIERE, EGET MEYER, RoussEAV ed altri). L. M. CUCCIA F., Lineamenti di una bibliografia sulla disciplina giuridica delurbanistica. Giuffr editore, Mlano, 1969, ipagg. 84. L'A. pubblica una seconda appendice ai Lineamenti di una bibliografia sulla disciplina giuridica dell'urbanistica, aggiornando la ben nota opera al 31 dicembre 1968. Il volumetto ricalca, ovviamente, lo schema ! j ! l i I I ~ I 58 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO consueto. Una parte generale relativa all'urbanistica nei suoi aspetti politico- sociali, alla pianificazione urbanistica in Italia, alla normazione vigente ed alla politica delle aree (con riferimenti alla imposta sulle aree fabbricabili ed ai piani di zona) precede la parte speciale avente pi specificamente ad oggetto i piani urbanistici upiani territoria:li di coordinamento, piani regolatori generali, piani intercomunali, piani particolareggiati, piani di ricostruzione, lottizzazioni e comparti con riferimenti ai contributi di miglioria ed alla tutela delle bellezze naturali e dell'ambiente monumentale) e la disciplina edilizia (regolamenti edilizi, norme di edilizia asismica, programmi di fabbricazione, licenze edilizie). Chiudono il volume un'appendice di legislazione comparata ed un'altra comprendente le disposizioni legislative urbanistiche o di interesse urbanistico nonch un indice dei nomi. RASSEGNA DI LEGISLAZIONE<*> NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE (**) NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI Codice civile, art. 467 (Nozione della rappresentazione), e art. 468 (Soggetti), limitatamente alle parti in cui escludono dalla rappresentazione il figlio naturale di chi, figlio o fratello del de cuius, non potendo o non volendo accettare, non lasci o non abbia discendenti legittimi (1). Sentenza 14 aprile 1969, n. 79, G. U. 23 aprile 1969, n. 105. Ordinanza di rimessione 26 giugno 1967 del Tribunale di Genova, G. U. 25 novembre 1967, n. 295. codice civile, art. 577 (Successione del figlio naturale ali'ascendente legittimo immediato del suo genitore). Sentenza 14 aprile 1969, n. 79, G. U. 23 aprile 1969, n. 105. Ordinanza di rimessione 26 giugno 1967 del Tribunale di Genova, G. U. 25 novembre 1967, n. 295. codice civile, art. 2068 (Rapporto di lavoro sottratU a contratto collettivo), secondo comma, nella parte in cui dispone che sono sottratti alla disciplina del contratto collettivo i rapporti di lavoro concernenti prestazioni di carattere domestico. Sentenza 9 aprile 1969, n. 68, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. Ordinanza di rimessione 29 gennaio 1968 del Pretore di Brindisi, G. U. 20 aprile 1968, n. 102. cod'ice penale, art. 330 (Abbandono coUettivo di pubblici uffici, impieghi, servizi o lavori), primo e secondo comma, limitatamente all'applicabilit allo sciopero economico che non comprometta funzioni o servizi pubblici essenziali, aventi carattere di .preminente interesse generale ai sensi della Costituzione (2). Sentenza 17 marzo 1969, n. 31, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. (*) Viene qui pubblicata la rassegna anche del II bimestre c. a., relativa al II fascicolo. ( ) Tra parentesi sono indicati gli articoli della Costituzione in riferimento ai quali sono stati proposti o decise le ques.tioni di legittimit costituzionale. (1) La illegittimit costituzionale dell'art. 468 del codice civile stata dichiarata in applicazione dell'art. 27, ultima parte, della legge 11 marzo 1953, n. 87. (2) Sulla questione cfr. anche la sentenza 28 dicembre 1962, n. 123. 60 RASSEGN DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Ordinanze di rimessione 21 luglio 1966 del Giudice istruttore del Tribunale di Roma (G. U. 24 giugno 1967, n. 157), 2 marzo 1968 e 7 marzo 1968 del Pretore di Roma (G. U. 15 giugno 1968, n. 152). codic:e penale, art. 507 (Boicottaggio), per la parte relativa all'ipotesi della propaganda e nei limiti di cui alla motivazione. Sentenza 17 aprile 1969, n. 84, G. U. 23 aprile 1969, n. 105. Ordinanze di rimessione 5 giugno 196'7 del Pretore di Roma (G. U. 9 dicembre 1967, n. 307) e 17 febbraio 1968 del Pretore di Trieste (G. U. 15 giugno 1968, n. 152). codice di procedura penale, art. 149 (Correzione di errori materiali), :primo comma, limitatamente all'inciso se possibile . Sentenza 14 aprile 1969, n. 83, G. U. 23 aprile 1969, n. 105. Ordinanza di rimessione 4 agosto 1967 della Corte di appello di Catania, G. U. 23 dicembre 1967, n. 321. codice di procedura .pe.nale, art. 553 (Sentenze soggett a revisione), n. 2, limitatamente alle parole se in conseguenza di essa il condannato stato dichiarato contravventore abituale o professionale . Sentenza 5 marzo 1969, n. 28, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. Ordinanza di rimessione 7 dicembre 1967 della terza sessione pe nae della Corte di cassazione, G. U. 30 marzo 1968, n. 84. legge 7 gennaio 1929, n. 4 (Norme generali per la repressione delle violazioni delle leggi finanziarie), art. 14, secondo comma, limitatamente alle parole prima che il decreto di condanna sia divenuto eisecutivo e quando sia stata fatta opposizione ; art. 21, primo comma, n. 1 e n. 2, nelle sole parole quando si tratti di ogni altro reato , e secondo comma; art. 26, primo comma, limitatamente alle parole di una contravvenzione di cmnpetenza dell'intendent di finanza o , e terzo comma; art. 27, primo c:omma, n. 2, limitatamente alle parole o che sarebbe competente se fosse stata proposta opposizione cont.ro il decreto di condanna dell'intendente ; artt. 36, 37, 38, 39, 40, 41, primo e secondo c:omma, 42, 43, 44, 45 e 48, terzo comma, limitatamente alle parole innanzi all'intendente di finanza ; art. 50, primo comma, nelle parti in cui si prevedono la competenza dell'intendente a pronunziare decreto di condanna e le ipotesi della opposizione o della mancata opposizione, fermo restando l'obbligo dell'intendente di dare partecipazione al procuratore della Repubblica del mancato pagamento della somma dovuta a titolo di oblazione; art. 51, primo comma, limitatamente al riferimento al n. 2 (3). Sentenza 3 aprile 1969, n. 60, G. U. 9 aprile 1969, n. 91. Ordinanza di rimessione 3 marzo 1967 del Tribunale di Salerno, G. U. 24 giugno 1967, n. 157. (3) La illegittimit costituzionale degli artt. 14, secondo comma, 21, n. 2, 26, _primo e terzo comma, 27, secondo comma, n. 2, 37, 38, 39, 40, 41, primo e secondo PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 61 r. d. 24 settembre 1931, n. 1473 (Disposizioni per il coordinamento della legge 7 gennaio 1929, n. 4, con le singole leggi finanziarie), artt. 9 e 10 (4). Sentenza 3 aprile 1969, n. 60, G. U. 9 aprile 1969, n. 91. (Ordinanza di rimessione 3 marzo 1967 del, Tribunale di Salerno, G. U. 24 giugno 1967, n. 157). r. d. 3 marzo 1934, n. 383 (Testo unico della legge comunale e provinciale), artt. 33 e 34, limitatamente alle parti in cui riconoscono il diritto di iniziativa del procedimento di modificazione delle circoscrizioni territoriali ai cittadini che rappresentino la maggioranza numerica dei contribuenti delle borgate o frazioni e sostengano almeno la met del carico dei tributi locali in esse applicati, anzich alla maggioranza dei cittadini elettori; art. 35, limitatamente alla parte in cui attribuisce a qualsiasi contribuente anzich a qualsiasi elettore la facolt di fare opposizione alle deliberazioni dei consigli comunali relative a variazioni alla circoscrizione dei comuni (5). Sentenza 21 marzo 1969, n. 38, G. U. 26 marzo 1969, n. 78 (6). Ordinanza di rimessione 5 novembre 1966 della quinta sezione del Consiglio di Stato, G. U. 25 febbraio 1967, n. 51. legge 25 settembre 1940, n. 1424 (Legge doganale), art. 141, secondo comma, seconda parte ( purch venga effetbuato prima della trasmissione del processo verbale di accertamento alla autorit giudiziaria ). Sentenza 28 marzo 1969, n. 55, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. Ordinanze di rimessione 27 giugno 1967 (due) del Tribunale di Varese, G. U. 9 dicembre 1967, n. 307. legge 10 agosto 1950, n. 648 (Riordinamento delle disposizioni sulle pensioni di guerra), arlt. 71, primo ~omma, lettera c), 77, primo comma, e 84, secondo comma, limitatamente alle parti in cui prevedono che la pensione indiretta spetta alle sorelle del militare morto per causa di servizio di guerra o del civile deceduto per fatto di guerra, solo in quanto nubili. Sentenza 28 marzo 1969, n. 53, G. U. 2 aprile 1969, n. 85 (7). Ordinanza di rimessione 23 gennaio 1967 della quarta sezione della Corte dei conti, G. U. 11 maggio 1968, n. 120. comma, 42, 43, 44, 45, 48, terzo comma, 50, primo comma, e 51, primo comma, stata dichiarata in applicazione dell'art. 27, ultima parte, della legge 11 marzo 195.3, n. 87. (4) Illegittimit costituzionale dichiarata in applicazione dell'art. 27, ultima parte, della legge 11 marzo 1953, n. 87. (5) La illegittimit costituzionale dell'art. 35 stata dichiarata in applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87. (6) Con la stessa sentenza, la questione di legittimit costituzionale degli articoli 33, 34 e 35 del regio decreto 3 marzo 1934, n. 383 stata dichiarata non fondata in riferimento agli artt. 117 e 133, secondo comma, della Costituzione. (7) Con la .stessa sentenza la Corte costituzionale, in applicazione all'art. 27, ultima parte, della legge 11 marzo 1953, n. 87, ha dichiarato la illegittimit costi 17 62 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge reg. sic:. 28 aprile 1951, n. 41 (Proroga del contratto di esercizio della miniera Cozzo Disi). Sentenza 14 aprile 1969, n. 80, G. U. 23 aprile 1969, n. 105. Ordinanza di rimessione 30 giugno 1967 del Tribunale di Palermo, G. U. 28 ottobre 1967, n. 271. d. I. 24 novembre 1954, n. 106,9 (Istituzione di una imposta di fabbricazione sui cementi e sugli agglomeranti cementizi), convertito in legge 10 dicembre 1954, n. 1159, art. 14, secondo c:omma. Sentenza 10 giugno 1969, n. 100, G. U. 18 giugno 1969, n. 152. Ordinanza di rimessione 6 ottobre 1967 del Tribunale di Bologna, G. U. 24 aprile 1968, n. 102. legge 10 dicembre 1954, n. 1159 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 24 novembre 1954, n. 1069 concernente l'istituzione di una imposta di fabbricazione sui cementi e sugl!b agglomerati cementizi), art. 1, nella parte in cui converte in legge l'art. 14, secondo comma, del d. 1. 24 novembre 1954, n. 1069. Sentenza 10 giugno 1969, n. 100, G. U. 18 giugno 1969, n. 152. Ordinanza di rimessione 6 ottobre 1967 del Tribunale di Bologna, G. U. 24 aprile 1968, n. 102. d. P. R. 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli 01gani delle Amministrazioni comunali), art. 15, n. 3 (art. 15, n. 3 del d. P. R. 5 aprile 1951, n. 203), in relazione agli articoli 10 e 14 del r. d. 3 marzo 1934, n. 383, limitatamente alla inclusione nella ipotesi di ineleggibilit di coloro che, all'atto dell'accettazione della candidatura, abbiano presentato le dimissioni astenendosi successivamente da ogni attivit inerente all'ufficio (8). Sentenza 26 marzo 1!;)69, n. 46, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. Ordinanze di rimessione 26 giugno 1968 e 9 ottobre 1968 della Corte di appello di Napoli, G. U. 12 ottobre 1968, n. 261 e 30 novembre 1968, n. 305. d. P. R. 9 maggio 1961, n. 868 (Norme sul tratta,mento economico e normativo degli operai dipendenti dalle imprese edili ed affini delle provincie di Ancona, Ascoli Piceno, Macerata e Pesaro), articolo unic:o, nella parte in cui rende obbligatorio erga omnes l'articolo 12 del contratto collettivo 10 ottobre 1959, integrativo del contratto collettivo nazionale di lavoro 24 luglio 1959, da valere per gli operai dipendenti tuzionale delle analoghe disposizioni di cui agli artt. 64, primo comma, lett. c), 75, primo comma, e 76, secondo comma, della legge 18 marzo 1968, n. 313.. (8) Sulle altre questioni di illegittimit costituzionale dell'art. 15, n. 3 del d. P. R. 16 maggio 1960, n. 570 gi decise v. in questa Rassegna, 1968, II, 198, nota 35. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 63 dalle imprese delle industrie edilizia ed affini della provincia di Macerata (9). Sentenza 17 marzo 1969, n. 33, G. U. 26 mai'ZO 1969, n. 78. Ordinanza di rimessione 4 maggio 1968 del Pretore di Camerino, G. U. 10 agosto 1968, n. 203. d. P. R. 9 maggio 1961, n. 740 (Norme sul trattamento economico e normativo degli operai dipendenti dalle imprese edili ed affini delle provincie di Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Mantova, Milano, Pavia, Sondrio e Varese), articolo unico, nella parte in cui !l'ende obbligatorio erga omnes il terzo comma dell'articolo 7 dell'accordo collettivo 22 settembre 1959, integrativo del contratto collettivo nazionale di lavoro 24 luglio 1959, da valere per gli operai dipendenti dalle imprese edilizia ed affini della provincia di Milano. Sentenza 17 marzo 1969, n. 34, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. Ordinanza di rimessione 21 settembre 1967 del Tribunale di Milano, G. U. 10 agosto 1968, n. 203. legge 29 dicembre 1962, n. 1744 (Nuove disposizioni per l'applicazione delle leggi di registro, dell'imposta generale sull'entrata e deZ bollo ai contratti di locazione dei beni immobili urbani), art. 2, secondo comma, nella parte in cui consente, per i contratti di locazione di durata pluriennale, la percezione annuale dell'imposta generale sull'entrata anche nell'ipotesi di intervenuta risoluzione del contratto nell'anno precedente. Sntenza 26 marzo 1969, ri. 49, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. Ordinanze di rimessione 9 novembre 1966 della commissione pro IiI vinciale delle imposte di Milano (G. U. 8 luglio 1967, n. 170) e 16 giugno 1967 del Tribunale di Milano (G. U. 28 ottobre 1967, n. 271). ~ ~ " ~ legge 5 marzo 1963, n. 246 (Istituzione di una imposta sugii incre" I ~ menti di valore delle aree fabbricabili; modificazioni al testo unico per la finanza locale, approvato con regio decreto 14 settembre 1931, ~ n. 1175 e al regio decreto legge 28 novembre 1938, n. 2000, convertito nella legge 2 giugno 1939, n. 739), artt. 48, pl"imo comma, e 49, primo comma, nella parte in cui, attribuendo ai comuni la facolt di fissare la i' ~ decorrenza dell'imposta se pi favorevole dalla data iniziale gi stabilita nella relativa deliberazione ai fini dell'applicazione del contributo ~ ~ di miglioria generica, consentono l'applicazione retroattiva dell'imposta ~ ili i:: >:= ~{ ~: (9) L'articolo unico del d. P. R. 9 maggio 1961, n. 868 stato dichiarato ;:: ~:: incostituzionale, con sentenza 8 luglio 1967, n. 99, anche nella parte in cui rende r:: obbligatorio erga ommes l'art. 10 del contratto collettivo integrativo 30 settembre k' 1959 per gli operai dipendenti dalle imprese edilizia ed affini della provincia di m lll\iiljillllilill~i\ijij\i-ili\i( fi Ascoli Piceno. :::=::=::::::=:=:=:=:=:=:=::-::---- ~,:',:',: :;:;:;:::::::::'.:'.'.'... : ~{}:-:=:-:-:-... ~~). ::::::::ifJ:::f:::j:=:::;:[=; w :m::::m:fa:if::: !::: ~,~~~AiB"Ail!llli1",.J 64 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO anche nei confronti di soggetti non sottoposti al contributo di miglioria generica. Sentenza 11 aprile 1969, n. 75, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. Ordinanze di rimessione 9 giugno 1967 (nove) del Tribunale di Torino, G. U. 2 settembre 1967, n. 221, 14 ottobre 1967, n. 258, e 28 ottobre 1967, n. 271. legge 22 luglio 1966, n. 607 (Norme in materia di enfiteusi e di prestazioni fondiarie perpetue), art. 1, limitatamente alla parte in cui comprende nella normativa anche i rapporti, che formano oggetto della legge, conclusi successivamente alla data del 28 ottobre 1941. Sentenza 21 marzo 1969, n. 37, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. Ordinanze di rimessione 15 dicembre 1966 del Pretore di Spoleto (G. U. 25 febbraio 1967, n. 25); 23 dicembre 1966 (sei) del Pretore di Civitacastellana (G. U. 25 marzo 1967, n. 77); 2 gennaio 1967 del Pretore di Benevento (G. U. 13 maggio 1967, n. 120); 3 febbraio 1967 del Pretore di Palermo (G. U. 2 settembre 1967, n. 221); 9 febbraio 1967 del Pretore di Vitulano (G. U. 22 aprile 1967, n. 102); 13 febbraio 1967 del Pretore di Lercara (G. U. 27 maggio 1967, n. 132); 20 febbraio 1967, 28 febbraio 1967, 1 marzo 1967 e 6 marzo 1967 del Pretore di Anagni (G. U. 19 agosto 1967, n. 208); 11 marzo 1967 del Pretore di Sezze Romano (G. U. 8 luglio 1967, n. 170); 23 marzo 1967 del Pretore di Reggio Calabria (G. U. 2 settembre 1967, n. 221); 1 aprile 1967 de] Pretore di Terracina (G. U. 8 luglio 1967, n. 170); 5 aprile 1967 del Pretore di Velletri (G. U. 8 luglio 1967, n. 170); 6 aprile 1967 de] Pretore di Frosinone (G. U. 2 settembre 1967, n. 221); 7 aprile 1967 del Pretore di Mazara del Vallo (G. U. 24 giugno 1967, n. 157); 11 aprile 1967 del Pretore di Guardia Sanframondi (G. U. 8 luglio 1967, n. 170); 3 maggio 1967 del Pretore di Bisacquino (G. U. 8 luglio 1967, n. 170); 3 maggio 1967 del Tribunale di Trapani (G. U. 23 dicembre 1967, n. 321); 6 maggio 1967 del Pretore di Alatri (G. U. 29 luglio 1967, n. 190); 18 maggio 1967 del Pretore di S. Stefano di Camastra (G. U. 19 agosto 1967, n. 208); 19 maggio 1967 del Tribunale di Palermo (G. U. 2 settembre 1967, n. 221); 20 maggio 1967 del Pretore di Napoli (G. U. 29 luglio 1967, n. 190); 20 maggio 1967 del Pretore di Trapani (G. U. 8 luglio 1967, n. 170); 1 giugno 1967 del Pretore di Paliano (G. U. 19 agosto 1967, n. 208); 7 giugno 1969 del Pretore di Pozzuoli G. U. 19 agosto 1967, n. 208); 13 giugno 1967 del Pretore di Solopaca (G. U. 14 ottobre 1967, n. 258); 16 giugno 1967 del Pretore di Albano Laziale (G. U. 14 ottobre 1967, n. 258); 21 giugno 1967 del Pretore di Frosinone (G. U. 2 settembre 1967, n. 221); 22 giugno 1967 del Tribunale di Agrigento (G. U. 11 novembre 1967, n. 282); 30 giugno 1967 del Pretore di Ariano Irpino (G. U. 9 dicembre 1967, n. 307); 5 luglio 1967 del Pretore di Marano di Napoli (G. U. 25 novembre 1967, n. 295); 11 luglio 1967 del Pretore di Solopaca (G. U. 14 ottobre 1967, n. 258); 14 luglio 1967 del Pretore di Isernia (G. U. 28 ottobre 1967, n. 271); 18 luglio 1967 del Pretore di Bianco (G. U. 14 ottobre 1967, n. 258); PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 65 18 luglio 1967 del Pretore di Torre Annunziata (G. U. 28 ottobre 1967, n. 271); 20 luglio 1967 del Pretore di Ramacca (G. U. 25 novembre 1967, n. 295); 2 agosto 1967 del Pretore di Terracina (G. U. 9 dicembre 1967, n. 307); 6 settembre 1967 del Pretore di Bisacquino (G. U. 23 dicembre 1967, n. 321); 7 ottobre 1967 del Pretore di Erice (G. U. 23 dicembre 1967, n. 321); 16 ottobre 1967 (quattro) del Pretore di Genzano di Roma (G. U. 9 dicembre 1967, n. 307); 17 ottobre 1967 del ., Tribunale di Mistretta (G. U. 27 gennaio 1968, n. 24); 20 ottobre 1967 del Tribunale di Palermo (G. U. 24 febbraio 1968, n. 50); 6 marzo 1968 del Pretore di Bajano (G. U. 4 maggio 1968, n. 113); 22 maggio 1968 del Pretore di Torre del Greco (G. U. 31 agosto 1968, n. 222); e 22 luglio 1968 della Corte di appello di Catania (G. U. 12 ottobre 1968, numero 261). legge 18 marzo 1968, n. 313 (Riordinamento della legislazione pen~ sionistica di guerra), art+. 64, primo comma, lett. c), 75, primo comma, e 76, secondo comma, limitatamente alle parti in cui prevedono che la pensione indiretta spetta alle sorelle del militare morto per causa di servizio di guerra o del civile deceduto per fatto di guerra, solo in quanto nubili (10). Sentenza 28 marzo 1969, n. 53, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. (Ordinanza di rimessione 23 gennaio 1967 della quarta sezione della Corte dei conti, G. U. 11 maggio 1968, n. 120). NORME DELLE QUALI STATA DICHIARATA NON FONDATA LA QUESTIONE DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE codice civile, art. 145 (Doveri del marito), primo comma (artt. 3 e 29 della Costituzione) (11). Sentenza 26 marzo 1969, n. 45, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. Ordinanze di rimessione 26 gennaio 1967 del Tribunale di Caltagirone (G. U. 29 luglio 1967, n. 190), 7 luglio 1967 del Tribunale di Palermo (G. U. 11 novembre 1967, n. 282), 9 maggio 1968 del Giudice istruttore del Tribunale di Milano (G. U. 14 dicembre 1968, n. 318). codice civile, art. 156 (Effetti della separazione), primo comma, nella parte in cui pone a carico del marito, in regime di separazione per esclusiva colpa di lui, l'obbligo di somministrare alla moglie, in proporzione alle proprie sostanze, tutto ci che necessario ai bisogni (10) Illegittimit costituzionale dichiarata in applicazione dell'art. 27, ultima parte, della legge 11 marzo 1953, n. 87. (11) Questione gi dichiarata non fondata, con riferimento alla ipotesi di separazione di fatto dei coniugi, con sentenza 12 dicembre 1967, n. 144. I I 66 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I ~: della vita, indipendentemente dalle condizioni economiche di costei (artt. 3 e 29 della Costituzione) (12). i~= Sentenza 28 marzo 1959, n. 45, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. f~ Ordinanze di rimessione 26 gennaio 1967 del Tribunale di Calta II . girone (G. U. 29 luglio 1967, n. 190), 28 aprile 1967 del Tribunale di . Torino (G. U. 2 settembre 1967, n. 221), 23 maggio 1967 del Tribunale I di :Venezia (G. U. 2 settembre 1967, n. 221), 5 luglio 1967 della prima sezione civile della Corte di cassazione (G. U. 28 ottobre 1967, n. 271), 14 luglio 1967 del Tribunale di Perugia (G. U. 25 settembre 1967, n. 295), 31 ottobre 1967 della prima sezione civile della Corte di cassazione (G. U. 9 marzo 1968, n. 65), 8 gennaio 1968 della Corte di appello di Roma (G. U. 30 marzo 1968, n. 84), 19 gennaio 1968 della Corte di appello di Bologna (G. U. 31 agosto 1968, n. 222), 9 maggio 1968 del Giudice istruttore del Tribunale di Milano (G. U. 14 dicembre 1968, n. 318), 31 maggio 1968 del Tribunale di Lucca (G. U. 31 agosto 1968, I numero 222). c:odic:e c:ivile, art. 271 (Legittimazione attiva e termine) (artt. 30 e 3 , I. della Costituzione). Sentenza 5 marzo 1969, n. 26, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. ,' I Il ijj Ordinanze di rimessione 18 novembre 1966 (due) della Corte di appello di Bologna, G. U. 22 aprile 1967, n. 102. c:odic:e c:ivile, disp. trans., art. 123, terzo c:omma (artt. 30 e 3 della Costituzione). Sentenza 5 marzo 1969, n. 26, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. Ordinanze di rimessione 18 novembre 1966 (due) della Corte di r appello di Bologna, G. U. 22 aprile 1967, n. 102. c:odic:e penale, art. 140 (AppLicazione provvisoria di pene accessorie) (art. 27, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 11 aprile 1969, n. 78, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. ~ Ordinanza di rimessione 22 febbraio 1968 del giudice istruttore del Tribunale di Roma, G. U. 20 aprile 1968, n. 102. I :::: c:odic:e .penale, art. 574 (Sottrazione di persone incapaci), prima parte wi:;::-; @ (art. 29, secondo comma, della Costituzione) (13). :a .:)!:! Sentenza 28 marzo 1969, n. 54, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. @:~ Ordinanze di rimessione 29 maggio 1967 del Pretore di Gavirate I (G. U. 2 settembre 1967, n. 221), 29 aprile 1968 del Pretore di Roma e.:m ij~~ (:@ e::-,:;: (12) L'art. 156, primo comma, del codice civile stato lichiarato incostitu'!/:_(../. zionale, con sentenza 23 maggio 1966, n. 46, neUa parte in cui pone a carico del marito, in regime di sepmazione consensuale senza colpa di nessuno dei coniugi, l'obbligo di somministrare alla moglie tutto ci che necessario ai bisogni della v-ita, indipendentemente dalle condizioni .economiche di costei . (13) L'art. 574 del codice penale stato dichiarato incostituzionale, con ~ sentenza 22 febbraio 1964, n. 9, nella parte in cui limitava il diritto di querela al genitore esercente la patria potest. i ,~.~~~.&lillfl~ PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 67 (G. U. 20 luglio 19S8, n. 184), e 15 maggio 1968 del Pretore di Roma (G. U. 28 settembre 1968, n. 248). codice di procedura penale, art. 301 (Applicazione provvisoria di pene accessorie o di misure di sicurezza) (art. 27, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 11 aprile 1969, n. 78, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. Ordinanza di rimessione 22 febbraio 1968 del Giudice istruttore del Tribunale di Roma, G. U. 20 aprile 1968, n. 102. codice di procedura penale, art. 510 (Giudizio conseguente all'opposizione), ultimo comma (art. 3 della Costituzione) (14). Sentenza 26 marzo 1969, n. 48, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. Ordinanza di rimessione 5 agosto 1967 del Pretore di Chiavari, G. U. 27 gennaio 1968, n. 24. codice di procedura penale, art. 587 (Esecuzione delle pene acces- sori) (art. 27, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 11 aprile 1969, n. 78, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. Ordinanza di rimessione 22 febbraio 1968 del Giudice istruttore del Tribunale di Roma, G. U. 20 aprile 1968, n. 102. d. I. lgt. 11 febbraio 1917, n. 249 (Norme per la repressione dell'abigeato e del pascolo abusivo nelle provincie dell'Italia meridionale e della Sicilia) (artt. 77 e 3 della Costituzione). Sentenza 9 aprile 1969, n. 71, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. Ordinanza di rimessione 23 aprile 1968 del Tribunale di Lagonegro, G. U. 20 luglio 1968, n. 184. r. d;-1. 29 luglio 1927, n. 1509 (Provvedimenti per l'oirdinamento del credito agrario), convertito in legge 5 luglio 1928, n. 1760 e successive modificazioni, art. 8 (art. 42 della Costituzione). Sentenza 11 aprile 1969, n. 77, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. Ordinanza di rimessione 27 giugno 1967 del Tribunale di Matera, G. U. 14 ottobre 1967, n. 258. legge 5 luglio 1928, n. 1760 (Conversione in legge, con modificazioni, del r. d. l. 29 luglio 1927, n. 1509, concernente provvedimenti per l'or (14) Altre questioni di legittimit costituzionale della disposizione sono state dichiarate non fondate con sentenze 8 marzo 1957, n. 46 e 23 dicembre 1963, n. 170, Ulteriori questioni sono state proposte dal pretore di Chiavari (ordinanza 5 agosto 1967, G. U. 27 gennaio 1968, n. 24), dal pretore di Livorno (ordinanza 18 aprile 1968, G. U. 13 luglio 1968, n. 177) e dal pretore di Modena (ordinanza 22 ottobre 1968, G. U. 22 gennaio 1969, n. 25). 68 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dinamento del credito agrario), nella parte in cui converte in legge l'art. 8 del r. d.-1. 29 luglio 1927, n. 1509 (art. 42 della Costituzione). Sentenza 11 aprile 1969, n. 77, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. Ordinanza di rimessione 27 giugno 1967 del Tribunale di Matera, G. U. 14 ottobre 1967, n. 258. r. d. 8 gennaio 1931, n. 148 (Coordinamento delle norme sulla disciplina giuridica dei rapporti collettivi di lavoro ca,n quelle sul trattamento giuridico-economico del personale delle ferrovie, tranvie e linee di navigazione interna in regime di concessione), art. 10, modificato dalla legge 24 luglio 1957, n. 633 (art. 36 della Costituzione). Sentenza 21 marzo 1969, n. 39, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. Ordinanza di rimessione 17 marzo 1967 del Tdbunale di Palermo, G. U. 8 luglio 1967, n. 170. r. d. 3 marzo 1934, n. 383 (Testo unico della legge comunale e provinciale), artt. 33, 34 e 35 (artt. 117 e 133, secondo comma, della Costituzione) (15). Sentenza 21 marzo 1969, n. 38, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. Ordinanza 5 novembre 1966 della quinta sezione del Consiglio di Stato, G. U. 25 febbraio 1967, n. 51. r. d. 27 febbraio 1936, n. 645 (Codice postale e delle telecomunicazioni), art. 232 (art. 23 della Costituzione). Sentenza 9 aprile 1969, n. 72, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. Ordinanza di rimessione 26 ottobre 1967 del giudice conciliatore di Genova, G. U. 23 dicembre 1967, n. 321. r. d.I. 21 luglio 1938, n. 1468 (Disciplina dei magazzini di vendita a prezzo unico), ,c6nvertito in legge 9 gennaio 1939, n. 142, artt. 1 e 2 (art. 41 della Costituzione). Sentenza 10 giugno 1969, n. 97, G. U. 18 'giugno 1969, n. 152. Ordinanza di rimessione 22 dicembre 1967 del Pretore di Saronno, G. U. 24 febbraio 1968, n. 50. legge 9 gennaio 1939, n. 142 (Conversione in legge del r. d. 21 Zuglio 1908, n. 1468 per la disdplina dei magazzini di vendita di merci a (15) Con la stessa sentenza la Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimit costituzionale degli articoli 33 e 34 limitatamente alle parti in cui riconoscono il diritto di iniziativa del procedimento di modificazione delle circoscrizioni territoriali ai cittadini che rappresentino la maggioranza numerica dei contribuenti delle borgate o frazioni e sostengano almeno la met del carico dei tributi locali in esse applicati, anzich alla maggioranza dei cittadini elettori, e la illegittimit costituzionale dell'art. 35 limitatamente alla parte in cui attribuisce a qualsiasi contribuente anzich a qualsiasi elettore la facolt di fare opposizione alle deliberazioni dei consigli comunali relative a variazioni alla circoscrizione dei comuni. PARTE n, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 69 prezzo unico) nella parte in cui converte in legge gli articoli 1 e 2 de1 r. d.-1. 21 luglio 1938, n. 1468 (art. 41 della Costituzione). Sentenza 10 giugno 1969, n. 97, G. U. 18 giugno 1969, n. 152. Ordinanza di rimessione 22 dicembre 1967 del Pretore di Saronno, G. U. 24 febbraio 1968, n. 50. r. d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), art. 201 (art. 24, primo comma, della Costituzione). Sentenza 17 aprile 1969, n. 87, G. U. 23 aprile 1969, n. 105. Ordinanza di rimessione 18 aprile 1967 del Tribunale di Roma, G. U. 9 dicembre 1967, n. 307. r. d. 30 marzo 1942, n. 318 (Disposizioni per l'attuazione del codice civile e disposizioni transitorie), art. 123, terzo comma (artt. 30 e 3 della Costituzione). Sentenza 5 marzo 1969, n. 26, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. Ordinanze di rimessione 18 novembre 1966 (due) della Corte di appello di Bologna, G. U. 22 aprile 1967, n. 102. legge 27 giugno 1942, n. 851 (Modificazioni al testo unico della legge comunale e provinciale approvato con r. d. 3 marzo 1934, n. 383, concernenti il nuovo stato giuridico dei segretari comunali e prO'Vinciali), art. 4 (artt. 5 e 128 della Costituzione). Sentenza 28 marzo 1969, n. 52, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. Ordinanze di rimessione 8 luglio 1966 (tre) della quinta sezione del Consiglio di Stato, G. U. 14 ottobre 1967, n. 258. legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralit), art. 1 e 2 (artt. 3 e 13, secondo comma, della Costituzione) (16). Sentenza 17 marzo 1969, n. 32, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. Ordinanze di rimessione 20 luglio 1967 del Pretore di Firenze (G. U. 28 ottobre 1967, n. 271), 1 febbraio 1968 (due) del Pretore di Genova (G. U. 20 aprile 1968, n. 102), 13 febbraio 1968 del Pretore di Sestri Ponente (G. U. 18 maggio 1968, n. 127), e 28 marzo 1968 del Pretore di Lentini (G. U. 31 agosto 1968, n. 222). legge 24 luglio 1957, n. 633 (Modifiche all'art. 10 del regio decreto 8 gennaio 1931, n. 148, sul trattamento giuridico-economico del perso (16) Altra questione di legittimit costituzionale dell'art. 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423. stata dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 13, 25, 27 e 3 della Costituzione, con sentenza 23 marzo 1964, n. 23; per l'art. 2, invece, e sempre nel snso della non fondatezza delle questioni di legittimit costituzionale proposte, v. le sentenze 28 dicembre 1962, n. 126 e 30 giugno 1964, n. 68. 70 RASSEGNA D_ELL'AVVOCATURA DELLO STATO nale delle ferrovie, tramvie e linee di navigazione interna in regime di concessione), articolo unico, che modifica l'art. 10 del r. d. 8 gennaio 1931, n. 148 (art. 36 della Costituzione). Sentenza 21 marzo 1959, n. 39, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. Ordinanza di rimessione 17 marzo 1967 del Tribunale di Palermo, G. U. 8 luglio 1967, n. 170. d. P. R. 15 giugno 1959, n. 393 (Testo unico delle norme sulla circolazione stradale), art. 4, lettera b (artt. 76 e 77 della Costituzione). Sentenza 14 aprile 1969, n. 82, G. U. 23 aprile 1969, n. 105. Ordinanza di rimessione 26 ottobre 1967 del Pretore di Genova, G. U. 27 gennaio 1968, n. 24. legge 21 luglio 1960, n. 739 (Provvidenze per le zone agricole danneggiate da calamit naturali e provvidenze per le imprese industriali), artt. 15, primo e secondo comma, e 16, secondo, terzo e quarto comma (art. 42 della Costituzione). I Sentenza 11 aprile 1969, n. 77, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. ~ Ordinanza di rimessione 27 giugno 1967 del Tribunale di Matera, G. U. 14 ottobre 1967, n. 258. d. P. R. 2 gennaio 1962, n. 346 (Norme sul trattamento economico ~ e normativo per i dipendenti da ristoranti, trattorie, piccole pensioni, locande, piccole trattorie ed osterie con cucina, caff, bar, bottiglierie, birrerie, buffets di stazione, gelaterie, fiaschetterie e da ogni altro esercizio similare ove si somministrino bevande di cui all'art. 86 della legge di P. S., da negozi di pasticceria e confetJteria, reparti di pasticceria e confetteria annessi a pubblici servizi), articolo unico (artt. 39 e 77, primo comma, della Costituzione). Sentenza 3 aprile 1969, n. 64, G. U. 9 aprile 1969, n. 91. Ordinanza di rimessione 12 aprile 1967 del Pretore di Torino, G. U. 11 novembre 1967, n. 282. !'."'' r#:; legge 30 aprile 1962, n. 283 (Modifica degli articoli 242, 243, 247, fil 250 e 262 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio 8 decreto 27 luglio 1934, n. 1265: Disciplina igiernica della produzione e I! m della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande), artt. 5, le+ tera f, 6 e 10 (art. 25, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 3 aprile 1969, n. 61, G. U. 9 aprile 1969, n. 91. Ordinanze di rimessione 24 giugno 1966 (quattro) del Pretore di % ~.-ff: Milano, G. U. 19 agosto 1967, n. 208. ?tl.3 i.,, legge 8 giugno 1962, n. 604 (Modificazioni allo stato giuridico e all'ordinamento della carriera dei sei:tretari comunali e provinciali), arti il coli 23 e 46 (artt. 5 e 128 della Costituz10ne). 1 t~1;1:\1 Sentenza 28 marzo 1969, n. 52, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. ;..:-. Ordinanze di rimessione 8 luglio 1966 (tre) della quinta sezione k\\\~~i~ del Consiglio di Stato, G. U. 14 ottobre 1967, n. 258. I r,, .............,._,L..._J PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 71 legge 6 ottobre 1962, n. 1493 (Modifiche ed interpretazioni di norme legislative in materia di agevolazioni tributarie nel settore dell'edilizia), art. 1, capoverso (artt. 3 e 113 della Costituzione, e nei sensi di cui in motivazione). Sentenza 17 aprile 1969, n. 86, G. U. 23 aprile 1969, n. 105. Ordinanza di rimessione 24 novembre 1967 del Tribunale di Terni, G. U. 27 gennaio 1968, n. 24. lege 9 gennaio 1963, n. 7 (Divieto di licenziamento delle lavoratrici per causa di matrimonio e modifiche alla legge 26 agosto 1950, n. 860: Tutela fisica ed economica delle lavoratrici madri > ), art. 1, ultimo comma (artt. 2, 3, 37 e 41 della Costituzione). Sentenza 5 marzo 1969, n. 27, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. Ordinanze di rimessione 9 gennaio 1967 del Tribunale di Como (G. f!. 24 giugno 1967, n. 157) e 14 maggio 1968 del Tribunale di Genova (G. U. 28 settembre 1968, n. 248). d. P. R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), art. 215 (artt. 76 e 77 della Costituzione). Sentenza 9 arprile 1969, n. 69, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. Ordinanza di rimessione 30 maggio 1967 del Tribunale di Reggio Emilia, G. U. 19 agosto 1967, n. 208. legge 5 luglio 1965, n. 798 (Modifiche alle leggi 8 gennaio 1952, n. 6 e 25 febbraio 1963, n. 259, riguardanti la previdenza ed assistenza forense e istituzione della assistenza sanitaria a favore degli avvocati e procuratori legali), artt. 3 e 4 (artt. 53 e 98, primo comma, della Costituzione). Sentenza 17 aprile 1969, n. 85, G. U. 23 aprile 1969, n. 105. Ordinanze di rimessione 25 ottobre 1967 del pretore di Asti e 26 ottobre 1967 del pretore di Padova, G. U. 27 gennaio 1968, n. 24. legge 15 luglio 1966, n. 604 (Norme sui licenziamenti individuali), \t. 11, primo comma (artt. 3, 4 e 35 della Costituzione). . Sentenza 14 aprile 1969, n. 81, G. U. 23 aprile 1969, n. 105. Ordinanze di rimessione 31 maggio 1967 del pretore di Vicenza \ 14 ottobre 1967, n. 258), 3 giugno 1967 del pretore di Napoli 11 novembre 1967, n. ,282), 20 luglio 1967 del pretore di Pistoia , 1 novembre 1967, n. 282), 29 aprile 1968 del pretore di Cuneo 31 agosto 1968, n. 222), 3 maggio 1968 del pretore di Roma (G. U. 31 agosto 1968, n. 222), 5 giugno 1968 del pretore di Trieste (G. U. 14 settembre 1968, n. 235), e 30 giugno 1968 del pretore di Giulianova (G. U. 12 ottobre 1968, n. 261). .. d. I. 9 novembre 1966, n. 914 (Provvidenze in favore delle. popolazioni dei Comuni colpiti dalle alluvioni o mareggiate deH'autunno 1966), 72 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA. DELLO STATO convertito con legge 23 dicembre 1966, n. 1141, artt. 1, primo comma, e 3 (artt. 24, 112, 1 e 101 della Costituzione) (17). Sentenza 26 marzo 1969, n. 47, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. Ordinanza di .rimessione 15 aprile 1967 del Tribunale di Rovereto, G. U. 28 ottobre 1967, n. 271. legge 23 dicembre 1966, n. 1141 .(Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 9 novembre 1966, n. 914), nella parte in cui converte in legge gli artt. 1, secondo comma, e 3 del d. 1. 2 novembra 1966, n. 914 (artt. 24, 112, 1 e 101 della Costituzione). Sentenza 26 marzo 1969, n. 47, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. Ordinanza di ri.iessione 15 aprile 1967 del Tribunale di Rovereto, G. U. 28 ottobre 1967, n. 271. NORME DELLE QUALI STATO PROMOSSO GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE Codice cMle, art. 10 (Inizio della obbligatoriet delle leggi e dei regolamenti), in quanto, in relazione all'art. 700 del codice di procedura civile, consente il sequestro di pubblicazioni a stampa, ai fini di far cessare l'abuso dell'immagine, al di fuori di ipotesi delittuose e di espressa previsione da parte della legge sulla stampa (art. 21, terzo comma, della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 30 dicembre 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. codice civile, art. 144 (Potest maritale), in quanto stabilisce che il marito capo della famiglia (artt. 3 e 29 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 12 febbraio 1969, G. U. 23 aprile 1969, n. 105. codice civile, art. 145 (Doveri del marito), in quanto impone al marito di provvedere al mantenimento della moglie anche quando la moglie abbia mezzi sufficienti (art. 29 della Costituzione) (18). Pretore di Bordighera, ordinanza 21 febbraio 1969, G. U. 18 giugno 1969, n. 152. (17) Questione dichiarata per l'art. 1, secondo comma, inammissibile, con la stessa sentenza, in riferimento agli artt. 3. e 42 della Costituzione. (18) Altra questione di legittimit costituzionale della disposizione stata dichiarata non fondata con sentenze 12 dicembre 1967, n. 144 e 26 marzo 1969, n. 45. r1 PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 73 c:odic:e c:ivile, art. 156 (Effetti della separazione), primo c:omma, in quanto pone a carico del marito, in regime di separazione per sua colpa, l'obbligo di somministrare alla moglie tutto ci che necessario ai bisogni della vita, indipendentemente dalle condizioni economiche di costei (artt. 3 e 29, secondo comma, della Costituzione) (19). Tribunale di Udine, ordinanza 17 ottobre 1968, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. Tribunale di La Spezia, ordinanza 13 novembre 1968, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. Corte di appello di Genova, ordinanza 9 gennaio 1969, G. U. 21 maggio 1969, n. 128. Corte di appello di Roma, ordinanza 21 dicembre 1968, G. U. 11 giugno 1969, n. 145. c:odic:e c:ivile, art. 164 (Controdichiarazioni), in quanto impedisce anche ai terzi di provare la simulazione delle convenzioni matrimoniali (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Siracusa, ordinanza 21 dicembre 1968, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. c:odic:e c:ivile, art. 593 (Figli naturali non riconoscibili), primo c:omma, in quanto riduce, per i figli naturali non riconoscibili, la capacit di ricevere per testamento alla met di quanto consegua nelle successioni il meno favorito dei figli legittimi, con trattamento deteriore rispetto a quello stabilito per qualsiasi altro terzo estraneo al nucleo familiare legittimo (artt. 3 e 30 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 9 novembre 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. c:odic:e c:ivile, art. 595 (Coniuge del binubo), e art. 599 (Persone fater- poste), in quanto vietano che il coniuge del binubo possa ricevere per testamento, sulla disponibile, pi di quanto consegua, sulla stessa disponibile, il meno favorito dei figli dei precedenti matrimoni, con discriminazione fondata su una condizione personale (art. 3 della Costituzione) e non estesa al binubo (art. 29 della Costituzione). Tribunale di Cagliari, ordinanza 11 ottobre 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. c:odic:e c:ivile, art. 1751 (lndep,nitd per lo scioglimento del contratto), primo c:omma, in quanto prevede il diritto dell'agente all'indennit solo (19) Questione dichiarata non fondata con sentenza 28 marzo 1969, n. 45. La disposizione, nella parte in cui pone a carico del marito, in regime di separazione consensuale senza colpa di nessuno dei coniugi, l'obbligo di corrispondere alla moglie tutto ci che necessario ai bisogni della vita, indipendentemente dalle condizioni economiche di costei, stata invece dichiarata incostituzionale ~l con sentenza 23 maggio 1966, n. 46. ?,: I r~ ~= _.,.~,,~~~~~J ~-: 74 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I Iper la ipotesi in cui il contratto di agenzia a tempo indeterminato si sciolga per fatto non imputabile all'agente (art. 3 e 36 della Costitu! zione) (20). I Corte di cassazione, terza sezione civile, ordinanza 19 novembre ~ 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. i Corte di appello di Milano, ordinanza 7 febbraio 1969, G. U. 23 aprile 1969, n. 105. codice civile, art. 1916 (Diritto di surrogazione dell'assicuratore), . in quanto consente all'assicuratore, secondo la consolidata interipreta l zione giurisprudenziale della norma, di ripetere, nei limiti della somma dovuta all'assicurato, l'intero importo dell'indennizzo corrisposto, senza decurtazione proporzionale al grado di colpa dell'assicurato (art. 3, primo comma, della Costituzione). Tribunale di Udine, ordinanza 24 ottobre 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. codice civile, art. 2221 (Faliimento e concordato preventivo), in quanto consente la~procedura concorsuale solo per determinate categorie di cittadini, e secondo discriminazioni rimesse all'arbitrio dell'amministrazione finanziaria o rapportato alla misura del capitale investito nell'impresa (art. 3 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 27 giugno 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. codice civile, art. 2772 (Crediti deUo Stato per tributi indiretti), primo comma, in quanto consente di esercitare il privilegio speciale attribuito ai crediti per tributi indiretti, ove si tratti di imposta principale o complementare, anche nei confronti dei terzi che abbiano acquistato gli immobili ai quali il tributo si rifrisce in epoca successiva al trasferimento assoggettato ad imposizione (art. 42, secondo comma, della Costituzione). Corte di appello di Genova, ordinanza 10 gennaio 1969, G. U. 21 maggio 1969, n. 128. codice di procedura civile, art. 82-87 (Dei difensori), nelle parti connesse all'art. 83, terzo comma, in quanto dispongono la obbligatoriet della difesa tecnica nel processo civile, esponendo il cittadino al pre (20) Questione gi proposta dalla terza sezione civile della Corte di cassazione con ordinanza 3 luglio 1968 (G. U. 28 settembre 1968, n. 248). Sotto analogo profilo la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale l'art. 2120, primo comma, del codice civile, limitatamente alla parte in cui, nel caso di cessazione del contratto di lavoro a tempo determinato esclude il diritto del prestatore dilavoro ad una indennit proporzionale agli anni di servizio, allorquando la cessazione stessa derivi da licenziamento per colpa di lui o da dimissioni volontarie (sentenza 27 giugno 1968, n. 75). ~~~~ 11rrr%1&mitff:lilifxt1;:m~fftr1ITrTw~&ffffrnrnr11tmr1n1rrrmIDRf&ffJI&rf.Irrnmruftrffir1M1'i PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE codice civile, art. 156 (Effetti delia separazione), primo comma, in quanto pone. a carico del marito, in regime di separazione per sua colpa, l'obbligo di somministrare alla moglie tutto ci che necessario ai bisogni della vita, indipendentemente dalle condizioni economiche di costei (artt. 3 e 29, secondo comma, della Costituzione) (19). Tribunale di Udine, ordinanza 17 ottobre 1968, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. Tribunale di La Spezia, ordinanza 13 novembre 1968, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. Corte di appello di Genova, ordinanza 9 gennaio 1969, G: U. 21 maggio 1969, n. 128. Corte di appello di Roma, ordinanza 21 dicembre 1968, G. U. 11 giugno 1969, n. 145. codice civile, art. 164 (Controdichiarazioni), in quanto impedisce anche ai terzi di provare la simulazione delle convenzioni matrimoniali (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Siracusa, ordinanza 21 dicembre 1968, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. codice civile, art. 593 (Figli naturali non riconoscibili), primo comma, in quanto riduce, per i figli naturali non riconoscibili, la capacit di ricevere per testamento alla met di quanto consegua nelle successioni il meno favorito dei figli legittimi, con trattamento deteriore rispetto a quello stabilito per qualsiasi altro terzo estraneo al nucleo familiare legittimo (artt. 3 e 30 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 9 novembre 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. codice civile, art. 595 (Coniuge del binubo), e art. 599 (Persone inter- poste), in quanto vietano che il coniuge del binubo possa ricevere per testamento, sulla disponibile, pi di quanto consegua, sulla stessa disponibile, il meno favorito dei figli dei :precedenti matrimoni, con discriminazione fondata su una condizione personale (art. 3 della Costituzione) e non estesa al binubo (art. 29 della Costituzione). Tribunale di Cagliari, ordinanza 11 ottobre 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. codice civile, art. 1751 (lndep,nit per lo scioglimento del contratto), primo comma, in quanto prevede il diritto dell'agente all'indennit solo (19) Questione dichiarata non fondata con sentenza 28 marzo 1969, n. 45. La disposizione, nella parte in cui pone a carico del marito, in regime di separazione consensuale senza colpa di nessuno dei coniugi, l'obbligo di corrispondere alla moglie tutto ci che necessario ai bisogni della vita, indipendentemente dalle condizioni economiche di costei, stata invece dichiarata incostituzionale con sentenza 23 maggio 1966, n. 46. 76 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO comparizione dei coniugi dinanzi al presidente (art. 24, secondo comma, della Costituzione) (23). Pretore di Bordighera, ordinanza 21 febbraio 1969, G. U. 18 giugno 1969, n. 152. codice penale, art. 92 (Ubriachezza volontaria o colposa ovvero preordinata), in quanto presume la imputabilit dell'imputato che abbia commesso il fatto in stato di ubriachezza, escludendo ogni indagine sulla capacit di intendere e di volere dell'imputato (art. 27 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 1<> marzo 1969, G. U. 11 giugno 1969, n. 145. codice penale, art. 137 (Carcerazione preventiva), in quanto, non prevedendo la fungibilit tra pena e misura di sicurezza, non consente di detrarre la carcerazione preventiva dalla durata della misura di sicurezza detentiva (art. 13 della Costituzione). Giudice di sorveglianza presso il Tribunale di Messina, ordinanza 3 aprile 1969, G. U. 18 giugno 1969, n. 152. .. codice penale, art. 206 (Applicazione provvisoria delle misure di sicurezza), ultimo comma, in quanto esclude il tempo durante il quale l'imputato assoggettato a perizia psichiatrica dal computo della misura di sicurezza detentiva, con criterio diverso da quello stabilito dall'art. 137 del codice penale per l'ipotesi della carcerazione preventiva (art. 3 della Costituzione). Giudice di sorveglianza presso il Tribunale di Mantova, ordinanza 7 febbraio 1969, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. codice penale, art. 224 (Minore non imputabile), secondo comma, per l'automatismo della norma in relazione alla pena minima edittale comminata per il fatto commesso dal minore non imputabile, e per la mancata indicazione di una et minima per il ricovero del minore in riformatorio giudiziario (artt. 27, 30 e 31 della Costituzione). Giudici di sorveglianza presso il tribunale dei minorenni di Genova, ordinanza 28 febbraio 1969, G. U. 21 maggio 1969, n. 128. codice penale, art. 313 (Autorizzazione o richiesta di procedimento), terzo comma, ultima ipotesi, in quanto condiziona l'esercizio del potere (23) Questione gi proposta dal giudice istruttore del tribunale di Milano (ordinanze 12 febbraio 1968, G. U. 13 luglio 1968, n. 177, e 28 settembre 1968, G. U. 28 settembre 1968, n. 248). 76 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO comparizione dei coniugi dinanzi al presidente (art. 24, secondo comma, della Costituzione) (23). 76 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO comparizione dei coniugi dinanzi al presidente (art. 24, secondo comma, della Costituzione) (23). s'I. ~tu. Pretore di Bordighera, ordinanza 21 febbraio 1969, G. U. 18 giugno 1969, n. 152. codice penale, art. 92 (Ubriachezza volontaria o colposa ovvero preordinata), in quanto presume la imputabilit dell'imputato che abbia commesso il fatto in stato di ubriachezza, escludendo ogni indagine sulla capacit di intendere e di volere dell'imputato (art. 27 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 10 marzo 1969, G. U. 11 giugno 1969, n. 145. codice penale, art. 137 (Carcerazione preventiva), in quanto, non prevedendo la fungibilit tra pena e misura di sicurezza, non consente di detrarre la carcerazione preventiva dalla durata della misura di sicurezza detentiva (art. 13 della Costituzione). Giudice di sorveglianza presso il Tribunale di Messina, ordinanza 3 aprile 1969, G. U. 18 giugno 1969, n. 152. codice penale, art. 206 (Applicazione provvisoria delle misure di sicurezza), ultimo comma, in quanto esclude il tempo durante il quale l'imputato assoggettato a perizia psichiatrica dal computo della misura di sicurezza detentiva, con 'criterio diverso da quello stabilito dall'art. 137 del codice penale per l'ipotesi della carcerazione preventiva (art. 3 della Costituzione). Giudice di sorveglianza presso il Tribunale di Mantova, ordinanza 7 febbraio 1969, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. codice penale, art. 224 (Minore non imputabile), secondo comma, per l'automatismo della norma in relazione alla pena minima edittale comminata per il fatto commesso dal minore non imputabile, e per la mancata indicazione di una et minima p~ il ricovero del minore in riformatorio giudiziario (artt. 27, 30 e 31 della Costituzione). Giudici di sorveglianza presso il tribunale dei minorenni di Genova, ordinanza 28 febbraio 1969, G. U. 21 maggio 1969, n. 128. SJ ::::::.-; codice penale, art, 313 (Autorizzazione o richiesta di procedimento), ~.?-.~_~.! terzo comma, ultima Ipotesi, in quanto condiziona l'esercizio del potere "::l ~'';'i -;,-;::1':,;';;:;;'.'",:"::,;,~;:'.'::'.'";;.,~::::~re'"::".:. 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U. 11 giugno 1969, n. 145. codice civile, art. 164 (Controdichiarazioni), in quanto impedisce anche ai terzi di provare la simulazione delle convenzioni matrimoniali (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Siracusa, ordinanza 21 dicembre 1968, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. codice civile, art. 593 (Figli naturali non riconoscibiU), primo comma, in quanto riduce, per i figli naturali non riconoscibili, la capacit di ricevere per testamento alla met di quanto consegua nelle successioni il meno favorito dei figli legittimi, con trattamento deteriore rispetto a quello stabilito per qualsiasi altro terzo estraneo al nucleo familiare legittimo (artt. 3 e 30 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 9 novembre 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. codice civile, art. 595 (Coniuge del binubo), e. art. 599 (Persone interposte), in quanto vietano che il coniuge del binubo possa ricevere per testamento, sulla disponibile, pi di quanto consegua, sulla stessa disponibile, il meno favorito dei figli dei :precedenti matrimoni, con discriminazione fondata su una condizione personale (art. 3 della Costituzione) e non estesa al binubo (art. 29 della Costituzione). Tribunale di Cagliari, ordinanza 11 ottobre 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. codice civile, art. 1751 (lnderi,nit per lo scioglimento del contratto), primo comma, in quanto prevede il diritto dell'agente all'indennit solo (19) Questione dichiarata non fondata con sentenza 28 marzo 1969, n. 45. La disposizione, nella parte in cui pone a carico del marito, in regime di separazione consensuale senza colpa di nessuno dei coniugi, l'obbligo di corrispondere alla moglie tutto ci che necessario ai bisogni della vita, indipendentemente dalle condizioni economiche di costei, stata invece dichiarata incostituzionale con sentenza 23 maggio 1966, n. 46. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 79 Tribunale di Oristano, ordinanza 17 gennaio 1969, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. Pretore di Roma, ordinanza 30 gennaio 1969, G. U. 23 aprile 1969, n. 105. Pretore di Canosa di Puglia, ordinanza 31 gennaio 1969, G. U. 9 aprile 1969, n. 91. Pretore di Roma, ordinanza 6 febbraio 1969, G. U. 18 .giugno 1969, n. 152. Pretore di Codigoro, ordinanza 19 febbraio 1969, G. U. 21 maggio 1969, n. 128. Pretore di Manduria, ordinanza 20 febbraio 1969, G. U. 11 giugno 1969, n. 145. codice penale, art. 570 (Violazione degli obblighi di assistenza famigliare), in quanto, in relazione all'art. 145 del codice civile, punisce solo il marito (art. 29 della Costituzione) (26). Pretore di Bordighera, rdinanza 21 febbraio 1969, G. U. 18 giugno 1969, n. 152. codice penale, art. 570 (Violazione degli obblighi di assistenza famigliare), primo comma, in quanto prevede la procedibilit di ufficio per il reato di violazione degli obblighi di assistenza famigliare ed esclude l'estinzione del reato a seguito della riconciliazione dei coniugi (art. 29, primo e secondo comma, della Costituzione) (26) (27). Pretore di Torino, ordinanza 13 febbraio 1969, G. U. 21 maggio 1969, n. 128. codice penale, art. 635 (Danneggiame.nto), secondo comma, n. 2, in quanto prevede una pena pi grave per il delitto di danneggiamento commesso in occasione di sciopero solo per la ipotesi in cui il fatto sia commesso da iavoratori (art. 3., primo comma, della Costituzione). Pretore di Feltre, ordinanza 20 febbraio 1969, G. U. 9 aprile 1969, n. 91. codice penale, art. 663 (Vendita, distribuzione e affissione abusiva di scritti o disegni), in quanto considera reato l'apposizione di manifesti e manoscritti fuori degli spazi a ci destinati dall'autorit, senza che alcun obbligo di provvedere sia al riguardo imposto all'autorit (art. 21 della Costituzione). Pretore di Ronciglione, ordinanza 3 dicembre 1968, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. (26) Altra questione di legittimit della disposizione stata dichiarata non fondata con sentenza 11 dicembre 1964, n. 107. (27) Questione gi proposta dal pretore di Roma con ordinanza 18 aprile 1968 (G. U. 31 agosto 1968, n. 222). I I i I I ~ 80 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice penale, art, 707 (Possesso ingiustificato di chiavi alterate o di grimaldeni), limitatamente alla .parte in cui fa richiamo alle condizioni personali di condannato per mendicit, di ammonito, di sottoposto a misura di sicurezza personale o a cauzione di buona condotta (art. 3 della Costituzione) (28). Pretore di Bologna, ordinanza 24 dicembre 1968, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. codice penale, art. 725 (Commercio di scritti, disegni o altri oggetti contrari alla pubblica de'cenza), in quanto impone agli edicolanti di esercitare una censura preventiva, invece non consentita (art. 21 della Costituzione). Tribunale di Spoleto, ordinanza 6 marzo 1969, G. U. 23 aprile 1969, n. 105. codice di procedura penale, art. 31 (Competenza del pretore), in quanto attribuisce al pretore, con pluralit di funzioni processuali (inquirenti e giudicanti), una sfera di competenza come organo giudiziario di diritto .penale (artt. 24, secondo comma, e 107, terzo comma, della Costituzione). Pretore di Porretta Terme, ordinanza 25 gennaio 1969, G. U. 12 marzo 1966, n. 66. codice di .procedura penale, art. 54 (Risoluzione dei conflitti) e artieolo 531 (Decisioni in camera di consiglio), in quanto dispongono che sui conflitti di competenza la Corte di cassazione provvede in camera di consiglio (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Corte di appello di Bologna, ordinanza 29 novembre 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. codice di procedura penale, art. 74 (Esercizio deU'azione penale da parte del pubblico ministero o del pretore), prima parte e ultimo com ma (29), art. 231 (Atti ed informative del pretore), art. 389 (Casi in cui si procede con istruzione sommaria), ultimo comma (30), art. 398 (Poteri (28) Questione proposta con espresso richiamo alla sentenza 19 luglio 1968, n. 110, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimit costituzionale, negli stessi sopra indicati limiti, dell'art. 708 del codice penale. (29) La questione di legittimit costituzionale dell'ultima parte dell'art. 74 del codice di pr;,cedura penale stata dichiarata non fondata con sentenza 7 dicembre 1964, n. 102. (30) L'art. 389, terzo comma, del codice di procedura penale stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 28 novembre 1968, n. 117, nei limiti in cui esclude la sindacabilit, nel corso del processo, della valutazione compiuta dal pubblico ministero sulla evidenza della prova. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 81 del pretore nel procedimento con istruzione sommaria) (31), e art. 403 (Domanda di riapertura), ultimo comma, in quanto, nel disciplinare la istruzione ed il processo pretorile, consentono che la decisione sia rimessa allo stesso magistrato che ha istruito il processo (artt. 24, secondo comma, e 3, primo comma, della Costituzione, e art. 6, n. 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848). Pretore di Prato, ordinanza 24 marzo 1969, G. U. 11 giugno 1969, n. 145. codice di procedura penale, art. 93 (Dichiarazione costitutiva di parte civile), secondo comma, e art. 94 (Formalit della costituzione di parte civile), primo e secondo comma, in quanto consentono alla persona offesa dal reato di introdurre l'azione civile nel processo penale direttamente. al dibattimento, e con la sola sommaria esposizione dei motivi che giustificano la costituzione di parte civile, con sostanziale pregiudizio della difesa dell'imputato convenuto, alla quale non neppure concesso congruo termine per opporsi alla costituzione di parte civile (artt. 24, secondo comma, e 3, primo comma, della Costituzione). Pretore di San Giovanni. Valdarno, ordinanza 30 gennaio 1969, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. Tribunale di Arezzo, ordinanza 7 febbraio 1969, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. codice di procedura penale, art. 125 (Difensori o rapp1esentanti dell'imputato nel giudizio), primo comma, in quanto consente, per le contravvenzioni punite con l'ammenda o con l'arresto, fino ad un certo ammontare, e anche se congiuntamente comminati, di iniziare e definire il processo senza che l'imputato sia assistito da difensore (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Comandante del porto di Pesaro, ordinanza 23 dicembre 1968, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. codice di procedura penale, art. 128 (Nomina del difensore d'ufficio all'imputato), in quanto prevede la obbligatoriet e la gratuit della difesa di ufficio (artt. 23 e 36 della Costituzione) (32). Pretore di Roma, ordinanza 10 dicembre 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. (31) L'art. 398 del codice di procedura penale stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 28 aprile 1966, n. 33, limitatamente alla parte in cui, nei procedimenti di competenza del pretore, non prevede la contestazione del fatto e l'interrogatorio dell'imputato, qualora si proceda al compimento di atti di istruzione. (32) Questione dichiarata non fondata, per gli artt. 128, secondo comma, e 131, secondo comma, de~ codice di procedura penale, ma in riferimento agli artt. 24, terzo comma, e 35, primo comma, della Costituzione, con sentenza 22 di 82 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice di procedura penale, art. 170 (Notificazioni all'imputato irreperibile), in quanto consente che la ricerche dell'imputato siano eseguite in uno solo dei luoghi alternativamente indicati (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Sannicandro Garganico, ordinanza 21 marzo 1969, G. U. 18 maggio 1969, n. 152. codice di procedura penale, art. 170 (Notificazioni ali'imputato irreperibile), terzo comma, in quanto la prevista validit della notificazione eseguita all'imputato irreperibile comporta, ai sensi dell'art. 510, primo comma, del codice di procedura penale, la esecuzione del decreto di condanna (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Iseo, ordinanza 15 ottobre 1968, G. U. 11 giugno 1969, n. 145. codice di procedura penale, art. 223 (Ausiliari della poliz.ia giudiziaria), in quanto consente il compimento di atti istruttori senza l'intervento della difesa (art. 24 della Costituzione) (33). Pretore di Cassano d'Adda, ordinanza 21 gennaio 1969, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. codice di .procedura penale, art. 231 (Atti ed informative del pretore), primo comma, e art. 398 (Poteri del pretore nel procedimento con istruzione sommaria), secondo e terzo comma, in quanto consentono al pretore di emettere decreto di citazfone senza compiere atti di istruzione sommaria (artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione) (34). Pretore di Roma, ordinanza 6 novembre 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. Pretore di Torino, ordinanza 23 gennaio 1969, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. cembre 1964, n. 114. La questione stata gi riproposta per gli artt. 128 e 130 del codice di procedura penale, e 4 e 5 delle relative disposizioni di attuazione, ed in riferimento agli artt. 1, 2, 3, 4, 35 e 36 della Costituzione, dal pretore di Roma (ordinanza 17 aprile 1968, G. U, 28 settembre 1968, n. 248). Altra questione stata proposta, per gli artt. 128, primo e secondo comma, del codice di procedura penale, e 4 delle relative disposizioni di attuazione, ed in riferimento agli artt. 24, terzo e secondo comma, e 3, secondo e primo comma, della Costituzione, dal giudice istruttore del tribunale di Vercelli (ordinanza 12 agosto 1968, G. U. 30 novembre 1968, n. 305). (33) Questione gi proposta dalla Corte di appello di Milano con ordinanza 13 novembre 1968 (G. U. 26 febbraio 1969, n. 52). (34) Questione dichiarata non fondata, per l'art. 231 del codice di procedura penale ed in riferimento all'art. 3 della Costituzione, con sentenza 18 aprile 1967, n. 46. Per l'art. 398, seconlo comma, del codice di procedura penale la questione stata gi proposta dal Pretore di Roma con ordinanze 6 marzo 1968 (G. U. 15 giugno 1968, n. 152) e 14 maggio 1968 (G. U. 12 ottobre 1968, n. 261). I I i! I I i:-: . ' 1 iii m @ tfffff&&fKl*illtf@f@#ffiffffff:s&Ifffffff!Wf:ffIffff@fffilWffilfffffi%f1fffM@1Mmf%mif%ITT1!MNK%ffff@iFHffftfhtf@I PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 83 codice di procedura penale, art. 242 (Facolt di arresto da parte dei privati), in quanto consente al privato, e secondo discriminazione solo teoricamente valida, di procedere all'arresto in flagranza (art. 13, primo, secondo e terzo comma, della Costituzione). Pretore di Monopoli, ordinanza 3 febbraio 1969, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. codice di procedura penale, art. 253 (Casi nei quali ii mandato di cattura obbligatorio), art. 277 (Casi nei quali la libert provvisoria ammessa o vietata), secondo comma: art. 375 (Provvedimentri relativi alla libert personale dell'imputato in caso di rinvio a giudizio), secondo comma, in quanto impongono la carcerazione preventiva (art. 27, primo comma, della Costituzione) e consentono provvedimenti restrittivi della 1ibert personale senza motivazione (artt. 13 e Ul della Costituzfone). Giudice istruttore del Tribunale di Ascoli Piceno, ordinanza 7 febbraio 1969, G. U. 23 aprile 1969, n. 105. codice di procedura penale, art. 271 (Decorrenza della custodia preventiva), in quanto, non prevedendo la fungibilit tra pena e misura di sicurezza, non consente di detrarre la carcerazione preventiva dalla durata della misura di sicurezza detentiva (art. 13 della Costituzione). Giudice di sorveglianza presso il Tribunale di Messina, ordinanza 3 aprile 1969, G. U. 18 giugno 1969, n. 152. codice di procedura penale, comb. disp. art. 272 (Provvedimenti relativi alla durata della custodia preventiva) e art. 277 (Casi nei quali la libert provvisoria ammessa o vietata), secondo comma, in quanto consente, per le ipotesi in cui sia obbligatoria la emissione del mandato di cattura, e non ammessa quindi nella fase di giudizio la concessione della libert p.rovvisoria, il protrarsi a tempo indeterminato della carcerazione preventiva (art. 13, ultimo comma, della Costituzione) (35). Tribunale di Roma, ordinanza 12 dicembre 1968, G. U. 11 giugno 1969, n. 145. codice di procedura penale, art. 303 (Facolt del pubbiico ministero nell'istruzione formale), in quanto consente al pubblico ministero di assistere all'interrogatorio dell'imputato e di fare, in tale occasione, (35} Questione gi proposta, per gli artt. 272, primo comma, e .375 del codice di procedura penale, del Tribunale di Torino (ordinanza 31 maggio 1968, G. U. 28 'settembre 1968, n. 248). L'art. 272, secondo comma, del codice di procedura penale stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 2 aprile 1964, n. 32, in quanto consente al procuratore generale che ha assunto o avocato a s !'istruzioni sommarie della causa, di rimettere gli atti del processo alla sezione istruttoria. 84 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO istanze, osservazioni e richieste (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Giudice istruttore del Tribunale di Roma, ordinanza 10 marzo 1969, G. U. 21 maggio 1969, n. 128. codice di procedura penale, art. 349 (Regola per l'esame testimoniale), ultimo comma, in quanto rimette alla assoluta discrezionaHt degli ufficiali e degli agenti di polizia giudiziaria di rivelare i nomi delle persone che hanno ad essi fornito indizi (artt. 3 e 24, secondo comnia, della Costituzione) (36). Giudice istruttore del Tribunale di Ferrara, ordinanza 12 febbraio 1969, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. codice di procedura penale, art. 314 (Facolt del giudice di procedere a perizia), secondo comma, in quanto vieta la perizia rivolta a stabilire la tendenza a delinquere, il carattere e la personalit dell'imputato, e in genere le qualit psichiche, precludendo l'effettivo accertamento di fattor.i determinanti, ai sensi dell'art. 133 del codice penale, nella decisione e nella scelta della pena (art. 27, terzo comma, della Costituzione). Pretore di Bologna, ordinanza 16 gennaio 1969, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. codice di procedura penale, art. 372 (Deposito in cancelleria e facolt dei difensori), se ed in quanto non applicabile all'istruzione sommaria (artt. 3 e 24 della Costituzione) (37). Pretore di Firenze, ordinanza 12 marzo 1969, G. U. 21 maggio 1969, n. 128. codice di procedura .penale, art. 398 (Poteri del pretore nel procedimento con istruzione sommaria), in quanto consente al pretore di emettere il decreto di citazione a giudizio, dopo il compimento di atti di polizia giudiziaria, senza la contestazione del fatto e l'interrogatorio dell'imputato (artt. 3 e 24 della Costituzione) (38) (39). (36) Questione dichiarata non fondata, con sentenza 28 novembre 1968, n. 114, in riferimento agli artt. 109 e 3 della Costituzione. (37) Questione gi proposta dal pretore di Padova con ordinanza 22 aprile 1968 (G. U. 14 settembre 1968, n. 235). (38) Questione proposta, come gi altre analoghe (cfr. retro, Il, 16, sub artt. 134, 219, 222, 223, 224, 231, 238 e 630 del codice di procedura penale, 41, 42, 43, 44, 45 e 46 del r. d. I. 15 ottobre 1925, n. 2033, 1 e 2 della legge 27 febbraio 1958, n. 180, 1 della legge 30 aprile 1962, n. 283, modificato dall'art. 1 della legge 26 febbraio 1963, n. 441), con espresso riferimento ai principi affermati nella sentenza 5 luglio 1968, n. 86, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimit costituzionale degli artt. 225 e 232 del codice di procedura penali1 nella parte in cui rendono possibili, nelle indagini di polizia ivi previste, il compimento di atti istruttori senza l'applicazione degli artt. 320, 304-bis, ter e quater del codice di procedura penale . (39) L'art. 398 del codice di procedura penale, limitatamente alle parti in cui, nei procedimenti di competenza del pretore, non prevede la contestazione del PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 85 Pretore di Ronciglione, ordinanza 3 dicembre 1968, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. Tribunale di Como, ordinanza 21 febbraio 1969, G. U. 21 maggio 1969, n. 128. codice di procedura penale, art. 468 (Discussione finale), in quanto consente alla parte civile di determinare l'ammontare dei danni in sede di conclusioni, precludendo all'imputato, quale convenuto, la possibilit di una efficace e tempestiva difesa in ordine alla richiesta di risarcimento (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Tribunale di Arezzo, ordinanza 7 febbraio 1969, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. codice di procedura penale, art. 502 (Casi e modi del giudizio direttissimo), in quanto, nel consentire al pubbHco ministero di designare la sezione del tribunale e la data di celebrazione del giudizio, gli rimette in pratica di scegliere l'orga.no giudicante, con criterio diverso da quello previsto per il .giudizio ord,inario, nel quale l'assegnazione avviene su designazione del presidente dirigente il tribunale (art. 25 della Costituzione) (40). Tribunale di Palermo, ordinanza 15 gennaio 1969, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. Tribunale di Napoli, ordinanza 12 marzo 1969, G. U. 18 giugno 1969, n. 152. codice di procedura penale, art. 506 (Casi di giudizio per decreto e poteri del pretore), in quanto consente la emissione del decreto penale, senza preventivo interrogatorio dell'imputato, anche quando siano stati compiuti atti istruttori (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Tione, ordinanza 28 gennaio 1969, G. U. 16 aprile 1969, '-numero 98. codice di procedura penale, disp. att. (r. d. 28 maggio 1931, n. 602), artt. 4 e 5, in quanto prevedono la obbligatoriet e la gratuit della difesa di ufficio (artt. 23 e 36 della Costituzione) (41). Pretore di Roma, ordinanza 10 dicembre 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. fatto e l'interrogatorio dell'imputato, qualora si proceda al componimento di atti di istruzione ., stato dichiarato incostituzionale con sentenza 28 aprile 1966, n. 33. La questione di legittimit costituzionale della disposizione, nella parte in cui non prevede l'obbligo della contestazione del fatto qualora non si proceda al compimento di atti di istruzione, stato invece dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 24, secondo comma, della Costituzione, con sentenza 18 aprile 1967, n. 46. (40) Questione gi proposta dal Tribunale di Milano (anche per l'art. 21, terzo comma, della legge 8 febbraio 1948, n. 47) con ordinanza 15 ottobre 1968, G. U. 29 gennaio 1969, n. 25. (41) Questione gi proposta dallo stesso pretore con ordinanza 17 aprile 1968 (G. U. 28 settembre 1968, n. 248). V. supiia, nota 32. 86 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice della navigazione, art. 1238 (Competenza per le con1Jravvenzioni), in quanto attribuisce funzioni giurisdizionali all'autorit amministrativa (artt. 101, secondo comma, e 108, secondo comma, della Costituzione) ( 42). Pretore di Recanati, ordinanza 11 aprile 1969, G. U. 18 giugno 1969, n. 152. legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato f (Legge sui lavori pubblici), art. 317, in qunto consente al governo, senza indicazione di principi e cr69, G. U. 9 aprile .irtt. 18 e 41 della Costitu- / 1967, G. U. 15 giugno 1968, _iuzione dal pretore di Padova / n. 235). iferimento agli artt. 3 4 e as; 1: 81. 607 stato dichiarato illegittimo~ _,:e alla parte in cui comprende nella. 108 &ASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d. P. R. 20 marzo 1967, n. 233 (Testo unico delle leggi recanti norme per la disciplina dell'elettorato attivo e per la tenuta e la revisione delle liste elettorali), art. 2, n. 2, in quanto dispone la temporanea esclusione del fallito dall'esercizio del diritto di voto, con limitazione riferibile, oltre tutto, ai soli commercianti (artt. 48 e 3 della Costituzione) (79). Corte d'appello di Milano, ordinanza 3 dicembre 1968, G. U. 2 .aprile 1969, n. 85. legge 3 maggio 1967, n. 317 (Modificazioni al sistema sanzionatorio ,delle norme in materia di circolazione stradale e delle norme dei re;go1amenti locali), art. 9, primo comma, in quanto attribuisce all'autorit amministrativa un potere di valutazione proprio della funzione giuri: sdizionale (art. 102 della Costituzione); quarto comma, in quanto consente il sindacato del giudice ordinario sulla legittimit e sul merito ,di provvedimenti amministrativi (artt. 113, terzo comma, della Costituzione) (80). Pretore di Cassano d'Adda, ordinanza 7 febbraio 1969, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. legge 4 luglio 1967, n. 580 (Disciplina per la lavorazione e commerdo dei cereali, degli sfarinati, del pane e delle paste alimentari), art. 42, in quanto consente il compimento di atti istruttori senza l'intervento dell'interessato (art. 24 della Costituzione). Pretore di Sant'Elpidio a Mare, ordinanza 28 febbraio 1969, G. U. 11 giugno 1969, n. 145. legge 17 ottobre 1967, n. 977 (Tutela del lavoro dei fanciulli e degli .adolescenti), art. 26, in quanto prevede la stessa pena minima per violazione di diversa gravit, quali l'assunzione per un sol giorno di un solo minore e l'assunzione per pi giorni di diversi lavoratori di minore ,et (art. 3 della Costituzione) (81). Pretore di Fondi, ordinanza 29 gennaio 1969, G. U. 9 aprile 1969, n. 91. normativa anche i rapporti, che formano oggetto della legge, conctusi successivamente alla data del 28 ottobre 1941 (79) La stessa questione stata proposta, per l'art. 1, n. 3 (recte: art. 2. n. 2) della legge 7 ottobre 1947, n. 1058, dalla commissione elettorale mandamentale di Pistoia (ordinanza .3 marzo 1969, G. U. 11 giugno 1969, n. 145). (80) Analoghe questioni sono state gi proposte dal pretore di Prato (ordinanza 27 maggio 1968, 6 giugno 1968 e 26 giugno 1968, G. U. 31 agosto 1968, n. 222 e 14 settembre 1968, n. 235) e dal pretore di Maddaloni (ordinanza 26 settembre 1968, G. U. 30 novembre 1968, n. 305). (81) Questione gi proposta dal pretore di Velletri (ordinanza 15 novembre .1968, G. u. 12 febbraio 1969, n. 38}. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 109 leg~e 18 marzo 1968, n. 238 (Nuovi termini per l'emanazione dei provvedimenti di cui all'art. 39 della legge 21 luglio 1965, n. 903, e norme integrative della medesima), art. 5, in quanto autorizza la emanazione di norme rivolte ad escludere la cumulabilit della pensione di anzianit con la retribuzione, consentendo una disparit di trattamento tra i pensionati, a seconda che prestino o no attivit lavorativa alle dipendenze di terzi (artt. 3 e 36 della Costituzione), e una sostanziale limitazione all'esercizio del diritto al lavoro (artt. 3, secondo comma, 4, 35, primo comma, e 38 della Costituzione) (82). Pretore di Roma, ordinanza 9 novembre 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. Tribunale di Reggio Emilia, ordinanza 18 marzo 1969, G. U. 11 giugno 1969, n. 145. d. P. R. 27 aprile 1968, n. 488 (Aumento e nuovo sistema di calcolo delle pensioni a carico deli'assicurazione generale obbligatoria), art+. 20 e 21, in quanto escludono, e per i soli pensionati del settore industriale, le cumulabilit della pensione di anzianit con la retribuzione, con disparit di trattamento tra i pensionati a seconda che prestino o no attivit lavorativa alle dipendenze di terzi (artt. 3 e 36 della Costitu zione), e sostanziale limitazione all'esercizio del diritto al lavoro (articoli 3, secondo comma, 4, 35, primo comma, e 38 della Costituzione) (83). Pretore di Roma, ordinanze 9 novembre 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78 (artt. 3, secondo comma, 4, 35, 36 e 38 della Costituzione) e 10 marzo 1969, G. U. 18 giugno 1969, n. 152 (artt. 3, rprimo comma, e 36 della Costituzione). Tribunale di Reggio Emilia, ordinanza 18 marzo 1969, G. U. 11 giugno 1969, n. 145 (artt. 3, 4, 35, primo comma, 36 e 38 della Costituzione) (84). Pretore di Riva del Garda, ordinanza 15 marzo 1969, G. U. 11 giugno 1969, n. 145 (artt. 3 e 36 della Costituzione). legge 5 aprile 1969, n. 119 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 15 febbraio 1969, n. 9, riguardanti il riordinamento degli esami di Stato di maturit, di abilitazione e di licenza della (82) Questione gi proposta dal Pretore di Firenze con ordinanze 13 luglio 1968 (G. U. 12 ottobre 1968, n. 261) e 25 novembre 1968 (G. U. 29 gennaio 1969, n. 25). La stessa questione stata proposta, anche con altre ordinanze (v. nota seguente), per gli artt. 20 e 21 del d. P. R. 27 aprile 1968, n. 488, emesso in virt della delega conferita con la legge 18 marzo 1968, n. 238. (83) Questione gi proposta dal Pretore di Firenze con ordinanze 13 luglio 1968 (G. U. 12 ottobre 1968, n. 261) e 25 novembre 1968 (G. U. 29 gennaio 1969, n. 25), dal Pretore di Venezia con due ordinanze 2 agosto 1968 (G. U. 12 ottobre 1968, n. 261), e dal Pretore di Cagliari con ordinanza 28 agosto 1968 (G. U. 26 ottobre 1968, n. 275). (84) Nell'ordinanza del Tribunale di Reggio Emilia la questione stata proposta solo per l'art. 20. 110 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO scuola media), artt. 1, 5, e 6 ed ogni altra disposizione connessa, in quanto incompatibili con le parificazione, nella Valle d'Aosta, della lingua francese e quella italiana (artt. 38, primo e secondo comma, 39, ultimo comma, e 3, lettera g, della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4) (85). Regione autonoma della Valle d'Aosta, iricorso deposito il 22 maggio 1969, G. U. 18 giugno 1969, n. 152. legge reg. sic:. appr. 30 aprile 1969 (Modifiche alle cause di ineleggibilit previste per la elezione a consigliere comunale e a consigliere provinciale). Commissario dello Stato per la Regione siciliana, ricorso depositato il 13 maggio 1969, G. U. 23 maggio 1969, n. 128. NORME DELLE QUALI IL GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE STATO DEFINITO CON PRONUNCE DI ESTINZIONE DI INAMMISSIBILITA, DI MANIFESTA INFONDATEZZA O DI RESTITUZIONE DEGLI ATTI AL GIUDICE DI MERITO Codice penale, art. 559 (Adulterio), .primo e secondo comma -Manifesta infondatezza (86). Ordinanza 28 marzo 1969, n. 59, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. Ordinanza di rimessione 28 maggio 1968 del Tribunale di Busto Arsizio, G. U. 31 agosto 1968, n. 222. codice penale, art. 578 (Infanticidio per causa di onore) (artt. 2, 3 e 30, terzo comma, della Costituzione) -Inammissibilit per manifesta irrilevanza. Sentenza 3 aprile 1969, n. 62, G. U. 9 aprile 1969, n. 91. Ordinanza di rimessione 24 giugno 1967 del Pretore di Bologna. G. U. 11 novembre 1967, n. 282. codice di procedura penale, art. 177-bis (Notificazione alt'imputato azt'estero) -Restituzione degli atti per un nuovo giudizio sulla rilevanza (87). Ordinanza 28 mq.rzo 1969, n. 57, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. Ordinanza di rimessione 28 febbraio 1968 del Pretore di Forli, G. U. 6 luglio 1968, n. 170. (85) Le disposizioni sono in effetti indicate con riferimento all'articolazione del d. I. 15 febbraio 1969, n. 9. (86) La illegittimit costituzionale della disposizione, esclusa con La sentenza. 28 dicembre 1961, n. 64, stata dichiarata con sentenza 19 dicembre 1968, n. 126. (87) La disposizione stta dichiarata incostituzionale, con sentenza 23 aprile 1965, n. 31, nelle parole nel luogo in cui si procede ~ PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 111 codice di procedura penale, art. 304 (Nomina del difensore) (art. 24 della Costituzione) -Manifesta infondatezza. Ordinanza 3 aprile 1969, n. 66, G. U. 9 aprile 1969, n. 91. Ordinanza di rimessione 5 giugno 1968 del Tribunale di Tempio Pausania, G. U. 28 settembre 1968, n. 248. codice di procedura penale, art. 389 (Casi in cui si procede con istruzione sommaria), terzo comma -Manifesta infondatezza (88). Ordinanza 14 maggio 1969, n. 94, G. U. 21 maggio 1969, n. 128. Ordinanza di rimessione 29 novembre 1968 della Corte di assise di appello di Napoli, G. U. 26 febbraio 1969, n. 52. codice di procedura penale, art. 398 (Poteri del pretore nel procedimento con istruzione sommaria) terzo comma (art. 24, secondo comma. della Costituzione) -Manifesta infondatezza (89). Ordinanza 28 marzo 1969, n. 58, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. Ordinanza di rimessione 15 marzo 1968 del Pretore di Desio, G. U. 18 maggio 1968, n. 127. codice di procedura penale, art. 422 (Sanatoria delle nullit. verificatesi negli atti preliminari al giudizio), nella parte in cui prevede la sanatoria delle nullit di cui all'art. 412, in relazione al :precedente art. 408, anche nei confronti dell'offeso dal reato (art. 24, primo comma, della Costituzione) -Manifesta infondatezza (90). Ordinanza 3 aprile 1969, n. 67, G. U. 9 aprile 1969, n. 91. Ordinanza di rimessione 12 dicembre 1967 del Tribunale di Ferrara, G. U. 28 settembre 1968, n. 248. legge 25 giugno 1865, n. 2359 (Disciplina deile espropriazioni forzate per pubbiica utilit), art. 46, terzo comma -Restituzione degli atti per un nuovo giudizio sulla rilevanza. Ordinanza 3 aprile 1969, n. 65, G. U. 9 aprile 1969, n. 91. Ordinanza di rimessione 25 marzo 1968 del Tribunale di Genova, G. U. 28 settembre 1968, n. 248. (88) La disposizione stata dichiarata incostituzionale, con sentenza 28 novembre 1968, n. 117, nei limiti in cui esclude la sindacabilit, nel corso del processo, della valutazione compiuta dal pubblico ministero sulla evidenza della prova. (89) Questione dichiarata non fondata con sentenza 18 aprile 1967, n. 46. L'art: 398 del codice di procedura penale. iimitatamente aile parti in cui, ne; procedimenti di competenza del pretore, non prevede la contestazione del fatto e l'interrogativo dell'imputato, qualora si proceda al compimento di atti di istruzione ., stato dichiarato incostituzionale con sentenza 28 aprile 1966, n. 33. (90) Nei limiti sopra indicati, la disposizione stata dichiarata incostituzionale con sentenza 20 dicembre 1968, n. 132. 112 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO r. d. 5 febbraio 1891, n. 99 (Regolamento amministrativo per i'ese cuzione della legge 17 luglio .1890, n. 6972, sulle istituzioni .pubbliche di assistenza e beneficenza), art. 16, secondo comma -Inammissibilit. Sentenza 26 marzo 1969, n. 46, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. Ordinanza di rimessione 9 ottobre 1968 della Corte di appello di Napoli, G. U. 30 novembre 1968, n. 305. r. d. 30 dicembre 1923, JI. 3269 (Legge del registro), art. 98 -Restituzione. degli atti per un nuovo giudizio sulla rilevanza. Ordinanza 14 maggio 1969, n. 90, G. U. 21 maggio 1969, n. 128. Ordinanza di rimessione 25 gennaio 1968 del Pretore di Bergamo, G. U. 20 aprile 1968, n. 102. r. d. 20 dicembre 1932, n. 1705 (Approvazione del nuovo statuto della Cassa nazionale-malattie per gli addetti al commercio ), art. 36 Inammissibilit. Sentenza 10 giugno 1969, n. 98, G. U. 18 giugno 1969, n. 152. Ordinanza di rimessione 17 gennaio 1968 del Tribunale di Vercelli, G. U. 30 marzo 1968, n. 84. r. d. 17 agosto 1935, n. 1765 (Disposizioni per l'assicurazione obbligatoria degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali), art. 4 (artt. 3, 35, 36, 38 e 41 della Costituzione) -Manifesta infondatezza (91). Ordinanza 17 marzo 1969, n. 36, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. Ordinanza di rimessione 1 febbraio 1967 del Tribunale di Roma, G. U. 24 giugno 1967, n. 157. r. d. 17 agosto 1935, n. 1765 (Disposiz.ioni per l'assicurazione obbligatoria degli infortuni sul lavoro e delle malattrie professionali), art. 5, (91) Il terzo comma della disposizione ( nella parte in cui limita ia responsabilit civile del datore di lavoro per infortunio sul lavoro derivante da reato. all'ipotesi in cui questo sia stato commesso dagit incaricati della direzione o sorveglianza dei lavoro e non anche dagli altri dipendenti, dal cui fatto debba rispondere secondo il Codice civile) e il quinto comma (e in quanto consente che il giudice civile possa accertare che il fatto che ha provocato l'infrtunio costituisca reato soltanto nelle ipotesi di estinzione dell'azione penale per morte dell'imputato o per ammistia, senza menzionare l'ipotesi di prescrizione del reato ) sono stati dichiarati incostituzionali con sentenza 9 marzo 1967, n. 22. Le disposizioni sono riprodotte all'art. 10, terzo e quinto comma, del d. P. R. 30 giugno 1965, n. 1124, dichiarato incostituzionale, con la stessa sentenza e negli stessi limiti, in applicazione dell'art. 27, ultima parte, della legge 11 marzo 1963, n. 87. Con la stessa sentenza stata invece dichiarata non fondata in riferimento agli artt. 3, primo e secondo comma, 35 e 38 della Costituzione, la questione di legittimit costituzionale del primo e del secondo comma della disposizione. Altra questione di legittimit costituzionale stata proposta dal Tribunale di Roma (ordinanza 3 febbraio 1968, G. U. 14 settembre 1968, n. 235) per il quinto comma della disposizione, in quanto stabilisce il termine di un anno, a pena di decadenza, per l'esercizio dell'azione civile per il risarcimento di danni derivanti da infortuni sul lavoro. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 113 riprodotto all'art. 11 del d. P; R. 30 giugno 1965, n. 1124 -Restituzione degli atti per un nuovo giudizio sulla rilevanza. Ordinanza 17 marzo 1969, n. 35, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. Ordinanza di rimessione 30 marzo 1967 del Tribunale di Udine, G. U. 2 settembre 1967, n. 221. r. d. 4 ottobre 1935, n. 1827 (Perfezionamento e coordinamento della previdenza sociale), art. 40, n. 6 -Manifesta infondatezza (92). Ordinanza 5 marzo 1969, n. 30, G. U. 12 marzo 1969, n. 66. Ordinanza di rimessione 26 aprile 1968 del Tribunale di Cosenza, G. U. 12 ottobre 1968, n. 261. r. d. 24 febbraio 1938, n. 329 (Testo unico delle disposizioni legislative sul reclutamento dell'esercito), artt. 188, 189 e 191 (artt. 3 e 112 della Costituzione) -Inammissibilit. Sentenza 14 maggio 1969, n. 88, G. U. 21 maggio 1969, n. 128. Ordinanza di rimessione 11 novembre 1967 del Pretore di Sassari, G. U. 27 gennaio 1968, n. 24. contratto collettivo nazionale 3 gennaio 1939 (Disciplina del trattamento mutualistico di malattia di operai dell"'industria), tuttora in vigore ex art. 43 del d. lg. lgt. 23 novembre 1944, n. 369, art. 38, primo comma, seconda parte -Inammissibilit. Sentenza 10 giugno 1969, n. 98, G. U. 18 giugno 1969, n. 152. Ordinanza 26 novembre 1968 della Corte di appello di Catanzaro, G. U. 26 febbraio 1969, n. 52. contratto collettivo nazionale 23 dicembre 193~ (In vigore a norma dell'art. 43 del d. 1g. lgt. 23 novembre 1944, n. 369), art. 6, se~ondo comma (art. 38 della Costituzione) -Inammissibilit. Sentenza 11 aprile 1969, n. 76, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. Ordinanza di rimessione 15 giugno 1967 del Tribunale di Belluno, G. U. 2 settembre 1967, n. 221. r. d. 19 luglio 1941, n. 1198 (Approvazione del regolamento di esecuzione dei titoli I, II, III del libro III della legge postale e delle telecomunicazioni), art. 135 (art. 23 della Costituzione) -Inammissibilit. Sentenza 9 aprile 1969, n. 72, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. Ordinanza di rimessione 26 ottobre 1967 del Giudice conciliatore di Genova, G. U. 23 dicembre 1967, n. 321. (92) La disposizione stata dichiarata incostituzionale 1968, n. 103. io' Il\ f:: con sentenza 16 luglio g m (,~ t.~~ .. ili, . [\ m ~ 114 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 19 gennaio 1942, n. 22 (Istituzione di un ente nazionale di previdenza ed assistenza per i dipendenti statali), art. 2 (art. 38, secondo comma, della Costituzione) -Inammissibilit. Sentenza 14 maggio 1969, n. 89, G. U. 21 maggio 1969, n. 128. Ordinanza di rimessione 3 maggio 1967 del Pretore di Roma, G. U. 9 dicembre 1967, n. 307. legge 2 luglio 1949, n. 408 (Disposizioni per l'incremento delle costruzioni edilizie), art. 17, secondo comma (artt. 3 e 53 della Costituzione) -Inammissibilit. Sentenza 26 marzo 1969, n. 50, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. Ordinanze di rimessione 10 novembre 1966 della Commissione provinciale delle imposte di Chieti (G. U. 24 giugno 1967, n. 157) e 25 novembre 1967 della Commissione provinciale delle imposte di Matera (G. U. 30 marzo 1968, n. 84). legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), art. 30, terzo comma -Inammissibilit (93). Sentenza 21 marzo 1969, n. 42, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. Ordinanza di rimessione 8 marzo 1967 della Commissione provinciale delle imposte di Milano, G. U. 29 luglio 1967, n. 190. legge 26 novembre 1955, n. 1177 (Prov1Jedimenti straordinari per la Calabria), art. 18 -Inammissibilit. Sentenza 21 marzo 1969, n. 41, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. Ordinanza di rimessione 14 ottobre 1964 della Commissione distrettuale delle imposte di Prato, G. U. 8 luglio 1967, n. 170. legge 14 aprile 1956, n. 307 (Determinazione o modificazione delle misure di contributi e delle tariffe dei premi per le assicurazioni sociali obbligatorie, nonch per gli assegni familiari, per la integraz.ione dei guadagni degli operai dell'industria e per l'assistenza agli orfani dei lavoratori italiani), art. 1, secondo comma (artt. 23 e 76 della Costituzione) -Manifesta infondatezza (94). Ordinanza 14 maggio 1969, n. 92., G. U. 21 maggio 1969, n. 128. Ordinanze di rimessione 2 maggio 1968 del Tribunale di Pescara (G. U. 12 febbraio 1969, n. 38) e 16 ottobre 1968 del Tribunale di Brescia (G. U. 26 febbraio 1969, n. 52). legge 27 dicembrei 1956, n. 1423 (Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica mora (93) Questione dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 24, secondo comma, e 1,36, primo comma, della Costituzione, con sentenza 29 dicembre 1966, n. 127. (94) Questione dichiarata non fondata con sentenza 20 febbraio 1969, n. 21. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 115 litd), art. 1 (artt. 3, primo comma, e 13, secondo comma, della Costituzione) -Manifesta infondatezza (95). Ordinanza 14 maggio 1969, n. 93, G. U. 21 maggio 1969, n. 128. Ordinanza di rimessione 5 novembre 1968 del Pretore di Firenze, G. U. 26 febbraio 1969, n. 52. dd. P. R. 14 dicembre 1957, nn. 1405, 1406, 1407 e 1409 (Rinnovo delle concessioni del servizio telefonico ad uso pubbUco nella 1, 2", 3" e 5 zona telefonica), art. 49 (art. 23 della Costituzione) -Inammissibilit. Sentenza 9 aprile 1969, n. 72, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. Ordinanza di rimessione 26 ottobre 1967 del Giudice conciliatore di Genova, G. U. 23 dicembre 1967, n. 321. d. P. R. 28 dicembre 1957, n. 1408 (Rinnovo della concessione del servizio telefonico ad uso pubblico nella 4" zona telefonica), art. 49 (art. 23 della Costituzione) -Inammissibilit. Sentenza 9 aprile 1969, n. 72, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. Ordinanza di rimessione 26 ottobre 1967 del Giudice conciliatore di Genova, G. U. 23 dicembre 1967, n. 321. d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte dirette), artt. 85, 89 e 90 (artt. 3, 47 e 53 della Costituzione) -Inammissibilit. Sentenza 21 marzo 1969, n. 43, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. Ordinanza di rimessione 23 giugno 1966 della Commissione distrettuale delle imposte di Como, G. U. 2 settembre 1967, n. 221. d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte dirette), art. 150, secondo comma (artt. 53 e 113 della Costituzione) Inammissibilit. Sentenza 21 marzo 1969, n. 44, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. Ordinanza di rimessione 5 aprile 1967 della Commissione distrettuale delle imposte di Napoli, G. U. 2 settembre 1967, n. 221. legge 13 marzo 1958, n. 296 (Costituzione del Ministero della sanitd), art. 7 -Restituzione degli atti per un nuovo giudizio sulla rilevanza. Ordinanza 26 marzo 1969, n.51, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. Ordinanza di rimessione 26 maggio 1967 della quinta sezione del Consiglio di Stato, G. U. 27 gennaio 1968, n. 24. legge 27 maggio 1959, n. 357 (Aumento deli'aliquota dell'imposta di ricchezza mobile sui re'dditi di categoria A e sulla parte dei redditi (95) Questione dichiarata non fondata con sentenza 17 marzo 1969, n. 32. Altra questione stata dichiarata non fondata con sentenza 23 marzo 1964, n. 23. .116 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO imponibili di categoria B che eccede lire 4.000.000), art. 1 (artt. 3, 47 e 53 della Costituzione) -Inammissibilit. Sentenza 21 marzo 1969, n. 43, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. Ordinanza di rimessione 23 giugno 1966 della Commissione distrettuale delle imposte di Como, G. U. 2 settembre 1967, n. 221. d. P. R. 11 febbraio 1961, n. 249 (Disposizioni relative agli enti operanti nel settore sanita1'io), art. 1 -Restituzione degli atti per un nuovo giudizio sulla rilevanza. Ordinanza 26 marzo 1969, n. 51, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. Ordinanza di rimessione 26 maggio 1967 della quinta sezione del Consiglio di Stato, G. U. 27 gennaio 1968, n. 24. d. P. R. 9 maggio 1961, n. 868 (Norme sul trattamento economico e normativo degli operai dipendenti dalle imprese eidili ed affini deHe province di Ancona, Ascoli Piceno, Macerata e Pesaro), articolo unic:o, nella parte in cui rende obbligatorio erga omnes l'art. 12 del contratto collettivo 1 ottobre 1959 (integrativo del contratto collettivo nazionale di lavoro 24 luglio 1959, da valere .per gli operai dipendenti dalle imprese delle industrie edilizia e affini della provincia di Macerata) Manifesta infondatezza (96). Ordinanza 14 maggio 1969, n. 95, G. U. 21 maggio 1969, n. 128. Ordinanza di rimessione 9 ottobre 1968 del Pretore di Recanati, G. U. 29 gennaio 1969, n. 25. d. P. R. 16 maggio 1961, n. 636 (Regolamento di esecuzione della legge 4 marzo 1958, n. 261, concernentie il rio'l'dinamento dei patronati scolastici), art. 11 -Inammissibile. Sentenza 26 marzo 1969, n. 46, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. Ordinanza di rimessione 7 luglio 1967 del Tribunale di Sassari, G. U. 11 novembre 1967, n. 282. legge 24 luglio 1961, n. 729 (Piano di nuove costruzioni stradali ed autostradali), art. 9, primo c:omma -Restituzione degli atti per un nuovo giudizio sulla rilevanza. Ordinanza 3 aprile 1969, n. 65, G. U. 9 aprile 1969, n. 91. . Ordinanze di rimessione 24 febbraio 1967 del Tribunale di Catanzaro (G. U. 14 ottobre 1967, n. 258) e 25 marzo 1968 del Tribunale di Genova (G. U. 28 settembre 1968, n. 248). (96) Disposizione dichiarata incostituzionale, nei termini sopra indicati, con sentenza 17 marzo 1969, n. 33. L'articolo unico del d. P. R. 9 maggio 1961, n. 868 stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 8 luglio 1967, n. 99, anche nella parte in cui rende obbligatorio erga omnes l'art. 10 del contratto collettivo integrativo 30 settembre 1959 per gli operai dipendenti dalle imprese edilizia ed affini della provincia di Ascoli Piceno. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 117 legge 31 dicembre 1961, n. 1443 (NoTme per il finanziamento delle PTestazioni per l'assistenza di malattia ai pensionati), art. 5, terzo comma (artt. 23 e 76 della Costituzione) -Manifesta infondatezza (97). Ordinanza 14 maggio 1969, n. 92, G. U. 21 maggio 1969, n. 128. Ordinanze di rimessione 2 maggio 1968 del Tribunale di Pescara (G. U. 12 febbraio 1969, n. 38) e 16 ottobre 1968 del Tribunale di Brescia (G. U. 26 febbraio 1969, n. 52). legge 5 marzo 1963, n. 246 (Istituzione di una imposta s.ugli incrementi di valore delle aree fabbricabili; modificazioni al testo unico per la finanza locale, aPPl/"OVato con regio decreto 14 settembre 1931, n. 1175 e al regio decreto-legge 2 8 novembre 1938, n. 2000, convertito nella legge 2 giugno 1939, n. 739), art. 25, terzo comma -Inammissibilit. Sentenza 9 aprile 1969, n. 73, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. Ordinanza di rimessione 6 ottobre 1967 della Commissione comunale per i tributi locali di Savona, G. U. 23 dicembre 1967, n. 321. d. m. 24 aprile 1964 (G. U. 28 aPTile 1964, n. 104) (art. 23 della Costituzione) -Inammissibilit. Sentenza 9 aprile 1969, n. 72, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. Ordinanza di rimessione 26 ottobre 1967 del Giudice conciliatore di Genova, G. U. 23 dicembre 1969, n. 321. legge 21 ottobre 1964, n. 1013 (Istituzione di una imposta speciale sul reddito dei fabbricati di lusso), artt. 1, 2 e 3 -Inammissibilit. Sentenza 21 marzo 1969, n. 40, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. Ordinanze di rimessione. 24 maggio 1966 della Commissione distrettuale delle imposte di Torino (G. U. 11 febbraio 1967, n. 38), e 20 aprile 1967 della Commissione provinciale delle imposte di Genova (G. U. 14 ottobre 1967, n. 258). d. P. R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle1 disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie Pl/"Ofessionali), art. 11, che riproduce l'art. 5 del r. d. 17 agosto 1935, n. 1765 -Restituzione degli atti per un nuovo giudizio sulla rilevanza. Ordinanza 17 marzo 1969, n. 35, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. Ordinanza di rimessione 30 marzo 1967 del Tribunale di Udine, G. U. 2 settembre 1967, n. 221. legge 22 luglio 1966, n. 607 (Norme in materia di enfiteusi e P'l"estazioni fondiarie perpetue), intero testo e artt. 1, 4, 5, 6, 7, 8 e 9 Manifesta infondatezza (98). (97) Questione dichiarata non fondata con .sentenza 20 febbraio 1969, n. 2L (98) L'art. 1 della legge 22 luglio 1966, n. 607 stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 21 marzo 1969, n. 37, limitatamente alla parte in cui com- I I I l I ! ' I ~ 118 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO, STATO Ordinanza 10 giugno 1969, n. 102, G. U. 18 giugno 1969, n. 152. Ordinanze di rimessione 18 dicembre 1967 del Pretore di Chieti {G. U. 26 ottobre 1968, n. 275), 7 giugno 1968 del Pretore di Agropoli (G. U. 28 settembre 1968, n. 248), 6 luglio 1968 del Pretore di Tione (G. U. 28 settembre 1968, n. 248), e 31 luglio 1968 del Pretore di Capri {G. U. 12 ottobre 1968, n. 261). d. I. 9 novembre 1966, n. 914 (Provvidenze in favore deUe popolazioni dei Comuni colpiti dalle aUuvioni o mareggiate dell'autunno 1966), convertito con legge 23 dicembre 1966, n. 1141, art. 1, secondo comma {artt. 3 e 42 della Costituzione) -Inammissibilit (99). , Sentenza 26 marzo 1969, n. 47, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. Ordinanza di rimessione 15 aprile 1967 del Tribunale di Rovereto, G. U. 28 ottobre 1967, n. 271. legge 23 dicembre 1966, n. 1141 (Conversione in legge, con modifi- cazioni, del decreto-legge 9 novembre 1966, n. 914), nella parte in cui converte in legge l'art. 1, secondo comma, del d. 1. 9 novembre 1966, n. 914 (artt. 3 e 42 della Costituzione) -Inammissibilit. Sentenza 26 marzo 1969, n. 47, G. U. 2 aprile 1969, n. 85. Ordinanza di rimessione 15 a.prile 1967 del Tribunale di Rovereto, G. U. 28 ottobre 1967, n. 271. ;prende nella narmativa anche i rapporti, che formano oggetto della clusi successivamente alla data del 28 ottobre 1941). (99) Questione dichiarata non fondata, con la stesa sentenza, in .agli artt. 24, 112, 1 e 101 della Costituzione. legge, con ~i::ijl riferimento .-: .:::: Ii~il f. 1.:~ .:::: ;/3 Y..-,;:; 1 ~~#0fi!E::;Zl:47'4JlT;@'S~JllffeJ/111%1ijiJliJ1lfJ%Ji7:;~..: CONSULTAZIONI A:GRICOLTURA Frodi nella preparazione e nel commercio dei prodotti agricoli -Quote di compartecipazione alla pena pecuniaria. Se il limite massimo di L. 50.000 posto nell'ultima parte del primo comma dell'articolo unico della legge 5 aprile 1961, n. 322, non si riferisca alla quota spettante a ciascun funzionario od agente, bensi alla quota complessiva che, per ogni accertamento, viene ripartita tra gli aventi diritto (n. 62). AMMINISTRAZIONE PUBBLICA Enti pubblici in liquidazione -Controversie con Amministrazioni statali Competenza. Se le eventuali controversie tra le Amministrazioni dello Stato e gli Enti la cui liquidazione sia stata assunta dal '.Ministero del Tesoro a norma della legge 4 ottobre 1956, n. 1404 debbano essere risolte mediante le procedure amministrative seguite negli altri Casi di vertenze fra Amministrazioni statali al di fuori di ogni ricorso agli organi giurisdizionali o comunque, agli organi investiti dal contenzioso fra l'Amministrazione e i terzi (n. 343). OINEMATOGRAFI Coproduzione -Adempimento delle condizioni di cui aHa legge 4 novembre 1965, n. 1213. Se l'adempimento, da parte degli interessati, della condizione di cui al terzo comma dell'art. 19 1. 4 novembre 1965, n. 1213 -ai sensi del quale il saldo della quota minoritaria deve avvenire entro sessanta giorni dalla consegna del materiale, a pena di decadenza dalla coproduzione debba essere valutato con riguardo alla data di consegna del mteriale e non a quella del riconoscimento e se tale adempimento debba essere .effettivo e definitivo (n. 41). Ifa ~ CIRCOLAZIONE STRADALE I ,_ Segnalazioni effettuate da militari, addetti a convogli. Se i militari, non ricompresi nelle categorie richiamate dall'art. 137 del vigente codice stradale, i quali siano addetti ad autocolonne, possano espletare servizi di polizia stradale in senso proprio (n. 17). r. ~~ i~ m ~~,,,.,,~air4lIDVllJ 120 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Se il non rispetto da parte dell'utente privato delle segnalazioni prudenziali dei militari addetti a convogli IPOSsa costituire elemento rilevante agli effetti della responsabilit dell'utente medesimo. COMUNI E PROVINCIE Attuazione del piano di ricostruzione del Comune -Recupero somme anticipate dallo Stato. Se, ai fini di stabilire l'ammontare del rimborso dovuto dai Oomuni allo Stato, che ad essi si sia sostituito nell'attuazione di piani di ricostruzione ai sensi della legge 27 ottobre 1951, n. 1401, la popolazione del Comune debba essere calcolata tenendo anche conto delle frazioni comunali (n. 133). Se ai fini di cui sopra, debba farsi riferimento alla popolazione del Comune al momento in cui il danno bellico si verificato, o piuttosto. a quello di attuazione del piano di ricostruzione (n. 133). CONCORSI Riserva di posti -Legge n. 482 del 1968 -Applicabilit al personale insegnante. Se le disposizioni della legge n. 482 del 1968 sulla riserva di posti nei concorsi, a favore degli invalidi civili e di guerra, siano aipplicabili al personale insegnante (n. 15). ... : CONTABILIT GENERALE DELLO STATO Contratti di appalto stipulati dalla Amministrazione deHe Ferrovie dello Stato. Se il verbale di aggiudicazione dei lavori a seguito di licitazione privata indetta dalla Ammiiiistrazione delle Ferrovie dello Stato, ai fini del godimento del beneficio previsto dalla legge 2 luglio 1949, n. 408, costituisca atto da registrarsi nei termini di cui all'art. 81 della legge di registro (n. 234). S'e il principio consacrato nel quarto comma dell'art. 16 del r.d. 1S novembre 1923, n. 1440, secondo cui nei contratti preceduti da asta pubblica o da licitazione privata i'1 verbale di aggiudicazione costituisce l'atto conclusivo del procedimento di formazione del contratto, trovi applicazione ai contratti di appalto a pubblici incanti od a licitazione privata indetti dalla Amministrazione delle Ferroive dello Stato (n. 234). Fermo amministrativo nei confronti dei Comuni -Ammissibilit. Se sia legittimo il fermo amministrativo presso l'Amministrazione centrale di pagamenti a favore di Comuni ai sensi dell'art. 69 ultimo comma r. d. 1923, n. 2440 da parte di altra Amministrazione dello Stato (n. 235). iiiijl. lfilffr&Jt[f{ff{Mfffifllitttfi@M!tBfiffmfiiffifmF@l@fffmffMMff@%tf%ftffff@IT%fffffffff@f@fuillifmiWHff:fffiffij~ PARTE II, CONSULTAZIONI 121 CONTRIBUTI Cassa Nazionale Previdenza ed Assistenza avvocati e procuratori legali, dottori commercialisti, ragionieri e periti commerciali. Se i contributi mediante applicazione di marche a favore della Cassa Nazionale Previdenza ed Assistenza avvocati e procuratori 1egali, dottori commercialisti, ragionieri e periti commerciali siano dovuti soltanto se ed in quanto vi sia una delega od un mandato con il quale il contribuente abbia conferito' al professionista la rappresentanza dei propri interessi, restando esclusa l'assistenza senza rappresentanza (n. 80). Se, allorch la delega od il mandato si riferiscano a pi periodi di imposta, siano dovuti tanti contributi quanti sono gli anni ai quali la questione di imposta si riferisce (n. 80). Contributo per mantenimento agl~ studi degl orfani degli impiegati di dogana. Se il contributo annuo per il mantenimento agli studi degli orfani degli impiegati delle dogane deceduti in servizio, spetti anche se la vedova superstite abbia contratto nuovo matrimonio e se il nuovo coniuge percepisca le quote di aggiunta di famiglia (n. 79). ' i COSTITUZIONE Indennit -Questione di iLlegittimit costituzionale dell'art. 7 della legge l 21 luglio 1965, n. 904. i I Se deve ritenersi costituzionalmente legittimo l'art. 7 della legge 21 I luglio 1965, n. 904, con cui si modificato il precedente sistema di indennizzo delle aree espropriate, facendo riferimento ai criteri della legge n. 2892 del 1885 (n. 52). I Ordinamento degli Ufficiali Giudiziari. Se l'art. 156 dell'Ordinamento degli Ufficiali Giudiziari ed aiutanti i ufficiali giudiziari approvato con d.P.R. 15 dicembre 1959, n. 1229 e suc~ < cessive modifiche sia da ritenersi incostituzionale in relazione agli artt. 24 e 113 della Costituzione (n. 51). DANNI DI GUERRA Attuazione del piano di ricostruzione del Comune -Recupero somme anticipate dallo Stato. Se, ai fini di stabilire l'ammontare del rimborso dovuto dai Comuni allo Stato, che ad essi si sia sostituito nell'attuazione di piani di ricostruzione ai sensi della legge 27 ottobre 1951, n. 1401, la popolazione del i' Comune debba essere calcolata tenendo anche conto delle frazioni comui;: nali (n. 134). Se ai fini di cui sopra, debba farsi riferimento alla popolazione del Comune al momento in cui il danno bellico si verificato, o piuttosto !: a quello di attuazione del piano di ricostruzione (n. 134). . I.I,,:; . ' -~I:. " " lill@JMilflf&Mllfff&J~-{iufi[fiffimfilfffltffiirff&1t@I&@J@mfftfffffMWWtffatffiilliffftff@:Jfilill RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 122 . Fabbricati di civile abitazione -Contrbuti e indennizzi -Legge 27 dicembre 1953, n. 968 e legislazione anteriore. Se i contributi concessi a norma del d.lg.lgt. 9 giugno 1945, n. 305, del d.lg.C.P.S. 10 aprile 1947, n. 261 e della 1. 25 giugno 1949, n. 409 siano suscettibili di revisione secondo le norme della legge organica 28 dicembre 1953, n. 968, mod. o int. dalla 1. 31 luglio 1954, n. 607 e dalla 1. 29 settembre 1967, n. 955 (n. 135). Se sia sufficiente a tal fine che sia stata presentata a suo tempo dagli interessati istanza ai sensi della predetta legislazione anteriore alla 1. 28 dicembre 1953, n. 968 (n. 135). DAZI DOGANALI Prelievi sulle importazioni -Applicabifitd art. 6 disp. prel. tariffa doganale Se siano applicabiii in materia dj prelievi.> le disposizioni dell'art. 6 delle disposizioni preliminari alla tariffa doganale (n. 43). Se, con particoJ.are riguardo ai prelievi > suddetti, sia ammissibile che la richiesta di godere di una aliquota pi favorevole possa essere proposta non in occasione dell'effettivo sdoganamento della merce e nella vigenza dell'aliquota (n. 43). EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE Alloggi per i dipendenti dell'Amministrazione deUe Poste e Telecomunicazioni -Condominio negli edifici. Se negli edifici destinati all'abitazione dei dipendenti dell'Amministrazione PP.TT. (artt. 134 segg. r.d. 28 aprile 1938, n. 1165: t.u. sulla edilizia popolare ed economica; 1. 4 dicembre 1940, n. 302; 1. 11 dicembre 1952, n. 2521; 1. 3 dicembre 1957, n. 1215; d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2; I. 27 aprile 1962, n. 231), possano essere costituiti condomini di diritto privato sin dalla data di sottoscrizione dei contratti di vendita degli alloggi, e cio prima che il prezzo sia stato pagato per intero (n. 213). ELETTRICIT ED ELETTRODOTTI Imposizione del sovracanone a favore degli enU rivieraschi di cui all'art. 53 del t.u. 1775/1933 -Estensione. Se il potere di imporre a favore degli enti loca1i rivieraschi il sovracanone di cui all'art. 53 del t. u. 1775/1933 (cosi come modificato dalla 1. 1377 /1956) possa essere esercitato in tutti i casi in cui si rendono applicabili le norme della 1. 959/1953, da cui stato sostituito l'art. 52 de'l t.u. sulle acque pubbliche (n. 43). PARTE II, CONSULTAZIONI 12J. ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT lndennit -Questione di illegittimit costituzionale dell'art. 7 della legge 21 luglio 1965, n. 904. Se deve ritenersi costituzionalmente legittimo l'art. 7 della legge 21 luglio 1965, n. 904, con cui si modificato il .precedente sistema di indennizzo delle aree espropriate, facendo riferimento ai criteri della I. n. 2892. del 1885 {n. 276). Procedure espropriative -Valore sistematico della legge fondamentale dei 25 giugno 1865, n. 2359 -Interpretazione degli artt. 34 della l. n. 59 del 1961 e 3 della l. n. 391 del 1968. Se il richiamo, che l'art. 34 della 1. 7 febbraio 1961, n. 59 contiene all'art. 48 detla I. 25 giugno 1865, n. 2359, abbia un carattere formale, pi che recettizio. Se, dal disposto combinato dagli artt. 3 I. 20 marzo 1968, n. 391 e 34 1. 7 febbraio 1961, n. 59, risulti che i provvedimenti per il deposito presso la Cassa depositi e prestiti dell'indennit di espropriazione debbano essere adottati dall'Autorit giudiziaria, anzich dal Prefetto (n. 277). FARMACIIE Trasferimento: legge 2 aprile 1968, n. 475 -Modalit e requisiti soggettivi.. Se l'acquirent~ di una farmacia debba essere un farmacista iscritto. all'albo professionale e avere gli altri requisiti previsti dal t.u. delle leggi sanitarie e di altre leggi speciali per esercitare l'attivit professionale (n. 2). Se il trasferimento delle farmacie debba avvenire con le modalit indicate nell'art. 12 della legge 1968, n. 475 (n. 22). FERROVIE Gestione diretta di ferrovie -Commissario governativo -Status giuridico. Se il Commissarfo governativo, nominato dal Ministro per la gestione governativa diretta di ferrovie gi concesse all'industria privata, possa. essere considerato come un prestatore d'opera, con rapporto di impiego o di lavoro, avente diritto, tra l'altro, al cessar dell'incarico, ad una inden- nit di fine lavoro (n. 406). Se il gestore della gestione diretta ministeriale dei servizi pubblici di navigazione sui laghi di Garda, Maggiore e Como (I. 18 luglio 1957, n. 614) possa essere considerato come un prestatore d'opera, con rapporto di impiego o di lavoro, avente diritto, tra l'altro, al cessar dell'incarico~ ad una indennit di fine lavoro (n. 70). 124 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Vendita d'immobili delle FF.SS. Se il deposito cauzionale di una certa somma all'atto di [)resentare un'offerta d'acquisto di bene immobile in una trattativa privata multipla con le Ferrovie dello Stato, abbia natura di caparra confirmatoria (n. 405). IMPIEGO PUBBLICO Conservatorio di S. Cecilia -Attribuzioni e posizione del Direttore -Suoi rapporti con il Capo dei servizi amministrativi. Se 1 Direttore del Conservatorio sia gerarchicamente sovraordinato al C:apo dei servizi amministrativi, dei quali servizi egli direttamente responsabile di fronte al Ministero (n. 695). Se il funzionario preposto allo svolgimento dei servizi amministrativi abbia la potest di sovrapporre valutazioni sue proprie a quelle del Direttore del Conservatorio o a quelle del Consiglio di amministrazione (n. 695); Fondo di previdenza per il personale delle imposte di fabbricazione e dei lavoratori chimici delle dogane: determinazione di indennit di cessazione dal lavoro. Se l'indennit per fine servizio prevista dall'art. 3 d.P.R. 9 aprile 1964, n. 1650, debba essere determinata in relazione anche agli anni di servizio non di ruolo non riscattati ai fini della pensione (n. 694). Se nel liquidare l'indennit si debba tener conto della cessione di una parte dello stipendio fatta da un impiegato in favore della propria moglie dalla quale separato (n. 694). Se la nomina dell'impiegato, agli effetti economici, decorra dal giorno in cui lo stesso assume effettivamente servizio (n. 693). Se il ritardo nell'emanazione del decreto di nomina, conseguente alla esigenza di accertare il requisito della buona condotta, integri gli estremi del risarcimento del danno, considerata, da un lato, la legittimit del ritardo, e, dall'altro, il fatto che il ritardo stesso non lede comunque alcuna posizione di diritto soggettivo (n. 693). Monte di credito su pegno -Assunzione in servizio di pensionati statali Trattamento economico. Se ai pensionati statali assunti in serv1z10 presso il Monte di credito su pegno di Bologna spetti il diritto alla corresponsione degli assegni accessori di pensione (art. 4 r.d.l. 15 ottobre 1936, n. 1870) e della tredi;: j :.:=: cesima mensilit sul trattamento pensionistico (art. 4 1. 26 novembre 1953, n. 876) (n. 696). Stipendi, assegni e indennit -Art. 21 l. reg. 21 novembre 1964, n. 3 e art. 64 l. reg. 28 marzo 1968, n. 21 -Friuli-Venezia Giulia. v:, Se, ai sensi delle norme suindicate, per la determinazione del trattamento economico dell'impiegato comandato, si debba tener conto di ~~ PARTE II, CONSULTAZIONl 125 tutte le indennit e competenze comunque percepite in forma continuativa in forza di disposizioni vigenti per l'Amministrazione di appartenenza, con esclusione dei compensi rper lavoro straordinario e per indennit di missione (n. 692). IMPORTAZIONE ED ESPORTAZIONE Beneficio del reintegro di grano in emissione da prelievo, di cui all'art. 4 Z. 9 ottobre 1964, n. 948 -Decorrenza del termine semestrale di prescrizione. Se il termine di sei mesi, previsto dall'art. 4 della I. 9 ottobre 1964, n. 948, ai fini della concessione del beneficio del reintegro di grano, fo emissione da prelievo, decorra dal momento in cui l'analisi di laboratorio, necessaria per stabilire se ricorrano i presupposti per l'applicabilit della citata legge, sia stata effettuata, o dal momento della esportazione (n. 55). Oli minerali -Contributi previsti dal d.l. 2 ottobre 1967, n. 867, convertito in legge 1 dicembre 1967, n. 1098. Se ai sensi dell'art. 2 lett. f) della legge suindicata debbano computarsi, fra gli elementi da tenere in conto in base alla norma predetta, gli oneri di finanziamento a carico degli importatori, dipendenti dal fatto che, per ragioni di bilancio, le somme da corrispondere non saranno disponibili che nel 1970 (n. 54). IMPOSTA DI REGISTRO Applicabil'it dell'agevolazione tributaria di cui all'art. 9 cpv. IV della l. n. 1643 del 1962 -Concentrazione di societ -Necessit dell'autorizzazione. Se l'agevolazione tributaria di cui al IV cpv. dell'art. 9 della 1. 1643 del 1962 sia applicabile ad una societ che, quantunque esente dal controllo amministrativo in sede di costituzione ed aumenti di capitale inferiori a L. 500.000.000, abbia conferito in altro complesso aziendale tutti i propri beni e diritti in cambio di azioni per nominali L. 499.000.000, senza aver ottenuto la prescritta autorizzazione ministeriale (n. 306). Benefici fiscali ex lege 2 luglio 1949, n. 408 -Condizioni. Se il verbale di aggiudicazione dei lavori a seguito di licitazione privata indetta dall'Amministrazione delle Ferrovie dello Stato, ai fini del godimento del beneficio previsto dalla legge 2 luglio 1949, n. 408, costituisca atto da registrarsi nei termini di cui all'art. 81 della legge di registro (n. 305). Se il principio consacrato nel quarto comma dell'art. 16 del r.d. 18 novembre 1923, n. 1440, secondo cui nei contratti preceduti da asta pub 21 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO blica o da licitazione privata il verbale di aggiudicazione costltuisce l'atto conclusivo del procedimento di formazione del contratto, trovi applicazione ai contratti di appalto a pubblici incanti od a licitazione privata indetti dalla Amministrazione delle Ferrovie dello Stato (n. 305). liMPOSTA DI SUOCE:SSIONE Applicazione dell'art. 15 della legge tributaria sulle successioni nel caso di chiamato al:l'eredit per diritto di successione. Se la disposizione dell'art. 15 della legge tributaria sulle successioni si applichi anche quando a seguito di rinuncia, taluno viene chiamato all'eredit .per diritto di rappresentazione (n. 61). Art. 45 del t.u. 30 dicembre 1923, n. 3270. Se nel caso di fallimento ante mortem l'esistenza della procedura fallimentar escluda l'applicazione dell'art. 45 del t.u. 30 dicembre 1923, n. 3270 (n. 62). IMPOSTE E TASSE Agevolazioni fiscali per gli atti dell'Opera Nazional'e Combattenti. Se l'esenzione di cui all'art. 34 del r.d.I. 16 settembre 1926, n. 1606 sia limitata ai soli atti direttamente ed immediatamente connessi con il perseguimento dello scopo istituzionale dell'O.N.C. (n. 503). Agevolazioni fiscali -Societ cooperative. :Se il trattamento tributario previsto dalla I. 18 marzo 1965, n. 170 sia applicabile quando, in caso di concentrazione di aziende sociali, l'apporto venga effettuato da una societ cooperativa ad una societ lucrativa. Se il trattamento tributario suindicato sia applicabile, nella stessa ipotesi, allorch la societ cooperativa apportante sia la Federazione dei Consorzi Agrari ovvero un consorzio agrario (n. 501). Agevolazioni tributarie all'edilizia -L. reg. sic. 28 aprile 1954, n. 11 e successive modifiche. Se le agevolazioni tributarie previste dalla legge reg. sic. 28 aprile 1954, n. 11, siano aipplicabili anche agli immobili relativamente ai quali il certificato di abitabilit sia 'stato rilasciato dopo il 31 dicembre 1965 con attestazione di abitabilit dell'edificio da data precedente al 31 di- cembre 1965 (n. 502). Agevolazioni tributarie spettanti alla Gescal. Se le agevolazioni fiscali spettanti alla Gescal si applichino anche nelle ipotesi di acquisto di aree su cui la stessa Gescal abbia gi eseguito la costruzione dei propri alloggi (n. 504). PARTE II, CONSULTAZIONI 12"1 Applicazione dell'art. 15 della legge tributaria sull'e successioni nel caso di chiamato all'eredit per diritto di successione. Se la disposizione dell'art. 15 della legge tributaria sulle successioni si applichi anche quando a seguito di rinuncia, taluno viene chiamato all'eredit per diritto di rappresentazione (n. 506). Imposizione del sovraccanone a favore degli enti rivieraschi di cui all'art. 53 del t.u. 1775/1933 -Estensione. Se il potere di imporre a favore degli enti locali rivieraschi il sovraccanone di cui all'art. 53 del t.u. 1775/1933 (cosi come modificato dalla I. 1377 /1956) possa essere esercitato in tutti i casi in cui si rendono applicabili -le norme della I. 959/1953, da cui stato sostituito l'art. 52 del t.u. sulle acque pubbliche (n. 507). Proventi di cancelleria degli uffici giudiziari, modo di riscossione del prelievo fiscale. Se la forma di prelievo fiscale .dai proventi dl cancelleria al quale provvedono le procure generali presso le Corti d'appello, prima che siano distribuiti, sia quella della ritenuta diretta operata dallo Stato ai sensi dell'art. 126 lett. b del t.u. 645/1958 o quella della ritenuta mediante rivalsa (n. 505). IMPOSTE VARIE Imposta sulle societ -Accertamento del reddito R.M. cat. B ai fini della imposta sulle societ -Termine per la notifica dell'accertamento. j , Se sia tempestivo l'accertamento del reddito RJM. cat. B eseguito, al fini della imposta sulle societ, nei confronti di una persona giuridica esente dalla imposta di R.M. e notificato nel termine relativo a quest'ultimo tributo (art. 32 t.u. imposte dirette) e non nel termine che l'art. 290 t.u. finanza locale stabilisce per la iscrizione a ruolo della imposta ICAP (n. 19). I IPOTECHE Legge 30 dicembre 1960. n. 1676 -Art. 9. I Quali cautele possono essere prese 'nel caso che gli assegnatari di somme ai sensi dell'art. 9 della legge 1676 del 1960 danneggino le abitazioni popolari da loro costruite e su cui grava ipoteca a favore del I l'Istituto mutuante (n. 21). :::. ~ m :::: w :m .::::; B-fu9"iB(ii411f:;tttY:1*1twrBra&mKfrn1Ern10@r&r=m@1llirfilfilflf&tlE@rw&&rff@Mm:tm0@i&:; 128 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO LAVORO lndennit di anzianit -Lavoro notturno e festivo. Se, ai fini del computo della indennit di anzianit, debba tenersi conto delle frazioni di anno (n. 53). 'Se nell'indennit professionale, attribuita ad una infermiera, possa ritenersi compreso il compenso PE!l" i turni di servizio notturno e festivo (n. 53). NAVI Distinzione tra navi maggiori e navi minori per l'iscrizione nei relativi registri compartimentali. Se per nave maggiore debba intendersi quella atta, per le sue caratteristiche obiettive, e .destinata pE!l" volont del proprietario, alla navigazione di altura (n. 125). Societ di armamento e societ commerciali -Disciplina della pubblicit. Se le societ .d'armamento di cui all'art. 278 codice di' navigazione siano da assoggettare, quanto alla pubblicit, alla disciplina prevista dal I codice civile per le societ commerciali ovvero alla sola disciplina degli artt. 279 e segg. del codice di navigazione (n. 126). l~ I,.,~ . OPERE PUBBLICHE Comitato tecnico-amministrativo per l'edilizia scolastica. , !)[ Se la competenza del Comitato tecnico-amministrativo nella composizione ridotta prevista dall'art. 25 della legge 28 luglio 1967, n. 641 si .' estenda anche agli atti successivi al compimento dell'opera (n. 83). ' \ . ~ .' l l :.j ORFAN!I DI GUERRA ' .' Computo del reddito. , ili Se i proventi derivanti da pensioni, assegni o indennit di cui alla ] ~ 1. 18 marzo 1968, n. 313 o da assegni per decorazioni al valor militare =.siano computabili nella determinazione del reddito di ciascun invalido, ~,al fine di determinare il contdbuto a suo carico per la permanenza in '.na casa di riposo (n. 5). 'ANI REGOLATORI \posizioni riguardanti i beni del patrimonio indisponibile dello Stato. Se i piani regolatori possano incidere legittimamente sulla destinai! .dei beni appartenenti al patrimonio indisponibile dello Stato (n. 19). le le disposizioni contenute in un piano regolatore possano stabilire 1ropriabilit di beni del patrimonio indisponibile dello Stato (n. 19). PARTE II. CONSULTAZIONI 129 PREVIDENZA ED ASSISTENZA Cassa nazionale previdenza ed assistenza avvocati e procuratori legali, dottori commercialisti, ragionieri e periti commerciali. Se i contributi mediante applicazione di marche a favore della Cassa nazionale previdenza ed assistenza avvocati e procuratori legali, dottori commercialisti, ragfo.nieri e periti commerciali siano dovuti soltanto se ed in quanto vi sia una delega od un mandato con il quale il contribuente abbia conferito al professionista la rappresentanza dei propri interessi, restando esclusa la assistenza senza rappresentanza (n. 67). Se, al'lorch la delega od il mandato si riferiscano a pi periodi di imposta, siano dovuti tanti contributi quanti sono gli anni ai quali la questione di imposta si riferisce (n. 67). Contributi assicurativi -Prescrizione del risarcimento del danno ex articolo 2116 e.e. Se il diritto al risarcimento del danno ex art. 2116 e.e. attribuito al lavoratore nei confronti del datore di lavoro il quale non ha versato i contributi assicurativi, sia so.ggetto alla prescrizione decennale con decorrenza della stessa dalla data della cessazione del rapporto di lavoro (n. 66). RAPPORTO DI LAVORO Ferie -Diritto a compenso -Contratto di lavoro inferiore ad 1 anno. Se, nel caso in cui i dipendenti non hanno diritto a compenso per ferie non godute, il principio sia applicabile anche allorch i dipendenti siano deceduti prima di usufruire -in tutto o in parte -del congedo annua:!e (n. 41). Se sussista il diritto al godimento di ferie per il personale assunto con contratto a termine della durata inferiore ad un anno (n. 41). REGIONI Soppressione dell'ESCAL -Devoluzione alla Regione delle attivit e passivit -Cqntrolli. Se gli atti della Commissione cui demandata la liquidazione delle attivit e passivit del soppresso ESCAL in applicazione della legge regionale 22 aprile 1968, n. 8, siano soggetti al Controllo del collegio sindacale del soppresso ente (n. 169). Se siano soggetti al controllo della Corte dei conti gli atti degli organi ordinari della Regione con i quali, in base all'art. 2 della legge citata, si dispone dei fondi di bilancio regionale e si concorre nell'esecuzione della spesa mediante approvazione degli atti della Oommissione (n. 169). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 130 RICOSTRUZIONE Attuazione del piano di ricostruzione del Comune -Recupero somme anticipate dallo Stato. Se, ai fini di stabilire l'ammontare del rimborso dovuto dai Comuni allo Stato, che ad essi si sia sostituito nell'attuazione di ipiani di ricostruzione ai sensi della legge 27 ottobre 1951, n. 1401, la popolazione del Comune debba essere calcolata tenendo anche conto delle frazioni comunali (n. 20). Se ai fini di cui sopra, debba farsi riferimento alla popolazione del Comune al momento in cui il danno bellico si verificato, o piuttosto a 'quello di attuazione del piano di ricostruzione (n. 20). SOCIET Societ di armamento e societ commerciali -Disciplina della pubblicit. Se le societ d'armamento di cui all'art. 278 codice di navigazione siano da assoggettare, quanto alla pubblicit, alla disciplina prevista dal codice civile rper le societ commerciali ovvero alla sola disciplina degli artt. 279 e segg. del codice di narvigazione (n. 123). SPESE GIUDIZIALI Diritti di cancelleria nelle procedure in cui la Regione siciliana non assistita dall'Avvocatura di Stato. Se i diritti di .cancelleria relativi a procedure giudiziarie nelle quali la Regione siciliana non assistita dall'Avvocatura dello Stato possano essere prenotati a camipione (1. 20 marzo 1968, n. 391) (n. 22). TITOLI DI CREDITO Titoli di credito amministrativi -Inserzione di avvisi nella Gazzetta Uf } ficiale. se le Amministrazioni dello Stato siano esenti dal pagamento dei diritti per la pubblicazione di avvisi sulla Gazzetta Ufficiale (n. 16). TRASPORTI Servizio pubbl'ico di trasporto per acqua -Figura giuridica del gestore. Se il Commissario governativo, nominato dal Ministro per la gestione governativa diretta di ferrovie gi concesse all'industria privata, possa essere considerato .come un prestatore d'opera, con rapporto di impiego o di lavoro, avente diritto, tra l'altro, al cessar dell'incarico, ad una indennit di fine lavoro (n. 70). Se il gestore della gestione diretta ministeriale dei servizi pubblici di navigazione sui laghi di Garda, Maggiore e Como (1. 18 luglio 1957, n. 614) possa essere considerato come un iprestatore d'opera, con rapporto di impiego o di lavoro, avente diritto, tra l'altro, al cessar dell'incarico, ad una indennit di fine lavoro (n. 406). NOTIZIARIO CONVEGNO DI STUDI Nei giorni 24 e 25 maggio 1969 si svolto, nel salone d'onore del palazzo del Turismo di Riccione, il secondo convegno di urbanistica, organizzato dal Centro Italiano di studi Amministrativi e dalla Rassegna e Il Consiglio, di Stato . Nella seduta antimeridiana del primo giorno del Convegno sono state svolte tutte le relazioni. L'introduzione al dibattito stata curata dal prof. avv. Carmelo Carbone, il quale, con un intervento puntuale, lucido ed incisivo ha messo a fuoco tutti i .principali problemi urbanistici oggi sul tappeto, soffermandosi. segnatamente sugli artt. 10, 13 e 17, 5<> comma della legge 6 agosto 1967, n. 765 (c. d. legge ponte) e sottolineando che tali norme pongono all'interprete interrogativi di estrema complessit e delicatezza. In particolare il prof. Carbone ha affrontato i problemi dell'obbligo della licenza edilizia per tutte le costruzioni da effettuare nell'ambito comunale, della decadenza delle licenze per costruzioni iniziate ma non completate nel triennio (in correlazione .con il potere di salvaguardia del Prefetto), della Configurabilit di un'azione po-polare spettante al cittadino del comune .che risieda in esso, delle costruzioni su suolo demaniale e dell'implicita abrogazione dell'art. 29 della legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150, nonchf> tutte le questioni connesse con le previste applicazioni di pene pecuniarie per opere abusivamente costruite ove non sia possibile la riduzione in pristino. Richiamandosi ad una recentissima circolare del Ministero dei Lavori Pubblici (del 14 aprile 1969) il prof. Carbone ha sottoposto, infine, alla attenzione dei presenti il problema dei limiti di validit della prescrizione del 5 comma dell'art. 17 della legge ponte. La seconda relazione, svolta dal prof. Carlo Gessa, ha avuto un oggetto pi limitato ma di grande interesse Natura giuridica ed oggetto dei programmi di fabbricazione .. Il relatore ha ricordato che in questa materia due tesi opposte si contendono il campo: a) la prima, interpretando restrittivamente l'art. 34 della legge urbanistica del 1942, vede nel programma di fabbricazione una pura e semplice disciplina sistematica dell'edificazione nel territorio comunale che non pu contenere prescrizioni diverse da quelle relative alla zonizzazione e tipologia edilizia n previsioni di vincoli su aree private o di espropri per costruzioni di opere pubbliche; b) la seconda, invece, dando all'art. 34 cit. un'estensione maggiore ed interpretando sopratutto tale norma alla luce delle nuove disposizioni introdotte con la legge ponte, qualifica il programma di fabbricazione come un vero e proprio strumento di pianificazione urbanistica del territorio, sostitutivo del piano regolatore generale, distinto dal regolamento edilizio ed avente possibilit di determinazione delle aree da destinare ad edilizia e di quelle da riservare ad impianti pubblici. Il prof. Gessa si pronunciato in favore della seconda tesi, precisando, per, che non vanno assolutamente sottovalutate le differenze che intercorrono tra le due diverse ipotesi del programma di fabbricazione e del piano regolatore generale. 132 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Le altre due relazioni sono state svolte dai magistrati del Consiglio di Stato, dott. Riccardo Chieppa e dott. Mario Egidio Schinaia. Il primo ha svolto il tema dell'indennizzabilit dei vincoli di piano regolatore, il secondo, nell'ambito dello stesso argomento, si soffermato pi in particolare sulle modifi.che degli artt. 7 e 40 della legge urbanistica e sui riflessi di tali modifiche sulle finanze comunali e sull'attivit urbanistica. Alle relazioni seguito un nutrito dibattito con l'intervento dei consiglieri di Stato De Roberto e Caianiello, degli avv.ti Stoppani, Pallottino, Cervati e altri e con le repliche dei relatori. Agli intervenuti stata altresi distribuita una relazione del dott. Martuscelli con allegato il parere 11 marzo 1969 della seconda Sezione del Consiglio di Stato sul contenuto dei programmi di fabbricazione. In tale ultimo parere la tesi c. d. estensiva viene sorretta da molteplici argomenti desunti sia dallo stesso art. 34 della legge urbanistica del 1942 e sia dagli artt. 3, 4, 8, 12 e 17 della legge ponte. Nello stesso parere contenuta, per, anche una chiara limitazione dell'assimilazione del programma di fabbricazione al piano regolatore generale ed un richiamo alla nota sentenza 55/68 della Corte Costituzionale. Gli atti dell'interessante Convegno -cui ha partecipato anche il sottosegretario di Stato ai Lavori Pubblici Lo Giudice -saranno pubblicati in volume. ~~ifJ ::;::: Zlllift&3i:lilrtffi~;lifM1HflMili!Bffrf%tlffl'l1ti1ftff%ffri'itit'tffiiftlff&fffill=n1m:::::%=dfa;~